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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 13 febbraio 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 13 febbraio 2014.

  Angelino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Sani, Scagliusi, Sereni, Speranza, Tabacci, Tidei, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Brunetta, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lombardi, Lorenzin, Lupi, Mannino, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Sani, Scagliusi, Sereni, Speranza, Tabacci, Tidei, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 12 febbraio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GALATI: «Abrogazione del nono comma dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, concernente l'obbligo, a carico degli amministratori di condominio, di comunicare all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei fornitori» (2074);
   GALATI: «Istituzione della Commissione parlamentare per la terza età» (2075);
   GALATI: «Istituzione della Giornata nazionale della sicurezza domestica e condominiale e del Premio nazionale della sicurezza in ambito familiare e condominiale» (2076);
   CORDA ed altri: «Norme sull'informazione e sull'eventuale diniego dell'uso dei vaccini per il personale della pubblica amministrazione» (2077);
   MARAZZITI: «Disposizioni in materia di abolizione del canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione nonché istituzione del contributo per la pubblica editoria e delega al Governo per il coordinamento normativo» (2078).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di legge d'iniziativa regionale.

  In data 12 febbraio 2014 è stata presentata alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, la seguente proposta di legge:
   PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO: «Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo codice della strada”» (2091).

  Sarà stampata e distribuita.

Annunzio di disegni di legge.

  In data 12 febbraio 2014 sono stati presentati alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
  dal Ministro dell'economia e delle finanze:
   «Disposizioni concernenti partecipazione a Banche multilaterali di sviluppo» (2079);
  dai Ministri degli affari esteri e della giustizia:
   «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica federativa del Brasile, fatto a Brasilia il 27 marzo 2008» (2080);
  dai Ministri degli affari esteri e dell'interno:
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Sud Africa in materia di cooperazione di polizia, fatto a Cape Town il 17 aprile 2012» (2081);
  dai Ministri degli affari esteri e per gli affari europei:
   «Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo e dello Scambio di Lettere recanti modifiche alla Convenzione tra Italia e Lussemburgo intesa ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio ed a prevenire la frode e l'evasione fiscale, con Protocollo, del 3 giugno 1981, fatti a Lussemburgo il 21 giugno 2012» (2082);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri dell'Unione europea, riuniti in sede di Consiglio, relativo al finanziamento degli aiuti dell'Unione europea forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 in applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-UE e all'assegnazione di assistenza finanziaria ai Paesi e territori d'oltremare cui si applicano le disposizioni della parte quarta del trattato sul funzionamento dell'UE, fatto a Lussemburgo il 24 giugno 2013» (2083);
  dai Ministri degli affari esteri e per gli affari regionali e le autonomie:
   «Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992» (2084);
  dal Ministro degli affari esteri:
   «Ratifica ed esecuzione del Protocollo facoltativo relativo al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, fatto a New York il 10 dicembre 2008» (2085);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica argentina riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo, fatto a Roma il 17 luglio 2003, con Scambio di lettere interpretativo, fatto a Roma il 25 giugno 2012 e il 3 settembre 2012» (2086);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Baliato di Guernsey sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 5 settembre 2012» (2087);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dell'Isola di Man sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 16 settembre 2013» (2088);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e Gibilterra per lo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 2 ottobre 2012» (2089);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e le Isole Cayman sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 3 dicembre 2012» (2090).

  Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   I Commissione (Affari costituzionali):
  ALLASIA ed altri: «Modifica all'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, in materia di tutela della lingua storica piemontese» (1726) Parere delle Commissioni V, VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   II Commissione (Giustizia):
  TARTAGLIONE ed altri: «Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, in materia di ruolo organico e di conferma dell'incarico dei giudici di pace» (1696) Parere delle Commissioni I, V e XI;
  NASTRI: «Introduzione dell'articolo 605-bis del codice penale, in materia di sequestro di persona di età minore di dodici anni» (1739) Parere delle Commissioni I e XII.
   VI Commissione (Finanze):
  NASTRI: «Disposizioni per la trasformazione delle banche popolari quotate nei mercati regolamentati in società per azioni di diritto speciale» (1740) Parere delle Commissioni I, II, V e XIV.
   VII Commissione (Cultura):
  TONINELLI ed altri: «Modifica all'articolo 1 del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, e disposizioni concernenti l'acquisizione di nozioni fondamentali della lingua inglese nella scuola dell'infanzia» (1717) Parere delle Commissioni I, V e XI.
   Commissioni riunite V (Bilancio) e VIII (Ambiente):
  MARCHI ed altri: «Delega al Governo per l'istituzione di un sistema integrato di contabilità ambientale» (1655) Parere delle Commissioni I, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 20 dicembre 2013, integrata da successiva documentazione inviata in data 12 febbraio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nel capitolo 1261 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno 2013, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (80).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura) che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 5 marzo 2014.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti in merito alla mancata partecipazione del Ministro per l'integrazione ad una manifestazione prevista a Brescia il 28 settembre 2013 – 2-00405

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per l'integrazione, per sapere – premesso che:
   il Ministro interpellato era atteso il 28 settembre 2013 a Brescia, dove avrebbe dovuto prendere parte alla manifestazione «Brescia incontra il Mondo», organizzata nella locale parrocchia di Santa Maria in Silva;
   il Ministro interpellato ha, invece, rinunciato a parteciparvi, costringendo i promotori di «Brescia incontra il Mondo» ad annullare l'iniziativa;
   stando a ricostruzioni a suo tempo pubblicate da organi di stampa e basate su indiscrezioni attribuite allo staff del Ministro interpellato, la rinuncia sarebbe stata riconducibile a raccomandazioni provenienti da non meglio precisati organi del governo locale, causate da temuti problemi di ordine pubblico, a loro volta legati a preannunciate dimostrazioni concomitanti indette dal movimento «Forza Nuova» e dai centri sociali;
   rispondendo in Parlamento ad un'interrogazione a risposta immediata presentata sulla vicenda, il 23 ottobre 2013 il Ministro interpellato imputava, invece, la sua assenza a difficoltà dovute all'accavallarsi di altri impegni, peraltro non meglio specificati, attribuendo all'iniziativa autonoma di un suo «fantasioso collaboratore», Paolo Carletti, l'invio di una lettera di giustificazioni immotivatamente allarmistica agli organizzatori di «Brescia incontra il Mondo»;
   lo stesso Paolo Carletti, successivamente all'intervento del Ministro interpellato, Cécile Kyenge, in Parlamento, avrebbe rassegnato le proprie dimissioni dallo staff del Ministro interpellato;
   il 4 febbraio 2014, il medesimo Carletti ha ribadito però la sua versione dei fatti, aggiungendo che il Ministro interpellato, Cécile Kyenge, avrebbe rinunciato alla propria presenza in seguito a pressioni esercitate dal sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, di cui sussisterebbe traccia indiretta in una mail inviata da Giovanna Benini, responsabile del Forum Immigrazione del Partito Democratico, alla segretaria del Ministro interpellato;
   nella sua comunicazione al Ministro interpellato, in effetti, Giovanna Benini farebbe espresso riferimento ad una telefonata ricevuta dal sindaco Del Bono, diretta ad ottenere la cancellazione dell'iniziativa, in ragione delle manifestazioni concomitanti indette da «Forza Nuova» e dai centri sociali;
   il Ministro interpellato avrebbe, infine, annullato la propria partecipazione con una nota ufficiale in cui erano espressamente menzionate «questioni di ordine pubblico» –:
   quale sia l'esatta ragione che ha indotto il Ministro interpellato a non partecipare il 28 settembre 2013, a Brescia, alla manifestazione «Brescia incontra il Mondo», organizzata nella locale parrocchia di Santa Maria in Silva e se tale ragione sia esattamente quella affermata alla Camera dei deputati il 23 ottobre 2013, in risposta ad un'interrogazione a risposta immediata.
(2-00405) «Giancarlo Giorgetti, Borghesi, Caparini, Allasia, Attaguile, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


Tempi e modalità di attuazione della normativa in tema di trasparenza della Rai, con particolare riferimento alla comunicazione del costo annuo del personale utilizzato – 2-00400

B)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere – premesso che:
   con l'interpellanza urgente presentata dal sottoscritto interpellante l'8 gennaio 2014, è stata messa in evidenza la necessità dell'attuazione della norma di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale 30 ottobre 2013, n. 255);
   la sopradetta disposizione ha integralmente sostituito, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, nella precedente formulazione, prevedeva che gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità, nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   l'intervento operato dal decreto-legge n. 101 del 2013 integra, in primo luogo, l'ambito soggettivo di riferimento del sopradetto articolo 60, estendendo la platea dei soggetti tenuti al rispetto dell'obbligo di comunicazione previsto anche alle società non quotate, partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, e dalla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
   detto intervento opera, inoltre, sul contenuto informativo dell'obbligo stesso, in particolare per la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, andando a specificare che il costo annuo del personale comunque utilizzato ed oggetto della comunicazione deve ritenersi riferito ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo;
   in virtù di tale disposizione, pertanto, anche la Rai, in quanto società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, è tenuta a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero dell'economia e delle finanze il costo annuo del personale comunque utilizzato, con riferimento ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, in conformità a specifiche procedure definite d'intesa con i predetti dicasteri;
   per la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo viene, quindi, introdotta una disposizione specifica: per quest'ultima, infatti, che già comunque sarebbe rientrata nell'ambito delle «società non quotate partecipate o direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni» (e che quindi sarebbe stata comunque soggetta agli obblighi di comunicazione del costo del personale), viene specificato che la comunicazione deve essere relativa ai «singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo»;
   in risposta all'interpellanza presentata, nel corso della seduta dell'assemblea della Camera dei deputati di venerdì 10 gennaio 2014, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Legnini, in relazione alla concreta attuazione della disposizione di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, ha fatto presente che «il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha già predisposto una prima bozza di documento di lavoro per la definizione delle procedure di acquisizione dei dati utili a soddisfare le necessità informative previste dalla norma che, peraltro, riguarda una pluralità di soggetti»;
   il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Legnini ha poi dichiarato che «sulla base di tale bozza di documenti nella giornata del 9 gennaio 2014, è stata svolta la prima riunione di coordinamento tra rappresentati del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio con il quale è stato avviato il percorso attuativo della norma per verificare le modalità di rilevazione più idonee all'interno del suddetto sistema conoscitivo che, comunque, con riferimento alla RAI, in ordine alla quale la norma prescrive l'acquisizione di informazioni di maggior dettaglio (ovvero il costo annuo dei singoli rapporti di lavoro), richiederà una specifica modalità di trattazione»;
   il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Legnini ha, infine, sottolineato che «successivamente, per la piena operatività della norma, si provvedere ad implementare il sistema informativo Sico (Sistema conoscitivo del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche) ed a svolgere tutte le attività propedeutiche all'avvio della rilevazione, che sarà realizzata senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato»;
   in conclusione, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri ha precisato che «la disciplina normativa che è stata puntualmente richiamata sarà attuata, come è doveroso fare, entro i tempi tecnici strettamente necessari e con le procedure che sono state richiamate»;
   ad oggi, non risulta all'interpellante alcuna novità rispetto a quanto affermato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Legnini nel corso della seduta della Camera dei deputati del 10 gennaio 2014;
   predisporre le modalità di attuazione della citata disposizione di legge è un elemento fondamentale, perché il tema esige grande chiarezza e massima trasparenza, soprattutto nei riguardi dell'opinione pubblica e dei cittadini che contribuiscono al finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo –:
   a che punto sia il percorso attuativo della disposizione di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e quali misure, nell'ambito di competenza dei Ministri interpellati, siano state assunte e quali si intendano assumere con urgenza al fine di dare piena e immediata attuazione alle previsioni normative in tema di trasparenza che riguardano la Rai, per dare finalmente avvio alla pubblicazione dei singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, a partire da quelli legati alla realizzazione del prossimo Festival di Sanremo.
(2-00400) «Brunetta».


