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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 14 aprile 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 14 aprile 2014.

  Abrignani, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Benamati, Mariastella Bianchi, Bini, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Busto, Caparini, Caruso, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cimmino, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grimoldi, La Russa, Lacquaniti, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Marazziti, Mazzoli, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Pellegrino, Peluffo, Pes, Pili, Pisicchio, Pistelli, Polidori, Porta, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Speranza, Tabacci, Vallascas, Vignali, Zan, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 11 aprile 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CANCELLERI ed altri: «Soppressione della società Equitalia Spa e trasferimento delle funzioni in materia di riscossione all'Agenzia delle entrate, nonché determinazione del limite massimo degli oneri a carico dei contribuenti nei procedimenti di riscossione» (2299);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE DANIELE FARINA ed altri: «Modifica all'articolo 111 della Costituzione, in materia di garanzia dei diritti delle vittime dei reati» (2300).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Ministro della giustizia.

  Il Ministro della giustizia, con lettera in data 10 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la relazione – per la parte di sua competenza – sullo stato di attuazione della medesima legge n. 194 del 1978, concernente norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, riferita all'anno 2013, comprensiva dei dati relativi al periodo dal 1995 al 2013 (Doc. XXXVII-bis, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla Commissione II (Giustizia) e alla Commissione XII (Affari sociali).

Trasmissione dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione.

  Il Presidente dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, con lettera in data 9 aprile 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 45 della legge 25 maggio 1970, n. 352, un esemplare del verbale delle operazioni relative al referendum popolare del 30 marzo 2014 concernente il distacco del comune di Comelico Superiore (Belluno) dalla regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige, che si è concluso con esito non favorevole al predetto distacco.

  Questo documento è depositato presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI CIRIELLI ED ALTRI N. 1-00248, VERINI, LEONE, DAMBRUOSO, D'ALIA, PISICCHIO ED ALTRI N. 1-00432 E MOTTOLA E PALESE N. 1-00433 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA TUTELA DELLE VITTIME DI REATO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo, sia nell'ambito del procedimento giudiziario, sia, soprattutto, nelle fasi preliminare e successiva ad esso;
    in questo senso, la normativa internazionale riconosce la necessità di rispondere alla globalità dei bisogni della vittima, dei suoi familiari e degli eventuali testimoni del reato, e sulla base di questi presupposti intende tutelarla sia in quanto persona, attraverso l'accoglienza, la tutela, l'informazione, la protezione e la possibilità di disporre di forme di mediazione con il reo, sia in quanto soggetto processuale, mediante l'accompagnamento nel processo penale ed il risarcimento;
    con riguardo a tutti questi aspetti nel nostro Paese si verificano, purtroppo, ancora molti ritardi, malfunzionamenti e inadempienze;
    con specifico riguardo alla fase risarcitoria, ad esempio, si può rilevare che, mentre le normative internazionali e comunitarie allargano la tutela a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, quella italiana si occupa di predisporre fondi di risarcimento solo in favore di alcune categorie di vittime (essenzialmente vittime del terrorismo, della criminalità organizzata, di richieste estorsive e di usura), limitando, quindi, la tutela alle mere fasi processuale e risarcitoria;
    giova ricordare, in proposito, che l'Italia risulta attualmente messa in mora a seguito del procedimento di infrazione promosso a suo carico da parte della Commissione europea (201174147) per la «cattiva applicazione» della direttiva 2004/80/CE, che stabilisce che «tutti gli Stati membri provvedano a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime», nel caso in cui il condannato non abbia i mezzi per farlo;
