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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a-4a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 28 di Martedì 1 agosto 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sull'evoluzione della situazione in Libia:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Spadoni Maria Edera (M5S)  ... 3 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 4 
Alfano Angelino (AP-CpE-NCD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 
Pinotti Roberta , Ministra della difesa ... 10 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 12 
Casini Pierferdinando , Presidente della 3a Commissione del Senato ... 12 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 12 
Picchi Guglielmo (LNA)  ... 12 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 13 
Alfano Angelino (AP-CpE-NCD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 
Tofalo Angelo (M5S)  ... 14 
Gasparri Maurizio  ... 15 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL-POS)  ... 16 
Manciulli Andrea (PD)  ... 17 
Corsini Paolo  ... 18 
Casini Pierferdinando , Presidente della 3a Commissione del Senato ... 18 
Corsini Paolo  ... 18 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 18 
Corsini Paolo  ... 19 
Rossi Luciano  ... 19 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 20 
Alfano Angelino (AP-CpE-NCD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 20 
Pinotti Roberta , Ministra della difesa ... 20 
Cirielli Edmondo (FdI-AN)  ... 21 
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 22 
Artini Massimo (Misto-AL-TIpI)  ... 23 
Altieri Trifone (Misto-DI)  ... 24 
Frusone Luca (M5S)  ... 25 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 25 
Pinotti Roberta , Ministra della difesa ... 25 
Alfano Angelino (AP-CpE-NCD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 26 
Basilio Tatiana (M5S)  ... 26 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori: Misto-CI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI: Misto-FARE!-PRI;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 13.30

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sull'evoluzione della situazione in Libia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sull'evoluzione della situazione in Libia.
  Do, quindi, il benvenuto, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Angelino Alfano, e alla Ministra della difesa, Roberta Pinotti, anche a nome dei colleghi senatore Pierferdinando Casini, presidente della Commissione affari esteri del Senato, senatore Nicola Latorre, presidente della Commissione difesa del Senato, onorevole Francesco Saverio Garofani, presidente della Commissione difesa della Camera, nonché dei colleghi senatori e deputati presenti.
  La seduta odierna si inquadra nell'ambito dell'esame da parte delle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato della Deliberazione del Consiglio dei ministri, concernente la partecipazione alla missione in supporto alla Guardia costiera libica, richiesta dal Consiglio presidenziale – Governo di accordo nazionale, adottata il 28 luglio 2017 (Doc. CCL, n. 2) ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 21 luglio 2016, n. 145.
  Come noto, le Commissioni hanno già avviato i propri lavori che proseguiranno nella giornata odierna conformemente alle deliberazioni assunte dai rispettivi Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi.
  Nel riservarmi di intervenire in sede di dibattito sulle comunicazioni in titolo, chiedo ai colleghi presidenti delle Commissioni se intendano svolgere considerazioni introduttive. Diversamente, do immediatamente la parola ai Ministri, segnalando che il ritardo dei nostri lavori è dipeso da un prolungamento della seduta antimeridiana del Senato e che, relativamente ai lavori delle Commissioni, per i quali in precedenza era stato previsto il termine delle ore 15, per quello che riguarda la Camera, ho concordato con la Presidenza della Camera che i deputati potranno votare la questione di fiducia in Aula alla fine della prima chiama, quindi guadagnando circa un'ora di lavoro per svolgere le comunicazioni del Governo all'ordine del giorno.

  MARIA EDERA SPADONI. Presidente, intervengo per segnalare che, essendo le 13.38, stiamo iniziando i lavori di queste Commissioni con quasi quaranta minuti di ritardo, interessa poco se addebitabili al prolungamento dei lavori del Senato. Il punto è che, come diceva, alle 15 inizierà in Aula la votazione sulla questione di fiducia e nella Commissione esteri è presente anche una delegata d'Aula, cioè la sottoscritta, che sarà costretta a lasciare l'Aula per rimanere qui, perché reputo fondamentale rimanere. Dato che il mio gruppo questa mattina ha avanzato richieste specifiche, soprattutto per quanto riguarda la lettera che al-Sarraj ha inviato al Governo italiano e vorremmo avere una risposta su Pag. 4questo, io spero vivamente che ci sia la possibilità non soltanto di ascoltare i monologhi del Governo, ma anche di svolgere un intervento per avanzare richieste specifiche, anche in vista del voto finale sulla Deliberazione che è programmato per oggi, alla fine dei lavori dell'Aula. Quindi, chiediamo che ci sia la possibilità effettiva di riuscire a porre queste domande ed avere risposte chiare dal Governo.

  PRESIDENTE. Il tempo c'è, avendo noi ottenuto dalla Presidenza della Camera la possibilità di proseguire i nostri lavori oltre le ore 15. È acquisito che il ritardo nell'inizio della seduta è dovuto al proseguimento di lavori che non dipendono dalla Camera ma dal Senato. Poi, ci sono altri aspetti politici che verranno affrontati, evidentemente, dopo che voi avrete ascoltato le relazioni dei Ministri.
  Do, quindi, la parola al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Angelino Alfano.

