Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 957 MICILLO E C. 342 REALACCI, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DELITTI CONTRO L'AMBIENTE E L'AZIONE DI RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE, NONCHÉ DELEGA AL GOVERNO PER IL COORDINAMENTO DELLE DISPOSIZIONI RIGUARDANTI GLI ILLECITI IN MATERIA AMBIENTALE
Audizione del professore Mauro Catenacci, ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre e di Sergio Costa, comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato di Napoli.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3
Costa Sergio , Comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato di Napoli ... 3
Ferranti Donatella , Presidente ... 5
Catenacci Mauro , Ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre ... 5
Ferranti Donatella , Presidente ... 10
Bratti Alessandro (PD) ... 10
Ferranti Donatella , Presidente ... 11
Bazoli Alfredo (PD) ... 11
Ferranti Donatella , Presidente ... 11
Catenacci Mauro , Ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre ... 12
Bazoli Alfredo (PD) ... 12
Catenacci Mauro , Ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre ... 12
Ferranti Donatella , Presidente ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 15.25.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del professore Mauro Catenacci, ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre e di Sergio Costa, comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato di Napoli.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 957 Micillo e C. 342 Realacci, recanti disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale, del professore Mauro Catenacci, ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre, e di Sergio Costa, comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato di Napoli.
SERGIO COSTA, Comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato di Napoli. In ordine agli Atti Camera C. 957 e C. 342 – in buona sostanza, il secondo è quota parte del primo, con delle piccole differenze – certamente parlerò da investigatore sul campo, per cui il mio intervento avrà questo tipo di taglio.
Noto alcuni passaggi. Sull'introduzione al 416-bis del reato di associazione ecomafiosa, ovviamente l'ipotesi che si parli quasi sempre di trasformazione di reati ambientali da reati contravvenzionali a reato-delitto è una necessità che sul territorio si sente molto forte. In questo momento, nel 152 del 2006 esclusivamente l'articolo 260 è un delitto, mentre gli altri sono tutti reati contravvenzionali.
Ovviamente, che sia introdotta, nel 416-bis un'ipotesi ecomafiosa va benissimo a mio parere, forse non con una fattispecie autonoma, magari con l'inserimento ordinario laddove è possibile immaginare delle pene aumentate ove la criminalità organizzata, anche in parte, si dovesse occupare di un ramo di gestione illecita dei rifiuti, per esempio il traffico organizzato di rifiuti, di cui già al 260. Questa potrebbe essere un'ipotesi.
Noto anche, nell'elencazione del titolo VI-bis dell'eventuale nuovo codice penale, una serie di reati, dal 452-bis a seguire, che rappresentano di fatto, in un certo modo, la rielaborazione di alcune fattispecie già contenute dal 255 a seguire del codice dell'ambiente, così chiamato impropriamente, del 152 del 2006. Sostanzialmente, auspicherei di rendere dal 255 al 260, quindi dal 259 nel caso di specie del codice dell'ambiente, i reati da contravvenzionali a delitto piuttosto che inserirli nel codice, se non con determinate particolarità.
Penso, per esempio, all'ipotesi di disastro ambientale. Oggi, in realtà, non esiste, da un punto di vista sistematico, il cosiddetto Pag. 4disastro ambientale e si potrebbe, invece, immaginarlo come una fattispecie che segua, eventualmente, il 430, ora ordinario per il disastro ferroviario. Si potrebbe immaginare un 430-bis per il disastro ambientale. Credo che anche in quel caso sia necessario intervenire sul 449 per i delitti colposi di danno nel caso di specie.
Allo stesso modo, il 452-quinquies parla, in realtà, di ciò che è contenuto nella legge n. 394 del 1991: o si rielabora, allora, la legge n. 394 o diventa il 452. Forse andrebbe sistematicamente rielaborata la legge n. 394 del 1991.
Lo stesso discorso vale per il 452-septies, traffico di rifiuti. A parte che la titolazione per me può generare qualche confusione perché il traffico di rifiuti non è necessariamente illecito, ma già abbiamo il traffico illecito di rifiuti, il 259 e il 152; l'attività organizzata di traffico dei rifiuti è, invece, il 260. Si ritorna così alle vicende di cui dicevo.
Per quanto riguarda la frode in materia ambientale, il 452-novies, peraltro presente in entrambi gli Atti Camera, in realtà, quando si utilizzano in modo non corretto gli elementi del trasporto alla gestione illecita dei rifiuti nel caso di specie, già è contestato il 483 del codice penale, in particolare per i rifiuti pericolosi e il falso ideologico tra privati, il 479 e il 476. Si potrebbe intervenire meglio su questi piuttosto che individuare il 452.
