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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 44 di Mercoledì 4 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Patriarca Edoardo , Presidente ... 3 

Audizione del Vice ministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando:
Patriarca Edoardo , Presidente ... 3 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 3 ,
Patriarca Edoardo , Presidente ... 9 ,
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 9 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 10 ,
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 10 ,
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 10 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 10 ,
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 10 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 10 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 10 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 10 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 10 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 11 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 11 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 11 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 11 ,
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 12 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 12 ,
Beni Paolo (PD)  ... 12 ,
Morando Enrico , Vice ministro dell'economia e delle finanze ... 12 ,
Beni Paolo (PD)  ... 12 ,
Patriarca Edoardo , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
EDOARDO PATRIARCA

  La seduta comincia alle 14.20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che ove necessario, anche su richiesta di un commissario ovvero dell'audito, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Al riguardo, per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico, prego i colleghi di riservare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta.
  Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  Non essendovi obiezioni così rimane stabilito.
  Dispongo, pertanto, l'attivazione dell'impianto.

Audizione del Vice ministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Vice ministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, che ringrazio della presenza.
  Ricordo che la delibera istitutiva della Commissione, adottata dalla Camera dei deputati il 17 novembre 2014 e modificata dalla deliberazione del 23 marzo 2016, conferisce espressamente alla Commissione i compiti di indagine sulla gestione e la verifica dell'entità delle risorse pubbliche e dei fondi dell'Unione europea destinati e stanziati in maniera distinta per il sistema di accoglienza, di trattenimento e di rimpatrio dei migranti.
  L'audizione odierna rappresenta quindi l'occasione per acquisire fondamentali elementi di conoscenza su questo specifico segmento dell'attività di inchiesta, che, come è noto, è anche oggetto di un serrato confronto dialettico con le istituzioni dell'Unione europea.
  Da ultimo, secondo quanto riportato dagli organi di informazione, sarebbe stata anche avanzata dal Governo italiano la proposta di istituire titoli di credito europeo, Migration Bond, destinati a finanziare la gestione dei flussi migratori, nell'ambito di un accordo europeo – il Migration Compact – che favorisca l'alimentazione di un fondo europeo finalizzato all'accoglienza dei migranti e ai rimpatri di chi non ottiene lo status di rifugiato.
  Nel ringraziare il Vice ministro Morando per la sua disponibilità a contribuire ai lavori di quest'organo, gli cedo la parola per svolgere la sua relazione introduttiva.

