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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 2 aprile 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian luca Galletti, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 
Realacci Ermete , Presidente ... 12 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 12 
Realacci Ermete , Presidente ... 12 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 12 
Realacci Ermete , Presidente ... 19 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 19 
Realacci Ermete , Presidente ... 20 
Borghi Enrico (PD)  ... 21 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 22 
Realacci Ermete , Presidente ... 24 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 24 
Realacci Ermete , Presidente ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
  È la prima volta che il Ministro Galletti viene in Commissione. Avverto i colleghi che, come sempre, seguiremo le seguenti regole di ingaggio: il Ministro avrà tre quarti d'ora per lo svolgimento della sua relazione. Se ha una relazione scritta, la mettiamo in distribuzione. Daremo, poi, la parola ai colleghi deputati per un primo giro di interventi (uno per Gruppo). Vi richiamo tutti alla brevità. In seguito, daremo la parola a tutti gli altri colleghi che si saranno iscritti a parlare, ovviamente a partire dai Gruppi maggiori, che sono più penalizzati dalla regola garantista del primo giro di interventi.
  Dico subito al Ministro che noi stiamo avviando anche la discussione sul cosiddetto «collegato ambientale», che è un disegno di legge abbastanza esteso e importante ed è eredità del Governo precedente. Questo provvedimento affronta, fra gli altri, un tema che noi riteniamo fondamentale, quello di utilizzare le competenze del Ministero dell'ambiente non solo per fronteggiare le tante emergenze sul tappeto (dal dissesto idrogeologico alla Terra dei Fuochi, dalle varie situazioni di aree ad elevato inquinamento industriale alla questione degli strumenti per la riduzione delle emissioni di CO2), ma anche come leva di una nuova economia, come una possibile risposta alla crisi, che abbia come obiettivo centrale il sostegno alla green economy.
  Questo è l'anno che l'Europa ha dedicato alla green economy. Noi, come Commissione Ambiente e territorio, assieme alla Commissione Attività produttive della Camera, stiamo portando a conclusione un'indagine conoscitiva sulla green economy, i cui contenuti incrociano fortemente le politiche del Ministro dell'ambiente.
  Do, quindi, la parola al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, per lo svolgimento della sua relazione.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ringrazio il presidente di avermi dato il tempo necessario per poter approfondire i temi della relazione che svolgerò oggi. È una relazione, per quanto mi Pag. 4riguarda, il più completa possibile, forse un po’ lunga, ma spero altrettanto esaustiva.
  Io di solito non leggo. Oggi preferisco leggere, per dare informazioni più precise e più esaustive di un intervento a braccio.
  Faccio due premesse. La prima premessa è di ordine istituzionale. Io provengo da un'esperienza parlamentare e da un'esperienza amministrativa e ho rispetto per il Parlamento. Esprimo quindi la mia piena disponibilità (penso di poter parlare anche a nome dei miei sottosegretari) a collaborare con la Commissione, con un rispetto massimo del vostro lavoro e con il rispetto dei ruoli che ognuno ha. Noi siamo il Governo, voi siete il potere legislativo, che ha un'importanza fondamentale.
  Da parte del Governo, quindi, almeno per quanto riguarda il mio Ministero, ci sarà il massimo rispetto dei lavori parlamentari, il che vuol dire che daremo anche la massima copertura ai lavori della Commissione. Chiaramente io non ce la farò a essere sempre presente, ma sarò affiancato dai due sottosegretari. Qualora ce ne fosse la necessità, do al presidente della Commissione la massima disponibilità a partecipare ai lavori della Commissione, proprio per questo rispetto che noi dobbiamo avere verso il Parlamento.
  La seconda precisazione è che la relazione che leggerò è fatta anche con il contributo e con la condivisione dei sottosegretari che mi affiancheranno oggi, ma soprattutto in questa nuova esperienza alla guida del Dicastero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  In un Paese che vuole rapidamente uscire dalla crisi e tornare a crescere, la scelta di puntare sull'ambiente non è solo strategica, ma irrinunciabile. Credo che non possano esistere politiche di rilancio e di sostegno all'economia che non partano da un presupposto di sostenibilità ambientale.
  Presidente, io condivido molto le parole che lei ha detto all'inizio di questa seduta. Il Ministero dell'ambiente è un Ministero essenziale per la crescita, l'occupazione e anche la tenuta dei conti pubblici. Credo che la dizione «Ministero dell'ambiente» sia riduttiva rispetto alla mission che noi abbiamo. Si dovrebbe chiamare «Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio, del mare e dello sviluppo sostenibile», perché una delle nostre missioni oggi è quella di sostenere lo sviluppo, la crescita e l'occupazione di questo Paese. D'altra parte, non lo diciamo a caso, ma siamo supportati dai dati.
  Infatti, se c’è un settore dell'economia che durante la crisi ha tenuto più degli altri, anzi ha riportato un segno positivo, è proprio la green economy. Mentre gli altri settori dell'economia subivano la crisi in maniera forte e determinante, questo settore ha prodotto più fatturato e più occupati.
  Le tendenze europee e l'attenzione che l'Europa mette su questi temi, di cui parlerò nel corso della relazione, confermano questa importanza e questo trend.
  L'ambiente può davvero trainare la ripresa del Paese, perché l'unico sviluppo possibile è quello che passa attraverso la declinazione in ogni settore produttivo della green economy, il ricorso sempre maggiore alle fonti rinnovabili e una nuova fiscalità ambientale, che sposti il carico fiscale dal lavoro all'uso delle risorse, incentivando così le scelte sostenibili.
  Investire sulla green economy e formare una nuova mentalità ambientale, che cominci dall'insegnamento nelle scuole, diventa allora decisivo per due ordini di motivi: perché significa dare slancio alla crescita italiana con scelte innovative e allo stesso tempo attuare una spending review di elevatissimo potenziale e impatto sui conti pubblici, attraverso un utilizzo virtuoso ed ecosostenibile delle risorse a disposizione.
  Il ripristino e la valorizzazione degli ecosistemi, sia naturali che urbani, diventa sempre più il fondamento di un diverso modello economico e sociale, che viene declinato in profonde trasformazioni delle produzioni e dei consumi, basate su un più avanzato equilibrio tra pubblico e Pag. 5privato, tra beni disponibili e indisponibili, tra sfruttamento intensivo e salvaguardia delle risorse comuni.
  Il tema da porre oggi è se le politiche per l'ambiente in Italia hanno saputo fino a ora tenere il passo di questa trasformazione epocale, o se, piuttosto, anche contro il volere dei miei predecessori, siano state sovente relegate ai margini delle scelte strategiche di Governo e Parlamento, come dimostra, ad esempio, il macroscopico sottodimensionamento del Ministero dell'ambiente avvenuto negli anni, sia in termini di capacità finanziarie che di consistenza delle risorse organizzative e strutturali.
  Per contro, sempre negli ultimi anni, si sono fatti sempre più stringenti i vincoli esterni che discendono dagli accordi internazionali sul clima e sull'ambiente sottoscritti dal nostro Paese, dai regolamenti e dalle direttive comunitarie, dai documenti strategici specifici redatti in sede di Commissione Europea, dagli stessi impegni assunti dall'Italia con il Programma Nazionale di Riforma.
  Riscontriamo, a questo punto, l'urgenza di adeguare la macchina della decisione e dell'amministrazione alle moltiplicate esigenze di formazione e governo della politica ambientale, che investono l'insieme dell'amministrazione pubblica, non solo il Ministero competente per materia e non solo le regioni. Lo spread tra impegni assunti e strumenti e risorse disponibili è fin troppo evidente.
  La politica per l'ambiente ha una configurazione mobile, perché possiede una sua componente verticale e specifica e perché pervade, allo stesso tempo, opzioni e scelte di competenza di altri ambiti amministrativi e gestionali. Appare perciò indispensabile ragionare e operare nella logica di un sistema amministrativo che attui il massimo grado di cooperazione e convergenza, per interpretare il quadro dei fabbisogni e delle scelte all'interno di quella che vorremmo definire «programmazione ambientale unitaria».
  Per queste ragioni ritengo sia necessario entrare subito nel merito di una discussione che anticipi i contenuti di quella oramai indispensabile revisione del Titolo V della Costituzione, che forma parte integrante e sostanziale del programma di Governo, e che costituisce, a mio avviso, la premessa ineludibile per il rilancio della pianificazione ambientale.
  Dalla cooperazione amministrativa, che peraltro è auspicata dalle stesse regioni e da altre amministrazioni dello Stato, può generarsi un diverso posizionamento delle politiche ambientali, in una nuova autonoma centralità, prima di tutto culturale.
  La Commissione europea ci spinge a decisioni drastiche. Ad esempio, entro il 2050 dovremo ridurre di oltre l'80 per cento le emissioni di anidride carbonica rispetto al 1990, passando attraverso impegnativi target intermedi, e cioè una riduzione di emissioni del 20 per cento al 2020 e del 40 per cento al 2030. Si tratta, com’è evidente, della terza, o forse quarta rivoluzione industriale, ma è una rivoluzione del tutto speciale, perché interesserà non solo le produzioni, ma necessariamente anche i servizi e i consumi.
  Vengo ora al tema delle bonifiche e della gestione delle risorse idriche. Una politica che rivendica la centralità ambientale deve partire dal recupero di quei pezzi del Paese che più pesantemente sono stati segnati dall'inquinamento e compromessi dall'uso civile e produttivo con la bonifica dei siti contaminati e la riparazione dei territori danneggiati dall'inquinamento.
  L'utilizzo di queste aree, interessate per lo più da vecchi insediamenti industriali, può, infatti, prevenire ed evitare l'urbanizzazione e la trasformazione di terreni a vocazione agricola, naturalistica o per il tempo libero. Oltretutto, si tratta di aree che spesso si trovano ormai in centri urbani e la loro valorizzazione può favorire l'attuazione di interventi di bonifica.
  Per questo ritengo importantissimo accelerare ulteriormente l'iter di approvazione e realizzazione dei progetti di bonifica nei siti inquinati di interesse nazionale, anche con l'adozione di specifici interventi normativi e di aggiornamento della regolamentazione tecnica, ove si dovesse ritenere necessario. Occorrerà, allo stesso tempo, introdurre semplificazioni Pag. 6che individuino con chiarezza gli obiettivi da conseguire e le modalità per conseguirli. Il tema è anche rilevante per le politiche di sviluppo: importanti aree delle nostre città sono, infatti, vincolate dalla gestione della normativa delle bonifiche.
  In questo contesto, intenderei favorire e promuovere quelle tecnologie che rappresentano la sfida sul fronte dell'innovazione e che consentirebbero all'Italia di giocare una partita importante, in particolare per quanto riguarda la filiera connessa alla chimica verde, cioè alla sostituzione della matrice da olio della petrolchimica tradizionale con una matrice biologica, che spesso coinvolge aree oggetto di bonifiche nei Siti di interesse nazionale (SIN). Su questo in Italia abbiamo la competenza necessaria e, si ritiene, l'interesse di privati disponibili a investire.
