XVII LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 3 dicembre 2013.
Alfreider, Amici, Archi, Baldelli, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Causin, Censore, Cicchitto, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Fassina, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guidesi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Manciulli, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Moretto, Nicoletti, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tabacci, Valentini, Vitelli, Vito.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Alfreider, Amici, Archi, Baldelli, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Causin, Censore, Cicchitto, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fassina, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guidesi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Manciulli, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Moretto, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Sani, Santelli, Sereni, Speranza, Tabacci, Valentini, Vitelli, Vito.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BRUNETTA: «Modifiche all'articolo 87 e al titolo IV della parte II della Costituzione, concernenti l'ordinamento della magistratura e la funzione giurisdizionale» (1844). Parere della Commissione II.
II Commissione (Giustizia):
PELLEGRINO ed altri: «Introduzione del titolo VI-bis del libro II del codice penale e altre disposizioni concernenti i delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento della disciplina riguardante gli illeciti in materia ambientale» (1814). Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
BRUNETTA: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernenti la disciplina delle intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali» (1846) Parere delle Commissioni I, V, VII, IX e XII;
BRUNETTA: «Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e di responsabilità civile dei magistrati» (1850). Parere delle Commissioni I, V e XIV.
III Commissione (Affari Esteri):
PORTA ed altri: «Istituzione del difensore civico degli italiani residenti all'estero» (1201). Parere delle Commissioni I, II, V, VII e XI.
VII Commissione (Cultura):
CRIMI ed altri: «Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi anche a sostegno della candidatura dell'Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale» (1834). Parere delle Commissioni I, V, VI, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Commissioni riunite VII (Cultura) e VIII (Ambiente):
DI GIOIA: «Istituzione di un itinerario storico-naturalistico nel territorio del Subappennino dauno» (1337). Parere delle Commissioni I, V, X, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Trasmissione dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione.
Il presidente dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, con lettera in data 2 dicembre 2013, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 13 e 32 della legge 25 maggio 1970, n. 352, un esemplare dell'ordinanza, emessa dall'Ufficio stesso nella medesima data, con le quali dichiara illegittime le richieste di referendum popolare aventi rispettivamente ad oggetto:
l'abrogazione dell'articolo 2, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117;
l'abrogazione dell'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117;
l'abrogazione parziale dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, della legge 24 marzo 1958, n. 195, della legge 12 agosto 1962, n. 1311, della legge 27 aprile 1982, n. 186, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1993, n. 418, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1995, n. 388, e della legge 6 novembre 2012, n. 190;
l'abrogazione parziale dell'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale;
l'abrogazione parziale dell'articolo 17, primo comma, numero 2), del codice penale e l'abrogazione dell'articolo 22 del medesimo codice;
l'abrogazione parziale del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
Questo documento è depositato presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 10 OTTOBRE 2013, N. 114, RECANTE PROROGA DELLE MISSIONI INTERNAZIONALI DELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA, INIZIATIVE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO E SOSTEGNO AI PROCESSI DI RICOSTRUZIONE E PARTECIPAZIONE ALLE INIZIATIVE DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI PER IL CONSOLIDAMENTO DEI PROCESSI DI PACE E DI STABILIZZAZIONE (A.C. 1670-A/R)
A.C. 1670-A/R – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
i due fucilieri «marò», appartenenti al Reggimento della Marina Militare «Brigata San Marco», Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, sono trattenuti in India da oltre 600 giorni per una complessa e delicata vicenda che scaturisce da un incidente accaduto in acque internazionali al largo della costa indiana il 15 febbraio 2012, mentre erano nell'espletamento di funzioni ad essi attribuite e normativamente disciplinate;
richiamata l'audizione informale del Commissario straordinario di Governo, dott. Staffan de Mistura, svoltasi presso le Commissioni Riunite III (Affari Esteri) e IV (Difesa) della Camera dei deputati il 18 luglio 2013 per la trattazione parlamentare della questione,
impegna il Governo
a porre in essere tutte le misure utili ad assicurare una idonea soluzione alla vicenda relativa ai due fucilieri di Marina, conforme alle norme del diritto internazionale e degli accordi bilaterali;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per ottenere un rapido ed onorevole rientro in Italia dei due «marò» Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
9/1670-A-R/1. Vito, Villecco Calipari, Artini, Cicu, Rossi, Duranti, Scopelliti, Marcolin, La Russa, Pisicchio, Cicchitto, Scanu, Adornato, Amendola, Cera, D'Arienzo, Fabrizio Di Stefano, Fava, Fioroni, Gregorio Fontana, Frusone, Carlo Galli, Garofani, Lainati, Leone, Leva, Manciulli, Marantelli, Marazziti, Antonio Martino, Nastri, Ottobre, Palmizio, Salvatore Piccolo, Giuditta Pini, Piras, Sammarco, Scotto, Stumpo, Valeria Valente.
La Camera,
premesso che:
la posizione del Governo italiano sulla vicenda siriana è improntata alla costante ricerca di una soluzione negoziata alla crisi in corso, sulla base del comunicato di Ginevra del giugno 2012, che prevede la formazione di un governo transitorio dotato di pieni poteri e la cui composizione sarà decisa per mutuo consenso delle Parti in conflitto;
il Ministro Bonino ha più volte affermato la necessità che la comunità internazionale si astenga dal fornire ulteriori armi in Siria, una regione già fortemente armata, in una zona di grande conflitto tra sciiti e sunniti e con implicazioni regionali importanti;
l'Italia, in seno al gruppo Amici della Siria, è impegnata nel rafforzamento dell'unità e coesione dell'opposizione democratica siriana, della sua inclusività e efficacia, fornendo un contributo alle sue componenti moderate che sono in favore di una Siria democratica, pluralista, rispettosa dei diritti delle sue diverse comunità costituenti, vuoi religiose, etniche o culturali, anche al fine di propiziarne la responsabile e attiva partecipazione alla conferenza di Ginevra che dovrà creare i presupposti per l'avvio di un processo di transizione politica negoziata;
l'Italia è fortemente impegnata sul fronte umanitario in Siria e nei Paesi vicini e contribuisce alle iniziative di assistenza internazionali sotto l'egida ONU, le quali tuttavia – come evidenziato dal responsabile OCHA Valerie Amos – sono ostacolate dalle parti in conflitto, le quali spesso impediscono l'afflusso degli aiuti alimentari e sanitari ad un gran numero di civili sotto assedio;
l'articolo 6, comma 2, contiene disposizioni volte ad assicurare la presenza di un funzionario del Ministero degli Affari Esteri con sede a Gaziantep (Turchia), dove altri partner internazionali sono presenti con modalità analoghe,
impegna il Governo
a continuare a profondere ogni sforzo diplomatico, incluso a livello ONU e UE, per propiziare lo svolgimento di una conferenza tra le Parti e giungere ad una soluzione politica e non militare del conflitto siriano, basata sul comunicato di Ginevra, facendo anche ricorso alla presenza diplomatica a Gaziantep;
a favorire nel frattempo l'accettazione da parte del Governo siriano e delle forze di opposizione di corridoi umanitari locali che consentano l'afflusso di aiuti a favore delle popolazioni civili intrappolate dai fronti del conflitto.
9/1670-A-R/2. Amendola, Bergamini, Marazziti, Rossi, Manciulli.
La Camera,
premesso che:
con la trasformazione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, si intende assicurare la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali, nonché degli interventi di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alla iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione fino, al 31 dicembre;
tra le attività di cooperazione, da sempre trova collocazione una particolare forma di cooperazione denominata «CIMIC» individuando con questo acronimo tutta una serie di attività che vengono svolte in collaborazione tra organizzazione non governative, e forze militari presenti nelle varie aree di crisi;
questo tipo di collaborazione si rende ancor più necessario laddove l'attività di cooperazione per potersi realizzare ha bisogno di essere sostenuta da una cornice di sicurezza;
le positive esperienze che questo tipo di attività ha sperimentato portano a ritenerla una componente strategica decisamente utile a realizzare rapporti costruttivi con le popolazioni;
le norme che stiamo approvando non individuano una specifica fonte di finanziamento per questo particolare tipo di attività di cooperazione ritenendola inclusa nelle risorse complessivamente destinate alla cooperazione stessa,
impegna il Governo
considerato il valore strategico che assumono le attività CIMIC, a mettere a disposizione di questa particolare forma di cooperazione le risorse necessarie a garantirne la continuità anche nell'ultima parte dell'anno in corso.
9/1670-A-R/3. Giacomelli, Garofani.
La Camera,
premesso che:
la 132a Brigata Corazzata «Ariete» rappresenta uno dei fiori all'occhiello delle Forze Armate della Repubblica Italiana. Ha partecipato infatti alle seguenti missioni internazionali: 1992 – Somalia; 1998/1999 Bosnia; 1999/2000/2001/2002 Kosovo; 2003-2005 Iraq; 2007/2008/2009/2010 Libano; 2011 Iraq, dove tra l'altro a Baku, nel luglio dello stesso anno, ha perso la vita il caporal maggiore Gaetano Tuccillo;
i suoi reparti sono collocati interamente nella provincia di Pordenone, caratterizzata da un'area addestrativa per i mezzi corazzati (poligoni nei fiumi Cellina e Meduna) unica nel suo genere;
il Battaglione logistico «Ariete», formato da circa 400 militari di stanza a Maniago – di cui ha ricevuto la cittadinanza onoraria il 27 maggio 2004 – è alloggiato insieme al 132o reggimento artiglieria «Ariete» all'interno della caserma Ettore Baldassare. Qui ha festeggiato da poco i 50 anni della sua storia gloriosa, interamente trascorsa a Maniago;
il Battaglione logistico opera a stretto contatto con i reparti della Brigata che necessitano di attività di trasporto, di rifornimento di materiali e di riparazioni dei mezzi (specializzati in tutte le riparazioni meccaniche per tutti i mezzi in dotazione alle Forze armate): essi sono dislocati in provincia di Pordenone a Tauriano, Cordenons, Orcenico di Zoppola oltre che nella stessa Maniago, tutte località molto vicine tra loro (massimo 25 chilometri) che insistono sulla strategica area addestrativa delle grave a confluenza dei fiumi Cellina e Meduna, legando imprescindibilmente le sue qualità fondamentali anche alla dislocazione geografica;
in questi ultimi mesi si sono fatte insistenti le voci anche a mezzo stampa che vedrebbero il personale di tale Battaglione logistico smembrato o trasferito, con inevitabile danno per le Forze armate del nostro Paese, che hanno trovato nel tempo un punto di riferimento fondamentale per le missioni internazionali;
tale eventualità genererebbe tra l'altro numerose conseguenze negative per il territorio che ospita il Battaglione, sia di tipo economico che di tipo sociale, tra cui è bene non dimenticare immediatamente l’over capacity dei servizi legati alle famiglie, cui andrebbero a sommarsi le preoccupazioni per una eventuale successiva totale chiusura della caserma Baldassare. Ciò tra l'altro determinerebbe un danno per un territorio che si è fatto carico nel tempo della presenza militare, dato che nel maniaghese insistono servitù militari per oltre 800 ettari che da sempre ne vincolano le potenzialità di sviluppo industriale e agricolo, cui non corrisponderebbero più i benefici economici derivati dalla presenza della comunità militare;
gli oneri del trasferimento – si parla di trasferimento ad Orzano di Remanzacco in provincia di Udine – sarebbero notevoli per le casse del Ministero della difesa. Infatti si devono calcolare:
maggiori oneri logistici legati alle maggiori distanze, sia in termini di percorrenze chilometriche che di lentezze di intervento;
lavori di adattamento della caserma di Remanzacco: sistemazione della parte alloggiativa, bonifica dell'amianto, realizzazione di una nuova officina;
spreco dei notevoli lavori appena svolti presso la caserma di Maniago nella ristrutturazione delle officine, delle palazzine interne e di tre capannoni, nonché del parcheggio adiacente alla caserma;
compensi dovuti al disagio del personale che non dovesse accettare volontariamente il trasferimento;
tale eventuale scioglimento o trasferimento, pertanto, non costituirebbe per le casse dello Stato alcuna riduzione dei costi e viceversa comporterebbe un loro significativo aggravio e soprattutto, con una diversa localizzazione, si disperderebbero le capacità professionali legate anche alla posizione geografica, creando dunque un danno permanente alle missioni italiane che hanno trovato da venti anni un punto di riferimento praticamente stabile nel Battaglione di stanza a Maniago;
a salvaguardia del miglior risultato nelle missioni italiane internazionali,
impegna il Governo
a rinnovare l'impegno che attualmente vede il Battaglione logistico «Ariete» di stanza nella sede di Maniago;
a non porre in essere alcuno smembramento o scioglimento del Battaglione, né alcun trasferimento del personale.
9/1670-A-R/4. (ulteriore nuova formulazione) Zanin, Rosato, Blazina.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge in esame, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, prevede disposizioni in materia penale;
in particolare, al comma 1 di tale articolo, si prevede l'applicazione alle missioni internazionali, di cui al decreto-legge in esame, delle disposizioni di cui al comma 1-sexies dell'articolo 4 del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197;
il comma 1-sexies citato disciplina l'ipotesi della scriminante relativamente alla condotta del militare che, nel corso delle missioni, per le necessità delle operazioni militari, faccia uso ovvero ordini di fare uso delle armi, della forza o di altro mezzo di coazione fisica, nell'ambito e in conformità di direttive, regole di ingaggio ovvero ordini legittimamente impartiti;
tale previsione non può prescindere da una chiara specificazione delle direttive, onde evitare la generalizzata applicazione della scriminante de qua che potrebbe avallare abusi, nonché condotte illegittime,
impegna il Governo
a prevedere un riferimento preciso e chiaro nella qualificazione delle direttive richiamate al comma 1-sexies dell'articolo 4 del decreto-legge n. 152 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge n. 197 del 2009.
9/1670-A-R/5. Sannicandro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge in esame, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, prevede disposizioni in materia penale;
in particolare, al comma 1 di tale articolo, si prevede l'applicazione alle missioni internazionali, di cui al decreto legge in esame, delle disposizioni di cui al comma 1-septies dell'articolo 4 del decreto legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197;
il comma 1-septies disciplina l'ipotesi dell'eccesso colposo in relazione alla condotta del militare che, nel corso delle missioni, per le necessità delle operazioni militari, in conformità di direttive, regole di ingaggio ovvero ordini legittimamente impartiti, faccia uso ovvero ordini di fare uso delle armi, della forza o di altro mezzo di coazione fisica, in particolare prevedendo che si applichino le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo,
impegna il Governo
nel caso di eccesso colposo ai sensi del comma 1-septies dell'articolo 4 del decreto-legge n. 152 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 197 del 2009, a prevedere un'integrazione normativa tesa ad introdurre il riconoscimento, in favore delle vittime del reato, di una somma a titolo di risarcimento danni.
9/1670-A-R/6. Daniele Farina.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede, tra le altre misure, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione;
con la legge di stabilità del 2013 è stata introdotta nel nostro ordinamento una imposta sulle transazioni finanziarie;
il gettito di questa imposta, con i pagamenti dal 16 ottobre di quest'anno, si stima intorno ai 200 milioni di euro;
il dibattito internazionale sull'imposta sulle transazioni finanziarie ha più volte evidenziato il legame tra le ragioni e gli obiettivi di questa imposta e la destinazione del suo gettito alla lotta alla povertà in ambito globale,
impegna il Governo
a destinare, a partire dal 2014, il 50 per cento del gettito dell'imposta alla realizzazione di attività, iniziative e progetti previsti dagli articoli 5 e 6 del suddetto decreto e, più in generale, alla realizzazione delle finalità della legge n. 49 del 1987 in materia di cooperazione allo sviluppo.
9/1670-A-R/7. Marcon.
La Camera,
premesso che:
secondo il nuovo regolamento per l'utilizzo dei fondi pertinenza statale del fondo «8 per mille» il 25 per cento dei suddetti fondi deve essere impiegato per iniziative legate alla lotta alla fame nel mondo e alle finalità della legge n. 49 del 1987, in materia di cooperazione allo sviluppo,
nei primi mesi di attività del Governo metà di questi fondi (circa 70 milioni di euro) sono stati utilizzati per esigenze di finanza pubblica a copertura di provvedimenti, quali quelli relativi al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, del «Fare» e dell'Ecobonus;
il Governo ha assicurato di voler ripristinare i fondi sottratti al fondo 8 per mille con la legge di stabilità 2014-2016,
impegna il Governo
ad utilizzare i fondi dell'8 per mille per la quota spettante alle attività di cooperazione che saranno ripristinate, come promesso dal Governo, per la realizzazione delle attività previste dagli articoli 5 e 6 del decreto-legge in esame.
9/1670-A-R/8. Aiello.
La Camera,
premesso che:
a partire dalla guerra in Kosovo nel 1999 si è affermata in ambito Nato una modalità operativa (denominata Cimic – Civil Military Cooperation) sperimentata in vari teatri di guerra che lega l'intervento militare a quello umanitario, subordinando quest'ultimo agli obiettivi dell'intervento operativo delle forze militari al campo;
tale modalità operativa ha avuto attuazione in vari teatri di guerra in cui sono stati operativi contingenti italiani, come in Iraq ed in Afghanistan;
nel Codice di comportamento delle organizzazioni umanitarie, inclusa la Croce rossa internazionale, come anche in altri documenti delle principali istituzioni umanitarie internazionali, sono ribaditi – come imprescindibili – i principi dell'imparzialità e la neutralità, che presuppongono la completa indipendenza dagli attori militari sul campo,
impegna il Governo
a prevedere che, nell'attuazione degli interventi previsti dagli articoli 5 e 6 del decreto-legge in esame, sia garantita piena autonomia all'intervento umanitario delle istituzioni e delle Ong italiane in piena indipendenza dall'operatività del contingente militare italiano e dalla componente militare della missione Isaf.
9/1670-A-R/9. Duranti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge in esame, al comma 1, autorizza per il periodo 1o ottobre 2013 – 31 dicembre 2013 la spesa di 124.536.000 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan ISAF ed EUPOL;
la NATO, con il summit svoltosi a Chicago nel 2012, ha deliberato sostegno all'Afghanistan con una missione a partire dal 2015, chiamata «Resolute Support», che avrà il compito di assistere e sostenere le Forze di sicurezza nazionale afghane (ANSF);
l'Afghanistan è in una fase cruciale, con all'orizzonte una serie di sfide fondamentali che riguarderanno temi quali la sicurezza, la politica e l'economia. Nel 2014 si svolgeranno le elezioni presidenziali e, allo stato attuale, nelle forze di polizia (ANSF) le donne sono presenti nella esigua misura dell'1 per cento. Lo stesso Ministro dell'interno è alla ricerca di 12.000 donne da integrare per garantire la giusta partecipazione femminile al voto. La difficoltà di questa operazione risiede anche nelle minacce e nei tentativi di omicidio che subiscono le donne Afghane impegnate in polizia e/o che ricoprono incarichi istituzionali;
con la Risoluzione 1324 UNSCR su «Donne, Pace e Sicurezza», approvata all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU il 31 ottobre 2000, si riconosce e sottolinea il ruolo fondamentale delle donne nella prevenzione e risoluzione dei conflitti, prevedendone una maggiore partecipazione nei processi di mantenimento della pace e della sicurezza nazionale,
impegna il Governo
a farsi portavoce delle istanze, ribadite anche dalle ONG europee, volte a promuovere iniziative ONU e EU a tutela delle donne e del proprio ruolo soprattutto in situazioni delicate quale quella in Afghanistan, affinché anche tutti gli elementi del ANSF ricevano adeguata formazione a protezione dei civili e un mentoring in diritti umani, diritto umanitario, stato di diritto e consapevolezza di genere.
9/1670-A-R/10. Di Salvo, Piazzoni.
