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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 19 dicembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un libro verde sul futuro dell'IVA (COM(2010) 695) in cui invitavano imprese, accademici, cittadini e autorità fiscali dell'Unione ad esaminare in modo critico gli aspetti del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto allo scopo di rafforzare la coerenza del tributo con il mercato unico, incrementarne le entrate, ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    a seguito dell'ampio processo di consultazione con le parti interessate la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
    nel succitato documento la Commissione europea è pervenuta alla conclusione generale che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA, rappresenta l'ostacolo principale a scambi intraunionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare pienamente dei vantaggi di un mercato unico autentico. La mancanza di armonizzazione genera, infatti, complessità, incertezza giuridica e costi di conformità alle norme che dissuadono le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, dall'intraprendere il commercio transfrontaliero, con la conseguenza di rendere più facile e redditizio concludere affari con partner di Paesi terzi piuttosto che con imprese dell'Unione europea;
    secondo la Commissione europea la valutazione economica dei costi di conformità subiti dalle imprese impegnate nelle operazioni transfrontaliere è stimabile in una percentuale compresa tra il 2 per cento e l'8 per cento dell'importo dell'IVA riscossa. Essa ha stabilito che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri potrebbe tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
    nel libro verde sul futuro dell'IVA, la Commissione europea riconosce la necessità di una forte armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, non solo per i privati, ma anche per le imprese innescando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
    numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote Iva negli Stati membri dell'Unione favoriscono l'insorgere di fenomeni fraudolenti quali le cosiddette «frodi carosello» che sfruttano le debolezze insite nel complesso meccanismo amministrativo di neutralizzazione dell'imposta sul valore aggiunto su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri. Tali frodi sono all'origine di enormi perdite di gettito che colpiscono con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte poiché in essi risulta più redditizio effettuare le operazioni di vendita sotto costo di beni di largo consumo che sono alla base di questi espedienti criminali. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simile pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici che è fondamento dell'Unione europea;
    secondo la Commissione europea (MEMO/13/800 del 19 settembre 2013): «Prendendo in considerazione le varie componenti del divario Iva, ci sono diversi fattori che possono spiegarne l'incremento in tempi di crisi. Da un lato, un forte aumento delle aliquote per risanare i conti pubblici, soprattutto se coniugato con una scarsa ottemperanza alle norme, potrebbe, in larga misura, stimolarne l'inadempimento. Dall'altro hanno contribuito a tale divario anche l'aumento delle insolvenze e dei fallimenti e un calo nelle importazioni (che spesso rappresentano i sistemi più facili per provvedere alla raccolta del tributo)», posizione condivisa altresì dal commissario alla fiscalità della Commissione europea Algirdas Semeta. Il citato documento quantifica in 36 miliardi di euro il divario tra l'Iva teorica e quella riscossa nel 2011 nel nostro Paese che detiene tale triste primato tra i 26 Paesi dell'Unione;
    l'innalzamento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, attualmente al di sopra della media comunitaria e il crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla generalità delle imprese nazionali e comunitarie per fronteggiare il divario IVA non costituiscono una strategia idonea al risanamento delle finanze pubbliche italiane. L'inasprimento della pressione fiscale e la complessità delle norme di conformità aumentano, infatti, la convenienza marginale a frodare il tributo scoraggiando, al contempo, l'intraprendenza degli operatori corretti,

impegna il Governo:

   a garantire che le priorità strategiche indicate nel documento di cui in premessa si traducano in azioni concrete al fine di:
    a) adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea affinché si proceda ad una opera di armonizzazione del sistema delle aliquote, che deve essere reso più coerente ed equo, convergendo verso un'unica aliquota ordinaria ed eliminando le differenziazioni nazionali;
    b) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013 che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard – che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali – introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
    c) favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta del valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio dei dichiarativi fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nella esecuzione dei menzionati adempimenti nella comunicazione delle informazioni all'amministrazione finanziaria in una ottica di normalizzazione, riduzione dei costi della compliance e di progressiva sostituzione delle attuali, obsolete modalità cartacee di tenuta di queste operazioni;
    d) istituire, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel libro verde sull'IVA e nella comunicazione sul futuro dell'IVA, un regime speciale a favore delle piccole imprese finalizzato principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia, il beneficio dell'esenzione dal tributo;
    f)  collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
    g) proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito;
    l) proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
    m)  destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote Iva.
(1-00288) «Ruocco, Cancelleri, Alberti, Villarosa, Pesco, Barbanti, Pisano, Chimienti, Di Battista, Frusone».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) è il principale ente previdenziale italiano, presso cui debbono essere obbligatoriamente iscritti tutti i lavoratori dipendenti pubblici o privati e la maggior parte dei lavoratori autonomi che non abbiano una propria cassa previdenziale;
    gli assicurati INPS rispetto al totale degli occupati sono pari al 98,1 per cento nonché pari al 87,7 per cento rispetto alla «forza lavoro» globale comprensiva di persone occupate e disoccupate in cerca di lavoro, consentendo all'istituto un flusso finanziario complessivo annuo (somma entrate e uscite) pari a circa 763 miliardi di euro che collocano INPS al primo posto tra gli enti pubblici italiani nonché tra i più grandi e complessi d'Europa;
    negli ultimi anni sono state attuate varie riforme volte all'ottimizzazione della gestione previdenziale italiana e a tal fine si è attuata una politica diretta alla razionalizzazione di molti enti che ne ha talora previsto la soppressione con relativo assorbimento all'interno di INPS;
    l'azione riformatrice, tra le varie criticità, ha indotto serie problematiche in seno alla governance di INPS, in modo particolare laddove con l'approvazione del decreto-legge n. 78 del 2010 e della legge n. 122 del 2010 si è di fatto prodotta l'abolizione del Consiglio di Amministrazione dell'INPS, devolvendo tutte le competenze precedentemente attribuite a tale organo, al presidente dell'istituto, con conseguente rilevante accrescimento dei poteri e delle responsabilità in capo a tale figura;
    l'abolizione del consiglio di amministrazione avrebbe dovuto recare benefici in tema di snellimento e tempi decisionali, con relativo contenimento di costi, tuttavia, l'eccessivo accentramento di potere in capo al presidente, non accompagnato da una reale revisione del sistema di governance, ha indotto una serie di criticità nonché difficoltà di carattere operativo legate tanto ad una gestione divenuta eccessivamente verticistica, quanto al tema della effettività e del bilanciamento dei poteri e delle relazioni tra i diversi organi; peraltro è la stessa Corte dei Conti che in sede di «Determinazione e relazione della Sezione del controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS)» rileva come sia fondamentale evitare «eccessive concentrazioni di potere» (evidentemente, a parere degli interroganti, tanto più se in capo ad un solo soggetto) in quanto non funzionale al proficuo esercizio delle attività di tali importanti enti;
    per quanto detto sopra, emerge con cristallina chiarezza come l'esercizio della carica di presidente INPS assuma ipso facto una rilevanza tale da non ammettere situazione come quella attuale ove la carica di presidente dell'Inps viene esercitata unitamente e contemporaneamente a numerose altre cariche;
    è infatti necessario porre un vincolo di esclusività nell'esercizio della funzione che, viceversa, oggi il presidente dell'INPS Mastrapasqua esercita, tra le altre, unitamente alle cariche di vice-presidente di Equitalia centro spa, vice-presidente del consiglio di amministrazione di Equitalia nord spa, presidente del collegio sindacale di Groma srl, presidente del collegio sindacale di Mediterranean Nautilus Italy spa, sindaco effettivo di Coni servizi spa, presidente del collegio sindacale di Telenergia srl, sindaco effettivo di Autostrade per l'Italia spa, presidente del consiglio d'amministrazione di Equitalia sud spa, sindaco effettivo di Loquenda spa, direttore dell'Ospedale israelitico di Roma, presidente di Idea Fimit sgr, direttore della casa di riposo Ebraica, presidente del collegio sindacale di Eur Tel srl;
    è pertanto opportuno che l'assegnazione della carica di presidente dell'INPS sia frutto del più ampio coinvolgimento istituzionale, finalizzato alla scelta di un soggetto di alto profilo e competenza che sia scevro dall'esercizio contemporaneo di altri importanti incarichi, come nel caso dell'attuale presidente Mastrapasqua, che possano sottendere conflittualità negli interessi o scarsa disponibilità di tempi da dedicare ad un ente pubblico che rappresenta la spina dorsale del sistema previdenziale italiano,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché si pervenga a una ottimizzazione del modello di governance che permetta di garantire la «buona condotta» dell'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), capace di promuovere l'interesse pubblico e quello delle principali categorie di stakeholder, rispettosa delle normative e procedure, responsabile ed efficiente nell'uso delle risorse, efficace nella qualità e nella snellezza dei processi decisionali, in grado di assicurare la massima trasparenza verso l'esterno;
   ad adottare iniziative, anche di natura normativa, che prevedano l'incompatibilità del ruolo di presidente INPS contemporaneamente all'esercizio di qualsiasi altro incarico o funzione e altresì l'incompatibilità dell'esercizio della carica di presidente INPS per soggetti che ricoprano o abbiano ricoperto negli ultimi tre anni incarichi pubblici elettivi sancendo così il vincolo di esclusività di tale carica;
   ad assumere iniziative, anche di natura normativa, al fine di introdurre, per l'assegnazione dell'incarico di presidente INPS, il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti;
   ad assumere iniziative normative volte all'introduzione di stringenti requisiti di competenza e professionalità per l'assunzione della carica di presidente INPS.
(1-00289) «Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Bechis, Rostellato, Colletti, D'Ambrosio, Tripiedi, Cominardi, Grillo, Chimienti, Cancelleri, Alberti, Pesco, Artini, Fraccaro, Gagnarli, Segoni, Prodani, Bonafede, Sarti».


   La Camera,
   premesso che:
    la Carta sportiva europea del Consiglio d'Europa recita: «Per sport si intende qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o meno, abbia per obiettivo l'espressione e il miglioramento della condizione fisica e mentale, con la promozione della socializzazione e con il perseguimento di risultati in competizioni a tutti i livelli»;
    la pratica sportiva, dunque, coinvolge dimensioni diverse dell'esistenza individuale e collettiva: tempo libero, modelli di comportamento, aspetti economici, interessando tutti i cittadini indipendentemente da genere, razza, età, disabilità, religione e convinzioni personali, orientamento sessuale e provenienza sociale o economica. Come detto da Pierre de Coubertin, padre dei giochi olimpici moderni, lo sport «è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza non potrà mai essere compensata»;
    i numerosi benefici dell'attività fisica e dell'esercizio fisico nel corso della vita sono ben documentati e, più in generale, contribuiscono alla qualità della vita, come confermato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). I ricercatori confermano il ruolo che lo sport e l'attività fisica hanno nello sviluppo dei bambini e degli adolescenti e rilevano che la partecipazione a un'attività fisica e sportiva nell'adolescenza è positivamente associata a livelli di attività fisica in età adulta;
    sono inoltre sempre più numerose le prove che attestano la positiva correlazione tra esercizio fisico e salute mentale, sviluppo mentale e processi cognitivi Nell'Unione europea, livelli di attività fisica sono in correlazione positiva con la speranza di vita, il che significa che in quei paesi dove i livelli di attività fisica sono più elevati l'aspettativa di vita tende a essere più lunga;
    secondo l'Eurobarometro sullo sport e l'attività fisica (2010), il 34 per cento degli uomini e il 43 per cento delle donne in Europa non praticano attività fisiche ricreative. Esistono delle enormi differenze circa la partecipazione allo sport e all'esercizio fisico tra i vari Paesi europei, che dipendono, tra le altre cose, dalla cultura e dalle opportunità. Nei Paesi scandinavi, dove sia gli Stati che gli individui stessi sostengono uno stile di vita attivo, la percentuale della popolazione attiva è molto alta, mentre la maggioranza della popolazione nei Paesi dell'Europa meridionale preferisce una vita sedentaria;
    già nel 1996 tutti i Ministri dello sport europei siglarono un accordo in cui manifestarono con forza a favore dello «sport per tutti» ponendosi l'obiettivo di offrire le stesse opportunità di pratica sportiva a tutti i cittadini;
    nella «Dichiarazione di Nizza» sottoscritta dai governi dell'Unione europea nel dicembre 2000, ad esempio, si definisce lo sport come un «nuovo diritto di cittadinanza» mettendone in luce le sue caratteristiche trasnazionali, che vanno oltre le pur forti radici nelle tradizioni e nelle culture delle popolazioni;
    in una eccellente ricerca sulle federazioni sportive in provincia di Torino, pubblicata nel 2003, veniva riportato che, a livello europeo, da più parti, iniziava a diffondersi e a consolidarsi una concezione di sport come «diritto a stare bene»;
    nel 2011 la Commissione europea ha adottato una strategia per sviluppare la dimensione europea dello sport. Lo sport aiuta a superare le barriere sociali e a mettere in contatto persone di qualsiasi estrazione. L'Unione europea, in particolare, incoraggiò i 28 Stati membri a proporre iniziative che avrebbero ricorso allo sport per migliorare l'inclusione sociale;
    più recentemente, la relazione del novembre 2011 della Commissione europea sulla dimensione europea della sport, ricorda che lo sport contribuisce alla realizzazione degli obiettivi strategici dell'Unione europea, poiché pone in rilievo valori pedagogici e culturali fondamentali e costituisce un vettore di integrazione, nella misura in cui si rivolge a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione;
    nonostante il sempre più crescente valore riconosciuto alle pratiche sportive, risulta infatti ancora persistente una forte segregazione verticale delle donne nello sport, specie all'interno delle organizzazioni sportive dove latitano in maniera preoccupante le donne che occupano posizioni direttive, e sono spesso tutti di genere maschile i dirigenti di federazioni in cui, pur in proporzioni ridotte, sono presenti anche donne praticanti;
    anche le fasce tecniche (arbitri e allenatori), guardate con attenzione nella composizione di genere, si rivelano ambiti dove le donne sono presenti in modo frastagliato ed in misura minore di quanto ci si potrebbe aspettare, sulla base della semplice composizione della platea di praticanti;
    dietro la tradizionale separazione tra uomini e donne nella pratica dello sport riappare inoltre in maniera prepotente lo spettro della «diversa retribuzione a parità di lavoro» che, almeno formalmente ed esplicitamente, in molti ambiti di lavoro non è praticabile, e che invece divide drasticamente e «per scritto» il destino di due atleti, differenti solo nel genere;
    come è stato più volte denunciato, inoltre, la gran parte degli atleti svolge attività lavorativa in forma, si potrebbe dire, «atipica», senza la copertura dei contratti collettivi e comunque fuori dalle normali tutele del lavoro dipendente. Questa atipicità diviene drammatica quando a farne le spese sono le donne, che troppo spesso sottoscrivono con i club contratti di natura privata che non ne tutelano condizioni ed aspettative, essendo peraltro assente nelle società sportive femminili la soglia di passaggio dall'attività professionale alla professionistica. Sull'argomento peraltro non esistono informazioni chiare, ed è per questo che si avverte sempre di più la necessità di maggiore attenzione in materia specialmente da parte delle Istituzioni interessate;
    per cercare di dare risalto alla situazione descritta, comune a molti, Paesi europei, presso l'Istituto europeo di genere con sede a Vilnius, si è svolto i primi di dicembre 2013 un incontro promosso in collaborazione con la Commissione europea cultura e sport per fare il punto sulla condizione delle donne nei Paesi dell'Unione europea;
    l'obiettivo dell'appuntamento di Vilnius è stato quello di dare risalto alla Carta europea dei diritti delle donne nello sport, una proposta relativa a una strategia specifica sulla parità di genere e lo sport per il 2015-2020, avviata grazie al lavoro del Dipartimento internazionale ed al progetto Olympia, con il quale si è avuta la possibilità di rivedere e ridisegnare la Carta europea, partendo dalle esperienze di attività, dall'analisi della pratica sportiva delle donne in Europa e dal confronto tra diversi soggetti associativi ed istituzionali;
    come ricordato dai maggiori gruppi dell'associazionismo sportivo, la Carta europea dei diritti delle donne nello sport da un fondamentale apporto alla diffusione delle buone pratiche nello sport e alla promozione delle pari opportunità nei diversi ambiti che interessano lo sport, come la pratica sportiva, la formazione e ricerca, l'informazione e comunicazione, la leadership. La Carta ha inoltre il pregio ulteriore di muovere i suoi passi dall'esperienza diretta di un gruppo di esperti di organizzazioni sportive governative e non governative,

impegna il Governo:

   a porre in essere tutte le possibili iniziative volte ad incoraggiare una reale parità di genere nei board dirigenziali degli organismi federali delle varie discipline sportive;
   a porre in essere tutte le opportune iniziative, anche normative, per ridurre il gender pay gap tra atleti di sesso diverso e per implementare ogni forma di tutela possibile ai fini di una paritaria contrattualizzazione senza discriminazioni legate al genere, anche incentivando il riconoscimento nelle competenti sedi del professionismo sportivo nelle donne;
   ad attivarsi in tutte le sedi istituzionali europee affinché sia dato adeguato seguito alla Carta Europea delle donne nello sport presentata il 25 maggio 2011.
(1-00290) «Brunetta, Centemero, Carfagna, Bergamini, Calabria, Castiello, Faenzi, Gelmini, Giammanco, Milanato, Petrenga, Polidori, Polverini, Prestigiacomo, Sandra Savino, Elvira Savino».

