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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 332 di venerdì 14 novembre 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bratti, Brunetta, Capelli, Di Lello, Di Salvo, Fedriga, La Russa, Mannino, Nicoletti, Pes, Pisicchio, Rampelli, Realacci, Scotto, Speranza, Tabacci e Taglialatela sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza volte a chiarire il ruolo svolto dall'attuale Presidente della Commissione europea nell'ambito di una vicenda relativa alla concessione di agevolazioni fiscali ad aziende multinazionali, anche italiane, da parte del Governo del Lussemburgo, anche al fine di pervenire alle dimissioni del suddetto Presidente – n. 2-00745)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pesco n. 2-00745, concernente iniziative di competenza volte a chiarire il ruolo svolto dall'attuale Presidente della Commissione europea nell'ambito di una vicenda relativa alla concessione di agevolazioni fiscali ad aziende multinazionali, anche italiane, da parte del Governo del Lussemburgo, anche al fine di pervenire alle dimissioni del suddetto Presidente (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Pesco se intenda illustrare la sua interpellanza per quindici minuti o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, innanzitutto voglio esprimere un ringraziamento ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che hanno deciso, insieme a me, di portare questa interpellanza in Aula e, quindi, oggi finalmente si riesce a parlare veramente di finanza internazionale in quest'Aula, si riesce a portare all'ordine del giorno un problema che, secondo noi, è veramente uno dei problemi prioritari della nostra Nazione, ovvero quello riferito ad evasione ed elusione fiscale.Pag. 2
  Insomma, qualche giorno fa, poco più di una settimana fa, probabilmente proprio quando eravamo in Commissione insieme alla Guardia di finanza e all'Agenzia delle entrate, è stata pubblicata dalle agenzie di stampa una notizia riferita a un nuovo scandalo chiamato «LuxLeaks». In pratica a cosa si riferisce ? Si riferisce al fatto che sono state pubblicate moltissime pagine riferite ai ruling internazionali siglati nel Lussemburgo. Che cosa sono questi ruling internazionali ? Non sono altro che gli accordi che le aziende private, le società stipulano con uno Stato per quanto riguarda la tassazione dei propri imponibili.
  È una pratica che, comunque, viene fatta dappertutto. Anche in Italia abbiamo il ruling internazionale: quando vi è una multinazionale che fa profitti in giro per il mondo, gli si dice che, riguardo all'imponibile che deve fare almeno in Italia, deve garantire una quota prestabilita, magari anche per gli anni futuri, come una specie di studio di settore allargato. Quindi, sono pratiche che si fanno.
  Il fatto è che i ruling siglati in Lussemburgo sono veramente estremamente vantaggiosi per le multinazionali e, guarda caso, anche per molte aziende e società italiane. Ma ci sembra corretto ? Sappiamo che molti Paesi adottano delle politiche fiscali privilegiate a favore di alcune società che operano in alcuni ambiti. Però, secondo noi, il fatto di arrivare a tassazioni così agevolate non è degno di un Paese che comunque fa parte della cosiddetta Unione europea, perché abbiamo qualche difficoltà nel riuscire a capire se si può parlare veramente di Unione europea se abbiamo atti di «cannibalismo fiscale» che arrivano a questi livelli.
  Cos’è la cosa ancora più particolare ? È il fatto che il Lussemburgo ha sempre fatto queste cose, da tantissimi anni, una persona ha guidato il Lussemburgo in questi anni – per tantissimi anni, per diciotto anni – e questa persona è stata nominata Presidente della Commissione europea. Una cosa è il paradosso, ma qua,secondo me, stiamo arrivando veramente alla truffa; truffa per modo di dire perché non c’è un accordo, non c’è una normativa, una direttiva che impone agli Stati quale deve essere la tassazione fiscale sulle multinazionali. Però veramente ci deve essere un po’ di rispetto tra gli Stati membri dell'Unione europea.
  Ebbene, questa persona che ha concesso delle tassazioni così agevolate per le multinazionali, sottraendo risorse ai Paesi membri, viene nominata Presidente della Commissione europea. Ma di cosa stiamo parlando ? Veramente, ci interroghiamo su questo. Non è possibile. Ma soprattutto, adesso che abbiamo proprio i dati e con mano si può vedere in che modo venivano succhiate risorse a favore del Lussemburgo e a sfavore degli altri Paesi, ci si rende conto veramente di come erano «accanite» queste politiche.
  Ebbene, uno dei tanti esempi che si può fare è quello sui bond ibridi. Che cosa sono i bond ibridi ? Sono dei titoli, simili alle obbligazioni, che, a seconda dei casi, il Lussemburgo trattava in un modo o in un altro. Per esempio, potevano essere trattati come equity, cioè come azioni, oppure potevano essere messi a debito.
  Insomma, sui giornali si leggono facilmente e si comprendono facilmente queste cose e questo creava, logicamente, un grandissimo vantaggio per gli investitori.
  Ne hanno tratto vantaggio molti investitori che appunto operano qua in Italia, come, per esempio, il gruppo Hines, che ha trasformato Milano ricementificando tre grandi quartieri, come il quartiere Isola, il quartiere delle Varesine e il quartiere Garibaldi: avendo partecipate con sedi in Lussemburgo, è riuscito veramente ad ottenere grandissimi vantaggi. Oppure ci sono anche Banca Intesa, Banca Umbria, Banca Marche. Insomma, veramente tantissimi, tantissimi operatori italiani avevano e hanno sedi o comunque partecipate con sedi in Lussemburgo, nelle quali riescono logicamente a versare i profitti o altre cose e a pagare pochissime tasse.Pag. 3
  Ma arriviamo al paradosso, perché anche un'azienda di Stato come Finmeccanica – anche lei ! – aveva partecipate con sede in Lussemburgo, cioè abbiamo aziende di Stato che, al posto di pagare le tasse in Italia, le pagano in Lussemburgo, con tassazioni veramente agevolate.
  Insomma, noi veramente chiediamo un impegno, chiediamo un impegno al Governo e a Matteo Renzi di rivedere la propria preferenza espressa in sede di Consiglio Europeo, quando si è giunti alla nomina di Juncker, perché veramente è una cosa paradossale che un pochino – un pochino... – ci fa vergognare. Insomma, come facciamo ad avere come Presidente dell'istituzione più importante d'Europa una persona che veramente ha succhiato risorse agli altri Stati ? Insomma, veramente noi non ci crediamo.
  Quindi, chiediamo innanzitutto di rivedere la posizione espressa in sede di Consiglio Europeo, magari cercando di addivenire alle dimissioni dell'attuale Presidente Juncker. Poi vogliamo innanzitutto far luce sull'accaduto, per vedere se veramente, oltre a quanto riportato sui giornali, ci sono anche altre responsabilità.
  E poi gli accordi internazionali: insomma, noi continuiamo a siglare accordi sulle doppie imposizioni, che poi sono strumentali per arrivare a sottrarre dalla black list questi Paesi e questi paradisi fiscali. Ora, è già un paradosso il fatto che Paesi Stati membri abbiano dei paradisi fiscali, ma, insomma, pensiamoci bene. Dobbiamo valutare bene se questi accordi vanno bene o no, perché anche gli accordi sulle doppie imposizioni possono essere usati in modo improprio, per arrivare anche ad una doppia non tassazione: non pago le tasse nel Paese dove esercito e non pago più le tasse nel Paese dove ho la sede, oppure dove trasferisco le filiali. Siamo veramente al paradosso.
  Quindi, noi chiediamo queste tre cose al Governo: chiediamo un impegno veramente nel cercare di fare il possibile per arrivare alle dimissioni del Presidente della Commissione europea, perché veramente non rappresenta l'Europa, non rappresenta noi come movimento politico, ma penso che non rappresenti veramente l'Europa.
  In Europa ci deve essere condivisione, ci deve essere collaborazione, ci deve essere cooperazione, invece qui sembra che il Presidente della Commissione europea, per diciotto anni, abbia fatto cannibalismo, vero «cannibalismo fiscale» ai danni di tutti i cittadini europei. Sì, perché la questione non riguarda solo noi in Italia, ma riguarda logicamente anche i nostri partner europei, anche gli altri Paesi.
  Vorrei spendere ancora due parole sul ruling internazionale, una pratica che comunque abbiamo anche in Italia, come dicevo prima, che però in Italia, forse, a volte può essere un po’ troppo delicata. È così delicata che in uno degli ultimi provvedimenti, quello riferito alla voluntary disclosure, è stata limitata la responsabilità dei funzionari pubblici che siglano accordi di ruling. Cosa vuol dire ? Innanzitutto è un momento molto, molto delicato, perché si va praticamente a negoziare la fiscalità, ossia quanto un'azienda deve pagare. Insomma, è una questione così delicata che lo Stato cosa fa ? Al posto di dire: tu, che vai a firmare quegli accordi, devi essere molto responsabile, dice che sarai responsabile per corruzione o per reati riferiti alla corruzione solo se c’è colpa grave.
  Allora, non andiamo d'accordo, non andiamo per nulla d'accordo: noi vogliamo avere molta responsabilità per le persone che siglano questi accordi, anche se c’è una colpa lieve; insomma, diciamo che ci sarebbe almeno da analizzare bene la questione, non dire a priori che non c’è responsabilità per reati simili alla corruzione.
  Insomma, veramente la politica internazionale che riguarda la fiscalità è una cosa molto, molto delicata e ne va del nostro Paese, ne va della nostra integrità, ne va delle nostre risorse, ne va del nostro sviluppo. Dobbiamo stare molto, molto attenti, cercare di fare qualcosa per vedere Pag. 4se gli accordi che abbiamo siglato fino ad oggi vanno bene e fare in modo, se ci rendiamo conto che non vanno bene, di modificarli.
  Cos'altro dire ? Non aggiungo altro, Presidente, Viceministro, e sono contento che ci sia lei, che è una persona competente e sono sicuro che ci darà delle risposte complete ed esaurienti alle nostre richieste (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero, ha facoltà di rispondere.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, innanzitutto c’è da specificare che con il documento in esame gli onorevoli interpellanti sottopongono all'attenzione del Governo i risultati dell'inchiesta denominata «LuxLeaks», condotta dal Consorzio internazionale del giornalismo investigativo (Icij).
  Tale inchiesta concerne le agevolazioni fiscali che sarebbero state concesse dal Lussemburgo a numerose imprese e multinazionali.
  Gli onorevoli interpellanti chiedono di conoscere, tra l'altro, se non sia opportuno rivedere gli accordi internazionali in materia di scambio di informazioni e sulle doppie imposizioni con il Lussemburgo e con altri Stati che favoriscono la delocalizzazione finanziaria a condizioni fiscali privilegiate, impedendo ed ostacolando qualsiasi forma di controllo da parte delle autorità. Al riguardo, sentiti gli uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue, descrivendo l'evoluzione della normativa nazionale e internazionale in materia e degli accordi internazionali in materia.
  In merito agli accordi bilaterali in argomento, è opportuno segnalare che è stata recentemente emanata la legge 3 ottobre 2014, n. 150, recante: «Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo e dello Scambio di Lettere recanti modifiche alla Convenzione tra Italia e Lussemburgo intesa ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e a prevenire la frode e l'evasione fiscale, con Protocollo, del 3 giugno 1981, fatti a Lussemburgo il 21 giugno 2012», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 248 del 24 ottobre 2014, che entrerà in vigore non appena completato lo scambio degli strumenti di ratifica del Protocollo stesso.
  Tale Protocollo ha introdotto, nella vigente Convenzione, un articolo in materia di scambio di informazioni a richiesta conforme al più recente standard OCSE, in quanto consente di superare il segreto bancario e, pertanto, tale modifica costituisce un importante progresso nella cooperazione amministrativa tra i due Paesi.
  Inoltre, si rappresenta che in sede di Consiglio ECOFIN del 14 ottobre 2014 è stato raggiunto l'accordo politico sulla revisione della direttiva 2011/16/UE, che prevede l'incorporazione, nella legislazione dell'Unione europea, del Common Reporting Standard (CRS) per lo scambio automatico di informazioni finanziarie a fini fiscali, nuovo standard globale di trasparenza fiscale, che è stato elaborato in sede OCSE.
  Le informazioni finanziarie che devono essere comunicate e scambiate riguardano una gamma molto ampia, essendo inclusi non soltanto i redditi finanziari (interessi, dividendi e tipologie analoghe di redditi), ma anche i saldi contabili e i proventi delle vendite di attività finanziarie.
  Tanto premesso, è opportuno far presente che, in sede di Consiglio ECOFIN, il Lussemburgo – grazie anche alle pressioni della Presidenza italiana, che ha assunto una decisa azione di tutela dell'interesse comune della lotta all'evasione fiscale – ha preso la decisione di adeguarsi al calendario più avanzato a livello mondiale di scambio automatico di informazioni finanziarie a fini fiscali.
  Si tratta del calendario comune ad altri 26 Stati membri e a molti altri Paesi – Early Adopters – in base al quale le nuove disposizioni saranno applicabili dal 1oPag. 5gennaio 2016, e il successivo scambio di informazioni nel 2017 per i redditi sui conti risultanti come accesi nel 2015.
  L'adozione formale e finale della direttiva è prevista in occasione dell'ECOFIN del prossimo 9 dicembre 2014.
  Giova evidenziare, infine, che a livello europeo è istituito il Gruppo codice di condotta il quale, in base ai principi di cui all'allegato delle conclusioni del Consiglio dell'Ecofin del lo dicembre 1997, procede alla valutazione delle misure fiscali potenzialmente dannose, adottate dagli Stati membri, che possono avere una sensibile incidenza sull'ubicazione delle attività imprenditoriali nel territorio dell'Unione europea.
  In particolare, il predetto Gruppo, nel corso dei lavori del mese di giugno 2014, ha adottato delle linee guida (soft law) che prevedono l'avvio di un monitoraggio ad hoc da parte della Commissione su tutti i ruling operanti tra gli Stati membri, alla luce del principio della trasparenza fiscale.
  L'adozione di tali linee guida è stata fortemente sostenuta da parte italiana, anche in forma isolata. Analoga iniziativa è, inoltre, attualmente in discussione anche in sede del Forum per le pratiche fiscali dannose presso l'OCSE.
  Gli onorevoli interpellanti sanno, perché si è discusso spesse volte in Commissione, che l'azione del Governo italiano è volta alla maggiore trasparenza possibile sia dal punto di vista finanziario – lo si deve a questi accordi che sono stati raggiunti anche in base a un grande stimolo del Governo italiano – sia dal punto di vista della verifica dei vari regimi fiscali che possono agevolare o meno un Paese nei confronti di un altro.
  L'accordo di totale trasparenza dei regimi fiscali si cerca di ottenerlo in sede OCSE, quindi, anche al di fuori dei Paesi dell'Unione economica, in modo tale da chiudere quelli che sono stati definiti i buchi neri del sistema, che permettono, in un momento globale dell'economia mondiale, di avere delle falle sul sistema: quindi, è un'azione di trasparenza.
  Dall'altra parte, è necessaria un'azione, specialmente per i Paesi dell'Unione economica che, ricordiamoci, hanno una moneta unica e una politica di bilancio convergente, con tutta una serie di interventi che, vedete, avvengono sull'analisi dei bilanci degli Stati membri e che cercano di avere anche delle politiche industriali convergenti, per cercare assolutamente di avere delle politiche fiscali convergenti; politiche fiscali in termini, di italiano, quindi, politiche della tassazione convergenti.
  Questa è un'azione che, nel semestre, lo Stato italiano sta compiendo, cercando di far sì che i vari sistemi fiscali possano andare verso un sistema fiscale convergente, un sistema fiscale che non permetta più di avere queste disomogeneità all'interno del sistema stesso, che, poi, permette ad aziende, all'interno, dicevo, della stessa Unione europea, di avere tassazioni talmente differenti che, poi, vi sono anomalie di impostazione stessa.
  Questa è un'azione che lo Stato italiano sta facendo, che si è impegnato a fare in sede di guida del semestre, che – avete visto – ha portato alcuni risultati: noi abbiamo citato di aver raggiunto, durante questo semestre, alcuni risultati con la firma di queste convenzioni, che lo Stato italiano porterà avanti e continuerà a portare avanti.

