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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 14 novembre 2014

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 14 novembre 2014.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capelli, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Di Salvo, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Merlo, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 13 novembre 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   INCERTI e FABBRI: «Legge quadro per la parità tra i sessi e contro le discriminazioni di genere» (2720);
   TULLO ed altri: «Modifiche al codice della navigazione in materia di responsabilità dei piloti dei porti» (2721).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

  In data 13 novembre 2014 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   S. 1167. – «Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto» (approvato dal Senato) (2722).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   VII Commissione (Cultura):
  PAGLIA ed altri: «Norme generali sul sistema educativo d'istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi d'infanzia» (2630) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII, IX, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 13 novembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fabbricazione, all'immissione sul mercato e all'utilizzo di mangimi medicati e che abroga la direttiva 90/167/CEE del Consiglio (COM(2014) 556 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti.

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali), alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazione in data 13 novembre 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE, Euratom) n. 1150/2000 recante applicazione della decisione 2007/436/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie della Comunità (COM(2014) 704 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative di competenza volte a chiarire il ruolo svolto dall'attuale Presidente della Commissione europea nell'ambito di una vicenda relativa alla concessione di agevolazioni fiscali ad aziende multinazionali, anche italiane, da parte del Governo del Lussemburgo, anche al fine di pervenire alle dimissioni del suddetto Presidente – 2-00745

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   il settimanale L'Espresso ha reso nota l'esito dell'inchiesta «LuxLeaks», nata dalla collaborazione tra 80 giornalisti provenienti da 26 Paesi e coordinati dal Consorzio internazionale del giornalismo investigativo (Icij), con la quale è stata rivelata una lista di agevolazioni fiscali concesse segretamente, tra il 2002 e il 2010, dal Governo del Lussemburgo a grandi aziende multinazionali; in particolare, l'inchiesta ha evidenziato l'esistenza di accordi segreti tra le autorità del Lussemburgo e trecento aziende di tutto il mondo, tra cui 31 in Italia, per delocalizzare enormi flussi finanziari a condizioni fiscali privilegiate;
   nelle 28 mila pagine di documenti riservati emergerebbero, infatti, i legami esistenti tra le autorità del Granducato e le multinazionali, tra cui giganti come Amazon, Ikea, Deutsche Bank, Procter & Gamble, Pepsi e Gazprom; ma anche 31 società italiane operanti in Italia, tra cui, scrive sempre il settimanale, «banche come Intesa San Paolo, Unicredit, Marche e Sella o aziende di Stato come Finmeccanica, i fondi immobiliari targati Deutsche Bank, e un accordo fiscale concluso da Finmeccanica». Si tratta, come sintetizza L'Espresso, che ha avuto l'esclusiva per l'Italia, di «un'emorragia di fondi, perfettamente legale, che sottrae risorse dall'economia del resto dell'Ue»;
   l'inchiesta colpisce in prima persona il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, leader politico che ha guidato il Lussemburgo dal 1995 al 2013, oltre a gettare nuove ombre sui regimi fiscali applicabili nel Lussemburgo; neanche un mese fa la stessa Commissione europea aveva aperto un'indagine contro il Lussemburgo per illegittimi aiuti di Stato a favore di Fiat e di Amazon;
   Xavier Bettel, attualmente in carica come Primo Ministro in Lussemburgo, ha dichiarato che gli accordi fiscali denunciati dall'inchiesta sarebbero in ogni caso in linea con le normative internazionali. La legalità delle procedure e delle tecniche fiscali in «diversi Paesi» è stata difesa anche dal presidente del Parlamento europeo Martin Schulz; la stessa Commissione europea parla di un «tipico caso di aiuti di Stato»;
   nonostante si cerchi di attenuare la gravità dei fatti descritti, l'inchiesta ha in ogni caso minato definitivamente la credibilità di Junker (e delle stesse istituzioni che rappresenta), già in passato coinvolto da scandali istituzionali (si ricordi lo scandalo sui servizi segreti lussemburghesi dello 2013). Non può negarsi infatti che Jean-Claude Juncker ha governato per 18 anni un Paese noto per essere considerato una «grande fabbrica» dell'evasione fiscale, nonché l'unico ed ultimo paradiso fiscale in Europa; anzi, proprio Juncker è riconosciuto come l'artefice dell'espansione finanziaria del Lussemburgo, trasformato da realtà agricola a polo finanziario e fiscale di «grande attrazione internazionale». Basti pensare che il Lussemburgo è tuttora inserito tra i Paesi black list ovvero tra Paesi a fiscalità privilegiata, per i quali in Italia vige l'obbligo di comunicazione di tutte le operazioni intercorse tra le imprese residenti nel nostro Paese e quelle fiscalmente domiciliate in Stati e territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi cosiddetti paradisiaci –:
   quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, per fare piena luce sull'accaduto;
   se non ritengano opportuno rivedere gli accordi internazionali in materia di scambio di informazioni e doppie imposizioni fiscali siglati con il Lussemburgo e con tutti quegli Stati che favoriscono la delocalizzazione finanziaria a condizioni fiscali privilegiate, per di più impedendo ed ostacolando qualsivoglia forma di controllo da parte della competenti autorità;
   se il Governo non ritenga opportuno rimeditare sull'assenso manifestato in sede di designazione del Presidente Juncker, assumendo iniziative nelle competenti sedi europee affinché si pervenga alle sue dimissioni.
(2-00745) «Pesco, Ruocco, Cancelleri, Barbanti, Alberti, Pisano, Villarosa, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Grande, Spadoni, Scagliusi, Vignaroli, Carinelli, Pinna, Fico, Nesci, Petraroli, Battelli, Luigi Di Maio».


