XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 59 di mercoledì 24 luglio 2013
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
La seduta comincia alle 10,05.
CATERINA PES, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Lorenzin, Pistelli e Sani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Inviterei la deputata Segretaria a dare lettura di alcune comunicazioni all'Assemblea. Grazie.
Modifica nella composizione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.
CATERINA PES, Segretario, legge:
Comunico che la Presidenza della Camera ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, il deputato Antonio Distaso in sostituzione del deputato Giorgio Lainati, dimissionario.
Designazione dei componenti della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.
CATERINA PES, Segretario, legge:
Comunico che la Presidenza della Camera ha designato i deputati Laura Castelli e Gian Mario Fragomeli, quali componenti della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, istituita, ai sensi dell'articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Presidente del Senato della Repubblica ha designato quali componenti della stessa Commissione i senatori Claudio Moscardelli ed Enrico Piccinelli.
Convocazione di Commissioni bicamerali per la loro costituzione.
CATERINA PES, Segretario, legge:
La Presidenza comunica, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, che la costituzione delle Commissioni bicamerali – della cui composizione è stato dato annuncio nella seduta del 19 luglio – avrà luogo giovedì 25 luglio prossimo, ad eccezione della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, che sarà convocata appena ne sarà nominato il presidente dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 5 maggio 2009, n. 42.
La Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, la Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti Pag. 2gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria e il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione sono convocati per le ore 8,45 del suddetto giorno nella sede di Palazzo San Macuto; la Commissione parlamentare per le questioni regionali e la Commissione parlamentare per la semplificazione sono convocate per le ore 14 della stessa giornata nella medesima sede.
Convocazione della Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE.
CATERINA PES, Segretario, legge:
La Presidenza comunica, d'intesa con il Presidente del Senato, che la Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE è convocata per giovedì 25 luglio 2013, alle ore 15,30, presso la sede di Palazzo Valdina, Sala Soprachiesa, per procedere alla propria costituzione.
Convocazione della Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'INCE.
CATERINA PES, Segretario, legge:
La Presidenza comunica, d'intesa con il Presidente del Senato, che la Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'INCE è convocata per giovedì 25 luglio 2013, alle ore 14,45, presso la sede di Palazzo Valdina, Sala Soprachiesa, per procedere alla propria costituzione.
Convocazione della Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO.
CATERINA PES, Segretario, legge:
La Presidenza comunica, d'intesa con il Presidente del Senato, che la Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO è convocata per giovedì 25 luglio 2013, alle ore 8, presso la sede di Palazzo Cenci, Aula della XIV Commissione, per procedere alla propria costituzione.
Convocazione della Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
CATERINA PES, Segretario, legge:
La Presidenza comunica, d'intesa con il Presidente del Senato, che la Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa è convocata per giovedì 25 luglio 2013, alle ore 14, presso la sede di Palazzo Valdina, Sala Soprachiesa, per procedere alla propria costituzione.
Sull'ordine dei lavori (ore 10,10).
ILEANA ARGENTIN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ILEANA ARGENTIN. La ringrazio, Presidente. Le chiedo scusa: sarò brevissima, sapendo quanto è importante la giornata di oggi per i nostri lavori.
Questa mattina, arrivando a Palazzo Montecitorio, sono stata bloccata da un gruppo di disabili per le staminali, che, mi dicono, dovranno essere ricevuti da lei nella mattinata.
Le dico onestamente che il loro modo aggressivo e, soprattutto, il loro modo di superiorità rispetto alla normativa e rispetto alle leggi in quanto tali e alla giurisprudenza secondo me può essere pericolosissimo.
Ci tenevo a dirvi che è un insulto alle nostre intelligenze pensare che perché si è disabili si può sempre dire tutto quello che si vuole, quando si vuole e come si vuole. Una persona tra queste su sedia a ruote Pag. 3mi ha inveito contro dicendomi: «Lei ha scelto di essere imboccata e io non voglio essere imboccata». Allora, io le dico: nella vita non si sceglie, nella vita quel che capita capita, poi se si può curare si cura, sicuramente. E mi dicono: «Tu ci permetti di suicidarci ma non ci permetti di curarci».
Io credo che questa amministrazione ha già fatto troppo per questo metodo, perché noi abbiamo dato 3 milioni di euro vergognosamente – mi conceda, mi prendo oneri e onori di quanto dico –, 3 milioni che potevano essere spesi per far alzare persone dal letto ogni mattina, che hanno genitori anziani e che non ce la fanno a vivere la quotidianità (Applausi). Dietro ci sono interessi vergognosi e sono stati blanditi da gente che vuole guadagnare su questo metodo.
Ma come dicevo abbiamo cose importanti da fare oggi, quindi mi interrompo qui. Tuttavia, conoscendo la sua sensibilità Presidente, ma soprattutto il suo essere donna fino in fondo, con umiltà – mi permetta, lo ripeto – le dico: non ci facciamo confondere, perché stare su una carrozzina non vuol dire assolutamente avere l'onniscienza di un mondo. Significa ricevere anche dei «no» e saperli accettare, perché quando si chiede uguaglianza e pari opportunità ci si deve stare al gioco dei «no».
Questa gente mi ha detto: «Noi non abbiamo tempo», io volevo rispondere: «Cara mia, conosco bene il problema, ma non avere tempo non significa che per altri che hanno tempo tutto deve essere cancellato». Le priorità non sono date dal disagio fisico, le priorità sono date dal disagio sociale e quando si può vivere bene in una società i tempi non contano niente (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Argentin, per questa sua valutazione. Ieri, come lei forse saprà, il presidente della Commissione affari sociali Vargiu è sceso a parlare con loro e c’è stato uno scambio di opinioni; poi il presidente mi ha riferito e mi ha detto che loro volevano un incontro. Io ho chiesto al presidente Vargiu di riferire loro di mettersi in contatto con la mia segreteria, che sì li avrei incontrati, ma appena possibile. Oggi è una giornata, come lei ricordava, molto complicata e comunque da parte mia c’è la disponibilità all'ascolto, però nei tempi in cui sarà possibile. Quindi, questa è l'interlocuzione intercorsa tra la Presidenza e questo gruppo di persone.
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (A.C. 1248-A/R) (ore 10,15).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1248-A/R: Conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo modificato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni, e per le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni, vedi l'allegato A della seduta del 23 luglio 2013 – A.C. 1248-A/R).
(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 1248-A/R)
PRESIDENTE. Passiamo ora alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lello Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signora Presidente, prima di iniziare vorrei porgere, non avendone Pag. 4avuto la possibilità, la nostra sentita partecipazione alla Ministra per le offese che ha avuto nei giorni scorsi e dimostrarle tutta la nostra solidarietà e augurarle buon lavoro per quello che sta facendo in questi giorni.
Signor Presidente del Consiglio, Ministri, il Paese sta vivendo un momento particolare della vita economica e sociale. Ormai abbiamo raggiunto livelli insostenibili di povertà assoluta e sta aumentando giorno dopo giorno la povertà relativa.
In questo quadro di riferimento, il Mezzogiorno d'Italia continua ad essere fortemente penalizzato e il Mezzogiorno d'Italia rischia realmente l'emarginazione dal contesto generale dell'Europa. Abbiamo quindi il dovere politico, il dovere morale di poter rilanciare l'opzione Italia determinando proprio quelle riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno.
Abbiamo necessità di rilanciare l'economia, di abbattere il debito pubblico, di fare in modo che i giovani abbiano una speranza, una speranza di vita, una speranza che possa trovare collocazione nel mondo del lavoro e, quindi, esprimere tutte le loro potenzialità. Abbiamo quindi bisogno di un Governo che sia capace di affrontare questi temi e, nello stesso tempo, di un Governo che non sia sollecitato...
PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, concluda.
LELLO DI GIOIA. Ho già terminato ? Chiedo scusa, se mi consente proprio due secondi...
PRESIDENTE. Concluda, la prego. Abbiamo molti interventi.
LELLO DI GIOIA. Per questo motivo noi socialisti pensiamo di dare la fiducia a questo Governo convinti che possa fare bene e che possa far uscire il Paese da queste grossissime difficoltà.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signori Ministri, nel corso della discussione sulle linee generali abbiamo già avuto modo di esprimere critiche sul «decreto del fare» in ordine ad una certa assenza di coordinamento sulle grandi questioni aperte nel Paese e, quindi, all'assenza di un'adeguata filosofia di accompagnamento. Ma, detto questo, non abbiamo potuto non rilevare anche lo sforzo che il Governo ha fatto per mettere a regime una serie di questioni che da tempo erano nei cassetti della pubblica amministrazione.
Però, trattandosi di un voto di fiducia che viene espresso nel corso del procedimento parlamentare, mi pare che sia su questo che il tempo che ci è dato ci imponga di soffermarci. Ora, più che di un voto di fiducia classico, la mia impressione è che si tratti stavolta davvero di un voto di fiducia tecnico. Infatti, i colleghi del MoVimento 5 Stelle, in particolare quelli che sono con me in Commissione bilancio, sanno che io ho stima e rispetto nei loro confronti, ma non vi è dubbio che vi è stato un lavoro parlamentare di preparazione dell'Aula assolutamente profondo e adeguato. Io non ho mai visto con una certa esperienza parlamentare che la Commissione bilancio votasse, attraverso tre sedute notturne, ben cinquecento emendamenti. Non era mai accaduto. Si è votato per materie, per gruppi, ma i testi che arrivavano all'Aula non avevano avuto un vaglio così approfondito.
Il fatto che il Governo abbia poi posto la fiducia sul testo approvato dalle Commissioni...
PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, concluda.
BRUNO TABACCI. ... dice qual è il passaggio che vi è stato.
Ora, con riguardo a quello che ieri Franceschini ha riferito, che vi sarebbe stata una sorta di trattativa sul numero degli emendamenti da accettare, io avevo già detto all'interno del Comitato dei diciotto che non mi sembrava questa la prassi giusta: il dibattito era stato fatto prima.Pag. 5
Allora vorrei dirvi – ed ho concluso – che la scelta di trasferire l'ostruzionismo sugli ordini del giorno fa del vostro movimento la migliore opposizione possibile, quella che ogni Governo vorrebbe avere, ma voi certamente non scrivete una bella pagina parlamentare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Plangger. Ne ha facoltà.
ALBRECHT PLANGGER. Signora Presidente e signori Ministri, i deputati delle minoranze linguistiche voteranno la fiducia posta dal Governo sul decreto-legge «del fare». Apprezziamo la volontà del Governo di porre la questione di fiducia sul testo approvato dalle Commissioni, al fine di salvaguardare le decisioni assunte dai gruppi parlamentari. Vi è stato un confronto di merito che ha introdotto importanti modifiche, di cui la più importante è che è rimasto garantito il foro di Trento e Bolzano per le tante ditte tedesche ed austriache, senza sede legale in Italia, che storicamente apprezzano la professionalità dei giudici bilingui e la realtà giudiziaria delle zone di confine.
Abbiamo proposto oggi anche tre ordini del giorno, sollecitando l'ordine del giorno più importante che chiede di modificare quanto previsto dal provvedimento in ordine ai produttori di energia elettrica da bioliquidi. Riteniamo importante introdurre più ampie garanzie a salvaguardia, nel breve e nel lungo periodo, per le potenzialità produttive ed occupazionali del settore, evitando gravi ed immediate ricadute sociali ed occupazionali, oltre che gravi danni economici. Alcune semplificazioni da noi proposte sono state accettate e vanno nella giusta direzione.
Notiamo criticamente, però, che specialmente in materia di DURC si è provveduto a semplificare, ma nello stesso momento, con l'invenzione del DURC contributivo, nuovamente si aggrava inutilmente il peso burocratico a danno delle piccole e medie imprese. Il Governo è chiamato a rettificare questo percorso negativo durante la discussione del provvedimento al Senato.
Nonostante ciò, consideriamo questo provvedimento come parte della necessaria azione del Governo, al fine del sostegno in primo luogo delle piccole e medie imprese che operano nel sistema economico produttivo. Pertanto noi, come rappresentanti delle minoranze linguistiche, annunciamo il nostro voto favorevole e confermiamo la fiducia a questo Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati e rappresentanti del Governo, siamo fortemente delusi – e non è un'affermazione di circostanza – per questo ennesimo buco nell'acqua prodotto dal Governo e in modo particolare direi soprattutto dalla sua maggioranza, la maggioranza che dovrebbe sostenerlo, dovrebbe qualificarne l'azione, dovrebbe migliorarne i provvedimenti.
Abbiamo avuto un tempo dato abbastanza lungo, che poteva essere proficuo nei lavori di Commissione per tentare di migliorare il più possibile un decreto che, già dalla definizione, avrebbe dovuto e potuto non dico risolvere i problemi dell'Italia, ma certamente incardinare un'azione discontinua rispetto ai Governi che l'hanno preceduto, e mi riferisco in modo particolare alla precedente esperienza del Governo cosiddetto tecnico, capitanato dal professor Mario Monti.
Un lavoro che in Commissione, per quattro giorni e quattro notti, ha visto una disponibilità data dalle opposizioni: 2.200 erano gli emendamenti in ingresso, poco più di 400 gli emendamenti che sono rimasti in piedi proprio per significare, da parte dell'opposizione tutta, la disponibilità a ragionare per svolgere un compito, come era stato annunciato già dai primi vagiti di questo Governo, per provare a svolgere un ruolo assolutamente concreto, più che costruttivo, perché la costruttività la diamo per scontata.
La posizione della fiducia, in realtà, non serve a sconfiggere l'opposizione e un'eventuale tentazione ostruzionistica, Pag. 6che non c’è stata e non c’è. La posizione della fiducia serve per nascondere le solite trite e ritrite magagne che albergano all'interno di una maggioranza che non è d'accordo su nulla al proprio interno, neanche sulla dichiarazione dell'ora esatta. Questo è il tema ed è inutile tentare di nascondersi dietro al più classico dito.
La maggioranza non è nelle condizioni di affrontare i nodi nevralgici del Paese: noi lo avevamo detto fin dal principio, non siamo stati i soli. Del resto, quando si decide di mettere un alto dirigente della Banca d'Italia al Ministero dell'economia e delle finanze significa che si fanno passi indietro significativi e notevoli rispetto esattamente all'assunzione di responsabilità e alla possibilità, alla capacità di imprimere una direzione convincente per la ripresa economica. Perché oggi, comunque, la centralità è questa: abbiamo diversi problemi, come è normale che sia per una grande nazione, ma certamente la crisi economica internazionale ci sta fiaccando più di qualunque altro problema.
Avete – cari colleghi della maggioranza, mi riferisco in particolare a voi – sciupato un'occasione che non è tanto legata a questo preannunciato decreto «del fare», a cui erano agganciate le speranze di buona parte delle categorie produttive in modo sostanziale. Avete vanificato la possibilità di scrivere una pagina nuova anche delle relazioni parlamentari tra maggioranza e opposizione. Avete sciupato, ancora una volta, la possibilità di mettere da parte quei tatticismi che ricorrono quando, comunque, attraverso un decreto si cerca di mettere un po’ tutto dentro.
Una pratica che è stata fortemente contestata da molti colleghi, nessuno escluso, appartenenti a qualunque forza politica – destra, sinistra, centro, di sopra e di sotto – e che ritenevamo davvero, attraverso la figura di Dario Franceschini, del Ministro Franceschini, avrebbe incontrato un punto di non ritorno. Perché un rigoroso castigatore di scorciatoie parlamentari, almeno finché ha avuto un ruolo di opposizione, una volta diventato la cerniera nel rapporto tra Aula, Assemblee parlamentari e Governo, ritenevamo avrebbe potuto, comunque, metterci al riparo da quello che, invece, ancora una volta, dobbiamo constatare, che vede, appunto, un decreto calato e inzeppato di cose, le più assurde. Arriviamo persino a significare che la donazione degli organi e una sua rimodulazione, una sua nuova regolamentazione, possa avere a che fare con il rilancio economico dell'Italia.
Siamo delusi nel metodo, siamo delusi nel merito. Vediamo – e non soltanto attraverso la lettura dei giornali – che le contraddizioni all'interno della maggioranza scivolano su piani anche particolarmente mortificanti: dall'elezione del Vicepresidente della Camera alla discussione interminabile sull'opportunità del sindaco di Firenze di recarsi in Germania alla corte del Cancelliere Merkel. Si litiga e litigate praticamente su tutto, e questo è un problema per il quadro complessivo.
Lo dico anche ai colleghi di Scelta Civica, che avrebbero dovuto e potuto sostenere un'esperienza così diversa all'insegna della concretezza. Anche noi ci abbiamo provato, non siamo riusciti fin qui a trovare un provvedimento qualificante – tranne le piccole frattaglie, diciamo così, meno significative – a cui aderire convintamente, dando il sostegno e il supporto che avremmo desiderato ad un Governo non perché è il Governo PD-PdL, ma perché è un Governo degli italiani, perché il Presidente del Consiglio e il suo Esecutivo appartengono innanzitutto alla comunità nazionale e non certamente e soltanto alle forze politiche che lo sostengono.
Non ci si riesce, per quanto ci si possa mettere buona volontà, per quanto ci si possa mettere fantasia e creatività. Non si riesce a fare un lavoro serio e costruttivo e a consentire all'Italia, con la collaborazione di tutti, maggioranza e opposizione, almeno sui decreti emergenziali, di operare una svolta.
La maggioranza è eterogenea e questo è un pericolo anche per la democrazia. Mi rivolgo anche a soggetti che comunque sono parte integrante del dibattito politico nazionale, mi rivolgo ai vertici della RAI, al dottor Gubitosi piuttosto che alla signora Pag. 7Tarantola. Attenzione, perché anche nella gestione del pluralismo non si può – perché sarebbe una deriva totalitaria, letteralmente – immaginare che, siccome la maggioranza al suo interno è divisa, questa consumi anche gli spazi di informazione delle opposizioni. C’è una maggioranza e c’è un'opposizione. I cittadini devono sapere attraverso l'informazione pubblica qual è la natura di chi governa, che cosa vuole e che cosa dice. I loro litigi e bisticci non li facciano nei talk show televisivi, come è avvenuto penosamente questa notte, ma li facciano nelle loro stanze, attraverso i comitati centrali, gli esecutivi, le assemblee nazionali, gli organi preposti a discutere e ad approfondire le materie nel merito. In televisione, i cittadini italiani devono sapere che c’è una maggioranza e un'opposizione; devono sapere, attraverso un'informazione plurale e oggettiva, quali sono le offerte in campo.
Penso che questa sia l'emergenza vera per cui noi siamo profondamente delusi – come dicevo al principio – e che riteniamo possa rappresentare un pericolo. Vogliamo essere anche da stimolo per la maggioranza e per il Governo perché non è possibile – e mi riferisco all'articolo 61 di questo decreto, andando alla norma finanziaria – immaginare di incontrare delle cifre iperboliche a copertura di questo provvedimento strategico per le sorti della nazione intera e scoprire che, di fatto, sono poche decine di milioni di euro che vengono investite ogni anno a copertura, evidentemente, di un nulla cosmico. Infatti, se ci fossero provvedimenti significativi e strategici non staremmo qui a discutere di importi che talvolta hanno assunto sembianze di decreti e provvedimenti decisamente meno significativi e presentati in maniera meno pomposa dai Governi che abbiamo conosciuto. Così come bisogna fare attenzione alle omissioni, perché ci sono tanti modi per essere bugiardi: c’è il modo di dispensare notizie false e c’è il modo di nascondere le notizie.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
FABIO RAMPELLI. Mi pare che, dalla lettura dei quotidiani maggiormente diffusi piuttosto che dall'ascolto delle trasmissioni televisive, sia di network di privati – e concludo, Presidente, la ringrazio dell'avvertimento – sia per quello che attiene all'informazione del servizio pubblico televisivo, nessuno ci abbia spiegato, ci abbia detto e abbia informato i cittadini che la copertura di questo provvedimento – indovinate un po’ – viene fatta attraverso l'aumento delle accise. Fino a pochi giorni fa abbiamo visto i giornali fare fior fiore di inchieste perché a intervalli ciclici ritornano le accise per la guerra in Etiopia e tutti si indignano, ma nessuno poi si ricorda, a poche ore di distanza, che si aumentano le accise sulla benzina per reperire 75 milioni di euro da mettere sul piatto della bilancio dello Stato. Ecco, questi sono i motivi fondamentali per i quali Fratelli d'Italia conferma il suo non sostegno a questo Governo e si preoccupa, perché vede un rallentamento dei processi di cambiamento annunciati e una sorta di incapacità da parte del Presidente Letta e della maggioranza...
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
FABIO RAMPELLI. ... di fuoriuscire da un'emergenza che adesso è diventata anche un'emergenza politica, dopo essere stata un'emergenza economica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, onorevoli Ministri, onorevoli colleghi, quando è arrivato questo decreto, il cosiddetto decreto del fare, mi sono posto una domanda: cosa vuol dire questo fare ? Ciò perché, leggendo il decreto, vedevo che c'era molto poco. Poi, durante le notti che abbiamo fatto la settimana scorsa, ho capito cosa vuol dire «fare»: vuol dire fare «marchette». Infatti, in questo decreto è stato levato di nuovo il tetto agli stipendi d'oro, che è passato con nonchalance.
Eravamo riusciti a metterlo nel 2011, non è ancora stato applicato però voi avete Pag. 8voluto fare subito la norma per levarlo in modo di non avere dubbi che qualcuno potesse prendere meno di 300 mila euro all'anno; in fondo se bisogna far fare sacrifici ai cittadini di questo Stato non possiamo toccare il presidente dell'INPS che prende un milione 200 mila euro, non possiamo toccare quei funzionari, quei dirigenti dello Stato che arrivano a prendere 500, 600 mila euro all'anno, potrebbero fare un piccolo sacrificio.
E invece no, voi l'avete già tolto questo tetto, col dato che neanche nel 2012, l'anno scorso a ottobre, l'allora Ministro Patroni Griffi ci diceva che non si sapeva ancora quali erano i nostri dipendenti pubblici che prendevano più di 300 mila euro perché avevano mandato un questionario a tutti i dipendenti e questi dovevano ancora rispondere; dunque lo Stato non sa quanto paga i suoi dipendenti. Allora subito immediatamente siete andati a coprire le spalle a questi manager strapagati nel pubblico impiego, questi super manager che già la Corte Costituzionale aveva tutelato quando avevamo messo una piccola tassa del 5 per cento per la quota superiore ai 90 mila euro e una del 10 per cento per la quota eccedente i 150 mila euro, e voi, già quella era stata tolta dalla Corte Costituzionale, non l'avete più ripresa.
Per le pensioni d'oro, la Corte Costituzionale ha detto che non si possono toccare, sono diritti acquisiti, per i cittadini normali i diritti acquisiti delle pensioni non ci sono mai, ogni due o tre anni si cambiano, per i pensionati d'oro, invece, non si vanno a toccare.
Avete provato anche con quei pochi magistrati che hanno il divieto di fare attività extragiudiziaria, e dunque andare a ricoprire ulteriori incarichi con ulteriori compensi; ci avete provato anche con loro, per fortuna siamo riusciti a bloccarlo, e avete ritirato quell'emendamento, un emendamento che andava contro la volontà del Parlamento perché, se vi ricordate, già l'anno scorso noi stavamo tentando di fare una riforma in modo che non ci fossero più magistrati che andassero a ricoprire incarichi extragiudiziali perché, se la giustizia è lenta, i magistrati devono fare i magistrati, non devono assumere altri incarichi di consulenza con un ulteriore compenso e stipendio, questa è una cosa importante (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Avete previsto un ulteriore commissario per la spending review, cioè bisogna spendere meno, allora cosa facciamo ? Diamo un incarico a un'altra persona ancora, pagandola 150 mila euro quest'anno e 300 mila euro l'anno prossimo, perché ci dica come dobbiamo spendere meno ! Ma forse bisognerebbe intanto non prendere ulteriori persone e col personale interno vedere dov’è che si può andare veramente a tagliare in questo Stato, e ce ne sarebbe tanto da tagliare.
E poi, la cosa più assurda, mi dispiace per il collega che l'ha presentato, è passato, in un decreto che riguarda le linee generali di tutto lo Stato, il finanziamento per 800 metri di strada perché doveva essere finita. Ci sono tantissime strade che devono essere finite in questo Stato, ma solo una è andata, solo per 800 metri; io avevo consigliato a quel collega di non mettere almeno il nome della strada perché, insomma, questa è proprio una «marchetta» pura.
Però, nello stesso tempo, avete voluto bocciare gli emendamenti della Lega che prevedevano un risparmio dei costi e delle norme di buonsenso, ad esempio: che se noi diamo soldi a delle imprese dobbiamo fare in modo che queste imprese che ricevono dei contributi o delle agevolazioni dallo Stato non utilizzino questi soldi per delocalizzare il lavoro all'estero perché è un controsenso; in tutti i Paesi del mondo si danno incentivi alle imprese che portano lavoro, non a quelle che portano il lavoro all'estero; neanche questa norma di buonsenso avete voluto mettere, trovando mille scuse.
Non avete voluto sistemare anche altre assurdità previste in questo decreto. Si vanno, giustamente, a sistemare le scuole che sono ancora in una situazione di dissesto, che non sono a normativa antisismica e via dicendo, ma senza andare a vedere cosa hanno fatto gli enti locali nel Pag. 9territorio in questi anni, perché sennò succede come al solito che un sindaco, un comune fa sacrifici per sistemare la propria scuola e alla fine a questo comune non gli diamo niente, quei sindaci, quei comuni che non hanno sistemato le loro scuole, arriva Roma e paga per loro.
Questa è una cosa veramente ingiusta ! Si poteva trovare un meccanismo, si può, se si vuole, trovare un meccanismo, affinché si guardi anche la spesa storica: se un comune ha già sistemato praticamente quasi tutte le scuole, gliene manca una, gli diamo una mano, se mancano dei pochi lavori. E invece no: quel comune, magari perché ha sistemato per il 50 per cento la scuola non riceverà niente; quelli che hanno sperperato i soldi pubblici, gli diamo tutti i soldi per sistemare la scuola. Questa è una cosa veramente ingiusta, che va di nuovo a penalizzare i sindaci; e diamo loro un messaggio sbagliato, perché diamo ai sindaci il messaggio di dire: non preoccupatevi di fare il vostro dovere, di sistemare le scuole, di sistemare le strade, perché se la situazione degenera, tanto arriva «mamma Roma» e sistema, sistema tutto ! Questa è la cosa veramente sbagliata !
Avevamo poi detto anche come trovare delle risorse: è ancora in vigore una norma – solo che non è mai stato emanato il decreto attuativo – che statuisce che tutte le autostrade dell'ANAS vanno messe a pagamento. La Salerno-Reggio Calabria, il GRA di Roma: queste sono autostrade, mettiamo i caselli e vedrete che ritornano le risorse anche per sistemarle. In fondo nelle nostre zone ormai, per fare una strada, bisogna sempre farla in project ! Addirittura ormai le strade che sono già costruite, che sono già sistemate, le si mette in project e si trasformano a pagamento per fare allungamenti brevi, non aspettando i soldi da Roma (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! E invece per alcune strade del Sud sempre gratis, sempre tutti che pagano.
Per questi motivi, dunque, per tanti altri, questo è un decreto-legge che non ci piace: è molto leggero, interviene poco; e in più questa maggioranza si è dimostrata una maggioranza che non esiste. Abbiamo fatto anche tutta la mattina e abbiamo lavorato tutta la notte: non perché c'era la minoranza che faceva opposizione, ma perché al suo interno la maggioranza non riusciva a trovare le soluzioni. Riuscivano a litigare su tutto ! È stata gestita veramente in una maniera a mio avviso indegna: vedere che si cominciavano i lavori, erano convocati a una certa ora, alle 5, si ricominciava alle 6, 6,30 senza dir niente ai colleghi; cominciavano a parlare tra di loro, si doveva parlare un deputato per gruppo, ma quando c'eran gli emendamenti del PD c'era un dibattito tra il presidente della Commissione e questo deputato, e intervenivano altri deputati del PD perché bisognava trovar la quadra. Se si opponeva, invece, la minoranza: un discorso, punto.
Questo dunque, a nostro avviso, è veramente un Governo, come è stato detto ieri, che sta navigando a vista; però sta navigando a vista in un mare pieno di iceberg e di secche, e soprattutto con la nebbia: e voi volete correre, volete andare veloce ! Non ricordate cosa è successo al Titanic ? Non ricordate che quando ci sono dei pericoli, ci sono molte insidie, forse conviene andare con calma, ascoltare tutti gli avvertimenti, anche dell'opposizione: perché noi siamo un'opposizione costruttiva, siamo persone che vogliono risolvere i problemi; e che facciamo delle proposte concrete, delle proposte che se ascoltate potrebbero portare molte risorse a questo Stato, perché andrebbero a tagliare le spese di questo Stato.
Anche in questo decreto-legge si prevedevano infatti le assunzioni in alcuni campi, mentre ho detto: se abbiamo un esubero di personale, e forse si sta ragionando se fare i prepensionamenti o via dicendo, prima di fare ulteriori assunzioni, prendiamo questo personale e mandiamolo a ricoprire gli incarichi che sono scoperti.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MATTEO BRAGANTINI. Non è stato fatto, si sono fatte di nuovo le «marchette» Pag. 10perché bisogna accontentare gli amici degli amici: ogni parlamentare, ogni gruppo, ogni lobby deve aver avuto qualcosa !
Dunque, per tutti questi motivi, e soprattutto perché vediamo che questo Governo non sta risolvendo i problemi di questo Stato, noi voteremo ancora una volta contro la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gennaro Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghi, colleghe, signori Ministri, credo che questa discussione sulla fiducia sul provvedimento cosiddetto «del fare» stia proseguendo una cattiva abitudine di questi anni, quella cioè di individuare il ricorso alla fiducia per approvare dei provvedimenti che avrebbero bisogno innanzitutto di una maggiore compattezza, tanto per materia quanto per l'individuazione anche degli iter legislativi, sia per una contraddizione che emerge in maniera abbastanza palese rispetto alle dichiarazioni iniziali che aveva fatto il Governo.
Io non so quale sia la necessità che vi spinge a effettuare... Prima il collega Bragantini – che pure in alcuni suoi passaggi assomiglia a un disco rotto degli anni Ottanta, quando parla di questa contrapposizione con il Sud: ormai credo che le politiche pubbliche siano deficitarie per tutto il Paese, a partire dal Mezzogiorno – diceva una cosa che onestamente mi sento nella sostanza di condividere: tanti articoli, 86 articoli, disorganici per materia. Avete detto che il ricorso alla fiducia serviva per ottenere l'approvazione di questo risultato, mentre invece sarebbe stato più congruo che vi potessero essere degli stralci rispetto ad alcune materie che francamente non avevano nessun significato dal punto di vista dell'urgenza.
Noi siamo, da questo punto di vista, molto sorpresi e colpiti dalla vostra superficialità, perché questo decreto assomiglia molto a quei decreti che avevano segnato la stagione, non certo di successi, del Ministro Passera: i «decreti sviluppo», i decreti che avevano riempito di norme e anche di questioni totalmente distanti dalle esigenze dei cittadini il nostro ordinamento.
Voi non state facendo molto per questo Paese, direi che quello che state facendo lo state realizzando per far arretrare le condizioni del nostro Paese. Lo dico con rispetto, ma con grande durezza, relativamente alle questioni che stanno emergendo, sempre più sofferenti, da questo Paese. Guardo il Ministro Giovannini, il quale ha introdotto nel suo provvedimento il fatto che ci debbano essere sempre degli stage retribuiti; però, per esempio, in questo provvedimento si prevede che gli stage all'interno dei tribunali, nella riforma relativa alla giustizia, non debbano essere più così, cioè che possano continuare a non essere retribuiti.
Penso a questo clima di austerità, nel quale ci dite dovrebbe essere tutto il Paese, e poi togliete il tetto per la retribuzione dei super manager. Perché ? Perché l'avete fatto ? Noi abbiamo una richiesta puntuale su questo punto. Perché avete eliminato il tetto alle retribuzioni dei super manager ? Perché non avete fatto, invece, una norma che sarebbe stata di accompagnamento e di serietà rispetto alla condizione attuale del Paese, che magari seguisse quello che è stato già realizzato in Svizzera, dove addirittura si è svolto un referendum popolare per impedire che i super manager si attribuissero ricchi super bonus che incrementassero le loro retribuzioni ? Perché il nostro Paese, il nostro Stato, non interviene nella regolamentazione di sperequazioni che sono sempre più odiose ?
Penso che da lettori, come siamo tutti noi, di Il Sole 24 Ore, abbiate visto che, nel corso del solo ultimo anno, la somma complessiva delle retribuzioni dei manager privati è aumentata di 50 milioni di euro, da 350 a 400 milioni di euro, per i primi cento manager. Su questo non intervenite, anzi intervenite per derogare anche sui manager pubblici, non fissando quello che era un ragionevole tetto, quello del primo presidente della Corte di cassazione, chè Pag. 11mi sembra sia non solo una buona retribuzione, ma anche un onore quello di presiedere aziende di proprietà pubblica.
Devo dirvi che, se qualcuno degli attuali manager – penso a quello di Ferrovie dello Stato – avesse deciso che, per la bassa retribuzione, sarebbe andato sul mercato privato a cercare qualcun altro che lo prendesse, non avremmo certo sofferto della sua mancanza. Penso a Moretti o ad altri manager (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle), come Scaroni, che, nel corso di questi anni, hanno realizzato delle profonde ingiustizie nella gestione della cosa pubblica, o al manager dell'ANAS.
A proposito: sull'ANAS, perché avete introdotto la norma che la rende concessionaria ? Forse perché, in questo modo, in tema di aggravio delle imposte indirette – voi avete una discussione in atto sull'aumento dell'IVA ed è chiaro che le tariffe dei servizi sono ulteriori balzelli alla vita quotidiana delle persone –, l'ANAS potrà mettere degli oneri come concessionaria anche, per esempio, sulle strade provinciali, come un biglietto per entrare nel raccordo anulare, oppure in una delle tante strade del nostro Paese ?
Voi state consapevolmente bloccando questo Paese, dal punto di vista della capacità di rispondere alla crisi. Ci aspettavamo che ci fosse, dopo cinque lunghi anni di crisi – la crisi più lunga dal dopoguerra ad oggi –, uno scatto che, sia sul versante del reperimento delle risorse, sia sul versante dell'accelerazione degli investimenti, facesse effettivamente qualcosa.
Vedete, noi non vi daremo la fiducia. Non ve la daremo perché – non condivido l'argomento del collega Tabacci – non si tratta di una fiducia tecnica: è sempre una fiducia politica. Non vi daremo la fiducia, ma non eviteremo di darvi qualche consiglio, perché, nel corso di questi prossimi mesi, noi avremo bisogno di un Governo che faccia – e lo diciamo dall'opposizione e opponendoci ogni qual volta sarà necessario – delle scelte più impegnative.
Io sto ancora attendendo – lo dico al Ministro Franceschini, che è qui presente – la risposta ad un'interrogazione che ho presentato sul direttore dell'Agenzia digitale. Visto che voi avete, di nuovo, modificato la governance dell'Agenda digitale e avete detto che ci dovrà correre l'autostrada dello sviluppo del nostro Paese, noi non abbiamo ancora capito per quale motivo introdurre un sistema di scatole cinesi per proteggere un manager, in questo caso pubblico, rispetto al quale noi abbiamo richiesto, in più occasioni, che venisse chiarito il suo ruolo rispetto anche ad eventuali danni all'erario del Paese, oltre che alla sua confermata incapacità di gestire un progetto così importante per lo sviluppo del nostro Paese. Intanto, però, avete tagliato 20 milioni di euro per la banda larga.
Ebbene, il vostro fare diventa un argomento difficile da trattare in pubblico e, quindi, se posso permettermi di dare un consiglio, almeno ritornate alla numerazione, piuttosto che ai nomi di fantasia: dal «salva Italia» al «fare» non c’è stato uno solo di questi decreti-legge che abbia corrisposto effettivamente a quello che prometteva nel titolo. Io penso che, se noi stiamo ancora pagando i debiti che sono stati fatti con l'introduzione di una norma come quella che ha generato centinaia di migliaia di esodati, sta a voi dare una risposta affinché sugli esodati ci possa essere qualcosa di diverso da una promessa: ce ne occuperemo a ottobre, ce ne occuperemo a novembre.
Il Ministro del lavoro sa benissimo, per la sua lunga esperienza, di che cosa stiamo parlando, di quale sia la piaga, diffusa all'interno del nostro Paese, della disoccupazione, e sa anche bene che non si possono solo fare degli interventi tampone, che possono magari agevolare con qualche azione le assunzioni nel momento in cui c’è una crisi dopo l'altra.
Bisogna prendere delle decisioni più sostanziali rispetto agli investimenti e bisogna avere il coraggio di dire, visto che gli argomenti su cui si dovrebbe misurare questo decreto-legge sono quelli anticiclici Pag. 12del contrasto alla crisi, che le risorse, se vanno prese – e chiudo –, devono essere prese lì dove servono.
Noi l'abbiamo già detto e, in questo Parlamento, è stata votata una mozione che ha confuso le carte. Bisognava prenderli da tanti capitoli; bisognava prenderli magari facendo una tassazione patrimoniale sui grandi patrimoni immobiliari, cioè su chi ha conti in banca e titoli che abbiano un'incidenza superiore al milione di euro; bisognava prenderli dagli F-35.
Ancora ieri, il Ministro Mauro ha detto che c’è bisogno di più investimenti sul settore militare.
Non vi siete accontentati di avere raggirato questo Parlamento. Volete continuare su questa strada ed è anche per questo motivo che voteremo contro, convintamente, sulla fiducia a questo Governo e saremo per costruire un'opposizione, fuori da qui e dentro questo Palazzo, che possa consentire a questo Paese di rialzare la testa (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.
ANDREA ROMANO. Signor Presidente, quando il decreto cosiddetto del fare è stato presentato dal Governo, circa un mese fa, vi fu chi utilizzò sulla stampa la metafora del cacciavite (ce lo ricordiamo). Questo decreto – scrisse Dario Di Vico su uno dei principali quotidiani italiani – si ispirerebbe alla politica del cacciavite piuttosto che a quella del passepartout. È vero. Nel provvedimento sul quale oggi votiamo la fiducia non c’è nessun miracolo, nessuna bacchetta magica, ma c’è, piuttosto, una serie di limature, correzioni e riparazioni per un organismo economico che è certamente più che traballante.
La domanda è: sono sufficienti questi provvedimenti a rimettere in moto l'economia, come attende un Paese sempre più in emergenza ? Naturalmente no, non sono sufficienti. Lo sappiamo noi e siamo sicuri che lo sappia anche il Governo. Non c’è il miracolo, non c’è la bacchetta magica. E, tuttavia, il primo provvedimento economico di rilievo del Governo Letta, che tra poco supererà i cento giorni di vita, deve essere interpretato come una mappa da sviluppare già nei prossimi mesi, o almeno così vogliamo vederlo noi di Scelta Civica, che oggi daremo il nostro voto di fiducia al Governo non certo per spirito di moderazione, che non ci appartiene, né per subalternità ad una maggioranza alla quale partecipiamo – e vorrei dirlo con chiarezza all'onorevole Rampelli – per realizzare le riforme concrete che riteniamo giuste e urgenti.
Oggi noi rinnoveremo la fiducia al Governo perché consideriamo questo provvedimento, per l'appunto, una mappa di temi per l'immediato futuro, ciascuno dei quali dovrà essere affrontato con provvedimenti certamente più risolutivi e più incisivi. Dovrà essere fatto di più e meglio nel campo della semplificazione amministrativa, della ricerca, della giustizia, della digitalizzazione e via dicendo sui vari capitoli di un provvedimento che – ripeto – vogliamo accogliere come l'indicazione di una direzione di marcia che il Governo dovrà percorrere, con più coraggio e con più determinazione, già nelle prossime settimane.
Leggiamo anche questo provvedimento, come ha detto il collega Tabacci lunedì in Aula, come un segno di ottimismo della volontà, anche perché se dovessimo invece leggerlo con la chiave del pessimismo della ragione, vi sarebbe da nutrire più di un dubbio sul criterio che ha portato ad assommare interventi della più svariata natura, nei quali è particolarmente difficile rintracciare il criterio della omogeneità.
La forma omnibus di questo decreto non funziona, non solo perché ricorda pagine non proprio gloriose della storia politica e parlamentare di questo Paese, non solo perché espone il legislatore a quello che giustamente il nostro collega Enrico Zanetti ha definito «la dittatura degli uffici», ovvero la gestione inevitabilmente frettolosa e, dunque, spesso arbitraria degli emendamenti ammissibili, Pag. 13nonché l'utilizzo apodittico e spesso senza adeguate spiegazioni di dettaglio del problema delle coperture di gettito.
Non funziona anche perché espone ad errori clamorosi, come quello che ha cancellato il tetto agli stipendi per le società pubbliche non quotate che svolgono servizi di interesse generale. E lo chiamo «errore» perché così voglio interpretarlo, ovvero come un banale errore formale e in buona fede, al quale sono e siamo convinti che il Senato saprà porre rimedio. Tra l'altro, è un errore che è all'interno di una norma che ha un fine condivisibile, perché consente di eliminare le possibilità per i manager che mandano le proprie aziende in perdita di ricevere premi.
Ma, il difetto principale della forma omnibus, almeno in questo decreto, è che essa facilita la prosecuzione di quell'eco molto pesante delle promesse elettorali nel quale siamo ancora immersi e nel quale è immerso tutto il nostro dibattito politico ancora in queste settimane. Non è tanto l'eco degli impegni che diversi partiti hanno responsabilmente preso verso il Paese, ma è, piuttosto, l'eco delle promesse concretamente inattuabili che sono state fatte solo ed esclusivamente per spirito di propaganda.
Da questo punto di vista il «decreto del fare» rischia di apparire come una somma di piccoli pedaggi pagati a corporazioni diverse o a singoli frammenti di corporazioni.
Lo ha spiegato bene lunedì in Aula il collega di Scelta Civica Andrea Mazziotti, perché c’è anche in questo provvedimento il riflesso di una delle più gravi debolezze che la nostra politica ha mostrato negli ultimi anni, ovvero la tentazione costante dei blandire e assecondare le diverse categorie di riferimento dei diversi partiti, senza intervenire con coraggio, e anche con il rischio elettorale, spiegando che alcuni privilegi vanno eliminati nell'interesse del Paese.
Di fronte a questi rischi è indispensabile ricordare al Governo che la qualità della sua azione non si misurerà tanto per come riuscirà a tenere a bada i differenti interessi corporativi di cui sono portatori i diversi partiti o a volte frazioni dei diversi partiti, ma piuttosto dalla forza con cui saprà affrontare i due temi prioritari che, secondo noi, stanno alla base dell'emergenza economica italiana: la riduzione della pressione fiscale su lavoro e produzione, insieme alla qualità, oltre che alla quantità, della spesa pubblica.
Anche per questo vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno e vogliamo cogliere nel provvedimento il valore di alcuni passi particolarmente importanti che sono stati intrapresi, tra cui ne voglio citare uno, ovvero la decisione di istituire un commissario straordinario per la spending review che dovrà rapidamente mettere mano all'analisi della spesa pubblica. È un passo tanto più utile perché è previsto insieme ad un Comitato interministeriale, di cui sarà direttamente il Presidente del Consiglio ad avere la responsabilità politica. Sarà anche e soprattutto su questo, ovvero su come la spesa pubblica sarà riqualificata e ridotta, che Scelta Civica valuterà nel tempo l'operato del Governo.
Oggi votiamo la fiducia e, come sempre, per la nostra democrazia non è mai una giornata ideale quella nella quale si chiede ai parlamentari di esprimere un voto di fiducia al Governo come condizione per licenziare un qualunque provvedimento di legge. Lo dico soprattutto dopo aver partecipato, insieme a tanti altri colleghi della maggioranza e dell'opposizione, nelle Commissioni I e V, ad una settimana che è stata insieme appassionante e massacrante, nel corso della quale abbiamo trascorso decine di ore, diurne e notturne, a discutere e votare i vari dettagli del provvedimento.
Oggi un brillante giornalista che voglio citare, Mattia Feltri, ironizza sul tema delle blindature. È già il secondo voto di fiducia che viene posto nel giro di poche settimane a questo Parlamento ed è evidente che un Governo come questo, dotato di amplissima base parlamentare, non può procedere troppo agevolmente con il sistema delle blindature. Tuttavia, c’è in questo un tema che interroga anche il modo di fare opposizione. Non spetta a me dare lezioni su come è meglio fare opposizione. Pag. 14Ricordo però ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, Presidente, con i quali abbiamo condiviso tante discussioni di merito, che nelle Commissioni riunite siamo arrivati in più di un'occasione a convergere su proposte emendative che venivano proprio da loro. Sembra quasi, vorrei dire, che il MoVimento 5 Stelle abbia due modalità di comportamento: una pragmatica, che è volta concretamente a introdurre nei provvedimenti di legge quelle modifiche che essi ritengono giuste, e una invece autoreferenziale e propagandistica – per carità, legittimamente propagandistica –, che però è orientata al criterio del «tanto peggio tanto meglio».
Mi permetto di ricordare che quella del «tanto peggio tanto meglio» è certamente una filosofia antica, ma forse non è una filosofia troppo saggia, perché quel criterio funziona di rado e di solito conduce allo scenario della catastrofe. Nessun problema, per carità, se lo scenario della catastrofe è l'obiettivo legittimo di una forza politica; però, è anche necessario sapere che è altrettanto legittimo opporsi al criterio del «tanto peggio tanto meglio». È necessario farlo con tutti gli strumenti della democrazia, di una democrazia, quella italiana, che, con tutte le sue magagne, resta comunque una grande e solida democrazia repubblicana. Anche per questo Scelta Civica oggi rinnoverà la propria fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Onorevole Romano, vorrei fare solo una piccola precisazione. Lei ha fatto riferimento alle decisioni di ammissibilità degli emendamenti. Lei sa che queste sono decisioni che prendono i presidenti di Commissione e gli uffici fanno le dovute istruttorie sulla base del Regolamento. Quindi, se i gruppi riscontrano delle anomalie, devono – possono e devono – farlo presente ai presidenti di Commissione e, in ultima istanza, al Presidente della Camera. Dunque, direi di procedere in questo senso, più che evidenziare responsabilità degli uffici, che non hanno in questo senso, perché loro predispongono il lavoro e fanno le dovute istruttorie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel corso delle dichiarazioni programmatiche dell'insediamento del Governo, il Presidente del Consiglio Letta, ricevendo la condivisione pressoché comune di questa Assemblea, ha ricordato come il momento che l'Italia e l'Europa si trovano a vivere oggi è di portata eccezionale, affermando, altresì, che, nell'elaborazione di posizioni comuni, come quella elaborata dai colleghi Brunetta, Baretta e Occhiuto attraverso le mozioni presentate in vista del Consiglio europeo del giugno scorso, si sono raggiunti importanti intese per dare all'Europa un contributo italiano innovativo.
È da quelle premesse macroeconomiche che l'azione di questo Governo, nato, come dicevo prima, in una fase eccezionale e caratterizzata da profondi cambiamenti della vita sociale ed economica a livello globale, le cui peculiarità, tuttavia, non sono esclusivamente improntate su sentimenti di gravità ed urgenza, ma, direi, anche di speranza e ottimismo, prosegue il suo cronoprogramma di 18 mesi, sia per una revisione complessiva dell'architettura istituzionale e di ammodernamento dell'apparato dello Stato sia per l'individuazione di tutte le strategie per arrivare alla crescita senza compromettere il processo necessario di risanamento della finanza pubblica.
Di solo risanamento l'Italia muore ! Senza crescita e senza coesione l'Italia è perduta. Il Paese, invece, può farcela e, per ripartire, tutti devono essere motore di questa nuova energia positiva. L'architrave di questo Esecutivo e della maggioranza che lo sostiene deve essere rappresentato da una necessaria sintonia tra le azioni del Governo e quelle delle banche e delle imprese, che devono essere mirate ad una crescita di lungo periodo degli attori economici, per superare gli annosi ritardi dell'Italia in termini di crescita della produttività e della competitività.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 11,08)
ROCCO PALESE. In tale contesto, la qualità delle disposizioni contenute all'interno del disegno di legge di conversione su cui è stata posta la questione di fiducia da parte del Governo determinerà un impatto positivo, e ritengo efficiente, sull'economia reale nazionale, tuttora stretta da una crisi economica così grave e recessiva sul tessuto economico e sociale del nostro Paese, proprio per una serie di disposizioni importanti per il Paese, che incidono in modo sostanziale nell'economia reale.
Mi riferisco alle disposizioni in materia di appalti pubblici e di concessioni di lavori pubblici, di infrastrutture strategiche e di manutenzione del territorio, di concessioni autostradali, di edilizia, di urbanistica, in materia ambientale, nel settore portuale, nonché alle disposizioni in tema di giustizia e di lavoro, di ricerca scientifica e, da ultimo, in ambito sanitario.
Il provvedimento, a mio avviso, contiene una serie di ambiti di intervento tutti rivolti alla crescita e allo sviluppo delle imprese e delle famiglie, collegati da un unico e fondamentale pilastro, rappresentato dalle misure di semplificazione in materia di procedimenti amministrativi e burocratici da parte della pubblica amministrazione.
Il disegno di legge, pertanto, si inserisce all'interno di quelle ulteriori misure di rilancio approvate nel corso degli scorsi mesi, attraverso i pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese, gli interventi di alleggerimento del peso fiscale sul settore immobiliare e sulle imprese, il sostegno ai lavoratori disoccupati attraverso il ricorso ai sussidi previsti per la cassa integrazione, le misure di incentivo relative agli ecobonus.
Sono tutti interventi che, attraverso la decretazione d'urgenza, rappresentano un insieme di misure che, nella loro complessità, si intendono indirizzate e concentrate in un'azione comune rivolta proprio a sostenere le famiglie e le imprese, con l'unico obiettivo di rilanciare la ripresa ed i consumi interni, e migliorare, pertanto, i tristi numeri del prodotto interno lordo, che, come evidenziavo nel corso del mio precedente intervento, ha subito un calo gravissimo.
Evidenzio che, se nel corso dell'impegnativo esame del provvedimento presso le Commissioni riunite affari costituzionali e bilancio sono state sottolineate differenti sollecitazioni da parte dei gruppi parlamentari finalizzate a migliorare l'impianto complessivo delle aree di intervento sugli appelli e gli inviti a scelte di politica economica diverse, volte a scuotere un'economia fiaccata in settori vitali, ciononostante, a mio avviso, risulta essenziale non perdere di vista il quadro complessivo dei risultati ottenuti ed ottenere degli impegni e dei vincoli da osservare.
Aggiungo, inoltre, inserendomi con quanto disse il 31 maggio scorso il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco sui sacrifici compiuti per conseguire e consolidare la stabilità finanziaria, che l'inversione del ciclo economico verso la fine dell'anno è possibile.
L'uscita dalla procedura per deficit eccessivo ne è un primo frutto, da non dissipare, e va considerato, pertanto, un investimento su cui costruire. Sono convinto che, nella situazione in cui ci muoviamo, occorre la massima ponderazione, senza oscurarne i dati di gravità, nell'osservanza anche degli ultimi indicatori forniti dal Bollettino economico della Banca d'Italia, che evidenziano, nonostante nello scorso trimestre si sia registrato ancora un calo del prodotto interno lordo, con qualche più recente segno di miglioramento nella produzione industriale e nella spesa delle famiglie, alcuni dati positivi sulla condizione dei conti pubblici, come sulle partite correnti della bilancia dei pagamenti, non ignorando i fenomeni più gravi relativi al mercato del lavoro o alle difficoltà e al costo del credito alle imprese.
Pertanto, nonostante i ristretti ambiti su cui intervenire, considerando i margini di spesa pubblica ridottissimi, a causa dei vincoli di bilancio europei e degli impegni Pag. 16internazionali presi per il pareggio di bilancio, il decreto-legge (su cui il Governo ha posto la fiducia, che il nostro gruppo vota con convinzione) che ci accingiamo a discutere e a votare questa settimana, ritengo possa essere valutato positivamente in una prospettiva di proseguimento per quei provvedimenti già approvati in temi di rilancio dell'economia, nel solco di un processo di semplificazione della vita pubblica per le imprese, i cittadini e la pubblica amministrazione, in grado di garantire maggiore competitività.
Per i contribuenti in difficoltà economica o con momentanea carenza di liquidità il decreto-legge estende fino a dieci anni – provvedimento, questo, importantissimo –, fino a 120 rate mensili, la possibilità di rateizzazione del pagamento delle imposte, nei casi di comprovata difficoltà. Altro elemento essenziale: i provvedimenti su Equitalia, quello sul codice degli appalti, tutti provvedimenti che servono a stimolare l'economia, a snellire le procedure burocratiche, a innovare, soprattutto, nel contesto dei provvedimenti che riguardano l'Agenda digitale e la digitalizzazione dei servizi ed interventi in tale ambito che continuano in misure. Le misure più rilevanti riguardano il piano, precisamente esposto, dei «6.000 Campanili», il fondo per i piccoli interventi per i piccoli comuni, e tante e tante altre misure che sono contenute all'interno del decreto, che è stato fortemente migliorato con il contributo che ha avuto da parte di tutti i gruppi e di tutti i componenti delle due Commissioni, nel contesto dell'elaborazione di un provvedimento che oggi, senza se e senza ma, è ritenuto essenziale per il prosieguo dell'economia del Paese.
Pertanto, Signor Presidente, onorevoli colleghi, concludo il mio intervento nella convinzione che il provvedimento di oggi si inserisce all'interno di un più ampio mosaico di misure d'urgenza, già approvate nel corso dei due precedenti mesi di avvio della legislatura, e funge da trampolino per favorire condizioni più favorevoli alle attività di imprese, in particolare quelle di piccola e media dimensione, per sostenere le famiglie e i cittadini nell'attuale fase, così mutevole, della società italiana, all'interno del sistema complessivo del funzionamento più semplice e snello dell'intero apparato della pubblica amministrazione.
Il Paese aspetta da troppo tempo le misure proposte e non può più attendere. Per questi motivi il gruppo del PdL voterà con convinzione la fiducia, con l'auspicio che anche in questa sede le opposizioni assumano lo stesso atteggiamento responsabile che hanno assunto nelle Commissioni, contribuendo sia per quello che riguarda il contributo di merito, migliorando il decreto, sia per quello che riguarda anche la tempistica, consentendo l'approvazione e consentendo che il provvedimento giungesse qui in Aula. Auspico che le opposizioni anche oggi, per il bene del Paese, assumano lo stesso ha atteggiamento di responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sorial. Ne ha facoltà.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Grazie Presidente. Ministre, Ministri, deputate e deputati, è una ironia machiavellica quella che porta il Governo a chiedere, per l'ennesima volta, la fiducia, abusando con violenza di una parola che era portatrice salubre di bellezza fino a poco tempo fa, ed arrivando oggi a privarci ulteriormente di un termine della lingua più bella del mondo, come ormai fecero i Governi predecessori con una eguagliabile linea di continuità. Come se non bastasse ormai voler già mettere mano con fretta e furia a quella che viene definita «la più bella Costituzione del mondo». E se è la più bella, perché avete cotanta fretta di modificarla ? «Governare è far credere» recitava Machiavelli, e con inabile strategia comunicativa questo Governo, ormai carente di credibilità, vuole però far credere ai cittadini di fare qualcosa per il loro interesse. Che gran giro di parole ! In un loop ormai inequivocabile, questo Governo passa repentinamente da uno scandalo internazionale all'adozione di un altro decreto Pag. 17vuoto, alla richiesta di fiducia, passando poi per il successivo scandalo internazionale, in un inesorabile circolo vizioso che lede la credibilità, e, nel frattempo, mette le mani nelle tasche dei cittadini, con ineguagliabile arroganza.
Il tutto iniziò ormai cinque mesi fa, con la richiesta di fiducia per antonomasia, quella originale, il peccato originale portatore di ogni male.
E così dal peccato originale, quello che lega la destra alla sinistra, al quale nessun essere del creato avrebbe mai creduto, si è costituita quella che viene sarcasticamente chiamata «grande intesa»...
PRESIDENTE. Chiedo di liberare i banchi del Governo, se è possibile cortesemente.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Perché basta vedervi in televisione per capire come palesemente l'unica intesa esistente in questo Governo sia quella che serve ad intascarsi i soldi dei rimborsi elettorali e continuare a fare i propri interessi.
E dal peccato originale, dal matrimonio, dopo il ventennio di fidanzamento, oggi siamo ad assistere al protrarsi del peccato, dell'ipocrisia e dello sbaglio, del Governo di pochi per l'interesse di pochi. È quindi più facile per questo Governo chiedere la fiducia, pur avendo una delle numericamente più larghe intese mai create nella storia della legislatura italiana, piuttosto che accettare, emendare e migliorare un decreto che presenta solo troppe criticità.
Abbiamo presentato delle coperture finanziarie alternative per questo decreto, alternative alla pratica illecita dei governi di coprire finanziariamente vizi e stravizi della propria partitocrazia attraverso l'aumento della tassazione dei cittadini, già a livelli record. Questo Governo per coprire i propri vizi aumenta le accise sulla benzina per 75 milioni di euro, invece di rinunciare ai 91 milioni di euro della prima tranche dei rimborsi elettorali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Rimborsi elettorali in modo truffaldino intascati da quei capo partito che, come Bonnie e Clyde, vivono nell'illegalità per rubare a destra e a manca.
Abbiamo presentato e spiegato pazientemente l'importanza di temi oggettivamente rilevanti, come quello in merito alla salute dei cittadini, al divieto di utilizzare CIP6 nell'incenerimento, perché non sono fonti rinnovabili, al giusto compenso per i lavoratori sin dalle prime fasi di stage che dilaniano i giovani lavoratori italiani, che ormai pur di lavorare rinunciano agli irrinunciabili diritti.
Che Stato, che Governo ! In una continua lotta, come Golia, questo Governo fa soprusi palesi e pesantemente si muove come un gigante, una gigante e lenta intesa che non produce ma distrugge, che non fa ma rinvia.
Questo decreto è definito «omnibus», tuttologia pura; infatti, su ogni tematica questo decreto è vuoto, vuoto di azioni per i cittadini, ma pieno di soldi per politici, marchettari, amici e delinquenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Così come per il provvedimento per l'eliminazione del tetto delle retribuzioni dei super manager, oltre alle pensioni d'oro nel pubblico, avete inserito i bonus d'oro dei manager del privato, finemente sempre collegati e spesso direttamente nominati dall'attuale politica. Poi è nella fatalità delle cose ne nominate un altro di super manager, che è pure un pluripensionato dorato, creando così una nuova figura amletica mai esistita: il manager pubblico, pensionato, ma commissario da un milione di euro. E, ancor prima, quindi, di revisionare la spesa spendete soldi per la spending review: che contraddizione !
Presidente, Ministri, Governo vi parlo da cittadino, da ragazzo di trent'anni portatore di un unico interesse, quello della lobby più grande d'Italia: la lobby dei cittadini onesti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non sarà la lobby più potente o la più ricca, ma vi garantisco che è la più forte, perché nelle sofferenze non perdiamo il nostro orgoglio, perché la sofferenza produce perseveranza e la perseveranza ci rende forti Pag. 18nella prova e questa forza ci apre la speranza. La speranza è soprattutto la convinzione che questa ennesima richiesta di fiducia sia ormai la più palese dimostrazione che questo Governo è allo sbando e questo decreto sarà la fine per Bonnie e Clyde.
Questa è la signorina Bonnie Parker, l'altro è Clyde Barrow, di solito rapinano banche, ma essendo figli delle banche, vogliono oggi continuare a rapinare la gente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma, così come nella canzone Demolition lovers dei My Chemical Romance, oggi narriamo le gesta e la difficoltà, la difficoltosa vita di Bonnie e Clyde e capiamo bene quanto l'amore fra i due sia così forte da portarli a morire insieme. Un giorno cadranno insieme, si narrava, verranno sepolti fianco a fianco; per pochi sarà un dolore, per la legge un sollievo, ma è morte per Bonnie e Clyde (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Noi sottolineiamo la nostra contrarietà alla fiducia a questo Governo su questo decreto-legge e voteremo contro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zoggia. Ne ha facoltà.
DAVIDE ZOGGIA. Signor Presidente, onorevoli Ministri, onorevoli colleghi, permettetemi anzitutto di ringraziare tutti i Ministri che hanno contribuito alla stesura e al miglioramento di questo decreto-legge. Tutti i presidenti e i componenti delle Commissioni interessate e, in modo particolare, i presidenti Boccia e Sisto, per il grande e serio lavoro svolto nonché per il rispetto mostrato nei confronti delle altre Commissioni di cui hanno considerato in qualche modo vincolanti i pareri rispetto al lavoro finale fatto dalle Commissioni bilancio e affari costituzionali.
Mi si permetta di aprire questo mio intervento con una riflessione sullo strumento del decreto-legge. Come previsto dal dettato costituzionale, l'adozione di un provvedimento del genere poggia sui presupposti della necessità e dell'urgenza, nonché, di conseguenza, su un impianto agile della norma. Se il presupposto della necessità è fuori dubbio, la sussistenza di quello dell'urgenza rischia, in questo caso, di apparire più debole.
Mi sono per questo domandato se, anche considerata la complessità e la vastità delle materie affrontate, lo strumento del decreto-legge fosse quello più adatto ad affrontare i nodi problematici di cui esso si occupa e non fosse, invece, stata più appropriata una legge.
Una volta però che, a seguito della decisione del Governo, ci si è trovati a lavorare su un decreto-legge, il Parlamento si è diviso tra chi ha cercato di dare il proprio contributo per affrontare i problemi del Paese e chi si limita ad uno sterile ostruzionismo. Si è avuta cioè la conferma della responsabilità che caratterizza questa maggioranza e, al contrario, anche la conferma che altri sembrano considerare i problemi non qualcosa per cui trovare una soluzione ma un'occasione per speculare politicamente. Non si può quindi non apprezzare il lavoro svolto da quei colleghi che, attraverso la presentazione di emendamenti, si sono impegnati per approntare dei miglioramenti al testo in esame.
Dall'altro lato, spiace constatare che il contributo di parte dell'opposizione si è limitato all'ostruzionismo: un atteggiamento costruttivo sarebbe stato ben più utile e fruttuoso. Invece non ha alcun effetto rispetto ai problemi reali del Paese.
I problemi del Paese appunto, la condizione ineludibile per porre rimedio alla grave situazione di crisi che attanaglia l'Italia, sono le risorse e le risorse, come tutti sanno, sono molto scarse. La crisi e i vincoli di bilancio stabiliti dalle autorità europee limitano fortemente il raggio di azione e la possibilità di manovra di questo Governo. Ciò rende quasi impossibile attuare le politiche espansive necessarie per permettere la ripresa. Eppure, nonostante tutti gli ostacoli e i paletti imposti dalla situazione, l'Esecutivo Letta e la maggioranza hanno già adottato alcuni provvedimenti capaci di stimolare la crescita. Penso alle misure che prevedono Pag. 19lo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, al decreto-legge sull'Ilva di Taranto, a quello sull'efficienza energetica e le ristrutturazioni edilizie. Si tratta di norme che, forse non risolutive, contribuiranno di certo a spezzare la spirale recessiva che affligge l'economia italiana.
Il decreto-legge in esame oggi è un'altra tappa del percorso che, grazie al lavoro del Governo, ci consentirà di fare ancora alcuni metri per allontanarci dalla palude della recessione. Con misure molto mirate il «decreto del fare» affronta, infatti, tre nodi che in modo diverso sono imprescindibili nel rimuovere gli ostacoli o favorire le condizioni che permettano all'economia italiana di ricominciare a crescere.
Contiene, infatti, sia misure specifiche di impulso all'economia che norme capaci di semplificare il funzionamento della pubblica amministrazione e quello della giustizia civile.
Tra le altre le forme di sostegno alle imprese, attuate migliorando l'accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese: il rifinanziamento dei contratti di sviluppo; il potenziamento del Fondo centrale di garanzia che riattiverà i finanziamenti a tasso agevolato per l'acquisto di macchinari, di attrezzature e di impianti.
Effetto altrettanto positivo per la crescita sortiranno, solo per citarne alcune, le misure che prevedono la liberalizzazione nel settore energetico per gas e carburanti, i provvedimenti sul fronte universitario, come lo sblocco del turnover o le modalità di finanziamento, e sul fronte delle infrastrutture gli interventi di defiscalizzazione, lo sblocco dei cantieri, gli interventi per rilanciare i porti, la sicurezza stradale e l'edilizia scolastica.
A questo proposito invitiamo il Governo a verificare se esistano le condizioni per un ripensamento in merito al finanziamento per la pulizia degli edifici scolastici da approvare nell'altro ramo del Parlamento. Siamo consapevoli che ciò comporta un difficile lavoro nell'individuazione delle coperture, ma è uno sforzo che a nostro avviso vale assolutamente la pena di compiere. Gli investimenti sulla scuola e la formazione sono investimenti sul futuro e come tali sempre prioritari.
Allo stesso modo riteniamo indispensabile correggere l'errore materiale riguardante il tetto di 300.000 euro nello stipendio dei manager pubblici.
Quanto invece alle misure volte ad alleggerire un apparato burocratico spesso elefantiaco, non deve essere trascurata l'importanza degli interventi di semplificazione. In questo senso il decreto affronta il problema in modo vasto, ma coerente, investendo i settori dell'edilizia, dell'urbanistica, ambientale, amministrativo, fiscale, del lavoro, dei beni culturali, delle certificazioni sanitarie, la pignorabilità delle proprietà immobiliari, la riscossione di Equitalia e tanto altro ancora.
Siamo consapevoli che il cosiddetto decreto del fare, seppure necessario ed efficace, non sarà sufficiente da solo ad imprimere all'economia italiana la svolta di cui essa ha bisogno. Per questo il Governo e la maggioranza stanno lavorando con serietà e rapidità ad altri provvedimenti economici, come quelli riguardanti l'IMU e il blocco dell'aumento dell'IVA, indispensabili a dare ulteriore ossigeno al nostro sistema economico.
Tuttavia la guerra contro la crisi ha due fronti, quello interno e quello europeo. Se su quello interno il Governo e la maggioranza stanno facendo tutto ciò che è possibile, il fronte risolutivo per uscire dalla crisi è quello europeo. L'uscita dalle procedure d'infrazione è già un'importante premessa per liberare altre risorse indispensabili per la crescita. Ma anche considerato che tali risorse sono disponibili nel 2014, c’è bisogno di uno sforzo ulteriore. Il Governo Letta, forte della credibilità acquisita anche grazie alla serietà del suo lavoro ed al rigoroso rispetto dei vincoli di bilancio, ha già strappato a Bruxelles alcuni importanti risultati. È il segno che il percorso intrapreso è quello giusto. Ora si tratta di proseguire nel difficile lavoro diplomatico svolto fin qui per convincere che serve una maggiore flessibilità di bilancio e un progressivo Pag. 20maggiore coinvolgimento della BEI. Si tratterebbe di due misure risolutive nella lotta alla disoccupazione.
Voteremo la fiducia. Chiediamo al Governo di continuare su questa strada. È la strada della serietà e della concretezza, è la strada di chi affronta i problemi, sempre consapevole e chiaro delle difficoltà e che non si nasconde dietro le facili promesse ed illusioni. La strada giusta è quella delle soluzioni, delle risposte e della credibilità: percorrendola fino in fondo, tutti assieme, possiamo portare il Paese a ritrovare quella fiducia in se stesso che è necessaria per tornare a crescere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Ottobre. Ne ha facoltà, per un minuto.
MAURO OTTOBRE. Signor Presidente, onorevoli Ministri, colleghe e colleghi, io sono tra quelle persone che invece ha fiducia in questo Governo e non crede affatto a quegli scenari apocalittici che, un giorno sì e un giorno no, alcuni colleghi in quest'Aula si accingono sempre a dire e a fare.
Credo però che sia arrivato il momento anche di stringere i tempi. C'era un detto latino: mentre il Senato discute, Roma brucia. Ebbene, credo che noi ci dobbiamo calare più nella realtà della popolazione e della gente, perché questo è il momento della concordia. La gente, la popolazione ci chiede la concordia. Non capisce le beghe tra partiti, le beghe tra schieramenti opposti, perché evidentemente sembra quasi una guerra fra poveri. Così non è.
Dobbiamo ridare la speranza, la speranza alle nostre imprese e ai nostri imprenditori. Dobbiamo trasmettere quel sogno che in ogni crisi ogni imprenditore è riuscito a trasmettere.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, chiedo la parola adesso, non avendo voluto interrompere le dichiarazioni di voto, per cogliere un'esortazione, che ci è stata fatta dalla Presidente della Camera pochi minuti fa in ordine ad un tema che è stato sollevato proprio in sede di dichiarazione di voto da qualche collega, relativo alla non comprensibile discrasia con la quale si è proceduto, nel corso dell’iter di questo provvedimento...
PRESIDENTE. Deputati, vi chiedo di abbassare il tono della voce, cortesemente. Prego deputato.
MASSIMO ENRICO CORSARO. ... la non comprensibile discrasia con la quale si è proceduto a valutare l'ammissibilità degli emendamenti proposti. Sottopongo alla sua attenzione, signor Presidente, un caso di specie.
Il sottoscritto ha depositato, nei termini previsti, un emendamento a questo provvedimento, che è stato dichiarato inammissibile per estraneità di materia. La qual cosa mi ha talmente convinto da non avere neanche depositato un ricorso avverso la dichiarazione di inammissibilità dell'emendamento che io avevo prescritto.
Otto giorni dopo – ripeto, otto giorni –, al termine di una defatigante opera di elaborazione del testo da parte delle Commissioni riunite, intorno alle quattro del mattino di venerdì, quando finalmente sono arrivati gli emendamenti conclusivi a firma dei relatori, è curiosamente apparso – riapparso, sarebbe corretto dire – il mio emendamento, testualmente riproposto, virgola per virgola, punto su punto, a firma dei relatori, che, a quel punto, senza alcuna spiegazione alcuna, è diventato misteriosamente ammissibile. È stato posto al voto delle Commissioni, che lo hanno positivamente approvato, ed è diventato parte integrante del testo, anzi, per la precisione, è diventato l'attuale articolo 11-bis del testo che è stato proposto alle Camere.
Non so che cosa possa essere intercorso in quei giorni per rendere compatibile per materia un emendamento che, se depositato Pag. 21da un deputato di opposizione era inammissibile per estraneità di materia, se presentato dai relatori è addirittura diventato parte integrante del testo.
PRESIDENTE. La ringrazio.
In ogni caso, sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia. Ribadisco che la Presidenza si assume la responsabilità delle scelte in merito all'ammissibilità o meno.
(Votazione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 1248-A/R)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge n. 1248-A/R, di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, nel testo modificato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti a vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
La chiama avrà inizio dal deputato Bombassei.
Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama).
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 11,35)
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge n. 1248-A/R, di conversione del decreto-legge in esame, nel testo modificato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, su cui il Governo ha posto la questione di fiducia:
Presenti e votanti 594
Maggioranza 298
Hanno risposto sì 427
Hanno risposto no 167
La Camera approva.
Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative presentate.
Hanno risposto sì:
Abrignani Ignazio
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Agostini Roberta
Albanella Luisella
Alfano Gioacchino
Alfreider Daniel
Alli Paolo
Amato Maria
Amendola Vincenzo
Amici Sesa
Amoddio Sofia
Antezza Maria
Anzaldi Michele
Argentin Ileana
Arlotti Tiziano
Ascani Anna
Attaguile Angelo
Baldelli Simone
Balduzzi Renato
Baretta Pier Paolo
Bargero Cristina
Baruffi DavidePag. 22
Basso Lorenzo
Battaglia Demetrio
Bazoli Alfredo
Bellanova Teresa
Benamati Gianluca
Beni Paolo
Bergamini Deborah
Berlinghieri Marina
Bernardo Maurizio
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bianchi Dorina
Bianchi Mariastella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biffoni Matteo
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bini Caterina
Biondelli Franca
Blazina Tamara
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Bolognesi Paolo
Bombassei Alberto
Bonaccorsi Lorenza
Bonafè Simona
Bonavitacola Fulvio
Bonifazi Francesco
Bonomo Francesca
Bordo Michele
Borghi Enrico
Borletti Dell'Acqua Buitoni Ilaria Carla Anna
Boschi Maria Elena
Bosco Antonino
Bossa Luisa
Braga Chiara
Bragantini Paola
Brandolin Giorgio
Bratti Alessandro
Bray Massimo
Brunetta Renato
Bruno Franco
Bruno Bossio Vincenza
Bueno Renata
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calabria Annagrazia
Calabrò Raffaele
Campana Micaela
Cani Emanuele
Capelli Roberto
Capezzone Daniele
Capodicasa Angelo
Capone Salvatore
Capozzolo Sabrina
Capua Ilaria
Carbone Ernesto
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carfagna Maria Rosaria
Carnevali Elena
Carocci Mara
Carra Marco
Carrescia Piergiorgio
Carrozza Maria Chiara
Caruso Mario
Casati Ezio Primo
Casellato Floriana
Casero Luigi
Cassano Franco
Castiello Giuseppina
Castiglione Giuseppe
Castricone Antonio
Catania Mario
Catanoso Genoese Francesco Detto Basilio Catanoso
Causi Marco
Causin Andrea
Cenni Susanna
Censore Bruno
Centemero Elena
Cera Angelo
Cesa Lorenzo
Cesaro Antimo
Cesaro Luigi
Chaouki Khalid
Chiarelli Gianfranco Giovanni
Cicchitto Fabrizio
Cicu Salvatore
Cimbro Eleonora
Coccia Laura
Colaninno Matteo
Cominelli Miriam
Coppola Paolo
Coscia Maria
Costa Enrico
Cova Paolo
Covello Stefania
Crimi RoccoPag. 23
Crivellari Diego
Culotta Magda
Cuperlo Giovanni
D'Agostino Angelo Antonio
D'Alessandro Luca
Dallai Luigi
Dal Moro Gian Pietro
Dambruoso Stefano
Damiano Cesare
D'Arienzo Vincenzo
D'Attorre Alfredo
Decaro Antonio
De Girolamo Nunzia
Del Basso De Caro Umberto
Dellai Lorenzo
De Maria Andrea
De Menech Roger
De Micheli Paola
De Mita Giuseppe
Di Gioia Lello
Di Lello Marco
Di Maio Marco
D'Incecco Vittoria
Distaso Antonio
Di Stefano Fabrizio
Donati Marco
D'Ottavio Umberto
Epifani Ettore Guglielmo
Ermini David
Fabbri Marilena
Faenzi Monica
Famiglietti Luigi
Fanucci Edoardo
Faraone Davide
Farina Gianni
Fassina Stefano
Fauttilli Federico
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Alan
Ferro Andrea
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fitto Raffaele
Folino Vincenzo
Fontana Cinzia Maria
Fontana Gregorio
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Fossati Filippo
Fragomeli Gian Mario
Franceschini Dario
Fregolent Silvia
Fucci Benedetto Francesco
Gadda Maria Chiara
Galan Giancarlo
Galati Giuseppe
Galgano Adriana
Galli Carlo
Galli Giampaolo
Gandolfi Paolo
Garavini Laura
Garnero Santanchè Daniela
Garofalo Vincenzo
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gasparini Daniela Matilde Maria
Gelli Federico
Gelmini Mariastella
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giacobbe Anna
Giacomelli Antonello
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gigli Gian Luigi
Ginato Federico
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giorgetti Alberto
Giorgis Andrea
Gitti Gregorio
Giuliani Fabrizia
Giulietti Giampiero
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Grassi Gero
Gregori Monica
Gribaudo Chiara
Guerini Giuseppe
Guerini Lorenzo
Guerra Mauro
Gullo Maria Tindara
Gutgeld Itzhak Yoram
Iacono Maria
Iannuzzi Tino
Impegno Leonardo
Incerti Antonella
Iori Vanna
Kyenge Cécile
Laffranco Pietro
Laforgia Francesco
Lainati GiorgioPag. 24
Latronico Cosimo
Lattuca Enzo
Lauricella Giuseppe
Legnini Giovanni
Lenzi Donata
Leone Antonio
Leva Danilo
Librandi Gianfranco
Locatelli Pia Elda
Lodolini Emanuele
Lo Monte Carmelo
Longo Piero
Lorenzin Beatrice
Losacco Alberto
Lotti Luca
Lupi Maurizio
Madia Maria Anna
Maestri Patrizia
Magorno Ernesto
Malisani Gianna
Malpezzi Simona Flavia
Manciulli Andrea
Manfredi Massimiliano
Manzi Irene
Marantelli Daniele
Marazziti Mario
Marchetti Marco
Marchi Maino
Marguerettaz Rudi Franco
Mariani Raffaella
Mariano Elisa
Marotta Antonio
Marrocu Siro
Marroni Umberto
Martella Andrea
Martelli Giovanna
Marti Roberto
Martino Antonio
Martino Pierdomenico
Marzano Michela
Matarrese Salvatore
Mattiello Davide
Mauri Matteo
Mazziotti Di Celso Andrea
Mazzoli Alessandro
Melilli Fabio
Meloni Marco
Meta Michele Pompeo
Miccoli Marco
Milanato Lorena
Minardo Antonino
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misuraca Dore
Mogherini Federica
Mognato Michele
Molea Bruno
Monaco Francesco
Monchiero Giovanni
Mongiello Colomba
Montroni Daniele
Morani Alessia
Morassut Roberto
Moretti Alessandra
Mosca Alessia Maria
Moscatt Antonino
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Mura Romina
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nardella Dario
Narduolo Giulia
Nesi Edoardo
Nicoletti Michele
Nissoli Fitzgerald Fucsia
Oliaro Roberta
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orfini Matteo
Orlando Andrea
Ottobre Mauro
Pagani Alberto
Palese Rocco
Palma Giovanna
Palmieri Antonio
Palmizio Elio Massimo
Paolucci Massimo
Paris Valentina
Parisi Massimo
Parrini Dario
Pastorelli Oreste
Pastorino Luca
Patriarca Edoardo
Pelillo Michele
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pes Caterina
Petitti Emma
Petrenga Giovanna
Petrini Paolo
Picchi Guglielmo
Piccione Teresa
Piccoli Nardelli Flavia
Piccolo Giorgio
Piccolo Salvatore
Piccone FilippoPag. 25
Picierno Pina
Piepoli Gaetano
Pini Giuditta
Pisicchio Pino
Piso Vincenzo
Pizzolante Sergio
Plangger Albrecht
Polidori Catia
Pollastrini Barbara
Polverini Renata
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Preziosi Ernesto
Quartapelle Procopio Lia
Rabino Mariano
Raciti Fausto
Rampi Roberto
Ravetto Laura
Realacci Ermete
Ribaudo Francesco
Richetti Matteo
Rigoni Andrea
Roccella Eugenia
Rocchi Maria Grazia
Romano Andrea
Romano Francesco Saverio
Romele Giuseppe
Rosato Ettore
Rossi Domenico
Rossomando Anna
Rostan Michela
Rotondi Gianfranco
Rotta Alessia
Rubinato Simonetta
Rughetti Angelo
Russo Paolo
Saltamartini Barbara
Sammarco Gianfranco
Sanga Giovanni
Sani Luca
Sanna Francesco
Sanna Giovanna
Santelli Jole
Santerini Milena
Sarro Carlo
Savino Elvira
Savino Sandra
Sberna Mario
Sbrollini Daniela
Scalfarotto Ivan
Scanu Gian Piero
Schirò Planeta Gea
Schullian Manfred
Scopelliti Rosanna
Scuvera Chiara
Senaldi Angelo
Sereni Marina
Simoni Elisa
Sisto Francesco Paolo
Sottanelli Giulio Cesare
Speranza Roberto
Squeri Luca
Stumpo Nicola
Tabacci Bruno
Tancredi Paolo
Taranto Luigi
Taricco Mino
Tartaglione Assunta
Tentori Veronica
Terrosi Alessandra
Tidei Marietta
Tullo Mario
Vaccaro Guglielmo
Valente Valeria
Valentini Valentino
Valiante Simone
Vargiu Pierpaolo
Vazio Franco
Vecchio Andrea
Vella Paolo
Velo Silvia
Venittelli Laura
Ventricelli Liliana
Verini Walter
Vignali Raffaello
Villecco Calipari Rosa Maria
Vitelli Paolo
Vito Elio
Zampa Sandra
Zanetti Enrico
Zanin Giorgio
Zappulla Giuseppe
Zardini Diego
Zoggia Davide
Hanno risposto no:
Agostinelli Donatella
Aiello Ferdinando
Airaudo Giorgio
Alberti Dino
Allasia Stefano
Artini Massimo
Baldassarre MarcoPag. 26
Barbanti Sebastiano
Baroni Massimo Enrico
Basilio Tatiana
Battelli Sergio
Bechis Eleonora
Benedetti Silvia
Bernini Massimiliano
Bernini Paolo
Bianchi Nicola
Boccadutri Sergio
Bonafede Alfonso
Bordo Franco
Borghesi Stefano
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brescia Giuseppe
Brugnerotto Marco
Busin Filippo
Businarolo Francesca
Busto Mirko
Cancelleri Azzurra Pia Maria
Caon Roberto
Caparini Davide
Cariello Francesco
Carinelli Paola
Caso Vincenzo
Castelli Laura
Catalano Ivan
Cecconi Andrea
Chimienti Silvia
Ciprini Tiziana
Cirielli Edmondo
Colletti Andrea
Colonnese Vega
Cominardi Claudio
Corda Emanuela
Corsaro Massimo Enrico
Costantino Celeste
Cozzolino Emanuele
Crippa Davide
Currò Tommaso
Dadone Fabiana
Daga Federica
Dall'Osso Matteo
D'Ambrosio Giuseppe
Da Villa Marco
Del Grosso Daniele
Della Valle Ivan
Dell'Orco Michele
De Lorenzis Diego
De Rosa Massimo Felice
Di Battista Alessandro
Di Benedetto Chiara
Dieni Federica
Di Maio Luigi
D'Incà Federico
Di Salvo Titti
Di Stefano Manlio
Di Vita Giulia
Duranti Donatella
D'Uva Francesco
Fantinati Mattia
Farina Daniele
Fava Claudio
Fedriga Massimiliano
Ferrara Ciccio
Ferraresi Vittorio
Fico Roberto
Fraccaro Riccardo
Fratoianni Nicola
Frusone Luca
Furnari Alessandro
Gagnarli Chiara
Gallinella Filippo
Gallo Luigi
Giordano Giancarlo
Giordano Silvia
Giorgetti Giancarlo
Grande Marta
Grillo Giulia
Grimoldi Paolo
Guidesi Guido
Iannuzzi Cristian
Invernizzi Cristian
Kronbichler Florian
L'Abbate Giuseppe
Labriola Vincenza
Lacquaniti Luigi
La Russa Ignazio
Lavagno Fabio
Liuzzi Mirella
Lombardi Roberta
Lorefice Marialucia
Lupo Loredana
Maietta Pasquale
Mannino Claudia
Mantero Matteo
Marcon Giulio
Marzana Maria
Matarrelli Toni
Melilla Generoso
Meloni Giorgia
Migliore Gennaro
Molteni NicolaPag. 27
Mucci Mara
Nardi Martina
Nesci Dalila
Nicchi Marisa
Nuti Riccardo
Paglia Giovanni
Palazzotto Erasmo
Pannarale Annalisa
Parentela Paolo
Pellegrino Serena
Pesco Daniele
Petraroli Cosimo
Piazzoni Ileana Cathia
Pilozzi Nazzareno
Pini Gianluca
Pinna Paola
Piras Michele
Pisano Girolamo
Placido Antonio
Prataviera Emanuele
Prodani Aris
Quaranta Stefano
Ragosta Michele
Rampelli Fabio
Ricciatti Lara
Rizzetto Walter
Rizzo Gianluca
Romano Paolo Nicolò
Rondini Marco
Rostellato Gessica
Ruocco Carla
Sannicandro Arcangelo
Sarti Giulia
Scagliusi Emanuele
Scotto Arturo
Sibilia Carlo
Sorial Girgis Giorgio
Spadoni Maria Edera
Spessotto Arianna
Tacconi Alessio
Taglialatela Marcello
Terzoni Patrizia
Tofalo Angelo
Toninelli Danilo
Totaro Achille
Tripiedi Davide
Turco Tancredi
Vacca Gianluca
Valente Simone
Vallascas Andrea
Vignaroli Stefano
Villarosa Alessio
Zaccagnini Adriano
Zan Alessandro
Zaratti Filiberto
Zolezzi Alberto
Sono in missione:
Alfano Angelino
Archi Bruno
Bressa Gianclaudio
D'Alia Giampiero
Dell'Aringa Carlo
Gebhard Renate
Giachetti Roberto
Letta Enrico
Merlo Ricardo Antonio
Moretto Sara
Pistelli Lapo
Vezzali Maria Valentina
PRESIDENTE. Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
(Esame degli ordini del giorno – A.C. 1248-A/R)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A – A.C. 1248-A/R).
