Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 20 gennaio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    ogni anno in Italia circa 60 mila persone perdono la vita per arresto cardiocircolatorio, compresi adolescenti e bambini. Senza un trattamento d'urgenza solo il 10 per cento dei colpiti sopravvive a una fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare. Nonostante ciò, laddove sono stati implementati programmi sull'uso del defibrillatore compresi corsi di formazione di primo soccorso, le percentuali di sopravvivenza possono superare il 50 per cento, le percentuali possono ulteriormente aumentare se si interviene entro i tre minuti dall'evento;
   in situazioni d'emergenza l'utilizzo di un defibrillatore automatico capace di generare uno «shock elettrico» può ripristinare un battito cardiaco irregolare;
   tale dispositivo, infatti, se utilizzato cinque o sei minuti al massimo dal momento della perdita di conoscenza del soggetto colpito da arresto cardio-circolatorio, può evitare, oltre che la morte, anche il rischio di danni cerebrali irreversibili;
   la legge n. 120 del 3 aprile 2001 ha disciplinato l'utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambito extraospedaliero, consentendo l'utilizzo di detti strumenti a personale sanitario non medico, purché abbiano ricevuto una opportuna formazione sull'utilizzo dello strumento e sulle attività di rianimazione cardiovascolare;
   con le «linee guida per il rilascio dell'autorizzazione all'utilizzo extraospedaliero dei defibrillatori semiautomatici», pubblicato nelle Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26 marzo 2003, viene individuato, nella defibrillazione precoce, il sistema più efficace per garantire maggiori possibilità di sopravvivenza in caso di arresto cardio-circolatorio;
   l'articolo 5 del decreto del Ministero della salute 24 aprile 2013, recante «Linee guida sulla dotazione e l'utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita», nel riaffermare l'importanza della salvaguardia della salute dei cittadini che praticano sport a livello non agonistico o amatoriale, obbliga tutte le società e associazioni sportive di dotarsi di un defibrillatore (comma 3), prevedendo la facoltà di associarsi per dotazione ed uso, ma non prevedendo obblighi di nessuna natura per i proprietari e i gestori degli impianti sportivi, disposizione questa che carica sulle ASD, in larghissima percentuale costituite da poche decine di soci volontari, un grave peso economico e di responsabilità che andrebbe in altro modo ripartito;
   i danni prodotti dal mancato utilizzo di questo strumento all'interno degli edifici pubblici, quali ad esempio le scuole e le università, si è reso purtroppo tragicamente evidente con la morte di uno studente diciannovenne di Caserta che ha perso la vita all'interno della facoltà d'ingegneria, dell'Università Federico II, stroncato da un infarto mentre affrontava un esame, senza gli opportuni e immediati soccorsi, in conseguenza della mancanza di un defibrillatore nella facoltà;
   viceversa il 29 agosto 2013 nel quartiere Lama a Taranto una donna di 33 anni, mamma di un bimbo di un anno e mezzo è stata salvata grazie al tempestivo intervento del 118, che, con l'ausilio del defibrillatore ha recuperato una fibrillazione ventricolare;
   considerata ed evidenziata l'importanza di questo strumento, sarebbe auspicabile la presenza di almeno un defibrillatore automatico all'interno di ogni edificio pubblico (scuole, università, istituti di pena, municipi) e in tutti quei luoghi, dove vi è una grossa affluenza di persone, nonché nei condomini con minimo 8 unità immobiliari. Tutto ciò potrà ovviamente ridurre interventi disperati che il servizio 118 è costretto a compiere, in un contesto caotico come quello che viviamo nelle città italiane, nell'arco di 5, massimo 10 minuti, compreso l'intervento sul paziente,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a promuovere l'effettiva dotazione obbligatoria di defibrillatori automatici nelle scuole, nelle università, nei municipi, mezzi pubblici ad alta percorrenza nelle strutture commerciali e ricreative (cinema, teatri, discoteche), nonché condomini e quartieri isolati, coinvolgendo, a livello normativo e formativo, i 118 locali in quanto enti abilitati al rilascio degli attestati.
(1-00717) «Petraroli, Di Battista, Dieni, Bonafede, Businarolo, Grillo, Silvia Giordano, Sorial, Alberti, Pesco, Baroni, D'Ambrosio, Colletti, Fraccaro, Ciprini, Rizzetto, Agostinelli, Di Vita, Sibilia, Basilio, Corda, Rizzo, Villarosa, Luigi Di Maio, Fantinati, Castelli, De Lorenzis, Dell'Orco, Paolo Nicolò Romano, Liuzzi, Carinelli, Spadoni, Scagliusi, Daga, Zolezzi, Tofalo, Terzoni, Spessotto, Vacca, Brescia, Di Benedetto, Nicola Bianchi, Lombardi, Vignaroli, De Rosa, Cecconi, Ruocco, Gagnarli, Chimienti, Cominardi, Sarti, Fico, Crippa».