  PRESIDENTE. L'onorevole Villarosa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Pesco n. 2-00745, di cui è cofirmatario, per dieci minuti.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, naturalmente mi spiace per il Viceministro, ma non siamo soddisfatti. Non siamo soddisfatti, perché ci saremmo aspettati una «posizione» da parte del Governo, perché noi ci vediamo in Commissione, ne parliamo in Commissione: lei ha tirato fuori la legge n. 150 dell'ottobre 2014, ovvero l'accordo che abbiamo fatto tra Italia e Lussemburgo. Io le vorrei ricordare che il sottoscritto, durante quell'accordo, Pag. 6fece notare a tutta la Commissione che si stava facendo un grosso errore nel non inserire, all'interno del parere, le nuove possibilità di elusione ed evasione fiscale che si sarebbero potute mettere in atto grazie a quell'accordo. Ho fatto inserire la famosa espressione «treaty shopping»: il treaty shopping è una pratica che viene utilizzata dai furbetti, dalle aziende furbette, per riuscire ad avere l'imposizione minore tra i due Paesi nei quali loro stessi operano.
  Quindi, è una questione di coerenza e di moralità. Noi ci saremmo aspettati dallo stesso Juncker almeno una «posizione», almeno delle scuse. Il Lussemburgo, dal 1995, ha saccheggiato – saccheggiato, non ho nessuna paura a dirlo – le tasse di tutti i Paesi europei. Dal 1995, da quando Juncker è diventato Premier nel Lussemburgo, la tassazione in quel Paese è diventata ridicola, il segreto bancario è diventato l'ordine del giorno. Ancora mi ricordo servizi di alcuni giornalisti italiani: perché, poi, il problema è che, caro Presidente, sono i giornalisti a tirare fuori queste notizie, mentre dovremmo essere noi, con la magistratura nazionale, che non ha le armi – perché noi non riusciamo a dare le armi –, a tirare fuori queste notizie, a far capire alla gente cosa succede in Europa, a far capire alla gente perché questa non è un'Europa unita.
  Un'Europa unita, infatti, ha la stessa tassazione per evitare che i furbetti – come dicevo prima – aprano le sedi legali in Paesi in cui hanno una determinata tassazione, bassa, abbiano determinati accordi con i Governi locali, vengano nel nostro Paese e facciano concorrenza sleale alle aziende dei nostri imprenditori, che si spezzano la schiena dalla mattina alla sera per creare situazioni come quella del Friuli – io sono siciliano – del «triangolo della sedia», che non esiste più. Perché il made in Italy, in Italia, non esiste più, anche a causa di queste multinazionali.
  E noi dal Governo ci aspettavamo una posizione più «imperante» rispetto ad una situazione del genere: 340 aziende multinazionali. Le faccio un esempio, Viceministro: Amazon.
  Ci sono aziende che vendono libri in Italia, ci sono aziende che vendono hi-fi, che vendono telefonini, prodotti elettronici di qualsiasi tipo, che stanno morendo; che hanno famiglie, che hanno figli, che devono chiudere la propria azienda, perché ? Perché Amazon fa i prezzi più bassi in Italia ! Tu riesci a comprare un prodotto al 20, 30 per cento in meno on line su Amazon. Alcuni credono che riescono a comprarli on line su Amazon a meno, perché ? Perché è on line, e quindi Amazon ha meno costi ? No !
  Io sono un ex imprenditore, e probabilmente in questo Parlamento ce ne vorrebbero un po’ di più di imprenditori ed ex imprenditori, che conoscono il mercato, che hanno vissuto il mercato, che sanno ad esempio che se io ho un mio concorrente che vende uno stesso prodotto, e lui lo vende con degli agenti in dei piccoli esercizi commerciali, e io lo voglio battere, basta che entro nella grande distribuzione ! E lo sapete a volte come entrano alcuni nella grande distribuzione, caro Presidente e caro Viceministro ? Entrano pagando ! Pagano la grande distribuzione per avere visibilità e perché gli venga venduto il prodotto e come la pagano la grande distribuzione ? Al nero !
  Noi queste tecniche, queste tattiche, queste furberie le dobbiamo fare smettere, perché se no il famoso triangolo della sedia del Friuli, i pochi triangoli della sedia del Friuli in Italia scompariranno anche loro; e noi ci troveremo con grandi multinazionali, grazie anche a questi decreti che favoriscono il precariato, che favoriscono i licenziamenti, ad avere multinazionali che arrivano in Italia e fanno quello che vogliono con i nostri lavoratori e che fanno fallire tutte le altre imprese.
  Io questo Paese non lo voglio così ! Noi del MoVimento 5 Stelle queste cose non le vogliamo più vedere, perché le conosciamo. Questo sfruttamento delle asimmetrie informative: io conosco le norme, io ho il commercialista capace, ho l'avvocato Pag. 7capace di spiegarmi come devo far arrivare i guadagni nella mia azienda, e allora io riesco a fregare il fisco, io riesco a fregare gli italiani, riesco a fregare i miei concorrenti; io invece piccolo imprenditore, che non ho queste possibilità, che non ho queste conoscenze, sono destinato a morire.
  Quindi è tutto è legale, possiamo dire tutto quello che vogliamo: possiamo dire che non andava fatto; però è legale ! Junker nel suo Paese quelle cose le può fare. Noi ci troviamo un Paese, come il Lussemburgo, col quale non potremmo scambiare informazioni, perché è un Paese in black list, quindi non ci dà informazioni, ma è in Europa, fa parte dell'Unione europea, e quindi ci dovrebbe essere il libero scambio. Ma che Europa è ? Ci sono incongruenze proprio sotto gli occhi, è veramente un Paese strano.
  Quindi mi sarei aspettato una posizione più importante: perché ripeto, ci sono tanti imprenditori che nei Paesi del nord... Anch'io sono siciliano, ma in Veneto, io mi ricordo il Veneto: i mobili, la zona di Pordenone, le grandi aziende di mobili sono fallite, sono fallite grazie a questi trucchetti, sono fallite grazie a questi spostamenti di soldi, faccio la sede legale... Amazon, come vi dicevo prima, lo sapete quanto ha dichiarato in Gran Bretagna ? 300 milioni di euro. Lo sapete quanto ha dichiarato in Lussemburgo ? 12 miliardi di euro ! Ma andiamo a vedere le due sedi, andiamo a vedere dove realmente opera Amazon !
  E allora, caro ministro, noi non siamo d'accordo con la vostra posizione; e vi chiediamo, anche se già l'avete espressa, ma vi chiediamo in futuro una maggiore durezza verso questi atteggiamenti, che sono legali ma non sono moralmente accettabili (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Dovremmo passare ora alla prossima interpellanza, ma non è presente il rappresentante del Governo. Mi scuso con i colleghi, e non solo a questo punto stigmatizzo la questione in Aula, ma la porrò anche direttamente al Governo perché credo che non sia accettabile che i rappresentanti del Governo non siano presenti quando bisogna rispondere alle interpellanze.
  Sospendo la seduta, e sarà ripresa non appena sarà presente il Governo.

