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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 2 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    vaste aree della Campania, e in particolare i territori a nord di Napoli e a sud di Caserta, hanno subito negli ultimi trent'anni un'autentica, impietosa devastazione, soprattutto per il sistematico smaltimento illegale di rifiuti tossici provenienti dalle industrie del Nord e dal tessuto dell'economia illegale locale;
    nella regione Campania è stato rilevato un gravissimo inquinamento ambientale, in particolare per la presenza di diossine e metalli pesanti quali ad esempio l'arsenico, rifiuti tossici con contaminazione delle falde acquifere e ripercussioni su tutta la catena alimentare, con un aumento delle malattie tumorali, respiratorie e delle malformazioni congenite, come provato da numerose indagini svolte da medici e giornalisti nel corso degli ultimi anni, e l'area a nord di Napoli e l'area meridionale della provincia casertana hanno pagato un prezzo troppo alto in termini di salute pubblica per le infiltrazioni delle organizzazioni criminali nella gestione dei rifiuti;
    nel deposito di Taverna del Re, un sito al confine tra le province di Napoli e Caserta, sono accatastate oltre sei milioni di tonnellate di ecoballe, motivo di contestazione da parte dell'Unione europea, che ha avviato nei confronti dell'Italia una procedura d'infrazione e sono il frutto del disastro perpetrato dalla Fibe-Impregilo nella gestione del ciclo dei rifiuti;
    si continua a puntare a chiudere per sempre la stagione dell'emergenza legata ai rifiuti nel peggiore dei modi, ovvero riempiendo ogni invaso, cava, o discarica dismessa, indifferenti a qualunque vincolo, valutazione ambientale o principio di precauzione e costruendo nuovi inceneritori che, oltre a ledere la salute dei cittadini, servono perlopiù ad arricchire le lobby affaristico-criminali;
    nel territorio giuglianese sono presenti già 46 discariche (tra autorizzate e non), oltre ad un impianto di tritovagliatura dei rifiuti ed un sito di stoccaggio di ecoballe, e intorno al solo deposito di Taverna del Re sono ben 15 le discariche abusive con presenza di rifiuti tossici censite, come riporta l'articolo tratto da «Fanpage» del 9 agosto 2013 intitolato «Giugliano: si scaldano i motori della rivolta»;
    inoltre, per bonificare solo le due discariche Resit occorrerebbe una cifra intorno ai due miliardi di euro, e, sottolinea il succitato articolo, secondo i periti della procura della Repubblica di Napoli proprio nella zona di Taverna del Re la falda acquifera dal 2064 sarà irrimediabilmente compromessa e 1 acqua di conseguenza non sarà più potabile;
    come riportato dall'articolo pubblicato dal quotidiano online «InterNapoli» il 13 settembre del 2013 intitolato «Micillo (M5S) incalza Orlando: «Perché approvare bando e poi dirsi disponibile ad alternative ?», nelle scorse settimane è stata pubblicata una relazione in cui Mario Di Biase, commissario delegato per le bonifiche, ha sottolineato come adesso, data l'irrecuperabilità del territorio giuglianese, si debba cercare solo di ridimensionare i danni, per fermare l'avanzata di percolato e biogas;
    il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, in un'intervista a La Repubblica pubblicata il 22 settembre 2013 dal titolo «Roberti sulla Terra dei fuochi: “Subito la bonifica”», ha dichiarato che sul dramma della Terra dei Fuochi avvelenata dai rifiuti tossici la magistratura sta facendo la propria parte, con le inchieste e i processi, ma che adesso bisogna fare scelte ben precise, che non toccano alla magistratura, rispetto a se si vuole lasciar marcire il territorio o se invece non è arrivato il momento di partire con le bonifiche;
    nel corso dell'intervista Roberti ha spiegato che attualmente non è solo la camorra ad avvelenare il territorio campano, e che le inchieste hanno fatto emergere le figure di personaggi che non possono essere catalogati come mafiosi, ma recitano un ruolo di primo piano nelle attività di inquinamento: ad esempio aziende zootecniche che invece di smaltire i rifiuti secondo legge li sversavano direttamente nei corsi d'acqua, situazione con cui la camorra ha poco o nulla a che fare, oppure, in altri casi, le mafie entrano in scena solo nella seconda fase, quando a loro si rivolgono soggetti esterni alle organizzazioni che trovano più conveniente liberarsi illegalmente dei rifiuti;
    tali dati ed eventi sono stati fatti emergere negli ultimi anni dal lavoro di magistratura, forze dell'ordine, giornalismo d'inchiesta e comitati locali;
    già in passato parte della località La Selva, nel comune di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, area sottoposta a vincolo idrogeologico e naturale, era stata destinata a discarica attraverso lo scavo di una fossa nel terreno priva di ogni rivestimento e di ogni misura igienica o di carattere precauzionale, discarica tale da occupare e ostruire il letto di due corsi d'acqua, Fosso Maltempo e il Fosso del Pazzo, entrambi tributari del rio Selva;
    tra il 1980 e il 1990 ben quattro relazioni geologiche hanno attestato che le rocce sottostanti la discarica sono formate da tufi e da detriti lavici in cui è presente un'alta permeabilità per fessurazione. Poiché i rifiuti vengono sversati nella vallata senza che vi siano sistemi di captazione del percolato né alcuna altra forma di protezione, il percolato filtra nelle acque sottostanti, le relazioni consigliavano di non alterare l'equilibrio naturale dei luoghi con sbancamenti e movimenti terra;
    nel 1985, durante lo scandalo dei fanghi del depuratore di Cuma, i consiglieri regionali eletti con la lista Campania Civica e Verde denunciarono che i fanghi tossici del depuratore venivano smaltiti nella discarica «La Selva», e che la discarica consisteva in una fossa scavata, in netta e palese violazione dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 915 del 1982;
    la società «AB&F», che gestiva la discarica in questione, è stata coinvolta in procedimenti penali legati alla questione dei fanghi provenienti dall'azienda «Alto Adige Service», al rinvenimento di fusti contenenti liquidi di natura imprecisata, allo scarico abusivo di liquidi con particolare riferimento a scoli industriali, al rinvenimento di fusti contenenti liquidi di natura tossico-nociva della «MORTEO-SOPREFIN» e per la denuncia sporta da Giovanni Martino, un contadino che aveva constatato l'inquinamento del ruscello da fanghi e schiume che non permettevano al bestiame di sua proprietà di abbeverarsi, come rinvenibile nella relazione dei carabinieri del NOE incaricati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di effettuare un sopralluogo sulla discarica;
    il pretore di Sessa impose all'epoca alla Usl 15 di effettuare apposite analisi dalle quali è emerso che nella discarica sono stati scaricati rifiuti tossici e nocivi;
    il primo processo si è celebrato solo cinque anni dopo, il 17 luglio 1990, e Buonamano è stato riconosciuto colpevole per l'imputazione e condannato a 4 mesi di reclusione, oltre a una multa di 1.600.000 lire;
    dal rapporto del NOE, risalente al 17 marzo 1989, si legge che nella discarica sono state ammassate tonnellate indefinite di rifiuti di ogni genere provenienti da varie regioni italiane;
    sempre nel rapporto del NOE si legge che gli organi preposti istituzionalmente al controllo, benché consapevoli dei reati connessi agli scarichi abusivi di cui ai procedimenti penali, non avevano effettuato i controlli per accertare che infiltrazioni di percolato potessero aver causato irreparabili danni ambientali e di sanità pubblica;
    la discarica ha continuato la sua attività, con l'arrivo ogni notte di decine di tir con bolle di accompagnamento rivelatesi poi false, fino al 19 marzo 1992, quando il sindaco Capriglione ha ordinato la chiusura della discarica;
    durante alcuni lavori sulla variante della strada statale Appia sono state ritrovate diverse tonnellate di rifiuti tossici (cadmio, tungsteno, asbesto, berillio e vanadio) smaltiti abusivamente sotto il manto stradale più di un anno fa, come riporta la rivista online «Interno 18» nell'articolo «Sessa Aurunca. Variante Appia e discariche locali al vaglio di Legambiente» del 21 maggio 2013;
    sempre la procura di Santa Maria Capua Vetere sta indagando sulla ormai dismessa centrale elettronucleare del Garigliano, a pochi chilometri di distanza da Sessa Aurunca, dove sono stoccati circa 3mila metri cubi di rifiuti a media attività, la cui radioattività dura alcuni secoli e sono sepolti 1.100 metri cubi di rifiuti a bassa attività, oltre ad un'enorme quantità di amianto radioattivo, come riportato dall'edizione online de Il Fatto Quotidiano in data 8 dicembre 2012 nei articolo «Disastro ambientale: c’è l'indagine sulla centrale nucleare del Garigliano»;
    il 24 agosto 2013 un'intervista al collaboratore di giustizia Carmine Schiavone trasmessa dal canale televisivo satellitare Sky TG24 ha svelato come, nel corso di audizioni in commissione ecomafie nel 1997, siano stati rivelati i luoghi esatti dove la camorra ha interrato l'immondizia più pericolosa, tra cui cassette di piombo con materiale nucleare provenienti dal Nord Europa come riportato anche dall'articolo «Schiavone: “Ho detto dove sono i rifiuti tossici, non bonificano perché costa troppo”» pubblicato dall'edizione online de Il Fatto Quotidiano del 31 agosto 2013;
    secondo il suo racconto, Schiavone avrebbe consegnato alla commissione d'inchiesta documenti e appunti con l'indicazione delle società coinvolte, delle targhe dei mezzi usati e dei luoghi degli smaltimenti, sentendosi di rimando rispondere che una bonifica delle aree è impossibile perché eccessivamente gravosa per le casse dello Stato, come riporta sempre Il Fatto Quotidiano in data 31 agosto 2013 nell'articolo «Traffico di rifiuti, il boss pentito Carmine Schiavone: “Mie denunce inascoltate”»;
    le deposizioni di Schiavone, che ha anche affermato d'esser stato presente ad un sopralluogo interrotto per la presenza di livelli di radioattività troppo alti, sono perfettamente coerenti con quanto negli ultimi anni affermato dall'altro pentito del clan dei Casalesi Gaetano Vassallo e tuttora secretate, così che non è possibile accertare quanto e cosa fu realmente detto, se non per quanto (poco) risulta dalle relazioni finali della commissione pubblicate nel 2001;
    nei scorsi giorni le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia hanno portato il Nucleo operativo dei carabinieri di Casal di Principe, i tecnici dell'Arpac ed i vigili del fuoco di Caserta a compiere scavi per cercare rifiuti tossici in un terreno in via Sondrio, sulla circumvallazione esterna di Casal di Principe;
    a circa 10 metri sotto terra, da almeno una ventina d'anni, in un terreno di proprietà privata riconducibile, secondo gli investigatori, ad una società immobiliare, erano stati seppelliti fanghi di natura industriale e materiale ferroso, come riporta l'articolo dell'edizione online de La Repubblica «Rifiuti tossici, trovati fusti a Casal di Principe» del 17 settembre 2013;
    confinante con il terreno oggetto di scavo, ce n’è anche un altro, già sequestrato, e dove nel luglio 2011 un collaboratore di giustizia fece trovare altri rifiuti industriali, mentre di fronte c’è una ludoteca particolarmente frequentata da bambini, come riportato anche da TGCOM 24 nell'articolo «Casal di Principe, rifiuti vicino a una ludoteca» del 18 settembre 2013;
    il 25 settembre sono partite operazioni analoghe anche a Qualiano, in provincia di Napoli nella zona lungo la circumvallazione esterna, non distante da Giugliano e in località Ponte Riccio, zona dove negli anni Settanta era operativa una discarica, poi dismessa, come riporta l'edizione online de La Repubblica del 25 settembre 2013 nell'articolo «Rifiuti tossici si ritorna a scavare ma stavolta a Qualiano»;
    pochi giorni prima, a metà agosto era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando per la realizzazione dell'inceneritore di Giugliano, come riporta l'edizione online de Il Mattino del 16 agosto 2013 nell'articolo «Napoli rifiuti, pubblicato il bando per il termovalorizzatore di Giugliano», impianto sarà destinato a bruciare le ecoballe fuori norma stoccate tra Giugliano Villa Literno, Caivano ed altri siti in giro per la Campania;
    al momento non è stabilita la quantità di rifiuti che l'inceneritore brucerà quotidianamente;
    proprio a Giugliano, in particolare nella zona di Casacelle, il 22 settembre si sviluppato un vasto incendio bruciando materiali di risulta abbandonati abusivamente in quella che s’è rivelata essere una vera e propria discarica a cielo aperto, come riporta l'articolo «Terra dei fuochi – vasto incendio a Giugliano, in fiamme rifiuti abbandonati in una discarica a cielo aperto. Paura per gli abitanti della zona», pubblicato il 22 settembre 2013 dal quotidiano online Telecapri News;
    sempre il 22 settembre 2013 un incendio doloso, il quarto in un mese e mezzo, ha bruciato le sessantamila ecoballe depositate nel sito di stoccaggio di Toppa Infuocata, a Fragneto di Monforte, in provincia di Benevento, con conseguente sgombero delle case investite dalla nube tossica;
    il sindaco del comune del beneventano Raffaele Caputo ha denunciato le inaccettabili condizioni del sito, a cui mancano illuminazione e sorveglianza ed il cui sistema automatico di autospegnimento non ha mai funzionato, come riporta l'articolo «In fiamme 60 mila ecoballe nel beneventano» pubblicato dall'edizione locale online de La Repubblica il 24 settembre 2013;
    il 26 settembre scorso, il Nucleo investigativo provinciale di polizia ambientale e forestale (Nipaf) del comando provinciale di Napoli in località Sanganiello, «Terra dei fuochi», comune di Caivano, hanno individuato una discarica interrata, con 60 fusti da 25 litri, si tratta in genere di vernici e solventi usati per le automobili, tirati fuori uno dopo l'altro da un metro e mezzo di profondità. Un contenitore viene «grattato», è incisa la scritta «Milano». Più in profondità, a quattro metri, ci sono le morchie, sostanze gommose impregnate di solventi; con gli scavi suddetti, non vengono trovati soltanto vernici e solventi. Riemergono anche blocchi di calcestruzzo e di pavimentazione stradale, manufatti che contengono amianto, mattonelle scorie di attività industriali;
    la Convenzione di Aarhus dichiara indispensabile il coinvolgimento e la sensibilizzazione attraverso l'educazione ambientale per assicurare a tutte le generazioni presenti e future il diritto a vivere in un ambiente pulito e salubre;
    la suddetta Convenzione, sancita da trentanove Paesi e dall'Unione europea in Danimarca il 25 giugno 1998, stabilisce che il cittadino ha diritto di essere informato, ha diritto a partecipare, ha diritto ad essere coinvolto e consultato nelle scelte ambientali che lo riguardano;
    anche l'Unione europea ha stabilito che l'incenerimento è una tecnica obsoleta e che dovranno man mano essere spenti tutti quelli presenti nel mondo, mentre numerose ricerche scientifiche (ad esempio quelle del professor Stefano Montanari e di Paul Connett) hanno dimostrato che tutti gli inceneritori provocano danni irreversibile alla salute a causa dell'emissione di diossine e nanoparticelle che senza alcun filtro finiscono direttamente nei polmoni della cittadinanza e nel ciclo biologico delle terre in questione, e quindi anche nella catena alimentare;
    il continuo stato di emergenza in cui si trovano i territori a nord di Napoli, di cui si parla in tutto il mondo, ci richiama alla ineludibile responsabilità di avviare politiche capaci di consentire una rapida e definitiva uscita dall'emergenza mediante politiche di ciclo virtuoso dei rifiuti seguendo tasselli propedeutici l'uno all'altro,

impegna il Governo:

   a procedere alla rapida e completa bonifica delle aree comprese tra i siti di interesse nazionale in Campania nonché a favorire in tempi brevi, per quanto di competenza e in raccordo con le regioni, una bonifica completa di quelle aree che, nel corso degli anni, sono diventate uno «sversatoio», con discariche di «tal quale», roghi tossici, discariche abusive, cemento inquinato e terreni avvelenati;
   ad assumere iniziative per la celere istituzione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di cui all'articolo 12, comma 11, del decreto legge n. 179 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 2013 al fine di monitorare l'incidenza dell'inquinamento provocato dai rifiuti tossici e radioattivi sulla popolazione e sull'ambiente;
   a svolgere immediatamente analisi a tappeto nel vasto territorio interessato, a cominciare da quello indicato dai vari collaboratori di giustizia come luogo di sversamento dei rifiuti tossici da parte della criminalità organizzata e anche relativamente alle falde acquifere;
   ad avviare rapidamente la perimetrazione dei terreni interessati da coltivazioni ed allevamenti nelle aree coinvolte dallo sversamento di rifiuti tossici, al fine di consentirne la conversione in agricoltura «no food»;
   a rendere pubblici i nominativi delle società coinvolte a qualsiasi titolo nella produzione, trasporto e/o smaltimento illecito di materiali tossici;
   a nominare, come richiesto già da tempo dal presidio permanente Taverna del Re, una commissione di esperti, trasversali, con la presenza anche di medici, che studi un metodo di smaltimento delle ecoballe che non peggiori il già altissimo livello di inquinamento del territorio giuglianese;
   a sviluppare azioni lungimiranti e concrete per la riqualificazione del paesaggio e finalizzate alla restituzione di una dignità di questi luoghi;
   a prendere adeguate iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per raggiungere in tempi brevi gli obiettivi di riduzione dei rifiuti e di implementazione della raccolta differenziata.
(1-00198) «Migliore, Scotto, Giancarlo Giordano, Ferrara, Ragosta, Zan, Zaratti, Pellegrino, Di Salvo, Piazzoni».


