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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Giovedì 3 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro degli affari esteri, Federica Mogherini, sugli ultimi sviluppi di politica estera in relazione al semestre di presidenza italiana dell'Unione europea:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Mogherini Federica (PD) , Ministro degli affari esteri ... 3 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 9 
Casini Pier Ferdinando , Presidente della 3a Commissione del Senato ... 10 
Tonini Giorgio  ... 11 
De Pietro Cristina  ... 13 
Alli Paolo (NCD)  ... 14 
Marazziti Mario (PI)  ... 15 
Prataviera Emanuele (LNA)  ... 16 
Scotto Arturo (SEL)  ... 17 
Amendola Vincenzo (PD)  ... 17 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 19 
Orellana Luis Alberto  ... 19 
Grande Marta (M5S)  ... 20 
Bueno Renata (Misto-MAIE-ApI)  ... 21 
Chaouki Khalid (PD)  ... 21 
Di Battista Alessandro (M5S)  ... 22 
Nicoletti Michele (PD)  ... 23 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 23 
Mogherini Federica (PD) , Ministro degli affari esteri ... 23 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 27

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 13.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro degli Affari esteri, Federica Mogherini, sugli ultimi sviluppi di politica estera in relazione al semestre di presidenza italiana dell'Unione europea.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro degli Affari esteri, Federica Mogherini, sugli ultimi sviluppi di politica estera in relazione al semestre di presidenza italiana dell'Unione europea.
  Saluto, ovviamente, il presidente della Commissione esteri del Senato, il senatore Casini, e tutti i colleghi presenti.
  Do ora la parola al Ministro per lo svolgimento della relazione.

