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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 26 novembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    i popoli israeliano e palestinese hanno diritto alla pace e alla sicurezza e ciò può essere garantito solo attraverso una forte azione da parte della comunità internazionale che porti ad una pace giusta e duratura basata sul rispetto del diritto internazionale e la piena applicazione delle risoluzioni del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
    il 29 novembre del 2012, con la risoluzione numero 67/19, l'Assemblea generale delle Nazioni con una larghissima maggioranza, ha concesso lo status di osservatore permanente allo Stato di Palestina;
    attualmente sono 135 i Paesi che hanno deciso di riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina, tra questi diversi membri dell'Unione europea: Svezia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Malta, Polonia e Romania;
    in particolare, il giorno 30 ottobre 2014, Margot Wallstrom, Ministro degli esteri, ha annunciato che la Svezia ha riconosciuto lo Stato di Palestina attraverso il seguente annuncio: «Il governo svedese considera che i criteri del diritto internazionale per un riconoscimento dello Stato di Palestina sono rispettati: un territorio, «sebbene senza frontiere fisse» una popolazione e un governo (...) Il riconoscimento è un contributo ad un futuro migliore per una regione che per troppo a lungo è stata caratterizzata da negoziati congelati, distruzione e frustrazione»;
    il 3 ottobre 2014 il primo Ministro svedese Stefan Löfven, durante il suo discorso di insediamento in parlamento aveva detto che: «Il conflitto tra Israele e Palestina può essere risolto solo con la soluzione a due Stati, negoziata secondo i dettami del diritto internazionale. Una soluzione a due Stati richiede il riconoscimento reciproco e la volontà di una convivenza pacifica. Per questo la Svezia riconosce lo Stato di Palestina»;
    il giorno 13 ottobre 2014 la Camera dei comuni inglese ha approvato a larghissima maggioranza la seguente mozione per riconoscere lo Stato di Palestina: «Questa Camera crede che il Governo dovrebbe riconoscere lo Stato di Palestina oltre allo Stato di Israele, come contributo ad assicurare una soluzione negoziata dei due Stati»;
    analoghe iniziative a quelle della Camera dei Comuni britannica sono state prese dai Parlamenti di Irlanda, Spagna e Belgio, mentre il Parlamento francese voterà il 28 novembre una mozione per il riconoscimento dello Stato di Palestina;
    l'Italia ha votato a favore della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni che riconosce la Palestina come Stato osservatore delle Nazioni Unite e si è espressa da sempre sulla posizione «due Popoli due Stati», così come fa l'Unione Europea fin dal 1980,

impegna il Governo

a riconoscere lo Stato di Palestina, così come è stato riconosciuto lo Stato di Israele, quale azione di politica estera che imprima una svolta positiva al necessario negoziato tra le parti per giungere alla soluzione «due popoli due Stati» e garantire la coesistenza nella libertà, nella pace e nella democrazia dei due popoli.
(1-00675) «Palazzotto, Airaudo, Bruno Bossio, Franco Bordo, Capodicasa, Cenni, Cimbro, Cominelli, Costantino, D'Ottavio, Duranti, Ferrara, Fratoianni, Gandolfi, Giancarlo Giordano, Iori, La Marca, Kronbichler, Marcon, Matarrelli, Mattiello, Melilla, Migliore, Misiani, Mognato, Nicchi, Daniele Farina, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Prina, Quaranta, Ricciatti, Romanini, Rossi, Sannicandro, Scotto, Zaccagnini, Zanin, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    la legislazione europea detta il principio di non discriminazione fondata sul genere e sancisce l'uguaglianza tra le donne e gli uomini, rappresentando uno dei principi fondamentali fissati dal diritto comunitario. Gli obiettivi dell'Unione europea in materia di uguaglianza tra le donne e gli uomini hanno lo scopo di assicurare le pari opportunità di trattamento tra donne e uomini, lottare contro ogni discriminazione basata sul sesso, affermare un sano principio in termini di lotta contro la povertà, di accesso all'istruzione e ai servizi sanitari, di partecipazione all'economia e al processo decisionale e ai diritti delle donne poiché diritti dell'uomo;
    la Commissione europea ha adottato la «Carta per le donne», redatta nell'ambito del progetto (2005-2006) portato avanti dal consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa per potenziare la promozione della parità tra donne e uomini proprio perché le disparità legate al genere hanno conseguenze dirette sulla coesione economica e sociale, sulla crescita sostenibile, la competitività e sulle sfide demografiche;
    in Italia è in vigore il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 ottobre 2013, n. 242, contenente norme per il contrasto della violenza di genere il cui obiettivo è prevenire il femminicidio e proteggere le vittime;
    la Convenzione di Istanbul, approvata dal Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 è il primo strumento internazionale, giuridicamente vincolante in materia di protezione dei diritti della donna contro ogni forma di violenza. Nel mese di agosto 2014, la convenzione è legge anche in Italia: lo scopo è di prevenire atti di violenza, proteggere le vittime e perseguire gli aggressori, riconoscere definitivamente la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani, la protezione dei bambini testimoni di violenza domestica, la penalizzazione dei matrimoni forzati, delle mutilazioni genitali femminili, dell'aborto e della sterilizzazione forzata;
    tuttavia, gli stereotipi di genere non sono superati e secondo il Global Gender Gap Report 2013 del World Economic Forum, che ha analizzato il tema delle pari opportunità in diversi ambiti, dichiara l'Italia all'ultimo posto tra i Paesi europei e 71 esima sui 136 Paesi analizzati;
    l'occupazione femminile, nonostante sia aumentata nel corso dell'ultimo decennio, non ha nemmeno lontanamente raggiunto l'obiettivo fissato dalla strategia Europa 2020 che auspica un tasso di occupazione del 75 per cento;
    va anche rilevato il persistere di una disparità retributiva tra uomini e donne, anche per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valori. Le cause di tale divario sono molteplici e derivano, in particolare, da politiche poco attente al mercato del lavoro;
    le donne sono sottorappresentate nei processi decisionali, sia istituzionali sia nei ruoli di vertice di grandi aziende. Esse rappresentano tuttavia la metà della forza lavoro e più della metà dei nuovi diplomati universitari dell'Unione europea. Nonostante la società e il mondo del lavoro si stiano evolvendo verso un maggior equilibrio di ruoli, il quadro che emerge dai dati, nazionali ed europei, conferma la bassa presenza di donne nei ruoli di potere sia nel settore privo sia pubblico. La disparità è ancora forte in Italia e lo è ancor più a livello generale nei confronti con l'estero;
    migliorare la parità di trattamento tra uomini e donne, vuol dire rivolgere anche particolare attenzione allo sviluppo dalle buone pratiche in materia di ridefinizione dei ruoli attribuiti ai sessi nel settore della gioventù, dell'istruzione, della cultura e dello sport;
    con la nascita del Governo Renzi, nel febbraio 2014, nonostante le continue e numerose richieste da parte delle associazioni e dei movimenti a favore delle donne di nominare un Ministro per le pari opportunità, il Presidente del Consiglio ha scelto di mantenere a se la delega;
    in seguito, il Presidente del Consiglio affidava all'onorevole Teresa Bellanova, le funzioni di Sottosegretario di Stato al lavoro e alle politiche sociali, comprese le attività di promozione della pari opportunità di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144 del 2011;
    tuttavia, a oggi, le associazioni, gli enti locali e tutte le organizzazioni che si occupano di temi concernenti le donne, lamentano la scarsa programmazione dello Stato;
    non basta che si dica che ci sono leggi per vedere i loro positivi obiettivi applicati. Oggi le donne sono senza un riferimento istituzionale, le associazioni e gli operatori del settore senza un interlocutore politico. Basti pensare che la violenza sulle donne è purtroppo un fenomeno dilagante. I dati sono preoccupanti se si considera che, nel nostro Paese, nel primo semestre sono state circa 137 le donne uccise per mano di un uomo, una ogni tre giorni;
    la violenza sulle donne è un fenomeno che può e deve essere sconfitto. Un Paese all'avanguardia sul fronte della tutela nei confronti delle donne mette in atto tutte le possibili azioni politiche e attua provvedimenti di prevenzione;
    è necessario quindi istituire un tavolo nazionale di concertazione con le realtà associative presenti sul territorio e che da tempo si occupano di pari opportunità, in modo da mettere insieme gli strumenti necessari atti a strategie mirate;
    l'Italia ha bisogno urgentemente di misure volte a eliminare ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo;
    la Convenzione di Istanbul, la Carta della donna e la legge sul femminicidio, sono solo il primo passo di un percorso più complesso e articolato. Per far sì che questi strumenti, così come tante altre tutele previste dal nostro ordinamento non restino inapplicate, è indispensabile una figura che se ne occupi a tempo pieno;
    lo scopo delle politiche concernenti le pari opportunità è di creare un insieme d'iniziative e norme tendenti al superamento di condizioni sfavorevoli alla realizzazione di un'effettiva parità uomo-donna in ambito sociale, lavorativo e famigliare, retribuzione e partecipazione. Per fare questo è necessario dare alle donne la possibilità di compiere delle scelte, sia relative alla vita privata sia a quella professionale, senza che esse diventino oggetto di discriminazione;
    la nomina di un Ministro senza portafoglio, cui affidare la sola delega delle pari opportunità, si basa sulla necessità di uguaglianza giuridica e sociale fra uomini e donne, al fine di rivendicare la differenza di genere e di stabilire un giusto rapporto fra i sessi. È fondamentale affinché i centri anti violenza e le associazioni che lottano ogni giorno possano disporre di un referente istituzionale che oggi non hanno e per consentire alle regioni e agli enti locali di avere un interlocutore politico per dar vita a strategie condivise in tema di contrasto alla violenza sulle donne e di politiche di genere volte al miglioramento delle condizioni di vita del sesso femminile, e creare il superamento di condizioni sfavorevoli alla realizzazione di un'effettiva parità uomo-donna in ambito sociale, lavorativo e famigliare, retributiva e partecipativa,

impegna il Governo:

   a proporre, al più presto, la nomina di un Ministro senza portafoglio cui assegnare la delega concernente le politiche delle pari opportunità;
   a promuovere, attraverso il Ministro, il raggiungimento della parità nella vita economica e la partecipazione e rappresentanza dei diritti sociali e nei processi decisionali delle donne.
(1-00676) «Vezzali, Molea, Cimmino, Sottanelli, Vecchio, Vargiu, Rabino, Capua, Fitzgerald Nissoli, Valiante, Pastorelli, Porta, Iori, Ricciatti, D'Agostino, Rostan».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LIUZZI, CRISTIAN IANNUZZI, COZZOLINO, BENEDETTI, SPESSOTTO, DE LORENZIS e PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenda digitale è una grande visione di digitalizzazione e modernizzazione del Paese volta allo sviluppo di competenze e infrastrutture digitali, per migliorare l'efficienza dei processi, la qualità della vita dei cittadini alimentando opportunità di conoscenza, culturali, sociali ed economiche;
   l'Agenda digitale europea, pone la banda larga come una delle sette iniziative chiave della strategia Europa 2020, prevedendo tra i suoi obiettivi: banda larga di base per tutti entro il 2013 e accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020;
   l'8 novembre scorso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) unitamente all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) hanno pubblicato le risultanze dell'indagine conoscitiva sulla concorrenza statica e dinamica nel mercato dei servizi di accesso e sulle prospettive di investimento nelle reti di telecomunicazioni a banda larga e ultra larga;
   il corposo documento che conferma in larga misura l'analisi condotta nel cosiddetto Rapporto Caio, commissionato dal Governo Letta lo scorso anno, compie un'attenta riflessione sul lato della domanda, sui piani degli operatori privati, nonché sui limiti che hanno caratterizzato l'intervento pubblico in materia negli ultimi anni, formulando conclusivamente delle proposte per l'elaborazione di una politica industriale più efficiente e coordinata in un settore centrale per lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese;
   sul fronte della domanda le Autorità di regolazione sottolineano la necessità di elaborare politiche pubbliche volte ad incrementare la stessa avviando campagne specifiche di alfabetizzazione al digitale, riconoscendo tale aspetto come la principale criticità strutturale allo sviluppo del settore, ma affermando, al contempo, come le condizioni attuali della domanda non possono rappresentare un «[...] alibi per un approccio timido nei confronti degli investimenti nelle nuove reti», quanto piuttosto deve rappresentare uno stimolo per l'elaborazione di politiche e interventi «proattivi» volti a promuovere la domanda di servizi;
   con riferimento ai piani di investimento presentati dagli operatori nell'ambito dell'indagine conoscitiva, le Autorità rilevano come gli stessi appaiano «[...] tuttora circoscritti al prossimo biennio, mentre restano soggetti ad un'elevata indeterminatezza in relazione all'estensione dei progetti e alla tempistica prevista per la loro realizzazione»;
   tali piani di investimento non appaiono, allo stato, così come confermato dall'attenta e documentata analisi condotta da AGCM e AGCOM, idonei al raggiungimento degli obiettivi previsti dall'Agenda digitale europea entro il 2020, essendo peraltro, prevalentemente «[...] concentrati nelle zone urbane, e per alcuni operatori, solo nelle principali città»;
   con riferimento all'intervento pubblico le Autorità rilevano come fino ad oggi «[....] la governance istituzionale dell'agenda digitale ha riguardato principalmente l'importante progetto di digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei rapporti di quest'ultima con cittadini e imprese, piuttosto che gli investimenti nelle reti in fibra»;
   secondo le Autorità di settore, in chiave prospettica, appare necessario elaborare nuove forme di intervento pubblico per lo sviluppo della banda ultralarga, in particolare nelle aree del Paese, come la Basilicata, dove le forme di cofinanziamento degli interventi privati fino ad ora messe in campo si sono dimostrate totalmente fallimentari per lo scarso interesse degli operatori privati ad intervenire, anche a fronte della necessita di investire una quota minoritaria (30 per cento) per il finanziamento dell'intervento necessario;
   secondo le stime di AGCOM e AGCM per consentire la digitalizzazione delle aree del Paese sopra menzionate è necessario mettere in campo fino al 2020 almeno 2,5 miliardi di risorse pubbliche;
   allo stato attuale e nonostante i numerosi atti di sindacato ispettivo indirizzati dagli interroganti, il Governo non ha elaborato, né avviato alcun piano volto a ridefinire l'intervento pubblico negli investimenti in tale settore strategico del Paese, come da ultimo ricordato da AGCM e AGCOM –:
   se, con quale tempistica e secondo quali modalità il Governo intenda elaborare e attuare una coerente politica industriale in materia al fine di conseguire gli obiettivi dell'agenda digitale concordati in sede europea e nazionale. (5-04136)


   BORGHESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra martedì 18 novembre e mercoledì 20 novembre 2014 circa 20 mila metri cubi di roccia si sono staccati dal versante del monte Falesia finendo sul parcheggio e sul ponte della vecchia strada Gardesana in località Campione del Garda, frazione di Tremosine;
   il parcheggio, realizzato da Coopsette, era finito sotto sequestro della procura della Repubblica di Brescia nel luglio del 2013. L'intero complesso fronte lago, che ospita anche l'università della Vela, era stato poi dissequestrato e sequestrato nuovamente dal tribunale del riesame;
   il sindaco di Tremosine ha disposto la chiusura degli esercizi commerciali, lo sgombero di università della Vela, di una palazzina e la chiusura dell'ingresso nord dalla Gardesana;
   da diversi organi di stampa si apprende che a febbraio la ditta impegnata nella realizzazione di lavori nella galleria nord aveva evidenziato lo stato di pericolo per dissesto idrogeologico, a causa della presenza di 14 ammassi rocciosi che necessitavano di essere costantemente monitorati –:
   se il Ministro intenda intervenire, per quanto di competenza, per risolvere il problema di dissesto idrogeologico ripristinando le condizioni di sicurezza in tutta la zona di Campione del Garda, frazione di Tremosine. (5-04138)


   VACCA, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, SIMONE VALENTE, BRESCIA e D'UVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 10 novembre 2014, in apertura dei lavori del Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha annunciato la proposta di nomina di Davide Faraone a Sottosegretario di Stato all'istruzione, all'università e alla ricerca e di Paola De Micheli a Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze;
   fino al 24 novembre 2014 non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente della Repubblica di nomina a Sottosegretario di Stato all'istruzione, all'università e alla ricerca dell'onorevole Faraone, nonostante sia stato citato tra i documenti correlati al Consiglio dei ministri n. 37 del 10 novembre 2014 e riportato sul sito internet istituzionale del Presidente della Repubblica tra gli atti di prerogativa costituzionale firmati dal Presidente della Repubblica il 10 novembre 2014;
   secondo quanto si evince dal comunicato stampa del Consiglio dei ministri n. 37 del 10 novembre 2014 pubblicato sul portale internet della Presidenza del Consiglio dei ministri, all'onorevole Faraone non è stata attribuita alcuna delega;
   il comma 3 dell'articolo 10 legge 23 agosto 1988, n. 400, stabilisce che i sottosegretari di Stato esercitano i compiti loro delegati con decreto ministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Talvolta il decreto ministeriale viene emanato anche un mese dopo la nomina. Pur trattandosi di prassi consolidata non può che ritenersi deprecabile a giudizio degli interroganti che l'accordo sulle persone prescinda totalmente dai compiti che agli stessi saranno affidati. L'indispensabilità di organi di governo cosiddetti non necessari, come i sottosegretari, dovrebbe giustificarsi con l'esigenza di acquisire determinate professionalità; appare del tutto irragionevole, quindi, che la scelta dell'affidare o meno un incarico di Governo nonché la scelta di affidarlo ad una determinata persona siano basate su ragioni del tutto estranee alle effettive esigenze dell'amministrazione e appaiano dettate dalla sola necessità di coprire tutti i posti disponibili per garantire l'equilibrio tra i partiti di maggioranza;
   a quanto consta agli interroganti il 19 novembre 2014, dall'indirizzo di posta elettronica della segreteria dell'onorevole Davide Faraone, segreteria.faraone@istruzione.it, viene inviato, attraverso le mailing list istituzionali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – comunicazioni.docenti@istruzione.it, comunicazioni.trampi@istruzione.it –, un messaggio di posta elettronica a tutti i lavoratori della scuola italiana, che tra docenti, personale amministrativo e dirigente conta oltre un milione di contatti, avente come oggetto il «Saluto del Sottosegretario Davide Faraone»;
   gli indirizzi mail istituzionali, comprese tutte le caselle di posta elettronica in possesso delle istituzioni statali, dovrebbero essere utilizzati per le comunicazioni strettamente inerenti alle funzioni dell'ente che li possiede preservando rigorosamente la funzione di canale di servizio;
   il contenuto della mail dell'onorevole Faraone, invece, è a giudizio degli interroganti palesemente di natura propagandistica, volto a pubblicizzare sia la figura governativa del Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, sia la propria persona, attraverso l'esaltazione dell'ormai famosa pubblicazione «La Buona Scuola» in relazione alla quale non è stato ancora emanato alcun atto governativo o amministrativo;
   già negli ultimi mesi si è assistito ad una articolata e minuziosa propaganda, con mezzi istituzionali, de «La Buona Scuola» giustificandola attraverso un invito alla partecipazione alla consultazioni on line della stessa, disponendo l'organizzazione di una serie di incontri nelle scuole. In tali incontri, però, spesso si è registrata la presenza di esponenti politici della maggioranza estranei alle attività di Governo;
   con questa iniziativa della mail si è di fronte a quello che agli interroganti appare un evidente atto propagandistico che non ha nulla a che vedere con un messaggio ai fini amministrativi (ad esempio una circolare) o dal contenuto strettamente tecnico, o con un consueto saluto istituzionale –:
   se il Governo ritenga corretto e nel confine dei compiti istituzionali l'utilizzo della mail di servizio di tutto il personale della scuola, nei termini e nelle modalità descritte in premessa, oltretutto in considerazione del fatto che alla data del 19 novembre 2014 non era stato ancora pubblicato il decreto di nomina a Sottosegretario, né tantomeno era stata conferita alcuna delega;
   se non si ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per la revoca della nomina a Sottosegretario di Stato all'istruzione, all'università e alla ricerca dell'onorevole Faraone. (5-04149)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 7/8 luglio 2014, a seguito delle abbondanti precipitazioni, alcune zone del territorio del comune di Mariano Comense hanno subito gravi danni da allagamento causati dall'esondazione della «Roggia Vecchia»;
   nei giorni del 15/16 novembre 2014, si apprende dalla stampa che il Governo ha provveduto a riconoscere alla regione Lombardia, per cui anche alla città di Mariano Comense, lo stato di emergenza relativamente agli eventi del luglio 2014;
   a seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza, come riportato dalla stampa, il Governo ha provveduto a stanziare per l'emergenza subita da tutta la regione Lombardia la cifra di soli euro 5.500.000.00, a fronte di richieste di risarcimento di euro 88.000.000,00;
   Mariano Comense è un comune virtuoso sotto tanti punti di vista e vanta un saldo attivo di circa 7.000.000 euro, depositato presso la tesoreria centrale, di fatto non utilizzabile e spendibile per interventi immediati sul territorio;
   nei giorni 14/17 novembre, il territorio comunale di Mariano Comense è stato investito da ulteriori piogge copiose ed incessanti che hanno riportato la Roggia Vecchia a soglia di allarme e rischio esondazioni;
   le famiglie che vivono nelle zone limitrofe al corso d'acqua sopra citato e che hanno già subito i danni derivanti dall'esondazioni di luglio 2014 vivono, comprensibilmente, in stato costante di paura ed allerta ad ogni fenomeno atmosferico anche di lieve entità –:
   se il Governo intenda inserire i lavori di sistemazione definitiva delle sponde di «Roggia Vecchia» nel comune di Mariano Comense tra gli interventi del programma contro il dissesto idrogeologico, garantendo così una qualità di vita dignitosa e sicura ai cittadini e contribuenti che hanno già subito ingenti danni da allagamento, e se intenda intervenire con iniziative urgenti per escludere dal computo economico valido ai fini del rispetto del patto di stabilità interno le spese effettuate dai comuni per far fronte al dissesto idrogeologico. (4-07026)


