XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzione in Commissione:
La XIII Commissione,
premesso che:
la tematica dell'introduzione di organismi geneticamente modificati (OGM) nella filiera agroalimentare, ha suscitato sin dall'origine controversie e contrapposizioni assai vive; infatti, in ambito europeo convivono due opposte posizioni sul tema degli OGM; se da un lato le istituzioni europee hanno da sempre avuto un atteggiamento di favore verso gli OGM, dall'altro i cittadini comunitari hanno da sempre manifestato una chiara contrarietà per gli OGM. Tale contrapposizione non è stata superata e risolta dalla legislazione comunitaria che, al contrario, ne sancisce l'esistenza, soprattutto sulle due questioni più importanti in materia di OGM, ossia la coesistenza tra colture OGM e colture convenzionali e l'etichettatura;
la vigente normativa dell'Unione europea non ha saputo risolvere in modo soddisfacente il nodo della coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche, così come, più in generale, non ha saputo fugare i dubbi dell'opinione pubblica su questa delicata materia;
inoltre vista la contrarietà dei consumatori all'introduzione di organismi geneticamente modificati nella filiera agroalimentare l'etichettatura degli alimenti diventa lo strumento giuridico privilegiato per soddisfare il diritto all'informazione del consumatore; tuttavia, anche sotto tale aspetto, la vigente normativa comunitaria sull'etichettatura organismi geneticamente modificati è, in casi specifici, in contrasto con il diritto all'informazione del consumatore, mentre più in generale appare lacunosa e non idonea a garantire la piena libertà di scelta per il consumatore;
a seguito degli avvenimenti di Vivaro (Pordenone), dove seimila metri quadrati sono stati seminati con mais biotech Mon810, e dopo l'inefficacia delle misure nazionali, adottate ai sensi del diritto comunitario, per vietarne la coltivazione, con la distruzione delle piante per motivi connessi alla tutela della salute e dell'ambiente, è urgente intervenire in modo chiaro, al fine di migliorare la legislazione comunitaria in materia tutelando tutti gli interessi in campo;
per tali ragioni, è necessario puntare ad un miglioramento della normativa europea, che tuteli maggiormente tutti gli interessi pubblici degli Stati membri ampliandone lo spazio decisionale nei procedimenti di autorizzazione, consentendo che uno, Stato membro possa decidere e realizzare zone OGM free sul proprio territorio;
la ricerca in ambito genetico costituisce uno dei terreni più importanti della moderna ricerca scientifica per le sue grandi potenzialità in diversi campi, a partire da quello sanitario e, per tale motivo il Governo dovrebbe rilanciare in modo organico la ricerca pubblica in questa materia senza che ciò appaia in alcun modo contrastante con la linea di prudenza che dobbiamo attualmente tenere in merito alla coltivazione e alla commercializzazione di organismi geneticamente modificati;
il tema della coesistenza è stato ampiamente chiarito dalla Commissione europea che, con la Raccomandazione del 2003 e poi del 2010, ha tracciato le linee da seguire per la redazione della legislazione nazionale degli Stati membri; in particolare, la Commissione individua gli interessi toccati dalla coesistenza, che consistono soprattutto nella libertà di scelta degli agricoltori di poter optare per una produzione agricola di loro scelta e nella libertà di scelta dei consumatori. Quindi individua nel principio di sussidiarietà e in quello di proporzionalità, i due cardini della coesistenza. Secondo il principio di sussidiarietà, le misure «dovranno essere specifiche alle strutture delle aziende agricole, ai sistemi di coltivazione e alle condizioni naturali di una regione» poiché «le condizioni di lavoro degli agricoltori europei sono molto varie». Il principio di proporzionalità deve ispirarsi al criterio di efficacia. Le colture non dovrebbero superare i limiti che garantiscano che i residui accidentali di OGM si mantengano sotto le soglie previste dalla normativa comunitaria;
la raccomandazione del 2010 ha introdotto il concetto di zone senza OGM, per escludere le colture OGM in alcuni territori nazionali per motivi ambientali; tuttavia la Commissione non ne consente un uso facile per gli Stari membri perché ne subordina l'applicazione al rispetto del principio di proporzionalità, e soprattutto alla dimostrazione da parte degli Stati membri che per quelle zone senza OGM, le altre misure di coesistenza non assicurino livelli sufficienti di non contaminazione; il favore delle istituzioni europee verso gli OGM di fatto rende quasi del tutto improbabile, o comunque difficilissimo, per i singoli Stati membri ottenere il divieto di coltivazione di OGM autorizzati dalla disciplina comunitaria sui propri territori;
gli obblighi comunitari in materia di OGM da parte degli Stati membri sono infatti rilevanti e non superabili con atti nazionali; in particolare l'interpretazione restrittiva data dalla Corte di Giustizia europea sull'applicazione della deroga contenuta all'articolo 94, paragrafo 5, del Trattato di Lisbona – che prevede la possibilità da parte di uno Stato membro di introdurre misure nazionali fondate su nuove prove scientifiche giustificate da un problema specifico sorto dopo l'adozione della misura di armonizzazione – rappresenta una barriera sostanzialmente insuperabile per tutti gli Stati membri che intendano approvare misure per vietare la coltivazione di OGM sui territori nazionali;
la suddetta interpretazione restrittiva coniugata alla totale armonizzazione sugli aspetti ambientali e quelli della salute effettuata con la Direttiva 2001/18/CE e con il Regolamento 1829/2003, chiude ogni possibilità di deroga dalla normativa comunitaria in materia di OGM anche su questo fronte;
infine – come già chiarito dalla Commissione europea nel 2006 – l'articolo 26-bis della Direttiva 2001/18/CE, attribuisce agli Stati membri solo il diritto di stabilire delle misure per garantire al meglio la coesistenza e non rappresenta in alcun modo una effettiva clausola di salvaguardia. Tale lettura è stata confermata dalle sentenze della Corte di Giustizia che ha sancito che «nello stato attuale del diritto dell'Unione, uno Stato membro non è nel diritto di subordinare a un'autorizzazione nazionale, basata su delle considerazioni di protezione della salute o dell'ambiente (e quindi dell'assenza di linee guida di coesistenza Ndr.), la messa in coltura di OGM autorizzati in virtù del Regolamento n. 1829 del 2003 e inscritti al catalogo comune in applicazione della direttiva 2002/153/CE.»;
gli spazi di autonomia per gli Stati membri per introdurre limiti alla coltivazione OGM sono, di fatto, limitatissimi, quasi nulli e possono essere costruiti solo ricorrendo agli strumenti previsti all'articolo 16 paragrafo 2 e all'articolo 18 della direttiva 2002/53/CE, (relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole) e all'articolo 34 del Regolamento n. 1829 del 2003. Su tali strumenti gli Stati membri possono tentare di costruire delle eccezioni, una interdizione o una restrizione, per delle ragioni legate alla protezione della salute umana o dell'ambiente con esiti, tuttavia improbabili;
giova allo scopo ricordare che, nel caso di Vivaro, le istituzioni nazionali sono intervenute proprio mediante la procedura di emergenza prevista all'articolo 34 del regolamento (CE) 1829/2003 per prodotti geneticamente modificati autorizzati, che possano comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente;
alle pressioni degli Stati membri per ottenere delle zone OGM-free l'Unione europea da sempre oppone l'approccio strettamente economico sulla cui base ha costruito la questione della coesistenza. Infatti, l'articolo 26-bis della Direttiva 2001/18/CE riconosce quale competenza statale la facoltà di adottare le precauzioni più appropriate per garantire la coesistenza, ma, de facto, questa competenza è molto limitata poiché lo Stato membro non può mai arrivare alla creazione di zone OGM-free tranne nel caso in cui sia capace di dimostrarne la necessità assoluta; tale evenienza, è sotto gli occhi di tutti, è molto complessa da dimostrare e di difficile attuazione;
in definitiva la valutazione dei rischi per la salute umana e per l'ambiente che la Commissione ha inserito nella procedura di autorizzazione per gli OGM affronta solo una parte degli interessi in gioco e pertanto non determina gli effetti di inibizione richiesti dagli Stati membri soprattutto perché non prende in considerazione tutti gli aspetti che gli interessi pubblici possono implicare in ciascuno Stato; al contrario, se si accetta la tesi secondo cui dal punto di vista agronomico la coesistenza è in realtà impraticabile, l'esigenza di tener conto di tutti gli interessi in campo diventa centrale per consentire agli Stati membri la scelta di creare zone OGM free sul proprio territorio;
l'importanza della tutela anche di altri interessi, rispetto a quelli oggi previsti, è una questione non più rimandabile per la produzione del biologico, dove bisogna superare l'approccio strettamente economico della Commissione europea rispetto alla coesistenza ed evitare ogni rischio di contaminazione OGM; infatti dal momento in cui la coesistenza si trasforma in obbligo, così come di fatto vuole la normativa europea, non si può che accettare il rischio di una presenza accidentale degli OGM nei prodotti convenzionali e biologici;
la normativa vigente in materia di OGM ne rende molto probabile la presenza nell'ambiente e quindi nei cibi; ne consegue che per assicurare il diritto alla piena libertà di scelta per il consumatore, l'etichettatura dei prodotti diventa lo strumento giuridico privilegiato per soddisfare il diritto all'informazione del consumatore;
al riguardo, la regolamentazione in materia di etichettatura di OGM è contenuta nel Reg. 1829/2003 e prevede che solo le derrate alimentari contenenti OGM in proporzione superiore allo 0,9 per cento devono essere etichettate come OGM, a condizione tuttavia, che questa presenza sia fortuita o tecnicamente inevitabile; per valutare l'efficacia di tale regolamentazione è necessario collegarla alle modalità di etichettatura degli alimenti biologici e alle modalità di etichettatura negativa OGM-free, queste ultime prive di qualsiasi armonizzazione a livello europeo;
in merito alla regolamentazione dell'agricoltura biologica, si deve rilevare che, anche per i prodotti biologici, la soglia è fissata allo 0,9 per cento. In pratica se il biologico si distingue dal convenzionale per le norme di produzione biologica, non si può negare che, sulla presenza di OGM il prodotto Bio è del tutto equivalente ad un prodotto convenzionale;
per quel che riguarda il sistema delle etichettature negative volontarie esso appare complesso ed eterogeneo, soprattutto per gli alimenti di origine animale e, in ultima analisi, rappresenta un tentativo di colmare le lacune del Regolamento 1829/2003. È ovvio che tali lacune possano essere motivo di incertezza giuridica in grado di pregiudicare gli obiettivi di una informazione trasparente e precisa, a danno del consumatore finale la cui posizione appare, pertanto, di particolare debolezza;
il Regolamento 1169/2011 costituisce il riferimento normativo più importante a livello europeo in materia di etichettatura e, dal 2014, sostituirà la direttiva 2000/13/CE. Anche se tale Regolamento non contiene disposizioni specifiche sugli OGM è importante per chiarire che la funzione attribuita all'etichettatura, dalla legislazione comunitaria, è quella di veicolare le informazioni al consumatore e metterlo nelle condizioni di operare in piena libertà di scelta, in relazione a motivi di salute e da «considerazioni di carattere economico, ambientale, sociale o etico»; ebbene l'efficacia del diritto di informazione dei consumatori è contraddetta dalla normativa per l'etichettatura biologica – in cui il tema dell'etichettatura rivela la questione della soglia di presenza di OGM nei prodotti biologici – e dalla lacuna normativa che caratterizza l'etichettatura in negativo;
in pratica la sovrapponibilità dei prodotti convenzionali con quelli biologici dal punto di vista della soglia di tolleranza dello 0,9 per cento di OGM, risulta incompatibile con il concetto di produzione biologica e con la percezione dei prodotti biologici dei consumatori; se la soglia non viene quantomeno abbassata, di fatto, i consumatori sono privati della possibilità di scegliere tra un prodotto che può contenere tracce anche minime di OGM – nei prodotti convenzionali – e prodotti senza OGM in senso stretto;
l'etichettatura volontaria – su cui il Regolamento 1829/2003 non interviene – offre una ulteriore distinzione all'interno della categoria di alimenti che non superano la soglia dello 0,9 per cento determinando il rischio che il consumatore sia indotto in errore dal momento che l'etichetta lo porta a credere che il prodotto senza menzione «OGM – free» in etichetta in realtà contenga OGM. Il pericolo di indurre in errore il consumatore aumenta se si considera il fenomeno della proliferazione di questo tipo di etichetta negli Stati membri;
il quadro giuridico in materia di OGM, soprattutto per quel che attiene alla questione della coesistenza, appare come un sistema retto da rapporti decentrati dove la partita è giocata tra i players internazionali e l'Unione europea e dove, per contro, nessuno spazio è lasciato agli attori nazionali all'interno della UE;
pertanto, questo quadro regolatore rende ancora più indispensabile tutelare il diritto del consumatore di essere ben informato circa la composizione degli alimenti che acquista. In primo luogo, la sovrapposizione di etichettatura del biologico e dei prodotti convenzionali è la principale causa di confusione per il consumatore, che probabilmente pensa che un prodotto biologico non contenga tracce di OGM. D'altra parte, il divario in materia di etichettatura «OGM – free» è il principale fattore di confusione per il consumatore che si ritrova sopraffatto da una miriade di etichette il cui regolamento non è armonizzato a livello europeo;
di fronte alle rilevanti problematicità che pone la gestione centralizzata del sistema di autorizzazione alla coltivazione di OGM e di fronte alle lacune del quadro normativo connesso all'etichettatura degli OGM, che è lontano dall'essere coerente con la funzione informativa dell'etichettatura, si pone la necessità di una nuova riflessione sia sullo spazio per gli SM nella fase di autorizzazione alla coltivazione di OGM sia sulla disciplina dell'etichettatura degli OGM, al fine di concedere agli SM di considerare tutti gli aspetti che gli interessi pubblici possono implicare in ciascuno Stato e ai consumatori di esprimere le loro preferenze, senza rischio di errore;
fin dal 2010 il Parlamento italiano si è espresso a favore della proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE – COM (2010) 375 definitivo del 13 luglio 2010, attualmente in fase di stallo presso le istituzioni europee – per consentire agli SM di ampliare il proprio spazio decisionale in merito alle coltivazioni di organismi geneticamente modificati; l'Italia ha da sempre sottolineato l'importanza della tutela di interessi pubblici nazionali che non sono stati tenuti in considerazione dall'Unione Europea, nella definizione delle regole di coesistenza;
la Commissione europea ha presentato il 21 novembre scorso un progetto di riforma della politica di informazione e di promozione dei prodotti agricoli e alimentari europei, che sarà lanciata con lo slogan «Enjoy, it's from Europe» («Assaggia, viene dall'Europa»). Dacian Cioloş Commissario europeo responsabile per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale, nel presentare il progetto ha affermato che «In un mondo in cui i consumatori sono sempre più sensibili alla sicurezza, alla qualità e alla sostenibilità dei modi di produzione alimentare, gli agricoltori e le piccole e medie imprese hanno in mano una carta formidabile da giocare. Il settore agricolo e agroalimentare europeo è rinomato per la qualità dei suoi prodotti e il rispetto di norme senza eguali nel mondo. Con già oltre 110 miliardi di euro di esportazioni, questo settore rappresenta una risorsa considerevole per dinamizzare la crescita e l'occupazione nell'Unione europea»; la proposta appare molto interessante per il sistema agroalimentare italiano che già presenta caratteristiche improntate ad un alto livello qualitativo, ad una forte diversità delle produzioni e ad un saldo legame con il territorio e che mal si concilia con il modello produttivo sotteso alla diffusione degli organismi geneticamente modificati;
il Commissario europeo per la salute e la politica dei consumatori Tonio Borg, in relazione alla sentenza del 26 settembre 2013 con cui il Tribunale dell'Unione europea ha dichiarato la carenza della Commissione per non aver dato seguito a una richiesta di coltivazione di Ogm presentata dodici anni fa, nel 2001, ha affermato che: «La sentenza del Tribunale in merito al mais 1507 conferma l'urgenza di conciliare norme di autorizzazione europee rigorose e certe in materia di coltivazione di OGM con la giusta considerazione dei contesti nazionali. Tre anni fa la Commissione ha presentato una proposta, largamente sostenuta sia dal Parlamento sia dal Consiglio, per superare l'attuale stallo riguardo al processo di autorizzazione. Sollecito pertanto gli Stati membri a adoperarsi per sostenere la proposta della Commissione, in modo che la Presidenza e il Consiglio possano giungere a un compromesso che consenta di far avanzare la proposta sulla coltivazione di OGM»;
in materia di OGM il Parlamento italiano si è espresso, in modo inequivocabile, approvando a larghissima e trasversale maggioranza, lo scorso 11 luglio, la mozione 1-00015, a prima firma Cenni, che indirizza il Governo a rinnovare l'impegno in sede comunitaria affinché possa essere approvata, con opportuni miglioramenti, la nuova normativa proposta dalla Commissione europea, perseguendo «con tutta la necessaria energia negoziale, un radicale miglioramento della normativa comunitaria in materia di coltivazione di sementi transgeniche e di immissione in commercio di organismi geneticamente modificati che si ispiri alle linee seguenti:
a) una rigorosa applicazione del principio di precauzione in tutti i procedimenti di autorizzazione alla coltivazione o al commercio di eventi transgenici;
b) un regime obbligatorio di tracciabilità per tutte le sementi e gli organismi geneticamente modificati idoneo a segnalarne la presenza in tutti gli stadi della filiera;
c) un regime di etichettatura a beneficio del consumatore finale che metta a disposizione del medesimo tutte le informazioni assicurate dal predetto regime di tracciabilità;
d) regole generali idonee a tutelare pienamente, attraverso le disposizioni attuative demandate agli Stati membri, i produttori convenzionali e biologici;
e) un'adeguata sussidiarietà, che consenta agli Stati membri, per motivazioni di carattere oggettivo, di interdire temporaneamente o definitivamente, in tutto il proprio territorio o in parte di esso, la coltivazione di sementi transgeniche»;
la Commissione europea ha chiesto di dibattere la questione con gli Stati membri nella riunione del prossimo Consiglio Ambiente,
impegna il Governo:
a promuovere e sostenere il processo di revisione della direttiva 2001/18/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, con l'obiettivo di ampliare l'autonomia decisionale degli Stati membri in merito alle coltivazioni di organismi geneticamente modificati, in ragione dell'importanza della tutela di interessi pubblici nazionali che non sono stati tenuti in considerazione dall'Unione europea, nella definizione delle regole di coesistenza, assicurando zone effettivamente OGM free;
a sostenere la richiesta di una riduzione della soglia di tolleranza – per la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di OGM – nella produzione biologica, anche con riferimento all'impatto economico sul settore, e per tutelare la libertà dei cittadini, anche in coerenza con gli indirizzi europei sull'agricoltura biologica europea annunciati da Dacian Cioloş, in vista della ridefinizione della coesistenza;
a tutela della libertà dei consumatori europei, con l'obiettivo di favorire ordine e chiarezza comune in tutto il territorio comunitario, a promuovere, presso le competenti istituzioni europee, la creazione di un sistema obbligatorio di etichettatura «OGM-free» per tutti gli alimenti con tracce di OGM che non superino lo 0,9 per cento) – o della soglia che eventualmente sarà ridefinita in sede europea – complementare alla norma che stabilisce l'obbligo di indicare la presenza di OGM negli alimenti;
a sostenere la ricerca scientifica pubblica in materia agricola, biologica ed agroalimentare secondo le migliori prassi scientifiche nazionali ed internazionali, per salvaguardare le specificità del sistema agroalimentare italiano, chiedendo a tal fine l'aumento delle risorse europee destinate alla ricerca e, in caso di ricerca mediante organismi geneticamente modificati effettuata in ambiente confinato, a mantenerne il controllo da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
(7-00224) «Zanin, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli».
