Sulla pubblicità dei lavori:
Migliore Gennaro , Presidente ... 2
Audizione del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino:
Migliore Gennaro , Presidente ... 2
Chiamparino Sergio , Presidente della Regione Piemonte ... 2
Migliore Gennaro , Presidente ... 4
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI) ... 4
Carnevali Elena (PD) ... 5
Colonnese Vega (M5S) ... 6
Fontana Gregorio (FI-PdL) ... 6
Migliore Gennaro , Presidente ... 7
Beni Paolo (PD) ... 8
Migliore Gennaro , Presidente ... 8
Chiamparino Sergio , Presidente della Regione Piemonte ... 8
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI) ... 8
Chiamparino Sergio , Presidente della Regione Piemonte ... 9
Migliore Gennaro , Presidente ... 11
Comunicazioni del presidente:
Migliore Gennaro , Presidente ... 11
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GENNARO MIGLIORE
La seduta comincia alle 14.15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire anche in seduta segreta.
Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla Web-tv della Camera dei deputati.
(Così rimane stabilito).
Audizione del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino.
Ricordo che l'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha convenuto di procedere a un ciclo di audizioni dei presidenti di Regione in funzione dell'esigenza di acquisire elementi di conoscenza sulle forme di partecipazione che gli enti regionali intendono assumere nella gestione del complesso sistema di accoglienza dei migranti sul territorio nazionale e delle forme di interazione fra gli enti locali infraregionali.
In tale ambito sono già state svolte le audizioni del Presidente Zaia e del Presidente Rollandin. Ringrazio, quindi, il Presidente Chiamparino per la sua disponibilità e per il contributo prezioso che sicuramente potrà fornire al lavoro della Commissione nella sua veste di osservatore privilegiato, che discende, oltre che dalla funzione di presidente della sua Regione, anche da quella di presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Do la parola al Presidente Chiamparino.
SERGIO CHIAMPARINO, Presidente della Regione Piemonte. Grazie, presidente. Io non ho un documento scritto. Conto, perciò, di fare un'introduzione piuttosto breve, in modo da lasciare spazio alle domande dei commissari. Mi sembra il modo migliore per interloquire, anche perché, come ha ricordato Gennaro Migliore, la mia duplice funzione può prestarsi a interloquire un po’ su entrambi i livelli.
Se mi permettete in questa sede tralascerei – le richiamerò solo come titolo, essendo naturalmente disposto a entrare nel dettaglio – tutte le problematiche più generali, legate all'impegno dell'Unione europea, a mio avviso ancora del tutto insoddisfacente, nelle politiche sia di accoglienza, sia di integrazione, sia di distribuzione sul territorio.
Ripeto, cito il tema solo come titolo, perché immagino di non dover – come si dice – insegnare ai gatti ad arrampicarsi. Poi ognuno ha le sue posizioni. Naturalmente, sono ben disposto a interloquire, se ci sono questioni su questo terreno.
Constato, a mio giudizio (è un giudizio che mi permetto di esprimere) che alcuni passi in avanti che sono stati fatti, fra contraddizioni e virate all'indietro, da Pag. 3parte dell'Unione europea e dei Paesi in qualche modo leader della medesima, sono in parte dovuti – dico questo anche rivolgendo un ringraziamento al Governo italiano, per l'impulso impresso, poiché si è mosso prima di altri e ha posto la dimensione europea del fenomeno – anche molto al fatto che gli Stati si muovono quando il problema arriva loro addosso. Questo tradisce, secondo me, una mancanza di lungimiranza politica nel governo di un fenomeno che – è superfluo che io lo ricordi – ha un carattere epocale.
Sulla questione accoglienza del sistema Paese io credo che voi conosciate i dati del Ministero dell'interno di inizio settembre, con cui viene dato conto dei significativi progressi che sono stati fatti dal sistema delle regioni nella distribuzione dell'accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo. Siamo passati da una percentuale di concentrazione del 55 per cento di profughi nella sola Regione Sicilia nel 2013 ad una riduzione assai significativa, fino a poco più del 20 per cento – eravamo attorno al 15-17, i miei dati, presi a febbraio 2015, dicevano questo –, con una distribuzione fra le regioni che avvicina le percentuali che erano state definite nell'intesa Stato-regioni stipulata nell'agosto 2014. Ciò è testimonianza del fatto che nel suo complesso il Piano funziona, al di là delle legittime posizioni politiche che i rappresentanti delle regioni e delle amministrazioni hanno avuto modo e hanno ancora modo di esprimere.
I dati parlano molto chiaro: Piemonte, Lombardia e Veneto sono ancora leggermente al di sotto delle quote che, come sapete, erano state fissate sulla base della proporzione di spesa sociale pro capite nelle singole regioni. Questo vuol dire che, nella sostanza, il Piano sta andando avanti, ovviamente con le integrazioni che dovrebbero arrivare da questioni che precedentemente ho ricordato, ossia l'azione dell'Europa più decisa su questo piano. Io credo che continuare sulla strada della distribuzione sul territorio sia la condizione per rendere anche più diffusa e capillare e, quindi, governabile e gestibile in modo integrato, la politica nelle singole regioni.
