Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 15 luglio 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):


   La Camera,
   premesso che:
    come ampiamente acclarato, nella notte tra il 29 e il 30 maggio 2013, una cinquantina di uomini delle forze di polizia facevano irruzione durante la notte in una villetta a Casal Palocco, alla ricerca, da quanto si è poi successivamente appreso, di Mukhtar Ablyazov, uomo d'affari, oppositore e rifugiato politico kazako in esilio a Londra dal 2009;
    in sua assenza, prelevavano sua moglie e sua figlia di 6 anni e le conducevano presso il Centro di identificazione e espulsione di Ponte Galeria, sulla base della presunta circostanza dell'assenza di documenti legali di soggiorno, e dopo un giorno di permanenza nel Centro di identificazione e espulsione, sia la donna che la bambina sono state espulse dal territorio italiano e rimpatriate forzatamente sabato 1o giugno 2013 da Roma, dove risiedeva dal 2012, e imbarcate all'aeroporto di Ciampino su un aereo, appositamente noleggiato dal governo kazako, per essere riportata nel suo paese d'origine forzatamente;
    in occasione del blitz a Casal Palocco è stata organizzata una sorta di ingente squadra speciale «interforze» di decine di agenti all'interno della Polizia di Roma, tra cui uomini della Squadra Mobile, dell'Ufficio stranieri e della Digos, cosa di cui non si comprende la ragione logistica e la strutturazione della catena di comando;
    risulta, peraltro, che la donna sia stata pesantemente apostrofata durante la permanenza e che le sia stato vietato di mangiare e bere per 15 ore;
    è riportata dalla stampa inglese una forte azione, a dir poco, intimidatoria nei confronti del cognato di Alma Shalabayeva nella villetta di Casal Palocco, azione caratterizzata da pugni e percosse soprattutto sul viso che gli hanno cagionato la rottura del setto nasale ed ecchimosi lacero contuse facciali di rilievo;
    Alma Shalabayeva, pur non avendo commesso alcun reato, potrebbe essere ora esposta all'elevatissimo rischio di procedure inquirenti non garantiste, analoghe a quelle cui fu sottoposto il marito nel 2003, quando si opponeva al regime di Nursultan Nazarbayev;
    il tribunale del riesame di Roma, in sede di convalida dell'arresto della signora Shalabayeva, rilevava che: «lascia perplessi la velocità con cui si è proceduto al rimpatrio in Kazakistan dell'indagata e della bambina, congiunti di un rifugiato politico in presenza di atti dai quali emergevano quanto meno seri dubbi sulla falsità del documento». Il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) ha inoltre reso noto che «esiste il rischio molto concreto che la signora Shalabayeva possa subire nel suo paese trattamenti disumani»;
    sulla stampa italiana la notizia della stranezza delle vicende del blitz anomalo a Casal Palocco è apparsa per la prima volta a più di un mese fa, esattamente sul «Globalist» il 5 giugno 2013, senza che ciò abbia costituito apparenti motivi di preoccupazione per il Governo italiano;
    in Kazakistan, infatti, è noto come vengano violati i diritti umani, cosa che emerge con chiarezza anche dall'ultimo rapporto di Amnesty International dove si evidenzia che le pratiche di tortura e le sevizie subite dagli oppositori kazaki sono regolarmente perpetuate nei confronti degli oppositori e dissidenti da parte delle forze di polizia e di sicurezza;
    è riportata diffusamente dalla stampa italiana uno strettissimo rapporto di cordialissima collaborazione tra il capo di gabinetto Procaccini del Viminale e l'Ambasciata kazaka, laddove il rapporto con tutte le rappresentanze estere deve piuttosto essere improntato alla più rigorosa sobrietà e terzietà, soprattutto nei confronti di nazioni che non appaiono pienamente in regola con il rispetto minimale del diritti umani;
    le operazioni di polizia sopra evidenziate non possono non necessitare del supporto politico governativo stante sia il profilo della sicurezza interna sia il profilo delle relazioni diplomatiche e bilaterali con i Paesi interessati;
    in un Paese democratico occidentale, difensore dei valori della libertà e dei diritti umani, il garante politico delle forze di polizia è il Ministero dell'interno e ciò tanto più in una fase di transizione di avvicendamento tra capi della polizia, laddove possono sussistere oggettivamente degli apparenti vuoti di responsabilità;
    le operazioni di polizia sopra evidenziate non possono avvenire senza conoscenza diretta del Ministro dell'interno, altrimenti ciò implicherebbe l'esistenza di strutture di polizia parallela su cui il Ministro ha omesso gravemente di vigilare;
    la procedura di espulsione appare gravemente viziata sotto il profilo costituzionale, normativo oltreché sotto quello politico, stante un possibile – ancorché ignoto – accordo intergovernativo volto al rimpatrio forzoso summenzionato;
    l'articolo 10, terzo comma, della Costituzione repubblicana dispone solennemente che: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge»;
    il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, all'articolo 19, comma 1, dispone: «In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione»;
    l'articolo 19, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 26 settembre 2000 stabilisce che è vietato allontanare, espellere o estradare uno straniero «verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti»;
    la Corte europea dei diritti dell'uomo ha inoltre precisato che il rischio di subire torture, pene o trattamenti inumani o degradanti nel Paese di destinazione può provenire sia dalle autorità dello Stato di destinazione, sia da privati che operano nello Stato senza che l'autorità possa proteggere il soggetto, che da situazioni oggettive;
    la legge n. 498 del 3 novembre 1988 rende esecutiva in Italia la convenzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, firmata a New York il 10 dicembre 1984, contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti;
    nel corso del cosiddetto Premier question time alla Camera dei deputati del 10 luglio 2013, il Presidente del Consiglio, Letta, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata 3-00193, e riferendosi ai notevoli punti di contrasto tra le varie ricostruzioni della vicenda, così affermava: «In particolare, sembra trasparire un evidente stacco tra la correttezza formale dei vari passaggi in cui si è articolata questa intricata vicenda e crescenti interrogativi sostanziali che ruotano attorno ai tempi e ai modi attraverso i quali si sono sviluppati gli avvenimenti. Gli interrogativi da sciogliere quindi ci sono e appare del tutto legittimo che essi vengano posti e soprattutto, naturalmente, che trovino le risposte dovute, in primo luogo nelle sedi istituzionali, tanto più in un Paese come il nostro, massimamente attento al funzionamento pieno di tutte le prerogative dello Stato di diritto, un Paese che vuole garantire al tempo stesso diritti e sicurezza.»;
    successivamente, il 12 luglio, una nota della Presidenza del Consiglio faceva sapere che Il provvedimento di espulsione di Alma Shalabayeva sarà revocato e la donna potrà rientrare in Italia, dove potrà chiarire la propria posizione; informa ancora la nota di Palazzo Chigi che: «Risulta inequivocabilmente che l'esistenza e l'andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate al vertici del governo: né al Presidente del Consiglio, né al Ministro dell'interno e neanche al Ministro degli affari esteri o al Ministro della giustizia»;
    allo stato delle cose, sono molte le questioni che rimangono aperte con una serie di interrogativi inquietanti: non appare davvero credibile che nessun vertice governativo sia stato informato; né si comprende come sia possibile che, ancorché sia accaduto tutto alla fine di maggio, il Ministro dell'interno ne abbia avuto comunicazione o se ne sia accorto solo molto dopo; se realmente il Ministro dell'interno non ne era a conoscenza, allora ha omesso di vigilare sull'esistenza e sull'operato di una «Polizia parallela» che agiva con atti di forte rilievo;
    le violazioni di norme ordinarie e costituzionali che, peraltro, rischiano di compromettere fatalmente la vita di un essere umano, non consentono la permanenza del Ministro dell'interno in seno alla compagine governativa,

per tali motivi:

   visto l'articolo 94 della Costituzione;
   visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
   esprime la propria sfiducia al Ministro dell'interno, Angelino Alfano, e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni.
(1-00143) «Nuti, Migliore, Agostinelli, Aiello, Airaudo, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Boccadutri, Bonafede, Franco Bordo, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Catalano, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Costantino, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Di Salvo, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Duranti, Fantinati, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Fratoianni, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Giancarlo Giordano, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, Kronbichler, L'Abbate, Lacquaniti, Lavagno, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marcon, Marzana, Matarrelli, Melilla, Micillo, Mucci, Nardi, Nesci, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Parentela, Pellegrino, Pesco, Petraroli, Piazzoni, Pilozzi, Pinna, Piras, Pisano, Placido, Prodani, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sannicandro, Sarti, Scagliusi, Scotto, Segoni, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tacconi, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zan, Zaratti, Zolezzi».

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    in data 31 maggio 2013, due cittadine kazake, ovvero la moglie e la figlia di sei anni di Mukhtar Ablyazov, il principale oppositore politico al dittatore kazako Nursultan Äbişulı Nazarbaev, sono state espulse dal territorio italiano;
    Alma Shalabayeva «è stata espulsa da Roma, dove risiedeva dallo scorso anno, insieme con la figlia di sei anni ed imbarcata su un aereo, appositamente arrivato dal Kazakistan, per riportarla in patria» (ANSA del 31 maggio 2013);
    l'espulsione, grave ed illegittima, ha esposto la Shalabayeva e sua figlia – senza, peraltro, aver commesso alcun illecito – all'elevatissimo rischio di trattamenti crudeli, disumani e degradanti, analoghi a quelli cui fu sottoposto il marito nel 2003, quando si opponeva al regime;
    l'inumanità dei trattamenti all'epoca era già all'epoca stata denunciata da Amnesty International, dal Parlamento europeo, dall'OSCE e dal dipartimento di Stato americano;
    in particolare, la donna sarebbe stata prelevata la notte del 29 maggio dalla polizia nel corso di un'operazione finalizzata alla ricerca di Ablyazov, a seguito di una nota dell'ambasciata kazaka che avvisava della presenza del dissidente, ricercato in patria;
    il Financial Times del 6 luglio 2013 narra che, nel corso dell'irruzione che ha portato all'arresto della Shalabayeva, vi sarebbero stati insulti e violenze da parte degli agenti coinvolti;
    il Corriere della Sera del 2 giugno 2013 riporta che «secondo le autorità italiane, la donna aveva con sé un passaporto della Repubblica Centroafricana falso»;
    il Financial Times del 3 giugno 2013 e Il Fatto Quotidiano sostengono invece che le autorità italiane non avrebbero verificato che la Shalabayeva fosse in possesso di due passaporti validi del Kazakistan (n. 0816235 e n. 5347890) e di altrettanti permessi di soggiorno, validi rilasciati uno dalla Gran Bretagna ed uno dalla Lettonia, entrambi paesi dell'Unione europea;
    il Corriere della Sera racconta che «dopo aver affidato la piccola Alua (che andava a scuola in Italia) alla zia, la polizia ha trasportato la madre nel centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria vicino Roma. Intanto all'aeroporto di Ciampino è arrivato un jet privato pronto per partire per Astana. Neanche il tempo di coinvolgere la Procura per verificare la condizione e i pericoli ai quali sarebbe andata incontro la donna, che la squadra mobile, la DIGOS e l'Ufficio Falsi della Questura avevano già deciso per l'espulsione immediata»;
    l'aereo che ha ricondotto le due cittadine kazake ad Astana è della compagnia austriaca Avcon ed è stato pagato dall'ambasciata kazaka, come risulta da un'inchiesta immediatamente aperta dalla procura austriaca;
    il già citato articolo de Il Fatto Quotidiano riporta che una deposizione del pilota nel corso della suddetta inchiesta chiarisce che il viaggio era stato già preparato dalla mattina del 31 maggio, prima ancora che il giudice di pace del centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria convalidasse il fermo della Shalabayeva;
    sempre il Corriere della Sera nell'articolo scritto dal corrispondente da Mosca spiega che «all'insaputa dei parenti, la polizia ha portato all'aeroporto anche la figlia Alua, preziosissima merce di scambio»;
    Alua è stata prelevata con l'inganno dagli organi di polizia dopo il trasporto della madre nel centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, mentre era affidata alla zia, come riporta un articolo dell'edizione online de La Repubblica, datato 7 luglio 2013;
    i legali della Shalabayeva si sono opposti indicando la disponibilità della donna ad abbandonare volontariamente l'Italia ed i rischi connessi al rientro in Kazakistan;
    il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero prevede che «in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione»;
    la figlia di Alma Shalabayeva, Alua, di soli sei anni, è stata prelevata dalla casa di residenza senza che per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, dell'operazione siano stati stilati verbali, ed è stata successivamente affidata a tre persone diverse nel giro di tre giorni senza che risulti alcun provvedimento scritto dell'Autorità giudiziaria presso il Tribunale dei minori nonché sempre secondo quanto risulterebbe ai firmatari del presente atto, con parere positivi del pubblico ministero riferiti come «orali»;
    la vicenda ha inevitabilmente suscitato polemiche anche sulla stampa internazionale, palesando risvolti poco chiari relativamente al ruolo delle istituzioni e delle forze dell'ordine del nostro Paese;
    risulterebbe, addirittura, che alcuni funzionari della questura di Roma, coinvolti nell'operazione, siano in seguito stati promossi a cariche più elevate;
    dal comunicato stampa che ha riferito delle conclusioni di un vertice che si è svolto (solo) venerdì 12 luglio 2013 a palazzo Chigi, in relazione alla vicenda della famiglia del dissidente kazako – vicenda che si sarebbe svolta ad insaputa del Governo italiano, e nel quale è stata decisa la revoca del provvedimento di espulsione, emergono gravi e colpevoli mancanze da parte di apparati dello Stato;
    in tutta la vicenda è evidente un rapporto di collaborazione tra le forze dell'ordine italiane e il Governo kazako assolutamente singolare, anche in considerazione dell'assenza di trattati bilaterali tra Italia e Kazakhstan, in materia di estradizione, nonché in materia di collaborazione tra le rispettive autorità di polizia;
    non può non ricadere sul Ministro dell'interno la responsabilità di quanto accaduto; questi, nel rispetto delle istituzioni, e per senso di responsabilità politica rispetto al gravissimo episodio illustrato, non dovrebbe esitare a dimettersi,