   MURA. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nell'aggiornamento della propria banca dati grafica, l'Agenzia per le rogazioni in Agricoltura (Agea), seguendo direttive europee più restrittive, ha penalizzato le regioni caratterizzate da un'alta estensione di macchia mediterranea;
   a seguito di tale aggiornamento, il bosco non è più eleggibile a superfice agricola utile (SAU). Sono inoltre aumentate le aree non coltivabili e le tare;
   tra le regioni maggior colpite vi è la Sardegna, le cui aziende agricole, per effetto della nuova interpretazione, rischiano di perdere diversi milioni di euro di premi comunitari;
   si avranno ripercussioni negative anche sull'avvio della nuova politica agricola comune, visto che i nuovi titoli verranno assegnati in base agli importi che gli agricoltori percepiranno nel 2014 e la superfice utile dichiarata nel 2015;
   oltre alla perdita di contributi, per diversi agricoltori si profila anche la possibilità di dover restituire i premi già ricevuti e di dover pagare sanzioni in quanto le misure hanno efficacia retroattiva;
   le conseguenze di questo nuovo corso, come evidenziato da Coldiretti, si stanno già facendo sentire nelle aziende agricole: di 29mila domanda di PSR e PAC, ben 4657 sono bloccate;
   in questo modo si penalizza la specificità di molti territori, in particolare quello della Sardegna, in quanto vengono esclusi dal terreno agricolo pascolativo migliaia di ettari di superfice adibita al pascolo per il bestiame –:
   quali iniziative intendano assumere per impedire che, a seguito dell'aggiornamento della banca dati grafica dell'Agea, le regioni caratterizzate da un'alta estensione di macchia mediterranea, come la Sardegna, siano penalizzate;
   se non ritengano opportuno riconoscere la peculiarità del territorio sardo, dove la presenza di macchia mediterranea e di pascoli caratterizza il paesaggio rurale, rendendo l'attività agricola il più importante settore produttivo nell'isola, con importanti ricadute dal punto di vista occupazionale;
   se non ritengano altresì opportuno che per la Sardegna, come per le altre regioni che patiscono le conseguenze dell'aggiornamento dei dati dell'Agea, debbano essere utilizzati criteri diversi per l'attribuzione dei codici;
   quali provvedimenti intendano assumere per impedire che il futuro di molte imprese agricole sarde sia compromesso, anche alla luce della filosofia agroalimentare dell'Unione europea volta ad incentivare un'agricoltura estensiva e compatibile con l'ambiente. (4-07028)


   RUOCCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 14 febbraio 2014, l'ex Presidente del Consiglio Gianni Letta prima di presentarsi al Quirinale per rassegnare le dimissioni, indice l'ultimo Consiglio dei ministri nel quale delibera «in via preliminare» la nomina di Franco Gallo – ex Ministro del governo Ciampi, ex presidente della Consulta, accademico dei Lincei – alla presidenza dell'istituto Treccani (al posto di Giuliano Amato, nominato giudice costituzionale dal Presidente Napolitano). Il provvedimento viene trasmesso all'esame delle commissioni cultura di Camera e Senato il 27 febbraio 2014, in attesa del decreto di nomina del Quirinale;
   il 25 marzo 2014 sul quotidiano online Repubblica.it esce un articolo intitolato «Tra Bray e Tatò: la sfida finale per la Treccani» che anticipa il consiglio di amministrazione dell'Istituto Treccani previsto quello stesso giorno. Nell'articolo si parla del bisogno di un rilancio culturale e del bisogno di abolire la figura dell'amministratore delegato, ruolo che dal 2003 è stato sempre ricoperto da Franco Tatò, il manager a cui Silvio Berlusconi affidò il risanamento di Fininvest e Mondadori;
   il 26 marzo, il professor Giovanni Puglisi – facente funzioni del presidente in seno al Consiglio di amministrazione, – rilascia una dichiarazione all'Ansa: «Bisogna restituire alla Treccani il ruolo di motore culturale, che negli ultimi anni è passato in secondo piano rispetto alla necessità di riportare i conti in ordine. Ora si può con serenità riportare la governance al bilanciamento di poteri che era nello spirito originale. Undici anni fa, l'istituto ha passato un momento difficile e si è deciso di creare un soggetto unico (l'amministratore delegato, ndr) che avesse tutti i poteri. È tempo di tornare all'equilibrio tra il cda con il presidente, il consiglio scientifico e il direttore generale»;
   secondo il quotidiano online «la Repubblica.it» del 27 marzo 2014, il futuro ruolo di direttore generale è destinato ad un politico, l'ex ministro ai beni culturali Massimo Bray, che in Treccani ha fatto tutta la sua carriera;
   ma il comma 4 dell'articolo 2 della legge 20 luglio 2004, n. 215 «Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi» prevede, che nei dodici mesi successivi alla cessazione dell'incarico, sussiste per un Ministro, in quanto titolare di una carica di Governo, l'incompatibilità «nei confronti di enti di diritto pubblico, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta»;
   l'ex Ministro Bray secondo diverse dichiarazioni fornite alla stampa, sostiene che la Treccani, con cui il Ministero non ha rapporti economici, operi in ambito editoriale e non culturale. La Treccani è una casa editrice ma di cui sono soci prevalentemente banche e fondazioni bancarie ed è una società per azioni di diritto privato ma il presidente è di nomina politica;
   secondo un articolo del Fatto quotidiano del 19 aprile 2014 conseguentemente l'ex Ministro Bray non ha ritenuto chiedere un parere preventivo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che comunque – interpretando quell'avverbio, prevalentemente – avrebbe potuto intervenire dopo la nomina;
   dato che c’è stato il precedente del 2006 riguardante la posizione dell'ex ministro Siniscalco in relazione a un incarico alla Morgan Stanley, dove l'Autorità garante della concorrenza e del mercato rilevava «come l'incompatibilità possa sussistere anche in assenza di concreti rapporti giuridici ed economici direttamente intercorsi tra la società e il dicastero presso cui il titolare di carica abbia svolto la propria attività. E, soprattutto, indipendentemente dall'esistenza di effettivi vantaggi acquisiti dall'impresa presso cui l'incarico viene assunto per effetto di comportamenti o decisioni adottati dal titolare di carica nel corso del mandato governativo. Il divieto è volto a escludere in radice anche la mera eventualità che l'esercizio delle attribuzioni inerenti la carica di Governo possa essere influenzato dall'interesse a precostituirsi benefici futuri, ad esempio, in termini di incarichi successivi alla cessazione della carica governativa»;
   nell'anno 2010 il personale della Treccani è stato drasticamente ridotto. Nello specifico il «giornaled'italia.org», con un articolo datato 15 ottobre 2010 riporta che «il giorno 8 ottobre presso l'Unione industriali di Roma è stato siglato un accordo sotto il titolo di «verbale di intenti» che preconizzava il licenziamento «consensuale» di circa 60 dipendenti ai quali è stato proposto di non opporsi al licenziamento in cambio di una buona uscita che vedrebbe costretti alcuni dei 60 licenziati a vivere con 1.000/1.200 euro al mese fino al 2024. C’è da considerare inoltre che dal gennaio 2017 ci sarà solo l'aspi e non la mobilità e che questo assegno sarà erogato al massimo per 18 mesi ovvero fino al giugno 2018;
   l'intesa prevede anche il congelamento di tutti gli aumenti contrattuali per i dipendenti che rimarranno in servizio e «un importo pari al valore dei contributi volontari utili al raggiungimento del requisito pensionistico in base alla legge oggi vigente» che in sostanza significa che, se interverrà una legge che sposta l'età pensionabile di qualche anno, saranno problemi del lavoratore e non della Treccani;
   inoltre la Treccani parla di utilizzo, per 40 unità, della legge 62 del 2001, che modifica sostanzialmente alcune norme della vecchia legge n. 416 del 1981 sull'editoria, non avendo la certezza di rientrare nell'ambito applicativo della legge stessa;
   in pratica si dice ai dipendenti che non si sa se potranno beneficiare del prepensionamento in quanto l'Istituto italiano dell'enciclopedia potrebbe non rientrare nella tipologia delle aziende editrici che possono accedere ai benefici della legge ma, di certo, c’è il licenziamento;
   se inoltre il lavoratore, continua il giornale, non avesse accettato tale «modalità conclusiva del contratto di lavoro», il rischio in cui sarebbe incorso è la perdita di incentivi;
   questo lo scenario che ha accompagnato la Treccani;
   in realtà, nel contempo e con grave aggravio e pregiudizio della qualità delle «offerte culturali», molti servizi sono stati esternalizzati. Tale situazione ha generato angoscia nei dipendenti che, sulla scorta del trattamento lavorativo riservato agli ormai ex colleghi si vedono minacciati, sia sotto l'aspetto economico, sia sotto il rispetto della loro dignità a nulla evidentemente valendo le pregresse esperienze patite –:
   quali iniziative normative il Governo intenda adottare per chiarire al meglio i casi di applicazione dell'incompatibilità dei titolari di cariche di Governo nei rapporti con società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi alla carica ricoperta come nel caso, qui indicato, della società Treccani;
   quali iniziative il Governo, nella persona del Ministro interrogato, intenda adottare, attesa anche la politica di esternalizzazione della Treccani, al fine di tutelare il personale dipendente della medesima società o se non ritenga più utile assumere un'opportuna iniziativa normativa al fine di evitare il ripetersi dell'adozione di accordi totalmente svantaggiosi.
(4-07043)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalle agenzie di stampa che un airbus 320 dell'Alitalia, decollato da Amsterdam ieri alle 12.20 e diretto a Roma, è stato «scortato» per circa venti minuti da due aerei militari tedeschi;
   i video diffusi mezzo stampa attestano che i due caccia viaggiavano a 100 metri di distanza dall'aereo civile; i passeggeri affermano che ciò sarebbe accaduto mentre l'aereo sorvolava il territorio austriaco, e che la distanza ravvicinata consentiva loro di distinguere chiaramente i volti dei piloti e la bandiera tedesca applicata sui velivoli militari;
   benché sull'aereo civile non sia stato azionato nessun segnale d'allarme, l'episodio avrebbe suscitato preoccupazione nei passeggeri, i quali avrebbero senza successo sollecitato il personale di cabina e il comandante a fornire informazioni nel merito;
   la minaccia costituita da aerei di linea la cui condotta sia potenzialmente riconducibile ad una possibile azione terroristica richiede un dispositivo complesso che varia in ogni Paese –:
   se sia già stato sollecitato un chiarimento formale da parte delle autorità tedesca;
   quali siano le spiegazioni ufficiali dell'accaduto. (4-07031)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BORGHESI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 21 della legge n. 157 del 1992 così come modificato dal decreto-legge n. 91 del 2014 convertito, con modificazioni dalla legge n. 116 del 2014 vieta a chiunque di vendere, detenere per vendere, trasportare per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, anche se importati dall'estero, appartenenti a tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri dell'Unione, ad eccezione di germano reale, pernice rossa, pernice di Sardegna, starna, fagiano, colombaccio;
   l'entrata in vigore delle modifiche alla legge nazionale della caccia (n. 157 del 1992) impedisce di fatto la vendita di qualsiasi uccello selvatico e non sarà nemmeno possibile importarli da un Paese extraeuropeo perché il legislatore, per evitare «triangolazioni» impedisce la commercializzazione e l'acquisto di quelle specie che, pur provenendo da lontano, esistono anche nei territori degli Stati europei;
   nell'interpretazione della legge, il secolare e tradizionale spiedo bresciano, la polenta osei bergamasca oltre che tutti i secolari piatti tradizionali tipici dell'arte culinaria di molte province italiane, non potranno utilizzare la piccola selvaggina se non solo a casa dei cacciatori stessi o dei destinatari del regalo ornitologico; tutto ciò non lascia molti spazi d'azione a centinaia di ristoratori che hanno impostato la loro attività e arte culinaria su piatti tipici locali nei quali figurano i piccoli volatili;
   la legge così modificata mette di fatto a rischio di chiusura l'attività commerciale di moltissimi esercenti e di conseguenza determina il pericolo il licenziamento di migliaia di dipendenti;
   le modifiche all'articolo 21 della legge statale n. 157 del 1992 sono state effettuate senza che nessuna sentenza o normativa europea o internazionale lo chiedesse;
   si constata che in un momento di crisi economica come quella che si sta affrontando, si è pensato di vietare senza motivo il commercio di uccelli o parti di essi legittimamente catturati o abbattuti in altri Paesi; ciò appare poco lungimirante e sicuramente dannoso per l'economia del Paese –:
   se considerato il danno economico e sociale che sta creando la norma così modificata a migliaia di cittadini e lavoratori, non ritenga opportuno valutare le circostanze sopra descritte e, constatata la gravità della situazione, quali iniziative urgenti intenda adottare per risolvere il problema. (5-04142)


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, ha disposto la commercializzazione dei soli sacchi da asporto merci conformi alla norma europea UNI EN 13432 (bioplastica) e di altri sacchi di materiale diverso dalle determinate caratteristiche tecniche;
   con successivo decreto del Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro il 31 dicembre 2012, avrebbero dovuto essere individuate le eventuali ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchi ai fini della loro commercializzazione;
   a decorrere dal 1o gennaio 2014 avrebbero dovuto entrare in vigore le sanzioni a carico dei produttori di sacchi non rientranti nelle caratteristiche individuate dalla norma; tale termine è stato successivamente prorogato ai 60 giorni successivi alla pubblicazione del decreto ministeriale sulla Gazzetta Ufficiale, previo l'espresso parere favorevole della Commissione europea sul decreto medesimo (articolo 34, comma 30, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012);
   il 18 marzo 2013, il decreto ministeriale è stato pubblicato Gazzetta Ufficiale e successivamente notificato all'Unione europea. Nonostante siano pervenute osservazioni da Regno Unito, Svezia e Paesi Bassi, il 13 settembre 2013 si è concluso il periodo di stand still, senza un parere esplicito della Commissione il che suscita grandi perplessità sulla sua conformità alle regole procedurali dell'Unione europea;
   a seguito di ciò, nella più totale incertezza sull'esito della procedura, non è stata promossa alcuna campagna informativa sull'avvenuta approvazione del decreto ministeriale, il che ha portato de facto alla non applicazione della norma; contemporaneamente, non sono state attivate le forme di promozione per la riconversione degli impianti;
   il decreto-legge n. 90 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, ha poi previsto la retroattività delle sanzioni, essendo stato eliminato ogni riferimento alla loro entrata in vigore. Tale misura rappresenta una soluzione tranchant che preclude alle oltre cento aziende del settore dislocate su tutto il territorio nazionale la possibilità di considerare nuovi sbocchi produttivi, così come non permette la riconversione della produzione;
   inoltre, la previsione di sanzioni retroattive rappresenta un danno insostenibile per le aziende, che in breve tempo sarebbero costrette a chiudere con susseguente perdita di migliaia di posti di lavoro; tali eventi genererebbero un abbattimento del gettito fiscale a favore dello Stato sia da parte dei produttori sia da parte della forza lavoro, poiché si interromperebbe un giro di affari di circa 1,5 miliardi di euro;
   è quanto mai opportuno perciò prevedere un periodo transitorio, di almeno sei mesi, utile alle imprese per smaltire le scorte senza che vengano applicate le sanzioni previste garantendo, nel rispetto dello spirito del sistema e senza alcun onere per lo Stato, un sostegno importante per le aziende ed i lavoratori in questo delicato momento di passaggio, mantenendo comunque in tale periodo e nelle more della riconversione produttiva, un gettito costante per l'erario –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per introdurre un periodo transitorio semestrale utile alle imprese per smaltire le scorte senza che vengano applicate le sanzioni previste per la commercializzazione dei sacchi da asporto merci non conformi alla norma europea UNI EN 13432 (bioplastica) e di altri sacchi di materiale diverso dalle caratteristiche tecniche definite dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (5-04146)


   TARICCO, PATRIARCA, ANTEZZA, TARTAGLIONE, D'INCECCO, PASTORELLI, SANI, PLANGGER, COVA, SENALDI, DAL MORO e MONGIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Convenzione del 19 settembre 1979 per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotipi in Europa (Convenzione di Berna) ammette, in presenza di determinati presupposti, delle deroghe alle rigorose disposizioni contemplate per le specie animali elencati nell'Allegato II («specie assolutamente protette») consentendo, ai sensi dell'articolo 9, nelle situazioni più allarmanti la possibilità di azioni di contenimento e di cattura;
   la stessa normativa prevede che l'attuazione delle politiche di gestione e la presentazione di richieste di deroga per procedere all'abbattimento di esemplari di specie protette, spetti agli Stati, che hanno una propria autonomia e soggettività;
   la legge n. 157 del 1992 dispone che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato e, recependo le direttive della Convenzione di Berna, contiene l'elenco delle specie protette, tra le quali vi è il lupo, specie protetta aggressiva e carnivora, in notevole espansione nel nostro Paese e che sta provocando danni importanti agli allevamenti;
   la XIII Commissione della Camera dei Deputati ha approvato nel 2011 il Documento XVII n. 14, a conclusione dell'indagine conoscitiva «Sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche»;
   l'indagine conoscitiva ha visto la partecipazione delle maggiori associazioni ambientaliste, agricole, venatorie e delle istituzioni ed è stata rivolta ad acquisire una completa informazione sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, sulla tipologia, sulla localizzazione geografica e sulla quantificazione economica dei danni, sulle colture danneggiate e sulle specie animali interessate, nonché sull'attività svolta dalle amministrazioni competenti e sull'insieme degli strumenti di cui si sono avvalse, con riferimento agli indennizzi richiesti ed erogati;
   un importante filone dell'indagine si è sviluppato anche in merito ai danni arrecati all'agricoltura da parte di specie protette;
   l'indagine conoscitiva ha messo in evidenza la dimensione allarmante assunta dalla questione dei danni all'agricoltura causati dalla fauna selvatica e l'evidente impatto della stessa sull'attività economica delle imprese agricole; con riguardo ai danni provocati all'agricoltura da parte di specie protette, come i lupi, nel ribadire l'importanza di un'attenta verifica delle modalità di gestione di alcune attività, come quella d'allevamento, che non può più svolgersi allo stato brado, si afferma che nelle situazioni più allarmanti va valutata la possibilità di azioni di contenimento e di cattura, utilizzando la deroga prevista all'articolo 9 della Convenzione di Berna, come sta avvenendo in Francia;
   al riguardo è necessario segnalare come la possibilità concessa nei territori delle Alpi francesi di procedere all'abbattimento selettivo dei lupi stia causando una rilevante migrazione di branchi di lupi sul versante italiano determinando una situazione di allarme;
   il 13 ottobre 2014 trenta scienziati francesi hanno infatti pubblicato sul quotidiano Libération un articolo dal titolo «È l'allevamento pastorale, una parte della nostra agricoltura più rispettosa della biodiversità che i lupi minacciano di far scomparire – Perorazione per l'ecosistema non abbandonato dai pastori – » nel quale si valuta come la costante espansione numerica e territoriale del lupo in Francia, oltre a danneggiare gravemente gli allevamenti, nuoccia all'ecosistema determinando la forte riduzione e la successiva scomparsa di una varietà di servizi ecosistemici oggi forniti dagli allevamenti pastorali;
   l'articolo denuncia il forte incremento della presenza di lupi sulle Alpi, indicando che essi hanno ormai raggiunto il Jura, i Vosgi, la parte est dei Pirenei, sono arrivati a Ardeche, Lozere e Averyon, nelle pianure di Lorena e Champagne. La popolazione sarebbe di 300 lupi adulti, in più di una ventina di dipartimenti con una crescita del 20 per cento per anno. Le perdite ufficiali ammonterebbero a circa 20/25 pecore o capre uccise in media a lupo adulto per anno;
   sembrerebbe che, in base all'articolo 9 sopracitato, la Svizzera abbia autorizzato, già negli anni passati, l'abbattimento di alcuni lupi appartenenti alla popolazione presente su quel territorio ed in Francia (altra nazione dove sono frequenti attacchi di lupi alle aziende agricole e zootecniche) nel 2013 sia stato presentato dal governo il «Piano per il lupo 2013-17» dove è stata introdotta la possibilità di catturare esemplari di lupo che, in base ai parametri stabiliti dalla succitata Convenzione, si potevano abbattere – fino a 11 lupi, nel 2014 fino a 34 e un numero maggiore di lupi l'anno per gli anni a venire;
   come da ultimo ricordato nella risoluzione unitaria «Interventi in materia di danni all'agricoltura provocati dalla fauna selvatica» approvata all'unanimità dalla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati il 19 giugno 2013: «da anni le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica o inselvatichita, hanno assunto dimensioni allarmanti, con gravi ripercussioni che incidono inevitabilmente, oltre che sui bilanci economici delle aziende agricole (in particolare delle aziende di medie e piccole dimensioni che vedono compromesso gran parte del reddito ed interessando produzioni di grande qualità ed eccellenza come il settore viti-vinicolo) e compromettono in vaste aree l'equilibrata e integrata coesistenza sostenibile tra attività umane e specie animali» –:
   quali siano i dati in possesso del Governo sulla consistenza della specie protetta del lupo sul territorio nazionale, quale sia l'andamento demografico della popolazione dei lupi negli ultimi anni e quali siano le perdite ufficiali per l'agricoltura attribuite all'azione dei lupi negli ultimi anni;
   quali misure di tutela della biodiversità e di tutela delle attività agricole e di allevamento, con riferimento alla problematica esposta in premessa, siano attualmente in essere e se il Governo ritenga che esistano i presupposti necessari che configurino l'ammissione della deroga prevista all'articolo 9 della Convenzione di Berna, per consentire in Italia il contenimento, tramite trasferimento od abbattimento selettivo controllato, di alcuni capi delle specie più dannose per le quali non ricorre il pericolo di estinzione. (5-04147)