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, signor presidente. Ho accolto con piacere il vostro invito.
  Comincerò dai dati che descrivono il fenomeno di cui ci dobbiamo occupare per larga parte. A partire dal 2014, il numero di sbarchi sulle coste italiane ha superato le 150.000 persone l'anno, più del triplo rispetto al 2013.
  I dati disponibili per il 2016, cioè quelli riferiti al primo trimestre di quest'anno, confermano la tendenza all'aumento: 15.000 approdati contro i 10.000 del 2015 e sostanzialmente del 2014. Pag. 4
  A risultati analoghi si arriva guardando alle presenze nelle strutture di accoglienza. Al 31 marzo 2016 – quindi, è un dato abbastanza aggiornato – sono 107.000 i migranti presenti nelle 1.800 strutture adibite, il doppio delle presenze registrate a fine 2014 e dieci volte la media del periodo 2011-2013, al netto della componente di questo fenomeno determinata, in quegli anni (fine 2011), dall'emergenza della cosiddetta «primavera araba».
  I minori non accompagnati hanno superato le 10.000 unità. I richiedenti asilo sono più che triplicati, passando dalle 26.000 domande del 2013 alle 83.000 domande del 2015.
  È importante far rilevare che l'aumento dei migranti fatto registrare nel 2015 e nel 2016 per l'Italia – vedremo dopo che questo è un particolare piuttosto rilevante nel confronto in atto con l'Unione europea – è solo un ulteriore sviluppo di un fenomeno che si è pienamente manifestato già nel 2014, un anno nel quale l'Italia ha speso per la gestione dell'immigrazione da due a due volte e mezzo quello che aveva speso nella media del triennio 2011-2013, sempre al netto, per quel triennio, della gestione del fenomeno di immigrazione straordinaria derivante da ciò che è accaduto nel corso della cosiddetta «primavera araba».
  In secondo luogo, va fatto rilevare che i dati circa il tasso di permanenza dei rifugiati nel nostro Paese – anche questo è un elemento molto rilevante per il confronto con le istituzioni comunitarie – rilevati a un anno di distanza dal momento dell'approdo, sembrano testimoniare che i rifugiati considerano l'Italia prevalentemente una base per l'ingresso nell'Unione europea e per il transito verso altri Paesi dell'Unione. Ciò determina, sul piano delle conseguenze economiche e finanziarie del fenomeno, un rilevante costo di gestione nel breve periodo a carico dell'Italia, che non trova compensazione nel beneficio economico derivante, nel medio termine, dall'integrazione dei migranti e dei rifugiati nel tessuto produttivo del Paese in cui poi si stabiliscono. Un tipico caso di «mancata condivisione del rischio» – si potrebbe dire parafrasando la polemica tra Weidmann, il governatore della Banca centrale tedesca, e il ministro dell'economia italiano – a livello dell'Unione europea.
  Tale mancata condivisione del rischio finisce con l'accentuare sia gli squilibri macroeconomici – come sappiamo, l'andamento demografico è una componente fondamentale nella definizione degli andamenti macroeconomici – sia i problemi di equa distribuzione degli oneri e dei vantaggi derivanti dal processo di integrazione.
  Per renderci conto dell'importanza di questo dato, basterà richiamare – a titolo esemplificativo ovviamente – i risultati dell'analisi di sensitività della dinamica del debito pubblico contenuta nella sezione 1, capitolo IV, paragrafo 2 (mi scuso, ma così almeno do l'indicazione per trovarlo facilmente nel Documento di economia e finanza, che è un «malloppo» piuttosto consistente) del Documento di economia e finanza, riferita alla variabile demografica.
  L'esercizio, che lì troverete, ipotizza due scenari alternativi. Il primo scenario è costituito da una diminuzione del 20 per cento del flusso medio annuo di immigrati rispetto allo scenario base a partire dal 2021. Il secondo scenario è opposto, cioè ipotizza un aumento del 20 per cento dello stesso flusso, sempre a partire dal 2021.
  A parità di saldo primario strutturale e dato il livello di debito ipotizzato dal Documento di economia e finanza al 2019, l'aumento del flusso migratorio – abbiamo detto nell'esercizio del 20 per cento – permetterebbe di ridurre il debito al 60 per cento del prodotto ben prima del 2050, mentre la corrispondente diminuzione del 20 per cento del flusso migratorio al 2060 lascerebbe il debito appena sotto l'80 per cento del prodotto. Questo dà l'idea di quanto i dati macroeconomici, in questo caso la dimensione del volume globale del debito, siano direttamente influenzati dal fenomeno demografico, in questo caso dal fenomeno demografico costituito dal flusso migratorio, in aumento o in diminuzione rispetto ai dati della realtà in questo momento.
  Venendo ora alla quantificazione delle spese per la gestione e il governo del flusso migratorio, e in particolare del flusso dei Pag. 5richiedenti asilo, debbo preliminarmente precisare che non è tecnicamente definita, a tutt'oggi, a livello dell'Unione europea, la nozione – sul piano tecnico, naturalmente – di «spesa per i rifugiati». Questo malgrado la Commissione europea abbia già annunciato ufficialmente di voler comprendere nelle sue attività di previsione economica e di vigilanza un attento monitoraggio della spesa per i rifugiati.
  Se si vuole monitorare la spesa per i rifugiati, bisognerà che ci sia presto una definizione tecnica di ciò che costituisce «spesa per i rifugiati». Ciò anche ai fini dell'eventuale inserimento di queste spese, in tutto o in parte, tra quelle che possono determinare una deviazione temporanea dall'obiettivo del raggiungimento dell'obiettivo di medio termine o del previsto ritmo di avvicinamento a questo obiettivo. Si tratta, cioè, dell'applicazione delle cosiddette «regole di flessibilità».
  Si tratta, in sostanza, della possibilità che queste spese possano essere considerate conseguenti a eventi eccezionali, ai sensi dell'articolo 5, punto 1, e dell'articolo 6, punto 3, del Regolamento della Comunità europea n. 1466 del 1997 e dell'articolo 3 del cosiddetto «Fiscal Compact», laddove si considera che concorrano eventi inconsueti, non soggetti al controllo della parte contraente interessata, che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione.
  Il Governo italiano, quindi, in assenza di una nozione tecnicamente definita di spesa per i rifugiati, ha proceduto ad una stima autonoma della spesa relativa, tenendo conto: primo, della spesa per l'accoglienza; secondo, della spesa per il soccorso in mare; terzo, della spesa per i riflessi immediati nel settore della sanità e dell'istruzione.
