Sulla pubblicità dei lavori:
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3
Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, prof. Pier Carlo Padoan, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di dismissione di una ulteriore quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste italiane Spa (atto n. 312) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 3 ,
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 ,
Garofalo Vincenzo , Presidente ... 6 ,
Bordo Franco (SI-SEL) ... 6 ,
Spessotto Arianna (M5S) ... 7 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD) ... 8 ,
Minnucci Emiliano (PD) ... 8 ,
Crivellari Diego (PD) ... 8 ,
Garofalo Vincenzo (AP) ... 9 ,
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 10 ,
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 10 ,
Spessotto Arianna (M5S) ... 11 ,
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 11 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD) ... 11 ,
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 11 ,
Bordo Franco (SI-SEL) ... 11 ,
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 11 ,
Meta Michele Pompeo , Presidente ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MICHELE POMPEO META
La seduta comincia alle 13.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, professor Pier Carlo Padoan, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di dismissione di una ulteriore quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste italiane Spa (atto n. 312).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del Ministro dell'economia e delle finanze, professor Pier Carlo Padoan, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di dismissione di una ulteriore quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste italiane Spa (atto n. 312).
Nel ringraziarlo per aver prontamente accettato l'invito della Commissione, do subito la parola al Ministro Padoan per lo svolgimento della sua relazione.
PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti e grazie per questa opportunità di incontro e di specificazione del tema.
Vorrei cominciare ricordando che nel corso del 2015 è stata realizzata la cessione, mediante offerta pubblica di vendita, rivolta al pubblico indistinto dei risparmiatori italiani, compresi i dipendenti e gli investitori istituzionali nazionali ed esteri, di circa il 35,30 per cento del capitale sociale di Poste italiane, con conseguente quotazione delle relative azioni presso il mercato telematico gestito da Borsa Italiana.
L'introito netto complessivo derivante dall'operazione è stato pari a circa 3,1 miliardi, interamente destinati alla riduzione del debito pubblico, come richiede la legge.
Tale operazione è stata realizzata in conformità a quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 maggio 2014, adottato ai sensi della legge n. 474 del 1994 e della legge n. 581 del 1995. Attualmente, il Ministero dell'economia e delle finanze detiene oltre 845 milioni di azioni di Poste italiane, corrispondenti a una quota del 64,7 per cento circa del capitale sociale, di cui circa 7 milioni di azioni a servizio delle assegnazioni gratuite al pubblico indistinto dei sottoscrittori e ai dipendenti che detteranno le azioni acquistate in IPO fino al 27 ottobre 2016 (cosiddetto «bonus share»).
In data 24 giugno 2016, l'assemblea degli azionisti di Cassa Depositi e Prestiti, che è controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze con una quota superiore all'80 per cento del capitale sociale, ha deliberato un aumento di capitale per circa 3 miliardi di euro, riservato al Ministero Pag. 4stesso, allo scopo di conseguire un rafforzamento patrimoniale necessario a sostenere il piano industriale di Cassa Depositi e Prestiti, che prevede, tra l'altro, interventi significativi a supporto dello sviluppo e della crescita.
Tale aumento di capitale sociale riservato sarà perfezionato dal Ministero mediante il conferimento di una partecipazione del 35 per cento del capitale sociale di Poste italiane. Il conferimento, che sarà realizzato ai sensi del decreto-legge n. 269 del 2003, prevede l'assegnazione della partecipazione alla gestione separata di Cassa Depositi e Prestiti e in base alla citata normativa saranno trasferiti alla stessa Cassa Depositi e Prestiti i soli diritti patrimoniali, mentre il ministero manterrà i poteri di governo su Poste italiane.
Si viene, in tal modo, a replicare una struttura di governance già presente per ENI SpA, società che il ministero controlla con una quota di poco superiore al 4 per cento del capitale, mentre Cassa Depositi e Prestiti detiene circa il 27 per cento del capitale della stessa.
In sostanza, la partecipazione in Poste italiane, che sarà conferita a Cassa Depositi e Prestiti, non potrà essere ceduta né essere oggetto di alcuna disposizione da parte della stessa Cassa Depositi e Prestiti senza il preventivo assenso del ministero. Inoltre, il Ministero fornirà a Cassa Depositi e Prestiti le istruzioni di voto in assemblea sia ordinaria che straordinaria.