Iniziative di competenza volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento della multinazionale Trw di Livorno e ad individuare un percorso di rilancio economico e produttivo dell'area livornese – 2-00739

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con la decisione dei vertici della multinazionale Trw, annunciata il 16 ottobre 2014, di chiudere lo stabilimento di Livorno, si allunga il drammatico elenco delle situazioni di crisi del settore automotive che ha duramente colpito l'area industriale livornese; la situazione si aggrava con la possibile perdita di occupazione per circa 500 persone occupate direttamente e nell'indotto Trw. L'azienda annuncia di voler chiudere lo stabilimento già il prossimo 31 dicembre 2014, quando scadranno i contratti di solidarietà ancora in corso;
   nonostante la crisi del settore che, dal 2008, ha perso circa 1000 posti di lavoro (un quarto degli occupati nel settore) e che ha visto un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, nessuno, tra i dipendenti Trw, immaginava una decisione tanto drastica dei vertici aziendali, tanto più per lo stabilimento livornese che, a detta degli stessi dirigenti, rappresenta un modello in termini di produttività, efficienza e competitività;
   le lavoratrici e i lavoratori della Trw e tutte le istituzioni non possono accettare che alla vigilia di una cessione aziendale alla multinazionale tedesca ZF, che determinerà nuovi assetti societari e, a distanza di pochi mesi da incontri in Confindustria con i vertici aziendali durante i quali si rassicuravano le organizzazioni sindacali circa il ruolo strategico dello stabilimento di Livorno, si determini un repentino e categorico annuncio di cessazione di attività. Gli argomenti addotti dai vertici e ascoltati in questi giorni non sembra impediscano che l'attività dello stabilimento possa protrarsi per almeno un anno, anno utile alla ricerca di intese e nuove possibilità;
   quella della Trw non è solo l'apertura di una nuova crisi industriale che può riguardare più stabilimenti italiani, ma è un dramma per circa 500 famiglie che vivono in un tessuto economico e sociale già duramente colpito e che non potrà sopportare alcun ulteriore impoverimento produttivo ed occupazionale. Con un tasso medio di disoccupazione nettamente superiore alla media regionale, la città rischia di perdere la propria vocazione industriale e la possibilità di recuperare produttività di sistema e, quindi, rischia di privarsi di concrete possibilità di rilancio produttivo;
   il segno della gravità della situazione è rappresentato dal fatto che la vertenza Trw non è che l'ultimo anello di altre e complesse vertenze come quelle Eni, Lucchini, Toscana Impianti, Cooplat, ex Delphi;
   ai lavoratori della Trw e delle altre aziende in crisi occorre dare risposte prima di tutto impedendo ridimensionamenti o cessazioni di attività, perché ipotesi occupazionali alternative non esistono, perché la situazione attuale, se non governata in un'ottica di nuova strategia produttiva del territorio alimentata da risorse adeguate e da un ampio coinvolgimento di tutte le istituzioni, rischia di condurre alla perdita di altre imprese e di ogni attrattività per nuovi investimenti;
   l'area livornese, ricca di professionalità, potenzialmente adatta ad essere uno snodo logistico di primaria importanza, oltre che idonea ad implementare produzioni tecnologicamente avanzate, non può permettere che si disperda un potenziale produttivo enorme. Non lo meritano le tanti lavoratrici e i tanti lavoratori livornesi, non lo merita la Toscana né l'intero Paese;
   la regione Toscana, pienamente consapevole della grave situazione dell'area livornese, dichiara di avere richiesto al Governo il provvedimento straordinario che riconosce Livorno come area di crisi complessa, come già avvenuto per Piombino. Si riconosce, dunque, l'importanza di uno strumento che consenta di attivare risorse ed interventi nazionali utili ad implementare un piano di rilancio economico, alla cui elaborazione si impegnano le istituzioni territoriali;
   il consiglio comunale di Livorno ha approvato unanimemente il 26 ottobre 2014 un atto d'indirizzo che, oltre a ribadire il pieno sostegno alla battaglia dei lavoratori della Trw e delle organizzazioni sindacali per scongiurarne la chiusura dello stabilimento di Livorno, impegna l'amministrazione a richiedere al Ministero dello sviluppo economico di accelerare il percorso di riconoscimento dello stato di crisi industriale complessa dell'area di Livorno e ad istituire un tavolo permanente per l'emergenza occupazionale di questo territorio per giungere al più presto ad un accordo di programma;
   in data 20 ottobre 2014, alla presenza del viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, dell'assessore regionale alle attività produttive della regione Toscana, Gianfranco Simoncini, e del sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, si è svolto un incontro con i vertici della multinazionale Trw al termine del quale il Governo, la regione ed il comune hanno chiesto a Trw la disponibilità a mantenere ancora attivo lo stabilimento per tutto il 2015 allo scopo di consentire la ricerca di soluzioni alternative;
   il 29 ottobre 2014, si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico un nuovo incontro tra il viceministro dello sviluppo economico, l'assessore regionale alle attività produttive, il sindaco di Livorno, le organizzazioni sindacali e i vertici di Trw –:
   alla luce delle relazioni intercorse tra il Ministero dello sviluppo economico, i vertici aziendali, le parti sociali e gli enti territoriali, quali siano le azioni che il Ministro interpellato intenda sostenere al fine di scongiurare la cessazione delle attività della Trw e quali interventi intenda avviare o favorire al fine di avviare un percorso di rilancio economico e produttivo dell'area livornese.
(2-00739) «Rocchi, Civati, Pastorino, Tullo, Mariani, Ghizzoni, Bossa, Bonaccorsi, Carocci, Fanucci, D'Ottavio, Rostan, Verini, Sani, Donati, Dallai, Braga, Ermini, Cenni, Albini, Nardi, Orfini, Giuditta Pini, Paris, Gribaudo, Rampi, Gelli, Rotta, Gnecchi, Giacobbe, Fossati, Nicchi, Airaudo, Andrea Romano».