  FEDERICA MOGHERINI, Ministro degli affari esteri. Sono particolarmente contenta del fatto che possiamo avere quest'audizione proprio all'inizio del semestre, nei primissimi giorni della presidenza italiana. Come avete visto, ieri abbiamo presentato insieme al Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, il programma della presidenza italiana al Parlamento europeo e credo che questa, davanti alle Commissioni esteri di Camera e Senato, sia la prima audizione su tale tema. Di ciò sono particolarmente contenta, come della vostra disponibilità a procedere immediatamente.
  Starò il più possibile sui temi che riguardano, ovviamente, le competenze delle Commissioni Affari esteri, chiarendo fin dall'inizio che il ruolo della presidenza nei sei mesi è non tanto quello di indirizzare le attività di politica estera dell'Unione europea, quanto di sostenere, accompagnare e incoraggiare il lavoro dell'Alto Rappresentante e di tutta la Commissione e del Consiglio affari esteri su un'attività che, ovviamente, istituzionalmente sta nelle mani anzitutto dall'Alto Rappresentante.
  La grande consapevolezza è che questi sono sei mesi particolari di transizione, da un certo punto di vista, per le istituzioni europee; ma mi piace soprattutto sottolineare il fatto che possano essere sei mesi che, insieme ai successivi sei di presidenza lettone e agli ulteriori sei di presidenza lussemburghese, considerando il programma del trio di presidenze, potranno segnare l'avvio di una fase nuova anche in qualche modo per la politica estera europea.
  È chiaro che abbiamo iniziato il nostro semestre in un preciso momento di tensioni intorno ai confini europei nella nostra regione. La situazione è certamente molto tesa su diversi scenari e ci impone di affrontare innanzitutto alcune priorità che credo però rispondano anche piuttosto bene a discussioni che queste stesse Commissioni hanno fatto in mesi passati, fin dall'inizio di questa legislatura, se ben ricordo, sulla necessità di concentrare l'attività Pag. 4di politica estera soprattutto sulla politica di vicinato orientale e meridionale. Non bisogna perdere, chiaramente, di vista la necessità strategica di lavorare soprattutto su alcuni grandi temi globali e su alcuni scenari anche molto lontani da noi.
  Su questo, come forse già saprete, ospiteremo il vertice ASEM (Asia-Europe Meeting) a Milano il 16 ottobre e credo sarà un importantissimo momento anche di valorizzazione del lavoro per l'anno prossimo, nel 2015, anche su Expo. La centralità del nostro impegno come presidenza sicuramente verterà su quell'area geografica – che è anche quella più turbolenta, più faticosa, più incerta e insicura – che, puntando un compasso su Bruxelles e tracciando un cerchio, passa dall'Ucraina alla Russia, al Medio Oriente, al Nord Africa, compresa la Libia. Inizierei, quindi, da questi scenari.
  Non consegnerò, come ha fatto ieri il Presidente del Consiglio, gli atti, ma il programma della presidenza, come sapete, è disponibile e la parte su politica estera e sicurezza elenca puntualmente i nostri impegni del semestre, gli appuntamenti, le priorità, chiaramente concordate con la Commissione.
  Partirei dalla situazione in Ucraina, che purtroppo sta sparendo dai riflettori mediatici. Stiamo vivendo un po’ un paradosso. L'ultima volta che ci siamo visti dicevo che la situazione in Ucraina non deve nascondere, mettere in ombra le tensioni e le situazioni di conflitto piuttosto serie che ci sono in Medio Oriente, riferendomi in quel caso alla Siria, all'Iraq e ai rischi sul Libano. Oggi stiamo arrivando alla fase contrapposta, per cui dobbiamo continuare a mantenere un'attenzione costante su tutti gli scenari di crisi, senza pensare che concentrarsi su uno debba voler dire dimenticare gli altri.
  Sull'Ucraina, in particolare, si è concentrata l'ultima riunione del Consiglio affari esteri, che si è tenuto la settimana scorsa in Lussemburgo, e la ministeriale NATO, volta a preparare anche il vertice del Galles del prossimo 4 e 5 settembre, che oltretutto cadrà sotto la nostra presidenza. Uno dei temi su cui dovremo lavorare durante la presidenza sarà il collegamento tra le politiche NATO e quelle di difesa europea, anche implementando le decisioni del Consiglio di dicembre scorso.
  Il fatto che in Ucraina si sia messo fine al cessate il fuoco unilaterale lunedì notte, se non ricordo male, poteva, può di fatto e sta facendo registrare un aumento delle tensioni e degli scontri nelle regioni dell'Est estremamente grave, estremamente preoccupante. Anche per questo motivo abbiamo intensificato nelle ultime quarantotto ore il lavoro diplomatico per cercare di aprire una fase nuova nel tentativo di realizzare i punti già indicati nelle conclusioni del Consiglio europeo della settimana scorsa.
  Mi riferisco, innanzitutto, al rivedersi dei ministri degli esteri russo e ucraino di ieri a Berlino. Abbiamo lavorato insieme, in particolare al Ministro degli esteri tedesco, Steinmeier, nei giorni passati per organizzare e per promuovere questo incontro che, come sapete, si è svolto anche alla presenza del Ministro degli esteri francese, in un formato a quattro. In quanto presidenza di turno, anche se non sempre le presidenze di turno svolgono questo tipo di ruolo e di funzione, lo abbiamo sostenuto e accompagnato nella sua preparazione.
  Ho avuto una serie di telefonate con il Ministro degli esteri russo, Lavrov, con il Ministro degli esteri ucraino, Klimkin, ma anche con il presidente di turno dell'OSCE, Didier Burkhalter, e con il segretario generale dell'OSCE, nei giorni passati e ancora poche ore fa, per cercare di accompagnare l'apertura di un nuovo cessate il fuoco.
  Siamo convinti che tentare di aprire, in questo momento, un cessate il fuoco bilaterale, possa essere l'unico modo di fermare gli scontri e che questo sia l'unico modo per una serie di passaggi positivi, come il controllo delle frontiere, su cui da parte russa c’è disponibilità anche su territorio russo attraverso osservatori dell'OSCE e personale del controllo delle frontiere ucraino.Pag. 5
  Questo sarebbe sicuramente un passaggio in avanti molto importante che potrebbe anche consentire di arrivare a sviluppi positivi su altri settori, come il rilascio di tutti gli ostaggi – è molto positivo che siano stati finalmente rilasciati gli ostaggi OSCE, ma ce ne sono ancora moltissimi trattenuti – e, ovviamente, il sostegno da parte soprattutto delle organizzazioni internazionali – penso al ruolo che il Consiglio d'Europa potrebbe avere su questo – alla riforma costituzionale ucraina in corso, fino ad arrivare all'appuntamento delle elezioni politiche che potrebbero tenersi nell'autunno.
  Il nostro sforzo in questi giorni, in queste ore e, presumibilmente, durante tutto il semestre, sarà cercare di realizzare il cessate il fuoco e misure di confidence building reciproche, che consentano di abbassare la tensione sul terreno formale di scontri e di avere una situazione più serena sul campo. Sarà, inoltre, quello di accompagnare le riforme in cui è impegnata e dovrà ancora di più impegnarsi l'Ucraina sul versante sia istituzionale sia economico.
  Su questo credo che la priorità per questi sei mesi di presidenza italiana sarà quella di accompagnare la realizzazione e l'implementazione degli accordi di associazione che sono stati firmati la settimana scorsa sia tra Unione europea e Ucraina sia con la Georgia e la Moldova. È cruciale perché non è soltanto una questione di sicurezza ai nostri confini, ma anche di stabilità, di sviluppo, senza cui effettivamente le situazioni di tensione rischiano di aumentare sempre di più.
  Anche per continuare e per accompagnare questo lavoro e per dare un senso simbolico alla prima visita che svolgerò nel corso del semestre, da lunedì sarò a Kiev e poi a Mosca, appunto per sostenere gli sforzi che soprattutto l'OSCE e anche l'Unione europea stanno svolgendo per provare a dare una chance a questa possibilità di riapertura di cessate il fuoco bilaterale e poi di negoziato. Effettivamente la chiave delle visite che farò nel corso delle prime settimane del semestre può essere utile per ragionare anche sulle priorità.
  Il secondo appuntamento, la seconda visita che effettuerò dopo l'inizio del semestre sarà in Israele e in Palestina tra dieci giorni. Purtroppo, devo dire che cadrà in un momento piuttosto cruciale. Personalmente ma anche a nome del Governo, con lo stesso presidente Renzi siamo stati tra i primi a esprimere il nostro cordoglio, le nostre condoglianze e la nostra condanna più ferma sia in occasione prima del rapimento e poi dell'uccisione dei tre ragazzi israeliani, sia per il sedicenne palestinese che è stato trovato ucciso ieri.
  Chiaramente associamo il nostro dolore a quello delle famiglie delle vittime e di due interi popoli. Quando si colpiscono ragazzi di quattordici, quindici, sedici anni, è cosa anche diversa e più pesante di come siamo abituati a percepire e a concepire situazioni di tensione e di conflitto.
  Adesso il rischio principale è che questi due drammi incidano sulla cosiddetta pausa nei negoziati di pace che si era già aperta qualche settimana fa, facendo scattare una spirale di violenze o di odio di cui si perda il controllo e che rendano, sostanzialmente, molto più difficile la ripresa di qualsiasi forma di negoziato.
  L'invito che in queste ore e in questi giorni non soltanto l'Italia, ma tutti i Paesi dell'Unione europea e gli Stati Uniti, ma anche le Nazioni Unite, stanno rivolgendo, insieme alla condanna e al cordoglio, è a disinnescare il rischio di reazioni e controreazioni che facciano precipitare ulteriormente la situazione.
  Da questo punto di vista, sono chiaramente non solo disponibile, ma sarò ben felice di tornare, se vorrete, a raccontare gli esiti sia della mia missione in Ucraina e in Russia sia di quella in Israele e in Palestina. So, infatti, che c’è, c’è stata e ci sarà nelle prossime settimane un'intensa attività di diplomazia parlamentare con la quale credo che sia utile mantenere uno stretto raccordo.
  Altro punto su cui l'Italia in questi sei mesi eserciterà il suo ruolo di accompagnamento Pag. 6della politica estera europea sarà certamente il versante della crisi siriana o, meglio, siriana e irachena. A questo punto, il confine tra i due Paesi è di fatto sparito e il rischio è che questa crisi, questo conflitto possa avere ulteriori effetti destabilizzanti sui Paesi vicini, come il Libano, su cui l'Italia è impegnata in modo determinante per sostenere le forze armate libanesi non tanto e non soltanto in quanto elemento di lavoro sulla sicurezza del Paese e delle sue frontiere, quanto soprattutto come elemento di unità nazionale.
  Le forze armate libanesi sono una delle poche istituzioni che rappresentano l'unità di un Paese altrimenti molto complesso e anche tendenzialmente frammentato, al punto che ancora non si riesce a eleggere il nuovo Presidente della Repubblica e ieri, se non sbaglio, è andata a vuoto un'ulteriore convocazione del Parlamento. C’è anche il rischio che l'avanzata, le attività di ISIS in Iraq mettano a seria prova la stabilità della Giordania, quindi con ripercussioni negative anche sul fronte mediorientale più tradizionalmente inteso, a partire da Israele.
  Anche su questo c’è, c’è stato in questi giorni e continuerà a esserci un impegno italiano, anzitutto sul versante dell'assistenza umanitaria. Abbiamo stanziato dei nuovi fondi soprattutto attraverso canali multilaterali per la grandissima crisi umanitaria in corso, in cui profughi interni vanno a sommarsi a profughi che venivano dalla Siria, in una situazione estremamente delicata, soprattutto sul versante sanitario e alimentare, ma anche e soprattutto direi da un punto di vista politico.
  Il messaggio che stiamo veicolando agli attori interni all'Iraq e ai Paesi della regione che hanno influenza diretta o indiretta sui diversi attori iracheni è di arrivare in tempi più rapidi possibili a un nuovo governo di unità nazionale che possa rappresentare tutte le parti della società irachena e, in particolare, non solo gli sciiti, ma anche i sunniti e i curdi.
  Avrete visto che negli scorsi giorni il Presidente Barzani ha annunciato la volontà di tenere un referendum per l'autonomia del Kurdistan. Vedremo come si sviluppano le cose in questi giorni. Il Parlamento iracheno ha avuto una prima sessione ieri o l'altro ieri, rinviata di una settimana per l'impossibilità di eleggere un presidente del Parlamento stesso, atto preliminare all'identificazione di un nuovo primo ministro.
  C’è uno stallo dei colloqui tra le diverse anime del Paese che o si riesce a sbloccare in modo positivo o, oggettivamente, rischiamo di non avere più un'entità irachena in quanto tale. La disgregazione, oltre al rischio per la sicurezza, diventa un tema molto attuale e credo che sia interesse dei grandi Paesi attori della regione provare a evitare questa deriva.
  Siamo, quindi, di fronte a uno scenario potenzialmente nuovo, cioè quello che Iran, Paesi del Golfo, a partire dall'Arabia Saudita, e Turchia siano effettivamente oggi nelle condizioni di condividere un interesse alla stabilità dell'Iraq, forse non così naturale qualche mese fa e qualche anno fa. Stiamo incoraggiando, quindi, a livello bilaterale, con contatti costanti, tutti gli attori interni ed esterni all'Iraq a provare a confluire su quest'ipotesi di nuovo governo nazionale unitario.
  Passo alla Libia, che so essere tema di interesse delle Commissioni e che sarà senz'altro uno degli elementi su cui l'Italia potrà avere un valore aggiunto nel modo in cui l'Unione europea lo affronterà. Anzitutto, non era scontato che si tenessero le elezioni il 25 giugno. Al contrario, credo che l'ultima volta che ci siamo visti la ponessimo come ipotesi di difficile realizzazione, che invece ha avuto luogo in fondo con un livello di partecipazione non eccezionale, ma del 42 per cento più o meno, quindi incoraggiante visto il dato di partenza, e in una situazione di sicurezza relativamente positiva. Giudicherei, quindi, il fatto che si siano tenute le elezioni un punto favorevole.
  Il Parlamento si riunirà alla fine del ramadan, quindi avremo alcune settimane di attesa. Sarà importante, in queste settimane e poi in quelle successive, che la comunità internazionale, – a partire dall'Unione europea, incentivata dall'Italia in Pag. 7questo senso, e sulla base delle conclusioni ufficiali dei Consigli europei di queste ultime settimane che andavano in questa direzione – incoraggi il nuovo Parlamento libico a istituire un governo che abbia la legittimità e la forza sufficienti per controllare il proprio territorio – in questo, può esserci un'assistenza internazionale, ma deve esserci la volontà nazionale libica – in particolare le frontiere sì marine, ma soprattutto terrestri. Quello, infatti, è il punto fondamentale di interesse anche del popolo libico.
  Su questo abbiamo anche proposto in modo molto chiaro a livello europeo di rafforzare la missione EUBAM di controllo delle frontiere. Su questo c’è un interesse anche della Tunisia ad avere una maggiore presenza lì.
  Ovviamente, una volta che sarà in carica il nuovo Governo libico, speriamo in tempi rapidi, può esserci un'attività bilaterale, ma soprattutto internazionale, per arrivare alla firma delle convenzioni internazionali che possano consentire, soprattutto all'UNHCR, di lavorare in Libia, cosa che oggi, come sapete, in assenza della firma per queste convenzioni, non è possibile. Da parte dell'UNHCR c’è la disponibilità, che ho già verificato con l'Alto Commissario, Guterres, a questo passaggio. È chiaro che serve una controparte istituzionale in Libia in grado di farlo sia per potere formale sia per forza e legittimità interna.
  Allo stesso modo, sarà importante, fondamentale lavorare con il governo libico perché possa riattivare tutta la produzione petrolifera che consentirà alla Libia stessa di non avere minimamente bisogno di aiuti internazionali. Stiamo parlando di un Paese che di certo non ha necessità di sostegno economico-finanziario, ma semplicemente di fare institution building e controllo del territorio.
  Ultimo elemento che, dal punto di vista delle priorità, riveste una particolare rilevanza per l'Italia e su cui possiamo giocare un ruolo particolarmente importante anche in chiave Unione europea è l'area dei Balcani occidentali e del processo di allargamento, arrivando alla Turchia.
  La mia terza visita in questo primo mese sarà, infatti, in tutte le capitali dei Balcani occidentali. Con ognuno di questi Paesi possiamo lavorare, insieme alla Commissione ovviamente, a un risultato concreto che nell'arco di sei mesi sia realizzabile. Il processo di allargamento è andato avanti. Soprattutto, il processo di riforme che nei Balcani sono state fatte in vista dell'integrazione europea in questi ultimi undici anni, cioè da quando c’è stata la dichiarazione di Salonicco che ha avviato il processo, è stato molto consistente.
  Non sempre da parte europea c’è stato il riconoscimento formale dei passaggi avvenuti. Ci siamo spesi molto e siamo molto soddisfatti del fatto che già all'ultimo Consiglio europeo rispetto all'Albania sia stato riconosciuto lo status di Paese candidato, passaggio molto importante, che era stato invece rinviato al Consiglio europeo di dicembre dell'anno scorso.
  Dobbiamo lavorare perché per ognuno dei Paesi dei Balcani occidentali, già sulla strada dell'integrazione europea, ci sia nell'arco dei prossimi mesi qualcosa di molto concreto e molto tangibile a livello di riforme in vista dell'integrazione, che però consentano alle leadership politiche che si stanno impegnando su questa strada di sostenere, rispetto alle proprie opinioni pubbliche, che questa è una strada aperta e che produce dei passi in avanti.
  Diversamente, il rischio è un senso di frustrazione interna che potrebbe facilmente cambiare lo scenario in un'area per noi, come ben sapete, strategica da tanti punti di vista, come la sicurezza. Abbiamo, infatti, ancora delle missioni militari impegnate lì, in Kosovo, in Bosnia, ma è importante anche il punto di vista economico, commerciale e delle relazioni tra i nostri Paesi. Com’è chiaro, l'Italia è uno dei Paesi che ha con ognuno di questi Stati e con la regione nel suo complesso rapporti molto stretti.
  La stessa cosa avverrà, anche se in termini diversi, rispetto alla Turchia. Farò una visita in Turchia non il primo mese, Pag. 8ma immediatamente dopo. Anche in tale caso pensiamo che possano essere aperti nuovi capitoli nel negoziato.
  Penso che su altri temi possano esserci interventi, sollecitazioni e domande, ma voglio citarne un ultimo. Nell'arco del nostro semestre, le Nazioni Unite saranno chiamate a votare una nuova risoluzione sulla moratoria della pena di morte. Con l'onorevole Marazziti e altri colleghi abbiamo tenuto proprio l'altro ieri, nel primo giorno di presidenza del semestre, l'incontro di una task force che la Farnesina ha istituito insieme alle associazioni e alle ONG tradizionalmente più attive sulla campagna contro la pena di morte, per coordinare il lavoro dell'Italia e con i nostri partner internazionali in vista di quell'appuntamento. In particolare, c’è la Comunità di Sant'Egidio, Nessuno tocchi Caino e Amnesty International.
  Sarebbe bene, almeno auspicherei che ci fosse, anche un coinvolgimento parlamentare in questa task force – credo che la dimensione della diplomazia parlamentare sia molto utile anche in vista dell'appuntamento delle Nazioni Unite – con l'obiettivo di consolidare il grande risultato ottenuto nel 2012 con, se non mi sbaglio, centoundici voti favorevoli alla risoluzione.
  Credo che avere non meno di quei voti favorevoli, se possibile qualcosa di più, sarebbe un passaggio importante per una campagna che fa parte tradizionalmente della politica estera italiana, soprattutto in ambito Nazioni Unite, non soltanto intesa come politica estera del Governo italiano, ma dell'Italia. È, infatti, uno di quei temi su cui c’è movimento di opinione e di organizzazioni ma c’è bisogno di un lavoro costante mirato su alcuni Paesi che possono essere determinanti per consolidare il risultato ottenuto e, eventualmente, ampliarlo.
  Infine, sempre in ambito Nazioni Unite rientrerà, nell'azione del nostro semestre l'inizio del lavoro su una posizione comune dell'Unione europea sugli obiettivi post 2015, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Chiaramente, saranno finalizzati durante la presidenza lussemburghese, sostanzialmente, che inizierà tra un anno, il 1o luglio 2015, ma inizieremo a sollecitare e accompagnare un lavoro coordinato a livello di Unione europea su questo tema anche in collegamento con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Non è più, infatti, come è ovvio, un tema soltanto di politica estera, ma soprattutto un problema legato ai modelli di sviluppo e di crescita del pianeta.
  Coglierei l'occasione, se il presidente me lo consente, di ringraziare la delegazione parlamentare congiunta delle Commissioni Esteri e Difesa che ieri si è recata a Gioia Tauro. Abbiamo, come sapete, voluto dare il massimo della trasparenza e ci siamo anche adoperati per questo con le autorità americane, in particolare per via del fatto che la Cape Ray è americana, ma anche con l'OPAC e con le autorità danesi, che ringrazio. Credo che sia stato un eccellente esempio di cooperazione internazionale volto a un'operazione di disarmo, che sinceramente e purtroppo è l'unico elemento positivo di sviluppo nel contesto siriano.
  Credo e spero che possa essere anche un elemento incoraggiante per andare avanti sulla strada del disarmo e della non proliferazione delle armi di distruzione di massa nell'intera regione che, come sappiamo e come abbiamo detto fin qui, è attraversata da tensioni estremamente forti, al punto da rendere veramente pericolosissima la presenza reale, eventuale o futura di armi di distruzione di massa in quell'area.
  Da questo punto di vista, ringrazio la delegazione parlamentare e anche l'OPAC e le autorità americane e danesi, che hanno collaborato con noi in quest'operazione, nonché le autorità locali, che credo abbiano assicurato che l'operazione avvenisse nel modo più sereno possibile.
  Come sapete, avevo espresso il desiderio di essere anch'io lì. Ovviamente, la concomitanza con la presentazione del semestre a Strasburgo rendeva impossibile la cosa, ma credo che il Ministro Galletti abbia ben rappresentato il Governo.
  Vi ringrazio. Ascolterò le vostre domande, interventi e anche sollecitazioni. Il Pag. 9semestre è, infatti, non soltanto del Governo, ma di tutte le istituzioni italiane e di tutta l'Italia.