Risoluzioni in Commissione:


   La X Commissione,
   premesso che:
    in data 10 dicembre 2013, il Ministro Trigilia ha presentato la bozza di accordo di partenariato sulla programmazione del nuovo ciclo dei fondi europei 2014-2020;
    la distribuzione dei fondi dell'Unione europea, pari a 32.268 milioni di euro, decisa dal Governo prevede l'assegnazione di 7.695 milioni di euro alle regioni dell'obiettivo competitività; 1.102 euro per le regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna); 22.334 milioni di euro per le regioni convergenza (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, più la Basilicata);
    inoltre, il Governo ha stanziato 24 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale nell'ambito della legge di stabilità insieme a 54 miliardi di euro per il Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo aree sottoutilizzate) per un totale di 109 miliardi di euro per le politiche di coesione del settennato 2014-2020;
    al fine di garantire la realizzazione dei progetti di lunga durata, il Fondo per lo sviluppo e la coesione è stato destinato al finanziamento di grandi opere infrastrutturali, con particolare attenzione al settore dei trasporti e all'ambiente;
    i fondi strutturali, invece saranno dedicati al sostegno delle imprese e delle persone, alle aree territoriali, alla realizzazione di piccole opere infrastrutturali;
    nell'ambito delle 11 aree di intervento individuate dalla strategia europea, l'Italia ha deciso di concentrarsi su un numero limitato di obiettivi, in particolare su ricerca, sviluppo tecnologico, innovazione e competitività delle piccole e medie imprese, che otterranno il 37 per cento dei fondi, rispetto al 10 per cento della precedente programmazione e sulla promozione dell'occupazione, che passa dal 4,1 per cento delle risorse, nel periodo 2007-2013, al 14 per cento;
    le altre priorità riguarderanno la valorizzazione dei beni ambientali e culturali, l'inclusione sociale e il contrasto alla povertà, la formazione, i programmi urbani, con particolare attenzione ai temi della mobilità sostenibile, dell'efficienza energetica e dell'economia digitale, le aree interne;
    per favorire la ripresa nel Sud, il Governo supporterà azioni che si concentreranno su temi e filiere produttive comuni, quali manifatturiero, agroalimentare e turismo, e la realizzazione di infrastrutture leggere,

impegna il Governo:

   a prevedere lo sviluppo di dorsali cicloturistiche sul territorio nazionale in conformità a quanto previsto dal piano della Commissione europea EuroVelo in riferimento alla rotta 5 — Via Romea Francigena (Londra-Roma e Brindisi 3.900 chilometri) e all'itinerario 7 — Sun Percorso (Capo Nord-Malta 7409 chilometri);
   a definire azioni e tempi di realizzazione del progetto VENTO, quale volano per un turismo e una mobilità sostenibili tale da innescare un processo virtuoso che abbia come prevedibile conseguenza benefici economici per le comunità locali grazie ad una maggiore spesa da parte dei cicloturisti che attraversano il territorio lentamente e senza proprie risorse, attingendo altresì ai commerci, ai ristoranti e agli alberghi dei piccoli centri, che sono quelli elettivamente scelti dal turista in bicicletta e l'induzione ad un maggiore utilizzo del trasporto pubblico con evidenti ripercussione di minore impatto ambientale nonché di realizzazione di cicloitinerari locali beneficamente influenzati dagli itinerari europei e risvolti occupazionali attesi pari a 2.000 posti di lavoro;
   ad attivare programmi di carattere nazionale per promuovere la conversione dei distretti industriali in APEA (area produttiva ecologicamente attrezzata), già prevista dal decreto-legge n. 112 del 1998, che rappresenta uno strumento di valorizzazione ecologico-ambientale del territorio, ma al tempo stesso un fattore di crescita della competitività del sistema produttivo grazie ad una caratterizzazione fortemente innovativa dal punto di vista della sostenibilità ambientale, con particolare riguardo agli aspetti del risparmio energetico, della logistica e della tutela delle risorse ambientali;
   ad adottare programmi operativi nazionali che prevedano azioni che realizzino una politica industriale che, in conformità alle direttive e alle strategie europee in materia ambientale e di mobilità sostenibile, sostenga le imprese italiane per quanto riguarda la produzione, prototipazione, omologazione di veicoli elettrici, la conversione di veicoli da endotermici ad elettrici, nonché la ricerca e sviluppo nell'ambito dei veicoli a basse emissioni;
   ad avviare interventi nazionali che, attraverso la promozione turistica, tutelino e sostengano il patrimonio ambientale, culturale, storico, archeologico, enogastronomico e imprenditoriale.
(7-00211) «Mucci, Vallascas, Crippa, Prodani, Da Villa, Fantinati».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nella parte sud-occidentale della provincia di Lecce e principalmente nelle campagne della costa ionica (comuni interessati Parabita, Tavignano, Racale, Urgento, Melissano, Gallipoli, ma anche Casarano, Galatina, Nardò) è stato rilevato il fenomeno chiamato «Complesso del disseccamento rapido dell'olivo» (CDRO) che presenta la bruciatura delle foglie su alcuni rami delle piante di ulivo. Ancora non è certa la natura e l'entità del fenomeno ed il livello di diffusione, ma sono state avanzate le più disparate ipotesi e risoluzioni radicali senza che gli studi scientifici necessari siano del tutto terminati al momento. Sulla diffusione del fenomeno i ricercatori fitopatologi dell'università e del CNR di Bari stanno svolgendo delle indagini. È tutt'ora incerta, data la mancata pubblicazione delle analisi per l'individuazione del ceppo batterico, la caratterizzazione del ceppo batterico patogeno;
    comunque dagli ambienti accademici si è arrivati a ritenere probabile la presenza del batterio Xylella fastidiosa, avvalendosi del parere di Rodrigo Almeida, un ricercatore americano della Berkley University specializzato;
    è da considerare come il «saggio di patogenicità» determinante per capire la reale incidenza della Xylella sul CDRO o disseccamento rapido, è un percorso di analisi che richiede da parecchi mesi a quasi un anno dunque la patogenicità al momento non è accertata;
    aiuto alla comprensione della situazione è possibile fare riferimento allo studio scientifico del Professore Rodrigo Krugner del 2010 «Final & Interim Research Reports» della «California Olive Committee» edito dalla Cooperative Extension Specialist & Entomologist Department of Entomology - University of California per accertare proprio la patogenicità è la trasmissibilità attraverso gli insetti della Xylella fastidiosa fra le piante di ulivo;
    la ricerca svolta ha visto l'isolamento della Xylella fastidiosa e l'immissione del batterio in piante di ulivo sane in ambiente protetto. Il risultato è stato che non si sono riprodotti gli stessi sintomi di disseccamento rapido e bruciatura nonostante l'inoculo della Xylella nelle piante di ulivo, dunque nello studio viene affermato come la patogenicità non è conseguenza certa della Xylella fastidiosa. Altri accertamenti e ricerche sono tuttora in sviluppo in California, dove la Xylella è presente e attacca le viti e gli agrumi;
    è da considerare inoltre come non siano al momento disponibili per il confronto necessario con altri istituti di ricerca in questi delicati casi di batteriosi:
     le metodologie di estrazione del DNA dai campioni vegetali;
     il tipo di analisi molecolare usata e l'indicazione dei primer impiegati;
     i risultati ottenuti: ovvero rapporto campioni positivi/campioni analizzati nella zona focolaio, campioni positivi/campioni analizzati per varietà di olivo, quali analisi molecolari e primer sono (stati) impiegati per individuare il ceppo o se si sta procedendo al sequenziamento completo del genoma del batterio;
    dalla visita diretta della zona focolaio è possibile accertare come il disseccamento non sia affatto ingente, bensì a macchia di leopardo evidenziando alcune caratteristiche particolari:
     maggiore presenza di sintomi da disseccamento negli uliveti potati in modo scriteriato ed eccessivo nel periodo di luglio (le piante di ulivo si potano notoriamente all'incirca a febbraio);
     maggiore presenza di sintomi da disseccamento nei terreni che utilizzano in modo massiccio i disseccanti (in particolare il Roundup della Monsanto contenente glifosate) e i fungicidi (tra l'altro vietati) rispetto agli uliveti a conduzione biologica, questi ultimi dal canto loro mostrano lievissimi attacchi o sintomi da CDRO, che potrebbero essere imputati anche a cause consuete e tradizionali;
    c’è da notare come gli uliveti salentini siano scarsamente curati, poiché storicamente questa era una zona di produzione di olio lampante che nei secoli scorsi esportava grandi quantitativi alla volta di Londra e il Nord Europa in generale;
    per questo motivo gli ulivi sono stati scarsamente potati nei secoli e sono cresciuti come veri e propri giganti, le olive per la maggior parte (ma non tutti gli ulivocoltori adottano questa tecnica) tutt'oggi vengono lasciate cadere e la raccolta si effettua da terra per «spazzolamento». Questo ha portato molti agricoltori a non lavorare più il terreno e ad utilizzare da alcuni decenni i disseccanti e gli erbicidi per avere il «terreno pulito» e poter spazzolare comodamente. È preferito maggiormente l'utilizzo di disseccanti, anche con diversi trattamenti annuali, al tradizionale e meno impattante per la biodiversità sfalcio o diserbo meccanico. Oltretutto è comune la pratica di irrorare dei fungicidi per debellare del tutto la biodiversità ed in particolare i lombrichi che emergono dal terreno, pressoché sterilizzato dai disseccanti, per cercare nutrimento dalle olive cadute sul terreno. È necessario ricordare che questa pratica è illegale e perseguita dalla legge italiana, ma tutt'oggi molto comune negli uliveti salentini;
    questi comportamenti esclusivi degli ultimi due-tre decenni hanno di certo portato elementi di squilibrio nella microbiologia e nello scambio di nutrienti assimilabili dalle radici degli alberi, compromettendo la salubrità del prodotto e delle stesse coltivazioni, certamente più esposte ad attacchi fungini e batteriosi;
    è proprio questo un elemento che emerge fortemente nella ricerca delle cause dell'origine del «complesso di disseccamento rapido degli olivi» (CDRO);
    dai quotidiani e dai mezzi d'informazione è stata paventata come risoluzione da parte delle istituzioni e da parte di alcuni ricercatori l'estirpamento degli olivi e l'uso massiccio di fitofarmaci finanziato dallo Stato e dall'Unione europea, con la moria di intere distese di ulivi, in quanto la Xylella è un batterio mai apparso in Europa (e c’è da aggiungere neppure mai ricercato da studi scientifici attendibili) e classificato nella lista Eppo1, ovvero da quarantena;
    ad ora è stata vietata dalla regione Puglia la movimentazione delle piante dai vivai verso l'esterno della Provincia di Lecce;
    nelle zone adiacenti alla zona focolaio sugli ulivi si è proceduto ad analisi di presenza/assenza della Xylella; nel brindisino e nel tarantino con riscontri negativi;
    oltre a ciò, come già citato, la relazione è stata effettuata dall'esperto americano Rodrigo Almeida, senza avvalersi di altri pareri altrettanto illustri dal parte del mondo accademico internazionale. Questo dato è stato sottolineato dal «Coordinamento civico di Maglie» e dal «Forum Ambiente e Salute», che ha fatto presente, che se venisse applicata la soluzione prevista dagli esperti, ci si troverebbe di fronte a un vero e proprio sterminio di ulivi;
    inoltre, sempre il «Forum Ambiente e Salute» sottolinea come la normativa europea in materia non parlerebbe di «eradicazione dell'albero», ma di «eradicazione degli organismi nocivi» o, se ciò non fosse possibile, almeno del loro contenimento. Insomma non ci sarebbe bisogno di sradicare gli alberi, ma solo di eliminare il batterio;
    a fronte di questo particolare fenomeno ancora tutto da indagare gli ulivi andrebbero messi in quarantena, per effettuare studi più precisi. Nel caso degli ulivi salentini, per giunta, non si è neanche sicuri dei fattori che causano la malattia. La Xylella fastidiosa secondo l'istituto fitosanitario sarebbe tipico di alcune colture americane e vesserebbe in particolare la California;
    finora questo batterio non era mai stato «avvistato» in Europa e mai si era avuta notizia di un attacco nei confronti degli ulivi. Il «Forum Ambiente e Salute» sottolinea, che proprio tre anni fa, tra il 18 e il 22 ottobre del 2010, presso lo IAMB (Istituto agronomico mediterraneo di Bari), si tenne un workshop internazionale dal titolo «Phytosanitary Workshop on the Quarantine Pathogen Xylella fastidiosa», in cui si affrontava l'eventualità di dover contrastare un'epidemia di Xylella fastidiosa con l'eradicamento e l'uso massiccio di fitofarmaci. All'epoca non vi era motivo di organizzare un convegno proprio sulla gestione della Xylella, se in Europa, fino a quel momento, non era mai stata registrata; fatta presente la coincidenza gli esperti della regione a quanto consta all'interrogante avrebbero prima negato che il workshop fosse avvenuto nel 2010 e successivamente hanno parlato di pura fatalità;
    tuttavia in questo quadro di emergenza, molti ulivi ritenuti ormai morti nella zona cosiddetta «cimitero» (quella più colpita) stanno gettando polloni e nuovi germogli, ciò potrebbe già da subito smentire le tesi della soluzione dell'estirpazione di massa;
    ad una visita diretta effettuata in data 28 novembre 2013 è stata riscontrata come non fondata l'affermazione del dottor Guario che questi nuovi germogli siano solo frutto delle piogge autunnali e si siano già disseccati nuovamente;
    al contrario i nuovi germogli appaiono come sintomi di una rivegetazione e non danno segni di nuove bruciature o disseccamenti dei rami;
    sul grave fenomeno che sta colpendo gli ulivi Salentini, vi è da sottolineare, quindi come una grave piaga ambientale sia costituita dall'abuso di fitofarmaci. Lo è soprattutto in provincia di Lecce. Un'impennata che non si riesce a frenare e che, anzi, dopo una battuta d'arresto nel 2009, ha ricominciato la sua ripresa. I dati elaborati dall'Arpa Puglia nella relazione sullo stato di salute del 2011 dicono che la Puglia, con 155.555 quintali di prodotto distribuito nel 2010, resta al quarto posto in Italia, dopo Veneto, Emilia Romagna e Sicilia, per quantità di fitofarmaci utilizzati. Nel leccese, due anni fa, sono stati impiegati 2.032.691 chilogrammi, il 15 per cento in più rispetto al 2009. E questi sono numeri che fotografano solo una parte del fenomeno. Dal conteggio sfuggono i dati relativi ad una delle pratiche più diffuse tra le famiglie. Non è, infatti, solo una questione relativa al mondo imprenditoriale agricolo. Nel Salento, ovunque appestato dai cartelli «zona avvelenata», l'uso di diserbanti, fungicidi e concimi sintetici è pratica più che ordinaria anche tra i piccoli produttori. Anche tra chi coltiva l'orto per sé. Una stortura figlia di una mancata consapevolezza degli effetti sulla salute e della facilità estrema dell'acquisto dei prodotti tossici, persino nei supermercati;
    rispetto agli ulivi e all'epidemia che li sta cogliendo l'utilizzo di glifosate (con ben due trattamenti all'anno) da 30 anni può aver concausato il «complesso del disseccamento»; inoltre gli ulivi salentini, a differenza di quelli di altre zone pugliesi e del resto d'Italia, non vengono praticamente potati, le olive vengono lasciate cadere e il tutto è trattato con glifosate appunto; gli ulivi giganti potrebbero soffrire di scarsa cura e dei trattamenti oltre che di inquinamento ambientale; nella sola zona vi è una vasta presenza di discariche abusive che avrebbe potuto causare l'alterazione di tutto l'ecosistema contribuendo al fenomeno dell'essiccamento degli ulivi;
    se le scarse potature sono una caratteristica, è molto importante tener conto come la maggior parte dei disseccamenti sia apparsa su ulivi potati malamente a luglio 2013, quindi fuori stagione, in un periodo in cui le temperature in Salento sono molto elevate e potrebbero aver danneggiato alcune parti degli ulivi;
    è bene che la vicenda sia indagata nei suoi innumerevoli risvolti e con modalità del tutto scientifiche e con la possibilità di accedere a risultati completi. L'olio è un patrimonio e la filiera ha bisogno di interventi agroecologici efficaci per migliorare il prodotto e renderlo più competitivo e protetto,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative che permettano un percorso di ricerca scientifica esaustivo (condiviso da più enti di ricerca e con metodologie di estrazione del DNA, analisi molecolari e primer certi e condivisi) ed in particolare l'accertamento della patogenicità (saggio di patogenicità) della Xylella fastidiosa prima di dare seguito ad interventi radicali senza cognizione di causa;
   ad adottare iniziative in grado di scongiurare la eradicazione totale di un'area vastissima in cui ci sono tantissimi ulivi sani affianco a quelli in fase di apparente disseccamento, con contenimento dei vettori, pulizia meccanica delle erbe (senza erbicidi o uso massiccio di fitofarmaci), cura e potatura accurata dei rami disseccati e tecniche di rigenerazione agroecologiche sostenute dai pagamenti ambientali (visto l'utilizzo incompleto dei fondi PSR della PAC 2007-2013);
   ad assumere iniziative di trasparenza e controllo per i fondi che sono stati predisposti (5 milioni di euro con recenti provvedimenti), in modo da supportare le analisi comparate con altre università ed istituti, per una più ampia collaborazione nell'acquisizione dei dati scientifici necessari;
   ad adottare iniziative per attuare studi più approfonditi sul fenomeno, date tutte le perplessità ed i punti d'ombra sul fenomeno stesso della Xylella che, a differenza della realtà californiana, in Italia ha colpito solo gli ulivi e non attacca viti ed agrumi, in modo che la ricerca dimostri la matrice patogena del virus prima di procedere a interventi radicali;
   ad assumere iniziative per allargare il campo di indagine della malattia di disseccamento degli ulivi anche all'eventuale correlazione con l'utilizzo massiccio di glifosate che nell'area della regione pugliese viene utilizzato in quantità massicce nel caso specifico degli ulivi con più trattamenti nell'arco dello stesso anno solare;
   a prevedere un piano nazionale di prevenzione per le fitopatie e le emergenze relative al cambiamento climatico in modo da potere accertare con certezza le cause e avviare percorsi di ricerca per soluzioni agroecologiche efficaci a lungo termine.
(7-00210) «Zaccagnini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   in applicazione della direttiva comunitaria n. 43 del 2000 il decreto legislativo n. 215 del 2003 ha dato attuazione nel nostro ordinamento del «principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica»;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2003 è stato costituito presso la Presidenza del Consiglio l'Unar (ufficio nazionale anti discriminazioni razziali) che deve garantire «parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica»;
   tale ufficio, secondo il decreto «deve operare in piena autonomia di giudizio e in condizione di imparzialità»;
   senza nessuna norma di legge che lo preveda l'UNAR ha allargato la sua competenza anche alle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender);
   tale ufficio opera avvalendosi di un Gruppo nazionale di lavoro nominato con decreto direttoriale del 20 novembre 2012, costituito da 29 associazioni che raggruppano gli omosessuali italiani: Comitato provinciale ARCIGAY «Chimera Arcobaleno» Arezzo; IREOS – Centro Servizi Autogestito Comunità Queer; ARCIGAY; Comitato Provinciale ARCIGAY «Ottavio Mai» Torino; A.GE.DO; PARKS – Liberi e Uguali; EQUALITY ITALIA Rete Trasversale per i Diritti Civili; ALA MILANO ONLUS; ARCI GAY – LESBICA OMPHALOS; POLIS APERTA; DI’ GAY PROJECT – DGP; CIRCOLO CULTURALE OMOSESSUALE «MARIO MIELI»; GAY CENTER/GAY HELP LINE; FAMIGLIE ARCOBALENO; ARCILESBICA ASSOCIAZIONE NAZIONALE; RETE GENITORI RAINBOW; SHAKE LGBTE; CIRCOLO CULTURALE MAURICE (MAURICE Centro per la comunità GLBT); ASSOCIAZIONE ICARO ONLUS; Circolo PINK; CGIL Nuovi Diritti; MIT Movimento Identità Transessuale; Associazione Radicale CERTI DIRITTI; Avvocatura per i Diritti LGBTI RETE LENFORD; GAY.NET; I KEN; Consultorio TRANSGENERE; LIBELLULA; GAY LIB;
   in collaborazione con tali associazioni di parte, l'UNAR ha emanato un documento intitolato «strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)» pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri sotto l'egida del Ministro per le pari opportunità e del Ministro per l'integrazione. Tale strategia è stata arricchita ultimamente, da un ulteriore documento, sempre pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio, destinato ai giornalisti dal titolo Linee guida per un'informazione rispettosa delle persone LGBT, senza precedenti se non nel tempo delle veline del Ministero cul. pop. in epoca fascista, nel quale si propongono dieci punti da ricordare quando si tratta di argomenti LGBT, con incredibili e sconcertanti disposizioni che il giornale dei vescovi italiani ha bollato come «il decalogo che rovescia la realtà» –:
   a quale titolo l'UNAR si interessi delle persone LGBT che certamente non rientrano nel novero di coloro che possono essere discriminati per ragioni di razza o di origine etnica;
   quale credibilità il Governo attribuisca a documenti che, lungi da essere «imparziali», sono frutto del lavoro e dei pregiudizi di parte delle associazioni gay militanti;
   se non intenda chiarire che questi documenti, pubblicati sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri non rappresentino l'orientamento del Governo e pertanto debbano essere rimossi.
(2-00346) «Roccella, Pagano, Costa, Piccone, Alli, Calabrò, Tancredi, Garofalo, Leone, Saltamartini, Misuraca, Scopelliti, Pizzolante, Cicchitto, Piso, Bosco, Vignali, Bernardo».