Iniziative volte a garantire un'efficace tutela dei consumatori in relazione alle pratiche commerciali scorrette tramite l'uso di smartphone – 2-00742

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   sono ormai diversi anni che i consumatori, individualmente o per il tramite delle associazioni cui si sono rivolti, denunciano di essere stati vittime di truffe operate attraverso l'utilizzo degli smartphone, tramite l'attivazione di servizi non richiesti, in particolare con la navigazione su telefonia mobile;
   da notizie a mezzo stampa sembrerebbe, ad esempio, assai diffusa la pratica che considera un'occasionale sfioramento manuale dello schermo da parte dell'utente su un banner pubblicitario – magari apparso durante la navigazione in rete su smartphone – quale prestazione di consenso all'attivazione di un servizio a pagamento;
   tale pratica ha determinato la conseguenza che molteplici consumatori si sono ritrovati a loro insaputa con bollette telefoniche sensibilmente accresciute o ricariche prepagate consumate, per servizi che non avevano mai richiesto né tantomeno sottoscritto;
   il diffondersi di tali pratiche è diventato così rilevante che la stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato, sulla base di segnalazioni arrivate tra il dicembre 2012 e il giugno 2014, ha aperto quattro diverse istruttorie per mettere sotto esame i cosiddetti servizi premium (ossia a pagamento), offerti direttamente o indirettamente dalle quattro principali società di telefonia mobile, al fine di valutare eventuali pratiche scorrette, anche in relazione alla diffusione di notizie non veritiere circa gli abbonamenti sottoscritti;
   tuttavia gli stessi organi di stampa non hanno mancato di ricordare che, nel caso di pratiche commerciali scorrette, la multa massima prevista sarebbe di cinque milioni di euro, una cifra del tutto irrilevante per aziende il cui fatturato, secondo l'ultima relazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, si aggirerebbe sui 17,2 miliardi di euro;
   indubbiamente, il veloce diffondersi delle nuove tecnologie e, in particolare, dell'uso dello smartphone, ha notevolmente accresciuto i rischi per i consumatori, sia con riferimento al tema della tutela della privacy, sia con riferimento al rischio di essere vittime di pratiche commerciali scorrette –:
   se, anche alla luce del recente recepimento della direttiva dell'Unione europea 2011/83/UE, il Ministro interpellato ritenga che le norme italiane siano oggi adeguate ai fini di un'efficace tutela dei consumatori, con particolare riguardo al tema delle pratiche commerciali scorrette tramite l'uso di smartphone, e se non ritenga urgente l'individuazione di una soluzione che permetta – anche tramite l'utilizzo di risorse derivanti dalle sanzioni eventualmente comminate alle società telefoniche – il risarcimento delle incolpevoli vittime di questo genere di truffe, percepite come altamente lesive da una parte consistente dei cittadini.
(2-00742) «Fiano, Cardinale, Fabbri, Romanini, Blazina, Prina, Sgambato, Paolo Rossi, Vazio, Carnevali, Dell'Aringa, Marantelli, Taricco, Capone, Amato, Morani, Cimbro, Mura, Schirò, Carrescia, Cinzia Maria Fontana, Castricone, Fontanelli, Laforgia, Garavini, Naccarato, Porta, Giorgis, Murer, Beni, Incerti, Gadda, Censore, Antezza, Villecco Calipari».


Intendimenti del Governo in ordine alla notifica alla Commissione europea, entro il termine del 14 dicembre 2014, della volontà di mantenere l'obbligo di indicare la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia – 2-00743