  Rispetto a precedenti elaborazioni, sempre su questo tema, si è proceduto ad una revisione dell'intera serie storica (ne troverete testimonianza nelle due tabelle che ho portato in Commissione e che ho fatto distribuire).
  In primo luogo per calcolare gli effetti sull'indebitamento, al netto degli oneri riflessi fiscali e contributivi. In precedenza – penso che la nozione sia chiara, comunque serve per precisare – non si calcolavano gli effetti fiscali e contributivi determinati da questa spesa. È evidente che, se si vuole correttamente identificare la spesa pubblica italiana per questo tipo di intervento, bisogna «nettizzare» ciò che ritorna allo Stato, come conseguenza di quella spesa, in termini di contributi e di tributi. Abbiamo fatto questa operazione, dunque quando vedete le cifre dovete considerarle al netto di questo elemento.
  In secondo luogo, per delimitare meglio le spese strettamente connesse all'accoglienza, perché in passato si tendeva a non includere, in maniera strettamente ben definita, spese che erano connesse all'accoglienza, ma non erano direttamente collegate ad essa.
  In terzo luogo, per rivedere la spesa sanitaria per tenere conto del numero effettivo dei richiedenti asilo, non di proiezioni, sulla base dei dati di preconsuntivo 2015 e dei dati previsionali aggiornati per il 2016, in base alle presenze di fine anno nei centri di accoglienza.
  Quanto alle spese per l'accoglienza – che, come sapete, è un'attività affidata sostanzialmente al Ministero dell'interno – essa comprende tra le voci principali: a) la spesa per gestione e manutenzione dei centri di accoglienza; b) la spesa per gestione e manutenzione delle strutture temporanee del Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR, con un ignobile perché impronunciabile acronimo); c) il fondo per i minori non accompagnati; d) le spese per le Commissioni territoriali che esaminano le richieste per lo status di rifugiato; e) le spese di amministrazione, comprese quelle (piuttosto rilevanti, in verità) per la gestione del sistema informativo.
  Oltre alla spesa statale, è inclusa, proprio per il sistema SPRAR e per i minori non accompagnati, una stima – la trovate nei dati – dei costi sostenuti dagli enti locali, che però è molto variabile da area ad area e quindi non può essere indicata puntualmente, con riferimento alle diverse aree del Paese, perché varia in maniera molto importante. Pag. 6
  La spesa per l'accoglienza include 210 milioni di euro di debiti fuori bilancio per l'anno 2015 emersi. Non siamo, invece, in grado per ora di quantificare altri costi connessi al governo e alla gestione dei flussi migratori; costi che – voglio rilevare – tuttavia esistono e che via via cercheremo di considerare con un'elaborazione tecnica fondata. Si pensi, ad esempio, al fatto che in questi dati voi non trovate quelli per la gestione del cosiddetto «servizio giustizia», che interviene in maniera significativa nella gestione del fenomeno, per certi aspetti addirittura direttamente.
  Mi riferisco al tema della verifica dello status di rifugiato, al tema che riguarda il relativo contenzioso e così via. Tuttavia, queste spese sono di difficile contabilizzazione sul piano tecnico, soprattutto in un contesto nel quale nella dimensione europea questo lavoro non sia stato ben fondato tecnicamente.
  Quanto invece al soccorso in mare – come è noto questo tipo di operazioni è affidato alla Difesa, alle Capitanerie di porto e alla Guardia di finanza –, la valutazione della spesa dedicata si basa su rendiconti, quindi sono valutazioni su spese già concretamente effettuate, articolati (ove possibile e per il possibile) in spesa per il personale, altre spese correnti e spesa in conto capitale per i mezzi utilizzati.
  Per la spesa sanitaria, la base della valutazione consiste nei riscontri forniti dalle ASL per le spese degli assistiti stranieri, annualmente rimborsata dal Ministero dell'interno. Questa è la prima componente dei dati relativi alla spesa sanitaria.
  Dal 2013, a questa quota se ne aggiunge una seconda relativa all'assistenza fornita a richiedenti asilo presi direttamente in carico dal Sistema sanitario nazionale.
  Infine, per ciò che attiene alle spese per istruzione, il calcolo è effettuato moltiplicando il costo medio unitario per il numero di alunni stranieri entrati per la prima volta nel sistema pubblico, in ciascuno degli anni in questione. I neoentrati per il 2015 sono circa 40.000.
  A questo punto io non debbo illustrare, avendole distribuite, le due tabelle che analiticamente danno conto, sul piano quantitativo, delle grandezze che vi ho illustrato precedentemente. Si tratta delle tabelle del Documento di economia e finanza, anche perché sono le ultime stime assolutamente accurate da parte del Governo, essendo del tutto evidente che è su quei dati che noi stiamo fondando il nostro confronto nella dimensione europea per ottenere il riconoscimento dell'applicazione delle cosiddette «clausole di salvaguardia».
  Dunque, non solo perché in generale il Governo deve fornire dati attendibili, ma perché in questo caso l'attendibilità dei dati è sottoposta ad un esame molto attento in sede comunitaria, ci siamo sforzati di essere il più possibile analitici e puntuali, in un contesto tuttavia nel quale la Commissione europea non ha – lo dico per la terza volta – ancora elaborato tecnicamente la nozione di spesa per i rifugiati. Quando lo farà, naturalmente rivedremo i nostri dati alla luce di queste indicazioni.
  Come vedete – o vedrete, se non le avete ancora esaminate – nelle tabelle che vi ho distribuito, che come dicevo sono quelle del Documento di economia e finanza, i dati sono confrontati con la spesa media sostenuta in condizioni ordinarie nel periodo 2011-2013, al netto di quella straordinaria messa in atto a fine 2011 e nel 2012, quando si è dovuta fronteggiare la crisi nota come «crisi del Nord Africa», a seguito della cosiddetta «primavera araba», che determinò un'ondata eccezionale di rifugiati tra l'ultimo trimestre del 2015 e il 2012.