Avverto che l'ordine del giorno Castelli n. 9/1248-A/R/215 è stato ritirato dalla presentatrice e che l'ordine del giorno Palese n. 9/1248-A/R/80 deve intendersi a prima firma del deputato Sisto.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, in quanto riproducono sostanzialmente il contenuto di proposte emendative già dichiarate inammissibili e comunque riferite a materie del tutto estranee rispetto a quelle recate dal provvedimento, i seguenti ordini del giorno: Rughetti n. 9/1248-A/R/6, riferito al versamento al bilancio dello Stato delle pensioni da parte di soggetti che svolgono nel contempo attività di lavoro dipendente o autonomo; Bini n. 9/1248-A/R/19, recante Pag. 28una modifica della normativa antincendi per gli alberghi sino a cinquanta posti letto; Zardini n. 9/1248-A/R/24, che interviene in materia di pagamento dell'IVA nel commercio bovino; Pizzolante n. 9/1248-A/R/27, volto alla sospensione dei pagamenti dei canoni relativi ai beni pertinenziali del demanio marittimo; Prataviera n. 9/1248-A/R/40, finalizzato alla sospensione dei flussi migratori; Buonanno n. 9/1248-A/R/48, volto alla riduzione dell'importo dovuto alla SIAE per gli spettacoli nei piccoli comuni; Marguerettaz n. 9/1248-A/R/55, che interviene in materia di giochi d'azzardo e case da gioco; Piazzoni n. 9/1248-A/R/91, che impegna il Governo a modificare una delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas; Rigoni n. 9/1248-A/R/100, relativo al finanziamento del Fondo per la Protezione civile e alle deroghe al Patto di stabilità per comuni colpiti dal sisma in Toscana. Mi permetto di informarvi che la votazione è finita e sto leggendo le inammissibilità. Chi non è interessato può non ascoltare, ma magari può lasciare la possibilità a chi invece è interessato di ascoltare. Per il momento è una facoltà, ma tra poco diventerà una richiesta pressante.
Ancora sono inammissibili: Rocchi n. 9/1248-A/R/109, recante l'individuazione delle istituzioni scolastiche sede di dirigenza scolastica; Sanga n. 9/1248-A/R/125, in materia di tracciabilità dei prodotti «made in»; Giulietti n. 9/1248-A/R/137, volto al recupero del borgo di Spina nel comune di Marsciano; Miotto n. 9/1248-A/R/147, relativo agli importi delle pensioni di invalidità.
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, intervengo sull'articolo 57 del Regolamento perché, interessando gli ordini del giorno anche il Governo, che dovrà dare anche i pareri relativi agli ordini del giorno stessi, richiediamo la presenza di almeno un sottosegretario o un vicesottosegretario o di qualcuno che fa le pulizie al Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Colletti. C’è il Ministro Franceschini. La ringrazio, Ministro. Contemporaneamente pregherei anche i capannelli qui davanti... Se non vi dispiace liberare il passaggio...
L'onorevole Mucci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/3.
MARA MUCCI. Signor Presidente, deputati colleghi, membri del Governo, l'ordine del giorno che ho presentato impegna il Governo a valutare la possibilità di adottare concrete misure di supporto allo sviluppo della mobilità sostenibile, favorendo la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e la sperimentazione e la diffusione di flotte pubbliche e private di veicoli a basse emissioni complessive, con particolare attenzione al contesto urbano, con l'acquisto di veicoli a trazione elettrica o ibrida, nonché la semplificazione burocratica della conversione da mezzi a trazione endotermica in mezzi a trazione elettrica. Tale processo di conversione è detto retrofit.
Partiamo da quanto è stato fatto finora. L'articolo 17-septies della legge 7 agosto 2012, n. 134, stabilisce che, al fine di garantire in tutto il territorio nazionale i livelli minimi uniformi di accessibilità del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, debba essere redatto un Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, che abbia ad oggetto la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli, nonché interventi di recupero del patrimonio edilizio finalizzato allo sviluppo delle medesime reti.
Ripeto: nel 2012 il legislatore che ci ha preceduto ha previsto un Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica di veicoli alimentati ad energia elettrica.
Oggi, in quest'Aula, voglio richiamare la vostra attenzione sull'urgente necessità di incentivare la circolazione dei veicoli ad emissioni zero. Detti veicoli elettrici, di Pag. 29fatto, garantiscono emissioni zero in fase di circolazione e abbattimento del rumore e assicurano la quasi totale assenza di vibrazioni indipendenti dal regime di circolazione e complessivamente superiori al 25-27 per cento, più che doppie rispetto alla media rilevata per il motore endotermico, la possibilità di essere alimentati per mezzo di fonti energetiche rinnovabili e, in particolare, di quella fotovoltaica, contribuendo, allo stesso tempo, alla soluzione del problema della produzione elettrica da impianti fotovoltaici domestici, qualora eccessiva rispetto ai propri consumi.
Non mi riferisco solo ai veicoli che nascono ad alimentazione elettrica o ibrida, ma, soprattutto, alla possibilità concreta di convertire veicoli endotermici, eterogeneamente alimentati, in veicoli a trazione elettrica. Sarà questa misura a fare la differenza.
Infatti, la conversione è praticabile sulla maggior parte dei mezzi circolanti, in particolare sui veicoli non catalizzati, che, altrimenti, sarebbero destinati alla rottamazione, rappresentando così un'importante soluzione alla trasformazione del parco veicolare verso l'emissione zero, oltre a garantire un indubbio risparmio economico per gli utenti, un'evidente efficienza energetica che scongiurerebbe, allo stesso tempo, la rottamazione dei veicoli in uso e l'oneroso acquisto di veicoli nuovi.
Per questo motivo, chiedo un impegno del Governo ad incentivare il retrofit e a sostenerlo facilitando le procedure tecniche e burocratiche di conversione. Questa misura, che oggi vi chiedo di fare vostra, è in grado di sostenere un ampio settore industriale, artigianale e dei servizi legato alla trasformazione dei veicoli e alla relativa componentistica, favorito dalle vaste competenze nazionali nel settore dei motori elettrici. Si tratta, ancora una volta, di sostenere il nostro Paese, la nostra industria, la nostra economia e la nostra salute.
Colleghi deputati, la partita che vi chiedo di giocare è molto di più del semplice retrofit sulle autovetture private, che, comunque, avrebbe i suoi indubbi vantaggi economici e ambientali. Solo un esempio in termini di economia immediata: questa misura può contribuire a salvare bilanci e operatività delle aziende di trasporto locali. Il crollo dei chilometri percorsi dall'Atac di Roma è notizia di questi giorni.
Data la situazione di assoluta e disperata necessità di soluzioni, vi esorto a dare almeno un segno di innovazione, dimostrando che la politica può trovare una linea convergente per risolvere i problemi reali nel breve e nel lungo periodo. Permettetemi una parentesi sulla panoramica dei trasporti pubblici italiani. La maggior parte degli autobus in circolazione dovrà essere rottamata o lo è già a causa delle normative in vigore. Gli autobus sono, infatti, estremamente e più che proporzionalmente inquinanti rispetto alle auto.
Benché la potenza installata sia pari a circa due o tre auto, le emissioni, a causa delle caratteristiche di lavoro dei motori, sono da dieci a cento volte superiori. In pratica, spesso un autobus inquina di più delle auto in grado di trasportare gli stessi passeggeri, specialmente in termini di NOx e PM10.
Questo è perlomeno emblematico e deve essere una campagna che riguarda tutti noi. Come se ciò non bastasse, cari colleghi, per andare sul concreto, si parla di circa 25-40 mila euro l'anno per il carburante necessario ad autobus e di altrettanti soldi per la manutenzione. Se avessimo invece l'autobus elettrico con generatore di bordo, riusciremmo nel concreto a risparmiare circa il 75 per cento del carburante ed oltre il 90 per cento dell'inquinamento. La manutenzione dovrebbe essere ridotta di circa il 50 per cento. L'autobus potrebbe diventare del tutto elettrico, qualora le batterie si sviluppassero con un sistema di ricarica rapido ed efficiente nelle fermate. In ogni caso...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Mucci.
MARA MUCCI. Sì, sto concludendo. In ogni caso, a fine vita del veicolo si potrebbero recuperare in modo del tutto Pag. 30conveniente le parti elettriche ed elettroniche di quelli attualmente in servizio. Il costo della trasformazione è il punto cruciale e si aggira attorno ai 150...
PRESIDENTE. Onorevole Mucci.
MARA MUCCI. L'argomento è molto importante...
PRESIDENTE. Le devo spiegare una cosa: ci sono «solo» 126 iscritti a parlare...
MARA MUCCI. Certo...
PRESIDENTE. ... e come lei può immaginare, non possiamo andare oltre i cinque minuti consentiti. Quindi lei ha...
MARA MUCCI. Ho quasi finito.
PRESIDENTE. ... un secondo per concludere.
MARA MUCCI. Le chiedo trenta secondi.
PRESIDENTE. No, no, trenta secondi non glieli posso dare, lo capisce da sola. Deve concludere.
MARA MUCCI. Un autobus nuovo elettrico o elettroibrido costa 300 mila euro. Uno nuovo ne costa 150-200 mila. Una conversione fa risparmiare...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mucci. Mi dispiace.
MARA MUCCI. ... fa risparmiare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...
PRESIDENTE. L'onorevole Paglia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/58.
GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Per illustrare l'ordine del giorno che ho presentato, partiamo dal principio che il decreto di cui stiamo discutendo introduce il principio di impignorabilità dell'unica casa non di lusso da parte delle agenzie di riscossione.
È un provvedimento che, come abbiamo già avuto modo di dire in discussione generale, ci sentiamo di condividere in astratto, nonostante si presti ad eventuali abusi, che dovranno essere monitorati.
Se calato nel concreto, esso tuttavia assume un segno diverso, perché introduce di fatto una pesante discriminazione fra chi si trovi nella condizione di veder messo in discussione il proprio diritto ad abitare in virtù di un accertamento fiscale e chi invece rischi lo stesso destino perché incapace di onorare i propri debiti con le banche. Tale discriminazione peraltro è a vantaggio di chi si è reso colpevole di una condotta fiscale irregolare e non di chi invece abbia delle difficoltà dovute alla perdita del lavoro o al calo improvviso del proprio reddito, magari perché in cassa integrazione, o a causa della disdetta o rinegoziazione al ribasso di contratti integrativi, situazioni, come si può facilmente capire, molto frequenti in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo.
Infatti, i dati ci parlano di oltre 45.000 famiglie costrette a perdere la propria casa nel solo 2012 a fronte di pignoramenti bancari, a fronte di 1.500 messi nella stessa condizione da Equitalia.
È quindi evidente che un Governo che si ponga il problema di tutelare situazioni di oggettiva difficoltà da un trauma vero come la perdita della casa, che rischia peraltro spesso di essere l'elemento che trasforma un problema temporaneo in uno definitivo sul piano sociale, non può limitarsi a proteggere un'assoluta minoranza, lasciando esposta la grandissima maggioranza.
D'altronde ci appare evidente che introdurre il principio dell'impignorabilità assoluta dell'unica casa non di lusso bloccherebbe di fatto il mercato dei mutui immobiliari, in un momento in cui questi già soffrono, perché nessun istituto di credito si impegnerebbe, in assenza di una garanzia reale disponibile.Pag. 31
Questo, tuttavia, non può essere un ostacolo che impedisca in assoluto di immaginare e verificare soluzioni anche su questo versante, che diventano peraltro indispensabili sul piano etico, nel momento in cui si introduce nell'ordinamento il principio di impignorabilità dell'unica casa non di lusso. Anche perché altrimenti il messaggio rischierebbe di essere devastante, sostenendo di fatto che chi ne abbia la possibilità, dovendo scegliere fra aprire un debito con lo Stato, attraverso l'evasione fiscale, o con una banca, si trovi a dover scegliere la prima opzione, che di fatto diventa più garantita.
Esiste poi il problema dei problemi, quello degli sfratti per morosità, cresciuti a ritmo vertiginoso e oggi al limite della vera emergenza sociale, che, se non affrontato, rende, di fatto, ipocrita in modo intollerabile qualsiasi ragionamento sul diritto ad abitare.
Sulla base di queste considerazioni, con questo ordine del giorno impegniamo il Governo ad agire rapidamente sul lato degli sfratti, con una sospensione delle procedure, e a studiare come rendere le uniche case non di lusso, se non inespropriabili dal sistema bancario, almeno concesse in utilizzo per un tempo congruo alla famiglia occupante a pignoramento avvenuto.
In altre parole, vogliamo che si garantisca il diritto a continuare a risiedere nella propria casa anche laddove essa sia stata oggetto di pignoramento, con una formula che potrebbe essere il diritto di custodia o il mantenimento di un diritto di usufrutto. Questo naturalmente con un tempo massimo fissato per legge.
Pensiamo che, come compensazione per questa soluzione, si potrebbe pensare all'esenzione IMU per l'immobile in oggetto, almeno per tutta la durata della permanenza della famiglia pignorata.
Intervenire in questo senso non ci renderebbe esenti dalla parzialità della norma che andiamo ad approvare oggi, ma almeno credo introdurrebbe un elemento minimo di equità, oltre a provare a trovare una piccola, temporanea soluzione ad un problema che coinvolge drammaticamente migliaia di famiglie, senza peraltro essere una vera garanzia nemmeno per il sistema bancario.
PRESIDENTE. Visto che ci sono presidenti di Commissione e colleghi che mi domandano riguardo, all'ordine dei nostri lavori, sospenderemo la seduta alle 14 per riprendere alle 15 con il question-time e poi, ovviamente, dalle 16 con la seduta pomeridiana e il seguito dell'illustrazione degli ordini del giorno.
L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Busin n. 9/1248-A/R/52, di cui è cofirmatario.
STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, brevemente intervengo per illustrare questo ordine del giorno.
Considerato che le finalità di questo provvedimento sono quelle di semplificare il quadro amministrativo e normativo per i cittadini e le imprese, anche allo scopo di sostenere il flusso del credito alle attività produttive, diversificando e migliorando l'accesso ai finanziamenti e valutato anche come il testo introduca alcune misure di semplificazione fiscale, come la soppressione della responsabilità solidale dell'appaltatore per il versamento all'erario dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta dal subappaltatore e dall'appaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell'ambito del contratto; attestato come, nel corso dell'esame del provvedimento, è stata inserita una disposizione nella quale si stabilisce come, a partire dal 2014, le imprese appaltatrici, prima di ricevere il pagamento della prestazione, dovranno consegnare il nuovo documento unico di regolarità tributaria (DURT); stimato che, relativamente alle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, circa il rapporto di subappalto, in luogo dell'attuale documentazione consistente in una asseverazione rilasciata da professionisti e CAF, ovvero, in alternativa, in un'autocertificazione del prestatore, viene prevista l'acquisizione, da parte dell'appaltatore presso l'Agenzia delle entrate di un documento, il DURT appunto, che dovrebbe attestare l'inesistenza di debiti tributari per imposte, Pag. 32sanzioni o interessi, scaduti e non estinti dal subappaltatore alla data di pagamento del corrispettivo o di parti di esso; considerato che, se il pagamento della prestazione avviene in assenza della prescritta documentazione, scatta la responsabilità solidale dell'appaltatore per le omissioni nei versamenti delle ritenute di lavoro dovute dal subappaltatore; valutato come l'Agenzia delle entrate è impossibilitata ad avere le informazioni in tempo reale circa eventuali violazioni nei versamenti e che, per sopperire a tale lacuna, la medesima disposizione preveda l'istituzione di un portale in cui i soggetti interessati avranno l'obbligo di trasmettere, in via digitale, i dati contabili e i documenti primari relativi alle retribuzioni erogate, ai contributi versati e alle imposte dovute; rammentato come la maggior parte dei subappaltatori ha una dimensione e una struttura aziendale di piccole dimensioni, è presumibile immaginare che questo adempimento amministrativo risulterà particolarmente complesso, comportando così un ulteriore aggravio burocratico; osservato che il provvedimento, così com’è oggi risultante a seguito della disposizione ivi descritta, risulta perciò contraddittorio rispetto alle finalità per le quali lo stesso era emanato, diventando di fatto l'ennesimo onere per le aziende, siamo appunto a chiedere al Governo di rivedere immediatamente questa disposizione in capo al subappaltatore in materia di DURT, ripristinando l'attuale normativa, che è più funzionale a quella semplificazione burocratica e amministrativa che rappresenta la finalità del provvedimento in esame.
Andando in questa direzione, infatti, se, da una parte, c’è stata una semplificazione, in quanto viene soppressa la responsabilità solidale dell'appaltatore per il versamento all'erario dell'imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore e dall'appaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell'ambito del contratto, abbiamo un'inutile complicazione e un adempimento che ci pare veramente oneroso e troppo fumoso per quelle aziende che, pur avendo delle dimensioni piccole, si troverebbero in continuazione ad essere gravate da adempimenti come questo, che paiono non avere nessuna logica.
Anzi paiono essere inapplicabili in quanto non si riesce a capire come mai, in che modo l'applicazione di questa disposizione potrebbe essere fatta, in quanto non si riesce a capire come, a fronte di un provvedimento come questo, l'Agenzia delle entrate che non ha comunque in tempo reale i dati previsti possa rilasciare una certificazione, un documento unico di regolarità tributaria che certifichi l'inesistenza di debiti tributari per imposte, sanzioni o interessi scaduti e non estinti dal subappaltatore alla data di pagamento del corrispettivo o di parte di esso. Quindi ci appare una disposizione assolutamente fuori da ogni logica, una disposizione che non può essere attuata e che, qualora venisse confermata, non farebbe altro che gravare con un ulteriore onere e un ulteriore carico anche su quelle piccole e medie imprese, soprattutto piccole e medie imprese che in questo momento sono in grave difficoltà per via della crisi...
PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, concluda.
STEFANO BORGHESI. E quindi ribadiamo l'invito al Governo, l'impegno al Governo di rivedere immediatamente questa disposizione per eliminare questo ulteriore aggravio.
PRESIDENTE. L'onorevole Covello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/28.
STEFANIA COVELLO. Onorevoli colleghi, signor Presidente, il motivo per il quale presento, insieme all'onorevole Giampaolo Galli, questo ordine del giorno, è unicamente dettato dalla importanza di rendere più efficiente ed accessibile l'istituto del concordato «in bianco» per le imprese, cercando di stimolare l'interesse degli intermediari creditizi verso questa forma di salvataggio degli imprenditori in crisi ma onesti che vivono questa difficoltà finanziaria che non può dipendere certo Pag. 33dal loro comportamento. Il decreto-legge n. 69 del 2013 oggi votato ha, a nostro avviso, solo parzialmente risposto alle citate esigenze. L'impegno richiesto al Governo va, quindi, in tal senso cercando di contemperare le diverse esigenze, parallele ma non confliggenti, di debitori e creditori. È vero che l'istituto del concordato è stato pensato dal legislatore con lo scopo di far tornare in bonis l'impresa in difficoltà (e questa è la sua finalità principale), ma è anche vero che l'istituto necessita di una rivisitazione per stimolare le banche ad attuare quel finanziamento-ponte che, nelle more del piano di risanamento, possa dotare l'impresa di quei mezzi finanziari necessari per avviare la suddetta procedura concorsuale. Ed è per questo motivo che si giustifica la necessaria prededucibilità del credito della banca derivante dalla erogazione del finanziamento-ponte che, se da un lato tutela maggiormente la banca, dall'altro rende possibile e reale l'intervento bancario in quei casi in cui la diffidenza verso l'impresa in crisi che ha chiesto l'avvio di una procedura concorsuale, spingerebbe chiunque a non offrire provvidenze finanziarie di alcun tipo. L'allungamento, pur esiguo, dei termini per l'esercizio della revocatoria, invece, vuol cercare di scoraggiare inutili, a tal punto, tentativi dilatori tesi alla messa in sicurezza del patrimonio e degli interessi di imprenditori che non meritano di essere «salvati». Pertanto questa proposta di modifica normativa che noi chiediamo ha il duplice scopo di rendere concretamente realizzabile l'istituto del concordato «in bianco» e nel contempo scongiurare qualsiasi forma, anche implicita, di esercizio abusivo dell'attività creditizia da parte della banca. D'altra parte lo stesso «sistema banche» ha sottolineato più volte come lo strumento, che noi riteniamo necessario in situazioni di particolare gravità «finanziaria», del concordato «in bianco» si presti a tattiche dilatorie, strumentali solo a porre in sicurezza interessi e beni del debitore; quanto proposto, quindi, va esattamente a rispondere anche a tale esigenza. La ratio della modifica normativa che si vuole introdurre è quella di semplificare, rendendola più efficiente, una procedura volta a ripristinare il normale funzionamento di quelle imprese che oggi purtroppo si trovano in dissesto finanziario a causa del momento difficile che il Paese sta attraversando.
Si auspica che questo ordine del giorno possa essere da tutte le forze politiche visto favorevolmente, così che le imprese possano trarre maggiore beneficio.
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti).
PRESIDENTE. L'onorevole Cirielli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/155.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente e colleghi, il decreto in oggetto – a dimostrazione che interviene un po’ su tutto, anche al di fuori della materia e che quindi è la conferma di un modo scorretto di procedere, bloccando i lavori, cercando di imbavagliare l'Aula con la posizione di fiducia – interviene su una serie di materie che secondo me sono estranee. Nella fattispecie, interviene anche in materia di giustizia. In particolare l'articolo 84 incredibilmente reintroduce nel testo tutte le disposizioni dichiarate incostituzionali per eccesso di delega dalla sentenza n. 272 del 2012 della Corte costituzionale. Infatti il Governo, eccedendo la delega in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione, aveva tra l'altro reso obbligatorio il procedimento di mediazione, considerandolo una condizione di procedibilità.
Giustamente la Corte costituzionale è intervenuta ed ha dichiarato che l'articolo 5 del decreto legislativo n. 28 del 2010, dove affermava che l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e dove lo rendeva anche oneroso, senza neanche garantire in maniera trasparente la preparazione dei mediatori, eccedeva la delega stessa che il Parlamento aveva dato al Governo.
Per questo motivo noi chiediamo un chiaro impegno al Governo, innanzitutto Pag. 34di smetterla di approfittare di alcuni provvedimenti per introdurre tutto e il contrario di tutto, ma poi per procedere non con la politica dei rinvii (rinviamo l'IMU, rinviamo qualunque forma di disposizione a tempi che verranno, quando magari il Governo non c’è più), ma a fare invece riforme organiche, come in questa materia importante e delicata, perché la giustizia civile e commerciale non funziona, non rende giustizia a tanti imprenditori che soffrono di controversie, soffrono di raggiri, soffrono di un'economia bloccata, che non vede l'opportunità di avere pagamenti certi e anche una giustizia che sia in grado di garantirli. Pertanto chiediamo al Governo un impegno per una revisione organica in materia, affinché si possa dare certezza e sicurezza alla libera circolazione dell'economia e dei beni.
PRESIDENTE. L'onorevole Di Gioia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/8.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, l'ordine del giorno che sto per illustrare non soltanto è indice di correttezza e di garanzia di libertà, delle libertà delle imprese. Infatti con l'articolo 39, comma 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo della concorrenza e lo sviluppo delle infrastrutture, è stata sostanzialmente approvata la possibilità di costituire delle società di intermediazione per ciò che riguarda il libero mercato dei diritti d'autore. Che cosa è accaduto e che cosa sta accadendo ? In buona sostanza questo diritto di libertà e di concorrenza è attuato esclusivamente per ciò che riguarda il diritto d'autore per gli artisti della cinematografia e non viene ad essere attuato per gli artisti della musica, anche perché per questi ultimi viene ad essere applicata una vecchia legge, cioè la n. 633 del 1941.
Devo sottolineare con, ovviamente, non particolare interesse, fra virgolette, che durante la discussione nelle Commissioni, avendo presentato un emendamento, questo emendamento era stato riconosciuto e, quindi, era stato dato anche parere favorevole da parte del Governo e dei relatori, in quanto, sostanzialmente, si riconosceva che per questo settore non vi fosse, appunto, la possibilità di costruire un sistema di liberalizzazioni, E, quindi, tutti i proventi e tutte le raccolte per questo settore dei fonogrammi vengono ad essere determinati da parte dei grossi produttori: in questo caso, per esempio, l’Universal Music, la Sony e la Warner Music.
Voglio dire, cioè, che vi è una disparità enorme che mette in difficoltà, nonostante vi sia una legge dello Stato che determina la libera concorrenza e la costituzione di società di intermediazione, che non dà la possibilità a queste società di intermediazione, scelte liberamente da parte degli autori e da parte degli artisti, di raccogliere i proventi della propria attività. Molte volte, questi proventi che vengono ad essere raccolti dai produttori non vengono nemmeno restituiti agli artisti in quanto tali, determinando una contrattazione al ribasso e, quindi, avendo gli artisti in una condizione di subalternità.
L'ordine del giorno che ho presentato vuole rideterminare una condizione di libero mercato e dare la possibilità agli intermediari – che sono stati, come ho già detto, definiti e normati dalla legge sulla concorrenza e che oggi sono regolarmente iscritti ad un albo presso la Presidenza del Consiglio – di operare liberamente. A tal proposito, chiediamo che questo ordine del giorno venga accolto e che venga inserito nel primo provvedimento che verrà in Aula o nel recepimento della direttiva comunitaria, in caso contrario, nella legge di stabilità, e venga inserita, appunto, la modifica della legge n. 633, che consentirebbe di determinare una concorrenza reale all'interno di questo settore e, quindi, di eliminare tutte queste situazioni di difficoltà che esistono tra produttori e autori in quanto tali.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LELLO DI GIOIA. Come dicevo – e con questo concludo –, siccome il Governo aveva già dato parere favorevole, mi auguro che in questa circostanza, con la Pag. 35presentazione dell'ordine del giorno, possa esprimere parere favorevole anche su questo.
PRESIDENTE. L'onorevole Ciprini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/9.
TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, l'ordine del giorno presentato riguarda il certificato di agibilità, che è il documento che autorizza l'impresa a far agire, nei locali di proprietà, i lavoratori dello spettacolo, artisti e tecnici. Attualmente, l'impresa che voglia avvalersi di lavoratori dello spettacolo deve avere il certificato di agibilità, che viene rilanciato dall'ex ENPALS, dopo aver effettuato un controllo sulla regolarità contributiva dell'impresa. Il certificato viene rilasciato solo in assenza di debiti nei confronti dell'ENPALS; se, invece, sussistono debiti contributivi, il certificato viene rilasciato solo a seguito della regolarizzazione contributiva, quindi, pagamento anche in forma rateale o produzione di fideiussione bancaria o assicurativa dell'importo pari all'ammontare del debito. Praticamente, quindi, in sostanza, è la stessa funzione che svolge il DURC.
Si chiede, pertanto, di uniformare la disciplina, anche perché l'ente ex ENPALS è confluito nell'INPS, che è diventata super INPS, quindi sono diventati un unico ente. Non si capisce, quindi, perché debbano sussistere due certificati con due procedure diverse. Pertanto, tale ordine del giorno va nell'ottica della semplificazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Boccadutri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/59.
SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, gentile sottosegretario, care colleghe e cari colleghi, le infrastrutture in un Paese sono sempre stato un indice, non l'unico, naturalmente, del suo sviluppo. Non a caso, nell'Italia del dopoguerra uno dei primi obiettivi è stato proprio quello di ricostruire, ripristinare e ampliare la rete di infrastrutture, che era stata distrutta dalla guerra. Furono investiti migliaia di miliardi in quel caso, con due piani molto importanti, uno del 1957 e uno del 1962, per rendere gli scambi commerciali e le comunicazioni più efficaci e più efficienti. Oggi presento quindi questo ordine del giorno, che riguarda invece la banda larga, perché il mondo, appunto, è cambiato ed è profondamente diverso da quello che hanno conosciuto i nostri padri. Ci sono due questioni che hanno consentito il diffondersi in modo sempre più ampio delle comunicazione in forma elettronica: il progressivo abbattimento dei costi e la diffusione della telefonia e delle connessioni Internet non solo nelle sono urbane, ma anche in quelle rurali. Su questo, tuttavia, in Italia siamo ancora molto indietro. È un terreno su cui esistono enormi disuguaglianze. Il digital divide oggi può far la differenza nella qualità della ricerca, dello studio e del lavoro, nelle possibilità di affermazione di uno studente, un lavoratore o un'impresa. Nel 2013 l'accesso alla banda larga, a Internet ad alta velocità, dovrebbe essere considerato un vero e proprio diritto individuale. Infatti, è ora di iniziare a parlare, io credo, di diritto alla connettività. Credo sia molto più utile impegnarci su queste infrastrutture piuttosto che su opere inutili, faraoniche e con un impatto ambientale pessimo. Da queste priorità di fondo si vede la lungimiranza di chi governa. Si tratta, dopo più di 150 anni, di costruire una nuova unità d'Italia attraverso la connessione digitale e di mettere in relazione il nostro Paese con il resto del mondo, ogni angolo del nostro Paese con il resto del mondo. Forse qualcuno non se ne rende conto, ma in gioco c’è il ruolo dell'Italia nel mondo per i prossimi decenni. Non dimentichiamo che anche i documenti di Wikileaks rilevavano le preoccupazione dei consulenti del Governo sullo stato della rete in Italia e affermavano che soltanto il 12 per cento della popolazione è esclusa da una connessione Internet veloce. In questo senso siamo gli ultimi in Europa. È bene sottolineare che lo sviluppo sempre più di piattaforme elettroniche, che progressivamente sostituiscono la carta, Pag. 36avrebbe anche un impatto ambientale molto significativo. Non a caso, noi proponiamo una accelerazione sull'Agenda digitale in questa direzione anche per il funzionamento delle istituzioni e delle amministrazioni del nostro Paese. Saremmo di fronte anche ad uno snellimento senza precedenti della nostra burocrazia. È proprio questo lo spirito che ha portato alla nascita del Piano nazionale banda larga, autorizzato dalla Commissione europea, che si pone l'obiettivo di azzerare il deficit infrastrutturale in 6 mila località in cui oggi non è possibile l'accesso alla banda larga.
È importante sottolineare come si tratti di un'operazione che non può essere sostenuta dal mercato, perché assolutamente non redditizia. In altre parole, nessuna azienda guidata dal principio del profitto sarebbe interessata a raccogliere questa sfida. Su questo dobbiamo essere molto chiari: non può essere neanche che lo Stato metta i soldi per realizzare ciò e poi i grandi player ne approfittino. Come stabilito dalla legge n. 69 del 2009, questi programmi di intervento sono stati coordinati dal Ministero dello sviluppo economico in stretta relazione con le regioni. Ad esempio, la settimana scorsa è stato pubblicato il bando relativo al Friuli Venezia Giulia. Francamente, non si capisce proprio, con una situazione del genere, come il Governo e la maggioranza abbiano pensato, con il decreto cosiddetto del fare, di tagliare più di 20 milioni di euro delle risorse del Piano nazionale banda larga. Nel 2013 è davvero una scelta miope, una scelta che non guarda al futuro come chi, dopo la scoperta dei caratteri mobili di Gutenberg, si rifiutava di investire su quell'invenzione rivoluzionaria. È una scelta, se confermata, che rischiamo di pagare per anni. Mi auguro, quindi, che il Governo ponga rapidamente rimedio a questa svista, altrimenti questo decreto sembrerebbe sempre più «del disfare» che «del fare» (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Busin ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Borghesi n. 9/1248-A/R/53, di cui è cofirmatario.
FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi. Il Governo attraverso questo decreto, cosiddetto del fare, interviene all'articolo 82 sull'istituto del cosiddetto concordato preventivo, interessando una delle sottospecie di questo concordato, cioè quello prenotativo, in modo secondo noi condivisibile ma che delle quattro sottospecie del concordato preventivo era forse quella che necessitava di un intervento con minore urgenza. Noi abbiamo invece rilevato un'ampia diffusione in questo ultimo anno del cosiddetto concordato con continuità d'azienda, che presenta notevoli problematicità e soprattutto indebolisce il principio della certezza dei rapporti giuridici, il principio della concorsualità dei crediti ante procedura e ha visto il verificarsi di una ampia diffusione dei crediti prededucibili, in questo caso creando quindi due gruppi di creditori: creditori di «serie A» molto tutelati post concordato, e creditori di «serie B» quelli ante concordato. Secondo noi era molto più urgente agire su questo aspetto molto diffuso del concordato preventivo e quindi chiediamo al Governo di adottare le opportune iniziative finalizzate ad una maggiore chiarezza normativa in materia di concordato preventivo che, facendo salvi i principi per noi condivisibili di continuità aziendale, che il concordato appunto vuole salvaguardare, nello stesso tempo faccia salvi i principi di concorsualità e certezza dei crediti nei rapporti di fornitura di beni e servizi, limitando altresì la diffusione appunto di crediti prededucibili.
PRESIDENTE. A questo pronto sospendo l'illustrazione degli ordini del giorno, che proseguirà a partire dalle ore 16, e ricordo che alle ore 15 è previsto la svolgimento di interrogazioni a risposta immediata. La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15,05.
Pag. 37PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro della giustizia.
(Iniziative di competenza in relazione al fenomeno del roghi nelle discariche della cosiddetta «Terra dei fuochi» in Campania – n. 3-00223)
PRESIDENTE. L'onorevole Formisano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00223, concernente iniziative di competenza in relazione al fenomeno del roghi nelle discariche della cosiddetta «Terra dei fuochi» in Campania (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la tempestività della risposta. Credo che ci sia poco da aggiungere a quanto già è noto, non solo alla Campania, ma all'Italia intera, rispetto ad un pezzo della nostra penisola definita «Terra dei fuochi»: oggetto di un'indiscriminata aggressione da parte delle forze camorristiche locali, che d'intesa con l'imprenditoria peggiore, soprattutto del Nord, ha fatto di quel pezzo d'Italia un territorio da dimenticare, da cancellare, ma soprattutto da bonificare.
Sky TG24 con una sua inchiesta ha messo a nudo (so che il Ministro ha partecipato a quel programma) cosa c’è in quella zona, cosa c’è da fare rispetto agli abitanti e soprattutto rispetto ai piccoli, ai giovani, ai bambini, che a volte sono nutriti con prodotti della terra che provengono da quella zona.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANIELLO FORMISANO. Siamo qui, Ministro, per ascoltare finalmente impegni concreti del Governo in questa direzione.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.
ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, con riferimento all'interrogazione dell'onorevole Formisano devo segnalare come il contrasto a questo fenomeno sia stato uno dei miei primi impegni: a pochi giorni dal mio insediamento ho subito visitato la cosiddetta Terra dei fuochi, per prendere contatto diretto con quella porzione della provincia di Napoli e di Caserta dove si manifestano e si sono manifestati purtroppo questi fenomeni. In particolare, ho visitato il territorio di alcuni comuni della provincia di Caserta, commissariati a causa dell'infiltrazione della criminalità organizzata, dove il problema della gestione illecita dei rifiuti presenta specifiche criticità.
Nel corso degli incontri che ho tenuto con le autorità e le popolazioni locali ho condiviso l'esigenza di promuovere un maggior controllo del territorio e una maggiore presenza del NOE e ho avuto modo di apprezzare iniziative già attivate, in corso, da parte del prefetto di Napoli, da parte del prefetto di Caserta, da parte della magistratura inquirente, ma, in particolare, da parte della procura di Santa Maria Capua Vetere.
Di fronte a tale situazione, appare urgente una modifica della legislazione in campo ambientale, soprattutto in ordine alle forme di sanzione dei reati che interessano quell'area. Credo che il contrasto ai roghi tossici e alle discariche possa essere affrontato anche con uno strumentario penale più efficace: per questo ho istituito un pool di magistrati che sta già operando in tal senso, in una commissione Pag. 38istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Mi sono poi impegnato a favorire un intervento coordinato tra i comuni della provincia di Napoli e di Caserta e il Consorzio per il riciclaggio degli pneumatici usati Ecopneus: una gran parte dei roghi è avviata attraverso l'utilizzo appunto di pneumatici. Infatti, in data 20 giugno 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Campania, la prefettura di Napoli e di Caserta, il comune di Napoli e di Caserta, l'incaricato del Ministero dell'interno per il fenomeno incendioso e appunto il Consorzio Ecopneus hanno stipulato un protocollo di intesa per l'attuazione di interventi di prelievo e gestione di pneumatici fuori uso, abbandonati nel territorio delle province di Napoli e Caserta.
Tale protocollo prevede in particolare che il comune di Napoli e quello di Caserta e gli eventuali altri comuni interessati delle due province si impegnino, nell'ambito dell'espletamento del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti urbani, a rintracciare e a raccogliere gli pneumatici fuori uso, abbandonati nei rispettivi territori, e a conferirli presso idonei centri autorizzati.
Inoltre, è stato perfezionato il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con il quale vengono definiti i criteri e le modalità di assegnazione e di ripartizione delle disponibilità del Fondo per la promozione degli interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie.
Tra i comuni che possono essere beneficiari di tali finanziamenti rientrano anche quelli della regione Campania.
Infatti il fondo è ripartito tra i comuni delle regioni oggetto di procedura di infrazione comunitaria o di condanna per la violazione o non corretta applicazione delle direttive in materia di gestione dei rifiuti, quindi un fondo al quale potranno accedere i comuni che sono più direttamente interessati da questo tipo di fenomeno.
Inoltre, ho presentato un emendamento al cosiddetto decreto del fare, che introduce il divieto temporaneo di importazione di rifiuti speciali e di quelli urbani pericolosi nella regione Campania. Ritengo che sia un segnale forte, tanto più in una regione che è ancora gravata da un'emergenza nella gestione dei rifiuti stessi.
PRESIDENTE. Ministro, la invito a concludere.
ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Concludo, signor Presidente. Ho convocato nei prossimi giorni il commissario per le bonifiche e il commissario per il contrasto agli incendi per individuare ulteriori interventi che si realizzeranno nei prossimi mesi su quella parte di territorio, pur sapendo che sono altissime e ingentissime le risorse necessarie per procedere agli interventi strutturali di bonifica per i danni inferti al territorio.
PRESIDENTE. Il deputato Formisano ha facoltà di replicare.
ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la puntualità con cui, rispetto ai punti posti nell'interrogazione, ha dato risposta.
Noi deputati del Centro Democratico faremo della verifica su questa vicenda un impegno politico pregnante, se non principale. Le frasi del Ministro De Girolamo di ieri sono riportate oggi su tutta la stampa napoletana. Quando la Ministra ha detto «qua è peggio di Gomorra», ha detto esattamente la verità, perché chi vive in quelle zone sa che è così.
Allora, occorre che, a fronte di questa presa di coscienza che oggi l'intero Governo dimostra effettivamente di avere, vi sia da parte delle forze politiche più avvedute e che soprattutto hanno una ramificazione territoriale l'incentivo, lo stimolo e lo sforzo a fare sì che quanto stiamo discutendo qui stasera diventi poi effettiva prassi governativa e divengano effettivi gli interventi governativi cui ha fatto riferimento il Ministro Orlando.Pag. 39
Io credo che l'obbligo, il compito che hanno le forze politiche che hanno a cuore il risollevarsi di quelle zone sia soprattutto quello di avere una funzione di verifica puntuale, precisa, non episodica. Io, per esempio, apprendo con soddisfazione che il Ministro, fra i vari interventi di coordinamento e di modifica legislativa, anche in riferimento ad aspetti del codice penale, metta in campo la possibilità per quei comuni di attivare e di servirsi di risorse.
Vedete, la cosa che più mi ha impressionato è che, quando siete andati lì e avete riscontrato queste zone, ai lati di queste zone c'era terreno vergine e pulito che doveva servire per ricoprire quelle zone per piantarvi di nuovo sopra ortaggi, frutta e quant'altro. Questo è l'attentato più grave che si possa avere nei confronti dei nostri figli.
Concludo, Ministro: troverà nei deputati di Centro Democratico coloro che, ogni due mesi, verranno qui a chiedere conto a lei e al Governo degli impegni che solennemente, davanti a qualche centinaio di migliaia di italiani, oggi lei ha assunto.
(Iniziative d'urgenza per garantire il regolare avvio del prossimo anno scolastico, con particolare riferimento al contenzioso sviluppatosi in relazione alla procedura concorsuale in corso per il reclutamento di dirigenti scolastici – n. 3-00224)
PRESIDENTE. La deputata Rocchi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Coscia n. 3-00224, concernente iniziative d'urgenza per garantire il regolare avvio del prossimo anno scolastico, con particolare riferimento al contenzioso sviluppatosi in relazione alla procedura concorsuale in corso per il reclutamento di dirigenti scolastici (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.
MARIA GRAZIA ROCCHI. Signor Presidente, grazie al Ministro e ai colleghi.
Nel luglio 2011 veniva bandito, dopo sette anni dal precedente bando, il concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici. Tale procedura concorsuale ha rilevato forti elementi di criticità. Non è una coincidenza, infatti, che in diverse regioni gli uffici scolastici hanno dovuto affrontare ricorsi per presunte irregolarità, che hanno portato a pronunce avverse dei tribunali amministrativi. Tali sono i casi della regione Molise e ancora in Toscana, dove il TAR riconosce le ragioni dei ricorrenti che adducevano irregolarità nella sostituzione dei componenti delle commissioni giudicanti e vizi nella correzione delle prove scritte. Anche il TAR della Campania ha stabilito la sospensione cautelare degli esami orali.
Identica sorte ha subito il concorso nella regione Abruzzo. Ancora più grave appare la situazione del concorso svoltosi nella regione Lombardia, dove il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello promosso dal MIUR avverso la sentenza del TAR che aveva annullato il concorso per violazione del principio dell'anonimato.
Così, appare evidente il senso di incertezza e di preoccupazione che il mondo della scuola sta vivendo a causa di procedure apparse costellate di errori, dovuti anche a leggerezza e superficialità, ma spesso riconducibili a norme farraginose che, più che garantire trasparenza e correttezza, sono riuscite a far lievitare il contenzioso e a creare un grave vulnus. Concludo.
Pertanto, si richiede quali iniziative il Governo intenda adottare per predisporre con urgenza i necessari atti amministrativi o normativi anche in questa fase di contenziosi aperti, che possano garantire il regolare avvio del prossimo anno scolastico, con una dirigenza stabile, adeguatamente coadiuvata dall'attività di vicari o collaboratori del dirigente.
PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha facoltà di rispondere.
MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor Presidente, onorevole Rocchi, vorrei, innanzitutto, osservare che il concorso per dirigente scolastico, che ha coinvolto Pag. 40inizialmente circa 40 mila candidati, ha richiesto un notevole impegno per gli uffici scolastici regionali.
Nella maggior parte delle regioni, non vi sono stati contenziosi rilevanti e il concorso si è concluso regolarmente con l'immissione in servizio dei vincitori. Nelle cinque regioni indicate dagli interroganti, vi sono state effettivamente pronunce giurisdizionali di accoglimento contro gli atti della procedura, relative peraltro a diversi gradi e a diverse fasi del giudizio.
In Campania, vi è stata soltanto una pronunzia cautelare; in Abruzzo vi è stata la sentenza di primo grado; in Molise è pendente il giudizio d'appello; per la Toscana, il Consiglio di Stato, su richiesta del Ministero, ha sospeso la sentenza di primo grado; solo per la Lombardia vi è stata una pronuncia definitiva del Consiglio di Stato.
Aggiungo che, in alcune di queste regioni, il numero dei posti a concorso e di quelli disponibili in organico è molto limitato, sicché gli effetti del contenzioso descritto sono ridotti.
Come sottolineato dagli interroganti, la situazione più grave è quella della Lombardia, dove un errore nella scelta delle buste contenenti il cartoncino con le generalità dei candidati ha determinato l'annullamento di alcune fasi della procedura, che dovranno essere rinnovate. Di conseguenza, il concorso non si concluderà in tempo per dotare di nuovi dirigenti molte scuole attualmente scoperte. Ho disposto la trasmissione degli atti alla Corte dei conti perché valuti le eventuali responsabilità per danno erariale.
Se vi sono state leggerezze e superficialità riconducibili a norme farraginose – come ipotizzato dagli interroganti –, si potrà chiarire solo quando i diversi contenziosi in atto saranno definiti. A parte il caso lombardo, infatti, essi vertono su regole organizzative e procedurali la cui esistenza e la cui interpretazione sono al momento all'esame dei giudici amministrativi. Solo sulla base delle loro decisioni, si potrà valutare l'eventuale opportunità di un intervento normativo che modifichi il delicato equilibrio tra le esigenze di trasparenza e garanzia e quella del raggiungimento del risultato.
È comunque mia intenzione – in questo, come in altri settori – adoperarmi per la semplificazione delle procedure inutilmente complesse.
Osservo, comunque, che il contenzioso amministrativo ha caratterizzato anche precedenti concorsi a dirigente scolastico, come peraltro numerosi concorsi pubblici di altro tipo.
Non mi sfugge certo l'esigenza di garantire il regolare avvio dell'anno scolastico, con particolare riferimento alle scuole della Lombardia. Per questa ragione, mi sono già fatta promotrice di un intervento normativo che contemperi il doveroso rispetto del giudicato con l'esigenza di dotare il più ampio numero di scuole della loro figura di vertice. Confido che la norma verrà inserita in un prossimo provvedimento urgente del Governo.
PRESIDENTE. La deputata Coscia ha facoltà di replicare.
MARIA COSCIA. Signor Presidente, signora Ministro, noi prendiamo atto della sua risposta molto puntuale e molto precisa. Non possiamo che rafforzare quello che lei ha detto, cioè di fare in modo che possa iniziare anche nella regione Lombardia, come in tutte le altre regioni, un anno scolastico sereno con i dirigenti al loro posto e che, quindi, questa soluzione normativa possa arrivare in tempo utile perché, altrimenti, soprattutto nella regione Lombardia, ma anche in altre regioni, è a rischio proprio la funzionalità delle scuole, di cui c’è assolutamente bisogno per tutelare i diritti dei bambini e delle loro famiglie.
(Iniziative per l'erogazione delle risorse previste per il 2013 a favore delle scuole paritarie e politiche di supporto ed implementazione del sistema nazionale integrato d'istruzione – n. 3-00225)
PRESIDENTE. La deputata Elena Centemero ha facoltà di illustrare, per un Pag. 41minuto, l'interrogazione Centemero e Baldelli n. 3-00225, concernente iniziative per l'erogazione delle risorse previste per il 2013 a favore delle scuole paritarie e politiche di supporto ed implementazione del sistema nazionale integrato d'istruzione (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, la nostra interrogazione verte sul sistema integrato d'istruzione così come è sancito all'interno della «legge Berlinguer», la legge n. 62 del 2000, che prevede un sistema composto da scuole, appunto, statali, gestite dallo Stato, e scuole paritarie, gestite da privati o da enti locali.
Queste scuole hanno ricevuto, in questi anni, un finanziamento per il funzionamento – non per la loro istituzione – che ha avuto una certa stabilità nel corso degli anni. Il finanziamento per il funzionamento di queste scuole, durante questo anno scolastico, non è ancora stato completamente assegnato alle scuole. In modo particolare, in base al decreto-legge n. 174 del 2012 risultano accantonati, proprio per il Fondo destinato ai trasferimenti alle regioni, 160 milioni.
Quindi, noi chiediamo al Ministro che cosa intenda attuare nell'immediato, anche se noi pensiamo non solo ad una politica emergenziale per la scuola, ma anche a una ad ampio raggio, per sostenere le istituzioni scolastiche paritarie, comunali e private, che rappresentano il 12 per cento delle scuole italiane.
PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha facoltà di rispondere.
MARIA CHIARA CARROZZA, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor Presidente, onorevole Centemero, gli onorevoli interroganti chiedono chiarimenti riguardo all'erogazione di una parte dei finanziamenti destinati alle scuole paritarie, che risulta al momento accantonata. Sul punto segnalo, prima di tutto, che l'entità dell'accantonamento delle risorse assegnate al capitolo di bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 1299 è di circa 80 milioni di euro e non di 160.
Come ho già avuto modo di riferire al Parlamento, l'accantonamento è stato operato dalla Ragioneria generale dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 174 del 2012, che sanziona, in questo modo, le regioni che non hanno operato le previste riduzioni dei costi della politica nel termine stabilito dalla legge statale. Il ritardo nell'erogazione, quindi, è da imputare a condotte di alcune regioni piuttosto che del Governo.
Nell'ambito del Governo, peraltro, è in corso un approfondimento sulla specifica natura dei finanziamenti in esame. Essi sono qualificati in bilancio come trasferimenti alle regioni, ma vengono direttamente erogati dallo Stato alle istituzioni scolastiche su delega delle regioni stesse. È ipotizzabile, quindi, che essi non siano considerati trasferimenti alle regioni e, quindi, non siano soggetti al meccanismo di salvaguardia previsto dal citato decreto-legge.
Su questa base è in corso, dallo scorso maggio, un confronto con il Ministero dell'economia e delle finanze, in esito al quale conto di raggiungere una soluzione condivisa che permetta di ultimare l’iter di definizione del decreto interministeriale per la ripartizione dello stanziamento.
Sono, infatti, consapevole dell'importanza delle scuole paritarie in un sistema integrato di istruzione, che assicura la libertà di scelta da parte delle famiglie all'educazione scolastica dei propri figli, e del fatto che tali scuole, soprattutto in alcune zone del Paese, svolgono un ruolo fondamentale, sussidiario rispetto all'offerta della scuola. Sono altrettanto consapevole degli inconvenienti che un ritardo nell'erogazione dei finanziamenti potrebbe comportare nella gestione, considerando che l'assegnazione dei contributi è effettuata per anno scolastico e che il bilancio di previsione per l'anno 2012-2013 è stato predisposto facendo affidamento a tali risorse.
Quanto alla stabilizzazione dei finanziamenti a sostegno delle suddette scuole, Pag. 42condivido l'opportunità di raggiungere quanto prima questo risultato, conseguibile proprio attraverso un meccanismo di copertura permanente del citato capitolo di bilancio n. 1299, che attualmente impone ogni anno di trovare una nuova copertura. Il problema non si pone, invece, per le risorse presenti sul secondo canale di finanziamento, il capitolo n. 1477, che possiedono già una certa stabilità.
PRESIDENTE. La deputata Centemero ha facoltà di replicare.
ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, grazie Ministro, grazie per la sensibilità, che aveva già dimostrato anche all'interno dell'audizione nelle Commissioni VII di Camera e Senato, a quello che è un sistema pluralistico di formazione e d'istruzione nel nostro Paese, che risulta, rispetto ai dati OCSE, un po’ indietro rispetto agli altri Paesi europei.
Credo che, proprio perché siamo in una fase politica molto particolare per la storia del nostro Paese, che ci vede uniti in un lavoro di servizio per il bene del nostro Paese, sia di grande importanza dare una stabilità ai finanziamenti della scuola, in generale della scuola pubblica, che non significa gestita dallo Stato, ma significa la scuola di tutti, accessibile a tutti, con la garanzia del diritto allo studio, ma anche della possibilità costituzionale per i genitori di poter liberamente scegliere, all'interno di un sistema integrato di istruzione, dove far crescere, in un ambiente sereno e di qualità, i propri figli. Quindi, credo che, oltre alle emergenze che riguardano il mondo della scuola in toto, quello pubblico, statale e paritario, noi dovremmo pensare anche a finanziamenti collegati alla qualità del nostro sistema di istruzione, rendendolo realmente accessibile a tutti. Per questo noi abbiamo chiesto un'indagine conoscitiva all'interno della VII Commissione proprio sul sistema integrato di istruzione in Italia e in Europa, per vedere in una politica di lungo periodo, come ci aspettiamo da questo Governo, che sosteniamo con lealtà, come poter operare al meglio per un sistema integrato di istruzione europeo.
(Iniziative normative volte ad introdurre reato di omicidio stradale, garantendo l'effettiva espiazione della pena detentiva in carcere da parte dei responsabili nonché l'applicazione della custodia cautelare in carcere – n. 3-00226)
PRESIDENTE. Il deputato Marco Rondini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00226, concernente iniziative normative volte ad introdurre reato di omicidio stradale, garantendo l'effettiva espiazione della pena detentiva in carcere da parte dei responsabili nonché l'applicazione della custodia cautelare in carcere (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
MARCO RONDINI. Signor Presidente, il 10 luglio 2013 la sedicenne Beatrice Papetti, mentre attraversava la strada provinciale Padana Superiore a Gorgonzola, è stata investita da un'auto pirata ad altissima velocità, che ha poi continuato nella sua folle corsa senza fermarsi per prestare soccorso.
Dopo sette giorni di indagini serrate da parte delle forze dell'ordine per individuare l'autore del crimine, che nel frattempo era fuggito e si era nascosto, martedì 16 luglio 2013 El Habib Gabardi si è costituito. Due giorni dopo che i carabinieri avevano tradotto in carcere il magrebino, il giudice per le indagini preliminari di Milano, dopo l'interrogatorio di garanzia, non ha accolto le richieste del pubblico ministero, che, invece, aveva chiesto che l'uomo venisse tenuto in carcere, e dunque ha concesso all'investitore gli arresti domiciliari, ed è tornato nella sua casa a due piani, in una tranquilla corte nel centro di Roncello, in Brianza. Chiediamo al Ministro se ritenga opportuno adottare iniziative per introdurre finalmente nel nostro ordinamento il reato di omicidio stradale a carico di chi provoca incidenti mortali e di assicurare a chi si macchia di tale reato l'espiazione della pena negli appositi istituti penitenziari, fin dal momento dell'arresto.
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Anna Maria Cancellieri, ha facoltà di rispondere.
ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, rispondo all'interrogazione dell'onorevole Rondini sui noti e purtroppo dolorosi fatti relativi al decesso della giovane Beatrice Papetti. Come è noto l'investitore, El Habib Gabardi, che subito dopo l'incidente si era dato alla fuga e aveva poi cercato di occultare le tracce inerenti alla propria responsabilità, si presentava dopo qualche giorno ai carabinieri e veniva sottoposto a fermo di polizia giudiziaria. Il pubblico ministero chiedeva la convalida del fermo e l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di omicidio colposo, contestando altresì al Gabardi il reato di omissione dell'obbligo di fermarsi e prestare soccorso. Nel corso dell'udienza di convalida, l'indagato ammetteva i fatti e confessava di non essersi fermato per timore di subire il sequestro del mezzo. All'esito il giudice per le indagini preliminari, con ordinanza del 19 luglio scorso, non convalidava il fermo in ragione della mancanza del pericolo di fuga desunto dalla presentazione spontanea dell'indagato munito di permesso di soggiorno, e disponeva che l'indagato fosse sottoposto agli arresti domiciliari. Sul punto il giudice dava rilievo alla condizione di persona incensurata e regolarmente soggiornante in Italia del Gabardi, nonché al suo seppur tardivo ravvedimento. Ciò richiamato, comprendo lo stato d'animo dei familiari della ragazza per la tragica vicenda che ha toccato profondamente anche il sentimento dell'opinione pubblica.
Tuttavia non posso non rilevare che per previsione costituzionale il Ministro della giustizia non può intervenire sulle valutazioni di merito dell'autorità giudiziaria. Peraltro ricordo che i termini per una eventuale impugnazione da parte del pubblico ministero non sono ancora scaduti.
Per quanto riguarda il profilo relativo all'opportunità di introdurre nel nostro ordinamento il reato di omicidio stradale, preciso che, allo stato, non sono allo studio di questo Governo iniziative normative sul tema, che peraltro costituisce oggetto di diversi disegni di legge che mirano a configurare tale delitto quale fattispecie dolosa, con conseguente inasprimento del trattamento sanzionatorio.
Quanto, infine, al profilo dell'eventuale previsione dell'obbligatorietà della custodia in carcere nei confronti dei responsabili di tali reati, la Corte costituzionale, con ripetute ed anche recentissime pronunce – da ultimo la sentenza n. 232 del 16 luglio 2013 –, ha affermato l'illegittimità costituzionale di previsioni normative, ad eccezione del delitto di associazione di tipo mafioso, volte ad ancorare l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere a criteri di mera automaticità.
PRESIDENTE. Il deputato Rondini ha facoltà di replicare.
MARCO RONDINI. Diciamo che non siamo assolutamente soddisfatti della risposta. Intanto perché non avevamo chiesto che il Ministro o il Governo intervenissero sulla capacità di giudicare di un magistrato, se concedere i domiciliari o lasciare in carcere una persona che, sì, non può reiterare il reato o non può inquinare le prove, ma sicuramente non ha dimostrato buona volontà (si è costituito solo quando il cerchio si era stretto intorno a lui). Inoltre, noi non abbiamo chiesto al Ministro di intervenire su quella decisione del magistrato che, ingiustamente e inconcepibilmente, ha permesso al magrebino di tornarsene comodamente a casa sua, lasciando comunque la famiglia distrutta dal dolore provocato da una persona che volutamente si è nascosta per giorni e solo, solo quando il cerchio si è stretto sono intorno a lei ha deciso finalmente di consegnarsi.
Non chiedevamo al Ministro di intervenire su quella decisione inaudita, chiedevamo al Ministro se era nelle sue intenzioni adottare un provvedimento o prendere in considerazione la possibilità di inserire nel nostro ordinamento, nel Pag. 44codice penale, il reato di omicidio stradale. Ed è logico che si chieda, per chi, magari, si mette alla guida di un autoveicolo sotto l'effetto dell'alcool piuttosto che della droga oppure percorre le nostre strade ad alta velocità, per queste persone che per noi sono dei cretini e che diventano dei criminali nel momento in cui ammazzano qualcuno, è logico – ripeto – prevedere che queste persone stiano immediatamente, quando arrestate, in carcere, e non comodamente a casa loro. Questo noi chiedevamo. Per questo noi non siamo assolutamente soddisfatti. Come ho già avuto modo di annunciare la scorsa settimana intervenendo in Aula, noi stiamo predisponendo, e a breve depositeremo, un disegno di legge volto a far recepire dal nostro codice penale il reato di omicidio stradale. La Corte costituzionale, io ritengo che debba uniformarsi anche a quello che è il sentire comune. Non sono le «Tavole della Legge», che sono immodificabili.
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
MARCO RONDINI. Io credo che i magistrati debbano cominciare a prendere coscienza che delle loro azioni devono rispondere anche davanti all'opinione pubblica. Grazie.
(Iniziative di competenza per garantire l'effettivo accesso alla giustizia in Campania, in considerazione del processo di riorganizzazione degli uffici giudiziari – n. 3-00227)
PRESIDENTE. Il deputato Arcangelo Sannicandro ha facoltà di illustrare l'interrogazione Migliore n. 3-00227, concernente iniziative di competenza per garantire l'effettivo accesso alla giustizia in Campania, in considerazione del processo di riorganizzazione degli uffici giudiziari (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.
ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, come è noto la riforma della geografia giudiziaria comporta la soppressione di 31 tribunali e 220 sezioni distaccate. La situazione è particolarmente complicata in Campania, dove parecchi uffici saranno soppressi e dovrebbero essere allocati tutti presso la sede monumentale del Castello aragonese di Aversa, a cui verrebbero, appunto, allocate queste sezioni distaccate.
In particolare, per la creazione del cosiddetto tribunale di Napoli nord verrebbero soppresse le sedi di Pozzuoli, aperta soltanto due anni fa, completamente a norma e ristrutturata, la sede di Marano, rispetto alla quale sono stati già spesi 3 milioni di euro per la messa in sicurezza e a norma, Afragola, sede completamente a norma di recentissima costruzione, Frattamaggiore, Casoria, con ingente carico di ruoli e così via.
Ora, il presidente del tribunale di Napoli, Alemi, ha chiesto al competente Ministero, nonché al Consiglio superiore della magistratura, una proroga strategica delle sedi di Casoria, Ischia e Marano, in relazione al sovrabbondante carico dei ruoli facenti capo ad esse.
Quindi, in sostanza si chiede un po’ di tempo in più per organizzare meglio il lavoro, adottando disposizioni integrative e correttive che sono già previste dal decreto legislativo n. 155 del 2012, in maniera tale che si tenga conto della specificità territoriale e delle esigenze civili della comunità campana. Non si chiede certo la sospensione della riforma.
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Cancellieri, ha facoltà di rispondere.
ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, rispondo all'interrogazione dell'onorevole Migliore ribadendo quanto da me già dichiarato sul tema della revisione degli uffici giudiziari campani.
Con l'istituzione del tribunale di Napoli nord è fortemente mutato, in senso positivo, l'assetto degli uffici giudiziari del distretto di Napoli. Infatti, tale tribunale, con un bacino di utenza di circa un milione di abitanti, è per grandezza il dodicesimo tribunale italiano su 135.Pag. 45
Con la sua istituzione è stata razionalizzata la presenza degli uffici del distretto e decongestionato opportunamente il tribunale di Napoli, che ha visto ridurre significativamente il suo bacino di utenza.
Sottolineo, infine, che sulla stessa area territoriale si è previsto un notevole potenziamento degli organici dei magistrati del distretto con un aumento di ben 63 unità. È stata inoltre corrispondentemente aumentata di ben 140 unità la dotazione organica di personale amministrativo.
Quanto alle strutture del nuovo tribunale di Napoli nord ad Aversa, l'immobile principale prescelto, il Castello aragonese, è completamente ristrutturato, in quanto già sede della Scuola di formazione della polizia penitenziaria e, per la sua concreta utilizzazione, saranno necessarie opere di semplice adattamento interno di costo assai limitato. Il relativo studio di fattibilità è stato già analizzato dal Ministero della giustizia e il sindaco di Aversa ha assicurato piena collaborazione alla realizzazione delle opere.
Per l'istituzione del nuovo ufficio è previsto, inoltre, l'utilizzo di altri due immobili poco distanti, di cui uno attualmente inutilizzato e completamente risistemato, mentre l'altro potrà essere ugualmente destinato a eventuali ulteriori esigenze del tribunale. Anche in questa occasione intendo comunque segnalare che sul tema della revisione della geografia giudiziaria resta aperta la possibilità, contemplata dal legislatore, di interventi correttivi o integrativi, nell'arco del biennio previsto dalla legge, che si rendessero necessari sulla base di evidenze emergenti dalla concreta attuazione della riforma, anche sulla scorta di un adeguamento-monitoraggio che verrà svolto dagli uffici del mio Ministero.
PRESIDENTE. L'onorevole Sannicandro, ha facoltà di replicare.
ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Ministro, faccio presente che questa situazione – e in particolare lo stato dell'arte in tutta la Campania – fu già oggetto di un documento dell'Associazione nazionale magistrati, che evidenziava la particolare criticità della situazione in Campania.
Lei oggi dà assicurazioni, come dire, ottimistiche, io – mi dispiace dirlo – credo che bisogna far riferimento a ciò che dice il presidente del tribunale di Napoli, che essendo sul territorio e dovendo realizzare la riforma, evidentemente trova delle difficoltà concrete.
Ora, la legge consente a lei e al Consiglio superiore della magistratura, di fronteggiare da subito le situazioni, non c’è bisogno di aspettare il biennio. Se la situazione fosse grave, perché attendere che maturi un periodo così lungo di caos – perché questo sarà - ? Io lo dico perché ho sperimentato ciò che sta accadendo altrove. Innanzitutto, sta accadendo che quella che è una riforma ispirata al risparmio si sta rivelando, invece, una norma dissipatrice di risorse economiche, se è vero com’è vero che si abbandonano immobili, come anche in questo caso – ho già citato alcuni casi – immobili del demanio, sia statale che comunale, e in alcune province si sta ricorrendo esclusivamente ad agenzie immobiliari per ricercare degli immobili da affittare.
Io credo che noi dovremmo riparlare meglio dopo il 13 settembre, quando entrerà a regime – dovrebbe entrare a regime – la riforma e vedremo, appunto, come l'ottimismo che dal Ministero promana io credo che sia del tutto infondato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
(Iniziative ispettive presso la procura di Varese in relazione al caso di Giuseppe Uva – n. 3-00228)
PRESIDENTE. Il deputato Ferraresi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00228, concernente iniziative ispettive presso la procura di Varese in relazione al caso di Giuseppe Uva (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
VITTORIO FERRARESI. Gentile Ministro, il 14 giugno 2008, Giuseppe Uva, per aver spostato una transenna, venne condotto Pag. 46nella caserma dei carabinieri di Varese ove entrò con le sue gambe e senza alcun verbale di arresto. Poi venne ricoverato in regime di TSO presso l'ospedale di Circolo di Varese ove morì a soli 43 anni. Da quel momento la sorella Lucia Uva ha dovuto assistere ad una tragica escalation di peripezie giudiziarie con protagonista il PM di Varese, Agostino Abate. Egli solo a luglio 2013, a meno di un anno dalla prescrizione, ha portato davanti ad un GIP, per chiederne l'archiviazione, la posizione dei sei carabinieri e due poliziotti che ben cinque anni fa avevano condotto e trattenuto in caserma Giuseppe e ciò solo dopo che due giudici lo avevano sollecitato, mentre nel frattempo lo stesso Abate si è adoperato per portare a giudizio tre medici tutti assolti nonché la sorella di Giuseppe e altri soggetti per quanto da loro espresso pubblicamente. Siamo, quindi, qui a chiedere al Ministro se non reputi necessario assumere iniziative ispettive presso la procura di Varese al fine dell'esercizio di tutti i poteri di competenza, ivi compresa la promozione dell'azione disciplinare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Anna Maria Cancellieri, ha facoltà di rispondere.
ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, le vicende collegate alla morte di Giuseppe Uva sono da molto tempo all'attenzione degli uffici del mio Ministero. So che si tratta di una vicenda particolarmente dolorosa e tuttora con dei punti oscuri che devono essere chiariti e rispetto ai quali non si è ancora pervenuti ad una risposta giudiziaria convincente. Come sapete, proprio per questa ragione, di recente ho ritenuto di ricevere personalmente i familiari del signor Uva per ribadire loro la mia personale vicinanza e il mio impegno nella ricerca della verità.
Sul piano istituzionale vi informo che, sin dalle prime segnalazioni ricevute dagli uffici ministeriali, sono state tempestivamente intraprese tutte le iniziative conoscitive ed ispettive volte ad accertare la sussistenza di profili di responsabilità disciplinare in capo ai magistrati che, a diverso titolo, si sono occupati della vicenda. I risultati sono stati negativi. Ed anche il procuratore generale presso la Corte di Cassazione, titolare anch'egli dell'azione disciplinare, ha escluso la sussistenza di comportamenti disciplinarmente rilevanti con ciò procedendo all'archiviazione degli atti in data 9 maggio 2011 e 13 dicembre 2012.
Devo però subito aggiungere che, successivamente, nell'ambito del procedimento penale della procura di Varese, conseguentemente alla trasmissione degli atti al pubblico ministero disposta dal tribunale di Varese con sentenza del 23 aprile 2012, con la quale si indicava la necessità di approfondimenti investigativi su ciò che era accaduto prima del ricovero in ospedale dell'Uva, il giudice per le indagini preliminari, pochi giorni addietro, ha depositato un provvedimento di rigetto della richiesta di archiviazione al pubblico ministero con riguardo alla posizione processuale di coloro che si trovavano nella caserma dei carabinieri di Varese ove il predetto era stato condotto subito dopo il fermo di identificazione della polizia giudiziaria.
Si tratta di un fatto processuale di grande rilevanza, in particolare per l'eccezione di merito che il giudice ha rassegnato in ordine all'attività investigativa che richiede un esame approfondito da parte degli uffici competenti perché potenzialmente idoneo a far luce sulle effettive responsabilità nell'accertamento delle cause di una morte che è rimasta tuttora inspiegabile. Voglio pertanto assicurare l'Aula di aver già dato incarico alla competente articolazione ispettiva affinché valuti gli elementi conoscitivi da ultimo intervenuti, unitamente alle precedenti acquisizioni, provvedendo agli accertamenti necessari a far luce sull'intera vicenda. Solamente all'esito delle risultanze ispettive, quindi, potrò assumere le eventuali determinazioni sul piano disciplinare.
PRESIDENTE. Il deputato Ferraresi ha facoltà di replicare.
VITTORIO FERRARESI. Sì, grazie, Ministro, noi ci riterremo soddisfatti chiaramente solo quando vedremo che lo Stato si muoverà. Sembra che qualcosa sia stato fatto, per questo la ringraziamo. Questo caso è un emblema di tanti altri casi in cui le forze dell'ordine abusano dei propri poteri, rimanendo in un alveo di impunità proprio in un momento in cui cittadini sono nelle mani di chi li dovrebbe tutelare, di chi dovrebbe garantir loro l'incolumità.
Anche l'ultimo provvedimento, come ha ricordato il GIP di Varese, del 20 luglio 2013, ha evidenziato come dopo la trasmissione degli atti alla procura, effettuata dal giudice del tribunale di Varese, dottor Moscato, il PM Abate non abbia compiuto alcuna attività di indagine ed abbia inoltre effettuato una contestazione, definita apodittica, di mere lesioni personali semplici, a fronte della morte di un uomo avvenuta nelle mani dello Stato e rimasta ancora priva di giustificazione.
Non possiamo non interrogarci sul fatto che alla procura di Varese è stato consentito fino ad oggi al PM Abate di personalizzare il fascicolo relativo alla morte di Giuseppe Uva. Molti sono i casi che ancora rimangono nel silenzio, altri arrivano a sentenze lontane dal valore della giustizia e altri casi, come quello del nostro Giuseppe, non riescono per ora ad avere nemmeno la dignità di vedere celebrato un giusto processo, in cui si accertino le cause della sua morte, da cinque anni.
Sì, perché se non si interviene subito c’è il grave rischio che molti di questi reati ipotizzati cadano in prescrizione il prossimo anno e ciò vorrebbe dire lasciare la morte di Giuseppe Uva non solo senza colpevoli, ma pure senza alcun tentativo di ricerca della verità. Il comportamento di questo PM secondo me è indicativo di questo sintomo. Io veramente voglio dirvi di indagare davvero approfonditamente, perché questi comportamenti che poi ho riportato nella mia interrogazione sono tutti scritti, sono tutti agli atti e sono molto precisi ed inqualificabili. Non si è mai visto un caso del genere.
Noi crediamo nella magistratura e nelle forze dell'ordine e proprio perché pensiamo che la credibilità di queste istituzioni non debba essere intaccata in questo modo, vi chiediamo che lo Stato intervenga dando un segnale forte di vicinanza ai familiari di Giuseppe Uva, che rimangono tuttora, dopo cinque anni, in attesa di iniziare un percorso di verità e soprattutto di giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Misure per garantire la sicurezza degli agenti di polizia penitenziaria, anche in relazione alla carenza di personale e alla questione del sovraffollamento carcerario – n. 3-00229)
PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00229, concernente misure per garantire la sicurezza degli agenti di polizia penitenziaria, anche in relazione alla carenza di personale e alla questione del sovraffollamento carcerario (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
PAOLA BINETTI. Signor Presidente, il mio intervento va in una direzione solo apparentemente diversa rispetto a quella appena segnalata dai colleghi ed è un intervento che vuole mettere in evidenza la condizione in cui versano le guardie carcerarie. Solo pochi giorni fa è stata denunciata dal sindacato di polizia penitenziaria Sappe una nuova aggressione, che si è verificata nel carcere di Rebibbia. Noi sappiamo che il carcere di Rebibbia, così come anche il carcere di Regina Coeli, a Roma, hanno un indice di sovraffollamento veramente impressionante: da 750 possibili carcerati ne sono ospitati nella casa circondariale 1.250 in una e da 900 sono 2.500 nell'altra. Sono numeri importanti e sono numeri che entrano in rotta di collisione immediata con la diminuzione del personale che dovrebbe occuparsi di questi detenuti. Quindi il tema del sovraffollamento non è soltanto un tema Pag. 48di spazi, è certamente un tema di dignità, di dignità per i carcerati, ma è anche un tema di dignità per le guardie carcerarie. Io chiedo se non è opportuno intervenire tempestivamente al fine di garantire un'adeguata sicurezza agli agenti, alle strutture in cui essi operano però, come abbiamo sentito dire appena adesso, anche alle persone che in queste strutture vengono alloggiate.
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Anna Maria Cancellieri, ha facoltà di rispondere.
ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, l'episodio citato dall'onorevole di Binetti, avvenuto il 5 luglio scorso nell'istituto femminile di Roma Rebibbia, riguarda la signora Nicoletta Angel, detenuta straniera con problematiche di tossicodipendenza e di carattere psichiatrico. La signora Angel, a seguito di un gesto autolesionistico, è stata sottoposta al regime di sorveglianza a vista per tutelarne l'incolumità fisica, tenuto anche conto che già in passato aveva compiuto analoghi gesti, per i quali si era reso necessario l'intervento di sostegno del personale di polizia penitenziaria. A seguito della sottoposizione al regime di sorveglianza a vista, la detenuta ha dato fuoco al proprio materasso ed ha aggredito il personale intervenuto, cagionando agli agenti lesioni, peraltro di lieve entità.
Allo stato presso l'istituto in questione risultano presenti 409 detenute, a fronte di una capienza regolamentare tollerabile rispettivamente di 257 e 361 posti. È di tutta evidenza che la riscontrata situazione di sovraffollamento – per la cui soluzione sono personalmente impegnata, come è noto a questo Parlamento – incide non solo sulle condizioni detentive, ma anche su quelle operative del personale della polizia penitenziaria.
Ciononostante, posso assicurare che nell'istituto, grazie anche all'abnegazione del personale di polizia penitenziaria, purtroppo sottodimensionato rispetto alla previsione organica, si sono messe in atto tutte le iniziative volte a migliorare le condizioni di vivibilità della popolazione carceraria. Tra l'altro, nell'istituto femminile di «Rebibbia» le detenute hanno la possibilità di vivere fuori dalla stanza per tutto l'arco della giornata e precisamente dalle otto del mattino alle venti di sera, fruendo di numerose e varie offerte trattamentali.
Tengo, infine, a informare che la delicata questione della carenza del personale della Polizia penitenziaria del carcere in questione – sono in servizio 173 unità a fronte delle 247 previste – potrà essere portato a soluzione grazie anche alle prossime assegnazioni di personale derivanti dalla conclusione del 166o e del 167o corso di formazione per neo agenti.
PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di replicare.
PAOLA BINETTI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro. Di fatto sono molto contenta che in questo momento a presiedere l'Aula ci sia il Presidente Boldrini che non da poco si è recata in queste stesse situazioni e che è in grado di testimoniare come la parola d'ordine che è stata gridata dagli uni e dagli altri in modi diversi è stata quella: «dignità, dignità, dignità». Ringrazio il Ministro per la sua attenzione. Mi rendo conto che c’è la piena e assoluta consapevolezza del sottodimensionamento delle persone. Mi permetto anche di far notare, proprio per il riferimento che lei ha fatto alla condizione della paziente – a me così viene da definirla, perché si trattava anche di una persona tossicodipendente e, quindi, anche con tutta una serie di disagi aggiuntivi – che, anche la medicina penitenziaria, è una medicina totalmente sottodimensionata rispetto ai bisogni dei carcerati e anche, io credo, in certi momenti, rispetto ai bisogni del personale, se penso alle condizioni di stress in cui tutti quanti sono chiamati a operare.
Noi abbiamo discusso in quest'Aula, pochi giorni fa, un disegno di legge che in qualche modo l'opinione pubblica ha chiamato un po’ «svuota carceri». È un disegno di legge che in qualche modo noi Pag. 49abbiamo voluto chiamare in un modo diverso invece, con riferimento ai modi alternativi di scontare le proprie pene. Noi l'abbiamo discusso, noi l'abbiamo votato, noi siamo tutti convinti che questa sia una necessità reale, così come siamo convinti che ci siano anche spazi inutilizzati all'interno delle carceri, e che siano anche inutilizzati ancora una volta per mancanza di personale. È evidente che è un problema che non ammette una soluzione sola, ma ammette necessariamente una soluzione di tipo multidimensionale, ripeto, che riguarda la logistica, che riguarda la formazione, che riguarda il numero stesso delle persone, che riguarda un certo turnover positivo che si deve poter creare tra di loro, ma che riguarda anche una cultura diversa relativa alla considerazione del carcere come luogo di riabilitazione, e non soltanto come un luogo di segregazione, perché in questo caso, allora, tra i primi segregati ci sarebbero anche le nostre stesse guardie carcerarie. Nessuno di noi vuole una cosa di questo tipo, mentre tutti contiamo su di loro perché possono davvero essere gli agenti primari di riabilitazione.
In questo, però, veramente rivolgo un'attenzione del tutto particolare alla medicina penitenziaria. Fino a pochi anni fa questa era come una branca a parte della medicina, dopodiché in qualche modo è rientrata nell'ambito di quello che è il Servizio sanitario nazionale, però tutti sappiamo che c’è ancora un gap tra queste due forme che lascia soli, sia i carcerati, sia le guardie. Quindi, io, mentre ringrazio per la risposta, mi appello davvero alla sua sensibilità (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
(Intendimenti del Governo in merito ai recenti sviluppi della vicenda di Cesare Battisti – n. 3-00230)
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Giorgia Meloni n. 3-00230, concernente intendimenti del Governo in merito ai recenti sviluppi della vicenda di Cesare Battisti (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata). Il deputato Fabio Rampelli ha facoltà di illustrare l'interrogazione che ha testé sottoscritto.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, Ministro, come sa l'ex terrorista Cesare Battisti pare rischierebbe – dico pare, il condizionale è d'obbligo perché non abbiamo avuto riscontri ufficiali ed è anche per questo che siamo qui a interpellarla al riguardo – l'espulsione dal Brasile a causa di una condanna che sarebbe intercorsa recentemente per uso di documenti e timbri falsi sul proprio passaporto. Ricordo che appartenne al gruppo Proletari armati per il comunismo e fu condannato all'ergastolo con sentenze definitive per quattro omicidi tra il 1978 e il 1979. Ricordo che l'Italia, dopo vari anni di latitanza, richiese al Brasile l'estradizione, pratica che ahimè non ebbe fortuna e che indignò un po’ l'opinione pubblica generale, intanto per le motivazioni che furono addotte al riguardo.