    la legislazione italiana sul tema, adottata, seppur con ritardo, con il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204, ha semplicemente esteso al soggetto «stabilmente residente in un altro Stato membro dell'Unione europea» e che risulti essere la «vittima di reato commesso nel territorio dello Stato» il riconoscimento dell'indennizzo statale già previsto in ambito nazionale per la medesima tipologia di reato, ma senza estendere tale misura ad altri reati intenzionali violenti, nonostante in Italia i reati più gravi ed efferati siano commessi da singoli ai danni delle categorie più deboli, come donne e bambini;
    a ciò si aggiunga che l'Italia non ha firmato neanche la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, firmata a Strasburgo il 24 novembre 1983 ed entrata in vigore il 1o febbraio 1998, che obbliga gli Stati contraenti a prevedere, nell'ambito delle legislazioni nazionali, un meccanismo di risarcimento per le vittime di infrazioni violente che hanno causato gravi lesioni corporali o il decesso;
    dopo decenni durante i quali l'attenzione era stata prevalentemente rivolta alla tutela dei diritti violati, negli ultimi anni si sono registrati un'attenzione ed un interesse crescente verso i bisogni delle vittime e si è giunti a stabilire come diventi essenziale per la vittima l'essere riconosciuta in condizione di difficoltà anche da parte della collettività e delle istituzioni;
    nel nostro Paese, le attività di assistenza, aiuto, ascolto e sostegno psicologico sono perlopiù affidate a strutture di volontariato e risultano frammentate sia sotto il profilo degli ambiti di intervento, sia sotto quello geografico, considerata la diseguale distribuzione sul territorio delle pur numerose strutture dedicate e che, a fronte di aree geografiche capillarmente servite, ve ne sono altre molto carenti;
    l'assenza di un coordinamento a livello regionale, o meglio ancora nazionale, costituisce un fattore che facilita tali disparità, finendo con l'enfatizzare gli svantaggi propri di alcuni contesti sociali, e, in egual misura, pesa lo scarso coordinamento tra pubblico e privato, tra terzo settore e volontariato;
    uno degli aspetti primari dell'assistenza alle vittime riguarda la questione degli operatori e della loro formazione, richiamata più volte anche dalla normativa europea e che andrebbe implementata sia sotto il profilo delle conoscenze e delle competenze, sia sotto il profilo dell'empatia che deve caratterizzare l'operatore quando ascolta le vittime;
    altro tema di primaria importanza è certamente quello costituito dal sostegno finanziario che occorre dedicare e garantire alle politiche in favore delle tutela delle vittime, ai quali occorrerebbe destinare una quota annua certa di finanziamenti per assicurare la qualità dei servizi erogati, oltre a favorire la diffusione delle attività svolte nei centri su tutto il territorio, permettendo loro di operare all'interno di una sostanziale continuità;
    ulteriori problematiche riscontrabili nell'ordinamento italiano attengono alla tutela in fase processuale, non solo sotto il profilo risarcitorio, ma anche sotto quello del pagamento delle spese processuali;
    si sono verificati, infatti, numerosi casi in cui i familiari delle vittime di reato si sono trovate a dover corrispondere allo Stato le spese giudiziali perché il condannato risultava nullatenente;
    il 25 ottobre 2012 il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la precedente normativa in materia, contenuta nella decisione quadro 2001/220/GAI;
    la direttiva muove, tra le altre, dalla premessa che un reato non è solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime, che, come tali, dovrebbero essere riconosciuti e trattati in maniera rispettosa, sensibile e professionale, senza discriminazioni di sorta, e si pone come obiettivo quello di «garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali»;
    altri aspetti della direttiva attengono alla necessità di limitare il rischio della cosiddetta vittimizzazione secondaria e ripetuta, alla particolare tutela della quale sono meritevoli le vittime minori, quelle affette da disabilità, le vittime di atti di terrorismo e quelle della violenza di genere e della violenza nelle relazioni strette, nonché all'esigenza di prevedere, che tra queste, possano essere considerati anche i familiari delle vittime;