  ANGELINO ALFANO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con le comunicazioni odierne intendiamo informarvi, innanzitutto, sulla missione di sostegno alla Guardia costiera libica, che il Consiglio dei Ministri ha deliberato venerdì scorso, ed anche sulla articolata strategia e sull'agenda italiana riguardante la Libia.
  Il 23 luglio il Presidente al-Sarraj, dopo averne informato il nostro Ambasciatore a Tripoli, ha scritto al Presidente Gentiloni per chiedere all'Italia sostegno tecnico navale. Nella sua missiva il Presidente libico ha invitato il Governo italiano a inviare un sostegno navale tecnicamente idoneo a fornire tutto l'aiuto necessario per il contrasto dei trafficanti di esseri umani e per il contrasto all'immigrazione illegale, fornendo, dunque, l'aiuto necessario agli organi navali libici che sono operativi esattamente su questi ambiti. L'assistenza che ci viene richiesta, quindi, riguarda le attività della Guardia costiera libica, che – lo voglio ricordare sottolineandolo – ha iniziato ad essere ricostituita grazie all'Italia.
  C'è una questione politica fondamentale che io voglio rimettere alle Commissioni: questa richiesta libica nasce in un clima di assoluta fiducia reciproca. Mi pare del tutto evidente che il contenuto stesso della richiesta sarebbe impossibile senza una base di fiducia reciproca. Si tratta di una fiducia che non è estemporanea, ma viene da lontano ed è stata particolarmente corroborata negli ultimi mesi da un'intensa azione politico-diplomatica italiana, sempre rispettosa della sovranità libica. Il Presidente al-Sarraj ha confermato personalmente questa sua richiesta la scorsa settimana, quando l'abbiamo incontrato qui a Roma con il Presidente del Consiglio, unitamente al suo Ministro degli esteri. A seguito di questo invito orale e scritto, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la partecipazione alla missione in sostegno della Guardia costiera libica richiesta dal Consiglio presidenziale – Governo di accordo nazionale libico.
  Nel lasciare, ovviamente, alla Ministra Roberta Pinotti il compito di approfondire gli aspetti tecnici dell'operazione, aggiungo che la missione ha l'obiettivo di fornire sostegno all'attività di contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani, con compiti che si aggiungono a quelli già svolti per la sorveglianza e la sicurezza nell'area del Mediterraneo centrale. Le modalità dell'operazione saranno ulteriormente definite tramite un'intesa tecnica con i libici. Voglio ribadire e sottolineare che è la prima volta che ci viene formulata una richiesta del genere e che un'azione come quella che viene configurata sarebbe stata impossibile senza una specifica richiesta da parte libica e, infatti, in passato non è mai stata effettuata.
  Vorrei adesso riassumere qual è l'agenda italiana sulla questione libica, che è un'agenda molto articolata. Esiste un'agenda dell'Italia sulla Libia configurata in termini assolutamente robusti e risalenti nel tempo. Essa è composta da dieci punti, che io ritengo tutti importanti e che voglio sottoporre alla vostra attenzione.
  Considero il primo punto la premessa rispetto a quello che stiamo andando a fare. Direi che si tratta di una reductio ad unum dell'azione della comunità internazionale. Pag. 5 Questo è un obiettivo fondamentale della nostra azione diplomatica. Noi abbiamo lavorato fino ad ora per tenere alta la questione libica nell'agenda internazionale. Abbiamo tante questioni aperte a livello di agenda globale, non solo nell'ambito dell'ONU ma anche in vari formati multilaterali, e tante volte si è corso il rischio che la questione libica degradasse nella classifica. Noi abbiamo lavorato per tenerla alta. Capirete che la ragione dell'importanza di questo obiettivo risiede nel fatto che, per noi, a differenza di altri partner, l'unità e la stabilità della Libia coincidono con il nostro interesse nazionale. Lavoriamo, quindi, per evitare la frammentazione dell'azione della comunità internazionale. In questo risiede la nostra strategia di reductio ad unum delle iniziative della comunità internazionale.
  La nostra posizione è chiara e lineare, perché vogliamo ricondurre a fattore comune le tante iniziative in atto sulla Libia. Abbiamo assistito, negli ultimi mesi, a una proliferazione di iniziative unilaterali, dovute anche al fatto che – questo è il motivo politico – è stata progressivamente messa in discussione l'autorevolezza e la legittimazione politica del Rappresentante speciale delle Nazioni Unite Kobler, che era alla fine del suo mandato. Pertanto, sono stati avviati una serie di formati unilaterali. Ora, con la nomina del nuovo Rappresentante del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè – che, peraltro, assume formalmente il suo incarico proprio oggi, 1° agosto –, la comunità internazionale non ha più scuse: deve unificare gli sforzi concentrandoli sul sostegno all'azione onusiana. Se ognuno dovesse andare per conto proprio, finiremmo per delegittimare sul nascere il mandato del nuovo inviato delle Nazioni Unite e per alimentare i libici nella convinzione che si possa negoziare al rialzo con i diversi attori in campo.
  Noi abbiamo sostenuto la nomina di Salamè e abbiamo anche chiesto al Segretario Generale Guterres di impegnarsi anche lui, in prima persona, nei delicati negoziati libici. Non è un caso che Salamè abbia scelto l'Italia come prima tappa europea del suo tour diplomatico. Pertanto, io lo incontrerò esattamente tra una settimana, l'8 agosto, qui a Roma. Del resto Salamè non può che saper bene – e questo mi risulta dalla prima telefonata che ho avuto con lui – che la sua agenda inevitabilmente è la nostra agenda e il suo successo sarà il nostro successo. A Salamè chiederò di imprimere nuovo impulso all'azione dell'ONU e chiederò di usare la sua shuttle diplomacy per fare confluire tutte le iniziative su un unico obiettivo.
  L'incontro di Parigi tra il Presidente del Consiglio presidenziale al-Sarraj e il generale Haftar, per noi, va ricondotto nel quadro di questa iniziativa unitaria. Riprendendo le parole del nostro Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, l'Italia guarda con speranza ai seguiti dell'incontro di Parigi. Allo stesso tempo, credo che, per avere speranza di successo, l'iniziativa di Macron debba essere ricondotta nel quadro più ampio del processo inclusivo, sotto la guida delle Nazioni Unite. Questo elemento, che a me pare essenziale, è riconosciuto dagli stessi francesi, come mi ha confermato anche lo stesso Ministro Le Drian.
  Non è neanche la prima volta che quel formato parigino si riuniva, perché si era svolto, già a maggio, un altro incontro con lo stesso formato ad Abu Dhabi, organizzato dagli emiratini e dagli egiziani. L'incontro di Parigi è stato ritenuto da The Economist, ad esempio, un piccolo passo. Noi lo riteniamo, comunque, un passo utile, sebbene tanti altri passi ancora servono per lavorare, come è stato fatto in parte a Parigi, nella direzione che la comunità internazionale ha tracciato con l'accordo di Skhirat. Gli obiettivi di tale accordo sono il processo di riconciliazione e l'effettiva unità del Paese. Tutti questi passi a cui faccio riferimento non potranno prescindere da un dialogo inclusivo delle parti, come peraltro ammette la dichiarazione di Parigi.
  Del resto, l'iniziativa di Parigi non è un'iniziativa isolata, in quanto segue quella di Abu Dhabi, che ho appena citato, e segue anche un tentativo esperito dagli olandesi e altri formati abbozzati da alcuni protagonisti Pag. 6 regionali della crisi, alludo cioè all'iniziativa tunisino-algerino-egiziana. Devo dire che anche noi italiani ci siamo impegnati in un nostro formato, prediligendo un canale più istituzionale e facendo incontrare a Roma, per la prima volta, il Presidente del Consiglio di Stato di Tripoli, Swelhi, e quello della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh. Tutte queste iniziative, pur ispirate alla volontà di favorire il dialogo, scontano il fatto di non essere coordinate tra di loro e, non essendo coordinate tra di loro, di non riuscire a imprimere ai libici, in primo luogo, quella sufficiente pressione internazionale che li possa indurre a impegnarsi in modo definitivamente costruttivo nel negoziato.
  Il secondo punto della nostra strategia, alla luce delle cose che ho testé detto, è quello di facilitare il dialogo tra i libici. La maggiore difficoltà della nostra azione diplomatica sta nel fatto che tra gli stessi libici prevale ancora una logica dell'esclusione, in quanto manca non solo la reciproca fiducia, ma anche la condivisione di una road map tra di loro. Pensiamo, ad esempio, al fatto che, mentre nella dichiarazione di Parigi al-Sarraj e Haftar hanno indicato l'obiettivo di svolgere elezioni in tempi rapidi, solo alcuni giorni dopo, a Beida, l'Assemblea costituente libica ha approvato una bozza di Costituzione che dovrebbe essere sottoposta a referendum. Si tratta, evidentemente, di uno sviluppo che coglie di sorpresa quanti puntano ad elezioni in tempi brevi e, al tempo stesso, è il caso di sottolineare che l'impegno per il cessate il fuoco assunto con la dichiarazione di Parigi è stato violato pochi giorni dopo e che, proprio in queste ore, il generale Haftar sta rafforzando la campagna militare per la presa della città di Derna in Cirenaica.
  Per questo motivo, noi abbiamo la presunzione di offrire un sostegno ai libici, ma non abbiamo la presunzione di sostituirci ai libici e di offrire loro, dall'esterno, una soluzione catartica. Quello che, invece, noi, al di là di ogni presunzione possibile, riteniamo concreto è favorire il dialogo tra di loro, nella convinzione che non possa esistere una soluzione militare alla crisi libica.
  Il terzo elemento della nostra agenda è allargare la portata del dialogo. In questa nostra strategia di reductio ad unum delle iniziative di sostegno delle Nazioni Unite e di impulso al dialogo intralibico rilevano due importanti elementi. Il primo è la riapertura della nostra ambasciata a Tripoli e il secondo è la legittimità del Governo di al-Sarraj.
  Riguardo al primo aspetto, ossia la riapertura della nostra ambasciata a Tripoli, è del tutto evidente che è stato un segnale forte della nostra vicinanza alle istituzioni libiche e all'intero popolo libico, perché noi consideriamo la Libia come un Paese, uno Stato, un popolo. In quest'ottica di attenzione alle esigenze della popolazione libica, ho voluto che fossimo i primi ad attivare, anzi a riattivare, il servizio dei visti, dapprima a Tripoli, poi anche nell'est del Paese, per contribuire a superare la sensazione di isolamento della popolazione. Abbiamo affrontato pragmaticamente, con grande spirito di apertura, il rapporto con l'est del Paese, accogliendo nei nostri ospedali i loro feriti e moltiplicando i segnali distensivi, come quando il nostro Ambasciatore è andato a Tobruk per incontrare Aguila Saleh e lo stesso Haftar.
  L'altro elemento importante è la legittimità del presidente al-Sarraj, che deriva dalle Nazioni Unite. Il suo governo, per quanto fragile, gode di legittimità internazionale. Invece, l'esigenza di interloquire con il generale Haftar deriva politicamente dall'influenza da lui stesso esercitata presso una parte significativa dell'opinione pubblica e dal seguito di cui gode nel Paese. Noi diamo pieno sostegno al governo di al-Sarraj e siamo stati anche i primi a riconoscere che un ruolo per Haftar sia indispensabile. Ma è evidente che né il Presidente al-Sarraj né il generale Haftar possiedono da soli la chiave per la stabilizzazione della Libia. Illudersi che loro due da soli possano stabilizzare la Libia è un qualcosa che non fa molto bene all'efficacia dell'azione che stiamo portando avanti. Pag. 7
  La situazione del Paese è più articolata di questa dicotomia ed è per questa ragione che la nostra azione è diretta a coinvolgere gli attori libici più influenti, a favorire un processo inclusivo e a rendere partecipi della nostra strategia tutte le regioni del Paese (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan) e le comunità locali. Da questo punto di vista, il Governo ha lavorato intensamente per favorire l'accordo, siglato il 31 marzo a Roma, con le tribù meridionali dei Awlad Suleiman, dei Tuareg e dei Tebu. L'intesa individua una serie di azioni per favorire lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni del sud della Libia sulla base della creazione di fonti alternative di reddito. Questo è un punto che ci imporrà di ritornare successivamente sull'argomento.
  Rivolgiamo grande attenzione alla diversificata realtà delle municipalità libiche, il cui sostegno è cruciale per favorire un processo di consolidamento istituzionale dal basso. In questi giorni, ad esempio, ho autorizzato l'invio di materiale sanitario destinato all'ospedale di Sabratha per rispondere alle richieste delle autorità di una città nota, purtroppo, per essere un avamposto di trafficanti di esseri umani. Tutta questa nostra articolata azione politico-diplomatica è funzionale alla nostra volontà di coinvolgere il più possibile la popolazione libica in un processo inclusivo, proprio perché siamo consapevoli che solo con l'adesione convinta della popolazione a questa strategia, sarà possibile preservare l'unità e garantire la stabilizzazione del Paese.
  Il quarto elemento della nostra agenda è sensibilizzare i partner regionali. La stabilizzazione della Libia non può prescindere da questo aspetto, cioè da un coinvolgimento costruttivo dei partner regionali. Alcuni di loro – certo, non lo scopriamo qui oggi pomeriggio – hanno fatto dello scacchiere libico il terreno per espandere la loro influenza nella regione e per regolare alcune dispute che vedono contrapposti governi e opposizioni del mondo arabo. Per questo motivo, in questi mesi, abbiamo portato avanti un'azione forte di sensibilizzazione dei Paesi del Golfo, incoraggiandoli a tenere la Libia al riparo dalle tensioni regionali. L'ho fatto anche nelle scorse settimane incontrando più volte i miei omologhi emiratino, saudita e qatarino. Proprio in Qatar mi recherò appena conclusa la seduta di queste Commissioni.
  In questa azione di sensibilizzazione e di moderazione troviamo una sponda importante in alcuni dei nostri principali partner, tra cui gli Stati Uniti e il Regno Unito, con i quali la comunanza di visione sul dossier libico resta assolutamente salda. Ineludibile ai fini della stabilizzazione della Libia, dal nostro punto di vista, è anche il ruolo di quei Paesi che, come l'Italia, condividono la qualifica di «vicini». Mi riferisco, in primo luogo, all'Algeria, all'Egitto e alla Tunisia.
  Il quinto punto riguarda, ovviamente, il contrasto ai flussi migratori. In questi mesi abbiamo lavorato intensamente per attenuare l'impatto dell'ondata migratoria, sia sensibilizzando le istituzioni di Tripoli, sia creando dal nulla un argine alla frontiera meridionale della Libia. Lo abbiamo fatto nella consapevolezza di dover ricercare una sponda nel Governo di Tripoli, ma anche in quella di non doverne o poterne condizionare il processo decisionale. Infatti – lo dico con grande chiarezza – ogni forzatura avrebbe rischiato di indebolire le istituzioni legittime e di rivelarsi, di fatto, controproducente ai fini della nostra stessa strategia: non è nel nostro interesse nazionale rendere ancora più fragili le già fragili istituzioni libiche.
  I numeri parlano chiaro: sappiamo che dalla Libia parte il 96 per cento dei migranti ed è in questo contesto che noi abbiamo accolto l'invito di al-Sarraj per un sostegno tecnico navale per affiancare la Guardia costiera libica nelle attività di contrasto all'immigrazione e al traffico di esseri umani.
  Il sesto punto riguarda l'azione in Europa. In Europa abbiamo presentato diversi progetti per il contrasto al traffico di esseri umani. Mi riferisco, in particolare, al progetto pluriennale di sostegno alle autorità libiche nella gestione integrata delle frontiere marittime e terrestri. Il progetto, la cui prima fase è stata approvata la scorsa settimana a Bruxelles, prevede un Pag. 8finanziamento, per il primo anno, di 46,3 milioni di euro, al quale l'Italia contribuisce con 12,2 milioni di euro, 10 dei quali previsti dal nostro Fondo Africa, che è gestito dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, mentre gli altri 2,2 milioni provengono dal Ministero dell'interno. La restante parte del progetto è attinta dallo EU Emergency Trust Fund for Africa, che è lo strumento finanziario lanciato nel 2015 a La Valletta. Riconosciamo questi sforzi, ma, chiaramente, chiediamo a Bruxelles di fare molto di più, perché i fondi del Trust Fund destinati alla finestra del Nord Africa sono ancora troppo limitati rispetto alla sfida che siamo chiamati ad affrontare. Quindi, continuiamo a sollecitare maggiori sforzi dell'Unione europea e anche maggiori sforzi di tutti gli Stati membri.
  Sempre parlando di azione europea, vorrei richiamare la missione EUNAVFORMED operazione Sophia. Certo, siamo i primi ad ammettere che avremmo voluto che l'operazione Sophia facesse di più nel contrasto al traffico di esseri umani, ma resta il fatto – questo è un aspetto per noi fondamentale – che l'operazione Sophia ha aggiunto ai suoi compiti iniziali la formazione della Guardia costiera libica. Il 25 luglio, al momento del rinnovo unanime dell'operazione, d'intesa con il Presidente Gentiloni e, ovviamente, d'intesa con la collega Pinotti, abbiamo chiesto che fosse rivisto il piano operativo, in particolare per aggiornare le procedure di sbarco. L'Alto Rappresentante Mogherini ci ha risposto assicurando che la revisione del piano operativo dell'operazione Sophia, al cui lavoro è stato dato un immediato avvio, deve rafforzare l'efficacia della missione e la condivisione della responsabilità tra gli Stati membri.
  Sempre in ambito europeo, ricordo anche la missione EUBAM Libya, finalizzata a formare personale libico e a rafforzare le amministrazioni libiche nella gestione delle frontiere. Se vogliamo che i libici controllino i loro confini, dobbiamo investire nella formazione e nell'assistenza tecnica.
  Il settimo punto dell'agenda italiana è l'azione con i Paesi confinanti con la Libia, in quanto i nostri sforzi diplomatici non si fermano a Bruxelles. Per reazioni e per tempi troppo lenti dell'Unione europea, abbiamo avviato una nostra azione diplomatica bilaterale e multilaterale per rafforzare il controllo della frontiera meridionale della Libia. In attesa dei controlli da parte dei libici dei loro confini meridionali, abbiamo deciso di avviare una stretta collaborazione con i Paesi che confinano a sud della Libia, cioè Niger, Ciad e Sudan. La cooperazione con questi Paesi, dal punto di vista della sua copertura economica, fa riferimento al Fondo Africa, che abbiamo istituito con una legge votata dal Parlamento, la quale prevede uno stanziamento di 200 milioni di euro.
  Noi riteniamo strategica questa cooperazione con i Paesi di transito. Pensate che solo al Niger la Farnesina ha riservato 68 milioni di euro del Fondo Africa, ripartiti in un sostegno al bilancio di 50 milioni di euro, tramite il Trust Fund dell'Unione europea, 15 milioni di euro per il partenariato tra Unione europea e Organizzazione Internazionale delle Migrazioni in Niger, e 3 milioni di euro per un progetto di sviluppo concentrato sulle fattorie tradizionali. Per il Ciad abbiamo previsto un sostegno al bilancio di 10 milioni di euro.
  Questa strategia sta ottenendo i primi risultati, basti pensare al Niger: un più efficace controllo dei flussi migratori che attraversano quel Paese ha assicurato una considerevole diminuzione dei flussi diretti verso la Libia, con una diminuzione da 71.000 persone nel mese di maggio 2016, a poco più di 4.600 persone nel mese di aprile 2017. Abbiamo voluto condividere questa strategia – nel senso che non l'abbiamo portata avanti da soli – con altri Paesi europei, convocando, lo scorso 6 luglio alla Farnesina, una conferenza ministeriale sui Paesi di transito. Alla conferenza sono stati invitati i Ministri degli esteri di diversi Paesi europei e dei principali Paesi africani attraversati dei flussi migratori. Per essere pratici, questo formato non aveva precedenti: è un formato del tutto innovativo, che ha voluto superare Pag. 9le lentezze dell'Unione europea e mettere insieme alcuni Paesi che avevano dimostrato buona volontà a livello europeo e, al contempo, i Paesi di transito dei flussi migratori. Abbiamo prodotto risultati concreti e immediati, con aiuti a quei Paesi africani disposti a rafforzare il controllo delle loro frontiere con la Libia, nel pieno rispetto dei diritti dei migranti e dei rifugiati. Devo dire che l'Italia ha svolto un ruolo di catalizzatore, convocando a Roma gli altri Paesi europei, e, di fatto, alcuni Paesi hanno anche raddoppiato il loro contributo. La filosofia è semplice: se vogliamo arginare le partenze dalla Libia, cominciamo con l'evitare che i migranti entrino in Libia e portiamo avanti progetti di sviluppo nei Paesi che solitamente sono di transito o di origine.
  L'ottavo punto dell'agenda italiana è il coinvolgimento delle organizzazioni internazionali nella strategia di contrasto ai flussi migratori, per assicurare il massimo rispetto ai diritti dei migranti e dei rifugiati. Mi riferisco, in primo luogo, al nostro impegno al contributo di 10 milioni di euro all'Alto Commissariato per i rifugiati per proteggere i rifugiati in Libia, ai 18 milioni di euro destinati all'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni per il sostegno alle comunità locali e per i rimpatri volontari assistiti dalla Libia verso i Paesi di origine, e ai 3 milioni di euro destinati all'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine per continuare la lotta contro i trafficanti dei migranti. Tutto questo ha contribuito a rafforzare i programmi di rimpatrio volontario assistito dei migranti presenti in Libia. Negli ultimi mesi 5.000 persone sono state riaccompagnate volontariamente nei loro Paesi di origine, evitando così che rischiassero la vita nella traversata del Mediterraneo.
  Il nono punto dell'agenda italiana riguarda il sostegno all'economia libica. Accanto a tutto ciò che ho appena riferito, riteniamo essenziale una strategia di medio-lungo termine per offrire un'alternativa valida e di lungo periodo alle comunità libiche, in particolare per sottrarle alle sirene dei trafficanti di esseri umani. In Libia vogliamo sostenere, con investimenti economici, infrastrutturali ed energetici, lo sviluppo del Paese e il benessere delle popolazioni. Del resto, vi sono già segnali di ripresa, in quanto, per esempio, la produzione petrolifera in Libia è tornata a crescere in maniera costante, raggiungendo, nelle scorse settimane, un milione di barili al giorno. Dico ciò a dimostrazione del desiderio di pace e di ritorno alla normalità e alla prosperità del passato che si coglie nella società civile della Libia.
  Proprio per rilanciare l'economia del Paese, l'8 luglio scorso abbiamo organizzato, ad Agrigento, il primo Forum economico italo-libico, a cui hanno partecipato più di cento imprese italiane ed esponenti qualificati del mondo imprenditoriale libico. Nell'occasione, insieme al Vice Premier Maitig, abbiamo firmato una dichiarazione per il futuro partenariato economico. Quel Forum ha avuto un'importanza politica di una certa valenza, perché ha lanciato un chiaro segnale ai libici, ossia che i dividendi della pace saranno cospicui e che potremmo anche coglierli insieme. Quel Forum è servito a veicolare un chiaro messaggio di sostegno alle istituzioni legittime libiche, reiterando loro la volontà della comunità imprenditoriale italiana di programmare fin d'ora nuovi investimenti nel Paese, che potranno essere realizzati man mano che le condizioni di sicurezza lo consentiranno.
  Abbiamo già dato seguito a quel Forum, istituendo una task force pubblico-privata alla Farnesina per elaborare un piano di azione proprio per gli investimenti in Libia. Voglio ribadire l'interesse di grandi, medie e piccole imprese nazionali allo sviluppo economico della Libia.
  Stiamo anche lavorando al ripristino dei collegamenti aerei in tutto il Paese verso l'Italia e verso l'Unione europea. Nei giorni scorsi, a Tripoli, con il sostegno della nostra diplomazia, un consorzio italiano ha siglato un importante contratto per la ricostruzione dell'aeroporto internazionale della capitale e, in parallelo, l'ENAV ha posizionato presso l'aeroporto di Mitiga una torre mobile, in attesa della costruzione di una Pag. 10nuova torre di controllo. Ciò si aggiunge ad un'attività di formazione per i controllori di volo che sta contribuendo ad innalzare i livelli di sicurezza aerea in tutto il Paese.
  Il decimo ed ultimo punto dell'agenda italiana riguarda il sostegno umanitario alla popolazione. Abbiamo intensificato gli aiuti umanitari della cooperazione italiana quale ulteriore contributo per alleviare le sofferenze della popolazione civile, che ha pagato sulla propria pelle il prezzo più alto del conflitto. Nel 2016 la cooperazione italiana ha finanziato, con 6 milioni di euro, interventi umanitari e di emergenza, con 3,2 milioni di euro in interventi per lo sviluppo. Questo impegno è proseguito quest'anno e abbiamo previsto, per il 2017, contributi per 9 milioni di euro, di cui 7 milioni per interventi umanitari e di emergenza e 2 milioni per progetti di sviluppo nel Sud del Paese. Dare ai giovani opportunità di lavoro e prospettive di reddito significa, nella nostra visione, dare loro speranza, dignità, ma, soprattutto, significa contrastare i traffici illeciti.
  Questa ricostruzione della nostra agenda in dieci punti non è mirata a rivendicare i risultati raggiunti, ma a sottolineare il clima di assoluta fiducia da cui è nata la richiesta di sostegno logistico del Presidente al-Sarraj. Si tratta di una fiducia che affonda le sue radici in un rapporto articolato e che ha subìto un'ulteriore accelerazione proprio negli ultimi mesi. La sfida per la stabilizzazione della Libia è complessa e richiede un impegno significativo e di lungo periodo. Si tratta di un impegno, cari presidenti e cari colleghi, che l'Italia continuerà ad assicurare alla Libia e alla comunità internazionale. Devo dire che i libici sono i primi a rendersene conto e, per questo motivo, ci sono grati e ci chiedono di continuare ad aiutarli a fare della Libia un Paese stabile, prospero e sicuro.