  Un ruolo importante potranno assumere la stipula di accordi di programma, il cui schema di riferimento può individuarsi nell'Accordo di programma per la bonifica del SIN di Marghera, il quale ha introdotto efficaci elementi di semplificazione procedurale e ha facilitato la conclusione dei procedimenti di bonifica, incentivando e agevolando le operazioni di investimento in tali aree.
  È comunque necessario, e secondo me indispensabile, rifinanziare il Programma nazionale di bonifica. È noto che negli ultimi anni la disponibilità di risorse del Ministero dell'ambiente destinate agli interventi di bonifica nelle aree SIN si è drasticamente ridotta, e che le risorse derivanti dal Programma nazionale di bonifica sono largamente insufficienti.
  Un altro tema centrale è quello che concerne la gestione delle risorse idriche. Serve un enorme sforzo per l'adeguamento dei sistemi depurativi e per la realizzazione di interventi di salvaguardia delle risorse stesse. In questo campo è necessario puntare a modelli innovativi di gestione integrata del ciclo delle acque, che riguardino non solo gli usi civili, ma anche quelli agricoli e industriali, che ne costituiscono la componente prevalente.
  Occorrono risorse per completare il Piano di depurazione per il Sud finanziato dal CIPE e per attuare un Piano di depurazione per il Centro Nord. Risulta necessario, pertanto, individuare forme di sostegno agli investimenti e di garanzia, a partire dal ruolo della Cassa depositi e prestiti.
  Per tradurre gli obiettivi comunitari in un'azione organica per la tutela e la valorizzazione del patrimonio idrico, è mia intenzione promuovere un Piano nazionale di tutela e gestione della risorsa idrica, che traduca finalmente le risultanze referendarie in criteri e vincoli per una gestione efficiente, efficace ed economicamente sostenibile della risorsa acqua, anche al fine di chiudere le procedure di infrazioni avviate nei confronti dell'Italia ed evitare che la Commissione europea apra altri casi.
  Facilitare l'accesso e tutelare il diritto individuale al bene pubblico acqua, ridurre gli sprechi, affrontare i problemi derivanti dalle alterazioni climatiche: sono queste alcune delle priorità che andranno affrontate attraverso un approccio pianificatorio unitario e integrale, che coinvolga le regioni sin dalla fase di impostazione della pianificazione stessa.
  In affiancamento al piano di cui ho accennato, si è valutata la possibilità di promuovere un'iniziativa aperta denominata «Water report», fondazione pubblica promossa dal Ministero dell'ambiente e partecipata dai principali istituti di ricerca nazionali, che svolga una puntuale attività di ricerca e analisi, e pubblichi periodicamente un dettagliato report, sviluppando approfondimenti sulla qualità delle gestioni e valutando la loro conformità a standard predeterminati e fissati in una Carta nazionale dei servizi idrici.
  Al fine di tutelare il territorio e le risorse idriche dall'inquinamento, è parimenti indispensabile sostenere tutte le iniziative necessarie a costituire un ciclo virtuoso di gestione dei rifiuti, che rispetti gli obiettivi della differenziazione della raccolta e del riutilizzo degli scarti.
  In particolare, nei territori interessati da particolari criticità, la misura più rapida e più efficace per consentire un'inversione di tendenza è costituita dall'incremento Pag. 7della raccolta differenziata legata a un ciclo economico per il riciclo e il recupero dei materiali. Non si ritiene che sul punto servano disposizioni a carattere speciale: la normativa c’è già. Spesso è carente, piuttosto, l'organizzazione e la gestione a livello locale.
  Voglio dirlo con chiarezza: è il momento che ognuno si assuma le proprie responsabilità. Il Ministero dell'ambiente non può nominare continuamente commissari per supplire a carenze gestionali di altri.
  Occorre poi affrontare il tema dell'impiantistica, nella consapevolezza che si tratta di soluzioni tecnologiche consolidate che spesso generano, tuttavia, diffidenze e paure ingiustificate, che riguardano l'annosa questione della localizzazione degli impianti finali di smaltimento. Si tratta di una criticità sistematica, che potrà essere superata solo sperimentando forme di partecipazione dei cittadini più avanzate, disegnate sul modello di esperienze ormai consolidate in altri Paesi europei.
  Ciò consentirebbe di capire perché le soluzioni tecnologiche che funzionano in città modello per la sostenibilità ecologica a livello internazionale, come Vienna, Amsterdam, Brescia o Milano, che presentano un inceneritore nel centro della città, risultano improvvisamente non applicabili in altre aree, ove la necessità di realizzare impianti per la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti è parimenti ritenuta necessaria.
  Un'altra iniziativa da adottare per rendere efficienti i servizi riguarda l'interruzione del rapporto deteriore che esiste tra l'inadeguatezza strutturale del servizio e l'insolvenza degli utenti. Il dissesto finanziario è una costante di molte aziende pubbliche e private, coinvolte nel circolo vizioso dell'insolvenza degli utenti, che rende alla fine difficoltosa per l'impresa l'acquisizione dei mezzi tecnici e organizzativi necessari per la fornitura del servizio con gli adeguati standard richiesti.
  Più in generale, i punti salienti dell'iniziativa del Governo sui rifiuti dovrebbero riguardare: la revisione della tassa sui rifiuti, nella logica di introdurre elementi di certezza e proporzione tariffaria, che oggi nel sistema normativo Tarsu-TIA-Tares, per come si è venuto configurando, non appare garantito; l'adeguamento del sistema di riscossione; la definizione di piani condizionati di rinegoziazione e rientro del debito, come è successo in materia sanitaria, con il sostegno e l'assistenza della Cassa depositi e prestiti, per l'eventuale anticipazione dei flussi futuri accertati; lo studio di forme di prelazione nel pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese che operano nei servizi essenziali che, come nel caso della gestione dei rifiuti, impattano con la salute dei cittadini.
  Per quanto attiene i due ultimi punti (i piani di rinegoziazione e lo studio di forme di prelazione nel pagamento), stiamo già studiando, anche in collaborazione con il Ministero dell'interno e la Cassa depositi e prestiti, adeguate modalità di rientro del debito e di recupero dei crediti, garantendo attraverso i comuni le anticipazioni finanziarie necessarie ad assicurare la continuità e la qualità del servizio.
  L'altra opzione strategica sulla quale agire è costituita dalla prevenzione, il riciclo e il riuso. Il Programma di prevenzione adottato dal Ministero è solo il punto di partenza di una complessa attività di implementazione delle misure che possono favorire la minore produzione di rifiuti.
  Per favorire il riciclo e il recupero, è mia intenzione favorire e promuovere le attività imprenditoriali che riutilizzano i beni di consumo (l'industria del recupero, i negozi dell'usato e dello scambio) e i residui di produzione, allo scopo di ridurre al minimo l'utilizzo di nuove risorse naturali.
  Occorrerà in prospettiva abbandonare, o comunque ridurre al minimo, l'uso delle discariche, per passare da una società dello smaltimento a una società del recupero. L'industria del riciclo va promossa con programmi di acquisti verdi da parte della pubbliche amministrazioni, sostenendo la ricerca applicata e l'innovazione, Pag. 8e rivedendo, se necessario, gli accordi con i consorzi per il riciclaggio degli imballaggi.
  Occorrerà intervenire anche nel settore dei rifiuti urbani, così come in quello idrico, dell'energia e dei trasporti, per una moderna regolazione economica di comparti che sono chiamati ad investimenti per decine di miliardi di euro nei prossimi anni.
  I rifiuti, dunque, non devono essere più visti solo come un problema da gestire, ma come una risorsa economica da riutilizzare, riducendo l'impatto sulle risorse naturali e, quindi, applicando quanto dispone la direttiva europea che individua le priorità nella riduzione della produzione di rifiuti, nel riuso, riciclo, recupero di materia e di energia, lasciando che la sola quota minima residuale vada in discarica.
  Alla gestione dei rifiuti è legato profondamente, specie in alcune aree del Paese, il tema della legalità. È frequente, infatti, che i disastri ambientali e la contaminazione dei terreni e delle acque siano cagionati proprio da attività illecite di smaltimento di ingenti quantità di sostanze pericolose.
  La settimana scorsa, in visita alla Terra dei Fuochi, ho parlato di un territorio stuprato, di cui tutto il Paese deve assumersi la responsabilità del risanamento. In quelle campagne non sono stati interrati solo rifiuti pericolosi campani, ma anche quelli provenienti da tutta Italia, in un sistema che consentiva smaltimenti facili e senza sostanziali controlli.
  Al riguardo, ritengo prioritario accrescere il rispetto della legalità in tutti i settori, attraverso un'efficace lotta alla corruzione e l'inserimento nel nostro Codice penale dei reati ambientali. Proprio a tal fine, è indispensabile portare a conclusione l'iter di approvazione del testo unificato dei progetti di legge già approvati dalla Camera e attualmente all'esame del Senato, che prevede l'introduzione nel Codice penale di nuove fattispecie di reati ambientali e di illeciti amministrativi ambientali.
  Non meno importante in questa direzione è la conferma di un sistema di tracciabilità dei rifiuti. Il SISTRI, com’è noto, è al centro di inchieste giudiziarie che potrebbero fare emergere profili di violazioni contrattuali. Su questo tema sarà necessario un approfondimento.
  In questa sede intendo però ribadire che l'esigenza della tracciabilità è forte e presente, proprio perché non vogliamo che si ripetano tragedie ambientali come quella della Terra dei Fuochi.
  Passo ora a illustrare i temi inerenti l'Europa. L'imminente semestre italiano di presidenza del Consiglio europeo può rappresentare per noi l'occasione per rimettere al centro delle politiche dell'Unione un modello di crescita fondato sulla green economy, che guardi alle politiche ambientali, non come un insieme di vincoli sterili, ma come misure che contribuiscono, al pari di altre, al raggiungimento degli obiettivi prioritari di oggi: crescita, occupazione e competitività.
  Permettetemi di fare un inciso su questo tema. Proprio lunedì sono stato a Bruxelles alla piattaforma sull'utilizzo efficiente delle risorse. Quella piattaforma è costituita dai chief executive officer di grandissime aziende europee, da quattro ministri dell'ambiente, di cui quello italiano, più alcuni membri della Commissione e membri di associazioni ambientali di vario genere.
  Non vi nego che le prime volte che andavo in Europa ci andavo con un atteggiamento un po’ remissivo, un po’ perché erano le prime volte, un po’ perché sapevo che al tavolo c'erano altri Paesi che sul fronte ambientale sono definiti molto avanti.
  Io sono stato orgoglioso del riconoscimento che sia le aziende sia le organizzazioni ambientali hanno dato al nostro Paese, per i passi in avanti che stiamo facendo in campo ambientale. La mia è stata una delle due relazioni della piattaforma. Ho avuto modo di illustrare quello che stiamo facendo col «collegato ambientale» e anche con gli ecoreati, che è stato molto apprezzato ed è stato commentato favorevolmente.Pag. 9
  Ve lo volevo dire perché sono tornato a casa molto orgoglioso, non delle politiche del mio Ministero, ma di quello che tutti insieme stiamo facendo per il Paese.