Elementi e iniziative di competenza in relazione alla recente vicenda giudiziaria che ha coinvolto l'ex presidente dell'Inps – 2-00388

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   come è emerso nelle ultime ore dagli organi di stampa, la procura della Repubblica di Roma sta indagando su Antonio Mastrapasqua – all'epoca dei fatti presidente dell'Inps – per presunte cartelle cliniche «truccate», al fine di gonfiare rimborsi in favore dell'Ospedale Israelitico di Roma diretto dallo stesso signor Antonio Mastrapasqua;
   il quotidiano La Repubblica quantifica in 12.164 le schede di dismissione «taroccate» alla regione Lazio finalizzate all'ottenimento di «13,8 milioni di euro di rimborsi non dovuti», cui si sommano «71,3 milioni di euro» di presunto «vantaggio patrimoniale»;
   il quotidiano La Repubblica, inoltre, rivela come lo stesso Mastrapasqua sia indagato per truffa, abuso di ufficio e falso ideologico e come da settembre 2013 sia stato interrogato più volte dal pubblico ministero Cristina Palaia;
   il Premier Enrico Letta ha chiesto «massima chiarezza nel rispetto dei cittadini» e ha inviato il Ministro interpellato a fornire una relazione in merito ad una vicenda che, se accertata, si paleserebbe come gravissima;
   il signor Antonio Mastrapasqua, in veste di direttore dell'Ospedale Israelitico di Roma, si sarebbe altresì impegnato a curare pendenze con l'Inps – di cui lo stesso era presidente – effettuando compensazioni di titoli inerenti fatture dell'Ospedale Israelitico di Roma versus la regione Lazio, fatture che, alla luce delle indagini in corso, si presumono fraudolentemente gonfiate;
   il signor Mastrapasqua, nelle sue funzioni di dominus dell'Ospedale Israelitico di Roma, risulta avere negoziato con la regione Lazio la consistenza, la coerenza e la bontà di moltissime fatture del valore di milioni e milioni di euro che talune asl di Roma devono rimborsare all'Ospedale Israelitico di Roma;
   sempre il giornale La Repubblica on-line del 27 gennaio 2014 informa che l'accordo con la regione Lazio era stato proposto da un dirigente, noto con il cognome di Romano, e poi approvato dalla governatrice della regione Lazio Polverini, nel suo ruolo di commissario ad acta per il deficit della sanità nel Lazio, anche se erano state avanzate riserve forti da parte dei rappresentanti dei Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute presenti al tavolo tecnico;
   il signor Mastrapasqua già presidente dell'Inps esercita, tra le altre, le cariche di vice-presidente di Equitalia Centro spa, vice-presidente del consiglio di amministrazione di Equitalia Nord spa, presidente del collegio sindacale di Groma srl, presidente del collegio sindacale di Mediterranean Nautilus Italy spa, sindaco effettivo di Coni servizi spa, presidente del collegio sindacale di Telenergia srl, sindaco effettivo di Autostrade per l'Italia spa, presidente del consiglio d'amministrazione di Equitalia Sud spa, sindaco effettivo di Loquenda spa, direttore dell'Ospedale Israelitico di Roma, presidente di Idea Fimit sgr, direttore della Casa di riposo ebraica, presidente del collegio sindacale di Eur Tel srl;
   l'esercizio della carica di presidente dell'Inps assume ipso facto una rilevanza tale da non ammettere situazioni nelle quali la carica di presidente dell'Inps viene esercitata unitamente e contemporaneamente a numerose altre cariche;
   la stessa Corte dei conti, in sede di «Determinazione e relazione della Sezione di controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS)» ha rilevato come sia fondamentale evitare «eccessive concentrazioni di potere» (evidentemente, a parere degli interpellanti, tanto più se in capo ad un solo soggetto) in quanto non funzionale al proficuo esercizio delle attività di tali importanti enti;
   a parere degli interpellanti, la compensazione crediti/debiti effettuata dall'Ospedale Israelitico di Roma apparirebbe irrituale e molto probabilmente non accordata ad altri contribuenti nelle normali procedure di attività di riscossione –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti su esposti;
   se la decisione dell'accettazione in compensazione da parte dell'Inps dei crediti anomali dell'Ospedale Israelitico di Roma, in considerazione della rilevanza della cifra, sia stata attentamente vagliata e approvata dai revisori dei conti e da altri organismi di vigilanza dell'Inps, resi edotti, si presume, delle riserve dei funzionari governativi;
   se la decisione dell'accettazione in compensazione da parte dell'Inps dei crediti anomali dell'Ospedale Israelitico di Roma, in considerazione della rilevanza della cifra, sia stata vagliata da consulenti esterni, resi edotti, si presume, delle riserve dei funzionari governativi, magari tramite un parere pro veritate;
   se il Ministro interpellato intenda fare luce in merito alla presunta compensazione crediti/debiti effettuata all'Ospedale Israelitico di Roma;
   se sia nella disponibilità del Ministro interpellato un report relativo ai controlli effettuati dai revisori dei conti e dagli altri organismi di vigilanza dell'Inps, in merito alla vicenda dell'Ospedale Israelitico di Roma;
   se il Ministro interpellato intenda assumere ogni opportuna iniziativa al fine di pervenire ad un'ottimizzazione del modello di governance che permetta di garantire la «buona condotta» dell'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), capace di promuovere l'interesse pubblico e quello delle principali categorie di stakeholder, rispettosa delle normative e delle procedure, responsabile ed efficiente nell'uso delle risorse, efficace nella qualità, trasparenza e correttezza dei processi decisionali;
   se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative, anche di natura normativa, che prevedano l'incompatibilità del ruolo di presidente dell'Inps contemporaneamente all'esercizio di qualsiasi altro incarico o funzione e, altresì, l'incompatibilità dell'esercizio della carica di presidente dell'Inps per soggetti che ricoprano o abbiano ricoperto negli ultimi tre anni incarichi pubblici elettivi, sancendo così il vincolo di esclusività di tale carica;
   se il Ministro interpellato intenda assumere iniziative, anche di natura normativa, al fine di introdurre, per l'assegnazione dell'incarico di presidente dell'Inps, il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti;
   se il Ministro interpellato intenda assumere iniziative normative volte all'introduzione di stringenti requisiti di competenza e professionalità per l'assunzione della carica di presidente dell'Inps.
(2-00388) «Baldassarre, Silvia Giordano, Barbanti, Rostellato, Cecconi, Ruocco, Rizzetto, Baroni, Cancelleri, Bechis, Dall'Osso, Alberti, Chimienti, Di Vita, Pesco, Ciprini, Grillo, Pisano, Cominardi, Lorefice, Villarosa, Tripiedi, Mantero, Nuti».


Iniziative a tutela dei minori «fuori famiglia», con particolare riferimento alla valorizzazione dell'istituto dell'affido temporaneo ed ai controlli sulle strutture di accoglienza di tipo familiare – 2-00373