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCIATTI, PELLEGRINO, ZARATTI, PIRAS, MELILLA e QUARANTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la legge 257 del 1992 stabilisce la cessazione dell'impiego dell'amianto a causa della sua pericolosità per la salute pubblica, dovuta alla natura fibrosa che, anche se a bassissime concentrazioni, può provocare patologie gravi che interessano prevalentemente l'apparato respiratorio, come l'asbestosi, il carcinoma polmonare; e il mesotelioma;
   in data 20 novembre 2014, l'agenzia di stampa ANSA ha riportato la mappa del piano nazionale amianto aggiornato al luglio 2014;
   nell'articolo viene segnalato come su 33.610 siti di amianto, ne sono stati bonificati solo 832, riscontrando un evidente e grave ritardo rispetto all'entrata in vigore della legge 257 del 1992;
   la mappatura effettuata dal Ministero segnala la regione Marche come uno dei territori a più alta intensità di siti di amianto; tuttavia, a quanto riportano le fonti di stampa, pare che in diverse aree del Paese vi sia un vero e proprio «black out informativo», un'assenza di dati che determina incertezza sulla reale concentrazione di amianto nel nostro Paese;
   dal rapporto del registro nazionale mesoteliomi, edito nel 2010, emerge che in Italia, fino al 2004, sono stati registrati 9.166 casi di mesotelioma maligno, ma anche in questo caso il dato non rappresenta l'esatta gravità della situazione, giacché il periodo di incubazione della patologia può arrivare sino a 40 anni;
   sempre la legge 257 del 1992 prevede che ogni regione deve adottare un piano regionale amianto per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto;
   la tutela ambientale e le opere di prevenzione e bonifica sono, quindi, regolate da normative regionali che rispecchiano le differenti direttive politiche – e sensibilità – delle diverse regioni; pertanto, non solo dal punto del censimento, ma anche delle azioni concrete, la bonifica dall'amianto è sensibilmente differente da regione a regione, prevedendo, allo stesso modo, finanziamenti molto differenziati sia per il censimento dei materiali contenenti amianto, sia per la formazione e l'informazione, sia per le bonifiche e la sorveglianza sanitaria;
   l'associazione Legambiente si era fatta promotrice, insieme all'associazione AzzeroCO2, della campagna «Eternit Free», volta allo smaltimento dell'amianto con contestuale sostituzione di pannelli fotovoltaici. La campagna aveva l'obiettivo di promuovere la sostituzione di tetti in Eternit con impianti fotovoltaici presso le aziende del territorio beneficiando degli incentivi speciali introdotti con il decreto ministeriale del 19 febbraio 2007 e costituendo appositi gruppi di acquisto per i pannelli fotovoltaici al fendi avere consistenti risparmi rispetto al valore di mercato degli impianti –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per accelerare ed uniformare tra le varie realtà territoriali le procedure di bonifica dall'amianto;
   quali azioni intenda intraprendere il Ministro per colmare il «black out informativo» sulla reale situazione dei siti di amianto in Italia;
   se non ritenga utile prendere in considerazioni misure incentivanti, come quella riportata in premessa, al fine di attivare un circolo virtuoso per lo smaltimento dell'amianto e per il potenziamento della produzione di energia da risorse rinnovabili. (4-07027)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, BRESCIA, MARZANA, BATTELLI, SIMONE VALENTE, DI BATTISTA, GRANDE, DEL GROSSO, SPADONI, DI BENEDETTO e VACCA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 112 (Valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica) del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche, al comma 9, dispone che, per regolare servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e alla valorizzazione di beni culturali, «ulteriori accordi possono essere stipulati dal Ministero, dalle regioni, dagli altri enti pubblici territoriali, da ogni altro ente pubblico nonché dai soggetti costituiti ai sensi del comma 5, con le associazioni culturali o di volontariato, dotate di adeguati requisiti, che abbiano per statuto finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali», tanto da portare al varo, come nel caso della regione Toscana, di documenti quali «La Magna Charta del volontariato per i Beni culturali»;
   al fine di stipulare apposite convenzioni di durata triennale con associazioni/enti di volontariato, la sovrintendenza capitolina ai beni culturali di Roma Capitale ha emanato due bandi di gara mediante avvisi pubblici «per la ricerca di associazioni di volontariato, associazioni culturali per lo svolgimento di attività gratuite da svolgersi presso musei ed aree archeologiche e monumentali di competenza della Sovrintendenza Capitolina» e «per la ricerca di associazioni di volontariato, per lo svolgimento di attività gratuite relative al servizio di supporto alla vigilanza nell'area archeologica e monumentale di via Alessandrina» per i seguenti siti: Museo Barracco, Museo Napoleonico, Museo Bilotti, Museo Canonica, Museo della Repubblica Romana, Casa Moravia e Area dell'Appia Antica (di cui all'allegato B); Area archeologica-monumentale di via Alessandrina (di cui all'allegato A);
   le attività degli operatori volontari, di cui ai bandi sopra citati, saranno: prima accoglienza dei visitatori, informazione, orientamento e accompagnamento di persone singole o gruppi di persone, supporto alla vigilanza;
   la spesa massima sostenibile prevista dalla sovrintendenza per i progetti banditi, relativamente a ciascun sito, è di: 13.500 euro per il Museo Barracco, 13.500 euro per il Museo napoleonico, 13.500 euro per il Museo Bilotti, 13.500 euro per il Museo Canonica, 13.500 euro per il Museo della Repubblica Romana, 2.500 euro per Casa Moravia e 29.000 euro per l'Area dell'Appia Antica (di cui all'allegato B); 24.000 euro per l'Area archeologica-monumentale di via Alessandrina (di cui all'allegato A);
   in relazione agli importi massimi sopra elencati, le attività degli operatori, equivalenti ad un impegno di 4 ore al giorno ciascuno, non saranno retribuite, bensì, ai sensi degli articoli 5 e 7 della legge n. 266 del 1991, sarà previsto soltanto un rimborso spese corrispondente ad euro 12 per ciascuna giornata, vale a dire 3 euro per ciascuna ora di attività;
   l'obiettivo manifesto della sovrintendenza, con riferimento agli avvisi pubblici sopra citati, è di: «promuovere in modo anche capillare i beni di carattere storico, artistico, i siti monumentali, archeologici e museali, al fine di aumentarne e migliorarne la fruizione», «rendere visitabili siti che diversamente non sarebbero aperti in modo continuativo al pubblico», «aumentarne il decoro e la sicurezza», «incrementare i flussi dei turisti»;
   come appreso dall'ufficio stampa di Roma Capitale 06/67102211, il 10 novembre 2014, Ignazio Marino, sindaco di Roma, ha sottoscritto con Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel, un protocollo d'intesa che estende a tutto il Gruppo Enel l'accordo siglato a maggio 2014 da Roma Capitale e Enel Green Power per lo sviluppo del programma culturale «The Hidden Treasure of Rome»;
   tale accordo prevede che molti beni di interesse storico-culturale lasceranno, per la prima volta, i magazzini della Capitale per essere portati all'estero (presso l’University of Missouri, come è già accaduto per i 249 oggetti di ceramica a vernice nera parte della collezione della sala V del vecchio Antiquarium del Parco del Celio, e in altri istituti statunitensi) dove saranno oggetto di accurati programmi di ricerca ed analisi, per poi essere restituiti alla Città, classificati e catalogati, pronti per essere inseriti in progetti espositivi e culturali;
   nel nostro Paese, si sta assistendo secondo gli interroganti ad una programmatica rinuncia alle professionalità e competenze circa la tutela, la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale, oltre che ad una deresponsabilizzazione dello Stato a favore di iniziative private e/o a fini commerciali;
   con riferimento al contenuto dei bandi pubblicati dalla Sovrintendenza Capitolina, gli interroganti ritengono che si stia contravvenendo ai principi di giustizia e solidarietà dato che, nel caso in cui la prestazione di volontariato richiesta venga ritenuta equipollente a quella fornita da un professionista del settore, si tratterebbe di condizioni molto vicine allo sfruttamento lavorativo e nel caso in cui la prestazione di volontariato, invece, venga considerata di livello inferiore, si fornirebbe, all'utenza un servizio de facto peggiore. In ogni caso, si prevede di sostenere dei costi a carico della pubblica amministrazione, senza prendere in considerazione l'ipotesi di assumere professionisti qualificati. Questa operazione tenderebbe, dunque, a svalutare il lavoro, la competenza specialistica oltre che lo studio di molti laureati, giovani e meno giovani –:
   perché molti dei giovani brillanti, laureati e formati nelle discipline volte alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali negli Atenei italiani, debbano svolgere attività di volontariato senza remunerazione, mentre una parte del nostro patrimonio artistico viene trasferita, per essere studiata e analizzata, all'estero, come nel caso del programma «The Hidden Treasure of Rome», aggravando la già critica situazione occupazionale, e quali siano le iniziative atte a valorizzare le risorse umane e le competenze già presenti sul nostro territorio nazionale;
   quali iniziative intenda assumere per contrastare la tendenza descritta in premessa. (5-04139)

Interrogazione a risposta scritta:


   PISANO e LUIGI GALLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 7 novembre 2014 il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Salerno ha disposto il giudizio del sindaco di Salerno, dottor Vincenzo De Luca e di altri 22 persone, tutti imputati di reati gravissimi commessi in concorso nelle fasi di autorizzazione e costruzione del devastante intervento edilizio denominato «Crescent» (falso ideologico, lottizzazione abusiva e abuso d'ufficio) fissando la prima udienza per il giorno 23 dicembre 2014, innanzi al tribunale di Salerno, seconda sezione penale;
   nel decreto, per evidente errore materiale, risulta individuato tra le parti offese il solo «Ministero dell'Ambiente» e non — come sarebbe stato lecito attendersi, anche il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   tra gli imputati figurano infatti gli architetti Giuseppe Zampino e Annamaria Affanni, entrambi ex dirigenti della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno nonché l'architetto Giovanni Villani, funzionario tuttora in servizio presso il predetto ufficio;
   la grave vicenda penale che ha portato a detto rinvio a giudizio si intreccia con quella amministrativa nel corso della quale il Consiglio di Stato, Sez. VI, ha annullato (cfr. sentenze n. 6223/2013 e n. 1472/2014) le autorizzazioni paesaggistiche originariamente rilasciate dal comune di Salerno e consolidatesi per effetto dei comportamenti, anche di natura omissiva, posti in essere dagli odierni imputati;
   l'attuale soprintendente Gennaro Miccio, con l'opinabile ed incauto provvedimento n. 27355 del 24 ottobre 2014, dopo averne preannunciato il diniego, ex articolo 10-bis, della legge n. 241 del 1990, ha inspiegabilmente rilasciato i propri pareri favorevoli ex articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 per la riedizione di tali autorizzazioni che, sebbene recanti prescrizioni limitative, legittimano ex post il contestato assetto urbanistico e l'elemento di maggiore impatto – in gran parte già realizzato per effetto di atti riconosciuti illegittimi costituito dall'edificio privato con planimetria semicircolare, alto circa 28 metri, per uno sviluppo di circa 280 metri;
   l'area interessata dal deprecabile intervento è sottoposta a tutte le disposizioni della parte terza del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), per effetto dell'articolo 142, comma 1, lettera a), in quanto compresa nei 300 metri dalla battigia e lettera c), perché ricadente nella fascia di 150 metri dal torrente Fusandola, classificato come «acqua pubblica» con R.D. 7 maggio 1899;
   come riconosciuto anche dalla competente direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, le opere sono del tutto incongrue con il contesto vincolato che, situato direttamente sul mare, rappresenta il punto di cerniera — anche visuale – tra il centro storico di Salerno e la Costiera Amalfitana;
   l'oggettivo impatto determinato dalle costruzioni, l'irreversibile alterazione dello skyline urbano, la perdita di elementi identitari della città e delle visuali di pubblico godimento, fa ritenere agli interroganti che attraverso le anomale procedure autorizzative — ivi incluse quelle attuali, poste in essere da dirigenti del Ministero, tra cui il soprintendente in carica, ingegner Gennaro Miccio — ci si sia posti chiara violazione dei principi di tutela del paesaggio che – sanciti dall'articolo 9 della Costituzione — costituiscono la stessa ragione di essere del Ministero stesso –:
   se sia a conoscenza dei fatti segnalati in premessa;
   se e quali misure intenda adottare, in ragione delle omissioni che hanno caratterizzato il modus operandi della soprintendenza di Salerno e dello status di imputati di alcuni funzionari;
   se non ritenga opportuno conferire mandato urgente all'Avvocatura dello Stato per la costituzione del Ministero quale parte civile nell'instaurato procedimento penale, stanti le gravissime imputazioni a carico di suoi alti funzionari, le violazioni del codice oggetto di accertamento e i danni, ad avviso dell'interrogante incontestabili, già arrecati al paesaggio. (4-07034)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la risoluzione n. 7-00365 (Duranti, Piras) sulla mancata attuazione del «Piano Brin», piano pluriennale di ammodernamento e messa in norma degli arsenali e degli stabilimenti di lavoro con lo scopo di assicurare la funzionalità e la piena operatività delle basi della Marina, con particolare riferimento all'Arsenale di Taranto, è stata accolta dal Governo con l'approvazione, in un nuovo testo, in Commissione difesa in data 7 agosto 2014 (8-00077);
   nello specifico, il Governo si è impegnato:
    a) ad aprire un tavolo istituzionale nazionale con le parti interessate, comprese le rappresentanze sindacali dello stabilimento, volto ad accertare in maniera dettagliata lo stato attuale di avanzamento dei lavori e il cronoprogramma dei lavori programmati;
    b) ad approfondire le principali problematiche riguardanti l'applicazione della normativa in materia di lavori pubblici, le tempistiche e i vincoli da rispettare, nonché i ritardi dovuti alla riduzione dei termini per la perenzione dei fondi e le conseguenze sull'andamento dei lavori e sulle imprese partecipanti;
    c) a mettere in atto nel transitorio quanto ritenuto necessario per tutelare le condizioni di lavoro dei dipendenti dello stabilimento militare;
   a quanto risulta agli interroganti, ad oggi nessuno degli impegni suddetti è stato mantenuto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per attuare al più presto gli impegni chiesti dal Governo con la risoluzione menzionata nelle premesse. (5-04150)


   BASILIO, ARTINI, PAOLO BERNINI, FRUSONE, CORDA, TOFALO e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 141 del 1o ottobre 2014 all'articolo 2, comma 3-bis, recita: «Concluse le missioni in corso di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e comunque non oltre il 31 dicembre 2014, la partecipazione dell'Italia ad ulteriori missioni militari in Afghanistan sarà valutata dal Governo italiano in presenza di una eventuale formale richiesta del Governo afgano e di concerto con le organizzazioni internazionali coinvolte; di essa deve essere data preventiva comunicazione alle Camere, che adottano le conseguenti deliberazioni»;
   al 31 ottobre 2014 doveva essere varato il piano di rientro del contingente militare italiano in Afghanistan, in considerazione del fatto che al 31 dicembre 2014 avrà fine la missione ISAF (International Security Assistance Force) alla quale l'Italia partecipa dal dicembre 2001;
   secondo informazioni di stampa sarebbero stati firmati il 1° ottobre a Kabul dal consigliere per la Sicurezza nazionale dell'Afghanistan, Hanif Atmar, e dall'ambasciatore Usa, James B. Cunningham, gli accordi sulla «sicurezza» tra l'Afghanistan e gli Usa (Bsa) e l'Afghanistan e la Nato (Sofa – Status of force agreement);
   la nuova missione, denominata Resolute Support, appare di fatto la continuazione dell'occupazione straniera dell'Afghanistan e i suoi contorni giuridici incerti – un accordo tra governo afgano e Usa e Nato – non sembrano sufficienti a garantire la copertura del diritto internazionale visto che tale missione non è stata autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;
   in assenza di alcuna comunicazione istituzionale del Governo al Parlamento italiano, discordanti e contraddittorie appaiano le indiscrezioni di stampa, che vedrebbero, a fronte di un impegno complessivo di 12 mila uomini della Nato nella nuova missione, un numero variabile tra i 500 e gli 800 militari italiani;
   dall'inizio dell'invasione Usa a oggi sono 53 gli italiani morti in Afghanistan; la contabilità dei morti afghani dall'invasione militare straniera, in larghissima parte civili, è indefinita. Si parla di migliaia di morti, di generazioni di orfani e di invalidi, di un numero considerevole di vedove. La guerra ha esteso le sacche di povertà, tantissimi sono i campi minati e la popolazione continua a vivere nel terrore;
   il processo di transizione democratica appare agli interroganti confuso, pasticciato, intriso dallo scontro tra clan. In particolare le Nazioni Unite si sono rifiutate di validare i risultati dell'elezioni presidenziali a causa degli innumerevoli brogli riscontrati. Anche per questo appare di dubbia legittimità lo stesso governo di unità nazionale formatosi tra i due principali contendenti alla Presidenza della Repubblica –:
   se il Governo non reputi, visti i fatti in premessa, di dover accelerare il ritiro del contingente militare italiano dall'Afghanistan comunicando agli altri partner della Nato l'indisponibilità italiana a partecipare alla nuova missione militare denominata Resolute Support. (5-04151)


   BOLOGNESI e SCANU. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel corso del 2013 la società denominata «Eudaimon» che si definisce come «l'unica in Italia con proposta completa per il welfere-aziendale e soluzioni per agevolare la conciliazione tra vita-lavoro del personale» ha ricevuto dalla marina militare l'incarico di svolgere uno studio sulle problematiche che riguardano il benessere del personale e proporre delle soluzioni da attuare direttamente tramite servizi da affidare alla stessa società o indirettamente tramite terzi;
   in sostanza le attività da svolgere, verrebbero a sovrapporsi a ciò che già per legge (nuovo codice dell'ordinamento militare e T.U.O.M.) compete agli uffici benessere della Forza armata e alle rappresentanze militari;
   l'articolo 1833 del decreto legislativo n. 66 del 2010, inserito nel Libro sesto, Titolo VI, in materia di assistenza morale, benessere e protezione sociale, prevede che le eventuali esternalizzazioni siano prioritariamente affidate ad organizzazioni costituite tra il personale dipendente, le associazioni d'arma, di categoria, e solo in ultima analisi a soggetti terzi;
   allo stato dei fatti non sembrano sussistere i presupposti per affidare questo genere di incarichi, nei fatti di consulenza e gestione esterna, a titolo oneroso, quando già ci sono degli uffici in grado di svolgere egregiamente all'interno dell'amministrazione il medesimo incarico;
   in risposta ad interrogazioni parlamentari presentate in passato emerge che la spesa per lo studio ammonta ad alcune decine di migliaia di euro e quindi risulta decisamente incompatibile con i tagli sull'esercizio;
   risulta infine che i servizi che si intendono affidare a società esterne potrebbero includere anche le esigenze del personale della guardia costiera senza tener presente che in questo caso gli oneri dovrebbero essere imputati sui capitoli di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che dovrebbe condividere l'iniziativa, e non sul bilancio della difesa, né essere a carico dei capitoli della marina militare –:
   se il Ministro della difesa intenda fornire un quadro analitico dei servizi che la marina militare intende affidare all'esterno, corredato dei costi e dei benefici che fanno privilegiare l'esternalizzazione di tali attività, assumendo nel contempo iniziative intese a sospendere le eventuali procedure di affidamento a terzi.
(5-04152)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARCON, DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in relazione al volo addestrativo militare di un FALCON 50, programmato dal 31o stormo per la tratta Roma-Genova per il 5 settembre 2014, sono state rese pubbliche comunicazioni da parte dell'ENAV nelle quali si dà conto di successivi spostamenti dell'orario di partenza originariamente previsto dal piano di volo –:
   quale fosse il tipo di addestramento da realizzare nella tratta Roma-Genova;
   quali siano le ore di volo già maturate nel corso di quest'anno di piloti comandati ad eseguire il volo medesimo;
   quale sia l'autorità militare che ha disposto il differimento dell'orario di partenza del FALCON 50 da Ciampino;
   quali siano le ragioni del differimento dell'orario. (5-04145)