  PRESIDENTE. Ringrazio molto il Ministro per la sua esposizione.
  Vedo presente tra noi anche il presidente della Commissione difesa, che ringrazio della sua partecipazione.
  Prima di dare la parola, secondo la prassi, ai colleghi uno per gruppo, vorrei formulare un paio di osservazioni da presidente della Commissione esteri.
  Diciamoci la verità, con quello che è successo ieri andiamo incontro a un salto di qualità per quello che riguarda il dibattito italiano e internazionale. Il Presidente del Consiglio italiano, adesso presidente di turno del Consiglio UE, ha introdotto il dibattito facendo fare un salto di qualità al confronto che solitamente c’è stato in Europa. Generalmente, infatti, queste presidenze rischiavano di essere risucchiate nell'ordinaria amministrazione. Dobbiamo dare atto al Presidente Renzi di essere sfuggito a questo rischio e di aver aperto un grande problema politico a livello europeo e, conseguentemente, anche per quello che ci riguarda.
  Mi riferisco e mi rivolgo specialmente a coloro che nella Commissione esteri della Camera e del Senato fanno riferimento al Partito socialista europeo e a coloro che fanno parte o fanno riferimento al Partito popolare europeo. È evidente che si apre un confronto che attraversa trasversalmente queste realtà.
  Per dircela in termini non diplomatici, fino a qualche tempo fa, forse fino alle elezioni, c’è stata una singolare subalternità dei socialisti europei alla linea della Merkel e una totale subalternità dei partiti non tedeschi appartenenti al Partito popolare europeo. Il risultato elettorale, che ha rappresentato un grande campanello d'allarme in primo luogo per i socialisti francesi e in senso positivo dal punto di vista del Partito socialista per il successo del PD, pone il problema ai socialisti europei di cambiare la linea di subalternità che hanno finora seguìto.
  L'intervento di Weber di ieri a nome del gruppo del Partito popolare europeo – voglio dirlo agli amici sia del Nuovo Centrodestra sia di Forza Italia – apre un problema ancora più grosso per quello che riguarda proprio il Partito popolare europeo. Non credo, infatti, che si possa accettare supinamente una linea che ripropone il rigorismo in polemica con un contributo positivo dato dal Presidente Renzi su questo terreno.
  Si apre, quindi, una prima grande questione di battaglia politica, che dovrebbe vederci finalmente protagonisti, con una sensibilità del salto di qualità che fa la politica che non è più una politica estera. Abbiamo una politica che è politica tout court, politica europea e coinvolge fino in fondo le politiche economiche e sociali e così via.
  In secondo luogo – diciamoci la verità – il Ministro degli esteri ha fatto una puntuale e precisa elencazione di tutte le questioni sul tappeto. L'Italia è di fronte a un tragico problema, nel senso che il Mediterraneo è esploso, è in una crisi profondissima. Negli incontri che abbiamo avuto in Egitto, di straordinario interesse, abbiamo avuto modo di cogliere le positività, ma anche le tragiche negatività che sono su questo tappeto.
  Una serie di iniziative politiche sono entrate in crisi e questo richiede anche una riflessione autocritica per chi le ha sostenute. Emergono tutti gli errori americani per quello che riguarda specialmente l'Iraq. Emerge il tragico errore commesso nell'intervento in Libia. Adesso dalle memorie della Clinton apprendiamo anche quale forzatura sia stata fatta da parte francese per mettere in moto quel meccanismo.
  Ebbene, ci troviamo di fronte a situazioni non di ordinaria amministrazione. Paradossalmente, per certi aspetti il mondo arabo ha di noi un'opinione migliore di quella che noi stessi abbiamo di noi. Vorrei dire al Ministro che, quando siamo stati in Egitto, grazie a un ottimo ambasciatore ci siamo trovati di fronte al fatto che tutte le posizioni politiche, molto diverse, con cui abbiamo parlato, dal Presidente Pag. 10al-Sisi fino ai suoi contestatori più radicali, ci hanno chiesto una presenza dell'Italia.
  Colgo quest'occasione per dire al Ministro che, secondo me, sarebbe molto importante che il Governo italiano e che il Ministro avessero una presenza in Egitto assolutamente strategica rispetto anche a tutto quello che di negativo circola in questo momento in quella realtà. Ci è stata rappresentata una richiesta di presenza del Governo italiano da parte di tutte le posizioni in campo, dallo stesso al-Sisi e da coloro che lo contestano più radicalmente, in una realtà che presenta, però, delle potenzialità positive.
  Concludo dicendo che questo semestre non è di ordinaria amministrazione. Grazie anche a come Renzi lo ha aperto, ma anche a causa dell'eccezionale gravità dei problemi che abbiamo davanti, è un semestre in cui ci giochiamo molte carte.
  Per di più, abbiamo due nodi che vanno a loro volta affrontati e che risentono molto delle contraddizioni in campo. Uno è quello dell'immigrazione, che discende strettamente dalla crisi che stiamo vivendo per quello che riguarda il mondo arabo. Anche se non è stato messo in evidenza, probabilmente per una giusta cautela diplomatica che ieri il Presidente del Consiglio ha avuto modo di ricordare in una trasmissione televisiva, ricordo a noi stessi, ma nessuno lo ha dimenticato, che abbiamo da portare avanti e da risolvere il tragico problema dei fucilieri di Marina in India.
  È un tragico problema perché, purtroppo – voglio dirlo – discende più da tutti gli errori che noi abbiamo commesso che non dalle responsabilità degli indiani. Dobbiamo farci carico di tutto quello che abbiamo combinato a svantaggio di questi nostri due compatrioti, rispetto ai quali quindi abbiamo tutti, indipendentemente dal Governo che ha fatto più errori di tutti, un debito d'onore che dobbiamo assolvere. Non ho dubbi che la sensibilità per questo debito d'onore sia presente sia al Presidente del Consiglio sia al Ministro degli esteri.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIER FERDINANDO CASINI, Presidente della 3a Commissione del Senato. Non ripeto le cose su cui sono d'accordo che ho sentito dal presidente Cicchitto. Vorrei dare alcune indicazioni a flash per prendere in tutto non più di un minuto.
  Il primo tema è quello del rapporto con la Russia. Credo che il semestre italiano sia molto importante per riequilibrare una posizione nei confronti della Russia, che non può essere affidata, in nome dell'Unione europea, ai Paesi baltici o agli amici polacchi. Con tutto il rispetto per la loro storia e le loro tradizioni, credo che la politica di buon vicinato con la Russia sia fondamentale per il nostro futuro. Le colleghe senatrici Fattorini e De Pietro erano con me in missione in Russia e credo che abbiano constatato l'importanza di questa relazione parlamentare.
  Vale anche sotto il profilo del tema energetico, se mi consentite. A mio parere, è importante che il South Stream vada avanti e che il TAP (Trans Adriatic Pipeline) non rimanga indietro. Non sono due cose che si escludono, ma due questioni importanti che diversificano la possibilità di approvvigionamenti e di offerte nel mercato energetico, che deve essere il più aperto possibile.
  In secondo luogo, non avremo futuro in molte aree del mondo – dall'Iraq all'Afghanistan, al Libano, alla Palestina – se non assoceremo l'Iran ai futuri processi decisionali. Mi auguro che, contemporaneamente ai negoziati di Ginevra, l'Unione europea voglia sviluppare, durante la nostra presidenza, ogni ulteriore contatto in questa direzione.
  Inoltre, in relazione ai Balcani, abbiamo avuto a Bucarest un importante incontro delle Commissioni esteri. Ritengo che sia molto importante la visita che farà il nostro Ministro nei Paesi dei Balcani occidentali e la visita in Turchia. Ritengo che dobbiamo preservare le grandi linee di politica internazionale che si sono seguite dal Governo Berlusconi ai Governi Prodi, Pag. 11Monti, Letta. Ci sono dei fili di continuità politica che abbiamo sposato tradizionalmente. Uno di questi è favorire l'approccio della Turchia verso l'Europa bloccando il rischio di deriva fanatica dell'islamismo in quel Paese.
  Dalla Libia alla Russia, alla Turchia, c’è un filo. Siamo fortemente europei e atlantici. Siamo atlantici in quanto europei ed europei in quanto atlantici. Mi riferisco alle linee di politica internazionale dell'Italia. Naturalmente c’è chi legittimamente può dissentire, ma queste sono tradizionalmente le linee votate dal Parlamento a maggioranza negli ultimi sessant'anni. Quando ci sarà qualcun altro, si voteranno altre linee. Credo che su questi temi l'iniziativa autonoma del Governo sia importante.

  GIORGIO TONINI. Voglio ringraziare la Ministra per la sua relazione, per essere venuta in quello che si può dire «il primo giorno di scuola» del semestre. Siccome è cominciato ieri, è venuta il primo giorno utile nelle Commissioni esteri, confermando la linea di forte dialogo col Parlamento, che consideriamo assolutamente importante.
  Ho quattro rapidi telegrammi anch'io. Il primo riguarda le questioni che, per la verità, ha posto il presidente Cicchitto e che riguardano il semestre nel suo complesso. È evidente che il focus del semestre è nella relazione che riusciremo a stabilire tra Paesi mediterranei e Paesi nordici. In fondo, questo è anche il segnale che viene dalle elezioni europee, che hanno visto una forte crescita di quelli che, con espressione generica, sono definiti populismi, che hanno delle caratteristiche che si elidono a vicenda. Esistono, infatti, i populismi del nord, che sono contro di noi, e quelli del sud, che agitano l'opinione pubblica contro le politiche del nord.
  Tuttavia, credo che il nostro semestre debba trovare una via d'uscita a questa contrapposizione. Mi pare che questa via d'uscita sia stata ricercata con molta tenacia e con risultati importanti nella riunione del Consiglio europeo. Del resto, l'accordo su Juncker non può che avere questa caratteristica, innanzitutto il rispetto del mandato popolare. Juncker è arrivato primo alle elezioni ma, dato il sistema proporzionale del Parlamento europeo, non c’è un vincitore, qualcuno che abbia la maggioranza assoluta, e quindi Juncker deve fare i conti con le altre famiglie politiche, in particolare con i socialisti. Questo deve segnare una svolta nella linea di politica economica a livello europeo.
  Penso che sia giusto esplorare tutti i margini che i trattati ci danno per coniugare flessibilità e riforme, ma non dobbiamo dimenticare un altro elemento a mio avviso decisivo: una vera crescita e una vera inversione di rotta per l'Europa potrà essere segnata solo se l'Europa, in particolare l'eurozona, si doterà di uno strumento che oggi non ha, cioè un vero braccio espansivo di investimenti a livello europeo, di Unione, o perlomeno, più precisamente, a livello di eurozona.
  Se ne parla ormai da tempo, da ultimo ne ha parlato Romano Prodi, mi pare, con molta forza. Oggi c’è perfino un articolo su Il Sole 24 Ore del presidente degli industriali tedeschi, che si augurano qualcosa del genere.
  Dobbiamo riuscire a fare come gli americani, che usano il dollaro, e usare la forza dell'euro per attirare capitali, per usarli per un grande piano di investimento, un grande new deal europeo, che non può che essere uno strumento aggiuntivo. Se c’è questo, allora anche il fiscal compact diventerà sostenibile, le misure più dure del fiscal compact diventeranno sostenibili, a cominciare, per quanto ci riguarda, dalle rate di abbattimento del debito. Con un'economia che riprende a crescere, infatti, anche la riduzione del debito diventa sostenibile. In caso contrario, stiamo litigando di margini davvero esigui.
  È chiaro, quindi, che la nostra credibilità dipende dalle riforme che sapremo fare. Giustamente ieri Renzi nel suo intervento ha citato il caso di Schröeder, che ha sforato i parametri, cosa che noi non vogliamo fare, quindi ci teniamo dentro regole più severe di quelle che ha usato Pag. 12Schröeder, il quale ha però fatto riforme significative, che hanno consentito alla Germania di crescere.
  Tutto questo può avvenire solo se c’è questo qualcosa in più. Il Consiglio europeo di ottobre è dedicato esplicitamente a questo, cioè ai partenariati per le riforme e alla fiscal capacity, alla capacità di bilancio dell'eurozona. Credo che il Consiglio europeo di ottobre debba passare alla storia come un momento di svolta nella politica economica e sociale europea e che su questo l'impegno del semestre italiano debba essere assolutamente forte.
  Vengo rapidamente sugli altri dossier, su cui in parte già i colleghi e i presidenti hanno detto qualcosa di importante. Credo che il punto fondamentale della crisi ucraina e dintorni sia il tema del rapporto tra l'Unione e la Russia. Questa, ovviamente, è la questione. Il problema della Russia è che si è infilata in una posizione strategica senza sbocchi. Dobbiamo riuscire, con la forza della persuasione, naturalmente facendo capire ai russi anche che non abbiamo paura di loro. Pensiamo che la Russia sia complementare all'Europa e abbia un destino europeo e non un destino asiatico in contrapposizione con l'Europa. Questo mi pare che sia nelle linee fondamentali del nostro Governo, del Ministro degli esteri, che ha svolto un grande lavoro su questo.
  Con i baltici e i polacchi, naturalmente – non contro di loro, ma certamente avendo, grazie alla distanza in questo caso, una percezione più obiettiva delle cose – possiamo su questo punto avere una relazione positiva.
  Per quanto riguarda, invece, il tema del Mediterraneo, per noi assolutamente decisivo e cruciale, è del tutto evidente che le «primavere arabe « hanno inaugurato una stagione rivoluzionaria, di ristrutturazione profonda del mondo arabo e islamico. Come è noto, le rivoluzioni non sono un pranzo di gala. Possono cominciare e in alcuni casi possono anche realizzarsi in modi moderati, democratici, civili, ma poi scatenano delle energie che nessuno riesce a controllare.
  A me pare che quello che sta succedendo tra la Siria e l'Iraq, che ha a che fare con un'area ancora più vasta, è che stanno saltando i confini tracciati dalle potenze europee tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, dopo la fine dell'Impero ottomano. Questo è quello che sta succedendo. Si stanno ricostruendo nuovi confini in maniera del tutto problematica e di certo assolutamente pericolosa.
  Il problema dell'Occidente è che non abbiamo un hard power che ci consenta – come è successo in passato, nella stagione coloniale, che nessuno rimpiange, o anche in quella delle grandi potenze – di interferire in maniera pesante su quello che sta succedendo in quest'area del mondo perché non abbiamo né le armi per imporglielo e neanche i soldi. Loro hanno i soldi per comprarsi anche le armi e per farci anche male. Nessuno di noi ha più intenzione di andare a «mettere gli stivali», come dicono gli americani, su quel terreno.
  In realtà, quindi, l'unica arma che abbiamo è il soft power. Trovo anche del tutto inappropriata una certa ironia nei confronti del Presidente Obama, che per primo ha capito esattamente che abbiamo solo il soft power, che naturalmente ha i suoi limiti, perché non può imporre qualcosa a nessuno, ma può proporre una via a qualcuno.
  L'Italia, da questo punto di vista, ha delle risorse del tutto particolari, pur con i nostri limiti. Dobbiamo sapere che siamo una piccola cosa. Non riescono gli americani, quindi è chiaro che anche noi abbiamo i nostri limiti. Credo, però, che in tanti di quei teatri, a cominciare, come è stato ricordato, dal Libano al Medioriente, in generale alla Libia, certamente all'Egitto, abbiamo qualcosa da dire, naturalmente sapendo che ben poco di ciò che accadrà è nelle nostre mani. Tuttavia, possiamo e dobbiamo dare un contributo positivo.
  È ottimo quello che si sta facendo sulla Libia. Mi pare che sia giusta la strada di internazionalizzare quella crisi e cercare di darle una soluzione positiva.
  Concludo con una battuta. Penso che l'aver proposto con forza da parte del Pag. 13Presidente del Consiglio una figura italiana per la guida della politica estera europea – indipendentemente da chi sarà – sia tutt'altro che una resa rispetto a una trattativa che ci vedrebbe in maggiore imbarazzo sui portafogli economici avendo altri ruoli in questo campo.
  Penso che sia assolutamente importante poter dire che per i prossimi cinque anni alla politica estera europea, con tutti i limiti che sappiamo – chiaramente, deve affermarsi una politica estera europea facendosi largo tra le politiche estere nazionali – e a una politica di sicurezza e quindi di difesa comune, l'altro grande dossier aperto che andrà chiuso, ci sia una guida italiana. Credo sia un'occasione straordinaria per il nostro Paese e per potere esprimere quel soft power nel Mediterraneo che può rappresentare una risorsa per tutta l'Europa.