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia;
   la legge 4 maggio 1983, n. 184, «Diritto del minore ad una famiglia» e successive modificazioni, prevede l'affidamento del minore ad una famiglia o ad una persona singola in grado di garantirgli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno nel caso in cui il minore sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo o, qualora questo non sia possibile, l'inserimento in una comunità di tipo familiare o in un istituto di assistenza pubblico e privato;
   la condizione dei minori allontanati dalla famiglia di origine con provvedimento di un'autorità giudiziaria è in Italia e nel resto del mondo oggetto di discussioni e confronti spesso aspri;
   la legge n. 184 del 1983 prevede, altresì, il diritto del minore alla propria famiglia, precisando «le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto»;
   l'articolo 2 della legge n. 219 del 2012, che ha conferito la delega al Governo per la modifica delle disposizioni in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità, ha introdotto tra i numerosi principi e criteri direttivi dettati dal comma 1 la specificazione della nozione di abbandono morale e materiale del figlio, con riguardo all'irrecuperabilità delle capacità genitoriali, fermo restando che le condizioni di indigenza non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia (lettera n);
   il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, «Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale 8 gennaio 2014, n. 5, che entrerà in vigore il 7 febbraio 2014, emanato in attuazione della sopradetta delega, ha introdotto modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, tra le quali l'introduzione dell'articolo 79-bis che prevede che il giudice segnali ai comuni le situazioni di indigenza di nuclei familiari che richiedono interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia;
   in una risoluzione del 2009 (Linee guida relative all'accoglienza eterofamiliare dei minori, adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2009, A/RES/64/142, pubblicata il 24 febbraio 2010), le Nazioni Unite impegnano gli Stati con ogni mezzo (finanziario, psicologico e organizzativo) a preservare il rapporto del minore con la sua famiglia di origine e ad impedire che il bambino ne debba uscire e, in tal caso, ad agevolarne il rientro dettando criteri ben precisi sull'affidamento temporaneo, quali: che il minore sia tenuto in luoghi vicini alla sua residenza abituale; che si ponga attenzione a che il minore non sia oggetto di abuso o sfruttamento; che l'allontanamento si prospetti temporaneo e si cerchi di preparare il rientro in famiglia al più presto possibile; che il dato della povertà familiare non sia da solo sufficiente a giustificare l'allontanamento del minore; che i motivi d'ordine religioso, politico ed economico non siano mai causa principale dell'invio di un minore fuori dalla famiglia; che sia preferita, ove possibile, l'assegnazione ad un ambiente familiare rispetto all'istituto (soprattutto sotto i tre anni d'età). In tutti i casi, comunque, si richiede il coinvolgimento del minore nelle decisioni che lo riguardano;
   in Italia, durante la fase transitoria pre-affidataria, il bambino viene accolto presso comunità di tipo famigliare (cosiddette «case famiglia»), con sede in civili abitazioni, per la durata dell'impedimento o del periodo di difficoltà, con l'obiettivo principale di trovare successivamente una collocazione familiare;
   nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni e la durata dell'affidamento, che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore;
   nei fatti, in Italia, tale pratica giuridica sottopone il minore ad un lungo ed estenuante iter prima dell'affidamento, dando luogo al fenomeno dei cosiddetti «allontanamenti facili»;
   secondo la prassi che vige negli affidamenti temporanei, da quando il giudice tutelare assegna il minore alla casa famiglia al termine delle verifiche da parte degli uffici competenti e si dispone l'affidamento, trascorrono addirittura anni (la media si aggira intorno ai 3 anni), dando origine a vergognose lunghissime permanenze nelle case famiglia con ripercussioni gravissime sulla salute e sulla formazione del minore;
   recenti stime attestano che il numero di bambini fuori famiglia è oscillato in Italia negli ultimi anni tra le 25 e 30 mila unità rispetto agli anni passati, e che l'affidamento temporaneo è cresciuto intorno al 24 per cento;
   in Italia non esiste un sistema di monitoraggio strutturato a livello istituzionale che rilevi dati omogenei e confrontabili, né tanto meno una mappatura degli istituti residenziali di accoglienza, sulla qualità di tali strutture, sulla qualifica del personale, sul valore dei servizi erogati e sulla progettualità dell'affido;
   la mancanza di rilevazioni periodiche e di una vera e propria organizzazione a livello istituzionale hanno portato, in molti casi, alla necessità di proporre valori di stima per molte realtà regionali, evidenziando serie difficoltà nel reperire informazioni trasparenti sul fenomeno dei bambini fuori dalla famiglia e sulle loro condizioni di vita nelle comunità residenziali di accoglimento, rendendoli dei bambini invisibili;
   stime recenti fanno riferimento a più di 1.800 centri, con alcune regioni, come l'Emilia Romagna, il Lazio, la Lombardia e la Sicilia, che registrano una concentrazione di 300 strutture. Una discreta differenziazione, in termini quantitativi, si riscontra anche fra le regioni del Sud: in assoluto, la regione che presenta il maggior numero delle strutture è la Sicilia, con 63 istituti per minori. In definitiva, emerge che in Italia ci sono oltre 30 mila minori ospitati presso strutture di accoglienza;
   dal rapporto elaborato dall'istituto degli Innocenti con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, pubblicato nel 2011, emerge un quadro complesso e variegato dei bambini fuori famiglia, le cui risultanze risentono delle difficoltà di copertura territoriale dei monitoraggi attivi;
   in assenza di informazioni attendibili su ciò che avviene nelle case famiglia, i minori passano dalla condizione di «allontanati» a quella di «abbandonati», spesso senza possibilità di avere contatti col mondo esterno;
   a quanto è dato sapere, poco meno di un bambino su 10 presenta una qualche forma di disabilità certificata o un motivo grave per giustificare un allontanamento dalla famiglia: infatti, oltre il 50 per cento degli inserimenti in struttura è dovuto soprattutto ad inadeguatezza/incapacità genitoriale o assenza di una rete famigliare adeguata o problemi giudiziari di uno o entrambi i genitori: motivi che consentirebbero di agire in prima istanza attraverso un'adeguata azione domiciliare dei servizi sociali;
   l'allontanamento del minore dalla famiglia e la sua conseguente istituzionalizzazione rappresentano un vero e proprio trauma per il bambino che, nella maggior parte dei casi, viene strappato nel giro di pochi giorni dal nucleo familiare senza che sia predisposto un percorso psicologico di sostegno, e deve attendere mesi, e spesso anni, per essere reinserito;
   sono numerosissime le segnalazioni pervenute in questa e nelle precedenti legislature alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, da parte di privati e associazioni no profit che denunciano il cosiddetto fenomeno degli «allontanamenti facili», quasi tutti conseguenza di analisi frettolose di separazioni conflittuali o di difficoltà economiche familiari;
   altrettanto numerose risultano le denunce da parte di genitori nei riguardi delle strutture in cui versano i figli «ospitati», nella maggior parte dei casi edifici inospitali, con carenze igienico-sanitarie e inagibili, o peggio ancora denunce di casi di maltrattamenti e abusi sui minori;
   il controllo dei «flussi» impone un'azione urgente dal punto di vista della sicurezza negli istituti, dove spesso si celano casi di maltrattamenti, adescamento e pedofilia, prima che diventino casi di cronaca nera come quello relativo alla cooperativa Forteto, dopo trent'anni oggi finalmente sotto inchiesta;
   ogni minore ospitato in una casa-famiglia costa mediamente intorno ai 200 euro al giorno, una retta che viene erogata fino a quando il minore risiede nella struttura;
   la Federcontribuenti stima in 2 miliardi di euro la spesa pubblica annua destinata a sostenere gli affidamenti di minorenni;
   sussiste un turnover di bambini allontanati, per cui si hanno circa 10.000 dimessi a fronte di un pari numero di nuovi ingressi nelle case famiglia;
   da quanto è emerso, anche a seguito di recenti inchieste giornalistiche, il fenomeno degli «allontanamenti facili» ha assunto sempre più la connotazione di un vero e proprio giro d'affari dove i minori rappresentano merce di scambio per lucrare sui fondi destinati all'accoglienza residenziale dei minori;
   le residenze protette possono rappresentare una risorsa importante per la tutela del minore in difficoltà, ma a condizione che la permanenza del bambino venga gestita, contrariamente a quanto avviene nella realtà, in modo trasparente e con criteri precisi, avendo come obiettivo quello di preservare il minore da traumi psicologici e assicurargli una collocazione familiare in tempi ragionevoli;
   è affidato alle regioni – previa verifica dei requisiti minimi fissati dalla legge nazionale – il compito di controllare di propria iniziativa e sotto la propria responsabilità le case famiglia già esistenti e autorizzare l'eventuale apertura delle nuove, che devono soddisfare anche requisiti specifici oltre a quelli standard, stabiliti dalle singole regioni di appartenenza;
   di fatto, anche sotto il profilo amministrativo, non esiste alcun controllo sulla gestione delle case famiglia e sul corretto utilizzo delle risorse loro assegnate esclusivamente a favore degli «ospiti»;
   in Italia, rispetto ad altri Paesi europei, si ravvisano troppe deleghe affidate ai vari ministeri: la mancanza di un unico soggetto con piena e totale competenza in materia, o almeno titolare di poteri di coordinamento, genera inevitabilmente incertezza e confusione –:
   se, alla luce di quanto emerso, i Ministri interpellati intendano assumere iniziative per avviare un censimento finalizzato alla rilevazione esatta delle residenze protette presenti su tutto il territorio nazionale al fine di tracciare la mappatura delle stesse;
   se non ritengano, altresì, necessario introdurre, di concerto con le singole realtà regionali, un sistema di rilevazione sistematica dei dati sulla condizione dei bambini fuori famiglia ed un monitoraggio periodico sulle strutture residenziali di accoglienza, istituendo un apposito registro degli affidamenti temporanei, attivo invece in molti Paesi europei;
   se risultino avviate indagini a seguito delle numerose denunce nelle quali si segnalavano negligenze e condotte asseritamente illecite degli operatori;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative normative per istituire, anche riconsiderando l'attuale assetto delle competenze costituzionali, nuovi e più rigorosi meccanismi di controllo per garantire la sicurezza e la protezione dei minori nelle comunità, prevedendo l'istituzione di organi di vigilanza (anche indipendenti) per individuare meccanismi di verifica della validità e dell'utilità dei progetti di affido previsti per ciascun minore;
   se non si ritenga opportuno, ogniqualvolta ne emergono i presupposti, inviare apposite ispezioni del comando dei carabinieri per la tutela della salute onde verificare la sussistenza delle condizioni di idoneità igienica dei luoghi adibiti a casa famiglia e degli istituti residenziali di accoglienza presenti sul territorio italiano;
   come intendano procedere, nell'ambito delle rispettive competenze, per promuovere nelle opportune sedi di confronto con le regioni e gli enti locali il regolare controllo sulla costante sussistenza, da parte delle comunità censite, dei requisiti previsti per legge adeguati alle necessità educative-assistenziali dei bambini e degli adolescenti ospitati e per verificare che il rendiconto delle spese da esse sostenute sia pubblicizzato e giustificato;
   quali misure tempestive intendano adottare, in raccordo con gli enti pubblici coinvolti, per rendere trasparente la gestione dei fondi pubblici stanziati per l'accoglienza dei minori nelle strutture residenziali e il loro effettivo e corretto stanziamento da parte delle amministrazioni locali;
   se non valutino opportuno, nell'ambito di una generale riflessione sullo stato delle politiche sociali e familiari in Italia, assumere iniziative normative per ridefinire i ruoli e le competenze di chi è deputato alla tutela del minore fuori dalla famiglia (il giudice tutelare e gli assistenti sociali in primo luogo), al fine di migliorare le procedure di affidamento familiare e disincentivare la odiosa prassi degli allontanamenti «non giustificati» e i continui «spostamenti» dei minori da una struttura all'altra, nonché favorire programmi di supporto a sostegno della genitorialità da attivare all'interno della famiglia stessa, incentivando l'ascolto del minore interessato;
   se intendano intraprendere, nella prospettiva di una prossima realizzazione del piano nazionale di azione per l'infanzia e l'adolescenza, misure strategiche ed iniziative normative, anche di revisione dell'attuale quadro costituzionale di ripartizione delle competenze, tali da superare l'attuale frammentazione delle competenze tra più organi statali, regionali e locali, al fine di garantire la corretta tutela dei minori in difficoltà e una migliore distribuzione delle risorse economiche sul territorio, per ridare dignità ad un istituto giuridico importante come quello dell'affido temporaneo.
(2-00373) «Brambilla, Binetti, Amato, Fucci, Argentin, Biondelli, Grassi, Gigli, Piepoli, Ravetto, Calabria, Santelli, Chiarelli, Matarrelli, Castiello, Palmizio, Archi, Picchi, Polverini, Petrenga, Marti, Sammarco, Bossi, Scopelliti, Buonanno, Rondini, Fedriga, Vargiu, Palese, Latronico, Borghesi, Nastri, Totaro».


Iniziative, anche normative, volte a garantire alle scuole nuove convenzioni di cassa con le banche che riducano al minimo i costi di gestione – 2-00374

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   le istituzioni scolastiche hanno l'obbligo di appoggiarsi ad una banca cassiera alla quale confluiscono le entrate derivanti dai contributi volontari dei genitori e dai contributi degli enti locali;
   prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, i conti bancari dove confluivano tali somme erano normalissimi conti correnti nei quali i fondi rimanevano nella disponibilità delle scuole e non vi era alcun costo per la tenuta di tali conti;
   le banche erano motivate ed interessate alla gestione di tali conti e spesso offrivano piccoli incentivi economici per ottenere l'incarico;
   il decreto-legge n. 95 del 2012 ha cambiato tale sistema;
   ora, le scuole hanno l'obbligo di versare ogni 15 giorni, mediante la banca cassiera, tutti i fondi presenti nel proprio conto corrente alla Banca d'Italia;
   non è più conveniente, quindi, per le banche offrire alle scuole questo tipo di conto e soprattutto ce ne sono sempre meno disposte a farlo;
   fino allo scorso anno il conto tesoreria degli istituti scolastici era a costo zero, anzi, la banca offriva anche un piccolo contributo alle scuole;
   dall'entrata in vigore della legge n. 135 del 2012 il costo del conto è diventato molto gravoso, 2000/3000 euro annui, e tali somme vengono necessariamente detratte dai fondi per il funzionamento delle scuole già insufficienti a coprire le spese indispensabili, che vanno dall'acquisto di materiale per la segreteria ai detergenti per la pulizia delle scuole e alla famosa carta igienica;
   il risultato è, per ogni scuola di ordine e grado, un notevole esborso di denaro che ricade ingiustamente sulle scuole stesse, sempre più impoverite dai continui tagli e costrette a far fronte a tali spese attraverso i versamenti volontari dei genitori;
   tecnicamente la strada dei consorzi, suggerita dalla circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non è una soluzione percorribile a breve, poiché i contratti in essere tra istituti bancari e scuole non scadono tutti allo stesso momento; non è assolutamente sicuro che poi le banche assicurino condizioni molto più convenienti in caso di consorzi e, se diverse scuole che hanno fondi di entità molto diversa tra loro li facessero confluire in un unico conto corrente, si originerebbero problemi pratici e contabili di ogni tipo che porterebbero al caos –:
   quali iniziative, anche normative, si ritengano necessarie per eliminare un costo gravoso ed inutile per le scuole di ogni ordine e grado e consentire la stipula di nuove convenzioni di cassa con le banche che riducano al minimo i costi di gestione al fine di non incidere più sulle loro già scarsissime risorse.
(2-00374) «Galgano, Andrea Romano».