Si parlò di «fondato timore di persecuzione» – tra virgolette, lo sto leggendo – «per le sue idee politiche», nel caso in cui fosse stata concessa l'estradizione all'Italia, come se l'Italia fosse un Paese a conduzione dittatoriale.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FABIO RAMPELLI. Quindi, noi siamo qui per chiedere, signor Ministro, a lei, se il Governo è informato di questa novità, se il Governo, in qualche maniera, si è attivato per garantire, nel caso fossero confermate queste voci, che Cesare Battisti possa essere assicurato alla giustizia italiana per scontare le pene.
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Anna Maria Cancellieri, ha facoltà di rispondere.
ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, l'interrogazione dell'onorevole Meloni fa riferimento alla nota questione dell'estradizione Pag. 50di Cesare Battisti, rifiutata dal Brasile con decisione del 31 dicembre 2011 dal Presidente Lula.
Recentemente, la quinta sezione del Tribunale superiore di giustizia brasiliano non ha accolto il ricorso del Battisti contro la condanna per il reato di uso di timbri falsificati sul passaporto rilasciato dal servizio immigrazione di quel Paese. Secondo il tribunale, che cita lo Statuto dello straniero, il reato di frode per l'ingresso in Brasile potrebbe comportare, oltre le sanzioni previste per la fattispecie, anche un provvedimento di espulsione. La decisione del tribunale è basata sull'argomentazione che il Battisti è entrato illegalmente in Brasile e con l'aggravante di averlo fatto in maniera fraudolenta. Questa circostanza, peraltro, è sempre stata evidenziata anche dalla nostra ambasciata in Brasile.
La decisione del tribunale è stata pubblicata il 1o luglio, tuttavia si dovrà attendere la scadenza dei termini per gli eventuali ricorsi da parte dei difensori del Battisti per conoscere la decisione che adotterà il Governo brasiliano sull'eventuale espulsione dello stesso. Nel caso in cui Battisti dovesse essere espulso dal Brasile verso l'Italia a seguito della condanna per l'uso di passaporto falso, il procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano provvederà immediatamente a dare esecuzione alla pena, sulla base del provvedimento emesso il 17 aprile 2007.
Tengo, comunque, a rassicurare che la vicenda, per la sua delicatezza, è seguita con particolare attenzione da tutte le componenti del Governo interessate.
PRESIDENTE. Il deputato Rampelli, ha facoltà di replicare.
FABIO RAMPELLI. Signora Presidente, signora Ministro, la ringrazio per la puntuale ricostruzione dei fatti intercorsi. Ovviamente, ci auguriamo che, effettivamente, quello che lei ci ha appena descritto possa avverarsi. In Italia c’è una grande domanda di giustizia; in particolare, in ordine agli anni cosiddetti di piombo. Troppi omicidi, troppi delitti, troppi lutti non hanno avuto risposta, troppe famiglie sono in attesa di avere giustizia; una percentuale comunque poco significativa di terroristi è stato assicurato alla giustizia e, quindi, come sappiamo, nella ricostruzione della memoria, se non si riesce a dare giustizia non si riesce neanche a pacificare, almeno gli attori principali degli scontri e delle ostilità che poi sono degenerate, anche, nella cosiddetta lotta armata.
Ci auguriamo che il Governo – a prescindere dalla circostanza che qui abbiamo narrato e a cui spero abbiamo dato anche un contributo positivo, stimolando, quindi, a non abbassare la guardia, per questo e per altri casi – sia nelle condizioni di attenzionare e quindi di fare la necessaria attività di intelligence, di sprigionare le migliori energie dei nostri servizi, di non dare l'impressione che l'Italia, comunque, possa essere un Paese messo alla berlina da qualche altro Paese. Ricordo che Cesare Battisti ha fatto il latitante in Francia, poi si è trasferito comodamente in Messico, poi si è trasferito nuovamente in Brasile, dove è stato libero fino a che non è stato oggetto di arresto ma, poi, come sappiamo e come abbiamo già detto, la domanda di estradizione presentata dall'Italia ha avuto, ahimè, un pessimo esito; magari, anche la nostra diplomazia, forse, in quelle circostanze avrebbe potuto essere un po’ più incisiva e crearsi quelle alleanze necessarie per arrivare ad una conclusione positiva. Penso che, in questi casi, se si crede alla necessità di assicurare alla giustizia un delinquente, un terrorista colpevole di quattro omicidi, bisogna poterlo fare con determinazione, seguendo i procedimenti con grande attenzione nel corso delle settimane, dei mesi, degli anni, senza, quindi, lasciare nulla di intentato.
PRESIDENTE. Deputato Rampelli, concluda.
FABIO RAMPELLI. Ricordo che anche il nostro Capo dello Stato fu molto solerte all'epoca e condannò, esplicitamente, Pag. 51quelle motivazioni che io ho raccontato, addotte dalla Corte di giustizia brasiliana che hanno, praticamente, accusato l'Italia, di fatto, di non essere un Paese dove si potesse coltivare e garantire il diritto.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà tra cinque minuti con il seguito della discussione del decreto-legge recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.
La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 16,35.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baretta, Berretta, Bocci, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Dambruoso, De Girolamo, Dellai, Di Lello, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Losacco, Lupi, Giorgia Meloni, Migliore, Orlando, Pisicchio, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tinagli, Turco e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori (ore 16,37).
FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, insieme al presidente Boccia abbiamo letto con sconcerto le dichiarazioni del deputato Vecchio sull'esame in Commissione del decreto-legge cosiddetto «del fare» diffuse oggi dalle agenzie di stampa. Secondo il deputato Vecchio, «che i testi delle leggi siano manipolati dai funzionari della Camera è davvero inaccettabile, burocrati inamovibili che quatti quatti introducono pesanti emendamenti agli articoli, attribuendoli poi a distrazione». «Funzionari», prosegue il deputato, «che gestiscono i testi normativi, calpestando il ruolo e l'autonomia del Parlamento». Il deputato prosegue sostenendo che, all'articolo 126-bis, un «non» arrivato chissà da dove fa saltare il provvedimento che metteva un tetto agli stipendi dei manager pubblici voluto dal Governo Monti.
Riteniamo che le affermazioni del deputato Vecchio siano false e diffamatorie. Sono false, perché la modifica alla disciplina relativa al tetto degli stipendi dei manager pubblici, da riferirsi correttamente all'articolo 12-bis inserito nel testo con l'emendamento 12.013 dei relatori e non ad un inesistente articolo 126-bis riportato nell'agenzia, è stata oggetto di un emendamento a firma dei relatori, l'emendamento 12-bis.1, distribuito a tutti i deputati presenti e approvato dalle Commissioni affari costituzionali e bilancio nella seduta del 22 luglio scorso. Le affermazioni del deputato Vecchio sono diffamatorie perché gettano discredito sul Parlamento, sull'amministrazione della Camera dei deputati, e in particolare sui consiglieri parlamentari che, in occasione dell'esame del decreto-legge cosiddetto «del fare», hanno, come di consueto, esercitato in maniera impeccabile di giorno e di notte, nel vero senso del termine, le funzioni di consulenza procedurale, assistenza giuridico-legale e certificazione dei lavori parlamentari affidate loro dal Regolamento dei servizi e del personale. La parziale marcia indietro che poi si legge sulle agenzie non sminuisce per nulla la gravità delle affermazioni che con il presidente Boccia abbiamo qui stigmatizzato.
PRESIDENTE. Presidente, lei sa che mi ero già pronunciata questa mattina su questo tema, e mi associo sicuramente a quanto da lei adesso sottolineato e stigmatizzato. Grazie.
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, vorrei sapere, siccome l'Aula doveva riprendere dopo cinque minuti la sospensione, come mai si è avuta questa sospensione di più di venti minuti ed a cosa è dovuta. Mi rivolgo quindi a lei affinché possa rispondere a questo mio dubbio.
PRESIDENTE. Non credo che sia una novità che dopo il question time ci sia una sospensione: a me è capitato personalmente già altre volte.
ANDREA COLLETTI. Allora la prossima volta magari la potrebbe dare di venti minuti, la sospensione, non di cinque minuti, così da...
PRESIDENTE. Non credo che sia il caso di fare uno scambio diretto: le ho già dato una risposta.
LORENZO DELLAI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LORENZO DELLAI. Signor Presidente, intervengo trenta secondi per dire che mi dispiace che il presidente della Commissione sia intervenuto in assenza del collega Vecchio, ma devo dire che il collega ha anche avuto modo di precisare ulteriormente le sue prime affermazioni.
In ogni caso io, a nome del gruppo, ho avuto modo di precisare pubblicamente che esprimiamo la massima considerazione e il massimo rispetto per i funzionari che supportano l'attività delle strutture legislative. Evidentemente la cosa è maturata all'interno di un disagio complessivo che si nota per il procedere talvolta convulso dell'azione legislativa; mi pare che, da questo punto di vista, l'incidente possa essere chiuso; nel merito mi pare che anche il Governo abbia espresso in ogni caso l'orientamento a porre correzione in sede di Senato al testo.
Quindi, mi pare che possiamo considerare, ripeto, chiuso questo incidente, rimane il disagio espresso dal collega e rimane da parte nostra naturalmente la massima considerazione per i funzionari che ci accompagnano con professionalità nel nostro lavoro.
PRESIDENTE. Grazie per questa precisazione.
GIUSEPPE BRESCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, il mio collega Colletti aveva chiesto come mai da cinque minuti la sospensione poi sia diventata di venti minuti, questo è il dubbio e vogliamo che risponda a questa domanda, non perché c’è stata una sospensione. Lo sappiamo che c’è stata una sospensione, vogliamo sapere perché ne aveva annunciata una di cinque e poi è diventata di venti.
PRESIDENTE. Diciamo che abbiamo calcolato male i tempi. Va bene così ?
Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 23 luglio 2013, la deputata Roberta Lombardi ha comunicato le sue dimissioni da presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle. Comunico inoltre che, con lettera pervenuta il 23 luglio, il deputato Riccardo Nuti ha reso noto che l'assemblea del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ha proceduto in pari data alla sua elezione a presidente del gruppo.
Pag. 53Si riprende la discussione (ore 16,40).
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi sugli ordini del giorno.
(Ripresa esame degli ordini del giorno – A.C. 1248-A/R)
PRESIDENTE. Il deputato Corsaro ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/150.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, questo ordine del giorno prende spunto da un tema abbastanza scottante che ha riguardato l'ultima notte dei lavori delle Commissioni riunite ed è specificamente il tema per il quale, nell'ultima tornata di emendamenti che sono stati sottoposti dai relatori, quegli emendamenti salvifici, per intenderci, per i quali i relatori hanno fatto strale di correttezza nei confronti dei commissari della I e della V Commissione, inducendoli ad aspettare, attendere, prolungare e continuamente prorogare la durata delle Commissioni in attesa che qualche velina del Governo indicasse loro i contenuti degli emendamenti basilari dei quali non si poteva fare a meno, all'interno di questo pacchetto è comparsa una meravigliosa norma aggiuntiva che istituisce, alla modica cifra di 300 mila euro di compenso annuale, la figura del commissario straordinario per il controllo sulla spesa pubblica. Ora, noi abbiamo vissuto una stagione particolare, una stagione di sostanziale congelamento della democrazia, in cui i partiti ed il Parlamento sono stati esautorati del loro diritto-dovere di scelta per dare spazio e campo all'azione di un Governo cosiddetto «tecnico», il cui vantaggio doveva essere agli occhi del Paese proprio quello di essere in condizioni di terzietà rispetto alle possibili azioni di condizionamento politico e perciò stesso aveva meglio e più di altri Esecutivi la possibilità di intervenire nei veri gangli della spesa pubblica, riducendone le dispersioni, argomento questo che nessuna colorazione politica era stata in grado di fare perché ciascuno è sensibilizzato alla costruzione, alla raccolta e al mantenimento del consenso.
Quindi, è chiaro che intervenire sulla spesa pubblica vuol dire alienarsi questa o quella simpatia – più si arriva a ridosso della campagna elettorale, più chi fa politica e deve costruire il proprio consenso fa fatica ad assumere scelte impopolari – ci sembrava ed era sembrato a tutti che il Governo tecnico fosse nelle condizioni migliori, scevro da condizionamenti, anche perché, in quel caso, l'allora Presidente del Consiglio Monti giurò al volgo e all'incrita che mai sarebbe sceso in campo in una competizione elettorale diretta, cosa che poi si è dimostrata una bugia, di lì a pochi mesi, come è chiaramente riscontrabile dal fatto che ha non solo deciso di porsi in campo, ma addirittura formato una formazione politica. Ci era sembrato che quello fosse il momento per poter intervenire sulla spesa pubblica e fare dei tagli; il problema fu che il cosiddetto Governo dei tecnici, che aveva investito il Ministro più prestigioso, o almeno così ce lo descrisse allora il professor Monti, ovvero il Ministro Giarda, del compito di individuare le sacche di dispersione di risorse pubbliche per tagliare la spesa pubblica stessa, si arrese dopo tre mesi del suo compito, e arrivò in Aula dicendo: ho visto la spesa pubblica, che dimensiona circa 800 miliardi l'anno, e so che c’è forse una parte di circa 4 miliardi, o 4 miliardi e mezzo, all'interno della quale ancora si può andare a vedere quali e quante voci di spesa è possibile, se non tagliare, almeno ridurre, quindi, sostanzialmente, niente.
Di fronte a questa figura barbina – una delle tante – a cui ci ha abituati il meraviglioso e mai troppo rimpianto Governo tecnico, il Governo tecnico non trovò di meglio, che commissionare il cosiddetto tecnico al quadrato, perché ricordiamo che il Governo tecnico decise di chiamare un tecnico apposito, quindi il tecnico dei tecnici, ergo il tecnico al quadrato, il professor Bondi, il cui compito Pag. 54era quello di fare la verifica della spesa pubblica per individuare quali fossero i tagli praticabili. È finita ingloriosamente la legislatura con tutti, dico tutti, dico tutti, dico tutti, i dati economici che sono peggiorati nei 16 mesi disastrosi dell'esperienza di Monti e del Governo tecnico alla gestione del Paese, senza che anche l'obiettivo lavoro del tecnico al quadrato raggiungesse qualsiasi risultato.
Ora, siamo alla riedizione del Governo tecnico camuffato dal ruolo politico e ci aspettavamo che, per davvero, fosse la volta buona, visto che l'80 per cento dell'emiciclo sostiene questo Governo. No, anche questa volta non ci siamo e c’è la necessità di individuare, con un emendamento che arriva nottetempo, la figura del commissario straordinario al quale conferiremo 300 mila euro l'anno per i prossimi anni per andare a vedere come è costituito il bilancio dello Stato e andare a capire come sostanzialmente si dovranno operare dei tagli. L'unica cosa che manca, signora Presidente, a questo emendamento, è l'indicazione del nome e cognome, che è di tutta evidenza e che è conosciuto ai più, ma che forse, per completezza di informazione, sarebbe potuto essere accluso anche al testo di questo emendamento. Quindi, questo ordine del giorno, sostanzialmente, richiama il Governo a un minimo, semmai possibile a questo Governo, di serietà sul tema del contenimento della spesa pubblica.
PRESIDENTE. Il deputato Tripiedi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/10.
DAVIDE TRIPIEDI. Signor Presidente, questo ordine del giorno vuole cercare una vera e propria semplificazione. I datori di lavoro e i consulenti del lavoro delegati, previa autenticazione con PIN, possono consultare gli attestati di malattia dei propri dipendenti attraverso i servizi messi a disposizione dall'INPS tramite le consultazioni dell'area dedicata.
Attraverso questo meccanismo, il datore di lavoro o il consulente da lui delegato può consultare e stampare un attestato di malattia, fornendo il numero di protocollo del certificato e il codice fiscale associato. Considerato che le domande relative alle presentazioni previdenziali – maternità, permessi di disabili, ed altre –, pur compilate in via telematica, devono essere consegnate in via cartacea al datore di lavoro, ritenuto che l'utilizzo di Internet velocizza e riduce i costi connessi alla richiesta delle suddette presentazioni previdenziali, impegniamo il Governo a introdurre meccanismi che consentano l'invio diretto agli intermediari delle domande relative a presentazioni previdenziali, così come già avviene per la verifica dei certificati di malattia.
Il certificato di malattia attualmente può essere scaricato dal datore di lavoro direttamente dal sito dell'INPS, senza l'obbligo di consegna a mano da parte del dipendente. Si chiede semplicemente che la stessa cosa possa avvenire anche per le domande di maternità.
PRESIDENTE. Il deputato Florian Kronbichler ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/60.
FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, premetto che l'articolo 5 del disegno di legge di conversione in esame prevede proprio l'estensione dell'ambito dell'applicazione della cosiddetta «Robin Tax», ossia l'addizionale IRES, per le imprese che operano nel comparto energetico, ma qui nel nome del risparmio commetto un autentico fallo ecologico.
Finora la «Robin Tax» era applicata alle imprese energetiche che avevano conseguito nel periodo di imposta precedente un volume di ricavi superiore a 10 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 1 milione di euro. Con la modifica apportata dal testo in esame, adesso l'addizionale IRES viene applicata alle imprese energetiche con più di 3 milioni di fatturato e 300 mila euro di imponibile. Appunto, la brusca riduzione di queste soglie di fatturato e di imponibile produce un sensibile ampliamento della platea delle imprese che operano nel settore energetico a cui viene applicata questa Pag. 55addizionale, e ciò finisce per colpire non poche società che operano nell'ambito delle rinnovabili. E questo proprio nel momento in cui gli incentivi sono in scadenza e la flessione del mercato europeo fa preoccupare in generale.
Si ricorda che il decreto-legge n. 112 del 2008, che ha introdotto la «Robin Tax» per le imprese del comparto energetico, escludeva espressamente dalla medesima addizionale le imprese – cito – «che producono energia elettrica mediante l'impiego prevalente di biomasse e di fonte solare-fotovoltaica o eolica».
Chiediamo, quindi, alla Camera di impegnare il Governo a prevedere, con propria iniziativa legislativa, l'esclusione dall'addizionale IRES per le imprese che producono energia elettrica mediante l'impiego di fonti rinnovabili.
PRESIDENTE. Il deputato Cristian Invernizzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/37.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno da noi presentato verte sull'articolo 33 del presente decreto, dove si interviene sul procedimento di acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia. Questa è una disposizione che appare sicuramente disomogenea rispetto al complesso delle norme inserite nel presente decreto ed evidentemente priva dei requisiti costituzionali della necessità ed urgenza. Viene cioè legificata, con una formulazione generica che non specifica gli eventuali inadempimenti dei genitori o della pubblica amministrazione, la dettagliata prassi amministrativa in materia, il tutto però senza novellare la legge n. 91 del 1992.
Quindi, non possiamo che valutare la portata di tale intervento governativo alla luce non soltanto, ovviamente, della sua specifica entità, ma anche in un'ottica più ampia. Il Governo, con questa disposizione, interviene nell'ambito della normativa che regola le procedure relative all'acquisizione della cittadinanza.
Fin dalla passata legislatura il tema della cittadinanza ha occupato ed ancora oggi occupa grande spazio nel dibattito politico. Questa misura del Governo, se considerata in termini politici, appare chiaramente come un test per vagliare la disponibilità della maggioranza su un prossimo intervento strutturato di modifica della normativa vigente in materia di acquisizione della cittadinanza, finalizzata all'introduzione nel nostro Paese del principio dello ius soli. È difatti necessario ribadire che questo decreto-legge, ex articolo 33, interviene a regolare proprio uno dei pochi casi previsti dal nostro ordinamento giuridico di applicazione dello ius soli.
Quando si affronta il tema del diritto alla cittadinanza non si può ragionare sotto la spinta di argomentazioni suggestive, ma non razionali. L'utilizzo strumentale di argomentazioni finalizzate a facilitare e incrementare l'acquisizione della cittadinanza quale strumento essenziale di una effettiva integrazione nella società, anche attraverso l'utilizzo di patinate immagini di bambini nati e cresciuti in Italia e privati di questo diritto, è socialmente pericoloso. Prevedere, difatti, la cittadinanza a chi, anche se figlio di clandestini appena sbarcati, nasca sul suolo italiano (ius soli), sarebbe molto più pericoloso degli sbarchi di massa. Infatti, non solo il nascituro diverrebbe italiano con tutti i diritti ma permetterebbe a genitori, fratelli e altri parenti di entrare nel nostro Paese con possibilità di permanenza illimitata. Una ondata di nuovi disperati preventivamente legalizzati, ma senza specializzazione alcuna e senza lavoro, prede quindi della povertà e dello sfruttamento.
Se gli obiettivi del presente decreto-legge sono quelli di apportare modifiche normative atte a semplificare e limitare gli effetti negativi dell'apparato burocratico, sul tema della cittadinanza sarebbe stato più opportuno introdurre, mediante modifiche all'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, un percorso virtuoso per l'integrazione degli stranieri e apolidi presenti regolarmente nel nostro Paese, introducendo anche l'obbligatorietà di un test di naturalizzazione propedeutico all'acquisto Pag. 56della cittadinanza. Un percorso cioè di reale integrazione e assimilazione nella società italiana e nelle sue varie e fondamentali realtà locali, in modo da vivere attivamente nel nostro Paese, evitando ghettizzazioni che possono portare a disagi e, in alcuni casi, a fenomeni di devianza.
Il metodo da noi individuato per raggiungere questo scopo è quello di richiedere all'immigrato che intende diventare cittadino italiano il superamento di un esame che ne dimostri il reale livello di integrazione nella nostra società, esame che, oltre a comprendere una prova di lingua italiana e locale, in base alla regione di residenza, comprende anche domande di cultura generale, storia, cultura e tradizioni e sistemi istituzionali, sia nazionali sia locali. L'esame non è da considerare come un ulteriore aggravio delle procedure per l'ottenimento della cittadinanza, ma come un invito all'immigrato ad approfondire la conoscenza del nostro Paese in modo da comprendere nel modo migliore gli usi e i costumi, le leggi, i diritti e i doveri che derivano dall'appartenere alla nostra nazione, per poter convivere quanto meglio possibile con la popolazione autoctona.
Per questo motivo, impegniamo il Governo a promuovere, in tutte le sedi competenti, strumenti atti ad avviare percorsi virtuosi volti a far sì che nel momento dell'ottenimento della cittadinanza lo straniero possa essere in grado di dimostrare di essere pienamente inserito nel contesto storico e socio-culturale del nostro Paese, anche rispetto alle differenti realtà territoriali.
PRESIDENTE. Il deputato Di Lello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/30.
MARCO DI LELLO. Signor Presidente, come è noto la legge n. 240 del 2010 ha innovato profondamente la figura del ricercatore universitario, ponendo ad esaurimento il ruolo di ricercatore a tempo indeterminato e introducendo la nuova figura di ricercatore a tempo determinato. Questa riforma sancisce che oggi il RTD, il ricercatore a tempo determinato, rappresenta il nuovo canale per l'ingresso di giovani studiosi nel ruolo di professore associato universitario, attraverso un percorso simile alla procedura tenure-track da lungo tempo usata in molti altri Paesi.
Si tratta di una figura innovativa e ciò, unitamente alle note – ahimè – riduzioni di finanziamento al sistema universitario nazionale, che si protraggono oramai da un quinquennio, sta rendendo difficile la sua concreta attuazione. Ad oltre due anni di distanza dal varo della legge infatti sono ancora pochissime le posizioni di ricercatore a tempo determinato tipologia b), bandite a livello nazionale, mentre più consistenti sono quelli di tipologia a).
Il Ministro dell'istruzione, università e ricerca, nel corso delle audizioni davanti alle Commissioni riunite di Camera e Senato, ha evidenziato essere una priorità strategica quella di prevedere, da subito, un Piano straordinario nazionale di reclutamento dei ricercatori ai sensi dell'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge n. 240 del 2010, impegnandosi ad emanare un bando nazionale, quantificando in almeno mille le posizioni di ricercatore a tempo determinato tipologia b) da bandire, per un costo, a regime, pari a circa 70 milioni di euro. Appare dunque importante adoperarsi per rendere concreto tale impegno che, unitamente alla già nota questione del diritto allo studio, credo rappresenti una necessità prioritaria per il sistema universitario.
E dunque, per passare dalle parole ai fatti, i deputati socialisti chiedono che questa Aula impegni il Governo a valutare la possibilità di varare misure urgenti e specifiche per uscire da questa impasse, e avviare così quel processo di rinnovamento e anche ringiovanimento dei professori universitari, arricchendo così l'offerta formativa del nostro sistema universitario.
PRESIDENTE. Il deputato Claudio Cominardi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/11.
CLAUDIO COMINARDI. Signor Presidente, con il presente ordine del giorno si Pag. 57vuole porre l'attenzione su alcune criticità relative a misure di semplificazione normativa che il Governo avrebbe dovuto risolvere in quest'Aula, ma che, ad oggi, non sono state affrontate. I cittadini attendevano un lavoro di semplificazione normativa e manovra per la ripresa economica. Il Governo ritiene che la semplificazione corrisponda semplicemente alla riduzione delle tutele sui luoghi di lavoro per i lavoratori.
L'esempio della abrogazione dell'articolo 54 del testo unico n. 1124 del 1965 è stato illuminante. In pratica i datori di lavoro non saranno più obbligati a denunciare all'autorità di pubblica sicurezza le morti sul lavoro e gli infortuni sul lavoro superiori a tre giorni lavorativi. Secondo il Governo, semplificare significa eliminare norme ed istituti giuridici volti alla tutela dei lavoratori. Per meglio rappresentare l'allontanamento delle istituzioni dal cittadino, possiamo sottoporre all'Aula un esempio concreto di questa arretratezza in materia di informatizzazione e semplificazione normativa, concernente le comunicazioni per denunciare gli infortuni sul luogo di lavoro. In caso di infortunio sul luogo di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a inoltrare la denuncia all'INAIL tramite il portale dell'area dedicata; per la richiesta di liquidazione, è necessario da parte del datore l'inserimento di dati relativi all'azienda, quelli relativi alla dinamica dell'incidente e quelli relativi all'inquadramento del lavoratore infortunato. Tuttavia, nei casi di infortunio del dipendente part-time l'INAIL, dopo aver ricevuto la relativa denuncia, richiede dei dati aggiuntivi all'impresa, come per esempio, orario part-time, orario full-time applicato in azienda e retribuzione di riferimento annuale, per poter procedere alla liquidazione. Tale doppia comunicazione con l'ente comporta una ulteriore perdita di tempo e denaro a carico dei cittadini e a carico dell'INAIL stesso.
Non si comprende perché in questo Paese debbano esistere doppie comunicazioni, doppi incarichi, doppi organismi, doppi stipendi. In ogni, caso, con riferimento all'ordine del giorno presentato, noi sollecitiamo la realizzazione di un sistema informatico più completo, in modo tale da poter evitare un adempimento in più, razionalizzare i costi e semplificare anche l'attività dei dipendenti dell'INAIL.
Presidente, vorrei sapere se ho ancora del tempo a disposizione. Presidente... Presidente, ho ancora tempo ?
PRESIDENTE. Sì, ha ancora tempo a disposizione. Ha due minuti e 40 secondi. Prego.
CLAUDIO COMINARDI. Allora, ne approfitto per leggere il testo integrale dell'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Sì, prego.
CLAUDIO COMINARDI. «La Camera, premesso che: in caso di infortunio sul luogo di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a inoltrare la denuncia all'INAIL tramite il portale nell'area dedicata; per la richiesta di liquidazione, è necessario da parte del datore l'inserimento di dati sia relativi all'azienda, quelli relativi alla dinamica dell'incidente e quelli relativi all'inquadramento del lavoratore infortunato; considerato che nei casi di infortunio del dipendente part time l'INAIL, dopo aver ricevuto la relativa denuncia, richiede dei dati aggiuntivi all'impresa (orario part time, orario full time applicato in azienda e retribuzione di riferimento annuale) per poter procedere alla liquidazione; ritenuto che tale doppia comunicazione con l'ente comporta un'ulteriore perdita di tempo e denaro, tenuto conto delle spese di carta, busta, francobollo, impegna il Governo a sollecitare la realizzazione di un sistema informatico più completo, inserendo una finestra apposita per permettere all'ente, già in sede di prima denuncia, il calcolo dell'indennità da liquidare, in relazione all'orario di lavoro del dipendente, in modo tale da poter evitare un adempimento in più, non necessario».
PRESIDENTE. La deputata Nicchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/61.
Pag. 58 MARISA NICCHI. Signor Presidente, l'ordine del giorno chiede l'opposto di quello che fa il decreto su cui è stata chiesta la fiducia. Chiede una campagna straordinaria di controlli e di ispezioni nei comparti del lavoro dove alto è il rischio della salute e della sicurezza. Chiede una fase straordinaria di controlli, coordinati da tutti i soggetti: dagli ispettorati del lavoro, dall'INAIL, dall'INPS e dalle ASL; il contrario di quello che fa il decreto su cui il Governo ha chiesto la fiducia, che è il decreto del “disfare”, il decreto del disfare le norme di sicurezza e di salute dei luoghi di lavoro. Gli articoli 32 e 35 sono articoli che fanno male, fanno – ripeto – l'opposto di ciò che serve ad un Paese che ha il triste primato di avere un terzo dei morti nel lavoro in più della media europea.
C’è una sensibilità sociale e politica su questo dramma non all'altezza della gravità ed un Governo come è questo, delle larghe intese, che di fronte a questa realtà drammatica non alza la guardia, non fa un'azione per aumentare la consapevolezza, fa sconti sugli obblighi per la tutela della salute e della sicurezza del lavoro.
È un problema enorme perché si parla di un massacro diffuso, che avviene spesso in condizioni di informalità e di assenza dei diritti nel lavoro. Morti, infortuni, patologie che mostrano il volto di una doppia Italia: quella che cerca un lavoro in modo ansioso, affannato perché il lavoro non c’è e quella invece del lavoro inumano, sfruttato, precario, irregolare, ricattato che fa ammalare, che fa disperare, che spezza la vita, che ruba la vita.
Ecco, si tratta di un lavoro che avviene al di fuori di controlli, di garanzie, di norme, di diritti, perché le morti bianche non sono un'eccezione, sono la normalità e sono le normali condizioni che possono capitare nelle vite di lavoro. Sono innervate in un modo di produzione che considera il lavoro una merce.
Ecco, io credo che, di fronte a questo dato sconvolgente, il messaggio che il Governo delle larghe intese dà è un messaggio negativo, è quello di allentare i controlli, di trattare le regole come dei vincoli fastidiosi, innaturali, una burocrazia fastidiosa da sopprimere, da bypassare. È gravissimo, perché in nome del «comunque fare» si mette in discussione la vita, che è il bene primario, in nome del risultato dell'impresa e anche in nome, per tante persone, di una misera sopravvivenza.
Il fatto che morire, ammalarsi, invalidarsi sul lavoro non susciti quell'indignazione dovuta, che continua al di là dell'emozione del momento, è anche l'effetto velenoso di questa crisi, che porta a considerare l'incidente nel lavoro un rischio inevitabile: ci sta anche perché non c’è di meglio. Di fronte a questo ricatto non si può che chinare la testa e mettere in discussione la sicurezza della propria vita.
Ecco, questo avviene nell'ambito dell'economia diffusa e della piccolissima impresa, nell'azienda individuale, nel cosiddetto «lavoro autonomo». L'allentamento delle maglie di protezione dei lavoratori, mascherato da misure di semplificazione, come fa questo decreto, è una scelta pericolosa. Nel nostro Paese c’è bisogno di più protezione, c’è bisogno di controllare, non di lasciar fare. Gli articoli 32 e 35 sono pericolosi e noi ribadiamo una cosa, anche con questo ordine del giorno, che un'esigenza di manutenzione del testo unico n. 81 dev'essere una manutenzione e anche una revisione organica, deve salvaguardare i principi del testo unico.
È già stata fatta nel 2009 – sto per concludere – ma noi siamo contrari a modifiche estemporanee che fanno male alla salute dei lavoratori, alla sicurezza di tutti, alle casse dell'assicurazione sociale e della previdenza e, in ultima istanza, allo Stato. Semplificare sì, siamo d'accordo ma non sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Il deputato Nicola Molteni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/45.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, per illustrare l'ordine del giorno, mi fa particolarmente piacere la presenza del sottosegretario Ferri, visto che il mio ordine Pag. 59del giorno verte sul tema giustizia, visto che una parte importante e consistente di questo «decreto del fare» o, meglio, «del non fare» inerisce appunto al tema della giustizia, al tema della riforma, in modo particolare quella civile.
Con questo ordine del giorno noi che cosa chiediamo al Governo ? Torniamo sostanzialmente su un tema che tra l'altro è stato oggetto nella giornata odierna del question time con la presenza del Ministro Cancellieri ovvero il tema della riforma della geografia giudiziaria. Oggi abbiamo udito da parte del Ministro Cancellieri la volontà di intervenire, dopo l'entrata in vigore della riforma della geografia giudiziaria, con degli eventuali decreti correttivi, come prevede la norma, dopo due anni di monitoraggio.
Noi, con questo ordine del giorno, chiediamo tutt'altro. Chiediamo ciò che è stato oggetto di dibattito parlamentare anche in Commissione, dibattito avvenuto in modo importante su moltissimi territori, in modo particolare su quei territori che si sono visti e si vedranno, dal 13 settembre 2013, privare del proprio tribunale o della propria sede distaccata o del proprio ufficio del giudice di pace. Chiediamo per l'ultima volta, per l'ennesima volta, al Governo (ormai i tempi sono assolutamente stringenti), a tutte le forze politiche – oggi di maggioranza o di opposizione che, durante la campagna elettorale, hanno più volte venduto la propria disponibilità di fronte ai vari organismi dell'avvocatura, dei tribunali – e alle associazioni anche di cittadini, di rendersi disponibili per giungere ad una proroga di un anno della riforma della geografia giudiziaria. Noi sappiamo benissimo e lo vedremo e lo toccheremo con mano, qualora questa proroga non venga attuata, che questa riforma non porterà benefici al funzionamento del sistema giustizia, non porterà quei risparmi e quelle economie di scala tanto paventate, ma che sulla carta non troveranno assolutamente riscontro. Anzi, questo tipo di riforma porterà danni, inefficienza, ingolfamento a quei pochi tribunali di capoluogo che rimangono in piedi. Quindi, complessivamente si apporterà un danno al funzionamento del sistema giustizia, vi saranno costi nuovi e aggiuntivi a carico degli utenti-consumatori e, quindi, a carico dei cittadini; inoltre, gli operatori del diritto svolgeranno con meno efficienza, capacità e impegno le proprie funzioni.
Quindi, con questo ordine del giorno, chiediamo per l'ennesima volta al Governo, al Ministro Cancellieri e a tutte le forze politiche di impegnarsi a discutere o ad approvare (visto che una proposta di legge per la proroga è calendarizzata in Commissione giustizia al Senato e vi sono diverse proposte di legge da parte di alcuni esponenti politici delle forze politiche presenti in Parlamento) un decreto correttivo antecedente l'entrata in vigore della riforma o ad una proroga. Lo chiediamo con forza. Oggi i tempi sono ormai assolutamente imminenti alla scadenza dell'entrata in vigore della riforma.
Con questo ordine del giorno noi per l'ennesima volta formalizziamo una precisa volontà politica da parte della Lega, di poter salvaguardare quei tribunali efficienti che funzionano. È evidente che noi siamo favorevoli ad una razionalizzazione: i tribunali che non funzionano, i tribunali che non producono sentenze, i tribunali inefficienti vanno necessariamente chiusi ma oggi, nell'implementazione di questa riforma, vi sono moltissimi tribunali, sedi distaccate, uffici del giudice di pace. Tra l'altro ricordo che la giustizia di prossimità viene sostanzialmente cancellata e annullata.
Noi chiediamo che quei tribunali che funzionano vengano mantenuti aperti e, in modo particolare, avendo oggi il Ministro Cancellieri parlato con grande attenzione del tribunale di Napoli nord, vengono chiusi 674, anzi vengono chiusi quasi mille uffici di tribunale e viene aperto – guarda caso – il tribunale di Napoli nord a cui, su 69 magistrati, ne vengono assegnati 63 e vengono anche assegnati 140 unità di personale amministrativo.
Noi chiediamo un intervento, in modo particolare con riferimento ad alcuni tribunali: il tribunale di Sanremo, il tribunale di Chiavari, il tribunale di Crema, il Pag. 60tribunale di Voghera, il tribunale di Vigevano, il tribunale di Bassano del Grappa – per il tribunale di Bassano del Grappa erano stati spesi 15 milioni di euro e si quantifica che questa riforma porterà economia per 17 milioni di euro –, il tribunale di Tolmezzo e tante altre sedi distaccate. La Lega questa battaglia l'ha combattuta fin dall'inizio e la combatte ancora oggi, uno degli ultimi giorni possibili per un ravvedimento necessario ed opportuno da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Il deputato Maietta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/151. Constato che è assente.
La deputata Bechis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/12.
ELEONORA BECHIS. Signora Presidente e onorevoli colleghi, l'ordine del giorno che mi appresto ad esporvi riguarda i casi in cui la donna in stato di gravidanza abbia la necessità di ottenere l'interdizione anticipata dal lavoro, prima del settimo mese. Una prima modifica all'articolo 17 del decreto legislativo n. 151 del 2001 è stata introdotta con il decreto-legge n. 5 del 2012, all'articolo 5, che a decorrere dal 1o aprile 2012 ripartisce la procedura per l'emanazione dei provvedimenti di interdizione anticipata dal lavoro tra l'azienda sanitaria locale e la direzione territoriale del lavoro. L'ASL predispone l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione obbligatoria, con modalità definite con accordo sancito in sede di conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
Il 29 marzo 2012 il Ministero del lavoro ha comunicato che, in attesa della definizione delle modalità di rilascio delle autorizzazioni da parte dell'ASL, non vi potrà essere un'interruzione del servizio in questione. Quindi il Ministero, oltre un anno fa, sollecita gli uffici a concludere tali intese, ove richieste, per consentire nei tempi dovuti l'emanazione dei provvedimenti di interdizione anticipata. Ne risulta che ad oggi i diritti della donna, ancora una volta, siano demandati alla sensibilità dei funzionari locali, che devono sopperire alla pigrizia statale. È inaccettabile che lo Stato sia incapace di attuare una propria legge e tacitamente acconsenta al progressivo crearsi di donne di serie A e donne di serie B. La donna in stato di gravidanza a rischio deve veder riconosciuto il proprio diritto, allo stesso modo in cui viene riconosciuto alla sua connazionale in pari condizioni, che abbia come unica differenza il fatto di abitare in una località in cui il proprio ufficio periferico abbia solertemente provveduto all'accordo con le ASL.
Purtroppo quando si parla di politiche di genere troppo spesso qualcuno le confonde con marchette elettorali fini a se stesse, provvedimenti di carta che tali restano, poiché le priorità sono sempre altre, fatto salvo ricordarsene quando fa comodo e giusto per quel minuto di orgasmo mediatico utile solo a vendere il proprio programma politico anche a noi donne.
Chiedo al Governo quindi di fare un passo in avanti e prendere seriamente l'impegno di snellire le procedure per l'ottenimento dell'astensione dal lavoro in periodo anticipato a quello obbligatorio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Airaudo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/62.
GIORGIO AIRAUDO. Signora Presidente, l'ordine del giorno che presento riguarda l'articolo 31 del decreto-legge, che reca una serie di modifiche relative al documento unico di regolarità contributiva, il DURC. Siamo nella fattispecie di quei casi, che sono presenti all'interno del decreto-legge, in cui l'ipotesi, la presunzione di semplificazione si scontra con un rischio molto forte di deregolamentazione, che a mio avviso rischia di danneggiare i lavoratori e in qualche modo, direttamente Pag. 61o indirettamente, le imprese e la loro capacità produttiva all'interno delle leggi di questo Paese. Quando si dice che il DURC viene portato o a 90 o a 180 giorni si genera una situazione in cui non vi è nessun effetto pratico prima dell'inizio dei lavori.
Infatti, tra la gara e la firma del contratto passano mediamente ben oltre sei mesi e, quindi, non vi è la possibilità di utilizzare un DURC rilasciato 120 giorni prima per la verifica dell'autodichiarazione, anche ai fini della stipula di un contratto. E, quindi, l'allungamento del tempo non ha nessun effetto su questo terreno. Si aggiunge, poi, un effetto negativo perché, per la regolarità contributiva mensile nei confronti dell'INPS e della cassa edile, a fronte di un modestissimo risparmio – perché invece di fare tre DURC se ne farebbero due, tranne quello che poi andrà fatto comunque per il saldo finale dell'opera – si determina, però, un effetto disastroso riguardo alle verifiche necessarie ai fini dell'applicazione della responsabilità solidale, realizzate utilizzando una DURC che ha validità di quattro mesi e si rischia di creare un buco di tre mesi di responsabilità di cui gli enti interessati non vengono a conoscenza.
Insomma, con questo ordine del giorno noi vogliamo sensibilizzare questa Camera e il Governo rispetto al fatto che con un DURC di tempi così allungati si rischia di nascondere lavoro nero, si rischia di non garantire copertura contributiva a lavoratori che ne avrebbero un danno viste anche le note riforme delle pensioni e, come si dice, l'allungamento dell'età pensionabile. Quindi, scopertura contributiva, lavoro nero, più fragilità dei lavoratori. In questo caso la semplificazione, se semplificazione è e non ci pare per le conseguenze che, comunque, per le imprese sarebbero minime (si risparmierebbe su un DURC), si rischia, invece, di esporre lavoratori e lavoratrici ad una maggiore ricattabilità, a un minore introito di contributi e a una maggiore esposizione alla ricattabilità e alla precarietà.
Per queste ragioni, noi chiediamo che il DURC possa avere al massimo 90 giorni di validità che ci paiono già sufficientemente congrui e ci paiono sufficienti per garantire anche le coperture contributive ai lavoratori. Con questo ordine del giorno chiediamo che si possano in questo modo garantire i diritti previdenziali e assicurativi ai lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Il deputato Pizzolante ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/27.
SERGIO PIZZOLANTE. Signor Presidente, intervengo su un mio ordine del giorno firmato da tutti i gruppi di maggioranza che è stato dichiarato inammissibile per estraneità di materia. A parte il fatto che voglio capire qual è la materia estranea ad un provvedimento che contiene assolutamente di tutto, però volevo sottolineare che non c’è estraneità di materia perché io ho collegato l'ordine del giorno a tutta la parte che riguarda la semplificazione, riguarda la semplificazione burocratica, la semplificazione fiscale, perché tocca il tema dei cosiddetti maxi canoni demaniali per le pertinenze per i quali, attraverso una norma del 2007, l'ultima finanziaria Prodi del 2007, sono stati costruiti una serie di meccanismi di calcolo talmente farraginosi, talmente difficili, talmente incomprensibili che hanno portato tutte le amministrazioni coinvolte, dai comuni, al demanio, all'Agenzia delle entrate, a calcolare tutto al massimo portando ad aumenti dei canoni del 5-6 mila per cento.
Questo aumento, che ha portato i canoni da circa 5-6 mila euro all'anno a 150-200 mila all'anno, in virtù di queste complicazioni burocratiche, di questo difficile calcolo dei canoni, porta trecento aziende italiane di fatto al fallimento. Allora, siccome si sta preparando una norma, fra l'altro sempre su questo provvedimento, per il Senato, perché non si è fatto in tempo qui alla Camera, l'ordine del giorno serve, appunto, a sollevare e a mettere in chiaro questa necessità, la necessità di sospendere i pagamenti per poter rivedere la norma nel senso della Pag. 62semplificazione burocratica e fiscale per un calcolo più giusto, più equo e più semplice. Infatti, con questi meccanismi di calcolo così complicati appunto si passa da 5 mila a 150 mila o 200 mila. Per questo, secondo me, ha assolutamente attinenza a tutto il tema della semplificazione.
PRESIDENTE. Il deputato Totaro ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/152. Constato che è assente. Il deputato Baldassarre ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/13.
MARCO BALDASSARRE. Signor Presidente, in questo decreto-legge, l'articolo 32, comma 7, reca che: «Le modalità di comunicazione delle disposizioni di cui al comma 6, per quanto riguarda la comunicazione di infortuni mortali o superiori ai 30 giorni nei luoghi di lavoro, trovano applicazione a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, che definisce le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro».
Bene, l'articolo 8 del Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, al comma 4, appunto, dice che: «Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo» – vi ricordo che sono passati ben cinque anni –, «vengono definite le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del SINP, nonché le regole per il trattamento dei dati».
Ora siamo nel 2013: come ho detto prima, sono passati cinque anni dal 2008, compresi i rispettivi centottanta giorni per l'attuazione di questo portale, e ancora questo benedetto portale, questo benedetto Sistema informativo nazionale per la prevenzione, non c’è. In sede di Commissioni, la scorsa settimana, avevamo chiesto al sottosegretario Santelli di porre un termine ultimo, una data entro la quale rendere operativo il SINP. Siamo riusciti a indicare come data il 31 dicembre 2013 – quindi entro fine anno – e chi era presente in Commissione se lo ricorderà. Quindi, come ripeto, avevamo l'ok del Governo. Ebbene, con questo ordine del giorno altro non chiediamo che rispettare quell'impegno, di essere coerenti con quanto detto, dato che l'emendamento nel quale era inserita questa modifica lo abbiamo perso con la fiducia.
Questo Sistema informativo è importante, perché la prevenzione, per essere efficace, deve avere alla base una conoscenza giusta dei rischi del lavoro ed una conoscenza approfondita del contesto in cui ogni azienda e ogni lavoratore vanno ad operare. Quindi, per questo, impegniamo il Governo a porre in essere, nell'immediato – e, comunque, entro e non oltre il 31 dicembre 2013 –, ogni atto necessario a rendere effettiva l'operatività del Sistema informatico nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Placido ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248/AR/63.
ANTONIO PLACIDO. Signor Presidente, l'ordine del giorno riguarda, come quello precedentemente illustrato dal collega Airaudo, l'articolo 31 del decreto-legge e cioè il Documento unico di regolarità contributiva. L'articolo 118 del cosiddetto codice degli appalti pubblici, il decreto legislativo n. 163 del 2006, prevedeva che fosse necessaria l'acquisizione del DURC ai fini del pagamento delle prestazioni rese nell'ambito di appalti e subappalti.
Il decreto-legge per il quale si è votata la fiducia interviene, per così dire, semplificando e, tuttavia, con modifica apportata Pag. 63nel 2007 al codice degli appalti pubblici, era stato introdotto un articolo ulteriore, il 118-bis, che prevedeva, in via sperimentale, l'introduzione di un meccanismo di verifica della congruità fra numero di addetti impiegati e importo delle opere da realizzare, affidato sulla base di accordi intervenuti fra le parti sociali alle casse edili.
L'articolo 118-bis non viene formalmente abrogato dal decreto-legge; tuttavia, l'articolo 118-bis, ad oggi, non è, di fatto, mai entrato in vigore a regime perché successivi accordi intervenuti tra le parti sociali ne hanno prorogato, di fatto, l'entrata in vigore, che è slittata dal 1o gennaio 2013, sulla base di un successivo accordo, al 1o ottobre 2013.
L'ordine del giorno impegna le stazioni appaltanti ad acquisire d'ufficio dalle casse edili il Documento di regolarità contabile, comprensivo della verifica della congruità del numero degli addetti in rapporto all'importo delle opere da realizzare, per evitare che questa norma resti sulla carta e sia, di fatto, vanificata. Ovviamente, anche qui, si chiede che il Governo assuma questo impegno, da un lato per contrastare la marea di lavoro sommerso che riguarda questo settore, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia, dall'altro per contrastare la difficoltà di portata straordinaria che il settore attraversa in questa fase, quello dell'edilizia e delle grandi infrastrutture, che è fotografato da un dato che in una audizione recente le organizzazioni sindacali di categoria ci hanno fornito, e secondo il quale, oramai, nel settore dell'edilizia, a quasi settecentomila dipendenti corrispondono un milione di partite IVA. È del tutto evidente che le partite IVA che fioriscono in misura esponenziale celano, coprono, in realtà, rapporti di lavoro subordinato diversamente inquadrati e che, dunque, le difficoltà che investono questo settore vanno sottoposte ad un monitoraggio assai più rigoroso di quello che oggi si realizza (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Il deputato Fabio Rampelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-AR/153... Ma è assente.
La deputata Gessica Rostellato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-AR/14.
GESSICA ROSTELLATO. Signora Presidente, gentili colleghi, membri del Governo, il Testo unico per la sicurezza sul lavoro, di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, ha, di fatto, abrogato le disposizioni che regolamentano la tenuta del registro infortuni. Ciò nonostante, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'INAIL hanno precisato, con circolari, che fino al momento dell'istituzione del SINP, cioè del Sistema informativo nazionale per la prevenzione di infortuni e malattie professionali nei luoghi di lavoro, nulla muta in merito agli obblighi di annotazione degli infortuni sull'apposito registro. Il SINP che, come ha detto prima il mio collega, doveva essere attivato entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del testo unico n. 81 del 2008, dovrebbe raccogliere su un unico supporto informatico tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro riducendo, quindi, i vari obblighi oggi in capo alle aziende tra cui quello, appunto, di registrare gli infortuni su supporto cartaceo.
Chi di voi se ne è occupato saprà che il registro infortuni rappresenta, oggi, un adempimento formale inutile e dispendioso per le aziende, con l'aggravante della previsione di pesanti sanzioni a carico delle stesse in caso di scorretta tenuta del medesimo registro. La stessa vidimazione del registro infortuni comporta un inutile dispendio di tempo in quanto ogni ASL utilizza modelli e modalità differenti per la richiesta di vidimazione, l'invio del registro e la sua restituzione.
Questo ordine del giorno vuole chiedere di rendere immediatamente operativo il SINP, che aspettiamo da ben cinque anni, in modo da rendere contemporaneamente attuativa l'abrogazione degli obblighi di tenuta del registro infortuni. Pag. 64Questo significa attuare la vera semplificazione per le aziende, attivando i servizi telematici che possono permettere di eliminare vecchi registri da compilare a mano. Questa è la semplificazione, facciamola (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Filiberto Zaratti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-AR/64.
FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, il nostro ordine del giorno riguarda l'articolo 30 del decreto-legge in esame, che introduce norme finalizzate a semplificare l'attività edilizia. In modo particolare, l'articolo 30 affronta il problema della demolizione e ricostruzione, e il fatto che si possa derogare alle sagome precedentemente esistenti. Presidente, colleghi, noi pensiamo che il tentativo da parte del Governo, con il cosiddetto decreto del fare, di introdurre semplificazioni per quanto riguarda il settore edilizio corre il rischio, contemporaneamente, di non attivare quei processi economici importanti di ripresa sul territorio, e di mettere in campo un processo di deregulation delle normative in campo ambientale e urbanistico, che è assolutamente pericoloso.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 17,35)
FILIBERTO ZARATTI. Noi pensiamo che le norme che riguardano in modo particolare la sagoma possano essere di questo genere. Pensiamo che gli interventi che dovevano essere messi in atto, da questo punto di vista, erano altri, cioè quelli miranti ad incrementare fortemente i processi di restauro e di manutenzione dei centri urbani e dei centri storici delle nostre città. Si doveva mettere in campo un intervento importante di rilancio dell'attività edilizia delle piccole e medie imprese per quanto riguarda la manutenzione del territorio e la difesa del suolo, questi, sì, interventi che in qualche modo potevano significare una ripresa degli investimenti in questo settore e quindi rilanciare fortemente l'occupazione.
Voglio ricordare che il settore dell'edilizia è stato, se non il principale, uno dei settori economici trainanti per la nostra economia, ed è un settore, quindi, che ha bisogno di cura, ha bisogno di interventi, ha bisogno di sostegno. Quelli che vengono proposti dal Governo in questo decreto sono interventi assolutamente insufficienti, interventi che non servono assolutamente a rilanciare il settore e che, invece, creano sempre più quel pericolo di trasformare le nostre belle città in città arlecchino, dove anche i processi di ricostruzione e abbattimento possono essere determinati non tanto dalla voglia di modificare e codificare il nostro patrimonio edilizio, ma quello di essere preda di nuove spinte speculative.
Noi chiediamo al Governo che ci sia un momento di riflessione, da questo punto di vista, e con il nostro ordine del giorno chiediamo intanto che venga predisposto da parte del Governo uno specifico progetto di legge che possa affrontare questa materia nella sua organicità. Crediamo che sia assolutamente pericoloso continuare con piccole norme di settore parziali che vadano ad affrontare un terreno e un problema così ampio come quello di cui stiamo discutendo. Per questo chiediamo nell'ordine del giorno che ci sia un provvedimento più ampio e complessivo. Chiediamo anche al Governo di valutare le ricadute negative, dal punto di vista dell'equilibrio e dell'assetto urbanistico, a fronte di piccolissimi vantaggi dal punto di vista economico e di rilancio del settore. Chiediamo anche, nello specifico, che si preveda, nei casi di modifica della sagoma dell'edificio previsti dal provvedimento di cui stiamo parlando, che questa debba avvenire nel rispetto dell'indice di copertura delle zone in cui ricade l'immobile. Queste richieste che facciamo al Governo servono sostanzialmente a modificare ed attenuare l'effetto negativo di un articolo – l'articolo 30, appunto – che riguarda le procedure in materia edilizia, che corrono il rischio, davvero, di mettere in campo un nuovo e devastante effetto di deregulation in campo urbanistico.Pag. 65
Noi pensiamo invece che il rilancio debba avvenire attraverso un sistema di regole certe, dove gli imprenditori sappiano che cosa possono fare e dove i cittadini sappiano, diciamo, quali sono, e vado a concludere Presidente, quelli che sono i diritti e quelle che sono le cose da tutelare nel proprio territorio. Per questo chiediamo al Governo di valutare attentamente il nostro ordine del giorno.
PRESIDENTE. Il deputato Rizzetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/15.
WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, devo dire che in questo breve intervento illustrerò un ordine del giorno e molto spesso mi sono chiesto perché, nel corso degli anni, degli interventi molto semplici, molto lineari, che a tutti gli effetti potrebbero avere anche un costo zero, non sono riusciti ad entrare in un meccanismo parlamentare per poi andare a beneficio, ad esempio, delle aziende.
Quello che volevo sottolineare riguarda l'INAIL che ricordo essere l'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro. Bene l'INAIL, tra il 2012 e il 2013, quotava un «tesoretto» di circa 17-18 milioni di euro e quindi con questo ordine del giorno, per il valore che può avere, arrivati a questo punto, un ordine del giorno, questo dispositivo dell'ordine del giorno recita «Impegna il Governo a stanziare parte dei fondi INAIL...», ovvero il cosiddetto «tesoretto», questi soldi che INAIL ha entro le proprie casse e che negli anni passati è servito, mi ricordano, anche ad aiutare parte dei terremotati dell'Abruzzo, quindi «... a stanziare parte dei fondi INAIL per istituire un meccanismo premiante»; attraverso questo meccanismo premiante lo Stato potrà contribuire ai costi per le verifiche sui macchinari per le piccole e medie imprese, per le piccole e medie aziende dove gli elevati standard di sicurezza abbiano garantito la riduzione degli infortuni stessi.
Bene, ricordiamo a tutti che le aziende, le piccole e medie imprese italiane, hanno l'esatto obbligo di un controllo per quanto riguarda la propria sicurezza, e questi controlli chi li fa ? Li fa l'INAIL in prima battuta ? Li fa la ASL in seconda battuta ? Se né INAIL né ASL riescono a fare questi controlli, bene, le aziende devono andare a pagare meccanismi terzi, e quindi aziende di privati, per fare questi controlli, perché sennò non lavorano, non ci sono le possibilità di continuare la propria operatività se non ci sono gli standard minimi di sicurezza, soprattutto per quanto riguarda i macchinari dell'azienda in questione. Quindi questa assicurazione, oserei dire, pagando le tasse non viene fatta, non viene eseguita né da INAIL né dall'ASL, che sono i due elementi, le due organizzazioni deputate a fare questo tipo di controlli.
Quindi le aziende pagano le tasse, e dovrebbero avere perlomeno questo tipo di garanzia da parte dello Stato italiano; parte quindi, e vado a sintetizzare, parte del «tesoretto» INAIL potrebbe essere utilizzato per ridurre o eliminare i costi a queste aziende virtuose che per lo meno negli ultimi 12 mesi non abbiano subito infortuni sui posti di lavoro.
Quindi ci sono in Italia delle aziende che investono per la loro sicurezza, e quindi perché non premiare queste aziende applicando un concetto talmente semplice ? Ricordava poc'anzi in Commissione, il nostro presidente di Commissione, che negli anni ’65-’70 gli infortuni, e quindi le morti conseguenti all'interno del mondo del lavoro, erano annualmente 4.400. Bene, siamo scesi a circa 700-750 morti sul lavoro ancora nel 2013 e nel 2012; cioè tra le persone che vanno a lavorare ci sono ancora 700-800 morti all'anno.
E quindi il dispositivo è veramente semplice, è veramente un dispositivo di buonsenso, è veramente un dispositivo che ogni buon padre di famiglia ed ogni buon amministratore delegato di un'azienda potrebbe donare alla propria azienda, ovvero quello di far lavorare i propri lavoratori in sicurezza; ci sono, lo sottolineo, ci sono delle aziende che investono nella sicurezza e che hanno effettivamente quasi incidenti zero o morti zero nei posti di lavoro. Pag. 66Dovremmo quindi destinare parte di questa cosiddetto «tesoretto» a queste aziende.
Aiutiamo per cortesia queste aziende ! Facendo questo tipo di passaggio, daremmo garanzia suppletiva di vita residua, per quanto possa essercene ancora in questi anni e all'interno di questa crisi, alle piccole e medie imprese italiane, che ricordo essere il 94-95 per cento della spina dorsale lavorativa che attualmente dà lavoro alle nostre famiglie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Di Salvo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/65.
TITTI DI SALVO. Signor Presidente, noi ci saremmo aspettati da un decreto-legge che ha un nome così impegnativo, come il decreto-legge n. 69 del 2013, che contenesse molte misure per avviare la crescita e l'uscita dalla crisi; ma soprattutto ci saremmo aspettati che l'urgenza del decreto-legge portasse alcune scelte simboliche di equità in un Paese che si dice, per fotografarlo, è piegato in ginocchio. Traducendo in cifre quella definizione: è un Paese in cui le pensioni di 1.200 euro non sono rivalutate, un Paese in cui i salari sono i più bassi (siamo al ventesimo posto tra i Paesi OCSE per livello dei salari), un Paese in cui l'indice di disuguaglianza è il secondo dopo l'Inghilterra nei Paesi OCSE.
Noi ci saremmo allora aspettati questo. Ci troviamo invece all'articolo 12 un testo che parla del tetto per i dirigenti della pubblica amministrazione, e poi ci troviamo un meccanismo che non è ancora stato chiarito per il quale quel tetto, che avrebbe dovuto essere allargato ai dirigenti delle società controllate dalla pubblica amministrazione, improvvisamente nella versione finale è diverso da quello previsto nella versione iniziale, e questo è un mistero che va spiegato. Ma – ed è questo il senso del nostro ordine del giorno – noi pensiamo che ci sia un atto simbolico, ma concreto, da fare subito.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 17,48)
TITTI DI SALVO. L'ha fatto la Svizzera, con un referendum che avuto il consenso del 68 per cento dei cittadini: un intervento perché i dirigenti, i manager delle società quotate in borsa abbiano vincoli. In modo che non si assista più a quella classifica che abbiamo visto pubblicata sul Sole 24 Ore di qualche giorno fa: 400 milioni tra retribuzioni e bonus dati ai manager delle prime cento società quotate in borsa, senza nessun rapporto con il successo di quelle imprese, con le condizioni delle persone, dell'occupazione, della salute di quelle imprese stesse.
Noi proponiamo nell'ordine del giorno, chiediamo un impegno solenne del Governo perché ci sia una riforma del diritto societario in modo che siano gli azionisti, che spesso hanno sorti assolutamente diverse dal successo che dicevo prima, a decidere il livello di quelle retribuzione, di quei bonus, i consigli di amministrazione no, e che i consigli di amministrazione vengano rinnovati ogni anno. Un atto cioè impegnativo, che modificherebbe una situazione che a nostro avviso turba il mercato. Altro che mercato: turba il mercato ! E sarebbe contemporaneamente un segnale di equità molto forte.
In Svizzera l'hanno fatto attraverso il referendum, un Paese che non ha un regime comunista. Noi pensiamo che in Italia lo si possa fare: per via legislativa lo possa fare il Governo assumendo subito su questo un impegno. Per quanto riguarda il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, questo è un impegno solenne che qui prendiamo, nelle vie che riterremo più opportune (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Sibilia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/16.
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, la ringrazio di avermi dato la parola. Prima di illustrare l'ordine del giorno che ho Pag. 67presentato, ricordo che in realtà sono in Commissione affari esteri, quindi non ho molta attinenza con la Commissione lavoro; ho tenuto però tantissimo a presentare questo ordine del giorno perché riguarda la mia terra, la mia città in particolare, e alcuni lavoratori di un'azienda che si chiama Isochimica, ex Isochimica, nella quale si lavorava amianto, si coibentavano e si scoibentavano vagoni dei treni statali.
Prima di illustrare nel dettaglio il mio ordine del giorno, voglio anche un attimo capire qual è la responsabilità che abbiamo noi come parlamentari, e quindi qual è il concetto della decretazione.
Noi utilizziamo sempre il decreto come forma di legiferazione per fare qualcosa in questo Parlamento, sembra che vi sia un'impotenza impressionante e che l'unico modo per farlo sia utilizzare il decreto-legge per mano del Governo e sembra quasi che ognuno di noi in quest'Aula sia d'accordo con questo modo di fare, cioè ci sentiamo impotenti rispetto a quella che è una macchina, una macchina che gestiamo noi, guidiamo noi. Noi dovremmo avere il potere decisionale su ogni genere di azione che viene fatta qui dentro. Invece, ci rilassiamo e speriamo che il Governo faccia qualcosa, come stiamo delegando la modifica dell'articolo 138 ad un pool di persone, senza mai prendere noi le decisioni, senza mai andare ad usare quelle garanzie che ci sono all'interno della Costituzione, quindi noi vogliamo andare in deroga a quelle che sono le nostre scelte e responsabilizzare altre persone al riguardo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Un altro pensiero che faccio è il seguente: un decreto che totalizza la bellezza di 2.200 emendamenti, 2.200 proposte di modifica, ma quanto è fatto male un decreto così ? Come si fa a pensare che gli stessi partiti, la stessa maggioranza di Governo, gli stessi partiti che sostengono il Governo siano quelli che poi vogliono modificare un provvedimento del Governo ? Allora che lo sostenete a fare questo Governo ? Qual è la logica che sta dietro a questo ?
Quindi, entrando nel merito, io sono stato costretto a trasformare il mio emendamento in un ordine del giorno, questo ordine del giorno come dicevo impegna il Governo ad adottare le necessarie iniziative tese a rafforzare la tutela del diritto al risarcimento di quanti sono stati uccisi e resi invalidi dal proprio lavoro a contatto con l'amianto e a prevedere in favore di questi lavoratori la possibilità di derogare all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito della legge n. 214 del 2011, ai fini dell'accesso al prepensionamento previsto dalla legge n. 257 del 1992, perché queste persone – deve sapere, signor Presidente – che, dal 1982 al 1989 hanno lavorato l'amianto a mani nude, senza tuta, senza protezioni, tornavano a casa e magari abbracciavano i loro figli con le fibre di amianto ancora nelle mani. Queste persone, molte delle quali ci hanno lasciato – ogni volta che parlo di questi lavoratori penso a quanti di loro hanno sofferto –, in questo momento non hanno la possibilità di usufruire di una pensione e devono continuare a lavorare con la sofferenza e con le malattie derivate da malattie appunto ad esso correlate.
Allora, il principio è: qual è allora l'urgenza ? Se non si può prevedere un'urgenza del genere all'interno di un decreto... Stanno morendo delle persone e inoltre se non hanno lavorato l'amianto per dieci anni non possono usufruire di pensione: la richiesta del MoVimento 5 Stelle era quella di abbassare questo limite a cinque anni. Le coperture da trovare erano irrisorie, era una cosa semplicissima, allora è questo che non riesco a capire, cosa andremo a dire noi tutti ai lavoratori dell'ex Isochimica e a tutti quei lavoratori che si trovano in questa condizione ? Il mio auspicio è che quanto meno – sappiamo benissimo quanto contano gli ordini del giorno, magari come il due di coppe quando la briscola è a spade – il Governo si impegni in questo senso fino in fondo, quanto meno per dare un futuro a queste famiglie, e che sia un futuro non fatto di precarietà ma fatto di sicurezza e tranquillità, che non debba mettere in Pag. 68pericolo le loro vite e le vite dei loro cari. Vi ringrazio per questo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Migliore che aveva chiesto di intervenire per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/85: si intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Dadone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/157.
FABIANA DADONE. Signor Presidente, colleghi deputati, leggo testualmente: la Camera, in sede di discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, premesso che la spesa delle pubbliche amministrazioni per incarichi e consulenze nel solo anno 2011 (dati della Funzione pubblica, non nostri), ammonta a 1,3 miliardi di euro, spesa stabile nel tempo nonostante le velleità di valorizzare le professionalità interne alle amministrazioni e la normativa che, alla fine, ne ha imposto la riduzione.
Premesso che appare palese la configurazione di una vera e propria violazione delle disposizioni sul contenimento della spesa pubblica, ex decreto-legge n. 78 del 2010; che, stante il numero esorbitante di posizioni di dirigente, nonché il rapporto tra di loro ed il numero degli impiegati che essi dirigono, nonché la remunerazione, nonché il numero degli impiegati pubblici, che sono circa 3,3 milioni, non appare giustificabile una necessità così intensa di così ampi ricorsi alle consulenze o agli incarichi; che le pubbliche amministrazioni non sono in grado di autoregolarsi per ridurre il numero dei ricorsi agli esterni, nonostante i vincoli normativi e la copiosa giurisprudenza della Corte dei conti, che sanziona e condanna spesso questi tipi di contratti; premesso che spesso si tratta di contratti atipici, il cui oggetto appare addirittura contra legem e, ancora più spesso, si tratta di incarichi di lavoro che hanno oggetti contrattuali che andrebbero qualificati come appalti di servizi; tutto ciò premesso, si impegna il Governo ad adottare delle iniziative, anche legislative, finalizzate all'adempimento tempestivo della riduzione delle consulenze e degli incarichi della pubblica amministrazione e, in subordine, a riferire presso le competenti Commissioni della Camera dei deputati in ordine ai dati ed alla spesa dell'anno 2012 e del primo semestre dell'anno in corso. È sufficiente leggere l'ordine del giorno – mi sembrerebbe quasi un affronto alla vostra intelligenza critica spiegarlo – per cui, sono certa che voterete a favore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Nardi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/86.
MARTINA NARDI. Signor Presidente, illustro l'ordine del giorno a mia prima firma mia e dell'onorevole Maestri del Partito Democratico per impegnare il Governo ad adottare le opportune iniziative normative volte a finanziare il completamento del raddoppio della linea ferroviaria «Pontremolese».
Era il 1980 – io andavo alle scuole elementari e molti che sono qui in quest'Aula forse non erano ancora nati – quando approdò in Parlamento, per la prima volta, il raddoppio della linea ferroviaria chiamata Pontremolese, che vuole mettere in relazione il Brennero con i porti del Tirreno.
Questa infrastruttura venne, per molti anni, considerata vitale in tempo di crisi e lo è ancora di più oggi per l'economia delle pianura padana, del veronese e dei porti del Tirreno del Centro-nord. Signori del Governo, far ripartire il Paese, immettere politiche anticicliche che determinano sviluppo è un assillo anche della nostra forza politica. Il Paese grida il suo dolore prendendosela con i costi della politica, con i partiti, con i politici perché il Parlamento non determina i presupposti di cambiamento delle condizioni materiali delle persone, perché non vede a breve la ripresa, perché non vede nuove occasioni di lavoro. Ci saremmo aspettati che il Pag. 69«decreto del fare» proponesse azioni e misure per fare sviluppo, per invertire la tendenza alla povertà verso cui sta scivolando il nostro Paese: piccoli e grandi provvedimenti, che ponessero in essere la modernizzazione dell'Italia, l'infrastrutturazione positiva, finanziando gli assi plurimodali e ferroviari, utili e necessari all'economia del tessuto produttivo, che in breve tempo ricollocassero il sistema-Italia dentro la competizione internazionale.
Le infrastrutture stradali e ferroviarie – si sa – determinano sempre il rilancio e il deperimento di distretti produttivi, determinano la possibilità di internazionalizzare maggiormente le imprese italiane; sono la linea tra la possibilità di farcela per molte aziende, per molti territori, o la definitiva sentenza, oltre a rappresentare in sé, cioè per il solo fatto che comunque si aprono cantieri, anche occasione di lavoro. Puntare all'investimento ferroviario significa dire chiaramente che tipo di politiche, rispetto alla mobilità delle persone e delle merci, si vuole porre in essere; spostare l'attenzione dalle autostrade al ferro è l'occasione che vi abbiamo proposto con i nostri emendamenti e che riproponiamo con questo ordine del giorno. Mettere in relazione il Brennero, cioè il Nord Europa, con i porti del Tirreno, passando da una delle aree più produttive del Paese, cioè la Pianura padana, realizzando il raddoppio della linea ferroviaria in questione, per poi prendere la via del mare, dice dell'idea di sviluppo di cui parlavo.
Signor Ministro, io le pongo una domanda, la pongo a me stessa e la pongo a questo Parlamento: le sembra un Paese normale ?
Le sembra un Paese moderno ? Le sembra un Paese in cui i cittadini e le comunità locali non si debbano dolere dei propri Governi, un Paese in cui si inizia un'opera nel 1980 e dopo più di trent'anni non si è ancora realizzata completamente ?
In questi anni si sono fatti accordi di programma, conferenze, progettazioni, si è fatto lavorare e illudere interi territori, regioni, comuni, province. Si è scritto sui quotidiani locali e fatto discutere senza realizzare l'opera, se non in piccolissime parti.
Vi chiediamo, con questo ordine del giorno, di mettere in priorità il raddoppio della Pontremolese. Vi chiediamo di dare certezze a quel territorio, vi chiediamo di investire per l'infrastrutturazione saggia del Paese, vi chiediamo di investire sul ferro, sugli assi ferroviari e non autostradali, vi chiediamo di rendere più efficienti e competitivi i porti tirrenici, vi chiediamo di determinare piccole e grandi azioni anticrisi e strategiche per buona parte del nostro Paese. Vi chiediamo, infine, di non essere un Paese in cui si discute trent'anni per potenziare una linea ferroviaria (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Alberti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/158.
FERDINANDO ALBERTI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, l'ordine del giorno che vado a illustrarvi ha come oggetto il comma 7-bis dell'articolo 5 del «decreto del fare». Questo comma concede ulteriori benefici ed agevolazioni economiche ai produttori di energie da fonti alternative, in particolare a quegli impianti che producono energia elettrica – tra parentesi, nemmeno cogenerative e voglio sottolineare il fatto che non sia nemmeno cogenerativa – nella digestione e combustione di biogas, a partire dai cosiddetti «bioliquidi sostenibili».
Attenzione. Ho volutamente parlare di energie alternative e non di rinnovabili né di energie verdi, perché riteniamo che questi bioliquidi abbiano ben poco di green. Noi del MoVimento 5 Stelle non abbiamo pregiudizi in merito alla produzione di energia da fonti rinnovabili, alternative o anche ritenute assimilabili alle rinnovabili, ma più semplicemente cerchiamo di adottare un metodo il più scientifico possibile e auspichiamo che questo possa diventare prassi anche per il Governo, prima di distribuire finanziamenti a questo o a quel particolare sistema di produzione di energia.Pag. 70
Allora, vorremmo capire di che stiamo parlando. Prima di definire una tecnologia sostenibile economicamente e anche dal punto di vista ambientale e, quindi, strategica, vorremmo sapere: quanta energia viene prodotta e con quale impatto ? Quali scarti vengono generati per chilowattora a prodotto ? Quali sono i bilanci energetici ? Che tipo di energia viene generata e con quali rendimenti ? Qual è il consumo di suolo, l'impronta ecologica, il consumo di acqua ? Insomma, le domande sono decine e decine e sono tutte domande che non trovano mai risposta, spesso e volentieri. Questo non perché risposte non ci sono, ma perché non vogliamo darle.
Ma tra tutte le domande quella più importante rimane sempre la solita: abbiamo bisogno di tutta questa energia ? Cercando di rispondere – e invito veramente il Governo e tutti i colleghi – ci renderemo subito conto che continuiamo a sbagliare metodo, ovvero ci ostiniamo ad adottare provvedimenti senza una programmazione di medio-lungo periodo, che necessita inevitabilmente dell'individuazione di obiettivi strategici. In altre parole, senza un piano energetico nazionale che ci dica come, dove e quando produrre energia non si va da nessuna parte e provvedimenti spot, come il comma 7-bis, sconnessi e non inseriti in un contesto di programmazione pluriennale, non solo sono inutili ma anche dannosi.
Concludendo e rispondendo alla domanda di cui sopra: no, noi non abbiamo bisogno di tutta questa energia e ne avremmo ancora meno bisogno se tra i primi punti dell'agenda di un Governo normale e di un Paese normale, accanto a temi come la lotta alla corruzione e alla legge sul conflitto di interessi, vi fossero le parole magiche «risparmio energetico» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Daniele Farina ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/87.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, ho scelto un tema molto piccolo con riferimento al terzo degli articoli di questo provvedimento che riguardano il grande mondo della giustizia (e abbiamo avuto modo di discuterne e di parlarne e avremo ancora modo, spero, in questi nostri interventi).
L'ho scelto perché è una metafora di come il Governo intende affrontare, nel concreto e non a parole, il tema della precarietà e dell'occupazione giovanile dei nostri talenti, dei nostri saperi, dei nostri giovani che provano un ingresso difficile in quello che un tempo era il mondo del lavoro e che oggi, diciamo, è un deserto disseminato di asperità.
Questo perché all'articolo 73 di questo provvedimento è prevista per i laureati in giurisprudenza, all'esito di un corso di durata almeno quadriennale, la possibilità di un tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari. Cosa c’è di male in questo ? Nulla. In particolare, si tratta di uno stage della durata complessiva di diciotto mesi, un anno e mezzo, da effettuarsi presso le corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e anche i tribunali per i minorenni. Tuttavia – ed ecco la metafora – il comma 8 dello stesso articolo prevede che questo stage non abbia alcun compenso, cioè sia totalmente gratuito, neanche nella forma del rimborso spese.
Ecco perché è una metafora della distanza tra le parole e i fatti in termini di occupazione, particolarmente di occupazione giovanile, di questo Governo. Questo anche in contraddizione con altri provvedimenti del Governo in discussione, che a parole dichiarano, ma nel concreto ritraggono. Ecco perché, a partire da questa brevissima metafora, noi pensiamo che un qualche impegno questo Governo a questi giovani lo debba offrire, perché si chiede un grande impegno al Paese, si chiedono ancora di fatto sacrifici, si allude ad un futuro che verrà, ad una crescita che riprenderà, ad un'occupazione che ci sarà. Però, nel concreto per i prossimi diciotto mesi noi offriamo ai nostri giovani laureati in giurisprudenza, con laurea quadriennale, questo tipo di prospettiva. E allora, noi chiediamo, con questo piccolo ordine Pag. 71del giorno, una metafora, un piccolo segno lanciato in quest'Aula, che semplicemente il Governo usi e mostri un'altra metafora e offra un qualche compenso, un qualche rimborso spese, a questi nostri giovani, a questi nostri laureati, a questi che un po’ sviliamo chiamando stagisti, che forse sono il futuro dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Piras ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/88.
MICHELE PIRAS. Signor Presidente, secondo noi con la modifica del codice dell'ordinamento militare questo Governo e questa strana maggioranza si assumono una grave responsabilità. Mi auguro che la fiducia che avete posto su questo provvedimento, su questo decreto del fare, valga anche per i Ministri della difesa del futuro, posto che immagino che valga per il presente Ministro della difesa, perché stiamo trasformando il nostro Ministro in un intermediario nel commercio di armi per conto della nostra industria d'armamenti. Stiamo infatti commettendo un fatto grave, perché in questi giorni, tassello per tassello, si sta costruendo il mosaico di un cambiamento importante del nostro modello di difesa, un modello di difesa che tende a diventare sempre più aggressivo, che fra F-35, riforma dello strumento militare, articolo 48 del decreto del fare, secondo noi si sta allontanando dallo spirito pacifista della Costituzione repubblicana.
Avremmo chiesto e avevamo chiesto con un emendamento la soppressione di questo articolo o almeno lo stralcio, perché in questa Aula si potesse aprire un dibattito organico sul sistema di difesa, perché il Parlamento, che è l'istituzione democratica rappresentativa sovrana di questo Paese potesse prendere in carico questa discussione e ragionarne senza lo spezzatino che, da qualche anno a questa parte, si sta producendo, in perfetta continuità con i Governi precedenti. Abbiamo invece ascoltato il nostro Ministro in questi giorni proporci ragionamenti sulla pace armata, sulla deterrenza, sulla necessità strategica dell'acquisto degli F-35, ma la verità è che con le armi non si costruisce la pace. Con le armi si costruisce solo la guerra e si semina morte. Noi attualmente abbiamo accordi di cooperazione militare nel campo della difesa con numerosi Paesi, fra i quali l'Arabia Saudita, l'Argentina, la Bulgaria, la Repubblica Ceca, gli Stati Uniti d'America, la Spagna, il Sudafrica, ma anche il Libano, l'Algeria, la Tunisia.
E allora pensiamo che su questo terreno ci sia qualche problema e vi chiediamo almeno questo: che ci sia un atto di trasparenza. E con questo ordine del giorno chiediamo che l'atto di trasparenza venga annualmente portato a relazione in Parlamento, cioè che vengano riferiti annualmente tutti i dettagli delle attività svolte dal Ministro della difesa in questa sua nuova funzione, indicando specificamente per ogni singolo contratto la natura del supporto tecnico amministrativo, la tipologia dei singoli materiali venduti a Paesi terzi, il valore, la quantità e il Paese destinatario, intermediario e utilizzatore finale delle armi. Non ci pare una richiesta particolarmente impegnativa: è semplicemente ed esclusivamente quella della trasparenza, che in conto di traffico e commercio d'armi dovrebbe essere il minimo dovuto al popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Lavagno ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/89.
FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, nel decreto, il poco fare che vediamo è legato in particolare all'articolo 18, ovvero a un generico «sblocca cantieri», e su questo articolo 18 noi abbiamo presentato numerosi emendamenti, che sono stati dichiarati inammissibili per estraneità di materia. Forse era più corretto dire che erano estranei per filosofia, perché noi a questi «sblocca cantieri» volevamo dare una filosofia innovativa, qualificante, soprattutto legata al campo della bonifica e Pag. 72a come le spese per la bonifica potessero essere meglio qualificate e, soprattutto, espunte dal Patto di stabilità interno degli enti locali.
Guardate, le bonifiche a cui ci riferiamo riguardano in particolare quelle legate ai manufatti contenenti amianto. L'amianto è una storia del Novecento, ma i suoi effetti ancora oggi si fanno sentire e si faranno sentire per numerosi decenni. Questa materia, sino al 1992, quando la normativa ne impedisce la fabbricazione e l'utilizzo, è stata largamente utilizzata nel nostro Paese, soprattutto nelle coperture e soprattutto, visto il basso costo, nella copertura di edifici pubblici (ospedali caserme, scuole). Ebbene, è proprio sugli edifici scolastici che noi puntiamo la nostra attenzione con questo ordine del giorno.
L'Osservatorio nazionale amianto ci dice che sono 2.400 gli edifici scolastici che ancora hanno copertura in cemento amianto, e all'interno di queste strutture, di questi edifici scolastici, vivono quotidianamente circa 30 mila persone tra studenti, insegnanti, personale scolastico. E viste le caratteristiche, infami, di questo materiale e vista la pericolosità, la cui vastità e pervicacia, in qualche modo, è stata dimostrata anche dalla sentenza in appello del processo Eternit, per la vastità, per la portata e per gli effetti, ebbene, non adoperare la dovuta attenzione rispetto a questo tipo di problematica è atto criminale. È atto criminale non solo dal punto di vista della salvaguardia della salute, ma perché una attenta bonifica e un attento coordinamento delle bonifiche, soprattutto con una stabilizzazione rispetto alle risorse destinate alle bonifiche, potrebbe favorire ricerca e innovazione e creare occupazione, oltre che salvaguardare dal punto di vista ambientale interi territori. E quindi, se dobbiamo vedere una prima sistematizzazione degli interventi con il Piano nazionale amianto licenziato dal precedente Governo, dobbiamo, allo stesso tempo, vedere una continua disattenzione rispetto all'individuazione di risorse certe, rispetto a queste tematiche.