  PRESIDENTE. Do la parola alla Ministra Pinotti.

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. L'ampia relazione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che ha dato conto della complessiva strategia italiana sulla situazione della Libia e non solo, mi permette di essere più sintetica nell'esplicitare i termini della missione.
  Ricordo, come ha già fatto il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che il Governo di accordo nazionale libico ha ricevuto il riconoscimento delle Nazioni Unite il 23 dicembre 2015, attraverso la risoluzione n. 2259. In tale circostanza, le Nazioni Unite hanno invitato tutti i membri dell'ONU a lavorare con le autorità libiche per sviluppare le loro capacità di Governo, in linea con le priorità libiche e in risposta alle loro richieste di assistenza. L'Italia si è sempre mossa nel quadro internazionale e, in particolare, in quello delle decisioni adottate dalle Nazioni Unite.
  Conosciamo e comprendiamo bene la complessità della Libia e, per questo motivo, lavoriamo da sempre con un approccio inclusivo, per dialogare con tutti gli attori locali, ma riconosciamo l'autorità legittima del Governo di Tripoli di al-Sarraj per quanto riconosciuto dalle Nazioni Unite. Conosciamo anche lo spirito che muove i libici, in particolare il giusto orgoglio nazionale. Per questo motivo, sappiamo quanto sia importante lavorare insieme a loro e sulla base di loro richieste di sostegno, senza imporre alcunché.
  Una di queste richieste, venuta da al-Sarraj e diretta all'Unione europea, ha riguardato il sostegno alle proprie forze navali, in particolare per l'addestramento del personale. L'Italia ha sostenuto tale richiesta e l'operazione europea Sophia svolge, dal giugno 2016, anche attività addestrative a favore della Guardia costiera libica, compito inizialmente non previsto dalla missione. Circa 100 tra ufficiali, sottufficiali e marinai libici sono stati addestrati attraverso corsi tenuti a bordo delle navi di EUNAVFORMED, una italiana e una olandese, e altri 40 ufficiali libici sono stati addestrati a terra, in corsi tenuti a Creta e a Malta. Altre attività sono programmate in Spagna e in Italia. Ho partecipato personalmente, l'8 febbraio, alla consegna dei primi attestati di fine corso insieme all'Alto Pag. 11Rappresentante Federica Mogherini e al Primo Ministro maltese Muscat, durante il Semestre di Presidenza maltese. Devo dire che, parlando con i nostri militari, chiedendo come fosse andato l'addestramento, un elemento importante era proprio la grande determinazione e la grande volontà di acquisire competenze e capacità per tornare ad essere il punto di riferimento della sicurezza delle proprie acque territoriali.
  Cito anche l'operazione Sophia, perché, nel parlare della missione di cui discuterete oggi, è chiaro che esiste una linea di continuità. Noi stiamo parlando di sostenere la Guardia costiera libica nelle proprie azioni, ossia una Guardia costiera che con la missione europea continuiamo ad addestrare.
  In parallelo, abbiamo continuato a sostenere la Libia anche nella sua lotta contro il terrorismo. Da ottobre 2016, quando abbiamo cominciato la missione Ippocrate, con la quale abbiamo schierato a Misurata un ospedale da campo, abbiamo assistito moltissimi feriti nella lotta all'Isis: abbiamo effettuato 266 interventi chirurgici, curato oltre 3.000 persone e ci sono stati anche 85 trasferimenti di libici, arrivati da tutta la Libia, quindi non esclusivamente da una zona, nei nostri ospedali militari, sia al Celio, sia all'ospedale di Milano. Ad aprile di quest'anno, sono stati forniti alla Guardia costiera libica quattro guardacoste e, da allora, assicuriamo addestramento e manutenzione, in collaborazione con la Guardia di finanza.
  Nel tempo, sono giunte ulteriori richieste di supporto ad ampio spettro, richieste alle quali stiamo dando risposta, come ad esempio l'addestramento allo sminamento e alla difesa dagli IED, nell'ambito dei numeri della missione Ippocrate, e il supporto sanitario attraverso il gemellaggio di strutture ospedaliere libiche con il Celio.
  È del 23 luglio la lettera del Presidente del Consiglio del Governo di accordo nazionale al-Sarraj al Presidente Gentiloni: richiesta di sostegno tecnico navale in aiuto agli organi navali libici attivi nel contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani. Il contenuto del provvedimento adottato dal Governo, che oggi presentiamo al Parlamento, è volto ad assicurare un sostegno di natura logistica, tecnica e operativa alle unità navali libiche, accompagnandole e sostenendole mediante attività congiunte e coordinate, nonché assicurando il mantenimento o il ripristino dell'efficienza degli equipaggiamenti.
  Per condurre questa attività, le autorità libiche hanno richiesto di operare anche nelle loro acque territoriali e nei loro porti. Ciò implicherà l'invio di nostre unità navali per svolgere le citate funzioni di supporto, nello specifico nel porto di Tripoli e nella zona ad est e ovest di Tripoli. Tutte le attività si svolgeranno sulla base delle esigenze formulate dalle autorità libiche, quindi nel più stretto coordinamento con loro. Non si profila alcuna ingerenza o lesione della sovranità libica, anche perché il nostro obiettivo è, casomai, quello di rafforzare tale sovranità, fornendo il sostegno per svolgere tutte le attività che sono tipiche degli Stati pienamente sovrani.
  Le unità navali impiegate saranno tratte dal dispositivo nazionale Mare Sicuro, già operativo nelle acque internazionali, con l'inclusione di una nave di supporto logistico Moto Trasporto Costiero (una MTC, ossia una nave di piccole dimensioni, esattamente di supporto logistico), ma questo non comporta un'ulteriore spesa perché nell'ambito dello stanziamento di Mare Sicuro sono previste le coperture. Anche per questo, come dicevo, non ci saranno oneri aggiuntivi rispetto a quanto già approvato dal Parlamento per tale dispositivo militare nazionale.
  Si provvederà ad una azione di ricognizione preliminare a Tripoli, per individuare le esigenze di carattere tecnico e logistico dei libici. Le regole di ingaggio sono le stesse previste per il dispositivo di Mare Sicuro, con gli adattamenti necessari al fatto che non sarà più un'operazione nazionale, ma bilaterale. Sulla base del diritto internazionale, l'autodifesa dei nostri militari è sempre lecita.
  Il duplice intervento italiano, con l'addestramento e la fornitura di mezzi, sta funzionando. Le autorità libiche dimostrano la volontà di utilizzare al meglio l'aiuto ricevuto. Secondo quanto dichiarato Pag. 12dal direttore regionale dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, fino alla fine di giugno, la Guardia costiera libica aveva provveduto al salvataggio in mare di circa 10.000 naufraghi. È, altresì, importantissima la recente decisione delle autorità libiche di dichiarare ufficialmente la cosiddetta «area SAR», cioè l'area dove le operazioni di ricerca e soccorso sono sotto la loro responsabilità. Questo è uno sviluppo molto importante. Si tratta di passi che attendevamo da tempo, ma si tratta di risultati che, seppur concreti, sono parte di un percorso più lungo. Per questo motivo, la nostra assoluta priorità consiste ora nell'investire senza indugio nuove risorse per consolidare quanto ottenuto, in stretto collegamento con le iniziative europee e della comunità internazionale. Ma di questo ha già parlato ampiamente il Ministro Alfano.
  Dobbiamo sostenere con nuovo vigore la crescita delle capacità operative libiche, per permettere loro di presidiare effettivamente la costituenda zona SAR e di provvedere, sotto la loro piena responsabilità, tanto al salvataggio dei naufraghi quanto alla lotta contro il fenomeno dell'immigrazione illegale. La nostra è una strategia che deve per forza di cose procedere secondo i ritmi dettati dalle condizioni interne alla Libia, caratterizzate, come è noto e come è stato descritto, da grande frammentazione. È una strategia – lo ripeto, perché è importante – che si coordina con quanto l'Europa sta facendo e dentro le iniziative internazionali.
  Io mi auguro che il dibattito di oggi arricchisca queste valutazioni. Auspichiamo, come Governo, che ci possa essere un ampio sostegno parlamentare a una missione che ha queste caratteristiche e che risponde ad una strategia complessiva di sostegno alla ricostruzione della Libia, perché abbia una propria sovranità nazionale.