Sollevo ora una questione che ho avuto modo di sollevare in tutte le dichiarazioni pubbliche: nelle politiche del Governo c’è un tema che non mi pare ancora risolto in modo adeguato, che è quello dei tempi per l'identificazione delle persone, siano esse aventi diritto alla protezione in quanto profughi, siano esse migranti economici, siano esse persone che a tutti gli effetti non hanno diritto a stare e che, quindi, devono essere in qualche modo rimpatriate.
Il fatto che mediamente nella mia Regione si stia sui 18 mesi e più per procedere a un'identificazione crea un problema, io credo, anche con i nostri partner europei alle frontiere – ciò è di tutta evidenza – e un clima che non aiuta quel processo di distribuzione diffusa sul territorio dei profughi e dei migranti che è l'unica politica che può aiutare l'integrazione.
Da questo punto di vista – qui passo al Piemonte – noi abbiamo, credo, mantenuto gli impegni che ci eravamo assunti ad aumentare i centri di accoglienza, i cosiddetti «hub». Oltre a garantire il pieno funzionamento dell’hub di Settimo Torinese sostenuto dalla Croce Rossa, abbiamo individuato una caserma dell'aeronautica di Castello D'Annone, vicino Asti, che è pronta per essere utilizzata.
Segnalo, per vostra conoscenza, che, a conferma di quello che io avevo avuto modo di dire, la presenza di un colonnello in pensione nelle vicinanze ha fatto perdere più di un mese per riuscire a fare le opere. Lo dico perché spesso i problemi sono quelli. C'era un colonnello in pensione, che probabilmente aveva diritto a stare lì. Non lo so. In ogni caso, adesso non vi voglio tediare, ma lo dico per segnalarvelo.
Abbiamo individuato, inoltre, in un albergo di proprietà della Regione nella Val Pellice, in particolare a Villar Pellice, una struttura, non come hub, ma come struttura per la possibile collocazione di persone in un numero non grande come Pag. 4gli hub, ma neanche piccolo come quello che vorremmo inserire nelle singole comunità. Questo in modo da poter avere anche strutture che vanno dai 250, come sono gli hub di prima accoglienza, che poi devono distribuire ad altre strutture che possano essere anche di passaggio, per consentire poi un ulteriore inserimento nelle piccole comunità.
Al momento attuale nella nostra Regione, al di là di più o meno legittime iniziative politiche, mi sento di poter dire che tutto funziona. Non ci sono reazioni di ribellione di alcun tipo nelle nostre comunità, anzi, vorrei segnalare, senza fare nomi e cognomi, perché non voglio mettere in difficoltà nessuno, che ci sono amministrazioni che hanno sindaci certamente non del mio colore politico, anzi di colore politico totalmente opposto, che hanno fatto delle politiche assai intelligenti – lo devo dire – di utilizzo dei profughi. Essi sono gestiti da cooperative che insistono in quel territorio, per esempio, per accompagnare e aiutare gli anziani al mercato, dotati di pettorine, oppure per fare lavori socialmente utili, quali piccoli lavori di manutenzione. Quando questi esperimenti si fanno, in genere l'integrazione cresce, la diffidenza cala e via discorrendo.
Io mi fermerei qui. Spero di aver fornito questi tre «schizzi». Sono a disposizione dei commissari per le eventuali domande.
PRESIDENTE. Grazie, Presidente Chiamparino. A questo punto, per dare ordine al dibattito, come di consueto, darò prima la parola a un commissario per Gruppo, e successivamente agli altri componenti della Commissione che chiederanno di intervenire, per porre quesiti o formulare osservazioni.
PIA ELDA LOCATELLI. Più che una domanda, vorrei commentare un'affermazione del Presidente Chiamparino che ho difficoltà ad accettare. Mi è capitato anche la settimana scorsa in Commissione affari esteri del Senato.
Noi troppo spesso parliamo male dell'Europa, ma io vorrei mettere i puntini sulle «i». Io sono un'europeista convinta e ho lavorato a lungo su questi temi, anche nel Parlamento europeo. Se voi osservate il comportamento delle Istituzioni europee – che sono tre, ossia il Parlamento, la Commissione e il Consiglio europeo – vedrete che il Parlamento su questi temi si è comportato bene nelle sue dichiarazioni. Non è che possa fare moltissimo, ma ha una posizione che condividiamo. La Commissione europea ha elaborato una proposta su questo tema che ci trova d'accordo, ossia la distribuzione, le quote, la proporzionalità e tutto il resto.
