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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 59 di Giovedì 15 settembre 2016

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Gelli Federico , Presidente ... 2 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 2 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 3 ,
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione del Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, dottor Luigi Carnevale:
Gelli Federico , Presidente ... 3 ,
Carnevale Luigi , Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato ... 4 ,
Gelli Federico , Presidente ... 9 ,
Rondini Marco (LNA)  ... 9 ,
Gelli Federico , Presidente ... 9 ,
Carnevale Luigi , Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato ... 9 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 9 ,
Carnevale Luigi , Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato ... 9 ,
Carnevali Elena (PD)  ... 9 ,
Moretto Sara (PD)  ... 10 ,
Gelli Federico , Presidente ... 10 ,
Carnevale Luigi , Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato ... 10 ,
Gelli Federico , Presidente ... 12 ,
Carnevale Luigi , Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato ... 12 ,
Gelli Federico , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 8.55.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede l'audizione del direttore del servizio della Polizia scientifica, dottor Luigi Carnevale. Prima di farlo entrare, però, volevo farvi alcune brevissime comunicazioni informative, così abbiamo modo di poter lavorare con gli uffici per predisporre quanto dovuto.
  La prima comunicazione è che si era convenuto di procedere a immediate iniziative sul tema del CARA di Foggia, dopo le vicende giornalistiche, ma non solo, anche dopo le denunce, l'azione della magistratura e l'ispezione del ministero. La segreteria si è immediatamente messa al lavoro e abbiamo acquisito la disponibilità sia del giornalista Fabrizio Gatti, sia del prefetto di Foggia, ad essere auditi la prossima settimana o comunque compatibilmente con i nostri lavori.
  L'idea è quella di insistere per ottenere la presenza in audizione sia del procuratore – visto il fascicolo dell'inchiesta, che, almeno dagli organi di stampa, sembra abbiano avviato formalmente –, sia dell'ente gestore. Questi sono sostanzialmente i quattro soggetti: il protagonista di questa indagine giornalistica, il procuratore, il prefetto e il gestore.
  Vi do un'altra comunicazione. A seguito di una nota informativa del collega Rondini, che ieri ho già riferito all'Ufficio di Presidenza, rispetto a una situazione di frontiera – possiamo dire così, perché si tratta della frontiera Como-Chiasso –, a Como si è venuta a determinare una situazione particolarmente complessa, molto simile a quella di Ventimiglia. Ci sarebbe la richiesta del collega Rondini di fare una di quelle missioni più speed, cioè di quelle più rapide, che non coinvolgono tutti.
  Intanto vi informo che stiamo predisponendo questa possibile missione. Se poi qualcuno vuole partecipare, la data non l'abbiamo ancora individuata. La vogliamo, ovviamente, condividere con voi. Non avverrà immediatamente, per ovvi motivi, perché dobbiamo organizzarci, ma nella forma più snella delle modalità che abbiamo ratificato prima dell'estate, ossia quelle che avete utilizzato anche per andare a Bresso.
  L'ultima comunicazione che devo fare formalmente alla Commissione è la designazione da parte del Ministero della difesa del Maggiore Gennaro Micillo, che abbiamo già salutato ieri al suo arrivo, il quale collaborerà a tempo pieno con la Commissione quale ufficiale di collegamento.
  Possiamo procedere con l'audizione, a meno che non ci siano interventi.

  ELENA CARNEVALI. Presidente, in merito al sopralluogo a Como-Chiasso, cosa di cui abbiamo avuto occasione di parlare anche col collega Rondini, penso ci possano essere le condizioni eventualmente per fare una missione di un giorno solo, magari di martedì, una missione che ci consenta di andare al mattino e poi di rientrare in giornata a Roma.
  Non ho particolari richieste che sia slim o che la Commissione sia nella sua pienezza di poteri. Mi adatto a qualsiasi decisione. Segnalo soltanto che è una condizione un po’ diversa rispetto a quella che siamo andati a vedere a Milano. A Milano Pag. 3siamo andati a vedere una situazione che conoscevamo. Sapevamo che era, tutto sommato, una condizione tranquilla, devo dire anche di grande efficienza. Questa mi sembra una situazione molto più complicata, molto più complessa.
  Oltre al sopralluogo, che penso si esaurirà nel rendersi conto di quello che vedremo negli spazi adiacenti alla stazione o poco altro, non so se poi vogliamo approfittare per aggiungere altri elementi, perché credo che il punto vero sia fare un'audizione del prefetto, dei sindaci e di tutti i soggetti interessati. Forse, a mio giudizio, varrebbe la pena di pensare di fare una missione vera e propria. Penso che, se possiamo fissare un orario per le nove, poi per la sera si potrà rientrare su Roma.
  Vedete quello che si può fare. Giustamente, condivido una questione di tempistica. Se si riescono a combinare le due cose, è meglio così.

