XVII LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 24 giugno 2014.
Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Ascani, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Censore, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Battista, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Marazziti, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Nicoletti, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rossi, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valentini, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Ascani, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Censore, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Battista, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Meta, Mogherini, Nicoletti, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rossi, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Sereni, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valentini, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.
Annunzio di proposte di legge.
In data 23 giugno 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
ROSTAN: «Modifiche all'articolo 545 del codice di procedura civile in materia di limiti alla pignorabilità delle retribuzioni dovute dai privati e dei trattamenti di pensione» (2483);
OLIVERIO ed altri: «Disposizioni per il contrasto delle frodi nella produzione dei formaggi freschi a pasta filata e della mozzarella ottenuta con latte di bufala» (2484).
Saranno stampate e distribuite.
Annunzio di una proposta di legge d'iniziativa regionale.
In data 23 giugno 2014 è stata presentata alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, la seguente proposta di legge:
PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA PUGLIA: «Integrazione al comma 1 dell'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazioni d'imposta per spese sostenute dal disabile grave, ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in materia di premio assicurativo per l'auto» (2485).
Sarà stampata e distribuita.
Adesione di un deputato a una proposta di legge.
La proposta di legge IORI ed altri: «Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del bullismo, anche informatico» (2408) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Venittelli.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LAFFRANCO: «Modifica all'articolo 32 della Costituzione, in materia di tutela della salute e di diritto all'attività sportiva e ricreativa» (2217) Parere della VII Commissione;
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CIVATI ed altri: «Modifiche alla parte seconda della Costituzione in materia di semplificazione dell'organizzazione e del funzionamento delle Camere, elezione e funzioni del Senato, soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, delle province e delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia delle regioni, nonché rideterminazione delle competenze legislative statali e regionali» (2227) Parere delle Commissioni II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VII Commissione (Cultura):
SENALDI ed altri: «Istituzione dell'Ordine professionale dei chimici e dei fisici» (2312) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, VIII, X, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
IX Commissione (Trasporti):
VITELLI ed altri: «Introduzione dell'articolo 201-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, concernente l'istituzione di tariffe per l'ingresso dei veicoli in aree del territorio comunale o metropolitano e la destinazione dei loro proventi al finanziamento di infrastrutture di trasporto pubblico locale» (2323) Parere delle Commissioni I, V, VI, VIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali XVII.
XI Commissione (Lavoro):
MELILLA: «Modifica al comma 529 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in materia di stabilizzazione di lavoratori impiegati dalle regioni con contratti di collaborazione coordinata e continuativa» (2371) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.
La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
sentenza n. 171 dell'11 giugno 2014 (Doc. VII, n. 316), con la quale:
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2 e 3 della legge della regione Piemonte 25 gennaio 2013, n. 1 (Istituzione del Comune di Mappano), sollevate, in riferimento agli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte:
alla I Commissione (Affari costituzionali);
sentenza n. 172 dell'11 giugno 2014 (Doc. VII, n. 317), con la quale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 612-bis codice penale sollevata, in riferimento all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Trapani, sezione distaccata di Alcamo:
alla II Commissione (Giustizia);
sentenza n. 175 dell'11 – 13 giugno 2014 (Doc. VII, n. 320), con la quale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 3, della legge n. 183 del 2011, promossa, in riferimento agli articoli 2, comma 1, lettera b), e 3, comma 1, lettera f), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), 11 della legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta), 5, 117, terzo comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Valle d'Aoste;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo 8, comma 3, della legge n. 183 del 2011, promossa, in riferimento agli articoli 117, terzo e sesto comma, e 119 della Costituzione, 74, 79, 80, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), 17, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso n. 12 del 2012;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 27, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 24 febbraio 2012, n. 14, promossa, in riferimento agli articoli 74, 79, 103, 104 e 107 del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, 2 del citato decreto legislativo n. 266 del 1992, 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, dalla provincia autonoma di Trento con il ricorso n. 74 del 2012; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 4, della legge n. 183 del 2011, promossa dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Valle d'Aoste;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo 8, comma 4, della legge n. 183 del 2011, promossa, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dalla provincia autonoma di Trento con il ricorso n. 12 del 2012:
alla V Commissione (Bilancio).
La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
con lettera in data 11 giugno 2014, Sentenza n. 165 dell'11 giugno 2014 (Doc. VII, n. 310), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 13, 14, 15, 16, 17, 18 e 20 della legge della regione Toscana 28 settembre 2012, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di commercio per l'attuazione del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 e del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1. Modifiche alla legge regionale n. 28 del 2005 e alla legge regionale n. 1 del 2005) e degli articoli 2, 5, comma 2, 6, 16 e 18 della legge della regione Toscana 5 aprile 2013, n. 13 (Disposizioni in materia di commercio in sede fissa e di distribuzione di carburanti. Modifiche alla legge regionale n. 28 del 2005 e alla legge regionale n. 52 del 2012);
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 12 della legge regionale n. 52 del 2012, nella parte in cui, modificando l'articolo 18, comma 1, della legge della regione Toscana 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice del Commercio. Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazioni di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti), stabilisce che l'autorizzazione sia rilasciata dallo sportello unico per le unità produttive «secondo le condizioni e le procedure di cui agli articoli da 18-ter a 18-octies»;
dichiara estinto, relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 39 e 41 della legge regionale n. 52 del 2012, il processo;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 11, 12, nella parte residua, e 19 della legge regionale n. 52 del 2012, nonché dell'articolo 3 della legge regionale n. 13 del 2013, promosse dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in riferimento agli articoli 41 e 117, secondo comma, lettere e) ed m), della Costituzione:
alla X Commissione (Attività produttive);
con lettera in data 11 giugno 2014, sentenza n. 166 dell'11 giugno 2014 (Doc. VII, n. 311), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 4, della legge della regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 (Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale);
dichiara, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 5, della legge della regione Puglia n. 31 del 2008:
alla XIII Commissione (Agricoltura);
con lettera in data 11 giugno 2014, sentenza n. 167 dell'11 giugno 2014 (Doc. VII, n. 312), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10 della legge della regione Abruzzo 16 luglio 2013, n. 20 (Modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 2 recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della regione Abruzzo – legge finanziaria regionale 2013», modifiche alla legge regionale 10 gennaio 2013, n. 3 recante «Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2013 – bilancio pluriennale 2013-2015» e ulteriori disposizioni normative):
alla VIII Commissione (Ambiente);
con lettera in data 11 giugno 2014, sentenza n. 168 dell'11 giugno 2014 (Doc. VII, n. 313), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 1, lettera b), della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Valle d'Aoste 13 febbraio 2013, n. 3 (Disposizioni in materia di politiche abitative), nella parte in cui annovera, fra i requisiti di accesso all'edilizia residenziale pubblica, quello della «residenza nella regione da almeno otto anni, maturati anche non consecutivamente»:
alla VIII Commissione (Ambiente);
con lettera in data 11 giugno 2014, sentenza n. 169 dell'11 giugno 2014 (Doc. VII, n. 314), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 43, comma 8, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui si applica alle Province autonome di Trento e di Bolzano:
alla VIII Commissione (Ambiente);
con lettera in data 11 giugno 2014, sentenza n. 170 dell'11 giugno 2014 (Doc. VII, n. 315), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), nella parte in cui non prevedono che la sentenza di rettificazione dell'attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore; dichiara, in via consequenziale, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 31, comma 6, del decreto legislativo 1o settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nella parte in cui non prevede che la sentenza di rettificazione dell'attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che determina lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore:
alla II Commissione (Giustizia);
con lettera in data 13 giugno 2014, sentenza n. 173 dell'11 – 13 giugno 2014 (Doc. VII, n. 318), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5 della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Valle d'Aoste 15 aprile 2013, n. 13 (Disposizioni per la semplificazione di procedure in materia sanitaria);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 2, della medesima legge della regione autonoma Valle d'Aosta n. 13 del 2013, proposta – in riferimento all'articolo 3, primo comma, lettera l), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta) ed all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri:
alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura);
con lettera in data 13 giugno 2014, sentenza n. 174 dell'11 – 13 giugno 2014 (Doc. VII, n. 319), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 135, comma 1, lettera q-quater), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui prevede la devoluzione alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall'autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli articoli 13, 14, 15 e 16 del decreto legislativo n. 104 del 2010, sollevata, con riferimento all'articolo 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria:
alla II Commissione (Giustizia);
con lettera in data 18 giugno 2014, sentenza n. 177 dell'11 – 18 giugno 2014 (Doc. VII, n. 321), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 5, della legge della regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27 (Legge finanziaria 2002):
alla VI Commissione (Finanze);
con lettera in data 18 giugno 2014, sentenza n. 178 dell'11 – 18 giugno 2014 (Doc. VII, n. 322), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 62, comma 1, della legge della regione Umbria 12 luglio 2013, n. 13 (Testo unico in materia di turismo);
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 63, comma 2, della legge della regione Umbria n. 13 del 2013;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 68 della legge della regione Umbria n. 13 del 2013;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 73, comma 4, della legge della regione Umbria n. 13 del 2013;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 63, comma 1, lettera b), della legge della regione Umbria n. 13 del 2013, promossa, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:
alla X Commissione (Attività produttive);
con lettera in data 23 giugno 2014, sentenza n. 181 dell'11 – 23 giugno 2014 (Doc. VII, n. 323), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 28, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 8 aprile 2013, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di attività economiche, tutela ambientale, difesa del territorio, gestione del territorio, infrastrutture, lavori pubblici, edilizia e trasporti, attività culturali, ricreative e sportive, relazioni internazionali e comunitarie, istruzione, corregionali all'estero, ricerca, cooperazione e famiglia, lavoro e formazione professionale, sanità pubblica e protezione sociale, funzione pubblica, autonomie locali, affari istituzionali, economici e fiscali generali);
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, commi 1, 2 e 3, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10, comma 5, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013; dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 10, commi 1 e 2, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 4, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia) e agli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli articoli 12 e 14 della legge costituzionale n. 1 del 1963, alla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle regioni), agli articoli 121 e 122 della Costituzione, nonché ai principi fondamentali dell'ordinamento in tema di prorogatio, anche in relazione agli articoli 1 e 2 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 18 giugno 2007, n. 17 (Determinazione della forma di governo della Regione Friuli-Venezia Giulia e del sistema elettorale regionale, ai sensi dell'articolo 12 dello Statuto di autonomia);
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2013, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento al principio di leale collaborazione:
alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XI (Lavoro).
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 23 giugno 2014, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di decisione del Consiglio che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil) fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4 - dicloro - N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil] benzamide (AH-7921), 3,4- metilenediossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) (COM(2014) 362 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT): situazione attuale e prospettive (COM(2014) 368 final), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 26 E 27 GIUGNO E SULLE LINEE PROGRAMMATICHE DEL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA
Risoluzioni
RISOLUZIONI
La Camera,
premesso che:
il 26 e 27 giugno prossimi si terrà a Bruxelles la riunione del Consiglio europeo che avrà il compito di definire gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nonché di discutere sulle misure da prendere a livello nazionale e di approvare le raccomandazioni specifiche per paese destinate a orientare gli Stati membri nelle loro riforme strutturali, nelle politiche di occupazione e nei bilanci nazionali, concludendo così il semestre europeo;
soprattutto, dal 1o luglio l'Italia assumerà la Presidenza semestrale del Consiglio dell'Unione europea, un ruolo essenziale all'interno dell'Unione europea, poiché proprio alla Presidenza spetta il compito di proporre orientamenti ed elaborare i compromessi necessari all'adozione di decisioni da parte del Consiglio;
il semestre di Presidenza italiana cade in un momento particolarmente significativo perché, dopo anni in cui le istituzioni europee sono apparse deboli nel fronteggiare la crisi economica e finanziaria, appare necessario promuoverne il rilancio e, in prospettiva, il rafforzamento;
di primaria importanza è la strategia per la crescita e l'occupazione, rispetto alla quale gli assi principali sono costituiti dal rafforzamento dell'unione economica e monetaria, il potenziamento della competitività industriale, la diffusione delle tecnologie digitali, il raggiungimento della sicurezza energetica e il sostegno all'economia verde, la promozione del turismo e della cultura, l'incremento dei livelli e della qualità dell'istruzione;
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri le approva.
(6-00077) «Speranza, De Girolamo, Antimo Cesaro, Dellai, Pisicchio, Di Lello, Alfreider, Formisano».
La Camera,
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sul Consiglio europeo del 26 e 27 giugno prossimi,
premesso che:
al Consiglio europeo viene attribuita la funzione di organo di indirizzo politico. Secondo il dettato del Trattato sull'Unione europea «Il Consiglio europeo dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici e le priorità politiche generali» scandisce, quindi, la vita politica e lo sviluppo dell'Unione europea. Esso svolge un ruolo capitale in tutti i settori di competenza comunitaria, mediante attività di impulso, di coordinamento, di arbitrato o di risoluzione di questioni particolarmente controverse;
il 26 e 27 giugno 2014 nella riunione del Consiglio europeo si affronteranno dei punti fondamentali in materia di crescita, competitività ed occupazione. Secondo l'ordine del giorno provvisorio presentato, si procederà a uno scambio di opinioni sulle misure da prendere a livello nazionale e approverà le raccomandazioni specifiche per paese destinate a orientare gli Stati membri nelle loro riforme strutturali, nelle politiche di occupazione e nei bilanci nazionali. Inoltre si tornerà ad affrontare la politica in materia di clima ed energia ed infine verranno affrontate questioni specifiche in materia di relazioni esterne alla luce degli sviluppi del panorama internazionale;
essendo essenzialmente il Consiglio europeo un vertice durante il quale i leader dell'Unione europea definiscono le priorità politiche e le principali iniziative, e dovendo, dal primo luglio prossimo, presiedere il semestre europeo, questa riunione è l'occasione per mettere in evidenza le priorità che dovranno essere affrontate nel prossimo futuro;
i dati sulla disoccupazione periodicamente diffusi dall'Istituto nazionale di statistica testimoniano che l'occupazione nel nostro Paese continua a rappresentare una vera e propria emergenza sociale. Nel primo trimestre 2014 il tasso di disoccupazione è risultato pari al 13,6 per cento, in aumento di 0,8 punti su base annua, confermando che il tasso resta ai livelli massimi sia dall'inizio delle serie mensili (gennaio 2004) che trimestrali (1997). Record storico anche per la disoccupazione giovanile (fascia 15-24 anni) che registra il 43,3 per cento;
tale andamento è ancor più allarmante in ambito europeo; secondo i dati Eurostat di aprile scorso, il tasso di disoccupazione giovanile ha registrato una distanza abissale tra Germania (7,9 per cento) e Italia (43,3 per cento);
questi dati certificano che a nulla sono valsi finora i provvedimenti in materia di rilancio dell'occupazione attuati dai Governi di centro-sinistra succedutisi negli ultimi anni, rivelatisi come misure tampone e non già quali interventi strutturali del mercato del lavoro italiano;
la stessa Corte dei conti nel suo Rapporto 2014 sulla finanza pubblica definisce il bonus di 80 euro di cui al decreto-legge n. 66 del 2014 recentemente convertito in legge con voto di fiducia, soltanto un «surrogato», rilevando una «riluttanza» della politica nel decidere una riforma dell'Irpef «in una prospettiva che non si configuri come uno sgravio generalizzato» ed evidenziando anche come «il sistema tributario italiano è caratterizzato da un livello di prelievo eccessivo e mal distribuito». Nel 2013, sottolinea la magistratura contabile, la pressione fiscale era pari al 43,8 per cento del Pil, quasi 3 punti in più rispetto al 2000 e 4 in confronto alla media Ue, per cui invita nel Rapporto ad una «riduzione e riequilibrio della pressione tributaria»;
crescita occupazionale e ripresa economica sono due facce della stessa medaglia, non può esserci l'una senza l'altra e per mettere in moto entrambe è urgente una politica strutturale di detassazione alle imprese e di considerevole abbattimento del cuneo fiscale;
è indubbio, infatti, che per incentivare la produttività e creare nuovi posti di lavoro è necessario ridare ossigeno all'imprenditoria, specie quella media-piccola, che rappresenta tutt'oggi la base del tessuto economico del nostro Paese e da sempre le fondamenta su cui poggia l'intera economia europea;
non appare, pertanto, condivisibile la scelta del Governo in carica di rinviare alla parte finale del semestre di presidenza dell'Unione europea il vertice sul lavoro previsto per luglio prossimo;
è comprovato, altresì, che l'accesso dei giovani al lavoro è stato penalizzato nell'ultimo biennio – oltre che dalla crisi economica in atto – dal repentino innalzamento dell'età pensionabile attuato nel nostro ordinamento con l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha sfavorito l'ingresso nel mondo del lavoro ed allungato l'attività lavorativa di milioni di donne già impegnate nel lavoro familiare;
a tal proposito si evidenzia che la Germania ha varato una «contro-riforma» previdenziale che entrerà in vigore il prossimo 1o luglio contraddistinta da una retromarcia sull'età pensionabile (con un anticipo di ben 4 anni e senza alcuna penalità) e da un aumento dei contributi figurativi concessi alle lavoratrici madri che abbiano interrotto l'età lavorativa;
la tendenza costante degli ultimi anni ad un apprezzamento della moneta europea rispetto al dollaro, moneta fortemente utilizzata negli scambi internazionali, incide negativamente sulle attività produttive europee sfavorendo la ripresa industriale ed occupazionale. Secondo molti analisti per tornare ad un rapporto più equilibrato che permetta la ripresa significativa delle esportazioni europee, unica possibilità di traino economico a fronte di una domanda interna congelata dal crollo dei redditi, la moneta europea dovrebbe essere svalutata almeno del 20 per cento;
un riequilibrio nel rapporto euro-dollaro sarebbe importante soprattutto per economie, come quella del nostro Paese, con una naturale vocazione all’export, con la conseguenza inoltre di immettere preziosa liquidità nel sistema economico;
la strategia comune europea su fonti rinnovabili, efficienza energetica ed emissioni di gas serra cosiddetta «pacchetto clima-energia 20-20-20» costituisce un impegno importante nel processo negoziale per la lotta ai cambiamenti climatici per il post-Kyoto, ovvero dopo il 2012, ed è preliminare alla riaffermazione della posizione dell'Unione europea di ridurre unilateralmente le emissioni del 20 per cento entro il 2020 e, in caso di accordo internazionale, di impegnarsi progressivamente per il 2030 e il 2050 a ridurre rispettivamente del 30 per cento e del 50 per cento le proprie emissioni rispetto ai livelli del 1990;
l'ultimo rapporto di analisi curato dall'Agenzia Europea dell'Ambiente (AEA) sullo stato di adeguamento degli Stati membri dell'Unione europea, rileva progressi importanti per la riduzione delle emissioni di gas serra e sul fronte delle energie rinnovabili ma carenze sullo sviluppo delle attuali politiche sull'efficienza energetica; sono in linea con la tabella di marcia solo 4 Paesi: il Belgio, l'Estonia, Malta e la Spagna;
allo scopo di incoraggiare i progetti degli enti locali per l'incremento dell'efficienza energetica occorre un insieme di finanziamenti e incentivi coordinati; a tal fine, la Commissione europea sta lavorando a stretto contatto con gli Stati membri alla creazione di nuovi sbocchi economici per rafforzare le tecnologie legate all'efficienza energetica ed ecologica, ad esempio negli edifici e nei veicoli puliti, puntando sull'efficienza e sulla qualità della spesa ai fini del perseguimento degli obiettivi;
tuttavia, negli ultimi anni, le regole stringenti del Patto di stabilità e crescita imposte dalla Commissione UE e le conseguenti norme nazionali sul Patto di stabilità interno costituiscono un vincolo insormontabile alla spesa delle amministrazioni locali; infatti, anche nei casi di disponibilità di risorse, gli investimenti dei comuni e delle province per l'attuazione di programmi per l'incremento dell'efficienza energetica sono frenati dal Patto di stabilità interno, in quanto rientrano nel patto sia i cofinanziamenti dei fondi messi a disposizione dai programmi comunitari sia i progetti propri e le iniziative degli enti locali;
sulla scia dei provvedimenti adottati per la golden rule sulle infrastrutture, in merito all'uscita dal patto delle spese sostenute per le reti infrastrutturali inserite nei corridoi Ten-T, occorre attuare un passo importante a livello dell'Unione europea, per escludere dal rispetto dei parametri del Patto di stabilità e crescita, e conseguentemente dal Patto di stabilità interno, delle spese sostenute dai comuni e dalle province per finanziare interventi per l'incremento dell'efficienza energetica;
la pressione migratoria sul nostro Paese risulta in continuo aumento, anche a causa della forte instabilità determinatasi sulle sponde meridionali del Mediterraneo, in Medio Oriente e nell'Africa subsahariana, e della concomitante scelta politica di utilizzare assets militari nazionali per salvaguardare la vita in mare rinunciando a qualsiasi politica di contenimento e dissuasione dei flussi;
la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato il nostro Paese in ragione del trattamento degradante inflitto alla popolazione carceraria. Dai dati forniti dal Ministero della giustizia, aggiornati al 31 maggio 2014, risulta che il numero dei detenuti attualmente presente nei nostri istituti penitenziari ammonta a 58.861 unità a fronte di una capienza di 49.588 posti. Di questi 19.939 sono stranieri comunitari e non;
la possibilità di rimpatriare i detenuti nei rispettivi Stati di origine permetterebbe di ricondurre la popolazione carceraria entro i limiti della capienza effettivamente disponibile;
alla convenzione sul trasferimento di detenuti stranieri, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983, ratificata dall'Italia con la legge 25 luglio 1988, n. 334, mancano sia come firmatari della convenzione che come accordi bilaterali, i Paesi che per nazionalità affollano maggiormente gli istituti penitenziari, ovvero il Marocco che conta una popolazione carceraria di 3.534 detenuti (17,7 per cento) seguito dalla Romania con 3.400 detenuti (17,1 per cento) ed infine dalla Tunisia con 2.258 detenuti (11,3 per cento),
impegna il Presidente del Consiglio dei ministri, in occasione del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014:
a dare priorità al reperimento di nuove ed ulteriori risorse destinate ad una significativa e sistematica riduzione del costo del lavoro, realizzando interventi di redistribuzione territoriale delle risorse in favore di quei territori maggiormente competitivi;
ad attuare con decisione politiche di contrasto alla disoccupazione giovanile, volte al ripristino del principio dell'equità generazionale fortemente tradito con le riforme Fornero del lavoro e delle pensioni;
a garantire il ricambio generazionale nel mercato del lavoro, allineandosi ai Paesi europei che riformano il proprio sistema pensionistico consentendo il ritiro anticipato senza alcuna penalità e, a tal fine, procedendo a livello italiano con l'abrogazione della riforma delle pensioni varata dall'ex Ministro Fornero;
a promuovere e realizzare in seno alle istituzioni comunitarie azioni dirette e/o mediate dalla BCE al fine di raggiungere un rapporto di cambio tra l'euro e le altre monete, in particolare quella statunitense, maggiormente rispondente al reale rapporto tra i parametri economico-occupazionali e finanziari delle economie dei rispettivi territori, e funzionale alla ripresa economica;
ad assumere le opportune iniziative affinché uno degli obiettivi prioritari e fondamentali del prossimo semestre italiano di Presidenza europea diventi l'esclusione, dalla contabilizzazione delle spese ai fini del rispetto dei parametri del Patto di stabilità e crescita europeo e, conseguentemente, dai vincoli previsti dal Patto di stabilità interno, delle risorse stanziate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per finanziare gli interventi necessari per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica stabiliti a livello dell'Unione europea nell'ambito del «pacchetto clima-energia 20-20-20», con particolare riferimento alle risorse di cofinanziamento dei programmi comunitari stanziati dai comuni e dalle province;
a perseguire nelle competenti sedi europee una efficace politica di condivisione dell'emergenza migratoria ed in particolare della gestione del gran numero di profughi in arrivo sulle coste italiane, eventualmente ponendo sul tappeto anche la questione di una nuova politica comune dei rimpatri e dell'accoglienza di coloro che risultino davvero nella necessità di essere protetti e tutelati, senza incoraggiare alcun abuso;
a dare impulso, in sede europea, alla stipula di accordi bilaterali con i Paesi terzi al fine di far scontare la pena detentiva o una misura privativa della libertà personale nel Paese di origine nel pieno rispetto dei diritti umani;
a far valere le ragioni italiane nelle opportune sedi comunitarie al fine di ottenere che l'Europa si impegni a rispettare il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri nel suo complesso, così come prescritto dall'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
(6-00078) «Giancarlo Giorgetti, Buonanno, Fedriga, Rondini, Prataviera, Borghesi, Attaguile, Marcolin».
La Camera,
premesso che:
il 26 e il 27 giugno 2014 si terrà a Bruxelles la riunione del Consiglio europeo tra i cui argomenti figurano i temi della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia; per quanto concerne l'argomento di crescita, competitività e occupazione, saranno presi in considerazione nel semestre i temi della crescita, competitività e occupazione anche tenendo conto delle cosiddette riforme strutturali, dell'occupazione e dei bilanci nazionali; sarà pure sviluppato un rilievo notevole da attribuire alla dipendenza energetica dell'Unione europea e al nodo tra clima energia:
il Presidente del Consiglio dei Ministri nella sua comunicazione del 24 giugno 2014 alla Camera dei Deputati espone la sua relazione sulle linee programmatiche per il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea;
il nostro Paese è investito da una continua quanto allarmante ondata di flussi migratori proveniente dalle coste africane, la questione dell'immigrazione deve essere vista e affrontata in maniera olistica. Non ci si può occupare della questione solo a margine di una tragedia in mare o in prossimità di campagne elettorali, per cui il Governo italiano dovrà operare per il rilancio di una vera e propria politica migratoria comune, ispirata dai principi di una concreta solidarietà europea nei confronti degli Stati membri maggiormente esposti alle pressioni migratorie; per questo sarà necessario rappresentare in ambito europeo l'esigenza di dare maggiore attenzione ai Paesi della sponda sud del Mediterraneo che, spesso, si trovano in difficili transizioni istituzionali (Tunisia, Libia, Egitto) e della cui stabilizzazione porre sempre più all'attenzione europea la necessità di un miglior coordinamento fra gli Stati europei nei controllo delle frontiere marittime per porre fine ai continui sbarchi verso le coste italiane che spesso si trasformano in tragedie da proporzioni immani, suddividendo dunque in modo solidale tra i membri della Unione europea il carico umano di tale drammatica emergenza ma anche gli oneri finanziari per l'utilizzo di sistemi informativi, di mezzi e strumentazioni necessari per tali tipi di operazioni;
la Commissione in data 3 febbraio 2014 ha pubblicato la prima relazione dell'Unione sulla lotta alla corruzione dalla quale emerge che la natura e il livello di corruzione e l'efficacia delle misure adottate per contrastarla variano da uno Stato membro all'altro e che la corruzione merita maggiore attenzione in tutti gli Stati membri;
dal sondaggio Eurobarometro che ha misurato ed analizzato le tendenze dell'opinione pubblica in tutti gli Stati membri riguardo alfa corruzione risulta che secondo tre quarti degli europei (76 per cento) la corruzione è un fenomeno dilagante e che per più della metà degli europei (56 per cento) il livello di corruzione nel proprio paese è aumentato negli ultimi tre anni. Un europeo su dodici (8 per cento) afferma di essere stato oggetto o testimone di casi di corruzione nel corso dell'anno precedente;
la relazione della Commissione ha evidenziato come il fenomeno mini la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche e nello Stato di diritto, danneggi l'economia europea e privi gli Stati di un gettito fiscale necessario;
gli Stati membri hanno fatto molto negli ultimi anni per combattere la corruzione ma la relazione mostra che il risultato conseguito è lungi dall'essere sufficiente: la Commissione ha suggerito, quindi alcune linee di intervento che la Commissaria UE per gli Affari interni Cecilia Malmstrom ha auspicato di poter seguire assieme agli Stati membri;
nella relazione la Commissione europea evidenzia che negli Stati membri il rischio di corruzione è generalmente più elevato a livello regionale e locale, dove i sistemi di controllo e contrappeso e i controlli interni tendono a essere più deboli di quelli a livello centrale; sviluppo urbano, edilizia e assistenza sanitaria sono settori vulnerabili alla corruzione in vari Stati membri inoltre sussistono alcune lacune per quanto riguarda la vigilanza sulle imprese pubbliche, con la conseguenza che la vulnerabilità di tali imprese aumenta;
la stessa Commissione ha richiesto l'attuazione di politiche preventive come l'adozione di norme etiche, misure di sensibilizzazione, accesso facile alle informazioni di pubblico interesse che in alcuni paesi si sono rivelati strumenti efficaci là dove, in altri paesi le politiche preventive attuate in modo disomogeneo hanno prodotto risultati limitati evidenziando come in molti Stati membri i controlli interni delle procedure in seno alle autorità pubbliche, in particolare a livello locale, sono deboli e scoordinati;
appare strumento utile, a facilitare l'emersione dei fenomeni di corruzione, una adeguata protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità all'interno delle aziende e delle imprese attuabile a condizione che siano garantiti reali vantaggi per le diverse parti coinvolte anche attraverso la protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico (tutela dei Whistleblower), come ad esempio di lavoratori che vogliono segnalare reati o irregolarità che rilevano sul posto di lavoro e che sono dannosi nei confronti dell'interesse collettivo;
per quanto attiene la crescita economica, competitività e occupazione il Governo dovrà farsi carico di promuovere la realizzazione di una agenda europea per tutelare i lavoratori dall'incremento della disoccupazione di carattere tecnologico, nel settore pubblico e privato, intervenendo a livello normativo per migliorare il rapporto tra istruzione e lavoro incrementando l'offerta scolastica soprattutto nei settori ad alta specializzazione tecnologica; in ambito europeo la fiscalità è uno dei settori rimasti di competenza degli Stati membri, eccezion fatta per le imposte indirette, oggetto di tendenziale armonizzazione. Infatti, spetta ai Governi, sulla base del principio di «preservazione dei sistemi nazionali», riscuotere le imposte e fissare le aliquote fiscali; oggi siamo in presenza del fenomeno del dumping fiscale che consiste in una pratica distorsiva adottata da uno Stato e consistente nel ribasso di aliquote e pressione tributaria al fine di attrarre contribuenti da altre parti del mondo per trarne guadagni supplementari sul fronte delle imposte dirette e sui loro consumi in loco. In tal modo negli ultimi anni alcuni Stati membri dell'Unione hanno attratto imprese e persone fisiche nel proprio territorio a detrimento di altri Paesi dell'Unione che, avendo un regime fiscale meno favorevole, vedono diminuire contribuenti e imprese che delocalizzano l'attività in Paesi che presentano aliquote e pressione tributaria minori. Il fisco diviene un potente strumento per manipolare la competizione economica. Si era espresso al riguardo il Parlamento europeo che, con una risoluzione approvata il 29 maggio 1997, aveva manifestato preoccupazione e rilevato le dimensioni sempre più vaste e pericolose del dumping fiscale; tuttavia, il monito del Parlamento europeo è rimasto inascoltato nonostante inizino a emergere una serie di squilibri in Europa tra i Paesi che presentano un sistema fiscale soft e altri che incominciano a perdere in termini di competitività e vedono la crescente delocalizzazione delle proprie imprese; proprio grazie all'assenza di regole fiscali omogenee, le imprese vengono messe nelle condizioni di poter scegliere il sistema fiscale più favorevole, creando o spostando filiali operative nei Paesi dell'eurozona in cui la fiscalità è più conveniente; a tale proposito anche ai fini di una efficace lotta all'evasione ed elusione fiscale sarà utile proporre l'obbligo per i paesi membri dell'Unione europea di dotarsi di una black list comune, che contenga i nomi dei paesi che non favoriscono un corretto scambio di informazioni, attualmente infatti non tutti i paesi europei sono dotati di una black list e ciò non facilita la lotta contro coloro che programmano di evadere e/o eludere il fisco mediante le triangolazioni societarie tra paesi; va, tra l'altro, promosso, anche in sede europea, un principio universale di collegamento tra i salari più alti e i salari più bassi erogati dalle aziende private e dallo Stato, attraverso l'elaborazione e la conseguente applicazione di coefficienti utili a garantire il principio di uguaglianza tra lavoratori, per il tramite dell'applicazione di criteri di proporzionalità e razionalità che riducano le disparità salariali in tutte le aziende pubbliche e private: è inoltre opportuno promuovere una agenda europea per incentivare nuovi impieghi al fine di tutelare i lavoratori dall'incremento della disoccupazione di carattere tecnologico, nel settore pubblico e privato, intervenendo a livello normativo per migliorare il rapporto tra istruzione e lavoro, riducendo la tassazione sul reddito da lavoro ed incrementando la tassazione sull'automazione, entro limiti di sostenibilità del sistema economico e finanziario; l'approvazione di una proposta di legge sul reddito di cittadinanza, oggi più che mai, rappresenta un obbligo per l'Italia, considerato che l'Europa fin dalla raccomandazione del Consiglio 92/441/CEE, del 24 giugno 1992 ha esortato gli Stati membri a dotarsi di adeguati sistemi di protezione sociale, raccomandando agli Stati di riconoscere il diritto basilare di ogni persona, di disporre di un'assistenza sociale e di risorse sufficienti per vivere in modo dignitoso e che solo l'Italia, l'Ungheria e la Grecia ad oggi non hanno attuato alcuna forma di reddito minimo uniforme a livello nazionale; in ambito internazionale va rilevato come nella comunicazione della Commissione Europea «un'esistenza dignitosa per tutti: sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile» (Bruxelles 27 febbraio 2013) viene evidenziato come «Eliminare la povertà e garantire prosperità e benessere duraturi sono tra le sfide più pressanti che il mondo si trova a affrontare». Sulla scorta di tali enunciazioni si ritiene doverosa e non più procrastinabile l'approvazione da parte del Governo italiano di una legge che riconosca il diritto per tutti i cittadini di ricevere un reddito minimo. In linea generale il reddito di cittadinanza è finalizzato a contrastare la povertà, la disuguaglianza e l'esclusione sociale nonché a favorire la promozione delle condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro ed alla formazione, attraverso politiche finalizzate al sostegno economico ed all'inserimento sociale di tutti i soggetti a rischio di marginalità, nella società e nel mondo del lavoro»;
ancora bisognerà rendere concreti le richieste di occupazione qualificata in settori in espansione, quali le TLC, la green economy, la sanità e l'assistenza sociale; per questo è necessario e opportuno fare ricorso ai programmi di grande portata per l'occupazione come un fondo che attraverso misure specifiche stimoli la crescita e l'occupazione «verde» con politiche più ambiziose in materia di efficienza energetica a mezzo di un considerevole aumento della quota delle energie rinnovabili, il greening attraverso l'inserimento delle priorità ambientali e dell'uso efficiente delle risorse nel ciclo di coordinamento delle politiche economiche di bilancio; sarà necessario, altresì, sostenere un piano UE in favore della snellezza delle procedure di creazione delle Small Business Act (SBA) e nella elargizione rapida delle licenze con l'eliminazione della lunga durata dei contenziosi giudiziari in materia di recupero dei crediti;
gli Stati membri dell'Unione europea si caratterizzano per condizioni economiche e sociali completamente eterogenee fra loro, motivo per il quale sarebbe preferibile predisporre misure volte a correggere le relative distorsioni sociali ed economiche;
l'assenza di una politica economica europea unitaria e di un sistema unico di indebitamento acuisce le suddette distorsioni sociali ed economiche;
al fine di rilanciare l'economia e di migliorare le condizioni sociali ed economiche dei cittadini sarebbe preferibile escludere dal limite del 3 per cento nel rapporto deficit/pil il cofinanziamento dei fondi europei e gli investimenti in settori chiave come, a puro titolo di esempio, la prevenzione dai rischi sismici ed idrogeologici, la ricerca e l'informatizzazione della PA e ciò al fine di rafforzare la fiducia, i bilanci delle famiglie e imprese, stimolando il credito e provocando un impatto positivo su domanda e inflazione;
considerato, altresì, che ad ottobre 2012 il Governo italiano ha aderito insieme ad altri dieci Paesi membri dell'Unione Europea (Austria, Belgio. Estonia, Francia, Germania, Grecia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) al progetto di cooperazione rafforzata per l'introduzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie. Il 22 gennaio 2013 il Consiglio Economia e Finanza (Ecofin) dell'Unione Europea ha autorizzato l'avvio della procedura di cooperazione rafforzata tra gli 11 Stati Membri dell'Unione, tra cui l'Italia, per l'introduzione della suddetta tassa. Il 14 febbraio 2013 la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva COM(2013)71 per delineare il modello di tassa da implementare e tale proposta è da più di un anno oggetto di negoziato tra gli 11 Stati membri aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata. La tassazione delle transazioni finanziarie (TTF). se efficacemente introdotta negli 11 Paesi UE partecipanti:
1) assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario per programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con altri settori produttivi soggetti ad oggi a prelievo fiscale di maggiore entità;
2) garantirebbe la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi in Italia sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto ai cambiamenti climatici frenando la speculazione;
3) diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minori rischi degli investimenti esteri;
con la Legge di stabilità 2013 in Italia è stata introdotta un'imposta sulle transazioni finanziarie che nel suo primo anno di vita ha dato adito a non poche polemiche e critiche facendo emergere con chiarezza l'urgenza di una sua revisione;
l'introduzione in Italia di un'imposta europea, secondo l'impianto proposto dalla Commissione Europea, permetterebbe un netto miglioramento della normativa italiana risolvendo molte delle problematiche finora riscontrate nel modello italiano. In particolare i miglioramenti dovrebbero riguardare:
a) l'applicazione della tassa ad una più ampia base imponibile: azioni, obbligazioni, strumenti derivati, prodotti strutturati e operazioni realizzate intra-gruppo o da intermediari finanziari inclusi hedge fund e altri soggetti a maggiore vocazione speculativa;
b) l'applicazione del doppio principio di residenza e di emissione del titolo come misura di contrasto all'evasione della tassa;
c) l'applicazione dell'imposta alla singola operazione e non al saldo netto di fine giornata contrastando così l'intero volume di operazioni più altamente speculative;
nel corso dei vertice Ecofin del 6 maggio 2014 dieci degli 11 Paesi aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata sulla TTF hanno pubblicamente annunciato il raggiungimento di un accordo politico che prevede l'avvio della «prima fase» di implementazione della TTF – da applicare a titoli azionari e ad «alcuni strumenti derivati» – entro il 1o gennaio 2016 con la possibilità – per quei paesi della cooperazione rafforzata che lo ritenessero opportuno – di ampliare la base imponibile a ulteriori classi di asset finanziari. L'accordo prevede altresì il consolidamento di una proposta legislativa sulla prima fase di implementazione della TTF europea entro la fine del 2014, prefigurando un intenso lavoro negoziale nel secondo semestre dell'anno in corso;
tra l'altro la lotta alla contraffazione e alla tutela del Made in Italy deve essere una priorità per il Governo italiano perché il pilastro della nostra economia sono le piccole e medie imprese che esportano in tutto il mondo prodotti di alta qualità che li rende peculiari rispetto alla concorrenza estera; che i danni che le imprese subiscono a causa della contraffazione e della pirateria si riflettono anche sul numero dei posti di lavoro da esse offerti: 250.000 è la stima dei posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni a livello mondiale, di cui 100.000 circa nella sola Unione europea. Una ricerca dell'OCSE condotta qualche anno fa ha stimato in 250 miliardi di dollari il controvalore del commercio internazionale dei soli prodotti contraffatti o piratati, mentre, secondo i dati in possesso della Banca mondiale, il volume d'affari della contraffazione si aggirerebbe intorno ai 350 miliardi di euro, pari al prodotto interno lordo di 150 dei Paesi meno ricchi; che in relazione ad una lotta serrata alla contraffazione bisogna adottare misure per accrescere e valorizzare le micro, piccole e medie imprese favorendo l'erogazione del credito, innovazione, l'aggregazione tra le imprese, la semplificazione fiscale ed amministrativa, una certezza del diritto; dunque anche la politica industriale dell'Unione europea deve promuovere un cambiamento strutturale verso la valorizzazione del settore manifatturiero, attraverso strumenti che consentano un miglior posizionamento delle imprese europee nel mercato globale e la rilocalizzazione delle produzioni in Europa; gli interventi infatti devono agire nel contesto in cui si muovono le imprese (dei 20 mln di imprese dell'Unione europea, il 99.8 per cento sono MPMI) e devono cogliere gli elementi che possono contribuire a ricreare un habitat favorevole per le imprese; devono essere ridotti, fino alla completa armonizzazione delle condizioni, i divari tra i Paesi membri in merito a: produttività del lavoro, fiscalità, efficienza della pubblica amministrazione, costi dell'energia, sistema infrastrutturale, capacità di innovazione, tempi della giustizia e possibilità di veder riconosciuti i propri diritti. Per ottenere questo risultato sarà indispensabile lo scambio di buone pratiche e la definizione di modelli efficaci facilmente applicabili ai Paesi membri; sarà, altresì, necessario promuovere una disciplina più chiara e di più facile applicazione per i decisori pubblici, in modo da evitare che erogazioni disposte per legge considerate compatibili col mercato unico e non suscettibili di comunicazione siano successivamente oggetto di procedura di infrazione e condanna alla restituzione, con conseguenze economiche e sociali di difficile gestione e soluzione. Tali eventualità potrebbero essere scongiurate se si rendesse sempre obbligatoria la comunicazione alla Commissione e se si stabilisse una promozione del Made in Italy come marchio: andrebbe, inoltre, riconsiderato il ruolo degli aiuti di Stato nell'ottica della specializzazione di determinate aree in settori che richiedono un adeguamento strutturale con intervento pubblico, anche alla luce del rilancio delle imprese europee nel mercato globale; anche in ordine all'utilizzo dei fondi europei bisogna garantire alle imprese un ambiente favorevole e fare in modo che gli incentivi economici per la ricerca e l'innovazione (Horizon 2020) previsti nella programmazione 2014-2020 siano ampiamente distribuiti nel tessuto produttivo e non concentrati esclusivamente sulle grandi imprese: dovrà essere promosso un miglior utilizzo degli strumenti finanziari previsti dal programma COSME e deve essere data abbondante informazione non solo di questi due programmi ma di tutti i programmi a gestione diretta della Commissione europea ai quali possono accedere le imprese;
l'impatto del 3d printing e della diffusione capillare di questo nuovo «impianto industriale» sui nuovi modi di produzione e sui modelli di consumo, è tale che non sembra retorico parlare di «nuova rivoluzione industriale» e che dal mix tecnologico produttivo tipica della produzione artigianale e manifatturiera di alta qualità può contribuire al rilancio della manifattura italiana, ricollocando nel nostro Paese (o in Europa) quelle produzioni trasferite all'estero per costi di energia e personale elevati;
le resistenze nazionali al processo di integrazione si traducono spesso in vere e proprie «clausole di favore» a vantaggio di quei Paesi che altrimenti non avrebbero firmato i Trattati rallentando o interrompendo il percorso comunitario; tra i benefici più eclatanti va annoverata la tradizionale revisione degli squilibri di bilancio denominata «correzione britannica», che consente al Regno Unito il rimborso di un importo pari al 66 per cento della differenza tra il suo contributo al bilancio UE e l'importo ottenuto dallo stesso bilancio comportando, di riflesso, un ulteriore onere finanziario a carico degli altri Stati membri tra cui l'Italia; gli accordi presi a Fontainebleau erano motivati da un consistente stanziamento di risorse comunitarie a titolo dell'allora nascente Politica Agricola Comune e tali da poter giustificare particolari agevolazioni concesse ai Paesi con scarsa vocazione agricola come la Gran Bretagna, nel corso del tempo, come noto, la spesa agricola dell'Unione europea si è notevolmente ridotta; le prospettive finanziarie 2014-2020 non solo hanno ulteriormente ridotto lo stanziamento a favore della politica agricola comune, ma confermano l'applicazione degli attuali meccanismi di correzione per il Regno Unito;
la Commissione europea ha rilevato squilibri macroeconomici in diversi Paesi dell'Unione Europea;
individua Croazia, Italia e Slovenia come Paesi che presentano squilibri macroeconomici eccessivi;
ha esplicitato che si aspetta che gli Stati membri tengano conto dei risultati degli esami approfonditi e delle previsioni di bilancio nei loro programmi nazionali di riforma e nei programmi di stabilità e convergenza, nonché, in particolare, che gli Stati con squilibri eccessivi elaborino una risposta politica dettagliata e di ampio respiro inerente i loro futuri programmi nazionali di riforma e nei programmi di stabilità e convergenza;
gli USA si sentono forzati oggi a dover far fronte alle corse in avanti dei Paesi emergenti sul piano dello sviluppo economico, mentre l'Europa intrappolata nelle politiche monetarie dell'austerità scivola verso rigorose politiche di mercato privatistico al completo servizio dei mercati;
si sono di conseguenza sviluppati tavoli di discussione che riguardano lo smantellamento delle barriere commerciali, giuridiche, politiche al libero commercio e alla libertà di investimento, che vedono le potenze USA e UE concordare il TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, e nazioni quali Messico, Canada, Cile, Perù, Giappone, Australia, Malesia, Singapore, Vietnam, Nuova Zelanda e Brunei accordarsi attraverso il TPP, Transpacific Partnership; le impostazioni del TTIP appaiono di massima una concessione arbitraria alla sovranità delle multinazionali rispetto ai diritti e ai bisogni delle persone al punto da rendere possibile lo sfruttamento incontrollato e inquinante dei beni comuni e segnatamente acqua e suolo: d'altro canto il partenariato economico-finanziario noto come TTIP ormai in via di definizione, lungi dall'essere un progetto neutrale, lega in maniera definitiva le sorti dell'Europa a quelle degli USA limitando la residua autonomia di un'Unione che rischia di dover sottostare ai dettami finanziari e commerciali di Washington; è noto infatti che mentre il mercato unico è il risultato di una omogeneità di regolamentazione senza precedenti, quello statunitense è frutto di anni di «deregulation» e pertanto gli operatori delle due sponde dell'Atlantico dovrebbero operare in un quadro caratterizzato dalla compresenza di assetti legislativi molto differenti. Relativamente al comparto agricolo, per il quale i fautori dell'accordo vantano benefici a doppio senso in considerazione delle enormi barriere tariffarie esistenti, le preoccupazioni maggiori riguardano le importazioni di OGM e il rischio di chiusura di molte piccole aziende a causa della frammentazione della proprietà agraria che caratterizza il nostro Continente;
lo scoreboard sugli avanzamenti in materia di Agenda Digitale europea, pubblicato dalla Commissione europea lo scorso 28 maggio, ha certificato una situazione di assoluta asimmetria a livello continentale circa la realizzazione degli obiettivi prefissati nel programma europeo; infatti, mentre a livello europeo si prevede che saranno raggiunti entro il 2015 95 dei 101 obiettivi programmatici stabiliti per l'Agenda Digitale europea, a livello di singoli Stati membri si riscontra una significativa asimmetria tra Paesi dell'Europa del nord e Paesi dell'Europa del sud: sotto tale profilo i dati sull'Italia appaiono particolarmente significativi: il nostro Paese risulta, infatti, ben lontano dal raggiungimento degli obiettivi stabiliti rispetto alla maggior parte degli indicatori considerati e, segnatamente, mercato della banda larga; utilizzo di Internet, competenze digitali, sviluppo del commercio elettronico e investimenti in ricerca e sviluppo nel settore ICT; la situazione di deficit di sviluppo sopra rappresentata è dovuta, principalmente, all'inefficacia delle politiche nazionali fino ad ora perseguite in materia, oltre che dalla mancanza di una visione d'insieme sui temi legati all'innovazione del Sistema Paese ma è, al contempo, determinata dalla rigidità dei vincoli stabiliti dai Trattati europei in vigore in materia di investimenti pubblici dei singoli Stati membri, oltre che dalla mancata destinazione di risorse finanziarie specifiche anche comunitarie per il raggiungimento degli obiettivi del programma europeo; il rispetto del principio della net neutrality, a mente del quale ogni pacchetto di dati veicolato attraverso la rete Internet deve essere trattato in maniera omogenea senza distinzioni, restrizioni o interferenze, in relazione all'origine, al contenuto, alla qualità o tipologia dei dati considerati, costituisce l'architrave sulla quale è stata costruita la rete Internet così come la conosciamo oggi, garantendo il pieno esercizio dei diritti, anche di rango costituzionale, afferenti alla ricezione e comunicazione di informazioni da parte dei cittadini; nel tempo i fornitori di servizi di rete hanno adottato politiche sempre più aggressive in termini di gestione del traffico Internet, come tali idonee a compromettere la neutralità della rete; in proposito la Commissione europea in vista dell'obiettivo di costruire un mercato unico delle telecomunicazioni ha presentato nel settembre 2013 un pacchetto di riforme del mercato delle telecomunicazioni comprendente un regolamento e una raccomandazione sul tema; in particolare, il regolamento all'articolo 23 prevede disposizioni volte a garantire il rispetto del principio di neutralità della rete, norme che sono state emendate in prima lettura dal Parlamento europeo il 3 aprile 2014, attraverso una risoluzione legislativa che specifica che l'accesso ad Internet debba essere garantito «indipendentemente dalla sede dell'utente finale o del fornitore e dalla localizzazione, dall'origine, dalla finalità del servizio, delle informazioni o dei contenuti»;
per quanto concerne i temi del clima e l'energia, la Commissione, nella sua comunicazione del 22 gennaio scorso «Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030», ha presentato le sue proposte per fissare gli obiettivi da raggiungere per il 2030;
il Consiglio Europeo dello scorso marzo ha stabilito che gli obiettivi 2030 verranno decisi «entro ottobre» e saranno «in linea con l'obiettivo a lungo termine per il 2050», contribuendo positivamente alla definizione di un accordo al vertice sul clima delle Nazioni Unite di settembre che si terrà a Parigi;
la Commissione propone di fissare l'obiettivo da raggiungere entro il 2030 di ridurre le emissioni di gas a effetto serra nell'Unione europea del 40 per cento rispetto all'anno 1990, ripartendo gli sforzi tra il settore ETS (Emission Trading System) e i risultati collettivi attesi dagli Stati Membri che non rientrano nell'ETS. In particolare, la Commissione propone un obiettivo per il settore ETS di -43 per cento rispetto al 2005, anno di lancio del meccanismo europeo, contro un obiettivo di riduzione del 21 per cento al 2020 e di riduzione per le attività economiche non ETS che dovrebbe essere pari al 30 per cento;
la Commissione individua nel 27 per cento l'obiettivo vincolante per l'Unione europea ma non per i singoli Stati membri, la quota di energia rinnovabile che dovrà essere consumata nell'Unione europea in tale data e non stabilisce nuovi obiettivi per l'efficienza energetica, contrariamente a quanto richiesto da una parte dei Paesi dell'Unione;
il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che definisce la comunicazione relativa al «Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030» come «miope e poco ambiziosa su una serie di livelli» e in cui si chiede un obiettivo vincolante del 40 per cento anche per l'efficienza energetica e un aumento al 30 per cento del target per le rinnovabili, che peraltro non dovrebbe essere calcolato a livello comunitario ma tradotto in specifici obiettivi nazionali, obiettivi condivisi anche da alcuni Stati membri tra cui Germania e Danimarca:
l'efficienza energetica e la lotta ai cambiamenti climatici sono elementi centrali del sistema economico europeo, la creazione e il mantenimento di nuovi posti di lavoro altamente qualificati e possono costituire il perno di una nuova politica industriale europea che incentivi anche la ricerca e lo sviluppo e sia attrattiva per investimenti e finanziamenti per le tecnologie sostenibili dando impulso alla competitività e alla crescita;
per migliorare la sicurezza dell'Unione in materia di approvvigionamento la Commissione europea prospetta di incrementare lo sfruttamento delle fonti energetiche sostenibili interne, ma include in questa definizione anche le riserve autoctone di combustibili fossili convenzionali e non convenzionali (soprattutto gas naturale) e il nucleare, scelta in linea con quanto stabilito dal G7 dell'energia che si è tenuto a Roma ma che appare distante da quanto richiesto dalla maggioranza dei cittadini europei che, in un recente sondaggio speciale Eurobarometro sul cambiamento climatico in quattro su cinque riconoscono l'importanza della lotta al cambiamento climatico e dell'efficienza energetica quale impulso all'economia e all'occupazione;
ad oggi ancora non è stata correttamente delineata la fase di transizione verso un sistema energetico comunitario realmente sostenibile, e questo ha dato la possibilità di attribuire al gas un ruolo essenziale e ha determinato la decisione di arrivare a un unico mercato dell'energia, lasciando però troppo spazio all'influenza dei singoli Stati e non all'Europa nel suo complesso nelle scelte strategiche relative ai sistemi di trasporto e interconnessione internazionali;
in Italia, nel mese di febbraio 2014, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha coperto il 38 per cento della produzione e il 32 per cento della domanda, con una stima delle ricadute economiche e occupazionali, riferiti al 2012 (fonte GSE) di 12,6 miliardi di euro di investimenti per 53.000 occupati permanenti in attività di esercizio e manutenzione sul parco rinnovabili e di 137.000 occupati temporanei, per le attività di investimento in nuovi impianti;
il potenziale dell'efficienza energetica, settore in cui il nostro Paese è tra i leader mondiali, e delle energie rinnovabili non è stato ancora pienamente sfruttato e che secondo la Strategia Energetica Italiana e la tabella di marcia europea per il 2050 dovranno fornire la quota maggioritaria dell'approvvigionamento energetico, potranno essere raggiunti solamente se saranno fissati chiari obiettivi specifici intermedi;
il Libro bianco sui trasporti del marzo 2011 individua dieci obiettivi suddivisi in tre capitoli per un sistema dei trasporti competitivo ed efficiente sul piano delle risorse. All'interno del capitolo «Ottimizzare l'efficacia delle catene logistiche multimodali, incrementando tra l'altro l'uso di modi di trasporto più efficienti sotto il profilo energetico» sono elencati 4 obiettivi tra i quali, in particolare, il numero 3 che auspica che entro il 2030, sulle percorrenze superiori a 300 km, il 30 per cento del trasporto di merci su strada venga trasferito verso altri modi, quali la ferrovia o le vie navigabili e che tale percentuale arrivi al 50 per cento nel 2050;
all'interno del capitolo «Migliorare l'efficienza dei trasporti e dell'uso delle infrastrutture mediante sistemi d'informazione e incentivi di mercato» afferente sempre al Libro bianco sui trasporti è contenuto l'obiettivo numero 9 che fissa per il 2020 l'obiettivo di dimezzamento delle vittime nel trasporto su strada;
nonostante quanto sancito nell'obiettivo numero 9 e la centralità che la mobilità urbana riveste nel panorama delle politiche dell'Unione, oggi, la voce più consistente dei finanziamenti europei per le infrastrutture di trasporto e gli interventi nel settore (fondi strutturali) viene impiegata per le grandi reti;
la Direzione Generale mobilità e trasporti della Commissione Europea (MOVE) ha più volte sottolineato come oltre il 60 per cento della popolazione europea viva in città con popolazione superiore a 10.000 abitanti. Il trasporto urbano determina il 40 per cento delle emissioni CO2 e il 70 per cento delle emissioni di polveri sottili. In città si registra la percentuale più alta di incidenti stradali;
tenuto conto che per migliorare la sicurezza dell'Unione in materia di approvvigionamento la Commissione Europea prospetta di incrementare lo sfruttamento delle fonti energetiche sostenibili interne, ma include in questa definizione anche le riserve autoctone di combustibili fossili convenzionali e non convenzionali (soprattutto gas naturale) e il nucleare, scelta che appare distante da quanto richiesto dalla maggioranza dei cittadini europei che, in un recente sondaggio speciale Eurobarometro sul cambiamento climatico in quattro su cinque riconoscono l'importanza della lotta al cambiamento climatico e dell'efficienza energetica quale impulso all'economia e all'occupazione;
ad oggi ancora non è stata correttamente delineata la fase di transizione verso un sistema energetico comunitario realmente sostenibile, e questo ha dato la possibilità di attribuire al gas un ruolo essenziale, lasciando però ai singoli Stati e non all'Europa nel suo complesso le scelte strategiche relative ai sistemi di trasporto e interconnessione internazionali;
mentre l'economia europea fa fatica a riprendersi, le energie rinnovabili e il risparmio energetico costituiscono un'attrattiva sempre maggiore per investitori e governi e il raggiungimento degli obiettivi climatici ed energetici per il 2020 consentirebbe: la creazione di 5 milioni di nuovi posti di lavoro; la riduzione della dipendenza da combustibili fossili e il conseguente risparmio fino a 500 miliardi di euro l'anno, a cui si aggiungerebbero ulteriori 200 miliardi per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica;
è necessario che l'Unione europea imprima un'accelerazione alle politiche su clima ed energia con l'obiettivo, entro il 2030, di raggiungere il 55 per cento di riduzione delle emissioni interne come contributo ad un accordo globale, ispirato al pieno rispetto dei principi di equità e delle comuni ma differenziate responsabilità e capacità tra paesi industrializzati emergenti e in via di sviluppo; produrre il 45 per cento di energia da fonti rinnovabili; tagliare il consumo di energia del 40 per cento;
è imprescindibile garantire il rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra già sottoscritti, coerentemente con quanto previsto dalla Delibera CIPE n. 17 del 2013 e, nel contesto dell'Unione, a progredire nel processo per la ratifica degli emendamenti del Protocollo di Kyoto attraverso cui sono stati fissati gli obiettivi di riduzione per il periodo 2013-2020;
è necessaria una riforma strutturale del sistema di scambio delle quote di emissione di CO2 (EU Emissions Trading System – EU ETS), al fine di compensare gli squilibri sistemici determinati dalla significativa caduta del prezzo del carbonio negli ultimi dodici mesi che ha compromesso la capacità di tale strumento di raggiungere gli obiettivi prefissati e tenendo conto dell'inclusione del trasporto aereo nell'EU ETS;
è auspicabile l'avvio di un dibattito a livello europeo per mettere fortemente in discussione i meccanismi economico politici che riguardano le privatizzazioni ed in particolare quelle dei servizi pubblici locali, aggredendo in particolar modo le inaccettabili politiche di austerity avviate con la direttiva Bolkestein per poi passare al fiscal compact e ai vincoli al patto di stabilità imposti – addirittura in Costituzione – agli Stati membri;
negli scorsi due anni la Rete Europea dei Movimenti dell'Acqua ha portato avanti a livello europeo una Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), firmata da un milione di cittadini residenti in tutta Europa, presentata alla Commissione Europea e ai Parlamentari europei per chiedere all'Unione europea di riconoscere che l'acqua e i servizi igienico-sanitari come un diritto umano universale, come sancito dalle Nazioni Unite, e il riconoscimento dell'acqua come bene comune, agevolando così, anche sul piano giuridico, un processo sociale e culturale che sta vedendo comuni come Parigi e Berlino e tante città in Francia avviare la ripubblicizzazione del servizio idrico;
la grande quantità e il danno ambientale provocato dai rifiuti inceneriti o sotterrati, l'ormai scarsità delle materie prime in Europa, il notevole dispendio energetico nel produrre nuovi prodotti, occorre trasformare in direttiva la risoluzione europea che impedisce l'incenerimento e il conferimento in discarica dei rifiuti biodegradabili o riciclabili entro il 2020 e puntare soprattutto alla riduzione a monte dei rifiuti e che ciò si deve fare insieme alle imprese attraverso la ricerca e le strategie comuni affinché le pratiche virtuose diventino sistema. Puntare all'ecodesign e alla riprogettazione dei prodotti per evitare rifiuti inutili. Promuovere il vuoto a rendere e in generale riarticolare tutta la filiera del riutilizzo (solo per l'usato 80.000 persone impiegate in Italia per un fatturato di 3 milioni annui, in potenziale crescita) anche introducendo leggi che rendano più facile la preparazione al riutilizzo delle merci che attualmente diventano rifiuto. Rendere competitivo il mercato del recupero di materiali incentivando le piccole e medie imprese del riciclo piuttosto che incentivare la produzione di energia da rifiuto (distrugge materia preziosa annullando perfino il vantaggio energetico). È necessario, altresì, accelerare il processo per cui tutti i dati e le informazioni ambientali nonché sanitari collegati a problematiche ambientali relativi a questioni ambientali ed eventuali dati sanitari ad essi correlati siano ampiamente reperibili, consultabili, divulgabili e fruibili da parte di chiunque;
in ordine, infine, alle relazioni esterne dell'Unione europea nel contesto della politica internazionale, considerato che:
l'attuale stato delle cose in Ucraina comporta ancora uno stato di conflitto e di guerra civile nella regione russofona oltre che di tensione con la Russia;
tra l'altro, l'economia ucraina e le risorse pubbliche di Kiev non appaiono in grado di soddisfare le richieste russe del pagamento del debito ucraino versus Mosca per quanto riguarda l'approvvigionamento di gas, cosa che mette in forse la continuità dell'approvvigionamento di gas verso i paesi dell'Unione europea, approvvigionamento che avviene in parte significativa tramite gasdotti che passano per il territorio ucraino,
impegna il Governo:
a chiedere, nel prossimo Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014 ma anche in forza dell'imminente Presidenza italiana del Consiglio europeo, una più decisa cooperazione dell'insieme degli Stati membri per affrontare l'emergenza umanitaria nel Mediterraneo attraverso finanziamenti adeguati alle operazioni di soccorso e di accoglienza stessa dei profughi e dei rifugiati nonché al contrasto del traffico di esseri umani e a proporre l'unificazione in un unico organismo europeo delle funzioni di coordinamento per il soccorso e la tutela delle frontiere della Unione europea suddividendo in modo solidale tra i membri della Unione europea il carico umano di tale drammatica emergenza ma anche gli oneri finanziari per l'utilizzo di sistemi informativi, di mezzi e strumentazioni necessari per tali tipi di operazioni;
a proporre nelle opportune sedi l'introduzione del crimine internazionale contro l'umanità per i trafficanti di uomini, donne e bambini che ricevono benefici finanziari direttamente o indirettamente per il trasporto di persone su mezzi non autorizzati dal diritto internazionale, come suggerito anche dal punto 81, del Report n. 13531 del 9 giugno 2014 intitolato «The large-scale arrival of mixed migratory flows on Italian shores» presentato nel corso dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa;
a sostenere l'azione dell'Unher a favore dell'apertura di centri di accoglienza nei principali punti di stazionamento in Nord Africa per i richiedenti asilo vista la mancanza di un supporto adeguato alle autorità di frontiera da parte dell'Unione europea, assicurando contestualmente la necessaria vigilanza affinché ricorrano le condizioni perché questo avvenga specialmente in Paesi come la Libia, l'Egitto o il Marocco;
a predisporre, nel corso del prossimo semestre di Presidenza italiana del Consiglio europeo, una seria strategia di politica estera dell'Unione più flessibile e adeguata nel rispondere alle minacce e alle sfide emergenti in settori quali la sanità, l'energia, i cambiamenti climatici, l'accesso all'acqua o il processo di desertificazione, fattori che spingono le popolazioni coinvolte verso altri Paesi e che si legano inevitabilmente all'aumento dei flussi migratori, attraverso l'adozione di misure e proposte per la riduzione dell'impatto ambientale e del consumo delle risorse, per una cooperazione allo sviluppo che non sia sinonimo di sostentamento, per la risoluzione di conflitti non basata sul solito interventismo militare;
ad eseguire una ricognizione di tutti gli interessi strategici dell'Italia nel mondo (commerciali, finanziari, umanitari, bellici etc. etc.) e contestualmente valutarne l'impatto sui flussi migratori verso l'Unione europea;
a promuovere una disciplina uniforme sulla confisca dei beni, sulla rintracciabilità dei flussi di denaro, sul reato di associazione mafiosa; a promuovere il rafforzamento del mandato di cattura europeo;
a promuovere l'approfondimento della tematica del Whistleblower per la sua introduzione nella legislazione europea allo scopo di garantire una maggiore trasparenza sia nel settore privato che in quello pubblico a promuovere a livello europeo un rafforzamento della cooperazione amministrativa in materia fiscale e sociale tra gli Stati membri contrastando le pratiche di dumping fiscale e sociale fra gli Stati membri dell'Unione, nonché la concorrenza al ribasso e i conseguenti fenomeni di delocalizzazione di attività produttive;
a promuovere in sede europea un principio universale di collegamento tra i salari più alti e i salari più bassi erogati dalle aziende private e dallo Stato attraverso l'elaborazione e l'applicazione di criteri di proporzionalità che riducano le disparità salariali;
a promuovere una agenda europea per incentivare nuovi impieghi, al fine di tutelare i lavoratori dall'incremento della disoccupazione di carattere tecnologico, nel settore pubblico e privato;
a prevedere nel semestre di Presidenza italiana, di concerto con i Paesi dell'Unione europea, una pianificazione della riduzione dello squilibrio macroeconomico nei Paesi che presentano tale problematica e introdurre un monitoraggio almeno bimensile dei risultati parziali;
ad adottare una legislazione per attuare un unico sistema di sostegno al reddito applicabile in tutti gli Stati membri e promuovendo l'introduzione di un reddito di cittadinanza per tutti i cittadini europei;
a sostenere un piano UE in favore della snellezza delle procedure di creazione delle Small Business Act (SBA) e nella elargizione rapida delle licenze con l'eliminazione della lunga durata dei contenziosi giudiziari in materia di recupero dei crediti;
a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché vengano destinate risorse addizionali per il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda Digitale europea in favore degli Stati membri che registrano più elevati deficit nel raggiungimento degli obiettivi del programma europeo, come certificati dallo scoreboard diffuso di recente dalla Commissione europea, prevedendo tempi certi per la realizzazione degli obiettivi e stabilendo sanzioni adeguate a carico degli Stati membri in caso di mancata utilizzazione delle risorse addizionali per tal via destinate;
a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea al fine di prevedere delle deroghe specifiche ai vincoli di bilancio stabiliti dai Trattati in vigore al fine di favorire gli investimenti pubblici a livello di singoli Stati membri per il raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda Digitale europea oltre che dei singoli programmi adottati in materia di innovazione dagli Stati membri;
a supportare le attività digitali (e-manufacturing, e-business, e-commerce) che, nella nuova rivoluzione industriale, riducono i costi di produzione, creano valore e legano tra loro laboratori, imprese e consumatori, a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché si giunga ad una rapida approvazione del nuovo pacchetto in materia di mercato delle telecomunicazioni, secondo quanto approvato in prima lettura dal Parlamento europeo in data 3 aprile 2014;
a istituire un sistema alternativo al Fiscal Compact per la riduzione del debito pubblico cominciando dalla riduzione dei tassi d'interesse attraverso l'istituzione di un sistema unico di indebitamento come gli eurobond;
a prevedere lo scomputo dal calcolo della soglia del 3 per cento deficit/pil del cofinanziamento dei fondi europei e delle spese effettuate per investimenti in infrastrutture, in prevenzione del rischio sismico ed idrogeologico, messa in sicurezza degli edifici pubblici, investimenti nella ricerca, informatizzazione della PA; a disciplinare le modalità di finanziamento e funzionamento del Fondo europeo d'adeguamento alla globalizzazione (FEG) prevedendo una maggiore contribuzione da parte dei paesi comunitari dove vige un regime fiscale e/o un costo del lavoro al di sotto della media europea con il fine di contrastare il fenomeno della delocalizzazione;
a realizzare un'armonizzazione dei F.I.A. (Fondi di investimento alternativi) autorizzati ad operare all'interno dell'Unione, essendo ad oggi armonizzato solo il comparto dei GE.F.IA. (gestori dei Fondi di investimento alternativi);
a introdurre normative volte a migliorare gli attuali meccanismi di emissione dei rating e a responsabilizzare le società stesse, anche prendendo in considerazione la possibilità di incentivare la creazione di una società di rating interna all'Unione europea;
a introdurre una normativa atta ad impedire l'elusione fiscale attualmente condotta grazie alla complicità dei Paesi iscritti nella black, grey e white list;
a promuovere la creazione di nuovi strumenti di tracciabilità della certificazione C.E. che consentano di verificare l'effettiva esistenza della certificazione stessa attraverso l'utilizzo della information technology;
a promuovere la revisione dei dazi doganali in ingresso alla Unione europea nei confronti di prodotti fabbricati in paesi in cui non vigono leggi sulla sicurezza sul lavoro, tutela dell'ambiente, tutela dei minori, tutela dei lavoratori paragonabili a quelle della CE, anche nei confronti di prodotti fabbricati per conto di società europee o loro controllate;
a consolidare e promuovere l'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
a rafforzare l'attuale sistema di regolamentazione dei contratti derivati puntando sia ad una progressiva riduzione del volume globale degli stessi contratti sia ad un divieto di creazione di contratti ad oggi troppo complessi, dannosi per gli investitori e sempre più distaccati dall'economia reale;
a rendere una volta per tutte obbligatoria, per tutti i Paesi membri, l'adozione di politiche di sostegno economico delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa, mediante l'istituzione di strumenti come il reddito di cittadinanza, finanziabili anche attraverso la parte di utili, riservati agli Stati membri, generati dalla gestione del servizio, svolto in regime di monopolio, riferito all'immissione ed alla circolazione di nuova moneta;
ad ampliare la classe di strumenti derivati da includere nella base imponibile dell'imposta nella sua «prima fase» di implementazione ed ad introdurre una tassazione sulle operazioni finanziarie intraday ed altamente speculative, destinando il maggior gettito erariale alla riduzione delle imposte sulle piccole e medie imprese; ad avviare fin da ora la riforma dei criteri di formazione del bilancio comunitario ed in particolare si proceda alla revisione del meccanismo dello «sconto inglese» stabilito dagli accordi di Fontainebleau del 1984. posto che l'entità della spesa agricola è diminuita nel corso degli anni e che la nuova programmazione della Politica Agricola Comune per il periodo 2014-2020 prevede una significativa decurtazione dei fondi disponibili per il nostro Paese;
ad adottare misure volte all'adozione di campagne informative sul made in Italy presso i consumatori esteri e ad intensificare i controlli oltre frontiera, nella promozione di iniziative giudiziarie e legali laddove ve ne siano i presupposti fattuali;
ad attivarsi in tutte le sedi opportune per sostenere ed estendere alcune forme pilota di garanzia, tra cui lo strumento di condivisione dei rischi, attuate in particolare mediante azione congiunta di Banca europea per gli investimenti e il Fondo europeo per gli investimenti e la Commissione europea, per incoraggiare le banche a erogare prestiti alle piccole e alle medie «imprese innovative», in sostegno di attività di ricerca e sviluppo;
a sostenere, nell'ambito del Quadro di riferimento al 2030 per il clima e l'energia, come obiettivi legalmente vincolanti: a) la riduzione del 55 per cento delle emissioni interne di CO2; b) il raggiungimento del 45 per cento di energia rinnovabile sul totale del mix energetico; c) il conseguimento di un risparmio energetico del 40 per cento;
a garantire che tutti gli obiettivi su clima ed energia dell'Unione europea per il 2020 siano conseguiti e rafforzati attraverso un piano di riqualificazione energetica delle infrastrutture di rete e del patrimonio edilizio;
a ridefinire in chiave espansiva il sistema di scambio delle quote di emissione di CO2 (EU Emissions Trading System – EU ETS);
a battersi per l'eliminazione dei sussidi dannosi per l'ambiente, come ad esempio quelli destinati ai combustibili fossili e a pratiche agricole non sostenibili;
a promuovere un'azione comune per incoraggiare investimenti pubblici e privati per sostenere un'economia a basse emissioni di carbonio sul lungo periodo e, nel contempo, per conservare il nostro capitale naturale; a potenziare l'azione di contrasto al consumo di suolo come previsto dal Programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta»;
a promuovere, presso le istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri, l'avvio di una politica comunitaria finalizzata a: assicurare a tutti i cittadini il diritto all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari; garantire che l'approvvigionamento di acqua potabile e la gestione delle risorse idriche non siano soggetti alle «logiche del mercato unico» e che i servizi idrici siano esclusi da qualsiasi forma di liberalizzazione; ad intensificare l'impegno dell'Unione europa per garantire un accesso universale all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari;
a chiarire le diverse opzioni dei Paesi membri dell'Unione europea nella definizione di una politica energetica sostenibile;
a provvedere affinché l'Europa, nei suoi programmi di ricerca, includa in maniera prioritaria anche i rischi naturali «natural hazards» relativi a rischio idrogeologico e sismico;
ad intraprendere ogni iniziativa utile volta ad accelerare e ridurre i tempi per il conseguimento degli obiettivi di diversificazione del trasporto merci di cui nel Libro bianco dei trasporti, ovvero si adoperi affinché su percorrenze superiori a 300 chilometri venga trasferito verso altri modi, quali la ferrovia o le vie navigabili, entro il 2020 il 30 per cento dell'attuale trasporto merci su strada e che tale percentuale raggiunga il 50 per cento entro il 2030;
ad intraprendere ogni iniziativa utile affinché, nell'ambito della realizzazione delle reti TEN-T, le risorse stanziate vengano destinate prioritariamente, ove presenti, all'ammodernamento delle linee preesistenti piuttosto che per la realizzazione di nuove e venga assicurata l'interoperabilità delle linee ferroviarie;
a porre in essere ogni iniziativa affinché almeno il 70 per cento delle risorse individuate e riservate ad interventi in favore della mobilità e dei trasporti venga destinato per finanziare opere ed interventi da realizzarsi in ambito urbano. In particolare, fra le opere finanziate dovranno essere compresi interventi atti a ridurre i fenomeni di incidentalità stradale, oltre alle misure per il rinnovo del parco circolante, in primis quello destinato ai servizi di trasporto pubblico;
a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché vengano adeguatamente gestiti i fondi europei erogati agli Stati membri per la realizzazione delle reti TEN-T assicurando l'interoperabilità delle linee ferroviarie ed agendo prioritariamente, ove presenti, sull'ammodernamento delle preesistenti linee piuttosto che realizzarne di nuove;
a porre in essere ogni iniziativa affinché almeno il 70 per cento dei fondi europei venga destinato al settore trasporto in opere ed interventi da realizzarsi in ambito urbano. In particolare, fra le opere finanziate dovranno essere compresi interventi atti a ridurre i fenomeni di incidentalità stradale, oltre alle misure per il rinnovo del parco circolante, in primis quello destinato ai servizi di aree dell'Unione un grave rischio in grado di arrecare danni ingenti a persone e cose;
a farsi promotore in sede di Consiglio Europeo per l'attivazione di tavoli di lavoro partecipati da rappresentanti dei cittadini dei Paesi europei col fine di creare una nuova Europa, l'Europa dei popoli, dei beni comuni, dei diritti e della democrazia;
ad avviare fin da ora la riforma dei criteri di formazione del bilancio comunitario ed in particolare si proceda alla revisione dei meccanismo dello «sconto inglese» stabilito dagli accordi di Fontainebleau del 1984, posto che l'entità della spesa agricola è diminuita nel corso degli anni e che la nuova programmazione della Politica Agricola Comune per il periodo 2014-2020 prevede una significativa decurtazione dei fondi disponibili per il nostro Paese;
a intraprendere ogni iniziativa negoziale al fine di riaprire la discussione sulla questione del «made in» ed in particolare a rivedere la normativa comunitaria in materia di etichettatura d'origine dei prodotti alimentari prevedendone l'applicazione obbligatoria;
a garantire che tutti gli obiettivi su clima ed energia dell'Unione europea per il 2020 siano conseguiti e rafforzati attraverso un piano di riqualificazione energetica delle infrastrutture di rete e del patrimonio edilizio;
a farsi promotore di tutte le iniziative necessarie ad assicurare la piena attuazione della risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 laddove sollecita le istituzioni comunitarie a:
prevedere la piena attuazione della legislazione in materia di rifiuti, e in particolare le disposizioni relativa alla gerarchia degli stessi rifiuti;
fissare obiettivi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio più ambiziosi, tra cui una netta riduzione della produzione di rifiuti;
vietare l'incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati o compostati, anche a tal fine prevedendo un piano di dismissione dell'impiantistica dedicata esistente a farsi promotore di tutte le iniziative necessarie a rafforzare l'azione per la protezione della biodiversità, a partire da un'efficace vigilanza sulle attività, di competenza degli Stati membri, riguardanti la designazione come Zone Speciali di Conservazione dei Siti di Importanza Comunitaria e la dotazione di adeguati piani di gestione e misure di protezione, e attraverso l'individuazione di adeguate forme di finanziamento per la piena attuazione delle misure essenziali per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e l'integrazione della dimensione ambientale – e in particolare della difesa degli habitat e delle specie protetti – nella definizione e nella gestione della politica agricola comune e delle politiche di coesione;
a trasformare in direttiva la risoluzione europea che impedisce l'incenerimento e il conferimento in discarica dei rifiuti biodegradabili o riciclabili entro il 2020 e puntare soprattutto alla riduzione a monte dei rifiuti;
a puntare all'ecodesign e alla riprogettazione dei prodotti per evitare rifiuti inutili;
a promuovere il vuoto a rendere e in generale riarticolare tutta la filiera del riutilizzo anche introducendo leggi che rendano più facile la preparazione al riutilizzo delle merci che attualmente diventano rifiuto;
a rendere competitivo il mercato del recupero di materiali incentivando le piccole e medie imprese del riciclo piuttosto che incentivare la produzione di energia da rifiuto;
ad accelerare il processo per cui tutti i dati e le informazioni ambientali nonché sanitari collegati a problematiche ambientali relativi a questioni ambientali ed eventuali dati sanitari ad essi correlati siano ampiamente reperibili, consultabili, divulgabili e fruibili da parte di chiunque;
a rendere pubblici i tavoli di discussione del TTIP e prevedere la giusta pubblicità dei contenuti di tale trattato;
a rinegoziare il TTIP per favorire il rispetto e il mantenimento dei diritti sociali, dei diritti del lavoro, della preservazione dei beni comuni quali acqua e terra/cibo e della democrazia, garantire l'accesso ai servizi essenziali;
a rinegoziare il TTIP col fine di depotenziare completamente l'egemonia del trattato sulle leggi degli Stati sovrani e in particolare sulle leggi dello Stato italiano, valutando la possibilità di contrasto anche giurisdizionale in quanto Stato Membro dell'Unione europea;
a intervenire nelle opportune sedi comunitarie affinché il partenariato economico USA-UE, che unitamente agli obiettivi di rilancio dell'economia ha anche evidenti finalità politiche, si articoli su assetti legislativi quanto più omogenei, preveda forti tutele per l'agricoltura comunitaria ed adeguati meccanismi di salvaguardia degli interessi economici di quei Paesi europei come l'Italia che sono tra i detentori della leadership mondiale delle produzioni agroalimentari di qualità e le cui realtà produttive di piccole dimensioni non consentono di competere con i grandi farmers americani;
a rinegoziare con urgenza in tutte le sedi opportune ogni trattato relativo al cosiddetto libero mercato, includendo il TTIP, sulla base dei diritti dei popoli, della tutela dei beni comuni e dei servizi di interesse generale; altresì di ridiscutere l'incentivazione incontrollata del commercio nazionale e internazionale;
ad adoperarsi affinché, di concerto con i partners internazionali, vengano posti in essere le iniziative diplomatiche idonee a far superare lo stato di tensione in Ucraina.