Quello che non funziona è il Consiglio europeo, perché lì agiscono gli Stati. Prima di biasimare l'Europa, occorre riconoscere che il problema sono gli Stati membri e il livello intergovernativo, che è una somma di posizioni degli Stati membri.
Io credo che noi non dobbiamo dare voce e sostenere questo atteggiamento antieuropeo, che per certi altri aspetti può funzionare, ma per questo no, perché i problemi sono gli Stati membri, non le Istituzioni europee. Se gli Stati membri funzionassero su questa questione, noi non avremmo problemi. Perché ? Perché ci uniamo troppo spesso al coro di antieuropeismo e di populismo, ma rischiamo di diffondere una convinzione che, invece, è da attribuire alle responsabilità dei singoli Paesi.
Tengo molto a fare questa precisazione perché, dal momento che conosco il Presidente Chiamparino e so che è tutt'altro che antieuropeista, come tante altre persone, vorrei che stessimo attenti a fare determinate affermazioni.
Una responsabilità che noi abbiamo, invece, come Paese, riguarda i tempi di attesa, ossia i 18 mesi, quando va bene (perché a volte è anche peggio di così). Lei non era qui quando il Presidente Migliore in Ufficio di Presidenza ha parlato di questo incontro tra il sottosegretario Manzione e il nostro ministro della giustizia. Il tentativo è proprio quello di prevedere un iter burocratico più rapido. Questo è il vero dramma che noi abbiamo ed è quello che mette in difficoltà il nostro Paese nei confronti degli altri Paesi membri della Pag. 5UE. Pertanto, non c’è fiducia, mentre noi ci siamo fatti carico, essendo la frontiera esterna più proiettata dentro il Mediterraneo, della questione.
Io sono assolutamente d'accordo con il Presidente Chiamparino quando dice che i problemi si sollevano e si cercano le soluzioni quando ci vengono addosso. È stato emblematico l'atteggiamento dei francesi e degli inglesi, che ci hanno biasimato per i nostri comportamenti e, quando ci sono state le prime tensioni a Calais, sono usciti con delle posizioni per le quali quasi quasi noi eravamo deboli rispetto alle loro affermazioni. Questo è il tema.
Grazie.
ELENA CARNEVALI. Ringrazio molto il Presidente Chiamparino per la sua disponibilità ad essere qui oggi. Lo ringrazio anche per le parole di schiettezza e soprattutto per aver narrato il fatto che si possono fare politiche di accoglienza, non senza fatica, ma anche con una possibilità di gestione. Questo è un punto su cui vorrei ritornare.
Io credo lei sappia che l'obiettivo di questa Commissione è quello di formulare relazioni e proposte da presentare al Governo, rispetto ad un orientamento che si vuole raggiungere a livello del nostro Paese. I rapporti istituzionali che noi continuiamo a pensare debbano essere di collaborazione istituzionale devono essere assolutamente il più efficace possibile, ancor prima che efficienti, ossia devono riuscire ad avere un buon esito.
Perché faccio questa premessa ? Perché lei, giustamente, poc'anzi ha ricordato come si è realizzato – è un atto compiuto – quell'accordo sottoscritto nel 2014, con questa distribuzione delle quote, attraverso alcuni indicatori che hanno fatto in modo di tener presenti alcune criticità. Siamo anche riusciti a far sì che la distribuzione non gravasse solo sulle regioni del Sud.
Adesso c’è di fatto la necessità di un aggiornamento. Io sono lombarda. Noi non abbiamo ancora raggiunto, ma poco ci manca, la quota del 14 per cento – penso che il risultato non sia distante né a Torino, né in Veneto – ma c’è – e questa è una sottolineatura che è emersa anche nelle audizioni precedenti – la volontà anche da parte del Prefetto Morcone (così ci diceva) di tener presenti nel prossimo accordo le quote che eventualmente non sono state raggiunte nelle percentuali che si erano stabilite.
La cosa importante – lo dico anche perché ho avuto occasione, non in questa ma in un'altra sede, di vedere la gestione di un'altra Regione, in quel caso una Regione autonoma, il Friuli – è capire che il ruolo del presidente di Regione è importante anche nell'organizzazione delle politiche territoriali: fatta la ridistribuzione, molto dipende poi da come si governa.
Come il Governo del Piemonte, il Governo della Regione Friuli – almeno per quello che ho potuto vedere in quel caso – sono esempi di buon Governo. In quel caso, ovviamente, si tratta di una Regione a Statuto speciale, dove vengono anche sostenute economicamente le realtà territoriali che si fanno carico dell'accoglienza, cercando soprattutto – e questo è un aspetto molto positivo – di anticipare quel processo di strutturalità che noi non abbiamo.
