XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il settore del gioco d'azzardo legale, composto da circa 5000 aziende che danno lavoro a 120 mila persone, è pari al 4 per cento del prodotto interno lordo, con un giro d'affari registrato, nel 2012, di circa 90 miliardi di euro ed entrate erariali attestate su oltre 8 miliardi di euro, e di circa 85 miliardi di euro nel 2013 (-4,34 per cento sul 2012), con un gettito erariale comunque superiore dell'1,64 per cento rispetto a quello di due anni fa;
i dati dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli permettono di inquadrare il fenomeno del gioco d'azzardo e rilevare la preponderanza delle slot machine (56,7 per cento), seguite dalle lotterie (12,7 per cento) e dal lotto (8,5 per cento). Ci sono poi i giochi on-line (1,3 per cento) e i giochi di abilità a distanza con vincite in denaro, chiamati attualmente skill game (7,7 per cento);
come dimostrato da diversi studi dell'Istituto Bruno Leoni, la più recente legislazione italiana ha consentito di ottenere un abbattimento della quota del gioco illegale, passata in pochi anni dal 57 per cento del mercato nel 2003 all'8 per cento del 2013. Tale significativo risultato consente di comprimere tutte le attività dell'intero mondo del malaffare che gravita intorno al gioco illegale, destinato invece a subire il rischio di una nuova espansione qualora si cedesse alla tentazione di eccessivi inasprimenti della normativa fiscale in materia, come da più parti spesso grossolanamente invocato. Va inoltre considerato come, negli ultimi anni, la somma vinta dai giocatori (payout) è cresciuta molto più rapidamente del giro d'affari complessivo del settore e, dunque, la differenza tra giocate e vincite (ricavo effettivo del settore) è cresciuta a percentuali più ridotte rispetto sia al payout che al giro d'affari;
secondo le cifre della Guardia di finanza diffuse da Il Sole 24 Ore, ben 23 miliardi dei 175 miliardi di euro messi in moto dall'economia illegale sono riferiti al giro d'affari dei giochi illegali e dei 5 miliardi di euro del giro d'affari on-line circa 1,5 miliardi di euro sono la quota parte dei giochi gestiti illegalmente. Altre stime diffuse dall'associazione Libera indicano in 10-15 miliardi di euro il fatturato del mercato illegale dei giochi, un mercato in cui operano 41 clan. Nel 2013 inoltre la Guardia di finanza ha effettuato oltre 9 mila interventi, scoprendo violazioni in 3.500 casi a carico di 10 mila responsabili e 1.934 punti di scommessa clandestini, sequestrando 2.035 congegni e apparecchi di divertimento e rilevando scommesse non assoggettate ad imposta per 123 milioni di euro, mentre nello stesso anno l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha inibito 418 siti irregolari pari a 1 milione e mezzo di tentativi di accesso. Non è da sottovalutare infine che l'ammontare del mancato introito fiscale annuo dal gioco illegale viene stimato in 1 miliardo e 600 milioni di euro;
l'attività del gioco d'azzardo, legale ed illegale, può purtroppo innescare nei giocatori abituali meccanismi psicologici di tipo ossessivo-compulsivo che inducono in veri e propri stati di dipendenza patologica, devastanti per lo stato di salute dei soggetti colpiti e spesso altrettanto rovinosi per gli equilibri economici delle famiglie;
tale dipendenza da gioco d'azzardo patologico configura una vera e propria patologia, riconosciuta nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza grazie al «decreto Balduzzi» del 13 settembre 2012 e per questo merita pertanto adeguate risorse economiche dedicate alle attività di prevenzione, di diagnosi e di cura;
da quanto emerge dall'ultimo studio Ipsad (Italian population survey on alcohol and other drugs) dell'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, nei tre anni dal 2008 al 2011, la percentuale di persone tra i quindici e i sessantaquattro anni che ha puntato soldi almeno una volta su uno dei tanti giochi presenti sul mercato è passata dal 42 al 47 per cento; si tratta di circa 20 milioni di scommettitori, di cui ben oltre due milioni a rischio ludopatia (soprattutto uomini, disoccupati e persone con un basso livello di istruzione), senza contare che circa 800.000 già sono dipendenti dal gioco d'azzardo patologico;
l'analisi svolta dalla Consulta nazionale delle fondazioni e associazioni antiusura ha messo in evidenza che la dedizione ossessiva a slot machine, videopoker e gratta e vinci sottrae ogni anno più di 70 milioni di ore lavorative e dirotta almeno 20 miliardi di euro dall'economia reale, cancellando così 115.000 posti di lavoro;
una categoria particolarmente a rischio è rappresentata dai giovani. Le dinamiche del gioco d'azzardo mal si accompagnano a uno sviluppo armonico del rapporto tra libertà e responsabilità, anche per l'oggettiva difficoltà di rendersi conto in tempi brevi delle conseguenze delle loro decisioni. È soprattutto nel loro interesse e in quello delle loro famiglie che vanno individuati limiti legali adeguati, specialmente sul fronte del gioco d'azzardo on-line;
nel corso della XVI legislatura, presso la XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati, si è svolta e conclusa un'indagine conoscitiva relativa agli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo;
il 26 giugno 2014 la XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati ha concluso l'esame del disegno di legge riguardante le disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d'azzardo patologico ed è in attesa dei pareri di competenza delle Commissioni parlamentari I, II, V, VI e della Commissione per le questioni regionali, mentre nella seduta della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) del 15 ottobre 2014, il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Baretta ha evidenziato la mancata trasmissione da parte del Ministro della salute degli elementi istruttori più volte sollecitati;
il 14 luglio 2014 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione sui servizi di gioco d'azzardo on-line che incoraggia gli Stati membri a realizzare un livello elevato di protezione per i consumatori, gli utenti e i minori grazie all'adozione di principi relativi ai servizi di gioco d'azzardo on-line e alla pubblicità e alla sponsorizzazione,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative, anche di natura normativa, per combattere il gioco illegale ed evitare il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite tramite il gioco d'azzardo;
a vietare l'introduzione di nuovi apparecchi e piattaforme on-line per il gioco d'azzardo a valere sulle concessioni già in essere e di nuove tipologie di giochi d'azzardo per un periodo di almeno cinque anni;
a promuovere a livello europeo un'armonizzata regolamentazione del gioco d'azzardo on-line;
ad attivare entro tre mesi presso il Ministero della salute l'Osservatorio nazionale sulla dipendenza da gioco d'azzardo patologico, Osservatorio che: effettua il monitoraggio della dipendenza da gioco d'azzardo patologico, con particolare riferimento ai costi sociali, economici e psicologici ad essa associati, nonché ai relativi fattori di rischio, in relazione alla salute dei giocatori e all'indebitamento delle famiglie; redige e trasmette al Ministro della salute un rapporto annuale sull'attività svolta, rapporto che può contenere anche proposte volte a migliorare il sistema degli interventi socio-sanitari e socio-assistenziali in favore dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico; entro sei mesi dalla sua istituzione, definisce le linee guida per la promozione e la realizzazione di campagne informative, volte a prevenire comportamenti patologici e forme di assuefazione connessi al gioco d'azzardo; definisce linee guida per lo svolgimento di corsi di formazione sui rischi collegati al gioco d'azzardo, rivolti ai soggetti privati che esercitano attività commerciali relative ai giochi d'azzardo e tenuti da soggetti dotati di comprovata competenza ed esperienza nella materia, individuati prioritariamente tra gli operatori dei servizi per le tossicodipendenze; propone al Ministero della salute le caratteristiche del logo identificativo no slot, nonché le modalità per il rilascio in uso e per la revoca; raccoglie le osservazioni dei cittadini o di associazioni in merito al rispetto del divieto di propaganda pubblicitaria dei giochi con vincite in denaro provvedendo alla comunicazione alle autorità competenti;
a reperire idonee risorse aggiuntive rispetto agli stanziamenti del Fondo sanitario nazionale, ed esterne allo stesso, per la garanzia del rispetto dei livelli essenziali di assistenza per la cura dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico;
ad adottare un piano nazionale per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da gioco d'azzardo patologico e ad assumere iniziative per istituire, nello stato di previsione del Ministero della salute, il fondo per la prevenzione, la cura e la riabilitazione del gioco d'azzardo patologico, al fine di finanziare gli interventi di prevenzione, di informazione, di formazione e di cura in favore delle persone affette da patologia da gioco d'azzardo patologico, nell'ambito del piano obiettivo previsto dal Ministero della salute;
a predisporre, su iniziativa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministero della salute, campagne di informazione e a promuovere progetti di educazione sui fattori di rischio connessi al gioco d'azzardo nelle scuole di ogni ordine e grado;
ad assumere iniziative per rendere obbligatoria l'introduzione di meccanismi idonei a bloccare in modo automatico l'accesso dei minori ai giochi, mediante l'inserimento, nei software degli apparecchi da intrattenimento, dei videogiochi e dei giochi on-line, di appositi sistemi di controllo dell'accesso, per consentire l'accesso agli apparecchi da intrattenimento e ai videogiochi esclusivamente mediante strumenti di controllo dell'accesso e per far sì che ciascun apparecchio e videoterminale di gioco o tagliando delle lotterie istantanee rechi avvertenze generali e supplementari sui rischi derivanti dal gioco d'azzardo patologico e concernenti i disturbi riconducibili a tale patologia.
(1-00715) «Vargiu, Capua, Catania, Antimo Cesaro, Cimmino, Dambruoso, Falcone, Monchiero, Molea, Quintarelli, Rabino, Vecchio, Vezzali, Vitelli».
La Camera,
premesso che:
la disciplina dell'informazione commerciale sui prodotti alimentari è stata oggetto di ripetute revisioni che hanno interessato il decreto legislativo n. 109 del 1992 di attuazione delle direttive n. 89/395/CEE e n. 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari;
nel corso degli anni il Parlamento ha spesso delegato i Governi in carica a provvedere ad una riforma organica della materia relativa all'etichettatura e all'elaborazione di un testo unico per il riordino complessivo delle norme accumulatesi nei decenni;
la suddetta riforma non ha tuttavia mai visto la luce anche a causa delle diverse posizioni dei dicasteri interessati: Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, Ministero della salute e Ministero dello sviluppo economico;
come noto, dal 13 dicembre 2014 è divenuto applicabile il regolamento (UE) 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, teso a garantire, all'interno del mercato unico europeo, l'uniformità delle regole a presidio dell'informazione dei consumatori in relazione agli alimenti;
il citato regolamento nel ridefinire le regole comuni in tema d'informazione al consumatore per i prodotti alimentari, ha confermato la possibilità per gli Stati membri di aggiungere prescrizioni nazionali ulteriori, da applicarsi sui prodotti commercializzati sui loro territori, purché le stesse vengano notificate alla Commissione europea nei termini e nelle modalità stabilite dallo stesso regolamento;
a decorrere dal 13 dicembre 2014, a causa della mancata notifica del Governo italiano alla Commissione europea, la prescrizione italiana di mantenere l'obbligatorietà di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia, non è stata mantenuta, nonostante il Governo abbia espresso più volte la volontà di intervenire;
il regolamento (UE) n. 1169/2011 ha introdotto, inoltre, l'obbligo di indicazione dell'eventuale presenza di allergeni nelle etichette degli alimenti preconfezionati. La presenza di allergeni deve essere comunicata ai consumatori anche quando gli alimenti siano venduti al dettaglio o somministrati, ad esempio, in bar o ristoranti. In alcuni Paesi UE, come Grecia, Olanda, Belgio, Croazia, ma anche Francia, Germania, Gran Bretagna, la presenza di allergeni si potrà comunicare anche a voce (informativa orale);
molte delle previsioni di cui al decreto legislativo n. 109 del 1992 sono state superate dal regolamento (UE) n. 1169 del 2011, il quale prevale nella gerarchia delle fonti di diritto, essendo immediatamente applicabile all'interno degli ordinamenti degli Stati membri;
ad oggi non è ancora disponibile la normativa nazionale di applicazione del regolamento (UE) n. 1169 del 2011 e permane quindi estrema incertezza tra gli operatori sui tempi e sulle modalità di effettiva applicazione delle disposizioni comunitarie, nonché su quali sanzioni debbano essere applicate per la violazione degli adempimenti in esso previsti,
impegna il Governo:
ad assumere urgentemente iniziative per la definizione delle norme applicative delle disposizioni sull'obbligo di comunicazione dell'eventuale presenza di allergeni negli alimenti venduti o somministrati, anche prevedendo la possibilità che ristoratori o gestori di pubblici esercizi, su richiesta del consumatore, possano ricorrere alla informativa orale, purché l'operatore comunichi in posizione evidente ed in modo facilmente visibile, chiaramente leggibile ed eventualmente indelebile, che tali indicazioni possono essere ottenute su richiesta;
ad assumere urgentemente le iniziative volte a definire le norme relative alle sanzioni, diversificate in base all'attività svolta, da applicare agli operatori che non ottemperano agli obblighi previsti dal regolamento (UE) 1169/2011 in materia di fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, al fine di dotare le autorità preposte ai controlli degni strumenti necessari a garantire la corretta applicazione delle disposizioni in esso contenute;
a notificare quanto prima alla Commissione europea la volontà di mantenere l'obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia.
(1-00716) «Gagnarli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Rostellato, Prodani, Da Villa».