impegna il Governo

a intraprendere in via immediata tutte le iniziative utili a chiarire inequivocabilmente le responsabilità politiche e disciplinari in relazione alla vicenda dell'espulsione dall'Italia di Alma Shalabayeva e sua figlia Alua, rispettivamente moglie e figlia di Ablyazov, il principale oppositore politico al dittatore kazako Nursultan Äbişulı Nazarbaev, e ad adottare, conseguentemente, gli opportuni provvedimenti.
(1-00142) «Migliore, Pilozzi, Kronbichler, Zan, Scotto, Fava, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    da oltre quarant'anni è in corso il conflitto turco-kurdo;
    risalgono al 1993 le prime iniziative intraprese per trasformare lo scontro militare in lotta politica, attraverso la proclamazione di un armistizio da parte del leader kurdo, Abdullah Öcalan;
    negli ultimi 20 anni, i diversi Governi che si sono succeduti in Turchia hanno sistematicamente spento ogni tentativo di trovare una soluzione alla delicatissima situazione politica e, solo a seguito di sanguinose e lunghe lotte, si sono riaccesi segnali di speranza che hanno fatto comprendere ai più che la soluzione va ricercata abbandonando la lotta armata e aprendo il confronto politico;
   i kurdi, nell'ultimo ventennio, hanno messo in pratica diverse forme di lotta per rivendicare il loro riconoscimento da parte del Governo turco, un impegno che si è anche concretizzato nell'elaborazione di una roadmap con l'obiettivo di una soluzione alla questione kurda;
    quando nel 1999 Öcalan è stato trasportato sull'isola-prigione di Imrali, lo stesso, pur in tale drammatica condizione, ha continuato comunque ad impegnarsi per una soluzione pacifica e per preparare un terreno di confronto tra le parti in conflitto;
    i primi colloqui diretti tra kurdi e turchi risalgono al 2009, fase meglio conosciuta come «processo di Oslo», interrottasi il 17 luglio 2011;
    fino al febbraio 2013 Öcalan è stato in totale isolamento e gli sono stati impediti i colloqui con i suoi difensori e la famiglia;
    i 50 avvocati del collegio difensivo di Öcalan sono stati incarcerati e, nel frattempo, il numero di detenuti politici kurdi è salito addirittura a 10.000;
    il Governo turco ha agito militarmente conto la popolazione kurda e la guerriglia ha ripreso le azioni militari per difendere città e villaggi;
    intanto, nelle carceri, i detenuti politici proclamavano lo sciopero della fame per chiedere la fine dello stato d'isolamento del presidente Öcalan e la ripresa del dialogo per la pace, e la popolazione kurda, dalle piazze, chiedeva la fine del conflitto e della repressione;
   solo un accorato appello di Öcalan ha interrotto, dopo 68 giorni, lo sciopero della fame nelle carceri e riportato la questione kurda all'attenzione del mondo politico e della società civile turca, che ha riconosciuto, al presidente Öcalan un ruolo fondamentale nella delicata ripresa dei colloqui;
    dopo 14 anni, nel febbraio 2013, per la prima volta Öcalan ha ottenuto incontri che non fossero con legali o familiari, in particolare, otto colloqui con delegazioni di tre parlamentari del BDP, e ha potuto rendere note tre lettere destinate a Kandil e al Movimento in Europa del BDP al fine di illustrare il suo progetto per una soluzione politica della questione kurda, chiedendo ai tre organi del movimento un confronto sulle proposte del percorso di pace che dovrebbe svilupparsi in tre fasi, ovvero: a) fase del riconoscimento da ambo le parti della volontà di pace, con il conseguente «cessate il fuoco», il completamento del ritiro delle unità guerrigliere kurde che si trovano fuori dai confini dello Stato turco, la creazione di un ambito di discussione nel quale siano inseparabili le questioni della democratizzazione della Turchia e la questione kurda; b) fase della democratizzazione, nella quale devono essere elaborate ed emanate riforme di legge e una nuova Costituzione democratica, giacché vigono diverse leggi palesemente antidemocratiche, che danneggiano gravemente il vivere quotidiano, quali le leggi anti-terrorismo, la legge elettorale e sui partiti, la legge sull'uso della lingua, la legge sullo sbarramento elettorale e le leggi che limitano la libertà di opinione e di stampa; c) fase della normalizzazione, nella quale deve essere garantita una pace durevole che conduca a una nuova normalità di vita, in cui la democratizzazione deve essere istituzionalizzata e parallelamente devono essere garantite l'esistenza, la libertà e la sicurezza del popolo kurdo, circostanze fondamentali affinché si possa trattare il disarmo totale;
    in occasione del Newroz 2013, Abdullah Öcalan ha inviato un messaggio al popolo kurdo, esprimendo la chiara volontà di porre fine al conflitto armato in Turchia ribadendo la proposta di voler avviare un processo di pace e proclamando lo stop alle armi;
    Murat Karayilan, a nome del KCK (Unione delle comunità curde), ha dichiarato, in data 25 aprile 2013, la volontà di iniziare il ritiro dei gruppi armati oltre il confine della Turchia;
    il ritiro è iniziato l'8 maggio 2013 e prosegue secondo quanto previsto, come documentato da numerosi giornalisti presenti all'arrivo dei primi gruppi di guerriglieri giunti in Sud Kurdistan;
    parallelamente a questi avvenimenti, nello stesso periodo, sono state convocate 63 persone (9 per ogni territorio dei sette della Turchia), la cosiddetta «commissione dei saggi», che in tutto il Paese ha discusso con la popolazione e con i rappresentanti delle organizzazioni della società civile di tale processo, incontrando, oltre a grandi assemblee, anche persone che sono state direttamente colpite dalla guerra;
    al termine degli incontri, sono stati stesi dei rapporti che sono stati presentati al Governo e ad Öcalan;
    un ulteriore passo indispensabile era, ed è tuttora, la fine delle cosiddette «operazioni del KCK» con la liberazione di tutti i detenuti politici. Alcuni procedimenti giudiziari si sono chiusi e centinaia di persone – principalmente militanti del BDP – sono state rilasciate; per quanto concerne, invece, i processi principali, come quelli di Istanbul e di Diyarbakir, come pure i processi contro sindaci, avvocati, giornalisti e deputati, non si intravedono, purtroppo, sviluppi particolarmente positivi;
    Öcalan aveva proposto alla delegazione di BDP lo svolgimento di quattro conferenze, organizzate dal movimento kurdo di liberazione, con la partecipazione di ceti sociali e formazioni escluse dal sistema, per raccogliere in tal modo opinioni sulla formazione di una nuova Turchia e per formulare richieste in riferimento alla nuova Costituzione;
    tre di queste conferenze si sono svolte nei mesi di maggio e giugno 2013 e hanno visto gli interventi, nelle sessioni plenarie e nei gruppi di lavoro, di rappresentanti di partiti e organizzazioni politiche, gruppi religiosi ed etnici, sindacati, associazioni di categoria, il movimento delle donne, associazioni giovanili, movimenti ecologisti, associazioni per la difesa dei diritti umani, così come diverse personalità della cultura: la prima si è tenuta ad Ankara, il 25 e il 26 maggio 2013, la seconda, ad Amed-Diyarbakir, il 15 e il 16 giugno 2013, la terza in Europa, a Bruxelles, il 29 e 30 maggio 2013, mentre la quarta ed ultima conferenza è prevista a Erbil nei prossimi mesi e vi parteciperanno kurdi provenienti dalle quattro parti del Kurdistan che, in riferimento a questa fase politica, chiariranno e formuleranno le loro richieste;
    mentre il ritiro dei guerriglieri continua, il 1o giugno 2013 è iniziata la seconda fase, in cui diventa prioritaria la rivisitazione delle condizioni di detenzione di Abdullah Öcalan, in modo che egli possa esercitare il suo decisivo ruolo nel processo di pace e democratizzazione;
    a tal fine, la richiesta di un suo rilascio appare, dunque, essere non solamente legittima, ma necessaria;
    le manifestazioni di popolo del mese di giugno, che si sono svolte in tutte le capitali turche, hanno avuto come obiettivo la contestazione delle politiche del premier Erdogan e, più in particolare, l'introduzione del divieto di consumare alcool, il controllo delle nascite, l'intitolazione di un ponte a «Yavuz Sultan Selim», senza rispettare e tener conto della comunità alevita, l'aver definito «una rovina» quella che, in realtà, era un'opera d'arte e aver ordinato la sua demolizione, la chiusura di centri culturali, il proposito del Governo di costruire una caserma ottomana e centri commerciali nel Parco Gezi, unico parco pubblico di Istanbul;
    le proteste della piazza ed il «cessate il fuoco» da parte dei guerriglieri stanno portando il Governo dell'AKP ad un rallentamento del processo democratico di pace e alla preparazione della prossima campagna elettorale, tatticismi con cui si vogliono procrastinare le modifiche sulle leggi antidemocratiche e l'elaborazione di una nuova Costituzione, come dimostra il fatto che la sesta delegazione del BDP abbia avuto l'autorizzazione di incontrare Öcalan solo dopo due mesi dalla richiesta, quando invece su temi importanti, quali la democratizzazione del Paese e la soluzione della questione kurda, non dovrebbero mai sussistere intervalli così lunghi; come anche il fatto che, invece di trovare una soluzione alle proteste del Parco Gezi, si continui a gettare benzina sul fuoco sembra ai firmatari del presente atto voler indicare che l'AKP stia giocando col tempo;
    laddove tali valutazioni si dimostrassero esatte, la Turchia si troverebbe davanti una nuova fase di caos;
    nell'ultima visita dei rappresentanti del BDP a Öcalan, il leader kurdo ha affermato che osserverà ancora per due settimane gli sviluppi della situazione e poi procederà ad una valutazione dei fatti;
    tra poche settimane sarà più chiara la vera volontà dell'AKP, ma i segnali attuali non sono incoraggianti;
    la fase di pace è stata salutata positivamente dall'opinione pubblica internazionale, ma sinora, tuttavia, non è ancora chiaro quanto sia consistente il reale appoggio;
    a testimonianza del sostegno, il PKK dovrebbe, in questa fase di trattative per la pace, essere escluso dalla lista delle organizzazioni terroristiche, poiché l'inserimento in questa lista non è certo un buon presupposto per le trattative di pace;
    sarebbe inoltre necessario fare completa luce sul triplice assassinio politico di Parigi, nel quale persero la vita tre militanti kurde, e le cui indagini sono a un punto morto;
   ancora, il diplomatico e politico kurdo Adem Uzun, parte attiva nei dialoghi di Oslo, che fu arrestato l'anno scorso in Francia, è privato dei diritti di difesa; questo è un ulteriore punto rispetto al quale andrà misurato il vero interesse da parte della politica internazionale ad una soluzione pacifica;
    fino a quando tali delicate questioni non avranno sviluppi positivi, perdurerà certamente la sfiducia dei kurdi e delle kurde verso il sistema di diritto dei Paesi dell'Unione europea e loro affidabilità;
    la questione kurda è da tempo una questione internazionale e richiede dei passi concreti a livello internazionale, soprattutto in una fase di trattative per la pace, quale quella attuale,

impegna il Governo

ad attivare ogni canale diplomatico a propria disposizione per la soluzione della delicata situazione esposta in premessa e a svolgere un ruolo politico più attivo nell'ambito degli sforzi volti a conseguire una pace giusta e duratura fra kurdi e turchi.
(7-00066) «Scotto, Fava».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   RIGONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   le notizie di stampa sull'allarmante sequestro ed espulsione verso il Paese di origine della signora Alma Shalabayeva e della figlia di soli sei anni Alua, coniuge e figlia del dissidente kazako Ablyazov, ha legittimamente suscitato sgomento e preoccupazione nell'opinione pubblica e tra gli osservatori internazionali;
   le stesse modalità dell'arresto, con decine di agenti in borghese che, nottetempo e con armi in pugno, irrompono in un'abitazione privata, e le procedure di espulsione inusitatamente acceleratissime — quasi che la donna e la bambina rappresentassero una grave minaccia per la sicurezza dello Stato — sembrano prefigurare una catena di comando di altissimo profilo, dalla quale non appare plausibile possa essere escluso il livello politico;
   già in passato, l'Italia è stata al centro di polemiche internazionali per operazioni di allontanamento dal Paese quantomeno «irrituali» e che sono state oggetto di pronunciamenti giurisprudenziali;
   il Kazakhstan secondo diverse organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch, non offre sufficienti garanzie in materia di protezione dei diritti umani, specie con riferimento agli arresti degli oppositori, alle denunce di torture, alla repressione della libertà di stampa; nel 2011 si è registrata una drammatica repressione di una protesta dei lavoratori del petrolio nella città di Zhanaozen che si è conclusa con l'uccisione di 16 persone;
   la denuncia dell'accaduto da parte del signor Ablyazov e il giusto risalto che la vicenda sta raccogliendo sugli organi di informazione di tutto il mondo, stanno compromettendo il prestigio del Paese e minano la coscienza di ogni cittadino democratico. L'Italia non può rischiare di essere identificata nel mondo come il Paese che consegna vittime innocenti a Paesi che non offrono le stesse garanzie che sono previste nel nostro ordinamento, con procedure e logiche che sembrano violare tutte le leggi sui diritti umani, sullo stato di diritto e sull'emigrazione;
   per la gravità dei fatti e per le implicazioni che si stanno determinando, è inimmaginabile che un'operazione del genere possa essere stata condotta senza che ne sia stata data immediata notizia al Ministero degli affari esteri e allo stesso Presidente del Consiglio;
   l'interrogante valuta con favore la decisione del Presidente del Consiglio in carica di avviare immediatamente un'indagine interna agli organi di Governo che ricostruisca i fatti ed evidenzi eventuali profili di criticità –:
   se non si ritenga necessario offrire la massima e tempestiva informazione circa gli esiti della citata indagine interna, soprattutto per quanto concerne le eventuali responsabilità politiche sottese;
   quali urgenti iniziative, anche di carattere diplomatico, si intendano assumere al fine di assicurare che alla signora Alma Shalabayeva e alla figlia Alua sia garantita la massima tutela giuridica e che le stesse non siano oggetto di alcuna forma di ritorsione da parte delle autorità kazake.
(4-01268)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:


   SCOTTO e FAVA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il caso dell'espulsione dal nostro paese di Alma Shalabayeva e della piccola Alua, rispettivamente moglie e figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, è stato – ed è tuttora – al centro del dibattito in Parlamento e nel Paese;
   la vicenda dell'arresto della Shalabayeva, della sua successiva detenzione nel CIE di Ponte Galeria, nonché del rimpatrio suo e della figlia in Kazakistan ha ancora più di un lato oscuro, come dimostrano le dichiarazioni rilasciate dal Ministero degli affari esteri e dal Ministero dell'interno, la conoscenza dei fatti da parte del Ministro competente e le relative responsabilità;
   è necessario, dunque, fare chiarezza circa i rapporti tra Italia e Kazakistan, e non solo in relazione al singolare rapporto di collaborazione tra le forze dell'ordine kazake e quelle italiane che ha caratterizzato il caso Shalabayeva, ma anche rispetto ai rapporti economici che il nostro Paese intrattiene con il Kazakistan, a cominciare dall'Eni, società di cui lo Stato detiene oltre il 30 per cento, nonché dalla golden share che detiene tramite il Ministero dell'economia e delle finanze;
   l'Eni controlla, infatti, la Ersai Caspian, azienda petrolifera attiva in Kazakhstan, i cui operai, in data 16 dicembre 2011, dopo oltre sei mesi di sciopero, sono stati brutalmente massacrati dalla polizia kazaka durante una manifestazione: dodici operai sono stati uccisi, oltre a numerosissimi altri rimasti feriti, come documenta Human Right Watch;
   i diritti dei lavoratori sono stati continuamente negati, ed i dipendenti sindacalmente più impegnati sono stati minacciati, aggrediti e licenziati;
   sempre l'Eni è coinvolta in un possibile caso di corruzione in Kazakistan relativo all'aggiudicazione dei contratti dell'impianto di Karachaganak e del progetto di Kashagan, nel quale è in corso l'attività degli inquirenti kazaki e italiani –:
   quale sia l'effettivo volume di affari intercorrente tra imprese italiane e kazake, nonché quale sia la regolamentazione di tali rapporti, anche in considerazione dei fatti accaduti presso la Ersai Caspian, controllata dall'Eni, che hanno visto gravemente compromessi i diritti dei lavoratori impiegati all'estero dalle imprese italiane. (5-00624)