  La seduta, sospesa alle 9,30 è ripresa alle 9,33.

(Iniziative di competenza volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento della multinazionale Trw di Livorno e ad individuare un percorso di rilancio economico e produttivo dell'area livornese – n. 2-00739)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Rocchi ed altri n. 2-00739, concernente iniziative di competenza volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento della multinazionale Trw di Livorno e ad individuare un percorso di rilancio economico e produttivo dell'area livornese (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  L'onorevole Rocchi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza per quindici minuti.

  MARIA GRAZIA ROCCHI. Signor Presidente, vengo a illustrare la interpellanza urgente che ho posto al Ministero dello sviluppo economico. Dunque, con la decisione del 16 ottobre scorso i vertici della multinazionale Trw di Livorno decidono di chiudere lo stabilimento ubicato nel territorio; in questa maniera si allunga il drammatico elenco delle situazioni di crisi del settore automotive che ha purtroppo duramente colpito proprio l'area industriale livornese; si aggrava perché ciò determinerà una possibile perdita occupazionale per 500 persone occupate direttamente in Trw o nel suo indotto.
  L'azienda annuncia di voler chiudere lo stabilimento già il prossimo 31 dicembre, quando scadranno i contratti di solidarietà ancora in corso. Vede, nonostante la crisi del settore che, dal 2008, ha generato la perdita di quasi 1000 posti di lavoro (circa Pag. 8un quarto degli occupati nel settore automotive a Livorno) e che ha visto un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, nessuno, proprio nessuno nella Trw, immaginava una decisione tanto dura e tanto drastica da parte dell'azienda, tanto più per uno stabilimento, come quello livornese che, a detta degli stessi dirigenti, rappresentava un modello in termini di produttività, di efficienza e di competitività, che era costata cara ai lavoratori. Erano anni di contratti di solidarietà siglati che andavano a colpire duramente il reddito di queste famiglie.
  Le lavoratrici e i lavoratori della Trw e tutte le istituzioni, a questo punto, non possono accettare che alla vigilia di una cessione aziendale importante alla multinazionale tedesca ZF, che determinerà dunque nuovi assetti societari e, a distanza di pochi mesi da incontri che si sono tenuti in Confindustria con i vertici aziendali e durante i quali si rassicuravano le organizzazioni sindacali circa il ruolo strategico dello stabilimento di Livorno, si determini un repentino e categorico annuncio di cessazione di attività. Vede, gli argomenti addotti dai vertici e ascoltati in questi giorni non sembra impediscano che l'attività dello stabilimento possa protrarsi per un altro periodo, almeno per un anno, e sarebbe un anno utile, importante per la ricerca di intese e di nuove possibilità.
  Noi sappiamo che la multinazionale Trw ha siglato da qualche mese la cessione del gruppo alla tedesca ZF. Questo progetto di acquisizione vale oltre 12 miliardi di dollari e i vertici di ZF hanno salutato l'operazione come un passo importante per lo sviluppo di collaborazioni e sinergie tra due comparti industriali fondamentali che però operano in segmenti industriali diversi.
  Dichiaravano, a quel momento, salutando l'operazione, che dalla fusione sarebbero derivati nuovi e maggiori investimenti in ricerca e sviluppo e tutti i dipendenti dei due gruppi avrebbero potuto avvantaggiarsi di nuove opportunità di lavoro e di carriera. Bene i lavoratori di Livorno e forse neanche quelli degli altri stabilimenti italiani, hanno capito bene quali vantaggi deriveranno dalla creazione del nuovo colosso industriale e che, particolare importante avrà, come azionista di ampia maggioranza la municipalità di Friedrichshafen.
  Quella della Trw non è solo l'apertura di una nuova crisi industriale che può riguardare più stabilimenti italiani, è un dramma per circa 500 famiglie che vivono in un tessuto economico e sociale già duramente colpito e che non potrà sopportare un ulteriore impoverimento produttivo ed occupazionale.
  Vede, Presidente, con un tasso medio di disoccupazione del 14 per cento, che è nettamente superiore alla media regionale in Toscana, che si attesta intorno al 7,9 per cento, e con un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 45 per cento, la città rischia di perdere la propria vocazione industriale, la possibilità di recuperare produttività di sistema, quindi di privarsi di una concreta possibilità di rilancio produttivo. La chiamano desertificazione ed è proprio quella che Livorno ci rappresenta ogni giorno. Il segno della gravità della situazione è appunto dato dal fatto che la vertenza Trw non è che l'ultimo anello delle tante complesse vertenze come quelle di Eni, Lucchini, Toscana Impianti, Cooplat, ex Delphi. Ai lavoratori della Trw e delle altre aziende in crisi occorre dare risposte prima di tutto impedendo ridimensionamenti o cessazioni di attività, perché ipotesi occupazionali alternative non esistono, perché lo stato attuale, se non governato in un'ottica di nuova strategia produttiva del territorio, alimentata da risorse adeguate e ampio coinvolgimento di tutte le istituzioni, rischia di perdere altre imprese ed ogni attrattività per nuovi investimenti. Il Censis tempo fa definiva la città come una delle più vitali d'Italia, con nuclei produttivi ad alto tasso di innovazione. Dunque è vero, l'area livornese è un'area ricca di professionalità, è potenzialmente adatta ad essere uno snodo logistico di primaria importanza, oltre che idonea ad implementare produzioni tecnologicamente avanzate, e non può permettere che si disperda un potenziale produttivo enorme. Pag. 9Non lo meritano i tanti lavoratori e le lavoratrici livornesi, non lo merita la Toscana, l'intero Paese.
  La regione Toscana è pienamente consapevole della grave situazione dell'area livornese e richiede al Governo un provvedimento straordinario che riconosca Livorno come area di crisi complessa, come già del resto avvenuto per Piombino. Si riconosce, dunque, l'importanza di uno strumento che consenta di attivare risorse ed interventi nazionali utili ad implementare un piano di rilancio economico, alla cui elaborazione si impegnino tutte le istituzioni territoriali. Il consiglio comunale di Livorno ha approvato, lo scorso ottobre, un atto d'indirizzo che, oltre a ribadire il pieno sostegno alla lotta dei lavoratori della Trw e delle organizzazioni sindacali per scongiurarne la chiusura dello stabilimento livornese, impegna l'amministrazione a richiedere al Ministero dello sviluppo economico di accelerare il percorso di riconoscimento dello stato di crisi industriale complessa e ad istituire un tavolo permanente per l'emergenza occupazionale nell'area livornese e giungere così al più presto ad un accordo di programma. Il 20 ottobre scorso, alla presenza appunto del sottosegretario, dell'assessore regionale alle attività produttive Simoncini, e del sindaco di Livorno, Nogarin, si è svolto un incontro con i vertici della multinazionale Trw al termine del quale il Governo, la regione ed il comune hanno chiesto a Trw la disponibilità a mantenere ancora attivo lo stabilimento per tutto il 2015, ciò allo scopo di consentire la ricerca di soluzioni alternative. Il 29 ottobre 2014, quel triste 29 ottobre, si è tenuto al MISE sempre un nuovo incontro in tale senso, sempre con i vertici italiani della Trw. Non sembra che siano uscite grosse aperture per scongiurare la chiusura dello stabilimento livornese e pertanto si è convenuto per un nuovo incontro a più alti livelli aziendali.
  Ora, sottosegretario, alla luce di vari incontri intervenuti al MISE, per noi è urgente conoscere quali possono essere gli ulteriori passi in merito alla negoziazione con i vertici della Trw, al fine di scongiurare la cessazione delle attività prevista per la fine di questo anno, e poi quali interventi si intendono avviare per favorire un percorso di rilancio economico del tessuto produttivo dell'area livornese.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Viceministro dello sviluppo economico. Grazie Presidente, chiedo scusa al Presidente e agli onorevoli per il ritardo che ho portato.
  Il Ministero sta seguendo attivamente e da vicino le complesse vertenze che nell'ultimo periodo stanno interessando la città di Livorno. La prospettata chiusura dello stabilimento Trw va ad aggiungersi a situazioni di crisi precedenti che interessano altri siti industriali locali e che quindi, rischiano di compromettere la vocazione industriale di Livorno con pesanti ricadute economiche e sociali su tutto il territorio.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha subito attivato un tavolo di confronto tra le parti non appena Trw ha comunicato l'intenzione di cessare le attività presso lo stabilimento di Livorno dal 1o gennaio 2015. La chiusura dello stabilimento giunge inaspettata, senza che siano state indicate altre possibili alternative e senza che ci sia stato il dovuto dialogo con le parti sociali e con le istituzioni per cercare insieme all'azienda, altre possibili prospettive per il sito produttivo di Livorno.
  Dal punto di vista occupazionale, il bilancio è particolarmente drammatico perché riguarda circa 450 dipendenti più l'indotto. Per questo, il Governo e le istituzioni regionali e locali hanno proposto di prolungare per altri 12 mesi l'attività per individuare, insieme alle istituzioni, altre soluzioni imprenditoriali e per utilizzare in questo lasso di tempo ogni possibile ammortizzatore sociale. Del resto, in vicende simili, le imprese, anche multinazionali non hanno mai prospettato scelte così a breve termine, offrendo piuttosto tempistiche più ampie e soluzioni Pag. 10sicuramente più governabili. In questo caso, invece, l'unica proposta formulata è stata quella di un «piano sociale» di accompagnamento economico ai lavoratori posti in mobilità.
  Per tale motivo, sono in corso in questi giorni contatti, dopo l'incontro ricordato dall'onorevole Rocchi, con i vertici della multinazionale Trw per prospettare una gestione della vicenda che sia meno dirompente di quella annunciata. Sono anche in corso interlocuzioni tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e naturalmente con la regione Toscana con la Trw per esplorare le differenti opzioni di utilizzo degli ammortizzatori sociali che possano sostenere al meglio i lavoratori in questa difficile fase. Da ultimo, è stato riconvocato un incontro tra le parti e le istituzioni per il giorno 20 novembre 2014.
  In quella data il MISE confermerà la richiesta di un maggiore impegno di Trw per mantenere attivo lo stabilimento nel corso del 2015 anche per favorire – come dicevo – la ricerca di nuove soluzioni nello stesso settore o in altri. La situazione, come è chiaro da quanto diceva l'onorevole Rocchi e da questa mia risposta, è una situazione difficile su cui stiamo lavorando per individuare una soluzione, prima di tutto, meno traumatica e, in secondo luogo, alternativa che dia un futuro al sito di Livorno.