    altro aspetto al quale la direttiva dedica ben due articoli attiene alla tutela finanziaria delle vittime, disponendo in merito il «Diritto al patrocinio a spese dello Stato» e il «Diritto al rimborso delle spese»;
    sull'onda emotiva dei numerosissimi casi di femminicidio verificatisi nel nostro Paese, negli ultimi mesi il Parlamento ha profuso particolare impegno rispetto a questo tema, provvedendo, tra l'altro, alla ratifica della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta ad Istanbul, l'11 maggio 2011, ed all'approvazione, con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante «disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», di un primo pacchetto di norme che ne recepiscono le indicazioni;
    in particolare, tuttavia, il decreto-legge n. 93 del 2013 è apparso fortemente sbilanciato sull'aspetto dell'inasprimento del sistema sanzionatorio e, pur compiendo un primo piccolo passo nel senso della tutela delle vittime attraverso la previsione di un piano nazionale antiviolenza, dedica a questo tema un'attenzione ancora insufficiente;
    numerosi provvedimenti recanti norme a protezione e sostegno delle vittime di reati giacciono in Parlamento in attesa di essere esaminati e altri, nelle precedenti legislature, non sono mai stati calendarizzati;
    la direttiva 2012/29/UE, il cui termine per il recepimento è fissato al 16 novembre 2015, è stata inserita nell'allegato B alla legge europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96, «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»); il Governo, nell'adozione del decreto legislativo dovrà attenersi ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234;
    la direttiva 29/2012/UE «stabilisce norme minime. Gli Stati membri possono ampliare i diritti da essa previsti al fine di assicurare un livello di protezione più elevato»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative di competenza per il tempestivo recepimento della direttiva europea di cui in premessa;
   a svolgere un ruolo di impulso e di coordinamento centrale delle strutture, pubbliche e private, deputate a svolgere funzioni di assistenza, sostegno e tutela delle vittime, al fine, da un lato, di potenziare e rendere più omogenea la distribuzione sul territorio delle stesse e, dall'altro, di operare nel senso della creazione di una rete tra pubblico e privato;
   a promuovere la collaborazione intersettoriale tra i diversi attori che, a vario titolo, si occupano di queste problematiche, quali le forze dell'ordine, la magistratura, i servizi sociali, le associazioni di volontariato sul territorio, gli operatori di victim support;
   con particolare riferimento alle strutture di assistenza, a promuovere iniziative volte a prevedere un ampliamento delle loro competenze, attraverso la migliore formazione degli operatori impiegati, grazie ad approfondimenti sulle materie sociologiche e psicopedagogiche, sulle scienze giuridiche, nell'ambito della criminologia e della vittimologia, nonché richiamando le funzioni ed il ruolo svolti dal servizio sociale territoriale e da quello sanitario;
   a fornire un adeguato e continuativo sostegno economico alle realtà che operano nel campo dell'assistenza e tutela delle vittime di reato;
   a prevedere adeguate forme di pubblicizzazione dei servizi offerti e delle strutture di accoglienza presenti sul territorio, nonché campagne di informazione e sensibilizzazione sul tema della violenza nelle sue diverse declinazioni;
   a elaborare modalità per la verifica e valutazione dell'impatto delle misure di assistenza e protezione delle vittime;
   con specifico riferimento alla fase processuale, ad assumere iniziative volte a prevedere una disciplina risarcitoria da parte dello Stato, laddove l'autore dei reato sia tornato a delinquere perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza alternativi alla detenzione adottati dallo stesso e a modificare la disciplina inerente al pagamento delle spese giudiziarie, affinché esse non possano più gravare proprio sulle vittime o sulle loro famiglie;
   a valutare, in accordo con le previsioni della direttiva, laddove prevede che gli Stati possano adottare norme di protezione più elevate, di assumere iniziative per riconoscere alle vittime e alle persone danneggiate dal reato una tutela di rango costituzionale, come già richiesto da alcune proposte parlamentari;
   a sottoscrivere la citata Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, affinché nell'ordinamento italiano possano essere recepite le indicazioni ivi previste.