   LOCATELLI. —Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la notte tra il 29 e il 30 maggio 2013 una squadra composta da una quarantina di agenti della Digos ha fatto irruzione nella casa di Roma del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, in esilio dal 2009, e non trovandolo ha prelevato la moglie Alma Shalabayeva la figlia di sei anni, sulle quali pendevano unicamente sospetti di reato di fonte kazaka e che dopo due giorni di permanenza nel centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, sia la donna che la bambina sono state espulse dal territorio italiano ed estradate verso il Kazakistan;
   il rimpatrio è avvenuto su un aereo privato, appositamente arrivato dal Kazakistan, con un dispiego di mezzi e una rapidità delle procedure a dir poco eccezionali, giustificate forse se si fosse trattato di un criminale internazionale accusato di strage e non certo nei confronti di una donna e di una bambina;
   il marito della donna aveva ottenuto lo status di rifugiato politico in Gran Bretagna e la signora Shalabayeva aveva dichiarato alle autorità italiane di disporre di passaporto diplomatico;
   tutta la vicenda è stata gestita in maniera né limpida né professionale: dalla perquisizione, asseritamente condotta con metodi brutali, operata nella casa della famiglia Ablyazov, alle procedure e le modalità con cui una cittadina kazaka e sua figlia minorenne sono state estradate verso un Paese in cui la tutela dei diritti umani è, a dir poco, non adeguatamente garantita soprattutto nei confronti degli oppositori politici;
   Alma Shalabayeva, al suo arrivo in patria, è stata incriminata per aver pagato, assieme al marito, una tangente per l'ottenimento del passaporto e da allora si trova agli arresti domiciliari assieme alla figlia lasciando sospettare che il sequestro sia finalizzato a determinare una inumana pressione per ottenere il rientro del marito;
   la Corte europea ha vietato l'espulsione in Kazakistan anche per i criminali dal momento che in questo Paese la persecuzione giudiziaria è spesso usata per eliminare la dissidenza politica;
   l'intera vicenda ha sottoposto l'Italia a un gravissimo discredito a livello internazionale, come si evince dalle numerose critiche sollevate dalla stampa estera;
   appare del tutto evidente che, in questa situazione, il Ministero degli affari esteri debba intraprendere tutte le iniziative necessari per porre rimedio agli «errori» commessi, a partire dal richiamare, per consultazioni, il nostro ambasciatore in Kazakistan, fino a quando non sarà consentito alla signora Shalabayeva e a sua figlia il rientro in Italia o in un altro Paese a sua scelta, sollecitando gli altri paesi europei a una analoga iniziativa –:
   se una tale pressione esercitata da uno Stato straniero, che ha portato a un'espulsione in tempi da record, sia stata possibile senza che il Ministero degli affari esteri ne fosse a conoscenza e senza che vi sia stato il necessario coordinamento e il relativo scambio di informazioni e come sia possibile che la richiesta di rimpatrio in un Paese noto per il suo trattamento nei confronti dei dissidenti politici e l'esagerato dispiego di mezzi usati non abbiano fatto scattare nessun campanello di allarme. (5-00625)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il blitz condotto nella notte fra il 29 e il 30 maggio 2013 dalla Digos in una abitazione privata di Casal Palocco, sfociato nel fermo di una donna, Alma Shalabayeva, e della sua bambina di sei anni, congiunte di Mukhtar Ablyazov, un noto oppositore del Presidente del Kazakhstan, è all'origine di una serie di decisioni gravide di conseguenze assai gravi, poiché a dispetto della loro richiesta di asilo politico, madre e figlia sono state rimpatriate dopo soli tre giorni, con un aereo privato di proprietà kazaka, in flagrante violazione delle norme che regolano l'estrazione di persone esposte al rischio di gravi ritorsioni nei Paesi d'origine;
   la stampa riferisce di sollecitazioni ad intervenire esercitate direttamente sulle istituzioni italiane dall'ambasciata del Kazakhstan a Roma;
   il predetto Ablyazov, nonostante sia sotto processo da parte del Kazakhstan per questioni relative alle sue attività economiche, ha ottenuto nel 2011 asilo e protezione da parte del Regno Unito, in ragione dei pericoli cui sarebbe stato esposto in caso di rimpatrio;
   risulta inverosimile, oltreché ridicola, la giustificazione della Farnesina circa l'esser stati indotti in errore a causa del cognome da nubile della Signora Shalabayeva, dato che la richiesta di verifica sul suo passaporto è avvenuta soltanto dopo il blitz nell'abitazione della donna;
   se fosse realmente questa la imbarazzante giustificazione della Farnesina, ci troveremmo ad avviso dell'interrogante di fronte ad una manifestazione di pericoloso dilettantismo, e se invece non lo fosse, sarebbe ipotizzabile una condotta in malafede da parte di elementi del personale della Farnesina –:
   quali uffici e quali funzionari, dirigenti o dipendenti del Ministero degli affari esteri (cognomi e nomi) abbiano seguito la vicenda, se fra loro vi sia qualcuno già coinvolto nella gestione del caso Marò, e quale ruolo vi abbia svolto il consigliere diplomatico distaccato dalla Farnesina presso il Viminale. (5-00626)


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SIBILIA, DEL GROSSO, GRANDE, TACCONI e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il commissario generale dell'UNRWA (United nations relief and works agency for Palestine refugees) Filippo Grandi, ha affermato che i profughi palestinesi in Siria sono sull'orlo della catastrofe e che un numero inaccettabilmente alto di rifugiati palestinesi in Siria è stato ucciso, ferito, costretto a fuggire e il conflitto non accenna a fermarsi in Siria espandendosi ai campi rifugiati di tutto il Paese;
   in una conferenza stampa tenuta ad Amman, con la presenza del direttore delle operazioni UNRWA in Siria, Michael Kingsley, Grandi ha inoltre sottolineato il calo significativo del numero dei profughi palestinesi in Siria, oltre al deterioramento delle loro condizioni di vita, e ha affermato che l'intera comunità dei profughi palestinesi vive costantemente nel terrore e nell'ansia e non ha più alcun posto dove vivere;
   dai 12 campi profughi palestinesi in Siria, sette sono diventati teatro di battaglia e più della metà dei profughi palestinesi (350 mila), ha abbandonato le propria casa, molti di loro diretti in Libano, mentre sette mila hanno trovato rifugio in Giordania;
   la situazione umanitaria in Siria è, tra l'altro, peggiorata, da quando la Giordania ha chiuso le frontiere con questo Paese nel dicembre 2012, di conseguenza migliaia di rifugiati palestinesi si sono diretti verso il Libano in cerca di salvezza;
   il commissario generale dell'UNRWA ha affermato di aver avviato un dialogo con il Ministro degli affari esteri giordano, Nasser Judeh, per trovare una soluzione al problema dei profughi palestinesi fuggiti in Giordania e ha rivelato che la metà di questi nuovi rifugiati sono iscritti nei registri dell'UNRWA in Giordania, e ciò significa che essi sono tornati nella loro area d'origine. Sempre per quanto riguarda i palestinesi arrivati recentemente dalla Siria, Grandi ha rivelato che l'aumento del loro numero in Giordania suscita molti timori, in virtù del fatto che in molte regioni, essi sono visti come una minaccia per la sicurezza;
   va sottolineato che, diversamente dalla Giordania, che ha concesso la nazionalità ai profughi, e dalla Siria, che ha riconosciuto loro i diritti civili, il Libano si è sempre rifiutato di dare ai Palestinesi anche i più elementari diritti e che oltre tre quarti dei profughi palestinesi del Libano sono interessati da una qualche forma di povertà;
   la mancanza di volontà del Libano di dare ai suoi profughi sufficienti mezzi di sostegno è in parte alleviata dall'intervento dell'UNRWA, l'agenzia delle Nazioni Unite costituita con risoluzione 302 dell'8 dicembre 1949 esclusivamente a beneficio dei profughi Palestinesi cui, è bene ricordarlo, sono stati affidati compiti quali quelli di prevenire situazioni di fame e miseria, promuovere condizioni di pace e stabilità, e adottare misure costruttive in vista della fine dell'aiuto assistenziale internazionale;
   l'UNRWA ha inviato un appello urgente alla comunità internazionale per fornire un sostegno finanziario a questa Agenzia Onu indispensabile perché essa possa svolgere i propri compiti a sostegno dei rifugiati palestinesi, sottolineando che nel 2013, il deficit di bilancio dell'agenzia ha raggiunto i 68 milioni dollari; sarebbe oltremodo importante che il nostro Paese, nell'ambito di tale richiesta di sostegno economico, la potesse prendere in debita considerazione atteso che la situazione evidenziata in premessa riveste una particolare drammaticità –:
   quale sia la posizione del nostro Governo in ordine alle criticità evidenziate in premessa e quali iniziative, in sede internazionale, intenda promuovere per mettere fine alle sofferenze che si stanno infliggendo ai rifugiati e trovare una soluzione attraverso il dialogo. (5-00627)


   FEDI, TENTORI, FRAGOMELI, AMENDOLA, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-07790 nella XVI legislatura gli onorevoli Codurelli, Fedi, Bucchino, Porta e Tempestini, presentavano il caso del giovane S.C., volontario di Sirtori (Lecco), arrestato nel giugno 2012 con l'accusa di violenza sessuale su minore in Guatemala;
   il Governo rispondendo al suddetto atto aveva rassicurato gli interroganti che la Farnesina stava seguendo e avrebbe seguito in futuro, con la massima attenzione, la vicenda attraverso l'ambasciata a Città del Guatemala ed in contatto con le autorità giudiziarie locali, con i rappresentanti della difesa dei diritti umani, con i legali e con i familiari del connazionale;
   il processo a carico del giovane lecchese, iniziato nel mese di agosto 2012 si è concluso giovedì 4 luglio 2012 con una sentenza di condanna ad otto anni di reclusione;
   secondo le poche notizie che giungono, soprattutto tramite i suoi familiari, C. sarebbe stato tradotto in carcere subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna, ed i famigliari stessi hanno espresso preoccupazione per le condizioni di estrema durezza delle strutture di detenzione guatemalteche che rendono urgente l'attivazione di tutte le forme di assistenza previste dal nostro ordinamento, incluse le visite al detenuto, oltre che la puntuale informazione ai famigliari sulla sua situazione medico-sanitaria;
   i genitori di C. stanno valutando di presentare ricorso in appello nei confronti della sentenza e in un comunicato stampa hanno affermato che «gli avvocati presenteranno un ricorso speciale in appello che durerà circa 6-8 mesi. È previsto, in caso di conferma della condanna, un secondo ricorso in appello presso la Corte Costituzionale» –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il pieno sostegno alla fase di ricorso in appello avviata dalla famiglia C. sia in merito alla protezione consolare del condannato riguardo tutte le forme di assistenza previste dal nostro ordinamento, incluse le visite al detenuto, oltre che la puntuale informazione ai famigliari sulla sua situazione medico-sanitaria, sia in merito ad un eventuale trasferimento in Italia, affinché il nostro connazionale possa scontare in patria la pena comminata, nonostante il Guatemala non risulti tra i Paesi aderenti alla Convenzione di Strasburgo sul trasferimento dei detenuti del 21 marzo 1983 e l'assenza di accordi bilaterali tra i Paesi. (5-00628)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUENO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 27 marzo 2008 è stato firmato dal Governo della Repubblica italiana e dal Governo della Repubblica federativa del Brasile il trattato sul trasferimento delle persone condannate affinché queste possano scontare la pena nel loro paese d'origine;
   dal 2008 ad oggi non è stato ancora presentato dal Governo al Parlamento lo strumento di ratifica del presente trattato;
   purtroppo le condizioni umane e carcerarie dei nostri connazionali, come dei detenuti di altre nazionalità, nelle carceri brasiliane sono intollerabili ed offensive per la dignità dell'uomo;
   l'articolo 27 della Costituzione della Repubblica italiana recita testualmente: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
   le autorità carcerarie brasiliane sottopongono i detenuti ad umiliazioni e a condizioni di vita in aperto contrasto con i princìpi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e con il trattamento umanitario dei detenuti sancito da Carte e Accordi internazionali;
   la ratifica del provvedimento, oltre all'alto valore umanitario, consentirebbe dei significativi risparmi per l'erario che, ad esempio, potrebbero essere efficacemente dirottati al potenziamento della rete consolare in Brasile;
   da informazioni stampa si apprende che i circa cinquanta italiani detenuti nelle carceri brasiliane costano al nostro Paese 350.000 euro all'anno in termini di sussidi e costi per il lavoro di ambasciate e consolati, senza contare le enormi spese a carico delle famiglie per viaggi, soggiorni e assistenza legale;
   da dati risalenti al 2005, nelle carceri italiane erano detenuti oltre 350 brasiliani, che costano al nostro Paese circa 250 euro al giorno –:
   quali siano i dati a disposizione del Governo riguardo alla presenza di detenuti italiani nelle carceri brasiliane e viceversa di brasiliani nelle carceri italiane e i relativi costi;
   quali siano le ragioni per le quali il Governo, dopo cinque anni dalla firma del trattato del 27 marzo 2008, non abbia ancora presentato il disegno di legge di ratifica. (5-00618)