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ, COZZOLINO, TERZONI, NESCI, BARBANTI, DE LORENZIS, MANNINO, BUSINAROLO, SPESSOTTO, FERRARESI, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, BECHIS, SIMONE VALENTE e BRUGNEROTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, nonché il decreto 31 dicembre 2012, n. 111878 del Ministro dell'economia e delle finanze, ai capitoli 7545, 7625, 7645 e 7785 individuano risorse per la realizzazione di iniziative a carattere nazionale in materia di sicurezza nelle scuole statali;
   con la legge 9 agosto 2013 n. 98 «decreto del Fare», per l'anno 2014 è stata autorizzata la spesa di 150 milioni di euro, sulla base di un plafond assegnato alle singole regioni, per la riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche, con particolare riferimento a quelle in cui è stata censita la presenza di amianto;
   secondo un'indagine compiuta dall'Osservatorio nazionale amianto risulterebbero esistere circa 2.400 scuole con amianto (con circa 30.000 alunni, e 20.000 dipendenti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rimasti esposti a fibre cancerogene);
   il dipartimento igiene del lavoro dell'INAIL, nel factsheet edizione 2012 «Amianto nelle scuole» indica che «il rischio di esposizione all'amianto permane, poiché la maggior parte di questi materiali sono situati soprattutto in edifici pubblici e nelle scuole»;
   la legge n. 257 del 1992 ha affidato a ciascuna regione il compito di predisporre piani di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dei pericoli derivanti dall'amianto;
   altresì il decreto ministeriale n. 101 del 2003 ha previsto un regolamento per la realizzazione di una mappatura delle zone interessate dalla presenza di amianto, tra cui rientrano le scuole. Tuttavia ancora oggi non esiste una mappatura nazionale delle scuole a rischio amianto e non esistono mappature complete per ciascuna regione (complessivamente si sono attivate 16 regioni su 21), di conseguenza si dispone solo di dati parziali e di cifre incerte sul numero dei complessi scolastici a rischio amianto;
   poiché è noto che vi è un lungo periodo di latenza, di circa 15 o più anni, tra la prima esposizione all'amianto e la comparsa della malattia, è necessario porre attenzione all'ambiente frequentato dai bambini, tra cui quello scolastico è certamente uno dei più importanti, per il molto tempo che un bambino vi permane;
   il dirigente scolastico in qualità di datore di lavoro è tenuto ad assolvere tutti gli obblighi previsti dall'articolo 18 del decreto legislativo n. 81 del 2008 per quanto concerne la sicurezza, la formazione e la salute dei lavoratori. Esso ha anche la responsabilità ed il dovere di richiedere al proprietario dell'immobile la verifica ed il monitoraggio del rischio amianto nonché l'eliminazione dello stesso tramite bonifica –:
   se gli interrogati Ministri siano a conoscenza di quanto sopra descritto;
   se e quali iniziative intendano intraprendere a tutela della salute degli scolari e della salute pubblica;
   se e quali azioni intendano intraprendere al fine di favorire la mappatura degli edifici pubblici e privati contenenti amianto, a partire da quelli scolastici e dalle strutture sanitarie e garantire il monitoraggio delle fibre di amianto disperse nell'aria;
   se intendano promuovere un tavolo permanente di lavoro che definisca un progetto integrato per l'amianto, che metta in sinergia i saperi scientifici della medicina, della ricerca e della farmacologia, le competenze tecniche, le istituzioni dello Stato e gli enti del territorio, le risorse materiali, le risorse immateriali e, naturalmente, le risorse finanziarie necessarie, per arrivare alla definizione e all'adozione di un testo unico sull'amianto;
   se e quali azioni intendano intraprendere al fine di costituire un elenco nazionale delle scuole a rischio di sicurezza;
   se e quali azioni intendano intraprendere affinché venga applicato nelle scuole il decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni, «Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro»;
   se e quali azioni intendano intraprendere per una campagna nazionale di interventi strutturali per la bonifica dall'amianto e quali misure intendano adottare per la gestione del materiale di rifiuto risultante dalle opere di bonifica, che non pregiudichi la salute e provochi ulteriori danni alla popolazione;
   se e quali azioni intendano intraprendere affinché venga istituito l'osservatorio nazionale tumori, con una sezione legata anche alle malattie professionali. (4-03011)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   TIDEI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   lo stesso Ministro interrogato ha fornito la disponibilità del nostro Paese allo smaltimento delle armi chimiche siriane le cui componenti saranno trasportate in 150 container che verranno trasferite sulla nave americana Cape Ray per la neutralizzazione;
   sarà l'Organizzazione per la distruzione delle armi chimiche (Opac) a decidere in quale porto italiano transiteranno le armi chimiche in arrivo dalla Siria sulla base di tre elementi, come dichiarato dal Ministro Bonino: «Il pescaggio, la capienza del porto e la lontananza o la vicinanza dal centro abitato»;
   si è appreso, a mezzo stampa, che secondo fonti dell'organizzazione dell'Aja trapelate le opzioni allo studio sono tre, in «regioni del centro-sud». La preferenza sarà data ad un porto abbastanza ampio da permettere l'ingresso di grandi navi;
   il litorale Nord della provincia di Roma presenta una combinazione di fattori inquinanti unici in Italia: la presenza di uno dei poli energetici più grandi d'Europa (la centrale termoelettrica Torrevaldaliga Nord nel comune di Civitavecchia, che ha una potenza installata di 1.980 Mw distribuiti su tre gruppi da 660 Mw alimentati a carbone e la centrale Termoelettrica di Torrevaldaliga Sud nel comune di Civitavecchia, che ha una potenza installata di 1.520 Mw); il porto di Civitavecchia, che rappresenta il primo scalo passeggeri del Mediterraneo, ove attraccano decine di navi da crociera ogni anno e transitano migliaia di turisti ogni giorno (circa tre milioni in un anno); la presenza di un Centro tecnico militare chimico fisico (in avanti denominato centro chimico);
   recentemente è stata paventata da articoli di giornali, peraltro mai smentiti, la possibilità di una realizzazione presso il Centro chimico di Civitavecchia di un Ossidatore termico. L'apparecchiatura in questione trova il suo utilizzo proprio nello smaltimento tramite combustione di armi chimiche;
   il porto di Civitavecchia ha una posizione centrale nel tessuto cittadino, insistendo proprio sulla parte più densamente popolata della città, dunque manca di fatto di una delle caratteristiche peculiari indicate dall'Opac per la scelta sul sito di attracco della nave container Cape Ray –:
   se, alla luce delle criticità sopra esposte, il Ministro interrogato non ritenga opportuno escludere il porto di Civitavecchia dalla rosa dei porti del Centro sud oggetto dell'interesse dell'Opac. (4-02996)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANDRA SAVINO, PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la legge 22 novembre 2013, n. 24 approvata dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, recante «Disposizioni urgenti in materia di tutela ambientale, difesa e gestione del territorio, lavoro, infrastrutture, lavori pubblici, edilizia e trasporti, funzione pubblica e autonomie locali, salute attività economiche e affari economici e fiscali», ha stabilito alcune modifiche relative alla Insiel Spa, società in house della regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
   il comma 1 dell'articolo 88 in particolare, ha modificato l'articolo 1 comma 2 della legge regionale 12 giugno 1978, n. 66, prevedendo la possibilità che la governance della società possa essere affidata ad un amministratore unico;
   la suindicata disposizione, unitamente ad ulteriori tre norme indicate dalla medesima legge, introduce ulteriori vincoli che, a giudizio dell'interrogante, risultano tanto in contrasto con quanto disposto dal decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, quanto con le norme previste dal codice civile in tema di amministratori;
   il novellato articolo 1, comma 2 della predetta legge regionale n. 66 del 1978, determina a parere dell'interrogante, l'uscita della Insiel Spa, dal perimetro previsto dall'articolo 9, comma 1, della legge regionale 4 maggio 2012 n. 10, in base al quale «Ai fini del contenimento della spesa pubblica, la Giunta regionale elabora un indice variabile di complessità gestionale, attraverso l'elaborazione di parametri rappresentativi delle grandezze economiche e organizzative dell'impresa per la determinazione dei compensi degli amministratori delle società controllate dalla Regione in via diretta, in funzione del loro contenimento e della loro adeguatezza»;
   tale deliberazione è stata adottata dalla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, in data 13 febbraio 2013, n. 212 in base alla quale il numero dei componenti degli amministratori della Insiel risulta pari a 5;
   l'interrogante evidenzia inoltre, ulteriori profili di criticità nell'ambito del coordinamento delle norme di carattere regionale con quelle statali, relativamente alla cessazione della carica, dell'attuale consiglio di amministrazione della medesima società, secondo quanto indicato dalle disposizioni indicate dalla legge regionale;
   il legislatore regionale sembra infatti voler fare riferimento al disposto dell'articolo 4, comma 4 del suddetto decreto-legge n. 95 del 2012, che prevede la possibilità di nomina di un amministratore unico o di un consiglio di amministrazione ridotto, per quanto riguarda il numero e le caratteristiche dei componenti;
   a giudizio dell'interrogante tuttavia, quanto indicato dalla disciplina regionale sembra risultare in controtendenza, in considerazione che nella legge regionale non viene fatto alcun riferimento né al numero di componenti previsto dalla nuova composizione, né tantomeno ad alcun riferimento della disciplina nazionale;
   la cosiddetta cessazione (comma 1-ter) si configura nei fatti come una revoca, che ai sensi del codice civile è esercitabile dall'assemblea «in qualunque tempo, [...] salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa, che nella fattispecie non è riscontrabile;
   l'interrogante rileva altresì, come la disposizione prevista dall'articolo 7-sexies della legge regionale 23 giugno 1978 n. 75 del Friuli Venezia Giulia, che dispone in ambito di revoca di nomine conferite ai sensi dell'articolo 3 (nomina Presidente), sia inoltre una eventualità non prevista dalla fattispecie in esame;
   la revoca immediata, a parere dell'interrogante si pone fra l'altro in contrasto con l'articolo 4, comma 4 del medesimo decreto-legge n. 95 del 2012 che trova applicazione «[...] con decorrenza dal primo rinnovo dei consigli di amministrazione successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto»;
   anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 229/2013 ha stabilito che «[...]La disciplina puntuale delle modalità di composizione dei consigli di amministrazione di tali società, nonché l'individuazione del numero e delle funzioni dei componenti deve, pertanto, essere ricondotta alla materia dell’“ordinamento civile”, di competenza esclusiva del legislatore statale. Quest'ultima “comprende gli aspetti che ineriscono a rapporti di natura privatistica, per i quali sussista un'esigenza di uniformità a livello nazionale; [...] non è esclusa dalla presenza di aspetti di specialità rispetto alle previsioni codicistiche; [...] comprende la disciplina delle persone giuridiche di diritto privato”, nonché “istituti caratterizzati da elementi di matrice pubblicistica, ma che conservano natura privatistica”»;
   dalla normativa statale descritta in precedenza e dalla giurisprudenza costituzionale appare evidente, a giudizio dell'interrogante, che l'intento del legislatore statale, sia stato quello di definire in maniera uniforme sull'intero territorio nazionale, le modalità di composizione, l'individuazione del numero e delle funzioni dei componenti dei consigli di amministrazione delle società, determinando inoltre l'entrata in vigore di tali previsioni con il primo rinnovo delle cariche;
   l'interrogante evidenzia in definitiva, come sia indispensabile, in considerazione di quanto in precedenza riportato, l'esigenza di una disciplina unitaria in relazione ai consigli di amministrazione delle società, non essendo ammissibile una regolamentazione differenziata non solo in relazione alle disposizioni sulle partecipazioni della stessa Regione Friuli Venezia Giulia, ma anche nei confronti delle disposizioni nazionali e del codice civile in tema di nomina e revoca degli amministratori;
   la norma regionale in precedenza riportata pertanto, intervenendo sulla revoca e sulla nuova, composizione di una società a partecipazione pubblica della regione Friuli Venezia Giulia, invade pertanto la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» in violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative dirette ad impugnare la legge regionale n. 24 del 2013, e in ogni caso se non intenda avvalersi delle prerogative di cui all'articolo 29 dello statuto della regione Friuli Venezia Giulia. (5-01761)

Interrogazione a risposta scritta:


   FOSSATI, MOLEA e COCCIA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   le NOIF (Norme organizzative interne FIGC) disciplinano il «vincolo» dei calciatori/calciatrici dilettanti con gli articoli 32 e 32-bis in particolare, l'articolo 32 al comma 1 prescrive che: «I calciatori “giovani”, dal 14o anno di età anagraficamente compiuto, possono assumere con la società della Lega nazionale dilettanti per la quale sono già tesserati vincolo di tesseramento sino al termine della stagione sportiva entro la quale abbiano anagraficamente compiuto il 25o anno di età, acquisendo la qualifica di “giovani dilettanti”». Al comma 1-bis si statuisce inoltre: Ai calciatori giovani dilettanti, al fine di permettere, anche avuto riguardo alle disposizioni FIFA, lo svolgimento di attività tanto di calcio a undici, tanto di calcio a cinque, è consentita la variazione di attività nei limiti e con le modalità fissate dall'articolo 118 delle NOIF, ed al comma 2 si dice che: «calciatori con la qualifica di “giovani dilettanti” assumono, al compimento anagrafico del 18o anno, la qualifica di “non professionista”»;
   il Parlamento europeo attraverso la risoluzione del 2 febbraio 2012 sulla «Dimensione europea dello sport» (2011/2087(INI)) ai dal 71 al 74 sostiene con forza:
    a) che ai fini di uno sviluppo sostenibile del movimento sportivo in Europa e della diffusione della sua influenza positiva sugli individui e la società, è necessario formare i giocatori a livello locale e investire nell'educazione allo sport, reputa pertanto necessario garantire che lo sport ad alto livello non incida sullo sviluppo dei giovani sportivi, sugli sport amatoriali e sul ruolo essenziale delle organizzazioni sportive di base;
    b) il proprio impegno a favore della norma di formare i giocatori localmente («home-grown player rule») e ritiene che potrebbe fungere da modello per altre leghe professionali in Europa, sostiene il proseguimento degli sforzi, da parte degli organi direttivi sportivi, intesi a incoraggiare la formazione dei giovani giocatori locali entro i limiti del diritto dell'Unione, in modo da rafforzare l'equilibrio competitivo nell'ambito delle gare e il sano sviluppo del modello sportivo europeo;
    c) che la valorizzazione di nuovi talenti rappresenti una delle attività principali delle società sportive e che un'eccessiva dipendenza dal trasferimento dei giocatori possa minare i valori dello sport;
    d) l'importanza delle indennità di formazione, poiché queste rappresentano un efficace meccanismo di protezione dei centri di formazione e una giusta redditività del capitale investito;
   il punto 12.2 dei Principi Fondamentali degli Statuti delle Federazioni Nazionali e delle Discipline Sportive Associate (deliberati dal Consiglio Nazionale del Coni il 2 febbraio 2012 e approvati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 7 giugno 2012) in forza del quale il vincolo sportivo è a tempo determinato e gli statuti dovranno prevederne la congrua e ragionevole durata, la quale dovrà tenere in considerazione il problema dell'abbandono precoce all'attività sportiva, in quanto sempre più riguarda i nostri giovani nella fase post-adolescenziale delle loro vite ed il vincolo è anche una delle cause di abbandono dell'attività agonistica;
   il punto n. 8 dei principi generali ed inderogabili della Carta olimpica (vera e propria norma fondamentale di tutto l'ordinamento sportivo internazionale), ai sensi del quale la pratica sportiva è un diritto dell'uomo (....); ogni individuo deve avere la possibilità di praticare uno sport in base alle proprie necessità;
   all'articolo 1 della legge n. 91 del 1981: tale norma dispone testualmente che «l'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero» e di conseguenza tutte le disposizioni federali (di secondo livello, in quanto di grado regolamentare) non possono essere in contrasto;
   l'articolo 24, secondo comma, del codice civile, ai sensi del quale l'associato può sempre recedere dall'associazione se non ha assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato;
   la normativa italiana vigente in materia di società sportive e associazioni sportive dilettantistiche non tutela sufficientemente l'importante funzione svolta da questi soggetti per la disciplina del fenomeno sportivo per il riconoscimento e la promozione sociale dello sport dilettantistico, come invece succede negli altri Paesi europei e come viene espressamente richiamato all'articolo 165 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   è necessario porre i presupposti per affrontare adeguatamente temi, ritenuti prioritari anche in sede europea, come la promozione dell'attività fisica a vantaggio della salute, l'istruzione e la formazione, l'inclusione sociale nello sport compreso lo sport per i disabili e la parità dei sessi nello sport ed in quest'ottica impegnarsi a valorizzare il ruolo delle associazioni sportive senza scopo di lucro;
   sarà fondamentale introdurre un importante riconoscimento del volontariato sportivo attraverso il riconoscimento delle associazioni sportive dilettantistiche come organizzazioni promotrici dello stesso ai fini della legge quadro sul volontariato e degli strumenti giuridici connessi, alleggerendo la troppo gravosa responsabilità dei presidenti ed introducendo strumenti di agevolazione fiscale per consentire la maggiore diffusione possibile dello sport dilettantistico e dell'attività motoria;
   in questo contesto il concetto di «vincolo» per calciatori e calciatrici risulta essere, oltre che in contrasto a principi sostenuti nella normativa europea e, in parte, anche a quella italiana, uno strumento funzionale soltanto a supplire ad un deficit di regolamentazione dello sport dilettantistico, che non trova appropriate protezioni normative e un adeguato supporto in relazione alla importante funzione che svolge per la qualità della vita dei giovani atleti –:
   quali iniziative intenda adottare, nel quadro di un rafforzamento dello sport di base, per la crescita dei giovani atleti sul territorio e per agevolarne al massimo la permanenza nel mondo dello sport, nonché per cercare di valorizzare il lavoro quotidiano di chi spende grande parte della propria vita per la diffusione dello sport tra le giovani generazioni, favorendo, per quanto competenza, l'abolizione del sistema del «vincolo» per calciatori e calciatrici dilettanti in modo da rendere libera l'attività sportiva degli atleti come, del resto, già succede nelle stragrande maggioranza degli Stati europei. (4-03000)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARZANA, LOREFICE, GRILLO, DI VITA, DI BENEDETTO, ZOLEZZI, SEGONI, TERZONI, DAGA, BUSTO, VILLAROSA, LUPO, RIZZO e CURRÒ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Vega è la più grande piattaforma petrolifera fissa offshore realizzata in Italia. Il giacimento Vega ricade nella concessione di coltivazione denominata «C.C6.EO», ubicata a sud della costa meridionale della Sicilia, a largo di Pozzallo, in provincia di Ragusa, in una area che si estende su di una superficie di 184,8 chilometri quadrati. Le quote di partecipazione della concessione sono 60 per cento Edison spa, che è anche operatore della concessione, e 40 per cento ENI spa;
   il programma di sviluppo di tale giacimento, approvato contestualmente al rilascio della concessione di coltivazione con Decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (MICA) del 17 febbraio 1984, prevedeva la realizzazione di n. 2 piattaforme (Vega A e Vega B);
   poiché ad oggi le attività di coltivazione hanno interessato il solo giacimento Vega A è intenzione di Edison spa procedere, a completamento del programma lavori approvato, allo sviluppo del Campo Olio Vega B attraverso la realizzazione di una piattaforma fissa di tipo «minimum facilities», ubicata a circa 6 chilometri di distanza da Vega A, con conseguente perforazione di n. 4 pozzi iniziali fino ad un massimo di n. 12 pozzi;
   l'attività di esplorazione finalizzata alla scoperta di giacimenti petroliferi e idrocarburi comporta per sua natura operazioni invasive dei fondali e degli ambienti marini e presenta un elevato livello di rischio ambientale, attinente sia alle modalità tecniche di trivellazione e alle sostanze chimiche impiegate per controllare i processi, che al rischio di sversamenti nel corso della manutenzione degli impianti e del trasporto dei materiali estratti;
   nonostante si possa pensare che questo intervento avrebbe delle ricadute positive, dal documento Quadro di riferimento ambientale presentato dalla Edison al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si legge «I lavori di installazione e perforazione (...) determineranno una riduzione della superficie utilizzabile per l'attività di pesca (...)» con evidente riduzione delle già esigue risorse a disposizione del comparto marittimo;
   inoltre, in relazione alla possibilità di una stabile occupazione locale, la Edison nello stesso documento conclude che anche in fase di esercizio non si prevedono significativi incrementi occupazionali;
   da queste considerazioni deriva la convinzione dell'assoluta inopportunità a proseguire o ad autorizzare nuove trivellazioni nella zona poiché si intaccherebbe l'integrità dei siti marini e l'immagine ad alto valore naturalistico peculiare del Canale di Sicilia, uno dei mari a più alta biodiversità del Mediterraneo;
   si aggiunga il concreto rischio ambientale dato dalla possibilità di sversamenti di idrocarburi ed incidenti che potrebbero devastare non solo l'economia di Pozzallo, ma quella dell'intero Canale di Sicilia;
   a tal proposito la procura del tribunale di Modica ha già avviato nei confronti di alcuni dirigenti del Campo Vega un procedimento che li vede imputati per il reato di illecito profitto dovuto allo smaltimento di rifiuti pericolosi non autorizzato per l'attività estrattiva e di stoccaggio degli idrocarburi del campo petrolifero Vega al largo di Pozzallo;
   il Parlamento europeo ha votato il 21 maggio 2013 la risoluzione legislativa in prima lettura sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle attività offshore i prospezione, ricerca e produzione nel settore degli idrocarburi, con la quale si avvia a compimento il procedimento per l'adozione del nuovo regolamento che prevede sostanziali innovazioni normative in materia di autorizzazione delle attività estrattive, prevenzione degli incidenti, responsabilità per il danno ambientale e cooperazione fra gli Stati membri dell'Unione europea;
   va altresì rilevato come l'Italia è una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri, infatti, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, e successive modificazioni e integrazioni, le royalties gravano per il 10 per cento sugli idrocarburi liquidi e gassosi estratti onshore e per il 4 per cento su quelli estratti in mare, contro una media delle aliquote applicate negli altri Paesi del mondo che oscilla tra il 20 e l'80 per cento;
   inoltre in Sicilia, come nel resto d'Italia, per ogni singola concessione c’è una franchigia annua per le prime 50 mila tonnellate per le estrazioni offshore equivalenti a 300 mila barili di petrolio. Sotto questa soglia produttiva, le società non sono tenute a pagare l'esiguo 4 per cento per le estrazioni offshore. Si aggiunga che è la compagnia l'unica responsabile della corretta misurazione delle quantità prodotte comunicate mensilmente all'URIG;
   la regione siciliana, in attuazione della Convenzione di Barcellona per la tutela e la prevenzione del Mar Mediterraneo, ha già chiesto al Governo nazionale il blocco temporaneo e immediato di tutte le autorizzazioni per progetti di ricerca e perforazioni offshore, comprese quelle la cui istruttoria risulta in itinere, in attesa di una celere e puntuale regolamentazione della materia e la rapida istituzione nel Canale di Sicilia di una zona di protezione ecologica (ZPE), così come esiste nel Mar Ligure e nel Mar Tirreno;
   di contro, nel decreto ministeriale del 27 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2013 è disposto il più grande allargamento di una zona marina concedibile per attività petrolifera «Zona marina C – settore sud» che si sovrappone addirittura ai blocchi di mare di Malta per cui si è reso necessario N1 novembre 2013 un incontro tra il Presidente del Consiglio Enrico Letta e il premier maltese Joseph Muscat al fine di superare l'impasse sull'esplorazione nelle aree contese attraverso un accordo che sarà perfezionato entro la fine dell'anno –:
   quali misure intenda adottare, ed entro quali termini, a tutela dell'area marina interessata dal progetto di realizzazione della piattaforma petrolifera Vega B;
   se il Ministro intenda sospendere l’iter di tutte le autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo in attesa della definitiva approvazione e dell'entrata in vigore del nuovo regolamento in materia in corso di adozione in sede di Unione europea e in attuazione della Convenzione di Barcellona già richiamata dalla regione Sicilia;
   in che modo e con quali tempi intenda procedere alla istituzione nel canale di Sicilia di una zona di protezione ecologica come previsto dalla legge n. 61 del 8 febbraio 2006;
   se ritenga di dover rivedere il complesso delle autorizzazioni per la ricerca, le prospezioni e le perforazioni in mare rilasciate a seguito del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 dicembre 2012, che ha ampliato la zona marina «C»;
   quali iniziative intenda intraprendere per prevedere un sensibile incremento delle aliquote di royalties e di prelievo fiscale attualmente vigenti eventualmente prevedendo controlli esterni sulla quantità di idrocarburi estratti. (5-01751)