A esito del conferimento, il Ministero deterrà direttamente una partecipazione residua del capitale di Poste italiane di poco inferiore al 30 per cento.
Allo scopo di proseguire nell'azione di riduzione del debito pubblico, anche attraverso processi di privatizzazione di società controllate dal ministero, secondo gli impegni assunti anche in sede comunitaria, il Governo ha deciso di procedere alla dismissione di un'ulteriore quota del capitale sociale di Poste italiane, attraverso il collocamento sul mercato della quota che residuerà a seguito del citato conferimento a Cassa Depositi e Prestiti, pari, come detto, a poco meno del 30 per cento del capitale sociale.
A tale scopo, in data 31 maggio 2016, il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri attualmente all'esame delle Commissioni parlamentari, che prevede l'alienazione, anche in più fasi, di un'ulteriore quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale sociale di Poste italiane, secondo criteri analoghi alla precedente operazione, ossia attraverso il ricorso singolo e/o congiunto ad un'offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del gruppo Poste e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali.
Lo stesso schema di DPCM prevede, comunque, il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale della società, anche per il tramite di sue società controllate direttamente o indirettamente, non inferiore al 35 per cento. In tale ottica, la quota del 35 per cento conferita a Cassa Depositi e Prestiti rappresenta la percentuale di capitale di Poste italiane che consente allo Stato di continuare a detenere il controllo della società indirettamente per il tramite di Cassa Depositi e Prestiti.
Tale percentuale rappresenta la quota di maggioranza relativa e di controllo, in presenza di un azionariato diffuso sul mercato, in analogia con l'assetto azionario di altre società a controllo statale, come ENI, ENEL e Leonardo Finmeccanica. Inoltre, sempre in analogia con altre società a controllo statale, esistono presidi statutari in termini di limite al diritto di voto in assemblea per i detentori di partecipazioni superiore al 5 per cento del capitale stesso (il cosiddetto «limite al possesso azionario»).
In sostanza, è fatto divieto a qualunque soggetto diverso dallo Stato o di sue controllate di esprimere il voto in assemblea per una percentuale superiore al 5 per cento del capitale di Poste italiane, qualunque sia la percentuale detenuta.
L'operazione di collocamento in esame assolverebbe all'obiettivo di attivare risorse significative da destinare alla riduzione del debito, mantenendo comunque il controllo dello Stato sulla società. L'introito derivante Pag. 5 dalla dismissione dell'ulteriore quota di Poste italiane, sulla base delle recenti quotazioni, potrebbe aggirarsi attorno ai 2 miliardi.
La realizzazione delle due operazioni – conferimento a Cassa Depositi e Prestiti e ulteriore apertura al mercato del capitale di Poste – avrebbe come effetto, oltre al mantenimento della stabilità dell'assetto azionario di Poste italiane, anche la valorizzazione di entrambe le società coinvolte.
A tale riguardo si fa presente che sono in programma azioni volte ad efficientare l'infrastruttura a supporto dei servizi logistici e postali, a promuovere una logistica innovativa a supporto delle imprese e a valorizzare gli uffici postali e gli altri immobili di Poste.
Relativamente al risparmio postale si precisa che lo stesso continuerà a essere garantito dallo Stato in base a quanto previsto dalla specifica normativa di riferimento, anche successivamente al conferimento della quota del 35 per cento a Cassa Depositi e Prestiti e al collocamento dell'ulteriore quota sul mercato.
Per quanto attiene, infine, alla gestione risparmio postale effettuata da Poste italiane per conto di Cassa Depositi e Prestiti, si fa presente che la stessa è regolata da apposita convenzione fra Cassa Depositi e Prestiti e Poste di durata quinquennale, recentemente rinnovata e valida fino al 2020.
In sostanza, quindi, il conferimento a Cassa Depositi e Prestiti della partecipazione in Poste italiane e la futura operazione di collocamento sul mercato non modificano la garanzia statale sul risparmio postale, né i termini della convenzione fra Cassa Depositi e Prestiti e Poste italiane per la gestione dello stesso, dal momento che il controllo di Poste non muta, permanendo in base a quanto rappresentato nelle mani dello Stato.
Sotto l'aspetto industriale le operazioni in esame non modificheranno le strategie perseguite sia relativamente al mantenimento dei livelli occupazionali di Poste italiane, sia per quanto attiene alla piena operatività del servizio universale in linea con il mutato quadro legislativo regolatorio di riferimento.