Risoluzioni in Commissione:
La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), istituisce, a decorrere dal 1o gennaio 2015, per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale, un regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva;
il nuovo regime fiscale agevolato sostituisce i vigenti regimi «di favore», ovvero il regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo di cui all'articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all'articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e il regime contabile agevolato di cui all'articolo 1, commi da 96 a 115 e comma 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244; tuttavia, coloro che al 31 dicembre 2014 si avvalevano di uno dei citati regimi agevolativi potranno continuare ad avvalersene per il periodo residuo;
il nuovo regime dei minimi presenta le seguenti caratteristiche:
a) il reddito è determinato in modo forfetario, applicando all'ammontare dei ricavi e compensi il coefficiente di redditività individuato a seconda del codice Ateco 2007 dichiarato; al reddito imponibile così ottenuto, una volta dedotti i contributi previdenziali obbligatori, viene applicata un'imposta sostitutiva dell'Irpef, delle addizionali e dell'Irap del 15 per cento; per chi inizia una nuova attività il reddito imponibile è ridotto di un terzo per i primi tre anni di attività;
b) il tetto massimo dei ricavi e compensi varia tra 15.000 e 40.000 euro in base all'attività esercitata;
c) opera un regime di franchigia ai fini IVA, fatte salve alcune operazioni di carattere comunitario o estero;
d) è disposto l'esonero dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili ma permane l'obbligo di conservare tutti i documenti emessi e ricevuti ed è prevista l'esenzione della presentazione della dichiarazione Irap e degli studi di settore;
e) possono accedere al regime anche coloro che sostengono spese per lavoro dipendente o per collaboratori, anche a progetto, per importi complessivamente non superiori ad 5.000 euro lordi (in tale limite sono comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati);
f) il regime opera come regime fiscale naturale, nel senso che i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non sono tenuti ad esercitare una opzione per l'ingresso nello stesso, salva la facoltà di optare per l'applicazione dell'IVA e delle imposte sui redditi nei modi ordinari;
g) a differenza di quanto previsto nei vecchi regimi agevolativi i «nuovi minimi» possono operare anche con l'estero, nel presupposto che la peculiare tipologia di operazioni non rappresenti di per sé indice di una struttura organizzativa incompatibile con il regime forfetario;
h) viene incrementata, da 15.000 euro a 20.000 euro, rispetto al regime di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, la soglia massima di costi complessivi, al lordo degli ammortamenti, dei beni mobili strumentali, utile per poter usufruire dell'agevolazione fiscale;
al fine di calcolare la convenienza di ciascun regime, va ricordato che mentre il regime di vantaggio, in vigore fino al 2014, pur limitando l'imposta dovuta al 5 per cento degli utili dichiarati, poteva essere mantenuto per cinque anni ovvero fino al compimento del 35o anno di età, il nuovo regime forfetario può essere invece mantenuto senza limiti di tempo;
la relazione tecnica allegata al disegno di legge di stabilità, nello stimare la perdita di gettito, prevede che il contribuente abbia convenienza ad aderire al nuovo regime anche a fronte di un aumento annuo di imposizione fino a 1.000 euro, ipotizzando che tale incremento impositivo sia compensato da un risparmio dei costi degli adempimenti contabili-fiscali;
in sostanza, le nuove regole sui minimi, pur applicando una aliquota maggiore rispetto alla precedente, ampliano notevolmente i potenziali beneficiari, includendo coloro che non avrebbero potuto usufruire del precedente regime per sopraggiunti limiti di età o di reddito; tuttavia, la diversificazione della soglia dei ricavi e compensi, rischia di penalizzare talune categorie di contribuenti, in particolare quelle per le quali il limite è ora fissato a 15.000 o a 20.000 euro, in luogo dei precedenti 30.000 euro;
è inoltre previsto, tra i requisiti necessari per poter accedere al nuovo regime agevolato, che nell'anno solare precedente il costo complessivo sostenuto, al lordo degli ammortamenti di beni mobili strumentali sia non superiore a 20.000 euro; diverse categorie, fra cui ad esempio gli agenti e rappresentanti di commercio, lamentano la difficoltà nel poter usufruire del regime agevolato anche per i primi anni di esercizio considerati gli ingenti costi iniziali necessari per avviare l'attività a fronte dei quali non sono previsti consistenti ricavi;
il nuovo regime fiscale prevede, inoltre, la facoltà di applicare un regime contributivo agevolato in proporzione al reddito dichiarato e la soppressione del livello minimo imponibile previsto ai fini del versamento dei contributi previdenziali dall'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233;
tuttavia, l'articolo 2, comma 57, della legge 28 giugno 2012, n. 92, dispone l'incremento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie al 28 per cento per l'anno 2014, al 30 per cento per l'anno 2015, al 31 per cento per l'anno 2016, al 32 per cento per l'anno 2017 e al 33 per cento a decorrere dall'anno 2018; per l'anno 2014, l'articolo 1, comma 744, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, aveva sospeso il previsto aumento dell'aliquota, per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, iscritti alla gestione separata INPS, non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati, lasciandola al 27 per cento in luogo del 28 per cento: tuttavia tale sospensione non è stata prorogata per cui essa salirà di 3 punti percentuali nell'anno in corso;
è necessario evitare di penalizzare coloro che, già esposti all'incertezza per la precaria situazione lavorativa, si troveranno nel 2015 ad affrontare simultaneamente l'incremento delle aliquote previdenziali e l'impossibilità di accedere al nuovo regime dei minimi a causa dell'abbassamento delle soglie dei ricavi e compensi, con particolare riferimento ai lavoratori autonomi che esercitano la professione,
impegna il Governo
a innalzare, nella prossima iniziativa normativa utile, il tetto massimo dei ricavi e compensi previsto per accedere al nuovo regime fiscale agevolato per i settori le cui soglie sono attualmente fissate a valori inferiori a 30.000 euro, a partire dai lavoratori autonomi che esercitano la professione in via esclusiva, coordinando il nuovo regime tributario dei minimi con l'evoluzione temporale prevista per le aliquote contributive pensionistiche di tali categorie, in modo da tener sotto controllo ed evitare l'aumento della pressione fiscale complessiva su di esse.
(7-00573) «Sanga, Causi, Fregolent, Ginato, Capozzolo, Carbone, Carella, De Maria, Marco Di Maio, Fragomeli, Gitti, Lodolini, Moretto, Pastorino, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Zoggia, Gribaudo, Mariani, Misiani, Taranto».
La X Commissione,
premesso che:
secondo i dati resi pubblici, nel mese di novembre 2014, dal quinto Osservatorio Intesa-Sanpaolo Mediocredito Italiano sulle reti d'impresa, risultano registrati presso le camere di commercio, al 1o ottobre 2014, 1770 contratti di rete, cui aderiscono 9129 imprese, di cui 1226 – pari al 13,4 per cento del totale inserite all'interno di 173 reti con soggettività giuridica;
il suddetto Osservatorio segnala, altresì, «una progressiva accelerazione» del fenomeno reti: se, nel 2011, risultavano mediamente entrate in rete 326 imprese in ciascun trimestre, il dato medio trimestrale del 2014 risulta invece pari, nei primi nove mesi dell'anno, a 793 imprese;
circa il 45 per cento delle imprese italiane in rete si trova in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, mentre l'Abruzzo – con lo 0,46 per cento delle imprese regionali in rete – risulta la regione più attiva, fermo restando che il dato medio italiano di imprese in rete non va, comunque, oltre lo 0,18 per cento;
risultano elevati il grado di multi-territorialità delle reti – solo in 7 regioni la quota di reti monoregionali supera il 50 per cento – ed il loro grado di differenziazione produttiva e dimensionale: il 55,5 per cento delle reti è formato da imprese di diversi macrosettori ed il 28,4 per cento delle reti è, invece, costituito da imprese dello stesso macrosettore, ma operanti in diversi comparti produttivi; nel 60 per cento dei contratti di rete, sono altresì presenti micro-imprese insieme ad imprese di una diversa classe dimensionale;
a livello settoriale, il 44,5 per cento delle imprese rientra nell'area dei servizi (anzitutto, servizi professionali e turismo), il 29,5 per cento si colloca in ambito industriale, il 16 per cento nell'ambito delle costruzioni e dell'immobiliare e, infine, 885 imprese rientrano nel macrosettore dell'industria agro-alimentare;
le imprese manifatturiere in rete «presentano molto spesso – prosegue l'analisi del già richiamato Osservatorio – un miglior posizionamento competitivo rispetto alle imprese non coinvolte in contratti di rete», emergendo, infatti, «una probabilità più elevata di far parte di reti per le imprese con certificati di qualità, certificati ambientali, brevetti in portafoglio, attività di export e marchi registrati a livello internazionale», nonché la circostanza che «più le imprese sono grandi e più è probabile che facciano parte di reti di impresa. La probabilità di entrare in rete è poi più elevata per le imprese che fanno parte di gruppi economici. Al contrario, appartenere a multinazionali estere sembra avere un impatto negativo sulla probabilità di far parte di reti di impresa. Far parte di un gruppo internazionale, pertanto, consente di per sé di superare le criticità strategiche legate alle dimensioni aziendali»;
quanto alle performance economico-reddituali, «le statistiche descrittive – annota l'Osservatorio – offrono segnali ancora molto deboli: nel biennio 2012-2013 le imprese che erano già in rete nel 2011 hanno mostrato un calo del fatturato solo di poco inferiore a quello delle imprese non in rete (-3,6 per cento vs. – 4,9 per cento)», mentre «in termini di EBITDA margin hanno guadagnato 2 decimi di punto percentuale (salendo al 7,9 per cento nel 2013 dal 7,7 per cento nel 2011) rispetto ai 2 decimi persi dalle altre imprese (da 7,8 per cento a 7,6 per cento)», sicché occorrerà attendere «i bilanci del 2014 per ampliare il campione di analisi e trarre valutazioni più solide sugli effetti dei contratti di rete sulle performance economico-reddituali delle imprese»;
nello studio su «Le reti di imprese» – pubblicato, nel febbraio 2013, nella serie «Questioni di economia e finanza (Occasional Papers)» della Banca d'Italia – Chiara Bentivogli, Fabio Quintiliani e Daniele Sabbatini osservano come il contratto di rete – di cui al più volte modificato articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33. – consenta di procedere all'adozione di un programma comune con finalità di accrescimento della competitività o della capacità innovativa, formalizzando «schemi di coordinamento altamente differenziati quanto alla propria funzione e all'intensità del vincolo», ma senza che alle diverse funzioni perseguibili da parte del contratto di rete corrispondano «modelli tipici di regolazione della rete sotto il profilo dell'organizzazione, della responsabilità e degli aspetti patrimoniali. Tali profili devono essere definiti dalle parti, nel contratto e nel programma di rete ad esso allegato nel rispetto dei principi generali che il legislatore delinea»;
sempre nel suddetto studio, si osserva come gli incentivi fiscali per la promozione dell'utilizzo del contratto di rete, di cui all'articolo 42 del decreto-legge del 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, consistenti in un regime di sospensione d'imposta sugli utili d'esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati al fondo patrimoniale per gli investimenti definiti in sede di programma di rete, potrebbero avere risentito, in termini di efficacia, «di un quadro composito in cui sussistono, soprattutto a livello regionale, una pluralità di schemi di incentivo delle reti» e della destinazione «a tutti i contratti di rete asseverati senza differenziare in base alle caratteristiche dei progetti e delle reti»;
lo studio indica, altresì, le aree critiche passibili di miglioramento: «a) l'impossibilità di partecipazione al contratto di soggetti istituzionali, come ad esempio le università, su cui invece la disciplina sui consorzi è più permissiva; b) l'ampia indeterminatezza della regolazione legislativa, che se da un lato garantisce flessibilità, dall'altro aumenta i costi di transazione degli operatori per valutare la serietà e l'adeguatezza dell'assetto regolamentare concretamente prescelto dalle parti, problema solo in parte compensato dalla previsione di un'asseverazione delle associazioni di categoria. Benefici deriverebbero da un'attività di standardizzazione non vincolante»;
ne conseguirebbe, dunque, l'utilità «di orientare l'autonomia privata verso modelli regolamentari efficienti senza comprometterne la necessaria flessibilità», ricorrendo alla messa a punto «di contratti tipo o di standard contrattuali che contengano una disciplina degli aspetti organizzativi e patrimoniali coerenti con le finalità di volta in volta perseguite. Al fine di ridurre i costi transattivi per le imprese un ruolo specifico nella standardizzazione potrebbe essere svolto dalle associazioni di categoria»;
al riguardo, merita ancora di essere segnalata «la rilevanza della tipizzazione delle reti come fattore di riduzione dei costi di analisi per le banche, prodotti dall'eccessiva indeterminatezza e possibilità di differenziazione del contratto di rete»;
le conclusioni dello studio del febbraio 2014 su «Le Regioni a favore delle reti d'impresa» – frutto della collaborazione tra RetImpresa-Confindustria e la Conferenza delle regioni e delle province autonome, supportate da Gruppo Impresa – confermano il ruolo del contratto di rete quale strumento utile «a risolvere l'eccessiva frammentazione del nostro sistema produttivo» e a concorrere alla crescita di competitività ed innovazione delle imprese;
il suddetto studio osserva, anzitutto, che «nel corso del quadriennio 2010-2013 sono state finanziate ben 490 richieste di agevolazione presentate da aggregazioni di imprese costituite tramite contratto di rete. Ciò significa che circa il 40 per cento dei contratti di rete ad oggi stipulati risulta beneficiario di contributi regionali per un valore complessivo di 92 milioni di euro»;