Risoluzione in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    come già richiamato nell'interpellanza urgente 2-00786, presentata dai deputati Valeria Valente, Carloni e Cinzia Maria Fontana e svolta nella seduta dell'Assemblea della Camera del 19 dicembre 2012, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 1998, adottato in attuazione della legge n. 481/1995, recante norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità ha individuato nella città di Napoli la sede dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM);
    l'articolo 22 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni dalla legge n. 114 del 2014, è intervenuto in materia di razionalizzazione dell'attività delle autorità indipendenti, prevedendo tra l'altro, nel testo iniziale, che entro il 30 settembre 2014 il Ministero dell'economia e delle finanze individuasse uno o più edifici contigui da adibire a sede comune di diverse autorità indipendenti, tra le quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
    la disposizione, prefigurando una sede comune per diverse autorità indipendenti, aveva suscitato numerose preoccupazioni in ordine alle conseguenze che ciò avrebbe comportato sull'operatività delle Autorità che hanno sede in città diverse da Roma, quali l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico e l'Autorità di regolazione dei trasporti;
    nel corso della conversione del decreto la citata disposizione è stata riformulata nel senso di prevedere che le autorità indipendenti, ivi compresa l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, gestiscano i propri servizi logistici nel rispetto di una serie di criteri volti ad una loro razionalizzazione;
    in particolare, viene richiesto che le autorità indipendenti individuino la loro sede in un edificio di proprietà pubblica o in uso gratuito ovvero in locazione a condizioni più favorevoli rispetto a quelle degli edifici demaniali disponibili; concentrino gli uffici nella sede principale, salvo che per oggettive esigenze di diversa collocazione; abbiano una spesa complessiva per sedi secondarie, rappresentanza, trasferte e missioni non superiore al 20 per cento della spesa complessiva; garantiscano, infine, una presenza effettiva del personale nella sede principale non inferiore al 70 per cento del totale su base annuale;
    nel citato articolo 22 è stato, inoltre inserito un comma aggiuntivo con cui si prevede che le diverse autorità garantiscano il rispetto dei criteri entro un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione e quindi entro l'11 agosto 2015;
    appare chiaro che l'intenzione del legislatore, nel modificare, in sede di conversione, il testo dell'articolo 22 del decreto-legge n. 90 del 2014, è stata quella di mantenere la sede delle Autorità indipendenti nelle città in cui tale sede è stata individuata e di richiedere, per condivisibili esigenze di razionalizzazione, il potenziamento della sede principale, contestualmente alla riduzione delle dimensioni delle sedi secondarie e al contenimento delle relative spese;
    per quanto riguarda in modo specifico l'AGCOM si è invece assistito negli scorsi anni ad un progressivo ampliamento della sede secondaria di Roma, sia per quanto concerne il numero del personale in essa operante, sia per quanto riguarda la rilevanza delle attività in essa svolte, a discapito della sede principale di Napoli;
    con la citata interpellanza urgente n. 2-00786 si chiedeva pertanto al Governo:
     a) quale fosse lo stato di attuazione delle disposizioni del comma 9 dell'articolo 22 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, con specifico riferimento alla sede principale dell'AGCOM, nella prospettiva di garantire un potenziamento di tale sede, sia per quanto concerne il numero del personale ivi operante, sia per quanto riguarda la rilevanza delle attività in essa svolte, in conformità con i criteri dettati dalle citate disposizioni;
     b) quali informazioni il Governo avesse in ordine ad eventuali iniziative dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni finalizzate a trasferire a Roma la sede principale dell'Autorità stessa e, in tal caso, quali comportamenti intenda adottare per assicurare il mantenimento della sede principale dell'Autorità nella città di Napoli;
    in risposta all'interpellanza urgente 2-00786, il rappresentante del Governo, nella seduta dell'Assemblea della Camera del 19 dicembre 2014, ha affermato che l'Autorità, nell'ambito della sua autonomia organizzativa, ha intenzione di confermare l'attuale distribuzione del personale, per la quale il 65 per cento dei dipendenti opera nella sede di Roma e il 35 per cento nella sede di Napoli; in questo quadro, il rappresentante del Governo ha altresì prospettato l'ipotesi che l'Autorità individui la sede di Roma come sede principale, anche in relazione all'applicazione dell'articolo 22 decreto-legge n. 90/2014, mentre la sede legale verrebbe mantenuta nella città di Napoli;
    al momento dell'istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in attuazione della legge n. 481 del 1995 e della legge n. 249 del 1997, Napoli è stata individuata come la sede dell'Autorità stessa, in attuazione di una precisa volontà di distribuzione sul territorio nazionale delle Autorità, che ha trovato riscontro in analoghe scelte compiute in relazione alla sede delle altre Autorità di regolamentazione e vigilanza dei servizi di pubblica utilità; la sede dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico è stata infatti stabilita a Milano, e, più di recente, la sede dell'Autorità di regolazione dei trasporti è stata stabilita a Torino;
    la previsione di stabilire la sede dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a Napoli non consente pertanto di distinguere tra sede principale, ai sensi dell'articolo 22 del decreto-legge n. 90 del 2014, e sede legale; ciò trova conferma, tra l'altro, nel fatto che sulla base dello stesso regolamento di organizzazione e funzionamento dell'Autorità gli organi collegiali dell'Autorità medesima devono riunirsi nella sede di Napoli; d'altra parte, la sede di Roma è stata istituita come sede di rappresentanza e, successivamente, nel 2007, è stata espressamente definita come sede secondaria operativa;
    le motivazioni addotte nella risposta del rappresentante del Governo alla citata interpellanza urgente, che fanno riferimento ad uno stato di fatto di prevalenza del personale operante presso la sede di Roma e all'esigenza di evitare trasferimenti forzosi di personale da una sede all'altra, non considerano che tale stato di fatto si è venuto a create a seguito di ripetute decisioni operative assunte in contrasto rispetto al dettato normativo per cui Napoli è la sede dell'Autorità e Roma è soltanto la sede secondaria; tali motivazioni non appaiono ai firmatari del presente atto d'indirizzo pertanto in alcun modo idonee a giustificare l'ipotesi di individuare in Roma la sede principale dell'autorità;
    questa ipotesi, per altro verso, pregiudicherebbe in modo irreparabile le relazioni e le sinergie che nel corso degli anni si sono sviluppate tra l'attività dell'Autorità, da un lato, la città e il comune di Napoli, la regione Campania, l'università Federico II, gli altri centri partenopei di studi superiori, dall'altro, traducendosi in rilevanti ricadute positive, sotto il profilo sociale, economico e culturale, per tutto il territorio;
    più in generale, comprometterebbe l'obiettivo, esplicitamente dichiarato nel momento in cui Napoli è stata individuata come sede dell'Autorità, di attribuire alla città un ruolo di riferimento per lo sviluppo del Mezzogiorno in uno dei settori tecnologicamente più avanzati ed economicamente più significativi, quale è il settore delle comunicazioni;
    anche se non si intende tener conto di queste evidenti considerazioni di opportunità, l'ipotesi di qualificare la sede di Roma come sede principale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni appare in ogni caso in contrasto, per le ragioni sopra esposte, con quanto previsto dalla normativa vigente e dai conseguenti atti attuativi e risulta pertanto eccedere i poteri di autonomia organizzativa riconosciuti all'autorità stessa,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative opportune per assicurare che, in conformità con quanto disposto dalla normativa vigente e dai conseguenti atti attuativi, la sede di Napoli sia considerata, a tutti gli effetti, come sede principale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e, di conseguenza, per garantire che con riferimento a tale sede trovino attuazione le misure previste dall'articolo 22 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni dalla legge n. 114 del 2014.
(7-00575) «Carloni, Valeria Valente, Migliore, Tartaglione, Impegno, Bonavitacola, Bossa, Capozzolo, Tino Iannuzzi, Manfredi, Palma, Paris, Giorgio Piccolo, Salvatore Piccolo, Rostan, Sgambato, Valiante».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, per sapere – premesso che:
   il 30 dicembre 2014 il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si è recato in visita ufficiale in Albania nell'ambito di un incontro bilaterale. Per tale viaggio istituzionale è stato utilizzato l'Airbus A 319, IAM9002, che, di ritorno da Tirana, è atterrato all'aeroporto di Ciampino alle ore 17,25. Alle 18,01 il Presidente del Consiglio è ripartito a bordo di un Falcon 900 (IAM9002), numero di matricola MM62210, con destinazione Aosta;
   a dare per prima la notizia dell'arrivo del Premier ad Aosta è l'agenzia Ansa che subito dopo la mezzanotte, alle ore 00,30 del 31 dicembre 2014, comunica: «Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, secondo quanto si apprende, è giunto questa sera ad Aosta. Il Premier dovrebbe trascorrere con la famiglia qualche giorno di vacanza in Val D'Aosta». In mattinata, alle 08:17, la stessa Agenzia sarà più precisa specificando che Renzi «... è atterrato poco dopo le 21 all'aeroporto Corrado Gex di Aosta assieme ai suoi più stretti familiari». Due ore dopo, precisamente alle 10,18, sempre l'Ansa diffonde i primi dettagli della giornata di vacanza del Premier: «Giornata sugli sci oggi per il Premier Matteo Renzi che, con i suoi familiari, sta trascorrendo da ieri sera un breve periodo di vacanza a Courmayeur. Il presidente Renzi è uscita alla guida di un'auto alle 10 circa dalla Caserma Perenni del Centro addestramento alpino, dove risiede e si è diretto alla funivia che lo porterà sulle piste da sci della località del Monte Bianco. Ad accompagnarlo, tra gli altri, anche alcuni maestri di sci valdostani.»;
   la notizia fa immediatamente sollevare numerosi rumors. In particolare: sul vettore aereo impiegato dal Premier per raggiungere Aosta; sulla scelta dello scalo aeroportuale di Aosta, inadatto per gli atterraggi notturni, e sull'ospitalità in una Caserma degli alpini a fronte di numerose strutture alberghiere presenti nella nota località turistica. Immediate sono le reazioni politiche e dell'opinione pubblica per quella che, con il passare delle ore, comincia a delinearsi come l'ennesima riproposizione dell'italico malcostume di utilizzare voli di Stato per finalità private. Noti sono i precedenti: dall'ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che non solo risulta impegnasse regolarmente voli di Stato per andare in vacanza, anche con ospiti personali, nella sua villa in Sardegna ma addirittura talvolta assegnava ai voli effettuati dai suoi aerei ed elicotteri privati la qualifica di voli di Stato, al più sobrio ex Presidente Mario Monti che, con volo di Stato del 31esimo stormo dell'Aeronautica Militare, si recò a Milano per presenziare al compleanno di un suo caro amico e collega della Bocconi. Per non parlare dell'ex Ministro della giustizia, Clemente Mastella, che utilizzò un volo di Stato per recarsi ad assistere, in compagnia del figlio, al Gran Premio di Monza di F1, oppure dell'ex Ministro della difesa, Ignazio La Russa, che per seguire la sua squadra del cuore, l'Inter, non esitava ad utilizzare nell'arco della stessa giornata un P180 dell'Arma dei Carabinieri per recarsi a Milano e un aeromobile dell'Aeronautica Militare per ritornare a Roma. Insomma: i precedenti non mancano;
   le informazioni ed indiscrezioni ricevute dal 30 dicembre in poi, fanno ritenere, agli interroganti inoltre, che l'aereo in questione abbia fatto una sosta a Firenze e da li sia ripartito alla volta di Aosta;
   a fronte di questo possibile scenario, si è provveduto a richiedere attraverso gli enti preposti (Enac ed Enav) la documentazione necessaria a supportare tale tesi, e si è ancora in attesa di ricezione: se queste informazioni verranno confermate si può evincere che il Presidente del Consiglio non solo abbia utilizzato un volo di Stato per dirigersi ad Aosta in vacanza ma ha anche deviato il percorso previsto per fare tappa a Firenze, presumibilmente per imbarcare la famiglia;
   al divampare delle polemiche l’entourage del Presidente del Consiglio dei ministri, nella stessa giornata del 3 gennaio 2015, ultimo dei quattro giorni di vacanza, diffonde una nota ufficiale dove viene comunicato che: «Il premier Matteo Renzi ha pagato tutte le spese della vacanza sulla neve per sé e la famiglia e si è recato a Courmayeur non con il volo di Stato con cui è stato a Tirana, ma con un Falcon 900, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza che regolano i suoi spostamenti, in linea con quanto avviene per i capi di Governo di tutto il mondo». Lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri con un tweet dichiara: «gli spostamenti aerei, dormire in caserma, avere la scorta, abitare a Chigi non sono scelte ma frutto di protocolli di sicurezza.»;
   la nota ufficiale invece di dissipare le polemiche le aumenta. In primis perché, con un gioco di parole, si afferma che il Premier non ha utilizzato il volo di Stato, con cui è stato a Tirana, ma un Falcon 900 che è pur sempre un aeromobile di Stato. Anche l'inciso: «nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza che regolano i suoi spostamenti» lascia interdetti in quanto i voli di Stato sono soggetti ad una disciplina stringente fondata su criteri di economicità, opportunità e ammissibilità mentre i suddetti protocolli di sicurezza si applicano a tutte le cariche istituzionali a prescindere dal mezzo di trasporto impiegato. Risibile la chiusa «in linea con quanto avviene per i capi di governo di tutto il mondo», ad avviso degli interpellanti tipica espressione di qualunquismo italico del «così fan tutti», poiché, tranne le repubbliche delle banane e i regimi dittatoriali, in nessuna parte del mondo i Capi di Governo utilizzano aerei di Stato per andare in vacanza e nessun protocollo di sicurezza può assolutamente giustificare un utilizzo privato di aerei di Stato;
   questo uso spregiudicato dei voli di Stato da parte di esponenti del Governo del nostro Paese ad avviso degli interpellanti è frutto, oltre che di scarso senso civico, anche di una interpretazione elastica di disposizioni normative e regolamentari che, viceversa, sono molto stringenti e che vanno inquadrate tenendo conto della giurisprudenza costituzionale. Si segnala che solo recentemente, con l'articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, si è arrivati a disciplinare i voli di Stato con norme di rango primario, essendo la materia da sempre oggetto di normativa regolamentare indipendente;
   l'inserimento del suddetto articolo 3 – che limita i voli di Stato esclusivamente alle missioni istituzionali del Presidente della Repubblica, dei Presidenti di Camera e Senato, del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Corte Costituzionale, tranne eccezioni che devono essere autorizzate – trova la sua ratio nell'impedire usi inappropriati e nella razionalizzazione dei costi per ovvie ragioni di spending review;
   la direttiva di Stato del 23 settembre 2011, direttiva in materia di trasporto aereo di Stato, che sostituisce la precedente del 25 luglio 2008, «Disciplina del trasporto aereo di Stato», dispone, infatti, norme stringenti finalizzate a porre limiti all'utilizzo di tali voi di Stato visto anche i surricordati abusi. Tra i limiti previsti nella suddetta direttiva giova ricordare;
   l'articolo 2, comma 4: «Non è ammessa la concessione del trasporto aereo di Stato per le tratte sulle quali sia presente il trasporto ferroviario e tale servizio, tenuto conto delle modalità di erogazione, risulti idoneo ad assicurare il trasferimento in tempi ed orari compatibili con gli impegni istituzionali della Personalità interessata». Nello specifico caso Aosta facilmente raggiungibile tramite collegamento ferroviario e dista pochi chilometri dall'aeroporto «Sandro Pertini» di Torino Caselle, facilmente raggiungibile tramite normale volo di linea e andare a sciare tutto rappresenta tranne che un impegno istituzionale;
   l'articolo 6, comma 1: «Sono ammessi al trasporto aereo di Stato esclusivamente i soggetti destinatari del volo e i componenti della delegazione della missione istituzionale indicati nella richiesta di concessione del trasporto aereo; sono ammessi, altresì, estranei alla delegazione accreditati dall'Autorità titolare del volo in quanto funzionali allo svolgimento della missione». Nel nostro specifico caso il Premier e la sua famiglia non avevano da compiere nessuna missione istituzionale ad Aosta se non quella di recarsi a sciare a Courmayeur;
   l'articolo 7, comma 1: «Il trasporto aereo di Stato è disposto secondo criteri di economicità e di impiego razionale delle risorse, previa rigorosa valutazione dell'impossibilità, dell'inopportunità o della non convenienza dell'impiego di differenti modalità di trasporto, ovvero previa verifica delle specifiche esigenze di alta rappresentanza connesse alla natura della missione istituzionale supportata». Per il trasporto aereo della famiglia del Presidente Renzi non è stato rispettato nessuno dei suddetti «criteri di economicità e di impiego razionale delle risorse» e non vi è stata nessuna rigorosa «valutazione dell'impossibilità, dell'inopportunità o della non convenienza dell'impiego di differenti modalità di trasporto», fermo restando che andare a sciare non rappresenta nessuna missione istituzionale;
   per la nostra Costituzione il Presidente del Consiglio è un primus inter pares poiché egli non è il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l'unità, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri (articoli 92 e 95 della Costituzione), pertanto, essendo di pari rango con gli altri Ministri, allo stesso va applicata a medesima disciplina regolamentare in materia di trasporto aereo di Stato, ovvero i medesimi criteri di economicità, opportunità e ammissibilità previsti per i suoi pari grado, con la sola eccezione della esclusione dalla procedura autorizzativa, obbligatoria per tutti gli altri casi, prevista dal su ricordato articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98. Non essendo configurabile una preminenza del Presidente del Consiglio dei ministri rispetto ai Ministri, la previsione di una disciplina di favore nell'utilizzo dei voli di Stato rappresenterebbe oggetto di censura di costituzionalità, in quanto discriminatoria nei confronti degli altri Ministri suoi pari grado. Delle due l'una: o si applica al Presidente del Consiglio la stessa stringente disciplina regolamentare in materia di voli di Stato oppure si deve acconsentire a tutti i Ministri di poter andare a sciare con voli di Stato. Non esistono secondo gli interpellanti alternative possibili;
   l'aeroporto Corrado Gex di Aosta è autorizzato a rimanere aperto dall'alba al tramonto – come da certificato Enac n. 1-025/APT rilasciato, ai sensi del regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti, il 31 gennaio 2006 – e risulta che mai in passato sia stato consentito, per ovvie ragioni di sicurezza, l'atterraggio e il decollo notturno come al contrario si è verificato con il volo di Stato del Presidente del Consiglio dei ministri. In merito è stata presentata il 5 gennaio 2015 un'interrogazione alla giunta regionale della Valle d'Aosta per chiarire come questo sia stato possibile e quali oneri, anche a livello di impiego supplementare di risorse umane e strumentali, l'amministrazione regionale e il gestore aeroportuale, partecipata dalla stessa regione, si sono dovuti fare carico;
   andare in vacanza non rappresenta una missione istituzionale del Presidente del Consiglio e nemmeno ragioni di sicurezza possono giustificare un uso improprio di tale prerogativa. Etica pubblica e senso dello Stato avrebbero dovuto imporre scelte differenti e meno onerose per la collettività, specialmente in tempi di crisi economica, tagli alle forze dell'ordine e ai servizi e aumento incontrollato del debito pubblico. Al contrario tali scelte mostrano secondo gli interpellanti una cesura netta tra fatti e parole, una trasgressione evidente di norme passibili di denuncia al tribunale dei ministri e un aggravio per l'erario che è necessario quantificare –:
   se il Governo non ritenga doveroso chiarire le ragioni che hanno portato all'utilizzo di un volo di Stato per esigenze private;
   se il Governo non ritenga doveroso trasmettere al Parlamento tutta la documentazione amministrativa, tecnica e finanziaria atta a verificare la correttezza e la congruità dell’iter concessorio di tale volo di Stato e ogni atto formale adottato dal Sottosegretario di Stato delegato, dal segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri e dall'Ufficio per i voli di Stato, di Governo e umanitari atti a far luce sulla programmazione, pianificazione e organizzazione di tale volo di Stato, in particolare sulle persone effettivamente trasportate e i costi sostenuti dal bilancio dello Stato.
(2-00816) «Paolo Nicolò Romano, Luigi Di Maio, Dell'Orco, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Liuzzi, Spessotto, Del Grosso, Della Valle, Di Battista, Di Benedetto, Manlio Di Stefano, Di Vita, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Lorefice, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Pesco, Pisano, Prodani, Ruocco, Scagliusi».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   l'apposita task force composta da Paesi membri, Commissione europea e Banca europea degli investimenti ha individuati circa duemila progetti per un valore di investimenti potenziali di circa 1.300 miliardi di cui oltre 500 miliardi, secondo le stime della Commissione, potrebbero essere già realizzati nei prossimi tre anni;
   l'Italia ha presentato in tutto 98 progetti per un costo complessivo di oltre 200 miliardi di euro;
   l'elenco presentato è lontano dall'essere definitivo;
   non vi è alcuna certezza che i progetti individuati ad oggi saranno effettivamente finanziati;
   non si conosce quale procedura abbia seguito il Governo italiano per proporre questo elenco di progetti;
   risulta per gli interpellanti intollerabile l'esautoramento del Parlamento nell'individuazione di questi progetti;
   i progetti inclusi nel piano escludono totalmente a Sardegna:
    a) Torino-Lione linea ferroviaria;
    b) Trieste-Divaca linea ferroviaria;
    c) 3o Valico dei Giovi, l'aggiornamento tecnologico di Chiasso-Monza, potenziamento Strutturale Voltri-Brignole);
    d) (AV / AC Milano-Venezia Tratta 1) Treviglio-Brescia, Linea AV/AC Milano-Verona Tratta 2) Brescia-Verona-Padova, 3) TorinoPadova potenziamento Tecnologico;
    e) Tratta Milano-Padova, 4) cintura di Torino e CONNESSIONE al Collegamento Torino-Lione, 5) PRG e ACC di Lambrate, 6) Ripristino linea dei bivi 1o fase, 7) Collegamento ferroviario aeroporto di Venezia) portafoglio progetto ferroviario;
    f) (potenziamento di Linee di accesso al Brennero Tratta Fortezza-Verona, potenziamento Tecnologico e infrastrutturale del nodo di Roma) ferroviario;
    g) corridoio Napoli – Bari (1) Variante Napoli-Cancello, 2) Raddoppio Cancello-Frasso;
    h) Telesino, 3) Raddoppio Frasso Telesino-Vitulano, 4) Nodo di Bari: Bari sud-Bari C.le-Bari Torre a Mare, 5) Raddoppio Bovino-Orsara) linea ferroviaria;
    i) corridoio Messina-Catania-Palermo (1) Raddoppio Bicocca-Catenanuova, 2) Raddoppio Catenanuova-Raddusa Agira) linea ferroviaria;
    l) Corridoio Adriatico Baltico (1) potenziamento Tecnologico BolognaPadova;
    m) 1o fase, adeguamento di un modulo corridoio baltico, 2) sistemazione nodo di Udine, 3) upgrading infrastruttura Ferroviaria del porto di Trieste, 4) Nodo di Bologna Bretella AV per Venezia);
    n) Genova (1) elettrificazione banchine Genova Voltri; 2) Accesso stradale voltri Sampierdarena; 3) Treno piano Sanpierdarena; 4) Bacino Sampierdarena studi e Lavori 5) prima fase pilota LNG 6) Nuova Piattaforma ecologica 7) Terminal Ronco Canepa 8) Dragaggi);
    o) PORTS Ravenna, Trieste, Venezia;
    p) PORTS Livorno – «Europa Platform»;
    q) PORTS Gioia Tauro;
    r) PORTS Palermo;
    s) Projects ALLAIRPORTS;
    t) Milano, Venezia, Roma Fiumicino (collegamenti ferroviari);
    u) Venezia, Bologna (collegamenti ferroviari);
    v) Projects AIRPORTS Roma Fiumicino (collegamenti ferroviari);
    z) Projects AIRPORTS Catania Fontanarossa (collegamenti ferroviari);
    aa) A4 Venezia-Trieste;
    ab) Salerno-Reggio Calabria;
    ac) Orte-Mestre Ministero dei Trasporti Modernizzazione e implementazione della sicurezza Misure della sezione E45 (262 chilometri) e la nuova costruzione della sezione E55 (134 chilometri);
    ad) Regione Pedemontana Veneta – Costruzioni, Strada a pedaggio lunga 94 chilometri che collega la autostrade A4 (Brescia-Padova) e A27 (VeneziaBelluno);
    ae) Campogalliano – Sassuolo, Ministero dei Trasporti, costruzione di una strada a pedaggio (18,3 chilometri) che collega la autostrade A22 e A1 con una popolazione Sassuolo Centro (direttrice Nord-Sud) e la connessione di Rubiera centro abitato con Modena tangenziale (direttrice Est-Ovest);
   la Sardegna è l'unica Regione tagliata totalmente fuori dai progetti infrastrutturali sul piano Junker e ciò risulta di una gravità inaudita;
   si registrano, invece, a parere degli interpellanti, progetti che prevedono di finanziare abbondantemente la produzione di bioenergia, attività che gli interpellanti giudicano speculativa;
   si tratta di opere e interventi economici che potrebbero favorire, per quanto consta agli interpellanti, finanziatori delle fondazioni del Presidente del Consiglio;
   sempre per quanto consta agli interpellanti, si tratta di un piano presentato agli uffici europei senza assicurare alcuna trasparenza ed effettiva condivisione, neppure in ambito governativo;
   il piano presentato annienta in tutto e per tutto la Sardegna;
   gran parte delle opere infrastrutturali nord dell'Italia e qualcosa al sud, l'unica regione esclusa completamente è la Sardegna;
   si tratta di uno schiaffo, l'ennesimo, di un Governo incapace di qualsiasi progetto di coesione infrastrutturale, economica e strategica;
   un piano in cui è indicata la società Mossi & Ghisolfi che dovrebbe realizzare tre bioraffinerie, tra le quali una nel sud Sardegna nel Sulcis;
   un'operazione per la quale il Governo italiano chiede uno stanziamento da 900 milioni di euro;
   non si rileva nessuna procedura pubblica per individuare progetti;
   a questo progetto si affianca uno analogo della Novamont, questa volta con la «colonizzazione» del nord Sardegna posto che il piano che contempla anche il sito di Porto Torres;
   nel caso di Porto Torres si prevedono fondi per la chimica verde, finanziamenti che si dichiaravano già disponibili, ma che secondo gli interpellanti in realtà si chiedono all'Europa con uno stanziamento di un miliardo e mezzo di euro;
   si tratta di un'operazione censurabile sul piano procedurale e istituzionale ma ancora più grave su quello sostanziale;
   aver escluso la Sardegna da qualsiasi progetto infrastrutturale conferma quanto il primo firmatario della presente interpellanza aveva denunciato negli ultimi documenti economico finanziari con la chiara esclusione dell'isola dall'infrastrutturazione europea;
   un piano devastante che cancella la Sardegna dallo scenario infrastrutturale nazionale ed europeo e apre un capitolo politico rilevante senza precedenti di un Governo che non apre nemmeno uno spiraglio per la coesione e il riequilibrio insulare;
   in questo quadro, però, c'e da registrare una gravissima e rilevante riserva appuntata dall'Unione europea nel primo elenco di progetti;
   a proposito del piano della Mossi & Ghisolfi si legge che si tratta di un investimento rischioso, sia sul piano sostanziale che procedurale;
   un progetto che avrebbe una presunta copertura di un fondo finanziario texano;
   si tratta ad avviso degli interpellanti di una vera colonizzazione economica, finanziaria e ambientale che fa perseguire vecchi e fallimentari e che rende sempre più forte la connivenza tra energia e politica;
   nel piano, tra le altre cose si prevedono ingenti stanziamenti per la ripresa produttiva dell'Ilva, nemmeno un euro e nessuna menzione per le fabbriche sarde chiuse, dall'Alcoa alla Keller, dall'Ila Ottana energia;
   a parere degli interpellanti in definitiva risulta di fatto cancellata e consegnata a speculatori;
   tutto questo è inaccettabile e va contrastato in ogni modo –:
   se il Governo intenda indicare quali procedure siano state individuate per selezionare i progetti, sia quelli infrastrutturali sia quelli di natura economico/privata;
   se il Governo intenda indicare attraverso quale procedura di evidenza pubblica sono stati individuati i progetti relativi alle bioraffinerie e quali siano gli indicatori economici che consentono di individuare tale piano come fattibile viste le annotazioni dell'organismo europeo;
   se intenda modificare tale elenco e procedere ad un radicale riassetto inserendo, in modo adeguato i progetti infrastrutturali relativi alla Sardegna in grado di attivare una misurazione del divario e il suo conseguente riequilibrio;
   se intenda presentare progetti seri di riavvio degli stabilimenti Alcoa, Eurallumina, Ila, Ottana Polimeri e delle attività dismesse nelle zone industriali della Sardegna;
   se intenda ripristinare e inserire la Sardegna come piastra logistica euro-mediterranea nell'ambito dei progetti europei.
(2-00821) «Pili, Pisicchio».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di novembre 2014 alcuni organi stampa hanno riportato la notizia che l'ARPAB della regione Basilicata ha riscontrato la radioattività 9 volte superiore a quanto previsto nei limiti di legge delle acque prelevate da un'autobotte proveniente dal Centro Oli di Viggiano e diretta a Pisticci Scalo, nell'impianto di Tecnoparco, che smaltisce i reflui petroliferi dell'Eni e poi li immette attraverso un canale di scolo nel fiume Basento;
   proprio lo smaltimento dei reflui petroliferi che partono dal Cento Oli dell'Eni e giungono tramite autobotti a Tecnoparco, sono finiti nel mese di febbraio 2014 sotto la lente della procura antimafia di Potenza. «Smaltimento illecito di rifiuti» è l'ipotesi di reato, consumato, secondo gli inquirenti, per «almeno 3 anni e mezzo»;
   nei giorni scorsi i carabinieri del Noe stanno compiendo dei sopralluoghi nel comune di Montemurro centro della Val d'Agri in provincia di Potenza, per il grave inquinamento delle sorgenti in zona di estrazione del petrolio in modo da definire l'entità del grave fenomeno che ha reso inutilizzabile la sorgente La Rossa a qualche chilometro dal centro abitato. Acque maleodoranti, di colore grigio ferro, palesemente contaminate da sostanze contenenti idrocarburi che emettono il tipico odore nauseabondo del greggio appena estratto e non ancora raffinato;
   se si entra in contatto con queste acque si avvertono varie reazioni a livello di cute. Inoltre, in questi anni, una serie di foto e di riprese documentano il ripercuotersi del danno ambientale sulla salute del bestiame e sulle nascite di agnelli e capretti con serie malformazioni, addirittura privi di testa o con il corpo mutilato. Cosa mai accaduta in zona dove le acque della sorgente sono state, fino a qualche anno fa, perfettamente potabili in un ambiente integro;
   inoltre l'Associazione italiana registro tumori ha registrato che la Basilicata ha una percentuale di morti per tumore più alta della media nazionale;
   in primo piano, ritorna, prepotente, la questione del petrolio e dei danni arrecati da Eni in Basilicata. E questo proprio al culmine di un periodo che ha visto studenti in piazza e un intero popolo, quello lucano, manifestare contro il decreto-legge «sblocca Italia» e in particolare contro lo «sblocca trivelle», che consentirà di raddoppiare le estrazioni e che di fatto consegna la potestà sulle nuove concessioni petrolifere in mano allo Stato, scavalcando il «volere» dei territori –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza intendano adottare, per il tramite dell'Istituto superiore di sanità e dell'Istituto superiore per la ricerca e lo studio ambientale, al fine di verificare se il quantitativo di acqua trattata rappresenti un pericolo per le popolazioni del territorio, per la salute e per la catena alimentare e per fare chiarezza sulla situazione e su eventuali rischi per l'uomo e per l'ambiente.
(5-04516)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORELLI, DI LELLO, DI GIOIA e LOCATELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 ottobre 2014 il sottoscritto presentava presso l'VIII Commissione una interrogazione a risposta immediata avente a oggetto la richiesta di chiarimenti circa l'incendio di vaste proporzioni sviluppatosi presso la Raffineria Mediterranea di Milazzo il 26 e 27 settembre 2014;
   in particolare, si chiedevano informazioni circa i danni ambientali prodotti dal suddetto incendio, nonché se non si ritenesse opportuno intraprendere azioni di rilevamento dei livelli d'inquinamento ambientale a Milazzo e nelle aree limitrofe al fine di approntare strumenti idonei a prevenire l'eventuale esposizione della popolazione residente a emissioni e a inquinanti atmosferici derivanti dai cicli produttivi della raffineria, procedendo eventualmente a un riesame radicale delle autorizzazioni integrate ambientali, finora rilasciate alla medesima azienda;
   in risposta a tale interrogazione, il Sottosegretario Silvia Velo, tra le altre cose, annunciava che nelle more dell'avvio del procedimento di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale della raffineria in questione — il quale dovrà attendere la pubblicazione da parte della Commissione dell'Unione europea delle «Conclusioni sulle BAT» — il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare «per maggior cautela» aveva comunque disposto un sopralluogo straordinario del sito da parte dell'ISPRA al fine di verificare il rispetto delle condizioni autorizzative potenzialmente connesse all'evento incidentale, e le conclusioni di tale sopralluogo fossero in corso di elaborazione –:
   se l'ISPRA, alla luce del sopralluogo straordinario effettuato nella raffineria di Milazzo, abbia terminato di elaborare le proprie conclusioni circa il rispetto delle condizioni autorizzative richieste dalla normativa vigente e se sia emersa dalle medesime la necessità di adottare le misure correttive di cui all'articolo 29-decies, comma 9, del decreto legislativo n. 152 del 2006. (4-07585)