  Occorre rovesciare la tradizionale visione del rapporto tra politiche economiche e ambiente, generalmente orientata a valutare l'intervento ex post per rimediare agli impatti ambientali delle scelte economiche, e mettere, al contrario, in luce l'enorme potenziale di una politica orientata agli investimenti e alla creazione di nuova occupazione.
  Proprio per avviare un dibattito a livello europeo su crescita e occupazione verde, ho confermato con il mio collega del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro Poletti, l'organizzazione per il 17 luglio, a Milano, del Consiglio informale congiunto dei ministri dell'ambiente e del lavoro. È la prima volta che si terrà un Consiglio europeo informale, aperto, non solo ai Ministri dell'ambiente, ma anche ai Ministri del lavoro, per mettere al centro della politica ambientale europea del nostro semestre proprio questa sinergia che lei, presidente, ricordava all'inizio, fra ambiente, lavoro e sviluppo.
  Prendendo spunto dalla prossima comunicazione della Commissione sui lavori verdi, è nostra intenzione avere una discussione pratica e non solamente di principio su qual è il contributo che l'economia verde può effettivamente dare all'occupazione e alla crescita e quali sono gli strumenti che dobbiamo mettere in campo, per far sì che questo avvenga effettivamente.
  Io non vorrei quella fosse una conferenza di tipo teorico. Vorrei che da quella conferenza venissero fuori alcuni strumenti condivisi dai Ministri dell'ambiente e dai Ministri del lavoro, per dare una risposta efficace ed efficiente a quei terribili dati sull'occupazione che anche oggi abbiamo avuto modo di leggere sui giornali.
  È quanto mai urgente, infatti, elaborare risposte concrete, illuminate e capaci di forgiare un futuro più solido, equo e sostenibile e che siano di aiuto al difficile percorso di uscita dalla profonda crisi economica e sociale nella quale l'Europa ancora si trova.
  Occorre riferirsi, in particolare, a tutti gli strumenti economici e politici utili a elaborare strategie di intervento che consentano di massimizzare i benefici della transizione verso un'economia verde, attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro nei settori verdi, e in grado di favorire in particolare l'occupazione giovanile, che costituisce una delle priorità massime di questo Governo. Occorre mettere in campo strumenti di breve, medio e lungo periodo che consentano di dare insieme risposte immediate ma anche una visione realizzabile per il futuro.
  È anche per questo motivo che durante il nostro semestre di presidenza è mia intenzione rafforzare il ruolo e il contributo dei Ministri dell'ambiente nel ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio, attraverso l'inserimento delle priorità ambientali e dell'uso efficiente delle risorse come opportunità di crescita.
  Questo sarebbe un grande passo in avanti. Per la prima volta le riforme ambientali entrano nelle politiche economiche, con la cosiddetta «economia circolare», ovvero con l'utilizzo efficiente delle risorse. Io provengo da studi economici, e credo che quello dell'economia circolare sia un cambiamento epocale delle politiche economiche, non italiane, non europee, ma globali. È un nuovo modo di intendere l'economia. La revisione della Strategia 20-20-20, che si aprirà nel secondo semestre del 2014, rappresenta in questo senso una grande opportunità.
  Tra le priorità del programma legislativo del mio Dicastero, oltre ai dossier sulla qualità dell'aria e sui rifiuti, c’è anche la discussione sulla proposta di modifica della cosiddetta «Direttiva imballaggi», introdotta per consentire agli Stati membri di adottare misure per la riduzione dell'utilizzo dei sacchetti di plastica per asporto (i cosiddetti shopper).
  Come sapete, l'Italia ha già da tempo introdotto l'uso dei sacchetti biodegradabili e compostabili, che hanno consentito Pag. 10una soluzione pratica ed economica al recupero della frazione organica dei rifiuti, diminuendo drasticamente la quantità di rifiuti avviati a smaltimento in discariche ed inceneritori e favorendo il riciclaggio attraverso il compostaggio.
  Sappiamo che nelle ultime settimane ci sono state forte pressioni dai più svariati stakeholder in Europa che, per ragioni commerciali e non certo ambientali, si oppongono a misure specifiche per i sacchetti biodegradabili e compostabili nell'ambito della direttiva in questione.
  Come ho rappresentato lunedì nel mio incontro con il Commissario Potocnik, che si è trovato d'accordo, l'Italia intende proseguire su questa strada, che rappresenta un chiaro esempio di efficiente gestione delle risorse e un'occasione da non mancare nel contesto dell'economia circolare, e in tal senso lavoreremo sul testo di modifica della Direttiva imballaggi durante il nostro semestre di presidenza.
  Naturalmente non posso qui oggi non citare le politiche sul cambiamento climatico. Sono convinto che la sfida della crescita e dell'occupazione non possa essere disgiunta dal fronteggiare efficacemente il fenomeno dei cambiamenti climatici: dobbiamo essere consapevoli che le decisioni che l'Europa prenderà oggi sono cruciali per assicurare una decarbonizzazione efficace dal punto di vista dei costi, che tenga in dovuta considerazione la competitività della nostra industria.
  Una definizione chiara e rapida del pacchetto clima energia al 2030 è indispensabile per dare stabilità e chiarezza agli operatori economici, consentire gli investimenti necessari e non rimanere imprigionati in politiche che privilegiano fonti di energia ad alta intensità di carbonio o tecnologie ad elevate emissioni.
  È in questo senso che durante il semestre di presidenza italiano lavoreremo al dossier clima, preparando anche i prossimi appuntamenti internazionali a riguardo: il vertice delle Nazioni Unite a settembre e la Conferenza globale sul clima a Lima.
  Un altro tema non meno importante durante il nostro semestre di presidenza è sicuramente rappresentato dalla biodiversità, che vede una straordinaria concentrazione di eventi internazionali. La seconda metà del 2014 rappresenterà per questo tema un momento determinante per realizzare significativi progressi nei processi globali in tema di tutela, conservazione e valorizzazione della biodiversità e dei relativi servizi ecosistemici.
  Non si può parlare di Unione europea senza far cenno alle problematiche legate alla protezione della natura e del mare. È questo, infatti, un altro dei settori a maggiore rilevanza istituzionale.
  È a tutti noto, infatti, che il nostro Paese in Europa è il più ricco di biodiversità: abbiamo circa 58.000 diverse specie animali e oltre 6.000 specie di piante, pari al 30 per cento delle specie animali, al 50 per cento di quelle vegetali, su una superficie pari a un trentesimo del territorio europeo. In più, in questo Paese, sia pure con amare discontinuità, anche recentissime, sta di fatto aumentando il numero complessivo di lupi, orsi, camosci appenninici e tartarughe marine.
  A tutto questo si aggiunga una fascia costiera di assoluta qualità, ove si avvicendano ovunque località capaci di accendere emozioni e suggestioni, per la qualità degli scenari, delle acque marine, degli ecosistemi interessati.
  Abbiamo oltre 50 aree protette nazionali, terrestri e marine, vero e proprio elemento distintivo in Europa, unitamente al rilievo internazionale che ci deriva dai siti UNESCO naturalistici, o meglio della biosfera, che di recente hanno ripreso ad aumentare.
  In poche parole, il nostro è un Paese al centro della considerazione quanto a ricchezze naturalistiche e marino-costiere, con un patrimonio straordinario di biodiversità. Queste peculiarità italiane diventano davvero irripetibili laddove i nostri tesori naturalistici si intrecciano ovunque con un inestimabile patrimonio di beni culturali, storico-architettonici e archeologici.
  Nella crisi strutturale che stiamo vivendo, che impone una radicale rivisitazione del modello cui eravamo in passato Pag. 11abituati, credo che la piena valorizzazione del nostro patrimonio naturalistico e culturale possa e debba concorrere a pieno titolo alla ricerca e alla ridefinizione delle nuove vocazioni su cui puntare, da oggi e per il futuro, per il lavoro, per la qualità della nostra vita, per le legittime attese delle giovani generazioni.
  Tutto questo è sottolineato proprio dalla stessa fase storica in cui viviamo. È innegabile che la nostra industria manifatturiera di qualità rimane, comunque, un riferimento importante per i consumi internazionali, evidentemente capace di evocare le nostre peculiarità. Anzi, direi che è prodotta secondo, ed evoca al tempo stesso, quella qualità territoriale di cui abbondiamo e su cui dobbiamo puntare con decisione.
  La nostra natura, i nostri paesaggi, le nostre bellezze, le nostre ricchezze culturali mantengono intatti quegli elementi distintivi in grado di qualificare e rendere evocativi, e quindi competitivi, anche i nostri prodotti manifatturieri.
  È naturale, così, che tutelare e conservare i nostri valori naturalistici, il nostro straordinario sistema costiero e il nostro mare è un compito necessario per difendere le nostre chance di futuro, anche in termini di occupazione e di lavoro.
  Innanzitutto, un obiettivo importante è riaffermare una nostra funzione di riferimento per la tutela del Mediterraneo. Il nostro Paese è da tempo all'avanguardia nelle politiche e nelle pratiche di tutela, anche operativa, delle qualità del nostro mare, le cui dimensioni impongono sempre più interventi a livello di bacino, e quindi coordinati con le azioni dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, con i quali dobbiamo rafforzare sedi e iniziative di cooperazione e scambio. Siamo impegnati, infatti, sia sul piano operativo – voglio ricordare che abbiamo una flotta antinquinamento, un'ottima Guardia costiera e un sistema di controlli che ha sin qui offerto buone prove in molte occasioni – che sul piano normativo – abbiamo, infatti, regole molto attente sui rischi di inquinamento da idrocarburi – con soluzioni di avanguardia sulle quali poterci confrontare con tutti i Paesi del Mediterraneo, per alzare la soglia globale di attenzione.
  È nostra intenzione, quindi, rafforzare l'impegno per la tutela del Mediterraneo, anche a partire da uno specifico impulso agli interventi di depurazione delle acque che da terra impattano pesantemente sulle qualità delle acque costiere.
  Un altro tema di rilievo, connesso con il precedente, è il commercio illegale di specie della flora e della fauna protette. Il riferimento è alla Convenzione di Washington. Occorre colpire con sempre maggiore determinazione un commercio che oggi è ai vertici delle classifiche internazionali dell’import/export di beni proibiti, dopo la droga e le armi. Dobbiamo implementare alleanze e condivisioni, per aumentare i controlli e, soprattutto, la loro effettività. Va rafforzata la cooperazione con il Corpo forestale dello Stato e semplificate le procedure per gli operatori onesti interessati al commercio legittimo.
  Sugli organismi geneticamente modificati (i cosiddetti OGM), la priorità è incrementare l'autonomia decisionale degli Stati membri dell'Unione europea. Il sistema attuale vede tuttora un protagonismo di fatto esclusivo delle strutture dell'Unione europea, a detrimento dell'autonomia dei singoli Stati.
  L'Italia è parte attivissima di un processo che finalmente si è avviato e che vorremmo concludere al più presto, con la riapertura di concreti ed effettivi spazi di autonomia per i singoli Stati. Sono fiducioso che il processo possa avere una svolta decisiva nel corso del semestre di presidenza italiana. Il nuovo procedimento che sta venendo avanti darebbe allo Stato membro un diritto di veto alla fine del processo autorizzatorio, che oggi non è previsto dalla direttiva europea.
