Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 22 gennaio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    da alcuni anni la direzione generale igiene e sicurezza degli alimenti e nutrizione del Ministero della salute autorizza, in «situazioni di emergenza sanitaria», alcuni prodotti fitosanitari in virtù dell'articolo 53 del regolamento (CE) 1107/2009; negli ultimi anni, il ricorso a questa procedura di autorizzazione speciale in Italia è stato esponenziale: secondo quanto indicato sul sito del Ministero della salute sono 31 le istanze di «autorizzazioni eccezionali», ma in alcuni casi si vedono reiterare, di anno in anno, le stesse richieste per gli stessi prodotti, le stesse patologie e le stesse colture; i prodotti fitosanitari autorizzati in deroga sarebbero stati 41 nell'anno 2012, 60 nell'anno 2013 e 75 nell'anno 2014;
    la maggior parte di queste sostanze attive non sono più o non sono ancora autorizzate dall'Unione europea (ad esempio 1,3 dicloropropene; chloropicrin; pretilachlor; propanil; propargite; quinclorac; terbacil) e il meccanismo dell’«autorizzazione eccezionale» consente di non effettuare l’iter previsto dal sistema autorizzativo, che prevede, fra l'altro, la verifica dell'impatto (ambientale e sulla salute) non essendo, le richieste, corredate della documentazione necessaria a tali scopi come previsto nelle autorizzazioni all'immissione in commercio dai prodotti;
    le autorizzazioni eccezionali sono utilizzate, in particolare, per fitosanitari che nelle schede di sicurezza indicano princìpi attivi con classi di rischio nocive e tossiche per l'uomo e l'ambiente, tanto è vero che la maggior parte di questi non ha superato le procedure di autorizzazione europee; tale rischio, molto spesso, è più che ridimensionato nelle etichette approvate con i decreti dirigenziali;
    l'interrogazione 4/04948, ancora in attesa di risposta, riporta alcuni esempi di prodotti fitosanitari autorizzati; il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 all'articolo 30, comma 1, indica che «uno Stato Membro può dare un'autorizzazione provvisoria se la Commissione non è giunta a una decisione entro 30 mesi dalla accettazione dell'applicazione – l'autorizzazione provvisoria ha validità per tre anni»;
    a parere dei firmatari del presente atto d'indirizzo i decreti non appaiono quindi conformi alla legge n. 150 del 2012; inoltre, l'articolo 30 del regolamento (CE) n. 1107/2009 è stato di fatto stravolto, visto che le autorizzazioni eccezionali si sono perpetuate ben oltre i 3 anni previsti; appare inoltre scorretto il reiterarsi annuale dell'emergenza che, diventando prassi, perde di fatto la sua caratteristica fondante, come pure rischia di diventare un abuso il ricorso, anno dopo anno, all'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009, relativo a «situazioni di emergenza fito-sanitaria»;
    con atto n. 4-05032 sono stati interrogati, senza ancora riceverne risposta, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in merito alle carenze riscontrate nella normativa di recepimento della direttiva n. 2009/128/CE, sia il decreto legislativo che piano d'azione, in particolare sui troppi rinvii a decreti attuativi che tale impianto normativo prevede, sulla inconsistenza dell'impianto sanzionatorio e delle misure previste dalla lotta integrata obbligatoria, sulla mancata individuazione degli obiettivi, sulle azioni di tutela dell'ambiente acquatico e delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile da applicare in campo agricolo;
    per alcuni decreti attuativi e per alcune misure risulta sia scaduto il termine previsto, in particolare: l'articolo 25, comma 3, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva un decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali da emanarsi entro il 12 agosto 2014, con cui determinare le tariffe ed il relativo versamento per i controlli delle attrezzature di applicazione dei prodotti fitosanitari; l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva un decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro il 26 novembre 2013, per adottare specifiche disposizioni per l'individuazione dei prodotti fitosanitari destinati ad utilizzatori non professionali; il paragrafo A.3.10 del piano di azione nazionale che prevedeva un decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro 6 mesi dall'approvazione del piano di azione nazionale, per la costituzione di una banca dati nazionale relativa ai controlli effettuati sulle macchine di distribuzione dei fitofarmaci, ed il ruolo di ENAMA, organismo di supporto al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; l'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva, entro il 30 aprile 2013, la trasmissione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali delle misure messe in atto dalle regioni e dalle province autonome, per rendere possibile l'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria; l'articolo 19, comma 7, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva, entro il 30 giugno 2013, la trasmissione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali alla Commissione europea di una relazione sullo stato di attuazione delle misure messe in atto dalle regioni per rendere possibile l'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria; l'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva, entro il 30 ottobre 2012, la trasmissione delle regioni al Ministero della salute ed al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali dell'elenco dei soggetti autorizzati alla vendita di prodotti fitosanitari;
    fa seguito a questi atti e misure, una serie di altre questioni che il piano di azione nazionale affida ad ulteriori decreti attuativi, da emanare entro 1 anno dall'entrata in vigore dello stesso, quindi entro il prossimo 13 febbraio 2015. Tra questi, l'emanazione delle linee guida per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile, le linee guida per la scelta delle misure da inserire nei piani di gestione e nelle misure di conservazione dei siti NATURA2000 e delle aree protette, la messa a disposizione per le regioni delle informazioni più rilevanti sulla tossicità, ecotossicità, il destino ambientale e gli aspetti fitosanitari dei prodotti in commercio;
    all'articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2012 si specifica che il piano di azione nazionale definisce le misure appropriate per la tutela dell'ambiente acquatico e delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile dall'impatto dei prodotti fitosanitari, e che le regioni assicurano l'attuazione delle misure previste da piano, informando ogni anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute sulle misure adottate. A questo proposito, la Commissione europea, nella riunione bilaterale del 24 settembre 2013, ha chiesto all'Italia la precisa definizione delle misure da applicare in campo agricolo per la tutela delle acque; all'articolo 15 del decreto legislativo n. 150 del 2012 si specifica che il piano di azione nazionale definisce le misure appropriate per la tutela di aree specifiche (parchi, giardini, campi sportivi ed aree ricreative, cortili ed aree verdi all'interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini, aree adiacenti alle strutture sanitarie, aree protette di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, altre aree designate ai fini di conservazione per la protezione degli habitat e delle specie, aree trattate di recente frequentate dai lavoratori agricoli), tenuto conto dei necessari requisiti di tutela della salute umana, dell'ambiente, e della biodiversità e dei risultati dell'analisi del rischio;
    al paragrafo A5 del piano di azione nazionale, riferito agli articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 150 del 2012, si stabilisce che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed il Ministero della salute, su proposta del Consiglio, entro 12 mesi dall'entrata in vigore del piano, predispongano linee guida di indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi in aree specifiche;
    oltre a quanto innanzi citato, altre misure e decreti attuativi dovranno far seguito al piano di azione nazionale, per i quali tuttavia non è stato definito un termine temporale, come ad esempio la definizione degli indicatori, fondamentali per la verifica del raggiungimento degli obiettivi del piano di azione nazionale, la definizione di un manuale di orientamento sulle tecniche per la difesa fitosanitaria a basso impatto ambientale e strategie fitosanitarie sostenibili, o le misure per disciplinare la vendita di prodotti fitosanitari on-line;
    l'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, infine, stabilisce le sanzioni per la mancata applicazione delle prescrizioni stabilite dal decreto stesso. Tuttavia, risulta evidente che la maggior parte delle sanzioni interessa la parte della distribuzione e della formazione professionale, trascurando ad esempio quelle relative all'articolo 11 su informazione e sensibilizzazione, all'articolo 14 sulla tutela dell'ambiente acquatico e delle acque potabili, all'articolo 15 sulla tutela delle aree specifiche, all'articolo 17 sulla manipolazione e stoccaggio dei prodotti fitosanitari e trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze, ma soprattutto all'articolo 19 in merito all'applicazione dei princìpi generali della difesa integrata obbligatoria, di cui all'allegato III del decreto legislativo n. 150 del 2012, argomento principale della norma;
    in alcune regioni d'Italia (Veneto, Piemonte, Lombardia) i prodotti Aviozolfo e Aviocaffaro vengono autorizzati ininterrottamente dal 2008 anno dopo anno per l'irrorazione aerea, nonostante l'articolo 9 della direttiva 2009/128/CE, recepita in Italia con il decreto legislativo 14 agosto 2012 n. 150, lo vieti e limiti la deroga solo in condizioni estremamente circoscritte e controllate, per esempio nel caso in cui non ci fossero alternative praticabili rispetto all'uso degli elicotteri oppure in caso di evidenti vantaggi per la salute umana e l'ambiente rispetto all'applicazione dei fitosanitari da terra;
    le autorizzazioni speciali annuali fanno riferimento al regolamento (CE) n. 1107/2009, che all'articolo 53 «situazioni di emergenza fitosanitaria» recita: «In deroga all'articolo 28, in circostanze particolari uno Stato, membro può autorizzare, per non oltre centoventi giorni, l'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari per un uso limitato e controllato, ove tale provvedimento appaia necessario a causa di un pericolo che non può essere contenuto in alcun altro modo ragionevole»; a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo le deroghe si ispirano impropriamente a tale regolamento in quanto non sussisterebbero né tale emergenza fitosanitaria né la necessità, dimostrata, del provvedimento di autorizzazione «a causa di un pericolo che non può essere contenuto in alcun altro modo ragionevole»;
    la normativa vigente, tra cui il piano d'azione nazionale, indica una serie di misure di gestione dei rischi che i soggetti autorizzati e le autorità competenti devono attuare a tutela dell'ambiente e della popolazione, come per esempio l'obbligo di avviso preventivo dei residenti e le prescrizioni per la riduzione dell'effetto deriva; Il PAN esclude l'utilizzo di prodotti fitosanitari classificati tossici e molto tossici e/o che riportano in etichetta determinate frasi di rischio, presenti anche nei prodotti Aviozolfo e Aviocaffaro, inoltre non si ravviserebbero gli estremi di pericolo non contenibile in altri modi ragionevoli, così come indicati nella norma in parola;
    con atto n. 4/04886, ancora in attesa di risposta, si portava a conoscenza del Ministro la situazione della provincia di Treviso, dimostrando l'assenza delle condizioni che giustificherebbero la deroga in quanto vi sarebbero alternative praticabili, rispetto all'uso degli elicotteri, e inoltre l'irrorazione aerea non comporterebbe alcun vantaggio per la salute umana e l'ambiente, rispetto all'applicazione dei fitosanitari da terra;
    l'utilizzo del mezzo aereo sarebbe giustificato dal fatto che la pendenza delle colline non consentirebbe i trattamenti da terra; ciononostante avvengono regolarmente (in stagione) tutti i trattamenti da terra raccomandati con cadenza quindicinale, come per esempio gli interventi antiperonosporici o acaricidi e la raccolta; l'irrorazione aerea sarebbe quindi l'alternativa praticabile, facendo quindi decadere la condizione che giustifica la deroga; a dimostrazione che le alternative sono possibili, 9 dei 15 comuni del consorzio DOCG Prosecco hanno vietato i trattamenti aerei sull'intera area comunale;
    nella provincia di Treviso, in alcuni comuni del consorzio DOCG Prosecco, zona nella quale avvengono spesso le irrorazioni aeree in deroga, le case, le scuole, gli orti privati, le strade, sono confinanti con i vigneti e pare che siano molte le segnalazioni di residenti e turisti che lamentano di essere stati «irrorati» insieme ai vigneti, di non essere stati avvisati preventivamente e di non essere mai stati informati del tempo di carenza di 48 ore, prima di poter accedere alla zona irrorata dall'elicottero; inoltre, nelle aree trattate non è mai stata posta adeguata e visibile segnalazione così come previsto dal punto A.5.6 del piano d'azione nazionale;
    considerando che la deriva della nuvola irrorata dai trattamenti a terra non è controllabile, a maggior ragione la deriva risulta ancor più incontrollabile, quando l'irrorazione avviene a 40 e più metri da terra e con correnti d'aria non misurabili; l'irrorazione aerea amplifica i rischi per la salute umana e l'ambiente, in quanto le irrorazioni dall'elicottero ovviamente sono molto più invasive; la deriva dell'elicottero si estende oltre i limiti del vigneto trattato; grazie all'azione del vento le gocce più piccole vengono trasportate molto più lontano; quindi, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'irrorazione aerea non può rappresentare alcun vantaggio per la salute umana e l'ambiente rispetto all'applicazione di pesticidi a terra, facendo decadere la condizione che giustifica la deroga;