Intendimenti per una revisione dei criteri di valutazione per l'abilitazione scientifica nazionale nel settore «storia della medicina», valorizzando maggiormente la produzione non bibliometrica dei candidati e rivalutando il ruolo dei pareri pro veritate – 2-00394

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il settore scientifico disciplinare Med/02 (storia della medicina) va assumendo una crescente rilevanza nella ricerca e nella didattica dei corsi di studio della facoltà di medicina e chirurgia, sia per gli studenti di medicina che per quelli delle professioni sanitarie, proprio per alcune sue prerogative culturali, che costituiscono l'interfaccia umanistica della facoltà. Vi si trasmettono, infatti, conoscenze e competenze nell'area di bioetica, di pedagogica medica, di paleopatologia museologia medica, di epistemologia medica e di storia della sanità e della medicina veterinaria;
   nonostante tutto ciò, il settore Med/02 dispone attualmente di soli 7 professori di prima fascia, destinati nel prossimo triennio a ridursi a 3, per l'imminente pensionamento di 4 di essi e per questo nelle recenti abilitazioni scientifiche nazionali 2012 è stato incluso nel raggruppamento 06/A2 (patologia generale e patologia clinica);
   la circolare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dell'11 gennaio 2012, n. 754, aveva inteso accogliere le domande anche di coloro che non superavano le mediane, senza per altro annullare il valore degli indicatori bibliometrici quale criterio oggettivo di selezione;
   visti i recenti risultati delle abilitazioni scientifiche nazionali 2012 in relazione allo 06/A2 per storia della medicina, pubblicati l'8 gennaio 2014, e in considerazione di quanto sopra detto, occorre far presente che la legge n. 240 del 2010, all'articolo 16, comma 1, recita: «L'abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori» e sottolinea, al comma 3, la necessità di una valutazione oggettiva dei titoli e delle pubblicazioni, l'istituzione di una unica commissione per entrambe le abilitazioni di professore ordinario e associato, la trasparenza dei giudizi dei commissari allegati agli atti della procedura e la possibilità che la commissione possa acquisire pareri scritti pro veritate sull'attività scientifica dei candidati da parte di esperti, soprattutto quando in un determinato settore vengono salutati anche candidati che fanno parte di specifici «sottosettori»;
   è quanto accaduto per i candidati che concorrevano per il settore Med 02, storia della medicina, nell'ambito del settore di patologia generale ematologia clinica 06/A2, sia per la prima che per la seconda fascia; i candidati della I fascia hanno avuto due pareri pro veritate, mentre i candidati alla II fascia hanno ottenuto un solo parere pro veritate; vi sono casi in cui il candidato, pur avendo ricevuto un parere pro veritate negativo, è risultato comunque idoneo all'abilitazione;
   sorprende che gli esperti pro veritate, chiamati a valutare ventuno candidati alla I fascia, abbiano ritenuto di esprimersi negativamente su tutti; in alcuni dei giudizi espressi si dichiara, inoltre, di conformarsi a criteri illustrati in un documento non verbalizzato, «appositamente prodotto e inviato alla Commissione», i cui criteri adottati in solitaria autonomia, senza il confronto con gli altri professori ordinari di Med/02, potrebbe riflettere un'evidente soggettività;
   i pareri pro veritate hanno dato agli altri commissari delle letture che agli interpellanti appaiono parziali ed arbitrarie delle attività svolte dai candidati, che hanno, di fatto, indotto alla formulazione di giudizi negativi; la lettura di questi pareri mostra ad avviso degli interpellanti come gli estensori abbiano espresso giudizi caratterizzati da spiccata soggettività; 9 candidati avevano, infatti, superato le mediane come da regolamento; 6 candidati avevano tre «semafori verdi» sugli altri parametri in questione e altri tre candidati ne avevano 2/3;
   lo stesso dicasi per i 30 candidati della II fascia: molti dei quali non ritenuti idonei pur avendo i requisiti previsti; ad esempio 3 candidati della II fascia sono stati giudicati non idonei pur superando le mediane e avendo un solido background scientifico alle spalle; degli 11 abilitati, 4 erano stati giudicati negativamente dall'unico parere pro veritate;
   a quanto consta agli interpellanti il 29 settembre 2013 Giuseppe Armocida, decano degli ordinari di storia della medicina (settore scientifico-disciplinare Med/02) e presidente della Società italiana di storia della medicina, prevedendo cosa di fatto si è puntualmente verificato, avrebbe segnalato come la pubblicazione delle mediane dei settori bibliometrici, in ordine alle procedure di abilitazione scientifica nazionale, creasse difficoltà all'interno del settore scientifico-disciplinare Med/02; la principale perplessità era relativa al fatto che molti di loro si trovavano ai margini o al di sotto delle mediane, perché il settore scientifico-disciplinare Med/02 ha una differenziazione interna di indirizzi di ricerca e la maggioranza di loro ha un'identità di impianto umanistico (storia della medicina, bioetica, pedagogia medica) e solo uno ha impianto laboratoristico (paleopatologia). La complessità di questo «piccolo» settore scientifico disciplinare riflette anche percorsi formativi differenziati da parte dei candidati, alcuni dei quali sono laureati in medicina, altri in scienze biologiche, altri ancora in filosofia o lettere. Solo una parte della produzione del settore scientifico-disciplinare, soprattutto la paleopatologia, può essere giudicata in perfetta aderenza ai criteri «bibliometrici». La maggioranza dei professori e ricercatori è invece evidentemente espressione di indirizzi culturali che hanno una produzione non «bibliometrica», avendo pubblicato i loro lavori secondo le linee che segnano il prestigio della storia della medicina, i cui prodotti non sono «bibliometricamente» censibili secondo i criteri dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur). Si delineava, quindi, una situazione paradossale per la quale diversi docenti – pienamente apprezzati nella valutazione tra pari – risultano inferiori nel calcolo della mediana di riferimento, non perché siano in carenza di produzione scientifica, ma in quanto non hanno pubblicato su riviste «calcolabili bibliometricamente». E ciò mette in discussione l'autorevolezza delle mediane per questo specifico settore scientifico disciplinare. Per questo si chiedeva che la procedura di valutazione ammettesse tutta la pubblicistica di qualità, compresa quella che per sua natura non può essere «bibliometrica» (libri, capitoli di libro, riviste storico-umanistiche), in quanto espressione di qualità nazionale e internazionale riconosciuta;

   il Consiglio universitario nazionale, nella proposta inviata al Ministro il 9 giugno 2011, aveva riconosciuto una specificità (parte dei docenti del settore scientifico-disciplinare Med/02 – storia della medicina hanno attività pubblicistica assimilabile ai settori scientifico-disciplinari dell'area umanistica con pubblicazioni prevalentemente in italiano su rivista validate dalle società scientifiche) che non può essere ignorata. Escluderla, di fatto, ha esposto, a giudizio degli interpellanti, ad errori di giudizio, penalizzando parte dei concorrenti, svilendo la componente fondamentale della disciplina ed orientando la ricerca futura solo verso una produzione «bibliometrica», con un impoverimento del settore e con la spinta di qualche docente verso altri settori scientifico-disciplinari –:
   se non ritenga opportuna una revisione complessiva delle valutazioni di abilitazione scientifica nazionale 06/A2 – prima e seconda fascia settore scientifico-disciplinare Med/02 – storia della medicina, valorizzando maggiormente la produzione non bibliometrica dei candidati e una rivalutazione dei pareri pro veritate, che riflettono una visione pesantemente negativa del settore.
(2-00394) «Binetti, Dellai».


Iniziative volte alla stabilizzazione dell'istituto del 5 per mille – 2-00362

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato I, II Collegio e Collegio per il controllo sulle entrate, nell'adunanza del 5 dicembre 2013, ha deliberato la relazione concernente «Destinazione e gestione del 5 per mille dell'Irpef» – deliberazione n. 14/2013/G;
   nella citata relazione sono evidenziati diversi aspetti, dei quali alcuni risultano, a parere degli interpellanti, condivisibili e di urgente attenzione da parte del Parlamento e del Governo;
   in particolare, nel capitolo 9 recante «Raccomandazioni», la citata Corte dei conti propone una serie di soluzioni volte a: sottolineare l'esigenza della stabilizzazione dell'istituto del 5 per mille e quindi l'interruzione del carattere sperimentale, accompagnata dall'abrogazione del tetto fissato dalla legge di stabilità 2014 in 400 milioni di euro; garantire e migliorare la trasparenza, la razionalizzazione e la diffusione dei dati, la concentrazione temporale dei pagamenti; creare un unico database pubblico con dati provenienti dall'Agenzia delle entrate, dalle Camere di commercio, dal Coni e dalle altre amministrazioni coinvolte; semplificare le procedure amministrative; una più chiara ed efficace pubblicazione dei dati sulla rete web;
   come più volte evidenziato nella legislatura in corso e nelle precedenti, attraverso attività di sindacato ispettivo, il tetto di spesa annuo è in contrasto con le determinazioni dei contribuenti, riducendo, di fatto, la percentuale del contributo fissato dalla legge nella misura del 5 per mille;
   la Corte dei conti riscontra lungaggini ed eccessiva laboriosità delle rendicontazioni relative alla distribuzione del 5 per mille, anche a causa dello scarso raccordo e dell'assenza di flussi informativi essenziali per il suo svolgimento tra i Ministeri interessati e l'Agenzia delle entrate;
   appare evidente, alla luce della relazione citata, l'opportunità di rideterminare la categoria dei beneficiari, stabilendo una soglia sotto la quale gli enti perdano il beneficio della ripartizione delle quote opzionate dai contribuenti, senza per questo mettere in discussione la libertà di scelta degli stessi, ma al solo fine di evitare che il costo amministrativo per lo Stato sia superiore al beneficio spettante alle organizzazioni destinatarie; si legge, infatti, che «si impone una più rigorosa selezione delle stesse, al fine di non disperdere risorse per fini impropri. D'altronde, il notevole e costoso lavoro di controllo della rendicontazione risulta, almeno finora, poco proficuo: una più rigorosa selezione degli enti risulterebbe, probabilmente, più utile per assicurare una più razionale allocazione delle risorse»;
   in particolare, si condivide l'importanza di stabilire una soglia minima di contributo sotto la quale lo stesso non venga attribuito, per cui «non mancano situazioni paradossali, quali un cospicuo numero di enti, ben superiore a 1.000 per l'ultimo anno, che non ricevono alcuna scelta, dimostrando, così, di non essere di interesse nemmeno per i propri membri e sollevando dubbi sulla loro reale consistenza. Notevolissimo anche il numero di enti con un numero di scelte minime, anche di solo una o due» (pagina 55 della relazione), generando un notevole costo di gestione ed un rallentamento delle procedure di erogazione, spesso per importi insignificanti;
   come esplicitato dalla Corte dei conti, «l'attribuzione delle risorse in base alla stretta capacità contributiva fa sì che alcuni enti che possono raccogliere il favore di optanti abbienti ottengano, anche con un basso numero di scelte, somme assai rilevanti»; a parere degli interpellanti sarebbe opportuno inserire una soglia massima nella potenziale destinazione del contribuente oltre la quale la ripartizione del 5 per mille sulle tasse dovute non viene effettuata;
   allo stesso modo, di particolare importanza rivestono le attività di coordinamento, controllo e garanzia operate dalle amministrazioni interessate che appaiono, secondo la citata Corte dei conti, ancora insufficienti;
   l'articolo 4 della «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», al secondo periodo del comma 2, delega il Governo a procedere, in funzione delle maggiori entrate ovvero delle minori spese realizzate con l'attuazione dello stesso articolo 4, alla razionalizzazione e stabilizzazione dell'istituto della destinazione del cinque per mille dell'imposta sul reddito Irpef sulla base delle scelte dei contribuenti;
   nel novembre 2013, Vitanonprofit e i rappresentanti delle più importanti organizzazioni non profit hanno raccolto e consegnato in Parlamento 10.000 firme per chiedere la stabilizzazione del 5 per mille e l'abrogazione del tetto –:
   se, anche alla luce dell'articolo 4 della «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita», in corso di esame, di cui in premessa, non si ritenga necessario dar seguito, viste le puntuali osservazioni della Corte dei conti e i ripetuti solleciti operati dal Parlamento, quanto prima alla stabilizzazione dell'istituto del 5 per mille, così come alla cancellazione del tetto, disponendo l'allocazione delle risorse necessarie a soddisfare l'intero ammontare derivante dalle scelte operate dai contribuenti;
   se non si ritenga urgente e doveroso, per quanto di competenza porre in essere nei confronti dei soggetti destinatari tutto quanto necessario per realizzare e risolvere i punti espressi in premessa.
(2-00362) «Bobba, Santerini, Vignali, Realacci, Grassi, Beni, Braga, Manfredi, Zardini, Marzano, Porta, Covello, Patriarca, Zanin, D'Incecco, Gelli, Rocchi, Preziosi, Marcon, Rughetti, Binetti, Parrini, Rubinato, Arlotti, Iori, Carra, Peluffo, Laffranco, Capone, Sbrollini, Marguerettaz, Taricco, Bonaccorsi, Magorno, Fioroni, Anzaldi, Sberna, Quartapelle Procopio, Malpezzi, Giorgis, Gigli, Fauttilli, Mariani, Bargero, Ghizzoni, Molea, Fregolent, Russo, Narduolo, Pastorelli, Antezza, Gentiloni Silveri, Marchetti, Cinzia Maria Fontana, Marazziti, Valeria Valente».