  PRESIDENTE. Ho un elenco di iscritti a parlare appartenenti ai vari gruppi. Prima, però, chiesto di intervenire il presidente Casini per una comunicazione. Ne ha facoltà.

  PIERFERDINANDO CASINI, Presidente della 3a Commissione del Senato. Si tratta di una comunicazione, d'accordo con il presidente Latorre, ai membri delle Commissioni difesa ed esteri del Senato: noi sentiremmo un rappresentante per gruppo adesso; alle 15 ci riuniamo nell'aula della Commissione difesa al Senato, anche perché il provvedimento – lo dico per i senatori, evidentemente – è calendarizzato domani in Aula al Senato alle 12. Lo dico solo perché sia chiaro l'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. È chiaro fino a un certo punto. Ci sarà una separazione del dibattito, perché i membri delle Commissioni esteri e difesa della Camera – così mi comunicano gli uffici della Presidenza della Camera – possono essere collocati in coda alla prima chiama del voto sulla questione di fiducia.
  Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GUGLIELMO PICCHI. Grazie, presidente. Ringrazio i Ministri per la relazione. Sorvolo su considerazioni di carattere generale sulla strategia italiana e, in generale, sulla politica estera che il nostro Paese ha messo in atto in questi anni, perché, sia in materia europea sia più globalmente, è una politica estera estremamente carente, debole da ogni punto di vista. Sulla Libia ne abbiamo una visione plastica, dato che – considerate questo fatto come volete – se c'è assoluta fiducia reciproca tra al-Sarraj e Gentiloni, quanto è avvenuto a Parigi non sarebbe dovuto avvenire.
  Chiusa questa polemica, si fa sempre riferimento a questa mitica lettera che al-Sarraj avrebbe inviato a Gentiloni. Sono consapevole di tante cose, però, prima di deliberare, vorrei vedere questa lettera e capire cosa c'è scritto. Quando viene presentata la Deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla missione dell'Italia e si cita come base giuridica di riferimento la richiesta del Consiglio presidenziale – Governo di accordo nazionale, con la lettera del Presidente al-Sarraj, e questa lettera non si allega, nonostante sia stato riferito il Pag. 13suo contenuto, faccio fatica a capire esattamente, al di là delle parole degli stessi Ministri, quale sia il contenuto effettivo di questa lettera. La prima richiesta è quella di prendere visione della lettera, con un formato che può essere da definire, però vogliamo vederla.
  Inoltre, sollevo un punto su cui il mio gruppo parlamentare ha una posizione netta: cosa succede ai respingimenti? Dove vengono riportate le persone che eventualmente vengono salvate o respinte dalla Guardia costiera libica con il nostro supporto? Per noi è dirimente il fatto che nessuno di essi arrivi in Italia.
  Ancora, vorremmo un po’ di chiarezza su un ulteriore aspetto. Se ci troviamo davanti a situazioni di autoaffondamento di barconi di fronte alle nostre navi, che cosa facciamo? Come operiamo? Operiamo il salvataggio? E dove riportiamo le persone che abbiamo salvato?
  L'ultimo punto che ci lascia molto perplessi – pertanto, anche sulla votazione finale ci riserviamo di esprimerci prima di aver ottenuto le risposte dal Governo – riguarda le regole di ingaggio. Si è detto che le regole di ingaggio rimarranno quelle dell'operazione Mare Sicuro, adattate alle nuove necessità. Leggo ancora una volta che, in particolare, la missione ha i compiti di protezione e difesa dei mezzi del Consiglio presidenziale – Governo di accordo nazionale libico, che operano per il controllo e il contrasto dell'immigrazione illegale. Quando occorre proteggere e difendere qualcuno, le regole d'ingaggio non possono essere leggermente modificate. Esiste, quindi, un ulteriore punto di forte dubbio sulle regole di ingaggio e non ci basta una rassicurazione generale.
  Riguardo all'ultimo dei dieci punti della strategia che il Ministro Alfano ha così brillantemente esposto, innanzitutto voglio sottolineare che siamo in un ritardo incredibile e mi sembra quantomeno un azzardo rivendicare i risultati raggiunti avendo flussi di migliaia di migranti economici. Ricordo, per inciso, che noi siamo l'unico Paese che ancora accoglie i migranti economici, quando in ogni risoluzione dell'ONU, dell'OSCE e di ogni altro organismo multilaterale le migrazioni economiche non sono più considerate legittime in alcun modo.
  C'è, poi, tutta la parte di collaborazione con i Paesi del sud. Ci saremmo anche inventati il formato di parlare con i Paesi confinanti a sud con la Libia. Sperare, però, di ottenerne una collaborazione quando si va a elemosinare un supporto di bilancio di qualche decina di milioni di euro, sapendo che praticamente quasi tutti i migranti passano da un solo Paese, il Niger, e pochissimi passano dal Ciad e dal Sudan, significa non voler affrontare il problema con un impatto forte.
  Ci riserviamo, quindi, di vedere quali saranno le risposte, ma esprimiamo veramente molti dubbi su tutta questa operazione.

  PRESIDENTE. La colpa è mia che non ho posto il problema, ma d'ora in avanti bisogna tenere degli interventi molto più ristretti, altrimenti non ne veniamo a capo. Siccome, tra le altre cose, l'onorevole Picchi ha posto una domanda, il Ministro Alfano mi ha chiesto la parola.

  ANGELINO ALFANO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Intervengo sul presupposto che c'è quasi un'implicita mozione d'ordine in quel che diceva l'onorevole Picchi. Alle altre questioni risponderò e suppongo che risponderà anche la collega Pinotti, in base all'ordine assegnato dal presidente, ossia dopo un certo giro di domande.
  C'è una questione preliminare posta che riguarda la lettera. Riguardo al suo sostanziale contenuto ho già esposto nella mia relazione e rimando anche a un comunicato del Ministero degli esteri libico del 28 luglio 2017 intitolato «Comunicato di chiarimento da parte del Ministero degli esteri relativo al supporto logistico e tecnico da parte del Governo italiano alla Libia per frenare il flusso dei migranti». Questo è il comunicato del Ministero degli esteri libico: «Nel quadro degli sforzi compiuti dal Governo italiano per sostenere e rafforzare le capacità della Guardia costiera libica, il Consiglio presidenziale del Governo di accordo nazionale ha richiesto al Governo Pag. 14italiano un sostegno tecnico, logistico e operativo per aiutare la Libia nella lotta al traffico di esseri umani e salvare la vita dei migranti. Questi sforzi potranno prevedere anche la presenza di navi italiane, che potranno operare dal porto di Tripoli solo per questa ragione e in caso di necessità. Non si accetterebbe nessuna interferenza di questo genere senza un'autorizzazione preventiva e un coordinamento con le autorità libiche all'interno del territorio e delle acque territoriali libiche». Questo dice il Ministero degli esteri libico.
  Per quanto riguarda, invece, la lettera in quanto tale, il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) è stato già informato, come da prassi e come mi pare del tutto naturale e regolare, dal sottosegretario Amendola sulla nostra disponibilità a porre in visione la lettera del Presidente al-Sarraj presso il Copasir per i membri del Copasir stesso, con le regole e i vincoli che esso comporta.

  ANGELO TOFALO. Apprendo dal Ministro questa notizia in questo momento, pur essendo componente del Copasir, perché il presidente del Copasir non ci aveva ancora informato. Non mi sembra che si tratti di un documento riservato. Già nel dibattito di questa mattina era risultato evidente a tutti i gruppi – anche componenti della maggioranza si erano espressi in questa direzione – che la presa visione della lettera da parte dei membri di queste Commissioni era una condizione necessaria, ma non sufficiente, altrimenti stiamo parlando del nulla. Senza mancare di fiducia, in questi quattro anni e quattro mesi ci avete abituato veramente a tutto e a di più, pertanto noi riteniamo condizione necessaria prendere visione di questa lettera.
  Non mi risulta essere un documento riservato o segreto. Inoltre, nel caso dovesse essere classificato, vorrei capire chi ha avuto l'autorità giuridica di classificare questo documento in tal senso. Noi riteniamo condizione necessaria la presa visione di questo documento. Altrimenti, se vogliamo parlare di comunicati stampa, chiunque qui può leggere qualunque comunicato stampa ufficiale o semi-ufficiale.
  Il secondo punto delicato è quello delle regole di ingaggio. Abbiamo detto che sono come quelle relative all'operazione Mare Sicuro, però, in questo caso stiamo parlando delle acque territoriali libiche. Vorremmo capire se in queste operazioni di cooperazione e di aiuto alla Guardia costiera libica, laddove dovesse esserci un momento di crisi o di scontro a fuoco, eventualmente i migranti vengono riportati sul territorio libico e non in Italia e, quindi, se parliamo di respingimenti.
  La cosa che mi preme evidenziare – non mi dilungo in osservazioni – è che è stato detto chiaramente che si opererà soltanto a est e a ovest di Tripoli. C'è, dunque, un'area ben definita? Se è così, allora i flussi migratori, fra 24 ore, si sposteranno un po’ più in là e creeremo confusione su confusione ulteriore in Libia. Parliamo delle basi strategico-militari. Io non sono un esperto, ma credo che, se definiamo un'area a est e a ovest di Tripoli che resta un po’ ambigua, i flussi migratori si sposteranno in un'altra zona.
  Si è parlato di sovranità del popolo libico. Sappiamo che è stata votata l'altro ieri notte una costituzione con l'assoluta maggioranza, cioè con 43 voti favorevoli rispetto ai 60 aventi diritto. È stata esclusa la candidatura del corpo militare di Haftar, come abbiamo detto già stamattina. In queste ore l'amministratore delegato di ENI Descalzi sta giocando una partita forse ancora più importante con l'avversario Total. La Francia rilancia su Fincantieri.
  Come abbiamo espresso anche stamattina, c'è tutta la volontà da parte del MoVimento 5 Stelle di fare l'interesse nazionale, però o utilizziamo queste ore per chiarire tutti i punti nei dettagli oppure credo che stiamo parlando di qualcosa che potrebbe creare ulteriore confusione in Libia. L'ho detto anche questa mattina e lo ribadisco: se l'intento non è unire un popolo, ma è spartirvi – perché lo state facendo voi, Governo, e ve ne assumerete la responsabilità – la Libia in tre parti, con accordi supersegreti, che nemmeno al Copasir ci riferirete, con i francesi e qualcun altro, non so cosa che ne sarà dell'equilibrio geopolitico. Pag. 15
  Io invito a essere chiari sui punti e a cercare di fare gli interessi dell'Italia e non di qualcun altro.