  MARCO RONDINI. Brevemente, concordo con la collega Carnevali. Io avevo avanzato la richiesta di fare questa missione, magari in tempi, come dicevo anche al presidente, non brevissimi, ma brevi. Si potrebbero ipotizzare i primi giorni di ottobre, anche perché ad oggi la situazione che andremo a verificare è semplicemente il campeggio di centinaia di persone nei pressi della stazione di Como. Per quella data, invece, dovrebbe essere ultimata la realizzazione di una struttura che dovrebbe accogliere le persone che hanno i requisiti per essere accolte all'interno del sistema d'accoglienza.

  PRESIDENTE. Bene. Fatte queste brevi comunicazioni, possiamo procedere con l'audizione, anche perché credo che l'Assemblea comincerà a breve i suoi lavori. Quindi, farei entrare il direttore della Polizia scientifica, dottor Luigi Carnevale.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, anche su richiesta di un commissario ovvero dei soggetti auditi, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali quesiti di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, dottor Luigi Carnevale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore del Servizio di Polizia scientifica della pubblica sicurezza, Luigi Carnevale, sulle procedure di fotosegnalamento, che sono un importante tema legato al sistema di accoglienza dei nostri migranti e alla nascita di queste strutture che sono state definite hotspot, e non solo, perché ovviamente le procedure avvengono in ogni angolo del Paese dove possono essere fotosegnalati e identificati i migranti che arrivano nel nostro territorio.
  È noto – voglio ricordarvelo – che, in base alla normativa comunitaria, si prevede l'obbligo che nel Paese di primo sbarco venga effettuato il fotosegnalamento dei migranti.
  Ovviamente, come sempre nelle nostre audizioni – lo dico sia all'audito, sia ai colleghi – se ci fossero delle parti della sua relazione su cui interrompere la trasmissione formale per andare in seduta riservata, lei ci fa un cenno e noi predisponiamo una registrazione riservata. Altrimenti rimaniamo d'accordo che lei espone la sua relazione e poi eventualmente, se i colleghi vorranno, come è normale prassi, potranno intervenire e chiedere chiarimenti.
  Apriamo, quindi, ufficialmente l'audizione del direttore del Servizio di Polizia scientifica della pubblica sicurezza, Luigi Carnevale, sulle procedure di fotosegnalamento. A questo punto, passo immediatamente Pag. 4 la parola al dottore per la sua relazione e poi, ovviamente, seguiranno eventuali domande e chiarimenti. Grazie.