  Sempre in una delle due tabelle distribuite, la tavola R1, è possibile rendersi conto del divario di spesa che si determinerebbe – quello è un esercizio di calcolo, naturalmente – se nel 2016 si passasse da una situazione di flusso costante, il cosiddetto «scenario costante» nel quale il flusso 2016 è analogo a quello 2015, a una situazione di flusso in crescita. Parlo di crescita nel senso che l'aumento dovrebbe essere pari, nel 2016, a quello registrato nel 2015 rispetto al 2014. In altre parole, se nel 2016 avessimo un aumento analogo a quello che si è registrato nel 2015 rispetto al 2014, noi passeremmo dall'ipotesi a Pag. 7flusso costante a un'ipotesi a flusso crescente e, come vedete, la stima della spesa totale passerebbe da 3 miliardi 431 milioni addirittura a 4 miliardi 227 milioni.
  La realtà, probabilmente, nel 2016 si situerà tra questi due estremi. È pressoché già escluso, in base ai dati del primo trimestre, che si possa ipotizzare una riduzione di quella spesa. Non siamo in grado naturalmente di ipotizzare che davvero l'aumento, come ipotizzato nello scenario reale, sia quello che abbiamo fatto registrare nel 2015 rispetto al 2014.
  Per quanto riguarda la natura della spesa – penso che alla Commissione che si occupa di questo argomento interessi anche questo ultimo dato – nel 2015 la parte corrente è stata, su 3 miliardi e 431 milioni, pari a circa 3 miliardi. La spesa in conto capitale, ovviamente minore, è tuttavia cresciuta a ritmo intenso, in questa ultima fase, sia per gli accresciuti posti disponibili nelle strutture di accoglienza, sia soprattutto per l'ammortamento dei mezzi aerei navali e terrestri impiegati nel soccorso da parte del Ministero della difesa e della Guardia di finanza.
  La quota maggiore della spesa, in ogni caso, oltre il 50 per cento del totale, riguarda l'accoglienza, mentre al soccorso in mare è dedicato il 25 per cento; il resto alle altre attività che vi ho precedentemente descritto.
  È utile ricordare – ecco il tema di cui vi ho già parzialmente parlato – che la spesa sostenuta negli anni 2014, 2015, 2016 dal nostro Paese per far fronte all'attuale crisi umanitaria è cumulativamente superiore per circa 5 miliardi a quella sostenuta in occasione della crisi conseguente alla cosiddetta «primavera araba» della fine 2011-2012.
  Infine, nel marzo del 2016 è stato raggiunto un accordo tra gli Stati membri dell'Unione – anche questo rientra nella spesa per la gestione del fenomeno dei rifugiati e dei migranti – per l'istituzione di un fondo rifugiati per la Turchia, che prevede un contributo complessivo pari a 3 miliardi di euro, di cui uno a carico del bilancio dell'Unione e due a carico dei singoli Stati membri, ripartiti secondo le dimensioni del reddito nazionale lordo di ogni Stato. La quota diretta a carico dell'Italia è dunque, su uno scenario pluriennale, di 225 milioni, dei quali 67 saranno versati nel 2016.
  Fin qui la descrizione – che spero puntuale, e in ogni caso è quella di cui disponiamo – delle dimensioni quantitative del fenomeno e delle spese sostenute per fronteggiarlo.
  Prima di concludere, vorrei fare rapidamente cenno a due questioni che mi paiono di grande rilievo sul piano politico e della programmazione dell'attività nei prossimi anni.
  La prima è quella che riguarda l'applicazione alle spese degli Stati membri, per il governo e la gestione del flusso dei migranti, delle cosiddette «clausole di flessibilità» previste dalle regole europee.
  La seconda è il tema dell'ipotesi, contenuta nel «Contributo a una strategia dell'Unione europea per l'azione esterna sulla migrazione», proposto recentemente dal Governo italiano (di solito si dice in inglese, ma io trovo che sia una mania assai discutibile), di emettere bond europei per finanziare gli obiettivi del nuovo accordo sulla immigrazione (anche questo di solito si dice in inglese).
  Sul primo punto va detto che la clausola cosiddetta «degli eventi eccezionali» – quando noi invochiamo un intervento legato alla cosiddetta «flessibilità europea» per le spese relative al governo e alla gestione del fenomeno dell'immigrazione, noi invochiamo la clausola dei cosiddetti «eventi eccezionali» – è la più vecchia delle clausole di flessibilità che consentono un temporaneo minore impegno fiscale nel percorso del bilancio degli Stati membri verso l'obiettivo di medio termine, il cosiddetto OMT. Tale obiettivo, com'è noto, per l'Italia è il pareggio strutturale, mentre, secondo la regola astrattamente definita, per i Paesi che non hanno ancora raggiunto l'OMT... Per l'Italia il ritmo di avvicinamento al conseguimento di questo obiettivo deve essere pari allo 0,5 per cento ogni anno, fino al conseguimento dell'obiettivo del pareggio strutturale. Pag. 8
  Mentre, infatti, la clausola delle riforme strutturali (una clausola nota, in Italia, perché è stata invocata e applicata al bilancio pubblico italiano) e quella degli investimenti (altra clausola nota perché applicata al bilancio di previsione 2016) sono state introdotte nella regolazione europea soltanto nel gennaio del 2015, con la comunicazione sui criteri per l'esercizio dell'attività di vigilanza da parte della Commissione, quella che invochiamo a questo proposito è quella degli eventi eccezionali e risale ben al 1997. Quindi è la più antica e per lungo tempo l'unica clausola di flessibilità prevista alla dimensione europea.
  Come voi sapete, l'Italia ha invocato l'applicazione di questa clausola alla spesa per la gestione dell'ondata di migrazione determinatasi a partire da tutto il 2014, mentre altri Paesi europei hanno fatto la stessa scelta, ma con riferimento alle maggiori spese effettuate nel 2015 e ovviamente nel 2016.
  Il Governo italiano ha già fatto notare in tutte le sedi utili che limitare l'applicazione della clausola al solo differenziale di spesa tra la spesa del 2015 e la spesa del 2014 determina un'ingiustificata penalizzazione dell'Italia, per la quale il salto quantitativo della spesa dedicata alla gestione del flusso migratorio si è determinato già nel 2014. Quindi, se l'intervento dovesse riguardare solo la differenza tra 2015 e 2014, come invocato da altri Paesi, per l'Italia questo determinerebbe un'ingiustificata penalizzazione. Insisto su questo argomento, perché vogliamo insistere sulla esigenza di assumere a riferimento il differenziale di spesa determinatosi tra 2014 e 2013, al netto degli effetti, nel 2013, della cosiddetta «primavera araba», che nel frattempo era intervenuta.