  Al pari dei cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità è un'emergenza grave, non solo perché colpisce il futuro della nostra civiltà, ma soprattutto perché mette a rischio concrete ed effettive chance di competitività del nostro Paese. Per questo motivo ritengo sia necessario invertire le tendenze in atto. Infatti, la Pag. 12tutela della biodiversità è una grande opzione strategica per il nostro sistema Paese, anche per concretizzare l'obiettivo comunitario volto ad arrestare la perdita di biodiversità al 2020.

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, Ministro, la interrompo un momento per cercare di capire come proseguire, vista la ristrettezza dei tempi. Ne approfitto, inoltre, per informare la Commissione che è arrivata la notizia che in Francia hanno nominato Ministro dell'ambiente Ségolène Royal. Indipendentemente dalle appartenenze politiche, è un segnale importante: in una fase di difficoltà evidente del presidente Hollande, in Francia scelgono un personaggio di peso per il Ministero dell'ambiente.
  (Commenti dei deputati).

  PRESIDENTE. Non apriamo il dibattito su questo tema.
  Vorrei, invece, capire insieme al Ministro Galletti come ci organizziamo. Ministro, lei ha già dato la disponibilità a tornare qui martedì sera. In ogni caso, bisogna che esauriamo la relazione e poniamo tutti i quesiti, in maniera tale che martedì sera si possa avere delle risposte.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Io sono anche disponibile, se voi lo ritenete opportuno, a venire martedì sera per la discussione e tornare la settimana dopo per dare tempo a tutti di intervenire e non restringere il dibattito.
  D'altra parte, io mi sento in colpa verso di voi, perché vi porto via parecchio tempo.

  PRESIDENTE. No, si tratta solo di stabilire l'organizzazione dei nostri lavori, per permettere il confronto più ampio possibile.
  Do nuovamente la parola al Ministro Galletti per il prosieguo della sua relazione.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Al pari dei cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità è un'emergenza grave.
  I parchi e le aree marine protette, per esempio, sono già luoghi di riferimento per le politiche di cura e manutenzione di risorse preziose, come aria, acqua e suolo, e per la valorizzazione dei servizi resi dagli ecosistemi. Occorre modernizzarne e semplificarne procedure e modalità operative, per una maggiore efficacia delle politiche di tutela attiva con piena valorizzazione delle vocazioni e delle qualità territoriali.
  Mio preciso intendimento è tradurre la necessaria tutela e la salvaguardia dei nostri tesori naturali in veri e propri asset del modello di sviluppo che dobbiamo ricostruire, a partire appunto dalla piena valorizzazione di queste nostre peculiari ricchezze.
  Sono convinto, infatti, che non ci sia bisogno di un profondo impegno per la piena comprensione del valore delle risorse naturali e territoriali, senza le quali in un Paese fragile come il nostro non si innescano effettive e durature politiche di crescita.
  Di certo però, come dicevo all'inizio, c’è bisogno di robuste scelte innovative e coerenti, con strutture e strumenti ammodernati, potenziati e resi efficienti, finalmente consapevoli di non dover salvaguardare il margine suggestivo di un modello di sviluppo, ma il centro e il cuore delle autentiche e naturali chance di futuro del nostro Paese.
  L'obiettivo dell'Unione europea di arresto della perdita di biodiversità sarà raggiungibile solo se pienamente inserito nella Strategia europea per lo sviluppo sostenibile, per una crescita intelligente e duratura, imperniata su un'occupazione di qualità.
  Ad oltre vent'anni dalla legge quadro sulle aree protette, possiamo dire che siamo di fronte ad un impegno vincente, capace di tracciare esperienze di sviluppo qualitativo e quindi durevole, tuttora di riferimento per il turismo e l'alimentazione di qualità, esperienze oggi da diffondere a tutto il Paese, anche fuori dalle Pag. 13aree protette, con il pieno coinvolgimento dei soggetti economici che guardano al futuro.
  Un altro tema nevralgico per il nostro Paese sono le strategie di tutela del mare, mediante un pieno impegno per attuare gli strumenti comunitari – intendo riferirmi alle cosiddette «strategie marine» – con il pieno concorso delle regioni e degli stakeholder.
  Assieme al Parlamento, vorrei ragionare di un aggiornamento delle regolazioni vigenti, unitamente ad un maggiore efficientamento e razionalizzazione degli strumenti operativi di cui oggi disponiamo.
  Prossimamente, il nostro Paese è atteso alla prova di due appuntamenti di assoluto rilievo: il semestre di presidenza europeo, che ricordavo, e la realizzazione dell'Expo 2015. Saranno due banchi di prova, ove dobbiamo far valere appieno le nostre peculiarità nazionali, fatte di natura e di cultura, davvero capaci di farci apprezzare dal mondo intero.
  Passo ora alle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e al Green public procurement. Per quanto riguarda il delicato tema delle valutazioni di impatto ambientale (VIA), è stata recepita in sede europea l'esigenza di migliorare l'efficienza e l'efficacia del processo di VIA per tutti i soggetti coinvolti (pubbliche amministrazioni, committenti, pubblico), per assicurare una più rigorosa prevenzione e controllo degli impatti ambientali significativi connessi all'attuazione di progetti pubblici e privati.
  Dopo un lungo iter, è stata approvata nel marzo scorso dal Parlamento di Strasburgo la nuova direttiva in materia di autorizzazioni ambientali, che rafforza il coordinamento e l'integrazione tra la VIA e le diverse procedure di valutazione o autorizzazione previste dalla normativa comunitaria per i diversi aspetti ambientali o produttivi.
  Peraltro, la direttiva migliora la definizione e la regolamentazione delle procedure di screening (verifica di assoggettabilità alla VIA e definizione dei contenuti del rapporto ambientale); migliora, inoltre, la qualità della VIA, mediante l'integrazione dei temi ambientali con le nuove sfide ambientali (cambiamenti climatici, biodiversità, rischi naturali e antropici); prevede il ricorso ad esperti qualificati e tecnicamente competenti per la predisposizione dei rapporti ambientali e per la loro valutazione, nonché l'obbligatorietà del monitoraggio ambientale in presenza di impatti ambientali negativi e significativi. La direttiva razionalizza, infine, il processo anche attraverso l'introduzione di tempi per la conclusione delle varie fasi procedurali.
  È previsto che gli Stati membri recepiscano la nuova direttiva entro tre anni dalla data di entrata in vigore. Tale recepimento rappresenta per l'Italia un importante obiettivo da conseguire al fine di adeguare le disposizioni nazionali all'evoluzione delle strategie e delle politiche, ai progressi in campo giuridico e tecnico, alle sfide emergenti per l'Europa, con particolare riguardo all'uso efficiente delle risorse, alla mitigazione e all'adattamento ai cambiamenti climatici, a contrastare la perdita di biodiversità, alla prevenzione dei rischi di calamità naturali e antropiche. La VIA, cioè, deve essere aggiornata nei metodi di valutazione, tenendo conto delle priorità che noi ci diamo.
  Credo sia importante, e a questo fine dedicherò il massimo impegno, che le nuove disposizioni comunitarie in materia di VIA siano recepite nella legislazione nazionale in maniera rapida ed efficace. A questo fine, nell'immediato, metterò mano alla definitiva chiusura delle procedure di infrazione in corso, adeguando finalmente la nostra legislazione alle prescrizioni delle direttive europee già vigenti.
  Sto intanto già lavorando per l'accelerazione delle procedure di valutazione ambientale (VIA, VAS, AIA). Com’è noto, i tempi infiniti delle valutazioni ambientali sono ascrivibili soprattutto alla farraginosità delle procedure e alla non sempre limpida distinzione tra i compiti dell'istruttoria squisitamente tecnico-scientifica e quelli che inevitabilmente spettano all'amministrazione e alla politica.
  Se a questo si aggiunge un'ormai avvertita esigenza di maggiore trasparenza Pag. 14nelle scelte, anche di natura tecnica, e di assoluta integrità dei profili professionali coinvolti, il risultato non può che essere conseguito sul piano, vuoi della semplificazione burocratica, vuoi di una rinnovata attenzione da rivolgere ai meccanismi di selezione e di nomina di questa importantissima classe dirigente.
  Il rimedio è uno solo: l'alta competenza e l'assoluta indipendenza di chi deve fornire al decisore politico gli elementi tecnico-scientifici per assumere la responsabilità delle scelte. In analogia, poi, a quanto previsto dalla vigente normativa in materia di opere pubbliche, si potrebbe pensare di introdurre una validazione di conformità ambientale di progetto, che andrebbe rilasciata da pubbliche amministrazioni provviste di adeguati requisiti (università, società indipendenti abilitate alla certificazione di progetto e iscritte in un apposito albo).
  Acquisendo la lezione recente dei casi Ilva ed Eternit, è stata svolta una prima ricognizione sulla sussistenza di credibili metodologie per effettuare una specifica valutazione d'impatto sulla salute (VIS), che garantisca preventivamente le comunità da eventuali rischi legati ad insediamenti industriali ad alto impatto ambientale.
  È allo stato disponibile una prima proposta, risultante da analisi comparative e specifici approfondimenti, che entro il mese di maggio prevediamo di presentare, nel corso di un'iniziativa pubblica, sotto forma di un primo dossier.
  Per quanto riguarda il green public procurement (GPP), si sottolinea che tale strumento è riconosciuto a livello internazionale come una delle principali leve per attuare la riconversione ecologica dell'economia.
  Infatti, attraverso la leva degli acquisti pubblici, che a livello europeo rappresentano circa il 19 per cento del PIL, è possibile, da un lato, determinare la riduzione degli impatti ambientali causati dai consumi della pubblica amministrazione, ottenendo contestualmente una razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica – si pensi, ad esempio, alla riduzione delle spese ottenibili attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica – e, dall'altro, rilanciare l'economia su basi sostenibili, promuovendo le iniziative che fanno dell'innovazione ambientale il proprio punto di forza.
  Tale attività si trova già ad un avanzato livello di attuazione, grazie al lavoro dei pertinenti uffici del Ministero che, in collaborazione con altri soggetti pubblici ed operatori privati, hanno elaborato i cosiddetti criteri ambientali minimi (CAM).
  Si pensi, come esempio, al risultato raggiungibile, in termini ambientali ed economici, dall'applicazione dei CAM riguardanti gli apparati di illuminazione pubblica. La sostituzione degli impianti esistenti con altri più sostenibili potrebbe rilanciare un importante settore produttivo, ridurre significativamente i consumi energetici del settore e produrre rilevanti risparmi economici, determinati in circa 500 milioni di euro l'anno, che ripagherebbero in pochi anni gli investimenti fatti.
  Per quanto sopra, è mia intenzione favorire la diffusione della pratica degli appalti verdi. Peraltro, nel cosiddetto «collegato ambientale» alla legge di stabilità, attualmente all'esame della Camera, sono stati introdotti alcuni articoli specifici che dovrebbero permettere di valorizzare fortemente il green public procurement e farlo diventare uno dei principali strumenti dell'economia verde. È infatti previsto, in particolare, che tutte le gare di appalto che riguardano l'acquisto di beni e servizi ad elevato consumo energetico prevedano obbligatoriamente l'inserimento dei CAM nei bandi di gara. Per tutte le gare che riguardano l'acquisto di altri prodotti, tale obbligo viene fissato in almeno il 50 per cento del valore di beni o servizi acquistati.