(1-00248) «Cirielli, Giorgia Meloni, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    la promozione e la tutela dei diritti delle vittime da reato dovrebbe costituire oggi un obiettivo prioritario dell'azione politica di tutte le moderne democrazie, andandosi ad inserire nel quadro della tutela dei soggetti più deboli e vulnerabili della società;
    tra le direttive europee più recenti in materia – volte ad assicurare che le vittime di reati, particolarmente se violenti, ricevano adeguato riconoscimento sociale, sostegno e protezione giuridica – vanno certamente ricordate la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, adottata il 25 ottobre 2012, che ha istituito norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e la direttiva 2011/99/UE che ha introdotto l'ordine di protezione europeo;
    l'Italia negli ultimi mesi ha compiuto significativi passi in avanti: da un lato attraverso l'inserimento nella legge di delegazione europea 2013 della delega al Governo per il recepimento delle direttive sopracitate; dall'altro muovendosi nella direzione di una più compiuta tutela della vittima nell'ambito della giustizia penale, in particolare con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, che ha rafforzato gli obblighi di comunicazione e informazione alla vittima e ampliato le sue facoltà di partecipazione al procedimento, dando così una nuova concretezza alla posizione della vittima nel reato nel quadro delle norme in materia di sicurezza e contrasto della violenza di genere;
    tuttavia, se analizzato nel complesso, il quadro normativo nazionale di tutela della vittima appare ancora frammentario e suscettibile di miglioramento, rispetto agli standard fissati in sede europea, soprattutto sotto il profilo di una compiuta tutela del soggetto vulnerabile prima, durante e dopo il processo penale;
    sotto il profilo della tutela nel processo, occorre innanzitutto rivedere le prerogative processuali della vittima nell'ottica di configurarla quale vera e propria parte processuale, consapevole, informata, conscia dei propri diritti ed in grado di gestirli ed esercitarli, senza necessariamente costringerla a costituirsi parte civile al solo scopo di avere una voce nel processo e fornendole adeguata consulenza legale, anche prima che il procedimento penale sia formalmente iniziato;
    il decreto-legge n. 93 del 2013 ha, infatti, meritoriamente introdotto nuovi obblighi di informazione della vittima, ma con effetti limitati solo ad alcune tipologie di vittime di reato; appare pertanto necessario estendere tali obblighi di informazione in modo generalizzato;
    le condizioni e le modalità di ammissione al gratuito patrocinio, poi, costituiscono una premessa importante della partecipazione delle vittime indigenti o vulnerabili, così come essenziale risulta la fornitura degli indispensabili servizi di interpretazione e traduzione necessari a consentire una partecipazione effettiva anche alla vittima alloglotta;
    altri aspetti significativi, sui quali occorre giungere a forme più avanzate di tutela e protezione delle vittime del reato riguardano la loro partecipazione al procedimento cautelare e la possibilità di sviluppare meccanismi alternativi alla punizione irrogata nel processo penale, come ad esempio la mediazione;
    un punto molto sensibile e delicato, poi, è quello di un'adeguata formazione psicologica e giuridica del personale di polizia a cui è demandato il primo contatto con la vittima, al fine di fornirle un supporto efficace;
    occorre, tuttavia, tener presente che la tutela delle vittime del reato deve trovare riconoscimento e sostegno anche a prescindere dall'azione repressiva dell'apparato giudiziario, ossia fuori da una dinamica esclusivamente processuale, attraverso la necessaria predisposizione e copertura economica di quei servizi di sostegno materiale e psicologico alla vittima, in un quadro articolato di prevenzione, protezione ed assistenza delle vittime dei reati;
    il riconoscimento della sofferenza della vittima richiede, infine, allo Stato di predisporre anche meccanismi di risarcimento, specie in tutti quei casi in cui le vittime non ricevano ristoro dal colpevole del reato, perché, ad esempio, il responsabile è indigente o non è stato individuato;