  Al di là di questo problema di computo – che come è evidente è tutt'altro che marginale, date le dimensioni che vi ho descritto in partenza – si pone però, a mio avviso, una questione più di fondo. Le previsioni dell'Unione europea per i prossimi decenni possono considerare davvero il flusso migratorio un evento eccezionale, come tale trattabile nell'attività di coordinamento e vigilanza sulle politiche economiche e fiscali dell'Unione, alla stregua di una non prevedibile calamità naturale? Quello è un vero evento eccezionale.
  Ovviamente la domanda è retorica, ovviamente la risposta è: no. Tutti i previsori, cioè tutti coloro che fanno analisi e previsioni economiche, valutano il fenomeno della migrazione come un fenomeno di tipo strutturale, che durerà per decenni. Poi ci sono quelli che dicono che durerà per sempre, e io dico che per sempre non dura niente; quindi probabilmente si fermerà anche questo, ma è sicuro che si svilupperà in maniera molto importante nei prossimi decenni, non nei prossimi anni.
  Appare, quindi, indispensabile ed urgente un riorientamento generale della politica europea in questo campo, che assuma l'attività di governo del fenomeno migratorio, sia nel senso della sua regolazione, sia in quello della programmazione, sia in quello della gestione operativa, come uno dei più rilevanti compiti da svolgere direttamente come Unione europea. Ciò non significa che tutta questa attività di governo e di gestione debba avvenire alla dimensione europea, ma non si può seriamente considerare che, anno dopo anno, continueremo ad invocare la clausola degli eventi eccezionali di fronte a un fenomeno strutturale.
  Questo è un segno evidente di carenza della governance europea. Se il fenomeno è strutturale, la regolazione, anche sul piano della vigilanza e del coordinamento delle politiche economiche e fiscali, deve avere carattere strutturale. Cambierà quando il fenomeno cambierà natura o addirittura non ci sarà più (ma, lo ripeto, si tratta di un'ipotesi a lunghissimo termine).
  È in questo contesto che, nel contributo del Governo italiano a cui abbiamo già fatto cenno e di cui parlava anche il presidente introducendo i vostri lavori, che abbiamo presentato nei giorni scorsi agli organismi comunitari, noi Governo italiano avanziamo la proposta specifica di emettere – qui purtroppo l'inglese non si può evitare – dei Common Bond Migration dell'Unione europea per finanziare gli obiettivi dell'accordo sulla migrazione. Pag. 9
  In sostanza, si tratta di titoli di debito pubblico europeo, emessi da un organismo europeo – qui, aggiungo io, poiché non è scritto nella proposta, potrebbe essere per esempio il meccanismo europeo di stabilità –, sul merito di credito dell'Unione come tale, non sul merito di credito dei singoli Stati membri dell'Unione, per finanziare attività volte a migliorare il governo del flusso migratorio.
  Qui è stata avanzata, nel dibattito che si è sviluppato sul documento italiano, un'obiezione da parte di altri Governi, facilmente identificabili per la particolare idiosincrasia sul tema. Ci è stato detto – con fondamento, a mio giudizio – che è discutibile che ci sia per la spesa corrente, se di questo si tratta, un finanziamento che fa ricorso al debito. Da che mondo è mondo, le buone regole prescrivono che il ricorso al debito si faccia per finanziare investimenti.
  Noi in partenza accogliamo questa osservazione e, in particolare, diciamo che l'emissione di titoli di debito europeo sul merito di credito dell'Europa, cioè degli Eurobond, sia pure limitati a questa specifica fattispecie, potrebbe essere utilmente usata solo ed esclusivamente per finanziare scelte di investimento sia in Europa, laddove sia necessario, per esempio sul versante della dotazione delle forze di frontiera, quelle che siano (italiane o, come noi robustamente sosteniamo ma come la stessa Commissione, per la verità, ha proposto, una sorta di guardia di frontiera europea), sia – aggiungo io personalmente – soprattutto per finanziare quegli investimenti nei Paesi di partenza o di origine della migrazione che sono indispensabili per ottenere un'effettiva sincera collaborazione e cooperazione dei Paesi di origine con l'Unione europea come tale, non per impedire, non per ostacolare ma per governare positivamente il fenomeno, in modo tale da poterne trarre tutti i vantaggi, che sono molto importanti.
  Ricordiamoci dell'esempio che vi ho fatto a proposito del debito pubblico, ma se ne possono fare a proposito dell'obiettivo macroeconomico che volete. È chiaro che abbiamo in Europa un andamento demografico incompatibile col mantenimento degli attuali livelli di sviluppo dell'Europa. Abbiamo quindi bisogno di un importante fenomeno migratorio. Tutti quelli che negano questo dato di realtà non si rendono conto che stanno teorizzando e magari facendo scelte che sono coerenti solo con l'obiettivo di un declino, più o meno lento sul piano economico, del nostro continente.
  Non c'è alternativa, ma bisogna riuscire a governare il fenomeno in maniera tale che, a fronte di questi vantaggi, che sono indubbi e che non possono essere negati nemmeno da coloro che sono più critici rispetto a questo fenomeno, si possano ridurre gli svantaggi – che sono altrettanto indubbi e che a volte il politicamente corretto induce a voler ignorare come se non esistessero, come se non preoccupassero per esempio una parte molto importante della componente più debole sul piano sociale delle nostre popolazioni –, in modo tale che la riduzione degli svantaggi e la piena utilizzazione dei vantaggi potenziali possano rendere il fenomeno, anche sul piano politico e sul piano culturale, più facilmente governabile di quanto oggi non sia e meno foriero di conseguenze negative.
  So che sul piano dell'argomentazione dei problemi aperti si potrebbero sostenere tante altre ipotesi, ma qui mi fermo perché purtroppo alle 15 devo cominciare una riunione nella Commissione bilancio del Senato e non posso tardare.
  La ringrazio, signor presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Vice ministro Morando. Se vogliamo, ma i tempi sono davvero stretti, possiamo limitarci a fare le domande, rinviando eventualmente la replica del Vice ministro a una successiva seduta.
  Se volete, possiamo raccogliere una prima tornata di domande e poi ci riserviamo di ascoltare la replica in una prossima seduta.