  PRESIDENTE. L'onorevole Rocchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MARIA GRAZIA ROCCHI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la Trw sta a tutti noi particolarmente a cuore. È la fabbrica simbolo della Livorno industriale. Io ricordo – e ricordo bene – la vecchia Spica, che era la società delle pompe a iniezione Cassani; vi lavoravano operai orgogliosi e noi, allora giovani, li ricordiamo come i fortunati che lavoravano alla Spica. Oggi la minacciata chiusura appare come un sipario che cala sulla storia di una città. Nonostante le crisi precedenti, questa è diventata proprio una crisi simbolo e rischia di avere un effetto dirompente anche sullo stato emotivo della città, con ricadute sociali anche di tenuta sociale non facilmente prevedibili in questo momento, ma sicuramente brutte e drammatiche.
  Questo sipario che cala, infatti, vede allontanarsi ogni opportunità di occupazione. Ho ben chiari già, sottosegretario, i 160 tavoli di crisi che sono aperti presso il Ministero e di cui lei si sta occupando. Sono crisi che conosce molto bene e riguardano operai di Genova, Taranto, Piombino, Terni, e mi scuso con tutti gli altri operai degli altri territori italiani che in questo momento non riesco neanche a citare per quanti sono, ma è drammatico vedere l'orgogliosa Livorno dove si avvita una crisi che ormai non è solo economica e sociale, ma è culturale. È dunque una crisi che supera le dinamiche congiunturali e rischia di trasformarsi drammaticamente in strutturale, perché, senza il nuovo ossigeno che solo la fiducia nel futuro può produrre, si perde la voglia e la capacità di investire, non solo di investire in impresa, ma anche in se stessi, investire nella propria crescita umana e professionale. E forse è per questo e non è un caso che, a Livorno, si osservi anche il tasso di abbandono scolastico più alto della Toscana: nemmeno i ragazzi riescono a investire più in se stessi. Chi osserva la triste contabilità della crisi vede anche che quella della meccanica livornese inizia prima della recessione, inizia a metà del 2000, quando l'arretramento delle industrie statali lascia il passo alle nuove multinazionali portatrici di logiche spietate di crescita di valore per i propri stakeholder. È comprensibile, dunque, che la logica della multinazionale venga vissuta come predatoria, come capace di sfruttare ogni risorsa pubblica, inclusi gli ammortizzatori sociali, senza sentire il bisogno di costruire comportamenti socialmente responsabili. In più, Livorno, legata com’è alla meccanica della componentistica auto, ha avuto un'accelerazione con il crollo e l'accentuarsi prima della crisi FIAT ed oggi con l'incertezza Pag. 11dei piani industriali della società per l'Italia. La voce unica e decisa della politica che ascolto dunque oggi nel suo impegno ed è espressa dal Governo e dagli enti territoriali è di estrema importanza. Ormai, si concentra lì l'attenzione delle organizzazioni sindacali, delle lavoratrici e dei lavoratori livornesi. È la speranza di Livorno, che si aspetta una nuova capacità negoziale per scongiurare la perdita di altri posti di lavoro, una nuova capacità di investimento e di progettazione per ricostruire il tessuto produttivo della città. Per questo, sottosegretario, sono lieta di leggere nelle sue parole la piena conoscenza dello stato delle attività produttive livornesi, della situazione occupazionale e delle tensioni sociali della città. Ha ampiamente delineato l'attuale situazione della Trw e ha seguito personalmente – lo sappiamo – tutti gli incontri ed è stato presente in modo costante, garantendo la sua presenza in ogni momento, e so che questa presenza avrà un ruolo importante e decisivo anche nell'incontro previsto per il 20 di novembre. So che ha incontrato gli enti territoriali e le organizzazioni sindacali. Spero che lei abbia compreso la loro ansia, la loro paura e soprattutto la loro rabbia, perché è dall'inatteso sviluppo di questa situazione, che deriva una tensione sociale sopra ogni altro livello di guardia. Nella sua risposta leggo la determinazione a favorire un'auspicata sospensione della decisione di chiusura dello stabilimento. Leggo la volontà di intraprendere ogni via negoziale, affinché questo avvenga, a utilizzare strumenti anche innovativi perché questo possa fornire le risposte a quei lavoratori e a quelle lavoratrici, intraprendendo con la multinazionale americana, e voglio pensare anche con quella tedesca, ogni passo in questa direzione.
  Pertanto, sulle notizie, che noi ci aspettiamo positive, se lei me lo consente, vorrei nuovamente interrogarla in tal senso. Ma le notizie le attende, prima di tutto, la mia città, le attende una zona che ha intenzione di rimettere in gioco la sua ricchezza professionale, le sue potenzialità infrastrutturali, tutte le sinergie territoriali e quelle con attività di impresa, di eccellenza, che operano con alti tassi di produttività e di innovazione. Dunque, mi dichiaro soddisfatta della risposta e ringrazio il Viceministro.