   VENTRICELLI, GRASSI, BELLANOVA, BOCCIA, MICHELE BORDO, CAPONE, CASSANO, DECARO, GINEFRA, LOSACCO, MARIANO e PELILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è notizia attuale, riportata in questi ultimi giorni dalle maggiori testate della Puglia, quella di un imprenditore barese che già nel 1996 denunciava a un quotidiano locale la pratica criminale di occultamento di rifiuti di ogni tipo, sull'asse Bari-Altamura, tra le campagne, le cave e le contrade situate tra i comuni di Alta mura, Grumo Appula, Palo del Colle, Binetto, Bitetto e Bitonto;
   le confessioni dell'uomo, che ripercorrono un periodo che va dagli anni novanta ad oggi, riguardano la sua attività di imprenditore, proprietario di una ditta di movimento a terra, che all'epoca dei fatti aiutava a smaltire rifiuti illecitamente lavorando prevalentemente di notte per scaricare terra vergine da utilizzare per ricoprire grandi buche colme di prodotti di risulta di ogni tipo, anche di provenienza ospedaliera, e fusti tossici contrassegnati da simboli che venivano utilizzati per indicare la pericolosità dei materiali trattati;
   secondo le sue rivelazioni, che riguardano oltre l'occultamento illecito dei rifiuti anche la maniera illegale in cui venivano smaltiti, esisteva anche un tariffario che, a suo dire, veniva liquidato in contanti anche da funzionari dei comuni;
   tali rivelazioni hanno portato gli inquirenti a scoprire che le attività delle ecomafie nel territorio del nord barese sono così ben gestite al punto che diventa difficile cogliere i responsabili sul fatto: è pratica comune, infatti, quella di bruciare ed interrare velocemente i rifiuti, agendo spesso di notte e scegliendo per lo più luoghi difficilmente accessibili;
   negli anni novanta, inoltre, nell'ambito dei provvedimenti emanati per fronteggiare l'emergenza rifiuti, ai sindaci era stata concessa la possibilità di mettere in essere discariche improvvisate per contenere rifiuti urbani da bonificare entro pochi mesi: proprio tale situazione potrebbe aver favorito smaltimenti indiscriminati e abusivi, e il proliferare di bande organizzate che hanno lucrato su tale situazione;
   nel 1993 alcuni terreni in prossimità della città di Bitetto furono individuati dal comando della polizia municipale del luogo come discariche abusive in seguito ad una serie di segnalazioni giunte al comando che denunciavano movimenti sospetti di camion e mezzi, specialmente di notte; scoperte e sequestrate, la discariche abusive furono segnalate all'autorità giudiziaria, portando ad un procedimento penale risolto con un nulla di fatto perché le indagini non individuarono il responsabile degli sversamenti illeciti;
   attualmente quello stesso terreno viene utilizzato per coltivare alberi da frutta, ed è attualmente in corso una querelle giudiziaria che vede contrapposto il comune di Bitetto e la confraternita Opera Pia SS Sacramento, proprietaria del fondo, per la caratterizzazione e la bonifica del sito potenzialmente contaminato;
   è notizia degli stessi anni, inoltre, che anche i territori della Murgia sarebbero stati oggetto di discariche abusive: il caso ebbe inizio nel luglio del 2003, quando associazioni ambientaliste e di agricoltori segnalarono la presenza di rifiuti e sostanze maleodoranti su circa 300 ettari di territorio comunale, precisamente in Contrada Cervoni; analogo fenomeno fu scoperto anche in una zona del territorio di Gravina, Contrada Finocchio. I comuni di Altamura e Gravina vietarono il pascolo e la coltivazione sui terreni che, dalle prime analisi, risultarono contaminati da rifiuti di ogni genere. Si parlò allora di «Murgia avvelenata», anche perché parte dei fondi altamurani su cui venivano abbandonati i rifiuti abusivi erano destinati alla coltivazione di grano –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti sopra riportati e se non ritenga, per quanto di competenza, di promuovere, tramite il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica sullo stato dei luoghi di cui in premessa e sul relativo livello di inquinamento ambientale. (5-01762)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NUTI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recepisce la direttiva europea 94/62/CE che impone ai Paesi dell'Unione europea il raggiungimento di obiettivi prefissati di riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio, inserendo nel nostro ordinamento il principio chiave del «chi inquina paga», ponendo dunque in capo ai produttori e agli utilizzatori di imballaggi l'onere del raggiungimento degli obiettivi nazionali;
   in particolare, si prevedeva la possibilità per produttori ed utilizzatori di organizzare le attività di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio primari direttamente sulle superfici pubbliche, tramite il CONAI che poteva stabilire un accordo di programma quadro nazionale con l'ANCI al fine di garantire l'attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubblica amministrazione, precisando l'entità dei costi della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio da versare ai comuni. Si ricorda che, secondo quanto previsto dalla direttiva europea citata, i comuni avrebbero avuto diritto a vedersi rimborsati interamente i costi della raccolta differenziata tramite l'intermediazione dell'ANCI;
   il primo accordo tra ANCI e CONAI viene raggiunto nel 1999 e nel 2005 inizia ad occuparsi delle gestione dei rifiuti da imballaggio l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che il 22 marzo 2005 ha avviato un'indagine conoscitiva ai sensi dell'articolo 12, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, conclusasi nell'agosto del 2008 in cui si evidenziavano, in relazione alle attività delle strutture direttive del CONAI, rischi di pregiudizio alla concorrenza derivanti dalla commistione dei ruoli di controllato e controllore esistenti in capo ai soggetti che si trovano a ricoprire incarichi gestionali sia nei consorzi di filiera che nel CONAI, cui come noto spetta la supervisione del sistema consortile generale;
   successivamente è la FederAmbiente a denunciare, in data 26 ottobre 2006 in un'indagine conoscitiva promossa dalla VIII Commissione permanente della Camera dei deputati, e in data 20 settembre 2007 durante un'audizione promossa dinnanzi alla Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, i numerosi conflitti d'interesse che gravano sul sistema CONAI, mettendo in evidenza che il risultato di quella situazione erano i modesti trasferimenti finali in favore dei comuni;
   nel 2001 Altero Matteoli, Ministro dell'ambiente pro tempore, decide di nominare Filippo Bernocchi, allora capogruppo di Alleanza Nazionale nel consiglio comunale di Prato, quale membro della commissione VIA grandi opere per il periodo 2002-2005, nonostante allora, come dimostra il suo curriculum vitae presente sul sito del Ministero, non vantasse alcuna significativa esperienza in campo ambientale. Tale nomina è stata più volte confermata fino all'ultimo rinnovo avvenuto nel 2011 con validità fino al 2014. Nel luglio 2009 viene nominato assessore a Prato con delega alle grandi opere producendo, ad avviso degli interroganti, un grosso conflitto di interessi tra il ruolo tecnico che ricopriva presso il Ministero dell'ambiente e la delega alle grandi opere nella giunta del comune di Prato;
   nel maggio 2008, viene creata Ancitel Energia & Ambiente srl (società controlla da Ancitel Spa, a sua volta controllata dall'ANCI), e Bernocchi viene nominato presidente, carica che ricopre attualmente. L'anno seguente viene nominato direttore scientifico dell'Osservatorio enti locali sulla raccolta differenziata, creato in base all'accordo ANCI-CONAI (a cui egli stesso ha partecipato attivamente), finanziato dal CONAI e gestito dalla società di cui era appena diventato presidente, senza per questo ravvisare alcun conflitto di interesse. Infine nel 2011 Bernocchi viene nominato vicepresidente dell'ANCI, dall'allora presidente Sergio Chiamparino. Nello stesso periodo Bernocchi, stando alle dichiarazioni dei redditi pubblicate dal sito web istituzionale del comune di Prato, ha visto aumentare sproporzionatamente il proprio reddito, passato da 273 mila euro del 2008 a 375 mila euro del 2011;
   l'accordo quadro ANCI CONAI per il periodo 2009-2013 sottoscritto il 23 dicembre 2008 contiene, ad avviso degli interroganti, molti punti negativi, e tra questi uno risulta essere piuttosto ambiguo: il punto 7.2 lettera e) che stabilisce che ai componenti del comitato di coordinamento ANCI-CONAI spetta la possibilità di proporre al CONAI iniziative di formazione destinate a tecnici ed amministratori della pubblica amministrazione su tematiche relative alla gestione dei rifiuti urbani, con particolare riferimento ai rifiuti di imballaggio e per le quali il CONAI avrebbe messo a destinazione 250.000 euro annui, fino al 2013. Di tale somma ha beneficiato in particolare la Scuola superiore della pubblica amministrazione locale che nel 2010 decide di assumere Bernocchi come docente annuale, oltre che come relatore (assieme al collega di Partito Nicola Nascosti) del ciclo di incontri sulla gestione degli imballaggi finanziato dal CONAI stesso. Per gli anni 2010 e 2011 Bernocchi è stato inoltre nominato coordinatore scientifico di un corso organizzato dalla Fondazione Promo P.A., anch'esso finanziato dal CONAI;
   negli ultimi mesi sono arrivate critiche a Bernocchi non solo limitatamente ai conflitti di interessi sopra esposti. Altre sono arrivate nel mese di agosto del 2013 anche per la sua sistematica assenza al comune di Prato, di cui, come ricordato, è assessore. Inoltre, Bernocchi è stato criticato per la presunta vicinanza con gli avvocati esterni all'amministrazione, pagati, secondo alcuni troppo lautamente, per difendere il comune di Prato nella controversia legale con la società Estra, relativamente al bando per l'affidamento della distribuzione del gas, di cui lo stesso Bernocchi viene indicato come principale fautore;
   molto recentemente, l'assessore con delega alle politiche del territorio e all'ambiente del comune di Ragusa, Claudio Conti, membro della giunta guidata dal sindaco del Movimento 5 Stelle, Federico Piccitto, ha inviato in data 2 settembre 2013 una lettera recante protocollo n. 66788 al presidente dell'ANCI, Piero Fassino, e al presidente della Commissione ambiente ANCI, Luigi Spagnoli, in cui afferma che oltre a ravvisare criticità insite nel testo dell'accordo, stando all'ultimo Accordo quadro siglato, Ancitel Energia & Ambiente srl, avrebbe ricevuto somme molto elevate da parte del CONAI per il monitoraggio dell'accordo e dei costi della raccolta differenziata degli imballaggi;
   si ricorda, infine, che lo stesso decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, all'articolo 26, ha istituito, con funzioni di vigilanza sulle norme introdotte e sull'attività del sistema CONAI, l'Osservatorio nazionale rifiuti che, dopo aver proposto l'aumento del contributo ambientale CONAI e, soprattutto, aver deliberato nel 2008 l'avvio del primo sistema autonomo per la gestione dei rifiuti di imballaggio (cosiddetto sistema PARI), ha consegnato nel 2009 all'allora Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore, Stefania Prestigiacomo, un rapporto in cui si evidenziavano forte perplessità sull'accordo ANCI-CONAI. Come risposta, il Ministro ha prima destituito tutti i vertici dell'Osservatorio e, dopo la nullità dell'atto da parte del TAR del Lazio con sentenza n. 32862 del 18 ottobre 2010, ha deciso, alla scadenza naturale del mandato dei vertici dell'Osservatorio, di non rinnovare l'incarico o di nominare nuovi membri, rendendolo di fatto non più operativo. Ad oggi, non esiste dunque un organismo di vigilanza sulle attività del sistema CONAI –:
   se il Ministro, venuto a conoscenza dei fatti esposti in premessa, non intenda adottare tutte le iniziative di propria competenza adatte a rimuovere i casi di conflitto d'interesse per la parti di propria competenza;
   se non ritenga di dover procedere alla nomina dei vertici dell'Osservatorio nazionale rifiuti, al fine di rendere nuovamente operativo un ente di vigilanza sull'applicazione delle norme di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e sull'attività del sistema ANCI-CONAI;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per modificare il sistema integrato di gestione dei rifiuti basato sul riciclo di imballaggio al fine di ottenere un sistema meno iniquo e più favorevole per i comuni italiani;
   se non intenda procedere per rendere più trasparente e sorvegliare maggiormente le trattative attualmente in corso di finalizzazione per il rinnovo dell'accordo Anci-CONAI 2014-2018;
   se non ritenga doveroso assumere iniziative per vincolare i soggetti individuati per condurre le trattative all'obbligo di non assumere, direttamente o indirettamente, incarichi o consulenze da parte del CONAI o dei consorzi di filiera per i successivi dieci anni. (4-03013)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dal verbale dell'audizione, effettuata in data 2 marzo 2000 da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse, del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lucera Antonio Laronga, in relazione alla attività della ditta «I.A.O. srl» con sede operativa in agro di Troia (FG), località Montecalvello-Giardinetto, si riporta la seguente dichiarazione: «tra le attività di trattamento viene effettuata la miscelazione di materie prime di base (argilla) con i rifiuti e, quindi, in violazione delle norme del settore. È importante sottolineare questo aspetto perché il Fantini (la “I.A.O. srl” fa parte del gruppo Fantini) opera principalmente nel settore della produzione dei laterizi, e nello sviluppo delle indagini si è accertato che anche altre società del gruppo, avendo come oggetto sociale tale produzione, effettuano attività di miscelazione di argilla con rifiuti»;
   lo stesso sostituto procuratore della Repubblica evidenziava, quale dato inquietante, che diverse società del gruppo che espletavano l'attività di miscelazione di materie prime di base, l'argilla, utilizzavano rifiuti classificati come pericolosi non compresi tra quelli autorizzati –:
   se il Governo intenda inviare un'ispezione del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente al fine di verificare lo stato dei luoghi alla luce delle inquietanti vicende descritte in premessa. (4-03015)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   BATTELLI e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia possiede un patrimonio storico e culturale estremamente ricco e variegato e proprio per questo è un'importante meta turistica sia per gli italiani stessi che per gli stranieri;
   in Italia, la città di Roma possiede un importantissimo ed unico patrimonio storico-culturale che consacra la sua storia nel mondo e per questa ragione è una delle città più visitate sia dai turisti italiani che da quelli stranieri;
   gli amministratori italiani hanno l'obbligo di conservare, restaurare e rendere fruibili tutti i monumenti del nostro patrimonio per conservare la memoria storica e trasmetterla alle future generazioni ma anche trarre da questa ricchezza culturale un ritorno economico che assume un'importanza strategica in questo periodo di crisi;
   uno dei tanti monumenti di grande importanza storica è il Mausoleo di Augusto, situato nel pieno centro di Roma, a pochi passi da via del Corso e dal Lungotevere in Augusta, ma da anni chiuso al pubblico perché necessita di interventi di restauro e riqualificazione dell'intera area archeologica in cui è inserito;
   il Mausoleo di piazza Augusto Imperatore è tutt'oggi oggetto di numerose polemiche per lo stato di abbandono in cui si trova nonostante risalgano al 2001 i primi progetti finalizzati alla riqualificazione dell'area che prevedono interventi di arte urbana finalizzati a valorizzare il monumento e renderlo fruibile ai visitatori anche in vista delle celebrazioni per il bimillenario della nascita dell'imperatore, previste per il 2014. Tali progetti, dopo un primo interessamento del Ministero per i beni culturali ed il comune, non sono stati portati avanti ed i lavori per la riqualificazione archeologica dell'area sono stati interrotti nonostante le promesse dell'allora sindaco Alemanno e del sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo Francesco Giro;
   il costo preventivato dei lavori è di 12 milioni di euro, di cui 4 milioni a carico di «Roma Capitale», 4 milioni a carico del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e 4 milioni da reperire attraverso un bando per la ricerca di uno sponsor;
   il decreto-legge n. 91 dell'8 agosto 2013 convertito dalla legge n. 112 del 7 ottobre 2013, ha previsto uno stanziamento di 2 milioni di euro per il restauro del Mausoleo. Una somma di per sé insufficiente a finanziare completamente i lavori, che potrebbe però sbloccare almeno la prima tranche di interventi –:
   quali strategie intenda adottare al fine di rendere fruibile ai visitatori italiani e stranieri il Mausoleo di Augusto;
   quali ulteriori finanziamenti, oltre a quelli già previsti dal decreto cultura, intenda destinare al fine di riqualificare l'area archeologica suddetta;
   quali siano i tempi stimati per l'ultimazione dei lavori, oltre che di ripristino, anche di adeguamento degli impianti e di realizzazione del polo turistico.
(4-02999)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   CIPRINI, GALLINELLA, CANCELLERI, RUOCCO, D'UVA, COMINARDI, BECHIS, BALDASSARRE, RIZZETTO e TRIPIEDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   con bando del 16 novembre 2011 protocollo 146312/RU è stato indetto dall'Agenzia delle dogane il concorso per 69 posti di dirigente di seconda fascia. La prova preselettiva si è tenuta a Roma il 19 dicembre 2012;
   nelle more della assunzione dei dirigenti l'Agenzia delle dogane ricorre nel contempo all'affidamento di incarichi a «reggenti» funzionari di terza area;
   nel passato (2005, 2009 e 2011) sono state rivolte al Ministro dell'economia e delle finanze ed al Ministro della pubblica amministrazione numerose interrogazioni parlamentari con le quali si chiedevano spiegazioni rispetto alla circostanza per la quale incarichi di provvisoria reggenza di uffici dirigenziali dell'Agenzia delle dogane fossero stati assegnati a funzionari privi del requisito della laurea e i criteri di valutazione per l'assegnazione e la nomina di tali incarichi di reggenza;
   in una specifica circostanza, l'amministrazione doganale, citata in giudizio davanti al tribunale di Salerno per aver attribuito funzioni dirigenziali a funzionari privi di laurea, è stata condannata sia in primo grado che in appello e la sentenza è stata confermata in Cassazione;
   recentemente, in particolare, per quanto consta agli interroganti, vi sarebbero anomalie in ordine all'assegnazione della reggenza dell'ufficio delle dogane di Bergamo e dell'ufficio doganale di Frosinone a funzionari che risulterebbero privi del requisito della laurea;
   è noto il principio in forza del quale l'accesso ai pubblici impieghi – e segnatamente il reclutamento dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato – è soggetto al principio della stretta legalità, con la conseguenza che è solo nella legge che la relativa disciplina deve trovare fondamento ed attuazione, di modo tale da avvenire in condizioni di effettiva e sostanziale uguaglianza, in stretta osservanza degli indefettibili principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione. È stata ritenuta illegittima la procedura concorsuale a posti di qualifica dirigenziale indetta in violazione della disciplina minima e inderogabile stabilita – per tutte le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici – per l'accesso alla dirigenza dalla legislazione di riferimento (articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e regolamento attuativo emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 324 del 2000);
   anche la Corte costituzionale, con le sentenze n. 103 e n. 104 del 2007, n. 161 del 2008 e n. 69 del 2011, ha negato la costituzionalità di una dirigenza di fiducia e ribadito la necessità di selezionare i dirigenti sulla base di criteri selettivi imparziali e trasparenti, evidenziando i parametri di scelta e selezione dei dirigenti –:
   se i Ministri siano a conoscenza della descritta situazione;
   se sia vero che sono stati assegnati incarichi di reggenza a funzionari privi del requisito della laurea e quale sia l'orientamento del Governo;
   se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, intendano attivare misure di verifica e controllo delle procedure di assegnazione di incarichi dirigenziali ai funzionari dell'amministrazione doganale;
   se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, ritengano opportuno assumere provvedimenti volti ad assicurare la trasparenza delle procedure di assegnazione degli incarichi di reggenza dell'Agenzia delle dogane nel rispetto dei criteri indicati dagli articoli 19 e 19-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.
(3-00525)