  LUIGI CARNEVALE, Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. Grazie a lei, presidente. Buongiorno a tutti. Buongiorno ai parlamentari componenti di questa Commissione.
  Consentitemi una piccola parentesi di carattere sia professionale che personale. Ho avuto la fortuna negli scorsi anni, dopo aver avuto anche esperienze operative nel mio lavoro, di avere la possibilità di lavorare a servizio di questa Istituzione. Sono stato funzionario di collegamento presso la Commissione parlamentare Antimafia dal 2002 al 2005 e sono stato anche Vice dirigente dell'Ispettorato di pubblica sicurezza della Camera dei deputati. Avverto, quindi, in maniera particolare questa responsabilità e anche l'onore che oggi mi viene riservato. Ho imparato a capire e a perfezionare quel senso delle Istituzioni che ciascuno di noi ha insito. Me ne rendo perfettamente conto ancora di più oggi.
  Venendo al tema di questa mia audizione – scusatemi per questa piccola divagazione –, sono consapevole che ci si rivede, come protagonisti di quest'audizione, dopo circa un anno dall'audizione della dottoressa Stradiotto, che ha diretto il Servizio Polizia Scientifica presso la Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato fino quasi alla fine dello scorso mese di giugno. Le sono subentrato, quindi, da poco più di due mesi.
  Di cose ne sono cambiate tante, oltre ovviamente, presidente, alla sua elezione alla guida di questa Commissione. In due mesi e mezzo, ferma restando l'impossibilità che, purtroppo, mi duole dover confessare, di essere potuto andare in sede di sbarchi, come è mio costume – avendo sempre avuto la volontà e la consapevolezza che soltanto vedendo con gli occhi (voi sicuramente l'avete fatto) le realtà uno si rende conto della sostanza e anche di ciò che occorre fare per migliorare e per rendere più efficaci tutte le procedure –, mi sono effettivamente reso conto dell'impegno imponente che è richiesto al mio Servizio.
  Il mio Servizio è composto da professionalità di varia natura: abbiamo fisici, chimici, ingegneri, medici legali e via elencando. In questo momento, come è a tutti noto, abbiamo un forte impegno sul versante dei flussi migratori. C'è voluto poco per rendermi conto di quanto sia grande lo sforzo che stiamo proponendo.
  Il mio impegno in quest'ultimo periodo è stato quello di avere un contatto diretto con le autorità locali di pubblica sicurezza – parlo, ovviamente, dei questori – e con i colleghi dell'immigrazione per entrare nel dettaglio, visto che sempre più alcune realtà, prima tenute un po’ meno impegnate da questo fenomeno, sono in questo momento invece più coinvolte.
  Ho intensificato quindi soprattutto anche l'invio di personale specializzato del Servizio per dare man forte al personale dei gabinetti regionali e interregionali, che sono circa 14 sparsi su tutto il territorio e che stanno in questo momento sostenendo un impegno notevole per assicurare il massimo risultato.
  Pertanto, in questa sede mi posso permettere di spendere un dato che sicuramente a voi è già noto. Siamo arrivati a raggiungere quasi il 92 per cento di fotosegnalamenti rispetto agli stranieri e agli extracomunitari sbarcati, una percentuale che sfiora quasi il 25 per cento in più rispetto al dato offerto nella scorsa audizione dalla collega che mi ha preceduto.
  Si tratta di un dato sicuramente incoraggiante, anche se fa fronte a un numero imponente di arrivi, anche questo leggermente aumentato rispetto allo scorso anno. Come ho detto, il nostro è un Servizio servente – scusate la cacofonia –, ragion per cui ci limitiamo ad occuparci di un segmento molto ristretto e limitato di tutto quel processo che riguarda questo fenomeno. Fin dal salvataggio nelle acque marittime e nelle successive fasi, sia quelle sanitarie, sia quella dei primi screening, abbiamo il compito esclusivo di procedere ad una identificazione personale.
  Utilizzerò per questa esposizione un documento che, se il presidente poi me lo Pag. 5permetterà, lascerò alla Commissione come testimonianza di questa mia audizione, con un prospetto sinottico conclusivo di tutti i dati degli arrivi e dei fotosegnalamenti e le percentuali rispetto agli anni precedenti, le località in cui alla fine sono state eseguite queste operazioni e, ovviamente, anche le nazionalità. Questo fermo restando che tutte le istanze per le quali non riuscirò a essere soddisfacente in questa sede saranno sicuramente esaudite successivamente con un documento che sarà mia premura farvi avere a stretto giro.
  Dicevo che noi ci interessiamo dell'identificazione personale, che è un aspetto molto limitato di questo settore, ma molto importante, perché notoriamente è stato anche oggetto di diatribe varie, su cui, ovviamente, non sto a soffermarmi.
  Per identificazione, come ben sapete, si intende quell'attività tecnico-scientifica che è volta a stabilire l'identità di una persona. Noi non attribuiamo le esatte generalità all'individuo che è sbarcato ma, attraverso una serie di operazioni, riusciamo comunque a renderlo riconoscibile da quel momento in poi. Nel suo percorso sia sul territorio nazionale, sia dovunque andrà in Europa (come ben sapete, Eurodac è un'altra banca dati di eguale importanza rispetto alla nostra AFIS), quel soggetto sarà stato ormai tracciato con dei dati scientificamente incontrovertibili sulla sua identità.
  Procediamo, quindi, attraverso quest'analisi di elementi biometrici, le impronte digitali in particolare, a riconoscere questo soggetto. Soprattutto occorre precisare che l'identificazione dattiloscopica, come dicevo prima, non comporta l'attribuzione ad un soggetto delle sue esatte generalità. Tutto quello magari è il frutto successivo di un lavoro che sarà attivato attraverso anche un interessamento delle ambasciate e dei consolati. È un lavoro che verrà svolto successivamente.