Elementi in merito alla situazione economica e patrimoniale della Croce Rossa italiana, anche in riferimento al numero e alle retribuzioni dei dipendenti – 2-00377

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   le recenti vicende relative alla Croce Rossa Italiana sembrano confermare che l'ente si trovi in una situazione di profondo disordine organizzativo, contabile e finanziario;
   dal 1980, infatti, la Croce Rossa Italiana è stata soggetta a lunghi periodi di commissariamento, durante il quale le mansioni di competenza degli organi ordinari sono state svolte da diversi commissari straordinari di nomina governativa e per lunghi periodi non sono stati presentati bilanci;
   solo negli ultimi anni la dirigenza ha provato a fornire un quadro più oggettivo della situazione finanziaria e patrimoniale dell'ente, che resta però fortemente lacunosa;
   il 27 gennaio 2013, Francesco Rocca ha assunto la nomina di presidente nazionale, in seguito alle elezioni svolte nell'assemblea nazionale dell'organizzazione, chiudendo la fase di commissariamento;
   con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, si è sancito che, dal 1o gennaio 2014, le funzioni esercitate dall'Associazione italiana della Croce Rossa (l'attuale CRI) passano alla costituenda Associazione della Croce Rossa Italiana, che diverrà a tutti gli effetti un soggetto di diritto privato;
   l'attuale Croce Rossa Italiana è, pertanto, posta in liquidazione dal 1o gennaio 2014;
   un articolo de Il Sole 24 Ore, datato 5 febbraio 2013, ha messo in luce che la Croce Rossa Italiana si avvale dell'attività 150 mila volontari, che operano gratuitamente, mentre all'inizio del 2013 i dipendenti della Croce Rossa Italiana erano quantificati in 4.000 unità;
   ogni anno lo Stato italiano ha sorretto i conti dell'associazione umanitaria e di assistenza con circa 180 milioni di euro;
   nonostante i quasi 2 miliardi di euro immessi dallo Stato nei bilanci dell'ente dal 2005 a oggi, la Croce Rossa Italiana ha registrato un disavanzo di 14 milioni di euro nel 2011 e di 9 milioni di euro nel 2010;
   imponente è il buco della Croce Rossa Italiana della regione Lazio, dove il disavanzo è stato di 26 milioni di euro nel 2011, dopo il buco di 16 milioni di euro registrato nel 2010;
   nel 2010 un'inchiesta di Report ha evidenziato la presenza di un patrimonio immobiliare sommerso della Croce Rossa Italiana: non si tratta solo di terreni edificabili di valore, ma anche di edifici;
   in proposito, una funzionaria dell'ente ha in quel periodo affermato che esisterebbero almeno 68 immobili sottratti al fisco;
   c’è quindi il forte sospetto che i dati pubblicati sul sito della Croce Rossa Italiana non siano completi;
   il recente riordino organizzativo rischia di aprire una stagione di svendita del patrimonio della Croce Rossa Italiana, con l'unico scopo di far cassa –:
   quale sia l'entità della situazione debitoria aggiornata della Croce Rossa Italiana e quali i dati relativi al patrimonio immobiliare, al numero di volontari e dipendenti, suddivisi per regione, e agli emolumenti del comitato centrale dell'ente.
(2-00377) «Giancarlo Giorgetti, Rondini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera».


Elementi ed iniziative di competenza per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità in ambito sanitario, in particolare in relazione alla recente inchiesta sulla Asl di Benevento – 2-00395

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in ordine all'inchiesta sulla asl di Benevento, che vede coinvolto, tra gli altri, l'ex direttore amministrativo Felice Pisapia, è stata rivelata l'esistenza di una serie di incontri nei quali l'ex Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo – all'epoca dei fatti indagati deputata e responsabile provinciale del Popolo della Libertà – insieme ai vertici dell'azienda sanitaria locale e persone di sua fiducia, affrontava alcune questioni riguardanti l'appalto per il servizio 118, l'ubicazione di presidi e strutture della asl e i controlli da effettuare in alcuni ospedali;
   il 17 gennaio 2014, l'ex Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo ha risposto a due interpellanze urgenti in merito e ha raffigurato una situazione di corruzione all'interno dell'asl a dir poco preoccupante, giungendo fino ad ammettere con disinvoltura che «la gestione della sanità nel sud ed, in particolare, in Campania è stata sempre e solamente clientelare. Se provate ad ascoltare chi ha lavorato in sanità vi dirà che il rispetto delle regole, la giustizia, il senso del dovere, la meritocrazia, abitavano molto lontano da quelle strutture»;
   Transparency International Italia e il Centro di Ricerche RiSSC hanno svolto un'analisi cosiddetta «Sanità Malata» relativa al fenomeno della corruzione all'interno del settore sanitario;
   i casi di corruzione analizzati da Transparency International Italia rientrano in cinque categorie: nomine, farmaceutica, appalti di beni e servizi, sanità privata e negligenza medica. Nel primo caso lo studio rileva come la politica usi la sanità come serbatoio e spartizione di voti. Qui le merci di scambio sono la nomina a direttore generale, sanitario o primario in cambio di voti e finanziamenti;
   le aziende sanitarie italiane erano tenute, entro il 31 gennaio 2014, a rispettare i tre principali parametri sui quali viene valutata la trasparenza: nominare il responsabile locale anticorruzione, pubblicare on-line il piano triennale di prevenzione della corruzione e fornire informazioni complete sui vertici dell'organo di indirizzo politico: direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo, curricula e compensi. Abbassare il livello di corruzione è previsto dalla legge n. 190 del 2012, secondo cui tutti gli enti pubblici, aziende sanitarie comprese, devono dotarsi di strumenti per facilitare la trasparenza;
   dal suo insediamento, il Ministro interpellato non risulta aver affrontato il tema della corruzione in ambito sanitario, nemmeno in occasione dell'audizione per l'indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale nelle Commissioni affari sociali e bilancio della Camera dei deputati, quindi al momento non si conoscono le sue intenzioni in merito;
   i costi della corruzione in sanità ammontano a 10 miliardi di euro l'anno, secondo l'Istituto per la promozione dell'etica in sanità;
   nel 2012, nel comparto farmaceutico-sanitario sono state segnalate all'autorità giudiziaria 4.136 persone, arrestate 173, la metà per reati di corruzione, peculato e truffa e, secondo i Nuclei antisofisticazioni e sanità, queste segnalazioni non rappresentano che il 10 per cento di tutti i casi reali;
   secondo lo studio condotto da Riparte il Futuro, non risulta che ci siano relazioni ufficiali da parte del Ministero della salute sullo status di adempimento alla legge n. 190 del 2012 da parte delle asl: la media nazionale di adempimento è solo del 65 per cento, con picchi preoccupanti del 19 per cento in Molise e 22 per cento proprio in Campania;
   la Corte dei conti ogni anno continua a lanciare l'allarme del fenomeno sempre più dilagante della corruzione in ambito sanitario e dei controlli inefficaci da parte delle amministrazioni a diverso livello –:
   se e quando presenterà la ricognizione a livello nazionale dello status di adempimento agli obblighi della legge n. 190 del 2012 cui sono tenute le asl;
   se e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di sua competenza, nei confronti delle amministrazioni inadempienti, a prescindere dalle misure sanzionatorie che competono all'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche e al Dipartimento della funzione pubblica;
   se abbia intenzione di attivarsi e, in che modo, a fronte della vicenda indicata in premessa che ha coinvolto la asl di Benevento e, più in generale, quali iniziative di competenza il Ministro interpellato intenda adottare al fine di contrastare la conclamata corruzione inerente alle nomine nel settore sanitario.
(2-00395) «Dadone, Grillo, Di Vita, Cecconi, Baroni, Silvia Giordano, Dall'Osso, Lorefice, Mantero, Toninelli, Cozzolino, Dieni, Fraccaro, Lombardi, Nuti, D'Ambrosio, Turco, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Colletti, Ferraresi, Sarti, Micillo, Colonnese, Carinelli, Fico, Nesci, Vignaroli, Luigi Di Maio».


Iniziative volte ad implementare gli strumenti per il ritrovamento di minori – 2-00365

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   secondo dati della divisione analisi - sezione minori della direzione centrale della Polizia di Stato, in Italia, al 30 giugno 2013, risultano 2.663 minori scomparsi, di cui 381 tra gli 0 e i 10 anni, 177 tra gli 11 e i 14 anni, 1.726 tra i 15 e i 17 anni. Di questi, 674 sono italiani (181 tra gli 0 e 10 anni, 106 tra gli 11 e 14 anni, 288 di età compresa tra i 14 e i 17 anni), 1.979 sono stranieri (210 tra gli 0 e 10 anni, 332 tra gli 11 e 14 anni, 1.437 di età compresa tra i 14 e i 17 anni);
   il sopradetto fenomeno va letto con attenzione: da fonti di polizia giudiziaria risulta che la maggior parte dei bambini che «scompaiono» rientra nella categoria dei cosiddetti allontanamenti volontari o delle sottrazioni operate dai genitori stessi; tale fenomeno è ovviamente differente da quello in cui un minore viene sequestrato o scompare nel nulla; sempre secondo fonti di polizia, circa il 20 per cento delle segnalazioni ricevute ogni anno rimane attuale;
   tale dato risulta comunque preoccupante: si tratterebbe di circa 200 minori effettivamente scomparsi nel 2012 e di circa 140 minori nei primi sei mesi del 2013;
   vi è un alto rischio che i sopradetti minori siano oggetto di sequestri, omicidi, violenze e crimini aberranti, tanto più gravi se si considera che sono compiuti nei confronti di bambini;
   il Parlamento prima e il dipartimento della pubblica sicurezza poi hanno assunto delle misure per contrastare il fenomeno: in particolare, nel 1996, a seguito dell'approvazione della legge n. 66 del 1996, il dipartimento della pubblica sicurezza ha avviato una serie di misure a tutela dei minori; in particolare, con il «Progetto Arcobaleno», sono stati creati degli «uffici minori», presso le divisioni anticrimine di ogni questura, con compiti di «pronto soccorso» per le esigenze dei minori e delle famiglie in difficoltà, in stretto raccordo con altri enti ed organismi interessati (il tribunale per i minorenni, i servizi sociali dei comuni, le istituzioni scolastiche, gli enti e le associazioni di volontariato); nel 1998, con la legge n. 269 del 1998, presso le squadre mobili sono state istituite le sezioni specializzate nelle indagini sui reati in danno di minori; a livello centrale, è stata istituita un'apposita unità organizzativa, collocata nell'ambito della direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato - servizio centrale operativo, con il compito di monitorare le fenomenologie criminali nelle quali sono coinvolti i minori, sia vittime che autori di reato, le violenze sessuali e domestiche, la scomparsa e la tratta di minori, nonché le mutilazioni genitali femminili, con lo scopo di elaborare, successivamente, incisive strategie di contrasto; la sezione minori gestisce anche il sito www.bambiniscomparsi.it che pubblica le foto di bambini scomparsi, dietro richiesta dei o del genitore (o chi ne fa le veci) e l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria;
   in aggiunta a questo, in Italia è attivo da qualche anno il numero 116000, una linea telefonica del Ministero dell'interno gestita da Telefono Azzurro, dedicata a chiunque voglia segnalare una situazione di scomparsa di un bambino o adolescente italiano o straniero;
   compito del numero telefonico 116000 è di rispondere 24 ore su 24 alle segnalazioni provenienti dal territorio nazionale relativamente a situazioni di scomparsa di minori e supportare le indagini delle autorità competenti attraverso accordi e procedure che Telefono Azzurro ha definito con le forze di polizia;
   in altri Paesi del mondo sono stati creati dei sistemi innovativi particolarmente efficaci per il ritrovamento dei bambini scomparsi; tra questi l'Amber Alert, esteso in tutto il territorio degli Stati Uniti a partire dal 2002 sotto la gestione del National Centre for Missing and Exploited Children (NCMEC), quindi adottato nel 2006 dalla Francia, nel 2008 dai Paesi Bassi, nel 2009 dall'Irlanda. Il sistema prende il nome dal caso di una bambina di 9 anni, Amber Hagerman, che fu rapita ed uccisa dal suo sequestratore in Texas. Si tratta di una procedura computerizzata in virtù della quale si diffonde sul territorio nazionale l'informazione relativa alla scomparsa di un minore attraverso tutti i media elettronici disponibili: il sistema radio-televisivo, di telefonia mobile e la segnaletica stradale elettronica, comunicazione che potrebbe essere implementata estendendola alle paline elettroniche dei bus, nei timetable elettronici degli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie e nelle comunicazioni pubblicitarie elettroniche scorrevoli di stadi o altri luoghi pubblici –:
   quali misure ulteriori il Ministro interpellato intenda assumere per aumentare le possibilità di ritrovamento dei minori scomparsi e se non ritenga opportuno valutare l'introduzione, anche, in Italia, dell'Amber Alert.
(2-00365) «Boccadutri, Aiello, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Migliore, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».