(Iniziative volte a garantire un'efficace tutela dei consumatori in relazione alle pratiche commerciali scorrette tramite l'uso di smartphone – n. 2-00742)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fiano ed altri n. 2-00742, concernente iniziative volte a garantire un'efficace tutela dei consumatori in relazione alle pratiche commerciali scorrette tramite l'uso di smartphone (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Fiano se intenda illustrare la sua interpellanza, per quindici minuti, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  EMANUELE FIANO. Signor Presidente, intendo illustrarla. Mi dispiace delle condizioni della sua voce, ma spero che miglioreranno. Vorrei dividere la presentazione di questo nostro atto di sindacato ispettivo in tre punti, signor Presidente: il fatto, la qualifica del danno che subiscono i cittadini e le soluzioni.
  Con questo atto di sindacato ispettivo, noi vogliamo mettere in rilievo una pratica assai diffusa, che ha generato molte denunce, di cui si sta occupando anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per cui anche un solo occasionale sfioramento manuale dello schermo di uno smartphone su un'inserzione pubblicitaria o su un avviso lega l'utente, spesso inconsapevolmente, ad un abbonamento, e comunque ad una forma di spesa, e quindi di prelievo economico sul contratto che egli ha sottoscritto con un operatore telefonico.
  Nello specifico – e qui, probabilmente, vi è anche il tema di attribuire esattamente la responsabilità di quanto succede – se non sono errate le ricostruzioni che ne fa la stampa – peraltro, se ne sta Pag. 12occupando anche l'Autorità – l'utente di un contratto telefonico di telefonia mobile concede i propri dati solo all'operatore telefonico, il quale fornisce questi dati anche a dei cosiddetti service provider, quindi aziende che forniscono contenuti di telefonia, per esempio giochi o conversazioni via chat o notizie tramite sms, società esterne agli operatori telefonici che hanno in concessione le linee e con i quali stipulano dei contratti.
  Questi contratti prevedono che l'operatore metta a disposizione la rete telefonica e la possibilità di addebitare il servizio direttamente sul conto del cliente. In cambio, il service provider versa all'operatore una certa percentuale sui ricavi ottenuti dal servizio. Il tutto, in apparenza, nel rispetto del codice di condotta per i servizi premium, cioè i servizi di telefonia a pagamento, detto anche CASP, che è un'autoregolamentazione che le compagnie telefoniche e i maggiori service provider hanno stipulato per garantire trasparenza.
  Tuttavia, ciò nonostante, i casi accertati di pratiche commerciali scorrette in questo campo sono numerosi. Per esempio, nel settembre del 2009, l'Autorità antitrust si è occupata dei servizi offerti da Zeng Srl, società che fornisce suonerie, giochi e news, che l'Antitrust sanzionò con una multa di 55 mila euro. La parte più interessante, però, di quel provvedimento di sanzione da parte dell'Autorità è che riguardò anche agli operatori telefonici, e quindi non solo il service provider esterno. L’Authority, infatti, li ritenne direttamente responsabili della pratica scorretta, perché le modalità di attivazione a pagamento dei servizi di Zeng erano non solo note, ma spesso concordate, in quel caso, con i colossi della telefonia.
  Alla fine, per loro, le multe furono di lieve entità: 75 mila euro pagati da H3G, 155 mila euro da Telecom. Tra il 2007 e il 2013, molte delle grandi compagnie, anzi, ognuna, sono state sanzionate almeno quindici volte dall'Antitrust. Globalmente, le multe comminate ammontano a circa 11 milioni di euro. Il punto, però, che illustravo nell'introduzione è, a questo punto, chi ricava il danno e se la sanzione sia commisurata.
  Vorrei ricordare che, se non vado errato, le cifre complessive del mercato della telefonia mobile ammontano a 17,2 miliardi di euro, mentre risulterebbe che la multa massima prevista dalla sanzione dell'Autorità assomma, per questo tipo di eventuali scorrettezze rilevate, a 5 milioni. Il punto è, però, che di tutte queste multe, evidentemente asimmetriche rispetto alla quantità del ricavo delle attività in questo campo, non sono, in alcun caso, multe che possano risanare l'addebitamento che si è rivolto verso gli utenti della telefonia mobile, cioè noi abbiamo una attività che è stata ritenuta molte volte scorretta dall'Antitrust, l'Antitrust ha sanzionato, secondo me in misura insufficiente, le compagnie telefoniche che hanno ceduto i dati e concesso dei contratti a dei service provider esterni, ma l'utente che è stato danneggiato non viene rifuso dalla pratica del sanzionamento da parte dell'Autorità antitrust.
  Per questo, signor Viceministro, la parte finale della nostra interpellanza chiede proprio al Governo se, anche alla luce del recente recepimento della direttiva dell'Unione europea 2011/83/UE, il Ministro ritenga che le norme italiane siano oggi adeguate, anche ai fini di un'efficace tutela dei consumatori e se non ritiene che sia urgente l'individuazione di una soluzione che permetta, anche tramite l'utilizzo di risorse derivanti dalle sanzioni eventualmente comminate – e sono state comminate – alle società telefoniche, il risarcimento delle incolpevoli vittime di questo genere di truffe percepite, ovviamente, come altamente lesive da una parte consistente di cittadini.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, riguardo il fenomeno delle attivazioni di servizi a pagamento non richiesti, Pag. 13tramite l'utilizzo di apparati smartphone, si fa presente quanto segue. Le disposizioni contenute nel recente decreto legislativo n. 21 del 2014 (con il quale è stata recepita la direttiva 2011/83/UE citata dall'onorevole Fiano), entrato in vigore lo scorso 13 giugno, dovrebbero essere una efficace risposta per evitare i fenomeni truffaldini con gli smartphone, come quelli descritti nell'atto in esame. In particolare, si richiama l'articolo 51, comma 2, del novellato Codice del consumo, rubricato: «Requisiti formali per i contratti a distanza», in base al quale i consumatori dovranno confermare esplicitamente di aver compreso che l'offerta è a pagamento. La norma in questione stabilisce, adesso, che, se l'ordine deve essere effettuato azionando un pulsante o un link, questi devono indicare in modo inequivocabile che, con tale click, il consumatore si obbliga a pagare una somma di denaro. In caso contrario, il consumatore non è vincolato al contratto o all'ordine e, dunque, non è obbligato a pagare. Conseguentemente, i vari oroscopi, ricette, suonerie e giochi elettronici, e così via, non potranno più essere pubblicizzati come gratis, salvo poi nascondere costosi abbonamenti mensili o settimanali.
  Tra le rilevanti novità introdotte con il citato decreto legislativo, vi è la competenza esclusiva, con conseguente potestà sanzionatoria, posta in capo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di vigilanza sul corretto rispetto degli obblighi di informazione, e di altri obblighi formali, che la direttiva recepita poneva in capo alle imprese nei contratti a distanza e/o negoziati fuori dai locali commerciali con i consumatori. Risulta, peraltro, che la predetta Autorità abbia aperto delle indagini che coinvolgono i principali gestori per aver erogato servizi a pagamento, senza aver effettivamente ricevuto il consenso degli utenti. Le indagini sono state aperte in seguito ad una serie di esposti presentati da associazioni dei consumatori, riguardanti lamentele presentate da consumatori che sono stati costretti a pagare per servizi attivati senza espresso consenso.
  Per quanto di sua competenza, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha comunicato che, al fine di arginare il citato fenomeno, ha adottato non solo provvedimenti sanzionatori, ma anche interventi mirati di tipo regolamentare, tra cui appare meritevole di menzione la delibera n. 418 del 2007 dell'Autorità stessa, laddove, all'articolo 2, comma 3, prevede che gli operatori della telefonia mobile offrano gratuitamente agli utenti almeno l'opzione dello sbarramento selettivo di chiamata. All'articolo 5, comma 4, stabilisce che: «Fatte salve le modalità di disattivazione previste in adempimento dell'articolo 12, comma 9, del decreto n. 145 del 2006, gli operatori della telefonia disattivano immediatamente i servizi a sovrapprezzo in abbonamento ed interrompono i conseguenti addebiti a decorrere dalla semplice richiesta telefonica dell'utente mediante chiamata al numero di assistenza clienti, nonché mediante eventuali ulteriori modalità telematiche messe a disposizione dall'operatore».
  Quanto ai meccanismi di tutela degli utenti – su cui giustamente l'onorevole Fiano si sofferma nella sua interpellanza – si segnala che, allo stato, sul fronte della tutela ex post, uno strumento, utile per ristorare gli utenti dei disagi subiti a causa dell'attivazione di servizi premium non richiesti, è costituito dalla procedura di risoluzione alternativa delle controversie tra utenti e operatori gestita, anche con l'ausilio dei Corecom, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
  La stessa si aggiunge ad un ulteriore importante strumento di tutela, consistente nel riconoscimento del diritto dell'utente al rimborso in caso di attivazione non richiesta di servizi premium. È infatti prescritto nel Codice di condotta per l'offerta dei servizi premium che il Content service provider, l’Access provider ed il Serving provider si impegnino, in coerenza con i ruoli rispettivamente ricoperti nell'ambito della filiera di sviluppo ed erogazione dei servizi, ad effettuare eventuali rimborsi nei confronti degli utenti finali, laddove si ravvisi la fondatezza dei reclami ricevuti.Pag. 14
  Per quanto riguarda il quesito posto dall'onorevole interpellante circa l'individuazione di una soluzione che permetta – anche tramite l'utilizzo di risorse derivanti dalle sanzioni eventualmente comminate alle società telefoniche – il risarcimento delle incolpevoli vittime di questo genere di truffe, si osserva che oggi è prevista dalla normativa la destinazione di una quota parte delle sanzioni per finalità a vantaggio degli utenti. In particolare, ciò è previsto per le somme ricavate dall'attività sanzionatoria svolta da altre autorità indipendenti. Tale modello potrà essere oggetto di valutazione anche per il settore delle comunicazioni elettroniche.
  Quindi, la sollecitazione posta dall'onorevole Fiano è una sollecitazione che il Governo accoglie per verificare la possibilità di applicare più efficaci sistemi di tutela per l'utenza.

  PRESIDENTE. L'onorevole Fiano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  EMANUELE FIANO. Signor Presidente, ringrazio molto il Viceministro per l'articolazione della sua risposta e, quindi, mi ritengo ovviamente soddisfatto. Segnalo due punti che mi sembrano ancora in parte irrisolti.
  Il primo è il risarcimento degli utenti. Lei, Viceministro, ha indicato – ovviamente poi potrò leggere meglio il testo della sua risposta – l'attivazione di una pratica di denuncia da parte degli utenti, anche per il tramite del Corecom e via dicendo. Ciò che si chiede da parte degli interpellanti è che esista un meccanismo di risarcimento degli utenti concomitante alla comminazione della sanzione da parte dell'Antitrust. Per essere molto chiari: se l'Antitrust ritiene di avere individuato una pratica scorretta da parte dell'operatore «A» e per questo giudizio commina una sanzione di 5 milioni di euro, deve essere non da parte dell'utente attivata una pratica di querela o di denuncia, ma in quello stesso atto sanzionatorio da parte dell'Autorità deve essere compresa la comminazione di una sanzione all'operatore telefonico e, parimenti, un risarcimento del danno subito agli utenti.
  Ovviamente, ho apprezzato molto l'impegno del Governo che riguarda l'ultima parte della nostra interpellanza, cioè l'uso di una parte delle somme ricavate dalla comminazione delle sanzioni proprio all'individuazione di investimenti per la salvaguardia degli utenti.
  Ovviamente, pur nella mia generale soddisfazione per la sua risposta, il secondo punto che segnalo – che potrà essere anche oggetto di un'attività legislativa da parte di noi parlamentari, ma io suggerisco al Governo di verificare se non sia già possibile autonomamente – è quello di verificare con certezza il punto della cessione di dati sensibili da parte degli operatori telefonici titolari delle concessioni a queste aziende di service provider esterne, cioè se la cessione di dati sensibili da parte delle aziende e delle ditte di service provider esterne, che poi sottopongono agli utenti della telefonia mobile proposte di abbonamento varie, alcune delle quali sono all'origine di questi comportamenti sanzionabili, avvenga in completa regolarità delle norme vigenti.

(Intendimenti del Governo in ordine alla notifica alla Commissione europea, entro il termine del 14 dicembre 2014, della volontà di mantenere l'obbligo di indicare la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia – n. 2-00743)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Parentela n. 2-00743, concernente intendimenti del Governo in ordine alla notifica alla Commissione europea, entro il termine del 14 dicembre 2014, della volontà di mantenere l'obbligo di indicare la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  L'onorevole L'Abbate ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario per quindici minuti.