  Noi procediamo a effettuare i rilievi descrittivi, fotografici, dattiloscopici e antropometrici, che si compendiano tutti nel famoso «cartellino fotodattiloscopico», di cui tutti avete ormai contezza.
  Questo tipo di attività non viene eseguita senza il rispetto delle regole. Procediamo, come ho detto prima, a questo tipo di operazioni soltanto su richiesta dell'ufficio interessato – nel caso specifico, l'Ufficio immigrazione – e facciamo, quindi, generalmente queste identificazioni sia ai sensi dell'articolo 4 del TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), sia ai sensi dell'articolo 349 del Codice di procedura penale, ovviamente in ambiti di attività giudiziaria, sia ai sensi dell'articolo 5 della legge Bossi-Fini e, da ultimo, ai sensi degli articoli 9, 14 e 17 del Regolamento dell'Unione europea che ha istituito la banca dati Eurodac. Essa costituisce poi quel sistema che, insieme a quanto previsto dal Regolamento di Dublino, è volto a dare una contezza dell'arrivo sulle coste o comunque sulle frontiere dell'Europa di migranti e, alla fine, a riconoscere lo Stato presso cui eventualmente presentare la domanda di protezione internazionale.
  Sapete tutti meglio di me che dal 1° novembre 2014 ha avuto inizio l'operazione «Triton». Ovviamente, come per tutte queste attività, è stato necessario del tempo per farla rodare e per renderla effettiva e operativa. Si tratta di meccanismi abbastanza complessi. Oggi, anche se ovviamente non spetta a me esprimere queste valutazioni, riceviamo in tempo reale dal Centro nazionale di coordinamento per l'immigrazione, che è ubicato nella nostra sede presso via Tuscolana, tutte le informazioni relative all'arrivo delle navi che sono impegnate in questa operazione e che spesso, ovviamente, sono sovraccariche, essendo stati i migranti soccorsi in più circostanze e, quindi, prelevati anche da più natanti.
  Nella mia precedente esperienza nel 1997 ero capo della squadra mobile di Brindisi e ho assistito alla nascita di questo fenomeno. Quando le Istituzioni albanesi, come ricorderete, implosero e crollarono, il Paese si svuotò e tutti si riversarono sulle coste salentine del brindisino. Mi capitò di rendermi conto di persona come quello sarebbe diventato il business del futuro quando un egiziano, arrivato con un gommone albanese con modalità rocambolesche, Pag. 6 entrò nell'alloggio di servizio, dove c'era mia moglie, peraltro in stato di gravidanza. Capimmo subito che ormai era diventato un affare, non più un trasbordo di connazionali per vari motivi umanitari o meno. Era diventato un business serio e così è proseguito. Ormai sono quasi vent'anni, purtroppo.
  Abbiamo, quindi, contezza di questo arrivo in tempo reale e abbiamo anche la possibilità a volte di capire i mutamenti, perché magari un'imbarcazione che ci viene data per segnalata in un porto viene improvvisamente, per altre ragioni, spostata in un altro.
  Da quel momento iniziamo un'attività abbastanza frenetica innanzitutto di valutazione delle nostre forze in quell'area, in quel porto, o comunque nelle zone in cui è prevista l'effettuazione delle operazioni di fotosegnalamento. Con enorme rapidità – ormai è un meccanismo che ci vede quasi sincronicamente impegnati; tutti i colleghi operano con meccanismi che vanno ormai da soli –, procediamo ad effettuare eventuali spostamenti di personale e anche di attrezzature mobili, delle quali nel corso di questi ultimi mesi ci siamo dotati.
  Come ben sapete, cominciamo la nostra attività nei porti e nelle località di sbarco attraverso le operazioni di videoripresa dell'arrivo dell'imbarcazione e, quindi, dal momento dallo sbarco degli stessi migranti, che, come sapete, avviene con modalità più o meno standard. Le persone che versano in condizioni di salute precarie vengono fatte scendere per prime, poi i gruppi familiari, le donne e i minori. C'è tutto un sistema che vede in campo organizzazioni non solo statali o locali, ma anche di volontariato e altre provenienze che sul campo esplicano la loro opera.
  Procediamo, come dicevo, a questo tipo di attività di videoripresa per avere una documentazione di ciò che avviene in queste fasi e procediamo poi successivamente – anche questo vi sarà noto – alla pre-identificazione. Procediamo a fotografare, attribuendo un numero cronologico, i singoli immigrati che vengono portati davanti alla nostra postazione su richiesta dell'ufficio procedente, che è l'Ufficio immigrazione.
  Questo tipo di «book fotografico» che ricaviamo ha tante finalità. La più importante in quel frangente può essere anche di tipo investigativo, come sicuramente ormai non vi sfugge. È importante verificare se a bordo di un'imbarcazione vi siano gli stessi scafisti che hanno assicurato la traversata. Queste sono situazioni che a volte ci vengono segnalate già dalla stessa imbarcazione, perché può darsi che gli stessi migranti indichino al personale della nave l'autore della traversata.
  Sapete che lo stato in cui versano queste persone è uno stato di profonda soggezione e sottomissione verso gli scafisti, i quali ovviamente non operano come un'agenzia di viaggi. Quindi, ne hanno profondo timore. È chiaro che questo timore viene meno se, purtroppo, la traversata fino al momento dell'incontro con il natante dell'operazione «Triton» ha avuto anche degli esiti nefasti, nel senso che vi sono state anche delle perdite di vite umane. In tal caso, è chiaro che le motivazioni degli altri migranti sono più forti per individuare e indicare, sia agli operatori della nave, sia poi a noi sul posto, gli autori di questa traversata.