  GIUSEPPE BRESCIA. Non esprimo considerazioni di carattere generale, come avrei voluto, e pongo una domanda di carattere macropolitico e macroeconomico. Rispetto a queste soluzioni che voi state proponendo a livello europeo, quali sono i Pag. 10tempi e le possibilità di successo? È una domanda molto generica, il Vice ministro avrà il tempo di trovare una risposta.

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. (fuori microfono) Nel frattempo giù di sotto vedo se c'è una palla di vetro...

  GIUSEPPE BRESCIA. Lo so, però è interessante capire, dal punto di vista del Governo, che aria tira a livello europeo rispetto a queste tematiche.
  La sua battuta mi costringe a riportare un piccolo passaggio della premessa che volevo fare. È palese, è sotto gli occhi di tutti, e lo si vede nel grafico che lei ha distribuito, che questa riga sale e continuerà a salire. Ciò è indice del fatto che, come lei ha detto nella parte finale del suo intervento, questo è un fenomeno strutturale destinato a durare nel tempo e l'Unione europea se ne deve far carico. Dobbiamo capire come, ma se ne deve far carico.
  Vorrei capire se voi, dal punto di vista governativo, sapete qualcosa di più e se ci potete informare rispetto a questo tema.
  La domanda specifica si riferisce ad un aspetto che lei non ha trattato nella sua relazione, che invece trattava di tutt'altro. Gliela rivolgo ugualmente, poiché magari avrà il tempo di fornirmi una risposta.
  Il 27 aprile è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto con cui il MEF ridetermina l'importo per la produzione del permesso di soggiorno elettronico, che è stato aumentato da 27,50 a 36,46 euro. Già la Corte di giustizia europea aveva detto che c'era una sproporzione enorme tra questo costo, che di fatto è la tassa per il permesso di soggiorno, e la produzione della carta d'identità.
  Vorremmo sapere come si pone di fronte a questa situazione.