  Un altro tema, facente capo al più generale ambito della strategia europea «Consumo e produzione sostenibili», è quello della valorizzazione in chiave ambientale delle filiere produttive nazionali e, in particolare, delle filiere del settore agroalimentare.
  Il ruolo che può essere svolto dall'Italia sui temi del cibo e dell'alimentazione è Pag. 15notoriamente rilevante, per le particolari esperienze produttive e tradizioni culturali sino ad oggi accumulate.
  Al proposito, ritengo di dover sottolineare, da un lato, l'importanza che questo settore ha per la nostra economia e, dall'altro lato, il fatto che, come la Commissione europea ha evidenziato, il settore agroalimentare è il principale settore produttivo per impatti ambientali generati, con il 31 per cento degli impatti totali, prima del settore delle abitazioni con il 23 per cento e del settore dei trasporti con il 18,5 per cento.
  Gli impatti ambientali del settore cibo riguardano sia il consumo di energia che l'emissione di sostanze inquinanti, sia, infine, la produzione di rifiuti. A quest'ultimo proposito, va sottolineato che numerose ricerche indicano che oltre il 30 per cento del cibo prodotto viene sprecato e contribuisce ad aumentare la quantità di rifiuti prodotta.
  Contribuire significativamente a quanto si sta sviluppando nel settore agroalimentare, anche in relazione al prossimo semestre di presidenza italiana dell'Unione europea e all'evento Expo 2015, già in precedenza ricordati, sarà compito rilevante dell'azione del Ministero dell'ambiente nei prossimi mesi.
  A questo riguardo, l'attività che dovrebbe essere valorizzata nel prossimo futuro è quella già avviata con la collaborazione di importanti aziende agroalimentari, per la costruzione di una base conoscitiva degli impatti ambientali dei prodotti, basata sull'applicazione corretta e standardizzata dello strumento LCA (life cycle assessment).
  Tale strumento, oggetto di un progetto europeo, riguarda, com’è noto, l'analisi del ciclo di vita dei diversi prodotti e la successiva costruzione di banche dati ambientali, a cui possono accedere le diverse aziende, per dotarsi di strumenti affidabili e riconosciuti di qualificazione ambientale dei propri prodotti. Ciò varrà in particolare per le filiere agroalimentari, permettendo così un'ulteriore valorizzazione della qualità e dell'immagine dei prodotti italiani.
  Veniamo ora ai cambiamenti climatici, al dissesto idrogeologico, alle fonti rinnovabili e alla green economy. In ultimo, ma non certo in ordine di importanza, mi preme affrontare il tema dello sviluppo sostenibile. La problematica è complessa, e intenderei seguire un percorso articolato in quattro tappe.
  La prima riguarda il quadro generale nel quale ci muoviamo e ci muoveremo nel prossimo futuro. Attualmente il riferimento europeo è incardinato nel Pacchetto clima-energia, che prevede entro il 2020 una riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento, una quota del 20 per cento di rinnovabili sul totale dei consumi e un risparmio indicativo del 20 per cento rispetto ai consumi di energia.
  Questi impegni europei per l'Italia, al 2020, si traducono in una riduzione delle emissioni di CO2 del 21 per cento rispetto al livello del 2005 per il settore energetico-industriale e un calo del 13 per cento per gli altri settori (agricoltura, trasporti, civile, rifiuti); una quota delle fonti rinnovabili sui consumi finali di energia di almeno il 17 per cento, tenendo conto della necessità di garantire nei trasporti un peso dei biocarburanti pari al 10 per cento; una riduzione dei consumi primari di energia del 20 per cento rispetto alle dinamiche tendenziali (quest'ultimo è però un obiettivo non vincolante).
  A fronte di questo quadro, per rispondere agli impegni, sono stati varati due importanti documenti programmatici. Il primo è la Strategia energetica nazionale (SEN), approvata con il decreto ministeriale dell'8 marzo 2013, che colloca le politiche verdi in un contesto energetico ampio, traccia le linee di azione di medio-lungo periodo (fino al 2050) e fissa le priorità di azione, dal comparto elettrico a quello del gas, creando benefici per imprese e consumatori.
  Il Piano nazionale per la decarbonizzazione, approvato con delibera CIPE n. 17 del 2013, individua invece un set di misure dettagliato e completo da mettere in campo per la riduzione della CO2.Pag. 16
  Si tratta di un disegno ambizioso, ma certamente perseguibile. Tuttavia, non basta, dobbiamo andare oltre.
  Lo scorso mese di gennaio la Commissione europea ha adottato la Comunicazione sul Quadro clima-energia 2030. L'obiettivo centrale è la riduzione dei gas serra del 40 per cento rispetto al 1990. A questo si aggiunge l'obbligo di coprire almeno il 27 per cento dei consumi energetici dell'Unione con fonti rinnovabili. Sul fronte dell'efficienza, l'indicazione è ancora una volta più blanda e rinviata presumibilmente a metà del 2014.
  Di fatto, mentre ci sarà una distribuzione dell'obbligo sulla riduzione della CO2, la Commissione europea non ritiene necessario declinare il target europeo sulle rinnovabili in obiettivi nazionali, per lasciare più flessibilità agli Stati membri. È noto che questa impostazione è il risultato di un compromesso politico tra le diverse visioni degli Stati membri.
  Sebbene l'Italia abbia accolto con favore la proposta della Commissione europea sul Quadro al 2030, dobbiamo essere consapevoli che prendendo una prospettiva extra-europea, il contributo UE assumerà un valore di vero contrasto ai cambiamenti climatici solo se anche le altre parti si assumeranno dei corrispondenti impegni. Infatti, ad oggi l'Europa contribuisce alla riduzione delle emissioni globali solo per poco più dell'11 per cento. In parole povere, questo obiettivo avrà un significato solo se sarà un obiettivo globale. Oggi noi possiamo dare un esempio agli altri Paesi (mi riferisco in particolare agli Stati Uniti e alla Cina) e facciamo bene a darlo, ma il passo importante avverrà quando questo obiettivo sarà condiviso da tutti i Paesi del mondo. In quel caso, ci sarà un vero e sensibile miglioramento.
  Inoltre, a livello europeo, si dovrà arrivare a dissociare la crescita economica dall'aumento dei consumi di energia (il cosiddetto decoupling). Saranno quindi necessarie politiche precise a supporto di obiettivi quali: misure forti in materia di fiscalità energetica, per favorire tecnologie e combustibili a basso contenuto di carbonio; esenzione dai vincoli del fiscal compact per gli investimenti destinati alla riduzione delle emissioni; riduzione dei sussidi ai combustibili fossili.
  Un ruolo chiave sarà poi giocato dalla governance. È infatti essenziale garantire un coordinamento efficace delle politiche nazionali, lasciando al tempo stesso i previsti margini di manovra nel mix delle politiche. In pratica, si dovranno centrare gli obiettivi comuni, permettendo scelte a livello nazionale efficienti sul piano dei costi.
  In questo scenario, ciascuno Stato membro dovrà procedere ad una valutazione approfondita e dettagliata, per assicurare che le azioni intraprese siano le più efficaci e, soprattutto, efficienti in termini di spesa, sostenibilità, sicurezza degli approvvigionamenti, crescita ed innovazione.
  Il secondo punto del percorso è costituito dall'effetto dei cambiamenti climatici sul nostro territorio, con le tragiche conseguenze del dissesto idrogeologico. Come è noto, gli effetti dell'aumento della temperatura provocano danni drammatici. In Italia, negli ultimi anni, la frequenza degli allagamenti è aumentata, mentre la fragilità del territorio, a sua volta causata dal consumo del suolo e dalla mancata manutenzione, genera emergenze e provoca vittime. Ritornano con una frequenza estremamente ravvicinata eventi climatici estremi: per citare casi recenti, la Liguria, la Garfagnana, la Versilia, la Sardegna e le pianure del Veneto.
  È evidente la necessità di interventi straordinari e strutturali. Alle vittime e allo scempio del territorio si aggiungono le spese impreviste per tamponare i danni, di gran lunga superiori ai costi della prevenzione. La serie storica degli eventi avrebbe dovuto orientare da tempo politiche e misure per la protezione delle zone più vulnerabili, anche sulla base dei dati raccolti ed elaborati dal Ministero: il 10 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e i comuni interessati sono oltre 6.000.
  Purtroppo, quello che è stato programmato ed avviato è ancora parziale e frammentario. L'azione per la prevenzione del Pag. 17rischio idrogeologico e per la messa in sicurezza del territorio procede con difficoltà e a macchia di leopardo.
  Proviamo ad analizzare i motivi di questa difficoltà. Le risorse finanziarie messe a disposizione delle regioni sono gestite attraverso poteri straordinari, che si sovrappongono a quelli ordinari di governo negli usi del territorio. Peraltro, le risorse finanziarie sono assoggettate ai vincoli del Patto di stabilità interno, e, comunque, non sono oggettivamente sufficienti. Inoltre, sono ancora scarse le misure incentivanti messe a disposizione delle imprese, per investimenti finalizzati alla manutenzione e alla messa in sicurezza del territorio. Infine, in molti casi gli interventi sono sottoposti ad estenuanti procedure autorizzative.
  Ciò nonostante, a queste problematiche si sta reagendo. È stata trasmessa al CIPE, a fine 2012, una proposta di delibera che individua le linee strategiche da seguire in via prioritaria per la messa in sicurezza del territorio. Alla proposta è stato aggiunto un rapporto preliminare sullo stato delle conoscenze scientifiche relativamente a impatti e vulnerabilità del nostro territorio.
  In questo contesto, è in corso la predisposizione di una Strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici che prevede: la revisione periodica del rapporto che ho appena richiamato; l'aggiornamento delle mappe di rischio da alluvione, a cui dovranno provvedere le Autorità di bacino dei distretti idrografici di prossima istituzione; e infine un elenco delle priorità di intervento.
  È poi previsto che, ai fini della attuazione della strategia, siano individuati i seguenti provvedimenti normativi. In primo luogo, è prevista l'approvazione da parte del CIPE di un programma annuale di interventi per l'adattamento ai cambiamenti climatici e la messa in sicurezza del territorio, predisposto sulla base dei piani di gestione dei distretti idrografici, di cui all'articolo 13 della direttiva CE.
  Ai fini del finanziamento di questo programma, è prevista, inoltre, la costituzione, per il periodo 2014- 2020, di un fondo nazionale, alimentato con una percentuale dei proventi derivanti dalle aste dei permessi di emissione, di cui al decreto legislativo n. 30 del 2013, con un prelievo, determinato annualmente, su ogni litro di carburante consumato, fino al raggiungimento di un valore annuo limite, con quote a valere sulla programmazione 2014 -2020 dei fondi strutturali.
  Infine, si prevede l'approvazione, da parte del Governo, di un disegno di legge per l'introduzione di un'assicurazione obbligatoria per la copertura dei rischi connessi agli eventi climatici estremi, a carico di beni e strutture di proprietà pubblica e privata.