La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge in esame, all'articolo 6, si parla di «sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione»;
l'Afghanistan si trova ad affrontare uno snodo di vitale importanza, con la previsione per il 2014 delle elezioni presidenziali e per il 2015 di quelle parlamentari. Circa l'80 per cento della popolazione, inoltre, si schiera contro il ritiro delle forze internazionali preoccupato del deterioramento delle condizioni di sicurezza e della debolezza del esercito afghano e della possibilità di avanzamento dei Talebani. Ciononostante si è sviluppata una certa contrarietà nel vedere impegnata la NATO nello scenario post 2014 con la missione «Resolute Support», valutando come ipotesi migliore l'istituzione di missioni di polizia internazionale e/o di addestramento delle forze di polizia. Compiti che non risultano completamente compatibili con la suddetta missione «Resolute Support», di stampo prevalentemente militaristico tanto da essere stata ribattezzata da molti osservatori come «Missione ISAF 2.0»;
con la legge 29 novembre 2012, n. 239, si ratifica e si rende esecutivo l'Accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo tra la Repubblica italiana e la Repubblica islamica dell'Afghanistan (Roma, 26 gennaio 2012), muovendo dal presupposto che il legislatore italiano è «Persuaso del bisogno di continuare ad adoperarsi per la creazione in Afghanistan di istituzioni politiche forti, democratiche, funzionanti e reciprocamente bilanciate; riaffermando la necessità di agire in piena conformità con le norme del diritto internazionale in materia di diritti umani, inclusi i diritti delle donne, in linea con la lettera e lo spirito della Costituzione afgana; consapevoli del ruolo positivo che la società civile e i media indipendenti possono ricoprire nella costruzione di un Afghanistan pacifico e sostenibile» (premessa all'articolato della suddetta legge),
impegna il Governo
a rivalutare, a partire dal 1o gennaio 2014, la partecipazione italiana alla Missione ISAF, nonché alla futura Missione «Resolute Support», destinando fondi e risorse umane per la completa applicazione di un concetto di cooperazione così come previsto anche dalla legge n. 239 del 2012, estromettendo le operazioni militari da ogni qualsivoglia addestramento delle forze afghane.
9/1670-A-R/11. (nuova formulazione) Pannarale.
La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame si ha la proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali;
la base giuridica che legittima la partecipazione delle forze armate italiane alle missioni internazionali risiede nei periodici decreti – successivamente convertiti in legge dal Parlamento – che prorogano di 3, 6, 9 o 12 mesi le precedenti autorizzazioni alla partecipazione del personale militare alle stesse, provvedendo alla relativa copertura finanziaria;
è consuetudine che tutte le missioni internazionali vengano accorpate in unico decreto;
questa forma di intervento legislativo non permette una analisi reale sullo stato delle missioni e sulla loro efficacia rispetto agli obiettivi, costringendo il Parlamento ad una discussione non puntuale e spesso approssimativa su importanti questioni come la partecipazioni italiana alle missioni internazionali,
impegna il Governo
a proporre, per il prossimo intervento legislativo in materia di rifinanziamento delle missioni internazionali, separati decreti-legge per le diverse missioni in cui è impegnato il nostro Paese.
9/1670-A-R/12. Quaranta.
La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame si proroga la partecipazione italiana alle missioni internazionali;
nel suddetto decreto, all'articolo 1, comma 1, si proroga la partecipazione italiana alla missione ISAF ed EUPOL AFGHANISTAN;
suddette missioni, in campo da più di 11 anni, non stanno producendo i risultati sperati, anche e soprattutto per l'impostazione militaristica assunta;
alla fine del 2014, la missione ISAF sarà da considerarsi conclusa;
diversi osservatori internazionali, e le ONG europee, propendono per l'instaurazione di un processo programmatico che punti principalmente alla stabilizzazione di rapporti diplomatici fra i paesi teatri di guerre ed i membri della NATO, della UE nonché delle Nazioni limitrofe, evidentemente e naturalmente interessate ad una risoluzione pacifica dei conflitti in essere,
impegna il Governo
a proporre una Conferenza internazionale macroregionale incentrata sugli scenari post ISAF, in cui coinvolgere interlocutori come India, Russia, Cina e Iran, dove l'Italia potrebbe svolgere un ruolo fondamentale per la promozione degli auspicabili processi evidenziati in premessa.
9/1670-A-R/13. Kronbichler.
La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame si proroga la partecipazione italiana alle missioni internazionali, fra cui, all'articolo 1, comma 1, la missione ISAF per l'Afghanistan;
all'articolo 6 del suddetto decreto, si parla di «sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione»;
per il 2014 sono previste le elezioni presidenziali afgane e per il 2015 quelle parlamentari;
vi è il serio rischio, come paventato fra l'altro dai vari osservatori internazionali, che la libera partecipazione alle suddette elezioni sia molto limitata, riproponendo in sostanza le problematiche emerse nella tornata elettorale del 2009, con ulteriori seri problemi per la sicurezza, in modo particolare per le donne afgane,
impegna il Governo
ad adoperarsi affinché ci sia un sostegno concreto allo svolgimento regolare e trasparente delle elezioni afgane, utilizzando e potenziando tutte le forme di cooperazione internazionale e l'attività delle associazioni che già operano sul campo, piuttosto che continuare sulla scia della «assistenza armata» e militare utilizzata sino ad ora.
9/1670-A-R/14. Placido.
La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge in esame, all'articolo 5, si prevedono «Iniziative di cooperazione allo sviluppo» e, in particolare, al comma 1, «iniziative di cooperazione volte ad assicurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e il sostegno alla ricostruzione civile in favore di Afghanistan (...)»;
uno dei tre ambiti della dottrina COIN, che risultano essere i pilastri su cui poggiare la transizione completa del potere dalle forze NATO al Governo afgano, riguarda lo sviluppo socio-economico;
in merito al suddetto ambito, lo start-up e la prosecuzione delle iniziative volte ad eseguirlo sono state poste in capo ai «Provincial Recostruction Teams» della NATO;
ad oggi, i «PRT» non hanno prodotto i risultati sperati per diversi motivi, intrinseci ed estrinseci alla natura stessa degli stessi «PRT». Da una parte, vi sono oggettive condizioni di insicurezza territoriali che bloccano sensibilmente la commercializzazione delle risorse del Paese e i derivanti investimenti esteri, dall'altra, il far dipendere le componenti militari dei «PRT» dalla missione ISAF, e quindi dalla NATO, ha fatto sì che i presidi fossero dislocati in maniera poco organica su tutto il territorio del Paese, e che fossero inoltre percepiti come obiettivi sensibili e quindi attaccabili in quanto «formazioni militari estere»,
impegna il Governo
a rilanciare la cooperazione allo sviluppo e ad uscire dall'approccio dei «Provincial Recostruction Teams», evidentemente poco soddisfacente in base agli obiettivi preposti, sottoponendo altresì gli stessi ad attenta analisi e valutazione da parte del Parlamento italiano, e puntando piuttosto alle organizzazioni di cooperazione internazionale già esistenti.
9/1670-A-R/15. Paglia.
La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame, al comma 16 dell'articolo 1, è autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, la spesa di euro 726.003 per la partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite in Mali, denominata «United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali» (MINUSMA), di cui alla risoluzione 2100 (2013) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 25 aprile 2013, e per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell'Unione europea denominate EUCAP Sahel Niger ed EUTM Mali, di cui all'articolo 1, comma 17, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12;
l'operazione MINUSMA è stata istituita il 25 aprile 2013 con risoluzione 2100 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, al fine di favorire la stabilizzazione del sistema politico, e con una serie di compiti relativi al mantenimento della sicurezza interna con l'impiego di 11.400 militari e circa 1.400 poliziotti;
la situazione di sicurezza nel Mali ha subito un grave deterioramento all'inizio del gennaio 2013, quando i gruppi di Ansar Dine, il Movimento per l'Unità e la Jihad in Africa Orientale, con il sostegno del gruppo Al-Quaeda del Maghreb islamico sono avanzati verso Sud, infliggendo numerose sconfitte all'esercito del Mali;
tali vicende hanno portato ad un intervento armato della Francia, che ha ristabilito la sicurezza nel Nord del Paese, ma nonostante ciò l'Onu ha dato vita all'operazione MINUSMA;
le problematiche che affliggono il Nord del Paese, al confine con la Libia, sono i rischi di attacchi terroristici, il traffico illegale di armi e droga;
il 19 settembre 2013, il Mali ha visto il giuramento del nuovo Presidente della Repubblica Ibrahim Boubacar Keita (noto a tutti come IBK), con la presenza del Presidente francese Hollande;
il 5 ottobre 2013, dopo un breve periodo di scontri, le forze dell'opposizione armata, tra cui il MLNA (Movimento di Liberazione nazionale) del Nord, hanno dato disponibilità a riaprire i negoziati ed i colloqui di pace,
impegna il Governo
a riferire in merito all'impegno italiano in Mali con le missioni MINUSMA e EUCAP Sahel Niger ed EUTM Mali, finanziato con 726.003 euro, precisando quali percorsi di cooperazione e consolidazione della pace interna stiano portando avanti i militari italiani e dell'Onu;
ad intraprendere le dovute iniziative affinché l'Onu possa ottenere una risoluzione pacifica e non armata delle controversie presenti nel Nord del Mali, per una soluzione negoziata delle rivendicazioni di autonomia delle popolazioni del Nord, come i Tuareg dell'Azawad;
a porre in essere iniziative che possano permettere alle Nazioni Unite e al nostro Paese di dare un contributo per vigilare sulla validità e la democraticità delle prossime elezioni legislative del Mali, che si terranno alla fine del mese di novembre 2013.
9/1670-A-R/16. Ferrara.
La Camera,
premesso che:
il comma 13 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame autorizza, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, la spesa di euro 2.547.405 per la partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Libia, denominata European Union Border Assistance Mission in Libya (EUBAM Libya), di cui alla decisione 2013/233/PESC del Consiglio del 22 maggio 2013, e per la proroga dell'impiego di personale militare in attività di assistenza, supporto e formazione in Libia, di cui all'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12;
è autorizzata altresì, con il comma 20 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, la spesa di euro 91.430 per la partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione dell'Unione europea in Libia, denominata European Union Border Assistance Mission in Libya (EUBAM Libya), di cui alla decisione 2013/233/PESC del Consiglio del 22 maggio 2013;
la missione EUBAM Lybia è promossa dall'Unione Europea, a sostegno della autorità libiche, per stabilizzare la gestione delle frontiere e la sicurezza del Paese;
a quasi tre anni dalla rivoluzione che ha rovesciato Gheddafi, la Libia si presenta ancora come un Paese fragile il cui governo fatica a mantenere il controllo sulle milizie tribali e islamiste che controllano de facto ampie parti del territorio;
il sequestro del primo ministro Ali Zeidan, rilasciato poche ore dopo, ha certificato questa situazione. Il rapimento è stato rivendicato dagli ex ribelli della «Camera dei rivoluzionari di Libia», ma il Governo sospetta anche di un'altra organizzazione, la «Brigata di lotta contro il crimine». Entrambi i gruppi dipendono in teoria dai ministeri della difesa e dell'interno;
sfruttando i salafiti, ideologicamente affini e forti soprattutto nell'Est del paese, Al Qaeda è penetrata e sta cercando di connettere tra loro i gruppi cirenaici responsabili di numerosi attacchi, compresi quello dell'11 settembre scorso costato la vita all'ambasciatore americano Chris Stevens e quello del gennaio scorso dal quale è uscito per fortuna incolume il console italiano Guido De Sanctis,
impegna il Governo:
a riferire in merito alla vicenda del gennaio 2013 in merito all'attacco al consolato italiano di Bengasi, da cui è uscito fortunatamente illeso il console Guido De Sanctis;
a riferire in merito all'impegno delle truppe italiane nella missione European Union Border Assistance Mission in Libya (EUBAM Libya), finanziata con 2.547.405 euro a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, su quali siano le attività svolte dai militari italiani in tema di stabilizzazione e gestione delle frontiere libiche.
9/1670-A-R/17. Lacquaniti.
La Camera,
premesso che:
l'Italia autorizza la partecipazione di 27 unità di personale militare alla missione in Mali MINUSMA di cui alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite del 25 aprile 2013;
è autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, la spesa di euro 726.003 per la partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite in Mali, denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali (MINUSMA), di cui alla risoluzione 2100 (2013) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 25 aprile 2013, e per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell'Unione europea denominate EUCAP Sahel Niger ed EUTM Mali, di cui all'articolo 1, comma 17, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12;
il governo del Mali e i gruppi ribelli Tuareg del MNLA e dell'Haut Conseil pour l'unité de l'Azawad (Hca) hanno firmato nel giugno 2013 ad Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, un accordo preliminare per tenere le elezioni presidenziali il 28 luglio, che riconosce pienamente anche l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale del Mali, ristabilendo l'amministrazione dello Stato nella regione del Kidal;
l'accordo di Ouagadougou prevede anche ulteriori accordi tecnici in vista del disarmo dei gruppi armati, all'interno di un quadro di colloqui di pace che coinvolgeranno tutte le comunità etniche del Nord del Mali. Tra gli accordi siglati con il Mnla, che rinuncia così alle pretese di indipendenza della regione del Kidal e di tutto il Mali del nord, è prevista anche l'inclusione dei tuareg nelle scelte economiche e politiche per il futuro del Paese;
gli accordi preliminari di Ouagadougou prevedono il cessate il fuoco immediato tra le parti coinvolte e impegnano le parti a discutere di una pace durevole in Mali;
circa 170.000 profughi del Mali in Burkina Faso, Niger e Mauritania hanno il diritto di tornare in patria per le elezioni legislative di fine novembre,
impegna il Governo
a porre in essere misure che possano attuare in concreto gli accordi di Ouagadougou, visto l'impegno dell'Italia alla missione MINUSMA, lavorando per un definitivo cessate il fuoco ed una progressiva integrazione nel sistema politico e sociale del Mali per i gruppi etnici del Nord del Paese;
a far sì che, attraverso l'impegno delle unità militari italiane e dell'Onu, i 170.000 profughi del Mali possano tornare in patria da Burkina Faso, Niger e Mauritania in tempo per le elezioni legislative di fine novembre, rendendo l'importante momento elettorale democratico, ampio ed esteso a tutte le comunità etniche che fanno parte del Paese africano.
9/1670-A-R/18. Lavagno.
La Camera,
premesso che:
al comma 21 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame è autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, la spesa di euro 2.895.192 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, per garantire la manutenzione ordinaria delle unità navali cedute dal Governo italiano al Governo libico e per lo svolgimento di attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, di cui all'articolo 1, comma 25, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12;
nell'aprile 2012, gli accordi sottoscritti tra Italia e Libia, sono stati contestati dalle organizzazioni per i diritti umani, per il fatto che in Libia c’è la mancanza totale di stato di diritto in cui i cittadini stranieri languono in carcere alla mercé delle milizie che dirigono i centri di detenzione, sottoposti a maltrattamenti, sfruttamento e a lavoro forzato, pertanto un accordo sul contrasto dell'immigrazione illegale comporta rischi di gravi violazioni dei diritti umani;
il documento Italia-Libia prevede inoltre il «Programma di addestramento da parte dei nostri funzionari in favore di ufficiali di polizia libici in vari settori della sicurezza tra cui tecniche di controllo della polizia di frontiera (confini terrestri e aeroporti)», la costituzione di un «centro di individuazione di falso documentale» e di un «centro di addestramento nautico» presso la nostra ambasciata di Tripoli. L'Italia si impegna inoltre a fornire mezzi tecnici e attrezzature al Governo libico;
quello che preoccupa maggiormente però è il punto che prevede la costruzione di un «centro sanitario a Kufra, per garantire i servizi sanitari di primo soccorso a favore dell'immigrazione illegale». La cittadina a Sud della Libia è infatti uno dei principali varchi a cui approdano i flussi di migranti e profughi provenienti da Egitto, Sudan, Ciad e diretti verso il miraggio europeo. Secondo Amnesty International, Kufra non è mai stato un centro sanitario, né tantomeno un centro di accoglienza, ma un centro di detenzione durissimo e disumano. I cosiddetti «centri di accoglienza» di cui si sollecita il ripristino, chiedendo collaborazione alla Commissione europea, hanno a loro volta funzionato come centri di detenzione, veri e propri luoghi di tortura. Ciò, nella situazione attuale, significa che l'Italia offre collaborazione a mettere a rischio la vita delle persone che si trovano in Libia,
impegna il Governo:
a riferire in merito a quali attività vengono svolte dalle truppe italiane impegnate in Libia nelle missioni EUBAM e MIL, con particolare riferimento alle attività di addestramento relative ai controlli di frontiera;
ad assicurare che nel centro sanitario di Kufra sia garantito il rispetto dei diritti umani e civili, visto l'impegno economico e militare che l'Italia fornisce alla Libia per il ripristino dei centri di accoglienza e di primo soccorso per migranti;
a rivedere, avviando un dibattito pubblico e chiaro in Parlamento e nel Paese, gli accordi bilaterali con la Libia in tema di immigrazione clandestina, illegale, e sulla gestione delle frontiere e dei traffici marittimi;
ad avviare un iter legislativo, destinando risorse a cooperazione e politiche per l'integrazione, che preveda forme di protezione internazionale, ed altre forme diverse dall'asilo come la protezione sussidiaria, la protezione umanitaria per il tempo necessario alla formazione e alla ricerca del lavoro per chi fugge da scenari di guerra e da gravi emergenze alimentari ed umanitarie.
9/1670-A-R/19. Palazzotto.
La Camera,
premesso che:
il comma 15 dell'articolo 1 decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114 autorizza, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, la spesa di euro 42.470 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite nella Repubblica del Sud Sudan, denominata United Nations Mission in South Sudan (UNMISS), di cui all'articolo 1, comma 16, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12;
la realtà del Sudan e del Sud Sudan resta complessa, con il prorogarsi di scontri e guerre civili dopo l'indipendenza ottenuta dal nuovo Stato del Sud con il referendum del 2011;
il Sudan è inserito nei finanziamenti per la cooperazione, di cui all'articolo 5 comma 1 decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114, per iniziative in argomento tese in particolare ad assicurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e il sostegno alla ricostruzione civile in favore di Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Paesi ad essi limitrofi è autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, con la spesa di euro 23.600.000;
tra i contenziosi presenti nel conflitto Sudan-Sudan Sud, per cui l'ONU si impegna con la UNMISS ed altre iniziative di cooperazione, ci sono le proprietà e i diritti sui giacimenti petroliferi e la sovranità sulla provincia che confina tra i due stati, il distretto di Abyei;
Abyei è un'area del Sudan di 10.460 kmq, a cui è concesso uno speciale status amministrativo, contenuto nel Comprehensive Peace Agreement che ha concluso al seconda guerra civile sudanese;
de facto, Abyei è amministrata dal Sudan e rinvendicata dal Sudan del Sud;
nel territorio conteso, sono presenti bacini di idrocarburi, e campi petroliferi;
il Protocollo sulla risoluzione del conflitto di Abyei del gennaio 2005, concedendo lo «speciale status amministrativo» all'area, prevedeva che Abyei avesse il diritto a scegliere tramite referendum se rimanere con il Nord o tornare al Sud;
l'Italia partecipa alla missione UNMISS e ad iniziative di cooperazione negli stati del Sudan e Sudan del Sud,
impegna il Governo
a riferire in merito all'impegno di unità militari italiane nel territorio della provincia di Abyei;
ad intraprendere iniziative volte a risolvere il conflitto sul territorio di Abyei, dando seguito alla richiesta di referendum contenuta nel protocollo sulla risoluzione del conflitto, consentendo agli abitanti del distretto di decidere a quale stato appartenere, rispettando il principio inderogabile dell'autodeterminazione dei popoli;
a garantire il regolare svolgimento del referendum per gli abitanti di Abyei, assicurando l'astensione da parte di terzi, quali milizie organizzate e Stati stranieri.
9/1670-A-R/20. Melilla.