Visto che su queste tematiche la disattenzione è alta ed è talmente alta che basterebbe affacciarsi dai piani alti di questo palazzo e guardare al prospiciente Palazzo Chigi per vedere che addirittura parti della copertura del palazzo, sede del Presidente del Consiglio, sono fatte in cemento amianto. È evidente come il pubblico, prima ancora che il privato, dovrebbe farsi carico di un impegno morale rispetto alle bonifiche. Invece, il pubblico, gli enti pubblici, lo Stato in primo luogo sono i primi inadempienti rispetto a questa tematica. Una tematica sulla quale manca una reale mappatura del territorio e sulla quale manca un reale e preciso censimento di quelli che sono gli edifici interessati da questo.
Ma visto che il piano nazionale amianto parte e individua soprattutto quegli edifici ad alto valore sociale, e quindi le caserme inserite nei centri urbani, gli ospedali e le scuole, è proprio sulle scuole e sugli edifici scolastici che noi ci vogliamo concentrare, impegnando il Governo ad individuare iniziative precise e puntuali per un piano di bonifica degli edifici scolastici, togliendo dal Patto di stabilità interno gli enti locali e le regioni che effettuino la bonifica di quegli edifici. Così come è importante valorizzare l'esperienza dei tanti enti locali, che purtroppo hanno sopportato e sopperito alle mancanze dello Stato – concludo, signor Presidente – avendo sui propri territori siti di produzione, è importante che questi territori, questi enti locali individuati nei siti di interesse nazionale possano vedere tolte dal computo del proprio Patto di stabilità interno le spese atte alla bonifica e ai cantieri immediatamente cantierabili con questa finalità (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Zan ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/90.
ALESSANDRO ZAN. Signor Presidente, sono contento di illustrare questo ordine del giorno perché vogliamo impegnare il prossimo Governo... – scusate il lapsus, Pag. 73questo Governo fin dalla prossima legge di stabilità a individuare le risorse necessarie per il finanziamento del programma-quadro per il settore forestale.
Questo serve veramente, con poche risorse, ad intervenire con delle riforme strutturali per la messa in sicurezza del nostro territorio. Quest'Aula più volte è intervenuta su questo tema, perché non pensiamo che la messa in sicurezza del territorio sia uno spot, bensì sia uno degli interventi infrastrutturali più importanti di cui questo Paese si deve dotare, per curare questo territorio che è dissestato, che è stato violentato dalla cementificazione selvaggia, che non è stato curato. Pensate da quanto tempo i nostri fiumi non vengono puliti, i nostri boschi non vengono curati, gli argini dei fiumi sono assolutamente abbandonati. Non sto dicendo questo per evocare uno scenario apocalittico, sto parlando del nostro Paese. Il nostro Paese è continuamente soggetto a situazioni di calamità naturale e ogni volta che piove, anziché aprire l'ombrello, chiamiamo la Protezione civile. Chiamiamo la Protezione civile perché basta poco, basta qualche evento meteorologico sporadico per mettere in ginocchio questo Paese.
Allora, quello che chiediamo in questo ordine del giorno è attuare delle misure per finanziare il programma quadro del sistema forestale, proprio perché già il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sta mettendo in piedi, con il Corpo forestale dello Stato, delle sinergie e un coinvolgimento anche di operatori del territorio, giovani imprenditori che vogliono investire sul made in Italy, sui nostri punti di forza, sul settore agroforestale, sul settore agricolo, sul settore agroalimentare. Di tutti i settori che hanno subito una crisi in questo Paese, il settore che va ancora, che regge ancora sul piano della crescita economica sostenibile è il settore agroalimentare, accanto al settore tessile, e questo rappresenta per il nostro Paese un'opportunità da non perdere. Non possiamo sempre intervenire con degli slogan buonisti sul fatto che c’è, da parte del Governo, la volontà di intervenire su questo tema.
Mettere in sicurezza il territorio, curare il territorio è un mantra che sentiamo da troppo tempo, però vediamo che in questo decreto del fare – e io ho detto anche «del fare cosa ?» – non troviamo un finanziamento significativo, ma anche un finanziamento meno significativo sulla cura e sulla manutenzione del territorio. Pensate anche sul piano delle opportunità occupazionali che pochi investimenti potrebbero liberare nel nostro territorio. Stiamo parlando di tanti giovani che vogliono occuparsi di questa materia, che vogliono intervenire ed essere un collante, un tramite sul territorio proprio per favorire anche il ripopolamento di zone che sono state completamente spopolate, abbandonate nel nostro Paese.
Non stiamo parlando di giovani che arrivano con la zappa. Stiamo parlando di giovani laureati che userebbero il computer, che interverrebbero con nuove tecnologie, che cercherebbero veramente di essere le nuove sentinelle per la messa in cura del territorio. Allora, qui, con questo ordine del giorno, chiedo un'attenzione precisa. Va detto che il programma quadro per il settore forestale, che è stato oggetto dell'accordo sancito a dicembre del 2008, prevede 25 azioni chiave da sostenere per l'attuazione dell'obiettivo di piano.
Stiamo parlando di poche azioni molto precise e molto puntuali che veramente darebbero respiro a questo Paese. Darebbero una prospettiva, un futuro più sostenibile, una messa in sicurezza del nostro bellissimo Paese, del nostro bellissimo paesaggio e anche la creazione di nuovi posti di lavoro di qualità. Questi finalmente non sono solo più slogan, ma può essere una realtà che noi mettiamo in pratica con l'investimento di pochissime risorse. Per cui noi chiediamo che, nella prossima legge di stabilità, se il Governo ha deciso di non inserire questo emendamento nel cosiddetto decreto del fare, l'abbiamo trasformato in ordine del giorno purché da parte del Governo questa volta ci sia una vera attenzione a questo tema (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Giancarlo Giordano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/92.
Prendo atto che l'onorevole Giancarlo Giordano rinuncia.
L'onorevole Costantino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/93.
CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, il nostro ordine del giorno è inerente all'articolo 59 del decreto-legge, articolo che stanzia risorse per l'erogazione di borse per la mobilità a favore di studenti che, dopo aver conseguito risultati scolastici eccellenti, intendono iscriversi a corsi di laurea in regioni diverse da quelle di residenza. Inoltre, l'articolo 59 prevede la predisposizione di una graduatoria unica nazionale dei vincitori delle borse di studio al cui pagamento provvederanno direttamente le università con le risorse ad esse trasferite dal Ministero. Condizione per l'assegnazione delle borse di studio è che lo studente si iscriva presso una università collocata in regione diversa da quella di residenza della propria famiglia. Un controsenso alla luce della situazione odierna, sia regionale che nazionale. Oggi, infatti, cresce sempre di più l'esercito dei senza borsa di studio: ragazze e ragazzi che ne hanno diritto per meriti o per condizione economica, ma non possono usufruirne perché sono state tagliate le risorse. Come nel 2012, quando il Fondo per il diritto allo studio universitario, durante il Governo Berlusconi, partendo da 246 milioni, è stato tagliato fino a 26 milioni nel 2012, per raggiungere il minimo storico, appena 12 milioni, nel 2013.
Noi pensiamo che occorra sicuramente favorire i più meritevoli e meno abbienti che vogliono iscriversi all'università, ma senza costringerli alla migrazione. Lo stesso obiettivo può essere raggiunto, aumentando le risorse per il diritto allo studio, che sono sempre più ridotte. Chiediamo di sopprimere il requisito dell'iscrizione ad un'università fuori regione per l'ammissione al beneficio, eliminando tutte le parti dell'articolo che fanno riferimento alla mobilità e alla valutazione del requisito dell'essere «fuori sede». Al contempo, non interveniamo su altre parti dell'articolo che fanno riferimento alla mobilità, lasciando il fattore «distanza» come elemento valutabile nella graduatoria ai fini dell'attribuzione del punteggio.
Così come il beneficio non è riconosciuto a chi ha la residenza nello stesso comune in cui si trova l'università. Chiediamo inoltre al Governo di impegnarsi, individuando e stanziando maggiori risorse per il diritto allo studio universitario, a favore di giovani meritevoli e non abbienti, senza costringerli ad abbandonare, per usufruire del diritto, le regioni di residenza.
Concludo: lo avete chiamato il decreto «del fare». La prima cosa da fare, allora, sarebbe portare il nostro Paese in Europa. Infatti, mentre in Italia si taglia indiscriminatamente una spesa di circa 250 milioni di euro l'anno, Germania e Francia investono circa 2 miliardi di euro l'anno sul diritto allo studio. La Spagna, in crisi come noi, quattro volte l'Italia: quasi 900 milioni. Noi invece continuiamo a soffocare le ragazze e i ragazzi del nostro Paese. Ci si riempie la bocca di retorica nei confronti del loro futuro e non si è capaci di garantirgli neanche il diritto al presente (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Pellegrino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/94.
SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, ci tengo a precisare che questo ordine del giorno è firmato da colleghi provenienti da vari gruppi politici: questo a dimostrare che non può essere ascritto ad una mera bandiera di partito. Poniamo l'attenzione sull'obbligo dei professionisti di stipulare un'idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Preciso che questo è un obbligo previsto per tutti gli iscritti agli albi professionali. Sappiamo che il termine massimo per sottoscrivere un'adeguata polizza è il prossimo 15 agosto. Rileviamo però Pag. 75che il presente disegno di legge di conversione in esame prevede, all'articolo 44, comma 4-quater, che per gli esercenti delle professioni sanitarie viene concessa la proroga per la stipula di tale assicurazione ad agosto 2014, un anno dopo quanto previsto per gli altri ordini professionali.
Ci chiediamo per quale motivo tale proroga non venga prevista per tutti gli iscritti ai vari ordini professionali e poniamo all'attenzione del Governo il fatto che questo Parlamento non può sottoscrivere differenti trattamenti per le diverse professioni. Non possiamo pensare che esistano dei professionisti privilegiati rispetto ad altri. Parlo di privilegio perché sappiamo che molti giovani professionisti, che non hanno un grande volume di affari, verrebbero fortemente penalizzati da questa norma e proprio in merito a questo argomento ci auguriamo che vengano prese le dovute misure. Chiediamo quindi che tale proroga venga concessa per tutte le categorie di professionisti e non solo per quella sanitaria (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Pilozzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/96.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, membri del Governo e colleghi, questo ordine del giorno riguarda il comma 7 dell'articolo 5 del «decreto del fare», un comma che è stato già riscritto in Commissione, grazie anche ad un emendamento presentato da Sinistra Ecologia e Libertà. Però c’è un punto, su questo comma, che in Commissione il Governo non ha fatto proprio ed è praticamente quel punto che riguarda le centrali a biocombustibili che sono direttamente collegate ad altre aziende manifatturiere. Io su questo farei riflettere molto il Governo, perché, vedete, ci è stato detto dal Governo, nella discussione in Commissione, che con questo emendamento si andavano a risparmiare alcuni soldi per lo Stato.
Ebbene, io starei molto attento. Infatti, noi presentiamo questo ordine del giorno che focalizza la discussione su quelle centrali a biocombustibili che sono direttamente collegate ad altre aziende manifatturiere perché, se noi mettiamo in discussione quelle centrali, rischiamo di far chiudere le aziende collegate. E non vorrei poi che, in un momento difficile per il nostro Paese, per i nostri territori, dove ci sono molte aziende in crisi, dove c’è una grande crisi sociale, con la cassa integrazione noi andremo a spendere più soldi di quelli che diciamo che vogliamo risparmiare con questo comma dell'articolo 5. Quindi, io inviterei veramente a leggere il nostro ordine del giorno e inviterei veramente il Governo ad impegnarsi, ad impegnarsi a vedere se ci sono le possibilità di tener conto di quelle centrali che sono, appunto, collegate direttamente ad altre aziende manifatturiere.
Il decreto del fare, come abbiamo detto e ripetuto, è un decreto che parla di tutto e parla alla fine di troppe cose, però c’è un pezzo che riguarda lo sviluppo di questo Paese. Io non vorrei che il Ministero dello sviluppo economico diventasse il Ministero dell'inviluppo economico perché c’è il rischio serio, per le nostre aziende che in questo momento sono competitive sui mercati mondiali e hanno anche una grande possibilità di esportazione grazie al fatto che hanno un costo dell'energia inferiore, che, applicando pedissequamente questo decreto del fare, esse vedano il proprio costo dell'energia raddoppiare o triplicare e così facendo sarebbero costrette a chiudere. E, quindi, io invito veramente il Governo a tener conto dei nostri ordini del giorno, a tener conto dello sforzo che abbiamo fatto. È uno sforzo che va assolutamente nella direzione di migliorare lo sviluppo del nostro Paese e di stare vicino a quelle piccole aziende che in questo momento resistono anche grazie alla capacità di imprenditori di mettere vicino alle proprie aziende anche delle piccole centrali che producono energia.
Concludo questo intervento veramente chiedendo al Governo di ripensare e di guardare attentamente a questi interventi, perché spesso è con i piccoli interventi che Pag. 76si salvano tanti posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Marcon ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/97.
GIULIO MARCON. Signor Presidente, intervengo per dire che, non solo rinuncio all'intervento, ma rinuncio anche all'ordine del giorno perché è un ordine del giorno relativo all'imposta sulle transazioni finanziarie che abbiamo presentato, ma ci rinunciamo perché c’è un analogo ordine del giorno firmato da tutti i capogruppo della Commissione bilancio a prima firma del presidente Boccia. Quindi, ritiriamo questo ordine del giorno e sosterremo l'ordine del giorno a prima firma del presidente Boccia.
PRESIDENTE. L'onorevole Melilla ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Migliore n. 9/1248-A/R/85, di cui è cofirmatario.
GIANNI MELILLA. Signor Presidente, si tratta di un ordine del giorno volto a risolvere un problema derivante dall'approvazione di due articoli aggiuntivi, il 54-bis e il 54-ter, che sono intervenuti su un tema estremamente sensibile in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarico presso le pubbliche amministrazioni. In particolare, il primo di questi due articoli aggiuntivi approvati, il 54-bis, introduce delle modifiche alla disciplina della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche in Autorità nazionale anticorruzione, la CIVIT, prevedendo che l'autorità esprima pareri facoltativi in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento, ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico.
Si interviene sull'attività relativa alla vigilanza dell'autorità stabilendo che la stessa interviene a segnalazione della sola Presidenza del Consiglio dei ministri. Questo ci sembra un fatto assolutamente riduttivo che è stato messo in rilievo, dal punto di vista della sua negatività, anche dalla relazione svolta dalla dottoressa Romilda Rizzo, presidente della CIVIT, che, appunto, ha espresso forte preoccupazione riguardo all'inopportunità di tali correttivi che lederebbero gravemente la piena autonomia nelle funzioni dell'autorità da lei rappresentata.
PRESIDENTE. Ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/159 l'onorevole Paolo Bernini, che, però, non vedo in Aula.
L'onorevole Basilio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/160.
TATIANA BASILIO. Signor Presidente, l'ordine del giorno che mi appresto ad illustrare nasce a seguito delle modifiche avvenute nelle Commissioni, che hanno peggiorato la norma, sostituendo il termine «posizionati» con il termine «installati».
L'installazione di strutture all'interno di campeggi – perché questo si intende per «strutture ricettive all'aperto» – significa liberalizzare la costruzione di fabbricati di dubbia qualità architettonica ed edilizia, andare ad inserire strutture come container abitativi o similari all'interno di zone verdi con il solo limite di un generico ancoraggio temporaneo al suolo.
Ma il Consiglio di Stato, sezione I, con il parere n. 3227 del 2012 ha chiarito che il container trasformato in monolocale fissato solidamente al suolo rappresenta un'edificazione e, pertanto, necessita sempre di licenza edilizia per essere realizzato e nulla rileva che al singolare manufatto siano state applicate ruote atte a dimostrarne una possibile manovrabilità e trasportabilità. Sono frequenti, inoltre, le installazioni precarie di roulotte, rimorchi e container trasformati in dimore stabili, magari, con semplici accorgimenti di fortuna, atti anche a simulare un uso temporaneo. Nel caso sottoposto all'esame del collegio, il comune ha disposto la demolizione di un container monoblocco munito Pag. 77di ruote, adibito abusivamente a civile abitazione.
Contro questa severa determinazione, l'interessato ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per il prescritto parere, ma il collegio non ha avuto dubbi: un container monoblocco posizionato su blocchi di lapillo, in un'area interamente pavimentata di circa 200 metri quadrati, rappresenta un evidente abuso edilizio, anche se nella parte inferiore del manufatto sono state applicate delle ruote e, in particolare, come risulta agli atti del comune, il manufatto è abusivo perché realizzato senza alcun titolo abitativo. Il container collegato al suolo deve essere, infatti, essere considerato al pari di una qualsiasi struttura fissa adibita ad abitazione realizzata senza i necessari titoli abitativi.
Con l'installazione di strutture all'interno di campeggi si darebbe il via ad un albergo diffuso, alla cementificazione delle coste, alla deturpazione delle aree più belle del nostro Paese; si liberalizzerebbe, quindi, la costruzione di fabbricati di dubbia qualità architettonica ed edilizia anche all'interno di aree protette. La pratica dell'abusivismo, le continue deroghe alla normativa urbanistica e le ricorrenti politiche di condono edilizio hanno minato la creazione di una cultura diffusa in materia di sicurezza del territorio, di rispetto delle regole e di salvaguardia del suolo come risorsa per le generazioni future.
L'assenza di un'adeguata pianificazione territoriale e l'abbandono della cura dei boschi, unita ad una cementificazione incontrollata, hanno prodotto una rilevante perdita di terreni per la produzione agricola che, insieme alla desertificazione, legata all'improduttività dei suoli, sono fattori di rischio per gli equilibri dell'ambiente. La tutela della sicurezza del territorio italiano unitamente alla tutela del suolo rappresentano, quindi, un interesse prioritario della collettività. Il suolo è una risorsa ambientale non riproducibile, la cui trasformazione produce effetti permanenti su ambiente e paesaggio. La cementificazione delle coste mediterranee è giunta ormai, purtroppo, al 40 per cento. Soltanto una salvaguardia degli ecosistemi e una presenza degli operatori più ecosostenibile e rispettosa delle bellezze naturali della costa italiana potrà garantire un futuro prossimo.
Ogni anno il malessere balneare italiano peggiora e non si scorgono speranze per il futuro. Per ogni ecomostro abbattuto se ne scorgono cento altri, nel silenzio di tutti, magari, più piccoli, ma complessivamente ancor più deleteri, destinati a distruggere le bellezze naturali e costiere. Oltre alla cementificazione dei litorali, la media è fortemente innalzata dall'urbanizzazione e industrializzazione della costa italiana, che, nella sua interezza, risulta antropizzata, con insediamenti abitativi e in gran parte abusivi che, spesso, raggiungono quasi il mare e, oggi, sono oggetto di una preoccupante e discussa sanatoria edilizia.
Tuttavia, poiché la materia rientra nella competenza concorrente fra Stato e regione, è proprio a tale, ultimo ente che spetta la potestà di disciplinare e stabilire con legge quali altri mutamenti, connessi e non connessi a trasformazioni fisiche, all'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati al permesso di costruire. Inoltre, il comma 3 dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001, stabilisce che le regioni possono, altresì, individuare con legge ulteriori interventi anche in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico. Il MoVimento 5 Stelle è impegnato da sempre in campagne di educazione ambientale e ha combattuto e combatte tuttora contro l'abusivismo edilizio e contro tutti quegli illeciti ambientali connessi alle attività delle organizzazioni criminali. Non possiamo, quindi, permettere che si liberalizzino tali pratiche abusive e chiediamo, dunque, al Governo di espungere dal decreto-legge una norma che comporterebbe la possibilità di realizzare e di installare all'interno di strutture ricettive all'aperto qualsiasi tipo di costruzione e struttura, con il solo limite di un generico Pag. 78ancoraggio temporaneo al suolo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Bernini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/159.
PAOLO BERNINI. Signor Presidente, colleghi, il mio intervento di oggi riguarda la lettera a) del comma 3 dell'articolo 41 del decreto «del fare». All'interno del decreto-legge, infatti, scopriamo che nel suddetto punto viene introdotta una preoccupante dicitura in aggiunta al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 2 del 25 gennaio 2012, concernente misure straordinarie e urgenti in materia ambientale. L'articolo 3 del suddetto decreto-legge n. 2 del 2012, poi convertito con modificazioni dalla legge n. 28 del 24 marzo 2012, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 71 del 24 marzo 2012, riguarda l'utilizzo di materiale di riporto. L'articolo, al comma 1, recita: «Considerata la necessità di favorire, nel rispetto dell'ambiente, la ripresa del processo di infrastrutturazione del Paese, ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al «suolo» contenuti all'articolo 185 commi 1, lettere b) e c) e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, si intendono come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all'allegato 2 alla parte IV del predetto decreto legislativo». A questo articolo che, come avrete potuto notare è scritto in un linguaggio prettamente tecnico-giuridico dal quale è difficile evincerne il vero significato, verrebbe aggiunta, secondo la lettera a) del comma 3 dell'articolo 41 del decreto «del fare», oggetto del mio intervento, il seguente testo: «costituite da una miscela eterogenea di materiali di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo e di terreno che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito e utilizzati per la realizzazione di riempimenti di rilevati e di reinterri». Con tutto il rispetto, Presidente, questa aggiunta consentirebbe di utilizzare per riporti, rialzi e riempimenti anche miscele eterogenee di terre e materiali di risulta senza specificare le relative percentuali né il tipo di materiale consentito, con il rischio di contaminare le suddette miscele con residui di eternit, per esempio, e altre sostanze cancerogene presenti come scarti di precedenti edificazioni, dando un significato nuovo alla parola «suolo» che non può essere accettato da questo Parlamento. Appare allarmante il fatto che si parli di miscela eterogenea lasciando ampia interpretazione alla materia; noi sappiamo, Presidente, che quando al popolo italiano si lascia la libertà di interpretazione sulle norme non emergono quasi mai esempi virtuosi, soprattutto se consideriamo che chi lavora in questo ambito, cioè i costruttori edili, non sono certamente conosciuti per il rispetto e la tutela dell'ambiente, almeno nella maggior parte dei casi, purtroppo.
Oltre a questo, Presidente, con questa normativa si lascerebbe la libertà di inserire all'interno dei materiali da riporto qualsiasi tipo di materiale cancerogeno o tossico facendo un grosso favore anche alla criminalità organizzata che, come sappiamo, soprattutto al sud trae i suoi guadagni dallo smaltimento a basso costo, ed in modo illegale, di materiali tossici. Basta fare un giro nella «terra dei fuochi», dove come MoVimento 5 Stelle siamo andati, per rendersene conto. Ciò significa che con questo provvedimento, mafia e camorra e ’ndrangheta potrebbero delinquere a norma di legge. Oltre a questo aspetto ci preme sottolineare come non si comprenda come una modifica alla definizione di «suolo», che va ad influenzare a cascata tutte le normative a questa collegata, possa essere inserita all'interno di un decreto omnibus che dovrebbe puntare al rilancio dell'economia.
Chiediamo, pertanto, che il Governo si impegni a valutare l'opportunità, nel prosieguo dell’iter del provvedimento, di espungere dal testo del decreto una norma che comporterebbe la possibilità di utilizzare per riporti, rialzi e riempimenti anche Pag. 79miscele eterogenee di terre e materiali di risulta senza alcun tipo di controllo, con grave rischio per la tutela della salute e dell'ambiente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Frusone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/161.
LUCA FRUSONE. Signor Presidente, ringrazio i presenti. Li ringrazio perché l'argomento generale di questo ordine del giorno inizia ad essere, nonostante la sua importanza, un po’ ripetitivo. Ripetitivo perché si parla ancora di opere inutili in Italia. Nello specifico, si parla del progetto del corridoio A12-Appia, che va avanti dal 2004. È una storia così caotica che nemmeno il miglior Gadda sarebbe riuscito a buttar giù una trama più colorita di questo pasticciaccio brutto. Infatti, sono già stati spesi oltre 100 milioni di euro senza aver posato neanche la prima pietra. Un pasticciaccio, appunto, iniziato con Storace e proseguito dalle amministrazioni successive. Solo 45 milioni di euro sono stati pagati dalla regione per i tre progetti presentati, per non parlare delle due società che sono nell'affare, prima l'Arcea Lazio Spa, sostituita poi dalla Autostrade del Lazio, con il mantenimento dei rispettivi CdA e altri soldi per pagare, per quattro anni, i costi degli amministratori, pur in una sostanziale assenza dell'esplicazione fattiva del loro mandato. In poche parole, due società per costruire la stessa autostrada, di cui però non c’è traccia. Addirittura, gli azionisti privati della prima società, dopo l'estromissione, hanno ottenuto 43 milioni di euro di risarcimento dalla regione Lazio. Aggiungiamo a questo giallo le inchieste e le indagini della Corte dei conti, della Commissione europea e dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici. Ciliegina sulla torta è poi il rigetto da parte della Corte dei conti della delibera CIPE del 3 agosto 2012, riferita al progetto autostradale del tratto A12-Tor de’ Cenci, per mancanza di una delibera quadro in merito ai requisiti di solidità patrimoniale dei concessionari e altre inadempienze economiche.
Tutto questo per far cosa ? Come dimostrano gli studi e le elaborazioni trasportistiche fatte, non solo l'opera comporterebbe l'impiego di risorse finanziarie che potrebbero essere spese per interventi davvero necessari, ma provocherebbe un aumento della domanda di mobilità legata all'implacabile legge del mercato che mette in relazione domanda e offerta. Questa forma di mobilità, in particolare, più di ogni altra causa problemi di inquinamento e di salute, costa più in termini di combustibili fossili e penalizza inesorabilmente un percorso virtuoso che dovrebbe portarci a ridurre gli spostamenti e a rendere più funzionali ed efficienti quelli necessari, da fare con sistemi di mobilità sostenibile.
In tutta Italia, lo sappiamo, i pendolari non hanno diritti. Nel Lazio abbiamo alcune delle linee ferroviarie più disastrate d'Italia, come la Roma-Cassino – della quale ahimè sono vittima –, la Roma-lido, la Roma Flaminio-Viterbo, la Roma-Giardinetti e tutte le altre. Ricordiamoci, infatti, che tutte le linee della regione Lazio gareggiano ogni anno per il non ambito premio Caronte. Quindi, vi sembra giusto utilizzare circa 3 miliardi di euro per fare un centinaio di chilometri di strada ? E poi, mi chiedo perché per certe cose si trovano sempre i soldi, mentre per altre cose più importanti è difficile trovare la copertura. Stiamo parlando di 30 milioni di euro a chilometro, il triplo dei costi che hanno altri Paesi d'Europa, quando la qualità della nostra rete ferroviaria è uguale, se non peggiore, a quella che avevamo nel dopoguerra.
Questa tragedia va in scena da anni senza tener conto delle voci dei comitati del luogo, che si sono ampiamente battuti per la soppressione di questa opera. Sono arrivati addirittura a presentare un progetto di metropolitana leggera, sempre per parlare di mobilità sostenibile. Denunciano anche il fatto che tale corridoio dovrà attraversare zone con vincoli archeologici e paesaggistici, e taglierà in due alcuni dei quartieri più popolosi della capitale. C’è poi il problema della Pontina, la strada più pericolosa d'Italia, che ha Pag. 80bisogno veramente di fondi per essere messa in sicurezza e per migliorarne la viabilità, fondi facilmente ricavabili dall'abolizione di questo progetto, come previsto, appunto, dall'ordine del giorno. Ma naturalmente queste voci non sono state ascoltate, come se un dialogo su certi temi non ci debba essere, come se riallocare i fondi destinati a questa strada sia un'azione impossibile, come e se si abbia per forza ragione su certe tematiche.
Permettetemi di rifarmi a dei versi, appunto di Gadda, in linea con questo pasticciaccio: «Chi è certo d'aver ragione a forza, nemmeno dubita di poter aver torto in diritto. Chi si riconosce genio, e faro alle genti, non sospetta d'essere moccolo male moribondo, o quadrupede ciuco».
È per questo che chiediamo all'Aula un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Corda ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/162.
EMANUELA CORDA. Signor Presidente, mi consenta una brevissima riflessione su quello che sta succedendo oggi in questa Aula; siamo qui a discutere l'ennesimo decreto omnibus, che io vorrei ribattezzare decreto «gattopardesco», perché questa è un'assurdità, qui si vuole cambiare tutto per non cambiare assolutamente nulla e io, che ho sempre lavorato nella mia vita, mi trovo veramente in imbarazzo a dover perdere del tempo passando da una discussione che passa dalla sanità all'urbanistica, a tanti altri argomenti che non hanno nulla a che fare gli uni con gli altri; però cerchiamo di passare all'argomento.
L'articolo 28 introduce l'istituto dell'indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte; la norma intende fornire ai soggetti interessati uno strumento aggiuntivo rispetto al già previsto istituto del risarcimento del danno da ritardo per conseguire il rispetto dei termini di conclusione del procedimento. A differenza di quest'ultimo istituto, il diritto all'indennizzo viene riconosciuto per effetto del mero decorso del termine di conclusione del procedimento senza che l'amministrazione responsabile abbia provveduto. Privo di rilievo il comportamento doloso o colposo dell'amministrazione, così come la misura effettiva del danno o della lesione imputabile al ritardo; quest'ultima viene predeterminata per effetto del mero decorso temporale nella misura pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo fino ad un massimo di 2 mila euro. La norma intende pertanto intervenire nella fase patologica dell’iter di formazione del provvedimento amministrativo la cui conclusione viene spesso vanificata dall'inerzia dell'amministrazione investita dell'istanza o chiamata ad esprimersi nell'iter di formazione del provvedimento attraverso un atto endoprocedimentale.
Si tratta di un istituto dalle implicazioni e dagli effetti rilevanti che, se non adeguatamente ponderato e coordinato con le norme che informano il procedimento amministrativo, rischia di introdurre un aggravio nel corretto svolgimento dell'azione amministrativa. L'attenzione e la ponderazione che ogni intervento sul procedimento amministrativo richiede, mal si concilia con la decretazione d'urgenza che, nella fattispecie, appare tanto più ingiustificata considerato il contenuto sperimentale della norma ed il lungo periodo contemplato per raccogliere dati significativi sul monitoraggio della sua applicazione, ben 18 mesi.
Il comma 10 prevede infatti che le disposizioni dell'articolo si applichino in via sperimentale ai procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attività di impresa iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della norma. In luogo di una disciplina organica del procedimento amministrativo, si codifica il ricorso a contenuti sperimentali che tuttavia si caratterizzano per graduali approssimazioni e rischiano di introdurre ulteriori difficoltà applicative nella già complessa disciplina del procedimento amministrativo oggetto di continui interventi Pag. 81di modifica. Un chiaro segnale, questo, della mancanza di coordinamento del nuovo istituto dell'indennizzo da ritardo, con la disciplina complessiva del procedimento, è ravvisabile nella mancanza di riferimenti all'articolo 2 della legge sul procedimento amministrativo introdotto dalla recente legge 6 novembre 2012, n. 190, che non sono state assimilate nel testo del provvedimento. La norma in questione dispone che se le pubbliche amministrazioni ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le stesse concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.
Tale norma, piuttosto che stimolare l'amministrazione ed il titolare del potere sostitutivo a concludere in forma semplificata il procedimento, induce l'amministrazione a demandare al giudice tale valutazione con l'effetto che, al termine del procedimento giudiziario, l'istante soggiace ad una pronuncia che avrebbe potuto essere anticipata in sede amministrativa senza necessità di attivare un lungo e costoso procedimento giudiziario e con l'aggravio di vedersi condannato a corrispondere all'amministrazione una somma da due a quattro volte il contributo unificato.
D'altro canto, non priva di aspetti problematici è la diversa ipotesi che il giudice riconosca il diritto dell'interessato ad ottenere l'indennizzo: basti a tal fine soffermarsi sul numero crescente dei giudizi di ottemperanza nei confronti delle amministrazioni che omettono di dare esecuzione alle decisioni del giudice amministrativo. L'effetto prevedibile è dunque l'ulteriore congestione del sistema giudiziario.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
EMANUELA CORDA. Vado a concludere.
La norma prevede infine che, decorsi 18 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione e sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni...
PRESIDENTE. Onorevole Corda, deve concludere.
EMANUELA CORDA. In conclusione, si ritiene che l'introduzione del nuovo istituto, se non coordinato in modo compiuto con la disciplina complessiva del procedimento amministrativo come di recente modificata, non offra uno strumento efficace per dare soluzione alle criticità connesse al mancato rispetto dei termini di conclusione del procedimento da parte delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti privati preposti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Mannino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/163.
CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, con le modifiche apportate al testo unico in materia di edilizia contenute nell'articolo 30 del decreto-legge «del fare» si stabilisce che vanno considerati come ristrutturazioni edilizie gli interventi di demolizione e ricostruzione che poi comportano la modifica della sagoma dell'edificio preesistente, tenendo in considerazione il solo valore della volumetria, senza stabilire alcun obbligo esplicito rispetto ad altri parametri per noi fondamentali e necessari per evitare le speculazioni, quali l'altezza, le superfici utili, i prospetti, le destinazioni d'uso, e non per ultimo e meno importante, l'indice di occupazione del suolo.
Tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, la lettera a) dell'articolo 30 inserisce anche gli interventi di ripristino di edifici o parti di essi crollati o demoliti, Pag. 82dei quali sia possibile accertare la consistente preesistenza. Su questo punto, la proposta del Governo non definisce esattamente il campo di applicazione della norma, dal momento che si parla di edifici «eventualmente demoliti o crollati». Cosa dovranno intendere gli uffici comunali chiamati ad applicare la norma ? Dovranno ammettere l'applicazione anche per edifici non crollati e non demoliti: dunque tutti quelli che versano in condizioni tali da rendere necessario un intervento di ripristino. E allora perché parlare di edifici crollati o demoliti ?
Ma la lettera a) dell'articolo 30 non è la sola disposizione che merita di essere discussa, che meritava di essere discussa e possibilmente corretta e migliorata in Aula. Si guardi ad esempio al nuovo articolo 23-bis inserito nel testo unico per l'edilizia, con il quale si stabilisce infatti una disciplina normativa ad hoc per gli interventi di demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma dell'edificio preesistente che hanno come oggetto un immobile che si trova all'interno della cosiddetta «zona A», e dunque nelle parti storiche degli insediamenti urbani. La norma uscita dalla Commissione non si limita ad introdurre questo regime speciale, ma attribuisce ai comuni la facoltà di esercitare entro il 31 dicembre di quest'anno l'individuazione delle aree con le quali è possibile utilizzare tale normativa per mezzo della SCIA. Ma anche quando interviene per autobilanciarsi e autoemendarsi il Governo si dimentica qualcosa, ovvero lascia indeterminati aspetti che invece non possono essere trascurati: il Governo e la maggioranza infatti non hanno ritenuto opportuno estendere questo regime speciale anche agli edifici che ricadono o che hanno vincoli specifici da parte della soprintendenza.
Ma ancora non è solo questo da portare all'attenzione del Governo e dell'Aula. La lettera f) dell'articolo 30 lascia indeterminato un altro aspetto meritevole di attenzione: il punto 4 del nuovo articolo 23-bis precisa infatti che nella pendenza del termine del 31 dicembre la stessa specifica non potrà essere utilizzata; ma la norma non dice cosa accadrà dopo il 31 dicembre, se la delibera comunale a quella data non è stata ancora approvata ed adottata. È del tutto evidente che questo ennesimo «taglia e cuci» del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, testo unico sull'edilizia, non inciderà su alcuna causa strutturale che mette in crisi il comparto edilizio, che com’è noto va attribuita alla crisi del credito e alla debolezza della domanda, piuttosto che alla presunta rigidità del quadro normativo. Quel che è certo è che il quadro normativo viene ulteriormente confuso e indebolito, e risulterà essere ancora meno intellegibile sia per gli amministratori locali che per gli operatori del settore.
L'ordine del giorno pone all'attenzione del Governo la necessità che venga dato pubblicamente conto degli effettivi impatti delle modifiche normative al testo unico in materia edilizia di questi ultimi anni, sia dal punto di vista della loro concreta applicazione da parte degli enti locali, sia da quello dei risultati socio-economici che le predette modifiche normative intendevano e intendono perseguire.
A tal fine con l'ordine del giorno infatti chiediamo al Governo due cose: in primo luogo di fornire alle competenti Commissioni parlamentari, entro sei mesi dall'entrata in vigore delle modifiche al testo unico apportare con il decreto-legge n. 69 del 2013, un'analisi degli impatti delle modifiche normative apportate al testo unico nell'ultimo quinquennio; in secondo luogo di predisporre pubblicamente e mantenere costantemente aggiornata una relazione sullo stato del comparto edilizio in Italia, che indichi, con riferimento agli ambiti geografici e archi temporali di riferimento appropriati, almeno: il numero, la tipologia e la localizzazione dei titoli edilizi presentati per la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia; il numero, la tipologia e la localizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti oppure in corso di esecuzione; il numero, la tipologia e localizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia per i quali i competenti uffici comunali hanno rilasciato gli appositi titoli abilitativi, ma Pag. 83per i quali i privati non hanno dato esecuzione ai lavori; infine il volume degli investimenti connessi alla realizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia e il numero dei lavoratori occupati con riferimento alle singole annualità nell'ultimo quinquennio.
PRESIDENTE. L'onorevole De Rosa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/164.
MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, l'edilizia scolastica italiana versa in condizioni disastrose e i comuni italiani, vincolati dagli obblighi derivanti dal rispetto del patto di stabilità, hanno difficoltà ad attivare congrui investimenti ormai indispensabili al corretto funzionamento delle attività didattiche. Lo Stato deve garantire il percorso di studi dei nostri giovani ma deve garantire anche la loro sicurezza e la loro vita.
Nel X Rapporto su sicurezza, qualità e comfort in cui si fa riferimento a 111 edifici monitorati in 10 regioni, CittadinanzAttiva racconta che ben tre scuole su quattro non sono in regola con tutte le certificazioni di sicurezza e la manutenzione è ridotta al minimo indispensabile e, alle volte, neanche a questo. I numeri parlano chiaro: lesioni strutturali in una scuola su dieci, distacchi di intonaco in una scuola su cinque e infiltrazioni in una scuola su quattro. Manutenzione deficitaria, condizioni igienico-sanitarie non sufficienti e mancanza di certificazioni moltiplicano le tragedie sfiorate come quelle recenti di Cordenons in provincia di Pordenone e di Villa Bonelli a Roma. Anche le aule sono in condizioni pessime e spesso sono gli stessi cittadini ad intervenire per riportarle, a proprie spese, in condizione accettabili. Ben una su quattro mostra gravi segni di fatiscenza, il 49 per cento risulta senza avvolgibili e persiane e il 57 per cento ha le finestre rotte, senza contare che gli impianti elettrici e le misure antincendio sono inadeguate nel 78 per cento dei casi. Possiamo solo concludere che queste aule spesso in casi di emergenza diventino vere e proprie trappole per topi. Non parliamo in questa sede delle procedure di evacuazione e delle esercitazioni, che sono quasi del tutto assenti o considerate dei pro forma.
Molti comuni italiani si trovano nella condizione di non poter utilizzare i fondi eccedenti il bilancio per attivare investimenti i tal senso, il 58 per cento delle scuole risulta costruito prima dell'entrata in vigore delle prescrizioni antisismiche, a questo aggiungiamo che la percentuale di scuole presenti, a livello nazionale, nelle tre zone a rischio sismico è il 54 per cento del totale delle scuole pubbliche ed il 59 per cento di quelle monitorate da CittadinanzAttiva. Il quadro che ne esce risulta estremamente preoccupante.
Vorrei anche parlare dello stop al consumo di suolo e la tutela del paesaggio, che rappresentano delle priorità assolute per la politica nazionale; a questo aggiungo il dissesto idrogeologico, che ogni anno causa ingenti danni alla popolazione e alle cose.
Vi chiederete perché tratto questi temi e tratto insieme i temi della scuola e del consumo di suolo; è perché così ci si è comportati appunto in occasione dell'ultimo decreto che stiamo trattando, facendo una minestra unica dei temi più disparati, anche all'interno dello stesso articolo.
Bene, vorremmo che il Governo intervenisse immediatamente affinché gli interventi previsti dall'articolo 18, comma 8, del decreto cosiddetto «del fare» siano destinati esclusivamente agli edifici scolastici di proprietà pubblica e alle situazioni emergenziali; che le risorse revocate alle grandi opere a causa del mancato conseguimento delle finalità indicate all'articolo 18, comma 1, del decreto venissero destinate all'implementazione del fondo per l'edilizia scolastica.
Vorremmo che i fondi per i «6 mila campanili» siano destinati, in via prioritaria, all'acquisizione e alla gestione sostenibile di aree destinate a verde pubblico e non compromesse dall'urbanizzazione, nonché alla riqualificazione ambientale di aree degradate e a basso grado di naturalizzazione, Pag. 84che questi fondi siano, altresì, destinati alla ristrutturazione di edifici pubblici e di manutenzione di reti viarie, nonché alla salvaguardia e messa in sicurezza del territorio per prevenire il dissesto idrogeologico e sismico. Le nuove costruzioni di edifici pubblici e le nuove reti viarie possono essere permesse esclusivamente sulla base di effettive esigenze edificatorie o infrastrutturali e accertata l'assenza di alternative di reimpiego e riorganizzazione degli immobili e delle infrastrutture esistenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Zolezzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/165.
ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, colleghi, rappresentati del Governo, in questo ordine del giorno cogliamo l'occasione per portare l'attenzione su un argomento molto sentito in molti decreti-legge e in molti atti che stanno arrivando qui in Aula. Purtroppo, stanno arrivando in Aula atti che vanno nella direzione opposta a quella che intendiamo, che dovrebbe essere quella della sostenibilità ambientale ed economica. Infatti, non riusciamo a comprendere con precisione come sia possibile continuare a parlare di impianti a biogas e a biomasse senza aver definito un piano energetico e, oltre tutto, ci preoccupa anche la tendenza prossima futura, che è quella di inserire il biogas da rifiuti tra le attività, in qualche modo, da incentivare, per cui colgo l'occasione per parlare un attimino di questo argomento a noi molto caro perché non si tratta di essere contrari, in tutto e per tutto, all'energia prodotta con gli impianti a biogas, però, purtroppo, il piano che si è realizzato negli ultimi anni va in totale controtendenza con le esigenze del bene comune e con le esigenze nazionali.
Tra impianti e incentivi energetici, si sono spesi circa 10 miliardi di euro l'anno, che sono una cifra direi molto importante a livello nazionale, visto che si fa fatica a trovare un miliardo per non aumentare l'IVA. Adesso, addirittura, in questo decreto-legge si parla, in qualche modo, in diversi articoli, anche nell'articolo 5 e in questo, degli impianti a biomasse e biogas, cercando di inserire alcune parti degli impianti tra le attività ad impatto ambientale scarsamente significativo.
È difficile, appunto, senza un piano, che dovrebbe essere anche il Piano di valutazione dell'inquinamento, fare questo: il Piano per l'inquinamento dovrebbe prevedere una sommatoria degli impianti previsti nelle singole zone. La maggioranza degli impianti di questo genere sono sorti nelle province di Mantova, di Cremona e di Brescia, dove ci sono già sforamenti delle polveri sottili molto frequenti, ben oltre i 35 giorni all'anno previsti come consiglio dall'Unione europea, per non parlare dei consigli dell'Organizzazione mondiale della sanità, per cui pensare che l'impatto di impianti del genere, anche se fosse solo per la componente degli essiccatori, sia scarsamente significativo, è decisamente particolare, per usare un termine abbastanza diplomatico. Per cui, auspichiamo che sia perlomeno revisionato quanto scritto in questo decreto-legge.
Nell'ordine del giorno, chiediamo appunto che si parli di sostenibilità degli impianti. Nell'articolo 5, si parla, appunto, di bioliquidi prodotti da impianti sostenibili: un impianto a biogas da mais a cultura dedicata, o da liquami, o da misto per un'azienda agricola, mediamente, dovrebbe avere una potenza di 0,1 megawatt; per iniziare già a mediare abbiamo previsto lo 0,25. Pensare di dire che un impianto è sostenibile e con impatto scarsamente significativo, per impianti da un megawatt o addirittura da 3 megawatt – come è scritto nel decreto-legge – sinceramente ci sembra abbastanza opinabile. Per cui, auspichiamo davvero che si possa arrivare alla sostenibilità anche perché il Piano energetico non è stato ancora scritto, ma è chiaro che, se un'azienda agricola ha bisogno di un tot di energia, al limite, si potrà incentivare l'energia che produce per l'autoconsumo e non l'energia prodotta a fini speculativi. Questa speculazione sta davvero distruggendo l'economia italiana.Pag. 85
Ci sono attività produttive intere – e penso alla provincia di Mantova, alla cartiera o ad altre attività – che stanno rischiando di fallire per il prezzo dell'energia. Gli incentivi dati all'energia, incentivi casuali, distruggono il mercato dell'energia e fanno salire il prezzo per attività che davvero ne avrebbero bisogno.
Quindi, addirittura definirle «ad impatto scarsamente significativo» credo che sia davvero qualcosa di decisamente scorretto. Pertanto, auspico che ci sia attenzione su questo tema (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Segoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/166.
SAMUELE SEGONI. Signor Presidente, l'ordine del giorno va ad agire sull'articolo 41 del decreto, articolo che era tristemente salito alle cronache perché rappresentava un vero e proprio assalto alle falde acquifere. In sostanza, nella prima formulazione questo articolo del decreto permetteva, a chi era chiamato a bonificare le falde per ripristinarle dopo un inquinamento, di operare e gli dava un ampio ventaglio di possibilità, tutte condizionate, diciamo, alle sue disponibilità economiche. Quindi, sostanzialmente l'inquinatore poteva fare un po’ anche interventi blandi e bastava che facesse finta di fare qualcosa sulla falda.
Questo ha destato l'allarme non soltanto di noi deputati del MoVimento 5 Stelle ma anche di deputati della Commissione Ambiente di altre forze politiche e, soprattutto, della società civile. Infatti, siamo stati invasi da una vera e propria mail bombing, ovvero un'enorme quantità di mail che arrivavano da professionisti, membri di associazioni e anche semplici cittadini, che mettevano in guardia da questo pericolo e ci esortavano a fare qualcosa.
Abbiamo, diciamo così, recepito queste istanze e in Commissione, insieme ad altre forze politiche, siamo riusciti a portare a termine un emendamento condiviso che andava a imporre vincoli più restrittivi a chi doveva bonificare le falde inquinate, proprio in virtù del principio che chi inquina deve pagare. Però, questo emendamento quando è arrivato in Commissione bilancio ha ricevuto un trattamento molto freddo da parte del Governo, che lo ha bloccato. Poi, durante le estenuanti sedute notturne siamo riusciti sostanzialmente a mandarlo avanti e, quindi, il decreto, così come è stato approvato, prevede un articolo, il 41, in cui siamo riusciti ad inserire la clausola che la tecnica che deve essere scelta per bonificare una falda inquinata deve essere la migliore disponibile, indipendentemente dal suo costo.
A questo punto, per un ulteriore scrupolo questo emendamento va ad aggiungere una postilla, in ordine al modo di decidere quale intervento sia quello tecnicamente migliore perché ogni falda acquifera ha una propria specificità. Sostanzialmente, in base alla topografia, alla morfologia del terreno, alla costituzione del terreno e dalla roccia che ospita la falda, in ogni situazione non è immediato stabilire qual è la tecnica migliore e gli effetti che la tecnica può avere sulle dinamiche della falda. Sostanzialmente, quindi, con questo ordine del giorno si chiede che prima di programmare qualsiasi azione ci sia a monte uno studio idrogeologico che, appunto, possa riuscire a fare capire qual è l'intervento migliore e come esso porterà a delle modificazioni all'interno della falda acquifera e dell'acquifero.
Quindi, noi auspichiamo che questo ordine del giorno possa essere approvato, perché chi in buona fede si accingeva ad operare la bonifica della falda sostanzialmente avrebbe già fatto questa cosa preliminarmente. Viceversa, se chi si accingeva a bonificare la falda in malafede, intendeva adottare un provvedimento qualsiasi, in questo modo lo si vincola maggiormente per la tutela della falda e, conseguentemente, dell'ambiente e della salute pubblica.
PRESIDENTE. L'onorevole Busto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/167.
Pag. 86 MIRKO BUSTO. Signor Presidente, l'ordine del giorno da me presentato concerne l'articolo 41, comma 6, che detta disposizioni volte alla nomina di uno o più commissari per provvedere alla realizzazione e all'avvio della gestione degli impianti nella regione Campania, già previsti e non ancora realizzati. In poche parole, parliamo di nuovi inceneritori. Voglio ricordare che il Parlamento europeo lo scorso 20 aprile ha approvato a stragrande maggioranza la relazione dal titolo: «Sulla revisione del VI programma di azione in materia di ambiente e la definizione delle priorità per il settimo programma». In quella sede l'Assemblea ha chiesto alla Commissione europea una migliore applicazione della vigente legislazione comunitaria sui rifiuti e di precisare obiettivi più ambiziosi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio, nonché un netto decremento della produzione stessa dei rifiuti. È stato richiesto inoltre – ed è importante – di introdurre il divieto di incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati e compostati. Una proposta coerente con la gerarchia europea e con la direttiva europea sui rifiuti, che stabilisce un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale nella normativa e nella politica dei rifiuti, cito testualmente. In testa alla gerarchia figura la prevenzione, ossia misure atte a ridurre la quantità dei rifiuti alla fonte, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita. Segue poi il riutilizzo, ovvero l'operazione di controllo, pulizia e riparazione, attraverso cui i prodotti o componenti di prodotti che diventano rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Quindi viene il riciclaggio, ossia l'operazione di recupero attraverso cui i materiali sono ritrattati per ottenere prodotti. Il recupero, diverso dal riciclaggio, come recupero di energia, è sì considerato come una possibilità, ma soltanto come ultima alternativa ed è indicato come non preferibile, ma sono da preferirsi il riciclaggio e il riutilizzo. Seguendo questi principi, vogliamo sottolineare che l'incenerimento non è da considerarsi una metodologia di smaltimento dei rifiuti efficiente e sostenibile a livello ambientale per le seguenti motivazioni in particolare. Efficienza nell'uso delle risorse: l'incenerimento distrugge risorse preziose, come metalli, plastiche e materiali biodegradabili, che potrebbero essere recuperati attraverso il riciclaggio. La loro distruzione comporta la necessità di estrarre e processare nuove risorse, creando impatti ambientali e incidendo anche sulla bilancia commerciale, dato che molte materie prime devono essere importate. L'energia recuperabile con l'incenerimento non è sufficiente a compensare queste conseguenze ambientali ed economiche. Parliamo anche di cambiamento climatico: un inceneritore con recupero di energia produce mediamente il 33 per cento in più di emissioni di gas serra di una centrale di turbogas. Il riciclaggio invece riduce le emissioni evitando l'estrazione e il processamento di nuove materie prime. Occupazione: il riciclaggio di 10 mila tonnellate di rifiuti ha bisogno di 250 lavoratori, rispetto ai venti o trenta di un inceneritore e dieci di una discarica. In più l'incenerimento scoraggia la prevenzione, il riuso e il riciclaggio, visto che questi impianti hanno bisogno di quantitativi costanti di rifiuti per lunghi periodi e il loro elevatissimo costo di costruzione sperpera le risorse pubbliche, che sono limitate e che potrebbero essere utilizzate per metodologie di smaltimento più efficienti. Ci sono anche altre motivazioni che suggeriscono di perseguire strade alternative. Innanzitutto la crisi economica ha portato un'evidente contrazione dei consumi, con conseguente riduzione di rifiuti urbani e industriali prodotti. Inoltre, quasi ovunque in Italia sono aumentate le percentuali di rifiuto che viene differenziato, arrivando a percentuali anche molto elevate. Ne risulta che gli impianti di trattamento esistenti risultano sempre più sovradimensionati e spesso affamati di rifiuti arrivando a contenderseli, operando prezzi più vantaggiosi pur di saturare i propri impianti. Per questo motivo, le aziende del settore guardano con interesse le regioni come la Campania che, non avendo una sufficiente Pag. 87dotazione impiantistica, hanno flussi di rifiuti disponibili. Noi riteniamo che la situazione attuale presenti anche un'opportunità di cambiamento del sistema generale e della società verso un nuovo modo, un nuovo paradigma e una nuova rotta per produrre meno rifiuti e per recuperare la materia in maniera più ottimizzata. Quindi, tornando all'ordine del giorno, vogliamo sottolineare la drammatica situazione della cosiddetta terra dei fuochi in Campania, uno dei territori più tormentati e degradati del Paese in ambito di offesa ambientale. E sebbene la questione sia stata per molti anni all'attenzione del Governo e dei media nazionali a tutt'oggi persistono situazioni assolutamente critiche per quanto riguarda l'incenerimento illegale di rifiuti e materiali di ogni tipo con ricadute devastanti su terra e aria e quindi sulla salute delle popolazioni.
Si registrano roghi tossici ad elevatissimo tasso inquinante, ai quali la politica non riesce a porre argine e tende più che altro, colpevolmente, a stendere un velo di oblio, lasciando appunto che ogni male ricada sui cittadini. E crediamo che la soluzione...
PRESIDENTE. Onorevole Busto, bisogna concludere.
MIRKO BUSTO. Concludo. Crediamo la soluzione non passi per la costruzione di nuovi inceneritori e chiediamo al Governo un impegno straordinario per risolvere la problematica, attraverso l'avvio di un piano straordinario di recupero e bonifica dei territori interessati dagli inceneritori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Daga ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/168.
FEDERICA DAGA. Signor Presidente, il decreto del fare riporta all'articolo 18, comma 6, la destinazione di fondi per la realizzazione del tratto Colosseo – Piazza Venezia, nell'ambito del proseguimento dei lavori della linea della metropolitana C di Roma. Modifiche apportate al comma originario prevedono che il fondo per il tratto suddetto venga destinato solo nel caso in cui la tratta della stessa linea metropolitana Pantano-Centocelle sia messa in pre-esercizio entro il 15 dicembre 2013, mentre in origine si prevedeva che la linea Pantano-Centocelle dovesse entrare in esercizio il 15 ottobre 2013. Sappiamo che i costi per la tratta completa aumenteranno. Già sono stati riconosciuti degli oneri aggiuntivi alle imprese. Ne avremo altri, di tipo aleatorio che nessuno è in grado di stimare e che dipenderanno dal ritrovamento o meno di reperti archeologici nella fase di scavo del tratto specifico Colosseo – Piazza Venezia. Le operazioni di scavo saranno fatte a mano e a causa di questa necessità di esecuzione dei lavori, non si possono prevedere tempi e costi, andando così avanti giorno per giorno. Tempi e metodi presenti nel progetto originario non sono stati rispettati – e qui c’è la responsabilità dell'amministrazione e anche delle imprese –, ma i maggiori costi causati saranno pagati dai cittadini con soldi pubblici. La lievitazione dei costi per la realizzazione della linea C sottrae risorse agli altri interventi infrastrutturali ricompresi nel piano. L'assorbimento di gran parte di queste nello sviluppo della linea C, dovuto anche all'onere sempre più elevato di essa, di gran lunga superiore alle previsioni progettuali, rischia di non arricchire o addirittura di far impoverire l'articolazione della rete urbana dei trasporti, che ha bisogno invece di un forte impulso all'integrazione. L'appalto inizialmente prevedeva la costruzione della nuova linea Metro C al di sotto della stazione della Metro B. Qualcuno ha riflettuto sul fatto che detti lavori avrebbero fatto fermare la circolazione della Metro B, dovendo scavare al di sotto dei binari, e che conseguentemente si sarebbe paralizzata la città. Il progetto è stato quindi modificato e la nuova stazione verrà costruita sulla via dei Fori imperiali. Ad oggi su questo progetto non esiste una soluzione tecnica per il rispetto del patrimonio archeologico. Considerando che si Pag. 88dovrà scavare ai piedi del Colosseo, le fondazioni dello stesso saranno interessate a sollecitazioni e quindi non si può escludere la possibilità di rischi anche sulla stabilità del monumento. Tutte le aree intorno, oltre a essere sottoposte a vincoli archeologici e paesaggistici, presentano rischi idrogeologici. Il tracciato che riguardava il territorio del Celio è stato spostato per gravi problemi agli edifici già in dissesto, ma anche il nuovo percorso intercetta la falda idrica, e non sono stati valutati gli eventuali rischi. Ci chiediamo se i fondi stanziati nel 2004 per l'intera opera, quindi fino a piazzale Clodio, siano già state utilizzati. Ci chiediamo se la nuova cifra stanziata per i lavori del tratto Colosseo – Piazza Venezia basterà a coprire le spese che si andranno a determinare per la particolarità dei lavori previsti o se piuttosto tra non molto saranno chiesti nuovi fondi. Ci chiediamo inoltre se il tratto menzionato sarà poi portato a termine come completamento dell'intera linea Metro C e se questa fase dei lavori non serva più semplicemente a foraggiare per ancora un po’ di tempo quelle imprese che vivono di speculazione sul territorio romano oppure se non serviranno a terminare parti del primo tratto non ancora ultimate. Al riguardo, riteniamo più utile investire quanto stanziato e le probabili successive richieste di copertura in progetti di potenziamento della mobilità sostenibile, potenziamento del trasporto pubblico di superficie dalle periferie al centro e tra le periferie, che negli ultimi tempi, nonostante l'aumento del costo del biglietto al pubblico del 50 per cento, hanno visto diminuire le corse da e per le periferie della capitale (rischiamo di vincere il premio Caronte direttamente in città), e investire sul mantenimento di quel Colosseo che è fonte di attrazione turistica da tutto il mondo piuttosto che concedere a privati l'uso commerciale del sito archeologico con lo specchietto del mantenimento dell'opera. La via risulta obbligatoria per queste aree che sono vincolate e interessate da profondi scavi per i pozzi di aerazione e lo scavo a cielo aperto delle stazioni. Ancora: risulta che la stazione prevista inizialmente a Piazza Venezia verrà cancellata proprio a causa delle importanti strutture archeologiche ritrovate durante la fase di indagine, che ha visto interessati una ventina di siti della zona Roma centro. L'intero tracciato originario della Metro C è quindi ormai sostanzialmente variato. Chiediamo con questo ordine del giorno che i fondi vengano erogati in presenza di una nuova e univoca valutazione di impatto ambientale sulla tratta completa, al fine di evitare di fare danni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Tofalo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/169.
ANGELO TOFALO. Signor Presidente, siamo oggi qui costretti, in quest'Aula, a cambiare i nostri emendamenti in ordini del giorno. Siamo oggi qui costretti, quindi, a presentare e discutere ordini del giorno. Tutto questo a causa di un decreto, il decreto «del fare», che è semplicemente una grande orgia di articoli, che secondo qualcuno avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi dell'Italia. Forse qualcuno non ha capito – o forse lo ha capito troppo bene e vuole continuare a mangiare a danno dei cittadini onesti – che i problemi causati da oltre un ventennio di cattiva politica partitica e clientelare non si risolvono così con un decreto omnibus, ma si risolvono prendendo i problemi e risolvendoli uno ad uno.
Il MoVimento 5 Stelle sta studiando e sta lavorando per riprogettare l'Italia del futuro. Il nostro, Presidente, è un progetto a lungo termine ed è volto a ridare il futuro a quelle due generazioni almeno che questa vecchia e ormai superata politica partitica ha rubato.
Vado al mio emendamento, che ho dovuto cambiare in un ordine del giorno, lo mostro all'Aula ed è relativo al comma 6-quater dell'articolo 41, relativo a disposizioni in materia ambientale, che riguarda proprio la mia regione, la regione Campania. Il comma recita: «Nelle more del completamento degli impianti di cui al Pag. 89comma 6 e comunque per un periodo non superiore a due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in considerazione delle perduranti imperative esigenze di protezione sanitaria e ambientale nella regione Campania, è vietata l'importazione nella regione di rifiuti speciali, pericolosi e no, e di rifiuti urbani pericolosi destinati allo smaltimento». Bene, premetto che notiamo con grande piacere l'inserimento di questo comma 6-quater, da parte proprio del Ministro Orlando, nell'articolo 41, che resta comunque un articolo devastante per quanto riguarda il commissariamento degli impianti temovalorizzatori – come abbiamo già detto in altre sedi –, ma vogliamo leggere questo come un piccolo messaggio di razionale cambiamento.
Infatti, il tema dell’import dei rifiuti speciali in Campania in questo un momento è tornato ad essere una vera emergenza. Sembrerebbe quasi, questo, un primo timido passo verso la consapevolezza che in Italia di immobilismo si muore.
Però, attenzione, leggendo tra le righe anche questo comma 6-quater, sembrerebbe quasi dire ai cittadini campani: «Va bene, fino ad ora abbiamo acconsentito un perpetuo avvelenamento della vostra terra, dei vostri cibi, della vostra aria, ma per i prossimi due anni sospendiamo questi reati». Noi siamo convinti che questo stop temporaneo e nella tipologia di rifiuti, seppur migliorativo rispetto alla disciplina vigente, sia ancora insufficiente a mostrare una visione lungimirante.
Come già detto in quest'Aula, proprio dal sottoscritto durante la discussione relativa all'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, più che fare inceneritori e termovalorizzatori è giunto davvero il momento che la politica spinga la parte culturale del popolo italiano verso la cultura della riduzione, del riciclo, del riutilizzo e, comunque, faccia capire che il rifiuto in realtà è una risorsa.
Noi dubitiamo che questi impianti, che a tutti costi volete fare, siano conclusi entro due anni, ce ne vorranno almeno quattro o cinque. Pertanto, si chiede, data la tragica condizione della mia regione, la Campania, che il Governo e il Ministro Orlando siano ulteriormente coraggiosi per arrestare definitivamente – quindi non solo per due anni, ma a tempo indeterminato – qualunque flusso di rifiuti di qualunque specie in entrata nella regione Campania, o comunque chiediamo che sia prevista una tempistica certa, entro cui si possa realizzare tale divieto assoluto. Questo, Presidente, è l'unico modo, in questo momento, per aiutare e dare un forte segnale a chi ogni giorno nella mia regione si ammala e muore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Non vorrei sentirmi responsabile, vorrei ricordare a tutti che quando scampanello manca un minuto al termine dell'intervento. Poi ci sono alcuni che vanno oltre e allora sono obbligato a richiamarli. L'onorevole Terzoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/170.
PATRIZIA TERZONI. Signor Presidente, ci viene sempre detto che non siamo propositivi e collaborativi. Beh, tutti gli emendamenti che noi abbiamo presentato sono proposte e, quindi, è inutile continuare, sia Governo che maggioranza, a nascondersi dietro a questa demagogia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Infatti, se non siamo propositivi noi, allora loro, la maggioranza, tanto meno di noi.
Vorrei illustrare il mio ordine del giorno perché, all'interno del decreto «del fare», è stato presentato l'articolo 18, comma 2, che prevede il miglioramento delle prestazioni delle reti e dei servizi ferroviari, dando priorità ad interventi di potenziamento dei corridoi europei. Ma è questa un'emergenza da trattare in un decreto-legge ? È questo il problema principale dei servizi ferroviari ? Forse qui ancora non si conosce bene il mondo vero, quel mondo che è fuori da questo Palazzo. Quel mondo fatto da centinaia, migliaia di pendolari che ogni mattina si svegliano e, Pag. 90con tutta la pazienza del mondo, provano a prendere un treno che li porti nel luogo di lavoro; cittadini che si svegliano con la speranza che il treno sia in orario, che ci sia un posto a sedere, che almeno in estate funzioni l'aria condizionata e tanti altri disagi di una rete ferroviaria e di un servizio non adeguato. L'emergenza è questa: è il miglioramento delle tratte ferroviarie utilizzate per i trasporti regionali ed interregionali, usufruiti dai lavoratori pendolari e non solo, e non corridoi europei che si possono tradurre in tratte ad alta velocità.
Ma vogliamo anche parlare dell'arretratezza delle linee ferroviarie in alcune regioni come, ad esempio, la Sicilia che, ad oggi, nella quasi totalità è caratterizzata da una linea ferroviaria unica ed è da circa 15 anni che si parla, e si sta iniziando solo ora, del raddoppio della linea ? Questo comporta ovviamente uno scarsissimo utilizzo di questo mezzo, sia per il trasporto delle merci sia per il trasporto delle persone e, non per ultimo, una ottimizzazione della risorsa turismo, che appunto è un volano per l'economia di questa regione. Per fare un esempio, visto che parliamo del decreto per il rilancio dell'economia, un turista che vuole visitare la Sicilia e le sue bellezze è restio nell'utilizzare il treno come mezzo di collegamento, ad esempio tra Trapani e Catania, che distano circa 300 chilometri. Il turista volenteroso, come ultima risorsa, sceglie di noleggiare un'autovettura, che immancabilmente andrà a scontrarsi con altrettante carenze infrastrutturali viarie: autostrade che attraversano centri abitati; ponti autostradali crollati o una sola corsia; gallerie eternamente in manutenzione ed altro. È questa l'economia che si vuole rilanciare ?
Se questo è effettivamente un decreto del fare per ridare vita al nostro Paese, crediamo che maggiore priorità e attenzione dovrebbero essere dedicate agli interventi di potenziamento delle linee secondarie e dell'elettrificazione di quelle che, ancora oggi, vengono percorse da convogli alimentati da diesel. Inutile convogliare una marea di soldi verso grandi, e spesso inutili, opere, se poi le opere capillari non funzionano.
Crediamo, quindi, che parte delle risorse stanziate per realizzare quanto previsto da questo comma, possano e, anzi, debbano essere dirottate verso l'implementazione delle attività di manutenzione che si svolgono all'interno delle officine delle Ferrovie dello Stato e che sono indispensabili per mantenere elevato il livello di sicurezza delle nostre linee e dei nostri treni. Invece, proprio in questi giorni, si stanno paventando riduzioni di personale e chiusure di officine destinate a questo tipo di attività. Quindi, altri cittadini che perdono il proprio posto di lavoro. Sarebbe questo il rilancio dell'economia che vogliono questo Governo e questa maggioranza ? Può questo Governo almeno per un comma mettersi dalla parte del cittadino ? Quindi chiediamo e speriamo che il Governo faccia suoi i disagi di questi migliaia di cittadini e risolvere il problema impegnandosi a inserire all'interno del decreto-legge delle misure per migliorare prioritariamente i servizi per il trasporto pendolari, prevedendo l'aumento delle corse negli orari a maggiore sovraffollamento e/o l'aumento del numero dei vagoni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Vignaroli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/171.
STEFANO VIGNAROLI. Signor Presidente, gentili colleghi, focalizzandomi sulla situazione laziale dei rifiuti e, in particolare, sulla provincia di Roma, oggetto di questo mio ordine del giorno, la panoramica è più preoccupante. Riteniamo che, dopo decenni di emergenza, il Governo debba, una volta e per sempre, adoperarsi nell'avviare una risoluzione efficace che viri verso una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti e soprattutto che sia concretamente in linea con le direttive europee, oltre che concertata sinergicamente con gli enti locali e di tutela del territorio.
Purtroppo invece si rimane ancorati al metodo antico e inadeguato del commissariamento Pag. 91in materia di rifiuti per coprire incapacità delle giunte regionali. Basta dare uno sguardo al decreto «del fare»: la gestione del problema dei rifiuti nella provincia di Roma viene totalmente affidata alla figura di un unico commissario, di cui invece la legge di stabilità del 2013 aveva almeno depotenziato fortemente i poteri d'azione. Ciò accade nonostante che la Commissione europea abbia più volte espresso parere negativo sulla gestione commissariale. La nostra posizione è estremamente critica nei confronti dell'Unione europea. Infatti, come è noto, a seguito dell'apertura di una formale procedura di infrazione, la Commissione europea ha deferito l'Italia dinanzi alla Corte di giustizia per il mancato rispetto dell'obbligo di pretrattamento dei rifiuti a Malagrotta e in altre discariche laziali. In più, i quattro impianti di trattamento meccanico biologico di Roma non sono affatto sufficienti a smaltire le circa 4 mila tonnellate di quantità di rifiuti prodotte ogni giorno. Pertanto, volendo pure ipotizzare che laddove questi lavorassero a pieno regime riuscirebbero a trattarne solo 3 mila, avremmo in ogni caso un deficit di circa mille tonnellate al giorno, che gli attori istituzionali hanno deciso di mandare in altri impianti della regione, attraverso la costruzione di impianti di tritovagliatura. Purtroppo però questo tipo di tecnologia non viene riconosciuta dalla Commissione europea, così come riportato dal parere motivato inviato all'Italia in data 31 maggio 2012. Poiché tale strumento non comprende un'adeguata selezione delle diverse frazioni di rifiuti e la stabilizzazione della frazione organica, esso, pur rappresentando un miglioramento, non varrebbe a soddisfare l'obbligo di pretrattamento previsto dall'articolo 6 della direttiva 99/31. Ergo, Bruxelles respinge questo metodo di trattamento, poiché non elimina la formazione di percolato e odori nauseabondi.
Continuando, ciò che colpisce è il silenzio assordante degli organi ufficiali, che hanno il compito di istituire i controlli e darne immediata comunicazione. Invece, si assiste ad inadempienze, inutili ritardi e mancanza di trasparenza nella pubblicazione degli atti.
Passando oltre, anche nel resto del Lazio la situazione non è certo delle migliori. La raccolta differenziata infatti è un misero 20 per cento. Nella regione a farla da padrone è l'indiscusso monopolista dello smaltimento dei rifiuti, ovvero l'avvocato Manlio Cerroni. Costui assurdamente gode, leggendo le dichiarazioni, della piena fiducia del riconfermato commissario, dottor Goffredo Sottile. Non si dovrebbe invece spezzare il cordone che lega indissolubilmente Roma all'avvocato Cerroni e che condiziona pesantemente le scelte ? E ancora: basterà il decreto del ministro Orlando del 25 giugno scorso – in cui si dispone l'esproprio e la successiva gara europea – a romperle, queste catene ?
Giova inoltre rammentare che su 8 impianti a rischio di incidente rilevante esistenti a Roma, 6 impattano in questo quadrante della città e, se ciò non bastasse, il commissario Sottile, nella passata legislatura, ha deciso di fare un ulteriore regalo ai residenti di Malagrotta, individuando la cava di Monti dell'Ortaccio, posta a soli 300 metri dalla discarica di Malagrotta. La scelta di Monti dell'Ortaccio ha destato subito grandi preoccupazioni, anche della Commissione petizioni del Parlamento europeo, che visitò Monti dell'Ortaccio nel luglio 2012, decretandola anche in questo caso un'area idrogeologicamente inidonea per la presenza di una falda acquifera affiorante.
La risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 ha lo scopo di introdurre gradualmente un divieto generale dello smaltimento in discarica a livello europeo e di abolire progressivamente, entro la fine di questo decennio, l'incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili. Questo è il processo che dovrebbe favorire un commissario, onde evitare nuove procedure di infrazione tra qualche anno e non pagare l'attuale, prevedibile già dal 1999.
Ritengo pertanto che il Governo dovrebbe impegnarsi con decisione per la Pag. 92risoluzione dell'emergenza dei rifiuti nella provincia di Roma e che la strada da percorrere sia quella della gestione virtuosa di ciclo dei rifiuti, attraverso il miglioramento e l'ottimizzazione del sistema di trattamento a freddo per il recupero della materia da riciclare, di raccolta differenziata porta a porta e di implementare gli impianti di riciclo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Della Valle ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/172.
IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, sono costretto a dover presentare questo ordine del giorno a seguito della bocciatura di un emendamento del decreto «del fare». Parliamo della tratta 3 della linea 1 della metropolitana di Torino. La prima era entrata in funzione dalle Olimpiadi invernali del 2006, svoltesi in Piemonte. Dal 2006 noi cittadini continuiamo a sentire promesse da sinistra e da destra così distanti dall'immaginario comune, così vicine nella realtà quotidiana, specialmente a tutela dei grandi interessi, nei comuni, nelle regioni e nelle province e qui in Parlamento. La politica di ogni rango è stata assente al punto tale da dare il via ad una raccolta firme che ha raccolto più di 22 mila consensi. Ora, in quest'Aula siedono dei cittadini e al Governo devono arrivare le vertenze dei piccoli comitati che, sparsi in tutta Italia, chiedono a gran voce, non grandi opere inutili, ma piccole opere necessarie. Da cittadino, vedendo l'articolo 18 del decreto «del fare» per il finanziamento di opere immediatamente cantierabili, ho subito pensato al prolungamento della metropolitana di Torino fino a Rivoli. Ci siamo messi al lavoro tra colleghi in Parlamento e amici nelle istituzioni, concittadini, tecnici e amministratori per presentare un emendamento. Considerato ammissibile dalla Commissione trasporti, l'emendamento è poi passato alla Commissione bilancio per le coperture. Anche qui ammissibile, mancava il voto, nulla poteva andare storto.
Parliamo – lo ricordiamo – di un'opera richiesta a gran voce dai cittadini, per la quale tutto l'arco politico è favorevole e sulla quale sono state spese troppe campagne elettorali. E invece no, le idee in quest'Aula non sono o buone o cattive, sono da approvare se le propone questa rivoltante maggioranza, sono da cestinare se è il 25 per cento degli italiani a richiederle. Ma guardate cosa avete combinato con questo decreto. Giorni e notti passati a lavorare per migliorare l'ennesima imposizione del Governo, un impegno per poter cambiare le cose non contro, ma per i cittadini.
Tornando al voto in Commissione, alcuni esponenti piemontesi del PD si sono subito affrettati a giustificare il loro voto attaccando l'inesperienza grillina. Parliamo di pionieri di una politica distante dai cittadini e dalla realtà come, ad esempio, il senatore Esposito, alle cronache in questi giorni per aver celebrato con emozione le pesanti manganellate subite dai manifestanti in val di Susa o il lungimirante sindaco Fassino che, solo qualche anno fa, esordiva: Grillo si faccia un suo partito, vada alle elezioni e vediamo quanti voti prende. Politici che, pur di tirare l'acqua al proprio mulino, negano l'evidenza davanti ad un emendamento dichiarato ammissibile sia in Commissione trasporti che in Commissione bilancio.
Aggiungo che la quota di finanziamento statale dell'opera si aggira attorno a 180 milioni di euro. Immediatamente dopo aver votato contro l'emendamento presentato dal MoVimento 5 Stelle, il PD ha approvato un emendamento, a prima firma Bobba, che prevedeva lo stanziamento di 173 milioni di euro per opere piemontesi, cifra molto vicina alla copertura da noi richiesta. Cosa significa ? Le risorse c'erano, ma il PD ha preferito dirottarle da altre parti. Volete farlo ? Avete la maggioranza per ignorare le nostre richieste. Ora però uscite dal Palazzo, guardate in faccia i cittadini e ditelo: in questi dieci anni vi abbiamo preso in giro. E continuate a farlo, aggiungo io per voi, conoscendovi. La verità è la solita, quella che dopo anni ci annoiamo di ripetere: PD Pag. 93e PdL si sono messi d'accordo, l'hanno fatto per altre opere e se ne sono fregati dei cittadini di Rivoli e di Collegno, privilegiando il sindaco di Torino Fassino e Novara, con Cota.
Per chiudere in bellezza, colleghi, voglio leggervi il testo del volantino con cui il PD andava in giro a raccogliere le firme: «Dall'ottobre 2008 il Ministro delle infrastrutture ha ricevuto il progetto definitivo per il prolungamento della linea 1 della metropolitana da Collegno a Rivoli Cascine Vica. Il Governo deve finanziare 182 milioni di euro, ma al CIPE la pratica continua a rimanere ferma. Nel frattempo da Roma sono state finanziate al 100 per cento linee di metropolitana in zone d'Italia dove gli enti locali non hanno contribuito con nessun impegno di spesa. Presidente Berlusconi, perché ci penalizza ?» Tornando ad oggi, in quest'Aula: Presidente Letta, membro dello stesso PD scrivente questa lettera, perché ci penalizza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
PRESIDENTE. L'onorevole D'Incà ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/173.
FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, colleghi, le motivazioni che hanno portato il MoVimento 5 Stelle a proporre questo del giorno sull'articolo 19, e in particolare sul comma 3, si rifanno al fatto che è attualmente consentita la realizzazione di quelle infrastrutture di notevole rilevanza il cui piano economico finanziario presenta dei costi di investimento che impediscono al piano stesso di raggiungere l'equilibrio.
Si tratta del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni in legge 17 dicembre 2012, n. 221. Questo attualmente è possibile grazie al riconoscimento di un credito di imposta su IRES e IRAP che può creare un pericoloso volano per la costruzione di – recita la relazione dell'Atto Senato n. 3533 – «opere non sostenibili sotto il profilo economico-finanziario, che lo diverrebbero in virtù del riconoscimento del credito di imposta a favore del realizzatore».
Tutto ciò comporta un pericolo ed un trasferimento di rischio a spese delle risorse pubbliche, cui si possono aggiungere quelli derivanti delle clausole di salvaguardia previste nelle convenzioni per la realizzazione di queste opere e destinate a coprire eventuali gestioni deficitarie degli interventi così realizzati (ad esempio, nel caso della realizzazione di opere autostradali, per insufficienza degli introiti derivati dai pedaggi).
Lo stesso rapporto della Presidenza del Consiglio dei ministri «Analisi di alcuni settori di spesa pubblica» del marzo 2013, evidenzia un'alta mortalità del project financing per motivi che dipendono dall'inadeguata analisi preliminare sulla fattibilità dell'operazione, che i vantaggi di questo tipo di finanziamento sono puramente contabili e non consentono alcun effettivo risparmio per la finanza pubblica, in quanto dovranno essere previsti esborsi futuri o mancati introiti da parte dell'operatore pubblico a favore del privato, addivenendo alla conclusione che, normalmente, il settore pubblico possa finanziarsi a costi inferiori rispetto a quello privato e che, pertanto i progetti in partenariato pubblico-privato sono più costosi dei progetti tradizionali d'investimento pubblico.
Inoltre, sotto il profilo della ripartizione dei rischi, è posta in evidenza una certa asimmetria che induce i privati a minimizzare l'assunzione di rischi e/o a selezionare iniziative con basso rischio ed alti rendimenti. Da questo punto di vista, i vantaggi economici sarebbero molto limitati, in quanto, in un'ottica di finanza pubblica, è opportuna l'opzione del partenariato pubblico-privato, a condizione che i privati si accollino rischi che li competono. Alcuni tipi di investimenti pubblici sono caratterizzati da elevata incertezza ed esternalità positive. In questi casi, il settore privato si impegnerà solo nel caso possa contare su specifiche garanzie pubbliche, dissolvendo così in parte i vantaggi del partenariato pubblico privato.Pag. 94
Con la riforma della legge n. 109 del 1994, l'istituto della concessione è stato totalmente rivisto: viene meno il limite di durata della concessione, precedentemente a trent'anni, e viene abrogato il limite massimo del 50 per cento del contributo che l'amministrazione poteva corrispondere al concessionario, al fine di garantire l'equilibrio economico-finanziario della gestione, in presenza di prezzi amministrati e, quindi, di elementi economici sottratti alla capacità decisionale e al rischio di impresa. Dunque, dal 2002 i promotori privati possono proporre e realizzare opere con una concessione nella quale l'amministrazione aggiudicatrice garantisce il 100 per cento del costo.
L'effetto domino, dopo le modifiche introdotte, è subito esploso. Effetto domino che ha investito in maniera ancora più preoccupante anche l'iniziativa diretta delle amministrazioni pubbliche. Gran parte dei progetti che si stanno realizzando sono stati affidati solo grazie alle modifiche apportate all'istituto della concessione e la tenuta dei bilanci futuri delle aziende pubbliche e degli enti locali sarà tutta da verificare.
Considerata la situazione critica in cui versano le finanze pubbliche, si ritiene opportuno che il Governo si impegni su un complessivo ripensamento sull'indiscriminato utilizzo degli strumenti di cosiddetta finanza di progetto e partenariato pubblico privato sin qui adottati, rispetto alle finalità istituzionali di interesse pubblico cui dovrebbero essere destinati.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FEDERICO D'INCÀ. La volontà del MoVimento 5 Stelle è di salvaguardare le casse pubbliche e di proteggere le generazioni future da innumerevoli opere costruite a debito e che ricadranno sulle loro spalle. Solo per citare alcune di queste opere, nel Veneto, vi sono il prolungamento dell'A27 e la pedemontana veneta e, ancor peggio, la volontà di costruire ospedali in project financing, oltre all'esistente, che rischiano di drenare le risorse della sanità dalle opere costruite precedentemente e passando di fatto da una sanità pubblica ad una privata, calpestando fondamentali diritti costituzionali alla salute. Il Governo si deve impegnare alla verifica di questi strumenti finanziari prima che si trasformino in voragini dove cadremo noi tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Spessotto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248/A/R/174.