    a parere dei presentatori appare estremamente difficoltoso il rispetto delle prescrizioni specifiche di cui all'articolo A.4.5 del piano d'azione nazionale, soprattutto per quanto riguarda il controllo del diametro medio delle gocce delle miscele irrorate e l'applicazione della scala di Beaufort, essendo prevista per misurazioni in pianura e non per le misurazioni in collina;
    i due prodotti Aviozolfo e Aviocaffaro hanno una composizione che è nota solo in parte: 1'85 per cento dell'Aviozolfo e il 20 per cento dell'Aviocaffaro; le percentuali sconosciute sono coformulanti, che la dottoressa Maristella Rubbiani, dell'ISS – Istituto superiore di sanità – definisce come «spesso più pericolosi dei princìpi attivi»; entrambe i prodotti hanno frasi di rischio vietate dal piano d'azione nazionale;
    con l'interrogazione 4/05099 in attesa di risposta, si portava a conoscenza del Ministro una iniziativa dell'associazione WWF AltaMarca che ha proposto ai cittadini dei comuni dell'area DOCG Prosecco Conegliano Valdobbiadene di chiedere ai propri sindaci i dati relativi agli erbicidi utilizzati nelle aree urbane; dalle risposte ottenute dalle amministrazioni risulta che, come documentato nell'interrogazione citata, alcuni comuni abbiano utilizzato prodotti che il piano d'azione nazionale vieta all'articolo A.5.6.1; lo stesso articolo prevede inoltre, nelle zone frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili, il divieto dei trattamenti diserbanti, da sostituire con metodi alternativi;
    inoltre al punto A.5.6 vengono indicate le misure obbligatorie per i trattamenti eseguiti in aree agricole in prossimità di aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili; in particolare, si indica la distanza minima da tali aree, 30 metri, e le caratteristiche dei prodotti che possono essere utilizzati;
    in alcuni comuni dell'area DOCG Prosecco Conegliano-Valdobbiadene, come per esempio il comune di Farra di Soligo, le abitazioni sono confinanti con i vigneti irrorati con erbicidi e fungicidi vietati dal piano d'azione nazionale; anche il traffico pedonale e automobilistico è a diretto contatto con i vigneti irrorati; trattasi quindi di zone costantemente frequentate dalla popolazione e gruppi vulnerabili, come citati nel piano d'azione nazionale all'articolo A.5.6; allo stesso articolo vengono indicate le suddette misure per la riduzione dei rischi derivanti dall'impiego dei prodotti fitosanitari nelle aree frequentate dalla popolazione o gruppi vulnerabili, conferendo alle autorità locali competenti il potere di determinare misure più restrittive;
    a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo è evidente la mancanza di un controllo, e di relative sanzioni efficaci sulle aree nelle quali il mezzo chimico può essere usato, che garantisca il rispetto della normativa vigente a tutela della salute dei cittadini e del loro ambiente; peraltro l'estrema vicinanza uomo-vigneti di fatto annulla la distinzione tra ambiente urbano e ambiente agricolo, che il piano d'azione nazionale distingue; trattasi infatti di un unico ambiente nel quale le due entità coesistono, richiedendo, per questo, attenzioni particolari che, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, si traducono nell'utilizzo di mezzi non chimici e controllo biologico; anche a livello terminologico manca una adeguata definizione degli ambienti in cui è assente il confine agricolo/urbano; per esempio, non è chiaro se i casi di vigneti a ridosso delle abitazioni siano da considerarsi ambiente urbano o agricolo; è altresì necessario definire in modo univoco chi siano concretamente le autorità locali competenti dovranno disporre del personale e dei mezzi di controllo del territorio; il cittadino infatti ha necessità di rivolgersi ad un'unica autorità ben definita, per sollecitare controlli puntuali ed eventualmente per segnalare infrazioni alla normativa vigente, con la certezza di avere risposte certe ed adeguate;
    il piano d'azione nazionale, nell'indicare i divieti o le prescrizioni, fa più volte riferimento alle frasi di rischio indicate in etichetta, per esempio agli articoli A.5.6, A.5.6.1, A.5.6.2; anche le autorizzazioni in deroga dei prodotti fitosanitari, disposte dall'articolo 53 del regolamento (CE) 1107/2009, fanno riferimento alle etichette dei prodotti, che si trovano nel database dei prodotti fitosanitari del Ministero della salute e vengono, allegate ai decreti dirigenziali;
    a parere dei presentatori del presente atto di indirizzo il riferimento alle etichette è pericoloso e fuorviante, per l'utilizzatore e per il cittadino che volesse informarsi correttamente, in quanto le informazioni appaiono incomplete e quindi scorrette. Per esempio, riportano una parziale composizione dei prodotti (tralasciando spesso proprio i principi attivi maggiormente presenti nel preparato e i coformulanti) e solo alcune frasi di rischio, tralasciando inoltre le frasi R;
    con l'interrogazione n. 4-05077, ancora in attesa di risposta, si riportavano alcuni esempi di dati riportati nelle etichette di alcuni prodotti, confrontati con i dati delle corrispettive schede di sicurezza del medesimo prodotto; dall'osservazione di numerose etichette messe a confronto con le schede di sicurezza si nota che le etichette indicano normalmente un solo componente della miscela e non sempre il più rappresentativo della tossicità o quello presente in maggior percentuale; inoltre, le frasi di rischio sono riferite al componente dichiarato, mentre quelle relative ai componenti non citati (spesso i più pericolosi e/o maggiormente presenti nella miscela) sono tralasciate; in alcuni casi viene riportata una sola frase di rischio nonostante il prodotto ne abbia più di una; questo fatto appare più evidente in alcune etichette autorizzate in deroga con decreto dirigenziale, spesso le frasi di rischio mancanti in etichetta rientrano tra quelle vietate dal piano d'azione nazionale; di fatto queste etichette ridimensionano la classe di rischio ben evidenziata, invece, nelle schede di sicurezza che riportano anche istruzioni dettagliate; informazioni che ogni utilizzatore deve assolutamente conoscere;
    a parere dei presentatori del presente atto di indirizzo è di fondamentale importanza che, a tutela della salute pubblica e dell'ambiente, i riferimenti informativi a disposizione degli utilizzatori dei prodotti e dei cittadini, cui fa riferimento il Ministero e il piano d'azione nazionale, siano affidabili e contengano tutte le informazioni complete e corrette sui prodotti fitosanitari;
    lo studio della dottoressa Maristella Rubbiani, primo ricercatore dell'Istituto superiore di sanità, dal titolo «La problematica relativa alla presenza di coformulanti pericolosi nei preparati antiparassitari di uso agricolo o domestico», spiega come questi coformulanti, spesso più pericolosi della sostanza attiva autorizzata, vengano utilizzati come solventi, adesivanti, bagnanti, tensioattivi ed altro, nei preparati antiparassitari di uso agricolo, domestico o civile;
    la normativa vigente non prevede, per alcuni di questi agenti, l'obbligatorietà della dichiarazione in etichetta relativamente alla identità ed alla concentrazione della sostanza utilizzata come coformulante all'interno del preparato; infatti, mentre per legge solo l'ingrediente attivo deve essere specificato in etichetta con nome e percentuale in peso presente nel prodotto finito, per i coformulanti è sufficiente il nome collettivo («coformulanti e solventi») e la percentuale cumulativa presente nel prodotto, senza l'identificazione specifica di ogni sostanza; alcune sostanze possono essere utilizzate come ingredienti attivi in certi prodotti specifici, ma fungere da solventi, ed essere quindi considerati coformulanti, in altri preparati;
    talvolta, in caso di intossicazione, risulta estremamente difficoltoso risalire alla vera causa del danno tossicologico non potendo sapere cosa fa più male, se il principio attivo studiato o il coformulante di cui non si conosce la natura ed il pericolo;
    secondo un recente studio i principali pesticidi sono più tossici per le cellule umane rispetto ai corrispondenti principi attivi dichiarati. Essi contengono adiuvanti, la cui composizione spesso viene mantenuta confidenziale. Tali sostanze sono considerati inerti da parte delle aziende produttrici e in genere solo il principio attivo dichiarato viene testato. Gli scienziati hanno testato la tossicità di nove pesticidi, confrontando gli effetti dei principi attivi con quelli dell'intera formulazione (principio attivi + audiuvanti), su tre linee cellulari umane. In otto casi su nove la formulazione (il prodotto finale) è risultata fino a mille volte più tossica del suo principio attivo. Gli esperti concludono che i risultati mettono in discussione la rilevanza della dose giornaliera accettabile per i pesticidi, perché questa viene calcolata sulla tossicità del solo principio attivo e non considera l'intera formulazione;
    il rapporto nazionale pesticidi dell'ISPRA edizione 2014 rileva nelle acque la presenza di 175 sostanze, definendolo un cocktail i cui effetti non sono ancora ben conosciuti. Nei campioni sono stati rilevati spesso miscele di sostanze diverse, fino 36 contemporaneamente. Come segnalato fino 36 dai comitati scientifici della Commissione europea, il rischio derivante dall'esposizione a miscele di sostanze è sottostimato dalle metodologie utilizzate in fase di autorizzazione, che valutano le singole sostanze e non tengono conto degli effetti cumulativi;
    il 22 dicembre 2009 il consiglio «ambiente» dell'Unione europea adottò le conclusioni sugli effetti combinati delle sostanze chimiche esortando la Commissione e gli Stati membri ad intensificare le attività di ricerca nel settore, anche rivedendo la base dati di ricerca esistente. Esistono lacune conoscitive riguardo agli effetti di miscele chimiche e, conseguentemente, risulta difficile realizzare una corretta valutazione tossicologica in caso di esposizione contemporanea a diverse sostanze [Backhaus, 2010]. Gli studi dimostrano che la tossicità di una miscela è sempre più alta di quella del componente più tossico presente [Kortenkamp et al., 2009]; nel 2012 sono state pubblicate le conclusioni sulla tossicità delle miscele di tre comitati scientifici della Commissione europea. In particolare, nel documento si afferma che esiste un'evidenza scientifica per cui l'esposizione contemporanea a diverse sostanze chimiche può, in determinate condizioni, dare luogo ad effetti congiunti che possono essere di tipo additivo, ma anche di tipo sinergico, con una tossicità complessiva più elevata di quella delle singole sostanze. Nel documento, inoltre, si evidenzia come principale lacuna la limitata conoscenza riguardo alle modalità con cui le sostanze esplicano i loro effetti tossici sugli organismi;
    il rapporto ISPRA segnala inoltre una disomogeneità fra le regioni del Nord e quelle del Centro – sud, dove il monitoraggio è generalmente meno rappresentativo dello stato di qualità delle acque, e la necessità quindi di un aggiornamento complessivo dei programmi di monitoraggio, per tenere conto delle nuove sostanze. Sarebbero circa 200, infatti, le sostanze immesse sul mercato in anni recenti e non incluse nei programmi di monitoraggio, 44 di queste sono classificate pericolose, in particolare 38 sono pericolose per l'uomo o per l'ambiente; si palesa quindi la necessità di inserire nei protocolli regionali alcune sostanze che, ove ricercate, sono responsabili del maggior numero di casi di non conformità, quali il Glifosate e l'AMPA. Ci sarebbe quindi uno sfasamento tra lo sforzo di ricerca, che si concentra soprattutto su alcuni erbicidi e sui loro principali metaboliti, e le sostanze più frequenti nelle acque, gran parte delle quali non figurano tra le più cercate. Le regioni cercano in media 55 sostanze nelle acque superficiali e 68 in quelle sotterranee, meno che nel 2010;
    le sostanze che determinano il maggior numero di casi di superamento dei limiti sono glifosate e il metabolita AMPA, che sono cercati esclusivamente nella regione Lombardia; essendo l'erbicida largamente impiegato, è probabile che il suo inserimento nei programmi di monitoraggio possa determinare un sensibile aumento dei casi di non conformità nelle regioni dove ora non viene cercato; 
    il rapporto 2014 evidenzia che non c’è ancora un quadro nazionale completo della presenza di residui di pesticidi nelle acque per una serie di cause: copertura incompleta del territorio, disomogeneità del monitoraggio, assenza dai protocolli regionali delle sostanze immesse sul mercato negli anni più recenti, affermando che si è ancora in una fase transitoria in cui l'entità e la diffusione dell'inquinamento non sono sufficientemente noti, tenendo conto, ovviamente, che il fenomeno è sempre in evoluzione per l'immissione sul mercato di nuove sostanze;
    il rapporto 2014 segnala inoltre che il calo delle vendite di prodotti fitosanitari registrato nel periodo 2001-2012 non si riflette ancora nei risultati del monitoraggio, che continua a segnalare una presenza diffusa dei pesticidi nelle acque, con un aumento delle sostanze rinvenute. Fra le molte ragioni elencate, la causa più preoccupante e segnalata è la persistenza di certe sostanze, che insieme alle dinamiche idrologiche molto lente (specialmente nelle acque sotterranee) rende i fenomeni di contaminazione ambientale difficilmente reversibili,