ATTI DI CONTROLLO
AFFARI ESTERI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
SPADONI, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SIBILIA, GRANDE, TACCONI, SCAGLIUSI e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'esigenza di una riforma della disciplina della cooperazione allo sviluppo italiana è resa evidente anche dai risultati della cooperazione Italiana così come sono presentati nei rapporti OCSE/DAC, dove figura con scarsa valutazione e trasparenza, risorse poco programmabili nel medio periodo, limitato coordinamento interministeriale e tra i differenti attori, poca autonomia nelle decisioni locali, uno scarso sviluppo di competenze dedicate a livello di dirigenza, con procedure lunghe e troppo lente per poter rispondere efficacemente alle emergenze;
il Governo ha l'obbligo di assicurare la massima efficacia e pubblicità all'investimento pubblico di cooperazione internazionale affinché la programmazione e l'ideazione degli interventi rispondano ai risultati conseguiti;
ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 26 febbraio 1987 n. 49, l'ufficio VIII, sezione 2, della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo italiana (Dgcs) deve elaborare la relazione annuale al Parlamento sull'attuazione della politica di cooperazione per informare annualmente il Parlamento italiano sull'attività portata avanti dalla Dgcs nei Paesi in via di sviluppo e la relazione previsionale e programmatica sulle attività della Dgcs per una puntuale definizione annuale delle strategie, delle priorità e degli obiettivi che la Cooperazione italiana intende perseguire;
purtroppo, l’iter di recepimento e di elaborazione dei dati relativi ai progetti di un determinato anno e il conseguente iter di validazione comporta tempo e alcuni passi burocratici obbligatori presso il Mef e il CIPE che, nella fattispecie, sta comportando un ritardo nella trasmissione della citata relazione per l'attività riguardante addirittura il 2012;
l'articolo 28, comma 4 della citata legge n. 49 del 1987, prevede che il riconoscimento di idoneità può essere dato alle organizzazioni non governative a condizione che le medesime «presentino i bilanci relativi all'ultimo triennio e documentino la tenuta della contabilità» e «si obblighino alla relazione annuale sullo stato di avanzamento dei programmi in corso»;
consultando il sito ufficiale della cooperazione italiana, si può rilevare come, in taluni casi, lo stesso risulti aggiornato solo al 2011, non consentendo di avere contezza dei progetti più recenti e di poterne seguire gli sviluppi –:
quali provvedimenti intendano adottare, ciascuno in ordine alle proprie specifiche competenze, per velocizzare l’iter di elaborazione e validazione dei progetti e l'analisi della mole di dati loro trasmessi per la redazione finale delle Relazioni di cui alla premessa;
quali interventi intenda adottare la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo italiana per consentire una più aggiornata consultazione del proprio sito in relazione ai progetti avviati, alla loro efficacia e conclusione. (5-01890)
DI BATTISTA e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
è dal 19 gennaio del 2012 che il 38enne siciliano Giovanni Lo Porto risulta ancora nelle mani dei jihadisti in Pakistan; come è noto, fu rapito insieme al suo collega olandese Bernd Johannes Mohlarback, 59 anni, a Qasim Bela da quattro uomini incappucciati e armati, che hanno caricato i due cooperanti su un'automobile poi direttasi verso una destinazione sconosciuta. I rapitori hanno puntato una pistola al volto dei cooperanti e li hanno costretti ad indossare il Shalwar Kameez, l'abito nazionale pachistano;
il rapimento è avvenuto mentre il cooperante di Palermo lavorava per la Ong tedesca Welt HungerHilfe (Aiuto alla fame nel mondo), un'organizzazione umanitaria privata, senza scopo di lucro, politicamente indipendente e non legata ad una denominazione religiosa, per la ricostruzione dell'area del Punjab messa in ginocchio dalle inondazioni del 2011;
è bene sottolineare che, da quel giorno, sono avute sempre meno notizie, tanto da non essere nemmeno certi delle mani in cui sia finito e che lo stesso governo pakistano, pur avendo dato rassicurazioni che si sta adoperando per «fare tutto il possibile» per riportarlo a casa quanto prima, non ha mai fornito informazioni dettagliate sulle iniziative messe in campo e come stiano procedendo le ricerche;
forte è il sospetto che il sequestro sia stato messo a segno da criminali comuni, che abbiano poi venduto gli ostaggi a una struttura filo-qaedista molto più organizzata e si rincorrono voci sul fatto che i due rapiti sarebbero stati trasferiti a circa quattro ore a nord dalla città di Lahore, in un'area tribale senza libertà di movimento per gli stranieri, e nemmeno copertura di rete per cellulari e telefoni satellitari;
l'allora Ministro degli esteri, Terzi di Santagata, non appena ricevuta la notizia, comunicò che l'Unità di crisi del Ministero degli affari esteri aveva immediatamente attivato tutti i canali utili per seguire da vicino la vicenda e annunciò di essere in continuo contatto con la famiglia del rapito;
le ultime notizie risalgono a quando, nel dicembre dello stesso anno del rapimento, fu messo in onda sulla tv pakistana Dunya, un video, ricevuto a quanto pare da al Qaeda, in cui Mohlarback spiegava di essere stato rapito da non meglio precisati «jihadisti» per «le politiche sbagliate del governo tedesco», a cui chiedeva di accettare le richieste formulate dai suoi sequestratori; nel video, però, di Lo Porto non vi è alcuna traccia, se non il fatto che l'ostaggio olandese parli spesso al plurale: «Possono ucciderci in qualsiasi momento. Non sappiamo quando. Può essere oggi, domani o fra tre giorni. Non fate pazzie, non possiamo essere liberati» è stata la sua dichiarazione;
da quel video sono passati ben altri 13 mesi e non si sono avute più notizie dei due cooperanti; ad oggi resta, infatti, un preoccupante e inaccettabile silenzio sulla vicenda, ancorché dettato dall'esigenza di mantenere, come ha fatto sapere l'Unità di crisi, una linea di riserbo per non compromettere gli sforzi per giungere alla liberazione del nostro connazionale;
alcuni network di ong italiane (Agire - Agenzia Italiana Risposta Emergenze; Aoi - Associazione Ong Italiane; Cini - Coordinamento Italiano Network Internazionali; Concord Italia - Confederazione ong europee per l'aiuto e lo sviluppo, piattaforma italiana; Link2007 - Cooperazione in Rete), si sono da tempo rivolte alla Ministra Bonino affinché si giunga presto alla liberazione del nostro connazionale –:
di quali aggiornate informazioni disponga in ordine a quanto evidenziato in premessa e quale sia lo stato di salute di Giovanni Lo Porto;
se siano stati stabiliti i necessari contatti e rapporti internazionali per rintracciarlo;
quali azioni abbia intrapreso, o intenda intraprendere, per assicurare una rapida soluzione della vicenda, atteso che sono trascorsi ormai 2 anni esatti dal rapimento. (5-01902)
Interrogazioni a risposta scritta:
LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
è da anni sospesa l'attività dello Stato italiano per garantire ai cittadini italiani residenti all'estero una adeguata tutela socio-previdenziale in regime internazionale;
fino agli anni 2000 l'Italia aveva assicurato un buon livello di tutela ai lavoratori emigrati all'estero con la stipula di numerose convenzioni multilaterali e bilaterali di sicurezza sociale;
la finalità degli accordi di sicurezza sociale è quella di garantire la parità di trattamento di lavoratori e pensionati che si spostano, spesso permanentemente, dall'uno all'altro Paese contraente, la totalizzazione dei periodi contributivi, l'esportabilità e il mantenimento delle prestazioni previdenziali di cui sono o saranno eventualmente titolari;
la stipula di tali accordi bilaterali di sicurezza sociale consente quindi ai lavoratori italiani emigrati e ai lavoratori stranieri immigrati in Italia, i quali, per varie ragioni, al compimento dell'età pensionabile non sono in grado di maturare un diritto previdenziale autonomo nel loro Paese d'origine per insufficienza contributiva, di attivare il meccanismo della totalizzazione dei contributi versati nei Paesi contraenti, ai fini del perfezionamento del diritto a un pro-rata (quota parte di pensione) e quindi di utilizzare proficuamente contributi che altrimenti rimarrebbero inutilizzati;
la maturazione di un diritto previdenziale in convenzione internazionale fa conseguire un diritto a pensione sia a carico dell'Italia che dell'altro Paese contraente;
il sistema di tutela previdenziale in regime internazionale sopra descritto costruito nel corso degli anni dall'Italia non è purtroppo completo, perché numerosi Paesi di emigrazione italiana sono rimasti esclusi; tra questi un Paese come il Messico con il quale l'Italia ha sviluppato nel tempo importanti relazioni e dove risiedono quasi 15.000 cittadini italiani iscritti all'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) e un numero elevato di cittadini non ancora iscritti tra i quali molti giovani recentemente emigrati dall'Italia. Sono altresì residenti in Italia con regolare permesso di soggiorno quasi 6.000 cittadini messicani e migliaia di ex emigrati italiani in Messico rientrati nel territorio della nostra Repubblica;
la consistenza della presenza di cittadini italiani in Messico e di cittadini messicani in Italia privi di tutela previdenziale in convenzione, impone, se lo si ritiene un dovere di un Paese civile, la stipula di convenzioni bilaterali di sicurezza sociale che tutelino adeguatamente questi lavoratori nell'ambito socio-previdenziale, anche per evitare che i lavoratori immigrati in Italia rappresentino un onere per il nostro Stato, richiedendo all'Inps, al compimento dell'età prevista, l'erogazione dell'assegno sociale che dovrà essere concesso in mancanza di una prestazione erogata dal Paese di provenienza;
sono numerose e pressanti le richieste di questi cittadini privi di tutela e a rischio di non poter utilizzare i contributi versati sia in Italia che in Messico ai fini del perfezionamento di un diritto previdenziale, affinché il Governo italiano si adoperi per assicurare loro gli stessi diritti garantiti ai lavoratori italiani emigrati in Argentina, Brasile, Uruguay, Venezuela o in altri Paesi di emigrazione italiana con i quali l'Italia ha già stipulato un accordo bilaterale di sicurezza sociale;
attualmente tra Italia e Messico esiste un semplice accordo relativo all'esportabilità delle prestazioni che tuttavia non garantisce il meccanismo della totalizzazione dei contributi;
nella passata legislatura il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva evidenziato come la tematica della sicurezza sociale negli accordi internazionali è stata oggetto di approfondite analisi anche a livello interministeriale (Ministero degli affari esteri, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero della salute, Inps) ove sarebbero emerse alcune problematiche di complessa soluzione che riguardano, in particolare, la difficoltà nel quantificare con certezza tutti gli oneri finanziari derivanti da tali atti internazionali e la relativa incidenza sul bilancio dello Stato;
tuttavia come rilevato dagli stessi ministeri competenti i benefici che deriverebbero dalla vigenza di tali accordi internazionali di sicurezza sociale sarebbero fruiti non solo dai lavoratori interessati ma anche dalle imprese italiane che sono interessate ad evitare la doppia contribuzione (in Italia e all'estero) al fine di migliorare la propria competitività sul piano internazionale rispetto alle imprese di altri Paesi che invece beneficiano di analoghe convenzioni;
dalla vigenza di un accordo con il Messico in materia di sicurezza sociale deriverebbero quindi benefici, in termini di reciprocità, calcolabili sotto il profilo della tutela previdenziale dei lavoratori, nonché di aumento dei redditi e della competitività delle imprese –:
quale sia la politica del Governo in relazione alla tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori italiani emigrati in Messico e dei lavoratori di tale Paese immigrati in Italia titolari di regolare permesso o carta ai soggiorno;
quali iniziative urgenti si intendano adottare per completare il quadro di tutela previdenziale in regime internazionale con la stipula di una convenzione di sicurezza sociale con il Messico dove vive una vasta e importante comunità di cittadini italiani di vecchia e nuova emigrazione e da dove sono immigrati in Italia migliaia di lavoratori locali;
quali eventuali iniziative si intendano adottare per verificare le reali implicazioni finanziarie che la ratifica di tale accordo comporta, anche alla luce della possibilità di limitare l'esportabilità delle prestazioni assistenziali e/o legate alla residenza, e del fatto che se gli immigrati da questi Paesi in Italia, tramite la stipula delle convenzioni bilaterali, matureranno un diritto a pensione a carico del loro Paese non graveranno sullo Stato italiano con l'eventuale richiesta dell'assegno sociale. (4-03172)
FUCCI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
l'importanza dei rapporti economici, commerciali e finanziari tra l'Unione europea e Taiwan è evidenziata dagli oltre 50 miliardi di dollari USA di interscambio annuale;
in questo ambito la quota dell'interscambio con l'Italia – nonostante la perdurante assenza di una legge per l'esenzione dalla doppia tassazione che favorirebbe la competitività delle nostre imprese, come avviene in tanti altri Paesi europei dove tale legge è già in vigore – è di circa 4 miliardi di dollari USA e rappresenta un segmento importante delle nostre relazioni commerciali con l'Estremo Oriente;
da anni in numerose Organizzazioni multilaterali internazionali sono state trovate formule appropriate, con il consenso dei Governi di Taipei e di Pechino, per la partecipazione taiwanese a tali Istituzioni, tra le quali vi sono l'Organizzazione mondiale del commercio, l'Assemblea mondiale della sanità, la Conferenza economica dell'Asia-Pacifico, la Banca di sviluppo asiatica, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, il Comitato olimpico internazionale;
un'intesa tra Cina e Taiwan ha consentito, nel 2010, la presenza taiwanese all'Expo di Shanghai con un proprio distinto padiglione –:
quali iniziative il Ministero degli affari esteri abbia già assunto e abbia attualmente in corso per individuare un'adeguata soluzione che garantisca, nel 2015, la significativa partecipazione di Taiwan all'Expo di Milano. (4-03174)
AFFARI EUROPEI
Interrogazione a risposta scritta:
PINNA, NICOLA BIANCHI, VALLASCAS e CORDA. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
il 13 novembre 2012, il ministero dello sviluppo economico, il ministero del lavoro e delle politiche sociali, il ministro per la coesione territoriale, la regione autonoma della Sardegna, la provincia Carbonia Iglesias e i comuni del Sulcis Iglesiente hanno siglato il protocollo d'intesa (ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241) sul cosiddetto «Piano Sulcis», uno strumento che individua gli obiettivi e i relativi programmi per lo sviluppo del territorio;
all'interno di tale protocollo d'intesa è stato previsto il concorso internazionale di idee «Un'idea per lo sviluppo sostenibile del Sulcis», nato dalla volontà di produrre crescita e sviluppo per l'area del Sulcis, offrendo nuove prospettive socio-economiche al territorio;
a tal fine è stato avviato un percorso che ha previsto la pubblicazione di una preliminary call, il 28 gennaio 2013, con l'obiettivo di preannunciare la call e di creare interesse. La call, pubblicata il 20 febbraio 2013, ha individuato: i temi, le modalità di partecipazione, i requisiti dei partecipanti e delle proposte, i criteri per la loro valutazione e la costruzione della graduatoria, nonché la disciplina in materia di proprietà intellettuale;
il concorso si è chiuso il 22 aprile 2013, dal 23 aprile e fino al 18 settembre è stato possibile votare le idee on line;
la commissione di valutazione, riunitasi il 19 settembre 2013, dopo aver esaminato le 160 domande presentate ha decretato le idee vincitrici del concorso: creazione, sviluppo e implementazione del network sulcitano dell'House Tourism; Centro di eccellenza per la sostenibilità ambientale (CESA); Il polo della bio edilizia; Eco-resort driven sustainable economic growth; Centro per la biologia della riproduzione del tonno rosso (CeRTo) e Vino carignano risorsa economica del presente e del futuro;
tuttavia, attualmente non è possibile avere accesso ai progetti vincitori ma è disponibile unicamente una breve sintesi degli stessi pubblicata sul sito 99ideas al link http://wmv.99ideas.it/site/ideas/home/idee/per-il-sulcis/idee-vincitrici.html. Nello stesso sito si specifica che la presentazione delle idee vincitrici e di quelle menzionate avrà luogo nel corso di un workshop pubblico che si svolgerà in data ancora da stabilirsi –:
se, in virtù della partecipazione economica nazionale, ritenga opportuno che siano prontamente rese disponibili e pubbliche le informazioni necessarie per valutare se siano stati indicati progetti validi per il raggiungimento delle finalità individuate in sede d'accordo fra ministeri, regione ed enti locali sardi e se, dunque, le risorse economiche stanziate verranno efficacemente utilizzate. (4-03161)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la rilevazione degli IPA (Idrocarburi policiclici aromatici) è un parametro molto importante per la valutazione della qualità dell'aria;
gli IPA infatti sono composti inquinanti presenti nell'atmosfera potenzialmente pericolosi per la salute dell'uomo. È stato dimostrato che l'esposizione a determinati tipi di IPA può comportare l'aumento del rischio di insorgenza del cancro;
il componente più tossico tra gli IPA è il benzo(a)pirene (BaP), classificato dallo IARC nel gruppo 1 per pericolosità;
le più significative sorgenti di formazione degli IPA sono gli insediamenti industriali, le emissioni auto veicolari, i riscaldamenti domestici;
secondo quanto riportato sul sito ARPA Lombardia, «La concentrazione di IPA misurata varia in funzione della stagione: essendo composti ad elevata volatilità le concentrazioni maggiori si misurano nella stagione invernale. In Lombardia la rete di misura per il BaP è stata attivata a partire da aprile 2008 (secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2007; attualmente la normativa di riferimento è il decreto legislativo n. 155 del 2010), e viene effettuata attualmente in 14 siti»;
in tutta la provincia di Cremona tuttavia, sarebbe stata installata soltanto una stazione di misurazione a Soresina, dove peraltro, non risulterebbero fonti inquinanti di particolare entità. In altre realtà, come ad esempio Trieste, sarebbe stata posizionata una stazione di rilevamento nelle vicinanze della Ferriera di Servola, importante stabilimento siderurgico locale –:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero, e se sia noto secondo quali criteri sia stata posizionata la Stazione di misurazione in provincia di Cremona. (5-01886)
Interrogazioni a risposta scritta:
PASTORINO, SCHIRÒ, ANTIMO CESARO, SBERNA, GUERRA, LORENZO GUERINI, DECARO, VECCHIO, D'AGOSTINO, GIUSEPPE GUERINI, GRIBAUDO, GOZI, AMENDOLA, GANDOLFI, TENTORI, BASSO, LAFORGIA, FITZGERALD NISSOLI, VARGIU, PICCIONE, PETRINI, GADDA, CRIMÌ, ROTTA, NARDUOLO, CAROCCI, CULOTTA, TINO IANNUZZI, VAZIO, MATTIELLO, MARCHETTI, TULLO, GRECO, ZARDINI, CIVATI, MARIANO, PALMA, PAOLUCCI e TARICCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nei giorni del 21 e 22 ottobre, i comuni di Carasco, San Colombano Certenoli, Coreglia Ligure, Orero, Borzonasca e Mezzanego, delle Valli Fontanabuona e Sturla nella provincia di Genova, sono stati colpiti da una calamità alluvionale;
nella sola nottata del 21, tra mezzanotte e le due del mattino, quando, il fenomeno si è manifestato con la maggiore intensità, sono caduti sull'intero Tigullio 175 millimetri di pioggia in media;
l'alluvione ha provocato il crollo del ponte sullo Sturla della strada provinciale numero 225, che collega Carasco con la Valle Fontanabuona, comportando di fatto l'isolamento della stessa Valle e causando la morte di due persone rimaste coinvolte nel disastro;
le intense precipitazioni hanno inoltre provocato frane e smottamenti, cedimenti di muri, allagamenti e danni alle tombinature, che hanno interessato strade e abitazioni anche portando all'interruzione della viabilità, all'allontanamento di famiglie dalle loro residenze per motivi di sicurezza e all'isolamento di alcune borgate;
i comuni interessati, anche grazie alla pronta assistenza della regione, hanno immediatamente posto in essere le azioni più urgenti di messa in sicurezza, tuttavia, in considerazione delle loro ridotte dimensioni e della gravità dei danni, non possono disporre dei poteri né delle risorse che si rendono necessarie per intervenire in modo tempestivo ed efficace;
tra i vari interventi necessari, massima priorità per garantire nuovamente un collegamento tra la Valle Fontanabuona e la costa ha la ricostruzione del ponte sulla strada provinciale 225, il cui crollo e il conseguente quasi totale isolamento della Valle evidenziano, peraltro, l'urgenza del tunnel della Valle Fontanabuona, che dovrebbe collegare Rapallo sulla costa con Moconesi nell'interno, lungo la strada provinciale 225, assicurando così un rapido e sicuro collegamento tra la Valle e la Riviera –:
se il Governo intenda dichiarare lo stato di calamità per i comuni colpiti dall'alluvione, per riconoscere alla regione e agli enti locali coinvolti gli adeguati poteri d'intervento e adeguati aiuti economici;
se il Governo intenda provvedere mediante le necessarie iniziative, se del caso normative, per riconoscere alla regione e agli enti locali coinvolti dalla calamità una deroga al patto di stabilità interno in relazione alla spesa per investimenti, al fine di permettere loro di approntare in autonomia gli interventi che sono necessari, con oneri a valere sui fondi disponibili nei rispettivi bilanci;
quali interventi il Governo abbia svolto e intenda svolgere per favorire la costruzione del tunnel della Valle Fontanabuona, opera che, anche alla luce di quanto accaduto, risulta più che mai opportuna e urgente per gli abitanti e le numerosissime attività produttive di valle. (4-03168)
CAUSIN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'Italia detiene il record dei livelli di ozono troposferico, segnando valori oltre tre volte più elevati rispetto alla soglia;
da quanto emerge dai dati dell'ultimo rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente (Aea) sulla qualità dell'aria, 23 città italiane sono nei primi 30 posti della classifica Ue degli sforamenti del limite per questo inquinante, pericoloso per la salute;
Nord Italia e Sud della Francia risultano le aree più colpite dall'ozono troposferico, che si forma a seguito delle reazioni fra vari inquinanti provenienti da diverse fonti, come la combustione di carburanti fossili, il trasporto stradale, le raffinerie, vegetazione, discariche, reflui, bestiame e incendi;