(6-00079) «Carinelli, Colonnese, Nesci, Vignaroli, Dadone, Brescia, Cominardi, Massimiliano Bernini, Benedetti, Parentela, Lupo».
La Camera,
sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell'Unione europea del 26 e 27 giugno 2014 e sulle linee direttrici alle quali intende attenersi nel corso della Presidenza italiana del prossimo semestre europeo (luglio-dicembre 2014);
premesso che:
la Presidenza italiana sarà al centro di un delicato passaggio istituzionale poiché il piano delle azioni urgenti dovrà intersecarsi con la negoziazione sui nomi di chi guiderà le principali istituzioni europee: essa comporta una grande responsabilità del nostro Paese anche per l'aspettativa che dopo le elezioni è riposta nell'Italia;
la più accentuata manifestazione che la crisi sta avendo in Europa trova un significativo elemento di spiegazione proprio nella particolare inadeguatezza del suo assetto istituzionale. La creazione dell'Unione europea negli ultimi decenni è stata molto influenzata da una visione – quella neoliberista dominante – che considera le istituzioni un intralcio al buon funzionamento dei mercati; ciò spiega le carenze della dimensione istituzionale nella costruzione europea e il prevalere della strategia di affidarla essenzialmente all'unificazione dei mercati e della moneta che avrebbero dovuto trainare l'intero processo. Ciò spiega anche perché l'unica istituzione dell'Unione europea con poteri autonomi dagli Stati nazionali sia la Banca Centrale Europea, ed anche che essa sia stata creata prima e non dopo la nascita dello Stato federale europeo;
il Trattato di Lisbona non ha funzionato perché in esso rimaneva l'asimmetria tra controllo della moneta e il vuoto delle politiche fiscali, bancarie e di bilancio comunitario;
il bilancio comunitario 2014-2020 è il primo bilancio comunitario che prevede una sua riduzione rispetto al bilancio precedente. E ciò avviene in presenza della peggiore crisi finanziaria ed economica dalla costituzione dell'Unione europea, ed in un contesto nel quale la politica intergovernativa di austerità impone riduzione del debito e pareggio di bilancio agli Stati membri;
rispondendo alla crisi con le politiche di austerità, l'Eurozona conta oggi oltre 7 milioni di disoccupati in più rispetto alla fine del 2007 e il Pil resta ancora inferiore ad allora. In Italia la disoccupazione è più che raddoppiata in questi anni. Da 1,5 milioni siamo arrivati a circa 3,2 milioni di disoccupati, mentre il valore del Pil è di 8 punti percentuali inferiore al 2007;
questi dati inaccettabili dimostrano l'inadeguatezza del sistema di governance economico europeo sinora definito, incentrato sull'inasprimento dei vincoli di finanza pubblica e privo di una strategia organica e credibile per il rilancio della crescita e dell'occupazione. Come ormai rileva anche il Fondo Monetario Internazionale, oggi sappiamo che in realtà le politiche di austerity hanno accentuato la crisi, provocando un tracollo dei redditi superiore alle attese prevalenti;
le Autorità europee appaiono persuase dall'idea che i Paesi periferici dell'Unione potrebbero risolvere i loro problemi attraverso le cosiddette «riforme strutturali». Tali riforme dovrebbero ridurre i costi e i prezzi, aumentare la competitività e favorire quindi, una ripresa trainata dalle esportazioni e una riduzione dei debiti verso l'estero. È illusorio pensare che la soluzione prospettata possa salvaguardare l'unità europea. Le politiche deflattive attuate in Germania, che hanno prodotto una crescita dei salari dei lavoratori tedeschi inferiore rispetto alla crescita salariale media dell'eurozona, attuate per far accrescere l'avanzo commerciale hanno, di fatto, contribuito per anni, unitamente ad altri fattori, all'accumulo di enormi squilibri nei rapporti di debito e credito tra i Paesi della zona euro. Il riassorbimento di tali squilibri richiederebbe un'azione coordinata da parte di tutti i membri dell'Unione. Pensare che i soli Paesi periferici debbano farsi carico del problema significa pretendere da questi una caduta dei salari e dei prezzi di tale portata da determinare un crollo ancora più accentuato dei redditi e una violenta deflazione da debiti, con il rischio concreto di nuove crisi bancarie e di una desertificazione produttiva di intere regioni europee;
occorre esser consapevoli che proseguendo con le politiche di «austerità» e affidando il riequilibrio alle sole «riforme strutturali», il destino dell'euro sarà segnato e, l'esperienza della moneta unica si esaurirà, con ripercussioni sulla tenuta del mercato unico europeo;
in assenza di condizioni per una riforma del sistema finanziario e della politica monetaria e fiscale, che dia vita a un piano di rilancio degli investimenti pubblici e privati e contrasti le sperequazioni tra i redditi e tra i territori e risollevi l'occupazione nelle periferie dell'Unione, ai decisori politici non resterà altro che una scelta cruciale tra modalità alternative di uscita dall'euro;
è, viceversa, necessario convocare una Conferenza europea sul debito, simile a quella che nel 1953 alleviò il peso del debito che gravava sulla Germania, e le consentì di ricostruire la nazione dopo la guerra e per concordare la mutualizzazione di parte del debito pubblico mediante obbligazioni europee;
nel Def presentato ad aprile il Governo continua a muoversi nei vincoli del fiscal compact, nonostante le positive dichiarazioni iniziali del Presidente Renzi. Rispetta cioè l'equilibrio strutturale di bilancio e si impegna nell'abbattimento del debito verso il limite del 60 per cento. Purtroppo, si continua a ritenere possibile coniugare la crescita con l'austerità. Il Governo propone un percorso che porterà nel 2018 ad un avanzo primario, cioè la differenza tra entrate fiscali e spesa pubblica di scopo, al 5 per cento del Pil. E, contemporaneamente, ritiene che nello stesso anno l'economia potrà crescere di circa il 2 per cento in termini reali. Ma è ormai provato che è impossibile coniugare avanzi primari dell'ordine di circa 90 miliardi di euro con una crescita economica;
la scelta di realizzare in modo simultaneo i relativi aggiustamenti di bilancio non è una fatalità cui sono posti di fronte i Paesi europei, bensì una decisione deliberata e autolesionista, che aggrava i problemi recessivi causati dalla crisi stessa;
anche per questi motivi è stato un grave errore, nella scorsa legislatura, inserire in Costituzione con le modifiche all'articolo 81, il pareggio di bilancio come previsto dal cosiddetto «Fiscal compact»;
anche grazie alla spinta referendaria sul Fiscal Compact c’è da augurarsi che si possa davvero avviare un cambiamento a partire dal semestre italiano;
è auspicabile che non si ripeta il caso Hollande, il quale aveva promesso di battersi per modificare le politiche dell’«austerità espansiva». All'epoca della sua elezione Hollande aveva dichiarato che: «è inverosimile che la BCE inondi il mercato di liquidità, con le banche che si finanziano all'1 per cento e poi prestano agli Stati al 6 per cento. A un certo punto simili posizioni di rendita non sono più accettabili. Sarebbe più giudizioso, più efficace, più rapido che la BCE diventi prestatore di prima e ultima istanza»;
Hollande era anche a favore della mutualizzazione del debito pubblico mediante obbligazioni europee considerate come l'unico modo per sostenere i Paesi in difficoltà e per fare tornare la fiducia degli investitori internazionali negli Stati più a rischio. Nulla di tutto ciò si è realizzato, ma, fatto ancora più grave, non c’è stato neppure l'impegno a sostenere una battaglia su questi fronti;
occorre avviare in Europa una trasformazione sociale ed ecologica del modello di sviluppo a partire dal settore energetico e da quello dei trasporti, con l'istituzione di una nuova catena di creazione di valori nei mercati-pilota del futuro;
va stabilita una priorità di investimenti nell'economia reale, e per il suo rilancio, in particolare nei Paesi dell'eurozona con bilance commerciali in forte attivo nei confronti degli altri partner europei, del mercato interno tramite una politica di ridistribuzione dei redditi che favorisca la domanda;
per superare la crisi si deve contemporaneamente avviare la trasformazione ecologica della produzione, anche per rispondere alla crisi ambientale e dare priorità alla qualità della vita, alla solidarietà, all'istruzione, alle fonti energetiche rinnovabili, allo sviluppo ecosostenibile;
l'Unione europea non può prosperare senza una forte base industriale in un'ottica di sua riconversione ecologica. In data 22 gennaio 2014, è stata pubblicata la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e sociale europeo e al comitato delle Regioni «Per una rinascita industriale europea» (COM(2014)14 final), con la quale l'Esecutivo comunitario invita il Consiglio ed il Parlamento europeo ad adottare proposte in materia di energia, trasporti, spazio e reti di comunicazione digitali, nonché ad applicare la legislazione sul completamento del mercato interno;
la realizzazione della «Agenda digitale 2020» è uno strumento fondamentale, sul piano qualitativo e quantitativo, per rilanciare durevolmente la crescita e soprattutto l'occupazione nell'Unione europea, mediante la creazione di nuove figure lavorative e l'ammodernamento delle infrastrutture delle comunicazioni;
l'Europa è una delle regioni del mondo che più dipendono dall'importazione dall'esterno di combustibili fossili. Oggi il 60 per cento della nostra energia è importata. Nel 2030, se non cambiamo la nostra attitudine, importeremo l'80 per cento del nostro fabbisogno energetico;
l'Unione europea per uscire dalla crisi e puntare decisamente verso uno sviluppo sostenibile, deve innovare l'economia definendo politiche attente agli interessi dei cittadini e dell'ambiente e in quest'opera potrà svolgere un ruolo decisivo solo se sarà in grado di definire obiettivi ambiziosi, per ciascun Stato membro, di riduzione dei gas-serra e di spinta verso una economia low-carbon attraverso target legalmente vincolanti che sostengano in maniera decisa lo sviluppo delle fonti rinnovabili e gli interventi di efficienza energetica;
Energy Roadmap 2050 della Commissione europea ha giustamente confermato che le energie rinnovabili, l'efficienza energetica e le infrastrutture flessibili costituiscono opzioni no regrets che rappresentano le basi di un'economia innovativa, fondata su fonti pulite, sicure ed endogene, e che costituirà un forte stimolo all'innovazione industriale e alla competitività;
l'Europa deve porsi dei traguardi molto concreti, che corrispondano ad una vera e propria rivoluzione energetica, che può tradursi nell'individuazione di obiettivi climatici ed energetici che siano coerenti con la traiettoria di riduzione delle emissioni di gas-serra di almeno il 95 per cento al 2050, in grado di contribuire a contenere il riscaldamento del pianeta;
il pacchetto Clima-Energia 2030 adottato il 22 gennaio 2014 dalla Commissione europea indica degli obiettivi che rischiano di non essere adeguati rispetto agli impegni assunti finora dall'Europa per contenere il riscaldamento globale, e avere una società a basse emissioni di carbonio nel 2050. Gli obiettivi comunitari al 2030 indicano: una riduzione del 40 per cento delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al 1990 entro il 2030; un aumento non vincolante per gli Stati membri al 27 per cento di rinnovabili; generiche politiche più ambiziose in materia di efficienza energetica;
detti obiettivi purtroppo non consentono all'Europa di mettere in campo una forte e coerente azione climatica in grado di invertire la rotta, laddove sarebbe invece necessario:
a) impegnare i Paesi membri a raggiungere valori percentuali superiori a quelli indicati dal pacchetto Clima-Energia riguardo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
b) indicare obiettivi vincolanti per l'efficienza energetica;
c) prevedere che il target per le rinnovabili, non venga calcolato a livello comunitario, ma tradotto in specifici obiettivi vincolanti nazionali;
di fronte a fenomeni meteorologici sempre più frequenti e devastanti per il territorio, conseguenti ai cambiamenti climatici in atto, è indispensabile che – tra l'altro – l'Europa avvii efficaci politiche di messa in sicurezza del proprio territorio e tutela del dissesto ambientale ed idrogeologico. A tal fine diventa indispensabile che le risorse stanziate per il contrasto al dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio, possano essere scorporati dai saldi di finanza pubblica relativi al rispetto del Patto di stabilità e crescita;
il superamento del credit crunch, che rappresenta una condizione necessaria sebbene non sufficiente per la ripresa, non potrà avvenire nel quadro delle politiche attuali concernenti il Patto di stabilità europeo con particolare riguardo alla necessità di riattivare i flussi di credito in direzione delle PMI;
si deve apprezzare l'approvazione del pacchetto legislativo che introduce il meccanismo unico di vigilanza bancaria (Single Supervisory Mechanism, SSM), come primo passo per la realizzazione di un'autentica unione bancaria. Occorre una vera Banca Centrale Europea, che in caso di necessità possa prestare denaro anche agli Stati e non solo alle banche, e che fornisca prestiti a basso tasso di interesse agli istituti di credito, a patto che accettino di fornire credito a costi contenuti a piccole e medie imprese;
l'Unione bancaria per essere fattibile si deve inserire in un progetto più ampio di unione fiscale e politica, anche perché l'Unione bancaria, per funzionare ed essere credibile, deve potere contare su risorse che solo un vero e proprio bilancio federale può assicurare. Il suo funzionamento richiede, infatti, l'introduzione di un finanziamento di ultima istanza di natura fiscale e, quindi, una qualche forma di bilancio federale, con rilevanti cessioni di sovranità dagli Stati nazionali al «Governo federale»;
l'avvio della procedura di infrazione da parte della Commissione europea in riferimento ai ritardi di pagamento dei debiti della PA mette in luce che il problema nel nostro Paese non è stato ancora risolto in maniera soddisfacente. Se non ci saranno misure adeguate entro due mesi l’iter dell'infrazione, partito con rinvio il 19 giugno scorso della lettera della Commissione di messa in mora, andrà avanti fino all’extrema ratio delle sanzioni economiche decise dalla Corte UE. Secondo i dati della Commissione in Italia la PA impiega in media 170 giorni per i pagamenti dopo aver ricevuto un bene o un servizio e 210 giorni per le opere pubbliche, mentre la media UE è di 58 giorni (Francia: 59; Germania: 35; Spagna: 154; Grecia: 155). La Commissione in base alle segnalazioni ricevute ha riscontrato un'applicazione non corretta della direttiva sui tempi, e pratiche scorrette su tassi di mora e rapporti d'avanzamento dei lavori pubblici finalizzati a ritardare i pagamenti;
per contrastare l'elusione/evasione delle grandi aziende realizzata attraverso i cosiddetti «paradisi fiscali», è necessario pensare a livello UE a delle forme di tassazione su tutti i trasferimenti bancari nei centri offshore/black list e in tutti i Paesi terzi che non garantiscono la tracciabilità dei flussi finanziari nei confronti dei centri offshore/black list;
è da diversi anni oramai che la Commissione europea valuta l'ipotesi di tassare il settore finanziario sia a livello mondiale (nel quadro del G20, Pittsburgh, Toronto) che europeo, per garantire ai Paesi membri un giusto contributo ai costi della crisi economica, sostenere le loro finanze rafforzare il mercato unico dell'Unione europea, ridurre le distorsioni della concorrenza e scoraggiare attività di negoziazione ad alto rischio. Pertanto, al fine di contrastare la speculazione finanziaria e di migliorare il funzionamento del mercato interno fortemente destabilizzato dall'evoluzione del sistema finanziario mondiale legata all'innovazione tecnologica, alla crescente sofisticazione ed alla crescente partecipazione di operatori impegnati in transazioni speculative di breve termine, la Commissione europea con la direttiva COM(2013)71 ha proposto l'istituzione, a livello comunitario attraverso una procedura di «cooperazione rafforzata», dell'imposta sulle transazioni finanziarie (TTF o Tobin Tax);
il primo passo del negoziato sottoscritto a tal fine il 6 maggio u.s. in sede Ecofin, tra i Ministri delle finanze degli undici Paesi dell'Unione europea aderenti alla procedura di «cooperazione rafforzata» per l'introduzione della Tobin Tax, è del tutto privo di consistenza soprattutto riguardo alla mancata definizione dell'ampiezza della sua base imponibile e della destinazione di spesa del gettito generato, contribuendo solo a ritardare l'intero processo d'istituzione della tassa a livello europeo stabilito agli inizi del 2016;
invero, rimane ancora indeterminata la previsione della tassazione dei derivati, i principali responsabili dell'attuale crisi finanziaria, e che peraltro da soli rappresenterebbero almeno i due terzi del gettito stimabile della Tobin Tax, la cui eventuale esclusione vanificherebbe, in buona parte, gli effetti della tassazione; ma, soprattutto, rimane esente dalla tassazione il cosiddetto trading ad alta frequenza, quello costituito da transazioni estremamente volatili ed improduttive che pongono diversi problemi ai mercati sia di natura tecnica che di natura perequativa la cui incidenza nella sola borsa di Milano è pari al 50 per cento del totale delle transazioni quotidiane;
la Tobin Tax è indiscutibilmente una misura capace di frenare la speculazione e di ridurre l'instabilità dei mercati finanziari, e rappresenta lo strumento principe per una possibile, equa e sostenibile uscita dalla terribile crisi economica e finanziaria che ha travolto, in questi ultimi anni, i Paesi europei, potendo costituire un importante freno ai movimenti finanziari più marcatamente speculativi ed, al tempo stesso, un mezzo per reperire risorse da destinare ad investimenti anticiclici capaci di far ripartire la crescita, recuperandole dagli stessi contesti nei quali la crisi è stata prodotta;
il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea può rappresentare quindi un'occasione importante per rilanciare il negoziato per una migliore definizione della tassa sulle transazioni finanziarie, ed il nostro Paese, che nei mesi scorsi, nel corso del dibattito a livello europeo, era rimasto colpevolmente in silenzio, è chiamato a rivestire un ruolo determinante per assicurare che l'intero lavoro svolto fino ad oggi in sede di «cooperazione rafforzata» non venga vanificato;
il differenziato regime di IVA che vige in ciascuno dei singoli Paesi membri ha contribuito negli ultimi anni alla proliferazione delle cosiddette «frodi carosello», condotte fraudolente volte ad aggirare la disciplina dell'imposta per gli acquisti intracomunitari realizzando operazioni fittizie allo scopo di recuperare un credito dell'imposta inesistente. Al fine di contrastare tali frodi la Commissione europea, nel luglio del 2013 ha emanato due proposte di direttiva grazie alle quali fino al 31 dicembre del 2018 gli Stati membri potranno scegliere di attribuire al cessionario di un bene la responsabilità del pagamento dell'IVA, in deroga al regime ordinario (cosiddetto regime del reverse-charge);
in tali tipi di truffe tra il soggetto cedente ed il concessionario di un altro Paese membro si interpongono una serie numerosa di società cuscinetto (dette buffer), costituite fittiziamente, che emettono fatture di comodo e coinvolgono spesso, quale ultimo anello della catena, imprese del tutto ignare dell'operazione illegale, che a loro volta, possono trovarsi coinvolte in pesanti indagini penali;
sul punto anche la Corte di giustizia è intervenuta a più riprese confermando la piena detraibilità dell'Iva per quegli operatori intracomunitari che, acquistando beni, si trovano coinvolti a loro insaputa in operazioni finalizzate all'evasione dell'Iva;
la frode Iva mette a repentaglio gli interessi finanziari della Comunità considerato che le distorsioni causate possono pregiudicare, secondo la Commissione europea, l'equilibrio globale del sistema delle risorse proprie, che deve essere «equo e trasparente» e garantire il funzionamento regolare della Comunità;
le frodi legate all'IVA, soprattutto nelle forme del carosello fiscale presuppongono una stretta e fattiva collaborazione sinergica tra le amministrazioni finanziarie dei singoli Paesi membri, ed impongono l'adozione di misure per rafforzare i controlli anti-frode;
la Legge di stabilità per il 2014, prevedeva la cosiddetta web-tax, (successivamente abrogata dal decreto-legge n. 16 del 2014) ossia l'obbligo per i giganti del web come Google, Facebook, Apple o Amazon a fatturare, con partita IVA italiana, tutti i loro i volumi di vendita realizzati in Italia sia mediante la vendita di pubblicità sia mediante l’e-commerce o il gioco on line), volumi che oggi, in assenza di una normativa, vengono fatturati in altri Paesi con regimi fiscali agevolati;
la stessa norma, prima della sua abrogazione, disponeva inoltre, che gli spazi pubblicitari on line ed i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca e visualizzabili in territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio on line, dovessero essere acquistati da soggetti (editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca) titolari di partita IVA italiana e pagati solo ed esclusivamente mediante bonifico bancario o postale o con altri mezzi di pagamento tracciabili al fine di permettere tutti i controlli del Fisco;
attualmente la normativa europea consente ad un'impresa di operare anche in Paesi diversi spingendola, in tal modo, a stabilire la sede legale in Paesi in cui la tassazione è più favorevole. La stessa normativa non prevede sanzioni in caso di inosservanza da parte del soggetto passivo, consentendo alla stessa impresa di registrare impunemente un gettito nei diversi Paesi come ricavi di servizi prestati alla società principale;
la web-tax nel contrastare le suddette pratiche, denominate di profit shifting, avrebbe riportato equità fiscale in un sistema, come ad esempio quello dell'economia digitale, nel quale migliaia di imprese italiane operano in condizione di concorrenza sleale messa in atto dai giganti internazionali, nel quale sono palesemente penalizzate, dal punto di vista fiscale, rispetto alle grandi multinazionali della rete;
alcune riserve legate alla legittimità della disposizione nei confronti della normativa europea ed al timore che essa avrebbe potuto costare all'Italia una denuncia di infrazione, hanno portato il Governo ad abrogare la disposizione;
l'articolo 9 della recente legge n. 23 del 2014, cosiddetto delega fiscale, in materia di contrasto all'evasione fiscale, introduce ciò che viene chiamato «apportionment» ovvero l'obbligo per le multinazionali con sede fiscale all'estero di pagare le tasse in Italia per la parte di ricavi che si stima sia stata prodotta nel nostro Paese, delega il Governo a prevedere l'introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo anche conto delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale;
la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio europeo del 24 marzo 2014 COM(2014)180, relativa alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici, a cui si aggiunge il «Piano di azione nazionale per il futuro della produzione biologica nell'Unione europea» del 24 marzo 2014 COM(2014) 179, con cui si intende rivedere e aggiornare la normativa europea preesistente al fine di attualizzarla ai nuovi standard qualitativi che i consumatori, sempre più esigenti in termini di salubrità alimentare e consapevolezza del consumo sostenibile, richiedono al mercato;
il 12 giugno 2014 si è tenuto il Consiglio Ambiente dell'Unione europea che ha approvato a larga maggioranza il testo di compromesso politico della Presidenza greca sulla proposta di regolamento COM(2010)375 di modifica della direttiva 2001/18/CE volta a lasciare maggiore libertà agli Stati membri in materia di coltivazione sul loro territorio, o parte di esso, di OGM, anche per motivi diversi dalla tutela della salute pubblica e dell'ambiente. La proposta prevede un ruolo formale delle aziende biotech nel processo di messa al bando della coltivazione OGM, oltreché impedire agli Stati membri di utilizzare le motivazioni legate ai rischi per la salute e l'ambiente. Nell'atto di proposta legislativa in questione, non si fa alcun riferimento alla contaminazione transfrontaliera, non si affrontano i rischi legati alla coesistenza con specie no biotech, non è prevista alcuna disposizione relativa alla valutazione del rischio ambientale, sanitario e socio-economico e agli effetti di lungo periodo degli OGM;
la legislazione europea, al fine di garantire un elevato livello di sanità umana, animale e vegetale e garantire il funzionamento del mercato interno, prevede una serie di norme armonizzate per prevenire, eliminare o ridurre gli eventuali rischi di ordine sanitario per l'uomo, per gli animali e per le piante presenti nella «filiera agroalimentare», espressione intesa nella sua accezione più ampia per abbracciare tutti i processi, i prodotti e le attività relativi ai prodotti alimentari, alla loro lavorazione, e la normativa che garantisce che essi siano sicuri e idonei al consumo umano. Pertanto, la Commissione europea il 6 maggio 2013 ha presentato la proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio Europeo COM(2013) 265 sui «controlli ufficiali», al fine di addivenire ad una armonizzazione indispensabile per i controlli di qualità, sia per la produzione biologica degli alimenti sia nell'ambito della catena di produzione di organismi geneticamente modificati;
al G8 del 17 giugno 2013 sono stati avviati ufficialmente i negoziati per un partenariato in materia di commercio e investimenti tra gli Stati Uniti e l'Unione europea (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTPI). L'avvio dei negoziati è stato possibile dopo che il Consiglio dei ministri competenti per il commercio ha approvato, il 14 giugno, il mandato negoziale per la Commissione;
il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) è stato definito come il più grande accordo commerciale del mondo. È un accordo commerciale internazionale in fase di negoziato tra l'Europa e gli Stati Uniti. C’è il forte rischio che un trattato di questo genere, ricercando un'armonizzazione delle normative e dunque un abbattimento delle regolamentazioni tra le due aree porti ad appiattire i più rigidi regolamenti europei ai livelli di quelli statunitensi;
l'agricoltura rappresenta una «grande parte» dei negoziati. Specificatamente, per quanto riguarda i temi della sostenibilità agricola e ambientale, dello sviluppo delle aree rurali e delle indicazioni geografiche sono particolarmente rilevanti per gli Stati membri dell'Unione europea, in particolare per l'Italia, considerato l'elevato numero di produzioni di qualità;
la disoccupazione, in particolare quella giovanile, in Italia e in Europa ha raggiunto livelli non più sostenibili e tali da mettere a rischio la tenuta del sistema Paese nel futuro. Un'intera generazione di giovani, per la mancanza del lavoro o per la sua discontinuità, vive situazioni di precarietà strutturale;
tale situazione non consente a molti giovani di studiare, di fare ricerca, di progettare e realizzarsi nella vita, di creare una famiglia e di mettere al mondo dei figli; li costringe a continuare a dipendere dalle famiglie di origine, quando le famiglie non sono già esse stesse nell'impossibilità di continuare a sostenerli; gli impedisce di concorrere allo sviluppo sociale e economico dell'Italia, incidendo sulla loro dignità sociale; li discrimina oggi per il futuro, quando non avranno diritto ad una pensione che gli possa garantire un'esistenza libera e dignitosa;
il 21 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha adottato a larghissima maggioranza una risoluzione sul «reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa». Tale risoluzione, in modo ancora più netto rispetto ad una precedente sullo stesso tema del 2008, sancisce in modo pieno il riconoscimento di un diritto dei cittadini dell'Unione e delle persone che vi risiedano stabilmente, ad un reddito che ne salvaguardi la dignità sociale. In attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza), il reddito minimo viene definito come un diritto sociale fondamentale, destinato a fungere da strumento di protezione della dignità della persona e della sua «possibilità di partecipare pienamente alla vita sociale, culturale e politica»;
il reddito minimo è uno strumento che assicura, in via principale e preminente, l'autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà. Il reddito minimo è anche uno strumento che tutela la cultura e la dignità del lavoro, perché aiuta ad impedire che lavoratrici e lavoratori siano costretti ad accettare un lavoro purchessia. Schemi di tutela del reddito sono presenti nella maggior parte dei Paesi europei;
l'inserimento del reddito minimo garantito tra le politiche di welfare è un investimento sul futuro, una garanzia di libertà per i cittadini poiché ha come vantaggio la riduzione del condizionamento nella scelta del lavoro, favorendo così la qualità del lavoro stesso, il rapporto Istat 2014 del maggio scorso denuncia che l'Italia è tra i Paesi europei con la maggiore disuguaglianza nella distribuzione dei redditi primari;
già nel 1992 il Consiglio europeo aveva invitato gli Stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto il reddito di base tra le proprie politiche di welfare e la raccomandazione 92/411 di fatto impegnava gli Stati ad adottare misure di garanzia di reddito, la crisi ha accentuato alcune drammatiche contraddizioni. Sembra attenuarsi la disuguaglianza fra uomini e donne solo perché peggiorano le condizioni lavorative degli uomini; la solidarietà intergenerazionale è dilaniata dalle distinte emergenze occupazionali di giovani e adulti; la povertà si diffonde fra gli occupati, mentre si allarga la fascia dell'esclusione sociale; titoli di studio qualificati non sempre tutelano i lavoratori dal rischio della povertà. In altre parole, gli obiettivi dell'Agenda 2020 sembrano miraggi nel deserto delle politiche sociali europee, aggrappate per ora a misure di stretta emergenza, come il piano «Garanzia giovani»;
con la Strategia EU2020, l'Unione europea ha fissato un obiettivo europeo di riduzione entro il 2020 di 20 milioni del numero di persone in condizioni di povertà ed esclusione sociale. È indispensabile sostenere e rafforzare le politiche di welfare nei Paesi UE, al fine di poter raggiungere detto obiettivo europeo al 2020;
nell'Unione europea vige il generale principio di non discriminazione in base a svariate caratteristiche personali, protette dall'articolo 21 della Carta europea dei diritti fondamentali (Carta di Nizza), nonché dagli articoli 2 del Trattato sull'Unione europea e 10 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea. Tale principio è stato attuato con alcune importanti direttive, sebbene per alcuni fattori esso non trova concreta applicazione in tutti gli ambiti della vita, ma solo in alcuni. Con riferimento ai fattori della religione, delle convinzioni personali, della disabilità dell'età o dell'orientamento sessuale, la parità di trattamento è stata disciplinata dalla direttiva 2000/78, in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Al riguardo, la Commissione europea contesta all'Italia il suo non corretto recepimento con riferimento ad alcune sue prescrizioni, come quelle contenute ad esempio nell'articolo 5 che attengono all'applicazione del principio della parità di trattamento alle condizioni di lavoro delle persone disabili (Procedura di infrazione n. 2006/2441);
l'Unione europea non ha ancora adottato, invece, una «direttiva orizzontale» che tuteli la parità di trattamento in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata, nonostante tale direttiva sia stata presentata nel 2008 dalla Commissione europea e approvata dal Parlamento il 2 aprile 2009 («Proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale» (COM(2008) 426). Tale bozza di direttiva giace nei cassetti del Consiglio dell'Unione europea (UE), fermata solo dal voto contrario della Germania, unico dei 27 Paesi a sollevare perplessità sui contenuti della proposta di legge;
esiste anche un problema previdenziale che riguarda il lavoro di cura e in famiglia, svolto prevalentemente dalle donne, che deve diventare una grande questione dell'Unione europea, mediante l'adozione di una direttiva specifica;
la Commissione europea ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia a causa della norma che fissa una differenza tra uomini e donne negli anni di contributi che devono essere versati per ottenere il pensionamento anticipato (procedura 2013-4199). La Commissione ha rilevato che una differenza di trattamento sui minimi contributivi per le pensioni occupazionali equivale a una differenza di trattamento retributivo, e rientra dunque nel campo di applicazione della direttiva 2006/54/CE, che attua il principio di pari trattamento sul lavoro tra uomini e donne;
già nel 2010 la Commissione UE aveva preteso dall'Italia, dopo la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di giustizia UE, l'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne nell'ambito della pubblica amministrazione. Una questione che venne poi risolta dal Governo attraverso la riforma che portò anche per le donne, a partire dal 2012, l'età pensionabile a 65 anni, con conseguenze molto pesanti su di loro;
per garantire il principio della parità di trattamento è necessario che, a livello di Unione europea, si riconosca che le cure e le attività svolte in famiglia sono lavoro a tutti gli effetti e devono far maturare contributi pensionistici. Tale riconoscimento deve valere sia per le donne che per gli uomini, anche se – soprattutto nei Paesi mediterranei dell'Unione – sono le donne a svolgere tali attività e a prendersi cura dei figli e della famiglia, subendo un grave danno sul piano della propria realizzazione professionale, sulla continuità dell'attività lavorativa svolta e sulla possibilità stessa di svolgere attività di lavoro fuori dal contesto familiare;
è fondamentale che l'Italia ottenga nell'Unione europea l'affermazione del principio della considerazione ai fini previdenziali del lavoro di cura e familiare, i cui contenuti e aspetti applicativi verranno successivamente definiti nel confronto tra Stati e nella fase ascendente della formazione del diritto dell'Unione europea. Senza l'affermazione di tale principio, il principio di pari trattamento sul lavoro tra uomini e donne sarà sempre falsato e produrrà conseguenze ingiuste;
nell'ambito dei diritti sessuali e riproduttivi e della salute ogni anno il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) stila una classifica dei Paesi secondo il livello in cui si collocano in termini di disuguaglianze di genere. Riguardo l'aspetto relativo alla salute riproduttiva nella vita, l'indice della disuguaglianza di genere, mostra come gli Stati membri dell'Unione europea presentino un'evidente disparità nel rispetto della salute sessuale e riproduttiva delle donne;
il Parlamento europeo ha espresso in diverse occasioni il proprio sostegno agli investimenti a favore della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi (SRHR); tale sostegno sembra però subire un rallentamento preoccupante per la crisi finanziaria, la recessione economica in corso e i corrispondenti tagli lineari alla spesa pubblica degli Stati membri che tendono ad accelerare la privatizzazione dei servizi sanitari e a ridurre l'accesso e la qualità dei servizi stessi;
il 27 settembre 2012 è stata approvata la risoluzione «21/6 A/HRC/21/LKT del Consiglio Onu dei diritti umani, che ha incluso la contraccezione e l'interruzione volontaria della gravidanza tra i diritti umani;
purtroppo in Europa l'aborto, anche quando è legale, è spesso evitato o prorogato da ostacoli che impediscono di accedere in tempi stretti a servizi adeguati, come l'ampio ricorso all'obiezione di coscienza che allungano periodi di attesa non necessari dal punto di vista medico. La pratica dell'obiezione di coscienza nega a molte donne non solo l'interruzione legale della gravidanza, ma anche l'accesso ai servizi di salute riproduttiva, per esempio a informazioni, al reperimento di contraccettivi, a visite prenatali;
sempre nell'ambito del diritto alla salute sessuale e riproduttiva, un aspetto importante è quello delle infezioni sessualmente trasmissibili: HIV, sifilide, sifilide congenita, gonorrea, ecc.. È importante che la Commissione europea e gli Stati membri si occupino della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi specifici e delle necessità delle donne che vivono con l'HIV. Per raggiungere questo obiettivo occorre espandere l'accesso ai programmi di salute sessuale e riproduttiva, integrando l'accesso ai test e alle terapie dell'HIV/AIDS, i servizi di consulenza e prevenzione e invertendo i fattori socioeconomici di base che contribuiscono al rischio di HIV/AIDS per le donne, come la disuguaglianza di genere e la discriminazione;
la Corte di giustizia dell'Unione europea renderà a luglio il parere sull'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per i diritti dell'uomo (CEDU);
non è accettabile che, a fronte della drammaticità degli eventi di Lampedusa, il Consiglio europeo si limiti ad esprimere «profonda tristezza» e continui a considerare l'immigrazione come un epifenomeno della povertà e della guerra, senza adottare una tabella di marcia che contempli misure precise e puntuali e scadenze certe e vincolanti. Il Consiglio Europeo dovrà inserire l'immigrazione nella propria agenda politica quale punto stabile e prioritario;
si devono riformare le politiche europee dell'immigrazione, rifiutando il concetto di «Fortezza Europa» che alimenta forme di discriminazione, e garantendo invece i diritti umani, l'integrazione, il diritto d'asilo e le misure per la salvaguardia dei migranti, costretti ad affrontare viaggi in cui è a rischio la loro stessa vita;
il problema dell'immigrazione va anche affrontato nel contesto più ampio di una politica europea di sviluppo nei confronti dei Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo;
il regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto Dublino III, nato per contrastare il fenomeno del cosiddetto asylum shopping (la presentazione della richiesta di protezione in più Paesi), appare del tutto inadeguato a gestire i flussi migratori attuali, impedisce, di fatto, la necessaria solidarietà europea nella gestione delle domande di protezione e incentiva fenomeni di fughe collettive dai centri di prima accoglienza e, quindi, di «clandestinizzazione» dei migranti;
occorre segnalare, inoltre, come non sia stato organizzato nel nostro Paese un sistema di prima accoglienza idoneo alla portata del fenomeno delle migrazioni e, in particolare con riferimento ai richiedenti asilo, siano state utilizzate strutture di accoglienza del tutto improprie e al limite della dignità umana;
è evidente che non esiste una correlazione tra le scelte interne di politica migratoria dei singoli Stati europei. L'inasprimento delle normative, o il suo contrario, non hanno avuto effetti su flussi che dipendono esclusivamente da ragioni politiche e sociali nel continente africano. Sarebbe necessaria una politica comune dell'Unione europea per gestire in maniera unitaria il fenomeno delle migrazioni che sia improntata all'accoglienza e alla necessità di un rilancio della cooperazione internazionale, tesa alla promozione dei diritti e delle tutele, quale unica via per contrastare gli esodi di massa;
tante e diverse sono state le responsabilità dell'Unione europea nell'epilogo della crisi ucraina, riassumibili nella scarsa attenzione alle dinamiche interne al Paese e alla condizione dei suoi cittadini, in favore di un interesse pressoché esclusivo verso la centralità economica dell'Ucraina ed il suo ruolo strategico, a causa dei gasdotti che passano per il suo territorio. Tutto ciò ha determinato la miopia della politica estera europea nel gettare benzina sul fuoco della rivolta, senza considerare attentamente una prevedibile reazione russa;
responsabilità che appaiono aggravate dall'azione della Nato negli ultimi venti anni nei confronti dell'Ucraina e della politica di progressiva espansione ad Est che ha portato all'adesione di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia (1999), Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia (2004), Albania e Croazia (2009), La politica dell'allargamento della Nato, mentre da un lato ha portato molti vantaggi ai membri dell'Alleanza, indubbiamente dall'altro lato ha contribuito notevolmente a peggiorare le relazioni internazionali con la Russia e ad acuire la lotta geopolitica tra la Russia e l'Occidente;
il nostro Paese considera positivamente gli accordi di associazione all'Unione dell'Ucraina, della Moldavia e della Giorgia;
è necessaria un'azione che tolga la Russia dal «complesso dell'accerchiamento» e che, al tempo stesso, crei le basi per un'Unione europea politica e più libera dalle pressioni degli Stati Uniti sul Continente,
impegna il Governo
A) per quanto concerne il rafforzamento di istituzioni europee democratiche:
1) a svolgere un ruolo forte e deciso di indirizzo verso gli altri componenti del Consiglio dell'Unione europea affinché la scelta del Presidente della Commissione europea sia fatta nel rispetto del Parlamento europeo e degli elettori europei e non si discosti dalle indicazioni fornite in occasione delle recentissime consultazioni elettorali;
2) a impegnarsi al fine della realizzazione di una vera unione politica del continente in senso federale, con l'ambizioso obiettivo degli Stati uniti d'Europa, sostenendo un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo nelle decisioni a livello europeo, nonché una piena attuazione delle disposizioni del Trattato di Lisbona sul ruolo dei Parlamenti nazionali;
3) a lavorare per porre le basi di un percorso che porti sempre più verso una federalizzazione dell'Unione, anche attraverso politiche di condivisione del debito, di emissione di titoli comuni e di co-decisione effettiva delle politiche europee tra Consiglio dell'Unione e Parlamento europeo;
4) ad impegnarsi affinché il bilancio comunitario, ora fermo a circa l'1 per cento del PIL europeo, possa aumentare almeno fino al 4-5 per cento al fine di sostenere concrete politiche a favore dell'occupazione e del lavoro, a favore di una politica economica europea coerente con lo sviluppo dell'area euro, che definisca le politiche tese ad aumentare la domanda e, in particolare, gli investimenti in settori strategici in grado di creare occupazione, sviluppo sostenibile e coesione sociale.