  CRISTINA DE PIETRO. La ringrazio, signora Ministro, per essere venuta a illustrarci gli ultimi sviluppi della politica estera nella sua precisa ed esauriente esposizione.
  Il semestre è appena iniziato, da quarantotto ore, e ci sono già grandi aspettative per i prossimi sei mesi. Abbiamo anche, però, piena consapevolezza che numerosi fattori, tra cui la designazione della nuova Commissione dell'Unione e un'impegnativa lista di delicate dinamiche internazionali risolte a cui Lei ha fatto riferimento, inevitabilmente condizioneranno la possibilità di procedere in modo più o meno spedito verso la definizione di questi dossier fondamentali che saranno affrontati dalla presidenza italiana.
  Tra le sfide principali, ci sono quelle che ci ha lasciato in eredità la presidenza greca, a cui Lei ha fatto riferimento, l'allargamento ai Balcani occidentali, la gestione degli effetti politici delle gravi crisi che continuano a destabilizzare il Medioriente, il Nord Africa e la vicina Ucraina.
  Il Governo ha una grande responsabilità di sfruttare al meglio quest'occasione al fine di avviare importanti processi di riforma a beneficio di tutti i cittadini europei. Qui prendo spunto dal riferimento che il presidente Cicchitto ha fatto all'immigrazione per informare che, in una prospettiva di genuino spirito di collaborazione, in occasione della sessione annuale dell'Assemblea parlamentare OSCE ho presentato una risoluzione volta a promuovere una riforma di ampio respiro delle politiche migratorie nella regione OSCE, in particolare all'interno dell'Unione europea.
  Proprio ieri, alla fine di un acceso dibattito, la risoluzione è stata approvata in Assemblea plenaria con novantasette voti favorevoli, tra cui l'appoggio dei parlamentari italiani, che hanno anche sottoscritto questa risoluzione, in pratica diventata quella della delegazione italiana. A parte un solo partito, tutte le forze politiche l'hanno sostenuta. È stata sostenuta, appunto, da Italia, Grecia, Spagna, Francia, tutti i Paesi dell'arco del Mediterraneo, ma anche da Portogallo, Cipro, ovviamente Malta, ma anche Germania, Svezia, Slovenia, Repubblica Ceca e molti altri. Soltanto quindici sono stati i voti contrari e un'astensione.
  Adesso questa risoluzione è diventata parte integrante della Dichiarazione di Baku, il documento che ha chiuso i lavori dell'Assemblea parlamentare OSCE, e quindi una posizione ufficiale dell'Assemblea.
  È stata frutto di mesi di lavoro per far coincidere la presentazione formale presso l'Assemblea parlamentare con l'inizio della presidenza italiana ed è stata anche una fortunata coincidenza. Il tema dell'immigrazione, a nostro avviso, è uno dei punti principali della nostra presidenza e tra i più delicati. È con spirito costruttivo, quindi, che abbiamo voluto fornire all'Italia uno strumento di consenso internazionale da parte di un'organizzazione così prestigiosa come l'Assemblea parlamentare OSCE, che possa costituire un utile sostegno all'Italia e al Governo per la richiesta di una riforma a livello europeo delle politiche di migrazione.
  La risoluzione, come ho detto, è stata appoggiata da tutte le forze politiche, a parte la Lega, e rappresenta un deciso Pag. 14appello a procedere verso una riforma generale non solo in area OSCE, ma anche nell'Unione europea, basata su criteri di solidarietà e di divisione degli oneri tra gli Stati membri, finalizzata al raggiungimento di obiettivi strategici in termini di sicurezza, di coesione sociale ed economica.
  Spero sinceramente che la presidenza italiana accolga quest'appello e senta proprio alcuni degli obiettivi espressi dalla mia risoluzione, tra cui: sollecitare una riforma generale e un superamento del Regolamento di Dublino; promuovere una politica europea di solidarietà in materia di asilo affinché i maggiori oneri non ricadano tutti sui soliti Paesi le cui frontiere sono più esposte; garantire maggiori finanziamenti agli Stati membri chiamati a far fronte alla pressione crescente dell'ingresso di massa dei richiedenti asilo; integrare, anche in linea con le osservazioni della Commissione europea, l'attuale sistema con programmi e iniziative a lungo termine, volte ad affrontare alla radice le cause dell'immigrazione regolare, che sappiamo molto lontane da qua, in stretta cooperazione con i Paesi di origine e di transito.
  La ringrazio dell'attenzione e Le rivolgo un sincero augurio per il suo impegno nei prossimi mesi.

  PAOLO ALLI. Ringrazio il Ministro per la consueta efficacia con cui ha sintetizzato anche scenari molto complessi. Ringrazio anche per gli interventi dei presidenti Cicchitto e Casini, che ho trovato molto interessanti per la visione e per il contributo aggiuntivo che hanno dato.
  Faccio solo due osservazioni e una mia personale raccomandazione al Ministro. Anzitutto, sulla Russia porto acqua al mulino di quanto diceva il presidente Casini: in ambito Assemblea parlamentare NATO abbiamo notato – possono confermarlo, probabilmente, i colleghi presenti – un atteggiamento di fortissima contrarietà, al limite dell'odio, nei confronti della Russia da parte dei Paesi ex sovietici. Questo può anche essere giustificato storicamente, ma personalmente non ho visto neanche un grandissimo calore da parte di alcuni Paesi importanti dell'Unione europea nella direzione del riequilibrio che il presidente Casini auspicava.
  Ricordo l'atteggiamento della Germania e della stessa Francia nell'episodio di Riga, quando è stata decisa l'espulsione della Russia dall'Assemblea parlamentare della NATO: il Portogallo ha addirittura votato a favore, ma Germania e Francia, al di là di una generica dichiarazione di voto contrario, non hanno fatto nulla per evitarla.
  Secondo me, c’è da lavorare anche in sede europea sul richiamo del presidente Casini al riequilibrio. Tra l'altro, da questo punto di vista, personalmente apprezzo l'equilibrio che il Ministro ha sempre avuto in questa vicenda del rapporto con la Russia. Secondo me, in chiave europea bisogna lavorarci parecchio, come al tema dell'energia, evidentemente sottostante a questa crisi di rapporto.
  In questo senso, penso che questo lavoro debba tenere certamente in considerazione il rapporto con la Turchia, che ha un peso specifico importante nello scacchiere che va verso le Repubbliche caucasiche. In particolare, la Georgia ha certamente un atteggiamento molto spinto verso l'adesione all'Unione europea e alla NATO, ma lo stesso Azerbaijan, che in fondo si sente forse più europeo che asiatico e che è fondamentale per il tema del Southern corridor, il gasdotto che alimenterà il TAP, è un soggetto non secondario.
  Tra l'altro, avendo un forte legame con la Turchia contro l'asse Russia-Armenia, credo che su queste cose la politica europea dovrà prendere delle posizioni precise proprio nel senso, certamente, di un equilibrio nei rapporti con la Russia, ma anche non facendo il «Ponzio Pilato». In questo senso, domando al Ministro quali siano le linee con cui il nostro Paese intende agire. È chiaro, infatti, che l'idea anche di un'Italia troppo filorussa non piace ad alcuni soggetti. Ancora in questo senso, quanto può incidere nell'ambito del riequilibrio un rapporto tra Unione europea e NATO ?
  Sarà velocissima la seconda osservazione. Sul tema Libia, importantissimo, ma anche su Sahara, Sub Sahara e quant'altro, Pag. 15rispetto certamente a tante tematiche, ma in particolare a quella dell'immigrazione, laddove da molto tempo il Ministro Alfano richiama l'Unione europea – cosa che ultimamente fa con insistenza anche il Presidente Renzi – vorrei segnalare che a inizio ottobre a Catania avremo l'incontro del gruppo Mediterraneo-Medioriente della NATO: questa può essere anche un'opportunità, capitando nel semestre europeo, per affrontare temi specifici di immigrazione ?
  Infine, vengo a una personale raccomandazione. Riprendendo anche quanto accennato in conclusione dal senatore Tonini, anch'io penso che la politica estera dell'Unione europea non possa essere un accessorio. È vero che, da questo punto di vista, bisogna convincere i Governi dei Paesi che vogliono tenersi ben stretta la loro, ma certamente il ruolo di chi interpreta questo compito di Alto Rappresentante è fondamentale, quindi lei dovrà spiegare con molta forza al prossimo Alto Rappresentante tutto ciò.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio il Ministro Mogherini per le cose fortemente incoraggianti, per le linee, per la decisione che ci ha rappresentato, e il presidente Cicchitto e il presidente Casini. Direi, infatti, che è importante ribadire alcune linee fondamentali non occasionali di intervento italiano, come la decisiva premessa del presidente Cicchitto sugli equilibri europei e sulla partita che si sta giocando in Europa anche rispetto a Partito popolare europeo e Partito socialista europeo.
  Ciò premesso, se sento necessario ribadire il ruolo di Iran, Turchia e Russia, penso che, nella necessità di spostare la nostra attenzione – italiana ed europea – sul Mediterraneo, l'Egitto diventi la piattaforma di investimento del prossimo futuro. Senza un investimento in tal senso credo che non abbiamo nessun punto certo nel caso in cui si stiano ridisegnando i confini della prima, della seconda guerra mondiale e del post-colonialismo.
  In questo momento, per quante luci, ombre e ambiguità possano esserci nel processo egiziano, credo che dobbiamo pensare a partire da lì per garantire più sicurezza, per avere un punto certo e una fase di riequilibrio in tutta l'area.
  A proposito dell'Ucraina, credo non ci sia dubbio che lo squilibrio non necessario che si è creato parta da una gestione un po’ estremista della zona baltico-polacca della nostra Unione europea. Direi che l'unica linea guida dovrebbe essere quella che nessuna iniziativa positiva in Ucraina può essere condotta se pensata contro la Russia. Può essere fatta anche senza la Russia, ma non contro la Russia. È lo stesso criterio di una soluzione in Siria. Può essere trovata una soluzione in Siria anche senza la Russia, ma non contro la Russia. Lo stesso discorso vale per il Libano: può essere trovata una soluzione per la Siria, ma non contro la Siria. Dobbiamo ricordare che ci sono dei punti vitali in queste zone e rispettare questa situazione.
  In merito a questo scenario andrò molto rapidamente a dei punti concreti. Non posso che rallegrarmi, ovviamente, della decisione di scelta prioritaria e linea strategica di impegno italiano ed europeo nella grande battaglia di civiltà contro la pena di morte. La diplomazia parlamentare può essere di sostegno in alcune azioni bilaterali italiane in questo semestre per azione di lobbying su Paesi precisi. Da parte nostra c’è tutta la disponibilità.
  Nel concreto, mi soffermerò solo sulla grande crisi dell'area siro-irachena. Credo che dobbiamo prendere atto di un salto di qualità. C’è un fallimento totale della politica multilaterale in Siria. Credo che dobbiamo favorire qualche iniziativa che possa mettere di nuovo, a parte il processo di Ginevra che è fermo, tutti gli attori dell'area intorno a qualche tavolo, aiutando a individuare i soggetti favorevoli a una soluzione politica. La soluzione militare può continuare fino alla fine senza nessun successo, ma solo con più morti.
  Dobbiamo aiutare a individuare i soggetti favorevoli a una soluzione politica e non lasciare nessuno degli attori, compreso l'Iran, dell'area fuori dal tavolo. Se Pag. 16questa è un'iniziativa ufficiale dell'Unione europea o se in questo semestre dobbiamo aiutare iniziative non ufficiali ma in tal senso, credo che tutto sarà utile.
  Concludo sul problema Iraq-ISIS. Siamo di fronte a un nuovo attacco che arriva fino a Karakosh e all'intera piana di Ninive. Lì ha trovato rifugio metà dei cristiani residui di tutto l'Iraq dopo la guerra dell'Iraq e dopo la fase attuale. Lì ci sono alcune delle più antiche religioni del mondo.
  Siamo di fronte al fatto che, se si sfonda sulla piana di Ninive, avremo un'immensa emergenze umanitaria, già iniziata con i primi nuovi 40.000 profughi solo per Karakosh, ma dobbiamo immaginare che questo deve essere un tema all'attenzione: ci sono aree del mondo, Aleppo, la Piana di Ninive, che diventano chiave e simboliche per il mondo, come Sarajevo e come Berlino.
  C’è un appello per fare di Aleppo città aperta: non so se sia possibile ottenere un consenso europeo e internazionale su questo. Ci sarà un problema di ponti aerei, c’è un problema gigantesco di mancanza d'acqua, quindi è un'emergenza umanitaria, ma anche simbolica per il mondo. Dobbiamo decidere per queste crisi irrisolvibili se la comunità mondiale possa fare qualcosa che cambi almeno quello.
  Concludo sui curdi siriani, che in questo momento ospitano a loro volta mezzo milione di profughi. I quattro porti sono controllati uno dal fronte dell'esercito siriano libero, un altro dagli islamisti, uno dal Governo. C’è un punto d'accesso dalla Turchia che dovrebbe essere messo in condizione di diventare un passaggio umanitario. Se l'Italia può lavorare su questo con la Turchia, credo che sia molto utile.