La Camera,
premesso che:
con il comma 15 dell'articolo 1 decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114 è autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, la spesa di euro 42.470 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite nella Repubblica del Sud Sudan, denominata United Nations Mission in South Sudan (UNMISS), di cui all'articolo 1, comma 16, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12;
la realtà del Sudan e del Sud Sudan resta complessa, con il prorogarsi di scontri e guerre civili dopo l'indipendenza ottenuta dal nuovo stato del Sud con il referendum del 2011;
nel luglio 2011, la missione UNMIS è sostituita e di fatto prorogata dalla UNMISS da parte dell'ONU, con la partecipazione diretta dell'Italia;
gli accordi di pace del 2005 firmati a Naivasha, tra il Movimento per la Liberazione del Sudan (poi Sud Sudan) e lo stato del Sudan, oltre a prevedere il referendum sull'indipendenza, hanno siglato una serie di punti per arrivare ad un equilibrio tra i due stati e ad una pace duratura;
in particolare, si è stabilito che i proventi del petrolio saranno divisi equamente tra i due Stati, in quanto le estrazioni avvengono nel Sudan del Sud dove sono presenti l'80 per cento dei giacimenti, e la raffinazione nel Sudan del Nord;
sulle questioni petrolifere si fondano le principali divisioni tra i due Stati, in particolare sul diritto di passaggio per gli oleodotti che dovrebbero portare il petrolio nel Sudan;
sono forti gli interessi delle potenze occidentali e delle multinazionali sulle vicende petrolifere del Sudan, in particolare del Regno Unito, causando un probabile conflitto di interessi con la missione UNMISS nello stato del Sud Sudan;
la risorsa naturale del petrolio è una materia prima che potrebbe dare un forte slancio e sviluppo al Sud Sudan, uno degli Stati più poveri del mondo,
impegna il Governo
a riferire alle Camere una valutazione della missione UNMISS, vista la partecipazione di personale militare italiano, precisando quale sia oggi la situazione politica nei due Stati sudanesi, ove ancora permane un conflitto, nonostante il referendum del 2011;
a promuovere iniziative volte ad assicurare la sovranità del popolo e dello Stato del Sudan del Sud sulle proprie materie prime, come il petrolio, senza l'interferenza delle potenze occidentali;
ad accertarsi e dimostrare che la missione UNMISS e l'impegno occidentale in Sudan siano rivolti alla stabilizzazione della pace, della democrazia e dei diritti tra i due Stati del Sudan, senza conflitti di interessi neocolonialisti dati dalla ingente presenza di giacimenti petroliferi.
9/1670-A-R/21. Nardi.
La Camera,
premesso che:
al comma 16 dell'articolo 1 del decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114 in materia di proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, è autorizzata la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell'Unione europea denominate EUCAP Sahel Niger e EUTM Mali, di cui all'articolo 1, comma 17, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12.
il territorio del Sahel è prevalentemente desertico e divide l'Africa del Nord dall'Africa nera e sub-sahariana, comprendendo gli stati del Senegal, Sudan, Eritrea, Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad, Mauritania;
gli Stati saheliani sono considerati tra i più poveri del mondo, caratterizzati spesso da vere e proprie crisi umanitarie date da periodi di forte siccità, con circa 15 milioni di abitanti coinvolti in crisi alimentari ed elevati rischi di malnutrizione grave;
l'ONU, nella figura del suo inviato speciale per il Sahel, Romano Prodi, sta predisponendo un piano di rilancio e ricostruzione per il Sahel, per avviare una fase di crescita sostenibile dei Paesi centrali, in modo tale da poter far emancipare la parte più povera e arretrata dell'intero continente africano;
l'ONU richiede un impegno di cooperazione, investimenti e lotta al narcotraffico da parte degli stati europei;
impegna il Governo
a riferire in merito all'impegno delle truppe italiane nella regione del Sahel, evidenziando quali attività di cooperazione integrazione e politiche umanitarie di contrasto all'emergenza alimentare si stiano portando avanti con la missione EUCAP Sahel Niger;
ad esporre, in vista della Presidenza di turno del semestre europeo per il 2014, le linee guida per una strategia europea relativa a tutto il Sahel che affronti in maniera innovativa i nodi della sicurezza, dell'integrazione, della governance e della lotta alla povertà;
ad attivare le misure necessarie per un maggiore impegno umanitario e a sostegno delle Ong italiane operanti nelle regioni del Sahel, un'area del mondo povera, ma potenzialmente promettente e vicina.
9/1670-A-R/22. Nicchi.
La Camera,
premesso che:
ai sensi delle disposizioni di cui al decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114, si prevede lo stanziamento di ulteriori cinque milioni di euro per finanziare, fino a dicembre 2013, la missione Active Endeavour, per cui l'Italia ha già speso duecentotrenta milioni di euro;
tale missione doveva originariamente essere incentrata sull'intercettazione di eventuali movimenti navali di cellule fondamentaliste islamiche, con un occhio di riguardo per i trasferimenti di armi chimiche o nucleari;
successivamente il mandato dell'operazione è stato allargato fino a ricomprendere anche tutti i business che arricchiscono i miliziani qaedisti, come il commercio di droga e lo sfruttamento dei migranti;
dal 2008 sono stati anche potenziati la condivisione delle informazioni ed il network elettronico della sorveglianza, fino ad arrivare alla capacità di monitorare oltre diecimila imbarcazioni al giorno, comprese quelle che attraversano la zona calda dei viaggi disperati verso la Sicilia;
nonostante tali interventi, incrociatori, portaelicotteri, sottomarini e velivoli radar coinvolti nell'operazione non hanno mai bloccato un solo peschereccio trasportante profughi;
uno dei quadranti di attività delle cannoniere Nato marca proprio il tragitto tra Libia e Sicilia, dove si sono verificate le stragi più gravi, e un settore di pattugliamento aereo dell'Alleanza militare vigila sulle acque tra Tunisia e Italia, ma né i radar dei più moderni cacciatorpedinieri, né quelli dei ricognitori volanti più sofisticati hanno mai segnalato un barcone in difficoltà o uno scafo di migranti in viaggio,
impegna il Governo
a constatare l'evidente inefficacia della missione Active Endeavour e ad uscirne a partire dal 1o gennaio 2014;
a ricercare soluzioni diverse e più rispettose dei diritti umani.
9/1670-A-R/23. (nuova formulazione) Scotto.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni di cui al decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114 sulla missione Active Endeavour, concernenti la proroga di ulteriori tre mesi della stessa con una spesa superiore ai cinque milioni di euro, mostrano uno scenario quanto mai sconfortante;
non risulta essere ancora stato creato un protocollo per trasmettere le informazioni raccolte dalla NATO;
il dossier realizzato nel giugno del 2010 dall’Institute for foreign policy analysis di Ginevra, in collaborazione con la stessa Alleanza Atlantica e con il Governo statunitense, inoltre, evidenzia quanto sia carente il coordinamento nella lotta ai traffici nel Mediterraneo;
vi sono problemi giuridici, dato che molti Paesi non hanno mai previsto lo sfruttamento dei migranti come reato, e la tutela approntata dai Paesi che invece hanno compiuto questa scelta è spesso lacunosa ed insufficiente;
nonostante i proclami dell'Alleanza Atlantica, l'operazione nel Mediterraneo resta a vocazione chiaramente militare: ciò è ampiamente dimostrato dal fatto che, più che ai barconi di migranti e qaedisti, si pensi a mercantili e sommergibili, tanto che una parte dei finanziamenti è stata spesa proprio per esercitazioni nella caccia ai sottomarini, un mezzo che non fa certo parte dell'arsenale terroristico;
anche la nostra Marina ha impiegato parte dei fondi stanziati per questa missione per lunghe crociere dei nostri mezzi di profondità, inclusi gli U-212, costati, ciascuno, trecentocinquanta milioni di euro,
impegna il Governo
sulla scia di quanto esposto in premessa, e considerando, dunque, che non vi sono i margini per approvare un ulteriore impegno relativamente alla missione Active Endeavour, ad interrompere il rifinanziamento della stessa a partire dal 1o gennaio 2014.
9/1670-A-R/24. (nuova formulazione) Airaudo.
La Camera,
premesso che:
sono passati oltre dodici anni dall'inizio della guerra in Afghanistan e la situazione è ben lontana da quella che per lungo tempo è stata sbandierata mediaticamente dall'allora Governo americano, guidato da Bush;
il bilancio è drammatico: oltre tremila soldati della coalizione sono morti, tra cui cinquantatré italiani;
siamo, senza ombra di dubbio alcuno, più che mai distanti da qualsivoglia pacificazione del territorio;
molti Paesi coinvolti (dalla Francia all'Australia, e così anche il Canada) anticipano il ritiro del loro contingente; tuttavia l'Italia ancora una volta prevede la proroga di una missione che di umanitario ha mostrato di avere ben poco;
la tragica fine del Capitano dei Bersaglieri Giuseppe La Rosa, avvenuta in data 8 giugno 2013, causata anche dall'assenza di una torretta remotizzata nel VTLM Lince su cui era a bordo, è l'ennesima dimostrazione del fatto che la sicurezza dei nostri militari lì stanziati sia ben lungi dall'essere garantita,
impegna il Governo
ad annullare, a partire dal 1o gennaio 2014, qualsiasi ulteriore proroga della nostra permanenza nella missione internazionale ISAF ed a prevedere in tempi rapidi e ben definiti il rientro di tutti i militari italiani stanziati in Afghanistan.
9/1670-A-R/25. (nuova formulazione) Fava.
La Camera,
premesso che:
nei giorni scorsi Museeb Khan, ufficiale delle forze speciali afgane che combattono i talebani, ha disertato, portando con sé mezzi, materiali e armi;
egli ha lasciato la sua squadra di 20 uomini ad Asadabad, capitale del Kunar, dopo averne mandata un parte in licenza, ha caricato tutte le armi e i materiali su un humvee e ha raggiunto il gruppo di suo zio, temuto comandante di Hezb-i-Islami nella Valle Shegal;
non si tratta certo dell'ultimo episodio che investe l'esercito nazionale afgano: basti pensare che solo nell'ultimo mese 10 attacchi alle forze ISAF sono stati portati direttamente da militari afgani, e un quinto dei caduti della coalizione internazionale proviene da simili attacchi;
Hezb-e-Islami, guidato da Gulbuddhin Hekmatyar, un tempo un alleato degli Stati Uniti e del Pakistan nella lotta contro l'occupazione sovietica dell'Afghanistan, è ormai considerato uno dei gruppi di insorti maggiormente anti-americani, ed assieme ai talebani del mullah Omar e alla rete Haqqani, è considerato uno dei tre gruppi più letali;
molti di questi disertori, peraltro, sono stati addestrati da esperti inviati dalla missione ISAF, e quindi, una volta unitisi alle cellule di insorti, essi condividono con i talebani le competenze e le conoscenze fornitegli dalle truppe occidentali, rendendoli ancora più pericolosi,
impegna il Governo
ad annunciare l'immediata uscita del nostro Paese dalla missione ISAF a partire dal 1o gennaio 2014, riportando quanto prima in Italia le truppe impegnate sul terreno, lasciando sul campo solo i militari necessari ad organizzare il rientro del materiale con precise regole d'ingaggio, e di sostituire quanto prima la missione militare con una civile con lo specifico compito di sostenere la popolazione afgana con progetti di sostegno alla cooperazione e di ricostruzione civile del Paese.
9/1670-A-R/26. (nuova formulazione) Piras.
La Camera,
premesso che:
dopo dodici anni, il bilancio della guerra in Afghanistan è del tutto negativo, visto che non è stato conseguito nessuno dei grandi obiettivi con cui gli Stati Uniti e la comunità internazionale hanno giustificato l'intervento;
sconfitta del terrorismo internazionale, democratizzazione e ricostruzione del Paese e contrasto reale al narcotraffico sono tutti risultati ben lungi dal potersi dire acquisiti;
in dodici anni nessuno dei problemi sociali e culturali dell'Afghanistan è stato affrontato, la missione non è stata in grado di portare alcun miglioramento dal punto di vista dell'economia, dell'istruzione, delle leggi ed anzi, la situazione è anche peggiorata, allontanando sempre più la popolazione dal nuovo governo sostenuto dall'Occidente;
con la missione ISAF, l'obiettivo era difendere gli afgani; oggi ci ritroviamo, purtroppo, a doverci difendere noi stessi dagli afgani,
impegna il Governo
a prendere in considerazione i pessimi risultati che abbiamo ottenuto finora ed agire nell'unica direzione possibile, ovvero l'annuncio dell'immediata uscita del nostro Paese dalla missione ISAF a partire dal 1o gennaio 2014, con un immediato rientro in Italia delle truppe impegnate sul territorio, e lasciando sul campo solo i militari necessari ad organizzare il rientro del materiale con precise regole d'ingaggio, sostituendo così quanto prima la missione militare con una civile con lo specifico compito di sostenere la popolazione afgana con progetti di sostegno alla cooperazione e di ricostruzione civile del Paese.
9/1670-A-R/27. (nuova formulazione) Giancarlo Giordano.
La Camera,
premesso che:
secondo l'ultimo rapporto dell'UNODOC, risulta che nel 2011 in Afghanistan le terre coltivate ad oppio siano 154.000 ettari, con un incremento del 18 per cento rispetto all'anno precedente, con una produzione di 3.700 tonnellate, con un calo del 36 per cento rispetto al 2010 a causa di malattie delle piante e cattive condizioni meteorologiche;
quello dell'oppio è un business che rappresenta fra il 4 ed il 7 per cento del prodotto interno lordo del Paese;
secondo le stime della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, circa il 40 per cento del PIL dell'Afghanistan è imputabile all'oppio, impiegando circa 3,3 milioni di persone su una popolazione di 30 milioni di persone;
gli interessi del narcotraffico a questo business rappresentano una minaccia cruciale per lo sviluppo, la stabilità dello Stato e la sicurezza in Afghanistan, rischiando di generare ulteriori conflitti tra la popolazione civile e in particolare con i contadini impiegati nella produzione di papavero;
l'accesso ai farmaci terapeutici del dolore detti analgesici narcotici è stata fortemente richiesta dalle raccomandazioni finali dalla 12a Conferenza internazionale delle autorità di regolamentazione del settore farmacologico, svoltasi a Seoul nell'aprile del 2006 e la domanda mondiale di medicinali a base di oppiacei come morfina e codeina prevede alcune forme di utilizzo di colture finalizzate a queste produzioni;
esiste già una sperimentazione effettuata in Turchia negli anni ’70 di coltivazione autorizzata con il sostegno degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite che aveva lo scopo di smontare il legame fra narcotrafficanti e contadini di zone rurali poverissime senza arrivare alla pratica dell'eradicazione forzata;
la produzione di farmaci analgesici mondiale è estremamente carente rispetto alla potenziale domanda soprattutto nei Paesi più poveri e per questo più esposti dal punto di vista sanitario alla necessità di ricorrere a farmaci con tali principi attivi proprio per i conflitti bellici di cui spesso sono teatro con conseguenti ripercussioni sulla salute degli abitanti;
la possibilità di far emergere dall'illegalità milioni di persone povere che vedono nella coltura dell'oppio illegale l'unica fonte di sopravvivenza suggerisce di rivedere le politiche aggressive di approccio al tema, per valorizzare invece l'aspetto più umanitario e di prospettiva poiché solo favorendo lo sviluppo e l'integrazione di sistemi economici legali potranno raggiungersi risultati importanti sul fronte della riduzione del narcotraffico;
considerando che l'articolo 23 della Convenzione delle Nazioni Unite del 1961 stabilisce le condizioni che disciplinano la coltura, la produzione e la distribuzione di oppio sotto la supervisione di un organismo pubblico e reiterando che il Governo afgano deve soddisfare dette condizioni, in particolare per quanto riguarda le province meridionali del Paese in cui la coltura di oppio è eccessiva,
impegna il Governo
a proporre in sede internazionale l'inserimento dell'Afghanistan nei progetti pilota che prevedono già la coltivazione legale a fini terapeutici del papavero da oppio;
a chiedere la cessazione dell'estirpazione forzata delle colture al fine di non discriminare la popolazione sottoposta a tali pratiche rispetto ad altre e accumulare così motivi di conflitto che acuiscono la difficoltà a trasformare le colture illegali in legali.
9/1670-A-R/28. Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
sono passati quasi quindici anni dall'operazione della NATO, e più di cinque dalla proclamazione d'indipendenza del Kosovo;
nessuno sembra sapere con esattezza quanti soldi la comunità internazionale abbia speso in un Paese che risulta essere certamente meno problematico di altre regioni, quali l'Afghanistan e l'Iraq;
la missione civile Eulex si è rivelata la più grande e dispendiosa mai intrapresa nella storia dell'Europa comunitaria, ed è stata resa ancor più complicata dal mancato riconoscimento del nuovo Stato indipendente da parte di cinque Paesi membri;
nessun dopoguerra moderno è costato così tanti soldi, in proporzione, eppure ancora adesso un kosovaro su tre è costretto a vivere con trenta euro al mese;
anche la Corte dei conti di Lussemburgo ha deciso recentemente di porre sotto la lente d'ingrandimento tale situazione, finendo col doversi confrontare con uno scenario di stipendi principeschi, risultati quasi nulli, staff in molti casi inadeguati, sterili rivalità con gli Usa, corruzione e connivenza con una classe politica che in gran parte vive di traffici illeciti;
in un simile scenario, l'Italia ha rimesso in piedi nella zona municipalità e macchina statale, ricostruito ferrovie, vigilato sul crimine, mantenendo tuttora un migliaio di militari e di funzionari, ma non vi è ancora traccia, dopo tutti questi anni, dei contratti promessi, delle aziende chiamate a investire, delle vere opportunità di sviluppo, ovvero del ritorno economico e politico di tutti questi sforzi;
la proroga di altri tre mesi, fino al 31 dicembre 2013, della nostra partecipazione alla missione Eulex, graverebbe sulle casse dello Stato per ulteriori ventidue milioni di euro,
impegna il Governo
a fare un bilancio definitivo della partecipazione italiana alla missione Eulex per permettere l'elaborazione di una nuova strategia di sostegno e supporto alla popolazione kosovara.
9/1670-A-R/29. Franco Bordo.
La Camera,
premesso che:
l'operazione Cirene è stata varata a Bengasi durante il conflitto libico come consulenza alle forze ribelli, e si è consolidata poi a Tripoli dopo la caduta del regime di Gheddafi per istruire le nuove forze di sicurezza locali;
attualmente, a tal fine, sono lì stanziati circa cento istruttori militari italiani;
ad agosto scorso un gruppo di uomini armati di kalashnikov è penetrato nella base dove tali istruttori militari risiedono;
il loro obiettivo era semplicemente quello di rubare vetture, telefonini, denaro e altri oggetti di valore;
fortunatamente, alcune ore dopo il fatto, è stato possibile individuare e fermare gli autori della rapina e recuperare il materiale sottratto;
tale episodio conferma, tuttavia, le difficili condizioni di sicurezza nelle quali operano i circa cento istruttori militari italiani che compongono l'operazione Cirene;
essi vivono, infatti, in una struttura abbandonata dopo la guerra civile, e non possono provvedere da soli alla sicurezza personale, poiché disarmati, come previsto dall'accordo stipulato con il Governo provvisorio libico;
per tale motivo la loro protezione è affidata non a soldati o poliziotti, a guardie armate libiche private, la cui affidabilità lascia non poco a desiderare, considerato che uomini armati sono potuti entrare ed uscire impunemente dalla base senza venire bloccati, né ostacolati e considerato l'elevato rischio terroristico;
gli unici militari italiani armati sono i carabinieri del reggimento «Tuscania» posti a protezione dell'ambasciata;
impegna il Governo
a farsi portatore di un'operazione civile e diplomatica di pacificazione del contesto libico e ad agire per garantire un'immediata fine dell'operazione Cirene a partire dal 1o gennaio 2014, nonché il rientro degli istruttori militari in Italia.
9/1670-A-R/30. (nuova formulazione) Fratoianni.
La Camera,
premesso che:
Libia e stabilità, oggi più che mai, sono realtà antitetiche, e sul terreno la guerra che ha portato alla fine del regime di Muammar Gheddafi, in data 20 ottobre 2011, non si è mai davvero trasformata in pace;
ogni giorno di più la Libia sembra prigioniera di un caos permanente che alimenta non poche riflessioni sull'intervento militare degli alleati e ancor più sul disinteresse generale che ha seguito quella guerra;
attualmente la legge viene fatta e disfatta in continuazione da centinaia di milizie armate fino ai denti, a Bengasi si moltiplicano sempre più attentati e scontri a fuoco tra gruppi locali ed il fondamentalismo jihadista ha messo radici proprio in Cirenaica, divenendo un punto di riferimento per tutte le regioni limitrofe;
si sente il bisogno di correre ai ripari contenendo quanto meglio possibile la crescita dei salafiti in Cirenaica, riportando almeno una parvenza d'ordine a Bengasi, specie dopo l'assassinio dell'ambasciatore Stevens, e cercando di impedire che il territorio e gli arsenali libici mettano a repentaglio l'intero Sahel e Paesi-chiave del Nord Africa come l'Algeria;
ciò dimostra come le modalità con cui l'Italia è presente in Libia si stiano rivelando ogni giorno più inefficaci, quando non addirittura controproducenti,
impegna il Governo
a rivedere completamente la posizione italiana in merito alla situazione libica;
a non prolungare – a partire dal 1o gennaio 2014 – la nostra partecipazione alla missione militare in Libia.
9/1670-A-R/31. (nuova formulazione) Costantino.