Elementi in merito alle minacce rivolte ad un esponente del Partito Democratico da parte di esponenti del cosiddetto movimento No Tav ed iniziative volte a garantire la libertà di espressione – 2-00380

M)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   nella giornata di lunedì 13 gennaio 2014, il senatore Stefano Esposito, da sempre in prima linea nel denunciare le violenze di alcuni esponenti del cosiddetto movimento No Tav, ha trovato sul pianerottolo di fronte alla propria abitazione tre bottiglie molotov, accompagnate da un biglietto a lui diretto con la minaccia esplicita circa la possibilità di essere ucciso qualora non fosse tornato a svolgere la professione di prefetto;
   nel medesimo biglietto rivendicativo si faceva riferimento al fatto che la sua scorta non fosse in grado di proteggerlo, e si offriva prova del fatto che il senatore è costantemente pedinato attraverso un riferimento esplicito ad un incontro ai giardinetti con il giornalista del La Stampa, Massimo Numa – anche lui da anni oggetto della rabbia di alcuni esponenti del cosiddetto movimento No Tav – che nell'ottobre 2013 si è visto recapitare un pacco bomba e che recentemente ha scoperto di essere pedinato e filmato sin dall'estate del 2011;
   contemporaneamente, un presunto esponente del sopracitato movimento, Oscar Wolf, avrebbe minacciato di morte, via Facebook, i sindaci di Susa e Chiomonte, favorevoli alla Tav, e avrebbe definito le Brigate Rosse come «un'associazione che si batteva per il bene del mondo»;
   il tribunale della libertà ha frattanto confermato le accuse contro quattro No Tav arrestati per aver partecipato ad un assalto al cantiere di Chiomonte e, secondo quanto riportato da notizie a mezzo stampa, avrebbero avallato la tesi dei pubblici ministeri in merito al fatto che si sarebbe trattato non di semplice violenza, ma di veri e propri atti di terrorismo;
   in occasione della manifestazione che si è tenuta a Roma nel mese di novembre 2013, si era già assistito ad una vera e propria aggressione da parte di cosiddetti militanti No Tav alla sede nazionale del Partito Democratico, in via sant'Andrea delle Fratte, e successivamente presso il circolo del Partito Democratico in via dei Giubbonari a Roma, mentre è della scorsa settimana la notizia circa l'aggressione e gli atti vandalici compiuti ai danni di sette circoli del Partito democratico di Milano;
   l'articolo 49 della Costituzione prevede che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, e pertanto l'attacco ad una sede di partito equivale ad un attacco all'intera democrazia del nostro Paese, che fa degenerare il legittimo diritto all'espressione pacifica di un dissenso politico in un inaccettabile aggressione fisica e verbale a danno di semplici cittadini, solo perché militanti di un partito politico;
   a fronte di questa preoccupante escalation di violenze e minacce ad opera di esponenti del cosiddetto movimento No Tav, le dichiarazioni rese dallo stesso senatore del Partito Democratico oggetto degli attacchi – il quale avrebbe dichiarato di voler valutare con la sua famiglia un suo eventuale ritiro dalla vita politica – sollevano inquietanti e angosciose domande e, di fatto, ribadiscono in questo momento la necessità che tutte le forze politiche contribuiscano ad isolare e respingere ogni forma di violenza, separando il diritto al dissenso dal respingimento di ogni traccia di eversione –:
   se il Ministro interpellato non ritenga che i fatti riportati, sulla base della loro gravità e frequenza, siano l'indice dell'esistenza di un vero e proprio disegno eversivo strutturato contro politici, giornalisti, partiti e lo stesso Stato, quale sia il livello di articolazione e di pericolosità di questi nuclei, e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per garantire che tutti i cittadini, qualunque professione esercitino, abbiano ancora il diritto di esprimere democraticamente le proprie opinioni, di fare informazione e di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare liberamente la politica nazionale.
(2-00380) «Fiano, Roberta Agostini, Bargero, Mariastella Bianchi, Bindi, Bini, Blazina, Boccuzzi, Michele Bordo, Boschi, Borghi, Paola Bragantini, Bressa, D'Ottavio, Damiano, Faraone, Fiorio, Fregolent, Gentiloni Silveri, Giachetti, Ginefra, Giorgis, Gribaudo, Lorenzo Guerini, Gullo, Lauricella, Marantelli, Pierdomenico Martino, Mogherini, Morani, Morassut, Mosca, Naccarato, Picierno, Pollastrini, Portas, Rosato, Rossomando, Francesco Sanna, Sereni, Taricco, Tullo».


Elementi ed iniziative in ordine alla consistenza e all'utilizzo delle risorse del Fondo unico giustizia – 2-00361

N)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nel 2008, in uno dei primi provvedimenti che hanno costituito il cosiddetto pacchetto sicurezza nella XVI Legislatura, è stata disposta la costituzione del Fug-Fondo unico giustizia: il Fondo è alimentato con le risorse liquide o liquidabili sequestrate e confiscate alla mafia, è gestito dal Ministero dell'economia e delle finanze, è destinato per il 2 per cento al medesimo Ministero, per il 49 per cento a integrare le esigenze del Ministero dell'interno e per l'altro 49 per cento a integrare quelle del Ministero della giustizia;
   gli ultimi dati conosciuti sulla consistenza del Fondo unico giustizia e su come viene impiegato risalgono a una nota della Ragioneria generale dello Stato prodotta dall'allora Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, il 1o agosto 2012, a margine dell'esame del decreto-legge sulla spending review, in Commissione bilancio alla Camera dei deputati. In tale nota, la Ragioneria generale dello Stato comunicava che alla data del 31 dicembre 2011 le risorse intestate al Fondo unico giustizia ammontavano a 2 miliardi e 212,88 milioni di euro: un importo di tutto rispetto che, se riversato per intero nelle casse dei Ministeri che per legge ne dispongono, avrebbe permesso di venire incontro a non poche necessità dei comparti sicurezza e giustizia;
   secondo la medesima nota della Ragioneria generale dello Stato, rispetto a quell'importo in realtà sarebbero stati utilizzabili «solo» 1.065,52 milioni di euro, perché tale è la somma complessiva riportata da conti correnti e depositi a risparmio; il resto non sarebbe da considerare, in quanto costituito da titoli. Non si comprende perché mai un titolo finanziario che entra nella disponibilità dello Stato non può essere venduto sul mercato, ricavandone il cash permesso dalle sue quotazioni, a differenza di quello che qualsiasi risparmiatore è invece in grado di fare con la propria banca. Dall'importo di 1.065,52 milioni di euro erano messi da parte – sempre secondo la Ragioneria generale dello Stato – 343 milioni di euro per eventuali restituzioni agli aventi diritto per le confische revocate; quanto ai residui 722,52 milioni di euro, essi – concludeva la Ragioneria generale dello Stato – potevano essere adoperati solo per spese «una tantum», quindi non, ad esempio, per compensare, sia pure in parte, i tagli che la spending review ha imposto alle forze di polizia e all'organizzazione giudiziaria, o per azzerare gli arretrati delle locazioni per i presidi di polizia;
   in seguito non sono stati resi pubblici aggiornamenti –:
   a quanto ammonti l'attuale consistenza del Fondo unico giustizia;
   quali somme e verso quali destinazioni siano state erogate dal 1o gennaio 2012 a oggi;
   quali siano gli ostacoli, e come si immagini di superarli, che impediscono la piena utilizzazione delle risorse finanziarie del Fondo unico giustizia.
(2-00361) «Costa, Pagano».


Intendimenti circa la possibilità di una revisione della normativa IMU relativamente agli enti non commerciali e del modello di tassazione previsto – 2-00404