ARIANNA SPESSOTTO. Signor Presidente, l'articolo 30 del decreto-legge in esame contiene, tra le disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, anche quelle relative alla semplificazione in materia edilizia oggetto del presente ordine del giorno. In particolare, alcune delle disposizioni introdotte consistono, com’è noto, nell'estensione del concetto di ristrutturazione edilizia solo agli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici con sagoma differente da quelli preesistenti.
In pratica, se si demolisce e ricostruisce un fabbricato, anche con sagoma diversa, ma con la stessa volumetria, questo non sarà più considerato un intervento di edilizia pesante e, pertanto, non sarà più necessario richiedere il permesso di costruire, ma sarà sufficiente presentare una segnalazione certificata di inizio attività. Tuttavia, tale previsione, che nell'intento del legislatore dovrebbe semplificare i procedimenti amministrativi, appare oltremodo inadeguata, dal momento che limita l'ambito di intervento alle sole opere connesse alla ristrutturazione edilizia. Le disposizioni in materia edilizia contenute nel decreto-legge sono, infatti, solo apparentemente dirette a perseguire ulteriori forme di semplificazione ma, in realtà, aumentano il quadro delle incertezze procedimentali recando ulteriore vulnus ad alcuni delicati interventi edilizi. Basti pensare alla possibilità di estendere la SCIA anche alle varianti in corso d'opera incidenti sulla stessa sagoma con l'inversione della natura di tale variante da essenziale, tale infatti è la variante che incide sulla sagoma, a non essenziale. In particolare, Pag. 95appare insufficiente la normativa relativa alla materia di demolizione e ricostruzione, dal momento che ignora totalmente la questione delle opere di demolizione edilizia connesse all'abbattimento delle opere abusive, secondo il procedimento disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.
La normativa attuale è assolutamente carente da questo punto di vista perché pone a carico delle amministrazioni comunali procedenti una serie infinita di adempimenti burocratici che ritardano in maniera inaccettabile l'esecuzione della demolizione d'ufficio. È di tutta evidenza come i ritardi nei procedimenti delle demolizioni d'ufficio siano controproducenti per l'economia del settore delle imprese di demolizione partecipanti alle gare di appalto per gli interventi di demolizione e riduzione degli abusi edilizi, creando un freno ingiustificato ad un importante settore dell'economia. Inoltre, è chiaro il vantaggio di cui approfittano coloro che hanno costruito immobili senza rispettare la normativa vigente e sui quali non pagano neanche le imposte fiscali. I numeri sono impressionanti; le «case fantasma», secondo l'Agenzia del territorio, sono più di un milione: guida la classifica Salerno con 105.228, Roma con 68.764 edifici, poi Palermo con 62.868 edifici, Cosenza con 61.672 e Napoli con 59.859 edifici. I conti sono presto fatti: se fossero affidate tutte le gare per le demolizioni degli abusi si potrebbe attivare un volano per l'economia di circa 10 miliardi di euro, per di più a costo zero per lo Stato in quanto le spese di demolizione devono essere rimborsate dal responsabile dell'abuso.
Per tutti questi motivi, il MoVimento 5 Stelle chiede, con questo ordine del giorno al Governo, di semplificare i procedimenti amministrativi diretti alla demolizione d'ufficio degli abusi edilizi, attraverso un efficace intervento normativo.
PRESIDENTE. L'onorevole Colonnese ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/175.
VEGA COLONNESE. Signor Presidente, colleghi deputati, in riferimento al mio ordine del giorno, mi avvio a ricordarlo: la Camera, premesso che in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, l'articolo 34, reca disposizioni in materia di trasmissione in via telematica del certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto, del certificato di parto e del certificato di interruzione di gravidanza.
Considerando che, attualmente, una lavoratrice in gravidanza che ha la necessità di astenersi dal posto di lavoro in modo anticipato rispetto al periodo obbligatorio è chiamata a svolgere una serie di adempimenti burocratici quali: fare un'istanza al Ministero del lavoro e delle politiche sociali; predisporre da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di una richiesta di visita alla ASL competente; una visita medica; la consegna da parte della lavoratrice del certificato medico rilasciato dalla ASL al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che a sua volta rilascia il provvedimento di autorizzazione, tale procedura si attiva ad ogni proroga della astensione anticipata.
Di fatto, l'intervento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali non aggiunge alcuna garanzia di correttezza dell'astensione trattandosi di manifestazione accertabile solo sul piano medico.
Appare opportuno elidere ogni intervento nella suddetta prassi da parte del Ministero del lavoro, in quanto il rilascio del certificato della ASL costituisce di per se documento idoneo ad astenersi dal posto di lavoro al pari di qualsiasi certificazione medica per malattia. Una prima soluzione è stata introdotta a decorrere dal 1o aprile 2012, con riferimento all'ipotesi di cui all'articolo 17, comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 151 del 2001, cioè gravi complicazioni della gravidanza o forme morbose pregiudizievoli. L'autorizzazione è disposta dalla sola ASL con modalità definite con accordo sancito in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni. In attesa della convocazione della Conferenza Stato-Regioni, il Ministero del lavoro sollecita gli uffici periferici a concludere Pag. 96intese con le ASL per consentire tempestivamente l'emanazione dei provvedimenti di interdizione anticipata. Tuttavia, la lungaggine di queste intese, di fatto, lascia ancora inalterato il problema in diverse parti d'Italia, non semplificando affatto la già difficile vita di una lavoratrice italiana. Con il nostro ordine del giorno il MoVimento 5 Stelle vuole impegnare il Governo ad adottare le necessarie iniziative tese a rafforzare la tutela della lavoratrice in gravidanza, con particolare riferimento allo snellimento delle procedure per l'ottenimento dell'astensione dal lavoro in periodo anticipato a quello obbligatorio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Nesci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/176.
DALILA NESCI. Signor Presidente, colleghi deputati, in sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, l'articolo 34 contiene disposizioni in materia di trasmissione per via telematica del certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto, del certificato di parto e del certificato di interruzione di gravidanza.
Si tratta di una misura che rinvia alla funzione sociale della maternità della donna, sia come valore oggettivo che come istituto da preservare e agevolare sul piano normativo, con la previsione cioè di tutele, misure e provvedimenti che permettano alla donna di esercitare il suo ruolo di madre e di lavoratrice senza che siano pregiudicati la cura dei figli e il diritto costituzionale al lavoro. Tale necessità riunisce il fondamento della Repubblica e il principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione. Occorre intervenire concretamente a sostegno della parità della donna-madre nel lavoro. L'attuale contesto democratico diventa sempre più consapevole della parità, pertanto richiede la rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione dei lavoratori all'ingegneria politica, economica e sociale del Paese. La funzione sociale della maternità è un valore, essa però è ancora penalizzata, se consideriamo l'accesso al lavoro e poi la permanenza nell'occupazione.
Le cause di questo problema sono diverse e concorrenti. A titolo di esempio, vorrei citare l'iniqua distribuzione dei doveri familiari, la diffusa mancanza di servizi per l'infanzia, le discriminazioni sul posto di lavoro patite dalle donne-madri o in gravidanza e l'insufficienza delle reti di aiuto istituzionale, cioè asili nido e strutture per l'infanzia. Come sappiamo, il tratto caratteristico dell'Italia è il frequente ricorso nella maternità a reti di aiuto parentale, più in generale di aiuto intergenerazionale. Il punto è che sei bambini su dieci sono affidati ai nonni, se la madre lavora. L'offerta di asili nido, se si guarda al dato dei bambini al di sotto dei tre anni, mostra differenze notevoli in ordine al livello di attivazione del servizio. In proposito, al Sud e nelle isole si registra una grave carenza, che incide nel rapporto delle donne con il lavoro. Secondo recenti rivelazioni, 564 mila donne inattive hanno dichiarato la propria disponibilità a cercare lavoro se avessero servizi sociali adeguati. Tra le donne occupate, invece, 160 mila in condizione part-time passerebbero decisamente al full-time.
È evidente che l'interruzione dell'attività lavorativa dovuta alla nascita di un figlio può determinare il rischio di non reinserirsi nel mondo del lavoro, o di rimanerne fuori per lunghi periodi. Tra le donne che nel corso della vita hanno smesso di lavorare, il 17,7 per cento ha assunto tale decisione per la nascita di un figlio; emerge allora l'esigenza di tutelare i diritti della donna nella fase della vita in cui si trova a conciliare l'essere madre con la sua partecipazione alla vita attiva e produttiva.
Con specifico riferimento alla figura della donna, il descritto ordine del giorno impegna il Governo a porre subito in essere ogni iniziativa, pure di carattere legislativo, volta a favorire e assicurare le Pag. 97pari opportunità nel lavoro attraverso lo stanziamento di fondi che migliorino i servizi e le strutture per l'infanzia, tanto nella diffusione che nell'efficienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Di Maio ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno n. 9/1248-A/R/177. Ne ha facoltà.
LUIGI DI MAIO. Signor Presidente, tra le cosiddette disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, contenute nel decreto-legge al nostro esame, troviamo anche nel Titolo III del provvedimento, alcune misure per l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile. Valuteremo tra qualche mese l'efficienza di tali misure per il rilancio della nostra economia e a nostro parere non sarà un bel momento per il Governo e soprattutto per la maggioranza che lo sostiene, tuttavia non è questo il tema del mio ordine del giorno.
L'articolo 64 del provvedimento in esame, modificato per aspetti esclusivamente formali nel corso dell'esame in sede referente, individua i requisiti per la nomina del giudice ausiliario, in analogia alle previsioni già contenute nell'ordinamento sulla selezione della magistratura onoraria. Il riferimento pare essere all'articolo 42-ter del regio decreto n. 12 del 1941 sull'ordinamento giudiziario, che stabilisce i requisiti per la nomina a giudice onorario e a vice procuratore onorario di tribunale. In particolare, a parte la laurea in giurisprudenza, l'articolo 64 del decreto-legge non stabilisce alcun requisito inerente la residenza (nel comune del distretto della corte d'appello per cui si fa domanda). Il citato articolo 42-ter del regio decreto n. 12 del 1941, al contrario, per la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario di tribunale, prevede tra i requisiti la residenza in un comune compreso nel distretto in cui ha sede l'ufficio giudiziario per il quale è presentata domanda, fatta eccezione per coloro che esercitano la professione di avvocato o le funzioni notarili.
L'articolo 2 della legge sulle sezioni stralcio, la n. 276 del 1997, non prevedeva, invece, alcun requisito di residenza per la nomina dei giudici onorari aggregati (cosiddetti GOA). I requisiti previsti dall'articolo 64 sono la cittadinanza italiana, l'esercizio dei diritti civili e politici, non avere riportato condanne per delitti non colposi, non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza, avere idoneità fisica e psichica, non avere precedenti disciplinari diversi dalle sanzioni più lievi previste dall'ordinamento della professione di provenienza.
Peraltro, con particolare riferimento al requisito anagrafico, la norma prevede, al momento di presentazione della domanda: per i magistrati (anche onorari) e gli avvocati dello Stato a riposo, nonché i professori universitari, un limite massimo di 75 anni di età; per gli avvocati e i notai, invece, tale limite è di 60 anni; il limite anagrafico per i giudici onorari aggregati era di 67 anni.
Per il giudice onorario di tribunale e il vice procuratore onorario di tribunale è, invece, stabilito un minimo di 25 anni ed un massimo di 69.
Per notai e avvocati un ulteriore requisito consiste nell'iscrizione all'albo da almeno 5 anni, termine evidentemente individuato come sintomatico di adeguata esperienza professionale. In capo ai requisiti per la nomina a giudice ausiliario sono poste condivisibili condizioni ostative legate alla compresenza di incarichi pubblici (elettivi e non) di natura politica, istituzionale, dirigenziale, oltreché religiosa, le quali si ritiene necessario, pena la vanificazione della norma, debbano estendersi ai cinque anni successivi la cessazione dei citati incarichi.
Alla luce di tutte queste valutazioni, con l'ordine del giorno a mia firma chiederemo al Governo di valutare l'opportunità di estendere ai cinque anni successivi la cessazione dei citati incarichi. Si tratterebbe di una decisione comunque finalizzata al nobile obiettivo di limitare i conflitti di interesse tra vari incarichi: è Pag. 98per questo che chiedo al Governo di prendere seriamente in considerazione la mia proposta.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LUIGI DI MAIO. Inoltre, per concludere, semplicemente mi permetto di dire che non è questo il modo di affrontare tali tematiche. Ho incontrato qualche settimana fa l'ordine degli avvocati di Napoli, che mi ha pregato cortesemente di riportare al Parlamento la loro istanza: smettetela di affrontare questioni che dovrebbero essere interessate da riforme, con decreti-legge ! Ne abbiamo avuto qualche esempio, ad esempio attraverso il decreto-legge che istituiva la conciliazione obbligatoria, poi eliminato dalla Corte costituzionale per eccesso di delega; e lo stesso è valso per la questione delle province, che è stata in qualche modo stralciata dal decreto-legge che interessava una loro riforma, perché non era quello il modo di riformare quell'ambito.
Non voglio fare, Presidente, l'uccellaccio del malaugurio, ma credo che anche questo decreto-legge sarà interessato da un episodio di legittimità costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Carinelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/178.
PAOLA CARINELLI. Signor Presidente, anche il mio ordine del giorno si riferisce alle disposizioni del Titolo III del provvedimento, recante misure per l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile.
Il decreto-legge che oggi esaminiamo individua i requisiti per la nomina del giudice ausiliario, in analogia al già citato articolo 42-ter del regio decreto n. 12 del 1942 sull'ordinamento giudiziario, che stabilisce i requisiti per la nomina a giudice onorario e viceprocuratore onorario. L'articolo 37 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha previsto che i capi degli uffici giudiziari, sentiti i presidenti dei rispettivi consigli dell'ordine degli avvocati, entro il 31 gennaio di ogni anno debbano redigere un programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti, con cui determinare gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili nell'anno in corso, e in secondo luogo gli obiettivi di rendimento dell'ufficio; tenuto conto dei carichi esigibili di lavoro dei magistrati, individuati dai competenti organi di autogoverno, l'ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti pendenti, individuati secondo criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto della durata della causa, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti, nonché della natura e del valore della stessa.
Come si legge nella relazione illustrativa, è proprio presso le corti d'appello che si registra un aumento delle pendenze, che invece non si verifica davanti ai tribunali. Nelle corti d'appello, infatti, nel 2010 erano pendenti 443 mila procedimenti, mentre nel 2011 erano saliti a 448 mila. Nei tribunali, invece, le pendenze, sempre nel 2010, erano 3 milioni 486, e nel 2011 sono rimaste 3 milioni 452.
L'articolo 63, modificato nel corso dell'esame da parte delle Commissioni, stabilisce, per le indicate finalità di deflazione del contenzioso civile pendente presso le Corti di appello, la nomina, con decreto del Ministro della giustizia, di un numero massimo di 400 giudici ausiliari. Secondo la relazione illustrativa, tale numero appare idoneo ad assicurare la definizione ogni anno di 36 mila procedimenti, ovvero 90 per ogni giudice ausiliario.
Il comma 3 dell'articolo 63 del decreto-legge individua le categorie professionali che possono fare domanda per ottenere la nomina a giudice ausiliario: i magistrati ordinari, contabili e amministrativi, e gli avvocati dello Stato a riposo; i professori universitari in materie giuridiche di prima e seconda fascia, anche a tempo determinato o a riposo, i ricercatori universitari in materie giuridiche, gli avvocati e i notai.
L'articolo 67, cui è stata apportata una modifica esclusivamente formale nel corso Pag. 99dell'esame in sede referente, stabilisce in dieci anni il termine massimo di permanenza nell'ufficio di giudice ausiliario: in base ai commi 1 e 2, infatti, la funzione può essere svolta per cinque anni, prorogabili per un pari periodo con decreto del Ministro della giustizia.
Il comma 3 prevede la cessazione dall'incarico di giudice ausiliario, oltre che per le ipotesi di dimissioni, revoca, decadenza e mancata conferma, al compimento dei 78 anni di età; ciò significa che, anche ove il mandato quinquennale (primo o secondo) non sia concluso, il raggiungimento del limite anagrafico indicato costituisce motivo di decadenza di diritto dall'incarico.
Le ragioni alla base dell'utilizzo di uno strumento di emergenza-urgenza quale quello del decreto-legge inducono inoltre a ritenere che l'esperienza del giudice ausiliario debba necessariamente trovare una sua contenuta, certa, definizione temporale in vista di una più organica e coerente riforma del sistema della giustizia civile, e che pertanto appare opportuno modificare l'articolo 67 del decreto in esame, fissando un termine perentorio non rinnovabile di cinque anni alla durata dell'incarico di giudice ausiliario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Pinna ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/179.
PAOLA PINNA. Signor Presidente, signori deputati, l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare prevede che l'accesso alla funzione di giudice ausiliario, figura istituita allo scopo di ridurre il numero delle cause pendenti presso le corti d'appello, sia riservato agli avvocati e ai ricercatori in materie giuridiche.
Il sistema giudiziario italiano versa in una situazione emergenziale, la totale incertezza sui tempi necessari a vedere riconosciute le proprie ragioni di fronte ad un giudice è uno dei motivi che allontanano gli investitori desiderosi di poter contare sulle potenzialità del nostro Paese. Nel solo settore civile si contano oltre tre milioni e mezzo di cause pendenti in primo grado, numeri che crescono se sommiamo il numero degli appelli e dei ricorsi per Cassazione.
Il Governo ha pensato di smaltire i fascicoli che affollano le cancellerie delle corti d'appello istituendo una nuova figura di giudice onorario, intervento certamente insufficiente a risolvere le difficoltà del nostro ordinamento giudiziario, che devono essere affrontate con una riforma di sistema e non con il solito decreto-legge omnibus buono per tutti gli scopi e per tutte le stagioni. Continuare ad operare in maniera convulsa ed irrazionale non aiuterà di certo i cittadini più deboli e le imprese.
I giudici ausiliari – questo è il nome scelto per i rinforzi – avranno il compito di affiancare i togati di carriera, peccato che molti di questi non saranno altro che ex colleghi. Il Governo ha infatti deciso che possono essere chiamati a svolgere tale funzione i magistrati e gli avvocati dello Stato in pensione, una scelta opinabile che non può non essere percepita come un favore nei confronti di queste categorie.
Desidero far presente all'Aula e a chi ci ascolta che il livello medio delle pensioni liquidate agli ex magistrati è tra i più alti esistenti, una media superiore ai 100 mila euro annui. Il sistema dei favori non è però finito qui, l'Esecutivo ha pensato anche ai notai a riposo, un'altra categoria che le statistiche collocano ai primi posti in base al reddito da pensione percepito.
I nuovi magistrati onorari saranno retribuiti con un compenso di 20 mila euro annui, una somma che avrebbe potuto essere destinata all'immissione nello stesso ruolo di giovani laureati e giovani ricercatori universitari, questi ultimi spesso costretti a fare i conti con contratti precari. Figure che potrebbero essere affiancate da giovani avvocati e giuristi totalmente tagliati fuori, visto e considerato che si prevede per l'accesso al ruolo un'anzianità di iscrizione all'ordine pari a cinque anni. Ancora una volta i giovani si ritrovano marginalizzati a favore delle più note pratiche corporative.Pag. 100
Nello stesso decreto-legge si prevede che gli iscritti alle scuole di specializzazione per le professioni legali possano svolgere un periodo di tirocinio in affiancamento ad un magistrato; per loro lo Stato si sente in dovere di non spendere nemmeno un centesimo, anzi, per evitare malintesi, si precisa che il Ministero della giustizia non sosterrà nemmeno i costi relativi alle assicurazioni contro gli infortuni degli stagisti. Un atteggiamento che lascia davvero interdetti, specie se ricordiamo l'impegno dichiarato da questo Governo di portare in sede europea la priorità della lotta alla disoccupazione giovanile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Fraccaro ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/180.
RICCARDO FRACCARO. Signor Presidente, colleghi, intervengo brevemente per illustrare l'ordine del giorno presentato dal MoVimento 5 Stelle in riferimento agli articoli 54-bis e 54-ter del decreto-legge in esame. Si tratta di norme che non esitiamo a definire «del fare i furbi». Queste norme, infatti, introducono modifiche ai provvedimenti in materia di corruzione e compatibilità degli incarichi nella pubblica amministrazione, modifiche dalle conseguenze per noi, a dir poco, deflagranti.
Vorrei, innanzitutto, scandire, a tal proposito, la portata dei fenomeni corruttivi in Italia: 60 miliardi di euro ogni anno, pari al 3 per cento del prodotto interno lordo e al triplo di una manovra finanziaria. È una tassa occulta sui cittadini onesti, una tassa che impoverisce e avvelena il Paese, una degenerazione diffusa del tessuto economico e sociale, che pervade l'anima stessa della cosa pubblica. Da questo peccato originale, derivano i vizi strutturali della cattiva amministrazione: dai ritardi, agli inadempimenti, dal clientelismo ai conflitti di interesse, dagli illeciti non sanzionati agli sprechi. Insomma, la «corruzione Spa» è una rinomata società d'affari, che non conosce crisi e tutto il sistema della vecchia politica è stato complice, quando non direttamente responsabile, del diffondersi della piaga corruttiva.
Ora, il Governo Letta, invece di stroncare questa attività criminale, ha deciso di sabotare le funzioni dell'autorità di controllo sulla trasparenza e l'integrità della pubblica amministrazione, la Civit. Per chi non lo sapesse, la Civit, Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità dell'amministrazione pubblica, con la legge n. 190 del 2012, è stata individuata, in attuazione di accordi internazionali, come la detentrice di importanti, delicati e complessi compiti in materia di trasparenza, di corruzione, di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi presso le pubbliche amministrazioni. La Civit può svolgere tali compiti proprio in virtù della sua natura di autorità indipendente. Inserendo, come invece è stato fatto, con il «decreto del fare», un filtro alle segnalazioni sui casi sospetti di corruzione, il provvedimento esautora l'autorità e ne compromette, in maniera irreparabile, l'indipendenza. L'autorità, infatti, sarà ridotta ad un mero organo consultivo per l'emanazione, da parte del Governo, di direttive sull'interpretazione delle norme sul contrasto alla corruzione e sull'incompatibilità degli incarichi nella pubblica amministrazione. Così, il ruolo dell'autorità indipendente sarà, di fatto, superato dalle decisioni di organi politici. In altri termini, ci sarà – come sempre, o come spesso avviene in Italia, purtroppo – la volpe a guardia del pollaio.
Per questo, il MoVimento 5 Stelle chiede al Governo di fare un passo indietro, almeno su questo punto, e dotare l'autorità di vigilanza sulla corruzione delle funzioni idonee a contrastare l'illegalità che sta uccidendo il nostro Paese. Su questa materia, recentemente, tra l'altro, la presidente stessa della Civit, Romilda Rizzo, ha inviato ai vari capigruppo e anche alla Presidente della Camera un'accorata lettera che chiede appunto di intervenire per ripristinarne l'autonomia che dovrebbe garantire un'efficace lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione. Ci dispiace constatare come nessuno, a parte il MoVimento 5 Stelle, abbia Pag. 101raccolto questa istanza. Si tratta dell'ennesimo tentativo di questa maggioranza, a nostro avviso, di accentrare i poteri: di fronte alla crisi imminente e agli scenari tragici che ci aspettano, sopratutto dopo il periodo vacanziero, l'idea per risollevare il Paese – e concludo – è quella di accentrare i poteri, e lo vediamo anche con le ipotesi di riforma costituzionale che sono state avanzate. Ecco, noi riteniamo – ma la storia ce lo insegna – che non sia accentrando i poteri che si risolvono problemi e crisi nazionali, ma sia condividendo e distribuendo il potere; però forse la maggioranza mi sembra che non sappia neanche quello di cui sto parlando in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Nuti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/181.
RICCARDO NUTI. Signor Presidente, da almeno un paio di decenni i cittadini italiani hanno più volte dimostrato indignazione, se non spregio, verso questo sistema politico marcio, interessato principalmente all'autoconservazione e alla salvaguardia dei propri interessi particolari.
La questione dei doppi incarichi è una questione tanto annosa quanto elementare, una questione che in un qualunque Paese democratico degno di questo nome – e direi anche civile – già sarebbe stata risolta. E, invece, in Italia questo argomento si ripresenta puntualmente in ogni legislatura per essere discusso, per essere esaminato, per essere rimandato e, infine, per essere derogato. I cittadini italiani, però, sono stufi di questo politichese che persiste nel non voler risolvere i problemi e si limita ad una politica di annunci, come se i gravissimi problemi che attanagliano oggi il nostro Paese potessero essere risolti da parole tanto confuse quanto inutili pronunciate davanti a una telecamera.
L'ultimo provvedimento in materia di doppi incarichi risale al lontanissimo 2011, approvato su impulso dell'allora Ministro Tremonti, il quale prevedeva l'incompatibilità della carica di sindaco con quella di parlamentare. Ma c'era il trucco: la norma valeva solo a decorrere dalle prime elezioni politiche successive alla data di entrata in vigore e l'articolo 29-bis, oggetto di questo ordine del giorno, non fa altro che rimandare nuovamente l'applicazione della norma, così come è prassi di questo Governo rimandare la soluzione dei problemi del Paese.
L'emendamento che ha introdotto questo articolo è stato firmato da esponenti di PD, PdL e SEL e subito approvato. Ma, curiosamente, i colleghi di partito hanno prontamente denunciato il grave errore, rilasciando dichiarazioni e comunicati stampa. Già questo ci deve fare riflettere sulla reale affidabilità di queste larghe intese, che fanno finta di governare il Paese.
Se queste sono le premesse non osiamo pensare quali saranno i nostri prossimi passi, ad esempio sul finanziamento pubblico ai partiti. Passerete dalla finta abolizione all'aumento dei rimborsi elettorali ? La serietà del sistema politico di un intero Paese, il nostro Paese, non può essere soggiogata al rendiconto personale di pochi individui i quali siedono, come sappiamo, in quest'Aula, che dovrebbe rappresentare, invece, l'espressione più alta della democrazia ed è, invece, ridotta a mediocre strumento di conservazione dei vostri privilegi.
Qualche giorno fa – se non mi sbaglio ieri – il Governo indonesiano o dei rappresentanti del Parlamento indonesiano, Presidente, sono venuti in Commissione affari costituzionali e hanno chiesto se da noi sono previsti tali doppi incarichi, perché da loro non era possibile ricoprirne di questi doppi incarichi. Ovviamente, l'imbarazzo è stato elevato. Ovviamente, abbiamo sorriso fra di noi perché come spieghiamo la vicenda, per esempio, dell'avvocato Ghedini che è in Parlamento e, quindi, ovviamente non è in una posizione così libera, visto che il suo assistito è, comunque, anch'esso in Parlamento ? Diciamo che la situazione dei doppi incarichi anche in Indonesia desterebbe imbarazzo Pag. 102e, invece, qui ancora si continua a non risolverla (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Allora ci rivolgiamo ai colleghi deputati e diciamo: con l'ennesima fiducia richiesta da questo Governo del non fare e prontamente votata dai vostri «pigiabottoni» in Parlamento, anche il vergognoso articolo 29-bis è stato approvato. Questo ordine del giorno ha semplicemente l'obiettivo di mettere una «pezza» ai vostri errori. Fate un favore ai cittadini italiani, nel rispetto di ciò che il Parlamento rappresenta: eliminate per sempre questo imbarazzante stato del doppio incarico, perché non avete nessun diritto di ridicolizzare ancora una volta questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Dieni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/182.
FEDERICA DIENI. Signor Presidente, questo è l'ordine del giorno che abbiamo presentato. Nel contesto della disciplina della riscossione coattiva delle imposte sul reddito effettuata mediante espropriazione immobiliare, con la sentenza n. 281 del 2011 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 85, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, «Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito», nella parte in cui questo prevedeva che, se il terzo incanto ha esito negativo, l'assegnazione dell'immobile allo Stato ha luogo «per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede», anziché per il prezzo base del terzo incanto. La Consulta, riconoscendo la non implausibilità delle ricostruzioni del quadro normativo offerte dal Giudice dell'esecuzione del Tribunale ordinario di Forlì e dal Giudice dell'esecuzione del Tribunale ordinario di Torino nelle rispettive ordinanze di remissione, ha escluso la possibilità di interpretare la disposizione censurata in modo da superare i prospettati dubbi di legittimità costituzionale connessi all'irragionevolezza della stessa, ed è giunta quindi a pronunciarsi nel senso sopra indicato. La disposizione contenuta nella lettera m) del comma 1 dell'articolo 52 del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», volendo apportare delle modifiche al medesimo articolo 85, comma 1, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, così recita: «All'articolo 85, comma 1, le parole “ minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede ” sono sostituite dalle seguenti: “ prezzo base del terzo incanto ”, andando di fatto a ripetere pedissequamente il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale n. 281/2011. La disposizione contenuta nella lettera m) del comma 1 dell'articolo 52, vorrebbe dunque andare a modificare in modo assurdo un'aberrazione giuridica, una parte di una disposizione che a norma dell'articolo 136 della Costituzione, è già stata espunta dall'ordinamento a seguito della citata pronuncia della Consulta, non potendosi considerare il contenuto della disposizione incriminata come una banale, mera e innocua ripetizione di quanto stabilito dalla Corte, costituendo questo invece in realtà un vero e proprio nonsenso giuridico, che potrebbe peraltro rischiare di creare problemi interpretativi in capo agli operatori giuridici».
L'ordine del giorno da me presentato riguarda l'irregolarità e i problemi interpretativi che potrebbe creare la lettera m) del comma 1 dell'articolo 52 del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, quindi il decreto del fare, nel contesto della disciplina di riscossione coattiva delle imposte sul reddito effettuata mediante espropriazione immobiliare. Quindi questa disposizione andrebbe ad apportare delle modifiche all'articolo 85, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602, un articolo già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte costituzionale. Per tali ragioni abbiamo appunto presentato quest'ordine del Pag. 103giorno contro questo nonsenso giuridico, contro il tentativo di modificare una parte di disposizione che è già stata espunta dall'ordinamento con sentenza della Corte costituzionale. Noi infatti siamo qui impegnati a difendere la Costituzione e lo faremo ad oltranza e proprio per questo invitiamo il Governo a provvedere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Toninelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-AR/183.
DANILO TONINELLI. Signor Presidente, l'ordine del giorno che presento riguarda l'articolo 13 del decreto del fare, e riguarda l'Agenda digitale, ovverosia un settore che ha o dovrebbe, anzi, avere come fine principale quello di migliorare e velocizzare e semplificare la vita dei cittadini e della pubblica amministrazione, con il fine di far risparmiare anche i cittadini stessi. Purtroppo questo è il terzo decreto-legge che interviene nella strutturazione dell'agenda digitale dopo due decreti precedenti, creando una tale confusione organizzativa nella stessa Agenda. Quindi si sta operando nella maniera esattamente opposta al fine che l'Agenda digitale deve perseguire. L'Agenzia per l'Italia digitale potrebbe davvero rappresentare per il nostro Paese uno degli strumenti più efficaci per ottenere una sempre maggiore trasparenza nella pubblica amministrazione, partendo da un generale ammodernamento dei sistemi informativi per l'erogazione dei servizi ai cittadini, fino ad ottenere l'abbattimento del digital divide, che oggi purtroppo è anni luce di distanza. Eppure l'Agenzia non riesce a decollare, tra imbarazzanti vicende legate allo statuto, i moniti della Corte dei conti, quadri di intervento monchi, traballanti. In Italia non siamo ancora in grado di sapere quali e quante banche dati abbiamo a disposizione, mentre imperversano i vuoti informatici che portano all'incancrenirsi del fenomeno dell'evasione fiscale. Gli strumenti informatici già oggi ci potrebbero essere, già oggi le pubbliche amministrazioni potrebbero interloquire tra di loro, passare dati dei cittadini e delle imprese, permettere ai cittadini ed alle imprese di non faticare, non spendere soldi per avere quelle informazioni, quei documenti di cui hanno bisogno per vivere e per poter lavorare.
Sembra incredibile, ma ad oggi le politiche programmatiche riguardanti l'Agenzia per l'Italia digitale hanno dimostrato di muoversi in tante direzioni, tranne quelle che porta all'economia digitale, avanzata ed efficace. E l'esperienza in questa vicenda sembra avere insegnato davvero poco, visto che si continua a ragionare nel senso della dispersione anziché della programmazione del nostro futuro digitale, purtroppo. Si continuano a produrre provvedimenti deboli, poco incisivi, che non colgono il segno, ma rinviano, rinviano sempre, e ad un secondo momento, la scelta della strategia vincente, forse perché una strategia di base non c’è, ad oggi. E questo decreto purtroppo non sfugge a questa logica miope, nonostante il titolo che aveva fatto tutti sperare in qualcosa di davvero lungimirante e risolutivo per il nostro Paese.
La parte relativa all'Agenda digitale, infatti, non ha alcuna direzione. Si parla di governance, si istituiscono organismi, si istituiscono ancora strutture, tavoli, commissari, ancora vero e proprio fumo negli occhi agli italiani, purtroppo. E si ha l'impressione che l'Agenda digitale, nonostante i ripetuti interventi legislativi, sia tutta da rifare o addirittura da rimettere o mettere in piedi ex novo, e che per ottenere i risultati, che già avremmo dovuto avere, sia necessario ripartire da zero. Ma purtroppo dobbiamo sempre partire da zero in questo Paese e in questo settore. Non sono ancora chiare le posizioni di comando, le linee di indirizzo, le priorità rispetto ai programmi che l'Agenda digitale deve realizzare. E l'Italia continua a non riuscire a combinare elementari incroci tra banche-dati nonostante siano gestite e finanziate con fondi pubblici, rimanendo un fanalino di coda nella classifica europea delle amministrazioni online. Il nostro Paese potrebbe Pag. 104competere a testa alta nel settore della digitalizzazione, ma anche in questo campo, come in quello della ricerca, l'Italia non decolla, a causa della mancanza di politiche nazionali che abbiano come obiettivo il futuro. Così stando le cose, ci chiediamo quali prospettive vi siano per l'Agenda digitale. Lo vorremmo sapere anche per consentirci di avviare interventi correttivi che non siano confezionati all'ultimo momento, con la stretta alla gola della solita urgenza e che ormai caratterizza i lavori parlamentari. Mi accingo a concludere. Per queste ragioni, con l'ordine del giorno all'esame chiediamo al Governo l'impegno di riferire mediante il commissario incaricato, con cadenza trimestrale, alle competenti Commissioni della Camera dei deputati, in ordine ai programmi e all'avanzamento dell'attuazione dell'Agenda digitale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Lombardi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/184.
ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, anche l'ordine del giorno che presento io è connesso all'articolo 13 sull'Agenda digitale.
L'Agenda digitale italiana è stata istituita il 1o marzo 2012 per intervenire in alcuni settori cruciali per un Paese moderno, quali identità digitale, pubblica amministrazione digitale e open data, istruzione digitale, sanità digitale, pagamenti elettronici e giustizia digitale.
L'agenda è quindi nata per un duplice obiettivo. Da un lato, sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione – Information and Communication Technology, come si usa dire all'estero dove questi servizi, queste parole, queste innovazioni non sono fantascienza, ma sono una realtà –, per favorire l'innovazione, la crescita economica e la competitività, grazie ad un mercato digitale unico basato su un Internet veloce. Si pensi che l'implementazione dell'agenda digitale europea potrebbe incrementare, nei prossimi otto anni, addirittura del 5 per cento la ricchezza prodotta dall'Europa e che recenti stime – riprese nel corso di un recente convegno promosso dalle associazioni dei professionisti dell'ICT di Italia, Grecia e Spagna – calcolano come ogni aumento pari al 10 per cento dello sviluppo della banda larga possa produrre un balzo del PIL compreso tra lo 0,9 e l'1,5 per cento. Questo è il PIL che ci piace, fatto di lavoro intelligente, fatto magari anche di telelavoro e quindi una razionalizzazione dei trasporti, degli orari, della qualità della vita delle persone.
Dall'altro lato, l'altro obiettivo dell'Agenda digitale è costituito dal fatto di portare, nel breve periodo, grandi trasformazioni nella vita quotidiana dei cittadini, magari una volta tanto facilitandola invece che complicandola o vessandola. È qui che l'Italia deve investire per la sua crescita, poiché la rivoluzione digitale si riverbera in modo articolato, non solo nei settori economici di un Paese, ma anche e soprattutto nel suo profilo sociale, ne determina la modernità, la vicinanza dello Stato ai cittadini, la qualità della vita delle persone.
Cogliere le opportunità della rivoluzione digitale significa, quindi, essere consapevoli che la valorizzazione e la gestione di questa innovazione è un compito che deve essere preso in carico «orizzontalmente» da tutti i settori delle istituzioni e delle imprese, sfruttando il potenziale delle ICT per risolvere le sfide sociali emergenti.
Tuttavia, nonostante le migliori intenzioni con cui il nostro Paese si è impegnato a recepire, nel maggio 2010, la normativa comunitaria in materia, l'Agenda digitale italiana ha attraversato diverse stratificazioni dal punto di vista normativo – come uso e costume nel nostro panorama legislativo – non sempre – anzi diremmo quasi mai – conseguendo i risultati sperati.
Di recente, particolari novità si registrano nella concezione di questa cabina di regia – adesso in questa legislatura va di moda questa espressione – che ha visto un ulteriore e significativo cambio di impostazione Pag. 105con l'emanazione del provvedimento, e qui vorrei che coglieste l'ironia. Le novità introdotte riguardano la governance dell'Agenda digitale italiana: ad avviso nostro, dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, ancora una volta ci si è quindi preoccupati di spartirsi le poltrone disponibili, invece di disciplinare in modo più rigoroso l'attività dell'agenda, della quale, nonostante il lungo elenco di programmi e l'indicazione di attività, non si conoscono gli obiettivi, le priorità, la pianificazione e le strategie.
Per tutto quanto detto, questo ordine del giorno impegna il Governo a riferire tempestivamente alle Commissioni competenti alla Camera dei deputati in ordine alla pianificazione dei lavori e alle priorità per l'attuazione e il raggiungimento degli obiettivi dei sei assi strategici in cui essa è suddivisa.
PRESIDENTE. Colleghi, visto che ci organizziamo, la Conferenza dei capigruppo – come sapete – è convocata alle ore 21. Quindi, in modo che ciascuno sappia come evolve la situazione, a questo punto si svolgeranno ancora gli interventi degli onorevoli Cozzolino, Fantinati e Crippa, poi sospendiamo la seduta che riprenderà subito dopo gli esiti della Conferenza dei capigruppo.
L'onorevole Cozzolino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/185.
EMANUELE COZZOLINO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, l'ordine del giorno a mia prima firma ha una finalità estremamente chiara e soprattutto ha una filosofia talmente filogovernativa che mi aspetto sicuramente un parere favorevole all'accoglimento integrale da parte del Governo.
Cosa dice l'ordine del giorno nella parte dispositiva ? Impegna il Governo ad effettuare una valutazione volta ad evitare di inserire nei futuri provvedimenti legislativi che varerà norme di proroga dei termini in relazione alle scadenze previste dalla cosiddetta spending review, ovvero la razionalizzazione e riduzione della spesa della pubblica amministrazione. L'ulteriore impegno che prevede, questo in forma leggermente più stringente, è quello di procedere quanto prima al varo dei numerosi regolamenti e decreti attuativi che dovranno rendere effettive molte norme relative al processo generale di revisione della spesa.
Ad oggi, purtroppo, anche per la tecnica normativa che il Governo Monti intese adottare al momento del varo del decreto-legge n. 95 del 2012 ed in successivi decreti, sono molte le norme, circa ottanta, che attendono di essere attuate con regolamenti e circolari varie, e dunque si limitano ad essere dei meri principi.
In premessa ho definito questo ordine del giorno filogovernativo. Non si tratta ovviamente di una provocazione, ma di un dato di fatto. Da quando ne iniziò a parlare nell'ormai lontano 2006 il compianto Ministro Tommaso Padoa Schioppa, la revisione della spesa della pubblica amministrazione è sempre stata considerata, almeno teoricamente, come un importante bacino dal quale poter trarre risorse preziose da destinare all'ammortamento del debito pubblico e/o per finanziare altre politiche pubbliche considerate prioritarie. Risorse doppiamente preziose, sia per la loro entità, sia per la loro natura, poiché queste non deriverebbero da nuove tasse o dolorosi tagli, ma dalla semplice eliminazione di sprechi e inefficienze, dunque semplicemente utilizzando meglio il denaro che lo Stato ha già in cassa.
Nello scorso anno il Governo Monti ha messo sulla carta la spending review ed ha provveduto a quantificare le risorse effettive che intendeva ottenere, pari a 4,5 miliardi di euro per il 2012; 10,5 miliardi di euro per il 2013 e ben 11 miliardi per il 2014. Risorse effettivamente ingenti, che lo divengono ancora di più in un periodo di vacche magrissime come quello che stiamo purtroppo attraversando da diversi anni.
A nostro avviso e a fronte di questi numeri, il Governo dovrebbe avere tutto l'interesse a realizzare compiutamente il progetto della cosiddetta spending review, Pag. 106e dunque dovrebbe marciare spedito come un treno verso la sua effettiva attuazione.
Purtroppo, ci sembra che questo non stia avvenendo, ma sia in atto la tendenza opposta. Dopo il varo in pompa magna del decreto n. 95 del 2012, dunque un provvedimento d'urgenza, l'opera di revisione, razionalizzazione ed efficientamento della spesa pubblica, sembra essersi persa all'interno di un banco di nebbia infinito. Una nebbia che in gran parte è stata prodotta artificialmente dallo stesso Governo Monti, con i successivi provvedimenti normativi adottati, e che, purtroppo, ci sembra continui ad essere prodotta anche dal Governo Letta.
Così ogni tanto sentiamo in lontananza qualche segnale lanciato dai dispositivi acustici del transatlantico della spending review, ma del transatlantico stesso si è persa ogni traccia sia ad occhio nudo che da strumentazioni radar.
Su questo speriamo chiaramente di sbagliarci, soprattutto nell'interesse del Paese, e questo ordine del giorno vuole consentire proprio al Governo di lanciare un segnale in questo senso che a questo punto è divenuto indispensabile, anche alla luce del contenuto del presente decreto-legge, ed in particolare dell'articolo 49 che detta una serie di rinvii e proroghe di termini proprio in materia di spending review (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Fantinati ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/186.
MATTIA FANTINATI. Signor Presidente, colleghi deputati, l'articolo 2 del decreto-legge in esame introduce un meccanismo incentivante per le micro, piccole e medie imprese che vogliano effettuare investimenti per l'acquisto anche tramite leasing di macchinari, impianti e attrezzature ad uso produttivo. Un articolo che effettivamente vuole aiutare le imprese al fine di rilanciare l'economia come anche ricorda il nome del decreto-legge. E non sono certo io a dirlo, sono sicuro che sono numeri che conoscete. Però le piccole e medie imprese rappresentano il 99 per cento del totale delle imprese che rappresentano il motore dell'Italia.
Quindi, affossare queste significa veramente non dare una capacità all'Italia di crescere. Il meccanismo prevede l'intervento della Cassa depositi e prestiti presso la gestione separata, dalla quale viene costituito un plafond che sarà utilizzato per la concessione di finanziamenti alle imprese che intendano effettuare investimenti per rinnovare i propri macchinari. I finanziamenti sono erogati dalle banche che aderiscono alla convenzione da stipulare tra il Ministero per lo sviluppo economico, sentito anche il Ministero dell'economia, Cassa depositi e prestiti e ABI.
Il nostro ordine del giorno, quello che prima era un emendamento e che poi è stato bocciato – sinceramente non capisco cosa avesse di male – prevede che il Governo si impegni, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria, a che tali finanziamenti alle imprese beneficiarie verranno da queste restituiti in caso di delocalizzazione degli impianti produttivi in un Paese che non appartiene all'Unione europea, se a questa consegua la riduzione del personale dell'azienda in questione. Effettivamente la delocalizzazione è un fenomeno che anche in questi giorni è sicuramente attuale. Molte aziende stanno delocalizzando all'estero, soprattutto in Medio Oriente e soprattutto negli Stati dove la manodopera costa molto meno. Chiediamo a gran voce che i fondi agevolati per gli investimenti alle imprese vadano a quelle che poi mantengono i livelli occupazionali in Italia e che non scappino poi con il bottino a delocalizzare all'estero.
PRESIDENTE. Per favore...
MATTIA FANTINATI. Mi scusi Presidente, era per me ? È finito il tempo ?
PRESIDENTE. No, era per cercare di garantire a lei di parlare senza le urla intorno. Prego.
MATTIA FANTINATI. Grazie. Tali fondi sono soldi nostri, sono soldi degli Pag. 107italiani. Ognuno di noi credo che sarebbe orgoglioso di dare respiro alle nostre piccole e medie imprese, se poi però questi soldi rimangono sul territorio, se questi soldi sono usati effettivamente per rilanciare le nostre imprese, la nostra economia, se creano effettivamente occupazione per i nostri giovani, ma anche per i nostri professionisti, per le nostre imprese. Effettivamente esistono casi di imprese che sono state finanziate fin troppo affinché crescessero rigogliose e poi, una volta ottenuti tali finanziamenti statali, in nome della cosiddetta internazionalizzazione, se ne sono poi andati all'estero, spostando il loro sito produttivo. Insomma, hanno delocalizzato, depauperando le nostre risorse, con un grazie e un arrivederci.
Se vogliono andarsene che se ne vadano, ma lasciando qui sedi, capannoni, mezzi di produzione, macchine, progetti, perché non è roba loro, ma è il frutto del lavoro e dell'intelligenza collettiva ed alla collettività deve rimanere. Quindi, ricordo che, se l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, come recita la base della nostra Costituzione, che il lavoro sia nostro, del nostro territorio e non sia il lavoro altrui (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Crippa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/187.
DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, esponenti del Governo, colleghi deputati, l'ordine del giorno presentato a mia firma riguarda la questione CIP6, un tema direi caldo, che ha svegliato le menti assonnate, nella notte di giovedì, nelle Commissioni riunite bilancio e affari costituzionali, tanto da dover accantonare un emendamento sulla medesima tematica, perché ad un certo momento si è rischiata l'astensione da parte del Partito Democratico. A questo punto inspiegabilmente non si è andati alla votazione, è stato accantonato e poi, con un magnifico colpo di mano, hanno ripresentato una riformulazione. Peccato che il nostro emendamento originario fosse una soppressione di un comma, per cui difficilmente posso pensare che possa essere riformulato.
Non abbiamo accettato la riformulazione e, quindi, l'hanno preso come emendamento dei relatori. Cosa vogliamo noi ? Far luce su questa questione dei CIP6 che da anni e anni parla a sproposito di questioni minime. Viene sempre delineata, l'incentivazione nel regime CIP6, come qualcosa di minimo, che non ha una rilevanza concreta e generalmente si parla sempre di incidenza in termini di costi energetici attribuibili totalmente alle rinnovabili. Ecco, forse dobbiamo un attimino chiarirci su questi aspetti, anche perché da troppi anni sentiamo parlare che le rinnovabili, con la loro componente tariffaria calcolata e caricata nella bolletta sotto la voce A3, influenzano negativamente le bollette di tutti gli italiani. Sì, certamente questo ha un fondamento di verità, però peccato che sotto queste componenti A3 ci siano questi famosi CIP6.
E giusto per darvi un'idea stiamo parlando di incentivi della portata di 3,257 miliardi di euro, di cui soltanto il 28 per cento riferito alle rinnovabili vere e proprie e il 72 per cento riferito alle cosiddette assimilate. Certo, perché alla fine siamo sempre dei maghi della terminologia e, pertanto, ci inventiamo questioni meramente italiane sul concetto di assimilate. Cosa troviamo sotto questo magnifico termine ? Impianti alimentati a combustibili di processo residui a recuperi di energia; impianti alimentati a combustibili fossile o idrocarburi. Cose tipicamente rinnovabili ! Forse dovremmo anche parlare in termini comprensibili. Dovremmo parlare del fatto che, in realtà, sotto questi termini di assimilate parliamo di prodotti della combustione di origine petrolifera, le morchie oppure gli inceneritori.
Sono concetti estremamente lontani da quelle che sono le rinnovabili, ma attenzione ai benpensanti energetici che aleggiano in queste stanze e che potrebbero dirci: in realtà noi stiamo già riducendo il regime CIP6. Peccato che abbiate escluso da questa revisione di tariffa in qualche modo sicuramente i termovalorizzatori. Ma noi stiamo già riducendo il sistema di Pag. 108incentivazione CIP6, infatti siamo passati da 187 convenzioni nel 2010 a 136 convenzioni nel 2011. In effetti, questa riduzione c’è stata. Peccato che non abbiamo ancora capito dove questa riduzione venga spalmata: sul contribuente o prendiamo dei fondi dello Stato da qualche altra parte. Infatti, purtroppo, nelle pubblicazioni del GSE del 2011 e 2012 questa parte non viene esplicitata, cioè le convenzioni rescisse in maniera anticipata non si capisce su che parte vadano a insistere. È ovvio che da qualche parte verranno caricate. Chi paga le rescissioni anticipate ? Su che componente tariffaria vanno a incidere ? Per quanti anni graveranno le convenzioni estinte ?
Pertanto, con questo ordine del giorno noi vogliamo fare chiarezza. Vogliamo impegnare il Governo ad analizzare la situazione e a censire quantitativamente e qualitativamente il peso economico di tali incentivi sulle componenti tariffarie a carico dell'utente e con qualsiasi altro onere a carico dello Stato. Lasciar stare il sistema in una zona grigia con perenne ombra non fa bene al Paese. Accendete il faro della chiarezza e della trasparenza, anche se lo avete ritirato in cantina da qualche decennio. Ormai è ricoperto di polvere. Spolveratelo e votate questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà dopo la conclusione della Conferenza dei presidenti di gruppo.
La seduta, sospesa alle 20,55, è ripresa alle 22,10.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Biancofiore, Borletti Dell'Acqua e Sisto sono in missione a decorrere dalla ripresa notturna della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 22,16).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, questa volta non è per prendere tempo, anche perché vedo che i colleghi del MoVimento 5 Stelle hanno prontamente raggiunto i banchi.
A questo punto, anche a fronte del dibattito che si è svolto in Conferenza dei presidenti di gruppo, e che credo sia opportuno risparmiare all'Assemblea nella sua replica addirittura riassunta, chiedo alla Presidenza di porre in votazione la prosecuzione ininterrotta dei nostri lavori in seduta fiume fino all'approvazione del provvedimento, con le modalità indicate dalla Presidenza nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Sulla richiesta avanzata di deliberare la seduta continuata nei termini indicati, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, ove ne sia Pag. 109fatta richiesta, darò la parola a un deputato contro e ad un deputato a favore, per non più di cinque minuti ciascuno.
LUIGI DI MAIO. Chiedo di parlare contro.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI DI MAIO. Signor Presidente, dirò poche parole su questa cosa, semplicemente per spiegare come siamo arrivati fin qui. Il nostro obiettivo – e lo porteremo avanti fino alla fine – è quello di far riflettere su quello che si sta facendo col disegno di legge costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Semplicemente far riflettere sul fatto che non era il caso che questo disegno di legge costituzionale venisse trattato con tale superficialità, in piena estate e con poche ore di discussione nella Commissione competente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo è quello che volevamo semplicemente comunicare: lo comunicheremo stando qui tutta la notte, e portando avanti una riflessione che spero coinvolga l'opinione pubblica e tutti i costituzionalisti che non la pensano come i famosi saggi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare a favore.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, anch'io credo di dover usare poche e sobrie parole, per dire che noi invece siamo qui, e che la richiesta fatta dal collega Baldelli serve per ribadire che questi provvedimenti, questo che stiamo facendo e i successivi che la maggioranza ritiene di portare all'approvazione, non servono alla maggioranza o al Governo, ma servono al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Le cose che sono contenute nei decreti-legge, in quello che stiamo discutendo, sono attese da milioni di italiani: sono piccole e grandi cose (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che vanno dalle liberalizzazioni del wi-fi alle opere pubbliche che finalmente sblocchiamo, dai contributi agli ecobonus che sono contenuti nel decreto-legge successivo alla legge sul finanziamento ai partiti. Sono cose che noi crediamo di dover portare con energia e rapidità in Aula.
Invece siamo ostaggio di vecchi metodi, che speravamo che il MoVimento 5 Stelle non utilizzasse in quest'Aula, che sono anche un po’ ricattatori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché l'idea che la maggioranza debba piegarsi perché ci sono ottanta o cento deputati che intervengono facendo perdere la notte a tutti noi non è un'idea che ci affascina e noi andremo avanti quindi con l'energia che serve fino all'approvazione del provvedimento finale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta che la seduta prosegua ininterrottamente fino alla votazione finale del disegno di legge di conversione. Dichiaro aperta la votazione.
Saltamartini, D'Agostino, Tartaglione, Portas, Latronico...
(È approvata).
La Camera approva per 165 voti di differenza.
Essendo stata approvata la proposta di seduta fiume nei termini sopra indicati, la seduta stessa proseguirà ininterrottamente fino all'approvazione del disegno di legge di conversione. La Presidenza, secondo la prassi, si riserva di stabilire sospensioni di natura tecnica ritenute necessarie. Ricordo che una volta deliberata la seduta continuata Pag. 110sono da ritenere inammissibili richieste volte a determinare con voto dell'Assemblea sospensioni a vario titolo della seduta stessa. La seduta proseguirà con le residue illustrazioni degli ordini del giorno, poi dopo il parere del Governo avranno luogo le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno in un'unica fase, come stabilito nella Conferenza dei presidenti di gruppo. Avverto anche che, data la seduta fiume deliberata, d'intesa con il Senato, le sedute delle Commissioni bicamerali e delle delegazioni parlamentari già convocate per la loro costituzione sono rinviate ad altra data, e di questo mi dispiace, mi dispiace doverlo comunicare, ma purtroppo non abbiamo altra scelta in questo momento.
(Ripresa esame degli ordini del giorno – A.C. 1248-A/R)
PRESIDENTE. Il deputato Prodani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/188.
ARIS PRODANI. Signor Presidente, colleghi e colleghe, con il seguente ordine del giorno riteniamo sottoporre all'attenzione dell'Esecutivo...
PRESIDENTE. Avvicini il microfono, non si sente.
ARIS PRODANI. ... uno dei settori più importanti della nostra economia che non ha trovato spazio tra le disposizioni del decreto-legge del fare. Mi riferisco...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, lasciamo parlare, altrimenti facciamo anche più tardi. Prego, continui...
ARIS PRODANI. Mi riferisco al comparto turistico, i cui ricavi superiori a 130 miliardi di euro nel 2012 hanno rappresentato il 10,3 per cento del PIL nazionale, garantendo l'occupazione di 2,2 milioni di persone.
È un paradosso che un provvedimento governativo finalizzato alla ripresa dell'economia non abbia assolutamente considerato questo settore come un volano per la crescita del Paese. L'Italia, infatti, è in grado di offrire circa cento tipologie di turismo delle centosessanta catalogate nel mondo, contando su di uno sconfinato patrimonio culturale, enogastronomico e di attrazioni naturali.
Questa peculiarità rende l'Italia una meta di rilievo sia per il turismo interno che per quello internazionale: ogni regione, infatti, possiede caratteristiche uniche in termini di offerta, prodotti, servizi, tipicità del comparto e delle proprie aziende.
La competitività internazionale, però, è in netta flessione come testimoniato dai dati relativi all'affluenza turistica dello scorso anno. Infatti, nel 2012, si è registrato un calo di arrivi e di presenze: i dati parziali rilevano un decremento, rispettivamente, del 5,7 per cento e del 6,8 per cento rispetto al 2011, anno in cui i turisti internazionali avevano invece superato la soglia dei 47 milioni, toccando un massimo storico a partire dal 2005. Questa flessione comporta una perdita di fatturato annuo stimabile in circa 2 miliardi di euro e in circa 300 milioni di euro di ricavi per le imprese italiane.
Gli interventi sporadici del precedente Esecutivo non sono stati in grado di risollevare il settore ed è passata in sordina l'istituzione dei distretti turistici nei territori costieri, che costituiscono «zone a burocrazia zero», finalizzate a riqualificare e rilanciare l'offerta turistica nazionale, migliorando l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione dei servizi.
Questi distretti, infatti, sono stati introdotti dal decreto-legge n. 70 del 2011 sul Semestre europeo e la loro istituzione, subordinata...
PRESIDENTE. Prego, continui !
ARIS PRODANI. Chiederei un minimo di attenzione. Questi distretti, infatti, sono stati introdotti dal decreto-legge n. 70 del 2011 sul Semestre europeo e la loro istituzione, subordinata alla richiesta delle imprese del settore, è soggetta paradossalmente Pag. 111a un iter burocratico troppo complesso: prima di tutto, è necessaria un'intesa delle imprese con le regioni interessate, propedeutica all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; in secondo luogo, la delimitazione dei distretti è effettuata dalle regioni d'intesa con il Ministro dell'economia e con i Comuni interessati, previa conferenza di servizi obbligatoria, a cui deve partecipare anche l'Agenzia del demanio.
Come se ciò non bastasse, non è stata fatta nessuna campagna informativa e il termine per la delimitazione territoriale dei distretti, fissato in precedenza al 31 dicembre 2012, rinviato poi al 30 giugno 2013 dalla legge di stabilità per il 2013, è spirato nel più completo anonimato. In una situazione di grave crisi economica, l'istituzione dei distretti è fondamentale per il rilancio turistico, per l'organizzazione del sistema ricettivo e per garantire alle imprese la possibilità di usufruire di una serie di agevolazioni amministrative, finanziarie, fiscali e per il settore ricerca e sviluppo.
Per questo motivo, ho presentato un ordine del giorno con l'intenzione di impegnare l'Esecutivo ad estendere, fino al 31 dicembre 2014, il termine per la delimitazione territoriale dei distretti turistici, le cui procedure di formazione devono essere assolutamente semplificate per non scoraggiare le imprese che intendono usufruire delle importanti agevolazioni previste con la loro costituzione.
Inoltre, e concludo, la possibilità di formare questi enti deve essere oggetto di un'apposita campagna informativa, visto che molto spesso le aziende non sono a conoscenza delle iniziative utili per «fare sistema», migliorando la propria competitività nel settore di riferimento. Grazie.
PRESIDENTE. Il deputato Da Villa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/189.
MARCO DA VILLA. Signora Presidente, posso chiederle che siano liberati i banchi del Governo ? Posso chiederglielo, visto che ci rivolgiamo al Governo e all'Aula ? È possibile ?
PRESIDENTE. Sì, per favore, colleghi, un attimo di attenzione. Sottosegretario Ferri, se non le dispiace, stiamo aspettando l'attenzione che è stata richiesta.
MARCO DA VILLA. Grazie, Presidente, l'ordine del giorno che vado a illustrare si riferisce all'articolo 37 del decreto-legge che è in corso di conversione.
Il contenuto dell'ordine del giorno, diciamo, mi permetto di dire che in un Paese normale sarebbe scandaloso. Scandaloso perché semplicemente ... Mi scusi, ma veramente faccio fatica con questa confusione. Può chiedere che venga fatto silenzio... Mi deconcentro.
PRESIDENTE. Sì, questo lo capisco ma, purtroppo, qui il brusio è qualcosa con cui dobbiamo fare i conti. Quindi, la prego di continuare, per favore.
MARCO DA VILLA. Va bene, grazie. Dicevo che sarebbe scandaloso in un Paese normale dover impegnare il Governo a rispettare le leggi che lui stesso propone attraverso la decretazione d'urgenza e questo ordine del giorno va proprio in questa direzione. Chiede una cosa molto semplice. Chiede, per esempio, che venga effettuato il monitoraggio sull'attività e sull'efficacia dello sportello unico per le attività produttive, detto SUAP, previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2011. Purtroppo, però, in un Paese normale sarebbe scandaloso ma in questo caso, nel nostro caso, possiamo dire che è scandaloso il fatto che ormai non ci scandalizziamo più di nulla, nemmeno di questo.
Venendo alla materia dell'articolo 37, questo riporta una rubrica «zone a burocrazia zero». Ecco, mai fu più appropriato il brocardo rubrica legis non est lex, poiché questa definizione, «zone a burocrazia zero», è una definizione che mal si adatta al contenuto di questo provvedimento. Le zone a burocrazia zero furono istituite con la finanziaria del 2007. Allora, si chiamavano «zone franche urbane» e furono poi convertite, con il decreto-legge n. 78 del 2010, appunto, in zone a burocrazia Pag. 112zero. Dapprima si prevedeva l'applicazione in determinate parti della penisola e poi, appunto, con questo decreto-legge del 2010 furono estese a tutta Italia o, meglio, furono estese a tutta Italia con la legge di stabilità del 2011.
In effetti, però, l'articolo 37 fa riferimento al decreto-legge n. 5 del 2012, che nulla, appunto, ha a che vedere con le zone a burocrazia zero. L'unico riferimento che possiamo trovare nella norma è l'articolo 37-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, che prevede che nell'ambito delle sperimentazioni previste dall'articolo 12 del citato decreto-legge n. 5 del 2012 possano essere previste anche zone a burocrazia zero.
Quindi, siamo di fronte a questo paradosso, per cui ciò che dovrebbe semplificare, sburocratizzare e ciò che dovrebbe alleggerire e liberalizzare in realtà è un affastellarsi di norme mal coordinate, ciascuna facente riferimento a una delle precedenti, ma senza un disegno ben preciso. Quindi, siamo di fronte a questo tipo di paradosso.
Per quanto riguarda, poi, appunto il contenuto dell'articolo, vediamo che queste fanno riferimento...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARCO DA VILLA. Vado a concludere. Fanno riferimento, appunto, a sperimentazioni che in realtà vengono rinnovate per 60 giorni oltre la decretazione di questo decreto e, quindi, praticamente un rinnovo che sta andando presto a scadenza (e concludo).
Quello che è paradossale è che questo tipo di sperimentazioni sono già in atto, ma non si ha alcuna evidenza, quindi con questo ordine del giorno si chiede appunto di verificare che il Governo effettui una verifica sulle sperimentazioni già in atto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Petraroli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/190.
COSIMO PETRAROLI. Signor Presidente, colleghi deputati e deputate, il comma 1 dell'articolo 4 del suddetto decreto del fare è l'ennesimo sopruso per la piccola e media impresa e non riusciamo a capire il perché di questo continuo accanimento verso le piccole e medie imprese che sono il vero motore dell'economia nazionale. È un settore che dovrebbe essere tutelato e salvaguardato sotto ogni punto di vista. Ma non basta una burocrazia assurda, un regime fiscale da usura, non bastano le cartelle di Equitalia e neanche la concorrenza di Paesi emergenti. No tutto questo non basta, perché il Governo ha inventato un nuovo modo per deprimere maggiormente l'economia italiana in nome del libero mercato ovviamente. Sì perché fino a ieri l'Autorità per l'energia elettrica e il gas garantiva a tutte le piccole attività, artigiani, negozianti, piccole industrie, i cosiddetti clienti vulnerabili, ovvero con un fatturato ridotto, la fornitura di gas naturale ad una tariffa protetta e quindi una tariffa indipendente dalle logiche del libero mercato. Esattamente un po’ come accade per le utenze domestiche e chissà se e per quanto tempo ancora ciò accadrà. Ma come al solito lo chiede l'Europa. Infatti nel cosiddetto terzo pacchetto energia, l'Antitrust ha segnalato al Governo e al Parlamento di non estendere ulteriormente il regime di tutela, anzi ha chiarito che sia addirittura indispensabile ridurlo fino al totale superamento. Detto e quindi fatto, d'ora in avanti, dopo questa seconda fiducia, oltre alle piccole e medie imprese, non saranno tutelate neppure le attività di servizio pubblico. Non saranno tutelati quindi gli ospedali, non saranno tutelate le cliniche, le case di cura, le scuole, gli asili. Ripeto: perché ce lo chiede come al solito l'Europa. Una cosa è certa: questa «porcata» non favorisce assolutamente la concorrenza di mercato, ma aumenta solo i margini di manovra delle società venditrici di gas in termini di condizioni praticabili. Quindi, lo consideriamo l'ennesimo favore alle lobby e agli amici di amici. Leggendo poi la relazione tecnica sui profili finanziari, si riscontrano elementi di comicità, Pag. 113come ad esempio che con la liberalizzazione del mercato del gas c’è la possibilità di stipulare contratti a prezzi inferiori agli attuali. Tale aspetto potrebbe essere un evento estremamente miracoloso contro le più banali leggi dell'economia, perché dal 1992 ad oggi non è mai capitato in nessun settore con regime di oligopolio. Ogni liberalizzazione ha portato solo e soltanto ed esclusivamente ad un aumento dei prezzi, mai il contrario. Poi io dico, se siete così sicuri che i prezzi si abbasseranno, perché allora non togliere la tutela anche dalle abitazioni civili, anche dalle famiglie. Questa norma rimuove il diritto per il cliente finale impresa di poter chiedere in qualsiasi istante al proprio fornitore di praticare le condizioni economiche stabilite dall'Autorità per l'energia su base trimestrale. Inoltre sottrae tutte le imprese dalla possibilità di usufruire dei benefici della riforma recentemente varata dall'Autorità e che avrà effetto da ottobre di quest'anno.
Infine, come ho poc'anzi affermato, in termini di quote di mercato favorisce solo gli operatori più rilevanti. Per concludere, in questo ordine del giorno chiediamo con forza al Governo di adottare un opportuno provvedimento per garantire alle utenze del servizio pubblico e alle piccole e medie imprese l'applicazione del servizio tutela del gas (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Vallascas ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/191.
ANDREA VALLASCAS. Signor Presidente, lo abbiamo detto e lo ribadiamo: questo decreto può essere definito in tanti modi, ma indipendentemente dalla prospettiva da cui lo si osserva, il giudizio finale non può che essere, non solo insufficiente nel merito dei provvedimenti, ma anche evanescente nella proposta politica.
È davvero paradossale che questa critica debba arrivare proprio da noi, tacciati dalla stampa di regime come portatori dell'antipolitica. Ma qui c’è ben altro: si parla di politica economica e di quale visione complessiva si debba avere sul presente e sul futuro del Paese. In questo decreto non vi è nulla di tutto questo. Un vuoto che viene spontaneo definire «democristiano», considerati i sui caratteri di insipiente ecumenismo decisionale. E allora, sappiate cari colleghi, della strana maggioranza, che con questo atteggiamento di chiusura nei confronti delle nostre proposte – sulle quali badate bene, abbiamo testato il polso del Paese e c’è un ampio consenso – non state facendo un dispetto al MoVimento 5 Stelle, ma state facendo del male a voi stessi, coprendovi di ridicolo al cospetto dei cittadini del mondo delle imprese, le quali in realtà non hanno bisogno dei pochi denari previsti dall'articolo 2 del decreto ai fini dell'acquisto di non meglio definiti macchinari per la produzione, ma di defiscalizzazione del lavoro e di nuovi mercati di sbocco delle loro produzioni. Questo articolo sembra scritto sotto dettatura dell'ABI. Infatti, non si capisce come mai il plafond previsto per i finanziamenti sia assoggettato al controllo bancario, dal momento che il comma 4-bis, dell'articolo 3 del decreto-legge n. 5 del 2009 dispone, in merito all'applicazione dell'articolo 5, comma 7, lettera a) del decreto-legge n. 269 del 2003, che le forme che possono assumere le operazioni di finanziamento che rientrano nella gestione separata della Cassa depositi e prestiti, possano essere realizzati direttamente dalla Cassa medesima. Un bel regalino, non c’è che dire, ovviamente caricato sul groppone delle stesse imprese beneficiarie del provvedimento. Ma andiamo nel merito della questione. La logica del finanziamento per tutto e a tutti è semplicemente stupida, perché ci si dovrebbe porre il problema della qualità delle iniziative da finanziare e di quale debba essere la direzione settoriale degli interventi di sostegno. Ci si dovrebbe infine chiedere quale possa essere l'impatto in termini di creazione di lavoro che avranno le risorse erogate sia in termini di finanziamento che di contributo a parziale copertura degli interessi sui detti finanziamenti. L'abc della programmazione economica, insomma. Vedete, Pag. 114cari colleghi, questo è uno dei motivi per cui oggi ci troviamo in Italia a competere con le produzioni cinesi, per questa incapacità della politica di realizzare un'efficiente allocazione delle risorse verso produzioni ad alto contenuto tecnologico e valore aggiunto da proporre sui mercati globali, preferendo invece la protezione di settori tradizionali, maturi, labour-intensive, ormai non più in grado di reggere il confronto con l'aggressiva penetrazione delle produzioni asiatiche in ogni angolo della terra. Queste sono scelte che devono essere prese con coraggio e quando si parla di sostegno alle imprese si dovrebbe avere la forza di calibrare questo sostegno, guardando maggiormente a quei settori suscettibili di sviluppi futuri in termini di tecnologie e mercati. Detto ciò, e qui veniamo alla sostanza dell'ordine del giorno da me proposto, vorremmo anche che ci si preoccupasse, attraverso adeguati interventi strutturali di porre in essere serie azioni di contrasto alla tendenza delocalizzatrice che sta svuotando il tessuto produttivo di vaste aree del Paese come il nord est, dove è più facile per un'impresa spostarsi di qualche decina di chilometri magari, dentro la stessa Europa, per ottenere non solo condizioni fiscali enormemente più favorevoli, ma anche quei servizi pubblici e quella certezza del diritto che sul territorio italiano latita. Ogni impresa che perdiamo trascina con sé il proprio indotto con un effetto a valanga che è possibile prevedere e che possiamo facilmente contabilizzare data la storia recente. Un territorio che perde produzione e subisce una contrazione di unità operative impiegate in quel settore e perde competitività strutturale giacché se in passato delocalizzare significava solo dare all'esterno funzioni semplici a scarso skillaggio, attualmente si delocalizzano anche funzioni di direzioni e controllo che impegnano profili professionali di alto profilo quali, ricercatori, progettisti di direzione del marketing e finanziaria, la cui perdita va ad impoverire irreversibilmente l'intero tessuto economico e sociale.
Al momento l'articolo 2 del decreto-legge in esame introduce un meccanismo incentivante per le micro, piccole e medie imprese che vogliono effettuare investimenti per l'acquisto, anche tramite leasing di macchinari, impianti, attrezzature ad uso produttivo. Tale meccanismo prevede l'intervento della Cassa depositi e prestiti attraverso una gestione separata, con la costituzione di un plafond che verrà utilizzato dalla medesima Cassa per fornire, fino al 31 dicembre 2016, provvista alle banche per la concessione di finanziamenti alle imprese che intendono effettuare investimenti per rinnovare i macchinari.
PRESIDENTE. Concluda.
ANDREA VALLASCAS. Con l'ordine del giorno che mi accingo a determinare si chiede al Governo di impegnarsi nel prevedere meccanismi premiali a favore delle imprese che, beneficiando del contributo dell'articolo 2 del decreto-legge in esame, aumentano i propri livelli occupazionali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Donatella Agostinelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/192.
DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, gentili colleghi il mio intervento riguarda due commi che sono stati aggiunti all'articolo 6 del decreto in esame.
Il Governo ci riprova con i commissari ad acta per le riconversioni degli ex zuccherifici, per cercare di imporre più facilmente ai cittadini impianti inaccettabili sul territorio, come le mega centrali a biomasse proposte a Fermo, Castiglion Fiorentino, Celano, Russi, Finale Emilia ed altri.
Con una manovra degna dei peggiori giochi di prestigio, il Governo tenta di far rientrare dalla finestra quello che la Corte costituzionale ha già cacciato fuori dalla porta appena tre mesi fa. Con la sentenza n. 62 del 5 aprile 2013, infatti, la suprema Corte ha cassato il comma 2 dell'articolo 29 del decreto-legge n. 5 del 2012, con il quale l'allora premier del primo inciucio, il Pag. 115professor Monti, aveva tentato di legittimare la nomina dei commissari ad acta per le riconversioni degli ex zuccherifici. Ed in effetti alcuni commissari ministeriali erano stati anche già nominati per i siti di Castiglion Fiorentino (Arezzo), Celano (L'Aquila), Finale Emilia (Modena), Porto Viro (Rovigo), nonché annunciati per la riconversione di Fermo.
Su istanza della regione Veneto, la Corte costituzionale, con sentenza n. 62 del 5 aprile 2013, ha cassato questa possibilità, dal momento che «L'articolo 29 in esame deve essere ascritto alla materia agricoltura riservata alla competenza legislativa residuale delle regioni: ne consegue che la norma viene a porsi in contrasto con l'articolo 117 della Costituzione tanto se la si interpreti come attributiva di un potere regolamentare, quanto amministrativo».
Questa volta il Governo prova a forzare ulteriormente la mano, riproponendo in due emendamenti all'articolo 6 del decreto del fare, che aggiungono allo stesso articolo i commi 4-bis e 4-ter, il medesimo tentativo di imporre i commissari, stavolta eludendo ed aggirando persino quanto sancito dalla suprema Corte e cercando, in maniera scomposta, di ascrivere i progetti di riconversione degli zuccherifici al di fuori della materia «agricoltura», per superare le sopra citate motivazioni della Consulta.
I due commi aggiuntivi sono stati approvati senza che né i relatori né il Governo abbiano sentito il dovere di illustrarne, in modo adeguato, il contenuto. Voglio ripeterli perché siano chiari a tutti. Il comma 4-bis, inserito con l'emendamento 6.13, attribuisce ai progetti di riconversione del comparto bieticolo-saccarifero il carattere di interesse strategico nonché il riconoscimento di priorità di carattere nazionale, in considerazione dei prevalenti sviluppi di profilo economico di tali insediamenti produttivi. Il comma 4-ter sostituisce integralmente il comma 2 dell'articolo 29 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e che era stato – come già detto – dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 62 del 2013. Il comma novellato sembra riproporre nella sostanza l'attribuzione al comitato interministeriale istituito con il decreto-legge n. 2 del 2006 al fine di avviare le misure per la riconversione delle aziende di produzione bieticolo-saccarifera, dando al comitato medesimo la possibilità di nominare dei commissari ad acta per la attuazione dei progetti di riconversione, già cassata dalla suprema Corte con la citata sentenza n. 62 del 2013.
Questo tentativo appare incoerente con l'intero quadro normativo in cui si collocano i progetti di riconversione del settore bieticolo-saccarifero e la loro implementazione: lo stesso regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006, al quale nel comma 4-ter vengono fatti riferire i progetti in questione, è «relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell'industria dello zucchero nella Comunità europea, che modifica il regolamento CE n. 1290/2005 relativo al funzionamento della politica agricola comune» (come ricordato dalla stessa Consulta nella sentenza sopra citata).
Non è chiaro inoltre sulla base di quali criteri, nella proposta di comma 4-bis, vengano definiti «di interesse strategico» e «priorità di carattere nazionale» impianti devastanti per il territorio come megacentrali proposte nella gran parte delle riconversioni, che drenano miliardi di euro di incentivi pubblici a vantaggio di pochi imprenditori.
Non solo la procedura con la quale sono stati introdotti due commi è quanto meno criticabile da un punto di vista della correttezza istituzionale. Ora che cosa è successo ? Perché vogliamo che la cosa sia chiaro a tutti. Si tratta di un emendamento posto in essere senza relazioni illustrative, senza relazione tecnica, senza necessaria ponderazione e, a voler essere del tutto onesti, questa ha tutta l'aria di essere una norma introdotta dopo che è stata posta in essere per aggirare i precedenti rilievi costituzionali.
Il M5S si opporrà, dentro e fuori le aule parlamentari, a questo ennesimo tentativo Pag. 116di passare – concludo, signor Presidente – sopra tutto e tutti, persino sopra i diritti primari sanciti dalla Costituzione e dai giudici costituzionali, esigendo il rispetto delle regole e del volere dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Vacca ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/193.
GIANLUCA VACCA. Signor Presidente, l'ordine del giorno che ho presentato riguarda un argomento abbastanza complesso soprattutto a quest'ora di notte, cioè le tasse universitarie. Infatti nel «decreto del fare» è compresa una materia che praticamente riguarda non soltanto le tasse ma anche il parziale sblocco del turn over previsto nel «decreto del fare», misura apprezzabile anche se non capiamo perché lo sblocco sia soltanto al 50 per cento e non al 100 per cento.
Questo sblocco del turn over in teoria potrebbe essere reso nullo o quanto meno restare soltanto sulla carta per due motivi, anzi sostanzialmente per un motivo: perché le università, per avere la possibilità di assumere più personale, devono aumentare le proprie entrate. Di fatto lo sblocco del personale sappiamo che è vincolato alle entrate delle università che si compongono di due voci sostanzialmente: il Fondo di finanziamento ordinario, che è il Fondo statale, erogato dallo Stato e la quota che riguarda la contribuzione studentesca.
Negli ultimi anni come ben sappiamo, grazie alle politiche tremende attuate dai due ultimi Governi in particolare – mi riferisco soprattutto al Governo Berlusconi con la tragica esperienza del Ministro Gelmini e all'ultimo Governo con il Ministro Profumo e i relativi Ministri dell'economia e delle finanze – in queste due ultime esperienze le università praticamente hanno visto decurtati i propri fondi FFO e, quindi, lo scorso anno il Governo Monti ha previsto l'aumento delle entrate universitarie tramite lo sblocco di fatto della contribuzione studentesca. Attraverso, cioè, un sistema che prevede lo scorporo della contribuzione degli studenti fuori sede, si permette all'università di aumentare la quota appunto relativa alla contribuzione studentesca. E, quindi, in tempi in cui il FFO è diminuito e in anni in cui il finanziamento da parte dello Stato è diminuito, anche se con questo decreto-legge in minima parte viene incrementato, con il vincolo del 20 per cento relativo al personale, di fatto l'unico modo che le università avrebbero per sbloccare il turn over o quanto meno portare il blocco del turn over dal 20 al 50 per cento sarebbe quello di aumentare la tassazione universitaria.
Noi vogliamo ovviamente evitare questo, perché ci sembra assurdo che si possa scaricare sulle spalle degli studenti una mancanza, una manchevolezza, una carenza da parte dello Stato e quindi chiediamo, con questo ordine del giorno, di prevedere che il Governo possa intraprendere tutte quelle misure appunto finalizzate a non far ricadere sugli studenti il costo dei nuovi reclutamenti e quindi lo sblocco del turnover, anche e soprattutto attraverso l'abrogazione dell'articolo 7, comma 42, del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, la legge n. 135 del 2012. Sarebbe questo appunto l'unico modo per evitare che, di fatto, le tanto sbandierate nuove assunzioni che il Governo bipartisan ha portato all'attenzione di tutti vengano finanziate non dallo Stato, ma vengano finanziate dagli studenti universitari. Ciò è una cosa secondo noi inconcepibile e quindi chiediamo con questo ordine del giorno al Governo di evitare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Luigi Gallo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/194.
LUIGI GALLO. Signor Presidente, signori del Governo e deputati, sono contento che ci sia qualche esponente della Commissione cultura della PD, che potrà riferire le informazioni che darò su questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Grazie agli Pag. 117stenografi e ai funzionari, gli unici che ascoltano veramente i nostri discorsi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
MARISA NICCHI. Ci siamo anche noi ! Smettetela !
LUIGI GALLO. La questione è molto semplice, ma anche fortemente emblematica direi e riguarda la pulizia delle scuole. O meglio, sembrerebbe riguardare la pulizia, ma in realtà c’è un vero sottobosco. Ora, secondo la relazione del Governo nel «decreto del fare male» ci sono 11.851 posti per collaboratori scolastici ordinari che potrebbero essere stabilizzati con la cifra di 270 milioni di euro. Queste persone non sono mai state assunte, pur se le risorse finanziarie c'erano e ci sono tutte ed ancora oggi si decide di continuare ad accantonare questi posti. A vantaggio di chi ? Del processo di esternalizzazione del servizio di pulizia nelle scuole: è questa la prima risposta formale.
Ma andiamo a vedere qual è il motivo di un'esternalizzazione. Secondo l'articolo 29 della legge n. 488 del 2001 – parliamo della finanziaria del 2002 – le esternalizzazioni devono garantire un risparmio di spesa dello Stato. Ebbene, qui la macchina si inceppa, perché le esternalizzazioni di cui stiamo parlando producono un aggravio di spesa di 110 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il Governo quest'anno se ne accorge, per fortuna, e recupera questa cifra per le assunzioni alle università. Bene, con i restanti 270 milioni di euro l'anno un buon padre di famiglia non avrebbe dubbi: spenderebbe la cifra per garantire ai suoi 11.851 figli un lavoro stabile. Ma questo Governo e i Governi di questi anni evidentemente non amano le cose sensate, perché, perseverando con le esternalizzazioni del servizio di pulizia nelle scuole, le società esterne, pur per la stessa cifra, non potranno che assumere lavoratori per svolgere le stesse mansioni, ma con condizioni e diritti al ribasso.
Con questo ordine del giorno il MoVimento 5 Stelle non vuole lasciare indietro i lavoratori precari e senza diritti delle ditte esterne che coinvolgono anche ex LSU, ma non con l'ennesimo ricatto occupazionale che continua a degradare le loro condizioni lavorative. Le forze politiche in tutti questi anni hanno gestito malissimo il problema, con rattoppi continui ed ora il Governo deve farsi carico di un percorso di stabilizzazione che riconosca il servizio prestato da questi lavoratori per le pubbliche amministrazioni e per la scuola statale e che vada verso una risoluzione definitiva.