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con decorrenza 1o gennaio 2013 l'Amministrazione degli affari esteri ha disposto la piena applicazione per tutto il personale a contratto a legge italiana e a legge locale, residente in Australia, delle norme della convenzione tra la Repubblica italiana e l'Australia per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, firmata a Canberra il 14 dicembre 1982, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 145 del 21 giugno 1985 ed entrata in vigore il 05 novembre 1985;
   la normativa locale australiana prevede che il sostituto d'imposta, oltre alle ritenute fiscali da versare all’Australian Taxation Office, sia contemporaneamente responsabile anche dei versamenti obbligatori ai fondi previdenziali e della copertura assicurativa per malattia e infortuni e tale obbligo si applica a tutto il personale a contratto italiano e a contratto locale e riguarda i regimi denominati rispettivamente «superannuation» e «workers compensation»;
   il datore di lavoro e sostituto d'imposta, pertanto, non può assolvere un compito, effettuando le ritenute fiscali alla fonte dalle retribuzioni del personale a contratto, versandole al fisco australiano, senza rispondere di altri obblighi che sono parte integrante del regime fiscale, previdenziale e assicurativo australiano;
   l'Amministrazione degli affari esteri, ai sensi della normativa australiana, non ha facoltà di scelta relativamente alla tipologia di trattamento da applicare al personale delle proprie rappresentanze in ambito sia previdenziale che di assicurazione malattia ed infortunistica, ma è tenuta per legge ad aderire al passaggio ai regimi denominati «superannuation» e «workers compensation»;
   l'articolo 154 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, come modificato dal decreto legislativo n. 103 del 2000, prevede che le rappresentanze diplomatiche siano obbligate ad accertare la compatibilità del contratto di lavoro con le norme locali assicurando, in ogni caso, l'applicazione delle norme locali più favorevoli al lavoratore e, ove la normativa locale non prevedesse forme di tutela, ovvero ove esse risultassero manifestamente insufficienti – non è tuttavia il caso del sistema australiano – gli impiegati a contratto potrebbero, su richiesta, essere assicurati presso enti assicurativi italiani;
   l'articolo 158 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, come modificato dal decreto legislativo n. 103 del 2000, prevede che la tutela previdenziale venga assicurata nelle forme previste dalla normativa locale, ovvero, quella del Paese di residenza, ivi comprese le convenzioni e gli accordi internazionali in vigore –:
   quali immediate iniziative si intendano intraprendere per disporre il passaggio dal regime previdenziale italiano INPS a quello locale facente capo alla «superannuation» di tutto il personale a contratto (nazionale italiano e locale) in servizio presso la rete diplomatico consolare in Australia;
   quali urgenti ed immediate iniziative si intendano adottare per garantire il passaggio dall'INAIL al regime assicurativo locale «workers compensation», in considerazione degli obblighi e responsabilità derivanti dalla piena applicazione della legislazione locale in materia di prevenzione degli infortuni e di assicurazione malattia. (4-01264)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLTENI, ATTAGUILE e CAPARINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con l'ultimo concorso, il 18 aprile 2013 sono entrati in ruolo 69 nuovi magistrati, nessuno dei quali però sarà destinato ai tribunali del Nord, in quanto il Ministro della giustizia e il Consiglio superiore della magistratura hanno deciso di assegnarne 63 al nuovo tribunale di Napoli nord e 6 a quello di Spoleto;
   tale decisione, come riporta anche il Corriere della Sera, ha giustamente provocato la reazione degli avvocati veneti, che, di fronte a questa ripartizione iniqua, hanno deciso di presentare un ricorso al Tar del Lazio, firmato da Antonino Galletti per conto del presidente dell'Unione triveneta dei consigli dell'ordine degli avvocati, il veronese Antonio Francesco Rosa;
   nel ricorso viene denunciato come la scelta operata dal Guardasigilli sia stata dettata esclusivamente dal «carico pendente» e non invece, come sarebbe stato più corretto e logico, secondo i parametri collegati al bacino di utenti e all'effettivo carico di lavoro dei magistrati;
   come rilevato sempre dagli avvocati veneti, mentre, le piante organiche del Veneto rimangono così rimaste invariate e risalgono agli anni ’60/70, epoca in cui il Veneto era considerata una realtà a economia prevalentemente agricola e non industriale come invece è oggi, con la nuova assegnazione da parte del Ministro della giustizia, Napoli nord vedrà all'opposto quintuplicato il proprio organico, avendo ricevuto ben 80 magistrati, 63 dei quali immessi ex novo, mentre la nuova sede «avrebbe dovuto avere solo 17 magistrati»;
   dalla lettura degli atti emerge che l'incremento di nuovi magistrati presso tale sede è avvenuto solo e unicamente in quanto trattasi di una sede neo costituita, nonostante anch'essa, al pari di tutte le altre, è la risultante di una serie di sedi distaccate soppresse e accorpate (Aversa, Afragola, Casoria, Frattamaggiore, Marano di Napoli);
   tuttavia il tribunale di Napoli nord esiste solo sulla carta: benché il Ministro della giustizia abbia individuato la sede del nuovo tribunale nella ex scuola di polizia penitenziaria di Aversa, sembra però, come confermato anche dal giudice di Cassazione Raffaele Cantone, originario proprio di Giugliano, che questa sia «una grande e bella villa che però deve essere adattata al nuovo uso e ha il difetto, tra gli altri, di essere nel pieno centro della città senza un solo parcheggio nonostante sia facile prevedere l'afflusso di sei o settecento auto al giorno»;
   tale decisione rappresenta a giudizio degli interroganti l'ennesima beffa di Roma consumata ai danni del Nord che produce e che ha invece bisogno di strutture pubbliche efficienti;
   l'inefficacia della giustizia civile ha un'incisiva ripercussione sul sistema economico, come dimostrano anche i periodici rapporti Doing Business, che la Banca mondiale redige annualmente per fornire indicazioni alle imprese sui Paesi in cui è più vantaggioso investire, e che contempla tra i parametri proprio la durata media di un procedimento per il recupero di un credito;
   secondo quanto riportato nell'ultimo rapporto «Doing Business in Italy 2013», una disputa commerciale presso un tribunale italiano dura in media 1400 giorni contro i 547 registrati negli altri Stati europei (lo stesso tipo di contenzioso in Spagna dura 510 giorni, in Germania 394 e in Francia 390 giorni) e ad un costo che ammonta al 26,2 per cento del valore della controversia contro il 21,5 per cento sostenuto negli altri Paesi;
   sempre secondo questo rapporto, l'Italia dunque si colloca oltre il 150o posto su una lista di 185 Paesi: prima dell'Italia anche la Sierra Leone, il Malawi, l'Iraq e la Bolivia;
   dunque proprio al Nord, la parte più produttiva del Paese, andrebbero invece destinate le risorse e gli investimenti in materia di giustizia;
   a tale proposito è intervenuto anche il Governatore del Veneto, Luca Zaia, il quale ha sottolineato che «destinare 63 magistrati a Napoli Nord – tribunale che peraltro non è mai stato costruito – e 6 a Spoleto, come deciso dal Csm e dall'ex Guardasigilli Severino è più che un'assurdità. È una vera e propria presa in giro», in quanto «da soli esportiamo più di tanti Paesi europei... Lo Stato ci impone una pressione fiscale al 68 per cento, un costo del lavoro che non ha eguali al mondo, ci succhia un saldo fiscale attivo di 18 miliardi ogni anno... E ora ci lascia anche senza giustizia.» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda avviare per potenziare le strutture e l'organico nei tribunali del Nord, posto che la scelta di destinazione dei 69 nuovi magistrati di cui in premessa appare agli interroganti illogica e non conforme ai principi costituzionali.
(5-00629)

Interrogazione a risposta scritta:


   RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la sera di martedì 10 luglio 2013, a mezzanotte circa, la sedicenne Beatrice Papetti, mentre attraversava la strada provinciale Padana Superiore a Gorgonzola, è stata investita da un'auto pirata ad altissima velocità, che ha poi continuato nella sua folle corsa senza fermarsi per prestare soccorso;
   il gravissimo incidente si è verificato a poche centinaia di metri dalla casa di Beatrice, dove la ragazza stava tornando in bicicletta, accompagnata dal cugino di Giovanni, dopo aver trascorso la serata in piazzetta con altri amici;
   proprio il cugino Giovanni, anche lui investito ma miracolosamente rimasto illeso, è riuscito a chiamare i soccorsi ma, purtroppo, il destino ha voluto che sulla prima ambulanza giunta sul posto ci fosse proprio il padre di Beatrice, quella notte di turno;
   la giovane ragazza è deceduta poco dopo l'arrivo in ambulanza all'ospedale di Melzo per le gravissime lesioni interne riportate;
   la tragica vicenda di Beatrice Papetti richiama alla memoria un altro drammatico fatto di cronaca, che riguarda sempre un ragazzo giovane, Andrea De Nando, il 15enne di Peschiera, anche egli travolto e ucciso da un'auto pirata il 29 gennaio 2011, mentre attraversava la strada a piedi all'uscita dall'oratorio;
   la madre del ragazzo, dopo aver saputo che l'investitore del figlio, già condannato in primo e secondo grado a tre anni e otto mesi, sarebbe intenzionato anche a ricorrere in Cassazione, ha espressamente protestato contro il decreto svuota-carceri proposto dal Ministro Anna Maria Cancellieri;
   è del tutto condivisibile il pensiero della madre di Andrea De Nando, ossia che solo la certezza della pena può fare da deterrente agli atteggiamenti irresponsabili di qualcuno e che il cosiddetto decreto svuota-carceri, così come altri provvedimenti similari, rappresenta l'ennesimo schiaffo morale alle vittime e alle loro famiglie che aspettano giustizia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali interventi e iniziative intenda adottare; in particolare se abbia intenzione di assumere iniziative per introdurre nel nostro ordinamento il reato di omicidio stradale a carico di chi provoca incidenti mortali e assicurare che chi si macchia di tale reato sia sottoposto a pena detentiva in carcere e non possa beneficiare di alcuno sconto o di pene alternative al carcere. (4-01263)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   Porto Marghera ha rappresentato, a distanza di anni, prima una risorsa produttiva fondamentale per lo sviluppo industriale del Veneto e del nostro Paese, poi un'area di crisi legata alle trasformazioni economiche e una conseguente minaccia ambientale;
   la sfida che si è oggi chiamati a vincere è quella di disegnare una nuova Porto Marghera capace di rappresentare, ancora, un polo produttivo d'eccellenza che possa essere assolutamente sostenibile in termini sociali ed ambientali, senza escludere la scommessa della riconversione urbana e dei servizi legati alla dimensione internazionale della città di Venezia;
   si tratta di un equilibrio certamente non semplice da individuare, ma sicuramente indispensabile per gli assetti futuri del Nord est e, più in generale, di tutta l'Italia;
   non si deve dimenticare come l'area industriale di Venezia sia stata per anni la realtà produttiva maggiormente significativa a livello nazionale e, proprio per questo, non può cedere alla tentazione, certamente popolare, di decretarne la morte. Se Porto Marghera muore da un giorno all'altro significa gettare un velo di assoluta incertezza sul futuro ambientale, sociale ed economico di un'intera regione;
   la presenza del più grande e integrato polo chimico italiano ha profondamente inciso, e non soltanto per i mutamenti indotti nell'economia industriale di Marghera e nei traffici portuali di Venezia, ma anche sul tessuto produttivo del Veneto, nel passaggio dall'agricoltura all'industria, ma ancora nel più vasto ambito della produzione e dei consumi in tutta Italia – basta associare alla parola «chimica» la parola «plastica», per rendersene conto – nonché sulle vicende sindacali e politiche, anche nazionali, e, infine, nella drammatica emersione della problematica della salute in fabbrica e dell'inquinamento ambientale. Negli ultimi anni, per queste ragioni, porto Marghera è stata sinonimo di crisi occupazionali e pericoli per la salute dei cittadini;
   i Governi che si sono succeduti hanno colto l'urgenza di avviare le bonifiche, nonostante il loro costo altissimo, poiché senza il risanamento delle aree, non vi è la possibilità alcuna di riqualificazione e riutilizzo delle aree;
   dopo la bella notizia dell'accordo sulla chimica firmato a Roma a dicembre dello scorso anno, che prevedeva un piano di investimenti sui 600-700 milioni di euro, e che il Consiglio comunale ha ratificato con un larghissimo confortante consenso, si registrano notizie di varie difficoltà: procedure controverse e prolungate, incomprensioni e conflitti tra enti, rischi di chiusure o di dismissioni di impianti, intrico di competenze, ostacoli finanziari;
   a complicare la situazione, in data 20 maggio 2013, con il n. di protocollo 4641, è arrivato il parere del Ministero per i beni e le attività culturali che ritiene debba ribadirsi all'amministrazione locale la sussistenza, nelle aree de quibus, del vincolo paesaggistico di cui all'articolo 142, commi 1, lettera a), del codice dei beni culturali e del paesaggio;
   tale vincolo di fatto blocca qualsiasi sviluppo e riconversione urbanistica e produttiva dell'area di Marghera vincolando 2.200 ettari di superficie in prossimità di Venezia –:
   quali iniziative anche di tipo normativo, si ritengono utili al fine di permettere la riqualificazione definitiva della zona di Marghera, immensa area ex industriale che costituisce una ricchezza incalcolabile per l'Italia e il fronte dello sviluppo economico e urbano della città di Venezia.
(2-00142) «Causin».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTAN, IMPEGNO, SALVATORE PICCOLO, PALMA, VALERIA VALENTE e PAOLUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Napoli - Giugliano - Aversa, detta anche linea Arcobaleno (per i colori delle sue stazioni), è una linea gestita dall'Ente autonomo Volturno ed è parte del sistema metropolitano regionale campano, costituisce la ricostruzione e la riconversione in metropolitana pesante, dell'Alifana bassa, una vecchia linea ferroviaria a scartamento ridotto (950 millimetri) dismessa nel 1976;
   con il suo tracciato suburbano totalmente sotterraneo è la prima metropolitana interprovinciale costruita in Italia, poiché collega il capoluogo campano con il resto della conurbazione a nord della città attraversando due province, quella di Napoli e quella di Caserta;
   nel 1976 con la legge n. 86 è stata finanziata la ricostruzione della ferrovia Alifana chiusa nello stesso anno; tali finanziamenti sono stati confermati anche dalla legge n. 219 del 1981;
   nel 2000 è stata firmata una convenzione tra gli enti interessati che ha stabilito che la tratta nel comune di Napoli da Piscinola a Capodichino venisse utilizzata in modo promiscuo con la linea 1 della metropolitana di Napoli;
   il 30 dicembre 2000 la giunta regionale campana con la delibera 7584 ha approvato la proposta della società di gestione dell'Alifana di utilizzare per la costruzione della linea arcobaleno una tecnologia congruente alla linea 1 della metropolitana di Napoli;
   il progetto definitivo è stato approvato con voto 1467 del 8 novembre 2002 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   nel 2005 è stata inaugurata la prima tratta che collega Piscinola (attuale capolinea) a Mugnano;
   nel 2009 sono state aggiunte tre nuove stazioni: Giugliano, Aversa Ippodromo e Aversa Centro, portando così la tratta in esercizio operativo a circa dieci chilometri;
   attualmente sono in corso i lavori per estendere la linea a nord fino a Santa Maria Capua Vetere, punto di connessione con la linea per Piedimonte Matese, anch'essa gestita da MCNE, e con la linea Roma-Napoli (via Cassino) di Rfi;
   dal lato sud in direzione Napoli, sono in corso i lavori di chiusura dell'anello metropolitano nella tratta Piscinola-Capodichino con la costruzione di diverse stazioni intermedie: Miano, Regina Margherita, Secondigliano, Capodichino di Vittorio, Capodichino aeroporto la cui conclusione è prevista nel 2016;
   da Capodichino aeroporto la linea proseguirà per Poggioreale (dove troverà un punto di connessione con la rete di Circumvesuviana) fino alla fermata Tribunale, dove è previsto il termine della linea;
   la ricostruzione della vecchia Alifana bassa (Santa Maria Capua Vetere-Piscinola) a regime completo sarà lunga 29 chilometri; 20 chilometri circa saranno a doppio binario e poco più di 9 chilometri tra Teverola e Santa Maria Capua Vetere invece saranno a binario unico. Ancora in costruzione, fra le stazioni di Mugnano e Giugliano, la stazione di Melito;
   non v’è dubbio alcuno, dunque, che tale infrastruttura sia da considerarsi strategica per lo sviluppo ed il rilancio della vasta area urbana a nord di Napoli, posta a cavallo tra la provincia di Napoli e quella di Caserta, densamente abitata da oltre 700.000 cittadini;
   con decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012, ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è stata disposta l'attuazione delle misure di razionalizzazione e riordino delle società partecipate regionali (tra le quali Metrocampania NordEst Srl, società responsabile della gestione della linea Metropolitana Napoli - Giugliano - Aversa, poi fusa incorporazione in EAV SRL), previste dal piano di stabilizzazione finanziaria della regione Campania, approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 20 marzo 2012, al fine di consentire l'efficace realizzazione del processo di separazione tra l'esercizio del trasporto ferroviario regionale e la proprietà, gestione e manutenzione della rete, anche in applicazione dell'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011), salvaguardando i livelli essenziali delle prestazioni e la tutela dell'occupazione;
   dal 2 al 4 luglio 2013 la linea è stata temporaneamente sospesa a causa di problemi al materiale rotabile –:
   quali siano state effettivamente le ragioni della temporanea sospensione del servizio e, conseguentemente, quali assolutamente improcrastinabili ed indispensabili iniziative il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, anche per il tramite del commissario ad acta, intenda adottare al fine di supportare la regione Campania nel promuovere ogni utile e possibile soluzione che consenta di scongiurare interruzioni future della linea metropolitana Napoli - Giugliano - Aversa;
   quali iniziative nel lungo periodo il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda predisporre per favorire, unitamente alla regione Campania, un miglioramento della qualità del servizio, troppo spesso caratterizzato, nelle fase antecedenti all'interruzione del 2 luglio 2013, da disfunzioni ed inefficienze per quanto concerne la frequenza dei treni, la loro pulizia e la sicurezza degli stessi. (5-00617)