  MARIA CHIARA GADDA. Ringraziandola per la sua presenza, mi limito a rivolgerle due domande, considerati i tempi. Vorrei sapere se nelle voci di spesa sono contabilizzati i costi, seppur minimi, legati ai rimpatri oppure se gli stessi possono essere computati in voci a parte.
  Inoltre, per quanto riguarda l'emergenza del Nord Africa, la mia domanda è relativa alla motivazione per cui i dati non comprendono la spesa relativa a quell'emergenza. Le chiedo se si può avere, a questo punto, un dettaglio legato a quell'emergenza specifica.

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. Qui le domande sono talmente specifiche che le risposte possono essere rapidissime. Il costo dei rimpatri è certamente computato. Noi abbiamo nettizzato rispetto alla spesa per il Nord Africa perché tutto il nostro obiettivo era orientato a fissare una spesa costante degli anni scorsi e far emergere il di più degli anni 2014, 2015 e 2016.
  Se avessimo computato gli effetti assolutamente straordinari determinati dal fenomeno Nord Africa, noi avremmo presentato alla dimensione europea una realtà non corrispondente ai dati di fatto: nell'ordinario noi spendiamo «X», durante l'emergenza Nord Africa abbiamo speso «X +»; finita quell'emergenza avremmo avuto il ritorno alla spesa normale, invece non l'abbiamo avuto perché nel 2014 è partito un altro fenomeno. Questa è la risposta.

  MARIA CHIARA GADDA. Se si potessero avere comunque i dati...

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. Io glieli fornisco, era solo per chiarire. La spesa per l'emergenza del Nord Africa gliela forniremo.

  MARCO RONDINI. Facendo riferimento anche alla domanda della collega Gadda, lei afferma che sono computate le spese che riguardano i rimpatri. Sotto quale voce?

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. Trasporti (incluso operazioni di soccorso).

  MARCO RONDINI. Nella tabella R1 sarebbero all'interno della voce...