In sostanza, a mio avviso di investigatore l'idea va benissimo, ma forse va individuata la sistematizzazione delle fattispecie. Il 452-decies, ad esempio, impedimento del controllo, è già sanzionato dal 650 del codice penale, così come il 452-undecies, i delitti commessi da un pubblico ufficiale, sono già nel 323 a mio parere.
Quanto al 452, pene accessorie e confisca, un'ottima idea, al di là di dove introdurlo, ma magari forse anche questo nel 152, quando si parla di incapacità di trattare con la pubblica amministrazione, sarebbe quella di indicare per quanti anni.
Per quanto riguarda il richiamo al 240 per la confisca, ho notato nelle introduzioni di entrambi gli Atti Camera l'intento di passare al «deve il giudice» o «dispone il giudice» più che «può», per cui bisogna intervenire, a quel punto, necessariamente sul 240, dove invece la norma parla del «può».
Nel 452, ravvedimento operoso, che mi sembra un'ottima idea, forse lascerei il passaggio «conseguenze ulteriori aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria» eventualmente in capo all'autorità giudiziaria. Il riferimento «Le forze di polizia», infatti, è sempre l'autorità giudiziaria e non possono muoversi diversamente. Forse, allora, l'autorità giudiziaria è l'unico riferimento.
Starei anche attento all'espressione sulle conseguenze ulteriori, che può diventare un modo per svicolare dall'eventuale futura pena: quando non conviene più, si va a conseguenze ulteriori, una sorta di autodenuncia. A mio parere, vi è una sorta di rischio investigativo in questo senso. Sto offrendo dei piccoli segnali da uomo che conduce le investigazioni sul territorio.
La messa in sicurezza di cui al successivo è già un obbligo.
Arriviamo all'articolo 2, dopo l'articolo 25 della 231, quindi parliamo solo dell'Atto Camera n. 957 Micillo: per «l'ente, immediatamente dopo il fatto, porta a conoscenza» suggerirei la dicitura «collabora». Diversamente, rischia di diventare un costo di esercizio: quando finisce di convenire, si avverte l'autorità giudiziaria e già si gode di un beneficio bisogna, invece, a mio parere, collaborare per accedervi.
Infine, l'ultima annotazione è per l'articolo 5, 310-bis, legittimazione dell'azione al risarcimento. Ovviamente, quando si parla dei soggetti legittimati che possono denunciare fatti lesivi ai beni ambientali, si sa che chiunque può denunciare un fatto lesivo. Il concetto di denuncia è di tutti i cittadini, a maggior ragione lo è di un'associazione. Già esiste e, a mio parere, non è necessario aggiungere altri elementi.
Se mi è consentito, presidente, aggiungerei qualcosa dove credo sia opportuno. Sulla base dell'esperienza territoriale, ad esempio, nell'ambito dell'avvelenamento di cui al 439 del codice penale, sarebbe Pag. 5opportuno a mio parere inserire il concetto di avvelenamento delle acque sotterranee, oggi diversamente normato. Per noi, è difficile investigare. Provenendo dalle indagini sulla Terra dei fuochi, posso testimoniare che le falde sono sempre piene di solventi, peraltro cancerogeni, e questo ci aiuterebbe molto in sede investigativa.
Allo stesso modo, in riferimento all'articolo 95 del 152, pianificazione del bilancio idrico, non è normato l'obbligo di colui che scava un pozzo irriguo di denunciare la presenza del pozzo o è sanzionato da sanzione amministrativa, ma non è incluso il monitoraggio del pozzo. Una volta che sia stata segnalata l'apertura di un pozzo, quindi, in termini amministrativi, dopo è quasi possibile disinteressarsene. Sarebbe opportuno, invece, che questo non avvenisse. A quel punto, infatti, il pozzo è un elemento fortemente inquinante e gli atti di sequestro che stiamo portando avanti in questi giorni lo confermano.
Porterei a reati delitto il 255, il 256, il 257 e il 259, in buona sostanza l'ipotesi degli Atti Camera portati nel 152, ma noto che manca un articolo che inserirei nel 152 sull'abbruciamento e incendio dei rifiuti. In questo momento, sull'argomento dobbiamo contestare la gestione illecita dei rifiuti mediante incenerimento. Con franchezza, ci arrampichiamo un po’ sugli specchi.
Una fattispecie autonoma, che chiarisca anche le diverse tipologie di incendio di rifiuti, da non inserire secondo me nel codice penale per non creare confusione col concetto di incendio, che è ben altro, andrebbe inserita proprio con diverse ipotesi di rifiuto ordinario, rifiuto solido urbano, il rifiuto speciale e il rifiuto speciale pericoloso.