5) ad introdurre un meccanismo di monitoraggio sul principio di legalità e di rispetto dei diritti fondamentali all'interno dell'Unione europea;
B) per ciò che concerne la BCE, l'Unione bancaria europea, l'armonizzazione fiscale
1) a proporre la ridefinizione del ruolo della BCE come prestatrice di ultima istanza;
2) a sostenere la rapida approvazione ed attuazione delle misure per la realizzazione di un'effettiva e completa Unione bancaria europea che includa un sistema centralizzato di vigilanza anche sulle banche di importanza nazionale e regionale, ma anche:
a) un quadro comune sugli strumenti nazionali di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi;
b) un fondo di garanzia europeo unico dei depositi bancari;
c) la creazione di un'Autorità europea unica e di un fondo unico di risoluzione per la gestione delle crisi bancarie;
3) a proporre una riforma europea delle regole della finanza introducendo trasparenza, limitando i conflitti di interesse e gli accumuli di potere eccessivo, risolvendo il problema degli istituti too-big-to-fail, regolando meglio le banche e gli altri operatori (speculativi e non), valutando l'abolizione di alcuni strumenti finanziari (come alcuni derivati over-the- counter), e ponendo in essere qualsiasi altra azione necessaria a ricondurre l'operato dei mercati nell'alveo del pubblico interesse e del bene comune;
4) a proporre la creazione di un'agenzia di rating europea indipendente ed autorevole, nonché ad implementare con più incisività sul piano giuridico il concetto di responsabilità per le conseguenze delle valutazioni errate delle stesse agenzie;
5) a propone l'adozione di regole che separino l'attività delle banche di credito ordinario da quella delle banche d'investimento;
6) a proporre a livello UE a delle forme di tassazione su tutti i trasferimenti bancari nei centri offshore/black list e in tutti i Paesi terzi che non garantiscono la tracciabilità dei flussi finanziari nei confronti dei centri offshore/black list;
7) a collaborare con le istituzioni europee e con gli altri Governi già favorevoli all'adozione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, al fine di rafforzare il potere di intervento delle stesse autorità nazionali ed internazionali sui mercati speculativi, scoraggiare, e quindi ridurre, i flussi di capitali speculativi destinando i maggiori proventi a misure specifiche tra cui quelle a sostegno dell'occupazione giovanile e quelle a scopo sociale:
8) a farsi promotore, entro il termine dello stesso semestre, del completamento e dell'attuazione di quanto previsto dalla direttiva europea COM(2013)71. assicurando:
a) il miglioramento della struttura della tassa attraverso un allargamento della sua base imponibile, estendendola alle azioni, alle obbligazioni (tra cui i Titoli di Stato scambiati sul mercato secondario) ed a tutti gli strumenti derivati, con particolare riguardo a quelli negoziati fuori dalle piattaforme regolamentate, ai prodotti strutturati e alle operazioni realizzate intra-gruppo o da intermediari finanziari inclusi hedge fund e altri soggetti a maggiore vocazione speculativa;
b) l'applicazione dell'imposta ad ogni singola operazione di transazione e non al saldo netto di fine giornata al fine di contrastare il complesso delle operazioni più altamente speculative e volatili;
c) l'applicazione del doppio principio «di residenza» e «di emissione» del titolo come misura di contrasto all'evasione della tassa;
9) a proseguire, a livello comunitario, con maggiore incisività nell'azione di contrasto a tutti i fenomeni dell'evasione e della frode fiscale in materia di IVA che costituiscono un rilevante elemento di sperequazione tra i soggetti passivi dell'imposta, anche sensibilizzando la Commissione europea e le altre istituzioni europee ad un rapido adeguamento della disciplina concernente la territorialità, ed attraverso l'introduzione di riforme strutturali incentrate sui meccanismi di controllo e di riscossione dell'Iva, così da implementare la facilità di pagamento dell'imposta da parte degli operatori;
10) ad impegnarsi in sede europea per promuovere con tutti i Paesi membri sistemi di tassazione delle attività transnazionali sul web, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale di ciascun Stato membro;
C) per un green new deal europeo:
1) a proporre in sede europea un piano europeo per l'occupazione, un green new deal, centrato sulla tutela dell'ambiente, sul sostegno alla ricerca, sulla modernizzazione delle reti europee (agenda digitale, ferrovie, autostrade del mare, energie rinnovabili e risparmio energetico), sul contrasto e la prevenzione del dissesto idro-geologico, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la valorizzazione dello straordinario patrimonio culturale europeo, il rafforzamento del sistema del welfare. Un piano per il lavoro finanziato con risorse europee (anche tramite i prestiti a basso tasso d'interesse) e nazionali e le cui spese non devono essere conteggiate nei saldi per il rispetto del Patto di stabilità;
2) a sostenere l'emissione di eurobond che potrebbero servire anche a finanziare investimenti pubblici da escludere dal computo dei deficit di bilancio ai fini del rispetto dei criteri di Maastricht;
3) a farsi promotore di un Trattato su un'Unione economica rinforzata:
a) ottenendo una riformulazione degli articoli 3 e 4 della bozza del Trattato che preveda l'emissione di eurobond e che tenga conto di «fattori nazionali rilevanti», tra i quali l'ammontare del debito nel settore privato ed il risparmio delle famiglie, senza automatismi e tenendo conto dell'andamento congiunturale dell'economia;
b) promuovendo l'esclusione dal computo, ai fini della determinazione dei parametri per il rispetto dei Trattati europei, di alcune fattispecie di investimenti concordata in sede europea:
4) a sostenere la radicale modifica del trattato sulla convergenza dei bilanci, il cosiddetto «Fiscal compact», una delle cause della recessione, concordando con i partner europei misure sostanziali a favore dello sviluppo sostenibile, a partire da una europeizzazione non parziale del debito sovrano almeno per la quota che supera il 60 per cento del Pil, secondo le proposte avanzate da diversi economisti anche italiani;
5) a proporre l'utilizzazione a livello europeo di una quota del gettito della tassa sulle transazioni finanziarie, unitamente all'emissione di eurobond, project bond, per finanziare e promuovere l'occupazione giovanile e la riconversione ecologica del sistema produttivo;
6) a chiedere nell'immediato lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali dei Paesi membri e per l'avvio della riduzione dello stock del debito e/o l'esclusione di alcune spese per investimenti dai saldi del Patto di stabilità;
7) a concordare con gli organismi dell'Unione europea la rinegoziazione della cosiddetta golden rule (vale a dire lo scorporo degli investimenti dal calcolo del vincolo di deficit del 3 per cento), consegnandola alla sovranità del Parlamento nazionale, non solo per i programmi co-finanziati dai fondi strutturali europei, ma per tutti gli investimenti degli enti territoriali, che consentano lo sviluppo di nuova e qualificata occupazione;
8) a promuovere e sostenere un impegno forte dell'Unione europea, da tradursi nell'adozione di politiche coerenti ed organiche per procedere più intensamente alla conversione delle economie europee in termini Green economy, fattore che può rivelarsi decisivo anche ai fini della ripresa economica e dell'aumento dell'occupazione;
9) a proporre un nuovo e radicale programma europeo, un «social compact» vincolante per tutti gli Stati membri, per lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale, la lotta alle disuguaglianze e alla povertà, che abbia chiare priorità di investimenti per lo stimolo dell'occupazione e per compensare lo squilibrio nei Paesi tra i Paesi dell'eurozona con bilance commerciali in forte attivo nei confronti degli altri partner europei, del mercato interno per ricostruire una politica di ridistribuzione dei redditi che favorisca la domanda aggregata; ed avvii in Europa una trasformazione sociale ed ecologica del modello di sviluppo a partire dal rilancio delle politiche per la formazione, l'educazione e rinnovazione, con particolare riferimento al settore energetico, delle tecnologie digitali e da quello dei trasporti, con l'istituzione di una nuova catena di creazione di valori nei mercati-pilota del futuro;
10) a superare – in assenza delle misure precedentemente elencate – il tetto del 3 per cento per l'indebitamento netto delle PP.AA nel bilancio 2014, giustificando tale azione politica con le condizioni di gravissima crisi economica e sociale del Paese;
11) ad impegnarsi in sede europea di potere allentare il Patto di stabilità interno per risolvere il problema del pagamento dei debiti della PA, almeno per potere pagare gli investimenti ed i lavori;
D) Per un'agricoltura sana, di qualità, a tutela dell'ambiente:
1) a proseguire nella ferma tutela e nel sostegno all'agricoltura italiana secondo un modello rispettoso dell'ambiente e che valorizzi le specificità dell'economia agricola nazionale, caratterizzata da produzioni agroalimentari di qualità, assicurando produttività ma anche sicurezza alimentare e crescita economica;
2) a giungere, in tempi brevi, ad un accordo politico sul dossier relativo all'agricoltura biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici, a limitare l'eccessivo ricorso allo strumento del conferimento alla Commissione europea del potere di adottare atti delegati di attuazione del regolamento, in assenza di precisi criteri direttivi espressamente indicati nel regolamento, ed a esercitare un monitoraggio preventivo sull'esercizio di tali deleghe;
3) a chiudere il dossier entro il semestre e, contestualmente, a porre in essere le opportune azioni di modifica del testo approvato al fine di consentire una vera e propria ri-nazionalizzazione delle colture in difesa della biodiversità e della qualità agroalimentare, di prevedere effettivamente, senza l'ausilio formale delle aziende biotech, la possibilità di vietare la coltivazione di OGM sul territorio dello Stato membro interessato, di dare attuazione alle conclusioni del Consiglio ambiente adottate il 4 dicembre 2008 e della risoluzione del 5 luglio 2011 (P7–TA(2011)0314) del Parlamento europeo che davano un quadro giuridico più robusto per i divieti nazionali, come per esempio il divieto di coltivazione di OGM anche per problemi di carattere ambientale: e, principalmente a modificare la base giuridica della proposta di regolamento, attualmente fondata sull'articolo 144 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, TFUE, basandola sugli articoli 191 e 192 del TFUE;
4) a rendere imprescindibile che, nello stipulare gli accordi di libero scambio con paesi terzi gli standard di qualità inseriti nel regolamento sui controlli ufficiali devono essere rispettati, da quei paesi che vogliono commercializzare con l'Europa, secondo il principio di reciprocità; ed inoltre, a far si che il dossier riguardante la proposta di regolamento venga approvato entro il semestre di presidenza italiana al fine di dare una robusta e solida base giuridica alle due altre proposte di regolamento (Biologico e Organismi geneticamente modificati);
E) per la rinascita industriale europea:
1) a sostenere e implementare l'iniziativa della Commissione relativa alla utilizzazione dei cosiddetti project bonds citata dalla comunicazione «Per una rinascita industriale europea» (COM(2014)14 final), vale a dire di obbligazioni emesse da soggetti privati per il finanziamento a debito di infrastrutture di trasporto di particolare rilevanza strategica rientranti nelle reti TEN-T;
2) a sostenere le misure proposte dalla Commissione nell'ambito della comunicazione «Per una rinascita industriale europea» (COM(2014)14 final) relative alla modernizzazione industriale, con particolare all'innovazione e alle nuove tecnologie, incoraggiando le politiche di investimento nei settori strategici dei processi di fabbricazione avanzati, delle tecnologie abilitanti fondamentali, dei veicoli e trasporti puliti, dei bioprodotti, della costruzione sostenibile e materie prime e reti intelligenti;
F) per una nuova politica energetica e il contrasto ai cambiamenti climatici:
1) ad assumere, in particolare nell'ambito del semestre di presidenza europea italiana, un ruolo propulsore per una vera e propria rivoluzione energetica, che veda un'Europa leader nella sfida per un'economia e per una società low-carbon al 2030 e in particolare: a impegnare i paesi membri a raggiungere il 55 per cento, di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra; a indicare obiettivi ambiziosi e vincolanti almeno al 40 per cento per l'efficienza energetica; a raggiungere un target del 45 per cento relativamente all'aumento della quota delle energie rinnovabili, e che detto target non venga calcolato solo a livello comunitario, ma tradotto in specifici obiettivi vincolanti nazionali; a stabilire una exit strategy dalla dipendenza dalla produzione di energia dal carbone entro il 2030;
2) a sostenere il processo di Governance della politica energetica dell'Unione europea, garantendo che il piano energetico nazionale sia sufficientemente ambizioso in termini di centralità delle fonti energetiche rinnovabili e che le linee guida e le incentivazioni in esso contenute siano coerenti e conformi per tutto il periodo interessato, prioritariamente attraverso la modifica della Strategia energetica nazionale (SEN) per adeguarla a tali obiettivi definiti a livello europeo;
3) a sostenere con mezzi idonei ed efficaci rinnovazione tecnologica nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili;
4) ad aumentare gli sforzi per una maggior efficienza energetica da parte del comparto privato, del comparto pubblico e del comparto industriale, in termini di investimento anche al fine di ridurre il fabbisogno energetico complessivo;
5) a promuovere opportune iniziative affinché vengano scorporati dai saldi di finanza pubblica relativi al rispetto del Patto di stabilità e crescita, le risorse stanziate dagli Stati membri per il contrasto al dissesto idrogeologico, e la messa in sicurezza del territorio e la sicurezza agroalimentare e conseguentemente ad approvare un ambizioso piano per la messa in sicurezza del suolo italiano, in grado di tutelare il territorio ed i suoi abitanti e sviluppare un comparto industriale con potenzialità di volano per l'economia nazionale ed una elevata qualificazione degli operatori anche per i mercati esteri;
6) ad assumere un atteggiamento deciso e determinato per rendere gli obiettivi per il 2030 per la produzione di energia da fonti rinnovabili, vincolanti anche in coerenza con la già avvenuta sottoscrizione del documento «Going Green Growih», da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
G) sul Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti
1) a tenere costantemente informato il Parlamento italiano sull'andamento dei suddetti negoziati e nelle sedi europee sostenere la necessità della massima trasparenza da parte della Commissione europea cui è affidato il mandato negoziale;
2) a contrastare fermamente la prevista introduzione della clausola di risoluzione delle controversie fra investitori e Stato (Investor-State dispute settlement) e di un qualunque analogo meccanismo rivolto a riconoscere il ruolo di interlocutore istituzionale alla rappresentanza organizzata degli interessi economici;
3) a fare inserire nella fase negoziale l'obbligo di etichettatura e tracciabilità dei prodotti agroalimentari liberi da OGM a tutela degli agricoltori, dei produttori, dei consumatori e delle peculiarità agroalimentari dei territori, un adeguato riconoscimento del sistema europeo delle denominazioni geografiche protette, il mantenimento delle regole di carattere sanitario concernenti il trattamento degli alimenti, nonché misure di natura tariffaria rivolte ad attenuare l'impatto del trattato sui settori europei particolarmente sensibili, fra i quali l'allevamento zootecnico;
H) per un nuovo welfare e per la parità dei diritti:
1) a promuovere l'adozione da parte dei competenti organi della Unione europea una vera e propria direttiva che obbliga gli Stati membri ad adottare il reddito minimo garantito nel loro ordinamento nazionale;
2) a proporre l'utilizzazione a livello europeo di una quota del gettito della tassa sulle transazioni finanziarie, unitamente all'emissione di eurobond e project bond per finanziare, promuovere e sostenere l'occupazione e il reddito giovanili anche attraverso l'introduzione di un sistema continentale di reddito minimo garantito cofinanziato dagli Stati europei;
3) a proporre un programma europeo, un «social compact», per lo sviluppo sostenibile e la coesione sociale, la lotta alle disuguaglianze ed alla povertà, da concordare con gli altri partner continentali;
4) ad attivarsi affinché gli Stati membri adottino opportune politiche volte a garantire il raggiungimento dell'obiettivo europeo, definito con la strategia EU2020, di riduzione entro il 2020 di 20 milioni del numero di persone in condizioni di povertà ed esclusione sociale, anche attraverso:
interventi finalizzati all'inserimento lavorativo dei soggetti più difficilmente collocabili nel mercato del lavoro;
l'implementazione di misure rivolte alle famiglie in condizioni di povertà od esclusione sociale;
il miglioramento nell'offerta di servizi sanitari e sociosanitari, garantendone comunque l'accesso alle fasce più deboli della popolazione; interventi per incrementare i servizi socio-educativi per l'infanzia;
5) a promuovere in sede europea la definitiva approvazione della proposta di direttiva COM(2008)426 perché sia assicurata parità di trattamento in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata, indipendentemente da caratteristiche o condizioni personali;
6) ad ottenere nella Unione europea l'affermazione del principio della considerazione ai fini previdenziali del lavoro di cura e familiare;
7) a farsi promotore del riconoscimento della primaria libertà e responsabilità delle donne nella procreazione, principio fondamentale per una nuova strategia europea di libertà e diritti;
8) all'attuazione di efficaci politiche a favore della salute sessuale e riproduttiva includendola nella prossima strategia dell'Unione europea per la salute pubblica;
9) ad attivarsi affinché i servizi di qualità per l'aborto siano resi legali, sicuri e accessibili a tutte, in primo luogo nell'ambito dei sistemi di salute pubblica degli Stati membri, anche con riferimento alle donne non residenti, le quali spesso sono costrette a ricercare tali servizi in altri paesi a causa di leggi restrittive in materia di aborto nel loro paese d'origine;
10) a intervenire con efficacia per rimuovere gli ostacoli che spesso limitano o impediscono di accedere all'interruzione volontaria di gravidanza, sollecitando a tal fine gli Stati membri a regolamentare e monitorare il ricorso all'obiezione di coscienza nelle professioni chiave in modo da assicurare che l'assistenza sanitaria in materia di salute riproduttiva sia garantita come diritto individuale ovunque;
11) a sollecitare gli Stati UE, alla luce dell'impatto della crisi economica e finanziaria sul settore della sanità pubblica, a fornire, a titolo gratuito informazioni e servizi mirati in materia di contraccettivi e altri servizi inerenti alla salute sessuale e riproduttiva, nonché misure di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie sessuali trasmissibili;
I) per la sicurezza dei cittadini ed i diritti dei migranti:
1) a farsi promotore, nell'ambito del prossimo semestre di presidenza europea, di una politica di effettiva collaborazione e condivisione riguardo le politiche europee di accoglienza dei migranti, con particolare riguardo all'assistenza dei minori non accompagnati;
2) a farsi promotore di un'iniziativa tesa a sospendere l'applicazione del regolamento cosiddetto Dublino III e a stabilire con gli Stati aderenti a tale accordo nuove regole che permettano ai richiedenti asilo di raggiungere in condizioni di sicurezza il paese in cui intendono fare richiesta d'asilo;
3) a porre in sede europea il tema della garanzia della libera circolazione dei rifugiati negli Stati dell'Unione europea, estendendo a tali soggetti i diritti previsti per i cittadini europei dal trattato di Schengen, permettendo così un'allocazione libera, e dunque più razionale, dei flussi migratori;
4) a farsi portatore in sede europea di un'iniziativa che porti al definitivo superamento del sistema Frontex, affinché quelle risorse e professionalità siano finalizzate in primis ad organizzare un efficiente sistema di monitoraggio e soccorso;
5) a porre in sede europea la questione dell'indifferibilità dell'apertura di canali di «accesso protetto», che tramite corridoi umanitari garantiscano la possibilità ai migranti di fare richiesta di asilo direttamente nei Paesi di transito, come l'Egitto, per poi poter entrare in Europa in sicurezza;
6) a far sì che il Consiglio europeo richieda a Commissione e Consiglio affari generali proposte per;
a) sollecitare un maggior impegno di tutti gli Stati membri per il reinsediamento, ovvero il trasferimento, con l'assistenza ed a seguito di procedure di selezione da parte dell'Unhcr, di gruppi di rifugiati dai paesi di transito o di prima accoglienza agli Stati che offrono programmi di inserimento. Ciò allo scopo di offrire vie legali e sicure di accesso all'Europa per le persone in fuga da guerre e persecuzioni;
b) prevedere la possibilità, per i richiedenti asilo, di presentare la domanda presso le sedi diplomatiche degli Stati membri dell'Unione europea nei paesi di transito (con conseguente emissione di visto ai richiedenti la cui domanda non risulti manifestamente infondata e procedure d'asilo nel paese membro al quale è stata rivolta la domanda);
c) istituire una figura di «coordinatore europeo sul soccorso in mare», specializzato sia in diritto internazionale dei rifugiati che in diritto internazionale marittimo, che rafforzi i collegamenti in tale ambito tra gli Stati membri, i paesi di transito dei migranti e l'Organizzazione marittima internazionale (Imo/Omi);
7) a sostenere la promozione, nell'ambito di un completo ed integrato sistema di difesa europeo comune, dei Corpi civili di pace e la costituzione di un esercito unico che permetta la riduzione delle Forze armate nazionali con la conseguente drastica riduzione delle spese militari italiane, sistema che potrebbe già iniziare a dispiegarsi concretamente tramite una reale integrazione delle catene di comando;
8) a sviluppare maggiormente la dimensione civile della politica europea di sicurezza e difesa comune, tramite missioni di gestione civile delle crisi pianificate dalle due strutture competenti in seno al Servizio europeo per l'azione esterna, affinché interventi civili per la costruzione della pace e prevenzione dei conflitti vengano riconosciuti e finanziati tra i programmi della Commissione europea di assistenza allo sviluppo, con forte partecipazione delle organizzazioni di società civile, Proprio nella gestione civile delle crisi l'Unione europea può esprimere il suo vantaggio comparato nella comunità internazionale;
9) a promuovere, in sede europea, un azione concreta ed efficace per colmare le lacune e le criticità dell'attuale modello di politiche di sicurezza e difesa comune evidenziate in premessa, e in particolare a farsi promotore di una azione per la sospensione dei programmi di armamento internazionali come quello sugli F-35 Joint Fight Striker che non rispondono alle esigenze di razionalizzazione ed efficiente gestione delle risorse, nonché configgenti con un modello unitario di difesa;
10) ad adoperarsi affinché il Consiglio europeo:
a) vari finalmente un processo di revisione della difesa europea trasformando in realtà il coordinamento dei processi nazionali di pianificazione della difesa a livello dell'Unione europea e sulla base di tale valutazione, inviti il vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza comune dell'Unione ad avviare un processo di ampia portata, che prenda in considerazione la necessità di condivisione coi cittadini europei, per elaborare un libro bianco sulla sicurezza e la difesa, al fine di razionalizzare le ambizioni strategiche e i processi di sviluppo delle capacità dell'Unione europea;
b) istituisca un fondo europeo per la riconversione dell'industria bellica in industria civile, sfruttando il know-how raggiunto e le professionalità dei lavoratori, anche per dare risposta alla razionalizzazione del settore minimizzando la perdita dei posti di lavoro ed evitando la dispersione di conoscenze scientifiche e tecnologiche;
c) adotti una politica che, dentro una scelta complessiva orientata al disarmo, premi i sistemi integrati europei della difesa e scoraggi l'acquisto di sistemi d'arma la cui ricaduta occupazionale e tecnologica per l'Unione europea – come nel caso degli F35 – è marginale e non adeguatamente proporzionale al costo dell'investimento;
13) a farsi carico di un lavoro di mediazione diplomatica che faciliti la ricerca di una soluzione pacifica della crisi ucraina, sia direttamente, sia attraverso le sue rappresentanze nelle istituzioni dell'Unione europea, garantendo l'integrità territoriale dello Stato ucraino ed il rispetto della sua sovranità in quanto principio internazionale inviolabile, nel rispetto della sicurezza della popolazione civile.
(6-00080) «Scotto, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti, Zan».
La Camera,
premesso che:
il 26 e 27 giugno 2014 si terrà a Bruxelles la riunione dei Capi di Stato e di Governo (Consiglio europeo), che sarà incentrata sul semestre europeo e, in particolare, approverà le raccomandazioni specifiche per paese, destinate a orientare gli Stati membri nelle loro riforme strutturali, nelle politiche di occupazione e nei bilanci nazionali. Il Consiglio europeo tornerà altresì sulla tematica dell'adeguatezza della regolamentazione UE e concorderà ulteriori misure a livello tanto nazionale quanto comunitario;
in data 2 giugno la Commissione europea con specifica comunicazione (COM(2014)413 final), «Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2014 dell'Italia», ha raccomandato che l'Italia adotti nel periodo 2014-2015 provvedimenti riguardanti 8 ambiti ben definiti: conti pubblici; riforma fiscale; pubblica amministrazione; settore bancario; mercato del lavoro; scuola; servizi pubblici locali e regolazione dei trasporti;
l'azione di governo portata avanti dal Presidente del Consiglio sembra prescindere dagli alert più volte inviati al governo italiano tanto dalla Commissione europea, quanto dai principali organismi internazionali, tra cui il Fondo Monetario Internazionale e l'Ocse, e rischiano di determinare un ulteriore peggioramento dei conti pubblici;
sei anni di crisi finanziaria, prima globale e poi dei debiti sovrani nell'area dell'euro, e due recessioni hanno colpito duramente l'economia dell'eurozona e quella italiana: l'ampliamento dei differenziali tra i rendimenti dei titoli di Stato dell'area euro è stato il riflesso di due componenti, una (per un terzo) nazionale, connessa alle singole debolezze economiche e finanziarie, e una (per due terzi) europea, legata all'incompletezza del disegno istituzionale dell'area euro e ai conseguenti timori di rottura dell'unione monetaria; le tensioni sono state contrastate con una strategia che ha visto i paesi in difficoltà impegnarsi ad attuare politiche di bilancio prudenti e riforme strutturali a sostegno della competitività, mentre è stato avviato un articolato processo di riforma della governance economica dell'Unione, relativo al rafforzamento delle regole di bilancio, soprattutto nella parte preventiva, e all'estensione della sorveglianza multilaterale agli squilibri macroeconomici;
sul fenomeno ha inciso, in modo particolare, il fenomeno del credit crunch, a sua volta conseguenza non solo della crisi internazionale, ma anche della frammentazione dei mercati finanziari, che ha portato al blocco del meccanismo di trasmissione della politica monetaria;
di particolare rilievo è stata l'azione della Bce, i cui interventi non sono stati rivolti a venire incontro alle difficoltà dei singoli Stati, ma ad eliminare quelle asimmetrie che impedivano alla politica monetaria di esercitare la sua corretta influenza sulle economie di Paesi caratterizzati da diversi squilibri economici e finanziari;
se grazie a queste misure le condizioni finanziarie nell'area dell'euro sono oggi molto meno tese rispetto alla fine del 2011, il raggiungimento di equilibrio stabile è tuttavia ancora lontano, poiché continua a mancare un meccanismo di riduzione delle divergenze nelle strutture economiche dei paesi dell'area euro, in assenza del quale non sarà possibile dare definitiva soluzione neanche ai problemi dei debiti sovrani. E, al tempo stesso, risultano ancora in gran parte irrisolti i problemi relativi alle asimmetrie del ciclo economico, che privilegiano alcuni Paesi a danno di altri e che devono essere affrontati con uno sforzo comune, teso a riequilibrare le tendenze spontanee del mercato, derivanti dalle politiche invariate;
il no alle vecchie politiche europee è anche il senso delle decisioni prese dalla Banca Centrale Europea giovedì 5 giugno quando, insieme ad altre misure non convenzionali di politica monetaria, ha tagliato il tasso unico di riferimento a quota 0,15 per cento: il minimo storico. La decisione è stata accolta con entusiasmo dai mercati. Ed è stata certamente una buona notizia, perché dimostra la volontà da parte della Bce di sostenere l'economia nell'eurozona, ma non del tutto una buona notizia, perché vuol dire che la Bce prevede ancora periodi di non crescita nell'area euro e teme la deflazione;
quello che il 5 giugno, con la sua decisione, ha chiesto la Bce è di cambiare politica economica in Europa. Ma soprattutto, è il de profundis della politica economica dell'Europa a trazione tedesca in generale, e dell'Italia subalterna alla Germania degli ultimi governi. Quando i tassi di interesse sono così bassi vuol dire che le cartucce della politica monetaria della banca centrale stanno finendo. Non resta che sostenere l'economia aumentando la domanda interna, a partire dagli investimenti, come sostenuto con forza dal governatore della Banca d'Italia nella sua ultima relazione all'assemblea dei partecipanti. Nel frattempo, tuttavia, occorre realizzare le necessarie riforme pro-market, a partire da quelle inerenti il mercato del lavoro, quale pre-condizione per un allentamento delle politiche di bilancio restrittive;
come in più occasioni segnalato dagli Stati Uniti (da ultimo con il rapporto del Tesoro americano sulla «manipolazione delle valute», in cui si attribuisce la responsabilità della debolezza dell'eurozona alla Germania e la si inserisce per la prima volta tra i cosiddetti «Key findings»: paesi pericolosi) e dalle istituzioni internazionali (primo fra tutti il Fondo Monetario Internazionale), la politica economica dell'Europa a trazione tedesca ha distrutto le economie dell'eurozona. Non solo: la politica economica «sangue, sudore e lacrime» imposta dal governo tedesco ha prodotto una frammentazione dei mercati finanziari, che ha impedito la trasmissione all'economia reale degli stimoli di una politica monetaria fortemente espansiva. Questo significa che la liquidità immessa sul mercato con gli strumenti di politica monetaria non si è trasformata in investimenti da parte delle imprese né in consumi da parte delle famiglie;
proprio per invertire il segno e per rispondere alla richiesta giunta dalla Banca Centrale Europea, quindi, la strategia di politica economica europea va cambiata profondamente, in senso espansivo. Il che può avvenire solo se la Germania reflazionerà la sua economia per ridurre l'elevato surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti;
il quadro economico congiunturale italiano ed europeo dei primi mesi del 2014 evidenzia come l'incertezza e i problemi strutturali dell'economia europea permangano a 6 anni dalla grande crisi. Questo quadro spiega la necessità di una battaglia politica serrata, da condurre contro l'applicazione acritica di una politica europea errata e attraverso la richiesta di una revisione degli accordi fin qui accettati. Una battaglia politica necessaria non solo all'Italia, ma anche e soprattutto all'Europa, specie nei suoi rapporti con le altre potenze economiche;
si deve essere consapevoli che il rischio non è solo quello della disintegrazione dell'Unione monetaria e dell'Unione europea, ma quello di una frattura del fronte più vasto dell'intero Occidente. Gli Stati Uniti hanno lanciato in diverse occasioni negli ultimi mesi più di un segnale preoccupato, fino a mostrare nei confronti dell'Europa tedesca degli ultimi anni la stessa insofferenza che hanno le popolazioni degli Stati dell'Unione;
un dato che preoccupa è la perdita di sovranità di molti paesi in settori vitali della loro economia: Grecia, Spagna, Portogallo ed Irlanda. Ma vi sono due modi per perdere questo requisito: l'intervento della Troika o delle altre istituzioni internazionali che impongono le loro scelte in modo duro, ma trasparente. Quello più subdolo, di manovre opache, tese alla sostituzione di governi democraticamente eletti, attraverso complotti messi in atto da «officials» – come emerge dalla testimonianza postuma dell'ex segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, e del Commissario UE all'occupazione, affari sociali e integrazione, Laszlo Andor – accompagnate da forme di speculazione finanziaria, come fu l'improvvisa vendita da parte di Deutsche Bank di 9 miliardi di titoli di Stato italiani. In questo secondo caso è necessaria la più ferma denuncia e l'avvio di una battaglia di civiltà tesa a fare chiarezza, onde evitare che l'eventuale impunità possa spingere verso manovre da un più forte segno antidemocratico in grado di destabilizzare qualsiasi Stato nazionale, la cui politica non sia confacente agli interessi dominanti. È quanto è avvenuto in Italia alla fine del 2011 con le dimissioni indotte nei confronti di un governo democraticamente eletto a favore di tecnici inizialmente prestati alla politica e successivamente divenuti esponenti di partito. Al fine di ricostruire nella chiarezza quella vicenda, il 29 maggio 2014 la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha accolto la richiesta, avanzata da Forza Italia, di calendarizzare la discussione della proposta di istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare,
impegna il Governo
ad adottare l'unica strategia possibile che consenta di rilanciare il ciclo economico, nel rispetto delle regole costituzionali e dei trattati internazionali;
a predisporre, a tal fine, un piano di riforme coerenti con le raccomandazioni formulate dalla Commissione europea il 2 giugno 2014 a seguito delle valutazioni sul Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri l'8 aprile 2014. Riforme che dovranno essere così configurate:
1) rafforzare le misure di bilancio per il 2014 alla luce dell'emergere di uno scarto rispetto ai requisiti del patto di stabilità e crescita, in particolare alla regola della riduzione del debito, stando alle previsioni di primavera 2014 della Commissione; nel 2015, operare un sostanziale rafforzamento della strategia di bilancio al fine di garantire il rispetto del requisito di riduzione del debito, per poi assicurare un percorso sufficientemente adeguato di riduzione del debito pubblico; portare a compimento l'ambizioso piano di privatizzazioni; attuare un aggiustamento di bilancio favorevole alla crescita basato sui significativi risparmi annunciati che provengono da un miglioramento duraturo dell'efficienza e della qualità della spesa pubblica a tutti i livelli di governo, preservando la spesa atta a promuovere la crescita, ossia la spesa in ricerca e sviluppo, innovazione, istruzione e progetti di infrastrutture essenziali; garantire l'indipendenza e la piena operabilità dell'ufficio parlamentare di bilancio il prima possibile ed entro settembre 2014, in tempo per la valutazione del documento programmatico di bilancio 2015;
2) trasferire ulteriormente il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e all'ambiente, nel rispetto degli obiettivi di bilancio; a tal fine, valutare l'efficacia della recente riduzione del cuneo fiscale assicurandone il finanziamento per il 2015, riesaminare la portata delle agevolazioni fiscali dirette e allargare la base imponibile, soprattutto sui consumi; vagliare l'adeguamento delle accise sul diesel a quelle sulla benzina e la loro indicizzazione legata all'inflazione, eliminando le sovvenzioni dannose per l'ambiente; attuare la legge delega di riforma fiscale entro marzo 2015, in particolare approvando i decreti che riformano il sistema catastale onde garantire l'efficacia della riforma sulla tassazione dei beni immobili; sviluppare ulteriormente il rispetto degli obblighi tributari, rafforzando la prevedibilità del fisco, semplificando le procedure, migliorando il recupero dei debiti fiscali e modernizzando l'amministrazione fiscale; perseverare nella lotta all'evasione fiscale e adottare misure aggiuntive per contrastare l'economia sommersa e il lavoro irregolare;
3) nell'ambito di un potenziamento degli sforzi intesi a far progredire l'efficienza della pubblica amministrazione, precisare le competenze a tutti i livelli di governo; garantire una migliore gestione dei fondi dell'Unione europea con un'azione risoluta di miglioramento della capacità di amministrazione, della trasparenza, della valutazione e del controllo di qualità a livello regionale, specialmente nelle regioni del Mezzogiorno; potenziare ulteriormente l'efficacia delle misure anticorruzione, rafforzando i poteri dell'autorità nazionale anticorruzione; monitorare tempestivamente gli effetti delle riforme adottate per aumentare l'efficienza della giustizia civile, con l'obiettivo di garantirne l'efficacia, e attuare interventi complementari, ove necessari;
4) rafforzare la resilienza del settore bancario, garantendone la capacità di gestire e liquidare le attività deteriorate per rinvigorire l'erogazione di prestiti all'economia reale; promuovere l'accesso delle imprese, soprattutto di quelle di piccole e medie dimensioni, ai finanziamenti non bancari; continuare a promuovere e monitorare pratiche efficienti di governo societario in tutto il settore bancario, con particolare attenzione alle grandi banche cooperative (banche popolari) e alle fondazioni, al fine di migliorare l'efficacia dell'intermediazione finanziaria;
5) valutare entro la fine del 2014 gli effetti delle riforme del mercato del lavoro e del quadro di contrattazione salariale sulla creazione di posti di lavoro, sulle procedure di licenziamento, sul dualismo del mercato del lavoro e sulla competitività di costo, valutando la necessità di ulteriori interventi; adoperarsi per una piena tutela sociale dei disoccupati, limitando tuttavia l'uso della cassa integrazione guadagni per facilitare la riallocazione dei lavoratori; rafforzare il legame tra le politiche del mercato del lavoro attive e passive, a partire dalla presentazione di una tabella di marcia dettagliata degli interventi entro settembre 2014, e potenziare il coordinamento e l'efficienza dei servizi pubblici per l'impiego in tutto il Paese; intervenire concretamente per aumentare il tasso di occupazione femminile, adottando entro marzo 2015 misure che riducano i disincentivi fiscali al lavoro delle persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare e fornendo adeguati servizi di assistenza e custodia; fornire in tutto il Paese servizi idonei ai giovani non registrati presso i servizi pubblici per l'impiego ed esigere un impegno più forte da parte del settore privato a offrire apprendistati e tirocini di qualità entro la fine del 2014, in conformità agli obiettivi della garanzia per i giovani; per far fronte al rischio di povertà e di esclusione sociale, estendere gradualmente il regime pilota di assistenza sociale, senza incidenza sul bilancio, assicurando un'assegnazione mirata, una condizionalità rigorosa e un'applicazione uniforme su tutto il territorio e rafforzandone la correlazione con le misure di attivazione; migliorare l'efficacia dei regimi di sostegno alla famiglia e la qualità dei servizi a favore dei nuclei familiari a basso reddito con figli;
6) rendere operativo il sistema nazionale per la valutazione degli istituti scolastici per migliorare i risultati della scuola e, di conseguenza, ridurre i tassi di abbandono scolastico; accrescere l'apprendimento basato sul lavoro negli istituti per l'istruzione e la formazione professionale del ciclo secondario superiore e rafforzare l'istruzione terziaria professionalizzante; istituire un registro nazionale delle qualifiche per garantire un ampio riconoscimento delle competenze; assicurare che i finanziamenti pubblici premino in modo più congruo la qualità dell'istruzione superiore e della ricerca;
7) approvare la normativa in itinere volta a semplificare il contesto normativo a vantaggio delle imprese e dei cittadini e colmare le lacune attuative delle leggi in vigore; promuovere l'apertura del mercato e rimuovere gli ostacoli rimanenti e le restrizioni alla concorrenza nei settori dei servizi professionali e dei servizi pubblici locali, delle assicurazioni, della distribuzione dei carburanti, del commercio al dettaglio e dei servizi postali; potenziare l'efficienza degli appalti pubblici, specialmente tramite la semplificazione delle procedure attraverso l'uso degli appalti elettronici, la razionalizzazione delle centrali d'acquisto e la garanzia della corretta applicazione delle regole relative alle fasi precedenti e successive all'aggiudicazione; in materia di servizi pubblici locali, applicare con rigore la normativa che impone di rettificare entro il 31 dicembre 2014 i contratti che non ottemperano alle disposizioni sugli affidamenti in house;
8) garantire la pronta e piena operatività dell'Autorità di regolazione dei trasporti entro settembre 2014; approvare l'elenco delle infrastrutture strategiche del settore energetico e potenziare la gestione portuale e i collegamenti tra i porti e l'entroterra;
a sottoporre detto piano alla preventiva approvazione del Parlamento per poi avviare il necessario confronto in sede europea chiedendo l'anticipata sperimentazione dei «Contractual agreement», o forme equivalenti di intervento, in linea con lo «stage 2 (2013-2014)» del documento «Towards a genuine economic and monetary union» del 5 dicembre 2012 che completa il ciclo delle riforme del bilancio avviato con il Six pack e del Two pack, nonché del «Treaty on Stability, coordination and Governance», al fine di ottenere maggiore e significativa flessibilità sul deficit e sull'applicazione del Fiscal compact, in virtù dei «fattori rilevanti», come esplicitamente menzionati nei regolamenti del Consiglio europeo n. 1175/2011 e n. 1177/2011;
a valutare con grande attenzione ogni iniziativa che possa essere censurata a livello europeo, con il risultato di far fallire così il necessario percorso di flessibilità e riforme;
a sostenere nell'area euro politiche economiche finalizzate alla reflazione, vale a dire aumento della domanda interna, quindi dei consumi, degli investimenti, dei salari, delle importazioni e, di conseguenza, della crescita, per tutti i paesi dell'eurozona. La Germania deve reflazionare per cause di forza maggiore, cioè per rispondere alla procedura di infrazione aperta della Commissione europea nei suoi confronti a causa dell'eccessivo surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Gli altri paesi devono farlo per cambiare la politica economica germano-centrica dell'austerità e del rigore cieco ed imboccare la strada della ripresa e dello sviluppo, tanto al proprio interno quanto a livello di intera eurozona (conseguenza della crescita in ogni singolo Stato);
a portare a termine, in particolare nel corso del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, il processo innovatore e riformatore, avviato in sede di Consiglio europeo con l'approvazione del «Patto per la crescita e l'occupazione» e del documento «Verso un'autentica unione economica e monetaria» presentato dai presidenti del Consiglio europeo, della Commissione europea, della BCE e dell'Eurogruppo già a giugno 2012, documento che prevede un'unione bancaria, economica, di bilancio e politica nell'eurozona;
a sostenere il potenziamento della strumentazione e della dotazione finanziaria dell'Unione europea, finalizzato al sostegno dell'economia, attraverso l'adozione di misure e la sperimentazione di strumenti che svolgano una funzione anticiclica, favorendo la ripresa della crescita e dell'occupazione, mediante l'aumento della capacità finanziaria della Bei; la sperimentazione di prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti nei settori delle infrastrutture, della ricerca, della formazione (Project-Bond); lo scorporo dei cofinanziamenti dei fondi strutturali europei dal Patto di stabilità;
a sostenere l'azione del Presidente della Bce volta a favorire un processo riformatore che attribuisca alla Banca Centrale Europea un ruolo di supporto attivo a favore della crescita, valutando anche la possibilità di utilizzare come collaterali, ai fini del finanziamento diretto delle piccole e medie imprese e della concessione di mutui alle famiglie, Asset Backed Securities confezionati dai singoli paesi e dalla Banca Europea degli Investimenti, al fine di contrastare la frammentazione e le asimmetrie del mercato finanziario nell'eurozona;
a perseverare nello sforzo congiunto di Parlamento, Governo, regioni ed enti locali per ridurre il numero delle infrazioni da parte italiana alle disposizioni del diritto UE;
a realizzare in tempi quanto più brevi possibile un proprio corpo di polizia di frontiera, per la protezione comune dei confini esterni, anche con pattugliamenti di una nuova guardia costiera europea. I paesi rivieraschi lo chiedono da anni. E la speranza è che questo venga inserito nelle priorità della nuova Commissione europea e del semestre di presidenza italiana;
a far sì che il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea nel 2014 possa caratterizzarsi come «semestre costituente», che ci porti ad avere istituzioni europee più democratiche, trasparenti, efficaci ed efficienti, il cui operato risulti pienamente comprensibile ai cittadini. In particolare, puntare ad avere al più presto, a livello UE, un unico ministro dell'economia, un unico ministro degli esteri, un esercito unico europeo ed una banca centrale capace di misurarsi con le esperienze internazionali più avanzate (Federal Reserve, Banca del Giappone, Banca d'Inghilterra) ed in grado di favorire meglio la crescita economica dell'eurozona;
ad operare, nell'ambito delle sue competenze, affinché sia portato a termine, entro i sei mesi di presidenza italiana dell'Unione europea, il compito affidato alla istituenda Commissione d'inchiesta parlamentare sui fatti che nell'estate-autunno del 2011 hanno portato alle dimissioni del governo Berlusconi, democraticamente eletto dai cittadini, al fine di illuminare i contorni di una vicenda oscura che ha determinato un vulnus profondo della sovranità nazionale. Occorre dimostrare all'Europa che l'Italia non è terra di conquista per manovre spericolate. Soprattutto che non consentirà ad alcuno di violare le regole costitutive del suo ordinamento democratico, perché da questo dipende il rispetto dell'intera comunità internazionale. E il rispetto è la precondizione per un libero agire, senza il quale esiste solo la sudditanza e la marginalità.