   La Camera,
   premesso che:
    la Cuneo-Ventimiglia-Nizza è una storica ferrovia transfrontaliera, realizzata all'inizio del ’900, distrutta dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale, ripristinata nel 1979, a seguito di una convenzione Italia-Francia sottoscritta nel 1970;
    ancora oggi, la linea assume in prospettiva un valore strategico nei rapporti fra l'Italia occidentale e la Francia meridionale, soprattutto se si considera come essa, nella sua estensione a nord, sino a Torino, può assumere la funzione di collegamento ferroviario diretto tra l'area metropolitana del capoluogo piemontese, nella quale vivono oltre due milioni di persone e operano migliaia di imprese, e Nizza, secondo centro urbano della regione francese Provence-Alpes-Cote d'Azur (PACA);
    non possono essere trascurati né il valore ingegneristico e culturale dell'infrastruttura e delle opere d'arte in essa presenti, né il pregio paesaggistico dei siti che attraversa e mette in comunicazione, così come le peculiari potenzialità che essa può assumere per il mondo sportivo, collegando località in cui sorgono rilevanti impianti di sport invernali, di canoa e di altre attività atletiche;
    per queste ragioni, nel contesto delle attività di relazione poste in essere con la costituzione nel 2007 del gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) che ha sostanziato il processo di costruzione dell'Euroregione Alpes-Mediterranée, costituita dalla regione autonoma della Valle d'Aosta, dalla regione Liguria, dalla regione Piemonte, dalla regione Provence-Alpes-Cote d'Azur, dalla regione Rhone-Alpes, nel 2008 è stata firmata una dichiarazione d'intenti fra la regione PACA e le regioni Piemonte e Liguria, finalizzata a scongiurare l'abbandono della linea e a rimarcare, viceversa, i vantaggi economici che il suo mantenimento e il suo rilancio possono determinare per i territori interessati;
    dal 2009, l'adozione da parte di Rete ferroviaria italiana (RFI) del nuovo sistema di sicurezza è intervenuta a impedire l'interoperabilità fra Trenitalia e SNCF (Società nazionale delle ferrovie francesi): ciò ha comportato l'interruzione del collegamento diretto Torino-Cuneo-Limone-Breil-Nizza, da cui è conseguita, nel 2012, la cancellazione di alcune stazioni minori, con i relativi disagi per i pendolari e il depauperamento della funzione sociale della linea;
    nonostante nell'ottobre 2012 sia stato firmato un protocollo d'intesa fra le regioni già firmatarie della dichiarazione d'intenti del 2008 infra citata, indicante l'obiettivo di valorizzare la linea e reperire i fondi necessari, a partire dal marzo 2013 si è fatta ricorrente e concreta la possibilità di chiusura della linea o, comunque, di suoi importanti tratti, tra cui quello Cuneo-Ventimiglia;
    questa eventualità crea viva preoccupazione fra i cittadini delle zone interessate, anche per il danno ambientale che deriverebbe dallo spostamento dei traffici da ferro a gomma: un'evenienza in contrasto rispetto all'esigenza, condivisa da tutte le istituzioni europee, di perseguire gli obiettivi di salvaguardia dell'ambiente e della salute, attraverso il contenimento del traffico su gomma e delle sue esternalità negative, e la promozione di un trasporto pubblico sostenibile e di qualità;
    a seguito delle iniziative attivate contro tale eventualità, con una mobilitazione che ha coinvolto, dalla primavera scorsa, cittadini, amministratori locali e i parlamentari piemontesi e liguri, impegnati a scongiurare la chiusura della linea, a inizio settembre il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, ha annunciato che in occasione del vertice bilaterale che si terrà a Parigi il 20 novembre 2013, verrà affrontato anche il problema della Torino-Nizza e della connessa necessaria revisione della convenzione Italia-Francia del 1970,

impegna il Governo:

   a definire con il Governo francese, già dal vertice bilaterale previsto per il 20 novembre 2013, una road-map orientata a perseguire in tempi certi le seguenti priorità:
    a) ripristino dell'interoperabilità tra i materiali rotabili italiani e francesi;
    b) revisione della convenzione del 1970, con una diversa ripartizione dei costi;
    c) rilancio del programma europeo per la sicurezza e gli interventi strutturali;
   a operare perché Rete ferroviaria italiana sia messa nelle condizioni di assicurare, quanto prima, il pagamento di 27 milioni di euro per la manutenzione della tratta francese, dovuto sulla base della convenzione del 1970 e indispensabile a scongiurare, entro il mese di dicembre 2013, la riduzione a 40 chilometri orari della velocità in territorio francese, causa la mancata messa in sicurezza delle linea, fatto questo dalle evidenti ricadute negative in termini di qualità del servizio e di impatto sul movimento dei cittadini e delle merci;
   ad attivare, d'intesa con il Governo francese, uno specifico tavolo tecnico di lavoro sul rilancio del collegamento ferroviario Torino-Cuneo-Ventimiglia-Nizza coordinato dai Ministeri competenti e costituito, oltreché dalle aziende ferroviarie che gestiscono la rete e il servizio di trasporto nei due Paesi, dalle regioni Liguria, Provence-Alpes-Cote d'Azur e Piemonte, nonché dalle istituzioni locali dei territori coinvolti;
    a restituire informazione sull'esito del vertice bilaterale del 20 novembre e sulle determinazioni ivi adottate, in merito al punto specifico sollevato con la presente mozione, relazionando alla competente Commissione permanente.
(1-00199) «Taricco, Gribaudo, Bonomo, Balduzzi, Patriarca, Bargero, Bobba, Borghi, Biondelli, Fiorio, D'Ottavio, Paola Bragantini, Fregolent».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    il Parlamento italiano, nel Senato della Repubblica e nella Camera dei deputati, ha, negli anni precedenti, seguito con costante attenzione la situazione del Myanmar;
    l'Italia è vicina da tempo al popolo birmano e ha manifestato il suo sostegno sia attraverso le iniziative di associazioni, istituzioni locali e società civile, sia attraverso la costituzione dell'Associazione parlamentare «Amici della Birmania» dalla XIV legislatura, e i contatti diretti che l'Associazione ha avuto con Aung San Suu Kyi e la realtà sociale e politica del Paese;
    numerosi e significativi sono stati i pronunciamenti del Parlamento italiano per la difesa dei diritti umani in Myanmar, la liberazione dei prigionieri politici a cominciare da Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace, per lunghi anni agli arresti domiciliari, e l'avvio di un processo di transizione verso la democrazia;
    dopo la liberazione di Aung San Suu Kyi il 13 novembre del 2010 e la sua elezione al Parlamento del Myanmar il 1o aprile 2012 si è concretamente avviato il processo di transizione democratica e di riconciliazione nazionale che vede protagonisti il Capo del Governo, Thein Sein, e la leader della Lega nazionale per la democrazia Aung San Suu Kyi, oggi capo dell'opposizione in Parlamento;
    il Capo del Governo del Myanmar ha effettuato una visita in Italia nel marzo 2013, incontrando, tra gli altri, il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio dei ministri, avviando rapporti di collaborazione economica e politica tra l'Italia e la Birmania;
    è fortemente auspicata una visita in Italia di Aung San Suu Kyi, essendo già stata invitata da diverse istituzioni, in particolare dal Presidente del Senato della Repubblica, dal Ministro della cultura, dai sindaci di diverse città di cui è cittadina onoraria, dalle università di Bologna e di Modena-Reggio Emilia e da altri enti culturali;
    l'avvenuta apertura del Myanmar alla comunità internazionale e al mercato mondiale, anche attraverso il superamento delle sanzioni economiche in rapporto ai progressi in atto sul tema dei diritti umani e delle libertà democratiche, è stata ed è attentamente seguita dall'Unione europea, di cui l'Italia è componente fondamentale;
    la collaborazione politica, economica e sociale tra l'Italia e il Myanmar corrisponde all'interesse di entrambi i popoli e si inserisce nell'ambito dei rapporti tra l'Europa e l'Asia che aprono prospettive nuove per il futuro del mondo;
    il consolidamento della riforma democratica in Myanmar è fattore decisivo per lo sviluppo delle relazioni tra l'Unione europea e il Myanmar, e, dunque, tra l'Italia e il Myanmar, nell'ambito delle relazioni internazionali per l'armonico sviluppo dei Paesi nel mondo globale, il progresso civile delle nazioni e il conseguimento dei comuni obiettivi di salvaguardia dei diritti umani e della pace;
    l'evoluzione democratica del Myanmar, il rispetto dei diritti umani, la liberazione di tutti i prigionieri politici, il superamento dei conflitti etnici devono essere considerati parte integrante dello sviluppo economico e sociale della Birmania;
    nel 2014 è prevista da parte del Myanmar l'assunzione della presidenza dell'Associazione delle nazioni dell'Asia del sud orientale (ASEAN), e ciò non può che accrescere l'esposizione e la responsabilità internazionale del Paese asiatico, che sta vivendo una vera e propria fase costituente;
    la Costituzione in vigore nel Myanmar, la cui revisione e oggetto di discussione politica e parlamentare, presenta elementi di forte criticità democratica, tra i quali la discriminazione sulle candidature alla Presidenza e alla Vicepresidenza dell'Unione, l'assegnazione del 25 per cento dei posti ai militari nell'Assemblea dell'Unione e nella Camera delle nazionalità, norme restrittive per l'approvazione degli emendamenti alla Costituzione;
    in particolare, la Costituzione al capitolo 3 punto f, prevede per il Presidente dell'Unione e il vicepresidente «non lui, i suoi genitori, il coniuge, uno dei figli legittimi o i loro coniugi devono avere legami con una potenza straniere, non deve essere soggetto al potere o cittadinanza di un Paese straniero», determinando con ciò una evidente discriminazione nei confronti di Aung San Suu Kyi, che ha peraltro manifestato l'intenzione di candidarsi alla Presidenza dell'Unione nelle prossime elezioni politiche previste nel 2015;
    nel marzo 2013 il parlamento del Myanmar ha approvato una procedura di riesame della Costituzione istituendo una Commissione di esperti giuridici e intellettuali per la revisione della Costituzione, scritta e approvata nel 2008 dall'allora giunta militare e sottoposta a referendum una settimana dopo il passaggio del ciclone Nargis, che ha causato 138 mila tra morti e dispersi;
    nel processo di transizione verso la democrazia in atto nel Myanmar è necessario che siano sostenute tutte le forze che credono nella democrazia, avendo anche presenti i rischi di inversione del cammino democratico che sempre si accompagnano alle grandi scelte di cambiamento; nella celebrazione del Giubileo d'Argento dell'8 agosto 1988 avvenuta a Yangon il 6-7-8 2013, è stata approvata una dichiarazione delle forze etniche e democratiche nella quale si dichiara: «1) Crediamo fortemente che ci sia bisogno di stabilire uno Stato federale democratico con autodeterminazione e uguaglianza» «2) La Costituzione del 2008 non garantisce uno Stato democratico federale. Quindi crediamo fortemente che la Costituzione del 2008 vada emendata o che venga stilata una nuova Costituzione»;
    dal 15 al 17 settembre è convocato a Praga il XVII Forum 2000, promosso dalla Fondazione Vaclav Havel, sul tema «Società in transizione», al quale prenderà parte, tra gli altri, Aung San Suu Kyi;
    interpretando la volontà del popolo italiano per l'intensificazione degli scambi e della collaborazione economica, sociale, culturale e politica con il popolo del Myanmar, su una base di comune condivisione dei valori della democrazia;
    auspicando che una delegazione dell'Associazione parlamentare «Amici della Birmania» possa direttamente esprimere ai colleghi del Parlamento del Myanmar la volontà del Parlamento italiano; sostenendo fortemente la necessità che la Costituzione del Myanmar sia riformata affinché le elezioni politiche del 2015 possano essere libere e giuste,

impegna il Governo

a garantire costante determinazione in ogni sede, europea e internazionale, e in rapporto diretto con il Governo del Myanmar, per assicurare con continuità il proprio sostegno alla ulteriore positiva evoluzione del processo democratico e di apertura del paese asiatico, anche nella prospettiva delle elezioni politiche del 2015.
(7-00112) «Amendola, Zampa, Cassano, Iori, Gozi, Tidei, Quartapelle Procopio, Locatelli, Carlo Galli, Nicoletti, Pes, Scalfarotto, Civati, Monaco, Mogherini, D'Incecco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENI, LENZI, AMATO, MURER, CAPONE, IORI, PATRIARCA, FOSSATI, SCUVERA e D'INCECCO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   come annunciato in diverse occasioni, entro la fine di settembre 2013 sarebbe dovuto uscire il nuovo bando del servizio civile nazionale per la selezione di circa 14.700 giovani volontari, ma ad oggi vi è ancora molta incertezza sulla data effettiva;
   il ritardo sarebbe da attribuire al mancato invio delle graduatorie definitive da parte di alcune regioni;
   a preoccupare le centinaia di organizzazioni ed enti coinvolti, oltre al ritardo, è la questione legata all'apertura del bando agli stranieri residenti in Italia, che già causò il blocco del bando del settembre 2011 per il ricorso avanzato da un giovane straniero contro il requisito di cittadinanza italiana previsto per l'accesso al servizio civile nazionale;
   la sentenza del tribunale di Milano del 12 gennaio 2012, accogliendo quel ricorso, ha riconosciuto il carattere discriminatorio del requisito relativo alla cittadinanza italiana;
   la sentenza ha, di fatto, messo in evidenza l'esigenza di una revisione legislativa dell'attuale normativa che regola il servizio civile nazionale, del resto più volte sollecitata dalle organizzazioni del settore ma mai attuata;
   nonostante questo precedente abbia provocato, tra l'altro, un ingente spreco di risorse investite dalle organizzazioni sociali e dagli enti locali per dare seguito ai relativi progetti, il Governo non ha mai fornito chiarimenti in merito alla pronuncia del tribunale di Milano, neppure in vista dell'emanazione del nuovo bando;
   le mancate risposte da parte del Governo, sebbene più volte evocate, potrebbero di fatto esporre anche il nuovo bando al rischio di ulteriori ricorsi;
   data la rilevanza strategica del ruolo che il servizio civile nazionale svolge per la promozione e il rafforzamento del senso civico, dei valori democratici e della coesione sociale, è indispensabile che le istituzioni si attivino quanto prima per superare le criticità che ostacolano la piena operatività di uno strumento prezioso per l'intera collettività –:
   quali urgenti iniziative intendano assumere al fine di superare le criticità riscontrate in premessa e garantire la piena operatività del servizio civile nazionale consentendo ai giovani coinvolti di mettere al servizio della comunità il proprio impegno civico. (5-01109)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TARTAGLIONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il settore di protezione civile della regione Campania, al fine di garantire i servizi essenziali relativi alla prevenzione, previsione, monitoraggio, gestione dell'emergenza e alla post emergenza, nonché buona parte delle attività ordinarie e straordinarie, per almeno trentasei ore settimanali, si avvale di trentasei lavoratori socialmente utili (LSU), in servizio dal 2001, e di otto lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co. Co. Co.), in servizio dal 2005, laureati (architetti ed ingegneri) e diplomati;
   l'organico di alcuni uffici è totalmente costituito dal predetto personale, che ne garantisce il funzionamento anche attraverso attività di front-office con gli enti locali e professionisti esterni;
   il suddetto personale svolge attività quali le turnazioni per il funzionamento H24 della sala operativa; l'istruttoria e la redazione degli atti tecnici ed amministrativi relativi alle attività di programmazione e progettazione del settore, all'attuazione delle ordinanze di protezione civile nonché alla gestione ordinaria dello stesso; il supporto H24 al centro funzionale multirischio nell'ambito delle attività di post-emergenza sismica, vulcanica ed idrogeologica;
   il citato personale esplica inoltre le istruttorie tecniche-amministrative, il monitoraggio, il controllo e la rendicontazione degli interventi di adeguamento sismico su edifici pubblici e privati, nonché degli studi di microzonazione sismica;
   il richiamato personale ha espletato sopralluoghi tecnici per l'accertamento ed il rilievo dei danni dovuti agli eventi naturali su tutto il territorio nazionale (Abruzzo, Emilia Romagna, Campania e altre);
   il personale in esame svolge importante azione di supporto alla redazione e diffusione degli avvisi meteo necessari per l'individuazione di eventuali criticità sul territorio per ridurre il rischio per la privata e pubblica incolumità;
   il personale de quo svolge costanti esercitazioni, anche internazionali, di protezione civile ed è stato formato presso la scuola regionale di protezione civile, acquisendo pertanto una specifica professionalità e competenza;
   il decreto legislativo n. 101 del 2013, per gli L.S.U. prevede l'assunzione diretta per le categorie A e B in funzione del fabbisogno in organico. Ciò, però, non garantirebbe una sicura stabilizzazione e non consentirebbe l'inserimento nell'organico della regione in base agli specifici profili professionali;
   il citato decreto, per il personale Co. Co. Co., non prevede alcuna forma di stabilizzazione, né la possibilità di proroga dei progetti –:
   se sia volontà del Governo, considerato che il personale in questione opera in servizi essenziali, assumere iniziative normative urgenti per una modifica dell'articolo 4, comma 8, del decreto legislativo 31 agosto 2013, n. 101, con ciò garantendo la stabilizzazione del detto personale ed il corretto funzionamento del settore di protezione civile della regione Campania.
(4-02027)


   MOLTENI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la stampa locale evidenzia un sensibile deterioramento delle condizioni dell'ordine pubblico e della sicurezza a Como città e nel territorio provinciale adiacente;
   nel breve volgere di pochi giorni, dallo scorso 27 settembre al 30 seguente, un ragazzo nigeriano è stato accoltellato nel pieno centro di Como, probabilmente nel contesto di un regolamento di conti; quindi, poco più tardi, nella stessa serata, è finito in ospedale un uomo senza fissa dimora, aggredito per sottrargli il denaro racimolato tramite accattonaggio; il giorno seguente, un secondo clochard è stato quindi preso a cinghiate da un gruppo di giovani; infine, più recentemente ancora, il titolare del distributore di benzina situato presso un noto ipermercato di Cantù è stato rapinato da un gruppo di assalitori armati, che ha poi seminato di chiodi la via di fuga;
   si sono registrate forme di intimidazione nei confronti di coloro che sul territorio hanno tentato di reagire, anche in modo blando, ad esempio rimproverando i giovani autori delle bravate notturne contro i privi di fissa dimora;
   sono stati riportati nei mesi scorsi casi di rapine ed aggressioni in case abitate;
   risultano, infine, in significativo aumento anche gli atti di vandalismo contro la proprietà pubblica e privata –:
   quali misure il Governo intenda assumere per assicurare un più efficace presidio del territorio comasco e se, in particolare, sia possibile immaginare il potenziamento dei distaccamenti delle forze dell'ordine presenti a Como e provincia, ipotizzando altresì l'impiego, con funzioni di concorso al mantenimento dell'ordine pubblico, di un limitato contingente di militari. (4-02031)


   LOMBARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   è stata già presentata dalla firmataria il presente atto l'interrogazione a risposta immediata n. 3-00165 in merito alla nomina del professor Antonio Golini a presidente dell'Istat;
   in risposta a tale interrogazione il Ministro per i rapporti con il Parlamento ed il coordinamento dell'attività di Governo Dario Franceschini ha precisato che il Governo, con la nomina del prof. Antonio Golini mediante un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha voluto «rispondere solo all'esigenza di individuare, per un periodo contingente e transitorio, una figura idonea a garantire la continuità e la funzionalità dell'istituto»);
   nel decreto di nomina si precisa che «nelle more del perfezionamento della nomina e fino alla data di insediamento del presidente dell'Istat, il professor Antonio Golini svolge le funzioni di cui all'articolo 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 aprile 2011. Con successivo provvedimento sarà determinato il compenso spettante al professor Antonio Golini;
   risulta impossibile perfezionare la nomina, attraverso il completamento dell’iter, se non si da inizio alla procedura attraverso la designazione del presidente dell'Istat in Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;
   in data 26 settembre 2013 è venuto a scadenza l'incarico di direttore generale alla dottoressa Maria Carone e, siccome previsto dal «Regolamento di organizzazione dell'Istituto e modifiche al disegno organizzativo», il presidente facente funzioni dell'Istat ha conferito un incarico di reggenza al dottor Paolo Weber e si accinge a nominare il nuovo direttore generale all'esito del completamento della procedura comparativa in corso di svolgimento;
   l'Istituto nazionale di statistica è chiamato a fornire al Paese una informazione statistica ufficiale autonoma, indipendente e scevra da possibili condizionamenti da parte del potere esecutivo;
   è dunque, evidente l'urgenza di individuare tempestivamente un professore universitario con grande competenza statistica, dinamicità e caratura nazionale e internazionale al fine di fornire garanzie di una produzione di informazione statistica di grande qualità, ufficiale e autonoma, indipendente e scevra da possibili condizionamenti da parte del potere esecutivo di cui il Paese ha urgente bisogno;
   il provvedimento di nomina del reggente, per un così rilevante intervallo di tempo, senza la contestuale attivazione della procedura di nomina del presidente dell'Istat, determina ad avviso dell'interrogante la completa negazione delle prerogative del Parlamento di pronunciarsi su questa delicata materia a garanzia di imparzialità delle funzioni e della figura del presidente titolare dell'Istat;
   in assenza di date certe l'incarico di presidente facente funzioni dell'Istat conferito al professor Golini può protrarsi indefinitivamente –:
   se ritenga normale che dopo diversi mesi non si sia ancora provveduto a designare un presidente pro tempore dell'Istat, in sostituzione del professor Enrico Giovanni e se tale ritardo sia imputabile a veti politici incrociati all'interno della maggioranza di Governo o a motivi di altra natura;
   se il perdurare della figura di un presidente facente funzioni non possa arrecare gravi danni al regolare funzionamento dell'Istituto nazionale di statistica con ricadute sull'intero Paese;
   se nel frattempo sia stato definito il compenso spettante al professor Antonio Golini per svolgere l'incarico di presidente facente funzioni;
   quale impegno intenda assumere il Governo per porre fine al più presto a questa incresciosa vicenda restituendo al Parlamento le sue legittime prerogative.
(4-02038)

AFFARI ESTERI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   il 16 ottobre del 2000 fu ritrovato il cadavere del giornalista di Radio Radicale Antonio Russo (nato a Francavilla a Mare il 6 giugno 1960) vicino al villaggio di Udzharma, a 25 chilometri da Tiblisi, capitale della Georgia, che da pochi anni era diventato uno Stato indipendente, dopo aver fatto parte dell'URSS;
   dall'autopsia è risultata la natura violenta della morte di Antonio Russo: «il torace fracassato, due costole rotte con il colpo netto di un'arma che assomiglia ad una mazza di ferro...», il suo assassinio è stato particolarmente crudele e probabilmente preceduto anche da torture;
   a tutti gli ambienti giornalistici, istituzionali e diplomatici era nota l'attività di Antonio Russo e le sue corrispondenze dalle zone di guerra dell'Est europeo e anche dell'Africa, in Burundi; a lungo era stato l'unico giornalista indipendente rimasto a Pristina a denunciare il dramma dei profughi bosniaci, e per molto tempo è stato uno dei pochi giornalisti a raccontare la guerra civile in Cecenia nella disattenzione dell'Europa e dell'Occidente in generale;
   un altro esponente del Partito Radicale transnazionale è stato ucciso nelle strade di Mosca in circostanze mai chiarite dalle autorità russe, alla vigilia della discussione in sede ONU della proposta avanzata dalla Russia di sospendere il PRT, accusato ingiustamente di complicità con il terrorismo ceceno;
   Antonio Russo aveva dichiarato prima di essere assassinato di essere in possesso di nuovo materiale video sulla guerra civile in Cecenia e sulle violenze commesse in Cecenia dai Russi in aperta violazione dei diritti umani, tutelati a livello internazionale;
   l'appartamento in cui alloggiava il giornalista Antonio Russo è stato trovato devastato e sono scomparsi i documenti riguardanti il suo lavoro, il computer e il telefono satellitare;
   secondo alcune fonti Antonio Russo avrebbe documentato l'uso di armi chimiche da parte russa contro la popolazione cecena, con possibili responsabilità del Governo russo –:
   quali siano le responsabilità accertate dalle indagini sugli autori e sui mandanti dell'omicidio di Antonio Russo in Cecenia 13 anni fa;
   quali siano state le iniziative assunte dalla rappresentanza diplomatica italiana in Russia e dai vari Governi che si sono succeduti in 13 anni per avere la piena collaborazione delle autorità russe nelle indagini effettuate;
   quali siano state le conseguenze politiche e diplomatiche di questa vicenda.
(2-00238) «Melilla».