Con riguardo alla salvaguardia occupazionale, si precisa che sulla base dalla strategia che la società sta perseguendo di miglioramento della qualità e dell'efficienza del servizio postale, logistico e delle altre linee di attività bancarie e assicurative, non sono previste azioni di intervento sui livelli occupazionali esistenti che non siano esclusivamente concordate su base volontaria con i dipendenti interessati.
Tali azioni saranno, inoltre, funzionali ad abilitare le politiche attive del lavoro previste dal piano industriale di Poste. Per ciò che attiene alla salvaguardia della piena operatività del servizio universale, lo stesso in linea con le strategie perseguite e richiamate sarà pienamente conservato ed efficientato allo scopo di assicurare un servizio qualitativamente sempre elevato ed incentrato sulle esigenze della clientela.
La fornitura dei servizi postali in Italia è sottoposta ai sensi della legge 22 dicembre 2011, n. 214, alla regolazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Al riguardo si ricorda che il servizio postale è stato interessato, a livello europeo, a partire dai primi anni Novanta, da un graduale, ma profondo processo di trasformazione, che ha visto il superamento dei regimi di esclusiva a favore dei fornitori pubblici in favore di nuovo assetto basato sulla concorrenza, fermo restando il mantenimento di livelli di qualità certi e uniformi cui tutti gli Stati membri sono obbligati.
In particolare, la terza direttiva postale, recepita nella normativa nazionale con il decreto-legge 31 marzo 2011, n. 58, ha rinnovato a Poste italiane l'affidamento della fornitura del servizio postale universale in Italia per 15 anni, fino al 30 aprile 2026, prevedendo il mantenimento di adeguati livelli di qualità di servizio e di copertura del territorio, indipendentemente dalla convenienza economica della fornitura del servizio.
Al riguardo, con i suoi 13.000 uffici postali, tutti gestiti con personale proprio, Poste italiane garantisce un'ampia copertura della popolazione e del territorio nazionale, Pag. 6 come certificato proprio qualche giorno fa anche dal Parlamento europeo.
A fronte dello svolgimento di tale servizio, lo Stato riconosce a Poste italiane un corrispettivo annuo, a copertura parziale degli oneri in cui la società incorre per la fornitura del servizio stesso.
La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (ovvero la legge di stabilità 2015), ha introdotto una serie di modifiche che ridisegnano le regole di fornitura nel servizio postale universale, soprattutto in relazione al perimetro e alla qualità dei servizi offerti, nell'ottica di garantirne una gestione più efficiente, sostenibile e in linea con le mutate esigenze degli utenti finali, anche alla luce del rapido sviluppo nel Paese dell'utilizzo delle comunicazioni elettroniche.
Tale ridisegno è avvenuto nel rispetto delle cornici definite dalle direttive europee, utilizzando la flessibilità opportunamente prevista dalle stesse. La declinazione al nuovo sistema di regole è poi stata realizzata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che, nell'esercizio dei suoi poteri di regolazione, continua a monitorarne l'attuazione e la continua rispondenza alle esigenze dei cittadini. Grazie.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
VINCENZO GAROFALO
PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Padoan, do la parola ai deputati che intendono intervenire.
FRANCO BORDO. Signor Ministro, onestamente, noto una contraddizione rispetto a quanto indicato nel precedente decreto in cui si prevedeva una prima dismissione di quote, in modo particolare rilevo una contraddizione con altri provvedimenti del Governo, a partire dal cosiddetto «Destinazione Italia» – il primo decreto-legge in cui si parlava di una cessione di quote di minoranza di Poste italiane, fino a un massimo del 40 per cento, senza che si esplicitasse alcuna possibilità di ulteriore privatizzazione, sul quale la Commissione ha espresso il proprio parere –. Infatti, nel Documento di economia e finanza, nel programma nazionale delle riforme, sia del 2015 sia del 2016, non vi è alcuna traccia di un impegno relativo a una diminuzione della partecipazione dello Stato inferiore al 60 per cento.
Noto – ripeto – una contraddizione significativa, anche perché penso che, se vi fosse stata l'intenzione di cedere più del 40 per cento, al momento della presentazione del primo decreto o in fase istruttoria, sarebbe stato corretto esplicitare a questa Commissione, ovvero al Parlamento, l'intenzione che il primo sarebbe stato un decreto relativo ad una prima tranche di privatizzazione di quote.