  EMANUELE PRATAVIERA. Buongiorno, Ministro. Sono in sostituzione del collega Pini per la Lega Nord. La ringraziamo per il quadro che ha fornito alla Commissione ma di fatto non è niente altro che un reportage giornalistico o di cronaca di quello che è successo. Ancora una volta, dopo la visita alla Camera della settimana scorsa del presidente Renzi e il discorso che credo tutti noi abbiamo ascoltato ieri da Strasburgo – tra l'altro, fa piacere a tutti noi che i vostri rapporti personali siano migliorati anche viste le esternazioni che fino a un anno fa Lei faceva a riguardo del presidente – non abbiamo capito la bussola che il Governo sta tenendo e dove voglia arrivare, quale sia l'azione concreta e quali i risultati attesi, in quanto tempo e quali siano i costi.
  Non riusciamo a capire, sinceramente, perché si voglia continuare a perdere tempo, ad esempio, su certi dibattiti considerandoli centrali, come quello dell'adesione della Turchia all'Europa, laddove gli stessi parlamentari turchi in visita in Commissione politiche dell'Unione europea qualche mese fa avevano espresso il loro totale disinteresse a continuare a perseguire una politica di avvicinamento. Vi guardavano come a una questione secondaria nell'agenda politica del loro Paese, mentre magari c’è, proprio per degli interessi attesi in quell'area, un interesse molto più ampio da parte europea a farli entrare.
  Proprio questo dualismo tra ciò che qualcuno in Europa vorrebbe fare e ciò che, invece, il resto del mondo vorrebbe o ha come interesse primario, credo, continui a portarci, se continueremo a perseguire questa rotta, lontani dalla percezione delle priorità che possono esserci anche sulla concentrazione degli obiettivi.
  In tema di diritti umani credo che ieri non sia sfuggito a nessuno, come è stato anche ricordato poc'anzi, la totale dimenticanza di due nostri connazionali, tra l'altro europei, che sono nelle galere indiane, dimenticati da tutti.
  Credo anche che la minaccia ricordata poc'anzi rappresentata dall'ISIS non debba essere nascosta e, soprattutto, che vada tenuta in considerazione quando ci si pone in una condizione di leadership europea chiedendo il ruolo di Alto Rappresentante per l'Italia.
  Credo che su questi temi il Governo manchi completamente e manchi completamente nella più grande emergenza che dovremmo affrontare concretamente e Pag. 17molto meno a parole invocando semplicemente l'aiuto dell'Europa. L'Espresso ha dato poche ore fa l'annuncio di un articolo per domani in cui finalmente si iniziano a fornire i numeri reali della questione mediterranea e del rischio che dovremo affrontare di tre milioni di persone senza documenti che sono sulle coste libiche.
  Al di là di dover parlare, dover fare i trattati e così via, i problemi reali ci sono, ci saranno e ancora una volta vediamo una totale mancanza di politica pragmatica da parte di questo Governo e un continuare, invece, a vendere fumo per nascondere la cenere che c’è.
  Vorremmo capire, quindi, Ministro, concretamente quali obiettivi si aspetta di portare a casa nei prossimi sei mesi. Forse le questioni non arrivano qui dentro, ma fuori la questione è molto più ampia e dura da affrontare di quella che magari qui dentro potremo raccontarci.

  ARTURO SCOTTO. Ringrazio la Ministra. Penso che le parole del presidente Cicchitto siano vere. È chiaro che c’è un quadro che si sta muovendo in Europa e dobbiamo fare molta attenzione nell'esprimere giudizi ultimativi.
  Non sono, tuttavia, certo che le classi dirigenti europee abbiano preso coscienza, all'indomani del risultato delle elezioni così critico dal punto di vista sia dell'assenza della partecipazione al voto sia della crescita – un quarto del Parlamento europeo oggi è popolato da partiti ed esponenti che a vario titolo possono dichiararsi euroscettici – dei rischi di una reazione, secondo me, eccessivamente graduale rispetto a questa crisi, che può diventare anche crisi democratica e di credibilità del progetto europeista, secondo me seria.
  Dirò con una battuta che non ce la caveremo esclusivamente con azioni anche utili, inserite nel documento conclusivo del Consiglio europeo, di migliore uso della flessibilità, senza una svolta più seria e di più lungo periodo sul terreno delle politiche economiche e del lavoro.
  Questo penso, per cui dal punto di vista mio e nostro il giudizio è sospeso. Non credo che il semestre europeo sarà semplice per l'Italia. Le stime della crescita dicono cose ben precise, parlano dello 0,8, ma ci sono anche i ben più bassi numeri della Confindustria. Credo che su questo terreno bisognerà, probabilmente, incalzare di più. È chiaro che la dialettica che si può aprire è interessante. Per la prima volta – ha ragione Lei, presidente Cicchitto – si può ripoliticizzare anche lo spazio europeo e lo spazio del Parlamento europeo.
  Rispetto al resto, condivido molto l'impianto del Ministro degli esteri del nostro Paese. Condivido gli assi che propone rispetto alle iniziative, ai primi passi del semestre europeo, sull'Ucraina e la Russia e la necessità di avere un'offensiva sul terreno del dialogo.
  Avverto, tuttavia, una preoccupazione molto forte rispetto a quello che può accadere nei prossimi giorni nello scenario mediorientale. Non so come se ne esca dopo la pausa del tentativo promosso dal segretario di Stato Kerry, tuttavia il rischio di un’escalation – Lei l'ha definita spirale – è fortissimo nelle prossime ore.
  Credo, allora, che l'Italia debba farsi promotrice a livello europeo, a livello più ampio di un'iniziativa immediata per evitare uno scontro che può avere esiti non definibili sul terreno sia delle vittime sia delle prospettive di una ripresa del dialogo.
  Non credo che possiamo affrontare questi rischi in maniera ordinaria. Dobbiamo avere, a mio avviso, la consapevolezza, che sono sicuro ci sia, che o si affronta in maniera più energica, solida sul terreno internazionale il rischio dell’escalation o non riusciremo più a riprendere il bandolo della matassa.