Se è vero che ci stiamo facendo carico dei problemi da quando ci hanno investito, il punto è: che modello abbiamo in mente ? Questo fenomeno non si arresterà nel 2015. Pertanto, la gestione degli hub può andar bene, come la gestione della distribuzione territoriale, ma il punto vero è come vogliamo che questa diventi una politica strutturale e funzionale. Ci sono alcuni modelli, come quelli tedeschi, che abbiamo visto, in cui, tanto per essere esplicita, nelle piccole realtà e nelle piccole comunità si contribuisce anche al pagamento del vuoto per pieno. Continuano cioè a rimanere vive le strutture anche di piccole comunità, in modo che noi ogni volta non ci troviamo ad attrezzarle in condizioni di urgenza.
La domanda che volevo farle è duplice. Da un lato, le chiedo se all'interno della Conferenza delle regioni si sta ragionando, Pag. 6con il contributo delle regioni, su quale modello si pensa di dover mettere in atto anche per quel rapporto di sussidiaria e reciproca solidarietà tra le regioni e lo Stato e se pensa che questo sia un dibattito da aprire.
Tenga presente che io so benissimo, venendo da quella terra, che, quando il Governo del territorio non c’è, perché il Presidente Maroni decide che questo mestiere non lo vuol fare, i problemi vengono lasciati in carico ai prefetti. In quel caso siamo di fronte a politiche più di sicurezza che di accoglienza. Io continuo a pensare che questo sia un errore, perché alla fine tutto di fatto viene lasciato alla responsabilità degli enti locali.
La seconda domanda è relativa, invece, a come procedere sulla base del nuovo riparto – noi abbiamo già sentito il dottor Morcone, il quale diceva di mettere in campo l'accoglienza di 20.000 persone aggiuntive rispetto al riparto che abbiamo –, con quali tempistiche. Non le chiedo di pronunciarsi sulla disponibilità, perché quello lo potrebbe dire solo all'interno della Conferenza, ma comunque anche da questo punto di vista.
Grazie.
VEGA COLONNESE. Salve. Io, invece, penso che, quando si parla di Europa, sia necessario avere anche un profilo critico, soprattutto se ci si trova ad amministrare una Regione e a trovare dei problemi oggettivi e strutturali come quelli che si stanno avendo adesso. La critica non è sempre sintomo di antieuropeismo, ma consiste anche nell'analizzare una questione e cercare di trovare una soluzione. Ho apprezzato questa parte del discorso perché dal mio punto di vista è stata costruttiva e non distruttiva.
Le vorrei porre una domanda partendo da un caso specifico, per poi avere in realtà una risposta su un piano generale. Parto sempre da un fatto di cronaca. A Borgo San Martino c’è stato un caso di accoglienza da parte di una persona nei confronti di due immigrati. Si stava usando questo sistema di accoglienza presso le abitazioni e c'era un sistema che prevedeva un rimborso di gestione, ossia delle spese relative – giustamente – agli aspetti legati alla vita delle persone ospitate.
C’è stato un caso relativo – non entro nel merito delle cifre, perché in realtà la mia domanda vuole arrivare all'ambito più generale – a quanto veniva corrisposto e a quanto effettivamente doveva essere utilizzato. In base all'esperienza e al fatto che l'approccio accogliente da parte della Regione Piemonte rispetto alla questione dei migranti è stato un aspetto positivo, vorrei sapere se nell'esperienza questo è un modello che può essere efficace nell'ambito dell'integrazione della gestione e anche dei fondi nel cercare di frenare l'abuso da parte delle cooperative. Era coinvolta, in questo caso, anche una cooperativa, la cooperativa Senape.
Vorrei cercare di capire se questo è un modello efficace – anche se c’è stata quest'anomalia tra il corrisposto e ciò che serviva – o qual è il sistema che, in base alla sua esperienza, è migliore e produttivo per il sistema sia, principalmente, di integrazione delle persone, sia di gestione, per riuscire a limitare le ruberie varie che si sono viste in questi mesi.
GREGORIO FONTANA. Presidente, grazie. Lei ci ha fatto un quadro, tutto sommato, abbastanza positivo della situazione della sua Regione, anche se con tutte le preoccupazioni che lei ha comunque espresso. È importante avere degli elementi sulla situazione del Piemonte, anche perché i presidenti che l'hanno preceduta nelle audizioni – ma anche, in generale, la situazione che emerge dal dibattito riguardo a questi problemi – parlano dell'esigenza di creare una disponibilità da parte degli enti locali a sostenere i progetti e la gestione dell'emergenza nell'accoglienza.
In questo caso, io vorrei che lei approfondisse la questione del rapporto con i comuni, fornendoci anche magari, se possibile, un quadro della percentuale di disponibilità che c’è stata rispetto all'accoglienza e alla partecipazione a questi programmi da parte dei sindaci della sua Pag. 7Regione. Si tratta di sindaci che, come lei sa ben sa – perché lo è stato per tanti anni – sono in prima linea e hanno anche i problemi che derivano dalla necessità di dare la residenza alle persone che fanno parte di questi progetti. Vorrei, quindi, se possibile, avere un quadro rispetto al rapporto coi comuni e anche al tipo di disponibilità che hanno dato.