  MAURIZIO GASPARRI. Ovviamente, per economia di tempi, visto che tra pochi minuti dobbiamo riunire le Commissioni del Senato, ometterò una serie di considerazioni, che però noi abbiamo ben presenti.
  Innanzitutto, mi auguro che il nuovo Rappresentante dell'ONU, che l'8 agosto il Ministro Alfano incontrerà, non faccia la fine che hanno fatto un paio di rappresentanti passati. Mi ricordo uno che poi è diventato consulente di non so quale Paese arabo, Bernardino León, che ci veniva rappresentato come un grande statista. Speriamo che questo Salamè possa conseguire esiti migliori per la comunità internazionale e non per se stesso, come ha fatto l'altro, che penso non abbia tratto danno dall'incarico ricevuto.
  Ciò detto, l'orientamento dei gruppi parlamentari di Forza Italia è quello di sostenere questo intervento italiano, anche in coerenza con un sostegno che noi abbiamo sempre espresso, sia quando siamo stati in maggioranza sia quando siamo stati all'opposizione, a tutta una serie di missioni militari internazionali a cui questa va in qualche modo equiparata, con le cautele che non ci sfuggono. Mi riferisco anche al fatto che i ministri, in alcuni passaggi, hanno letto comunicati o si sono attenuti ad alcune questioni. Io non ho le notizie riservate e non faccio parte del Copasir in questa legislatura, però leggo le agenzie. Ieri sera ho letto che i nostri colleghi della Commissione difesa del Parlamento libico hanno detto che questa missione non va bene, quindi non ci sfugge la complessità del quadro della situazione, che è evidente.
  Tuttavia, su alcune vicende (lettere, documenti) il Ministro Alfano ha fatto riferimento a un'intesa tecnica successiva. Io credo che, oltre agli atti secretati, secondo le responsabilità e le procedure previste dalla legge, ci possano essere anche sedi politico-istituzionali dove un Paese, nel suo complesso, quando affronta emergenze di questa natura, al di là dei ruoli di opposizione, come il nostro, che è chiarissimo, e di maggioranza di altri, «right or wrong is my country», noi siamo interessati a quello che accade in questo contesto.
  Per economia di tempo, non sto a rivendicare gli errori fatti da altri nel passato, la giustezza delle politiche portate avanti da governi di centrodestra, i «piani Marshall» e le politiche di dialogo con la Libia che governi guidati dal presidente Berlusconi hanno condotto nel passato. Nel prosieguo di discussione – arrivo alla sintesi –, nel dare un contributo positivo e nell'appoggiare questa iniziativa, con le regole, le precisazioni e i limiti che sono stati richiamati e con i contributi di chiarezza che in questa o in altre sedi chiederemo (le intese tecniche, le lettere), ricordo che c'è qui un convitato di pietra – me lo consentano i Ministri Alfano e Pinotti –, che è il Ministro Minniti, il quale molto ha agito e agisce in Libia, in un quadro dove le competenze poi finiscono per intrecciarsi.
  Vorremmo capire meglio che cosa accadrà, dopo questa iniziativa, all'attività delle ONG. Abbiamo prodotto in Parlamento – al Senato, per la verità, ma se n'è occupata anche la Camera nel Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen – un documento votato alla unanimità, caso unico in questa legislatura perché non ricordo altri atti unanimi. Quel documento ha, poi, consentito al Governo di trattare e di discutere nelle sedi internazionali. Ora, alcune organizzazioni si sottraggono a questo documento, per cui mi chiedo che cosa faranno le ONG e che cosa succederà. Leggo in questi minuti anche le note dell'Unione europea, secondo cui per chi non firma, varrà la legge internazionale. Mi chiedo dove porteranno i clandestini, se nei Paesi di cui le navi delle ONG battono la bandiera o altrove.
  C'è una necessità di chiarezza, nel momento in cui prende il via questa missione, per capire come agiranno le ONG. Anche in questo caso, parliamo di cose in corso d'opera: ieri, c'è stato l'incontro e l'Unione europea ha emesso delle note adesso, per cui chiederemo in corso d'opera una verifica perché non vorremmo che poi si portasse ancora nei nostri porti una simile Pag. 16quantità di clandestini, con tutto quello che ne consegue.
  Questa missione deriva da un accordo bilaterale Italia-Libia, si collega a Mare Sicuro e ad altre operazioni e non è la prosecuzione della missione EUNAVFORMED, però i gruppi parlamentari di Forza Italia hanno più volte portato in votazione la sollecitazione della terza fase dell'operazione EUNAVFORMED. Non ci sfugge, neanche in questo caso, che la terza fase nei porti e nelle acque libiche richieda risoluzioni dell'ONU e richieste del Governo libico, quindi non possiamo decidere da soli l'avvio della terza fase. Tuttavia, dobbiamo darci anche un orizzonte rispetto alle missioni in corso e, forse, questa missione bilaterale nasce nella consapevolezza libica, ma anche italiana, che, non essendoci la terza fase di EUNAVFORMED, l'alternativa era l'impotente accoglienza di chiunque volesse giungere in Italia.
  Non mi dilungo su altre questioni, ma credo che il tema della terza fase di EUNAVFORMED comunque permanga, come quello dei tempi relativi a una verifica. Credo che – ho concluso, presidente – noi, nell'atteggiamento positivo, ci riserveremo anche di indicare una verifica costante nelle sedi parlamentari. Le Aule non lavoreranno nelle prossime settimane, ma non verranno venduti a terzi soggetti i palazzi, che saranno a nostra disposizione per vedere, appena partita questa missione, se gli sbarchi diminuiranno e se le ONG cesseranno di fare quello che vogliono. Il nostro consenso è condizionato agli esiti che, sul campo e nei mari, verificheremo, anche attraverso eventuali riunioni delle Commissioni, qualche settimana dopo l'avvio di questa missione.

  ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, presidente. La mia sensazione è che, in questo dibattito, ci sia una rimozione. Lo voglio dire perché ho paura che il nostro dibattito venga avvolto da un velo sottile – forse, nemmeno così sottile – di ipocrisia.
  Dal 2011 il problema principale alla stabilità libica riguarda un conflitto latente – oggi un po’ meno – tra la Francia e il nostro Paese. Questo è un tema che è stato rimosso dal dibattito.
  Ritengo che la missione militare di cui oggi stiamo discutendo sia una risposta frettolosa e approssimativa del nostro Governo a un'iniziativa francese, che, come si suole dire, è entrata a gamba tesa rispetto al lavoro che sulla questione libica il nostro Governo stava facendo e penso che questo sia il modo peggiore per affrontare una situazione così delicata.
  Allora, se noi non vogliamo raccontarci una storia che ha a che fare con altro, la soluzione a questo problema sarebbe quella di chiedere la convocazione di un Consiglio europeo straordinario in cui si possa discutere della visione strategica dell'Europa rispetto alla questione libica e della stabilizzazione di questo Paese, anche in relazione a una differenza sostanziale di vedute tra noi e la Francia.
  Non ci nascondiamo che, in questo momento, mentre noi, come ci ha spiegato il Ministro Alfano, siamo impegnati nel consolidare il Governo di accordo nazionale di al-Sarraj, i governi francesi, sia l'ultimo che quelli che lo hanno preceduto, hanno lavorato per rafforzare e legittimare la figura del generale Haftar e il dualismo nella condizione libica, raccontando anche uno scenario libico bipartito. Tra l'altro, c'è stata anche la costruzione del fatto che, prima, Haftar era tra i buoni, mentre, dall'altra parte, c'erano solo gli islamisti. Adesso, gli islamisti e Daesh sono scomparsi e siamo di nuovo a una discussione bipolare in Libia, mentre sappiamo tutti bene che la situazione è ben più complessa.
  Ho fatto questa premessa perché penso che, tra l'altro, questa scelta approssimativa e frettolosa ponga delle questioni discutibili sul piano della legittimità. Proverò a entrare subito nel merito per ragioni di brevità.
  Il primo aspetto riguarda la cornice giuridica entro cui si svolge questa missione. Ebbene, per la legittimazione giuridica di questa missione noi ci rifacciamo a questa fantomatica lettera che, forse, il Copasir riceverà un giorno. In realtà, anche qualora ci fosse questa lettera, è discutibile Pag. 17che l'Italia, da sola in maniera e unilaterale, risponda a questo appello.
  Ricordo, a me stesso in primo luogo, che la missione EUNAVFORMED prevedeva, per l'avvio della terza fase, o l'autorizzazione nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU o, nello specifico, la richiesta di un governo di unità nazionale libico e non entrambe le condizioni. Appare singolare che, oggi, la richiesta del Governo nazionale libico arrivi solo al Governo italiano, dopo l'incontro che il Primo Ministro al-Sarraj ha avuto con il premier Gentiloni, a seguito dell'incontro di Parigi.
  Un'altra questione sulla legittimità di questa missione riguarda le operazioni SAR (Search and Rescue) in acque territoriali libiche.
  Credo che, da questo punto di vista, la valutazione politica sul sostegno al Governo libico, quindi alla Guardia costiera libica, per mezzi, addestramento e quant'altro non va d'accordo con il fornire supporto logistico a operazioni di salvataggio SAR per accompagnare le persone salvate in mare nel porto di Tripoli.
  Credo che così facendo si violi la convenzione SAR, che prevede che chi viene salvato in mare debba essere accompagnato nel porto più vicino e più sicuro, ponendo un tema di legalità rispetto alle convenzioni internazionali da parte del nostro Paese.
  Su quest'aspetto, faccio notare sommessamente che, mentre si pongono dei limiti stringenti alle organizzazioni non governative per limitarne la possibilità di salvare vite umane nel Mediterraneo, non si pone nessun vincolo alla Guardia costiera libica rispetto alla tutela dei diritti umani delle persone che vengono salvate. Eppure, sappiamo quali sono le condizioni dei campi di concentramento in cui queste persone, una volta salvate, verranno detenute.
  Concludo, perché ho esaurito il mio tempo, sottolineando che la presenza nel porto di Tripoli di navi da guerra italiane, anche se legittimate da un supporto logistico alla Guardia costiera libica, in questo momento non contribuisce alla stabilizzazione di quel Paese, ma ne aumenterà l'instabilità, facendo apparire ciò come un evidente atto di tutela del Governo di al-Sarraj rispetto a uno scontro militare, che è in atto nonostante il vertice di Parigi.