l'Italia nel 2011 è stato anche uno dei Paesi europei a superare più spesso il limite Ue della media annuale per le famigerate Pm10 (polveri sottili) e Pm 2,5 (polveri ultrafini), insieme a Polonia e Slovacchia. Per quanto riguarda le polveri sottili (Pm10), al dodicesimo posto della classifica Ue c’è Monza (121 giorni di sforamenti nel 2011), tallonata da Brescia (113), poi Cremona (109), Vicenza (107), e Torino (105), ancora Padova (93) e poi Venezia (85). Il caso Italia non è isolato: oltre il 90 per cento degli europei che vive in città respira un livello troppo elevato di polveri ultrafini (fino al 96 per cento dei cittadini Ue per le Pm 2,5) e di ozono (fino al 98 per cento), considerando per il periodo 2009-2011 le soglie limite dall'organizzazione mondiale della sanità, spesso più severe rispetto a quelle dell'Ue;
gran parte delle potature viticole e frutticole verdi sono trattate con pesticidi alcuni dei quali sono composti da clorurati i quali durante la combustione generano, oltre a migliaia di tipi di inquinanti tra i quali i particolati, ossido di carbonio, benzene, formaldeide, 1,3 butadiene, fenoli, cresoli, acroleina, acetaldeide, composti ciclici carcinogeneci IPA e le pericolose diossine, organo clorurati persistenti, come è evidenziato in parte nelle tabelle del documento ARPAV;
le emissioni della combustione della legna contengono come minimo 5 gruppi di sostanze chimiche inquinanti classificate come cancerogene dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, altre sostanze classificate come possibili cancerogene e almeno altre 26 riconosciute dall'EPA (Environmental Protection Agency) USA come tossiche per la salute umana (Naeher e al., Woodsmoke Health Effects: A Review. Inhalation Toxicology, 19:67-106, 2007);
queste emissioni di inquinanti cancerogeni possono incidere pesantemente anche nel nostro territorio che ha una vasta area agricola destinata a vigneto in cui è diffusa la pratica di bruciare i residui di potatura;
il cippato, gli sfalci, i residui no-food ed i sarmenti delle viti possono diventare, invece, una proficua alternativa senza dover bruciare nulla ma utilizzando l'innovativa tecnica di tre differenti processi integrati di gassificazione, di digestione anaerobica e di coltivazione di micro/macroalghe come proposto dal Centro Studi SITAB di Legnaro-PD, tutti altamente vantaggiosi sul piano economico ed assolutamente neutri per quanto riguarda l'impatto ambientale, ivi compresa l'emissione di Anidride Carbonica (CO2), anche questa utilizzata nel corso dei vari processi –:
quali iniziative intenda porre in atto al fine di evitare il suesposto disastro ambientale a causato da alti livelli di inquinamento così come riportato dall'EEA (European environment agency) nel rapporto 2011 sulla qualità dell'aria in Europa. (4-03175)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta orale:
PIAZZONI e PILOZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
come riportato dall'edizione online del quotidiano La Repubblica in data 5 gennaio, i magistrati della sezione di controllo della Corte dei conti del Lazio avrebbero evidenziato delle anomalie sulla gestione di alcuni servizi museali relativi a beni culturali e aree archeologiche della Capitale;
l’iter di controllo sarebbe iniziato il 4 ottobre 2013, in relazione a un decreto della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con cui veniva approvato un incremento di 3 euro sui biglietti dell'area archeologica che interessa il Palatino, il Colosseo, i Fori imperiali e fissato a 10 euro il costo dell'ingresso per la visita alla mostra «Carlo Saraceni», presso palazzo Venezia;
l'esame del provvedimento in questione avrebbe fatto emergere l'assenza di indicazioni in merito ai criteri utilizzati dalle soprintendenze per quantificare il prezzo degli ingressi ai due poli culturali. Per determinare il costo dei biglietti sarebbe, infatti, necessario considerare la qualità degli allestimenti, l'offerta dei servizi aggiuntivi, la media annua degli ingressi, le caratteristiche del territorio, la vocazione turistica del medesimo e la presenza di altri spazi culturali;
la successiva risposta della direzione regionale per i beni culturali, a seguito della richiesta di delucidazioni sulla ripartizione degli incassi della biglietteria e sui rapporti contrattuali con i privati, non avrebbe chiarito la questione in esame, confermando invece vizi di legittimità del provvedimento. Non verrebbero menzionati i criteri di cui sopra e la dichiarata assegnazione ai privati del 14 per cento degli introiti non corrisponderebbe a quanto contenuto nella documentazione pervenuta ai giudici;
secondo i magistrati della Corte dei conti, invece, ben il 69,8 per cento dei 12 euro del biglietto di ingresso all'area archeologica menzionata entrerebbe nelle casse del gestore privato, nello specifico il Gruppo Mondadori attraverso la controllata Electa. Per la mostra a palazzo Venezia invece, 7 euro e 75 centesimi, sui 10 euro totali del biglietto, andrebbero a vantaggio di Civita Cultura e Munus, a loro volta parti contrattuali private;
in particolare sarebbero violati i decreti ministeriali sulla redistribuzione degli incassi delle biglietterie che fissano un tetto del 30 per cento per gli affidatari del servizio. Se ciò non bastasse per i magistrati contabili, il contratto di concessione per l'area archeologica situata alle spalle del Campidoglio, che prosegue a favore di Electa ininterrottamente da almeno 16 anni, dovrebbe ritenersi ormai invalido, in quanto contrario alla normativa europea sulla concorrenza;
occorre sottolineare, inoltre, come il mancato rinnovo di appalti e la mancata emanazione – da parte della direzione generale per la valorizzazione – delle apposite linee guida per pubblicare nuovi bandi di gara, ha impedito la concessione di servizi in alcuni siti di importantissima rilevanza archeologica e culturale, come Villa d'Este, Villa Adriana o il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia;
dall'articolo apparso il giorno 6 gennaio, sempre sull'edizione online del quotidiano La Repubblica, venivano annunciate nuove azioni della sezione regionale di controllo della Corte dei conti al fine di individuare ulteriori, possibili, anomalie gestionali sui beni culturali di Roma e del Lazio –:
se non ritenga opportuno approfondire i rilievi sollevati dalla Corte dei conti e verificare le presunte violazioni sulla distribuzione degli incassi tra pubblico e privato inerenti ai servizi museali di Roma e del Lazio;
se non ritenga opportuno accertarsi della correttezza dei controlli negli affidamenti descritti in premessa, in particolare riguardo alla congruità tra concessione e servizi essenziali che devono essere garantiti per la fruizione pubblica del bene, ai sensi dell'articolo 115 del decreto legislativo n. 42 del 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio;
quali iniziative intenda intraprendere affinché i contratti di concessione a gestori privati, relativi ai servizi museali, inerenti a beni culturali appartenenti al patrimonio pubblico, siano stipulati nel pieno rispetto della normativa nazionale e comunitaria;
quali iniziative intenda intraprendere per sollecitare la pubblicazione dei nuovi bandi di gara per la concessione di servizi inerenti ai siti di interesse culturale citati in premessa. (3-00561)
VACCARO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il Consiglio di Stato, sezione sesta, con sentenza n. 6223/2013 depositata il 23 dicembre 2013, ha annullato per illegittimità i provvedimenti amministrativi con cui il comune di Salerno ha concesso le autorizzazioni paesaggistiche (n. 20 e n. 164 del 2008) ai fini della realizzazione dell'edificio privato denominato Crescent sul lungomare di Salerno, sito nell'area denominata Santa Teresa;
l'annullamento comporta che le amministrazioni statali e locali dovranno, attraverso i propri organi competenti, adottare nuove determinazioni dotate di una motivazione che rispetti i requisiti indicati nella sentenza richiamata;
sugli organi di stampa è stato riportata la notizia di un incontro tra il sindaco di Salerno ed il soprintendente al ministero per i beni e le attività culturali e del turismo della stessa città; il sindaco si sarebbe altresì espresso affermando che sarebbe stata trovata «una soluzione» per riattivare il procedimento di autorizzazione paesaggistica, applicando al caso di specie l'articolo 159 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004) in luogo dell'articolo 146;
l'articolo 159 contiene un regime transitorio, per il quale le soprintendenze esercitano una mera verifica di legittimità sulla compatibilità paesaggistica dell'intervento proposto, senza svolgere alcun apprezzamento sul merito sul pregio estetico/paesaggistico dell'opera;
detto regime transitorio è applicabile esclusivamente sino al 31 dicembre 2009, nonché per i procedimenti di rilascio di autorizzazione paesaggistica che alla medesima data non siano giunti a conclusione con l'emanazione delle relativa autorizzazione o approvazione;
nel caso di specie deve pertanto trovare applicazione esclusivamente l'articolo 146 del Codice, in base al quale il ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, nell'ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica, non si limita ad un mero controllo sulla legittimità dell'autorizzazione provvisoria, ma esprime un parere di merito sulla compatibilità dell'opera, parere per il quale la soprintendenza è chiamata a motivare sulle ragioni di pregio estetico/paesaggistico che rendono compatibile l'opera al vincolo imposto sul territorio, tanto da poterlo rimuovere;
l'esigenza di un rigoroso rispetto delle norme di legge assume rilievo peculiare essendo coinvolto un interesse primario, la tutela del paesaggio, riconosciuto e garantito dall'articolo 9 della Costituzione, che la Repubblica esercita a livello locale attraverso le soprintendenze –:
quali iniziative il Ministro in indirizzo voglia assumere affinché la soprintendenza di Salerno applichi correttamente la normativa vigente. (3-00562)
Interrogazioni a risposta scritta:
REALACCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il nuovo elettrodotto in corso di realizzazione denominato Sorgente-Rizziconi, a doppia terna, da 380 Kv, di proprietà di Terna S.p.A, collegherà la Calabria e la Sicilia entro il 2015, sviluppandosi per 105 chilometri per via aerea, interrata e sottomarina;
il nuovo elettrodotto è classificato dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel gruppo 2B e costituisce perciò possibile agente cancerogeno umano, con grado di pericolosità elevata per la salute dell'uomo, soprattutto se si tiene conto che le valutazioni di impatto sulla salute considerate per la concessione delle autorizzazioni di impatto ambientale non hanno tenuto conto della sommatoria di induzione elettromagnetica che il nuovo elettrodotto produrrà in alcuni punti del tracciato, dove permangono altri elettrodotti che non verranno eliminati;
come si evince da notizie ripetutamente apparse sulla stampa e social network e trasmesse da enti televisivi locali e nazionali, il tratto siciliano, costituito da una linea aerea lunga 20,5 chilometri che si estende da Villafranca Tirrena a S. Filippo del Mela, ha dato vita a forti proteste da parte di associazioni ambientaliste e comitati spontanei di cittadini che osteggiano il progetto perché ritengono che esso sia pericoloso per la salute pubblica e devastante per l'ambiente (seriamente compromesso dal punto di vista idrogeologico), per il paesaggio (che viene deturpato da una concatenazione di piloni monostelo alti in molti casi oltre sessanta metri, destinati a trasportare 18 cavi dell'alta tensione più un diciannovesimo di segnalazione) e il patrimonio storico-artistico di alcuni borghi antichi con monumenti del ‘400 e del ‘500;
per le sopraddette ragioni il comune di Roccavaldina, sentendosi minacciato dall'opera, ha chiesto e ottenuto nel 2009 una variante, sostenendo che uno dei piloni monostelo passasse troppo vicino al centro abitato;
il nuovo percorso ha determinato lo spostamento dell'unico traliccio-pilone (il n. 24) che interessava il territorio di Venetico Superiore (paesino posto su una collina di fronte a Roccaladina), posizionandolo a ridosso del centro abitato, sebbene nel piano originale dell'opera la sua collocazione fosse prevista a una distanza superiore e dietro una collina che ne avrebbe oscurato la vista; paradossalmente, il nuovo tracciato ha scaricato in questo modo il problema da una cittadina all'altra;
nel paese di Venetico Superiore il pilone monostelo, alto 64 metri, incombe sul paese, passando vicinissimo al centro abitato, che è centro storico, a poca distanza dalle abitazioni, dal campetto giochi dei bambini, dalla piazza del paese, creando serie preoccupazioni per la salute, soprattutto dei bambini, e compromettendo irrimediabilmente il fascino del luogo, caratterizzato da un castello del ‘400 e da diversi monumenti del ‘500, che rendono Venetico Superiore meta di escursioni da tutta l'area per la sua bellezza, per le sue iniziative culturali e per il panorama sulle Isole Eolie che si gode dalle sue piazze;
in questi ultimi anni, per la valorizzazione di Venetico Superiore, la Comunità europea ha finanziato lavori di restauro per diversi milioni di euro –:
se siano a conoscenza della questione e se non intendano intervenire con urgenza per salvaguardare l'integrità dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico di Venetico Superiore e della salute dei suoi cittadini;
se non intendano altresì verificare, per quanto di competenza, la conformità del tracciato e se vogliano valutare positivamente la proposta avanzata in data 10 ottobre 2013 dal Comune di Venetico di concordare con Terna Spa di allontanare il pilone 24 dal centro abitato di Venetico Superiore. (4-03167)
ROSTAN, MANFREDI e BOSSA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il Teatro di San Carlo, già Real Teatro di San Carlo, citato spesso come Teatro San Carlo, è un teatro lirico di Napoli, nonché uno dei più famosi e prestigiosi al mondo;
è il più antico teatro d'opera in Europa ancora attivo, essendo stato fondato nel 1737, nonché uno dei più capienti teatri all'italiana della penisola;
può ospitare più di duemila spettatori e conta un'ampia platea, cinque ordini di palchi disposti a ferro di cavallo più un ampio palco reale, un loggione ed un palcoscenico;
data la sua dimensione e struttura, è stato il modello per i successivi teatri d'Europa;
affacciato sull'omonima via e, lateralmente, su piazza Trieste e Trento, il teatro, in linea con le altre grandi opere architettoniche del periodo, quali le grandi regge borboniche, fu il simbolo di una Napoli che rimarcava il suo status di grande capitale europea;
il San Carlo non ha mai interrotto le sue stagioni, eccezion fatta che per due anni (1874-1875) a causa di mancati finanziamenti;
né l'incendio del 1816, né la seconda guerra mondiale riuscirono ad interromperne l'attività: nel primo caso il Teatro fu ricostruito in sei mesi da re Ferdinando, nel secondo una serie di concerti per le Forze Armate sostituì nei momenti più drammatici del conflitto, la normale attività di spettacolo;
fu eretto per volontà di Carlo di Borbone il quale avviò il primo ciclo di opere che durò per lunghissimo tempo e, precisamente, dopo i restauri dell'architetto Niccolini, fino al doloroso episodio dell'incendio divampato la notte del 12 febbraio 1816, che lo distrusse completamente;
con il finire dell'Ottocento e della sua grande stagione del melodramma romantico, il San Carlo rimase tra i protagonisti dei nuovi orientamenti musicali italiani ed europei, accogliendo, tra gli altri, le opere di Giacomo Puccini e la Giovane Scuola, di Mascagni, dei quattro napoletani (di nascita o di studi) Leoncavallo, Giordano, Cilea ed Alfano;
merito del San Carlo, nei primi anni del Novecento, fu anche quello di contribuire in maniera determinante alla preminenza della figura del direttore d'orchestra nello spettacolo lirico;
sostanzialmente risparmiato, pur se danneggiato in alcune strutture dagli eventi bellici, il San Carlo venne requisito dalle autorità militari inglesi nell'ottobre del 1943;
gli spettacoli ripresero il 26 dicembre di quell'anno, destinati alle truppe alleate;
sono seguiti, poi, a partire dal secondo dopoguerra, una pluralità di interventi di restauro della struttura, l'ultimo dei quali nel 2008, allorquando il San Carlo, pur conservando l'architettura originaria, è divenuto accessibile ai diversamente abili;
dal 1999 il teatro di San Carlo è una fondazione di diritto privato senza scopo di lucro avente come finalità la diffusione dell'arte musicale e la formazione di quadri artistici;
il nuovo statuto del teatro regola l'ingresso di capitali privati con la creazione di due figure di promotori: i soci fondatori, che possono nominare un rappresentante del consiglio d'amministrazione, e i soci sostenitori, che possono consentire che i loro contributi siano aggiunti a quelli dei fondatori per acquisire il diritto alla nomina di un rappresentante in seno al consiglio d'amministrazione;
nei giorni immediatamente precedenti alla formalizzazione del presente atto, i membri del consiglio di amministrazione, eccezion fatta per il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, si sono dimessi, provocando la paralisi gestionale dell'ente;
tale situazione ha comportato la impossibilità, per il consiglio di amministrazione dell'ente di deliberare sulla adesione o meno ai benefici previsti dalla cosiddetta legge «Valore Cultura», che avrebbe consentito di destinare parte dei 75 milioni di euro previsti dalla predetta alle fondazioni liriche, proprio al teatro San Carlo;
tale condizione di stallo, che il sindaco di Napoli vorrebbe risolvere attraverso una parziale ricapitalizzazione della fondazione San Carlo da realizzarsi mediante l'assegnazione alla fondazione stessa di un immobile del comune di Napoli, rischia di portare ad una cessazione delle attività teatrali del San Carlo, con inevitabili e drammatiche ricadute sul piano occupazionale, culturale e sociale per la città di Napoli –:
quali celeri ed oramai improcrastinabili iniziative intenda adottare al fine di favorire ogni utile e possibile forma di piena risoluzione della crisi gestionale, occupazionale ed economica della fondazione lirica del teatro San Carlo, anche al fine di evitare l'ipotesi di commissariamento della fondazione stessa. (4-03170)
DIFESA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il 25 febbraio 2012, l'Arma dei Carabinieri ha bandito un concorso pubblico per titoli ed esami per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi, ai sensi dell'articolo 199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, riservato ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno (VFP1) o quadriennale (VFP4), ovvero in rafferma annuale;
espletata la procedura concorsuale, la stessa si è conclusa con la pubblicazione delle graduatorie finali di merito che avrebbe dovuto ammettere gli idonei vincitori alla frequenza del corso formativo. Il provvedimento di revisione della spesa (cosiddetta spending review) ha introdotto – con l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 – la riduzione del turn over per la pubblica amministrazione, ed anche per il comparto sicurezza-difesa, comportando la contrazione dei posti banditi nel concorso;
con il decreto dirigenziale n. 16/13-3-2012 CC, del 23 luglio 2013 è stata disposta per l'anno 2013 l'immissione diretta nell'Arma dei Carabinieri di 818 unità (poi aumentate a 823) da trarre dai candidati idonei non vincitori;
in queste circostanze, per il perfezionamento del reclutamento, si procede preventivamente alle verifiche cosiddette di mantenimento dell'idoneità;
da una lettura del decreto dirigenziale n. 16/14-3-2012 CC, del 2 gennaio 2014, che disciplina gli accertamenti sanitari per la verifica del mantenimento dell'idoneità psico-fisica, parrebbe, però, che i candidati saranno sottoposti nuovamente a tutte le verifiche e le prove psico-fisiche già svolte e superate positivamente dai candidati –:
se al Ministro risulti che il decreto dirigenziale citato in premessa preveda che i candidati idonei non vincitori siano nuovamente sottoposti a tutte le verifiche e le prove psico-fisiche già svolte e superate positivamente;
quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché i candidati idonei siano solo sottoposti agli accertamenti sanitari per la verifica del mantenimento dell'idoneità psico-fisica e non anche a tutte le prove psico-fisiche che sono già state superate dai candidati. (5-01883)
D'ARIENZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
è stata inviata, per la prevista condivisione, all'Organo centrale della rappresentanza militare una proposta di modifica della norma che ne regola le funzioni;
la medesima si distingue negativamente perché anziché affrontare il diffuso malcontento esistente tra il personale militare e delle forze di polizia ad ordinamento militare, lo Stato maggiore della difesa si preoccupa di ridurre i diritti dei lavoratori del comparto;
la riduzione degli organismi della rappresentanza, del numero dei delegati e degli spazi democratici di dissenso sono la negazione della credibilità che gli organismi riscuotono verso il personale. Ricordo, infatti, che si tratta degli unici organismi elettivi e non gerarchici;
non si mette mano ai veri nodi che impediscono alla rappresentanza di tutelare compiutamente i diritti inalienabili dei militari –:
se intenda di sospendere la proposta in questione;
se non ritenga che sia più che necessario avviare un confronto per affrontare il tema in modo da invertire la tendenza negativa in atto e, quindi, non alimentare ulteriormente lo scontro deleterio all'interno delle Forze armate e delle forze di polizia ad ordinamento militare. (5-01893)
D'ARIENZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
l'interrogante è venuto a conoscenza delle dinamiche che hanno contraddistinto recentemente e negativamente il rapporto tra il Consiglio centrale di rappresentanza, il Ministro della difesa e lo Stato Maggiore della difesa;
in particolare ho rilevato il grave contrasto esistente tra il CoCeR interforze e lo Stato maggiore della difesa. Anzi, quest'ultimo è ritenuto essere dai rappresentanti eletti del personale militare una delle cause del non funzionamento dei rapporti fra Ministro e CoCeR interforze;
con una palpabile tensione, che rappresenta lo stato d'animo del comparto, è stato chiesto al Ministro di fermare l’iter procedurale dei decreti di cui alla legge n. 244 del 2012 che sarebbero solo frutto dell'elaborato dello Stato maggiore della difesa senza il coinvolgimento e la partecipazione dei vari contributi forniti dalle rappresentanze militari forze armate, espressi anche con formale delibera;
è stato contestato che lo Stato Maggiore della difesa procede nelle sue attività ritenute avulse da quelle che sono le varie realtà vissute dal personale. Ne sarebbe l'esempio l'attività di studio effettuata sul riordino dei ruoli con numerose riunioni tecniche interforze che non hanno coinvolto i rappresentanti del CoCeR, pur avendo gli esiti concrete ripercussioni sul personale;
i delegati CoCeR hanno lasciato un successivo incontro constatata la presenza dello Stato maggiore della difesa ritenuto un ostacolo alle attività della rappresentanza militare;
l'elaborato sul riordino dei ruoli in questione conterrebbe scelte non rispondenti alle esigenze reali del personale e vi sarebbero previsioni orientate da criteri di opportunità;