    l'articolo 12, comma 2, della direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004, obbliga gli Stati membri a dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime;
    tuttavia tale articolo non ha trovato attuazione nel decreto legislativo n. 204 del 2007, che ha recepito la direttiva e che si è limitato esclusivamente a prevedere la predisposizione di meccanismi di cooperazione transfrontaliera per assicurare che il risarcimento possa essere richiesto anche da persone residenti all'estero, ma non ha introdotto un generale obbligo di risarcimento per le vittime di reati intenzionali violenti;
    la mancata attuazione dell'articolo 12 della direttiva europea è stata, peraltro, contestata dalla stessa Commissione europea, la quale ha avviato la procedura d'infrazione 2011/4147 ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, lamentando l'assenza di previsione di meccanismi generali di risarcimento per tutte le vittime di reati intenzionalmente violenti;
    tale punto, pertanto, appare certamente uno di quelli maggiormente critici e sul quale occorre intervenire con urgenza, essendo le forme di risarcimento attualmente previste solo di carattere settoriale e riferite a limitate categorie di reati violenti,

impegna il Governo:

   in attuazione di quanto previsto dall'articolo 12, comma 2, della direttiva 2004/80/CE, a predisporre iniziative normative volte ad assicurare un adeguato indennizzo alle vittime di reati intenzionalmente violenti, in particolare per tutti i casi in cui la vittima non possa ottenere il risarcimento dal soggetto colpevole del reato, contestualmente assumendo iniziative per il coordinamento e la semplificazione delle norme settoriali oggi vigenti;
   ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, volta a garantire una partecipazione effettiva, consapevole ed informata della vittima del reato in tutte le fasi del procedimento e del processo, anche prevedendo la possibilità per la vittima di partecipare adeguatamente alla fase processuale nei casi in cui non si sia costituita come parte civile, valutando la possibilità di ampliare le ipotesi di assunzione anticipata della sua testimonianza in sede di incidente probatorio e prevedendo la mediazione quale facoltà, e non obbligo, per la vittima;
   a provvedere al reperimento delle risorse sufficienti ad assicurare la possibilità di accesso al patrocinio a spese dello Stato e alla riduzione degli oneri delle spese processuali a carico delle vittime;
   anche in vista dell'adozione del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2011/29/UE, ad assicurare la formazione del personale giudiziario e di polizia che entri in contatto con le vittime dei reati, al fine di garantire che i diritti stabiliti dagli articoli 3, 4 e 5 della citata direttiva siano garantiti sia al momento del primo contatto con «un'autorità competente», sia, successivamente, al momento della denuncia;
   a predisporre quanto prima un piano globale di interventi integrati a favore della vittima, al fine di offrire adeguato supporto materiale e psicologico, nonché consulenza legale alle persone vittime di reato – ed in particolare a quelle fra loro vittime di reati violenti – costituendo un «rete nazionale di sostegno alle vittime» che sia presente in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale.
(1-00432) «Verini, Leone, Dambruoso, D'Alia, Pisicchio, Ferranti, Amoddio, Bazoli, Biffoni, Campana, Ermini, Giuliani, Greco, Leva, Magorno, Marroni, Marzano, Mattiello, Morani, Moretti, Giuditta Pini, Rossomando, Rostan, Tartaglione, Vazio».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    gli episodi di violenza che quotidianamente si verificano su tutto il territorio nazionale richiedono una tutela, preventiva e successiva, cui lo Stato, talora, non è in grado di rispondere;
    uno Stato civile dovrebbe essere in grado, se non di garantire la sicurezza e, dunque, la tutela preventiva al cittadino, quanto meno di fornire un aiuto, economico e morale, dopo che il reato è avvenuto, e dunque di fornire almeno una tutela successiva;
    allo stato esistono diversi fondi di garanzia, di solidarietà o di tutela, tanto di rilievo nazionale quanto di rilievo locale;