  ANDREA MANCIULLI. Grazie, presidente. Il mio è un intervento di condivisione della linea che oggi hanno proposto i due ministri. Vorrei, però, spendere alcune parole per affrontare il dibattito che, purtroppo, si è diffuso sull'incontro di Parigi e su qual è la linea più coerente da tenere rispetto alla vicenda Libia.
  Lo voglio fare rendendo in qualche maniera merito ai precedenti governi, anche a quelli di centrodestra, su un punto: il nostro Paese non ha mai abbandonato una linea fondamentale, ossia quella per cui il problema della Libia è molto diverso dai problemi dell'altra sponda del Mediterraneo e del Maghreb, anche per le caratteristiche della Libia stessa. Non si tratta di una banalità, ma della sostanza del problema, che riguarda noi e anche la Francia.
  Si possono fare incontri, come era successo a Dubai. Del resto, l'incontro di Parigi fra Haftar e al-Sarraj non è stato il primo. Si possono fare tutti gli incontri che si vogliono, però, purtroppo, come ormai dovremmo aver capito da tempo, creare in Libia la condivisione su una prospettiva politica è assai faticoso perché tutte le volte che si fa un passo in avanti questo viene comunque rimesso in discussione dalla complessità libica.
  Quella libica è una complessità etnica perché in Libia ci sono tre etnie: quella dei tebu, quella dei tuareg e quella araba, che è una componente a se stante e non sempre maggioritaria, e poi c'è tutta la dimensione tribale.
  Questo è un problema che, a mio avviso, ci può regalare un dibattito fra noi un po’ più produttivo. Se, invece di fare il nostro sport nazionale, quello di criticarci anche quando siamo impegnati in una dialettica con altri Paesi su come si deve procedere, ci impegnassimo nel valorizzare una costante che il nostro Paese ha messo in campo coerentemente nelle politiche di difesa e nella politica estera, faremmo un servizio migliore non solo al Paese, ma anche alla Libia. Pag. 18
  Vogliamo, da questo punto di vista, continuare in questo solco, che ci fece essere anche contrari all'intervento del 2011, proprio in virtù della complessità libica.
  È evidente che il nostro modo di affrontare la questione, scegliendo di agire insieme ai libici, non cambia. A me sembra molto positivo che, se si deve mostrare questa lettera, lo si faccia nel Copasir. A mio avviso, sarebbe assai poco intelligente rendere di pubblico dominio una lettera che non riguarda solo noi: noi la leggiamo e qualcuno l'ha scritta, e chi l'ha scritta sta in quella complessità. Rivelare una fonte che ci arriva da un altro governo può non solo pregiudicare quello che facciamo, ma non aiutare la soluzione. Siccome nel Copasir sono rappresentate tutte le forze politiche e ha una sua prassi, mi pare che questa sia la soluzione più giusta, perché tiene insieme le esigenze del Parlamento italiano e anche quelle di arrivare a una soluzione.
  Non bisogna immaginarsi che questa nuova soluzione che stiamo mettendo in campo sia salvifica. È una soluzione che va incontro a un problema e che ha una sua coerenza. Siamo stati noi ad addestrare le forze navali e la Guardia costiera libica. Ci viene richiesto di svolgere un'azione di deterrenza rispetto all'ultima fase del traffico di esseri umani e dei traffici in generale, che naturalmente è la parte più spinosa, ma non l'unica.
  Voglio tornare al cuore del problema. Il nocciolo dell'instabilità della Libia, quello di cui bisognerebbe occuparci e sul quale invitiamo anche gli amici francesi ad avere una particolare saggezza, riguarda il fatto che la Libia divisa, consegnata all'instabilità e alla non certezza del potere, sta creando una predominanza dell'economia illegale sull'economia legale. È un fenomeno che abbiamo già conosciuto altrove. L'Afghanistan con il narcotraffico ci ha fatto capire bene che cosa si rischia quando l'economia illegale prevale su quella legale.
  Per questo è evidente che qualsiasi approccio non multilaterale e che non tenga insieme tutte le istanze libiche, che supportano dall'esterno le fazioni libiche, alla fine non produrrebbe quello sforzo e quell'approdo che ci siamo predeterminati.
  A me fa molto piacere che alcune forze politiche abbiano colto in questo un modo di porsi dell'interesse nazionale. È molto positivo. Vorrei che fosse sempre così. Alle volte, anche nel confronto con altri Paesi con i quali possiamo avere o meno una visione convergente, siamo molto bravi a stigmatizzare i nostri difetti, facendo vedere quello che qualcuno vuol dire che sappiamo fare, ma allo stesso modo non siamo capaci come gli altri di usare lo spirito di coesione nazionale nel confronto che dobbiamo fare. Questa cosa a mio avviso va rimossa, perché alla fine l'interesse del Paese è più importante di qualsiasi posizione politica e del giocare sugli eventi politici per costruirci sopra una prospettiva sbagliata.

  PAOLO CORSINI. Anzitutto, pongo una questione di tipo procedurale.
  Le Commissioni esteri e difesa del Senato sono convocate per le 15 e l'Aula del Senato alle 16. Non intendo, dunque, intervenire nella discussione per esprimere una valutazione di merito, ma intendo invece sollevare alcuni interrogativi, ai quali auspico di poter ottenere delle risposte chiarificatrici. Non riesco a spiegare a me stesso come possiamo giocare sui tempi, pertanto chiedo al presidente Casini e al presidente Latorre come pensano di risolvere il problema che ho sollevato.

  PIERFERDINANDO CASINI, Presidente della 3a Commissione del Senato. Sono totalmente d'accordo con Lei. Siamo in una condizione angusta dovuta al fatto che si stanno chiudendo i lavori parlamentari per la pausa estiva, per cui è chiaro che quello che Lei dice ha un fondamento di validità. Per questo, abbiamo detto di completare il primo giro di lavori. Non ha tutti i torti.

  PAOLO CORSINI. Io rendo atto al presidente Casini di essere un presidente molto solerte.

  PRESIDENTE. Lei mi dà conferma di una mia vecchia dottrina, per cui mai e poi Pag. 19mai bisogna riunire quattro Commissioni. È bene che le Commissioni del Senato e quelle della Camera abbiano una loro dinamica, altrimenti vediamo come stanno andando le cose.

  PAOLO CORSINI. Ho detto che non intendo, come i colleghi, entrare nel merito di una valutazione, dell'espressione di un giudizio. Intendo semplicemente, a fini di chiarezza, sollevare alcuni interrogativi ai quali attendo curioso una risposta.
  Il primo interrogativo è questo. Sulle fonti di legittimazione non è ancora stato chiarito quale sia la motivazione di fondo ostativa alla conoscenza del testo integrale della lettera di richiesta da parte del Governo libico.
  Inoltre, è possibile avere un chiarimento da parte dei ministri in ordine all'interpretazione che danno delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza n. 2259 del 2015 e n. 2312 del 2016? In relazione alle risposte che otterremo, potremo definire un quadro più convincente della legittimazione sul piano internazionale, politica e di diritto.
  So anche che ci sono stati dei contatti, ma fino a questo momento non ho ancora letto, ammesso che ci sia, un testo ufficiale definitivo della risoluzione che la maggioranza intende proporre in Commissione: è possibile avere questo testo per tempo per poterlo leggere e poterlo consultare e valutare?
  Ancora, chiedo esplicitamente al Ministro Pinotti come si pensa di risolvere il problema del rischio – dal punto di vista mio e della formazione politica che rappresento – di dar vita a un blocco navale militare tout court di respingimento. Questo modificherebbe la natura dell'operazione che non sarebbe più un'operazione di supporto condiviso tecnico-logistico, ma di peso politico diverso da quella che viene prospettata. Come è possibile evitare questo sbocco?
  Ho ancora due interrogativi. Già altri colleghi hanno sollevato il problema, ma mi associo anch'io alla loro richiesta di chiarimento: qual è il destino degli immigrati bloccati, siano essi rifugiati o emigranti di tipo economico? E qual è il ruolo che, concretamente, nei fatti viene assegnato all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e all'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni?
  Prima di esprimere una valutazione, che naturalmente assumeremo nella sede opportuna, avremmo bisogno di avere risposte chiarificatrici in ordine a questi interrogativi.

  LUCIANO ROSSI. Interverrò, come sempre, con estrema sintesi.
  Le illustrazioni del Ministro Alfano e del Ministro Pinotti mi trovano e ci trovano convintamente a sostenere il contenuto e il percorso che si sta tracciando. A differenza di altri, non mi dichiaro così interessato a leggere questa lettera, ma ho fiducia che i colleghi del Copasir ne prenderanno visione ed entreranno nel merito. Non c'è dubbio che l'esito del contenuto di questa lettera e l'effetto che verrà prodotto in Italia dipende da quel clima di fiducia che sembra – e noi abbiamo tutto l'interesse nel sostenerlo – si va ricostituendo in quel Paese.
  Non c'è ombra di dubbio che quanto è stato affermato dal Ministro Alfano, questo ritorno alla produzione, questa coesione in alcuni passaggi recentissimi, anche nelle ultime ore, lascia ben sperare. Non c'è dubbio altresì che questa è la posizione di maggior interesse non solo del nostro Paese ma anche di una riapertura all'interesse europeo. È chiaro che ci sono anche interessi diversi. Sono assolutamente dell'idea contraria a chi ha pensato che la presenza di unità navali della nostra Marina militare possa risultare offensiva, come un'invadenza. È l'esatto contrario. Credo che saranno invece molto importanti per testimoniare una vicinanza, ma nello stesso tempo per favorire nel modo migliore possibile un recupero di coesione, di identità, di azione congiunta all'interno di quel Paese certamente non facile.
  C'è chi senz'altro si aspetta da questa frammentazione possibili speculazioni e utilizzi, non solo nazionali, ma io sono dell'idea che il lavoro che si sta facendo va nella giusta direzione e i risultati ci vedono soddisfatti. Di conseguenza noi sosterremo questa posizione.

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  PRESIDENTE. Ho ancora iscritti a parlare i deputati Cirielli, Locatelli, Artini, Altieri, però, visto questo intreccio che abbiamo con il Senato, travalicando un po’ la formalità del dibattito, darei ora la parola ai Ministri Alfano e Pinotti.

  ANGELINO ALFANO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Darò una prima risposta compatibile con la premessa del presidente Cicchitto e del presidente Casini. Noi abbiamo fatto una strategia ad ampio raggio: confini libici meridionali, occidentali e orientali per rallentare il flusso degli ingressi; accordi con le tribù e azioni sul sud della Libia per gestire, al di qua del confine libico, la vicenda degli ingressi in Libia; accordi sullo sviluppo economico con la Libia, che non prevedono solo la gestione migratoria, per favorire l'ingresso di un'economia legale che possa sostituire un indotto criminale generato dal traffico di esseri umani e – spostandoci verso nord – una gestione delle frontiere del settentrione della Libia, che poi coincide con le coste da cui partono, che per la prima volta vede la richiesta (basata su un dato imponente di fiducia da parte del Governo al-Sarraj) di affiancamento e di intervento delle nostre unità navali.
  In tutto questo c'è un tema umanitario che noi stiamo prendendo dal lato giusto anche in questa circostanza, l'unico lato giusto possibile – l'onorevole Palazzotto l'ha detto anche in forma molto garbata – cioè il lato delle organizzazioni umanitarie multilaterali internazionali. Noi ci siamo impegnati molto, non con parole ma con opere di bene, nel rapporto con il Direttore dell'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, William Swing, e con l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi.
  Abbiamo finanziato i loro piani, dicendo anche – e ne abbiamo parlato ovviamente con i libici – che dobbiamo fare dei campi per rifugiati che siano all'altezza degli standard di dignità umana e di rispetto dei diritti umani sostenibili da una comunità internazionale della quale noi facciamo parte, e siamo disponibili a intervenire economicamente. Al tempo stesso, abbiamo spinto sull'unica via razionale ammissibile per riportare indietro quelli che stanno in questi campi, che sono i rimpatri volontari assistiti.
  In tutto questo, vi è un ragionamento con i Paesi di transito per finanziare progetti di sviluppo che riducano le partenze. Sul lato europeo, abbiamo fatto ciò che era doveroso fare (e non ripeto quanto ho già detto all'inizio). È una strategia globale che interviene secondo le regole del diritto internazionale marittimo e secondo le delibere del Consiglio dei ministri, che avvengono in un quadro di rispetto del diritto internazionale relativamente alle modalità di salvataggio. Nessuna regola può negare comunque la legge del mare, che precede il diritto positivo.