la rappresentanza militare è, secondo l'interrogante, l'unico organismo verso il quale si può affermare esistere la piena fiducia da parte del personale militare e, pertanto, devono essere riconosciuti il ruolo e la funzione con atti concreti –:
quali azioni intenda porre in essere il Ministro della difesa affinché le legittime aspirazioni del personale siano compiutamente portate a termine positivamente dai propri rappresentanti senza che a questa siano frapposti inutili ostacoli da parte di chiunque. (5-01894)
FRUSONE e ARTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la penetrazione del crimine organizzato anche in appalti pubblici nazionali è ormai sedimentata purtroppo da anni;
uno strumento di filtro utile per scremare le imprese coinvolte con le mafie è costituito dalla certificazione antimafia che deve essere rilasciata dal prefetto;
le Forze armate e il Ministero della difesa per evidenti ragioni di trasparenza e di delicatezza del ruolo svolto dovrebbero costituire, anche attraverso gli apparati di informazione, un presidio importante di controlli preventivi e di analisi dei propri appalti e comunque di ogni aggiudicazione per escludere la presenza di imprese vincitrici anche indirettamente connesse al crimine organizzato;
tanto più questa impostazione dovrebbe essere radicata per gli appalti di strutture militari di primaria importanza;
si apprende dal settimanale l'Espresso che ”la ricostruzione dei solai di palazzo Salerno, edificio che affaccia su piazza Plebiscito a Napoli e ospita il comando dell'Esercito per l'Italia meridionale, era stata affidata a un'impresa vicina al clan dei casalesi. Lo scrive il Tar della Campania che ha respinto il ricorso di Cosmer appalti per l'annullamento della interdittiva antimafia emessa dalla prefettura di Caserta. Provvedimento in virtù del quale circa un anno fa era stato rescisso il contratto col Ministero della difesa;
sembra pertanto di capire che l'appalto in questione di Napoli fosse stato inopinatamente dato ad un'azienda, che in un secondo momento è stata esclusa per una misura di interdizione antimafia della prefettura di Napoli –:
quanti e quali aggiudicazioni siano state date negli ultimi 10 anni dal Ministero della difesa e dalle Forze armate ad aziende che erano scoperte delle misure interdittive antimafia;
quali misure di intelligence e di controllo in materia siano state adottate in materia per prevenire l'aggiudicazione di lavori a imprese connesse col crimine organizzato. (5-01898)
Interrogazione a risposta scritta:
BASILIO, CORDA, RIZZO, PAOLO BERNINI, FRUSONE, ARTINI, TOFALO, CHIMIENTI, LUPO, BENEDETTI, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, TACCONI, DEL GROSSO, GRANDE, SPADONI, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, BRESCIA e DALL'OSSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
da diversi organi di stampa si apprende la vicenda della dottoressa Barbara Balanzoni, che in qualità di ufficiale medico ha prestato servizio nella Riserva selezionata presso il ROLE 1 della base militare italiana «Villaggio Italia» in Kosovo e che verrà processata il 7 febbraio 2014 – sempre secondo gli organi di stampa – con l'accusa di disobbedienza aggravata e continuata;
il 23 dicembre 2013 l'ufficio stampa del Ministero della difesa diramava un comunicato dal titolo «Tenente Barbara Balanzoni. Precisazioni». In esso si legge: «in merito ai recenti articoli di stampa relativi all'imminente processo a carico di Barbara Balanzoni, Ufficiale della Riserva Selezionata e alle presunte ragioni del suo rinvio a giudizio, si precisa che le imputazioni contestate al succitato Ufficiale riguardano i reati di “diffamazione e ingiuria aggravata e continuata” nei confronti di inferiori gerarchici. Non risultano, allo stato, altri addebiti contestati alla militare, di qualsivoglia natura. Titolare del procedimento è la Procura Militare di Roma; il processo sarà celebrato il 7 febbraio 2014 presso il Tribunale Militare di Roma»;
i fatti dal quale nasce questo rinvio a giudizio del tenente Balanzoni sembrano essere imputabili esclusivamente ad un suo sensibile e tempestivo intervento per salvare una gatta rifugiatasi sotto una struttura prefabbricata in un'area riservata del compound italiano;
il gesto, sarebbe contrario al regolamento ed è stato inopinatamente punito con cinque giorni di consegna e risulta fra i capi di accusa di cui dovrà rispondere al processo militare che la vede imputata;
al riguardo l'articolo 1361 del Codice dell'ordinamento militare che disciplina la sanzione della consegna appare formulato in maniera generica in quanto, nell'affermare che sono punite le violazione dei doveri diversi da quelli previsti dall'articolo 751 del regolamento, attribuisce una eccessiva discrezionalità nella valutazione delle singole condotte, in contrasto con il principio di tipicità che deve caratterizzare non solo le norme penali ma anche le norme che prevedono l'applicazione di sanzioni disciplinari;
piuttosto, il comportamento in concreto tenuto dalla dottoressa Balanzoni appare conforme alle norme di comportamento e di servizio previste dal Capo II, sezione I, del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) che, tra l'altro, all'articolo 732, impone al militare di tenere in ogni circostanza una condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle Forze armate e di prestare soccorso a chiunque versi in pericolo o abbisogni di aiuto;
la dottoressa Balanzoni aveva mostrato già in precedenza la sua sensibilità mettendo in contatto l'Esercito Italiano e l'Ente nazionale protezione animali, contribuendo così alla salvezza e all'adozione di diversi animali nelle zone in cui le nostre truppe erano impegnate in missioni di pace, in Kosovo e in Afghanistan, con un'azione che ha contribuito a dare lustro e risonanza internazionale all'azione delle nostre Forze armate –:
se il Ministro non ritenga necessario assumere iniziative dirette ad apportare le necessarie modifiche normative anche al fine di evitare che vengano sanzionati comportamenti di personale militare finalizzati a soccorrere animali anche in considerazione che l'Italia ha aderito al Trattato di Lisbona che, all'articolo 13, definisce gli animali come «esseri senzienti»;
se non intenda riconoscere, altresì, il valore del gesto della dottoressa Balanzoni che ha contribuito a dare rilievo all'azione e all'immagine dell'Esercito italiano quale ambasciatore di pace nelle missioni internazionali. (4-03173)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 10 del decreto legislativo n. 23 del 2011, modificando l'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, istituisce una imposta del 9 per cento sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi;
il decreto legislativo n. 23 del 2011, inoltre, al comma 4 dello stesso articolo 10, specifica come siano soppresse tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie anche se previste da leggi speciali, salvaguardando la prima abitazione e i trasferimenti di terreni agricoli a favore di IAP (imprenditori agricoli professionali);
occorrerebbe pertanto chiarire se la norma trova applicazione anche in riferimento alla tassazione degli atti notarili di trasferimento a favore di enti pubblici territoriali (in particolare regioni, province e comuni) –:
se, all'interno della disposizione in relazione alla fattispecie sopra descritta, debbano intendersi soppresse anche le vigenti normative collegate ad effetti urbanistici che prescindono da una traslatività direttamente onerosa come le acquisizioni a scomputo oneri, gli atti di riparcellazione urbanistica inerenti a piani urbanistici particolareggiati ovvero gli traslativi finalizzati a soddisfare interessi di natura pubblicistica in genere. (4-03159)
DELLA VALLE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la circolare numero 73292 del 5 marzo 2007 del Comando Generale della Guardia di finanza – I Reparto –, a firma dell'allora Comandante generale Roberto Speciale, vieta agli appartenenti al Corpo di ricoprire nelle competizioni elettorali l'incarico di rappresentanti di lista;
nella circolare viene fatto riferimento all'articolo 10, del decreto del Presidente della Repubblica n. 545 del 1986 (Regolamento di disciplina militare), ora confluito nel decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, che prevede che il militare debba astenersi, anche fuori dal servizio, da comportamenti che possano comunque condizionare l'esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell'istituzione cui appartiene e pregiudicare l'estraneità delle Forze armate alle competizioni politiche;
purtuttavia l'articolo 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 (testo unico delle leggi elettorali) prevede la possibilità di designare rappresentanti di lista fra gli elettori della circoscrizione che sappiano leggere e scrivere, senza però che la norma preveda alcuna incompatibilità per i militari, né tantomeno per il personale della Guardia di finanza; infatti l'unica esclusione espressamente contemplata dalla legge è quella prevista all'articolo 39 del Testo Unico per i militari in servizio relativamente alle funzioni di presidente di Ufficio elettorale di sezione, di scrutatore e di segretario;
per quanto riguarda invece il personale delle quattro Forze armate, la direzione generale per il personale militare dello Stato maggiore della Difesa, con radiomessaggio nr. 248176 del 9 maggio 2009 inviato anche al Comando generale dei carabinieri, esplicitamente ammette la possibilità per il personale militare di esercitare le funzioni di rappresentante di lista –:
se non ritenga che la circolare del Comando Generale della Guardia di finanza ecceda le disposizioni normative;
quali disposizioni intenda impartire affinché venga rimosso tale divieto discriminatorio imposto al personale della Guardia di finanza e limitativo nei suoi diritti politici e civili. (4-03160)
PAGLIA e LAVAGNO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 103 del 2013, in via di approvazione, prevede all'articolo 1, comma 5, che l'abolizione della seconda rata IMU sugli immobili di cui al comma 1 del medesimo provvedimento non sia dovuta, se non nella misura del 40 per cento di quanto derivante da eventuali aumenti di aliquota disposti dai comuni;
tale versamento residuo dovrebbe essere corrisposto entro il 24 gennaio 2014;
molti comuni, invocando la potestà regolamentare di cui al decreto-legge n. 446 del 1997, articolo 52, relativa alla possibilità per i comuni di differire il pagamento di imposte municipali, hanno adottato atti di giunta o di consiglio finalizzati a posporre al 16 giugno 2014 la scadenza del 24 gennaio;
a seguito di tali atti la cittadinanza è stata invitata a pagare sulla base delle indicazioni fornite dal comune –:
se tale differimento possa essere considerato legittimo, così da poter dare corretta informazione all'intera cittadinanza italiana;
in caso di supposta illegittimità quali provvedimenti il Governo intenda prendere, per dare corretta informazione dei loro obblighi a cittadini che potrebbero essere indotti in errore;
quale rischio possano eventualmente correre i cittadini di quei comuni che avessero adottato atti del genere di cui sopra;
quale rischio possano eventualmente correre i comuni stessi e i loro amministratori, in conseguenza dell'applicazione degli atti di cui sopra. (4-03164)
MELILLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la situazione della banca Tercas di Teramo, fino a poco tempo fa la più grande banca abruzzese, è gravissima e su di essa è in corso una inchiesta giudiziaria con arresti clamorosi come quello dell’ex direttore generale della Tercas, che coinvolge i vertici massimi della sua amministrazione e direzione;
un enorme patrimonio valutato in centinaia di milioni di euro è stato bruciato da scelte dissennate con un grave danno per gli azionisti, i risparmiatori, l'economia teramana e abruzzese e il personale dipendente della Tercas;
l’ex consigliere della Fondazione Tercas Enzo Scalone ha messo in evidenza le responsabilità del consiglio di amministrazione della Banca e della Fondazione presieduti da tanti anni dalle stesse persone;
forte è la preoccupazione dell'opinione pubblica, delle istituzioni e delle forze economiche e sindacali dell'intero Abruzzo circa il futuro del sistema creditizio regionale –:
se non intenda, nell'ambito delle proprie competenze, valutare questa gravissima crisi della Tercas al fine di evitare ulteriori ricadute negative sulla economia e sull'occupazione nel territorio abruzzese. (4-03177)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CAUSIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il commissariato PS di Jesolo (Venezia) è oggetto di sfratto perché la società proprietaria dell'immobile ha necessità dello stesso e non ha concesso proroga;
il commissariato è di vitale importanza per garantire la sicurezza a cittadini e turisti nella città di Jesolo che conta circa 25.000 abitanti ma che, nel periodo estivo, è anche riferimento d'area per i comuni limitrofi di Cavallino-Treporti, Eraclea e Caorle tutte città a vocazione turistica che insieme, raggiungono tredici milioni di presenze annuali;
la gara d'appalto per il progetto esecutivo per la costruzione del nuovo commissariato di Jesolo è stata vinta da una ditta che è fallita nel 2012 congelando la realizzazione;
tra pochi mesi inizierà la stagione estiva e non ci sono i tempi per garantire una nuova edificazione –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché sia garantito il servizio del commissariato nella città di Jesolo cercando di trovare uno spazio alternativo in accordo con la prefettura di competenza. (5-01889)
ROSSOMANDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 17 dicembre 2013, presso il carcere Lorusso e Cotugno (Ex Vallette) di Torino, un agente di polizia penitenziaria ha esploso colpi d'arma da fuoco rivolti ad un collega, uccidendolo, e in seguito ha usato la stessa pistola verso sé stesso, ferendosi gravemente. L'agente, giunto in ospedale in condizioni disperate, è anch'esso deceduto poco dopo;
dalle prime indagini e dalle notizie di cronaca emergono alcune ipotesi, ancora da accertare, sulle ragioni che avrebbero scatenato il grave episodio: il timore di un provvedimento disciplinare o un diverbio tra colleghi sui turni natalizi. Non può essere ignorata la difficilissima situazione in cui operano i lavoratori degli istituti di pena e, nel caso di specie, di quello torinese, afflitto da una cronica mancanza di personale e dal sovraffollamento dei detenuti;
i sindacati piemontesi della polizia penitenziaria Uilpa Penitenziari, Osapp, Sinappe, Fns-Cisl, Ugl Penitenziari, Cnpp e Cgil, che a seguito dei fatti hanno dichiarato lo stato di agitazione chiedendo al direttore del penitenziario un incontro sindacale urgente, denunciano da tempo la grave situazione di tensione, dovuta alle ormai croniche mancanze di risorse umane e materiali;
l'assetto delle professionalità tutte che operano nelle nostre carceri necessita di essere affrontato come questione che inerisce alle condizioni di lavoro di un comparto importante quale quello delle professioni penitenziarie e allo stesso tempo alla praticabilità degli interventi che si stanno mettendo in campo sul sistema di esecuzione delle pene –:
quali iniziative urgenti ritenga di porre in essere al fine di dare risposta in tempi celeri alle problematiche che affliggono da tempo le carceri italiane e, in particolare, il carcere Lorusso e Cotugno (Ex Vallette) di Torino, anche al fine di evitare il ripetersi di nuovi episodi drammatici, quali quelli recentemente verificatisi e, in particolare, quale sia lo stato di adeguamento delle piante organiche e degli interventi sull'assetto organizzativo dell'amministrazione penitenziaria centrale e periferica nonché sull'ordinamento professionale del personale penitenziario.
(5-01896)
COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 146 del 23 dicembre 2013 prevede all'articolo 4 un allargamento temporale della cosiddetta liberazione anticipata prevista dall'articolo 54 della Legge sull'ordinamento penitenziario;
tale norma aumenta di 30 giorni, da 45 a 75 giorni, la detrazione semestrale prevista per i condannati per tutti le tipologie di reato, qualora si dia prova di partecipazione all'opera di rieducazione;
tale detrazione si applica, come emerso dalle audizioni in Commissione, anche ai condannati ex articolo 416 del codice penale;
già si è chiesto al capo del dipartimento amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, di conoscere i dati relativi ai condannati ex articolo 416-bis del codice penale che, nel passato, hanno già usufruito –:
se il Ministro conosca quanti condannati ex articolo 416-bis del codice penale nel passato hanno usufruito della detrazione ex articolo 54 della Legge sull'ordinamento penitenziario;
quanti siano i detenuti condannati ex articolo 461-bis del codice penale;
quanti detenuti condannati ex articolo 416-bis del codice penale siano già usciti dalle carceri italiane grazie alla detrazione prevista dall'articolo 4 del citato decreto-legge. (5-01897)
Interrogazioni a risposta scritta:
D'UVA, VILLAROSA e GRILLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
le corti, i tribunali e i connessi uffici giudiziari della città di Messina sono attualmente ospitati, in unica sede, presso palazzo Piacentini, il palazzo di giustizia della città edificato nel 1927, anno in cui la consistenza organica e la mole del contenzioso erano considerevolmente inferiori a quelle attuali;
secondo quanto emerso da numerosi articoli apparsi sui maggiori quotidiani locali, e stando a quanto riportato dagli stessi operatori del settore giudiziario messinese, l'attuale unica sede del palazzo di giustizia risulta essere non più idonea a garantire un efficiente e regolare svolgimento delle attività;
secondo quanto riportato da un articolo del settimanale locale «Centonove», in data 23 dicembre 2011, le udienze civili presso il tribunale, che dovrebbero svolgersi in camera di consiglio, vengono tenute in stanze di pochi metri quadrati, alla presenza di decine di persone, con grandi difficoltà per magistrati, avvocati ed eventuali testimoni chiamati in giudizio;
attualmente l'ente locale, per sopperire in via temporanea alla mancanza di locali adeguati a garantire il regolare svolgimento delle attività giudiziarie, ha posto in essere alcune onerose locazioni, la cui somma è pari ad 1.871.743,62 euro annui, secondo le tabelle comunali dei fitti reali passivi di immobili a tal fine destinati;
lo stesso consiglio comunale del comune di Messina, in data 8 febbraio 2013, approvava la delibera sul «procedimento per l'acquisto dell'immobile da destinare a secondo palazzo di giustizia e l'approvazione degli atti della commissione giudicatrice per la selezione delle offerte a vendere di uno o più fabbricati da destinare ad uffici giudiziari», evidenziando ancora una volta l'attualità del problema;
la materia della cosiddetta «edilizia giudiziaria» è ad oggi regolata dalla legge 24 aprile 1941, n. 392, la quale disciplina la competenza in materia di «spese necessarie per il primo stabilimento delle corti e sezioni di corti di appello e relative procure generali, delle corti di assise, dei tribunali e relative regie procure, e delle preture e sedi distaccate di pretura»;
le citate spese, nonché quelle da sostenere per il corretto funzionamento e per la relativa manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, devono essere attribuite, secondo quanto disposto dalla legge 24 aprile 1942, n. 392, ai singoli comuni;
per «primo stabilimento», secondo la corretta interpretazione della voluntas legis, deve intendersi l‘insediamento di uffici nuovi, cioè neo-istituiti, ovvero di uffici già esistenti in nuovi stabili, così come evidenziato dallo stesso articolo 3, della legge n. 392 del 1941;
la norma citata prevede che «qualora successivamente alla presente legge locali demaniali siano adibiti ad uso di uffici giudiziari, i comuni nel quali questi uffici hanno sede dovranno corrispondere allo Stato la pigione», con compensazione degli importi che lo Stato è comunque tenuto a destinare in favore dei singoli comuni;
secondo quanto evidenziato dalle attuali normative in materia, è competenza diretta del comune di Messina l'individuazione di una idonea struttura già esistente ovvero la realizzazione ex novo di uno stabile, da destinare a plesso satellite dell'attuale palazzo di giustizia, al fine di garantire idonea sistemazione agli uffici giudiziari attualmente in preoccupante stato di sovraffollamento;
secondo quanto riportato da numerose agenzie di stampa locali, il Ministero di giustizia avrebbe già destinato da alcuni anni, in favore del comune della città di Messina, quale finanziamento per l'acquisto ovvero la ristrutturazione di uno stabile già esistente da destinare a plesso satellite dell'attuale palazzo di giustizia, una somma pari a circa 17.000.000 euro –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere iniziative per ripristinare il corretto funzionamento dell'attività giudiziaria nella città di Messina;
se sia a conoscenza di provvedimenti assunti nel corso degli ultimi anni dal Ministero della giustizia circa un finanziamento correntemente utilizzabile dalla città di Messina per la ristrutturazione di uno stabile da destinare a plesso satellite dell'attuale palazzo di giustizia e, qualora ne venisse accertata l'esistenza, quali siano i requisiti necessari per il godimento delle somme destinate nonché le relative scadenze. (4-03165)
ROSTAN e VERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
dalla consultazione del sito del Ministero della giustizia ed, in particolare, della sezione dedicata all'articolazione territoriale degli uffici giudiziari (http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_4.wp), è possibile rilevare, come segnalato da numerosi professionisti legali e da riviste scientifiche come «ex parte creditoris», che il detto servizio non è più attivo;
il detto servizio consentiva l'individuazione immediata, con un semplice clic, dell'organo giurisdizionale competente per territorio;
dall'ultimo aggiornamento, che risulta effettuato in data 15 settembre 2013, la pagina web reca tale indicazione: «Dal 13 settembre 2013 sono disponibili in Giustizia Map le informazioni riguardanti le strutture penitenziarie, minorili, notarili, antimafia e i commissariati agli usi civici, ricercabili anche a partire dal Comune in cui sono presenti. Le informazioni riguardanti gli uffici giudiziari sono in fase di aggiornamento»;
tale disservizio risulta ancor più grave alla luce del recente stravolgimento della geografia giudiziaria, previsto dall'articolo 1 della legge per la stabilizzazione finanziaria n. 148 del 2011 ed attuato dal successivo decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 12 settembre 2012;
invero, il sito istituzionale (www.giustizia.it) ha lo scopo di garantire in via esclusiva l'adempimento degli obblighi relativi alla trasparenza previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, il cui articolo 13, rubricato «Obblighi di pubblicazione concernenti l'organizzazione delle pubbliche amministrazioni», ai capi b) e c) del comma 1, testualmente recita: «1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano e aggiornano le informazioni e i dati concernenti la propria organizzazione, corredati dai documenti anche normativi di riferimento. Sono pubblicati, tra gli altri, i dati relativi: [...]