La Camera,
premesso che:
il 17 marzo 2011 il Consiglio di sicurezza, con la risoluzione 1973, ha autorizzato la NATO ad intervenire per proteggere i civili e le aree civili sotto minaccia di attacco in Libia;
da quel giorno sono passati più di due anni e mezzo, e all'inizio del 2013 sono stati raccolti i primi dati per verificare il tanto sbandierato successo della missione della NATO;
le cifre raccolte sono impietose, e mostrano un quadro a dir poco inquietante;
nel 2010, in pieno regime di Muammar al-Gaddafi, in Libia c'erano tre milioni e ottocentomila libici e due milioni e mezzo di lavoratori stranieri, per un totale di sei milioni e trecentomila abitanti;
a gennaio del 2013, invece, oltre un milione e seicentomila libici sono stati costretti all'esilio, gli immigrati hanno lasciato il Paese per sfuggire alle aggressioni razziste e solo due milioni e duecentomila persone sono rimaste;
queste cifre non prendono in considerazione il numero di vittime decedute durante l'operazione, la cui valutazione è ancora discussa;
nel corso di quest'anno, poi, la situazione è peggiorata ulteriormente,
impegna il Governo
a non prolungare, a partire dal 1o gennaio 2014, una missione che resta nel solco di un percorso militarista, assolutamente non condivisibile, i cui effetti sono stati finora perlopiù negativi, e che non punta in alcun modo su un'effettiva cooperazione allo sviluppo.
9/1670-A-R/32. (nuova formulazione) Piazzoni, Di Salvo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114, al comma 1, autorizza, per il periodo dal 1 ottobre 2013 al 31 dicembre 2013, la spesa di 124.536.000 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan ISAF ed EUPOL Afghanistan;
il 7 agosto 2013, a Bruxelles, è stato siglato il Technical Agreement tra Italia e Ucraina per il supporto logistico al personale ucraino inserito nel contingente italiano nell'ambito del Regional Command West (RC-W) di ISAF. Scopo dell'Accordo tecnico, definire le intese, le responsabilità, i principi e le procedure in base alle quali le forze ucraine opereranno con le nostre forze nella missione ISAF. In particolare, l'accordo prevede la somministrazione da parte italiana di una vasta gamma di servizi, quali l'alloggiamento e le prestazioni ad esso connesse, il vettovagliamento, lo smaltimento dei rifiuti, la sicurezza, la manutenzione dei veicoli e la fornitura dei carbolubrificanti;
lo stesso accordo prevede l'erogazione, sempre da parte italiana, di beni e servizi logistici a titolo gratuito, tra i quali il servizio informazioni meteorologiche, le aree per il deposito di munizioni ed equipaggiamento, l'accesso alle infrastrutture per il benessere del personale e il servizio sanitario d'emergenza.
l'Ucraina è un Paese che non aderisce direttamente alla NATO, ma vi figura come partner esterno avendo iniziato un «Intensified Dialogue» con essa solo a partire dal 2005,
impegna il Governo
a riferire con un'informativa riguardo alla natura dell'accordo siglato a Bruxelles tra Roma e Kiev, specificando se le risorse economiche utilizzate per il Technical Agreement sono comprese nel comma 1, articolo 1, del decreto-legge n. 10 ottobre 2013 n. 114.
9/1670-A-R/33. Pilozzi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114, al comma 1 autorizza per il periodo dal 1o ottobre al 31 dicembre 2013 la spesa di 23.600.00 euro ad integrazione degli stanziamenti della legge 26 febbraio 1987 n. 49. Tale stanziamento aggiuntivo è finalizzato ad iniziative di cooperazione per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e di sostegno alla ricostruzione civile in Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan, nonché in Paesi ad essi limitrofi;
in base a quanto previsto dalla legge 26 febbraio 1987 n. 49, «la cooperazione allo sviluppo è parte integrante della politica estera dell'Italia e persegue obiettivi di solidarietà tra i popoli e di piena realizzazione dei diritti fondamentali dell'uomo, ispirandosi ai principi sanciti dalle Nazioni Unite e dalle convenzioni CEE-ACP; essa è finalizzata al soddisfacimento dei bisogni primari e in primo luogo alla salvaguardia della vita umana, alla autosufficienza alimentare, alla valorizzazione delle risorse umane, alla conservazione del patrimonio ambientale, all'attuazione e al consolidamento dei processi di sviluppo endogeno e alla crescita economica, sociale e culturale dei paesi in via di sviluppo. La cooperazione allo sviluppo deve essere altresì finalizzata al miglioramento della condizione femminile e dell'infanzia ed al sostegno della promozione della donna; gli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo non possono essere utilizzati, direttamente o indirettamente, per finanziare attività di carattere militare»;
la cooperazione internazionale rappresenta uno strumento essenziale per la promozione della giustizia e della pace tra i popoli e, per un Paese economicamente avanzato quale l'Italia, un elementare dovere giuridico, previsto dagli articoli 1, paragrafo 3, 55 e 56 dallo Statuto delle Nazioni Unite, reso esecutivo dalla legge 17 agosto 1957, n. 848;
il ruolo del nostro Paese sarebbe rafforzato da una politica di cooperazione allo sviluppo congrua, efficace e coerente che dia priorità alla lotta alla povertà, all'esclusione sociale e alla solidarietà verso i più deboli;
alla luce dei mutamenti sulla scena internazionale, dalla fine della guerra fredda allo sviluppo di nuovi processi d'integrazione globale commerciale, economica e finanziaria, dalla ascesa rapida di nuove potenze economiche regionali e macroregionali, all'emergere di nuove problematiche ambientali, sociali e in materia di tutela dei diritti umani fondamentali, è necessario provvedere ad una revisione ed riorganizzazione della cooperazione allo sviluppo così come prevista dalla legge 26 febbraio 1987 n. 49,
impegna il Governo
a riferire con un'informativa sulle intenzioni del Governo rispetto ad una riforma e riorganizzazione della cooperazione allo sviluppo, che tenga in considerazione delle proposte di legge già depositate in questa legislatura alla Camera, a partire dalla n. 832.
9/1670-A-R/34. Pellegrino.
La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114 si ha la proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali;
la base giuridica che legittima la partecipazione delle Forze armate italiane alle missioni internazionali risiede nei periodici decreti – successivamente convertiti in legge dal Parlamento – che prorogano di 3, 6, 9 o 12 mesi le precedenti autorizzazioni alla partecipazione del personale militare alle stesse, provvedendo alla relativa copertura finanziaria;
tale procedura racchiude in se il rischio che nel caso di mancanza di un decreto ad hoc in prossimità della scadenza di quello precedente, si possa verificare la non copertura legale, politica ed economica per i contingenti italiani impiegati all'estero, come accaduto recentemente nel periodo dal 1o al 10 ottobre;
da diverse legislature varie forze politiche richiedono l'approvazione di una legge quadro sulle missioni internazionali, volta a dare coperture durature e non pro tempore alle stesse, ed utile ad avere una visione globale e dettagliata dell'impegno dei nostri contingenti impiegati all'estero,
impegna il Governo
a riferire riguardo alla mancanza della suddetta legge quadro, specificando quali iniziative intenda intraprendere per imbastire un apparato normativo adeguato al fine di supportare gli impegni assunti anche le organizzazioni internazionali in tema di missioni internazionali.
9/1670-A-R/35. Ricciatti.
La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114, all'articolo 6, si parla di «sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione»;
al comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge si «autorizza la spesa di 139.872 euro per l'invio in missione di un funzionario diplomatico nell'area di confine turco-siriana», che avrà tra l'altro il compito di assicurare un interlocuzione italiana nell'ambito degli «Amici della Siria»;
il conflitto siriano dura ormai da più di due anni e al momento si osserva una forte polarizzazione delle parti in conflitto con, da un lato le forze lealiste, e dall'altro forze che si richiamano al fondamentalismo religioso ed all'Esercito libero siriano (legato al Consiglio Nazionale Siriano). L'opposizione è inoltre al momento estremamente frammentata, e ci sono stati di recente scontri tra l'Esercito Libero siriano e le forze fondamentaliste;
il fronte kurdo si è coalizzato lo scorso luglio e controlla parte del nord del Paese. Continui sono però i combattimenti con le milizie islamiste di Jabat al Nusra ed i bombardamenti da parte dell'esercito del regime di Damasco. In questo contesto tra le vittime del conflitto, oltre a centinaia di migliaia di morti ed a milioni tra rifugiati e sfollati, ci sono anche le forze pacifiche che hanno iniziato le proteste nel marzo 2011, per poi essere schiacciate dalla violenza delle armi. Al momento queste persone protestano egualmente contro il regime di Damasco e contro le milizie islamiste, subendone le dure conseguenze;
la società civile siriana è in ogni caso tutt'ora attiva e cerca interlocutori affinché non prevalgano solo le ragioni della forza e delle armi. Si tratta di giornalisti, associazioni, artisti, gruppi di rifugiati che stanno chiedendo di far ascoltare la propria voce. Un primo incontro ed un appello delle opposizioni non violente fu fatto nell'agosto 2012 presso la comunità di S. Egidio. Il movimento non violento siriano ha però molte attività in corso che riescono a coprire diverse città del Paese. Le radio libere sono attive in tutte le zone liberate come recentemente riportato da un inviato di Repubblica. Numerose sono le associazioni umanitarie e sociali nate tra i siriani rifugiati;
in un recente incontro alla Camera dei Deputati il responsabile esteri del principale partito kurdo siriano, il PYD, ha chiesto il cessate il fuoco, e di poter partecipare al tavolo negoziale nell'eventualità che si tenga la conferenza di Ginevra 2,
impegna il Governo:
ad attivarsi affinché si possa realizzare in Italia un incontro internazionale della società civile siriana e dei gruppi pacifici del Paese, in coerenza con quanto previsto dal decreto missioni in materia di diplomazia preventiva. Tale incontro sarebbe peraltro simile ad iniziative già realizzate dal Ministero degli affari esteri-Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza con alcune componenti civili dell'opposizione siriana (Italia 2012, Iraq 2013) e con il sopra citato incontro realizzatosi presso la Comunità di S. Egidio nel 2012. In tal modo si darebbe l'opportunità all'Italia di ricoprire un ruolo centrale di sostegno alle forze pacifiche della società civile e per costruire concreti ponti di dialogo tra le forze sociali siriane, in quanto le attribuzioni del funzionario diplomatico italiano previste dal decreto-legge 10 ottobre 2013 n. 114, articolo 6, comma 2, risultano insufficienti rispetto alle istanze e necessità delle forze pacifiste attive in Siria;
a dar seguito a questo incontro coordinando e coinvolgendo in future iniziative simili tutte le organizzazioni sociali italiane attive sulla questione siriana da alcuni anni;
a far sì che le forze non violente siriane possano avere uno spazio adeguato all'interno della conferenza di Ginevra 2.
9/1670-A-R/36. Zan.
La Camera,
premesso che:
il Sahara occidentale, chiamato Sahara spagnolo fino al 1975, è l'ultima colonia africana. È un territorio di circa 266.000 Kmq, che confina a nord con il Marocco, a sud con la Mauritania, a est con l'Algeria e a ovest con l'Oceano Atlantico;
dopo gli Accordi di Madrid del 1975, attraverso cui la Spagna ha ceduto il Sahara spagnolo ai due Paesi confinanti, l'intero territorio è occupato militarmente dal Marocco a nord e dalla Mauritania a sud. Alla popolazione civile sahrawi non rimane che fuggire con mezzi di fortuna verso la frontiera algerina, sotto la protezione armata del Fronte Polisario, il movimento di liberazione sahrawi, che il 27 febbraio 1976 proclama la Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD) in esilio, oggi membro dell'Unità africana e riconosciuta da più di sessanta Paesi nel mondo;
da questo momento la popolazione sahrawi vive divisa, in parte nei campi di rifugiati in Algeria e parte nel Sahara occidentale occupato dal Marocco, dopo che la Mauritania nel 1979 si è ritirata dal conflitto;
nel 1988 Marocco e Fronte Polisario, sotto l'egida delle Nazioni Unite, sottoscrivono un accordo per lo svolgimento del referendum, che prevede per i Sahrawi la possibilità di scegliere tra indipendenza e annessione al Marocco;
nel 1990 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approva il rapporto del Segretario generale che contiene il testo integrale dell'accordo di pace tra Regno del Marocco e Fronte Polisario;
il 29 aprile 1991 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite istituisce la MINURSO, la Missione delle Nazioni Unite per il Referendum in Sahara Occidentale alle dipendenze di un Rappresentante speciale e composta da unità civili, militari e di polizia;
nel mese di settembre 1991, è proclamato il cessate il fuoco e le Nazioni Unite inviano la MINURSO con l'incarico di organizzare il referendum, previsto inizialmente nel mese di gennaio 1992. Il quartier generale della missione di pace è fissato a El Aioun, con sedi regionali a nord e a sud del Sahara occidentale e un ufficio di collegamento a Tinfouf, per mantenere i contatti con le autorità algerine e il Fronte Polisario;
il mandato della MINURSO ha i seguenti obiettivi:
monitorare il cessate il fuoco,
verificare la riduzione delle truppe marocchine nel territorio,
monitorare il rispetto delle zone assegnate per le truppe marocchine e del Fronte Polisario,
guidare i contatti fra le parti per assicurare il rilascio di tutti i prigionieri politici detenuti del Sahara Occidentale,
sovrintendere allo scambio dei prigionieri di guerra (attraverso il Comitato Internazionale della Croce Rossa),
organizzare il programma di rimpatrio (attraverso l'ACNUR),
identificare e registrare i votanti,
organizzare ed assicurare un referendum libero ed equo e proclamare i risultati,
sminare il Sahara occidentale,
sostenere le misure di fiducia;
la Missione onusiana termina il difficile e complesso processo di identificazione degli aventi diritto al voto il 31 dicembre 1999, ma il referendum non si realizza. Da allora il Segretario generale, attraverso il suo Rappresentante speciale e, più tardi, il suo Inviato personale, ha proseguito le consultazioni con le parti per cercare una soluzione duratura e condivisa del conflitto del Sahara occidentale;
durante tutto questo periodo, la MINURSO ha continuato a svolgere il proprio mandato monitorando il cessate il fuoco lungo il muro, lungo 2700 chilometri, che divide in due parti il Sahara occidentale e sostenendo il programma di visite incrociate per le famiglie sahrawi separate da quasi quarant'anni e residenti rispettivamente nei campi profughi sahrawi di Tindouf e nei territori occupati del Sahara occidentale, organizzate dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR);
il 17 aprile 2013 Philippe Bolopion, direttore delle Nazioni Unite di Human Rights Watch chiede al Consiglio di sicurezza di ampliare il mandato della MINURSO al monitoraggio sui diritti umani, dopo le violazioni dei diritti umani nei confronti dei civili sahrawi in Sahara occidentale, denunciate dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon nel suo rapporto;
MINURSO è una delle poche missioni di pace delle Nazioni Unite che non avere il mandato di monitorare e di riferire sulla violazione dei diritti umani. Il Regno del Marocco si è sempre opposto a questa proposta, con il supporto della Francia;
il 31 ottobre scorso il Consiglio di sicurezza ha ascoltato il Rappresentante speciale Wolfgang Weisbrod-Weber, che ha riferito sui continui sforzi della Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO), che egli dirige;
attualmente il personale della MINURSO è composta da 233 personale in divisa (26 soldati, 201 osservatori militari, 6 agenti di polizia) proveniente anche dall'Italia, che contribuisce con 5 osservatori militari; 95 civili internazionali, 167 civili locali, 13 volontari delle Nazioni Unite,
impegna il Governo:
ad attivarsi nelle opportune sedi internazionali, per ampliare il mandato della missione MINURSO al monitoraggio dei diritti umani in Sahara occidentale, incrementare il programma di visite tra famiglie sahrawi e di sminamento del Sahara occidentale;
ad adottare ogni iniziativa utile sul piano internazionale volta a favorire la ripresa dei negoziati diretti, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra Regno del Marocco e Fronte Polisario, al fine di giungere, nel più breve tempo possibile, a una soluzione conforme alle risoluzioni delle Nazioni Unite, che rispetti il diritto all'autodeterminazione del popolo sahrawi.
9/1670-A-R/37. Zaratti.
La Camera,
premesso che:
nel decreto-legge in esame, all'articolo 6, si prevede il «sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione»;
al comma 2 del citato articolo 6 si autorizza «la spesa di 139.872 euro per l'invio in missione di un funzionario diplomatico nell'area di confine turco-siriana», che avrà tra l'altro il compito di assicurare una interlocuzione italiana nell'ambito degli «Amici della Siria»;
sullo svolgimento della «Conferenza di Pace Ginevra II» grava una pesante spada di Damocle, in quanto l'opposizione siriana non ha ancora sciolto le riserve circa la partecipazione o meno alla stessa, che perderebbe enormemente di valore in caso di defezione. La decisione dovrebbe esser presa il 9 novembre ad Istanbul, data in cui è stata spostata la riunione della Assemblea generale e del comitato politico dell'opposizione, come affermato da un membro della Coalizione, Samir Nashar;
lo spostamento della suddetta Assemblea, prevista inizialmente per il 22 ottobre, si è verificato a causa dello svolgimento, a Londra, della riunione del gruppo dei paesi «Amici della Siria», a cui ha partecipato fra gli altri anche il Segretario di Stato degli USA, John Kerry,
impegna il Governo
a farsi promotore attivo, tramite i canali diplomatici e le associazioni riconosciute, affinché ci sia la maggior partecipazione possibile alla Conferenza di Ginevra II, partendo dalla collaborazione stretta con tutte le forze non violente siriane.
9/1670-A-R/38. Ragosta.
La Camera,
premesso che:
il nostro Paese partecipa attivamente alla missione TIPH 2 (Temporary International Presence in the city of Hebron) in Cisgiordania, nella città di Hebron e, ai sensi dell'articolo, 1 comma 6 del decreto-legge in esame, a decorrere dal 1o ottobre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, si prevede uno stanziamento di euro 285.997 per la proroga della partecipazione di personale militare a tale missione, già disciplinata all'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12;
la Missione, regolata da quanto disposto dall'articolo 14 dell’Agreement on the Temporary International Presence in the city of Hebron, è stata voluta dal Governo d'Israele e dall'Autorità Nazionale Palestinese, firmatari dell'Accordo Interinale sulla West Bank e sulla Striscia di Gaza del 28 settembre 1995. Tale accordo prevedeva, oltre al ripiegamento dell'esercito israeliano (I.D.F.) da una parte della città di Hebron, anche la presenza temporanea di una forza di osservatori internazionali;
Hebron è una città della Cisgiordania con circa 200.000 abitanti palestinesi e circa 700 abitanti israeliani;
nel 1997 la città è stata divisa in due settori: Hebron 2 (circa il 20 per cento della città), sotto controllo dell'esercito israeliano, e Hebron 1, affidata al controllo dell'Autorità palestinese, in accordo con il cosiddetto Protocollo di Hebron. Per i civili israeliani è legale accedere al 4 per cento del territorio della città di Hebron, mentre i palestinesi sono sottoposti ad uno stretto regime di permessi e controlli per accedere a servizi e abitazioni rimaste nella zona sotto controllo israeliano;
in accordo con il protocollo di Hebron, sia i palestinesi, sia gli israeliani hanno accettato una presenza internazionale, denominata T.I.P.H. (Temporary International Presence in Hebron), con compiti di osservazione, al fine di migliorare la situazione nella città. Alla formazione della TIPH concorrono gli Stati Norvegia, Italia, Danimarca, Svezia, Turchia e Svizzera;
molti osservatori hanno considerato improduttiva la missione TIPH2 ai fini della pace tra Israele e Palestina nella città di Hebron;
recentemente, Yasser Abed Rabbo, negoziatore e segretario generale dell'Organizzazione di liberazione della Palestina (Olp), ha dichiarato che non ci sono progressi reali nel negoziato per la pace tra Israele e Palestina,
impegna il Governo:
a riferire in merito all'impegno del personale militare italiano nella città di Hebron, in riferimento al quale si prevedono stanziamenti per euro 285.997, sottolineando quali iniziative svolgano i militari italiani per favorire la pace e la convivenza tra palestinesi ed israeliani nella città;
ad adottare iniziative a livello europeo ed internazionale, anche in vista del semestre di Presidenza italiana dell'UE nel 2014, affinché si possa attivare un processo politico di negoziato e cooperazione per arrivare alla pace tra i due popoli, consentendo alla Palestina di avere uno Stato riconosciuto nei confini definiti dalle risoluzioni ONU 1967 con Gerusalemme capitale.