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. Ci sono alcune questioni specifiche. Per quanto riguarda le regole di ingaggio – dicendo che sono le stesse regole di Mare Sicuro – ho aggiunto che dovranno essere estese al fatto che la missione diventa bilaterale, mentre le regole di Mare Sicuro riguardano esclusivamente una missione nazionale.
  Il diritto internazionale prevede esplicitamente la legittima difesa estesa, che prevede comunque sempre un uso della forza graduale, limitato e proporzionale. Anche in questo caso i dettagli andranno visti con i libici, nel senso che già in Mare Sicuro, se accadesse che gli scafisti sparano a una nostra nave, potremmo intervenire sulla base di questa dicitura internazionale. La stessa cosa deve valere nel caso siano messe a rischio le navi dei libici.
  Sul tema dei migranti, quindi non soltanto degli scafisti, è ovvio che nell'accordo che dovremo fare con i libici dovrà essere chiaro anche come sarà l'attivazione della zona SAR. È chiaro che noi siamo a supporto e sostegno e – fatto salvo ovviamente quanto ha detto il Ministro Alfano per quello che riguarda i diritti umani e i campi di rifugiati, e per quello che riguarda il tema del salvataggio in mare – non è questo il compito nostro e della missione. Il nostro compito è quello di aiutare i libici, sia per quanto riguarda il tema del soccorso sia per quanto riguarda il tema del Pag. 21contrasto agli scafisti in quanto attaccati. È per questo che è fondamentale un accordo con loro e io sono assolutamente disponibile a rispondere positivamente a quanto proposto dal senatore Gasparri, cioè che ci possa essere anche una cabina di regia condivisa con le opposizioni in cui seguiamo anche gli elementi degli accordi tecnici.
  Infine, escludo in ogni modo che si possa trattare di blocco navale. Il blocco navale è un atto ostile; non stiamo parlando di questo. Noi stiamo parlando di una richiesta di sostegno e di aiuto che viene fatta per quello che riguarda l'attività della Guardia costiera libica. Peraltro – e mi riferisco alle zone – ho citato le zone a est e ovest di Tripoli non perché saranno l'area esclusiva, perché queste sono le zone – da Sabratha, Zuara, Garabuli – principali di partenza, ma nel caso ci fossero altre zone che si ampliano, sempre in accordo con i libici, ovviamente l'azione può essere fatta in altri specchi di mare, collegati a dove si concentrano le attività illegali.
  Perché dico che non è un blocco navale? Perché quello che noi dobbiamo fare sulla base delle richieste libiche è protezione e difesa dei mezzi del GNA che operano per contrastare l'immigrazione illegale; attività di collegamenti e consulenza con le autorità libiche; supporto logistico per il ripristino dell'efficienza dei mezzi funzionale al contrasto dell'immigrazione clandestina. Peraltro, nella delibera del Consiglio dei ministri si parla di un'unità di supporto logistico, una nave di piccole dimensioni che serve per fare quegli interventi necessari a eventuali operazioni di ripristino di mezzi, quindi una nave tecnica, e di un pattugliatore. Poi – si dice – ci sono le navi di Mare Sicuro, che continuano a fare la loro missione nazionale, ma in caso ci fosse necessità perché c'è una situazione di pericolo possono essere chiamate.
  Ad oggi noi non abbiamo eliminato una missione nazionale. La missione Mare Sicuro continua a svolgere i suoi compiti, ma certo, essendo nelle acque vicine e prospicienti, sulla base di accordi e di richieste che verranno definiti con i libici, c'è la possibilità di intervenire anche con queste navi. Non andranno oggi lì, continuano a svolgere il compito che stanno svolgendo da più di due anni nelle nostre acque o nelle acque internazionali.

  EDMONDO CIRIELLI. Presidente, ovviamente cerchiamo di essere sintetici, ma il tema è molto delicato. Arronzare sempre questioni così delicate mi sembra azzardato.
  Io ringrazio innanzitutto il Ministro Pinotti, che mi ha dato già alcune risposte su alcune perplessità. È evidente che Fratelli d'Italia da sempre chiede un intervento della nostra Marina per porre fine all'immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani, sostanzialmente la difesa dei nostri confini, a supporto chiaramente del diritto internazionale e delle autorità nazionali dei Paesi coinvolti.
  Nel caso specifico ci sembra che l'intervento sia non solo tardivo, ma anche un po’ intempestivo, perché il fatto che il Governo italiano si svegli improvvisamente, dopo questa azione della Francia, peraltro ascoltando solo una delle parti, crea una grande ambiguità.
  Lo dico con la massima chiarezza, perché questa mattina alcuni giornali riportavano un comunicato stampa molto minaccioso del generale Haftar, che parlava di intromissione nella sovranità nazionale libica e ci accusava in maniera più o meno palese di usare il pretesto del contrasto all'immigrazione clandestina per intervenire e per cambiare gli equilibri in campo in Libia.
  D'altro canto, io non posso non ricordare la confusione anche diplomatica. Noi, negli ultimi due anni abbiamo portato avanti, per quello che ci riguarda, un'azione sconclusionata dal punto di vista diplomatico, scegliendo una parte, ancorché formalmente riconosciuta dall'ONU, ma sostanzialmente smentita dalla Francia e dall'Egitto, che è un altro Paese che è intervenuto anche militarmente senza chiedere il permesso a nessuno. Immaginiamo che ne abbia parlato con gli americani quando ha bombardato l'est della Libia a supporto del generale Haftar. Pag. 22
  C'è stata un'azione secondo me sicuramente sconclusionata, senza un obiettivo strategico, contro l'Egitto per la vicenda Regeni, dimenticando in maniera assai omissiva le ambiguità e le obliquità dei servizi segreti francesi e inglesi e, quindi, facendo indispettire uno degli attori principali della situazione politico-militare libica.
  Arrivo alla parte che riguarda il Ministro della difesa. Mi ha fatto piacere sentire quanto ha affermato nella replica, ma all'inizio aveva parlato di un supporto logistico che, a parte il richiamo indiretto della nave, nei compiti della missione non c'è. Infatti, si parla di supporto alle forze di sicurezza libiche, di protezione e difesa dei mezzi del Consiglio presidenziale, di ricognizione in territorio libico, di collegamento e consulenza a favore. Inoltre, inizialmente aveva parlato del pattugliatore. Sembrava quasi che si volesse parlare di un approccio minimale per un retropensiero pacifista.
  Io non sono un guerrafondaio. La nostra preoccupazione è che le nostre truppe, proprio per quello che ha detto il generale Haftar, possano trovarsi improvvisamente catapultate in uno scenario di guerra.
  D'altro canto, nella deliberazione si afferma: «Inoltre, potranno essere svolte attività per il ripristino dell'efficienza degli assetti terrestri, navali e aerei». Ciò può significare agli occhi di altri un tentativo di influenzare l'equilibrio militare in campo.
  Quello che chiediamo con forza al Ministro della difesa è innanzitutto di fare in modo che il dispositivo militare messo in campo tenga conto soprattutto della prioritaria difesa e sicurezza dei nostri militari impiegati. Non sempre un dispositivo più piccolo è più sicuro per i nostri militari, a volte potrebbe esserlo di meno.
  Mi chiedo se gli stati maggiori, a cominciare dallo stato maggiore della difesa, abbiano ampi poteri per definire la cornice di sicurezza di questa operazione, per impedire che i nostri militari che partecipano alla missione si trovino esposti improvvisamente a una situazione senza essere in grado di esercitare la legittima autodifesa, che è pienamente nell'ambito della legalità internazionale.

  PIA ELDA LOCATELLI. Ho sempre creduto che l'uso della politica estera a fini interni fosse un vizio soprattutto italiano. Non è esattamente così. La vicenda libica e il tentativo di protagonismo di Macron hanno confermato, purtroppo, che è anche un vizio francese.
  Sono molto dispiaciuta per questo, perché non si risolvono le questioni interne mettendo in difficoltà Paesi amici e mettendo in discussione alcune scelte di linea politica internazionale peraltro – penso alla risoluzione n. 2259 – votate all'unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 2015.
  Esprimendo complessivamente un consenso sulla linea, io voglio sottolineare che l'Italia non ha fatto errori clamorosi come la Francia, ad esempio nel 2011, ma ha avuto una linea assolutamente coerente, perché avevamo una bussola precisa in Libia: il sostegno alla stabilizzazione del Paese complessivamente e l'impegno per tenere unita la Libia, cosa che altri colleghi, sia della Unione europea sia fuori di questa, non hanno fatto.
  Con questa bussola abbiamo fatto molte azioni, sicuramente non clamorose ma coerenti, tenendo conto che forse siamo il Paese che ha maggiore conoscenza della complessità della Libia, per ragioni etniche, per le centocinquanta tribù.
  A questo proposito, però, io non ho capito – ed è una domanda al Ministro degli esteri – perché siamo stati pigri nel sostenere candidature italiane come rappresentanti ONU in Libia. Mi riferisco al caso Prodi prima e a un caso più recente. È una curiosità. Forse non sarebbe cambiato molto, ma forse qualcosa sarebbe cambiato.
  Esprimo un dissenso rispetto a quanto ha detto Lei, Ministro Alfano, e Le rivolgo una domanda alla quale ha già parzialmente risposto, ma rispetto alla quale sono ancora molto preoccupata.
  Lei ha parlato di altri tentativi, oltre a quelli fatti da Macron recentemente, a mia opinione a uso esclusivamente interno. Stava scendendo nei sondaggi e ha voluto risalire attraverso questa azione di politica estera. Secondo me, Lei ha avuto un atteggiamento Pag. 23troppo ecumenico: «È già stato fatto ad Abu Dhabi quest'incontro, è già stato fatto da qualcun altro».
  Dobbiamo sentirci impegnati, ad esempio al rispetto della risoluzione n. 2259 oppure al rispetto della solidarietà dell'Unione, perché l'Unione europea ha indicato l'Italia come capofila rispetto alla Libia. Se noi siamo sempre troppo gentili con i nostri colleghi, in questo caso d'Oltralpe ma non solo, mentre loro ci restituiscono degli «sberloni», in questo caso ma anche in altri, io credo che la nostra linea di coerenza e di fermezza possa essere indebolita. Abbiamo agito bene in Libia, ma perché ci dobbiamo lasciare insultare da questi colleghi?
  Ho una preoccupazione-raccomandazione, che è già stata accennata da diversi colleghi: come saranno trattati gli immigrati? Abbiamo avuto esperienza di campi di concentramento precedenti in Libia. Io non sarei disposta a contribuire con le mie tasse a situazioni di questo genere. Dobbiamo avere garanzie assolute rispetto al trattamento dei migranti, siano essi economici, siano essi titolari di diritto di protezione internazionale, e mi pare che su questo non siamo andati in profondità. Dobbiamo assolutamente avere garanzie.

  MASSIMO ARTINI. Avrei voluto evitare una questione di metodo, ma le discussioni precedenti mi portano a farlo, nello spirito che richiamava il collega Manciulli, cioè quello di una coesione. Avendo visto com'era organizzata la missione, da parte nostra c'era la volontà di supportarla sotto determinate condizioni. C'è, però, un problema che si pone non per puro spunto di valutazione, ma perché, a mio modo di vedere, riguarda l'applicazione della legge quadro. Questa è la seconda deliberazione che esaminiamo con le nuove procedure, e nella missione che dobbiamo autorizzare, a differenza di tutte le altre 49 missioni approvate precedentemente, non c'è un mandato chiaro e trasparente.
  Non c'è un mandato chiaro e trasparente perché alle Commissioni non è dato conoscere i contenuti della lettera che cambia la natura della missione da missione nazionale a una bilaterale.
  Lei, Ministro Alfano, ha detto che la lettera è stata trasferita al Copasir. Il Copasir è un comitato di controllo che non ha il potere di esercitare nessun tipo di azione politica sulle valutazioni relative alle missioni, perché queste valutazioni si fanno nelle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato. Nessuno – lo dico anche al collega Manciulli – è così sprovveduto da rendere pubblico quel testo, in quanto sarebbe sottoposto a quello che la legge prevede non solamente per i membri del Copasir, ma per tutti quelli che hanno a che fare con documenti classificati.
  La mia idea è di richiedere espressamente, prima delle deliberazioni di stasera, una eventuale seduta secretata, che è possibile richiedere perché lo abbiamo già fatto altre volte. In quella seduta, si potrà mettere a disposizione la visione di questo testo, che dà legittimità a questo mandato.
  Altrimenti, noi creiamo un precedente per cui – lo dico ai colleghi della maggioranza – un'altra maggioranza, in un qualsiasi altro momento, con questa legge potrà addurre l'esistenza di una lettera con una richiesta bilaterale, che sarà secretata e magari non verrà vista da nessuno e che farà attivare una missione internazionale bilaterale.
  La vedo in questi termini: un ruolo di questo tipo in Libia politicamente è fondamentale. L'Italia ha questo tipo di ruolo e lo deve avere perché quello della Libia è l'unico interesse nazionale che noi abbiamo veramente: le altre missioni sono a supporto di altre nazioni e l'unico vero interesse è quello verso la Libia.
  Ora, se noi creiamo una missione bilaterale che ha un senso, senza quella base giuridica di riferimento, c'è un problema robusto non solamente nelle opposizioni, ma anche nelle forze di maggioranza.
  Allora, credo – poi passerò alla parte di merito con due domande – sia opportuno che questa cosa venga fatta e penso sia ancora più opportuno il rispetto da parte dei membri della maggioranza e del Governo verso tutte quelle forze politiche che hanno la volontà di conoscere quel testo, senza divulgarlo. Pag. 24
  Ci potrebbe essere un accordo fra i gruppi, per cui solo il capogruppo potrà vederlo. Questo è un sistema che troveremo insieme, ma questo percorso non può essere eluso o, comunque, non si deve creare un precedente.
  Per entrare nel merito, Lei, signor Ministro degli esteri, ha ribadito, a differenza di altre volte, di garantire ad Haftar comunque, se non ho capito male, una posizione. In questa situazione, Haftar è, anche nell'espressione della costituzione votata da 43 membri su 44 a Beida, il punto dirimente perché, se si esclude la possibilità di essere presidente a chi ha un ruolo militare, si esclude automaticamente Haftar.
  Ora, indubbiamente non si può non parlare – lo dico anche per poter affrontare il punto che chiederò al Ministro Pinotti – con Haftar, ma credo che questo passaggio di uguale riconoscimento tra Haftar e il Governo riconosciuto dall'ONU nella risoluzione sia un po’ pericoloso, soprattutto perché, come giustamente riportava anche il collega Manciulli, la Libia è in una situazione estremamente variegata.
  Passo alla domanda al Ministro Pinotti. L'area di pertinenza di Mare Sicuro, che non cambia e che ho recuperato da alcune slide, è ampia perché si ferma a Derna, quindi prende tutto il Golfo che da Misurata va verso Bengasi. Il GNA ha formalmente legittimità su quell'area e potrebbe richiedere di effettuare supporto logistico anche in zone che sappiamo sono militarmente controllate da Haftar e dalle milizie a lui vicine. Quali sono eventuali informazioni su quell'area e qual è il rischio rispetto alla situazione a ovest di Misurata?
  Vorrei riportare un ultimo punto perché è fondamentale. Entrambi i ministri hanno detto che comunque ci sarà un supporto tecnico e non un'azione militare. La mia domanda è sempre relativa ad Haftar, che riceve un supporto militare non indifferente dall'Egitto e dagli emiratini: quando la sproporzione di forze permetterà ad Haftar di fare quello che ha sempre detto, cioè andare a conquistare Tripoli, quale potrebbe essere la nostra posizione? Lo chiedo perché questo è un punto dirimente in una persona, come il generale Haftar, che ha questo tipo di propensione.