impegna il Governo:

   a ripensare l’iter di autorizzazione dei prodotti, in relazione sia ai criteri in base ai quali vengono emanate tali autorizzazioni e quindi alla relativa situazione di emergenza sanitaria, sia all'assunzione delle eventuali responsabilità, valutando di prediligere, in ogni caso, soluzioni alternative a quella dell'autorizzazione eccezionale che dovrebbe essere considerata l'ultima possibilità;
   ad interrompere le autorizzazioni eccezionali perpetuate ben oltre i 3 anni previsti dall'articolo 30 del regolamento (CE) n. 1107/2009;
   a valutare la possibilità di rendere maggiormente stringente il ricorso a tali deroghe così da non alterare il vero significato di emergenza sanitaria che, a causa del continuo ricorso allo strumento della deroga, rischia di perdere completamente il suo significato e il suo scopo;
   ad adottare, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano di azione nazionale non emanati, per i quali risultino già scaduti i termini nonché ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché le regioni e le province autonome che non abbiano ancora provveduto trasmettano le informazioni di cui agli articoli 19, comma 6, e 16, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2012, per le quali i termini risultano già trascorsi; a rendere noti ai competenti organi parlamentari lo stato dei lavori sulla predisposizione degli atti, delle misure e delle linee guida previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano di azione nazionale, per i quali è prevista scadenza entro il 13 febbraio 2015 o per i quali non è stato individuato alcun termine temporale;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per implementare l'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012 con un apparato sanzionatorio più esaustivo che racchiuda anche misure sanzionatorie per la mancata osservanza di quanto prescritto dagli articoli 11, 14, 15, 17 e 19 e relativi approfondimenti contenuti nel piano di azione nazionale;
   ad interrompere le autorizzazioni dei prodotti Aviozolfo e Aviocaffaro per l'irrorazione aerea nonché a verificare la reale sussistenza delle condizioni che, ad oggi, hanno consentito le deroghe per tali autorizzazioni;
   a riconsiderare le prescrizioni specifiche di cui all'articolo A.4.5 del piano d'azione nazionale, soprattutto per quanto riguarda il controllo del diametro medio delle gocce delle miscele irrorate e l'applicazione della scala di Beaufort, essendo prevista per misurazioni in pianura e non per le misurazioni in collina;
   ad integrare il piano di azione nazionale nelle parti in cui si fa riferimento alle frasi di rischio riportate in etichetta, aggiungendo il riferimento alle schede di sicurezza;
   ad allegare ai decreti dirigenziali, che autorizzano in deroga i prodotti fitosanitari, anche le schede di sicurezza, inserendole inoltre nel database ministeriale dei prodotti fitosanitari;
   a promuovere la revisione delle etichette dei prodotti fitosanitari, completando le parti relative alla composizione e alle frasi di rischio;
   ad attuare le misure di tutela a salvaguardia dell'uomo e del suo ambiente, nei territori in cui ambiente agricolo e urbano non abbiano confini definiti ma siano integrati, dando nuova definizione a questi ambienti;
   a promuovere ed attuare, per quanto di competenza, tutte le misure affinché nei territori avvengano tutti i controlli necessari a garanzia del rispetto della normativa vigente e dell'attivazione di tutte le misure previste per la gestione dei rischi, a salvaguardia della salute umana e dell'ambiente;
   ad attuare tutte le azioni affinché le norme, attualmente in vigore in materia di prodotti fitosanitari, siano rispettate in tutte le loro parti e siano indicate con maggior chiarezza le autorità preposte al controllo sulle sostanze utilizzate ai fini del rispetto della normativa vigente, nonché i relativi ruoli e responsabilità; 
   ad assumere iniziative anche normative dirette a definire un'unica autorità che sia di riferimento per i cittadini, con funzione di coordinamento di tutte le autorità di controllo previste nonché a prevedere un'implementazione del sistema di verifica sulla effettiva attività svolta dalle autorità locali competenti;
   ad assumere iniziative normative per rendere obbligatoria l'indicazione della dichiarazione in etichetta relativamente alla identità ed alla concentrazione della sostanza utilizzata come coformulante all'interno del preparato;
   ad adoperarsi affinché la tossicità dei prodotti fitosanitari sia calcolata non solo analizzando il principio attivo ma l'effettiva formulazione del prodotto, andando quindi a considerare l'aumentata tossicità dovuta agli effetti sinergici;
   ad intensificare e sostenere le attività di ricerca nel settore ed in particolare sugli effetti cumulativi dei pesticidi, aggiornando contestualmente le metodologie di autorizzazione e i programmi di monitoraggio;
   ad attivarsi affinché tutte le sostanze immesse sul mercato siano gradualmente incluse nei programmi di monitoraggio, a partire dal glifosate e il metabolita AMPA.
(1-00720) «Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Rostellato, Busto, Basilio, Businarolo, Ciprini, Daga, Da Villa, Terzoni, Ferraresi».

Risoluzione in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014) ha innovato, a decorrere dal 1o gennaio 2015, il cosiddetto «regime dei minimi», ovvero il regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a imposta sostitutiva, applicabile agli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale;
    il nuovo regime fiscale agevolato sostituisce i previgenti regimi «di favore» in materia, costituiti dal regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo di cui all'articolo 13 della legge n. 388 del 2000, il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all'articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011, e il regime contabile agevolato di cui all'articolo 1, commi da 96 a 115, e comma 117, della legge n. 244 del 2007;
    la nuova disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2015, il quale opera come regime tributario naturale, prevede, in sostanza, che, entro un tetto massimo di ricavi e compensi variabile tra 15.000 e 40.000 euro in base all'attività esercitata, il reddito imponibile sia determinato in modo forfetario, applicando all'ammontare dei ricavi e compensi il coefficiente di redditività individuato a seconda del codice ATECO 2007 dichiarato: al reddito imponibile così ottenuto, una volta dedotti i contributi previdenziali obbligatori, viene applicata un'imposta sostitutiva dell'IRPEF, delle addizionali e dell'IRAP del 15 per cento; inoltre, per i contribuenti che avviino una nuova attività, il reddito imponibile è ridotto di un terzo per i primi tre anni di attività;
    le predette norme della legge di stabilità introducono inoltre un regime di franchigia ai fini IVA, oltre a esonerare i contribuenti interessati dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili, nonché dall'obbligo di presentazione della dichiarazione IRAP e dall'applicazione degli studi di settore;
    tale nuovo regime, pur costituendo una misura certamente positiva e condivisibile nei suoi elementi essenziali, non può tuttavia di per sé, nella sua attuale conformazione, rispondere adeguatamente all'esigenza, decisiva per le prospettive di rilancio dell'economia italiana e per l'avvio di una stagione di ripresa duratura tale da consentire finalmente al Paese di   superare una crisi economica che ha determinato la perdita di oltre il 10 per cento del prodotto interno lordo in circa 5 anni;
    nonostante gli elementi certamente positivi insiti nel nuovo regime, quali, in particolare, l'eliminazione del limite anagrafico dei 35 anni di età, l'innalzamento da 15.000 euro a 20.000 euro, rispetto al regime di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, della soglia massima di costi complessivi dei beni mobili strumentali, nonché l'estensione del nuovo regime anche ai soggetti operanti con l'estero, occorre infatti segnalare come esso presenti alcuni evidenti limiti, quali l'innalzamento dal 5 al 15 per cento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva, e, soprattutto, la fissazione di limiti all'ammontare dei ricavi o compensi che, per talune categorie di contribuenti, risultano eccessivamente bassi (pari in alcuni casi a 15.000 o a 20.000 euro), per risultare effettivamente attrattivo ed efficace;
    appare dunque evidente la necessità di intensificare gli strumenti di agevolazione tributaria in favore delle piccole e piccolissime attività imprenditoriali e professionali, compiendo innanzitutto un primo passo in questa direzione attraverso un intervento che aumenti l'incisività del regime dei minimi;
    tale esigenza appare particolarmente urgente anche alla luce del progressivo incremento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie già previsto a legislazione vigente, che inevitabilmente incrementerà la pressione fiscale complessiva su tali soggetti, aggravandone ulteriormente la condizione;
    in tale contesto è necessario che il Governo adotti ulteriori iniziative legislative, o sostenga iniziative legislative parlamentari in materia, volte a incrementare l'efficacia agevolativa del nuovo regime dei minimi, superando una serie di limitazioni attualmente vigenti che ne riducono la capacità di sostenere un'importante fascia del tessuto economico nazionale, ovvero a introdurre strumenti di sostegno ancora più incisivi,

impegna il Governo

ad assumere o a favorire tutte le iniziative utili a rafforzare gli strumenti tributari per sostenere le piccole e piccolissime imprese e i professionisti, valutando a tal fine in primo luogo l'opportunità di estendere l'ambito di applicazione della disciplina tributaria dei minimi, innalzando in particolare i tetti massimi dei ricavi e compensi stabiliti per accedere a tale regime tributario agevolato, in un quadro di progressiva e concreta riduzione della pressione fiscale su tale settore dell'economia italiana.
(7-00576) «Pagano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   presso il tribunale di Firenze sono state intentante cause di risarcimento del danno riguardanti la responsabilità civile della Repubblica Federale Tedesca in quanto erede giuridica del Terzo Reich da parte di cittadini italiani o da loro congiunti deportati in Germania durante la Seconda guerra mondiale;
   il tribunale di Firenze ha chiesto in tre diversi casi alla Corte Costituzionale di vagliare la legittimità costituzionale delle norme del nostro sistema giuridico che impediscono al giudice di processare la Germania in relazione a cause civili di risarcimento del danno riferite alla grave lesione di diritti inviolabili della persona derivanti da crimini di guerra o contro l'umanità (ovvero la «norma prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell'articolo 10, primo comma, Cost.», della consuetudine internazionale accertata dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) nella sentenza del 3 febbraio 2012; l'articolo 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848 – Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945 – e l'articolo 1 (recte: articolo 3) della legge 14 gennaio 2013, n. 5 – Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno);
   la Corte Costituzionale, con la sentenza 238/2014, ha dichiarato incostituzionali l'articolo 3 della legge 14 gennaio 2013, n. 5. La Corte ha altresì dichiarato incostituzionale l'articolo 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945), limitatamente all'applicazione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 3 febbraio 2012, che impone al giudice italiano di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l'umanità;
   tale sentenza è di portata storica poiché sancisce che la tutela dei diritti umani ha la precedenza sulle consuetudini del diritto internazionale, quand'anche esse siano riaffermate al massimo livello, cioè dalla Corte internazionale di giustizia;
   d'altra parte sarebbe inopportuno che, in ragione di tale sentenza, insorgessero controversie diplomatiche fra l'Italia e la Germania in relazione ai giudizi pendenti per danni subiti da vittime del nazismo nel corso della seconda guerra mondiale; controversie che devono essere limitate all'ambito giuridico e la cui soluzione è demandata alle autorità competenti;
   al contempo, tale sentenza può rappresentare un incentivo ad individuare soluzioni politiche idonee ad onorare la memoria delle vittime del nazismo e a soddisfare l'esigenza di giustizia dei loro congiunti –:
   quale indirizzo politico il Governo intenda adottare in relazione alle modalità più opportune per onorare la memoria delle vittime italiane del nazismo e per offrire una forma di riparazione dei loro diritti fondamentali violati, anche d'intesa con la Germania.
(2-00824) «Garavini».

Interrogazione a risposta scritta:


   MARTI, CIRACÌ e CHIARELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni giorni i dipendenti della società partecipata Alba Service, ed ex impiegati Lsu, stanno manifestando in forma pacifica presso la provincia di Lecce, a causa della mancata erogazione degli stipendi da alcuni mesi, determinata dalle riduzioni dei trasferimenti finanziari spettanti agli enti locali, pari a oltre 1 miliardo di euro, previsti dalla legge 23 dicembre 2014, n.190 (legge di stabilità per il 2015);
   gli interroganti segnalano, come le difficoltà finanziarie che interessano l'azienda che svolge una serie di prestazioni di servizi nei confronti della provincia di Lecce strumentali alle attività di quest'ultima, anche in forma di servizio reale di realizzazione di opere, rischiano di determinare gravissime conseguenze, sia per la prosecuzione dei servizi ed il mantenimento dei livelli occupazionali, che nel riordino organizzativo delle funzioni previste dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 cosiddetta legge Delrio, il cui impianto normativo, appare tuttora confuso e disorganico;
   a tal fine gli interroganti evidenziano, come le principali complessità che stanno interessando gli enti locali, sia di natura finanziaria, che di logistica, siano da attribuirsi alle carenze normative contenute nella suesposta legge, le cui misure contenute nel tentativo di riformare gli enti locali, con la redistribuzione delle competenze, in realtà, intervengono in maniera indiscriminata e squilibrata, con il rischio di produrre una vera e propria emergenza sociale sui territori;
   gli interventi previsti dalla legge di stabilità per il 2015 decisi dal Governo, a giudizio degli interroganti inoltre, unitamente a quelli previsti dalla legge n. 56 del 2014, in considerazione delle criticità in precedenza esposte, rischiano di determinare un impatto profondamente negativo sia per il completamento del processo di riforma delle province, (il cui provvedimento legislativo è bloccato dai ritardi decisionali delle regioni e dalle ingenti risorse prelevate dallo stesso Esecutivo Renzi, nei confronti dei medesimi enti locali), che conseguentemente nei riguardi di numerose società partecipate come l'Alba Service di Lecce, la cui azienda con i bilanci in attivo e un'ottima gestione dei servizi in favore della comunità locale, rischia di cessare la propria attività a causa delle scelte secondo gli interroganti sbagliate del Governo, nel ridurre in maniera indiscriminata i trasferimenti alle province;
   a giudizio degli interroganti, in conseguenza di quanto esposto, risultano pertanto necessari una serie d'interventi in tempi rapidi, al fine di garantire alle province la prosecuzione dei servizi resi in favore delle proprie comunità locali, attraverso l'attività delle società partecipate, e consentire a queste ultime, come la società Alba Service della provincia di Lecce (il cui contratto con l'ente locale scade peraltro nel 2020), di ricevere i trasferimenti finanziari indispensabili per il pagamento degli stipendi in favore dei propri dipendenti –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle proprie competenze, in considerazione di quanto esposto in premessa;
   se non ritengano urgente e necessario assumere iniziative per prevedere, adeguate misure finanziarie, al fine di riequilibrare le consistenti riduzioni dei trasferimenti previsti dalla legge 23 dicembre 2014 n.190 (legge di stabilità per il 2015), nei confronti degli enti locali, ed in particolare per le province, le quali a loro volta, riscontrano gravi difficoltà nell'attribuire le risorse finanziarie alle società partecipate come l'Alba Service della provincia di Lecce, esposta altresì nella premessa;
   se in attesa del nuovo quadro normativo che ridisegna la fisionomia delle province, come previsto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 cosiddetta legge Delrio, non sia necessario stabilire un periodo transitorio concertato con l'Unione delle province italiane, al fine di consentire il proseguimento almeno per l'intero anno 2015, delle attività e delle competenze ad esse spettanti, attraverso le proprie società partecipate, garantendo, in particolare per quelle aventi i bilanci societari in attivo, come la richiamata azienda di servizi partecipata dalla provincia di Lecce, il pagamento degli stipendi arretrati nei confronti dei propri dipendenti e i finanziamenti necessari per i periodi successivi, in attesa di una migliore definizione normativa delle società partecipate;
   quali misure intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di tutelare i lavoratori delle società partecipate degli enti locali, interessati da una grave situazione d'incertezza economica quali l'Alba Service della provincia di Lecce, nel caso in cui, il Governo non disponga le misure finanziarie in precedenza richieste dagli interroganti. (4-07633)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la soprintendenza ai beni archeologici dell'Abruzzo da molto tempo aspetta la nomina del suo direttore regionale con notevoli riflessi negativi sul piano organizzativo e funzionale;
   sono frequenti le voci di un accorpamento della soprintendenza abruzzese con quella molisana –:
   quali siano i motivi della mancata nomina da parte del Ministero del direttore per la soprintendenza ai beni archeologici dell'Abruzzo e se vi siano progetti di un nuovo assetto interregionale. (4-07617)