  VINCENZO AMENDOLA. Ringrazio la signora Ministro per averci fornito oggi un quadro a seguito anche dell'intervento di ieri del Presidente del Consiglio a Strasburgo e di quello che ha fatto qui sempre il Presidente Renzi in apertura del semestre.
  Riprendo una frase che mi ha colpito di quell'intervento fatto qui in Parlamento. Discutere e presiedere il semestre italiano da italiano per la presidenza europea in Pag. 18questo contesto storico – come diceva benissimo Lei, Ministro, e come hanno indicato anche altri colleghi prima di me, a cominciare dal senatore Tonini – è capacità di indicare un orizzonte.
  Per la complessità e la difficoltà dell'architettura istituzionale che abbiamo dinanzi, che è incompleta, sappiamo bene che nel semestre, in questo frangente in cui il Parlamento si è appena insediato e la Commissione e il Consiglio devono insediarsi, quello che possiamo fare è indicare un orizzonte. Per fare questo, dal punto di vista delle politiche economiche e finanziarie della geopolitica del nostro progetto europeo e, soprattutto, dei limiti – penso all'Unione bancaria, al digital divide, ad accordi di partenariato internazionale ancora non conclusi – come forza che dobbiamo mettere nell'evocazione di un orizzonte per il progetto europeo, a noi italiani è richiesto un surplus.
  In questo senso leggo la forte polemica e anche la verve del Presidente del Consiglio di ieri a Strasburgo e anche la forza di un dibattito politico che deve aprirsi. Un uomo mite e moderato come Romano Prodi usa certi toni perché sa benissimo che la compatibilità del progetto in cui ci siamo e ci stiamo trovando non regge senza una nuova spinta ed una nuova forza.
  Quanto a debito e crescita, ho letto tutti i dieci capitoli e le ottanta pagine del programma. Penso che ogni deputato debba farlo perché lì è già una scaletta chiara dei nostri obiettivi. Non si vuole andare alla mutualizzazione del debito perché alcuni Paesi lo bloccano, ma non si può, allo stesso tempo, sostenere che la mutualizzazione di elementi per la crescita economica sia un modo per non fare i compiti a casa, come si suol dire, che invece stiamo facendo come Italia, con le riforme. Penso, per il nostro settore, alla riforma della cooperazione, già inserita nel programma delle grandi riforme. Allo stesso tempo, sappiamo che il debito non diminuirà mai senza una crescita. È l'ovvio per qualsiasi mediocre economista.
  Credo che sia necessaria questa battaglia politica, che non è sulla mutualizzazione del debito – non vorrei arrivare a tanto per gli economisti di molti Paesi europei – ma almeno sulla crescita, che riguarda il futuro del nostro progetto di integrazione, oltre l'unione economica e monetaria. Diciamo in quei capitoli che partiamo da 26 milioni di disoccupati. Su questo nessuno è chiamato a una verve diplomatica di normalità. Viviamo in un momento straordinario.
  Vengo al secondo punto e concludo perché non ripeterò cose già dette dal senatore Tonini a nome del nostro partito. Abbiamo un fallimento davanti, che è la politica di vicinato utilizzata dall'Unione europea negli ultimi anni. Quella verso est ci ha portato alla crisi ucraina, quella verso il Mediterraneo non ci ha portato assolutamente a niente, non è esistita semplicemente.
  Come scriviamo nel capitolo sulla politica estera, nelle linee del programma che Lei, signor Ministro, qui ha giustamente sottolineato, dobbiamo ricostruire una politica di vicinato, che non è solo una questione economica, ma è l'impatto geopolitico a un sistema di relazioni internazionali oramai saltato.
  Il senatore Tonini, guardando al Mediterraneo, ha ragione a dire che i confini tracciati sulla sabbia non esistono più e non esistono più nella retorica delle forze terroristiche, ma neanche degli Stati che si ritrovano oggi a non sapere chi sono. Penso al Maghreb fin giù all'Africa sub-sahariana, al Medioriente nell'asse Libano, Siria, Iraq. Quegli accordi, quella geofilosofia dei confini, come direbbe Cacciari, fa sì che anche l'Europa si trovi come un arcipelago, come qualcosa di indefinito rispetto a un mondo che si muove.
  Allora, nel sostenere lo sforzo del Governo, del Presidente Renzi e Suo, Ministro, dobbiamo utilizzare il semestre per indicare un orizzonte, litigando, usando espressioni anche forti, ma cercando di far uscire l'Europa da questa sua afasia e da questa sua incapacità di guardare al mondo.
  Sono d'accordo, ad esempio, col deputato Scotto: Palestina e Israele erano quasi dimenticate nell'elenco delle enormi crisi Pag. 19viste le grandi tragedie tra Siria, Iraq e Libano. È sempre stato l'epicentro di un problema di riorganizzazione delle relazioni pacifiche tra popoli, culture e religioni in un mondo. Era scomparsa.
  Addirittura, l'amministrazione Obama, a cui avevamo dato mandato per risolvere il conflitto, aveva indicato il 29 aprile come la data ultima per chiudere l'accordo tra Netanyahu e Abu Mazen. È evidente che siamo lontanissimi non solo dal chiudere, ma siamo di fronte alla riapertura di un conflitto drammatico che incendia quell'area già incendiata da elementi di contrapposizione.
  L'Europa non può più accettare di essere fuori dalla porta di questa trattativa. Vediamo che non ci sono risultati e che, se non risolviamo lì e torniamo a parlare con tutti i Paesi attorno, ci troveremo lontani dalla possibilità di riaffermare non un soft power, ma una relazione anche con i soggetti della stabilizzazione, come diceva Lei, Ministro, a partire dall'Iran, dalla Russia, dal ruolo che sta giocando anche nello scacchiere mediorientale, cioè in tutti quei contesti in cui l'Europa deve riorganizzare un rapporto, una relazione e una soluzione ai conflitti.
  Sempre per andare velocemente, il nostro presidente Cicchitto insieme alla nostra delegazione ha avuto questo viaggio di diplomazia parlamentare non solo in Ucraina, su cui non mi soffermo perché sono d'accordo con le considerazioni svolte, ma anche in Egitto. Sappiamo benissimo che le contraddizioni sono tante. Era una contraddizione il colpo di Stato di al-Sisi, lo era la guerra in Libia. Ci troviamo, cioè, di fronte a un Medioriente e a un Mediterraneo pieni di grandi contraddizioni.
  Possiamo organizzare seminari e grandi studi qui e valutare le parole o chiedere all'Europa di avere una politica. È evidente, infatti, che, rispetto a queste crisi, o facciamo Frontex plus in Libia e forziamo anche l'ipocrisia europea a non guardare che quella non è solo una tragedia di immigrazione, ma un mondo che si muove, si manifesta in quel disastro, o guardiamo di nuovo all'Egitto, cioè a tutti quei Paesi che sono sull'orlo di cadere, oppure l'Europa sarà non solo soft power, ma un grande lettore di giurisprudenza e filosofia internazionale mentre tutto il mondo attorno a noi cambia.
  Su questo giocheremo, anche come Italia, potrei dire la nostra visione per il futuro rispetto ad altri continenti. Credo molto nel partenariato economico e commerciale, perché su quello si muovono grandi interessi. So benissimo, per esempio, che sul TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) con gli Stati Uniti d'America, che riguarda il 50 per cento del PIL mondiale e un terzo del commercio internazionale, ci sono grandi discussioni, ma preferisco discutere che nascondere il problema. Il commercio significa riavvicinare di nuovo conglomerati, mentre si chiude un accordo per 800 milioni di persone nel Pacifico.
  L'Europa, di fronte a questi trattati e a queste possibilità, è chiusa quasi in una burocrazia. Discutiamone. Non sto dicendo che debba essere centrale, ma discutiamo anche di questo, perché del futuro dell'Europa e di questo semestre possiamo avere un grande ruolo indicando orizzonti di politica estera, di sviluppo e di risoluzione dei problemi.
  Per questo, come ha già detto il senatore Tonini, il nostro impegno sarà massimo nei prossimi sei mesi.

  PRESIDENTE. Siccome vorrei dare, giustamente, uno spazio di replica al Ministro e ho altri interventi, vi prego di essere più sintetici di quelli che ci sono stati precedentemente.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Ringrazio il Ministro e accolgo l'appello del presidente. Sinceramente, dato che siamo in Europa, forse dovremmo rifarci a tempi europei. Sono stato al Consiglio d'Europa e ci davano tre minuti per parlare. Credo che dovremmo tenerci in questi tempi. È un appello ai colleghi, che ci hanno fatto degli ottimi trattati di politica internazionale economica e sociale, ma sinceramente dovevamo rimanere un po’ più sul tema, che è quello della presidenza dell'Unione Pag. 20europea da parte dell'Italia e della politica estera. Sarò, quindi, brevissimo.
  Anzitutto, ringrazio il Ministro per il riferimento alla vicenda delle armi chimiche siriane. Sul ruolo dell'Italia mi sono espresso pubblicamente, perché deve essere fonte di orgoglio per tutti gli italiani. Questo è un nostro impegno preso da un Governo precedente, ma che quello attuale ha continuato e che ci fa, secondo me, guadagnare una credibilità internazionale, che è sempre utile e comoda.
  Una delle domande è riferita alla vicenda dei marò, non citata da Lei direttamente. Mi domando se l'internazionalizzazione della vicenda, che il Governo sta portando avanti non possa diventare proprio una priorità di questo semestre italiano. Credo, infatti, che l'autorità del Ministro degli affari esteri italiano sia accresciuta dal fatto di svolgersi contemporaneamente a un semestre di presidenza dell'Unione europea. Mi domando, quindi, se qualche passo in questo senso si possa intraprendere.
  Un altro punto riguarda il discorso del SEAE (Servizio Europeo per l'Azione Esterna). Sappiamo che recentemente la Corte dei conti europea ha fatto delle segnalazioni molto critiche nei confronti di questo sistema, dichiarando che potrebbe essere più efficace. Ha, infatti, indicato dei numeri per cui, per esempio, il 59 per cento delle spese – oltre 500 milioni di euro di finanza pubblica europea, quindi anche italiana – va alle delegazioni, il 41 alla sede centrale, mentre forse il Servizio Europeo di Azione Esterna dovrebbe essere più rivolto verso l'esterno, consentendo anche agli Stati membri tra l'altro uno sgravio.
  Sappiamo che siamo andati incontro alla riorganizzazione della rete consolare diplomatica, quindi credo che su questo tema – sia che Lei sia Ministro italiano nel semestre europeo sia che abbia maggiori incarichi – possa essere tenuto tra le priorità. Vorrei conoscere la sua opinione a tal proposito.

  MARTA GRANDE. Ringrazio il Ministro per averci esposto i principali scenari internazionali su cui lavoreremo come presidenza.
  Faccio un piccolo riferimento all'Ucraina, poi colgo l'occasione per una piccola domanda sull'Iraq. Per quanto riguarda la crisi ucraina, è evidente che quello che sta succedendo in Europa oggi, i bombardamenti in territorio europeo, è l'elemento chiaro di una mancanza di politica estera europea veramente comunitaria. Sottolinea anche le grandi carenze di quest'Unione europea che non è in grado di fatto di tutelare civili bombardati nelle proprie case. Su questo, pertanto, si potrebbe aprire una riflessione molto più ampia sul senso dell'Unione e su cosa sta diventando.
  Indipendentemente da questo, vorrei chiederle, Ministro, quale sia la visione del nostro Governo riguardo ai rifugiati che in questo momento stanno lasciando l'Ucraina. Secondo alcune stime, si parla addirittura di 50.000 persone.
  Chiaramente, come ogni forza politica in Europa, auspichiamo che la soluzione diplomatica sia trovata al più presto e che si trovi il modo per far cessare ogni tipo di violenza contro i civili. Se, però, questo non dovesse succedere o non dovesse succedere a breve, avremmo una proposta sulla quale vorremmo anche un'opinione da parte del Governo.
  Si tratterebbe di promuovere a livello internazionale la creazione di una no fly zone, soprattutto visti i precedenti dell'ultimo quinquennio non troppo distanti, come nel caso della Libia. Sembra quanto meno inaccettabile che ci siano dei bombardamenti in Europa.
  L'ultima domanda, che riguarda l'Iraq, è leggermente fuori dal contesto del semestre italiano, ma vorremmo conoscere le condizioni di sicurezza in cui si trovano i nostri connazionali dipendenti di ENI in Iraq. Da informazioni tratte da alcuni quotidiani, pare che fino a qualche settimana fa non fosse stata avviata nessuna evacuazione, ritenendo la zona di Bassora ancora relativamente tranquilla. Vorremmo delle informazioni riguardo a questo punto.

Pag. 21

  RENATA BUENO. Vorrei ringraziare per l'opportunità di essere qui e di sentire ancora una volta la Ministro, soprattutto sulla questione europea. Vorrei, però, richiamare l'attenzione anche sull'America latina, dove abbiamo una presenza molto forte non soltanto di italiani, ma anche di europei. Citerei l'esempio del Venezuela, che già da un po’ di mesi è attraversato da una crisi sociale molto importante. L'Europa deve intervenire, come ha fatto già in alcuni momenti.
  Abbiamo svolto già, insieme ad alcuni colleghi, una missione parlamentare italiana a Caracas e abbiamo accompagnato anche alcuni deputati dell'Assemblea nazionale del Venezuela nel Parlamento europeo alla Commissione diritti umani, dove abbiamo discusso la questione del popolo venezuelano.
  Vorrei soltanto segnalare questa mia preoccupazione visto che in Venezuela più del 50 per cento della popolazione è di origine europea e, soprattutto, c’è una migrazione molto recente, di neanche trent'anni, di almeno il 15 per cento di italiani, poi di tedeschi, portoghesi e spagnoli. Vorrei che segnalassimo sempre la nostra disponibilità in Sudamerica e, in particolare, Brasile.