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   conoscere la sede dello stabilimento di confezionamento di un prodotto alimentare consente alle autorità di controllo di attivare facilmente le azioni correttive utili a mitigare il rischio per la salute pubblica in caso di allerta; ciò potrebbe accadere, ad esempio, nel caso di una conserva vegetale contaminata dalla tossina del botulino;
   il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha presentato un'interrogazione a risposta scritta, n. 4-06205, in merito all'importazione di frutta «tossica» dalla Spagna perché trattata con una sostanza pericolosa per la salute utilizzata per allungarne la conservazione. La Coldiretti per tutelare i consumatori ha consigliato di verificare nell'etichetta la provenienza della frutta sincerandosi che non fosse di origine spagnola;
   la direttiva 2000/13/CE, che ha consolidato la precedente direttiva 1979/112/CE relativa a etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, non prescrive la sede dello stabilimento tra le informazioni obbligatorie in etichetta;
   è facoltà degli Stati membri aggiungere prescrizioni nazionali ulteriori, da applicarsi sui prodotti commercializzati sui loro territori. A tal uopo, i Governi dei Paesi aderenti sono tenuti a notificare le norme nazionali alla Commissione europea la quale, a sua volta, potrà verificare la compatibilità delle stesse con l’aquis communitaire;
   il Governo italiano, dopo avere ottenuto il nulla osta della Commissione europea in quanto giustificato dall'esigenza di garantire l'efficace gestione delle crisi, ha introdotto l'obbligatorietà di indicare la «sede dello stabilimento di produzione» in etichetta;
   il regolamento (UE) n. 1169/2011, nel ridefinire le regole comuni in tema d'informazione al consumatore per i prodotti alimentari, ha confermato la possibilità per gli Stati membri di aggiungere prescrizioni nazionali ulteriori, da applicarsi sui prodotti commercializzati sui loro territori (capitolo 6);
   allo stato attuale il decreto legislativo n. 109 del 1992 è ancora applicabile, in Italia, fino a sua formale abrogazione e, dunque, in linea teorica, l'indicazione della sede dello stabilimento rimane obbligatoria per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia;
   a decorrere dal 14 dicembre 2014 – data di formale applicazione di gran parte del regolamento (UE) n. 1169/2011 – tuttavia, la prescrizione italiana della sede dello stabilimento potrà essere mantenuta solo a condizione che il Governo italiano provveda alla notifica di tale norma alla Commissione europea, ai sensi del regolamento predetto;
   risulta agli interpellanti che il Ministero dello sviluppo economico, per sua parte, non abbia manifestato interesse in tal senso;
   la notizia sullo stabilimento di produzione, oltre ad avere una funzione importante per la sanità pubblica, serve ai singoli consumatori per scegliere un alimento rispetto a un altro anche in considerazione del Paese o della regione dove è prodotto per motivi legittimi, come sostenere l'economia e l'occupazione locali, in nome del valore del lavoro –:
   se rientri fra gli intendimenti del Governo notificare alla Commissione europea, entro il termine ultimo del 14 dicembre 2014, la volontà di mantenere l'obbligatorietà di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia.
(2-00743) «Parentela, L'Abbate, Lupo, Gagnarli, Gallinella, Massimiliano Bernini, Benedetti, Da Villa, Segoni, De Rosa, Terzoni, Busto, Daga, Mannino, Zolezzi, Micillo, Silvia Giordano, Baroni, Cecconi, Dall'Osso, Di Vita, Grillo, Lorefice, Mantero, Tripiedi, Rizzetto, Bechis, Baldassarre, Chimienti, Ciprini, Cominardi, Rostellato».


