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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 15 maggio 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la comunità internazionale già si è mossa da tempo in relazione al tema della violenza sulle donne con la convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW) del 1979, la dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993, la risoluzione del 20 dicembre 1993 sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, la risoluzione del 19 febbraio 2004 sull'eliminazione della violenza domestica nei confronti delle donne, la risoluzione del 20 dicembre 2004 sulle misure da adottare per eliminare i delitti d'onore commessi contro le donne e la risoluzione del 2 febbraio 1998 sulle misure in materia di prevenzione dei reati e di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne;
    fra le iniziative più importanti si segnalano anche la piattaforma per l'azione approvata dalla IV Conferenza mondiale sulla donna dell'ONU a Pechino nel 1995, la conferenza mondiale di Stoccolma contro lo sfruttamento sessuale dei minori del 1996, la risoluzione dell'Assemblea mondiale della sanità «Prevenzione della violenza: una priorità della sanità pubblica» del 1996, nella quale l'Organizzazione mondiale della sanità riconosce la violenza come problema cruciale per la salute delle donne, la risoluzione (n. 52/86) dell'Assemblea generale ONU su «Prevenzione dei reati e misure di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne», solo per citare le iniziative più importanti;
    il Parlamento europeo si è ripetutamente espresso sul tema con la risoluzione del 2 febbraio 2006 sulla situazione nella lotta alla violenza contro le donne ed eventuali azioni future, la risoluzione del 17 gennaio 2006 sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini, vulnerabili allo sfruttamento sessuale, la risoluzione del 24 ottobre 2006 sull'immigrazione femminile: ruolo e condizione delle donne immigrate nell'Unione europea;
    la Commissione europea con la carte dalle donne 2010 ha introdotto, nella strategia di attuazione della parità di genere, anche la lotta e il contrasto alla violenza contro le donne;
    il Consiglio dell'Unione europea nel 2004 ha adottato una direttiva (n. 2004/80/CE) relativa all'indennizzo delle vittime di reato che al paragrafo 2 dell'articolo 12 stabilisce che «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime»; nel Patto europeo di genere 2010-2015 inoltre ha evidenziato la stretta connessione tra la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e la Carta delle donne 2010 della Commissione ribadendo la centralità della lotta alla violenza di genere per un «rafforzamento democratico ed economico dell'Unione»;
    l'Italia ha ratificato fin dal 1985 la convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW) adottata dall'Assemblea generale dell'ONU nel ’79, impegnandosi ad adottare «misure adeguate per garantire pari opportunità a donne e uomini in ambito sia pubblico che privato». Le ultime raccomandazioni del Comitato CEDAW al nostro Paese sono state fatte in occasione della 49a sessione di valutazione tenutasi lo scorso luglio 2011 presso le Nazioni Unite a New York e sono state pubblicate il 3 agosto 2011;
    il rapporto ombra elaborato dalla piattaforma «Lavori in corsa: 30 anni CEDAW» presentato il 17 gennaio 2012 alla Camera, insieme alle raccomandazioni del Comitato CEDAW, riferisce che la violenza maschile sulle donne è la prima causa di morte per le donne tra i 16 anni e i 44 anni in tutta Europa e nel mondo e in Italia più che altrove. Nel nostro continente ogni giorno 7 donne vengono uccise dai propri partner o ex partner;
    il primo rapporto ONU tematico sul femminicidio, presentato il 25 giugno 2012, frutto del lavoro realizzato in Italia dalla rapporteur Rashida Manjoo, afferma che «Il continuum della violenza nella casa si riflette nel crescente numero di vittime di femminicidio in Italia». Il Rapporto sottolinea che nel nostro paese gli stereotipi di genere sono profondamente radicati e predeterminano i ruoli di uomini e donne nella società. Analizzando i dati relativi alla presenza nei media, il 46 per cento delle donne appare associato a temi quali il sesso, la moda e la bellezza e solo il 2 per cento a questioni di impegno sociale e professionale;
    il legislatore italiano si è attivato dando nuovo impulso alla riforma della normativa in questo settore, approvando, ad esempio, la legge n. 66 del 15 febbraio 1996 «Norme contro la violenza sessuale», la legge n. 269 del 3 agosto 1998 «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù», la legge n. 154 del 5 aprile 2001 «Misure contro la violenza nelle relazioni familiari», il decreto-legge 23 febbraio 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 38 del 23 aprile 2009, la cosiddetta «Legge anti-stalking»;
    il 27 settembre 2012 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità pro tempore ha firmato la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 (convenzione d'Istanbul);
    secondo gli ultimi dati forniti dal Viminale, nel 2011 in Italia ci sono stati 160 omicidi le cui vittime erano donne, di questi 84 compiuti per mano di partner o ex partner. Secondo una stima sono state 124 le donne uccise nel 2012 e 35 le vittime nei primi mesi del 2013. Per quanto riguarda i dati sulla violenza sulle donne, forniti dalle forze dell'ordine al Ministero dell'interno, essi sono parziali trattandosi di dati basati sulle denunce. Secondo fonte ISTAT il 93 per cento dei questi fenomeni restano nel sommerso;
    quanto sinora esposto porta a considerare la violenza di genere come un fenomeno di carattere universale, un atto discriminatorio che nega alle donne – o riduce – il semplice godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali; per violenza si devono pertanto intendere tutte quelle azioni verbali, fisiche, sessuali, psicologiche, economiche o morali che intendono colpire le donne e ricondurle ad una posizione di inferiorità e dipendenza;
    la violenza contro le donne riguarda tutti i ceti sociali e colpisce donne di tutte le età, etnie, religione e in alcuni casi può assumere il drammatico aspetto di violenza contro bambine;
    alla base della violenza di genere vi è la concezione di impari rapporti di potere fra uomini e donne che minano le basi democratiche della società stessa, per questo un'efficace lotta alla violenza contro le donne non può prescindere dal coinvolgimento degli uomini e da un forte contrasto delle diseguaglianze economiche, sociali tra i generi e una vera e propria rivoluzione culturale sulla eguaglianza;
    nonostante la produzione normativa internazionale, europea e nazionale atta a contrastare la violenza di genere, i fatti di cronaca dimostrano l'incapacità di incidere efficacemente nella regressione del fenomeno,

impegna il Governo:

   a sostenere i progetti di legge recanti autorizzazione alla ratifica ed esecuzione della convenzione d'Istanbul già presentati in Parlamento e, nell'ambito delle sue proprie competenze, ad appoggiare, aggiornare ed accelerare ogni iniziativa normativa volta ad adeguare l'ordinamento interno alle prescrizioni contenute nella convenzione d'Istanbul, nel rispetto dello spirito della convenzione di Istanbul, che fonda le linee guida necessarie per un'efficace lotta alla violenza di genere su prevenzione, protezione, repressione, monitoraggio, integrazione delle singole politiche;
   a provvedere alla formazione specializzata di tutti quegli operatori sociali, sanitari o giudiziari che vengono a contatto e prestano assistenza alle vittime;
   ad assumere iniziative per rendere omogeneo lo sviluppo di servizi idonei all'assistenza alle vittime di violenza sessuale e domestica presso i pronto soccorso ospedalieri come ambito privilegiato per l'eventuale apertura di sportelli in cui sia presente personale specializzato, dedicati alla presa in carico delle vittime di violenza, in stretto collegamento con la rete territoriale e che costituiscano il punto di riferimento nell'emergenza;
   a prevedere l'obbligo per questure e commissariati della presenza, nei propri uffici, di una quota di personale, titolare di una formazione specifica in materia di delitti contro la personalità individuale e la libertà sessuale, competente a ricevere le denunce o querele da parte di donne vittime di tali reati;
   ad individuare programmi di assistenza specifica dei minori che siano stati vittime anche se indirettamente, di fenomeni di violenza domestica;
   a promuovere l'adozione di un codice di deontologia recante principi e prescrizioni volti a tutelare, nell'esercizio dell'attività giornalistica, nell'ambito della comunicazione pubblicitaria, nella costruzione dei palinsesti televisivi e radiofonici, il rispetto della dignità delle donne e della soggettività femminile, nonché a prevenire ogni forma di discriminazione di genere;
   ad individuare tutte le risorse economiche finanziarie atte a ripristinare il fondo contro la violenza alle donne, istituito dall'articolo 2, comma 463, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), finalizzato alla prevenzione, all'informazione, alla sensibilizzazione nei confronti del fenomeno della violenza contro le donne, nonché al sostegno dei centri antiviolenza e delle case-rifugio;
   a rendere piena e concreta l'attuazione della direttiva 2004/80/CE ed in particolare dell'articolo 12, paragrafo 2, predisponendo iniziative per l'istituzione di un fondo per l'indennizzo delle vittime dei reati a sfondo sessuale;
   ad istituire in tempi rapidi un Osservatorio permanente sulla violenza contro le donne, nel quale convergano flussi stabili di dati sulla violenza, provenienti dai vari Ministeri coinvolti, dall'ISTAT, dai centri antiviolenza, da soggetti pubblici e privati;
   a predisporre, insieme alle regioni e agli altri enti locali, un piano nazionale contro la violenza sulle donne, di concerto con la Conferenza unificata;
   ad istituire un tavolo interministeriale al fine di affrontare il femminicidio da tutti i punti di vista approntando anche progetti integrati che garantiscano una maggiore incisività nella prevenzione e nel contrasto al problema della violenza di genere;
   ad approntare una campagna di sensibilizzazione che spinga sempre più donne vittima di violenza a denunciarne gli episodi;
   ad assumere iniziative normative per estendere la sfera di applicazione del permesso di soggiorno, di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, anche alle donne vittime di violenza;
   ad attuare il programma contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani e per la tutela delle vittime;
   a presentare alle Camere con cadenza annuale una relazione sullo stato d'attuazione della normativa e delle iniziative poste in essere da tutti i soggetti coinvolti.
(1-00039) «Speranza, Giuliani, Pollastrini, Antezza, Arlotti, Bellanova, Biondelli, Paola Bragantini, Brandolin, Cuperlo, Gasparini, Ghizzoni, Lenzi, Leonori, Madia, Manfredi, Marzano, Mazzoli, Miotto, Montroni, Murer, Paris, Pes, Petitti, Giorgio Piccolo, Giuditta Pini, Quartapelle Procopio, Raciti, Rossomando, Sbrollini, Scuvera, Sereni, Tidei, Zampa, Zappulla».


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante da tempo la violenza maschile sulle donne abbia assunto il carattere della sistematicità e sia la prima causa di morte delle stesse in Europa e nel mondo, il tema troppo a lungo è rimasto al margine del dibattito «ufficiale» imponendosi nell'agenda del nostro Paese solo quando i numeri sono diventati intollerabili: ogni due, tre giorni una donna viene uccisa, con casi estremi di cinque donne uccise nella stessa settimana come è successo recentemente;
    la violenza maschile sulle donne non può più essere considerata una questione privata, non avrebbe mai dovuto esserlo: è questione politica in quanto fenomeno di pericolosità sociale che riguarda tutta la società;
   purtroppo le istituzioni del nostro Paese non hanno mostrato un forte ed efficace impegno nel contrasto a questo tragico fenomeno, tant’è che il Comitato Cedaw e la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne hanno rivolto allo Stato italiano una lunga lista di raccomandazioni che evidenziano la nostra inadeguatezza e incapacità a contrastare la violenza in tutte le sue forme;
   fermare questa tragedia è impegno che riguarda tutti e tutte, in particolare chi come noi si trova a ricoprire ruoli istituzionali, e significa assumere impegni precisi per avviare azioni di contrasto, protezione, prevenzione, sensibilizzazione con politiche attive, coerenti e coordinate che coinvolgano i diversi attori, istituzionali e non, a tutti i livelli, ponendo il tema della violenza contro le donne come priorità assoluta dell'agenda politica,

impegna il Governo:

   a sostenere, per quanto di competenza, le iniziative volte alla ratifica immediata della convenzione del Consiglio d'Europa (Istanbul 2011) sulla prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne e alla violenza domestica;
   ad affrontare con urgenza il tema della violenza sulle donne in tutte le sue forme e la definizione delle politiche necessarie ad azioni di contrasto, protezione, prevenzione, sensibilizzazione, politiche che scaturiscano da decisioni ampie e condivise;
   a coinvolgere in questa azione le associazioni attivamente impegnate sul tema della violenza contro le donne cui va il merito, tra gli altri, di aver sensibilizzato l'opinione pubblica sulla entità e drammaticità del fenomeno, troppo a lungo tollerato.
(1-00040) «Locatelli, Bueno, Gebhard, Pisicchio, Di Lello».


   La Camera,
   premesso che:
    il concetto di femminicidio, tornato in primo piano con le cronache di questi giorni, comprende non solo l'uccisione di una donna in quanto donna, ma ogni atto violento o minaccia di violenza esercitata nei confronti di una donna, in ambito pubblico o privato, che provochi o possa provocare un danno fisico, sessuale o psicologico o sofferenza alla donna. L'uccisione è quindi solo una delle estreme conseguenze, l'espressione più drammatica della violenza sulle donne esistente nella società;
    nel 1993, l'antropologa messicana Marcela Lagarde utilizza il termine femminicidio per comprendere: «La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine – maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria o anche istituzionale – che comportano l'impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l'uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all'insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia»;
    la cronaca riporta infatti casi di violenza generata da motivi che spesso non appaiono riconducibili all'odio di genere e alla misoginia ma alla violenza in famiglia, alla gelosia, alla possessività; il «femminicidio» diventa quindi non un omicidio inaspettato, ma l'ultimo atto di violenza dopo una serie di maltrattamenti all'interno della coppia. Le donne, uccise da mariti, da compagni, da padri o da fratelli, hanno solo provato a sottrarsi alla loro tirannia o hanno violato presunte regole sociali o codici d'onore; «femminicidi» che sembrano troppo spesso delitti annunciati, perché in tanti casi sono preceduti da anni di violenza, frutto di silenzi e complicità da parte di coloro che sono vicini alle donne che subiscono maltrattamenti, ma anche frutto di mancanze da parte delle istituzioni, che hanno il dovere di implementare il funzionamento dei centri antiviolenza, e di mettere in campo una serie politiche di prevenzione e di promozione di una cultura del rispetto tra i generi, nella convinzione che la violenza è un problema pubblico, di violazione dei diritti umani delle cittadine che la subiscono, e non una questione da relegare all'ambito privato;
    nonostante il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale è quindi ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e più diffusa nel mondo; combattere con forza ogni atteggiamento e comportamento che tendono a tollerare, giustificare o ignorare la violenza commessa contro le donne è, pertanto, assoluta priorità di ogni livello di Governo; a livello mondiale, le cronache riportano con puntuale periodicità episodi di violenza commessi nei confronti di donne molestate, minacciate, violentate, stuprate, uccise, cui si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto di sottoporsi ad irragionevoli dettami fanatico-religiosi, nonché altre forme di violazione dei diritti delle donne o che con la violenza contro le donne sono connesse, come la violenza sui luoghi di lavoro, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili, la tratta di donne e di bambine;
    se si esamina il fenomeno nel nostro Paese, il quadro è comunque allarmante: dal 2005 al 2012 sono stati 903 i casi di donne uccise da uomini. Nel 2012 in Italia sono state uccise più di 120 donne, una ogni due giorni. Il 40 per cento delle donne uccise nel 2012 aveva già subito violenza da parte del partner o ex partner. Il 68 per cento delle violenze avvengono in casa e due terzi delle vittime subisce più episodi di violenza (soprattutto da parte del partner). Gli assassini sono uomini, nella maggior parte dei casi appartenenti al nucleo familiare e alla cerchia degli affetti più vicini. Secondo i dati Istat relativi al 2006, sono 6 milioni e 743 mila le donne che tra i 16 e i 70 anni sono state, almeno una volta nella vita, vittime di violenza, fisica o sessuale. Ma nel nostro Paese solo il 18,2 per cento delle donne considera la violenza subita in famiglia un reato, per il 44 per cento è stato qualcosa di sbagliato e per il 36 per cento solo qualcosa che è accaduto. Inoltre, i dati svelano che il 93 per cento delle violenze perpetuate dal coniuge o dall'ex non viene denunciato;
    il 4 marzo 2013 Telefono Rosa ha presentato la sua nuova ricerca sulla violenza domestica, basata sulle telefonate e gli interventi realizzati dall'associazione. Cercando di conoscere meglio l'identità delle vittime, la ricerca indica due fasce maggiormente in pericolo: quella compresa tra i 35 e i 54 anni (33 per cento), mentre nella fascia 45-54 anni gli abusi scendono al 25 per cento. Tra le donne italiane si riscontra una maggiore concentrazione di vittime tra i segmenti più adulti (35-44enni: 32 per cento, 45-55enni: 26 per cento) spostando l'attenzione sulle straniere, è possibile osservare una maggiore concentrazione di violenze nelle classi anagrafiche più giovani (25-34enni: 31 per cento, 45-55enni: 39 per cento). Allarmante è il legame tra l'omicidio e le violenze pregresse sulla vittima o su altre donne: nel 40 per cento dei casi emerge che la vittima ha subito violenze (psicologiche, fisiche, sessuali e stalking) precedenti al femminicidio. La percentuale di donne che ha subito violenza e ha prole è altissima: nel 2012 l'82 per cento delle vittime ha figli, in particolare il 65 per cento sono minorenni. Nel 2012 l'82 per cento dei figli ha ripetutamente assistito alle violenze in famiglia. Aumentano nel 2012 i casi di abusi di lunga durata, nel 18 per cento coprono un arco di tempo compreso tra i 5 e i 10 anni; raggiunge il 28 per cento la percentuale dei maltrattamenti che dura da più di 10 anni; il 12 per cento di questi vede le donne rassegnate alla loro condizione da oltre 20 anni;
    soltanto in questi primi mesi del 2013 sono state uccise 34 donne. Un numero rilevante che, purtroppo, conferma il drammatico trend di questi ultimi anni;
    questi numeri sottolineano l'ampiezza del fenomeno e il suo profondo radicamento nella cultura del nostro Paese e nella vita delle famiglie: non si tratta dell'epilogo estremo di una storia personale ma di un comportamento strutturato, che attraversa una parte grande del paese, in centinaia di migliaia di case-prigioni sparse nelle campagne, nei paesi, nelle grandi città;
    in particolare, continui episodi riportati dalla cronaca in particolare nell'ultimo periodo dimostrano l'ampia portata di questa quotidiana tragedia, specie in termini di vite perdute, il che impone di mettere in campo ogni possibile misura normativa; lo studio e l'attuazione di interventi volti a prevenire gli episodi di violenza, abuso e vessazione di cui le donne sono vittime rappresenta una priorità dell'intero Esecutivo;
    nel 2009, l'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano del reato di stalking è stata una chiara dimostrazione dell'attenzione del Governo e del Parlamento all'individuazione di strategie di contrasto, di prevenzione della violenza e di reinserimento delle vittime di tale reato; lo stesso decreto-legge n. 11 del 2009 che ha introdotto il reato di stalking, ha inoltre previsto ulteriori interventi in materia di violenza sessuale; il provvedimento, in particolare, ha introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza per la violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo, nonché disposizioni volte a rendere più difficile ai condannati per taluni delitti a sfondo sessuale l'accesso ai benefìci penitenziari, tra cui le misure alternative alla detenzione. La medesima legge ha, inoltre, consentito l'accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti, a favore della persona offesa da taluni reati a sfondo sessuale. Il decreto-legge n. 11 del 2009 ha poi previsto, quale aggravante speciale dell'omicidio, il fatto che esso sia commesso in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, nonché da parte dell'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa;
    va segnalato, inoltre, che nel corso della passata legislatura per la prima volta l'Italia ha adottato un piano nazionale contro la violenza sulle donne e lo stalking, finanziato con più di 18 milioni di euro, con una strategia di contrasto delineata su base nazionale, con l'obiettivo di mettere in rete l'esperienza dei Centri antiviolenza nelle regioni italiane e del numero verde 1522 e le professionalità delle forze dell'ordine;
    servono comunque altri segnali forti: un investimento certo e sicuro per i centri antiviolenza e per il sistema dei servizi di prevenzione che si occupano della violenza sulle donne e, in secondo luogo, l'unificazione di tutte le informazioni in un'unica banca dati, che consenta alle forze dell'ordine e all'intero sistema dei servizi antiviolenza di reperire in tempi rapidi le notizie sulle vittime e sugli autori del reato;
    a ciò si aggiunga che l'Italia ha sottoscritto, nel settembre 2012, la «Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica» dell'11 maggio 2011 (convenzione di Istanbul), impegnandosi a ratificarla in tempi rapidi;
    la convenzione di Istanbul è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che si prefigge di creare un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza grazie a misure di prevenzione, di tutela in sede giudiziaria e di sostegno alle vittime;
    la convenzione di Istanbul, ove si riconosce esplicitamente la violenza sulle donne quale violazione dei diritti umani e forma di discriminazione, obbligherà, dunque, lo Stato italiano ad adottare specifiche misure legislative per contrastare l'allarmante fenomeno;
    partendo dal presupposto che la volontà di sopraffazione trae spesso origine da atteggiamenti discriminatori e che, dunque, solo un profondo mutamento culturale potrebbe combattere in modo efficace il fenomeno, possono essere messe in campo iniziative, anche in sede legislativa, per porre un freno all'incontenibile sequenza di violenze perpetrate nei confronti delle donne,

impegna il Governo:

   ad adottare e sostenere ogni iniziativa legislativa volta ad adeguare l'ordinamento interno alle prescrizioni contenute nella convenzione di Istanbul, nonché, più in generale, ad adottare le norme regolamentari e i provvedimenti amministrativi idonei a promuovere realmente una cultura della soggettività femminile, contrastando il femminicidio quale negazione della soggettività, dei diritti fondamentali, della dignità delle donne;
   ad agire sul piano della prevenzione e del contrasto della violenza, della promozione della soggettività femminile e della tutela delle vittime di violenza sessuale, di stalking e di maltrattamenti, in particolare dando piena attuazione al piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere, utilizzando le risorse all'uopo stanziate, e individuando specifiche iniziative volte a potenziare i servizi e le misure di assistenza delle vittime di violenza, prevedendo un'organica risposta a livello territoriale e di rete, e rendendo omogeneo lo sviluppo di servizi idonei all'assistenza, attraverso la collaborazione e la cooperazione tra i soggetti pubblici e privati (pronto soccorso, associazioni, sportelli anti violenza, forze dell'ordine, servizi sociali, comuni) che operano per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne e che forniscono servizi di supporto ed assistenza;
   ad istituire un tavolo interministeriale al fine di affrontare il femminicidio da tutti i punti di vista e di predisporre progetti coordinati per tutto il territorio nazionale che garantiscano maggiore incisività nel contrasto alla violenza di genere;
   ad istituire un Osservatorio nazionale permanente sulla violenza alle donne che predisponga e tenga aggiornati i dati relativi ai fenomeni di violenza sulle donne, provenienti da soggetti pubblici e privati, accessibili anche ai fini della ricerca e dell'elaborazione di interventi di prevenzione e di contrasto alla violenza;
   ad adottare le opportune iniziative volte a promuovere, nell'esercizio dell'attività giornalistica, nei messaggi pubblicitari, nei palinsesti e nelle trasmissioni di radio e televisione, il rispetto della dignità delle donne e della soggettività femminile, nonché a prevenire ogni forma di discriminazione di genere o di femminicidio;
   a sostenere la promozione dell'inserimento nei programmi scolastici dell'educazione alla relazione, al fine di sensibilizzare, informare, formare gli studenti e prevenire la violenza nei confronti delle donne, la discriminazione di genere e il femminicidio e promuovere la soggettività femminile;
   a promuovere in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano azioni volte ad incentivare la realizzazione di misure a favore delle vittime di violenza e a coinvolgere le stesse, laddove sia necessario, in percorsi di formazione e di inserimento lavorativo, in linea con le esperienze più avanzate europee;
   a presentare alle Camere annualmente una relazione sullo stato di attuazione delle normative e delle iniziative poste in atto da tutti i soggetti coinvolti.
(1-00041) «Brunetta, Carfagna, Centemero, Prestigiacomo, Bergamini, Dorina Bianchi, Brambilla, Calabria, Castiello, Faenzi, Garnero Santanchè, Giammanco, Milanato, Petrenga, Polidori, Polverini, Ravetto, Saltamartini, Elvira Savino, Sandra Savino, Scopelliti».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), modificando parzialmente la precedente normativa, ha introdotto nuove disposizioni in ordine ai criteri di calcolo dei canoni annui per le concessioni demaniali marittime con finalità turistico- ricreative;
    l'attuazione della predetta disposizione ha determinato l'insorgere di talune problematiche connesse, tra l'altro, all'esatta individuazione delle cosiddette pertinenze commerciali, ai sensi dell'articolo 1, comma 251, lettera b), numero 2.1), della citata legge n. 296;
    i criteri introdotti dalla legge finanziaria per l'anno 2007 prevedono, infatti, l'applicazione dei valori medi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell'Agenzia del territorio per la zona di riferimento, commisurati alla superficie complessiva, abbattuta per scaglioni, delle pertinenze demaniali marittime, qualora, adibite ad attività commerciali, terziario-direzionali o di produzione di beni e di servizi;
    secondo la disposizione di legge succitata, il canone deve essere determinato «moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento. L'importo ottenuto è moltiplicato per un coefficiente pari a 6,5»;
    l'applicazione di tale norma nella realtà del litorale italiano ha creato numerosi contenziosi, differenze di trattamento a parità di analoghi utilizzi e di capacità reddituali, e una situazione di incertezza nel 3 per cento degli operatori del settore;
    in particolare sono circa 250 le imprese familiari di balneari, concessionari di beni dello Stato, che versano in una situazione drammatica per gli aumenti assolutamente insostenibili che hanno causato l'avvio di un complesso contenzioso giudiziario in tutta Italia, perché gli importi richiesti dallo Stato sono comprensibilmente considerati fuori da ogni logica di mercato;
    l'articolo 1, comma 251, lettera b), numero 2.1), della legge n. 296 del 2006, risulta di difficile interpretazione tanto che i comuni l'hanno applicato in modo difforme e, dall'altro canto, esso dà luogo ad una sperequazione tra i canoni demaniali dei manufatti con destinazione commerciale costituiti da opere di facile rimozione e quelli dei manufatti costituiti da opere realizzate in strutture pertinenziali, pur con analoghe potenzialità reddituali;
    ciò deriva in particolare dal fatto che:
     per alcune aree del territorio nazionale l'Osservatorio del mercato immobiliare non ha stabilito valori immobiliari;
     sono frequenti i casi in cui l'Osservatorio del mercato immobiliare indica valori relativi a tipologie di realtà commerciali ben distinte da quelle presenti negli impianti balneari; spesso si fa, infatti riferimento a negozi di dimensioni ordinarie situati nelle varie località e nei loro centri storici, difficilmente confrontabili con le pertinenze commerciali realizzate sugli arenili;
     i valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare sono ben lontani da quelli considerati dalle borse immobiliari delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che, al contrario dei primi, sono sensibilmente più bassi e molto più vicini alla realtà per fasce, dimensioni e tipologie di accertamento;
    spesso i canoni demaniali determinati con la media dei valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare provocano disparità tra località vicine o confinanti e si sono registrati casi di imprese che da 2.600 euro annui di canone hanno subito un incremento della tariffa che ha raggiunto i 77.000 euro;
    i valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare sono aggiornati dall'Agenzia del territorio con cadenza semestrale, e nonostante la leggi preveda la conseguente continua variazione dei canoni di concessione relativi alle pertinenze con destinazione commerciale, i comuni applicano aumenti Istat sul primo calcolo di introito senza fare più riferimento ai valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare attualmente in picchiata in tutti i comuni;
    la situazione, unita al già difficile andamento delle stagioni turistiche, sta mettendo in forte rischio l'intero comparto e le imprese in esso operanti, con gravi ripercussioni sulla stessa tenuta dei posti di lavoro, e causa il carico sempre più elevato di tassazione cui non corrisponde un soddisfacente andamento del settore,

impegna il Governo

a individuare opportune soluzioni che consentano di giungere alla revisione dell'imposizione a carico delle pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, superando l'attuale riferimento ai coefficienti dell'Osservatorio del mercato immobiliare, azzerando il contenzioso scaturito dall'applicazione della richiamata normativa e valutando la possibilità di consentire alle imprese interessate di recuperare le somme già versate all'erario, eccedenti gli importi che saranno determinati in base ai nuovi criteri eventualmente adottati.
(7-00004) «De Maria, Velo, Bini, Sani, Manciulli».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    al fine di stimolare il recupero edilizio del patrimonio abitativo esistente, il decreto-legge n. 83 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012) ha potenziato, dal 26 giugno 2012 e sino al prossimo 30 giugno 2013, la detrazione Irpef riconosciuta per gli interventi di riqualificazione delle abitazioni (articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi – decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986), innalzandone la percentuale spettante dal 36 per cento al 50 per cento ed il limite di spese detraibili da 48.000 a 96.000 euro;
    il «potenziamento» dell'agevolazione ha assunto un ruolo strategico nella politica fiscale dell'ultimo anno, con molteplici ricadute positive in termini di ammodernamento ed efficientamento del tessuto edilizio esistente;
    il comparto delle manutenzioni edilizie, trainato dalle agevolazioni fiscali, è l'unico che presenta un segno congiunturale positivo nell'ambito del settore delle costruzioni, colpito da un forte decremento degli investimenti sia in nuove costruzioni (residenziali e non), che nelle opere pubbliche;
    in questo momento di grave crisi per il settore sono importanti interventi finalizzati a favorire la domanda e quindi opportunità di lavoro per le imprese e di occupazione;
    il potenziamento dell'agevolazione ha dimostrato di essere uno strumento efficace di contrasto alla crisi economica che interessa il settore e l'economia del Paese;
    il nostro patrimonio edilizio continua ad avere un evidente bisogno di una visione strategica della trasformazione, riqualificazione e rigenerazione urbana, categoria di interventi che, come oramai acclarato, produce ricadute in termini economici, sociali e ambientali;
    ciò è ancor più evidente se si tiene conto dell'urgenza di incentivare gli interventi di consolidamento statico, miglioramento sismico e di messa in sicurezza degli edifici esistenti, favorendo nel contempo anche l'utilizzo di materiali ecocompatibili e sostenibili ad impatto minimo sull'ambiente, così da mettere in sicurezza la gran parte del territorio e rilanciare un'economia legata all'edilizia di qualità, che coinvolge una filiera industriale molto lunga,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative normative, volte a prorogare, quantomeno di un ulteriore anno (sino al 30 giugno 2014), la possibilità di applicare la detrazione Irpef per il recupero delle abitazioni nella misura «potenziata» al 50 per cento (anziché 36 per cento) delle spese sostenute sino ad un massimo di 96.000 euro (anziché 48.000 euro) incentivando interventi di ristrutturazione, di consolidamento statico, miglioramento sismico e di messa in sicurezza degli edifici esistenti anche con l'impiego di materiali sostenibili ed ecocompatibili.
(7-00005) «Sottanelli, Matarrese, Borghi, Decaro, Taglialatela, Causin, D'Agostino, Piepoli, Cimmino, Antimo Cesaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   tra le opere connesse all'Esposizione universale che si terrà a Milano a partire dal 1o maggio 2015 (Expo 2015) è stato inserito l'intervento per la riqualificazione ed il potenziamento della strada provinciale n. 46 Rho-Monza, il cui iter è stato avviato con la sottoscrizione, in data 28 luglio 2006, della convenzione tra la provincia di Milano e la Milano Serravalle - Milano Tangenziali spa;
   il progetto in fase di realizzazione – che rientra nelle tipologie elencate nell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, punto 10, denominato «autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate c sulle quali sono vietati tra l'altro l'arresto e la sosta di autoveicoli» – prevede la trasformazione dell'attuale arteria stradale che collega Rho a Monza in un'autostrada urbana a due corsie per senso di marcia (prolungamento della tratta stradale A52); si tratta di un'opera fondamentale che collega da est ad ovest il Nord di Milano con la chiusura dell'anello delle tre tangenziali, con l'obiettivo di ridurre le attuali criticità viabilistiche esistenti;
   il tracciato complessivo è lungo 9,2 chilometri dall'attuale tangenziale nord (A52) all'altezza di Paderno Dugnano all'autostrada A8 Milano - Laghi all'altezza dello svincolo di Rho Fiera;
   il lavoro è diviso in tre lotti funzionali: i primi due sono realizzati da Milano tangenziali-Serravalle e collegano l'interconnessione con l'A52 in corrispondenza di Milano-Meda e lo scavalco della ferrovia Milano-Varese; il costo previsto è di 202 milioni di euro, di cui 177 disponibili; il terzo lotto funzionale è realizzato da autostrade per l'Italia e collega lo scavalco della ferrovia Milano-Varese con lo svincolo della ex strada statale n. 233 «Varesina»; il costo previsto è di 104 milioni de euro, di cui 55 disponibili;
   l'ANAS, in data 2 febbraio 2009, ha approvato il progetto preliminare relativo ai tre tratti in cui è stata suddivisa l'opera; le concessionarie hanno successivamente avviato la progettazione definitiva con tempi e modi diversi, anche per quanto riguarda la scelta delle procedure di affidamento dei lavori;
   l'adeguamento dell'infrastruttura viaria viene giudicata necessaria da tutte le amministrazioni locali coinvolte e da tutti i comuni interessati – Baranzate, Bollate, Cormano, Novate Milanese, Paderno Dugnano – hanno espresso il loro assenso all'ipotesi di rendere più sicura e più scorrevole la strada di collegamento tra Rho e Monza, in accordo con la provincia di Milano e la regione Lombardia;
   le perplessità che sono state sollevate riguardano le scelte progettuali fatte che non hanno tenuto conto delle osservazioni presentate dagli enti locali in fase di valutazione d'impatto ambientale – e le cui conseguenze, in termini di salute pubblica e sostenibilità ambientale, sono estremamente critiche;
   i comuni, pur favorevoli alla realizzazione dell'opera, hanno fortemente criticato la realizzazione di tratti sopraelevati di attraversamento dei centri abitati, che in molti casi si trovano a breve distanza dalle abitazioni dei cittadini, in particolare di una scuola che ospita circa 2000 studenti;
   gli enti locali hanno anche proposto un progetto alternativo approvato da tutti gli organi di governo dei comuni e condiviso dai comitati di cittadini presenti sul territorio; in particolare la proposta avanzata prevede la realizzazione di tratti in trincea ed in galleria (in particolare nel tratto in cui la strada Rho-Monza si sviluppa a fianco della strada Milano-Meda) con lo specifico obiettivo di contenere l'impatto acustico, visivo e l'inquinamento determinato dalle polveri ed inquinanti seguendo i criteri seguiti per la realizzazione delle più recenti infrastrutture realizzate in contesti analoghi a livello europeo;
   tra le perplessità espresse dagli enti locali si evidenzia la richiesta di pronunciamento di compatibilità ambientale inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero per i beni e le attività culturali, alla regione Lombardia ed alla provincia di Milano da parte dell'amministrazione comunale di Novate Milanese, con cui sono state segnalate evidenti criticità dell'opera, tra cui l'insufficiente considerazione del corridoio ecologico regionale; l'eccessivo consumo di territorio, in particolare nell'area del parco locale di interesse sovracomunale della Balossa; la non conformità con gli strumenti urbanistici vigenti, in particolare per quanto riguarda le aree verdi; i potenziali effetti dannosi sulla salute dei cittadini, sia sotto l'aspetto dell'inquinamento acustico per la modesta efficacia della «galleria fonica», sia sotto l'aspetto dell'inquinamento atmosferico, per il prevedibile aumento di emissioni di agenti inquinanti legati al traffico veicolare;
   cittadini ed associazioni hanno presentato un lungo, articolato e circostanziato documento di osservazioni al progetto, in cui si afferma che l'opera: non migliora la qualità dell'aria, poiché a fronte di una ipotetica maggiore fluidificazione del traffico si assisterà ad un considerevole aumento dei flussi (passando da 80 mila ad almeno 200 mila veicoli al giorno); per le medesime ragioni non migliora ma, anzi, peggiora l'inquinamento acustico; non riduce i rischi di incidentalità stradale; causa nuovo consumo di suolo e riduzione dell'estensione delle aree protette della zona; influisce negativamente sotto il profilo paesaggistico; causa la riduzione del valore degli immobili dell'intera area;
   purtroppo le istanze delle amministrazioni e dei cittadini non sono state ascoltate e, al momento attuale, lo stato di avanzamento dei progetti sembra rendere ancora più difficili eventuali correzioni di scelte progettuali discutibili; la provincia di Milano e la regione Lombardia durante i diversi incontri avuti con le amministrazioni locali hanno ripetutamente confermato che non è possibile realizzare l'interramento nella tratta di affiancamento, per ragioni economiche di cui non è stato dato riscontro oggettivo nonostante le numerose richieste di verifica da parte delle amministrazioni interessate;
   secondo quanto affermato dallo stesso Ministro dello sviluppo economico nella scorsa legislatura l'ipotesi di interramento suggerita, nello specifico dal comune di Paderno, era stata presa in considerazione da ANAS che aveva previsto un tratto di circa 2,3 chilometri in galleria, ma che la presenza di «elementi di tracciato non a norma e talune criticità sia per la fasizzazione sia per la cantierizzazione» ne rendeva difficile la realizzandone; ulteriori problemi provenivano dall'inevitabile aumento dei costi e dei tempi di ultimazione dell'opera, programmata in 30 mesi dall'approvazione del progetto preliminare, e che sarebbero saliti ad un valore variabile tra 41 e 65 mesi a seconda delle soluzioni di scavo adottate;
   sempre il Ministro dello sviluppo economico ha sostenuto che, per evitare l'avvio di contenziosi, le istanze dei comuni di Paderno Dugnano, Novate, Baranzate, Cormano e Bollate e del consiglio provinciale di Milano avrebbero potuto essere prese in considerazione solo dopo il compimento delle procedure di gara, in sede di valutazione di impatto ambientale e in sede di approvazione del progetto in conferenza dei servizi;
   allo stato attuale il progetto presentato dall'aggiudicatario dei lotti 1 e 2 ha favorevolmente accolto le prescrizioni presentate dai comuni di Novate Milanese e Bollate nella preconferenza dei servizi dell'aprile 2010 per quel che riguarda il collegamento ecologico che si colloca all'interno della Rete ecologica regionale (RER); tuttavia non ha minimamente affrontato le enormi criticità presenti in territorio di Paderno Dugnano e la richiesta di realizzazione del percorso in trincea e del sottopasso ferroviario che gli stessi comuni di Novate Milanese e Bollate hanno presentato in tutte le sedi istituzionali; il progetto così articolato con le minime correzioni descritte è stato presentato al Ministero per la richiesta del parere di valutazione di impatto ambientale ed ha raccolto il parere contrario di entrambi i comuni al momento della formalizzazione del parere di valutazione di impatto ambientale degli stessi;
   una delle principali motivazioni che ostano all'accettazione di significative modifiche del progetto è legata alla tempistica, come confermato dalla procedura concorsuale scelta, che ha tenuto conto in modo sostanziale delle soluzioni con riduzione dei tempi di realizzazione rispetto al progetto a base di gara, in modo da garantire l'apertura funzionale dell'opera nel 2015, prima dell'inizio dell'Expo;
   in realtà i tempi di realizzazione dell'opera sono in netto contrasto con il programma iniziale, infatti nel cronoprogramma del gennaio 2010 l'inizio dei lavori era previsto per marzo 2012 e la loro ultimazione dei lavori a settembre 2014, Io stesso cronoprogramma, aggiornato a dicembre 2012 porta l'avvio dei lavori a luglio 2013 e la loro ultimazione ad aprile 2015, ossia in sostanziale concomitanza con l'inizio dell'esposizione universale;
   in data 16 marzo 2011 era stata presentata un'interrogazione a risposta in Commissione sulla medesima questione: numero atto 5-04401 (abbinato all'Atto 5-03938 del 2 dicembre 2010), firmatari onorevole Vinicio Peluffo, onorevole Lino Duilio e onorevole Enrico Farinone;
   il Sottosegretario Mario Mantovani, delegato dal Governo a rispondere, aveva fornito in data 6 aprile 2011 una risposta che era stata dichiarata insoddisfacente dai firmatari, in quanto si era limitata a riassumere i fatti accaduti e le decisioni via via adottate dagli organi competenti in ordine alla realizzazione degli interventi di potenziamento in superficie della strada di collegamento fra le città di Rho e Monza, eludendo completamente la questione di fondo posta dagli atti di sindacato ispettivo, con i quali si chiedeva, non tanto di acquisire elementi di conoscenza sui costi e sui tempi di realizzazione dell'opera in questione, quanto di sapere con chiarezza se, a giudizio del Governo, un'opera di così devastante impatto ambientale e di così negativi effetti per la salute dei cittadini si dovesse o non si dovesse realizzare –:
   quali provvedimenti il Governo intenda adottare al fine di pervenire ad una revisione del progetto di riqualificazione della strada Rho-Monza che tenga conto delle aspettative e dei diritti dei cittadini che vivono nei centri urbani attraversati dalla provinciale n. 46, sia provvedendo all'interramento della Rho-Monza nei tratti stradali di attraversamento dei centri abitati, sia attraverso ogni altro intervento di modifica del progetto finalizzato a ridurre l'impatto – ambientale, sodale, sanitario e paesistico – dell'opera;
   se non ritenga che il problema dei possibili maggiori costi – che, tra l'altro, non tengono conto delle esternalità di carattere ambientale e sanitario – e le esigenze della tempistica – attesa la modesta probabilità che l'opera (connessa e non essenziale) sia ultimata prima dell'inizio dell'esposizione universale – giustifichino la «blindatura» dell'opera;
   se si intenda avviare un confronto tra il Governo, i comuni interessati, la regione Lombardia, la provincia di Milano e le concessionarie per valutare la possibilità di modificare il progetto, tenendo conto dei tempi e dei costi, in modo da evitare lo spreco di risorse e di energie e la frammentazione dell’iter procedurale ed amministrativo;
   se non ritenga che, alla luce del mancato rispetto del cronoprogramma e in vista dell'Esposizione universale, vi siano le condizioni per prevedere, intanto, la realizzazione dell'interramento del tratto del lotto 3, rimandando ad una fase successiva la realizzazione dei lotti 1 e 2, per i quali sarà necessario reperire ulteriori risorse.
(2-00049) «Cimbro, Casati, Peluffo, Laforgia, Cova, Gasparini, Quartapelle Procopio, Rampi, Mauri, Malpezzi, Giuliani, Fiano, Moretti, Manzi, Gadda, Morani, Cinzia Maria Fontana, Arlotti, Marantelli, Carra, Senaldi, Cominelli, Pollastrini, Lorenzo Guerini, Giuseppe Guerini, Fragomeli, Scuvera, Guerra, Tentori, Carnevali, Cassano, Casellato, Martella, Miotto, Misiani, Monaco, Rosato, Bindi, Cardinale, Chaouki, Civati».

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si celebrerà domani 15 maggio la giornata internazionale della famiglia proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (A/RES/47/237) nel 1993;
   la giornata internazionale riflette l'importanza che la comunità internazionale attribuisce alla famiglia e offre l'opportunità di promuovere la consapevolezza delle problematiche relative alla famiglia, aumentando la conoscenza dei processi sociali, economici, e demografici che colpiscono le famiglie;
   si tratta di un'opportunità per tutti i Paesi di dimostrare il loro sostegno alle famiglie. I governi, le organizzazioni non governative, le scuole e i singoli individui sono invitati a celebrare tale ricorrenza per promuovere una migliore comprensione delle funzioni, dei problemi, e dei bisogni legati alla famiglia;
   nella giornata di quest'anno sarà posta particolare attenzione alla questione delle giovani famiglie e del lavoro giovanile coinvolgendo le istituzioni, le parti sociali e imprenditoriali su quella che è una vera e propria emergenza sociale, oltre che lavorativa ed economica;
   siamo al cospetto di una situazione occupazionale drammatica, in particolare per i giovani e le giovani famiglie che costituiscono un patrimonio che l'Italia non può permettersi di perdere; questo tema si inserisce anche nel cammino di avvicinamento alla settimana sociale del prossimo settembre;
   purtroppo, l'attuale situazione occupazionale che ha investito molti giovani italiani sta seriamente pregiudicando non solo la loro possibilità di partecipare alla vita economica, sociale e «adulta» del nostro Paese, ma anche la possibilità di creare una famiglia e di compiere scelte procreative libere e responsabili;
   l'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del pontificio Consiglio della famiglia, nei giorni scorsi durante una suo intervento all'università Gregoriana ha evidenziato la necessità di sostenere la famiglia come «il vero pilastro della società», ribadendo che «la famiglia si dimostra più forte di tutti i picconatori, ha una tale potenzialità che non c’è governo che possa distruggerla»;
   la famiglia è il pilastro su cui si reggono le nostre società e i nostri popoli, soprattutto nei momenti di crisi realizza in maniera unica la solidarietà tra generazioni, meglio di qualunque altra realtà associativa», e «rimane una risorsa per il mondo del lavoro più di quanto accada viceversa»;
   le politiche sociali si possono definire tali solo se hanno l'obiettivo esplicito di «fare famiglia», ovvero se riconoscono il valore sociale aggiunto della famiglia e se la considerano come capitale sociale da sostenere in quanto risorsa principalmente umana, oltre che sostegno economico della società –:
   quali provvedimenti urgenti intendano attuare per venire incontro all'emergenza occupazionale che colpisce sia i giovani e le loro famiglie sia i non più giovani il cui percorso nel costituirsi nucleo familiare autonomo è ostacolato dalla precarietà delle condizioni lavorative, nel migliore dei casi, e dall'assenza totale di lavoro nel peggiore di essi;
   come intendano intervenire le istituzioni, le parti sociali e imprenditoriali al fine di garantire che in una società globalizzata come quella attuale, sia tutelato il diritto al lavoro e la dignità della persona che anche ad esso è legato e se non ritengano opportuno, come più volte sollecitato anche dalle associazioni familiari riprendere in considerazione il «Piano nazionale per la famiglia».
(3-00058)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TULLO, PASTORINO, BASSO, CAROCCI e QUARANTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:
   nella tarda serata di martedì 7 maggio 2013 una nave porta container in uscita dal porto di Genova in una manovra, di cui al più presto gli enti competenti dovranno stabilire le responsabilità, urtava contro la banchina su cui si ergeva la torre di controllo dello scalo; nell'impatto l'edificio è stato completamente distrutto provocando nove vittime;
   l'immane tragedia ha avuto eco internazionale suscitando un grandissimo dolore nel Paese, nelle città di residenza delle vittime ed in particolare nella città ligure, che è stata colpita al cuore essendo il porto la sua attività economica principale;
   in questo contesto, dinanzi ad una delle più drammatiche giornate vissute dalla città di Genova è apparso per molti, naturale, suggerire il rinvio delle partite di calcio della 36a giornata del campionato di serie A che coinvolgevano le due squadre genovesi, Sampdoria-Catania in programma allo stadio Luigi Ferraris e Torino-Genoa in programma all'Olimpico del capoluogo piemontese;
   in particolare le due tifoserie organizzate hanno manifestato civilmente sin dal pomeriggio e anche durante gli incontri che, ad avviso degli interroganti, con insensibilità, la Lega Calcio ha deciso comunque di far disputare, il disagio, il dolore dei tifosi rossoblucerchiati e della città di Genova ed il rispetto che si doveva alle nove vittime, che imponevano appunto un rinvio delle due partite. Le emittenti televisive genovesi in segno anche di protesta per tale decisione si sono astenute da commentare e fornire copertura di servizio sui due incontri;
   uno degli striscioni esposti dagli ultrà genovesi recitava: «il rispetto del dolore vale più di una partita»;
   consapevoli della giusta e assoluta autonomia che regola i rapporti tra il Governo e le autorità competenti in materia (CONI, FIGC, e Lega Calcio di serie A), è giusto dinanzi a decisioni che vengono dettate dalla «necessità di non incidere sulla regolarità del campionato» «o dalle esigenze televisive», chiedersi se tali decisioni non appaiano assurde rispetto al dolore e alla funzione anche pedagogica che dovrebbe avere lo sport ed il calcio in particolare –:
   quali ragioni hanno portato le autorità competenti a non decidere il rinvio degli incontri della trentaseiesima giornata di campionato che coinvolgevano le due squadre genovesi;
   se non si ritenga di poter assumere iniziative per definire un criterio di valutazione comune tra autorità politiche e sportive per verificare dinanzi ad eventi così tragici come quello accaduto a Genova la possibilità del rinvio di eventi sportivi. (5-00130)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 1995 moriva in un attentato suicida compiuto a Gaza la giovane cittadina americana di religione ebraica Alisa Michelle Flatow;
   il 25 febbraio 1996 Sara Duker e Matthew Eisenfeld, giovani cittadini americani di religione ebraica, venivano uccisi in un altro attacco terroristico a Gerusalemme;
   stando alla ricostruzione della vicenda, recentemente pubblicata sul numero del settimanale Panorama apparso il 9 maggio 2013, la magistratura statunitense ha accertato, sulla base di ammissioni fatte da rappresentanti di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese, che i due atti criminosi vennero finanziati dalle autorità della Repubblica Islamica dell'Iran;
   in particolare, il 3 novembre 1998 il giudice Royce C. Lamberth della Corte distrettuale del Distretto di Columbia condannava Teheran a risarcire la famiglia Flatow, corrispondendole 250 milioni di dollari; l'11 novembre 2000, il medesimo giudice imponeva al Governo della Repubblica islamica dell'Iran il pagamento di altri 300 milioni di dollari alle famiglie Duker ed Eisenfeld;
   nell'impossibilità di ottenere il risarcimento negli Stati Uniti, le famiglie Flatow, Duker ed Eisenfeld hanno chiesto nel 2004 la delibazione in Italia delle pronunce della magistratura americana, onde poter ottenere nel nostro Paese, dove esistono fondi riconducibili al Governo iraniano, la liquidazione del risarcimento;
   il 29 luglio 2005 le pronunce americane sono state delibate nel nostro ordinamento con sentenza passata in giudicato;
   ciò nonostante, il Governo iraniano resisteva e sollecitava un intervento del Ministero degli affari esteri italiano, che raccomandava all'Ambasciata della Repubblica Islamica d'Iran di costituirsi in giudizio, promettendo l'intervento ad adiuvandum del nostro Esecutivo, come certificato da un fax datato 23 novembre 2005, firmato dal vicedirettore pro-tempore del Cerimoniale del Ministero degli affari esteri;
   alla costituzione in giudizio da parte iraniana hanno fatto seguito nuovi episodi processuali, tra i quali si segnalano l'annullamento del sequestro dei fondi individuati per il risarcimento precedentemente disposto, giunto il 17 gennaio 2006, e quello della sentenza sulla delibazione nel nostro ordinamento delle pronunce americane intervenuto l'8 maggio 2007 malgrado il suo passaggio in giudicato fosse maturato il 29 luglio 2005;
   nel 2011, le famiglie Flatow, Duker ed Eisenfeld hanno tuttavia riavviato l’iter processuale, questa volta contando sull'appoggio di diversi membri del Congresso statunitense, per rivendicare la delibazione automatica delle sentenze americane in Italia e quindi ottenere una nuova pronuncia da parte della magistratura italiana che permetta l'aggressione dei fondi iraniani presenti nel nostro Paese;
   a quanto consta all'interrogante, il 13 maggio 2013 i senatori statunitensi Richard Blumenthal, Mark Kirk, Christopher S. Murphy, Frank R. Lautenberg, Bernard Sanders e Robert Menendez hanno indirizzato una lettera all'ambasciatore d'Italia a Washington, Claudio Bisogniero, chiedendo al Governo del nostro Paese di delibare nell'ordinamento italiano le sentenze statunitensi concernenti le famiglie Flatow, Duker ed Eisenfeld e ritirare la «dichiarazione d'interesse nella questione» già manifestata dalla Repubblica italiana, che ha permesso all'Iran di costituirsi in passato in giudizio;
   nella medesima missiva, i senatori statunitensi sopramenzionati sottolineavano altresì l'importanza di confermare il principio secondo il quale gli Stati sponsor del terrorismo debbono pagare un prezzo pesante per il sostegno offerto alle organizzazioni terroristiche, esprimendo una preoccupazione del tutto condivisibile –:
   quale sia la posizione del Governo sui fatti generalizzati nella premessa e quale orientamento si conti di assumere rispetto alla richiesta pervenuta all'ambasciatore della Repubblica italiana negli Stati Uniti.
(4-00458)


   MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la tematica delle nuove generazioni è stata descritta formalmente come una delle priorità dell'azione di Governo nei primi cento giorni del suo mandato;
   attualmente una delle poche politiche attive in Italia rivolte ai giovani è quella sviluppata attraverso il servizio civile nazionale, strumento che non solo offre un'occasione di cittadinanza per le nuove generazioni, ma si configura soprattutto come un importante strumento formativo e di inserimento nel mercato del lavoro;
   sul periodico on line «Vita.it» del 13 maggio 2013 è stato pubblicato l'articolo «Servizio civile, a settembre il bando 2013», nel quale sono riportate le dichiarazioni rese da un dirigente dell'Ufficio nazionale per il servizio civile (di seguito UNSC), il dottor Raffaele De Cicco, in occasione del meeting nazionale delle misericordie d'Italia;
   in particolare, nella circostanza il dirigente avrebbe affermato: «Ve lo dico subito: fino ad ora solo sette regioni su 21 hanno consegnato le graduatorie, per cui non credo che saremo in grado di fare il bando prima di luglio, e siccome non è ragionevole tenere le selezioni in agosto, ritengo che non ci siano alternative ad andare a settembre»;
   a ciò, il predetto dirigente avrebbe altresì aggiunto: «Ad oggi non posso dire quanti ragazzi saranno avviati, stiamo definendo il documento di programmazione economica, che poi dovrà passare in Consulta, in Conferenza Stato Regioni e infine alla Corte dei conti. Occorre ancora tempo»;
   le dichiarazioni sopra riportate integrano la fotografia di un servizio civile Nazionale privo di una qualsiasi forma di governo, impastoiato da procedure burocratiche insensate e che inneggiano migliaia di giovani;
   in termini concreti, la semplice previsione di un rinvio del bando a settembre 2013 significherebbe costringere almeno 18.000 giovani a sospendere il loro tempo di vita per almeno 4 mesi, in attesa della «ragionevole» tempistica dei vari uffici e funzionari –:
   se il Governo sia stato preventivamente messo a conoscenza delle dichiarazioni che il dirigente dell'Ufficio nazionale per il servizio civile generalizzato in premessa avrebbe reso al Meeting nazionale delle misericordie d'Italia e se le condivida;
   se il Governo non ritenga che le dichiarazioni citate in premessa siano in palese contraddizione con l'affermazione che le politiche a favore dei giovani rientrano tra le priorità dell'azione di Governo nei suoi primi cento giorni di attività;
   quali azioni il Governo intenda intraprendere per risolvere gli intoppi burocratico amministrativi di cui è vittima il servizio civile nazionale, garantendo che il bando 2013 per l'impiego di volontari in servizio civile sia pubblicato nell'arco di 30 giorni e che usufruisca di risorse finanziarie sufficienti ad ingaggiare almeno 18.000 giovani. (4-00461)


   ZARATTI, COSTANTINO e PIAZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Roma, nella sua azione di contrasto alle dipendenze da sostanze psicoattive, ha realizzato sin dal 1982 una rete di servizi che si è rivelata un'eccellenza e un esempio per l'approccio all'avanguardia basato sulla laicità e sulla professionalità del metodo e degli operatori impegnati;
   fino al 1988 un ufficio interno all'ex V dipartimento gestiva i rapporti con gli enti del privato sociale che realizzavano in convenzione le attività previste dalla rete dei servizi, e nel 1989 il comune ha istituito l'agenzia comunale per le tossicodipendenze alla quale ha trasferito risorse e competenze per proseguire e sviluppare le attività sotto la guida dell'assessorato alle politiche sociali;
   dal 2003, oltre ai fondi del bilancio comunale per le dipendenze, l'ACT ha avuto a disposizione anche i fondi trasferiti dalla regione Lazio finalizzati ad integrare i fondi per i piani di zona per realizzare progetti dedicati alla prevenzione e all'inserimento lavorativo di persone con problemi di dipendenza;
   nei suoi primi 10 anni di funzionamento, l'agenzia, pur non corrispondendo pienamente alle attese di innovazione e sviluppo che ci si aspettava, ha sicuramente favorito una sistematizzazione del settore traghettandolo da un'organizzazione «semplice» tipica degli anni ottanta e novanta verso una più regolata e attuale, (legge sulla privacy, sulla sicurezza, la n. 328 del 2000 compresa la riflessione sul sistema di accreditamento dei servizi, in una regione che non aveva acquisito l'atto d'intesa Stato-Regioni previsto dalla normativa vigente sulle dipendenze) garantendo al sistema dei servizi continuità nell'erogazione delle prestazioni e regolarità nei pagamenti agli enti gestori;
   l'ACT, in piena ottemperanza a quanto previsto dalla legge n. 328 del 2000 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2001, nel 2000 ha emesso un bando ed ha affidato agli aggiudicatari diversi servizi tra i quali la comunità di Città della Pieve. Nel 2003 ha poi proceduto all'accreditamento dei servizi, nelle more dell'accreditamento regionale (notare che la struttura è sita in territorio umbro ma ospita solo i residenti a Roma perché la retta viene pagata da Roma Capitale) istituendo inoltre il REM (registro degli enti metropolitani). Queste procedure hanno garantito, fino alla nomina della nuova dirigenza ad opera di Alemanno nel 2009, un regolare e funzionale svolgimento dei servizi;
   nel 2008 dopo l'insediamento dell'amministrazione Alemanno è stato nominato il nuovo consiglio di amministrazione e il presidente, nella persona del dottor Massimo Canu, divenuto dopo l'ottobre 2010, direttore dell'agenzia;
   nel dicembre 2010 l'ACT, disconoscendo le procedure fino allora seguite e sostenendo che altro non erano che un «sistema di protezione» per alcuni enti storici, ha emanato un bando che è stato ritirato nel successivo febbraio, in seguito al dissenso largamente manifestato da numerose realtà del privato sociale e da esperti del settore, incluso il professor Aiuti, nella sua qualità di presidente della commissione salute di Roma Capitale;
   nell'agosto 2011 il bando è stato riemesso – sostanzialmente invariato, ma le valutazioni dei progetti presentati, che registravano gli enti storici totalmente estromessi dagli affidamenti, sono state successivamente invalidate per irregolarità nella composizione delle commissioni esaminatrici, a seguito dei ricorsi presentati dalle cooperative Il Cammino e Parsec. Ciò ha comportato anche un danno erariale all'amministrazione capitolina, che è stata condannata dal Tar al rimborso delle spese legali per un totale di circa 30.000,00 euro;
   tra la fine del 2011 e la prima metà del 2012 servizi storici come il «Pronto Aiuto» (fondazione Villa Maraini), la comunità «Nord Est» (Parsec), il servizio «Replan», (Il Cammino) e il Centro Diurno Massimina (Il Cammino) chiudono uno dopo l'altro, dopo essere stati attivi e pienamente ricettivi per diversi anni (in due casi sono stati una porta, ininterrottamente aperta ai tossicodipendenti della città per più di trenta anni) e oltre a ciò, l'ACT nel frattempo ha ridotto da 10 a 1 i servizi per l'inserimento lavorativo di ex tossicodipendenti, garantendo però una serie di finanziamenti a pioggia in favore di interventi di prevenzione aspecifica affidati ad enti privi di esperienze e competenze nell'ambito delle tossicodipendenze;
   nella scorsa estate sono state nominate le nuove commissioni per riesaminare i progetti già presentati e negli esiti resi noti nell'ottobre 2012 le cooperative Il Cammino e Parsec sono risultate addirittura insufficienti, non riuscendo a superare neppure la soglia di sbarramento. Ciò ha scatenato una nuova serie di proteste ed un ulteriore ricorso al Tar inoltrato dalla cooperativa Il Cammino per la gestione della comunità di Città della Pieve;
   il 20 marzo il Tar ha rigettato le motivazioni della Cooperativa il Cammino e l'ACT ha proceduto all'affidamento della comunità al raggruppamento Ceis-Coop. Integra che sarebbe dovuto subentrare il 1o maggio 2013;
   la cooperativa Il Cammino, fermamente convinta delle proprie ragioni, ha presentato ricorso al Consiglio di Stato con richiesta di decreto cautelare e di sospensiva del provvedimento di affidamento della struttura al raggruppamento Ceis-Coop. Integra. La richiesta è stata accolta ed è stata fissata l'udienza per il 10 maggio 2013 e il giorno seguente è stata emessa la sentenza che rigetta le richieste della Coop. Il Cammino;
   il bando in questione prevede l'affidamento della comunità di Città della Pieve e dell'azienda agricola di circa 250 ettari insistente nel territorio, per ben 9 anni prorogabili di ulteriori 9 anni, affidamento che contrasta con quanto previsto dal TUEL che consente la programmazione economica degli enti locali per un tempo massimo di 3 anni;
   dall'insediamento del dottor Canu ai vertici dell'ACT gli enti affidatari dei servizi sono in perenne sofferenza per i ritardi nei pagamenti delle fatture presentate. In particolare, la cooperativa Il Cammino per la gestione della comunità ha denunciato ripetutamente sia l'irregolare condizionamento dei pagamenti delle rette pro capite pro die alla rendicontazione analitica dei costi (comunque regolarmente presentata), sia l'illegittima trattenuta del 10 per cento sulle fatture presentate dal 2009 e la lentezza esasperante nel concedere i pagamenti. Irregolarità che sono state verificate e confermate dal collegio dei revisori dei conti del comune di Roma i quali, con il verbale n. 137 del 13 settembre 2012 e la successiva nota prot. CO n. 33 del 7 marzo 2013 hanno sollecitato l'ACT a liquidare le spettanze, chiarendo che in caso di regime pro capite pro die non è dovuta alcuna rendicontazione dei costi per l'ottenimento del pagamento. L'ACT a tutt'oggi non ha ancora ottemperato ai suoi doveri;
   a tutto questo vanno aggiunte anche le emergenze del «passaggio delle consegne» ai vincitori dei bandi in merito sia agli utenti in carico, trattandosi di percorsi terapeutici individualizzati in corso, sia al personale delle cooperative estromesse per il quale non è stato previsto alcun percorso di ricollocazione, in assenza di una preventiva e doverosa concertazione con le parti sociali;
   a giudizio degli interroganti, le politiche fin qui attivate dall'assessorato politiche educative del comune di Roma e dall'agenzia tossicodipendenze hanno prodotto un'incomprensibile programmazione degli interventi che non rispondono ai reali bisogni della città, ridimensionando enormemente i servizi di riduzione del danno a favore di interventi di prevenzione generica ed inefficace. Di fatto questo atteggiamento di chiusura, anche ideologica, ha determinato continue conflittualità con gli organismi del terzo settore e parallelamente ha generato l'assoluta emarginazione dei servizi e istituzioni pubbliche territoriali (SERT e Municipi);
   a giudizio degli interroganti è oramai improcrastinabile un intervento che ripensi, nel suo complesso, l'indirizzo politico, programmatico e gestionale, l'agenzia capitolina sulle tossicodipendenze, senza escludere una sua soppressione, atteso che l'agenzia oramai si è trasformata in un apparato burocratico che pesa inutilmente sul bilancio di gestione delle attività, togliendo risorse, già scarse, alla realizzazione degli interventi;
   l'amministrazione comunale di Roma, ad avviso degli interroganti nello svolgimento e all'esito dei bandi sull'affidamento dei servizi cittadini sulle dipendenze, potrebbe aver violato le proprie prerogative istituzionali; ciò rappresenterebbe una lesione dei principi costituzionali della trasparenza, dell'imparzialità e della legittimità nell'azione della pubblica amministrazione –:
   se il Governo non ritenga opportuno dover attivare l'Osservatorio di cui al comma 7 dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza» al fine di acquisire elementi informativi sulla situazione descritta in premessa. (4-00465)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARAVINI, TIDEI, CIMBRO, PORTA e AMODDIO. —Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa mercoledì 8 maggio 2013 un uomo di 29 anni, Claudio Faraldi, è morto nel carcere francese di Grasse, in Costa Azzurra;
   secondo quanto riferito alla famiglia, il giovane sarebbe morto lo scorso mercoledì per un attacco di cuore, ma la famiglia sarebbe stata avvertita solo tre giorni dopo l'avvenuto decesso;
   il carcere di Grasse è tristemente noto alla cronaca per il decesso durante la detenzione di un altro italiano, Daniele Franceschi, avvenuto in circostanze non del tutto chiare tre anni fa: proprio lo scorso marzo la corte di appello di Aix en Provence avrebbe disposto nuovi accertamenti sulla morte di Franceschi;
   ad avviso dei magistrati francesi, infatti, non sarebbe da escludere l'ipotesi di responsabilità da parte dei vertici dell'ospedale civile di Grasse per non aver ravvisato, tre anni fa, la necessità di un ricovero di Daniele Franceschi, mentre tra gli indagati figurerebbero un medico e due infermieri del carcere francese di Grasse;
   certamente, alla luce di questo precedente, il decesso la scorsa settimana di Claudio Faraldi ha destato immediatamente allarme e preoccupazione, anche se da notizie a mezzo stampa il consolato d'Italia a Nizza avrebbe confermato l'avvio delle indagini e l'apertura di un'inchiesta da parte della procura di Grasse;
   le autorità diplomatiche italiane hanno chiesto di essere tempestivamente informate sull'esito dell'esame autoptico di Claudio Faraldi e sull'evoluzione delle indagini che le autorità francesi hanno disposto con l'apertura di un'inchiesta –:
   se le notizie riportate corrispondano al vero e quali iniziative urgenti i ministri interrogati intendano adottare al fine di ottenere immediata chiarezza sulle cause del decesso di Claudio Faraldi, e sui procedimenti autoptici e investigativi in corso.
(5-00122)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENAMATI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della politica culturale del Ministero degli affari esteri la diffusione della lingua italiana all'estero costituisce un'area di impegno prioritario;
   per mantenere vivo il legame con la lingua di origine, la direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie (DI.G.I.E.P.M.) promuove corsi di lingua a favore della collettività italiana all'estero, previsti dal decreto legislativo n. 297 del 1994, articolo 636 (ex legge n. 153 del 1971) e dalla circolare n. 13 del 7 agosto 2003;
   negli ultimi anni, oltre a perseguire questo obiettivo specifico, i corsi sono diventati uno strumento fondamentale nella strategia generale di diffusione dell'italiano. A tale scopo, in Belgio, è stato stipulato l'accordo bilaterale « Charte de Partenariat»;
   in una città strategica come Bruxelles, Capitale d'Europa, dove sono presenti scuole specifiche di un gran numero di Stati membri, tra cui Francia, Germania e Regno Unito, incredibilmente non sarebbe presente una scuola italiana, sebbene la comunità italiana sia fra le più numerose;
   in Belgio ci sono oltre 30.000 giovani italiani in età scolare, di cui 6.000 solo nella capitale. Di questi soltanto 750 godrebbero del privilegio di essere iscritti nelle sezioni italiane della Scuola europea: una scuola privata, riservata ai figli dei funzionari europei, in cui insegnano docenti italiani inviati dal Ministero degli affari esteri;
   quello di cui i cittadini italiani in Belgio avrebbero davvero bisogno sarebbe una scuola italiana che dia la consapevolezza di essere italiani, affinché un giorno non debbano sentirsi stranieri nel proprio Paese;
   la comunità italiana all'estero dimostra una grande volontà di rinsaldare i legami con le nostre origini, la nostra lingua, le nostre tradizioni, assicurando ai figli giovani una corretta conoscenza, assimilazione e adesione al nostro retaggio culturale, così difficile da salvaguardare a migliaia di chilometri di distanza;
   sarebbe nell'interesse dello Stato italiano e dei suoi rappresentanti preservare l’«italianità» dei cittadini residenti all'estero, che sono i primi ambasciatori dell'Italia e della sua cultura, ma soprattutto una quota rilevante degli elettori di oggi e di domani;
   in Belgio risulta essere assente una scuola italiana, e ciò comporta la rinuncia dello studio della propria lingua madre per molti giovani italiani in età scolare –:
   se quanto riportato in promessa corrisponda al vero e quali siano le possibilità per garantire anche in Belgio una scuola pubblica italiana. (4-00441)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Sicilia dal 1988 una vastissima platea di giovani, dopo aver sperimentato le più variegate forme di lavoro atipico e dopo anni di rivendicazioni sindacali, ha ottenuto la possibilità di iniziare un nuovo percorso tramite la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato;
   nella regione siciliana, da oltre dodici anni, tale tipologia di lavoro flessibile viene utilizzata per far fronte ad esigenze permanenti legate al fabbisogno ordinario degli enti locali;
   tale categoria di lavoratori, unitamente a quelli a tempo indeterminato ancora in servizio, in assenza di regolare turn-over, ha garantito i servizi fondamentali ed essenziali alle proprie comunità locali;
   è ben noto che le posizioni di ruolo negli enti territoriali, con lo svuotamento degli organici per effetto dei pensionamenti, non consentono di assicurare la funzionalità degli stessi;
   gli enti locali territoriali, forti della presenza del personale precario e da oltre un ventennio, hanno rinunciato ad attivare procedure concorsuali ed hanno continuato ad utilizzare questi lavoratori in posizioni anche strategiche ed apicali, sfruttando i titoli di studio posseduti dai precari e la professionalità da questi acquisita;
   i contratti in essere sono stati prorogati sino al 31 luglio 2013 in quanto il legislatore regionale ha inteso agganciarsi alla legge di stabilità nazionale che fissa nel predetto termine il limite massimo alla prosecuzione dei contratti;
   la scelta del legislatore, di ancorare la durata delle proroghe all'ultima legge di stabilità, è ad avviso dell'interrogante immotivata in quanto nelle regioni a statuto speciale si applica altra norma speciale (articolo 14, commi 24-bis e ter, decreto-legge n. 78 del 2010 anche con riferimento al comma 9 e all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010), mai abrogata né modificata, che consente a regioni come la Sicilia e agli enti territoriali delle stesse regioni autonome di prorogare i contratti con l'unico limite, specificatamente indicato, che le risorse finanziarie dovranno essere reperite dalle regioni stesse (a statuto speciale) attraverso apposite misure di riduzione e razionalizzazione della spesa;
   la norma non contiene altri limiti anzi esclude che a questi contratti siano applicabili i limiti quantitativi del 50 per cento dei contratti precedenti e i limiti di spesa per il personale;
   la norma, in vigore, si applica esclusivamente ai contratti a tempo determinato nelle regioni a statuto speciale e negli enti territoriali di queste ultime;
   il Governo regionale ha sempre sostenuto quindi, di avere i fondi per i precari e, quindi, potrà prorogare annualmente o se vuole con contratti pluriennali;
   la legge di stabilità 2013 (comma 400, della legge n. 228 del 2012), a cui ha voluto agganciarsi, maldestramente a giudizio dell'interrogante, il legislatore regionale è norma generale che riguarda tutte le amministrazioni dello Stato, è norma transitoria per l'attuazione della «legge Fornero», non ha né abrogato né compresso la norma speciale adottata dal Parlamento nazionale proprio per la Sicilia perché qui fu sollevato il problema. Lo stesso comma 400 ha finalità diverse dal «tutti a casa», in ogni caso non si applica alla Sicilia che gode di altra normativa statale ancora vigente e storicamente approvata proprio per i precari siciliani per evitare che sin dal 2010 potesse essere tagliato il 50 per cento dei posti di lavoro, anche includendo la deroga al limite di spesa per il personale;
   per la proroga dei contratti dei precari storici negli enti locali siciliani l'interrogante ritiene che non ci sia alcuna necessità di nuova legge nazionale, basterà una norma regionale e la relativa copertura economica. Se la norma nazionale arriverà ben venga, ma non deve rappresentare un alibi per nessuno;
   sulla vicenda dei precari degli enti locali in Sicilia, l'interrogante crede sia giunto il momento di fare chiarezza: la regione deve assumere le proprie responsabilità, smettendola con il tentativo di ribaltare sul piano nazionale problemi e competenze che sono invece tutte e del tutto siciliane. È opportuno consentire ai precari, certamente attraverso una delegazione ristretta, la partecipazione al tavolo tecnico odierno anche per le esperienze che hanno acquisito in materia anno dopo anno, mese dopo mese;
   a giudizio dell'interrogante, il risparmio di spesa previsto dal legislatore nazionale è stato interpretato dalla regione siciliana come un trasferimento della spesa dalla regione a province e comuni con un saldo di bilancio per la pubblica amministrazione nella sua interezza pari a zero ma con un costo sociale insopportabile per il mondo del lavoro;
   occorre evitare che falsamente e ingannando circa 18.500 persone, o comunque sbagliando, ci si trinceri dietro la falsa ipotesi di inesistenti competenze statali al fine di non attivare le procedure di proroga senza prendersi responsabilità –:
   quali iniziative di competenza abbiano adottato od intendano adottare i Ministri interrogati affinché si possa trovare una diversa e migliore soluzione rispetto alle problematiche esposte in premessa. (4-00464)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi è stato segnalato il taglio di alberi secolari lungo gli argini del fiume Basento nel tratto compreso tra Marconia di Pisticci e Bernalda;
   sembra che questi tagli siano dovuti paradossalmente alla manutenzione idraulica del fiume;
   i lavori in questione rientrerebbero nell'accordo di programma finalizzato alla programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico da effettuare nel territorio della regione Basilicata. L'accordo è stato sottoscritto ai sensi della legge n. 191 del 2009, tra Ministero dell'ambiente e regione Basilicata e prevede un «intervento di ripristino dell'officiosità idraulica del fiume Basento nei territori di Bernalda e Pisticci», per la «rimozione della vegetazione in alveo, la manutenzione delle valvole clapet e la ricostruzione dei tratti di argine danneggiati». Il tutto per un importo programmato di 500 mila euro;
   il taglio e il modo in cui sono stati lasciati nel letto del fiume tronchi e arbusti farebbero emergere quanto meno l'anomalia di interventi che dovrebbero qualificarsi per la manutenzione idraulica e la pulizia del letto del corso d'acqua –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda attivare, nell'ambito delle sue competenze, per verificare i lavori effettuati sulla base di un accordo di programma siglato con la regione Basilicata e, nel caso in cui fossero riscontrate anomalie, quali indispensabili iniziative intenda adottare per la salvaguardia ambientale di un importantissimo corso d'acqua. (3-00059)