O)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il comma 8 dell'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, ha disposto l'applicazione in ambito IMU dell'esenzione ICI prevista dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre, 1992, n. 504, in relazione agli immobili degli enti non commerciali destinati esclusivamente ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive;
   il Governo Monti, attraverso l'articolo 91-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, come successivamente integrato dal comma 6 dell'articolo 9 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, ha circoscritto l'esenzione IMU agli immobili nei quali tali attività sono svolte «con modalità non commerciali», delegando a norme di rango secondario sia il disciplinare dei presupposti della nozione di commercialità, sia i contenuti della dichiarazione che gli enti sono chiamati ad assolvere nei casi di utilizzo «misto» degli immobili (per attività a contenuto commerciale e non), allo scopo di richiamare a tassazione solo la quota-parte alle prime riferita;
   la delega circa la definizione del rapporto di proporzionalità tra attività commerciali e non, il cui termine era previsto il 23 maggio 2012, è stata assolta sei mesi dopo, con la pubblicazione del decreto ministeriale 19 novembre 2012, n. 200;
   tale decreto ha disciplinato il presupposto dell'esercizio commerciale declinandolo sulla base di criteri che non hanno trovato riscontro nella norma originaria mutuata dall'ICI, che aveva disciplinato, per quasi un ventennio, la tassazione degli immobili devoluti alle attività istituzionali degli enti non profit;
   la nozione di commercialità, da cui dipendono i presupposti di applicabilità del tributo, risulta avulsa dal contesto legislativo consolidato in materia di reddito e di iva, essendo stato disarticolato il piano di approccio alla tassazione di ciò che il legislatore intende per commerciale, in termini tra loro contraddittori e rendendo, di fatto, impossibile un corretto assolvimento del tributo;
   nel decreto, inoltre, il trattamento del rapporto tra socio e associazione è stato equiparato de facto a quello tra ente e terzo non-socio, giustapponendo per tale via le logiche, viceversa distinte, del corrispettivo e dell'autofinanziamento, l'una espressione della concorrenza e del mercato, l'altra delle scelte interne di autodeterminazione democratica e partecipativa degli aderenti, pertanto non influenzata dalle regole dell'economia «esterna», bensì guidata dalla mission dell'ente e dalla programmazione delle attività giudicate necessarie e sufficienti ad attuarla;
   infine, tale decreto nel prevedere una nozione di commercialità vincolata al criterio del «corrispettivo simbolico» per le associazioni culturali, ricreative e sportive e non ha emanato disposizioni esplicative in merito alla determinazione dei parametri di confronto, necessaria per l'obiettivo apprezzamento del carattere di simbolicità, generando ulteriori incertezze;
   lo stato di confusione e la paralisi applicativa, derivati dalla complessità del meccanismo, dall'assenza di parametrazioni precise, dall'estraneità del modello legale delineato rispetto a quello più generale che interessa le attività commerciali degli enti non profit e dall'assimilazione delle attività rivolte al mercato con quelle più strettamente mutualistiche e solidali, impongono, di fatto, la necessità di attivare nell'immediato iniziative tese a ristabilire la certezza del diritto e a sanare le contraddizioni che incrinano la linearità dalla disposizione, consentendo agli enti di accedere ad uno strumento semplificato di assolvimento dell'imposta;
   le contraddizioni poste in essere dalla farraginosità del meccanismo di tassazione delineato dal citato decreto, se non sanate tempestivamente, rappresenterebbero un grave danno per le migliaia di organizzazioni non profit e di quanti beneficiano delle loro attività e servizi;
   per tutti questi motivi il Governo, accogliendo nella seduta della Camera dei deputati del 18 giugno 2013 l'ordine del giorno n. 9/1012-A/6, presentato dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, si è impegnato a valutare la possibilità di una revisione della normativa IMU relativamente agli enti non commerciali e del modello di tassazione previsto dal decreto sopracitato –:
   se non ritenga che tale situazione di incertezza normativa in materia di imposizione IMU per gli enti non commerciali possa generare occasione di contenzioso, con grave nocumento tanto per gli enti interessati quanto per l'erario stesso;
   quali iniziative intenda adottare al fine di rendere esecutivi gli impegni assunti dal Governo con l'accoglimento dell'ordine del giorno richiamato in premessa, affinché gli enti non commerciali siano tenuti al pagamento dell'IMU solo per gli immobili (o porzioni di essi) effettivamente destinati ad attività commerciali e con modalità coerenti con i presupposti della tassazione delle attività svolte dai medesimi enti in ambito di reddito e di IVA.
(2-00404) «Beni, Baruffi, Giacobbe, Miotto, Bindi, Martella, Tullo, Iori, Bargero, Realacci, Ginefra, Manzi, Maestri, Incerti, Lenzi, Montroni, De Maria, Gnecchi, Bobba, Carnevali, Capone, Cuperlo, Biondelli, Petitti, Arlotti, Tidei, Impegno, Misiani, Fabbri, Ermini, Murer, D'Incecco, Grassi, Patriarca, Giuseppe Guerini, Causi».


Intendimenti in relazione alla vicenda della nomina del commissario dell'autorità portuale di Cagliari e in ordine all'assetto delle autorità portuali – 2-00375

P)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   le autorità portuali in Italia sono state istituite con la legge 28 gennaio 1994, n. 84. Inizialmente l'articolo 6 istituiva quelle di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Salerno, Savona, Taranto, Trieste e Venezia. Successivamente ne sono state istituite altre sino ad arrivare ad un totale di 24 autorità portuali;
   in base alla legge vigente, l'autorità portuale ha compiti di «indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza anche in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tale attività»;
   l'autorità portuale è costituita dai seguenti organi: il presidente, nominato con decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti e della navigazione, previa intesa con la regione interessata (articolo 12 della legge 28 gennaio 1994, n. 84), che rimane in carica quattro anni e può essere confermato solo una volta, il comitato portuale, il segretario generale e il collegio dei revisori dei conti. Il presidente, così come sancito dalla legge, deve essere nominato nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale, designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio competenti territorialmente. La terna è comunicata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti tre mesi prima della scadenza del mandato. L'atto conclusivo di nomina della presidenza dell'autorità portuale è il voto in sede parlamentare nelle Commissioni competenti sia alla Camera dei deputati sia al Senato della Repubblica;
   la gestione patrimoniale e finanziaria è disciplinata da un regolamento di contabilità approvato dal Ministero delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Così come si evince dalle relazioni della Corte dei conti, gli emolumenti dei soggetti delle autorità sono molto elevati. Ad esempio, il presidente dell'autorità portuale di Genova, nel 2011, ha percepito 308.653,00 euro, quello di Civitavecchia 228.508,00 euro, quello di Napoli 223.091,00 euro. Solo per la retribuzione dei presidenti delle 24 autorità portuali, il costo per ognuna si aggira mediamente intorno ai 250.000 euro, con una cifra totale di circa 6 milioni di euro di soldi pubblici. A questo bisogna aggiungere anche i costi dei revisori dei conti e del comitato portuale, nonché dei segretari generali e di tutta una serie di dirigenti che fa lievitare il costo delle autorità;
   il Ministro interpellato, il 26 novembre 2013, ha nominato commissario straordinario dell'autorità portuale di Cagliari l'ex parlamentare di Forza Italia Piergiorgio Massidda. Lo stesso Ministro interpellato, il giorno 30 novembre 2013, su La Nuova Sardegna ha anche dichiarato che: «Massidda è in possesso delle capacità e delle competenze per assumere l'incarico di commissario straordinario dell'autorità portuale di Cagliari»;
   il neocommissario, Massidda, era stato già precedentemente nominato come presidente della medesima autorità cagliaritana il 21 dicembre 2011 ed aveva annunciato le proprie dimissioni dall'incarico di senatore a causa dell'incompatibilità tra il ruolo parlamentare e quello di presidente affidatogli dall'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore Altero Matteoli;
   subito dopo la nomina del 2011, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso presentato dal professor Massimo Deiana, docente di diritto della navigazione all'università di Cagliari, con sentenza 26 settembre 2013, n. 04768, aveva stabilito che il dottor Massidda non era in possesso delle competenze per svolgere il ruolo ricoperto all'autorità portuale sarda, annullando la precedente sentenza del Tar n. 00520 del 2012 che, invece, aveva lasciato Massidda a capo dell'autorità;
   dopo il 26 settembre 2013, Massidda era stato estromesso dalla guida dello scalo per poi essere rinominato commissario straordinario, come precedentemente detto, il 30 novembre 2013 dal Ministro interpellato;
   a detta degli interpellanti la nomina del Ministro interpellato non segue alcun criterio logico e normativo dato che la sentenza del Consiglio di Stato recita chiaramente che il dottor Massidda «per la sua storia personale, non poteva avere certo conseguito la massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuali ed era carente in radice del requisito prescritto dalla legge, per cui doveva probabilmente la sua nomina alle sue capacità politico-relazionati (di deputato, senatore e consigliere provinciale, ecc.). In sostanza - continua la sentenza - il soggetto prescelto non solo possedeva titoli di studio del tutto estranei alla materia, ma nella sua pur pluriennale esperienza parlamentare si era sempre interessato delle materie direttamente o indirettamente affini alle sue capacità professionali e alle sue specifiche competenze mediche»;
   la stessa sentenza (26 settembre 2013, n. 04768) sancisce ancora che «la designazione nelle terne e la successiva nomina di un soggetto privo dei requisiti culturali e di esperienza professionale prescritti in misura massima deve perciò ritenersi irrimediabilmente illegittima»;
   a fronte di ciò, va nuovamente sottolineato come l'articolo 8 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, prevede che il presidente, e di conseguenza il commissario straordinario chiamato a ricoprire analoghe funzioni, venga nominato «nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale»;
   il giorno 15 gennaio 2014, in Commissione trasporti della Camera dei deputati è terminata la discussione della risoluzione n. 7-00202, presentata dal deputato Nicola Bianchi, avente come oggetto la revoca della nomina di commissario dell'autorità portuale di Cagliari. In tale data, non si è svolta la votazione finale poiché, su proposta del Governo, la discussione della risoluzione è stata spostata in Assemblea, in base al comma 3 dell'articolo 117 del regolamento della Camera dei deputati che recita: «alla fine della discussione, il Governo può chiedere che non si proceda alla votazione di una proposta di risoluzione e che di questa sia investita l'Assemblea»;
   a parere degli interpellanti, il modus operandi del Ministro interpellato è inaccettabile, sia alla luce della sentenza del Consiglio di Stato e sia perché in forte contrasto con i principi di trasparenza e meritocrazia che devono contraddistinguere la scelta di chi ricopre i ruoli in un'amministrazione al servizio del cittadino;
   gli interpellanti aggiungono che, da quando la legge n. 84 del 1994 è entrata in vigore, si sono susseguiti diversi tentativi volti a nominare presidenti che non rispettano le caratteristiche rispondenti alla qualificazione richiesta dalla legge (annullati da Tar e Consiglio di Stato), solo con lo scopo, evidentemente, di collocare ex politici;
   a titolo di esempio rispetto a quanto accaduto nella XVII legislatura, sono state proposte e votate le nomine di Riccardo Villari come presidente dell'autorità portuale di Napoli e Lorenzo Forcieri come presidente dell'autorità portuale di La Spezia, anch'esse fonte di enormi perplessità in quanto privi di comprovata esperienza tecnica nel settore, ma preferiti in quanto probabilmente personalità politiche che non hanno a che vedere con la gestione del settore portuale;
   la nomina di Villari è stata oggetto di accesa discussione in sede di Commissione trasporti della Camera dei deputati. Infatti, Villari, medico di professione, ha lavorato in commissioni che si occupavano di cultura, lavori pubblici e comunicazioni, sanità e criminalità organizzata, che nulla hanno a che vedere con la gestione di un porto. La Commissione trasporti della Camera dei deputati, il 23 ottobre 2013, ha dato parere negativo alla nomina di Riccardo Villari alla presidenza dell'autorità portuale di Napoli, anche in virtù della sentenza del Consiglio di Stato sul caso Massidda;
   altra nomina priva dei requisiti richiesti dalla legge, è quella conferita il 6 settembre 2013 al commissario straordinario dell'autorità portuale del Nord Sardegna. La nomina riguarda l'ex senatore Fedele Sanciu, definito «persona idonea a garantire la gestione dell'Ente fino al perfezionamento della nomina del Presidente», così come si legge nel decreto di nomina. Tale nomina è stata oggetto di interrogazione parlamentare presentata il 23 settembre 2013 (n. 5-01051), in cui è stata sottolineata la mancanza totale di competenze inerenti le materie portuali, oltre che di titoli di studio qualificanti, in quanto Sanciu possiede solamente la licenza media;
   la sopracitata interrogazione ha ricevuto risposta dal Governo il 5 dicembre 2013, in cui si legge che: «la sua candidatura alla nomina di Presidente dell'Autorità portuale da parte degli enti locali interessati costituisce la riprova che lo stesso è dotato delle caratteristiche previste dal menzionato articolo 8 per la nomina presidenziale in parola». A detta degli interpellanti tale risposta non fa altro che perpetuare la totale non curanza della sentenza del Consiglio di Stato 26 settembre 2013, n. 04768;
   nel corso di una conferenza stampa tenuta a Napoli nella sede dell'ente autonomo Volturno, il 2 dicembre 2013, in riferimento alla gestione dei porti, il Ministro interpellato ha dichiarato che «dobbiamo avere il coraggio del cambiamento. Non ha più senso avere 24 Autorità portuali»;
   a tal proposito, si ricorda che l'autorità portuale di Manfredonia è stata istituita, senza alcuna verifica dei requisiti richiesti dal comma 8 dell'articolo 6 della legge n. 84 del 1994, con la legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004), che ha modificato il comma 1 dell'articolo 6 della legge n. 84 del 1994, inserendo il porto di Manfredonia nell'elenco dei porti sedi di autorità portuale. Tale procedura anomala ha eluso nei fatti il coinvolgimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e della regione Puglia la quale, con la riforma del titolo V della Costituzione, è chiamata a svolgere un ruolo significativo in materia di portualità, anche al fine di assicurare l'integrazione tra gestione del sistema portuale e assetto territoriale generale –:
   se il Ministro interpellato intenda revocare la nomina di commissario dell'autorità portuale di Cagliari al dottor Piergiorgio Massidda, posto che le funzioni di commissario sono analoghe a quelle di presidente e, pertanto, la nomina viola l'esecutività di una sentenza del Consiglio di Stato che si è espressa in maniera palese contro l'idoneità del medico cagliaritano a ricoprire il ruolo affidatogli dal Ministro interpellato;
   se il Ministro interpellato intenda porre in essere quanto dichiarato pubblicamente, procedendo alla massiccia riduzione delle autorità portuali, soprattutto quelle che non possiedono i requisiti previsti dalla legge;
   se intenda – nel rispetto della trasparenza, della meritocrazia e in virtù delle sentenze del Consiglio di Stato e della legge vigente – rivedere i criteri di nomina delle autorità portuali al fine di garantire una maggiore competenza e capacità gestionale dei porti, scongiurando il rischio di nomine fatte secondo logiche clientelari e politiche che rischiano di minare efficienza, produttività e gestione.
(2-00375) «Liuzzi, Nicola Bianchi, Catalano, De Lorenzis, Dell'Orco, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Alberti, Artini, Barbanti, Basilio, Benedetti, Paolo Bernini, Cecconi, Colonnese, Corda, Crippa, Da Villa, Dall'Osso, Del Grosso, Della Valle, Manlio Di Stefano, Fantinati, Gagnarli, Gallinella, Silvia Giordano, L'Abbate, Mantero, Mucci, Vallascas».