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI, COZZOLINO, DADONE, DIENI, NUTI e D'AMBROSIO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'informazione geografica è ormai considerata una risorsa globale per la società e che la gestione dell'informazione geografica eseguita con sistemi informatici è di tale interesse di tutti gli stati del mondo e delle Nazioni Unite, che hanno istituito il «United Nations Committee of Experts on Global Geospatial Information Management (Un-GGIM)»;
   secondo quanto risulta all'interrogante, il Ministero degli affari esteri avrebbe costituito per il forum ONU, sulla gestione delle informazioni geospaziali, il gruppo GGIM-Italia;
   l'Italia avrebbe recentemente partecipato alla terza sessione del Comitato UN-GGIM a Cambridge e nell'ambito di tale iniziativa le Nazioni Unite, per il tramite della Commissione europea, avrebbero promosso la formazione di un gruppo UN-GGIM Europe del quale l'Italia farebbe parte;
   nel contesto del gruppo UN-GGIM Europe, l'Italia avrebbe la responsabilità del gruppo di lavoro «Institutional arrangements supporting the goals of UN-GGIM», circostanza che porrebbe il nostro Paese in una situazione peculiare nell'ambito dell'informazione geografica –:
   se quanto riportato corrisponda al vero, ed in caso affermativo, di quali informazioni il Ministro disponga circa le attività poste in essere dall'Italia nell'ambito dei gruppi citati in premessa;
   nel caso sia confermata la formazione e l'attività del gruppo UN-GGIM Italia, come esso si coniughi con le iniziative dell'attuazione della direttiva INSPIRE in Italia ed in Europa;
   quali siano le risorse investite dal Ministero stesso per partecipare al UN-GGIM e dai partecipanti al gruppo UN- GGIM Italia direttamente ed indirettamente ed a quale scopo esse vengano finalizzate. (4-02032)


   GARAVINI, ROSATO e GIANNI FARINA. —Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 18 agosto 1946 si verificò sulla spiaggia di Vergarolla (Pola, odierna Croazia) una violenta esplosione provocata dalla detonazione di alcune mine; si riteneva fossero inoffensive dal momento che artificieri incaricati dalle forze alleate occupanti ne avevano precedentemente asportato il detonatore;
   sulla spiaggia era in corso una manifestazione sportiva e conviviale, la «Coppa Scarioni», cui partecipavano centinaia di persone;
   l'esplosione causò la morte e il ferimento di un numero imprecisato di individui, quasi tutti di nazionalità italiana. I cadaveri riconosciuti ammontarono a cinquanta. I resti umani non riconosciuti vennero posti in ventuno bare. Secondo alcune fonti il numero delle vittime sarebbe stato di almeno ottanta morti, fra i quali molti bambini;
   una successiva inchiesta condotta dal comando inglese e terminata nel febbraio 1947 concluse che «l'esplosione fu causata da una o più persone sconosciute»;
   la storiografia si è finora occupata raramente, spesso indirettamente e tardivamente, dell'esatta dinamica della carneficina;
   alcuni documenti pubblicati nel 2008 e ritrovati nel «Public Record Office» inglese fanno riferimento al possibile autore della strage, tale Giuseppe Kovacich, che viene citato come agente del servizio segreto jugoslavo Ozna;
   dichiarazioni di testimoni oculari dell'esplosione pubblicate recentemente accennano alla presenza di una o più persone sospette nelle immediate vicinanze del luogo dell'attentato poco prima dell'esplosione;
   se l'ipotesi dell'attentato terroristico fosse confermata, si tratterebbe di una fra le più gravi stragi di connazionali del secondo dopoguerra;
   nel corso degli anni da parte italiana il Governo non ha mai inviato a Pola un proprio rappresentante al fine di commemorare la strage e per dimostrare la vicinanza dell'Italia ai parenti delle vittime;
   l'opinione pubblica italiana mediamente non risulta essere a conoscenza dell'avvenuta strage di Vergarolla –:
   se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, istituire una commissione di esperti indipendenti, incaricata di approfondire e studiare ulteriormente le cause della strage, anche alla luce delle testimonianze dei superstiti e dei documenti ritrovati recentemente;
   se il Governo non ritenga opportuno inviare a Pola una delegazione ufficiale per commemorare le vittime della strage il prossimo 18 agosto 2014;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere adeguate iniziative perché l'opinione pubblica italiana prenda coscienza dell'importanza di questa tragedia nella storia nazionale. (4-02040)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   GRIMOLDI e MOLTENI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con decreto dirigenziale della direzione generale per l'energia nucleare, le energie rinnovabili e l'efficienza energetica del Ministero dello sviluppo economico, del 14 settembre 2009 la società Adg Gamma Tecnologies s.r.l. è stata autorizzata al commercio di apparecchiatura per controlli non distruttivi contenenti sorgenti sigillate di iridio 192, cobalto 60, selenio 75, ytterbium 169, ai sensi dell'articolo 4 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860;
   in data 7 giugno 2013 è pervenuta al comune di Bregnano, in provincia di Como una comunicazione di inizio lavori ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, da parte della ditta Adg Gamma Tecnologies s.r.l., per un intervento di manutenzione straordinaria, consistente nella realizzazione di tavolati interni all'immobile industriale sito in via E. Mattei n. 15;
   si tratta di lavori assentibili con semplice comunicazione al comune, ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
   dalla documentazione allegata alla pratica edilizia l'amministrazione comunale ha rilevato che il locale compartimentato di cui al progetto edilizio sarà utilizzato dalla ditta per la detenzione e l'impiego di sostanze radioattive a scopo commerciale;
   in allegato infatti alla comunicazione edilizia, la ditta ha depositato copia del decreto prefettizio n. 801, classifica 16.124.10.05.03, in data 18 gennaio 2013, dove, tra l'altro risultano indicati i seguenti pareri:
    Asl nota n. 60926 del 27 settembre 2012;
    direzione provinciale del lavoro nota 17560 del 30 ottobre 2012;
    Arpa Lombardia nota n. 151.116.8.1 del 2 novembre 2012;
    vigili del fuoco nota n. 10857 del 23 agosto 2012;
   lo svolgimento dell'attività della ditta Gamma Tecnologies crea preoccupazione sia ai cittadini sia all'amministrazione comunale, che per la prima volta dovrà gestire una simile tipologia di esercizio senza aver potuto partecipare all’iter di autorizzazione dell'attività stessa;
   dal contenuto del decreto prefettizio risultano una serie di prescrizioni formulate dagli enti coinvolti nell'istruttoria, cui la ditta dovrà attenersi;
   particolarmente preoccupante è l'assetto della sicurezza e radioprotezione connessi con l'attività svolta, con particolare riguardo al possibile coinvolgimento dei lavoratori e come testualmente citato dei «gruppi di riferimento della popolazione» in relazione all'eventuale immissione di radionuclidi nell'ambiente;
   allo scopo di informare i cittadini sullo svolgimento dell'attività e sulle misure di protezione adottate, l'amministrazione comunale di Bregnano ha chiesto alla prefettura di organizzare un incontro chiarificatore, alla presenza di tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti, affinché questi ultimi possano dare riscontro ai dubbi e alle perplessità della cittadinanza e dell'amministrazione comunale;
   da una prima analisi delle competenze in materia, secondo le autorità locali, sembra che il comune non sia coinvolto né nella fase dell'insediamento della attività nel proprio territorio né nella fase dei controlli;
   la disciplina che regolamenta il controllo dei pericoli di incidenti rilevanti, la cosiddetta disciplina «Seveso», non dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie in quanto l'uranio impoverito non appare nell'elenco delle sostanze di cui all'allegato I del decreto legislativo n. 334 del 1999, anche perché i rischi ad esso connessi non sono quelli tipici gestiti dalla Seveso; infatti, tra le esclusioni dell'articolo 4 risultano: a) gli stabilimenti, gli impianti o i depositi militari; b) i pericoli connessi alle radiazioni ionizzanti;
   il problema ambientale riguarda proprio la tipologia di rischio/agente fisico; sembra che i controlli sulle radiazioni ionizzanti li debba effettuare l'ARPA, mentre a livello di piani di emergenza, l'autorità competente sembrerebbe la prefettura –:
   se il Ministro intenda approfondire la questione dell'insediamento della ditta Adg Gamma Tecnologies s.r.l. nel territorio del comune di Bregnano, allo scopo di tranquillizzare la cittadinanza e chiarire se l’iter autorizzativo seguito dalla ditta per la detenzione e l'impiego di sostanze radioattive a scopo commerciale sia pienamente rispettoso della normativa e in particolare se la prefettura, come esposto nelle premesse, abbia assunto iniziative sufficienti per garantire la tutela della popolazione e dei lavoratori coinvolti, in relazione all'eventuale immissione di radionuclidi nell'ambiente. (5-01112)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO, ZOLEZZI, DE LORENZIS, D'INCÀ, PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI, AGOSTINELLI, D'UVA, SCAGLIUSI, CATALANO e LOREFICE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sono stati riscontrati numerosi casi di depositi di eternit deteriorato in presso alcuni civici di via Campazzino, (coperture che disperdono fibre) ed attualmente inseriti nelle procedure del protocollo di gestione amianto del 2008, siglato tra il comune di Milano, la polizia locale, l'asl e l'arpa;
   sono stati censiti diversi scarichi abusivi in Roggia (Cavo Ticinello) perpetrati da molti anni, anche questi accertati da verbali della polizia provinciale (l'ultimo intervento è del 22 novembre 2012) e segnalati in molte occasioni;
   la sorveglianza risulta essere minima: non ci sono videocamere né un sufficiente numero di guardie ecologiche o pattuglie delle polizia locale per impedire sospetti scarichi idrici abusivi in tutta l'area e nelle rogge;
   i rifiuti appaiono visibili nei fossati della parte di via Campazzino del parco agricolo sud e di recente, il 26 marzo 2013, è stata posta in essere un'altra azione di sequestro della polizia provinciale per accumulo di rifiuti speciali, plastiche e lastre eternit della stessa via;
   da anni e con estrema frequenza vengono reiterati accumuli abusivi di rifiuti in tutta la zona del parco tra via Selvanesco e via Campazzino, con continui interventi di Amsa;
   esiste da molti anni, in via Selvanesco (circa 10 mila metri quadrati) una grande discarica abusiva comprendente materiali come lastre di eternit, rifiuti farmaceutici, gomme, plastiche, granulato veicolare detto «fluff» ed altre sostanze nocive;
   tale discarica viene spesso incendiata, dando origine a nubi tossiche che invadono soprattutto gli spazi dei quartieri attigui «Le Terrazze e Gratosoglio», come abbondantemente segnalato dai giornali. Tali nubi con tutta probabilità formano diossina, favorendo il deposito di veleni anche sui terreni circostanti, agricoli e non agricoli –:
   se il Ministro interrogato, in relazione al rischio del verificarsi di un danno ambientale ex articolo 300 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, intenda predisporre, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo 152 del 2006, una verifica e un'analisi complessiva e distinta delle sostanze inquinanti con campionature dei terreni agricoli e delle acque presenti in questa sezione di territorio, principalmente delle acque del Cavo/Roggia Ticinello e anche della Roggia della Costa, della Roggia Scarpogna, della Roggia Triulza, della Roggia Grande, del Cavo Selvanesco e del Cavo Gaggiolo, al fine di acquisire elementi in merito agli interventi di bonifica necessari al recupero dell'area. (5-01113)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIAZZONI e PILOZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) è in procinto di ridefinire i termini dell'accordo con il CONAI (Consorzio nazionale imballaggi), costituito dalle imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi;
   i comuni italiani, come è noto, si trovano in condizioni di grande difficoltà economica: da un lato i continui tagli dei trasferimenti erariali e regionali rendono sempre più difficile garantire livelli accettabili di servizi ai cittadini, dall'altro le norme di indirizzo europee e nazionali, anche nel settore della raccolta differenziata, indicano correttamente la necessità di raggiungere obiettivi minimi di intercettazione e riciclo di materia dai rifiuti Questi servizi hanno evidentemente dei costi importanti che, se non compensati da adeguati corrispettivi per vendita degli imballaggi, rischiano di ricadere unicamente nelle bollette di famiglie e imprese;
   l'Associazione nazionale comuni virtuosi, in collaborazione con la ESPER (ente di studio per la pianificazione ecosostenibile dei rifiuti), ha elaborato uno specifico dossier che entra nel merito dei conti del settore e indica dieci proposte che potrebbero garantire rilevanti entrate nelle casse dei comuni;
   tra i rifiuti prodotti, gli imballaggi costituiscono il 35-40 per cento in peso e il 55-60 per cento in volume della spazzatura che si produce ogni anno in Italia. Per ogni imballaggio prodotto e immesso nel mercato, il produttore versa ai consorzi un contributo ambientale che dovrebbe essere trasferito ai comuni quando l'imballaggio, passando per la raccolta differenziata viene riconsegnato ai consorzi. Si tratta di cifre importanti, che dovrebbero essere destinate a coprire i costi di raccolta e, se ben utilizzate, contribuire concretamente a diminuire la tassazione sui rifiuti a carico dei cittadini e delle imprese;
   delle centinaia di milioni di euro all'anno che sono incassati dal sistema Conai, solo poco più di un terzo viene girato ai comuni e queste risorse spesso non entrano neppure nelle casse comunali poiché vengono in gran parte utilizzate per pagare le piattaforme private che si occupano della preselezione dei flussi di rifiuto;
   secondo i dati disponibili, riferiti al 2011, i comuni avrebbero beneficiato di circa 297 milioni di euro lordo dei costi di preselezione (si stima che, al netto di tali costi, rimanga ai comuni circa la metà) a fronte del ricavo totale annuale del sistema Conai di 813 milioni di euro. I corrispettivi che i comuni ricevono rappresentano, dunque, solo una piccola quota dei costi che la raccolta differenziata degli imballaggi comporta. Nel resto d'Europa la situazione è diversa e i contributi versati dalle imprese sono molto più elevati e comprendono il rimborso dei costi di preselezione.
   si rende dunque necessario allineare i contributi nazionali a quelli degli altri paesi europei al fine di ottenere una gestione efficiente e sostenibile di questi servizi anche in Italia. Infatti aumentando le quote di riciclo, si crea un mercato per le materie prime seconde. Si calcola che una raccolta differenziata efficiente e diffusa potrebbe generare almeno 200.000 nuovi posti di lavoro distribuiti capillarmente in tutto in tutto il Paese;
   la crisi ha comportato una minore immissione al consumo di imballi ed un minor gettito per il contributo ambientale Conai e dunque, in prospettiva, minori introiti per le amministrazioni locali;
   è evidente che la compensazione dei costi della raccolta differenziata deve essere allineata a quella degli altri Paesi europei e deve provenire sia da una riduzione dei costi di struttura del sistema Conai che da un deciso aumento del contributo ambientale Conai (CAC), che deve essere commisurato in base alla effettiva riciclabilità degli imballaggi;
   inoltre, negli ultimi tempi si sta assistendo ad un aumento della complessità nella produzione di imballaggi che determina delle criticità di gestione, dalla fase di corretta differenziazione nelle case fino a quelle successive di raccolta-selezione-riciclo. Soprattutto per quanto riguarda la plastica sono le stesse associazioni di riciclatori, come Plastic recyclers Europe, che identificano in un marketing orientato soprattutto all'impatto estetico, a discapito della riciclabilità, una possibile minaccia al raggiungimento degli obiettivi di riciclo europei –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza necessarie ad adeguare agli standard europei i contributi versati dalle imprese per l'immissione sul mercato degli imballaggi;
   se il Ministro interrogato non ritenga inoltre necessario, per favorire una filiera efficiente del recupero della materia, mettere in atto ogni iniziativa possibile perché sia rimodulata l'entità del contributo ambientale Conai (CAC), sulla base della effettiva riciclabilità degli imballaggi, penalizzando fortemente le frazioni perturbatrici del riciclaggio e favorendo gli imballaggi totalmente riciclabili con bassi costi ambientali, energetici ed economici. (5-01116)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, DE LORENZIS, SILVIA GIORDANO, TOFALO, TERZONI, SEGONI, DAGA, BUSTO, COLONNESE, DEL GROSSO, SCAGLIUSI e D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in merito alla realizzazione della galleria «Pavoncelli-bis» l'interrogante, in data 21 giugno 2013, nel corso della seduta n. 38, ha presentato un ordine del giorno (9/01197/096), accolto dal Governo con l'impegno di fornire, per il periodo commissariale trascorso, una chiara e dettagliata rendicontazione contabile sulle spese sostenute fino a questo momento, di valutare l'opportunità di avviare una verifica dell'impatto ambientale dell'opera e di provvedere ad un'accurata analisi del rapporto costi-benefici della realizzazione della stessa;
   l'interrogante, altresì, condivide le osservazioni contenute nei diversi rapporti elaborati dal dottor Sabino Aquino, idrogeologo e già presidente del parco regionale dei Monti Picentini, di cui si riportano ampi stralci;
   il progetto per la realizzazione della galleria «Pavoncelli-bis» è inserito nel programma delle opere strategiche di interesse nazionale (confronta deliberazione del CIPE n. 3 del 18 marzo 2005, in Gazzetta ufficiale n. 207 del 6 settembre 2005 ALLEGATO 2o DPEF INFRASTRUTTURE – PARTE I – 1. NUOVI INTERVENTI – I. 1 – Schemi idrici Puglia Campania);
   alla qualificazione del progetto per la realizzazione dell'opera idraulica quale «opera strategica di interesse nazionale» consegue che la sua approvazione è regolata dalla speciale disciplina introdotta dalla legge n. 443 del 2001, cosiddetta legge-obiettivo, come oggi riformulata nel capo IV articolo 161 e seguenti del Codice degli appalti, approvato con decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni;
   ciò, peraltro, è stato definitivamente accertato con la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche n. 123 del 13 luglio 2007, integralmente confermata dalla Corte suprema di cassazione – sezioni unite civili – con sentenza n. 27528 del 23 settembre 2008, con la quale è stata affermata la competenza del CIPE ad approvare il progetto dell'opera idraulica in quanto qualificata «strategica di interesse nazionale»;
   il giudicato impone il rispetto del procedimento di cui alla legge n. 443 del 2001, cosiddetta legge-obiettivo, come oggi riformulata nel capo IV articolo 161 e seguenti del Codice degli appalti, approvato con decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni, nonché la previa acquisizione della valutazione di impatto ambientale (VIA);
   il commissario delegato ha omesso di acquisire la preventiva VIA, essendosi limitato ad acquisire il parere espresso dalla commissione tecnica VIA VAS presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che, in assenza della prescritta approvazione del CIPE, non equivale a giudizio favorevole di compatibilità ambientale;
   il commissario delegato ha ritenuto, inoltre, di poter superare tutti i pareri negativi alla realizzazione dell'opera espressi in conferenza dei servizi dai vari enti competenti in materia (parco regionale dei Monti Picentini, Ambito Territoriale ottimale Calore 1, amministrazione provinciale di Avellino, regione Campania – settore urbanistico, regione Campania LL.PP., genio civile di Avellino, autorità di bacino interregionale del fiume Sele), con la mera acquisizione di un parere positivo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il parere della Commissione VIA non tiene conto dell'articolo 164 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che prevede il rispetto del deflusso minimo vitale per il fiume Sele previsto dall'ente parco regionale dei Monti Picentini con deliberazione della giunta esecutiva n. 29 del 28 settembre 2009 e dall'autorità di bacino interregionale del fiume Sele con deliberazione n. 9 del 4 aprile 2011 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 126 del 26 aprile 2011);
   gli attuali emungimenti sono superiori a quelli effettivamente assentiti da legittima derivazione. Infatti per quanto attiene al gruppo sorgivo del Sele, allo stato viene derivata dall'Acquedotto Pugliese per usi idropotabili, una portata media annua pari a 4000 l/sec contro una concessione di derivazione assentita che prevede da tale gruppo un prelievo di soli 363 l/sec (Ministero dei lavori pubblici prot. 639/1486 del 3 giugno 1994; regione Campania prot. n. 0741452 del 12 settembre 2005). Da qui l'assoluta e inderogabile necessità redigere nel dettaglio i bilanci idrici delle idrostrutture che alimentano i gruppi sorgivi di Cassano Irpino (Sorgenti Pollentina, Bagno della Regina, Peschiera e Preti) e Caposele (Sorgente Sanità) ed i deflussi minimi vitali dei fiumi Calore e Sele in modo da definire prelievi possibili e la risorsa idrica disponibile;
   nella relazione che accompagna il progetto per la realizzazione della predetta opera si evince, tra l'altro, a pag. 705 che: «La nuova galleria, cui si riferisce il presente progetto esecutivo, veniva programmata dall'EAAP fino dall'inizio degli anni ’50, motivata dalle condizioni precarie dell'attuale Galleria Pavoncelli. Essa tendeva determinare la saldatura tra due acquedotti, quello del Sele e quello dell'Ofanto, con vari obiettivi strategici: possibilità di trasportare le acque disponibili provenienti da Caposele e Cassano Irpino, senza essere costretti a sfiorare per mancanza di capacità adduttiva (...)». Ciò fa inequivocabilmente capire che la galleria è stata progettata anche per recuperare le acque di supero delle sorgenti. Ciò che allo stato non può avvenire per la insufficiente capacità recettiva dell'esistente galleria. Risulta, quindi, chiaro che le acque di supero delle sorgenti oggi naturalmente immesse nel reticolo idrografico verranno anche loro captate dall'opera che è stai progettata per trasportare una portata idrica complessiva di circa 10 mc/sec contro gli attuali 6 mc/sec che la esistente e funzionante galleria Pavoncelli può addurre;
   nell'ambito della progettazione complessiva dell'opera è anche prevista la realizzazione di una centrale idroelettrica che verrà realizzata dopo la costruzione della galleria «Pavoncelli-bis». Ciò è in contrasto con le attuali norme comunitarie che non consentono di frazionare un progetto in più partì in base al cosiddetto principio di globalità della VIA;
   come già evidenziato nel corso della conferenza dei servizi del 15 luglio 2010, si ritiene che invece di procedere alla costruzione di una nuova galleria si potrebbe riparare quella esistente. Nel periodo occorrente per la riparazione della predetta galleria, l'approvvigionamento idropotabile di parte del territorio pugliese, potrebbe essere garantito con il ricorso a fondi idriche alternative, in primis l'invaso di Conza della Campania (capacità idrica invasata 58.000.000 di mc.) attraverso la costruzione di una condotta ed un potabilizzatore che, tra l'altro, è già stato realizzato per la derivazione dal citato bacino idrico artificiale di una portata idrica pari a 1000 litri al secondo da destinare sempre per l'approvvigionamento idropotabile di parte della regione Puglia;
   la gestione commissariale – per sua natura transitoria e legata esclusivamente a situazioni emergenziali – è in corso dal 2010 ed è già stata oggetto di proroga, mentre l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 59 del 2012, recante disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile, dispone che le gestioni commissariali operanti, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, alla data di entrata in vigore del decreto, non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012 –:
   quali iniziative abbia intrapreso per dare corso all'impegno preso con l'accoglimento dell'ordine del giorno riportato in premessa;
   se non ritenga illegittimo il procedimento, considerato che per le opere strategiche di interesse nazionale il parere VIA doveva essere rilasciato dal CIPE, come peraltro già chiarito nella richiamata sentenza del tribunale superiore delle acque pubbliche, e non dal commissario delegato, non autorizzato a derogare le competenze previste dalla legge-obiettivo.
(4-02037)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la normativa in materia ambientale, in particolare il decreto legislativo 152 del 2006, ha fissato all'articolo 205 gli obiettivi di raccolta differenziata assegnati agli ambiti territoriali ottimali e agli enti locali, i quali avrebbero dovuto raggiungere, a fine 2012, il 65 per cento rispetto al rifiuto urbano prodotto;
   in Liguria, ai fini dell'organizzazione della gestione dei rifiuti, la legge regionale n. 18 del 1999, all'articolo 28 ha individuato il territorio di ciascuna provincia quale ambito territoriale ottimale;
   l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 all'articolo 201, ha previsto la costituzione delle autorità d'ambito, strutture dotate di personalità giuridica, alle quali gli enti locali partecipano obbligatoriamente;
   alle autorità d'ambito, costituite in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, è trasferito l'esercizio delle competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti;
   la situazione degli ambiti territoriali della Liguria, pur registrando un andamento di costante progresso a livello annuale, risulta ancora oggi non allineata rispetto agli obiettivi fissati dalla normativa di settore, raggiungendo un dato medio relativo all'anno 2012 stimato in circa il 35 per cento;
   negli anni compresi dal 2006 al 2011, nessuno dei 235 comuni liguri, fatta eccezione per alcuni quantificabili nell'ordine delle unità , ha raggiunto le percentuali di raccolta differenziata stabilite dalla normativa di settore;
   è da ritenere, dunque, che tale ristretto numero di eccellenze abbia potuto conseguire risultati diversi rispetto alla quasi totalità del comuni in considerazione di fattori oggettivi non riscontrabili in tutti gli altri che un medesimo risultato non hanno potuto conseguire;
   lo stesso presidente della giunta regionale, in una nota ufficiale inviata al presidente della Conferenza Stato-Regioni, ha evidenziato quali criticità di natura territoriale, tecnica, funzionale ed economica abbiano ad oggi condizionato in Liguria l'applicazione dei sistemi organizzativi per la raccolta differenziata e la loro evoluzione verso gli obiettivi fissati dalla normativa nazionale;
   rileva a questo proposito la scarsa funzionalità dell'ATO, organismo al quale la Regione ha attribuito compiti di attuazione della pianificazione di settore, registrata con particolare riguardo nell'individuazione di aree per la realizzazione degli impianti finalizzati alle attività di recupero;
   la principale criticità del sistema gestionale è infatti rappresentata dalla carenza di risorse infrastrutturali per il trattamento della frazione organica che percentualmente rappresenta quella più significativa del rifiuto prodotto. In Liguria non esiste un impianto specificamente dedicato al recupero della frazione organica;
   è questo il contesto normativo nel quale si è inserita l'azione promossa dalla procura regionale della Corte dei Conti a carico di alcuni Amministratori e dell'allora Funzionario responsabile del Comune di Recco, che sono stati convenuti nel giudizio iscritto al n. 19333 del registro di segreteria, con l'ipotesi di aver procurato un danno erariale in ragione del mancato raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata stabilite ex lege;
   nell'atto di citazione il pubblico ministero presso la procura generale della Corte dei Conti, ha precisato che l'attività istruttoria da lui svolta ha trovato la sua legittimazione in una denuncia specifica e concreta contenuta all'interno di un esposto che ha considerato in possesso di tutti i requisiti che soddisfano il dettato normativo;
   la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Liguria, come si evince dalla sentenza 83/2013 depositata in data 27 maggio 2013, ha condannato gli amministratori ed il Funzionario responsabile del Settore Ambiente del Comune di Recco, al risarcimento del danno nella misura di complessivi euro 182.793;
   il collegio giudicante, oltre ad escludere la responsabilità per danno ambientale, ha ridimensionato notevolmente la richiesta formulata dalla procura, che nell'atto di citazione aveva ipotizzato un danno da risarcire di importo pari a complessivi euro 1.253.000;
   gli amministratori ed il Funzionario responsabile del comune di Recco hanno proposto appello incidentale avverso la sentenza n. 83/2013, il cui deposito presso la cancelleria della Corte dei Conti – sezioni giurisdizionali centrali è avvenuto in data 9 agosto 2013;
   anche il procuratore regionale ha proposto appello avverso la sentenza n. 83/2013 della sezione giurisdizionale della Corte Conti per la regione Liguria;
   si ritiene di evidenziare come il comune di Recco, parimenti alla quasi totalità dei comuni della Liguria abbia incontrato oggettive, insuperabili difficoltà tali da condizionare l'applicazione dei sistemi organizzativi per la raccolta differenziata e la loro evoluzione verso gli obiettivi fissati dalla normativa nazionale;
   il perseguimento delle politiche ambientali, ivi compreso il raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata indicate dall'articolo 205 del decreto legislativo n. 152 del 2006, non è raggiungibile con immediatezza, soprattutto in un territorio come quello ligure che presenta, per la sua stessa morfologia, problematiche logistico-strutturali rilevanti e tali da incidere in modo risolutivo sul conseguimento di taluni obiettivi;
   peraltro relativamente agli anni 2008-2009-2010 il comune di Recco presenta una percentuale di raccolta differenziata sostanzialmente allineata alla media regionale e superiore rispetto a quella della provincia di Genova;
   le amministrazioni che si sono succedute a Recco dal 1999 ad oggi hanno conseguito obiettivi di raccolta differenziata in costante crescita; oggi la misura raggiunta supera la percentuale del 70 per cento, il doppio della media regionale;
   a riprova dell'importanza che le tematiche ambientali hanno sempre avuto nell'attività di programmazione e di gestione del Comune di Recco, depone anche il fatto che lo stesso ha acquisito la certificazione ambientale UNI-EN-IS014001-2004 nel corso dell'anno 2006, successivamente rinnovata nel 2010 e nel 2013;
   si ritiene di evidenziare come nella difesa in causa l'avvocato incaricato abbia ritenuto di richiamare la normativa che disciplina i profili di legittimazione passiva degli Amministratori comunali anche all'interno di un procedimento avviato dalla magistratura contabile e conseguentemente il principio di distinzione delle funzioni di indirizzo amministrativo dalle funzioni di gestione;
   come si evince dalla sentenza n. 83/2013, secondo la sezione giurisdizionale per la regione Liguria della Corte dei Conti nella determinazione del danno hanno avuto un significativo rilievo causale le inadempienze contrattuali del gestore A.M.I.U. S.p.A., società interamente partecipata da comune di Genova;
   il comune di Recco, a seguito di apposita convenzione con il comune di Genova, aveva affidato alla Società A.M.I.U. S.p.A. il servizio di igiene urbana del territorio comunale, con contratto n. 114 stipulato dalle parti in data 30 maggio 2003, che prevedeva una durata estesa sino al 31 maggio 2010;
   la Giunta Comunale ha già assunto l'atto deliberativo destinato a promuovere un giudizio per inadempimento contrattuale contro A.M.I.U. S.p.A., che è stato causa di rilevante danno economico per il comune di Recco;
   l'articolo 20 del già citato contratto stipulato con A.M.I.U. s.p.a. prevede la devoluzione, in via preventiva, di ogni controversia «... ad una apposita Commissione paritetica composta da n. 3 membri, di cui uno nominato dal Comune, uno nominato da A.M.I.U., ed il terzo che fungerà da Presidente della Commissione, nominato di comune accordo tra le parti...»;
   la giunta comunale nella seduta del 21 maggio 2013 ha deliberato di avviare la procedura per la costituzione della Commissione paritetica prevista dall'articolo 20 del contratto n. 114 del 30 maggio 2003 e di nominare, a tal fine, l'arbitro di competenza dell'Amministrazione;
   la giunta regionale della Liguria, dal 2008 al 2012, ha adottato cinque deliberazioni (n. 1412 dell'11 novembre 2008, n. 1277 del 25 settembre 2009, n. 892 del 30 luglio 2010, n. 1238 del 14 ottobre 2011, n. 1142 del 28 settembre 2012) aventi il medesimo oggetto: «Contributi premiali ai Comuni per risultati di raccolta differenziata di cui all'articolo 205 del decreto legislativo 152 del 2006. Impegno e liquidazione»;
   in forza degli atti deliberativi appena sopra elencati, la Regione ha erogato contributi premiali per complessivi euro 2.778.221,00 a favore dei comuni liguri per i risultati di raccolta differenziata conseguiti negli anni 2007-2008-2009-2010-2011;
   il mancato raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata stabilite ex lege, per il pubblico ministero presso la Corte dei Conti è fonte di danno erariale; per la giunta regionale della Liguria non costituisce un elemento che vale a precludere l'accesso a contributi premiali;
   non solo, il codice dell'ambiente prevede un'addizionale del 20 per cento del tributo di conferimento dei rifiuti in discarica; tributo a carico dell'autorità d'Ambito che ne ripartisce l'onere tra i Comuni che non hanno raggiunto le percentuali previste dalla normativa;
   ne consegue che non pochi comuni liguri si sono trovati nella situazione di versare tale addizionale e di ricevere contestualmente denaro pubblico dalla Regione a titolo di contributi premiali;
   inoltre, il consiglio regionale della Liguria, nella seduta straordinaria convocata per il 26 giugno 2013, ha approvato all'unanimità una mozione a mezzo della quale impegna il presidente della giunta regionale ad attivare la procedura di accordo di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione ed enti locali interessati per consentire la deroga rispetto agli obiettivi fissati dalla normativa nazionale, nonché a sollecitare un intervento legislativo nazionale che, a partire dal 2006, non configuri danno erariale per comuni che abbiano dimostrato di aver migliorato costantemente le percentuali di raccolta differenziata –:
   se il Ministro abbia intrapreso iniziative in merito all'accordo di programma citato, tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Liguria ed enti locali interessati, per consentire la deroga rispetto agli obiettivi di raccolta differenziata fissati dalla normativa nazionale, in considerazione delle particolari condizioni del territorio ligure che presenta per la sua stessa morfologia problematiche logistico-strutturali rilevanti, e se ritiene di poter intervenire con apposite iniziative, anche di carattere normativo, per evitare la configurazione del danno erariale, a partire dal 2006, per i comuni inclusi quelli Liguri, come il Comune di Recco citato nella premessa, e per i corrispondenti amministratori, che abbiano dimostrato di aver migliorato costantemente negli anni passati le percentuali di raccolta differenziata. (4-02042)


   MADIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge del 6 agosto 2008, n. 133, si istituisce l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
   con il decreto ministeriale 214 del 23 luglio 2008 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è proceduto alla nomina del commissario, prefetto Vincenzo Grimaldi, alla nomina del dottor Stefano Laporta e dell'ingegner Emilio Santori, quali sub commissari;
   il decreto ministeriale 123 del 21 maggio 2010 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare reca norme concernenti la fusione dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) e dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e termologica applicata al mare (ICRAM) in un unico istituto;
   all'articolo 1 del decreto ministeriale 123 del 21 maggio 2010 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stabilisce che l'ISPRA è ente pubblico di ricerca dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia tecnico-scientifica, organizzativa, finanziaria, gestionale e patrimoniale e contabile;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 ottobre 2010, registrato dal Ministero dell'economia e delle finanze – ragioneria generale dello Stato – ufficio centrale di bilancio, in data 7 ottobre 2010, al n. 327, il professor Bernardo De Bernardinis è stato nominato presidente dell'ISPRA;
   con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 5 agosto 2010 è stato nominato il consiglio di amministrazione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale;
   con la delibera n. 1 del 18 ottobre 2010 il consiglio di amministrazione stesso si è insediato;
   con la delibera n. 2 del 18 ottobre 2010 il consiglio di amministrazione ha nominato il dottor Stefano Laporta direttore generale dell'ISPRA;
   il decreto-legge del 6 luglio 2012, n. 95 convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, cosiddetto spending review prevede tra l'altro tagli alla spesa pubblica anche attraverso la riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazioni;
   nel corso del mese di ottobre 2013 scadranno le nomine del presidente dell'ISPRA professor Bernardo de Bernardinis, del consiglio di amministrazione e del direttore generale dottor Stefano Laporta;
   alcune questioni relative alla vita dell'ente esposte nell'atto di sindacato ispettivo del 29 aprile 2013 n. 4-00325, sinora senza risposta da parte del Governo, attendono con maggiore urgenza una soluzione –:
   se non ritenga, nell'ambito dei poteri di vigilanza sull'ente stabiliti dalla normativa, che l'ISPRA si doti di regolamenti interni in grado di garantire la strutturazione del personale, l'amplificazione dei risultati scientifici e l'adeguata valorizzazione del personale di ruolo e precario e che, contestualmente, prevedano la inequivocabile separazione organizzativa delle attività di supporto tecnico per l'attività di controllo del Ministero da quelle di ricerca pubblica ambientale secondo quanto stabilito dall'articolo 1 del decreto ministeriale 123 del 21 maggio 2010;
   se non ritenga di evitare commissariamento dell'ISPRA procedendo alla rapida nomina dei vertici istituzionali.
(4-02043)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende dal sito www.grnet.it, il 19 settembre 2013 il Cocer sezione Marina è stato convocato presso lo Stato Maggiore per partecipare ad un incontro con un ufficiale delegato dal Capo di Stato Maggiore della Marina ed i rappresentanti di una società denominata «Eudaimon»;
   da quanto si apprende dal sito della stessa, tale società si presenta in estrema sintesi come «l'unica in Italia con proposta completa per il welfare aziendale e soluzioni per agevolare la conciliazione tra vita-lavoro del personale»;
   in nessun contesto della pubblica amministrazione si è ritenuto di esternalizzare la materia del benessere del personale, in quanto si materializzerebbe una delega ad un dovere ottenuta tramite compenso a società esterne;
   la «Eudaimon» sarebbe già stata assunta dalla Marina al fine di svolgere uno studio sulle problematiche che riguardano il benessere del personale in generale, ed al fine di proporre delle soluzioni da attuare direttamente o indirettamente;
   il lavoro che tale società andrebbe a svolgere, ad avviso degli interroganti, si sovrapporrebbe fedelmente a ciò che per legge (in quanto previsto dal nuovo codice dell'ordinamento militare e dal T.U.O.M.) sono tenuti a fare gli uffici benessere della Forza armata e le rappresentanze militari;
   non risulta agli interroganti sia stata inoltrata comunicazione ai Cocer in merito alle politiche da attuare per il benessere del personale prima dell'incontro del 19 settembre;
   nell'ambito della stessa Forza armata ci sono esempi di ottima amministrazione e gestione del personale, sia esso civile che militare, senza esternalizzazioni di sorta, come per esempio accade per il «Castello Aragonese» di Taranto –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, dei costi legati allo studio intrapreso dalla «Eudaimon» e di quelli previsti per l'affidamento alla stessa della tutela del benessere del personale della Marina;
   se sia a conoscenza dei motivi per cui, ovviando a giudizio degli interroganti a dei regolamenti esistenti, il Capo Maggiore della Marina abbia deciso di intraprendere la strada della esternalizzazione;
   se il Capo di Stato Maggiore della Marina abbia incontrato preventivamente il Cocer per discutere delle procedure da adottare, e nel caso non lo avesse fatto il perché abbia ovviato alle procedure standard;
   se le attività della «Eudaimon» riguarderanno anche il personale civile della Marina, e se sia stata data informazione ai sindacati competenti. (5-01110)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   SBROLLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il progetto «Cercando il lavoro» è nato nel 2012 grazie alla collaborazione tra il comune di Vicenza, altri 15 comuni e numerosi partner volontari privati, insieme nell'intento di creare una rete pubblico-privato per dare una risposta concreta alla richiesta di occupazione. Tale iniziativa va oltre il semplice sostegno di tipo assistenzialistico e vuole invece rispondere in modo pratico, efficace e concreto alla crisi occupazionale in atto, mantenendo attivi sul mercato del lavoro i soggetti in difficoltà;
   il progetto è caratterizzato dal volontariato intellettuale: tutti i soggetti coinvolti nell'erogazione dei servizi al cittadino (formatori, docenti, consulenti del lavoro, selezionatori, orientatori, psicologi) offrono la loro attività di collaborazione a titolo gratuito;
   tutti gli interventi offerti ai disoccupati sono erogati gratuitamente;
   il comune di Vicenza è il capofila del progetto «Cercando il lavoro» che coinvolge al momento altri 15 comuni della provincia (Altavilla, Arcugnano, Bolzano Vicentino, Brendola, Caldogno, Costabissara, Creazzo, Dueville, Isola Vicentina, Longare, Monteviale, Monticello Conte Otto, Quinto, Sovizzo, Torri di Quartesolo). Il progetto sta attirando l'attenzione di molti e, grazie al recente interessamento di alcuni comuni del territorio veronese, sta assumendo rilevanza regionale;
   il progetto si è sviluppato sulla scia del Patto sociale per il lavoro ed è strutturato in stage e tirocini, incontri formativi, supporto psicologico, orientamento individuale e di gruppo, informazione/formazione per il lavoro all'estero e corsi di autoimprenditorialità;
   secondo i dati forniti dalla Provincia, nel patto sociale il 40 per cento dei casi il tirocinio aziendale si trasforma in un vero rapporto di lavoro, e questo denota l'ulteriore importanza dell'iniziativa lanciata dal comune di Vicenza in un periodo storico dove le difficoltà occupazionali sono gravi;
   la Regione Veneto ha approvato un bando per il finanziamento di progetti di pubblica utilità sociale. Tale intervento si colloca già tra quelli a sostegno dei disoccupati e delle famiglie in difficoltà. Il quadro normativo di riferimento è l'articolo 11 della legge regionale del Veneto n. 3 del 6 aprile 2013, che ha introdotto una serie di disposizioni dirette a fronteggiare la grave crisi occupazione del Veneto e a garantire un sostegno alle persone e alle famiglie che versano in particolare stato di necessità a causa della grave crisi economica nazionale. La lettera a) del comma 1 del suddetto articolo prevede l'istituzione di un fondo per l'erogazione di un contributo per l'impiego di disoccupati nello svolgimento di lavori di pubblica utilità presso i Comuni o loro enti strumentali o società partecipate. La realizzazione di tali progetti è demandata ai comuni, i quali individuano i bisogni di intervento e i lavoratori da coinvolgere negli inserimenti lavorativi, così come disciplinato dal comma 3 del sopracitato articolo 11, che indica le tipologie di servizi per i quali possono essere impiegati i soggetti (servizi bibliotecari e museali, amministrativi, di assistenza agli anziani, di supporto scolastico, cimiteriali, di attività di giardinaggio di aree pubbliche, di vigilanza parcheggi e di assistenza ai convegni e altri servizi di competenza comunale o individuati dal comune a beneficio dei cittadini). I soggetti che possono essere coinvolti sono disoccupati privi di ammortizzatori sociali, come definito dal comma 5. Il finanziamento della regione copre una parte del costo degli inserimenti (90 per cento) e il comune è co-finanziatore poiché copre la rimanente quota (10 per cento);
   la regione Veneto ha messo a disposizione 5 milioni di euro per riattivare i tirocini formativi, al comune di Vicenza spettano 165 mila euro, da cofinanziare con 16.500 euro destinati a pagare i tirocinanti 4 euro netti all'ora;
   in considerazione dei vincoli normativi rispetto ai limiti di spesa del personale e ai limiti di spesa per l'utilizzo del lavoro flessibile, è necessario stabilire prioritariamente se il contributo regionale debba essere conteggiato nelle spese di personale;
   le istruzioni emanate dalla Ragioneria Generale dello Stato con circolare del 17 febbraio 2006 n. 9 includono fra le spese del personale gli eventuali emolumenti a carico delle amministrazioni corrisposti a lavoratori socialmente utili, mentre escludono le spese totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati. La circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 9 del 17 febbraio 2006 chiarisce che vanno escluse dalle spese del personale le «spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati che non comportano quindi alcun aggravio per il bilancio dell'Ente». Ne consegue che per analogia, i contributi regionali dovrebbero essere esclusi dal computo;
   sarebbe opportuno stabilire in maniera inequivocabile e chiaramente espressa che la quota finanziata dalla regione va esclusa dal computo delle spese del personale e intervenire con una norma specifica anche per svincolare da detti limiti, nonché dai limiti per il lavoro flessibile, anche la quota a carico dei comuni, al fine di dare totale compiutezza alle iniziative poste in essere dagli enti locali a sostegno del reddito;
   con lo strumento che la regione offre, gli enti locali, invece di erogare un semplice sostegno economico, offrono una possibilità di impiego dando garanzia di un reddito da lavoro, sebbene limitato nel tempo. Ciò è importante poiché mantiene le persone in difficoltà attive sul mercato del lavoro;
   di fatto tale intervento ha tutti i connotati di una tipologia di «ammortizzatore sociale», come la cassa integrazione, l'indennità di mobilità, o ancora l'indennità di disoccupazione, in quanto si tratta di un sostegno al reddito; infatti la regione parla di un «contributo» al lavoratore. Paradossalmente la regione e i comuni potrebbero sostenere la stessa spesa, senza limiti o vincoli altri che non quello del rispetto del patto di stabilità, se erogassero un contributo «sociale», ed invece se unitamente al contributo al lavoratore si offre la possibilità di lavorare, e guadagnarsi un reddito dignitosamente si pongono dei limiti e dei vincoli difficilmente superabili –:
   se e come intenda intervenire nell'ambito delle sue competenze al fine di svincolare dai limiti delle spese del personale e da quelli relativi al lavoro flessibile, la quota a carico dei Comuni, e di definire in maniera inequivocabile l'esclusione dai limiti di spesa del personale del finanziamento delle regioni, così come risultano svincolati i finanziamenti comunitari o privati, al fine di dare totale compiutezza alle iniziative poste in essere dagli enti locali a sostegno del reddito e non vanificare lo sforzo della regione Veneto impedendo di fatto di usufruire del budget regionale a disposizione dei comuni.
(4-02030)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la pianta organica dell'ufficio di sorveglianza presso il tribunale di Siracusa prevede due posti di conducente di automezzi,
   dall'inizio del 2006 i posti risultano non coperti da personale, in quanto i dipendenti assunti con tali mansioni sono stati dichiarati formalmente non idonei alla conduzione di automezzi;
   uno, già riconosciuto non idoneo nel 2004, è deceduto in data 15 giugno 2009. L'altro, rimasto in carico all'ufficio, ma adibito, nel rispetto di quanto stabilito dalla competente commissione medica all'inizio del 2006, ad altri compiti compatibili con le condizioni di salute del medesimo, è andato in pensione in data 1o giugno 2013;
   l'ufficio non dispone, pertanto, di alcun autista da oltre 7 anni, pur dovendo sovrintendere alla vigilanza di ben 5 istituti penitenziari, di cui due allocati in provincia diversa da quella nella quale ha sede;
   i contatti con la popolazione detenuta, cresciuta in modo esponenziale negli ultimi 10 anni, necessariamente ridotti all'essenziale, sono stati assicurati, al pari delle trasferte correlate alle udienze del tribunale di sorveglianza, utilizzando personale di altri uffici (tribunale di Siracusa), di volta in volta applicati con decreto del presidente della corte di appello. Le richieste di rogatorie, non preventivabili, sono state soddisfatte spesso con il ricorso all'accompagnamento degli interessati presso l'ufficio a mezzo della polizia penitenziaria, con notevole dispendio di mezzi e personale;
   tale situazione è stata ripetutamente segnalata all'amministrazione centrale da parte degli uffici interessati ma non si è ottenuta alcuna risposta. La situazione è divenuta ormai insostenibile, anche perché il numero delle persone potenzialmente applicabili (gli autisti in forza al tribunale di Siracusa) si è progressivamente e drasticamente ridotto per il pensionamento di quasi il 50 per cento del totale, rendendo problematico anche il semplice distaccamento di altri dipendenti –:
   come il Ministro intenda risolvere tale deficienza che non permette di esercitare agevolmente il loro ruolo agli uffici della magistratura di sorveglianza di Siracusa. (4-02024)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAESTRI, GANDOLFI e INCERTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 2011, in Italia, i ciclisti vittime della strada sono oltre 280, in aumento rispetto all'anno precedente, senza contare l'alto numero di persone che si feriscono anche in modo grave in conseguenza ad incidenti stradali;
   a fronte di un numero di decessi così rilevante, il volume degli spostamenti in bicicletta è rimasto negli anni sostanzialmente stabile e questo perché, diversamente da quanto accade in numerose città europee, che da tempo hanno puntato sullo sviluppo della mobilità ciclistica, in Italia la cultura della bicicletta non è ancora così diffusa;
   nei giorni scorsi la città di Parma è stata teatro di numerosi incidenti stradali che hanno visto coinvolti utenti deboli della strada, in special modo ciclisti. Tra questi anche un ragazzo di soli 14 anni;