Penso, quindi, che si sia tenuto il Parlamento all'oscuro di questa volontà. In caso contrario, le chiedo di spiegarmi come mai si è modificata questa intenzione e si è passati, appunto, alla volontà di cedere un ulteriore pacchetto, pari a circa il 30 per cento, che, con il combinato disposto della cessione a Cassa Depositi e Prestiti, mette lo Stato nelle condizioni di non essere più il soggetto proprietario e di maggioranza della società Poste italiane.
Insomma, temiamo che si stia andando verso uno scenario, come avvenuto in altri Paesi, in particolare in Gran Bretagna, in cui una frettolosa privatizzazione della Royal Mail ha messo totalmente a repentaglio il servizio universale britannico, che oggi è di fatto completamente privatizzato.
Altri Paesi europei, pur avendo aperto a soggetti privati, hanno mantenuto una posizione di controllo, ma non così bassa come quella che corrisponderebbe alla quota detenuta esclusivamente tramite Cassa Depositi e Prestiti. Parlo di Deutsche Post, della francese La Poste e dei Correos spagnoli, per citare solo i Paesi importanti.
In ultimo, abbiamo rilevato – lo hanno fatto anche altri soggetti che abbiamo audito in Commissione – la possibilità di un conflitto di interessi per quanto riguarda la presenza di Cassa Depositi e Prestiti nel pacchetto azionario di Poste italiane. Infatti, come lei ha ricordato, Cassa Depositi e Prestiti gestisce il risparmio postale e oggi si ritrova anche titolare di una quota della società come socio. Sappiamo, però, che in Pag. 7Cassa Depositi e Prestiti sono presenti anche soggetti concorrenti a questa attività di Poste italiane. Ecco, lei non vede un conflitto di interessi in modo particolare fra le fondazioni bancarie e in futuro anche con altre società che potranno acquisire pacchetti di quote messe sul mercato ed esterne a queste di Cassa Depositi e Prestiti?
Pur con il tetto che ha citato del 5 per cento, ciò non toglie che anche altre società del mondo delle assicurazioni o comunque finanziario e bancario possano intervenire con quote significative in Poste italiane. Grazie.
ARIANNA SPESSOTTO. Anche noi vogliamo sottolineare la schizofrenia del Governo che prima ci ha rassicurato che non avrebbe ceduto oltre il 40 delle sue quote azionarie e poi si sta comportando in maniera diversa. Anche noi ci sentiamo presi in giro perché pensiamo che questa operazione fosse già in previsione, ma il Parlamento sia stato tenuto all'oscuro.
Oltretutto, anche noi siamo fortemente preoccupati per il conflitto di interessi che si instaura per il fatto che Cassa Depositi e Prestiti ha il 35 per cento delle quote di Poste. Siccome all'interno del capitale di Cassa Depositi e Prestiti ci sono delle fondazioni bancarie, vediamo, appunto, un alto rischio di conflitto di interessi in questa operazione.
Peraltro, ci sembra che questa operazione non sia pensata per risanare il debito pubblico, ma per cercare di garantire quei dividendi alle fondazioni bancarie che fanno parte del capitale di Cassa Depositi e Prestiti.
Il Governo sta spacciando questa operazione, che è una svendita di un servizio postale ancora essenziale per la popolazione italiana, come necessaria per risanare il debito pubblico. Non capiamo perché, con tutta questa attenzione per la razionalizzazione della spesa pubblica, il Ministero dell'economia e delle finanze, come principale azionista di Poste, non si sia mai preoccupato delle segnalazioni che arrivavano dalla Corte dei conti in merito all'aumento della spesa di Poste per i dirigenti esterni.
Ho letto le ultime relazioni della Corte dei conti su Poste italiane, in cui si segnalava, appunto, il problema dell'aumento degli incarichi di dirigenza esterni e dell'aumento esponenziale degli stipendi di questi dirigenti, sostenendo che bisognava intervenire urgentemente su questa questione. Ecco, vorrei sapere se il Ministero dell'economia e delle finanze ha fatto qualcosa come principale azionista di Poste in merito a questo problema segnalato dalla Corte dei conti.
Inoltre, vorrei capire chi sono i soggetti privati che sono entrati fino ad oggi in Poste e quali benefici hanno portato all'azienda, visto che il debito pubblico continua ad aumentare e il valore delle azioni di Poste non è mai cresciuto.