9/1670-A-R/39. Migliore.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge in esame, si autorizza, per il periodo dal 1o ottobre 2013 al 31 dicembre 2013, la spesa di 22.444.777 euro per la proroga della partecipazione di 565 unità di personale militare alle missioni nei Balcani, nello specifico per le missioni «Multinational Specialized Unit» (MSU) – «EULEX KOSOVO» – «Security Force Training Plan in Kosovo» – «Joint Enterprise»;
il precedente decreto-legge di proroga, per il periodo 1o gennaio – 30 settembre 2013, aveva previsto per le medesime operazioni una autorizzazione di spesa pari a 52.496.423 euro, a fronte di 465 unità militari impiegate,
impegna il Governo
a riferire con una informativa dettagliata riguardo lo stato di avanzamento delle suddette missioni, anche in relazione alle patologie accusate negli anni dai nostri militari coinvolti in quegli scenari, giustificando le motivazioni che hanno portato ad un impiego maggiore di risorse umane e finanziarie rispetto al passato recente, in modo che il Parlamento possa esprimersi su eventuali cambiamenti di strategia.
9/1670-A-R/40. Matarrelli.
La Camera,
premesso che:
secondo i dati dell'Alto commissariato dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), il numero di profughi siriani generati da un conflitto che dilania la Siria dal marzo del 2011 e che ha fatto registrare finora oltre 100 mila morti, tra cui almeno 6.500 minori, sarebbe di oltre 2 milioni di persone rifugiatesi negli Stati confinanti; tra questi, un milione sarebbero bambini;
soltanto negli ultimi 12 mesi si è passati da circa 230.671 rifugiati a 1 milione e 800 mila persone e continua a crescere in modo impressionante anche il numero degli sfollati che rimangono in patria, arrivato a circa 4 milioni e 250 mila;
le agenzie dell'ONU hanno a disposizione fondi pari a meno della metà di quanti ne sarebbero necessari per rispondere all'emergenza umanitaria siriana;
al vertice del G20 a San Pietroburgo il Presidente del Consiglio Enrico Letta si è impegnato insieme al Regno Unito, alla Francia, al Canada, al Giappone ad aumentare da subito le risorse per l'emergenza umanitaria e i profughi, ed intervenire sul piano sanitario a sostegno delle vittime degli agenti chimici con lo stanziamento da parte del Governo italiano di 50 milioni di dollari – pari a circa 38 milioni di euro – come ulteriore nostro contributo alla gestione dell'emergenza;
il Presidente Letta ha dichiarato, nel suo intervento alla Camera dell'11 settembre 2013 in merito al parere del Governo sulle mozioni concernenti iniziative in relazione alla crisi siriana, che «se vi sarà lo spazio in Parlamento per rendere questa cifra ancora più consistente, il Governo sarà, ovviamente, favorevole» e che questo stanziamento è «un intervento essenziale per ragioni umanitarie, per evitare il collasso dell'economia e della società di Paesi [quali ad esempio Giordania e Libano] la cui stabilità è preziosa per la sicurezza regionale e mondiale, per la nostra sicurezza»;
l'Italia ha deciso di contribuire allo sforzo della comunità internazionale in quanto «è un grande Paese» che «deve esserci» ed assicurare «un forte incremento dei contributi al piano di risposta umanitario delle Nazioni Unite»;
nel decreto-legge in esame, all'articolo 5, è previsto, per l'ultimo trimestre del 2013, uno stanziamento di 23,6 milioni di euro dedicato alle iniziative di cooperazione in favore di Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Somalia, Sudan, Sud Sudan e anche Siria;
l'articolo 6 reca una serie di autorizzazioni di spesa per il sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. Tra questi stanziamenti spicca il contributo di 4 milioni di euro all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), finalizzato allo smantellamento del programma chimico siriano,
impegna il Governo
a rispettare l'impegno assunto a sostegno della popolazione civile siriana e dei profughi del conflitto, reperendo nel primo provvedimento utile i restanti fondi per raggiungere la quota di 50 milioni di dollari per la quale l'Italia si è impegnata al G20.
9/1670-A-R/41. Mogherini, Amendola, Beni, Fedi, Tidei, Arlotti, Lattuca, Porta, Quartapelle Procopio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento dispone la conversione del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, recante proroga – per il periodo dal 1o ottobre al 31 dicembre 2013 – delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno dei processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione;
l'esame parlamentare dei provvedimenti di finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali costituisce da anni un momento centrale nel dibattito sulle linee guida della nostra politica estera;
l'attenzione sulle tragiche vicende dei migranti di Lampedusa che rischiano di diventare cronaca quotidiana, risulta di particolare interesse ed attenzione;
la missione militare umanitaria che affronti l'emergenza nell'area mediterranea, varata dal Governo sebbene condivisibile, può rivelarsi insufficiente se non è adeguatamente sostenuta attraverso la ricostruzione di una forma di statualità sulla sponda meridionale del Mediterraneo anche per le implicazioni che il traffico di essere umani sembra avere in loco;
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di rafforzare la presenza della partecipazione militare italiana in prossimità delle aree geografiche della sponda meridionale del Mediterraneo sia per le implicazioni esposte in premessa del traffico di armi, che per evitare il ripetersi di tragedie del mare come quelle accadute di recente.
9/1670-A-R/42. Nastri.
La Camera,
premesso che:
sono quasi due anni che nonostante i ripetuti annunci dei governi italiani, non trova soluzione la vicenda dei due ufficiali di Marina trattenuti in India perché accusati di aver ucciso, il 15 febbraio 2012, mentre erano in servizio antipirateria sulla nave commerciale Enrica Lexie, due pescatori locali;
i due militari si sono sempre proclamati innocenti, dichiarando di aver solamente sparato dei colpi di avvertimento così come previsto dalle regole d'ingaggio;
l'Italia ha rivendicato a più riprese la competenza giuridica sul caso, considerato che esso coinvolge organi dello Stato operanti nel contrasto alla pirateria sotto bandiera italiana e in acque internazionali;
nonostante la delicata situazione internazionale venutasi a creare in seguito all'incarcerazione dei due ufficiali, alcun intervento risolutivo a tutela dei militari e in sostegno alla posizione del nostro Paese è stato promosso da parte degli altri Paesi europei ed extraeuropei o di organi internazionali;
l'Italia ciononostante ha continuato ad adempiere con rigore a tutti gli impegni internazionali assunti, anche con riguardo allo specifico tema della lotta alla pirateria e non ha messo in discussione la propria partecipazione ad alcuna missione internazionale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di sospendere la partecipazione dell'Italia alle missioni per il contrasto alla pirateria sino a che il caso dei due marò non trovi una soluzione onorevole ed essi possano far ritorno in Italia,
a prendere in esame, a partire da dicembre, la possibilità di un ampio e progressivo disimpegno nelle missioni per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, perdurando la attuale situazione che oltre ad impedire il ritorno in Italia dei due marò costituisce un vulnus inaccettabile della nostra dignità internazionale.
9/1670-A-R/43. Rampelli, La Russa, Cirielli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non destina alcuna risorsa al fine di sopperire a esigenze di prima necessità della popolazione locale da parte dei contingenti militari in missione, contrariamente a quanto era previsto per i primi nove mesi dell'anno in corso;
tali interventi contribuiscono in modo efficace al miglioramento della situazione sul terreno delle nostre truppe, anche dal punto di vista della sicurezza del loro impiego, contribuendo ad estendere il clima di fiducia tra le parti;
allo stato, non sono state individuate risorse disponibili di bilancio per modificare l'onere complessivo del provvedimento,
impegna il Governo
a garantire la continuità degli interventi in corso per gli ultimi tre mesi dell'anno sulla base dello stanziamento disposto dal decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013, n. 12;
a rifinanziare tale tipologia di interventi nel prossimo provvedimento legislativo in materia;
a promuovere ogni iniziativa utile a migliorare le condizioni di vita della popolazione locale, valorizzando l'elevata professionalità del personale militare in tal senso.
9/1670-A-R/44. Cirielli, Nastri.
La Camera,
premesso che:
il comma 7 dell'articolo 6 del presente decreto-legge autorizza la spesa di 1.150.000 euro per la partecipazione italiana alla Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI) e al Fondo fiduciario InCE istituito presso la BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo);
l'Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI), nata nel 2000 con sede ad Ancona, si propone di rafforzare la cooperazione regionale tra le due sponde adriatiche al fine di promuovere la sicurezza e la stabilità della regione, così come la tutela del bacino adriatico-ionico. Della IAI fanno parte, oltre all'Italia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Montenegro, Serbia e Slovenia;
la BERS è un'istituzione finanziaria internazionale che opera in 29 Paesi, dall'Europa centrale all'Asia centrale e sta estendendo il suo mandato ai Paesi nel Sud ed Est del Mediterraneo che stanno riformando il loro assetto politico ed economico, in particolare in Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia, dove la Banca ha già iniziato progetti di cooperazione tecnica finanziati da Paesi donatori in vista dell'approvazione da parte dei suoi azionisti del lancio di investimenti nella regione;
la BERS promuove lo sviluppo delle economie di mercato e delle democrazie per perseguire questi obiettivi investe principalmente nel settore privato, ma opera altresì a supporto del settore pubblico sostenendo la privatizzazione, la ristrutturazione delle imprese pubbliche e il miglioramento dei servizi;
tuttavia, come si può facilmente constatare all'indirizzo internet: www.esteri.it/MAE/IT/Politica-Estera/Aree–Geografiche/Europa/OOII/IAI.htm, link relativo allo IAI (identica cosa risulta essere, comunque, anche per i links riguardanti InCE e BERS) l'ultimo aggiornamento di queste iniziative risulta: ultima modifica: 14/12/2011;
quindi, al momento non è dato sapere cosa abbia prodotto lo IAI, quali iniziative abbia portato a compimento, come siano stati utilizzati i fondi messi a disposizione con un precedente decreto di rifinanziamento delle missioni, né tanto meno come intenderà utilizzare la non irrilevante somma sopra menzionata destinata dal decreto-legge in esame,
impegna il Governo
a provvedere, al più presto e periodicamente, a fornire alle Commissioni competenti dati aggiornati sulle iniziative già avviate dallo IAI, sui risultati ottenuti, sulla rendicontazione delle somme erogate e su come e per quali iniziative intenderà utilizzare i fondi accennati in premessa;
a favorire costantemente l'aggiornamento del sito con riferimento soprattutto alle pagine dedicate allo IAI, all'InCE e alla BERS.
9/1670-A-R/45. Del Grosso, Tacconi, Manlio Di Stefano, Sibilia, Spadoni.
La Camera,
valutata la difficoltà economico-sociale che attraversa il nostro Paese e l'eccessiva pressione fiscale a danno di cittadini e imprese,
impegna il Governo
a prevedere il graduale disimpegno internazionale dell'Italia da tutte le missioni che la vedono impegnata militarmente e contestualmente ad alimentare, con il risparmio che ne deriverebbe, il Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale di cui al comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e in particolare per interventi di riduzione dell'Irap che spesso viene pagata dalle imprese anche in presenza di una perdita di esercizio andando ulteriormente ad aggravarla.
9/1670-A-R/46. Sorial, Spadoni, Di Battista, Manlio Di Stefano, Tacconi, Del Grosso, Sibilia.
La Camera,
premesso che:
in attuazione di una risoluzione della Commissione Difesa del Senato (Doc. XXIV n. 24 del 2011), previa indagine conoscitiva sul possibile contributo delle Forze armate per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della pirateria in acque internazionali, veniva sostanzialmente richiesta l'adozione di un provvedimento che configurasse la possibilità di impiegare a bordo delle navi battenti bandiera italiana team armati della Marina militare, il cui derivante onere finanziario fosse a totale carico degli armatori che ne avessero fatto richiesta;
sempre nell'ambito del medesimo provvedimento, si auspicava una disciplina normativa che autorizzasse comunque l'armatore – qualora lo volesse o lo preferisse – ad avvalersi di servizi di sicurezza privata a bordo delle proprie imbarcazioni, finalizzati alla deterrenza e autodifesa di fronte alla minaccia piratesca;
in tal senso, veniva inserita all'interno del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130 («Proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia. Misure urgenti antipirateria»), una specifica norma (l'articolo 5) che prevede l'imbarco sui mercantili in transito per il Golfo di Aden di appositi Nuclei Militari di Protezione (NMP), squadre delle Forze armate dislocate a Gibuti e quindi ospitate sulle navi, dischiudendo di fatto la via all'impiego anche di guardie giurate dipendenti dalle società di sicurezza privata;
tale assetto ha costituito certamente un passo in avanti, tuttavia ancora insufficiente, per assicurare un'adeguata protezione alla totalità del naviglio mercantile a rischio ma il recente, controverso caso dei due militari italiani, attualmente ancora in attesa di processo in India, ha evidenziato problemi di una certa rilevanza soprattutto in materia di catena di comando, come ampiamente sottolineato, il 26 marzo 2013, da tutte le forze politiche presenti alla Camera dei deputati nel corso della informativa del Governo su tale vicenda;
al comma 4 dell'articolo 2 del decreto in esame è previsto che anche al personale di cui all'articolo 5, comma 2, sopra evocato, venga ancora corrisposto un rimborso forfetario di impiego e la retribuzione per lavoro straordinario,
impegna il Governo
a prevedere, a partire dal prossimo decreto legge di proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, l'inserimento di una specifica norma soppressiva dell'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130.
9/1670-A-R/47. Sibilia, Tacconi, Del Grosso, Manlio Di Stefano, Spadoni.
La Camera,
premesso che:
in Afghanistan l'accesso all'acqua potabile e all'elettricità resta ancora privilegio di pochi (un bambino su cinque continua a morire prima del compimento del quinto anno di età), specie nelle campagne, ancora a livelli minimi e la possibilità di accedere a servizi di sanità pubblica, in un Paese che si sta pericolosamente avviando verso la privatizzazione del servizio e che il rapporto sullo sviluppo umano dell'Onu ha classificato al 147o posto tra i Paesi con le performances peggiori;
meno del 15 per cento delle donne afghane sono alfabetizzate, mentre l'87 per cento fra loro è oggetto di diversi tipi di abuso (matrimoni combinati, violenza sessuale eccetera) tra le pareti domestiche;
mediamente, il 90 per cento delle risorse destinate agli aiuti è andato a sostenere l'intervento militare e solo il 10 per cento, e per l'Italia ancora meno, è stato impiegato in progetti di cooperazione civile; di questa somma, inoltre, oltre un terzo è stato speso per garantire la «sicurezza» al progetto stesso;
nonostante le decine di miliardi di dollari di aiuti versati dalla comunità internazionale dal 2001 a oggi, le condizioni di vita della popolazione afghana sono peggiorate rispetto all'inizio della guerra: la povertà assoluta è salita dal 23 al 36 per cento della popolazione, l'aspettativa di vita è scesa da 46 a 44 anni (in Italia, per fare un confronto, è di 81 anni), la mortalità infantile è aumentata dal 147 al 149 per mille (nel nostro Paese è al 3 per mille), il tasso di alfabetizzazione è sceso dal 31 al 28 per cento (mentre in Italia è del 98 per cento);
l'economia afghana, basata quasi esclusivamente sulla produzione di oppio ed eroina, non sarà mai autonoma, perché dipendente dagli aiuti internazionali, gran parte dei quali torna indietro ai Paesi donatori sotto altre forme o ai governanti e funzionari corrotti. Ed è proprio la corruzione che domina anche le forze di polizia locali a oggi ancora incapaci e inadeguate a garantire la sicurezza;
altresì, le associazioni e le organizzazioni internazionali lanciano la forte preoccupazione circa il rischio che il completamento del ritiro delle forze militari si trasformi un totale abbandono del Paese;
le risorse per cooperazione allo sviluppo gestite dal Ministero degli affari esteri hanno conosciuto negli ultimi anni dimezzamenti tali da pregiudicare efficacia e qualità degli interventi previsti dalla legge n. 49 del 1987, facendo registrare solo dal 2012 una inversione di tendenza con un incremento, ancorché insufficiente, del fondo;
il presente provvedimento dispone un aumento delle risorse per la cooperazione allo sviluppo che è si un passo avanti, ma non è abbastanza, considerato che questo settore merita più coraggio nelle azioni perché è l'unico modo per favorire il reale rilancio dei paesi occupati e perché questo deve essere il fine ultimo delle nostre missioni internazionali,
impegna il Governo
a stanziare, a partire dall'inizio del ritiro del contingente italiano in Afghanistan, per ogni euro risparmiato per le spese della missione militare, 30 centesimi per interventi di cooperazione civile, ovvero a trasferire a partire dal 2014 il 30 per cento di quanto risparmiato nella spesa militare a investimenti di cooperazione civile.
9/1670-A-R/48. Manlio Di Stefano, Di Battista, Tacconi, Del Grosso, Sibilia, Spadoni.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni di cui al decreto in esame, in fase di conversione in legge, si limitano a considerare quasi esclusivamente i teatri di presenza militare italiana, limitando di fatto gli interventi di assistenza sanitaria in una serie di Paesi di rilevanza strategica per l'Italia, anche secondo i parametri indicati dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri;
il nostro Paese è inadempiente in relazione agli impegni sottoscritti con il Fondo globale per la lotta all'Aids, alla tubercolosi e alla malaria, che pure continuano a essere emergenze sanitarie a livello mondiale e particolarmente nelle zone interessate da disagi e difficoltà determinatisi dal prolungarsi delle guerre in corso;
per contribuire al raggiungimento degli Obiettivi del millennio, sottoscritti dall'Italia in sede Onu, il contributo italiano in materia di aiuto pubblico allo sviluppo per la salute rappresenta ormai uno striminzito 0,19 per cento del Pil,
impegna il Governo
a prevedere, a partire dal prossimo decreto di proroga delle missioni, un aumento della quota delle risorse da destinare agli interventi di cooperazione, con particolare riferimento alle iniziative da assumere per l'assistenza sanitaria, per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria.
9/1670-A-R/49. Tacconi, Del Grosso, Manlio Di Stefano, Sibilia, Spadoni.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede, ai commi 13 e 20 dell'articolo 1, la proroga della missione dell'Unione europea EUBAM Lybia relativa alla partecipazione di personale militare e di Polizia di Stato in attività di assistenza supporto e formazione in Libia;
la legge 6 febbraio 2009, n. 7, che ha sancito l'avvio del «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista» firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, agli articoli 19 e 20 fa riferimento, rispettivamente, alla lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti, all'immigrazione clandestina e alla collaborazione nel settore della difesa tra le rispettive Forze armate;
tuttavia, l'attuale situazione politica in Libia, desta non poche preoccupazioni internazionali atteso che lo Stato (in sé già un azzardo lessicale) appare del tutto fuori controllo con l'alto rischio che ciò che è accaduto nel 2011 degeneri in una nuova carneficina;
in quello che è stato un Paese governato per 40 anni da una dittatura si è ora di fronte a un Paese «governato» da milizie armate e gruppi di combattenti rivali che si fronteggiano quotidianamente per le strade di Bengasi come di Tripoli;
nello scorso ottobre 2013, a finire nella rete delle milizie era stato addirittura il premier Ali Zeidan, sequestrato per alcune ore;
a destabilizzare il paese libico è anche l'aspetto economico, visto che la sua produzione di greggio è crollata da oltre 1,5 milioni di barili estratti ai tempi di Gheddafi ai soli 90.000 di oggi;
nel frattempo sembrano sorgere ovunque movimenti indipendentisti, uno dei quali ha dichiarato autonoma la Cirenaica, la regione orientale da dove è partita la rivolta che ha portato alla morte del Raìs,
impegna il Governo
ad adottare le necessarie e opportune iniziative volte a congelare l'applicazione degli articoli citati in premessa attesa la critica situazione che si sta sempre più evidenziando in Libia in termini di insicurezza sociale e confusione politica.
9/1670-A-R/50. Di Battista, Tacconi, Del Grosso, Manlio Di Stefano, Sibilia, Spadoni.
La Camera,
premesso che:
le compagnie di navigazione aerea che operano sul territorio nazionale devono assicurare direttamente, anche attraverso idonei strumenti o sistemi tecnologici, la consultazione tempestiva dei dati individuali dei passeggeri e delle merci, in possesso delle stesse in ragione delle esigenze proprie del trasporto aereo, agli organi del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica ed agli organi della polizia giudiziaria, per lo svolgimento, rispettivamente, dei propri compiti istituzionali e delle funzioni di polizia giudiziaria,
impegna il Governo
ad adottare, ai fini della corretta applicazione della presente norma, apposite disposizioni interne comuni volte ad assicurare le corrette modalità di consultazione, acquisizione e conservazione dei dati nonché, congiuntamente, a concordare con le compagnie di navigazione aerea operanti sul territorio nazionale, accordi formalizzati che tengano conto, paritariamente, delle rispettive esigenze nonché degli adempimenti ai fini della normativa sulla privacy.