(6-00081) «Brunetta».
DISEGNO DI LEGGE: S. 1479 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 12 MAGGIO 2014, N. 73, RECANTE MISURE URGENTI DI PROROGA DI COMMISSARI PER IL COMPLETAMENTO DI OPERE PUBBLICHE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2447)
A.C. 2447 – Parere della I Commissione
PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
NULLA OSTA
sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.
A.C. 2447 – Parere della V Commissione
PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
PARERE CONTRARIO
sugli emendamenti 1.4, 2.15, 2.40, 2.4, 3.4 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sulle restati proposte emendative.
A.C. 2447 – Articolo unico
ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
ART. 1.
1. Il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE NEL TESTO DEL GOVERNO
ART. 1.
(Galleria Pavoncelli).
1. All'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, le parole: «31 marzo 2014» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2015». Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede con le risorse già previste per la copertura finanziaria dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3858 del 12 marzo 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010.
ART. 2.
(Completamento della viabilità Lioni-Grottaminarda).
1. Al fine di consentire il completamento delle opere inerenti alla viabilità dell'asse stradale Lioni - Grottaminarda, nelle competenze del Commissario di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, subentra il Coordinatore di apposita struttura temporanea istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fino alla data di ultimazione dei relativi lavori, e comunque non oltre il 31 dicembre 2015.
2. Il Coordinatore della struttura temporanea di cui al comma 1, scelto tra i dirigenti in servizio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è nominato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Gli oneri della struttura temporanea, che si avvale del personale in servizio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ovvero di altro personale appartenente alla pubblica amministrazione ed in posizione di comando presso la struttura, eventualmente proveniente dalla stessa struttura commissariale, sono determinati nel limite massimo di euro 150.000,00 per ciascuno degli anni 2014 e 2015 a valere sulle risorse della contabilità speciale 3250, già intestata al Commissario di cui al comma 1, anche provenienti dalla contabilità speciale 1728 di cui all'articolo 86, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Il Coordinatore di cui al comma 1 subentra nella titolarità delle predette contabilità speciali, per lo svolgimento delle competenze assegnate.
ART. 3.
(Gestione degli impianti di collettamento e depurazione nella regione Campania).
1. Nelle more del completamento, da parte della Regione Campania, delle attività avviate per l'affidamento delle gestione degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazioni di Succivo, ed al fine di non determinare soluzioni di continuità nella gestione degli impianti medesimi, continuano a produrre effetti, fino al 31 luglio 2014, le disposizioni di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 4022 del 9 maggio 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1o giugno 2012, e successive modificazioni, nonché i provvedimenti presupposti, conseguenti e connessi alla medesima. Decorso il termine del 31 luglio 2014, cessano comunque gli effetti dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 4022 del 9 maggio 2012.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse già previste per la copertura finanziaria della richiamata ordinanza 9 maggio 2012 n. 4022 del Presidente del Consiglio dei Ministri.
ART. 4.
(Entrata in vigore).
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
A.C. 2447 – Modificazioni del Senato
MODIFICAZIONI APPORTATE DAL SENATO
All'articolo 1:
al comma 1, le parole: «31 dicembre 2015» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2016»;
dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
«1-bis. All'articolo 4, comma 1-bis, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, dopo le parole: “invia al Parlamento” sono inserite le seguenti: “, all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture” e dopo le parole: “un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte” sono inserite le seguenti: “e sull'entità dei lavori ancora da eseguire”».
L'articolo 2 è sostituito dal seguente:
«Art. 2. – (Proroga del Commissario di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289). – 1. All'articolo 49 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) ai commi 1 e 2, le parole: “31 dicembre 2013” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2016”;
b) al comma 3, le parole: “2012 e 2013” sono sostituite dalle seguenti: “dal 2012 al 2016”.
2. Il Commissario di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, invia al Parlamento, all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e sull'entità dei lavori ancora da eseguire e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione all'incarico ricevuto. Il Commissario riferisce altresì alle competenti Commissioni parlamentari, periodicamente e almeno ogni sei mesi, sullo stato di avanzamento degli interventi nonché, in maniera dettagliata, sull'utilizzo delle risorse a tal fine stanziate».
All'articolo 3:
al comma 1, al primo periodo, le parole: «31 luglio 2014» sono sostituite dalle seguenti: «30 novembre 2014» e, al secondo periodo, le parole: «31 luglio 2014» sono sostituite dalle seguenti: «30 novembre 2014»;
dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
«1-bis. Il Commissario delegato ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 4022 del 9 maggio 2012 invia al Parlamento, all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale. Il Commissario riferisce altresì, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, alle competenti Commissioni parlamentari sullo stato di avanzamento degli interventi di cui alla citata ordinanza n. 4022 del 2012 nonché, in maniera dettagliata, sull'utilizzo delle risorse a tal fine stanziate.
1-ter. La realizzazione degli impianti di cui al comma 1 avviene nel rispetto delle normative nazionale e dell'Unione europea in materia di gestione delle acque reflue e dei rifiuti».
Dopo l'articolo 3 è inserito il seguente:
«Art. 3-bis. – (Proroga di termine). – 1. Il termine di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, è prorogato al 31 dicembre 2014. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede con le risorse già previste per la copertura finanziaria delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri richiamate nel predetto articolo 2».
A.C. 2447 – Proposte emendative
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE
ART. 1.
(Galleria Pavoncelli).
Sopprimerlo.
*1. 1. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Sopprimerlo.
*1. 2. Grimoldi, Allasia.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. – (Galleria Pavoncelli). – 1. Al fine di consentire il completamento delle opere inerenti alla messa in sicurezza sismica della Galleria Pavoncelli, nelle competenze del Commissario di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, subentra il Coordinatore di apposita struttura temporanea istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fino all'ultimazione dei relativi lavori, che dovrà avvenire improrogabilmente entro il 31 dicembre 2015. Trascorso detto termine la struttura è sciolta.
2. Il Coordinatore della struttura temporanea di cui al comma 1, scelto tra i dirigenti in servizio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è nominato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. La struttura temporanea si avvale del personale in servizio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ovvero di altro personale appartenente alla pubblica amministrazione ed in posizione di comando presso la struttura, eventualmente proveniente dalla stessa struttura commissariale.
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse già previste per la copertura finanziaria dell'ordinanza del Presidente del Consiglio del ministri n. 3858 del 12 marzo 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010.
5. Il Coordinatore della struttura temporanea di cui al comma 1 invia al Parlamento, all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e sull'entità dei lavori ancora da eseguire e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione all'incarico ricevuto. Il Coordinatore riferisce altresì alle competenti Commissioni parlamentari, periodicamente e almeno ogni sei mesi, sullo stato di avanzamento degli interventi nonché, in maniera dettagliata, sull'utilizzo delle risorse a tal fine stanziate.
1. 3. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. – 1. A decorrere dal 1o aprile 2014, la Regione Puglia provvede alla conclusione dei lavori di completamento della Galleria Pavoncelli, in qualità di stazione appaltante, anche a valere sulle risorse residue di cui all'articolo 6 dell'ordinanza dei Presidente del Consiglio dei ministri n. 3858 del 12 marzo 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010.
1. 4. Grimoldi, Borghesi.
Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 31 dicembre con le seguenti: 30 giugno.
1. 7. Grimoldi, Busin.
Al comma 1, primo periodo, sostituire la parola: 2016 con la seguente: 2014.
1. 5. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 1, primo periodo, sostituire la parola: 2016 con la seguente: 2015.
1. 6. Grimoldi, Matteo Bragantini.
Al comma 1-bis, dopo le parole: lavori, servizi e forniture aggiungere le seguenti: e alla competente sezione di controllo della Corte dei Conti.
1. 8. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 1-bis, sostituire le parole: e sull'entità dei lavori ancora da eseguire con le seguenti: un'anagrafe degli interventi, delle attività e dei lavori in corso di esecuzione ovvero da eseguire con l'indicazione dello stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario e un cronoprogramma degli stessi interventi, attività e lavori.
1. 9. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 1-bis, sostituire le parole: e sull'entità dei lavori ancora da eseguire con le seguenti: e sui risultati del piano di monitoraggio ambientale, e sulle misure e le prescrizioni adottate e/o da adottare per prevenire danni all'ambiente e per salvaguardare l'incolumità delle maestranze impegnate nell'esecuzione dei lavori e della popolazione interessata.
1. 40. Mannino, Sibilia, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Dopo il comma 1-bis, aggiungere il seguente:
1-ter. All'articolo 4 del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, dopo il comma 1-bis è aggiunto il seguente:
«1-ter. Gli effetti delle disposizioni di cui al comma 1 cessano a decorrere dal 1o gennaio 2015, salvo che le competenti Commissioni parlamentari, prima della stessa data, si siano espresse favorevolmente sulla relazione di cui al comma 1-bis».
1. 11. Grimoldi, Caon.
Dopo il comma 1-bis, aggiungere il seguente:
1-ter. All'articolo 4 del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Il subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare le attività e le iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità connessa alla vulnerabilità sismica della “Galleria Pavoncelli”, successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza, è disciplinato con ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile emanata con le modalità e la tempistica stabilite nell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, restando fermi gli obblighi di rendicontazione di cui al medesimo articolo 5, comma 5-bis, della citata legge n. 225 del 1992».
1. 10. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
ART. 2.
(Proroga del Commissario di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289).
Sopprimerlo.
*2. 12. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Sopprimerlo.
*2. 13. Grimoldi, Caparini.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 2. – (Completamento della viabilità Lioni-Grottaminarda). – 1. Al fine di consentire il completamento delle opere inerenti alla viabilità dell'asse stradale Lioni-Grottaminarda, nelle competenze del Commissario di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, subentra il Coordinatore di apposita struttura temporanea istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fino all'ultimazione dei relativi lavori, che dovrà avvenire improrogabilmente entro il 31 dicembre 2015. Trascorso detto termine la struttura è sciolta.
2. Il Coordinatore della struttura temporanea di cui al comma 1, scelto tra i dirigenti in servizio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è nominato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Gli oneri della struttura temporanea, che si avvale del personale in servizio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ovvero di altro personale appartenente alla pubblica amministrazione ed in posizione di comando presso la struttura, eventualmente proveniente dalla stessa struttura commissariale, sono determinati nel limite massimo di euro 150.000 per ciascuno degli anni 2014 e 2015 a valere sulle risorse della contabilità speciale 3250, già intestata al Commissario di cui al comma 1, anche provenienti dalla contabilità speciale 1728 di cui all'articolo 86, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Il Coordinatore di cui al comma 1 subentra nella titolarità delle predette contabilità speciali, per lo svolgimento delle competenze assegnate.
4. Il Coordinatore della struttura temporanea di cui al comma 1 invia al Parlamento, all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e sull'entità dei lavori ancora da eseguire e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione all'incarico ricevuto. Il Coordinatore riferisce altresì alle competenti Commissioni parlamentari, periodicamente e almeno ogni sei mesi, sullo stato di avanzamento degli interventi nonché, in maniera dettagliata, sull'utilizzo delle risorse a tal fine stanziate.
2. 14. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 2. – 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l'ANAS provvede al completamento delle opere inerenti alla viabilità dell'asse stradale Lioni-Grottaminarda, in qualità di stazione appaltante, a valere sulle risorse residue della contabilità speciale 3250, già intestata al Commissario di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Dalla medesima data cessa l'attività della struttura temporanea istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per le medesime attività.
2. 15. Grimoldi, Fedriga.
Al comma 1, sostituire la lettera a), con la seguente:
a) ai commi 1 e 2 le parole: «del 31 dicembre 2013» sono sostituite dalle seguenti: «di ultimazione dei relativi lavori».
Conseguentemente, alla lettera b), sostituire le parole: al 2016 con le seguenti: alla data di ultimazione dei lavori.
2. 40. Mannino, Sibilia, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: 31 dicembre 2016 con le seguenti: 31 dicembre 2014.
Conseguentemente, alla lettera b), sostituire la parola: 2016 con la seguente: 2014.
2. 2. Sibilia, Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: 31 dicembre 2016 con le seguenti: 31 dicembre 2015.
Conseguentemente, alla lettera b), sostituire le parole: 2016 con le seguenti: 2015.
2. 3. Grimoldi, Invernizzi.
Al comma 1, sopprimere la lettera b).
2. 4. Grimoldi, Marcolin.
Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: lavori, servizi e forniture aggiungere le seguenti:, alla competente sezione di controllo della Corte dei Conti.
2. 5. Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 2, primo periodo, sostituire le parole: e sull'entità dei lavori ancora da eseguire con le seguenti:, un'anagrafe degli interventi, delle attività e dei lavori in corso di esecuzione ovvero da eseguire con l'indicazione dello stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario e un cronoprogramma degli stessi interventi, attività e lavori.
2. 6. Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: allo scopo di permettere alle stesse Commissioni parlamentari, attraverso apposito atto di indirizzo, di esprimersi in merito all'opportunità della cessazione dell'incarico del Commissario e la prosecuzione dei lavori secondo le procedure di carattere ordinario.
2. 7. Grimoldi, Molteni.
ART. 3.
(Gestione degli impianti di collettamento e depurazione nella regione Campania).
Sopprimerlo.
3. 1. Grimoldi, Gianluca Pini.
Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: al 30 novembre 2014 con le seguenti: alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: Decorso il termine del 30 novembre 2014 con le seguenti: Dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
3. 2. Grimoldi, Prataviera.
Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 30 novembre 2014 con le seguenti: 31 agosto 2014.
Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: 30 novembre 2014 con le seguenti: 31 agosto 2014.
3. 3. Grimoldi, Rondini.
Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare le attività e le iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità negli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni e Cuma nel territorio della regione Campania successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza, è disciplinato con ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile emanata con le modalità e la tempistica stabilite nell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, restando fermi gli obblighi di rendicontazione di cui al medesimo articolo 5, comma 5-bis, della citata legge n. 225 del 1992. L'Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione civile, di cui all'articolo 5, comma 4-ter, della legge n. 225 del 1992, prevede adeguate forme di controllo di adeguatezza, efficienza ed efficacia dell'azione condotta dall'amministrazione ordinaria individuata per il subentro alla struttura commissariale, visti i pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute derivanti dal mancato superamento della stessa situazione di criticità negli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni e Cuma nel territorio della regione Campania.
3. 4. Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 1-bis, primo periodo, dopo le parole: lavori, servizi e forniture aggiungere le seguenti: alla competente sezione di controllo della Corte dei Conti.
3. 5. Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Al comma 1-bis, primo periodo, dopo le parole: sulle attività svolte aggiungere le seguenti:, sui risultati delle attività di controllo e monitoraggio effettuato sulle acque reflue avviate agli impianti e sulla qualità delle acque dei corpi idrici superficiali recettori e sulla sorveglianza della situazione epidemiologica dell'area servita dagli stessi impianti ovvero attraversata o bagnata dagli stessi corpi idrici superficiali recettori.
3. 40. Mannino, Sibilia, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-bis. Il Commissario delegato, nell'esercizio dei poteri previsti dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 4022 del 9 maggio 2012, e la regione Campania nell'ambito delle procedure di affidamento della gestione degli impianti di cui al comma 1 del presente articolo inseriscono in tutti gli avvisi, i bandi di gara o le lettere di invito la clausola rescissoria espressa di cui all'articolo 1, comma 17, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
3. 41. Mannino, Sibilia, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
ART. 3-bis.
(Proroga di termine).
Al comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Il Commissario delegato ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3998 del 20 gennaio 2012 invia al Parlamento, all'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e alla competente sezione di controllo della Corte dei Conti, al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte, sulle misure e le prescrizioni relative al controllo e al monitoraggio degli impatti ambientali, anche ai fini del computo del danno ambientale, e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale.
3-bis. 1. Mannino, Sibilia, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
A.C. 2447 – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione del decreto-legge 73 del 2014 in esame, ripropone misure «urgenti» volte a consentire la prosecuzione delle attività finalizzate a fronteggiare situazioni di «emergenza» nell'ambito dei lavori pubblici;
in particolare il provvedimento provvede a prorogare ancora una volta la gestione commissariale di opere pubbliche avviate già da diversi anni e mai concluse. Tra queste: l'adeguamento strutturale e antisismico della «Galleria Pavoncelli» per il quale era stato dichiarato lo stato di emergenza già nel 2009; gli interventi per il completamento dell'asse stradale Lioni-Grottaminarda, che rientrano tra gli interventi previsti della legge n. 219 del 1981 che finanziò la ricostruzione dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980; la gestione di alcuni impianti di collettamento e depurazione siti in Campania;
ancora una volta il provvedimento in esame certifica di fatto l'incapacità di superare il meccanismo emergenziale e quindi la cultura dei commissariamenti a favore di una gestione ordinaria dei lavori pubblici, con tutto quello che ciò comporta in termini di inevitabile minore controllo e trasparenza, e di interventi troppo spesso autorizzati in deroga dalla normativa vigente nazionale e comunitaria;
peraltro alcune delle suddette proroghe commissariali vengono ancora una volta autorizzate in palese contrasto e quindi in deroga con quanto espressamente previsto dal decreto-legge 59 del 2012 riguardante il riordino della Protezione civile. Detto decreto 59 del 2012 infatti, ha disposto che «le gestioni commissariali che operano, ai sensi della legge 225 del 1992, e successive modificazioni, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012»,
impegna il Governo:
a non prorogare ulteriormente le gestioni commissariali di cui in premessa, rispettando quanto previsto espressamente dal decreto-legge 59 del 2012 sulla non prorogabilità e rinnovo delle gestioni commissariali;
a individuare gli interventi anche normativi più adeguati, volti a ridurre sensibilmente il ricorso al commissariamento ai casi e nei tempi minimi previsti, e comunque ad attivarsi nel futuro per garantire in ogni caso il rapido subentro dei soggetti competenti in via ordinaria nelle attività finalizzate al superamento delle situazioni di criticità e di emergenza.
9/2447/1. Zaratti, Pellegrino, Zan.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione del decreto-legge 73 del 2014 in esame, ripropone ancora una volta il differimento dei termini per consentire la prosecuzione della gestione commissariale di opere pubbliche avviate già da diversi anni e mai concluse. Tra queste: l'adeguamento strutturale e antisismico della «Galleria Pavoncelli» per il quale era stato dichiarato lo stato di emergenza già nel 2009: gli interventi per il completamento dell'asse stradale Lioni-Grottaminarda, che rientrano tra gli interventi previsti della legge n. 219 del 1981 che finanziò la ricostruzione dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980; la gestione di alcuni impianti di collettamento e depurazione siti in Campania;
per quanto riguarda i lavori inerenti la «Galleria Pavoncelli», che fa parte del canale principale dell'acquedotto del Sele – Calore, la gestione commissariale doveva terminare (dopo diverse proroghe) il 31 marzo 2014, ma stante i lavori ancora in itinere, si è deciso ancora di prorogarla al 31 dicembre 2016, per consentire la realizzazione delle opere di completamento della Galleria Pavoncelli-bis, costituente il by-pass dell'esistente Galleria Pavoncelli;
la suddetta gestione commissariale è stata disciplina dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3858 del 2010;
l'articolo 1, della suddetta ordinanza del 2010, ha provveduto a individuare il Commissario delegato per fronteggiare la situazione di emergenza in relazione alla vulnerabilità sismica della «Galleria Pavoncelli»;
in particolare il comma 4 del suindicato articolo 1, riconosce al Commissario delegato «riconosciuto un compenso annuo omnicomprensivo lordo pari allo 0,25 per cento dell'importo delle opere da appaltare»;
in pratica l'Ordinanza prevede il Commissario venga retribuito maggiormente in funzione di quanto maggiormente spende e appalta. È evidente che detta modalità di retribuzione dell'attività del Commissario può introdurre un evidente «indebolimento» circa la necessità di contenere i costi nella realizzazione dell'opera pubblica, in quanto introduce un elemento che può potenzialmente portare alla lievitazione dei costi laddove proprio sulla base di detti costi vengono parametrati i compensi del Commissario di Governo,
impegna il Governo:
a valutare la possibilità di modificare, per i previsti prossimi due anni di gestione commissariale, gli attuali criteri di retribuzione del Commissario delegato al completamento dei lavori alla «Galleria Pavoncelli», come stabiliti dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3858 del 2010, stabilendo per il medesimo Commissario un compenso fisso e determinato per la sua attività;
a escludere per il futuro modalità di retribuzione per i commissari straordinari che prevedano un compenso calcolato sulla base dell'importo delle opere da appaltare, al fine di garantire la necessaria trasparenza, correttezza ed economicità delle procedure di appalto e contribuire a limitare rischi di possibili lievitazioni dei costi.
9/2447/2. Pellegrino, Zaratti, Zan.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 74 contiene misure finalizzate a consentire il mantenimento di gestioni straordinarie di alcuni interventi: la messa in sicurezza sismica della Galleria Pavoncelli la prosecuzione dell'asse stradale Lioni-Grottaminarda e la gestione di alcuni impianti di collettamento e di depurazione della regione Campania;
in tutta evidenza la norma non è dettata da un'imprevedibile situazione di necessità e urgenza – requisiti essenziali per il ricorso allo strumento del decreto-legge, come stabilita dall'articolo 77 della Costituzione, ma, da un lato, dalla scelta di rinunciare ad affrontare i problemi attraverso la gestione ordinaria e, dall'altro, il ricorso ad un'ulteriore deroga rispetto al principio secondo il quale i meccanismi derogatori devono essere circoscritti entro un termine determinato;
gli articoli 1, 2 e 3 prevedono la prosecuzione di alcune gestioni commissariali, mantenendo una sostanziale disomogeneità nell'attribuzione dei compensi dei commissari;
in particolare per il commissario a cui è affidato il compito di sovrintendere all'ultimazione della Galleria Pavoncelli, nominato con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3858 del 2010, è riconosciuto, in base all'articolo 1, comma 4, della citata ordinanza, un compenso annuo omnicomprensivo lordo pari allo 0,25 per cento dell'importo delle opere da appaltare, determinando un vantaggio economico per il commissario in base, non ai risultati ottenuti, ma ai soldi spesi,
impegna il Governo:
ad assicurare il puntuale rispetto della disposizione di cui all'articolo 3, comma 2 del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, evitando l'ulteriore ricorso a proroghe e deroghe che svuotano la portata del divieto di cui alle disposizioni citate in premessa e non favoriscono l'auspicato rientro nella gestione ordinaria;
a valutare, in ogni caso, l'opportunità di rivedere il compenso dei commissari, la cui entità dovrà essere definita in modo congruo, tenendo conto dell'impegno e della responsabilità dell'incarico, destinando gli eventuali risparmi alla realizzazione delle medesime opere.
9/2447/3. Sibilia, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
La Camera,
premesso che:
in relazione al naufragio della nave da crociera Costa Concordia, nel territorio del comune dell'Isola del Giglio, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato dichiarato lo stato di emergenza, e con successiva Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3998 del 20 gennaio 2012, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato nominato Commissario delegato;
il decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, all'articolo 2 comma 1, ha stabilito la proroga, fino al 31 luglio 2014, dell'efficacia delle disposizioni di protezione civile contenute nella citata Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3998/2012 e nella successiva n. 4023/2012, e di tutti i provvedimenti adottati in forza delle citate ordinanze;
in sede di conversione in legge del decreto-legge del 12 maggio 2014, n. 73 recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche, è stato inserito, nello stesso decreto, l'articolo 3-bis che proroga il termine fissato nel citato decreto-legge n. 150 del 2013 al 31 dicembre 2014;
considerato che:
in base alla prorogata Ordinanza n. 3998/2012, il Commissario Delegato provvede, tra le altre cose, al controllo che la rimozione del relitto venga effettuata in condizioni di sicurezza per la tutela delle matrici ambientali;
è attualmente in corso l'esame del progetto presentato dalla Costa Crociere avente ad oggetto il rigalleggiamento e il traino del relitto nel porto individuato per il disarmo dello stesso relitto;
ad esito della Conferenza di Servizi Decisoria – che si sarebbe dovuta concludere entro il 16 giugno 2014 – il Commissario Delegato ne riferirà l'esito al Consiglio dei Ministri, e provvederà, con proprie ordinanze, all'adozione dei provvedimenti necessari all'esecuzione del progetto approvato secondo le prescrizioni formulate nella stessa Conferenza di Servizi;
durante il trasferimento dall'Isola del Giglio, il relitto – all'interno del quale ci sono ancora 160 tonnellate di liquidi inquinanti – attraverserà un vasto tratto di mare conosciuto come il «Santuario dei Cetacei» e il parco Marino dell'Arcipelago toscano con il rischio evidente che ai danni arrecati all'ecosistema dell'Isola del Giglio, in occasione del naufragio e durante le operazioni di cantiere, se ne aggiungano altri, di pari se non superiore gravità, rispettò alle matrici ambientali esposte durante le operazioni di traino del relitto,
impegna il Governo:
affinché il Commissario Delegato – al termine della Conferenza Decisoria – riferisca alle competenti Commissioni parlamentari sulle determinazioni assunte e in particolare sulle prescrizioni formulate per ridurre e/o azzerare gli impatti che le operazioni di rigalleggiamento e traino possono determinare sulle matrici ambientali esposte, sulle misure relative alla bonifica dell'area interessata dal sinistro, nonché sul cronoprogramma delle attività connesse alle operazioni di rigalleggiamento e traino del relitto;
affinché il Commissario Delegato – al termine dell'incarico commissariale – fornisca al Parlamento, al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte con specifico riferimento agli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica delle aree interessate dal sinistro e di quelle eventualmente danneggiate durante le operazioni di rigalleggiamento e traino del relitto, nonché alle attività di controllo e monitoraggio degli impatti ambientali, anche ai fini del computo del danno ambientale complessivamente arrecato.
9/2447/4. Busto, Mannino, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Sibilia.
La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, è stata modificata la legge 225 del 1992 prevedendo, tra le altre cose, al comma 1-bis dell'articolo 5, che la durata delle dichiarazioni dello stato di emergenza non potesse, di regola, superare i sessanta giorni e stabilendo che uno stato di emergenza già dichiarato, previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri, potesse essere prorogato ovvero rinnovato, di regola, per non più di quaranta giorni;
in sede di conversione in legge, la previsione normativa relativa al comma 1-bis dell'articolo 5 è stata modificata, stabilendo che la dichiarazione non può, di regola, superare i novanta giorni e che la proroga o il rinnovo della stessa dichiarazione non può durare più di sessanta giorni;
nello stesso decreto-legge n. 59 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge del 12 luglio 2012, n. 100, venne anche stabilito che le gestioni commissariali, operanti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225 alla data di entrata in vigore di quel decreto, non erano suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012;
in relazione a quest'ultimi stati, è stato, altresì, stabilito che per la prosecuzione dei relativi interventi dovesse trovare applicazione l'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della predetta legge n. 225 del 1992, sentite le amministrazioni locali interessate;
con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 convertito, con modificazione dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, è stato modificato ulteriormente il comma 1-bis dell'articolo 5 stabilendo che la durata della dichiarazione dello stato di emergenza non possa superare i 180 giorni, e che è prorogabile per non più di ulteriori 180 giorni;
considerato che:
dal mese di maggio del 2012, le dichiarazioni dello stato di emergenza e in particolare la proroga e il rinnovo delle stesse siano state assoggettate a un regime che delimita e fissa, in modo molto stringente, i tempi e le modalità previsti;
al termine di questo periodo, le iniziative e gli interventi – presumibilmente ancora necessari per porre fine allo stato di emergenza dichiarato – devono essere affidate e condotte dalle amministrazioni ordinarie, individuate per subentrare al Commissario, in base alle disposizioni contenute nei commi 4-ter e 4-quater dell'articolo 5;
il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche, dispone – in modo difforme e derogatorio rispetto alle disposizioni richiamate in precedenza – la proroga delle dichiarazioni dello stato di emergenza relative alla Galleria Pavoncelli e ai sistemi di collettamento e depurazione degli impianti di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce regi Lagni e Cuma;
considerato infine che:
la regola generale introdotta, per legge, viene aggirata e superata con atti normativi di pari efficacia (decreti-legge poi convertiti in legge dal Parlamento come quello in discussione oggi), con i quali gli stati di emergenza o meglio l'efficacia delle disposizioni urgenti dettate con le Ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri vengono prorogati ben oltre il limite stabilito dall'articolo 5 comma 1-bis della legge 225 del 1992;
impegna il Governo
a far sì che l'eventuale rimodulazione temporale delle dichiarazioni di stato di emergenza ovvero delle situazioni di criticità rispetto alle quali sono state dettate, con Ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri, disposizioni urgenti, avvenga nel rispetto delle disposizioni contenute nella legge 225 del 1992;
a disporre la chiusura degli stati di emergenza e dei correlati regimi commissariali, e ad annullare gli effetti delle Ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri – adottate in relazione a specifiche situazioni di criticità – con le modalità previste dall'articolo 5 commi 4-ter e 4-quater, attraverso apposite Ordinanze del Capo Dipartimento della Protezione che contengano;
a) forme di controllo rispetto all'adeguatezza, all'efficienza e all'efficacia dell'azione posta in essere dall'amministrazione subentrante, da modulare tenendo conto dei pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute derivanti dal mancato superamento delle situazioni di emergenza e di criticità;
b) forme di controllo rispetto alle procedure finalizzate all'acquisizione di beni e servizi che l'amministrazione subentrante adotterà allo scopo di portare avanti e realizzare le attività e gli interventi finalizzati al superamento dello stato di emergenza;
c) la definizione di un apposito sistema di sorveglianza ambientale e sanitaria delle aree rispetto alle quali si possono manifestare gli impatti e gli effetti connessi agli stati di emergenza e alle situazioni di criticità dichiarati.
9/2447/5. Terzoni, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Zolezzi, Sibilia.