PRESIDENTE. Grazie. Completato il giro dei Gruppi, prima di chiedere ad altri commissari di intervenire, vorrei aggiungere io una domanda e una considerazione in relazione ad alcuni casi specifici che sono esempi di buone pratiche d'integrazione, soprattutto nella sua Regione.
Per esempio, mi risulta – ma posso sbagliare il paese – che ad Asti, o in provincia di Asti, ci sia un'iniziativa che prevede la possibilità di sostenere direttamente le famiglie che ospitano persone migranti, seguendo dei protocolli piuttosto rigidi dal punto di vista, ovviamente, delle condizioni da garantire a queste persone, in modo che abbiano un'autonomia dal punto di vista igienico-sanitario e dell'alloggio. Mi risulta che questo aspetto sia gestito in cooperazione con alcune associazioni che svolgono questo lavoro, concentrandosi soprattutto sui servizi.
Quello che abbiamo verificato – e su cui vorrei conoscere la sua opinione – è che la modalità di erogazione del finanziamento, il cosiddetto pro capite/pro die – che è un «tutto incluso», per cui con quei soldi si devono pagare l'eventuale affitto, i servizi di assistenza, il vitto, l'alloggio e il vestiario – potrebbe non aiutare a far funzionare meglio la macchina amministrativa – la quale, come sappiamo, è già in difficoltà – perché produce sì delle semplificazioni, ma consente anche malversazioni, come abbiamo potuto – ahimè – vedere in molte occasioni. Io mi chiedo se, invece, un modello più articolato e mirato – che magari distingua chi eroga i servizi da chi fornisce, per esempio, l'alloggio o il vitto – non possa essere, soprattutto sui numeri più contenuti, un buon esempio.
L'altra domanda che intendevo rivolgerle è se c’è un Piano di collaborazione esplicita con l'ANCI sull'implementazione del modello SPRAR. Evidentemente i dati che noi abbiamo riguardano la distribuzione regionale. Confermo, ovviamente, le sue parole: non c’è bisogno di dire che, per quanto riguarda la distribuzione, si sta andando verso l'allineamento. Dal 14 per cento della Sicilia fino all'1 per cento della Basilicata più o meno tutti si stanno facendo carico del problema, ma con una diversa modalità di accoglienza.
In alcune regioni di fatto si tratta solo di strutture temporanee, a parte i CARA, che sono i centri governativi. Il rapporto tra SPRAR e strutture temporanee, i cosiddetti CAS, è effettivamente molto sperequato. Vorrei sapere se esiste, a suo giudizio, una possibilità e se sono in corso una discussione e anche un lavoro per modificare il criterio dello SPRAR, che oggi è puramente volontario e che potrebbe essere accompagnato con una maggiore forza.
Peraltro, la sua è una testimonianza importante dal mio punto di vista, perché la Regione Piemonte, come lei ha detto, non ha problemi di conflittualità sul territorio. Avendo gli stessi numeri del Veneto – io qui leggo gli ultimi dati, che sono di 6.888 immigrati presenti sul territorio regionale, mentre nel Veneto sono 6.477; cito solo il Veneto perché abbiamo già sentito il Presidente Zaia – con una percentuale piuttosto simile anche per SPRAR e centri di accoglienza temporanei, mi sembra di poter dire che l'effetto della collaborazione istituzionale è un effetto virtuoso.
In merito, non le voglio far commentare le parole del Presidente Zaia, ma ricordo a me stesso e ai colleghi della Commissione che c'era stata da parte sua una volontà di dire che questa è una questione di cui si deve occupare il Governo nazionale. Io penso, invece, che questa testimonianza sia molto utile per definire anche qual è la strada per attutire questi problemi, per risolverli, per mettere in condizione le nostre comunità di lavorare al meglio.
Prego, onorevole Beni.
PAOLO BENI. Avevo chiesto la parola, ma francamente me la cavo proprio in tre parole, perché il tema che volevo porre è esattamente quello che ha posto il presidente in quest'ultimo intervento. Lo ribadisco, è importante sentire, presidente, la sua opinione come Governatore della Regione Piemonte, ma anche per la sua responsabilità nella Conferenza delle regioni.
È evidente che le regioni hanno un ruolo determinante in questa situazione. Se noi condividiamo – e credo che questa sia un'opinione abbastanza diffusa nella Commissione – la valutazione positiva rispetto alla scelta fatta nel 2014 di adottare un modello che ha dato vita poi a quel Piano di ripartizione del territorio, che prevede non più la concentrazione nei megacentri, ma la diffusione sul territorio, l'accoglienza diffusa, è chiaro come sia determinante che tutti i soggetti istituzionali facciano la propria parte.