  Dalla difficile condizione del nostro territorio, ben si capisce l'importanza delle politiche energetico-ambientali che guardano ad un orizzonte di medio-lungo periodo.
  A seguire, voglio fare riferimento al ruolo delle politiche energetico-ambientali. È ben noto che negli ultimi anni lo sforzo maggiore delle politiche verdi, almeno da un punto di vista finanziario, si è concentrato sulla produzione elettrica da rinnovabili.
  Due semplici dati riassumono i fatti: il peso delle rinnovabili sui consumi finali di elettricità è di circa il 30 per cento, un livello che sino a poco tempo fa si sperava di raggiungere solo al 2020; ragionando in termini finanziari, in seguito alla massiccia espansione del fotovoltaico, il valore complessivo dei vari sistemi di incentivazione messi in piedi per le rinnovabili elettriche ha raggiunto un costo superiore ai 10 miliardi di euro all'anno che, a regime, si ritiene arriveranno a 12,5 miliardi all'anno.
  Decisamente meno esplosiva è stata invece la crescita delle altre leve verdi necessarie a centrare i target: quella delle rinnovabili termiche, quella dei trasporti e quella dell'efficienza energetica. Su questi fronti ci attendiamo nei prossimi anni un sensibile progresso.
  Da un punto di vista strategico, la strada da seguire è, quindi, chiara: spingere sull'efficienza energetica, favorire lo sviluppo delle rinnovabili termiche e accompagnare Pag. 18la crescita delle rinnovabili elettriche, bilanciando il mix delle fonti.
  Gli strumenti messi in campo, tuttavia, dovranno rivelarsi efficaci ed efficienti. L'efficacia consisterà nella reale capacità di coprire al meglio tutti i settori: dagli interventi effettuati dalle famiglie e a quelli dell'industria, fino a quelli portati avanti dalla pubblica amministrazione. Questi ultimi due comparti rappresentano una sfida nella sfida per la loro complessità.
  L'efficienza starà invece nelle modalità di gestione, a fronte dei margini ristretti che oggi offre il finanziamento pubblico: come è ben noto, lo spazio è oggettivamente poco, sia che si ragioni sulla fiscalità generale, sia che si ragioni in termini di oneri da scaricare sulle bollette.
  Ciò premesso, è bene ricordare che recentemente sono state mosse leve importanti, per andare nella direzione auspicata: nei mesi a venire queste stesse leve dovranno essere fatte funzionare al meglio.
  Per quanto attiene, in particolare, alle energie rinnovabili elettriche e, più nello specifico, al fotovoltaico, con il Quinto conto energia si è provveduto a rendere maggiormente mirata l'incentivazione. La norma limitava il perimetro degli impianti ammessi al beneficio e riconosceva tariffe più alte agli impianti virtuosi. Da un punto di vista finanziario, rimodulava e riduceva gli incentivi, fissando un tetto di spesa massima.
  Questa fase è tuttavia terminata. Il limite di spesa complessivo è stato infatti raggiunto e ci troviamo ora a gestire un nuovo passaggio indubbiamente delicato. Pochi numeri rendono l'idea: secondo stime prudenti il settore conta 18.000 occupati, con un indotto di 100.000 lavoratori ed un patrimonio di potenza installata di picco pari al 6 per cento del fabbisogno nazionale di energia elettrica.
  Servono, dunque, oggi interventi e norme che agevolino il mantenimento del mercato fotovoltaico. In questa direzione è importante aver incluso, con la legge di stabilità per il 2014, il fotovoltaico nella detrazione fiscale del 50 per cento per le ristrutturazioni degli edifici.
  In prospettiva, sono da menzionare alcune azioni che dovranno essere poste in essere. La prima di esse è la semplificazione della connessione in rete del fotovoltaico. Si presentano adempimenti di tipo tecnico-burocratico che appesantiscono i costi d'investimento del settore. L'obiettivo è fare in modo che alla riduzione dei costi della tecnologia si aggiunga una riduzione dei costi indiretti.
  La seconda azione è la semplificazione delle autorizzazioni degli impianti a fonti rinnovabili. Ci sono le linee guida da migliorare, con il contributo del Ministero per i beni culturali e delle Soprintendenze. Si dovranno anche snellire l'autorizzazione con l'adozione dell'autorizzazione unica ambientale (AUA). In questa fase è necessario mettere a punto normative semplici e dare tempi certi di autorizzazione, migliorando i sistemi di controllo per mantenere un giusto livello di guardia sugli impatti e il danno ambientale.
  Le altre azioni da mettere in campo sono: una revisione del meccanismo di scambio sul posto, in modo da semplificarne le procedure e ampliarne l'applicazione; il riconoscimento di un premio programmabilità, con azioni evolute di forecasting oppure azioni di accumulo dell'energia; il mantenimento degli incentivi solo verso le nuove tecnologie (ad esempio, il solare a concentrazione e soluzioni architettoniche valide per l'integrazione anche in edifici e dimore storiche).
  Per quanto attiene alle fonti rinnovabili per il trasporto, è bene sottolineare che per raggiungere gli obiettivi europei sarà necessaria un'azione decisa e coniugata ad una sorta di operazione trasparenza.
  In particolare si ritiene che i biocarburanti dovranno essere prodotti in maniera sostenibile, ossia con una reale riduzione delle emissioni di CO2 e senza impatti negativi sull'ambiente locale (ad esempio, disboscamenti) o sugli usi alimentari dei terreni. In quest'ottica, solo gli impianti di seconda e terza generazione danno una garanzia, motivo per cui è Pag. 19molto importante sostenerli in termini di ricerca e di incentivi, anche fissando obiettivi minimi ad hoc. L'Italia vanta in materia una leadership tecnologica importante, che occorrerà valorizzare sia in campo nazionale che internazionale.
  Si dovrà orientare il settore verso la produzione più sostenibile, limitando il riconoscimento del valore doppio ai fini dell'obbligo del 10 per cento solo ai biocarburanti di seconda generazione e a quelli prodotti da rifiuti e sottoprodotti che non abbiano già altri usi industriali.
  Inoltre, si dovrà puntare sullo sviluppo del biometano nei trasporti. C’è un potenziale importante sia in termini di volumi – fino a un miliardo di metri cubi l'anno – sia in termini di ricadute per la filiera industriale – si pensi alla leadership dell'industria italiana nel settore delle auto a metano.
  Sul piano dell'efficienza energetica si sono rafforzati i vecchi strumenti e ne sono stati introdotti di nuovi.
  Vale la pena di sottolineare, al proposito, che la detrazione fiscale per le spese sostenute in interventi per la riqualificazione energetica degli edifici è stata innalzata dal 55 per cento al 65 per cento e confermata fino a dicembre 2014. Prosegue, poi, fino al dicembre 2015, ma scende al 50 per cento.
  In proposito, pur considerando con favore l'estensione del beneficio, riterrei che la misura debba essere resa strutturale e non faticosamente rinnovata di anno in anno, o poco più. Tale stabilizzazione dovrebbe accompagnarsi ad un fine tuning dello sgravio, per evitare inefficienze e limitare il rischio di abusi. In particolare, si potrebbero revisionare le aliquote differenziandole per tipologia di intervento. Ad esempio, gli sgravi per le finestre potrebbero essere relativamente più bassi rispetto all'attuale. Si potrebbero altresì inserire limiti di spesa unitaria per i materiali impiegati. Ad esempio, le finestre sostituite non possono costare più di tot euro per mq. Tale accortezza è stata già adottata per gli interventi di efficienza energetica nella pubblica amministrazione con il Conto termico.
  Nel valutare l'impatto della misura, insieme ai costi determinati dal riconoscimento dello sgravio fiscale, debbono essere adeguatamente considerati i benefici legati all'impatto economico incrementale diretto e agli effetti di crescita indotta. Tale approccio, oltre a rappresentare correttamente le ricadute della misura, consente di coglierne appieno le conseguenze sui saldi di finanza pubblica, una volta entrate a regime. Il punto è che, se adeguatamente disegnate, nel giro di pochi anni le agevolazioni attivano crescita e generano maggiori entrate da imposte dirette e indirette, tali da compensare le uscite a carico del bilancio pubblico. Come si dice in gergo, si pagano da sé.
  Relativamente a quest'ultimo punto, si è già predisposto un approfondimento per una valutazione contabile a fronte di una stabilizzazione dell'ecobonus. A questo punto noi abbiamo una storia, e quindi siamo in grado di valutare qual è l'impatto di queste agevolazioni sul bilancio. Se noi abbiamo certezza dell'entrata che generano, abbiamo maggior facilità nella ricerca delle risorse.

  PRESIDENTE. L'importante è convincere il Tesoro a leggerla in questa maniera.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Stiamo provando a raccogliere i dati per poterla leggere anche in questa maniera.
  A questi strumenti normativi e di incentivazione se ne aggiungono altri che, direttamente e indirettamente, favoriscono il raggiungimento degli obiettivi. Cito, al proposito, tre grandi linee di intervento. La prima è il Fondo Kyoto, ovvero il Fondo per l'occupazione giovanile, che eroga finanziamenti a tasso agevolato a progetti e interventi nei settori della green economy e della messa in sicurezza del territorio dai rischi idrogeologico e sismico. Si va dalle rinnovabili innovative ai biocarburanti, dall'efficienza alle azioni per la riduzione dell'impronta ambientale di processi e prodotti.Pag. 20
  La seconda linea che cito è il programma operativo interregionale «Energie rinnovabili e risparmio energetico», centrato sulle regioni dell'Obiettivo convergenza. Il Ministero dell'ambiente ha promosso interventi di efficienza di edifici e utenze pubbliche e piccoli impianti alimentati da fonti rinnovabili nelle aree naturali protette e nelle isole minori. La dotazione finanziaria disponibile è di circa 380 milioni di euro.
  Per quanto attiene alla terza linea trasversale, ricordo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è impegnato da tempo nel supporto alle iniziative volontarie del settore produttivo italiano e ha avviato un intenso programma sull'impronta ambientale di prodotti e servizi. Si cerca di sperimentare su vasta scala e ottimizzare le differenti metodologie di misurazione delle prestazioni ambientali, armonizzandole e rendendole replicabili.
  Dobbiamo lavorare sui giovani. Oggi chi nasce ha già in sé una coscienza ambientale che va conservata e valorizzata. Non possiamo perdere l'occasione di far sorgere una nuova generazione di nativi ambientali, ovvero di giovani che mettono in pratica nei comportamenti quotidiani ciò che noi abbiamo dovuto imparare e loro già, in qualche modo, hanno nel loro DNA: la cultura del rispetto dell'ambiente.
  Io credo molto a questo progetto. Sarà mia intenzione fare, all'interno del Ministero, una struttura ad hoc che si occupi della cultura ambientale, rivolta non solo alle scuole, ma anche ai giovani e alle famiglie, che hanno un impatto determinante sulla cultura e sull'educazione dei ragazzi.