   GALLINELLA, LUIGI GALLO e CIPRINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, regolamento di riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Gazzetta Ufficiale generale n. 274 del 25 novembre 2014) prevede una generale razionalizzazione dei diversi uffici facenti capo al Ministero medesimo su tutto il territorio italiano;
   le ragioni di tale riorganizzazione vanno ricercate nell'attuazione della spending review, e nella volontà di semplificare le ramificazioni periferiche del Ministero e predisporre, quindi, l'accorpamento di numerose soprintendenze per i beni storico-artistici, per i beni architettonici e per i beni archivistici;
   molte sono state le lettere di protesta al Ministero da parte degli addetti ai lavori che hanno seguito la pubblicazione del succitato decreto, in quanto diversi degli accorpamenti previsti rischierebbero di causare molti più danni che benefici;
   nella regione Umbria, in particolare, si prevede la chiusura della sede dirigenziale ed anche quella logistica della soprintendenza archivistica per l'Umbria di Perugia, che sarà accorpata a quella delle Marche con un'unica sede ad Ancona;
   le due soprintendenze, anche secondo quanto segnalato dalle lettere di alcune associazioni di addetti ai lavori, svolgono attività in buona parte diverse, proprio per le diverse caratteristiche delle due regioni, e operano con un numero di addetti non paragonabile tra loro, quindi, con carichi di lavoro ben diversi: in Umbria si trovano circa 30 addetti, mentre nelle Marche meno di 10;
   è importante ricordare che tali enti sono incaricati di tutelare e vigilare gli archivi degli enti pubblici, territoriali e non, oltre agli archivi e ai singoli documenti di proprietà privata dichiarati di interesse culturale e svolgono attività di promozione e valorizzazione del patrimonio documentario, coordinandosi con la regione di riferimento, le autonomie locali e ulteriori soggetti, pubblici o privati, che operano per il raggiungimento di tali fini;
   è quindi evidente come il ruolo di una soprintendenza sia legato a doppio filo alla regione nella quale opera e che la qualità del lavoro risulta ottimale se effettuata sul luogo stesso di interesse;
   la soprintendenza archivistica per l'Umbria ha intrapreso, progettato, sviluppato e prodotto restauri, riordinamenti, inventariazioni, trasferimenti e pubblicazioni (sia in stampa che in digitale), che hanno contribuito ad orientare la dottrina archivistica sia in Italia che all'estero e, pertanto, la chiusura della sede umbra potrebbe penalizzare la regione che finora ha sempre ricoperto un ruolo di primo piano in questo settore, oltre a causare inevitabili problemi logistici, aggravare i costi e peggiorare il servizio, considerando il numero di addetti ai lavori e la mole di attività svolta;
   in base alla stessa normativa anche la soprintendenza ai beni archeologici di Napoli, potrebbe essere soppressa e tutte le competenze decisionali, gestionali e amministrative per l'archeologia in Campania trasferite a Salerno;
   i lavoratori della soprintendenza di Napoli hanno evidenziato «che con tale riorganizzazione viene soppressa, dopo 200 anni dalla sua istituzione, la soprintendenza partenopea, punto di riferimento per gli studiosi e le istituzioni culturali di tutto il mondo e che ciò provocherà disagi nell'espletamento degli atti di competenza e difficoltà nella tutela del territorio, nel quale sono presenti eccellenze quali il centro antico di Napoli, i Campi Flegrei e l'area Nolana»;
   la scelta dell'accorpamento delle soprintendenze, con la conseguente delocalizzazione amministrativa da Napoli a Salerno, creerebbe non poche difficoltà ai comuni dell'area flegrea, sottoposti a forti vincoli archeologici e paesaggistici e le amministrazioni locali potrebbero vedere svanire il lavoro fin qui svolto e ritrovarsi al punto di partenza;
   è importante considerare che, attualmente, la soprintendenza dei beni archeologici di Napoli è composta anche da diversi uffici dislocati sul territorio, quali ad esempio quelli di Pozzuoli (Rione Terra, Baia e Cuma), che hanno un proprio personale e un proprio archivio e che garantiscono un'interazione efficace tra organi del Ministero e cittadini per la tutela e la manutenzione dei beni culturali sul territorio –:
   quali siano le ragioni della decisione di chiudere la sede umbra e spostare la sezione archivistica ad Ancona e come intenda salvaguardare il patrimonio documentale della soprintendenza umbra, consentendo reale tutela e accesso ad atti di importante interesse storico e culturale;
   se, in base a quanto esposto in premessa, abbia attentamente valutato tutte le conseguenze della soppressione della soprintendenza dei beni archeologici di Napoli;
   quale sia il destino degli uffici territoriali della soprintendenza dei beni archeologici di Napoli, considerato che, qualora restino come attualmente distribuiti, si vanificherebbe il principio di spending review promosso dalla riforma in questione, mentre nel caso in cui fossero soppressi si creerebbe una più complicata interazione tra cittadini e organi del Ministero;
   se non si ritenga opportuno evitare tale accorpamenti a tutela della specificità del patrimonio coinvolto, evitando quella che agli interroganti appare una evidente restrizione dell'autonomia delle regioni e delle città interessate, e scongiurando il rischio, tra l'altro, di fallire l'obiettivo della razionalizzazione economica.
(4-07627)


   GALLINELLA, CIPRINI e LUIGI GALLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni – secondo quanto sottolineano le associazioni nazionali dei lavoratori dei beni culturali italiani – si sta assistendo ad un vero e proprio attacco nei confronti dei lavoratori dei beni culturali e delle loro prerogative: dal ricorso indiscriminato al massimo ribasso negli appalti all'abuso del volontariato per abbattere i costi del lavoro passando per il bando «500 giovani» volto allo sfruttamento inaccettabile di lavoratori «spacciati» per tirocinanti;
   per contrastare le politiche dell'attuale Governo e di molte amministrazioni locali, che, a giudizio degli interroganti, continuano a indurre nel settore dei beni culturali una incessante concorrenza al ribasso che non genera valore e sviluppo, i lavoratori dei beni culturali italiani hanno dato vita ad una importante manifestazione a Roma, il 28 e 29 novembre 2014;
   mentre la legge n. 110 del 2014 ha riconosciuto gli operatori dei beni culturali come liberi professionisti, allo stesso tempo si assiste in Italia ad una loro svalutazione da parte delle diverse regioni italiane che preferiscono affidare la gestione dei beni culturali, le attività di fruizione e la valorizzazione di siti archeologici e musei ad associazioni di volontari piuttosto che a professionisti della cultura;
   la prestazione volontaria di un professionista lede la sua stessa professione e per questo la Confassociazioni dichiara che la conoscenza e la professionalità rappresentano un valore e vanno sempre retribuite in maniera adeguata. Chi non lo fa si assume la grave responsabilità di svalutare un patrimonio unico di competenze;
   in Molise, l'intera gestione del patrimonio cultura è stata affidata all'Associazione culturale MeMo, mentre in Umbria la Sistema Museo, a giudizio degli interroganti, ha di fatto monopolizzato le attività di fruizione e valorizzazione dei siti/musei gestiti, a scapito dei molti professionisti della regione;
   è evidente che in un Paese come il nostro che si vanta di avere un patrimonio e delle professionalità culturali non paragonabili a nessuna altro posto nel mondo, una tale gestione dovrà necessariamente essere affiancata alla possibilità per i professionisti di svolgere il loro lavoro all'interno del patrimonio artistico e culturale italiano, altrimenti essi saranno di fatto costretti a smettere di lavorare vanificando anni di formazione nelle nostre università;
   la gestione data in affidamento (a società o associazioni culturali) non può e non dovrebbe precludere, pertanto, l'accesso ai liberi professionisti –:
   se, in base a quanto esposto in premessa e alla recente tendenza di affidare la gestione dei siti e musei italiani ad associazioni di volontari, non intenda porre in essere tutte le iniziative, anche normative, affinché i professionisti dei beni culturali del nostro Paese trovino uno spazio adeguato all'interno della gestione del patrimonio artistico e culturale nazionale, al fine di non rinunciare a professionalità in grado di tutelarne la conoscenza e la conservazione;
   se non intenda assumere iniziative per istituire la figura dell'archeologo, così come proposto da decenni, all'interno settore dei beni culturali. (4-07631)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TERROSI e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli adempimenti fiscali relativi all'imposta sul valore aggiunto in caso di contratto di soccida presentano alcune problematicità e disomogeneità territoriali;
   la soccida è un contratto diretto a costituire un'impresa agricola a natura associativa, per l'allevamento e lo sfruttamento di bestiame e per l'esercizio delle attività connesse, al fine di dividere tra le parti gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese che ne derivano;
   contratto di soccida, disciplinato dal libro quinto, sezione IV, del codice civile, dagli articoli da 2170 a 2186, è distinto in tre tipologie: la soccida semplice, la soccida parziale e la soccida con conferimento di pascolo; nella soccida semplice il soccidante conferisce il bestiame e il soccidario presta l'attività necessaria all'allevamento, mentre gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dal contratto o dagli usi;
   nel rapporto di soccida la vendita di bestiame pone in essere un'operazione soggetta ad imposta sul valore aggiunto, con la conseguente facoltà di detrarre l'IVA eventualmente pagata per l'acquisto di beni necessari allo svolgimento dell'attività; tuttavia, non sono univocamente fissati i criteri per l'esatta individuazione dei soggetti passivi dell'IVA che, conseguentemente, sono legittimamente abilitati ad effettuare le detrazioni per le spese relative all'allevamento;
   da quanto riferito dagli allevatori, risulta all'interrogante che, nelle varie aree di allevamento in Italia, vi siano in merito interpretazioni difformi da parte delle diverse filiali della Agenzia delle entrate;
   nella provincia di Viterbo, dove l'istituto del contratto di soccida è molto diffuso tra le aziende del settore dell'allevamento avicolo, fino al 2012, l'IVA relativa agli acquisti veniva regolarmente esposta nella relativa dichiarazione come IVA a credito e in alcuni casi compensata o richiesta a rimborso;
   i rimborsi richiesti sono stati regolarmente evasi dalla Agenzia delle entrate di Viterbo fino all'anno 2012 quando la stessa Agenzia, cambiando orientamento, disconosce completamente l'IVA sugli acquisti del soccidario e invia avvisi di accertamento a campione per il recupero dell'imposta, in tal modo applicando la normativa in maniera discriminatoria fra i vari contribuenti;
   gli accertamenti riguardano il recupero dell'IVA portata in compensazione, ovvero i rimborsi da poco liquidati recanti la firma dello stesso direttore che ha provveduto a firmare l'accertamento;
   l'Agenzia delle entrate sostiene che, essendo la commercializzazione del bestiame effettuata esclusivamente dal soccidante, il soccidario non può portare in detrazione l'IVA relativa agli acquisti in quanto, non emettendo nessuna fattura di vendita, non viene esposto alcun importo nel quadro «IVA riscossa»; tuttavia, a seguito di ricorsi presentati contro gli avvisi di accertamento inviati dall'Agenzia delle entrate e accolti dagli organi tributari competenti, è stato più volte rilevato che il soccidario è anch'esso soggetto passivo IVA e può quindi legittimamente effettuare la detrazione;
   le interpretazioni difformi da parte dei diversi uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate rende la disciplina di difficile conoscibilità da parte dei soggetti passivi d'imposta –:
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di uniformare le modalità attuative della disciplina esposta in premessa prevedendo, nei contratti di soccida, la possibilità di detrarre l'IVA assolta sugli acquisti indipendentemente dal regime IVA del soccidario, sconosciuto al soccidante, e come intenda sanare la posizione dei contribuenti che hanno ricevuto avvisi di accertamento riguardanti gli anni in cui, per errata interpretazione condivisa dalla Agenzia delle entrate, l'IVA è stata portata in detrazione. (5-04546)