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  GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, gentili colleghe, egregi colleghi, sottosegretario, non possiamo credere che il Governo non abbia più a cuore la salute dei suoi cittadini e non riusciamo a comprendere come tutti i consumatori italiani, dal prossimo anno, si ritroveranno a consumare prodotti alimentari senza sapere dove effettivamente vengano prodotti e confezionati.
  Una premessa più che necessaria: nel nostro Paese, famoso nel mondo per la sua tradizione enogastronomica, accade che gli agricoltori siano tra quelli che soffrono maggiormente il peso di questa crisi. I marchi storici passano nelle mani straniere. La contraffazione alimentare ha raggiunto livelli impressionanti e noi stessi, dentro questi palazzi – noi, qui in queste Aule –, non facciamo altro che remare contro un settore che, nonostante il nuovo sistema di calcolo del PIL, rimane forse l'unico in Italia che registra segni positivi.
  Signor Presidente, se dico che è anche colpa nostra, lo dico perché la politica non può permettersi più il lusso di ignorare, indugiare o tentennare. In alcuni casi, l'astensione o, peggio, il silenzio non sono ammessi.
  A decorrere dal prossimo 14 dicembre, data di applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, la prescrizione italiana di apporre sull'etichetta dei prodotti alimentari anche la sede dello stabilimento di produzione o confezionamento potrà essere mantenuta solo a condizione che il Governo italiano provveda alla notifica di questa norma alla Commissione europea. Ma, da quanto risulta, il Ministero dello sviluppo economico, per sua parte, non ha manifestato nessun interesse in tal senso. Anzi, ancor peggio, pare che il Ministero dello sviluppo economico abbia manifestato la propria assenza di volontà nel mantenimento di questa norma, attraverso una nota informativa diffusa alle associazioni rappresentative delle varie categorie produttive lo scorso luglio e mai resa effettivamente pubblica.
  Eppure, con l'ultimo regolamento in tema di etichettatura, le istituzioni comunitarie non hanno escluso la possibilità che gli Stati membri integrino la legislazione, nelle parti non soggette a regole comuni, con provvedimenti nazionali relativi a singoli prodotti e loro categorie. Anzi, «Gli Stati membri possono adottare» – sto leggendo l'articolo 38 del regolamento comunitario in questione – «disposizioni nazionali concernenti materie non specificamente armonizzate dal presente regolamento, purché non vietino, ostacolino o limitino la libera circolazione delle merci conformi al presente regolamento». Addirittura, gli Stati membri potranno imporre ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi: protezione della salute pubblica, protezione dei consumatori, prevenzione delle frodi, protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciali, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni di origine controllata e repressione della concorrenza sleale (articolo 39, punto 1).
  Non riusciamo a comprendere, dunque, come sia possibile che il Governo italiano, dopo aver introdotto l'obbligatorietà di indicare la sede dello stabilimento di produzione in etichetta, non faccia di tutto per mantenerla negli anni a venire.
  Come se l'informazione dei consumatori, la lotta alla contraffazione, il rapido intervento per emergenze di salute pubblica, non fossero elementi sufficienti per mantenere un obbligo che vede, forse per la prima ed unica volta, l'Italia davanti agli altri Stati membri dell'Unione europea.
  E meno male che dovevamo dettare la linea politica dei prossimi 18 mesi, con la guida di Renzi in Europa !
  Inoltre, sempre il regolamento UE n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 ottobre 2011, ha confermato ed ampliato gli obblighi riferiti all'etichettatura dei prodotti alimentari, premettendo testualmente che «le etichette alimentari dovrebbero essere chiare e comprensibili, per aiutare i consumatori che intendono effettuare scelte alimentari e dietetiche più consapevoli».
  Gli studi dimostrano che la buona leggibilità costituisce un elemento importante per far sì che l'informazione contenuta Pag. 16nell'etichetta possa influenzare al massimo il pubblico e che le informazioni illeggibili sul prodotto sono una delle cause principali nell'insoddisfazione dei consumatori nei confronti delle etichette alimentari.
  Tale regolamento si applicherà a decorrere dal 13 dicembre 2014, ma sostanzialmente obbliga già i dicasteri competenti ad uniformare il contenuto dei provvedimenti alle più stringenti disposizioni contenute.
  Un intervento non è più procrastinabile.
  Abbiamo un mese da oggi per far sentire la nostra voce in Europa e per difendere la libertà dei consumatori di scegliere un alimento rispetto ad un altro, anche in considerazione del Paese o della regione dove è prodotto, per motivi legittimi come il sostegno all'economia ed all'occupazione locale, in nome del valore del lavoro.
  Libertà di scelta, difesa dei lavoratori italiani e della salute dei consumatori dovrebbero essere obiettivi sacrosanti, da preservare a qualunque costo, per un Governo dedito all'interesse dell'intera nazione.
  A maggior ragione se pensiamo che l'indicazione in etichetta della sede dello stabilimento di produzione e confezionamento consente alle autorità di controllo di attivare, nel più breve tempo possibile, le azioni correttive volte a mitigare eventuali rischi per la salute umana, nel caso in cui si segnalino o si riscontrino eventuali anomalie, alterazioni e ogni altra situazione in grado di provocare allerta per l'incolumità pubblica.
  Pensiamo ai continui sequestri di prodotti contraffatti nel settore bioalimentare, che ha spinto il corpo forestale dello Stato, visti i continui sequestri, quasi giornalieri, all'allerta contraffazione alimentare: dal vino all'olio, dai superalcolici alla frutta, non vi è un comparto, per i NAS, che non desta preoccupazioni.
  Negli ultimi 5 anni il nucleo antifrodi ha effettuato 10 mila controlli di filiera, sequestrando 35 mila tonnellate di prodotti di bioalimentari e 3 milioni di etichette contraffatte; 80 le segnalazioni ad Interpol di prodotti contraffatti del falso made in Italy e 380 milioni di euro è il valore complessivo delle illecite sovvenzioni accertate e dei beni e valori sequestrati.
  Tra le operazioni più significative, quelle contro le frodi sull'olio extravergine di oliva, che hanno portato al sequestro di 3 mila tonnellate di olio lampante e di 9 mila litri di olio deodorato.
  Nel settore vitivinicolo, poi, oltre 9 mila tonnellate di vino sono risultate alterate e non conformi ai disciplinari di produzione.
  E poi ancora 4 mila tonnellate di pomodoro falso DOP, falso biologico e di concentrato di pomodoro cinese falsamente etichettato come made in Italy.
  E come aiutare gli organi di controllo nel lavoro quotidiano di tutela e preservazione degli operatori sani del nostro Paese ?
  Semplice: basta togliere l'indicazione dell'etichetta, che poteva loro servire per controlli 24 ore su 24...
  Questa è la risposta del Governo Renzi alle contraffazione alimentari che ogni anno ci costano soldi e mettono in pericolo la salute dei consumatori italiani.
  Pertanto, signor Presidente, chiedo al Governo – e con questo concludo – se intenda notificare quanto prima e comunque entro il termine ultimo del 13 dicembre 2014, alla Commissione europea, il mantenimento dell'obbligo in etichetta della sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia, dimostrando, per una volta con i fatti, che la difesa del made in Italy, la tutela delle imprese del nostro Paese, la salvaguardia dei consumatori da frodi e contraffazioni sono veramente fattori che interessano questo Esecutivo.
  Purtroppo, se le vostre promesse e le vostre parole servono a poco, ancor maggior danno potrebbe causare il vostro silenzio.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

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  CLAUDIO DE VINCENTI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, la direttiva 2000/13/CE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, non prescrive l'obbligatorietà in etichetta della sede dello stabilimento.
  La medesima direttiva prevede infatti, all'articolo 3, paragrafo 2, che «gli Stati membri possono mantenere le disposizioni nazionali che impongono l'indicazione dello stabilimento di fabbricazione o di condizionamento per la loro produzione nazionale».
  Il decreto legislativo n. 109 del 1992 (modificato dal decreto legislativo n. 181 del 2003 di recepimento della direttiva 2000/13/CE) ha potuto mantenere all'articolo 11 la prescrizione dell'indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento.
  Tale disposizione, come ricordava l'onorevole interpellante, resta in vigore fino al 13 dicembre 2014, data di applicazione del regolamento UE n. 1169/2011 che a sua volta abroga la direttiva 2000/13/CE. Infatti detto articolo, contrasterà con la previsione dell'articolo 9 del succitato regolamento. Quest'ultimo, infatti, non prevede fra le indicazioni obbligatorie, quella della sede dello stabilimento, e sarà, pertanto, disapplicato.
  Il legislatore comunitario quindi ha imposto agli Stati membri – nelle materie armonizzate dal regolamento – il divieto sia di adottare, sia di mantenere norme nazionali, fatti salvi i casi in cui ciò sia espressamente autorizzato dal diritto dell'Unione.
  In particolare l'individuazione delle indicazioni obbligatorie, come disciplinata dagli articoli 9 e 10 del Regolamento, è materia armonizzata. L'articolo 39 del regolamento disciplina le disposizioni nazionali sulle indicazioni obbligatorie complementari che sono previste solo «per tipi o categorie specifici di alimenti» e giustificate da almeno uno dei seguenti motivi: protezione della salute pubblica; protezione dei consumatori; prevenzione delle frodi; protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d'origine controllata e repressione della concorrenza sleale.
  Ciò premesso, si ritiene che non vi sono preclusioni a prevedere l'indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento nel rispetto delle condizioni che il regolamento impone agli Stati membri.
  Per operare in tal senso occorre, tuttavia, una specifica norma di legge o una delega al Governo in materia di etichettatura. In assenza di una specifica norma di legge non trova applicazione concreta quanto previsto dalle disposizioni dell'articolo 39 del regolamento.
  Il Ministero dello sviluppo economico sta comunque procedendo nel lavoro di riassetto delle disposizioni nazionali in materia di etichettatura degli alimenti, compatibili con il regolamento, usando gli strumenti disponibili a legislazione vigente.
  Peraltro in tale contesto non appare possibile adottare i provvedimenti richiesti nell'interpellanza urgente in esame, per assenza, appunto, di una fonte primaria che li preveda.
  Si consideri, comunque, che per alcuni prodotti, come i prodotti di origine animale, trasformati e non, l'indicazione dello stabilimento di produzione è già prevista dalla disciplina comunitaria. Nello specifico, ai sensi del regolamento n. 853/2004 il bollo sanitario o il marchio di identificazione, già recano la registrazione dello stabilimento di produzione.
  Peraltro, nel quadro normativo fornito dal più volte richiamato regolamento le imprese hanno già facoltà di inserire volontariamente in etichetta l'indicazione dello stabilimento. È fatta salva, infatti, la possibilità che l'informazione della sede dello stabilimento di produzione venga fornita volontariamente dagli operatori, ai sensi degli articoli 36 paragrafo 2 e dell'articolo 37, anche a scopo informativo per il consumatore, con l'unica accortezza di non ingenerare confusione nel consumatore stesso, rispetto all'indicazione obbligatoria del nome e dell'indirizzo del soggetto responsabile dell'etichettatura, le Pag. 18cui indicazioni potrebbero non coincidere con quelle della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento.
  In conclusione si ritiene che l'indicazione in etichetta della sede dello stabilimento di produzione richieda di procedere ad un intervento normativo come sopra descritto.

  PRESIDENTE. L'onorevole L'Abbate ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Parentela n. 2-00743, di cui è cofirmatario.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, non posso ritenermi soddisfatto della risposta. Qui siamo nel Paese dell'incontrario: manca la legge per poter attuare l'indicazione in etichetta, per obbligare a dire in etichetta quale è la sede dello stabilimento. In altri termini, il Governo Renzi, il Governo del signor «ventinove fiducie» – 1,3, - 1,5 a settimana –, non riesce a fare una legge, a fare un decreto: magari, qui ci sarebbe realmente l'urgenza e sarebbe veramente rispettata la Costituzione, rispetto alle scadenze imminenti che abbiamo del 13 dicembre.
  Quindi, il Governo non vuole fare una legge per tutelare tutti gli italiani, per tutelare tutte le piccole e medie imprese italiane e non si sa perché: non c’è stato detto il motivo, il Viceministro non ci ha detto il motivo per cui manca questa legge, ma l'Italia, in termini di etichettatura, si addormenta spesso, perché mancano ancora i decreti attuativi del vecchio regolamento europeo; adesso arriva quello nuovo, quindi, speriamo di avere i decreti attuativi entro il 31 dicembre almeno, dato che le disposizioni si conoscono già da prima. Ma noi abbiamo i nostri dubbi.
  Quindi, la motivazione rispetto alle esigenze di sicurezza non interessa questo Governo. Cosa intende per sicurezza ? Crede che la sicurezza alimentare, la sicurezza dei consumatori, sia già stata trovata, non ci sia più ? Qual è la sicurezza ? Come è stata ? Con il TTIP troveremo la sicurezza alimentare ? Una volta che siamo davanti a tutti gli altri Paesi europei, ecco che subito dobbiamo tornare indietro, dobbiamo adeguarci, dobbiamo fare quello che gli altri ci dicono in Europa.
  Chi ha interesse in Europa a togliere l'obbligo di dichiarare lo stabilimento e il confezionamento, in etichetta ? Le grandi imprese e le grandi multinazionali che ci devono invadere con i loro prodotti e devono far chiudere tutte le nostre piccole e medie imprese in Italia ? Non interessa far sapere agli italiani, far scegliere agli italiani in libertà quale prodotto comprare ? Vede, io sono pugliese, quindi, magari, conosco meglio i prodotti pugliesi, e le rivolgo questa domanda: lei i taralli li comprerebbe da un'azienda che li produce e li confeziona in qualsiasi parte del mondo o comprerebbe un prodotto fatto e confezionato in Puglia, dove, magari, lì conoscono le caratteristiche di quel prodotto tipico ? Allora no, non c’è più questa obbligatorietà e il Governo fa quello che vuole.
  Noi abbiamo presentato una risoluzione in Commissione che, se sarà calendarizzata, sarà votata e chiederà un impegno al Governo, ma sicuramente arriverà fuori tempo massimo, perché qui si lavora così: il Parlamento e le Commissioni arrivano sempre fuori tempo massimo, il Governo fa i suoi decreti su qualsiasi cosa, tranne la tutela delle piccole e medie imprese. Sa perché, Viceministro ? Ci sono due fondi ISMEA: un fondo ISMEA SGFA per i terremotati, per gli agricoltori e le imprese agricole che hanno subito il terremoto del 2012 in Emilia Romagna, e un altro fondo, sempre ISMEA, per aiutare le imprese agricole, di 5 milioni di euro. Sono 5 milioni di euro per fondo, 10 milioni di euro in totale: sono stati approvati due ordini del giorno all'unanimità, in quest'Aula, ma, ad oggi, ancora non si vede un centesimo.
  Questa è la tutela del Governo nei confronti delle nostre aziende, nei confronti dei nostri lavoratori, nei confronti dei cittadini italiani. Mi dispiace ma noi non siamo assolutamente soddisfatti della condotta di questo Governo. Io chiederò un impegno, cercheremo di spingere quanto più possibile la discussione e l'approvazione Pag. 19della risoluzione in Commissione. Faccio un invito al Governo, siamo ancora in tempo.
  Oggi manca un mese esatto all'entrata in vigore del nuovo regolamento: fare un decreto al Governo costerebbe veramente pochissimo tempo. Un decreto ad hoc, molto semplice, dovrebbe essere semplicissimo; anzi, dovrebbe essere già pronto da tempo, visto che si è a conoscenza da tempo del nuovo regolamento.
  Quindi, io faccio un appello al Governo affinché torni sui suoi passi e metta in atto tutte le misure per la tutela delle nostre aziende.