   RIZZO, ARTINI, CORDA, BASILIO, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il comando logistico dell'aeronautica militare, il 14 novembre 2014 ha emanato la direttiva n. 0124075 per la gestione dell'accesso ad internet da parte del personale tramite i terminali della forza armata;
   tale direttiva prevede un elenco di siti internet ai quali è possibile accedere ed un altro elenco di siti «inibiti»;
   tale distinzione sarebbe stata effettuata secondo i seguenti criteri: rilevanza dei siti web per le finalità di istituto della forza armata; carattere di interesse generale dei servizi e delle informazioni; sicurezza e reputazione del sito web; onerosità del sito in termini di banda trasmissiva;
   tra quelli consentiti nella direttiva sono elencati i siti internet dei sindacati UIL ed UGL ed il sito di d'informazione nel settore sicurezza e difesa GRNET.IT, mentre nel contempo sono inspiegabilmente inibiti analoghi siti dei sindacati CGIL e CISL, nonché quelli di informazione settoriale forzearmate.org, ficiesse.it, ilnuovogiornaledeimilitari.it e militariassodipro.org;
   l'articolo 9 dei principi di disciplina militare, che dovrebbe per logica estensione, comprendere anche internet, recita: «I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l'autorizzazione. Essi possono inoltre trattenere presso di sé, nei luoghi di servizio, qualsiasi libro, giornale o altra pubblicazione periodica –:
   se il Ministro sia conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non reputi che tali disposizioni violino palesemente l'articolo 9 dei principi di disciplina militare (legge 11 luglio 1978, n. 382). (5-04155)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la popolazione residente nelle province interamente montane è quotidianamente esposta a una peculiare condizione di disagio, a causa delle generali difficoltà di spostamento sul territorio e delle frequenti interruzioni o limitazioni dei collegamenti viari, in particolare nei periodi invernali;
   buona parte degli appezzamenti di terreno posti in zone interamente montane sono irraggiungibili per gran parte dell'anno a causa del gelo e delle precipitazioni nevose;
   i proprietari di appezzamenti di terreno in zone interamente montane sono – spesso a proprie spese – in prima linea nella salvaguardia dell'ambiente e nell'azione contro il rischio idrogeologico e gli incendi boschivi, tramite la costruzione e la manutenzione di canali, muri a secco, terrazzamenti, strade consortili e altri presìdi volti a preservare il patrimonio comune;
   la produzione di beni alimentari in terreni posti in zone montane risulta molto più onerosa e dispendiosa di quanto non accada per analoghi terreni posti in zone di pianura, tanto che la produzione vitivinicola in queste zone è fino a quattro volte più costosa di quella di pianura, venendo perciò comunemente definita «viticoltura eroica»;
   in relazione a queste particolari condizioni, il legislatore ha riconosciuto uno speciale trattamento fiscale a tali territori, disponendo – attraverso l'articolo 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 504 del 1992 – la totale esenzione dall'IMU per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina;
   l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 89 del 2014, ha disposto una revisione del regime di esenzione dall'IMU per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, destinata ad ampliare – già dall'anno d'imposta in corso e dunque con effetto sostanzialmente retroattivo – la platea dei contribuenti assoggettati all'imposta;
   in particolare, la citata disposizione ha previsto che, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dell'interno, siano rideterminati i comuni nei quali si applica la prevista esenzione IMU «sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)»;
   per le predette difficoltà di collegamento, nella maggior parte dei comuni di montagna la sede della casa comunale è stata nel tempo spostata o costruita ab initio a fondovalle; pertanto, la sua altitudine – assunta dall'ISTAT a riferimento per la classificazione statistica dei comuni – non può ritenersi un indice minimamente idoneo a definire la natura «montana» di un comune, a maggior ragione se tale definizione è posta a fondamento di un trattamento fiscale differenziato per i contribuenti;
   pertanto, se il suddetto decreto ministeriale – a tutt'oggi in via di emanazione – assumesse tale indice come nuovo riferimento per l'individuazione dei comuni montani esonerati dalla riscossione dell'IMU agricola si determinerebbe, in via di fatto, un'irragionevole disparità di trattamento tra territori del tutto omogenei, basata su un dato del tutto accidentale quale la collocazione in quota della casa comunale;
   inoltre, l'articolo 1, comma 3, della legge n. 56 del 2014 (cosiddetta «legge Delrio») riconosce e tutela la specificità degli enti di area vasta interamente montani e confinanti con Paesi stranieri, prevedendo in capo ad essi la cura e la valorizzazione del territorio e assegnando ad essi particolari forme di autonomia;
   in tal senso, le province di Belluno, Sondrio e Verbano-Cusio-Ossola, i cui comuni sono tutti riconosciuti dall'ISTAT come totalmente montani, dovrebbero ritenersi assoggettati a questo particolare regime di autonomia, manifestamente incompatibile con l'assimilazione di trattamento fiscale disposta dal decreto-legge n. 66 del 2014 –:
   se il Governo – in sede di adozione del decreto attuativo dell'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 89 del 2014 – abbia tenuto in adeguata considerazione le esigenze di peculiare tutela poste dallo status di territorio agricolo montano, in particolare attraverso l'adozione di criteri per l'individuazione dei comuni montani basati su indici obiettivi e adeguati a cogliere tale specialità;
   in particolare, se i Ministri competenti abbiano valutato l'opportunità di adottare a tal fine i criteri già previsti dall'articolo 1 della legge n. 991 del 1992 (Provvedimenti agevolati in favore dei territori montani), che individuava come montani i «comuni situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è minore di 600 metri» posto che tale criterio, già lungamente utilizzato dal legislatore, consentirebbe una più obiettiva e puntuale valutazione delle condizioni di ciascun comune ai fini dell'esenzione dalla IMU per i territori agricoli, con ciò scongiurando il rischio di instaurazione di contenziosi destinati a pregiudicare la stessa efficacia della nuova disciplina fiscale, nonché l'entità del gettito atteso;
   in ogni caso, se il Governo non ritenga opportuno rinviare all'esercizio di imposta 2015 l'applicazione della nuova disciplina – in ottemperanza al principio di non retroattività delle norme fiscali, di cui alla legge n. 212 del 2000 (cosiddetto «Statuto del contribuente») – anche in modo da consentire ai comuni di adottare i provvedimenti amministrativi necessari a garantire la riscossione dell'imposta;
   infine, se non ritenga indispensabile riconoscere il peculiare status di autonomia recentemente attribuito alle province interamente montane e confinanti con Paesi stranieri, ai sensi della legge n. 56 del 2014 (cosiddetta «legge Delrio»), attraverso iniziative dirette a prevedere un'espressa esclusione dei comuni interamente montani delle province di Belluno, Sondrio e Verbano-Cusio-Ossola dall'ambito di applicazione della nuova disciplina fiscale. (5-04143)


   TERROSI, PRINA, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, TENTORI, COVA, ZANIN e ROMANINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, a norma del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 (articolo 22, comma 2) che ha rivisto l'applicazione dell'IMU nelle zone montane e/o svantaggiate al di sotto dei 600 metri, nei prossimi giorni saranno individuati i criteri da applicare a detti terreni per l'applicazione dell'imposta;
   il decreto, in vista della scadenza del 16 dicembre per il versamento dell'IMU, dovrà individuare i comuni nei quali, a decorrere dal periodo di imposta 2014, si applicherà l'esenzione sulla base dell'altitudine, eventualmente diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, e i restanti terreni, in modo tale da ottenere un maggior gettito complessivo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014 medesimo;
   secondo notizie di stampa, gli unici terreni ancora esenti dal pagamento dell'IMU saranno quelli situati nei comuni che hanno un'altitudine di almeno 600 metri; tra i 280 e i 600 metri, saranno esentati i terreni posseduti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, mentre fino a 280 metri, tutti i terreni agricoli dovranno pagare l'intera imposta per il 2014;
   se il provvedimento dovesse effettivamente contenere le predette misure, in provincia di Viterbo l'esenzione totale sarebbe eliminata in 58 comuni su 60 per effetto dell'applicazione del solo criterio altimetrico, ovvero sulla base della mera collocazione fisica dei comuni;
   è del tutto evidente che il concetto di «zona svantaggiata» non può essere riferito al solo criterio dell'altitudine e quindi alle difficoltà di coltivare territori impervi, ma anche alla mancanza di reti di comunicazione idonee, di infrastrutturazione adeguata e di servizi;
   la rigida applicazione del criterio altimetrico rischia di mettere a repentaglio un settore in crisi e la qualità di vita di popolazioni che, non solo nel viterbese ma in tutte le aree collinari e montane, vivono in realtà molto fragili, connotate da economie deboli e popolazioni anziane che sopravvivono spesso grazie a determinate agevolazioni;
   inoltre, il decreto arriverà a ridosso della scadenza dei termini di pagamento obbligando gli agricoltori a pagare in un'unica soluzione, entro il prossimo 16 dicembre, anziché in due rate come tutti gli altri contribuenti;
   infine, molti dei comuni interessati all'aumento dell'IMU ricadono in alcune zone dove si sono registrati noti e disastrosi effetti del maltempo sia di recente che durante tutto il 2014 –:
   se non ritengono opportuno che siano presi in esame altri parametri di svantaggio, oltre a quello altimetrico come, ad esempio, i dati socio-economici che caratterizzano i territori interessati;
   se non ritengano necessario assumere iniziative per evitare che, a seguito dell'emanazione del decreto in questione, gli agricoltori siano obbligati a pagare l'IMU in un'unica soluzione, entro il prossimo 16 dicembre, anziché in due rate come tutti gli altri contribuenti, valutando anche la possibilità di uno slittamento del suddetto termine per tali fattispecie. (5-04144)


   PESCO e DADONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo (CRC), costituita nel 1992, presenta un esercizio per l'anno 2012 di 1.480.616.607 euro e un patrimonio netto pari a oltre 1,33 miliardi euro, posizionandosi tra le prime dieci fondazioni di origine bancaria per totale attivo in Italia; la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo detiene partecipazioni bancarie in Banca regionale europea (BRE) pari al 25 per cento e in Gruppo UBI Banca pari al 2,23 per cento; la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, è stata nel corso degli ultimi anni al centro di numerose polemiche, atti di sindacato ispettivo e inchieste e ricostruzioni giornalistiche, su testate locali e nazionali, in particolar modo per questioni riguardanti le designazioni delle cariche interne, nonché l'assegnazione di lavori di ristrutturazione di immobili e i legami d'affari che interesserebbero diversi esponenti della Fondazione e di società locali;
   per quanto riguarda gli atti di sindacato ispettivo di cui sopra, tutti presentati al Senato al Ministro dell'economia e delle finanze del tempo, si vedano il n. 3-00013 del 13 maggio 2006 (già n. 4-00032 del 31 maggio 2006), il n. 3-01259 del 13 aprile 2010, il n. 3-01297 del 4 maggio 2010, il n. 4-06570 del 12 gennaio 2012 con relativa risposta (fascicolo n. 169) e il n. 4-07912 del 10 luglio 2012;
   per quanto concerne la polemica e gli strascichi giornalistici, le presunte relazioni politiche che caratterizzerebbero la formazione degli organi dirigenziali della Fondazione e le appartenenze partitiche dei diversi membri, si vedano ad esempio: Franco Adriano su ItaliaOggi pagina 7 e Michele Masneri su Il Riformista pagina 9 del 16 aprile 2010, l'intervista di Gianni Martini a Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Acri (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio) su La Stampa del 19 maggio 2010, l'intervista di Ezio Belardi allo stesso Guzzetti, su La Guida pagina 1 del 19 novembre 2010, Marco Alfieri su La Stampa pagina 30 del 19 aprile 2011, Pier Paolo Luciano su La Repubblica – Piemonte (inserto Economia) pagina XI del 3 maggio 2011, Luca Piana su L'Espresso pagina 122 dell'8 marzo 2012, Gianni Martini su La Stampa (Cuneo e provincia) pagina 57 del 20 marzo 2012, Pier Paolo Luciano su La Repubblica – Torino del 19 febbraio 2013, Carlotta Scozzari su Il Fatto Quotidiano pagina 12 del 26 giugno 2013;
   il tema della trasparenza e della regolarità dei dirigenti della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, oltre ad essere stato oggetto di una sentenza del giudice Alberto Boetti del Tribunale di Saluzzo, è stato anche oggetto dell'ordine del giorno n. 3 «Segnalazione da parte del "Gruppo 19 marzo" di gravi irregolarità nella gestione della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo» presentato in consiglio comunale a Cuneo lo scorso gennaio 2014, nonché al centro di un dettagliato dossier che lo stesso «Gruppo 19 marzo» ha sottoposto, tra gli altri, ai parlamentari della provincia di Cuneo al fine di ripercorrere quanto accaduto dal 2010 ad oggi;
   stando a quanto riportata da singoli esponenti del tessuto socioeconomico locale, nonché dalla politica e dall'informazione, le questioni relative alla scarsa trasparenza e alle presunte irregolarità mostrate da alcuni dirigenti della Fondazione, sono le seguenti:
    1) i rapporti d'affari esistenti tra Ezio Falco, presidente della Fondazione, Gianluigi Gola, presidente del collegio sindacale, Pierfranco Risoli, membro del consiglio di amministrazione, Laura Dompè e Roberta Carrara, rispettivamente dipendente fiduciaria e moglie di Gianluigi Gola, attraverso le società Lineacomputer srl, Piemonte advisor building srl, Polo Grafico spa, Sigecom srl, Media sas, Newspaper Milano srl, Riserva di pesca Valle Pesio scarl, di cui risultano nel corso degli ultimi anni essere stati o tuttora ricoprire posizioni societarie, di partecipazione o di controllo o di gestione amministrativa;
    2) l'assegnazione nel 2009 da parte della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo dei lavori di ristrutturazione della ex sala contrattazioni all'imprenditore locale Giuseppe Ferrero, anch'egli collegato attraverso alcune società, agli stessi Falco e Risoli, quando già erano membri della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, nonché a Gola, alla Dompè e alla Media sas di cui sopra;
   la società Lineacomputer srl a socio unico, la cui attività risulta «commercio all'ingrosso di computer, apparecchiature informatiche periferiche e di software», è fondata da Ezio Falco negli anni ’90: lo stesso Falco, che detiene il 33 per cento delle quote, ricopre negli anni vari incarichi all'interno della società a partire da quello di consigliere fino ad arrivare nel 2005 a quella di amministratore delegato; lo seguirà nel medesimo incarico il socio Mauro Chiari dal 2004 al 2013; nel 2007 e nel 2008 Lineacomputer srl chiude gli esercizi dei due anni con perdite progressive rispettivamente pari a 122.826 e 131.819 euro;
   nel marzo 2009, la società di Falco versa in condizioni critiche, così come accertato dall'ufficio crediti di BRE UBI Banca, tanto da necessitare di una ricapitalizzazione che inizia con l'intervento della società Piemonte Advisor Building srl (PAB) la cui attività è la «locazione di beni propri o in leasing (affitto)»; i soci sono: Laura Dompè con il 36,96 per cento, Media sas di Carrara Roberta & C. con il 17,39 per cento, Giuseppe Ferrero con il 13,04 per cento e altri;
   la Media sas, a sua volta, vede Roberta Carrara come socio accomandatario e Gian Luigi Gola in veste di socio accomandante (fino al 2010);
   la stessa Media sas partecipa con il 16,57 per cento alla Polo Grafico spa della quale Dompè risulta essere Consigliere di amministrazione dal 2004; la stessa Carrara siederà dalla metà del 2010 nel consiglio di amministrazione della Polo Grafico spa;
   tra il marzo e il maggio 2009, quindi, Lineacomputer srl riceve circa 80.000 euro da parte della PAB srl, non sufficienti a ripianare il disavanzo patrimoniale di oltre 140 mila euro; di lì a poco, infatti, si deciderà di ricapitalizzare fino al minimo legale la società, con un versamento complessivo da parte di PAB srl di 200 mila euro;
   in seguito alla ricapitalizzazione nel 2013 l'allora Linearcomputer srl a socio unico viene incorporata dalla omonima Linearcomputer srl (istituita già nel luglio 2010 che ha per attività: «attività delle holding impegnate nelle attività gestionali»), con la seguente compagine societaria: Ezio Falco e la Co.Re.Fi. Compagnia fiduciaria e di revisione con il 33 per cento e Mauro Chiari il 34 per cento e la carica di Amministratore Unico;
   nel frattempo, Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo comunica la decisione di voler affidare con gara i lavori di ristrutturazione della ex sala contrattazioni;
   tra il febbraio e il marzo del 2009 da reversali di bonifici allegati al dossier realizzato dal «Gruppo 19 marzo», risulta che due società di Giuseppe Ferrero (lo stesso che risulta avere partecipazioni in PAB srl) la immobiliare Cristallo srl e la Fratelli Ferrero srl effettuano un bonifico ciascuno, di importo rispettivamente pari a 48.000 e 18.000 euro, a favore di Piemonte Advisor Building (PAB) srl impegnata nello stesso periodo a rifinanziare il debito della Lineacomputer srl di proprietà del Presidente di Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, Ezio Falco;
   lo stesso giorno del primo bonifico, 26 febbraio 2009, la Fondazione delibera l'assegnazione dei lavori di ristrutturazione alla Fratelli Ferrero srl, dell'omonimo imprenditore edile, socio di Gian Luigi Gola e sua moglie in Media sas, nonché presidente del collegio sindacale al momento dello svolgimento dei fatti; la sottoscrizione del contratto di affidamento dei lavori cade nel giorno del secondo bonifico effettuato dalla Fratelli Ferrero srl, 13 marzo 2009;
   nel marzo 2010, dopo una prima indicazione favorevole, la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo decide di non rinnovare la fiducia a Piero Bertolotto, Presidente di BRE UBI Banca e rappresentante della fondazione nel Consiglio di gestione di UBI Banca; al suo posto, su indicazione del presidente Ezio Falco, la fondazione nomina l'allora Presidente del Collegio sindacale Gian Luigi Gola;
   Gola cede le sue quote di Media sas a Laura Dompè, che riveste dal 2010 il ruolo di socio accomandante;
   il Gola nel 2013 sarà nominato nel consiglio di sorveglianza all'interno di UBI Banca;
   a seguito delle interrogazioni parlamentari presentate al senatore Menardi, Gian Luigi Gola sporge querela per diffamazione contro lo stesso senatore; il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Saluzzo, dottor Alberto Boetti, emana in data 14 marzo 2011 l'ordinanza di archiviazione, specificando che «I rapporti d'affari tra membri del Consiglio di amministrazione e del Consiglio sindacale, cui prima s’è fatto riferimento, suscitano perplessità sul corretto rapporto organo di controllo-organo gestorio che dovrebbe essere garantito dal Codice Etico della Fondazione»;
   ad oggi, dalle visure risulta una panoramica di relazioni d'affari che rende le parole del giudice Boetti più che attuali:
    a) Gian Luigi Gola: Proprietario al 50 per cento e consigliere di amministrazione di Consult Rev srl; proprietario al 34,5 per cento di Paper-One srl; consiglio di Sorveglianza di UBI Banca, già consigliere di gestione di UBI Banca, già presidente del collegio sindacale della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo; consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa. Consigliere di amministrazione di Newspaper Milano srl; presidente del collegio sindacale di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl; già Socio Accomandante di Media sas;
    b) Ezio Falco: presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo; proprietario del 33 per cento di Lineacomputer srl, già amministratore delegato; proprietario del 31 per cento di Sigecom srl e Consigliere di amministrazione; consigliere di amministrazione di Sinloc spa;
    c) Giuseppe Ferrero: proprietario al 90 per cento e amministratore unico di Fratelli Ferrero srl; proprietario al 90 per cento e amministratore unico di Immobiliare Cristallo srl; proprietario al 13,04 per cento di Piemonte Advisor Building srl; proprietario al 9,09 per cento di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl; proprietario al 26 per cento di Edicinquemila srl; appaltatore dei lavori di ristrutturazione della ex Sala contrattazioni per Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo;
    d) Pierfranco Risoli: proprietario al 9,09 per cento e sindaco di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl, presidente del consiglio di amministrazione di Newspaper Milano srl, già Vicepresidente e Consigliere di amministrazione; consigliere di amministrazione di Sigecom srl. Consigliere di amministrazione di Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo;
    e) Roberta Carrara: proprietaria al 32 per cento di Edicinquemila srl; socio Accomdatario di Media sas già socio accomandante; consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa;
    f) Laura Dompè: proprietaria al 36,96 per cento di Piemonte Advisor Building srl già amministratore unico, consigliere e presidente del consiglio di amministrazione; socio accomandante di Media sas, membro del comitato di controllo sulla gestione di Polo Grafico spa; sindaco supplente di riserva di Pesca Valle Pesio scarl. Revisore Unico di Newspaper Milano srl già sindaco; già amministratore unico e presidente del consiglio di amministrazione di Piemonte Advisor Building srl;
    g) Luca Delfino: proprietario al 16,30 per cento e amministratore unico di Piemonte Advisor Building srl; consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa già presidente del comitato di controllo sulla gestione; amministratore Unico di Riserva di Pesca valle Pesio scarl; amministratore Unico di Edicinquemila srl; amministratore Delegato di Newspaper Milano srl; sul piano delle diverse società si nota dalle visure la seguente situazione:
   Lineacomputer srl: soci Mauro Chiari al 34 per cento e amministratore unico, Ezio Falco al 33 per cento già amministratore delegato, CO.Re.Fi. al 33 per cento;
   Media sas di Carrara Roberta & C.: socio accomandatario Roberta Carrara, socio accomandante, Laura Dompè;
   Polo Grafico spa: soci Media sas al 16,57 per cento e altri; consigliere di amministrazione Roberta Carrara, Consigliere di amministrazione e Membro del Comitato per il controllo sulla gestione, Laura Dompè;
   Piemonte Advisor Building srl: soci Laura Dompè al 36,96 per cento, Media sas al 17,39 per cento, Giuseppe Ferrero al 13,04 per cento, Luca Delfino al 16,30 per cento e altri Amministratore Unico Luca Delfino;
   Edicinquemila srl: soci Giuseppe Ferrero al 26 per cento;
   Newspaper Milano srl: presidente del consiglio di amministrazione Pierfranco Risoli, Revisore Unico Laura Dompè;
   riserva di Pesca Valle Pesio scarl: soci Giuseppe Ferrero al 9,09 per cento, Pierfranco Risoli al 9,09 per cento. Amministratore unico Luca Delfino, Presidente del collegio sindacale Gian Luigi Gola, sindaco supplente Laura Dompè;
   a norma del decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999, «la vigilanza sulle Fondazioni è attribuita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica», pertanto il Ministero ha ritenuto già nel 2012 svolgere una prima verifica a seguito dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-06570, limitatamente ad un aspetto dell'interrogazione, senza prendere in considerazione gli atti ispettivi precedentemente presentati, collegati e rimasti senza risposta, limitandosi a chiedere chiarimenti allo stesso soggetto della verifica, ovvero la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo;
   le supposte condizioni di vincoli politici che emergono dalle polemiche e dalle ricostruzioni emerse sulla stampa locale e nazionale, in particolar modo relativamente alla successione tra Bertolotto e Gola alla rappresentanza della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, lasciano intravedere dinamiche ed equilibri squisitamente politici e trasversali, in merito ai quali il presente atto ispettivo non ha alcun interesse;
   obiettivo del presente atto di sindacato ispettivo, infatti, è quello di richiedere un'attenta verifica delle condizioni esistenti dentro e intorno alla Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo sulla base della dettagliata e documentata ricostruzione realizzata dal «Gruppo 19 marzo»; partendo da tale vicenda per individuare un percorso di controllo costante, ed evidentemente necessario, perché si evitino situazioni di conflitto di interessi, distrazioni economico-finanziarie, ai danni delle Comunità del territorio  –:
   se sia a conoscenza dei fatti e ritenga opportuno intervenire nei confronti della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, e delle figure eventualmente coinvolte, avviando altresì una good practice di puntuale controllo e monitoraggio ampliato a tutte le 88 fondazioni di origine bancaria, coinvolgendo in questa attività anche l'Associazione delle fondazioni e casse di risparmio (Acri). (5-04156)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELLA VALLE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo assistenza finanzieri è un ente pubblico istituito presso il Comando generale della Guardia di finanza con legge n. 1265 del 1960, posto sotto la vigilanza del Ministro interrogato, avente scopi previdenziali e assistenziali a favore del personale della Guardia di finanza e le cui le entrate sono costituite da una percentuale degli introiti derivanti da sanzioni tributarie;
   lo Statuto del Fondo, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 775 del 1978, prevede che a presiederlo sia il comandante generale del Corpo, attualmente il generale Saverio Capolupo, e come vice presidente il comandante in seconda, attualmente il generale Pasquale Debidda; nel passato ha ricoperto l'incarico di vice presidente un attuale consigliere della Corte dei conti, l'allora comandante in seconda, il generale in congedo Daniele Caprino;
   sul settimanale «L'Espresso» del 21 novembre 2014 è stato pubblicato un articolo, siglato E.Fitt., col seguente contenuto: «Parentopoli alla Guardia di Finanza. Sono anni che i militari malignano su una presunta gestione – nepotistica del poliambulatorio del corpo, una struttura sanitaria in via Nomentana a Roma che eroga prestazioni ai finanzieri e ai loro familiari. Pagato dal Fondo assistenza finanzieri (quasi interamente sovvenzionato con soldi pubblici) il centro è coordinato dal 1989 da Roberto Piccinni, un ex ufficiale medico in pensione che – a 84 anni – ha da poco rinnovato il suo contratto annuale. E lui che ha assunto gli specialisti che lavorano oggi all'ambulatorio. La lista conta una novantina di medici tra cui spuntano amici e parenti di generali con tre o quattro stellette: si va dalla figlia di Daniele Capirlo, generale di corpo d'armata, al fratello otorino del generale Giancarlo Carmelo Pezzuto, passando dall'erede cardiologa dello stesso Piccinni e la figlia del comandante generale Saverio Capolupo laureata in chirurgia. Nel 2012 persino il sindacato dei militari (il Cocer) attaccò il funzionamento della struttura, tanto che in una delibera si chiesero prenotazioni più “imparziali” e trasparenti». Capolupo rispose picche: secondo i vertici del Fondo non erano infatti «emersi profili di criticità»;
   nei documenti pubblicati sul sito internet del Corpo è indicato che il dottor Roberto Piccinni, di 84 danni, collabora con la Guardia di finanza fin dal 1958 ed effettivamente sovrintende al poliambulatorio sin dal 1982, oltre a svolgere attualmente anche la funzione di dirigente del Servizio Sanitario del Comando Regionale Lazio, per un compenso annuo massimo di euro 26.790;
   come previsto dal decreto legislativo n. 33 del 2013, sul sito internet della Guardia di finanza, nell'area dedicata all'amministrazione trasparente, sono anche pubblicate alcune informazioni relative al Fondo assistenza finanzieri; non sono tuttavia pubblicate le informazioni relative agli incarichi di collaborazione e consulenza a soggetti esterni al Fondo –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, qualora gli stessi trovino riscontro, se non ritenga opportuno esercitare la sua funzione di vigilanza sull'ente pubblico di assistenza ai finanzieri, al fine di evitare il protrarsi delle situazioni descritte;
   quali siano i motivi per i quali le informazioni pubblicate sul sito internet della Guardia di finanza non siano complete, secondo i dettami del decreto legislativo n. 33 del 2013, in particolare per quanto riguarda gli incarichi di collaborazione o consulenza del Fondo assistenza finanzieri. (4-07032)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Unicredit Credit Management Bank (da ora in poi UCCMB) è l'unica banca dei sistema bancario italiano specializzata nella gestione dei crediti deteriorati;
   detta Banca fa attualmente parte del Gruppo Unicredito;
   UCCMB ha sedi in tutto il paese ed occupa attualmente 760 addetti, cui va aggiunto il personale della rete esterna per un numero totale di oltre 2.500 persone;
   nell'ottobre del 2013, Unicredit ha avviato un processo diretto alla cessione di UCCMB a terzi investitori che hanno manifestato interesse per l'acquisto della banca;
   i dipendenti di UCCMB hanno da sempre espresso la loro contrarietà a questo processo con scioperi e manifestazioni che hanno registrato adesioni di oltre il 90 per cento;
   le organizzazioni sindacali di UCCMB e del Gruppo Unicredito hanno evidenziato come la cessione di UCCMB privi il gruppo Unicredito, ed il sistema bancario italiano, di un elemento più che mai strategico per il sistema bancario;
   il sistema bancario italiano, infatti, è in questo momento gravato da una massa di crediti deteriorati che supera i 300 miliardi di euro;
   a fronte di detta situazione si impone la necessità dell'adozione di una risposta che porti alla creazione di un ente unico che in modo unitario e sistemico affronti il tema dei crediti deteriorati;
   questa necessità è stata confermata dal Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, nel corso dell'Assemblea dell'ABI nel luglio scorso. Il Governatore, in particolare, ha precisato che: «Un intervento pubblico diretto a liberare i bilanci delle banche dal peso dei crediti deteriorati, consentirebbe alle banche di destinare nuove e crescenti risorse al finanziamento delle imprese e delle famiglie»;
   l'ABI stessa, tramite il presidente Patuelli, ha dichiarato di non essere pregiudizialmente contraria alla creazione di una «bad bank» di sistema con un intervento pubblico, aperto anche all'apporto finanziario di privati, a patto che una simile iniziativa non degeneri nella creazione dell'ennesimo «carrozzone di Stato»;
   appare, pertanto evidente che esiste un interesse pubblico generale e prevalente sulla materia dei crediti deteriorati a che detti crediti vengano gestiti unitariamente da una pubblica entità sotto controllo della vigilanza della Banca d'Italia;
   in questo scenario appare del tutto incomprensibile l'operazione di Unicredito, che è una banca di sistema, della cessione di UCCMB a privati (venduta a 500 milioni di euro quando, al 15 novembre 2014, i ricavi ottenuti dai recuperi superano il miliardo di euro);
   Unicredito, infatti, dopo aver indetto una gara tra i soggetti interessati all'acquisizione del pacchetto azionario di controllo di UCCMB, ha indicato quale concorrente, con cui proseguire i contatti e pervenire alla cessione, il gruppo statunitense Fortress Prelios;
   tant’è vero che la posizione dell'acquirente Fortress, sostenuto da Prelios, ha destato ben più di una perplessità tra i circa 750 dipendenti di UCCMB, che nei giorni scorsi hanno messo nero su bianco i loro dubbi in una lettera aperta inviata all'amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni e al Cda della banca. «Rifiutiamo e respingiamo – scrivono i lavoratori – l'idea di essere equiparati a un arredo o a un pc da dismettere. Siamo stati definiti una piattaforma operativa valutata alla stregua di qualsiasi altra componente di bilancio». Il riferimento è al fatto che nessuno ha ancora chiarito se nei 300 milioni che gli americani dovrebbero mettere sul piatto per la piattaforma operativa di gestione dei crediti di UCCMB siano compresi o meno. Non solo: non è nemmeno chiaro se insieme con la piattaforma passi di mano anche la licenza bancaria di UCCMB;
   «Lei – scrivono ancora i dipendenti rivolgendosi direttamente a Ghizzoni – avrebbe detto che la scelta tra le due cordate (il riferimento è al private equity Lone Star, l'altro operatore che era interessato a UCCMB, ndr) sarebbe avvenuta tenendo in considerazione il progetto industriale». Ebbene, chiedono i lavoratori, «qual è il progetto di sviluppo industriale con il quale il gruppo Fortress ha convinto il management di Unicredit ? Quali i contenuti del previsto contratto di servicing ? Non c’è alcuna chiarezza – concludono i dipendenti – né garanzia che la nuova UCCMB mantenga inalterati i flussi considerato che sono già state ridotte in corsa le soglie di conferimento». Il riferimento, in questo caso, è ai crediti gestiti da UCCMB;
   va, inoltre, evidenziato che di recente la società Prelios è stata sottoposta ad un'iniziativa giudiziale da parte della Confconsumatori a cui si sono rivolti 300 risparmiatori che hanno perduto il 60 per cento dei loro investimento immobiliare nel fondo immobiliare Olinda Prelios Sgr;
   secondo l'interrogante e alla luce dei fatti appena descritti, un'operazione del genere appare non affidabile per il sistema bancario italiano soprattutto per il finanziamento dell'imprese e le famiglie oltre alla tutela dei livelli occupazionali dei lavoratori bancari –:
   circa i fatti descritti in premessa, quali siano gli elementi di cui dispone il Ministro interrogato;
   se non si ritenga necessaria l'apertura un tavolo di confronto con Banca d'Italia e ABI, diretto ad affrontare in modo unitario e sistemico il tema dei crediti deteriorati gravanti sul sistema bancario italiano;
   se disponga di elementi in merito a potenziali rischi occupazionali connessi all'operazione. (4-07035)