9/1670-A-R/51. Totaro.
La Camera,
premesso che:
nel corso delle scorse legislature è stata più volte riaffermata la necessità di una riforma della legge sulla cooperazione allo sviluppo, la n. 49 del 1987, ma si è sempre proceduto a piccole modifiche attraverso emendamenti inseriti di volta in volta nei decreti di proroga delle missioni internazionali;
dopo la nomina, per la prima volta, di un Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione con il Governo Monti, su suo impulso si è tenuto, nell'ottobre del 2012 a Milano, un importante Forum della cooperazione internazionale, dal quale erano scaturite proposte e idee per una innovazione della ormai inadeguata e obsoleta legislazione in materia;
tuttavia, da ultimo, nel cosiddetto «decreto del fare» (decreto-legge n. 69 del 2013), ancora una volta si è voluto emendare la legge che disciplina la cooperazione internazionale allo sviluppo con piccoli aggiustamenti (sostanzialmente nuove norme sul partenariato pubblico/privato) piuttosto che avviare finalmente un percorso di riforma della stessa,
impegna il Governo
a presentare al Parlamento, in tempi brevi, un disegno di legge che riveda radicalmente la materia della cooperazione allo sviluppo, valorizzandola e adeguandola al mutato contesto internazionale e alla pluralità dei soggetti istituzionali che contribuiscono ormai alla sua realizzazione.
9/1670-A-R/52. Grande, Manlio Di Stefano, Di Battista, Spadoni, Sibilia, Del Grosso, Tacconi.
La Camera,
premesso che:
desta perplessità e preoccupazione la decisione della UE di inserire l'ala militare di Hezbollah nella black list delle organizzazioni terroristiche;
l'Italia è impegnata in Libano dal 2006 con 1100 uomini nella missione Unifil dell'Onu, di cui ha anche il comando. Ogni giorno i nostri militari si interfacciano con gli Hezbollah che, per di più, sono forza di governo;
questa decisione della UE rischia di moltiplicare i rischi per il nostro contingente e pregiudicare una missione di pace che fino ad oggi si è sviluppata senza spargimenti di sangue;
è fondamentale che l'attività del contingente dell'Unifil possa agire con il pieno sostegno della comunità internazionale a cominciare dalla UE,
impegna il Governo
a richiedere all'Unione Europea la revoca della decisione – o in alternativa un suo congelamento – d'inserire Hezbollah nella black list delle organizzazioni terroristiche.
9/1670-A-R/53. Brescia, Paolo Bernini, Corda, Basilio, Artini, Rizzo, Frusone, Alberti, Tofalo.
La Camera,
premesso che:
al fine di rendere più trasparenti e razionali le indennità di missione del personale civile e militare impiegato in missioni internazionali di cui all'articolo 2 del presente decreto,
impegna il Governo
a riorganizzare i criteri di accesso a tali indennità di missione prevedendo tre fasce di rischio sulle quali tarare la consistenza delle stesse. La scelta per ogni singola missione in una delle tre fasce – pericolo grave, medio e basso – deve essere motivata dal Governo al Parlamento con apposita relazione.
9/1670-A-R/54. Basilio, Corda, Artini, Frusone, Rizzo, Tofalo, Paolo Bernini.
La Camera,
premesso che:
l'impossibilità per il Parlamento di poter votare le autorizzazioni per ogni singola missione internazionale rappresenta una oggettiva limitazione delle prerogative che la Costituzione attribuisce ai deputati e ai senatori;
il persistere nella reiterazione di decreti-leggi onnicomprensivi di tutte le missioni impedisce la libera espressione del voto su missioni differenti tra loro per segno, area geografica, organizzazione internazionale che le promuove e finalità, mettendo così le Camere davanti all'alternativa secca se approvarle tutte o respingerle tutte,
impegna il Governo
ad adottare, prima del prossimo decreto di proroga delle missioni internazionali, ogni iniziativa utile per la definizione di un testo unico di riforma della partecipazione italiana alle missioni internazionali;
a prevedere comunque, in sede di emanazione dei successivi decreti-legge di proroga, decreti-leggi ad hoc per ciascuna delle missioni che comportino un costo annuale pari o superiore ai 200 milioni di euro l'anno.
9/1670-A-R/55. Rizzo, Corda, Paolo Bernini, Artini, Frusone, Tofalo, Basilio.
La Camera,
vista la necessità di rendere il bilancio dello Stato sempre più trasparente,
impegna il Governo
ad allocare, per competenza, i fondi stanziati per le missioni internazionali presso l'apposito bilancio del Ministero della difesa – per ciò che concerne le missioni militari – e del Ministero degli affari esteri per ciò che concerne le missioni civili e di cooperazione internazionale.
9/1670-A-R/56. Alberti, Corda, Paolo Bernini, Artini, Basilio, Rizzo, Tofalo, Frusone.
La Camera,
premesso che:
il comma 24 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame autorizza il Ministero della difesa, per il 2013, a cedere, a titolo gratuito, alle Forze Armate della Repubblica del Gibuti 4 veicoli blindati leggeri per la spesa di euro 192.000. Tale cessione a titolo gratuito deriverebbe dagli accordi stipulati dal Governo italiano con la Repubblica del Gibuti per la concessione all'Italia di una base militare;
in data 23 ottobre 2013 il Capo di Stato Maggiore della difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, avrebbe inaugurato tale base militare italiana di Gibuti;
secondo le dichiarazioni dello stesso ammiraglio si tratterebbe della prima, vera base logistico-operativa fuori dai confini nazionali, un'infrastruttura di ben 5 ettari di superficie che ospita i primi cento militari, che saliranno a trecento entro la fine dell'anno quando la base sarà pienamente operativa;
sempre secondo queste dichiarazioni la base sarà il quartier generale dei marò impegnati nella protezione dei cargo dagli attacchi dei pirati, ma anche la base di team di forze speciali pronti a vari tipi di interventi, dall'antiterrorismo alla liberazione di ostaggi;
attualmente il comando della base sarebbe affidato a un colonnello, grado evidentemente troppo elevato per essere un semplice un punto di appoggio logistico;
nella risposta ad un'interrogazione svolta presso la Commissione Difesa il 25 luglio 2013, il sottosegretario Alfano aveva affermato testualmente che la base sarebbe servita a ospitare «personale militare costantemente pronto all'imbarco e all'impiego, nonché della connessa e necessaria struttura info-operativa, di supporto e di sicurezza, destinata ad assicurare una complessiva maggiore efficacia delle azioni di contrasto» al fenomeno della pirateria;
nessun cenno invece alla programmata presenza di unità delle forze speciali, come invece lascia intendere l'ammiraglio Binelli Mantelli e come si evince dal numero di 300 militari presenti a Gibuti, considerando che i Nuclei militari di protezione della Marina Militare sono una decina e sono composti da sei uomini ciascuno,
impegna il Governo
a presentare al più presto al Parlamento l'accordo e/o il protocollo di ratifica tra il Governo italiano e la Repubblica del Gibuti in merito alla concessione alle Forze Armate italiane di una base militare, specificandone il costo e lo status;
ad esplicitare comunque il numero del personale militare e civile impegnato, in quale status giuridico ed economico è inquadrato e sotto quali voci del bilancio dello Stato la base militare in oggetto ricadrà.
9/1670-A-R/57. Corda, Artini, Basilio, Frusone, Paolo Bernini, Rizzo, Tofalo.
La Camera,
premesso che:
dal 12 novembre, per la durata di 6 mesi e un costo di 200 mila euro al giorno, la portaerei Cavour è impegnata in una operazione di «promo» nei mari dell'Africa orientale per poi circumnavigarla con l'obiettivo esplicito, come dichiarato dal Ministro Mauro, di «promuovere il sistema Italia in Africa»;
la nave farà sosta in diversi porti delle monarchie del Golfo (Abu Dhabi, Doha, Kuwait city, Manama ed altri) con l'obiettivo di promuovere e vendere il made in Italy dell'industria bellica nazionale contando sulla volontà di riarmo delle petromonarchie, volontà giustificata con il pretesto di difendersi dall'Iran;
il viaggio della Cavour – accompagnata da altre due navi, la nuovissima fregata lanciamissili Bergamini (tipo FREMM) e la nave logistica Etna – avrà al suo seguito stand di Expo Milano 2015, di Fincantieri, di diverse aziende del Gruppo Finmeccanica, la società missilistica MBDA, l'elicotterista Agusta Westland ed altre ancora. Insomma un vero e proprio «negozio galleggiante» di sistemi d'arma che, dopo i Paesi del Golfo, supererà nuovamente Hormuz spingendosi nell'Oceano Indiano per circumnavigare l'Africa con soste previste in Mozambico e in almeno altri tre Paesi di interesse per la penetrazione commerciale e militare dell'Italia;
gli impegni internazionali del nostro Paese, come dimostra il decreto in approvazione, sono tali da sconsigliare questo tipo d'iniziativa «promo» in alcun modo riconducibile ai compiti istituzionali delle nostre Forze Armate,
impegna il Governo
a cancellare la missione in oggetto della portaerei Cavour e a destinare le risorse risparmiate alla cooperazione allo sviluppo di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto in esame.
9/1670-A-R/58. Frusone, Corda, Basilio, Artini, Rizzo, Tofalo, Paolo Bernini.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 114 del 2013, all'articolo 1, comma 6, autorizza la proroga della partecipazione italiana alla missione TIPH2 (Temporary International Presence in Hebron). La missione è stata voluta dal Governo d'Israele e dall'Autorità Nazionale Palestinese, firmatari dell'Accordo interinale sulla West Bank e sulla Striscia di Gaza del 28 settembre 1995. Tale accordo prevedeva oltre al ripiegamento dell'esercito israeliano (IDF) da una parte della città di Hebron, anche la presenza temporanea di una forza di osservatori internazionali. Tra di essi vi sono 13 unità delle Forze armate italiane;
la città continua ad essere divisa in due: in zona H1 vivono circa 120 mila arabi sotto l'autorità palestinese e in zona H2, sotto l'autorità dello Stato ebraico, risiedono circa 700 israeliani, insieme a 30 mila palestinesi. Ogni entrata e uscita tra le due zone è controllata dai militari dell’Israel Defense Forces (IDF), circa 2 mila militari in tutto;
gli osservatori della TIPH2 svolgono un lavoro prezioso di raccolta delle innumerevoli violazioni dei diritti umani e degli accordi sottoscritti dalle parti, ma troppo spesso questi rapporti rimangono carta straccia senza che la comunità internazionale assuma le iniziative conseguenti;
la situazione sta ulteriormente degenerando e rischia di arrivare ad un punto di deflagrazione definitiva se verranno realizzati i gravi propositi esposti alla Knesset lo scorso 24 ottobre dal ministro israeliano dell'edilizia Uri Ariel (del partito della destra nazionalista «Focolare ebraico») che ha annunciato entro un anno a Hebron la costruzione di 100 nuovi alloggi per coloni, che andranno ad aggiungersi agli 80 già esistenti,
impegna il Governo
a richiedere, da solo o di concerto con gli altri Paesi che aderiscono alla missione TIPH2, al Governo israeliano di cessare la politica degli insediamenti dei coloni nella città di Hebron e di richiedere all'Unesco – anche per tutelare un patrimonio culturale e storico troppo spesso sottoposto a distruzione da parte dell'esercito occupante – di dichiarare la città di Hebron patrimonio mondiale dell'umanità.
9/1670-A-R/59. D'Uva, Brescia, Artini, Corda, Basilio, Frusone, Rizzo, Paolo Bernini.
La Camera,
premesso che:
l'esercitazione, denominata «Blue Flag» sul modello di quella della U.S. Air Force, si svolgerà tra due settimane nel Deserto del Negev. Tra le forze aeree partecipanti: quelle di Stati Uniti, Italia e Grecia;
complessivamente parteciperanno alla «Blue Flag» oltre 100 aerei e 1000 militari. Si tratta di una esercitazione a fuoco, con impiego di bombe e missili a guida di precisione. Lo scenario simulerà un attacco in profondità in un territorio nemico dotato di forti difese aeree (come è ad esempio l'Iran): dopo averle neutralizzate, i cacciabombardieri colpiranno gli obiettivi terrestri rappresentati da bersagli disseminati nel deserto. Nei duelli aerei, l'aviazione nemica sarà impersonificata dall’«Aggressor squadron» delle forze aeree israeliane, i cui piloti vengono addestrati a simulare varie tattiche di combattimento, «in particolare quelle delle forze aeree arabe»;
l'annuncio dell'esercitazione è stata accolta con palese disappunto dai Paesi arabi confinanti e meno, che sarebbero oggetto della simulazione di guerra propria dell'esercitazione;
l'Italia è impegnata in quell'area con tre missioni di pace, due delle Nazioni Unite (Libano e Hebron) e una dell'Unione europea (Eupol Copps) e la partecipazione italiana a una esercitazione di guerra con uno dei soggetti (Israele) della nostra interposizione appare inopportuna e sbagliata,
impegna il Governo
al fine di salvaguardare il ruolo «terzo» delle nostre Forze Armate in quello scacchiere, a cancellare la partecipazione dell'aeronautica militare italiana all'esercitazione «Blue Flag».
9/1670-A-R/60. Tofalo, Artini, Basilio, Rizzo, Corda, Frusone, Paolo Bernini.
La Camera,
premesso che:
il comma 9 dell'articolo 1 del decreto in esame proroga la partecipazione del personale militare italiano alla missione UNFICYP delle nazioni Unite a Cipro con l'impiego di quattro unità;
la missione UNFICYP, che data ormai dal 1964, non è servita ad impedire l'invasione turca di Cipro ed ha, in questa fase, un ruolo marginale nei processi di riunificazione dell'isola;
la vicenda di Cipro e della sua riunificazione deve essere posta tra i punti principali dell'agenda dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite attraverso l'adozione di un piano che consenta il ritiro del contingente internazionale e di tutte le truppe straniere dall'isola,
impegna il Governo
ad assumere una decisa iniziativa nei confronti delle Nazioni Unite e in seno all'Unione Europea – a partire dal semestre di presidenza italiana – per arrivare al più presto ad un piano di riunificazione di Cipro e al contestuale ritiro del personale militare oggi impegnato nell'UNIFICYP.
9/1670-A-R/61. Scagliusi, Artini, Basilio, Corda, Tofalo, Rizzo, Paolo Bernini, Frusone.
La Camera,
premesso che:
secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (settembre 2013), oggi la Siria conta più di 3 milioni di rifugiati. Si tratta della più grande crisi di rifugiati dell'ultimo ventennio;
prima dello scoppio del conflitto, in Siria vivevano 21,1 milioni di abitanti. Con la guerra un terzo di questi (circa 7 milioni) sono diventati rifugiati politici, di cui 4,5 rifugiati interni;
la metà di coloro che hanno lasciato la Siria sono minori. Di questi, tre quarti sono undicenni che hanno trovato rifugio in Libano, Giordania, Turchia, Iraq e Egitto;
recentemente molti rifugiati hanno raggiunto l'Africa settentrionale e l'Europa;
i rifugiati siriani nella Regione Autonoma del Kurdistan sono 150 mila, arrivati da Damasco, Aleppo, al-Hasaka e Qamishlo;
40 mila di questi sono già rimpatriati a causa delle precarie condizioni di vita nei campi profughi e ogni giorno continuano a tornare dalle 500 alle 1000 persone con malattie infettive qui contratte;
in un'intervista rilasciata al quotidiano The Guardian da Antonio Guterres, Alto Commissario ONU per i rifugiati, in Libano ogni sei abitanti uno è siriano. In Libano vi sono 800 mila rifugiati;
in Turchia sono più di 600 mila, di cui 200 mila nei 20 campi adagiati sul confine, e oltre 200 mila registrati nel Paese in varie città curde e turche. Secondo l'ONU questa cifra potrebbe raggiungere il milione entro la fine dell'anno 2013. Ci sono 14 tendopoli, di cui 4 a Hatay, 2 a Urfa, 3 a Antep e una a Maras, Osmaniya, Adiyaman, Mardin, Adana. Ci sono inoltre 6 campi con container così ripartiti: 2 a Kilis, uno a ciascuno a Urfa, Malatya, Hatay e Antep;
in Giordania, Zaatari è il più grande campo profughi, diventato la quarta città più grande del Paese: in tutto ve ne sono 130 mila;
secondo i dati del Comitato Sanitario dell'Alto Consiglio Curdo, ad Afrin sono arrivati 700 mila rifugiati in cerca di protezione, tra curdi di Aleppo, Till Hassil e Till Aran (dove c’è stato un terribile massacro), e arabi di Idlib, Nablus, Zehra e di Keferzete. La popolazione di Afrin è, pertanto, più che raddoppiata;
a Kobani ci sono circa 200 mila rifugiati, in fuga da Aleppo, Raqqa, Tell Abyad, Ain Isa, Mimbic, Cerablus;
nella Regione di Cizre ci sono tra 800 e 900 mila rifugiati in fuga da Deree, Humus, Aleppo, Hama, Idlib;
gli aiuti sono stati raccolti dai curdi che vivono in Turchia, Iraq e Europa; tramite la Mezza Luna Rossa kurda mandati occasionalmente nelle regioni curde del confine, utilizzando la porta di Dirbasiye e Kubani;
sono arrivati gli aiuti di Medici Senza Frontiere, Medico International e Mezza Luna Rossa sede in Germania;
quest'ultima organizzazione internazionale ha aperto diverse sedi in tutte le città curde, le quali convogliano tutti gli aiuti internazionali per consegnarli alla popolazione civile;
nessun aiuto internazionale è arrivato a destinazione, nonostante queste città abbiano accolto la maggior parte della popolazione civile siriana in cerca di protezione;
il decreto in esame prevede iniziative di sostegno, tra le altre, anche alla popolazione siriana vittima del conflitto e inoltre al comma 2 dell'articolo 6 prevede l'invio di una missione di un diplomatico italiano al confine turco-siriano,
impegna il Governo
ad utilizzare la missione diplomatica di cui al comma 2 dell'articolo 6 anche per ottenere dalla Turchia e dalla Regione autonoma curda (KRG) l'apertura dei valichi per consentire il passaggio degli aiuti umanitari;
ad utilizzare inoltre la presenza del nostro funzionario al confine turco-siriano anche per il coordinamento degli aiuti umanitari italiani ai rifugiati in Turchia e nel Kurdistan iracheno e siriano, oltre che per aprire un canale diplomatico con le autorità della Regione autonoma curda.
9/1670-A-R/62. Artini, Corda, Basilio, Frusone, Rizzo, Tofalo, Paolo Bernini.