Allo stesso modo – mi avvio alla conclusione per non rubare altro tempo – in merito al divieto di coltivazione a uso alimentare di quei terreni potenzialmente inquinati, principio di precauzione del Trattato di Maastricht, non abbiamo una fattispecie in questo senso. In questo caso, non possiamo, allora, dal punto di vista penale, intervenire se non aspettando un'ordinanza amministrativa dell'autorità sanitaria e, eventualmente, intervenire perché l'ordinanza è stata violata. Credo, invece, che questo potrebbe essere un elemento.
Ci sarebbero altre riflessioni, ma attendo le vostre domande.
PRESIDENTE. Saluto il sottosegretario Cosimo Ferri.
Do ora la parola al professore Mauro Catenacci, ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre.
MAURO CATENACCI, Ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre.
Buonasera a tutti. Ovviamente, non ripercorrerò temi già affrontati. D'altra parte, dei due progetti affidati e di cui mi è stata data conoscenza, ci sono anche aspetti, come la responsabilità delle persone giuridiche, di cui probabilmente anche altri colleghi si occuperanno, per cui mi conterrò, avvertendo la presidente di troncare immediatamente l'intervento poiché sono tendenzialmente logorroico.
Partirei da quelli che, alla luce dalla mia esperienza forense, ma anche dei miei studi, sono alcuni punti cruciali, nodali, nell'ambito dei reati ambientali e confronterei i due progetti proprio con riferimento a questi elementi.
Un aspetto positivo di questi due progetti, come di tutti gli altri tentativi di passate legislature, è che si muovono nel senso auspicato dall'Unione europea, come va sottolineato: mi riferisco alla direttiva n. 99 del 2008, l'ultima recepita in questa materia, in realtà in modo molto discutibile, ma comunque recepita e ancora operativa. Questi progetti finalmente emancipano il diritto penale dal diritto amministrativo.
Si passa, cioè, da un diritto penale, fondamentalmente contravvenzionale, orientato alla tutela di funzioni amministrative, a un diritto penale che invece tutela i beni ambientali, quindi i beni giuridici, da aggressioni dirette. Si rende, inoltre, l'inosservanza dei precetti di natura amministrativa solo un elemento costitutivo del reato, molto problematico Pag. 6peraltro e sul quale tra poco tornerò, ma comunque un elemento costitutivo. In questo senso, è un passo in avanti verso un diritto penale più in linea con i dettami della nostra Costituzione e dell'Unione europea.
L'unica nota stonata, se mi è consentito dirlo, rispetto a questa tendenza generale propria di tutti e due i progetti, è una norma della proposta di legge Micillo, che eleva addirittura a delitto una tipica fattispecie, l'articolo 452-decies, impedimento al controllo, per cui è stabilita una pena da 6 mesi a 3 anni, che è la pena del furto o della truffa, per intenderci, per un comportamento che tradizionalmente appartiene ai cosiddetti illeciti di polizia.
Ciò ancora una volta in qualche modo sottomette il diritto penale alla natura di funzione amministrativa ed è punito il titolare o il gestore di un impianto che, in vario modo, ostacoli, impedisca o intralci l'attività di controllo degli insediamenti da parte dei soggetti legittimati a tale controllo.
Questa norma, a mio avviso, non dovrebbe appartenere al diritto penale, tutt'al più a quello amministrativo. Se, però, proprio vogliamo inserirla nel diritto penale, siamo qui in presenza della tutela di mere e pure funzioni amministrative, dunque quanto meno il terreno privilegiato dovrebbe essere quello delle contravvenzioni. In questo senso, mi permetterei di sottolineare questa contraddizione in un contesto, invece, fortemente portato alla valorizzazione e tutela dei beni giuridici.
Altro elemento positivo o sul quale, comunque, sentirei di spendere qualche parola è proprio la scelta politico-criminale dell'inserimento dei reati nel codice penale. Spiegherò tra poco che questo non risolve tutti i problemi. Riallacciandomi a quanto si evidenziava, in qualche modo ne crea qualcuno in più, ma va anche riconosciuto che ci muoviamo in un trend europeo assolutamente univoco.
Mi preme sottolineare che, in realtà, la scelta del codice penale è veramente discrezionale, nel senso che militano buone ragioni anche perché il diritto penale dell'ambiente, magari orientato alla tutela dei beni giuridici e non di funzioni, rimanga però comunque nel diritto penale complementare.