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da recenti articoli apparsi su La Stampa risulta che sono in corso verifiche, da parte dell'Agenzia delle entrate del Piemonte, su svariate attività e società della zona cuneese;
   tali verifiche hanno portato alla contestazione di numerose sanzioni, oltre che alla richiesta di pagamento di quanto non versato all'erario, tramite l'invio di provvedimenti esecutivi da parte dell'Agenzia delle entrate e di Equitalia in merito all'esazione di obblighi fiscali in apparenza non assolti da numerosi contribuenti assistiti da un contabile, non iscritto in albi professionali, sotto inchiesta per la sua attività;
   risulta all'interrogante, infatti, che la stragrande maggioranza di tali contestazioni siano state mosse ai clienti dello studio sopra citato;
   a fronte di questa situazione, le organizzazioni di categoria hanno invitato i propri assistiti a fare fronte comune costituendo un tavolo tecnico, con lo scopo di tutelare i diritti e le ragioni degli aderenti coinvolti;
   le medesime associazioni di categoria, così come i professionisti impegnati per risolvere la vicenda, hanno già avuto modo di incontrare le direzioni regionali e provinciali dell'Agenzia delle entrate. In tali incontri è stata sottoposta la richiesta di poter escludere le sanzioni comminate dall'ente [ex articolo 6 comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997], in attesa di verificare la posizione processuale del contabile, ma soprattutto di stabilire dalla documentazione ad egli sequestrata, quali imposte siano state pagate e quali siano state omesse, per ciascun contribuente;
   per quel che riguarda l'applicazione dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 472 del 1997 in materia di errore incolpevole, i contribuenti hanno il diritto di vedersi esonerare dalla responsabilità (che andrebbe integralmente attribuita al contabile) a fronte di pagamenti non avvenuti, qualora esibiscano documenti di pagamento che presentino caratteristiche del tutto simili a quelli veri;
   giova anche ricordare che l'emissione di cartelle e ruoli, in considerazione delle numerose vicende verificatesi a cominciare da quella delle «cartelle pazze», appare come una scorciatoia tramite la quale l'Agenzia delle entrate ed Equitalia «scaricano» sui contribuenti l'onere della prova, per cui il cittadino si ritrova a dover dimostrare, a sue spese, ciò che è già dimostrato dai documenti in suo possesso;
   sono evidenti la criticità e la complessità della situazione venutasi a creare, che interessa numerose persone, famiglie, commercianti ed imprenditori di Cuneo e delle zone limitrofe – così come i loro dipendenti – che, per questo motivo, ora si trovano in gravi difficoltà finanziarie;
   a maggior ragione stanno emergendo criticità a livello finanziario principalmente per le aziende, ma anche per i loro dipendenti, in quanto alcuni istituti di credito stanno congelando o non rinnovando posizioni di affidamento adducendo quale motivazione la presenza di gravi «pendenze» con l'erario –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali fatti;
   se non ritenga opportuno emanare apposite direttive, che sospendano temporaneamente i procedimenti in corso al fine di precisare le responsabilità esatte di ciascun contribuente ed al fine di individuare un percorso che consenta la definizione non traumatica delle pendenze effettivamente esistenti. (4-03008)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BARGERO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in Piemonte la condizione del trasporto pubblico locale del trasporto ferroviario regionale, è connotata, ormai da lungo tempo, da un progressivo depauperamento, in termini sia quantitativi che qualitativi, dei servizi destinati ai pendolari, soprattutto studenti e lavoratori che quotidianamente utilizzano i mezzi pubblici;
   la recente soppressione della linea Casale-Vercelli ha causato ulteriori problemi ai pendolari, cui si aggiunge di recente la modifica degli orari dei treni da Chivasso e Alessandria con gravi disagi per gli studenti che si trovano nell'impossibilità di arrivare a scuola in orario;
   questa scelta di Trenitalia è in linea con una politica che da anni ha provocato una crescente marginalizzazione del trasporto ferroviario a tutto vantaggio del trasporto privato e di quello su gomma ed è stata drasticamente ridotta l'offerta di treni regionali e interregionali, il materiale rotabile è di pessima qualità con disservizi di ogni tipo –:
   quali misure intenda intraprendere affinché la stazione di Casale Monferrato, considerata la soppressione delle corse sopra citata, e in vista di Expo 2015, che potrebbe costituire un'occasione di rilancio per il Monferrato, a patto di collegamenti ferroviari rapidi ed efficienti, non rischi la chiusura e se intenda chiedere a Trenitalia la ragione delle attuali scelte di soppressioni di linee e di mutamento degli orari delle corse dei treni regionali, che paiono irrazionali e antieconomiche. (5-01749)


   GHIZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nonostante il legislatore italiano abbia affrontato il tema già dal 1971, con l'articolo 27 della legge 118, di conversione del decreto legge 30 gennaio 1971, n. 82, le condizioni di viaggio per i cittadini diversamente abili sui principali mezzi di trasporto ed, in particolar modo, sui treni rappresenta ancora un problema largamente non risolto in maniera soddisfacente e rispettoso del loro diritto alla mobilità;
   molteplici segnalazioni evidenziano carenze strutturali ed organizzative, cui spesso si sopperisce solo grazie alla disponibilità e collaborazione del personale ferroviario il quale, d'intesa con le persone diversamente abili, si industria per trovare soluzioni ed adattamenti che consentano l'accesso ai treni e alle banchine;
   i centri di assistenza disabili attivati da Trenitalia collocati nelle 15 principali stazioni, per un circuito complessivo di 225 stazioni – dati desumibili dal sito della medesima società – offrono una organizzazione che presuppone la previa prenotazione di servizi specifici, stante la strutturale inadeguatezza degli spazi e del materiale viaggiante ad ospitare in maniera ordinaria persone con problemi di disabilità;
   tali carenze spesso determinano disagio, soluzioni poco dignitose e, talvolta, soluzioni non rispondenti a standard di sicurezza;
   da accreditati organi di stampa apprendiamo l'esperienza di Elisa Bortolazzi, vent'anni, disabile, che tutte le mattine, per raggiungere l'università di Bologna da San Felice sul Panaro, affronta un viaggio di 40 minuti che si trasforma in un'odissea: 50 chilometri passati quasi fosse una clandestina su un treno regionale, incastrata con la sua sedia a ruote su un vagone non attrezzato per i disabili;
   «secondo le Ferrovie (Rfi), dovrei sempre comunicare su che treno viaggio, in qualunque parte d'Italia – racconta Elisa, che da grande sogna di diventare magistrato, all'agenzia Dire – e aspettare l'autorizzazione per salire. Una pratica davvero complessa, che mi limita nell'autonomia»;
   oltretutto, la stazione di San Felice sul Panaro non è attrezzata per il trasporto di persone disabili e quindi l'autorizzazione che le permetterebbe di viaggiare in piena regola non arriva mai; dovrebbe partire da Poggio Rusco, che dista più di 40 chilometri da casa sua, dove è da poco rientrata dopo il terremoto dello scorso anno;
   Elisa sale così ugualmente ogni giorno su una carrozza grazie all'aiuto della madre, che si vede costretta a chiedere continui permessi sul lavoro, ma nei suoi viaggi «non autorizzati» rischia giornalmente una multa e in caso di necessità per qualche guasto al treno o incidente – finora fortunatamente non è mai successo – non sarebbe coperta da assicurazione;
   ovviamente, non essendo autorizzata e quindi per le Ferrovie dello Stato inesistente sul treno, una volta arrivata a Bologna, Elisa non può nemmeno sfruttare i servizi che, invece, alla stazione centrale del capoluogo emiliano romagnolo sono funzionanti;
   a Bologna molti compagni di corso si sono resi disponibili per aiutarla ad arrivare dalla stazione in facoltà e anche l'università sostiene la studentessa garantendole, in collaborazione con il servizio per gli studenti disabili, supporto e un tutor che l'accompagni tra le varie sedi che deve frequentare e cercando un confronto con le Ferrovie che però, finora, non ha ottenuto alcun risultato;
   Elisa Bortolazzi ha dichiarato recentemente alla stampa che il sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Erasmo D'Angelis – venuto a conoscenza del suo caso – abbia affermato che si sarebbe attivato per cercare di trovare una soluzione –:
   quali iniziative si intenda assumere al fine di garantire ai cittadini diversamente abili il diritto di mobilità dei mezzi di trasporto pubblico, in condizioni di viaggio dignitose e sicure, a partire dal caso descritto in premessa. (5-01750)

Interrogazione a risposta scritta:


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   «CO.MI. scarl con sede in Roma Largo Luigi Tenco 13» è una cooperativa edilizia che ha per scopo la costruzione o l'acquisto di case economiche e popolari da assegnare ai propri soci in proprietà divisa e/o indivisa: a norma degli articoli 7 e 8 dello statuto, essa può annoverare, tra i propri Soci, soltanto gli appartenenti alle Forze di Polizia ed Armate dello Stato – in servizio, in quiescenza o comunque cessati dal servizio – che siano cittadini italiani ed abbiano i requisiti per essere assegnatari di alloggi ai sensi della legislazione sull'edilizia economica e popolare;
   CO.MI. amministra tuttora sette iniziative edilizie, di cui tre a Roma, due ad Udine, una a Verona ed una a Trieste, avendo realizzato delle unità immobiliari, a proprietà indivisa, di edilizia economica e popolare. Tutte le iniziative edilizie sono state da tempo completate e per alcune (Verona, Trieste, Udine) è già stato dato il nulla osta alla trasformazione in cooperativa a proprietà individuale ai sensi dell'articolo 9 legge n. 136 del 1999 (e si è in attesa, ormai da anni, dell'autorizzazione alla stipulazione del mutuo edilizio individuale);
   CO.MI. è stata più volte commissariata dal Ministero per dissidi tra i soci di alcune iniziative edilizie con una durata complessiva del periodo di commissariamento di oltre dieci anni degli ultimi 20;
   solo nel corso del 2012 i soci della CO.MI. venivano messi a conoscenza di alcune problematiche scaturenti dall'attività edilizia dei soci CO.MI. dell'Iniziativa Roma 2, che erano state oggetto di contenzioso giudiziale tra CO.MI., Edilcervialto S.r.l. e Parti Seconda S.r.l., (rg n. 50445/96); si apprendeva così che il Tribunale di Roma, con sentenza 21 maggio 2001 n. 18870/01, aveva condannato «...CO.MI. coop. S.r.l. al pagamento, in favore di Edilcervialto S.r.l. delle somme di lire 4.135.990.000 e di lire 4.000.000 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo; condanna inoltre Parti Seconda S.r.l. a tenere indenne CO.MI. coop. S.r.l. di quanto fosse tenuta a pagare a Edilcervialto S.r.l.» Da sottolineare che nelle more del giudizio i soci di Roma 2 rifiutarono una vantaggiosa proposta transattiva con Edilcervialto;
   la sentenza è stata confermata dalla corte di appello di Roma; avverso la sentenza della corte di appello di Roma CO.MI. ha proposto ricorso in Cassazione in data 18/20 aprile 2011, rg 10758/11, giudizio tuttora pendente;
   in forza di detta sentenza, Edilcervialto ha notificato atto di precetto per il pagamento di complessivi euro 5.373.411,32 e sottoposto a pignoramento immobiliare n. 54 appartamenti siti in Roma, ossia quelli dell'iniziativa di Roma 2;
   il debito che ha portato alla condanna è riconducibile ad una iniziativa edilizia del 1989 dei soci dell'Iniziativa edilizia di Roma 2 ed aveva ad oggetto la realizzazione di locali commerciali nell'edificio sociale; essa andava a beneficio dei soli soci dell'Iniziativa di Roma 2, come si evidenzia dal preliminare di vendita sottoscritto;
   non è dato a sapere se nella fattispecie fossero state rispettate le forme di cui agli articoli 8-9 del testo unico del 1938 e se la società CO.MI. fosse in possesso delle autorizzazioni di legge considerato che le assemblee 7 novembre 1989 e 26 ottobre 1990 furono convocate e partecipate dai soli soci della CO.MI. dell'Iniziativa di Roma 2;
   inoltre l'assemblea ordinaria CO.MI. del 27 aprile 1985 aveva deliberato che i vari condomini, una volta realizzati e completati e definiti il contributo ed il mutuo, fossero gestiti in maniera autonoma in tutto e per tutto con uno stato patrimoniale proprio. Ciò per evitare che, in caso di difficoltà o di insolvenza per altre iniziative, il patrimonio dei vari condomini venisse inglobato nel patrimonio generale per concorrere al salvataggio delle cooperative. Questo è quanto sta invece accadendo;
   già dal 25 novembre 2002 il provveditorato aveva rilasciato l'autorizzazione al passaggio a proprietà individuale ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 136 del 1999, precisando di rimanere in attesa di richiesta dalla CO.MI. di nulla osta all'effettivo frazionamento ai sensi dell'articolo 139 testo unico 1938, ed il 10 maggio 2006 i Servizi integrati infrastrutture e trasporti presso il Magistrato alle acque di Venezia, richiamando la richiesta della CO.MI. del 13 novembre 2002, rilasciavano il nulla osta alla trasformazione ai sensi della nuova normativa con la precisazione che in caso di mancata consegna di tutti gli alloggi, gli stessi avrebbero dovuto essere comunque tutti assegnati, eventualmente con riserva di consegna. Malgrado siano trascorsi undici anni dalla prima autorizzazione la pratica non si è mai perfezionata e non si è giunti alla intestazione degli immobili in proprietà ai soci mentre è intervenuto in data 18 settembre 2013 il decreto di liquidazione coatta amministrativa della CO.MI.;
   il Ministero ha per molti anni controllato attraverso il commissariamento l'attività della CO.MI.: ciononostante non è mai stata evidenziata ai soci delle altre Iniziative la problematica del debito Edilcervialto e lo stesso figura per la prima volta solo nel bilancio del 2012;
   le case realizzate da CO.MI. sono le uniche abitazioni per le famiglie dei soci (molti dei quali oggi sono pensionati) i quali vi abitano da moltissimi anni essendo l'assegnazione risalente al 1984;
   attualmente, duecentodieci famiglie di Verona, Roma, Trieste e Udine rischiano di perdere la propria casa, dopo aver terminato di pagarla, a causa del fallimento della CO.MI.;
   in particolare, i soci dell'Iniziativa di Verona, pur avendo pagato interamente l'immobile dove vivono, corrono il rischio che sia revocata l'assegnazione e venduta la loro casa e questo, come detto, malgrado vivano in case che hanno già pagato –:
   se il Ministro, anche in virtù del protratto regime commissariale, non intenda verificare se siano state rispettate per l'Iniziativa di Roma 2 dei soci CO.MI., che ha dato origine al contenzioso con la società Edilcervialto, le forme di cui agli articoli 8-9 del testo unico del 1938 e se la società CO.MI. fosse in possesso delle autorizzazioni di legge e se siano stati effettuati i controlli ministeriali, qualora l'iniziativa fosse stata autorizzata;
   quali iniziative di controllo il Ministero abbia in concreto esercitato sulla CO.MI., atteso che a quanto consta all'interrogante nessuno dei commissari nominati evidenziava, sino al bilancio del 2012, il rilevante debito verso la Edilcervialto, malgrado il fatto che già dal 2001 vi era una sentenza del tribunale di Roma che condannava la CO.MI.;
   se le gestioni commissariali abbiano assunto iniziative giudiziarie per far valere l'estraneità alla CO.MI. del debito verso Edilcervialto, nell'ipotesi in cui i soci di Roma 2 non avessero rispettato le forme di cui agli articoli 8-9 del testo unico del 1938 o se la società CO.MI. non fosse stata in possesso delle prescritte autorizzazioni;
   per quali ragioni, malgrado l'intervenuto integrale pagamento da parte dei soci CO.MI. di Verona delle somme dovute in relazione al mutuo ipotecario iscritto sul complesso di alloggi facenti parte dell'iniziativa immobiliare di Verona, Via Maddalena, 4/6 e malgrado già dal 25 novembre 2002 il provveditorato avesse rilasciato l'autorizzazione al passaggio a proprietà individuale, rinnovata nel 2006, non si sia mai giunti alla trasformazione ed assegnazione degli immobili in proprietà ai soci;
   quali iniziative il Ministero intenda assumere a tutela dei soci della CO.MI. nonché, per quanto di competenza, contro i responsabili dei fatti che hanno portato a questa situazione e a quali controlli, anche ispettivi, intenda dare luogo per chiarire gli aspetti di questa incredibile vicenda per cui i soci dalla CO.MI. di Verona corrono il rischio che sia venduta la loro casa, che hanno già pagato e che abitano da circa trent'anni. (4-03014)

INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI, PALAZZOTTO, COSTANTINO, PELLEGRINO, PILOZZI e KRONBICHLER. — Al Ministro per l'integrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le immagini proposte in data 16 dicembre 2013, dal TG2, riguardanti il Centro di soccorso e di prima accoglienza di contrada Imbriacola, a Lampedusa, configurano una realtà disumana, in cui i migranti sono denudati, messi in fila e al freddo, nonché sottoposti a disinfestazione per la scabbia, in palese violazione dei diritti umani;
   fra gli ospiti «forzati» del centro di contrada Imbriacola vi sarebbero anche 16 superstiti del terribile naufragio del 3 ottobre scorso, in cui persero la vita 600 persone. Da tale naufragio sono passati oltre 2 mesi e i superstiti, peraltro coinvolti come testimoni nel procedimento aperto dalla procura di Agrigento contro gli scafisti e i trafficanti, si trovano ancora nel Centro di prima accoglienza, che invece può ospitare persone per un massimo di 48 ore;
   tale situazione, ad avviso degli interroganti, induce inevitabilmente a supporre che nel Centro di prima accoglienza si trovino centinaia di persone che, in base alla normativa vigente, avrebbero dovuto essere trasferite in altri centri. Peraltro, la presenza prolungata di ospiti nel centro determina una ormai cronica situazione di sovraffollamento, gestita nella logica dell'emergenza, dal momento che gli sbarchi in una terra di frontiera come Lampedusa sono frequenti. Il sovraffollamento del centro è talmente elevato che non è possibile neanche realizzare i lavori di ampliamento necessari;
   in data 17 dicembre 2013, l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati ha diramato una nota in cui si ammonisce il Governo italiano affinché individui soluzioni immediate ed urgenti per migliorare gli standard di accoglienza nel centro di soccorso e di prima accoglienza di Lampedusa;
   quanto rappresentato in premessa appare una inaccettabile violazione dei trattati di Dublino considerata la sistematicità con la quale i diritti dei richiedenti vengono attualmente violati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione del Centro di contrada Imbriacola;
   se i Ministri interrogati abbiano dato mandato di effettuare una profonda ricognizione della situazione nel centro di Lampedusa circa le condizioni dei migranti;
   quali soluzioni permanenti intendano adottare contro il sovraffollamento del centro e, in particolare, per evitare che i migranti vengano lì trattenuti ben oltre i limiti previsti dalla legge. (4-03010)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI, BUSINAROLO, TOFALO, COZZOLINO, DA VILLA, LOREFICE, MANNINO, DE LORENZIS, GALLINELLA, BECHIS, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, GAGNARLI e PARENTELA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   diverse inchieste giudiziarie stanno interessando le grandi commesse pubbliche del Veneto, facendo luce su un sistema di appalti distorti e fatture false cucito intorno ai finanziamenti per le grandi opere del Veneto;
   secondo gli ultimi sviluppi sarebbe attivo inoltre un sistema di spionaggio delle indagini venete allo scopo di proteggere gli affari «poco puliti»;
   la questione è largamente seguite anche dai media locali. Il 12 marzo 2013 nel sito «lasberla.net», in un articolo dal titolo «bordate sul project financing», il giornalista Marco Milioni descrive la situazione: «sembra che il cosiddetto sistema Mantovani, oltre alle coperture delle quali più o meno velatamente si parla sui media, disponga ancor oggi di una sorta di intelligence privata. Un gruppo undercover pronto a difendere gli affari poco puliti di un gruppo di potere massimamente influente dalle indagini degli inquirenti; ma anche dal sindacato ispettivo dei soggetti eletti in consiglio regionale e in altre assemblee in seno agli enti locali. Si tratterebbe quindi di una congrega spionistica dedita anche al depistaggio che può contare sulla complicità di uomini di spicco in seno alla polizia, ai carabinieri, alla guardia di finanza e pure nei servizi segreti. Una congerie di tentacoli che si estenderebbe ad altissimi ambienti del cardinalato romano, di ambienti para-massonici e persino a uomini della magistratura, anche veneta. Parte di questo inquietante affresco sarebbe già noto ai pm che stanno indagando sul malaffare veneziano. Anche perché il Mose, con i suoi cinque miliardi, con le sue regole speciali cucite addosso ad un pool di imprese che sono sempre le stesse, costituisce una delle commesse più cospicue di tutto il Paese»;
   un quadro non troppo dissimile lo traccia il settimanale l'Espresso n. 46 del 21 novembre 2013 nell'articolo dal titolo «c’è una cupola sul Mose» nel quale il giornalista Paolo Biondani affronta la questione da un punto di vista più specifico e rivela altri dettagli: «In settembre era stato arrestato il vice-questore bolognese Giovanni Preziosa, accusato di avere intascato circa 160 mila euro proprio per spiare le indagini venete. Ora i pm sono risaliti ai livelli più alti. E sotto accusa c’è un generale a tre stelle delle fiamme gialle, sospettato di essersi fatto consegnare pacchi di banconote in contanti. Almeno mezzo milione di euro. I magistrati veneti hanno già messo in allarme altre procure italiane bersagliate da analoghe manovre di inquinamento delle indagini che potrebbero avere avuto la stessa regia» –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti in premessa e, ove verificata la sussistenza dei fatti, abbiano messo in campo concrete iniziative di contrasto a pratiche gravi e penalmente rilevanti;
   se i Ministri non ritengano di sospendere le attività dei cantieri, in attesa che le indagini forniscano un quadro più chiaro della situazione;
   se i Ministri, ove verificati i fatti riferiti dai media, abbiano promosso verifiche ministeriali tese ad accertare la dimensione e la diffusione del fenomeno. (4-03003)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che a Bologna un bambino bengalese sarebbe in attesa da ben otto mesi di iscriversi a una scuola media statale;
   il bambino sarebbe arrivato in Italia a marzo 2014, a seguito di ricongiungimento famigliare, e sarebbe stato respinto, per mancanza di posti, dall'istituto comprensivo «Testoni-Fioravanti» di Bologna senza che a tutt'oggi sia stato possibile individuare una soluzione alternativa;
   sembra che non esista nemmeno una risposta ufficiale da parte di altre scuole in relazione alla richiesta di inserimento;
   questa notizia fa seguito a quella della cosiddetta «classe liquida sperimentale», oggetto di precedente interrogazione, che già denunciava il fenomeno dei mancati inserimenti per carenza di posti di bambini stranieri –:
   se non si ritenga necessario e urgente conoscere quante siano state nell'anno scolastico in corso, e negli ultimi, le domande di inserimento respinte per mancanza di posti non soltanto a Bologna dove, come denuncia la scuola di italiano con migranti (Sim) dell'Xm24, altri bambini sotto i 16 anni non riescono ad inserirsi in alcuna scuola pubblica, ma anche nel resto d'Italia;
   quante di queste domande di inserimento siano state accolte in tempo utile tramite l'inserimento in scuole diverse da quella dell'istituto comprensivo «Testoni-Fioravanti»;
   quante, invece, risultino inevase lasciando supporre il mancato inserimento del bambino interessato, e quindi la violazione di un diritto fondamentale quale quello all'istruzione;
   quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per consentire un monitoraggio puntuale e in tempo diretto delle domande respinte e, quindi, il loro rapido accoglimento. (4-02997)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GNECCHI, CINZIA MARIA FONTANA, CASELLATO, BARUFFI, GIACOBBE, MAESTRI, INCERTI e LENZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto interministeriale n. 63655 del 5 gennaio 2012, è stato riconosciuto il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito (indennità di mobilità o assegno straordinario), con esclusione della contribuzione figurativa, a favore di 677 lavoratori che nell'anno 2011 non rientravano nel contingente di 10.000 unità di cui all'articolo 12, comma 5, decreto-legge n. 78 del 2010 (cosiddetta salvaguardia), ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2011 e comunque entro il periodo di fruizione delle prestazioni di tutela del reddito e con messaggio n. 1648/2012, l'Inps ha fornito le relative istruzioni operative;
   con il decreto interministeriale del 2 ottobre 2012 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stato riconosciuto il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore di lavoratori rientranti nelle previsioni di cui all'articolo 12, comma 5-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e che avrebbero maturato i requisiti per l'accesso al pensionamento a partire dal 1o gennaio 2012 e nel testo del decreto si fa riferimento per la prima volta al fatto, che i lavoratori che hanno diritto al prolungamento devono essere «tutti cessati dal servizio entro la data del 30 aprile 2010», apertamente in contrasto con la norma di legge che non fa riferimento alla cessazione del rapporto di lavoro entro la data del 30 aprile 2010, ma ad accordi sindacali stipulati anteriormente alla data del 30 aprile 2010, quindi la data indicata si riferiva esclusivamente alla sottoscrizione degli accordi, indipendentemente dal fatto che i lavoratori fossero posti successivamente in mobilità o nei fondi di sostegno;
   la suddetta questione, rilevata sul decreto del 2 ottobre 2012, è stata in più occasioni rappresentata al Ministro interrogato, sia da parte dei patronati che negli incontri intervenuti fra il Ministro stesso e i rappresentanti dei comitati esodati, ottenendo come risposta delle rassicurazioni dal Ministro stesso con l'impegno che si sarebbe proceduto alla rettifica dell'errore;
   in questi giorni, con quasi 12 mesi di ritardo, è stato finalmente emanato il decreto 76353, registrato alla Corte dei conti il 24 novembre 2013, che non solo persiste nel fare riferimento a lavoratori cessati entro il 30 aprile 2013, mentre la norma primaria chiarisce espressamente il riferimento ad accordi stipulati entro il 30 aprile 2010, ma dispone che l'intervento di sostegno al reddito è concesso in favore dei lavoratori per i quali il medesimo prolungamento abbia inizio in una data ricompresa tra il 1o gennaio e il 31 dicembre 2013, pur essendo a conoscenza il Ministero, che l'uscita dalla mobilità o dal fondo di sostegno non avviene per tutti i lavoratori a partire dal 1o gennaio 2013, ma spalmata su tutti i mesi del 2013, comportando che l'intervento di sostegno si prolunga nel 2014 e quindi per i lavoratori interessati, altri periodi senza alcun reddito, nell'attesa che venga emanato l'ulteriore decreto di copertura per l'anno 2014;
   è alquanto singolare che a fronte di una fonte primaria sufficientemente chiara (articolo 12, comma 5-bis della legge n. 122 del 2010), si sia proceduto ad emanare tre decreti differenti, creando ulteriore confusione e sofferenze ai lavoratori interessati, cosa che non fa altro che alimentare oltremodo la sfiducia della popolazione nei confronti delle istituzioni –:
   se non ritenga il Ministro interrogato di correggere il decreto di copertura per l'anno 2013 ribadendo che la salvaguardia è riferita a tutti gli accordi stipulati entro il 30 aprile 2010, nonché a garantire l'intervento di sostegno al reddito anche a quei lavoratori, che terminata la mobilità o usciti dal fondo di sostegno durante l'anno 2013, matureranno l'accesso alla pensione a partire dal 2014 (finestra Sacconi) e se non ritenga opportuno preparare il decreto per il 2014 già nei primi mesi dell'anno e non a dicembre.
(5-01746)


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, LUPO, CASTELLI e RUOCCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 8 dicembre 2013, i lavoratori della Eldo Italia SpA, in lotta per difendere il proprio posto di lavoro, sono stati in presidio presso il megastore Eldo in via S. Leonardo a Salerno;
   il licenziamento non sarebbe dovuto essere il giusto epilogo di una vicenda che si protrae da anni attraverso un percorso fatto di accordi disattesi e promesse non mantenute;
   infatti risale al 19 gennaio 2012, presso la direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il concordato di una cassa integrazione guadagni straordinaria per un ulteriore anno con cui si sarebbero prorogati gli aiuti economici verso chi avrebbe dovuto avere l'intenzione di uscire da una situazione di crisi;
   il 6 novembre 2012 si sarebbe prorogato per altri 6 mesi la cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore per 435 unità lavorative individuate sulla base delle esigenze tecnico produttive ed organizzative, in applicazione alla legge n. 223 del 1991, articolo 3 comma 2;
   l'ultimo accordo, sottoscritto presso la direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del 19 aprile 2013 metterebbe la parola fine alla speranza di vedere applicata la legge in materia di cassa integrazione che, all'articolo 1, al comma 1 prevede: «La richiesta di intervento straordinario di integrazione salariale deve contenere il programma che l'impresa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale» ed anche, al comma 2 «La durata dei programmi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale non può essere superiore a due anni». In quella data, infatti, le parti avrebbero concordato il licenziamento di 355 lavoratori entro il prossimo 31 dicembre –:
   quali misure intenda adottare affinché venga ripristinato lo scopo di utilizzo del succitato ammortizzatore sociale che nasce per venire incontro alle aziende che si trovino in momentanea difficoltà, sgravandole in parte dei costi della manodopera temporaneamente non utilizzata, e non come improduttivo sussidio che è diventato ormai esclusiva anticamera del licenziamento;
   se intenda effettuare le dovute verifiche, economico-legali, in merito alle decisioni assunte dalle parti nella vicenda Eldo Italia SpA, al fine di tutelare i lavoratori e le loro famiglie, uniche vittime dell'effetto di atti deliberati nelle sedi del Ministero. (5-01747)


   BELLANOVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i lavoratori del calzaturificio Filanto da anni, purtroppo, si trovano a vivere una condizione occupazionale ed economica legata ad una estrema incertezza circa il futuro;
   in data 25 luglio scorso l'interrogante con una lettera indirizzata ai Ministri interrogati rappresentava lo stato di preoccupazione in merito a questa vertenza. Circa seicento lavoratori operanti nelle diverse aziende collegate al gruppo Filanto (Tecnosuole s.r.l, Tomaificio Zodiaco s.r.l., Filanto S.p.A., Labor s.r.l e Italiana Pellami) privati da mesi dell'indennità di cassa integrazione, anche a causa dello stato dei procedimenti giurisdizionali pendenti o in fase di riproposizione dinanzi al tribunale di Lecce – sezione commerciale;
   nella stessa missiva si sottolineava l'importanza di intervenire con rapidità in questa vicenda dal carattere socialmente esplosivo poiché eravamo e siamo in presenza di un cospicuo numero di lavoratori senza tutela né reddito che devono pur far fronte alle esigenze primarie umane e familiari, in un territorio, peraltro, pesantemente colpito dalla crisi irreversibile del settore manufatturiero;
   seguendo gli sviluppi di questa vertenza in data 5 dicembre 2013 gli organi di stampa locali titolavano «svolta Filanto: arretrati per Natale» riportando lo sblocco degli ammortizzatori sociali annunciato da Filctem Cgil e dai rappresentanti al ramo della regione Puglia. Nel merito si leggeva che «la firma dei primi decreti è imminente e riguarda i 99 operai di Filanto spa e Italiana Pellami che riceveranno l'ammortizzatore sociale a decorrere, rispettivamente, dal 1o febbraio e dal 1o aprile 2013. È attesa, invece tra 7-8 giorni quella per i 370 di Tecnosuole, Labor e Zodiaco che riceveranno la cassa integrazione a decorrere dal 1o agosto 2013. Contestualmente inizia anche il ricollocamento. Avviate ad assunzione nella società “costola” Leo Shoes 25 unità»;
   da quello che si apprende sulla stampa, se per Filanto spa e Italiana Pellami la situazione sembrerebbe incanalarsi sulla strada di una probabile risoluzione, le altre tre aziende continuano a rappresentare il nodo più problematico di questa vertenza anche perché l'azienda Filanto ad aprile scorso ritirando le istanze di concordato preventivo ha determinato uno stallo nella procedura col conseguente rischio di far perdere la possibilità ai lavoratori di una tutela salariale con la cassa integrazione;
   da quanto dichiarato a mezzo stampa dai referenti istituzionali regionali «l'azienda risulta ottemperare agli impegni assunti», ma ancora, nonostante sia passato del tempo, per i lavoratori di queste aziende pare non esserci alcuna notizia in merito alla cassa integrazione e molte di queste persone sono in una condizione di estrema precarietà economica, dato che non ricevono alcun sussidio dallo scorso dicembre –:
   se i Ministri interrogati, stante quanto riportato in premessa non ritengano di acclarare con urgenza le motivazioni per le quali ancora, se come emerge dagli organi di stampa tutto sembrerebbe essere stato ottemperato, non è stato emesso alcun decreto per i lavoratori delle aziende Tecnosuole, Labor e Zodiaco, una verifica che si rende necessaria per garantire una risposta rapida a queste persone, lavoratori che da anni compiono immani sforzi per far quadrare i bilanci familiari e che ad oggi, purtroppo, sono ancora in attesa di poter programmare le necessità primarie di vita. (5-01752)


   BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, COMINARDI e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione annuale della Corte dei Conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013, emergono notevoli criticità;
   a pagina 145 della suddetta relazione, in merito alla partecipazione di INPS in Fondi Immobiliari, si legge: «... deve la Corte ribadire la raccomandazione ... sulla esigenza che le politiche di investimenti siano uniformate al rispetto della missione pubblica assegnata all'istituto. Richiedono, pertanto, una rigorosa riflessione sia la partecipazione nella più grande SGR privata (IdeAFIMIT SGR SpA) – (...) – sia quella nei fondi immobiliari non adeguatamente presidiati negli organi da dipendenti interni ed esposti a crescenti rischi di indebolimento delle finalità sociali, attraverso modifiche statutarie dei regolamenti di gestione» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, quali interventi intendano intraprendere al fine di sopperire alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei Conti in merito alla partecipazione di INPS in fondi immobiliari e altresì se intendano fare una riflessione riguardo alla partecipazione dell'istituto stesso nella più grande SGR privata (IdeAFIMIT SGR SpA). (5-01753)


   BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione annuale della Corte dei Conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013, emergono notevoli criticità;
   a pagina 142 della suddetta relazione, in merito, alla riscossione dei crediti, si legge: «La partecipazione in Equitalia spa, nella quale in presidente dell'Istituto riveste la carica di vicepresidente, rimane la più consistente con 73,5 mln di euro (pari al 49 per cento del capitale sociale) e mostra utili di esercizio in aumento, peraltro ancora destinati all'autofinanziamento e alla conseguente assegnazione a riserva, perpetuandosi l'assenza di ritorni reddituali a favore dell'Istituto;
   a pagina 51 della suddetta relazione si legge: «Il più sensibile calo degli incassi tramite agenti della riscossione richiede una profonda riflessione sulla internalizzazione delle attività di riscossione dei crediti attribuite ai concessionari, anche nella considerazione che dalla riscossione diretta deriverebbero minori agi e spese di procedura a favore dei concessionari e attenuazione degli aggravi a carico dei contribuenti;
   a parere dell'interrogante emergono notevoli perplessità circa la possibilità di «una profonda riflessione» in merito alle criticità suddette, rilevando gli interroganti un possibile conflitto di interessi del presidente Mastrapasqua che riveste la carica sia di presidente dell'INPS sia quella di vicepresidente di Equitalia spa –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, quali interventi intendano intraprendere al fine di rimediare alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei conti in merito alla riscossione dei crediti di INPS e nel caso, se non intendano operare un'azione di riorganizzazione di tale pratica al fine di attenuare gli aggravi economici dei contribuenti ed evitare che tali aggravi finiscano nelle casse dei concessionari suddetti;
   se e quali interventi i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano intraprendere per evitare situazioni di possibile conflitto di interesse – come quelle riscontrate e denunciate in premessa – da parte del presidente dell'INPS che a tutt'oggi riveste decine di incarichi in altrettanti enti. (5-01754)


   BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione annuale della Corte dei Conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013, emergono notevoli criticità;
   a pagina 65 della suddetta relazione, in merito all'attività di verifica straordinaria nei confronti di titolari di prestazioni di invalidità civile, si legge: «Con riguardo alla correttezza delle prestazioni in esame, assume sempre maggiore rilievo il più rapido ed efficiente funzionamento del Casellario dell'assistenza – istituito dal decreto-legge n. 78 del 2010, quale anagrafe degli interventi – condiviso da tutti i soggetti coinvolti nel settore, per la gestione ottimale della rete dei servizi e il loro monitoraggio. Per tale fondamentale strumento, non risultano tuttavia adottati i previsti decreti ministeriali di attuazione» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, quali interventi intendano intraprendere al fine di rimediare alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei Conti con particolare riguardo alla mancanza dei decreti ministeriali di attuazione finalizzati a rendere funzionante il casellario dell'assistenza istituito con decreto-legge n. 78 del 2010. (5-01755)


   BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione annuale della Corte dei Conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013, emergono notevoli criticità;
   a pagina 102 della suddetta relazione, in merito al Fondo di previdenza per il Clero secolare e per i ministri del culto delle confessioni diverse dalla cattolica, si legge: «Tra le gestioni di minori dimensioni va segnalato – per le perduranti criticità – il fondo di previdenza per il Clero secolare e per i ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica, che prosegue l'andamento squilibrato connesso al divario – superiore a tre volte – tra le prestazioni e i contributi. Il disavanzo economico si dilata da -75,9 a -98,2 milioni di euro...»;
   sempre a pagina 102, si legge: «...risulta inefficace il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, fissato a 68 anni...» e ancora: «Va pertanto ripresa e sottolineata la segnalazione dei sindaci sulle necessità di misure di riequilibrio, dando attuazione alle specifiche norme della legge n. 903 del 1973» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, quali interventi intendano intraprendere al fine di rimediare alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei Conti in merito alla ormai insostenibile situazione del fondo di previdenza per il Clero secolare e per i ministri del culto delle confessioni diverse dalla cattolica. (5-01756)


   BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione annuale della Corte dei conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013, emergono notevoli criticità;
   a pagina 109 della suddetta relazione, in merito al Fondo denominato «FONDINPS», si legge: «...FONDINPS ha assunto una fisionomia complessa e differenziata»;
   a pagina 110 della suddetta relazione si legge inoltre: «Il primo investimento è iniziato a partire dal 1o ottobre 2009 – a distanza di oltre un biennio dalla istituzione del Fondo – ...» e altresì: «... non risultano ancora implementati gli allegati tecnici alla convenzione di servizio, sia per il supporto alle funzioni del Responsabile della gestione, sia per la definizione degli oneri di locazione degli spazi occupati dal Fondo nella sede dell'INPS, che si risolvono in mancate entrate per l'Istituto, ancora da recuperare»;
   a pagina 111 della suddetta relazione si legge: «Le prospettive del Fondo vanno altresì valutate alla luce della intervenuta attivazione del Fondo per i lavoratori interinali (“FONTEMP“), che potrebbe assorbire gran parte della platea degli iscritti a Fondinps...» e inoltre: «... esigenza di pervenire ad una decisione definitiva sulla stessa esistenza del Fondo, che la Corte rassegna nuovamente al Parlamento...»;
   infine a pagina 161 della relazione della Corte dei Conti si legge: «In merito a “Fondinps” ... vanno sottolineati il continuo incremento e la ulteriore tendenziale dilatazione degli oneri di gestione (saliti a 227,3 mgl di euro) che, uniti alla modesta quota degli effettivi versati e alla intervenuta introduzione di un parallelo fondo per i lavoratori temporanei, rafforzano la più volte ripetuta esigenza di un riesame dei presupposti alla base della costituzione e della stessa permanenza in vita del Fondo» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, quali interventi intendano intraprendere al fine di rimediare alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei conti in merito al fondo denominato «FONDINPS»;
   se e quali interventi i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano intraprendere al fine di valutare obiettivamente la sussistenza di requisiti che comportino la stessa permanenza in vita del fondo denominato «FONDINPS». (5-01757)


   BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, MUCCI, TRIPIEDI, COMINARDI e CHIARELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione annuale della Corte dei conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013, emergono notevoli criticità;
   a pagina 126 della suddetta relazione, in merito alle procedure dei bandi di gara, si legge: «... riguardanti l'informatica e l'edilizia, ... comprovano l'assoluta prevalenza della procedura negoziale, in particolare senza previa pubblicazione del bando di gara, mentre continua a rimanere residuale l'utilizzo delle procedure ordinarie ad evidenza pubblica»;
   sempre a pagina 126 della suddetta relazione, si legge: «... più importanti questioni irrisolte: la carenza di una adeguata programmazione e della necessaria tempestività nell'avvio e nella conclusione delle procedure di gara, con ricorso ordinario alla proroga reiterata di contratti scaduti; l'eccessivo ricorso alle procedure negoziate, senza pubblicazione di bandi e adeguate verifiche di mercato; i frequenti affidamenti diretti allo stesso fornitore e ampliamenti delle forniture; i frazionamenti dei lavori di manutenzione straordinari fondati su generiche motivazioni di urgenza» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, quali interventi intendano intraprendere al fine di sopperire alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei conti in merito alle procedure dei bandi di gara e alle criticità specifiche che emergono da quanto esposto in premessa. (5-01758)


   BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione annuale della Corte dei conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013, emergono notevoli criticità;
   a pagina 142 della suddetta relazione, in merito alla società Sispi, si legge: «Con riferimento a quest'ultima società ribadisce pertanto la Corte l'esigenza di una rigorosa riconsiderazione della reale capacità di stare sul mercato – in ragione anche della crescita dei costi, soprattutto di funzionamento – ma principalmente di una seria verifica sulla sua stessa esistenza, alla luce delle più recenti e rigorose linee legislative sul mantenimento delle società in house e sull'affidamento diretto dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni (articolo 4 del decreto-legge 1995, convertito nella legge n. 135 del 2012) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, quali interventi intendano intraprendere al fine di sopperire alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei conti in merito alla verifica dell'opportunità della stessa esistenza della società Sispi alla luce delle più recenti e rigorose linee legislative. (5-01759)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO, ROSTELLATO, TRIPIEDI, COMINARDI, BECHIS, CHIMIENTI, BALDASSARRE e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Corte dei conti ha emesso la determinazione n. 101/2013, depositata in data 27 novembre 2013, con la quale riferisce l'esito del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Inps relativamente all'esercizio dell'anno 2012;
   dal report della Corte dei conti si apprendono le gravi criticità che coinvolgono l'Istituto, a riguardo, nello specifico, è stato espresso un giudizio negativo rispetto all'adeguatezza delle pensioni che si riferiscono al metodo contributivo, che comporta l'esigenza di un costante monitoraggio degli effetti delle riforme del lavoro e della previdenza obbligatoria sulla spesa pensionistica;
   sono stati registrati eccessivi divari nei trattamenti connessi a quello retributivo, unitamente all'urgenza di rilanciare la previdenza complementare;
   si rappresenta la necessità di un intervento, al fine di attuare un nuovo assetto dell'intero ordinamento, riequilibrando la governance dell'Istituto, in particolare, rispetto ai profili della rappresentanza legale, di indirizzo politico amministrativo e di gestione, inoltre, devono essere ridisciplinate le attribuzioni dell'organo di controllo interno e della vigilanza ministeriale;
   la necessità di una riforma dell'Istituto consegue, altresì, dall'incorporazione di Inpdap e Enpals che, soprattutto, ha accentuato l'esigenza di una revisione delle articolazioni della direzione generale e delle funzioni dirigenziali;
   i giudici contabili della Corte mettono in rilievo l'urgente esigenza di riformare le modalità di riconoscimento dell'invalidità civile, poiché le procedure attuali, che si basano soprattutto sul ricorso a medici esterni convenzionati, non garantiscono all'Inps la capacità di governo di tale settore, quindi, sarebbe necessario un intervento legislativo volto a completare il trasferimento delle competenze dell'intero procedimento in capo all'istituto;
   ed ancora, si apprende dalla relazione, che sussiste una dilatazione dei saldi negativi e dell'indebitamento, aggravati dal fondo di nuova acquisizione dei dipendenti pubblici, in progressivo e crescente dissesto;
   i conti generali, pertanto, registrano il primo disavanzo finanziario e l'accentuazione del deficit economico quale conseguenza, tra l'altro, del ciclo recessivo nonché dell'incorporazione della gestione pubblica;
   è dunque evidente, da quanto emerge dalla relazione della Corte dei conti sulla gestione dell'Inps, che è necessaria un'improrogabile riforma che comporti l'adozione di misure per ridisciplinare l'assetto e le procedure dell'Istituto, al fine di far fronte al crescente deficit finanziario –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito a quanto segnalato;
   se e quali urgenti iniziative intenda adottare in considerazione delle gravi e molteplici criticità relative alla gestione finanziaria dell'Inps, segnalate dalla Corte dei conti;
   in particolare, se e quali iniziative intenda adottare per quanto concerne la rilevata inadeguatezza delle pensioni rispetto al metodo contributivo e per riformare le modalità di riconoscimento dell'invalidità civile. (4-03001)


   LOCATELLI, DI LELLO, DI GIOIA e PASTORELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, come emerge dalla lettura dei dati INAIL, ISTAT e INPS, presentati nel convegno «Mi Impegno per la Prevenzione» organizzato dalla CIIP (Consulta interassociativa italiana prevenzione) al Senato il 25 ottobre 2013, risultano non assicurate all'INAIL circa 8 milioni di persone che lavorano, pari a circa il 25 per cento del totale;
   da alcuni studi di settore, risulta che questo dato comporta un aggravio di spese per lo Stato di circa 60 miliardi di euro all'anno;
   di questi lavoratori, circa 5 milioni sono persone che, pur non lavorando «in nero», non sono assicurate all'INAIL e quindi non computate nelle statistiche sul numero di morti e infortuni sul lavoro e nemmeno su quelle riferenti alle malattie professionali;
   infatti, i dati ISTAT indicano circa 23 milioni di occupati contro i circa 18 milioni di assicurati INAIL;
   a questi si aggiungono circa 3 milioni e mezzo di lavoratori che offrono le loro prestazioni «in nero»;
   quanto accaduto a Prato, con la morte dei lavoratori cinesi, costretti a condizione inumane di lavoro, ha riproposto la necessità di innalzare il livello di guardia sulle problematiche connesse al mondo del lavoro;
   i lavoratori immigrati, ancor più di quelli italiani, sono costretti, a causa della crisi e della crescente disoccupazione, a sopportare condizioni di lavoro sempre più precarie e pericolose e ciò non può essere ammesso in un Paese civile;
   su queste tematiche appare urgente e necessario attivare una stretta collaborazione tra Governo, sindacato, enti locali, forze dell'ordine ma anche associazioni imprenditoriali affinché si possa giungere all'obiettivo di restituire la giusta dignità al lavoro e ai lavoratori tutti;
   conseguentemente, è necessario che dopo le commemorazioni per le vittime sul lavoro e le preoccupazioni, in più sedi espresse, sull'aumento degli infortuni e dei costi per lo Stato, si determini un cambiamento di rotta totale rispetto al sistema di controlli e di sicurezza nei posti di lavoro –:
   quali siano le ultime informazioni sulle cause scatenanti l'incendio di Prato e sulle eventuali responsabilità finora emerse;
   quanti e quali controlli siano stati effettuati negli ultimi cinque anni nella area di Prato e in Toscana da:
    a) gli organi di vigilanza competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro e lotta antincendio indicando gli esiti di detti controlli;
    b) gli organi di vigilanza competenti in materia di legalità e regolarità del lavoro e applicazione delle normative di legge e contrattuali indicando quali siano gli esiti di detti controlli, in riferimento agli infortuni e alle autorizzazioni a svolgere l'attività di impresa;
    c) gli organi di vigilanza competenti in materia di legalità del lavoro e applicazione delle normativa di legge e contrattuali indicando quali siano gli esiti di detti controlli;
    d) gli altri organi preposti alla sicurezza: carabinieri, polizia di stato, Guardia di finanza;
   quale sia il numero e la qualificazione degli ispettori del lavoro della direzione provinciale del lavoro, vigili del fuoco, INPS, INAIL e il loro rapporto percentuale con le piante organiche previste;
   quale sia l'andamento infortunistico e di malattie professionali degli ultimi dieci anni nella area di Prato e in Toscana;
   quale sia l'andamento e gli esiti degli accertamenti giudiziari in materia di legalità e sicurezza sul lavoro degli ultimi dieci anni nella area di Prato e in Toscana e, in particolare in applicazione del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
   quali siano le verifiche effettuate sulla formazione e l'addestramento sul lavoro, ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e in particolare, rispetto alla lingua veicolare utilizzata ai sensi del comma 13 dell'articolo 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008;
   quale sia la modifica del «tessuto produttivo» (numero dipendenti e nazionalità dei datori di lavoro) degli ultimi dieci anni nella area di Prato e in Toscana;
   quanti decreti attuativi del decreto legislativo n. 81 del 2008, non siano ancora stati approvati a cinque anni dall'entrata in vigore del suddetto decreto e, in particolare, se siano stati predisposti e quali siano i tempi di entrata in vigore, in particolare dei seguenti provvedimenti:
    a) decreto di modifica e integrazione delle normative di prevenzione degli incendi, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008;
    b) decreto sul SINP (sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro) ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e se a tale fine sia prevista la presenza di tutti gli enti pubblici interessati, ad esempio INPS;
    c) decreto sulla «qualificazione delle imprese» (cosiddetta «patente a punti», ai sensi dell'articolo 27 del decreto legislativo n. 81 del 2008;
    d) decreto sulla «selezione della idoneità tecnico professionale delle imprese», ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 81 del 2008;
    e) decreto di regolamentazione e istituzione del «fondo» per i RLST (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), ai sensi dell'articolo 48, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008;
   se il Governo, d'intesa con le regioni, intenda assumere iniziative per verificare e sanzionare la violazione degli obblighi di formazione ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008, relativamente a:
    a) concessione di crediti formativi per RSPP e ASPP (responsabili e addetti dei servizi di prevenzione e di protezione aziendali) rilasciati in convegni con la presenza anche di 100, 200, 300 persone, in violazione dell'articolo 32, che impone la concessione di detti crediti solo per corsi (quindi con verifica di apprendimento e numero massimo di presenti);
    b) concessione di crediti formativi rilasciati da soggetti non idonei ai sensi dell'articolo 37, ad esempio associazioni imprenditoriali e sindacali ed organismi paritetici ed enti bilaterali, che non hanno i requisiti della maggiore rappresentatività nazionale;
   se il Governo, d'intesa con le regioni, intenda assumere iniziative per l'attivazione di «registri» – come già vigenti per i medici competenti di cui all'articolo 38 di pubblica conoscenza relativi ai seguenti soggetti previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008:
    a) RSPP e ASPP (responsabili e addetti dei servizi di prevenzione e di protezione aziendali), di cui agli articoli 32 e 34;
    b) formatori qualificati, di cui all'articolo 6, comma 8, lettera m-bis;
    c) coordinatori, di cui all'articolo 98;
    d) soggetti formatori autorizzati, di cui agli articoli 32, 34, 37 e 98. (4-03004)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENEDETTI, MANNINO, PARENTELA, LOREFICE, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI e LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 25 giugno 2013 si interrogava il Ministro sull'eventualità di sospendere il rilascio delle licenza sperimentali per la pesca con il sistema volante a coppia;
   l'autorizzazione viene rilasciata ad un numero limitato di imbarcazioni in alcune aree della Sicilia e dell'Adriatico;
   da una ricerca effettuata nel sito internet del Ministero non risulta pubblicato l'elenco dei beneficiari della licenza;
   la mancata pubblicazione dell'elenco dei beneficiari della licenza rappresenta, secondo gli interroganti, una mancanza di trasparenza –:
   chi siano i beneficiari delle licenze sperimentali e se non ritenga di dover pubblicare nel sito del Ministero l'elenco dei medesimi. (5-01745)


   BENEDETTI, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, BECHIS, GAGNARLI, PARENTELA e GALLINELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   Amalattea Spa, leader nazionale del settore caprino con sede legale a Roma e sede produttiva a Villagrande Strisaili (Sardegna), ha recentemente firmato un'intesa con Banca di credito sardo, avviando un progetto in rete che coinvolge 12 allevamenti caprini sardi con l'obiettivo, come dichiarato dall'amministratore delegato di Amalattea, di incrementare la produzione di latte caprino «così da evitare di ricorrere ad altri Paesi europei per soddisfare la domanda interna»;
   nel mese di ottobre Amalattea ha inoltre siglato una partnership con Granarolo spa, che prevede, tra l'altro, l'acquisizione da parte di quest'ultima, di una partecipazione di minoranza del capitale di Amalattea;
   nel capitale di Amalattea è presente, già dal settembre 2012, l'Istituto sviluppo agroalimentare (ISA Spa), finanziaria controllata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito di un investimento a condizioni di mercato autorizzato dalla Commissione dell'Unione europeo –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito ai contratti siglati con Banca di credito sardo e con Granarolo;
   quali siano le clausole relative agli approvigionamenti del latte, affinché gli allevatori sardi siano effettivamente tutelati, e se sia garantito l'acquisto del latte delle capre degli allevatori del territorio sardo, anche in considerazione degli importanti investimenti effettuati in ragione dell'intesa con Amalattea. (5-01760)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il comma 3 dell'articolo 5-ter — Interventi di semplificazione nel settore della pesca — della legge n. 81 dell'11 marzo 2006 recita testualmente: «Ai fini dell'applicazione delle tariffe sanitarie di cui al decreto del Ministro della sanità 14 febbraio 1991, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 63 del 15 marzo 1991, le prestazioni effettuate a bordo di unità da pesca attraccate in banchina possono essere effettuate anche dai medici di base e si intendono rese entro il circuito doganale»;
   a tutt'oggi i medici di base nonostante l'intervento legislativo di semplificazione, sono impossibilitati ad effettuare le prestazioni «de quo» per mancanza di disposizioni applicative certe;
   tra le prestazioni effettuabili alle unità da pesca in banchina sono ricomprese le certificazioni semestrali di sanificazione/derattizzazione –:
   se si intenda chiarire univocamente la portata della semplificazione prevista dalla legge n. 81 del 2006, onde poter consentire, senza dubbio alcuno, ai medici di base di poter effettuare le certificazioni di sanificazione/derattizzazione alle unità da pesca in banchina. (4-02998)


   BENEDETTI, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, PARENTELA e LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   SIN è società istituita nel novembre 2005, con il compito di gestire e sviluppare il Sistema informativo agricolo nazionale;
   SIN è già stata oggetto di polemiche relative ad inefficienze, costi eccessivi e vicende non chiare anche in tempi recenti;
   in un articolo de la Stampa dell'agosto 2012 i giornalisti Zatterin e Ruotolo scrivevano, a proposito di AGEA e SIN, del problema de «l'ingerenza politica, le nomine di amici, un curriculum di incerta gestione che racconta anche di un contratto di buonuscita ottennale garanzia per l'ex direttore della controllata Sin vicino all'ex ministro Alemanno, Paolo Gulinelli (che ha detto di avervi in seguito rinunciato)»;
   il precedente Ministro Catania aveva nominato una commissione interna d'indagine sul sistema AGEA/SIN, sul quale gravavano sospetti di vari condotte illegali, sotto osservazione anche dell'organo di vigilanza dell'Unione europea, l'OLAF;
   il dottor Tozzi è stato nominato direttore generale di SIN con deliberazione del settembre 2013 presumibilmente nell'intento di dare una risposta all'esigenza del superamento della logica degli «amici dei ministri» per dare luogo a organigrammi di ponderoso spessore etico e professionale al fine di superare le logiche inaffidabili delle nomine del passato;
   il dottor Sergio Zucchetti è stato nominato amministratore delegato di SIN con deliberazione dell'ottobre 2013 presumibilmente anche per lui nell'intento di dare una risposta all'esigenza del superamento della logica degli «amici dei ministri» per dare luogo a organigrammi di ponderoso spessore etico e professionale al fine di superare le logiche inaffidabili delle nomine del passato –:
   a proposito del nuovo amministratore delegato del SIN, dottor Zucchetti, e del direttore generale del SIN, dottor Tozzi quali siano le pubblicazioni e le caratteristiche curriculari di eccellenza in materia di agricoltura e sistemi informatici, anche a elevato livello di sicurezza e di riservatezza. (4-03002)


   GRILLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agricoltura italiana con 820 mila aziende rappresenta il 15 per cento delle imprese attive e dà impiego ad un ingente numero di lavoratori;
   l'ISTAT relativamente ai primi sette mesi 2013 segnala che l'Italia ha segnato il record nelle esportazioni agroalimentari fino a 34 miliardi di euro;
   la lotta contro le frodi alimentari, le contraffazioni e la pirateria tutelano l'immagine e il valore del made in Italy, garantendo al contempo la solidità delle imprese agricole;
   a fronte di una produzione di 1.300.000 tonnellate di carni suine nel 2012 abbiamo importato dalla Germania 500.000 tonnellate di suini vivi e carni suine;
   da notizie di stampa europea si apprende che in Germania le tecniche di allevamento e produzione non sono sostenibili, inquinano le falde acquifere, utilizzano eccessive quantità di antibiotici e creano danni all'ambiente al consumatore finale;
   i pochi controlli effettuati in Italia hanno evidenziato in campo pubblicitario contraffazioni e frodi da abusivo impiego di simboli e denominazioni evocativi di prodotti e territori italiani;
   le autorità preposte debbono prevenire e contrastare tale usurpazione del made in Italy, garantendo la qualità, la salubrità e l'origine italiana dei prodotti lungo tutta la filiera;
   gli alimenti, che evocano falsamente origine e fattura italiana, pregiudicano e danneggiano la immagine del nostro patrimonio agroalimentare;
   la identità agroalimentare e culturale dei nostri territori deve essere tutelata, essendo un bene collettivo da valorizzare a sostegno dello sviluppo rurale;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b) del Regolamento (CE) 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, impone come obbligatoria la indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza per una serie di prodotti, tra cui le carni suine fresche, refrigerate o congelate;
   il medesimo articolo per tali carni fissa alla Commissione il termine del 13 dicembre 2013 per adottare le misure dispositive di attuazione di tale obbligo;
   la legge n. 4 del 2011 in materia di etichettatura e qualità dei prodotti alimentari introduce l'obbligo di indicare la esatta provenienza dell'origine degli alimenti nei settori delle carni suine, del latte a garanzia del mercato e di scelte informate da parte dei consumatori;
   tenuto conto di quanto sopra esposto e considerato il rischio elevato di grave danno alle imprese italiane a causa della concorrenza sleale e della frode commerciale verso i consumatori –:
   se i Ministri interrogati intendano promuovere opportune azioni al fine di prevenire tali pratiche fraudolente o ingannevoli ai danni del made in Italy, specie nel settore del commercio con l'estero;
   se i Ministri interrogati intendano proteggere i consumatori, garantendo la effettiva rintracciabilità degli alimenti nazionali;
   se i Ministri interrogati intendano assicurare il rispetto del regolamento (CE) 1169/2011 per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza con riferimento particolare alle carne suine;
   se i Ministri interrogati nelle more intendano adottare disposizioni di indirizzo e coordinamento, e avviare campagne informative per gli organi di controllo e per i consumatori;
   se i Ministri interrogati vogliano adottare un sistema analogo a quello previsto dall'articolo 10, della legge n. 9 del 2013 per rendere accessibili a tutti i dati informativi sui controlli e sulle origini delle carni suine, nonché assicurare l'accesso ai relativi dati ai consumatori creando anche sistemi informativi ad hoc e banche dati elettroniche. (4-03007)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   NUTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da organi di informazione, la regione Sicilia è al momento sprovvista di un soggetto terzo che provveda a svolgere le funzioni di assistenza tecnica per certificare l'impiego dei finanziamenti europei inquadrati all'interno del Programma operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale (POR-FESR);
   tale mansione era svolta sino a pochi mesi fa dalla multinazionale Ernst & Young, specializzata in servizi professionali di revisione contabile, quando, a causa del mancato rinnovo contrattuale voluto dal Presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta, si è deciso di delegare queste mansioni a Sviluppo Italia Sicilia, una società in-house della Regione stessa;
   tuttavia, Sviluppo Italia Sicilia, in quanto società interamente partecipata dalla regione Sicilia, non poteva assumere questo ruolo, anche per evidenti conflitti di interessi, come evidenziato dalla stessa Commissione europea;
   prima della fine di quest'anno, dovranno essere espletati alcuni necessari procedimenti burocratici di certificazione dell'utilizzo dei fondi europei, in assenza dei quali vi è il concreto rischio che diverse centinaia di milioni di euro dovranno essere restituiti all'Unione europea;
   sempre secondo quanto riportato da articoli di stampa, sarà adesso compito del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione – Dipartimento della funzione pubblica occuparsi del problema tramite la ricerca di soggetti presenti all'interno della banca dati esperti pubbliche amministrazioni;
   l'articolo 4 del regolamento sull'organizzazione e sul funzionamento della banca dati esperti pubbliche amministrazioni stabilisce che ha titolo ad iscriversi, tramite una specifica procedura di registrazione, chiunque sia in possesso di alcuni requisiti minimi, che possiamo così riassumere: parlare italiano, non avere problemi con la giustizia, essere cittadino comunitario, avere una laurea;
   i successivi articoli 5 e 6 del suddetto regolamento stabiliscono che la selezione avvenga tramite scelta discrezionale da parte delle pubbliche amministrazioni richiedenti da un elenco di nominativi risultanti dalla ricerca effettuata all'interno della banca dati esperti, coerentemente con i profili professionali richiesti;
   ad avviso dell'interrogante, la mancanza di un soggetto terzo esperto nel settore, di lunga e comprovata esperienza, sommata alla discrezionalità da parte dell'amministrazione pubblica di scegliere gli esperti che dovranno occuparsi di certificare l'utilizzo dei fondi europei, potrebbe incrementare il rischio che si verifichino fenomeni di corruzione e quindi di certificazioni false o incomplete, con il conseguente rischio che i fondi europei dovranno comunque essere restituiti –:
   se il Ministro interrogato, tenuto conto di quanto espresso in premessa, non ritenga opportuno valutare ulteriori ipotesi per garantire la certificazione dell'utilizzo dei fondi europei POR-FESR ed evitare la perdita di centinaia di milioni di euro;
   se non intenda rendere noto l'elenco degli iscritti alla Banca dati esperti con la relativa data di iscrizione, vigilando anche con estrema attenzione sulle modalità e sulle richieste di iscrizione al citato elenco anche alla luce dei fatti descritti in premessa. (4-03012)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS, CRIPPA, PETRAROLI, PRODANI, RIZZETTO, TRIPIEDI, CIPRINI, FERRARESI, AGOSTINELLI, BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, TURCO, BUSINAROLO, LUIGI DI MAIO, LUIGI GALLO e MARZANA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale quadro normativo inerente il piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia e di risparmio energetico è rappresentato da due fonti normative principali; la prima costituita dalla legge n. 10 del 9 gennaio 1991 recante «norme per l'attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia» e la seconda dal decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003 in attuazione alla direttiva 2001/77/CE, relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, a sua volta superata dall'articolo 26 della direttiva 2009/28/CE recepita dal decreto legislativo n. 28 del 2011 trattante la stessa materia;
   non è contemplata l'esplicita abrogazione da parte delle norme successive di specifiche statuizioni previste nelle norme antecedenti e in particolare:
    a) dell'articolo 20 della suddetta legge n. 10 del 1991 riguardante la relazione annuale che l'ex Ministero dell'industria (attuale Ministero dello sviluppo economico) dovrebbe presentare annualmente al parlamento sui risultati ottenuti e sui programmi predisposti dall'ENEA a tal fine finanziata, con accordi di programma triennale, dall'articolo 3 della stessa legge;
    b) dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 387 del 2003 istitutivo dell’«Osservatorio Nazionale delle fonti rinnovabili e l'efficienza negli usi finali di energia», i cui membri sono nominati per la durata di cinque anni, con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e degli Affari regionali, sentita la Conferenza unificata, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo, e per il quale fu prevista la spesa nel limite massimo di 750.000 euro all'anno;
    c) dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 387 del 2003 istitutivo dell'obbligo di relazione biennale che il Ministro delle attività produttive e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti gli altri Ministri interessati e la Conferenza Unificata, sulla base dei dati forniti dal gestore della rete e dei lavori dell'Osservatorio di cui all'articolo 16 indicato alla lettera b) della presente premessa, trasmette al parlamento e alla Conferenza unificata;
   delle relazioni annuali di cui alla lettera a) di codesta premessa non vi è traccia se non per l'anno 2004;
   dell'osservatorio di cui alla lettera «b) di codesta premessa non vi è alcuna notizia;
   delle relazioni di cui alla lettera c) di codesta premessa non vi è traccia –:
   se intenda illustrare con chiarezza il quadro normativo vigente in materia;
   se intenda chiarire se le funzioni previste dalle statuizioni di cui alle lettere a) e b) della premessa siano coincidenti oppure non sovrapponibili;
   se intenda chiarire se le funzioni in questione siano ancora espletate ed operative, da chi e sotto il controllo di quale organo istituzionale;
   se intenda chiarire come siano state spese e se siano state spese le somme previste dagli articoli indicati dalle lettere a) e b) in premessa;
   se intenda chiarire se le relazioni previste di cui alle lettere a) e c) della premessa debbano intendersi come la stessa relazione ovvero due relazioni distinte. (5-01748)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAZZOLI e TERROSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il modello di sviluppo economico fondato su sistemi locali di piccole e medie imprese è in seria difficoltà a causa del mutamento del mercato internazionale che ha causato l'ingresso di nuovi competitor e un processo di frammentazione produttiva che ha messo in ginocchio la cultura distrettuale a vocazione manifatturiera, specie quella di derivazione artigianale;
   al riguardo, è opportuno sottolineare la tragica situazione del distretto della ceramica di Civita Castellana che sta affrontando da oltre un decennio una crisi senza precedenti, sia in termini di fatturato, sia sul fronte occupazionale;
   inizialmente il malessere ha interessato il comparto delle ceramiche delle stoviglierie domestiche, causando la perdita di 1.800 posti di lavoro con la chiusura di 30 aziende, ma alla metà del 2008 si è esteso anche al comparto degli articoli igienico sanitari – che all'epoca contava ben 37 aziende sulle 43 totali presenti nel territorio italiano – registrando un calo nella produzione e nelle vendite;
   secondo dati Filctem-CGIL nel distretto dal 2010 a giugno 2013 si è passati da 3.424 occupati a 2.729, sono stati licenziati o pensionati 814 lavoratori e sono stati dichiarati 153 esuberi; 314 lavoratori sono sottoposti a cassa integrazione guadagni ordinaria, 933 a cassa integrazione guadagni straordinaria, 164 a cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, 152 a mobilità in deroga, 93 a contratto di solidarietà;
   solo nelle ultime settimane, la Ceramica Flaminia e Catalano srl, due tra le più grandi aziende del distretto di Civita Castellana, hanno comunicato ai sindacati l'intenzione di avviare le procedure di mobilità per una parte dei propri dipendenti;
   si tratta di 119 posti di lavoro: Ceramica Flaminia ha dichiarato 39 eccedenze (24 per cento). compresi gli impiegati, su 162 dipendenti; Catalano srl ne ha annunciate 80 (34 per cento) su 237 lavoratori;
   numerose altre aziende sono destinate a conoscere la medesima sorte che contempla, purtroppo, solo due alternative: la chiusura o il licenziamento di gran parte dell'organico, dovute al permanere di una tendenza negativa che non accenna a fermarsi;
   è necessario attivare un monitoraggio sistematico per individuare i principali fattori di criticità, elaborare strategie unitarie per l'intero polo e centralizzare i troppo dispersivi canali di vendita;
   occorre intervenire mettendo in atto provvedimenti volti a promuovere e a tutelare l'industria della ceramica italiana, di cui Civita Castellana rappresenta il polo manifatturiero d'eccellenza;
   è necessario rilanciare la competitività, con la creazione di una task-force che agisca da catalizzatore del sistema locale, promuovendo progetti in comune, avviando la costruzione di nuove reti di relazione tra le istituzioni locali e le imprese, procedendo all'individuazione, ove inevitabile, di possibili strategie di riconversione produttiva, anche puntando ad alleanze con altre imprese del settore –:
   quali misure intenda mettere in campo per invertire la tendenza negativa del comparto nazionale della ceramica e se ritenga opportuno convocare con urgenza un tavolo del settore, con le parti sociali e gli enti locali, al fine di decidere e formalizzare l'attivazione degli interventi più urgenti per favorire la ripresa produttiva, l'accesso a finanziamenti agevolati per le imprese e il prepensionamento dei ceramisti più anziani. (4-03005)


   BARUFFI e RICHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la «Ceramiche Progres» è una ditta di produzione di piastrelle ceramiche avente il proprio stabilimento nel comune di Serramazzoni, ai confini con Pavullo, nell'Appennino modenese;
   l'azienda occupa attualmente una cinquantina di addetti, prevalentemente residenti nella zona, e risulta quindi per il territorio montano una realtà produttiva significativa anche per dimensioni;
   la ditta, sebbene già toccata negli anni scorsi dalla crisi economica, tanto da avere adottato la misura della cassa integrazione ordinaria, costituisce ancora un'importante risorsa economica per la montagna modenese e resta un presidio contro lo spopolamento del territorio appenninico;
   sebbene non fossero sconosciute le difficoltà economiche dell'impresa, non era stata rappresentata alcuna emergenza significativa alle istituzioni locali nei mesi e nelle settimane passate;
   l'8 novembre 2013 la proprietà, in modo del tutto inaspettato e dirompente, ha comunicato ai lavoratori la volontà di mettere in liquidazione la società;
   una simile eventualità rappresenterebbe un colpo fortissimo non solo per le decine di lavoratori coinvolti, ma per le loro famiglie e l'intera comunità coinvolta, stante la specificità del tessuto socioeconomico dell'appennino modenese;
   l'immediata messa in liquidazione vanificherebbe qualsiasi possibilità di rilancio di quella realtà produttiva, vanificando al tempo stesso ogni tentativo, anche da parte dei sindacati e della amministrazioni locali, di trovare una soluzione condivisa alla crisi aziendale stessa;
   appare quindi indispensabile agire in fretta per evitare il depauperamento del territorio e del suo tessuto economico, e soprattutto il precipitare della situazione per i lavoratori coinvolti e le rispettive famiglie;
   occorre in via prioritaria ricercare una soluzione che consenta il mantenimento degli ammortizzatori sociali per gli addetti coinvolti in attesa di un auspicabile rilancio dell'impresa che passi, eventualmente, anche attraverso un cambio della proprietà –:
   se siano a conoscenza dei fatti riportati e dispongano di ulteriori informazioni in merito;
   se non ritengano necessario assumere ogni utile iniziativa, di concerto con le amministrazioni locali coinvolte e con la regione Emilia Romagna, affinché possa essere salvaguardata questa realtà produttiva così significativa per il territorio interessato;
   quali strumenti di protezione sociale intendano predisporre, d'intesa con gli enti locali e la regione, al fine di accompagnare i lavoratori coinvolti verso un auspicabile rilancio dell'azienda e, in ogni caso, affinché sia tutelata la capacità reddituale dei lavoratori. (4-03006)


   RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie di stampa, alla pagina web www.codacons.it/assicurazioni/Greco_Esposto_codacons_novembre_2013.doc,
che l'associazione Codacons ha presentato un esposto all'istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato nonché alla procura della Repubblica contro la Compagnia di Assicurazioni Milanese S.p.a. per una presunta frode contrattuale arrecata ai danni di un medico chirurgo romano;
   le ipotesi di reato per le quali si è richiesto di indagare sono quelle di truffa contrattuale, poiché, la predetta associazione ritiene che la polizza professionale stipulata non copriva alcun sinistro;
   tale caso ha portato alla luce una problematica che merita un'attenta valutazione, considerata la potenziale portata lesiva di una polizza assicurativa che addirittura non copre alcun sinistro;
   è opportuno evidenziare, infatti, come nell'attività professionale una polizza assicurativa risulti indispensabile per tutelare non solo l'assicurato ma anche il futuro destinatario dell'indennizzo;
   a riguardo, si apprende che il Codacons ha proceduto all'esame delle condizioni generali di polizza professionale di talune Assicurazioni riscontrando almeno due diverse clausole vessatorie ai danni dell'assicurato;
   una prima clausola riguarderebbe la specificazione dell'articolo 1892 c.c. che, come noto, prevede l'annullabilità del contratto assicurativo quando l'assicurato, con dolo o colpa grave ha fornito, al momento della stipula, dichiarazioni inesatte e reticenti su circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe prestato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni, se avesse conosciuto il vero stato delle cose;
   ebbene, in alcune condizioni di contratto, sembra che la Compagnia assicurativa, giovandosi proprio di tale dettato normativo, arrivi ad ipotizzare, ampliando il contenuto della norma, l'annullamento della polizza ogniqualvolta l'assicurato non abbia reso note l'esistenza di percezioni, notizie o conoscenze su proprie eventuali responsabilità pregresse;
   è evidente che, data l'impossibilità di fornire simili dichiarazioni per l'elevato numero di casi trattati nel tempo da un professionista, l'assicurazione possa usufruire di siffatta clausola per dimostrare sempre e comunque l'esistenza di un comportamento reticente in capo all'assicurato, anche se in realtà non è sussistente;
   è bene precisare come l'articolo 1892 c.c. faccia, invece, riferimento esclusivamente a quei casi in cui l'assicurato, dolosamente o con colpa grave, ometta di fornire alla Compagnia circostanze che possono, in concreto, alterare il rischio assicurato, come ad esempio l'esistenza di una malattia nell'assicurazione sulla vita;
   altra clausola vessatoria riscontrata dal Codacons, nelle polizze professionali per i medici, riguarda nello specifico la copertura assicurativa, sul punto, si apprende che dalla lettura di alcune condizioni generali di contratto è stato riscontrato che attraverso un linguaggio contorto e non trasparente, che nasconde la vera natura del prodotto assicurativo, di fatto non sussiste una reale copertura assicurativa;
   in dette polizze la Compagnia assicurativa, infatti, interverrebbe in secondo rischio solo in caso di raggiungimento del massimale assicurato dalla struttura ospedaliera ovvero nel caso di fallimento della
struttura, pertanto, ritenuto assai improbabile il raggiungimento del massimale assicurato dalla struttura ospedaliera ovvero il fallimento di quest'ultima, nel concreto, la polizza assicurativa non conferisce alcuna copertura;
   dunque, tali fatti fanno ritenere che sia frequente la presenza nei contratti assicurativi di clausole formulate in modo incomprensibile per l'assicurato, tanto da celare delle condizioni talmente gravose che, al contrario, se comprese non otterrebbero alcuna accettazione da parte dell'assicurato;
   è necessario fare chiarezza su tale questione ed imporre a tutte le Assicurazioni un tracciato obbligato su cui circoscrivere le proprie clausole contrattuali per evitare eventuali frodi nei confronti degli assicurati e, di conseguenza, danni a coloro che, da ultimo, dovrebbero giovare dell'indennizzo –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per rivedere il quadro normativo in materia di assicurazioni mediche in modo che sia reso più difficile predisporre contratti con caratteristiche quali quelle descritte un premessa che finiscono di fatto per porre nel nulla i diritti delle vittime di errori sanitari nonché la tutela di professionisti ed, in genere, delle strutture del settore sanitario. (4-03009)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Zoggia e altri n. 5-00443, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Manzi.

  L'interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02698, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lavagno.

  L'interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02699, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lavagno.

  L'interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02700, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lavagno.

  L'interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02704, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lavagno.

  L'interrogazione a risposta orale Chaouki e altri n. 3-00523, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Villecco Calipari.

  L'interrogazione a risposta orale Marazziti n. 3-00524, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Santerini, Schirò.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Baldassarre n. 5-00837 del 2 agosto 2013.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Ciprini e altri n. 4-00943 del 20 giugno 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-00525;
   interrogazione a risposta in Commissione Mazzoli e Terrosi n. 5-01027 del 18 settembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03005;
   interrogazione a risposta in Commissione Fossati e altri n. 5-01404 del 7 novembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03000;
   interrogazione a risposta in Commissione Baruffi e Richetti n. 5-01469 del 14 novembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03006.