il 21 settembre 2013 è stata appesa ad un lampione in Piazza Garibaldi, la piazza principale di Parma, una «ghost-bike» in memoria di Angela Lampredi e Nicolò Ferilli, i due ciclisti parmigiani travolti e uccisi sulla strada, a distanza di pochi giorni;
   la sera del 24 settembre 2013 un giovane ventenne è stato investito e ucciso mentre percorreva in bicicletta un tratto della tangenziale di Parma. A quanto riportato dal quotidiano locale, Gazzetta di Parma, la percorribilità della stessa da parte delle biciclette risulterebbe legittimata dal fatto che, a causa di non meglio precisati «motivi tecnici complessi», quella che viene comunemente identificata come «strada extraurbana principale» (o strada di tipo B), è in realtà classificata come strada statale, tanto che anche la cartellonistica stradale risulta «annullata» da nastri adesivi bicolori;
   accadimenti di questo genere riempiono, ormai quotidianamente, le cronache dei giornali locali anche per il fatto che a Parma l'utilizzo della bicicletta anche per gli spostamenti casa-lavoro e casa-scuola è molto diffuso nonostante la rete di piste ciclabili della città sia, in molti tratti, incompleta e necessiterebbe di interventi di manutenzione e di adeguamento della segnaletica;
   ancora oggi, nonostante gli appelli delle varie associazioni di settore e le diverse iniziative anche legislative poste in essere, risultano deficitarie sia le dotazioni infrastrutturali favorevoli all'uso della bicicletta sia le politiche a tutela della mobilità ciclistica, per cui utilizzare tale mezzo di trasporto risulta essere più pericoloso rispetto all'utilizzo di altri mezzi privati;
   separare le biciclette dal traffico a motore sulle viabilità principale ed extraurbane, per mezzo di piste ciclabili ininterrotte e con sede propria sulla carreggiata, in modo da ridurre gli urti con le automobili o creare zone a velocità limitata, ad esempio a 30 chilometri orari, per ridurre il rischio e la gravità degli incidenti, sono solo alcune delle tante misure che a costi limitati, se poste in essere e debitamente osservate, potrebbero garantire maggior tutela agli utenti della mobilità ciclistica ed incentivarne la diffusione;
   appare necessario dotare con urgenza anche l'ordinamento italiano di strumenti normativi efficienti attraverso la promozione di iniziative di sensibilizzazione e programmazione, di adeguamento delle infrastrutture viarie e di adozione di regole e di meccanismi di controllo e sanzione in grado di garantire la sicurezza di chi sceglie la bicicletta per i propri spostamenti, incentivandone e favorendone l'uso;
   il 26 luglio 2013 il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di disegno di legge delega per la riforma del codice della strada. La riforma del codice della strada dovrebbe essere l'occasione per adeguare, con maggiore attenzione rispetto anche agli interventi di modifica attuati nel recente passato, l'ordinamento rivolgendo maggiore attenzione nei confronti dell'utenza debole della strada –:
   di quali azioni il Ministro interrogato intenda farsi promotore al fine di garantire lo sviluppo e la tutela della mobilità ciclistica, ponendo fine al drammatico numero di incidenti spesso mortali che si verificano sulle strade, in particolare nella città di Parma e sulla sua cosiddetta tangenziale;
   se, nelle more degli interventi di riforma del codice della strada, come proposto dalla FIAB, non si ritenga di assumere iniziative per estendere la copertura assicurativa di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000, anche all'uso della bicicletta, indipendentemente dalla possibilità, per il lavoratore, di utilizzare il mezzo pubblico (cosiddetto «infortunio in itinere»);
   se, nella predisposizione del disegno di legge di stabilità 2014, sia intenzione del Governo rifinanziare il fondo di cui all'articolo 3 della legge 19 ottobre 1998, n. 366, per lo sviluppo della mobilità ciclistica al fine di mettere a disposizione degli enti locali le necessarie risorse per ampliare e raccordare la propria rete cicloviaria. (5-01111)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SCAGLIUSI, BUSTO, L'ABBATE, PARENTELA, LIUZZI, SPESSOTTO, BRESCIA, TOFALO, LOREFICE, CARIELLO, NICOLA BIANCHI e D'AMBROSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o agosto 2013 è stato pubblicato sul sito di ADP (Aeroporti di Puglia) il bando di gara per l'affidamento dei lavori all'Aeroporto del Salento a Brindisi intitolato «Rifacimento piazzali di sosta aa/mm ed adeguamento infrastrutture di volo» – CUP B84I11000090005 – CIG 5259441403 – per un importo base di appalto di euro 7.676.827,29 di cui euro 7.556.170,23 per lavori ed euro 120.657,06 per oneri della sicurezza;
   l'appalto ha per oggetto l'esecuzione a corpo di tutte le opere civili ed impiantistiche necessarie al rifacimento dei piazzali di sosta aa/mm e per l'adeguamento delle infrastrutture di volo relativamente allo scalo di Brindisi-Aeroporto del Salento;
   tra i vari interventi previsti, al punto 7 del disciplinare di gara vi è il «prolungamento sentiero luminoso di avvicinamento (ALS) per pista 13»;
   per la realizzazione di tale impianto è stato previsto un impegno di spesa pari a 919.530,70 euro a valere su fondi FAS, da completarsi solo dopo l'esproprio di un'area esterna all'area aeroportuale;
   la pista principale dell'aeroporto di Brindisi utilizzata dal traffico di linea, è quella orientata NW/SE e denominata pista 13/31 che consente due tipi di avvicinamento rispettivamente da nord-ovest e da sud-est;
   gli aeroplani che si apprestano ad atterrare, seguono una «procedura di avvicinamento strumentale» (instrument approach procedure abbreviato in IAP) che consiste in una serie di manovre predeterminate effettuate dal pilota seguendo le regole del volo strumentale per condurre l'aeromobile all'atterraggio;
   le procedure di avvicinamento strumentale in dotazione agli aeroporti si dividono in tre categorie;
    a) procedura di «avvicinamento non di precisione» che è basata sull'impiego di radioassistenze che forniscono solo indicazioni sulle manovre laterali da compiere;
    b) procedura di «avvicinamento con guida verticale» che utilizza radioassistenze che forniscono indicazioni sulle manovre laterali e verticali da compiere ma che tuttavia non garantiscono gli standard necessari per essere classificate procedure di avvicinamento di precisione;
    c) procedura di «avvicinamento di precisione» che utilizza radioassistenze che forniscono indicazioni sulle manovre laterali e verticali da compiere e che prescrive delle limitazioni (cosiddette minime) studiate in funzione della categoria dell'aeromobile;

   per la manovre di atterraggio verso la pista 13 dell'aeroporto di Brindisi, è presente una procedura di «avvicinamento non di precisione», mentre per le manovre di atterraggio dal versante opposto, la pista 31, è presente una procedura di «avvicinamento di precisione» – attualmente è in gestione all'Aeronautica militare su Brindisi – che dovrebbe fornire al pilota anche la guida di planata aiutandolo in maniera determinante a completare un avvicinamento in condizioni di bassa visibilità, garantendo all'aeroporto una maggiore continuità alle operazioni di volo e consentendo allo stesso di rimanere «operabile» anche in condizioni di visibilità ridotta;
   la pista 31 è quindi dotata di procedure di «avvicinamento di precisione» ma poiché la stessa pista è rivolta in direzione dell'adiacente porto marittimo di Brindisi, la procedura di avvicinamento per la pista 31 è significativamente limitata dalla presenza delle navi traghetto in sosta ed in transito in banchina che, con le loro antenne ed alberi, «penetrano» ed interferiscono con il piano ostacoli del sentiero di avvicinamento;
   da tutto ciò ne deriva che la pista 31 dell'aeroporto di Brindisi, pur essendo una pista che potenzialmente offre agli aeroplani una procedura di avvicinamento di «precisione», non riesce a sfruttare questa procedura nel pieno delle sue potenzialità, in quanto gli strumenti che forniscono la guida di planata sul lato verticale non sono adeguati alla situazione degli ostacoli presenti sull'area di avvicinamento;
   l'organismo di controllo (ENAC), a cui la problematica è ben nota, ha rilasciato una deroga all'aeroporto di Brindisi per poter operare sul versante della pista 31 in direzione del porto, per cui il pilota può iniziare l'avvicinamento alla pista grazie alla presenza di un NOTAM che lo avverte della presenza di ostacoli mobili. Questa situazione rende inefficace la procedura di avvicinamento di precisione, per cui quando c’è una limitazione delle condizioni di visibilità a causa di avverse condizioni meteo, la pista 31 non diventa «operabile», e quindi gli aeroplani sono costretti ad atterrare in altri aeroporti, il tutto con gravi disagi per i passeggeri costretti ad atterrare a centinaia di chilometri dal luogo di arrivo previsto;
   il bando di gara suddetto, pone come operativamente prioritario l'allungamento del sentiero luminoso per la pista 13 che fornisce agli aerei in fase di atterraggio una procedura di avvicinamento di «non precisione» i cui benefìci operativi – a fronte di una spesa rintracciabile nel capitolato speciale d'appalto, equivalente a circa 920.000 euro – sono a detta dell'interrogante, operativamente irrilevanti e tra l'altro destano perplessità i criteri utilizzati per la scelta dell'intervento;
   anche con l'attuazione e la realizzazione dei lavori oggetto del bando di gara suddetto, continuerebbe a sussistere lo stato di non operatività da parte della procedura di avvicinamento di «precisione» dal versante della pista 31 e quindi in caso di visibilità ridotta, non verrebbero risolti i disagi per i passeggeri e i piloti;
   a detta dell'interrogante, una soluzione alternativa a quella proposta dal bando di gara, consiste nell'incrementare l'inclinazione del segnale che guida il sentiero di discesa (ILS) per la pista 31, così da consentire il sorvolo in sicurezza degli ostacoli mobili portuali, permettendo alla procedura di avvicinamento di «precisione» di essere pienamente operativa anche in presenza di condizioni meteo più sfavorevoli aumentando la sicurezza dei voli e contestualmente evitando la chiusura dell'aeroporto per motivi meteo;
   sempre a detta dell'interrogante, prendendo a riferimento le indicazioni del regolamento ENAC «linee guida relative ad interventi per minimizzare l'uso dei carburanti e ridurre le emissioni gassose» e considerando che il volo su un sentiero di planata con minore inclinazione, richiede l'applicazione di potenze maggiori, si potrebbe affermare che qualora si incrementasse l'inclinazione del segnale che guida il sentiero di discesa degli aerei verso la pista 31, le emissioni di CO2 nell'atmosfera si ridurrebbero, secondo un calcolo conservativo, di almeno 350 tonnellate all'anno e in più si otterrebbero dei benefici in termini di riduzione inquinamento acustico sull'area della città di Brindisi –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro in merito alla soluzione alternativa posta dall'interrogante;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per acquisire informazioni da Aeroporti di Puglia in merito ai progetti futuri riguardanti la procedura di avvicinamento di «precisione» della pista 31 del aeroporto di Brindisi;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per acquisire informazioni da Aeroporti di Puglia in merito alle motivazioni che hanno portato Aeroporti di Puglia a considerare prioritari gli interventi previsti al punto 7 del disciplinare di gara «prolungamento sentiero luminoso di avvicinamento (ALS) per pista 13». (4-02026)