  Giova, inoltre, segnalare che è in avanzata sede di predisposizione un protocollo di collaborazione tra Ministero dell'ambiente e Ministero dell'istruzione, che ha come oggetto la gestione congiunta di piani di investimento per la ricerca e lo sviluppo nell'ampio settore della green economy e della tutela ambientale. È necessario concentrare le risorse e le competenze sugli obiettivi di filiera, che permettano di realizzare consistenti iniziative di trasferimento tecnologico e innovativo al livello della produzione e del consumo, dall'edilizia sostenibile alle energie rinnovabili.
  Sono intenzionato a confrontarmi con il Ministro dell'economia, per proporgli un lavoro intenso tra le nostre amministrazioni, che potrebbe prendere la forma di una Commissione per la fiscalità ambientale. Io tengo molto a questo progetto. Voi sapete che c’è una delega fiscale, che prevede all'articolo 5 che noi entro 180 giorni dobbiamo ridisegnare la fiscalità ambientale.
  Io credo che su questo tema ci sia, a livello globale, a livello europeo e a livello italiano, molta confusione. Noi dobbiamo riuscire a disegnare quel decreto legislativo di attuazione della legge delega, in maniera da evitare che in seguito direttive europee possano rimettere in discussione quello che noi facciamo a livello nazionale.
  È quindi mia intenzione porre questo tema durante il semestre italiano di presidenza europea, a livello di Commissione europea, per poter avere, chiaramente non una direttiva perché non faremmo in tempo, ma alcune linee guida che ci guidino nella predisposizione della nostra legislazione, in maniera che non scopriamo dopo che siamo contrari o fuori dai principi individuati dalla direttiva europea.
  L'Italia, come ho detto più volte nella mia relazione, è la più felice combinazione tra natura, cultura e intelligenze. Non può riprendere a crescere, se non ripartendo da questa sua unica forma identitaria, di cui l'ambiente è il tratto più originale.
  Siamo profondamente convinti che uno dei caratteri distintivi del Governo presieduto da Matteo Renzi sarà la strategia per il ripristino e la valorizzazione degli asset naturali e ambientali, in un Ministero che non dovrà solo gestire emergenze (ci tengo molto a dirlo), ma anche progettare un futuro sostenibile per l'Italia e per i nostri giovani.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro, per la relazione molto completa e di grandissimo interesse. Il problema sarà vedere come ci si organizza per fare queste cose.Pag. 21
  Abbiamo quasi mezz'ora per porre una serie di questioni, partendo dallo schema che ci eravamo dati, ovvero dando subito la parola ad un commissario per Gruppo, in maniera tale che martedì sera il Ministro possa rispondere prima alle questioni che vengono poste oggi e poi agli interventi di coloro che sicuramente oggi non riusciranno a parlare.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO BORGHI. Grazie, signor Ministro, per questa relazione molto completa e, per quanto ci riguarda, anche molto esaustiva rispetto ai temi e al lavoro che il Partito Democratico ha posto nel corso di quest'anno all'interno di questa Commissione e che porterà nel corso di questa esperienza di Governo.
  Naturalmente siamo più che disponibili a concorrere a un percorso di sostegno, affinamento e rafforzamento dell'importante quadro di linee programmatiche che sono state qui enunciate.
Vorrei innanzitutto esprimere un apprezzamento rispetto ad una riflessione di fondo che il Ministro ha dato e che corrisponde appieno alla logica con la quale noi ci siamo approcciati a questa materia. Quando il Ministro parla della necessità di intendere il Ministero dell'ambiente come il Ministero dell'economia sostenibile, coglie un punto che noi abbiamo sempre sollecitato.
  È in questa prospettiva che noi riteniamo si debba proseguire il lavoro, innanzitutto prospettando due obiettivi generali, signor Ministro. Il primo è l'esigenza di uscire il più presto possibile dalla logica dell'emergenza. Questa Commissione nel corso di questo anno ha lavorato su alcune emergenze clamorose. Ne cito due per tutte: il caso Ilva e il caso Terra dei Fuochi, su cui sono iscritti a parlare alcuni colleghi campani democratici. Altre emergenze si preannunciano (ad esempio, la Calabria).
  Noi abbiamo bisogno di portare questi temi ad una logica sistemica, altrimenti il rincorso dell'emergenza, del dibattito mediatico, della necessità di dare risposta anche alle questioni più di dettaglio, rischia di non far cogliere uno sforzo sistemico che, dal nostro punto di vista, sta dentro alle questioni che ci sono state ricordate.
  In questo quadro, occorre inserire anche una serie di opzioni strategiche. Il tema della green economy, a cui è stato fatto riferimento, è certamente un tema importante. La nostra Commissione, insieme alla Commissione Attività produttive, a chiusura dell'indagine conoscitiva sulla green economy, rassegnerà un lavoro importante che ha condotto nel corso di questo anno di approfondimento e di ascolto della società civile e degli stakeholder del nostro Paese.
  Pensiamo che in quest'ambito il riferimento che è stato fatto alle fonti rinnovabili sia molto importante. Noi dobbiamo stare nel gruppo di testa rispetto a queste questioni. Se la Germania si pone l'obiettivo di coprire entro il 2050 il 100 per cento del fabbisogno energetico con fonti rinnovabili, noi crediamo che si debba stare su quel versante e su quella prospettiva.
  In questo quadro di impegno e di lavoro sistemico, anche per dare un quadro di regole certe, pensiamo di debba andare anche verso una logica di alleggerimento degli apparati e delle strumentazioni burocratico-legislative. In questi comparti ci sono troppe norme, troppo confuse e ridondanti. Abbiamo quindi bisogno di asciugare e di dare un quadro di leggi più coerenti e immediatamente applicabili, superando la fase storica degli anni 1980, che abbinava alla logica dei vincoli e dei divieti la realizzazione di una politica ambientale nel nostro Paese, perché oggi è possibile fare una politica ambientale in una logica propositiva.
  Faccio ancora qualche riflessione di carattere generale. Sono d'accordo sul passaggio della sua relazione riguardante l'efficientamento energetico e la stabilizzazione dell'ecobonus, con le sue peculiarità. Noi pensiamo che in questo campo le risorse debbano andare sempre di più Pag. 22nella logica della ristrutturazione dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente.
  Ricordo, a tale proposito, il lavoro che stiamo conducendo sulla legge per il consumo di suolo, su cui abbiamo bisogno di un'espressione e di un impegno forte da parte del Governo, anche perché ci sono una serie di nodi che dovranno essere affrontati e sciolti in Commissione. Su questo tema abbiamo bisogno di un sostegno e di un confronto con il Governo.
  Condivido il passaggio sulla biodiversità. A questo proposito, dovremo lavorare per affinare gli strumenti di governance dei parchi, per lavorare sulle aree marine protette e sulla Convenzione delle Alpi, di cui l'Italia ha la presidenza quest'anno e l'anno prossimo.
  Abbiamo notato e apprezziamo che nella relazione del Ministro sono stati ripresi alcuni aspetti che stavano dentro una risoluzione da noi proposta: mi riferisco al tema del Piano di tutela e gestione delle risorse idriche. È molto positivo che il Governo si impegni in questo senso a tradurre in concreto gli esiti referendari.
  Allo stesso modo, ci convince il passaggio legato alla riduzione del rischio idrogeologico. Anche in questo caso, apprezziamo il fatto che si sia fatto un richiamo ad una proposta da noi sostenuta, cioè quella di andare su un versante di sistematizzazione, uscendo dalla logica del commissariamento, che non ha prodotto risposte positive in termini di spesa e in termini di qualità della spesa medesima.
  Da ultimo, nel quadro di rilanciare la competitività del nostro Paese e la produzione manifatturiera in chiave ecosistemica, è di particolare attenzione la possibilità della creazione di fondi specifici, con il coinvolgimento dalla Cassa depositi e prestiti in questo proposito.
  Su questo tema, attendiamo il lavoro che il Governo produrrà, nel quadro di programmazione dei fondi sulla coesione territoriale, perché pensiamo che possano esserci significative risorse, che potrebbero essere impiegate su questo versante.
  Per gli aspetti più di dettaglio, abbiamo già consegnato alla presidenza un elenco di interventi dei colleghi, che presenteranno richieste puntuali al ministro. Grazie.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio il signor Ministro per la relazione. Ambiente vuol dire soprattutto rete e notare i diversi particolari inseriti in un unico contesto spaziale, ma anche temporale. Alcune problematiche, citate anche dal collega Borghi, non sono state ancora risolte.
  Tra queste vi è quella dell'Ilva di Taranto. A noi piacerebbe avere sottomano il nuovo Piano ambientale aggiornato e anche il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che risulta essere stato approvato il 14 marzo. Sarebbe un modo per capire quali sono i reali propositi del Governo precedente e di quello attuale su quella questione.
  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, oltretutto, è già stato approvato, per cui auspichiamo che sia pubblicato al più presto. Ci risulta, da notizie di stampa, che è in parte bloccato alla Corte dei conti, però vorremmo avere qualche notizia da lei.
  È ottimo il riferimento del Ministro all'energia. Purtroppo in Italia latita ancora un vero e proprio piano di programmazione energetica. Suggerisco di controllare anche i dati esteri. Per esempio, dati statunitensi riferiscono che il tentativo di cercare energia da biogas da reflui e da rifiuti, dal punto di vista di un ambito molto settoriale, può essere positivo, ma invece in un ambito di ricerca di lucro in quel settore non lo è, perché estrarre energia da queste fonti è 50 volte più costoso che estrarla, per esempio, dal solare fotovoltaico.
  Ci risultano circa 900 richieste di nuovi impianti a biogas e biomasse in Italia e un investimento di circa 5 miliardi di euro solo per la costruzione degli impianti, che in un'ottica di sistema è forse inadeguato. Oltretutto, risultano richieste di matrici anche in ambito di rifiuti speciali e addirittura Pag. 23di concia delle pelli, su cui abbiamo presentato specifiche interrogazioni.
  Per quanto riguarda l'inquinamento e le polveri sottili, sappiamo che la parte relativa all'ammoniaca nell'ambito dei precursori è uno dei bersagli principali. Fare chiarezza sul settore del biogas agricolo è sicuramente importante, perché questo settore ha portato un notevole incremento anche dell'inquinamento dell'aria.
  Per quanto riguarda il biogas da rifiuti, l'additivazione chimica non è ancora chiara. Allo stesso modo, per il biometano ci sono ancora limiti chimici e biochimici. Per queste ragioni, uno stimolo speculativo nel settore è, a nostro parere, rischioso. Andrebbe fatta chiarezza e probabilmente questo andrebbe stimolato come ambito di nicchia. Se partiranno degli incentivi esagerati in quel settore, non solo non si arriverà a rifiuti zero, ma si rischierà di creare uno squilibrio economico davvero importante.
  Ci sono diverse tecnologie per utilizzare il refluo umido dal punto di vista aerobico, che arricchirebbe l'agricoltura, limitando l'emissione di ammoniaca e di altri precursori.
  Per quanto riguarda le bioplastiche, siamo d'accordo con la ricerca, ma ricordiamoci che in Italia abbiamo oltre 250 shopper a persona all'anno. Nell'ambito del recupero della materia, a nostro parere, bisogna fare più cultura anche in questo senso.