  Quindi, questo «book fotografico» serve anche soprattutto agli investigatori per procedere a delle identificazioni e a delle comparazioni e comunque a rendere sicuramente meno fruttuoso l'eventuale tentativo di sottrarsi alle operazioni di fotosegnalamento.
  Devo dire la verità: per quanto mi dicono i miei operatori che ho consultato su tutto il territorio, ormai queste situazioni di resistenza passiva o anche attiva sono diminuite notevolmente, per fortuna, e questi numeri lo stanno a confortare. C'è stato un lavoro profondo di pubblicità, da parte anche delle associazioni, come l'EASO e altre, che intervengono sia prima, sia dopo l'arrivo. Pertanto, la tendenza che oggi mi viene riferita da parte di chi è sul campo è che questa forma di resistenza ormai sia non dico totalmente venuta meno, ma quasi. C'è un forte abbattimento di questo numero. Pag. 7
  Questa fase di pre-identificazione a volte può avvenire anche a opera degli operatori dell'Ufficio immigrazione, perché non è un'attività di tipo tecnico puro, come immaginerete. Pertanto, laddove ci sono grosse risorse umane e anche strumentali da parte dei colleghi dell'Ufficio immigrazione, queste operazioni vengono svolte direttamente da loro.
  Parlo in questo momento più che altro di situazioni relative agli sbarchi nei porti, perché anche nell'ultima audizione della dottoressa Stradiotto la novità è stata l'apertura dei famosi hotspot. Quello è stato un intervento che sicuramente ha dato anche a noi la possibilità di imporci delle regole operative. Per ogni hotspot, in base alla capienza, abbiamo previsto l'installazione di postazioni fisse, che ci consentono una determinata stabilità. Pertanto, abbiamo una postazione con quattro operatori, due scientifiche italiane e due di Frontex, a fronte di circa 100 immigrati. Dove la capienza è di 400 abbiamo quattro postazioni, ma vi assicuro che, poiché, purtroppo – è inutile nascondercelo – a volte i numeri reali superano quelli teorici, ci siamo attrezzati per installare ulteriori postazioni fisse e, dove necessario, anche postazioni mobili.
  Queste ultime – le postazioni mobili – sono quelle che in questo momento per i nostri migranti del Servizio della Polizia scientifica rappresentano uno strumento alquanto indispensabile. Nel loro spostamento chiaramente queste postazioni vengono portate al seguito e installate nella località in cui lo sbarco avviene.
  Sapete, ovviamente, meglio di me – per aver visto con i vostri occhi questi ambienti, queste località, questi siti – che le nostre attività possono essere svolte o in tensostrutture allestite sulle banchine dei porti o presso locali adibiti a questo scopo temporaneamente (hangar vari e capannoni), oppure, quando si riesce, addirittura negli uffici di Polizia scientifica.
  Come ben sapete, oltre agli obblighi che abbiamo ormai incombenti di procedere al fotosegnalamento entro le 72 ore di tutti coloro che sbarcano illegalmente – tutti ovviamente sbarcano illegalmente –, ci regoliamo in base alle forze che riusciamo a mettere in campo, stabilendo un numero per il quale siamo in grado di garantire l'identificazione nell'immediatezza nel sito di arrivo o comunque nelle vicinanze.
  Laddove ci rendiamo conto che ciò può comportare dei ritardi, si predispongono già i trasferimenti in sedi limitrofe, anche in sedi di questure vicine, dove vengono trasportati i migranti per poter adempiere a queste operazioni nei tempi previsti, che generalmente non sfiorano mai le 72 ore, ma avvengono sicuramente molto prima.
  È chiaro che la nostra è una sorta di catena di montaggio, che parte dall'arrivo fino alla sera e va fino all'esaurimento delle operazioni, che quasi sempre si riescono a concludere senza lasciare nulla ancora da svolgere nelle giornate successive: o in sede locale o nelle sedi che sono state nel frattempo individuate si procederà nella giornata stessa o al massimo l'indomani a queste operazioni di fotosegnalamento.
  È inutile dirvi che Eurodac ha le sue rigidità, che ovviamente comportano una serie di attività a volte forse duplicate. Come ben sapete, noi inseriamo il nostro cartellino con i dati relativi al fotosegnalamento nella nostra banca dati, il sistema AFIS, che è di pertinenza della Polizia scientifica, ma lo immettiamo direttamente anche nella banca dati Eurodac, come ingresso illegale.
  Sapete anche meglio di me che è previsto, nell'eventualità in cui il migrante, l'extracomunitario, già fotosegnalato per ingresso illegale chieda protezione internazionale, che questa stessa operazione di fotosegnalamento vada ripetuta e che, quindi, vada inserito un cartellino nuovo con la nuova dicitura per la nuova finalità.
  Siamo riusciti a fare accettare la nostra proposta di evitare questo doppio fotosegnalamento, che non è soltanto una duplicazione della nostra attività, ma nello specifico è anche una sorta di ulteriore attività a volte invasiva nei confronti di chi viene a chiedere la protezione internazionale.
  La richiesta è stata accolta, ma questo comporta la modifica di alcune procedure tecniche che stiamo in questo momento testando, a quanto pare con esito positivo. Pag. 8Pertanto, a breve ci proponiamo di estenderla in tutti i siti in cui opereremo, evitando questa duplicazione, che mi era sembrato anche nella precedente audizione fosse stata oggetto della vostra attenzione.