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  ELENA CARNEVALI. Innanzitutto la ringrazio, sia per la relazione particolarmente ampia sia per alcune considerazioni di natura politica che non ho il tempo di riprendere, ma spero che avremo occasione di discuterne.
  Mi soffermo esclusivamente, per ragioni di tempo, sulle stime riportate nella seconda tabella, quella di natura percentuale, e le dico che cosa mi colpisce. Penso innanzitutto al dato riferito alla sanità e all'istruzione. Se, da un lato, abbiamo una crescita costante del costo complessivo – basta vedere la crescita delle spese relative all'assistenza e alla prima accoglienza, che dà la misura, oltre a quella numerica che conosciamo, delle persone che sono arrivate sul nostro territorio e di quelle accolte –, mi stupisce la riduzione della spesa relativamente alla sanità e all'istruzione, che passa al 2011, al netto dell'emergenza Nord Africa, da 31 con una previsione di 16. Glielo dico perché questo è un tema che è stato sollevato dagli stessi presidenti delle regioni che sono stati auditi in più circostanze. Questo, secondo me, è un segnale che merita attenzione.
  Il dato relativo al soccorso in mare penso che comprenda anche l'introduzione di Frontex, che ha visto un riparto delle spese diverso dall'imputazione che avevamo più a carico della nostra nazione rispetto agli altri Paesi.
  Comunque, abbiamo bisogno di capire soprattutto la parte relativa alla spesa sanitaria.
  L'altra domanda riguarda – qui sicuramente vi è anche la complessità nel comprendere i numeri da chi viene da esperienze e Commissioni diverse – il contributo dell'Unione europea sul totale delle spese. Quello che mi colpisce è che, guardando il punto 9 della tabella della prima pagina, siamo a 112 nel 2016; tra l'altro, sembrerebbe che il contributo abbia il picco più alto nel 2014, di 160, poi diventa 120 e poi 112. Quindi, il dato, a questo punto politico, è che noi abbiamo contributi minori dall'Unione europea.
  Questa è una considerazione oltre che una domanda.

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. (fuori microfono) Certo.

  ELENA CARNEVALI. Quindi, sul totale che noi avevamo immaginato, a scenario costante e a scenario in crescita, credo che il contributo dell'Unione europea, rispetto alle risorse che investiamo come Paese sia molto ridotto.
  Mi ha colpito molto un aspetto, in riferimento allo studio che aveva fatto anche la Fondazione Moressa, laddove si spiegava che la Francia, a fronte del fatto di aver ampliato la disponibilità di accoglienza per i siriani, per quelli che hanno una maggiore possibilità di avere il riconoscimento del titolo di rifugiati, ha fatto un calcolo e, a fronte di un tot di miliardi, si prevede una crescita dello 0,2 e dello 0,4 sul PIL. Lo dico non perché io abbia messo in dubbio le sue considerazioni, ma perché anche altri Paesi stanno facendo una valutazione secondo la quale l'immigrazione non è solo un costo, ma potrebbe essere anche interpretata come un investimento.
  Credo che la relazione sia particolarmente tecnica. Ci lasci il tempo di analizzarla e poi di fare le altre domande.

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. Rispondo solo alla prima domanda, perché temo di non avere capito. Mi scusi, è vero che in rapporto al totale, in presenza di un enorme aumento della spesa relativa, la spesa per sanità si riduce in percentuale, ma la spesa in cifra assoluta, anche per la sanità, aumenta enormemente, come lei può vedere dalla tavola R3.
  La riduzione è semplicemente dovuta al fatto che le spese di accoglienza e le spese di soccorso in mare sono esplose rispetto a quell'anno, sempre ricordando che il 2013 l'abbiamo nettizzato dell'effetto Nord Africa, quindi è chiaro che la spesa sanitaria tendenzialmente ha una sua resilienza a rimanere in aumento, ma in percentuale della spesa per il soccorso in mare e l'accoglienza naturalmente ha ridimensionato la sua portata. Questo tuttavia avviene solo in percentuale; in cifra assoluta Pag. 12l'aumento è stato molto importante: come lei può vedere, siamo passati da 75 milioni a 250 milioni.

  MARIA CHIARA GADDA. Vorrei fare una breve integrazione. Alla luce di quanto appena detto, nella tavola R3, la voce n. 4 «costi amministrativi» è però in valore assoluto, quindi diminuisce nonostante l'incremento di arrivi. Come mai i costi amministrativi rimangono sostanzialmente stabili?

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. Perché abbiamo migliorato significativamente le performance del sistema informatico. Abbiamo investito, ma adesso l'investimento sta rendendo. Quindi, siamo in grado di ottenere di più spendendo di meno.

  PAOLO BENI. Chiedo se, magari per la prossima occasione, fosse possibile avere, della voce accoglienza, un riparto di categorie di spesa diverse, se lo avete.

  ENRICO MORANDO, Vice ministro dell'economia e delle finanze. Nel senso che le ho detto nella relazione, sì; più analitico di come le ho detto nella relazione, no. Però, sui punti a, b, c, che lei vede nella relazione, quei dati sono analiticamente indicati. Se vuole, glieli fornisco.

  PAOLO BENI. Chiedo se possiamo avere questo materiale.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Vice ministro Morando per questo contributo.
  Rinviamo la replica e ulteriori approfondimenti ad una successiva seduta.

  La seduta termina alle 15.10.