Iniziative di competenza volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento della E-Care di Cesano Boscone (Milano) ed iniziative, anche normative, a tutela dei lavoratori in caso di cambio di appalto – 2-00746

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   E-Care, società di 2300 dipendenti, sei sedi in Italia (Cesano Boscone, Torino, L'Aquila, Modugno, Roma Tor Spaccata e Tor Pagnotta) e una a Belgrado, e un giro d'affari di 63 milioni di euro per quel che riguarda il 2013, fornisce servizi di call center;
   la società è controllata da gruppi economici importanti e politicamente influenti: il 48 per cento è detenuto da Astrim spa, che a sua volta è controllata da Unicredit, mentre il 15 per cento dal gruppo Caltagirone Editore;
   nella sola sede di Milano, E-Care gestisce servizi per Intesa San Paolo Vita e Intesa San Paolo Assicura, Centro Diagnostico Italiano, Giuffré Editore, ATM e, prima della recente rinuncia a servirsi dei servizi dell'azienda, Fastweb;
   a partire dal 2010 la situazione congiunturale di crisi del settore ha portato a un ridimensionamento dell'occupazione sulla sede di Cesano Boscone che, a ottobre 2012, era certificata in 670 unità circa. Il 2013 ha visto una situazione di relativa stabilità arrivando a ottobre 2013 con circa 600 lavoratori impiegati;
   nell'estate 2013 si è aperta la questione Fastweb, maggiore committente della sede, che ha comunicato l'intenzione di rivolgersi altrove per i servizi di outsourcing. Dopo la convocazione di un tavolo triangolare, grazie all'articolo 53 del contratto collettivo nazionale di lavoro, si è ottenuto l'impegno di Fastweb a garantire il lavoro per l'occupazione di 100 equivalenti a tempo pieno sino al 30 settembre 2014;
   sulla base di queste premesse, a ottobre 2013 il tavolo di trattativa tra azienda e organizzazioni sindacali ha affrontato la questione partendo dai seguenti punti di riferimento: dichiarazione dell'azienda di 118 esuberi; necessità di mettere in sicurezza il sito anche in caso della perdita della commessa Fastweb e dell'eventuale mancato rinnovo della commessa Banca Intesa, previsto all'epoca per fine 2013; impegno dell'azienda al reperimento di nuove commesse da inserire nella sede di Cesano Boscone;
   il risultato del tavolo di lavoro congiunto ha portato alla firma di un accordo di solidarietà che, fissando i tetti di applicazione per le varie commesse, coprendo uno spazio temporale sino al 30 settembre 2015, dovrebbe rispondere alle esigenze di cui sopra. Va aggiunto che l'accordo prevedeva anche una revisione eventualmente al ribasso delle percentuali di solidarietà a fronte di una serie di uscite volontarie incentivate. Le uscite volontarie sono state 47 a cui possono essere aggiunti almeno altri 10 lavoratori dimissionari per motivi personali e al di fuori dell'accordo;
   nel mese di marzo 2014 E-Care ha cominciato a manifestare dubbi sulla tenuta occupazionale motivando la situazione con il mancato rispetto degli accordi da parte di Fastweb in termini di volumi e di un sistema contrattuale rivisto che avrebbe penalizzato E-Care di circa 1 milione di euro in sei mesi;
   contemporaneamente a queste perplessità, dichiarate ai lavoratori ma mai direttamente alle organizzazioni sindacali in sede di confronto, E-Care si è proposta in Calabria come garante per la salvaguardia del perimetro occupazionale della società in procedura fallimentare Infocontact a Lamezia Terme;