b) all'articolazione degli uffici, le competenze e le risorse a disposizione di ciascun ufficio, anche di livello dirigenziale non generale, i nomi dei dirigenti responsabili dei singoli uffici;
c) all'illustrazione in forma semplificata, ai fini della piena accessibilità e comprensibilità dei dati, dell'organizzazione dell'amministrazione, mediante l'organigramma o analoghe rappresentazioni grafiche; [...]»;
con le disposizioni in materia di trasparenza il legislatore si è posto l'obiettivo di garantire l'accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, nonché di dare attuazione al principio democratico ed ai principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza, condizioni indispensabili, queste, per la garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, che concorrono alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino;
l'interruzione del servizio Giustizia Map risulta ancora più grave, considerato che è ormai alle porte l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123 (Regolamento recante disciplina sull'uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti) che disciplina il processo civile telematico – nel suo acronimo «PCT» – il quale consentirà l'esecuzione di operazioni quali il deposito degli atti, la trasmissione delle notifiche e comunicazioni, la consultazione dello stato dei procedimenti, dei fascicoli e dei provvedimenti del Giudice, col semplice uso della via telematica –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra evidenziato e quali iniziative intenda adottare o abbia già adottato al fine di risolvere la problematica prima descritta. (4-03171)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nel territorio polesano, in provincia di Rovigo, permane da anni il problema del ponte ferroviario ubicato tra i comuni di Loreo e Rosolina sul Po di Brondolo, lungo la linea Rovigo-Chioggia, e del suo atteso adeguamento: mancato adeguamento della struttura che ad oggi impedisce la piena navigabilità commerciale e turistica di un tratto essenziale per la navigazione lungo le vie d'acqua del Basso Veneto fino alla V classe fluviomarittima;
la situazione di cui sopra ha generato nel tempo disservizi e ritardi tali da vanificare gli onerosi investimenti infrastrutturali sostenuti da vari soggetti non ultimi il consorzio per lo sviluppo del Polesine (Consvipo) e l'interporto di Rovigo;
per sbloccare questo «collo di bottiglia» infrastrutturale è stato sollecitato in passato l'intervento dei governatori di Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia, affinché si facessero interpreti presso il Governo dell'esigenza di un intervento coordinato per la risoluzione del problema;
l'interessamento richiesto ai tre governatori ha prodotto una serie di progetti di massima da parte di diversi soggetti tra cui Rete Ferroviaria Italiana, Unione navigazione interna italiana (UNII), sistemi territoriali e regione Veneto;
nel territorio compreso tra queste tre regioni transita attualmente il 60 per cento delle merci italiane via gomma e viene prodotto il 44 per cento del PIL nazionale: rafforzare le vie d'acqua consentirebbe di ridurre il traffico su gomma esorterebbe con sé significativi benefici ambientali, contribuendo all'abbattimento delle emissioni inquinanti;
relativamente alla medesima infrastruttura esiste un progetto avanzato da Trenitalia, che porterebbe alla costruzione di un'infrastruttura ex novo;
la società Sistemi Territoriali Spa ha da tempo proposto alla società Rete ferroviaria italiana una soluzione alternativa alla realizzazione di un nuovo ponte in sostituzione di quello esistente, soluzione che consisterebbe nell'adozione di un innovativo sistema di sollevamento dell'attuale struttura (tecnica denominata Vertical lift bridges e che, negli USA e in Canada, è da tempo applicata con successo);
l'Unione navigazione interna italiana (UNII) ha inoltre presentato un ulteriore progetto di ponte girevole –:
se e come il Governo intenda assumere un ruolo di coordinamento al fine di accelerare lo stato delle cose e arrivare a una soluzione nel più breve tempo possibile. (5-01887)
MAESTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
nel 1816, per volere di Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, fu decretata la costruzione di un ponte solido che collegasse stabilmente le due sponde del fiume Taro sul tracciato della via Emilia;
il ponte, inaugurato nel 1819, è lungo 565,5 metri, largo 8 metri e consta di 20 arcate. Nel 1828, furono collocate all'accesso del ponte quattro statue di marmo che raffigurano i principali corsi d'acqua del parmense: Parma, Taro, Enza e Stirone, opera dello scultore parmigiano Giuseppe Carra;
nel 2005, a seguito dell'inaugurazione della strada variante alla strada statale 9 via Emilia, il tratto di strada che attraversa la frazione Ponte Taro è stato trasferito alla gestione dei comuni di Fontevivo e Noceto (PR) mentre la competenza sul ponte è stata ripartita tra i due comuni, in ragione ciascuno del 25 per cento, e il comune di Parma, per il restante 50 per cento;
il ponte, che ancora oggi rappresenta una fondamentale opera infrastrutturale e viabilistica per il territorio provinciale, regionale e nazionale, necessita ormai di importanti interventi manutentivi che ne accertino la staticità e consentano di preservarne e recuperarne l'importante valore storico-testimoniale;
le amministrazioni locali hanno in più occasioni, anche di recente, rivolto appelli al Governo per ottenere il necessario sostegno al fine di intervenire sull'importante manufatto prossimo ormai a compiere i duecento anni di vita;
anche nei giorni scorsi, come documentato dalla stampa locale, si sono verificati alcuni crolli di mattoni dalle arcate sottostanti –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopradescritta e in che modo intendano intervenire al fine di sostenere le amministrazioni locali negli indifferibili interventi di manutenzione straordinaria e recupero conservativo del ponte sul Taro in località Ponte Taro (Parma). (5-01892)
Interrogazioni a risposta scritta:
REALACCI e CRIMÌ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la ferrovia ad alta velocità Verona-Venezia è una linea ferroviaria italiana, costruita solo parzialmente, che al momento del suo completamento collegherà tra loro le due città venete di Verona e Venezia e che sarà dotata per la maggior parte del suo percorso degli standard ferroviari dell'Alta Velocità (AV) e dell'Alta capacità (AC). Il tracciato farà parte della dorsale ferroviaria del Nord Italia Trieste-Milano-Torino;
del progetto, della sua importanza e della sua integrazione con la piattaforma di trasporto intermodale locale si dibatte in Veneto dal 1992. Dal marzo 2007 sono entrati in esercizio soli 25 chilometri tra Padova e Mestre/Venezia accanto alla linea storica. Secondo quanto previsto a suo tempo dal progetto preliminare, approvato dal CIPE nel marzo 2006, la linea AV/AC Verona-Venezia si svilupperà complessivamente per circa 100 km;
attualmente i treni più veloci che collegano Milano Centrale, sede di Expo 2015, a Padova (241 chilometri via Verona-Vicenza), impiegano 127 minuti, 110 minuti a Vicenza (211 chilometri) contro una media di circa 60 minuti, di tratte AV/AC già in servizio come la Roma-Napoli (226 chilometri) o la Torino-Milano (142 chilometri), aventi distanze paragonabili;
lungo i circa 75 chilometri della sezione da Verona a Padova il tracciato attraverserà le province di Verona, Vicenza e Padova e dovrebbe essenzialmente correre in affiancamento alla rete ferroviaria esistente e all'Autostrada A4. Secondo quanto previsto da RFI - Rete ferroviaria italiana Spa l'integrazione tra la nuova linea e la linea esistente dovrebbe essere realizzata attraverso due interconnessioni, complessivamente lunghe circa 5 chilometri, localizzate a Vicenza e nel punto di ingresso a Padova per il collegamento tra linea AV/AC e la linea «di gronda» merci di Venezia sulla direttrice Castelfranco-Treviso-Udine-Portogruaro;
la delibera CIPE n. 94 del 2006 ha a suo tempo approvato il segmento iniziale della tratta Verona-Padova, fino al territorio di Montebello, e quello finale da Grisignano a Padova. Per il tratto centrale si attende ormai da otto anni che Rete ferroviaria italiana elabori una proposta progettuale di concerto con le amministrazioni comunali interessate e che consideri nel complesso anche esigenze di mobilità regionali unitamente alla mitigazione dell'impatto dell'opera sul territorio attraversato, affinché l'infrastruttura possa così giovare alla riduzione degli inquinanti con il passaggio dal trasporto merci su gomma a quello su rotaia;
a distanza di otto anni, e di 22 anni se ci si riferisce al progetto complessivo, appare forse utile, come richiesto anche dalla «Conferenza permanente dei sindaci interessati al progetto AV/AC Verona-Padova», una revisione dei parametri progettuali che rendono difficoltoso il finanziamento del progetto e la sua celere realizzazione anche alla luce della necessità di una maggiore tutela ambientale e una attenzione maggiore al consumo di suolo anche per le grandi opere –:
quali iniziative urgenti vogliano mettere in campo i Ministri interrogati al fine di fornire notizie puntuali sull'implementazione dell'opera AV/AC Verona-Padova anche in relazione agli obiettivi comunitari sulla riduzione delle emissioni del trasporto su gomma da conseguire entro il 2030; trattandosi peraltro di un corridoio di trasporto paneuropeo, ex «Corridoio V», ora «Corridoio Mediterraneo TEN-T» inserito nella strategia di sviluppo dei trasporti dell'Unione Europea 2014-2020;
se il Ministro degli affari regionali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e per quanto di sua competenza, voglia poi valutare l'opportunità di istituire con rapidità un tavolo tecnico con gli enti locali interessati dal tracciato, la regione Veneto e RFI per stabilire un cronoprogramma puntuale sull'avvio dei lavori della predetta tratta ferroviaria, contemplando una concertazione sulla soluzione di tracciato più utile al territorio, alla provincia di Vicenza e al Paese. (4-03166)
GAGNARLI, BALDASSARRE, SEGONI e ARTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi 4 anni solo in Toscana si sono verificati 4 incidenti mortali legati ai lavori ferroviari, senza contare la strage di Viareggio del 29 giugno 2009 verificatasi in seguito al deragliamento del treno merci 50325 Trecate-Gricignano, che provocò in tutto 32 vittime;
in una relazione di fine 2010 dei magistrati contabili della Corte dei conti, riassume un articolo del Fatto quotidiano del 14 dicembre 2013: si segnala che nel triennio 2006-2009 c’è stato un crollo degli investimenti per le tecnologie che dovrebbero migliorare la sicurezza sulla rete ferroviaria, circa 70 milioni in meno; tuttavia Ferrovie dello Stato rivendica, negli stessi anni, un maxi-piano di investimento per 5 miliardi di euro;
nel bilancio 2012 di Rfi si legge: «Il volume di spesa consuntivato per investimenti in sviluppi tecnologici innovativi e stato pari a 7,89 milioni di euro». Nel 2009 era stato di 25,38 milioni di euro; al 31 dicembre 2012 la società ha invece investito in «Tecnologie per la sicurezza» 5,88 milioni di euro, circa dieci milioni in meno rispetto a quattro anni fa. Crollano anche i soldi stanziati per la «Diagnostica innovativa», 0,15 milioni e gli «Studi e sperimentazioni su nuovi componenti e sistemi», 1,86 milioni;
a settembre 2013 il Governo Letta, per finanziare parte dell'Imu cancellata nel 2013, ha sottratto 300 milioni di euro al «finanziamento concesso al Gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale, compresi quelli per manutenzione straordinaria» previsti nella Finanziaria 2006;
nonostante nel 2012, riporta lo stesso articolo del Fatto quotidiano, siano avvenuti ben 108 incidenti ferroviari, il dato più alto dal 2008, il 39 per cento dei quali causato da «difetti nell'esecuzione della manutenzione e alle problematiche connesse ai contesti manutentivi» dei binari o dei convogli, gli investimenti previsti per la rete dal piano industriale 2011-2015 si fermano a 20 miliardi;
nell'aprile 2013, l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria ha lanciato l'allarme presentando la relazione su «L'andamento della sicurezza delle ferrovie per l'anno 2012», nella quale il direttore Alberto Chiovelli ha avvertito: «Il dato preoccupante è la carenza manutentiva». Non è un caso che l'80 per cento dei deragliamenti avvenuti nel 2012 sia dovuto a «problematiche nella manutenzione dell'infrastruttura»;
la scorsa notte a Firenze (stazione di Santa Maria Novella) un altro lavoratore, il manovratore Fabrizio Fabbri, addetto alla composizione dei treni, è morto per il deragliamento di una motrice mentre stava preparando i convogli dei pendolari per la mattina seguente;
a seguito dell'incidente mortale sono state aperte tre inchieste per chiarire le dinamiche e le responsabilità, una della procura, una delle Ferrovie e una del Ministero dei trasporti; gli investigatori della Polfer, coordinati dal pubblico ministero di Firenze Filippo Focardi, hanno sequestrato la locomotiva, hanno acquisito documentazione tecnica sugli scambi, sulla velocità a cui viaggiava il convoglio, sulle dotazioni di bordo e sui sistemi di sicurezza, per accertare le cause del deragliamento e la regolarità delle operazioni, in particolare se il manovratore del convoglio dovesse scendere o meno dal convoglio e se la manovra dovesse essere compiuta in solitario, come risulta sia accaduto dai primi accertamenti, o da più persone;
in una nota di Trenitalia diramata a seguito dell'incidente, inoltre, risulta che il sistema di sicurezza che avrebbe dovuto arrestare il movimento del treno (Scmt) al superamento della velocità di 4 chilometri orari, anche in assenza di personale a bordo, risultava stranamente disinserito durante l'operazione di trasferimento del convoglio che ha provocato la morte dell'operaio;
da esternazioni di operai di FS in toscana, supportate dai sindacati di settore, emerge una scottante problematica di sfruttamento degli stessi, che sarebbero sottoposti a turni massacranti notturni come fossero diurni, sole 6 ore di riposo e 30 minuti di pausa pranzo, compresi i tempi di spostamento, che inevitabilmente potrebbero provocare distrazioni anche fatali sul lavoro;
le segreterie regionali di Cisl Fit, Cigl Filt, Uiltrasporti e Ugl hanno, invece, messo in evidenza lo stato di difficoltà, dovuto principalmente alla mancanza di personale in cui versano gli impianti ferroviari toscani e per la quale sono già in corso da tempo delle vertenze sindacali. Il segretario confederale della Cisl, Luigi Sbarra, ha puntato il dito sulla mancanza di prevenzione e la tendenza alla riduzione delle risorse umane impiegate nelle diverse attività lavorative, specie quelle più operative e pericolose con conseguente aumento dell'esposizione ai rischi sul lavoro;
il sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Erasmo D'Angelis, da parte sua, ha tuttavia affermato che i dati degli ultimi tre anni indicano una diminuzione degli incidenti ferroviari, ma occorre mantenere sempre alti i livelli di attenzione –:
se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa ed in particolare dell'incidente mortale avvenuto alla stazione di Firenze Santa Maria Novella, nelle more di addivenire al termine dalle indagini che ne chiariranno cause ed eventuali responsabilità ritenga sufficientemente efficace ed efficiente l'attuale sistema di sicurezza dei convogli e della rete ferroviaria italiana, con particolare riferimento alla situazione della regione Toscana;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quali siano le intenzioni future di Rfi e di Trenitalia (entrambe appartenenti alla holding Ferrovie dello Stato), in materia di salute, sicurezza sul lavoro e prevenzione dei rischi, in termini di investimenti in tecnologie e protocolli che dovrebbero migliorare la sicurezza dei treni e della rete ferroviaria, risultata in calo negli ultimi anni, ed in termini di strategie e piani aziendali di gestione delle manutenzioni e del personale, in particolare quello esposto alle operazioni ad elevato ed agli orari notturni. (4-03178)
INTERNO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
QUARTAPELLE PROCOPIO, BONOMO, ASCANI, PELUFFO, BELLANOVA, TENTORI, FIANO, ARLOTTI, MAESTRI, LENZI, IORI, MAURI, MONACO, MALPEZZI, MARZANO, TIDEI, MARCO DI MAIO, CARRA, ZARDINI, D'INCECCO, GIAMPAOLO GALLI, RAMPI, CINZIA MARIA FONTANA, CASELLATO, GIUSEPPE GUERINI, GRASSI, SCALFAROTTO, NACCARATO, COVA, MARIANI, LATTUCA, PATRIARCA, MAGORNO, MIOTTO, MARCHI, CIMBRO e DE MICHELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la notte del 17 dicembre la sede del circolo del Partito democratico di Osnago (Lecco) è stata oggetto di un attacco da parte di ignoti che con un'ascia hanno sfondato la vetrina lungo la strada principale del paese;
il 18 dicembre una sede del Partito democratico a Padova è stata imbrattata con vernice rossa e la scritta «Terroristi siete voi. No tav liberi»;
la scorsa settimana sette circoli del PD di Milano sono stati oggetto di gesti vandalici firmati NO TAV di cui non sono ancora chiari i contorni. Si tratta dell'ennesimo gesto nei confronti delle sedi dei circoli del Partito democratico di Milano;
la mattina di sabato 11 gennaio la vetrina della sede del Partito democratico di Sospiro (Cremona) è stata ritrovata pesantemente rovinata da tre sassate che hanno provocato danni ingenti;
sabato 11 gennaio una rudimentale bomba incendiaria è stata trovata di fronte alla sede del Pd di Rivalta (Torino). Intorno alle 8 il custode del cimitero ha notato una bottiglia di birra piena di gasolio con uno stoppino di pezza appoggiata alla serranda abbassata. Sono intervenuti i carabinieri insieme alla polizia municipale e alla Digos. Sempre a Torino nella notte tra domenica e lunedì sono state poste sul pianerottolo dell'abitazione del senatore Esposito tre bottiglie molotov;
le sedi di qualunque partito o formazione politica e il ruolo svolto da ogni singolo parlamentare è fondamentale per la prassi democratica del nostro Paese. Si ritiene deprecabile se venisse meno questo principio –:
quali attività di tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico il Ministero dell'interno intenda promuovere in proposito. (5-01882)
TARICCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la legislazione egiziana prevede che anagraficamente sui documenti di identità compaiano nell'ordine nome di nascita, nome del padre e nome del nonno. In Egitto non esiste l'equivalente del cognome italiano, si usano così dei patronimici. Da alcuni anni sui documenti egiziani compaiono ora anche i nomi del bisnonno e in alcuni casi del trisavolo (e non solo) per garantire una maggiore «tracciabilità» dell'individuo;
in base a detto criterio una famiglia egiziana che abbia risieduto in diverse realtà territoriali, che utilizzassero diverse modalità anagrafiche, potrebbe avere all'interno della stessa famiglia genitori e figli con diversi cognomi;
la circolare Ministero dell'interno – dipartimento per gli affari interni e territoriali – direzione centrale per i servizi demografici, n. 16 del 2008 e la seguente n. 4567 del 15 aprile 2010, allo scopo di garantire l'adozione di criteri uniformi di registrazione dei dati anagrafici dei cittadini di nazionalità egiziana e tunisina, d'intesa con il Ministero degli affari esteri fornivano le seguenti indicazioni: «Con riguardo ai cittadini della Repubblica Araba d'Egitto, la sequenza dei nomi presenti sul passaporto deve essere riportata nei registri anagrafici individuando nel NOME il primo nome della sequenza presente sul passaporto, nel COGNOME le restanti parti della stessa sequenza. In base al criterio descritto, l'ipotetico signor Mohamed Ahmed Nabil Said, va registrato riportando nel campo NOME Mohamed e nel campo COGNOME Ahmed Nabil Said»;
in realtà in alcuni comuni si sarebbe utilizzato il criterio inverso utilizzando l'ultimo della lista come cognome e gli altri come nomi, creando una situazione per la quale anche in Italia, in una stessa famiglia può accadere che più figli degli stessi genitori abbiano cognomi diversi tra di loro e con i genitori;
la legge 31 maggio 1995, n. 218 «Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato» all'articolo 24 diritti della personalità recita «L'esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia i diritti che derivano da un rapporto di famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto»;
per quanto riguarda il principio dell'immutabilità del cognome, in quanto strumento destinato a prevenire i rischi di confusione in merito all'identità delle persone, occorre rilevare che tale principio, che certamente contribuisce ad agevolare il riconoscimento dell'identità delle persone e della loro filiazione, non è tuttavia tanto indispensabile da non poter ammettere ai figli di portare un cognome composto da elementi diversi da quelli previsti dal diritto dello Stato di origine, cognome. A ciò va aggiunto che un sistema che consenta la trasmissione di elementi del cognome dei due genitori, lungi dal provocare confusione sul legame di filiazione dei figli, può al contrario contribuire a rafforzare il riconoscimento di questo legame rispetto ai due genitori –:
se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per valutare la possibilità di rivedere la interpretazione della normativa in oggetto e conseguentemente i criteri e le indicazioni per i comuni, introducendo anche la possibilità che, a singola richiesta, vi possa essere uniformazione dei cognomi tra genitori e figli, come peraltro previsto dalla legislazione italiana. (5-01884)
D'ATTORRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nei pressi di Santa Caterina dello Jonio in provincia di Catanzaro come riportato dagli organi di stampa del 14 gennaio 2014 è stato registrato un incendio ai danni di un autobus della ditta di trasporti «Federico» e le fiamme ne hanno seriamente danneggiato un altro che era parcheggiato in prossimità;
l'incendio ha anche provocato danni ad una abitazione adiacente alla strada presso la quale erano parcheggiati i due autobus con i proprietari costretti ad andare via dalla propria casa nel cuore della notte;
purtroppo non è la prima volta che la ditta in questione subisce gravi danni, tant’è che nell'ultimo anno l'azienda Federico ha subito la perdita di 9 mezzi;
le autolinee Federico hanno un parco macchine di oltre 40 mezzi con tratte di percorrenza extraregionale che collegano la Calabria con le principali città italiane e 200 dipendenti;
tali episodi, oltre a destare serie preoccupazioni dal punto di vista dell'ordine pubblico, rischiano di ripercuotersi in maniera negativa sulle prospettive di sviluppo e occupazionali dell'azienda –:
se il Governo intenda attenzionare tale situazione venutasi a creare in merito agli episodi riportati in premessa e se non intenda vigilare affinché sia consentito all'azienda di poter svolgere in sicurezza la propria attività che tra l'altro è concessionaria di servizio pubblico locale. (5-01888)
Interrogazioni a risposta scritta:
FIANO, ROSATO e PELUFFO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in occasione dell'esposizione universale di Milano 2015 – «Expo Milano 2015» – è stata autorizzata una capacità assunzionale del 55 per cento del turn over per il comparto sicurezza-difesa, in virtù del fatto che un evento di tale dimensione richieda necessariamente un incremento delle forze dell'ordine presenti nella città protagonista della manifestazione, senza che questa concentrazione pregiudichi il livello di sicurezza nelle altre aree del Paese;
in legge di stabilità sono state previste importanti risorse economiche anche per le dotazioni di mezzi e la logistica, e per le strutture e i servizi;
perché il protocollo «Milano Expo 2015 – Mafie free» e l'incremento di personale delle forze dell'ordine possano essere operativi in tempo utile per l'esposizione che si terrà il prossimo anno, è necessario che gli allievi agenti siano avviati ai corsi entro il mese di aprile di quest'anno;
a tal proposito, si ricorda che vi sono, ad oggi, diverse graduatorie di merito in corso di validità nelle quali risultano essere disponibili candidati idonei immediatamente arruolabili tra cui: 512 candidati idonei non vincitori, oltre alle seconde aliquote e VFP4 idonei dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti, bandito lo scorso marzo 2013;
l'arruolamento di detto personale consentirebbe il rispetto dei tempi necessari all'attuazione del protocollo e garantirebbe un risparmio di spesa per l'amministrazione, rispetto ad altre e diverse soluzioni, in quanto non si renderebbero necessarie le visite mediche di controllo –:
se l'amministrazione intenda procedere con le assunzioni dei candidati idonei non vincitori, delle seconde aliquote e VFP4 idonei dell'ultimo concorso per l'arruolamento di 964 allievi agenti, bandito lo scorso marzo 2013, al fine di consentire l'impiego di queste nuove forze dell'ordine in occasione dell'esposizione universale «Expo Milano 2015»;
quali tempi preveda il Ministro per l'avvio ai corsi degli allievi di cui in premessa. (4-03158)
BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il comune di Monasterace, istituito con regio-decreto 4 maggio 1811, si trova in provincia di Reggio Calabria ed è collocato ad una altezza di 150 metri dal livello del mare sviluppandosi attorno ad un castello medievale rappresentato nello stemma ufficiale del comune – giusto decreto del Presidente della Repubblica n. 33 del 13 dicembre 1979;
il territorio comunale è articolato in quattro frazioni: c/da Campomarzo, c/da Marone, c/da Lambrosi e c/da Marina che dista dal centro storico circa 3 chilometri;
la comunità si è storicamente formata attorno al borgo medievale caratterizzato dalle sue quattro chiese e dal municipio; qui sono nate le scuole elementari, l'asilo comunale, l'ufficio di collocamento, la stazione dei carabinieri e l'ufficio postale;
nel corso degli ultimi decenni anche Monasterace, come gran parte dei paesi della costa ionica reggina, ha conosciuto un fenomeno migratorio in direzione del mare, con conseguente depauperamento dei centri storici anche a causa dello spostamento di uffici e servizi (sono stati trasferiti nella frazione Marina la scuola elementare, l'ufficio di collocamento e l'ufficio postale);
questo processo di svuotamento ha anche innescato una forte rivalità tra gli abitanti della frazione e del centro storico;
anche al fine di evitare ulteriori lacerazioni nella comunità, tutte le amministrazioni comunali succedutesi negli ultimi anni, avevano inteso mantenere la sede del municipio nel centro storico;
il commissario prefettizio, dottoressa Maria Luisa Tripodi, nominata in seguito alle dimissioni della sindaco Maria Carmela Lanzetta, contravvenendo al principio secondo il quale la gestione commissariale di un comune deve limitarsi esclusivamente alla gestione dell'ordinaria amministrazione, ha disposto con propria deliberazione n. 20 del 2013 il trasferimento degli uffici comunali da Monasterace Superiore a Monasterace Marina;
tale deliberazione adduceva quale motivazione una presunta inidoneità dei locali, motivazione che appare assolutamente infondata se si considera che nel medesimo stabile è allocato al piano terra un punto Telecom, nei confronti del quale non è stato adottato alcun provvedimento analogo di trasferimento;