   BALDASSARRE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dal quotidiano la Repubblica, dopo un'ispezione durata mesi, la Consob avrebbe rilevato irregolarità nell'operato di Poste Italiane e imposto al consiglio di amministrazione di studiare «dedicate e tempestive iniziative correttive»;
   la notizia sarebbe trapelata solo in questi giorni, ma la vicenda risalirebbe al mese di agosto 2014, precisamente al procedimento 20638/14 della divisione intermediari della Consob datato 8 agosto 2014 nel quale verrebbero evidenziate le pratiche commerciali e distributive nel periodo che va dal 2011 al 2013, quando era amministratore delegato Massimo Sarmi;
   numerose sarebbero le irregolarità contestate tra cui la pressione esercitata nei confronti delle strutture commerciali per raccogliere volumi e incentivi legati al budget, forme di marketing scorrette, poche «profilazioni di clienti che permettevano al 74,5 per cento di essi di sottoscrivere strumenti complessi e non in linea con il loro profilo di rischio»;
   secondo quanto evidenziato dalla Consob, a fine 2013 solo 330 mila clienti erano profilati sui 900 mila che avevano sottoscritto forme di investimento con Poste –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano vigilare affinché vengano attuate tutte le iniziative correttive, non si verifichino più tali situazioni e non vengano esercitate pressioni nei confronti delle strutture commerciali.
(4-07038)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con una lettera il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, De Gesu, ha di fatto apposto una sorta di «segreto» sul certificato di agibilità, sicurezza del lavoro e collaudi del carcere di Uta;
   tale funzionario ha agito per nome e per conto del Ministero della giustizia negando il più elementare accesso agli atti di una struttura pubblica;
   nel contempo dalle cronache dei quotidiani locali si evince che nella nuova struttura non funziona niente, agenti e detenuti sarebbero rimasti senza mangiare perché non funzionano le cucine, niente alloggi di servizio, personale totalmente insufficiente;
   una situazione che viene descritta come paradossale dalle cronache che a tre giorni dall'apertura della struttura viene fatta dagli organi di informazione;
   secondo quanto riporta il quotidiano L'Unione Sarda la sicurezza è garantita ma ai minimi livelli;
   il numero degli agenti è insufficiente per coprire tutti i posti di servizio in spazi enormemente maggiori rispetto a Buoncammino;
   le cucine non funzionano (il primo giorno i detenuti hanno pranzato con pane e prosciutto), mentre il sistema automatico per la chiusura delle porte delle celle e delle varie sezioni si è bloccato per guasti al sistema elettronico;
   i disagi per i detenuti non si contano: visite dei familiari congelate fino a domani, ritardi continui per l'ora d'aria;
   secondo il quotidiano sardo all'interno della struttura di Uta la preoccupazione maggiore è quella di garantire la sicurezza che è al livello minimo;
   gli agenti sono pochi e non sono sufficienti a garantire tutti i posti di servizio;
   secondo il segretario regionale dell'Ugl Alessandro Cara «i problemi sono emersi subito. Sarebbe stato necessario, prima del trasferimento, un confronto con i sindacati sui servizi da coprire e sul personale necessario per svolgere al meglio il lavoro. Il numero insufficiente degli agenti sarebbe emerso in tutta la sua drammaticità. Ora si cerca di tamponare revocando i permessi e allungando l'orario dei turni. Non si è pronti nemmeno con la caserma che ospita il personale: le stanze non sono state assegnate»;
   i momenti di tensione, riporta il quotidiano, secondo quanto riferiscono fonti interne al nuovo carcere di Uta, sarebbero frequenti;
   non funzionante anche il sistema di apertura delle porte delle celle: rimasto inutilizzato per molti mesi rischia di danneggiarsi. Così gli agenti della Polizia penitenziaria sono costretti ad aprire e chiudere porte e portoni a mano. La sicurezza anche in questo caso è garantita ma il livello scende;
   a tutto ciò si aggiunge un provvedimento che l'interrogante giudica non corretto sia sul piano giuridico che sostanziale con cui il provveditore regionale sulle carceri ha negato l'accesso ai certificati di agibilità e sicurezza del nuovo carcere di Uta e ha vietato alla Asl 8 e ai vigili del fuoco di dare notizie in merito;
   è stato aperto un carcere per mille persone senza che alcun tipo di certificato fosse reso noto e soprattutto con un numero di agenti totalmente inadeguato alla sicurezza della struttura e degli stessi operatori penitenziari;
   si vorrebbe imporre a tutti il silenzio sulla fallimentare gestione ma le gravi inadempienze sono evidenti, basti pensare a quello che è successo per esempio nel carcere di Oristano una settimana fa con un agente colpito al volto da un criminale e lasciato solo in balia di 100 detenuti di alta sicurezza;
   ad ogni buon conto proprio per evitare qualsiasi tipo di omissione l'interrogante trasmetterà le comunicazioni di diniego agli organi competenti perché tutti siano responsabili e a conoscenza di quanto sta accadendo;
   si registra una situazione che mette ogni giorno a rischio lavoratori e operatori penitenziari –:
   se non ritenga il Ministro della giustizia di dover individuare il dirigente responsabile della fallimentare apertura del carcere di Uta e della davvero poco gratificante figuraccia rimediata dal Ministero della giustizia a seguito di quanto richiamato in premessa;
   se non ritenga di dover provvedere con somma urgenza a destinare alla regione Sardegna un contingente minimo di almeno 500 agenti che possano affrontare in modo immediato le gravissime emergenze sia sul piano della sicurezza degli stessi agenti che delle strutture carcerarie;
   se non ritenga di dover far conoscere l'esistenza dei certificati di collaudo e sicurezza della struttura carceraria;
   se non ritenga di dover proporre un quadro aggiornato dei costi sopportati dall'amministrazione penitenziaria per la realizzazione e la gestione del carcere;
   se esistano premi di produzione affidati a dirigenti vari per l'apertura del carcere di Uta, chi siano i destinatari e quale l'entità;
   se e quali siano i compensi aggiuntivi dei dirigenti dell'amministrazione penitenziaria della Sardegna e quali siano gli obiettivi inseriti nell'ambito della programmazione 2014;
   se non intenda il Ministro competente pubblicare con adeguata trasparenza tutti i compensi dei primi dirigenti dell'amministrazione penitenziaria della regione Sardegna. (5-04148)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 novembre 2014 i 340 detenuti del penitenziario di Buoncammino sono stati trasferiti nel nuovo carcere situato nel comune di Uta (Cagliari);
   da numerose segnalazioni si apprende che nei primi giorni la sicurezza è garantita ai minimi livelli;
   gli agenti di polizia penitenziaria e i carcerati stanno vivendo in una situazione di grandissima difficoltà;
   il numero degli agenti, in attesa di rinforzi, è insufficiente per coprire tutti i posti di servizio in spazi enormemente maggiori rispetto a Buoncammino;
   gli agenti non sono sufficienti a garantire tutti i posti di servizio: gli spazi da controllare nel nuovo penitenziario di Uta sono infatti maggiori rispetto a quelli del vecchio carcere di Buoncammino;
   il numero insufficiente degli agenti sarebbe emerso in tutta la sua drammaticità e che si è cercato di garantire il livello minimo di sicurezza del nuovo carcere di Uta revocando i permessi e allungando l'orario dei turni;
   le notizie di stampa riportano come il sistema automatico per la chiusura delle porte delle celle e delle varie sezioni, rimasto inutilizzato per molti mesi, si sia bloccato per guasti al sistema elettronico. Così gli agenti della penitenziaria sono costretti ad aprire e chiudere porte e portoni a mano;
   le visite dei familiari hanno subito dei ritardi, lo stesso dicasi per l'ora d'aria. Analoghi problemi si sono verificati nelle cucine e nel recapito della corrispondenza –:
   quali provvedimenti intenda adottare per garantire il massimo livello di sicurezza nel nuovo carcere di Uta (a Cagliari), vista anche la presenza di detenuti di alta pericolosità;
   se non ritenga opportuno assegnare alla nuova struttura penitenziaria di Uta, con provvedimento d'urgenza, i rinforzi necessari per coprire tutti i posti di servizio in spazi che risultano maggiori rispetto a Buoncammino;
   quali iniziative intenda assumere per impedire che le tensioni di questi giorni possano sfociare in episodi di violenza a causa di una situazione di estremo disagio presente nell'istituto penitenziario di Uta;
   se non ritenga necessario un immediato confronto con i sindacati sui servizi da coprire e sul personale necessario per svolgere al meglio il lavoro. (4-07033)


   NICCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da fonti giornalistiche si apprende che il 12 novembre 2014, la trasmissione La Zanzara di Radio 24 ha mandato in onda un dialogo telefonico sulla popolazione Rom;
   nonostante l'interlocutore telefonico abbia auspicato «lo sterminio completo degli zingari, donne, uomini e bambini», ed «un campo di concentramento provvisto di “autocompattatore”» dove «da una parte entrano zingari, e dall'altra esce mangime per maiali», la telefonata non è stata interrotta in nome della libertà di espressione;
   la legge 13 ottobre 1975, n. 654, e la legge 9 ottobre 1967, n. 962, puniscono, rispettivamente, l'istigazione all'odio razziale e l'istigazione e l'apologia del genocidio –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, se siano state avviate indagini in proposito e se non si intendano assumere iniziative normative per rendere più stringente il sistema sanzionatorio in relazione a fattispecie come quella di cui in premessa. (4-07037)