    detti istituti di sostegno e di aiuto, senza alcun dubbio utilissimi, essendo nati in momenti diversi e non essendo conseguentemente raccordati gli uni con gli altri, creano sovrapposizione di competenze, lungaggini nell'elargizione dei contributi economici e, soprattutto, inutile dispendio di energie da parte dei soggetti interessati;
    talora accade addirittura che spesso gli istituti di sostegno non servano allo scopo per cui sono stati previsti e creati e detta frammentarietà della risposta istituzionale alle istanze di giustizia avanzate dalle vittime di vari reati, direttamente collegata alla scarsità di fondi, provoca la conseguente insufficienza dei fondi stessi rispetto alle richieste;
    in definitiva, il risultato ultimo della moltiplicazione di tali fondi rischia di essere il non raggiungimento dell'obiettivo di aiutare, anche economicamente, le vittime di reati;
    sarebbe opportuno riunire tutte le provvidenze economiche attualmente in essere, ponendole sotto un'unica voce attraverso la creazione di un fondo di garanzia per le vittime della violenza;
    dovrebbe inoltre essere specificato meglio il concetto di «violenza» comprendendovi qualsiasi comportamento, doloso o colposo, fuori dai casi di provocazione o comunque di volontaria causazione, volto a limitare, ridurre o, comunque, comprimere, impedire o escludere la libertà altrui e a ledere o, comunque, danneggiare la persona;
    la legislazione del nostro Paese, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’70, ha registrato numerosi interventi legislativi contenenti misure e forme di assistenza, sostegno e informazione a favore di alcune vittime di specifici illeciti;
    un esempio di intervento in tal senso è rappresentato dalla legge 3 agosto 2004, n. 206, che ha dettato norme in favore dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiute sul territorio nazionale o all'estero, e dei loro familiari superstiti e ha introdotto una serie di benefici ad esclusivo vantaggio delle vittime del terrorismo, ma non anche delle vittime del dovere e di quelle della criminalità organizzata;
    un ulteriore intervento di tutela delle vittime di reato è stato delineato nell'ambito della prevenzione e della repressione della tratta di esseri umani e di protezione delle vittime di reato, in data 4 marzo 2014, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per gli affari esteri con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, mediante un decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio;
    quest'ultimo provvedimento è intervenuto in attuazione della delega conferita al Governo dall'articolo 5 della legge di delegazione europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96) e, in materia di tutela delle vittime di reato, ha recepito in modo non del tutto adeguato ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo alcune disposizioni previste nella direttiva citata poiché non ha apportato né una tutela generale per le vittime di violenza né una tutela sufficientemente adeguata. Non è infatti previsto un sistema efficace di risarcimento delle vittime di reato dal momento che si stabilisce a titolo di risarcimento la somma forfetaria di 1.500 euro (piuttosto esigua, avuto riguardo a quanto subito dalle persone vittime di tratta di esseri umani) per ogni vittima;
    il complesso di tali interventi dell'Esecutivo è stato determinato dal preciso intento dello Stato di offrire un segnale di sostegno, in termini morali ed economici, a fronte di quei delitti diretti contro la sua stessa ragione di esser, ma, pur considerando favorevolmente tutti gli interventi predisposti in materia, si ravvisano ancora alcuni profili di criticità in merito alla piena applicazione e al riconoscimento di tali diritti alle vittime di reato ed è necessario evidenziare che nell'ordinamento italiano ancora non esiste una normativa generale sostanziale a tutela di queste ultime;
    in linea di principio il risarcimento del danno dovrebbe essere attuato a cura dell'autore del reato, tuttavia oggi, sul piano generale, il quadro complessivo dei risarcimenti risulta tutt'altro che rassicurante, ove si pensi alle numerose ipotesi di autori di reato rimasti ignoti o comunque insolvibili;
    l'esigenza di una piena tutela delle vittime del reato è fortemente avvertita ai vari livelli e alle diverse istanze della nostra società, anche perché la parte danneggiata, la parte offesa dal reato, ovvero la parte civile costituita nel processo ricoprono un ruolo e rappresentano un interesse che potrebbe essere definito di natura pubblica o collettiva;