nella relazione del tecnico comunale richiamata in delibera si faceva riferimento ad infiltrazioni d'acqua di cui non si era finora, venuti a conoscenza;
la suddetta delibera veniva adottata nonostante tutti i residenti, con apposita sottoscrizione di una petizione acquisita al protocollo comunale, chiedessero al commissario prefettizio di soprassedere rispetto ad una decisione dai caratteri evidentemente «politici»;
gli stessi cittadini attraverso il proprio consulente di parte arch. Milicia, contestavano e dimostravano l'infondatezza della relazione del tecnico comunale allegata alla delibera ed utilizzata come presupposto per giustificare il provvedimento dichiarando la propria disponibilità ad intervenire con fondi privati per rimuovere le eventuali criticità emerse;
inoltre, né dal sopralluogo dei vigili del fuoco, né dalla relazione dell'ufficiale sanitario, né dalla relazione del tecnico comunale del 10 ottobre 2013 prot. n. 6403 veniva attestata o certificata l'inagibilità dell'attuale palazzo comunale o con rilievi tali da poter giustificare, in qualche modo, il provvedimento di trasferimento;
contestualmente gli stessi cittadini proponevano lo spostamento temporaneo degli uffici comunali presso uno stabile disponibile denominato «casa gialla» ubicata in via Calvario, di fronte l'attuale sede comunale;
il commissario prefettizio non dava alcun riscontro alla petizione ed alla istanza di annullamento in autotutela della citata delibera, chiudendo gli uffici al pubblico ed anzi accelerando le operazioni di trasloco nei locali destinati a caserma dei vigili del fuoco nella frazione Marina, realizzata con fondi del Ministero dell'interno per questa specifica destinazione d'uso;
in ragione di ciò i cittadini presentavano formale ricorso al TAR competente per l'annullamento della delibera in questione;
nel complesso tale vicenda ha creato forte disagio tra i residenti, ha rinfocolato vecchie e mai sopite rivalità, ha suscitato clamorose proteste culminate nella raccolta delle tessere elettorali al fine di consegnarle, in segno di protesta, al prefetto di Reggio Calabria;
la decisione del commissario prefettizio è apparsa a molti cittadini di Monasterace contraria ai principi di terzietà ai quali dovrebbe ispirarsi l'azione di un funzionario del Governo chiamato a svolgere solo temporaneamente le funzioni amministrative in attesa che il corpo elettorale individui nel nuovo sindaco e nel nuovo consiglio comunale gli unici organi legittimati a compiere scelte tanto determinanti per il futuro della comunità –:
quali siano stati e quanto siano costati i lavori di adeguamento della caserma dei vigili del fuoco alla nuova destinazione d'uso, comprese le spese di allacciamento delle utenze telefoniche e della rete internet;
se sia possibile utilizzare un locale realizzato dal Ministero dell'interno con la specifica destinazione d'uso di caserma dei vigili del fuoco per allocarvi uffici comunali;
se sia noto per quali ragioni il commissario prefettizio non abbia inteso valutare il trasferimento degli uffici comunali presso la cosiddetta «casa gialla», dotata di locali già pronti e disponili all'uso, con tutte le utenze allacciate e l'impianto di riscaldamento funzionante, che non avrebbe comportato altre spese se non quelle derivanti dal trasloco del solo mobilio tra due stabili posti uno di fronte all'altro;
per quali ragioni il commissario prefettizio non abbia inteso dare alcuna risposta alle istanze dei cittadini, fatta eccezione per una generica assicurazione sulla «temporaneità» del provvedimento;
se non si rilevino nel comportamento assunto dal commissario prefettizio in questa vicenda elementi che travalichino la corretta gestione dell'ordinaria amministrazione in un comune in attesa della celebrazione di nuove elezioni. (4-03162)
LATRONICO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il 13 gennaio 2014 nel Centro Oli ENI di Viggiano, in provincia di Potenza, si è verificato un incidente che ha causato una fiammata di oltre 15 metri preceduta da un forte boato e accompagnata da un denso fumo nero e odori acri che si sono rapidamente diffusi in atmosfera;
l'anomalia ha destato forte allarme e grave preoccupazione nella popolazione interessata;
i responsabili del Centro Oli hanno minimizzato l'accaduto sostenendo che si è trattato di un'anomalia dell'impianto verificatosi a causa di un black out di corrente senza alcuno sforamento di concentrazioni di inquinanti in atmosfera;
l'incidente del 13 gennaio è l'ennesimo incidente che si verifica nel Centro Oli di Viggiano che non deve essere sottovaluto ma va chiarito per garantire sicurezza alle persone e all'ambiente;
è necessario quindi verificare le cause che hanno determinato l'anomalia e analizzare l'impatto della stessa sulla salubrità dell'ambiente –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto denunciato in premessa e quali azioni intendano adottare per verificare le cause che hanno determinato l'anomalia e le conseguenze della stessa sulla salubrità dell'ambiente;
se ritengano necessario convocare un tavolo istituzionale con l'ENI e gli organi competenti per verificare la sicurezza dell'impianto anche al fine di rassicurare la popolazione interessata. (4-03176)
SARRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
dall'articolo intitolato «Favori al presidente del Molise, indagato il questore di Campobasso», pubblicato dal quotidiano Corriere della Sera nell'edizione del 15 gennaio 2014, si apprende che il questore di Campobasso, dottor Giancarlo Pozzo, risulterebbe iscritto nel registro degli indagati per i reati di abuso d'ufficio e favoreggiamento personale;
tale iniziativa, assunta dal sostituto procuratore, dottor Fabio Papa, è connessa ad una vicenda che coinvolge l'attuale presidente della regione Molise, dottor Paolo Di Laura Frattura, e segnatamente i suoi interessi nella società Bio.com destinataria di pubbliche provvidenze;
secondo la ricostruzione riportata dal citato organo di informazione, il questore di Campobasso avrebbe assegnato la trattazione del caso ad un ufficio diverso da quello individuato dal magistrato procedente, operando in tal modo, un indebito intervento su una delega dell'autorità giudiziaria;
l'accaduto, già di per sé inquietante, si connota di preoccupanti tratti di opacità quando viene ricordato che la dottoressa Giuliana Frattura, sorella dell'attuale presidente della regione Molise, Paolo Frattura, opera presso la questura di Campobasso in posizione di assoluto rilievo, espletando le funzioni di capo di gabinetto e di vice questore vicario;
indipendentemente da eventuali profili penali, pure adombrati con l'esercizio dell'azione penale, la vicenda denota un anomalo intreccio tra funzioni investigative ed attività politica configurando per i funzionari coinvolti una sicura condizione di incompatibilità ambientale resa ancora più evidente dal clamore mediatico registratosi sul caso –:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per promuovere una apposita ispezione presso la questura di Campobasso e per rimuovere la segnalata condizione di incompatibilità ambientale. (4-03181)
RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
all'interno del Ministero dell'interno è stato istituito l'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, un organismo collegiale composto da rappresentanti di istituzioni, enti ed aziende a vario titolo interessate alla gestione delle manifestazioni sportive in Italia;
tra i componenti figurano, tra gli altri, le rappresentanze della Presidenza del Consiglio dei ministri – ufficio per lo sport –, la polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri, la Guardia di finanza, il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, il CONI, la FIGC, la Lega nazionale professionisti Serie A, Lega Pro, Lega nazionale dilettanti;
una problematica di rilevante importanza è quella relativa alla mancata adozione del modello organizzativo, ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, da parte delle società sportive militanti nella lega calcio di serie A e in quelle di categorie inferiori, inclusa la dilettantistica, quale requisito fondamentale per l'iscrizione al campionato di calcio a partire dalla stagione sportiva 2013/2014;
l'articolo 7 dello Statuto della FIGC cita «Il Consiglio Federale emana le norme necessarie e vigila affinché le società che partecipano a campionati nazionali adottino modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire il compimento di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto» e, nel tratteggiare le caratteristiche di questi modelli, di fatto riprende i principi propri del decreto legislativo n. 231 del 2001;
l'articolo 13 del Codice di giustizia sportiva (esimente ed attenuanti per comportamenti dei propri sostenitori) pone tra le circostanze esimenti/attenuanti, la seguente: «la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, modelli di organizzazione e gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi»;
l'Assemblea della Lega di serie A nella riunione del 20 aprile 2012 ha adottato il proprio Modello organizzativo, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, al quale le società sportive militanti in tale categoria hanno l'onere di uniformarsi, anche per la prevenzione delle frodi sportive;
l'adozione del predetto modello organizzativo è fondamentale requisito per l'iscrizione al campionato di serie A, a partire dalla stagione sportiva 2013/2014;
la volontà della Lega è di non limitare i modelli alla prevenzione dei soli reati presupposto previsti dal decreto legislativo n. 231 del 2001, ma di estenderli anche alla prevenzione della commissione degli illeciti che, a norma del codice di giustizia sportiva, possono dar luogo alla responsabilità oggettiva della società sportiva per il fatto del proprio tesserato o di altro soggetto ad essa collegato;
sono molteplici le «aree sensibili» rispetto alle quali possono configurarsi dei reati: dalla gestione contabile e redazione del bilancio, come per la compravendita dei calciatori (si pensi alle cosiddette plusvalenze incrociate); la sponsorizzazione e la pubblicità; gli omaggi e le spese di rappresentanza come possibile strumento corruttivo; l'approvvigionamento di beni e servizi; l'assunzione del personale e il conferimento di incarichi e consulenze; i rapporti con soggetti pubblici quali pubblica amministrazione nonché rapporti con CONI, FIGC;
sulla materia è intervenuta anche la guardia di finanza con la circolare n. 83607/2012 dal titolo «Attività della Guardia di finanza a tutela del mercato dei capitali», che descrive le modalità di indagine seguite per l'accertamento della responsabilità degli enti ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001 per fatti commessi dai vertici aziendali e stabilisce che non è sufficiente aver adottato il modello organizzativo poiché per evitare le negative conseguenze in termini di sanzioni pecuniarie e interdittive, la società dovrà provare l'attuazione del modello, in modo concreto ed efficace;
la mancata adozione da parte dei vertici aziendali del modello organizzativo per la prevenzione dei reati, potrebbe configurare non solo fattispecie penalmente rilevanti ma anche illeciti civili suscettibili di risarcimento danni, per omissione delle previste doverose cautele organizzative e gestionali;
la problematica in questione è di grande attualità, a riguardo, presso la procura di Cremona, è pendente un procedimento – in cui sono coinvolti diversi calciatori di serie A e B, tecnici e dirigenti di società professionistiche – nell'ambito del quale agli indagati risulta contestata l'associazione a delinquere finalizzata alla truffa ed alla frode in occasione di competizioni sportive, aggravata dalla circostanza della transizionalità;
al predetto procedimento, il Codacons e l'affiliata Associazione utenti servizi turistici sportivi e delle multiproprietà – Onlus – sono state ammesse come parti offese e, in particolare, il Codacons ha richiesto alla procura di Cremona la necessità di una estensione delle indagini nei confronti di tutte le società e associazioni sportive, direttamente o sotto il profilo della responsabilità oggettiva, nonché nei confronti di quelle autorità e di quegli organismi che per statuto sono deputati a garantire correttezza nello svolgimento delle gare, delle competizioni e dei campionati (FIGC, Lega Calcio e al CONI) rispetto ai quali potrebbero prospettarsi negligenze od omissioni idonee a configurare responsabilità penali;
la questione ha assunto nuovi connotati e aspetti, in merito a quanto emerso dal Corriere della Sera del 18 dicembre 2013 che in prima pagina ha pubblicato l'articolo a firma del giornalista Giovanni Bianconi dal titolo: «Calcio scommesse, mani sul mondiale? Trenta partite sospette. Anche Gattuso indagato», in particolare, si legge nell'articolo: «trenta partite sotto accusa, 4 arresti. Gattuso, ex Milan, e Brocchi, ex Lazio, tra gli indagati. Il nuovo capitolo del calcio scommesse scuote il mondo del pallone. Con un sospetto che affiora dall'inchiesta di Cremona: l'organizzazione tentava di mettere le mani sul mondiale»;
ebbene, considerando la molteplicità di casi in cui sono state implicate, rispetto alla commissione di reati, le società sportive militanti nella lega calcio, con il coinvolgimento sia di dirigenti che calciatori, si ritiene necessario un controllo rispetto alla concreta adozione del modello organizzativo previsto dal predetto decreto legislativo n. 231 del 2001 da parte delle società sportive –:
se risulti quali controlli siano stati effettuati per verificare il rispetto del modello organizzativo basato sul decreto legislativo n. 231 del 2001;
se i Ministri interrogati intendano adottare ulteriori e specifiche iniziative normative per contrastare le frodi che di frequente vedono coinvolte le società sportive militanti nella lega calcio nonché i soggetti ad esse collegati. (4-03184)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta scritta:
D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la sezione tarantina dell'A.I.F.I. (Associazione, italiana fisioterapisti) ha denunciato le condizioni in cui gli studenti del corso di laurea in fisioterapia sono costretti a seguire le lezioni. Il Corso, a numero chiuso, è una delle offerte formative dell'università degli studi di Bari Aldo Moro. La sede del corso, a partire dal 2014, si sarebbe dovuta spostare presso il polo universitario Jonico di Paolo VI, ma poiché i locali individuati non sono agibili, le lezioni continuano in via Deledda, al quartiere a Tamburi. La struttura ospita anche gli altri corsi di laurea delle Professioni Sanitarie – Infermieristica e tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro;
la situazione, a detta dell'A.I.F.I., è irrispettosa dei diritti fondamentali. Gli studenti frequentano le lezioni solo nelle ore diurne, perché mancano corrente elettrica e riscaldamento. Non essendoci corrente, a causa dell'ennesimo furto di cavi di rame, molti degli studenti frequentanti, che sono fuori sede, sono impossibilitati ad usare i distributori automatici, e, per quanto attiene alla didattica, non si può proiettare neanche una slide. All'interno della struttura manca una biblioteca fornita e utilizzabile dagli studenti, così come la predisposizione per dei laboratori;
un danno notevolissimo, denuncia l'A.I.F.I., per il territorio. Taranto costituisce centro di formazione nella materia da oltre 30 anni; dopo una sospensione di qualche anno dal territorio tarantino il corso è stato riattivato a Taranto nel 2012, e vanta un corpo docenti di professionalità, competenza ed esperienza;
gli studenti di questi corsi, sempre secondo l'A.I.F.I., frequentano nella sede di via Deledda, in attesa dell'avvio dei lavori della loro reale sede, l'ex ospedale Vecchio in via De Cesare. Questi lavori, tuttavia, non sono mai partiti né si può avere un'idea del tempo necessario per ultimarli. La cultura è un'occasione di sviluppo per tutta la città. Il degrado in cui versa la sede universitaria potrebbe avere come conseguenza la dismissione della stessa –:
quali iniziative intenda intraprendere per risolvere celermente le problematiche segnalate dall'A.I.F.I. a Taranto considerato che l'immobile in cui si trovano gli studenti appartiene al Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca.
(4-03180)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta orale:
SOTTANELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
gli ammortizzatori sociali in deroga molto spesso sono utilizzati dalle imprese in modo improprio, nonostante le norme legislative impongano di usarli per garantire la continuità del legame tra il lavoratore;
resta la necessità di superare il ricorso a politiche passive del lavoro e in particolare all'abuso della cassa integrazione e incentivare, al contrario, politiche attive che permettano ai lavoratori, in occasione delle sospensioni dell'attività aziendale, di attivare le proprie energie e competenze in modo autonomo;
in Abruzzo nel 2013 le aziende che hanno fatto richiesta di cassa integrazione in deroga sono state 1541 e l'effettivo utilizzo delle risorse si è attestato all'81 per cento per un ammontare di 42 milioni 120 mila euro;
sono state prorogate temporaneamente fino al 31 marzo 2014 le modalità di gestione degli ammortizzatori sociali in deroga previste nell'Accordo Quadro 2013 (siglato il 28 dicembre 2013 dal Cicas – Comitato di intervento per le crisi aziendali e di settore);
le risorse assegnate alla regione Abruzzo, pari a euro 68.417.922,00 risultano insufficienti a garantire le richieste di cassa integrazione e mobilità in deroga presentate alla data del 31 dicembre 2013;
la carenza di risorse finanziarie da destinare agli ammortizzatori in deroga per l'anno 2013 aggrava ulteriormente la già difficile situazione vissuta da migliaia di lavoratori, famiglie e aziende nella regione Abruzzo;
a causa dell'insufficienza delle risorse finora assegnate è stato possibile procedere all'autorizzazione delle istanze di cassa in deroga limitatamente al periodo gennaio/agosto 2013 e delle istanze di mobilità in deroga per un periodo di 5/8 mesi;
dall'attività di monitoraggio posta in essere da Italia Lavoro, si rileva che le richieste di ammortizzatori in deroga, riferite all'anno 2013, ancora inevase, determinano una spesa pari a circa euro 47.000.000,00, di cui circa euro 37.000.000,00 per Cassa integrazione in deroga e circa euro 10.000.000.00 per mobilità in deroga. Tenuto conto anche dell'effettivo utilizzo, cosiddetto «tiraggio», si stima un ulteriore fabbisogno di risorse finanziarie riferite all'anno 2013 pari, almeno, a euro 35.000.000.00;
è stata già presentata dalla regione Abruzzo la richiesta di autorizzazione all'utilizzazione delle risorse residue riferite all'anno 2012;
come da nota del MLPS protocollo n. 7788 del 4 marzo 2013 i provvedimenti regionali per l'assegnazione degli ammortizzatori in deroga devono essere contenuti entro il limite complessivo delle risorse finanziarie assegnate;
come emerso dalla riunione del Cicas (Comitato di intervento per le crisi aziendali e di settore) del 10 gennaio 2014 la regione Abruzzo, insieme con le Province e le parti sociali, «ritiene di aver operato una virtuosa ed oculata gestione delle risorse finanziarie assegnate in questi anni al proprio territorio, con evidenti e positivi risultati sia in termini di sostegno ai lavoratori e alle imprese che di ottimizzazione della spesa»;
in assenza di ulteriori risorse finanziarie la regione Abruzzo è impossibilitata a porre in essere le nuove autorizzazioni di cassa e mobilità in deroga –:
quali urgenti iniziative intenda porre in essere al fine di garantire la copertura in Abruzzo delle istanze di cassa e mobilità in deroga riferite all'anno 2013 e ancora inevase e assicurare le risorse stanziate sull'esercizio finanziario 2014. (3-00560)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARTELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la Pansac International, con sede legale presso Gambarare di Mira (Venezia) e unità produttive dislocate presso Mira, Marghera e Portogruaro in provincia di Venezia, nonché Ravenna e Verdellino-Zingonia (Bergamo), è attualmente in amministrazione straordinaria;
il gruppo operava nel settore dei film in polietilene e tessuto non tessuto, in campo alimentare, igienico-sanitario e industriale;
con sentenza n. 989/2011, del 12 dicembre 2011, il tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza della Pansac International Srl, nominando, il dottor Ciampi, giudice delegato, e l'avvocato Marco Cappelletto, commissario giudiziale;
a seguito della relazione predisposta dal commissario giudiziale, il tribunale di Milano ha espresso parere favorevole alla procedura di amministrazione straordinaria con decreto n. 1 del 2011, con parere conforme del Ministero dello sviluppo economico;
con decreto del 10 febbraio 2012, infatti, il Ministero dello sviluppo economico ha nominato l'avvocato Cappelletto commissario straordinario;
a partire dal 12 dicembre 2011 il gruppo in questione ha beneficiato, pertanto, della cassa integrazione straordinaria, ai sensi dell'articolo 7, comma 10-ter, della legge n. 236 del 1993 e per tutta la durata dell'attività del Commissario per un numero di 731 lavoratori;
la suddetta cassa integrazione guadagni straordinaria è stata erogata fino allo scorso 21 settembre 2013;
per quanto riguarda il periodo compreso tra il 22 settembre e il 12 dicembre 2013, quest'ultima si riferisce alla data di chiusura della attività commissariale e cessazione dell'amministrazione straordinaria, è stata avanzata lo scorso 16 dicembre, presso il ministero del lavoro e delle politiche sociali, richiesta di proroga della Cigs;
purtroppo i temi di verifica si prospettano lunghi, le organizzazioni sindacali valutano in circa 5/6 mesi i tempi di attesa, nonostante si tratti per il periodo in questione di una semplice proroga;
nel frattempo, nella giornata del 14 gennaio 2014 è stato siglato un nuovo verbale d'intesa tra società e organizzazioni sindacali presso il ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro, per concessione di nuova proroga del periodo di ammortizzatore sociale concernente il periodo successivo al 12 dicembre 2013;
si ipotizzano, quindi, ulteriori tempi di attesa che andrebbero ad aggiungersi a quelli già in essere per il periodo 22 settembre-12 dicembre 2013;
oltre 500 famiglie, quindi, dallo scorso 21 settembre, non ricevono alcun euro di sostegno al reddito con una situazione di criticità che si protrarrà anche per i prossimi mesi in attesa dei cosiddetti tempi tecnici di verifica ed erogazione;
si tratta di una situazione insostenibile socialmente e di difficile gestione in considerazione del disagio vissuto da questi lavoratori –:
se il Ministro interrogato intenda intervenire con la massima urgenza per accelerare i tempi di erogazione della cassa integrazione guadagni straordinaria a seguito della domanda di proroga presentata lo corso mese di dicembre, almeno per coprire il periodo finale del 2013, con l'obiettivo di tamponare l'emergenza e assicurare un minimo di sostegno per i lavoratori e le loro famiglie nonché di procedere comunque ad una velocizzazione dei tempi anche per quanto riguarda il periodo oggetto del verbale siglato nella giornata del 14 gennaio 2013. (5-01895)
RIZZETTO, CIPRINI, ROSTELLATO, BECHIS, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
si denuncia ormai da anni il gravissimo danno procurato all'erario dello Stato dalla legge 11 giugno 1974, n. 252, meglio conosciuta come «Legge Mosca» sulla Regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione;
detto provvedimento ha concesso il riconoscimento di un regime contributivo agevolato a persone che hanno, presuntivamente, prestato attività lavorativa alle dipendenze di partiti politici, sindacati, istituti di patronato e associazioni del movimento cooperativo ed ha rappresentato un palese caso di «conflitto di interesse», poiché è stata proposta dall'onorevole Giovanni Mosca, sindacalista della Cgil, per favorire partiti e sindacati;
è fatto notorio, difatti, che la legge Mosca, a causa degli inadeguati criteri ivi previsti per l'attribuzione del contributo previdenziale, si è rivelata illegittima poiché predisposta in modo da consentire il riconoscimento di anni di «falsa» attività lavorativa a molti di coloro che vi hanno beneficiato;
tale legge ha attribuito a circa 40.000 persone pensioni agevolate nonché il riscatto a basso costo degli anni trascorsi nel partito politico o nel sindacato, anche qualora non sia stata prestata alcuna attività lavorativa;
sul punto, uno dei paradossi di questo provvedimento legislativo, si individua nella norma prevista all'articolo 2, comma 2, che ha stabilito quale requisito per godere del beneficio pensionistico, una mera dichiarazione indirizzata all'Inps, rilasciata proprio dai presunti «datori di lavoro», e, dunque, da sindacati, partiti politici e cooperative, che sotto la loro responsabilità hanno attestato il periodo di incarico, la qualifica lavorativa e la retribuzione percepita in base alle tabelle retributive in vigore presso le rispettive organizzazioni;
ciò ha reso agevole ai predetti organi di dichiarare anni – in molti casi decenni – di falsa attività di lavoro, consentendo l'illegittimo riconoscimento di benefìci previdenziali agevolati;
ed, invero, sono stati incardinati molteplici procedimenti giudiziari che hanno coinvolto un centinaio di procure della Repubblica e che si sono conclusi in alcuni casi con la condanna per vari titoli di reato di soggetti che hanno avuto accesso al trattamento pensionistico regolato dalla legge in questione;
a riguardo, si ricorda, tra gli altri, il procedimento penale n. 9102 del 1995 dinanzi la procura della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto, che ha visto indagati la signora Elena Andrei, condannata con sentenza irrevocabile del 4 febbraio 2000, più altre 96 persone, nella qualità di beneficiari della legge Mosca;
ebbene, non vi è dubbio, che tale provvedimento normativo ha rappresentato una vera e propria frode ai danni dello Stato, con un carico per l'Inps che sembra essere di oltre 25.000 miliardi di lire, pari a circa 12,5 miliardi di euro;
è inaccettabile che, ogni azione proposta allo scopo di adottare concreti provvedimenti per far luce, definitivamente, su questa scandalosa vicenda è stata impedita dall'immobilità della classe politica che non ha neanche provveduto alla necessaria abrogazione di tale illegittima legge, a suo tempo anche prorogata –:
quale sia il numero di coloro che hanno ottenuto il benefico previdenziale previsto dalla legge 11 giugno 1974, n. 252;
a quanto ammontino i costi relativi ai trattamenti previdenziali in questione, anche con specifica indicazione di quelli sostenuti annualmente;
facendo salvi gli eventuali diritti legittimamente acquisiti, se si intendano concretamente assumere iniziative per individuare coloro che abbiano ottenuto illecitamente il riconoscimento del beneficio previdenziale, anche al fine di intraprendere le dovute azioni per il recupero delle relative risorse economiche sottratte in danno all'Inps;
se si ritenga di dovere adottare le opportune iniziative normative per abrogare la legge 11 giugno 1974, n. 252.