   il 18 giugno 2014, in occasione del tavolo triangolare tra organizzazioni sindacali, E-Care e Fastweb, quest'ultima ha dichiarato in maniera irrevocabile l'intenzione di cessare le attività presso E-Care spa per quanto riguarda i settori pre e post. E-Care, da parte sua, ha dichiarato che l'impatto di tale decisione avrebbe messo a rischio la tenuta della sede di Milano e il posto di lavoro di 140 lavoratori;
   il mese di luglio 2014 è stato caratterizzato da una serie di incontri tra azienda e organizzazioni sindacali in sedi istituzionali (Uir prima e Ministero dello sviluppo economico poi), conclusisi il 1o agosto 2014, durante i quali si è discusso prima di 152 esuberi sulla sede di Milano e poi di una richiesta, non concretizzata, di cassa integrazione in deroga per 189 figure di staff e coordinamento dislocate in tutte le sedi italiane di E-Care;
   dopo il nulla di fatto degli incontri di luglio e agosto 2014, l'azienda è stata convocata per un'audizione presso la IV commissione della regione Lombardia in data 4 settembre 2014, a cui sono seguiti altri incontri tra regione e E-Care durante i quali è stata prospettata l'opportunità, per l'azienda, di ricorrere alle agevolazioni previste dalla legge regionale n. 11 del 2014 sulla competitività;
   l'azienda ha successivamente comunicato alle organizzazioni sindacali di non ritenere idonea la legge n. 11 del 2014 alle proprie necessità contingenti;
   in data 10 ottobre 2014 l'azienda ha comunicato l'aggiudicazione della commessa Acea sulla sede di Roma;
   in data 15 ottobre 2014 le organizzazioni sindacali sono state convocate in Assolombarda. Durante l'incontro l'azienda ha comunicato la decisione di aprire le procedure di licenziamento collettivo per 489 dipendenti su 509 (503 dei quali a tempo indeterminato) motivandola come strategica per la ricapitalizzazione da parte dei soci a seguito di un'effettiva ristrutturazione aziendale atta al recupero di competitività sul mercato;
   alla perdita della grossa commessa di Fastweb, si aggiunge il precipitare degli eventi degli ultimi giorni che addirittura prevede la chiusura dell'intera sede cesanese;
   su tali avvenimenti sembrano incidere scelte aziendali volte all'abbattimento delle tariffe, all'ottimizzazione dei profitti e a delocalizzazioni in Italia e all'estero mirate all'ottenimento di sovvenzioni e lavoro a basso costo;
   il caso, inoltre, appare essere, ancora una volta, diretta conseguenza della normativa sugli appalti che, in contrasto con le indicazioni dell'Unione europea, consente libertà di licenziare ad ogni cambio di appalto;
   il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non hanno mai convocato le parti, nonostante il 14 luglio 2014 fosse stato richiesto un incontro unitariamente alle organizzazioni sindacali che avevano già paventato la situazione che purtroppo si è concretizzata;
   E-Care nella procedura di licenziamento per chiusura della sede ha dichiarato che tra le ragioni che hanno condotto a tale decisione vi è l'alto costo del lavoro del sito, tralasciando che i lavoratori avevano già subito notevoli decurtazioni alle retribuzioni –:
   se il Governo intenda assumere iniziative strutturali ed urgenti al fine di tutelare il lavoro dei 489 lavoratori licenziati da E-care e di tutti i lavoratori del settore;
   se il Governo non reputi opportuno assumere con urgenza iniziative normative per regolamentare la tutela dei lavoratori nei casi di cambi d'appalto.
(2-00746) «Cimbro, Laforgia, Carnevali, Fava, Terrosi, Prina, Monaco, Cominelli, Civati, Chaouki, Casellato, Quaranta, Piras, Ricciatti, Daniele Farina, Melilla, Duranti, Taricco, Arlotti, Cuperlo, Becattini, Minnucci, Francesco Sanna, Simoni, Ginoble, Giovanna Sanna, Morassut, Fauttilli, Gigli, Porta, Fitzgerald Nissoli, Buttiglione, Cera, Caruso, De Mita, Sberna, Binetti, D'Agostino, Rabino».