La Camera,
premesso che:
la situazione del personale della polizia di Stato, composto da circa 94 mila unità, vede la presenza di circa 65 mila tra agenti ed assistenti, ed il resto suddiviso tra ispettori e sovrintendenti e il ruolo dei funzionari direttivi (Capo della polizia compreso);
come si potrà ben evidenziare, la stragrande maggioranza del personale rientra nella categoria della «truppa» a voler usare un termine mutuato dalle caserme. In questo momento vi sono, però, tuttora vigenti ed utilizzabili, ben due graduatorie definitive ed una terza in via di pubblicazione per vice sovrintendenti in cui rientrerebbero circa 8 mila poliziotti al netto di doppie-triple idoneità e fisiologiche rinunce;
il decreto-legge n. 227 del 2012 ha autorizzato l'amministrazione ad attivare procedure e modalità concorsuali semplificate per la copertura dei posti relativi a detta qualifica e a detta delle maggiori organizzazioni sindacali fra le quali gli «Autonomi di polizia» e del «Comitato tutti sovrintendenti», l'unico ostacolo allo scorrimento era rappresentato da una speciale disciplina normativa (decreto legislativo n. 53 del 2001) che imponeva concorsi a cadenza annuale. Ma oggi, alla luce del nuovo decreto, questo vincolo non si pone più, ragion per cui non esiste più alcun motivo ostativo allo scorrimento delle graduatorie;
nel caso in cui l'amministrazione volesse procedere ugualmente a bandire il concorso, questa sarebbe soggetta ad uno stringente obbligo di motivazione derivante dalle nuove recenti dottrine che pongono dei nuovi principi giuridici di massima stabiliti in via definitiva dall'Adunanza Plenaria (sentenza del Consiglio di Stato n. 14 del 28 luglio 2011);
pur apprezzando il fatto che l'amministrazione dell'interno abbia riconosciuto una grave situazione dovuta ad uno squilibrio di organico pauroso di 8.000 unità nel ruolo dei sovrintendenti, classificandola come non più prorogabile, e che questa si stia impegnando a fondo per risolverla, non vuol dire che le soluzioni proposte siano le migliori applicabili sia in termini di tempi per la loro realizzazione che per il punto di vista del costo da sostenere a carico del bilancio dello Stato;
l'idea di recuperare con concorsi plurimi semplificati i 18 concorsi mancanti, oltre ad essere una scelta eticamente scorretta che promuoverebbe dei dipendenti sulla base di regole diverse da quelle prestabilite e condivise da tutti, darebbe il via a modalità concorsuali che non garantirebbero un'adeguata trasparenza ed imparzialità;
stante la volontà di coprire i posti vacanti e risolvere la questione attraverso «procedure di emergenza» di carattere «straordinario» previsti dal decreto in oggetto, siamo certi che l'amministrazione dell'interno converrà che il principio dell'efficienza amministrativa della P.A. implica il raggiungimento degli obiettivi con il minor impiego di tempo e il minor impiego di risorse, attraverso scelte responsabili e lungimiranti finalizzate al solo e unico dallo scopo di perseguire l'interesse pubblico generale;
a giudizio del presentatore, la soluzione di voler procedere all'indizione di nuovi concorsi senza dare luogo prima ad un semplice e coerente scorrimento delle graduatorie, appare essere una soluzione irresponsabile e inopportuna, prima ancora che giuridicamente illegittima alla luce della nuova dottrina giuridica sopra specificata;
in presenza di circa 8.000 idonei, con anzianità media di 18 anni di servizio, che potrebbero essere avviati facilmente e senza alcun ulteriore aggravio economico al corso di formazione, per essere impiegati su strada in pochi mesi, continuare a percorrere la strada dei concorsi cosiddetti «semplificati», con i tempi e i rischi che questi potrebbero comportare, si palesa come una scelta miope e senza senso;
appare a dir poco discutibile ritenere che 8.000 idonei, frutto di leggi, regole e criteri preesistenti condivisi da tutti, per i quali sono già stati spesi milioni di euro, poliziotti inseriti in graduatorie ufficiali le quali producono effetti giuridici tutelati da norme di rango legislativo a portata generale, possano venire sacrificati per dare spazio ad ulteriori concorsi che produrrebbero altrettanti poliziotti idonei con un grado di preparazione inferiore oltretutto sulla base di regole non altrettanto condivise e accettate da tutti;
questo non potrebbe che generare solo iniquità, malcontento e demotivazione tra il personale. Questi «pseudo-concorsi» non servirebbero a produrre elementi professionalmente più preparati, visto che verrebbe abolita completamente la prova d'esame scritta;
una corretta ed equa valutazione del «merito» e della «preparazione professionale», infatti, presuppone il contemperamento di due elementi fondamentali inscindibili essendo un risultato che scaturisce da un giudizio ponderato ed equilibrato basato certamente sull'anzianità, sull'esperienza operativa e sui titoli di servizio ottenuti, ma anche e soprattutto sulle conoscenze teorico-giuridiche del dipendente. Sono fattori ineludibili che vivono in simbiosi e che non possono fare a meno l'uno dell'altro;
togliendo uno di questi due elementi verrebbe a mancare un dato oggettivo essenziale per una corretta e meritocratica valutazione professionale del dipendente;
queste maxi-procedure concorsuali comporterebbero, tra l'altro, un abissale allungamento dei tempi, visto l'immenso e difficilissimo lavoro di selezione di titoli che dovrebbe realizzarsi a priori, attraverso un preventivo conteggio dei titoli per 65.000 operatori di polizia, aggiornando anno per anno dal 2004 fino al 2012 i titoli di ognuno di questi. Un lavoro immane che nella migliore delle ipotesi avrebbe termine non prima di 5 anni e con esiti incerti. Tempi di attuazione biblici per una grave emergenza come questa, che dovrebbe essere sanata entro l'anno 2013 al massimo entro il 2014;
la modalità dei concorsi «per soli titoli» ridurrebbe di fatto drasticamente il campo della trasparenza, con il rischio di dare origine a clientelismi di ogni sorta e a contenziosi di ogni genere;
il «sacrificio» di questi idonei non servirebbe nemmeno a produrre personale più giovane e motivato, visto che i concorsi per titoli avvantaggerebbero inesorabilmente il personale più anziano che è anche il meno motivato e il meno produttivo in termini di presenze e di disponibilità, con il risultato che queste elefantiache procedure concorsuali non garantiranno nel tempo adeguati livelli di efficienza con un conseguente assottigliamento di servizi essenziali per il cittadino, il tutto a danno dell'amministrazione e, soprattutto, della collettività;
questo giudizio, ad avviso del presentatore, appare equidistante dagli interessi di parte e formato su elementi oggettivi di fatto e di diritto. Un giudizio basato sulla logica e sulla razionalità che nasce dal senso di responsabilità e dalla conoscenza approfondita delle problematiche e se lo scorrimento fosse stato un provvedimento giuridicamente scorretto, dispendioso come inopportuno o insensato, non sarebbe mai stato proposto, anche in presenza di interessi legittimi;
lo «scorrimento delle graduatorie» è la procedura più economica e più rapida. Il provvedimento obbiettivamente più opportuno e risolutivo, il più economico per eccellenza, che ogni pubblica amministrazione è solita adottare in via discrezionale quando pienamente e abbondantemente giustificata, tanto più che oggi c’è un decreto-legge che permette di coprire i posti attraverso procedure semplificate;
lo scorrimento delle graduatorie è un istituto giuridico riconosciuto da tutti gli ordinamenti dello Stato e non esiste alcuna ragione valida perché non possa essere riconosciuto anche in questo caso,
impegna il Governo
ad attivarsi concretamente affinché i nuovi sovrintendenti della polizia di Stato vengano nominati dalle graduatorie degli idonei dei concorsi del 2010, 2011 e 2012.
9/1670-A-R/63. Catanoso Genoese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge di proroga delle missioni internazionali in esame reca disposizioni in materia di personale delle Forze armate e di polizia;
oltre alla partecipazione a missioni internazionali in Afghanistan, Libano, Bosnia-Erzegovina, Sudan, Cipro, Somalia, Hebron, Rafah e altre località del Mediterraneo, negli ultimi dieci anni i militari italiani sono stati impegnati in un numero sempre crescente di interventi e missioni «fuori area»: in Somalia, Mozambico, Albania, Bosnia, Croazia, Timor, Kosovo, Cisgiordania, Sinai, Guatemala, Cambogia, Kuwait, Pakistan, Sahara Occidentale, partecipando a operazioni multinazionali sotto l'egida dell'ONU o della NATO;
l'impegno di 9.500 militari italiani, uomini e donne è un numero inferiore solo a quello delle Forze Armate statunitensi, britanniche e francesi;
il personale militare e di polizia coinvolto in tali missioni opera spesso in contesti assai difficili che richiedono impegni e capacità fisiche ed emotive notevoli; al militare coinvolto viene sempre meno richiesto di svolgere il ruolo tipico di «soldato» ma allo stesso vengono richieste notevoli doti e un ruolo atipico di interrelazione con gli altri e con la popolazione a cui presta soccorso; negli ultimi anni si tende a utilizzare il termine più ampio di Peace Support Operation (PSO), il quale comprende tutte le azioni a livello diplomatico, umanitario e militare messe in atto da personale multidisciplinare (non solo militari e osservatori ma anche civili e polizia), allo scopo di promuovere una stabilità e aiutare la popolazione locale;
il personale impiegato si trova in situazioni di incertezza delle condizioni di intervento che comprendono le varie tipologie di azioni umanitarie e di attività diplomatiche di mediazione, negoziazione e di sanzione, oltre alle consuete attività militari di garanzia della sicurezza e di dispiegamento preventivo (escluso l'uso della forza), tese a porre termine al conflitto e stabilire la pace; fondamentali sono dunque le condizioni mentali e psicologiche del personale che opera in tali contesti;
non può esserci una missione di pace condotta con successo se i partecipanti non riescono ad affrontare e gestire efficacemente le richieste legate alle missioni e forte è il rischio di sviluppare psicopatologie tipiche dei militari in guerra e sempre più spesso le missioni di cosiddetta pace si associano alla cosiddetta follia da guerra;
è compito della politica, oltre che destinare risorse finanziarie alle missioni o alla cooperazione, occuparsi delle risorse umane e del benessere psicologico dei propri soldati impegnati nell'operare in tali contesti;
la ricerca medica straniera ha evidenziato che tra le file statunitensi è alto l'allarme salute mentale che comporta un aumento dei casi di ansia, depressione, pensiero suicida e disturbo post traumatica da stress (DSPT) ovvero, la malattia mentale che può colpire i soldati al rientro dai teatri di guerra;
negli Stati Uniti i militari che ne sono vittime vanno dal 20 e il 40 per cento dei reduci, in Olanda e Norvegia attorno al 5 per cento, nel Regno Unito attorno al 3-4 per cento. In Italia le Forze armate ammettono l'esistenza di due/tre casi all'anno anche se, su questo, alcuni studi rilevano che tale fenomeno sia sottodimensionato;
risulta, pertanto, fondamentale un impegno rivolto a un'accurata selezione e monitoraggio del personale da impiegare nei vari contesti di guerra, soprattutto quelli «fuori area», al fine di evidenziare eventuali profili psicopatologici a rischio,
impegna il Governo
ad adottare efficaci misure legislative, amministrative e di ogni altra natura volte al riconoscimento, alla prevenzione, al monitoraggio e alla cura del rischio del disturbo da stress post traumatico (DSPT) del personale militare e di polizia coinvolto in missioni internazionali anche attraverso la predisposizione di adeguati interventi di supporto psicologico e di sostegno programmato e individuale, nonché formazione e addestramento che tengano conto anche degli aspetti emotivo-relazionali del personale operante in tali contesti.
9/1670-A-R/64. Ciprini.
La Camera,
premesso che:
il nostro Paese è fortemente impegnato, ancorché con molte meno risorse economiche in campo civile rispetto a quelle impiegate in campo militare, nella provincia di Herat, base occidentale del contingente italiano in Afghanistan;
a dispetto dei più volte enunciati impegni in tema di rispetto dei diritti umani, secondo l'importante organizzazione non governativa Human Rights Watch, ma la notizia è stata confermata dal ministero della Giustizia afgano, il governo Karzai sta pensando di reintrodurre la lapidazione contro le donne in caso di adulterio, una punizione in vigore durante il regime dei talebani e che tanto ha fatto indignare il mondo intero;
la punizione per i coniugi fedifraghi, assieme alle frustate per i trasgressori non sposati per i quali sono previste 100 frustate, appare in una bozza di revisione del codice penale al vaglio del ministero della Giustizia di Kabul. Il capo del dipartimento penale del ministero, Ashraf Azimi, ha confermato che l'uccisione tramite lapidazione è inclusa nella bozza nella quale si afferma che: «la lapidazione deve avvenire in pubblico in una località predeterminata»;
è inaccettabile che 12 anni dopo la caduta dei talebani, Hamid Karzai approvi la reintroduzione della lapidazione come punizione, dopo che più di tre anni fa, il 17 agosto 2010, lo stesso ebbe ad affermare, in seguito alla lapidazione di una coppia sospettata di adulterio da parte dei talebani, nel nord dell'Afghanistan: «Imperdonabile. Giustiziare quei due giovani senza un processo è un crimine, un atto disumano, ed è contrario all'Islam»,
impegna il Governo
a ottenere dal governo afghano immediate rassicurazioni circa la paventata reintroduzione di una pratica feroce e arcaica quale è la lapidazione, ovvero a ottenere garanzie sull'immediato ritiro della proposta di revisione del codice penale;
a prevedere che il contributo italiano, nelle varie forme di aiuto in cui si esplicita, possa essere rivisto alla luce di quanto esposto in premessa.
9/1670-A-R/65. Spadoni, Grande, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Tacconi, Scagliusi.
La Camera,
preso atto della volontà del governo di cessare la partecipazione italiana alla missione ISAF,
impegna il Governo
a predisporre entro il 30 gennaio 2014 il piano di rientro in Patria delle truppe e dei mezzi militari italiani impiegati in Afghanistan e a darne conoscenza alle competenti commissioni parlamentari.
9/1670-A-R/66. Baldassarre.
La Camera,
premesso che:
il contesto internazionale è caratterizzato da numerose situazioni di crisi, rispetto alle quali è necessario che l'Italia, col suo «Sistema Paese», sia in condizioni di continuare ad assumersi le proprie responsabilità e ad intervenire sia in termini di cooperazione sia contribuendo, nel rispetto delle deliberazioni dell'ONU e nel quadro delle alleanze, alle missioni internazionali di pace affidate alle forze militari, finalizzate alla pacificazione delle aree di conflitto;
è fisiologico che la difficile congiuntura economica imponga al Paese di proseguire l'opera di risanamento anche attraverso la riorganizzazione delle strutture pubbliche, per creare le premesse indispensabili per assicurare una crescita sostenibile e duratura, mantenendo fede agli impegni assunti; ciò comporta comunque l'assoluta esigenza di fare ogni sforzo per garantire all'Italia le più consone misure di sicurezza, sia sul fronte interno sia in termini di proiezione esterna, consentendole di salvaguardare le potenzialità e gli assetti necessari per restare all'altezza, anche in futuro, del proprio ruolo e della propria storia;
in relazione a quanto precede, è indispensabile assicurare che lo Strumento Militare, in attesa che maturino i frutti del processo di revisione organizzativa approvato con la legge n. 244 del 2012, in via di definizione attraverso i discendenti decreti legislativi, si mantenga equilibrato in tutte le componenti, bilanciato nelle capacità operative esprimibili e prontamente impiegabile. Tale assunto è alla base del concetto di integrazione tra le Forze armate, della correlata interforzizzazione e della loro interoperabilità, requisiti che potrebbero essere inficiati ove non fosse assicurata un'evoluzione equilibrata di tutte le componenti,
impegna il Governo
ad assicurare l'operatività e l'interoperabilità dello Strumento militare ponendo in essere tutte le misure necessarie per sostenerlo in maniera equilibrata, indirizzando le risorse disponibili per il funzionamento e l'ammodernamento verso tutte le sue componenti, in modo da salvaguardare anche le potenzialità dell'industria nazionale, mantenendola competitiva e favorendo al contempo lo sviluppo economico del Paese.
9/1670-A-R/67. Adornato, Cera.
La Camera,
premesso che:
il comma 24 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame autorizza il Ministero della Difesa per 2013, a cedere, a titolo gratuito, alle Forze Armate della Repubblica del Gibuti 4 veicoli blindati leggeri per la spesa di euro 192.000. Tale cessione a titolo gratuito deriverebbe dagli accordi stipulati dal Governo italiano con la Repubblica del Gibuti per la concessione all'Italia di una base militare;
tuttavia, il sistema sanitario gibutiano è in condizioni precarie, come tutti quelli del Paesi del Corno d'Africa. L'aspettativa di vita è di 62 anni, 59 per gli uomini e 64 per le donne; la mortalità infantile si attesta al 2010 sui 53 morti ogni 1000 nati vivi, la malaria e la tubercolosi sono endemiche e il contrasto a queste malattie è il primo obiettivo del governo in materia sanitaria, l'AIDS non è diffuso in misura allarmante, ma comunque è un problema abbastanza serio, in quanto colpisce più del 2 per cento della popolazione adulta;
dalla fine degli anni ’90 il governo del Gibuti ha iniziato a riformare l'ordinamento scolastico e universitario per modernizzarlo ed estenderlo quanto più possibile a tutto il paese, pur tra notevoli difficoltà, individuando anche le zone maggiormente bisognose di un miglioramento del sistema educativo, stabilendo anche le strategie da adottare per risolverne i problemi,
impegna il Governo
in ordine ai bisogni della popolazione di Gibuti, di prevedere, all'interno dei prossimi provvedimenti relativi al rifinanziamento delle missioni internazionali, l'invio, a titolo gratuito, di quattro autoambulanze con le apposite dotazioni mediche e, sempre a titolo gratuito, di quattro scuolabus per consentire a un maggior numero di bambini di frequentare le scuole del paese.
9/1670-A-R/68. Paolo Bernini.
La Camera,
premesso che:
al comma 4 dell'articolo 2 del presente decreto-legge è previsto che anche al personale di cui all'articolo 5 (utilizzo di Nuclei Militari di Protezione – NMP), del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130 (cd. Proroga missioni) venga ancora corrisposto un rimborso forfetario di impiego e la retribuzione per lavoro straordinario;
l'Italia è l'unico Paese europeo che imbarca militari sui mercantili, ancorché a protezione di quelli battenti bandiera italiana che transitano in acque a rischio pirateria, come Somalia, Golfo di Aden, mar Rosso, mar Arabico, oceano Indiano e Oman;
fino al 2010 nessuna nave battente bandiera italiana poteva usufruire di task force armate a bordo, ma con l'introduzione della citata norma veniva, appunto, previsto l'imbarco sui mercantili di appositi NMP (tutti composti da membri del Reggimento San Marco, l'unità di fanteria in forza alla Marina militare italiana), dischiudendo di fatto la via all'impiego anche di guardie giurate (cd. Contractors) dipendenti dalle società di sicurezza privata;
tali disposizioni sono diventate operative solo in seguito alla firma di un protocollo d'intesa tra l'allora ministro della Difesa, Ignazio La Russa, e Confitarma, la Confederazione italiana armatori, ovvero la principale associazione di categoria dell'industria italiana della navigazione che raggruppa le imprese e gruppi armatoriali italiani presenti nel settore del trasporto merci e passeggeri, delle crociere e dei servizi ausiliari del traffico;
in molti altri Paesi dell'Unione europea, tuttavia, a bordo delle imbarcazioni vigila personale di sicurezza privato e non militari addestrati specificatamente per svolgere compiti di sicurezza in mare. In Germania, ad esempio, la richiesta di team militari per la sicurezza a bordo di navi non è mai stata approvata. Ma l'adozione di personale di vigilanza da parte dei mercantili non è vietata né dalle leggi generali, né dal codice penale,
impegna il Governo
a rivedere la normativa di cui alla premessa e il protocollo d'intesa con la Confitarma siglato nel 2011 nel senso di prevedere che nessun militare venga più impiegato per fini espressamente volti alla sicurezza privata.
9/1670-A-R/69. Gallinella, Artini, Sibilia, Spadoni, Frusone, Paolo Bernini, Di Battista, Basilio, Manlio Di Stefano, Del Grosso, Tacconi, Scagliusi, Grande, Tofalo, Rizzo, Corda.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti per la proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione;
le iniziative di cooperazione e sviluppo ed il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione rappresentano uno degli aspetti di rilievo del decreto e che interessa tutto il Paese, da sempre orientato a sostenere iniziative di cooperazione e di sviluppo a cui partecipano una miriade di ONG, molte delle quali nate in area cattolica e portate avanti da laici e religiosi uniti da un legame di forte coesione in cui le competenze professionali degli uni si intrecciano con la capacità di accoglienza incondizionata rivolta soprattutto a bambini e malati con iniziative di carattere formativo e sanitario;
i dati in questa direzione riflettono la perenne gioventù della chiesa cattolica che non pone limiti di sorta alla sua donazione nella fasce più povere e sole del pianeta;
recentemente però si sono verificati molti episodi di intolleranza che hanno esposto la vita di questi operatori di pace a drammatiche conseguenze, tra cui la perdita della vita;
ricorre quest'anno il cinquantesimo della Pacem in Terris in cui Giovanni XXIII ci ricordava che: «I rapporti tra le comunità politiche vanno regolati nella verità e secondo giustizia; ma quei rapporti vanno pure vivificati dall'operante solidarietà attraverso le mille forme di collaborazione economica, sociale, politica, culturale, sanitaria, sportiva: forme possibili e feconde nella presente epoca storica. In argomento occorre sempre considerare che la ragione d'essere dei poteri pubblici non è quella di chiudere e comprimere gli esseri umani nell'ambito delle rispettive comunità politiche; è invece quella di attuare il bene comune delle stesse comunità politiche; il quale bene comune però va concepito e promosso come una componente del bene comune dell'intera famiglia umana. Ciò importa non solo che le singole comunità politiche perseguano i propri interessi senza danneggiarsi le une le altre, ma che mettano pure in comune l'opera loro quando ciò sia indispensabile per il raggiungimento di obiettivi altrimenti non raggiungibili: nel qual caso però occorre usare ogni riguardo perché ciò che torna di utilità ad un gruppo di comunità politiche non sia di nocumento ad altre, ma abbia anche su esse riflessi positivi»;
nell'ambito delle missioni all'estero dovrebbero essere sempre più tutelati anche questi progetti concreti in cui è il Paese stesso che investe le sue migliori risorse di generosità e di spirito di servizio, sostenendo lo spirito delle missioni degli italiani all'estero in una logica che non offre dubbi sulle intenzioni delle persone che non perseguono alcun interesse personale, ma solo l'interesse delle popolazioni locali e la loro promozione,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di supportare in modo concreto gli sforzi umanitari, di risanamento e di ricostruzione in Darfur (protezione della popolazione civile e prosecuzione delle attività di assistenza umanitaria) e di assicurare il necessario quadro di sicurezza a quanti operano in quell'area.