(5-01901)
Interrogazioni a risposta scritta:
RUSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
tra il 2009 ed il 2011, il comune di Tufino, ai sensi dell'articolo 1, comma 562, della legge n. 296 del 2006, ha proceduto alla stabilizzazione di 15 dipendenti precari che avevano maturato i requisiti previsti dalla legge;
a fronte di tale procedura, i 15 dipendenti, a far data da luglio 2011, sono stati assunti con contratto part-time a tempo indeterminato al fine di rispettare i limiti alle assunzioni di personale previste dalla normativa vigente;
nessun ricorso presso alcuna giurisdizione è stato proposto avverso tale procedura;
nel maggio del 2012, a seguito delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale, è stata eletta una nuova amministrazione che annovera come sindaco e assessore al personale componenti della minoranza consiliare della precedente amministrazione;
nell'agosto 2013, a seguito di un deliberato di giunta, si è saputo che l'amministrazione appena eletta, fin da subito, ha richiesto chiarimenti sulla procedura di stabilizzazione sia all'ARAN che al dipartimento della funzione pubblica;
l'ARAN non ha ritenuto di essere competente in materia;
il dipartimento della funzione pubblica ha inviato, nel giugno 2013, una risposta al quesito proposto dal comune di Tufino nel quale ha rinviato all'ente ogni valutazione di merito, effettuando solo una ricostruzione normativa e giurisprudenziale della procedura di stabilizzazione;
non esiste alcun parere pro-veritate di esperti in materia, così come richiesto anche dal revisore unico dei conti del comune di Tufino;
il 23 agosto 2013, la Giunta del comune di Tufino ha approvato una delibera con la quale ha evidenziato delle criticità nella procedura di stabilizzazione non supportate, come detto in precedenza, da alcun atto e/o documento che confermasse tali valutazioni di merito;
a seguito di tale deliberato la giunta ha rinviato ai dirigenti ogni valutazione;
i dirigenti di settore hanno proceduto ad un avvio di procedimento con richiesta di controdeduzioni ai 15 dipendenti stabilizzati che sono state da questi prodotte;
l'unico dirigente a contratto (architetto Nicola Litto, dirigente del settore tecnico) ha ritenuto di dover concedere una proroga di ulteriori dieci giorni per la presentazione delle controdeduzioni;
alla scadenza di tale ulteriore termine, l'architetto Litto, nonostante la giunta avesse provveduto a prorogare il suo contratto per un ulteriore anno, ha rassegnato in anticipo le proprie dimissioni, non completando il procedimento avviato;
in data 14 ottobre 2013 venivano assunte dieci determine di licenziamento per un numero pari di dipendenti;
in data 17 ottobre 2013, veniva nominato il nuovo dirigente del settore tecnico, che in data 24 ottobre 2013 provvedeva all'emanazione delle determine per il licenziamento dei restanti 5 dipendenti;
da agosto e fino ai provvedimenti di licenziamento vi è stata un'intensa attività di relazioni sindacali da parte soprattutto della Cisl ma anche delle altre sigle sindacali;
l'amministrazione comunale si è mostrata fin da subito ostica a qualsiasi confronto con le organizzazioni sindacali che sono state costrette a rivolgersi al prefetto di Napoli per la convocazione di un tavolo istituzionale;
lo stesso prefetto di Napoli ha richiesto al comune di Tufino di fornire ogni utile elemento sulla vertenza in atto;
la minoranza consiliare è stata costretta a richiedere un consiglio comunale per l'istituzione di una commissione tecnica che l'amministrazione ha convocato solo dopo aver proceduto ai licenziamenti di cui sopra;
con il licenziamento dei 15 dipendenti, di fatto, si è proceduto alla chiusura dell'ufficio tecnico e dell'ufficio sociale con gravi ripercussioni sui servizi essenziali che un comune è tenuto a fornire alla propria cittadinanza;
i 15 dipendenti hanno proposto ricorso sia al TAR Campania che al giudice del lavoro di Nola al fine di far valere le loro ragioni –:
ad avviso dell'interrogante è da ritenere illegittimo l'annullamento in autotutela a ben 4 anni dalla loro adozione dei contratti di lavoro, e più in generale degli atti amministrativi su cui si basa la stabilizzazione, tale vicenda appare collegabile ad un deprecabile atto politico che pesa in maniera assurda su 15 lavoratori e sulle loro famiglie in un periodo di crisi occupazionale che non lascia altre possibilità di impiego;
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tale procedura di licenziamento e se abbiano già provveduto a valutare la situazione e quali iniziative intenda assumere in proposito. (4-03179)
CATALANO, NICOLA BIANCHI e MANNINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la signora E.C. residente a Trani, è stata assunta in Poste Italiane (Postel) presso l'Aera sud 1 UP CORATO C., per il periodo 2 ottobre 2006 – 31 ottobre 2006, con contratto di lavoro a tempo determinato, con qualifica di impiegato e con inquadramento nel Livello D di cui al vigente sistema di classificazione professionale per il personale di Poste italiane spa, per lo svolgimento di attività di addetto alla sportelleria;
successivamente è stata assunta con contratto di lavoro a tempo determinato, a tempo parziale, di tipo verticale pari al 75 per cento dell'orario contrattuale per il periodo 11 luglio 2007 – 29 settembre 2007, con qualifica di impiegato nel livello D, nel ruolo di sportellista presso l'Area Sud 1 UP BARLETTA 3;
in seguito a diversi tentativi di ottenere la possibilità di svolgere il telelavoro, ha presentato, il 5 settembre 2010, domanda di trasferimento nella presso la filiale di Bari per gravi motivi familiari;
la necessità di trasferimento è motivata dalle condizioni di salute di suo padre che, come risulta da referto medico del 17 settembre 2010, necessita di assistenza perché invalido, e di sua figlia che, come risulta da referto medico con medesima data, risulta affetta, a causa della lontananza dalla madre, unico genitore, da bulimia;
il disagio su esposto ha arrecato problemi di salute alla stessa signora che, per il periodo 18 ottobre 2012 – 10 novembre 2012, è stata ricoverata presso la casa di cura psichiatrica Villa Serena;
la tutela dei soggetti portatori di handicap giustifica, ai sensi della legge n. 104 del 1992, deroga al normale svolgimento della prestazione lavorativa ed ai criteri ordinari che disciplinano i trasferimenti della categoria di personale di appartenenza;
l'indisponibilità al trasferimento nega un preciso diritto al lavoratore e danneggia ulteriormente una situazione familiare già delicata;
risulterebbe all'interrogante che in Postel non esisterebbe una graduatoria per la mobilità –:
se non intenda intervenire per favorire, nei limiti di competenza una maggiore sensibilità per le problematiche su esposte, presso imprese, come Poste italiane spa, a totale partecipazione pubblica. (4-03182)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
FRUSONE, BARONI, DALL'OSSO, DI VITA, GRILLO, LOREFICE e CECCONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la provincia di Frosinone ha un rapporto abitanti/posti letto di molto inferiore al minimo previsto di 3,7 dal decreto-legge n. 158 del 2012, convertito con legge n. 189 del 2012, ostacolo aggirato tramite il ricorso delle cosiddette, macroaree, invenzione della giunta Polverini, che fanno salire il numero dei posti letto artificiosamente penalizzando le province;
gli ospedali della provincia di Frosinone si trovano cronicamente sotto organico per i tagli seguiti al commissariamento della sanità della regione Lazio;
tale situazione costringe i medici a lavorare in situazioni di precarietà e al concreto rischio di «omissione di pubblico servizio» e di «omissione di soccorso» da parte del personale sanitario non avendo la possibilità di assumere tramite concorso e ricorrendo in maniera non del tutto chiara ad assunzioni ex articolo 18 del CCNL 8 giugno 2000 precarietà che destabilizza tutta la catena organizzativa e dirigente delle strutture;
tale situazione porta un enorme ricorso alle PES, cioè le prestazioni straordinarie oltre il normale orario di lavoro dei medici attualmente in organico;
tale abuso delle PES ha portato nell'ultimo anno ad un esborso di circa 6 milioni di euro non programmato e giustificato da logiche emergenziali;
con l'assunzione di circa 40 medici si andrebbero a colmare i vuoti organici creatisi fin d'ora e si potrebbe addirittura potenziare strutture come quella di Alatri;
questo ciclo di assunzioni alla fine sarebbe meno oneroso dell'abuso delle PES e quindi in piena logica spending review con il pregio di aumentare i servizi, sia in numero che in qualità e non creare disservizi come è sempre accaduto con i tagli lineari che sono stati fatti in questi anni;
secondo gli interroganti sarebbe più logico utilizzare i soldi spesi per le PES per assumere in pianta stabile i medici necessari per coprire i buchi di organico ed evitare l'illogica prassi di questi anni in cui per spendere di meno si è speso di più con un notevole abbassamento della qualità dei servizi erogati e l'aumento delle inadempienze che hanno poi portato all'illogica chiusura di ospedali necessari per quel territorio –:
se il commissario ad acta per il rientro del deficit sanitario della regione Lazio abbia valutato la proposta espressa in premessa al fine di favorire un contenimento dei costi sanitari e un miglioramento del servizio sanitario. (5-01900)
Interrogazione a risposta scritta:
FRUSONE, BARONI, DALL'OSSO, DI VITA e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
presso l'ospedale «Fabrizio Spaziani» di Frosinone è presente un centro trasfusionale e che risulta essere l'unico nell'intera area della provincia di Frosinone;
nella provincia di Frosinone sono presenti attualmente quattro poli ospedalieri e che tutti fanno riferimento al centro trasfusionale di Frosinone per le emergenze sangue dovute alle attività degli ospedali e in particolar modo delle sale operatorie;
è in atto lo spostamento di quest'unico centro trasfusionale presso il Policlinico di Tor Vergata lasciando praticamente la provincia di Frosinone senza nessun centro trasfusionale;
un trasferimento ad una struttura ospedaliera così distante dai maggiori 4 poli ospedalieri potrebbe causare un mancata risposta immediata alla richiesta;
sicuramente il trasferimento porterà ad un maggiore esborso per il sistema sanitario regionale dovuto all'aumento di percorrenza per il trasferimento delle sacche di sangue;
sul territorio non è stata attuata nessuna azione di informazione per quanto riguarda il nuovo assetto di organizzazione per le emergenze sangue;
esistono seri dubbi che sull'effettivo miglioramento del servizio;
la sanità nella regione Lazio è stata commissariata a causa dell'alto deficit economico e che questa soluzione sembra andare contro la razionalizzazione dei costi del servizio sanitario regionale –:
se il trasferimento del centro trasfusione dell'ospedale di Frosinone presso la struttura di Tor Vergata possa compromettere i livelli essenziali di assistenza e quali siano i costi che il trasferimento del centro trasfusione fuori dalla provincia di Frosinone potrebbe causare. (4-03163)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
TIDEI, IMPEGNO e PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
con decreto 11 marzo 2008 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha autorizzato l'Istituto per il commercio con l'estero (ICE) a bandire concorsi per l'assunzione di 360 unità; conseguentemente è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 82 del 21 ottobre 2008, il relativo bando di concorso pubblico per titoli ed esami finalizzato alla copertura di n. 107 posti nei ruoli del personale dell'ICE, area funzionale «C», posizione economica «C1»;
tale concorso ha avuto una durata di circa due anni per concludersi con la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale n. 34 del 30 aprile 2010, della graduatoria definitiva con 107 vincitori;
l'articolo 14, commi da 17 a 27, del decreto-legge del 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha provveduto a sopprimere l'Istituto nazionale del commercio estero, disciplinano il passaggio delle funzioni del soppresso ICE, nonché delle risorse umane, strumentali e finanziarie, al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero degli affari esteri per le parti di rispettiva competenza;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2011, è stata disposta l'autorizzazione ad assumere e a trattenere in servizio unità di personale per le esigenze di varie amministrazioni dello Stato, ai sensi dell'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni ed integrazioni e dell'articolo 9, comma 31, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122, prevedendo l'autorizzazione all'assunzione per il soppresso Istituto nazionale del commercio estero di 12 unità;
con decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 è istituita, ai sensi dell'articolo 22, comma 6, l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, denominata «ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane»; ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, che li esercita, per le materie di rispettiva competenza, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e sentito il Ministero dell'economia e delle finanze;
il medesimo articolo 14 del decreto-legge n. 98 del 2011, al comma 26, come da ultimo modificato dall'articolo 41, comma 1 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, trasferisce all'Agenzia un contingente massimo di 450 unità, provenienti dal personale dipendente a tempo indeterminato del soppresso istituto ICE, da individuarsi sulla base di una valutazione comparativa per titoli;
il 21 aprile 2012, su richiesta dell'Ufficio affari generali del MISE e del Ministro Giarda, l'Avvocatura Generale dello Stato ha emesso un parere dal quale sembrerebbe evincersi l'autorizzazione ad assumere personale ex ICE nonché la successione nei rapporti attivi e passivi dall'ex ICE al MISE;
alla luce di questo parere, il rapporto instaurato con la procedura concorsuale sembrerebbe pertanto essere proseguito dal soggetto successore (quindi il MISE);
sempre secondo l'Avvocatura dello Stato, i vincitori del citato concorso vanterebbero un diritto all'assunzione parificabile a quello del personale già in servizio presso l'ex-ICE;
il 4 giugno del 2012, con bando interno di avviso della procedura valutativa del personale a tempo indeterminato appartenente ai ruoli del soppresso Istituto e del conseguente avvio della procedura di valutazione comparativa dei titoli si è proceduto a dare attuazione alle direttive della Presidenza del Consiglio per la creazione dell'Agenzia inquadrando 450 unità nella nuova pianta organica e mettendo in mobilità i 140 dipendenti in esubero non selezionati per il nuovo ente;
considerando, che tale personale in mobilità potrebbe richiedere in futuro di rientrare nell'organico della nuova Agenzia, secondo i tempi e le modalità del turn over, i vincitori di concorso – assimilabili ai dipendenti ex Istituto per il commercio con l'estero, in quanto «in rapporto giuridico» con l'Istituto – vedrebbero svanire la possibilità di essere assunti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali azioni intenda intraprendere per dare corso, in tempo ragionevole, all'assunzione di tutti i vincitori del concorso espletato nel 2008 dando in tal modo una risposta ai titolari di un diritto. (5-01885)
SOTTANELLI, CIMMINO e ZANETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha introdotto la cosiddetta «legge Sabatini-bis», che, al fine di accrescere la competitività dei crediti al sistema produttivo, consente alle micro, piccole e medie imprese, comprese quelle agricole e del settore della pesca, (come individuate dalla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003) di accedere ai finanziamenti e ai contributi a tasso agevolato per gli investimenti, anche mediante operazioni di leasing finanziario, in macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché per gli investimenti in hardware, software e tecnologie digitali (ICT);
in particolare, gli investimenti ammissibili devono riguardare creazione o ampliamento di un'unità produttiva, diversificazione della produzione, cambiamento del processo produttivo, acquisizione di asset per evitare la chiusura di uno stabilimento;
i suddetti finanziamenti possono essere concessi, entro il 31 dicembre 2016, dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati all'esercizio dell'attività di leasing finanziario, purché garantiti da banche aderenti alla convenzione, e possono avere una durata massima di cinque anni dalla data di stipula del contratto, per un valore massimo complessivo non superiore a due milioni di euro per ciascuna impresa beneficiaria, anche frazionabile in più iniziative d'acquisto; il prestito può coprire fino al 100 per cento dei costi ammissibili;
ai sensi del comma 5 del medesimo articolo, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, saranno stabilite le condizioni di accesso al conseguente contributo spettante alla Pmi, rapportato agli interessi calcolati sul finanziamento ottenuto per l'acquisto del nuovo bene strumentale; la misura massima del contributo e le relative modalità di erogazione, prevista in più quote, in relazione alla durata effettiva del finanziamento; le attività di controllo e le modalità di raccordo con il finanziamento;
la concessione dei suddetti finanziamenti può essere assistita dalla garanzia del Fondo per le PMI di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nella misura massima dell'80 per cento dell'ammontare del finanziamento; il medesimo decreto attuativo dovrà definire, inoltre, le priorità di accesso e le modalità semplificate di concessione della garanzia del Fondo su tali prestiti;
l'industria dei macchinari industriali attende da diversi mesi, da quando è stato approvato il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, (primo decreto «del fare») elementi chiari e definitivi sul meccanismo che dovrebbe favorire l'acquisto o il leasing di beni strumentali mediante un contributo in conto interessi;
molti hanno pertanto deciso di posticipare gli investimenti, confidando di contrarre la spesa quando la norma sarà a tutti gli effetti operativa;
il decreto attuativo, che è stato finora firmato dal Ministro dello sviluppo economico e controfirmato, a fine novembre, dal Ministro dell'economia e delle finanze, è attualmente fermo alla Corte dei Conti per la registrazione, ultimo atto prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
tale decreto interministeriale non è l'unico provvedimento di attuazione previsto dalle disposizioni relative alla «legge Sabatini-bis»;
infatti, il comma 8 del citato articolo 2 del decreto legge n. 69 del 2013 ha stanziato un plafond per finanziamenti bancari di 2,5 miliardi (incrementabili fino a 5 miliardi in un'eventuale fase successiva) da gestire secondo una convenzione che il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, deve stipulare con Abi e Cassa depositi e prestiti; la convenzione, in particolare, deve definire i criteri di attribuzione alle banche del plafond, i contratti tipo di finanziamento e le attività di monitoraggio sui risultati;
i dati Unimu, l'associazione costruttori delle macchine utensili, segnalano la volontà delle PMI imprese di tornare ad investire, ma qualsiasi velleità di ripresa è ostacolata dalla scarsa liquidità e dalla difficoltà di reperire risorse;
pertanto, affinché le imprese formalizzino operazioni di acquisto in beni strumentali, è importante che le agevolazioni di cui possono usufruire diventino effettivamente operative –:
al fine di sostenere il settore dei macchinari industriali e delle dotazioni Itc per le imprese, oggetto della «legge Sabatini-bis», quali iniziative intenda adottare affinché le agevolazioni previste dall'articolo 2 del «decreto fare» n. 69 del 2013 siano al più presto operative, dal momento che un aiuto al credito potrebbe restituire dinamismo al mercato interno emancipando così l'industria dei beni strumentali dalla dipendenza dell’export, unico salvagente in questo periodo di crisi. (5-01891)
COLLETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nel 2010 la Officine Maccaferri Spa, società operante nel settore dell'ingegneria civile e delle costruzioni, ha ceduto il proprio stabilimento di Celano (Aq) alla società Trafilerie e Zincherie del Gruppo Pittini, produttore friulano di acciai per l'edilizia e la meccanica tramite una Società di Progetto (SPV) capitalizzata per euro 100.000, denominata Trafilerie e Zincherie di Celano Srl;
contestualmente all'acquisizione dell'impianto, la nuova proprietà ha siglato presso il Ministero dello sviluppo economico un accordo sindacale avente ad oggetto il mantenimento dei livelli occupazionali e della produzione industriale;
detta Srl ha usufruito di ogni tipo di ammortizzatore sociale, ovvero scivoli, cassa integrazione e contratti di solidarietà, senza che si verificasse alcuna riduzione dell'attività: acquisti e vendite dell'azienda non sono mai calati e nel 2012 si è addirittura registrato un record di produzione;
il 28 dicembre 2012, in palese violazione degli accordi l'Ad del gruppo Federico Pittini aveva pubblicamente dichiarato: «Abbiamo intrapreso la strada della delocalizzazione all'estero; tutto il comparto delle verticalizzazioni del gruppo è destinato a essere trasferito verso Paesi più amichevoli nei confronti delle imprese» e annuncia: «la decisione di trasferire all'estero una serie di produzioni è stata presa». Di conseguenza, «qualche centinaio di posti di lavoro potremmo lasciarli per strada»;