   TENTORI, GANDOLFI, DECARO, FRAGOMELI, GUERRA, BRAGA e MAURI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la realizzazione della passerella ciclopedonale lungo la SS36 «del Lago di Como e dello Spluga», principale arteria di collegamento tra Lecco e la Valtellina, che collega il centro abitato di Abbadia Lariana (LC) e la località Pradello con prolungamento fino alla località Caviate nel comune di Lecco, è da ritenersi strategica per la viabilità del territorio lariano e la messa in sicurezza della stessa statale 36, considerata anche la pericolosa promiscuità di traffico e la assoluta mancanza di strade alternative in grado di congiungere tutto il versante del Lario orientale alla città capoluogo;
   tale infrastruttura si configura anche di primaria importanza per lo sviluppo turistico del territorio rivierasco e la fruizione delle sponde del lago, assumendo quindi una grande rilevanza di natura economica, ambientale e strutturale;
   con nota n. DLA/4si 16914 del 24 luglio 2003 la direzione generale di ANAS s.p.a. comunicava che «Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha espresso parere positivo sul programma all'interno del quale è stato inserito l'intervento di realizzazione della pista ciclabile lungo la SS36 tra Lecco e Abbadia Lariana»;
   trascorsi alcuni anni per l'intero iter amministrativo e procedurale durante i quali il comune di Abbadia ha dovuto anche provvedere a sollecitare ANAS affinché l'opera potesse proseguire nei tempi previsti, nel mese di maggio del 2009 è stato pubblicato dall'ANAS sulla Gazzetta Ufficiale il bando di gara per l'appalto di esecuzione dei lavori di realizzazione della suddetta passerella ciclopedonale;
   l'intervento, previsto per un importo di euro 9.374.088 a base d'asta sulle opere, stato aggiudicato al «Consorzio stabile AEDARS S.C.A.R.L.» di Roma per un importo totale di euro 8.416.093,92, con lavori da espletarsi in 500 giorni;
   dopo il superamento di un contenzioso aperto dall'impresa avanti al tribunale di Milano, che tuttavia ha visto prevalere le buone ragioni della stazione appaltante, i lavori sono ripresi in data 19 aprile 2012 e iniziati il 4 giugno 2012 con previsione di conclusione per il 1o settembre 2013. Nel frattempo però essi hanno subito dapprima una lunga pausa e quando, il 4 marzo 2013, sembravano essere ripresi sono stati interrotti di nuovo causando un evidentissimo stimabile ritardo nella consegna dei lavori;
   alla data odierna risulta evidente lo stato di abbandono dei lavori. Sono state difatti realizzate solamente le opere di separazione tra la pista ciclabile e le corsie della vecchia superstrada dalla località Pradello alla località Caviate di Lecco ed iniziate alcune palificazioni nel tratto verso Abbadia Lariana, anch'esse arrestatesi –:
   se sia a conoscenza della questione e se non reputi urgente intervenire nei confronti di ANAS per chiedere conto delle cause dei ritardi dei lavori e della conseguente nuova tempistica dell'opera, considerato anche il rischio, in caso di mancata realizzazione, di vedere inutilizzate le risorse già stanziate per il completamento dei lavori. (5-00619)

Interrogazione a risposta scritta:


   COLLETTI e VACCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Pescara, da oltre due anni, un buon numero di Associazioni e Comitati si batte contro un appalto per un sistema di trasporto pubblico elettrificato denominato TPL Pescara-Montesilvano, consistente in una filovia di soli 5,750 km di percorso dal costo stimato di 31 milioni di euro;
   il sistema, definito «a tecnologia innovativa», utilizza i medesimi mezzi (Phileas) del tram «Civis» di Bologna, il cui clamoroso fallimento è stato diffusamente riportato dalla stampa nazionale e ha formato oggetto di altre interrogazioni parlamentari;
   l'appalto in corso d'opera, secondo quanto riferito dai comitati che non condividono la soluzione tecnico-economica prescelta per il progetto, è caratterizzato dalle seguenti gravi criticità:
    il finanziamento, disposto ai sensi della legge n. 211 del 26 febbraio 1992, è stato accordato dal CIPE alla stazione appaltante ma mancherebbe il prescritto «parere favorevole» della Commissione di alta vigilanza (CAV), come meglio precisato di seguito;
    sussiste una presunta inadeguatezza strutturale del tracciato riservato, dal momento che il sottofondo della cosiddetta «strada parco» (ex tracciato della linea ferroviaria adriatica) è privo del necessario basamento in calcestruzzo armato cui ancorare stabilmente i marker magnetici della guida automatica vincolata in dotazione al rotabile;
    il progetto non sarebbe mai stato assoggettato alla procedura di valutazione di impatto ambientale, ancorché dovuta, anche ai sensi della vigente normativa ambientale comunitaria; attualmente è in corso una procedura (tardiva) di screening di valutazione di impatto ambientale a sanatoria;
    le valutazioni espresse dal Ministero competente, sono fondate sul presupposto paradossale che il percorso filoviario, ancorché fortemente ridotto rispetto agli originari 26 chilometri del progetto iniziale «Silvi-Francavilla al Mare» agli attuali 8,170 – di cui soltanto 5,750 elettrificati – potesse in ogni modo assorbire il 70 per cento della domanda di mobilità riferita al progetto originario, corrispondente a oltre otto milioni di passeggeri/anno, a fronte delle 356 mila unità registrate per la linea autobus 2/ che copre lo stesso percorso della filovia sull'adiacente lungomare, secondo i dati ufficiali della gestione dei trasporti metropolitani (GTM) di Pescara al 31 dicembre 2009;
    nelle condizioni date, all'ingente danno patrimoniale e ambientale già procurato allo stato dei luoghi, si aggiungerebbe la beffa per un'opera che, nata col vincolo di utilizzare una tecnologia altamente innovativa nel sistema di guida automatica vincolata (boe magnetiche annegate nell'asfalto), nei fatti non funzionante nei test di sperimentazione fin qui eseguiti, si ridurrebbe a un tradizionale impianto filoviario, con l'aggravante dell'utilizzo di un mezzo sovradimensionato nella struttura che, essendo in grado di marciare in modo autonomo con l'originaria trazione ibrida-elettrica in dotazione, rende superflua la linea elettrificata in costruzione;
   le criticità suesposte sono state segnalate, dall'ottobre 2010, a tutti gli enti coinvolti nella procedura e persino alle autorità di controllo (procura della Repubblica e Corte dei conti), ciascuna per i rispettivi profili di competenza;
   dalle notizie in possesso degli interroganti la procura locale avrebbe conferito incarico a due consulenti tecnici di ufficio (CTU) che, a marzo 2012, hanno consegnato la relazione conclusiva, agli atti del Ministero, ove sono confermati tutti i significativi elementi di anomalia da tempo denunciati dai cittadini, tali da pregiudicare il buon esito dell'appalto a rischio tangibile di annullamento;
   la procura ha nominato altri periti, con l'incarico di analizzare le procedure seguite nel conferimento dell'appalto e la congruità economica tra i lavori affidati e le opere effettivamente realizzate, al fine ultimo di accertare eventuali episodi di malversazione;
   si va pertanto disegnando nei fatti il medesimo esito fallimentare registrato nella città di Bologna, laddove l'intervento riparatore è sopravvenuto fuori tempo massimo, con i conseguenti danni ambientali e patrimoniali a carico della comunità;
   a Pescara sussisterebbe viceversa l'opportunità di prevenire i danni, giacché l'elettrificazione del tracciato è appena iniziata ed è auspicabile che il comitato di valutazione di impatto ambientale della regione disponga quanto prima la bocciatura di un progetto clamorosamente errato;
   nel merito, su sollecitazione della procura di Pescara, il comitato di valutazione di impatto ambientale – con giudizio n. 2019 del 3 luglio 2012 – ha messo in mora la stazione appaltante GTM dall'eseguire qualunque tipo d'intervento (installazione delle boe magnetiche della guida vincolata immateriale in dotazione al Phileas) che configurerebbe il sistema TPL in esame tra quelli da sottoporre alla procedura di valutazione di impatto ambientale, che riguarderebbe, comunque, anche una filovia tradizionale, secondo l'autorevole interpretazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ripresa dai consulenti tecnici di ufficio della procura e confermata dalla Commissione europea con parere del 16 ottobre 2012, nell'ambito del procedimento EU PILOT 2590/11/ENVI, in corso d'istruttoria;
   la GTM ha proseguito tutte le altre opere, sospese integralmente a decorrere dal 24 ottobre 2012 a seguito del nuovo Giudizio CCR-VIA, n. 2099 del 23 ottobre 2012, che ha dovuto prendere atto del predetto parere della Commissione europea: i lavori sono tuttora sospesi, in attesa del pronunciamento del comitato VIA sulle numerose «osservazioni» formulate dai comitati di cittadini in merito al tardivo «Rapporto preliminare ambientale», redatto dalla GTM solo a febbraio 2013, a lavori iniziati fin dal gennaio 2009, in evidente contrasto con la consolidata normativa nazionale e comunitaria, che non ha mai contemplato la cosiddetta «VIA a sanatoria». Sulla questione è pendente un ricorso al TAR di Pescara, presentato da alcuni cittadini residenti nelle immediate vicinanze del tracciato dedicato, per questo motivo a ciò legittimati;
   il 17 luglio 2012, la stampa locale ha dato ampio rilievo all'iscrizione nel registro degli indagati del Presidente della GTM Spa e dei responsabili apicali della Balfour Beatty Rail e della Vossloh Kiepe di Milano, che partecipano all'ATI appaltatrice, unitamente all'APTS di Eindhoven costruttrice del Phileas, per le ipotesi di reato di truffa aggravata, falso ideologico, frode in pubblica fornitura e turbativa d'asta;
   il 28 marzo 2013, il procedimento penale ha registrato la richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari da parte del pubblico ministero, ma sono state confermate nella medesima richiesta tutte le criticità denunciate dai cittadini e riprese integralmente dai consulenti incaricati. A fronte di tale istanza di archiviazione, sono stati presentati – su iniziativa delle Associazioni denuncianti – due motivati atti di opposizione, ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura penale per richiedere un supplemento d'indagini tuttora al vaglio del giudice per le indagini preliminari;
   peraltro, benché il mezzo prescelto (Phileas) sia dotato della costosa trazione ibrida, innovativa per l'Italia e come tale finanziabile dalla legge n. 211 del 26 febbraio 1992, a Pescara consta agli interroganti che sia stato previsto l'impiego dell'improbabile versione filobus del rotabile, al solo scopo di utilizzare l'intero finanziamento disponibile, a beneficio esclusivo del primo lotto (l'elettrificazione del tracciato incide per circa il 65 per cento sul corrispettivo dell'appalto);
   di più, non avendo mai circolato in Italia, il rotabile Phileas è privo della prescritta «omologazione ferroviaria» tipica della guida magnetica vincolata, che ha peraltro costituito la ragione prevalente, se non l'unica, per l'aggiudicazione dell'appalto all'ATI vincitrice e per conseguire l'ingente finanziamento deliberato dal CIPE il 19 dicembre 2002;
   ulteriori criticità dell'appalto attengono alle difformità tecniche che sarebbero state riscontrate tra il veicolo offerto in gara, sulla carta a guida magnetica vincolata e a tecnologia altamente innovativa in grado di surclassare i rotabili proposti dalle altre due ditte concorrenti, ed il Phileas effettivamente consegnato in deposito alla stazione appaltante GTM il 19 novembre 2011;
   in particolare, in contrasto col «capitolato speciale prestazionale», sembrerebbe che il veicolo Phileas, nell'inedita versione filobus configurata alla stregua di un «prototipo», sia «privo di accumulatori di bordo», di talché in marcia autonoma (fuori dalla strada parco) sarebbe destinato a viaggiare come un normale autobus a gasolio dotato di motore Diesel euro 5, con un'autonomia di 400 chilometri garantita da un serbatoio di carburante di 400 litri (1 Km/litro), col conseguente pregiudizio dei tanto decantati benefici sulla qualità dell'aria procurati dall'avvento della filovia;
   si prevede che il passaggio da marcia autonoma ad alimentazione da linea di contatto avvenga senza necessità di arresto del veicolo, né previa ricerca di punti prestabiliti sulla linea di contatto medesima: mentre, nei documenti del progetto esecutivo, i consulenti tecnici della procura hanno rilevato che «non è contenuta alcuna indicazione su come sia previsto il passaggio da marcia autonoma ad alimentazione da linea da contatto»;
   invero, nelle filovie convenzionali, l'aggancio è regolarmente garantito – solo a inizio corsa – dall'intervento manuale dell'uomo con l'ausilio di bastoni d'indirizzamento. Viceversa, a Pescara, per ciascun viaggio, dovrà disporsi l'aggancio manuale alle linee aeree a corsa avviata, in due punti diversi del tracciato, a clamorosa beffa della costosissima tecnologia innovativa impiegata e con grave danno per l'erario dello Stato;
   dopo il tanto declamato impiego di alta tecnologia – con un investimento che supera di tre volte quello di una filovia tradizionale (la commissione di alta vigilanza aveva valutato in 10 milioni di euro il costo di una filovia convenzionale di appena 8 chilometri in luogo dei 31 milioni erogati dal CIPE il 19 dicembre 2002), viene nei fatti fornito un obsoleto filobus sulla tratta riservata, dal devastante impatto ambientale sul pregevole stato dei luoghi, che si trasforma poi in un normale autobus a gasolio nel centro cittadino, per di più dall'altissimo inquinamento atmosferico procurato dall'abnorme consumo di carburante (1 chilometro/litro). Ciò, in evidente contrasto con le prescrizioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui alla relazione n. R.U. 59885 (TIF5)/211 PE del 6 dicembre 2006, pagina 14, e con quanto risultante in sede di gara, laddove l'appalto era stato indetto e vinto con l'aggiudicazione di una commessa di 25 milioni di euro, volta alla creazione di un sistema innovativo a tecnologia avanzata per il trasporto pubblico locale di massa a bassissimo inquinamento atmosferico;
   se si aggiunge, come sopra accennato, che il sistema automatico di «guida magnetica vincolata» non ha ancora conseguito la prescritta «omologazione ferroviaria» nemmeno nelle città (da ultimo Douai in Francia) che hanno provveduto al consolidamento strutturale del tracciato riservato con adeguato sottofondo in calcestruzzo armato, idoneo ad assicurare l'ancoraggio stabile alle «boe magnetiche» in dotazione al Phileas, è fin troppo agevole prevedere come il sistema TPL pescarese possa rivelarsi persino inidoneo a conseguire il «Nullaosta definitivo per la Sicurezza», per la regolare entrata in esercizio dell'impianto in condizioni di sicurezza per i passeggeri, i ciclisti e i pedoni: in tal modo, tipizzando le plausibili ipotesi di reato di «truffa aggravata» e «frode in pubbliche forniture», in analogia a quanto accaduto col sistema «Civis» della città di Bologna, ove 49 rotabili sono abbandonati nei depositi della società «TPER» perché inservibili;
   a Pescara, infine, qualora si trovassero i fondi per ricostruire daccapo la strada parco, per dotarla dell'indispensabile fondazione in malta cementizia, si andrebbe incontro ai sicuri danni ai manufatti già realizzati (banchine di sosta, pozzetti ed elettrodotto interrato), paradossalmente sistemati su un fondo stradale inadeguato e totalmente usurato, privo per lunghi tratti del marciapiede lato-mare, denso di barriere architettoniche insuperabili e persino interessato nel comune di Pescara dal passaggio, per circa due chilometri, dei «tubi Camuzzi» ad alta pressione per l'erogazione del metano –:
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se ritengano, nell'ambito delle rispettive prerogative e competenze, di attivarsi per valutare l'opportunità di proseguire la realizzazione di un'opera fortemente controversa, invisa ai cittadini che gravitano sul tracciato riservato e che costituiscono, principalmente, i potenziali fruitori del servizio, tanto più che l'opera, ancorché destinataria di un cospicuo finanziamento pubblico, appare priva agli interroganti dei fondamenti tecnico-economici a presidio di un equilibrato rapporto costi/benefici per la comunità, in netto contrasto col dettato della legge n. 211 del 26 febbraio 1992. (4-01271)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 2 luglio 2013, nel comune di Pinerolo (Torino), il signor Mauro Lagiard, di 72 anni, è stato aggredito e sbranato da una delle tigri che accudiva, rinchiuse nelle strutture di un ex parco ornitologico;
   la situazione dei felini detenuti nel cosiddetto «parco Martinat» era stata più volte denunciata dalle associazioni di protezione animale e portata all'attenzione dell'opinione pubblica da numerosi servizi giornalistici su vari media. Era noto il numero dei felini presenti (11, compresi i 5 cuccioli di tigre nati per la mancata sterilizzazione degli adulti), era noto lo stato di abbandono del parco, erano note le ristrettezze in cui vivevano i signori Lagiard pur di non separarsi dai loro beniamini, erano noti, insomma, i problemi di sicurezza connessi al controllo di animali pericolosi, resi probabilmente più inquieti dalla fame;
   l'articolo 6 della legge n. 150 del 1992 vieta a chiunque di «detenere esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica ed esemplari vivi di mammiferi e rettili provenienti da riproduzioni in cattività che costituiscano pericolo per la salute e per l'incolumità pubblica». Imponeva inoltre a chi già li detenesse di farne denuncia alla prefettura territorialmente competente entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del successivo decreto ministeriale 18 maggio 1992 con cui il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro della sanità e con il Ministro delle politiche agricole e forestali, ha individuato le specie da ritenere pericolose. Il prefetto, d'intesa con le autorità sanitarie competenti, poteva autorizzare la detenzione «previa verifica della idoneità delle relative strutture di custodia» in relazione alla «corretta sopravvivenza» degli animali, alla salute e all'incolumità pubblica;
   ai sensi dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 267 del 2000 spetta al sindaco, quale ufficiale del governo, adottare «con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana» –:
   se la detenzione dei felini nel parco fosse stata autorizzata, da chi e sulla base di quali verifiche e se risultino e siano state denunciate alla magistratura omissioni da parte di alcuna delle autorità competenti;
   quali iniziative intendano assumere i Ministri per garantire la sopravvivenza dei felini ospitati nel «parco Martinat» e per favorirne la riabilitazione e il recupero, date le condizioni di deprivazione nelle quali versavano a Pinerolo;
   se le tre strutture in cui sono state trasferite le tigri si ritengano effettivamente idonee ad assicurare il benessere di questi animali e soprattutto il loro recupero;
   se, ai fini di garantire la pubblica incolumità e tutelare gli animali, i Ministri non ritengano opportuno avviare su tutto il territorio nazionale controlli rigorosi non solo su circhi e giardini zoologici, ma su tutte le strutture gestite da privati che ospitano esemplari di specie pericolose.
(4-01266)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:


   PIZZOLANTE e BERGAMINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   TNT Express Italy, parte di TNT Express N.V., azienda leader che opera nel settore delle spedizioni espresse e servizi logistici, ha annunciato di voler operare un forte riassetto organizzativo in conseguenza del perdurare della crisi economica e finanziaria che sta colpendo le aziende e le attività del settore industriale e dei beni di consumo, che costituiscono i principali clienti dell'azienda;
   l'amministratore delegato dell'azienda, che conta complessivamente circa 3.000 dipendenti, dispone di 117 filiali, 14 hub, 5 customer service e oltre 1.200 TNT Point a seguito di un incontro con una delegazione tenutosi in data 11 giugno, ha confermato il licenziamento di 854 dipendenti, definendolo «l'unica strada per salvare la presenza del gruppo in Italia»;
   l'amministratore delegato Tony Jakobsen ha spiegato come il rallentamento dell'economia e il forte aumento dei prezzi della benzina, dei pedaggi autostradali e dei premi assicurativi, abbia determinato un forte peggioramento dei risultati economici dell'azienda e imposto una riorganizzazione che preveda una struttura dei costi maggiormente competitiva, in modo da mantenere il posizionamento dell'azienda sul mercato in un'ottica di lungo termine;
   se si attuasse quanto anticipato dai vertici dell'azienda, si sarebbe in presenza del più drastico piano di riorganizzazione dell'intero sistema delle spedizioni private e della logistica, per lo più in un'azienda che non possiede le caratteristiche richieste per usufruire degli ammortizzatori sociali;
   la scelta di TNT Express, inoltre, non appare in linea con quanto deciso da altre aziende del settore, che investono sulla ripresa, attraverso nuove assunzioni e apertura di nuove sedi;
   la logistica costituisce, infatti, uno snodo fondamentale per qualsiasi economia moderna e un settore sul quale occorre puntare per arginare gli effetti recessivi della crisi;
   come richiesto dalle organizzazioni sindacali è necessario avviare urgentemente un confronto per pervenire ad un piano di ristrutturazione di Tnt sulla base di soluzioni condivise che evitino i licenziamenti e salvaguardando l'occupazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga per quanto di competenza, che vi siano i margini per utilizzare strumenti di ammortizzazione sociale affinché sia scongiurato il licenziamento di 854 lavoratori del settore della logistica. (5-00620)


   AIRAUDO, PLACIDO e DI SALVO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 1o gennaio 2010 anche per evitare l'imminente fallimento delle Industrie Pininfarina, con l'impegno della regione Piemonte, si concretizzava il passaggio alla De Tomaso della famiglia Rosignolo di 950 dipendenti (operai ed impiegati) dello stabilimento di Grugliasco in provincia di Torino e di 150 lavoratori dello stabilimento di Livorno;
   dal novembre 2010, dopo aver concluso attraverso il comando distacco alle industrie Pininfarina, le commesse residue per Fiat Auto tutti i lavoratori venivano posti in cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione per 24 mesi in attesa che partissero i corsi di formazione professionale atti a riconvertire la manodopera per i prodotti della De Tomaso;
   la cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione veniva trasformata nel marzo del 2012 in cassa per crisi dopo l'intervento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che accertava non essersi realizzati gli impegni e i propositi della De Tomaso per ristrutturare e rilanciare quello stabilimento;
   il 4 luglio 2012 cessava la cassa per crisi, visto il fallimento della De Tomaso e da allora veniva attivato l'anno di cassa integrazione ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 223 per il fallimento;
   la cassa integrazione è cessata il 3 luglio 2013 e ad oggi risulta siano ancora più di mille i lavoratori a libro matricola;
   la regione Piemonte attraverso SIT (Sviluppo investimento territorio) controllata al 99 per cento da Finpiemonte partecipazioni sta avviando un progetto per attrarre investimenti e imprese legato all'automotive che dovrebbe fare perno sullo stabilimento di Grugliasco area di 62 mila metri quadri di cui è proprietaria la SIT stessa –:
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per quanto di competenza, non ritenga necessario assumere iniziative per prorogare la cassa integrazione ai più di mille lavoratori del fallimento De Tomaso in modo da verificare la possibilità di una ricollocazione degli stessi nelle attività che si potrebbero insediare prioritariamente nel sito di Grugliasco e/o in altri piani di ricollocazione in attività lavorative nella provincia di Torino al fine di non aggravare ulteriormente dal punto di vista sociale una situazione di grave crisi produttiva come quella che sta vivendo l'area del torinese. (5-00621)