Con questo ordine del giorno in discussione chiediamo che, al netto delle risorse recuperate per l'università, si prenda in considerazione di adoperare i 270 milioni di euro a bilancio per la stabilizzazione degli 11.851 posti di collaboratori scolastici ordinari. Sarebbe semplicemente un atto ragionevole. Significherebbe voler garantire la tutela piena dei lavoratori che svolgono tale servizio. Una scelta diversa non sarebbe comprensibile e porterebbe a chiederci nuovamente: a vantaggio di chi viene fatta questa scelta ? Non vorremmo voler credere che nelle pieghe del funzionamento dello Stato si possano nascondere altri tipi di interessi privati, ricatti occupazionali, bacini elettorali, connivenze politiche, affaristiche e sindacali. Non vorremmo che tutti gli italiani iniziassero a supporre che dietro ad esternalizzazioni e privatizzazioni non ci siano gli interessi dei cittadini, ma macchine che fanno comodo a politici e imprenditori che percorrono la stessa porta girevole.
Abbiamo la possibilità di fare una cosa semplice, lineare, trasparente, senza costi aggiuntivi. C’è da scegliere tra lavoro precario e sotto ricatto e lavoratori liberi con pieni diritti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato D'Uva ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-AR/195.
FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, colleghi deputati, membri del Governo, l'ordine del giorno che quest'oggi vi propongo vuole impegnare il Governo a Pag. 118restituire il futuro al nostro Paese. Non sto esagerando, colleghi, quello che chiedo, infatti, è il ripristino immediato del turnover al 100 per cento per i ricercatori di università e di enti di ricerca. Vi chiederete come può il cittadino D'Uva credere che un'azione così semplice possa avere un effetto tanto benefico. È senz'altro un illuso. Permettetemi di dissentire. La ricerca italiana non è in grado di attirare finanziamenti premiali europei e, più in generale, i capitali allo stesso modo della ricerca di altri Paesi. Questo, oltre che essere un fatto, è problema e come ogni problema ha almeno una soluzione. Sta a noi in questa sede individuarne una e quindi attuarla.
Da una prima analisi si può individuare il problema nei ricercatori. Forse è una questione qualitativa. Magari i nostri ricercatori non sono in gamba come quelli stranieri. Magari hanno una formazione inferiore rispetto a quelli stranieri. È una tesi, questa, che troverebbe facile avvaloramento nei continui tagli che hanno interessato negli anni i settori dell'istruzione scolastica e universitaria. Tagli a cui nemmeno questo Governo ha dato uno stop e questo malgrado i propagandistici proclami enunciati durante i primi giorni del suo operato. Ancora riecheggiano nella mia testa le parole che il Presidente Letta espresse il 5 maggio su Rai3: se ci saranno dei tagli su cultura, scuola e ricerca, mi dimetto. Per come è stata formulata questa frase, credo allora che si debba dimettere perché, anche se sono stati decisi dai Governi precedenti, i tagli in questi settori ci sono eccome e ci sono adesso.
Non solo, proprio in questo decreto, al comma 5 dell'articolo 58, la copertura finanziaria per l'aumento del turnover dei ricercatori dal 20 al 50 per cento – aumento gradito, ma, comunque, non sufficiente a garantire gli standard qualitativi di cui siamo capaci – è stato garantito dal taglio ai servizi di pulizia nelle scuole. Insomma, si è costretto il MIUR a gestire i propri fondi alla meno peggio, invece che garantirne di nuovi, con la conseguenza che si è dato alla ricerca a discapito dell'istruzione. Questo è un taglio e, quindi, già è venuta meno la parola del Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma torniamo alla formazione dei nostri ricercatori.
Malgrado i numerosi tagli subiti, i nostri ricercatori continuano a spiccare per professionalità, inventiva e voglia di fare, sia qui che all'estero. E questo esclude categoricamente la possibilità che sia la qualità dei nostri ricercatori la causa del problema di cui sopra. In realtà, una delle più grandi criticità del mondo della ricerca è il basso numero di ricercatori.
Per avvalorare questa tesi, basta considerare che quando i dati sui finanziamenti premiali europei sono combinati con i dati sul prodotto interno lordo, piuttosto bassi in rapporto ad altri Paesi europei, e soprattutto con dati sul numero dei ricercatori derivati dall'Ufficio europeo di statistica, l'EUROSTAT – che dà l'Italia fra i Paesi dove ricercatori sono una rarità –, ne risulta che l'Italia è al secondo posto in Europa, dopo l'Olanda, per capacità di attirare i finanziamenti europei in rapporto al numero di ricercatori operanti nel Paese e nella stessa posizione se si considera i finanziamenti in rapporto al PIL.
A questo punto è chiaro che chi ha a cuore il mondo della ricerca è tenuto a votare favorevolmente questo ordine del giorno. Anche il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, appartenente al Democratic Party, quindi il Partito Democratico americano, ha affermato: «In un momento difficile come il presente, c’è chi dice che sostenere la scienza è un lusso, quando bisogna dare priorità a ciò che è assolutamente necessario. Sono di opinione opposta. (...) Per reagire alla crisi, oggi è il momento giusto per investire molto più di quanto si sia mai fatto nella ricerca applicata e in quella di base». Bene. Non volete ascoltare un grillino ? Ascoltare il Presidente degli Stati Uniti, tanto stimato da molti di voi, e votate in modo favorevole questo ordine del giorno.
Non volete ascoltare nemmeno Obama ? Ascoltate l'Europa ! «Ce lo chiede l'Europa»: una semplice constatazione o un mantra, che ha giustificato i provvedimenti più impopolari degli ultimi anni ? Con il Pag. 119voto di oggi darete una risposta a questo interrogativo. Eh sì, perché anche l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l'OCSE, afferma che il numero di addetti del settore ricerca e innovazione, in relazione al totale della forza lavoro, risulta in Italia inferiore alla media europea. Nel 2010, operano in Italia 8,8 addetti alla ricerca ogni mille occupati, mentre sono 10,4 nel complesso dell'Unione europea a 27.
Orbene se le parole di Obama hanno un senso, investiamo sulle risorse umane del nostro Paese, non lasciamo che i cervelli nostrani fuggano altrove, o che quelli stranieri non si sognino nemmeno di venire in Italia. A tal proposito, saprete senz'altro che dei 287 ricercatori vincitori dei fondi distribuiti dal Consiglio europeo della ricerca solo otto – sì, colleghi, otto su 287 – hanno scelto di fare ricerca in Italia. In particolare, si tratta di sette italiani e uno straniero. Ma il dato ancora più allarmante è che i vincitori italiani sono diciassette e che, quindi, ben dieci hanno preferito allontanarsi dal Belpaese. Come biasimarli ? Qui in Italia le prospettive erano già scarse prima dell'abbassamento del turnover voluto nel 2008, figuriamoci adesso !
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FRANCESCO D'UVA. Per concludere, signor Presidente, investire nella ricerca dei ricercatori permetterebbe al Paese di accreditarsi verso quei settori in cui può diventare leader e, nello stesso tempo, farebbe percepire agli italiani che lo Stato crede che un futuro migliore e ciò darebbe speranza ai cittadini, permettendo loro di considerare il periodo di crisi come una fase discendente...
PRESIDENTE. Concluda.
FRANCESCO D'UVA. Yes, you can (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
PRESIDENTE. Con questo auspicio del «yes, you can», andiamo avanti !
La deputata Di Benedetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248/A-R/196.
CHIARA DI BENEDETTO. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi deputati, l'attuale legislazione prevede che il credito di imposta possa essere chiesto dalle imprese di produzione cinematografica per un importo pari al 15 per cento del costo complessivo della produzione e fino all'ammontare massimo di 3 milioni 500 mila euro per periodo di imposta. Nel caso di produzioni associate, il credito di imposta spetta a ciascun produttore associato, in relazione alle spese di produzione direttamente sostenute in proporzione alla quota di effettiva partecipazione.
Sono beneficiari del credito di imposta i film di nazionalità italiana e i film riconosciuti di interesse culturale dalla Commissione per la cinematografia. Nell'ambito di questi ultimi, la stessa Commissione può attribuire l'ulteriore qualifica di «film difficile» ai fini di un innalzamento della soglia di aiuti pubblici e, quindi, anche dell'entità del beneficio fiscale.
Il credito d'imposta spetta anche ai film o parti di film stranieri nel caso di realizzazione sul territorio, con valorizzazione del territorio stesso ed evitando ambientazioni artificiali. Destinatarie sono imprese di produzione esecutiva ed industrie tecniche.
Questa è, in sintesi, la disciplina del tax credit attualmente vigente in Italia. Si tratta di uno strumento che si è rivelato, sin da subito, assolutamente imprescindibile per le sorti del cinema in Italia, in primo luogo perché interviene su un piano di incentivazione virtuosa dell'investimento nel settore, creando meccanismi di sana impresa cinematografica; e in secondo luogo, perché è una sorta di patto avvenuto tra i produttori ed il Governo.
I primi si impegnavano, infatti, a tollerare una graduale diminuzione dei fondi provenienti dal FUS e lo Stato, in cambio, apriva in modo netto ed univoco all'introduzione del tax credit, intervenendo proprio sui nodi che presentano maggiore Pag. 120criticità, ovvero l'attrazione di investimenti stranieri, la creazione di posti di lavoro e il meccanismo premiale della qualità, è ad oggi l'unico mezzo con cui fare cinema. Il Governo, oggi, rimangiandosi la parola, vuole dimezzare il limite massimo di spesa per l'anno 2014, abbassandolo da 90 milioni di euro stanziati nel 2012 a 45 milioni di euro. Il provvedimento all'esame, infatti, all'articolo 11, estende al periodo di imposta 2014 i crediti di imposta per la produzione, la distribuzione e l'esercizio cinematografico previsti dall'articolo 1, commi da 325 a 328 e da 330 a 337, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro. I meccanismi di incentivazione fiscale a favore degli investimenti nel settore cinematografico, introdotti dalla legge finanziaria per il 2008, sono stati prorogati a partire dal 1o gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 dall'articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 225 del 2010. Nella succitata disposizione, tuttavia, la disciplina dell'agevolazione è stata modificata, come ho detto, al fine di introdurre un limite massimo di spesa di 45 milioni di euro, dunque l'agevolazione è decurtata del 50 per cento rispetto a quella prevista per il 2013. Un provvedimento del genere avrebbe come effetto immediato quello di mettere a rischio licenziamento almeno 2.500 lavoratori del settore e, a cascata, una compressione drammatica degli investimenti in un settore già di per sé asfittico ed alla continua ricerca di risorse economiche.
Ci troviamo, dunque, oggi, a discutere se assestare o meno un colpo mortale al cinema italiano: mantenere, si badi bene, mantenere non accrescere, mantenere uno strumento che in qualche modo ha saputo tenere in piedi la produzione cinematografica italiana tanto da spingere i produttori e i lavoratori del settore a minacciare iniziative di protesta, giungendo a boicottare importanti manifestazioni pubbliche del mondo del cinema come, ad esempio, il festival di Venezia, oppure mutilarlo in modo criminale.
È chiaro che un taglio del 50 per cento al tetto di spesa metterebbe a serio rischio le produzioni e gli investimenti, determinando uno sperpero inaccettabile di talenti, di idee e di grandi eccellenze italiane. Non possiamo certo consentire una cosa simile. Un Governo che, svariate volte, ha affermato che la cultura deve essere posta al centro del rilancio dell'Italia, non può permettersi di varare un provvedimento che brilla solo per ottusità e assenza di lungimiranza. Un Governo che si renda promotore di tale iniziativa, sarebbe colpevole dei licenziamenti che ne deriverebbero e sarebbe responsabile di un impoverimento drammatico della produzione cinematografica e della cultura italiana. Per questa ragione riteniamo che occorra non solo mantenere inalterato il tetto, ma che serva affiancare al tax credit anche altri provvedimenti finalizzati alla defiscalizzazione e all'incentivazione della produzione cinematografica e culturale in generale.
Sfidiamo, quindi, il Governo sul terreno della coerenza, in virtù anche di quanto il Presidente Letta, così come il mio collega D'Uva ricordava prima, ha coraggiosamente affermato qualche tempo fa, che è vero che se ci fossero stati ulteriori tagli al settore della cultura si sarebbe dimesso. Se davvero si tiene alle sorti della cultura in Italia, si prendano dei provvedimenti opportuni, si allinei il tetto di spesa agli standard degli anni passati, ovvero a 90 milioni...
PRESIDENTE. Deputata Di Benedetto, concluda.
CHIARA DI BENEDETTO. Mi avvio a concludere; e si intraprenda una seria politica di incentivi per il cinema italiano votando favorevolmente a questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Il deputato Battelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/197.
SERGIO BATTELLI. Signora Presidente, tra le attività culturali, oltre a quella cinematografica, spetta un posto di grande rilevanza artistica alla distribuzione Pag. 121e all'esercizio di prodotti musicali. Riteniamo, quindi, come illustra questo ordine del giorno, che venga riconosciuto un beneficio sul credito di imposta, come già avviene per il settore cinematografico, a tutte le imprese produttrici di prodotti fonografici che svolgono questa attività in maniera prevalente e continuativa. Riteniamo che non si debba più aspettare; è giunto il momento, da un lato, di sostenere la trasformazione dell'industria musicale verso nuovi scenari aperti al mercato della rivoluzione tecnologica e, dall'altro, quello di promuovere fortemente il prodotto musicale italiano fatto di giovani e professionisti, favorendo lo sviluppo di sinergie fra cinema, musica, teatro e danza, essendo tali settori sempre più interdipendenti tra loro. Pensiamo ai video musicali, pensiamo ai musical, pensiamo ai teatri che potrebbero rimettere in moto un settore che, da anni, cerca di essere ascoltato, abbandonato completamente dalla politica.
La musica registrata, come quella dal vivo, genera un valore aggiunto per una molteplicità di imprese: operatori e settori industriali, piattaforme digitali di social media, produttori di apparecchiature audio, lettori MP3, smartphone, rivenditori e gestori dei locali dove si fa intrattenimento, televisioni, commercianti e promoter di concerti. Ognuno di essi trae vantaggio dai continui investimenti e sforzi che le case discografiche, soprattutto indipendenti, dedicano alla scoperta, alla crescita e alla promozione di talenti artistici. Il settore musicale costituisce un momento strategico di crescita civile e sociale del cittadino e della collettività, e un importante segmento economico del Paese, un settore che individua e sviluppa nuovi talenti valorizzandoli, promuovendoli anche all'estero. Questo patrimonio artistico fatto di tradizioni, esperienze e professionalità, va tutelato, promosso, rilanciato e incentivato, in quanto esso rappresenta l'identità del nostro Paese. Siamo certi che un aiuto in termini di benefici sul credito di imposta potrebbe dare impulso a centinaia di giovani, che potrebbero sfruttare le loro doti artistiche e le loro passioni per proporsi a giovani produttori coraggiosi e innovativi, realtà indipendenti disposte a tutto per promuovere un artista in cui credono.
Si può e si deve sostenere il settore tenendo conto di alcuni fondamentali punti: la musica in tutte le sue forme riveste un ruolo determinante nell'ambito della cultura italiana e va salvaguardata e tutelata; la produzione discografica e di eventi musicali dal vivo sono parte integrante della produzione culturale del Paese; per favorire la diffusione della cultura musicale è essenziale il coinvolgimento di scuole di ogni ordine e grado, con esperienze di educazione e di formazione musicale sul territorio; le nuove tecnologie offrono grandi opportunità per la ricerca e lo sviluppo della musica italiana, e le politiche industriali del Paese devono promuovere l'offerta di servizi innovativi; è necessario supportare gli imprenditori italiani della musica, in particolare i piccoli e i medi produttori indipendenti, perché l'offerta musicale sia sempre più ricca, articolata e meno omologata alle logiche delle multinazionali.
Concludo invitando a ragionare su questo ordine del giorno e sul valore culturale ed economico che la musica e tutto ciò che le ruota attorno può generare per il bene della nostra cultura e del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Simone Valente ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/198.
SIMONE VALENTE. Signor Presidente, colleghi deputati, membri del Governo, l'ordine del giorno che porta la mia firma e voglio illustrarvi è volto ad impegnare l'Esecutivo a varare tutta una serie di procedure di controllo e vigilanza sull'utilizzo dei fondi di ARCUS Spa. Noi del MoVimento 5 Stelle siamo molto rammaricati del fatto che gli emendamenti presentati in Commissione a firma Centemero abbiano riesumato questo carrozzone che il decreto sulla spending review del Governo Monti, in un sorprendente, quanto rarissimo, momento di lucidità mentale e Pag. 122di contatto con la realtà, aveva messo in liquidazione a partire dal 1o gennaio 2014.
Si tratta appunto di un carrozzone, perché questo è, e siamo convinti che sicuramente rientri nei tanti provvedimenti a cui si riferiva l'onorevole Rosato e che milioni di italiani aspettano, sicuramente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma andiamo avanti. Quale motivo – ci chiediamo –, ma soprattutto quale necessità economica per resuscitare una società immischiata in affari non molto chiari e in un utilizzo di fondi pubblici in maniera scriteriata, quanto meno poco trasparente ? Già in diverse occasioni la Corte dei conti ha avuto modo di denunciare come la ARCUS si sia trasformata in una vera e propria agenzia ministeriale per il finanziamento di interventi spesso non ispirati ai principi di imparzialità e trasparenza. In effetti, da quanto si evince dalla relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria di ARCUS relativa all'anno 2010, resta ferma – cito – l'esigenza che le scelte sui progetti siano precedute dalla fissazione di idonei criteri di autolimitazione e da adeguati procedimenti di garanzia. Va anzi ribadito che appare indispensabile l'anticipata definizione di un compiuto ed ampio proprio percorso programmatorio che coinvolga i diversi livelli di Governo e i principali attori del settore sul territorio, e che comunque sia posto fine a fenomeni di eccessiva frammentazione degli stanziamenti e di iniziative sostitutive o integrative di quelle ordinarie ministeriali.
Non sappiamo, dunque, cosa abbia spinto la maggioranza a dissotterrare questa società. Quel che sappiamo è che casualmente fu una creatura dell'ex Ministro Urbani (Governo Berlusconi III), appositamente creata per avere mano libera su denari e finanziamenti relativi ai fondi sulle grandi opere culturali.
Quel che sappiamo è che i fondi assegnati a questa società sono utilizzati senza rispettare nessun limite predeterminato, con mancanza di un reale controllo, oltre per un assenza di totale di programmazione efficace ed efficiente.
Quel che sappiamo è che se questi soldi venissero gestiti direttamente dal Mibac avremmo un consistente risparmio ed una maggiore trasparenza sull'utilizzo dei fondi, questo chiedevamo nei nostri emendamenti. Pensate che solo per l'affitto della sede in via Barberini, qui vicino, un elegante ufficio di 350 metri quadrati, risultano necessari circa 175 mila euro l'anno oppure, ad esempio, che per un organico di circa 10 persone esiste un CdA composto da sette membri con prebende da parecchie decine di migliaia di euro. Come se il Ministero dei beni culturali non avesse personale e uffici adeguati a svolgere le funzioni affidate a questa struttura. Il Mibac ce l'ha queste strutture, e allora perché non le utilizziamo ? È questo che mi chiedo.
Allora, chiedo: siete consci di aver rimesso in piedi una società che è stata commissariata nel 2007 ? Siete consapevoli che ARCUS è stata coinvolta direttamente nell'inchiesta sul G8 e la «cricca» degli appalti ? Forse ne siete a conoscenza ? Non lo sappiamo; forse lo sapete, chi lo sa ? Ma noi vogliamo segnalare e portare a conoscenza di questa Aula, ma soprattutto dell'opinione pubblica e dei cittadini che sono a casa e che ci seguono, alcune «chicche» di questo «braccio destro» dei gabinetti dei ministeri.
Vogliamo ricordare alcuni episodi ? Ad esempio il fatto che il palazzo di Propaganda Fide, palazzo extraterritoriale del Vaticano, ha ricevuto 2,5 milioni una tantum – per citare un funzionario del palazzo, intervistato a Presa Diretta, a questo si riferisce –. Oppure, ancora, gli 1,5 milioni di euro per ristrutturare l'affascinante Villa Mansi di Capannori, provincia di Lucca, di proprietà privata. E che dire infine di rifinanziamenti ad capocchiam erogati al Dipartimento di archeologia dell'università di Padova, alla fondazione Aquileia e alla Scuola archeologica di Atene ? Sapete quale importante persona è legata a questi tre enti ? Eh, beh, la sorella del senatore Ghedini, guarda caso avvocato del vero padrone di questo Governo e mente della nascita di questa società. E, Pag. 123casualmente, la signora in questione, tra il 2003 e il 2006, è stata consigliere di ARCUS Spa...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SIMONE VALENTE. Ebbene, abbiamo visto come tutta questa società venga gestita. Pertanto, chiediamo appunto che ci sia sicuramente più trasparenza nella gestione di questi fondi e questo si auspicano i cittadini, si auspica il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Marzana ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/199.
MARIA MARZANA. Signor Presidente, colleghi deputati, colleghi del MoVimento 5 Stelle, molto numerosi in Aula. L'ordine del giorno da me presentato è incentrato sull'articolo 59 del decreto che stiamo esaminando e tratta delle borse di mobilità studentesca erogate agli studenti meritevoli e in condizioni economiche sfavorevoli.
Queste borse sarebbero erogate direttamente dal MIUR e, in questo senso, è bene ribadire che la materia dell'articolo 59, vale a dire il diritto allo studio, è di esclusiva competenza delle regioni, così come stabilito dall'articolo 117 della Costituzione. Pertanto l'articolo 59, così com’è concepito, è in netto contrasto con il dettame costituzionale e si presta, quindi, a futuri contenziosi. Entrando più a fondo nel merito dell'ordine del giorno, al fine di assicurare il diritto allo studio sono necessari sostanziali interventi volti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che attualmente non riescono a garantire pienamente, e a tutti i soggetti beneficiari, il diritto di accesso allo studio.
Esiste una platea elevata di idonei non assegnatari che, vorrei ribadire con forza, riguarda studenti che non possono pagare le tasse universitarie e che quindi si trovano costretti a rinunciare all'idea di poter perseguire un'istruzione accademica. Eh già, perché sono sempre più numerose le famiglie colpite da forti disagi economici che rinunceranno ad iscrivere i figli all'università a causa degli alti costi, con buona pace del diritto allo studio e dello Stato sociale che dovrebbe, almeno sulla carta, consentire a tutti le medesime possibilità.
Quanto disposto da questo decreto-legge, che di fatto dovrebbe assicurare il sostegno del merito e della mobilità interregionale degli studenti universitari attraverso nuovi strumenti rispetto a quelli già previsti, non ci soddisfa e ci induce a credere che si tratti dell'ennesima trovata pubblicitaria di questo Governo. Infatti, invece di istituire nuovi strumenti, per poi millantare nelle varie sedi, anche europee, che questo Governo assegna fondi per il diritto allo studio, questo Governo dovrebbe dire con chiarezza che non riesce a confermare e garantire gli strumenti già in essere: altro che istituirne di nuovi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Per questo, invece di creare l'ennesimo spot pubblicitario, impegno questo Esecutivo a procedere alla razionalizzazione delle risorse da destinare agli strumenti già esistenti: occorre semplicemente sbloccare il Fondo nazionale per le borse di studio e garantire la rimozione degli ostacoli che di fatto ne impediscono l'accesso. Invece questo articolo continua a presentare delle criticità irragionevoli. Ad esempio, appare inconcepibile il requisito che stabilisce nel 90 per cento dei crediti la percentuale per accedere al beneficio previsto: una percentuale così alta è fortemente proibitiva, in quanto ciò è quasi impossibile da realizzare. Infatti escluderebbe una platea enorme di idonei: una percentuale così alta non agevola l'accesso al beneficio, rimanendo inalterata la situazione di accesso al diritto allo studio, già gravata dai costi, per molti proibitivi, delle rette. Così disponendo, questo Governo continua i suoi attacchi contro il diritto allo studio, che invece di essere garantito risulta compromesso da sempre più cieche ed irragionevoli logiche che sono poco attente alle esigenze di numerose Pag. 124famiglie, che non potranno più garantire ai propri figli una degna istruzione.
Pertanto, ridurre la percentuale di crediti formativi universitari, sebbene rimane comunque un timido segnale, sarebbe una decisione di buonsenso e di equilibrio; e soprattutto una decisione che non si presta all'ambiguità del testo del Governo, che se da una parte vuole istituire nuovi strumenti, dall'altra non solo pone condizioni quasi inaccessibili, ma fa pure finta di dimenticare che tali strumenti esistono già, e che sarebbero solo da garantire.
Insomma, mentre per il diritto allo studio universitario la Germania e la Francia stanziano qualcosa come 2 miliardi di euro all'anno e la Spagna quasi 900 milioni, l'Italia invece continua la sua battaglia di smantellamento dell'università. Infatti in Italia i fondi destinati alle borse di studio universitarie sono in continua e costante diminuzione, e la possibilità di accesso da parte degli studenti meritevoli diventa sempre più difficile, dal momento che più di 45 mila studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi economici necessari non ricevono la borsa di studio per mancanza di fondi, sicché viene loro negato di fatto il diritto allo studio.
Quindi, alla luce di quanto esposto (e concludo), anziché precedere all'istituzione dell'ennesimo strumento-farsa, con questo ordine del giorno impegno il Governo affinché consideri più urgente, logico e sensato garantire ed assicurare il pieno utilizzo di tutti gli strumenti di cui già si dispone per la tutela del diritto allo studio universitario, quali i servizi abitativi, i servizi di ristorazione, trasporti e mobilità internazionale, che non sono mai stati realmente utilizzati a causa delle continue riduzioni dei fondi di spesa ad essi destinati, attraverso una piena ed effettiva erogazione di risorse previste, capaci di garantire il diritto di accesso allo studio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Giuseppe Brescia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/200.
GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, come tutti sapranno il Fondo di finanziamento ordinario costituisce la maggiore entrata delle università: una parte di questo Fondo viene stabilito in base alle esigenze dell'università, un'altra parte viene stabilita in base all'articolo 2 del decreto-legge n. 180 del 10 novembre 2008, successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, e tale quota è destinata alla promozione ed al sostegno qualitativo dell'università.
Il comma 1, inserito durante la discussione in Commissione, modifica questo meccanismo, incrementando di molto la percentuale cosiddetta premiale. Ma come funziona tale meccanismo ? La quota premiale viene assegnata in base alle classifiche stilate dall'ANVUR, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, attraverso i dati sulla ricerca e sulla didattica nell'arco di tempo 2004-2010. Vorrei provare a questo punto a raccontarvi una breve storia che forse ci aiuterà ad inquadrare meglio il problema. Un maestro aveva due alunni soltanto, probabilmente perché viveva in un Paese dove, a causa delle politiche scellerate dei governanti che badavano tutti i giorni ad ingozzarsi e godersi la vita senza pensare ai bisogni dei propri cittadini. Ad ogni modo viveva in un Paese dal quale tutti i giovani erano scappati per cercare lavoro e possibilità di sopravvivenza altrove ed erano rimasti solo due alunni e tanti anziani. Uno era cresciuto in una buona famiglia, in una città ricca, ed era forte e sicuro di sé, sapeva già leggere e fare i conti; l'altro era nato e cresciuto in una famiglia povera e in un ambiente difficile. A quale dei due alunni credete che quel maestro, volente o nolente, abbia dovuto dedicare più tempo ed energie ? Ovviamente a quello che, non per sua colpa ma a causa di situazioni estranee alla sua volontà, era rimasto maggiormente indietro.
Sapete cosa fa invece questo provvedimento ? Con questo provvedimento si lasciano ancora più indietro quelle università che hanno avuto un parametro basso Pag. 125e che sono quelle che avrebbero senza ombra di dubbio bisogno di maggiore supporto per elevare il proprio livello qualitativo, portandolo alla pari della media nazionale.
Il comma 1, introdotto durante l'esame parlamentare, dispone infatti che la quota del Fondo per il finanziamento ordinario delle università destinato, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 180 del 2008, alla promozione e al sostegno dell'incremento qualitativo delle attività delle università statali e al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse, è determinata a partire dal 2014 in misura non inferiore al 20 per cento, con incrementi annuali non inferiori all'uno per cento e fino a un massimo del 30 per cento. Si modificano dunque implicitamente le disposizioni recate dai commi 1 e 1-bis dell'articolo 2 citato, in base ai quali gli incrementi annuali dell'originaria quota del 7 per cento del FFO destinata al finanziamento premiale sono disposti in misura compresa fra lo 0,5 e il 2 per cento.
Con riferimento ai criteri di ripartizione il comma 1 dispone che almeno tre quinti della quota premiale sono ripartiti tra le università sulla base dei risultati conseguiti nella valutazione della qualità della ricerca e un quinto sulla base della valutazione delle politiche di reclutamento effettuate ogni cinque anni dall'ANVUR. Noi riteniamo che siano proprio le università che si trovano in difficoltà a non dover essere penalizzate attraverso l'assegnazione di minori risorse. Diceva Don Milani che non c’è maggiore ingiustizia che fare parti uguali tra diseguali. Anche volendo accettare una quota premiale, la modifica che viene proposta è troppo drastica per poter essere sostenibile e probabilmente anche controversa alla stregua delle norme tuttora vigenti.
Consideriamo dunque i dati ANVUR che dovrebbero essere il nostro metro di valutazione. Come detto, la quota premiale viene assegnata in base alle classifiche stilate dall'ANVUR, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, attraverso i dati sulla ricerca e sulla didattica nell'arco di tempo 2004-2010. Davvero noi pensiamo di poter utilizzare dei dati di ben tre anni fa ? Sono, purtroppo per noi e per tutti gli studenti, costretto a ricordare che la situazione attuale, dopo la devastante riforma Gelmini, potrebbe essere completamente diversa. Non solo: non possiamo non considerare infatti che la valutazione dell'ANVUR sono in contraddizione rispetto alle classifiche di valutatori internazionali e quindi si renderebbe comunque più che necessario un approfondimento ed aprire un ampio dibattito riguardante le classifiche.
Pertanto, con il presente ordine del giorno noi chiediamo con forza al Governo di rivedere l'assegnazione delle quote premiali, nell'ambito di un confronto con tutte le parti in causa – ovvero gli atenei e gli enti di ricerca – rendendola meno drastica, al fine di evitare, per così dire, università di «serie A» e di «serie B», laureati di «serie A» e di «serie B». Altrimenti, chi se lo potrà permettere, studierà in un'università più prestigiosa mentre gli altri dovranno studiare in un'università indebolita dallo Stato e fare il doppio degli sforzi per conseguire una laurea comunque di «serie B», meno appetibile per le già poche...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIUSEPPE BRESCIA. Sto per concludere... appunto meno appetibile per quelle, già poche, aziende che ancora assumono; una laurea che con ogni probabilità finirà per incrementare il numero già cospicuo di giovani disoccupati non per colpa loro ma di una classe politica che ancora una volta non è stata in grado di garantire pari opportunità a tutti i cittadini e soprattutto ai più deboli. Invece noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo fatto di tale questione un punto di forza della nostra linea politica. Ancora oggi con tutta la forza necessaria torniamo a ribadire...
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIUSEPPE BRESCIA. ... che rimaniamo indietro.
Pag. 126PRESIDENTE. Il deputato Fico ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/201.
ROBERTO FICO. Gentile Presidente, deputati, colleghi, sono a leggere l'ordine del giorno, che poteva essere un emendamento perché, prima di entrare in questo Parlamento e prima di essere deputato, io credevo – e mi riferisco soprattutto a Bersani e a Brunetta, Presidente, che sono lì che parlano – che questo Parlamento facesse le leggi, fosse il principale legiferatore del Paese, che avesse la sua centralità, com’è da Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). In questo momento, stiamo calpestando la Costituzione, e parliamo di Costituzione. Questo mi rende profondamente triste, ma, nello stesso tempo, combattivo al massimo per ribaltare una situazione che state portando avanti in un modo vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Io credo che, così come è strutturato, questo Parlamento diventa la vergogna del Paese ! E per fortuna che il MoVimento 5 Stelle c’è e fa rispettare i diritti costituzionali che appartengono a tutti i cittadini ! A tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Veniamo dunque all'emendamento che è diventato ordine del giorno grazie a tutti i signori che sono qui seduti che, fino ad adesso, quanto ad iniziativa legislativa, hanno approvato zero leggi: zero leggi ! Questo è il Parlamento delle zero leggi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Con il mio ordine del giorno, intendo sottoporre all'attenzione del Governo la necessità di adottare misure per sostenere il tessuto economico del nostro Paese, costituito soprattutto da piccole e medie imprese che, in questo momento storico, soffrono maggiormente le conseguenze della crisi economica.
Una crisi economica causata dalla miopia dei Governi che si sono succeduti nel tempo, e quest'ultimo ne è una delle conseguenze, ma anche dai meccanismi folli dell’austerity europea che attraverso il Patto di stabilità e il meccanismo economico europeo, blocca l'ossigenazione della nostra economia reale, costringendo le risorse in luoghi che non producono reddito e crescita di domanda interna, in luoghi «altri».
Dobbiamo invece far sì che la domanda aggregata cresca in tutti i modi grazie a investimenti ad hoc e con il tramite delle banche nella loro funzione originaria, ovvero quella di finanziatori di imprese e famiglie. Lo scopo è ripristinare quel semplice, ma reale flusso del reddito, necessario per la tenuta dell'economia, ritornando finalmente alla separazione tra le banche commerciali e finanziarie, e quindi dando nuovo impulso all'economia reale a discapito di un'economia solo speculativa, ovvero quella dell'alta finanza. È sotto gli occhi di tutti che la forte recessione che ha colpito l'Italia ha creato un disagio diffuso e ha ridotto in uno stato di grave indigenza molti cittadini. Parliamo di sette milioni di persone che versano in condizioni di povertà – e questo Parlamento non fa una legge – a causa soprattutto dell'incessante crescita del tasso di disoccupazione, derivante in modo particolare dal fallimento di numerose piccole e medie imprese. In centinaia chiudono ogni mese e questo Parlamento non fa una legge di iniziativa propria. E molto spesso sono costrette a cessare l'attività perché esigono crediti dalle pubbliche amministrazioni che, non solo non ottemperano ai loro doveri in tempi ragionevoli, ma che soffocano le imprese con l'ottusa attività di riscossione di Equitalia, che non tiene conto della reciprocità delle posizioni e dell'effettiva possibilità di compensazione.
Per questo motivo, il MoVimento 5 Stelle ha voluto impegnare il Governo alla sospensione delle cartelle esattoriali nei confronti delle imprese creditrici delle pubbliche amministrazioni: vi abbiamo «inchiodato» a farlo perché altrimenti non lo avreste fatto. Come se non bastasse, dobbiamo considerare che la crisi è intervenuta in un momento storico in cui il potere di acquisto dei salari e degli stipendi era già fortemente diminuito a seguito dell'adozione della moneta unica europea. Con la conseguenza del progressivo Pag. 127impoverimento delle classi sociali più deboli. Questo autunno potremmo raggiungere livelli di emergenza sociale difficili da arginare ed è per questo che il MoVimento 5 Stelle sta costruendo un progetto, all'interno del quale tutti i cittadini in modo libero si possono muovere, perché altrimenti sarà pericoloso qui in autunno.
È inaccettabile che siano sempre i cittadini a pagare con sacrifici, precarietà, perdita di speranza, l'incapacità e le azioni della classe dirigente degli ultimi anni, e che non è stata in grado di predisporre iniziative dirette a prevenire la crisi e fronteggiare gli effetti di una situazione economica internazionale devastante e questo Parlamento fino ad adesso ha fatto zero leggi di iniziativa propria. Pertanto, è responsabilità imprescindibile della politica intervenire con misure concrete e puntuali a sostegno dei piccoli imprenditori, degli artigiani, dei professionisti, che fanno vivere il nostro tessuto economico quotidianamente.
In quest'ottica riteniamo fondamentale che il Governo valuti l'opportunità di introdurre procedure preposte a tutelare le imprese nei processi di riscossione dei crediti. L'unica possibilità per la ripresa è che le imprese vadano avanti, producano e diano possibilità di occupazione ai giovani, non interrompano i processi produttivi e creativi. Appare strategico, in tal senso, la tutela dei beni e degli strumenti necessari allo svolgimento delle mansioni, allo scopo di evitare il perdurare di situazioni di criticità fino all'interruzione stessa dell'attività.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROBERTO FICO. Concludo. Intendo, dunque, sensibilizzare, con questo ordine del giorno, il Governo, affinché adotti i provvedimenti necessari perché «gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore», di cui all'articolo 515 del codice di procedura civile, non siano solo parzialmente protetti in caso di esecuzione, come prevede la norma vigente, ma siano considerati beni assolutamente impignorabili e spero, voglio e pretendo che questo Parlamento faccia le leggi di iniziativa propria (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Massimo Artini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/202.
MASSIMO ARTINI. Signor Presidente, colleghi deputati, membri del Governo, questo ordine del giorno tratta l'articolo 48, che va a introdurre nella nostra normativa la possibilità, per il Governo, di poter essere parte attiva nel processo relativo agli accordi commerciali tra Stati con i quali abbiamo stipulato già trattati.
L'articolo, a quanto espresso chiaramente dagli esponenti del Governo, in particolare il Ministro della difesa, va a regolamentare una prassi che già è operativa.
Detto in questo modo asettico, tutto ciò potrebbe sembrare legittimo e, anzi, quasi corretto. In realtà, l'argomento di cui tratta questo articolo, anche nelle sue successive modificazioni avvenute con degli emendamenti, è il commercio delle armi.
Tale scambio è già – ed in maniera molto stringente – normato dalla legge n. 185 del 1990. Voglio, per completezza di informazione, ripercorrere i passaggi storici che ci hanno portato a quella legge. Durante la guerra tra Iran e Iraq, tramite la BNL di Atlanta, abbiamo finanziato l'acquisto di armi all'Iraq di Saddam Hussein, questo in violazione dell'embargo ONU del 1980 e del 1988. In pratica, la BNL di Atlanta aveva aperto a Saddam una linea di credito di 2,6 miliardi di dollari, di cui 720 milioni dedicati ai soli programmi nucleari del leader iracheno e il resto in vari armamenti, fra cui i gas tossici made in USA con cui Saddam gassificò i kurdi.
Il bello è che, come scoprì l'indagine del Congresso sui fatti, il colossale prestito era garantito dalla US Commodity Credit Corporation, l'Agenzia del governo USA che finanzia i crediti all’export, e fatto Pag. 128passare, per nasconderne la vera natura, attraverso il Ministero dell'agricoltura americano. Un'altra tranche del prestito godeva della garanzia della Federal Deposit Insurance Corporation, un altro ufficialissimo ente di Stato. Queste informazioni sono peraltro riportate anche nelle audizioni della Commissione d'inchiesta del Senato, svoltasi nel 1993, di cui il nostro collega Cicchitto fece anche parte. Insomma, un'operazione clandestina a sostegno di Saddam, impegnato nella guerra all'Iran, decisa direttamente dalla Casa Bianca e mascherata come credito all'acquisto di materie prime e macchinari pesanti e supportata dalla nostra rete finanziaria all'estero.
Christopher Drogoul, il direttore della BNL di Atlanta, testimoniò che la Kissinger Associates di Henry Kissinger era nel novero dei consulenti internazionali della banca e tra le imprese che avevano venduto merci all'Iraq, grazie al nostro mega-prestito, figuravano la Dow Chemicals e la DuPont, per esplosivi e napalm, la Lockheed-Martin, la Bell Helicopters e la United Technologies. Alcune di queste aziende, per inciso, come riporta la stampa in questi giorni, risultano parte attiva nell'instaurare un buon rapporto con il nostro Governo, negli incontri ufficiali con gli USA sugli F-35.
Lo scandalo soprattutto portò alla definizione della legge precedentemente indicata. L'indignazione aprì una breccia informativa sulla produzione, sui nomi degli istituti di credito intermediari e sui Paesi destinatari della produzione. Insomma, la legge n. 185 del 1990, anche se si riferisce ad un ristretto sottoinsieme di attività, è un'importante apertura su tutta la filiera commerciale del mercato delle armi.
Negli anni, dopo il 1990, sono stati fatti tentativi di modifica di questa legge (ricordo alcune modificazioni del Governo Berlusconi nel 2003), ma questo articolo allarga, nella sua concezione iniziale prontamente modificata dal Governo su richiesta della Commissione difesa nella sua quasi totale interezza, le maglie della possibilità di esportare armi, facendo sì che il Governo faccia da garante nelle transazioni industriali internazionali.
Attualmente l'Italia è un partner strategico, che potrebbe operare come testa di ponte nella vendita di armi in tutto il mondo.
L'affidabilità delle nostre aziende, come Finmeccanica, deve essere coadiuvata ovviamente dall'azione di garanzia di un Governo: questo è l'obiettivo dell'articolo. Questo è il motivo per cui abbiamo voluto presentare questo ordine del giorno. Questo per poter permettere purtroppo alle aziende USA di utilizzare le nostre aziende e di commercializzare la loro tecnologia militare e le armi tramite le nostre aziende con il beneplacito del Governo.
L'ordine del giorno che andiamo a proporre vuole recepire una richiesta che le reti di disarmo ed i cittadini sentono fortemente: integrare la relazione annuale, che deve essere presentata entro il 31 marzo, anche con un apposito capitolo che indichi per quali Paesi è stato fatto questo lavoro di intermediazione. Questo nella precisa volontà di rendere ancora più trasparente il processo governativo che deriva da questo articolo 48 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Chimienti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/203.
SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, gentili colleghi, membri del Governo, prima di illustrare l'ordine del giorno ci tengo a ripercorrere, con grande garbo e senza polemica, il modo in cui si è giunti a tutto questo. Siamo partiti da 500 emendamenti a firma del MoVimento 5 Stelle 5 e mano a mano siamo stati costretti a ridurli a ottanta, poi a cinquanta e infine a otto. Erano solo otto, ma avevamo piacere che venissero accolti, anche in virtù del fatto che rappresentiamo circa 9 milioni di italiani. Neppure questo numero irrisorio è stato accolto e ci è stata fatta la proposta ridicola di scendere a due o tre emendamenti che neppure avremmo avuto la possibilità di scegliere noi. Così è Pag. 129stata posta la fiducia. Vorrei solo ricordare all'Aula, sempre con grande garbo e con molta calma, che chi ha assunto l'autorità di proporci o imporci l'aut aut su questo misero contentino rappresenta una coalizione che governa, decide qualunque cosa, pone i veti, detta i tempi, ma non ha vinto le elezioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E non è tutto: vi siete mai chiesti che fine abbia fatto il premio di maggioranza assegnato al PD in base alla sua alleanza con SEL ? Anche il premio di maggioranza assegnato alla coalizione PD-SEL avrebbe dovuto cessare di sussistere dal momento stesso in cui questa coalizione è venuta meno con la mancata fiducia di SEL al Governo Letta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dello stesso avviso è anche il quotidiano Italia Oggi che in un articolo uscito proprio ieri, ironia della sorte, ventilava addirittura la possibilità di riassegnare il premio di maggioranza al MoVimento 5 Stelle in quanto partito più votato alla Camera e la possibilità per gli eletti del MoVimento 5 Stelle di sottoporre la questione alla Corte costituzionale o perfino alla giurisdizione europea. Dopo avervi esposto questo scenario, tutt'altro che fantascientifico, passo ad illustrare l'ordine del giorno.
All'interno del decreto «del fare», all'articolo 41, è stato inserito il comma 3-bis che stabilisce alcune norme per regolamentare i test di cessione dei materiali granulari. In particolare si va a sostituire i commi 2 e 3 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito dalla legge 24 marzo 2012 n. 28. Nella nuova formulazione viene aggiunto il comma 3-bis nel quale si indica che le spese per l'esecuzione dei test sono a carico dei soggetti richiedenti le verifiche. A nostro avviso bisognerebbe rendere maggiormente trasparente questo passaggio facilitando eventuali verifiche dei test effettuati lasciando a disposizione un campione di materiale non testato. Il problema è che il controllore è lo stesso controllato, come nella più classica delle prassi italiane: la ditta che deve vendere il materiale è la stessa che si carica degli oneri del test rivolgendosi a laboratori certificati. Prevedendo che il laboratorio certificato al quale affidare il test di cessione venga scelto dall'acquirente si garantisce una maggiore «imparzialità» spezzando il legame controllore-controllato. Per questo motivo, si impegna il Governo a valutare l'opportunità di prevedere un meccanismo in grado di garantire maggiore trasparenza con l'introduzione della possibilità di scelta del laboratorio certificato da parte dell'acquirente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Carla Ruocco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/204.
CARLA RUOCCO. Quando cominciai l'attivismo politico, da semplice militante, abitavo ancora a Napoli ed ero spinta da un motivo concreto, che toccava la mia salute e quella dei miei figli. Combattevo contro la cattiva gestione del ciclo dei rifiuti, fatta di malavita, tangenti e tumori, e mai avrei immaginato allora che sarei diventata deputato. Ma, se devo essere sincera, al tempo avrei immaginato ancor meno che, a distanza di sei anni, sarei stata costretta ancora a parlare di tutta l'immondizia morale che prospera e prolifica su quella materiale, nelle strade della mia splendida regione di origine, e di ritrovare, seduti su questi scranni, accanto a me, anche alcuni responsabili di quello scempio.
La gestione dei rifiuti in Campania è un argomento di discussione che data da tempo immemorabile. È perfino difficile indicare un anno approssimativo in cui ha inizio una problematica che si è trasformata in una vera e propria piaga, anzitutto per Napoli, ma anche per tutta la regione. I cumuli di spazzatura ammucchiati per le strade di Napoli rappresentano un'onta che non riesce ancora ad essere cancellata, e questa immagine è divenuta un'icona non facilmente eliminabile di quella città, a significare un degrado che va ben oltre quello ambientale e perfettamente collimante con il degrado politico, che purtroppo viviamo. Un danno Pag. 130che produce ancora i suoi strascichi, ma non si tratta solo di un ricordo, un episodio relegato in un passato da rimuovere. I media ora tacciono, ma contrariamente a quanto si immagina, non basta il fatto che la televisione non ne parli perché il problema della spazzatura possa dirsi risolto. La realtà è che il fuoco cova sotto le braci e talvolta riemerge, gettando vergogna su una classe politica e dirigente che nello spazio di decenni si è dimostrata incapace di mettere la parola fine su questo eterno scandalo italiano. Ho parlato di fuoco, ma i fuochi non sono solo metafora di una situazione che periodicamente torna a divampare. I fuochi sono veri e propri falò che divampano nel territorio attorno a Caserta, in un contesto fatto di rassegnazione e malavita. E mentre la politica e la stampa si girano dall'altra parte, il MoVimento 5 Stelle si rifiuta di far finta di niente, vedendo quei fiumi tossici che si alzano nella campagna e la preghiera di normalità di un popolo calpestata dall'incapacità e dalla disonestà della sua classe politica. Solo pochi giorni fa è avvenuto qualcosa di unico nella storia della Repubblica: un gruppo di circa 70 parlamentari della Repubblica si è recato sui luoghi nei quali confluiscono traffici illeciti di rifiuti industriali dal Nord Italia, gli sversamenti abusivi delle industrie locali e i rifiuti urbani e speciali. Queste montagne di immondizia, miste a sostanze nocive, si concentrano a Giugliano, nel triangolo della morte di Acerra, Nola e Marigliano e poi sempre più a est intorno al Vesuvio e nella zona orientale di Napoli. Noi siamo andati a vedere con i nostri occhi; siamo entrati nei siti di stoccaggio; abbiamo sentito il tanfo delle ecoballe e abbiamo toccato con mano la realtà di un passato che non si decide a passare e che con i rifiuti più pericolosi diventa parte permanente di un paesaggio, una pesante eredità che grava sul futuro di una regione dalle risorse straordinarie. Oggi, dopo che a Napoli si sono rimossi i rifiuti dalle strade, si prova perfino a convincere i cittadini del fatto che non solo avere montagne di rifiuti ancora sparsi per le strade extraurbane sul territorio è normale, ma che in fin dei conti non è neppure qualcosa che nuoccia particolarmente alla salute. Il portale epidemiologico dell'Istituto superiore di sanità ha dedicato proprio una sezione all'emergenza Campania, a significare l'importanza del problema. Questo ordine del giorno vuole impegnare il Governo a fare finalmente qualcosa di giusto, di utile ed economico. Si smetta di impegnare capitali ed energie per gli inceneritori, si smetta di proteggerli con l'esercito, si smetta di progettarne altri e si spenda quel poco che vent'anni, i vostri vent'anni, hanno lasciato a disposizione, per puntare al riutilizzo dei rifiuti e al loro riciclo.
Si finanzino le bonifiche dei territori martirizzati e nel contempo si inaspriscano le pene per i reati ambientali. In questa Camera si è già depositato un disegno di legge sull'inasprimento delle pene e al Senato stiamo presentando un'interpellanza per istituire una cabina di regia sulle bonifiche.
Con questo ordine del giorno potete e dovete fare qualcosa di utile, finalmente. Se non lo fate non smentirete voi stessi e ci dovrete riconoscere che, pur sedendo negli scranni, siamo differenti, ontologicamente differenti, con buona pace del vostro grande presidente Brunetta, capo indiscusso del gruppo unico dell'affare, del malaffare, delle larghe intese e dell'inciucio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Sorial ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/213.
GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, Ministre, Ministri, deputate e deputati, e anche sottosegretari e Viceministri che siedono al banco, questo mio ordine del giorno vuole garantire un diritto fondamentale e lo dedico a una persona che, dal 1993 al 1998, ha lavorato presso il programma alimentare mondiale, come portavoce per l'Italia; ad una persona che, dal 1998 al 2012, è stata portavoce dell'Alto Commissariato per i rifugiati dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, per i quali ha anche coordinato le Pag. 131attività di informazione in sud Europa; una persona che si è occupata della comunicazione riguardante i flussi di migranti e rifugiati nel Mediterraneo ed ha svolto numerosissime missioni in luoghi di crisi, tra cui ex Iugoslavia, Afghanistan, Pakistan, Iraq, Iran, Sudan, Caucaso, Angola e Rwanda.
Lei sa, Presidente, che quando ci sono situazioni di crisi, quando ci sono situazioni difficili nel mondo in cui vengono alienati i diritti fondamentali delle persone, anche il diritto all'alimentazione, alla salute o, come ormai succede anche da noi, allo studio e al lavoro, ecco quando queste situazioni di crisi avvengono è perché ci sono sempre forze dittatoriali o teneramente democratiche che cercano di fare il proprio e unico interesse, anche attraverso la manipolazione mediatica, talune volte, come da noi, strumento non solo di comunicazione, ma anche di educazione.
Alcune volte, Presidente e Governo, queste forze politiche, questi gruppi parlamentari lo fanno anche protetti dalla Costituzione, modificata spesso ad hoc per il proprio piacere e il raggiungimento del proprio interesse, così come successe in Egitto più di un anno fa, dove un gruppo parlamentare decise di modificare la Costituzione a proprio unico interesse, millantando di farlo per milioni di persone – come è successo in quest'Aula – e poi quella stessa persona fu destituita direttamente dal popolo, che dopo un anno esatto scese di nuovo in piazza per chiedere ed ottenere di essere governato da una politica vicina ai cittadini e che facesse l'interesse dei cittadini e non dei propri partiti.
Presidente, non fu una fase semplice e ci furono forti reazioni, ci furono feriti, dei morti, ma era necessario che la politica rappresentasse seriamente la popolazione e si occupasse seriamente e con risposte concrete alla crisi economica che affliggeva la gente comune, alla forte corruzione che attanagliava gli ambienti politici, alla restituzione di un futuro sereno a tutti i giovani. E questo, Presidente, si ottenne perché, oltre ai cittadini, alcune persone, istituzioni importanti si presero la responsabilità di rappresentare con tutte le forze i cittadini onesti, operando anche criticamente nei confronti dell'intera politica con scelte drasticamente contrarie alla partitocrazia, scelte impopolari nel partito che rappresentavano, ma fondamentali per la ricostruzione di un intero Paese.
Parlo direttamente a lei Presidente, con questa persona, per farle capire l'importanza di regolare sempre i giusti tempi per le riforme e per le leggi perché i cittadini del Paese che rappresenta siano sempre consci e ampiamente consapevoli di quello che viene fatto nei palazzi del potere che li rappresentano, perché possano, in virtù del diritto di espressione che dovrebbero avere, manifestare il proprio consenso o dissenso in merito.
Questo mio ordine del giorno, Presidente, vuole ricordare al Governo che gli impegni presi devono essere rispettati.
Lo dico a lei, Presidente, pensando di parlare con quella giovane ragazza che pubblicò il libro «Tutti indietro» deve racconta la fantastica esperienza nell'affrontare le principali crisi umanitarie e dove descrive finemente l'umanità, le battaglie e la solidarietà di tanti uomini italiani che rischiano la propria vita anche per creare un paese migliore (Dai banchi del PD si grida: Ruffiano !).
Lo dico, Presidente, a quella scrittrice che scrive «Popoli in fuga» ricordandole che, con le sue gesta e oggi, come mai, può fare in modo che il popolo in fuga stavolta non sia quello italiano. Questo ordine del giorno, signor Presidente, vuol difendere il diritto di espressione dei cittadini, il diritto di libertà, perché purtroppo qualcuno anche qua dentro ogni tanto dimentica quanto sia importante lottare in suo onore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, per fare il punto anche in relazione all'andamento Pag. 132dei nostri lavori. Ella, Presidente, correttamente e secondo una tradizione e una prassi consolidata in questa Assemblea nell'occasione della deliberazione delle sedute fiume, in Conferenza dei presidenti di gruppo si è riservata di fare un punto e aggiornare i nostri lavori sulla base degli iscritti pervenuti alla Presidenza e sull'apprezzamento dell'andamento dei nostri lavori. Quindi, giacché siamo prossimi allo scoccare della mezzanotte, ci sono a quanto ci risulta diversi iscritti ancora nella fase di illustrazione degli ordini del giorno, a cui seguirà la fase dei pareri, e credibilmente già saranno pervenuti alla Presidenza richieste di iscrizione in ordine alle dichiarazioni di voto sugli ordini del giorno stessi che, anche in questo caso, secondo una prassi consolidata da lei correttamente annunciata in Conferenza dei presidenti di gruppo, vengono svolte nel loro complesso e, poi, a seguire vi saranno le votazioni, una via l'altra, degli ordini del giorno depositati; le chiedo, signor Presidente, se intenda dare all'Assemblea una certezza sui tempi delle votazioni e sull'andamento dei nostri lavori.
PRESIDENTE. Sì, la ringrazio, infatti anche noi ci stavamo orientando e facendo alcuni calcoli. Considerato il numero residuo dei deputati che hanno chiesto di illustrare il proprio ordine del giorno, che sono circa 55, considerato anche il numero dei deputati che si sono iscritti a parlare per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno, che sono 106, come già lei ricordava, riteniamo che si possa individuare tra le 9 e le 9,30 di domani mattina l'ora a partire dalla quale potranno aver luogo le votazioni sugli ordini del giorno. Questo è il calcolo che noi abbiamo fatto sinora. Prima di questa ora credo sia impossibile votare.
Continuiamo con gli interventi.
Il deputato Nastri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/57.
GAETANO NASTRI. Signor Presidente, la politica degli annunci rischia di travisare fortemente i fatti per quanto riguarda le risorse destinate alle infrastrutture. Opere strategiche, anche per il Piemonte, che vengono date già per finanziate, potrebbero invece rimanere lettera morta in base a quanto previsto dal «decreto-legge del fare».
La situazione che si è creata è ambigua. Con gli originali emendamenti al «decreto del fare» proposto da molti parlamentari piemontesi di entrambi gli schieramenti, si chiedeva di finanziare alcune opere di primaria importanza per la regione, come il passante ferroviario di Torino e il collegamento ferroviario Novara-Seregno-Malpensa nella variante di Galliate, attingendo direttamente dal Fondo istituito all'articolo 18 del decreto del fare, il cosiddetto capitolo «sblocca cantieri». Il Governo però ha recepito in modo equivoco quell'emendamento, subordinando il finanziamento delle opere citate solo ad eventuali risorse revocate per altre infrastrutture non avviate entro il 31 dicembre 2013. Questo punto è grave, in quanto posticipa la questione di qualche mese senza dare alcuna certezza sul futuro finanziamento.
Aggiungo inoltre, secondo quanto segnalato dalla relazione tecnica riferita al citato articolo 18, nella quale si precisa che, ad una prima fase di rilancio del settore infrastrutturale a seguito dell'attuazione del medesimo articolo «dovrà seguire, con la legge di stabilità 2014, un'azione coerente con le priorità strategiche e di ampia portata temporale, con la previsione di stanziamenti aggiuntivi per la realizzazione di opere che, nei prossimi anni, consentano al Paese di raggiungere un adeguato livello di infrastrutturazione a sostegno della crescita e dello sviluppo».
Pertanto attraverso l'ordine del giorno, che mi auguro venga accolto dal Governo, si chiede di adottare ulteriori iniziative normative, anche in sede di predisposizione del disegno di legge di stabilità per il 2014, in grado di incrementare la dotazione finanziaria del fondo di cui al citato articolo 18, allo scopo di garantire il finanziamento delle ulteriori opere alle quali il comma 11-bis dell'articolo 25 Pag. 133attribuisce prioritariamente risorse revocate, in modo tale da garantire così quelle opere strategiche per il territorio piemontese.
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Chiedo scusa signora Presidente, intervengo solo per capire se erano le ore 9 o le ore 9,30.
PRESIDENTE. Facciamo alle 9,30 per essere sicuri, va bene ? Prima di tale ora non si vota, a partire dalle 9,30 si voterà.
Constato l'assenza del deputato Pisano: s'intende che abbia rinunziato ad illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/205.
Il deputato Rizzo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/209.
GIANLUCA RIZZO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, nella relazione introduttiva del decreto-legge, al capo terzo, si predispongono misure per il rilancio delle infrastrutture e nell'articolo 18 nel dettaglio vengono stanziate somme specificatamente per il «potenziamento dei nodi, standard di interoperabilità dei corridoi europei e miglioramento delle prestazioni della rete e dei servizi ferroviari» insieme ad altre finalità menzionate; è altresì contemplato uno stanziamento di 100 milioni di euro per l'anno 2014, al programma «6.000 campanili», concernente interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici ovvero di realizzazione e manutenzione di reti viarie nonché di salvaguardia e messa in sicurezza del territorio»; viene predisposto «che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sia approvato un programma di interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie della rete stradale di interesse nazionale in gestione all'ANAS Spa, che soffre di un significativo debito manutentorio e che richiede, in particolare, interventi di messa in sicurezza e ripristino delle opere (ponti, viadotti, gallerie), anche in considerazione del tempo trascorso dalla costruzione che, in numerosi casi, supera la durata della “vita utile” prevista progettualmente»; è stato previsto per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 fino a 100 milioni di euro finalizzati ad un piano di riqualificazione degli immobili destinati all'edilizia scolastica, per innalzarne il livello di sicurezza.
Nella relazione tecnica riguardante l'articolo 18 al comma 13, che descrive la copertura finanziaria dell'articolato, si cita testualmente che la copertura finanziaria medesima «degli oneri derivanti dall'articolo, pari a 2.069 milioni di euro, è assicurata mediante risorse destinate alla ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina (235 milioni) e allo stato non necessarie, non essendo definito il contenzioso con il general contractor».
Il ponte sullo stretto è un'opera faraonica, che nei decenni ha comportato investimenti statali ad esclusivo vantaggio della burocrazia, dei consulenti, degli esperti e del progetto su carta del manufatto, senza mai alcuna utile concreta ricaduta a beneficio della popolazione messinese e dell'intero territorio sul quale l'infrastruttura sarebbe dovuta esistere.
Vogliamo impegnare il Governo a destinare una parte delle risorse per le opere infrastrutturali per finanziare: il trasporto ferroviario della regione Sicilia (e qui vorrei ricordare, a tal proposito, il ponte ferroviario della tratta Catania-Caltagirone-Gela, crollato e rimasto a tutt'oggi in stato di precario sostegno), i collegamenti marittimi nello stretto di Messina e la riqualificazione degli immobili di edilizia scolastica nella provincia di Messina; nonché a valutare l'opportunità di finanziare le opere infrastrutturali di pubblica utilità nella città di Messina mediante l'utilizzo del programma denominato «6.000 campanili» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Currò ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/210.
Pag. 134 TOMMASO CURRÒ. Signor Presidente, colleghi, l'articolo 23 di questo decreto-legge dispone misure che, negli intendimenti del Governo, dovrebbero contribuire al rilancio del settore della nautica da diporto. In particolare, si tratta di disposizioni volte ad intervenire sulla disciplina del noleggio occasionale e sulla rimodulazione del regime di tassazione sul possesso delle imbarcazioni. Preso atto che tale settore dell'economia ha rappresentato nicchie di eccellenza del nostro Paese e constatato che l'Italia ha una forte vocazione diportista e cantieristica, con un sviluppo perimetrale costiero di oltre settemila chilometri, non possiamo noi non riconoscere che tale comparto debba essere preso in considerazione per un suo rilancio potendo esso determinare per l'Italia un'occasione di affermazione nello scenario competitivo del Mediterraneo e potendo così connotarsi quale opportunità per riconoscere al nostro Paese una vocazione turistica che dovrebbe essere oggetto delle politiche di sviluppo prioritarie di tutti i Governi.
Non è utile assumere una posizione ideologica su questo tema. È chiaro che andiamo a trattare con un settore che prefigura un consumo di beni di lusso che risultano, pertanto, oggetto dell'interesse di categorie nettamente privilegiate, così come è chiaro che non possiamo per questo costituire un presupposto discriminatorio nei loro riguardi. Ma come facciamo ad accettare disposizioni contenute nel comma 2, laddove il possessore di un'imbarcazione di 14 metri, il cui valore commerciale potrebbe giungere fino al milione di euro, si vede ora esentato dal pagamento di una tassa che ammonta a circa un migliaio di euro annuo ? Una cifra trascurabile rispetto alla capacità di acquisto di quel bene. E come facciamo, soprattutto, a giustificare questo beneficio fiscale dinanzi alla moltitudine di lavoratori e imprese che attendono fiduciosi da anni misure di sgravio fiscale che consentano loro di affrontare la crisi nel miglior modo possibile ?
Da questo punto di vista noi abbiamo cercato di fare un ragionamento serio, formulando una proposta alternativa che permetta intanto di rendere più appetibili i nostri porti turistici, intervenendo con una proposta di alleggerimento del carico fiscale che grava sui servizi erogati allo stazionamento delle imbarcazioni. Questa misura consentirebbe di invertire l'esodo che in questi anni ha caratterizzato le nostre coste rispondendo, peraltro, meglio a quello spirito di urgenza che vorrebbe animare le proposte contenute in questo decreto-legge. E come possiamo, inoltre, accettare una misura agevolativa del noleggio occasionale laddove si identifica una capacità contributiva con la durata temporale di un'attività, in evidente contrasto con quanto predisposto dall'articolo 53 della Costituzione ?
In definitiva, non capiamo perché le nostre proposte emendative non siano state oggetto dell'interesse del Governo. Noi non vogliamo dare regalie e privilegi a categorie già privilegiate. Vogliamo produrre proposte che siano a servizio dell'interesse collettivo e proprio per questo auspichiamo che il tema possa essere approfondito con questo ordine del giorno nella speranza che nel prossimo futuro le cose possano essere fatte nell'interesse generale, avendo cura di una visione organica per il rilancio del nostro Paese e non orientata a distribuire favori in rispondenza a logiche che non possono più essere accettate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Barbanti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/206.
SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, ora illustrerò l'ennesimo emendamento dequalificato a ordine del giorno. E l'occasione è ghiotta perché vorremmo dimostrare che i nostri emendamenti sono stati effettuati con cognizione di causa, hanno dei fondamenti giuridici e metodologici, ma soprattutto non rispondono a nessun interesse di nessuna lobby. Soltanto dall'inizio dell'anno in Italia hanno dichiarato fallimento circa 8.846 imprese. Significa 42 imprese al giorno. In un mese Pag. 135vuol dire che sparisce all'incirca un piccolo paese fatto di imprese. E purtroppo la morte di queste imprese, per lo più piccole e, quindi, stiamo parlando del motore e dell'anima produttiva del nostro Paese, non avviene per cause naturali, bensì per un nuovo e paradossale motivo. Si muore per credito. Le imprese muoiono per credito.
E, allora, se da un lato qualcosa è stato fatto per quanto riguarda il credito che le imprese vantano nei confronti delle pubbliche amministrazioni – ma qui auspichiamo che venga fatto molto di più, come abbiamo avuto già modo di dire un mesetto fa –, non altrettanto può essere detto per il credito che le imprese necessitano e che il canale bancario, per diverse motivazioni, fatica ad erogare.
Questa situazione è particolarmente aggravata dalla forte dipendenza delle imprese dalle banche: le imprese infatti, per i loro finanziamenti, in Italia, dipendono dall'85 per cento dal credito bancario, contro una media europea che è del 65 per cento e negli Stati Uniti questa scende addirittura al 30 per cento. E così, l'anomalia italiana, ovvero l'eccessiva dipendenza dal circuito bancario e lo scarso sviluppo della finanza d'impresa, non può che acuire gli effetti del famoso credit crunch.
Ma, allora, che alternativa abbiamo ? Ovviamente, non ho pretesa di completezza di questa trattazione né di perfetto tecnicismo, visto anche il contingentamento dei tempi, me ne scuserete tutti quanti. La dimensione delle imprese e la loro frammentazione, purtroppo, tengono lontani gli investitori istituzionali dotati di capitale. Gli stessi mini bond, di cui tanto abbiamo sentito parlare, sono partiti al rallentatore: a fronte di un obiettivo di 10-12 miliardi nel primo anno di obiettivo, ne sono stati raccolti solo 1,7 miliardi e per quattro emissioni. E per giunta, queste emissioni riguardano i brand più conosciuti e quelli di grandi dimensioni. Quindi, non stiamo parlando del vero scheletro, del vero substrato produttivo della nostra nazione. E, di converso, non possiamo neanche pretendere di adeguare il sistema produttivo agli strumenti attualmente presenti sul mercato: premere per un vasto programma di fusioni ed aggregazioni delle piccole e medie imprese snaturerebbe la nostra ossatura produttiva e minerebbe alla base il rilancio della nostra economia, il nostro modo di fare impresa.
Allora, in questo contesto, ben venga l'ampliamento del Fondo di garanzia, ma con la consapevolezza che questo è solo un supporto al funzionamento del sistema bancario, che abbiamo visto essere imprescindibile ed è il motore, la benzina di questa macchina. Sistema che, per essere ulteriormente rafforzato, dovrebbe essere incentivato, con opportuni provvedimenti fiscali e normativi, ad investire nell'economia reale e, possibilmente, nel territorio di origine delle imprese – quindi, una banca più legata al territorio –, tornando così a ridare centralità ad un asset fondamentale nel processo di valutazione del merito creditizio e, quindi, nell'erogazione dello stesso: ovvero, la conoscenza diretta del cliente. Non più computer che accendono un semaforo verde o rosso a migliaia di chilometri di distanza e giudicano se quell'impresa può essere degna di vivere, elargendo l'elemosina di un piccolo credito erogato, per giunta, a tassi elevatissimi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ma nelle more di ciò – quindi, che venga fatta questa riforma –, lo strumento più prontamente fruibile è rappresentato dall'enorme potenzialità della Cassa depositi e prestiti, con la sua dotazione, solo per citare un numero, di oltre 139 miliardi di euro di disponibilità liquide. Oltre ad un auspicabile interessamento diretto della Cassa depositi e prestiti nel prevedere uno strumento che consenta alle banche di ripulire i portafogli dai crediti in sofferenza – cosa necessaria, perché libera patrimonio e, avendo più patrimonio, ma soprattutto generando liquidità, possono ripartire i finanziamenti verso per le imprese –, l'ordine del giorno presentato vuole, in questo caso, impegnare il Governo affinché la Cassa depositi e prestiti venga dotata di provvedimenti opportuni e strumenti per supportare finanziariamente Pag. 136le imprese, senza alcun ulteriore passaggio presso intermediari finanziari che rappresentano, in questo momento e per come è costruito l'articolato, un aggravio di costo diretto per le imprese ed anche un aggravio di costo, sebbene indiretto, anche per i cittadini. Spero, quindi, che il Governo tenga conto di quest'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Alessio Mattia Villarosa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/207.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signora Presidente, premesso che: sette decreti, due fiducie e zero voglia di ascoltare, questo è il Governo di oggi, amici miei (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! E la Costituzione ? Vabbò, che importanza ha ? La Costituzione a quanto pare, qui, non ha tanta importanza. La casa comunque è un diritto fondamentale e il progressivo impoverimento delle classi sociali più deboli è causato anche dall'aumento del costo della vita, soprattutto del costo dei beni di prima necessità. L'aumento del costo dei beni di prima necessità è assolutamente sproporzionato rispetto al diminuito potere d'acquisto di salari e stipendi. E noi cosa facciamo ? A cosa pensiamo ? Pensiamo all'Expo, pensiamo alla TAV, pensiamo ai rimborsi elettorali, pensiamo ai consulenti, pensiamo a tutto ciò che non interessa realmente i cittadini. Dall'acuirsi della crisi, trasformatasi in recessione, ad oggi, si sono intensificati i casi di gesti disperati di piccoli imprenditori e padri di famiglia. Probabilmente a voi non interessa, perché state discutendo tranquillamente in Aula, però è ingiusto che i cittadini paghino con la vita l'incapacità della classe dirigente che da anni detiene il potere e che non è stata in grado di predisporre iniziative dirette a prevenire e fronteggiare gli effetti di una crisi economica internazionale devastante. Il problema è che, in altri Paesi, questa crisi si è risolta, quindi non è una crisi internazionale devastante, al momento, è una crisi per l'Italia, al momento.
La crisi manda in disgrazia i poveri e ne crea di nuovi, lo dice il rapporto Caritas 2012 sulla povertà in Italia: peggiorano le condizioni e aumenta la richiesta di aiuto da parte di anziani e casalinghe. Se nel 2011 gli assistiti erano 31.335, nei primi sei mesi del 2012 tale numero aveva raggiunto le 34 mila unità. Crescono però i ripartenti, ovvero coloro che trovano il forte desiderio di risollevarsi e si rivolgono alla Caritas per richieste di ascolto personalizzato e inserimento lavorativo. L'Italia non garantisce il diritto alla casa, eppure in questo Parlamento spesso ho sentito: ce lo chiede l'Europa. Ma perché ascoltiamo solo alcune cose che ci chiede l'Europa ? Questa è la denuncia contenuta nel rapporto 2011 redatto dall'European committee of social rights, l'ente del Consiglio d'Europa che tutela il rispetto dei diritti sociali: in particolare, il nostro Paese viola l'articolo 31 della Carta sociale europea, che al comma secondo recita: per garantire l'effettivo esercizio del diritto all'abitazione le parti si impegnano a prendere misure destinate (...) a prevenire e ridurre lo status di «senzatetto» in vista di eliminarlo – lo ripeto, eliminarlo – gradualmente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). L'Italia, che con gli altri Stati membri ha sottoscritto il Trattato da tempo, è deficitaria di politiche che assicurino un luogo dignitoso, e poi qui si parla di fretta per le leggi europee. Sicuro, l'Italia ha leso più volte la dignità umana attraverso, ad esempio, le azioni di sgombero dei rom previste dal cosiddetto Patto per la sicurezza. Il rapporto sottolinea come il diritto a una casa adeguata deve essere garantito a tutti; inoltre, non è necessario avere la residenza, richiedere l'alloggio in quella città. È una condanna grave, commenta Paolo Pezzana, presidente della federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora, che continua a sostenere a parole l'importanza dei diritti umani e della loro applicazione come segno di civiltà nel nostro Paese.
Vi vorrei dire una cosa riguardo proprio alla Costituzione: ma è normale che si facciano tutti questi decreti-legge ? È Pag. 137normale che all'interno di questi decreti-legge ci sia di tutto ? È normale che si chieda, per due volte nel giro di due mesi, la fiducia ? È normale che si aprano le Commissioni quando c’è l'Aula che discute gli ordini del giorno ? Voi pensate che noi ci abitueremo a tutto questo, ma ricordatevi che vi abituerete voi a noi e l'onestà tornerà di moda (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Daniele Pesco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/208.
DANIELE PESCO. Signor Presidente, cittadini, per introdurre e descrivervi questo ordine del giorno vi racconterò una storia, anzi, due, quella di Giuseppe, per gli amici Peppe, e quella di Giammaria, per gli amici di Giamma. Peppe e Giamma hanno in comune diverse cose: entrambi hanno 29 anni, entrambi sono lavoratori dipendenti, entrambi si alzano presso la mattina, alle 5 circa, per andare a lavorare. Sì, perché Peppe, ad esempio, domani deve andare in magazzino a prendere il furgone, un Ducato del 1997 con il cassone ribaltabile, per andare dal rivenditore edile, caricare un metro e mezzo di mista, una dozzina di sacchi di cemento, un bancale di forati e correre al cantiere. Sì, perché alle sette e mezzo deve iniziare a impastare e posare circa 50 metri quadri di sottofondo per i pavimenti della palazzina che insieme ai suoi colleghi sta ricostruendo al posto di un vecchio rudere demolito e ricostruito, guarda caso rispettando la sagoma, ma questa è tutta un'altra storia.
Giamma, invece, deve essere presto in ufficio innanzitutto per controllare la chiusura della Borsa di Tokyo, verificare un po’ di altre cosette, tra cui il mercato dell'oro e delle commodities, i futures in Europa e sul Dow Jones e altri affari sui diversi mercati finanziari, per poi programmare le operazioni da svolgere durante la giornata. Sì, perché Giamma è un agente di Borsa, un broker, uno che fa fruttare i soldi degli altri. Giamma, in più, come del resto i suoi colleghi, ha i poteri magici, quei super poteri che servono a far fruttare meglio i soldi dei suoi clienti, può difatti... Presidente, mi scusi...
PRESIDENTE. Per favore, lasciamo finire il collega.
DANIELE PESCO. Può difatti fare finta che quegli stessi soldi siano cento volte tanto l'importo reale. Questo super potere si chiama leva finanziaria. Può addirittura vendere titoli che non possiede e far guadagnare i suoi clienti quando le cose vanno male. Questo super potere si chiama vendita allo scoperto. Può addirittura utilizzare questi due super poteri insieme, con effetti che, se sommati alle operazioni eseguite dai suoi colleghi, influiranno direttamente sull'economia reale, perché alimenterà speculazione, volatilità e instabilità dei mercati, e non investimenti. Questo è giocare con i soldi e non stimolare l'economia. Peppe invece non ha nessun super potere, deve solo impastare e posare; non può aumentare il suo numero di braccia per accelerare i tempi.
Giamma oggi pensa di compiere diverse decine di operazioni e di chiudere entro stasera o entro domani, e di far fruttare bene questi soldi finti. A fine giornata sia Peppe che Giamma avranno fatto bene il loro lavoro: Peppe avrà posato circa 50 metri quadri sottofondo, mentre Giamma avrà fatto guadagnare un bel gruzzoletto ai suoi clienti. Il capo di Peppe e i clienti di Giamma saranno sicuramente contenti per i lavori fatti, forse, però, il capo di Peppe un po’ meno. Sì, perché i clienti di Giamma, che investono sui mercati finanziari, grazie al suo lavoro hanno realizzato in meno di due giorni un utile spropositato, sul quale pagheranno una tassa ridicola del 20 per cento, senza aver creato qualcosa, anzi, magari contribuendo ad affossare Paesi ed aziende in difficoltà.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 00,25)
DANIELE PESCO. Il capo di Peppe, per ricostruire la palazzina, ci metterà circa Pag. 138un anno, e per farlo è riuscito a farsi prestare a fatica un po’ di soldi dalle banche ipotecando il terreno su cui insiste l'immobile oltre a diverse altri immobili, quelli, per esempio, dei suoi familiari che gli hanno dato fiducia. Per fare i lavori, oltre a Peppe, si avvale di idraulici, elettricisti, falegnami, ponteggiatori, gessisti, piastrellisti e lattonieri. Gli appartamenti, perché tutti stanno facendo un buon lavoro, probabilmente riuscirà a venderli, ma la cosa triste è che nel nostro Paese chi fa impresa attraverso il sudore e dando lavoro a tante persone, come Peppe, deve rinunciare a circa il 70 per cento – dico il 70 per cento – degli utili per pagare tasse su tasse e contributi.
Dal 20 per cento di tasse pagate dai clienti di Giamma su un utile prodotto in due giorni, al 70 per cento pagato dal capo di Peppe su un utile prodotto in un anno c’è una bella differenza, c’è troppa differenza.
Ora capite perché stiamo morendo e perché le banche d'affari macinano record di utili su utili e distribuiscono lauti bonus e dividendi a manager e grossi azionisti ? È chiaro a tutti, ma la politica è sorda al riguardo. Il capo di Peppe, la prossima volta, non assumerà più nessuno e non investirà più tutti quei soldi nell'edilizia, lo farà sui mercati finanziari, perché conviene, e lascerà a casa Giamma e tutti i suoi amici e colleghi. E forse solo quando nessuno produrrà più nulla ci accorgeremo che i soldi non si possono mangiare. Possibile che non riusciamo a renderci conto di quanto la finanza sia diventata pericolosa negli ultimi anni...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
DANIELE PESCO. ... e quanto potere distruttivo stia accumulando con le immissioni di liquidità sconsiderate nel sistema ? Un attimo, Presidente, la prego.
Con questo ordine del giorno impegniamo il Governo a tassare al più presto, in modo un po’ più equo, e cioè almeno al 25 per cento, i profitti speculativi della finanza realizzati nell'arco delle 48 ore. Se ci sarà da votare...
PRESIDENTE. Grazie. Il deputato Cariello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/211.
FRANCESCO CARIELLO. Signor Presidente, Governo, colleghi è un piacere passare con voi tutta la notte, ma desideriamo un po’ di attenzione, grazie.
PRESIDENTE. Prego, deputato vada avanti. Invito i deputati a ridurre il brusio in Aula cortesemente. Grazie.
FRANCESCO CARIELLO. L'ordine del giorno n. 9/1248-A/R/211 scaturisce dalla discussione in merito alle coperture finanziarie di cui all'articolo 61 del decreto che più hanno impegnato le Commissioni referenti durante la discussione e, più precisamente, sulle risorse finanziarie derivante dai tagli alle emittenti televisive locali, che è stato poi infine evitato. Le televisioni locali sono televisioni libere che trasmettono in ambiti territoriali limitati; la loro finalità è quella di garantire la pluralità dell'informazione, offrire una vetrina commerciale alle imprese locali, quale volano di sviluppo, e dare un'opportunità professionale ai giovani tecnici, operatori e giornalisti, nell'esercitare e sperimentare nuove modalità di comunicazione, come un vivaio nel settore delle telecomunicazioni.
Lo Stato si è sempre impegnato a sostenere questo settore, considerato strategico per lo sviluppo delle piccole e medie imprese locali. Purtroppo, nel corso degli anni questo sostegno è stato considerato una consuetudine da parte delle emittenti locali, che la considerano ormai una forma di reddito certo e vitale per la sopravvivenza delle stesse.
Il MoVimento 5 Stelle non mette in dubbio la valenza strategica del settore televisivo locale, anche da un punto di vista formativo per tutte quelle professionalità in ambito delle telecomunicazioni. Ma va pur sempre considerato che trattasi di attività imprenditoriali che utilizzano risorse pubbliche per il proprio sostentamento.Pag. 139
Il MoVimento 5 Stelle auspica che in futuro il settore raggiunga un equilibrio tale da non richiedere il sostegno tramite risorse pubbliche, ma è altresì consapevole che il periodo non è congeniale ad un taglio dei fondi statali.
Il decreto «del fare» aveva inizialmente introdotto dei tagli lineari alle risorse destinate alle emittenti locali per razionalizzare le spese dello Stato e reperire le coperture necessarie al decreto per il rilancio dell'economia nazionale. Nella versione definitiva però il decreto del Governo ha individuato coperture alternative al fine di evitare i tagli lineari inizialmente previsti alle emittenti televisive locali. Queste alternative privano altri settori delle stesse opportunità, quali per esempio lo sviluppo della tecnologia a banda larga, infrastruttura anch'essa indispensabile ad incentivare imprenditorialità innovative e competitive nel nostro territorio nazionale.
Considerato l'impatto sul settore che questo taglio avrebbe comportato alle emittenti televisive locali e sulla base delle considerazioni mostrate in sede referente dalle Commissioni parlamentari, il Governo ha rivisto le coperture, eliminando il taglio. Le motivazioni sono comprensibili e si basano sulla crisi che il settore sta vivendo, che trova i suoi effetti principali nella riduzione dei livelli occupazionali, soprattutto tra i lavoratori del settore tecnico-operativo e giornalistico.