Lei sa bene, meglio di noi probabilmente – noi l'abbiamo sentito anche in audizione qui – che alcune regioni in sostanza hanno contestato il principio. Ci stiamo avvicinando agli obiettivi tracciati nel 2014, ma di fatto ci sono posizioni politiche, ovviamente legittime, diverse. Quando si dice che questa non può essere responsabilità nostra, perché è dello Stato nazionale, si mette in discussione e si incrina quel principio.
L'altra questione è che io credo sia facilmente comprensibile che le esperienze migliori sono quelle che possono contare su un tessuto di relazioni e di progettualità già esistente nel territorio, in cui i prefetti non sono costretti a improvvisare delle soluzioni perché nottetempo ricevono dal ministero la notizia dell'arrivo di 100 persone, ma possono contare su una rete di relazioni e di progetti che coinvolgono i comuni, il terzo settore, le associazioni e strutture già predisposte. Questa, in sostanza, è la filosofia, l'approccio del modello SPRAR, contrapposto ai centri temporanei.
Pur sapendo che la riconversione dall'uno all'altro, cioè dalla prevalenza dei centri temporanei all'adozione del modello SPRAR come modello ordinario dell'accoglienza nel nostro Paese, è – lo dice anche il Ministro Alfano – la scelta del Governo, per andare gradualmente a questo serve del tempo, anche perché gli arrivi continui non rendono facile questa riconversione.
Tuttavia, è fondamentale l'iniziativa volontaria dei comuni. Per questo motivo le chiedo qual è il ruolo che possono giocare le regioni in relazione ai comuni, all'interno della singola Regione, di promozione e di stimolo di un'azione che può rappresentare veramente la svolta per dare maggiore qualità al nostro sistema d'accoglienza.
Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Chiamparino per la replica.
SERGIO CHIAMPARINO, Presidente della Regione Piemonte. Vi ringrazio, non vi porterò via molto tempo.
Comincio dalle questioni poste dall'onorevole Locatelli e, naturalmente, per riflesso, anche dall'onorevole Colonnese. Qui il dibattito si amplierebbe molto. La mia opinione è questa: io non metto in discussione che le Istituzioni europee abbiano fatto la loro parte, ma devo amaramente constatare che il peso delle Istituzioni europee sulle opinioni pubbliche e sui singoli Stati è insufficiente rispetto al bisogno. Lo è, ahimè – ma questa è una mia opinione –, non solo in questa materia.
Io non metto in discussione che il Parlamento abbia assunto posizioni lungimiranti, e nemmeno la Commissione, anche se a volte i tempi delle decisioni della Commissione non sono esattamente quelli di un organo di governo. Tuttavia, quello che mi permetto di dire è che evidentemente il peso che queste Istituzioni hanno, ripeto, sulle opinioni pubbliche e sui comportamenti concreti dei singoli Stati non è così cogente come noi vorremmo.
PIA ELDA LOCATELLI. (fuori microfono) Non abbiamo dato loro gli strumenti.
Pag. 9 SERGIO CHIAMPARINO, Presidente della Regione Piemonte. Sì, ho capito, ma questo ci interroga. A me non pare di aver depositato una testimonianza populistica, francamente. Da questo io non ricavo una critica all'Unione europea, o meglio ne ricavo una critica che considero positiva. Io penso – l'ho detto pubblicamente in altre circostanze – che non si possa non capire che proprio quell'Europa che oggi non c’è, che non è solo l'Europa delle Istituzioni, ma è anche l'Europa dei popoli, ha come suo pilastro (non il solo, ma uno dei pilastri fondamentali) proprio il fatto che questo fenomeno epocale delle migrazioni sia governato nel senso dell'accoglienza e dell'integrazione.
Se mi è permesso – lo dico con una battuta – io ho un cugino che abita a Portacomaro d'Asti che, il giorno in cui si voterà per il Presidente degli Stati Uniti d'Europa, vorrà capire cosa dice quello lì. E dato che lui parla il piemontese e poco l'italiano – perché è della mia età e, quindi, è di un'altra generazione – voi capite che questo è un problema.
Il melting pot sociale e culturale è una, ma non la sola, condizione per avvicinare mio cugino di Portacomaro d'Asti a una media di cugini europei. Questo è un dibattito che può continuare finché si vuole, ma, secondo me, è una questione centrale. Spero di aver chiarito che il mio non è un accodarsi alla vogue populistica antieuropea. Anche l'essere troppo acritici nei confronti dell'Europa non aiuta.
La seconda considerazione si rifà alle questioni poste dall'onorevole Carnevali e dall'onorevole Colonnese. Quanto al modello, quello che cerco di dire è quello che noi abbiamo fatto. Noi abbiamo fatto in questo modo. Intanto abbiamo dato la nostra disponibilità ad accompagnare il Piano nazionale, ripeto, sollecitando il tema che voi avete già ripreso, ossia i tempi dell'identificazione. Quella è una condizione essenziale. Condivido – non so più chi l'ha detto – che i 18 mesi spesso sono quasi un tempo minimo, non un tempo medio. A mio avviso, si deve assolutamente recuperare.