   BINDI, D'ATTORRE, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO, CENSORE, COVELLO, OLIVERIO, STUMPO e MAGORNO. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Calabria e, in particolare le città capoluogo di provincia, soprattutto Reggio Calabria, continua ad essere interessata da una drammatica emergenza ambientale legata alla gestione dei rifiuti;
   il locale sistema di raccolta dei rifiuti a causa della totale assenza di programmazione e di realizzazione di strumenti moderni ed efficienti di gestione dei rifiuti solidi urbani, si rivela gravemente inefficace;
   le strade del capoluogo sono invase dai rifiuti e si registrano episodi di incendio doloso dei cumuli, aggravando l'emergenza ambientale e determinando un enorme rischio alla salute pubblica;
   si susseguono forme di protesta per la difficile situazione igienico-sanitaria creatasi e perciò rischiano di generarsi reazioni che potrebbero anche pregiudicare l'ordine pubblico;
   l'emergenza non potrà che peggiorare in considerazione dell'avvicinarsi della stagione estiva e del conseguente aumento delle temperature;
   soltanto la città di Reggio Calabria produce quotidianamente oltre 200 tonnellate di rifiuti solidi urbani e l'unica discarica attualmente utilizzabile per il conferimento di tali rifiuti si trova a Pianopoli in provincia di Catanzaro e gli impianti di Gioia Tauro, Sambatello e Melicuccà, quest'ultimo tra l'altro sotto sequestro giudiziario, non possono oggi far fronte alla richiesta di conferimento di rifiuti;
   la regione Calabria subentrata nella gestione del sistema dei rifiuti al commissario straordinario per l'emergenza ambientale, non si dimostra in grado né di risolvere l'emergenza, né di impostare politiche credibili in tal senso;
   l'emergenza rifiuti favorisce inesorabilmente l'attività criminale delle eco-mafie, come, tra l'altro, messo in evidenza dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (XVI Legislatura);
   è finalmente terminata la gestione commissariale, protrattasi per ben sedici anni con risultati pessimi;
   non si può più continuare solo con l'adozione di provvedimenti che affrontino l'emergenza, come in primo momento ha deciso la regione Calabria con il decreto che consente lo sversamento dei rifiuti in discarica, tenendo conto che lo smaltimento di RSU in discarica non dovrebbe più essere consentito;
   si devono finalmente avviare politiche di sistema, di pianificazione e di programmazione, da ricomprendere in un piano regionale dei rifiuti che parta da una raccolta differenziata seria, senza ripetere gravi errori gestionali a suo tempo commessi;
   regione ed enti locali debbano recuperare una soggettività attiva, capace di dare soluzioni concrete e durature nel tempo, lontana da inerzia e collusioni malavitose –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per arginare l'emergenza ambientale e di igiene pubblica e scongiurare problemi di ordine pubblico legati alla gestione dei rifiuti in Calabria;
   se il Governo intenda promuovere, sostenere e incentivare, in concorso con la regione Calabria e con gli enti locali competenti, un percorso contestuale di risoluzione dell'emergenza e di programmazione, progettazione e realizzazione di un sistema moderno di gestione dei rifiuti che punti all'eliminazione delle discariche per rifiuti indifferenziati e al riciclo e riuso dei rifiuti da raccolta differenziata, consentendo lo sviluppo in loco di tutte le attività di filiera, innescando così meccanismi virtuosi in termini energetici, ambientali, occupazionali ed economici. (3-00060)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRARESI, DELL'ORCO, SPADONI, MUCCI, SARTI e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il terremoto che ha colpito l'Emilia-Romagna il 20 e 29 maggio 2012 ha messo in evidenza la fragilità sismica di un vasto territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo;
   con ordinanza n. 35 (modalità di applicazione dell'articolo 3, comma 10, del decreto-legge n. 74 del 2012) il commissario straordinario per il terremoto ha adottato una mappatura dettagliata, delle zone colpite dal sisma in cui è stato analizzato lo scuotimento e l'accelerazione spettrale elastica;
   con tale ordinanza si stabilisce che «le fattispecie che non hanno superato tale accelerazione spettrale dovranno essere sottoposte a valutazione di sicurezza così da determinare se il livello di sicurezza dell'edificio produttivo risulti inferiore o meno al 60 per cento della sicurezza richiesta ad un edificio nuovo e se per questi siano necessari interventi di miglioramento sismico secondo le tempistiche previste dalla legge»;
   la società ARC (autostrada regionale cispadana) ha sviluppato dal 2008 un progetto per costruire l'autostrada regionale cispadana che prevede 67 chilometri di autostrada tra il casello Reggiolo-Rolo dell'A22 e il casello di Ferrara Sud sull'A13;
   il tracciato dell'autostrada regionale cispadana percorrerà in modo trasversale, con direzione ovest-est, il quadrante nord-orientale della pianura emiliana, attraversando le province di Reggio Emilia, Modena e Ferrara;
   sono tredici i comuni interessati dall'asse autostradale: Reggiolo e Rolo in provincia di Reggio Emilia; Novi, Concordia, San Possidonio, Mirandola, Medolla, San Felice sul Panaro e Finale Emilia in provincia di Modena; Cento, Sant'Agostino, Poggio Renatico e Ferrara in provincia di Ferrara;
   altri sette sono i comuni interessati dalla viabilità complementare: Parma, Torrile, Sorbolo, Mezzani in provincia di Parma; Luzzara, Brescello in provincia di Reggio Emilia; Bondeno in provincia di Ferrara;
   la struttura commissariale ha nominato un gruppo di esperti (con ordinanza n. 58 del 17 ottobre 2012, integrata con ordinanza n. 62 del 25 ottobre 2012) di consolidata esperienza e accertata competenza, con la funzione di supporto tecnico-scientifico;
   è stato prodotto un documento che riporta una dettagliata mappatura in riferimento ai criteri operativi sulle modalità di applicazione dell'articolo 3 comma 10, del decreto-legge n. 74 del 2012; al documento è inoltre allegata una cartografia indicativa delle aree in cui è stato raggiunto e superato uno scuotimento del 70 per cento dell'accelerazione spettrale elastica, tale cartografia tiene conto delle classi d'uso definite al paragrafo 2.4.2 delle NTC 2008 (decreto ministeriale 14 gennaio 2008 – norme tecniche per le costruzioni) e riporta i limiti di possibile esclusione per le costruzioni di classe d'uso I, II e III;
   tutti i territori attraversati dall'autostrada regionale cispadana, ricompresi tra i comuni di Reggiolo e Bondeno rientrano in tali aree;
   le opere strutturali, ed in particolare le opere viarie in presenza di azioni sismiche, con riferimento alle conseguenze di una interruzione di operatività o di un eventuale collasso rientrano nelle classe d'uso:
    II – costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l'ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali, ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in classe d'uso III o in classe d'uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza;
    III – costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi, reti viarie extraurbane non ricadenti in classe d'uso IV, ponti e reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza;
   si ritiene che l'autostrada regionale cispadana, in base al decreto ministeriale 5 novembre 2001, n. 6792 «Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade», sia da considerarsi una autostrada appartenente alla categoria A-rete primaria (di transito, scorrimento), rientrando quindi nella classe d'uso:
    IV – costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità, reti viarie di tipo A o B e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B, ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico;
   in data 3 ottobre 2012 è stata presentata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dal concessionario l'istanza per la realizzazione dell'opera in oggetto per l'attivazione della procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) –:
   se il progetto per l'autostrada regionale cispadana sia già stato sottoposto alla valutazione di sicurezza e quali siano i risultati; in caso contrario, quando sia prevista tale valutazione;
   se i Ministri interrogati non ritengano che la tipologia dell'autostrada sia da considerarsi in classe d'uso IV e conseguentemente giudicata nella procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) e che l'ufficio di valutazione di impatto ambientale debba procedere ad una nuova valutazione in conseguenza della sopra citata ordinanza per quanto concerne l'autostrada regionale cispadana;
   se il Governo non ritenga di dover valutare l'opportunità di realizzare un nuovo asse viario autostradale, con conseguente nuovo consumo di territorio e dispendio di risorse pubbliche, mentre sarebbe auspicabile una diversa impostazione delle scelte infrastrutturali, che tenga conto dell'esigenza di ridurre lo squilibrio della modalità di trasporto, al momento troppo sbilanciato a favore del trasporto su gomma. (4-00444)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BURTONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni mesi la Chiesa di San Rocco di Pisticci è chiusa per ordinanza sindacale a causa di un vasto movimento franoso che interessa il sito;
   la documentazione storica, già da tempo nota, dimostra l'annosità del fenomeno dovuto al peso del campanile che ha provocato la rototraslazione delle facciate ad esso contigue e di parte del pavimento, fenomeno a cui si sono aggiunte le spinte orizzontali del muro controterra, problema assai più grave perché a differenza del primo non è interno al manufatto, ma esterno ad esso in quanto deriva dal movimento della collina soprastante;
   un progetto era già stato a suo tempo segnalato per interventi in grado di restituire la dovuta sicurezza ad un edificio di culto e ad un monumento così importante per la comunità;
   nella scorsa legislatura l'interrogante aveva già presentato un atto di sindacato ispettivo (n. 4-14395);
   occorre fare presto per evitare che si possano verificare danni ancora più gravi e rendere impossibile ogni intervento di recupero con costi davvero insostenibili dal punto di vista economico in tempi così difficili –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare al più presto per recuperare l'agibilità della Chiesa di San Rocco di Pisticci. (4-00446)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   a far data dal 20 aprile 2013 è stata soppressa la commissione medica ospedaliera di Chieti con determina del Capo di Stato Maggiore della difesa;
   a seguito di detta determina il personale delle varie forze armate della polizia, del Corpo forestale dello Stato, dei vigili del fuoco, della Guardia di finanza, delle Marche, si trova oggi a doversi recare a Roma per tutte le pratiche medico legali e per gli esami medici necessari ed obbligatori ai fini della verifica dell'idoneità al servizio;
   le motivazioni all'origine della determina sopra citata stanno correttamente nella necessità di riduzione della spesa, ma nel caso specifico delle Marche, considerando i tempi di percorrenza e quindi i tempi per i quali il personale non è disponibile al servizio d'Istituto, considerando le spese di viaggio e di missione ed il disagio cui il personale dovrà essere necessariamente sottoposto, si rischia, in realtà, di ottenere un «locale» incremento delle spese senza benefici di rilievo, con pregiudizio di quei criteri di ottimizzazione e mantenimento dei livelli prestazionali che invece si riteneva di migliorare;
   in quest'ottica la presenza ad Ancona di una struttura MM di selezione (MARICENSELES), già dotata di apparecchiature, laboratori e di adeguate competenze specialistiche potrebbe rappresentare una soluzione atta a ridurre le spese, i disagi ed i tempi necessari alle prestazioni sanitarie. Tale struttura, stando a notizie accreditate, a partire dal mese di giugno 2013, si doterà di una CMO utilizzabile però dal solo personale MM, con esclusione degli appartenenti alle Forze armate;
   poiché la sanità militare è già operante in senso interforze sarebbe opportuno, proprio nell'ottica di riduzione dei costi e di ottimizzazione nell'uso delle risorse disponibili attivare una CMO «interforze» in detta sede, per altro già in essere per la selezione M.M., con l'utilizzo delle competenze specialistiche disponibili localmente nelle altre F.A.;
   attualmente il personale militare risulta penalizzato da detta direttiva: il personale civile operante negli enti militari viene infatti già avviato presso le competenti commissioni del Ministero dell'economia e delle finanze, istituite su base almeno regionale, a differenza del personale militare che deve sobbarcarsi disagi considerevoli, come nello specifico caso delle Marche;
   alla luce della normativa vigente non appare elemento ostativo alla costituzione della già richiamata CMO presso MARICENSELES ANCONA la determina sopra richiamata;
   infatti, il Ministero dell'economia e delle finanze (decreto interministeriale del 12 febbraio 2005 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 44 del 23 febbraio 2004, formulato di concerto con i Ministeri della giustizia, dell'interno, della difesa e della salute, recante i criteri organizzativi per l'assegnazione delle domande agli organismi di accertamento sanitario di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 (commissioni mediche AASSLL e CMV), ha inteso dare concreta attuazione alle norme in materia di semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio per la concessione delle pensioni privilegiate ordinarie e dell'equo indennizzo secondo quanto previsto dall'articolo 6, comma 13, del decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5 del 7 gennaio 2002. Tale complesso normativo, oltre a disciplinare le procedure per gli accertamenti sanitari ai fini del riconoscimento della dipendenza della causa di servizio, dell'attribuzione della pensione privilegiata ordinaria, dell'equo indennizzo e di altri conseguenti benefici spettanti per infermità dipendente da causa di servizio, regola anche le procedure per l'accertamento dell'inidoneità e di altre forme di inabilità, non dipendenti da causa di servizio, ai fini del cambio mansioni, della dispensa dal servizio e dell'eventuale conseguimento di trattamenti pensionistici;
   all'esame sostanziale del testo del provvedimento, come già sopra esposto, si può individuare una diversa «attenzione» rivolta ai dipendenti civili ed al personale militare della Difesa laddove l'articolo 3 del citato decreto prevede al primo comma una dicotomia sostanziale di trattamento tra «personale civile e militare pur appartenente, come nel caso degli enti periferici, alla stessa sede di servizio; vi è un ambito territoriale «provinciale» per il personale civile e un ambito almeno «regionale» o addirittura più vasto, come nel caso specifico delle Marche per il personale militare;
   per quanto precedentemente esposto e tenuto conto della legislazione esistente in materia la presenza di ufficiali medici effettivi a MARIDIPART ANCONA, CME «MARCHE» di Ancona, regione carabinieri Marche, questura di Ancona e regione Guardia di finanza di Ancona rende possibile la composizione di una commissione medica «interforze» ai sensi dell'articolo 6, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 2001, n. 461, presso MARICENSELES Ancona;
   tale Commissione, opportunamente strutturata con il personale specifico in forza agli enti afferenti, potrebbe utilmente adempiere i compiti sopra richiamati per le commissioni mediche. In tale ottica una siffatta commissione «interforze» insediata presso i locali dell'ex infermeria autonoma M.M. (ora MARICENSELES) eviterebbe lunghi tragitti e i costi, sia diretti in termini di spese di viaggio/missione sia indiretti come la mancanza di, disponibilità temporale del personale dipendente in missione presso la «lontana» commissione medica ospedaliera di Roma; nel contempo permetterebbe di sanare la diversità di «trattamento logistico» – con il personale civile, che come è noto e per le norme sopra richiamate, si avvale delle strutture sanitarie più vicine, quali ad esempio la commissione medica di verifica del Ministero dell'economia e delle finanze di Ancona;
   tale commissione «interforze», una volta attivata, nello spirito del decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 29 ottobre 2001, produrrà certamente la riduzione sostanziale dei tempi tecnici di esame dell'istanza/visita medica risolvendo nel contempo sia i disagi «logistici» che le problematiche medico-legali per il personale della Marina Militare, Esercito, Aeronautica, Carabinieri, Polizia di stato, Corpo Forestale, vigili del fuoco delle province della regione Marche ed eventualmente delle province confinanti, quali Rimini, Forlì-Cesena e Perugia –:
   se sia a conoscenza del problema sopra esposto;
   se e in che tempi intenda adottare iniziative che permettano di attivare una commissione medica ospedaliera «interforze» presso MARICENSELES di Ancona fruibile dal personale delle varie forze ARMATE, della polizia, del Corpo forestale dello Stato, dei vigili del fuoco, della Guardia di finanza dell'intera regione Marche ed eventualmente delle province confinanti, quali Rimini, Forlì-Cesena e Perugia. (4-00452)


   ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Arma dei carabinieri ha pubblicato il 16 settembre 2011, un bando di concorso per titoli ed esami per l'ammissione al 2° corso triennale (2012-2015) di 490 allievi marescialli;
   come annunciato nella risposta del Ministro della difesa pro-tempore del 27 novembre 2012, all'interrogazione n. 4-17491 sul medesimo tema, il 20 settembre 2012 il vice direttore della direzione generale per il personale militare ha firmato il decreto di approvazione delle graduatorie di merito;
   con l'applicazione del blocco del turnover previsto nel provvedimento di revisione della spesa, i posti previsti dal concorso sono stati ridimensionati nella misura dell'ottanta per cento, portando i reclutamenti per allievi maresciallo da 490 a 150 unità;
   con la legge 24 dicembre 2012, n. 228, – (legge di stabilità 2013), si è disposto uno stanziamento pari a 70 milioni di euro per l'anno in corso e pari a 120 milioni di euro per l'anno 2014. Le risorse sono destinate alle assunzioni del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in deroga alle percentuali del turn-over di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nella misura massima del 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015;
   l'incertezza sta creando notevoli disagi ai candidati e alle loro famiglie, che non sanno se e quanti posti si renderanno disponibili per il corso;
   a parere dell'interrogante è uno stato d'incertezza inaccettabile visto che i candidati hanno vinto un regolare concorso e godono di un diritto all'assunzione;
   molti giovani si sono presentati alle procedure concorsuali speranzosi di poter servire il proprio Paese; sono ragazze e ragazzi carichi di entusiasmo che purtroppo si trovano, e non è la prima volta, ad affrontare delle prove di selezione che poi non si traducono in un'assunzione di personale –:
   alla luce del fatto che nella legge di stabilità 2013 si è disposto un incremento delle percentuali del turn-over a partire dall'anno in corso con una dotazione finanziaria pari a 70 milioni di euro, quale tempistica il Ministro preveda per la presa in carico degli allievi marescialli dell'Arma dei carabinieri attualmente non assunti.
(4-00457)


   ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 25 febbraio 2012 è stato indetto un bando per esami e titoli per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale; lo stesso si è concluso il 26 marzo 2012;
   dal bando stesso si evince che «i candidati idonei, fino a concorrenza dei posti messi a concorso saranno dichiarati vincitori secondo l'ordine delle graduatorie ed ammessi alla frequenza del corso formativo, che si svolgerà presso i Reparti di istruzione di assegnazione» e che «i vincitori del concorso, senza attendere alcuna comunicazione, dovranno presentarsi presso i Reparti di istruzione, nella data e con le modalità che saranno resi noti, verosimilmente a partire dal 21 settembre 2012»;
   le graduatorie sono state rese disponibili e, di conseguenza, i 1886 vincitori individuati del bando di reclutamento degli allievi carabinieri effettivi si sono resi disponibili per presentarsi ai reparti a partire da settembre del 2012;
   con il provvedimento di revisione della spesa, la presa in organico presso i reparti dei 1886 vincitori del bando ha subito un arresto a causa del contenimento della spesa e del blocco del turn over disposti anche per il Ministero della difesa;
   con la legge 24 dicembre 2012, n. 228, – (legge di stabilità 2013), si è disposto uno stanziamento pari a 70 milioni di euro per l'anno in corso e pari a 120 milioni di euro per l'anno 2014. Le risorse sono destinate alle assunzioni del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in deroga alle percentuali del turn over di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nella misura massima del 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015;
   il Ministro della difesa pro tempore nella risposta all'interrogazione n. 4-17451, promuovendo una iniziativa di innalzamento delle percentuali del turn over allora vigenti, ha dichiarato che una rimodulazione avrebbe potuto di permettere «di andare incontro alle aspettative dei volontari in ferma prefissata delle Forze armate vincitori di concorso»;
   dietro ai numeri del concorso 1886 allievi carabinieri ci sono vite e aspettative di ragazzi e ragazze che hanno vinto un regolare concorso del Ministero della difesa e che sulla base di ciò hanno assunto delle decisioni personali e si sono organizzati di conseguenza, rinunciando, in alcuni casi, anche ad altre offerte di lavoro –:
   se, alla luce delle intenzioni espresse dal Ministro della difesa pro tempore nella risposta del 27 novembre 2012, e riscontrato che nella legge di stabilità 2013 si sia disposto un incremento delle percentuali del turn over a partire dall'anno in corso con una dotazione finanziaria pari a 70 milioni di euro, quale tempistica il Ministro preveda per la presa in carico degli allievi carabinieri attualmente ancora non assunti. (4-00460)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VELO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 558, della legge 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013), ha prorogato sino al 31 dicembre 2013 l'efficacia delle graduatorie di merito per l'ammissione al tirocinio tecnico-pratico – prevista dall'articolo 1, comma 4-bis del decreto-legge 29 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14 – pubblicate in data 16 ottobre 2009, relative alla selezione pubblica per l'assunzione di 825 funzionari per attività amministrativo-tributario presso l'Agenzia delle entrate, di cui all'avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 101 del 30 dicembre 2008;
   il suddetto comma 4-bis, stabilisce, inoltre, che, in ottemperanza ai principi di buon andamento ed economicità della pubblica amministrazione, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in funzione delle finalità di potenziamento dell'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale, prima di reclutare nuovo personale con qualifica di funzionario amministrativo-tributario, attingano, fino alla loro completa utilizzazione, dalle graduatorie regionali dei candidati che hanno riportato un punteggio utile per accedere al tirocinio, nel rispetto dei vincoli di assunzione previsti dalla legislazione vigente;
   nonostante l'avvicinarsi della scadenza del termine di validità delle graduatorie di cui sopra, fissata, come detto, al 31 dicembre 2013, risulta all'interrogante che le graduatorie di cui sopra non siano state ancora utilizzate dall'Agenzia dogane-Monopoli di Stato e dalle Agenzie delle entrate e del territorio –:
   quali siano le ragioni che hanno sinora impedito l'utilizzo della graduatorie di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare allo scopo di sollecitarne l'utilizzo entro la data di scadenza della loro efficacia, prevista per il 31 dicembre 2013. (5-00120)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le piccole imprese, gli artigiani ed i commercianti sono tra le categorie più danneggiate dalla crisi economico finanziaria che ha colpito l'Italia e le altre economie europee;
   i mestieri «tradizionali», oltre a subire gli effetti della crisi, devono subire la concorrenza di chi sfrutta le nuove tecnologie in generale e la rete internet in particolare per arrivare a vendere i propri prodotti o i propri servizi in tutto il mondo;
   spesso per le autorità è più semplice operare controlli fiscali sulle attività «tradizionali», fisicamente rintracciabili ed accessibili, piuttosto che sulle attività «online», certamente meno visibili e identificabili;
   una delle professioni che negli ultimi anni si è maggiormente trasformata è quella della stampa delle fotografie: la tecnologia digitale, unitamente allo sviluppo delle rete internet, ha fatto scomparire molti negozi, consentendo la nascita di molte attività on line con centri stampa delocalizzati in Paesi lontani e manodopera a basso costo; in maniera parallela, a parere dell'interrogante, sarebbe necessario incrementare i controlli fiscali su questi soggetti che lavorano esclusivamente on line, senza una sede fisicamente accessibile ai clienti e al fisco –:
   quale sia il gettito delle imposte dirette ed indirette generato dal settore della fotografia (stampa e altri servizi), suddiviso tra attività «tradizionale» e attività «on line ». (5-00126)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   quello delle costruzioni è uno dei settori che più risente degli effetti della crisi economico finanziaria che ha colpito l'Italia e le altre economie europee; secondo l'ANCE nel 2012 gli investimenti in costruzioni scenderanno del 6 per cento a causa soprattutto della difficoltà ad ottenere finanziamenti dal sistema bancario;
   proprio per la difficoltà da parte delle famiglie di ottenere il finanziamento necessario per acquistare il nuovo immobile, sarebbe quanto mai opportuno, per aiutare il rilancio del settore, agevolare fiscalmente il ritiro in permuta da parte dell'impresa costruttrice del vecchio immobile che spesso è l'unico patrimonio disponibile da smobilizzare a sostegno dell'investimento; oggi, infatti, il trattamento fiscale della permuta è particolarmente gravoso per le imprese, in quanto il trasferimento di proprietà dell'immobile del privato è tassato ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, ad aliquota piena;
   nell'attuale ordinamento esiste già una norma che regola fattispecie similari, che consente l'applicazione dell'imposta di registro con aliquota agevolata dell'1 per cento delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa ai trasferimenti di immobili esenti da effettuati nei confronti di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività la rivendita di beni immobili, a condizione che nell'atto di trasferimento l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro i tre anni successivi;
   sarebbe opportuno estendere tale trattamento fiscale all'ipotesi in cui il trasferimento di immobili avvenga da privati ovvero sia effettuato ad imprese che hanno per oggetto dell'attività esercitata la costruzione, la ristrutturazione, la rivendita e la gestione di immobili di proprietà; tale agevolazione dovrebbe essere concessa dietro impegno dell'impresa di costruzioni a rivendere gli immobili ritirati entro un determinato periodo temporale; in questo modo non si determinerebbero perdite di gettito per l'erario, dal momento che le imposte ad aliquote piene si applicherebbero al successivo trasferimento dall'impresa al nuovo acquirente –:
   se non ritenga opportuno, al fine di aiutare la ripresa del settore delle costruzioni, assumere iniziative per applicare un trattamento fiscale agevolato ai fini delle imposte indirette ai trasferimenti di immobili da privati, ovvero effettuati ad imprese che hanno per oggetto dell'attività esercitata la costruzione, la ristrutturazione, la rivendita e la gestione di immobili di proprietà, senza perdita di gettito per l'erario. (5-00127)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   quello delle costruzioni è uno dei settori che più risente degli effetti della crisi economico finanziaria che ha colpito l'Italia e le altre economie europee; secondo l'ANCE nel 2012 gli investimenti in costruzioni scenderanno del 6 per cento a causa soprattutto della difficoltà ad ottenere finanziamenti dal sistema bancario;
   gli interventi che costituiscono trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio sono subordinati al rilascio del permesso di costruire ed il rilascio di tale permesso comporta, ai sensi dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il versamento di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione; l'obbligazione è quindi di natura pecuniaria, con la possibilità per il soggetto debitore di eseguire, a parziale o totale scomputo del contributo, opere vere e proprie da cedere poi gratuitamente al comune;
   ai fini fiscali, l'articolo 51 della legge n. 342 del 2000 definisce irrilevante ai fini IVA la cessione nei confronti di comuni di aree o di opere di urbanizzazione (tassativamente elencate), a scomputo di contributi di urbanizzazione o in esecuzione di convenzioni di lottizzazione, al pari quindi del versamento in denaro del contributo; spesso, però, i comuni chiedono alle imprese costruttrici di avere, a scomputo del contributo, alloggi residenziali da destinare a finalità pubbliche (per esempio edilizia convenzionata o per fasce bisognose); in tal caso, le cessioni effettuate ai comuni devono essere assoggettate ad IVA, non rientrando tra le opere di urbanizzazione primaria o secondaria;
   in quest'ultimo caso l'ammontare dell'IVA diventa ovviamente un maggior onere per l'impresa costruttrice nel caso in cui rinunci alla rivalsa di cui all'articolo 18, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ovvero per il comune;
   sarebbe opportuno estendere l'esenzione IVA prevista nel caso di cessione di aree o di opere di urbanizzazione anche alle cessioni gratuite di alloggi nell'ambito della realizzazione di piani di edilizia popolare e convenzionata, in modo da eliminare l'attuale disparità di trattamento fiscale –:
   se non ritenga opportuno, al fine di aiutare la ripresa del settore delle costruzioni, assumere iniziative normative per estendere l'agevolazione prevista all'articolo 51 della legge n. 342 del 2000 anche alle cessioni gratuite di alloggi nell'ambito di realizzazione di piani di edilizia popolare e convenzionata. (5-00128)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in queste ore il Governo sta lavorando alla rimodulazione dell'imu, concentrandosi, in particolare, sull'imposta dovuta sull'abitazione principale;
   pare superfluo significare quanto ingiusto e vessatorio un tributo applicato sulla prima casa, bene essenziale per un vivere civile;
   i risparmi delle famiglie, accumulati proprio per realizzare il sogno di possedere un'abitazione di proprietà nella quale vivere serenamente, contribuiscono ad alimentare il mercato immobiliare e gli introiti dello Stato attraverso la tassazione sulle costruzioni e sulle compravendite di immobili;
   la casa, quando di proprietà di una famiglia, rappresenta anche un consistente risparmio per lo Stato chiamato a garantire e realizzare una edilizia residenziale agevolata con propri e cospicui investimenti;
   nelle ipotesi tipologiche, seppur meno frequenti, vi è anche il caso del comodato d'uso gratuito ai figli;
   la fattispecie era già utilmente considerata quando era in vigore l'ici;
   laddove si continuasse ad escludere dalle esenzioni questo caso particolare, si genererebbe una evidente discriminazione a danno di quei genitori che, con sacrificio, acquistano un'abitazione e poi la danno in comodato d'uso ad un figlio, mentre essi continuano a risiedere in un appartamento preso in affitto;
   la situazione descritta è evidentemente tipica proprio di chi ha maggiore bisogno, a cominciare dai capifamiglia disoccupati –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per far fronte a questo caso specifico, mettendo fine ad un trattamento ingiusto proprio in ragione di quella finalità sociale ed etica che si attribuisce alla eliminazione dell'imu sulla prima casa.
   (4-00442)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, ha anticipato al 2012 l'istituzione dell'imposta municipale propria (IMU), stabilendo altresì come la stessa imposta non sostituisca altre imposte, come invece previsto dal decreto legislativo sul federalismo fiscale, e prevedendo come il 50 per cento degli introiti provenienti dal gettito ICI (IMU) sulla seconda casa e sugli altri immobili (non definibili come abitazione principale) spetterà allo Stato;
   la citata disposizione prevede la possibilità da parte del comune di poter modificare le aliquote, sia relativamente alla prima abitazione che sugli immobili diversi dalla prima abitazione, e che il contribuente dovrà effettuare il versamento della prima tranche dell'imposta alla data del giugno 2012;
   ad oggi numerosi comuni, sulla base del fatto che il gettito IMU, nel suo complesso, appare di entità incerta e non precisamente definibile, non hanno ancora deliberato le aliquote IMU da adottare, così che la predisposizione dei bilanci preventivi 2012 risulta, anche a causa delle continue modifiche normative e alla luce delle recenti riduzioni ai trasferimenti, bloccata in numerosi comuni;
   la normativa sull'imposta comunale sugli immobili concedeva ai comuni la possibilità di esentare dall'imposta gli immobili concessi dal soggetto passivo in comodato d'uso gratuito ai familiari e non limitava il numero delle pertinenze relative all'abitazione principale sui cui applicare l'aliquota agevolata relativa alla prima casa e che l'articolo 13 del presente decreto-legge non concede tale possibilità ai comuni e limita ad uno il numero di pertinenze per cui si può usufruire dell'aliquota agevolata –:
   se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, assumere iniziative, anche normative, per consentire ai comuni di esentare dall'imposta municipale propria gli immobili concessi dal soggetto passivo in comodato d'uso gratuito ai familiari, senza limitare, allo stesso tempo, il numero delle pertinenze relative all'abitazione principale sui cui applicare l'aliquota agevolata relativa alla prima casa. (4-00455)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONGIELLO, MARIANI, BELLANOVA, GINEFRA e CAPONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   diverse testate giornalistiche hanno raccontato la storia di Suad: una giovane donna saudita, con passaporto britannico e sposata con un cittadino italiano, di recente arrestata e obbligata a dimorare presso il domicilio del marito in attesa di un'eventuale richiesta di estradizione;
   Suad è stata fermata il 26 aprile 2013 alla polizia di Stato a seguito di una richiesta di arresto internazionale, passata tramite Interpol, per la fattispecie di falso documentale; reato che, a detta del suo avvocato, in Italia non è contemplato dal codice penale;
   l'arresto è stato, quindi, convalidato dalla corte d'appello di Bologna il 30 aprile 2013 e la ragazza è stata scarcerata e messa all'obbligo di dimora come misura cautelare, confermata successivamente dal Ministero della giustizia in attesa della richiesta formale di estradizione;
   tanto il legale che il marito hanno raccontato ai cronisti dell'opposizione al matrimonio da parte del padre della ragazza, definito persona di grande influenza presso la casa reale saudita, il quale l'avrebbe segregata in casa per un anno dopo il matrimonio;
   Saud sarebbe riuscita a fuggire solo dopo aver ottenuto il passaporto britannico, concessole perché nata a Londra, e utilizzando il passaporto di un'amica per lasciare l'Arabia Saudita, perché i cittadini sauditi possono varcare la frontiera solo con il passaporto del proprio Stato; anche per tale ragione, a detta del marito, se tornasse in patria, Saud rischierebbe di essere segregata e uccisa –:
   se e come il Ministro della giustizia intenda agire anche in considerazione dell'assenza di un trattato di estradizione fra Italia e Arabia Saudita per garantire la libertà personale e l'incolumità di Suad.
(5-00123)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRANCO BORDO e DANIELE FARINA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 27 della Costituzione prevede che «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
   il sistema penitenziario del nostro Paese, anche a causa di alcuni recenti interventi del legislatore – ad esempio, la legge n. 189 del 2002 cosiddetta «Legge Bossi-Fini», la legge n. 49 del 2006 cosiddetta «Fini-Giovanardi», nonché la legge n. 251 del 2005 cosiddetta legge «ex-Cirielli» – soffre una drammatica e inumana situazione di sovraffollamento delle carceri, messa in luce anche dall'attività di associazioni che si occupano dell'argomento, nonché da recenti inchieste giornalistiche;
   la carenza e la vetustà delle strutture e talora la carenza di personale penitenziario obbligano a regolamenti intracarcerari inumani, con i detenuti rinchiusi nelle celle per gran parte della giornata, e fino a 20 ore al giorno su 24, e l'impossibilità oggettiva di attivare qualsiasi percorso di reinserimento sociale per il detenuto;
   tale situazione ha prodotto la condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, oltre che reiterati richiami da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano;
   la casa circondariale di Cremona denominata «Cà del Ferro» sconta una situazione di notevole sovraffollamento con circa 420 presenze a fronte di una capienza prevista di 196 detenuti ed una soglia di tollerabilità pari a 353 unità;
   forte è la carenza di operatori penitenziari, basti pensare che gli educatori presenti nella casa circondariale di Cremona sono 4, per gli oltre 400 detenuti presenti;
   da settembre 2012, a causa del sovraffollamento, la direzione ha dovuto inserire in alcuni reparti 3 detenuti per cella (celle predisposte per 1/2 detenuti) con letti a castello. Per rendere la situazione più tollerabile, è stato anche adottato un regime di celle aperte durante alcune fasce orarie del giorno;
   è stata costruita una palazzina aggiuntiva di 4 piani per una capacità di 200 detenuti in regime di 3 per cella ma, nonostante si stia provvedendo ad arredarla, è inutilizzata a causa di gravi infiltrazioni di acqua dagli infissi e dal soffitto che si ripercuotono su tutti i 4 piani della struttura;
   analoghi problemi di infiltrazioni si riscontrano nel corpo principale dell'istituto, e l'aggravio di questo fenomeno comporta sovente la chiusura per lunghi periodi dello studio odontoiatrico e di altri ambulatori, soggetti a costanti cedimenti dell'intonaco del soffitto e ad allagamenti nelle giornate di maltempo. Gli interventi tampone realizzati autonomamente con risorse interne dalla direzione della casa circondariale di Cremona non risolvono affatto il problema che si ripresenta ciclicamente;
   la nuova palazzina, peraltro, prevede meno di un terzo degli spazi comuni, cioè quelli destinati ad aule/laboratori e luoghi di rieducazione dei detenuti, rispetto alla vecchia struttura, con la conseguenza che all'apertura di questo padiglione, a causa dei problemi strutturali evidenziati, si continuerà a fare riferimento agli spazi della vecchia struttura, già inadeguata a causa del sovraffollamento e dell'inagibilità di alcune aree –:
   quali interventi i Ministri interrogati ritengano di adottare al fine di migliorare la salubrità della casa circondariale di Cremona, in particolare per porre fine alle infiltrazioni di acqua presenti in numerose parti della struttura e per garantire la piena e continua agibilità dei locali destinati alle cure sanitarie dei detenuti;
   quali provvedimenti, e in quali tempi, i Ministri interrogati intendano adottare per aumentare il numero degli operatori in carcere (educatori, psicologi, eccetera) e per adeguare le strutture penitenziarie ad un livello tale da garantire l'attuazione di quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, in tema di finalità rieducativa della pena;
   quali siano le iniziative che il Ministro della giustizia intende assumere per una necessaria inversione di tendenza rispetto al sovraffollamento carcerario che caratterizza la casa circondariale di Cremona. (4-00468)


   FRANCO BORDO e DANIELE FARINA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 27 della Costituzione prevede che «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
   il sistema penitenziario del nostro Paese, anche a causa di alcuni recenti interventi del legislatore – ad esempio, la legge 189 del 2002 cosiddetta «Legge Bossi-Fini», la legge 49 del 2006 cosiddetta «Fini-Giovanardi», nonché la legge 251 del 2005 cosiddetta legge «ex-Cirielli» – è afflitto da una drammatica e inumana situazione di sovraffollamento delle carceri, messa in luce anche dall'attività di associazioni che si occupano dell'argomento, nonché da recenti inchieste giornalistiche;
   la carenza e la vetustà delle strutture, nonché la carenza di operatori obbligano a regolamenti intracarcerari inumani, con i detenuti rinchiusi nelle celle per gran parte della giornata, e fino a 20 ore al giorno su 24, nonché l'impossibilità oggettiva di attivare qualsiasi percorso di reinserimento sociale per il detenuto;
   tale situazione ha portato alla condanna dell'Italia da parte della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, oltre che a reiterati richiami da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano;
   la casa circondariale di Pavia denominata «Torre del Gallo» sconta una situazione di notevole sovraffollamento, con oltre 480 detenuti a fronte di una capienza prevista di 240 detenuti;
   il personale di polizia penitenziaria impiegato all'interno del carcere è di 190 agenti a fronte di una pianta organica prevista di 280;
   dal 2012, a causa del sovraffollamento, la direzione ha dovuto inserire in alcuni reparti 3 detenuti per cella (celle predisposte per 1/2 detenuti) con letti a castello. Per rendere la situazione più tollerabile, è stato adottato un regime di celle aperte durante alcune fasce orarie del giorno;
   nella struttura si riscontrano gravi problemi di infiltrazioni di acque meteoriche che, in particolare, attengono le zone detentive, gli spazi di transito e gli alloggi dei dipendenti della Polizia Penitenziaria. La direzione dell'Istituto provvede autonomamente a tamponare alcuni danni infrastrutturali lievi attraverso il lavoro dei detenuti, ma certamente vi è la necessità di interventi risolutivi;
   la casa circondariale di Pavia è in fase di ampliamento della capacità detentiva, accanto alla «vecchia» struttura è stata costruita una nuova palazzina per una capacità di 300 detenuti in regime di 3 per cella, che sarà utilizzata a partire dai prossimi mesi;
   la nuova struttura, costruita a seguito del piano carceri del ministro Castelli, prevede meno di un terzo degli spazi comuni, cioè quelli destinati ad aule/laboratori e luoghi di rieducazione dei condannati, rispetto a quella già esistente. Conseguentemente, per tali attività, si farà riferimento agli spazi della vecchia struttura, già insufficienti per il cronico sovraffollamento;
   la prossima apertura della nuova zona detentiva porterà, dunque, con ogni probabilità, ad un aggravio della situazione e non ad una sua normalizzazione, con una previsione di oltre 800 detenuti, senza interventi sull'organico in termini di nuovi operatori;
   in particolare, gli educatori presenti nella casa circondariale di Pavia sono 5, compresa un'unità distaccata dal Cesare Beccaria di Milano, per quasi 500 detenuti che, come segnalato, tenderanno ad aumentare in maniera esponenziale –:
   quali interventi i Ministri interrogati ritengano di adottare per garantire le necessarie condizioni di salubrità della casa circondariale di Pavia e condizioni igienico sanitarie dignitose;
   se, e in quali tempi, si intendano adottare provvedimenti per aumentare il numero degli operatori in carcere, e per adeguare le strutture penitenziarie ad un livello tale da garantire l'attuazione di quanto stabilito dall'articolo 27 della Costituzione, in tema di finalità rieducativa della pena;
   quali siano le iniziative che il Ministro della giustizia intende assumere per incidere in modo significativo sull'affollamento cronico che affligge la casa circondariale di Pavia. (4-00469)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 1988 finalmente, dopo quasi mezzo secolo di lavori, Pescara inaugurò la sua nuova stazione ferroviaria, nel pieno centro della città, liberando una enorme area di risulta e favorendo il decongestionamento del traffico urbano dagli oneri derivanti dal precedente movimento ferroviario che spaccava in due parti l'intera città; di grande rilievo per la riqualificazione del centro cittadino è stata la realizzazione di una imponente stazione che, oltre ad accogliere i viaggiatori in arrivo e partenza, dispone di circa 19 mila metri quadri di spazi commerciali e di servizi;
   si tratta di uno spazio importante per riqualificare l'intero centro sulla scorta di quanto avviene in tante altre grandi stazioni italiane ed europee, trasformate in veri centri commerciali e di servizi pubblici;
   le potenzialità di questa stazione tuttavia non sono mai state sfruttate e dei 19 mila metri quadri di spazi utilizzabili, finora ne sono stati affittati appena 2 mila, determinando così una enorme perdita economica per le Ferrovie dello Stato e una svalutazione urbanistica per la città di Pescara;
   oggi, dopo un quarto di secolo di quella che all'insegnante appare la sciatteria dei vari responsabili delle Ferrovie dello Stato che si sono succeduti, molti di quei locali sono in uno stato di abbandono e di degrado; addirittura alcuni locali sono stati murati rendendo ancora più assurdo e antieconomico questo modo di amministrare un patrimonio pubblico realizzato con i soldi dei cittadini italiani;
   sarebbe stato possibile fare tante scelte, oltre anche il settore commerciale e dei servizi, per coinvolgere anche gli enti pubblici e locali e la regione che hanno a Pescara molti locali in affitto –:
   quali iniziative intenda adottare per conoscere i motivi del comportamento dei responsabili delle Ferrovie dello Stato e procedere finalmente alla valorizzazione della stazione di Pescara. (4-00449)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   IACONO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Agrigento è interessata da numerosi sbarchi di cittadini extracomunitari, molti dei quali si trovano nello status di minori extracomunitari non accompagnati;
   sino al 1o marzo 2013 il Governo nazionale ha reso possibile garantire l'accoglienza e la prestazione di un adeguato servizio sociale e assistenziale a questi soggetti attraverso misure e progetti finalizzati a garantire la permanenza di questi giovani nel territorio italiano;
   in questo senso il Progetto «Emergenza Nord Africa» del Ministero dell'interno finalizzato all'accompagnamento e sostegno nelle strutture del terzo settore e del no profit ha rappresentato uno strumento diretto a favorire l'accoglienza e a combattere l'emergenza anche a seguito dell'esplosione della Primavera Araba del 2011;
   il suddetto «Progetto emergenza Nord Africa» si è concluso il 1o marzo 2013 e la successiva proroga emanata dal Ministero dell'interno il 5 marzo 2013, riguarda solo ed esclusivamente i minori già allocati nelle comunità alloggio e per l'appunto proroga di soli 6 mesi la permanenza in struttura dei minori stranieri non accompagnati;
   l'approssimarsi della stagione estiva porterà con sé un naturale incremento degli sbarchi di cittadini extracomunitari con il conseguente arrivo nelle coste italiane di soggetti minori non accompagnati, e questi, vista la scadenza del suddetto progetto non troveranno adeguati strumenti di tutela e di accompagnamento e di accoglienza, va considerata la gravissima situazione economica e finanziaria in cui versa la stragrande maggioranza dei comuni siciliani, impossibilitati a coprire con risorse proprie le rette per il mantenimento nelle strutture del no profit sociale;
   molte strutture del privato sociale, della cooperazione sociale e dell'associazionismo non hanno ancora ricevuto i pagamenti dovuti relative al progetto emergenza Nord Africa per gli anni 2011 e 2012 –:
   se e di quali strumenti finanziari il Governo intenda dotarsi per potere consentire alle strutture finalizzate all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati di potere continuare il servizio di assistenza anche dopo la scadenza della proroga del progetto emergenza Nord Africa;
   se il Governo abbia previsto la copertura finanziaria delle rette per l'accoglienza in strutture adeguate dei minori arrivati in Italia dopo il 1o marzo 2013 e in capo a quale ente sia il pagamento di tali rette;
   quali siano i tempi di erogazione delle rette per il mantenimento dei minori stranieri non accompagnati in riferimento al progetto emergenza Nord Africa annualità 2011-2012. (4-00448)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 94 del 2009 ha stabilito, mediante una modifica del Testo unico sull'immigrazione, che i richiedenti il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo debbano superare un test di conoscenza della lingua italiana le cui modalità di svolgimento sono state disciplinate da un successivo decreto del Ministero dell'interno del 4 giugno 2010;
   da un inchiesta condotta dall'agenzia giornalistica specializzata «Redattore Sociale», rilanciata anche dal quotidiano Libero, risultano rilevanti differenze sul territorio nazionale in ordine ai risultati dei test di italiano per i richiedenti il permesso di soggiorno CE;
   se la media nazionale di quanti non hanno superato il test si aggira intorno all'11 per cento, le differenze territoriali sono assai marcate, ove si consideri che a Roma i respinti sono solo il 3,5 per cento, mentre in Veneto i bocciati sono pari al 24,8 per cento, con il record di Padova con il 34 per cento di respinti;
   la denunciata disparità di risultati, sarebbe frutto, secondo le citate fonti giornalistiche, di difformi interpretazioni del vademecum ministeriale sui test, in particolare con riguardo ai punteggi attribuiti alle diverse prove nelle quali si articola il test;
   risulterebbe infatti che le commissioni d'esame che fanno registrare tassi di respinti molto bassi attribuirebbero un peso inferiore alla prova scritta e maggior punteggio al colloquio orale;
   i risultati evidenziati dalla citata inchiesta meritano un intervento chiarificatore, poiché un test come quello in questione, pur somministrato attraverso commissioni territoriali, dovrebbe seguire regole uniformi, tenuto conto che il permesso di soggiorno di cui si tratta ha una validità su tutto il territorio nazionale e consente anche la libera circolazione all'interno dell'Unione europea –:
   se i dati riportati in premessa corrispondano a quelli in possesso del Ministero dell'interno e se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative volte ad assicurare l'uniformità sul territorio nazionale dei meccanismi di valutazione del test di italiano di cui in premessa. (4-00453)


   SCOTTO, FRATOIANNI e FERRARA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alle ore 12 del 7 maggio 2013, in occasione della visita del Ministro dell'istruzione e della ricerca Maria Chiara Carrozza alla prefettura di Napoli in piazza del Plebiscito, studenti universitari organizzavano un presidio per manifestare solidarietà ai colleghi milanesi per gli eventi verificatisi il giorno prima;
   nello stesso luogo era in atto altra manifestazione di un gruppo di lavoratori del consorzio di bacino;
   visti i motivi della protesta dei lavoratori gli studenti cercavano di esprimere loro solidarietà e vicinanza, ma venivano da questi ultimi aggrediti prima verbalmente e poi fisicamente, addirittura col lancio di un casco, come si evince anche dalle immagini televisive delle redazioni giornalistiche locali;
   tra i lavoratori del suddetto consorzio vi erano esponenti dell'estrema destra napoletana che palesavano le loro violente radici ideologiche inneggiando slogan fascisti;
   la polizia in due diverse occasioni sceglieva di caricare esclusivamente gli studenti e non i facinorosi che avevano provocato i disordini;
   a seguito di questi incresciosi eventi, gli studenti sceglievano nel pomeriggio di effettuare un volantinaggio informativo nei quartieri del centro storico e nei pressi del Regio conservatorio di Napoli «San Pietro a Majella», dove nel frattempo si era recato il Ministro per un'altra tappa del suo tour a Napoli;
   in via San Sebastiano, in un momento in cui l'ordine pubblico non manifestava alcuna criticità, alla sola vista dei manifestanti i reparti mobili della polizia di Stato caricavano ulteriormente gli studenti senza alcuna reazione da parte di questi ultimi;
   le cariche della polizia risultavano eccessive e ingiustificate anche agli occhi dei negozianti della zona intervistati subito dopo, come visibile attraverso diversi video reperibili su YouTube –:
   quali misure intenda assumere per verificare le responsabilità delle forze dell'ordine che hanno operato in occasione dei fatti narrati. (4-00454)


   BINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la crescita della domanda di sicurezza, sebbene con le ovvie differenze da luogo a luogo, riguarda molte realtà urbane del nostro Paese;
   nel territorio di Pistoia, un tempo considerato tra le «isole felici» in quanto a sicurezza per i cittadini, si è, negli ultimi tempi, assistito ad una vera e propria impennata della criminalità;
   si è, infatti, registrato un significativo aumento di diverse tipologie di reato, aggressioni, scippi, moltissimi furti, rapine, borseggi, furti d'auto, ma anche gravi episodi di efferata violenza, come quello dell'omicidio del parroco di Quarrata, don Mario Del Becaro, soffocato con il nastro adesivo messo sulla bocca, dopo essere stato legato e percosso violentemente, ucciso nella canonica della chiesa di San Bartolomeo;
   la gravissima crisi che sta investendo il Paese ha ovviamente, come era ampiamente prevedibile, avuto ripercussioni sul territorio e sulla tenuta dell'apparato della sicurezza, come testimoniato anche dai fatti di cronaca occorsi nella provincia di Pistoia;
   tutto ciò va a sommarsi ai tagli ripetuti che il comparto sicurezza ha subito a livello nazionale, fornendo terreno fertile alla criminalità;
   nonostante la grave carenza di organico delle forze di polizia, carenza che va inoltre incrementandosi (nella provincia di Pistoia solo nell'ultimo semestre circa 10 poliziotti sono stati posti in quiescenza e, per il 2013, è previsto che altre 10 persone siano poste in congedo permanente) la loro attività di contrasto alla criminalità è incessante e meritoria;
   l'interrogante ha appreso (sono state numerose le sollecitazioni ricevute sul tema, tra le quali una comunicazione del sindacato di polizia S.a.p pubblicata sulla stampa locale), inoltre, che, in pratica, nel 2013, nella provincia di Pistoia, potranno essere impiegati in servizio circa 18 poliziotti in meno rispetto al 2012: se si considera che allo stato alla pianta organica mancano all'appello 41 poliziotti e se si aggiungono i citati 18, si può constatare che nel 2013 si avrà una carenza di circa 60 unità in meno rispetto a quanto previsto dal piano ministeriale del 1989;
   il tema della sicurezza, in particolare quello delle realtà urbane, non coincide sic et simpliciter sempre con quello dell'ordine e della sicurezza pubblica, pur però comprendendolo in sé, bensì riguarda più complessivamente la qualità della vita delle persone residenti in un territorio, alla cui base vi è la rete dei valori e dei servizi che contribuiscono a definire l'identità nella quale la comunità locale si riconosce: investire, in controtendenza ai tagli, sul comparto sicurezza è dunque fondamentale –:
   se il Ministro non ritenga urgente, al fine di fronteggiare in maniera tempestiva ed efficace il preoccupante accrescersi della criminalità nella provincia di Pistoia, di dover adottare le necessarie iniziative volte ad incrementare gli organici delle forze di polizia, nonché a reperire le risorse economiche necessarie alle forze dell'ordine per garantire la sicurezza per i cittadini del territorio di Pistoia. (4-00456)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in una lettera indirizzata all'interrogante, il signor Vito Antonio Sigrisi, sovraintendente presso l'aeroporto Valerio Catullo di Verona, servizi di vigilanza, ha illustrato i disagi che sta subendo a causa delle vicende giudiziarie che lo vedono coinvolto come testimone nel procedimento ex articoli 43 e 44 del decreto legislativo n. 286 del 1998, discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, promosso dal signor Sukhdev Singh;
   stando a quanto riportato dagli organi di stampa, il 7 ottobre 2008 all'aeroporto Catullo di Verona, al signor Sukhdev Singh cittadino di religione sikh, nella fase dei rituali controlli di sicurezza per l'accesso alla zona sterile dell'aeroporto, è stato chiesto dai pubblici ufficiali della ronda dei servizi di vigilanza, di togliersi il copricapo (turbante) al fine di poter accertare che non celasse oggetti pericolosi per l'incolumità dei passeggeri. Il signor Sukhdev Singh, opponendo rifiuto alla richiesta avanzata dagli ufficiali di pubblica sicurezza, ha generato in sostanza una volontaria rinuncia al volo;
   il personale aeroportuale dei servizi di vigilanza ha agito seguendo le normali procedure codificate dal programma nazionale di sicurezza, al fine proprio di garantire la sicurezza del volo e dei passeggeri trasportati;
   il sikhismo, un movimento religioso nato agli inizi del XVI secolo nel Punjab, prevede nei suoi precetti religiosi alcuni irrinunciabili simboli di fede esteriori come il turbante, il piccolo pugnale rituale, il pettine e il bracciale di acciaio;
   l'espressione degli appartenenti alla religione sikh che si manifesta nel precetto di indossare determinati indumenti causa spesso problemi, a quanto consta all'interrogante, sotto il profilo della compatibilità con le norme dell'ordinamento giuridico;
   la libertà religiosa, di credenza e di coscienza è un diritto inviolabile consolidato nella cultura del popolo italiano e riconosciuto in modo inequivocabile dal combinato disposto degli articoli 3, 8, 19 e 20 della Costituzione;
   l'ordinamento giuridico interno è sottoposto, inoltre, al rispetto dei vincoli posti dalla legislazione sovranazionale europea, dovendosi confrontare in particolare con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che forniscono ulteriori elementi in materia di diritti fondamentali della persona ed eventuali restrizioni. In tal senso, la libertà di vestire può riferirsi a due diritti garantiti dagli strumenti internazionali: il diritto al rispetto della vita privata e la libertà di espressione religiosa, definita molto accuratamente in sede internazionale come la libertà di manifestare la propria religione, individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, le pratiche e l'osservanza dei riti. Tale forma di libertà è quindi molto forte e non sembra poter essere derogata da norme eccessivamente restrittive. Le persone che indossano indumenti possono trovarsi in due diversi ambiti, afferenti rispettivamente alla sfera della vita privata o alla dimensione pubblica;
   l'area degli imperativi di sicurezza pubblica si realizza quando una persona lascia la sua vita privata ed instaura dei rapporti giuridici con terzi o con l'autorità pubblica o con soggetti privati;
   il commissario europeo Antonio Vitorino, in data 25 ottobre 2002, ha fatto notare che, nel fissare direttive specifiche nell'uso di accessori d'abbigliamento, quali i turbanti portati dai Sikh, «gli Stati membri devono trovare un giusto equilibrio tra le legittime esigenze in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza ed il diritto di libertà religiosa» dal momento che «tale diritto è sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), ratificata da tutti gli Stati membri» –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano adottare per far sì che il rispetto della libertà di espressione religiosa si concili con l'esigenza della garanzia dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini. (4-00459)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 22 novembre 2012, la I Commissione permanente della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione, la 8-00213, concernente le dotazioni assegnate al distaccamento dei vigili del fuoco competente ad assicurare il soccorso tecnico urgente sul Lago di Garda ed in particolare il destino di una motobarca Serie 1000 o RAFF, operante nelle acque del grande specchio lacustre;
   nella circostanza, veniva rilevato come l'unità RAFF avesse dato ottima prova di sé sul Garda, dimostrando eccellenti qualità di tenuta anche in presenza di condizioni meteorologiche particolarmente avverse, risultate invece in precedenza fatali ad imbarcazioni di classe inferiore;
   la motobarca Serie RAFF ha operato con successo di fronte ad una folta platea di osservatori internazionali, giacché il Garda è una destinazione turistica di fama europea;
   dell'unità RAFF era stato tuttavia previsto il trasferimento all'unità del soccorso tecnico urgente gestita dai vigili del fuoco a Trapani;
   proprio per questo motivo, la parte dispositiva della predetta risoluzione 8-00213 impegnava il Governo a valutare l'opportunità di mantenere sul Lago di Garda una motobarca serie 1000 o RAFF, od altra unità dalle prestazioni equivalenti in ogni condizione di tempo, prevedendo però in questo caso un periodo di affiancamento tra le due imbarcazioni;
   è ormai alle porte la stagione turistica estiva 2013 –:
   se sia stato dato o si intenda dare seguito all'impegno previsto dalla risoluzione 8-00213 e in ogni caso su quali dotazioni lacustri possa contare il distaccamento dei vigili del fuoco competente ad assicurare il servizio tecnico urgente sulle acque del Lago di Garda alla vigilia dell'inizio della stagione estiva 2013.
(4-00462)


   VILLECCO CALIPARI, GARAVINI, META e MORASSUT. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal 17 aprile del 2013 al 5 maggio del 2013 ad Ostia sono stati commessi diversi incendi dolosi ed intimidazioni:
    la notte tra il 17 e il 18 aprile viene versata benzina sulla saracinesca di un negozio di alimentari in piazza Umberto ad Ostia antica, il 19 aprile intorno alle 4,30 un grave incendio doloso danneggia l'asilo nido privato Alelu di Acilia;
    il 21 aprile 3 uomini colpiscono il guardiano del chiosco dello stabilimento balneare di Ostia Glam e successivamente appiccano le fiamme alla struttura;
    il 5 maggio viene bruciato il chiosco dello stabilimento balneare Anema e Core;
    il 12 maggio viene incendiato il ristorante Nemo, all'interno dello stabilimento «La Nuova Pineta» sul lungomare Lutazio Catulo;
   nelle città di Anzio e Nettuno nel 2012 e nel 2013 sono state messe a segno diverse intimidazioni ed attentati ai danni di imprenditori e commercianti:
    il 5 marzo sono stati sparati sette colpi di pistola contro la villa del vice sindaco di Anzio Patrizio Placidi, il 31 ottobre 2012 è andato distrutto da un grave incendio doloso lo stabilimento balneare di Nettuno Il Belvedere ascrivibile a Franco Mancini e il 31 ottobre 2013 vengono bruciate due auto vetture di proprietà di un'agente immobiliare di Anzio, il 19 marzo del 2013 l'agenzia immobiliare di proprietà del sopra citato agente veniva attinta da diversi colpi di arma da fuoco;
    il 17 marzo in località S. Barbara (Nettuno) una villa veniva colpita da una molotov mentre una vettura appartenente al proprietario della suddetta abitazione veniva attinta da diversi colpi di pistola;
    il 9 marzo del 2012 veniva danneggiato da un incendio doloso il ristorante Shardana di Fiumicino si trattava del settimo incendio doloso ai danni di attività commerciali, dal 2011, compiuto nella città;
   nella città di Sabaudia (Latina) diversi incendi venivano appiccati nel 2012 contro attività commerciali:
    il 10 gennaio bruciava la sartoria Hotel production;
    nella notte tra il 7 e l'8 febbraio veniva quasi interamente distrutto da un rogo lo stabilimento balneare lo scoglio il cui proprietario già nel 2010 aveva subito gravi intimidazioni;
    il 22 maggio veniva gravemente colpito il distributore di benzina Total Erg di Franco Cerasoli presidente provinciale del Figsc;
    il 25 maggio veniva distrutto da un grave incendio il chiosco bar all'interno del maneggio Sea horse club;
    il giorno 11 settembre veniva bruciata la macchina di un architetto;
    la notte del 15 settembre una bomba distruggeva il negozio Motor service;
   nella città di Aprilia nel 2012 sono state messe a segno le seguenti gravi intimidazioni ed attentati:
    la notte del 30 marzo del 2012 veniva lanciata una molotov contro il pub Beautiful Monster che veniva gravemente danneggiato;
    il 19 agosto 2012 venivano esplosi diversi colpi di fucile contro l'abitazione dell'imprenditore Tesei;
    nel mese di luglio del 2012 veniva colpita da numerosi colpi di pistola l'auto dell'imprenditore Pieralasi;
    il 23 novembre 2013 veniva attinto da diversi colpi d'arma da fuoco il bar della famiglia Nardin;
   nel 2011 secondo il rapporto pubblicato dall'osservatorio regionale sulla sicurezza e la legalità nel comune di Formia venivano appiccati 38 incendi, nel comune di Gaeta 31, nel comune di Latina 30;
   nel Lazio secondo quanto scritto nella relazione della DIA al Parlamento, relativa al secondo semestre del 2011, si registrano dati elevati per i delitti di attentato, incendio doloso e danneggiamento a seguito di incendio. Il Lazio è la quinta regione per numero di attentati prima della Calabria e la terza per numero di incendi dolosi dopo Calabria e prima della Puglia;
   l'associazione coordinamento antimafia Anzio Nettuno ha chiesto al procuratore capo della DDA di Roma Giuseppe Pignatone di aprire un fascicolo sugli attentati e le intimidazioni compiute nel Lazio sul modello di quanto già fatto dalla DDA di Milano (vedasi resoconto audizione DDA di Milano 27 novembre 2012 commissione parlamentare antimafia XVI legislatura pagine 12-13);
   secondo quanto emerso in molteplici indagini e sentenze della magistratura nonché relazioni della commissione parlamentare antimafia nei comuni sopra citati operano agguerrite consorterie criminali ascrivibili al clan dei casalesi, alla ’ndrangheta e alla camorra –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di tali fatti;
   quali misure il Ministro intenda adottare, alla luce dei fatti esposti in premessa, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini residenti e del loro patrimonio nel territorio in questione;
   se il Ministro non intenda sollecitare iniziative opportune del Commissario per il coordinamento delle iniziative anti-racket ed anti-usura. (4-00466)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il 20 febbraio 2013 la prima sezione penale del tribunale di Messina, condannava in primo grado di giudizio il Magnifico rettore dell'università degli Studi di Messina, il professore Francesco Tomasello, accusato di tentata concussione e abuso d'ufficio, alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione più l'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni;
   il rettore era imputato nel processo sul concorso di II fascia per l'assegnazione di un posto da professore presso la facoltà di veterinaria dell'università degli studi di Messina, concorso che a seguito delle indagini svolte dal corpo della Guardia di finanza doveva vedere come vincitore, in deroga ad ogni criterio di valutazione e quindi di merito, il figlio dell'ex preside della stessa facoltà, Battesimo Consolato Macrì, anch'egli condannato dalla prima sezione penale del tribunale di Messina alla pena di 5 anni e 4 mesi, più la perpetua interdizione dai pubblici uffici;
   la condanna veniva emessa a seguito delle dichiarazioni rese dal professore Giuseppe Cucinotta, ordinario di clinica chirurgica e patologia chirurgica presso la facoltà di veterinaria, il quale denunciava di aver subito dal rettore Tomasello forti pressioni per condizionare l'esito del concorso nel quale il professore Giuseppe Cucinotta ricopriva la carica di componente della commissione esaminatrice per l'assegnazione della cattedra di professore ordinario;
   il rettore Tomasello, negli anni precedenti alla condanna emessa dal tribunale penale di Messina, veniva già sospeso per due volte dall'esercizio delle sue funzioni, a seguito delle ordinanze emesse e motivate dalla Magistratura ordinaria;
   un severo giudizio veniva espresso nel 2007 dai giudici del tribunale del riesame nella motivazione del provvedimento di conferma della prima sospensione dalle funzioni di rettore, nella quale si denunciava una «allarmante ostinazione manifestata nella conduzione clientelare della propria carica» e la «pericolosa quanto diffusa inclinazione alla rimozione assoluta del disvalore morale insito nelle condotte in esame ed alla sua sostituzione con un atteggiamento di compiaciuta, disinvolta ed opportunistica solidarietà rispetto al beneficiario dell'abuso, che poco giova al prestigio e all'autorevolezza dei pubblici uffici coinvolti in simili dinamiche»;
   nonostante l'espressa previsione circa la scadenza del suo mandato da rettore dell'università degli studi di Messina, che sarebbe dovuta avvenire nell'anno 2011, il professore Francesco Tomasello, insieme agli organi accademici di governo, apportava una modifica allo statuto dell'Ateneo, prevedendo l'inserimento ex novo dell'articolo 57-bis e riformando l'articolo 57, disponendo così una proroga alla naturale scadenza del mandato di tutte le cariche elettive dell'Ateneo, riuscendo così ad allungarne la durata di un anno;
   la proroga attuata dagli organi accademici attraverso la modifica dello statuto dell'ateneo veniva impugnata attraverso un ricorso al tribunale amministrativo regionale della sezione di Catania da un gruppo di docenti dell'università degli studi di Messina, le cui istanze vennero pienamente accolte dallo stesso TAR in data 29 ottobre 2011;
   la sentenza del TAR veniva nei fatti ignorata dal rettore Tomasello che, attraverso la circolare del 3 novembre 2011, dichiarava che il mandato di tutte le cariche elettive dell'Ateneo messinese, tra le quali quella di rettore, era da ritenersi prorogato secondo quanto disposto dalla legge n. 240 del 2010, comunemente nota come riforma Gelmini, entrata in vigore il 29 gennaio 2011, la quale però prevedeva, nelle more della transizione dal vecchio al nuovo ordinamento, una proroga di un anno al solo mandato da rettori in carica al momento della sua entrata in vigore, rendendo così artificiale e illegittima l'estensione disposta arbitrariamente dal rettore Francesco Tomasello a tutte le cariche elettive;
   nel mese di aprile 2012 venivano indette le elezioni per il rinnovo della carica dei direttori che avevano beneficiato della proroga senza fondamento giuridico, mentre sia per il Senato Accademico, in cui sedevano soggetti decaduti dalla loro carica nel novembre 2011, sia per il consiglio di amministrazione, che vedeva la presenza di membri il cui mandato aveva termine nell'anno 2010, nessun provvedimento veniva assunto circa la sostituzione dei loro componenti;
   in regime di auto proroga, il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione deliberavano, alla fine dell'anno 2012 a favore dell'istituzione di una Fondazione università degli studi di Messina, fondazione che presentava forti caratteri di atipicità rispetto all'attuale panorama delle fondazioni universitarie italiane, dal momento che nel suo statuto figurava come unico socio fondatore la stessa università Statale di Messina;
   la carica di presidente della Fondazione veniva assegnata all'unico candidato, il rettore Francesco Tomasello, attraverso una votazione del consiglio di amministrazione, consentendo allo stesso di eludere, ancora una volta, i limiti temporali imposti dalle disposizioni normative, dal momento che date le funzioni esercitate, la fondazione sembra realizzare piuttosto che un mero supporto alle attività dell'università degli studi di Messina, una vera e propria privatizzazione dell'Ateneo;
   in data 7 marzo 2013 alcuni docenti dell'università degli studi di Messina inoltravano formale esposto al precedente Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Francesco Profumo, chiedendo l'immediata revoca del professore Francesco Tomasello della sua carica di rettore e, contestualmente, dalla presidenza della Fondazione università degli studi di Messina, così come previsto dalla legge n. 97 del 2001, ovvero della legge n. 190 del 2012, al fine di garantire il corretto funzionamento dell'Ateneo e tutelando al contempo l'immagine e il prestigio dell'università degli studi di Messina;
   tale esposto incontrava il silenzio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, costringendo i docenti che lo avevano sottoscritto a formalizzare, presso le procure della Repubblica di Roma e Messina, una denunzia-querela sia nei confronti del Ministro Francesco Profumo, per non avere revocato il professore Tomasello dal suo incarico, sia nei confronti dello stesso rettore, per non essersi sospeso in seguito alla condanna conseguita in primo grado, chiedendo l'adozione delle misure interdittive e cautelari atte a evitare il pericolo di reiterazione nei reati e necessarie a garantire il corretto funzionamento dell'istituzione universitaria;
   la normativa in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico si è arricchita, nel corso delle more dei procedimenti a carico del professore Francesco Tomasello, di disposizioni ancora più stringenti, così come previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo dell'8 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 19 aprile 2013, la cui entrata in vigore è stabilita per il 4 maggio 2013, il quale prevede l'inconferibilità della carica di rettore per coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, la quale assume carattere permanente nei casi in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici –:
   se i Ministri interpellati siano al corrente della grave situazione in cui versa l'università degli studi di Messina a causa dell'operato dei principali organi dell'ateneo;
   se non ritengano necessario provvedere alla immediata rimozione del professore Francesco Tomasello dalla carica di rettore, ripristinando la piena conformità alla legge attraverso l'applicazione delle vigenti disposizioni normative ovvero tutelando e garantendo il corretto funzionamento ed il prestigio dell'università degli studi di Messina;
   se non intendano disporre, anche attraverso l'ispettorato della funzione pubblica, un'indagine ispettiva per valutare il comportamento e l'operato del rettore Francesco Tomasello nel corso degli anni del suo mandato e, allo stesso tempo, verificare la legittimità delle decisioni assunte dagli organi preposti circa la costituzione, il corretto funzionamento e la liceità della Fondazione università degli studi di Messina.
(2-00050) «D'Uva, Villarosa, Marzana, Luigi Gallo, Chimienti, Grillo, Barbanti, Sarti».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   giungono notizie allarmanti circa la mancata concessione della cassa integrazione per circa 1256 dipendenti della Aligrup di Catania;
   era emerso in sede ministeriale un problema legato alla sovrapposizione di richieste di Cassa integrazione guadagni in merito ai punti vendita;
   il punto sembrerebbe essere stato risolto a seguito di ulteriori delucidazioni fornite al Ministero da parte delle organizzazioni sindacali e dei legali della ALIGRUP;
   purtuttavia sono trascorse diverse settimane ma ancora il decreto di concessione della Cassa integrazione guadagni non è stato firmato e questo provoca non poche preoccupazioni ai lavoratori e alle loro famiglie;
   la concessione dell'ammortizzatore sociale diventa fondamentale anche nella strategia di ricollocazione degli stessi lavoratori e per avere il tempo necessario per verificare eventuali offerte di rilevamento dei punti vendita –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per accelerare la firma del decreto per la concessione dell'indispensabile ammortizzatore sociale in favore dei dipendenti Aligrup di Catania. (5-00119)


   FEDRIGA e MOLTENI. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nella scorsa legislatura gli interroganti, con atto di sindacato ispettivo n. 5-08044, lamentavano il blocco dell'erogazione dell'indennità di disoccupazione ai lavoratori italiani frontalieri che hanno perso il lavoro, in precedenza erogata in base alle disposizioni di legge n. 147 del 1997;
   in sede di risposta il vice ministro pro tempore precisava che l'Inps, in attesa dell'emanazione della circolare in materia, aveva provveduto non già a sospendere il pagamento dell'indennità di disoccupazione, bensì a sostituire l'erogazione del trattamento speciale di disoccupazione frontaliera con l'indennità di disoccupazione ordinaria e che comunque, a decorrere dal 1o gennaio 2013, anche per i lavoratori frontalieri rimasti disoccupati in Svizzera avrebbe trovato applicazione l'ASpI (assicurazione sociale per l'impiego), il nuovo sussidio di disoccupazione istituito con legge di riforma del lavoro Fornero n. 92 del 2012;
   con circolare Inps n. 50 del 4 aprile 2013 l'Istituto precisava che «il disoccupato residente in Italia che sia frontaliero in Svizzera – in quanto persona che, nel corso della sua ultima attività lavorativa risiedeva in uno Stato membro (Italia) diverso da quello competente (Svizzera) e continua a risiedere in tale Stato membro – riceve le prestazioni in base alla legislazione dello stato membro di residenza come se fosse stato soggetto a tale legislazione durante la sua ultima attività lavorativa» e che pertanto «il diritto, la misura e la durata della prestazione saranno determinati, come per i lavoratori rimasti disoccupati in Italia, per i diritti maturati con decorrenza fino al 31 dicembre 2012, secondo le norme che disciplinano l'indennità di disoccupazione ordinaria. A decorrere dal 1o gennaio 2013 le prestazioni saranno concesse secondo le disposizioni, previste dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, per l'indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpi»;
   sempre nella scorsa legislatura la Camera dei deputati aveva approvato un testo di legge (il cui iter si è arrestato all'esame del Senato) – risultante dall'unificazione di più proposte di legge, tra cui anche una dei sottoscritti – finalizzato a migliorare i trattamenti di disoccupazione dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera rimasti disoccupati a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, utilizzando le disponibilità esistenti nella gestione con contabilità separata istituita presso l'Inps ai sensi della citata legge n. 147 del 1997;
   agli interroganti risulta, infatti, che le risorse ancora disponibile presso il predetto Fondo ammontino a circa 270 milioni di euro –:
   se corrisponda al vero che le risorse disponibili esistenti nella gestione separata Inps ex legge n. 147 del 1997 ammontino a circa 270 milioni di euro ovvero, in caso di risposta negativa a quanto ammontino esattamente e se non convenga, data la precisa finalità di tali risorse, che le medesime siano utilizzate per migliorare i trattamenti di disoccupazione dei lavoratori italiani frontalieri in Svizzera, atteso che il nuovo istituto dell'Aspi è più penalizzante in termini di importo del trattamento e durata del periodo di indennizzo.
(5-00124)


   FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   è notizia pubblicata in questi giorni quella che la regione Sicilia garantisce 833 euro al mese ai circa 3.000 lavoratori della SocialTrinacria, esercenti varie attività di servizio presso Asp, prefetture, uffici pubblici e comuni;
   sembrerebbe che gli ex Pip di emergenza Palermo, in protesta per giorni dinanzi a Palazzo dei Normanni, chiedevano l'assunzione a tempo indeterminato, per un costo per la regione pari a 45 milioni di euro il primo anno e 54 milioni in seguito e che, stante le dichiarazioni del Governatore Crocetta, la norma richiesta non poteva esser proposta soltanto perché «era inattuabile ed il commissario dello Stato l'avrebbe impugnata», considerata la procedura irregolare con cui tre anni orsono furono assunti;
   la soluzione proposta dal Governo Crocetta, che costerà alla regione 36 milioni di euro l'anno, sembrerebbe invece quella di garantire un «sussidio» di 833 euro al mese più gli assegni familiari (10 mila euro annui a persona), erogati tramite l'Inps, fino a dicembre; dopo il presidente si è impegnato a portare davanti all'esecutivo nazionale la vertenza, per procedere verso la stabilizzazione a partire dal 2014 –:
   se corrisponda al vero che il Governo regionale della Sicilia abbia investito quello nazionale della questione di cui in premessa e, in caso di risposta affermativa, se ed in che termini il Governo intenda affrontare la vicenda, ricordato che è prioritaria la soluzione del nodo esodati. (5-00125)


   RIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con decorrenza 1o gennaio 2013, in deroga al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, la società Riscossione Sicilia ha consentito l'accesso alle prestazioni erogate dal fondo di solidarietà per il sostegno del reddito di cui al decreto ministeriale 24 novembre 2003, n. 375, per n. 87 unità lavorative;
   in data 17 aprile 2013 l'INPS ha respinto l'istanza di assegno straordinario a sostegno del reddito, per n. 10 lavoratori (degli 87), asserendo che gli stessi «maturano il diritto a pensione in salvaguardia ex legge 214/11 oltre il periodo massimo di permanenza nel fondo di solidarietà»;
   da informazioni assunte per le vie brevi, è emerso che la motivazione del rigetto è da ricondurre alla applicazione delle cosiddette aspettative di vita che si presume siano in vigore al momento del passaggio dal fondo di solidarietà suddetto alla pensione gestita dall'INPS;
   tali aspettative presunte sono state stimate in assenza di specifico decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, direttamente dall'Inps in 11 mesi in luogo dei tre mesi in vigore dal 1o gennaio 2013 (vedi decreto 6 dicembre 2011);
   la suddetta interpretazione si traduce nei fatti in una lesione di un diritto legittimo per i lavoratori esclusi dal fondo, in quanto significherebbe negare l'esercizio del diritto suddetto sulla base di un evento aleatorio come è quello dell'aspettativa futura di vita delle persone –:
   quali iniziative intenda assumere per la risoluzione della problematica che appare palesemente discriminatoria per i suddetti lavoratori;
   se non ritenga opportuno, considerata la specialità del fondo e la chiusura definitiva di alcuni sportelli della società Riscossione Sicilia s.p.a, di intervenire con ogni iniziativa di competenza, anche al fine di evitare l'avvio di un possibile contenzioso tra gli stessi lavoratori e l'istituto di previdenza che comporterebbe inevitabilmente un aggravio di spese per l'erario. (5-00129)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MADIA. —Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'INEA, Istituto nazionale di economia agraria, è il principale ente pubblico di ricerca di riferimento per il settore dell'economia agraria;
   l'INEA come previsto dallo statuto svolge attività di ricerca socio-economica in campo agricolo, agroindustriale, forestale, della pesca e del mondo rurale in ambito nazionale comunitario e internazionale, nonché una funzione di supporto (negli stessi temi), nell'interesse delle regioni, delle province autonome, degli enti locali e delle altre pubbliche amministrazioni;
   la domanda di ricerca e supporto all'INEA su questi temi origina da una molteplicità di soggetti istituzionali pubblici (comunitari, nazionali e regionali) e, nel tempo, è andata intensificandosi per il crescente ruolo svolto dalle politiche comunitarie, sulle quali l'INEA ha sviluppato e consolidato una competenza specifica;
   l'INEA funziona «strutturalmente» con ricercatori che svolgono, da oltre 10 anni, con carattere continuativo il proprio lavoro offrendo in modo permanente prestazioni contrattualmente inquadrate come rapporto di lavoro a tempo determinato;
   le attività di ricerca e supporto dei ricercatori e dei tecnici dell'INEA hanno negli anni garantito efficienza ed efficacia nell'attuazione delle politiche comunitarie e nazionale, contribuendo in maniera decisiva all'individuazione di criteri di assegnazione delle risorse favorevoli al nostro Paese, alla definizione di piani e programmi necessari per il sostegno al settore, alla definizione degli strumenti attuativi e delle regole del gioco indispensabili per l'erogazione dei pagamenti e per garantire la trasparenza della spesa;
   le risorse finanziarie sono da considerarsi strutturali, comprese quelle non ordinarie, e pongono l'INEA nella condizione di poter stabilizzare tutte le unità lavorative a tempo determinato che legittimamente aspirano ad avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato;
   sono ormai numerose le notizie di stampa che parlano di una «lottizzazione» dell'INEA da parte del professor Alberto Manelli, direttore generale dell'INEA dal 2006 (La Repubblica, inserto Il Venerdì di Repubblica, 21 gennaio 2011; Lanotiziagiornale.it, 25 marzo 2013; Corriere della Sera, Cronaca di Roma, 29 e 30 marzo 2013);
   come denunciano alcuni sindacati l'attuale amministrazione INEA sta procedendo al taglio dei lavoratori a tempo determinato a fronte di un continuo aumento della spesa per le consulenze esterne, il cui ammontare è cresciuto significativamente tra il 2008 e il 2012;
   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha confermato il finanziamento ordinario e straordinario all'ente (lettera Mipaaf, a firma del direttore generale dott. Stefano Vaccari, del 13 febbraio 2013);
   alcuni lavoratori a tempo determinato, nonostante l'atto di indirizzo del Governo, sarebbero stati oggetto di un trattamento sfavorevole da parte dell'attuale amministrazione, con contratti inferiori alla proroga di 7 mesi (determinazione direttore generale n. 628 del 21 dicembre 2012);
   alcuni consiglieri di amministrazione hanno manifestato la loro contrarietà all'attuale gestione dell'INEA –:
   se non si ritenga opportuno predisporre una verifica ispettiva al fine di chiarire le condizioni dei lavoratori a tempo determinato sottoutilizzati rispetto a una continua rincorsa a consulenze esterne e accertare se ricorrano le condizioni per l'attivazione di tutti gli strumenti previsti dalla legge a tutela dei lavoratori;
   se non intenda verificare nel dettaglio tutte le consulenze avviate in prima persona, ovvero senza nessuna richiesta di fabbisogno espressa dai dirigenti dell'INEA e dal direttore generale valutandone la congruenza sia in termini scientifici che di compenso;
   cosa il Governo intenda fare per tutelare un ente di ricerca pubblico quale l'INEA e il relativo personale, di ruolo e non, altamente qualificato, che per anni ha svolto con rigore e professionalità il proprio lavoro, consentendo alla ricerca italiana un ruolo da protagonista in ambito internazionale. (4-00467)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome dello spopolamento degli alveari (SSA, in inglese CCD, ovvero Colony Collapse Disorder) è un fenomeno che sta acquisendo dimensioni preoccupanti in Europa e in Italia, mettendo a rischio la vita delle api;
   il 29 aprile 2013 in sede di Comitato d'appello dell'Unione europea, chiamato ad esprimersi su un dossier relativo all'impatto dei pesticidi sulle api, è emerso come la maggioranza degli Stati membri condivida la proposta della Commissione europea di imporre la riduzione dell'uso di tre tipi di neonicotinoidi (imidacloprid e clothianidin della Bayer e thiamethoxam di syngenta) risultati nocivi per la salute delle api;
   i neonicotinoidi sono prodotti chimici – solubili nell'acqua, che vengono versati sul suolo e assorbiti dalle piante – definiti «sistemici», poiché rendono le piante stesse delle fabbriche di veleno, dato che il prodotto intossica le radici, gli steli, le foglie e il polline. Di qui il contagio con le api e l'azione sul sistema nervoso degli insetti, garantendo una tossicità più contenuta sui mammiferi rispetto a prodotti di vecchia generazione;
   il fenomeno della morìa delle api è recente, ma ormai ben noto. La sindrome dello spopolamento degli alveari si è manifestata alla fine del 2006, quando gli apicoltori degli Stati Uniti si sono accorti che qualcosa non funzionava. I loro alveari si stavano, appunto, spopolando;
   sono molte le ipotesi avanzate: dai cambiamenti climatici alle radiazione elettromagnetiche. Alcune plausibili, altre fantasiose. Una serie di studi realizzati nel 2007 da ricercatori inglesi delle università di Plymouth e Stirling e da ricercatori francesi dell'università di Poitiers, ha dimostrato che la sindrome da spopolamento degli alveari è correlata alla diminuzione del polline. In pratica le api hanno meno da mangiare. E, in particolare, assumono meno proteine. Cosicché il loro sistema immunitario diventa più debole. Si tratterebbe, dunque, di una classica spirale negativa. Le api muoiono perché c’è meno polline. Ma c’è meno polline anche perché le api muoiono;
   il rapporto di Greenpeace, pubblicato il 9 aprile 2013, intitolato «Api in declino – le minacce agli insetti impollinatori e all'agricoltura europea», mette in evidenza l'importanza ecologica ed economica di proteggere e mantenere in buone condizioni le popolazioni di api (api mellifere e tutti gli altri apoidei, pur sempre importanti in quanto insetti impollinatori);
   il rapporto sottolinea come «Le evidenze scientifiche sulle conseguenze dei pesticidi più dannosi per le api sono chiare. Non possiamo permetterci di perdere le api e il resto degli impollinatori naturali: l'Italia e gli altri Paesi europei devono agire per vietare queste sostanze killer»;
   «L'eliminazione di tali sostanze – afferma Federica Ferrarlo, responsabile della Campagna “Agricoltura Sostenibile” di Greenpeace – è un primo passo cruciale ed efficace per tutelare la salute delle popolazioni di api e per salvaguardare la loro attività di impollinazione, un servizio vitale per la produzione di cibo e per l'ecosistema»;
   esistono sulla questione della morìa delle api numerosi studi. Uno degli ultimi è il rapporto di gennaio 2013 diffuso dall'Efsa (l'Autorità europea di sicurezza alimentare che ha sede a Parma), che ha confermato «i gravi rischi legati all'uso di tre pesticidi su diverse importanti colture presenti nell'Ue». Nello stesso documento, tuttavia, l'agenzia rivela di essere «impossibilitata a finalizzare la sua valutazione a causa della ristrettezza dei dati disponibili»;
   sotto accusa, secondo l'EFSA, sono i principi attivi contenuti in tre diverse formulazioni: il Clothianidin e l'imidacloprid, prodotti dalla Bayer e il Thiamethoxam prodotto dalla Syngenta;
   l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), calcola che delle 100 specie di colture che forniscono il 90 per cento di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api;
   l'Italia ha già proibito dal 2008 l'uso di questi pesticidi sistemici, con decreti temporanei, e solo per le colture di mais. Nel nostro Paese è stata anche lanciata un'iniziativa di monitoraggio (Apenet), che ha messo in luce una significativa riduzione della morìa delle api dopo l'introduzione della misura. Divieti nazionali simili sono stati decisi anche dalla Germania (dal 2008 sul mais), dalla Francia (nel 2012 sulla colza, ma anche precedentemente con altri divieti poi revocati), e nel 2011 dalla Slovenia su tutte le colture;
   le ricerche di Apenet hanno dimostrato la presenza di effetti sinergici e di interazioni tra le diverse sollecitazioni cui l'alveare è sottoposto, il legame tra la presenza di pesticidi e alcuni fenomeni patologici, e tra la qualità dell'alimentazione proteica e il livello di resistenza ad alcuni fenomeni ambientali e ai patogeni. I dati raccolti hanno inoltre evidenziato che diversi agenti di stress, interferendo con il sistema immunitario dell'ape, possono, indirettamente, facilitare esplosioni virali che rischiano, rapidamente, di condurre a morte le colonie. Queste sostanze, anche a dosi molto basse, sono in grado di scatenare inoltre una serie di effetti sub-letali: ad esempio, agiscono su capacità di orientamento, perdita di memoria olfattiva, difficoltà di apprendimento, tutte caratteristiche fondamentali per l'organizzazione e la sopravvivenza delle colonie;
   il divieto dei neonicotinoidi in Italia ha quasi risolto il problema della morìa delle api che aveva colpito il 50 per cento degli alveari con punte dal 70 al 100 per cento. In sei anni non è stato rilevato nessun calo delle produzioni di mais. Il problema non è affatto di poca rilevanza. Secondo alcuni riguarda il futuro stesso dell'agricoltura, a causa del ruolo decisivo che hanno le api nell'impollinazione. Albert Einstein avrebbe detto che «se l'ape scomparisse dalla faccia della Terra, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita». Ovviamente non esistono conferme scientifiche su questa teoria;
   il 17 ottobre 2008 è così entrato in vigore il primo divieto temporaneo dell'uso, per la concia di sementi, dei prodotti fitosanitari contenenti quattro sostanze attive: clothianidin, thiamethoxam, imidacloprid e fipronil. In corrispondenza delle aree di coltivazione del mais trattate con queste sostanze e della polvere diffusa durante le operazioni di semina contenente le quattro sostanze attive, si sono riscontrate infatti le morìe più pesanti per le colonie di api;
   dopo la sospensione dei neonicotinoidi per la concia delle sementi di mais, dai dati Apenet risulta che gli agricoltori non hanno segnalato maggiori problematiche legate alla gestione dei parassiti e non sono state riportate diminuzioni statisticamente rilevanti dei rendimenti. Il divieto alle sementi conciate con neonicotinoidi ha dato, però, immediatamente un respiro di sollievo alla popolazione di api;
   l'Unione europea ha messo a punto un regolamento che prevede il bando temporaneo dei suddetti tre pesticidi. Il 15 marzo 2013 in sede di Comitato Ue – la maggioranza dei Paesi dell'Unione europea ha votato a favore della proposta della Commissione europea per il bando temporaneo di tre pesticidi riconosciuti a livello scientifico come altamente nocivi per la salute delle api. Si tratta di Imidacloprid e Clothianidin prodotti dalla Bayer e del Thiamethoxam di Syngenta. La proposta è stata bocciata da una minoranza di Stati. Discussa di nuovo il 29 aprile, la proposta è stata bocciata, sempre a minoranza. Gli Stati a favore del bando sono 15, i contrari 8 e gli astenuti 4;
   la Commissione europea ha annunciato una moratoria sull'uso dei pesticidi a partire dal primo dicembre 2013, in attesa di avere un quadro scientifico più chiaro. Lo scorso mese di maggio, infatti, la stessa Commissione europea ha stanziato 3,3 milioni di euro per finanziare in 17 Stati membri gli studi di sorveglianza con l'obiettivo di raccogliere informazioni più solide –:
   se i Ministri interrogati, anche alla luce degli studi scientifici sulla morìa delle api e dei recenti rapporti sulla problematica e in considerazione del voto ampiamente maggioritario dell'Unione europea, intendano adoperarsi per vietare l'uso di pesticidi nocivi per le api, a partire dalle sette sostanze più pericolose attualmente autorizzate nell'Unione europea, quali imidacloprid, thiamethoxam, clothianidin, fipronii, clorpirifos, cipermetrina e deltametrina;
   se i Ministri interrogati, attraverso l'adozione di piani d'azione e di sostegno nazionali per gli insetti impollinatori, intendano sostenere e promuovere pratiche agricole che apportino benefici al servizio di impollinazione all'interno dei sistemi agricoli (come la rotazione delle colture, la promozione di aree di interesse ecologico a livello aziendale e i metodi di agricoltura biologica);
   se i Ministri interrogati intendano promuovere tutte le necessarie iniziative per migliorare la conservazione di habitat naturali e semi-naturali all'interno e intorno alle aree agricole nonché incrementare la biodiversità nei campi;
   se sia intenzione dei Ministri interrogati valutare l'opportunità di aumentare i finanziamenti per la ricerca, lo sviluppo e l'applicazione di pratiche agricole ecologiche che si allontanano dalla dipendenza da sostanze chimiche per il controllo dei parassiti, per andare verso l'uso di strumenti basati sulla biodiversità per controllare i parassiti e migliorare la salute degli ecosistemi;
   se i Ministri interrogati, nell'ambito del negoziato sulla nuova PAC (pagamenti diretti) e di Orizzonte 2020 (programma europeo di ricerca), intendano assumere iniziative per indirizzare maggiori fondi per la ricerca sull'agricoltura ecologica. (5-00121)


   RONDINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la chimica Saronio ha rappresentato per il comune di Melegnano uno dei più importanti insediamenti industriali, con una attività che ha inizio nel lontano 1926 fino alla data di chiusura della fabbrica nel 1966;
   l'attività ha interessato la produzione di vernici e, come area militare, fino al 1943, la produzione di gas urticanti; a tutt'oggi il Ministero della difesa sembra che intima a chiunque di non avvicinarsi;
   la situazione è resa ancora più grave, dall'abbandono in cui versa l'ex area militare della Saronio, una vera e propria chemical city;
   nei quarant'anni di attività il polo chimico si è espanso notevolmente occupando 200 mila metri quadri sul territorio del comune di Melegnano e su quello confinante di Cerro al Lambro, lasciando, dopo la chiusura, stratificazioni di fanghi residui della produzione, vasche di decantazione inquinate, discariche;
   si tratta di terreni altamente contaminati da ammine aromatiche che sono «sostanze fondamentali nel processo produttivo dei coloranti per tessuti, e impiegate nello stabilimento senza alcuna misura di prevenzione o di protezione nei confronti dello sviluppo di vapori e polveri»;
   le ammine sono generalmente tossiche e quelle aromatiche sono composti cancerogeni sospetti o accertati;
   le analisi effettuate dall'Asl hanno evidenziato anche importanti quantitativi di benzene, oltre a cloroformio, diclorobenzene e cloronitrobenzene in concentrazioni anche mille volte superiori ai limiti della soglia di contaminazione stabiliti dalla legge;
   i risultati di un'indagine condotta nel 1977 dallo SMAL (Servizio medicina ambiente di lavoro) evidenziano nell'area 38 casi di morte per tumori alla vescica accertati, pari a tre volte la mortalità media nazionale per tale malattia;
   negli anni settanta e ottanta sono state realizzate urbanizzazioni incuranti del fatto che sui terreni sorgesse una fabbrica chimica e che i terreni erano ad elevato inquinamento legato alla tossicità delle lavorazioni e produzioni che vi venivano svolte;
   il 13 gennaio 2003 il comune di Melegnano ha affidato la società Edison succeduta nella proprietà dell'area, a «provvedere ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 22 del 1997, agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate»;
   le operazioni di bonifica sul terreno inquinato consistono nel confinamento dei terreni limitatamente lungo il nuovo tracciato dell'alta velocità, con relativa raccolta controllata delle acque meteoriche, e nell'inizio della bonifica in un'area di 26 mila metri quadrati, destinata in passato ad ospitare spettacoli viaggianti, che in realtà interessa un decimo del totale delle aree di proprietà della fabbrica;
   fra polemiche, contrattempi e ritardi i lavori di quest'ultima bonifica si protraggono fino al 12 luglio 2006; contestualmente al collaudo dell'ARPA la provincia di Milano ha creato una decina di pozzetti di controllo della falda acquifera nella periferia ovest;
   in una riunione del 19 luglio 2007, presso la direzione generale sanità della regione, tra ASL MI2, ARPA, provincia di Milano, regione Lombardia (unità organizzativa prevenzione e ufficio bonifiche), con oggetto «Sito di interesse regionale denominato ex Società Saronio. Interventi o tutela della pubblica salute», è stata ritenuta indispensabile l'installazione di una barriera idraulica, come ne sono già state realizzate in provincia di Lodi, con l'obiettivo di raccogliere l'acqua inquinata e mandarla a un depuratore allo scopo di salvaguardare le falde più profonde dalla contaminazione;
   da notizie stampa si apprende che sono stati decisi controlli da parte dell'ARPA sull'inquinamento indoor, sostanzialmente quello provocato dalle evaporazioni del benzene e degli idrocarburi in locali tipo cantine e garage, ed è stato inoltre deciso il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità nella valutazione dei dati e delle azioni da intraprendere e dell'ICPS (Centro internazionale per gli antiparassitari e la prevenzione sanitaria) per una valutazione sulle possibili interazioni tra inquinanti e ortaggi e coltivazioni in generale su terreni contaminati; sono emersi inquinamenti nella prima e seconda falda;
   nell'ottobre 2007, a circa due anni dall'inizio dell'operazione di bonifica, sono stati rimossi anche gli ultimi vincoli imposti dalla provincia e l'area è diventata libera e pronta per l'attuazione di un piano di lottizzazione;
   tra scarico di responsabilità e contenziosi aperti tra Edison e amministrazioni comunali, l’iter per l'approvazione del piano di urbanizzazione dell'area è proseguito;
   il progetto prevede un complesso residenziale composto da 115 appartamenti distribuiti su due palazzine, proprio su una parte dell'area inquinata; il 27 ottobre 2008 hanno inizio i lavori del complesso residenziale;
   nonostante le analisi effettuate abbiano dimostrato la presenza di veleni come arsenico, diossine e piombo, tutt'attorno all'area inquinata, nel frattempo, è nata un'intera città –:
   di quali elementi disponga, anche sulla base delle risultanze degli accertamenti dell'Istituto superiore di sanità in merito alla situazione dell'area della chimica Saronio con particolare riferimento ai rischi per la salute pubblica. (5-00131)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO e CENSORE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella Regione Calabria è attualmente attiva, produttiva, funzionante, un’«Unità operativa di epatologia» presso l'Azienda Ospedaliera «Mater Domini» – Policlinico di Catanzaro (vedi sito aziendale);
   la suindicata U.O.C. di epatologia è a direzione ospedaliera ed è compresa nella Convenzione del 1986 tra regione Calabria ed università, inoltre compresa nel protocollo d'intesa attualmente in vigore tra Regione Calabria ed università degli studi Magna Grecia di Catanzaro approvato con DGR 25/10/2004 n. 799 (BUR n. 22 parte I-II del 01/12/2004) modificato/integrato dalla DGR 23/9/2005 n. 822; riconfermata anche nel Decreto Dir. Gen. Reg. Cal. n. 17621 del 21/11/2005 (detto decreto Fallace) che ha stabilito il trasferimento anche dell'Unità operativa di Epatologia dalla vecchia sede (loc. Gagliano Catanzaro) al nuovo del Nuovo Policlinico di Germaneto-Catanzaro;
   l'Unità operativa di Epatologia è «unica in Calabria», una realtà di eccellenza ben strutturata con 11 posti letto per ricoveri ordinari, day service ed ambulatorio specialistico, servizio ecografia diagnostica-interventistica, endoscopia digestiva consulenza ad altri reparti ed ospedali;
   l'Unità operativa è un reale punto di riferimento specialistico per molti malati calabresi affetti da malattie del fegato ed è molto utile per il management del pre-post trapianto epatico in una regione ove non vi è il Centro trapianti fegato ed ove i dati epidemiologici evidenziano un aumento delle malattie epatiche (soprattutto epatiti da virus C e B, cirrosi epatiche legate ad alcolismo-malattie metaboliche-obesità-virus, tumori del fegato);
   l'Unità operativa dispone di risorse umane con consolidata esperienza professionale e competenza nel campo delle malattie epatiche, personale che ha eseguito aggiornamento e stages presso centri di epatologia e trapianti fegato inviato secondo programmi di sviluppo dell'Azienda; è ben inserita nel nuovo policlinico universitario di Catanzaro ove, per la presenza di alta tecnologia ed il confronto tra varie discipline, possono essere meglio diagnosticate e curate le malattie di fegato – soprattutto quelle complicate/complesse/rare – contribuendo a ridurre i disagi dell'emigrazione in altre regioni per motivi di salute;
   l'Unità operativa è tra le più produttive in ambito aziendale, un aspetto positivo per l'economia/gestione/sviluppo aziendale;
   nel decreto presidente giunta Regione Calabria nella qualità di commissario ad acta n. 136 del 28 dicembre 2011 (pubblicato sul BURC n. 2 parte I-II del 01/2/2012, precisamente nello schema foglio allegato n. 3, la dizione Unità operativa di «Epatologia» è sostituita nel suo rigo, in modo non chiaro e non motivato con la dizione generica di «Gastroenterologia» (vedi decreto);
   si può quindi trattarsi di un refuso – più che di un atto arbitrario – dovuto anche al fatto che la disciplina di Epatologia non viene indicata nel decreto del Presidente della Repubblica 136 del 2011 con il suo «codice 58.01» aziendale ma con quello più semplificato di «codice 58» corrispondente però alla dizione più generica della disciplina di gastroenterologia;
   non si possono privare i malati calabresi dell'unica Unità operativa di epatologia esistente nella regione per imprecisione lessicale o per un mero errore di trascrizione;
   nell'azienda «Mater Domini» policlinico di Catanzaro esiste l'U.O.C. di epatologia a direzione ospedaliera, disciplina specialistica produttiva, punto di riferimento giornaliero per molti malati provenienti da tutta la Calabria ove i dati epidemiologici indicano un aumento delle malattie epatiche;
   una soppressione, o un suo ridimensionamento a semplice servizio della medicina interna, non troverebbe giustificazione ed arrecherebbe disorientamento tra i malati con aumento delle migrazioni in altre regioni, oltre a non valorizzare le professionalità esistenti;
   nel richiamato DPGR Calabria n. 18/2010 riferito allegato 7 (riordino rete ospedaliera) e nel DPGR Calabria n. 106/2011 non è riportato alcuna menzione né motivazioni circa un'eventuale cambiamento da Unità operativa di Epatologia a quella di gastroenterologia;
   non può esservi soppressione dell'epatologia per eventuali esigenze di didattica e ricerca, anche perché l'Unità operativa di epatologia dell'azienda ospedaliera «Mater Domini» è a direzione ospedaliera;
   nell'azienda ospedaliera «Mater Domini» non esiste un'Unità operativa di gastroenterologia; un'Unità operativa di gastroenterologia è però presente nella vicina «Fondazione T. Campanella» insita nello stesso policlinico di Catanzaro;
   altre gastroenterologie esistono in Catanzaro presso l'azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» e presso l'azienda sanitaria provinciale;
   l'ipotesi di sopprimere/ridimensionare/sacrificare l'unica Unità operativa di epatologia esistente in Calabria per far posto ad un'altra gastroenterologia nel policlinico sarebbe incomprensibile, ancor più incomprensibile se si riflette che nella sola città di Catanzaro si avrebbero così quattro gastroenterologie mentre il D.P.R.C. n. 106 del 20 ottobre 2011 (pubblicato sul BUR del 16 novembre 2011 parte I e II pagina 42169) prevede l'obbligo di «non avere duplicazioni di unità operative» nell'ambito dell'azienda «Mater Domini» – Fondazione «T. Campanella» – Azienda «Pugliese Ciaccio» di Catanzaro;
   un errore o un refuso può essere forse dovuto, per come già detto, al fatto che la disciplina di Epatologia e quella di Gastroenterologia hanno (quasi) lo stesso numero di «codice 58»; d'altro canto che possa trattarsi di un errore lo dimostra anche il fatto che nel DPR n. 136 del 2011 sono sempre indicati n. 11 posti letto (ossia quelli attualmente assegnati all'Unità operativa di Epatologia dal decreto Direttore Generale Regione Calabria n. 17621 del 21 novembre 2005);
   comunque è inequivocabile che nell'azienda ospedaliera «Mater Domini» esista attualmente l'unità operativa di epatologia attiva, produttiva, utile per i malati calabresi –:
   quali iniziative si intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché la Regione Calabria non si privi dell'unica Unità operativa di epatologia esistente in Calabria, confermi la permanenza a pieno titolo dell'Unità operativa di epatologia esistente nell'azienda «Mater Domini» – Policlinico di Catanzaro a direzione ospedaliera, unica eccellenza per le malattie del fegato, riferimento per tanti malati calabresi, valorizzando le risorse già esistenti;
   se sia necessario, in autotutela, favorire la correzione dell'errore lessicale contenuto nel DPRG Calabria n. 136/2011 confermando l'Unità operativa suindicata nella più corretta dizione di «Unità operativa di Epatologia». (4-00447)