Iniziative per l'incremento della sicurezza stradale sulla variante Aurelia – 2-00392

Q)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   un terribile incidente è avvenuto nella giornata del 30 gennaio 2014 sulla variante Aurelia tra l'uscita della galleria e lo svincolo di San Vincenzo sud; un'auto sotto la pioggia battente è sbandata infilandosi nel varco del muretto divisorio della variante Aurelia ed ha invaso l'altra corsia proprio mentre stava arrivando un grosso camion; l'impatto è stato inevitabile ed ha provocato la morte di una donna e della figlia presenti nel veicolo;
   tale grave evento ripropone, ancora una volta, il tema della sicurezza stradale e della manutenzione degli assi viari; infatti, sono in molti a denunciare che, da quando è partito il progetto di adeguamento della sopradetta variante agli standard autostradali, (nell'ambito del completamento dell'autostrada A12 tra Civitavecchia e Rosignano Marittimo), la sua manutenzione non sia stata più eseguita con regolarità;
   in particolare, il deterioramento dell'asfalto determina il formarsi di grosse buche che, riempiendosi quando piove, provocano pericolosissimi fenomeni di acquaplaning; con grande probabilità è stata una sbandata per acquaplaning la causa determinante dell'incidente che è poi divenuto mortale per la sfortunata circostanza che la macchina ha centrato il varco del muretto a profilo new jersey andando, quindi, a sbattere contro il camion che procedeva in senso opposto;
   anche la segnaletica verticale appare in stato di abbandono, con le scritte che non sono più catarifrangenti e che non consentono una lettura agevole e sicura;
   è urgente predisporre le necessarie opere di manutenzione della variante a partire dal ripristino del manto stradale che, come detto, si presenta in pessimo stato, con buche e tratti sconnessi, e tutto ciò deve essere fatto in tempi brevi e compatibili con la tutela della sicurezza dei cittadini, anche in attesa della realizzazione dell'autostrada;
   infatti, è netta l'impressione che, in attesa dell'inizio dei lavori di adeguamento agli standard autostradali, siano cessati i necessari e improrogabili interventi di manutenzione dell'asse viario, riducendo la variante Aurelia, strada di grande comunicazione, in pessime condizioni e rendendola pericolosa per la sicurezza degli utenti –:
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda adottare per aumentare la sicurezza stradale sulla variante Aurelia mediante interventi di ripristino del manto stradale, di manutenzione delle barriere spartitraffico e di ripristino della segnaletica verticale ed orizzontale ad oggi poco visibile;
   se sia sua intenzione destinare alla sicurezza stradale della variante Aurelia le necessarie risorse, individuandole tra quelle messe a disposizione dall'articolo 1, comma 70, della legge 12 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), per interventi mirati ad incrementare la sicurezza e a migliorare le condizioni dell'infrastruttura viaria, con priorità per le opere stradali volte alla messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico.
(2-00392) «Velo, Sani, Cenni, Fossati, Luciano Agostini, Scalfarotto, Mariani, Boschi, Gelli, Biffoni, Bini, Tullo, Marchi, Manciulli, Rocchi, Dallai, Petitti, Realacci, Zoggia, Donati, Pagani, Lattuca, Nardella, Parrini, Moscatt, Gregori, Stumpo, Valeria Valente, Gandolfi, Nicchi, Beni, Pierdomenico Martino, Fontanelli».


Intendimenti circa il rispetto del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, con particolare riferimento alla realizzazione del progetto di «Auto – o Superstrada Alemagna»
– 2-00393

R)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   l'Italia, da ultima dei Paesi interessati, con la legge 9 novembre 2012, n. 196, ha ratificato il Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, fatto a Lucerna il 31 ottobre 2000;
   in sede di approvazione del disegno di legge di ratifica del sopradetto protocollo, il Governo, accogliendo il 17 ottobre 2012 l'ordine del giorno n. 9/05465/001, ha di fatto aperto la strada, ad avviso dell'interpellante, ad una cosiddetta «dichiarazione interpretativa», il cui obiettivo è sostanzialmente quello di esautorare il sopradetto protocollo del suo contenuto centrale, ossia: di ignorare, per quanto al territorio italiano, il divieto della realizzazione della ormai famigerata autostrada Alemagna;
   il sopradetto ordine del giorno approvato testualmente chiedeva di «chiarire, all'atto del deposito dello strumento di ratifica del Protocollo in oggetto, eventualmente anche attraverso la formulazione di una dichiarazione interpretativa, che le disposizioni dell'articolo 11 non pregiudicano la possibilità di realizzare progetti stradali di grande comunicazione sul territorio italiano, comprese le infrastrutture necessarie per lo sviluppo degli scambi con i Paesi situati a nord dell'arco alpino, e che le disposizioni relative all'internalizzazione dei costi esterni, di cui agli articoli 3, comma 1, 7, comma 1, e 14 sono da riferirsi all'acquis comunitario»;
   è evidente secondo l'interpellante, quindi, l'obiettivo dell'atto di indirizzo accolto, sostenuto in modo per niente velato dalla rappresentanza di categoria degli autotrasportatori: non ostacolare la realizzazione del progetto di collegare il Veneto, con «strada di grande comunicazione», con l'area economica a nord delle Alpi, nota sotto il nome di «Auto – o Superstrada Alemagna»;
   detta autostrada, se anche realizzata solo su territorio italiano, avrebbe come effetto un massiccio indotto di traffico, di merci e di persone, sulle reti stradali all'interno dell'arco alpino e oltre;
   ad avviso dell'interpellante, una simile «dichiarazione interpretativa» è da qualificare una riserva indebita. Non si può voler far parte di un accordo internazionale e sostenere contemporaneamente, di «interpretare» lo stesso nel senso di non applicare un punto centrale dell'accordo medesimo;
   è, peraltro, noto che il Governo austriaco nel frattempo sta sondando la disponibilità del Governo italiano per far chiarezza su questo specifico punto. A Vienna pare si rafforzi la convinzione che la Repubblica austriaca debba intraprendere un passo ufficiale nei confronti del suo Stato partner Italia per proporre ricorso formale contro tale «interpretazione»;
   in base alla normativa internazionale tale ricorso va proposto entro un anno dal relativo atto che, appunto, risale al 7 febbraio 2013. Di conseguenza, il termine scadrà il 6 febbraio 2014 –:
   se non ritenga indispensabile fornire le opportune e necessarie assicurazioni circa la volontà di garantire il pieno e completo rispetto del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, ratificato dalla legge n. 196 del 2012, con particolare riferimento al diniego circa la realizzazione del progetto di «Auto – o Superstrada Alemagna».
(2-00393) «Migliore, Kronbichler».


Chiarimenti in merito alla circolazione di container nel corridoio scandinavo-mediterraneo, nell'ambito dello sviluppo della rete transeuropea dei trasporti – 2-00406

S)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   nel 2010, con il regolamento (UE) n. 913/2010, l'Unione europea ha introdotto dei corridoi merci (linee ferroviarie principali nazionali che collegano differenti Paesi senza interruzione, per agevolare il trasporto merci ferroviario tra le nazioni europee);
   per ognuno di questi corridoi l'Unione europea ha istituito una cabina unica, alla quale chi vuole organizzare un treno merci dovrà rivolgersi;
   con la risoluzione del 19 novembre 2013, i corridoi merci europei sono stati aggiornati. Il sud Italia sarà compreso nel corridoio merci numero 3 (Scandinavia-Mediterraneo) che dovrà essere istituito entro il 10 novembre 2015;
   l'Italia ha già nominato i propri rappresentanti della cabina di regia del corridoio merci numero 3, composta da un comitato esecutivo (rappresentanti dei Ministeri dei Paesi dell'Unione europea coinvolti) e da un comitato di gestione (rappresentanti dei gestori delle ferrovie);
   i container che transiteranno nei corridoi merci hanno altezze standard stabilite internazionalmente;
   allo scopo di migliorare il carico per singolo container si è diffuso l'uso, per il traffico marittimo, di un container definito «high cube», poco più alto del tradizionale. La percentuale di «high cube» che circola via mare è in crescita;
   le linee ferroviarie merci vengono classificate in base alle altezze delle gallerie in cui passano i container. Esistono linee PC22 e PC30 per il trasporto tradizionale di container, linee PC32 per casse mobili e semirimorchi, linee PC45 per il trasporto di «high cube» e linee PC60 e PC80 per l'autostrada viaggiante, cioè autotreni su carri ferroviari;
   la mappa delle linee, presente nel sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, mostra che da Nord arrivano sino a Napoli-Salerno linee molto alte (PC80), mentre a Sud da Villa a Gioia (Rosarno) troviamo la classificazione PC32, da Gioia a Paola PC45 e da Paola a Salerno la classificazione PC32;
   a Gioia Tauro, esistendo un importante porto, una certa quantità di container in arrivo è di tipo marittimo, cioè «high cube», e necessita di gallerie PC45; tuttavia, come sopra evidenziato, da Paola a Salerno i treni con container «high cube» non risultano passare dalle gallerie perché queste ultime sono troppo basse (classificazione PC32 invece di PC45);
   la Sicilia, regione nella quale si trovano diversi importanti porti tra cui quello di Augusta (classificato come «core»), non ha attualmente alcun percorso per i container «high cube» –:
   quali documenti ufficiali abbiano finora prodotto il comitato esecutivo e il comitato di gestione del corridoio merci numero 3;
   con riferimento al «registro infrastrutture», la banca dati recentemente istituita da Rete ferroviaria italiana, quanti siano i chilometri di gallerie del corridoio merci numero 3 al di sotto del parametro P45 (in particolare da Augusta a Napoli-Salerno);
   come transiteranno i container «high cube» dal porto di Augusta verso il Nord del corridoio merci numero 3, nonché i container «high cube» da Gioia Tauro a Napoli;
   cosa intenda fare il Governo per dotare i territori citati di adeguate infrastrutture atte ai trasporti del ventunesimo secolo.
(2-00406) «Vecchio, Andrea Romano, Salvatore Piccolo, Cimmino, Bossa, Nicola Bianchi, D'Agostino, Causi, Antimo Cesaro, Rabino, Fava, Zappulla, Manlio Di Stefano, Pelillo, Giorgio Piccolo, Buttiglione, Vargiu, Garofalo, Piso, Bosco, Attaguile».