    il trattamento adeguato delle vittime corrisponde a una serie di diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta UE») e dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e l'effettivo riconoscimento nonché il rispetto dei diritti delle vittime, in particolare della loro dignità umana, della loro vita privata e familiare e della loro proprietà, devono essere salvaguardati garantendo nel contempo i diritti fondamentali altrui, quali quelli dell'accusato;
    è necessario soddisfare le esigenze delle vittime prima, durante e dopo i procedimenti penali per ridurre significativamente il costo globale della criminalità che comprende tanto i costi materiali connessi ai settori dell'economia e della sanità e al sistema della giustizia penale, quanto i costi immateriali, quali il dolore, la sofferenza e la riduzione della qualità della vita della vittima,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per risarcire le vittime di reato, prevedendo la possibilità di una commisurazione diversa dell'indennizzo, che non deve essere determinato in maniera fissa ma necessita di essere proporzionale al pregiudizio subito;
   a promuovere interventi finalizzati a superare ritardi e vuoti normativi fortemente pregiudizievoli per il soggetto più debole e meno garantito del processo al fine di garantire il pieno riconoscimento della cittadinanza processuale a tutte le vittime di reato;
   ad assumere iniziative per istituire un fondo di garanzia per le vittime di reato che sia un istituto pubblico o, comunque, con partecipazione pubblica, finanziato anche attraverso la cessione, da parte dello Stato, dei crediti vantati nei confronti di coloro che sono stati condannati in via definitiva a pene pecuniarie, facendo sì che in detto fondo confluisca una quota parte dei beni, mobili e immobili, che sono oggetto di confisca;
   ad assumere iniziative per risarcire congruamente le vittime di reato allo scopo di riconoscere e rispettare i diritti delle stesse, in particolare la loro dignità umana e la loro vita privata e familiare.
(1-00433) «Mottola, Palese».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


MOZIONE BOCCADUTRI ED ALTRI N. 1-00216 CONCERNENTE INIZIATIVE PER LA SOSPENSIONE DEL CONIO DELLE MONETE DA 1 E 2 CENTESIMI

Mozione

   La Camera,
   premesso che:
    la quantità di monete che ciascuno Stato può coniare è approvata dalla Banca centrale europea;
    spetta poi a ciascuno Stato provvedere al conio delle stesse;
    gli organi di stampa hanno di recente riportato notizie circa il costo del conio degli euro per l'Italia. In particolare, parrebbe che i costi di fabbricazione di ciascuna moneta da un centesimo ammonterebbero a 4,5 centesimi; quelli di ciascuna moneta da due centesimi a 5,2 cent; quelli di ciascuna moneta da 5 centesimi a 5,7;
    dall'introduzione dell'euro la Zecca avrebbe fuso oltre 2,8 miliardi di monete da un centesimo, 2,3 miliardi di monete da 2 cent e circa 2 miliardi di monete da 5 cent, per un costo complessivo di 362 milioni di euro, a fronte di un valore reale di 174 milioni;
    per tali ragioni alcuni Paesi europei, tra cui la Finlandia e l'Olanda, hanno bloccato il conio delle suddette monete;
    negli ultimi anni, il Governo e il Parlamento hanno tentato di limitare lo spreco di risorse pubbliche, tagliando, attraverso la cosiddetta spending review, quei costi cui nel complesso è possibile rinunciare;
    l'utilità delle monete da 1, 2 e 5 centesimi è molto limitata e assolutamente rinunciabile, se paragonata ai risparmi che ne deriverebbe allo Stato,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, a livello nazionale ed europeo, perché vengano attuate delle politiche di contenimento della spesa, sospendendo il conio delle monete da 1 e 2 centesimi e valutando l'impatto sull'inflazione dell'eventuale sospensione del conio di quelle da 5 centesimi.
(1-00216) «Boccadutri, Rosato, Currò, Balduzzi, Di Lello, Causi, Coppola, Coscia, D'Attorre, Di Salvo, Daniele Farina, Ferrara, Fiano, Fratoianni, Giorgis, Grande, Marcon, Melilla, Migliore, Misiani, Paglia, Pannarale, Piras, Francesco Sanna, Sannicandro, Scotto, Scuvera, Stumpo».