La Camera,
premesso che:
con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in data 6 novembre 2009, è stato dichiarato lo stato di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, stabilendo quale termine per la durata dello stesso stato di emergenza il 30 novembre 2010;
con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3858 del 12 marzo 2010 sono state dettate disposizioni in merito al funzionamento della gestione commissariale degli interventi finalizzati a superare lo stato di emergenza;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 dicembre 2010, lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 30 novembre 2011;
il decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, all'articolo 4, ha disposto un'ulteriore proroga della gestione commissariate di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 3858/2010 fino al 31 marzo 2014;
nello stesso articolo 4 del decreto- legge 43 del 2013 è stato stabilito che il Commissario delegato invia al Parlamento e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale;
l'articolo del decreto-legge 43 del 2013, al comma 2, stabilisce che il soggetto competente al subentro nelle attività e nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità connessa alla vulnerabilità sismica della «Galleria Pavoncelli» viene individuata con Accordo di Programma sottoscritto dalle regioni interessate, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e sentita la Società Acquedotto Pugliese;
il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73 recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche – così come modificato e integrato in sede di conversione in legge dal Senato dispone un'ulteriore proroga della gestione commissariale fino al 31 dicembre 2016;
in sede di conversione del decreto- legge 73 del 2014, il Senato ha approvato un emendamento all'articolo 1 dello stesso decreto con il quale ha introdotto l'articolo aggiuntivo 1-bis;
il citato articolo 1-bis modifica l'articolo 4 del decreto-legge 43 del 2013 stabilendo che il rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale venga inviato anche all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, e che lo stesso rapporto contenga anche una relazione sull'entità dei lavori ancora da eseguire;
considerato che:
il primo appalto dei lavori di realizzazione della Galleria Pavoncelli bis è stato avviato dall'Ente autonomo acquedotto pugliese, nell'ambito del secondo piano di attuazione del programma triennale di sviluppo del Mezzogiorno 1988-1990;
nel corso del ventennio trascorso, la realizzazione dell'opera è stata gravemente condizionata dal susseguirsi di controversie tra i Commissari straordinari – avvicendatisi nel tempo – e le società appaltatrici, conclusasi con la rescissione dei contratti stipulati, e da pronunciamenti della giustizia amministrativa che hanno portato all'annullamento dei provvedimenti adottati dagli stessi Commissari;
nel corso dello stesso ventennio le comunità locali hanno manifestato forti preoccupazioni per gli impatti dell'opera rispetto al fragile equilibrio idrogeologico dell'area o ai beni naturalistici presenti, nonché per l'inadeguata – e non rispondente alla normativa nazionale a comunitaria – attività di verifica degli stessi impatti effettuata nell'ambito dei procedimenti amministrativi condotti dai Commissari straordinari in forza dei poteri derogatori conferiti loro;
a distanza di più 20 anni dall'avvio dei lavori è, comunque, necessario concedere una ulteriore proroga di 2 anni alla struttura commissariale ora operante per il completamento dell'opera,
impegna il Governo:
affinché il rapporto che il Commissario straordinario è tenuto a inviare, in base all'articolo 4 del decreto-legge n. 43 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2013, n. 71 – così come integrato dall'articolo 1-bis del decreto all'esame della Camera – contenga anche:
a) un'anagrafe degli interventi, delle attività e dei lavori in corso di esecuzione ovvero da eseguire con l'indicazione dello stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario e un cronoprogramma degli stessi interventi attività e lavori;
b) una relazione sui risultati del piano di monitoraggio ambientale, e sulle misure e le prescrizioni adottate e/o da adottare per prevenire danni all'ambiente e per salvaguardare l'incolumità delle maestranze impegnate nell'esecuzione dei lavori e della popolazione interessata;
affinché in tutti gli avvisi, i bandi o le lettere di invito che il Commissario straordinario dovrà eventualmente pubblicare per l'acquisizione di beni e servizi finalizzati alla realizzazione dell'opera in questione, venga previsto – in base all'articolo 1 comma 11 della legge 6 novembre 2012, n. 190 – che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara; affinché Accordo di Programma con il quale verrà individuato il soggetto competente al subentro nelle attività e nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità questione, contenga:
a) l'obbligo, a carico del soggetto subentrante, di trasmettere al Dipartimento della Protezione civile, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, una relazione semestrale sulle attività condotte per provvedere al definitivo superamento della situazione di criticità, per l'intera durata del periodo di transizione che verrà stabilito;
b) adeguate forme di controllo di adeguatezza, efficienza ed efficacia dell'azione condotta dall'amministrazione ordinaria individuata per il subentro alla struttura commissariale, visti i pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute derivanti dal mancato superamento della stessa situazione di criticità.
9/2447/6. Mannino, Sibilia, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
La Camera,
premesso che:
in base all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, rubricato «Interventi per la ricostruzione nei comuni colpiti da eventi sismici di cui alla legge 14 maggio 1981, n. 219» è stato stabilito che – con successivo decreto del Ministro delle attività produttive – sarebbe stato nominato un commissario ad acta che provvede alla realizzazione di ogni ulteriore intervento funzionalmente necessario al completamento del programma degli interventi per la ricostruzione nei comuni colpiti da eventi sismici, le cui opere erano state già individuate e la cui progettazione era già stata affidata alla data dei 28 febbraio 1991;
con decreto del Ministero delle Attività Produttive del 21 febbraio 2003, è stato nominato il Commissario ad acta con il compito di provvedere, entro trentasei mesi, alla realizzazione di ogni ulteriore intervento funzionalmente necessario al completamento degli interventi infrastrutturali di cui all'articolo 32 della legge n. 219 del 1981, le cui opere siano già state individuate e la cui progettazione sia già stata affidata entro il 28 febbraio 1991;
il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, all'articolo 49 ha stabilito che il commissario ad acta di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nominato con decreto del Ministro delle attività produttive 21 febbraio 2003, cessa alla data del 31 dicembre 2013;
il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73 recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche – così come modificato in sede di conversione in legge dal Senato – ha stabilito che il Commissario ad acta, di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, continua ad operare fino al 31 dicembre 2016;
nello stesso articolo 2 del decreto- legge 73 del 2014 – così come modificato in sede di conversione in legge dal Senato – è stato stabilito che il Commissario delegato invia al Parlamento, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e sull'entità dei lavori ancora da eseguire e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale;
considerato che:
il testo dell'articolo 2 del decreto-legge 73 del 2014, così come presentato dal Governo – e dunque prima dell'approvazione delle modifiche allo stesso articolo 2 da parte del Senato – prevedeva che, per il completamento della viabilità Lioni-Grottaminarda, al Commissario di cui all'articolo 86 della legge 289 del 2002, sarebbe subentrato il Coordinatore di un'apposita struttura temporanea istituita fino all'ultimazione dei lavori, e comunque non oltre il 31 dicembre del 2015;
a distanza di almeno più 20 anni dall'individuazione del completamento della viabilità Lioni-Grottaminarda tra gli interventi per la ricostruzione nei comuni colpiti da eventi sismici di cui alla legge 14 maggio 1981, n. 219 e dall'affidamento della progettazione dello stesso intervento, nonché a più di 10 anni dalla nomina del Commissario ad acta, è necessario concedere una ulteriore proroga di 2 anni per il completamento delle opere inerenti alla viabilità dell'asse stradale Lioni-Grottaminarda,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di stabilire, anche attraverso ulteriori e successivi provvedimenti, che il commissario ad acta, di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, resti in carica fino alla data di ultimazione dei lavori per la realizzazione delle opere di completamento della viabilità Lioni-Grottaminarda;
affinché il rapporto che il Commissario ad acta è tenuto a inviare, in base all'articolo 2 del decreto-legge 73 del 2014 all'esame della Camera – contenga anche:
a) un'anagrafe degli interventi, delle attività e dei lavori in corso di esecuzione ovvero da eseguire con l'indicazione dello stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario e un cronoprogramma degli stessi interventi attività e lavori;
b) una relazione sulle pendenze, sui rapporti dei quali il Commissario è titolare, e sugli impegni giuridicamente vincolanti assunti;
affinché in tutti gli avvisi, i bandi o le lettere di invito che il Commissario dovrà eventualmente pubblicare per l'acquisizione di beni e servizi finalizzati alla realizzazione dell'opera in questione, venga previsto – in base all'articolo 1 comma 17 della legge 6 novembre 2012, n. 190 – che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara.
9/2447/7. De Rosa, Mannino, Sibilia, Busto, Daga, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
La Camera,
premesso che:
in relazione allo stato di emergenze nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, e al fine di adottare le necessarie misure straordinarie per il risanamento ambientale idrogeologico e di regimazione idraulica in alcune zone del territorio della regione Campania e nella città di Napoli, sono state emanate ordinanze di protezione civile e sono nominati commissari delegati il presidente della regione Campania ed il prefetto di Napoli sin dalla seconda metà degli anni novanta;
per quanto riguarda più specificatamente la gestione degli impianti di collettamento e depurazione nella regione Campania, con l'ordinanza di protezione civile n. 2948 del 25 febbraio 1999 è stata affidata al Presidente della regione Campania pro-tempore – Commissario delegato, la progettazione e realizzazione delle integrazioni e degli adeguamenti funzionali dei sistemi di collettamento e depurazione degli impianti di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni e Cuma;
in forza dei poteri conferiti con l'ordinanza citata nel punto precedente, il Commissario Delegato, nel 2003, ha affidato – previo svolgimento di un'apposita gara d'appalto – alla società Termomeccanica, che ha poi costituito la Hydrogest Campania S.p.A., la concessione, di durata quindicennale, avente ad oggetto i lavori per l'adeguamento e/o la realizzazione nonché la gestione degli impianti di depurazione a servizio dei comuni elencati sopra;
a partire dal 2006 – con l'accordo del Commissariato, della Fibe, dei responsabili della regione Campania e dei gestori dei depuratori – il percolato prodotto nelle discariche campane venne avviato negli stessi depuratori sulla base di quanto disposto con l'ordinanza commissariale del 12 luglio 2006 e con un successivo decreto dirigenziale regionale n. 690 del 17 luglio 2006, ma ancora prima, sin dal mese di gennaio dello stesso anno, anche mediante l'adozione di atti amministrativi apparenti, in quanto illegittimi ed illeciti;
nonostante ciò, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3654/2008, è stato stabilito che, alla data del 31 gennaio del 2008, potevano considerarsi cessate le condizioni all'origine delle precedenti dichiarazioni dello stato di emergenza in materia di bonifiche dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati e di tutela delle acque superficiali;
in relazione a ciò, con la stessa Ordinanza è stato nominato l'allora Direttore Tecnico dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania quale Commissario delegato con il compito di provvedere, in regime ordinario ed in termini d'urgenza, alla prosecuzione, entro il 31 dicembre 2008, di tutte e iniziative già programmate per il definitivo superamento dell'emergenza;
in base a quanto disposto dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3654/2008 che affidava al Commissario Delegato il compito di trasferire delle opere e degli interventi alle amministrazioni ed agli enti ordinariamente competenti - la titolarità del rapporto concessorio di durata quindicennale con la Hydrogest Campania S.p.A. è stata trasferita alla regione Campania;
in seguito al subentro della regione Campania nel rapporto concessorio con la Hydrogest Campania S.p.A, si è instaurato un contenzioso tra le parti – dovuto alle reciproche contestazioni relative ad inadempimenti contrattuali al termine del quale, nel mese di settembre del 2011, è stato imposto all'amministrazione regionale di riprendere in consegna le opere affidate in gestione e di subentrare, al concessionario, nella gestione degli stessi impianti;
gli impianti – al momento del loro trasferimento alla regione – non soddisfacevano le prescrizioni tecniche e normative e dunque non era possibile procedere all'affidamento in gestione degli stessi impianti se non dopo la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente in materia;
allo stesso tempo le condizioni in cui si trovavano gli impianti costituivano una vera e proprie minaccia per la tutela dell'ambiente, della salute ed igiene pubblica, e pertanto – con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 4022 del 9 maggio 2012 – sono state dettate disposizioni urgenti per fronteggiare la situazione di criticità negli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni e Cuma nel territorio della regione Campania;
con l'Ordinanza n. 4022/2012 è stato nominato il Commissario delegato con il compito di subentrare, fino al 31 marzo 2013, nella gestione degli impianti di collettamento e depurazione Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Legni e Cuma alla regione Campania, della quale nelle premesse della stessa ordinanza si constatava «la carenza di una struttura tecnico gestionale interna idonea» e «la giuridica impossibilità, stante i vincoli di bilancio per il contenimento della spesa pubblica, di procedere all'assunzione di personale da adibire al funzionamento ed alta messa a norma degli impianti stessi;
l'avvio del percolato nei depuratori – effettuato sulla base di un atto autorizzatorio mancante della necessaria istruttoria per l'autorizzazione di un depuratore a ricevere percolato e senza alcun controllo effettivo sul rispetto dei parametri e dei limiti stabiliti – ha fatto si che, come detta dal dottor Giuseppe Noviello, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli audito dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, istituita con legge n. 6 del 2009, di fatto «il percolato entrava nei depuratori e ne usciva così com'era per andare a mare, violando tutti i parametri di legge»;
in relazione al procedimento giudiziario sul presunto illecito smaltimento del percolato prodotto dai Cdr e dalle discariche della Campania, meglio noto come «Marea nera» – inizialmente condotta dalla Procura di Napoli e successivamente assegnato alla direzione distrettuale antimafia in co-delega con la procura ordinaria – la stessa Procura di Napoli, nel dicembre del 2013, ha contestato ai responsabili della catena di comando operante durante la gestione commissariale reati gravissimi che vanno dal traffico organizzato di rifiuti all'associazione per delinquere;
nell'avviso di conclusione delle indagini, la pubblica accusa imputa ai responsabili della gestione commissariale comportamenti funzionali a creare un'apparente situazione di legittimità per lo smaltimento del percolato in impianti di depurazioni inidonei – dei quali si attestava falsamente una inesistente capacità depurativa residua – e condotte gravemente omissive per quel che riguarda i controlli sulla gestione degli impianti;
il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73 recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche – così come modificato in sede di conversione in legge dal Senato ha stabilito, all'articolo 3, che nelle more del completamento, da parte della regione Campania, delle attività per l'affidamento della gestione degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Legni, Cuma e impianti di grigliatura e derivazioni di Succivo, le disposizioni della citata Ordinanza n. 4022/2012 e successive modificazioni nonché i provvedimenti presupposti, conseguenti e connessi alla medesima, continuano a produrre effetti fino al 30 novembre 2014;
sono, dunque, in corso di predisposizione gli atti amministrativi di natura tecnica, legale ed economico-contabile – di competenza della regione Campania – da adottare al fine di espletare le procedure necessarie, e previste dalla normativa vigente, per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione a servizio dei Comuni citati in precedenza;
la gestione degli impianti in questione deve garantire la compatibilità ambientale delle attività depurative e assicurarne la conformità ai criteri di sicurezza ambientale e sanitaria definiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tenendo adeguatamente conto delle condizioni nelle quali si trovano i corpi idrici superficiali recettori in seguito allo sversamento incontrollato negli stessi del percolato proveniente dalle discariche campane;
nello stesso articolo 3 del decreto-legge 73 del 2014 – così come modificato in sede di conversione in legge dal Senato – è stato stabilito che il Commissario delegato invia al Parlamento, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e sull'entità dei lavori ancora da eseguire e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale,
impegna il Governo:
affinché il rapporto che il Commissario Straordinario è tenuto a inviare, in base all'articolo 3 comma 1-bis del decreto-legge 73 del 2014, all'esame della Camera – contenga anche:
a) un'anagrafe degli interventi, delle attività e dei lavori in corso di esecuzione ovvero da eseguire con l'indicazione dello stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario e un cronoprogramma degli stessi interventi attività e lavori;
b) una relazione sul risultati delle attività di controllo e monitoraggio effettuato sulle acque reflue avviate agli impianti in questione e sulla qualità delle acque dei corpi idrici superficiali recettori ad esito della depurazione, e sulle misure e le prescrizioni adottate e/o da adottare per prevenire danni all'ambiente e per salvaguardare la salute pubblica;
c) una relazione sulla sorveglianza e sulla situazione epidemiologica con particolare riferimento all'esposizione della popolazione a malattie correlate al cattivo funzionamento degli impianti di depurazione e all'utilizzo illegale di quest'ultimi per il trattamento del percolato;
affinché in tutti gli avvisi, i bandi o le lettere di invito che il Commissario Straordinario dovrà eventualmente pubblicare per l'acquisizione di beni e servizi nell'esercizio dei poteri conferitigli dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 4022/2012, venga previsto – in base all'articolo 1 comma 17 della legge 6 novembre 2012, n. 190 – che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara;
a valutare l'opportunità che – in conformità a quanto disposto dall'articolo 5 commi 4-ter e 4-quater della legge 24 febbraio 1992, n. 225 «Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile» – prima dello scadere del termine del 30 novembre 2014, venga emanata, con la necessaria intesa della Regione Campania, un'Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile che disciplini il subentro della stessa regione Campania al Commissario Delegato;
a valutare l'opportunità che l'ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile, di cui all'articolo 5 commi 4-ter e 4-quater della legge 225 del 1992, richiamata nel punto precedente, preveda:
a) adeguate forme di controllo, per un periodo di tempo da stabilire, rispetto all'adeguatezza, all'efficienza e all'efficacia dell'azione che la regione Campania condurrà direttamente o mediante affidamento a terzi, visti i pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute derivanti dal mancato superamento della situazione di criticità negli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni e Cuma;
b) adeguate forme di controllo rispetto alle clausole contrattuali che nei bandi per l'affidamento della gestione impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni a Cuma, la regione Campania deve introdurre a garanzia della piena funzionalità dei meccanismi di controllo sull'attività dei gestori, e della effettiva e piena sanzionabilità di quest'ultimi, in caso di violazione delle regole contrattuali sottoscritte e della normativa vigente in materia di appalti pubblici e di tutela dell'ambiente e della sanità pubblica;
c) la definizione di un apposito sistema di sorveglianza ambientale e sanitaria dell'area servita dagli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, e Cuma e bagnata e/o attraversata dai corpi idrici superficiali nei quali confluiscono le acque trattate negli stessi impianti.
9/2447/8. Daga, Mannino, Sibilia, Busto, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, all'articolo 4, ha disposto una proroga, fino al 31 marzo 2014, della gestione commissariale – di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 3858/2010 – relativa allo stato di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli;
nello stesso articolo 4 del decreto- legge 43/2013 è stato stabilito che il Commissario delegato ha l'obbligo di inviare – con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale al Parlamento, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un rapporto contenente, tra le altre cose, la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale;
il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73 recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche – così come modificato e integrato in sede di conversione in legge dal Senato – contiene una modifica al citato articolo 4 del decreto-legge 43/2013, in base alla quale il rapporto, di cui al punto precedente, debba essere inviato anche all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73 recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche – così come modificato in sede di conversione in legge dal Senato – ha stabilito che il Commissario ad acta, di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, continua ad operare fino al 31 dicembre 2016;
nello stesso articolo 2 del decreto- legge 73/2014 – così come modificato in sede di conversione in legge dal Senato – è stato stabilito che il Commissario delegato ha l'obbligo di inviare – con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale – al Parlamento, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, un rapporto contenente, tra le altre cose, la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale;
il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73 recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche – così come modificata in sede di conversione in legge dal Senato – ha stabilita, all'articolo 3, che il Commissario delegato per fronteggiare la situazione di criticità negli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni e Cuma nel territorio della regione Campania, è tenuto ad inviare – con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale – al Parlamento, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, un rapporto contenente, tra le altre cose, la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione alla gestione commissariale;
considerato che:
l'articolo 5 comma 5-bis della legge 4 febbraio 1992, n. 225 stabilisce che i Commissari delegati titolari di contabilità speciali rendicontano, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato, indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa, secondo uno schema prestabilito;
nell'apposita sezione del sito web «Trasparenza» del Dipartimento della Protezione Civile non risultano essere stati pubblicati i rendiconti relativi a tutti gli stati di emergenza e alle relative gestioni commissariali che risultano essere stati già conclusi da tempo;
nella stessa sezione del sito web i rendiconti pubblicati si riferiscono a un solo esercizio finanziario, presumibilmente l'ultimo,
impegna il Governo:
a verificare che tutti i rendiconti relativi agli stati di emergenza e alle relative gestioni commissariali – che risultano essere stati già conclusi – siano pubblicati nell'apposita sezione del sito web del Dipartimento della Protezione Civile;
a far sì che i rendiconti relativi agli stati di emergenza, trasmessi dai Commissari Delegati alla conclusione dello stato di emergenza, contengano tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato, indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa, con riferimento all'intero periodo durante il quale è stato dichiarato lo stesso stato di emergenza e non soltanto all'ultimo esercizio finanziario.
9/2447/9. Zolezzi, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Segoni, Terzoni, Sibilia.
La Camera,
premesso che:
in relazione al naufragio della nave da crociera Costa Concordia, nel territorio del comune dell'Isola del Giglio, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato dichiarato lo stato di emergenza, e con successiva ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3998 del 20 gennaio 2012, il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato nominato Commissario delegato;
il decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, all'articolo 2 comma 1, ha stabilito la proroga, fino al 31 luglio 2014, dell'efficacia delle disposizioni di protezione civile contenute nella citata ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3998/2012 e nella successiva n. 4023/2012, e di tutti i provvedimenti adottati in forza delle citate ordinanze;
in sede di conversione in legge del decreto-legge del 12 maggio 2014, n. 73 recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche, è stato inserito, nello stesso decreto, l'articolo 3-bis che proroga il termine fissato nel citato decreto- legge n. 150/2013 al 31 dicembre 2014;
considerato che;
in base alla prorogata ordinanza n.3998/2012, il Commissario Delegato provvede, tra le altre cose, al controllo che la rimozione del relitto venga effettuata in condizioni di sicurezza per la tutela delle matrici ambientali;
è attualmente in corso l'esame del progetto presentato dalla Costa Crociere avente ad oggetto il rigalleggiamento e il traino del relitto nel porto individuato per il disarmo dello stesso relitto;
ad esito della Conferenza di Servizi Decisoria – che si sarebbe dovuta concludere entro il 16 giugno 2014 – il Commissario Delegato ne riferirà l'esito al Consiglio dei Ministri, e provvederà, con proprie ordinanze, all'adozione dei provvedimenti necessari all'esecuzione del progetto approvato secondo le prescrizioni formulate nella stessa Conferenza di Servizi;
durante il trasferimento dall'isola del Giglio, il relitto all'interno del quale ci sono ancora 160 tonnellate di liquidi inquinanti – attraverserà un vasto tratto di mare conosciuto come il «Santuario dei Cetacei» e il parco marino dell'Arcipelago toscano, i deputati del Gruppo Movimento 5 Stelle della Commissione Ambiente hanno presentato un'interrogazione a risposta immediata per sapere quali azioni intenda intraprendere il Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare, e per assicurare il risarcimento del danno ambientale, e il ripristino dei luoghi;
in riscontro all'interrogazione richiamata sopra, il sottosegretario di Stato Silvia Velo ha riferito che il termine per la conclusione della Conferenza Decisoria è stato prorogato, precisando che, in questa stessa sede, il Ministero dell'ambiente si farà garante di severe prescrizioni in materia di tutela ambientale, soprattutto tenuto conto degli agenti inquinanti presenti a bordo – in particolare degli idrocarburi – e che per la fase del rigalleggiamento si renderà necessaria la presenza di un congruo numero di mezzi specializzati pronti a intervenire per circoscrivere e recuperare sostanze e materiali inquinanti che cadano in acqua dalla Costa Concordia;
per quel che concerne gli impatti sulle matrici ambientali verificabili durante la fase di traino, sulla base di quanto riferito dal Sottosegretario Velo, risulta che il Ministero stia valutando la possibilità di prescrivere la presenza di un numero adeguato di mezzi specializzati per l'inquinamento, un costante monitoraggio, anche aereo, delle operazioni, e infine l'immediato avvio delle operazioni di bonifica delle opere di cantiere dell'area, una volta che il relitto verrà allontanato dalla stessa area dell'incidente;
nella stessa risposta alla citata interrogazione, il sottosegretario Velo ha considerato apprezzabile e meritevole di considerazione la proposta avanzata dal deputati interroganti di obbligare l'armatore a costruire una polizza fidejussoria a garanzia del buon esito delle operazioni di rigalleggiamento e di traino, vista l'elevata complessità e rischiosità sul piano ambientale delle stesse operazioni,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità che il rilascio degli atti autorizzativi necessari all'esecuzione del progetto di trasferimento del relitto della Costa Concordia sia subordinato alla stipula di una polizza fidejussoria, a garanzia delle obbligazioni assunte e delle somme eventualmente necessarie per riparare e/o ridurre i danni eventualmente arrecati durante le operazioni di rigalleggiamento e di traino.
9/2447/10. Segoni, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Sibilia.
La Camera,
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misura urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche;
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte a fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviate per l'affidamento delle gestioni dagli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo;
le situazioni di emergenza cui si riferisce il decreto-legge hanno dimostrato in passato annosi problemi legati alla lievitazione dei costi delle relative opere a seguito della presentazione di riserve e perizie di varianti,
impegna il Governo
ad adottare opportune misure affinché i commissari straordinari e i responsabili delle strutture di gestione degli impianti e dei lavori di cui al presente decreto-legge informino il Ministro competente e le Commissioni parlamentari competenti per materia qualora le riserve o perizie di variante, per qualsiasi motivo resesi necessarie, superino il 10 per cento dell'importo originario dei lavori, allo scopo di valutare l'assunzione di eventuali iniziative.
9/2447/11. Grimoldi.
La Camera,
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche;
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte a fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e della attività avviate per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo;
la dichiarazione dello stato di emergenza dovrebbe servire per periodi brevi, altrimenti comporta una stabilizzazione dell'emergenza che costituisce una forzatura del sistema democratico del governo del Paese,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per il futuro affinché al momento dell'emanazione delle ordinanze della dichiarazione dello stato di emergenza sia assicurata la certezza del periodo di durata dell'emergenza stessa e le competenze derogatorie dei Commissari, evitando il ricorso a proroghe che svuotano la portata delle disposizioni in deroga e costituiscono forzature del sistema democratico del governo del Paese.
9/2447/12. Matteo Bragantini.
La Camera,
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche;
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte a fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviata per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo;
la gestione delle emergenze attraverso l'adozione di regimi commissariali derogatori, anziché accelerare l'esecuzione delle opere ha, in molti casi, ritardato li realizzazione delle opere stesse;
la realizzazione delle opere previste dal presente decreto-legge sono l'esempio lampante dell'inutilità dei commissariamenti ai fini dell'accelerazione degli investimenti,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per un controllo serrato dell'effettiva accelerazione della realizzazione delle opere attraverso il regime commissariale, provvedendo alla revoca dello stato di emergenza in caso di ritardi che superino i tempi ordinari previsti dalla legislazione vigente.
9/2447/13. Fedriga.
La Camera,
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche;
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte a fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviate per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianti di grigliatura e derivazione di Succivo;
il decreto-legge n. 59 del 2012, all'articolo 3, comma 2, ha disposto, per tutte le gestioni commissariali in corso, il divieto di proroga o rinnovo, se non una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012;
l'articolo 5, comma 1-bis, più volte modificato, della legge n. 225 del 1992, istitutiva del Servizio nazionale della Protezione civile, al fine di contenere e sottoporre a più restrittiva disciplina le gestioni emergenziali svolte sotto l'egida della Protezione civile stabilisce che la durata della dichiarazione dello stato di emergenza non possa superare i 180 giorni e che uno stato di emergenza già dichiarato possa essere prorogato per non più di ulteriori 180 giorni;
le proroghe previste dal decreto-legge n. 73 del 2014 vanno molto oltre i termini stabiliti dal testo vigente della legge 225 del 1992,
impegna il Governo
ad assicurare il puntuale rispetto della disposizione di cui all'articolo 3, comma 2 del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, evitando l'ulteriore ricorso a proroghe e deroghe che svuotano la portata del divieto di cui alle disposizioni citate in premessa e non favoriscono l'auspicato rientro nella gestione ordinaria.
9/2447/14. Prataviera.
La Camera,
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche,
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte a fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviate per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo;
l'articolo 1 proroga fino al 31 dicembre 2016 il termine delle attività del Commissario straordinario per la realizzazione della Galleria Pavoncelli il cui stato di emergenza è stato dichiarato il 6 novembre 2009 e da allora usufruisce di continue proroghe;
la dichiarazione dello stato di emergenza dovrebbe servire per periodi brevi, altrimenti comporta una stabilizzazione dell'emergenza che costituisce unaforzatura del sistema democratico del governo del Paese,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per il futuro per evitare l'ulteriore ricorso a proroghe per la realizzazione della Galleria Pavoncelli e garantire il rientro nella gestione ordinaria.
9/2447/15. Buonanno.
La Camera,
esaminato Il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche,
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte a fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviate per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigilatura e derivazione di Succivo;
l'articolo 1 proroga fino al 31 dicembre 3016 il termine dello attività del Commissario straordinario per la realizzazione della Galleria Pavoncelli il cui stato di emergenza è stato dichiarato il 6 novembre 2009 e da allora usufruisce di continue proroghe;
la dichiarazione dello stato di emergenza dovrebbe servire per periodi brevi, altrimenti comporta una stabilizzazione dell'emergenza che costituisce una forzatura del sistema democratico del governo del Paese;
durante l'esame al Senato, sono stati aggiunti al rapporto inviato da parte del Commissario alle autorità di controllo anche dati sull'entità dei lavori ancora da eseguire, per permettere al Parlamento di avere una visione chiara della situazione in relazione alla realizzazione dell'opera,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative normative al fine di riconoscere alle Commissioni parlamentari competenti poteri in ordine alla prosecuzione dell'attività del Commissario straordinario.
9/2447/16. Caon.
La Camera,
premesso che:
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche,
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte a fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviate per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo;
l'articolo 2, proroga al 31 dicembre 2016 la gestione Commissariale per la realizzazione della viabilità Lioni-Grottaminarda, già scaduta al 31 dicembre 2013;
la dichiarazione dello stato di emergenza dovrebbe servire per periodi brevi, altrimenti comporta una stabilizzazione dell'emergenza che costituisce una forzatura del sistema democratico del governo del Paese,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per il futuro per evitare l'ulteriore ricorso a proroghe per la realizzazione della viabilità Lioni-Grottaminarda e garantire il rientro nella gestione ordinaria.
9/2447/17. Molteni.
La Camera,
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche,
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte e fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviate per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo;
l'articolo 2, proroga al 31 dicembre 2016 la gestione Commissariale per la realizzazione della viabilità Lioni-Grottaminarda, già scaduta al 31 dicembre 2013;
il Senato, ha inserito, inoltre, una disposizione che prevede l'invio all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con periodicità semestrale e al termine dell'incarico commissariale, un rapporto contenente la relazione sulle attività svolte e sull'entità dei lavori ancora da eseguire e la rendicontazione contabile delle spese sostenute in relazione all'incarico ricevuto. Il Commissario riferisce altresì alle competenti Commissioni parlamentari, periodicamente e almeno ogni sei mesi, sullo stato di avanzamento degli interventi nonché, in maniera dettagliata, sull'utilizzo delle risorse a tal fine stanziate,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per la cessazione delle attività del Commissario straordinario preposto alla realizzazione della viabilità Lioni-Grottaminarda, qualora le Commissioni parlamentari competenti si esprimano negativamente sul rapporto del Commissario relativo alle attività svolte e sull'entità dei lavori ancora da eseguire.
9/2447/18. Allasia.
La Camera,
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche,
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte a fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviate per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo;
l'articolo 2, proroga al 31 dicembre 2016 la gestione Commissariale per la realizzazione della viabilità Lioni-Grottaminarda, già scaduta al 31 dicembre 2013;
il testo originario del decreto-legge prevede la sostituzione del Commissario straordinario attuatore del completamento della viabilità Lioni-Grottaminarda con una struttura ministeriale provvisoria coordinata da un dirigente del Ministero delle infrastrutture e trasporti che agisce anche con personale già facente parte della struttura commissariale precedente, fino alla conclusione dei lavori e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2015;
il Governo ha specificato al Senato che, in considerazione della scadenza dell'incarico del Commissario già avvenuta il 31 dicembre 2013, è stata già istituita presso il Ministero delle infrastrutture una struttura simile a quella proposta dal decreto-legge. Peraltro, una norma di proroga delle attività del Commissario è stata già proposta per ben due volte in precedenti decreti. Tuttavia, in un caso è stata ritirata dal Governo e, nell'altro, è stata soppressa durante la conversione del decreto-legge n. 150 del 2013;
sulla base di tali precedenti, il Governo non ha dunque ritenuto opportuno riproporre una norma già presente in altri decreti-legge, ma non convertita, in un nuovo decreto-legge, ravvisando anche profili di delicatezza costituzionale, tuttavia, durante l'esame al Senato è stato previsto il ritorno della struttura commissariale fino al 31 dicembre 2016,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per il futuro per evitare l'emanazione di norme che celano la reiterazione di norme di precedenti decreti-legge non convertite in legge dal Parlamento, di fatto raggirando la sentenza della Corte costituzionale n. 360 del 1996.
9/2447/19. Marcolin.
La Camera,
esaminato il decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche,
premesso che:
il decreto-legge contiene misure urgenti dirette a consentire la prosecuzione in regime straordinario delle attività volte e fronteggiare la situazione di emergenza nel territorio delle regioni Campania e Puglia, in relazione alla vulnerabilità sismica della Galleria Pavoncelli, della viabilità Lioni-Grottaminarda e delle attività avviate per l'affidamento delle gestioni degli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cuma e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo;
l'articolo 3 che, in relazione alla gestione dagli impianti di collettamento e depurazione di Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Foce Regi Lagni, Cima e impianto di grigliatura e derivazione di Succivo, proroga fino al 30 novembre 2014 la fase di emergenza nella regione Campania e la gestione Commissariale prevista dall'Ordinanza 4022 fino al 31 marzo 2013;
la dichiarazione dello stato di emergenza dovrebbe servire per periodi brevi, altrimenti comporta una stabilizzazione dell'emergenza che costituisce una forzatura del sistema democratico del governo del Paese,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per garantire il rientro nella gestione ordinaria degli impianti collettamento e depurazione della regione Campania.
9/2447/20. Rondini.
MOZIONI BINETTI, ZAMPA, DALL'OSSO, LOCATELLI, PALESE, PALAZZOTTO ED ALTRI N. 1-00209, PALESE ED ALTRI N. 1-00497, DALL'OSSO ED ALTRI N. 1-00498, ZAMPA ED ALTRI N. 1-00501, PALAZZOTTO ED ALTRI N. 1-00502, RONDINI ED ALTRI N. 1-00504 E DORINA BIANCHI ED ALTRI N. 1-00506 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE AL FENOMENO DEI MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI
Mozioni
La Camera,
richiamando le premesse delle mozioni n. 1-00209, n. 1-00497, n. 1-00498, n. 1-00501 e n. 1-00502 all'ordine del giorno, concernenti iniziative in relazione al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati,
impegna il Governo:
a ricercare una soluzione che non sia di tipo emergenziale ma affronti in maniera organica – anche sul piano normativo – il problema dei minori stranieri non accompagnati, nel rispetto delle norme internazionali, quali la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, che vincola i Paesi sottoscrittori tra l'altro, a riconoscere il diritto di non discriminazione (articolo 2), ad adottare ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono e di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale (articolo 19), a riconoscere il diritto dei fanciulli ad ottenere il più alto standard possibile di cure mediche, protezione sociale ed istruzione (articoli 20, 28 e 29) e ad assicurare il diritto di protezione (articoli 19, 22, 30, 38); ad assumere iniziative per approvare al più presto una normativa organica sul tema dei minori stranieri non accompagnati, nonché a farsi promotore, nell'ambito del prossimo semestre di presidenza europea, di una politica di effettiva collaborazione e condivisione riguardo alle politiche europee di accoglienza dei migranti, con particolare riferimento all'assistenza dei minori non accompagnati;
ad assumere iniziative per incrementare e rendere pluriennali le risorse assegnate al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e, più in generale, per aumentare le risorse finanziarie a favore delle regioni e degli enti locali sulla base delle rispettive presenze, per il potenziamento e il miglioramento dei progetti di accoglienza a favore dei minori stranieri non accompagnati, anche per evitare che l'accoglienza e la gestione dei minori stranieri non accompagnati gravi sui bilanci dei comuni;
a dare soluzione alle difficoltà connesse a procedure e prassi territorialmente eterogenee per quanto riguarda l'identificazione all'arrivo, le tempistiche, le condizioni di accoglienza, i casi di sovraffollamento, il profilo professionale degli operatori e la predisposizione di servizi di mediazione culturale, nonché l'attività informativa riguardo alla possibilità di presentare domanda di asilo, nonché a prevedere una disciplina organica del rilascio del permesso di soggiorno per i minori, che può essere concesso anche prima della nomina formale del tutore;
a rendere omogenee nel territorio nazionale le procedure di accertamento dell'età, avendo cura che esse siano portate avanti da personale specializzato ed indipendente rispettando i princìpi di presunzione della minore età, di utilizzo di procedure non traumatiche e ricorrendo solo come extrema ratio a procedure mediche invasive;
a uniformare le procedure di identificazione e di accertamento dell'età, ad istituire un sistema nazionale di accoglienza ampliando il numero di posti previsti dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e ad attivare un monitoraggio a una banca dati nazionale per disciplinare l'invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni sulla base delle disponibilità di posti e di eventuali necessità e bisogni specifici degli stessi minori, e ad assicurare il divieto di respingimento alla frontiera dei minori non accompagnati, prevedendolo esclusivamente nei casi in cui sia nel loro superiore interesse e sia finalizzato al riaffidamento ai familiari;
a prevedere la partecipazione attiva e diretta dei minori stranieri non accompagnati a tutti i procedimenti che li riguardano, nel rispetto dei princìpi della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza:
a favorire la promozione della presa in carico e di un sostegno continuativo dei minori stranieri in condizioni di particolare vulnerabilità (vittime di tratta e di sfruttamento, richiedenti asilo e altri) e, nel garantire loro il diritto all'istruzione e il diritto alla salute, il sostegno organico all'integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei minori stranieri non accompagnati, anche vicini al compimento della maggiore età, anche considerando il recepimento dell'accordo Stato-regioni che prevede l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale anche per i minori privi di permesso di soggiorno, stabilendo procedure operative per l'attuazione di tale misura;
ad incentivare il coinvolgimento attivo delle comunità nell'accoglienza e nell'integrazione dei minori stranieri non accompagnati, sviluppando l'affido familiare come alternativa alla comunità e la figura dei «tutori volontari» in rete con i garanti per l'infanzia e l'adolescenza e a favorire le attività per il ricongiungimento dei minori con i loro genitori allorquando giunti sul territorio italiano;
ad assumere iniziative per introdurre l'istituto dell'affidamento familiare internazionale, finalizzato al compimento di uno specifico progetto di carattere familiare, umanitario, sanitario, di studio o di formazione professionale, a sostenere a livello europeo, in particolare con l'avvio del semestre di presidenza italiano dell'Unione europea, la predisposizione di un piano europeo di accoglienza e inserimento nei diversi Paesi di destinazione di migranti, richiedenti asilo e protezione, nonché di trasporto sicuro nella traversata del Mediterraneo e poi nel raggiungimento delle destinazioni finali spesso diverse dall'Italia, anche attraverso la revisione delle norme del regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III), con particolare riguardo ai minori stranieri non accompagnati, che prevede la possibilità di trasferimento dei minori presso parenti (non solo genitori) residenti in altri Paesi, nonché a promuovere la cooperazione internazionale ed europea al fine di armonizzare i sistemi di protezione dei minori stranieri non accompagnati nei diversi Stati di origine, di transito e di destinazione;
a prevedere, per quanto di competenza, misure stringenti di controllo e di accelerazione delle operazioni di prima identificazione dei minori stranieri non accompagnati, al fine di impedire che tali minori resi «invisibili», finiscano nelle mani della criminalità organizzata o nella tratta di esseri umani.
(1-00209)
(Nuova formulazione) «Binetti, Zampa, Dall'Osso, Locatelli, Palese, Palazzotto, Adornato, Buttiglione, Capua, Caruso, Cera, Cesa, Antimo Cesaro, Cimmino, D'Agostino, Dambruoso, De Mita, Galgano, Gigli, Gitti, Locatelli, Marazziti, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Molea, Fitzgerald Nissoli, Oliaro, Piepoli, Sberna, Sottanelli, Schirò, Tinagli, Vargiu, Vitelli, Centemero, Carfagna, Lupo, Sorial, Silvia Giordano, Mantero, Cecconi, Baroni, Di Vita, Grillo, Lorefice, Iori, Patriarca, La Marca, Scuvera, D'Incecco, Marco Di Maio, Gasparini, Antezza, Grassi, Albini, Miotto, Quartapelle Procopio, Piccione, Tidei, Capone, Amoddio, Paola Bragantini, Roberta Agostini, Chaouki, Carnevali, Beni, Zanin, Zappulla, Carra, Fabbri, Nicchi, Piazzoni, Migliore, Di Salvo, Pilozzi, Kronbichler, Fratoianni, Fava, Marcon, Pannarale, Ricciatti, Duranti, Piras, Costantino».