  Ho fatto un riferimento prima alla resistenza al fotosegnalamento. Il fenomeno era abbastanza rilevante fino a un anno fa circa. Ripeto, sia le campagne d'informazione, sia l'attività sul posto dei volontari, dei mediatori culturali e delle altre organizzazioni, hanno ridotto sensibilmente questo tipo di fenomeno, fermo restando, ovviamente, che più di tanto non ci possiamo spingere.
  La fase della destinazione dei migranti è una fase che a noi sfugge, non essendo chiamati a seguire tale fase. Devo dire che, per quanto riguarda il lavoro negli hotspot, a prescindere dalle problematiche relative al sovraffollamento che in alcune circostanze si può sicuramente riscontrare, il rapporto e anche la collaborazione tra i nostri operatori e quelli di Frontex è sicuramente molto migliorato.
  Mi era sembrato, leggendo il resoconto dell'audizione della dottoressa Stradiotto, che ci potesse essere qualche atteggiamento con un po’ di riserva nei nostri confronti, devo dire la verità. Mi è stato segnalato da tutti i miei collaboratori che lo spirito è quello necessario in questi casi. Non ne avevo dubbi, perché – consentitemi un momento di vanagloria – i nostri operatori e la nostra polizia non credo siano secondi a nessuno, né per capacità, né per serietà. Non avevo alcun dubbio.
  Nell'approccio, alla fine, con gli altri colleghi, non tutti ovviamente esperti della materia, a volte il problema è anche questo, ossia che ci si rapporta fra figure professionali che non posseggono lo stesso bagaglio di competenze.
  Frontex – anche questo mi è stato segnalato fino a ieri – è particolarmente attivo nell'estendere la propria attività non soltanto negli hotspot, ma anche nei luoghi di sbarco in cui operiamo con postazioni mobili. Mi dicono i miei collaboratori che anche questa collaborazione, questa sinergia si sta realizzando nel migliore dei modi, con grande condivisione sia di compiti che di ruoli, e soprattutto di impegno nel raggiungere i nostri obiettivi.
  Ho lasciato in questo documento la parte numerica. Non sono – lo confesso – un analista. A volte i numeri nascondono (forse è anche il bello dei numeri) interpretazioni varie. È indiscutibile, però, che le percentuali di fotosegnalamento siano aumentate notevolmente. Ricevo quotidianamente un messaggino in cui mi si comunica il numero degli sbarcati e quello dei fotosegnalati.
  Nel primo che ho ricevuto – credo fosse ormai la fine di giugno – si parlava di 50.000 sbarchi e di un determinato numero di fotosegnalati, già alto. Siamo arrivati a cifre notevolissime. A ieri, su 128.073 sbarcati, 117.423 erano i fotosegnalamenti per ingresso irregolare. Nelle ultime 24 ore ci sono stati 771 sbarcati e 1.865 fotosegnalamenti, che ovviamente riguardano i migranti che erano arrivati nei giorni precedenti e che ancora non erano stati fotosegnalati.
  Questo a testimonianza che il lavoro è continuo non soltanto su chi arriva, ma anche su chi è arrivato il giorno prima. Ci sono state – lo ricorderete – giornate particolarmente intense sotto il profilo numerico e, quindi, anche delle attività.
  L'anno scorso, di questi tempi, eravamo a 122.113 arrivi e 40.115 fotosegnalati. Il merito ovviamente – se di merito possiamo parlare – non è di un solo ufficio o di un sola componente: c'è un lavoro di sinergia, un lavoro finalizzato a sincronizzare e a regolare al meglio e tutta la catena che si muove intorno a questo fenomeno. Devo dire la verità: al di là delle piccole difficoltà – o anche grandi alcune volte – che si possono ancora riscontrare, il meccanismo sta funzionando, sta assicurando comunque al nostro Paese una risposta credo adeguata a quanto ci si aspetta.
  Abbiamo sempre avuto la consapevolezza di lavorare per il nostro Paese, per le nostre Autorità e soprattutto per la nostra collettività. In questo momento siamo consapevoli che su di noi abbiamo gli occhi di una collettività più ampia, che è quella dell'Europa ed è quella anche delle Autorità europee, da cui ormai ci sentiamo a Pag. 9pieno titolo coinvolti. Quindi abbiamo questa maggiore consapevolezza e questo desiderio di far valere la nostra professionalità, oltre che i tratti umani che – sottolineo – non ci sono mai mancati e che accompagniamo a quella competenza professionale che, modestia a parte, cerchiamo di mettere in campo quotidianamente.
  Al momento non ho altro da aggiungere. Torno a ringraziarvi per l'attenzione. Spero di non aver ripetuto molte cose che sapete, anche se so che il pericolo è concreto.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Carnevale, per l'esposizione. Acquisiremo poi agli atti la sua relazione. Ci sarà modo per consultarla e raccogliere altre informazioni.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO RONDINI. Grazie, presidente. Molto brevemente, ho segnalato, o meglio abbiamo segnalato, attraverso una lettera, al presidente della Commissione una situazione che si è venuta a creare a Como, della quale sicuramente lei è a conoscenza. Ci risulta da quello che abbiamo letto sugli organi di stampa che la quasi totalità delle persone che campeggiano di fronte alla stazione di Como da oltre due mesi non sia stata fotosegnalata. Vorremmo avere un riscontro rispetto a questa questione.
  Inoltre, lei ci comunicava che quest'anno avete ottenuto dei risultati migliori. Il 92 per cento degli sbarcati si è fatto fotosegnalare, mentre per l'anno scorso ci forniva dei numeri completamente diversi: ci diceva che su 122.000 sbarchi c'erano stati 40.000 fotosegnalati. Le altre persone che non vengono fotosegnalate alla fine vengono comunque lasciate libere di poter circolare sul territorio indisturbate?