Un'ulteriore curiosità è che mi risulta che Poste italiane paghi circa 5 milioni di euro l'anno a Confindustria, non si sa bene per quali servizi. Questa perplessità è stata sostenuta la scorsa settimana anche dai sindacati, intervenuti in audizione, i quali ci hanno detto che non hanno mai rilevato quale apporto dia Confindustria per questa cifra molto esosa che le viene pagata. Insomma, vorrei capire a quale titolo sono pagati questi 5 milioni a Confindustria e quali servizi questa rende a Poste Italiane. Ritengo che il Ministero dell'economia, come principale azionista, dovrebbe saperlo.
Rimane, comunque, la nostra preoccupazione per il destino del servizio postale universale, che è ancora essenziale per il nostro Paese. Poste italiane è una società importantissima che avrebbe potuto essere sfruttata soprattutto per l'implementazione di servizi digitali alla popolazione, ma si sta svendendo un patrimonio di inestimabile valore che era nelle mani dello Stato. Quindi siamo molto preoccupati per questa operazione, i cui risultati si stanno già vedendo con la chiusura degli uffici postali e con il taglio dei servizi.
Ho un'ultima domanda. Lei diceva che si sta procedendo a una valorizzazione degli immobili di Poste e a un potenziamento del servizio postale. Ecco, vorrei capire esattamente cosa intende esattamente.
VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signor Ministro, vorrei che non si perdesse la memoria storica del parere di questa Commissione, quando non più di un anno fa abbiamo valutato lo schema di decreto con cui si definivano i criteri e le modalità di alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministro dell'economia, che determinasse il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste italiane non inferiore al 60 per cento.
Cosa è successo in un anno? Perché questo 60 per cento si è trasformato, tra l'altro, in una quota non inferiore al 35 per cento, anche per tramite di società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell'economia?
D'altra parte, nel parere avevamo sottolineato questa questione perché evidenziavamo l'esigenza di assicurare che la cessione a soggetti privati di una quota rilevante – in quel caso era già rilevante, figuriamoci adesso – non determinasse conseguenze negative in ordine al livello delle prestazioni inerenti al servizio postale universale, che è già stato messo in discussione anche dal contratto di servizio con il Ministero dello sviluppo economico, salvo poi sentire ieri il Ministro degli affari regionali che, nella manifestazione dell'UNCEM, ha giudicato sbagliato il servizio a giorni alterni.
È chiaro che la cessione ulteriore, per quanto a Cassa Depositi e Prestiti, di una quota di Poste genera inevitabilmente un ulteriore deterioramento del concetto di servizio universale e mette fortemente a rischio lo stesso contratto di servizio. A questo si aggiunga anche il fatto che Cassa Depositi e Prestiti non è un'altra società partecipata dal ministero, ma è la controparte contrattuale di Poste nella definizione del rapporto economico tra emittente e collocatore di buoni postali.
Credo, quindi, che il rischio sia molto alto. Non è un caso che molti parlamentari abbiano fatto interrogazioni sulla questione Poste, che è l'azienda italiana più importante e avrebbe dovuto avviare – l'amministratore è venuto più volte a presentare il piano industriale – una trasformazione nella direzione dell'innovazione del digitale, che, però, non avrebbe messo in discussione né il servizio universale e nemmeno i livelli occupazionali.
Invece, temo che questa operazione, abbastanza discutibile anche dal punto di vista del conflitto di interessi, possa generare un'ulteriore difficoltà nella gestione dei problemi che oggi Poste ha con il territorio.
EMILIANO MINNUCCI. Grazie, Ministro. Nella relazione molto puntuale che ella ha svolto poc'anzi, ho notato un riferimento alla necessità di un coinvolgimento dei lavoratori nell'azionariato, che era già previsto nella cessione della prima tranche.
Credo, però, che questo sia in contraddizione con quanto ci hanno riferito – questa è la domanda – i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, che hanno detto che, a parole, più di una volta si è manifestata l'intenzione del Governo di coinvolgere nell'azionariato i 140.000 lavoratori, anche attraverso delle operazioni «straordinarie» di vantaggio nella collocazione delle azioni, ma da un punto di vista pratico ciò non si è tradotto in un atto concreto.
Ora, penso che, per un Governo di centrosinistra, sarebbe fortemente opportuno aprire un dialogo con i 140.000 lavoratori, a partire da un coinvolgimento diretto nell'azionariato a condizioni estremamente vantaggiose. Ecco, questo è un invito, ma anche una domanda.