  KHALID CHAOUKI. Ringrazio il Ministro e mi soffermerò solo su due punti. Penso che oggi, grazie al semestre, possiamo, soprattutto per il credito che abbiamo e continuiamo ad avere nonostante alcune difficoltà evidenti nei confronti dei Paesi più vicini, cogliere quest'opportunità per ridare credibilità a un'Europa purtroppo assente in questi lunghi mesi, forse anche anni. Lo è stata, in particolare, nei confronti dei Paesi che hanno vissuto la cosiddetta «primavera araba», anche con difficoltà abbastanza grandi. L'altra grande assente è l'Unione europea e il suo protagonismo in quei Paesi.
  L'Italia, soprattutto nei confronti dei Paesi più vicini, può oggi anche avere quest'ambizione ulteriore di rimettere la bandiera europea in alcuni dei contesti più vicini, a partire dall'Egitto, per esempio, dove c’è stato un tentativo europeo che però non ha avuto nessun esito e oggi non ha di fatto nessun tipo di relazione con quella realtà.
  Riguardo al tema della Libia, se combiniamo insieme la tradizionale vicinanza italiana e la presidenza del semestre, possiamo sicuramente avere una marcia in più in questo campo anche alla luce del fatto che da quei luoghi ancora oggi ci viene riconosciuto un ruolo.
  Inoltre, c’è il tema della Tunisia e dei Balcani, Albania in primis. Recentemente, è stato qui anche il ministro albanese del welfare e della gioventù: ci è stato raccontato il percorso importante di riforme in atto, ma anche in questo caso la richiesta all'Italia è in primis di offrire un supporto e un contributo in termini di formazione alla nuova classe dirigente, di supporto nelle riforme che si stanno portando avanti.
  Insieme alle istituzioni politiche, credo sarà molto importante, come è ampiamente raccontato anche nel documento, il tema della cooperazione sociale ed economica. Quella è oggi la risposta che ci viene richiesta.
  Non saprei quanto possiamo confidare nel processo interno alla Libia. Forse potremo recuperare un'ambizione in più nel cercare di stabilire o ristabilire un dialogo con le forze in campo. In questo, forse anche l'iniziativa parlamentare può essere utile, ma non confiderei solo, appunto, nell'attesa di un esito che credo sarà molto complicato. Come presidenza del semestre, forse ci sarà bisogno davvero di cercare anche di offrire un supporto in più.
  Infine, c’è il tema della Tunisia. In questo momento, c’è bisogno davvero di favorire gli investimenti, di sostenere anche un'economia molto difficile, un'occupazione giovanile. Rispetto a questo, una grande iniziativa di rilancio della cooperazione economica commerciale, portando anche le medie imprese, le università, pensiamo possa essere davvero un elemento di novità nel tenere insieme la stabilità politica e la cooperazione economica.
  L'ultimo punto riguarda l'immigrazione. Notiamo con favore che c’è, ovviamente, Pag. 22una riapertura di alcuni temi di cui non si poteva parlare: penso a Dublino, al riferimento ad una corresponsabilità, al documento del Consiglio europeo, allo stesso rapporto approvato recentemente dal Consiglio d'Europa a Strasburgo, grazie anche al lavoro importante della nostra delegazione. Su quello forse possiamo aspirare a qualcosa di più.
  Lei vede degli spiragli rispetto all'apertura della riflessione su una maggiore corresponsabilità nell'accoglienza dei profughi nonostante gli scetticismi che abbiamo visto anche ieri ? Intravede qualche speranza in più rispetto alla riformulazione di quell'accordo ?

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Ministro, negli ultimi anni, per aver seguìto da veri cagnolini ed esserci comportati come scendiletto nei confronti degli americani, abbiamo perso spazi di sovranità politica. In Iraq il disastro è stato compiuto. Ce ne siamo resi conto anche molto presto. Manifestavo in quegli anni, era uno studente. Oggi vediamo le condizioni e gli Stati Uniti d'America forse hanno bisogno dell'Iran per risolvere la questione. Lei diceva, giustamente, di quanto sia cambiato il piano in quel Paese.
  Per essere scendiletto della Gran Bretagna, della Francia e degli Stati Uniti, abbiamo contribuito a buttare giù un dittatore come Gheddafi, al quale non certo noi abbiamo baciato la mano, ma che garantiva all'epoca maggiore sicurezza di quella che c’è oggi in Libia.
  Dato che per qualcuno l'America – Obama è un freddo calcolatore, stra-intelligente e si sta comportando con coscienza in questo modo – sta vivendo una fase di debolezza, viaggiando anche con la delegazione assieme al presidente Cicchitto ci siamo resi conto, come diceva giustamente lui, che c’è questa voglia d'Italia davvero inaspettata, che dobbiamo sfruttare.
  Oltretutto, Lei è giovane, ambiziosa – e lo dico in un'accezione positiva – e ha la possibilità oggi davvero di incidere dal punto di vista della politica nazionale, che non significa soltanto contribuire al miglioramento dei diritti umani in giro per il mondo – per l'amor di Dio, siamo tutti d'accordo, ma ci sono le Nazioni Unite per quello – ma per fare gli interessi del popolo italiano in ambito internazionale. Credo ci sia comunque una fase di crisi degli Stati Uniti d'America, che hanno bisogno dell'Iran per risolvere la questione irachena. Potremmo dire che Putin gliel'ha «incartata» – Lei che è romana sa cosa significa – in Siria, in Ucraina.
  Riuscire, oggi, a comportarci come anguille veloci e sguscianti tra queste due potenze dal punto di vista energetico e della politica internazionale, può essere davvero un'azione che Lei è in grado di intraprendere e questo Governo, probabilmente anche con la forza che ha ottenuto nelle ultime elezioni, di portare avanti. Il fatto che guidiamo il semestre europeo ci permette di farlo e ci consentirebbe, chiaramente, di fare l'interesse del popolo italiano.
  Si potrebbe, per esempio, usare questa debolezza dell'America rispetto all'Iran per riaprire anche degli spazi commerciali ed economici che sono stati chiusi perché fu inserito quel Paese nell'asse del male e tutti sappiamo perché. La stessa cosa può avvenire con la Libia, dove troppo velocemente è stato buttato giù un dittatore, che dittatore era.
  Le suggeriamo questo. Avrà la nostra completa disponibilità, non c’è nessun tipo di problema. Se serve il supporto del Movimento 5 Stelle, lo avrà. A noi interessano i diritti umani, la sovranità nazionale e la politica internazionale. Crediamo che si possa davvero sfruttare questo momento, chiaramente tenendo anche d'occhio i flussi migratori e la possibilità di lavorare assieme a Paesi come l'Egitto e la Libia, sfruttando questa nostra possibile forza nuova per occuparci anche di quel tema.
  Avevano già detto alcuni colleghi che, in Europa, bisognerebbe riuscire a creare un fronte comune rispetto alla vicenda dei marò. Giustamente, il presidente Cicchitto ha ammesso certe responsabilità, forse per la prima volta. Spesso, infatti, siamo accusati di essere populisti, ma generalmente Pag. 23si dice che sia tutta colpa dell'India, come hanno fatto anche tante persone in quest'aula. Il presidente Cicchitto, invece, oggi ha ammesso che non è affatto colpa dell'India, ma che gli errori principali sono stati commessi dallo Stato italiano, a cominciare dal Governo Monti.
  Esiste l'opportunità di creare un fronte comune per far ritornare queste persone ? Lei ora ha la possibilità di parlarne nelle sedi europee, nelle sedi opportune, di far valere questa potenza dell'Italia in un momento di estrema crisi, in cui si può giocare, e di neo guerra fredda, all'interno della quale possiamo piazzarci dando un colpo al cerchio e uno alla botte, nel senso positivo – spero che ci siamo capiti – per una doppia politica ? Lo faceva anche Mattei, in un certo senso, per riuscire a salvaguardare gli interessi nazionali.

  MICHELE NICOLETTI. Ringrazio il Ministro. Il quadro che ci ha offerto è amplissimo. Porrò solo due questioni. Oltre che Lei, anche il presidente Cicchitto ha descritto il quadro di un'Europa politica da disegnare e la questione della democrazia in Europa è fondamentale.
  Nella discussione odierna, troppa importanza è dato al peso del Parlamento europeo, con tutto il rispetto, e anche dell'indicazione della Commissione europea: 50 anni fa, nel 1964, la Corte di giustizia, con la «sentenza Costa», ha sancito il primato del diritto europeo sul diritto nazionale e da quel momento i trattati hanno valore costituzionale e il problema fondamentale è il modo in cui democraticamente possiamo agire su questi trattati. Penso che il nostro semestre dovrebbe essere anche caratterizzato da una riflessione su questo tema istituzionale e giuridico così importante.
  Quello delle migrazioni non è solo il tema dei richiedenti asilo. I numeri, naturalmente, sono molto più ampi e una riflessione sulla curva demografica e sulla sostenibilità del sistema di welfare europeo in futuro dovrebbe indurci a riflessioni più comprensive, ma esiste certamente il problema dei richiedenti asilo.
  Serve un «piano Marshall». Questo è il modo in cui gli Stati Uniti hanno affrontato la transizione post dittatura in Europa. Non abbiamo affrontato con la stessa consapevolezza il tema post regimi autoritari nel Mediterraneo. C’è l'emergenza, però, della gestione dei profughi.
  La domanda precisa riprende quella di altri colleghi. C’è una delibera dell'OSCE, è della settimana scorsa una delibera del Consiglio europeo: le condizioni per una revisione del Regolamento di Dublino sono mature, ma vedo che nel programma si ribadiscono, in qualche modo, i princìpi di Dublino. Fin dove vogliamo spingerci su questo punto ? C’è la disponibilità del Governo italiano a ragionare in termini di quote, oltre che di Paesi di primo approdo ? Riusciamo a fare un discorso di centri di accoglienza e anche di richiesta di asilo europei al di fuori dell'Europa ?
  Il 90 per cento dei siriani sono persone a cui riconosciamo lo status di rifugiati politici. Non possiamo farlo, appunto, a monte, anziché costringerli a viaggi drammatici come quelli cui continuiamo ad assistere ?

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Mogherini per la replica.