La Camera,
premesso che:
il 12 giugno 2014, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, in audizione di fronte al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, in tema di immigrazione in Italia ha dichiarato che attualmente sono arrivati in Italia 7182 minori stranieri non accompagnati, il numero più grande mai giunto fino ad ora sul nostro Paese. Per sua stessa ammissione, l'attuale situazione rende difficile la sostenibilità dei flussi di minori stranieri non accompagnati poiché «abbiamo un acutizzarsi di questo fenomeno che crea problemi di tenuta del sistema»;
il numero fornito dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali è sicuramente impressionante ma tristemente non si discosta dalla media annuale: ogni anno, infatti, le comunità di accoglienza per minori in Italia segnalano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione la presenza di circa 7.000 minori stranieri non accompagnati;
la situazione attuale è realmente drammatica, se solo si pensa che, per quanto riguarda gli arrivi via mare, il 2011 è stato considerato, con «soli» 4.209 minori non accompagnati, un anno talmente drammatico da far dichiarare al Governo italiano lo stato di emergenza umanitaria a causa del considerevole numero di migranti arrivati via mare;
bisogna, peraltro, tener conto del fatto che il dato fornito non rispecchia la realtà, non computando i minori invisibili, ossia i minori che non accedono al sistema di protezione perché «in transito»: ragazzi, soprattutto afgani, che raggiungono le coste adriatiche, principalmente nascosti a bordo di auto e tir su traghetti provenienti dalla Grecia e che, fin dal loro ingresso in Italia, cercano di non essere identificati in Italia per poter più facilmente raggiungere i Paesi del nord Europa;
sicuramente il dato più allarmante riguarda il numero dei minori non accompagnati che arrivano via mare, con i cosiddetti sbarchi. Si tratta di minori, in maggioranza di origine eritrea, egiziana, siriana, gambiana, maliana, senegalese e nigeriana, che non hanno cittadinanza italiana o di altri Paesi europei e che si trovano in Italia da soli, senza un adulto di riferimento che sia per loro legalmente responsabile. La maggior parte sono ragazzi che hanno un'età compresa tra i 15 ed i 17 anni;
si tratta di minori che rischiano la propria vita, come hanno purtroppo dimostrato i naufragi che si sono verificati al largo delle coste di Lampedusa e del Salento. Ma è l'intero viaggio, non solo quello in mare, a esporli a gravi rischi. I minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia hanno, infatti, alle spalle tragitti che talvolta sono durati anni, durante i quali hanno vissuto esperienze drammatiche e traumatiche, subito violenze di ogni tipo e che sentono il peso della responsabilità di dover restituire al più presto la somma di denaro corrispondente al debito contratto personalmente o dalle loro famiglie per compiere il viaggio;
il Terzo rapporto Anci sui minori stranieri non accompagnati, realizzato dal dipartimento sull'immigrazione dell'Anci, presenta i dati riferiti agli anni 2007/2008 raccolti dall'indagine rivolta a tutti i comuni italiani, a cui hanno risposto «5.784 amministrazioni, il 71,4 per cento del totale.». Dai dati diffusi dall'Anci si evince che: «su 5.784 amministrazioni, sono 1.023 i Comuni che hanno dichiarato di aver preso in carico minori non accompagnati per un totale di 7.216 minori presi in carico nell'anno 2008.» e che «a prendere in carico i minori non accompagnati sono principalmente le città con più di 100 mila abitanti (47,5 per cento), ma anche i Comuni medi che ne hanno accolti il 23,2 per cento, e quelli medi e piccoli (13,7 per cento)»;
si legge, inoltre, nel rapporto Anci che l'aumento maggiore ha riguardato i minori originari dell'Afghanistan che dal 2006 al 2008 sono quasi triplicati (+170 per cento). Consistenti anche gli incrementi di minori che giungono da Paesi africani instabili o in conflitto (Nigeria, Somalia, Eritrea, ecc.) e dunque potenziali richiedenti asilo, ai quali si aggiungono coloro che provengono dall'Egitto. Il Rapporto evidenzia, inoltre, che è diminuito il numero di minori non accompagnati nelle quattro grandi città in cui la presenza è più numerosa (Roma, Milano, Torino e Trieste). Riduzione analoga a Napoli ed anche nelle città medie quali Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Trento, Cremona e Caltagirone. Il numero dei minori aumenta, invece, a Venezia, Ancona e Bologna, così come in altre città medie quali Ravenna, Pesaro, Macerata e Cividale del Friuli;
come si legge dal rapporto effettuato dall'organizzazione Save the Children, da quasi 10 anni impegnata nella protezione dei minori stranieri non accompagnati anche in Italia, i minori non accompagnati afgani, somali ed eritrei hanno attraversato vari Paesi prima di arrivare in Italia: gli afgani, dopo aver attraversato il Pakistan e l'Iran, sono arrivati in Puglia e in Calabria dalle coste di Grecia e Turchia, mentre i somali hanno attraversato il Kenya e l'Uganda oppure l'Etiopia e, come gli eritrei, anche il Sudan e la Libia prima di arrivare in Sicilia e, per la maggior parte, a Lampedusa. La permanenza, rispettivamente in Grecia e in Libia, ha messo particolarmente a rischio la loro incolumità fisica e psicologica;
in particolare, i minori non accompagnati afgani sono in prevalenza di etnia hazara e pashtun, anche se negli ultimi mesi si rileva una maggiore incidenza di tajik, e provengono da diverse zone dell'Afghanistan. In particolare, gli hazara provengono dall'Afghanistan centrale, dalle regioni di Ghazani, Bamyan e, soprattutto, Behsood e Quetta City, mentre i pashtun dalle regioni di Baghlan e Jalalabad e i tajik dalla parte occidentale del Paese, da città quali Herat e Kabul. Restano in Grecia in media 8-9 mesi, ma, in alcuni casi, anche più di un anno, dove vivono in condizioni precarie e subiscono violenze, anche da parte della polizia;
i minori non accompagnati egiziani arrivano principalmente sulle coste orientali della Sicilia, ma anche in Calabria e a volte in Puglia, parendo direttamente dalle coste egiziane e provengono da diversi governatorati. Secondo quanto riportato dagli operatori sul campo di Save the Children, alcuni hanno raccontato di essersi incontrati al Cairo e di aver raggiunto in autobus la località di Rasheed, altri di essere partiti da Kaliopya verso Alessandria nascosti in un camion dove sono stati sistemati in un casolare per circa un giorno. I trafficanti hanno sequestrato loro denaro, cellulari e documenti. Sono stati poi portati a bordo di gommoni con cui hanno raggiunto in piccoli gruppi dei pescherecci che si trovavano al largo delle coste egiziane e poi, nelle vicinanze delle coste italiane, sono stati fatti salire a bordo di imbarcazioni più veloci, mentre i pescherecci hanno fatto ritorno in Egitto;
alcuni di loro raccontano che il viaggio in mare è durato circa una settimana, durante la quale sono rimasti all'interno della cella frigorifera del peschereccio; il cibo era insufficiente e veniva quindi distribuito loro a giorni alterni;
la maggior parte dei minori stranieri non accompagnati ha un progetto migratorio ben definito: cercano, per sé e/o per le proprie famiglie, in Italia o, più spesso, in Europa, un futuro migliore di quello che ritengono che il loro Paese di origine possa offrire;
la condizione dei minori stranieri non accompagnati il più delle volte è triste conseguenza umanitaria della guerra, dalla quale i minori cercano di fuggire nella speranza di una vita migliore;
non è, dunque, un caso che sempre più spesso arrivino in Italia bambini siriani, il Paese del vicino Oriente dove la morte si conta al ritmo di decine e decine di vittime civili alla settimana. Dalle ultime notizie giunte dal fronte siriano, dove è in corso da mesi la guerra civile iniziata contro il governo di Bashar al-Assad, spicca la denuncia del rapporto annuale dell'Onu, dal titolo «Bambini e conflitti armati». Secondo quanto dichiarano Radhika Coomaraswamy, rappresentante speciale dell'Onu per i bambini coinvolti nei conflitti armati, e Ban Ki-moon, Segretario generale, 1200 bambini hanno già incontrato la morte ma migliaia di essi sono in grave pericolo, anche a causa delle aberranti pratiche dell'esercito regolare siriano e dell'esercito ribelle, l'Els, arrivati a sfruttarli come scudi umani;
l'attuale normativa italiana a protezione dei minori stranieri non accompagnati è ormai inattuale rispetto all'enorme mole emergenziale che il nostro Paese deve affrontare. Si rendono necessarie pertanto delle migliorie atte a colmare tali lacune e ad aggiornare le procedure d'accoglienza;
a titolo esemplificativo, l'attuale normativa prevede che i migranti che arrivino via mare o che vengono rintracciati sul territorio debbano essere identificati, tramite registrazione anagrafica delle generalità dichiarate e foto-segnalati dalle autorità di pubblica sicurezza;
in caso di dubbio circa la maggiore o minore età dichiarata dai migranti, attualmente non viene chiesta e data la possibilità di produrre documenti anagrafici attestanti l'età dichiarata né viene attivato il contatto con le autorità consolari competenti (qualora il migrante non sia anche solo potenzialmente un richiedente asilo), ma si preferisce direttamente sottoporre il migrante ad esami medici, nonostante ampia letteratura medica riconosca che non è in alcun modo possibile stabilire con certezza l'età anagrafica di una persona attraverso esami medici. L'esame radiografico del polso si conferma come lo strumento maggiormente utilizzato, non tanto per la sua efficacia, quanto per il suo basso costo e la rapidità nell'ottenerne l'esito;
la normativa e le prassi sul territorio nazionale sono dunque disomogenee per quanto riguarda la durata della procedura di identificazione, la presenza di mediatori culturali e la modalità utilizzata per accertare l'età dichiarata dai migranti;
il rischio del verificarsi di casi di erronea identificazione di minori non accompagnati come maggiorenni è più alto quando le organizzazioni umanitarie non hanno la possibilità di incontrare i migranti prima che vengano adottati nei loro confronti provvedimenti (quali il rimpatrio), circostanza che accade quasi sistematicamente in occasione di arrivi via mare di migranti egiziani e tunisini;
procura, inoltre, fondato allarme la situazione generale all'interno dei centri per migranti, che versano in una condizione di totale sovraffollamento e promiscuità, a causa della quale non vi è la possibilità di isolare i presunti minori in attesa di trasferimento dagli adulti;
tale situazione comporta notevoli e preoccupanti risvolti non solo per le condizioni igienico-sanitarie dei centri, ma anche per i profili psicologici, posto che ammassare in condizione inumana i migranti genera un alto livello di tensione che ha fatto registrare negli ultimi mesi gravi episodi di violenza;
nel tentativo di uniformare le procedure per l'accertamento dell'età utilizzate sul territorio nazionale, nel 2009, a livello interministeriale, è stato prodotto il cosiddetto Protocollo Ascone, che prevede un approccio multidisciplinare in caso di accertamento medico dell'età, il cui contenuto è però rimasto purtroppo, ad oggi, disatteso non essendo state individuate sui territori regionali le strutture che potrebbero svolgere tali esami, né è stata condivisa la garanzia di copertura economica degli stessi;
la normativa italiana già prevede che i minori non accompagnati non possono essere espulsi e devono essere collocati in un luogo sicuro. Tuttavia, a livello nazionale si rilevano prassi diverse rispetto al soggetto istituzionale che provvede all'individuazione dei posti in accoglienza e al collocamento dei minori non accompagnati in comunità. Inoltre, al fine di individuare i posti disponibili in accoglienza, le autorità che devono provvedere al collocamento in luogo sicuro sono costrette a ricercare un contatto con le comunità di accoglienza, spesso senza neanche disporre di un loro recapito telefonico;
nonostante nel corso del 2011, durante la cosiddetta emergenza nord Africa, sia stata per la prima volta positivamente sperimentata la possibilità di collocare i minori non accompagnati in comuni e regioni diverse da quelle di sbarco o rintraccio, la ricerca dei posti per l'accoglienza si svolge perlopiù nell'ambito del distretto o, eventualmente, della regione di sbarco o rintraccio, piuttosto che a livello nazionale, anche a causa dell'incertezza rispetto al soggetto istituzionale competente a sostenere i costi della trasferta;
in questo momento è in discussione presso le competenti Commissioni parlamentari una proposta di legge (A.C. 1658) di matrice trasversale a quasi tutte le componenti politiche, che affronta in maniera corposa la regolamentazione dei minori stranieri non accompagnati, della quale si auspica una celere discussione al fine di disciplinare quanto prima la materia;
l'articolo 23, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi connessi al superamento dell'emergenza umanitaria e consentire nel 2012 una gestione ordinaria dell'accoglienza. Il Fondo, dotato per l'anno finanziario 2013 di venti milioni di euro, costituisce uno strumento per capitalizzare le metodologie e le procedure elaborate ed utilizzate in occasione della cosiddetta emergenza nord Africa, al fine di stabilizzare un sistema più efficace ed efficiente di accoglienza dei minori non accompagnati in situazioni ordinarie. Esso risponde, inoltre, all'impegno assunto dal Governo in sede di Conferenza unificata (riunione del 30 marzo 2011) di individuare risorse stabili e pluriennali destinate al sostegno dell'accoglienza dei minori nelle comunità attraverso i comuni;
una soluzione condivisibile sarebbe quella di inserire anche nel nostro ordinamento l'affidamento familiare internazionale, non regolamentato dalla normativa italiana. Negli ultimi anni si è, infatti, assistito al fenomeno dei cosiddetti «soggiorni climatici», periodi più o meno lunghi di permanenza nel nostro Paese di minori stranieri presso famiglie ospitanti. Di fatto, queste ipotesi, con il tempo, si sono trasformate in percorsi alternativi alle consuete procedure da seguire per arrivare all'adozione di un bambino, sfruttando le disposizioni normative che consentono l'adozione in deroga alle condizioni stabilite dalla legge quando si sia stabilita con lo stesso una relazione affettiva che, ove interrotta, potrebbe portare a conseguenze negative per il suo sviluppo psico-fisico;
il Comitato Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ha specificato che «gli Stati devono assicurare che i bambini separati e non accompagnati abbiano una qualità di vita adeguata al loro sviluppo fisico, mentale, spirituale e morale. Come sancito dall'articolo 27(2) della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, gli Stati dovranno provvedere all'assistenza materiale e predisporre programmi di sostegno, in particolare per quanto riguarda la nutrizione, il vestiario e l'abitazione»,
impegna il Governo:
in accordo con i principi e le disposizioni della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (soprattutto gli articoli 2, 3, 22 e 37), e con il rispetto dei bambini, richiedenti o meno asilo, a porre in essere tutte le opportune iniziative atte a creare sufficienti centri speciali di accoglienza riservati ai minori non accompagnati, con particolare attenzione per quelli che sono stati vittime di traffico e/o sfruttamento sessuale;
ad assicurare, anche con le opportune iniziative normative, che la permanenza in questi centri sia per il minore più breve possibile e che l'accesso all'istruzione e alla sanità sia garantito durante e dopo la permanenza nei centri di accoglienza;
ad assicurare per il minore straniero non accompagnato l'espletamento di una procedura di accertamento dell'identità certa e uniforme su tutto il territorio nazionale, registrata nelle banche dati degli organi competenti alla gestione delle presenze dei minori stranieri;
a porre in essere iniziative di formazione ad hoc per il personale (militare e non) impiegato presso i luoghi più strategici per i flussi migratori, come porti e frontiere, in collaborazione con il personale delle organizzazioni non governative accreditate;
ad adottare, il prima possibile, una procedura armonizzata nell'interesse superiore del bambino per trattare con minori non accompagnati sull'intero territorio nazionale;
ad assicurare che sia previsto il rimpatrio assistito quando ciò corrisponde al superiore interesse dei bambini, e che sia garantita a questi stessi bambini l'assistenza per tutto il periodo successivo;
a porre in essere tutte le opportune iniziative volte alla creazione, con l'intervento del Ministero degli affari esteri ed in collaborazione con le organizzazioni non governative accreditate, di percorsi di emigrazione assistiti per quei minori non accompagnati che transitano attraverso l'Italia, manifestando l'intenzione di raggiungere altri Paesi europei dove hanno residenza i loro familiari, al fine di porre in essere gli opportuni controlli che in tal senso eviterebbero a questi minori viaggi rischiosissimi e l'incertezza del futuro;
a condividere con il Parlamento quanto prima un'agenda europea per il semestre di Presidenza italiana che ponga, come prioritario punto, una collaborazione concreta in merito alla condivisione delle risorse finanziarie, alle operazioni di salvataggio e sicurezza, ai percorsi di emigrazione assistiti e agli strumenti normativi comuni, anche mediante appositi accordi con i Paesi del nord Africa, al fine di dare adeguata assistenza ai minori stranieri non accompagnati;
ad intraprendere tutte le opportune iniziative per agevolare l'inserimento nel nostro ordinamento dell'istituto dell'affidamento familiare internazionale e per creare, quanto prima, le migliori condizioni per garantire ai minori stranieri il rispetto del diritto a vivere e crescere in una famiglia.
(1-00497) «Palese, Centemero, Carfagna».
La Camera,
premesso che:
ogni anno, secondo le statistiche ufficiali, arrivano in Italia circa 7.000 minori stranieri soli, lontani dalla famiglia e senza adulti di riferimento, ma questa cifra è da ritenersi sottostimata, in quanto si riferisce ai soli minori non accompagnati identificati, mentre esiste un numero non quantificabile di minori non identificati;
nell'ambito delle migrazioni, essi rappresentano un gruppo particolarmente vulnerabile, infatti, i minori stranieri hanno alle spalle viaggi che talvolta sono durati anni e arrivano in Italia dopo aver vissuto anche violenze di ogni tipo e con il problema di dover restituire il denaro che si sono fatti prestare per il viaggio e questa diventa occasione per diventare preda dei circuiti di illegalità, soprattutto quando non si attiva, fin dal loro arrivo, una rete coordinata di protezione e di sostegno efficace ed efficiente;
i minori stranieri, anche se entrati regolarmente in Italia, sono titolari di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata in Italia e resa esecutiva con la legge n. 176 del 1991, che stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto, come considerazione preminente, il superiore interesse del minore, (principio del «superiore interesse del minore») e che i principi da essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazioni (principio di «non discriminazione»);
la Convenzione sui diritti del fanciullo riconosce a tutti i minori un'ampia serie di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione, all'unità famigliare, alla tutela dallo sfruttamento e alla partecipazione;
l'Italia ha anche provveduto a ratificare e rendere esecutiva, con la legge 20 marzo 2003, n. 77, la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli di Strasburgo del 25 gennaio 1996;
negli ultimi anni, il flusso maggiore di minori stranieri non accompagnati ha riguardato in particolare quelli provenienti dall'Afghanistan, dal Bangladesh, dall'Egitto, dalla Tunisia, dalla Nigeria, dalla Somalia e dall'Eritrea e, in questi ultimi mesi, anche dalla Siria;
si tratta soprattutto di adolescenti tra i 15 e i 17 anni di età, prevalentemente maschi, ma si registrano anche ragazzi e ragazze di 13-14 anni; le ragazze, in particolare, provengono dalla Nigeria. Secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili forniti dal Ministero dell'interno ai partner del progetto Praesidium (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, Save the Children e Croce Rossa), aggiornati al 6 settembre 2013, nei primi otto mesi del 2013 sono giunti via mare in Italia 4.050 minori, per la maggior parte non accompagnati;
un altro dato utile a comprendere l'entità di questo fenomeno riguarda il numero dei minori non accompagnati che arrivano sulle coste italiane in modo più visibile, ovvero, via mare (con i cosiddetti «sbarchi»); ogni anno, secondo le statistiche ufficiali, sono in media circa 2.000, pari al 10-15 per cento dei migranti in arrivo via mare. Anche in questo caso i minori non accompagnati rischiano la propria vita, come hanno purtroppo dimostrato i naufragi che si sono verificati al largo delle coste di Lampedusa e del Salento;
nel 2012 sono stati 13.267 i migranti arrivati via mare lungo le coste italiane, di cui la maggior parte in Sicilia (6.444) e, in particolare, sull'isola di Lampedusa (5.034). Le donne sono state 1.136 e i minori 2.279, di cui 1.999 non accompagnati;
secondo i dati ufficiali dall'inizio del 2013 al giorno 8 luglio 2013, risultano essere arrivati via mare sulle coste italiane 9.070 migranti, di cui 799 donne e 1.424 minori, per la maggior parte (1.257) non accompagnati. Nello stesso periodo del 2012 gli arrivi via mare erano stati circa la metà sia complessivamente (4.515), che di donne (322) e minori (776, di cui 628 non accompagnati);
sulla base di segnalazioni provenienti dalle comunità, sono circa 1400 i minori non accompagnati che sarebbero irreperibili, in particolare si tratta di minori afgani, egiziani e somali;
le regioni dove si segnala la presenza del più alto numero di minori irreperibili sono la Sicilia, la Puglia e la Calabria;
nonostante il notevole afflusso di minori stranieri non accompagnati, l'Italia continua ad affrontare l'accoglienza di questi minori stranieri in termini di emergenza, senza aver proceduto ad una chiara definizione di competenze e di responsabilità degli attori coinvolti. Esistono in Italia esperienze di eccellenza nell'accoglienza dei minori migranti ma, nonostante l'impegno di molti sia all'interno delle istituzioni che nelle reti associative e di volontariato, ancora oggi i diritti essenziali dei minori stranieri non accompagnati non sono sempre rispettati: dal diritto al riconoscimento della minore età a quello ad un'accoglienza decorosa, dal diritto alla nomina di un tutore alla possibilità di essere ascoltati nelle scelte che li riguardano;
le associazioni impegnate nella protezione dei minori stranieri non accompagnati hanno accumulato un'esperienza diretta che ha consentito loro di rilevare fondamentali carenze e disfunzioni nell'accoglienza e nella protezione di questi minori;
le carenze e disfunzioni devono essere affrontate in tempi rapidi con l'adozione di una disciplina organica in materia e un'omogenea applicazione delle norme che garantiscano uguali tutele in tutto il territorio nazionale;
la stessa Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, a seguito di un'indagine conoscitiva, aveva approvato, il 21 aprile 2009, una risoluzione avente ad oggetto i minori stranieri non accompagnati che conteneva alcuni importanti impegni per il Governo, riferiti direttamente alla necessità di sciogliere i maggiori nodi critici emersi dalle prime risultanze dell'indagine;
in particolare, l'indagine conoscitiva aveva evidenziato una situazione di notevole gravità sociale relativamente ai fenomeni riscontrati, imponendo alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza l'urgenza di individuare al più presto strumenti immediati atti a garantire un'efficace tutela di questi minori, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse alla loro incerta sorte e alla prevaricazione dei loro più elementari diritti di soggetti deboli;
è necessario, quindi, definire un sistema stabile di accoglienza, con regole certe, volto a garantire pari condizioni di accesso a tutti i minori stranieri non accompagnati, maggiore stabilità e qualità nella rete di accoglienza, ottimizzazione delle risorse pubbliche, dal momento che è noto che, nelle fasi di emergenza, cresce anche la spesa e diviene più difficile garantire efficienza e trasparenza;
appaiono improcrastinabili tra l'altro:
a) la necessità di uniformare le procedure di identificazione e di accertamento dell'età;
b) l'istituzione di un sistema nazionale di accoglienza, con un numero adeguato di posti e con standard qualitativi garantiti;
c) l'attivazione di una banca dati nazionale per disciplinare l'invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni, sulla base delle disponibilità di posti e di eventuali necessità e bisogni specifici degli stessi minori;
d) la continuità e certezza del finanziamento di un fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni e che sia una delle voci del Fondo nazionale per le politiche sociali;
e) la partecipazione attiva e diretta dei minori stranieri non accompagnati a tutti i procedimenti che li riguardano, nel rispetto dei principi della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, resa esecutiva dalla legge n. 176 del 1991;
f) la promozione della presa in carico e di un sostegno continuativo dei minori stranieri in condizioni di particolare vulnerabilità, quali, ad esempio, quelli vittime di tratta e di sfruttamento, richiedenti asilo e altri;
g) il sostegno organico all'integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei minori stranieri non accompagnati anche vicini al compimento della maggiore età;
h) il coinvolgimento attivo delle comunità nell'accoglienza e nell'integrazione dei minori stranieri non accompagnati, sviluppando l'affido familiare come alternativa alla comunità e la figura dei tutori volontari in rete con i garanti per l'infanzia e l'adolescenza,
impegna il Governo:
a superare l'approccio emergenziale alla questione dei minori stranieri non accompagnati, anche attraverso un'iniziativa normativa che affronti organicamente la questione dei minori non accompagnati e che preveda in particolare:
a) un sistema di protezione per tutti i minori, colmando le lacune che l'acuirsi del fenomeno migratorio dei minori ha evidenziato, rafforzando il sistema di tutela dei diritti e rispondendo agli specifici bisogni dei minori migranti;
b) l'applicazione della definizione di minori stranieri non accompagnati anche ai minori richiedenti protezione internazionale, in linea con la risoluzione n. 97/C 211/03 del Consiglio del 26 giugno 1997 in materia, minori finora non considerati di competenza del Comitato per i minori stranieri, le cui funzioni sono state recentemente trasferite alla direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
c) il divieto del respingimento alla frontiera dei minori non accompagnati, prevedendolo esclusivamente nei casi in cui sia nel loro superiore interesse e sia finalizzato al riaffidamento ai familiari;
d) le modalità di contatto e di informazione nei riguardi dei minori stranieri non accompagnati, presso i valichi di frontiera, garantendo l'accesso alle organizzazioni di tutela anche ai presunti minori prima della loro identificazione e assicurando, inoltre, a tutti i presunti minori un servizio di prima assistenza, che faccia fronte, anche prima dell'identificazione, ai bisogni primari degli stessi, nonché il collocamento in una struttura adeguata nelle more della definizione delle operazioni di identificazione;
e) l'armonizzazione del sistema delle segnalazioni della presenza di un minore nel territorio, affinché gli uffici di frontiera segnalino, al pari dei pubblici ufficiali, la presenza di minori stranieri non accompagnati alle autorità competenti, tra cui il tribunale per i minorenni, chiamato ad adottare opportuni provvedimenti temporanei nell'interesse dello stesso minore;
f) una procedura di identificazione omogenea sul territorio ed adatta all'età del presunto minore, che: in particolare, si basi su un approfondito colloquio personale e che, in caso di dubbio sull'età, consenta di esperire ogni opportuno tentativo di identificare la persona senza ricorrere a procedure mediche; preveda che le eventuali procedure mediche possano essere disposte dall'autorità giudiziaria solo come extrema ratio e, in tal caso, che il presunto minore sia sempre informato e acconsenta a sottoporsi agli esami medici, così come la persona che esercita i poteri tutelari sullo stesso; preveda che l'accertamento dell'età avvenga secondo un approccio multidisciplinare; stabilisca che il referto medico riporti un range di età, non potendo, come gli studi scientifici dimostrano, l'età essere determinata esattamente attraverso nessun esame medico, né tantomeno attraverso un insieme di esami medici; preveda che la pubblica autorità emetta un provvedimento di attribuzione dell'età, ricorribile al pari degli altri provvedimenti amministrativi o giudiziali, sancendo il principio, già richiamato da atti amministrativi, della presunzione della minore età in caso permangano dubbi anche dopo gli accertamenti medici, in linea con quanto già disposto in tal senso dalle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988 in materia di procedimento penale a carico di imputati minorenni;
g) l'attivazione di indagini famigliari non solo in Italia, ma anche in altri Paesi europei o in Paesi terzi, stabilendo che l'affidamento a familiari idonei sia sempre preferito al collocamento in comunità;
h) la promozione dell'istituto dell'affidamento familiare di cui alla legge n. 184 del 1983 anche per i minori non accompagnati;
i) la disciplina dell'istituto del rimpatrio assistito, spostando la competenza all'adozione del provvedimento dalla direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al tribunale per i minorenni, che è l'organo a cui la Costituzione assegna istituzionalmente il compito di promuovere e di tutelare il superiore interesse dei minori;
l) che il minore straniero non accompagnato sia dotato di una «storia personale» nel territorio italiano, per permettere a ogni operatore che entra in contatto con lo stesso di prendere decisioni in linea con il percorso già fatto e per evitare di sottoporre il minore a procedure alle quali è già stato sottoposto, fatta salva comunque la tutela espressa dalla normativa in vigore sulla privacy;
m) la disciplina organica del rilascio del permesso di soggiorno per i minori, che può essere concesso anche prima della nomina formale del tutore e che deve essere rilasciato «per motivi familiari» quando il minore non è collocato in una casa-famiglia, ma è affidato a un cittadino italiano o straniero, abrogando contestualmente il permesso di soggiorno previsto per i progetti di integrazione sociale e civile gestiti da un ente pubblico o privato, istituito dall'articolo 25 della legge n. 189 del 2002;
n) l'adozione di una disciplina organica e omogenea che garantisca uguali tutele su tutto il territorio nazionale, definendo, al contempo, un sistema stabile di accoglienza con regole certe, volto a garantire: condizioni di accesso a tutti i minori stranieri non accompagnati; stabilità e qualità nelle rete di accoglienza; ottimizzazione delle risorse pubbliche;
o) l'istituzione di elenchi di tutori volontari presso ogni tribunale ordinario, al fine di scongiurare la cattiva prassi segnalata da diversi territori di un tutore che ha in carico decine di minori stranieri non accompagnati;
p) l'istituzione del sistema nazionale di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati, finalizzando il sistema medesimo a garantire per ogni minore una valutazione approfondita in merito al luogo dove può essere collocato, facendo sì che le strutture deputate all'accoglienza prevedano servizi specifici rispondenti ai bisogni precipui dei minori non accompagnati;
q) lo snellimento degli adempimenti e l'indicazione di tempi certi della pubblica amministrazione nel rilascio del parere necessario alla conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età;
r) il recepimento dell'accordo Stato-regioni che prevede l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale anche per i minori privi di permesso di soggiorno, stabilendo procedure operative per l'attuazione di tale misura;
s) misure per favorire l'esercizio del diritto all'istruzione per i minori non accompagnati, prevedendo che possano conseguire il titolo di studi, anche quando sono divenuti maggiorenni nelle more del percorso di istruzione, nonché per sostenere accordi tesi alla promozione dell'apprendistato;
t) anche per i minori stranieri non accompagnati, un sistema di giustizia child friendly, come raccomandato dalle linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 17 novembre 2010, al fine di promuovere una partecipazione attiva degli stessi minori in tutti i procedimenti giurisdizionali e amministrativi che li riguardano;
u) il rafforzamento del sistema di protezione per i minori stranieri non accompagnati maggiormente vulnerabili, vittime di tratta, richiedenti protezione internazionale e minori coinvolti in attività illecite, per i quali prevedere misure specifiche di tutela, in relazione all'accoglienza, che è garantita anche ai minori autori di reato che partecipano attivamente a un percorso di reinserimento sociale, ai servizi offerti e ai procedimenti giudiziari e amministrativi che li riguardano;
v) la promozione dell'intervento in giudizio delle associazioni di tutela, anche per l'annullamento di atti illegittimi che riguardano minori stranieri non accompagnati;
z) la costituzione di un tavolo tecnico avente finalità di indirizzo delle politiche di protezione e tutela dei minori stranieri non accompagnati, composto da rappresentanti di tutte le autorità interessate, nonché da rappresentanti delle organizzazioni di tutela e delle comunità di accoglienza;
aa) la promozione della cooperazione internazionale ed europea al fine di armonizzare i sistemi di protezione dei minori stranieri non accompagnati nei diversi Stati di origine, di transito e di destinazione;
bb) l'incremento in maniera sostanziale del Fondo nazionale per i minori stranieri non accompagnati oggi finanziato con risorse insufficienti e soggette a spending review.
(1-00498) «Dall'Osso, Lupo, Sorial, Silvia Giordano, Mantero, Cecconi, Baroni, Di Vita, Grillo, Lorefice».