   DANIELE FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Como, cosiddetto Bassone, progettato negli anni ’70, è stato aperto nel 1985, in localizzazione non ottimale, per ospitare 170 persone in celle singole;
   negli anni ’90, con i nuovi parametri carcerari, è stato portato ad una capienza di 500 persone;
   le strutture ora risultano, a parere dell'interrogante, in parte fatiscenti sebbene ultimamente, alcuni detenuti siano stati direttamente coinvolti per sistemare spazi, corridoi, servizi;
   i detenuti sono circa 400 persone tra uomini e donne;
   il «Bassone» sconta oggi un più tenue legame con il territorio rispetto al passato;
   in numero dei volontari appare infatti diminuito;
   in questo contesto tre detenuti si sono suicidati in rapida successione: Galver Cuevas Ivan Andre il 12 ottobre 2014, Riunno Maurizio il 31 ottobre 2014, Rosa Massimo il 19 novembre 2014 –:
   quali azioni intenda intraprendere per scongiurare ulteriori drammatici eventi;
   se non ritenga necessario un intervento ispettivo ministeriale per ricostruire tutti i passaggi che hanno portato alla difficoltà della situazione attuale. (4-07042)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GASPARINI e MAURI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Nord Milano e Monza e Brianza sono una delle aree del Paese a più alta intensità di popolazione e di attività produttive con il conseguente carico di traffico automobilistico che si aggiunge a quello di attraversamento sul sistema viabilistico di valenza nazionale (SS36), tangenziale (nord, ovest e est) e autostradale Milano-Venezia;
   la frammentazione dei decisori (regione, province, comuni, comuni capoluoghi) non ha permesso di rendere coerenti gli investimenti per potenziare il trasporto metropolitano e realizzare aree di interscambio capaci di intercettare e fermare il traffico di penetrazione sulle aree urbane più densamente popolate offrendo servizi di parcheggio e accesso al sistema di trasporto su gomma e su ferro (treno e metropolitane);
   con la progettazione della linea 5 della metropolitana e il prolungamento della linea M1 con capolinea di entrambi a Monza-Cinisello/Bettola e la realizzazione del relativo parcheggio di interscambio, si era operato affinché ci fosse coerenza nelle finalità degli interventi realizzati: ridurre il traffico automobilistico nelle aree più densamente popolate e collegando il sistema metropolitano milanese con Monza;
   la decisione di non realizzare quanto era stato approvato dal consiglio comunale di Milano con il piano della mobilità 2001/2010 (delibera 30 del 19 marzo 2001) ha determinato incongruenze e danni per l'intero sistema milanese, in quanto:
    a) non creando le condizioni di interscambio ferro/metropolitane/gomma nell'area Monza-Cinisello/Bettola, non è stato possibile offrire un servizio reale agli automobilisti diretti a Milano che permetta di affrontare radicalmente il problema dell'inquinamento dell'aria, la tutela della salute dei cittadini;
    b) non rendendo coerente e sinergica l'organizzazione della complessa rete viabilistica e trasporti del nord Milano (SS36, tangenziale ovest, tangenziale nord-Rho/Monza, autostrada Milano Venezia, viale Fulvio Testi/viale Zara/viale Sarca, prolungamento metropolitana) il traffico di attraversamento a Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni è aumentato in maniera esponenziale, caricando sulla comunità di Cinisello Balsamo, in particolare, il traffico di accumulo a causa di lavori incoerenti;
    c) è stata bloccata la realizzazione del progetto per la riqualificazione del strada provinciale viale Fulvio Testi a Cinisello Balsamo per permettere la messa in coerenza delle opere con il progetto del prolungamento della metropolitana, che è prevista nel sottosuolo del viale stesso (la progettazione definitiva è stata predisposta dalla provincia a seguito di accordo di programma che comprendeva la riqualificazione del tratto del sistema viario provinciale denominato Viale Brianza – nel tratto monzese – e Viale Fulvio Testi – nel tratto milanese –);
   si sta realizzando il prolungamento e il nuovo capolinea della metropolitana 1 da Sesto San Giovanni all'area di confine tra Monza e Cinisello Balsamo denominata frazione Bettola con già predisposto l'innesto della metropolitana 5 prevista lungo il viale Fulvio Testi;
   con il finanziamento del tratto metropolitano M5 da Bignami a Monza si renderebbe anche possibile riqualificare il tratto stradale Viale Fulvio Testi, Viale Zara, e l'incrocio Clerici-Sarca, eliminando il grave disagio che si è venuto a creare a Cinisello Balsamo con l'interramento della SS36 nel tratto monzese e il mancato completamento della riqualificazione del Viale Fulvio Testi –:
   se intenda assumere iniziative volte a finanziare l'attuazione della tratta della metropolitana linea 5 da Milano/Bignami a Monza-Cinisello/Bettola, che permetterebbe la realizzazione di una infrastruttura strategica per collegare la città metropolitana di Milano con la provincia di Monza e Brianza e il suo capoluogo Monza;
   se intenda svolgere, per quanto di competenza, un'azione di sostegno all'avvio della città metropolitana di Milano, dando priorità ai finanziamenti delle opere per il trasporto e la mobilità già progettate e previste che completano sistemi integrati per l'interscambio.
(5-04133)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il Ministro recentemente pronunciatosi nel merito dei fatti che hanno segnato la cronaca intorno all'emergenza abitativa a Milano ha affermato che: «Andremo fino in fondo e saremo inflessibili nel far rispettare le leggi». Lo stesso ha sostenuto che «Il comune di Milano deve pensare all'accoglienza mentre il Ministero dell'interno realizza gli sgomberi» e, inoltre, che la sicurezza nelle città «rimane una priorità», per cui si annuncia una prossima «legge che insieme ai comuni rappresenterà la legge più innovativa sulla sicurezza delle città»;
   ad oggi a Milano è in corso la transizione, nella gestione dell'edilizia residenziale del demanio comunale, dallo storico gestore ALER a Metropolitana Milanese spa;
   sussiste una delicata situazione sociale che riguarda posizioni di irregolarità di natura diversa, ma tutte accomunate dalla condizione di «abusivismo», a fronte di 23.000 famiglie in graduatoria per l'assegnazione di un alloggio e migliaia di appartamenti ancora da ristrutturare e assegnare, inutilizzati da anni;
   a fronte di un protocollo di intesa per l'emergenza abitativa delle case popolari redatto da comune di Milano, regione, prefetto, Aler, questura, e massimi rappresentanti di polizia e carabinieri, e a fronte dell'annuncio, l'8 novembre 2014, con cui il Governatore Maroni annunciava l'istituzione di una task force dedicata alla gestione di 200 sgomberi all'insegna della pubblica sicurezza, nei giorni 17 e 18 novembre si è proceduto allo sgombero forzoso di alcuni nuclei famigliari e di due centri sociali in due zone periferiche particolarmente critiche di Milano, con modalità tali da produrre gravi disagi alla popolazione residente, al punto da spingere associazioni e organizzazioni sindacali a pronunciarsi contro azioni di forza in ordine a questioni sociali di tal importanza;
   quanto agli strumenti di coordinamento istituzionale messi in campo, lo sgombero, tra gli altri, di una donna trentenne con due figli a carico in zona Lorenteggio ha imposto lunedì 17 l'impiego di 70 poliziotti, non scongiurando peraltro gravi problemi di ordine pubblico per l'intera mattinata e il giorno successivo, con non meno dispiegamento di forze in campo in zona Corvetto;
   in questo contesto ha destato particolare sconcerto la vicenda contenuta in una video intervista a «La Repubblica» nella quale una donna denunciava di essere stata colpita con gli sfollagente all'addome pur presentandosi in una condizione di evidente fragilità, in quanto incinta; alla medesima pochi giorni dopo sarebbe stata riscontrata la perdita del figlio al sesto mese di gravidanza, con segnalazioni del caso agli uffici competenti con l'ipotesi di procurato aborto;
   i fatti oggi sono oggetto dell'interessamento della procura (nella persona del pubblico ministero Gianluca Prisco e procuratore aggiunto Maurizio Romanelli);
   forte è la preoccupazione, a parere dell'interpellante, che possano riprodursi le modalità esecutive del piano sgomberi per come avviato –:
   se il Ministro non ritenga di rivisitare il protocollo di intesa per l'emergenza abitativa e le direttive impartite sulla gestione dell'ordine pubblico su questo specifico tema;
   se sia in grado di fornire all'interrogante una stima, anche approssimativa, dei costi istituzionali ed operativi degli impegni ivi contenuti e a carico delle missione di competenza del Ministero dell'interno nel bilancio dello Stato.
(2-00761) «Daniele Farina».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, TOFALO e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi nel corso della trasmissione televisiva Report, su Rai Tre, è andato in onda un servizio-inchiesta relativo ad alcuni episodi di crolli verificatisi nel territorio del comune di Grezzana, in provincia di Verona. Le immagini realizzate con l'ausilio di un drone hanno rivelato una realtà spaventosa: è visibile, infatti, il fianco sventrato della collina di Alcenago, sopra Grezzana, con la strada provinciale crollata ed altre voragini che si sono aperte intorno;
   i primi crolli nella zona di Alcenago risalgono al 2011; con voragini e fratture profonde fino a 50 metri e larghe 30 centimetri, con un evidente rischio per la popolazione e per la circolazione;
   secondo l'autorevole parere di esperti, tra cui il geologo dell'università di Firenze, Stefano Casagli (consulente della procura di Verona, che ha aperto un'inchiesta sul caso), la responsabilità è da ascriversi alle attività di scavo della cava sottostante. Nella relazione stilata dal geologo il 13 agosto 2014 per la provincia di Verona si evidenziava, infatti, che: «... La coincidenza spaziale e temporale fra i crolli in profondità e i dissesti in superficie è diretta ed evidente»;
   la giunta provinciale, il 13 agosto 2014, ha dato parere favorevole all'ampliamento della cava. Per ottenere l'ampliamento la ditta Micromarmo, che detiene i diritti di sfruttamento della cava, ha dovuto pagare un indennizzo ai proprietari dei terreni in superficie;
   l'inviato di Report, nella sua inchiesta, ha scoperto che circa un quarto dei terreni dell'area di ampliamento sono di proprietà di un politico leghista, Adelino Brunelli, consigliere comunale a Grezzana e consigliere in provincia fino alla scorsa primavera, il quale ha votato favorevolmente all'ampliamento della cava;
   i cittadini residenti nelle zone interessate, sia per motivi legati alla sicurezza ed alla incolumità, sia per l'inevitabile deprezzamento delle abitazioni in quella zona, hanno presentato diversi esposti alla magistratura e richiesto il sequestro dell'area;
   a giudizio dell'interrogante la presenza di una cava in prossimità di un centro abitato comporta un grave rischio per l'incolumità della popolazione ivi residente, di inquinamento ambientale, uno stravolgimento della mobilità e l'inevitabile deprezzamento degli immobili insistenti su quei territori;
   è necessario ed improcrastinabile una messa in sicurezza dei luoghi succitati, al fine di impedire eventuali tragiche conseguenze che potrebbero derivare dal succedersi di crolli e di frane –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti citati in premessa, e quali iniziative urgenti ed indifferibili intendano adottare, ciascuno secondo le proprie competenze, al fine di verificare lo stato dei luoghi e assumere tutte le misure necessarie a mettere in sicurezza la zona evitando rischi per la pubblica incolumità.
(5-04137)


   CATALANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come si legge su Trasportoeuropa del 20 novembre 2014, la procura di Catania ha concluso l'operazione Caronte con l'arresto di ventitré persone, fra i quali l'imprenditore dell'autotrasporto Vincenzo Ercolano, per associazione mafiosa o concorso esterno nella stessa;
   l'operazione Caronte è il risultato di indagini precedenti, che a loro volta scaturiscono dalla scoperta di un sistema di controllo dell'autotrasporto agro-alimentare che faceva capo al mercato ortofrutticolo di Fondi, cui si aggiungono oggi nuove accuse circa un intreccio d'interessi che coinvolge non solo l'autotrasporto, ma anche il traghettamento tra Sicilia e Calabria e la politica;
   l'articolo 29-bis del decreto-legge n. 133 del 2014, come convertito dalla legge n. 164 del 2014, modifica l'articolo 5 del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395, in materia di requisiti di onorabilità dei titolari delle imprese di autotrasporto, escludendo la sussistenza del predetto requisito in capo a chi «sia stata oggetto di un'informativa antimafia interdittiva ai sensi dell'articolo 91 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazione»;
   il 29 ottobre 2014 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/02629-AR/005, con il quale si è impegnato il Governo medesimo a «valutare, nel rispetto della normativa vigente, l'opportunità di prevedere, fra le modalità attraverso le quali i soggetti operanti nell'autotrasporto possono dimostrare il requisito di cui sopra, quella dell'iscrizione degli stessi nelle cosiddetta white list delle Prefetture, previste dall'articolo 1, commi da 52 a 57, del decreto legislativo n. 190 del 2012, e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attuazione del 18 aprile 2013 (pubblicato sulla GURI – Serie Generale n. 164 del 15 luglio 2013)» –:
   di quali notizie disponga il Governo in ordine alla penetrazione del fenomeno mafioso nel settore dell'autotrasporto;
   quali iniziative il Governo intenda adottare per permettere una rapida condivisione di dati tra le strutture dipendenti dal Ministero dell'interno e l'albo degli autotrasportatori. (5-04157)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALLASCAS, DELLA VALLE, PRODANI, DA VILLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ufficio della polizia di frontiera di Cagliari risulterebbe gravemente sottodimensionato rispetto alle esigenze determinate dalla presenza nel territorio di competenza di tre rilevanti infrastrutture aeroportuali, marittime e industriali, costituite dallo scalo aereo di Cagliari-Elmas, dallo scalo marittimo di Cagliari e dal terminale marino di Sarroch, connesso agli impianti di trasformazione dei prodotti petroliferi della SARAS;
   l'ufficio conta 54 unità, con un decremento del 25 per cento rispetto al 2008 (78 unità), a fronte di un accresciuto traffico di passeggeri e merci e della maggiore frequenza con cui si registrano situazioni di criticità legate ai flussi migratori clandestini. Tra l'altro, all'interno dell'area militare dell'aeroporto è presente l'unico C.P.S.A. con funzioni CARA dell'isola; la Sardegna è stata inoltre indicata come area da destinare al Frontex Plus;
   lo scalo aeroportuale di Cagliari-Elmas, per dislocazione geografica e traffico passeggeri, è inserito nell'elenco degli 11 aeroporti italiani d'importanza strategica individuati dal Piano nazionale degli aeroporti approvato dal Consiglio dei ministri il 30 settembre scorso;
   in base ai dati forniti dall'Ente nazionale per l'aviazione civile, nel corso dell'anno 2013, sono transitati nello scalo di Cagliari 3.577.560 passeggeri, dato che colloca per quell'anno l'infrastruttura al 13° posto nell'elenco dei maggiori aeroporti italiani. Da rilevare che nello scalo, soprattutto durante la stagione estiva, sono attivi numerosi collegamenti extraschengen con un ulteriore incremento delle attività di competenza della Polizia di frontiera;
   nonostante la dislocazione geografica, le dimensioni del traffico e il numero dei collegamenti, l'aeroporto di Cagliari conta un numero inferiore di addetti rispetto a Torino (3.154.300 passeggeri, 105 addetti), Verona (2.685.702 passeggeri, 86 addetti), Trapani (1.877.827 passeggeri, 67 addetti) e sembra essere stato equiparato ad altre strutture più contenute, come Trieste (848.056 passeggeri, 52 addetti), Rimini (558.355 passeggeri, 50 addetti) e Pescara (542.963 passeggeri, 53 addetti);
   la carenza di organico della polizia di frontiera apparirebbe ancora più grave per quanto concerne la situazione degli scali marittimi di Cagliari e Sarroch, interessati da un intenso traffico passeggeri e merci;
   il porto di Cagliari, negli ultimi anni, ha registrato un incremento elevato del traffico crocieristico che si aggiunge agli approdi delle motonavi di linea e alla movimentazione container dell'annesso «Porto Canale»;
   il terminale marino Saras di Sarroch, nel corso del 2013, ha avuto una movimentazione di 831 navi (ormeggio e disormeggio) con 694 operazioni di imbarco e 714 operazioni di sbarco;
   il sottodimensionamento degli organici determina situazioni di grave disagio tra gli operatori della polizia di frontiera, con criticità operative, difficoltà di turnazione, il frequente ricorso agli straordinari, in alcuni casi, così come è stato segnalato dai rappresentanti sindacali, col pericolo di indebolimento delle attività e degli interventi di salvaguardia della sicurezza negli scali e nelle attività di prevenzione e contrasto all'illegalità;
   in particolare, i rappresentanti sindacali delle forze di polizia, avrebbero segnalato il rischio che, in alcune determinate circostanze, l'esiguità di personale possa rendere di difficile attuazione le procedure previste dai piani «Leonardo Da Vinci» e «Cristoforo Colombo»;
   da rilevare la difficile situazione che si è determinata nello scalo aereo di Cagliari, per la presenza del centro di primo soccorso e accoglienza, dal quale si registrano con frequenza sistematica fughe e allontanamenti arbitrari dei migranti clandestini trattenuti;
   questa situazione, con frequenti allarmi, sottopone a complesse ed estenuanti attività di ricerca un personale di polizia di frontiera già esiguo e con un'età media che, secondo le rappresentanze sindacali, si aggira attorno ai 50 anni;
   la Sardegna è fortemente impegnata nell'attuazione di un'intensa pianificazione, volta, da una parte, alla mitigazione degli effetti negativi derivanti dalla condizione di insularità, dall'altra, a favorire e stimolare il settore turistico;
   si tratta di previsioni che attribuiscono al sistema dei trasporti un ruolo centrale con la prospettiva auspicata di un crescente potenziamento del sistema;
   tutto questo, congiuntamente alla necessità di affrontare adeguatamente il fenomeno dell'immigrazione clandestina, richiede un rafforzamento degli organici della polizia di frontiera –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative intenda adottare per garantire migliori condizioni di lavoro al personale della polizia di frontiera di Cagliari, e per creare le condizioni affinché gli scali aeroportuali e marittimi di loro competenza raggiungano elevati standard sotto il profilo della pubblica sicurezza e nell'ambito delle competenze proprie della polizia di frontiera;
   se non ritenga opportuno integrare e rafforzare l'organico dell'ufficio della polizia di frontiera di Cagliari, al fine di garantire un'adeguata dotazione di personale a fronte di un aumento del traffico di passeggeri e merci e delle numerose situazioni di criticità determinate dal fenomeno dell'immigrazione clandestina;
   se non ritenga opportuno avviare un procedimento di reclutamento, attraverso pubbliche selezioni, per rafforzare in generale gli organici della polizia di Stato, al fine di garantire, in tutto il territorio nazionale, migliori condizioni di lavoro e alti standard qualitativi nell'erogazione di delicati servizi, quali il presidio del territorio, la sicurezza dei cittadini e le attività di prevenzione e contrasto della criminalità. (4-07029)