  FEDERICA MOGHERINI, Ministro degli affari esteri. Sarò rapida, accogliendo l'invito del presidente Casini.
  Partirei dal ragionamento dell'onorevole Amendola e riprendendo le parole iniziali del presidente Cicchitto. È vero che questo è un semestre che possiamo usare al meglio se capiamo che sarà fatto, e già lo si vede in queste prime ore, di alcuni passaggi molto concreti, molto precisi. Oltretutto, la drammaticità degli scenari in cui siamo immersi non ci consente di fare altrimenti. Soprattutto, sarà così se riusciremo a cogliere le opportunità che questi sei mesi ci danno per provare a disegnare l'orizzonte del nuovo inizio europeo che ci auguriamo possa esserci.
  Questo vale sicuramente per le politiche economiche. Non è stretta competenza di queste Commissioni né del mio Ministero, ma è evidente dal passaggio in Pag. 24Parlamento europeo di ieri – ma anche da quello in questa Camera e nel Senato la settimana scorsa – che l'approccio che l'Italia sta provando a portare in sede europea è esattamente quello richiamato dal senatore Tonini del cercare la via d'uscita alla contrapposizione troppo spesso sterile e un po’ forzata dal punto di vista della rappresentazione – credo che il dibattito qui su questo tema l'abbia rappresentato molto bene – tra rigore e crescita.
  Il punto che stiamo cercando di portare avanti, sottolineando come il patto sia al tempo stesso di stabilità e crescita, è di cercare di smettere di rappresentarci e di autorappresentarci vicendevolmente – il riferimento di ieri di Renzi è ai pregiudizi – come fautori dell'una o dell'altra cosa, come se non avessimo bisogno di entrambe. Il problema è che, su una torta di cento, fino adesso si è lavorato – non faccio percentuali – in larga fetta su uno solo dei pilastri del patto. Stiamo dicendo oggi non soltanto per l'Italia, ma per tutti gli europei, che è il caso di bilanciare il lavoro che stiamo facendo e lavorare sulla crescita.
  Questo deve avvenire in un'ottica sicuramente trasversale alle famiglie politiche e penso che, da questo punto di vista, il Parlamento europeo potrà avere un'interessante discussione in questi primi mesi di avvio dei lavori perché anche le dinamiche dell'emiciclo di ieri erano interessanti in termini di reazioni e di interventi.
  Soprattutto, dobbiamo cercare di uscire dalla logica delle posizioni nazionali stereotipate. Non è l'Italia o il sud dell'Europa contro la Germania o il nord dell'Europa. Lo diceva molto bene il senatore Tonini: è un'esigenza di tutti gli europei equilibrare il nostro approccio sulle politiche di investimenti.
  Esco un po’ dal seminato della politica estera perché è stato sollevato questo tema, ma mi sembra utile condividerlo. Questo è l'approccio che dobbiamo provare a promuovere in quest'avvio di nuova legislatura e di nuovo lavoro della Commissione europea dal 1o novembre.
  Per quanto riguarda la politica estera europea, credo che lo sforzo che l'Italia può mettere a disposizione del nostro continente politico per avviare cinque anni di lavoro un po’ più visionario di quello che non ci sia stato fin qui, sia quello di tracciare alcuni punti di riferimento. Il valore aggiunto non soltanto dell'Italia tradizionalmente, ma anche della politica estera europea, quando questa effettivamente viene praticata, è la capacità di dialogo con tutte le parti. In qualche modo, faceva riferimento a questo, anche se in modo più colorito, l'onorevole Di Battista.
  Il nostro valore aggiunto è di capire la complessità delle crisi, di comprendere che non sempre, anzi quasi mai, ci sono buoni e cattivi, bianco e nero, e che l'unico modo per uscire dai conflitti o comporli – a volte non si esce dai conflitti, si compongono e si trovano delle mediazioni – è coinvolgere gli attori in campo.
  Questo richiede una capacità di dialogo con tutte le parti. Il punto di forza italiano è, tradizionalmente, questo. Lo è sempre stato e continua a esserlo nello scenario mediorientale, per cui raccolgo con molto favore l'invito che sia Amendola sia Scotto avanzavano di farci promotori di un'iniziativa europea sul conflitto, sulla crisi israelo-palestinese e arabo-israeliana. Mai come adesso le due dimensioni si intrecciano. Quell'interesse comune di alcuni grandi attori della regione mediorientale alla stabilità è una delle priorità che anche Israele in questo momento si trova a dover fronteggiare e forse Israele più di tutte.
  C’è sicuramente un valore aggiunto dell'Europa in questo processo che vedo in stretta connessione con l'iniziativa americana, che però al momento appunto è – o per motivi di elezioni di midterm, o per motivi tattici di gestione del negoziato – in una situazione di pausa.
  È chiaro che questo apre uno spazio per un'iniziativa europea, di cui sicuramente non soltanto gli italiani, ma anche altri Paesi che tradizionalmente hanno un'attenzione particolare sullo scenario mediorientale, hanno iniziato a ragionare. Non a caso, appunto, la mia seconda Pag. 25visita sarà lì, oltretutto prevista con largo anticipo rispetto anche all'interruzione dei negoziati. Abbiamo anche bisogno di iniziative di politica estera che riescano a mantenere i temi sull'agenda anche al di là dei titoli dei giornali, di una politica estera lungimirante, che veda i conflitti prima che diventino esplosivi e che segua tutte le fasi delle crisi anche dopo che finiscono gli interventi militari, che ci piacciano, che li abbiamo condivisi o che non l'abbiamo fatto.
  Oggi, per esempio, non abbiamo discusso di Afghanistan, ma tengo a fare un riferimento al fatto che credo che una delle priorità del nostro semestre sarà quella di sollecitare l'Unione europea a mantenere l'attenzione sulla sua fase di transizione politica, soprattutto con un'attenzione alla tutela e alla valorizzazione delle donne e degli attivisti dei diritti umani. Lì c’è un punto delicato che troppo velocemente rischiamo, altrimenti, di rimuovere.
  I tre elementi di orizzonte che sentirei, anche ascoltata la discussione, di portare in sede europea come connotati della presidenza italiana sulla politica estera, sono questi: il dialogo come valore aggiunto; lo sguardo lungimirante sulle crisi, prevenzione dei conflitti e gestione del post crisi laddove si verificano; ricostruzione, con un punto interrogativo sul «ri-», delle politiche di vicinato.
  Ha ragione, infatti, Amendola quando dice che in questo momento è intorno ai nostri confini europei che c’è l'area di maggiore instabilità e maggiore crisi a livello globale, e quindi c’è una responsabilità diretta che può essere positiva dell'Unione europea se riusciamo a concentrarci politicamente sugli scenari su cui più immediatamente possiamo avere impatto.
  Sulla Russia, nel programma della presidenza troverete due frasi che credo riassumano bene l'impostazione, anche perché appunto, su tante pagine, la capacità di sintesi è stata a volte un esercizio un po’ faticoso: le affermazioni che la Russia resta partner strategico e che il lavoro è per capire come rilanciare il dialogo.
  Credo che questi siano i due elementi su cui l'Italia può sostenere e accompagnare il lavoro dell'Alto Rappresentante in questi sei mesi. È chiaro che sullo sfondo il problema strategico è quello di capire e rilanciare il partenariato strategico, da una parte tra Unione europea e Russia, dall'altra tra NATO e Russia, molto più complicato di quello tra Unione europea e Russia.
  Sarà, però, impossibile capire come rilanciare questo livello di partenariato se non riusciremo nell'immediato a mettere in campo azioni concrete perché la situazione sul terreno nell'est dell'Ucraina migliori. Fino a quando non ci sarà una soluzione sostenibile dal punto di vista della cessazione del conflitto, degli scontri, del controllo delle frontiere, della liberazione degli ostaggi nell'est dell'Ucraina, potremo mantenere questo elemento sullo sfondo, ma non sarà realistico pensare di lavorarci.
  Per questo c’è una terza frase nel piccolo paragrafo che riguarda la Russia: «se il contesto generale di riferimento lo permetterà». Questo è l'elemento su cui si sta lavorando in queste ore e su cui lavorerò la prossima settimana tra Kiev e Mosca. Nell'ottica del dialogo con tutti e del sapere che l'Ucraina è vicina dell'Unione europea quanto è vicina della Federazione russa, manteniamo l'approccio del dialogo con tutti, del promuovere accordi di associazione e di partenariato con i Paesi che confinano sia con l'Unione europea sia con la Russia, senza immaginarli mai come elemento di competizione o di contrasto o, addirittura, contro la Federazione russa, tutt'altro. Nelle conclusioni dell'ultimo Consiglio affari esteri europeo è inserito, infatti, insieme alla firma dell'accordo di associazione, anche il meccanismo di dialogo trilaterale tra Ucraina, Unione europea e Russia sulle conseguenze dell'implementazione dell'accordo, fondamentale perché dobbiamo lavorare insieme sul creare un contesto sostenibile, innanzitutto per l'Ucraina.
  Questo sarà un lavoro che dobbiamo tenere in mente mentre proviamo a far fare progressi alla situazione di sicurezza Pag. 26sul terreno sul quale dovremo lavorare sia in sede NATO sia in sede Unione europea insieme ai russi. In inglese, si dice che bisogna essere in due per ballare il tango e penso che lo si dica anche in italiano. C’è anche un tema di volontà di Mosca che dobbiamo costantemente verificare, ma la priorità immediata in questo momento è la cessazione delle ostilità sul terreno, altrimenti potremo dialogare con tutti, mantenere l'idea del partenariato strategico con tutti, ma lo scoglio della realtà dei fatti sarà oggettivamente sempre insormontabile.
  Do un altro paio di risposte puntuali. Un'informazione che ho dimenticato di dare all'inizio, che so interessa in modo particolare alcuni di voi, è più un aggiornamento che un tema del semestre. Avevo informato le Commissioni qualche mese fa che avremmo riaperto la nostra ambasciata a Mogadiscio: l'ambasciatore ha presentato le sue credenziali qualche giorno fa, ha avuto i primi colloqui al massimo livello a Mogadiscio; per l'apertura fisica dell'ambasciata ci vorrà, chiaramente, un po’ di tempo, legato alla messa in sicurezza dell'eventuale edificio, ma dal punto di vista politico-istituzionale la cosa è avviata ed è fatta.
  Allo stesso modo, non ho citato inizialmente, non per dimenticanza, ma per tempo, un tema ampiamente toccato dal Presidente Renzi ieri a Strasburgo e che, chiaramente, fa parte della nostra attività quotidiana. So che la Camera ha anche votato una mozione parlamentare ieri in tema di libertà di religione, se non sbaglio, che abbiamo molto apprezzato.
  Il lavoro che si fa, soprattutto in Africa, su questo tema è costante. Un lavoro di sostegno e di collaborazione con le autorità nigeriane per la liberazione delle ragazze rapite e anche per contrastare gli attacchi agli edifici di culto che ci sono stati ripetutamente in queste ultime settimane e che sono un campanello d'allarme estremamente serio.
  Vengo a tre o quattro risposte puntuali ancora. In Egitto prevedo di andare. So che la vostra visita è stata molto importante e molto positiva e penso che possa essere un'ottima opportunità farla seguire da una mia visita, che potrebbe già tenersi nelle prossime settimane. Stiamo cercando di capire come il calendario lo consenta.
  Sono d'accordo sul fatto che quello sia uno snodo centrale rispetto al modo in cui si ridisegneranno gli equilibri della regione, in un senso o nell'altro, e quindi credo che sia nostro interesse principale e anche dovere, in qualche modo, provare a entrare in quelle contraddizioni affermando costantemente l'esigenza di implementazione dei princìpi della loro Costituzione, di rispetto dei diritti umani – in particolare rispetto al tema della pena di morte e alla libertà di stampa – ma entrando in un dialogo attivo e molto diretto con le autorità egiziane. Lo farò sicuramente nelle prossime settimane.
  Quanto all'America latina, alcuni di voi lo sanno che, più che essere un tema di presidenza, anche se l'Unione europea ha con l'America latina ovvie e strategiche relazioni, è un tema di impegno per la politica estera italiana molto forte, anche per la chiara connotazione delle nostre comunità lì. Andrò in America latina all'inizio di agosto. Ho avuto poche settimane fa un incontro con tutti gli ambasciatori dei Paesi latinoamericani all'IILA (Istituto italo-latino americano), che ho trovato estremamente utile e interessante e che ho proposto di svolgere di nuovo nell'arco del semestre. Il rapporto, quindi, è costante e credo sia estremamente strategico. Anche su questo c’è un ruolo dei parlamentari, soprattutto quelli eletti in America latina, fondamentale.
  Da ultimo, ma non per ultimo assolutamente, come si dice, ci sono due temi: quello dell'immigrazione e quello dei marò. Sull'immigrazione, come sapete, soltanto parte del lavoro che c’è da fare è di competenza del Ministero degli esteri. La gran parte è responsabilità del mio collega, Ministro dell'interno, Alfano. Quello che ci impegniamo a fare durante il semestre è sicuramente lavorare, come dicevo in apertura, sulla Libia. Sappiamo benissimo, infatti, che la grandissima parte dei flussi Pag. 27attraversa la Libia, e quindi quello è il modo migliore per garantirci una gestione un minimo razionale del processo.
  È in corso un lavoro su Frontex. Ospiteremo a novembre una ministeriale Unione europea-Africa sul tema delle migrazioni, che speriamo di estendere non soltanto all'Africa occidentale, ma in un secondo appuntamento anche all'Africa orientale, che è quella da cui il grosso dei flussi passa.
  Allo stesso modo, lavoreremo sugli accordi Unione europea-Marocco e Unione europea-Tunisia per l'implementazione e per capire a quali e a quanti Paesi possa essere esteso questo tipo di modello. È indubbio che passi da lì la vera e duratura gestione del problema.
  Sono anche molto d'accordo con quanto diceva l'onorevole Chaouki. Il tema del sostegno economico a quei Paesi, come la Tunisia, che hanno avuto transizioni positive, è cruciale per non trovarci a scoprire, tra qualche mese o tra qualche anno, che ci siamo distratti e il processo è andato in una direzione sbagliata.
  Sui nostri due fucilieri di Marina, che non sono ovviamente, come è stato impropriamente detto – ma penso fosse un elemento retorico – in carcere bensì in Ambasciata a Delhi, ma trattenuti da più di due anni senza un capo di accusa, come giustamente il presidente Cicchitto ha ricordato in apertura, uso un eccesso di prudenza nelle comunicazioni, come avrete notato, non soltanto istituzionali, ma soprattutto pubbliche. Una parte delle difficoltà sono storicamente venute da un eccesso di comunicazione.
  Siccome non è questo il momento né per discutere né per ricordare né per analizzare i limiti ma è il momento operativo della ricerca di una soluzione, così come la mia collega Pinotti, stiamo lavorando quotidianamente su questo tema in pieno raccordo tra Ministero degli affari esteri, Ministero della difesa e Presidenza del Consiglio; la maggior parte delle volte è più utile una parola in meno che una parola in più.
  Posso, però, dirvi in modo molto chiaro che, nel momento in cui dovessero esserci passaggi su cui il Parlamento è bene che sia informato, come sempre né io né il Ministro Pinotti mancheremo di chiedervi di essere ascoltate. Non siamo in una fase di riflessione, ovviamente, ma in una fase operativa sulla strada dell'internazionalizzazione indicata dal Parlamento e seguìta dal Governo, tanto operativa che proprio in questi giorni si riunisce la squadra di giuristi internazionali a Roma.
  È una fase che, come sapete, non è né facile né breve, ma il lavoro è costantemente in corso e, come sapete, anche il livello di internazionalizzazione, complicato, è avviato. Ci si sta lavorando sotto il profilo politico e anche con i giuristi. Per quanto ci riguarda, la cosa migliore sarà, appena avremo ulteriori elementi formali da condividere, farlo nella sede parlamentare, come abbiamo sempre voluto fare. Credo, infatti, che sia questa la sede opportuna per condividere le informazioni nel momento in cui ci sono passaggi concreti e non discussioni.
  Si lavora. Quando ci saranno passaggi concreti di cui è bene che il Parlamento sia informato – dal mio punto di vista, è bene rendere noti al Parlamento tutti i passaggi concreti – vi disturberemo chiedendovi un'audizione ad hoc. Vi ringrazio molto.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Mogherini.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.