Vorrei ricordare che, da un'indagine comparatistica effettuata in questi anni, risulta che esistono fior di sistemi giuridici anche a noi molto vicini, come quello francese, che hanno mantenuto un assetto del diritto penale dell'ambiente come diritto penale complementare cosiddetto, espressione questa che può essere fuorviante.
L'orientamento è questo soprattutto – ripeto che affronterò tra poco l'argomento – per garantire uno dei punti cruciali, nodali, di questa materia, ossia il collegamento con il diritto amministrativo. Si pensa, cioè, che, agganciando la norma penale con uno specifico complesso amministrativo di disciplina, questa abbia maggiore determinatezza. Devo dire che questo argomento, alla luce dell'esperienza che racconterò tra poco, è sicuramente abbastanza convincente.
Nella vita si può cambiare idea, ma in questo caso non l'ho cambiata e sono stato sempre un fautore dell'inserimento dei reati ambientali nel codice penale, quindi non posso smentirmi. Vorrei, però, in questa sede così autorevole sottolineare che non è una scelta obbligata. Tecnicamente, può presentare dei pro e dei contro.
Peraltro, esistono sistemi oramai consolidati con diritto penale dell'ambiente, primo tra tutti quello tedesco, che personalmente ho studiato anche più di altri, ma anche quelli spagnolo e portoghese, con una suddivisione quindi nell'area continentale. Lasciamo da parte i Paese del common law, che ovviamente, come sempre, fanno storia a sé.
Quanto a questioni più problematiche, su una vi avranno di certo già notevolmente – consentitemi l'espressione poco elegante – ammorbati, ossia quella della definizione del concetto di ambiente. Su questo aspetto, dovete portare un po’ di pazienza. Credo sappiate, infatti, che per il penalista esiste il principio costituzionale molto importante di determinatezza e tassatività. Siamo, cioè, obbligati evidentemente Pag. 7a descrivere in modo il più possibile preciso il concetto di ambiente. Ovviamente, se si accede a una certa concezione dell'ambiente, ciò non significa che l'ordinamento tuteli solo quell'elemento dell'ambiente, ma che il diritto penale tutela solo quello.
Personalmente, imposterei la questione in due modi e poi vedremo come è affrontata nei due testi. Due passaggi sono fondamentali. Il primo è quello di capire se oggetto di tutela penale debba essere solo l’habitat naturale, quindi acqua, aria, suolo, flora, fauna e così via, o quello «artificiale», cioè anche gli elementi costruiti dall'uomo, come i monumenti, o anche che sono ritenuti meritevoli di tutela in funzione di una qualificazione giuridica particolare e penso al paesaggio.
Tutto porta a pensare che entrambe queste categorie debbano essere oggetto di tutela – ci mancherebbe altro – e anche gli altri ordinamenti si muovono così. A questo punto, però, appare molto più opportuno, se così è – in questo, per esempio, il progetto Micillo è assolutamente condivisibile – spezzettare questa nozione.
Non hanno molto senso, per esempio, come è accaduto in Germania con una certa confusione applicativa, norme contro l'ambiente. A questo proposito, siccome la proposta di legge Micillo appunto distingue una serie di fattispecie, ognuna delle quali più o meno indirizzata alla tutela di uno degli elementi che compongono l'ambiente, mi permetterei di suggerire, proprio per evitare confusioni terminologiche, di intitolare «Delitti contro l'ambiente e beni ambientali», in modo che sia chiaro che facciamo riferimento a una concezione dell'ambiente più ampia di quella normalmente, anche nelle legislazioni comparate, presa in considerazione.
Non mi convince, invece, molto – lo dico con molta franchezza, ovviamente nel rispetto che si porta in questi casi – la questione del cosiddetto disvalore di evento. Una volta definito l'ambiente o quante tipologie di ambiente la norma penale deve tutelare, non abbiamo finito. Con riferimento all'ambiente naturalistico, sorge il problema di stabilire o di far capire con esattezza all'interprete – credo sia una questione, come capirete da soli, non solo teorica, ma fortemente pratica, perché in sede processuale è questo il tema che ha un grosso rilievo – il disvalore di evento, cioè quando scatta l'offesa all'ambiente, cosa vuol dire offendere l'ambiente. Più che la definizione del bene, credo che il punto cruciale sia questo.