Peraltro, pongo qui la questione. Se il problema è il personale – non so se il problema sia quello –, se ci fosse un problema amministrativo di personale, c’è il personale delle province, che in questo momento è una delle questioni che sono sul tappeto. Perché non si può, anche solo temporaneamente, utilizzarlo a tal fine ? Chiudo la parentesi.
Abbiamo fatto i tavoli regionali, con la prefettura di Torino, che era capofila delle prefetture nazionali, in cui noi cercavamo di svolgere, sulla base di un protocollo d'intesa con ANCI, il ruolo di capofila della parte istituzionale. È evidente – non so più chi l'ha detto, forse l'onorevole Beni e prima l'onorevole Carnevali – che il ruolo della Regione (non voglio nascondermi dietro ad un dito e non voglio mettere in discussione posizioni del tutto legittime di altri presidenti) è un ruolo che può essere autorevole e può giocare in un senso piuttosto che nell'altro. Questo mi sembra del tutto evidente. Non è un ruolo asettico e tecnico, quello della Regione.
Quindi, noi abbiamo intanto attuato questo meccanismo e su questa base abbiamo poi cercato – e qui rispondo o interloquisco con l'onorevole Colonnese – di introdurre degli elementi che non lasciassero solo il sistema della cooperazione come sistema di gestione. I comuni si sono fatti carico di fare riferimento direttamente alle famiglie.
In proposito, devo dire – ma è un problema che vi consegno – che c’è stata una risposta, che per me è abbastanza inaspettata, soprattutto sul piano della messa a disposizione di immobili. Ci sono molte famiglie che hanno immobili sfitti che sono disponibili e si rivolgono a chi conoscono. Qualcuno telefona a me, qualcuno al prefetto e via elencando. Il problema è di mettere in fila, secondo me, trovando una normativa che non spiazzi, il proprietario dell'immobile rispetto a chi gestisce la persona, la famiglia, il gruppo che potrà stare in quell'immobile, ivi compresa la gestione del fondo – come l'ha chiamato, presidente ? – pro capite/pro die.
Questo è un problema, cioè quello di riuscire a fare ciò. Io devo dire che, forse Pag. 10fortunatamente, non lo so, il merito non è certamente mio, in Piemonte – io qui parlo, onorevole Colonnese, anche dei dieci anni che ho fatto il sindaco a Torino, quando queste cose avevamo cominciato ad affrontarle – non ho mai trovato una realtà cooperativa e/o associativa che fosse fonte o vettore di malversazione.
Non so che cosa dire. Non posso escludere per principio che questo non avverrà mai, ma per ora, e le porto un'esperienza di almeno quindici anni, fortunatamente non si è verificato. Se valuto sulla base della mia Regione, non posso dire, quindi, che il sistema cooperativo sia un sistema che non ha funzionato. È un misto di cooperative laiche e cattoliche.
Naturalmente, io penso che, quanto più l'esperienza di Pino d'Asti, a cui lei faceva riferimento, si diffonde, meglio è. Alcune esperienze torinesi mi dicono che, se si affianca al sistema delle cooperative o delle associazioni un sistema che cerchi di interloquire direttamente con gruppi di famiglie, questo può essere quanto meno un utile complemento del modello che punta alla diffusione.
D'altra parte, ieri o l'altro ieri su La Stampa vi era, nelle pagine nazionali, il racconto di una famiglia di Torino che aveva preso in carico un profugo proveniente dalla Guinea. Questa è una testimonianza piccolissima, ma concreta, che questo è un meccanismo che può funzionare.
Aggiungo ancora due cose sullo SPRAR e poi sul rapporto coi comuni.
Sul tavolo dei comuni ripeto quello che ho detto prima. Non lo dico per darmene vanto – qui non ci si deve menare vanto di alcunché, si tratta solo di fare il proprio dovere –, ma noi, comuni che si siano ribellati, ripeto legittimamente, non ne abbiamo trovati, neanche comuni che hanno amministrazioni dichiaratamente della Lega, tanto per chiamare le cose con il loro nome, o comunque di partiti politici avversi. Abbiamo avuto problemi anche con sindaci del Centrosinistra.
Faccio un esempio. A Ormea, comune dell'Alta Val Tanaro, a fronte del fatto che un albergo si era iscritto al bando e al call della prefettura per partecipare, i commercianti si sono riuniti e hanno avviato una colletta per dare all'albergatore gli stessi soldi che ne avrebbe ricavato. Il nostro assessore è andato sul luogo, ha incontrato l'amministrazione e insieme hanno trovato una soluzione, forse più ragionevole, ossia una struttura analoga all'albergo, che non sta proprio nella piazza centrale.
Non voglio farvi perdere tempo, ma stiamo parlando di un modello che, oltre al tavolo regionale, naturalmente implica un lavoro sul territorio, in cui la Regione non solo non è assente, ma vuole esserci.