all'importo dei contributi regionali «vanno aggiunti i fondi nazionali destinati prevalentemente al regime di sospensione di imposta vigente per il periodo di imposta 2010-2012 per gli utili destinati alla realizzazione degli investimenti del programma di rete, nonché i fondi messi a disposizione dal sistema camerale per agevolare la costituzione e l'avvio del programma di rete»;
comunque, «una parte rilevante delle reti non ha fruito di contributi pubblici» e «quindi, il fenomeno dei contratti di rete, pur essendo sostenuto dagli aiuti pubblici, trova la sua ragione di esistenza altrove, ossia nella necessità delle imprese di attuare forme di collaborazione stabili che consentano di accrescerne il livello di competitività preservando nel contempo l'assetto proprietario e la peculiarità delle imprese coinvolte»;
risulta, ancora, «che i provvedimenti regionali destinati alle aggregazioni sotto forma di contratto di rete, e in generale ai partenariati di imprese, sono più utilizzati per promuovere obiettivi di ricerca e sviluppo rispetto all'insieme complessivo degli interventi regionali» e che «circa il 20 per cento degli interventi includono tra gli indirizzi programmatici il sostegno alle imprese sui mercati internazionali»;
ne deriva che «i contratti di rete dovrebbero pertanto essere utilizzati dal policy maker, non tanto o non solo come strumento per consentire una crescita dimensionale delle imprese, ma piuttosto come strumento privilegiato per attuare politiche industriali finalizzate all'innovazione e all'internazionalizzazione o ad altri obiettivi specifici che consentano di incrementare il livello di competitività delle piccole e medie imprese. Dal punto di vista della politica industriale la sfida vera e più interessante è di far diventare le reti un vero e proprio mainstream, un «filo rosso» che attraversa tutte le policy per le imprese»;
quanto all'analisi dei provvedimenti regionali, si osserva che «la premialità più ricorrente è rappresentata dal numero delle imprese aderenti all'aggregazione...», ma, al riguardo, così annota lo studio: «Non si condivide del tutto questa impostazione. L'elevato numero delle imprese aderenti ad un'aggregazione può essere un parametro valido per stabilire la validità del progetto comune ma può essere anche foriero di criticità collegate alla governance del progetto»;
piuttosto, «si dovrebbero prevedere delle premialità per gli imprenditori che decidono di aggregarsi non solo per il tempo necessario a realizzare il progetto agevolato ma per perseguire nel medio lungo termine degli obiettivi strategici» e, inoltre, i bandi dovrebbero ancora annoverare «una riserva di fondi o delle premialità per le domande presentate da più imprese aggregate su base contrattuale, come peraltro previsto dallo Statuto delle imprese»;
la ricerca su «Le Regioni a favore delle reti d'impresa» formula, pertanto, le seguenti proposte conclusive: «maggior coordinamento tra lo Stato e le Regioni per un'azione sinergica, senza la sovrapposizione di iniziative che complicano e confondono la realizzazione di progetti e programmi di sviluppo; inserire sistematicamente le reti d'impresa tra i beneficiari dei bandi regionali; rendere le procedure di attuazione ed erogazione dei finanziamenti per le reti più rapide e più semplici. Troppe volte i provvedimenti – come lo sblocco dei fondi o l'emanazione delle graduatorie finali – arrivano in ritardo rispetto alle esigenze delle imprese; introdurre un sistema premiante nella redazione delle graduatorie per sostenere lo sforzo degli imprenditori che lavorano in rete. Riconoscere un quid in più, una premialità, che valorizzi la crescita di competitività del tessuto imprenditoriale; superare l'esclusiva dimensione regionale degli interventi. Vengono infatti finanziate solo le imprese della rete che hanno sede nella Regione che emette il bando. Questo approccio, tuttavia, si scontra con la sovraregionalità di molte reti d'impresa che puntano sulle eccellenze provenienti da più territori; ipotizzare la costituzione di un Fondo Nazionale (o altro meccanismo interregionale) che integri il singolo finanziamento regionale allo scopo di supportare le imprese non beneficiarie, a causa della mancanza di sede nel territorio della Regione che emette il contributo. In tal caso le imprese non appartenenti alla Regione finanziatrice dovrebbero comunque rispettare gli altri requisiti di idoneità previsti dal bando»;
la relazione al Presidente del Consiglio, per l'anno 2014, del Garante per le micro, piccole e medie imprese segnala quali priorità sul versante delle aggregazioni di imprese: l'estensione del regime fiscale agevolato delle reti con un aumento del limite massimo di utili accantonabili a 2 milioni di euro; incentivi alle iniziative di reti per l'internazionalizzazione promosse da «un soggetto catalizzatore, ovvero guidate da imprese di medio-grande dimensione in grado di gestire gli elementi di complessità (finanziaria, logistico-distributiva, legale e di marketing) legati alla realizzazione del Programma di rete, che ad esempio nel caso dell’export si mostra sempre più orientato su filiere complesse e mercati distanti da quelli di tradizionale presidio delle nostre Micro PMI»; l'introduzione di «una fiscalità di vantaggio per le aggregazioni in reti o consorzi, con consumi energetici cumulati»;
le «Linee guida di un programma europeo/italiano per la ripresa della crescita e dell'occupazione» presentato, a giugno del 2014, dall'Associazione italiana politiche industriali – concludono indicando la necessità di «concordare a livello europeo due criteri guida: 1. Destinare parti cospicue dei fondi europei alla creazione di aggregazioni di imprese di entrambi i modelli aggregativi esistenti negli Stati membri e cioè Cluster e Reti contrattuali di stile italiano. Queste ultime, ovviamente, del tipo ente soggettivato, l'unico idoneo alla internazionalizzazione e alla gestione dei business lucrativi. Il primo tipo di aggregazione, finalizzato allo sviluppo della innovazione tecnologica, con effetti sulla occupazione più a lungo termine; il secondo come misura anticiclica e a effetti immediati per la competitività e l'occupazione. 2. Il vincolo qualificante per la promozione e il supporto finanziario deve essere la modifica della curva di distribuzione delle imprese per dimensione... Il vincolo, quindi, deve diventare il numero degli addetti e non il numero dei partner dell'aggregazione come purtroppo indicato nei bandi pubblici attuali»;
sempre le richiamate «Linee guida di un programma europeo/italiano per la ripresa della crescita e dell'occupazione» segnalano che «il successo del Piano sarebbe molto facilitato, forse determinato, dalla destinazione di incentivi fiscali e contributi per ogni singola Rete formata per valori stimolanti, come potrebbero essere nella misura di euro 500.000,00 per Rete. Il contributo potrebbe essere a fondo perduto o come prestito a tasso zero e in ogni caso il Piano potrebbe essere definito a costo zero o addirittura in utile, giacché l'incremento delle imposizioni sul VA creato compenserebbe ampiamente i costi in uscita...»,
impegna il Governo:
a valorizzare lo strumento dei contratti di rete – anche in sede di elaborazione dell’industrial compact del nostro Paese – nel contesto delle politiche indirizzate al supporto dei processi di innovazione ed internazionalizzazione del tessuto delle micro piccole e medie imprese e ciò con particolare riferimento alle opportunità di finanziamento di tali politiche nel ciclo di programmazione 2014-2020 dei fondi europei e nei programmi COSME e Horizon 2020;
a verificare costantemente l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 16, comma 1, lettera a) della legge 11 novembre 2011, n. 180 («Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese»), concernenti la garanzia dello Stato in ordine all'istituzione in favore delle micro, piccole e medie imprese e delle reti di imprese di «una riserva minima del 60 per cento per ciascuna delle misure di incentivazione di natura automatica o valutativa, di cui almeno il 25 per cento è destinato alle micro e piccole imprese»;
a valutare tempestivamente ogni intervento normativo e/o amministrativo utile a consentire la partecipazione ai contratti di rete di soggetti istituzionali quali le università o, comunque, ad agevolare la collaborazione tra reti, università ed enti pubblici di ricerca, nonché l'agibilità da parte delle reti delle normative di incentivazione dei processi di ricerca, sviluppo ed innovazione;
a promuovere la diffusione e il trasferimento delle esperienze delle reti green e dei cluster tecnologici intesi – ai sensi dell'avviso di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 30 maggio 2012 – «come aggregazioni organizzate di imprese, università, altre istituzioni pubbliche o private di ricerca, altri soggetti anche finanziari attivi nel campo dell'innovazione, articolate in più aggregazioni pubblico-private, ivi compresi i Distretti Tecnologici già esistenti, presenti su diversi ambiti territoriali, guidate da uno specifico organo di coordinamento e gestione, focalizzate su uno specifico ambito tecnologico e applicativo, idonee a contribuire alla competitività internazionale sia dei territori di riferimento sia del sistema economico nazionale»;
a stimolare processi di tipizzazione delle reti, mediante la diffusione di standard contrattuali, attraverso la definizione di opportuni criteri di premialità in materia di incentivazione, fondati, in particolare, sull'apprezzamento di aggregazioni di medio-lungo termine per il perseguimento di obiettivi strategici e sulla valutazione del numero di addetti coinvolti, condividendo una simile impostazione in sede di confronto, coordinamento ed intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché – attraverso strutturate modalità di confronto e di collaborazione – con le associazioni imprenditoriali e con il sistema bancario;
alla verificare la possibilità della più tempestiva attuazione operativa delle segnalazioni del Garante per le micro piccole e medie imprese in materia di potenziamento del regime fiscale agevolato per le reti, di incentivi per le reti dedicate all'internazionalizzazione, di introduzione di una fiscalità di vantaggio per le reti con consumi energetici cumulati;
ancora in sede di confronto, coordinamento ed intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, a verificare la possibilità dell'istituzione di un fondo con finalità di integrazione di finanziamenti regionali, riservato ad imprese aderenti a contratti di rete multiregionali e che – pur presentando gli altri requisiti richiesti in sede di bandi – non abbiano però sede nei territori delle regioni di emissione di detti finanziamenti.
(7-00574) «Taranto, Benamati, Martella, Bargero, Bini, Cani, Ginefra, Minnucci, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Simoni, Tidei».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
NESCI, SIBILIA, RUOCCO, LUIGI GALLO, PARENTELA, AGOSTINELLI, COZZOLINO, NUTI, CECCONI, DI BENEDETTO, BRESCIA, BUSINAROLO, FERRARESI, LOMBARDI, TONINELLI, SCAGLIUSI, COLONNESE, DI BATTISTA, CARINELLI, DIENI, DE LORENZIS, D'INCÀ, LOREFICE, MANLIO DI STEFANO, MANNINO, COLLETTI, SILVIA GIORDANO e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
Antonino De Masi è un imprenditore calabrese che ha denunciato la pratica dell'usura sopra i suoi conti nel 2003, della quale ha informato le istituzioni della Repubblica con una lettera di denuncia del 29 aprile 2003;
le relative sentenze di primo, secondo grado e di Cassazione hanno tutte confermato la presenza dell'elemento oggettivo dell'usura;
la sentenza della Cassazione n. 46669 del 23 novembre 2011 ha attribuito alle parti civili il diritto al risarcimento degli ingenti danni subiti, affermando alle pagine 26 e 27 che «una volta accertata la sussistenza del fatto reato sotto il profilo oggettivo da parte degli istituti di credito, trattandosi comunque di illecito avente rilevanza civilistica, non rileva, ai fini risarcitori, che non sia stato accertato il responsabile penale della condotta illecita, in quanto l'azione, risarcitoria civile ben potrà essere espletata nei confronti degli istituti interessati che rispondono, comunque, ex articolo 1218 e 1228 c.c., del fatto dei propri dipendenti. Il rilievo della personalità della attività bancaria sbiadisce mentre emerge il ruolo preponderante svolto dalla corretta proceduralizzazione di un'attività collettiva, comunque imputabile all'istituto. Su questa base la responsabilità della banca sussiste per il solo fatto che il danno ingiusto si è verificato per una condotta comunque alla stessa imputabile, dovendosi limitare l'apprezzamento della condotta dolosa o colposa (poco importa tale distinzione ai fini civilistici), alla comparazione tra standards normativi – come nella fattispecie in cui viene in rilievo la violazione dell'articolo 644 c.p., comma 4, – situazione concreta, idonea a far ricadere sulla banca anche il rischio dei c.d. «danni anonimi», cioè di cui non sia stato individuato il responsabile»;
dopo tale fatto si sono avviati ulteriori procedimenti penali, ad oggi in corso e di seguito elencati;
il procedimento penale n. 2540/08 R.G.N.R. – n. 1135/11 RGT è, presso il tribunale penale di Palmi (per i periodi successivi al 31/12/2002), a carico dei direttori generali di Banca Antonveneta, ora MPS;
il procedimento penale n. 841/09 R.G.N.R. è, presso il tribunale penale di Palmi (riunito con il procedimento n. 2540/08), a carico dei direttori generali e funzionari di Banca Antonveneta (ora MPS) e BNL;
il procedimento penale Processo penale n. 8006/12 RGNR – 2233/13 RGT è, presso il tribunale penale di Reggio Calabria, a carico dei direttori generali e funzionari di Unicredit Banca di Roma;
inoltre, vi sono, di seguito elencati, ulteriori procedimenti in corso di istruttoria presso alcune procure della Repubblica, sia per il reiterarsi del reato di usura che per ulteriori e gravi reati;
in particolare, trattasi del procedimento n. 891/12 RGNR presso la Procura di Palmi, avviato per ipotizzata violazione degli articoli 644 e 110 c.p. e trasmesso per competenza alla Procura della Repubblica di Roma;
il procedimento n. 1755/13 R.G.N.R. risulta essere presso la Procura di Palmi, in corso per ipotizzata violazione degli artt. 416 (associazione a delinquere), 644 e 110 c.p;
il procedimento n. 873/12 R.G.N.R. è presso la Procura di Reggio Calabria e trasmesso per competenza alla Procura della Repubblica di Roma;
il procedimento n. 5112/13 R.G.R.N. è presso la Procura di Reggio Calabria;
i procedimenti n. 2524/12 RNR e n. 737/13 RNR sono presso la Procura di Trani, per assunta violazione degli artt. 640 e 644 c.p.;
i reati accertati o contestati si riferiscono a soggetti che esplicano l'attività bancaria a danno di imprenditori in stato di bisogno, con le circostanze aggravanti previste dall'articolo 644, comma 5, codice di procedura penale, che statuisce:
«le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà: se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare; se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari; se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno; se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale; a dei soggetti che afferma la legge (articolo 644) vittime in stato di bisogno e imprenditori»;
la Banca d'Italia, informata delle vicende in argomento, ha sanzionato i vertici delle Banche, il che non ha fermato il perpetuarsi dei suddetti fatti criminosi;
sia la Banca d'Italia che il Ministero dell'economia e delle finanze devono consentire il corretto funzionamento del sistema creditizio, come emerge dai rinvii a giudizio di funzionari delle due istituzioni di recente richiesto e ottenuto dalla procura di Trani, poiché nelle rispettive cariche e qualità e nell'esercizio delle corrispondenti prerogative e funzioni istituzionali con condotte reiterate ed in tempi diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (consistente nella previsione e volontà di far conseguire alle banche la maggior quantità di moneta), adottavano consapevolmente e deliberatamente (in ragione delle qualifiche apicali e delle corrispondenti competenze tecnico-giuridiche del più elevato profilo) determinazioni amministrative (istruzioni, circolari e note la Banca d'Italia; decreti ministeriali il Ministero del Tesoro) in contrasto/violazione della legge in materia di usura n. 108 del 7 marzo 1996, così consapevolmente fornendo un contributo morale necessario ai fatti-reato di usura materialmente commessi dalle Banche»;
presso il Ministero dello sviluppo economico è attivo un tavolo di trattativa nel quale da oltre un anno e mezzo si sta cercando di trovare una soluzione ma, visto le posizioni assunte dalle banche, questa situazione di continui rinvii sta di fatto facendo morire lentamente le aziende interessate, al punto che sono stati persi già 150 posti di lavoro e a giorni rischiano il licenziamento altri 40 dipendenti;
le aziende del Gruppo De Masi rappresentano sul territorio un baluardo della legalità, essendo state anche vittime di gravissimi attacchi da parte della criminalità che ha fatto sì che le stesse siano sotto protezione permanente dell'esercito, che attua la vigilanza armata continua davanti agli stabilimenti, oltre alla scorta personale ai membri della famiglia proprietaria –:
come ritengano di intervenire per quanto di competenze visti gli interessi pubblici in rilievo, per tutelarli rispetto all'accertata violazione dell'articolo 47 della Costituzione (tutela del risparmio);
se non ritengano di dover promuovere una urgente modifica della normativa per la revoca della concessione all'esercizio dell'attività alle banche responsabili d'indebito arricchimento a danno dei clienti;
se ritengano di acquisire elementi presso la Consob su quali azioni siano state poste in essere a tutela degli azionisti e dei risparmiatori per rappresentare la correttezza dei bilanci societari, sia in relazione ai giusti valori dei ricavi che riguardo all'effettiva patrimonializzazione, pure per gli eventuali danni da risarcire ai clienti. (5-04504)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazioni a risposta scritta:
NASTRI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il rilascio di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due ragazze volontarie rapite in Siria il 31 luglio 2014, dai pericolosissimi terroristi jihadisti dell'Isis, intenzionati a provocare una guerra totale e interna all'Islam, oltre che contro l'Occidente, liberate la scorsa settimana, se da un lato non può che rappresentare un epilogo indubbiamente positivo, dall'altro lascia dubbi e perplessità in ordine alle modalità del rilascio avvenuto secondo indiscrezioni di stampa, attraverso il pagamento di un riscatto pari a 12 milioni di euro;
l'interrogante evidenzia, come nonostante le smentite da parte del Ministro interrogato, avvenute il 16 gennaio 2015, nel corso dell'informativa urgente alla Camera dei deputati, nella quale si è confermato come la liberazione delle suesposte volontarie, sia avvenuta senza alcun corrispettivo finanziario, aggiungendo inoltre che le notizie dell'eventuale pagamento rappresentino solo indiscrezioni senza fondamento, appaiono tuttavia confuse e lacunose, le modalità dell'avvenuto rilascio, se si valuta come le stesse volontarie, nel corso dell'interrogatorio di fronte ai magistrati di Roma e ai carabinieri del Ros, hanno ammesso che i loro carcerieri rapivano, in particolare gli occidentali, per finalità solo legate al denaro;
le velocità del rilascio agli uomini dell’intelligence italiana, a giudizio dell'interrogante, desta dubbi e perplessità, in considerazione del fatto che non appaiono chiaro i motivi per i quali, le negoziazioni avvenute prima del rilascio delle giovani volontarie italiane, ovvero nei mesi precedenti, non abbiano avuto alcun risultato a differenza invece di quanto avvenuto la scorsa settimana in cui è avvenuta la liberazione a seguito, secondo quanto evidenziano i mass media televisivi e della carta stampata, del pagamento della cifra pari a 12 milioni di euro, in maniera così improvvisa e repentina;
l'interrogante, in definitiva, evidenzia come occorrano interventi da parte del Ministro interrogato, volti a completare il quadro complessivo di quanto esposto la scorsa settimana, con riferimento alle modalità e alle procedure del rilascio, posto che le dichiarazioni fatte nel corso dell'informativa alla Camera, appaiono carenti e insufficienti nel definire quanto avvenuto –:
se intenda confermare nuovamente che, con riferimento al rilascio delle due volontarie italiane, di cui in premessa, rapite dai terroristi dell'Isis in Siria lo scorso anno, per seguire il progetto di assistenza medica Horryaty, il Governo italiano non ha pagato la cifra di 12 milioni di euro;
in caso negativo, se non convenga che, in caso di avvenuto pagamento, si rischia di mettere a repentaglio tutti gli italiani che si recano nelle zone ad alto rischio di rapimenti, quali la Siria, l'Iraq o l'Afghanistan, in cui criminali possono accentuare gli atti di rapimento o le violenze nei riguardi dei connazionali;
se non ritenga opportuno prevedere interventi volti a rafforzare, attraverso campagne informative, le comunicazioni alle autorità competenti, nel caso in cui i cittadini italiani, per motivi sia professionali sia turistici, intendono recarsi in luoghi ad alta pericolosità, quali quelli in precedenza richiamati, ed evitare che avvengano casi d'imprudenza come secondo l'interrogante è accaduto riguardo alle giovani ragazze volontarie. (4-07569)
FEDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
le retribuzioni del personale a contratto locale, impiegato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale presso la rete diplomatico-consolare italiana in Marocco, sono soggette alla legislazione italiana e alle norme previste dalle convenzioni bilaterali in vigore tra Italia e Marocco;
il personale a contratto locale impiegato presso ambasciata, consolato generale e istituto italiano di cultura, in virtù di queste disposizioni, è sottoposto al regime fiscale previsto dalla convenzione in vigore con il Marocco ed alla ritenuta fiscale operata alla fonte secondo le percentuali previste dalla normativa in vigore di cui l'articolo 19 della convenzione tra la Repubblica italiana ed il Regno del Marocco per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito, firmata a Rabat il 7 giugno 1972 con protocollo aggiuntivo firmato il 28 maggio 1979, e resa esecutiva in Italia con legge 5 agosto 1981, n. 504, che prevede: «1. Le remunerazioni pagate da uno Stato contraente, da una sua suddivisione amministrativa, da un suo ente locale o da una persona giuridica di diritto pubblico, ad una persona fisica residente dell'altro Stato contraente in corrispettivo di servizi resi, sono imponibili nel primo Stato. Tali remunerazioni sono esonerate da imposizione nell'altro Stato quando il beneficiario possieda la nazionalità del primo Stato, senza contemporaneamente possedere la nazionalità dell'altro Stato»;
l'articolo 21 della convenzione tra la Repubblica italiana ed il Regno del Marocco per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito, firmata a Rabat il 7 giugno 1972 con protocollo aggiuntivo firmato il 28 maggio 1979, e resa esecutiva in Italia con legge 5 agosto 1981, n. 504, prevede che:
«1. Nel caso dei residenti nel Marocco, la doppia imposizione viene eliminata nel modo seguente: a) allorché un residente del Marocco ritrae redditi, diversi da quelli considerati negli articoli 10, 11 e 12, che sono imponibili in Italia in conformità delle disposizioni della presente Convenzione, il Marocco esenta dall'imposizione detti redditi, ma può, per calcolare le sue imposte sugli altri redditi di detto residente, applicare l'aliquota d'imposta che sarebbe stata applicata se i redditi in questione non fossero stati esentati»;
al personale a contratto in servizio in Marocco si applicano quindi le norme dell'accordo Italia-Marocco per evitare le doppie imposizioni fiscali;
a quanto risulta all'interrogante, le autorità fiscali del Marocco avrebbero chiesto agli interessati, con varie modalità, di pagare quanto dovuto sulle retribuzioni percepite dallo Stato italiano per un lavoro dipendente e risultano imminenti azioni esecutive nei confronti dei dipendenti stessi, ai quali sono stati congelati i conti correnti bancari personali;
il dipartimento delle finanze del Marocco avrebbe, a quanto risulta all'interrogante, avviato una serie di accertamenti fiscali a cui hanno fatto seguito ingiunzioni di pagamento di somme molto elevate nei confronti del personale a contratto;
le competenti autorità del Marocco, a quanto risulta all'interrogante, non hanno mai fornito risposte all'invito del Ministero dell'economia e delle finanze relativamente all'apertura di un tavolo di negoziati allo scopo di un'interpretazione chiara e definitiva dell'Accordo bilaterale in materia, nonostante i solleciti della nostra Ambasciata a Rabat effettuati tramite note verbali inviate al Governo del Marocco;
esistono rappresentanze diplomatico-consolari di altri Paesi dell'Unione europea accreditate in Marocco, per non citare solo l'Ambasciata francese che assolve il compito di sostituto d'imposta per tutto il suo personale e opera dalla fonte le ritenute fiscali da versare sia all'erario francese e/o a quello marocchino;
il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, quale datore di lavoro, non solo ai sensi delle norme nazionali bensì anche ai sensi della norma locale sul pagamento delle tasse in Marocco «Code Général des Impóts» — articolo 156 — è tenuto ad assolvere al compito e alle responsabilità derivanti dal compito di sostituto d'imposta, dovendo operare, in forza di disposizione normative, le ritenute previste per legge;
esiste un obbligo di legge per l'amministrazione degli affari esteri e della cooperazione internazionale nell'applicazione puntuale di tali norme –:
quali urgenti misure si intendano adottare per garantire che non vi siano indebiti prelievi fiscali a danno dei lavoratori a contratto presso la rete diplomatico-consolare e l'istituto italiano di cultura in Marocco;
quali iniziative si adotteranno per garantire immediatamente la piena applicazione delle norme della convenzione fiscale in vigore tra Italia e Marocco, garantendo i diritti del personale a contratto anche nei confronti delle autorità locali;
quali urgenti misure si intendano adottare, in mancanza di una risposta delle autorità del Marocco, all'invito del Ministero dell'economia e delle finanze italiano per l'apertura di un tavolo di negoziati che veda la rimozione delle gravi criticità insorte in ambito fiscale che pregiudicano la vita privata e professionale dei dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sul territorio del Marocco. (4-07571)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZOLEZZI, SEGONI, DE ROSA, DAGA, TERZONI, BUSTO e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in provincia di Mantova sorge un ponte a scavalco del fiume Po tra i comuni di San Benedetto Po (in sponda destra) e Bagnolo San Vito (sponda sinistra) che collega le province di Mantova e Modena e costituisce uno dei manufatti più importanti dell'intero patrimonio dell'asta del Po, soprattutto in considerazione della sua collocazione strategica, rappresentando un punto di passaggio nevralgico perché posizionato centralmente al tratto navigabile del Po, immediatamente a monte della foce del Mincio e della conca di San Leone, connessione con il Fissero – Tartaro – Idrovia Padano – Veneta;
dal punto di vista viabilistico l'arteria stradale (S.P. ex S.S. n. 413 «Romana»), alla quale il ponte appartiene, collega il Destra Secchia con il capoluogo di Mantova e con il casello autostradale di Mantova Sud della A22 ed è interessata da un ingente flusso veicolare, con un'alta percentuale di traffico pesante. Il ponte risulta realizzato negli anni compresi tra il 1964 e il 1966, su progetto e incarico del Compartimento ANAS della Lombardia;
il ponte ha una lunghezza di 613 metri, suddivisa su 8 campate regolari, con luce teorica di 67 metri a cui si sommano due campate terminali di luce pari a 38,50 metri ciascuna. L'opera, di notevoli dimensioni, è stata danneggiata in maniera considerevole dal sisma del maggio 2012 e dagli eventi alluvionali del 1993-1994 e 2000 ed anche interessata, nei mesi di novembre e dicembre del 2014, dal ragguardevole innalzamento del livello delle acque che ha prodotto una piena, senza, però, portare ad esondazioni sulle aree esterne alle golene, come avvenne nel 2000;
sulla sponda destra del fiume, adiacente al ponte, a valle dello stesso, in via Argine Po Nord 73 nel comune di San Benedetto, è presente l'azienda «Rondelli Arrigo srl», che svolge dagli anni ‘50 attività di escavazione e commercializzazione di inerti in un'area compresa nell'alveo del fiume Po, riparata da un argine molto elevato, di altezza maggiore rispetto all'attuale argine maestro del Po, che ha consentito di proseguire le attività aziendali anche durante la recente piena del novembre 2014. Attualmente tale azienda occupa a valle ben 3 arcate del ponte sul Po, per oltre 150 metri, restringendo l'alveo, deviando verso la sponda sinistra (che viene sottoposta a pressione anomala) le acque del fiume durante le piene e impedendo eventuali esondazioni controllate in golena, dunque creando un potenziale rischio idrogeologico;