   GAGNARLI, GALLINELLA, PAOLO BERNINI, BUSTO, DAGA, CRISTIAN IANNUZZI, LIUZZI, DELL'ORCO, SIBILIA, SCAGLIUSI, ZOLEZZI, DE ROSA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, AGOSTINELLI, CORDA, RIZZO, FRUSONE, ARTINI, ALBERTI e BASILIO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   come previsto dalla direttiva 2008/120/CE sulla protezione dei suini è fatto divieto in tutti gli Stati membri dell'Unione europea di allevare le scrofe in gabbie di gestazione, ad eccezione delle prime quattro settimane di gravidanza e della settimana prima del parto;
   la citata direttiva è stata recepita in Italia dal decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 122, recante «Attuazione della direttiva 2008/120/CE che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini»; il provvedimento è entrato in vigore il 3 agosto 2011 e dal 1o gennaio 2013 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative dovevano essere già state applicate a tutte le aziende che si occupano dell'allevamento e dell'ingrasso dei suini;
   le gabbie di gestazione sono vietate in Svezia già dal 1994 e nel Regno Unito dal 1999 e undici Stati membri (Austria, Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Romania, Slovacchia, Svezia e Regno Unito) hanno confermato di essere pienamente conformi dal 1o gennaio 2013 alla disposizione dell'articolo 3, paragrafi 4 e 9, della direttiva 2008/120/CE;
   queste gabbie restringono il movimento delle scrofe, che riescono soltanto ad alzarsi e sdraiarsi per l'esiguo spazio a disposizione, e sono tenute in ambienti spogli senza alcuna possibilità di grufolare ed esplorare liberamente, di rotolarsi, di usare la lettiera per riscaldarsi, di praticare i movimenti tipici che precedono il parto; si tratta di una impossibilità che genera negli animali malessere e frustrazione e che provoca atteggiamenti di aggressività come, ad esempio, mordere le gabbie, atteggiamenti che delineano mancato adattamento a spazi inadeguati;
   la Commissione europea ha recentemente inviato nei confronti di 9 Paesi (Belgio, Cipro, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Polonia e Portogallo) una lettera con la quale si contestano lacune nell'implementazione della citata direttiva 2008/120/CE manifestando l'intenzione di «..avviare delle procedure di infrazione contro gli Stati membri che non applicano la direttiva 2008/120/CE che stabilisce norme minime per la protezione dei suini»;
   in Italia si stima che circa la metà degli allevamenti non abbia ancora provveduto a mettersi in regola, nonostante il formale recepimento della direttiva 2008/120/CE con decreto legislativo 7 luglio, n. 122, lamentando costi eccessivi per l'adeguamento delle strutture –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per garantire la piena e concreta applicazione della direttiva 2008/120/CE;
   quali siano stati i risultati delle ispezioni che fino ad oggi il Ministero della salute, nell'ambito della propria competenza, ha disposto nei confronti degli allevamenti di suini per accertare l'osservanza delle disposizioni del decreto legislativo 7 luglio, n. 122, anche alla luce delle comunicazioni che il Ministero dovrà fornire alla Commissione riguardo gli esiti delle citate ispezioni ai sensi del comma 3 dell'articolo 6 del decreto di recepimento della direttiva 2008/120/CE. (4-00450)


   RONDINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le cronache quotidianamente riportano notizie circa i disservizi che i cittadini sono costretti a subire dai vari sistemi sanitari regionali;
   ai disagi per i cittadini vanno aggiunte le difficoltà in cui versano i fornitori delle sanità regionali che hanno crediti che non riescono ad esigere per la mancanza di risorse;
   il decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 introduce al comma 7 dell'articolo 3 una disposizione di carattere strutturale diretta a prevenire la formazione di ingenti crediti dei servizi sanitari regionali verso le rispettive regioni;
   ai fini dell'ordinario accesso delle regioni alle quote premiali del finanziamento del SSN, vi è l'obbligo delle regioni di erogare effettivamente ai propri enti sanitari, entro la fine dell'esercizio, almeno il 90 per cento delle somme che incassano dallo Stato a titolo di finanziamento del SSN stesso, nonché delle somme che le stesse, a valere su risorse proprie, destinano autonomamente al finanziamento del SSN –:
   sulla base di quali dati sia stato previsto l'obbligo normativo per la destinazione dei fondi che le regioni incassano dallo Stato;
   se sia possibile fornire elementi informativi in relazione alle singole realtà regionali. (4-00470)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ARLOTTI e PETITTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dal 27 novembre al 2 dicembre 2010 nella regione Emilia-Romagna è stato realizzato il passaggio della trasmissione dei canali televisivi dal segnale analogico a quello digitale terrestre. Per sostenere questo complicato passaggio lo Stato ha investito oltre 220 milioni di euro a cui si aggiungono risorse destinate dalle singole regioni. A tutt'oggi continuano ad essere numerose e diffuse le proteste di tanti cittadini che lamentano disservizi e una cattiva ricezione dei segnali televisivi, segnalando al numero verde messo a disposizione del Ministero dello sviluppo economico la difficile ricezione del segnale anche da zone in cui il passaggio al digitale è avvenuto da anni. In particolare, tuttora si segnalano in provincia di Rimini disfunzioni di diversa natura, spesso legate a specifiche condizioni meteorologiche. In alcune zone del territorio ulteriori segnali arrivano e interferiscono anche da altre regioni, come nel caso delle interferenze provocate dal ripetitore di Udine in Friuli Venezia Giulia, mentre recentemente sono stati segnalati un problema di abbassamento di potenza del ripetitore localizzato a San Marino e problemi al ripetitore di Monte Nerone;
   come conseguenza, si verificano la mancata ricezione di alcune emittenti e la perdita di segnale. Questo comporta la scomparsa periodica della ricezione dei canali televisivi RAI, che saltano temporaneamente e in alcuni casi definitivamente, accompagnati dalla scritta no signal e dalla richiesta di ripetere la sintonizzazione;
   questa situazione determina un grave disagio per i cittadini che non possono usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo, restando comunque tenuti a pagare il canone RAI, ed in particolare per la popolazione anziana che fa dell'uso della televisione anche per motivi di svago ed evasione. Queste disfunzioni non aiutano certamente nella diffusione omogenea della nuova tecnologia, la quale ha tra i suoi obiettivi l'abbattimento del cosiddetto «divario digitale», e le istituzioni locali (provincia di Rimini e regione Emilia-Romagna) hanno già più volte segnalato il problema. Ulteriori disagi si temono da giugno, quando su alcune frequenze del digitale cominceranno a passare anche i segnali dei telefoni cellulari –:
   se sia a conoscenza della situazione che si è determinata in provincia di Rimini e quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere al fine di assicurare il più rapido ripristino delle opportune condizioni qualitative del segnale televisivo in tecnica digitale su tutto il territorio, affinché il servizio pubblico venga garantito;
   se sia prevista la conclusione del passaggio alla nuova tecnologia sul territorio nazionale, una ricognizione sui vari territori regionali;
   di quali elementi disponga in merito ad eventuali pronunce dell'autorità competente sulle anomalie indicate e all'indicazione di interventi riparatori a tutela degli utenti. (4-00443)


   MELILLA. —Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a Pescara la Caritas diocesana, con il sostegno della fondazione Pescarabruzzo, sta realizzando un importante Campus dell'accoglienza che darà una risposta a tante persone che versano in una situazione di povertà e disagio sociale;
   è tutto ormai pronto per inaugurare la struttura a fine giugno, ultimo ostacolo è il completamento delle procedure per la fornitura di energia elettrica con la connessione dei 2 impianti fotovoltaici realizzati;
   l'ENEL chiede la concessione di una servitù di elettrodotto per cabina elettrica e servitù di passaggio a favore sul terreno del Campus, ma questa richiesta non è stata accolta dalla proprietà perché, oltre ad aggravio ingiustificato dei costi, creerebbe un grave nocumento alla ottimale destinazione degli spazi al servizio degli obiettivi sociali prefigurati;
   ne è derivato un blocco della situazione con conseguente ritardo nell'avvio dell'attività del Campus dell'accoglienza a favore delle necessità ormai esplosive dei senza fissa dimora, delle giovani madri sole, persone con grave disagio sociale –:
   se questo comportamento dell'Enel, purtroppo ricorrente, di subordinare la fornitura del servizio elettrico, per potenza di Kw appena superiore alla norma, alla concessione delle richiamate servitù risulti coerente con la disciplina delle concessioni pubbliche in essere a favore della stessa società. (4-00445)


   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dall'ottobre 2010 in Lombardia è terminato lo switch off della trasmissione del segnale televisivo analogico col contestuale avvio del digitale a seguito del quale i cittadini hanno dovuto impegnarsi nell'acquisto di un decoder o di una televisione con decoder incorporato;
   in svariate aree situate nella zona centrale della Valle Camonica, ed in particolare nel comune di Breno (provincia di Brescia), numerosi utenti lamentano di non usufruire del servizio delle reti Rai, perché i canali nazionali non danno alcun segnale, ed in altre zone, sempre della Valle Camonica i programmi sono visibili solo parzialmente. Nel vano tentativo di ricevere il segnale televisivo gli utenti sono stati costretti a dotarsi di parabole, apparati per il digitale terrestre particolarmente onerosi e sofisticati, filtri (uno per ogni canale), oltre a ricorrere a periodici servizi di tecnici ed antennisti con i relativi esborsi;
   oltre al danno derivante dal non poter fruire del servizio pubblico radiotelevisivo, i cittadini subiscono la beffa di essere tenuti a pagare la tassa di possesso sull'apparecchio televisivo (il cosiddetto canone RAI) che ha la sua ratio nella presunta fruizione del servizio pubblico;
   della riscossione di tale prelievo (peraltro tra i più «odiati» dai cittadini, con un tasso di evasione che raggiunge il 30 per cento circa a livello nazionale) si occupa l'amministrazione finanziaria, in particolare l'ufficio S.A.T. (sportello abbonamenti TV, già storico ufficio URAR del Ministero dell'economia e delle finanze), con il quale collabora la RAI come previsto da un'apposita «Convenzione per la regolamentazione dei rapporti relativi alla gestione dei canoni di abbonamento alle diffusioni», sottoscritta il 2 gennaio 2001;
   di fatto si è in presenza di un'imposta che poi lo Stato utilizza pressoché integralmente per finanziare l'attività di servizio pubblico svolta dalla RAI;
   insomma, chi paga la RAI sono i cittadini, attraverso lo Stato, che peraltro ne è anche il «proprietario», sia in quanto azionista, sia in quanto soggetto concedente la concessione affidata alla Rai. In tal senso, è lo Stato attraverso i suoi organi e le istituzioni (Governo, Ministero dello sviluppo economico – dipartimento delle comunicazioni, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) a dover verificare il corretto e regolare svolgimento del servizio pubblico da parte della Rai, intervenendo se del caso ad irrogare le previste sanzioni, a tutela e garanzia del cittadino consumatore e contribuente;
   va ricordato peraltro che lo stesso contratto di servizio (2010-2012) tra RAI e il Ministero dello sviluppo economico (che oggi incorpora quello delle telecomunicazioni), all'articolo 23 (qualità del servizio), prevede che: «la Rai individua nella qualità audiovisiva un tratto distintivo e irrinunciabile dell'offerta del servizio pubblico;
   la Rai riconosce la qualità tecnica del servizio di radiodiffusione quale obiettivo strategico del servizio pubblico [...] monitora costantemente la qualità tecnica del servizio ed esercita ogni azione preventiva e correttiva al fine di garantire il permanere di alti standard qualitativi; assicura un costante rapporto con l'utenza, per raccogliere segnalazioni di problematiche di qualità tecnica; [...]; assicura una idonea informazione ai cittadini per la migliore fruizione dei servizi;
   nell'ambito della disponibilità delle frequenze e tenendo conto della specificità della missione del servizio pubblico generale radiotelevisivo, il Ministero assicura alla Rai tutte quelle necessarie per risolvere situazioni interferenziali, migliorare la qualità del servizio e sperimentare nuove tecnologie diffusive [...]»;
   proprio nel contratto di servizio è stabilito che la qualità del segnale costituisce un elemento essenziale del servizio pubblico radiotelevisivo, elemento di cui il Ministero deve garantire il rispetto; nel caso di specie – come rilevato – l'inadeguata qualità del segnale pregiudica la possibilità di gran parte della popolazione di vedere i programmi Rai;
   a ciò si aggiunga il fatto che il Ministero ha messo a disposizione della RAI ingenti risorse per il passaggio al digitale (per un totale di oltre 60 milioni di euro) –:
   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per garantire il diritto all'informazione degli utenti e per ovviare immediatamente ai problemi segnalati evitando di far ricadere sui cittadini utenti ulteriori oneri per la fruizione di un servizio per il quale hanno dovuto acquistare il decoder (o nuovo apparecchio ricettivo) e per il quale già pagano il canone. (4-00451)


   NACCARATO, MIOTTO e NARDUOLO. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Zillo spa è una importante realtà industriale attiva nel Nord Italia dal 1882, leader nel settore dei leganti idraulici, in particolare del cemento, che ha la sede principale a Este in provincia di Padova e raggruppa gli stabilimenti di Cementizillo spa a Fanna in provincia di Pordenone, e Calcestruzzi Zillo spa con oltre 30 distributori nel Nord Italia;
   nell'ottobre 2010 il gruppo ha acquisito la proprietà degli stabilimenti Cementeria di Monselice spa di proprietà della famiglia Radici assicurando che tutti gli stabilimenti avrebbero proseguito la loro produzione;
   dal settembre 2011 l'azienda ha messo in cassa integrazione 65 dei 125 dipendenti dello stabilimento di Este con l'accordo delle organizzazioni sindacali che hanno interpretato questa scelta come un provvedimento ordinario per fronteggiare un periodo di calo degli ordini in conseguenza della crisi;
   all'inizio del 2012 tuttavia la proprietà ha ordinato di invertire la parte della catena produttiva che alimenta la macinazione del cemento di fatto congelando la produzione dello stabilimento estense e chiedendo subito dopo il rinnovo della cassa integrazione;
   lavoratori e sindacati di Este hanno immediatamente chiesto una trattativa che da subito è apparsa difficile poiché la proprietà ha mostrato di non voler concordare un piano industriale per salvaguardare la preziosa manodopera di Este, confermando implicitamente i sospetti dei lavoratori stessi che assistevano al progressivo spostamento dei clienti di Este verso la Cementeria di Monselice;
   mentre il gruppo Zillo festeggiava i 130 anni di attività, i lavoratori hanno dato vita a diverse forme di protesta dapprima con diversi scioperi, poi bloccando gli accessi dello stabilimento di Monselice, sino al presidio permanente di Este per chiedere alla proprietà di aprire una trattativa sul futuro delle Cementerie di Este;
   nel 2013 l'azienda ha disposto unilateralmente la cassa integrazione senza consultare le organizzazioni sindacali che insistevano per entrare in trattativa e per conoscere le reali intenzioni del gruppo circa il piano industriale per i diversi stabilimenti;
   nel mese di aprile 2013 la regione Veneto di concerto con la provincia di Padova ha aperto un tavolo per discutere il futuro dei cementifici nella zona della Bassa Padovana, in considerazione di queste vicende e del prossimo esaurimento degli ammortizzatori sociali, ma gli incontri non hanno dato esiti positivi;
   la scorsa settimana a Roma le organizzazioni sindacali hanno incontrato l'associazione di categoria dei produttori di cemento Federmaco per discutere con il gruppo Zillo possibili soluzioni della vertenza e un nuovo incontro è convocato per il prossimo 20 maggio 2013;
   il settore dell'edilizia ha estrema necessità di provvedimenti normativi, come ad esempio la stabilizzazione delle agevolazioni fiscali per l'efficienza energetica nel settore privato e la destinazione di risorse statali per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, che consentano di contare su fattori certi di investimento per rilanciare una produzione che, come emerge da tutte le analisi, è fattore di sviluppo per un indotto molto vasto e volano per altri settori dell'economia –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopraesposti;
   quali iniziative intendano assumere per facilitare la definizione di un piano industriale del gruppo Zillo che consenta di mantenere gli stabilimenti produttivi tutelando l'occupazione nella zona di Este e Monselice. (4-00463)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Binetti e altri n. 1-00036, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gitti e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Binetti, Dellai, Buttiglione, Cesa, Gigli, Gitti, Adornato, Cera, Balduzzi, Capua, Caruso, Causin, Cimmino, D'Agostino, Dambruoso, De Mita, Galgano, Marazziti, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Nissoli, Oliaro, Piepoli, Rabino, Rossi, Santerini, Sberna, Schirò Planeta, Tinagli, Vargiu, Vecchio, Vitelli».

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Gnecchi e altri n. 2-00015, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Peluffo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Nardella e altri n. 4-00200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fontanelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Nesci n. 4-00430, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Businarolo, Cecconi, Chimienti, Colletti, Cozzolino, D'Ambrosio, De Lorenzis, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Dieni, Fico, Gagnarli, Gallinella, Silvia Giordano, Grillo, L'Abbate, Lorefice, Micillo, Mucci, Nuti, Parentela, Sarti, Tofalo, Turco, Vacca, Villarosa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-00068, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 2 del 21 marzo 2013.

   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da organi di stampa locali e nazionali, nel corso della serata di sabato 16 marzo 2013 alcuni giovani avrebbero aggredito propri coetanei nei pressi di piazza della Concordia, nel pieno centro di Salerno;
   come descrivono le cronache, la violenta lite sarebbe sorta a seguito di alcuni apprezzamenti che gli aggressori avrebbero rivolto alle fidanzate dei tre giovani aggrediti, tutti originari di Nocera Inferiore;
   dopo una serie di insulti, si sarebbe verificato un violento pestaggio dei tre malcapitati e sfociato nell'accoltellamento di un ventitreenne nocerino, prontamente soccorso e condotto con gravi ferite al polmone presso l'ospedale «Ruggi d'Aragona» di Salerno;
   la banda, composta da giovanissimi salernitani poco più che maggiorenni e con piccoli precedenti penali, si sarebbe subito dopo la rissa dileguata nel traffico cittadino, per poi essere individuata il giorno successivo dalle locali forze di polizia;
   nel corso della stessa serata, all'interno di una discoteca poco distante dal luogo dell'aggressione, sarebbe avvenuto un altro ferimento di un giovane a seguito di un vivace alterco sorto per qualche sguardo di troppo;
   la città di Salerno sta facendo registrare negli ultimi mesi una escalation di violenza e criminalità molto preoccupante, che mette a rischio l'incolumità dei cittadini, riduce il livello della qualità della vita dei salernitani e danneggia oltremodo l'immagine della città;
   in più di una circostanza l'interrogante ha evidenziato in diversi atti di sindacato ispettivo il notevole incremento della delinquenza in città e nei centri di provincia, descrivendo episodi che sempre più spesso vedono come protagonisti giovanissimi, talvolta già noti alle forze dell'ordine –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga opportuno, considerando il costante incremento della criminalità in provincia di Salerno, prevedere un piano di controllo del territorio più capillare da parte delle forze dell'ordine, con particolare riferimento alle ore notturne, alle aree periferiche ed alle zone maggiormente frequentate dai giovani salernitani, attraverso un coinvolgimento della polizia locale di Salerno.
(nuova formulazione) (4-00068)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Oliverio n. 4-00337 del 6 maggio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00121.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Fontanelli e altri n. 2-00034 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 13 del 7 maggio 2013.
  Alla pagina 843, seconda colonna, dalla trentasettesima alla trentanovesima riga deve leggersi: «I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:» e non «I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:», come stampato.