   ROSTELLATO, BECHIS, RIZZETTO, TRIPIEDI, BALDASSARRE, COMINARDI e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e il pacifico esercizio di ogni attività lavorativa nel rispetto delle regole devono essere costantemente garantiti evitando che questi importantissimi temi debbano essere affrontati unicamente al momento del ripetersi di nuove tragedie o all'occorrere delle più diverse emergenze di carattere sociale;
   numerose sono le segnalazioni che sottolineano e lamentano la esiguità degli organici e la carenza di personale ispettivo in seno all'Inail, all'Inps ed alle direzioni territoriali del lavoro;
   emergerebbero altresì criticità rispetto alle condizioni in cui spesso gli operatori si troverebbero costretti ad agire tanto in riferimento al loro numero quanto in punto di qualità di strumenti e risorse disponibili per l'espletamento delle attività;
   ad avviso degli interroganti a fronte della mai cessata emergenza sicurezza, salute e dignità di lavoratori e lavoro, occorrerebbe un'approfondita analisi della relazione tra le effettive esigenze che ogni giorno vanno a prospettarsi ed il numero reale di operatori in organico preposti ad effettuare controlli e verifiche;
   la predisposizione ed il riassetto di ogni regolamentazione rimarrebbero lettera morta in assenza di adeguati strumenti di controllo e verifica del rispetto delle regole medesime –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle criticità su esposte e quale sia l'esatto numero di personale ispettivo in seno all'organico dell'Inail, dell'Inps e delle direzioni territoriali del lavoro. (5-00622)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI SALVO, AIRAUDO e MICCOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 10 luglio 2013 presso la regione Lazio si è conclusa con un mancato accordo la trattativa durata 78 giorni tra Csi/Findus e le organizzazioni sindacali di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil;
   l'azienda ha quindi comunicato che procederà in maniera unilaterale a licenziare i lavoratori fino ad un massimo di 99 unità;
   l'azienda per tre anni ha usufruito di fondi pubblici tramite gli ammortizzatori sociali;
   i lavoratori sono in sciopero e presidio permanente davanti la sede dell'azienda da giovedì 4 luglio e sabato 13 è prevista una manifestazione;
   la situazione si configura come l'ennesimo abbandono dell'Italia di una multinazionale –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per salvaguardare il futuro lavorativo dei dipendenti dell'azienda.
(5-00616)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 468 del 1o dicembre 1997 (così come integrato dal decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000 — «Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144») ha istituito la figura dei «Lavori socialmente utili», definendo la stessa come quella di coloro i quali avrebbero svolto attività aventi ad oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva;
   i lavori socialmente utili si distinguono in:
    a) lavori di pubblica utilità mirati alle creazione di posti di lavoro in particolare in nuovi bacini di impiego, della durata di 12 mesi, prorogabili al massimo per altri due periodi di 6 mesi;
    b) lavori socialmente utili mirati alla qualificazione di particolari progetti formativi volti alla crescita professionale in settori innovativi, della durata di 12 mesi;
    c) lavori socialmente utili per la realizzazione di progetti aventi obiettivi di carattere straordinario, della durata di 6 mesi, prorogabili al massimo per un periodo di 6 mesi, con priorità per i soggetti titolari di trattamenti previdenziali;
    d) prestazioni di attività socialmente utili da parte di lavoratori iscritti alle liste di mobilità, o percettori di altro trattamento speciale di disoccupazione o che godono di altro trattamento straordinario di integrazione salariale a zero ore;
   i lavori socialmente utili possono essere attivati soltanto in alcuni specifici settori:
    a) cura ed assistenza all'infanzia, all'adolescenza, agli anziani; riabilitazione e recupero di tossicodipendenti, di portatori di handicap e di detenuti; interventi mirati nei confronti di soggetti in condizione di particolare disagio e emarginazione sociale;
    b) raccolta differenziata, gestione di discariche e di impianti per il trattamento di rifiuti solidi urbani, tutela della salute e della sicurezza nei luoghi pubblici e di lavoro, tutela della aree protette e dei parchi naturali, bonifica della aree industriali dismesse e interventi di bonifica dell'amianto;
    c) miglioramento della rete idrica, tutela degli assetti idrogeologici e incentivazione dell'agricoltura biologica, realizzazione della opere necessarie allo sviluppo ed alla modernizzazione dell'agricoltura anche nelle zone montane, della silvicoltura, dell'acquacoltura e dell'agriturismo;
    d) piani di recupero, conservazione e riqualificazione, ivi compresa la messa in sicurezza degli edifici a rischio, di aree urbane, quartieri di città e centri minori, in particolare di montagna; adeguamento e perfezionamento del sistema dei trasporti; interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale; iniziative dirette al miglioramento delle condizioni per lo sviluppo del turismo;
   secondo la normativa vigente, i progetti devono essere preparati nell'ottica di realizzare attività stabili nel tempo e devono quindi essere preparati con un vero e proprio piano d'impresa, relativo alle attività d'impresa che alla fine del progetto si vogliono promuovere;
   tali progetti possono essere promossi da amministrazioni pubbliche, da enti pubblici economici, da società a totale o prevalente partecipazione pubblica, dalle cooperative che gestiscono servizi socio sanitari e educativi (cooperative sociali di tipo A) e dalle cooperative sociali aventi come scopo lo svolgimento di attività diverse, agricole, industriali, commerciali o di servizi, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (cooperative sociali di tipo B);
   l'articolo 4 del decreto legislativo n. 468 del 1997 individua i soggetti utilizzabili nei lavori socialmente utili, che sono:
    a) i lavoratori in cerca di prima occupazione o disoccupati iscritti da più di 2 anni nelle liste del collocamento;
    b) i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità non percettori dell'indennità di mobilità o di altro trattamento speciale di disoccupazione;
    c) i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e percettori dell'indennità di mobilità o di altro trattamento speciale di disoccupazione;
    d) i lavoratori che godono del trattamento straordinario di integrazione salariale sospesi a zero ore;
    e) i gruppi di lavoratori espressamente individuati in accordi per la gestione di esuberi nel contesto di crisi aziendali, di settore e di area;
    f) le categorie di lavoratori individuate, anche per specifiche aree territoriali mediante delibera della commissione regionale per l'impiego, anche ai sensi dell'articolo 25, comma 5, lettera c), della legge 23 luglio 1991, n. 223;
    g) persone detenute per le quali sia prevista l'ammissione al lavoro esterno come modalità del programma di trattamento;
   i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità o percettori di trattamento straordinario di integrazione salariale sospesi a zero ore possono essere impegnati per l'orario corrispondente alla proporzione tra il trattamento stesso ed il livello retributivo iniziale, al netto dei contributi, previsto per i dipendenti che svolgono attività analoghe presso il soggetto promotore dell'intervento e comunque per non meno di venti ore settimanali e non più di otto ore giornaliere;
   l'assegno per i lavori socialmente utili che compete ai lavoratori impiegati in detti progetti e non percettori di trattamenti previdenziali, inizialmente pari a lire 800.000 mensili, oggi è fissato in euro 572,68 mensili, così come stabilito dalla circolare INPS n. 14 del 30 gennaio 2013;
   tale assegno viene erogato dall'INPS, previa certificazione delle presenze e nel caso di impegno per un orario superiore, ai lavoratori compete un importo integrativo, a carico del soggetto utilizzatore;
   i lavoratori utilizzati in LSU o LPU hanno un titolo di preferenza nei pubblici concorsi banditi per la stessa professionalità ed hanno diritto ad una riserva di posti qualora l'ente che li utilizza o li ha utilizzati proceda ad assunzioni a tempo indeterminato;
   i lavoratori impegnati in LSU o LPU devono svolgere esclusivamente le attività straordinarie per le quali sono chiamati e comunque le sole attività indicate nei progetti e non potrebbero, viceversa, essere impiegati, come spesso accade in realtà, a copertura di carenze di organico e comunque in servizi istituzionali dell'ente e/o in servizi che l'ente potrebbe dare in appalto a terzi, giacché, in tali ipotesi il lavoratore potrebbe chiedere il riconoscimento del rapporto di fatto con l'ente utilizzatore;
   con il decreto legislativo n. 468 del 1997 sono stati introdotti, altresì, i criteri di «stabilizzazione» dei lavoratori socialmente utili assunti nel tempo, attraverso due metodologie alternative adottate negli anni dagli enti locali, ovvero la previsione di una percentuale di riserva obbligatoria in caso di selezione di nuovo personale da assumere e l'assunzione in società private (per lo più cooperative appaltatrici — in deroga alla normativa ordinaria — di servizi pubblici esternalizzati);
   tali criteri, inizialmente indicati nel decreto legislativo n. 468 del 1997, sono stati, poi successivamente, precisati dal decreto legislativo n. 81 del 2000, articoli 6 (Misure volte alla creazione di opportunità occupazionali), 8 (Fondo per l'occupazione) e 10;
   a seguito della previsione di tali criteri, a partire dal 2005, si sono diffuse in Campania ed in particolare in provincia di Napoli, una pluralità di pratiche di stabilizzazione degli LSU, realizzate, il più delle volte, attraverso protocolli di intesa sottoscritti dalla regione e dal Ministero competente;
   durante la diffusione tali pratiche di stabilizzazione, tuttavia, in molti comuni della provincia partenopea, gli LSU, contrariamente a quanto disposto dal dettato normativo di riferimento, si sono trovati nella realtà dei fatti a svolgere funzioni ben diverse da quelle contenute nelle progettualità poste alla base del loro coinvolgimento iniziale e caratterizzate, viceversa, dallo svolgimento di mansioni superiori tese a colmare carenze di organico e comunque a garantire l'erogazione di servizi essenziali per l'ente di impiego che, in mancanza di LSU, non sarebbe possibile erogare;
   nello specifico, la regione Campania ha avviato una complessa attività — concertata con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con gli enti locali subordinati — di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, finanziando, in particolare, l'assunzione di personale presso le amministrazioni comunali — tra le altre — di Casamarciano (2 unità), Camposano (4 unità), Pollena Trocchia (2 unità), Marigliano (5 unità), Frattaminore (15), Melito di Napoli (10);
   tali attività di stabilizzazione, purtroppo, negli anni più recenti non sono state più realizzate e/o programmate in misura adeguata al fabbisogno sociale e professionale degli enti locali utilizzatori degli LSU, tanto che, da un lato, sono aumentati gli esempi di «ingiustizia» lavorativa per molte unità, costrette a svolgere mansioni e funzioni più complesse ed elevate rispetto a quelle per le quali sono state assunte, senza, al contempo, ottenere un adeguato trattamento economico ed una rispondente qualifica professionale;
   a tale ingiustizia sul piano retributivo, è da aggiungersi quella ancor più grave sul piano previdenziale, giacché i lavoratori socialmente utili (nel caso di Melito di Napoli, lavoratori che per circa il 75 per cento dei casi sono ultracinquantenni) non godono di alcun trattamento previdenziale e pertanto, al momento sono scoperti di qualsivoglia garanzia pensionistica;
   in particolare, il comune di Melito di Napoli, con deliberazione n. 89 del 31 maggio 2010, in esecuzione dell'accordo intercorso tra comune e regione Campania — assessorato all'istruzione, alla formazione professionale ed al lavoro, con il protocollo di intesa del 14 dicembre 2010, prot. n. 27750, diretto alla stabilizzazione di 10 unità, con rapporto di lavoro part-time, come da piano del 28 maggio 2009, prot. n. 12511, ha provveduto all'assunzione a tempo indeterminato delle predette dieci unità –:
   quali celeri ed oramai improcrastinabili iniziative il Ministro del lavoro e delle politiche sociali vorrà adottare al fine di favorire ogni utile e possibile forma di stabilizzazione degli LSU, come disposto dal decreto legislativo n. 81 del 2000;
   se non intenda inoltre, nel caso specifico di Melito di Napoli (Napoli) ed in genere della provincia di Napoli, promuovere tutte le possibili soluzioni utili ad agevolare e concretizzare in tempi ragionevolmente stretti ogni attività tesa alla stabilizzazione degli LSU, in particolare, attraverso la predisposizione di un tavolo tecnico con tutte le parti interessate (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, salute, regione ed amministrazioni comunali), onde garantire il riconoscimento delle professionalità acquisite dalle predette unità in funzione delle mansioni effettivamente svolte da quest'ultime negli anni addietro. (4-01269)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministro della salute 13 maggio 2005 «Determinazione dei criteri per la ripartizione dei fondi per la prevenzione e la lotta al randagismo» ha reso operativo il finanziamento di euro 9.000.000,00 per l'anno 2004 e l'anno 2005;
   il Ministero della salute (http://www. salute.gov.it) ha accolto 208 domande per strutture di rifugio per cani randagi, strutture per la sterilizzazione di cani e gatti, centri di adozione e di rieducazione comportamentale canina;
   nell'assegnazione dei fondi non sempre sono stati rispettati i criteri previsti dal decreto ministeriale poiché una nota della direzione generale sanità animale e farmaco veterinario ha definito l'esigenza di «una equa ripartizione tra le regioni e le province autonome», aspetto non previsto dal decreto ministeriale e in antitesi con una valutazione di merito dei progetti e delle esigenze reali del territorio a seconda del tasso di randagismo canino e vagatismo felino, operando una distribuzione «a pioggia» di poco a tanti piuttosto che concentrarsi su finanziamenti importanti e decisivi nelle aree di maggiore concentrazione del problema che si intende giustamente combattere;
   la quota maggiore dei finanziamenti, 160.000 euro, è stata assegnata non a un'amministrazione pubblica o a una onlus ma a una cooperativa sociale per tre progetti in due diverse regioni; alcuni finanziamenti sono stati assegnati a società che hanno fra lo scopo sociale «cura e manutenzione del verde, servizi cimiteriali e manutenzioni», «vivaio e maneggio», «raccolta e smaltimento rifiuti»;
   il fondo ministeriale per gli scopi previsti dalla legge 14 agosto 1991, n. 281, per la tutela degli animali d'affezione e la prevenzione del randagismo è andato negli anni via via calando dai 2.600.000,00 euro del 1998 fino agli attuali 300 mila euro l'anno, a fronte delle maggiori cifre degli anni precedenti e del finanziamento una tantum in oggetto di 9 milioni di euro;
   l'articolo 4, comma 1, del decreto ministeriale citato prevede la realizzazione dei progetti finanziati entro due anni dalla data di approvazione del progetto da parte del Ministero della salute e nel resoconto finale deve esserne dimostrata l'utilizzazione pena, come previsto dal successivo comma 3, la revoca del finanziamento e la restituzione di quanto già corrisposto. La data presente sul sito internet del Ministero della salute, va da marzo a dicembre 2007, e il termine è ampiamente scaduto;
   l'interrogante ritiene importante che vi siano fondi adeguati all'attuazione degli obiettivi delle normative per la prevenzione e il contrasto del randagismo finalizzati alla sterilizzazione, all'accudimento, alla cura e all'adozione degli animali domestici;
   l'articolo 4 comma 3 del decreto ministeriale citato prevede che «qualora il progetto non venga realizzato in modo completo, l'amministrazione si riserva la facoltà di revocare il finanziamento e di richiedere la restituzione di quanto già corrisposto»;
   sussiste una responsabilità prima e ultima del Ministero della salute nella gestione dei fondi citati e vanno evidenziati gli eventuali profili di danno erariale inerenti ai fondi erogati per specifiche attività poi non realmente effettuate a carico delle autorità coinvolte –:
   se siano stati finanziati esclusivamente i progetti elencati nella pagina on line citata del Ministero;
   quali progetti finanziati siano stati effettivamente realizzati, con quale inizio d'attività e con quali risultati; se fra i beneficiari vi siano società che svolgono attività a fini di lucro e non solo quindi onlus e amministrazioni pubbliche; se siano state attivate dagli uffici competenti le procedure previste di revoca del finanziamento per i progetti non realizzati secondo le scadenze previste dal decreto ministeriale citato ed, in caso negativo, come è giustificata tale inerzia; se fondi provenienti da eventuali finanziamenti revocati siano stati reimpiegati per gli stessi fini e con quali esiti. (4-01265)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELUFFO. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso quanto segue:
   Autogrill S.p.A. («Autogrill»), controllata al 59,3 per cento dalla famiglia Benetton tramite la finanziaria Edizioni Srl, oltre a gestire l'omonima catena di ristoranti e fast food, gestisce la concessione di marchi americani come Starbucks o Pizza Hut, possiede catene di ristoranti come Spizzico, con più di 5.300 punti vendita in oltre 1.200 località del nostro Paese dando lavoro, nel complesso, a circa diecimila dipendenti sul territorio nazionale, con un fatturato di 5,84 miliardi l'anno (4 dei quali provenienti proprio dal settore della ristorazione, dislocati in tutto il territorio nazionale, certificata SA 8000 (per social accountability); il gruppo industriale facente capo alla famiglia Benetton vanta diverse concessioni, tra le quali spicca quella relativa alla gestione di un'ampia parte della rete autostradale del nostro Paese;
   Autogrill è altresì proprietaria del deposito merci sito in Pieve Emanuele, via Berlinguer;
   nel corso dell'anno 2012 Autogrill ha avviato procedure di licenziamento per ogni singola regione, non affrontando la questione in modo generale sul territorio nazionale; tale pratica è stata oggetto di interrogazione a risposta in Commissione presentata dallo scrivente in data 21 maggio 2012 presso la XI Commissione Camera, agli atti n. 5/06895 che non ha avuto risposta;
   Autogrill, con proprio comunicato, ha dichiarato di aver valutato una «ridefinizione della struttura logistica alla luce di un cambiamento nel modello di business» a seguito di una situazione contingente che vede – secondo i dati forniti dall'azienda – un calo di vendite del 10 per cento nel 2012 sul canale autostrade e una flessione del traffico che nell'ultimo anno è stata del 7 per cento ma del 13 per cento negli ultimi tre anni, con una riduzione dei volumi gestiti dal magazzino di Pieve Emanuele sopra menzionato;
   nell'ambito di tale politica di riassetto aziendale, nel corso dell'anno 2012, l'azienda ha affidato l'appalto per la gestione di tale deposito alla società Si.Lo, che, a sua volta, ha incaricato della gestione operativa la cooperativa Clo S.C.R.L. («CLO»);
   sin dal settembre 2012, secondo quanto riportato da un comunicato di Fit-CISL, la società cooperativa CLO aveva dichiarato che non avrebbe mantenuto i livelli occupazionali e le condizioni economiche precedentemente in essere con i lavoratori, in difformità con le garanzie fornite in precedenza da Autogrill, che si era formalmente impegnata a mantenere tutti e 110 i lavoratori della piattaforma;
   nel mese di ottobre 2012, a seguito di trattative tra le parti coinvolte, con la mediazione anche dell'amministrazione comunale di Pieve Emanuele, era stato raggiunto un accordo che prevedeva l'assunzione piena a tempo indeterminato di tutti i lavoratori da parte della CLO;
   in data 30 giugno 2013 il magazzino è stato chiuso unilateralmente dalla CLO
mediante la saldatura di porte e cancelli e la sostituzione delle serrature dei capannoni, al fine di impedire l'ingresso dei lavoratori;
   secondo quanto si apprende dalla stampa, Autogrill afferma che non si tratta più di dipendenti di Autogrill ma del consorzio Si.Lo che ha dato in gestione lo stabilimento alla CLO, mentre la CLO, sempre in base alle affermazioni che si possono leggere sulla stampa locale e nazionale, affermerebbe che le modalità di chiusura siano state decise da Autogrill;
   la chiusura dello stabilimento Autogrill non è l'unica questione relativa al lavoro attualmente in corso a Pieve Emanuele: contestualmente anche altre aziende del territorio hanno annunciato esuberi o chiusure. Tale situazione, sommata alla vicenda Autogrill si sta tramutando in una grave emergenza di natura sociale difficilmente affrontabile da parte dell'amministrazione comunale –:
   se si sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative si intendano intraprendere affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e se siano stati rispettata i vincoli contrattuali, sindacali e di legge;
   quali iniziative si intendano intraprendere al fine di prevenire le ricadute sociali e occupazionali sul comparto lavorativo afferente al sito di Pieve Emanuele, dove le famiglie dei lavoratori si sono trovate senza sostentamento d'improvviso e senza un preventivo confronto sindacale. (5-00623)