  TRIFONE ALTIERI. Grazie Ministro Alfano e Ministro Pinotti.
  Com'è noto, il gruppo che rappresento – Direzione Italia – da sempre chiede in queste Aule l'intervento in acque libiche per bloccare le partenze degli scafisti, per evitare le morti nel Mediterraneo e per bloccare l'orrendo business criminale della tratta degli esseri umani. Lo dico perché il fenomeno che contrastiamo oggi è essenzialmente un fenomeno criminale.
  Da sempre chiediamo un intervento deciso del nostro Paese e magari dell'Europa in acque libiche perché il problema è dove partono e non dove arrivano.
  Per tale motivo riteniamo che la presenza italiana nelle acque libiche sia un primo passo importante, seppure non posso nascondere che lo consideriamo ancora un piccolo passo.
  Ho detto «piccolo passo» perché mi chiedo – e vengo alla questione che poniamo – il motivo per cui partire con due unità navali. Qual è la visione di questa missione? Quali sono i risultati attesi? Qual è il fenomeno che contrastiamo? In che maniera la collaborazione con la Guardia costiera libica necessita oggi di due unità e non tre o quattro o cinque o una unità? Qual è la visione che ci spinge ad attivare questa missione?
  Tutto ciò deve essere chiarito, anche perché riteniamo che, forse, due unità navali possano essere poche per contrastare un fenomeno che nell'ultimo mese ha subito un rallentamento, ma, solo 40 giorni fa, aveva creato una vera e propria emergenza, sia sulle coste italiane sia di morti nel Mediterraneo.
  Non dimentichiamo che il fenomeno che dobbiamo affrontare riguarda i criminali che sfruttano e ammazzano questa gente. Non dimentichiamo che il sistema oggi adottato da quei criminali è quello di far fare poche miglia nautiche ai barconi, togliere il motore, affondare l'imbarcazione e far morire decine e decine di uomini e donne, prima che qualcuno operi i salvataggi.
  Di conseguenza, Ministro, chiediamo che il contrasto a questi criminali sia forte e Pag. 25deciso. Abbiamo necessità di conoscere la visione di questa missione e i risultati attesi perché questo non sia solo un intervento di facciata.
  C'è una battaglia aperta da tempo perché abbiamo fatto richieste e sono state approvate mozioni. Oggi, c'è stata un'accelerazione. Non voglio approfondire i temi dell'accelerazione perché ci appassiona molto di più approfondire quali saranno gli obiettivi di questa missione e i risultati attesi, per i quali chiederemo che, nelle Commissioni esteri e difesa, ci possa essere già un primo rendiconto dell'attività, dopo solo un mese di missione.
  Su quest'aspetto bisogna tarare anche l'implementazione futura e magari anche una lettera non solo al nostro Paese, ma anche all'Europa, perché sicuramente il passaggio alla terza fase della missione EUNAVFORMED sarebbe stato più completo e più complessivo nell'affrontare un problema criminale, che va affrontato con la forza di tutti gli Stati europei, con grande decisione, e non solo con un'unità navale italiana di fronte a Tripoli.

  LUCA FRUSONE. Premetto che siamo anche noi preoccupati per quello che ha detto il collega Artini, nel senso che ravvediamo una sorta di forzatura alla legge quadro con riguardo alla questione della lettera, che ci pare piuttosto paradossale. Auspichiamo che tutto venga risolto, magari in sede Copasir, per capire effettivamente questa modalità e questo precedente che si potrebbe creare.
  Torno un attimo a una domanda sui confini dell'azione, fatta dal mio collega Tofalo, che non ha avuto risposta.
  Si è parlato di una zona d'azione vicino Tripoli e genericamente di est e ovest, ma questo diventa importante per le questioni dei flussi. Basterebbe spostare i flussi per superare anche il controllo della Guardia costiera libica.
  Nello specifico, Lei ha parlato di Haftar, ed effettivamente per la prima volta è entrato come giocatore in quest'argomento. Come, però, è stato già detto, ci sono state anche delle velate minacce e alcune parti della Libia non vedono di buon occhio questa missione dell'Italia.
  Mi chiedo, ad esempio, sempre riguardo ai confini est e ovest di Tripoli, come potrebbe prendere Haftar questa partecipazione considerando – è proprio notizia di questi giorni – che delle milizie pro Haftar hanno liberato una parte di Sabratha e allontanato il clan Dabbashi, che si trova vicino Mellitah, dove ci sono le installazioni dell'ENI.
  Capiamo come un'azione italiana in grado di rinverdire la posizione di al-Sarraj in Libia vada, dall'altra parte, a scombussolare i rapporti con Haftar, che in questo momento si trova molto vicino alle installazioni ENI.

  PRESIDENTE. Do la parola alla Ministra Pinotti.

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. Rispondo per quanto mi è stato chiesto di competenza. Non c'è più l'onorevole Cirielli, ma rispondo anche alla sua domanda.
  Dal punto di vista della proposta dei mezzi, non c'è stato nessun intervento politico che abbia teso a dire meno. La proposta viene dal lavoro del COI (Comando Operativo Interforze) della Marina militare in collaborazione con lo stato maggiore della difesa. Compito della politica è dire che l'obiettivo è quello di sostenere e aiutare l'azione della Guardia costiera libica: che cosa serve? La proposta, quindi, non è né minimalista né massimalista. È quello che serve oggi.
  Serve una nave logistica, perché sappiamo già che alcuni mezzi hanno bisogno di interventi tecnici, di essere aggiustati; serve il pattugliatore, che non è in più ma all'interno della dotazione di Mare Sicuro, e che accompagnerà il team dei nostri ufficiali che dovranno interloquire con gli ufficiali libici. Da questa interlocuzione deriverà l'area di azione.
  È chiaro che, se dobbiamo accompagnare e sostenere la Guardia costiera libica, non decidiamo un'area a priori. Questo sarebbe ledere una sovranità, un accordo. Insieme si deciderà da dove si parte, dove si va, e si vedrà quali sono le necessità di supporto. Pag. 26
  Anche rispondendo a quanto chiesto dall'onorevole Artini, sarà fatto questo, cioè non opereremo da soli, ma a sostegno delle unità della Guardia costiera libica. Ovviamente, dovremo vedere con loro da dove partono, quando, altrimenti dicevo che l'accompagnamento diventa difficile. Per questo, abbiamo detto che per il momento c'è questo, dopodiché ci sono le navi di Mare Sicuro. Se nascessero nuove e diverse esigenze, queste navi possono essere a supporto di quegli obiettivi che abbiamo detto, cioè sostegno e aiuto al lavoro e a protezione della Guardia costiera libica.
  L'onorevole Cirielli ha parlato anche della difesa dei nostri militari. Ovviamente, quando abbiamo mandato la missione Ippocrate, una missione umanitaria, sapete che abbiamo messo una force protection significativa, perché dal tema della sicurezza dei nostri militari non si deflette. Ovviamente, le proposte tecniche devono essere fatte dagli stati maggiori, non sono frutto di una decisione politica. L'indirizzo politico è: il massimo di protezione e il massimo di sicurezza.

  ANGELINO ALFANO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Faccio due considerazioni di natura complementare a quanto detto dalla collega Pinotti e di risposta sintetica alle domande che colgo sono state più che altro indirizzate a me.
  La prima parola è «consensualità». Tutta questa vicenda, la gestiamo consensualmente con le legittime autorità libiche. Questo è il punto essenziale. Ogni azione che preveda armamenti e unità navali o aerei, senza la consensualità, come diceva il Ministro Pinotti, assumerebbe altro profilo sotto il punto di vista del diritto internazionale.
  Per quanto riguarda il discorso generale che investe la nostra profilatura in Libia, siamo consapevoli di poter fare molto, ma anche di non avere in mano tutto. È uno sforzo che troverà soluzione solo nel dialogo intra-libico e al quale possono dare un fortissimo supporto in primo luogo le potenzialità che siamo convinti che il nuovo Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite potrà dare.
  L'onorevole Locatelli ha fatto alcune considerazioni, alcune delle quali condivido; alcune domande non è facile che abbiano una mia risposta, anche perché non avrei titolo specifico a darle, ma sono pronto a ogni ulteriore approfondimento anche per quanto riguarda la dimensione della nostra presenza in Libia a supporto delle organizzazioni internazionali di tipo umanitario che garantiscono la difesa dei diritti umani ai campi dei rifugiati.
  Certamente, non cadremo prigionieri di un paradosso per cui, dopo essere stati noi i campioni del mondo di umanità nei salvataggi in mare, diventiamo noi quelli che avallano decisioni che non sono in linea con la nostra tradizione in riferimento ai diritti umani.

  TATIANA BASILIO. Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per esprimere il mio disappunto per l'atteggiamento della maggioranza e del Governo che ci impedisce qualsiasi tipo di collaborazione, nonostante fossimo tutti ben disposti nei riguardi di questa missione.
  Anche se è stato detto che questa lettera verrà trasmessa al Copasir, come ha evidenziato il collega Artini, essa deve essere visionata anche dal Parlamento in quanto è il Parlamento che deve autorizzare la missione e non il Copasir. In caso contrario si crea un precedente a nostro avviso assai grave.

  PRESIDENTE. Non si crea alcun precedente perché il Copasir si riunisce, ma è un di più. Molto spesso sono d'accordo con il deputato Artini; questa volta sono in totale dissenso perché tutti i termini politici, e anche i testi, sono stati resi disponibili sia nella conferenza stampa pubblica che hanno fatto al-Sarraj e il Presidente del Consiglio Gentiloni, sia nelle comunicazioni che sono state fatte in questa sede dal Ministro degli esteri e dal Ministro della difesa. Poi, per scrupolo, viene informato anche il Copasir, ma non per questo la nostra decisione deve fondarsi semplicemente sulla lettera perché il contenuto politico del nostro rapporto con la Libia è stato tutto esplicitato in Commissione. Non Pag. 27ha senso, quindi, una riunione segreta – sulla quale consentitemi di ironizzare – perché oramai nulla è più segreto ed è tecnicamente impossibile fare una riunione segreta di cinquanta persone. Oltretutto, questa riunione segreta è inutile perché – come già precisato – i termini politici sono stati definiti in modo molto preciso, esplicitati dai ministri e da una conferenza stampa congiunta del Presidente del Consiglio e del Presidente al-Sarraj.
  Non viene, quindi, affatto preclusa la potestà decisionale delle Commissioni esteri e difesa che hanno una piena sovranità che si basa su elementi che sono stati esplicitati e che conoscono tutti perché sono state dette in questa sede dai ministri. La mancanza della lettera non complica affatto i rapporti tra maggioranza e opposizione perché è tutto trasparente.
  Ringrazio i nostri ospiti e tutti i presenti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.