Le possibilità sono tre, anche qui comparando con altri sistemi: si può ritenere leso l'ambiente quando è compromessa anche una sola componente dell’habitat naturale, una pianta, un animale, un qualsiasi elemento; si può individuare, come faceva, per esempio, da noi il progetto Pagliaro di riforma del codice penale, l'unico che ha una parte speciale già predisposta, l'alterazione o la potenziale alterazione dell'equilibrio ecologico, degli ecosistemi cosiddetti; l'ambiente è tutelato, e quindi scatta l'offesa all'ambiente, quando a essere pregiudicato, almeno in linea tendenziale, è uno dei beni che l'ambiente garantisce, la salute e le economie di una certa zona.
Poniamo si tratti di questi elementi singoli, dell'equilibrio ecologico o della salute: sono tre tutele possibili e tutte e tre legittime. Va, però, a mio avviso precisata e chiarita la prospettiva che utilizziamo per trattare questi tre beni, che possono essere equiparati quanto al disvalore. In questo caso, scivoleremmo, secondo me, verso una concezione ecocentrica, alla quale personalmente non guardo con simpatia, ma per una ragione di convinzione ideologica, poi ognuno può pensarla come vuole.
In alternativa, vanno guardate secondo una logica antropocentrica, cioè una logica che tende comunque a differenziare la tutela di questi beni in ragione della gravità che, attraverso la lesione del bene ambiente, è arrecata alle utilità dell'uomo.
Personalmente, simpatizzo per questa seconda opinione, peraltro anche questa – dovete fidarvi – tendenzialmente privilegiata, ad esempio, nelle legislazioni del contesto europeo continentale. Da questo punto di vista, la proposta di legge Micillo Pag. 8desta qualche perplessità. Parlo soprattutto di quest'ultimo perché, in realtà, la proposta di legge Realacci su questo non dice molto ed è anche molto più concisa. È anche vero che, essendo più ampio, probabilmente è anche più facilmente attaccabile.
Se, però, guardiamo i livelli di pena stabiliti dalla proposta di legge Micillo, a me pare che tutte queste entità, come ripeto tutte meritevoli di tutela, siano trattate o, comunque, spesso trattate allo stesso modo, come a mio avviso non può accadere.
Citerò qualche esempio. Con riferimento alla norma che apre il titolo, l'inquinamento ambientale, si dice che la reclusione da 1 a 5 anni e la multa da 5.000 a 150.000 euro, tra l'altro scatta quando vi è il semplice deterioramento delle qualità del suolo, del sottosuolo, dell'acqua e dell'aria, dell'ecosistema, della biodiversità e della flora e della fauna selvatica.
Siccome non disponiamo, nel nostro ordinamento giuridico, di una clausola minimale come quella che hanno, per esempio, i codici penali tedesco o olandese, e siccome da avvocato – consentitemi di parlare in questa veste – conosco anche certe tendenze della giurisprudenza spesso un po’ esagerate in questo senso, non vorrei che sotto questa pena confluissero forme di aggressione all'ambiente che si limitano a danneggiare o a mettere in pericolo singole componenti assolutamente insignificanti.
Nessuno mette in discussione che tutti questi beni sono meritevoli di tutela, ma credo che siamo tutti vincolati al principio di proporzione, che ci obbliga, a mio avviso, a graduare queste pene in ragione della compromissione dell'ambiente in ragione dell'utilità umana. Forse sono stato troppo contorto, ma potrei citare molti altri esempi.
Una questione importantissima è quella della dipendenza dal diritto amministrativo, cui abbiamo già accennato. È vero che ci stiamo emancipando, con questi progetti, in relazione al bene tutelato, ma il legame col diritto amministrativo rimane. Il diritto penale dell'ambiente, infatti, è un diritto penale a struttura sanzionatoria.
Siccome esiste una linea di rischio consentito, sotto la quale le imprese e i soggetti possono agire, e queste linee sono stabilite da norme cautelari di natura amministrativa, il reato ambientale scatta, in tutto il mondo – ci scommetterei qualsiasi somma – nel momento in cui vi è l'inosservanza di queste disposizioni.
Qui, però, nello scrivere queste norme – mi permetto sommessamente di parlare al legislatore – si evidenziano, a mio avviso, due ordini di problemi. Il primo è la tecnica normativa, cioè il modo in cui strutturare la clausola di rinvio al diritto amministrativo, come richiamare gli atti nella fattispecie. Da questo punto di vista, la proposta di legge Realacci mi piace di più, un po’ meno quello Micillo. Mentre, infatti, il progetto Realacci contiene l'espressione molto precisa «chiunque in violazione di specifiche disposizioni normative», la proposta di legge Micillo riporta «chiunque illecitamente».