DIEGO CRIVELLARI. Anch'io ringrazio il Ministro. Ho appuntato una frase della sua relazione in cui dice che il controllo non muta, quindi avrei alcune domande che si riferiscono all'esito di questa seconda fase di dismissione di quote. Da un lato, c'è il tema posto anche dai colleghi, relativo ai futuri assetti proprietari. A questo proposito, anche io, in sede di audizione con le parti sociali, avevo appuntato tra i problemi quello della partecipazione dei lavoratori, che poneva anche il collega Minnucci. Qui si è parlato – cito a memoria – addirittura di boicottaggio.
Un altro tema è quello del Piano industriale Poste 2020 la cui illustrazione abbiamo Pag. 9 avuto modo di sentire in questa stessa Commissione e che pone obiettivi ambiziosi. C'è sicuramente il punto importante, già sollevato dai colleghi, del servizio universale e della capillarità della rete, che vanno mantenuti con le difficoltà che sappiamo e abbiamo opportunamente segnalato in questa Commissione. Penso alle aree più periferiche e marginali di questo Paese.
Tuttavia, c'è anche la sfida del digitale, della logistica e dei servizi di frontiera che dovrebbero essere centrali per quella che continuiamo a definire, anche in questa sede, la più grande azienda di servizi di questo Paese. Spero e credo che questa frontiera non venga inficiata da questa ulteriore dismissione, che ci pone comunque degli interrogativi, quindi chiederei al Ministro di essere esplicito nel confermare la validità di questo piano e le ulteriori posizioni a riguardo.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MICHELE POMPEO META
VINCENZO GAROFALO. Signor Ministro, essendo il relatore di questo provvedimento, ho ascoltato i colleghi e i soggetti intervenuti nel corso delle altre audizioni. Oggi abbiamo sentito le sue considerazioni sul decreto in esame. Al di là delle scelte operate dal Governo, rispetto alle quali penso che in replica fornirà delle risposte alle domande fatte dai colleghi, desidero sottolineare un aspetto.
Noi abbiamo approvato un decreto che prevedeva una cessione di quote fino a un massimo del 40 per cento, poi il Governo ha scelto di proporre la cessione di un'ulteriore quota. Il cuore della questione è, però, stabilire qual è l'opportunità per lo Stato in questa cessione. La diffidenza che circola in quest'Aula rispetto a questo provvedimento riguarda il beneficio che lo Stato italiano avrà dalla dismissione di una seconda tranche di una quota significativa di una società importante dello Stato, che di fatto negli ultimi esercizi ha continuato a produrre risultati positivi.
Ci si chiede, infatti, se questa cessione fornirà benefici maggiori rispetto a quello che è stato fino a oggi il risultato di esercizio delle Poste. Questo si collega anche con degli interrogativi che ci poniamo tutti, dal punto di vista sia politico, sia geografico, in tutta Italia, rispetto al livello di efficienza di servizi. È vero che c'è una normativa nuova che affida all'Agcom il compito di controllare le prestazioni, ma è pur vero che riconosciamo e vogliamo continuare a riconoscere nel suo Ministero e nel Governo in genere una significativa importanza, come lei ha sottolineato, rispetto all'indirizzo che bisogna dare a Poste, anche dopo la cessione, quindi anche dopo l'acquisizione della partecipazione all'interno di Cassa Depositi e Prestiti.
Ancora oggi è fin troppo evidente quanto sia deludente il risultato di Poste in termini operativi proprio sui servizi universali, che sono di fatto retribuiti da parte dallo Stato. Per questo, come ho detto all'inizio, c'è ancora della diffidenza, a fronte di una privatizzazione che serve a ridurre il debito pubblico, ma non può prescindere – come ha detto la collega Bruno Bossio – dal mantenimento del livello di efficienza dei servizi e di occupazione.
A proposito dei livelli occupazionali, vorrei ricordarle, sebbene non sia nei suoi compiti specifici – mi rivolgo all'azionista – un tema rimasto insoluto, ovvero di avere una società che è cresciuta grazie anche all'apporto di aziende esterne (parlo delle agenzie di recapito) e a personale (anche se poche centinaia) che, di fatto, non è stato messo in condizione, tramite strumenti utilizzati in altri casi, di dare un apporto al piano di sviluppo di Poste italiane.