  La gestione dei rifiuti nell'ambito del combustibile solido secondario è, a nostro parere, inadeguata, anche perché spesso gli impianti sono inseriti nel contesto urbano. Dal punto di vista dell'emissione di metalli pesanti e dei danni collaterali, anche volendo vedere solo la parte economica, ci possono essere danni davvero incalcolabili. Per questa ragione, andrebbe fatta chiarezza. A nostro parere, il decreto Clini andrebbe rivisto. Ci abbiamo provato con una mozione. Sollecitiamo in ogni caso a vigilare sull'applicazione di questo decreto.
  È ottimo anche il riferimento contenuto nella sua relazione al risparmio energetico per gli edifici. Ricordo che è partita da questa Commissione, proprio dal nostro Gruppo, l'iniziativa per il passaggio dal 55 al 65 per cento delle agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici.
  Un mio ordine del giorno, approvato e presentato al Ministro Orlando nell'ambito dell'ultimo decreto-legge sull'Ilva, prevedeva di valutare di passare al 75 per cento di defiscalizzazione, almeno nei comuni inseriti nelle aree SIN. Approfitto per sollecitare il Ministro in questo senso, anche perché la riduzione delle emissioni da riscaldamento e climatizzazione degli edifici è fondamentale.
  Per quanto riguarda l'ambito occupazionale, vi ha già fatto riferimento il Ministro, ma, secondo me, va sottolineato il concetto: gli investimenti in fonti energetiche, anche se rinnovabili, danno sei volte meno occupazione rispetto alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. Anche in ambito di sistema occupazionale, quindi, gli investimenti in riqualificazione energetica sono sicuramente importanti.
  A loro volta, gli investimenti in fonti rinnovabili danno comunque sei volte più occupazione rispetto alle fonti fossili come il carbone. Abbiamo depositato ultimamente un'altra interrogazione sull'impianto di Civitavecchia, non ancora preso in considerazione dalla stampa. Ma, se ci sono stati 400 decessi a Vado Ligure e un disastro ambientale a Porto Tolle, su Civitavecchia aspettiamo ancora che parta il Tavolo tecnico con i dati di biomonitoraggio. Torniamo a sollecitarlo – lo abbiamo già fatto con questa interrogazione – e pare che ENEL abbia dato la disponibilità.
  Gli investimenti nel fossile, comprese le trivellazioni in mare e in Pianura padana, in ogni caso, oltre a garantire scarso approvvigionamento, possono portare a dei grandi danni ambientali, danneggiando proprio quell'ecosistema marino a cui ha fatto riferimento il Ministro.
  Gli investimenti in Pianura Padana su questo settore hanno un impatto occupazionale minimo, mentre l'aspetto del rischio, anche riguardo ai possibili rischi Pag. 24sismici, è elevato. La Pianura padana sarà interessata dall'Expo 2015. Vorremmo sapere cosa pensa il Ministro sul dopo Expo, per quanto riguarda l'enorme area che da agricola è diventata edificabile, con rischi, anche speculativi, che abbiamo già visto evidenziati dalla stampa.
  Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, ritornando al passato, ci sono ancora diversi decreti ministeriali attuativi che latitano. Mi riferisco alla responsabilità estesa del produttore (ex articolo 178-bis del Codice ambientale), al decreto per favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all'uso multiplo, alla preparazione del riutilizzo dei rifiuti, al riciclaggio di alta qualità e all'assimilabilità di rifiuti speciali ai rifiuti urbani (ex articolo 205 del Codice ambientale) e al calcolo delle percentuali di raccolta differenziata e bonifica delle aree destinate a produzione agricola.
  Per quanto riguarda i danni da rischio idrogeologico, è ottimo che se ne parli. Sappiamo che il numero di eventi alluvionali e di eventi franosi è in crescita esponenziale, per cui di sicuro chiediamo una grande attenzione. Il Ministro avrà notato la pletora di atti parlamentari, anche nostri, presentati. Chiediamo però un'attenzione anche al rischio di sprecare le risorse in assicurazioni obbligatorie, che possono essere disincentivanti per gli interventi.
  Chiudo con il risparmio da fonte energetiche. Chiedo un'attenzione al solare a concentrazione, che è un ottimo sistema. È ottimo anche che ci siano finalmente progetti di solare termodinamico, ma va fatta chiarezza sugli incentivi, che rischiano di stroncare la possibilità di un utilizzo estensivo. Grazie.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al collega Zaratti per quello che ritengo sarà l'ultimo intervento, colgo l'occasione per fare gli auguri alla collega Cominelli che oggi compie gli anni.
  Martedì sera riprenderemo con una prima replica del ministro e poi con gli interventi che oggi non è stato possibile fare. Vi chiedo intanto, da qui a martedì, di buttare un occhio ai provvedimenti del Governo che affrontano i temi di cui ha parlato il Ministro, che però non passano per il Ministero dell'ambiente. Per esempio, c’è il decreto sull'efficienza energetica, che dovrebbe arrivare in uno dei prossimi Consigli dei ministri, forse addirittura venerdì. Mi chiedo se il Ministero ci ha messo le mani.
  Do la parola al collega Zaratti.

  FILIBERTO ZARATTI. Ringrazio anch'io il Ministro per la corposa e articolata relazione che ci ha messo a disposizione. Devo dire che dal punto di vista sostanziale colgo la continuità con il precedente Governo e con la relazione che al tempo il Ministro Orlando fece in questa stessa sala.
  Penso, tra le altre cose, che se il Ministro nelle sue occasioni di confronto in Europa avesse l'occasione di illustrare questa relazione, certamente avrebbe nuovi e ulteriori consensi.
  Più che al Ministro e all'esponente politico, vorrei parlare all'economista, per capire come questa serie di intenti, spesso condivisibili, possano tramutarsi in atti legislativi, sostenuti dallo sforzo finanziario del Paese. Altrimenti, come avviene in tante materie, ma soprattutto in materia ambientale, noi corriamo il rischio che ci sia una visione che per certi versi sembra condivisibile all'interno di una cultura che sta crescendo nel Paese, ma che poi non si sostanzia mai in scelte fondamentali di copertura finanziaria che determinino una svolta che nel nostro Paese ci deve essere.
  Il nostro dunque è un ragionamento di attesa. Noi vogliamo vedere, infatti, ad esempio in materia di fonti rinnovabili ed energia, cosa il Governo ci proporrà concretamente. Io penso che il Ministro dell'ambiente non possa disinteressarsi al fatto che, come diceva il collega che mi ha preceduto, in questo Paese è necessario un nuovo piano energetico nazionale, che deve prevedere l'integrazione delle fonti di energia rinnovabili con quelle di natura tradizionale.Pag. 25
  Anche sulle fonti tradizionali, certamente il Ministero dell'ambiente deve esprimere un parere fondamentale e determinante.
  Sulle fonti rinnovabili, credo che sia necessario capire qual è la forma di incentivazione. Se gli obiettivi sono così ambiziosi (per certi versi ingranditi dall'intervento del collega Borghi, che è il Capogruppo del Partito democratico) anche per il nostro Paese, come per la Germania e per altri Paesi europei, vorrei capire come il Governo intende incentivare lo sviluppo ulteriore delle energie rinnovabili. Questo non mi è chiaro.
  Dal suo intervento, ho capito che per quanto riguarda il fotovoltaico saranno incentivati soltanto impianti solari ad innovazione scientifica, tipo il solare a concentrazione ed altri. Io ritengo che ci siano almeno due voci che sarebbero fondamentalmente meritevoli di un sostegno da parte del Governo: il solare termico e il solare elettrico fotovoltaico, fino a 3 chilowatt per quanto riguarda le abitazioni private, e almeno fino a 20 chilowatt per quanto riguarda i condomini.
  Ritengo che sarebbe meritevole di incentivazione anche quella questione alla quale lei ha accennato, Ministro, ovvero il recupero delle zone industriali dismesse, le quali potrebbero diventare, anche dal punto di vista della produzione rinnovabile, un formidabile veicolo.
  Vanno bene dunque le procedure semplificate, che possono permettere ai cittadini e alle imprese di intervenire in questo settore, ma io credo che la politica degli incentivi concentrata su questi argomenti non possa ignorare le fonti rinnovabili solari.
  Continuo nel parlare della questione dell'acqua e del dissesto idrogeologico. Per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, credo che sia ormai evidente che i commissariamenti straordinari hanno fallito. Io sono d'accordo sulla chiusura delle procedure speciali, che riguardano i commissariamenti, che hanno aumentato in modo significativo i costi dell'ente pubblico e non hanno portato alla soluzione di nessun problema.
  Per quanto riguarda l'acqua, io penso che, così come lei ha detto, Ministro, noi dobbiamo effettivamente mettere in campo un piano nazionale di tutela della risorsa idrica. Credo che sia indispensabile, perché la direttiva europea n. 60 del 2000 ci chiede di portare, entro il 2015, le nostre acque, interne ed esterne, a uno stato di qualità buono. Forse non stiamo neanche nei tempi, ma se non facciamo gli investimenti questo non accadrà.
  Su questo tema, voglio che sia chiara una questione: siccome coloro che gestiscono il ciclo integrato delle acque nei singoli ATO incassano la tariffa dai cittadini, la quale prevede anche il piano degli investimenti, io non vorrei che i cittadini pagassero due volte, una volta attraverso la tariffa per il piano degli investimenti e un'altra attraverso il piano straordinario che noi facciamo. Il piano straordinario va benissimo, ma deve essere defalcato dalla tariffa dei cittadini quanto lo Stato metterà in occasione della realizzazione di questa rete dei depuratori.
  Per quanto riguarda i rifiuti, io non sono d'accordo sulle linee guida da lei indicate sulla questione dell'impiantistica. Per quanto attiene alla chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti, ricordo, infatti, che nel nostro Paese esiste già un certo numero di termocombustori. Inoltre, recentemente è stata data la possibilità di bruciare rifiuti CSS (combustibili solidi secondari) anche nei cementifici.
  Fateci dunque capire quanti rifiuti volete bruciare ! Perché non è possibile pensare che volete incentivare la raccolta differenziata e portarla finalmente a dei livelli di tipo europeo e contemporaneamente si dice di voler realizzare ancora impianti per la chiusura del ciclo. I due obiettivi sono contrastanti. Vi dovete chiarire: se ne volete raggiungere uno, lavorate su uno; se volete raggiungere l'altro, lavorate sull'altro.
  Io penso che si debba incentivare la raccolta differenziata, finalizzata al riciclo e al riuso dei materiali. Da questo punto di vista, bisogna dire che il CONAI ha una serie di limiti che vanno evidenziati. Spesso, infatti, quello che viene raccolto Pag. 26con la raccolta differenziata trova poco spesso la strada del riuso. Da questo punto di vista, io penso che il Governo dovrebbe mettere in campo una politica di incentivazione per la realizzazione della filiera del riuso e del riciclo.

  PRESIDENTE. Considerato che è imminente l'inizio dei lavori dell'Assemblea, che prevedono la partecipazione del Ministro Galletti, propongo di rinviare il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  (La Commissione concorda).

  PRESIDENTE. Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.