Ho parlato prima di Villar Pellice. Lì abbiamo una struttura alberghiera della Regione, che un tempo aveva una funzione legata alla diaconia valdese. Anche in quelle valli – stiamo parlando della presenza nelle valli valdesi; come sapete, il sinodo valdese si è concluso con un appello all'integrazione – naturalmente, ci sono state raccolte di firme, tutte nella massima civiltà. Siamo andati sul territorio, l'assessore è andato, e devo dire che si stanno riconducendo alla normalità queste situazioni.
Non è che manchino situazioni di tensione o di criticità, ma sono tutt'altre cose da quelle che ho avuto modo di vedere in televisione. Ripeto, per converso, ci sono molti esempi.
In merito vi pongo un altro problema, perché anche qui c’è una difformità che, secondo me, andrebbe affrontata: si tratta della possibilità di far lavorare queste persone. I sindaci che lo fanno, lo fanno in qualche modo rischiando di proprio. Poi non succede niente, ma mettiamo che succeda che uno, mentre aggiusta qualcosa... Io non so fornirvi una risposta, ma visto che questa è la Commissione competente, vi dico che a mio avviso questo è un tema da approfondire.
Se fosse possibile, senza ulteriori oneri per lo Stato, ovviamente, abbinare l'inserimento in comunità piccole, il più piccole possibile, con la disponibilità a prestare attività lavorativa, con tutte le garanzie legate al caso, io credo che questa sarebbe una cosa utile. Credo che in alcuni casi Pag. 11questo si possa fare se i soggetti gestori, cioè le cooperative, hanno stabilito dei rapporti con queste persone, che quindi, in realtà, lavorano per il comune, ma hanno un rapporto con le cooperative. Ripeto, io vi pongo un problema, perché questa è una questione importante.
Quanto alla questione che è stata posta del rapporto fra i titolari della quota quotidiana e chi gestisce e mette a disposizione l'alloggio e la possibilità di trovare lavoro, con tutta la flessibilità necessaria, per queste persone, a me queste sembrano due questioni essenziali.
Sullo SPRAR, non so rispondere se siano in corso lavori per modificare il modello. Quello che so è che, anche su sollecitazione dell'ANCI e del prefetto Morcone, vincendo qualche resistenza, noi abbiamo dato il via libera al nuovo bando, che abbiamo elaborato nell'ultima Conferenza unificata all'inizio di agosto. Pertanto, l'accelerazione che avevamo chiesto di imprimere c’è stata.
Spero di aver sostanzialmente risposto o comunque di aver interloquito con tutte le questioni che mi avete posto e vi ringrazio.
PRESIDENTE. Davvero grazie, presidente. È stata un'utilissima audizione. Se la Commissione si recherà in Piemonte, la verremo a trovare. Grazie anche per il lavoro precedente.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Comunicazioni del presidente.
PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza ha ravvisato l'esigenza, in riferimento all'istruttoria sul CARA di Mineo, di acquisire agli atti – rivolgendo la relativa richiesta all'autorità giudiziaria – il testo dell'interrogatorio di Luca Odevaine sugli appalti relativi a quella struttura che, secondo quanto riportato dagli organi di informazione, sarebbe avvenuto lo scorso 11 luglio a cura della Procura di Roma.
Comunica inoltre che, con riguardo al medesimo argomento, l'Ufficio di presidenza ha deliberato di procedere, una volta acquisiti gli atti giudiziari, ad una nuova audizione del sottosegretario Castiglione, nonché del Presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, la cui audizione avrà quindi ad oggetto anche il ruolo da lui svolto in qualità di ministro dell'interno pro tempore in ordine alla realizzazione del CARA di Mineo.
Informo altresì che, come convenuto in Ufficio di presidenza anche nei precedenti analoghi, il resoconto delle audizioni, per le parti non secretate, svolte nel corso della missione di Crotone è declassificato e dunque pubblicato nella sezione del sito internet Camera.it dedicato ai lavori di quest'organo.
Comunico quindi che, in analogia alla prassi di altre Commissioni di inchiesta, la Segreteria della Commissione e il personale della Guardia di finanza addetto all'archivio hanno messo a punto una procedura informatica di sicurezza per l'estrazione di copia dei documenti riservati. Gli atti richiesti saranno consegnati esclusivamente in formato digitale e saranno numerati, cifrati e protetti da un certificato informatico, in modo da consentire l'identificazione del soggetto al quale essi sono destinati. L'installazione del certificato può avvenire mediante una procedura guidata di semplice esecuzione e richiede una password che sarà fornita separatamente ai componenti della Commissione e ai collaboratori che richiedano copia di atti riservati. Ai sensi della delibera sul regime di divulgazione degli atti, resta in ogni caso fermo che l'estrazione di copia dei documenti riservati deve essere preventivamente autorizzata dalla Presidenza e che non è consentita la copia di documenti segreti.
La seduta termina alle 15.05.