a soli 3 anni dalla firma dell'accordo, il gruppo Pittini ha comunicato la cessazione dell'attività dell'impianto, con la conseguente messa in mobilità di 86 addetti ed il loro licenziamento a partire dal 10 gennaio 2014;
in data 12 novembre 2013, il sindaco di Celano, Filippo Piccone, ha convocato in Municipio un tavolo tecnico con i rappresentanti della provincia e della regione Abruzzo per verificare la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali ed alla Cassa Integrazione per un periodo di dodici mesi durante i quali poter valutare altre opportunità occupazionali;
nel corso della riunione, cui hanno preso parte anche i rappresentanti sindacali di Uilm, Fim e Fiom, il sindaco Piccone ha dichiarato di aver ricevuto le richieste di un gruppo di imprenditori interessati a rilevare, dopo una fase esplorativa, il sito industriale della ex Maccaferri;
la riapertura delle trattative e la verifica del possibile accesso alla Cassa integrazione per gli 86 lavoratori di Celano rendono necessario l'intervento del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali –:
se il Ministro dello sviluppo economico intenda convocare urgentemente un tavolo di concertazione tra le parti sociali che coinvolga tutti gli imprenditori interessati all'acquisizione dell'impianto e che punti soprattutto alla salvaguardia dei posti di lavoro a rischio e al rilancio della produzione industriale nel sito di Celano;
se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel frattempo, voglia concedere agli 86 operai ex Maccaferri in mobilità la Cassa integrazione di almeno dodici mesi affinché questi e le loro famiglie possano condurre un'esistenza dignitosa in attesa dell'auspicabile ricollocazione. (5-01899)
Interrogazioni a risposta scritta:
PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto si apprende dalla stampa locale (Assempione.info del 4 gennaio 2014) e da un comunicato sindacale congiunto di FEMCA CISL Milano Metropoli, FILCTEM CGIL Ticino Olona, UILTEC UIL; la società «Manifattura Gai SRL» di Inveruno (Milano), ha formalmente deliberato la messa in liquidazione della società, la cui forma giuridica, ora è «Manifattura Gai SRL in liquidazione» e sono stati nominati due liquidatori con il compito di richiedere al tribunale competente l'ammissione alla procedura di concordato preventivo liquidatorio;
la tessitura attualmente offre lavoro a 75 persone;
La Cassa integrazione straordinaria è prevista in scadenza per la fine Marzo 2014: senza il rinnovo i lavoratori si troverebbero senza la possibilità di utilizzare un altro anno di CIGS;
sempre secondo il comunicato sindacale, i lavoratori richiedono urgentemente un incontro con la proprietà al fine di definire nel dettaglio alcune proposte, tra cui, nell'ambito del percorso di CIGS definire una procedura di mobilità volontaria e incentivata e una definizione di tutti gli altri aspetti economici, anche il carattere risarcitorio, e normativi a tutela dei lavoratori GAI –:
se si sia a conoscenza dei fatto sopra esposti;
nell'ambito delle procedure di legge se sia ipotizzabile verificare la possibilità di cessione della società ad altri imprenditori;
quali iniziative si intendano intraprendere affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e per accertare se siano stati rispettati i vincoli contrattuali, sindacali e di legge;
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di prevenire le ricadute sociali e occupazionali sul comprato lavorativo afferente al sito territorialmente interessato. (4-03169)
PINNA, NICOLA BIANCHI, VALLASCAS e CORDA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
gli ultimi anni hanno visto un aggravarsi della già difficile situazione dell'economia regionale sarda e i principali indicatori congiunturali hanno segnalato un nuovo marcato peggioramento;
l'11 dicembre del 2013 l'Agenzia regionale per il lavoro della regione Sardegna ha pubblicato un nuovo avviso per l'attuazione di politiche di formazione e impiego rivolte ai lavoratori e alle imprese operanti in Sardegna nel settore dei call center;
l'avviso segue l'Accordo stipulato in data 8 agosto tra l'Agenzia regionale per il lavoro e l'assessorato del lavoro per l'utilizzo dei fondi residui relativi al programma Welfare to work – Call center;
l'intervento consta nell'assegnazione di incentivi alle imprese di questo settore per la formazione e l'assunzione a tempo indeterminato di persone residenti nel territorio regionale e appartenenti alla categoria dei lavoratori svantaggiati, degli inoccupati o dei disoccupati;
gli incentivi suddetti saranno erogati sotto forma di bonus assunzionale, pari a 2 mila euro per lavoratore, con una procedura «a sportello», ossia esaminando ed eventualmente finanziando le domande in ordine cronologico di presentazione;
la finalità dichiarata dalla regione è quella di concentrare l'attenzione sulle imprese che svolgono attività di call center e che risultano avere un ruolo particolarmente importante sul territorio in termini di prospettive occupazionali –:
se risulti al Ministro se sia stata valutata l'entità dell'aiuto e verificata la compatibilità dell'incentivo con il mercato interno dell'Unione europea, sulla base delle procedure previste al comma 2, terzo capoverso dell'articolo 108 del Trattato per il funzionamento dell'Unione europea. (4-03183)
DELL'ORCO, LOMBARDI, NICOLA BIANCHI, CATALANO, DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e SPESSOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
i Centri di meccanizzazione postale (CMP), sono i luoghi presso i quali transitano e vengono smistati grandi quantitativi di corrispondenza da parte di Poste Italiane, tali centri risultano pertanto nevralgici e cruciali al fine dello svolgimento delle funzioni da parte di Poste Italiane;
fino al novembre 2013, l'indispensabile assistenza e manutenzione dei macchinari, costruiti dalla SELEX ES S.p.A., a servizio dei CMP era a carico di STAC ITALIA e LOGOS con circa 270 lavoratori forti di un'esperienza trentennale;
poste italiane in data 1o ottobre 2013 appalta a RTI SELEX ES Spa – PH FACILITY SRL il servizio di manutenzione e assistenza tecnica delle linee per lo smistamento della corrispondenza e delle attrezzature a supporto, servizio che fino ad allora la SELEX ES Spa subappaltava a STAC ITALIA e LOGOS;
a un mese dalla scadenza del bando di gara SELEX ES Spa disdice unilateralmente, con effetto immediato, gli appalti assegnati a STAC ITALIA e LOGOS, società in subappalto, senza prevedere alcuna tutela per i circa 270 tecnici e operai occupati nei vari centri;
PH FACILITY SRL non ha alcuna esperienza nel settore che, bensì risulta essere una consolidata azienda da mille dipendenti, ma in tutt'altro ramo, quello delle pulizie. Tra i suoi clienti vanta il ministero della giustizia e i monopoli di Stato, l'università di Genova e Finmeccanica;
da notizie sindacali risulterebbe non essere intenzione di PH FACILITY SRL assorbire i circa 270 lavoratori, ma probabilmente solamente il 60 per cento-70 per cento e non con le attuale condizioni contrattuali (contratto metalmeccanico) ma part-time e con contratti multiservizio, il tutto mentre nel giugno 2013 la UILM in una nota stampa a seguito di un tavolo d'incontro dichiarava: «La UILM giudica positivo questo primo incontro, PH Facility ha fatto intendere di essere un'azienda seria con capacità imprenditoriali e di sostenibilità finanziaria, di questi tempi una garanzia»;
la scelta di Poste Italiane di appaltare la manutenzione e l'assistenza tecnica della parte «cardine» del proprio sistema tecnologico ad un'azienda che, non solo è priva di esperienza nel settore, ma si è dimostrata incapace di gestire in maniera efficace i CMP causando, soltanto a Roma Fiumicino, 200 tonnellate di posta in giacenza e circa 1.200 tonnellate su tutto il territorio nazionale, generando ritardi nelle consegne in tutta Italia, proprio sotto il periodo natalizio, quando è presente un quantitativo maggiore di lettere e pacchi, non solo di doni ma anche di bollettini per il pagamento delle tasse, come ad esempio la TARES, che molti cittadini in alcuni comuni, si sono visti recapitare con giorni e giorni di ritardo, rischiando di dover pagare una sanzione per ritardato pagamento;
tale situazione dunque penalizza fortemente i cittadini che non ricevono nei tempi giusti e garantiti la propria corrispondenza, pur essendo in atto il controllo qualità con cui Poste Italiane garantisce lo standard del servizio e che costa ai cittadini circa 300 milioni di euro, ed un ulteriore verifica di un controllore esterno, che l'AGCOM ha affidato alla IZI Spa al costo di 1,2 milioni di euro, per verificare se Poste Italiane si comporta in modo conforme al contratto, pena il pagamento di sanzioni che possono arrivare a svariati milioni di euro;
nonostante i suddetti disservizi l'AGCOM il 19 dicembre 2013 ha deliberato la possibilità da parte di Poste Italiane di aumentare le tariffe entro il 2016, in alcuni casi fino al 50 per cento;
Poste italiane, i cui bilanci dal 2004 al primo semestre 2013 vedono 7 miliardi e 205 milioni di euro di utile, si colloca, per redditività, tra i primi operatori mondiali nella logistica, un'azienda di servizi ad alto valore aggiunto, con un assetto finanziario, solido e sano: 5,65 miliardi di euro di patrimonio netto, di cui 2,53 di disponibilità liquida e che tale situazione finanziaria ha permesso all'azienda di deliberare l'investimento di 75 milioni nel capitale di Alitalia, senza i quali, Alitalia avrebbe dovuto mettere a terra i voli proprio nel bel mezzo delle festività natalizie;
tra l'altro per portare a termine l'operazione Alitalia il presidente Giovanni Ialongo, il cui stipendio si aggira attorno ai novecento mila euro annui, ha dovuto riunire in data 20 novembre 2013 l'Assemblea degli azionisti di Poste italiane per deliberare una modifica dello statuto che includesse nell'oggetto sociale anche i servizi di trasporto aereo, allontanando dunque sempre più l'azienda dal suo business core che, a parere degli interroganti, deve rimanere quello della gestione del servizio postale universale. In tal senso è da evidenziare che l'amministratore delegato di Poste italiane, Sarmi, il cui stipendio si aggira attorno al milione e mezzo di euro annui in carica dal 2002, in questi anni ha portato i bilanci dell'azienda in attivo, privilegiando però il lato bancario e finanziario oltre che commerciale (come dimostra empiricamente il fatto che negli uffici postali quasi tutti gli sportelli sono finanziari e di solito uno solo è destinato ai servizi postali), trascurando invece del tutto quella che è la mission dell'azienda, come confermano anche i tagli di filiali locali (settecento uffici chiusi in due anni) –:
se e come intendano favorire, per quanto di competenza, l'attivazione di un tavolo di concertazione tra Poste Italiane, RTI SELEX ES Spa – PH FACILITY SRL, STAC ITALIA, LOGOS e le organizzazioni sindacali, al fine di trovare un'intesa che salvaguardi l'occupazione e/o la riallocazione dei circa 270 lavoratori;
quali iniziative intendano assumere per promuovere nei limiti di competenza un miglioramento dei bandi di gara di Poste Italiane, al fine di identificare non solo i fornitori migliori a livello economico ma, anche e soprattutto, dal punto di vista di capacità e attinenza della mansione richiesta;
se si intendano attivare le previste sanzioni, fino ad ora mai irrogate, nei confronti di Poste italiane;
se i Ministri ravvedano la necessità di consentire l'incremento delle tariffe postali, mentre aumentano i disagi per i clienti di Poste italiane e nonostante le finanze di Poste italiane risultino in buona salute;
se i Ministri intendano intervenire sul finanziamento con i soldi di Poste italiane alla compagnia privata Alitalia operazione che, ancora una volta, carica sulle spalle dei cittadini italiani il prezzo dell'incapacità gestionale dei dirigenti della compagnia aerea. (4-03185)
Apposizione di firme ad una interpellanza.
L'interpellanza urgente Bobba e altri n. 2-00362, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mariani, Bargero, Ghizzoni, Molea, Fregolent, Russo, Narduolo, Pastorelli, Antezza, Gentiloni Silveri, Marchetti, Cinzia Maria Fontana, Marazziti.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento) D'Incà n. 1-00314, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 152 del 15 gennaio 2014.
La Camera,
premesso che:
il Ministro è una figura chiave della compagine governativa, elemento di equilibrio politico nei rapporti tra le diverse forze parlamentari, sia di opposizione che di maggioranza, ed è pertanto indispensabile che i suoi atti, i suoi impegni e i suoi comportamenti siano ispirati alla massima trasparenza, legittimità e correttezza;
il Ministro, al momento della nomina, assume implicitamente l'obbligo della propria integrità morale; prestando giuramento, infatti, esprime formalmente il dovere di fedeltà che incombe su tutti i cittadini della Repubblica ed in modo particolare su coloro che svolgono funzioni pubbliche fondamentali e di interesse generale;
da notizie di organi di informazione del 4 gennaio 2014 risulta che l'attuale Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Onorevole De Girolamo, nel mese di luglio 2012 si sia resa complice di fatti gravemente dannosi a questo Governo che denotano la mancanza di rispetto della moralità e dell'onestà, elementi fondanti ed imprescindibili della fiducia da parte dei cittadini italiani;
da quanto emerge nelle intercettazioni telefoniche fornite dall'ex direttore dell'Asl di Benevento, Felice Pisapia, pubblicate dagli organi di informazione in data 4 gennaio 2014, il Ministro De Girolamo, all'epoca dei fatti deputata in forza PDL, avrebbe influenzato, in diversi incontri con i vertici dell'Asl, ed orientato:
l'affidamento milionario per il servizio 118;
l'ubicazione di presidi e strutture dell'Asl;
i «controlli ad hoc» in strutture ospedaliere guidate da persone a Lei non gradite;
per quanto attiene all'appalto milionario del 118 di Benevento sembrerebbe dalle intercettazioni che una società gradita al «direttorio politico-partitico» come lo ha definito il Gip dell'indagine sulla Asl di Benevento, sarebbe stata favorita, mentre un'altra sgradita è stata penalizzata con pagamenti ritardati;
dalle trascrizioni dell'informativa della Guardia di Finanza del 12 dicembre scorso che gli organi di informazione hanno pubblicato integralmente, si può leggere che il Ministro De Girolamo, parlando con due collaboratori il giornalista Luigi Barone e l'avvocato Giacomo Papa, suo attuale vicecapo gabinetto al Ministero, e il direttore generale della Asl Michele Rossi, ancora in carica, e Felice Pisapia soggetto a provvedimento restrittivo, chiede se sia possibile procedere ad affidamento diretto per il 118 di un appalto triennale per il valore di 12 milioni di euro. Il Pisapia dichiara anche che si rifiutò di passare, in anticipo, al Dott. Papa, vicecapo gabinetto al Ministero delle politiche agricole, il capitolato di appalto;
sulla base dell'informativa della Guardia di Finanza del 12 dicembre 2013 il pubblico ministero di Benevento Giovanni Tartaglia dispose il provvedimento restrittivo per il dottor Pisapia e chiese alla Guardia di Finanza di accertare se nelle conversazioni intercettate siano ravvisabili reati;
sebbene il Ministro De Girolamo non risulti ad oggi indagata, è estremamente grave che il suo nome compaia nelle registrazioni depositate nell'ambito di una inchiesta per truffa e peculato che denuncia centinaia di migliaia di euro sottratti alle casse dell'azienda sanitaria a favore di alcuni imprenditori;
da quanto si apprende appare evidente che l'intenzione dell'allora deputata, oggi Ministro della Repubblica e dei suoi interlocutori fosse quella di gestire la struttura sanitaria secondo le esigenze più funzionali ad un vero e proprio «direttorio i politico-partitico» – come definito dal Giudice delle indagini preliminari – a lei facente capo;
nei nastri registrati il 30 luglio 2012 la De Girolamo, tra l'altro, avrebbe usato, rivolgendosi a Michele Rossi (Manager dell'ASL), frasi del genere (letteralmente trascritte): «Michè, scusami, al Fatebenefratelli facciamo capire che un minimo di comando ce l'abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaff... ! Io non mi permetto di farlo, però ad essere presa per cu... da Carrozza, quando poi gli ho dato tanta disponibilità ogni volta che mi hanno chiesto, Miché». (il dottor Giovanni Carrozza è il direttore amministrativo dell'ospedale Sacro Cuore di Gesù-Fatebenefratelli);
è interessante, in particolare in relazione alle vicende del Servizio 118 reso, sembrerebbe, con enormi difficoltà di gestione create, certamente, da errate decisioni ai vertici decente; infatti sarebbe proprio di questi ultimi giorni un comunicato con cui i sindacati dei lavoratori proclamano uno sciopero per protestare la mancanza di rispetto degli impegni assunti dal Direttore Generale dell'ASL, dottor Michele Rossi. «In merito» – scrivono le parti sociali – «riteniamo fondamentale il puntuale rispetto delle clausole di garanzie riguardanti il mantenimento dei livelli occupazionali e stipendiali previsti dal punto 7.2 del capitolato di appalto per i suddetti lavoratori in relazione al cambio di appalto in essere e disposto a seguito dell'aggiudicazione alla Confederazione Nazionale delle Misericordie di gara avvenuta con delibera Asl di Benevento n. 122 del 14 giugno 2013. Ci preme rimarcare che: non sono stati mantenuti dal direttore generale dell'Asl gli impegni assunti sia in sede Prefettizia in data 24 ottobre in merito alla salvaguardia dei livelli occupazionali, retributivi e normativi in favore dei lavoratori e confermati in data 22 novembre 2013 nel corso di apposito incontro che aveva portato alla sospensione della procedura di passaggio di cantiere tra gli attuali gestori e la subentrante Confederazione Nazionale delle Misericordie»;
gli organi di informazione fanno riferimento anche alle registrazioni inerenti le importanti decisioni sull'ubicazione dell'ufficio territoriale dell'Asl. «Dove dovremmo metterlo ?», si chiese la futura ministra, «a Sant'Agata che Valentino (il sindaco del Partito democratico) è uno str... ? Cioè, non è nemmeno venuto da me»;
sempre secondo le versioni degli organi di informazione, nel veto sulla collocazione di una struttura a Forchia: «Preferisco darlo a uno del Pd che ci vado a chiedere 100 voti»;
è davvero inaccettabile che servizi di primaria importanza per i cittadini come quelli offerti dalle Asl vengano gestiti in funzione dei meccanismi di potere locale anziché in base a criteri e principi di efficienza ed efficacia attraverso la selezione di competenze e professionalità in grado di soddisfare, nel modo migliore, le aspettative di salute della popolazione assistita nel territorio di competenza;
purtroppo, il nome del Ministro in parola è apparso su altre intercettazioni agli atti di ulteriori inchieste della magistratura romana, risalenti al periodo in cui ella era deputata e componente della Commissione agricoltura, nelle quali emergono richieste di nomine e scambi di favore del tutto slegate da eventuali competenze e meriti;
sono altresì note le polemiche che investono le nomine, da parte del ministro in parola, di propri conterranei ai vertici di enti controllati dal dicastero di cui ella è titolare quali SIN ed AGEA le cui continue irregolarità ed inefficienze gestionali ne espongono l'operato complessivo ad impietosi giudizi;
il fatto che un Ministro, che all'epoca dei fatti, in qualità di deputato della Repubblica italiana, abbia tentato in maniera inconfutabile di imporre la sua posizione politica per influenzare decisioni così importanti per l'aspetto della salute pubblica, per il funzionamento trasparente della macchina pubblica, getta un'ombra indelebile sulla sua figura istituzionale da un punto di vista etico, morale e politico;
per i motivi esposti in premessa,
visti gli articoli 28 e 94 della Costituzione, l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati, esprime sfiducia al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo e lo impegna a rassegnare le immediate dimissioni.
(1-00314)
(Nuova formulazione) «D'Incà, Silvia Giordano, Lupo, Brescia, Nuti, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Catalano, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tacconi, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Pastorino n. 2-00287 del 6 novembre 2013;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Caparini n. 5-01496 del 19 novembre 2013.
Ritiro di una firma da una interpellanza.
Interpellanza urgente Carocci e altri n. 2-00366, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 gennaio 2014: è stata ritirata la firma del deputato Narduolo.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-03151 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 152 del 15 gennaio 2014. Alla pagina 8698, seconda colonna, dalla riga trentottesima alla riga quarantunesima, deve leggersi: «i dati, pubblicati sui siti web comunali e uffici anagrafe, indicano che oltre 127 mila persone, cioè le popolazioni dei comuni del lago di Garda, del lago d'Idro e» e non come stampato.