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Carnevali – questa volta non «Carnevale»...

  LUIGI CARNEVALE, Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. Per molti anni sono stato chiamato «Carnevali». Al servizio militare, quando sono stato chiamato per la visita, ho scoperto che questo stravolgimento del cognome era ufficiale e ho dovuto far fare una modifica in tribunale per ripristinare il mio cognome originario.

  ELENA CARNEVALI. A me succede il contrario.

  LUIGI CARNEVALE, Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. All'epoca c'era un famoso calciatore, Carnevali. Io non avevo molte resistenze.

  ELENA CARNEVALI. Innanzitutto la ringrazio, direttore, per l'occasione che mi offre, tramite lei, di fare sapere a tutti i colleghi della Polizia scientifica e a tutti coloro che collaborano con lei che hanno da parte nostra il riconoscimento non solo dell'attività svolta, ma anche di un lavoro particolarmente delicato e anche di grande professionalità, una professionalità che presenta dei risvolti di carattere anche tecnico, scientifico e tecnologico.
  Devo dire che abbiamo avuto l'occasione, anche nelle numerose missioni che abbiamo fatto, di poter toccare con mano che – credo – l'Europa non possa non riconoscere il grande sforzo che abbiamo fatto. Credo che possiamo anche dire quasi serenamente che, da questo punto di vista, questa era una delle precondizioni, se non anche un richiamo, che l'Europa ha fatto nei confronti del nostro Paese e che ormai, anche grazie alla collaborazione degli operatori di Frontex, dobbiamo esaurire questo processo.
  Relativamente a quanto ci ha evidenziato oggi, sono poche le domande da fare, perché mi sembra che sia stato particolarmente esaustivo. Faccio solo qualche considerazione.
  In primo luogo, in merito alle persone che non riescono o che per ragioni diverse non si fanno identificare o che per problemi organizzativi non possono essere identificate nei luoghi di sbarco, negli hotspot, vorrei sapere se esiste un rapporto di Pag. 10collegamento per fare in modo che questo si realizzi nelle prefetture o nelle altre sedi in cui le persone vengono trasferite. Chiedo se questo ci consente di arrivare al 100 per cento.
  Giustamente, lei dice che non si tratta dell'identificazione dell'identità che ci viene data, ma che da oggi in poi questa persona viene riconosciuta tramite i caratteri che sono forniti dai rilievi descrittivi e fotometrici. Credo che questa sia la prima questione importante.
  In secondo luogo, anche se i numeri sono molto, molto esigui, da quello che ci sta raccontando, che cosa succede alle persone che non accettano di farsi fotosegnalare o identificare? Che procedure adottiamo? Questa procedura è una procedura conforme a tutte le sedi e ai luoghi in cui avvengono gli sbarchi?
  Il terzo punto riguarda, invece, la richiesta che viene fatta allo sbarco di protezione umanitaria. Le chiedo se potete dirci quante, tra le persone che sbarcano e che, quindi, vengono poi identificate, sono quelle che nell'immediato avanzano una richiesta per la protezione umanitaria e che cosa accade a coloro che, invece, sul momento non lo fanno per ragioni diverse. Sappiamo che questo famoso «cedolino C3» viene compilato di solito nei luoghi in cui le persone vengono accolte, a volte, devo dire, anche dopo molto tempo.
  Se posso segnalare una situazione, soprattutto alla presidenza, credo che, mentre questa parte è molto presidiata – lo stesso direttore ci ha raccontato di aver praticamente trasferito parte del personale che aveva a livello centrale per rafforzare la periferia –, uno dei nostri punti deboli (permettetemi di dirlo) è quando, da quel momento, le persone vengono trasferite nelle altre sedi delle prefetture, dove deve essere compiuta in modo definitivo la richiesta di protezione umanitaria per entrare in quel meccanismo che conosciamo, che è quello poi di avere un riconoscimento di protezione oppure no.
  Dal punto di vista della collaborazione con Frontex, dalle stesse parole del direttore mi sembra che ormai i rapporti siano davvero di grande collaborazione.
  L'altra cosa che volevo chiedere per coloro che possono rientrare da subito nei programmi di ricollocamento – ancorché il vostro ruolo sia quello di Polizia scientifica e, come ha già detto in modo esplicito, voi non seguite quello che succede dopo – è se questo comporta procedure diverse e come funziona.

  SARA MORETTO. Intervengo velocemente anche perché abbiamo ricevuto la convocazione per andare in Assemblea. Evito, quindi, i ringraziamenti per non ripetermi, anche se sono, ovviamente, sentiti.
  Volevo, molto telegraficamente, porre due domande precise, riferendomi a quanto ha appena richiamato anche la collega Carnevali. In apertura del suo intervento lei ha parlato di un rafforzamento del personale nei luoghi periferici per migliorare ulteriormente, anche se i risultati già lo dimostrano, l'attività di fotosegnalamento. Volevo capire se è in grado di fornirci dei numeri e di quantificare questa ridistribuzione del personale e se e come questo rafforzamento ha riguardato anche le periferie dei luoghi di ingresso via terra, non solo quelle che riguardano gli sbarchi.
  Dall'altra parte, ci ha confermato – cosa che in parte sapevamo, ma è giusto avere anche dei dati precisi – che le opposizioni e, quindi, le resistenze all'identificazione sono molto ridotte. Volevo capire se, per caso, voi misurate questo tipo di fenomeno e se, quindi, rispetto ai dati che avete, distinguete tra i rifiuti al fotosegnalamento e altre motivazioni, come si diceva, tecnico-organizzative.

  PRESIDENTE. Direttore, abbiamo pochi minuti, ma sono convinto che sarà in grado di fornirci una risposta esaustiva. Poi eventualmente, se lo riterrà opportuno, ci potrà inviare ulteriori informazioni anche documentali.
  Do la parola al nostro audito per la replica.