Infatti, se è vero che andiamo incontro a uno sviluppo nella direzione della logistica e dell’e-commerce, quindi a servizi evoluti e ad una sfida digitale, credo che occorra non solo una conversione del personale esistente, ma anche di coloro che – ritengo giusto sottolinearlo in questa sede alla sua presenza – hanno lavorato all'esterno di Poste italiane per farla crescere.
Come dissi in occasione dell'audizione dell'ingegner Caio, se Poste non fosse diventata quello che è, la privatizzazione non avrebbe generato quel risultato e non genererebbe Pag. 10 neppure quello che credo fiduciosamente potrà realizzarsi con un'ulteriore fase di privatizzazione.
Lei è autorevole rappresentante del Governo ed è sempre stato sensibile all'aspetto non solo economico, che dovrebbe contraddistinguerla, ma anche politico della vicenda, visto che la sua visione politica è andata ben oltre, quindi mi permetto di sottolineare i punti di diffidenza rispetto a questo provvedimento.
PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, do la parola al Ministro per la replica.
PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Vorrei ringraziare tutti per le osservazioni molto costruttive, che mi permettono anche di chiarire alcuni dubbi che giustamente sono condivisi dalla Commissione e dai parlamentari.
Provo a rispondere accorpando le varie domande. Mi scuso se inavvertitamente non risponderò a tutti, ma se necessario posso ritornare sugli argomenti non trattati.
Innanzitutto, in generale, tra gli obiettivi della politica di privatizzazione del Governo c'è sicuramente la riduzione del debito pubblico, rispetto a cui ci sono impegni a livello internazionale. Questo, però, è solo uno degli obiettivi. Un altro, altrettanto importante, è quello di esporre le imprese che vengono in parte privatizzate, ma rimangono sotto il controllo pubblico, alle pressioni positive del mercato, in termini non tanto di rendimento finanziario quanto di efficienza.
L'onorevole Garofalo ha detto molto bene una cosa che vorrei fare mia, cioè che il successo della privatizzazione, misurato in termini di introiti, è a sua volta funzione del successo del miglioramento della gestione industriale dell'impresa. Credo che Poste sia un esempio importantissimo nel dimostrare questo collegamento.
Questo è il primo punto. Il secondo, che discende dal primo, è che è interesse fondamentale dello Stato migliorare l'efficienza delle varie imprese che di volta in volta vengono considerate, in termini sia di redditività sia di fornitura dei servizi richiesti. Nel caso di Poste, questo è evidente.
Come terzo punto, vorrei chiarire che l'evidenza dimostra che il passaggio a una fase di privatizzazione di imprese come Poste ha migliorato l'efficienza perché permette di ricorrere a maggiori risorse. Sicuramente non c'è una correlazione negativa fra privatizzazione di una quota del patrimonio dell'impresa ed efficienza dell'impresa medesima; anzi, c'è una correlazione positiva proprio per la maggiore capacità dell'impresa di trovare risorse per gli investimenti.
L'ingegner Caio è venuto qui, se non sbaglio, quindi vi ha esposto in termini molto più precisi di quanto possa fare io le caratteristiche del Piano industriale, che ha sviluppato nel tempo, dall'inizio del suo insediamento. Non è un segreto assoluto se dico che il Ministero ha seguito e ha condiviso la strategia industriale di Poste proprio con lo scopo di migliorarne l'efficienza e di rafforzarne la capacità di ottemperare al servizio postale.
C'è stato un punto sollevato da diversi onorevoli, ovvero il timore che il passaggio da una ulteriore riduzione della partecipazione pubblica al capitale potesse comportare una riduzione del controllo. Ebbene, non è assolutamente così, quindi vorrei assicurarvi in proposito. Non dovete credermi perché lo dico io: ci sono esempi che ho citato di sfuggita nella mia interruzione che riguardano ENI, ENEL ed altre imprese.
Non è la percentuale controllata direttamente o indirettamente via Cassa Depositi e Prestiti dallo Stato, ma è l'esposizione al mercato, quindi alle sue regole di governance, che determina la capacità di controllo. Lo Stato, nell'ambito di queste regole, continua a dare sia l'indirizzo, sia le indicazioni.
Questo permette anche di evitare un ulteriore timore che è stato sollevato, cioè che ci possa essere una svendita del servizio postale. Al contrario, non c'è nessuna svendita, ma un efficientamento del servizio, come dimostrano gli investimenti fatti da Poste. Se non sbaglio, sono stati fatti Pag. 11investimenti di efficientamento per 500 milioni.