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nell'area industriale di Villacidro è insediato lo stabilimento della ex Scaini, fabbrica che produceva batterie;
   all'interno dell'area e dello stabile si conservano scorie di ogni genere, dagli acidi all'eternit, una vera città industriale morta e sepolta, fondi sottratti alla collettività sarda per fabbriche di inquinamento e disoccupazione;
   il caso della Scaini di Villacidro non può essere nascosto nel silenzio e nell'omertà;
   si tratta di un caso che non può e non deve restare chiuso nelle segrete stanze delle ordinanze rimaste inevase e inapplicate;
   la situazione della fabbrica villacidrese è la punta di un iceberg che va dall’ex Fas di Elmas e arriva alle aree industriali di tutta la Sardegna;
   si tratta di fondi pubblici per realizzare mega strutture e poi depredare e abbandonare il territorio lasciando sul campo devastazione ambientale e disoccupazione, povertà e scorie;
   le immagini registrate dentro lo stabilimento ex Scaini di Villacidro sono la testimonianza più chiara di quanto sta avvenendo in queste immense fabbriche svuotate e trafugate;
   tutto è abbandonato a se stesso, dall'inquinamento ovunque alle strutture industriali ciclopiche inutilizzate da decenni; macchinari tutti portati via, nella fuga dalla Sardegna;
   si tratta di quelli che all'interrogante appaiono soggetti mossi dalla ricerca di facili finanziamenti e del supporto della politica;
   Governo e regione devono intervenire senza perdere altro tempo e per questo motivo con il caso di Villacidro si avvia un'azione parlamentare e di mobilitazione per affrontare i casi come quello della Snia;
   occorrono piani di bonifica immediati, senza perdere altro tempo;
   è la legge che lo prevede, sono le istituzioni che devono intervenire e rivalersi in tutti i modi su chi ha generato questo scempio;
   il nucleo operativo ecologico di Cagliari è l'unico ad essere entrato dentro questa cattedrale di abbandono e inquinamento;
   tutto è rimasto intatto, nonostante le comunicazioni ufficiale del Noe a tutti i soggetti responsabili di questo misfatto;
   istituzioni che, ad avviso dell'interrogante, si lavano la coscienza con ordinanze che restano puntualmente inapplicate;
   non risulta un caso che l'amministratore di questo patrimonio costruito e devastato con fondi pubblici, Marc Luis Jarl Dejean, è in Francia. A Parigi. Nel cuore di Parigi, Rue Gulleminot n. 5, dove si trova, mostra disinteresse, senza alcuna conseguenza, per Villacidro, l'inquinamento e le ordinanze;
   a questo si aggiunge il silenzio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare obbligato a ripristinare i luoghi fermando il devastante inquinamento;
   si deve avviare una grande azione di denuncia di questo scempio di denaro pubblico sottratto alla Sardegna e poi tradotto in inquinamento devastante e disoccupazione ad oltranza;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione hanno l'obbligo di intervenire con l'immediata bonifica del sito e il ripristino di tutte le condizioni indispensabili per rispettare le norme ma anche e soprattutto per evitare che tale area industriale come tutte le altre resti in balìa di faccendieri e in stato di abbandono;
   occorre predisporre un piano organico e legislativo per puntare ad una grande azione di riconversione produttiva di queste aree e immobili –:
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per eliminare tale grave situazione;
   se e come intenda favorire l'applicazione del principio di chi inquina paga;
   se non intenda proporre una puntuale verifica di analoghe situazioni e se le stesse, e quali, siano già all'attenzione del Ministero. (4-07586)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI, DE LORENZIS, TERZONI, TOFALO, BUSTO, DAGA, SEGONI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, BRESCIA, D'AMBROSIO, ALBERTI, SCAGLIUSI, CARIELLO, CASO, D'INCÀ, CASTELLI, FRUSONE, RIZZO, BASILIO, PESCO e ARTINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in seguito alla denuncia del blog Toghe lucane dei giornalisti Nicola Piccenna e Ivano Farina e successivamente alle dichiarazioni degli aderenti dell'associazione No Scorie Trisaia, i quali hanno visto transitare sulla SS106 Jonica il convoglio con al seguito blindati delle forze dell'ordine, un tir motrice e due mezzi dei vigili del fuoco «di cui uno particolare», si apprende di un presunto trasporto di materiale radioattivo dal Centro Itrec di Trisaia di Rotondella verso l'aeroporto militare di Gioia del Colle con destinazione finale ignota avvenuta alle 3,10 della notte tra il 28 ed il 29 luglio 2013, con un imponente schieramento di forze dell'ordine, circa 300 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri;
   a detta dell'interrogante, si tratterebbe dell'ennesimo allarme sociale generato in Basilicata dalla presenza del centro Itrec della Sogin, sito all'interno del centro di ricerca Enea di Rotondella in Basilicata, che contiene materiali radioattivi di seconda e terza categoria. La terza categoria è il livello più pericoloso nella gestione sia per lo stoccaggio che, in caso di contaminazione, per fuoriuscita di materiale radioattivo. Per le scorie di terza categoria, nessun Paese al mondo è ancora riuscito a trovare una soluzione definitiva e l'unico progetto di deposito geologico in profondità, studiato per molti decenni e Yucca Mountain, nel Nevada, è stato abbandonato. Neppure la strategia ipotizzata negli anni novanta, limitata ad un deposito superficiale temporaneo, si è rivelata realizzabile finora;
   nel centro di Rotondella sono presenti 84 barre di uranio-torio che, negli anni tra il 1969 e il 1971, ai sensi di un accordo mai ratificato dal Parlamento italiano, giunsero dal reattore di Elk River, nel Minnesota (Stati Uniti d'America) all'allora Cnen, oggi Itrec. Occorre ricordare che la presenza delle barre americane ha, fra l'altro, impedito ogni ipotesi di trasformazione della struttura in un centro universitario di studi e di ricerca;
   l'impianto Itrec, ormai inattivo da molti anni, ha svolto attività di ritrattamento di combustibile nucleare irraggiato e presso di esso vengono attualmente svolte, oltre alle operazioni di mantenimento in sicurezza, operazioni propedeutiche alla disattivazione e alla sistemazione dei rifiuti radioattivi. Tra tali attività rientra il condizionamento di una soluzione acida di nitrati di uranio e torio (prodotto finito) fortemente radioattiva, risultante dal trattamento di 20 elementi di Elk River e di una soluzione nitrica di uranio-torio non irraggiata derivante da prove nucleari;
   i menzionati 64 elementi di combustibile irraggiato (ciclo uranio-torio) Elk River, constatata la non disponibilità da parte degli USA a riacquisirne la proprietà e la mancanza di impianti industriali adatti al riprocessamento di questo tipo di combustibile (come riferito nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4/04942, presentato nella XVI legislatura, il 5 aprile 2011, presso il Senato della Repubblica) sono contenuti in una piscina all'interno dell'Itrec e raffreddate con acqua;
   a detta dell'interrogante, se il trasferimento non previsto di materiali ha riguardato sostanze radioattive, non può essere ignorato il rischio grave che sia avvenuta una perdita importante di acque contaminate delle piscine che raffreddano le barre di Elk River;
   la cittadinanza lucana e calabrese da tempo chiede di essere informata circa i rischi che la struttura di stoccaggio può generare soprattutto in relazione alla facilità con cui si propagherebbe un'eventuale contaminazione radioattiva;
   ai sensi dell'articolo 130 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, recante «Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom e 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti», la popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica viene informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica. Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, si prevede che informazioni dettagliate siano rivolte a particolari gruppi di popolazione in relazione alla loro attività, funzione e responsabilità nei riguardi della collettività nonché al ruolo che eventualmente debbano assumere in caso di emergenza;
   secondo l'interrogante, sulla base di quanto precedentemente riportato, è evidente che le norme sopra citate non siano state assolutamente rispettate nel contesto della pianificazione dei trasferimenti di materiali avvenuti nel centro Itrec –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano assumere riguardo ai fatti di cui in premessa, alla luce dell'allarme che si sta diffondendo presso la popolazione a causa della mancanza di chiarezza ed informazione su quanto accaduto nella notte tra il 28 ed il 29 luglio 2013;
   se siano stati rispettati tutti i protocolli di sicurezza a tutela dell'ambiente e del territorio, qualora un carico di materiali sia stato effettivamente trasferito dal centro Itrec verso l'aeroporto militare di Gioia del Colle;
   quali iniziative si intenda intraprendere per assicurare la piena informazione e documentazione sul materiale presente, stoccato e trattato nell'impianto, ivi compresa la situazione e il destino delle barre di Elk River, al fine di garantire che la struttura non generi rischi per la salute e per l'ambiente;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover urgentemente valutare la possibilità di restituzione agli Stati Uniti d'America delle barre provenienti dalla centrale di Elk River, come già avvenuto in passato per i centri Itrec di Trino Vercellese e di Saluggia. (5-04505)

Interrogazione a risposta scritta:


   COVA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato italiano combatte la pratica del doping per i danni che causano alla salute degli atleti e degli sportivi che ne fanno uso, per l'alterazione dei risultati sportivi fatti in modo contrario allo spirito olimpico, per i possibili legami ad attività di commercializzazione fraudolenta di farmaci e di sostanze stupefacenti svolta anche dal mondo della malavita organizzata;
   lo sport e l'attività sportiva deve avere come base il principio del rispetto di sé e degli altri atleti, la lealtà, l'onestà e una sana competizione;
   il Corpo dei carabinieri rappresenta un'Arma gloriosa che difende, tutela e promuove i Valori fondanti della nostra nazione;
   nel 2008 in occasione della Maratona d'Italia svolta a Carpi il carabiniere Alberico Di Cecco, facente parte del corpo dei carabinieri e della squadra sportiva dei carabinieri, veniva trovato positivo al controllo antidoping e successivamente squalificato per 2 anni dall'attività sportiva;
   gli atleti che si onorano di appartenere ai gruppi sportivi delle forze armate devono essere di esempio per gli altri atleti e non devono disonorare i propri Corpi di appartenenza con atteggiamenti sconvenienti o contrari ai principi dello Sport e alla legge dello Stato –:
   se l'appuntato dei carabinieri Alberico Di Cecco, attualmente presso il comando della caserma di Lama dei Peligni (CH), sia ancora appartenente alla squadra sportiva dell'Arma dei carabinieri;
   se la pratica dopante usata dall'Appuntato dei Carabinieri Alberico Di Cecco sia in contrasto con i valori del gruppo sportivo dell'arma dei Carabinieri e l'applicazione delle norme che disciplinano lo status e il modus operandi dei dipendenti dell'Arma dei carabinieri e alla legge dello Stato;
   la condanna per uso di sostanze dopanti e la conseguente squalifica che ha arrecato danno di immagine a tutto il Corpo dei carabinieri sia motivo per l'estromissione dell'appuntato dei Carabinieri Alberico Di Cecco dal Corpo dei carabinieri. (4-07581)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la recente legge di stabilità per l'anno 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha disposto un ulteriore versamento da parte dei concessionari di giochi pubblici (delle sole slot machine, «Vlt e Awp») nella misura complessiva di euro 500.000.000, entro i mesi di aprile ed ottobre, da suddividersi tra i 13 concessionari in proporzione al numero di VLT ed AWP ad essi riferibili, alla data del 31 dicembre 2014;
   il conteggio delle apparecchiature riferite a ciascun concessionario ed il calcolo della relativa imposta (pro quota), è stato demandato ad un successivo decreto a cura dall'Amministrazione delle dogane e dei monopoli da pubblicarsi entro il 15 gennaio 2015;
   il decreto, che è stato puntualmente pubblicato entro la data prevista, conteggia, in riferimento al concessionario Sisal Entertainment, 3846 VLT a carico di quest'ultima, contro un totale di VLT possedute pari a 5600;
   risulta, altresì, che Sisal Entertainment abbia provveduto alla «dismissione» di ben 1800 VLT in data 29 dicembre 2014 (due giorni prima del conteggio di ADM), e che in questi giorni sia in corso una febbrile attività di ripristino delle 1800 VLT temporaneamente «dismesse»;
   Sisal Entertainment ha ridotto temporaneamente la propria quota di mercato (giusto i due o tre giorni prima e dopo il conteggio del 31 dicembre), traendo un vantaggio economico di almeno 2,5 milioni di euro;
   è possibile che Sisal, agendo secondo l'interpellante in contrasto con i principi di buona fede e correttezza, indispensabili per la qualifica di concessionario di rete di gioco pubblico, possa trarre un vantaggio economico nei confronti di tutti gli altri, 12 concessionari che non hanno dismesso VLT e che pertanto hanno avuto un conteggio «sfavorevole» (non variando la cifra totale dell'imposta, pari a euro 500.000.000);
   inoltre, sembrerebbe che Sisal abbia danneggiato dolosamente l'erario, privandolo della raccolta delle imposte per tutti i giorni intercorrenti tra la disattivazione e la riattivazione delle VLT, al solo fine di ridurre la propria quota di spettanza della tassa stabilita dalla legge di stabilità;
   l'amministrazione dogane e monopoli avrebbe certamente notato gli strani movimenti delle VLT di Sisal (–1800 prima del conteggio, +1800 già in questi giorni), essendo essa stessa coinvolta in maniera attiva in ogni passaggio di movimentazione delle VLT –:
   se l'operato di Sisal rientri in quelli previsti dalla fattispecie legislativa, ovvero se al contrario sia assolutamente proibito sospendere con le discutibili modalità descritte in premessa la raccolta;
   se la sospensione ingiustificata da parte di un concessionario di rete della raccolta di gioco e della raccolta delle relative imposte nelle forme descritte in premessa possa essere motivo di revoca immediata della concessione;
   se non sia opportuno, altresì, verificare la correttezza dell'operato dell'Amministrazione dogane e monopoli, la quale deve necessariamente e tecnicamente collaborare con il concessionario per autorizzare le procedure di dismissione e di riattivazione;
   quali iniziative intenda adottare per evitare il verificarsi di altri situazioni simili, dal momento che il settore dei giochi pubblici è stato a lungo oggetto delle attenzioni della magistratura e che ai concessionari di tali giochi fu già comminata una delle più grandi sanzioni della storia repubblicana italiana, in concorso con esponenti dell'Amministrazione dogane e monopoli.
(2-00819) «Rabino».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), all'articolo 3, comma 44, stabilisce un limite massimo alle retribuzioni e ai compensi percepibili a carico delle finanze pubbliche, prevedendo espressamente che la disposizione si applica non solo alle pubbliche amministrazioni, ma anche alle «società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica», tra le quali certamente figura la Rai; la norma impone altresì alle pubbliche amministrazioni e alle società, non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, di pubblicare sul proprio sito istituzionale il nome dei destinatari degli incarichi e l'importo dei compensi;
   in esecuzione della predetta disposizione è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 195, che precisa i contenuti del predetto obbligo di pubblicità, ricomprendendo esplicitamente ogni rapporto di lavoro subordinato o autonomo che implichi la corresponsione di retribuzioni o emolumenti direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze, includendo anche i compensi percepiti da società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, secondo quanto previsto dall'articolo 2 dei citato decreto del Presidente della Repubblica;
   l'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» ha integralmente sostituito, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che nella precedente formulazione, prevedeva che gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità, nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4 sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   il decreto-legge n. 101 del 2013 amplia, in primo luogo, l'ambito soggettivo di riferimento del suddetto articolo 60, estendendo la platea dei soggetti tenuti al rispetto dell'obbligo di comunicazione anche alle società non quotate, partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, e dalla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
   detto intervento opera, inoltre, sul contenuto informativo dell'obbligo stesso, in particolare per la Rai, società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, andando a specificare che il costo annuo del personale comunque utilizzato ed oggetto della comunicazione deve ritenersi riferito ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo; in virtù di tale disposizione, pertanto, anche la Rai è tenuta a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero dell'economia e delle finanze il costo annuo del personale comunque utilizzato, con riferimento ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, in conformità a specifiche procedure definite d'intesa con i predetti dicasteri;
   l'obbligo di pubblicità previsto per la Rai dal richiamato articolo 3, comma 44 della legge finanziaria per il 2008, non risulta messo in discussione dall'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), così come modificato dal citato decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, che non solo non esclude l'obbligo di pubblicità, ma ne conferma la vigenza, non regolando diversamente i relativi obblighi di trasparenza;
   in tema di trasparenza, il contratto di servizio 2010-2013 siglato dalla Rai e il Ministero dello sviluppo economico e ancora in vigore, seppur in regime di prorogatio, dispone, all'articolo 27, comma 7, che «la Rai pubblica sul proprio sito web gli stipendi lordi percepiti dai dipendenti e collaboratori nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo, eventualmente con un rinvio allo stesso sito web nei titoli di coda, e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico»;
   si ritiene utile ricordare che, il 7 maggio 2014 la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha approvato il parere di propria competenza previsto in relazione allo schema di contratto di servizio 2013-2015 tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, ad oggi, ancora in via di definizione. Tra le disposizioni contenute, all'articolo 18, comma 7 del contratto di servizio, si prevede che «la Rai pubblica nel rispetto della legge n. 125 del 2013, per la razionalizzazione della pubblica amministrazione, le informazioni sui curricula e i compensi lordi percepiti dai dirigenti, dai collaboratori e dai consulenti, così come definite dal Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica, nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico»;
   il parere approvato dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei sistemi radiotelevisivi in tema di total disclosure è molto puntuale e prevede non solo un riferimento al cosiddetto decreto-legge sulla razionalizzazione della pubblica amministrazione sopra richiamato, ma anche l'obbligo per la Rai di pubblicare i curriculum vitae dei dipendenti e i loro stipendi lordi;
   nel corso della seduta della Camera dei deputati dell'8 settembre 2014, il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, pro tempore, Giovanni Legnini, in risposta ad una interpellanza urgente presentata dal sottoscritto, riferendosi agli obblighi introdotti con la norma di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, ha dichiarato che «la Rai, in adempimento dei citati obblighi di legge, ha provveduto a trasmettere nel termine previsto e secondo i criteri delineati dal dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, tutti i dati richiesti dal Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica»;
   nella seduta della Camera dei deputati del 31 ottobre 2014, nel rispondere alla precedente interpellanza, la sesta in ordine di tempo, sul tema dell'attuazione della normativa in materia di trasparenza della Rai presentata dal sottoscritto, il sottosegretario di Stato al ministero dello sviluppo economico, con delega per le telecomunicazioni Antonello Giacomelli dichiarava quanto segue: «...abbiamo nuovamente sollecitato il MEF, il Ministero dell'economia e delle finanze, per avere una informazione esatta circa le modalità e i tempi con cui si intendeva procedere e il MEF, nuovamente sollecitato, ha comunicato che provvederà a pubblicare, a breve, i dati sui compensi del personale della Rai, in conformità al parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e nell'ambito delle informazioni relative al costo del lavoro pubblico. Nuovamente sollecitato a dare una definizione temporalmente più precisa del concetto “a breve”, il MEF ha precisato che questa diffusione avverrà, in modo anticipato, rispetto alla presentazione dei dati del conto annuale 2013, che prevista entro la fine di quest'anno»;
   sul sito internet della ragioneria generale dello Stato risulta regolarmente pubblicato il conto annuale del personale PA per il 2013, mentre, a tutt'oggi, non sono stati pubblicati i dati relativi ai compensi del personale RAI –:
   per quale ragione, il Governo non abbia sinora provveduto alla pubblicazione dei dati trasmessi dalla Rai e relativi al costo del personale, non rispettando in questo modo il termine stabilito dallo stesso esecutivo (entro il 31 dicembre 2014) per la pubblicazione dei dati relativi al costo annuo del personale Rai;
   quali misure intendano adottare i Ministri interpellati, secondo le proprie competenze, per garantire, senza ulteriori ritardi, l'attuazione della normativa richiamata in premessa e rendere così pubblici i dati relativi al costo del personale trasmessi al Governo dalla Rai, a norma delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», in considerazione di quanto previsto dal contratto di servizio vigente, e, soprattutto, alla luce dell'obbligo di pubblicità previsto per la Rai dall'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), che non risulta messo in discussione dall'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), così come modificato dal decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, che non solo non esclude l'obbligo di pubblicità già presente nell'ordinamento, ma ne conferma la vigenza, non regolando diversamente i relativi obblighi di trasparenza.
(2-00820) «Brunetta».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa si apprende che la cifra dei derivati sottoscritti dalle regioni è stimata in circa dieci miliardi di euro;
   la corte d'appello del tribunale, civile di Milano ha stabilito, a settembre 2013, che senza informazioni sulle probabilità il contratto derivato è nullo;
   in palese contraddizione con tale sentenza nel 2014 nella legge di stabilità è stata inserita una norma (l'articolo 16) che abrogava l'obbligo, messo in un regolamento mai entrato in vigore, di inserire nei contratti quali li probabilità ha un ente, stipulando un contratto derivato, di produrre utili o perdite, e di che ammontare;
   il decreto-legge n. 66 del 2014, dà facoltà alle regioni di «mettere mano» ai derivati con la consulenza del Ministero dell'economia e delle finanze. Per risolvere la carenza delle competenze sul controllo rischi, Maria Cannata – direttore generale del settore debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze – ha deciso di prendere come consulenti tecnici proprio quelli che avevano stipulato in passato i contratti derivati con gli enti locali, ovvero Deutsche Bank, Citi e Bnp Paribas;
   le banche a loro volta si faranno assistere dallo studio internazionale Allen&Overy, che con le banche d'investimento ha stabili e consolidati rapporti. La prima clausola che i consulenti di Cannata hanno indicato per ricontrattare i derivati è che le Regioni rinuncino ad aprire o proseguire qualsiasi contenzioso –:
   se il Ministro dell'economia e delle finanze sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Governo sia a conoscenza di eventuali indagini penali a carico delle tre banche d'affari e di consulenze da parte delle banche medesime a favore di enti locali o parti private in contratti derivati sottoscritti da enti locali. (5-04519)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PESCO, TRIPIEDI, VILLAROSA, BARBANTI, RUOCCO, CANCELLERI, ALBERTI, RIZZO, BUSINAROLO, CASTELLI, SORIAL, CORDA e BASILIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la promulgazione della legge n. 3 del 27 gennaio 2012 e della successiva legge n. 221 del 17 dicembre 2012, si doveva segnare un'importante tappa nel percorso di modernizzazione dell'Ordinamento giuridico concorsuale fallimentare italiano, nella regolamentazione della cosiddetta «Insolvenza Civile», adeguando l'Italia alla normativa dell'Unione europea dove l'Istituto è da anni efficacemente presente nei principali Paesi;
   il legislatore aveva inteso introdurre misure strutturali ed innovative anche in dipendenza delle attuali emergenze economiche, dedicate ai soggetti non fallibili, (famiglie, consumatori, lavoratori autonomi ed artigiani) i quali vengano a trovarsi in una situazione di grave squilibrio patrimoniale e finanziario;
   la norma, in presenza di determinate condizioni, riconosce loro, l'opportunità di avere rimessi i propri debiti per ripartire da zero e attraverso l'istituto dell’«Esdebitazione» riacquistare un ruolo attivo nella società, ed essere reintegrati a pieno titolo nel processo economico;
   l'efficacia di tale strumento legislativo, è dimostrata dalla sentenza del tribunale di Pistoia-Giudice Rosa Selvarolo del 27 dicembre 2013, la quale in soli 7 mesi dalla presentazione dell'Istanza, ha deliberato in un caso di sovra indebitamento del consumatore, di annullare tutte le azioni esecutive nei confronti del debitore, tra cui anche un pignoramento del quinto della pensione, riducendo i debiti del 50 per cento, e rateizzando il residuo in 90 rate mensili da 300 euro nel rispetto della dignità di vita della persona. Altre sentenze sulla stessa linea sono già state emesse da tribunali italiani, quali Catania, Terni, e altri;
   la norma in premessa riporta: «I requisiti e le modalità di iscrizione degli Organismi di Composizione della Crisi, saranno stabiliti con regolamento adottato dal Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministro dell'Economia e delle Finanze entro 90 giorni dall'entrata in vigore del Decreto»;
   ad oggi, dopo oltre 18 mesi, nonostante il parere del Consiglio di Stato n. 03812/13 del 10 settembre 2013 con adunanza del 25 luglio 2013, che ne sollecitava l'emanazione, nonostante gli interventi degli ordini professionali destinatari del regolamento stesso, dei commercialisti, avvocati, notai, delle associazioni dei consumatori, delle istituzioni, quali Banca d'Italia, del Garante, e della stessa ABI, nulla è ancora stato fatto, rendendo di fatto inapplicabile l'intero impianto legislativo –:
   per quale motivo, nonostante la grave crisi che ha colpito il nostro Paese, non si sia ancora provveduto a emanare un regolamento così importante per tutelare famiglie e soggetti privati;
   entro quanti giorni si intenda sopperire a questa mancanza;
   quale sia la quantificazione, se esistenti e previste, delle sanzioni europee per il mancato accoglimento della direttiva europea. (5-04512)


   BERRETTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 gennaio 2015 numerosi quotidiani e portali di informazione online hanno riportato la notizia della revoca del regime di 41-bis per Aldo Ercolano;
   il portale di informazione telematica Livesicilia Catania in data 14 ottobre 2014 ha pubblicato un'intercettazione in cui si riconosce in Aldo Ercolano «il killer di Pippo Fava»;
   nel corso dell'operazione antimafia Reset svolta dalla procura di Catania si sono acquisite intercettazioni telefoniche, trasferite poi negli atti del procedimento, da cui risulta in modo inequivocabile che Aldo Ercolano è tuttora il capo mafia di Catania;
   già nell'aprile 2014 si è reso necessario un intervento da parte del Ministero per la riattivazione del regime di carcere duro nei confronti del detenuto Ercolano;
   i rapporti della direzione nazionale antimafia definiscono Ercolano «l'uomo di maggior rilevanza all'interno delle famiglie» mafiose di Catania –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopradescritti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere. (5-04514)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCUVERA, GITTI e MAZZIOTTI DI CELSO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione della legge delega n. 148 del 2011, con il decreto legislativo n. 155 del 2012, è stata avviata nel nostro Paese la revisione della geografia giudiziaria, rivedendone le circoscrizioni, processo che è stato ultimato nel 2013 e 2014; a seguito di tale revisione il tribunale di Pavia si configura come sede unica accorpante dei soppressi tribunali di Vigevano, Voghera ed ex sezione di Abbiategrasso;
   per rendere l'accorpamento operativo e funzionale alle esigenze di efficienza, di celerità dei procedimenti e di specializzazione dei magistrati, è necessario dotare il tribunale di Pavia di risorse adeguate in termini di personale;
   a seguito dell'accorpamento, il più significativo sul territorio nazionale, i carichi di lavoro sono aumentati ma il personale risulta essere sotto organico del 40 per cento; tale situazione rischia di aggravarsi ulteriormente in conseguenza del fatto che alcuni dipendenti dei tribunali accorpati hanno chiesto e ottenuto il trasferimento presso tribunale diverso da quello di Pavia e altri saranno pensionati a breve;
   questa situazione, che ha già portato a gravi disfunzioni e sta di fatto bloccando l'avvio del processo civile telematico, rischia di paralizzare completamente l'attività del tribunale. Per questo si rendono necessari interventi urgenti;
   la possibilità di ricorrere alle procedure di mobilità previste dalla legislazione vigente per integrare gli organici è resa difficile dalle complessità e incertezze procedurali derivanti in particolare dalle disposizioni che prevedono la prioritaria destinazione dei dipendenti in mobilità delle province agli enti locali e poi allo Stato –:
   se il Ministro della giustizia intenda valutare interventi per evitare che i trasferimenti dai tribunali accorpati svuotino ulteriormente le risorse di personale degli stessi, se non siano in corso o non si intendano attivare procedure di mobilità da altri enti e se, a tal fine, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione non intenda adottare provvedimenti attuativi che chiariscano e risolvano le problematiche descritte in premessa in ordine alla priorità di destinazione dei dipendenti in mobilità. (4-07583)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il dottor Pietro Ciucci ha ricoperto il ruolo di presidente e direttore generale dell'ANAS spa a partire dall'agosto 2006 fino al 1o settembre 2013;
   nel 2011 viene altresì nominato amministratore unico con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
   per tali incarichi avrebbe percepito le relative remunerazioni;
   dopo aver raggiunto l'età pensionabile lo stesso il 1° settembre 2013 è andato in quiescenza ovviamente percependo la relativa pensione;
   si noti bene che tale scelta coincide con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 39 del 2013 concernente il divieto di cumulo di cariche;
   attualmente il dottor Ciucci è: presidente, amministratore unico e svolge funzioni di direttore generale;
   in base al decreto ministeriale 24 dicembre 2013 n. 166 dal 1o aprile 2013 è previsto un tetto per l'amministratore delegato: di 311.658 euro e un tetto per il ruolo di presidente di 93.497,56 euro. Una nota precisa che il consiglio d'amministrazione di ANAS del 2013 ha stabilito per il presidente-ad un compenso di 301 mila euro;
   dai media si è appreso che nel 2012 Ciucci, in qualità di amministratore unico, avrebbe guadagnato 750 mila euro, di cui 500 mila di retribuzione fissa e 250 mila di retribuzione variabile;
   l'importo che lo stesso ha successivamente ridotto dandone ampia e dettagliata comunicazione ai media attraverso varie interviste, sottacendo completamente la parte relativa al suo trattamento previdenziale, tra l'altro pagato con i contributi versati dall'ANAS stessa;
   nel 2013 la Corte dei conti ha condannato il dottor Pietro Ciucci ed i condirettori generali, avvocato Leopoldo Conforti, ingegnere Alfredo Bajo e dottor Stefano Granati ed altri dirigenti, al risarcimento di un danno erariale per circa 38 milioni di euro per aver stipulato un accordo economico con relativo riconoscimento di circa 47 milioni di euro, con la società Comeri (Astaldi), contraente di un lotto di lavori sulla strada statale 106 Jonica in Calabria;
   la stessa procura regionale ha affermato che dai comportamenti di ANAS è derivato un danno alle finanze pubbliche, sotto forma di riconoscimento al contraente generale Comeri di importi non dovuti;
   ANAS spa, nel rispetto della direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze, la introdotto nel proprio statuto i nuovi criteri e i requisiti di onorabilità degli amministratori pubblici;
   infatti gli amministratori che nel corso del mandato avessero ricevute la notifica di in decreto che dispone il giudizio o di una sentenza di condanna definitiva che accerti la commissione dolosa di un danno erariale, avrebbero dovuto darne immediata comunicazione all'organo di amministrazione, che poi avrebbe deliberato sulla permanenza in carica dell'amministratore incriminato;
   l'attenzione del pubblico italiano verso questioni del genere non è stata mai così alta in tempi di profonda crisi e di tasse che si abbattono con una ferocia tipica da periodo di austerity e rigore, gli italiani sono stufi di apprendere come, a dispetto delle varie promessi di frenare la pesa pubblica, i manager pubblici rimangono in qualche modo intoccabili;
   anche dall'estero arrivano notizie preoccupanti sull'operato dei vertici dell'ANAS spa che opera tramite la società ANAS International enterprise spa con presidente il dottor Ciucci ed amministratore delegato Alfredo Baji la quale gestisce importanti opere infrastrutturali in vari Paesi esteri;
   sotto il periodo di comando del dottor Ciucci l'organigramma di ANAS spa si è arricchita di una moltitudine di direttori centrali che hanno causato un ingolfamento dell'azienda resa difatti una creatura monolitica e un contestuale aumento dei costi;
   non sono note, inoltre, le modalità utilizzate per la scelta dei funzione dei dirigenti e la determinazione delle loro retribuzioni;
   sarebbe buona politica attuare una giusta alternanza nei vertici delle pubblica, specialmente in quelle che rivestono un ruolo strategico, si con incisivi e delicati impatti sul tessuto economico per l'indotto generato dalla propria attività istituzionale –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di questi fatti;
   se in passato per tali incarichi il dottor Ciucci abbia percepito remunerazioni diverse;
   se il dottor Ciucci al momento del pensionamento abbia ricevuto un fosse dovuta e quale sia l'importo della medesima;
   se siano stati corrisposti al dottor Ciucci ulteriori emolumenti e, in tal caso di quale importo e a quale titolo;
   se si intenda accertare come abbia agito l'organo preposto al controllo e sorveglianza di ANAS spa e se lo stesso abbia ricevuto comunicazione della condanna del dottor Ciucci e degli altri condirettori per danno erariale;
   se la sentenza della Corte dei conti abbia avuto l'esito dalla stessa deciso, cioè se i condannati abbiano versato nelle casse dell'ANAS la cifra corrispondente al danno erariale dalla stessa Corte determinato;
   se la predetta situazione non si fosse generata, quali azioni i Ministri recupero delle somme dovute;
   se ravvisino gli estremi per valutare la necessità di un ricambio della governance stante il lungo permanere della stessa.
(2-00817) «Agostinelli, Ferraresi, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti, Turco, Basilio, Paolo Bernini, Cecconi, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo, Alberti, Barbanti, Baroni, Brescia, Brugnerotto, Busto, Cancelleri, Cariello, Caso, Castelli, Colonnese, Crippa, Da Villa, Daga, Dall'Osso, De Rosa».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   OTTOBRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale situazione di crisi incide sull'economia del nostro Paese con effetti negativi anche per quanto riguarda il settore dei trasporti su gomma;
   infatti la concorrenza proveniente dai vettori dei Paesi comunitari penalizza fortemente le imprese italiane di trasporto – il cui ruolo dovrebbe essere quello di rilanciare la nostra economia per far ripartire il sistema produttivo – oltre a rappresentare una perdita in termini di gettito per lo Stato;
   a tal fine si vuole dimostrare che la concorrenza delle aziende straniere (senza l'armonizzazione dei costi fiscali e contributivi) comporta per lo Stato Italiano – per ogni veicolo immatricolato all'estero adibito al trasporto di merci – una perdita presunta di gettito fiscale complessiva pari a euro 83.621,02 ed i dati seguenti hanno lo scopo di dimostrarlo. In particolare:
    con riferimento alla perdita del gettito fiscale sugli utili delle aziende che producono o commercializzano mezzi di trasporto, il valore di mercato per l'acquisto di un complesso veicolare (trattore + semirimorchio) è di euro 110.000,00, ipotizzando un utile del 20 per cento sulla vendita pari a euro 22.000,00 lo Stato perde:
     a) il 27 per cento di Ires pari a euro 6.050,00;
     c) il 4,25 per cento di Irap pari a euro 935,00;
     c) per un totale di euro 6.985,00 inerente alla perdita dello Stato per la vendita di ciascun veicolo al di fuori dei confini nazionali;
   quanto alla perdita del gettito fiscale sulle accise del gasolio, considerando un chilometraggio di 13.000 km/mese e un consumo medio pari a 3,00 lt/km, ciò significa un consumo annuo pari a 52.000 litri che moltiplicato per il costo medio del gasolio al netto dell'iva (calcolato sul 2014) pari a 1,30 euro – da cui si detrae l'accisa rimborsata alle aziende di trasporto pari a euro 0,22 euro al litro – fa registrare un totale di 1,08 euro di costo `netto per l'azienda;
   sul costo del gasolio la parte delle accise è pari al 36 per cento ossia euro 0,25 al litro che moltiplicato per i litri consumati in un anno dal mezzo (preso ad esempi) dà un totale di euro 13.104,00;
   la perdita della tassa sul possesso del veicolo ammonta a un totale di euro 780,00;
   la perdita delle imposte sulle assicurazioni dei mezzi ammonta a un totale di euro 385,32;
   quanto alla perdita delle imposte e dei contributi sul personale (autista), assumendo che ogni mezzo su strada assorba un dipendente – che in caso di disoccupazione percepirebbe le indennità e da cittadino italiano avrebbe diritto all'assistenza sanitaria – con una paga netta annua pari a euro 34.000,00 (comprese le trasferte), ciò si traduce in un mancato gettito per lo Stato relativamente a:
    a) Irpef e addizionali pari a euro 7.300,00;
    b) Inps a carico dell'azienda pari a euro 10.500,00;
    c) Inps a carico del dipendente pari a euro 3.200,00;
    d) Inail pari a euro 3.100,00;
   il totale è di euro 24.100,00;
   se poi si considera che l'autista (nell'esempio considerato pari a euro 34.000,00) possa consumare il suo stipendio netto nell'anno, l'ulteriore perdita di gettito è data dall'aliquota IVA corrente per ciascuna categoria di beni acquistati (per esempio, il 10 per cento per i generi alimentari, il 22 per cento per altri prodotti per un'aliquota media del 16 per cento) con una perdita di gettito IVA per lo Stato sul mancato acquisto di beni da parte dell'autista per un totale di euro 4.689,66 (euro 34.000 per il 16 per cento);
   con riferimento alla perdita delle imposte indirette sugli acquisti effettuati, si considera il gettito IVA perso sull'acquisto dei mezzi (il 22 per cento di euro 110.000,000) ed il 22 per cento sul gasolio (il 22 per cento di euro 66.700,00) la perdita fiscale riferita all'IVA sugli acquisti ammonta a euro 33.577,05;
   a questo dato va aggiunto che le aziende, costrette ad aprire le proprie attività all'estero, hanno un costo per gli autisti che per il netto al dipendente è uguale a quello del lavoratore straniero, mentre per il lordo il costo complessivo è di gran lunga inferiore rispetto al costo sostenuto nel nostro Paese;
   evidentemente le aziende che abbandonano il nostro Paese licenziano i dipendenti italiani (la stampa ha dato ampia visibilità a tale circostanza) per cui lo Stato deve coprire anche i costi della cassa integrazione –:
   se il Ministro intenda promuovere iniziative urgenti per evitare la fuoriuscita dai confini nazionali delle imprese italiane (e conseguentemente tutte le ricadute negative già esposte in premessa) a partire dalla convocazione di un tavolo ministeriale, alla luce dei dati sopraesposti, che coinvolga le associazioni di categoria, gli enti e le istituzioni territoriali e le componenti sociali, sindacali e produttive coinvolte, per invertire questo dato allarmante per l'economia italiana. (5-04506)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come dettagliatamente denunciato da articoli di VareseNews del 14 gennaio 2015, la fermata di Busto Arsizio dei treni MalpensaExpress verrà soppressa a partire dal 26 aprile 2015;
   verrà così meno, per i pendolari bustocchi, il collegamento più veloce e agevole con il capoluogo lombardo, proprio in coincidenza con l'avvio di Expo 2015;
   il sindaco di Busto Arsizio, Gianluigi Farioli ha preannunciato che farà sentire la sua voce in regione contro la modifica che ha definito «una concessione ad Alitalia Etihad e a Italo» in quanto la previsione sarebbe quella di spostare definitivamente il capolinea del treno Malpensa-Milano su Porta Garibaldi e Centrale;
   la questione è altresì oggetto di un'interrogazione proposta dal Pd in Commissione trasporti in regione, con particolare attenzione per le possibili ripercussioni che la scelta avrà sul traffico pendolare verso Milano;
   sempre secondo VareseNews, «l'obiet- tivo di questa mossa voluta dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, infatti, è quello di favorire il solo traffico passeggeri da e per l'aeroporto (peraltro insufficiente a coprire i costi del servizio e sta in piedi grazie ai pendolari e al fondo nazionale per il trasporto pubblico locale, ndr) spostando il capolinea da Cadorna a Centrale, per i Frecciarossa in modo da interconnettere i passeggeri che devono raggiungere l'aeroporto, e Garibaldi (già fortemente congestionata) con lo stesso ragionamento ma a favore di Italo. I democratici sostengono, infatti, che questa scelta penalizzi fortemente i pendolari del nord-ovest e chiedono all'assessore Infrastrutture e trasporti di attivarsi perché questo non accada» –:
   se quanto premesso corrisponda al vero e di che notizie disponga il Governo;
   quale influenza abbiano eventualmente avuto, rispetto alla riorganizzazione del collegamento ferroviario di cui in premessa, gli accordi Alitalia-Etihad;
   se il Governo non ritenga di intervenire, cooperando con la regione Lombardia e i comuni interessati e per quanto di competenza, per addivenire a una riorganizzazione del trasporto ferroviario di cui in premessa tale da soddisfare le esigenze di interscambio modale con l'aeroporto senza compromettere la mobilità pendolare, in virtù anche della imminente manifestazione espositiva EXPO 2015.
(5-04513)


   SENALDI, GADDA, PILOZZI, PIAZZONI, GRIBAUDO e MONACO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del decreto ministeriali 315 del 2014 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha inteso perseguire il pieno dispiegamento delle potenzialità di sviluppo infrastrutturale dell'aeroporto di Malpensa;
   negli interventi previsti dal Ministero attraverso l'apertura di un tavolo tecnico c’è la modifica del servizio ferroviario aeroportuale di collegamento verso Malpensa;
   i primi risultati del tavolo tecnico hanno comunicato attraverso la regione Lombardia e la sua controllata Trenord che il servizio Malpensa Express di collegamento su Milano vedrà il taglio di tutte le corse dirette a Milano Cadorna FNM della tratta Malpensa — Busto Arsizio — Cadorna;
   questo servizio tocca un tessuto produttivo e una conurbazione di circa trecentomila abitanti;
   la situazione è già stata segnalata al presidente Maroni in regione Lombardia e alla società Trenord senza risultato alcuno;
   la linea Malpensa – Busto Arsizio – Milano Cadorna è utilizzata giornalmente da migliaia di pendolari proveniente da nord ovest della regione Lombardia in quanto servizio più veloce rispetto ai treni regionali;
   l'attuale servizio è finanziato sul capitolo del trasporto pubblico locali;
   le scelte individuate rischiano di avvantaggiare notevolmente operatori ferroviari esclusivamente commerciali (NTV- Freccia Rossa);
   fra qualche mese l'avvio di Expò 2015 avrà necessità che questa parte di territorio contigua con il Milanese divenga parte attiva anche nei collegamenti infrastrutturali con la città metropolitana –:
   quali soluzioni intenda proporre il Ministro per trovare una soluzione adeguata;
   se sia nelle intenzioni del Ministro intervenire tramite il tavolo tecnico al fine di ripristinare il servizio diretto Malpensa – Busto Arsizio – Cadorna in orario pendolare. (5-04517)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie apparse sulla stampa che quattro intercity Milano-Ventimiglia (n. 653, 663, 677 e 741) dal 12 aprile 2015 si trasformeranno in Thello, il nuovo collegamento ferroviario tra Italia e Francia (Marsiglia e Nizza) inaugurato il 14 dicembre;
   secondo i sindacati, tale servizio, pur essendo un dato positivo, danneggerebbe il trasporto ferroviario ligure, in quanto andrebbe a sottrarre altre risorse al servizio per i lavoratori pendolari e gli studenti, nonché «sarebbe un nuovo segnale di disimpegno di Trenitalia che sconta anche le difficoltà legate al mancato rinnovo del contratto di servizio con la regione Liguria»;
   la trasformazione dei citati intercity segue un'altra recente notizia, sebbene non confermata da Trenitalia, relativa alla cancellazione di altri quattro intercity che giornalmente collegano Genova a Torino, determinando un risparmio di risorse che però non sarebbero dirottate né sul servizio regionale, né su altre linee con maggiore necessità di servizio, nonché causando disagi al trasporto delle due regioni coinvolte, Piemonte e Liguria, e perdite di posti di lavoro diretti e indiretti;
   per quanto invece concerne i nuovi treni Thello derivanti dagli intercity 653, 663, 677 e 741, saranno treni con materiale rotabile e standard dei Frecciabianca, quindi più confortevoli ma anche più costosi degli intercity, con conseguente danno per i pendolari e gli studenti;
   inoltre, tali treni, uscendo dal contratto di servizio ministeriale e finendo sotto la compagnia ferroviaria Thello della società mista Trenitalia-Veolia Transdev, sarebbero cancellati, secondo l'interrogante, qualora non dovessero produrre la redditività necessaria per restare sul mercato;
   a questi problemi si aggiungono altresì le incertezze legate al contratto di servizio con la regione Liguria che è stato prorogato di sei mesi, ma sul cui rinnovo non esistono conferme anche per la notevole distanza economica tra le parti –:
   se le notizie sopra esposte corrispondano al vero e, in caso positivo, se non ritenga opportuno intervenire presso Trenitalia affinché possa rivedere tali decisioni;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di evitare altri tagli al trasporto ferroviario che creerebbero ulteriori disagi ai viaggiatori e la perdita di posti di lavoro. (4-07579)


   RAMPELLI e CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 28 dicembre 2014, durante un viaggio tra Igoumenitsa e Ancona con a bordo circa cinquecento persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio, si è sviluppato un incendio a bordo della nave Norman Atlantic, in servizio per conto della compagnia greca «Anek Lines», mentre la stessa si trovava nel Canale d'Otranto;
   in seguito all'incendio sono stati recuperati i corpi di nove vittime, mentre altri due corpi, avvistati in mare, non sono stati recuperati, decedute in mare per annegamento od ipotermia, mentre sedici passeggeri risultano dispersi;
   a bordo della nave si trovava anche un numero imprecisato di clandestini, due dei quali risultano dispersi;
   fin dai primi accertamenti è infatti stata appurata l'esistenza di due liste passeggeri, una ufficiale con 458 nomi ed una ufficiosa con 478, e in seguito il capo della procura della Repubblica di Bari ha parlato addirittura di 499 passeggeri (21 in più di quelli registrati) tra i quali numerosi clandestini nascosti nelle stive, fatto, quest'ultimo, comprovato dai tre sbarcati nella giornata di martedì nel porto di Bari;
   il relitto del Norman Atlantic è stato rimorchiato a Brindisi, dove è giunto il 2 gennaio 2015;
   i tecnici del nucleo investigazioni antincendio (Nia), con gli uomini della capitaneria di porto di Bari, gli agenti della polizia scientifica e i carabinieri del Ris, hanno prelevato dalla plancia della nave la seconda scatola nera, gemella della prima, recuperata il 2 gennaio in controplancia;
   si tratta di scatole nere gemelle, che contengono cioè le stesse informazioni, ma la seconda, che si trovava nei locali interessati dall'incendio, potrebbe essere danneggiata;
   su entrambe le scatole nere la procura disporrà un accertamento tecnico irripetibile, e saranno oggetto di accertamenti anche le telecamere di videosorveglianza di cui era dotata la nave;
   allo stato attuale sarebbero due le ipotesi al vaglio degli inquirenti circa l'origine del rogo: secondo la prima l'incendio sarebbe partito proprio dalla stiva, forse a causa del fatto che uno dei clandestini ivi alloggiati avrebbe acceso qualche fuoco di fortuna con lo scopo di riscaldarsi oppure per cucinare;
   in base alla seconda ipotesi, invece, a prendere fuoco per primo sarebbe stato qualche camion che trasportava olio con il cassone troppo alto;
   le organizzazioni sindacali USB e P.A.M.E. hanno denunciato l'inefficienza sia delle dotazioni di sicurezza a bordo, sia del numero dei dispositivi di equipaggiamento necessari alle operazioni di soccorso, sia, infine, del numero di scialuppe di salvataggio, oltre all'appurato malfunzionamento delle porte tagliafuoco, certamente preesistente al tragico incendio;
   inoltre, il pool investigativo ha prelevato dall'interno del traghetto una cassetta di sicurezza nella quale sembra ci sia altra documentazione riferibile al comandante, Argilio Giacomazzi;
   stante quanto emerso fin dai primi momenti della tragedia del Norman Atlantic, la stessa induce a sospettare che ci sia un traffico irregolare di merci e di uomini sulla rotta Patrasso-Ancona, sospetto suffragato dalla circostanza che l'armatore avrebbe provato in tutti i modi a far portare il relitto a Valona e a farlo ispezionare dalla magistratura albanese o greca prima che lo facesse la magistratura italiana –:
   quali siano, allo stato, le informazioni disponibili in merito alla vicenda di cui in premessa;
   come sia possibile che un traghetto di linea di un Paese membro dell'Unione europea trasportasse passeggeri clandestini, e se non ritenga di approfondire tale questione, per quanto di competenza, al fine di stroncare un eventuale traffico di esseri umani;
   quali iniziative intendano assumere al fine di potenziare sia le attività di prevenzione sia i controlli cui sono sottoposte le imbarcazioni adibite al trasporto dei passeggeri, con particolare riguardo alle autorizzazioni alla navigazione rilasciate dal registro navale di Genova. (4-07580)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COVELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la bozza di riorganizzazione degli uffici della polizia di Stato sul territorio nazionale predisposta dal Ministero dell'interno prevede la soppressione del posto di polizia di Cetraro in provincia di Cosenza;
   la ragione della soppressione oltre che nell'ambito di un processo di riorganizzazione starebbe anche nella ubicazione dell'immobile ospitante in una zona a rischio dissesto;
   il comune in considerazione del rischio ha immediatamente manifestato la propria disponibilità a concedere gratuitamente un immobile comunale disponibile qual è quello dell'ex palazzo di città sito in piazza Gino Iannelli;
   il territorio di Cetraro nel suo passato neppure troppo lontano è stato teatro di violenze criminali e con la presenza di un vivace tessuto economico e di un porto in espansione è un territorio sempre a rischio di possibili pericolose infiltrazioni criminali;
   è stata più volte rappresentata l'esigenza di poter aprire un confronto istituzionale finalizzato a salvaguardare la presenza del posto di polizia e a potenziarne anche gli organici in relazione alla evidente peculiarità del comprensorio –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di evitare la soppressione del posto fisso di polizia di Cetraro raccogliendo la volontà costruttiva mostrata dall'amministrazione locale e assicurandone permanenza e piena operatività al servizio della sicurezza dei cittadini e del territorio. (5-04508)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OCCHIUTO e SANTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il mercantile Ezadeen, battente bandiera della Sierra Leone, dopo essere stato abbandonato dall'equipaggio nel mar Jonio è giunto in data 2 gennaio 2015 nel porto di Corigliano Calabro con a bordo circa 450 migranti, tra cui almeno 50 minori;
   la nave CP 920 Gregoretti della Guardia Costiera è giunta in data 10 gennaio 2015 nel porto di Corigliano Calabro con a bordo 476 migranti tratti in salvo dopo una serie di operazioni di soccorso al largo delle coste libiche;
   il porto di Corigliano Calabro, dopo anni di declino, starebbe riscoprendo la forte vocazione turistica che lo caratterizza grazie all'inserimento dello stesso nella lista degli scali delle maggiori compagnie di navigazione marittima;
   la Calabria già annovera esigue risorse strategiche sul piano infrastrutturale, indispensabili per risollevare l'economia regionale e nazionale, tra le quali rientra il porto turistico di Corigliano Calabro;
   l'area del porto di Corigliano Calabro sarebbe inoltre sprovvista di strutture ricettive e di risorse umane in grado di accogliere in situazione di emergenza una mole elevata di flussi migratori –:
   quali siano le iniziative che il Governo intenda adottare per evitare che nuovi sbarchi migratori siano diretti verso il porto turistico di Corigliano Calabro al fine di tutelare lo sviluppo economico dell'intera area e di salvaguardare il ruolo cardine dell'importante infrastruttura marittima. (4-07576)


   CAMPANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 gennaio 2014 il sindacato autonomo di polizia Sap ha denunciato la chiusura di 73 uffici della polizia postale e delle comunicazioni in tutta Italia;
   si tratta di presidi di legalità importanti per la lotta ai reati informatici, cyber bullismo, pedo-pornografia online e truffe informatiche;
   quattro ragazzi su dieci sono testimoni di atti di cyberbullismo da parte di coetanei, uno su cinque vittima di episodi di violenza. Il dato è stato reso noto dal presidente del Sindacato autonomo di polizia (Sap) Gianni Tonelli nel corso del convegno organizzato dall'Osservatorio nazionale bullismo e doping svoltosi alla Camera nel luglio 2013 –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   come verranno impiegati gli agenti della polizia postale degli uffici chiusi, al fine di non disperdere questo patrimonio di competenza in un momento in cui anche gli scenari internazionali invitano ad alzare l'attenzione sui rischi che arrivano dal web. (4-07577)


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata del 19 gennaio, davanti al Tribunale di Vercelli, è stata trovata una lettera, all'ingresso di Palazzo di giustizia, che annunciava la presenza di un pacco esplosivo nel fossato del castello che ospita gli uffici giudiziari;
   gli artificieri hanno scoperto, all'interno di una valigetta nera rinvenuta in tarda mattinata e distrutta con un getto d'acqua ad alta pressione, una bomba a mano risalente a una ventina di anni fa e perfettamente funzionante. Non è chiaro se l'ordigno avrebbe potuto scoppiare in caso di apertura della valigetta;
   l'area interessata è stata prontamente transennata e l'attività nel palazzo sospesa, dove sono stati sgomberati tutti i dipendenti, i magistrati e gli avvocati;
   le autorità non escludono che l'episodio sia da mettere in relazione con l'esplosione dell'ordigno a settembre. Infatti questa è la seconda bomba davanti agli uffici giudiziari di Vercelli dopo quella esplosa il 24 settembre 2014 davanti al portone del tribunale;
   l'ordigno è stato nascosto nel grande portacenere all'ingresso del Palazzo di giustizia di piazza Amedeo XI, nel cuore del capoluogo vercellese. Una volta esploso, aveva danneggiato l'ingresso del Tribunale, proiettando dappertutto vetri rotti e altri frammenti, anche sulla scalinata del Palazzo di giustizia. La bomba è stata costruita a mano, ma con un procedimento piuttosto complesso, tale da desumere una certa perizia da parte dell'attentatore calamite capace di produrre un ordigno con tecniche avanzate;
   nel commentare il nuovo episodio il prefetto di Vercelli, Salvatore Malfi, ha dichiarato: «Potenzieremo le misure di sicurezza» –:
   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e quali iniziative intenda attuare al fine di approfondire nei dettagli la conoscenza degli avvenimenti per poter valutare o escludere la pista del terrorismo, capire se i due casi siano collegati e a chi, o a cosa, possano essere messi in riferimento, quali azioni preventive siano state messe in atto tra il primo e il secondo episodio e se intenda e in che modo, come dichiarato dal prefetto di Vercelli, potenziare le misure di sicurezza nelle aree già colpite dagli attentati. (4-07582)


   FRATOIANNI, FRANCO BORDO e DANIELE FARINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 18 gennaio 2015, intorno alle 18:30, un gruppo di militanti appartenenti all'organizzazione neofascista di Casapound hanno assaltato la sede e aggredito gli esponenti del centro sociale Dordoni di Cremona;
   in seguito alla aggressione, un uomo di 49 anni, esponente del centro sociale Dordoni è in ospedale in condizione gravissime, tanto che si teme per la sua vita;
   secondo le ricostruzioni, sarebbe stata sfruttata l'occasione della partita di calcio Cremona – Mantova per una azione chiaramente politica: una sorta di spedizione punitiva nei confronti degli esponenti del Dordoni;
   i testimoni dell'accaduto riportano la presenza di circa 50 militanti neofascisti, provenienti da diverse città (Cremona, Parma, Brescia) e capitanati dal coordinatore provinciale di Casapound, Gianluca Galli. Una tale ricostruzione dei fatti avvalorerebbe l'idea per cui l'assalto al Dordoni non sarebbe il frutto di scontri estemporanei, ma il risultato di una azione organizzata e pianificata da tempo, usufruendo della contestualità della partita di calcio per muovere i gruppi neofascisti dalla provincia a Cremona –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'accaduto;
   quali iniziative urgenti intenda adottare per impedire che continuino impunemente le aggressioni di stampo neofascista, ad opera di appartenenti all'organizzazione Casapound, nei confronti di persone o luoghi non rispondenti all'ideale politico della suddetta organizzazione;
   quali iniziative urgenti intenda assumere per impedire che nella città di Cremona a causa della presenza di Casapound, come già avvenuto in passato, venga messa a repentaglio la sicurezza dei cittadini;
   se non ritenga che i fatti avvenuti a Cremona impongano di monitorare con attenzione l'attività dell'organizzazione, neofascista Casapound in modo da garantire la salvaguardia dell'ordine pubblico. (4-07588)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in una riunione tenuta il 16 dicembre 2014, la commissione sul riordino delle scuole di specializzazione ha deliberato una proposta di riforma che prevede la soppressione delle SSCAD;
   nella gran parte dei principali Paesi europei è da anni istituzionalizzato un sistema formativo di specialisti nelle diverse aree del tratto gastro-intestinale, in particolare nella chirurgia colo-rettale al quale tutti gli altri paesi CEE si stanno allineando;
   nel mese di ottobre 2014, dopo due anni di elaborazione con tutti i direttori delle SS-CAD, il referente nazionale ha inviato al vicepresidente del CUN professor Andrea Lenzi una proposta di riforma relativa ai processi formativi di cui sopra che ottemperava alle normative europee;
   nella citata riunione del 16 dicembre 2014 il progetto presentato dal referente nazionale a quanto consta all'interrogante non è stato esaminato e si è proceduto alla proposta di abolizione della SS-CAD;
   i contenuti culturali del progetto, inoltre, non sono stati neanche trasferiti nell'ordinamento della chirurgia generale che sarebbe l'unica scuola di specializzazione non specialistica residuata;
   qualora l'abolizione divenisse operativa, si perderebbe l'opportunità di fornire agli ospedali italiani «ultra-specialisti» formati nelle aree della SS-CAD e quindi in grado di essere competitivi con i colleghi degli altri Paesi europei;
   l'attuale formulazione dei contenuti della scuola di specializzazione in chirurgia generale oggi approvata è peraltro obsoleta e non in linea con le richieste competenze del chirurgo (chirurgia laparoscopica, endoluminale, robotica, e altro) indispensabili in una moderna chirurgia, competenze che non sono state inserite neanche nei processi formativi della scuola di specializzazione in chirurgia generale istituzionalizzando così un'arretratezza culturale dello specialista in chirurgia italiano –:
   se il Ministro non ritenga opportuno un confronto con chi ha elaborato la proposta in questione, così da riprenderne le fila ed operare al fine di rendere la formazione degli specializzandi in linea con gli standard delle principali nazioni europee. (4-07578)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Regolamento CE n. 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006 relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo e recante modifica del regolamento (CEE) n. 2847/93 e che abroga il regolamento (CE) n. 1626/94 detta norme relative alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mediterraneo;
   l'allegato III del suddetto regolamento (CE) n. 1967/2006 riporta un elenco di organismi marini con relativa taglia minima per i quali è proibita la pesca, il trasporto e il commercio al di sotto delle dimensioni stabilite. In particolare si stabilisce il divieto per le vongole (Venerupis spp e Venus spp) aventi misura inferiore a 25 millimetri;
   il settore della pesca nel nostro Paese sta attraversando una grave crisi determinata anche dalla concorrenza sleale di competitori extra europei che non sono sottoposti ai medesimi vincoli europei. I limiti stabiliti dal regolamento (CE) n. 1967/2006 rischiano di danneggiare seriamente i pescatori di vongole italiani, oltre ad esporli al rischio di sanzioni in caso di inadempienza –:
   se risulti quali siano stati i criteri, stabiliti in sede europea, alla base della scelta di fissare una misura minima per le vongole (Venerupis spp e Venus spp) pari a 25 millimetri;
   quali iniziative intenda adottare, nelle competenti sedi europee, a salvaguardia dei pescatori italiani, poiché essi si trovano inevitabilmente a perdere competitività rispetto ai loro omologhi di Paesi terzi, non soggetti ai medesimi vincoli e in grado di esportare i propri prodotti anche sul mercato italiano ed europeo. (5-04507)


   OLIVERIO, CENNI, ROMANINI, MONGIELLO, VENITTELLI, COVA, ANTEZZA e ANZALDI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il sistema agroalimentare garantisce da anni al nostro Paese un costante incremento dell’export (nel 2013 l'incremento è stato dell'8 per cento, raggiungendo l'importo di 34 miliardi di euro) e tale crescita testimonia il peso economico cruciale dell'agroalimentare in Italia e il valore del marchio made in Italy;
   la produzione di conserva di pomodoro dà lavoro a 20 mila persone nelle 173 aziende conserviere italiane, con vendite per un valore di 2 miliardi di euro. Sono 8 mila le aziende agricole che coltivano pomodori per la trasformazione industriale su una superficie complessiva di 85 mila ettari; la famiglia media italiana acquista ogni anno in media 31 chili di pelati, passate, polpa;
   tale patrimonio è minacciato dalle massicce importazioni di concentrato cinese, in continua crescita: secondo un dossier redatto da Coldiretti, dalle coop agricole dell'Unci e dalle industrie conserviere aderenti dalla Cina sbarcano fusti da 200 chili con concentrato di pomodoro. Ogni giorno si calcola che arrivino nei porti italiani in media un migliaio di fusti; le massicce importazioni squilibrano il mercato e pregiudicano il futuro del made in Italy alimentare;
   produttori privi di scrupoli acquistano il semilavorato, lo mescolano con succo di pomodori coltivati nella pianura padana e lo rivendono all'estero, soprattutto in Germania, come salsa italiana;
   in merito all'indicazione in etichetta dell'origine del prodotto, l'impostazione ancora prevalente in sede europea tende a ritenere incompatibile con il mercato unico la presunzione di qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo di un prodotto alimentare. A tale principio hanno fatto eccezione solo le regole relative alle denominazioni di origine (Dop) e alle indicazioni di provenienza (Igp);
   per i restanti prodotti alimentari è stato sinora fissato il principio che l'indicazione del luogo d'origine o di provenienza possa essere resa obbligatoria solo nella ipotesi che l'omissione dell'indicazione stessa possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare. Tale principio è stato confermato anche con il nuovo regolamento (UE) n. 1169/2011, che, in sostituzione della precedente direttiva 2000/13/CE, ha esteso a talune carni l'obbligo di indicarne l'origine (articolo 26, paragrafo 2);
   il legislatore nazionale ha tradizionalmente attribuito, invece, grande rilievo alla possibilità di definire una legislazione che consentisse di indicare l'origine nazionale della produzione agroalimentare. La produzione nazionale alimentare è considerata una delle eccellenze del Paese, e, pertanto, il suo legame territoriale è stato ritenuto costantemente elemento di pregio – quindi degno di segnalazione al consumatore – anche per le produzioni non «a denominazione protetta»;
   nella passata Legislatura, la XIII Commissione (Agricoltura) della Camera, in sede legislativa, ha approvato all'unanimità la legge 3 febbraio 2011, n. 4, in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari. Il testo della legge è incentrato sull'esigenza di promuovere il sistema produttivo nazionale, nel quale la qualità dei prodotti è frutto del legame con i territori di origine, e sulla pari necessità di trasmettere al consumatore le informazioni sull'origine territoriale del prodotto, alla base di dette qualità. Il fine di assicurare una completa informazione ai consumatori è infatti alla base delle norme (articoli 14 e 5) che dispongono l'obbligo, per i prodotti alimentari posti in commercio, di riportare nell'etichetta anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza:
    per i prodotti alimentari non trasformati, il luogo di origine o di provenienza è il Paese di produzione dei prodotti;
    per i prodotti trasformati la provenienza è da intendersi come il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione;
   per sbloccare l'adozione dei decreti attuativi della legge sull'etichettatura è intervenuto l'articolo 3, commi 7-9, del decreto-legge n. 91 del 2014 che da un lato ha previsto una consultazione pubblica tra i consumatori per comprendere in quale misura le informazioni relative all'origine dei prodotti alimentari e della materia prima agricola siano in grado di indirizzare le scelte dei consumatori, e dall'altro ha disposto che i decreti attuativi dovessero essere adottati entro il 25 dicembre 2014 e che tali decreti dovessero conformarsi alla nuova disciplina europea, nel frattempo intervenuta, data dal regolamento (UE) n. 1169/2011, entrato in vigore il 13 dicembre 2014;
   l'articolo 39 del regolamento prevede che, oltre alle indicazioni obbligatorie di cui all'articolo 9, paragrafo 1, e all'articolo 10, gli Stati membri possono adottare, secondo la procedura di cui all'articolo 45, disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi: a) protezione della salute pubblica; b) protezione dei consumatori; c) prevenzione delle frodi; d) protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d'origine controllata e repressione della concorrenza sleale;
   sempre in base all'articolo 39 del nuovo Regolamento (UE) 1169/2011, gli Stati membri possono introdurre disposizioni sull'indicazione obbligatoria del Paese d'origine o del luogo di provenienza degli alimenti solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell'alimento e la sua origine o provenienza. Al momento di notificare tali disposizioni alla Commissione, gli Stati membri forniscono elementi a prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni;
   inoltre, ai sensi dell'articolo 45 del nuovo regolamento (UE) 1169/2011, gli Stati membri che ritengono necessario adottare nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti notificano previamente alla Commissione e agli altri Stati membri le disposizioni previste, precisando i motivi che le giustificano;
   le nuove tecnologie consentono ormai di stabilire da quale territorio provenga un prodotto alimentare, nella fattispecie il pomodoro, tanto che una nota azienda italiana, per difendere la propria produzione dalla concorrenza sleale di prodotti spacciati per italiani, ma la cui origine è cinese, ha finanziato un importante studio per utilizzare lo spettrometro di massa a tali fini;
   l'articolo 2 comma 1 del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, la cosiddetta «nuova Sabatini», ha introdotto finanziamenti per l'acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese, prevedendo anche il finanziamento degli investimenti in hardware, in software ed in tecnologie digitali –:
   quali siano i motivi della mancata adozione, dei decreti attuativi della legge n. 4 del 2011 che, in base all'articolo 3, commi 7-9 del decreto-legge n. 91 del 2014, avrebbero dovuto essere emanati entro il 25 dicembre 2014, disponendo l'obbligo, per i prodotti alimentari posti in commercio, di riportare nell'etichetta anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza;
   se ritenga – ai sensi degli articoli 39 e 45 del regolamento (UE) 1169/2011 – di adottare disposizioni che prevedano ulteriori indicazioni obbligatorie sul Paese d'origine o sul luogo di provenienza del concentrato di pomodoro e di eventuali altri prodotti, alimenti o ingredienti non compresi tra quelli previsti dall'articolo 26 del regolamento (UE) 1169/2011;
   quali iniziative intenda adottare al fine di promuovere la diffusione, nelle imprese italiane del settore, di strumenti tecnologici innovativi adeguati alla tutela delle produzioni agricole nazionali. (5-04518)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 gennaio 2014, il quotidiano Il Corriere della Sera con un articolo a firma di Fulvio Fiano dal titolo: «Funzionari accusati di truffa alla Ue “Premi di produzione dal ministero” si descriveva come: «Secondo la Procura sono funzionari infedeli, colpevoli di falso e truffa. Secondo l'Agea, l'Agenzia del Ministero dell'agricoltura, dove hanno contribuito a un buco potenziale da oltre 200 milioni per le casse dello Stato, sono invece dirigenti di specchiate capacità, che in quanto tali vanno lodati. In attesa di una sentenza che ne chiarisca le responsabilità – indagini chiuse, a giorni la richiesta di processo – la carriera di Concetta Lo Conte, Folco Ferretti e Luigi Polizzi ha fatto un balzo in avanti nelle feste natalizie. Sono tre dei sei indagati totali in un'inchiesta su finanziamenti europei impropriamente riconosciuti ad aziende agricole in tutta Italia fra il 2009 e il 2012 [...] Secondo i pm Alberto Pioletti e Giancarlo Cirielli, i sei funzionari e dirigenti dell'Agenzia per le erogazioni all'agricoltura avrebbero truffato la Ue che “confidando sulla veridicità delle dichiarazioni di affidabilità trasmesse e della allegata documentazione disponevano i finanziamenti a chi non ne aveva diritto”. In cambio, i sei funzionari e dirigenti avrebbero conservato “le elevate posizioni professionali, continuando a percepire premi di produzione per una gestione considerata corretta ed efficiente, pur essendo difforme dalle prescrizioni dei regolamenti Ue e fonte di gravi danni economici”»;
   gli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali sono l'Agea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, CRA – Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, EIPLI – Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, Ente nazionale risi, INEA – Istituto nazionale di economia agraria, ISMEA – Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare; tali enti, in base alla relazione della Corte dei conti, hanno bilanci in rosso ed una politica di gestione di beni e risorse che spesso è stata oggetto di numerose altre inchieste giornalistiche –:
   se i Ministri interrogati non reputino, anche alla luce delle politiche volte alla spending review ed alla riorganizzazione di tali enti, opportuno vigilare anche sui ruoli ricoperti e sulle nomine in seno agli stessi, e se non siano necessari tutti gli opportuni controlli sugli enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole e forestali, al fine di far cessare gli sprechi;
   se non reputino opportuno verificare, nel caso specifico, quanto riportato dal quotidiano Il Corriere della Sera e procedere, per quanto di competenza, affinché si faccia luce e chiarezza sulle nomine e gli avanzamenti di carriera dei funzionari Agea, oggetto dell'inchiesta giornalistica. (4-07584)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, DALL'OSSO, DI VITA e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'endometriosi è una malattia cronica e invalidante della quale sono affette circa 3 milioni di donne in Italia, 14 milioni in Europa e 150 milioni nel mondo, ed è molto difficile da diagnosticare. Molte donne ricevono infatti una corretta diagnosi mediamente dopo circa dieci anni di visite mediche;
   varie testate giornalistiche qualche giorno prima di Natale hanno riportato le dichiarazioni del Ministro interrogato secondo cui il tavolo sulla revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), a cui siedono Ministero della salute, Agenas e regioni, ha concluso i lavori dopo 9 mesi e che entro il 29 dicembre avrebbe ricevuto il decreto pronto per il varo;
   a oggi il Ministro ha spiegato, esclusivamente ai giornalisti e mai nelle opportune sedi istituzionali, che per la prima volta nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza entreranno a far parte malattie come celiachia, melanoma cutaneo familiare, osteomielite cronica, sindrome di Dravet e di Lynch, ma anche l'endometriosi e la procreazione medicalmente assistita eterologa;
   da diversi anni si parla di riconoscimento dell'endometriosi come malattia invalidante e già nel dicembre 2012 la stampa riferiva dell'imminente firma dell'allora Ministro Balduzzi, entro l'anno o al massimo entro la fine della legislatura, del decreto che avrebbe varato l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, in cui si diceva fosse inserita anche l'endometriosi;
   a quelle esternazioni non è però seguito alcun atto, ma solo la delusione delle tantissime donne affette da questa patologia che lottano giornalmente senza sentirsi tutelate dallo Stato –:
   se risultino agli atti quali siano le motivazioni che hanno determinato il differimento della firma del decreto che aggiornerà i livelli essenziali di assistenza e quando intenda firmare il decreto considerata l'importanza fondamentale della revisione degli elenchi per i milioni di malati che aspettano da anni un cambiamento della normativa ormai obsoleta. (5-04510)