   LUPO, FERRARESI, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   la riforma OCM zucchero, decisa in sede europea nel novembre 2005, Regolamento (CE) n. 318/2006, ha reso non competitiva la produzione nazionale della barbabietola da zucchero ed ha predisposto finanziamenti per la dismissione della filiera, lo smantellamento degli impianti e la bonifica dell'aree industriali;
   il Regolamento (CE), n. 320/2006 del Consiglio, relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell'industria dello zucchero nella Comunità, alla lettere a) comma 3 dell'articolo 4, stabilisce che il piano di ristrutturazione deve includere almeno «una presentazione dei fini e delle azioni previsti, che mostri tra di essi un valido equilibrio sotto il profilo economico e coerenza con gli obiettivi del fondo di ristrutturazione e della politica di sviluppo rurale nella regione interessata come approvato dalla Commissione», evidenziandosi chiaramente che l'aiuto alla ristrutturazione è legato allo sviluppo dell'attività rurale, nell'interesse degli coltivatori;
   in base all'articolo 6, inerente il Fondo di diversificazione, sempre del Regolamento CE n. 320/06, viene concesso un aiuto, per interventi di diversificazione nelle regioni degli stati membri colpite dalla ristrutturazione dell'industria dello zucchero, destinato alle imprese bieticole e saccarifere che cessano la produzione;
   per fare fronte alla crisi del settore è stata promulgata la legge n. 81 del 2006 che all'articolo 2 ha demandato ad un apposito Comitato interministeriale la redazione del piano per la razionalizzazione e riconversione della produzione bieticolo-saccarifera sulla base dei progetti presentati dalle imprese saccarifere;
   detto Comitato interministeriale ha approvato il piano e le conseguenti direttive in data 31 gennaio 2007;
   nella premessa del piano si afferma: «I progetti di riconversione e i relativi fabbisogni finanziari non costituiscono un impegno per le autorità nazionali quanto piuttosto un orientamento al fine di conseguire un ottimale utilizzo della materia prima agricola con l'obbiettivo di trovare nuovi sbocchi di mercato»;
   nel piano si prevede che nella regione Emilia Romagna vi sia la riconversione a bioenergie di diversi impianti, tra cui quello di raffinazione sito nel comune di Finale Emilia in provincia di Modena, di proprietà del Gruppo CoProB;
   nel settore delle energie rinnovabili le esigenze finanziarie necessarie alla realizzazione di progetti di medie e grandi dimensioni, comportano stanziamenti di importo rilevante, laddove, nel caso in esame della centrale a biomassa di Finale Emilia, la realizzazione del progetto è legata all'erogazione di corposi incentivi stanziati, a seguito dell'OCM zucchero del 2006, per incoraggiare la chiusura e la riconversione delle attività saccarifere;
   nello specifico di Finale Emilia, l'incentivo a fondo perduto previsto per la realizzazione del progetto di centrale a biomassa è di circa 50 milioni di euro;
   nel settore delle energie rinnovabili, come in questo caso, la possibilità di ottenere ritorni economici positivi è strettamente legata alla disponibilità di incentivi pubblici come certificati verdi, conto energia, tariffa omnicomprensiva, certificati bianchi, coefficienti moltiplicativi dell'energia prodotta;
   ai sensi dell'articolo 1, comma 382 della legge finanziaria 2007, il rilascio di certificati verdi, con l'applicazione del coefficiente moltiplicativo k = 1,8, e riconosciuto a: biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti ottenuti nell'ambito di intese di filiera o contratti – quadro ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto legislativo n. 102 del 27 maggio 2005;
   il «piano per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera» approvato il 31 gennaio 2007 dal Comitato interministeriale di cui all'articolo 2 del richiamato decreto-legge 2 del 2006, e in particolare l'allegato 1 «Direttive per l'approvazione dei progetti di riconversione» che prevede che le regioni promuovano, relativamente ai progetti di riconversione produttiva degli ex zuccherifici ricadenti nel territorio di competenza, un «accordo di riconversione produttiva», nonché degli accordi di filiera territoriali;
   l'allegato 1 al piano in materia di direttive per l'approvazione dei progetti di riconversione, ex articolo 2, comma c, del decreto-legge n. 2 del 2006 con modifiche di cui alla legge n. 81 del 2006, prevede espressamente che «i progetti di riconversione devono essere ispirati a logiche di libera concorrenza e gli impianti post-riconversione devono presentare caratteristiche industriali, finanziarie e di mercato tali da consentire che i progetti mantengano nel tempo la capacità di competere sul mercato senza ulteriori sovvenzioni»;
   il programma nazionale di ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero, articolo 6 Regolamento Comunità europea 320/2006, del febbraio 2009 ha definito quale primo obiettivo degli interventi quello di: «sostenere il processo di riconversione produttiva delle imprese agricole coinvolte nel processo di ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero, in un ottica di filiera»;
   l'impianto di raffinazione industriale dello zucchero di Finale Emilia, del gruppo CoProB-Italia Zuccheri spa, ha seguito l’iter di dismissione produttiva, smantellamento degli impianti, bonifica e ipotesi di riconversione;
   l'accordo di riconversione presentato e sottoscritto il 7 novembre del 2007 tra la proponente CoProB-Italia Zuccheri spa, la regione Emilia Romagna, la provincia di Modena, il comune di Finale Emilia, le sigle sindacali ed alcune associazioni del settore agricolo, ad esclusione di Coldiretti, prevede la realizzazione di una centrale elettrica di 12.5 megawatt (elettrici) alimentata con biomasse provenienti prevalentemente dalla filiera agricola del sorgo da fibra;
   tale accordo prevede espressamente che l'avvio dei lavori possa avvenire solamente a seguito di uno specifico «accordo di filiera» con le organizzazioni di produttori quale condizione inderogabile per la sostenibilità del progetto;
   per alimentare la centrale è previsto un quantitativo di biomassa di origine agricola di circa 94.000 tn/anno al 25 per cento di umidità, coltivata su di una superficie di 3/4.000 ettari;
   per far partire la necessaria filiera, la proponente CoProB-ltalia Zuccheri spa ha avviato una sperimentazione di coltivazione del sorgo da fibra che è durata diversi anni e che non ha dato i risultati produttivi e colturali previsti; tanto che non vi è stata la nascita né di una filiera agro energetica né di una specifica organizzazione di produttori;
   nel maggio 2010 per la realizzazione della centrale e la sua gestione è subentrata la società Domus Energia srl, controllata dal gruppo CoProB;
   in data 06 marzo 2013 è stato firmato un accordo, definito «accordo di filiera per la produzione e il conferimento di sorgo da fibra», tra Domus energia srl e alcune associazioni professionali agricole di rappresentanza: Confagricoltura, Cia, Copagri, detto accordo non è sottoscritto da Coldiretti,
   l'articolo 1 pone espressamente tra le finalità dell'accordo quella di «permettere lo sviluppo di una filiera agro energetica», riconoscendo di fatto che ancora non è presente;
   il decreto del 2 marzo 2010 del Ministero politiche agricole alimentari e forestali di Attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sulla tracciabilità delle biomasse per la produzione di energia elettrica all'articolo 2 definisce la «bio massa da intese di filiera»: «la biomassa e il biogas di cui alla lettera a), prodotti nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro di cui agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo n. 102 del 2005»;
   il decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102 definisce chiaramente quali sono i soggetti titolati alla firma degli accordi di filiera o contratti quadro e cioè le imprese agricole e le organizzazioni di produttori; queste ultime per essere riconosciute devono avere, tra l'altro, caratteristiche di scopo, forme giuridiche, requisiti espressamente normati;
   nel caso di Finale Emilia, al momento non vi è, di fatto, nessuna filiera agro energetica locale, non vi è nessuna organizzazione di produttori, non vi è nessun accordo di filiera né contratto quadro, cioè non vi sono quei requisiti cosiddetti imprescindibili per dare avvio ai lavori di costruzione della centrale elettrica a biomassa –:
   se i Ministri interrogati, anche in considerazione dell'ipotesi di uso improprio dei finanziamenti europei in quanto i fondi non sono utilizzati per scopi finalizzati allo sviluppo rurale ed all'ottimale utilizzo della materia prima agricola e del fatto che la redditività di esercizio della centrale è sostenuta sia dalle emissioni dei certificati verdi che dall'incentivazione del coefficiente moltiplicativo per l'energia prodotta, senza i quali l'impianto non risulterebbe sostenibile, non avrebbe le caratteristiche industriali e finanziarie tali da consentire di mantenere nel tempo la capacità di competere sul mercato senza ulteriori sovvenzioni e rappresenterebbe quindi un modello industriale non ispirato a logiche di libera concorrenza, ritengano di assumere iniziative al fine di verificare se tale impianto sia conforme alle linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. (5-00630)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il neo presidente dell'Unione petrolifera, Alessandro Gilotti, nel corso dell'Assemblea annuale dell'UP, ha detto che la raffinazione italiana ha vissuto un 2012 pessimo e si rischia la chiusura di altri due impianti entro il 2014. In Europa negli ultimi 5 anni hanno chiuso 15 raffinerie per un totale di 1,7 milioni b/g, l'8 per cento del totale. Il 70 per cento di tali chiusure è avvenuto in Nord Europa, ma in prospettiva tale processo interesserà anche il Mediterraneo dove ci sono altri 10 impianti a rischio nei prossimi anni e che qualcuna sparirà anche in Italia: una o due entro quest'anno o il prossimo;
   nel 2012 la capacità di raffinazione installata in Italia è stata pari a 103 milioni di tonnellate a fronte di lavorazioni per circa 80,5 milioni, pari ad un tasso di utilizzo del 78 per cento che scende al 70 per cento se rapportato ai soli consumi interni. L'eccesso di capacità produttiva del sistema, infatti, è dell'ordine di 15-20 milioni di tonnellate l'anno;
   la crisi del settore della raffinazione è stata certificata nei mesi scorsi dai sindacati, che avevano stimato come «reale e quasi imminente» il rischio di lasciare a casa tra gli 7 e i 10 mila addetti di un settore che impiega, a livello nazionale, tra le 18 e le 20 mila persone (40 mila con l'indotto); secondo l'Unione italiana lavoratori chimica energia manifatturiero (UILCEM) sono a rischio nei prossimi anni 40 mila posti di lavoro tra diretto e indotto;
   quanto all'ENI, nel primo trimestre 2013, secondo i dati ufficiali recentemente resi, il margine di raffinazione nell'area del Mediterraneo ha registrato un parziale recupero rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (3,97 dollari/barile il margine medio di raffinazione sul Brent nel Mediterraneo, +36 per cento rispetto al primo trimestre 2012), pur rimanendo su valori non remunerativi a causa della perdurante debolezza della domanda, elevato costo della carica petrolifera e strutturale eccesso di capacità;
   nel primo trimestre 2013 le vendite ENI di prodotti petroliferi nel mercato rete Italia hanno registrato una flessione dell'8,8 per cento a causa del calo dei consumi di carburanti su cui ha pesato la recessione e dell'intensificarsi della pressione competitiva. La quota di mercato è pari al 29,1 per cento nel primo trimestre 2013, in calo di 1,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (30,4 per cento). In calo (-5,6 per cento) le vendite rete nei mercati europei del primo trimestre 2013, principalmente nell'Europa occidentale;
   in Italia la domanda di energia è tornata indietro di 20 anni. I consumi nel 2012 sono stati, infatti, pari a 177,8 milioni di Tep (tonnellate di petrolio equivalenti), contro i 179,6 milioni del 1998 e i 171,5 del 1995. Particolarmente pesante è stato il calo del petrolio, che con 63,6 milioni di Tep (-8,1 per cento) «è tornato ad un livello di consumi di fine Anni 60», anche complice il crollo delle vendite di auto;
   la causa della crisi non dipende solo dai consumi in picchiata. C’è anche la concorrenza dei Paesi asiatici (il 30 per cento della produzione mondiale), che operano in condizioni di maggiore efficienza grazie a costi (soprattutto ambientali e del lavoro) molto inferiori a quelli che devono sostenere le aziende in Europa. Non a caso negli ultimi anni i profitti delle aziende che operano nel downstream (raffinazione e distribuzione) si sono ridotti del 60-90 per cento;
   sotto il profilo della raffinazione per ENI i risultati peggiori, ad avviso degli interroganti, vengono dagli stabilimenti di Gela (temporaneamente chiuso nel 2012) e Taranto dove nel corso degli anni non vi è stato alcun miglioramento e si sono registrati upset impiantistici (guasti incendi e l'ultimo blocco generale con sversamento idrocarburi a mare dello scorso 8 luglio), non ultimo lo sversamento di idrocarburi in mare verificatosi anche a Gela nei primi di giugno; si sono verificati guasti anche nella raffineria di Sannazzaro (Pavia) che è considerato un gioiello tecnologico (ulteriore blocco generale); i 73 arresti dell'11 giugno per una truffa sui carburanti nella raffineria ENI di Taranto, vicenda che ha coinvolto anche dei funzionari interni all'impianto, dimostrano uno scarso controllo interno (arresti avvenuti anche nel deposito Petroven controllato da Eni a Venezia);
   talune fonti stimano in prospettiva in 600-700 milioni di euro nel 2013 le perdite ENI nel comparto raffinazione, con una complessiva perdita di circa 2 miliardi negli ultimi quattro anni (1,2 miliardi di euro nel triennio 2010-2012); l'amministratore delegato Scaroni ha però negato la possibilità di chiusura di impianti di raffinazione nel 2013 e nel 2014, tuttavia la stampa specializzata ha correttamente osservato come l'Ente non reagisca con la necessaria determinazione in un settore che dovrebbe essere determinante per quel che riguarda l'integrazione verticale delle attività aziendali;
   Eni ha presentato un importante progetto di investimenti a Gela che rafforza l'idea di continuare a credere nella raffinazione –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato abbia sulle questioni esposte in premessa;
   quale attività intenda esercitare nei confronti dell'ENI, in qualità di azionista, al fine di salvaguardare le attività industriali e il lavoro nel comparto raffinazione;
   se il Progetto Gela, che continua però a mantenere in essere una centrale termoelettrica a coke da petrolio, così come concepita da Mattei quando c'era una forte richiesta elettrica da parte di un petrolchimico con 15.000 dipendenti, possa rappresentare quella discontinuità che serve per far tornare i conti in ordine nel petrolchimico;
   se l'energia elettrica prodotta in eccesso dallo stabilimento di Gela potrà essere collocata sul mercato, e, se sì, potrà essere competitiva con le energie rinnovabili prodotte in Sicilia;
   quante centrali termoelettriche a pet coke esistano oggi in Europa;
   se sia noto come cambieranno gli inquinanti immessi in atmosfera a progetto Gela concluso rispetto alla media degli ultimi 4 anni e in particolare l'immissione in atmosfera di particolato sottile (contenente metalli pesanti quali nichel, vanadio, ferro e altro che si trovano nel coke di petrolio);
   se sia noto quante delle perdite registrate dalle raffineria di Gela siano di sistema (afferenti lo scenario sfavorevole) e quante invece dovute ai numerosi blackout impiantistici;
   quali scelte industriali siano state attuate nella raffineria di Taranto che continua ad essere costantemente in negativo per riportare il risultato in utile;
   quali scelte industriali si siano fatte a Taranto per aumentare l'affidabilità degli impianti;
   come si collochi il risultato industriale della raffinazione rispetto ai petrolieri privati ed ai concorrenti europei di dimensioni analoghe ad Eni. (4-01267)


   FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie di stampa, è stata una lettera, partita dagli Stati Uniti ed indirizzata ai dipendenti della multinazionale farmaceutica Merck Sharp e Dohme, a sentenziare la chiusura, dal 1o gennaio 2015, dello stabilimento di Pavia;
   quella di Pavia è l'ultima roccaforte produttiva che la multinazionale possiede in Italia ed il suo smantellamento arrecherebbe un danno gravissimo ai 270 dipendenti e alle loro famiglie;
   l'annuncio della chiusura dello stabilimento è stato accolto con grande stupore dai lavoratori e dai sindacati, anche alla luce delle dichiarazioni rilasciate a fine 2012 dall'amministratore delegato dell'azienda che individuava nello stabilimento pavese una realtà di eccellenza, concorrendo per il 30 per cento all'utile complessivo della multinazionale;
   dal tavolo di concertazione, aperto nel mese di giugno 2013, non sono ancora emerse le strategie che l'azienda intende perseguire per lo stabilimento di Pavia; tale situazione di incertezza sta mettendo in stato di agitazione i lavoratori che chiedono rassicurazioni sul proprio futuro;
   l'azienda si è detta pronta a collaborare, rendendosi anche disponibile ad una eventuale vendita dello stabilimento pavese ad acquirenti che siano interessati al mantenimento dei livelli produttivi ed occupazionali;
   sembrerebbe che la scelta di dismettere lo stabilimento di Pavia, rientri in un più ampio piano di riorganizzazione aziendale che ha già visto la chiusura di venti stabilimenti in tutto il mondo, tra cui la realtà industriale di Comazzo, in provincia di Lodi;
   l'attuazione di simili strategie rischia di mettere in seria difficoltà l'economia dei territori locali, impoverendoli di risorse e di posti di lavoro –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle reali strategie industriali che il gruppo Merck intende adottare sul territorio nazionale e di quale sia il ruolo affidato allo stabilimento di Pavia;
   se il Ministro intenda adoperarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché vengano adottate soluzioni immediate per la salvaguardia dei lavoratori dello stabilimento di Pavia, anche accertando se vi sia la disponibilità da parte di eventuali acquirenti ad investire nello stabilimento di Pavia, ai fini del suo rilancio e del conseguente mantenimento dei livelli occupazionali. (4-01270)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza Moscatt n. 2-00016 del 9 aprile 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Airaudo n. 5-00479 del 1o luglio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Tentori n. 5-00596 dell'11 luglio 2013.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Bueno n. 4-00211 del 16 aprile 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00618.