  LUIGI CARNEVALE, Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. Credo di poter evitare di tediarvi con altre carte. Pag. 11
  Per quanto riguarda la prima domanda, che si riferiva al dato di coloro che sarebbero sfuggiti al fotosegnalamento, non vi sfugge sicuramente che questo dato che ho fornito del 92 per cento di fotosegnalati è una media dell'intero anno. Credo di poter dire che negli ultimi mesi la percentuale sfiori quasi il 100 per cento. Tuttavia, il 100 per cento non lo raggiungeremo mai, e nemmeno forse il 95, perché non sfugge nemmeno a voi che esiste un numero anche cospicuo – che non voglio fornire, perché non ce l'ho, ma ce l'ha l'Ufficio immigrazione – di minori sotto i 14 anni, che, come ben sapete, non vengono sottoposti ai rilievi dattiloscopici. Questo è un numero che credo si debba sempre tenere presente.
  Abbiamo poi numerosi ammalati, che non vengono fotosegnalati finché non escono fuori dall'emergenza sanitaria. Ovviamente, questo è un dato che va tenuto presente.
  Quanto alla vicenda di Como – non per eludere la domanda; la conosco sicuramente – non conosco il dato specifico del fotosegnalamento o meno, ripeto, perché noi veniamo investiti quando ce lo richiedono. Quindi, in questa fase siamo semplicemente preoccupati di rispondere alle esigenze e alle richieste che ci arrivano.
  Per quanto riguarda, invece, le persone che si rifiutano di fare il fotosegnalamento, sapete benissimo che la resistenza può essere di vario tipo, sia passivo, sia attivo. Con l'attivo si cade, ovviamente, in reati per i quali si viene denunciati ed eventualmente è previsto anche l'arresto di quelle persone. La maggior parte di questi soggetti, che sono soggetti entrati illegalmente, alla fine viene munita di un decreto di espulsione. È evidente che molti di questi insistono sul territorio italiano, chiaramente. Mi pare che questo sia, purtroppo, inevitabile. Non ci sono centri di detenzione per quelli che si trovano in queste condizioni.
  Sul fatto di cosa fare – come chiedeva l'onorevole Carnevali – credo che quello che bisognava fare lo stiamo quasi facendo al 100 per cento. Vi sono ormai questi numeri, che credo difficilmente riusciremo a superare per questioni oggettive, proprio perché molti non sono nemmeno destinati a essere fotosegnalati.
  Quanto ai richiedenti asilo nel porto, questo è sicuramente un fenomeno che esiste. Ne ho consapevolezza, anche se non diretta. Non sono in grado, però, di fornirle delle risposte perché non giunge a noi nell'immediatezza. La prego di credermi, non è un volermi sottrarre a questo tipo di risposta.
  Alla luce di questo posso dire tranquillamente che ormai il coinvolgimento di tutte le autorità locali (questura, prefettura e associazioni incardinate in questo contesto) è tale che, come le ho detto prima, ben prima delle 72 ore riusciamo a portare a compimento queste attività, devo dire senza nemmeno eccessive forme di resistenza, né passiva, né attiva. Questo comunque rientra, chiaramente, in un dato statistico che va accettato.
  Passando al rafforzamento del personale, noi operiamo con il personale che abbiamo. Non è stato immesso nuovo personale, né possiamo immettere persone che non abbiano una competenza specifica. I nostri operatori hanno almeno un corso di sei mesi alle spalle e in questo momento sono proiettati non soltanto sulle frontiere italiane, ma anche sulle frontiere dell'Europa, che sono le nostre frontiere marittime.
  Il problema rispetto alle frontiere terrestri non lo sottovalutiamo certamente. Era un problema molto grave l'anno scorso, quando si è svolta l'audizione della dottoressa Stradiotto. C'era un forte timore che la rotta balcanica, anche per l'innalzamento di muri nelle varie nazioni, potesse alla fine riversarsi sul nostro territorio. Sembra che questo tipo di pressione oggi non sia all'ordine del giorno e che non sia un problema alle porte.
  Sotto il profilo numerico abbiamo almeno 50 operatori del nostro servizio che si alternano sul territorio e tutti i nostri gabinetti regionali (parliamo di Catania, Palermo, Reggio Calabria e anche Bari) sono impegnati non soltanto negli hotspot, ma anche nei siti, nei luoghi di sbarco, dove c'è questa necessità. Pag. 12
  Ripeto, è un impegno notevole, ma – devo dire la verità – ho notato, oltre al senso del dovere, anche quel tratto umano che ha sempre contraddistinto il nostro impegno. Chiedo scusa se lo sottolineo nuovamente, ma ci contraddistingue.
  Questo è il dato che posso offrirvi.

  PRESIDENTE. Grazie, direttore, per il suo lavoro e per il suo contributo. La prego di portare un ringraziamento a nome mio e di tutta la Commissione ai suoi collaboratori e alle persone che insieme a lei lavorano in questo importante ruolo, strategico per il nostro Paese e per gli impegni che abbiamo assunto con il resto dell'Europa. Grazie per la sua disponibilità.

  LUIGI CARNEVALE, Direttore della Polizia scientifica presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. Grazie a lei e a tutti i componenti della Commissione.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.