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ormai da molti anni la città di Roma è interessata dai lavori per la realizzazione di una grande opera: la linea C della metropolitana;
   la tormentata e lunghissima vicenda progettuale ed esecutiva della linea C, il cui primo progetto di massima risale al 1990 e la cui realizzazione era prevista per il Giubileo del 2000, rischia di inficiare l'efficacia dell'investimento e la qualità finale di un'opera pensata oltre 25 anni prima della sua messa in esercizio;
   la linea C, concepita come rimedio alle esigenze di congestionamento del traffico privato locale, viene realizzata in presenza di scenari di riferimento profondamente mutati ed ancora incerti, in assenza di un piano di sviluppo del trasporto rapido di massa, di cui, invece, sono dotate le altre grandi città Europee;
   la Corte dei conti ha svolto un'indagine approfondita sullo stato di avanzamento della costruzione e messa in esercizio dell'opera, al fine di accertare la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutandone, altresì, costi, modi e tempi;
   da tale indagine, pubblicata con la deliberazione n. 21/2011/G, si evidenzia che l'onere finanziario risulta, nel corso degli anni, incrementato grandemente. Secondo la delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, questo era stimato in 1.925 milioni di euro. Il quadro economico contrattuale prevedeva un costo, per l'intera tratta fondamentale, di 2.683.701.277,74 euro, comprensivo anche delle qualificanti opere integrative e compensative delle tratte centrali, che avrebbero dovuto caratterizzarne il tracciato come «metropolitana archeologica». Ad oggi, l'onere complessivo è stato aggiornato a 3.379.686.560 euro, privo, tuttavia, delle predette opere complementari;
   la nota n. 9178 del 28 marzo 2011 di Roma capitale sottolinea che la «lievitazione dei costi per la realizzazione della linea C sottrae risorse agli altri interventi infrastrutturali ricompresi nel Piano», e altre infrastrutture in altre zone d'Italia;
   inoltre, la Corte dei conti spiega chiaramente che con la progettazione definitiva della tratta più complessa, in quanto riguardante il centro storico, il costo è destinato ad aumentare notevolmente, anche per il peso, aleatorio e non quantificabile, del contenzioso in corso tra ente aggiudicatore e contraente generale. In definitiva, al rilevante aumento dei costi ha fatto riscontro una riduzione della funzionalità dell'opera;
   la relazione solleva anche perplessità, con riguardo ai mutui stipulati con vari istituti di credito, sul fatto che ingenti somme, pari all'intero capitale sottoscritto, siano state versate su conti vincolati ed infruttiferi, determinandosi un'immobilizzazione consistente di denaro –:
   se il Ministro, in base alle proprie competenze, non ritenga opportuno avviare una procedura interna di inchiesta al fine di accertare le eventuali responsabilità amministrative in merito alla realizzazione dell'opera di cui in premessa, e se non ritenga opportuno, cautelativamente, interrompere l'elargizione di finanziamenti statali destinati al completamento dei lavori. (4-02033)


   TOFALO, DE ROSA, CATALANO, DE LORENZIS, PARENTELA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, NICOLA BIANCHI, MANLIO DI STEFANO, D'AMBROSIO, TERZONI e BUSINAROLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è in fase di studio da parte della regione Piemonte un nuovo collegamento autostradale A4 (Santhià) – Biella – A26 (Ghemme), costruzione finanziata in parte con fondi pubblici e in parte privati con modalità di project-financing;
   il percorso autostradale attraversa in parte e/o delimita l'area denominata Baraggione (popolarmente conosciuta come Baraggia), un ambiente unico a livello europeo tutelato con l'istituzione di un sito di importanza comunitaria e di un parco il cui danno alla biodiversità previsto sarà compensato solo in parte dalle mitigazioni proposte;
   la costruzione di un nuovo tratto autostradale comporta la trasformazione di territorio attualmente destinato a uso agricolo (334 ha), con un impatto significativo sul settore e sulla tutela dei suoli, come riportato dal progetto stesso;
   la realizzazione dell'opera comporterà severi disagi per la popolazione residente (rumori, polveri, traffico camion, e altro) sia in fase di costruzione che in fase funzionale;
   il ricorso al project-financing per il reperimento di parte dei fondi necessari alla costruzione dell'opera comporta la previsione di una percorrenza a pedaggio su strade attualmente a libera percorrenza (superstrada);
   si tenga presente che lo studio sui dati di traffico relativi al Biellese è datato 2002 e già in quella fase la valutazione conclusiva era poco favorevole all'opera. Il progetto, aggiornato al dicembre 2010, riporta dei dati di traffico relativi al 2007 valutando un incremento costante del traffico fino al 2030; ma i dati statistici delle autostrade limitrofe, tramite l'AISCAT (Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori), danno invece un progressiva riduzione del traffico che nel 2012 è stata valutata in un 7,2 per cento arrivando a un progressivo 10,2 per cento nell'aprile 2013. La SATAP invece al 31 dicembre 2012 sul tratto Torino-Milano ha rilevato una riduzione del 5,93 per cento e dell'8,47 per cento sul tratto Torino-Piacenza e anche qui le stime si aggirano intorno al 10 per cento per il primo trimestre 2013;
   la zona di Carisio ed il relativo casello autostradale sulla A4 stanno diventando un importante centro per la logistica; tale nodo non sarà direttamente raggiungibile da Biella con la nuova autostrada;
   è previsto che la nuova autostrada incorpori un tratto della superstrada SR 142, attualmente percorribile senza pedaggio; il nuovo tratto a pagamento comporterà un aggravio diretto e ingiustificato ai tanti pendolari biellesi incrementando la congestione del traffico locale nel tratto Masserano-Cossato-Vigliano;
   stanno progressivamente aumentando le problematiche di manutenzione dei tratti stradali esistenti e le società autostradali richiedono continue concessioni per l'aumento dei pedaggi per contrastare il progressivo calo dei passaggi –:
   se non si ritenga opportuno rivedere e aggiornare lo studio del traffico reale e previsto nella zona per dare motivazioni sul perché, nonostante i dati di traffico fossero insufficienti sin dall'inizio, si è proseguito nell'opera suddetta;
   se non si ritenga opportuno rivedere il finanziamento in questione per bloccare la costruzione della Pedemontana biellese, o eventualmente trasferire i finanziamenti per opere infrastrutturali alternative o per il potenziamento di quelle già esistenti. (4-02035)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come affermato in alcune sentenze di condanna emesse di recente in relazione a procedimenti penali avviati in Calabria, la «ndrangheta» è una organizzazione criminale unitaria suddivisa in tre distinti mandamenti (quello ionico, quello della piana cioè tirrenico e quello di Reggio Calabria centro), tutti facenti capo ad un organismo di vertice denominato «La Provincia»;
   la zona di Marina Gioiosa Jonica (RC) è una zona ad altissima densità criminale;
   il territorio di Marina di Gioiosa Jonica (RC), riconducibile nell'ambito del mandamento criminale jonico, è infatti caratterizzato dalla presenza delle cosche malavitose (cosiddette ’ndrine) Aquino e Mazzaferro, le quali, allo scopo di mantenere la propria «supremazia mafiosa», stanno rimodulando, rispetto al passato, i propri interessi verso più «premianti» attività criminali che possano garantire un maggiore controllo del territorio;
   il contesto criminale della zona è connotato da legami tra associazioni a delinquere di stampo mafioso ed esponenti della politica locale (si pensi alla condanna a dieci anni di reclusione inflitta all'ex sindaco di Marina di Gioiosa Jonica, Rocco Femia, nell'ambito del processo Circolo Formato, all'esito dell'operazione coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria contro la cosca Mazzaferro, per aver pilotato le elezioni amministrative del 2008);
   i recenti sviluppi dell'operazione «Metropolis», condotta dalla guardia di finanza di Reggio Calabria, hanno portato all'arresto di venti persone e al sequestro di beni per un valore di oltre quattrocento milioni di euro, evidenziando una forte capacità criminale transnazionale, favorita dallo stretto connubio tra esponenti della criminalità organizzata calabrese (‘ndrine Morabito e Aquino) e imprenditori spagnoli e irlandesi, che insieme hanno dato vita ad un articolato sistema criminale, fondato sull'intreccio di società italiane e straniere, impegnate per la realizzazione di complessi immobiliari, destinati al settore turistico-residenziale;
   dal 2010, la caserma dei carabinieri di Marina di Gioiosa Jonica è stata chiusa, in quanto la struttura è stata dichiarata pericolante e i carabinieri in servizio presso la stessa sono stati assegnati alla vicina caserma di Roccella Jonica, distante 7 chilometri dal paese di Marina di Gioiosa; qui, intanto, il comune ha messo a disposizione solo due locali per consentire le attività di ricevimento del pubblico e di raccolta delle denunce, sostenendo, ormai da tre anni, di essere impegnato nella realizzazione/ristrutturazione della nuova caserma dei carabinieri di Marina di Gioiosa, in un immobile confiscato alla ’ndrangheta e gestito dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (anche se a noi risulta che finora sia stata fatta solo una prima ispezione dell'immobile) –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali verifiche interne al suo dicastero intenda avviare allo scopo di individuare le eventuali responsabilità (passate e presenti) di un simile quanto inaccettabile ritardo in terra di mafia;
   se e quali attività di controllo e verifica sulla gestione dell'immobile in questione abbia posto in essere l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata che da lei dipende;
   quali attività – anche in sinergia con il prefetto competente e con il comune di Marina di Gioiosa Jonica – intenda intraprendere allo scopo di fissare un termine preciso entro cui i lavori di realizzazione/ristrutturazione della nuova caserma dei carabinieri di Marina di Gioiosa Jonica dovranno essere portati a termine.
(4-02025)


   NUTI, D'UVA, DADONE, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO, MANNINO e SARTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), è una agenzia autonoma del Governo posta sotto la vigilanza del Ministero dell'interno, istituita tramite il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50;
   l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata svolge un ruolo delicato e di fondamentale importanza nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in particolare alla criminalità di stampo mafioso che in alcune aree del Meridione è particolarmente attiva e dannosa per il Paese intero;
   secondo alcuni articoli di stampa datati 1o ottobre 2013, sarebbe stata decisa la nomina all'interno dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di Diego Cammarata, ex sindaco di Palermo, con effetto a partire dal giorno 3 ottobre 2013, in qualità di «dipendente pubblico», senza peraltro specificare in quale ruolo;
   Cammarata durante il suo mandato a sindaco di Palermo è stato aspramente contestato da tutte le forze politiche per la pessima gestione della cosa pubblica che ha portato il comune di Palermo al dissesto finanziario, ed è stato costretto alle dimissioni anticipate lasciando ai suoi successori il problema di risanare i conti pubblici;
   a marzo del 2013, il giudice dell'udienza preliminare di Palermo aveva accolto la richiesta di rinvio a giudizio di Cammarata per i reati ipotizzati di disastro doloso, avvelenamento delle acque, inquinamento del sottosuolo e traffico illecito di rifiuti, legati alla gestione illegale della discarica di Bellolampo che sorge alle spalle della città di Palermo;  
   ad aprile 2013 Cammarata è stato condannato in primo grado dai giudici della terza sezione del tribunale di Palermo a 3 anni di reclusione per abuso d'ufficio e falso nel cosiddetto processo Skipper;
   inoltre, durante il suo mandato, il comune di Palermo per anni ha assegnato i beni confiscati alla mafia ad associazioni a scopo di lucro, e, in particolare, ad un'associazione il cui direttore generale e stato consulente dell'ex sindaco Cammarata: questo è un fatto gravissimo se considerato alla luce della recente nomina, in quanto Cammarata, trovandosi a lavorare all'interno dell'Agenzia gestirà direttamente il patrimonio mobiliare e immobiliare confiscato alla criminalità organizzata;
   secondo quanto stabilito dalla legge istitutiva dell'Agenzia, possono ricoprire un ruolo negli organi interni di autogoverno solo persone con specifiche qualifiche – in particolare il direttore deve essere un prefetto, i membri del consiglio direttivo devono essere magistrati, esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali, i membri del collegio dei revisori devono essere revisori contabili iscritti al relativo albo – che Diego Cammarata non sembra possedere, avendo dimostrato, anzi, ad avviso degli interroganti un chiaro e spiccato spregio della cosa pubblica;
   infine, in considerazione delle delicate funzioni che l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha il compito di svolgere, i suoi dipendenti devono comunque avere particolari qualifiche e, soprattutto, si ritiene che una delle pre-condizioni fondamentali per svolgere qualsiasi mansione al suo interno a qualunque titolo sia il non aver commesso reati –:
   se il Ministro, alla luce dei fatti e delle considerazioni espresse in premessa, intenda verificare la posizione Diego Cammarata all'interno dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e procedere alla revoca della sua nomina;
   quale ruolo ricopra effettivamente all'interno dell'Agenzia;
   quali siano stati i criteri utilizzati e le motivazioni addotte per proporre la nomina di Diego Cammarata all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. (4-02044)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto di ricerca Negri Sud è un centro di ricerche biomediche e farmacologiche sito in Santa Maria Imbaro (Chieti). Costituito nel 1980 dall'Istituto Mario Negri Milano e dalla Provincia di Chieti, il centro di ricerche contribuisce al progresso della cultura scientifica, alla formazione di giovani ricercatori ed è riconosciuto a livello internazionale per la qualità dei suoi programmi di ricerca e di alta formazione scientifica;
   il consorzio Mario Negri Sud ha da poco ricevuto il riconoscimento come persona giuridica dal prefetto di Chieti conquistando ufficialmente lo status di fondazione;
   in un documento programmatico l'attuale direzione del Consorzio Mario Negri Sud ha presentato ai rappresentanti di provincia e regione, un piano di licenziamenti di 25-30 persone, tra aree di ricerca e servizi.
   la cassa integrazione dura ormai da quattro anni per gli oltre 60 lavoratori del centro;
   inoltre il Centro di Eccellenza continua a perdere «cervelli» e professionalità;
   molti ricercatori e responsabili di dipartimenti e di laboratori hanno abbandonato il Consorzio per spostarsi in altre sedi, e questo depauperamento di risorse umane e di massa critica non è stato compensato dall'arruolamento di nuovi ricercatori;
   questo aspetto rappresenta uno dei problemi centrali delle difficoltà economiche del Centro, a cui i vertici attualmente non sono in grado di dare risposte concrete;
   l'apprezzabile sforzo delle istituzioni pubbliche, quali provincia e regione, per mantenere sul territorio un importante Centro di ricerca, le cui potenzialità si inseriscono perfettamente nelle strategie di programmazione e di sviluppo della regione, appare fragile, se è immediatamente accompagnato da una operazione di ristrutturazione del centro con ulteriore indebolimento in termini di competenze e di linee di ricerca –:
   se non si intendano convocare le parti sociali e gli enti locali per verificare il piano di ristrutturazione del Centro e scongiurare ulteriori tagli al personale che andrebbero a indebolire ulteriormente una situazione già molto critica. (4-02034)


   REALACCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da quasi venticinque anni si conducono esperimenti con la cella elettrolitica di Fleischmann e Pons o con reattori basati su metalli di transizione – per restare in Italia, titanio – deuterio di Scaramuzzi, nichel – idrogeno di Piantelli-Focardi; Costantana (lega Nichel – Rame) di Cetani – nei quali è stata rilevata una «produzione» di eccesso di calore con densità di potenza elevatissime, superiori per ordini di grandezza a quelle delle ordinarie reazioni chimiche, esplosive incluse, quindi di grande potenzialità per le applicazioni energetiche;
   l'elevata densità di potenza faceva proclamare, fin dai primi scopritori, essere quelle che avvenivano nella cella reazioni di fusione a temperatura ambiente, la «fusione fredda» (FF). Un'affermazione in così totale contrasto con le conoscenze acquisite e condivise nel mondo scientifico che, dopo solo venti giorni dalla pubblicazione dell'articolo di Fleischmann, Pons e Hawkins sul Journal of Electroanalytical Chemistry, l'American Physical Society (nel suo congresso di Baltimora, 1° maggio 1989) dichiarava, con fretta sospetta, essere quella di Fleischmann e Pons una mera pretesa, e nel giro di due anni la «fusione fredda» veniva bollata come «scienza patologica» dal mondo accademico;
   a questa «condanna» aveva attivamente contribuito il mondo accademico stesso, e nella reiezione da parte delle riviste scientifiche degli articoli sulla fusione fredda, come lamentava già nel 1990 il premio Nobel Julian Schwinger, e, al Massachussets Institute of Technology (MIT), con attive campagne di denigrazione e falsificazione dei dati a favore della «fusione calda», come testimoniò in un suo libro del 1991 Eugene Mallove, caporedattore scientifico al MIT;
   l'ostilità nei confronti della fusione fredda, oltre che per la sua inspiegabilità nell'ambito delle teorie condivise, è perdurata negli anni principalmente per i seguenti motivi:
    I) le difficoltà nella riproducibilità degli esperimenti;
    II) la consolidata tendenza nel mondo della «fisica» a voler essere esso a legittimare ciò che si debba ritenere scienza, atteggiamento indubitabilmente pre-galileiano ma funzionale, e con successo, a orientare cospicui investimenti pubblici sui canali designati (un solo esempio, tra i tanti: fonti giornalistiche hanno fatto ascendere a oltre 7 miliardi di euro il costo dell'esperimento sul «bosone di Higgs»);
    III) una tendenza dei militari a «velare» gli esperimenti di fusione fredda con la segretezza, per motivi connessi all'innovazione nelle armi nucleari (ad esempio, compare solo nel 2002 il rapporto della U.S. Navy sugli esperimenti condotti nei loro laboratori nel periodo 1989-2002, quasi tutti con produzione di rilevanti «anomalie» termiche e di Elio);
   l'esperimento più citato dai fautori della fusione fredda come prova del carattere di reazione di fusione a temperatura ambiente – la replica nel 1998 presso lo Stanford Research Institute (SRI) dell'esperimento noto come M4, realizzato da M. McKubre et al. nel 1994 sempre presso lo SRI – mentre conferma l'eccesso di energia ad alta densità nella forma di calore e la simultanea produzione di Elio, è, paradossalmente, una prova sperimentale che la reazione nella cella elettrolitica non può essere una reazione di fusione a temperatura ambiente, con ciò postulando la necessità di una diversa teoria;
   la nuova teoria che è stata avanzata negli ultimi anni da A. Widom, L. Larsen e Y. Srivastava (WLS) per interpretare vari fenomeni, tra i quali l'eccesso di potenza termica rilevato nella cella di Fleischmann e Pons e in molti altri esperimenti simili, M4 incluso, rifiuta la «fusione fredda» come possibile meccanismo e fa riferimento invece a reazioni nucleari a bassa energia (LENR) rese possibili dalla mediazione del campo elettromagnetico. La teoria WLS si pone all'interno di quel che per le interazioni elettrodeboli prevede il «modello standard», universalmente accettato dalla fisica;
   il nuovo punto di vista ha ricondotto questa lunghissima vicenda, qui in Italia e proprio nei mesi scorsi, all'interno di un dibattito scientifico, pur se su posizioni diverse, tra ricercatori come Luciano Maiani e i fondatori della nuova teoria, Widom e Srivastava, colpiti solo poco tempo prima da ridicoli «interdetti» da parte dei fautori più accaniti di una presunta «ortodossia» scientifica;
   le LENR non possono davvero essere «junk science», come è stato detto peraltro ingiustamente per la fusione fredda di Fleischmann e Pons, ma forniscono un'interpretazione delle reazioni nucleari all'interno del «modello standard» e non di una «nuova fisica» secondo le ipotesi avanzate da alcuni fan della fusione fredda;
   la produzione di calore in eccesso, avviene, come spiega la teoria WLS, senza emissioni di neutroni o di raggi γ e configura pertanto una fonte di energia pulita – rinnovabile, se l'energia elettrica necessaria e prodotta da fonti rinnovabili – in volumi limitati, ideale per soddisfare utenze da quelle domestiche a quelle di ospedali, di centri commerciali e della piccola e media industria, fornendo una risposta concreta all'imperativo, anche recentissimamente ribadito dall'IPCC in occasione della presentazione del suo V rapporto, di sostituire sempre più i combustibili fossili responsabili in ultima analisi della drammatica urgenza dei cambiamenti climatici;
   dal punto di vista sperimentale i dispositivi LENR sono oggetto di forte interesse in vari Paesi avanzati, come ad esempio testimonia in termini decisamente positivi un chief scientist della Nasa, Dennis Bushnell, nel sito Nasa Technology Gateway (il quale sito, oltre che per il trasferimento di tecnologia, si qualifica come A place to purchase LENR technology). E la Toyota, che nel suo laboratorio francese IMRA aveva investito 12 milioni di sterline nel periodo ’91-’98 in un contratto stipulato con Fleischmann e Pons, eccelle oggi nella ricerca su «leghe nanometriche» Ni-Cu;
   in Italia:
    I) sono continuate in questi anni presso Enea, in collaborazione con lo SRI e «La Sapienza», ricerche sul filone Fleischmann e Pons;
    II) su una sperimentazione simile invece a quella di casa Toyota e dell'Università Kobe, ma in modo del tutto indipendente, si stanno svolgendo da tempo presso, Laboratori «Nazionali di Frascati (LNF) dell'Istituto nazionale di fisica nucleare le ricerche di Francesco Celani e del suo team, i cui promettenti risultati sono stati illustrati poche settimane fa in un convegno organizzato dal CIRPS (Centro interuniversitario di ricerca per lo sviluppo sostenibile) – «La Sapienza»;
    III) Luca Gamberale, direttore scientifico di una società di progettazione di tecnologia LENR, la Defkalion Europe, afferma realisticamente che la commercializzazione dei suoi dispositivi abbia un traguardo di due anni e che dipenderà soprattutto dalle industrie che vorranno produrre tali dispositivi –:
   se il ministro interrogato non ritenga, nell'ambito delle sue competenze, di intervenire per impedire la chiusura, decisa dal presidente dell'Istituto nazionale di fisica nucleare e ottemperata dal direttore dei LNF dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, del laboratorio dove si svolge la sperimentazione di Celani e del suo team posto che appare paradossale che nel contesto descritto si ritenga non di interesse attuale dell'istituto, una ricerca diretta, con riconosciuti livelli di eccellenza da Francesco Celani, 1° ricercatore dell'Istituto nazionale di fisica nucleare e vice-presidente della «International Society of Condensed Matter Nuclear Science», che da oltre vent'anni opera nel campo delle LENR, proprio quando la sua sperimentazione sulla Costantana, una lega di nichel e rame nota fin dalla fine Ottocento, apre orizzonti applicativi con materiali di basso costo;
   se intenda più in generale promuovere la ricerca sulle LENR negli istituti e negli enti italiani di ricerca e di ricerca applicata vigilati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in vista delle significative applicazioni energetiche possibili a breve-medio termine nel contesto degli scenari di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, nella consapevolezza che questo tipo di spesa pubblica per la ricerca ha costi inferiori, di almeno tre ordini di grandezza, di quelli con i quali l'Italia sostiene i grandi progetti per la «fusione calda» (ITER) e che, sul terreno energetico, è un'illusione storica ma nociva ritenere che possa esistere un'unica fonte in grado di risolvere la gran parte dei problemi di fabbisogno, soprattutto quando poi la ricerca sta procedendo da 60 anni e, lungi dal parlare di commercializzazione, le previsioni di un prototipo industriale per la fusione rimandano al 2030. (4-02041)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   dopo la vicenda esodati, un'altra altrettanto assurda sta emergendo quale conseguenza della dannosa riforma pensionistica attuata dalla ex Ministra Fornero e che colpirebbe, questa volta, i donatori di sangue;
   sembrerebbe, infatti, che gli iscritti all'Avis in procinto di andare in pensione debbano lavorare ancora per circa dieci mesi per recuperare i giorni in cui, con regolare permesso, sono rimasti a casa per il prelievo;
   l'allarme è stato lanciato dalla sede dell'associazione a Cremona, comune che registra il maggior numero di iscritti (circa 6.000 che diventano 17.000 con la provincia);
   ipotizzando un iscritto che dona il sangue da quando è maggiorenne e con regolarità (cioè quattro volte l'anno), in quarant'anni di vita avrà accumulato 160 giorni di astensione dal lavoro, che si traducono in almeno sette mesi in più di servizio;
   l'alternativa, per costoro, stante la vigente normativa, è di andare comunque in pensione ma con una decurtazione del 2 per cento sull'importo del trattamento;
   come spiegato dal presidente dell'Avis di Cremona, Ferruccio Giovetti, ai microfoni di Radio 24 lo scorso 23 settembre 2013, il rischio di tale situazione è una drastica diminuzione del numero dei donatori di sangue, con rilevanti conseguenze per gli ospedali sulla disponibilità e reperibilità di un farmaco salvavita –:
   se il Governo non ritenga di assumere urgentemente adeguate iniziative, anche di carattere normativo, al fine di tutelare il diritto a pensione dei donatori di sangue, affinché non diventino per colpa della legge Fornero gli «esodati del sangue», nonché a salvaguardia della salute della collettività, che potrebbe esser compromessa dalla difficoltà di reperire sacche di sangue necessarie in sala operatoria.
(2-00239) «Giancarlo Giorgetti, Fedriga, Guidesi».