con esposto al procuratore della Repubblica di Mantova del 9 luglio 2007 dell'associazione Copagri (Confederazione produttori agricoli) veniva segnalato che il deposito di materiale in quell'area (350.000 metri cubi nel 2007, ora risultano essere circa 450.000) ostruiva 2 campate del ponte (ora sono 3) con un'evidente strozzatura (evidenziabile nei mappali) e possibili rischi per il deflusso delle acque in un punto già ristretto del fiume; a tale circostanza veniva ricondotto l'allagamento del comprensorio doganale Digagnola Po Morto (circa mille ettari, da sempre abitati) nel mese di ottobre dell'anno 2000, quando fu rilevato fra l'altro un dislivello fra monte e valle del fiume di oltre 50 centimetri, dovuto probabilmente alla strozzatura creata dall'ostacolo citato. Con tale esposto si voleva mettere a conoscenza l'autorità giudiziaria del grave rischio a cui gli abitanti di San Benedetto Po e Bagnolo San Vito risultavano sottoposti. Situazione che si è ulteriormente aggravata nel corso degli anni. A monte del ponte, sempre in sponda destra si trovano alcune abitazioni in area golenale;
nel mese di novembre 2014 la piena del Po ha messo nuovamente a concreto rischio tutta l'area in questione; nel Po mantovano (dal Viadanese fino a Felonica) le ordinanze di sgombero hanno riguardato 320 cittadini in particolare residenti nelle golene, per un evento che potenzialmente sarebbe stato il secondo del secolo in base ai calcoli dell'Agenzia interregionale per il Po (AIPO), se non si considera la piena del 1951;
secondo quando riportato dalla «Gazzetta di Mantova» del 21 novembre 2014 il responsabile della sicurezza idraulica e direttore della sede mantovana dell'AIPO ingegnere Marcello Moretti, definisce l'avvenimento della piena del 2014 come eccezionale; difatti tutte «le quote raggiunte in tutta l'asta e nel Mantovano sono fra le più alte registrate dopo il 2000. Se non si considera l'evento del 1951, quando il Po era un altro fiume, completamente diverso da quello che abbiamo ora, siamo al terzo evento. In termini di centimetri, più bassi del 2000 e del 1994 (rispettivamente 9 metri e 96 e 9 metri e 28 a Borgoforte ndr) e più alti del 2002 (8 metri e 64 ndr). Ma stiamo facendo calcoli per ricostruire la portata che ha superato i 10 mila metri cubi al secondo e potrebbe essere più importante di quella del ‘94. Nella piena in atto, in sostanza, il Po alla fine si è allargato, anziché crescere». Interrogato sul ruolo giocato dalle golene, se rompendosi e allagandosi hanno salvato Mantova: «Direi che più che salvare, hanno contribuito in modo importante a tenere basso il colmo, “laminare” come diciamo noi in termine tecnico. In termini teorici è chiaro che più alto è il fiume e più critica è la situazione, ma le golene ci sono proprio per questo. Per noi è fiume»;
il livello delle precipitazioni degli ultimi anni e la frequenza degli eventi alluvionali suggerisce l'incremento del rischio di fenomeni del genere e dovrebbe imporre una particolare attenzione per la sicurezza idrogeologica soprattutto nelle aree fortemente antropizzate, e in presenza di attività, come quella citata, che, eliminando di fatto l'area golenale, vitale per la sicurezza del fiume, compromettono la sicurezza idraulica del territorio del mantovano;
il progetto attuale di ricostruzione del ponte, oggetto in questi mesi di conferenza di servizi provinciale, che prevede un ponte a due campate (rispetto alle 8 attuali), non appare agli interroganti, sufficientemente mirato a mettere in sicurezza idrogeologica l'area, né a garantire la sicurezza del traffico stradale, ma a tamponare la situazione e a garantire la navigazione per le «chiatte di tipo 5», imbarcazioni voluminose per il traffico merci, progetto che nella sua globalità potrebbe dare origine a potenziali e notevoli sconvolgimenti delle pregevoli aree in questione, con peggioramento del cuneo salino e impedimento dell'irrigazione in molte aree. Considerata la riduzione della movimentazione merci (dimezzata dal 2007) nell'area in esame, non si riconoscono le reali motivazioni che spingono a realizzare un traffico merci fluviale ex novo aggravando ulteriormente l'impatto ambientale in un territorio già esposto ad emergenze e criticità ambientali. La variazione dell'assetto fluviale, in caso di reale passaggio di tali imbarcazioni, necessiterebbe anche di dragaggio dei fondali con le conseguenti modifiche dell'alveo proprio in corrispondenza del ponte, dati gli evidenti accumuli di sabbie a monte di questo. Dal 1985 circa non avvengono più dragaggi in alveo, e questo dato andrebbe considerato in merito alla messa in sicurezza della zona e alla progettazione del nuovo ponte. Una sola pila in alveo risulterebbe rischiosa anche per questo motivo;
il progetto del nuovo ponte prevede il raccordo della seconda arcata con l'attuale tratto di Ponte esistente sulle 3 campate, ostruite dalla cava stessa (per un costo iniziale di 30 milioni di euro per il lotto 1 e 10 milioni di euro per eventuale lotto 2); inoltre, prevede una luce totale (fra prima e seconda campata) di 330 metri, circa metà della lunghezza del ponte originario, e si basa sul pericoloso presupposto che le fondazioni riutilizzate del vecchio ponte siano in grado di sopportare i carichi della nuova struttura. Per raccordare il nuovo ponte alla seconda metà del ponte già esistente si prevede la costruzione della seconda arcata con una curva sfalsata, dettaglio progettuale possibile causa di ulteriore debolezza strutturale; senza considerare che l'alveo è invece rimasto, per caratteristiche dinamiche del fiume, lo stesso del 1964, come testimonia la recente piena del novembre 2014, con il rischio che si determini una riduzione della resistenza del nuovo ponte alle sollecitazioni, anche per l'utilizzo di materiali diversi e di differente vetustà nelle due strutture;
inoltre, alla luce delle circostanze segnalate, a fronte del rischio che il fiume Po riprenda il suo naturale decorso, occupando la cava Rondelli, si avrebbe un ponte nuovo ma appoggiato ad una struttura decisamente instabile, quale è la rimanenza del vecchio ponte se venisse interessata dal passaggio del fiume;
si presume che a causa del peso del materiale contenuto nella cava, della movimentazione terra in essa eseguito nel corso degli anni e del terremoto del 2012, l'attuale ponte possa aver subito un cedimento strutturale tale da modificare l'originale inclinazione del piano viario, mettendo a rischio la circolazione veicolare;
il progetto presentato, al vaglio della conferenza di servizi provinciale, non risulta agli interroganti essere stato preceduto da una fase di relazione analitica sullo stato attuale del ponte e delle problematiche idrogeologiche sopravvenute, né dalla valutazione di soluzioni alternative in grado di garantire una trasformazione sostenibile del territorio –:
se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, siano a conoscenza della situazione esposta;
se, in virtù delle gravi criticità segnalate, intendano adottare le opportune iniziative di competenza al fine di affrontare la situazione di grave rischio idrogeologico e sismico dell'area in questione, e di salvaguardare l'incolumità pubblica, garantire la viabilità in condizioni di sicurezza e adottare soluzioni progettuali che minimizzino l'impatto ambientale e siano compatibili con le peculiarità paesaggistiche della zona;
se il Governo intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative per rivedere le normative relative al dragaggio dei fondali intervenendo sulle disposizioni che non consentono l'effettiva applicabilità della norma. (5-04503)
Interrogazioni a risposta scritta:
RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
si apprendono dei dati sconcertanti sulle vittime a causa dell'inquinamento atmosferico, in particolare, nella provincia di Udine che risulta essere, sotto questo aspetto, il centro più inquinato in regione;
ogni anno, a Udine muoiono un centinaio di persone a causa dell'inquinamento atmosferico. Circa una persona ogni tre giorni, sulla base dei calcoli statistici, si ammala e perde la vita contraendo malattie legate alla qualità dell'aria che si respira;
il grave inquinamento del capoluogo friulano è conseguenza sia dell'alta concentrazione di traffico sia degli impianti di riscaldamento. Gran parte delle emissioni sono causate dagli impianti di riscaldamento a gas e a biomassa;
da una panoramica sul numero di controlli e ispezioni effettuati sugli impianti è emerso che in 12 anni sono state eseguite 77.500 ispezioni, ma negli ultimi anni, il monossido di carbonio — un problema per l'ambiente ma anche per la sicurezza dei cittadini — non risulta essere sotto la soglia accettabile, il che dimostra che la manutenzione degli impianti è diminuita;
se ad Udine si abbassassero i livelli di polveri sottili, e dell'ozono, portandoli sotto il valore della soglia limite, i decessi si ridurrebbero del 50 per cento. Sono questi i dati illustrati dal responsabile del servizio di Allergo-Pneumologia della clinica pediatrica dell'università di Udine, Mario Canciani, intervenuto al convegno «Impatto ambientale in Friuli»;
pertanto, si ritiene necessario adottare urgenti provvedimenti affinché venga diminuita la presenza di polveri inquinanti nonché mettere in atto iniziative di sensibilizzazione sulle tematiche ambientali, promuovendo una politica di consumo più consapevole e attenta, anche per correggere errate abitudini della popolazione che contribuiscono all'inquinamento dell'aria –:
se i Ministri interrogati sono a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali siano i loro orientamenti, per quanto di loro competenza;
se e quali iniziative intendano adottare, con la concertazione degli enti territoriali competenti, per contrastare la presenza delle polveri inquinanti nell'aria, in Friuli Venezia Giulia alla luce dei dati emersi soprattutto rispetto alla provincia di Udine;
se e quali iniziative siano state adottate per diminuire l'inquinamento atmosferico a livello nazionale, anche rispetto alla promozione di una campagna di informazione rivolta alla popolazione per correggere le abitudini a pratiche che possano nuocere all'ambiente e alla salute dei cittadini. (4-07568)
MARZANA, D'UVA, GRILLO, LOREFICE, FICO, VILLAROSA, CURRÒ, LUIGI GALLO, DI BENEDETTO, BRESCIA, COLONNESE, SIMONE VALENTE, BATTELLI e BUSTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale della regione siciliana, parte I, n. 29, dell'8 luglio 2005, nell'allegato A, veniva pubblicato l'elenco indicativo dei comuni siciliani con parchi, riserve, SIC (siti di importanza comunitaria);
in tale elenco veniva identificato, tra gli altri, come SIC ITA090007 anche il sito Cavagrande del Cassibile che insiste nel territorio di Avola, Noto e Siracusa, e di zone di interesse comunitario come la Cava delle Cinque Porte e Cava e Bosco Baulì, e Cava Contessa-Cugno Lupo (ITA 090021), ovvero di zone di altissimo pregio naturalistico e archeologico, nonché ricche di piccoli affluenti e torrenti sotterranei;
la direttiva 92/43/CEE, adottata con decreto del Presidente della Repubblica n. 357 dell'8 settembre 1997, all'articolo 4, prevede che la Commissione – sulla base degli elenchi trasmessi dagli Stati membri – adotta un elenco dei siti di importanza nei quali si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari, e che, in seguito, lo Stato membro deve riconoscere questi siti come zone speciali di conservazione, il più rapidamente possibile ed entro un termine massimo di sei anni, e assoggettarle alle misure di conservazione necessarie;
nonostante siano stati inseriti nell'elenco dei siti di interesse comunitario della regione biogeografica mediterranea, approvato dalla Commissione europea con decisione del 19 luglio 2006, il dipartimento regionale dell'ambiente ha rilasciato, con DDG n. 765 del 21 dicembre 2012, l'autorizzazione integrata ambientale alla So Ambiente srl con sede legale in via Zunica 61 Agrigento, per il progetto di realizzazione di un impianto di recupero e di smaltimento di rifiuti in C.da Stallaini;
successivamente, con DDG n. 173 del 19 febbraio 2013, il dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti, revocava la suddetta autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, «Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle informazioni antimafia», in base ai contenuti dell'informativa prot. 2803 con data 18 dicembre 2013;
tuttavia il consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana ha accolto il ricorso della ditta richiedente SO Ambiente avverso il provvedimento di revoca della sopracitata autorizzazione integrata ambientale;
l'area di progetto si trova a soli 350 metri dai SIC riserva naturale orientata Cava Grande del Cassibile, a 50 metri da un affluente del Cassibile, è contigua ad una zona ad alto valore ecologico come si evince nella carta regionale valori ecologici ed interessa oltre al territorio del comune di Noto, quello di Avola e di Canicattini Bagni;
l'area in questione è regolata dal piano paesaggistico «Rilievi e tavolato ibleo» ambito 14-17, adottato con decreto ARTA n. 98 del 10 febbraio 2012 che include l'area tra due zone di particolare tutela (una zona di livello di tutela 2 e una zona con livello di tutela 3) come descritto dall'articolo 32, comma 2, punto 12d dello stesso piano paesaggistico, in base al quale si stabilisce che in queste aree (tra cui C/da Stallaini, sede dell'area di progetto) non è consentito realizzare discariche;
in data 14 marzo 2012, la terza commissione consiliare del comune di Noto si riunisce per trattare l'argomento della discarica di Stallaini ed esprime parere negativo all'unanimità dei presenti, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 48 «Norme transitorie e finali» del Piano paesaggistico regionale;
in data 8 agosto 2013, il consiglio comunale di Noto, convocato in seduta urgente, ha deciso all'unanimità dei presenti di opporsi con ogni mezzo al progetto della discarica in C.da Stallaini e ha redatto un documento firmato da tutti i consiglieri comunali, indirizzato al presidente della regione, con cui si è dato mandato al sindaco di procedere alla diffida nei confronti dell'assessorato regionale territorio e ambiente, dell'assessorato regionale all'energia, all'assessorato ai beni culturali, ognuno per le proprie competenze, dal rimettere nuovi atti autorizzativi per la realizzazione della discarica in questione e dall'adottare, per le motivazioni sopra riferite, atti di revoca, in autotutela, di quelli già emessi;
stessa decisione è stata sostenuta anche da parte del consiglio comunale di Avola che, riunitosi in seduta il 26 agosto 2013, ha confermato il pieno appoggio a quanto deciso dal comune di Noto;
la Costituzione, all'articolo 9, comma 2, sancisce che la Repubblica «Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»;
sarebbe opportuno in tale contesto che vengano assunti tutti i provvedimenti di natura amministrativa e legale al fine di giungere nel più breve tempo possibile alla revoca in via definitiva dell'autorizzazione alla SO Ambiente per la realizzazione dell'impianto di smaltimento –:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se, in che modo e con quali tempi, si intenda procedere al riconoscimento del sito di importanza comunitaria quale «zona di conservazione speciale», al fine di adottare misure di conservazione e un piano di gestione appropriati alla specificità dei siti menzionati. (4-07575)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
MANZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
«l'Adorazione dei magi» è un'opera del 1587, realizzata da Domenico Robusti detto il Tintoretto nella seconda metà del Cinquecento;
questo grande capolavoro rinascimentale, di proprietà dello Stato, è custodito nella Chiesa di Santa Maria delle Vergini, a Macerata, dichiarata dal 1915 monumento nazionale per la sua valenza storico-artistica e architettonica, essendo di scuola bramantesca;
recentemente tale dipinto è stato esposto prima a Buenos Aires per una mostra voluta dalla regione Marche, dal titolo «Le meraviglie dalle Marche 2» e successivamente, nel periodo natalizio, ad Urbino presso l'Oratorio di San Giuseppe;
il prestito è stato in un primo momento concesso fino alla fine di gennaio 2015, ma di recente ne è stata chiesta la proroga alla Soprintendenza;
tale richiesta è stata accompagnata anche da talune dichiarazioni rilasciate dall'attuale assessore alla cultura di Urbino, dottor Vittorio Sgarbi, che ha definito la Chiesa di Macerata, sede del dipinto, come non officiata e poco frequentata;
a seguito di ciò ed in aperto contrasto con le dichiarazioni sopra riportate, la parrocchia delle Vergini ha inviato una nota al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, come anche alla direzione regionale per i beni culturali e alla regione Marche, precisando che la Chiesa di Santa Maria delle Vergini è regolarmente officiata, con grande frequenza di fedeli ed abitualmente visitata da turisti, attratti dalla cupola del Bramante;
all'intervento della parrocchia si sono unite anche le preoccupazioni degli abitanti del quartiere e dei cultori d'arte e del patrimonio artistico maceratese, i quali temono che le dichiarazioni sulla scarsa fruibilità della Chiesa di Santa Maria delle Vergini, possano essere il preludio per il trasferimento del dipinto del Tintoretto ad altra sede –:
se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti menzionati ed essendo l'opera di proprietà statale, ritenga opportuno assicurare e sollecitare il ritorno del quadro nella sua originaria sede, scongiurando, anche per il futuro, possibili trasferimenti della stessa. (5-04499)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
BARONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
da fonti di stampa si apprende che in data 13 gennaio 2015 sono state arrestate su ordine della procura della Repubblica di Taranto sette persone fra Taranto, Napoli e Roma accusati del reato di concorso in concussione;
già nel marzo del 2014 era stato arrestato il direttore del V reparto navale di Chiapparo, a Taranto, un capitano di fregata nella cui abitazione sono stati trovati ben 44.000 euro in contanti, oltre ad una pen-drive in cui era contenuta una lista di imprenditori «taglieggiati» da quella che in seguito si è rivelata una vera e propria banda;
il gruppo di soggetti, tutti ufficiali e sottufficiali della Marina militare, tranne uno, riscuotevano una tangente totale del 10 per cento sugli appalti di cui si occupavano in nome e per conto del commissariato militare marittimo di Taranto solo ed esclusivamente per corrispondere in tempi congrui i pagamenti dovuti;
le confessioni del primo arrestato, che ha decrittato per gli inquirenti il contenuto della pen-drive, hanno portato alla conoscenza degli inquirenti della divisione, per così dire, «gerarchica» delle tangenti con la percentuale che variava a seconda del grado ricoperto;
le forze dell'ordine hanno inoltre scoperto che questa «abitudine» andava avanti da anni e che veniva tramandata da un comandante ad un altro in una cornice ambientale di corruttela che poco dovrebbe addirsi ad ufficiali che hanno fatto un giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana;
il gip di Taranto dottor Pompeo Carriere, in conferenza stampa ha, fra l'altro, dichiarato che questi personaggi «hanno causato, nel complesso, danni notevoli sia alle singole imprese che all'intera economia locale, sostanzialmente alla stregua dell'agire della malavita organizzata» –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;
se il Ministro intenda intraprendere, per quanto di competenza, tutte le necessarie iniziative, anche in merito alla eventuale rotazione degli incarichi apicali del commissariato militare marittimo di Taranto, al fine, in particolar modo, di rendere i controlli amministrativi sulle attività ivi poste in essere, più efficaci che in passato. (4-07572)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta scritta:
BARONI, SILVIA GIORDANO, MANTERO, DALL'OSSO, DI VITA, GRILLO, LOREFICE e CECCONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nell'estrazione del Superenalotto di sabato 10 gennaio 2015 sono stati vinti, con il «sei» ben 4.327.432,81 (oltre quattro milioni) di euro presso il punto vendita Sisal Bar Gerace di Montepaone Lido, provincia di Catanzaro, ubicata in Via Padre Pio;
nella stessa ricevitoria nell'estrazione del Superenalotto di martedì 13 gennaio 2015 sono stati vinti 1.007.215 (oltre un milione) di euro con un «5 stella»;
le probabilità di vincita nel caso del «sei» sono una su 622.614.630 (seicentoventiduemilioniseicentoquattodicimilaseicentotrenta);
le probabilità di vincita nel caso del «cinque stella» sono una su 112.520.716 (centododicimilionicinquecentoventimilasettecento sedici);
appare quantomeno curioso e bizzarro che vincite così alte si siano verificate a distanza di così poco tempo nella stessa ricevitoria, considerate le già bassissime probabilità di vincita in assoluto che presenta questo tipo di gioco tanto che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato ha inviato un'ispezione;
per vincite superiori a 52.000 (cinquantaduemila) euro il pagamento del premio può avvenire solamente in seguito alla presentazione della ricevuta di gioco nei due uffici premi Sisal abilitati che si trovano uno a Roma e l'altro a Milano e, in accordo col decreto legislativo n. 231 del 21 novembre 2007, tale pagamento può avvenire solo con bonifico bancario e in seguito a prenotazione del pagamento stesso;
secondo la relazione della Commissione nazionale antimafia del 2011, a fronte di 80 miliardi di euro di spesa annua per il gioco legale, si è stimato che quella per il gioco illegale si aggiri intorno ai 130 miliardi in una specie di spirale mortale in cui l'uno alimenta l'altro;
da molti rapporti delle forze dell'ordine si evince che coloro che sono risultati in possesso di biglietti vincenti sono stati avvicinati da soggetti legati alla malavita organizzata, soprattutto ’Ndrangheta, che, o si sono appropriati dei tagliandi stessi oppure, per riciclare del danaro sporco, li hanno acquistati anche a prezzo maggiorato per poi depositare su conti fittizi le vincite «pulite» –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa;
se il Ministro attraverso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e in particolare le forze dell'ordine intenda attuare tutti i controlli necessari ad accertare la regolarità delle vincite;
se il Ministro, anche attraverso il sistema bancario, intenda monitorare la regolarità dell'incasso di queste ragguardevoli cifre affinché si evitino azioni di riciclaggio del denaro ricavato da attività illecite. (4-07574)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
la società per azioni Promomar, operante nel settore dell'edilizia e delle opere infrastrutturali marittime con sede a Scarlino, comune della provincia di Grosseto, gestisce da numerosi anni, in qualità di concessionario, le attività marittime ed i servizi portuali dello scalo marittimo della cittadina toscana;
6 novembre 2008, la medesima società ha presentato all'ente locale una formale richiesta finalizzata al prolungamento della concessione demaniale marittima, per ulteriori cinquanta anni a seguito di maggiori costi quali: il miglioramento qualitativo delle opere realizzate, l'incremento della dimensione media delle imbarcazioni di ormeggio, la presenza di importanti reperti archeologici, l'intensificazione delle attività di dragaggio del bacino portuale, il ritrovamento di materiali contaminati, il rafforzamento dei sistemi di ormeggio, la predisposizione di posti barca per disabili e dall'aumento degli oneri di urbanizzazione da euro 10.705.633,00 a euro 36.615.000,00;
la domanda di adeguamento della durata dell'atto di concessione n. 466 per costruire e gestire il porto turistico in località Puntone nel comune di Scarlino è stata stipulata presso la capitaneria di porto di Livorno in data 13 giugno 2001, ed in seguito concessa a seguito dell'approvazione con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 21 settembre 2001;
al fine dell'acquisizione dei pareri degli enti competenti relativamente alla domanda di adeguamento della durata dell'atto di concessione del 13 giugno 2001, presentata da parte del concessionario Promomar spa, l'ente procedente ha provveduto a convocare in data 10 dicembre 2008, la conferenza di servizi, il cui invito è stato esteso anche ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, attraverso la capitaneria di porto di Livorno, sezione demanio; l'Agenzia del demanio filiale di Firenze, l'ufficio opere marittime Umbria, l'Agenzia delle dogane filiale di Livorno ed i rappresentanti della medesima società concessionaria;
a seguito dell'esame della documentazione presentata, la conferenza di servizi, nonostante una serie di perplessità, ha tuttavia espresso parere favorevole sulle motivazioni addotte dal concessionario Promomar, ai sensi dell'articolo 24 del regolamento del codice della navigazione, deliberando il prolungamento del rapporto concessorio di ulteriori quarantanni come in precedenza riportato, per l'occupazione e l'uso dell'area demaniale marittima già individuata nell'originale atto n. 466 del 2001, sebbene a determinate prescrizioni;
in sede di conferenza di servizi, non priva di pareri negativi, sebbene siano stati espressi pareri favorevoli alla richiesta della suddetta società, dell'ulteriore prolungamento della concessione, sono emerse una serie di valutazioni negative e di carenze dal punto di vista dell'osservanza del piano tariffario e del rispetto dei regolamenti demaniali marittimi;
a tal fine gli interpellanti evidenziano come risulti incomprensibile la decisione favorevole adottata dalla conferenza di servizi, atteso che l'articolo 7 dell'atto di concessione n. 446 dispone che il bene demaniale viene concesso nello stato in cui si trova, sia in superficie che in sottosuolo e soprassuolo, restando a cura e spese del concessionario l'esecuzione dei lavori che occorressero per una serie di determinate opere riportate nel medesimo articolo;
la decisione amministrativa, ad esito della conferenza di servizi citata, di prolungare ulteriormente di quarantanni la concessione cinquantennale, deliberata attraverso l'atto dirigenziale comunale n. 2797 del 30 giugno 2009, ha suscitato comprensibili dubbi e perplessità a livello locale, tali da rendere necessaria, da parte di alcuni consiglieri comunali, una interpellanza comunale sull'atto suppletivo relativo alla concessione demaniale marittima in precedenza esposta;
i medesimi rappresentanti comunali, in data 31 maggio 2011, hanno chiesto al sindaco di Scarlino, attraverso una serie di articolate osservazioni, di conoscere le motivazioni giuridiche ed economiche, in base alle quali, è stato stabilito il rinnovo di ulteriori quarantanni della concessione marittima demaniale, alla Promomar che, secondo il precedente contratto, avrebbe dovuto terminare invece nel 2051;
a giudizio degli interpellanti, l'iniziativa inoltrata dai consiglieri comunali risulta condivisibile, in quanto tale deliberazione non salvaguarda l'interesse economico e sociale della comunità in senso generale, ed esclude ogni possibilità di esperire una procedura di selezione pubblica alla scadenza originaria della concessione;
in considerazione delle osservazioni esposte, il comune di Scarlino, titolare da diversi anni delle funzioni amministrative sull'area demaniale marittima del porto, ai sensi del quadro di riparto delle competenze, afferenti il demanio marittimo e il mare territoriale, a giudizio degli interpellanti, non si è mai interessato di supplire alle carenze esistenti ab origine, regolamentando le tariffe verso terzi, o integrando o ratificando il regolamento esistente; il prolungamento della concessione demaniale marittima ha inoltre determinato l'allungamento dei tempi utili per il recupero degli investimenti iniziali;
la suesposta vicenda nel complesso, ove fossero confermati i rilievi in precedenza riportati, desta sconcerto e stupore, e l'ulteriore prolungamento di quarantanni della concessione alla società Promomar senza alcuna evidenza pubblica, lascia supporre agli interpellanti il mancato rispetto di quanto disposto dall'articolo 47, lettera e), del regolamento del codice della navigazione, in ordine alla decadenza della medesima: i presupposti per l'applicazione di tale disposizione erano infatti ad avviso degli interpellanti già più che evidenti –:
se non sia necessaria una urgente rivisitazione del riparto di competenze sul demanio marittimo e quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di modificare l'attuale sistema normativo sul conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed agli enti locali afferenti al demanio marittimo ed al mare territoriale, anche alla luce di quanto esposto in premessa, che accresce dubbi interpretativi e criticità nell'ambito del riparto della potestà legislative tra Stato e regioni;
se non ritengano urgente ed opportuno richiedere alla capitaneria di porto di Livorno, all'Agenzia del demanio di Firenze ed alle dogane di Livorno, sottoposte per legge alla vigilanza dei Ministri interpellati, le motivazioni per le quali, sono state espresse valutazioni favorevoli in ordine all'affidamento delle attività di cantiere navale all'interno della concessione, con riferimento all'osservanza degli articoli 30 e 45-bis del codice della navigazione che, risulterebbero esseri stati disapplicati;
se non ritengano altresì necessario, in considerazione della molteplicità dei rilievi critici esposti nella premessa, accertare le motivazioni per le quali gli organi dello Stato abbiano espresso valutazioni favorevoli nell'ambito della conferenza di servizi, per l'affidamento alla società Promomar dei servizi da essa proposti, in considerazione del fatto che il successivo rilascio di una proroga concessoria per ulteriori quarant'anni a costo zero potrebbe, a giudizio degli interpellanti, aver configurato un danno per le casse dello Stato.
(2-00815) «Faenzi, Palese».