   PIAZZONI, LENZI e D'INCECCO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella serata di lunedì 12 gennaio 2015, presso l'ospedale San Camillo di Roma, si è verificata una improvvisa interruzione nell'erogazione dell'ossigeno;
   tale interruzione ha messo seriamente a rischio la vita di 10 persone ricoverate nel reparto di terapia intensiva neurochirurgica — reparto più vicino al luogo dell'interruzione — dove l'ossigeno viene pompato, attraverso un sistema di tubi, dalla centrale direttamente ai letti dei pazienti. Solo il pronto intervento del personale della struttura con l'ossigeno di supporto e il rapido ripristino del servizio ha evitato che si verificassero danni irreversibili per la salute dei pazienti;
   fin dalle prime ore successive all'accaduto è stata sollevata l'ipotesi di un atto doloso. Il guasto al sistema di erogazione dell'ossigeno si è infatti verificato per il danneggiamento di uno dei tubi che attraversano i padiglioni del nosocomio, trasmettendo il gas. In forza di ciò le prime ricostruzioni della vicenda apparse sulla stampa si sono concentrate sull'ipotesi di una manomissione volontaria. Diversi sono gli elementi che fanno propendere per questa tesi: il distacco del tubo è avvenuto in un punto dove la condotta scorre rettilinea e proprio in corrispondenza di una valvola; l'entità del danno porta a pensare che il tubo sia stato spinto dall'alto verso il basso; la perdita del flusso è stata immediata e non progressiva;
   altro dato significativo e preoccupante è costituito dalle modalità di accesso al luogo in cui il guasto si è verificato, che può essere raggiunto solo attraverso le porte di accesso a determinati padiglioni (che non risultano manomesse) o dall'esterno, attraverso una grata che copre parzialmente le tubature. Secondo la testimonianza del direttore generale dell'azienda raccolta dal quotidiano La Repubblica è necessaria una precisa conoscenza del funzionamento del sistema di trasmissione dell'ossigeno per manomettere in quel modo lo stesso;
   lo stesso dirigente sanitario ha inoltre lasciato intuire come l'accaduto possa essere in qualche modo collegato a vicende interne all'azienda. Occorre ricordare che presso l'ospedale San Camillo si sono verificati negli anni altri episodi estremamente preoccupanti, tra cui due incendi dolosi negli anni 2003 e 2012, rimasti, a oggi, senza l'individuazione di un responsabile. Il rappresentante per «Anaao» del San Camillo — sempre secondo quanto riportato da La Repubblica — ha fatto riferimento inoltre a singoli episodi di manomissioni di lieve entità, che si verificherebbero nella struttura ospedaliera con cadenza quotidiana;
   la gravità dell'episodio citato in premessa e il contesto afferente all'ospedale San Camillo desta seria preoccupazione, anche per il rischio che possano ripetersi altri atti a danno della struttura e a scapito della salute dei pazienti e del personale –:
   quali notizie siano in possesso del Ministro interrogato relazione alla vicenda citata in premessa e se non si ritenga opportuno intraprendere apposite iniziative per quanto di competenza, affinché sia garantita la sicurezza dei pazienti e del personale della struttura ospedaliera.
(5-04515)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, PANNARALE, MELILLA, NICCHI, COSTANTINO, ZACCAGNINI e SANNICANDRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 giugno 2010 venivano approvate le linee di indirizzo del Ministero della salute sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine elaborate dalla Commissione, presieduta dal dottor Fabrizio Oleari, avente la finalità di predisporre le linee guida sulla modalità di utilizzo del farmaco RU-486 e di definire le modalità per la raccolta dei dati utili al monitoraggio del suo impiego;
   in data 8 ottobre 2012 veniva pubblicata la «Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/78)» nella quale veniva fotografata, tra l'altro, la situazione nazionale in merito all'interruzione volontaria di gravidanza;
   come hanno sottolineato diversi organi di stampa, all'indomani della pubblicazione della relazione, – ed in particolare modo la testata il Fatto Quotidiano –, dalla relazione del Ministero emerge una situazione eterogenea «con servizi distribuiti a macchia di leopardo a livello regionale e visibili differenze tra Nord, Centro e Sud»,
   in particolar modo tale differenziazione si rilevi nell'adozione della pillola RU-486. Nonostante, infatti, i casi di interruzione volontaria di gravidanza (d'ora innanzi «IVG») siano passati dagli 857 del 2009 ai 3404 nel primo semestre del 2011 (tabella pagina 36 della relazione del Ministro della salute citata), la disponibilità della pillola RU-486 non ha una distribuzione omogenea sul territorio nazionale, variando da regione a regione con differenze anche significative;
   tra le regioni con meno disponibilità si trovano le Marche, la Campania, il Lazio, l'Abruzzo, la Sardegna, la Basilicata e il Molise, dove nel 2010 e 2011 si registrano meno di tre presidi dove è stata utilizzata la pillola RU-486 (tabella pagina 37 della relazione del Ministro della salute citata); il primato negativo in questo campo va alle Marche, che compaiono in fondo alla classifica;
   sebbene infatti l'assessore alla salute della regione Marche Almerino Mezzolani abbia più volte affermato che la regione emanerà al più presto le linee guida per la somministrazione della pillola abortiva RU-486 in base alle disposizioni di legge – per tutte si cita la dichiarazione rilasciata all'Ansa il 20 aprile 2010, invero piuttosto risalente, dove annunciò durante la conferenza stampa di presentazione della nuova giunta regionale che «sarà una delle prime cose che faremo» – ad oggi non si registra alcuna attività in tal senso da parte dell'istituzione regionale;
   benché spetti alle regioni «il controllo e la garanzia dell'attuazione delle procedure relative all'IVG» ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 194 del 1978), è nelle prerogative del Ministero della salute garantire uniformità al sistema sanitario nazionale –:
   quali iniziative, nell'ambito delle attribuzioni, intenda adottare il Ministro interrogato affinché il sistema sanitario offra un servizio omogeneo sul territorio nazionale, in particolar modo in merito alla piena applicazione della legge n. 194 del 1978. (4-07587)


   NUTI, BARONI, COLONNESE, DALL'OSSO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel gennaio del 2007 i NAS fecero ispezioni in decine di ospedali italiani, tra cui anche una decina in Campania ove veniva evidenziata una carenza di posti letto e di personale rispetto al numero dei ricoveri, oltre a condizioni igienico sanitarie piuttosto carenti;
   la Asl numero 1— Napoli Centro, all'interno della quale ricadono tra i più grandi e importanti ospedali campani, risulta essere la più grande e indebitata del Mezzogiorno ed è stata protagonista di continui scandali negli anni recenti: nel dicembre 2007 sono stati eseguiti numerosi arresti a seguito di una indagine dalla quale è emersa l'esistenza di una fittissima rete di rapporti tra imprenditori, professionisti e tecnici della Asl, interessati ad appalti di lavori da eseguirsi negli ospedali della provincia di Napoli; nel febbraio del 2010, dopo mesi di indagini, la procura di Napoli ha emesso 30 avvisi di garanzia con accuse di associazione per delinquere, corruzione, abuso d'ufficio e truffa, destinati tra gli altri anche ai primari dei 4 principali ospedali della sopra citata Asl, incluso il San Giovanni Bosco; nell'ottobre del 2013 la guardia di finanza su disposizione della Corte dei conti ha disposto provvedimenti conservativi per una quindicina di persone dopo aver scoperto un buco nel bilancio dell'Asl di 32 milioni di euro causati dal doppio pagamento di fatture a numerosi fornitori; nell'ottobre 2014 la Corte dei conti ha indagato sui locali affittati dall'Asl 1 alla Romeo Gestioni, i cui canoni in parte non sono stati riscossi e in parte sono stati concessi ad un importo nettamente inferiore a quello di mercato; nel novembre 2014 è stato indagato il direttore generale dell'Asl 1 nell'inchiesta sulle presunte irregolarità nelle forniture di medicinali a ospedali e aziende sanitarie di Napoli, per episodi avvenuti nel 2010 quando lo stesso dirigeva la Asl Napoli 3;
   più in generale la gestione economica dell'Asl 1 e dei relativi ospedali è assolutamente inadeguata, come dimostrano le pesantissime perdite di bilancio che vengono registrate quasi ogni anno; da ultimo la perdita di oltre 70 milioni di euro registrata nel bilancio consuntivo 2013, dopo aver registrato 46 milioni di euro di perdite nel bilancio consuntivo 2012, in merito al quale l'organismo sindacale ha evidenziato ad agosto 2014 «la condizione di inattendibilità nel loro complesso delle risultanze contabili [...] in quanto il sistema contabile non risulta in grado di rilevare con completezza e correttezza i fatti aziendali» ed ha rilevato che «le procedure relative alla gestione degli appalti non sono in grado di assicurare con continuità il regolare svolgimento di gare»;
   in Campania l'attività svolta dalla criminalità di tipo mafioso è molto intensa ed interessa anche la sanità locale e le varie Asl territoriali; ne è una prova che in Campania l'Asl 4 di Pomigliano d'Arco è stata sottoposta nel 2005 allo scioglimento degli organi direttivi ai sensi degli articoli 143, 144 e 145 del TUEL per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso o similare; inoltre, negli ultimi anni sono state varie le notizie che accreditavano infiltrazioni mafiose all'interno di altre Asl campane, come risulta dagli accertamenti effettuati dalla guardia di finanza nel dicembre del 2007 all'interno dell'Asl Napoli 5 oppure ancora come emerso a seguito di indagini condotte dalla DDA di Napoli in merito all'Asl di Caserta, culminate con l'arresto, tra gli altri, di alcun dirigenti Asl nel novembre 2013;
   l'ospedale San Giovanni Bosco è uno tra i presidi ospedalieri più grandi ed importanti della Campania, situato nei pressi di Poggioreale e rientrante nelle competenze dell'Asl 1 – Napoli Centro;
   sono numerose le denunce pubbliche dello stato in cui versa l'ospedale, che evidenziano le inadeguate condizioni igieniche, la totale inadeguatezza dei posti letti in relazione all'utenza, la grave carenza di personale, la mancanza di macchinari funzionanti, una pessima gestione da parte dei vertici aziendali ed ospedalieri;
   questi problemi hanno reso l'ospedale San Giovanni Bosco tristemente noto in tutto il Paese per essere uno tra i peggiori presidi ospedalieri a livello nazionale ove sono stato riscontrati anche gravi casi di malasanità, come ad esempio il decesso di Kesia, giovane madre di 25 anni, morta nel dicembre 2013 sulla quale la medesima Asl 1 di Napoli a suo tempo aprì una inchiesta interna, oppure la morte nell'aprile del 2009 dell'operaio Francesco Mennillo di 49 anni, forse causata dall'impossibilità di effettuare un esame TAC in quanto i macchinari erano guasti, ma non solo;
   nel dicembre del 2014, solo poche settimane fa, venivano denunciate pubblicamente sul sito fanpage.it tramite un video amatoriale le pessime condizioni dell'ospedale San Giovanni Bosco, ove, addirittura, i pazienti erano ricoverati tra i propri escrementi, passando quindi ogni limite igienico-sanitario;
   all'ospedale San Giovanni Bosco, a differenza di altri ospedali dall'area, sarebbe inesistente il cosiddetto triage nella gestione del pronto soccorso, ovvero quel sistema teso a stabilire priorità tra gli utenti in base alla gravità della situazione che presentano; l'assenza di questo sistema continua a causare una situazione di completo caos e aggravare la già inefficiente gestione dell'ospedale;
   inoltre, i lavori per la ristrutturazione del pronto soccorso e l'installazione del triage sarebbero iniziati circa due anni fa ma bloccati poco dopo, per ragioni ancora sconosciute, con gravi conseguenze per l'utenza;
   la trasmissione televisiva «Striscia la notizia» da anni si sta occupando dei problemi legati al San Giovanni Bosco, da ultimo con un servizio trasmesso in data 12 gennaio 2015, ove veniva descritta una situazione al di fuori di ogni standard accettabile: primi soccorsi effettuati a terra o su scrivanie, soggetti costretti per giorni, senza potersi lavare, ad attendere nei corridori, assenza di igiene, assenza di suddivisione tra reparti maschili e femminili, assistenza ai degenti affidata in buona parte a parenti o accompagnatori, e più in generale veniva evidenziata una complessa situazione di caos;
   la situazione di caos descritta causa gravi e continue situazioni di tensione tra utenti e personale ospedaliero, come avvenuto il 3 gennaio 2015 quando due medici sono stati aggrediti fisicamente e feriti dai parenti di un utente del pronto soccorso; tuttavia, episodi di questo tipo sono tutt'altro che rari –:
   vista la pessima situazione organizzativa, il degradante contesto igienico sanitario, la pessima gestione economica e finanziaria, ma soprattutto i continui scandali e il rischio di infiltrazione mafiose relativi ai presidi ospedalieri dell'Asl 1 – Napoli Centro, in particolare il San Giovanni Bosco, se non intenda, nel rispetto delle proprie competenze, verificare quanto descritto in premessa, anche tramite l'invio di ispettori ministeriali e dei NAS;
   se intenda, in relazione a procedimenti giudiziari presenti o futuri relativi ai fatti sopra descritti o similari, costituirsi parte civile ove ne ricorrano i presupposti di fatto e di diritto;
   se intenda procedere per quanto di competenza e alla luce di quanto descritto in premessa, a verifiche periodiche delle condizioni in cui versano i presidi ospedalieri campani, in particolare afferenti l'Asl 1 – Napoli/Centro. (4-07589)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   la disciplina dell'informazione commerciale sui prodotti alimentari è stata oggetto di ripetute revisioni che hanno interessato il decreto legislativo 109/92 di attuazione delle direttive n. 89/395/CEE e n. 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari;
   nel corso degli anni il Parlamento ha spesso delegato i Governi in carica a provvedere ad una riforma organica della materia relativa all'etichettatura e all'elaborazione di un testo unico per il riordino complessivo delle norme accumulatesi nei decenni;
   la suddetta riforma non ha tuttavia mai visto la luce anche a causa delle diverse posizioni dei dicasteri interessati: Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, Ministero della salute e Ministero dello sviluppo economico;
   come noto, dal 13 dicembre 2014 è divenuto applicabile il Regolamento (UE) 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, teso a garantire, all'interno del mercato unico europeo, l'uniformità delle regole a presidio dell'informazione dei consumatori in relazione agli alimenti;
   il citato regolamento nel ridefinire le regole comuni in tema d'informazione al consumatore per i prodotti alimentari, ha confermato la possibilità per gli Stati membri di aggiungere prescrizioni nazionali ulteriori, da applicarsi sui prodotti commercializzati sui loro territori, purché le stesse vengano notificate alla Commissione europea nei termini e nelle modalità stabilite dallo stesso regolamento;
   a decorrere dal 13 dicembre 2014, a causa della mancata notifica del Governo italiano alla Commissione europea, la prescrizione italiana di mantenere l'obbligatorietà di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia, non è stata mantenuta, nonostante il Governo, ed in particolare il Ministro Martina, lo scorso 21 dicembre, abbia annunciato di aver chiesto al Ministero dello sviluppo economico di ripristinare l'obbligo in parola;
   il regolamento (UE) n. 1169/2011 ha introdotto, inoltre, l'obbligo di indicazione dell'eventuale presenza di allergeni nelle etichette degli alimenti preconfezionati. La presenza di allergeni deve essere comunicata ai consumatori anche quando gli alimenti siano venduti al dettaglio o somministrati, ad esempio, in bar o ristoranti. In alcuni Paesi dell'Unione europea, come Grecia, Olanda, Belgio, Croazia, ma anche Francia, Germania, Gran Bretagna, la presenta di allergeni si potrà comunicare anche a voce (informativa orale);
   molte delle previsioni di cui al decreto legislativo n. 109 del 1992 sono state superate dal regolamento (UE) 1169/2011, il quale prevale nella gerarchia delle fonti di diritto, essendo immediatamente applicabile all'interno degli ordinamenti degli Stati membri;
   ad oggi non è ancora disponibile la normativa nazionale di applicazione del regolamento (UE) 1169/2011 e permane quindi estrema incertezza tra gli operatori sui tempi e sulle modalità di effettiva applicazione delle disposizioni comunitarie, nonché su quali sanzioni debbano essere applicate per la violazione degli adempimenti in esso previsti –:
   se e quando intenda notificare alla Commissione europea, come recentemente dichiarato dal Ministro Martina, la volontà di mantenere l'obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia;
   come intenda far fronte all'obbligo di comunicazione dell'eventuale presenza di allergeni negli alimenti venduti o somministrati in ristoranti o mense pubbliche, e se ritenga applicabile il ricorso alla cosiddetta informativa orale;
   se non ritenga opportuno assumere le iniziative necessarie a predisporre urgentemente le norme relative alle sanzioni, diversificate in base all'attività svolta, da applicare agli operatori che non ottemperano agli obblighi previsti dal regolamento (UE) 1169/2011 in materia di fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, al fine di dotare le Autorità preposte ai controlli degli strumenti necessari a garantire la corretta applicazione delle disposizioni in esso contenute.
(2-00818) «Gagnarli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Rostellato, Villarosa».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in questi primi giorni del mese di gennaio 2015 presso il comprensorio della frazione di Pisticci Scalo in territorio del comune di Pisticci in provincia di Matera si registrano disservizi nell'ambito della distribuzione della posta;
   molti residenti lamentano, infatti, il mancato recapito di bollette, avvisi, richiami sanitari, notifiche e corrispondenza attesa che si ripercuotono ovviamente a danno dell'utenza costretta a risalire a tali documenti;
   la frazione interessata ricade in una importante area industriale, sede di uffici, e una popolazione di circa 800 abitanti comprese le aree rurali –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda attivare, nell'ambito delle proprie competenze di vigilanza, per quanto riguarda un servizio pubblico molto importante, al fine di verificare la presenza di questo disservizio e chiedere a Poste italiane di porre rimedio assicurando il recapito della corrispondenza presso il territorio di Pisticci Scalo. (5-04509)


   LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da organi di stampa si apprende che l'Amministratore delegato Fiat-Chrysler Automobiles Sergio Marchionne alla conferenza stampa di Detroit ha annunciato un nuovo piano di 1.500 posti per lo stabilimento di Melfi nei prossimi tre mesi;
   l'Amministratore delegato del gruppo ha spiegato che 1.150 saranno delle nuove assunzioni vere e proprie, mentre 350 saranno gli operai trasferiti temporaneamente dagli stabilimenti di Cassino e Pomigliano d'Arco;
   una volta stabilizzati i volumi produttivi, in ragione dell'andamento della domanda e dei risultati negli oltre 100 mercati dove le vetture saranno vendute (Jeep Renegade e 500X), alle persone inizialmente inserite con contratto interinale potrà essere proposto il nuovo contratto a tutele crescenti, attualmente in via di definitiva approvazione;
   con l'investimento da un miliardo di euro e queste assunzioni (alle quali si aggiungono altri 500 addetti circa, trasferiti da altri impianti), lo stabilimento lucano diventa la più grande realtà produttiva del gruppo FCA in Italia;
   il programma prevede che già dalla prossima settimana saranno inseriti circa 300 nuovi lavoratori ai quali si aggiungeranno subito circa 100 persone provenienti dallo stabilimento di Cassino. La Fca ha annunciato ai sindacati la chiusura della cassa integrazione straordinaria e il rientro immediato in fabbrica di tutti i 5.418 dipendenti dello stabilimento Sata –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   se sia a conoscenza di quanti siano effettivamente i nuovi assunti nello stabilimento di Melfi al netto del rientro dei lavoratori in cassa integrazione;
   quale sarà l'impatto del nuovo progetto industriale sulle aziende dell'indotto locale;
   quali saranno i criteri e le modalità di selezione del personale per valorizzare le competenze professionali dell'area di Melfi e della regione Basilicata. (5-04511)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, PESCO, ALBERTI, VALLASCAS, FANTINATI e CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la più importante azienda di Legnano (MI), la Franco Tosi Meccanica Spa (Ftm), da molti anni sta attraversando un periodo di crisi;
   in data 18 giugno 2013, è stato depositato ricorso per il fallimento della società Ftm;
   in data 25 luglio 2013, il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza della Ftm nominando quale commissario giudiziale, senza gestione dell'impresa, l'avvocato Gian Paolo Barazzoni;
   il commissario, in accordo con il tribunale di Milano, nel rilevare la possibilità di facilitare la cessione dell'azienda attraverso un preliminare contratto di affitto, ha pubblicato un invito a manifestare interesse per affittare l'azienda;
   in data 28 settembre 2013 e a seguito del parere del Ministero dello sviluppo economico, come da articolo 29 del decreto legislativo n. 270 del 1999, il tribunale ha disposto l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria rilevando i presupposti per il riequilibrio dell'azienda, pur in pendenza dell'esito della procedura di affitto avviata;
   in data 16 ottobre 2013, il Ministro dello sviluppo economico ha nominato il dottor Andrea Lolli quale commissario straordinario della procedura della Ftm;
   in data 24 gennaio 2014, a seguito di richiesta di proroga, è stato depositato il programma di cessione dei complessi aziendali che prevede, tra l'altro, il ricorso alla garanzia di Stato sui finanziamenti per la gestione corrente dell'impresa;
   nel mese di novembre 2014, si è ufficialmente aperta la procedura negoziata di vendita della Ftm dove, a tutti gli effetti, si è dato il via ad un nuovo bando, il terzo nel giro di un anno, successivo a quello di affitto e quello di vendita scaduto il 30 settembre 2014;
   la nuova procedura negoziata di vendita che ha ufficialmente aperto il commissario straordinario Andrea Lolli, stabilisce che all'offerta economica più elevata rappresentata dal maggior prezzo d'acquisto offerto verrà attribuito il punteggio massimo pari a 50/100 punti; che all'offerta tecnica più elevata, rappresentata dal maggior numero di dipendenti assunti al momento dell'acquisizione del Ramo di Azienda, verrà attribuito il punteggio massimo pari a 30/100 punti; che il 10 per cento dei lavoratori verranno reintegrati nel biennio successivo e un altro 10 per cento saranno gli investimenti nello stesso periodo. Questo bando, in piena coerenza con quello precedente, non dà certezze d'acquisto da parte di società interessate;
   nell'attualità, l'azienda si trova nella procedura di amministrazione straordinaria in base al decreto legislativo n. 270 del 1999, che prevede come prerogative essenziali il mantenimento dell'integrità del valore dell'azienda e la continuità dell'attività al fine di tutelare creditori, dipendenti ed agire nel rispetto delle politiche industriali del Ministero dello sviluppo economico;
   per mantenere la procedura di amministrazione straordinaria, una della condizioni fondamentali è la continuità aziendale e quindi desta particolare preoccupazione che sin dal principio della procedura stessa vi sia stata una perdita di commesse che ha danneggiato l'integrità del valore dell'azienda, i possibili flussi di cassa proveniente da tali commesse e il valore dell'azienda stessa nei confronti di futuri acquirenti;
   sin dal luglio 2013, la grave situazione della Ftm ha visto 3 aziende creditrici chiedere, e sollecitare al tribunale il fallimento;
   il decreto legislativo n. 270 del 1999, prevede la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento qualora non siano rispettati i tempi dettati dal piano industriale, ovvero quando i risultati di legge non siano raggiungibili. Nel caso della Ftm, le finanze per l'attuazione non sono note e non si conoscono le posizioni delle aziende possibilmente interessate alla luce della recente perdita di importanti commesse internazionali;
   in data 24 gennaio 2014, si è tenuto un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico durante il quale le rappresentanze sindacali hanno espresso perplessità riguardante la gestione della procedura. La questione di maggiore preoccupazione è rappresentata dal fatto che più lunghi sono i tempi, più alto è il rischio di depauperamento del patrimonio industriale e più certa diventa l'ipotesi che diversi settori dell'azienda possano essere venduti a più compratori;
   la gestione attuale da parte del commissario non ha portato alla stipula e firma di nessun accordo vincolante da parte di alcun soggetto industriale né per l'affitto né tantomeno per la vendita dell'attività;
   la conseguenza del dilatarsi dei tempi, porrebbe in posizione di grave rischio l'integrità del valore dell'azienda e l'esistenza stessa della fabbrica sino a non rendere possibile il configurarsi di un piano industriale per il rilancio in continuità operativa;
   nel mese di febbraio 2014, il Governo ha dichiarato alla Camera dei deputati di poter condividere le scelte operate sino ad oggi dal commissario, volte ad assicurare il perseguimento delle finalità della procedura di amministrazione straordinaria, attraverso la vendita dell'azienda secondo le procedure previste dalla legge;
   in data 15 gennaio 2015, è scaduta la proroga per presentare offerte al commissario per rilevare l'azienda Ftm –:
   come intenda agire il Governo, per quanto di propria competenza, per garantire la continuità aziendale, il mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi della società Franco Tosi Meccanica Spa sul territorio lombardo per almeno un quinquennio e come intenda procedere affinché si eviti la vendita separata di rami d'azienda, in modo tale da evitare la sua disgregazione e la dispersione del suo know how. (5-04520)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Locatelli e altri n. 1-00627, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cenni, Fiorio.

  La mozione Vargiu e altri n. 1-00715, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: D'Agostino, Matarrese.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Incecco n. 4-00755, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fusilli.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Ambrosio n. 4-04118, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

  L'interrogazione a risposta scritta Luigi Di Maio e Dell'Orco n. 4-07400, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sibilia.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cimbro e altri n. 5-04498, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Locatelli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Cimbro n. 5-04498, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 364 del 16 gennaio 2015.

   CIMBRO, LA MARCA, PORTA e LOCATELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   numerose sono le violazioni delle leggi e degli obblighi internazionali da parte della Federazione Russa in Ucraina. Sin dall'inizio della crisi, la Russia ha continuato ad ammassare truppe e materiale militare al confine con il paese; e nonostante il cessate il fuoco deciso durante gli accordi multilaterali di Minsk, gli ultimi mesi hanno portato a un'ulteriore recrudescenza del conflitto nell'Ucraina orientale con il provato coinvolgimento militare russo, e il suo sostegno logistico ai gruppi separatisti;
   il 17 giugno 2014, Nadia Savchenko, pilota ucraina, è stata catturata dai separatisti filorussi nell'est dell'Ucraina, dove si trovava in quanto membro volontario dell'operazione anti-terrorista ATO; è stata quindi nella notte del 23 giugno trasferita in Russia, e reclusa, sotto sorveglianza annata, in un albergo della città di Vorone. Il 30 giugno la sua detenzione è diventata ufficiale;
   la parte russa accusa la Savchenko di essere corresponsabile della morte di due giornalisti russi in Ucraina orientale. Nessuna prova convincente è stata fornita a supporto dell'accusa: l'unica testimonianza è di membri anonimi della autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk, non riconosciuta da ONU e EU e di una organizzazione terroristica dall'Ucraina. L'anonimato dei testimoni può in ogni caso significare la loro inesistenza, o la fabbricazione ad hoc della loro testimonianza;
   al contrario, i legali della pilota hanno saputo preparare una documentazione indicante chiaramente l'innocenza dell'imputata. Documentazione che comunque non è stata presa in considerazione dalla Commissione investigativa russa;
   come manifesta è l'infondatezza delle accuse, così l'illegalità della detenzione della cittadina ucraina in Russia; innaturale è poi il prolungarsi della reclusione: la Savchenko è attualmente detenuta nella SIZO-6-centro di detenzione a Mosca, in Russia. Precedentemente, la Savchenko è stata per il periodo di un mese detenuta coattamente in un ospedale psichiatrico, il Centro Serbsky. Ciò anche per assicurarle un, se possibile, ancor più grande isolamento: nessun osservatore internazionale è ancora stato ammesso, e le è permesso di incontrarsi con i suoi legali solo una volta a settimana; a volte, i periodi in cui i legali della Savchenko non hanno accesso alla cliente sono prolungati, per esempio, i legali dopo un incontro alla fine di dicembre, hanno avuto la possibilità di incontrare la propria cliente solo il 12 gennaio 2015; i suoi colloqui sono controllati, e avvengono da dietro un vetro, attraverso un telefono; è fatto inoltre loro obbligo di parlare solo in russo. Per quel che riguarda le condizioni della reclusione, la luce della sua cella è accesa 24 ore al giorno;
   il 15 dicembre 2014, la detenuta, Nadia Savchenko, ha indetto lo sciopero della fame contro i maltrattamenti subiti in detenzione, in forma delle mancate cure mediche, richieste per colpa di un'acuta infiammazione all'orecchio; la mancanza di cure mediche adeguate hanno provocato la perdita di udito all'orecchio; dopo una visita di un medico il 16 dicembre 2014, Nadia Savchenko si è rifiutata di cessare lo sciopero della fame, richiedendo di essere liberata;
   il suo trasporto coatto in Russia è considerato sequestro dalle principali leggi internazionali (Codice dei crimini contro la pace e la sicurezza dell'umanità, 1996; Statuto di Roma della Corte penale internazionale, 1998; Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, 2006); può essere inoltre considerate come prigioniera di guerra; su di lei si applica il Diritto internazionale umanitario. Infine, le accuse verso di lei sono motivate politicamente, e le prove non sono imparziali: ciò in violazione della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
   la comunità internazionale denuncia Nadia Savchenko essere una prigioniera politica, e ne richiede l'immediata liberazione. Il 16 settembre 2014 l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha pubblicato un rapporto sulla situazione dei diritti umani in Ucraina, il quale contiene informazioni concernenti il caso della Savchenko;
   il 18 settembre il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla situazione ucraina, nella quale si chiede alle autorità russe il rilascio della Savchenko e di altri suoi concittadini sequestrati lo scorso maggio: il regista e attivista Oleg Stentsov, Alexander Kolchenko, Gennadiy Afanasyev, Alexey Chirnyi;
   il 14 ottobre il Centro russo per i diritti umani russo «Memorial» ha dichiarato Nadia Savchenko prigioniera politica;
   il 26 ottobre Savchenko è eletta in absentia membro del parlamento ucraino. Lo status di deputata permette al parlamento ucraino di votare una risoluzione in cui si chiede al parlamento russo e al presidente Vladimir Putin la liberazione della donna;
   la risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2015 sulla situazione in Ucraina prevede, tra gli obiettivi di riferimento che, una volta conseguiti, potrebbero evitare l'imposizione di nuove misure restrittive nei confronti della Russia o portare alla sospensione delle misure già adottate, «lo scambio di tutti i prigionieri, tra cui Nadia Savchenko»;
   il Comitato per i diritti umani, nell'ambito delle attività della Commissione affari esteri della Camera, ha dedicato il 15 luglio 2014 un incontro alla situazione delle violazioni dei diritti umani nel conflitto ucraino –:
   quali iniziative sul piano diplomatico intenda mettere in atto il Governo e il Ministero degli affari esteri italiano, per assicurare i diritti di Nadia Savchenko non vengano violati durante la sua detenzione in Russia, e la sua immediata liberazione. (5-04498)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale Rabino n. 3-01252 del 16 gennaio 2015.
   interrogazione a risposta scritta Paolo Nicolò Romano n. 4-07565 del 16 gennaio 2015.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Liuzzi e altri n. 3-00253 del 31 luglio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04505.