La Camera,
premesso che:
con il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», si disciplinano, tra l'altro, le modalità di soggiorno dei minori stranieri sul territorio dello Stato;
tra le norme vigenti nell'ordinamento italiano si prevede che i minori non accompagnati che arrivano nel territorio nazionale vengano accolti nei centri di primo soccorso e accoglienza, identificati e lì ospitati non oltre 48 ore e destinati poi a strutture di accoglienza;
il quadro normativo di riferimento per la tutela dei diritti dei minori è costituito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176;
nell'ambito delle migrazioni, i minori stranieri non accompagnati rappresentano un gruppo particolarmente vulnerabile. Essi hanno alle spalle viaggi talvolta di anni, arrivano in Italia spesso dopo aver vissuto violenze di ogni tipo e con il problema di dover restituire il denaro prestato loro per il viaggio. Possono essere – e purtroppo sono – facile preda dei circuiti di illegalità, soprattutto se non si attiva, fin dal momento del loro arrivo, una rete coordinata di protezione e di sostegno;
da molti anni l'Italia affronta l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati in termini di emergenza, senza una chiara definizione di competenze e di responsabilità degli attori coinvolti. Esistono in Italia esperienze di eccellenza nell'accoglienza dei minori migranti, ma, nonostante l'impegno di molti sia all'interno delle istituzioni che nelle reti associative e di volontariato, ancora oggi i diritti essenziali dei minori stranieri non accompagnati non sono sempre rispettati: dal diritto al riconoscimento della minore età a quello ad un'accoglienza decorosa, dal diritto alla nomina di un tutore alla possibilità di essere ascoltati nelle scelte che li riguardano;
secondo i dati del Ministero dell'interno, dal 1o gennaio 2014 al 31 maggio 2014 sono stati 41.243 i migranti arrivati via mare, per la maggior parte eritrei (13.002), siriani (6.620) e maliani (4.314); i minori arrivati sono stati 6.722, di cui 4.598 non accompagnati, per la maggior parte di nazionalità eritrea (1.709), somala (679) ed egiziana (516), e 2.124 accompagnati, per la maggior parte siriani (1.542) ed eritrei (206);
ancora nell'aprile 2009 la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, a seguito di un'indagine conoscitiva, aveva approvato una risoluzione avente ad oggetto i minori stranieri non accompagnati che conteneva alcuni importanti impegni per il Governo, riferiti direttamente alla necessità di sciogliere i maggiori nodi critici emersi dalle prime risultanze dell'indagine. In particolare, l'indagine conoscitiva aveva evidenziato una situazione di notevole gravità sociale relativamente ai fenomeni riscontrati, imponendo alla Commissione l'urgenza di individuare al più presto strumenti immediati atti a garantire un'efficace tutela di questi minori, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse alla loro incerta sorte e alla prevaricazione dei loro più elementari diritti di soggetti deboli;
il 12 giugno 2014 il Senato della Repubblica ha approvato la mozione «Mare nostrum», nella quale si evidenzia che lo scenario internazionale non fa presagire alcun rallentamento dei flussi migratori nel Mediterraneo. Lo stesso Ministro dell'interno, nel corso dell'audizione del 28 maggio 2014 al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, ha asserito che, al netto della doverosa cautela derivante dalla variabilità dei fattori che possono incidere sulla dimensione quantitativa dei flussi migratori, «è un dato di fatto che, con l'accentuarsi dell'instabilità politica del Nord Africa e della situazione di frammentarietà che ha caratterizzato le condizioni della Libia, ancora priva di un interlocutore di Governo affidabile, i fattori di pushing immigration restano attestati su valori molto alti». È ragionevole, pertanto, prevedere che, per il 2014, il trend degli sbarchi continui ad essere in forte crescita e che proseguano, pertanto, le gravissime difficoltà di gestione, come confermato, del resto, dal salvataggio di circa 5.000 migranti avvenuto soltanto nelle ultime settimane;
la stessa rilevazione di dati precisi è di difficile effettuazione, stante l'impossibilità di censire con celerità soprattutto i minori stranieri non accompagnati che giungono sul territorio italiano e di cui spesso si perdono le tracce;
l'ultimo rapporto (il quinto) relativo agli anni 2011-2012 sui minori stranieri non accompagnati, che l'Anci ha commissionato nel 2014 a Cittaitalia, rivela che i minori stranieri non accompagnati in Italia, il cui numero è in continua crescita, costituisce un'ennesima «emergenza», che ancora una volta costringe a inseguire la realtà dei bisogni immediati delle persone da accogliere, con il rischio di allontanare sine die il tempo della programmazione strategica e dell'articolazione di strumenti di carattere ordinario che favoriscano i processi di accoglienza e integrazione;
il rapporto rileva che i Paesi di provenienza sono più eterogenei, con una netta diminuzione degli arrivi da altri Paesi europei, mentre è in crescita la componente di minori in arrivo dal continente africano, ma anche da Bangladesh e Afghanistan. Conseguentemente, è cresciuto significativamente il numero di minori richiedenti asilo, che nell'indagine risulta essere pari a quasi il 17 per cento dei minori stranieri soli contattati o presi in carico dagli enti locali. Analizzando nel loro complesso tutti questi elementi, appare piuttosto evidente che si vada profilando, sempre più, una realtà nella quale i minori non accompagnati rappresentano una componente del più vasto fenomeno migratorio, ma, più specificamente, della migrazione di categorie particolarmente vulnerabili;
la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha più volte denunciato la condizione dei minori stranieri non accompagnati nel territorio italiano e ha raccolto elementi di grave allarme sociale legati alla pericolosità dell'azione della microcriminalità e delle organizzazioni mafiose, con particolare riferimento alla prostituzione minorile e al lavoro nero;
tra le proposte avanzate nel documento della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza adottato nella XVI legislatura vi sono: la creazione di una task force in grado di procedere tempestivamente all'identificazione dei minori stranieri non accompagnati; l'espletamento di una procedura certa e uniforme di identificazione; la promozione di collaborazioni bilaterali tra l'Italia e i Paesi di provenienza; il rifinanziamento del programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati gestito dall'Anci; l'attivazione di procedura di affidamento familiare temporaneo secondo le norme previste in materia dall'ordinamento;
il rapporto dell'Anci riporta che nel biennio 2011-2012 i minori stranieri non accompagnati contattati o presi in carico sono stati nel 54,9 per cento dei casi accompagnati ai servizi dalle forze dell'ordine, il 15,6 per cento circa da parenti, poco meno del 5 per cento da connazionali, mentre quasi il 9 per cento si presenta autonomamente. Se si guarda, invece, ai dati in riferimento alle regioni si registrano in Veneto (69,6 per cento), Friuli-Venezia Giulia (66,7 per cento), Lazio (63 per cento) e Sicilia (61,7 per cento) le percentuali più alte di minori portati ai servizi dalle forze dell'ordine. Mentre la percentuale più alta di minori che si recano ai servizi insieme ai parenti si registra in Piemonte con il 41 per cento, seguito dalla Toscana con il 33,3 per cento, mentre in Basilicata con il 33,3 per cento si concentra la più alta percentuale di minori segnalati ai servizi da parte della procura o del tribunale. È da sottolineare il fatto che nel 2011 il numero dei minori stranieri non accompagnati, contattati o presi in carico dai servizi sociali dei comuni è cresciuto rispetto al 2010 (+100,5 per cento), rimanendo pressoché stabile l'anno successivo. Un incremento che ha comportato l'attivazione di interventi, attività e servizi a favore di 9.197 minori nel 2011 e di 9.104 nel 2012. Rispetto agli anni precedenti, inoltre, nel corso dei quali la quota più alta di minori presi in carico si trovava nel Centro-Nord, nel 2012, invece, questa si concentra nel Centro-Sud dove si trova il 71 per cento dei giovani stranieri seguiti dai servizi sociali territoriali. Nello specifico nelle quattro regioni di Lazio (35,1 per cento per cento del totale, con 3.192 minori contro gli 892 del 2010), Puglia (12 per cento, da 422 a 1.089), Sicilia (11,7 per cento, da 301 a 1.061) ed Emilia-Romagna (10 per cento, da 783 a 914 minori) si è registrata la più elevata percentuale di minori presi in carico nel 2012;
secondo la stima di Save the children e i dati parziali forniti dalle autorità competenti, dal 1o giugno 2014 al 10 giugno 2014 sono arrivati via mare circa 11.312 migranti, per la maggior parte eritrei, siriani e sub sahariani, di cui almeno 813 donne e 1.315 minori (608 accompagnati e circa 707 non accompagnati);
complessivamente, dunque, dall'inizio del 2014 al 10 giugno 2014 sono almeno 52.500 i migranti arrivati via mare, di cui almeno 8.000 minori, per la maggior parte (almeno 5.300) non accompagnati;
al 3 giugno 2014 i minori non accompagnati in attesa di accoglienza erano 557, di cui 94 in centri per adulti (la maggior parte presso il centro di primo soccorso e accoglienza di Pozzallo) e gli altri 463 in strutture adibite alla prima accoglienza dei minori nella provincia di Siracusa;
nel maggio 2014 il presidente della Commissione regionale antimafia siciliana, Nello Musumeci, ha lanciato un gravissimo allarme relativo alla fuga dai centri di prima accoglienza dell'isola di 1.030 minori immigrati, che rischiano di cadere nella rete della criminalità. Secondo il presidente «i ragazzi e le ragazze, quasi tutti in età adolescenziale, dopo aver vagato nei primi giorni per centri abitati e campagne, finiscono quasi sempre nelle mani di spregiudicati, non solo loro connazionali, dediti allo sfruttamento della prostituzione, allo spaccio di droga o al lavoro stagionale nei campi agricoli, vittime del caporalato». «Il dato – spiega Musumeci – è quello ufficiale trasmesso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e si riferisce ai minori non accompagnati sbarcati negli ultimi mesi sulle nostre coste e non identificati in tempo o registrati con false generalità, quasi sempre senza neppure essere sottoposti a visita medica». «Si rendono irreperibili subito dopo l'accesso al centro di prima accoglienza e della loro sorte non si saprà mai nulla». Secondo Musumeci, «solo una minima percentuale dei minori allontanatisi attraversa lo Stretto per tentare di raggiungere i genitori in altre parti della penisola. Il resto degli immigrati è condannato in Sicilia ad una vita di stenti, sfruttamenti ed espedienti»,
impegna il Governo:
a ricercare una soluzione che non sia di tipo emergenziale ma affronti in maniera organica – anche sul piano normativo – il problema dei minori stranieri non accompagnati, nel rispetto delle norme internazionali, quali la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, che vincola i Paesi sottoscrittori, tra l'altro, a riconoscere il diritto di non discriminazione (articolo 2), ad adottare ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono e di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale (articolo 19), a riconoscere il diritto dei fanciulli ad ottenere il più alto standard possibile di cure mediche, protezione sociale ed istruzione (articoli 20, 28 e 29) e ad assicurare il diritto di protezione (articoli 19, 22, 30, 38);
ad assumere iniziative per approvare al più presto una normativa organica sul tema dei minori stranieri non accompagnati;
ad uniformare le procedure di identificazione e di accertamento dell'età, ad istituire un sistema nazionale di accoglienza ampliando il numero di posti previsti dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e ad attivare una banca dati nazionale per disciplinare l'invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni, sulla base delle disponibilità di posti e di eventuali necessità e bisogni specifici degli stessi minori;
ad assumere iniziative per prevedere, comunque, la continuità del finanziamento di un fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni;
a prevedere la partecipazione attiva e diretta dei minori stranieri non accompagnati a tutti i procedimenti che li riguardano, nel rispetto dei principi della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
a favorire la promozione della presa in carico e di un sostegno continuativo dei minori stranieri in condizioni di particolare vulnerabilità (vittime di tratta e di sfruttamento, richiedenti asilo e altri) ed il sostegno organico all'integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei minori stranieri non accompagnati, anche vicini al compimento della maggiore età;
ad incentivare il coinvolgimento attivo delle comunità nell'accoglienza e nell'integrazione dei minori stranieri non accompagnati, sviluppando l'affido familiare come alternativa alla comunità e la figura dei «tutori volontari» in rete con i garanti per l'infanzia e l'adolescenza;
a favorire le attività per il ricongiungimento dei minori con i loro genitori allorquando giunti sul territorio italiano;
a sostenere a livello europeo, in particolare con l'avvio del semestre di presidenza italiano dell'Unione europea, la predisposizione di un piano europeo di accoglienza e inserimento nei diversi Paesi di destinazione di migranti, richiedenti asilo e protezione, nonché di trasporto sicuro nella traversata del Mediterraneo e poi nel raggiungimento delle destinazioni finali spesso diverse dall'Italia, anche attraverso la revisione delle norme del regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III), con particolare riguardo ai minori stranieri non accompagnati, che prevede a possibilità di trasferimento dei minori presso parenti (non solo genitori) residenti in altri Paesi;
a prevedere, per quanto di competenza, misure stringenti di controllo e di accelerazione delle operazioni di prima identificazione dei minori stranieri non accompagnati, al fine di impedire che tali minori, resi «invisibili», finiscano nelle mani della criminalità organizzata o nella tratta di esseri umani.
(1-00501) «Zampa, Iori, Patriarca, La Marca, Scuvera, D'Incecco, Marco Di Maio, Gasparini, Antezza, Grassi, Albini, Miotto, Quartapelle Procopio, Piccione, Tidei, Capone, Amoddio, Paola Bragantini, Roberta Agostini, Chaouki, Carnevali, Beni, Zanin, Zappulla, Carra, Fabbri».
La Camera,
premesso che:
l'eccezionale afflusso di migranti sul territorio nazionale, con sbarchi ormai quotidiani sulle coste, principalmente siciliane (sono oltre 50 mila le persone sbarcate dall'inizio del 2014), porta nel nostro Paese migliaia di persone disperate, il 73 per cento delle quali ha diritto a fare richiesta di asilo secondo la Convenzione di Ginevra, oltre che secondo la Costituzione e le leggi italiane. La gran parte di essi sono profughi, sono rifugiati, sono persone che scappano da guerre, persecuzioni e sono donne che sono state vittime di abusi;
tra questi migranti, moltissimi sono minori e di questi una buona parte sono minori non accompagnati;
in base alla legislazione nazionale per «minori stranieri non accompagnati» si intendono i minorenni non aventi cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo politico, si ritrovano per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privi d'assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o d'altri adulti per loro legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano. In tale definizione rientrano sia i minori soli che quelli che vivono con adulti diversi dai genitori che non ne siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale;
secondo i dati delle Nazioni Unite, nel 2013 i migranti nel mondo sono stati 232 milioni di persone, pari al 3,2 per cento della popolazione globale, contro 175 milioni nel 2000 e 154 milioni nel 1996;
si calcola che siano 33 milioni i migranti di età inferiore ai 20 anni (il 16 per cento di tutte le persone migranti), di cui 11 milioni hanno un'età compresa tra i 15 e i 19 anni e, all'interno di questo processo migratorio, i minori non accompagnati, negli ultimi anni, sono notevolmente aumentati;
anche nel nostro Paese i minori stranieri, e quelli non accompagnati in particolare, costituiscono una realtà sempre più importante, dalle caratteristiche molto variegate. Ciò comporta anche la difficoltà di quantificare con precisione il fenomeno;
in Italia, secondo i dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel consueto report bimestrale, i minori non accompagnati non richiedenti asilo segnalati alla fine di marzo 2014 erano 7.865, di cui 1.966 irreperibili;
giunto nel nostro Paese, qualora venga individuato o si presenti spontaneamente alle autorità competenti, il minore viene segnalato al Comitato per i minori stranieri (l'organo competente a vigilare sul soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio nazionale, nonché a coordinare le attività delle amministrazioni coinvolte), dotato di un permesso di soggiorno per minore età, come previsto dalla legge, e introdotto nei centri di prima accoglienza per un periodo relativamente breve, previsto per un massimo di quaranta giorni ma che molto spesso si protrae per alcuni mesi;
negli ultimi anni per fronteggiare la situazione di emergenza si è assistito al moltiplicarsi dei cosiddetti «centri informali», centri di prima accoglienza attivati dai prefetti in luoghi – come per esempio palestre e palasport – spesso non adatti a ricevere ed ospitare degnamente e per periodi medio-lunghi un numero consistente di persone;
sotto questo aspetto, il 16 maggio 2014, l'Assemblea della Camera dei deputati ha discusso e votato alcune mozioni concernenti iniziative relative all'operazione Mare Nostrum. Tra queste, è stata approvata la mozione n. 1-00466 del gruppo Sinistra Ecologia Libertà, che impegnava il Governo, tra l'altro, e proprio con riferimento ai minori non accompagnati, ad implementare con la massima priorità il sistema di accoglienza dei sopradetti minori, impedendo che tali soggetti possano essere posti, anche temporaneamente, in «centri informali» di grandi dimensioni, garantendo loro una rete di protezione che preveda tutele particolari riconosciute ai minori a garanzia della loro particolare vulnerabilità;
la situazione dei centri di prima accoglienza per minori non accompagnati è drammatica: sempre più spesso i minori vengono tradotti in strutture di prima accoglienza al collasso e impreparate ad un sostegno specifico. I tempi di trasferimento in comunità idonee ad accogliere i minori sono lunghi e numerose sono le fughe dai sopradetti centri di accoglienza per minori, con la conseguenza che il nostro Paese perde le tracce di gran parte dei minori che sbarcano sulle coste italiane;
è evidente, infatti, come sia estremamente critica la fase del loro primo inserimento nella società civile, che li espone inevitabilmente a gravi rischi di sfruttamento da parte della criminalità, oltre che per la loro stessa incolumità;
qualunque previsione di un rientro del minore straniero nel Paese di origine deve essere valutata sulla base di un attento esame dei fattori di rischio e di accurati accertamenti circa l'identità del minore, la sua rete familiare di riferimento, il suo percorso migratorio e la sicurezza che il minore non cada in circuiti di tratta e sfruttamento;
un minore straniero non accompagnato dovrebbe avere la possibilità di poter restare nel Paese ospite e il permesso di soggiornare temporaneamente nel Paese ospite non dovrebbe essere inteso solo come una procedura amministrativa che può essere interrotta bruscamente quando il minore compie i 18 anni;
il fenomeno per il quale molti minori si allontanano senza lasciare traccia dalle strutture di ospitalità per loro previste impone, di conseguenza, l'individuazione di efficaci strumenti di contrasto alla loro scomparsa e alla tutela dei loro diritti fondamentali. Va sottolineato come una delle ragioni dell'allontanamento di questi giovani dalle comunità che li ospitano è da rinvenirsi anche nelle poche risorse finanziarie assegnate ai comuni e, conseguentemente, ai relativi centri di prima accoglienza;
peraltro, i comuni hanno sempre maggiore difficoltà a far fronte agli oneri derivanti dalla sempre maggiore presenza di minori stranieri non accompagnati sul proprio territorio. Il comune, infatti, per competenza, deve provvedere a collocarli temporaneamente in un luogo sicuro sino a quando non si possa provvedere in modo definitivo alla loro protezione;
si ricorda che l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati – e le relative spese – rientra nella responsabilità dei comuni che, a partire dal 1990, hanno acquisito autonomia statutaria (legge n. 142 del 1990). In questo senso, il Ministero dell'interno si limita a gestire la prima accoglienza fino alla nomina del tutore, mentre i fondi da assegnare per i progetti di accoglienza dei minori vengono stanziati dalle regioni sulla base delle presenze. Per quanto riguarda la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, è la legge n. 328 del 2002 a stabilire che siano i comuni a programmare e realizzare i servizi in accordo con i diversi enti interessati;
l'ente locale è, quindi, il soggetto su cui gravano i costi di queste permanenze e i comuni spendono complessivamente circa 200 milioni di euro l'anno per la gestione del problema;
il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2012;
successivamente, il decreto-legge n. 120 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 137 del 2013, ha stanziato 20 milioni di euro per l'anno 2013. La legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 202, della legge n. 147 del 2013) ha, quindi, provveduto a stanziare ulteriori 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016. Risorse indispensabili ma ancora insufficienti per assicurare effettiva copertura delle spese sostenute dai comuni per l'accoglienza di tutti i minori presenti, senza alcuna distinzione di provenienza, età, periodo o luogo di ingresso sul territorio italiano;
il rapporto dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati del marzo 2014 sull'accertamento dell'età dei minori stranieri non accompagnati segnala criticità diffuse nelle procedure di accertamento dell'età. In particolare, tale rapporto sottolinea come in Italia spesso non sia seguito in via privilegiata, come da accordi internazionali, un approccio olistico multidisciplinare e non invasivo nell'espletamento della procedura. L'assenza di personale qualificato ed indipendente porta a prassi disomogenee sul territorio nazionale e, spesso, ad un utilizzo indiscriminato e non come extrema ratio di esami clinici, come la determinazione del grado di maturazione scheletrica o la valutazione dello sviluppo puberale. Tali esami, non esenti da controindicazioni fisiche e psicologiche per i soggetti che vanno considerati minori fino a prova contraria, sono comunque soggetti ad un margine di errore (recenti studi lo quantificano in due anni superiore o inferiore all'età indicata), che deve essere specificato nel referto medico,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per incrementare e rendere pluriennali le risorse assegnate al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e, più in generale, per aumentare le risorse finanziarie a favore delle regioni e degli enti locali sulla base delle rispettive presenze, per il potenziamento e il miglioramento dei progetti di accoglienza a favore dei minori stranieri non accompagnati;
ad attuare efficaci iniziative, anche normative, al fine di intervenire nella fase del primo inserimento nella società civile dei minori non accompagnati, aiutandoli in una fase che li espone a gravi rischi per la loro incolumità, e a favorirne la loro integrazione, agevolando a tal fine opportune e adeguate forme di affido temporaneo;
a promuovere un più stretto coordinamento tra livello centrale e governi locali e a valorizzare a pieno il potenziale della società civile e dell'associazionismo per l'accoglienza e l'integrazione dei minori stranieri non accompagnati;
a dare soluzione alle difficoltà connesse a procedure e prassi territorialmente eterogenee per quanto riguarda l'identificazione all'arrivo, le tempistiche, le condizioni di accoglienza, i casi di sovraffollamento, il profilo professionale degli operatori e la predisposizione di servizi di mediazione culturale, nonché l'attività informativa riguardo alla possibilità di presentare domanda di asilo;
a mettere in atto, con particolare riferimento ai minori non accompagnati, un più efficace e costante monitoraggio per valutare gli aspetti quantitativi relativamente alle presenze e agli allontanamenti dai centri di prima accoglienza, e verificare gli standard qualitativi dell'accoglienza approfondendo la situazione e il destino dei sopraddetti minori immigrati clandestinamente in Italia, una volta lasciati i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
a farsi promotore, nell'ambito del prossimo semestre di presidenza europea, di una politica di effettiva collaborazione e condivisione riguardo alle politiche europee di accoglienza dei migranti, con particolare riferimento all'assistenza dei minori non accompagnati;
a rendere omogenee nel territorio nazionale le procedure di accertamento dell'età, avendo cura che esse siano portate avanti da personale specializzato ed indipendente, rispettando i principi di presunzione della minore età e di utilizzo di procedure non traumatiche e ricorrendo solo come extrema ratio a procedure mediche invasive;
a dare seguito agli impegni di cui alla mozione n. 1-00466, approvata dalla Camera dei deputati il 16 maggio 2014, relativa all'operazione Mare Nostrum, e in particolare, proprio con riferimento ai minori non accompagnati, a implementare con la massima priorità il sistema di accoglienza dei sopradetti minori, impedendo che tali soggetti possano essere posti, anche temporaneamente, in «centri informali» di grandi dimensioni, garantendo loro una rete di protezione che preveda tutele particolari riconosciute ai minori a garanzia della loro particolare vulnerabilità.
(1-00502) «Palazzotto, Nicchi, Piazzoni, Migliore, Di Salvo, Pilozzi, Kronbichler, Fratoianni, Scotto, Fava, Marcon, Pannarale, Ricciatti, Duranti, Piras, Costantino».
La Camera,
premesso che:
il fenomeno dei minori stranieri affidati ai servizi sociali ha assunto, negli ultimi anni, proporzioni vastissime e incontrollabili, a causa delle massicce ondate migratorie che hanno investito il nostro Paese;
nel mondo industrializzato i problemi dell'infanzia sono spesso connessi all'ondata dei flussi migratori. I minori, sradicati dal proprio ambiente naturale, in condizioni di povertà, diventano facilmente preda di situazioni di violazione dei diritti fondamentali, dallo sfruttamento del lavoro minorile all'accattonaggio, dallo sfruttamento sessuale all'utilizzo a fini di microcriminalità;
per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo, poiché geograficamente protesa verso il mare e, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo, poiché, trovandosi al centro del Mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa, ma anche dal più lontano Medio Oriente. Al di là delle sterili cifre il fenomeno migratorio è progressivamente divenuto più drammatico. L'immigrazione negli ultimi anni ha fatto registrare un aumento esponenziale anche a seguito della cosiddetta «primavera araba», ma soprattutto a causa della rivoluzione economico-sociale che ha sconvolto il mondo negli ultimi venti anni;
il progetto mondialista, rivoluzione economica, politica e sociale che ha conformato il pensiero culturale alle logiche liberiste del mercato, ha scardinato l'identità e le economie di sussistenza (autoproduzione e autoconsumo) su cui le popolazioni del sud del Mondo avevano vissuto, e a volte prosperato, per secoli e millenni privandoli di quel tessuto di solidarietà familiare e comunitaria. In breve, il potere delle risorse prevale sul potere dell'uomo;
basti pensare che ai primi del Novecento l'Africa era alimentarmente autosufficiente. Lo era ancora, in buona sostanza (al 98 per cento), nel 1961. Ma da quando ha cominciato ad essere aggredita dall'integrazione economica le cose sono precipitate. L'autosufficienza è scesa all'89 per cento nel 1971, al 78 per cento nel 1978;
tutti gli «aiuti» non solo non sono riusciti a tamponare il fenomeno della fame, in Africa e altrove, ma lo hanno aggravato. Perché gli «aiuti» alle popolazioni del Terzo Mondo tendono ad integrarle maggiormente nel mercato economico mondiale;
prima, quindi, di affrontare il problema dei minori non accompagnati presenti nel nostro Paese con il solito approccio buonista, si dovrebbe essere capaci di assumere le proprie responsabilità storiche, ma soprattutto si dovrebbe essere in grado di capire che è necessario un intervento in controtendenza, fondato, da un lato, su un'azione forte di contrasto all'immigrazione di massa e, dall'altro lato, finalizzato a sviluppare interventi mirati di aiuto sul posto per le popolazioni sofferenti;
il Ministro dell'interno ha reso noto che sarebbero ben 600.000 le persone sulle coste dell'Africa in attesa di imbarcarsi per arrivare via mare in Italia;
se nel 2013 gli sbarchi sono stati 42.925, solo dall'inizio del 2014 gli arrivi hanno già superato quota 20.000 e il Ministero dell'interno ha fatto sapere che il dato è di oltre 10 volte maggiore a quello registrato nello stesso periodo del 2013, un vero e proprio record;
secondo i dati del Ministero dell'interno dal gennaio 2014 i minori arrivati in Italia sono stati 6722, di cui 4.598 non accompagnati per la maggior parte di nazionalità eritrea, somala ed egiziana;
il quinto rapporto Anci 2011-2012 sui minori non accompagnati rileva che il problema sta assumendo dimensioni emergenziali;
la Commissione antimafia della Regione siciliana nel maggio 2014 ha riportato un dato di non trascurabile importanza relativo alla fuga dai centri di prima accoglienza dell'isola di 1.030 minori immigrati;
la tutela dei minori e del loro equilibrato sviluppo è prioritaria, in quanto i bambini rappresentano il futuro della nostra società; è necessario affermare il diritto delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità nel loro contesto familiare, affinché possano affrontare positivamente la loro vita;
il principio VI della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1989 afferma: «Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità, ha bisogno di amore e di comprensione; egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre»;
non è più accettabile l'atteggiamento ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo ipocrita del Governo, il quale continua a non volere attuare una corretta gestione dei flussi migratori verso il nostro Paese e si limita a scaricare le proprie responsabilità sugli enti locali, che, già fortemente penalizzati dai tagli di risorse provocate dalla perdurante crisi e dalla mancata attuazione del federalismo fiscale, devono, in aggiunta, accollarsi spese enormi per l'erogazione di tali servizi socio-assistenziali, a scapito dei cittadini residenti;
il piano di accordi bilaterali elaborato al principio della XVI legislatura al fine di impedire le partenze dai Paesi costieri dell'Africa, prima di essere interrotto, aveva contribuito in modo drastico a far diminuire gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste;
con alcuni Stati, e specificamente con quelli a più alta pressione migratoria, è necessario perfezionare pacchetti di intese di portata più ampia che prevedano non soltanto accordi di riammissione, ma anche intese di cooperazione di polizia, accordi in materia di lavoro e progetti specifici volti alla presa in carico dei minori;
il dramma dell'immigrazione e dei suoi risvolti sociali sta toccando picchi emergenziali. I poteri dello Stato si trovano spesso senza mezzi tecnici, economici e giuridici per fronteggiarne le derive più estreme. Come è avvenuto in passato, in altre situazioni emergenziali (ad esempio, nei fenomeni di contrasto al terrorismo negli anni di piombo, di contrasto alla mafia, di contrasto al terrorismo islamico) soltanto una legislazione speciale, accompagnata da deroghe ai trattati internazionali finalizzate alla sicurezza interna (ad esempio, come avvenne durante il G8 Italia per quanto riguarda il trattato di Schengen) e da una politica di accordi stabili bilaterali, può consentire la reale tutela dell'interesse dei cittadini e degli stranieri regolarmente presenti, nonché diminuire realmente la pressione migratoria e, quindi, le tragedie umanitarie «degli sbarchi» e quelle dei minori non accompagnati preda delle organizzazioni criminali;
se, da un lato, è necessario, quindi, operare al fine di garantire la presa in carico dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio italiano, dall'altro lato è fondamentale avviare una politica reale di contrasto all'immigrazione clandestina. È necessario, quindi, evitare anche solo sotto il profilo esclusivamente culturale la diffusione di un'apertura indiscussa all'accoglienza, ipotizzando l'introduzione di misure assurde (come particolari deroghe alla normativa nazionale sulle adozioni e affido dei minori) che rischierebbero di alimentare il problema, rappresentando nella disperazione vissuta dalle popolazioni colpite dalla povertà e dalle guerre una soluzione. Una soluzione che nella migliore delle ipotesi può garantire il futuro del singolo, ma nei fatti rappresenta la negazione del futuro di un popolo,
impegna il Governo:
a promuovere progetti di aiuto per le popolazioni del sud del mondo volti in primo luogo alla presa in carico dei minori;
nella consapevolezza della necessità di tutelare i diritti dei minori vittime delle organizzazioni criminali dedite alla tratta di persone, a farsi promotore, in tutte le sedi competenti, di una strategia europea comune per il contrasto del fenomeno emergenziale degli sbarchi di immigrati sulle coste del Mediterraneo europeo, atta ad avanzare, in qualità di Stati coalizzati, una richiesta di autorizzazione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un intervento finalizzato:
a) al pattugliamento e al controllo delle coste africane interessate dal fenomeno migratorio;
b) al contrasto delle associazioni criminali dedite alla tratta di persone;
c) alla costituzione nelle località sensibili al fenomeno migratorio di aree territoriali sotto il controllo delle Nazioni Unite per la presa in carico dei rifugiati umanitari e politici;
d) all'attivazione, nelle aree territoriali sotto il controllo delle Nazioni Unite, di rappresentanze diplomatiche ed uffici consolari, per recepire, valutare e contingentare le richieste dei permessi di soggiorno per motivi umanitari;
e) ad istituire una commissione, formata da rappresentati dei diversi Stati, finalizzata allo studio e all'analisi della capacità recettiva degli Stati, in rapporto alle singole realtà territoriali, per l'ingresso degli immigrati richiedenti permesso di soggiorno per motivi umanitari e politici;
a promuovere, fino a quando non verrà condivisa dall'Unione europea una politica di intervento comune, anche attraverso l'utilizzo della normativa d'urgenza, norme speciali per contrastare i flussi migratori verso il nostro Paese;
ad assumere iniziative per prevedere la continuità del finanziamento di un fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni.
(1-00504) «Rondini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera».
La Camera,
premesso che:
l'arrivo di minori stranieri non accompagnati è un fenomeno che, nel nostro Paese, si manifesta in forma sempre più crescente da più di dieci anni: si tratta di un fenomeno che ha assunto ormai connotati strutturali e che, in quanto tale, necessita di risposte conformi non solo per la dimensione quantitativa, ma anche e soprattutto per i bisogni specifici di protezione e di accoglienza di cui i minori stranieri sono portatori;
il fenomeno presenta caratteristiche proprie nelle diverse aree di arrivo in cui si manifesta relativamente alle nazionalità, alle modalità di viaggio ed al grado di propensione dei minori a stabilirsi nel luogo di primo ingresso o a proseguire verso altre destinazioni;
ogni anno, secondo le statistiche ufficiali, arrivano in Italia circa 7.000 minori stranieri soli, lontani dalla famiglia e senza adulti di riferimento;
i minori stranieri hanno alle spalle viaggi che talvolta sono durati anni e arrivano in Italia, spesso dopo avere vissuto violenze di ogni tipo. Essi costituiscono una facile preda dei circuiti di illegalità, soprattutto se non si attiva, fin dal momento del loro arrivo, una rete coordinata di protezione e di sostegno;
secondo la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, che ha svolto sul tema un'indagine conoscitiva nella XVI legislatura, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati che giungono sul territorio italiano è andato sensibilmente aumentando a partire dal 2006. L'indagine ha evidenziato numerose peculiarità. Sotto il profilo della provenienza geografica, la maggioranza dei minori stranieri non accompagnati proviene dal territorio africano, includendo sia il Maghreb (tradizionale serbatoio di migrazione giovanile) sia le regioni subsahariane, i cui flussi migranti spesso fuggono da guerre o carestie, raggiungendo il territorio italiano dopo avere attraversato vasti territori ostili e gravi pericoli per la propria incolumità personale. Negli ultimi anni sono aumentate le presenze di minori egiziani e afghani, mentre per quanto riguarda i minori che provengono dal Marocco la crescita è stata più contenuta; inoltre, è aumentato il numero di minori palestinesi e dei minori provenienti dal Corno d'Africa, somali ed eritrei, o dal Sudan;
il grosso degli arrivi di minori del nostro Paese avviene per mare. In tutti questi casi, il primo dato evidente riguarda l'estrema pericolosità del viaggio che conduce questi minori nel nostro Paese: la tragedia dei migranti che attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore a bordo di barconi in precarie condizioni di sicurezza coinvolge anche molti minori. Per quanto riguarda l'età media di questi ragazzi, la fascia di età dichiarata è di 17 anni e rappresenta il 37 per cento degli arrivi: capita a volte che i maggiorenni dichiarino di avere 17 anni perché informati che in quanto minorenni la legge italiana non consente loro l'espulsione. La seconda fascia di età, che rappresenta il 20-21 per cento dei ragazzi, è quella dei 16 anni, mentre i ragazzi di 15 anni rappresentano l'11 per cento;
il Parlamento e il Governo nel 1998 hanno apportato alcune modifiche sulla condizione giuridica del minore straniero non accompagnato per meglio disciplinare le diverse problematiche dell'affidamento, della tutela e dell'accoglienza del minore. Tra la normativa internazionale è utile ricordare la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo fatta a New York nel 1989, che stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto come preminente il superiore interesse del minore e che i principi in essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazione. La Convenzione riconosce a tutti i minori un'ampia serie di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione, all'unità familiare, alla tutela dello sfruttamento e alla partecipazione. Sono, inoltre, da considerare la Convenzione di Lussemburgo del 1980, la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli del 1996, la direttiva 2003/9/CE del Consiglio dell'Unione europea del 2003. Per quanto riguarda la normativa italiana questa è regolata da diversi provvedimenti che si possono elencare in sintesi: gli articoli 32 e 33 del testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999, recante regolamento del Comitato per i minori stranieri, l'articolo 19 del decreto legislativo n. 25 del 2008 in materia di minori con protezione internazionale, l'articolo 28 del decreto legislativo n. 251 del 2007 e la direttiva del Ministero dell'interno del 7 dicembre 2006. Tra le modifiche normative più recenti, si segnalano la soppressione, con l'articolo 12, comma 20, del decreto-legge n. 95 del 2012 del Comitato per i minori stranieri ed il trasferimento dei compiti da questo svolti alla direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Da ultimo, è da ricordare che è in discussione presso la Commissione affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni della Camera dei deputati una proposta di legge che concerne misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati;
sebbene gli strumenti legislativi e finanziari dell'Unione europea sull'asilo, sull'immigrazione e sulla tratta degli esseri umani si occupino già direttamente ed indirettamente della situazione specifica dei minori non accompagnati, occorrono maggiore coerenza e cooperazione all'interno dell'Unione europea e con i Paesi di origine e di transito. Pertanto, per permettere all'Unione europea e agli Stati membri di fornire risposte concrete ed efficaci, è necessario un approccio comune basato sul rispetto dei diritti dei minori quali definiti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nella citata Convenzione sui diritti del fanciullo e basato sulla solidarietà tra i Paesi coinvolti, nonché sulla cooperazione con le organizzazioni della società civile e con le organizzazioni internazionali;
è necessario, altresì, per risolvere in modo efficace il problema dei minori non accompagnati, la prevenzione della migrazione a rischio e della tratta dei minori;
è necessario, inoltre, affrontare la questione della migrazione dei minori non accompagnati anche nell'ambito di altre politiche, ad esempio di cooperazione allo sviluppo, di riduzione della povertà, di istruzione, della sanità e dei diritti umani, nonché promuovere attività di sensibilizzazione e di formazione per riconoscere rapidamente e proteggere le vittime, rivolte a coloro che sono in contatto con i bambini nei Paesi di origine e di transito e promuovere campagne di sensibilizzazione sui rischi correlati alla migrazione clandestina rivolte ai bambini e alle loro famiglie;
ai minori stranieri non accompagnati va riconosciuto, altresì, il diritto all'istruzione e il diritto alla salute,
impegna il Governo:
a porre in essere ogni iniziativa utile, avvalendosi anche di personale specializzato, per procedere il più rapidamente possibile all'identificazione dei minori stranieri non accompagnati fin dal momento della prima accoglienza;
a favorire una collaborazione a livello europeo per promuovere politiche a favore dei minori stranieri non accompagnati;
a facilitare l'adozione dei minori stranieri non accompagnati da parte delle coppie dichiarate idonee all'adozione internazionale, come forma qualificata per l'accoglienza e l'integrazione degli stessi e al fine di trovare il supporto educativo, affettivo e materiale.
(1-00506) «Dorina Bianchi, Pagano, Calabrò».
La Camera,
premesso che:
l'arrivo di minori stranieri non accompagnati è un fenomeno che, nel nostro Paese, si manifesta in forma sempre più crescente da più di dieci anni: si tratta di un fenomeno che ha assunto ormai connotati strutturali e che, in quanto tale, necessita di risposte conformi non solo per la dimensione quantitativa, ma anche e soprattutto per i bisogni specifici di protezione e di accoglienza di cui i minori stranieri sono portatori;
il fenomeno presenta caratteristiche proprie nelle diverse aree di arrivo in cui si manifesta relativamente alle nazionalità, alle modalità di viaggio ed al grado di propensione dei minori a stabilirsi nel luogo di primo ingresso o a proseguire verso altre destinazioni;
ogni anno, secondo le statistiche ufficiali, arrivano in Italia circa 7.000 minori stranieri soli, lontani dalla famiglia e senza adulti di riferimento;
i minori stranieri hanno alle spalle viaggi che talvolta sono durati anni e arrivano in Italia, spesso dopo avere vissuto violenze di ogni tipo. Essi costituiscono una facile preda dei circuiti di illegalità, soprattutto se non si attiva, fin dal momento del loro arrivo, una rete coordinata di protezione e di sostegno;
secondo la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, che ha svolto sul tema un'indagine conoscitiva nella XVI legislatura, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati che giungono sul territorio italiano è andato sensibilmente aumentando a partire dal 2006. L'indagine ha evidenziato numerose peculiarità. Sotto il profilo della provenienza geografica, la maggioranza dei minori stranieri non accompagnati proviene dal territorio africano, includendo sia il Maghreb (tradizionale serbatoio di migrazione giovanile) sia le regioni subsahariane, i cui flussi migranti spesso fuggono da guerre o carestie, raggiungendo il territorio italiano dopo avere attraversato vasti territori ostili e gravi pericoli per la propria incolumità personale. Negli ultimi anni sono aumentate le presenze di minori egiziani e afghani, mentre per quanto riguarda i minori che provengono dal Marocco la crescita è stata più contenuta; inoltre, è aumentato il numero di minori palestinesi e dei minori provenienti dal Corno d'Africa, somali ed eritrei, o dal Sudan;
il grosso degli arrivi di minori del nostro Paese avviene per mare. In tutti questi casi, il primo dato evidente riguarda l'estrema pericolosità del viaggio che conduce questi minori nel nostro Paese: la tragedia dei migranti che attraversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore a bordo di barconi in precarie condizioni di sicurezza coinvolge anche molti minori. Per quanto riguarda l'età media di questi ragazzi, la fascia di età dichiarata è di 17 anni e rappresenta il 37 per cento degli arrivi: capita a volte che i maggiorenni dichiarino di avere 17 anni perché informati che in quanto minorenni la legge italiana non consente loro l'espulsione. La seconda fascia di età, che rappresenta il 20-21 per cento dei ragazzi, è quella dei 16 anni, mentre i ragazzi di 15 anni rappresentano l'11 per cento;
il Parlamento e il Governo nel 1998 hanno apportato alcune modifiche sulla condizione giuridica del minore straniero non accompagnato per meglio disciplinare le diverse problematiche dell'affidamento, della tutela e dell'accoglienza del minore. Tra la normativa internazionale è utile ricordare la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo fatta a New York nel 1989, che stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto come preminente il superiore interesse del minore e che i principi in essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazione. La Convenzione riconosce a tutti i minori un'ampia serie di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione, all'unità familiare, alla tutela dello sfruttamento e alla partecipazione. Sono, inoltre, da considerare la Convenzione di Lussemburgo del 1980, la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli del 1996, la direttiva 2003/9/CE del Consiglio dell'Unione europea del 2003. Per quanto riguarda la normativa italiana questa è regolata da diversi provvedimenti che si possono elencare in sintesi: gli articoli 32 e 33 del testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999, recante regolamento del Comitato per i minori stranieri, l'articolo 19 del decreto legislativo n. 25 del 2008 in materia di minori con protezione internazionale, l'articolo 28 del decreto legislativo n. 251 del 2007 e la direttiva del Ministero dell'interno del 7 dicembre 2006. Tra le modifiche normative più recenti, si segnalano la soppressione, con l'articolo 12, comma 20, del decreto-legge n. 95 del 2012 del Comitato per i minori stranieri ed il trasferimento dei compiti da questo svolti alla direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Da ultimo, è da ricordare che è in discussione presso la Commissione affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni della Camera dei deputati una proposta di legge che concerne misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati;
sebbene gli strumenti legislativi e finanziari dell'Unione europea sull'asilo, sull'immigrazione e sulla tratta degli esseri umani si occupino già direttamente ed indirettamente della situazione specifica dei minori non accompagnati, occorrono maggiore coerenza e cooperazione all'interno dell'Unione europea e con i Paesi di origine e di transito. Pertanto, per permettere all'Unione europea e agli Stati membri di fornire risposte concrete ed efficaci, è necessario un approccio comune basato sul rispetto dei diritti dei minori quali definiti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nella citata Convenzione sui diritti del fanciullo e basato sulla solidarietà tra i Paesi coinvolti, nonché sulla cooperazione con le organizzazioni della società civile e con le organizzazioni internazionali;
è necessario, altresì, per risolvere in modo efficace il problema dei minori non accompagnati, la prevenzione della migrazione a rischio e della tratta dei minori;
è necessario, inoltre, affrontare la questione della migrazione dei minori non accompagnati anche nell'ambito di altre politiche, ad esempio di cooperazione allo sviluppo, di riduzione della povertà, di istruzione, della sanità e dei diritti umani, nonché promuovere attività di sensibilizzazione e di formazione per riconoscere rapidamente e proteggere le vittime, rivolte a coloro che sono in contatto con i bambini nei Paesi di origine e di transito e promuovere campagne di sensibilizzazione sui rischi correlati alla migrazione clandestina rivolte ai bambini e alle loro famiglie;
ai minori stranieri non accompagnati va riconosciuto, altresì, il diritto all'istruzione e il diritto alla salute,
impegna il Governo:
a porre in essere ogni iniziativa utile, avvalendosi anche di personale specializzato, per procedere il più rapidamente possibile all'identificazione dei minori stranieri non accompagnati fin dal momento della prima accoglienza;
a favorire una collaborazione a livello europeo per promuovere politiche a favore dei minori stranieri non accompagnati;
a valutare se sussistano le condizioni per facilitare, per quanto di competenza, l'adozione di questi bambini da parte delle coppie dichiarate idonee all'adozione internazionale.
(1-00506)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Dorina Bianchi, Pagano, Calabrò».