L'uso di clausole così ampie, sempre da esperienze realizzate in altri ordinamenti, come soprattutto quello tedesco, reca in sé il pericolo di conflitti istituzionali enormi tra magistratura e pubblica amministrazione. Non vorrei, infatti, per essere breve e chiaro, anche a costo di risultare troppo brutale, che si ricreasse in questo contesto quello che è accaduto e sta accadendo in questi anni, mutatis mutandis, con relazione all'abuso d'ufficio.
Nel momento in cui ci si trova di fronte a disposizioni chiaramente orientate a richiamare la violazione della norma cautelare amministrativa, la norma cautelare è rispettata, nella forma e magari anche nella sostanza, ma qualcuno ritiene che, nel concedere quell'autorizzazione, nel permettere quel tipo di comportamento, l'autorità amministrativa abbia violato l'articolo 97 della Costituzione. In questo caso, potrebbe essere il diritto alla salute o qualsiasi altra norma. Quando la clausola è così ampia, a mio avviso consente operazioni ermeneutiche un po’ avventuristiche.Pag. 9
L'esperienza tedesca è emblematica. I tedeschi sono stati molto orgogliosi nel 1980 di aver introdotto reati contro l'ambiente nel codice penale, primi in Europa. Dopo 10 anni, c’è stato un primo bilancio e studi molto approfonditi sono risultati frustranti perché, proprio in un Paese come la Germania, normalmente poco avvezza a questo tipo di conflitti, si era creato un conflitto istituzionale permanente grazie a clausole di questo tipo. L'autorità amministrativa consente certe operazioni, la magistratura scavalca l'esposizione amministrativa in virtù di un dato testuale che fa un richiamo generico all'illegittimità o illiceità del comportamento, e quindi in qualche modo scavalca, appunto, la decisione presa dall'autorità amministrativa.
Per questa ragione, a me pare, invece, che la proposta di legge Realacci sia più apprezzabile. Con riferimento a specifiche disposizioni normative, mi pare abbastanza chiaro il riferimento a disposizioni di natura cautelare e non di principio, quali quelle costituzionali.
Connesso alla struttura sanzionatoria dei reati ambientali e al loro dipendere dal diritto amministrativo è anche il problema che credo molti di voi conoscano, soprattutto chi esercita la professione forense, del cosiddetto sindacato del giudice penale sull'atto amministrativo.
Può accadere, soprattutto, nei reati attualmente strutturati sull'assenza di atto autorizzatorio, che, in virtù di una vecchia disposizione del 1865, il giudice penale parifichi l'atto illegittimo o che lui ritiene illegittimo alla mancanza di atto autorizzatorio, e quindi finisca col punire o, addirittura, col procedere a sequestro. Molto spesso, la norma è applicata anche in ambito cautelare, ciò che rende il caso a mio avviso doppiamente intollerabile. Sostanzialmente, c’è un'equiparazione tra l'assenza di autorizzazione e l'autorizzazione illegittima.
Come ho detto in tutte le sedi, ma evidentemente non conto nulla, come già sapevo, si tratta di una chiara forma scolastica di analogia in malam partem, che quindi non può essere consentita. Tuttavia, credo sia ora che il legislatore se ne faccia carico. Peraltro, mi spiace sottolineare che gli atteggiamenti della giurisprudenza e anche della Corte di cassazione sono molto oscillanti su questo punto.
In questo senso, la proposta di legge Micillo contiene un elemento molto interessante che vorrei sottolineare e che credo meriti di essere approfondito e salvaguardato, ovviamente, se possibile, con qualche miglioramento. A un certo punto, all'articolo 452-quinquiesdecies – stiamo parlando di un problema che nella prassi è veramente avvertito, chi ha esperienza forense sa che stiamo parlando di un problema gravissimo, che dà incertezza a molte imprese e crea conflitti istituzionali molto frequenti – c’è un'equiparazione per cui, in relazione a delitti previsti dal titolo, è equiparata la mancanza di autorizzazione all'autorizzazione in materia ambientale ottenuta illecitamente: già questo riferimento all'illiceità e non all'illegittimità ci porta, a mio avviso, in una dimensione un po’ più tollerabile. Il problema è capire cosa si intenda per illecito.
In realtà, in un altro contesto, in un luogo a mio giudizio sbagliato – consentitemi di dirlo – nell'articolo 452-novies, frode in materia ambientale, secondo comma, si considera illecitamente ottenuto l'atto o il provvedimento amministrativo conseguito mediante produzione di documenti o attestazioni false o mediante corruzione.
Messi insieme, credo che questi due commi possano fornire una soluzione soddisfacente del problema. Consentono, infatti, di disapplicare, per così dire, l'atto amministrativo soltanto in presenza di un comportamento doloso da parte di chi l'ha ottenuto, che è la soluzione più giusta ed è auspicata in una vecchia sentenza delle Sezioni unite che poi si è ritenuto di dover superare, la cosiddetta sentenza Giordano del 1987.