(Iniziative di competenza volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento della E-Care di Cesano Boscone (Milano) ed iniziative, anche normative, a tutela dei lavoratori in caso di cambio di appalto – n. 2-00746)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cimbro n. 2-00746, concernente iniziative di competenza volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento della E-Care di Cesano Boscone (Milano) ed iniziative, anche normative, a tutela dei lavoratori in caso di cambio di appalto (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Cimbro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ELEONORA CIMBRO. Signor Presidente, signor Viceministro, E-Care, società di 2.300 dipendenti, sei sedi in Italia (Cesano Boscone, Torino, L'Aquila, Modugno, Roma Tor Spaccata e Tor Pagnotta) e una a Belgrado, e un giro d'affari di 63 milioni di euro per quel che riguarda il 2013, fornisce servizi di call center. La società è controllata da gruppi economici importanti e politicamente influenti: il 48 per cento è detenuto da Astrim Spa, che a sua volta è controllata da Unicredit, il 15 per cento dal gruppo Caltagirone Editore. Nella sola sede di Milano, E-Care gestisce servizi per Intesa San Paolo Vita e Intesa San Paolo Assicura, Centro Diagnostico Italiano, Giuffré Editore, ATM e, prima della recente rinuncia a servirsi dei servizi dell'azienda, Fastweb.
  A partire dal 2010 la situazione congiunturale di crisi del settore ha portato a un ridimensionamento dell'occupazione sulla sede di Cesano Boscone che, a ottobre 2012, era certificata in 670 unità circa. Il 2013 ha visto una situazione di relativa stabilità, arrivando a ottobre 2013 con circa 600 lavoratori impiegati.
  Nell'estate 2013 si è aperta la questione Fastweb, maggiore committente della sede, che ha comunicato l'intenzione di rivolgersi altrove per i servizi di outsourcing. Dopo la convocazione di un tavolo triangolare grazie all'articolo 53 del contratto collettivo nazionale di lavoro, si è ottenuto l'impegno di Fastweb a garantire il lavoro per l'occupazione di 100 unità sino al 30 settembre 2014.
  Sulla base di queste premesse, a ottobre 2013 il tavolo di trattativa tra azienda e organizzazioni sindacali ha affrontato la questione partendo dai seguenti punti di riferimento: dichiarazione dell'azienda di 118 esuberi; necessità di mettere in sicurezza il sito anche in caso della perdita della commessa Fastweb e dell'eventuale mancato rinnovo della commessa Banca Intesa, previsto all'epoca per fine 2013; impegno dell'azienda al reperimento di nuove commesse da inserire nella sede di Cesano Boscone. Il risultato del tavolo di lavoro congiunto ha portato alla firma di un accordo di solidarietà che, fissando i tetti di applicazione per le varie commesse, coprendo uno spazio temporale sino al 30 settembre 2015, dovrebbe rispondere alle esigenze di cui sopra, appunto. Va aggiunto che l'accordo prevedeva anche una revisione, eventualmente al ribasso, delle percentuali di solidarietà a fronte di una serie di uscite volontarie incentivate. Le uscite volontarie sono state 47, a cui possono essere aggiunti almeno altri 10 lavoratori dimissionari per motivi personali e al di fuori dell'accordo.
  Nel mese di marzo E-Care ha cominciato a manifestare dubbi sulla tenuta Pag. 20occupazionale, motivando la situazione con il mancato rispetto degli accordi da parte di Fastweb in termini di volumi e di un sistema contrattuale rivisto che avrebbe penalizzato E-Care di circa 1 milione di euro in sei mesi. Contemporaneamente a queste perplessità, dichiarate ai lavoratori ma mai direttamente alle organizzazioni sindacali in sede di confronto, E-Care si è proposta in Calabria come garante per la salvaguardia del perimetro occupazionale della società in procedura fallimentare Infocontact a Lamezia Terme.
  Il 18 giugno 2014, in occasione del tavolo triangolare tra organizzazioni sindacali, E-Care e Fastweb, quest'ultima ha dichiarato in maniera irrevocabile l'intenzione di cessare l'attività presso E-Care Spa per quanto riguarda i settori pre e post.
  E-Care, da parte sua, ha dichiarato che l'impatto di tale decisione avrebbe messo a rischio la tenuta della sede di Milano e il posto di lavoro di 140 lavoratori. Il mese di luglio 2014 è stato caratterizzato da una serie di incontri tra azienda e organizzazioni sindacali in sedi istituzionali, conclusisi il 10 agosto 2014, durante i quali si è discusso prima di 152 esuberi sulla sede di Milano e poi di una richiesta, non concretizzata, di cassa integrazione in deroga per 189 figure di staff e coordinamento dislocate in tutte le sedi italiane di E-Care.
  Dopo il nulla di fatto degli incontri di luglio e agosto, l'azienda è stata convocata per un'audizione presso la IV Commissione della regione Lombardia in data 4 settembre 2014, a cui sono seguiti altri incontri tra regione e E-Care, durante i quali è stata prospettata l'opportunità, per l'azienda, di ricorrere alle agevolazioni previste dalla legge regionale n. 11 del 2014 sulla competitività.
  L'azienda ha successivamente comunicato alle organizzazioni sindacali di non ritenere idonea la legge n. 11 alle proprie necessità contingenti. In data 10 ottobre l'azienda ha comunicato l'aggiudicazione della commessa Acea sulla sede di Roma. In data 15 ottobre 2014 le organizzazioni sindacali sono state convocate in Assolombarda. Durante l'incontro l'azienda ha comunicato la decisione di aprire le procedure di licenziamento collettivo per 489 dipendenti su 509 (503 dei quali a tempo indeterminato), motivandola come strategica per la ricapitalizzazione da parte dei soci a seguito di un'effettiva ristrutturazione aziendale atta al recupero di competitività sul mercato.
  Alla perdita della grossa commessa di Fastweb si aggiunge il precipitare degli eventi degli ultimi giorni, che addirittura prevede la chiusura dell'intera sede di Cesano Boscone, in provincia di Milano.
  Su tali avvenimenti sembrano incidere scelte aziendali volte all'abbattimento delle tariffe, all'ottimizzazione dei profitti e a delocalizzazioni in Italia e all'estero mirate all'ottenimento di sovvenzioni e lavoro a basso costo.
  Il caso, inoltre, appare essere, ancora una volta, diretta conseguenza della normativa sugli appalti che, in contrasto con le indicazioni dell'Unione europea, consente libertà di licenziare ad ogni cambio di appalto. E su questo preannunciamo, insieme al collega Laforgia, che sta seguendo da vicino questa questione ormai da mesi, che chiederemo anche una verifica alla Commissione europea attraverso una interrogazione.
  Il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non hanno mai convocato le parti, nonostante il 14 luglio 2014 fosse stato richiesto un incontro unitariamente alle organizzazioni sindacali che avevano già paventato la situazione che, purtroppo, si è concretizzata.
  E-Care nella procedura di licenziamento per chiusura della sede ha dichiarato che tra le ragioni che hanno condotto a tale decisione vi è l'alto costo del lavoro del sito, tralasciando che i lavoratori avevano già subito notevoli decurtazioni alle retribuzioni.
  Per tutte queste ragioni, chiediamo se il Governo intenda assumere iniziative strutturali e urgenti al fine di tutelare il lavoro dei 489 lavoratori licenziati da E-Care e di tutti i lavoratori del settore e, inoltre, se il Governo non reputi opportuno assumere Pag. 21con urgenza iniziative normative per regolamentare la tutela dei lavoratori nei casi di cambi d'appalto.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, l'interpellanza è rivolta al Ministro del lavoro e quindi qui intervengo a nome del Ministro del lavoro.
  L'atto parlamentare degli onorevoli Cimbro ed altri, riguarda – come appena esposto dall'onorevole Cimbro – la situazione produttiva ed occupazionale dell'impresa E-Care Spa., operante nel settore dei call center in outsourcing, con sede legale in Roma e unità produttive dislocate in varie parti del territorio nazionale, con particolare riferimento a quella di Cesano Boscone.
  Preliminarmente, è opportuno ricordare che lo scorso 6 febbraio, presso i competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si è tenuto un incontro tra le rappresentanze sindacali aziendali e quelle dei lavoratori per l'esame congiunto, previsto dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000, della situazione occupazionale della E-Care Spa e prodromico alla concessione del trattamento di CIG in deroga, ai sensi dell'articolo 2, comma 64, della legge n. 92 del 2012.
  All'esito dell'incontro, le parti hanno sottoscritto un verbale di accordo che prevede la fruizione, da parte della società, del trattamento di integrazione salariale in deroga per un massimo di 157 unità lavorative, per il periodo 1o gennaio – 31 marzo 2014.
  Informo, al riguardo, che il decreto di concessione del trattamento è stato sottoscritto dal Ministro del lavoro e trasmesso al Ministro dell'economia e delle finanze per la controfirma di competenza.
  Il successivo 23 luglio, la società ha presentato istanza per la concessione di un ulteriore periodo di CIG in deroga dal 1o settembre al 31 dicembre 2014, per un numero massimo di 185 unità lavorative dislocate nelle varie sedi. Ne sono conseguiti due incontri presso il Ministero del lavoro – il 29 luglio e il 1o agosto – all'esito dei quali le parti, nonostante un ampio e approfondito confronto, non hanno raggiunto un accordo complessivo e condiviso.
  Con specifico riferimento alla sede di Cesano Boscone, occorre precisare che la E-Care ha sottoscritto – nel settembre 2013 – un contratto di solidarietà difensiva, per il periodo dal 4 novembre 2013 al 31 ottobre 2015. Tuttavia, a decorrere dal mese di aprile del corrente anno, la sede di Cesano Boscone è stata interessata da una crisi determinata principalmente dalla perdita della commessa Fastweb e dalla mancanza di redditività delle commesse presenti. Conseguentemente, la società ha deciso di anticipare al 31 dicembre 2014 la conclusione del predetto contratto di solidarietà. In siffatto contesto, lo scorso 15 ottobre, la società ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività nei confronti di 489 unità lavorative su un totale di 509 in forza presso la sede di Cesano Boscone.
  La regione Lombardia ha reso noto che lo scorso 31 ottobre presso l'Azienda regionale istruzione, formazione e lavoro si è tenuto un incontro tra le parti sociali al fine di limitare il forte impatto sociale conseguente alla chiusura della sede di Cesano Boscone. Nel corso di tale incontro, in particolare, la società non ha ritenuto idoneo alla propria situazione il ricorso allo strumento di competitività e attrattività, attraverso azioni di fiscalità di vantaggio e altri opportuni interventi, previsto dalla legge regionale n. 11 del 2014, nonostante la piena disponibilità manifestata in tal senso dalla regione.
  Per quanto concerne poi l'aggiudicazione della commessa ACEA da parte della sede di Roma, la società ha rappresentato che non si tratta di acquisizione di nuova commessa, bensì della prosecuzione di un appalto iniziato nel 2006, nel quale operano circa 250 unità. Tale circostanza non Pag. 22consentirebbe perciò di occupare il personale interessato dalla procedura di licenziamento collettivo.
  Con riferimento al quesito concernente le iniziative normative da adottare al fine di tutelare i lavoratori in caso di cambi di appalto, voglio ricordare che la questione è all'attenzione del Parlamento che, com’è noto, ha recentemente svolto presso la Commissione XI della Camera dei deputati un lungo ciclo di audizioni sulla materia dei call center e sui conseguenti strumenti di tutela da adottare per i lavoratori in tale settore impiegati. Nell'ambito di tali audizioni un importante contributo è stato fornito dal Governo, rappresentato dal sottosegretario al lavoro Teresa Bellanova, che peraltro ha manifestato in altre occasioni il proprio interesse alla questione.
  Infine, faccio presente che presso il Ministero dello sviluppo economico è stato attivato il tavolo di settore sui call center, nell'ambito del quale sono allo studio possibili misure volte a determinare un contesto di mercato più ordinato e stabile per le attività del settore.
  Da ultimo, il Ministero del lavoro, nel far presente che la questione evidenziata con il presente atto parlamentare è all'attenzione dei propri uffici, ha manifestato piena disponibilità a valutare, qualora richiesto, ogni possibile soluzione volta a salvaguardare la posizione dei lavoratori di Cesano Boscone e delle loro famiglie, tenuto anche conto degli istituti di tutela finora attivati e di quelli in corso di attivazione.