Interrogazione a risposta in Commissione:
LAURICELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il Governo con legge di stabilità per il 2014 (tabella E) ha stanziato risorse economiche e sbloccato somme per un valore di 350 milioni di euro (risorse interamente derivanti, appunto, dalla legge di stabilità) per n. 193 interventi, finalizzati alla manutenzione della rete stradale ovvero al recupero strutturale di ponti viadotti e gallerie di importanza strategica come da convenzione del secondo «Programma di manutenzione straordinaria di ponti, gallerie e interventi mirati alla sicurezza del piano viabile»;
il Governo con il decreto-legge n. 133 del 2014 «sblocca Italia» ha disposto il finanziamento di 3,9 miliardi per l'accelerazione di una serie di cantieri di grandi opere, le deroghe per gli appalti sottosoglia legati per difesa del suolo, scuole, antisismica e beni culturali oltre ad assegnare ulteriori somme all'Anas per il completamento dell'intervento «Itinerario Agrigento-Caltanissetta-A19 — Adeguamento a quattro corsie della strada statale 640 tra i chilometri 9+800 e 44+400», le somme di cui alla tabella «Integrazioni e completamenti di lavori in corso» del Contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ANAS S.p.A. relativo all'anno 2013, pari a 3 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Contratto di programma 2013 e a 42,5 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Contratto di programma 2012;
nella maggior parte dei casi molte opere sono state ultimate dopo anni dall'inizio dei lavori, a causa anche delle varianti che vengono apportate ai progetti spesso incomprensibili in quanto i progetti sono sottoposti a validazione e che pertanto se, si esclude l'errore progettuale, l'unica causa resta l'imprevisto geologico pur sempre da verificare compiutamente oltre a determinare un aumento dei costi delle stesse quasi sempre a carico della collettività;
si rileva, inoltre, dai dati censiti dagli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativamente al 2013 emerge molte opere successivamente all'ultimazione, manifestano difetti di esecuzione dell'opera senza che le imprese appaltatrici vengano chiamate a risponderne;
in data 23 dicembre 2014 l'Anas (in assenza del certificato di collaudo) in presenza di un semplice certificato di agibilità ha disposto l'apertura della variante di «Scorciavacche», che permette il collegamento e l'ammodernamento dell'itinerario Palermo-Lercara Friddi;
in data 1o gennaio 2015 un tratto della strada statale 121 in prossimità del viadotto «Scorciavacche», compreso tra il chilometro 14+400 e il chilometro 48+000 è crollato, per avvenuto cedimento del terreno di fondazione nonostante accurate campagne di indagini in sede di progetto originario che per quanto è dato sapere prevedeva una campata di viadotto anziché il rilevato crollato;
il tratto di strada crollato rientra nel progetto esecutivo «realizzazione lavori di adeguamento a quattro corsie della strada statale 640 “di Porto Empedocle” – Itinerario Agrigento-Caltanissetta dal chilometro 44+000 al chilometro 74+300, svincolo A19 denominato “lotto 2”», approvato dall'Anas. L'importo del contratto è di oltre 295 milioni di euro e il costo dell'opera crollata ammonterebbe a circa 13 milioni di euro. Il contratto prevedeva la consegna dell'opera entro marzo 2015 ed i lavori sono stati appaltati al consorzio «Bolognetta scpa», costituito da Cmc di Ravenna, Tecnis di Catania e Ccc di Bologna;
già in passato si sono verificate modifiche per quanto riguarda l'assegnazione delle gare d'appalto come nel caso della dorsale Nord-Sud della Sicilia Santo Stefano Camastra-Gela (arteria di vitale importanza) il cui iter dei lavori è ancora senza una data certa di ultimazione per il susseguirsi di diverse aggiudicazioni in presenza del fallimento di alcune imprese ed in particolare per l'intervento che riguarda il tratto compreso tra il chilometro 38,700 e il chilometro 42,600 della strada statale 117 «Centrale Sicula», in corrispondenza dello svincolo con la statale 120 e lo svincolo di Nicosia Nord, ricadente nei territori comunali di Cerami e Nicosia, in provincia di Enna;
i suddetti lavori prevedono un investimento complessivo pari a oltre 96 milioni di euro per il quale solo da poco tempo è stato mandato in gara l'appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione lavori e che il progetto si è reso necessario per il riappalto dei lavori incompiuti in seguito alla risoluzione dei contratti di appalto dei lotti B5 e B5 stralcio e, al tempo stesso, per adeguare i contenuti del progetto alle normative e ai regolamenti intervenuti nel lungo lasso di tempo;
l'intervento riveste notevole importanza poiché è ubicato fra il lotto B6 (lato Nicosia), già ammodernato ed in esercizio da anni, ed i lotti B4/b e B4/a (lato Mistretta) in corso di realizzazione;
il nuovo tracciato si estenderà per quasi 4 chilometri, con la realizzazione di due viadotti, di tre gallerie artificiali e di un nuovo svincolo per l'abitato di Cerami;
in merito al completamento dell’«Itinerario Agrigento-Caltanissetta-A19-1o lotto» anzi citato stato, appaltato al raggruppamento di imprese (CMC e CCC, più noto come Società Empedocle scpa) per circa 377 milioni di euro (oltre ad una perizia di variante di 47 milioni di euro), è stata emanata una delibera della Autorità nazionale anticorruzione del 10 settembre 2014 a firma del presidente Raffaele Cantone nella quale si contesta all'Anas il mancato controllo sulle opere realizzate, la mancata applicazione delle clausole contrattuali ed il mancato rispetto dei regolamenti in materia di opere pubbliche con riferimento al premio di incentivazione unitamente ad uno spreco di risorse economiche causa «riserve presentate dall'impresa» non adeguatamente valutate dalla stazione appaltante;
lo stesso raggruppamento di imprese Società Empedocle è in ritardo di quasi due anni (oltre la proroga di un anno già accordata dall'Anas) nella ultimazione dei lavori «Itinerario AgrigentoCaltanissetta-A19 — Adeguamento a quattro corsie della strada statale 640 tra i chilometri 9+800 e 44+400 – Io lotto» e considerato che l'ente appaltante non sembra aver applicato le relative penali mentre procede al riconoscimento di riserve ammontanti a circa 50 milioni di euro;
il collasso strutturale del Viadotto Petrulla della strada statale n. 626, seguito dal collasso della sede stradale di approccio al viadotto Scorciavacche della strada statale 121 dell’«Itinerario Agrigento-Caltanissetta-A19-2°lotto», ed in ultimo il collasso della sede al chilometro 18+000 della dell’«Itinerario Agrigento-Caltanissetta-A19-1°lotto e costituiscono un quadro estremante critico imputabile all'Anas per il mancato controllo nella gestione della realizzazione di opere viarie aggravato da tempi e costi incerti;
quanto esposto rappresenta una evidente criticità nell'ambito della realizzazione di importanti opere infrastrutturali;
a parere degli interroganti è, pertanto, necessario appurare le responsabilità in capo a tutti gli attori intervenuti nella realizzazione dei lavori del tratto della strada statale 121 in prossimità del viadotto «Scorciavacche» oltre ad effettuare una ricognizione sull'effettivo stato di avanzamento dei lavori pubblici gestiti, almeno in Sicilia, dalle imprese costituenti i Consorzi Società Empedocle scpa e Società Empedocle2 scpa –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e se intenda verificare il cronoprogramma di avanzamento lavori delle suddette infrastrutture, unitamente a controlli di natura tecnico-progettuale considerate le indagini avviate dalla procura della Repubblica di Termini Imerese;
se intenda verificare l'attività svolta ed in corso di svolgimento da parte delle imprese costituenti il consorzio «Bolognetta scpa» per le quali non siano ancora diventati definitivi gli atti di collaudo ed in particolare l'attività del consorzio Empedocle2 S.c.p.a. con sede in Ravenna costituito dalle stesse imprese nella qualità di contraente generale dell'attività «realizzazione lavori di adeguamento a quattro corsie della strada statale 640 “di Porto Empedocle” – Itinerario Agrigento-Caltanissetta dal chilometro 44+000 al chilometro 74+300, svincolo A19» oltre a quella della Società Empedocle scpa relativamente al primo lotto e non ancora ultimati;
se non intenda altresì appurare eventuali responsabilità da parte dell'Anas;
quali provvedimenti intenda assumere per esercitare un controllo puntuale nell'esecuzione dell'attività di progettazione, direzione lavori, appalto e collaudo dei lavori oltre alle procedure autorizzative ed approvative in capo all'Anas verificando al contempo il rispetto della normativa in materia di rotazione degli incarichi come previsto dal decreto ministeriale n. 84 del 2008 e dalla legge n. 190 del 2012 (norme anticorruzione) dei futuri lavori, anche al fine di evitare ulteriori sprechi di risorse e di finanziamenti pubblici anche alla luce di quanto rilevato dalla delibera della Autorità nazionale anticorruzione del 10 settembre 2014 in riferimento all'Anas spa;
quali iniziative anche normative intenda, eventualmente, assumere con riferimento alla redazione di varianti di progetto «senza aumento di spesa» e che prevedono oggettivi vantaggi per le aziende appaltatrici. (5-04501)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
annualmente vengono messi a concorso dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco centinaia di posti per il ruolo di ispettori (capo reparto e capo squadra);
la legge n. 131 del 2012 ha stabilito, con una norma transitoria ed eccezionale, tanto eccezionale che si è ulteriormente prorogato il termine fino al 2014, che per l'assegnazione dei cosiddetti posti di «risulta» derivanti dalla procedura concorsuale a capo reparto con decorrenza giuridica 1o gennaio 2007, si utilizzasse il personale di «risulta» al primo concorso semplificato per capo squadra, cioè quello con decorrenza al 1o gennaio 2009, dimenticando quello del concorso per capo squadra del 2008;
su questa materia, l'interrogante ha presentato interrogazioni ed un ordine del giorno nella scorsa legislatura e nell'attuale;
l'atto di sindacato ispettivo (4-01560) ha avuto risposta il 20 febbraio 2014 dal sottosegretario Bocci e l'ordine del giorno (9/5369/2) è stato accolto nella seduta del 31 luglio 2012;
a dispetto di quanto riferito dal Governo in merito ai due atti citati, ancora nulla è stato fatto per sanare questa evidente ingiustizia legislativa compiuta nel 2012 a danno di una consistente parte di lavoratori di una categoria tra le più importanti e benvolute dalla cittadinanza;
tra pochi giorni dovrebbe iniziare il corso per 334 ispettori che creerà inevitabilmente delle risulte a capo squadra e che potrebbero essere conferite, a giudizio dell'interrogante, agli idonei caposquadra 40 per cento decorrenza 1o gennaio 2008 –:
quali iniziative o provvedimenti intenda assumere il Ministro interrogato al fine di superare tale incresciosa situazione e di rassicurare gli idonei al concorso capo squadra «quota 40 per cento 1o gennaio 2008» ingiustamente esclusi a favore dei capi squadra 1o gennaio 2009, a favore dei quali sono stati conferiti i posti di «risulta» del concorso capo reparto 1o gennaio 2007. (4-07570)
PRATAVIERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in seguito agli attentati jihadisti verificatesi a Parigi tra il 7 e l'8 gennaio 2015, anche la prefettura di Venezia ha provveduto ad adeguare la protezione dei cosiddetti siti sensibili al nuovo livello percepito della minaccia;
in questo contesto, sono stati giudicati bersagli potenziali da sottoporre a speciali misure di tutela l'area circostante la Basilica di San Marco, il ghetto ebraico, il consolato francese presente in città e l'aeroporto di Tessera, o Marco Polo, che è il terzo scalo aeroportuale del Paese relativamente al traffico di passeggeri;
le denunce dei sindacati della Polizia di Stato, ed in particolare quelle fatte, su svariate problematiche legate alla sicurezza, dalla segreteria provinciale dell'UGL Polizia di Stato di Venezia, la quale ha evidenziato come il personale della Polaria in servizio presso l'aeroporto Marco Polo di Venezia e i problemi legati alla sicurezza dello scalo continuino a non essere considerati adeguatamente da parte dei vertici del Ministero dell'interno;
presso la polizia di frontiera aerea di Venezia sarebbe prevista la presenza della cosiddetta «Squadra Laser» utilizzata durante la partenza e l'arrivo dei voli «sensibili» provenienti dai Balcani, da Israele, dal Qatar, da Londra, dalla Francia, dagli Stati Uniti e dal Marocco; squadra che sarebbe composta da 23 poliziotti perfettamente addestrati, i quali, a causa della cronica carenza di personale vengono impiegati nelle normali attività di controllo di frontiera;
negli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Malpensa, la squadra in questione è attualmente e giustamente impiegata al fine di prevenire e reprimere eventuali attacchi terroristi;
sempre a causa dell'ingiustificata mancanza di attenzione da parte del dipartimento della P.S., presso lo scalo di Tessera vengono impiegati impropriamente degli assistenti capo con mansioni di capo turno sicurezza e frontiera, ruolo questo che dovrebbe essere ricoperto da personale avente la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, come previsto anche dal piano di sicurezza aeroportuale «Leonardo da Vinci»; di fatto a causa della mancanza di personale con la qualifica superiore, un assistente capo si trova nelle ore serali e/o notturne, in caso di emergenza a dover coordinare più forze di polizia presenti all'interno dello scalo unitamente al personale di vigilanza privata della società che gestisce lo scalo per un totale di circa 80/95 unità;
mancano, nei locali della polizia di Stato situati nel territorio veneziano, protezioni come i metal detector da posizionare agli ingressi degli uffici di polizia che sarebbero particolarmente importanti nelle sedi che ospitano in primis gli uffici immigrazione;
come a Venezia si stia ancora attendendo l'ok da parte del dipartimento della P.S. alla costruzione della nuova questura di Venezia benché esista già un progetto fatto a seguito di un bando pubblicato dalla prefettura di Venezia;
il Ministero dell'interno sta studiando da tempo la chiusura secondo l'interrogante indiscriminata di oltre 260 presidi di polizia sparsi sul territorio nazionale, tra cui la sede del distaccamento della polizia stradale di Portogruaro –:
quali motivi abbiano finora impedito di attivare la «squadra laser» presso l'aeroporto Marco Polo di Tessera e come intenda risolvere tale problematica al fine di elevare gli standard di sicurezza dello scalo veneziano;
come il Governo intenda risolvere la grave questione relativa all'impiego degli assistenti capo con funzioni di capo turno sicurezza e frontiera, cosa non prevista dai piani antiterrorismo aeroportuali;
cosa si attenda a dotare di adeguate difese passive le sedi della polizia, in particolare quelle che ospitano gli uffici immigrazione e a che punto si trovi l’iter per la costruzione della nuova questura di Venezia. (4-07573)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARZANA, LUIGI GALLO, BATTELLI, SIMONE VALENTE, BRESCIA, D'UVA, VACCA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
sin dagli inizi dell'anno 2000 si è diffusa e poi sempre più consolidata una politica di «esternalizzazione» dei servizi nella pubblica amministrazione;
in particolare, per quanto riguarda le istituzioni scolastiche, tale politica si è basata sulle convenzioni stipulate con la Consip: tuttavia tali convenzioni che avrebbero dovuto garantire qualità del servizio erogato, affidabilità e risparmio, in realtà hanno presentato notevoli criticità sia sul versante occupazionale del personale delle imprese di pulizia (ex LSU ed appartenenti ai cosiddetti appalti storici), sia sulla qualità dei servizi di pulizia delle scuole interessate, sia sotto il profilo dei costi per il bilancio dello Stato;
tra l'altro, negli ultimi anni i fondi per garantire la stipula di tali convenzioni sono passati da oltre 550 milioni a 390 milioni di euro; questa riduzione ha pesantemente inciso sul reddito già esiguo dei circa 24.000 lavoratrici e lavoratori ex lsu e cosiddetti appalti storici oggi occupati in queste realtà, tra l'altro si è già dovuto ricorrere in modo sostanzioso al loro sostegno attraverso l'attivazione di ammortizzatori sociali;
con la legge di stabilità 2014, all'articolo 1, comma 748, si sono prorogati al 28 febbraio 2014 la conclusione dei contratti delle ditte esterne che si occupano di pulizie presso la scuola pubblica; lo stesso comma ha previsto l'attivazione di un tavolo interministeriale tra i dicasteri competenti;
il 28 febbraio 2014 è scaduta la proroga prevista dalla legge di stabilità 2014 per i servizi di pulizia in appalto cosicché, con decreto-legge n. 16 del 6 marzo 2014, il Governo ha poi disposto per le regioni in cui è attiva la convenzione Consip per i servizi di pulizia e ausiliari l'incremento del limite di spesa di cui all'articolo 68, comma 5, del decreto-legge n. 69 del 2013, per l'acquisto di ulteriori servizi per il mese di marzo;
per i territori, Campania e Sicilia, ove la convenzione non è attiva ha disposto l'acquisto di detti servizi per il mese di marzo 2014 mediante ricorso all'impresa che li ha svolti precedentemente alle medesime condizioni economiche e tecniche;