9/1670-A-R/70. Binetti.
La Camera,
esaminato con attenzione il complesso delle missioni internazionali di cui è autorizzata la prosecuzione sino al 31 dicembre 2013;
rilevato il peso tuttora preponderante degli oneri connessi alla partecipazione nazionale alla missione Isaf in atto in Afghanistan dalla fine del 2001;
sottolineata la grave incertezza politica che grava sugli sviluppi della situazione politica a Kabul, dove pare che il Presidente Hamid Karzai intenda ora promuovere un rinvio delle elezioni che dovrebbero portare il prossimo aprile alla sua sostituzione;
ritenendo un grave vulnus alla giovane democrazia afghana il fatto che il Presidente possa modificare a suo piacimento, o quasi, la data alla quale si voterà per la sua successione;
evidenziando altresì come il Presidente Karzai voglia rimandare al periodo successivo all'elezione del proprio successore la firma dell'accordo bilaterale sulla sicurezza con gli Stati Uniti, da cui dipende anche il futuro della missione atlantica destinata a rimpiazzare l'Isaf, nota come Resolute Support,
impegna il Governo
a prefigurare il ritiro del contingente inviato in Afghanistan a partire dal 1o gennaio 2014, qualora il Presidente Hamid Karzai rinvii le elezioni presidenziali previste per il prossimo aprile ed insista nel differire la firma dell'accordo bilaterale con gli Stati Uniti al momento successivo all'investitura del proprio successore.
9/1670-A-R/71. (Versione corretta)Prataviera, Gianluca Pini.
La Camera,
rilevando come, a poco più di un anno dalla conclusione della missione atlantica ISAF, iniziata in Afghanistan alla fine del 2001, all'indomani cioè del conferimento della guida del Paese ad Hamid Karzai, poi eletto Presidente nel 2004, si segnalino sviluppi poco promettenti;
sottolineando in particolare, l'affiorare di una deriva integralista nell'attività legislativa afghana fortemente lesiva di alcuni diritti fondamentali della persona umana, che l'intervento internazionale era parso in qualche modo garantire agli afghani;
evidenziando ancor più specificamente, il rischio che in Afghanistan venga ripristinata la pena di morte per lapidazione delle donne colte in flagranza di adulterio,
impegna il Governo
a considerare l'ipotesi di ritirare il contingente conferito all'Isaf qualora le autorità afghane diano effettivamente corso alla reintroduzione della pena di morte per lapidazione delle adultere.
9/1670-A-R/72. Molteni, Fedriga.
La Camera,
esaminato il testo del decreto-legge 114/2013, con il quale sono rinnovate fino alla fine dell'anno le missioni delle Forze Armate in corso all'estero;
rilevato come quello sottoposto al Parlamento per il previsto procedimento di conversione prescritto dalla Costituzione sia il secondo Decreto Legge emanato in materia durante il 2013;
evidenziando come il primo Decreto coprisse gli interventi soltanto fino al 30 settembre scorso anche perché le risorse stanziate sull'apposito fondo per le missioni di pace erano state esaurite;
ricordando come si stia delineando un'ulteriore contrazione delle risorse pubbliche stanziate a questo scopo, posto che si parla adesso di 614 milioni di euro per il 2014;
sottolineando come tale pratica, di ricorrere a più decreti nel corso dell'anno, fosse stata superata nel recente passato e ciò che si sta verificando costituisca perciò un inopportuno passo indietro:
impegna il Governo
a programmare meglio la propria attività legislativa connessa all'autorizzazione degli interventi militari all'estero e della loro prosecuzione, con l'obiettivo di restaurare la pratica di ricorrere alla decretazione d'urgenza una sola volta all'anno, calibrando le missioni alle effettive disponibilità economiche note al principio dell'esercizio finanziario.
9/1670-A-R/73. Borghesi, Gianluca Pini.
La Camera,
esaminato l'insieme degli interventi militari di cui è autorizzato l'avvio o la prosecuzione sino al prossimo 31 dicembre;
osservato come manchi all'elenco qualsiasi menzione della missione Mare Nostrum, deliberata allo scopo di assistere i migranti clandestini che attraversano il Mediterraneo, allo scopo di salvar loro la vita, ma anche di preparare il loro successivo rimpatrio;
sottolineando come proprio Mare Nostrum, invece, rifletta interessi nazionali acutamente avvertiti nelle aree più esposte del nostro Paese, come l'isola di Lampedusa, in prima linea nella gestione degli arrivi dall'Africa, e meriti pertanto di essere rafforzata;
altresì, come la stessa cosa non possa esser invece affermata con riguardo ad altri interventi, dal Libano all'Afghanistan:
impegna il Governo
a ridurre le risorse nazionali assegnate all'Isaf ed all'Unifil II, per potenziare quelle invece devolute alla missione Mare Nostrum.
9/1670-A-R/74. Guidesi, Molteni.
La Camera,
esaminato il complesso degli interventi militari che le Forze Armate del nostro Paese stanno conducendo nel mondo;
osservato l'evolversi della situazione politica in Medio Oriente, in particolare a cavallo tra Siria e Libano;
ritenendo che la presenza di un contingente nazionale forte di poco più di mille uomini nel Libano meridionale possa rappresentare una vulnerabilità in uno scenario caratterizzato dalla possibile accentuazione della violenza locale;
temendo che il contingente italiano non abbia chiare direttive politico-strategiche cui attenersi nel caso in cui le forze dell'UNIFIL II vengano in qualche modo risucchiate nel vortice della lotta tra le fazioni libanesi, sempre più spesso condotta con metodi terroristici:
impegna il Governo
a ridurre quanto prima la consistenza del contingente nazionale assegnato all'Unifil II, in quanto divenuto una vulnerabilità suscettibile di condizionare le scelte di schieramento del nostro Paese negli equilibri regionali mediorientali, come si è visto in occasione della recente crisi siriana.
9/1670-A-R/75. Invernizzi, Marcolin.
La Camera,
apprezzata l'evoluzione della situazione internazionale, con particolare riguardo al bacino del Mediterraneo e alle aree ad esso adiacenti;
ritenendo che il protrarsi dell'instabilità sulla cosiddetta Sponda Sud del Mediterraneo possa continuare ad intensificare i flussi di migranti clandestini che dall'Africa e dal Medio Oriente si dirigono verso l'Europa sfruttando la rotta più breve, che conduce alle isole di Lampedusa e Pantelleria;
rilevando come l'emergenza umanitaria connessa all'afflusso dei migranti clandestini sia acutamente avvertita dall'opinione pubblica nazionale;
sottolineando il carattere strategico della Libia, al fine della predisposizione di un efficace filtro dei flussi migratori diretti verso l'Europa meridionale:
impegna il Governo
ad offrire un contributo maggiore alla stabilizzazione della Libia, potenziando al più presto i contingenti impegnati nell'Eubam Libya e quello della Guardia di Finanza, che ha carattere esclusivamente nazionale, avviando altresì quanto prima anche il nuovo intervento da condursi con droni, di cui ha parlato il premier libico Ali Zeidan il 30 ottobre scorso.
9/1670-A-R/76. Marcolin, Gianluca Pini.
La Camera,
esaminato il disegno di legge di conversione del decreto-legge 114/2013 e le relazioni tecniche di corredo;
rilevando come le schede tecniche di corredo non prevedano la presenza di un'unità navale italiana nel dispositivo dell'UNIFIL II, mentre invece ne fa parte dal 10 ottobre scorso il cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria, con 195 uomini di equipaggio a bordo;
evidenziando come, di conseguenza, i costi della partecipazione nazionale all'UNIFIL II debbano intendersi lievitati rispetto alla previsione formulata nel Decreto 114/2013 oggetto del procedimento di conversione:
impegna il Governo:
a rimpatriare la nave Andrea Doria o a compensare gli oneri connessi alla sua presenza nelle acque prospicienti il Libano con una significativa riduzione del contingente terrestre fornito dal nostro Paese all'UNIFIL II.
9/1670-A-R/77. Matteo Bragantini, Gianluca Pini.
La Camera,
esaminato il testo del decreto-legge 114/2013, oggetto del procedimento di conversione in Legge prescritto dalla Costituzione;
apprezzata la scelta fatta dal Governo di predisporre risorse per il finanziamento degli interventi in favore dei cittadini in gravi difficoltà sui teatri di crisi;
ritenendo, tuttavia, che il soccorso da parte dello Stato per i cittadini che si trovino in grave difficoltà o situazione di pericolo si imponga soltanto quando i potenziali beneficiari abbiano adottato comportamenti miranti a ridurre la propria esposizione ai rischi caratteristici dei teatri di crisi, segnalando la propria presenza alle autorità diplomatiche e consolari nazionali, in primo luogo, ma anche, ove necessario, rispettando le indicazioni provenienti dal Ministero della Difesa e dal Ministero degli Affari Esteri;
ribadendo, soprattutto, l'illegittimità della eventuale corresponsione di riscatti a chiunque ne richieda per liberare cittadini italiani rapiti,
impegna il Governo
a focalizzare i propri sforzi sui cittadini finiti in situazioni difficili, privilegiando coloro che si sono scrupolosamente attenuti alle indicazioni fornite per la loro sicurezza dalle autorità diplomatiche e militari nazionali.
9/1670-A-R/78. (Versione corretta)Allasia, Guidesi.
La Camera,
esaminato l'ampio insieme degli interventi militari e della cooperazione allo sviluppo delineato dal decreto-legge 114/2013, oggetto del procedimento di conversione in atto;
sottolineando la grande importanza che gli interventi di cooperazione allo sviluppo possono avere sui teatri di crisi e, più in generale, nell'alleviare le sofferenze delle popolazioni civili che spesso sono all'origine dei flussi migratori illegali diretti verso l'Europa;
ritenendo quindi strategico il potenziamento dell'attività di cooperazione nell'ambito di una strategia integrata di contrasto ai flussi migratori,
impegna il Governo
a ridefinire le priorità della spesa pubblica che alimenta gli interventi militari e della cooperazione all'estero, privilegiando quelli suscettibili di alleviare la pressione migratoria diretta verso il nostro Paese rispetto a quelli che garantiscono ritorni meno concreti o siano stati intrapresi soltanto allo scopo di mostrare bandiera.
9/1670-A-R/79. Busin, Guidesi.
La Camera,
osservati gli sviluppi in atto in Afghanistan e particolarmente nel Comando Regionale Occidentale, sottoposto alla guida di ufficiali del nostro Paese dal 2005;
apprezzata la progressiva riduzione e riconfigurazione del contingente del nostro Paese, che ha da tempo abbandonato la provincia di Baghdis ed il caposaldo di Bala Murghab, nel frattempo infiltrato dalla guerriglia talebana;
preso atto, altresì, del completamento del più recente ritiro dalla provincia di Farah, che sta comportando il rientro nel nostro Paese di circa 450 militari;
evidenziando la necessità di potenziare gli interventi in atto in Libia, sia quello che si svolge sotto l'egida dell'Unione europea, noto come Eubam Libya, che la missione della Guardia di Finanza, cui sta per aggiungersi l'invio oltremare di un reparto di droni dell'Aeronautica Militare, che avrà il compito di sorvegliare le frontiere interne, desertiche, libiche;
sottolineando, inoltre, l'opportunità di potenziare il dispositivo aeronavale nazionale noto come Mare Nostrum, raccordandolo altresì alla missione europea Frontex,
impegna il Governo
a destinare i risparmi realizzati con l'accelerazione del ritiro dall'Afghanistan al potenziamento degli interventi di stabilizzazione della Libia e alle missioni terrestri, aeree ed aeronavali dirette a controllare e dissuadere l'immigrazione clandestina diretta verso il nostro Paese.
9/1670-A-R/80. Gianluca Pini.
La Camera,
esaminato il complesso degli interventi militari internazionali partecipati dalle Forze Armate;
la loro straordinaria dispersione in una miriade di teatri differenti, spesso a significativa distanza dal territorio nazionale, dove vengono talvolta rischierati contingenti di dimensioni simboliche che non producono alcun ritorno politico significativo per il Paese;
osservando come sia stata da tempo riconosciuta la necessità di una razionalizzazione degli interventi che tenga conto delle minori risorse umane e materiali disponibili, selezionando le missioni sulla base della loro effettiva corrispondenza agli interessi percepiti dal Paese,
impegna il Governo
a ridurre significativamente, già a partire dal 2014, il numero dei contingenti inviati all'estero, rinunciando in primo luogo alle partecipazioni di carattere simbolico e poi agli interventi che hanno luogo alle più grandi distanze dal territorio del nostro Paese.
9/1670-A-R/81. Grimoldi, Gianluca Pini.
La Camera,
esprimendo la propria solidarietà a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, trattenuti in India con l'accusa di aver sparato ad un peschereccio locale, uccidendo due uomini;
appoggiando gli sforzi del Governo per pervenire ad una soluzione positiva e dignitosa del caso che li riguarda, ora nella sfera di giurisdizione di un tribunale speciale;
ritenendo tuttavia, che all'origine della crisi che coinvolge i marò vi sia anche l'errore di aver considerato imprudentemente situazioni equiparabili quelle invece assai diverse, che si presentano nelle acque del Golfo di Aden o comunque nelle vicinanze della costa somala, dove non sussiste ancora uno Stato consolidato, e quelle che invece possono manifestarsi in prossimità del territorio di una grande ed ambiziosa potenza nucleare come l'Unione Indiana, il cui risentimento anticoloniale nei confronti degli europei è noto,
impegna il Governo
a modificare le regole d'ingaggio cui si uniforma il comportamento dei team militari di protezione ancora attivi, allo scopo di evitare inutili futuri incidenti in prossimità delle coste indiane.
9/1670-A-R/82. Fedriga, Marcolin.
La Camera,
ricordando come, nell'estate del 2006, la decisione di dar vita all'UNIFIL II nel Libano meridionale rispondesse essenzialmente all'obiettivo di rafforzare le truppe dell'Onu incaricate di separare le forze armate israeliane dalle milizie dell'Hezbollah;
ricordando altresì, come in quella stagione l'Hezbollah fosse una forza d'opposizione in un Libano che si riteneva destinato sotto la guida del premier sunnita Fouad Siniora a proporsi come possibile luminoso esempio di sistema democratico funzionante in Medio Oriente;
sottolineando alcuni dei passaggi più significativi intervenuti da allora, il primo dei quali è la trasformazione dell'Hezbollah nel partito di riferimento della nuova maggioranza di governo;
esprimendo interesse per le indiscrezioni della stampa mediorientale secondo le quali la Gran Bretagna starebbe svolgendo una delicata mediazione tra lo stesso Hezbollah e gli Stati Uniti, che potrebbe sfociare in una storica riconciliazione;
ritenendo conseguentemente, che possano presto rivelarsi del tutto superate le ragioni che nel 2006 indussero alla creazione dell'UNIFIL II,
impegna il Governo
a ridurre sensibilmente il contingente nazionale attribuito all'UNIFIL II e a rimpatriarlo del tutto qualora il presunto negoziato tra Hezbollah e Stati Uniti abbia successo.
9/1670-A-R/83. Giancarlo Giorgetti, Gianluca Pini.
La Camera,
esaminato il complesso quadro delle missioni militari nazionali all'estero di cui viene autorizzata la prosecuzione sino alla fine dell'anno;
osservati gli sviluppi in atto nel Kosovo settentrionale, dove la tensione tra serbi ed albanesi kosovari continua ad essere palpabile,
impegna il Governo
ad assicurare il sostegno del nostro Paese alla causa della convivenza e del rispetto reciproco tra le varie componenti etniche e religiose residenti in Kosovo, anche appoggiando il riconoscimento di vaste e penetranti forme di autonomia per l'area di Kosovska Mitrovica, maggioritariamente abitata da serbi.
9/1670-A-R/84. Rondini, Gianluca Pini.
La Camera,
esaminato l'ampio spettro degli interventi di cui il decreto-legge 114/2013 autorizza la prosecuzione sino alla fine dell'anno in corso;
esprimendo dubbi sull'effettiva necessità di continuare ad assicurare una partecipazione ad alcuni interventi di carattere davvero ormai simbolico, come quello in corso a Cipro, sotto l'egida delle Nazioni Unite, dove dal lontano 1964 opera l'UNFICYP, rivelatasi peraltro inutile durante la crisi scoppiata sull'isola nel 1974,
impegna il Governo
a considerare il ritiro della componente italiana dall'UNFICYP, ormai rinnovata dal 2005, in occasione dell'emanazione del prossimo decreto-legge di proroga degli interventi militari nazionali all'estero.
9/1670-A-R/85. Caparini, Marcolin.
La Camera,
considerati gli sviluppi della situazione politico-militare in Afghanistan, che paiono contrassegnati dalla più grande incertezza;
rilevando in particolare, come il futuro dell'impegno militare internazionale dopo il 31 dicembre 2014 rimanga oscuro, a causa dell'ancora mancata definizione dell'accordo bilaterale di sicurezza tra l'Afghanistan e gli Stati Uniti, senza il quale la Casa Bianca decreterebbe la fine della presenza militare americana nel Paese centro-asiatico;
esprimendo preoccupazione, altresì, per l'eventualità che i negoziati in corso o in via di apertura con i talebani possano portare ad una qualche forma di loro coinvolgimento futuro nel Governo dell'Afghanistan:
impegna il Governo
ad annunciare la propria rinuncia a partecipare alla missione Resolute Support, che dovrebbe rimpiazzare dal 1o gennaio 2015 l'Isaf, qualora non ne facciano parte gli Stati Uniti ed in ogni caso qualora fosse chiamata a concorrere alla protezione di un esecutivo partecipato dai talebani.
9/1670-A-R/86. Caon, Gianluca Pini.
La Camera,
esaminato il complesso degli interventi e delle misure contenute nel decreto-legge 114/2013, oggetto del procedimento di conversione in corso in Assemblea;
ritenendo interessanti le potenzialità della Partnership Trans-Adriatica, che sono tuttavia ancora ben lungi dall'essere pienamente valorizzate;
sottolineando come le regioni adriatiche del nostro Paese, dal Friuli-Venezia Giulia sino alla Puglia, potrebbero trarre grande beneficio dalla loro integrazione in un più vasto sistema economico-commerciale strutturato, che le proiettasse verso il bacino del Danubio ed il Mar Nero,
impegna il Governo
ad adoperarsi per rivitalizzare al massimo la Partnership Trans-Adriatica o a rinunciarvi del tutto, qualora risulti evidente la mancanza di ricadute positive connesse alla sua esistenza.
9/1670-A-R/87. Bossi, Prataviera.
La Camera,
esprimendo il proprio apprezzamento per l'impegno profuso dalle Forze Armate in teatri di crisi spesso complessi e ad alto rischio;
rilevando come le risposte ottenute a specifici atti di sindacato ispettivo abbiano rilevato la mancanza nel nostro Paese di statistiche concernenti la sindrome connessa allo stress post-traumatico da combattimento, che affligge invece importanti percentuali dei reduci dalle missioni di pace in molte nazioni alleate;
sottolineando come la ricognizione delle dimensioni del fenomeno sia di decisiva importanza ai fini della prevenzione delle conseguenze più drammatiche della sindrome, dalle violenze domestiche ai suicidi,
impegna il Governo
a disporre l'avvio della raccolta dei dati sensibili riconducibili alle manifestazioni della sindrome da stress post-traumatico da combattimento, anche allo scopo di predisporre a vantaggio degli interessati tutte le misure di sostegno e riabilitazione necessarie.
9/1670-A-R/88. Buonanno, Molteni, Fedriga.