Il nostro ordine del giorno mira a tutelare i lavoratori del settore radiotelevisivo locale, che conta almeno 10 mila addetti. Il MoVimento 5 Stelle chiede che le risorse pubbliche destinate al settore radiotelevisivo locale siano completamente destinate a sostenere i livelli occupazionali ed al reintegro di quei lavoratori che hanno pagato e pagano sulla propria pelle i minori introiti pubblicitari delle emittenti stesse. Le risorse messe a disposizione per sostenere le emittenti locali devono avere un'unica finalità: salvaguardare i lavoratori del settore e mantenere i livelli occupazionali.
Pertanto il presente ordine del giorno impegna il Governo ad attivare, per il tramite del Ministero del lavoro, procedure di monitoraggio finalizzate alla verifica della regolarità nell'andamento dei livelli occupazionali del personale impiegato presso le emittenti televisive locali, ponendo particolare attenzione alle istanze di denuncia di crisi nel settore, con l'obiettivo di prevenire strumentalizzazioni da parte delle aziende interessate, in relazione a richieste di cassa integrazione non supportate dai requisiti di effettivo stato di crisi.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, deputato.
FRANCESCO CARIELLO. Concludo. E porre in essere, inoltre, ogni iniziativa utile a tutelare i lavoratori di un settore, a sostegno del quale continuano ad essere stanziate risorse che devono tradursi in adeguato supporto al mantenimento dei livelli occupazionali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Caso ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/212.
VINCENZO CASO. Signor Presidente, qualche mese fa è stata decisa la chiusura del presidio della DIA dislocato presso l'aeroporto di Malpensa, scalo fra i più importanti d'Europa e purtroppo anche fra quelli maggiormente interessati dal traffico internazionale di stupefacenti. Secondo il rapporto dell'ex Ministro dell'interno Maroni, il 60 per cento del traffico di stupefacenti è legato allo scalo di Malpensa.
La decisione di chiudere il presidio DIA ha suscitato le proteste di associazioni della società civile, e in particolare di quelle antimafia, come Libera, ma anche dei sindacati della polizia SIULP e CISL, e naturalmente del MoVimento 5 Stelle. A questo proposito vorrei riportare le parole del segretario generale SILP-CGIL Daniele Tissone: «Decidere di sopprimere un presidio indispensabile per un riscontro diretto di così delicate attività infoinvestigative, oltre a suscitare la nostra assoluta contrarietà, comunica un preoccupante segnale Pag. 140che di certo non incoraggia la lotta contro la criminalità organizzata». Inoltre, il 28 maggio 2013 il consiglio regionale della Lombardia ha approvato all'unanimità, su proposta della Commissione antimafia, una mozione che impegna il presidente della regione Maroni ad intervenire presso il Ministero dell'interno per scongiurare la chiusura del presidio della DIA presso lo scalo aeroportuale di Malpensa.
Scopo fondamentale della DIA, come ha spiegato Mauro Guaetta, segretario generale del SIULP di Milano, è quello di raccogliere informazioni sui traffici di merci e di persone all'interno dell'aeroporto, e quello di svolgere attività di polizia giudiziaria in collaborazione con la procura della Repubblica. Il costo del presidio era di 3.500 euro l'anno, quindi è evidente come l'appello al risparmio economico sia solo un pretesto.
È incredibile che ciò accada. È incomprensibile, a maggior ragione alla luce degli imminenti impegni connessi all'Expo 2015, che determineranno presso lo scalo aeroportuale di Malpensa un aumento di passeggeri e di merci. È necessario quindi rilanciare e potenziare il ruolo di una struttura investigativa dell'antimafia sul territorio.
PRESIDENTE. Deputati, vi invito ad abbassare un po’ il tono della voce. C’è anche eco. Grazie.
VINCENZO CASO. E non invece indebolire gli strumenti a disposizione delle forze dell'ordine.
Vorrei quindi ricordare ancora una volta che la mafia al Nord esiste eccome, ed in particolare in Lombardia: mi auguro non vi siano ancora dubbi su questo. A conferma di ciò basta pensare alle indagini «Infinito» e «Bad boys» condotte negli ultimi anni dalle forze dell'ordine, dalle quali è emerso chiaramente lo stretto vincolo fra le cosche legate alla criminalità organizzata ed il territorio limitrofo a Malpensa, in particolare di gruppi affiliati alla ’ndrangheta in due comuni limitrofi all'aeroporto, Busto Arsizio e Lonate Pozzolo.
Secondo l'ultimo Rapporto Ecomafia 2000 di Legambiente, la Lombardia si conferma la prima regione del Nord per numero di reati legati alle ecomafie, con oltre 1.600 reati e 1.442 persone denunciate. Va rilevato che è particolarmente il ciclo del cemento, soprattutto quello del movimento terra, il settore economico in cui la ’ndrangheta detiene in Lombardia il primato assoluto.
Qualche piccolo esempio, sempre di cose invece accadute in merito all'organizzazione dell'Expo. Il primo appalto di Expo è stato vinto dalla CMC, la coop rossa di Ravenna che probabilmente qui qualcuno conosce bene, con un ribasso del 40 per cento e un'offerta di 58 milioni di euro.
Tra le aziende dei subappalti c'erano il Consorzio Stabile Litta, il cui vicepresidente è indagato per turbativa d'asta e per una tangente da 30 mila euro all'allora consigliere regionale del PdL Giammario, e la Testa Battista, coinvolta per una tangente di 50 mila euro all'ex vicepresidente della regione Lombardia Nicola Cristiani, tramite l'imprenditore Locatelli, arrivato invece terzo alla gara d'appalto.
Il 25 maggio 2012 è emersa l'inchiesta della magistratura per turbativa d'asta con l'ipotesi che le imprese che hanno partecipato alla gara abbiano fatto cartello per spartirsi gli appalti. Altro esempio è quello dell'appalto della Piastra, valore 272 milioni di euro, assegnato con un ribasso di 106 milioni di euro a un cartello di imprese composto da un lato da aziende sospettate di essere legate alla mafia e dall'altro da aziende legate agli ex Ministri Galan e Matteoli (la Mantovani di Mestre e la Socostramo di Roma) e il tutto emerge da un'inchiesta di Fabrizio Gatti su L'Espresso del 2012.
Ci verrebbe praticamente un libro per raccontare cosa è Expo e a cosa serve; Expo è un affare per le cosche, per i politici e per le imprese ad esso collegate, è un'opportunità di gestire appalti milionari di fondi pubblici che garantiscono voti e guadagni agli amici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Cancelleri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/214.
AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Signor Presidente, colleghi deputati – pochi – e Governo, vorrei evidenziare un aspetto (Commenti).
PRESIDENTE. Deputati, no, deputati, facciano esprimere la deputata.
AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Vorrei evidenziare un aspetto che hanno fatto già notare alcuni...
PRESIDENTE. Deputati, cortesemente, deputati, lasciamo esprimere la deputata Cancelleri cortesemente. Prego deputata.
AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. Vorrei evidenziare un aspetto che hanno già fatto notare alcuni miei colleghi precedentemente. Alcuni deputati di questa maggioranza così varia sostengono che in queste ore il MoVimento 5 Stelle stia bloccando i lavori dell'Aula, vorrei rispondere a questi deputati dicendo loro che noi stiamo semplicemente svolgendo il nostro dovere, noi stiamo (Commenti)...grazie...e che il vero depauperamento di questa Camera e delle sue funzioni è perpetrato proprio da quel Governo che loro sostengono, che ci propina decreti-legge riguardanti emergenze reali, ma che contengono soluzioni totalmente illusorie per la collettività, visto che puntano a soddisfare esclusivamente...
PRESIDENTE. Deputati, cortesemente, siamo pochi, facciamo rumore più di quando l'Aula è piena, possiamo andare avanti ? Grazie, siamo pochi tutti, nessuno si renda suscettibile !
AZZURRA PIA MARIA CANCELLERI. ...visto che puntano a soddisfare esclusivamente gli interessi di pochi. Noi del MoVimento 5 Stelle non possiamo assolutamente avallare questo sistema, anzi siamo proprio stati mandati qui per romperlo, ed è quello che stiamo facendo con gli strumenti democratici e con proposte sempre fattibili e migliorative.
Perdonateci se secondo noi un testo in cui, per esempio, per dirne una, si nomina un commissario per la spending review, quindi un controllore sui tagli dei costi della politica che però diventa esso stesso un costo della politica, visto che è previsto 1 milione di euro per quattro anni. Allora, perdonateci se secondo noi questo testo è da rigettare o almeno da rivedere, ma da rivedere davvero nella sostanza, per la renderlo utile al rilancio dell'economia.
Adesso voglio illustrare l'ordine del giorno che ho firmato. Questo ordine del giorno riguarda l'Expo di Milano. Ho deciso di firmarlo pur essendo siciliana, perché l'Expo ha quel retrogusto di infiltrazione mafiosa che tanto richiama, purtroppo, la mia amata regione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
L'emendamento, che ho poi trasformato in ordine del giorno, chiedeva una cosa semplicissima: pubblicare dettagliatamente le spese sostenute per la realizzazione degli eventi. Il nostro emendamento non è stato votato favorevolmente, però, dopo una riformulazione dei relatori, è stato inserito all'articolo 46 del decreto-legge n. 69 il comma 1-ter, che è una brutta copia del nostro emendamento, in quanto lo ha sminuito nella sua incisività. Cosa dice il comma 1-ter ? La nuova norma è finalizzata a garantire la trasparenza nell'utilizzo delle risorse pubbliche da parte del comune di Milano nonché degli enti coinvolti nella realizzazione del grande evento Expo, mediante la pubblicazione sui siti ufficiali delle spese sostenute per la sua organizzazione.
La nostra proposta emendativa era più incisiva perché, appunto, prevedeva la pubblicazione delle spese in forma dettagliata.
Per noi del MoVimento 5 Stelle, infatti, è essenziale che si abbia più trasparenza nell'utilizzo dei soldi pubblici, perché noi, in questo Parlamento, dobbiamo ricordarci che quelli che utilizziamo non sono soldi di un singolo che organizza, per Pag. 142esempio, un evento, ma che quelli che destiniamo con la nostra attività sono soldi dei cittadini.
Sarebbe bello, ma ancora non è fattibile, far partecipare tutti i cittadini alle decisioni di spesa. Quindi, al momento è un nostro e vostro compito ma, soprattutto, è un nostro e vostro dovere, come delegati del popolo sovrano, rendere partecipi tutti almeno del modo in cui i soldi della collettività vengono spesi. Si potrebbe partire, per esempio, proprio dall'Expò. In che modo ? Prevedendo la rendicontazione puntuale delle spese, semplice e trasparente.
Un buon Governo e un bravo commissario, se svolgessero il loro compito con onestà e secondo la famosa diligenza del buon padre di famiglia, non avrebbero nulla da nascondere e, quindi, non dovrebbero temere il controllo da parte dei cittadini.
Forza, signori del Governo, stupiteci. Dimostrateci che in Italia un percorso di trasparenza e legalità può ancora iniziare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Di Vita ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/216.
GIULIA DI VITA. Signor Presidente, gentilissimi colleghi, dalla metà del 2009 si è sviluppata sulla stampa, ed è tutt'ora in corso, una vasta campagna, l'ennesima (almeno la quinta o sesta dalla metà degli anni Ottanta) relativa ai cosiddetti «falsi invalidi», ossia coloro che ricevono una pensione di invalidità senza possederne i requisiti di accesso, a seguito di truffe, magari con connivenze con funzionari di enti o medici delle commissioni mediche. Si tratta di una campagna che ha ben veleggiato, sorretta dai venti della crisi e della moralizzazione.
Com’è noto a tutti, la procedura di accertamento dell'invalidità civile è stata radicalmente rinnovata dall'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009 n. 102, titolata «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», che attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici.
Tuttavia, malgrado negli intenti il provvedimento meritasse di per sé un plauso, le due principali novità introdotte dalla riforma in esame, costituite dalla completa informatizzazione e dalla partecipazione del medico INPS alle commissioni mediche ASL, hanno, di fatto, determinato un risvolto sfavorevole, generando concreti elementi di criticità.
I dati, emergenti a riguardo dalle fonti ufficiali, sono inequivocabili e preoccupanti. Mentre si spende e si spande per la lotta ai falsi invalidi, il cittadino che prova a far domanda per l'invalidità si scontra, con un percorso labirintico e ostile, con la burocrazia e con la scarsa informatizzazione del sistema, e attende in media un anno per ottenere i benefici economici connessi, contro i 120 giorni stabiliti dalla legge. Ad essere lento e farraginoso è tutto il percorso per l'accesso all'invalidità civile, con tempi più lunghi rispetto all'anno precedente. Solo per essere convocati alla prima visita – ad esempio – passano in media 8 mesi rispetto ai 6 del 2011. Occorrono 11 mesi, invece, per ricevere il verbale rispetto ai 9 dell'anno precedente.
Secondo la relazione per l'anno 2012 della Corte dei Conti, si attendono in media, dalla presentazione della domanda alla chiusura dell'iter, ben 278 giorni – ripeto: 278 giorni – per accertare l'invalidità, 325 per la cecità civile e 344 per la sordità. I costi di tali ritardi ammontano, nel solo 2011, a 24 milioni di euro. Se a questi si aggiungono i 34 milioni di spesa per medici convenzionati INPS, si giunge ad un totale di 58 milioni di euro bruciati, di fatto, dalla cosiddetta caccia ai falsi invalidi che, secondo il rapporto 2012 della Guardia di finanza, sono poco più di mille, pari allo 0,04 per cento degli aventi diritto, a fronte degli 800 mila controlli Pag. 143effettuati dal 2009 al 2012 per il cosiddetto, tanto, forse troppo, acclamato «Piano contro i falsi invalidi».
Nonostante tali esigui risultati e il grave stigma nei confronti delle persone con disabilità, gli enormi disagi causati ai cittadini e il sovraccarico all'INPS, la legge di stabilità 2013 ha disposto altri 450 mila controlli da svolgersi nel triennio 2013-2015. Alla fine del 2015 saranno state controllate in totale 1 milione 250 mila posizioni. Altrettanto inconfutabile appare poi il dato che i medici impiegati per le attività di verifica straordinaria siano stati di fatto sottratti alla attività ordinaria per la concessione della invalidità: nel 2011 essi sono stati regolarmente presenti nelle commissioni ASL in poco più di un caso su tre (tasso di presenza del 37,7 per cento).
A tutto ciò si aggiunga la scarsa informatizzazione delle ASL che hanno trasmesso in formato elettronico all'INPS solo il 56 per cento dei verbali. Il restante 44 per cento in formato cartaceo ha comportato un dispendio di risorse e tempo per l'inserimento nella piattaforma INPS. Per contro oltre il 45 per cento dei cittadini che avanza domanda di invalidità, si scontra con la lentezza dell'iter burocratico.
È di tutta evidenza dunque come il fenomeno sia in realtà davvero molto limitato e meno rilevante in termini numerici di quello che invece lo si vuole far apparire; è infatti certo il dato che la ricerca ossessiva dei falsi invalidi, strutturata così com’è, risulta controproducente, riuscendo a recuperare molto meno di quello che spende per stanare i veri falsi invalidi e complica la vita agli invalidi veri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Baroni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/217.
MASSIMO ENRICO BARONI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, i dirigenti sono come i soprammobili, più sono inutili più li sistemano in alto. L'ordine del giorno da me presentato ha come fine la richiesta di chiarezza sulla necessità di spese da iscrivere a bilancio dello Stato in un momento in cui il risparmio delle risorse disponibili è senza dubbio un'imprescindibile priorità e dovrebbe costituire la preoccupazione regina per il Governo e guidare la sua azione. Vedremo.
Nello specifico troviamo all'articolo 17, comma 1, lettera d), la norma che aggiunge il comma 15-quinquies ad un precedente decreto, noto come cresci-Italia, e che stabilisce la previsione di spesa autorizzata, per la realizzazione della piattaforma tecnologica centrale, di cui al comma 15 dello stesso decreto, per la realizzazione del fascicolo sanitario elettronico; spesa quantificata in una cifra che può arrivare fino a 10 milioni di euro per il 2014 e ad ulteriori 5 milioni di euro a decorre dal 2015, da definire su base annua con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su proposta della Agenzia per l'Italia digitale. Vedremo.
L'intervento normativo incide sull'articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, appunto il cresci-Italia, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. Al comma 8 dello stesso articolo leggiamo che le disposizioni recate dal medesimo non debbono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate devono provvedere alle attività di competenza nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Vabbè, vedremo !
Sempre secondo l'articolo 12 già citato, la natura degli interventi necessari all'integrazione dei sistemi locali del fascicolo sanitario elettronico già funzionanti, come ad esempio quella della Lombardia, o in fase di realizzazione, saranno noti solamente all'inizio del 2014. Vedremo.
Difatti, il comma 15-bis recita che le regioni e le province autonome debbono presentare alla Agenzia per l'Italia digitale il piano di progetto per la realizzazione del fascicolo sanitario elettronico entro il 31 dicembre del 2013. È su tali dati che l'Agenzia per l'Italia digitale dovrà calcolare Pag. 144entro i primi giorni di marzo del 2014, comma 15-quater, lettera a), la conformità dei piani di progetto presentati, e quindi, solo allora, marzo 2014, sarà prevedibile il costo complessivo dell'operazione di messa in opera della infrastruttura centrale per l'integrazione dei vari FSE. Vedremo.
Tali operazioni, per quanto possiamo evincere dalle informazioni disponibili, dovrebbero riguardare la realizzazione di un sistema di integrazione e consultazione a livello di software e di banche di dati che costituiscono il fascicolo sanitario elettronico a livello nazionale, banche di dati che comunque devono essere costituite e aggiornate dai soggetti che prendono in cura l'assistito nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e dei servizi socio sanitari regionali, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, ossia senza incidere sul costo complessivo in carico all'Agenzia per l'Italia digitale, decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 12, comma 3, cresci-Italia, la quale dovrebbe curare, a parte la realizzazione dei suddetti strumenti informatici, la disponibilità delle infrastrutture tecnologiche per la messa in funzione dell'infrastruttura centrale del sistema.
La somma stanziata potrebbe rivelarsi, quindi, assolutamente non necessaria nella sua interezza per la realizzazione del FSE, in quanto esiste anche la possibilità di approfittare degli attuali sistemi in uso in alcune regioni per la struttura informatica dello stesso, e per questo sentiamo la necessità di sollecitare il Governo ad operare un'attenta valutazione delle spese necessarie a realizzare queste operazioni nel corso dell'anno 2014, e quantificate nel decreto in oggetto con un tetto di 10 milioni di euro. Quello che suscita, comunque, maggiore perplessità è la disponibilità della somma di 5 milioni di euro a partire dal 2015 per la sola manutenzione del sistema, visto che una volta terminata la struttura software e hardware relativa all'integrazione delle piattaforme e la sua messa in opera (per la cui realizzazione il decreto in oggetto stabilisce come termine il 31 dicembre 2014), l'onere della immissione, certificazione e controllo dei dati, ricade sugli enti regionali e su quelli provinciali autonomi, senza dover gravare ulteriormente sul bilancio generale dello Stato.
Signor Presidente, come lei sicuramente saprà, l'Agenzia per l'Italia digitale è un organo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Siamo quindi di fronte a un provvedimento che va a destinare fondi cospicui in modo, diciamo, anzi vedremo, autoriferito, fondi il cui volume ci sembra, a fronte delle necessità a cui devono sopperire, decisamente gonfiato. Cerchiamo di vedere perché.
A novembre 2011 il Governo dichiarò che l'Agenda digitale era una priorità. A fine gennaio 2012 venne creata la famosa cabina di regia per riempirla di contenuti, ma quello che venne istituito è stato l'Agenzia digitale sulle ceneri di tre dipartimenti diversamente inutili. Già all'epoca qualcuno diceva «Vedremo». Ma veniamo all'erogazione di questi 15 milioni in due anni. A ottobre 2012 viene nominato Agostino Ragosa, alto dirigente delle Poste...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, deputato.
MASSIMO ENRICO BARONI. ... che però, tanto per cambiare, diventa direttore generale. Concludo. Vedremo. E infatti Enrico Letta per metterci una pezza nomina Francesco Caio come Mister Agenda...
PRESIDENTE. La ringrazio, deputato.
Il deputato Dall'Osso ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/217.
MATTEO DALL'OSSO. Pregiatissimo Presidente, colleghi deputati, nell'ambito di una azione volta all'attenzione dell'altro e a preservare ogni vita umana in tutte le suo forme e in ogni aspetto, è necessario rinsaldare le basi di una politica correlata alla donazione degli organi, argomento decisamente triste, dalla cui malinconia si potrebbe dare avvio alla gioia di altri. Non è affatto facile affrontare tematiche di questa natura, con semplicità e senza Pag. 145dovizia di particolari. A tal proposito, infatti, si riscontra come in Italia vi siano 21,8 donatori d'organo per milione di popolazione. In Europa la situazione varia in positivo: in Spagna sono 35 per milione, in Francia 25 per milione, mentre la situazione varia...
PRESIDENTE. Intende continuare, deputato ?
MATTEO DALL'OSSO. Si, si, assolutamente.
In Europa la situazione varia in positivo: in Spagna sono 35 per milione, in Francia 25, mentre in Gran Bretagna sono 17 e in Germania 14. Inoltre, sono relativamente pochi gli italiani che dicono no all'espianto di organi. I donatori sono stati 1311 a fronte di 8887 pazienti in lista d'attesa. I dati aggiornati sono visibili sul sito nazionale trapianti (CNT). Tuttavia, non sempre risulta palese il modo di dimostrare la propria volontà in merito alla donazione degli organi; così, si ricorre alla compilazione di un modulo apposito, da consegnare alla ASL o al medico di famiglia, oppure con un atto olografico dell'Associazione italiana donatori organi, la famosa AIDO, entrambi documenti che confluiscono direttamente nel database del Sistema informativo trapianti, consultabile da medici 24 ore su 24.
Vedete, questa modalità è già stata adottata dai comuni di Cesena, Perugia e Terni; la regione Umbria ha ora esteso l'iniziativa a tutti i comuni del territorio. Si inserisce proprio in questo contesto l'ordine del giorno presentato dal MoVimento 5 Stelle, che impegnerebbe il Governo, ove fosse recepito, a valutare la possibilità che la disponibilità ovvero il diniego della donazione di organi sia contenuta nella carta di identità e nel passaporto, con un apposito codice seriale corrispondente al soggetto.
Sono necessarie non solo la tutela della privacy, ma anche una maggiore delicatezza ed attenzione nei confronti di coloro che operano tale scelta. E come i tre violoncellisti dissero sul Titanic prima che affondasse: «È stato un piacere suonare con voi» e io aggiungerei anche: «Ma anche no» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Mantero ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/219.
MATTEO MANTERO. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, per spiegare il senso di questo ordine del giorno, riguardante i requisiti che devono essere posseduti dalle materie prime per la produzione di farmaci, anche importate da Stati non europei, dobbiamo fare un balzo indietro di ben sette anni, quando il decreto legislativo n. 219 del 2006 recepiva la direttiva 2001/83 della Comunità europea.
In particolare, l'articolo 54, comma 3, primo periodo, prevedeva che anche per le materie prime utilizzate per la produzione di farmaci importate da Paesi extra Unione europea dovesse essere disponibile un certificato di conformità alle norme di buona fabbricazione rilasciato all'officina di produzione dalle competenti autorità di uno Stato dell'Unione.
Questa formulazione, andando oltre quanto disposto dalla direttiva europea 2001/83, era evidentemente finalizzata a garantire un più elevato livello di tutela della salute dei cittadini.
La Commissione europea, con una nota del 5 marzo 2007, richiamava l'Italia affermando che la formulazione dell'articolo 54 del citato decreto legislativo, andando oltre le prescrizioni della direttiva europea, introduceva, di fatto, un ostacolo alla libera circolazione delle merci nel mercato dell'Unione europea.
A questo punto dovevamo scegliere tra libera circolazione delle merci e, appunto, una maggior tutela per la salute dei cittadini. Volete sapere come è andata a finire ? Immagino di no, ma io ve lo racconto ugualmente...
È andata a finire che con il decreto legislativo n. 274 del 2007, si aggiunse all'articolo 54 del decreto n. 219 del 2006 il comma 3-bis, con il quale si applicava una parolina magica alla materia: la «semplificazione».Pag. 146
In sostanza, si disse che l'attuazione del primo periodo del comma 3 dell'articolo 54, quello, per intenderci, che garantiva elevati livelli di tutela della salute, per semplificare, fosse rimandata al 2009.
Si disponeva, inoltre, che le materie prime per i farmaci fossero corredate da una certificazione di buona fabbricazione, redatta dalla persona qualificata responsabile della produzione che utilizzava le materie prime. Tradotto, una banale autocertificazione.
In pratica, la stessa azienda che compra le materie prime, con le quale produce i farmaci che vende, certifica che le materie prime che compra sono di buona qualità ! Potrebbe fare diversamente ? Potrebbe dire che i materiali che compra per produrre le cose che vende sono di pessima qualità ? Io penso di no.
Quindi, ci troviamo di fronte a un paradosso, o, più semplicemente, a un altro piccolo grande conflitto d'interessi a modo nostro, all'italiana !
Il termine del 2009 è stato poi ripetutamente posticipato fino ad arrivare al 3 luglio 2013 quando avrebbe dovuto entrare finalmente in vigore la formulazione originaria. Dopo ben otto anni dall'approvazione della norma finalmente la tutela della salute dei cittadini poteva tornare ad essere rispettata.
E invece no ! Perché nel frattempo l'Italia ha ricevuto un'infrazione (un'altra) per non aver ancora recepito la nuova direttiva europea, la 62/2011, maggiormente tutelante della precedente, in materia di farmaci contraffatti. Recepimento che, ci tengo a sottolineare, abbiamo chiesto più volte in Commissione affari sociali, finora senza alcun esito.
Insomma prima la norma più tutelante andava oltre le prescrizioni della direttiva europea e quindi non andava bene, ora, che con la direttiva europea 62/2011 sarebbe compatibile, si utilizza strumentalmente il non ancora avvenuto recepimento della stessa, per inserire nel «decreto del fare» un comma che, rinviando nuovamente il termine, mantiene in vita il procedimento semplificato, per, attenzione, evitare che le imprese debbano far fronte ad ulteriori oneri burocratici. Non sia mai che spendono troppo !
La tutela della salute dei cittadini è ancora una volta sacrificata sull'altare degli interessi delle imprese !
Colleghi, con questo ordine del giorno, anche alle luce dei recenti scandali sui farmaci contraffatti e degli arresti di diversi dirigenti di aziende farmaceutiche, chiediamo l'immediato recepimento della direttiva europea 62/2011 e, quindi, l'attuazione di una norma che prevede che le materie prime debbano essere certificate da autorità competenti di uno Stato dell'Unione Europea e non con una semplice autocertificazione.
La lotta alla contraffazione dei farmaci e il diritto alla salute non possono e non devono essere soggette a logiche mercantili, i cittadini malati, proprio quelli che dovremmo tutelare maggiormente, hanno già atteso e rischiato per troppi anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Lorefice ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/221.
MARIALUCIA LOREFICE. Signor Presidente, colleghi deputati, l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare riguarda l'articolo 44 dell'Atto Camera 1248-A/R che prevede una normativa che il Governo è stato in un certo senso costretto ad inserire nel «decreto del fare» a seguito del procedimento di infrazione avviato dall'Unione europea nei confronti dell'Italia. La Commissione europea ha aperto tale procedura di infrazione per violazione del diritto comunitario in materia di riconoscimento dell'esperienza professionale acquisita nel settore sanitario di un altro Stato membro dell'Unione europea.
Viene rilevato che la disciplina contrattuale interna relativa alla dirigenza medica e veterinaria viola il principio della libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione in quanto non prevede che i periodi di attività trascorsi dai medici alle Pag. 147dipendenze di un altro Stato membro dell'Unione europea, prima di essere assegnati all'amministrazione sanitaria italiana, siano valutati, in Italia, ai fini del calcolo degli anni di esperienza professionale e di anzianità. In particolare, la Commissione europea ha contestato all'Italia la mancata valutazione dei periodi di attività trascorsi dai medici alle dipendenze di un altro Stato membro ai fini del calcolo degli anni di esperienza professionale e di anzianità.
L'esclusione dei servizi sanitari dall'ambito di applicazione della direttiva comunitaria 2006/123, relativa ai servizi del mercato interno, risultava limitata ai servizi forniti per valutare, mantenere o ripristinare le condizioni di salute dei pazienti. La disposizione di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 44 del discusso disegno di legge, prevede che, relativamente al personale delle aree delle dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, che presta servizio presso le strutture sanitarie pubbliche per le quali l'ordinamento italiano richiede, ai fini del riconoscimento di vantaggi economici e professionali, che l'esperienza professionale e l'anzianità siano maturate senza soluzione di continuità, tale condizione non si applichi se la soluzione di continuità dipende dal passaggio dell'interessato da una struttura sanitaria di uno Stato membro a quella di un altro Stato membro.
Quindi, mentre secondo la normativa vigente, l'esperienza professionale espletata negli Stati dell'Unione europea non può cumularsi con quelle espletate in Italia, a causa della soluzione di continuità determinatasi in ragione del trasferimento, a seguito di questa proposta normativa tale esperienza potrà essere utilmente conteggiata ai fini del riconoscimento dei trattamenti economici.
C’è da dire però che la normativa, così come pensata dal Governo crea un'evidente disparità di trattamento, privilegiando nell'ambito della sanità pubblica le dirigenze mediche, veterinarie e sanitarie.
In considerazione di quanto esposto, riteniamo necessario che il Governo si impegni a valutare, anche attraverso interventi di natura legislativa, che la deroga prevista per le aree della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, di cui all'articolo 44, sia prevista per tutti gli operatori delle strutture pubbliche.
Quello appena esposto è uno dei 105 ordini del giorno da noi presentati, dopo i ben 500 emendamenti al «decreto del fare», o pseudo tale, degli scorsi giorni, discussi tra l'indifferenza ed il disinteresse di coloro che dicono di voler fare il bene del Paese, ma abbiamo l'impressione, la certezza in realtà, che diventa sempre più forte giorno dopo giorno, che non sia così (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Cecconi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/222.
ANDREA CECCONI. Signor Presidente e colleghi deputati, scopo del mio intervento di oggi e del relativo ordine del giorno presentato è quello di mettere in evidenza l'ennesimo intervento particolaristico operato dalle istituzioni, volto a colmare una distorsione che si protrae da troppo tempo.
L'articolo 49-quater del cosiddetto «decreto del fare» infatti, riconosce in capo all'Associazione italiana della Croce Rossa la possibilità di presentare istanza di accesso ad anticipazione di liquidità per l'anno 2014, fino alla spaventosa somma limite di 150 milioni di euro. Ciò, nelle more dello svolgimento delle attività di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 179 del 2012 – inserito a sua volta in un decreto dichiaratamente diretto alla «Riorganizzazione dell'Associazione Italiana della Croce Rossa» – che imponeva all'ente una serie di attività volte alla catalogazione e razionalizzazione del patrimonio in virtù del commissariamento che l'aveva visto tristemente protagonista.
A tal fine, il precedente Esecutivo, il Governo Monti, aveva approntato un piano di ristrutturazione – anche economica – dell'associazione, che passava per una riallocazione dei beni immobili volta a reperire le ingenti somme di cui lo stesso ente risultava essere debitore.Pag. 148
Il decreto menzionato stabilisce anche che la Croce Rossa Italiana avrà tempo sino al 31 dicembre 2013 per porre in essere tali attività.
Stando a quanto oggi previsto dal decreto «del fare», viene riconosciuta all'ente la facoltà di chiedere anticipazione di una somma di denaro davvero considerevole: ricordo che sono ben 150 milioni di euro.
Il punto, in questa sede, non è capire se alla Croce rossa spettino o meno tali somme; il nodo reale è costituito dal fatto che un'anticipazione delle somme che spetterebbero alla Croce rossa solo a partire dal 2014 non è giustificata da nessuna condizione di eccezionalità.
È bene ricordare, infatti, che si tratta di un ente che negli ultimi 38 anni è stato assoggettato al regime di commissariamento straordinario per ben 29 anni e che giusto a gennaio di quest'anno è rientrato nel regime di amministrazione ordinaria !
L'attuale Presidente nazionale – Francesco Rocca – era, all'epoca dell'entrata in vigore del decreto di riorganizzazione n. 179/2012, commissario straordinario.
Come si sia passati dallo status di commissariamento a quello di amministrazione ordinaria, non è dato saperlo; di certo questa mancanza di soluzione di continuità al vertice dell'ente solleva più di un dubbio, dubbio aumentato dal fatto che la vice presidente della Croce rossa italiana è tale Maria Teresa Letta, sorella di Gianni Letta e va da sé zia dell'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta.
La Croce rossa italiana rappresenta incontestabilmente un'importante istituzione nazionale e svolge un ruolo insostituibile in Italia ed all'estero; tuttavia non riusciamo proprio a spiegarci come in un periodo in cui si stringono i cordoni della borsa nei confronti di chiunque, questo ente debba beneficiare di qualcosa che si avvicina molto al concetto di favoritismo.
Tanto più che la succitata circostanza della fuoriuscita dallo stato di commissariamento, se davvero giustificata, dovrebbe far presupporre che l'ente versi in condizioni economiche perlomeno dignitose.
Perciò non si giustifica affatto un'elargizione di tale entità.
Sulla base di quanto appena esposto, dunque, ritengo inevitabile una chiara presa di posizione avversa al provvedimento. Più precisamente è necessario porre in essere ogni attività di vigilanza e di verifica affinché sia accertata e garantita la restituzione nelle casse dello Stato delle somme erogate in anticipazione sulla liquidità prevista per il 2014 con i relativi interessi. Chiedo, pertanto, al Governo di relazionare in merito e a prendere gli opportuni provvedimenti per scongiurare le conseguenze che un provvedimento tanto iniquo rischia di avere.
PRESIDENTE. La deputata Grillo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/223.
GIULIA GRILLO. Signor Presidente grazie, grazie ai colleghi e grazie ai cittadini che ci state guardando da casa in questo momento (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Eh sì, ci sono, ci sono. Presidente, prima di cominciare...
PRESIDENTE. Deputati.
GIULIA GRILLO. ... con l'esposizione dell'ordine del giorno che ho presentato, vorrei sottolineare un arco temporale che dovrebbe rimanere impresso nella memoria di tutti i deputati di quest'Aula: 2 ore e 25 minuti. 2 ore e 25 minuti, il tempo dedicato alla discussione sulle linee generali del disegno di legge di riforma costituzionale in Commissione affari costituzionali. Memorizzatelo bene perché quando i cittadini vi chiederanno quanto tempo la Commissione ha speso per esaminare alla Camera un disegno di riforma costituzionale la risposta è 2 ore e 25 minuti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Va bene, lasciamo stare, magari è tempo perso (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Prego, vada avanti deputato.
Pag. 149GIULIA GRILLO. Vado avanti. Ma, guardi, il suono non cambia perché il mio ordine del giorno sono quattro righe, però sono quattro righe che hanno a che fare con una tematica che ci vorrebbero due giorni, 48 ore, per trattarla almeno ed è la tematica della responsabilità medica del sanitario, signori, che io conosco molto bene visto che sono un medico legale e non sono la prima arrivata (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Deputati.
GIULIA GRILLO. Eh sì, signori.
PRESIDENTE. Ma è possibile far esprimere nel proprio intervento un deputato ?
GIULIA GRILLO. Io non so come si reagisca in un'Aula parlamentare....
CRISTIAN IANNUZZI. C’è il pollaio !
PRESIDENTE. Deputato Iannuzzi !
GIULIA GRILLO. Quindi, un ordine del giorno molto breve, come dicevo, ma che riguarda una tematica molto ampia, una tematica a mio avviso analizzata molto bene in questo fascicolo della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali. Qui alla Camera si fanno un sacco di cose, infatti in questo fascicolo sono contenuti un sacco di dati. Non so, è un'attività schizofrenica a volte quella di questa Camera, forse come è anche quella del Senato perché ci sono tante cose, ma non si usano. E io mi chiedo perché si facciano allora, perché probabilmente quando è stata fatta la riforma Balduzzi, il Ministro avrebbe potuto tenere conto dei dati che venivano fuori da questa Commissione parlamentare di inchiesta anziché fare un articolo in cui l'unica pezza che si è riusciti a mettere per risolvere il problema della responsabilità sanitaria in Italia... Io lo so che qualcuno qui dentro ride, si sta divertendo, però vi comunico la notizia freschissima che molte ASL del Sud Italia hanno chiesto i fidi bancari per pagare gli stipendi dei medici ospedalieri. Vediamo se ridiamo ancora a ottobre. Comunque, continuiamo. Allora, l'unica pezza che ha potuto mettere il Ministro Balduzzi sul problema della responsabilità medica è stata quello di gravare ancora di più i medici sulle assicurazioni prevedendo, da parte dei medici, la possibilità di mettere una quota per aumentare quindi il premio versato alle imprese assicuratrici.
Allora uno potrebbe pensare che la soluzione è questa, perché le assicurazioni stanno spendendo di più per risarcire i sinistri e, invece, non è così, signori, non è proprio così. A pagina 49 del fascicolo della Commissione che vi cito, si dice: «Negli anni 2006-2011 le compagnie assicurative hanno effettuato per il risarcimento dei sinistri la cifra di 837 milioni di euro con una riduzione rispetto al 2010 del 48 per cento e del 75 per cento rispetto al 2006». Quindi, il risarcimento dei sinistri è diminuito. Le assicurazioni hanno pagato di meno, non hanno pagato di più.
Quelle che hanno pagato di più, invece, sono le ASL, quelle che hanno pagato di più i premi assicurativi sono le ASL, e quelle che stanno beneficiando di questo sono soltanto le lobby delle assicurazioni.
Allora, io dico che con un ordine del giorno, che prima era un emendamento, si poteva aiutare perlomeno il Governo a rivedere un articolo su cui, peraltro, è stata presentata anche una proposta di legge proprio per abrogarlo e rivedere di nuovo tutta la materia del rischio clinico. Invece, purtroppo, quello che continuiamo a vedere è una superficialità, accompagnata spesso anche dall'arroganza, tipica della superficialità e della mancanza di approfondimento dei temi, che non risolvono i problemi dei cittadini, ma che, anzi, al contrario, li aggravano. Voglio anche citare le parole...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
GIULIA GRILLO. Sto concludendo con le parole di Ignazio Patrone, sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, che anche lui non è meno Pag. 150impietoso di me nella sua analisi: «Nessuno sa esattamente quante cause civili vengano promosse e quante azioni penali siano esercitate ogni anno per casi relativi a responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...
PRESIDENTE. La ringrazio.
La deputata Spadoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/224.
MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, deputati, colleghi, rappresentati del Governo, gli articoli 7 e 8 del decreto-legge in esame modificano la legge n. 49 del 1987, che regola il settore della cooperazione internazionale all'articolo 7 dell'attuale testo, introducendo un nuovo articolo, il 14-bis.
Non appaiono comprensibili le ragioni che spingono a modificare tali due articoli all'interno di un provvedimento che prevede disposizioni d'urgenza volte al rilancio dell'economia, il quale, pertanto, non affronta direttamente la riforma dell'attuale legge sulla cooperazione internazionale.
In tale materia sarebbe più opportuno mantenere un metodo di lavoro consultivo degli attori rilevanti della società civile, che pure da anni collaborano con le istituzioni affinché venga approvato un testo di legge condiviso e che regolamenti in modo innovativo il settore della cooperazione internazionale.
L'articolo 8, al comma 3, prevede, che le somme statali non utilizzate alla fine dell'intervento siano versate all'entrata del bilancio dello Stato.
Con questo ordine del giorno si impegna il Governo a predisporre ulteriori interventi normativi affinché tali somme non utilizzate possono in realtà essere più proficuamente riutilizzate per la concessione di prestiti agevolati alle piccole imprese attraverso il microcredito, e particolarmente alle persone che hanno perso il lavoro, agli svantaggiati, alle minoranze etniche o che intendano avviare in proprio una piccola impresa in loco.
Ritengo insensato presentare all'interno di un provvedimento di tale genere – ricordo che si tratta di un decreto-legge, provvedimento provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza del Governo – delle proposte emendative alla legge sulla cooperazione internazionale, che, ricordo è la legge n. 49 del 1987, più volte oggetto di discussione per una sua concreta ed efficiente modifica. Ricordo la proposta del senatore Tonini presentata durante la scorsa legislatura.
Il Governo ritiene così necessario ed urgente emendare la legge in questione in questo modo e in tempi così rapidi ? Credo che il settore debba essere trattato in maniera più attenta e dettagliata e consultando, in primis, i soggetti non governativi che agiscono nei Paesi in via di sviluppo e coinvolgendo la società civile per giungere, poi, in questa sede, ad un testo unico e condiviso. Soprattutto, faccio presente che non si è parlato di sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista economico che sociale; una sensibilità particolare a favore della cultura della sostenibilità degli interventi credo fortemente che sia necessaria.
Comunque – ripeto –, credo che le modifiche agli articoli 7 e 8 del presente decreto non sono condivisibili, perché inserite forzatamente in un testo proposto dal Governo e non dal Parlamento. Un esempio di non chiarezza degli articoli inseriti è la definizione di imprese miste, che potrebbe portare ad interpretazioni errate. Per questo abbiamo almeno tentato di emendarlo, specificando che per «imprese miste» si deve intendere un'unione tra impresa italiana e impresa locale. Inoltre, nell'articolo 8 si prevede che le somme statali non utilizzate alla fine dell'intervento siano versate all'entrata del bilancio.
Tali risorse devono essere riutilizzate per la concessione di prestiti agevolati alle piccole imprese attraverso il microcredito, ma anche alle numerosissime persone che oggi non hanno più un lavoro, alle categorie svantaggiate e alle minoranze etniche. Ricordo che questi articoli, il 7 e l'8, modificano la legge n. 49 del 1987 sulla cooperazione e introducono, appunto, un Pag. 151nuovo articolo, il 14-bis. Ribadiamo sempre che non ci sono ragioni comprensibili che spingano a modificare questi due articoli, visto che si tratta di un provvedimento che prevede disposizioni d'urgenza volte al rilancio dell'economia e il quale, pertanto, non affronta direttamente la riforma dell'attuale legge sulla cooperazione internazionale. Probabilmente, crediamo che sarebbe più opportuno mantenere un metodo di lavoro consultivo, coinvolgendo anche la società civile che da anni lavora e collabora con le istituzioni, di modo che si possa approvare un testo di legge effettivamente condiviso e, soprattutto, che ci sia una nuova regolamentazione nel settore della cooperazione internazionale. Ricordo, infine, e concludo, che l'articolo 8, al comma 3, prevede che le somme statali non utilizzate alla fine dell'intervento siano versate all'entrata del bilancio dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Tacconi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/225.
ALESSIO TACCONI. Signor Presidente, cari colleghi deputati, signori del Governo, l'ordine del giorno che sto per esporre si riferisce all'articolo 7 del decreto-legge recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia. Ripeto il nome di questo disegno di legge, signori del Governo, e ripeto quello che è già stato detto anche nell'intervento precedente, perché appare veramente e scarsamente comprensibile come, per quanto il MoVimento 5 Stelle lo ritenga di vitale importanza, possa essere così urgente un articolo che ha come fine di sostenere la ripresa delle iniziative di cooperazione allo sviluppo favorendo l'internazionalizzazione delle imprese italiane attraverso la creazione di joint venture nei Paesi in via di sviluppo. Riteniamo, infatti, che riguardo a tale materia sarebbe stato e sarebbe più opportuno che venisse approvato un testo di legge condiviso da istituzioni e soggetti della società civile e che regolamenti, in modo innovativo, il settore della cooperazione internazionale.
L'articolo 7 prevede, tra le altre cose, la concessione di prestiti dagli istituti di credito a imprese italiane o per agevolare gli apporti di capitale delle imprese italiane nelle imprese miste. Con questo ordine del giorno il MoVimento 5 Stelle vuole riportare al centro dell'attenzione uno dei temi più cari non solo a chi crede nei punti del programma del movimento ma a tutti i cittadini italiani, non fosse altro perché i fondi stanziati vengono coperti, in gran parte, con i soldi delle tasse dei cittadini italiani stessi. Ebbene, vogliamo impegnare il Governo a predisporre, oltre a questo decreto-legge blindato dalla fiducia, ulteriori interventi normativi che prevedano finanziamenti agevolati a imprese e organizzazioni che lavorano nel campo dell'ambiente, dello sviluppo sostenibile, dei servizi sociali, della cultura e della cooperazione internazionale.
Infatti, signori del Governo, riteniamo fondamentale la ripresa delle iniziative di...
PRESIDENTE. È possibile liberare i banchi del Governo ?
ALESSIO TACCONI. Grazie, Presidente. Riteniamo fondamentale la ripresa delle iniziative di cooperazione allo sviluppo come pure l'internazionalizzazione delle imprese italiane, attraverso la creazione di partnership tra le aziende italiane e le aziende operanti in Paesi in via di sviluppo, ma siamo convinti, signori del Governo, che questo non possa più essere sufficiente. Troppe volte abbiamo avuto notizie, e ancora oggi ne veniamo a conoscenza, di aziende italiane che vanno a fare business fuori dai confini nazionali senza, purtroppo, rispettare i basilari principi di rispetto delle altre popolazioni, del rispetto dell'ambiente e della cultura del Paese dove vanno a fare business. Non vorremmo più sinceramente che i fondi derivanti dall'imposizione fiscale dei cittadini italiani siano utilizzati per finanziare iniziative di business che non rispettano questi basilari principi.
In altre parole, i cittadini italiani non vogliono più dare un singolo euro delle Pag. 152loro tasse che possa anche solo potenzialmente andare a sfruttare altre popolazioni che noi consideriamo amiche, dovunque esse siano, o l'ambiente in qualsiasi sua forma. I fondi destinati nel quadro della cooperazione italiana allo sviluppo dovranno sempre di più e necessariamente prevedere finanziamenti agevolati ad imprese che si dimostreranno attente al rispetto dell'ambiente, che agiranno nell'ambito di uno sviluppo sostenibile, che avranno come principali obiettivi il rispetto, il supporto, la promozione della cultura, sia italiana che dei Paesi con cui dovranno cooperare, e che infine saranno attente allo sviluppo dei servizi sociali e della scolarità dei Paesi in cui andranno ad operare e a fare business. Chiediamo dunque al Governo di impegnarsi in questo ambito, di impegnarsi veramente su questo punto, in quanto, anche in questi tempi duri anche per i cittadini italiani, gli stessi cittadini italiani ritengono questi punti fondamentali riguardo alle iniziative di cooperazione allo sviluppo in cui si impegnano le aziende italiane (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Del Grosso ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/226.
DANIELE DEL GROSSO. Signor Presidente, una norma dell'articolo 7 del «decreto del fare» pone come premessa il fine di favorire la ripresa delle iniziative di cooperazione allo sviluppo favorendo l'internazionalizzazione delle imprese italiane attraverso la creazione di forme di partenariato. Il nuovo testo dell'articolo 7, quindi, prevede che, attraverso il fondo di rotazione per la cooperazione allo sviluppo, possano essere concesse alle imprese italiane crediti agevolati per assicurare il finanziamento integrale del capitale di rischio ai fini della costituzione di collaborazione nei Paesi in via di sviluppo con corresponsione di crediti agevolati, anche in forma anticipata. Nella relazione tecnica si sottolinea come il ricorso al fondo rotativo sia attualmente sottoutilizzato: tra il 2000 e il 2011 sono stati erogati 4,4 milioni di euro per otto proposte di finanziamento, laddove le disponibilità finanziarie riferibili al fondo ammontano a circa 108 milioni di euro. Sempre ai sensi e agli effetti dell'articolo 7, i crediti potranno essere erogati a favore di investitori pubblici o privati o di organizzazioni internazionali sempre al fine di favorire, da parte loro, la costituzione di imprese miste nei Paesi in via di sviluppo, ovvero di promuovere lo sviluppo attraverso altre agevolazioni identificate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Una quota del fondo rotativo potrà essere destinata a dar vita ad un nuovo fondo di garanzia a tutela dei prestiti concessi da istituti di credito a imprese italiane, oppure facilitare gli apporti di capitale italiano nelle imprese miste. Inoltre, la relazione tecnica precisa che la disposizione non comporti effetti negativi per la finanza pubblica, poiché le risorse disponibili sul fondo continueranno ad essere impiegate con modalità a carattere rotativo. Lo spirito della proposta è quello di promuovere e favorire lo sviluppo del microcredito locale, grande assente nella ormai troppo vecchia legge sulla cooperazione e sullo sviluppo, anche per il ruolo di coesione e sviluppo che esso svolge. La proposta è quella di riversare le somme statali non utilizzate al termine dell'intervento di cooperazione nelle entrate del bilancio dello Stato in un fondo di garanzia per la sola concessione di prestiti agevolati alle imprese mediante lo strumento di microcredito. Per tale motivo, una quota del medesimo fondo sarà destinato al sostegno di progetti caratterizzati dalla sostenibilità ambientale degli stessi e rivolti particolarmente a reintegrare nella società le persone svantaggiate che intendano avviare una micro-impresa, come i disoccupati, gli immigrati, le donne, i membri di minoranze etniche e le persone residenti in aree svantaggiate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Di Battista ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/227.
Pag. 153 ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, innanzitutto una piccola premessa: tutto questo lo stiamo facendo per chi non ce la fa più, per chi si vuole ammazzare, per chi vuole lasciare il Paese, per chi prende 300 euro di pensione, per chi rischia la vita sul lavoro, per chi rischia la vita per lottare contro la mafia, per chi rischia la vita per scrivere un pezzo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Questo «ostruzionismo-costruzionismo» lo facciamo per l'Italia, per l'istituzione che amiamo alla follia, penso che si veda. Alla follia.
Proprio per questo non ce la facciamo a vederle violentate dalla partitocrazia e dalla dittatura governativa. Tutto questo lo stiamo facendo per i nostri figli ed è anche un orgoglio farlo insieme a voi, ragazzi.
Con l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrarvi si intende impegnare il Governo affinché mediante l'adozione dei necessari atti normativi introduca una disciplina in forza della quale le imprese miste beneficiarie dei crediti agevolati adottino ed attuino nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, anche se sarebbe più corretto definirli Paesi «via di sviluppo» di qualcun altro, progetti altamente sostenibili. Come è noto l'espressione «sviluppo sostenibile» è stata utilizzata per la prima volta nel 1987 dalla Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo, nel rapporto finale noto appunto come Rapporto Brundtland, lo sviluppo sostenibile viene definito come «lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i loro».
Difatti è sulla parola «sostenibilità» che intendiamo porre l'accento. «Sostenibilità» è un concetto importante non solo ai fini meramente programmatici, ma soprattutto perché deve connotarsi di un carattere dapprima politico e poi normativo, grazie al quale soddisfare i bisogni dell'uomo e migliorarne la qualità della vita.
PRESIDENTE. Deputati, posso chiedervi di abbassare la voce ? Si può anche comunicare senza urlare cortesemente. Grazie.
ALESSANDRO DI BATTISTA. Ciò ovviamente all'interno di un uso efficiente e responsabile da un punto di vista ambientale, delle scarse risorse della nostra società, siano esse naturali od economiche. Lo stesso concetto di sviluppo non dovrà più essere inteso quale crescita infinita del prodotto interno lotto; il PIL infatti, è una misura del tutto imperfetta del benessere, che non è mai misurabile attraverso il consumo e la quantità di beni acquistabili. Al riguardo, consentitemi di citare il discorso del Presidente dell'Uruguay, José Mujica, invitato a parlare al G20, un uomo di 78 anni che conduce una vita da semplice cittadino e che devolve il 90 per cento del suo stipendio in beneficenza, è un po’ quello che facciamo noi del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle): «lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana, dell'amore sulla terra, delle relazioni umane, dell'attenzione ai figli, dell'avere amici, dell'avere il giusto, l'elementare».
Premessi questi cenni di più ampio respiro, ci sono due ragioni, per così dire pratiche, che dovrebbero spingerci ad andare nella direzione poc'anzi prospettata. Innanzitutto ci preme sottolineare la necessità di premiare le imprese virtuose, ossia quelle che rispettano gli standard internazionali in materia di diritti umani e/o ambiente, ad esempio come i principi del Global Compact delle Nazioni Unite, le linee guida dell'OCSE sulla responsabilità sociale d'impresa per le imprese multinazionali, oppure come le principali convenzioni ILO a protezione dei diritti dei lavoratori e le dichiarazione tripartitiche dell'ILO con riferimento alle imprese multinazionali e la politica sociale.
Inoltre diversi studi dimostrano che le imprese sostenibili sono quelle attualmente più forti e stabili sul mercato, di conseguenza presentano anche rischi minori per quanto riguarda la loro capacità di rimborsare i finanziamenti presi in prestito a tassi agevolati.Pag. 154
D'altronde, anche a livello sovranazionale, in ambito ONU ed in sede europea, attraverso gli obiettivi di sviluppo del millennio, nonché per il tramite dell'elaborazione di nuovi obiettivi di sviluppo avviata alla Conferenza di Rio Mas 20, ci si sta muovendo verso una mobilitazione mondiale nella lotta contro la povertà, nel contrasto ai cambiamenti climatici e nell'affrontare la scarsità delle risorse e il degrado ambientale.
Siamo convinti che tra i tanti giovani che ci sono in questo Parlamento, certamente ce ne sono che spingeranno affinché questo ordine del giorno possa essere approvato da parte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Scagliusi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/228. Cortesemente, chiedo sempre di avere un tono basso della voce. Grazie.
EMANUELE SCAGLIUSI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, gli articoli 7 e 8 del decreto-legge in esame modificano la legge n. 49 del 1987, che regola il settore della cooperazione internazionale. Ci sembrano incomprensibili le ragioni che spingono a modificare questi due articoli all'interno di un provvedimento che prevede disposizioni d'urgenza volte al rilancio dell'economia, o almeno dovrebbe, che quindi non affronta direttamente la riforma dell'attuale legge sulla cooperazione internazionale, riforma che noi auspichiamo, come già detto precedentemente anche dai miei colleghi.
È sotto gli occhi di tutti come gli equilibri geopolitici mondiali stanno rapidamente mutando: ce lo diciamo ogni giorno, e basta analizzare i dati macroeconomici del globo per capire che, nel giro di pochi anni, vi sarà un rovesciamento portentoso del potere economico a favore dei Paesi che ci ostiniamo a chiamare emergenti e che invece stanno diventando schiaccianti, tanta è la loro forza propulsiva.
Di conseguenza, anche il panorama della cooperazione internazionale sarà chiamato ad adeguarsi al mutato contesto. L'Europa sta perdendo in maniera vistosa la propria centralità sul tema, a causa delle minori risorse economiche disponibili, ed ha un potere di indirizzo sui grandi temi che purtroppo, a causa delle numerose spinte centrifughe promosse dai vari Paesi europei, non è riuscito ad affermarsi.
In questo contesto, gli attori della cooperazione italiana come si stanno attrezzando per rispondere alle nuove sfide ? A mio modesto parere, non a sufficienza: siamo in ritardo su molte questioni, e tendiamo a promuovere politiche di cambiamento solo se costretti da fattori esogeni. Dovremmo essere più proattivi, e cercare di anticipare i tempi invece di subirli.
Quello della cooperazione, per le nostre imprese sociali ed organizzazioni non governative, è un tema assolutamente strategico, perché ci permetterebbe di operare quella commistione col settore privato, che potrebbe essere essenziale nell'ottica di internazionalizzazione delle nostre organizzazioni, che sovente mancano di capitali e cultura in questo senso.
PRESIDENTE. Deputati, cortesemente.
EMANUELE SCAGLIUSI. A tal fine, con questo ordine del giorno, impegniamo il Governo a predisporre ulteriori interventi normativi affinché vengano garantite, nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 7, un'attenzione e una sensibilità particolari a favore della cultura della sostenibilità e degli interventi delle imprese italiane, di concerto con quelle locali, che esse affronteranno nei Paesi in via di sviluppo d'ora in avanti.
In passato tante genti sono passate dai Paesi in via di sviluppo: colla scusa dell'aiutare, del civilizzare, hanno sfruttato, distrutto, reso dipendenti, razziato quei Paesi, accumulando enormi ricchezze. Il principio guida dell'intervento esterno da parte di un'organizzazione non governativa o di un'impresa in un Paese del cosiddetto terzo mondo dev'essere quello più corretto ed efficace dell’empowerment, Pag. 155inteso come appropriazione di strumenti cognitivi e operativi da parte delle persone e dei gruppi locali, in funzione del conseguimento di una progressiva autonomia nell'affrontare i problemi quotidiani, e possibilmente nel progettare le soluzioni per quelli futuri. In breve, come dice un proverbio cinese: dai un pesce ad un uomo e lo nutrirai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.
Sempre più aziende offrono ai Paesi in via di sviluppo beni e servizi che in quei territori rappresentano il progresso. In questo scenario, è fondamentale che l'Italia garantisca un rapporto di rispetto reciproco e che il supporto delle nostre aziende non diventi un modo per attingere risorse e tornare a casa: le imprese coinvolte devono rispettare gli standard internazionali, come i principi del global compact delle Nazioni Unite, le linee guida dell'OCSE sui diritti dei lavoratori, e le Dichiarazioni tripartite ILO, con riferimento alle imprese multinazionali e alla politica sociale.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
EMANUELE SCAGLIUSI. Considerando che a fine 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha approvato il nuovo Piano d'azione nazionale triennale sulla responsabilità d'impresa, con l'obiettivo di allineare le strategie di Governo in materia di standard internazionali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...
PRESIDENTE. La deputata Grande ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/229.
MARTA GRANDE. Signor Presidente, con l'ordine del giorno numero n. 9/1248-A/R/229 si intende porre l'attenzione sulla necessità assoluta di ampliamento del campo giuridico in materia di cooperazione e sviluppo economico. Nello specifico, a scanso di equivoci e senza voler prestare il fianco a facili invettive demagogiche, il testo ha una finalità marcatamente pratica: si sottolinea infatti la stringente necessità di iniziare a predisporre una serie mirata di ulteriori interventi normativi affinché i crediti agevolati possano venire concessi all'impresa mista anche in via diretta. Tale passaggio risulta di vitale importanza perché possano mobilitarsi risorse finanziarie e capacità professionali con le quali, attraverso l'istituzione di partnership pubblico-private, valorizzando lo sforzo degli operatori economici del nostro Paese, vengano a crearsi le condizioni per contribuire in modo deciso allo sviluppo dell'economia italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Manlio Di Stefano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/230.
MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, vedete, io sono un po’ in difficoltà in questa situazione, nonostante io venga da una famiglia in cui i miei nonni erano entrambi partigiani – mio nonno paterno è stato fucilato addirittura, l'altro mio nonno mandato in esilio perché lavorava nell'ente dell'acquedotto del suo Paese e di notte rubava l'acqua sostanzialmente per distribuirla al Paese ai tempi in cui c'era il fascismo – una famiglia quindi fondata su dei valori io dico importanti, che mettono al centro la centralità della società, della condivisione, del rispetto di chi ha più bisogno, del rispetto di chi crede che insieme si possa creare una comunità (e quando c’è una comunità si va sempre nella direzione giusta, in quella del popolo). Sono nato in una famiglia che quindi da queste origini era una famiglia di sinistra, a casa mia – oggi quasi mi vergogno a dirlo – ma si votava PD addirittura. Io sono arrivato (Commenti)... è un dato di fatto...
PRESIDENTE. Deputato vada avanti, non c’è bisogno di fare contraddittorio con l'Aula.
MANLIO DI STEFANO. No, sentivo un coro da stadio e mi sono fermato un attimo. Ho sempre creduto quindi che per chiamare il Paese bastasse semplicemente Pag. 156tanta forza di volontà, la coerenza, quella rabbia che si vede poi negli occhi di chi la porta davvero e quello spirito di osservazione del mondo che ti permette di riuscire sempre a distinguere quando stai parlando con una persona che ha davvero dei valori e quando stai parlando con una persona che in fondo è vuota.
Sono arrivato quindi in quest'Aula dopo anni, dopo aver compiuto il mio normale percorso – ho studiato, ho creduto in qualcosa, mi sono laureato – e come mi ripetono tanti di voi e anche tanti qui fuori, ho sempre creduto che ci sia tanto di buono in ognuno in quest'Aula. In effetti, mi sono reso conto che tante persone qui dentro hanno fatto un percorso e hanno una loro coscienza di quello che sia giusto o sbagliato, peccato che mi sono anche reso conto che non si riesce purtroppo a rompere realmente quello schema che riuscirebbe finalmente a portare quest'Aula a ragionare con gli occhi di chi sta fuori quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Deputato, mi scusi un attimo, abbiamo concesso anche una premessa su ogni ordine del giorno, però entriamo nel merito !
MANLIO DI STEFANO. È un preambolo al mio intervento, è esattamente nel merito, poi vedrà perché lo ricollego perfettamente. Allora, ho capito che una volta stando qui dentro, come disse Dario Fo in una piazza bellissima a Milano, gremita, questo rompere lo schema, questo cambiamento dovevamo farlo noi, noi MoVimento 5 Stelle, noi cittadini in realtà. Lui disse proprio: fatelo voi ! E urlò di gioia, secondo me.
Con questa rabbia negli occhi di cui parlavo prima, siamo entrati qui dentro, noi siamo quelli che ancora ci imbarazziamo quando ci chiamano onorevoli e chiediamo anche di cambiare questa parola perché ce lo dobbiamo meritare di essere onorevoli. Siamo gli stessi che andiamo agli incontri (Commenti)... ora lo collego se avete la pazienza... quando andavate all'università che facevate ?
PRESIDENTE. Ho già invitato il deputato Di Stefano ad illustrare l'ordine del giorno, adesso se possiamo proseguire sull'ordine del giorno... la ringrazio.
MANLIO DI STEFANO. Non c’è problema, Presidente, il problema è forse la pazienza. Capisco che è tardi, però, hanno votato di rimanere, rimaniamo, no ?
PRESIDENTE. Credo che debba attenersi comunque quantomeno all'ordine del giorno.
MANLIO DI STEFANO. Infatti, se avessero la pazienza, arriverei all'ordine del giorno, che è collegato.
PRESIDENTE. Deputati, però non c’è bisogno di urlare, cortesemente, grazie.
MANLIO DI STEFANO. L'ordine del giorno che vado a esporre si ricollega perfettamente a quello che stavo dicendo, per il semplice fatto che stabilisce che, in caso di finanziamento a imprese che operano nella cooperazione, possa partecipare al finanziamento anche un'azienda che esiste già e, quindi, già realizzata. Questo credo che sia importantissimo, perché si premia quell'azienda che ha scelto di operare bene, ha scelto di operare al di fuori della possibilità o meno di avere un finanziamento e, quindi, si premia chi realmente sceglie di preservare la qualità del proprio lavoro. Lo collego a quello che dicevo prima, perché per lo stesso motivo esatto – quindi, quello di scegliere di preservare il proprio lavoro e di andare nella direzione giusta – come scegliamo di finanziare un'azienda che già esiste, potremmo scegliere anche di svuotare questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Lupo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/232.
LOREDANA LUPO. Signor Presidente, colleghi deputati, Governo, l'ordine del giorno è mosso da un autentico sentimento di buon senso e vi garantiamo che è difficile per noi comprendere come argomenti Pag. 157così rilevanti non vengano menzionati all'interno di un testo come questo, che contiene veramente di tutto e di più.
Parlo di un comparto prezioso e decisivo per lo sviluppo del Paese: l'agricoltura. Volutamente ignorato, perché potrebbe ridare quella sovranità economica di cui necessita il nostro Paese. Questo comporterebbe per gli italiani di potere nuovamente credere in se stessi. Ma, è più facile governare un popolo costantemente tenuto schiavo e in povertà. La trascuratezza in questo settore non è più tollerabile. È evidente che le misure introdotte sono insufficienti. Ci confrontiamo con un continuo aumento dei costi di produzione delle materie prime e con una difficoltà elevata di accesso al credito per le aziende agricole, per non parlare delle eccezionali condizioni ambientali, ormai non tanto più eccezionali. Questa è la realtà in cui vivono i nostri agricoltori, realtà che il Governo continua sistematicamente ad ignorare.
Ma, allora, quali saranno queste meravigliose modifiche che il «decreto del fare» o «del vorrei, ma non posso fare» si impegnerà a portare avanti per l'agricoltura ? Di certo non interverrà sull'IMU agricola né sui costi di produzione né, tanto meno, sulla contraffazione agroalimentare. E, allora, forse si occuperà delle piccole e delle medie imprese, colonne portanti dell'agricoltura italiana. Ma anche questa volta la risposta è negativa.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 1,50)
LOREDANA LUPO. Noi, però, lo chiediamo e lo facciamo a gran voce. Bisogna tutelare le imprese agricole e quelle del settore della pesca. Devono essere menzionate tra i soggetti beneficiari del Fondo di garanzia. Sarebbe una boccata di ossigeno per il settore. Noi lo chiediamo con l'ordine del giorno che sto presentando. Non lasciamo in un angolo le decine di migliaia di persone che di agricoltura e di pesca non fanno solo un mestiere, ma anche una vera e propria missione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Gagnarli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/233.
CHIARA GAGNARLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, comincio dalla nostra valutazione insufficiente delle misure introdotte a sostegno del comparto agricolo con questo provvedimento, anche se proprio oggi il Ministro De Girolamo si è detta particolarmente soddisfatta dell'attenzione che c’è stata del decreto da parte del Governo e del Parlamento e felice della collaborazione fattiva delle forze di maggioranza. Certo, di maggioranza. Gli emendamenti dell'opposizione non sono stati presi in considerazione.
Dobbiamo considerare che l'agricoltura è l'unico settore attualmente in crescita. Nel primo trimestre 2013, infatti, il settore primario ha registrato un aumento del valore aggiunto, in termini congiunturali, del 4,7 per cento e in termini tendenziali dello 0,1 per cento.
L'agricoltura quindi è un settore in controtendenza rispetto al momento di grave crisi economica che sta vivendo il Paese e che registra una crescita nell'occupazione dell'8,5 per cento di assunzioni di giovani sotto i trentacinque anni e una crescita nell’export, ma che avrebbe comunque necessità di adeguati e mirati interventi strutturali. Questi segnali positivi non sono affiancati da una politica di sostegno e, anzi, sulle spalle del settore agricolo italiano pesano non pochi problemi, dalla questione dell'IMU in agricoltura, non ancora completamente risolta, all'aumento dei costi di produzione, al fenomeno della contraffazione agroalimentare, che sta compromettendo l'agricoltura tradizionale e biologica nazionale, alla difficoltà di accesso al credito, fino alla smisurata pressione burocratica.
Un'azienda agricola arriva a perdere anche cento giorni l'anno per la gestione documentale e per i rapporti con la pubblica amministrazione per adempimenti Pag. 158burocratici. In particolare, l'articolo 1 del decreto-legge in esame esclude completamente le imprese agricole dalla garanzia diretta del Fondo di garanzia, che l'articolo amplia, ristruttura, e pertanto le imprese agricole non beneficiano delle possibilità di accesso al credito previste per le altre imprese, ma solo della controgaranzia a favore dei confidi operanti nei settori agricolo, agroalimentare e della pesca. Riteniamo quindi utile, anzi fondamentale, mantenere la riserva del 30 per cento dell'importo di rifinanziamento del Fondo agli interventi di controgaranzia a favore dei confidi e vorremmo quindi che il Governo si impegnasse a mantenere l'attuale disposizione del decreto-legge n. 185 del 2008, che riserva il 30 per cento dell'importo di rifinanziamento del Fondo di garanzia agli interventi di controgaranzia a favore dei confidi.
PRESIDENTE. L'onorevole Parentela ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/234.
PAOLO PARENTELA. Signor Presidente, colleghi deputati, membri del Governo, il settore primario, in controtendenza rispetto a tutti i settori di produzione, lo ripeteremo all'infinito, conosce una crescita del PIL dello 0,1 per cento e dell'occupazione giovanile dell'8,5 per cento. Ora, come più volte ribadito, non vogliamo basare la vita dei cittadini sul prodotto interno lordo, indice che si è dimostrato finora del tutto obsoleto verso il reale benessere della collettività. Ma, alla luce di questi dati statistici e del ruolo di leadership che l'agricoltura italiana riveste in ambito europeo ed internazionale, ci paiono quanto meno insufficienti le misure adottate dal Governo attraverso il cosiddetto decreto del fare a tutela soprattutto del comparto agricolo.
Il settore primario dunque resiste alla crisi nonostante il vertiginoso aumento dei costi di produzione ed il calo dei consumi, che avvantaggiano sempre di più la grande distribuzione, danneggiando la piccola e media impresa, vera e propria spina dorsale dell'economia del nostro Paese.
Il Governo, dimostrando la totale assenza di visione nel lungo periodo, ha pensato bene di non difendere e incentivare l'unico settore in crescita costante e dedicarsi ad altro, ritenendo forse opportuno far cadere anche l'agricoltura nella voragine immensa che questa crisi infinita sta causando. L'agricoltura invece dovrebbe rappresentare un vero e proprio volano di sviluppo per diminuire l'impatto della disoccupazione giovanile, vera e propria piaga di questo Paese, che in alcune zone dello stivale raggiunge percentuali da capogiro. Nella mia regione, la Calabria, ad esempio, regione a chiara vocazione agricola, la disoccupazione giovanile supera abbondantemente il 50 per cento e spesso giovani calabresi come me sono costretti ad emigrare per cercare migliore fortuna altrove.
La terra, la nostra terra, il nostro bene comune è sempre di più abbandonata al proprio destino, concedendosi a colture che non servono a soddisfare bisogni primari, ovvero l'alimentazione, ma alla produzione di bioenergie che, per citare il mio collega Gallinella, di bio hanno soltanto il nome, oppure, nella peggiore delle ipotesi, alla cementificazione selvaggia, altra piaga di questo Paese. Recentemente, alcune disposizioni normative approvate da questa Aula, hanno disposto la vendita di terreni demaniali a chiara vocazione agricola a giovani imprenditori. Bene, nella creazione di nuove imprese i costi di start-up rappresentano spesso l'ostacolo più grande da superare, ma questo lo sappiamo, lo sapete bene, visto che da sempre si tenta di concedere finanziamenti a tasso agevolato per la creazione di imprese innovative o per facilitare l'accesso al credito per i giovani imprenditori.
In questo contesto va inserita la proposta di questo ordine del giorno, che mira a facilitare l'accesso alla terra per i giovani imprenditori agricoli, attraverso la concessione in locazione, e non in vendita, dei terreni demaniali con chiara vocazione agricola. In un momento storico in cui è difficile – per non dire impossibile – accedere al capitale di terzi per avviare una nuova attività, si potrebbe concedere Pag. 159respiro ai nuovi imprenditori, che eviterebbero così di iniziare la propria avventura imprenditoriale con già il cappio attorno al collo legato dalle banche o che, in alternativa, potrebbero investire le proprie risorse finanziarie nell'acquisto di macchinari che possano consentire una produzione maggiormente sostenibile dal punto di vista sia ambientale che economico. Concedendo i propri terreni in locazione, tra l'altro, lo Stato può concedersi la possibilità, qualora un'idea imprenditoriale non dovesse funzionare, di dare ad altri aspiranti imprenditori lo stesso terreno.
La terra, colleghi deputati, ritorno a ribadire, è un bene comune. Il suo accesso, quindi, non può essere inquadrato in uno schema di vendita che, di fatto, trasforma i terreni agricoli statali in un bene privato. Consideriamo inoltre che la stessa finalità di sostegno e potenziamento del settore agricolo nazionale può essere adeguatamente perseguita attraverso l'affidamento in locazione di detti terreni ai giovani imprenditori e ai giovani agricoltori come definiti dal Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005. una chiara visione del lungo periodo potrebbe facilitare davvero l'ulteriore sviluppo di un settore economico che, lo ripetiamo fino alla nausea, resiste alla crisi.
Si potrebbe inoltre tutelare la coltivazione di prodotti tipici biologici, tentando di perseguire l'obiettivo – che oggi somiglia più ad una chimera – della sovranità alimentare e della conservazione delle svariate tipicità gastronomiche che rappresentano il fiore all'occhiello del Bel Paese. Una maggiore attenzione verso la conservazione delle tipicità porterebbe inoltre allo sviluppo del turismo enogastronomico.
Concludo: impegniamo quindi il Governo, con questo ordine del giorno affinché si possa valorizzare, promuovere e potenziare il settore agricolo nazionale, valutando la possibilità di rivedere la disciplina della vendita delle terre agricole e a vocazione agricola al fine di disporne l'affidamento in locazione, favorendo il ricambio generazionale e il primo insediamento da parte di giovani imprenditori e giovani agricoltori. Questo provvedimento sì che potrebbe essere definito con un fare qualcosa di concreto per lo sviluppo di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Massimiliano Bernini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2148-A/R/235.
MASSIMILIANO BERNINI. Signor Presidente, colleghi deputati, membri del Governo, esporrò nel tempo che mi è concesso, il motivo della mia contrarietà al comma 13-ter, aggiunto all'articolo 35, che parla di misure di semplificazione della sorveglianza sanitaria per le imprese agricole, con particolare riferimento ai lavoratori a tempo determinato e stagionali. Temo, Presidente, che si tratti di un modo di derogare alcuni diritti acquisiti da parte dei lavoratori che come effetto avrà un peggioramento delle condizioni di lavoro in agricoltura.
Mi sia concessa una premessa: la normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che oggi è raccolta in un testo unico, il decreto legislativo n. 81 del 2008, ha avuto nel corso degli anni una lunga evoluzione, aggiornandosi sulla base delle modifiche del mondo del lavoro e dei progressi della tecnica e della scienza conseguiti dall'umanità. Muove i suoi primi passi nel 1957 con il Trattato di Roma che, all'articolo 118, parla di direttive sociali finalizzate al conseguimento di livelli progressivamente più elevati di salute e sicurezza sul lavoro, e la sua evoluzione normativa corre su un doppio binario, parallelo a quello dell'integrazione europea. Per questo a fine anni Ottanta, viene promulgata la direttiva quadro 89/391/CEE, che in Italia è recepita da molte norme, tra le quali l'ormai famoso decreto legislativo n. 626 del 1994 che fino al 2008 è sinonimo di sicurezza e salute durante le attività lavorative.
Questa cronistoria è doverosa per rammentare a noi tutti, come queste leggi siano il risultato di confronti, studi, ricerche condotte in un cinquantennio da medici Pag. 160del lavoro, docenti universitari, parti sociali, esperti dei vari settori dell'industria e del mercato, il cui fulcro è stato, ed è, quello della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici, eliminando o riducendo i rischi presenti nelle aziende. Elemento essenziale di questa tutela è l'obbligo da parte del datore di lavoro di far effettuare ai lavoratori, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, delle visite presso i medici del lavoro, per la valutazione di patologie pregresse che potrebbero aggravarsi con la pratica lavorativa o malattie incipienti.
L'agricoltura, tra i vari settori, è quello che risente più di altri dell'insorgenza di malattie professionali. Il numero delle denunce secondo l'INAIL è in continuo aumento, passando dalle circa 1.800 unità del 2008 alle 7.700 del 2012. Ciò dipende, oltre che dalla particolare gravosità del lavoro in agricoltura, anche da una maggiore sensibilizzazione degli operatori del settore agricolo e dei medici di base.
Inoltre, le malattie rispetto agli infortuni presentano un'insorgenza lenta, talora subdola che richiede tempi di latenza e di palese manifestazione anche molto prolungati. Tra queste malattie vi sono carcinoma del polmone, encefalopatie, ipoacusia, epatopatie, danni a carico dell'apparato muscolo-scheletrico del rachide, dermatite e così via.
Quindi, a nostro avviso, parlare di semplificazione della sorveglianza sanitaria, portando, ad esempio, il numero delle visite da una all'anno a una ogni due anni, è una grave battuta di arresto se non un passo indietro sul principio sancito che tutti i lavoratori, indipendentemente dal fatto che siano assunti a tempo determinato o stagionalmente, debbano essere tutelati dal punto di vista della salute e della sicurezza.
Riteniamo che sia a dir poco pernicioso che si debba inseguire la fantomatica crescita auspicata nel decreto del fare sempre e solo a scapito dei diritti acquisiti dai lavoratori italiani. Ma l'Italia e l'Europa non dovevano essere il faro dell'umanità in materia di diritti e conquiste sociali ? Non dovevamo contrapporre alla mercificazione e allo sfruttamento dell'individuo un modello alternativo basato sul benessere psicofisico dei cittadini ?
Infine, Presidente, ben venga la semplificazione e la standardizzazione della valutazione dei rischi aziendali e la comunicazione con gli organi di vigilanza, tra l'altro già prevista dal testo unico, e che a nostro avviso non può che passare attraverso l'informatizzazione delle realtà aziendali agricole con la diffusione della banda larga.
PRESIDENTE. L'onorevole Gallinella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/236.
FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, prima faccio un complimento ai colleghi del PD, che sono presenti; non posso dire la stessa cosa dei colleghi del PdL: almeno su qualcosa troviamo delle differenze (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Detto questo... perdonatemi, ho dimenticato Scelta Civica. Detto questo, voglio esporre il mio ordine del giorno...
PRESIDENTE. Mi pare un'ottima idea.
FILIPPO GALLINELLA. Questo era doveroso, signor Presidente, a quest'ora abbiamo svegliato un po’ l'Aula almeno.
La critica, con l'ordine del giorno che ho presentato, è ovviamente a un articolo, il 41-ter, del decreto «del fare».
Il «decreto del fare» nasce con 86 articoli e questo – il 41-ter – si va a inserire nella parte delle semplificazioni. Però, nella parte delle semplificazione questo articolo 41-ter va a imporre, a proporre delle modifiche al testo unico ambientale, quello del 2006. Ora, la prima critica che farò è che non è possibile, tramite un articolo, il 41-ter, del decreto «del fare», che era così venduto per lo sviluppo del Paese, andare a modificare un testo unico ambientale, che prevede – a nostro avviso – un percorso ben diverso. Qualsiasi tipo di modifica al testo unico ambientale, tramite magari una proposta di legge, dovrebbe passare per la Commissione ambiente.Pag. 161
Innanzitutto, questo metodo di lavorare non va bene. Oltretutto, dieci giorni fa abbiamo qui in Aula ampliato le sanzioni per chi commette reati ambientali. Quindi, da una parte noi inaspriamo le pene per coloro che commettono reati ambientali. Dall'altra parte, l'inserimento nel capitolo delle semplificazioni di un articolo che va in deroga a determinati criteri ambientali ci sembra un assurdo.
Con l'articolo in questione, quindi, che è il 41-ter e si intitola «Norme ambientali per gli impianti ad inquinamento scarsamente significativo», nella parte I dell'allegato IV del decreto legislativo del 2006 si vanno ad inserire delle paroline, come per esempio: «impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle stesse con potenza termica nominale, per corpo essiccante, uguale o inferiore a 1 MW». Ora, come ho detto...
Ora, come ho detto prima, questa cosa non va bene e per questo ho proposto questo ordine del giorno. Ripeto, considerata l'importanza e la portata della materia ambientale, appare inopportuno intervenire per modificare una così delicata norma in un contesto confuso quanto inadatto quale può essere quello di questo decreto-legge, specie considerando le implicazioni che una tale modifica potrebbe avere.
L'articolo in questione del decreto-legge in esame inserisce tra gli impianti ad inquinamento scarsamente significativo gli impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle stesse. In particolare introduce per le stesse una potenza termica nominale per corpo essiccante uguale o inferiore a 1 MW, se alimentati a biomassa o a biodiesel o a gasolio, e uguale o inferiore a 3 MW se alimentati a metano o a GPL o a biogas. La reale portata inquinante di tali impianti di essiccazione non può essere considerata scarsamente inquinante, specie in alcuni particolari periodi dell'anno e alleggerire così la normativa ci sembra alquanto assurdo. Per questo il nostro ordine del giorno vorrebbe impegnare il Governo a riconsiderare l'introduzione delle modifiche al testo unico ambientale contenute nel decreto-legge n. 69 riferite agli impianti considerati di inquinamento scarsamente significativo con particolare riferimento a questi impianti di essiccazione. Quindi ci auguriamo che domani quest'Aula riconsideri questa modifica al testo unico ambientale perché, oltre il fatto che non si può parlare di impianti scarsamente inquinanti, è necessario che si tratti questo tema magari con più attenzione nelle Commissioni idonee (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Benedetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/237.