successivamente, il 28 marzo 2014 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro, divisione VII, alla presenza del Capo di Gabinetto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti è stato sottoscritto un accordo interministeriale con le organizzazioni sindacali (CGIL, CISL UIL, unitamente alle organizzazioni sindacali di categoria) in relazione alle problematiche occupazionali relative agli appalti di pulizia nelle scuole;
in questo accordo veniva garantito ai lavoratori e lavoratrici ex-LSU e appartenenti ai cosiddetti appalti storici, addetti allo svolgimento dei servizi di pulizia nelle scuole, la continuità occupazionale e reddituale, con lo stanziamento da parte del Governo di 450 milioni di euro per le attività di manutenzione e di decoro di oltre 4500 edifici scolastici su tutto il territorio nazionale;
nel suddetto accordo, inoltre, si demandava al Ministro dell'istruzione, università e ricerca l'individuazione con procedure certe degli istituti scolastici capofila per l'acquisto di nuovi servizi di pulizia e manutenzione a decorrere dal 1o luglio 2014 per un importo complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2014 e di 300 milioni per l'anno successivo ed i primi mesi del 2016 e si impegnava il Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'attivazione di percorsi di formazione e di riqualificazione professionale;
in questi mesi la CONSIP ha provveduto all'aggiudicazione degli appalti per garantire la continuità dei servizi di pulizia e manutenzione, fatta eccezione per le regioni Sicilia e Campania dove si è chiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri di procedere con apposito decreto legge;
in data 6 giugno 2014, presso la sede del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si è tenuto il secondo programmato incontro previsto dall'accordo del 28 marzo 2014 in merito alle problematiche occupazionali relative agli appalti di pulizia nelle scuole ed agli interventi per il mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili sedi delle istituzioni scolastiche. Presenti, tra gli altri, il Sottosegretario Roberto Reggi e il dottore Paolo Onelli, i soggetti aggiudicatari dei lotti della convenzione-quadro Consip e le varie sigle sindacali di categoria durante il quale si è proceduto a definire la distribuzione delle risorse, ad avviarne il monitoraggio con il coinvolgimento dei vari uffici scolastici regionali e per le regioni Campania e Sicilia in attuazione al teso coordinato del decreto legge n. 58 del 7 aprile 2014 pubblicato sulla gazzetta ufficiale il 7 giugno 2014 si è proceduto ad una ulteriore proroga, così come disposto: «(...) nelle regioni ove non è ancora attiva la convenzione-quadro Consip per l'affidamento dei servizi di pulizia e altri servizi ausiliari, dal 1° aprile 2014 e comunque fino a non oltre il 31 dicembre 2014, le istituzioni scolastiche ed educative provvedono all'acquisto dei servizi di pulizia ed ausiliari dei medesimi raggruppamenti e imprese che li assicurano alla data del 31 marzo 2014»;
ebbene, nonostante i provvedimenti di legge e gli accordi in sede governativa, diversi ordinativi per lo svolgimento delle attività finalizzate al ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici non sono giunti alle aziende appaltatrici di tali servizi; conseguentemente, preso atto della sospensione dei servizi di pulizia e in assenza di ordinativi finalizzati a tali servizi, molti lavoratori sono stati esonerati dal prestare l'attività lavorativa;
si stanno determinando le condizioni per l'avvio delle procedure di licenziamento collettivo, da parte delle imprese che gestiscono attualmente i servizi, fin dai primissimi giorni di luglio 2014; mentre in altri casi, i tagli stanno determinando decurtazioni di ore e salari con lo scivolamento dei lavoratori sotto la soglia di povertà;
non tutti i dirigenti scolastici hanno sottoscritto i contratti di servizio con l'azienda appaltatrice, mentre il ruolo degli uffici scolastici regionali, individuati come i soggetti incaricati a sensibilizzare e sollecitare i dirigenti scolastici al fine di velocizzare le procedure di sottoscrizione dei suddetti contratti con l'azienda appaltatrice, si è rivelato, visti i risultati, poco incisivo;
tali scelte organizzative rappresentano un peso davvero eccessivo per dei lavoratori che, è bene ribadirlo, a fronte di un salario già misero, in molti casi unica fonte di reddito familiare, sono addirittura costretti a rimanere a casa a causa del mancato attivismo dei dirigenti scolastici –:
se il Ministro dell'istruzione, università e ricerca abbia proceduto con l'individuazione degli istituti scolastici capofila per l'acquisto di nuovi servizi di pulizia e manutenzione e se non ritenga di dare pubblicità all'elenco;
quali iniziative il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda assumere al fine di velocizzare le procedure di sottoscrizione dei contratti con l'azienda appaltatrice da parte dei dirigenti scolastici così da garantire la continuità occupazionale e la tenuta del reddito dei lavoratori occupati;
quali iniziative il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda assumere al fine di garantire l'effettiva attuazione dell'accordo nella parte che riguarda l'impegno per la formazione professionale e l'utilizzo produttivo dei lavoratori;
se si intenda gradualmente eliminare il ricorso alle esternalizzazioni puntando al contrario all'internalizzazione dei servizi di pulizia degli istituti scolastici pubblici. (5-04502)
Interrogazione a risposta scritta:
CHIMIENTI, VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, BRESCIA, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO e D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto previsto dalle linee guida del dossier «La Buona Scuola», presentato il 3 settembre 2014 dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, si dovrebbe assistere nel 2015 a un piano di assunzioni che consentirebbe la stabilizzazione di circa 150 mila precari della scuola italiana;
uno degli obblighi a cui i candidati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie del concorso 2012 dovranno sottostare è quello della mobilità geografica, cioè la possibilità di essere assunti in una provincia della stessa regione o anche di una regione differente da quella di residenza;
durante il mese di dicembre 2014 avrebbe dovuto essere avviato da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il censimento dei docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento, i quali saranno chiamati a esprimere la propria disponibilità all'assunzione con contratto a tempo indeterminato sulla base appena specificata;
allo stato attuale, i docenti in attesa dell'immissione in ruolo hanno già aggiornato le graduatorie scegliendo, per avere maggiori possibilità di occupazione, una provincia spesso anche molto lontana da quella di residenza;
con l'immissione in ruolo si paventa la possibilità di essere obbligati a restare nella provincia scelta anche per diversi anni –:
se il Ministro interrogato intenda consentire ai futuri docenti una scelta più oculata della provincia in cui essere immessi in ruolo;
se il Ministro interrogato abbia valutato la possibilità di riaprire le graduatorie per poter permettere ai docenti di effettuare un aggiornamento nella scelta delle province, come spiegato in premessa, in modo da consentire un avvicinamento alla provincia di residenza e ridurre di conseguenza i sacrifici e i costi a carico dei docenti stessi. (4-07567)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
ANZALDI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
con l'ordine del giorno n. 9/02679-bis-B/120 presentato dall'interrogante nella seduta n. 356, della Camera dei deputati del 22 dicembre 2014 ed accolto dal Governo si impegnava l'Esecutivo ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, entro 30 giorni dalla pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale, della legge di stabilità per il 2015, un tavolo istituzionale di confronto con le parti interessate al fine di verificare la possibilità di modificare il citato regolamento 1169/2011 con l'obiettivo, in riferimento alle etichettature dei prodotti, di tutelare la trasparenza e la qualità nell'interesse dei consumatori e del made in Italy;
la legge n. 190 del 2014 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in data 29 dicembre 2014 e quindi alla scadenza dei trenta giorni mancano circa due settimane;
ad oggi non risultano ancora essere stati adottati provvedimenti nella direzione di tutelare nell'interesse dei cittadini/consumatori la trasparenza e la tracciabilità dei prodotti;
alcuni importanti gruppi operanti nella grande distribuzione stanno promuovendo autonomamente iniziative e pubblicità rivolte alla pubblica opinione al fine di garantire la qualità dei prodotti messi in commercio –:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare con la massima urgenza, ed in ottemperanza ad un preciso impegno assunto in Parlamento affinché si giunga ad una modifica del regolamento 1169/2011, continuando comunque a tutelare tracciabilità e trasparenza in difesa dei consumatori e della qualità dei prodotti, in particolare per il made in Italy, che vengono messi in commercio. (5-04500)
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Rondini n. 1-00703, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 363 del 15 gennaio 2015.
La Camera
premesso che:
secondo il Ministero della salute per ludopatia (o gioco d'azzardo patologico) si intende l'incapacità di resistere all'impulso di giocare d'azzardo o fare scommesse, nonostante l'individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze. Per continuare a dedicarsi al gioco d'azzardo e alle scommesse, chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. Questa patologia condivide alcuni tratti del disturbo ossessivo compulsivo, ma rappresenta un'entità a sé;
il gioco d'azzardo patologico è una delle prime forme di «dipendenza senza droga» studiate che ha ben presto attratto l'interesse della psicologia e della psichiatria, ma anche dei mezzi di comunicazione di massa, degli scrittori e dei registi, al punto che si continua spesso a riparlarne in relazione alle sue conseguenze piuttosto serie sulla salute ed in particolare sull'equilibrio mentale che questo tipo di problema è in grado di produrre;
per cominciare ad individuare gli indicatori della patologia da gioco, è estremamente importante chiarire innanzitutto la necessità di operare una distinzione tra giocatori d'azzardo e giocatori patologici. Per molte persone, infatti, numerosi giochi d'azzardo tra quelli elencati sono piacevoli passatempi, in taluni casi occasionali e in altri abituali, ma anche in quest'ultimo caso non significa che il gioco sia necessariamente patologico, dal momento che non è la quantità il fattore discriminante del problema. Il giocatore compulsivo, infatti, si pone lungo un continuum che conta diverse tappe dai confini spesso sfumati che vanno dal gioco occasionale, al gioco abituale, al gioco a rischio fino al gioco compulsivo. Di conseguenza, il gioco d'azzardo patologico si configura come un problema caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita;
i testi scientifici dicono come un giocatore veramente dipendente sia una persona in cui l'impulso per il gioco diviene un bisogno irrefrenabile e incontrollabile, al quale si accompagna una forte tensione emotiva ed una incapacità, parziale o totale, di ricorrere ad un pensiero riflessivo e logico;
si può parlare di una vera e propria «dipendenza dal gioco d'azzardo» se sono presenti sintomi di tolleranza, come il bisogno di aumentare la quantità di gioco, sintomi di astinenza, come malessere legato ad ansietà e irritabilità associati a problemi vegetativi o a comportamenti criminali impulsivi e sintomi di perdita di controllo manifestati attraverso incapacità di smettere di giocare. Se prevalgono altri sintomi maggiormente legati al deficit nel controllo degli impulsi, il comportamento di gioco patologico impulsivo va ricondotto soprattutto ad un problema in quest'area, senza che si possa necessariamente parlare di dipendenza;
gli operatori del settore lanciano un ulteriore allarme su quello che diventerà una ulteriore emergenza: il disagio psicologico che investe i familiari delle persone affette da ludopatia. Dagli studi tra i più colpiti risultano essere i minori che vengono travolti da una situazione che non riescono a gestire e che provoca ansie, problemi scolastici ed altre patologie;
di recente, l'articolo 5 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia;
lo Stato prevede di incassare dal settore giochi circa 35,7 miliardi di euro nel triennio 2015-2017. È quanto chiariscono le tabelle del «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017», approvato contestualmente alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Secondo le tabelle di previsione, nel 2015 dai giochi dovrebbero arrivare oltre 11,85 miliardi: 6,6 miliardi dai proventi del lotto, oltre 4,7 miliardi dai «proventi dei giochi» e 480 milioni dalle lotterie. La cifra è destinata a salire nel 2016, fino a raggiungere quota 11,88 miliardi (sempre 6,6 miliardi dal lotto, con l'aggiunta dei 484 milioni dalle lotterie e degli oltre 4,81 miliardi di proventi giochi). La cifra è ulteriormente in rialzo fino agli 11,95 miliardi nel 2017, grazie al contributo dei 6,6 miliardi del lotto, dei 4,86 miliardi di proventi dei giochi, dei 489 milioni provenienti invece dalle lotterie;
secondo i dati della guardia di finanza è di 23 miliardi di euro il valore del giro d'affari del gioco illegale in Italia nel 2013. Di questi 23 miliardi, ben 1,5 provengono direttamente dal gioco online. Il settore del gioco costituisce poco più del 13 per cento del giro d'affari complessivo dell'economia illegale, valutato a circa 175 miliardi di euro per l'anno appena concluso;
nel 2013 la Guardia di finanza ha effettuato complessivamente 9.471 interventi, nel settore del monopolio del gioco e delle scommesse: di questi, 3.425 sono stati scoperti irregolari. 3.545 sono le violazioni riscontrate, 10.171 i soggetti verbalizzati. Sono stati sottoposti a controllo 2.035 punti di raccolta scommesse clandestini, collegati a bookmaker privi di concessione in Italia (in crescita del 30 per cento rispetto al 2012); sono stati rilevati 6,6 milioni di imposta unica inevasa e sono state sequestrate somme per un totale di 860 mila euro. Risultano essere 1.918 gli apparecchi di gioco non conformi sequestrati – il 25 per cento in meno rispetto all'anno precedente. La crescita più significativa si osserva però nel sequestro di locali per la raccolta di scommesse senza la concessione ministeriale: sono 557 i punti sequestrati, con un aumento del 240 per cento rispetto all'anno precedente;
un problema di fondo continua ad essere eluso. Non si tratta di decidere se sia giusto o meno, ad esempio, stanziare 50 milioni di euro per la lotta alla ludopatia, ossia alla mania del gioco d'azzardo. Bisogna al contrario capire se le strutture pubbliche che ci sono davvero capaci di fare qualcosa per combattere questo brutto vizio, oppure no. Solo così si può evitare di sprecare denaro;
tra le misure inserite nella legge di stabilità 2015 in materia di gioco, si prevedono anche misure di contrasto alla ludopatia e, in dettaglio che, «nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, quello relativo all'attuazione del Patto per la salute 2014-2016, a decorrere dal 2015 una quota pari a 50 milioni di euro è annualmente destinata alla cura delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo». Alla ripartizione dell'importo si provvede annualmente all'atto di assegnazione delle risorse spettanti alle regioni e province autonome a titolo di finanziamento del fabbisogno sanitario standard regionale,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per sancire il divieto della pubblicità del gioco d'azzardo che rappresenterebbe un reale contrasto alla ludopatia, destinando i fondi che lo Stato ora chiede ai concessionari del settore alla pubblicità, alla cura e alla prevenzione delle patologie derivati dal gioco;
ad assumere iniziative per modificare la legislazione vigente in modo che venga dato ai sindaci e alle giunte comunali un reale potere di controllo sulla diffusione e sull'utilizzo degli strumenti di gioco sul proprio territorio;
ad intensificare i controlli contro il gioco clandestino, al fine di contrastare l'attività della criminalità che si è inserita nel settore, recuperando parte delle risorse che sfuggono all'erario e a destinare le medesime alla lotta alle ludopatie, restituendo la quota di 50 milioni di euro al finanziamento del Servizio sanitario nazionale;
a promuovere protocolli precisi e stringenti che disciplinino le procedure di intervento per chi si occuperà del sostegno e del recupero sia dei soggetti affetti da ludopatie sia dei loro familiari al fine di evitare abusi e illeciti.
(1-00703)
(Nuova formulazione) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Simonetti».
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Faenzi n. 2-00512 del 18 aprile 2014;
interpellanza urgente Faenzi n. 2-00796 del 5 gennaio 2015.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Marzana e altri n. 3-00425 del 7 novembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07575;
interrogazione a risposta scritta Marzana e altri n. 4-06106 del 23 settembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04502;
interrogazione a risposta scritta Nesci e altri n. 4-07023 del 25 novembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04504.