Interrogazione a risposta orale:


   SOTTANELLI e ANTIMO CESARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6 del decreto ministeriale 8 ottobre 2012, attuativo dell'articolo 22, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012 (spending review), specificando le entità numeriche delle categorie di lavoratori salvaguardati, ha fissato in 40 mila quella riguardante i licenziamenti avvenuti sulla base di accordi governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, che prevedono la collocazione in mobilità finalizzata al raggiungimento dei requisiti pensionistici;
   con il citato decreto ministeriale dell'8 ottobre 2012 hanno trovato legittima definizione le regole per la salvaguardia di altri lavoratori, i cui rispettivi procedimenti di tutela hanno preso avvio soltanto pochi mesi fa;
   successivamente, l'Inps ha precisato, con circolare n. 4678, che saranno le stesse sedi territoriali a riesaminare le posizioni dei lavoratori in mobilità, di quelli a carico dei fondi di solidarietà, degli autorizzati alla contribuzione volontaria (lettere da a) a d) dell'articolo 2, comma 1, decreto ministeriale 1o giugno 2012), vagliando dunque tutti i requisiti considerati necessari all'inclusione nella salvaguardia prevista dalla legge n. 135 del 2012;
   i cessati le cui domande di beneficio hanno ricevuto l'accoglienza delle commissioni istituite presso le direzioni territoriali del lavoro, e che tuttavia sono rimasti esclusi dal primo gruppo comprensivo dei 65 mila, sono così tenuti a presentare domanda secondo quanto previsto per il secondo scaglione dei 55 mila;
   ciò nonostante rimane ancora sconosciuto il numero dei lavoratori, all'interno dei primi 65 mila, che è stato escluso, pur esibendo qualità valide ed equipollenti. Né l'Inps né il Ministero del lavoro e delle politiche sociali forniscono al riguardo delucidazioni dettagliate e precise. Così come non si annoverano chiarimenti riguardo lo stato evolutivo delle procedure di invio delle missive di conferma dell'avvenuta ammissione alla salvaguardia per i 65 mila iniziali;
   il messaggio numero 4678 diffuso dall'Istituto, allega inoltre alcune indicazioni circa le procedure da seguire per la salvaguardia dei 55 mila: per ciò che concerne i lavoratori oggetto di accordi stipulati in sede governativa, per la gestione delle eccedenze occupazionali con ammortizzatori sociali, il cui contingente numerico è di 40.000 unità, si mette in evidenza come già entro il 20 febbraio 2013 le aziende avrebbero dovuto trasmettere all'Inps l'elenco dei lavoratori licenziati entro il 31 dicembre 2012, mentre entro il 31 marzo 2013 per quelli licenziati o da licenziare entro nell'anno 2013. La disposizione dell'istituto di previdenza sembra tuttavia andare contro a quanto recentemente previsto in materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale con una sua nota dell'8 marzo 2013 ha precisato che il termine di 30 giorni dalla pubblicazione del decreto 8 ottobre 2012, per la presentazione degli elenchi dei lavoratori licenziati entro il 31 dicembre 2012, non risulta operante, atteso che l’iter di perfezionamento del decreto stesso (registrazione alla Corte dei conti e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) si è concluso il 21 gennaio 2013, per il decorso dei necessari tempi tecnici. Pertanto l'unico termine da osservare per le comunicazione relative ai licenziamenti intimati entro il 31 dicembre 2012, non può che essere assimilato a quello del 31 marzo 2013 sopra indicato;
   per quei lavoratori che sono in carico ai fondi di solidarietà, nei confronti dei quali con messaggio n. 3771 l'Inps ha comunicato l'esaurimento dei posti in disponibilità, salvo verifiche in corso, si preannuncia che potranno essere valutate anche le domande previdenti la pensione in deroga con decorrenza dopo il 31 dicembre 2019. In conclusione, precisa l'Inps, per le categorie di lavoratori che sono chiamati a perfezionare la decorrenza della pensione entro il trentaseiesimo mese successivo al 6 dicembre 2011, la nuova data di limite prevista è il 6 gennaio 2015;
   da quanto elencato nelle premesse sopraesposte, si deduce quanto le norme e le procedure per usufruire della salvaguardia siano complesse, richiedano adempimenti piuttosto macchinosi e implichino una dilatazione dei tempi –:
   quali urgenti iniziative intenda porre in essere al fine di assicurare ai suddetti lavoratori una definizione della reale situazione pensionistica e dei relativi tempi di assegnazione;
   se non ritenga opportuno provvedere tempestivamente a sanare il disagio, di migliaia di esodati, fornendo indicazioni più semplici e chiare, per quanti attendono ancora comunicazioni concrete e date indicative del previsto inizio di erogazione della pensione, ad oggi ulteriormente rimandato. (3-00354)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIPRINI, TERZONI, GALLINELLA, TRIPIEDI, ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS, BALDASSARRE, RIZZETTO e LUPO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Merloni spa è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria e i Commissari giudiziari hanno presentato al Ministero un programma avente per oggetto la cessione dei complessi aziendali facenti capo al gruppo Antonio Merloni ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270;
   le parti in data 19 marzo 2010 siglavano un primo accordo di programma per la reindustrializzazione dell'area interessata definendo le risorse nazionali, comunitarie e regionali a disposizione; l'accordo del 19 marzo 2010 prevedeva i seguenti obiettivi:
    a) tutelare l'apparato produttivo esistente;
    b) assicurare il rilancio delle attività;
    c) salvaguardare l'occupazione;
   con atto di cessione del 27 dicembre 2011 la J.P. Industries spa ha acquisito la proprietà degli stabilimenti della Merloni ed una parte dei dipendenti (700) del gruppo sono stati ricollocati, mentre altri 1510 lavoratori rimanevano in carico alla azienda in amministrazione straordinaria con trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria nelle sedi di Fabriano e Nocera Umbra;
   il 18 ottobre 2012 è seguita la sottoscrizione di un Atto integrativo siglato tra Ministero dello sviluppo economico, Regione Umbria e Marche per la «rimodulazione» degli interventi con l'obiettivo di a) riassorbire il maggior numero possibile di personale diretto attualmente in CIGS; b) favorire la piena utilizzazione degli stabilimenti produttivi della Antonio Merloni, con particolare riferimento alla quota parte dello stabilimento di Gaifana, oggetto del diritto di opzione alla vendita o alla locazione concesso dalla società J.P. Industries spa; c) sostenere il rilancio delle piccole e medie imprese dell'indotto;
   la cessione del complesso aziendale (compresi gli stabilimenti di Nocera Umbra e Fabriano) della Merloni spa in amministrazione straordinaria alla società J.P. Industries è stata oggetto di una controversia giudiziaria innanzi al tribunale di Ancona intrapresa da numerose banche creditrici nei confronti dell'acquirente J.P. Industries e della stessa Merloni spa in amministrazione straordinaria; le banche, unitamente al Comitato operaio Metalmeccanici Umbri, hanno chiesto ed ottenuto dal tribunale di Ancona la nullità delle operazioni di cessione del complesso aziendale per violazione delle norme di cui agli articoli 62 e 63 del decreto legislativo n. 270 del 1999 sui criteri normativi di determinazione del prezzo dell'azienda;
   a tal proposito in data 6 agosto 2013 veniva presentata una interrogazione a risposta immediata in Commissione (5-00857), con la quale – poiché già si prospettava il rischio concreto derivante dalle gravi ricadute sociali, economiche e occupazionali nel caso di annullamento della suddetta vendita – si chiedeva al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in sintesi, quali iniziative e/o misure intendesse assumere per salvaguardare la produzione, i livelli occupazionali e per garantire il sostegno del reddito ai lavoratori che si trovano in CIGS e ormai prossimi alla scadenza dell'ammortizzatore sociale (12 novembre 2013), anche in considerazione della gravità della situazione oggetto di esame da parte dell'autorità giudiziaria;
   il Governo si limitava ad elencare una serie di iniziative e/o interventi e/o proposte volti alla ricollocazione dei lavoratori ma senza nulla precisare in merito a misure di precauzione a tutela dell'occupazione e degli stabilimenti di fronte agli effetti economici ed occupazionali derivanti dal rischio della prospettata nullità della cessione alla J.P. Industries;
   oggi – con la dichiarazione di nullità dell'atto di cessione del complesso aziendale – il quadro di incertezza e precarietà si è ulteriormente aggravato ed è fortissima la preoccupazione delle sorti degli stabilimenti umbri marchigiani e dei lavoratori sia per la prossima scadenza della Cassa integrazione guadagni straordinaria (12 novembre 2013) sia per futuro dell'intero complesso aziendale di cui già si è denunciato il progressivo ridimensionamento e/o «smantellamento» dei macchinari –:
   quali concrete iniziative il Ministro intenda assumere, in particolare attivando strumenti di sostegno al reddito e di ammortizzazione sociale, al fine di fronteggiare le ricadute sociali derivanti dalla sopravvenuta nullità dell'atto di cessione aziendale e per salvaguardare i livelli occupazionali, anche in considerazione della imminente scadenza della Cassa integrazione guadagni straordinaria (12 novembre 2013) in capo ai lavoratori non assunti. (5-01114)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la riforma delle pensioni elaborata dal Ministro pro tempore Fornero ed approvata nel corso della scorsa legislatura ha modificato i requisiti di pensionamento della categoria dei marittimi;
   in particolare, per quanto riguarda il personale di macchina sarà necessario il raggiungimento del 57esimo anno di età (e dal 2018 il 58esimo) perché sia riconosciuta l'anzianità speciale, mentre il personale di coperta dovrà attendere il compimento dei 67 anni per maturare il diritto alla pensione;
   a tale provvedimento si sono opposti il compartimento di Napoli del Collegio dei capitani di lungo corso e l'associazione nazionale «Gente di Mare»;
   in un comunicato stampa congiunto i presidenti di queste due realtà hanno definito la modifica normativa «tanto inopportuna quanto contraddittoria», poiché non riconosce la specificità del lavoro prestato dai marittimi, per i quali è più difficile completare il periodo necessario per conseguire la pensione, non lavorando, infatti, i lavoratori del mare 12 mesi l'anno come il personale di terra;
   ciò pur considerato il trattamento privilegiato ad essi riservato per cui, ai fini pensionistici, nove mesi e venti giorni d'imbarco sono equiparati ad un anno di lavoro;
   appare irragionevole l'innalzamento dell'età pensionabile del personale di macchina, sottoposto ad un lavoro che, da sempre, il legislatore italiano qualifica come usurante;
   l'età pensionabile fissata per il personale di coperta, inoltre, rischia di non essere conforme alle esigenze di comando ed ai requisiti fisici di cui ogni marittimo dev'essere in possesso;
   il lavoro a bordo presuppone riflessi pronti ed un vigore fisico che un marittimo quasi 70enne potrebbe non avere;
   ci risulta difficile immaginare di affidare un mezzo veloce ad un marittimo quasi 70enne, e, per le stesse ragioni, un marittimo troppo anziano rischia di non essere in grado di affrontare emergenze come un incendio oppure un abbandono-nave;
   costringere il personale di coperta a restare in servizio fino al compimento del 67esimo anno d'età rischia di compromettere la qualità del servizio reso dal personale stesso e dalle compagnie di navigazione ai passeggeri, e di non garantire a questi ultimi adeguati standard di sicurezza –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati;
   quali iniziative siano già state prese in merito e quali azioni s'intendano intraprendere;
   se non sia opportuno promuovere una revisione delle misure citate, tenendo in maggiore considerazione le specificità del lavoro marittimo ed avviando un confronto concreto e propositivo con le realtà che hanno avanzato perplessità in merito all'innalzamento dell'età pensionabile per il personale di macchina e per il personale di coperta. (4-02036)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARGENTIN. —Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il caso Stamina ha avuto ed ha tuttora un risvolto mediatico enorme come del resto lo ebbe a suo tempo il caso Di Bella;
   tutto è cominciato circa più di un anno fa, quando a Brescia un giudice del tribunale del lavoro disapplicò un'ordinanza dell'Aifa che aveva sospeso i trattamenti in corso negli ospedali civili di Brescia basati sull'infusione di cellule staminali mesenchimali per curare malattie neurodegenerative. L'ordinanza dell'Aifa derivava da un'ispezione che l'Agenzia aveva fatto nei locali dove venivano prodotte le cellule staminali da infondere ritenendo di non trovare condizioni igieniche compatibili con la sicurezza dei trattamenti per i pazienti. Il giudice di Brescia, sovvertendo quell'ordinanza, stabiliva che la paziente, una bambina, poteva continuare a ricevere le terapie;
   con la legge n. 57 del 23 maggio 2013 è stato convertito il decreto-legge 25 marzo 2013 recante disposizioni urgenti in materia sanitaria dove si dispone l'impiego di medicinali per terapie avanzate preparati su base non ripetitiva e l'impiego terapeutico dei medicinali sottoposti a sperimentazione clinica. Esso contiene una serie di disposizioni dirette, in primo luogo, ad autorizzare le strutture pubbliche in cui sono stati avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, trattamenti su singoli pazienti con medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali a completare i trattamenti medesimi, sotto la responsabilità del medico proscrittore;
   sempre con tale legge si prevede in capo al Ministero della salute, coadiuvato dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e del Centro nazionale trapianti (CNT), una sperimentazione clinica anche in deroga alla normativa vigente della durata di 18 mesi coordinata dall'Istituto superiore di sanità (ISS), concernente l'impiego di medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali a condizione che i predetti medicinali siano preparati in conformità alle linee guida di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1394/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007;
   il comitato scientifico, nominato in seguito dal Ministro della salute ha consegnato, ai primi di settembre, allo stesso Ministro della salute la propria relazione relativa alla sperimentazione pervenendo alla conclusione che la «metodica è sfornita di dati scientifici oggettivi e misurabili, su cui si fonda la Medicina anche in materia di produzione di cellule staminali». Ed ha inoltre puntualizzato come le cure cosiddette «compassionevoli» devono riferirsi «esclusivamente alla normativa vigente che, proprio a salvaguardia dei pazienti, non consente il ricorso a trattamenti per i quali non esistono sufficienti garanzie di sicurezza e almeno qualche evidenza di possibile efficacia, neppure in casi di estrema gravità e in assenza di alternative terapeutiche»;
   di fatto, in seguito a tale bocciatura, il presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni, ha depositato al Tar del Lazio un ricorso per contestare la composizione del comitato di esperti ove secondo lui erano stati chiamati medici che in gran parte già si erano espressi in maniera contraria al metodo Stamina –:
   quali fossero specificatamente i compiti fissati dalla legge per il comitato scientifico nominato dal Ministro della salute in vista della prevista sperimentazione del metodo Stamina e se tra questi compiti vi fosse la valutazione scientifica del metodo;
   se ritenga opportuna una valutazione in astratto del metodo e della sperimentazione senza aver mai valutato i pazienti che negli ultimi due anni si sono sottoposti alla infusione di staminali a Brescia;
   se e quanto si possano considerare imparziali le valutazioni del comitato scientifico i cui membri si sono espressi negativamente sul metodo Stamina ancor prima di poterlo concretamente valutare.
(5-01115)

Interrogazione a risposta scritta:


   TARTAGLIONE. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 ha stabilito che il personale sanitario del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del dipartimento della giustizia minorile, venga trasferito al servizio sanitario nazionale in modo differenziato, in base al rapporto di lavoro in essere alla data del 15 marzo 2008, chiarendo che i rapporti instaurati ai sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740 «continuano ad essere disciplinati dalla citata legge n. 740 del 1970 fino alla relativa scadenza. Tali rapporti, ove siano a tempo determinato con scadenza anteriore al 31 marzo 2009, sono prorogati per la durata di dodici mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto». Quindi, i rapporti a tempo determinato scaduti dopo l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato, non possono più trovare applicazione nella disciplina della legge n. 740 del 1970. Tale posizione ha già trovato conferma giurisprudenziale nella sentenza della Corte Costituzionale, 26 aprile 2010, n. 149 e della Corte di Cassazione, 25 marzo 2011, n. 7026;
   da quanto suddetto consegue che ai titolari di rapporto di lavoro a tempo determinato non si possano estendere le norme relative alla incompatibilità e al cumulo di impieghi o di altra norma concernente gli impiegati civili dello Stato, che sono previsti per il medico incaricato vincitore di pubblico concorso nella pubblica amministrazione e collocati in apposito elenco nominativo posto ad esaurimento;
   entro le date definite dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008 la contrattazione collettiva integrativa avrebbe dovuto definire le modalità di rientro di questi rapporti di lavoro nelle compatibilità contrattuali e legislative attualmente vigenti nel servizio sanitario nazionale. Ad oggi dopo oltre cinque anni in regione Campania non vi è ancora chiarezza circa le suddette tipologie di rapporto lavorativo;
   nel dicembre 2011 l'allora commissario straordinario dell'ASL NA1 Centro, con propria disposizione, decise, in osservanza della normativa vigente, di non rinnovare le suddette convenzioni, ormai giunte alla naturale scadenza, e più volte oggetto di proroghe. In attesa della contrattazione nazionale di riferimento, lo stesso commissario affidava i medesimi incarichi a tempo determinato, ormai scoperti, a personale medico, con contratti a termine, reclutati dalle pubbliche graduatorie della medicina generale che, come definito dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, rappresenta il comparto di riferimento per l'assistenza sanitaria di base negli istituti penitenziari ed alla specialistica ambulatoriale per quanto attiene alle prestazioni specialistiche. In questo modo veniva di fatto eliminato il compenso a prestazione notoriamente più oneroso per la finanza pubblica, fino ad allora adottato, in favore del compenso orario. In definitiva, si decise di adottare forme contrattuali validate e riconosciute nell'ambito del servizio sanitario nazionale;
   recenti sentenze del TAR Campania hanno individuato, nei provvedimenti disposti dall'allora commissario straordinario dell'ASL NA1, vizi di forma e difetti di motivazione. A fronte di tali vizi l'attuale amministrazione si vede costretta al reintegro del suddetto personale, definito precedentemente incompatibile, perché già titolare di più rapporti a tempo indeterminato nel servizio sanitario nazionale;
   sono, pertanto, risultati penalizzati professionisti selezionati attraverso pubbliche procedure, in gran parte giovani precari che non svolgono altra attività professionale, dedicatisi in modo esclusivo da quasi due anni alla realizzazione degli obiettivi di salute della popolazione carceraria, ormai anch'essi con l'adeguato bagaglio esperienziale al pari di altri –:
   quali iniziative di competenza il Governo abbia intenzione di assumere in materia al fine di restituire in modo definitivo dignità professionale a quanti si occupano in modo esclusivo dell'assistenza sanitaria nelle strutture penitenziarie.
(4-02028)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   MALPEZZI, COVA e MAURI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel gennaio del 2008 la Mac Oil spa, società con sede legale a Roma, fondata nel 2007 e controllata dall'americana Petrocorp Inc ha presentato l'istanza finalizzata all'attribuzione del permesso di ricerca denominato «Melzo», progetto con l'obiettivo di ricercare idrocarburi in un area di 182,80 chilometri quadrati, comprendente 37 comuni in 5 diverse province (Bergamo, Cremona, Lodi, Monza e Brianza, Milano);
   tale richiesta è stata accolta dalla commissione idrocarburi e risorse minerarie (Cirm) del Ministero dello sviluppo economico;
   nel gennaio 2011 Mac Oil presenta al Ministero e regione Lombardia il progetto preliminare ambientale soggetto a valutazione d'impatto ambientale (VIA);
   tutti gli atti sono stati consegnati alla direzione generale ambiente, energia e reti della regione Lombardia che ha escluso dalla VIA il progetto della Mac Oil sostenendo che le aree comprese all'interno del perimetro del permesso di ricerca, ricadenti all'interno delle zone vincolate quali alvei e corsi d'acqua tutelati, complessi archeologici, aree naturali e protette, sono esclusi da qualsiasi attività sia geofisica che di perforazione;
   la legge regionale n. 16 del 16 luglio 2007 (Testo unico delle leggi regionali in materia di istituzione di parchi) in sostituzione delle leggi regionali n. 80 e n. 81 del 16 settembre 1983, istitutive rispettivamente del parco naturale dell'Adda Nord e del parco naturale dell'Adda Sud all'articolo 66, elenca una serie di vincoli a tutela delle aree protette regionali, tra i quali non compaiono in maniera specifica divieti per prospezioni, ricerca, perforazione e coltivazione;
   il Ministero dello sviluppo economico nel decreto di attribuzione del permesso di ricerca di Melzo esplicita che all'interno dei perimetri delle aree naturali protette la società permissionaria dovrà svolgere le operazioni di ricerca nel rispetto dei limiti e delle modalità previste dal regolamento dal piano o dal provvedimento di salvaguardia che disciplina le attività nell'area interessata –:
   se il Ministro dello sviluppo economico sia a conoscenza della discrepanza tra quanto previsto dal Ministero e dalla regione Lombardia;
   se siano state prese tutte le giuste misure per impedire che un territorio già martoriato, in modo particolare la provincia di Milano che è la più interessata per un'area di 137,32 chilometri quadrati, concentrati nella zona comunemente definita «Adda-Martesana» protagonista in questo periodo di realizzazioni di infrastrutture importanti, sia oggetto di ulteriori disagi per i cittadini e per l'ambiente;
   se in un area naturalistica come quella dell'Adda-Martesana sia possibile effettuare un tale intervento di trivellazione. (3-00355)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FANTINATI, BUSINAROLO e TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si è appena conclusa la 48a edizione di Marmomacc organizzata presso la fiera di Verona, con un bilancio di partecipanti più che positivo, infatti, si è assistito ad un record di operatori provenienti da circa 143 nazioni;
   ciò è la dimostrazione che il settore del marmo e della pietra riveste un importante ruolo economico a livello internazionale;
   durante la manifestazione è emerso un dato preoccupante, cioè, i marmisti dell'Unione europea sono realmente preoccupati per il made in Cina, che con prodotti simili invade il mercato a prezzi stracciati, minando così la concorrenza e la stessa qualità del prodotto;
   alcuni operatori italiani, soprattutto veronesi hanno lanciato un grido d'allarme sia sulla salubrità dei prodotti provenienti dalla Cina, che per la preoccupazione di dover competere con il colosso cinese a danno di migliaia di operai coinvolti nella produzione dei marmi;
   la concorrenza cinese porterà inevitabilmente al licenziamento di numerosi operai coinvolti, visto l'alto costo del lavoro che le imprese coinvolte devono sostenere;
   molti importatori di agglomerati lapidei dalla Repubblica Popolare stanno mettendo in atto azioni di «dumping», con l'obiettivo di conquistare sempre più spazio, sul mercato dell'Unione europea, cancellando la concorrenza dei produttori locali;
   la Commissione europea sta avviando numerose procedure antidumping, riconoscendo la fondatezza delle denunce dei produttori locali, ma l’iter per completarsi richiede fino a sei anni;
   l'Europa deve dotarsi di una legislazione chiara contro la contraffazione e a tutela della qualità del prodotto, certificandone la filiera e garantendolo dal punto di vista della salubrità –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative urgenti intenda adottare in difesa del made in Italy, che da sempre è segno di eleganza e qualità;
   quali iniziative intenda intraprendere nelle sedi opportune dell'Unione europea al fine di arginare il «dumping» cinese. (5-01108)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI, INVERNIZZI e BUSIN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la cogenerazione alimentata a oli vegetali, specie se ad uso industriale, è in grado di offrire vantaggi rilevanti in termini di riduzione di costi energetici, a beneficio della competitività delle imprese;
   il comparto è attualmente in crisi per la reperibilità delle materie prime, come la colza, la soia ed il girasole che, oltre a scarseggiare, hanno anche costi molto elevati;
   a minacciare la competitività del comparto vi è poi il peso della burocrazia e della speculazione che stanno ostacolando la nascita di nuove imprese e la creazione di nuove posti di lavoro;
   gli imprenditori che hanno creduto nello sviluppo del comparto, effettuando in esso ingenti investimenti, sono oggi in difficoltà, costretti a sopravvivere con debiti enormi che allontano la speranza di poter vedere in funzione gli impianti cogenerativi;
   alcuni impianti sono stati convertiti a combustibili di più facile reperimento, come gli oli da grassi animali o quelli da scarti di cucina; l'impiego di tali combustibili alternativi sta dando risultanti incoraggianti;
   la vigente normativa in materia ambientale, imponendo specifici parametri per le emissioni di tali sostanze in atmosfera, rischia di ostacolare l'impiego di tali combustibili come fonte alternativa di energia;
   la norma UNI/TS 11163 inquadra gli oli da grassi animali nei combustibili liquidi, prevedendo la sostanziale equivalenza tra oli e grassi animali e quelli vegetali; la specifica tecnica definisce, infatti, la classificazione e le specifiche degli oli e grassi animali e vegetali, dei loro principali intermedi e derivati ai fini del loro utilizzo quali combustibili per la produzione di energia;
   sarebbe opportuna una modifica dell'allegato X, alla parte V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, volta ad inquadrare gli oli da grassi animali nei biocombustibili liquidi, in linea con il contenuto di cui alla norma tecnica UNI/TS 11163, rendendo più chiara ed omogenea la disciplina in questione –:
   se il Governo intenda sostenere lo sviluppo del settore di generatori alimentati a oli da grassi animali, prevedendo la modifica dell'allegato X, alla parte V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, al fine di estendere la disciplina ivi prevista a tutti i biocombustibili ricompresi nella norma UNI/TS 11163. (4-02029)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'impianto EUREX (Enriched Uranium Extraction) è un impianto nucleare italiano, situato nel Centro di ricerca Enea-Saluggia dell'omonima località in provincia di Vercelli e utilizzato in passato per la sperimentazione del riprocessamento del combustibile nucleare secondo il metodo PUREX;
   la costruzione dell'impianto Eurex è iniziata nel 1965 ed è entrato in funzione nel 1970. Enea, che è proprietaria del sito, vi svolgeva attività di ricerca sul riprocessamento del combustibile, un'operazione che permette, attraverso un adeguato trattamento, di separare e recuperare le materie che possono essere riutilizzate;
   le attività di riprocessamento sono state interrotte nel 1984;
   SOGIN è la società di Stato responsabile della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare. La SOGIN è stata costituita il 1o novembre 1999 in ottemperanza al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (il cosiddetto decreto Bersani di liberalizzazione del settore elettrico italiano), con il compito di controllare, smantellare, decontaminare e gestire i rifiuti radioattivi (attività riassumibili con il termine inglese di decommissioning) degli impianti nucleari italiani spenti dopo i referendum abrogativi del 1987;
   nel 2003 sono stati affidati in gestione a SOGIN gli ex impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di ENEA: l'impianto EUREX di Saluggia (Vercelli), gli impianti IPU E OPEC di Casaccia (Roma) e l'impianto ITREC di Rotondella (Matera);
   nel giugno 2008 SOGIN ha terminato le operazioni di svuotamento e bonifica della piscina dell'impianto EUREX di Saluggia, nella quale era stata rilevata a cura di osservatori esterni della popolazione (compresi comitati ambientali, sindacati e altri) la fuoriuscita di liquido radioattivo contenente caratteristici isotopi (cesio, stronzio, plutonio e altri) di decadimento dei prodotti di fissione degli elementi di combustibile contenuti nella piscina stessa;
   il fatto che solo grazie a segnalazioni esterne, e non della SOGIN, è stato possibile eseguire con una certa immediatezza l'intervento di ripristino delle fessurazioni trovate all'interno del contenitore piscina, la dice lunga sulle metodologie di controllo dei processi condotti all'interno dell'impianto e sui processi di comunicazione nei confronti della popolazione attuati dalla SOGIN stessa. Dalle operazioni di bonifica sono scaturiti i problemi alle vasche di stoccaggio dei liquidi contenuti nelle vasche esterne alla piscina denominata WP719 che, come si è scoperto recentemente, contiene isotopi altamente radioattivi fra i quali il plutonio. Anche questo fatto la dice lunga sulle metodologie di controllo e di processo nonché di comunicazione adottate dalla SOGIN. Nel 2007, il combustibile contenuto nella piscina dell'impianto è stato trasferito nel vicino deposito Avogadro, in vista del suo allontanamento in Francia per il riprocessamento;
   nel 2010 è stata demolita la torre piezometrica ed è entrato in funzione il nuovo sistema di approvvigionamento idrico, con la chiusura e la definitiva dismissione dei vecchi pozzi. Nell'ambito delle attività di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, SOGIN ha realizzato nel 2006 un nuovo parco serbatoi per i rifiuti liquidi a più alta attività (terza categoria), dove gli stessi sono stati trasferiti nel 2008, in attesa della loro cementazione all'interno del previsto impianto Cemex, ad oggi non ancora edificato;
   nel 2008, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, ha emesso il decreto di compatibilità ambientale (VIA) per la realizzazione dell'impianto Cemex che permetterà la cementazione e il successivo stoccaggio nell'annesso deposito, dei rifiuti liquidi radioattivi, in attesa del loro trasferimento al deposito nazionale. In relazione a tale deposito (la cui edificazione era prevista per legge entro la fine del 2008) la popolazione dell'area (inclusi amministratori, gruppi ambientalisti, comitati, partiti e altri) e non solo, nutre forti dubbi nel convincimento che Saluggia costituisca di fatto il deposito nazionale ipotizzato, pur non avendone assolutamente le caratteristiche richieste. Per tale ragione esiste da anni una forte opposizione alla realizzazione dei depositi previsti da SOGIN (denominati D2 e D3) le cui dimensioni progettuali superano il volume dei metri cubi di materiali radioattivi da trattare provenienti dallo smantellamento e messa in sicurezza dell'impianto;
   i rifiuti radioattivi solidi di bassa e media attività (categoria uno e due) provenienti anche dall'ex impianto ENEA IFEC (impianto di fabbricazione elementi di combustibile) sono stoccati nel sito Eurex in un deposito che risale agli anni settanta. Tale infrastruttura è quasi piena e non più adeguata ai nuovi standard di sicurezza;
   nel 2011 SOGIN ha avviato i lavori per la costruzione di un deposito temporaneo, denominato D2, che dovrebbe garantire la massima sicurezza nello stoccaggio temporaneo esclusivamente dei rifiuti radioattivi già presenti nel sito e di quelli che saranno prodotti dalle attività di bonifica ambientale dell'impianto, in vista del loro successivo trasferimento al deposito nazionale, costruzione che per quanto visto in precedenza trova una forte opposizione per le ragioni sopra citate;
   al termine delle operazioni di bonifica e smantellamento dell'impianto e del conferimento dei rifiuti radioattivi al deposito nazionale, è previsto che anche i depositi temporanei siano smantellati;
   nel febbraio 2011, sono iniziate le operazioni di trasferimento verso la Francia degli elementi di combustibile irraggiato, contenuti nel deposito ex reattore Avogadro e di provenienza dalla centrale Enrico Fermi e dalla piscina Eurex, per il loro riprocessamento. È contrattualmente previsto che a seguito di tale processo i rifiuti radioattivi tornino in Italia;
   secondo il piano di lavoro la bonifica ambientale del sito Eurex di Saluggia terminerà nel 2029;
   nell'ambito delle attività di controllo è necessario effettuare periodicamente diverse misurazioni sulla radioattività contenuta sulle matrici alimentari e ambientali che compongono una determinata rete stabilita in collaborazione con ARPA Piemonte;
   i risultati dei monitoraggi sono inviati all'ISPRA, l'Autorità di sicurezza nazionale sul nucleare, e resi pubblici;
   si apprende dalla stampa nazionale e locale, nonché da diverse associazioni e amministratori, che secondo i risultati delle ultime analisi eseguite dall'ARPA Piemonte, nella vasca di stoccaggio dell'impianto Eurex denominata WP719 (Waste Pound), sono state riscontrate due fessure dalle quali fuoriusciva liquido radioattivo contenente americio, stronzio e plutonio, materiali di decadimento della fissione nucleare quindi chiaramente provenienti da elementi di combustibile a suo tempo contenuti nella vicina piscina oggetto, come precedentemente descritto, di intervento di riparazione.
   l'impianto Eurex, già sorvegliato speciale sotto il profilo radiometrico, sin dalla scoperta della perdita di liquido radioattivo proveniente dalla sua piscina, con la scoperta dell'ulteriore perdita di liquidi dalla vasca di stoccaggio WP719 (provenienti da tale piscina) è diventato oggi oggetto di maggiore attenzione e di allarme, in quanto nelle acque della vasca WP719 è stato rilevato, per alcuni radioisotopi, il superamento dei livelli stabiliti dall'ISPRA e pertanto i liquidi non potevano né possono essere scaricati nell'adiacente Dora Baltea;
   In base agli ultimi controlli radiometrici eseguiti dall'ARPA sui liquidi contenuti nella vasca WP719, tale Agenzia di controllo certifica drammaticamente tale rischio evidenziando che i sedimenti contenuti nella vasca stessa «per la loro composizione e le concentrazioni riscontrate dovranno essere gestiti come rifiuti radioattivi», come si legge nelle considerazioni conclusive dell'ARPA. Considerazioni che preoccupano molto gli abitanti dell'area (si ricorda che queste perdite stanno avvenendo a poche centinaia di metri dalle prese principali dei pozzi acqua potabile dell'acquedotto del Monferrato, che rifornisce centinaia di comuni della valle e delle colline circostanti) e gli stessi lavoratori sia dell'impianto che della vicina società Sorin s.p.a. (che occupa circa 1.800 persone) –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle ultime rilevazioni sovraesposte, con particolare riferimento alla documentata presenza di plutonio nella vasca di stoccaggio;
   se le lavorazioni in corso per la costruzione dei depositi D2 e D3, siano forse concausa della fessurazione della vasca WP719;
   cosa si intenda fare per bloccare il pericolo di eventuale contaminazione radioattiva dell'ambiente e in particolare delle falde acquifere dell'acquedotto del Monferrato e delle acque del fiume Dora;
   da quando la SOGIN sia venuta a conoscenza di entrambi i casi di perdita di liquido radioattivo, cosa abbia fatto per garantire la sicurezza dei lavoratori, dei cittadini, dell'ambiente e per fornire corretta informazione al pubblico;
   quali siano le cause che hanno determinato le fessurazioni sia nella piscina ex impianto Eurex che nella vasca WP719;
   quali provvedimenti siano stati adottati per evitare eventuali altre fuoriuscite e quali siano i controlli predisposti in grado di prevenire e/o avvisare con tempestività sia i gestori dell'impianto che la popolazione;
   perché da quando è stata istituita la SOGIN s.p.a, sia riuscita di fatto a dismettere solo l'impianto di Bosco Marengo mentre la dismissione delle centrali nucleari di Latina, Garigliano, Trino Vercellese e Caorso e dei tre centri di ricerca nucleare Saluggia, Trisaia, Casaccia risulta in notevole rallentamento rispetto alle previsioni;
   se il Governo non ritenga opportuno chiarire in che modo e come verranno individuati i depositi delle scorie e dei rifiuti nucleari, nonché la destinazione finale delle scorie nucleari – anche in virtù del fatto che non è stato ancora individuato il sito unico di stoccaggio –, sia di quelle inviate all'estero, che dei rifiuti che si prevede di lasciare in deposito sui siti, anche in ragione del fatto che non esiste al momento un'autorità tecnica di controllo indipendente in grado di monitorare e verificare la gestione dei rifiuti nucleari;
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per istituire degli organismi territoriali ad hoc, costituiti dai sindaci e da esperti e membri delle associazioni interessate alla problematica per monitorare situazioni analoghe a quelle sovraesposte, con poteri di verifica, controllo e vigilanza sullo svolgimento delle principali attività (di pianificazione, esecuzione e verifica) svolte presso gli impianti nucleari oggetto di smantellamento e decommissioning e che dovrebbero avere anche funzioni di collegamento nella comunicazione fra i vari pubblici interessati.
(4-02039)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Realacci e altri n. 7-00111, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pastorelli.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Bobba e altri n. 2-00235, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pastorelli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Molteni n. 5-00823 del 1o agosto 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Gelli n. 5-01026 del 18 settembre 2013.