  PRESIDENTE. L'onorevole Laforgia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FRANCESCO LAFORGIA. Signor Presidente, io voglio ringraziare il Governo per la risposta alla nostra interpellanza.
  Penso che noi abbiamo innanzitutto un dovere, una responsabilità, che è quella di percorrere ogni strada possibile per trovare una soluzione positiva alla vicenda di E-Care e dei suoi 489 lavoratori, che oggi vivono una condizione di estrema precarietà rispetto al futuro che aspetta loro e che in questo momento si trovano in una situazione molto drammatica.
  Io penso che noi siamo di fronte ad una situazione nella quale 489 lavoratori hanno previsto per tempo il rischio di un epilogo drammatico, quello nel quale oggi si trovano, e proprio per questo si sono attrezzati ad esempio con la società per accettare un contratto di solidarietà cui il Viceministro faceva riferimento, che ha comportato anche dei sacrifici per i lavoratori, in termini salariali e in termini di orario di lavoro.
  Ora, io penso che noi dobbiamo, a fronte di questo senso di responsabilità da parte dei lavoratori, aspettarci altrettanto senso di responsabilità da parte delle imprese coinvolte. Da questo punto di vista, noi auspichiamo che il Governo si rifaccia parte attiva in questa vicenda. Le convocazioni a cui si faceva riferimento sono importanti, ma oggi siamo in una situazione nella quale quel contratto di solidarietà, che doveva mettere al riparo i lavoratori dal rischio di essere espulsi dal mercato del lavoro anche in mancanza della commessa fastweb a cui si faceva riferimento, quello sforzo non è servito a salvare la sostenibilità economica aziendale della società E-Care.
  Allora, noi dobbiamo fare qualche passo in più, dobbiamo farci parte attiva, il Governo si deve fare parte attiva in questa vicenda. Noi siamo a fianco dei lavoratori. Lunedì ci sarà un consiglio comunale aperto a Cesano Boscone, nella sede dell'azienda e con i lavoratori. Noi saremo lì, dimostrando ancora una volta la nostra prossimità e la nostra vicinanza ai lavoratori, però, Presidente, mi consenta, questa vicinanza, se non si traduce in atti concreti, serve a poco. Quindi, noi speriamo che si facciano dei passi in avanti. Stiamo parlando di 500 lavoratori che poi, al fondo, vuol dire 500 famiglie, che aspettano di capire come proseguire, come andare avanti e come materialmente sostenersi.
  Aggiungo – e chiudo, perché naturalmente la discussione richiede un tempo più ampio che qui non abbiamo, ma soprattutto una riflessione molto più ampia Pag. 23e molto più di lungo respiro – che noi, al fondo, stiamo ragionando di un tema che ha che fare con una questione che dobbiamo porci e cioè che tipo di capitalismo vogliamo costruire per questo Paese, che tipo di sistema produttivo ci aspettiamo e che tipo di etica della responsabilità noi vogliamo sia in capo alle imprese.
  Infatti, quando parliamo di processi di delocalizzazione – e oggi siamo di fronte a un'ondata di processi di questo genere –, stiamo parlando forse di un sistema che non ci convince fine in fondo e stiamo parlando forse della necessità di assumere un'iniziativa legislativa forse un po’ più coraggiosa di quella che abbiamo assunto fino ad oggi. I riferimenti che lei richiamava prima sulle proposte che ci sono in Commissione lavoro – io sono il primo firmatario di alcune di queste proposte – credo servano per andare in quella direzione, per assumere più coraggio e per far sì, ad esempio, a proposito del sistema produttivo che abbiamo in testa e di etica della responsabilità da parte delle imprese – che, nella vicenda dei cambi d'appalto, le imprese possano appunto assumere un senso di responsabilità maggiore e, per far questo, ci vogliono delle regole per far sì che i cambi d'appalto siano in qualche modo assimilati alla tipologia della cessione di rami di azienda.
  Le delocalizzazioni non possiamo fermarle con dei sacchetti di sabbia, però dobbiamo mettere qualche regola in più e dobbiamo far sì che gli investimenti preziosi che le imprese mettono in campo si coniughino anche con la responsabilità di immaginare un investimento sul capitale umano che hanno a disposizione le imprese, cioè sui lavoratori su cui effettivamente poi le imprese investono.
  La vicenda di E-Care ha a che fare con questo tema, per cui ci auguriamo e ci aspettiamo anche che, accanto alla soluzione concreta ed efficace della vicenda specifica di E-Care, rispetto alla quale ci auguriamo il Governo riprenda un ruolo attivo, contemporaneamente ci sia una riflessione più approfondita rispetto ad alcuni paletti che noi dobbiamo mettere sul tema dei cambi d'appalto.
  Se andremo in quella direzione, da questa parte non ci saranno soltanto dei tifosi sugli spalti a tifare per l'iniziativa del Governo, ma troverete parlamentari attivamente impegnati ad andare in quella direzione. Se facciamo questo, faremo il bene di molti lavoratori di questo Paese e del nostro Paese.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Annunzio dell'elezione del Presidente della Corte costituzionale.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 12 novembre 2014 il Presidente della Corte costituzionale ha inviato al Presidente della Camera la seguente lettera: «Illustrissima signora Presidente, ho l'onore di comunicarle, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 87 del 1953, che la Corte costituzionale, oggi riunita nella sua sede del Palazzo della Consulta, mi ha eletto Presidente.

  Firmato: Alessandro Criscuolo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 17 novembre 2014, alle 10:

  1. – Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
   FERRANTI ed altri: Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di Pag. 24visita a persone affette da handicap in situazione di gravità (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 631-C).
  - Relatori: Rossomando e Sarro.

  2. – Discussione sulle linee generali della mozione Caparini ed altri n. 1-00592 in materia di esenzione dal pagamento e di disdetta del canone Rai.

  3. – Discussione sulle linee generali della Relazione sul semestre di presidenza italiana dell'Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 2).

  (ore 16)

  4. – Deliberazione, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 3, del Regolamento, in ordine al termine per la conclusione dell'esame in Assemblea del disegno di legge n. 2660, collegato alla manovra di finanza pubblica.

  5. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:
   FRATOIANNI ed altri; MARAZZITI ed altri; FIANO: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE). (Doc. XXII, nn. 18-19-21-A).
   – Relatore: Migliore.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00490, Kronbichler ed altri n. 1-00558, Taranto ed altri n. 1-00630, Gianluca Pini ed altri n. 1-00631, Palese e Bergamini n. 1-00632, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00635 e Fitzgerald Nissoli ed altri n. 1-00638 concernenti l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America noto come Transatlantic trade and investment partnership (TTIP).

  La seduta termina alle 10,50.

ERRATA CORRIGE

  Nel resoconto stenografico della seduta del 12 novembre 2014:
   a pagina Votazioni V, votazione nominale n. 102 nella colonna oggetto, aggiungere la parola «Mantenimento» prima delle parole «articolo 14-octies».

  Nel resoconto stenografico della seduta del 13 novembre 2014:
   a pagina 20, seconda colonna, alla terza riga dopo la parola «PRESIDENTE» aggiungere «Riprendiamo l'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A – Doc. XXII, nn. 18-19-21-A)».
   a pagina 63, seconda colonna, alla ventesima riga aggiungere «GIANLUCA VACCA» prima della parola «Allora».