   DI BENEDETTO e CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli interroganti hanno presentato, in data 22 ottobre 2014, un'interrogazione al Ministero dell'economia e delle finanze per avere spiegazioni in merito alla situazione dello Stand Florio, un immobile sito alla via Messina Marine, di notevole pregio storico-architettonico, risalente ai primi anni del ’900;
   si ricorda che l'immobile era stato abbandonato e lasciato al degrado e, per tali motivi, posto sotto sequestro, in data 8 ottobre 2012. A seguito di richiesta del giudice delle indagini preliminari, si indaga sulle responsabilità dei tre enti principalmente coinvolti nelle vicende, vale a dire la regione Sicilia, il comune di Palermo e l'Agenzia del demanio. Infatti il bene, attualmente in proprietà del demanio dello Stato, è stato affidato in concessione al comune di Palermo ed è stato sottoposto a vincolo storico-artistico dalla soprintendenza regionale ai beni culturali;
   il Ministero interrogato ha chiarito che, in ragione della natura giuridica demaniale, l'immobile ricade nell'ambito delle previsioni dell'articolo 32 dello Statuto speciale della regione Siciliana che prevede l'attribuzione in proprietà alla regione anche dei beni demaniali di interesse storico-artistico di finalità statali;
   le procedure di trasferimento di detti beni sono state avviate dai decreti legislativi n. 265-266 del 2010 ma non hanno interessato l'immobile di cui si parla;
   il Ministero ha precisato, inoltre, che il sequestro disposto nel 2012, ha subìto una sospensione nel 2013. Ciò ha permesso di procedere ai primi lavori di messa in sicurezza rimandando l'avanzamento degli stessi, nonché la progettazione di una riqualificazione del complesso storico, all'attuazione delle norme statutarie di trasferimento della regione Siciliana;
   le prime misure messe in atto non sono sufficienti a sanare la grave situazione creatasi in relazione all'immobile, e, invitati dallo stesso Ministero interrogato a presentare un ulteriore atto di sindacato ispettivo –:
   quale sia lo stato di attuazione delle norme che disporranno il trasferimento dello stand Florio alla regione siciliana;
   quali siano le iniziative di competenza del Ministro con riferimento alla vigilanza e alla conservazione del complesso da parte del Ministero, nelle more dell'attuazione delle norme suddette.
(5-04549)


   RUBINATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   per il periodo 2007-2013 l'Italia ha presentato all'Unione europea un Quadro strategico nazionale (QSN) con il quale sono state indirizzate le risorse che la politica di coesione ha destinato al nostro Paese;
   in tale contesto si è inserito il ruolo del Fondo sociale europeo, quale strumento volto al sostegno delle misure finalizzate a prevenire e combattere la disoccupazione, sviluppare le risorse umane e favorire l'integrazione e il mercato del lavoro;
   le misure sopra descritte sono state realizzate attraverso strumenti di regolamentazione emanati dalle amministrazioni regionali (avvisi pubblici ai sensi dell'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241) e materialmente posti in essere attraverso interventi realizzati da organismi di formazione professionale accreditati;
   le disposizioni ministeriali (si veda Ministero del lavoro — Vademecum per l'ammissibilità della spesa al FSE PO 2007-2013) e comunitarie, per quanto riguarda le operazioni finanziate hanno stabilito che «i contributi concessi in relazione alle attività oggetto delle presenti disposizioni, in quanto diretti a perseguire finalità di interesse generale, hanno natura di mere movimentazioni finanziarie e in quanto tali, in base all'articolo 2 comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, sono da considerarsi, nei rapporti giuridici tra beneficiario e Regione, fuori dal campo di applicazione Iva»;
   con la circolare 34/E del 21 novembre 2013 anche l'Agenzia delle entrate è intervenuta sul tema ed ha confermato, ora per allora, che le erogazioni finanziarie agli Organismi di formazione «sono qualificate come contributi, in quanto mere movimentazioni di denaro» e quindi fuori campo IVA ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
   l'articolo 19 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 stabilisce come regola generale che «non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta» ma stabilisce altresì che «La indetraibilità di cui al comma 2 non si applica se le operazioni ivi indicate sono costituite da operazioni di cui all'articolo 2, terzo comma, lettere a), b), d) ed f)»;
   essendo quindi in presenza di operazioni fuori campo IVA ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, spetterebbe agli organismi di formazione la piena detraibilità dell'IVA sugli acquisti, ai sensi della disposizione di cui al successivo articolo 19;
   nell'approfondimento tecnico su gestione e controllo delle attività cofinanziate dal Fondo sociale europeo, pubblicato in «FOP Formazione Orientamento Professionale», rivista bimestrale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, D.G. per le politiche per l'orientamento e la formazione anno 8, numero 3 maggio-giugno 2008, è contenuto uno specifico approfondimento tecnico su «Regime IVA per i finanziamenti pubblici relativi alle politiche attive del lavoro e alla formazione professionale» a firma di Rosita Caputo (coordinamento del gruppo tecnico presso la Divisione VII del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), Claudio Pizzutti, Vincenzo Bencivegna, Benedetto Santacroce (Gruppo tecnico FSE). Nel citato contributo del gruppo tecnico del Ministero, prodotto al fine di assumere dei riferimenti univoci, per quanto contingenti, per l'interpretazione della normativa relativa a tali tematiche fatte salve tutte le premesse ed i contributi giurisprudenziali ivi riportati, si afferma in particolare che:
    a) per la tipologia di operazioni finanziate realizzate dagli organismi di formazione «il contributo assume una natura di movimentazione finanziaria e non si pone in un rapporto sinallagmatico, con la conseguenza che il medesimo esula dal campo di applicazione dell'IVA per difetto di presupposto oggettivo»;
    b) «si ritiene necessario chiarire che il diritto a detrazione relativo a beni e servizi acquisiti con contributi non direttamente collegati al prezzo è pieno e non limitabile se non nelle ipotesi espressamente previste dalla sesta direttiva IVA, vale a dire la detrazione è sempre ammessa a meno che il progetto finanziato venga svolto da enti non commerciali nell'ambito delle loro attività istituzionale»;
   in risposta ad un interpello formulato da Confindustria Veneto SIAV l'Agenzia delle entrate — direzione regionale del Veneto, con protocollo n. 907-43541/2009, chiariva che «in ordine al punto 4, si osserva che l'aver percepito un contributo a fondo perduto non preclude l'accesso al diritto a detrarre l'Iva pagata sugli acquisti e nemmeno influisce (né in senso positivo né in senso negativo) sulla misura in cui tale diritto può essere esercitato... pertanto esemplificando: qualora le operazioni attive poste in essere siano tutte imponibili o imponibili “assimilate” (articolo 19, comma 3), l'Iva assolta sugli acquisti effettuati con i contributi sarà interamente detraibile»;
   il tenore inequivocabile dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, l'indicazione contenuta in nella citata rivista «FOP Formazione Orientamento Professionale», la risposta all'interpello di Confindustria Veneto SIAV da parte dell'Agenzia delle entrate del Veneto protocollo n. 907-43541/2009, hanno portato gli Organismi di formazione a considerare in buona fede l'IVA sugli acquisti pienamente detraibile e quindi a non considerarla quale costo a discarico del contributo comunitario, pena la violazione di specifiche disposizioni dell'Autorità di gestione nazionale;
   tale condotta degli Organismi di formazione era altresì suffragata da quanto affermato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel Vademecum per l'ammissibilità della Spesa al FSE PO 2007-2013 al punto 5 aspetti fiscali e civilistici, che riporta: «L'IVA recuperabile non può essere considerata ammissibile (articolo 11, comma 2, lettera a), del Reg. 1081/2006) anche se non effettivamente recuperata dal beneficiario. La natura privata o pubblica del beneficiario non è presa in considerazione nel determinare se l'Iva costituisca una spesa ammissibile. L'Iva non recuperabile dal beneficiario o in forza di norme nazionali specifiche, costituisce spesa ammissibile solo qualora tali norme siano interamente compatibili con la Direttiva Iva 2006/112/CE»;
   il medesimo principio è sostenuto dalla giurisprudenza comunitaria, secondo la quale la presenza di una qualsivoglia norma nazionale che limiti la detraibilità dell'iva relativa all'acquisto di beni o servizi finanziati mediante sovvenzioni è in contrasto con le disposizioni degli articoli 168 e seguenti Direttiva 2006/112/CE (C.Giust. UE 16 febbraio 2012 C-25/2011, C.Giust. CE 23 aprile 2009 C-74/0/, C.Giust. CE 6 ottobre 2005 C-240/0/, C.Giust CE 23 6 ottobre 2005 C-243/03);
   nel corso di attività di verifica, per l'annualità 2009, in organismi di formazione, l'Ufficio provinciale dell'Agenzia delle entrate di Vicenza, con il supporto dell'Ufficio regionale del Veneto dell'Agenzia delle entrate, ha mutato sorprendentemente avviso e considerato che per l'IVA assolta sugli acquisti sostenuti dal beneficiario di contributo pubblico per attività di formazione, operi sempre l'indetraibilità dell'imposta relativa all'acquisto di beni e servizi se gli stessi sono afferenti ad operazioni non soggette ad imposta (con ciò di fatto vanificando la previsione di cui all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972);
   Confindustria Veneto, con lettera del 4 aprile 2014 al presidente della regione del Veneto, ha denunciato che l'Agenzia delle entrate «muta in modo radicale lo scenario che fino ad ora si era delineato nell'ambito della gestione dei Fondi destinati a sostenere le attività sul capitale umano» e che tale nuova interpretazione, ora per allora, ha un impatto evidente e penalizzante;
   l'attuale azione degli uffici dell'Agenzia delle entrate di Vicenza pone, infatti, gli organismi di formazione nella condizione di dover sostenere il costo dell'IVA che, se fosse stata da principio, e con una norma primaria, dichiarata indetraibile, sarebbe stata considerata un costo ammissibile al finanziamento comunitario;
   tale imposizione di costi per IVA indebitamente detratta, in seguito ad un mutamento interpretativo, porterebbe al collasso il sistema della formazione operando gli organismi di formazione senza fini di lucro e con un bilancio a pareggio e quindi senza possibilità di far fronte a tale imposizione;
   la mancata detrazione IVA, inoltre, comporterebbe una proporzionale diminuzione di investimento nell'attività formativa in un momento così difficile per la situazione socioeconomica e gli alti tassi di disoccupazione anche giovanile;
   ai sensi della risoluzione 51/E/2010 e secondo il principio di integrità dei pagamenti stabilito dall'articolo 80 del Regolamento CE n. 1083/2006, recante le «disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il Regolamento CE n. 1260/1999», i beneficiari devono ricevere l'importo totale del contributo pubblico nella sua integrità, senza applicazione di alcuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico che comporti la riduzione di detti importi;
   quanto riportato sembra peraltro configurarsi come una violazione dello statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212 –:
   quali provvedimenti urgenti il Governo intenda adottare al fine di:
    a) chiarire inequivocabilmente la disciplina IVA sugli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione, in presenza di operazioni fuori campo IVA ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, lettera a), così da consentire alle regioni di attivare un nuovo periodo di programmazione comunitaria (2014-2020) con un modello operativo basato sulla certezza dei rapporti nella gestione regionale e nazionale dei contributi comunitari, nel rispetto della risoluzione 51/E/2010 e dell'articolo 80 del Regolamento (CE) n. 1083/2006;
    b) evitare che si interpreti l'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 nel senso che il soggetto che chiede la detrazione debba anche essere il soggetto attivo della cessione di denaro in quanto si verrebbe ad annullare la portata precettiva e l'efficacia della norma, che di fatto non potrebbe più ricevere un'utile applicazione con un conseguente annichilimento della norma stessa, che non pare né logicamente né giuridicamente ammissibile;
    c) sanare in ogni caso i comportamenti fiscali degli organismi di formazione in materia di detraibilità IVA sugli acquisti, operati nell'ambito dei finanziamenti comunitari del PO 2007/2013, affinché l'elevata incertezza normativa e le differenti linee interpretative delle Amministrazioni dello Stato non pongano agli organismi di formazione nella condizione di dover sostenere, ora per allora ed in palese spregio alla certezza del diritto, spese di contenzioso tributario e costi che, in caso di diversa interpretazione, sarebbero stati ammissibili al finanziamento, mettendo a rischio la tenuta del sistema di formazione ed istruzione professionale in un momento così difficile per la situazione socio economica e gli alti tassi di disoccupazione anche giovanile. (5-04557)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 17 dicembre 2014 si è riunito il consiglio di amministrazione dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato spa per deliberare, fra l'altro, in ordine alla vendita e alla valutazione della società controllata Editalia spa, inserita dal Ministero dell'economia e delle finanze nell'elenco delle partecipazioni pubbliche oggetto di dismissione;
   Editalia spa ha sempre chiuso il proprio bilancio in utile negli ultimi anni, dà lavoro a circa 80 dipendenti ed a decine e decine di agenti, ed è un vero e proprio gioiello nel panorama delle aziende produttrici di edizioni di pregio, sia in considerazione della sua importante e ramificata rete commerciale, sia in considerazione della qualità del suo pacchetto clienti — si parla di un portafoglio ordini superiore ai trenta milioni di euro – sia in considerazione del livello di qualità dei suoi prodotti;
   ad avviso dell'interrogante occorrerebbe che il prezzo di cessione sia adeguato all'importanza di tale realtà aziendale, per evitare che Editalia corra il rischio di essere svenduta, con gravi possibili ripercussioni occupazionali per dipendenti ed agenti e con un misero introito per le casse dello Stato, senza di certo risolvere i problemi di bilancio del nostro Paese, e ponendo gravi interrogativi circa l'opportunità di questa dismissione –:
   se non ritenga di vigilare e in che modo intenda garantire sia la congruità del prezzo, perché non si verifichino ribassi ingiustificati, sia la serietà dei possibili acquirenti, sia, infine, il mantenimento dei livelli occupazionali. (4-07628)