   ZOLEZZI, SEGONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con le elezioni amministrative del 2010 al comune di Mantova sono stati assegnati per legge 40 consiglieri ai quali va aggiunta la figura del sindaco;
   il consiglio comunale del comune di Mantova è stato convocato, in seduta straordinaria e in prima convocazione, fissata in data 9 ottobre 2014, per la trattazione della mozione di sfiducia al sindaco Sodano, ritualmente presentata da alcuni consiglieri di opposizione. Circa tre ore prima della seduta, il presidente del consiglio comunale Longfils ha proceduto all'annullamento della stessa e convocato nuovamente il consiglio comunale, in seduta straordinaria e in prima convocazione per il giorno successivo per la trattazione dello stesso argomento, già iscritto all'ordine del giorno della seduta precedente;
   tale annullamento e la conseguente nuova convocazione sono stati fondati dal presidente del consiglio comunale Longfils sulla disposizione di cui all'articolo 34, comma 8, del regolamento del consiglio comunale, che tuttavia disciplina unicamente il procedimento per la notifica e la convocazione d'urgenza del consiglio;
   la nuova convocazione, disposta ai sensi dell'articolo 34, comma 8, del regolamento non riportava alcuna motivazione dalla quale evincere le ragioni dell'urgenza, né i motivi che hanno indotto all'annullamento della seduta precedente ad avviso degli interroganti, in violazione dei principi di cui alla legge n. 241 del 1990;
   secondo un articolo di stampa pubblicato sulla Gazzetta di Mantova l'11 ottobre 2014 (http://ricerca.gelocal.it) «un gruppo di consiglieri comunali firmatari della mozione, i capigruppo Giovanni Buvoli (Pd), Giovanni Scaglioni (Patto Nuovo, giudice ed ex presidente del Tribunale di Mantova), Sergio Ciliegi (Forum) e Andrea Murari, consigliere e segretario comunale del Pd, ha chiesto e ottenuto in tempi rapidissimi un incontro con il prefetto Carla Cincarilli e il vice Angelo Araldi, per esprimere le forti perplessità su quell'atto che ha avuto un evidente e notevole effetto politico e istituzionale. Dubbi che il prefetto deve aver trovato quantomeno sensati, visto che ha informato i consiglieri che chiederà un chiarimento in tempi rapidi al presidente del consiglio comunale Giuliano Longfils»;
   anomalie si registrano, altresì, in occasione della seduta del consiglio comunale della città di Mantova, convocata in sessione straordinaria, per la trattazione dello «Stato di attuazione dei programmi – verifica degli equilibri di bilancio anni 2014/2016 e conseguenti variazioni al bilancio di previsione 2014 ed al bilancio pluriennale 2014/2016 (358/14)». In prima convocazione, il giorno 28 ottobre 2014, non veniva raggiunto il quorum strutturale per il suo regolare svolgimento e il consiglio comunale veniva riconvocato, in seduta urgente, il giorno 10 novembre 2014 per la nuova trattazione del primo e unico punto iscritto all'ordine del giorno della precedente seduta. Facendo ricorso ad una interpretazione forzata dell'articolo 36 del regolamento del consiglio comunale, basata sull'asserita mancata regolamentazione del numero legale dell'assemblea in seconda convocazione, il presidente del consiglio comunale ha consentito l'approvazione di tali delibere, con soli 19 consiglieri presenti sui 40 consiglieri assegnati per legge, facendo applicazione dell'articolo 38 del TUEL;
   il 12 novembre sulla Gazzetta di Mantova si legge che «Il prefetto Carla Cincarilli ha chiesto al sindaco Sodano una relazione su quanto successo in consiglio comunale dove, l'altra sera, tra le proteste delle minoranze rimaste fuori dall'aula, sono stati approvati sia le variazioni di bilancio che gli equilibri di bilancio con appena 18 consiglieri». (http://gazzettadimantova-gelocal.it);
   si rileva che l'articolo 22, comma 1, dello statuto del comune di Mantova prevede che il numero legale per la validità delle sedute del consiglio comunale in prima convocazione sia fissato nella metà dei Consiglieri assegnati. Il comma 2 dispone che il consiglio non può deliberare, in seconda convocazione, su proposte non comprese nell'ordine del giorno della seduta di prima convocazione, nonché sul bilancio di previsione e sul conto consuntivo;
   l'articolo 23, comma 3, del medesimo statuto, rubricato «Numero legale per la validità delle deliberazioni», dispone che nei casi d'urgenza le deliberazioni possono essere dichiarate immediatamente eseguibili con il voto espresso della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;
   l'articolo 36 del regolamento del consiglio comunale di Mantova dispone che la seconda convocazione, che segue ad una precedente dichiarata deserta per mancanza di numero legale, e che deve aver luogo in un giorno diverso da quello in cui è stata convocata la prima, è effettuata nei modi e nei termini stabiliti per la prima convocazione;
   l'esercizio dell'autonomia statutaria, normativa o organizzativa dei comuni è disciplinata dal decreto legislativo n. 267 del 2000 ed in particolare dagli articoli 3, comma 4, 6 e 7, per quanto attiene l'adozione di statuti e regolamenti comunali. In ordine al funzionamento dei consigli comunali, l'articolo 38 TUEL, dispone che «Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia. ...»;
   l'individuazione del quorum strutturale per le sedute del consiglio comunale è quindi rimessa alla potestà regolamentare del comune, come riconosciuto dal Tar per il Lazio nella sentenza n. 497 del 19 gennaio 2011: «la determinazione del quorum strutturale ai fini della validità delle sedute del Consiglio comunale è rimessa all'autonomia dell'ente che si esplica attraverso norme di carattere regolamentare»; lo stesso aggiunge che l'articolo 38 «detta la regola generale per la validità delle sedute consiliari; da questa deriva che la materia della validità delle sedute è propria del regolamento per il funzionamento del consiglio, seppure sempre nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, tenendo conto che la disposizione, pur demandando all'autonomia organizzativa dell'ente locale le scelte in punto di rafforzamento della stabilità (quorum strutturale), stabilisce uniformemente, a garanzia degli equilibri politici interni alla compagine politica ed a salvaguardia del principio di rappresentatività democratica, la necessità di un numero minimo di componenti per la validità della seduta, fissandolo in un terzo dei consiglieri assegnati, con esclusione del sindaco. (...) per il resto, ha lasciato alla discrezionalità organizzativa dell'ente locale la fissazione del quorum strutturale di prima come di seconda convocazione (salvo, appunto, l'inderogabilità della soglia minima), nonché le modalità ed i criteri per il suo calcolo». La giurisprudenza di legittimità ha altresì precisato che, ai fini della validità della seduta del consiglio comunale, il quorum strutturale è quello richiesto dallo statuto e non dal regolamento comunale, atteso che, in quanto atti di formazione secondaria, detti regolamenti non possano contraddire alle disposizioni statutarie (T.A.R. Puglia Bari, sez. II, con sentenza 16 gennaio 2001, n. 138);
   la presenza di una specifica disposizione sulla validità delle sedute contenuta nello statuto comunale non consentiva, pertanto, l'approvazione delle delibere oggetto di trattazione, avvenuta in violazione del quorum previsto dalle norme statutarie;
   i casi segnalati rendono necessario chiarire se il funzionamento del consiglio comunale di Mantova sia conforme con l'impianto normativo concernente le autonomie locali (TUEL); in particolare, se possano ritenersi valide le sedute con la presenza di un terzo dei consiglieri, in applicazione dell'articolo 38, comma 2, del TUEL, rispetto al quorum previsto dallo statuto, o se tale opzione non concretizzi una violazione dei principi costituzionali che presiedono al corretto e regolare funzionamento degli organi rappresentativi delle comunità locali, quali il principio di legalità e di trasparenza di cui all'articolo 97 della Cost., di effettivo riconoscimento delle autonomie locali e dello statuto locale come fonte primaria, di cui agli articoli 5 e 114, comma 2, e dell'effettiva rappresentanza politica –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e quale sia l'orientamento in merito alle circostanze riportate in premessa e segnalate alla prefettura di Mantova, considerato che i comportamenti di dubbia legittimità emersi nello svolgimento delle sedute del consiglio comunale, su questioni di rilevante interesse pubblico, a giudizio degli interroganti hanno di fatto impedito lo ius ad officium dei consiglieri comunali ed il corretto espletamento del mandato nel rispetto della legalità e della trasparenza. (4-07036)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si sta rivelando una triste certezza la notizia, riportata dai maggiori quotidiani locali, secondo cui sarebbe prossima la chiusura del distaccamento di polizia stradale di Orosei;
   quella che in un primo momento era sembrata un'eventualità, che comprendeva la chiusura dei distaccamenti di polizia stradale di Fonni, Ottana e Siniscola, in un secondo momento ha visto la sostituzione del distaccamento di Siniscola (nonostante quest'ultimo conti la presenza di diversi presidi di polizia tra cui il commissariato, la compagnia carabinieri e la guardia di finanza), con quello di Orosei;
   la previsione, da parte del Governo, di cancellare la polizia stradale di Orosei ha scatenato la dura presa di posizione dei sindaci riuniti nell'Unione della Valle del Cedrino e di Dorgali, che ne giudicano incomprensibili i motivi, sottolineando inoltre gli effetti che questo provvedimento comporterebbe sulla sicurezza in un territorio vasto e a forte vocazione turistica;
   in particolare, la preoccupazione nasce dal fatto che la valle del Cedrina, costituita da cinque comuni con una popolazione di oltre 13.000 abitanti più Dorgali-Cala Gonone con oltre 8.500 abitanti e che nel periodo estivo vede più che quadruplicate le presenze sul proprio territorio, verrebbe completamente privata di un presidio fondamentale per la sicurezza, non solo stradale;
   se confermata, infatti, tale decisione avrà gravi ripercussioni sull'intero territorio che, già teatro di gravissimi fatti di sangue che hanno fortemente condizionato il tessuto sociale con il coinvolgimento di persone e famiglie di quasi tutti i comuni del territorio, rimarrebbe completamente scoperto dal punto di vista della sicurezza;
   i comuni interessati, e specialmente quello di Orosei, peraltro, sono interessati dalla presenza massiccia di extracomunitari, oltre che da cittadini dell'est europeo, con i problemi che tali fenomeni di integrazione e di ricerca di lavoro possono creare, se non opportunamente monitorati e guidati;
   si tratta, inoltre, di una zona a fortissimo rischio idrogeologico che nel recente passato ha assistito a fenomeni di allagamenti anche all'interno degli abitati e dove la presenza delle forze dell'ordine, che nello specifico comprendono anche e soprattutto il distretto della Polstrada di stanza a Orosei, è stata di sostegno alle popolazioni colpite e di presidio alle zone a rischio;
   come denunciano gli amministratori del comune di Dorgali e della frazione di Gonone, l'unico distretto che pattuglia la zona è quello degli agenti di Orosei;
   lo stesso primo cittadino di Onifai, presidente della locale unione dei comuni, ha poi denunciato come «la scelta non ha tenuto conto del fatto che in data 1o marzo 2001 la Prefettura di Nuoro ha formalmente richiesto al comune di Orosei la consegna dello stabile da adibire a nuova caserma della Polizia Stradale realizzato con mutui della CC.DD.PP. che devono ancora essere estinti. La chiusura comporterà per il Comune un aggravio di spesa in quanto dovrà farsi carico delle rate del mutuo ancora in essere e le difficoltà rappresentate dalla riconversione per altri usi in quanto la struttura è stata adeguata per le esigenze di una caserma che ha comportato scelte strutturali difficilmente modificabili se non con investimenti consistenti.»;
   in nome della spending review, sembrerebbe concretizzarsi un altro grave «scippo», per i servizi relativi alla sicurezza e alla giustizia nel territorio sardo, attraverso la mortificazione delle risorse esistenti e il depauperamento di eccellenze riconosciute in ambito nazionale, come la sezione della Polstrada, che hanno fatto della vicinanza e del supporto ai cittadini un'autentica ragion d'essere –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario attivarsi con la massima urgenza per disporre l'immediata sospensione di ogni atto relativo alla soppressione del presidio di polizia stradale ad Orosei, ritenuto da tutti di vitale importanza per il territorio, o, comunque, per favorire una diversa soluzione che veda comunque garantita una forte presenza delle forze dell'ordine nella zona. (4-07039)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si sta rivelando una triste certezza la notizia, riportata dai maggiori quotidiani locali, secondo, cui a Cosenza (CS) saranno soppresse alcune sezioni altamente specializzate della polizia, quella delle telecomunicazioni e la sezione di polizia postale, vittime della politica dei risparmi messa in atto dal Governo;
   la notizia rientrerebbe tra i provvedimenti già approvati dal Ministero dell'interno, che avrebbe provveduto a comunicare la decisione alle rappresentanze sindacali;
   se confermata, tale decisione comporterebbe una grave perdita per il territorio del capoluogo, nel quale gli uffici di polizia postale e ferroviaria hanno offerto anche negli ultimi anni un notevole apporto e contributo alla strategia di contrasto alla criminalità;
   numerosi e importanti sono, infatti, le truffe on-line scoperte dagli agenti della polizia postale, ma tutto ciò evidentemente non è stato ritenuto sufficiente per giustificare la presenza del presidio cosentino;
   del pari, la polizia ferroviaria rappresenta l'unico presidio di polizia che garantisce la presenza dello Stato nella periferia della città di Cosenza, capoluogo di provincia con ben 70.000 abitanti e confinante con il comune di Rende, sede dell'università, nonché l'unica garanzia di sicurezza all'interno della struttura ferroviaria più grande dell'intera regione;
   la stazione di Cosenza e tutta l'area interessata da questo inaccettabile taglio rischierebbero di diventare un ricettacolo di nomadi e vagabondi, atteso che nei pressi della stessa è collocato un campo che ospita numerosi cittadini di etnia romena che, come si evince dalle cronache locali, hanno creato spesso problemi di ordine pubblico;
   in nome della spending review, sembrerebbe concretizzarsi un altro grave «scippo» per i servizi relativi alla sicurezza e alla giustizia nel territorio cosentino, attraverso la mortificazione delle risorse esistenti e il depauperamento di eccellenze riconosciute in ambito nazionale come la sezione della polizia postale e della Polfer, che hanno fatto della vicinanza e del supporto ai cittadini un'autentica ragion d'essere –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario attivarsi con la massima urgenza per disporre l'immediata sospensione di ogni atto relativo alla soppressione di tale fondamentale presidio di legalità nel comune di Cosenza. (4-07040)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, SEGONI, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, DAGA e BUSTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   uno dei più antichi e storici istituti tecnici Industriali sorti nell'Italia post unitaria è l'istituto tecnico industriale «Leonardo Da Vinci» di Firenze sito in via delle Terzolle. Nel 1865, la Civica Rappresentanza, come si legge nelle cronache dell'epoca, fondava la prima scuola tecnica fiorentina, aggregandola all'istituto Classico Dante;
   il comprensorio scolastico non ha mai smesso di operare nella formazioni di tecnici e operai nell'ambito di tutte le discipline elettro-meccaniche e quant'altro;
   per la sua valenza culturale e storica il complesso immobiliare è vincolato secondo la legge n. 42 del 2004;
   con delibera del consiglio comunale di Firenze n. 38 del 25 giugno 2007 «Statalizzazione dell'ITI-IPIA Leonardo da Vinci» il consiglio comunale di Firenze procedeva alla approvazione della convenzione per la trasformazione dell'ITI-IPIA Leonardo da Vinci in Istituto Statale a partire dall'anno scolastico 2007/2008. Con successivo atto di convenzione tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed il comune di Firenze quest'ultimo assumeva l'impegno di «stipulare una convenzione con la Provincia di Firenze per definire le modalità di accollo da porte della predetta Amministrazione Provinciale, degli oneri in materia di istituti secondari superiori di cui la legge dell'11 gennaio 1996 n. 23» (articolo 4 Convenzione). Non risulta che la predetta convenzione tra il comune e la provincia sia stata mai formalizzata, sebbene l'articolo 3, comma 1, lettera b) della legge n. 23 del 1996, «Norme per l'edilizia scolastica», individui nella provincia l'ente competente alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici sede di istituti e scuole di istruzione superiore;
   con delibera del consiglio comunale di Firenze n. 64 del 12 dicembre 2011, si dà atto che con la «sottoscrizione dell'Accordo di mobilità tra presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della Funzione Pubblica, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero dell'economie e delle finanze, Comune di Firenze, Comune di Genova, Comune di Ferrara, si avvia il superamento del regime transitorio collegato alla statalizzazione dell'istituzione scolastica ITI-IPIA Leonardo Da Vinci di Firenze»;
   risulta che alcuni ambienti dell'istituto scolastico «Leonardo Da Vinci» siano seriamente compromessi a causa della presenza di amianto nelle aule e nei laboratori tecnici. Come noto l'esposizione a fibre di amianto è associata a malattie dell'apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente la pleura (mesoteliomi); le esposizioni negli ambienti di vita, come una scuola, sono, in generale, di molto inferiori a quelle professionali, pur tuttavia non sono assolutamente da sottovalutare perché l'effetto neoplastico non ha in assoluto valori di soglia;
   già in data 27 marzo 2007 l'onorevole Salvatore Raiti, attraverso atto di sindacato ispettivo (interrogazione a risposta scritta 4/03088); segnalava il grave stato di pericolo per la salute degli studenti e degli insegnante nella quotidiana frequentazione dell'Istituto, evidenziando l'inadempienza del comune di Firenze nel risolvere tale stato di cose, giustificata dall'amministrazione comunale in ragione della mancanza di risorse finanziari;
   l'articolo 18, comma 8-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto decreto del fare) contiene una norma che autorizza la spesa di 150 milioni di euro al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione degli edifici scolastici in cui è stata censita presenza di amianto –:
   se i Ministri,  per quanto di competenza non intendano, alla luce dei fatti esposti e delle criticità sollevate in premessa, attivarsi affinché venga garantito il ripristino di uno stato di dovuta sicurezza negli ambienti scolastici di cui sopra in un contesto storico di indubbio valore culturale e didattico, al fine di restituire ai cittadini il complesso scolastico in questione, memore e registro di un secolo e mezzo di didattica, in condizioni di piena fruibilità;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano necessario assumere iniziative per verificare quali siano le ragioni che hanno fino ad oggi impedito la bonifica e lo smaltimento dell'amianto nell'ITI-IPIA «Leonardo Da Vinci» e se siano state attivate le misure urgenti in materia di riqualificazione degli edifici scolastici con presenza di amianto, in base a quanto previsto dall'articolo 18, comma 8-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013. (5-04140)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in Italia e nel resto del mondo il 25 novembre si commemora la Giornata Internazionale contro la violenza alle donne. Questa ricorrenza è stata istituita per ricordare l'assassinio delle tre sorelle dominicane Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal;
   il 17 dicembre 1999, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ufficialmente ha fissato per il 25 novembre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e ha invitato i Governi, le Organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative a organizzare in questa giornata attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica;
   dal 2005 questa giornata ha cominciato ad essere celebrata anche in Italia, con iniziative diverse, con l'obiettivo soprattutto di tenere alto il livello di attenzione su un fenomeno che va affrontato con tutti i mezzi, ad iniziare da quello culturale;
   alle diverse manifestazioni cittadine, promosse dalle associazioni femminili e sensibili al tema, si aggiungono le iniziative da svolgere a scuola, come indicato nella Circolare del Ministero (protocollo 3357 del 31 ottobre 2014) che promuove dal 24 al 30 novembre la «Settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione». Le iniziative scolastiche afferiscono all'ampio settore dell'educazione alla legalità;
   nell'accordo del 30 gennaio 2013 firmato dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca e il dipartimento per le pari opportunità, la scuola s'impegna a promuovere un piano pluriennale di attività comuni per la sensibilizzazione e la formazione dei giovani alla cultura del rispetto e dell'inclusione sulla base delle norme e dei valori della Costituzione italiana, contro ogni forma di violenza, di razzismo e di discriminazione;
   la sensibilizzazione contro gli atti di violenza nei confronti delle donne, oggi tanto diffusi ed efferati, è un dovere educativo che dovrebbe produrre quel sano apprendimento capace di modificare i propri atteggiamenti e comportamenti verso le donne, secondo i principi della cultura del rispetto della persona umana, indipendentemente dal sesso;
   alcune associazioni hanno utilizzato quest'occasione per diffondere anche l'ideologia gender che si pone, molto spesso, in contrasto con le scelte educative dei genitori. Infatti il termine gender si riferisce alla percezione interiore delle persone e alla loro soggettiva esperienza di mascolinità e femminilità, non è una questione esclusivamente biologica. Il concetto di identità si riferisce all'interiore ed individuale esperienza di genere di ciascuno, che può o non può corrispondere con il sesso esistente alla nascita;
   qualche tempo fa si era giunti al paradosso che l'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (UNAR) che opera nell'ambito del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva fatto stampare, con impegno di denaro pubblico, un opuscolo da distribuire nelle scuole attinente a percorsi innovativi di formazione e aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni con particolare focus sul tema Lgbt (LesbianGayBisexualTransexsual);
   l'approfondimento di tali concetti non può essere proposto dalla scuola senza un effettivo coinvolgimento dei genitori i quali sono e restano i primari responsabili dell'educazione dei figli e a tal fine sarebbe auspicabile informarli adeguatamente in merito a qualsiasi progetto scolastico riguardante questioni fisiche e morali connesse con la sfera affettiva e sessuale dei discenti, per mettere in condizione i genitori di poter valutare i progetti stessi e dare o meno il consenso alla partecipazione del proprio figlio/a a tale attività. A tal fine un ipotetico consenso informato dovrebbe indicare l'esistenza e il contenuto di eventuali iniziative concernenti la sfera oggettiva e sessuale dei discenti con indicazione dei materiali didattici in uso consentendo ai genitori la possibilità di richiedere l'esonero del minore –:
   se il Ministro – proprio per evitare che un'occasione così importante per diffondere la cultura del rispetto delle donne, venga sacrificata a vantaggio di iniziative propagandistiche della cultura gender che ogni genitore ha il sacrosanto diritto di rifiutare per i propri figli – intenda impartire le necessarie istruzioni alle scuole al fine della sottoscrizione del consenso da parte dei genitori a progetti educativi riguardanti questioni fisiche e morali connesse con la sfera affettiva e sessuale dei propri figli. (4-07030)


   RAMPI, ASCANI e MARCO MELONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario», prevede all'articolo 16, comma 1, che l'abilitazione attesti la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori;
   il comma 3 stabilisce che i regolamenti attuativi dispongano: «a) l'attribuzione dell'abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte, ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro; b) la possibilità che il decreto di cui alla lettera a) prescriva un numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare ai fini del conseguimento dell'abilitazione, anche differenziato per fascia e per area disciplinare e in ogni caso non inferiore a dodici; c) meccanismi di verifica quinquennale dell'adeguatezza e congruità dei criteri e parametri di cui alla lettera a) e di revisione o adeguamento degli stessi con apposito decreto ministeriale»;
   il decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, contiene il regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari;
   il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 7 giugno 2012, n. 76, è intitolato «Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell'articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222»;
   in particolare, l'articolo 3, in cui si dispone: « 1. Nelle procedure di abilitazione per l'accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, la Commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate. La valutazione si basa sui criteri e i parametri definiti per ciascuna fascia agli articoli 4 e 5. 2. Nella valutazione delle pubblicazioni e dei titoli presentati dai candidati, la Commissione si attiene al principio generale in base al quale l'abilitazione viene attribuita ai candidati che hanno ottenuto risultati scientifici significativi, tenendo anche in considerazione, in diversa misura per la prima e per la seconda fascia, la rilevanza internazionale degli stessi. 3. L'individuazione del tipo di pubblicazioni, la ponderazione di ciascun criterio e parametro, di cui agli articoli 4 e 5, da prendere in considerazione e l'eventuale utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli sono predeterminati dalla Commissione, con atto motivato pubblicato sul sito del Ministero e su quello dell'università sede della procedura di abilitazione. La ponderazione dei criteri e dei parametri deve essere equilibrata e motivata»;
   l'articolo 4, stabilisce «Criteri e parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche per l'attribuzione dell'abilitazione alle funzioni di professore di prima fascia»; nonché, rispettivamente, gli articoli 5 (rubricato «Criteri e parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche per l'attribuzione dell'abilitazione alle funzioni di professore di seconda fascia»), 6 («Indicatori di attività scientifica»), 7 («Pubblicazioni presentate dai candidati»), 8 («Accertamento della qualificazione degli aspiranti commissari»);
   con decreto direttoriale 20 luglio 2012, n. 22, veniva bandita procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia per il settore concorsuale 12/A1, Diritta Privato;
   con decreto direttoriale 11 febbraio 2013, n. 232 del Ministero dell'università, e della ricerca, sono stati nominati i membri della Commissione per la prima e seconda fascia dei professori universitari nel settore concorsuale 12/A1 – Diritto Privato, in persona del legale rappresentante pro tempore, nominata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con decreto direttoriale dell'11 febbraio 2013, n. 232;
   per quanto concerne i criteri di prima e seconda fascia, la Commissione dichiara di integrare i parametri previsti dal decreto ministeriale tuttavia da fonti di stampa risulta che il componente OCSE insegnasse una materia estranea al macrosettore concorsuale 12/A;
   la Commissione è stata estratta a sorte e non eletta dalla comunità scientifica, con la conseguenza che alcuni dei suoi componenti potrebbero presentare profili di spessore scientifico inferiore rispetto a parte dei candidati;
   a riprova della singolarità e di quanto accaduto vi è il numero incredibilmente alto di ricorsi alla magistratura amministrativa introdotti da candidati che, segnando un forte punto di rottura con la secolare tradizione universitaria: non a caso, avverso i lavori di detta Commissione risulta che siano stati presentati al TAR del Lazio oltre 100 ricorsi di candidati non abilitati, ossia 1/3 del totale;
   la stessa Commissione sorteggiata ha giudicato sia i candidati della prima che della seconda fascia;
   la Commissione – tanto nella prima quanto nella seconda fascia – non sembra che abbia dato adeguato rilievo alle pubblicazioni scientifiche relative al diritto privato delle nuove tecnologie nelle sue varie declinazioni (commercio elettronico, diritto dell'informatica e di internet, tutela dei dati personali) pur avendo tali argomenti – centrali nell'innovazione e lo sviluppo dell'Agenda digitale italiana e comunitaria e ormai anche negli studi giuridici privatistici – richiesto lo studio dei grandi temi classici del diritto privato (diritto dei contratti, responsabilità civile, beni giuridici in generale, come sarebbe potuto emergere da una disamina analitica delle pubblicazioni sottoposte a valutazione);
   tale sottovalutazione pare incomprensibile oltre che per le suesposte ragioni anche sulla scorta di quanto normativamente stabilito al decreto ministeriale n. 159 del 2012 – il diritto dell'informatica e i profili privatistici del diritto dell'informazione rientrano appieno tra gli studi attinenti al settore concorsuale 12/A1-Diritto privato («Il settore comprende l'attività scientifica e didattico – formativa degli studi relativi ai rapporti di diritto privato regolati dal sistema delle fonti interne, comunitarie, sovranazionali ed emergenti nella prassi sociale ed economica. Gli studi attengono, altresì, alla disciplina dei soggetti, della famiglia, dei beni, della circolazione e della responsabilità, al diritto civile, patrimoniale e non patrimoniale, al diritto dei consumatori e del mercato, al diritto dell'informatica, ai profili privatistici, del diritto dell'informazione e della comunicazione e al biodiritto») –:
    a) individuare puntualmente eventuali anomalie nella procedura di abilitazione scientifica Nazionale 2012 (ASN 2012);
    b) disciplinare gli effetti degli eventuali vizi riscontrati nell'abilitazione scientifica nazionale 2012, riesaminando le posizioni dei non abilitati per vizi e irregolarità;
    c) affrontare l'ormai storico problema del reclutamento del personale docente e riformare lo status della docenza universitaria. (4-07045)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Eurovinil spa è un'azienda manifatturiera di Grosseto, fondata nel 1958, che produce una vasta gamma di articoli destinati a mercati diversificati: zattere di salvataggio per la Marina militare, professionali per il diporto, prodotti per il mercato militare e la Protezione civile (come, ad esempio, strutture pneumatiche da campo, zattere ultraleggere per l'aviazione), articoli per il mercato industriale;
   tra i clienti di Eurovinil figurano, in Italia, anche le Forze armate, la Protezione civile, ed i Ministeri della difesa e dell'interno;
   nel 1996 Eurovinil è entrata a far parte del gruppo inglese «Wardle Storeys» Ltd, che nel 2002 ha cambiato nome in «Survitec Group». «Survitec Group» ha un organico complessivo di circa 2.000 dipendenti, dislocati in 10 siti produttivi;
   Survitec Group sta attraversando da mesi una gravissima crisi che si sta ripercuotendo anche nello stabilimento di Grosseto: 78 lavoratori sul totale di circa 100 complessivi sono in cassa integrazione da giugno 2014 e fino al mese di luglio 2015, data nella quale perderanno il posto di lavoro se non verranno individuate soluzioni alternative per la prosecuzione dell'attività. Non è inoltre escluso che le procedure di mobilità possano coinvolgere anche tutti gli altri dipendenti;
   tale situazione sta causando un gravissimo e prolungato allarme tra i dipendenti e gli enti locali (regione Toscana, comune e provincia di Grosseto): lo stabilimento rappresenta infatti un rilevante presidio occupazionale per la comunità locale;
   le associazioni sindacali, che hanno proclamato scioperi e presidi (ultimo dei quali un sit-in di protesta dal 19 al 21 novembre 2014), hanno rimarcato, a mezzo stampa, come il settore produttivo interessato non abbia risentito della recessione e come la crisi di Eurovinil sia stata causata da quella che, a loro dire, è stata una cattiva gestione manageriale;
   secondo quanto reso noto nei giorni scorsi e facendo seguito agli impegni presi in sede di trattativa ministeriale, l'azienda Survitec ha reso noto di avere individuato (pur con molti mesi di ritardo) un advisor per verificare l'esistenza di soggetti interessati ad acquisire lo stabilimento;
   secondo fonti stampa sarebbe stato inoltre iniziato, da alcune settimane, lo «smantellamento» dello stabilimento Eurovinil di Grosseto; il reparto tende sarebbe per alcuni media «in fase di trasferimento da Grosseto alla Francia, con la società Special Textile (azienda concorrente) che ha rilevato macchine, stampi, stock di magazzino e perfino diverse tende già fatte». Il trasferimento inoltre starebbe coinvolgendo anche «alcuni dipendenti di Eurovinil». Tale dismissione, secondo alcune ipotesi ventilate sulla stampa, potrebbe far presagire la scelta dell'azienda, proprio nel corso della trattativa per cercare un nuovo acquirente, di «smembrare» le attività e di «cedere il marchio»;
   va rimarcato anche come lo stabilimento di Grosseto di Eurovinil rappresenti l'unica azienda italiana produttrice di tende pneumatiche necessarie per gli interventi di prima necessità particolarmente utili anche nel corso di catastrofi naturali;
   sulla crisi di Eurovinil di Grosseto era stata già presentata dall'interrogante un atto di sindacato ispettivo (interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02540, pubblicata il 3 aprile 2014) alla quale, dopo circa 8 mesi, non è ancora stata data una risposta –:
   quali iniziative urgenti intendano intraprendere i Ministri interrogati affinché venga tutelata la continuità produttiva ed occupazionale di una delle aziende fondamentali per l'economia territoriale;
   se tutte le procedure riguardanti la nomina e le attività dell’advisor, citato in premessa, siano state effettuate nel pieno rispetto degli impegni presi dalla proprietà nel corso degli incontri con i Ministeri competenti, i rappresentanti degli enti locali e le associazioni sindacali, e con l'unica finalità di promuovere una soluzione positiva della crisi aziendale di Eurovinil spa di Grosseto e di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali;
   se i Ministri interrogati non ritengano grave che l'Italia si privi di un comparto produttivo, come quello di Eurovinil, necessario per contrastare con efficacia le emergenze causate dalla calamità naturali e anche in virtù dei continui episodi che continuano a colpire vasti territori del nostro Paese. (5-04134)