Quanto alle caratteristiche specifiche di come assicurare l'universalità del servizio, è un tema più generale che riguarda non solo l'Italia, ma i sistemi postali in tutta Europa, quindi mi rendo conto che ci siano state e ci siano questioni delicate sulla quotidianità o meno della distribuzione della posta.
Siamo in un mondo nel quale la diffusione delle informazioni avviene sempre meno con gli strumenti tradizionali e sempre più con gli strumenti telematici, quindi tutto questo non viene messo in discussione, anzi viene migliorato da questo nuovo assetto.
Questi erano i temi più generali che intendevo sottolineare. Riguardo ad alcuni temi specifici, come la questione del versamento di una quota a Confindustria, da una parte, mi risulta che questa quota di 5 milioni si stia riducendo; dall'altra, questo è uno degli elementi che viene valutato dal management di Poste in termini di partecipazione a una associazione di imprese e dei servizi che questa partecipazione mette a disposizione. Possiamo dare un'occhiata ulteriore alla questione, ma fa parte – ripeto – delle prerogative del management.
Ci sono conflitti di interesse con le fondazioni bancarie, visto che in Cassa Depositi e Prestiti ci sono fondazioni bancarie fra gli azionisti? Francamente, non vedo perché ci debbano essere conflitti di interesse. Ricordo, inoltre, che, come ho descritto puntualmente nella mia introduzione, il trasferimento a Cassa Depositi e Prestiti di questa quota di Poste fa parte di una gestione separata, che quindi lascia intatte nelle mani del Ministero le capacità di indirizzo, quindi la protezione contro eventuali rischi di cessione di quote di Poste nelle mani di Cassa Depositi e Prestiti. Questo non avviene perché le modalità con cui è stato fatto il conferimento salvaguardano questo aspetto, che è stato uno dei punti che ci hanno indotto a portarlo avanti.
Riguardo al coinvolgimento dei lavoratori nell'azionariato, mi risulta che siano 28.000 gli azionisti lavoratori che hanno beneficiato di incentivi particolari nell'accedere al capitale di Poste sul mercato.
Il piano industriale – sto guardando i miei appunti – è definito dal management e credo vi sia stato descritto ampiamente dall'amministratore delegato. È un piano industriale che il Governo conosce e condivide e che dimostra come negli ultimi anni, anche a seguito di questa operazione di privatizzazione, Poste abbia notevolmente migliorato la sua capacità di essere efficiente e di fornire servizi.
Se ho dimenticato qualcosa, me ne scuso, ma resto ancora a vostra disposizione.
ARIANNA SPESSOTTO. (fuori microfono) La vicenda dei dirigenti esterni segnalata dalla Corte dei conti nella relazione?
PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Confesso che non ne sono al corrente in pieno, quindi mi riservo di analizzarla. Credo, però, che questo ricada nelle competenze del management. Non so se si è prodotta qualche situazione amministrativa che va corretta. In ogni caso il costo del personale è in linea, quindi non ci dovrebbe essere trattamenti diversi.
VINCENZA BRUNO BOSSIO. Rispetto, invece, al conflitto di interessi fra Poste e Cassa Depositi e Prestiti, ovvero tra emittente e collocatore dei buoni postali?
PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Non vedo un conflitto di interessi, anche tenendo conto del fatto che Poste sta in gestione separata in Cassa Depositi e Prestiti, quindi se in teoria esso si dovesse manifestare nelle decisioni del CdA di Cassa Depositi e Prestiti, non è previsto che avvenga.
FRANCO BORDO. La difformità con il DEF?
PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Questo riflette la considerazione che per mantenere il controllo Pag. 12 della gestione e della strategia d'impresa non è necessario avere il 60 per cento, come dimostrano i casi ENI ed ENEL, che, tra gli altri, sono molto efficienti. D'altra parte, vi è l'esigenza di continuare a rispettare obiettivi di valorizzazione ai fini della riduzione del debito pubblico, che – ricordo – fanno parte di impegni che il Governo ha preso a livello internazionale e che sono molto rilevanti, soprattutto in questa fase.
PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Ci riserviamo di far intervenire in audizione anche l'amministratore delegato nell'ambito delle questioni rispetto alle quali il management di Poste potrà aiutarci a formulare il parere. La ringrazio, soprattutto, perché nel giro di poche settimane è la seconda volta che interviene presso la nostra Commissione.
Dichiaro quindi conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.50.