SILVIA BENEDETTI. Signor Presidente, colleghi deputati, membri del Governo, vorrei fare una premessa doverosa: sia chiaro che cerchiamo di rimediare al modus operandi di questo decreto minestrone, modus operandi inaccettabile e già ampiamente dichiarato incostituzionale. Poi vorrei sottolineare su che base restiamo perplessi riguardo all'articolo 41-ter di questo decreto «del fare». L'articolo ha comportato un'aggiunta in merito alle norme ambientali per gli impianti ad inquinamento scarsamente significativo, ove sono inclusi impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, di potenza termica nominale pari o inferiore a 1 MW, alimentati a biomasse e a biogas. A questa lista con l'articolo 41-ter vengono aggiunti gli impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle stesse. Con quest'ordine del giorno cerco di porre rimedio, per quanto possibile, al fatto che si aggiungano continuamente nuovi impianti e attività alla lista di quelli in deroga senza fare un'attenta riflessione sul significato di «inquinamento scarsamente significativo». A tal proposito cito il professor Tamino: «Le emissioni in atmosfera deducibili dai dati forniti da chi propone impianti di taglia sotto 1 MW, sono: COT (composti organici totali, compresi composti cancerogeni) 1,2 Pag. 162tonnellate all'anno; monossido di carbonio 6 tonnellate all'anno; nitriti 3 tonnellate all'anno; anidride solforosa 6,7 tonnellate all'anno; cloruro di idrogeno 1,2 quintali all'anno». Ripeto, stiamo parlando di impianti di taglia sotto 1 mega. Quindi se volessimo fare un'attenta riflessione, dovremmo valutare anche altri inquinanti, come le polveri, l'ozono (in estate, come inquinante secondario derivato da emissione di ossidi d'azoto) e le immancabili diossine. Per le polveri si può calcolare 0,6 tonnellate all'anno di polveri molto fini, alle quali vanno aggiunte le polveri secondarie. Le diossine che si formano sono poche, ma non nulle, e sappiamo che ne bastano poche per avere un impatto sanitario significativo: impatto che non è dubbio, ma è ampiamente dimostrato. Sembra che un impianto da 1 MW o da 3 MW sia un impianto «piccolo», ma in realtà già solo 1 MW è tanto: sempre citando una stima effettuata da Tamino, si può affermare con una certa approssimazione che «un cogeneratore di meno di 1MW, collegato al biodigestore, brucerà un quantitativo di metano equivalente a quello di 3.500 case di oltre 100 metri quadrati di superficie (consumo annuo di circa 1.600 metri cubi)». Inoltre 1MW è tanto se si considera che un impianto di questa portata è una grande struttura, per costruire la quale si è comunque consumato terreno agricolo, sottraendolo alla coltivazione. Inoltre a chi produce biogas viene riconosciuta una tariffa di 28 centesimi per kWh, circa tre volte quanto si paga per l'energia prodotta «normalmente».
Va da sé che, anche volessimo considerarli impianti scarsamente inquinanti, con il business che essi hanno creato e la loro corrispondente proliferazione, l'impatto ambientale che determinano non è trascurabile, anzi. Basta dare un'occhiata alle centinaia di comitati sorti su tutto il territorio italiano, per capire che la questione è sentita e che quanto viene permesso sinora va certamente rivisto.
Nel dettaglio, se vogliamo poi parlare di essiccatoi, ho giusto a Padova, la mia città di provenienza, un caso irrisolto di impatto ambientale di un essiccatoio di mais e questo impatto è abbastanza sentito dai cittadini residenti nei dintorni dell'essiccatoio stesso. Il MoVimento 5 Stelle non è a priori contro l'uso di biogas e biomasse, ma ritiene giusto fare una riflessione su quanto fatto sinora e incentivare un meccanismo sano in questo ambito. Ciò significa, per esempio, limitare la potenza degli impianti a biogas. Quindi approviamo il fatto che ad un'azienda agricola siano consentiti altri usi energetici delle biomasse: ad esempio la trasformazione del materiale organico in biogas è particolarmente efficace per tutti gli scarti e reflui di origine zootecnica, agricola ed alimentare, ma questa possibilità deve restare certamente confinata in un contesto di recupero e di autosostentamento, senza degenerare in controproducenti speculazioni di cui essiccatoi di questa entità compresi nel provvedimento che è stato proposto possono far parte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato L'Abbate ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/238.
GIUSEPPE L'ABBATE. Signor presidente, gentili colleghe, egregi colleghi, vista l'ora, quella che voglio raccontarvi è una storia: le leggende narrano che, nelle acque del golfo di Taranto, il metrologico Taras compisse sacrifici in onore del padre Poseidone, il dio dei mari. A fermarlo fu la visione di un delfino: un segno che lo spinse a fondare quella che diviene la capitale della Magna Grecia. Una città che affonda le sue radici nel cuore ancestrale della storia. Una città che oggi l'uomo moderno ha trasformato nel buco nero d'Europa. Ma Taranto non è solo inquinamento e declino di un'industria legata al recente passato e già superata. Taranto è turismo, arte, paesaggi, bellezze e gustosità dei prodotti tipici agroalimentari. Taranto è mare. Per questo chiediamo al Governo di porre un limite a ciò che distrugge tutto questo. E non chiediamo, come vuol far crederci l'esimio neocommissario Bondi, di limitare l'uso delle sigarette o dei sigari Pag. 163nella città dell'ILVA (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Con un limite stabilito dalla regione Puglia pari a 0,4 nanogrammi di elementi inquinanti (come la diossina) per metro cubo e la possibilità, dal 14 febbraio, di bruciare nei cementifici il CSS, ovvero i combustibili solidi secondari, derivati della selezione di rifiuti, tutta l'area circostante all'ILVA di Taranto in cui sono presenti numerosi stabilimenti altamente inquinanti sarà protagonista di un ulteriore rischio dell'aggravio del degrado ambientale.
Il MoVimento 5 Stelle, dinanzi a questa ennesima ferita della terra di Taranto, chiede al Governo di valutare l'opportunità di rivedere la norma di riferimento sulle emissioni inquinanti per portarla ad un livello di massimo 0,2 nanogrammi di emissioni inquinanti per metro cubo. Di rimodulare, di conseguenza, le emissioni previste dalla giunta pugliese targata Sinistra Ecologia e Libertà, che attualmente non consentono una adeguata tutela sanitaria in tutto il territorio di Taranto. Chiediamo di valutare l'opportunità di adottare tutte le necessarie misure cautelative per evitare che eventuali prescrizioni seguite presso lo stabilimento ILVA vengano inficiate, di fatto, dalle emissioni di attività limitrofe di tutta l'area perimetrata nel SIN di Taranto, sito di interesse nazionale, nonché a considerare nella sua complessità l'inquinamento di Taranto come il prodotto di tutti gli stabilimenti industriali e non che insistono su quel territorio e che arrecano grave ed irreparabile danno alla salute dei cittadini. Ed è proprio per i cittadini che, infine, chiediamo di sospendere a tempo indeterminato la combustione dei combustibili solidi secondari per i cementifici di Taranto. Una soluzione lontana anni luce dallo stesso piano rifiuti regionale per la Puglia, presentato dalla giunta di Sinistra Ecologia e Libertà, che verrà approvato a settembre. Dunque...
Dunque, chiediamo al Governo di immedesimarsi in quel delfino di Taras e di porre finalmente un freno e un limite alle ferite dei popoli tarantini. Non vorremmo ritrovarci con l'intera loro provincia trasformata in una terra di fumatori incalliti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Paolo Nicolò Romano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/240.
Testo sostituito con errata corrige volante
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signor Presidente, deputati colleghi, il mio ordine del giorno va incontro alle esigenze dei piccoli operatori delle telecomunicazioni poiché l'attuale regime dei contributi riguardanti gli oneri amministrativi fissati dall'allegato 10 dell'articolo 1 del Codice delle comunicazioni elettroniche li penalizza fortemente. Attualmente, infatti, questi oneri sono fissati avendo come base di riferimento la dimensione della popolazione interessata dall'offerta di fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni o del servizio telefonico accessibile al pubblico, non tenendo in nessuna considerazione le dimensioni dell'impresa e del numero dei suoi abbonati-utenti.
In pratica, in base alla legge, l'operatore in grado di estendere e attivare fibra ottica deve versare allo Stato 27.750 euro all'anno se opera in un centro sotto i 200 mila abitanti, 5.500 euro se la città supera i 200 mila abitanti e 111 mila euro all'anno se l'operatore è attivo su tutto il territorio nazionale. Questo comporta che i piccoli operatori, quelli che potrebbero andare a coprire le cosiddette zone buie, dove la scarsa clientela non interessa i grandi carrier nazionali, sono tagliati fuori perché impossibilitati ad affrontare oneri amministrativi così gravosi. Le conseguenze sono note: mancato sviluppo di un mercato a livello di territorio, scarse iniziative locali per la diffusione della banda larga, concentrazione dell'offerta di fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni e dei servizi telefonici in mano a pochi grandi gruppi.
La fibra in sé non è la componente dell'investimento più costosa. Quello che pesa maggiormente per i piccoli operatori è il costo della manodopera e, appunto, le tasse. Se il mio ordine del giorno verrà accolto, potrà contribuire alla nascita di Pag. 164nuovi operatori nei piccoli centri, operatori che, tra l'altro, conoscono meglio dei grandi il territorio locale. Gli installatori di fibra attualmente disoccupati, magari gli ex dipendenti di qualche big company, potrebbero riunirsi in società e diventare loro stessi operatori, procedendo alla posa della fibra e senza doversi preoccupare di versare onerosi contributi allo Stato. In sostanza, sarebbe un incentivo allo sviluppo economico del Paese e al superamento del digital divide.
Il citato allegato 10 del Codice delle comunicazioni elettroniche così com’è concepito è pertanto una barriera di accesso artificiosa imposta dallo Stato che non fa che ostacolare le attività economiche, anzi causa anche il paradosso che, se un operatore dati vuole stendere un metro di fibra ottica a Bolzano e uno a Palermo, dovrà pagare 111 mila euro perché lavora sul territorio nazionale. Un costo ovviamente non sostenibile da una società di piccole o medie dimensioni, mentre per le grandi aziende di telecomunicazioni rappresenta una minima parte del loro investimento. Pertanto, se il Governo intende realmente promuovere una liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni deve rimuovere gli ostacoli che scoraggiano l'ingresso di nuovi operatori.
Pertanto – e concludo – chiedo al Governo di accogliere il mio ordine del giorno impegnandosi ad adattare gli oneri dei diritti amministrativi previsti dall'allegato 10 dell'articolo 1 del Codice delle comunicazioni elettroniche, oltre che alla dimensione della popolazione interessata dall'offerta di fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni o del servizio telefonico, anche alla dimensione di impresa e, quindi, al numero delle utenze effettivamente attive (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signor Presidente, deputati colleghi, il mio ordine del giorno va incontro alle esigenze dei piccoli operatori delle telecomunicazioni poiché l'attuale regime dei contributi riguardanti gli oneri amministrativi fissati dall'allegato 10 dell'articolo 1 del Codice delle comunicazioni elettroniche li penalizza fortemente. Attualmente, infatti, questi oneri sono fissati avendo come base di riferimento la dimensione della popolazione interessata dall'offerta di fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni o del servizio telefonico accessibile al pubblico, non tenendo in nessuna considerazione le dimensioni dell'impresa e del numero dei suoi abbonati-utenti.
In pratica, in base alla legge, l'operatore in grado di estendere e attivare fibra ottica deve versare allo Stato 27.750 euro all'anno se opera in un centro sotto i 200 mila abitanti, 55.500 euro se la città supera i 200 mila abitanti e 111 mila euro all'anno se l'operatore è attivo su tutto il territorio nazionale. Questo comporta che i piccoli operatori, quelli che potrebbero andare a coprire le cosiddette zone buie, dove la scarsa clientela non interessa i grandi carrier nazionali, sono tagliati fuori perché impossibilitati ad affrontare oneri amministrativi così gravosi. Le conseguenze sono note: mancato sviluppo di un mercato a livello di territorio, scarse iniziative locali per la diffusione della banda larga, concentrazione dell'offerta di fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni e dei servizi telefonici in mano a pochi grandi gruppi.
La fibra in sé non è la componente dell'investimento più costosa. Quello che pesa maggiormente per i piccoli operatori è il costo della manodopera e, appunto, le tasse. Se il mio ordine del giorno verrà accolto, potrà contribuire alla nascita di Pag. 164nuovi operatori nei piccoli centri, operatori che, tra l'altro, conoscono meglio dei grandi il territorio locale. Gli installatori di fibra attualmente disoccupati, magari gli ex dipendenti di qualche big company, potrebbero riunirsi in società e diventare loro stessi operatori, procedendo alla posa della fibra e senza doversi preoccupare di versare onerosi contributi allo Stato. In sostanza, sarebbe un incentivo allo sviluppo economico del Paese e al superamento del digital divide.
Il citato allegato 10 del Codice delle comunicazioni elettroniche così com’è concepito è pertanto una barriera di accesso artificiosa imposta dallo Stato che non fa che ostacolare le attività economiche, anzi causa anche il paradosso che, se un operatore dati vuole stendere un metro di fibra ottica a Bolzano e uno a Palermo, dovrà pagare 111 mila euro perché lavora sul territorio nazionale. Un costo ovviamente non sostenibile da una società di piccole o medie dimensioni, mentre per le grandi aziende di telecomunicazioni rappresenta una minima parte del loro investimento. Pertanto, se il Governo intende realmente promuovere una liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni deve rimuovere gli ostacoli che scoraggiano l'ingresso di nuovi operatori.
Pertanto – e concludo – chiedo al Governo di accogliere il mio ordine del giorno impegnandosi ad adattare gli oneri dei diritti amministrativi previsti dall'allegato 10 dell'articolo 1 del Codice delle comunicazioni elettroniche, oltre che alla dimensione della popolazione interessata dall'offerta di fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni o del servizio telefonico, anche alla dimensione di impresa e, quindi, al numero delle utenze effettivamente attive (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Nicola Bianchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/241.
NICOLA BIANCHI. Signor Presidente, gentili colleghi, questo è il decreto «del fare», in questi giorni l'abbiamo sentito e risentito un po’ tutti, ma la domanda spontanea che sorge è: del fare bene o del fare male ? Questo, a mio avviso, è il decreto del fare malissimo perché nell'articolo 18, comma 4, introduce misure volte a garantire la prosecuzione del corridoio tirrenico meridionale A12 Cisterna-Valmontone, una struttura che mette in secondo piano l'ambiente e per noi questa cosa è inaccettabile, inammissibile e incomprensibile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Vado velocemente a presentare il mio ordine del giorno. In sede di esame di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, l'articolo 18 reca misure volte a sbloccare cantieri, a prevedere opere di manutenzione delle reti, del territorio e istituire un fondo per i piccoli comuni. Un po’ un minestrone, praticamente.
Nello specifico, il comma 4 del medesimo articolo introduce misure volte a garantire la prosecuzione e, quindi, la realizzazione dei lavori relativi al Corridoio tirrenico meridionale A12-Appia e bretella autostradale Cisterna Valmontone.
Le associazioni ambientalistiche hanno espresso forti perplessità e contrarietà alla realizzazione del Corridoio tirrenico meridionale A12, nello specifico, appunto, la tratta Cisterna-Valmontone, denunciando la possibile devastazione di ben due riserve naturali, quella di Decima Malafede e la Riserva statale del litorale romano, caratterizzate da primaria importanza per la fauna e l'avifauna stanziale e migratoria e dall'erosione di migliaia di ettari coltivati nell'agro pontino, con ricadute sul mercato ortofrutticolo.
Diverse testate giornalistiche hanno espresso un parere molto negativo, con dei titoli molto forti. Vado a leggerne alcuni: Roma 12: «Via libera del Governo tra polemiche e minacce di ricorsi»; un altro: autostrada A12: «Inchieste e indagini della Corte dei conti, della Commissione europea e dell'Autorità di vigilanza sui lavori Pag. 165pubblici»; un altro, l'ultimo, forse quello po’ più duro: «Un'onda di cemento si abbatte tra Roma e Latina».
Come già detto, per noi del MoVimento 5 stelle, il fattore ambientale è un fattore fondamentale, è una delle nostre cinque stelle che, appunto, identifica il nostro logo; diciamo che è la nostra bandiera. Una società che non vede il fattore ambientale come uno dei fattori fondamentali per lo sviluppo della società è una società che non può garantire un futuro degno e decente ai propri figli. E questo, secondo noi, è veramente scandaloso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La invito a concludere.
NICOLA BIANCHI. Come già detto, diversi comitati si sono formati per dire «no» ad una strada, che solo una politica sorda che non sa ascoltare oppure non vuole ascoltare, che, forse, è ancora peggio, per favorire la lobby del cemento.
Parliamo ora del danno che tale colata di cemento potrebbe portare al settore agricolo e, quindi, a tutto il reparto ortofrutticolo. Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo sempre sostenuto l'agricoltura «a chilometro a zero», anche perché questo andrebbe ad impattare sempre sull'ambiente in modo molto, molto positivo, perché non si fa altro che avvantaggiare tutto l'agro e, quindi, tutta l'economia locale del Paese.
PRESIDENTE. Deve concludere.
NICOLA BIANCHI. Concludo, chiedendo un impegno al Governo a valutare l'ipotesi di sospendere la realizzazione del Corridoio tirrenico meridionale A12, nello specifico la tratta Cisterna-Valmontone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Catalano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248/A/R/242.
IVAN CATALANO. Signor Presidente, colleghi, con l'ordine del giorno che presento ritengo necessaria l'introduzione di accertamenti specifici in materia di antimafia, quali la verifica di informative antimafia interdittive, essendo il settore dei trasporti nel mirino della malavita organizzata. Io stesso avevo preparato in tal senso un emendamento all'articolo 25 del cosiddetto decreto del fare, che però avevo ritirato a causa del contingentamento degli emendamenti.
È significativo ricordare che il 10 maggio 2010, gli uomini della direzione nazionale antimafia hanno arrestato 72 persone, stroncando un'organizzazione camorristica che gestiva con metodi mafiosi il trasporto dell'ortofrutta prodotta nel sud pontino. Nel mondo dell'autotrasporto è scattato un campanello d'allarme. Francesco Del Boca, presidente di Confartigianato trasporti, aveva affermato che bisogna vigilare perché la malavita organizzata sta penetrando sempre di più nell'autotrasporto e, contrariamente a quello che si pensa, non si occupa più soltanto di rifiuti. I casalesi si sono mossi in alleanza con famiglie mafiose, dal nome altrettanto temuto come i Tripodo o i Riina, in una sorta di federalismo mafioso, come lo ha definito il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, e gli strumenti mafiosi sono i camion, anzi, le società di autotrasporto. Nell'inchiesta ne sono coinvolte a vario titolo una ottantina, ma il ruolo di protagoniste spetta a quelle dei casalesi che usavano metodi mafiosi per imporre agli altri autotrasportatori la propria legge: dalle minacce armate allo speronamento dei mezzi.
Il coinvolgimento della criminalità organizzata nel mondo della logistica lo spiega con poche parole il generale Antonio Girone, direttore della direzione investigativa antimafia, dicendo che si tratta di una vera e propria filiera della mafia, in cui i clan decidono i prezzi, mettendo in ginocchio i produttori. Maggiori controlli, dunque, non solo sulla strada né sui vettori, bisogna mettere in rete e a sistema, come spiega il segretario generale di ANITA, tutti i soggetti della pubblica amministrazione, l'agenzia delle dogane, gli enti previdenziali, l'albo degli autotrasportatori, Pag. 166che pure andrebbe riformato, registrando non solo il numero dei veicoli ma anche quello dei dipendenti. C’è anche chi propone di usare sistemi come il telepass e il tutor per verifiche incrociate sulle percorrenze dei veicoli pesanti, confrontando questi dati con quelli relativi all'uso degli autisti e ai costi di esercizio dichiarati dalle imprese.
Finalmente, il 14 agosto entrerà in vigore il decreto che contiene le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento degli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 aprile 2013, che riguarda la costituzione delle white list presso le prefetture, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 15 luglio. Gli elenchi, la cui iscrizione è volontaria, riguardano i settori aggiornabili ritenuti più a rischio individuati dal comma 53 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2012 ovvero trasporto di materiale a discarica per conto terzi, trasporto e smaltimento di rifiuti per conto terzi, estrazione, fornitura e trasporto di terra, materiali inerti, bitume, calcestruzzo, fornitura di ferro lavorato, autotrasporto per conto terzi e così via. L'iscrizione avviene su richiesta dell'azienda interessata tramite posta elettronica certificata e la prefettura ha novanta giorni di tempo per accettare la domanda, dopo aver verificato la presenza dell'impresa nella banca dati nazionale unica o aver eseguito le verifiche necessarie. L'inserimento nella white list, che sarà pubblicata nella sezione amministrazione trasparente della prefettura di competenza, ha validità per 12 mesi dal momento in cui avviene. Le stazioni appaltanti non dovranno chiedere la certificazione antimafia alle imprese inserite nella white list. Il sistema dell'informativa antimafia è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge delega n. 47 del 1994, la quale al fine di riordinare la materia ha previsto l'acquisizione, tramite le prefetture, di informazioni particolari volte all'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa negli organismi societari. La legge delega è stata attuata con il decreto legislativo n. 490 del 1994, il quale, nell'articolo 4, ha introdotto il sistema di informativa oggi disciplinato dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998.
PRESIDENTE. Deputato Catalano, concluda.
IVAN CATALANO. La finalità dell'informativa antimafia, più volte annunciata dalla magistratura, è da rinvenire nella massima anticipazione di tutela preventiva intesa come risposta dello Stato verso il crimine organizzato, al fine di difendere le istituzioni e, conseguentemente, la collettività da organizzazioni criminali, come la mafia, che si caratterizzano per il peculiare mimetismo che consente loro di agire per lo più, non militarmente contro le istituzioni democratiche, ma sforzandosi di condizionarne l'operato, piegandole ai propri interessi e aumentando così per tale tramite la propria capacità eversiva e di controllo criminale del territorio.
L'informativa antimafia è, quindi, finalizzata all'accertamento dell'eventuale esistenza di un divieto a contrarre con le pubbliche amministrazioni ed è imperniata sui poteri attribuiti ai prefetti in ordine alla ricerca e alla valutazione degli elementi da cui poter evincere connivenze e collegamenti di tipo mafioso nell'impresa. Ne deriva che la suddetta informazione prescinde dall'accertamento, in sede penale, di uno o più reati connessi all'associazione di tipo mafioso e non richiede la prova dei fatti di reato o dell'effettiva infiltrazione dell'impresa, essendo sufficiente il tentativo di infiltrazione avente lo scopo di condizionare le scelte dell'impresa, anche se tale scopo non si è concretamente realizzato. Con questo ordine del giorno voglio introdurre un requisito in più all'onorabilità, già prevista nell'ordinamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Liuzzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/243.
MIRELLA LIUZZI. Signor Presidente, gentili colleghi, Governo, l'ordine del Pag. 167giorno che ho presentato è una trasposizione di un emendamento, che reputo molto importante, all'articolo 18, comma 9. Cosa si stabilisce in questo articolo ? In pratica si stanziano 100 milioni di euro per l'anno 2014 al programma «6.000 campanili», concernente interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici, ovvero realizzazione e manutenzione di reti viarie nonché di salvaguardia e messa in sicurezza del territorio. Che cosa chiediamo, noi del MoVimento 5 Stelle, con questo ordine del giorno ? Chiediamo al Governo di valutare l'ipotesi di destinare fondi di cui al comma 9, appunto, per il finanziamento di interventi di messa in sicurezza degli edifici pubblici escludendo interventi volti alla realizzazione di nuove strutture. Dunque, questo articolo prevede interventi infrastrutturali di adeguamento, messa in sicurezza e ristrutturazione. Nella sua riformulazione sono stati inseriti anche gli interventi per l'adozione di misure antisismiche e la realizzazione di infrastrutture accessorie e funzionali alle stesse o delle reti telematiche NGN e wi-fi. Qualcuno potrà tirare un sospiro di sollievo e dire: finalmente un Governo che pensa agli edifici pubblici e alla loro messa in sicurezza. Invece no. Anche qui, come nel resto del decreto, non manca la supposta estiva da propinare gli italiani. Soprattutto, non è serio infilare in questo comma anche la possibilità di costruire altri nuovi edifici. Spiego semplicemente perché. Questi fondi destinati ai piccoli comuni d'Italia sono degli spiccioli e certamente non riuscirebbero a consentire la costruzione di nuovi asili e di nuovi edifici. Quindi, che senso ha destinare questi 100 milioni di euro alla costruzione di nuovi edifici quando potremmo mettere in sicurezza quelli già attualmente esistenti ? E poi, che significato ha la riformulazione con cui si decide di allargare anche ad altri interventi sulle telecomunicazioni ? Mettiamo il wi-fi in una scuola che sta cadendo a pezzi ? Sappiamo che il Governo è abbastanza esperto in tema wi-fi; e qui sono ironica, ovviamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Forse abbiamo memoria breve ed è quindi il caso di rinfrescarla. Porterò degli esempi che riguardano il Sud Italia, la zona da cui provengo, ed anche relativi al centro Italia. Nella mia regione, la Basilicata, ancora oggi si pagano le conseguenze del terremoto dell'Irpinia, conosciuto comunemente come il terremoto dell'Ottanta, perché avvenuto nel 1980. Più di settanta centri furono distrutti o seriamente danneggiati e oltre duecento ebbero consistenti danni al patrimonio edilizio. Tra i comuni della Basilicata dichiarati danneggiati rientrano anche Potenza e altri piccoli comuni della provincia. Nel capoluogo di regione lucano esiste un quartiere popolare, tuttora abitato, Bucaletto, in cui tutt'oggi vivono in prefabbricati di amianto intere famiglie sfollate 33 anni fa. Sì, avete capito bene: amianto. In Abruzzo, nel 2009, è crollata la casa dello studente non solo per la furia del terremoto e per la carente progettazione di una struttura del 1965, ma anche per carichi verticali aumentati nel corso della ristrutturazione del 2000, a cui non è seguito alcun collaudo. Abbiamo ancora altri esempi drammatici che ci mostrano quanto sia importante investire in una seria messa in sicurezza degli edifici dove le famiglie portano i propri bambini. Questo dovrebbe essere proprio il principio base su cui si dovrebbe muovere il Governo. E mi viene in mente anche il terremoto del Molise del 2002, che causò il crollo di una scuola a San Giuliano di Puglia in cui morirono 27 bambini e una maestra. Allora, su che cosa vogliamo investire, mi chiedo ? Di che cosa stiamo parlando ? Pensate ancora che bastino 100 milioni di euro per fare tutte queste cose che vengono elencate nel «decreto del fare», o come minimo sarebbe anche un gesto di clemenza, anche per quello che è successo in passato nelle zone che ho citato, escludere almeno le nuove costruzioni in questione e parlare seriamente di messa in sicurezza ? Ovviamente questo emendamento è stato proposto anche nelle Pag. 168Commissioni riunite affari costituzionali e bilancio, però il Governo ci ha detto – ero presente durante la seduta notturna che c’è stata – che approvare questo emendamento avrebbe significato snaturare completamente il «decreto del fare». È estate, fa caldo, ma è ingiusto servire ai cittadini un decreto che potrebbe essere paragonato a una macedonia di frutta estiva dal sapore marcio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Dell'Orco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/244.
MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, abbiamo apprezzato l'indicazione di principio espressa dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti all'inizio del suo mandato ossia quella di razionalizzare la programmazione delle centinaia di grandi opere che in Italia non vedono mai luce ma tengono bloccati molti fondi pubblici ma, purtroppo, dobbiamo constatare che l'articolo 18 di questo provvedimento che, nella prima applicazione pratica, si rivela deludente.
È proprio difficile trovare una qualsiasi logica tenuta nella distribuzione dei fondi assegnati. Spostare la cassa dove può essere spesa può andare bene ma la sensazione che si ha qui è quella di un provvedimento omnibus che distribuisce regalie al territorio più forte. Il Governo non ha spiegato quale è stato il procedimento di valutazione. All'interno del ministero si è costituito un gruppo di lavoro che ha passato in rassegna una per una le opere ? Non sono chiare le valutazioni che sono state fatte a monte di questo provvedimento. Vengono trovati dei fondi e poi la maggior parte di questi sono già impegnati secondo criteri poco chiari. Vengono definiti principi di assegnazione e contemporaneamente si derogano e si stanziano fondi su singole opere.
Intanto abbiamo presentato un emendamento in Commissione, fortunatamente accolto, per seguire passo passo i progressi infrastrutturali promossi dal decreto «del fare» impegnando il ministro in una relazione semestrale al Parlamento ma purtroppo non basta perché questo articolo è l'emblema del modus operandi politico che forse caratterizza da sempre il nostro Paese. Un modo di legiferare che rende le decisioni sempre più oscure con un rimando continuo ad ulteriori provvedimenti attuativi, solo l'articolo 18 ne prevede come minimo una decina.
Insomma, rileviamo che poteva davvero essere una rivoluzione nell'uso dei fondi pubblici ma così non è stato. Questo provvedimento poteva segnare la parola fine su molte grandi e discutibili opere e spostare fondi sul trasporto pubblico locale o, magari, come ci chiede l'Europa, su azioni di riequilibrio del trasporto merci dalla gomma al ferro; invece complessivamente vediamo ancora tanti, troppi fondi destinati a nuove strade e autostrade in Sicilia, Piemonte, Veneto, Umbria, Lazio destinati per di più proprio ad opere in project financing che hanno visto stranamente lievitare i costi in corso d'opera, come la Pedemontana veneta o la superstrada Agrigento-Caltanissetta.
Da inesperto della politica, permettetemi infatti una piccola osservazione sull'azione parlamentare: oltre alle scelte del Governo poco chiare mi sembra, infatti, si aggiungano spesso nel dibattito parlamentare una serie di «emendamenti-petizioni» per chiedere fondi per questa o quell'altra opera del proprio territorio, pensando forse più che all'utilità del Paese alla gloria ai posteri, per poter dire magari al proprio nipotino: «vedi quel ponte ? Vedi quella strada ? L'ho fatta fare io», anche se in realtà sono opere inutili (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Contro queste logiche e pensando solo al bene comune abbiamo invece presentato un ordine del giorno volto a bloccare la realizzazione dell'autostrada Campogalliano-Sassuolo, un asse viario di cui si parla da 25 anni ma divenuto inutile dopo la realizzazione nel 2004 del raccordo Modena-Sassuolo, di cui l'autostrada altro non sarebbe che un'inutile parallela che si svilupperebbe a una distanza media di 4 chilometri e il cui casello di servizio verrebbe Pag. 169posizionato a una distanza inferiore ai 3 chilometri dal casello di Modena nord già esistente. Pagheremmo però tale inutilità a caro prezzo: i costi di realizzazione di questa opera hanno subito un incremento esponenziale negli ultimi dieci anni, oltre il 340 per cento, arrivando quasi a 40 milioni di euro al chilometro, rendendo in riferimento al costo per chilometro questa autostrada fra le più costose mai realizzate.
L'emendamento, oltre ad interrompere la realizzazione dell'opera, mira a spostare i fondi pubblici su opere funzionali al servizio del distretto della ceramica ma limitando contemporaneamente l'impatto ambientale e lo spreco di risorse pubbliche. Basterebbe infatti utilizzare quegli stessi fondi svincolati per interventi di messa in sicurezza e ammodernamento dell'attuale sistema stradale della provincia e soprattutto in opere di miglioramento e ammodernamento dell'attuale sistema ferroviario di trasporto pubblico della provincia con particolare riferimento alla tratta Sassuolo-Modena e Modena-Carpi.
Sono inoltre numerose le opere viarie inserite nella programmazione delle grandi opere che non hanno una vera utilità a livello trasportistico. Tra queste, sempre in Emilia Romagna, il passante nord di Bologna. L'ordine del giorno da noi presentato va votato, modestamente, affinché il Governo acquisisca un preciso indirizzo nella gestione dei fondi pubblici per infrastrutture ovvero: «no» ad opere stradali inutili e che comportano un eccessivo consumo di suolo e «sì», invece, a ferrovie e manutenzione delle strade già esistenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole De Lorenzis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/245.
DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, colleghi, noi del MoVimento 5 Stelle siamo solo dei portavoce; e quindi vi chiedo di ascoltare la voce dei cittadini, che hanno definito questo decreto-legge così: 1) decreto del non fare; 2) decreto del far finta o del far finta di fare; 3) decreto del fare male; 4) decreto del fare danno; 5) decreto del malaffare; 6) decreto del fare favori; 7) decreto del farfugliare; 8) decreto del far-emo; 9) decreto del fare regali ai soliti noti, a certi amici, a pochi italiani che ne beneficeranno; 10) decreto del sognare di fare qualcosa; 11) decreto del fare promesse invano; 12) decreto del dis-fare; 13) decreto dello strafare un beneamato alcunché; 14) decreto del fare tutto per non fare niente; 15) decreto del che ve lo dico a fare; 16) decreto del fate un po’ come «cavolo» vi pare; 17) decreto del fare mattina senza quagliare; 18) decreto del fare truffaldino; 19) decreto del fare lobby; 20) decreto del Far West; 21) decreto del dolce far niente; 22) decreto del fare pena; 23) decreto del fare schifo; 24) decreto del fare senza vergogna (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole De Lorenzis...
DIEGO DE LORENZIS. Arrivo, arrivo.
PRESIDENTE. No, non arrivi: si arresti.
DIEGO DE LORENZIS. Mi appresto.
PRESIDENTE. No, si arresti, nel senso che evitiamo se possibile un certo gergo. Anche se sono le tre meno un quarto, possiamo completare i nostri interventi in un modo migliore. La ringrazio.
DIEGO DE LORENZIS. Va bene. Assolutamente.
Decreto del fare più tardi, casomai un'altra volta. Decreto delle fanfare. Decreto del fare come Penelope, cioè tessere di giorno e disfare di notte, o viceversa (Dai banchi dei deputati del gruppo Partito Democratico: Basta !).
DIEGO DE LORENZIS. Nel merito: entro nel merito, Presidente.
Pag. 170PRESIDENTE. Basta lo dice semmai il Presidente, quando ritiene che non sia il caso. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
DIEGO DE LORENZIS. Nel merito, Presidente: decreto del non mettere il tetto agli stipendi dei supermanager, mentre il Paese è praticamente disoccupato. Decreto degli stagisti gratuiti nei tribunali. Decreto del fare attendere gli esodati ancora un po’, a tempo indeterminato. Decreto del non fare trasparenza sulla Cassa depositi e prestiti. Decreto del dare incentivi agli inceneritori. Decreto del dare incentivi alle aziende che mettono in cassa integrazione e vanno all'estero, magari mantenendo il marchio made in Italy. Decreto del demolire per costruire ancora di più. Decreto del non creare un fondo per le piccole e medie imprese, come avevamo chiesto, dove restituire i soldi dei cittadini che costituiscono eccedenze dei politici. Decreto del non tassare gli speculatori finanziari. Decreto che prevede la successiva stesura di 59 decreti e regolamenti attuativi. Decreto del fare orecchie da mercante sui contributi del MoVimento 5 Stelle, e se uno di essi per caso viene accolto dai partiti per non essere gli ultimi in Europa sul wi-fi, questi se ne intestano anche la paternità con l'ennesima bugia.
Questo, in definitiva, è il solito decreto dove per fare bisogna prendere a picconate i controlli per la salute pubblica, dell'ambiente e del paesaggio. Insomma, senza possibilità di smentita, possiamo affermare che questo è il decreto per convertire gli emendamenti del MoVimento 5 Stelle in ordini del giorno, che sono praticamente come cioccolatini su una montagna di letame.
Inoltre, questo decreto serve fondamentalmente per distrarre l'opinione pubblica mentre pensate a come stravolgere la nostra Costituzione, per rendere una dittatura di fatto...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DIEGO DE LORENZIS. Concludo, Presidente. ... una dittatura anche formale. Per essere più specifici, senza l'emendamento tradotto poi in questo ordine del giorno, si vuole deregolamentare, cioè togliere le regole, i controlli nelle operazioni di dragaggio dei porti, come se fosse inutile burocrazia, con l'alibi vergognoso di rilanciare l'attività portuale. E non ci potevamo aspettare altro dal partito unico della proroga e della deroga. Chi effettua i dragaggi non può ignorare i vincoli derivanti dalla tutela della fascia costiera, dell'ambiente marino e della salute pubblica: ma forse, anzi sicuramente, a qualcuno fa comodo che questo si possa fare per legge.
Se non altro per puro buon senso e per il principio di precauzione, ci aspettiamo che quando si tratta di dragaggi, i controlli e le procedure sul prelievo, il trasporto, il trattamento, il riuso e lo smaltimento di questi sedimenti dovrebbe essere maggiormente stringente, e le regole quindi non semplificate ed eliminate.
PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.
DIEGO DE LORENZIS. Concludo, Presidente.
L'ambiente e la salute non possono essere svenduti. Per queste ragioni invito, esorto con determinazione, i colleghi, l'Aula e il Governo ad esprimersi con parere favorevole: pur sapendo che non lo faranno mai, perché preferiscono svendere questo Paese e i diritti degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Colletti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/246.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, mi sarebbe piaciuto avere qui il sottosegretario Ferri proprio per esporgli questo ordine del giorno che riguarda le problematiche della giustizia. Il sottosegretario è un magistrato, quindi conosce anche i problemi della magistratura. Con questo articolo sono state inserite le figure di giudice ausiliario, tali figure sono state Pag. 171parificate ai magistrati onorari. Ora, il problema di tali figure è che per ogni sentenza che emettono vengono pagati ben 200 euro, per un massimo annuale di 20 mila euro. Queste persone sono persone che hanno una laurea, magari sono anche avvocati, sono notai, sono magistrati a riposo, sono ricercatori e vengono pagati semplicemente a cottimo.
Ora, non mi sembra affatto giusta questa misera paghetta che viene data ai giudice ausiliari, oltretutto questa paghetta viene data ogni tre mesi, come se non fosse diritto di ogni lavoratore ricevere almeno una paga mensile. Ricordo che nel Regno Unito la paga è addirittura settimanale. Basterebbe magari rimettere quella norma per cui si mette il tetto allo stipendio dei manager pubblici e tale norma ripagherebbe immediatamente anche solo con un soggetto tutti i giudici ausiliari, tant’è vero che Mastrapasqua, ovvero colui che regge il carrozzone INPS, guadagna cifre oserei dire immonde: oltre 1 milione di euro. Siede in 23 consigli di amministrazione, chissà come fa lui, magari ha il dono dell'ubiquità. Guadagna più di 2 mila euro al giorno e noi paghiamo una sentenza, che richiede uno studio approfondito su ogni causa, ben 200 euro al giorno. Magari approvando quell'emendamento che poi è stato modificato, il signor Mastrapasqua avrebbe potuto rinunciare a una parte dei suoi emolumenti – sono sicuro che non sarebbe andato in rovina – per aumentare lo stipendio dei giudice ausiliari. C’è da premettere che i giudici ausiliari oltretutto non cumulano nemmeno i contributi previdenziali, norma a dir poco aberrante considerando che tutti hanno diritto alla pensione.
Noi stessi quindi con questo ordine del giorno abbiamo proposto di aumentare di una minima parte lo stipendio di detti giudici, da 200 a 300. Quale orrore da 200 a 300 ! Certo, potrebbero fare davvero male alle casse pubbliche in questo momento ! Riteniamo che questo ordine del giorno non possa che avere un parere favorevole dal Governo giustamente, dobbiamo capire con chi abbiamo a che fare, dobbiamo capire che dei magistrati, sebbene ausiliari, debbano essere motivati nel leggersi le carte, nel parlare con le parti, nel parlare con gli avvocati delle parti, ma se li paghiamo a cottimo, se li paghiamo per ogni sentenza, qualunque essa sia, una sentenza che magari hanno fatto in fretta e furia solo per accumulare il gettone di 200 euro, è davvero giustizia quella che andiamo a proporre ai cittadini che chiedono la tutela dei propri diritti ? Noi sinceramente non riteniamo che sia giustizia e non riteniamo che sia nemmeno questo il modo corretto di legiferare, soprattutto in un settore, quale quello della giustizia, che non ha bisogno di decreti-legge, non ha bisogno di decretazione d'urgenza, non ha bisogno di norme straordinarie o urgenti che poi entrano in vigore 30 o 60 giorni dopo la legge di conversione. Ogni norma sulla giustizia deve essere ponderata e sono convinto che il sottosegretario Ferri in questo mi darà ragione, deve essere analizzata con gli operatori del diritto, deve essere soppesata con tutti gli interessi delle parti, seguendo una contemperazione degli interessi.
Ma, allora, in realtà in questo modo noi vogliamo semplicemente dei lavoratori nemmeno subordinati che facciano il lavoro sporco. Fra poco diventeremo come i caporali, che cercano gli immigrati per farli lavorare nei campi di pomodori e a questo, magari, potremmo parificare queste figure.
Pertanto, mi rivolgo a lei, sottosegretario, affinché dia non solo un parere favorevole, perché sappiamo l'importanza degli ordini del giorno nel nostro ordinamento, ma perché faccia tutto quello che può per aumentare non solo la paga di queste persone, ma di inserire almeno i contributi previdenziali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La deputata Businarolo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/247.
FRANCESCA BUSINAROLO. Signor Presidente, allora ringrazio i colleghi che sono ancora qui, sebbene il sottosegretario non ci sia più. Mi spiace perché ho un Pag. 172ordine del giorno – ormai della notte – abbastanza tecnico. Mi rendo conto che l'orario non è il più opportuno, ma queste sono questioni piuttosto importanti, che abbiamo approfondito con grande impegno e lo espongo comunque, sebbene ripeto che non c’è il sottosegretario.
Il decreto del fare dispone alcune modifiche sul cosiddetto concordato in bianco. Lo strumento, come sapete, è stato introdotto nel 2012, per consentire alle imprese in difficoltà di accedere ad uno strumento di emersione anticipata della crisi e di salvaguardare così il patrimonio dall'aggressione dei creditori con la massima tempestività. Per impedire, appunto, condotte abusive di questo strumento, il decreto dispone che l'impresa debba depositare, con la semplice domanda iniziale in bianco, anche l'elenco dei suoi creditori, nonché rispondere ad alcuni obblighi informativi con cadenza periodica, almeno mensile, soprattutto in merito alla situazione finanziaria. Mi rendo conto che non è un ordine del giorno semplice da seguire. Però, lo ripeto, è importante.
Il decreto dispone, inoltre, che il tribunale ha la mera facoltà di nominare sin da subito un commissario giudiziale. Si tratta di una mera facoltà e, quindi, non vi è nessun obbligo. Questo commissario giudiziale ha il compito di controllare se l'impresa in crisi si stia effettivamente attivando per predisporre una compiuta e seria proposta di pagamento ai creditori. In presenza di atti in frode ai creditori stessi il tribunale potrà chiudere la procedura. La nomina del commissario giudiziale risponde a un'esigenza riscontrata nelle esperienze di questi ultimi mesi. Infatti, alcune procedure rimanevano in un limbo per parecchio tempo, a seconda dei termini concessi dal giudice per il deposito della proposta del piano di concordato, non essendo nominato un organo predisposto al controllo dell'andamento della stessa e all'autorizzazione di atti di straordinaria amministrazione.
Va rilevato che il decreto ha portato alcune modifiche, che vanno nella direzione di garantire un controllo attualmente assente e di cercare di prevenire eventuali abusi dello strumento, ma che, se usato in modo improprio, può creare degli effetti domino negativi su tutti i creditori coinvolti nella filiera. Il fatto che la nomina del commissario possa essere solo eventualmente disposta dal tribunale non garantisce che tale nomina avvenga tempestivamente in ogni procedura di concordato in bianco ma solamente, appunto, a discrezione del tribunale.
Per questo motivo è assolutamente auspicabile che tale nomina avvenga obbligatoriamente – peccato non ci sia il sottosegretario – con il decreto con cui il tribunale fissa il termine al ricorrente per il deposito della proposta, del piano e della restante documentazione. Questo per garantire una figura dedicata al controllo della condotta dell'imprenditore, nonché della documentazione obbligatoria sin dal principio. Tale disposizione deve essere necessariamente applicata anche alle procedure già in corso e, quindi, quelle da settembre 2012, con nomina immediata del commissario giudiziale, ove non ancora effettuata.
Dalle prime analisi dei dati statistici delle procedure di concordato preventivo in bianco sinora presentate in Italia si rileva che molte delle domande di concordato non hanno concrete prospettive di essere ammesse, ma il solo scopo strumentale di eludere i propri obblighi in modo fraudolento.
A maggior ragione urge la previsione di una figura di garanzia e di controllo rappresentata appunto dal commissario giudiziale. Presidente, prevedere maggiori controlli con una prefissata periodicità per le imprese che presentano la domanda di concordato e non prevedere invece la nomina obbligatoria di un controllore appare visibilmente una contraddizione. Sarebbe come guidare un'auto con un complesso cruscotto di indicatori senza avere un pilota che sappia usarli per fermare l'auto in corsa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La ringrazio.
Pag. 173FRANCESCA BUSINAROLO. Signor Presidente, non ho finito, una frase sola, mi permetta.
PRESIDENTE. Ne approfitto per dirle che le sono rimasti venticinque secondi.
FRANCESCA BUSINAROLO. Grazie, molto gentile. Con questo ordine del giorno si intende impegnare il Governo a valutare la nomina obbligatoria del commissario giudiziale nelle procedure di concordato preventivo in bianco, da inserire proprio nel decreto con cui il tribunale fissa il termine per il deposito della proposta, al fine di garantire una figura di garanzia dedicata al controllo della condotta dell'imprenditore, nonché della documentazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Bonafede ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/248.
ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, in primo luogo devo dire che sono orgoglioso di intervenire alle 3 di notte del 25 luglio 2013 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché sento che questa è una battaglia politica molto importante, perché sento che questa è una battaglia a difesa della Costituzione. So che è una battaglia dura già nelle prime battute evidentemente, ma so che siamo solo all'inizio di questa battaglia e che ancora ci saranno tanti interventi e tante possibilità per continuare a difendere la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
La presentazione dell'ordine del giorno in oggetto muove dalla convinzione che la mediazione civile obbligatoria, così come reintrodotta dall'articolo 84 del decreto, attraverso una confusa, per non dire illeggibile riscrittura del decreto legislativo n. 28 del 2010, non possa e non debba trovare accoglimento in un provvedimento caratterizzato dai requisiti di emergenza e urgenza.
Come sappiamo, il testo del decreto legislativo che originariamente introduceva l'obbligatorietà, fu dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale, che con la sentenza n. 272 del 2012 individuava un eccesso di delega su moltissimi aspetti. Nonostante questo il Governo cerca di reintrodurre la mediazione obbligatoria, così come praticamente la Corte costituzionale l'ha bocciata. Siamo sempre allo stesso punto. Alla fine è sempre una battaglia a favore di ciò che è costituzionalmente legittimo. Secondo la Consulta, con il decreto legislativo del 2010 la media conciliazione era stata varata senza i necessari requisiti di qualità, sia per la formazione dei mediatori sia per l'assenza di regole chiare, che definissero i conflitti di interesse delle camere di conciliazione, nonché per l'ingiusto meccanismo di obbligatorietà e per gli eccessivi costi per il cittadino, non solo, anche perché pregiudicava il successivo giudizio. Tutto ciò al solo scopo di comprimere la possibilità di accedere al sistema giustizia.
Ricordiamo inoltre che allora la Commissione europea aveva avanzato, in un parere inviato alla Corte di giustizia europea, una decisa critica al combinato disposto tra obbligatorietà e onerosità per i cittadini, come evidente limitazione del diritto di ricorrere alla macchina giudiziaria. In un Paese normale tali autorevoli indicazioni avrebbero dovuto indurre il legislatore e l'Esecutivo a riflettere su come meglio articolare uno strumento come quello della mediazione civile, al fine di inserirlo all'interno di un quadro coerente, per lo meno dal punto di vista formale. Ma non ci si deve stupire se niente di tutto ciò sia avvenuto e che il Governo abbia invece colto l'occasione di questo decreto, che mi rifiuto, che non riesco anzi a definire del fare e che ho già ribattezzato in un precedente mio intervento, come del fare finta di fare tutto, per non fare in realtà niente. Dicevo che non ci si stupisce che il Governo abbia colto l'occasione per apportare una cervellotica riscrittura dell'originario decreto legislativo Pag. 174e reintrodurre una mediazione obbligatoria onerosa e con conseguenze sull'eventuale giudizio.
Poi, in un sussulto di resipiscenza, e magari anche per un fondato timore di un nuovo, inevitabile pronunciamento di incostituzionalità da parte della Consulta, il Governo rende transitoria la mediazione obbligatoria, solo per avere il pretesto di ventilare una situazione in via di sperimentazione. Ora, a parte il fatto che un periodo di sperimentazione c’è già stato, ed è stato fallimentare, qualcuno potrebbe pensare che adesso la sperimentazione riprenderà per qualche mese, al massimo un anno. E invece no: la norma ha un periodo di transitorietà di addirittura 4 anni. Dopo il concetto di urgenza il Governo annacqua fino ad dileguarlo completamente anche il concetto di transitorietà.
Tornando al contenuto dell'ordine del giorno, vorrei precisare che la mediazione civile rappresenta uno strumento certamente utile e anche, perché no, da rafforzare, magari in vista di pratiche di negoziazione assistita, e concludo.
Devo però affermare che rimane imprescindibile per il cittadino la facoltà di avvalersi o meno del percorso di mediazione, il quale non può essere limitato. Il cittadino non può essere limitato nei suoi diritti costituzionali di agire in giudizio. La mediazione deve essere un filtro, non un deterrente, per poter andare in giudizio. In questo senso va l'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Sarti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/249
GIULIA SARTI. Con questo ordine del giorno io mi rivolgo in particolare a tutti giovani neolaureati in giurisprudenza, tutti quei giovani che, come me, hanno studiato a fondo il valore e l'importanza di ogni singolo articolo della nostra Carta costituzionale. Io sono orgogliosa di essere qui questa notte, domani e nei giorni che verranno, insieme ai miei colleghi, per continuare questa battaglia importantissima a difesa della nostra democrazia e della nostra costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Detto questo, l'ordine del giorno riguarda l'articolo 73 del decreto «del fare», un articolo molto importante perché detta una articolata disciplina volta a consentire l'accesso a stage formativi teorico-pratici della durata di 18 mesi presso gli uffici della magistratura ordinaria e amministrativa, riservati, appunto, ai laureati più meritevoli delle facoltà di giurisprudenza, all'esito di un corso almeno quadriennale.
Ai sensi del comma 1, gli uffici giudiziari interessati dagli stage sono per la magistratura ordinaria, i tribunali e le corti d'appello (lo stage sul processo penale potrà svolgersi solo presso il giudice del dibattimento; vengono escluse quindi le procure e gli uffici del GIP e del GUP), per la magistratura amministrativa, invece, sia il TAR che il Consiglio di Stato.
Disposizioni particolari riguardano gli uffici di giustizia amministrativa presso la regione Sicilia e la regione autonoma del Trentino Alto-Adige. Nel corso dell'esame in sede referente le Commissioni riunite hanno aggiunto all'elencazione degli uffici giudiziari, gli uffici e i tribunali di sorveglianza, nonché i tribunali per i minorenni ed hanno precisato che anche le province autonome di Trento e Bolzano dovranno disciplinare, nell'ambito della propria autonomia statuaria, gli stage presso il TAR di Trento e la sezione distaccata di Bolzano.
L'accesso a domanda ai periodi di formazione – possibili una sola volta – è subordinato dal decreto-legge al possesso dei seguenti requisiti: la laurea in giurisprudenza – come dicevo – all'esito di un corso di durata almeno quadriennale, ottenuta con punteggio minimo di 102 su 110; la media di almeno 27/30 negli esami nelle materie più significative del corso di laurea, individuate dal comma 1 dell'articolo 73; un'età massima di 28 anni e i requisiti di onorabilità consistenti nel non avere riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzioni e non essere stato sottoposto a Pag. 175misure di prevenzione o di sicurezza. Le Commissioni riunite, poi, hanno emendato il comma 1 stabilendo un punteggio di laurea minimo di 105 su 110, da intendersi come requisito alternativo alla media di almeno 27 su 30 nelle materie individuate come più significative. Le Commissioni hanno inoltre portato a 30 anni l'età massima degli stagisti, al momento della presentazione della domanda.
I requisiti di accesso allo stage formativo appaiono, secondo noi, troppo stringenti, specificamente alla media degli esami universitari, ai voti conseguiti, all'età richiesta e alla durata del tirocinio, configurando un evidente problema di bilanciamento tra una domanda di qualità e specializzazione rivolte ai tirocinanti a fronte di una del tutto insufficiente offerta da parte dell'amministrazione della giustizia in termini economici e professionali. Pertanto, i tirocinanti saranno selezionati solamente in base alla media degli esami e al voto di laurea più elevato.
Si chiede, quindi, l'impegno del Governo – e concludo – a valutare l'adozione di iniziativa normativa di competenza, al fine di inserire i soggetti che abbiano presentato la domanda per l'accesso allo stage in una graduatoria, pubblicamente consultabile, da aggiornare con cadenza semestrale nell'ottica della trasparenza e della meritocrazia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Ferraresi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/250.
VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, facciamo un po’ di didattica, allora. Cos’è un tirocinio formativo ? È uno strumento previsto dalla legge che consente al giovane: uno, di entrare in un ambiente di lavoro; due, di mettersi alla prova; tre, di orientare o verificare le sue scelte professionali; quattro, di acquisire un'esperienza pratica certificata che potrà arricchire il suo curriculum.
La nuova normativa sui tirocini, voluta dal Ministro Fornero con l'obiettivo di evitare che gli stage aziendali si trasformassero, come spesso è accaduto, in forme di lavoro gratuito alle quali i giovani erano costretti a sottostare per poter entrare nel mondo del lavoro, è entrata in vigore con la legge n. 92 del 2012. Come previsto, ha fatto seguito la firma del documento «Linee guida in materia di tirocini tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano», che contiene tutte le delucidazioni del caso.
Il provvedimento ha lo scopo di regolamentare il ricorso a stage e tirocini nelle imprese, anche in considerazione del fatto che la normativa precedente in materia – articolo 11 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito dalla legge n. 148 del 2011 – è stata definita illegittima dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 287 del dicembre 2012.
È previsto esplicitamente che il tirocinante, pur non essendo un lavoratore subordinato, deve essere assicurato contro gli infortuni sul lavoro presso l'INAIL e che vi sia un compenso monetario, a titolo di rimborso spese o di borsa di lavoro, oltre ad una serie di altri requisiti per evitare che le imprese ne approfittino e ne abusino. Il tirocinante o stagista ha diritto a un compenso non inferiore a 300 euro lordi al mese, anche se le regioni si sono già impegnate ad innalzare il minimo a 400 euro lordi, 500 in Toscana. È prevista una sanzione amministrativa tra i 1.000 e i 6.000 euro per le aziende che non pagano l'indennità. Anche se è pure previsto che alcune tipologie di formazione non rientrano nelle linee guida, come i periodi di pratica professionale per l'ingresso nella professione che prevedono l'iscrizione all'albo o all'ordine, questa iscrizione nel caso della magistratura non è prevista.
La somma di 300 euro, inizialmente prevista di 400 euro minimi di indennità, è presa in prestito dalla legge francese sui tirocini ed è legata alla necessità e al diritto a un salario minimo. Ritengo l'importo stabilito di 300 euro assolutamente inadeguato, finanche irrispettoso per laureati meritevoli di ben altra considerazione e rispetto.
Faccio presente che un vostro emendamento prevede che per accedere al tirocinio Pag. 176questi giovani devono aver conseguito un punteggio di laurea minimo di 105 sul 110, laureati che hanno dedicato anni alla loro formazione universitaria, portandola a termine e accollandosi costi che nel nostro Paese stanno diventando proibitivi. Perdiamo laureati, abbiamo un altissimo tasso di disoccupazione giovanile, le famiglie non arrivano alla fine del mese, anche per mantenere i figli a scuola ed il Governo, questo Governo, intende sfruttare intelligenze – sottolineo meritevoli – praticamente ad uso gratuito.
Ritengo più che evidente e esplicito il contrasto di tale proposta con il rispetto della legge già esistente; è uno dei tanti cattivi esempi contrari al patto sociale che parte dalle istituzioni: il Governo legifera in contrasto con quanto da lui stesso stabilito, con l'esclusivo obiettivo di ritenersi diverso e sopra i doveri che impone ai cittadini.
Quale messaggio arriva alle imprese che usano tirocinanti per favorirne l'ingresso nel mondo del lavoro e che giustamente si sentono in dovere di erogare 300 euro minimi, ma presumibilmente di più a seconda delle regioni, quando voi i tirocinanti li volete usare gratis ?
Può legittimamente un articolo di questa legge contraddire la riforma del lavoro dello scorso anno, può disattendere una sentenza della suprema Corte che stabilisce che, in tema di tirocini, siano le regioni a definire le modalità ? Pensiamo che ciò sia impossibile. Quindi, il buonsenso e il diritto devono portarci al rispetto di quanto già stabilito dal documento «Linee guida» in materia di tirocini, sottoscritto tra Governo, regioni e province autonome o, in alternativa, a prendere provvedimenti migliorativi nella logica del rispetto del tirocinante. Chiedo, quindi, al Governo di valutare iniziative normative a finanziarie al fine di assegnare agli ammessi allo stage un compenso pari a 500 euro netti mensili e a prevedere un'adeguata copertura assicurativa contro gli infortuni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Silvia Giordano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/220.
SILVIA GIORDANO. Signor Presidente, colleghi deputati presenti, ma perdonatemi, un grazie particolare anche ad un amico e un collega che, nonostante la sua malattia che da tempo ha voluto condividere proprio qui in Aula con tutti quegli onorevoli – sottolineo onorevoli – che poco tempo fa, neanche un'oretta fa, hanno avuto il coraggio di criticarlo e fischiarlo solo perché non è riuscito a leggere tutto il suo intervento e ha avuto un blocco. Un grazie a Matteo Dell'Osso, perché la tua forza, il tuo coraggio nonostante la tua stanchezza dovuta anche alla malattia, continua comunque a farti stare qui a lottare con noi. Grazie mille (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Il lavoro svolto da tutti coloro che con il loro impegno credono in un sistema democratico di discussione, composto da gruppi di persone che governano e gruppi di persone che oppongono delle eccezioni per volontà del popolo italiano, è stato ancora una volta oggi del tutto eluso. Gli emendamenti prodotti negli ultimi giorni e nelle ultime notti di duro lavoro a questo decreto-legge avrebbero potuto dar voce a milioni di persone che hanno creduto a quell'espressione del voto in un sistema parlamentare fatto di pesi e contrappesi. Ma, ripeto, l'impressione di tutti è invece di essere governati da un pachiderma che sposta il peso delle decisioni solo da un lato, senza alcuna possibilità di eccepimento. Quindi, noi continuiamo insistentemente a credere nella democrazia. Potete anche dire che stiamo perdendo tempo. E quindi gli ordini del giorno prodotti sono il risultato della voce di milioni di persone che qui abbiamo il dovere di rappresentare, e ogni tanto è bene ricordarlo.
L'ordine del giorno da me presentato, che ovviamente era un emendamento, ma visto che non possiamo emendare lo presento come ordine del giorno, riguarda l'articolo 44, comma 4-ter e 5-ter del Pag. 177decreto del fare che disciplina che, in caso di mancata presentazione entro 30 giorni del rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale, che l'Aifa solleciti l'azienda titolare della relativa autorizzazione e immissione in commercio a presentare la domanda di classificazione di cui al comma 1 entro i successivi 30 giorni. Se per caso, dopo questi 60 giorni totali, l'azienda farmaceutica continua a non voler classificare il proprio farmaco, l'Aifa fa un semplice richiamo sul proprio sito.
Facciamo un attimo capire quale è la gravità della situazione. Sappiamo tutti benissimo che dopo la classificazione i farmaci possono risultare di varie classi: classe C, quelli che pagano tutti i cittadini e, quindi, che non devono essere pagati dal Servizio sanitario nazionale; farmaci equivalenti; farmaci di classe H, che sono disponibili direttamente negli ospedali e poi abbiamo i farmaci di classe A, che sono i farmaci salvavita. Questi farmaci, in realtà, una volta classificati come tali sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale e, quindi, il cittadino non deve assolutamente pagarli. Ma questo solo quando avranno la classificazione. Ora, sino al 2012 un farmaco senza classificazione non poteva assolutamente essere messo in commercio. Ma, grazie al decreto Balduzzi, si è disposto che i farmaci non ancora messi in commercio, non ancora ammessi al rimborso del sistema Sanitario nazionale, ma verificati come efficaci dalle autorità sanitarie, potessero essere invece venduti in farmacia a chi ha soldi per comprarseli, usando l'espressione «nelle more».
Quale è il risultato ? Il risultato è che, nelle more, chi ha i fondi potrà acquistare il farmaco con gli evidenti benefici terapeutici, chi non li ha è destinato a correre rischi per la propria vita oppure indebitarsi o, addirittura, cadere nelle mani dell'usura per poterli acquistare. E purtroppo abbiamo dati di cronaca che ce lo affermano. Quindi, se sei ricco puoi curarti. Se sei povero, ci dispiace. In questa situazione ovviamente a guadagnarci sono le case farmaceutiche. E vorrei tanto chiedere al Governo il perché non si è fatto qualcosa. Infatti, con questo articolo del decreto «del fare» il Governo aveva tutta la possibilità di rendere più forte e più pressante il controllo su tutte queste aziende farmaceutiche, una possibilità che ha sprecato.
Quindi io chiedo, con questo ordine del giorno: tutti noi del MoVimento 5 Stelle vogliamo impegnare il Governo a prevedere, anche con successivi atti di natura legislativa, l'assunzione di azioni che siano davvero efficaci e significative nei confronti di tutte quelle aziende farmaceutiche che ritardano volutamente la presentazione delle domande di riclassificazione, in particolare quando queste si riferiscono a farmaci salvavita. Chiediamo al Governo di smettere di difendere o comunque di avallare questo comportamento scorretto delle aziende farmaceutiche e soprattutto voglio chiedere perché si continua ad avallare le aziende farmaceutiche che speculano sui malati, che speculano sulla disperazione e soprattutto perché non avete fatto nulla e non avete accettato questo cambiamento. Attendo sempre spiegazioni. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole D'Ambrosio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A/R/231.
GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, voglio anche rivolgermi a lei oggi e mi rivolgo anche ai colleghi presenti, perché devo farvi una confessione: questo, che era un emendamento e che adesso è un ordine del giorno, è stato copiato. Non è farina del mio sacco e nemmeno del MoVimento 5 Stelle, quindi in questo caso non siamo stati originali, non siamo stati differenti da quella che è la politica attuale. Però, secondo me è un argomento estremamente importante quello della cooperazione internazionale. Per questo voglio leggervi qualche rigo, per far capire quello di cui sto parlando. Forse è un po’ noioso, però ci impiego veramente due minuti, che credo siano interessanti comunque anche da ascoltare.Pag. 178
Cito testualmente: «Siamo pienamente convinti, come voi, che l'Italia abbia bisogno di una più coerente politica globale di sviluppo e questo non per buonismo, ma perché a problemi globali possiamo rispondere solo con politiche globali efficaci. È nostro interesse, oltre che un dovere morale e siamo altresì convinti che il motore principale di queste politiche sia e debba essere il lavoro che centinaia di organizzazioni di società civile si impegnano a fare quotidianamente, in ogni angolo del mondo, spesso in condizioni difficilissime e senza un adeguato sostegno delle istituzioni e della politica. Per questo diciamo – e sottolineo: per questo diciamo – insieme a voi che le politiche per i diritti umani, la solidarietà, l'equità, la sostenibilità e la pace devono divenire elementi centrali della strategia internazionale dell'Italia, con chiare priorità geografiche e tematiche, promuovendo la partecipazione di tutti gli attori. L'Italia può e deve compiere una trasformazione culturale, aprendosi alle sfide globali, dotandosi di una cooperazione internazionale allo sviluppo più attuale ed efficiente, che assicuri la coerenza, il coordinamento e l'efficacia delle politiche».
Cito ancora testualmente, signor Presidente: «Non sono solo parole che sottoscriviamo, ma obiettivi per il cui raggiungimento abbiamo tenacemente lavorato in questi anni dall'opposizione e su cui speriamo di poter ottenere maggiori e migliori risultati se saremo al Governo nel corso della prossima legislatura. C’è, da parte di tutti noi, un impegno certificato nel tempo e rinnovato in questi ultimi anni. Per questo riteniamo di poter prendere degli impegni puntuali e credibili» (Applausi polemici dei deputati del gruppo Partito Democratico). Signor Presidente, questo è un articolo del programma del Partito Democratico (Applausi polemici dei deputati del gruppo Partito Democratico) – vi ringrazio, vi ringrazio – e di tutto questo non è presente assolutamente nulla all'interno del decreto «del fare» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Allora, io mi chiedo, Presidente: c'era bisogno del MoVimento 5 Stelle per prendere una parte del programma del Partito Democratico e inserirlo all'interno del decreto «del fare» ? Se siamo qui anche per questo ci prendiamo anche questo compito ingrato, di prendere le parti del programma del Partito Democratico che sono assolutamente condivisibili e di inserirle all'interno del decreto.
Però, a questo punto vorrei dare un consiglio (e qui concludo), a parte le riflessioni sull'utilità o meno a questo punto dei parlamentari del Partito Democratico, che perlomeno dovrebbero ricordarsi del loro programma, almeno, visto che vengono votati per quello (escluso il Presidente chiaramente, come figura di garanzia). Però dall'altra parte vorrei dire: il decreto del fare io – così, magari voglio dare qualche suggerimento a coloro che nel Partito Democratico con gli slogan forse ultimamente, viste anche le smacchiature di giaguari e varie cose, non ci vanno alla grande – suggerirei, la prossima volta, di battezzarlo magari come «decreto del farsi male» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Cristian Iannuzzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1248-A-R/239.
CRISTIAN IANNUZZI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, il Presidente del Consiglio Letta, nel suo primo discorso per la fiducia, citava l'Agenda digitale come occasione per far rinascere e rilanciare i settori dell'industria e la ricerca nel nostro Paese. Per rimanere sempre alle buone intenzioni politiche o, forse, solo alle intenzioni di facciata, circa tre anni prima l'allora Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, ora presidente di uno dei gruppi parlamentari maggiori azionisti di questo Governo, dichiarava che l'idea di regalare una casella PEC, cioè di posta elettronica certificata, a tutti i cittadini italiani fosse la più grande rivoluzione culturale mai prodotta in questo Paese e la miglior riforma italiana dal dopoguerra ad oggi. Questa fa un po’ il paio con il miglior Pag. 179Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni che affermava un altro signore un po’ piccolino.
Purtroppo, la cosiddetta CEC-PAC, cioè la posta elettronica certificata che il Governo regala ai cittadini per comunicare con l'amministrazione pubblica, oltre a valere un appalto di 50 milioni di euro vestito su misura per Poste italiane Spa, ha dato davvero poco all'innovazione e al miglioramento del rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione. Le problematiche legate alla PEC sono varie. Una su tutte il fatto che la PEC è uno standard italiano, non esiste in nessun'altra parte del mondo. C’è da dire poi che la stessa pubblica amministrazione non risulta, fino ad ora almeno, molto incline ad utilizzare la PEC. Molti uffici non risultano ancora abilitati o non la usano, non rispondono alle mail. È capitato anche a me con il comune dove risiedo di aver provato a mandare delle PEC senza avere risposta. E quando le usano capita sovente di verificare comportamenti burocratici piuttosto contorti nei quali si scaricano le PEC, si stampano, si riportano in un altro ufficio, si scansionano, si archiviano. Cose allucinanti insomma. Tutto questo con sprechi inutili ed abnormi di carta, risorse e tempo.
Quindi, venendo all'ordine del giorno che ho presentato, l'articolo 48, comma 2, del Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dispone l'equiparazione giuridica tra la posta elettronica certificata e la notifica a mezzo posta. Quindi, l'assimilazione della PEC ad una raccomandata postale. Nel decreto-legge che stiamo oggi trattando, quello del fare, l'articolo 14 ha riconosciuto al cittadino, all'atto della richiesta del documento unificato, la possibilità di richiedere una casella di posta elettronica certificata e di indicare la stessa quale proprio domicilio digitale. In tal modo si intende favorire la diffusione e l'uso del domicilio digitale. A sua volta, però, l'articolo 45, comma 2, dispone che il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo di posta elettronica da questi dichiarato. Viene affidata dunque a una presunzione di consapevolezza della comunicazione il valore giuridico che è tipicamente assegnato ad una raccomandata, ma mentre per la posta raccomandata tradizionale l'accertamento della ricezione avviene quando si riceve la posta appunto, per la posta elettronica, quindi il suo domicilio digitale, non avviene lo stesso.
Questo è appunto fondamentale per lo sviluppo della posta elettronica certificata che deve servire principalmente a migliorare la vita dei cittadini e non a complicarla. Per questo motivo con questo ordine del giorno il MoVimento 5 Stelle chiede al Governo di intervenire con provvedimenti idonei ad assicurare la certezza della ricezione della comunicazione elettronica, utilizzando come data valida, ai fini legali, l'apertura della casella della posta da parte del destinatario. Questo è quanto dovevo. Tra l'altro, per concludere, spero che venga accolto dal Governo perché l'ordine del giorno ricalca proprio un emendamento presentato dal PD appunto. Quindi, se lo rifiutate andate contro voi stessi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Si sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno presentati.
Avverto che la Presidenza ha ritenuto di accogliere la richiesta di riesame della valutazione di inammissibilità dell'ordine del giorno Pizzolante n. 9/1248-A-R/27 formulata dall'onorevole Pizzolante. Tale ordine del giorno deve, pertanto, intendersi ammissibile.
Invito, dunque, il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.
CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Arlotti n. 9/1248-AR/1, a condizione che sia riformulato, inserendo dopo le parole: «impegna il Governo», le parole: «a valutare l'opportunità di».Pag. 180
Il Governo accetta l'ordine del giorno D'Ottavio n. 9/1248-AR/2, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «Impegna il Governo, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, ad adottare d'intesa con gli enti locali competenti le misure più opportune per la realizzazione dell'opera».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Mucci n. 9/1248-AR/3.
Il Governo invita al ritiro dell'ordine del giorno Galati n. 9/1248-AR/4.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Melilli n. 9/1248-AR/5, a condizione che il dispositivo sia riformulato, inserendo dopo le parole: «impegna il Governo», le parole: «nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica».
Ricordo che l'ordine del giorno Rughetti n. 9/1248-AR/6 è inammissibile.
Il Governo accoglie l'ordine del giorno Cova n. 9/1248-AR/7 come raccomandazione.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Gioia n. 9/1248-AR/8, a condizione che sia riformulato, inserendo dopo le parole: «impegna il Governo», le parole: «a valutare l'opportunità di».
Il Governo invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'ordine del giorno Ciprini n. 9/1248-AR/9.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Tripiedi n. 9/1248-AR/10, a condizione che sia riformulato inserendo dopo le parole: «impegna il Governo», le parole: «a valutare l'opportunità di».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Cominardi n. 9/1248-AR/11, a condizione che sia riformulato, inserendo dopo le parole: «impegna il Governo», le parole: «a valutare la possibilità di».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Bechis n. 9/1248-AR/12, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «Impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative tese a rafforzare», e così via.
Il Governo accetta i successivi ordini del giorno Baldassarre n. 9/1248-AR/13 e Rostellato n. 9/1248-AR/14.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rizzetto n. 9/1248-AR/15, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «Impegna il Governo a valutare, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, l'opportunità di stanziare», e così via.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Sibilia n. 9/1248-AR/16, a condizione che sia riformulato, inserendo dopo le parole: «impegna il Governo», le parole: «a valutare l'opportunità di».
Il Governo accoglie l'ordine del giorno Lorenzo Guerini n. 9/1248-AR/17 come raccomandazione.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Coppola n. 9/1248-AR/18, a condizione che il dispositivo sia riformulato, sostituendo, alla quartultima riga del dispositivo, la parola: «eliminando», con le parole: «limitando al minimo».
Ricordo che l'ordine del giorno Bini n. 9/1248-AR/19 è inammissibile.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Burtone n. 9/1248-AR/20, a condizione che il primo capoverso del dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «Impegna il Governo a favorire la sperimentazione di zone a burocrazia zero anche nelle regioni Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, al fine di rilanciare lo sviluppo produttivo». Il secondo capoverso dell'impegno resta uguale, solo che c’è un errore di scrittura che segnalo, cioè la parola «Ministero» al terzo rigo, che non si comprende cosa c'entri e, quindi, propongo di toglierla.
PRESIDENTE. Verificheremo.
CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il Governo accetta l'ordine del giorno D'Arienzo n. 9/1248-AR/21 a condizione che sia riformulato inserendo dopo le parole: «impegna il Governo», le seguenti: «a valutare, nel rispetto della compatibilità di finanza pubblica, l'opportunità di assumere (...)».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Guerra n. 9/1248-AR/22 con la stessa riformulazione del precedente e cioè inserendo all'inizio dell'impegno le parole: «a valutare, nel rispetto della compatibilità di finanza pubblica, l'opportunità di adottare Pag. 181(...)». Il Governo accetta l'ordine del giorno Crimì n. 9/1248-AR/23 a condizione che sia riformulato inserendo dopo le parole: «impegna il Governo» le seguenti: «a valutare, nel rispetto dei vincoli assunzionali e finanziari posti dalla normativa vigente, la possibilità di sostenere la costituzione di strutture adeguate con dirigente o alta professionalità riconosciuta e adeguato personale, che svolga un servizio a favore dei piccoli e medi comuni (...)» e poi continua con il resto dell'impegno. Ricordo che l'ordine del giorno Zardini n. 9/1248-AR/24 è inammissibile.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Pastorino n. 9/1248-AR/25 a condizione che sia riformulato alla lettera d): «fornire alle parti economiche e sociali e a tutti i soggetti portatori di interessi collettivi e conoscenze, adeguata assistenza per la conoscenza, l'accesso e l'impiego dei fondi».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Garavini n. 9/1248-AR/26 con una piccola riformulazione. Invece delle parole: «a prevedere», le parole: «a valutare la possibilità di». Il Governo a proposito dell'ordine del giorno Pizzolante n. 9/1248-AR/27 che è stato riammesso comunica che è stato accettato a condizione che l'impegno sia riformulato nel modo seguente: «a valutare l'opportunità di adottare, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, provvedimenti tesi a rivedere i valori dei canoni e la normativa esistente nonché, nelle more, a sospendere per l'anno in corso i pagamenti riferiti alla situazione debitoria in essere».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Covello n. 9/1248-AR/28 a condizione che sia accettata la seguente riformulazione dell'impegno: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare ulteriori misure anche nella legge fallimentare volte a rafforzare la tutela degli imprenditori sani consentendo al sistema bancario e ai fornitori di accompagnare il risanamento dell'impresa, l'interesse collettivo senza dover rischiare ulteriori capitali e merci che non vengano, in qualche maniera, garantiti; rimodulare, ove necessario, le modalità di nomina e le funzioni del commissario, così come introdotto dal decreto-legge n. 69 del 2013; migliorare la tutela della revocatoria fallimentare, ex articolo 67, primo comma, della legge fallimentare, al fine di contrastare eventuali indebite operazioni di dismissioni (...)» e poi continua l'impegno, come scritto dai proponenti.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Peluffo n. 9/1248-AR/29 a condizione che venga accettata la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, l'opportunità di finanziare (...)». Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Lello n. 9/1248-AR/30 a condizione che venga accettata la seguente riformulazione: «impegna il Governo a promuovere il rinnovamento e ringiovanimento dei professori universitari, la cui età media si avvicina ormai a sessant'anni». Ringrazio gli onorevoli Di Lello, Locatelli e Pastorelli per l'intento di ringiovanire i professori di cui ho la ventura di fare parte; essere ringiovanito mi fa piacere.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Alfreider n. 9/1248-AR/31 con una riformulazione che tocca, in parte, l'impegno e, in parte più ampia, il dispositivo delle premesse. In particolare nelle premesse per il Governo sopravvive solo il primo capoverso delle stesse. Per quanta riguarda l'impegno si propone la seguente riformulazione: «a verificare gli effetti applicativi dei commi 7 e 7-bis dell'articolo 5, tenendo conto delle misure finora vigenti in materia al fine di una evoluzione del comparto di cui in premessa che consideri le potenzialità produttive, economiche ed occupazionali dello stesso nel medio e lungo periodo, ferme restando le esigenze di contenimento della spesa complessiva per gli incentivi erogati». Qui si ferma, per il Governo, l'impegno.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Schullian n. 9/1248-AR/32 con la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica l'opportunità di adottare (...)». Il Governo accetta l'ordine del giorno Gebhard n. 9/1248-AR/33 a condizione che sia riformulato inserendo, dopo Pag. 182le parole: «18 ottobre 2010 n. 180, nel senso di», al posto di quello che segue, di tutto il resto dell'impegno, le parole: «elevare lo standard di qualità degli organismi al fine del miglior funzionamento dell'istituto».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Cenni n. 9/1248-AR/34.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Caruso n. 9/1248-AR/35 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare eventuali interventi volti a tutelare i lavoratori di RetItalia Internazionale Spa al fine di salvaguardare le conoscenze maturate» e così via.
Il Governo formula un invito al ritiro sugli ordini del giorno Fedriga n. 9/1248-AR/36 e Invernizzi n. 9/1248-AR/37.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Guidesi n. 9/1248-AR/38 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di riconoscere alle regioni il compito di individuare un elenco di aree industriali dismesse da destinare all'insediamento di nuove attività produttive valutando le eventuali misure di incentivazione», e l'impegno finisce qui.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rondini n. 9/1248-AR/39 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, l'opportunità di prevedere», e prosegue poi come scritto dai proponenti.
L'ordine del giorno Prataviera n. 9/1248-AR/40 è inammissibile.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Grimoldi n. 9/1248-AR/41.
Il Governo formula un invito al ritiro sull'ordine del giorno Bossi n. 9/1248-AR/42.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Attaguile n. 9/1248-AR/43 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a formulare, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, una proposta organica di riforma stabile della magistratura ordinaria», e lì finisce l'impegno per il Governo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Marcolin n. 9/1248-AR/44 purché riformulato nel seguente modo: eliminare quattro righe e mezza dell'impegno dalla quarta riga, dalle parole «il territorio» fino a «al fine di individuare». Quindi, rileggo: «impegna il Governo, nell'ambito dell'attuazione della nuova dislocazione sul territorio degli uffici giudiziari, ad esaminare, analizzare e valutare se e dove sia necessario», e si prosegue.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 3,40)
CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico.
Il Governo formula un invito al ritiro sull'ordine del giorno Molteni n. 9/1248-AR/45.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Matteo Bragantini n. 9/1248-AR/46 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare le opportune iniziative» e così via, ma l'impegno termina per noi con la parola «Verona». Quindi, si cancellano le parole «a valere sul fondo di cui al comma 1 dell'articolo 18».
Il Governo formula un invito al ritiro sull'ordine del giorno Gianluca Pini n. 9/1248-AR/47.
L'ordine del giorno Buonanno n. 9/1248-AR/48 è inammissibile.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Allasia n. 9/1248-AR/49.
Il Governo formula un invito al ritiro sull'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/1248-AR/50.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Caparini n. 9/1248-AR/51 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare le opportune iniziative per proseguire e completare le operazioni di bonifica del SIN bresciano dello stabilimento della ex Caffaro».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Busin n. 9/1248-AR/52 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a verificare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, Pag. 183al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivalutare le disposizioni inerenti l'introduzione del documento definito DURT», e qui termina l'impegno.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Borghesi n. 9/1248-AR/53 purché riformulato nel seguente modo: mantenere le sole prime tre righe dell'impegno; le ultime quattro righe dell'impegno per noi dovrebbero cadere, dalla parola «facendo» a «prededucibili».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Caon n. 9/1248-AR/54.
L'ordine del giorno Marguerettaz n. 9/1248-AR/55 è inammissibile.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rosato n. 9/1248-AR/56 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, l'opportunità di rispettare» e così via.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Nastri n. 9/1248-AR/57 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative», eccetera.
Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Paglia n. 9/1248-AR/58 e Boccadutri n. 9/1248-AR/59.
Il Governo formula un invito al ritiro sull'ordine del giorno Kronbichler n. 9/1248-AR/60.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Nicchi n. 9/1248-AR/61 purché riformulato nel seguente modo: «impegna il Governo a valutare, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, la possibilità di promuovere», e poi l'impegno prosegue come scritto dai proponenti.
Quanto all'ordine giorno Airaudo n. 9/1248-AR/62, la riformulazione è pesante, altrimenti il parere è contrario, e consiste nel salvare, per quanto riguarda il dispositivo, le premesse, solo i primi due capoversi, mentre tutti gli altri scompaiono. Per quanto riguarda l'impegno, si propone di limitarlo all'espressione: «a stimare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa» e finisce lì.
Il Governo propone la riformulazione dell'ordine del giorno Placido n. 9/1248-AR/63 con riferimento all'impegno che viene sostituito dalla seguente frase: «impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa utile all'attuazione dell'articolo 118 richiamato in premessa».
Il Governo propone la seguente riformulazione dell'ordine del giorno Zaratti n. 9/1248-AR/64 con riferimento all'impegno: «impegna il Governo a valutare le possibili ricadute dal punto di vista dell'equilibrio e dell'assetto urbanistico, delle norme di semplificazioni esposte in premessa, introdotte nel provvedimento in esame» e qui termina il primo impegno; il secondo viene meno; il terzo comincia con: «a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative».
Il Governo propone la seguente piccola riformulazione dell'ordine del giorno Di Salvo n. 9/1248-AR/65 con riferimento all'impegno: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di iniziative, anche legislative» e poi prosegue l'impegno.
Il Governo formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Battaglia n. 9/1248-AR/66.
Il Governo chiede che l'ordine del giorno Abrignani n.