   CATALANO, CURRÒ, FURNARI, LABRIOLA, PINNA, DI LELLO, DI GIOIA, CRISTIAN IANNUZZI, LOCATELLI, VECCHIO, PASTORELLI e RIBAUDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Shop spa è una delle numerose società appartenenti al Gruppo poste italiane, ha sede legale in Roma ed è iscritta al registro delle imprese al n. 06977381000;
   alla fine di ogni anno, gli uffici postali ove sono presenti i punti PT SHOP redigono il bilancio avente a oggetto anche la quantificazione delle giacenze;
   risulta all'interrogante che, qualora non vengano rinvenuti prodotti presenti nel database, i direttori denuncino l'accaduto alle forze dell'ordine qualificando il mancato reperimento della merce come «smarrimento»;
   la denuncia viene altresì inviata alle filiali di riferimento, su un apposito modulo prestampato, ove viene però riportata la diversa dicitura di «sottrazione degli oggetti»;
   tale prassi, che parrebbe consolidata, fa sì che, anche a fronte di sottrazioni internamente ritenute di probabile rilevanza penale, queste verrebbero di fatto denunciate esternamente, alle forze di polizia, come meri smarrimenti –:
   se quanto premesso corrisponda al vero;
   di quali notizie sia a conoscenza il Governo;
   quale sia l'ammontare del valore dei beni posti in conto perdita sulla base delle sopra esposte denunce e quale sia il relativo mancato introito;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Governo per verificare i fatti esposti in premessa.
(4-07634)


   SIBILIA, COLONNESE, SCAGLIUSI, PESCO, NICOLA BIANCHI, TOFALO e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 31 ottobre 2014 il tribunale di Siena ha emesso sentenza di condanna a tre anni e sei mesi di reclusione, con cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, per l’ex presidente di Monte Paschi Siena, Giuseppe Mussari, l’ex direttore generale Antonio Vigni e l’ex capo area finanza Gianluca Baldassarri colpevoli del reato di ostacolo in concorso all'esercizio delle funzioni delle pubbliche autorità di vigilanza, cioè della Banca d'Italia, in relazione all'occultamento del contratto stipulato da Mps con la banca giapponese Nomura per la ristrutturazione del derivato Alexandria;
   con questa sentenza si è concluso il primo processo dell'inchiesta sullo scandalo che ha travolto la banca senese e che rappresenta una costola del filone principale d'indagine sull'acquisizione di Banca Antonveneta, trasferita per competenza al tribunale di Milano;
   come riportato dal quotidiano on line ilfattoquotidiano.it nell'articolo pubblicato il 31 ottobre 2014 dal titolo «Derivati Mps, condannati Mussari e gli altri due coimputati», Mussari, Vigni e Baldassarri sono considerati colpevoli per aver nascosto nella cassaforte personale dell’ex direttore generale della Banca a Rocca Salimbeni il contratto (mandate agreement) in modo da evitare di iscrivere nel bilancio 2009 la perdita del derivato. Ufficialmente il documento venne ritrovato solo nell'ottobre 2012 dall'attuale amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola, e fu consegnato ai magistrati senesi;
   nella puntata della trasmissione di Rai3 «Report», andata in onda il 23 novembre 2014 dal titolo «Il monte dei misteri», Giuseppe Bivona, ex manager di Morgan Stanley e Goldman Sachs, ora alla Bluebell Partners di Londra, dichiara: «Montepaschi riporta all'interno del bilancio miliardi di operazioni che vengono rappresentate e contabilizzate come titoli di Stato, mentre io devo dire ho sempre sostenuto che potessero essere derivati e quindi, come tali, avrebbero dovuto essere contabilizzati», in tal modo «sarebbero cambiati i bilanci cioè i risultati del 2011, del 2012 e del 2013 sarebbero cambiati all'incirca rispettivamente di 1 miliardo, 250 milioni e 850 milioni». Inoltre, «tutte e due le controparti di Monte Paschi sulle operazioni, Deutsche Bank e Nomura, hanno pacificamente riconosciuto che queste operazioni fossero derivati»;
   sembra, inoltre, che di tali operazioni la Banca d'Italia e la Consob fossero a conoscenza forse già a partire dal 2010 e sicuramente dal 2012, avendone provveduto ad informarne la banca;
   la Monte Paschi Siena è stata salvata grazie allo Stato italiano, cioè ai 4 miliardi di euro di prestiti (cosiddetto Monti Bond) erogati nel febbraio 2013, ma nonostante l'aumento di capitale di 5 miliardi, il 26 ottobre 2014 la Banca centrale europea ha stabilito che mancano ancora 2 miliardi di capitale per mettersi in regola;
   la Banca centrale europea, sempre nell'ambito della verifica degli attivi i cui risultati sono stati pubblicati il 26 ottobre 2014, ha riclassificato come sofferenze («Non Performing Exposure») il 31 per cento del campione dei prestiti analizzati che la banca contabilizza come crediti in bonis;
   la Monte Paschi Siena, dal 2011 ad oggi (ultimo rendiconto approvato al 30 settembre 2014), ha registrato perdite per oltre dieci miliardi di euro; 
   la Monte Paschi Siena capitalizza oggi circa due miliardi e trecento milioni di euro ovvero meno di quanto capitalizzava prima dell'aumento di capitale di cinque miliardi eseguito nel giugno 2014: questo vuol dire che i piccoli investitori che hanno partecipato all'aumento di capitale hanno visto andare integralmente in fumo i fondi versati per ricapitalizzare la banca;
   l'azionariato della Monte Paschi Siena è ad oggi principalmente costituito da piccoli azionisti, mentre la maggior parte degli investitori istituzionali sono già usciti dal capitale, incluso il principale azionista ovvero il fondo americano York Capital che ha liquidato nel novembre 2014 la propria quota pari a circa il 5 per cento;
   la Monte Paschi Siena sembra contabilizzare tutt'oggi nel proprio bilancio tre miliardi di titoli di Stato relativi ad un'operazione eseguita con la banca giapponese Nomura che la stessa Banca centrale europea nel rapporto reso pubblico il 26 ottobre 2014 ha espressamente affermato di aver trattato «as a derivative» ovvero come derivati;
   la circostanza che la Monte Paschi Siena possa aver contabilizzato – e contabilizzi tutt'oggi – come titoli di Stato tre miliardi, di derivati eseguiti con la banca giapponese Nomura viene pacificamente riconosciuta nel verbale di fine ispezione su MPS redatto da otto ispettori della vigilanza della Banca d'Italia in data 17 aprile 2012 in cui, con riferimento all'operazione suddetta con la banca Nomura, è scritto «lo schema dei flussi di cassa della complessiva struttura... replica quello di una posizione short in un “Credit Default Swap sintetico”» e si riconosce «la sostanziale equiparabilità tra la struttura... e la negoziazione di un Credit Default Swap sul rischio Italia» onde concludere che «la struttura complessiva dell'operazione rientra nella definizione di derivato» precisando poi ulteriormente che «l'operazione nel suo complesso si sostanzia in un derivato creditizio (Credit Default Swap)», non mancando di osservare come «di norma i derivati di credito sono iscritti nel portafoglio... di negoziazione... L'azienda ha invece contabilizzato le diverse componenti... disgiuntamente, allocandole in diversi portafogli»;
   l'amministratore delegato della Monte Paschi Siena (dottor Fabrizio Viola, ha percepito per l'esercizio 2013 — chiuso con oltre 1,4 miliardi di perdite — una remunerazione di 1,7 milioni di euro, con ciò apparentemente disattendendo quanto affermato nel comunicato stampa emesso dalla banca il 7 ottobre 2013 in cui la banca aveva assunto «l'impegno a rispettare il limite massimo di remunerazione (concordato con la Commissione europea per un importo pari a 500.000 euro) fino al completamento dell'aumento di capitale o al rimborso integrale dei Nuovi Strumenti Finanziari»;
   ad oggi sono molti gli istituti, tra banche ed intermediari finanziari, ad essere stati commissariati o sottoposti ad amministrazione controllata da parte della Banca d'Italia in virtù degli articoli 70 e ss. del Testo unico bancario. Tra gli altri ricordiamo: la Banca Padovana di Credito Cooperativo, la Banca Popolare dell'Etna, la Bcc Irpinia, la Cassa di Risparmio di Loreto, la veneta East Capital Sgr, la Commercio e Finanza di Napoli, la Imel.Eu di Bergamo, la Adenium Sgr, la Medioleasing, l'abruzzese Tercas, la Banca Marche, la Carife, la Banca Popolare di Spoleto, la Banca di credito cooperativo di Cascina –:
   se sia mai giunta al Ministro interrogato la proposta di cui agli articoli 70 comma 1 lettere a) e b) e seguenti del Testo unico bancario per gravi irregolarità nell'amministrazione e gravi violazioni normative, nonché per gravi perdite patrimoniali, con il conseguente scioglimento degli organi di controllo e nomina di nuovi amministratori e, se anche alla luce delle notizie emerse su fonti di stampa ed ufficiali, il Governo abbia mai ritenuto di acquisire elementi sulla vicenda. (4-07635)


   LOMBARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la stampa degli ultimi giorni sta dedicando ampio spazio agli esponenti della famiglia Pollak e ai loro presunti legami con i soggetti indagati nell'inchiesta «Mafia capitale»;
   è di pochi giorni fa la notizia secondo cui Fabrizio Pollak, dipendente del gruppo Eni, nel 2012 si è aggiudicato una gara bandita dal comune di Roma, del valore di circa 2 milioni di euro, per il ripristino funzionale dell'impianto sportivo Tre Fontane, situato nel quartiere EUR, in modo illegittimo, grazie ad una manovra che coinvolgeva anche l'allora sindaco Gianni Alemanno;
   in particolare, Fabrizio Pollak e il socio Riccardo Mancini, ex amministratore delegato di Eur spa, arrestato dapprima per tangenti nella vicenda filobus e ora nell'ambito dell'inchiesta Mafia capitale, proprietario del Rugby Roma Club, hanno ricevuto un trattamento di favore da parte dell'amministrazione Alemanno, dall'assegnazione della gara e fino alla sentenza dello scorso marzo con cui il Consiglio di Stato ha sancito l'illegittimità del punteggio attribuito alla Rugby Roma Club rispetto all'altra società partecipante;
   Fabrizio Pollak intratteneva rapporti diretti con l'allora sindaco Alemanno e con il suo vice Sveva Belviso e, stando all'informativa dei carabinieri resa nota dai giornali, anche con Massimo Carminati, arrestato perché capo della cupola capitolina, con il quale usava una scheda telefonica dedicata esclusivamente a lui e dal quale pare che ricevesse una «paghetta settimanale»;
   Carminati e soci ambivano all'appalto in oggetto e, da un'intercettazione del 2012, si apprende che Pollak, all'altro capo del filo un'utenza intestata alla Federazione italiana gioco calcio, affermava: «Partecipo al bando appoggiato da una persona»;
   finiscono indagati per abuso d'ufficio Alessandro Cochi, consigliere comunale con delega allo sport, Alemanno e Belviso, il dirigente comunale Bruno Campanile e il dirigente del Coni Nepi;
   Fabrizio Pollak è fratello di Paolo, consigliere romano in quota Pdl dell’ex Municipio XII, ora IX, dal 2008 e già delegato municipale alla sicurezza, Presidente municipale e consigliere circoscrizionale, con una carriera nell'amministrazione locale che ha inizio nel 1996 e che lo vede collocato dapprima a destra, poi a sinistra ai tempi di Veltroni e infine nuovamente a destra l'ex Municipio XII, tra gli altri, comprende anche il quartiere Eur;
   vi è poi un altro fratello Pollak, Alessandro, che si occupa di mercatini rionali e fidanzato (almeno fino al maggio 2013, stando alle fonti di stampa) di Caterina Riccitelli, cognata di Sveva Belviso, vice sindaco di Alemanno nella scorsa legislatura, inquisita per abuso di ufficio;
   l'8 agosto 2014 la Eur spa concede alla Galleria Aperta Srl l'uso temporaneo dell'area esterna del Palazzo degli Uffici, in Largo Virgilio Testa, per lo svolgimento di un mercatino, per il periodo compreso tra il mese di ottobre e quello di dicembre 2014;
   un mese dopo, la Galleria Aperta srl ottiene da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo parere favorevole all'occupazione di suolo pubblico;
   in data 24 settembre 2014, la Galleria Aperta srl versa la somma dovuta per la concessione nei confronti del IX Municipio e, in quell'occasione, il rappresentante legale della società, Claudio Campione, delega formalmente Alessandro Pollak ad operare per suo conto presso il Municipio IX del comune di Roma ma non sono noti i contenuti di tale delega;
  secondo l'interrogante è del tutto sconveniente che gli affari di un intero quartiere di Roma, quale è l'Eur, siano gestiti da tre fratelli, uno dei quali chiaramente legato alla cupola di Mafia capitale –:
   se il Ministro interrogato, azionista di maggioranza della società Eur Spa, con una quota del 90 per cento, sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa, considerati i rapporti tra Eur spa e Galleria Aperta srl;
   se e quali rapporti intrattenga Alessandro Pollak con Eur Spa. (4-07636)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la pianta organica dell'ufficio giudiziario del tribunale di Siracusa prevede 7 direttori amministrativi e 31 funzionari amministrativi;
   sono in servizio presso il tribunale di Siracusa solo 4 direttori amministrativi e 11 funzionari amministrativi;
   nel corrente anno un cancelliere è stato posto in quiescenza e 2 funzionari amministrativi, 1 operatore giudiziario e 2 cancellieri saranno collocati in quiescenza;
   il personale amministrativo in organico presso il tribunale di Siracusa è ulteriormente diminuito a causa dell'applicazione di 2 unità di ausiliari presso la corte di appello di Catania, 1 funzionario amministrativo applicato al giudice di pace di Noto e 4 cancellieri applicati agli uffici del giudice di pace del circondario;
   è di tutta evidenza un'ormai insostenibile carenza di personale, con particolare riferimento alle figure professionali di direttori amministrativi, funzionari giudiziari ed altro personale;
   in data 21 marzo 2014 il presidente del tribunale di Siracusa e il dirigente amministrativo dottoressa Rosa Pulito, hanno inviato una missiva al Ministro della giustizia e al dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale nella quale hanno rappresentato le gravi carenze degli uffici giudiziari di Siracusa che si ripercuotono negativamente sull'organizzazione e sull'efficienza della sede giudiziaria medesima; veniva segnalato, infatti, che a seguito dell'accorpamento delle soppresse sezioni distaccate di Augusta, Avola e Lentini, i quattro funzionari giudiziari, prima assegnati alle predette sezioni, vincitori dell'interpello del 15 ottobre 2012 hanno preso servizio presso la sede da ciascuno prescelta;
   il carico di lavoro del tribunale di Siracusa dal mese di settembre 2013 è aumentato a causa della soppressione delle sedi distaccate, ma l'aumento del carico di lavoro non ha trovato un'adeguata compensazione in termini di assegnazione di personale, atteso che è stato trasferito presso il tribunale di Siracusa appena il 50 per cento del personale che operava presso le sedi distaccate;
   i carichi di lavoro introitati presso il tribunale di Siracusa sono aumentati nell'anno del 100 per cento, come risulta dalla segnalazione effettuata dal presidente del tribunale dottor Antonio Maiorana;
   in riferimento all'interpello nazionale per posti vacanti rivolto al personale dell'organizzazione giudiziaria, ai sensi dell'articolo 2 dell'accordo sindacale del 27 marzo 2007 e dell'articolo 10 dell'accordo 9 ottobre 2012, il dirigente amministrativo e il presidente del tribunale di Siracusa hanno espresso il loro disappunto con lettera inviata al Ministero in data 8 luglio 2014 prot. 2612/U perché nonostante le gravi carenze in organico non è stata prevista la copertura di alcun posto vacante per il tribunale di Siracusa in relazione alle seguenti qualifiche: direttore amministrativo (in servizio 4 su 7 previsti in P.O.), funzionario giudiziario (in servizio 12 compreso il funzionario contabile, su 31 previsti in P.O.), conducenti automezzi (in servizio 3 su 7 previsti in P.O., per di più uno di essi è applicato, secondo una turnazione presso l'ufficio del giudice di sorveglianza di SR);
   il carico di lavoro presso l'ufficio del G.I.P. del tribunale di Siracusa è divenuto insostenibile atteso che risultano assegnati solo 4 magistrati e che in seguito alle migliaia di migranti che sono sbarcati nel territorio di Siracusa (Augusta) con l'operazione Mare nostrum e l'ufficio del G.I.P. del tribunale di Siracusa ha assunto il carico (in quanto territorialmente competente) per le convalide di arresto o per i fermi dei cosiddetti scafisti che approdano nel territorio della provincia di Siracusa;
   è notorio che la provincia di Siracusa è diventata punto di approdo privilegiato di innumerevoli sbarchi con un enorme numero di persone di varie etnie, in fuga da guerre, povertà, violenze e sopraffazioni di ogni genere, che vengono condotte nel nostro paese dai cosiddetti «scafisti» e da ricchi e impuniti trafficanti di esseri umani;
   il 90 per cento degli sbarchi degli immigrati sul territorio italiano gravano sulla provincia di Siracusa;
   presso la procura della Repubblica di Siracusa sono stati individuati alcuni magistrati, che con specifica competenza si occupano dei processi riguardanti gli scafisti ed è stata creata un'apposita sezione di polizia giudiziaria (gruppo interforze contrasto immigrazione clandestina) facendovi confluire personale proveniente dalla polizia marittima e da altre forze di P.G.;
   i procedimenti relativi agli sbarchi dei clandestini non costituiscono più una straordinaria emergenza ma una situazione ordinaria che però grava sul ridotto personale di cancelleria dell'intero tribunale e, in particolare, sull'ufficio G.I.P. il cui organico (magistrati, cancellieri e funzionari) appare sottodimensionato in maniera preoccupante;
   giova ricordare che i procedimenti che riguardano scafisti, sono particolarmente complessi e necessitano di ricerca, convocazione e nomina di interpreti, spesso di sconosciuti idiomi; celebrazione di numerosissime udienze di convalida di fermo o arresto; celebrazione di incidenti probatori con ricerche di testimoni; ordini di traduzione alle case circondariali; attivazione di fonoregistrazioni e videoregistrazioni delle udienze; notifiche da effettuare ad improbabili indirizzi di domicilio che rendono impossibile portare a buon fine la notifica e di conseguenza l'udienza;
   va aggiunto che le dotazioni strumentali a disposizione dell'ufficio sono assai carenti ed insufficienti (termini di fax, macchine fotocopiatrici, scanner, dotazioni di toner e carta): spesso sono gli avvocati a fornire gratuitamente la carta;
   altresì, a seguito del decreto legislativo n. 32 del 2014 in applicazione della direttiva comunitaria n. 64 del 2010, è divenuta obbligatoria la traduzione di diversi atti processuali per gli imputati di lingua straniera con la nomina di interpreti e traduttori ed è divenuto difficile reperire tali professionalità, data l'esiguità delle risorse ed il pagamento di emolumenti che non sono in alcun modo proporzionati al faticoso lavoro svolto;
   il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Madia ha annunciato che avrebbe utilizzato la mobilità per 1.071 statali da assegnare agli uffici giudiziari;
   è di questi giorni la notizia di assegnazione di personale in mobilità per le città di Catania, Caltagirone e Ragusa ponendo fuori inspiegabilmente il tribunale di Siracusa –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   se il Ministro intenda assumere iniziative in maniera efficace, per quanto di competenza, per assegnare al tribunale di Siracusa un congruo numero di unità di personale, sino alla totale copertura dei posti vacanti in pianta organica, come ampiamente richiesto dal presidente e dal dirigente amministrativo del tribunale;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per dichiarare l'ufficio G.I.P. del tribunale di Siracusa sede disagiata e far sì che, al fine di recuperare efficienza e funzionalità, tanto il numero dei giudici che quello del personale di cancelleria venga adeguato dotando l'ufficio, nel più breve tempo possibile, almeno di un'altra unità di cancelleria che possa occuparsi prevalentemente della gestione dei fascicoli relativi agli scafisti;
   se il Ministro intenda adottare le iniziative necessarie per reperire le risorse idonee ed adeguate per la nomina di interpreti e traduttori. (5-04553)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 31 dicembre 2014 è stato pubblicato, da parte dell'autorità portuale di Trieste (APT), un avviso esplorativo per manifestazione d'interesse a partecipare alla procedura di gara preordinata alla cessione di quote del capitale sociale della società Adriafer S.r.l. con socio unico, di proprietà al 100 per cento delle medesima autorità portuale di Trieste;
   nelle premesse del suddetto avviso, l'autorità portuale di Trieste, intende svolgere un'indagine di mercato volta ad appurare se esistano operatori economici interessati ad acquisire in tutto o in parte – in percentuale comunque pari o superiore al 51 per cento – la propria partecipazione nella società Adriafer s.r.l., onde invitare se del caso gli operatori manifestanti interesse a presentare offerta per la cessione della partecipazione medesima;
   la società Adriafer s.r.l. svolge, in forza di atto formale di concessione n. 1834/2004 di durata quindicennale, il servizio di interesse generale di manovra ferroviaria dei carri in arrivo e in partenza da e per lo scalo di consegna/ricevimento del vettore ferroviario, nell'ambito del punto franco nuovo e punto franco vecchio del porto di Trieste, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e del decreto ministeriale 4 aprile 1996. La medesima realtà è altresì titolare della convenzione n. 1835/2005, di durata quindicennale, per l'utilizzo degli impianti ferroviari e delle licenze n. 762/2013 (di durata quadriennale) e n. 405/2014 (di durata annuale) per l'utilizzo di beni demaniali, ai sensi degli articoli 36 e ss. del codice della navigazione e articoli 8 e ss. del regolamento di attuazione del predetto codice;
   i punti franchi del porto di Trieste sono assoggettati ad un particolare regime giuridico, disciplinato dagli articoli da 1 a 20 dell'Allegato VIII al Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, reso esecutivo con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato con legge 25 novembre 1952, n. 3054, dal Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954, dal decreto del commissario generale del Governo per il territorio di Trieste n. 29/1955 e n. 53 del 23 dicembre 1959 e, per quanto non in contrasto con le disposizioni sopra citate, dal decreto ministeriale 20 dicembre 1925, n. 1693;
   il superamento del Memorandum di Londra da parte del Trattato di Osimo del 1975 in merito ai rapporti tra l'Italia e l'allora Jugoslavia, non ha modificato quanto in precedenza stabilito dal Memorandum stesso in relazione al porto franco di Trieste, mantenendo impregiudicati i precisi impegni dello Stato italiano;
   lo stesso sito internet dell'autorità portuale di Trieste specifica «Negli articoli 1-20 dell'Allegato VIII al Trattato di Pace sono contenuti i principi fondamentali della disciplina del Porto Franco, i parametri generali di riferimento per lo Stato italiano, competente a darvi attuazione con propri atti»;
   istituendo le autorità portuali ed individuandone le relative competenze, la legge n. 84 del 1994, all'articolo 6, comma 12, cita testualmente: «È fatta salva la disciplina vigente per i punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste. Il Ministro dei trasporti e della navigazione, sentita l'autorità portuale di Trieste, con proprio decreto stabilisce l'organizzazione amministrativa per la gestione di detti punti franchi»;
   a oltre 20 anni dall'entrata in vigore dalla suddetta legge, le norme speciali per il porto di Trieste all'interno della legislazione portuale attendono ancora la propria attuazione;
   la prospettata procedura di vendita della società Adriafer s.r.l. potrebbe ad avviso dell'interrogante porsi in contrasto con l'articolo 9, comma 2, dell'Allegato VIII al Trattato di Pace («Il Direttore del Porto Libero fissa tutti i prezzi per l'uso delle strutture e dei servizi del Porto») e dell'articolo 10 («Nel fissare e riscuotere, nel porto libero, le tasse portuali e altri oneri di cui l'articolo 9, così come nella fornitura dei servizi e delle strutture del Porto Libero, [...]»);
   appare ravvisabile come riguardo alla figura del direttore del porto libero – citato nell'Allegato VIII al Trattato di Pace – si debba far riferimento all'autorità portuale in qualità di soggetto giuridico subentrato all'ente autonomo del porto di Trieste che a sua volta sostituì l'azienda portuale dei magazzini generali di Trieste proprio al fine di provvedere alla gestione, fra l'altro, dei punti franchi del porto di Trieste;
   la privatizzazione di un servizio strategico fondamentale quale è quello della movimentazione ferroviaria all'interno del porto di Trieste non risulta all'interrogante opportuna, né giustificabile da motivazioni economiche, in confronto con l'importanza delle funzioni svolte attualmente dalla società Adriafer s.r.l. –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente della procedura di vendita promossa dall'autorità portuale di Trieste in relazione alla società Adriafer s.r.l;
   come si valuti la procedura di vendita in relazione all'impegno assunto dal Governo italiano in merito all'amministrazione del porto franco di Trieste con gli accordi internazionali sottoscritti.
(5-04550)


   ZAPPULLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Rete ferroviaria italiana ha assunto la gravissima decisione di tagliare, con l'entrata in vigore dell'orario estivo, i 5 treni a lunga percorrenza che collegano la Sicilia al resto d'Italia;
   eliminando i 5 treni che collegano Siracusa e Palermo a Roma e Milano si emargina di fatto la Sicilia dal collegamento ferroviario con il resto del Paese;
   appare una provocazione giustificare tale scelta con la carenza di viaggiatori e di merci perché è del tutto evidente che senza interventi di ammodernamento, investimenti per la velocizzazione e potenziamento del sistema ferroviario si disincentivano, in modo clamoroso, sia i cittadini che le imprese a utilizzare la ferrovia;
   se poi addirittura si costringe il cittadino a doversi recare a Messina o con mezzi propri o con treni regionali e a utilizzare il traghetto per raggiungere Villa S. Giovanni, si sta decidendo, nei fatti, di chiudere le ferrovie siciliane;
   per superare gli storici limiti allo sviluppo della Sicilia, occorre dotare l'isola, i suoi abitanti e le imprese siciliane, di un moderno ed efficiente sistema di mobilità e di trasporto in tutti i suoi vettori: sistema ferroviario e aeroportuale, rete viaria e autostradale, sistema portuale;
   ogni vettore non può e non deve essere visto come alternativa all'altro perché solo un moderno sistema intermodale potrà sostenere l'economia, il lavoro, l'efficienza del sistema di mobilità delle persone e delle merci;
   con la decisione assunta da Rete ferroviaria italiana ancora una volta, gli abitanti e le imprese siciliane, vengono trattati come figli di un dio minore, laddove invece sarebbe indispensabile un impegno serio finalizzato a costruire un sistema integrato, diffuso e moderno dei trasporti, del quale le ferrovie sono un pilastro insostituibile;
   se dal mese di giugno 2015 sarà applicata questa decisione di Rete ferroviaria italiana saranno, inoltre, a rischio più di 500 posti di lavoro dei lavoratori marittimi, dei manovratori, macchinisti, capi treno e cuccettisti, personale della manutenzione, aziende di pulizia, e così via –:
   quali misure urgenti intenda assumere affinché sia scongiurata una scelta scellerata per il futuro della Sicilia e dei suoi abitanti attraverso il ritiro della grave decisione di cui in premessa e l'avvio di un confronto serio e rigoroso con Rete ferroviaria italiana. (5-04551)