Sostanzialmente, la sentenza cercava di risolvere questa tematica applicando lo stesso principio, nel senso che l'autorizzazione può essere disapplicata in materia penale solo quando è stata ottenuta Pag. 10in modo illecito. La mera illegittimità amministrativa non è sufficiente. Mi pare che, da questo punto di vista, il progetto sia particolarmente meritevole di tutela.
Avrei tanto altro da aggiungere, ma mi limiterò a richiamare l'attenzione sull'elemento soggettivo. Vorrei segnalare questo dato non vincolante, ma di cui dobbiamo tenere conto: la direttiva comunitaria, fatto molto criticato in realtà in dottrina, n. 99 del 2008 sembrerebbe limitare la responsabilità per colpa dell'inadempiente nella sola colpa grave. Vi è, cioè, un espresso riferimento – non ve lo leggo per carità di patria, per non tediarvi ulteriormente – alla punibilità della colpa solo per colpa grave.
Ritengo, senza mezze riserve, si tratti di una sciocchezza. La tipologia dei reati ambientali è prevalentemente colposa, cioè la limitazione alla colpa grave può avere un senso laddove il reato sia doloso e possano crearsi delle situazioni particolari. Questa limitazione è abbastanza strana, ma ve ne do notizia o, comunque, vorrei sottolinearla perché, appunto, ne teniate conto anche nella formulazione di queste fattispecie.
PRESIDENTE. Ringraziamo il professore anche della ricchezza degli argomenti esposti in breve tempo.
Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ALESSANDRO BRATTI. Una serie di considerazioni, soprattutto in merito all'ultima audizione, merita sicuramente una grandissima attenzione.
Mi sembra di capire che, anche in maniera differente, comunque il tema secco dell'introduzione dei reati nel codice penale non è la panacea che può risolvere il problema. Dal punto di vista della tecnica legislativa, quindi – non sono un giurista – si potrebbe comunque essere efficaci nella stesso modo se, all'interno, ad esempio, di un'operazione di revisione del codice ambientale, per una serie di parti fossero definite meglio delle questioni.
Credo non sia cosa di poco conto da considerare. È noto, infatti, che tutti i tentativi degli ultimi 10 anni di modificare il codice penale sono sempre completamente naufragati. Se una «subordinata B» può essere presa in considerazione per fare in modo che questa volta si riesca ad arrivare alla fine della questione, credo che sia assolutamente da considerare.
Riguardo alla definizione dell'ambiente, che credo sia dirimente e fondamentale per tutte le conseguenze successive, credo che ci si debba molto concentrare sulla seconda e terza ipotesi, cioè sul tema della funzionalità degli ecosistemi permanenti, che ha una sua base scientifica, laddove ovviamente la questione della salute, dell'effetto sull'uomo deve essere dirimente e fondamentale. Sul resto, avrei a mia volta molti dubbi.
Allo stesso modo, credo che anche su tutto il tema dei monumenti e del paesaggio ci siano già oggi anche in Costituzione, soprattutto sul paesaggio, considerazione ed elementi che definiscono alcune questioni in maniera abbastanza precisa, come non accade per il tema ambiente, inteso con riferimento agli ecosistemi e alla loro funzionalità. Oltretutto, l'ecologia è una scienza che forse vede il suo sviluppo dopo il lavoro dei nostri padri costituenti, per cui questa situazione va definita.
Ciò premesso, vorrei porre al generale Costa poche questioni. Non è previsto in nessuno dei due progetti di legge, ma secondo me invece sarebbe molto utile capire se, da un punto di vista giuridico, si riesca a definire meglio il lavoro degli organismi di polizia giudiziaria. Oggi, in questo Paese, tantissimi organismi di polizia giudiziaria si occupano dei controlli ambientali, ma quanto all'efficacia ci accorgiamo che è povera, anche in base al quadro giuridico esistente. Mi chiedo se non sia possibile lavorare anche per introdurre qualche elemento che possa, al di là del tema della riforma generale dei corpi di polizia, prevedere un efficientamento del sistema, che oggi efficiente non è.
Proprio da soggetto investigatore, cosa pensa del fatto di aver spostato una serie Pag. 11di indagini presso le DDA e averle tolte alle procure ordinarie ? Anche su questo c’è una forte discussione. Secondo alcuni, averle tolte alle procure ordinarie significa aver perso, di fatto, il polso del territorio. Anche su questo, vorrei un suo giudizio.