Interrogazione a risposta scritta:


   MATARRELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Basell Poliolefine Italia è un'azienda che produce polipropilene, opera all'interno del Petrolchimico dell'area industriale di Brindisi, ha licenziato in tronco, senza preavviso, una dipendente di 52 anni, dopo 25 anni di servizio;
   la motivazione alla base del licenziamento è che la lavoratrice non rientra più nei piani economici ed organizzativi dell'azienda, unica licenziata con motivazioni economiche e organizzative su circa 130 addetti;
   l'anomalia della procedura adottata dall'azienda con il «licenziamento senza avviso di apertura» non si giustifica, se non a fronte di comportamenti dannosi nei confronti dell'azienda: e tale non è affatto il caso della lavoratrice in questione che, al contrario può vantare un curriculum di professionalità e affidabilità indiscutibili;
   la lavoratrice, negli anni scorsi, ha sostenuto una dura prova a causa di una malattia che non può dirsi risolta definitivamente;
   il licenziamento ha provocato alla lavoratrice una situazione di prostrazione e di depressione che rischia di riacutizzare la malattia –:
   se non intenda acquisire elementi, per quanto di competenza, sul caso di cui in premessa, in cui il licenziamento appare svincolato da motivazioni economiche e organizzative dell'azienda, anche al fine di intraprendere iniziative normative stringenti volte alla prevenzione di tali situazioni. (4-07044)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:


   DALL'OSSO, GRILLO, BARONI, CECCONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 43 prevede che i comuni trasmettano i dati relativi al consenso o al diniego alla donazione degli organi al sistema informativo trapianti, di cui all'articolo 7, comma 2, della legge 1o aprile 1999, n. 91;
   la disponibilità o il diniego alla donazione degli organi dovrebbe essere contenuta sia nella carta di identità che nel passaporto, in quanto questa informazione può essere fondamentale per poter salvare altre vite umane o migliorare le condizioni di vita di tanti che attendono un organo;
   nella seduta d'Aula n. 59 del 24 luglio 2013, è stato approvato l'ordine del giorno 9/1248-AR/218 a prima firma Dall'Osso ed altri, con cui si è impegnato il Governo a valutare la possibilità, attraverso idonee iniziative normative, che la disponibilità o il diniego alla donazione degli organi sia contenuta sia nella carta di identità che nel passaporto con un apposito codice seriale corrispondente al soggetto;
   a quasi 18 mesi di distanza si è ancora in attesa del decreto interministeriale attuativo;
   il Ministro della salute unitamente al Ministro dell'interno, hanno offerto più volte sostegno ed interesse all'iniziativa sia a mezzo stampa sia con l'attivazione della campagna «una scelta in comune»;
   numerosi sono i comuni che hanno permesso l'apposizione della dicitura apposita sul documento d'identità –:
   se sia intenzione del Governo dare seguito effettivo all'impegno assunto nella seduta della Camera dei deputati del 24 luglio 2013 al fine anche di alleviare gli enti locali da tale impegno e entro quali termini si intenda emanare il citato decreto. (5-04153)


   MURER e LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 marzo 2014 la Commissione XII della Camera, avendo proceduto ai sensi dell'articolo 124 del regolamento, all'esame della Relazione sullo stato di attuazione delle nome per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria della gravidanza, contenente i dati preliminari dell'anno 2012 ed i dati definitivi dell'anno 2011, presentata ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 194 del 1978 approvò, dopo un ampio dibattito la risoluzione conclusiva n. 8-00038;
   tra i vari impegni vi era quello di riferire alle Commissioni parlamentari competenti sulle iniziative adottate dal Ministero medesimo in attuazione degli impegni assunti l'11 giugno 2013 alla Camera e contenuti nelle mozioni approvate, ed a predisporre, nei limiti delle proprie competenze, tutte le iniziative necessarie affinché nell'organizzazione dei sistemi sanitari regionali si potesse attuare il quarto comma dell'articolo 9 della legge n. 194 del 1978, nella parte in cui si prevede l'obbligo di controllare e garantire l'attuazione del diritto della donna alla scelta libera e consapevole anche attraverso una diversa mobilità del personale, garantendo la presenza di un'adeguata rete dei servizi sul territorio in ogni regione; nonché quello ad attivarsi affinché su tutto il territorio nazionale l'interruzione di gravidanza farmacologica fosse garantita omogeneamente, nell'appropriatezza clinica;
   nonostante siano passati otto mesi dall'approvazione della risoluzione e, i dati per il 2013 evidenziano un meno 4,2 per cento di aborti rispetto all'anno prima di cui 7.855 pari ad una media nazionale dell'8,5 per cento sono aborti farmacologici con la RU 486, non è stato dato alcun riscontro dell'impegno assunto;
   a tutt'oggi si riscontra, un tasso medio di obiezione di coscienza da parte dei medici pari a 69,9 per cento con punte oltre l'80 per cento nel sud Italia: 90,3 per cento Molise; 89,4 per cento Basilicata; 64,5 per cento Sicilia; 81 per cento Lazio e una stima da parte dell'Istituto superiore di sanità di aborti clandestini tra i 10 e i 15.000 nel 2013;
   non è noto quale sia lo stato di avanzamento dei lavori del tavolo tecnico con le regioni per il monitoraggio sullo stato di attuazione delle norme per la tutela della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza nonché quali iniziative il Ministro, nel rispetto delle proprie competenze e di quelle regionali in materia sanitaria, abbia attivato per:
    a) garantire il diritto del donna ad una scelta libera e consapevole in materia di interruzione di gravidanza;
    b) garantire su tutto il territorio nazionale l'interruzione di gravidanza farmacologica sia omogeneamente, nell'appropriatezza clinica;
    c) estendere a tutto il territorio nazionale il progetto coordinato dalla regione Toscana, in accordo con altre 10 regioni, riguardante la prevenzione delle interruzioni volontarie di gravidanza tra le donne straniere, promosso in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità e l'Università degli studi La Sapienza;
    d) valorizzare la visita post-interruzione volontaria di gravidanza, da effettuarsi preferibilmente presso il consultorio nella sua funzione di counselling per la procreazione responsabile ed a prevenzione degli aborti ripetuti;
    e) sensibilizzare le regioni affinché siano promosse, dalle istituzioni scolastiche in collaborazione con le associazioni dei genitori e con i consultori territoriali, attività di informazione ed educazione alla salute sessuale e riproduttiva, all'affettività, alla maternità e paternità, consapevole;
    f) prevedere che le regioni debbano rendere noto, usando tutti gli strumenti informativi necessari compresi i siti istituzionali, il percorso di accesso al servizio da parte dell'utente e i presidi ospedalieri nei quali viene effettuata l'interruzione volontaria di gravidanza, determinando un bacino di utenza ragionevole –:
   se il Governo intenda fornire puntuali chiarimenti in merito a quanto descritto in premessa. (5-04154)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 20 novembre, in occasione della Giornata mondiale dell'infanzia 2014, si è cercato di fare il punto sulla somministrazione di psicofarmaci a bambini e adolescenti in Italia, mettendo in evidenza come non ci siano adeguate prove di evidenza scientifica nella efficacia della somministrazione di psicofarmaci ai bambini;
   l'Istituto Mario Negri di Milano ha recentemente dichiarato che in Italia le percentuali di incidenza dell'iperattività e deficit di attenzione nei bambini (sindrome ADHD) sono di molto inferiori alle medie altissime che vengono dichiarate in USA e in altre nazioni. I ricercatori del Mario Negri che in passato avevano sostenuto che quasi un milione di bambini italiani erano potenziali destinatari di terapie a base di psicofarmaci, oggi, 10 anni dopo, scoprono che la ADHD è sovra-diagnosticata ovunque nel mondo. Iperattività e disattenzione sono sintomi presenti in moltissime patologie di bambini che hanno tutt'altri problemi, e non devono e non possono essere risolti a colpi di psicofarmaci e anfetamine;
   il più rappresentativo comitato indipendente per la farmacovigilanza pediatrica in Italia (www.giulemanidaibambini.org) «Giù le Mani dai Bambini» in un confronto epistolare con il Ministero della salute e l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha evidenziato come esistano gravi carenze nel monitoraggio sull'efficacia degli psicofarmaci somministrati in Italia; dalla corrispondenza emerge come «Gli studi pre-marketing e post-marketing per testare la sicurezza ed efficacia dei farmaci sono carenti, sia per numero di soggetti coinvolti che per la brevità della sperimentazione. Nonostante ciò, le autorità di controllo sanitario italiane a tutt'oggi non hanno ancora raccolto – in anni di somministrazione di psicofarmaci ai bambini – dati certi sull'efficacia di questi farmaci, a parte una riduzione artificiale e transitoria dei sintomi;
   di fatto oggi non è dato di sapere quante risorse pubbliche sono state utilizzate per cure farmacologiche la cui efficacia appare problematica, mentre è ampiamente probabile che espongano i minori a rischi, e di fatto finiscono per negare ai soggetti interessati dalle diverse patologie di tipo psicologico e psichiatriche alternative terapeutiche non farmacologiche, pregiudicate dall'uso continuativo di questi prodotti;
   in nessuno degli studi pubblicati si espongono dati statistici sull'efficacia di questi farmaci. Non si dice quanti bambini e adolescenti sono stati a tutti gli effetti «curati» in via definitiva in questi anni. Manca qualunque dato che dimostri un concreto miglioramento nelle relazioni interpersonali e nelle capacità di apprendimento scolastico, o un aumento nell'autonomia e nell'autostima, obiettivi questi che erano alla base delle motivazioni che hanno giustificato la messa in commercio di questi psicofarmaci per bambini;
   l'unico dato davvero certo è il fatturato che hanno generato a favore delle multinazionali farmaceutiche che continuano in tutto il mondo a basare una parte sostanziale del proprio business sulla distribuzione di farmaci psicoattivi e derivati delle anfetamine che vengono somministrati a bimbi e adolescenti per migliorare le loro performance scolastiche o per normalizzare il loro comportamento troppo agitato, distratto o aggressivo –:
   se non ritenga di adottare opportune iniziative volte a realizzare un sistema per il controllo di efficacia degli psicofarmaci somministrati ai bambini, sia nei casi di iperattività e di deficit di attenzione, che nei casi in cui sono presenti altri disturbi di comportamento. (5-04135)


   SILVIA GIORDANO, DI VITA, CECCONI, DALL'OSSO, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano La Repubblica del 25 novembre 2014 a pagina 21 pubblica un articolo in merito ad una sentenza del Tribunale del lavoro di Milano che impone al Ministero della salute di versare per tutta la vita un assegno bimestrale ad un bambino affetto da autismo al quale nel 2006 fu iniettato il vaccino esavalente Infanrix Hexa Sk prodotto dalla multinazionale Glaxo Smith Kline;
   secondo il giudice Di Leo che ha emesso la sentenza sarebbe acclarata la sussistenza del nesso causale tra la vaccinazione e la malattia;
   la sentenza citando la perizia del medico legale, dottor Tornatore, afferma che è probabile che il disturbo autistico sia stato concausato, sulla base di un polimorfismo che lo ha reso suscettibile alla tossicità di uno o più ingredienti o inquinanti del vaccino Infanrix Hexa Sk;
   la famiglia del bambino in precedenza aveva presentato domanda di indennizzo al Ministero della salute che è stata respinta;
   la sentenza è stata emessa il 23 settembre 2014 e sono passati i sessanta giorni entro i quali il Ministero avrebbe potuto fare ricorso, che a detta del legale della famiglia non risulta essere stato presentato e quindi la sentenza è diventata esecutiva;
   nella relazione del medico legale si riferisce di «un poderoso documento riservato della Glaxo Smith Kline sui cosiddetti side effects che sarebbero emersi nel corso della sperimentazione clinica pre-autorizzazione o successivamente fra l'ottobre 2009 e l'ottobre 2011, in particolare ci sarebbero cinque casi di autismo segnalati durante i trial ma rimasti unlisted, ovvero omessi dall'elenco degli effetti avversi sottoposto alle autorità sanitarie per l'autorizzazione»;
   nella sentenza si riporta, basandosi sulle conclusioni del medico legale, come nel vaccino vi sarebbe una specifica idoneità lesiva per il disturbo autistico la cui portata teoricamente piccola se calcolata sulla base della sperimentazione pre-autorizzazione sarebbe nella realtà sottostimata per l'esistenza recentemente confermata dall'autorità sanitaria australiana di lotti del citato vaccino contenenti un disinfettante a base di mercurio oggi bandito per l'accertata neurotossicità;
   non risulta che a tutt'oggi da parte dell'Aifa sia stato avviato alcun accertamento sul vaccino esavalente prodotto dalla Glaxo, anzi secondo un portavoce dell'Aifa «non ci sono al momento evidenze di cambiamenti nel rapporto beneficio/rischio per il prodotto in questione che si mantiene positivo»;
   ancora una volta Aifa sembra agli interroganti svolgere più un ruolo di rassicurazione sull'uso dei vaccini che di controllo e monitoraggi rigoroso sia nella fase di autorizzazione che nella fase come affermato di post marketing come se non si parlasse di uso di vaccini, che come affermato dalla sentenza, producono danni serissimi alla salute dei cittadini, in questo caso di bambini;
   si è di fronte secondo gli interroganti all'ennesimo caso di incapacità e inadeguatezza di controlli da parte dell'Aifa che non sembra essere in grado di garantire la salute dei cittadini nella fase di preautorizzazione al commercio ma neanche nella fasi di «post marketing» in una tutela generica delle vaccinazioni ma che in realtà rischia di diventare a difesa degli interessi dei colossi farmaceutici;
   la criticità delle attività è stata riscontrata anche ad esempio nell'affare Avantis/Lucentis e in altri scandali che in particolare hanno scandito l'anno 2014 –:
   se il Ministero della salute sia a conoscenza dei fatti citati in premessa:
   se in Italia siano stati iniettati lotti del vaccino Infanrix Hexa Sk della Glaxo simili a quelli individuati in Australia contenenti ad esempio un disinfettante al mercurio;
   per quali motivi l'Aifa non abbia ritenuto neanche a fronte di una sentenza del tribunale del lavoro di Milano del 23 settembre 2014 ma ancora prima a fronte della richiesta di indennizzo da parte della famiglia di attivare una forma rigorosa di controllo del vaccino prodotto dalla Glaxo;
   se non ritenga a questo punto improrogabile una seria, approfondita e rigorosa analisi sui costi-benefici derivanti dall'attività dell'Aifa che a quanto pare non sembra capace di arrivare mai per prima ad individuare farmaci che possono provocare danni e/o malattie ma che sempre più agisce di rincalzo a indagini della magistratura o delle Authority;
   se non ritenga che troppo spesso la fase di preautorizzazione si affidi con eccessiva superficialità alla documentazione e ai dati forniti dalle imprese farmaceutiche senza riuscire ad avere accertamenti indipendenti sul reale beneficio ed efficacia se non garanzia per la salute degli stessi e come intenda affrontare la questione della sicurezza assoluta dei farmaci senza dipendere di fatto esclusivamente su quanto dichiarato dai produttori;
   se l'Aifa fosse o sia a conoscenza di quanto accertato dall'autorità sanitaria australiana sulla presenza in alcuni lotti del vaccino di disinfettante a base di mercurio;
   se il Ministro interrogato e l'Aifa siano a conoscenza dell'esistenza del poderoso documento riservato della Glaxo citato nella perizia del medico legale e ripreso nella sentenza e se il Ministro non ritenga opportuno visionarlo e renderlo pubblico o almeno inviarlo alle competenti commissioni parlamentari. (5-04141)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO, BARONI, CECCONI, DI VITA, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO, MANNINO, CANCELLERI, VILLAROSA, D'UVA, RIZZO, NUTI, LUPO, DI BENEDETTO e MARZANA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'intesa tra Stato e regioni e province autonome del 5 agosto 2014 sancisce la definizione degli standard qualitativi, strutturali e tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
   lo schema di regolamento che disciplina tali standard, approvato nell'ambito della sopracitata intesa, prevede obiettivi e ambiti di applicazione in tutta Italia. In particolare, accoglie quanto previsto dalla legge n. 135 del 2012 che stabilisce, tra l'altro, il rapporto posti/letto (3.7/1000 abitanti), il grado di intensità di ospedalizzazione (160 ricoveri appropriati per 1000 abitanti), la durata media della degenza ospedaliera, e altro;
   l'intesa siglata il 5 agosto 2014 tra Stato e regioni e province autonome genererà il taglio di 400 posti letto in regione Sicilia con la chiusura di otto ospedali come riportato da notizie stampa (dal giornale online Live Sicilia Catania di giovedì 20 novembre e da La Repubblica Palermo oneline del 18 novembre);
   il Consiglio di Stato nell'adunanza del 23 ottobre 2014 ha emesso un suo parere alla direzione generale programmazione sanitaria del Ministero della salute in merito al sopracitato schema di regolamento ed in particolare ha espresso forti dubbi in merito a diversi punti ivi contenuti;
   il Consiglio di Stato ha criticato il contenuto del comma 1 dell'articolo 1 del provvedimento in quanto si tratta di norme non ben definite e senza un contenuto prescrittivo; sarebbero solo manifestazioni d'intenti, come si legge nel parere del C.d.S.;
   il Consiglio di Stato solleva altre critiche al testo, in particolare, al comma 2 dell'articolo 1, facendo rilevare che il triennio che deve essere concesso alle regioni per attuare un piano di rimodulazione dei posti letto deve essere compreso tra il 2015-2017 e non come prevede il regolamento tra il 2014-2016;
   il Consiglio di Stato nel suo parere sullo schema di regolamento sopracitato evidenzia come tale documento non abbia accolto degli emendamenti al testo su diversi aspetti dell'assistenza ospedaliera, ritenuti irrinunciabili dalla Conferenza Stato e regioni;
   il Consiglio di Stato, infine, solleva forti critiche verso l'articolo 2 (clausola di invarianza finanziaria) in quanto non appare certo che le regioni possano procedere all'adeguamento dell'assistenza ospedaliera senza sostenere ulteriori costi –:
   se il testo del regolamento scaturito dall'intesa tra Stato e regioni e province autonome del 5 agosto 2014 che stabilisce la definizione degli standard qualitativi, strutturali e tecnologici e quantitativi relativi assistenza ospedaliera abbia tenuto conto del rapporto posti/letto (3.7/1000, abitanti), del grado di intensità di ospedalizzazione (160 ricoveri appropriati per 1000 abitanti), della durata media della degenza ospedaliera e di tutti gli indicatori previsti dalla normativa vigente;
   se trovi conferma, come riportato da notizie stampa, che la regione Sicilia subirebbe un taglio di 400 posti letto e la chiusura di otto ospedali;
   se non ritenga di dare seguito al parere del Consiglio di Stato emesso il 23 ottobre 2014 che, nel merito, invita ad una esplicita riscrittura di intere parti dello stesso documento;
   se non ritenga di acconsentire a quello che il Consiglio di Stato prevede riguardo alla necessità di far riferimento al triennio 2015-2017 per l'attuazione del regolamento che definisce gli standard per l'assistenza ospedaliera e non al triennio 2014-2016;
   se non ritenga che si debba convocare ad horas la Conferenza Stato-regioni per accogliere tutti i rilievi sollevati verso i contenuti del regolamento e se si intendono assumere iniziative per accettare definitivamente gli emendamenti al testo ritenuti irrinunciabili dalla stessa Conferenza Stato-regioni e che il Consiglio di Stato segnala non accolti nel regolamento;
   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per evitare l'eventuale perdita di 400 posti letto e la chiusura di diversi ospedali della regione Sicilia.
(4-07041)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in commissione De Rosa  n. 5-04131, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Busto, Daga, Mannino, Micillo, Segoni, Terzoni, Zolezzi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Bolognesi n. 4-06980 del 21 novembre 2014;
   interrogazione a risposta scritta Maietta n. 4-07001 del 24 novembre 2014;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione Pesco n. 5-04129 del 25 novembre 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Catalano n. 4-07000 del 24 novembre 2014 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-04157.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Spadoni e altri n. 4-06960 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 335 del 20 novembre 2014. Alla pagina 18963, seconda colonna, alla riga trentacinquesima deve leggersi: «unità tecniche locali – probabilmente nei» e non «unita tecniche locali – probabilmente nei», come stampato.