L'altra questione su cui sarei molto cauto – capisco che oggi la Terra dei fuochi prenda molto i media, è anche un problema serio – è il tema dell'incendio di rifiuti. Bisognerebbe, eventualmente, introdurre una norma molto specifica. Mentre, infatti, stiamo lavorando, addirittura secondo me in maniera eccessiva, sul fatto che nelle isole si possono bruciare le ramaglie, che non costituiscono un problema ambientale, non vorrei che costruissimo una norma che penalizzi in maniera eccessiva l'agricoltore di un'isola o di un territorio che deve bruciare un po’ di arbusti. Questo accade e dobbiamo stare molto attenti.
Un conto è un'organizzazione sistematica dolosa per bruciare dei rifiuti speciali pericolosi, come succede sistematicamente nella Terra dei fuochi; un conto è introdurre una norma per cui si tratta un agricoltore che brucia un po’ di sterpaglie allo stesso modo che per reati come quelli richiamati.
PRESIDENTE. Gradiremmo, eventualmente, anche delle note scritte sintetiche.
ALFREDO BAZOLI. Molto rapidamente, vorrei porre qualche domanda di natura un po’ tecnica sull'impianto di queste due proposte.
Una delle questioni che abbiamo affrontato anche nelle precedenti audizioni riguarda il tema della tassatività delle fattispecie. Uno dei temi si cui, ovviamente, come legislatori, siamo un po’ tenuti ad avere un occhio vigile è quello del tentativo di delineare fattispecie il più possibile chiare e, per l'appunto, tassative, in modo da evitare che si lasci troppo margine di discrezionalità, e quindi di incertezza, anche agli operatori rispetto alle condotte punibili.
Su questo, qualche obiezione formulata riguardava, in particolare, il concetto di disastro ambientale, previsto in entrambi i disegni di legge, e anche aspetti relativi ad alcune definizioni in tema di pericoli di rilevante deterioramento, tutte definizioni che probabilmente possono profilare qualche problema da questo punto di vista.
Vorrei conoscere la vostra opinione in merito, se da questo punto di vista può esserci qualche miglioramento nel testo che consenta di arrivare a delineare fattispecie un po’ più tassative o che, comunque, si sottraggano a un certo genere di obiezioni.
Inoltre, mi interessa conoscere, ancora sotto un profilo tecnico, la vostra opinione riguardo all'aspetto contenuto in entrambe le proposte di legge che riguarda il bilanciamento tra le circostanze attenuanti e quelle aggravanti previste dalla norma. Mi riferisco a eventuali obiezioni di compatibilità. A mio avviso, si tratta di un tema abbastanza importante e rilevante.
Infine, ritenete corretta, dal punto di vista della tecnica legislativa, la previsione di reati di natura colposa senza un'autonoma individuazione delle condotte punite, quindi semplicemente con la previsione che i reati puniti a titolo di dolo siano puniti a titolo di colpa con uno sconto di pena ? Vorrei capire se, dal punto di vista anche della tutela dei beni giuridici in discussione, è corretta questa tecnica o se sarebbe preferibile individuare fattispecie colpose autonome da punire in maniera, appunto, diversa dalle altre.
PRESIDENTE. L'Aula non è iniziata: potete sintetizzare in 5 minuti le risposte o risponderci, se credete, con una nota scritta. Possiamo mandarvi il resoconto stenografico anche delle domande per non comprimere tanto questa seconda fase di quesiti che impongono una risposta più esaustiva.
Purtroppo, oggi abbiamo dovuto iniziare più tardi i lavori perché l'Aula si è protratta e tra pochissimo i deputati hanno un provvedimento da votare con urgenza.
MAURO CATENACCI, Ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre.
Sulla colpa, non c’è niente da dire. Nel codice penale è sempre così, una tecnica normale. Non si cambia il fatto, ma solo l'elemento soggettivo. Quei fatti sono puniti anche a titolo di colpa.
Sulla tassatività, mi riservo per iscritto. Non ricordo l'altro quesito, che rileggerò nel resoconto stenografico e risponderò.
ALFREDO BAZOLI. [fuori microfono] Bilanciamento delle circostanze !
MAURO CATENACCI, Ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi Roma Tre.
Negativo. È contrario al principio di responsabilità penale personale e lo è anche al principio di uguaglianza. Non si capisce, infatti, perché qui le circostanze aggravanti debbano sempre prevalere e, per citare un esempio, in materia di abusi sessuali no.
PRESIDENTE. Vi ringrazio e mi scuso a nome di tutti per la compressione di quest'ultima fase, dovuta però ai lavori dell'Aula, che prevale sulla Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.05.