   FREGOLENT, ROSSOMANDO e D'OTTAVIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia è una società per azioni, partecipata interamente dallo Stato;
   la Carta dei servizi di Trenitalia sancisce che «tutti i clienti hanno uguali diritti senza discriminazioni di sesso, razza, lingua, religione ed opinioni»;
   da quanto è emerso da organi di informazione, lo scorso 16 gennaio 2015, «un controllore di Trenitalia avrebbe sanzionato con una multa una passeggera, sul treno tra Bussoleno, in Valle di Susa, e Torino perché un biglietto ferroviario apparentemente valido sarebbe stato sporco di crema per le mani. Secondo il ferroviere il biglietto sarebbe stato »manomesso«: da qui la decisione di comminare la sanzione da 204,60 euro (ovvero il prezzo del biglietto, più 200 euro) nonostante l'intervento della polizia ferroviaria che avrebbe constatato che il titolo di viaggio fosse stato effettivamente timbrato correttamente». Secondo le fonti stampa la giovane avrebbe pagato già a bordo del treno con la carta di credito;
   tale vicenda è stata portata all'attenzione del consiglio regionale del Piemonte dal consigliere regionale Antonio Ferrentino che ha denunciato come la passeggera sia stato oggetto, da parte del controllore, di un «comportamento autoritario e maschilista» –:
   se tale episodio riportato in premessa risponda al vero e nel caso quali iniziative intenda prendere il Governo affinché il personale di Trenitalia, nello svolgimento delle proprie mansioni, mantenga sempre il rispetto dei diritti e della dignità dei passeggeri. (5-04552)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Il porto di Ancona è strategico per la sua posizione geografica nel contesto dei flussi di traffico fra l'Europa continentale ed il Mediterraneo e che tale importanza è stata riconosciuta e convalidata dall'Unione Europea che lo ha inserito nel 2013 nella rete dei principali nodi infrastrutturali, estendendo il Corridoio Helsinky — La Valletta con una diramazione appunto verso lo scalo marittimo dorico;
   forte è la centralità del porto nella piattaforma logistica regionale all'interno della Macroregione Adriatico-Ionica;
   il decreto-legge cosiddetto «Sblocca Italia», convertito lo scorso novembre, dispone che il Governo approvi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso un piano strategico nazionale della portualità e della logistica che preveda anche la razionalizzazione, il riassetto e l'accorpamento delle autorità portuali esistenti –:
   quali iniziative il Governo intenda attivare per rafforzare il ruolo del porto dorico quale fulcro dell'attività marittima marchigiana;
   quali iniziative opportune (in questa fase di elaborazione delle scelte di razionalizzazione delle autorità portuali), per affermare la centralità del porto e dell'autonomia dell'autorità portuale di Ancona anche nell'ottica dell'interconnessione fra i nodi del sistema logistico portuale nazionale e del più generale sistema logistico intermodale. (4-07623)


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto di Falconara Marittima rappresenta uno snodo essenziale della piattaforma logistica delle Marche che, con determinazione la regione Marche sta pianificando e strutturando;
   strategico è il ruolo che lo scalo aeroportuale marchigiano si appresta ad assumere nella Macroregione Adriatico-Ionica e nel Corridoio europeo Helsinki – La Valletta, diramazione Ancona;
   con il nuovo piano industriale di Aerdorica sono stati previsti investimenti in attrezzature per assicurare l'atterraggio anche in condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli e che tale potenziamento porterebbe ad un aumento del volume di traffico e ad un potenziale avanzamento nella classificazione dell'infrastruttura;
   numerose e crescenti sono le dichiarazioni che paventano il rischio di un declassamento del nostro aeroporto, rischio ancora più concreto a seguito della programmazione da parte dell'ENAV (Ente nazionale assistenza volo) di un piano di ristrutturazione e dismissione di apparati che garantiscono i servizi di supporto alla navigazione aerea –:
   quali iniziative dirette intenda adottare per garantire al permanenza degli attuali servizi e attrezzature di supporto al volo. (4-07624)


   PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia LeNord, è una società a responsabilità limitata costituita da Trenitalia e da Ferrovie Nord Milano spa, società il cui capitale azionario è detenuto per il 57,57 per cento dalla regione Lombardia, per il 14,5 per cento dalle Ferrovie dello Stato, per il 3,078 per cento da Aurelia spa e la restante parte di privati;
   la società venne costituita a Milano il 4 agosto 2009, con il nome di Trenitalia LeNord, per iniziativa di Trenitalia, attraverso la divisione regionale Lombardia, e di Ferrovie Nord Milano con il fine di gestire unitariamente il trasporto pubblico locale ferroviario in Lombardia, all'interno della normativa stabilita dal protocollo d'intesa tra Governo italiano e regione Lombardia per il potenziamento e il miglioramento del servizio ferroviario regionale;
   l'evoluzione futura della società fu programmata in due fasi: la prima prevedeva l'affitto a favore del nuovo soggetto dei rami di azienda di Trenitalia e di LeNord attivi nel trasporto pubblico locale ferroviario lombardo; nella seconda fase si prevedeva che Trenitalia LeNord, nome originario della società, avrebbe assunto la qualifica di operatore ferroviario;
   il 3 maggio 2011 la società fu ribattezzata Trenord. La società offre un servizio aeroportuale chiamato MALPENSA EXPRESS che collega il TERMINAL 1 dell'Aeroporto internazionale di Malpensa con le principali stazioni ferroviarie di Milano: Milano Cadorna, Milano Centrale e Milano P.ta Garibaldi;
   con decreto ministeriale n. 315 del 2014 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha inteso dare avvio al pieno sviluppo infrastrutturale dell'aeroporto di Malpensa, prevedendo l'istituzione di un tavolo tecnico che modifichi il servizio ferroviario aeroportuale di collegamento verso Malpensa;
   dal prossimo 26 aprile 2015, nell'ambito di una riorganizzazione globale del traffico, salire in carrozza alla stazione Nord e raggiungere Milano Cadorna in meno di trenta minuti, non sarà più possibile. La fermata di Busto Arsizio del Malpensa Express, utilizzata ogni giorno da centinaia di persone, sarà soppressa, e per andare e tornare da Malpensa si potrà salire e scendere solo a Saronno e Bovisa. La tratta coperta oggi da tabella in 28 minuti non esisterà più, quindi ci si potrà o rivolgere alla tratta che unisce Cadorna a Novara (un vero e proprio «carro bestiame»), oppure scegliere di arrivare fino a Milano Centrale impiegando però 45 minuti;
   tutto questo non farà che peggiorare i conti della linea ferroviaria costringendo oltre 1500 persone a recarsi a lavoro nel doppio del tempo, producendo pertanto un peggioramento del servizio, che è finanziato sul capitolo del trasporto pubblico locale –:
   quali azioni intenda adottare il Ministro interrogato, di concerto con gli altri enti interessati mediante il tavolo tecnico, per ripristinare il servizio diretto Malpensa–Busto Arsizio Cadorna della Società Trenord;
   quali altre azioni intenda avviare il Ministro interrogato per potenziare il servizio ferroviario in vista della manifestazione EXPO 2015. (4-07625)


   GRILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con suo decreto del 3 ottobre 2014 ha nominato il nuovo Commissario Straordinario del porto di Catania Cosimo Indaco, già presidente dell'autorità portuale dal 1995 al 2004;
   la circolare n. 6/2014 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione prevede delle norme che vietano alle pubbliche amministrazioni l'utilizzo di personale in quiescenza per incarichi e consulenze. La circolare vuole evitare che le amministrazioni pubbliche continuino ad avvalersi di dipendenti in quiescenza; gli incarichi vietati sono quelli riferiti a studi e consulenze, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati. Nell'attribuire incarichi o cariche le amministrazioni pubbliche dovranno dedicare particolare cura all'esigenza di evitare conflitti d'interessi;
   Cosimo Indaco, in qualità di commissario straordinario dell'autorità portuale di Catania ha percepito un'indennità lorda dal 3 ottobre 2014 al 31 dicembre 2014 di euro 36.213,54, come dal sito dell'Autorità portuale di Catania, sezione carichi amministrativi di vertice, risulta;
   il giornale online www.ienesiciliani.it in suo articolo scrive: «Ora assodato che il commissario Indaco già da più di qualche anno abbia superato la soglia dei 65 anni e assodato che l'autorità portuale non abbia insite caratteristiche tipiche dell'amministrazione universitaria o giudiziaria per le quali in deroga, l'età pensionabile è ultra 70 anni. Appare di tutta evidenza che anche solo in base alla circolare Madia, i 36 mila euro e rotti di dono in soldi pubblici vanno restituiti al più presto, con lo strumento dell'autotutela, anche per alleggerire probabilmente la posizione in capo ai soggetti “scienziati” che hanno provveduto all'illegittima erogazione.»;
   Cosimo Indaco risulta essere stato un imprenditore nel campo dei trasporti e delle spedizioni –:
   se sia stata rispettata la normativa vigente nel caso del commissario straordinario dell'Autorità portuale di Catania, in particolare a riguardo dell'erogazione dei compensi percepiti da quest'ultimo da ottobre a dicembre 2014, visto che risulterebbe essere in pensione. (4-07630)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco di Flumeri (Avellino) Angelo Antonio Lanza in data 16 gennaio 2015 ha emesso l'ordinanza n. 3/2015 e nel suddetto provvedimento monocratico si rappresenta che:
    «l'Associazione “Engel Italia s.r.l.” di Salerno ha stipulato una convenzione con l'agriturismo “Petrilli” di Flumeri sito in località “Scampata” al fine di ospitare alcuni cittadini extracomunitari»;
    «che i suddetti cittadini, con una certa frequenza, transitano lungo i cigli delle strade comunali pericolosamente vicini alle auto in transito»;
    «considerato che tale situazione, soprattutto nelle ore pomeridiane e notturne, con l'approssimarsi del buio, rischia di generare di generare danni alle persone e cose»;
    «visti gli articoli n. 50 e n. 54 del decreto legislativo n. 267/2000 e ss. mm. e ii., ORDINA l'utilizzo da parte degli extracomunitari residenti in Flumeri, in transito lungo le arterie comunali, l'utilizzo nelle ore pomeridiane e notturne di giubbotti catarifrangenti che consentano agli automobilisti di individuare per tempo i pedoni lungo i cigli delle strade»;
   il suddetto provvedimento sindacale appare quanto mai confuso, discriminatorio e privo di fondamento giuridico-amministrativo in quanto:
    nella premessa accolla incredibilmente solo a un determinato gruppo di cittadini la potenzialità del rischio dell'incolumità pubblica stradale (gli extracomunitari in dimora presso l'Agriturismo «Petrillii») e non a tutti i cittadini che percorrerebbero le strade comunali;
    nella parte dispositiva il provvedimento estende, invece, indistintamente a tutti gli «extracomunitari residenti in Flumeri» l'obbligo della dotazione del «giubbotto catarifrangente» addirittura «nelle ore pomeridiane» generando in tal modo ulteriore discriminazione prima che di inefficacia dal punto di vista del dettame della messa in sicurezza del Codice della strada;
    tale ordinanza, che poteva essere tranquillamente essere predisposta come un ordinario e generalizzato provvedimento di tutela della comune incolumità pubblica stradale, si richiama arbitrariamente ai princìpi evocati dagli articoli 50 e 54 del T.U.E.L. n. 267/2000, in quanto non sussiste assolutamente alcuna emergenza tale da richiedere la loro applicazione;
    di certo non favorisce la creazione di un clima di accoglienza tanto necessario per instaurare il giusto rapporto di integrazione tra ospiti e comunità locale –:
   quali iniziative urgenti il Signor Ministro, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di favorire l'immediato ritiro e annullamento dell'ordinanza sindacale n. 3/2015 del comune di Flumeri (Avellino);
   quali concrete iniziative il Governo stia approntando per la provincia di Avellino al fine di garantire ai circa 600 profughi la giusta accoglienza, alle istituzioni responsabili e ai soggetti sociali operanti sul territorio le risorse, le strutture e gli strumenti necessari per favorire la gestione di tale emergenza umanitaria. (3-01256)

Interrogazione a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   negli anni ’90 è stato istituito un servizio di controllo presso gli uffici visto d'ingresso, gestito dalla polizia di Stato presso le ambasciate d'Italia nel mondo;
   gli operatori della polizia di Stato distaccati nelle ambasciate eseguivano controlli dettagliati su ogni pratica introdotta nell'ufficio preposto per il rilascio del visto d'ingresso;
   l'attività di controllo viene attualmente svolta da tutte le  ambasciate estere nel quadro degli accordi di Schengen;
   nel 2004, i Ministeri competenti (interno e affari esteri) intavolavano un confronto al fine di riconoscere una retribuzione paragonabile agli operatori della polizia di Stato e dei carabinieri impegnati a diverso titolo nelle ambasciate;
   obiettivo della trattativa era quello di riconoscere al personale della polizia di Stato una retribuzione analoga a quella corrisposta agli operatori appartenenti all'Arma dei carabinieri in servizio nelle ambasciate;
   a causa del mancato accordo tra i Ministeri dell'interno e degli affari esteri, la polizia di Stato ha successivamente provveduto al ritiro del proprio personale distaccato presso le ambasciate;
   in conseguenza di quanto precede, il servizio di controllo e valutazione delle richieste di visto per l'Italia è oggi affidato ad agenzie private, autorizzate dal Ministero degli affari esteri;
   a tali agenzie sono ovviamente precluse alcune facoltà di cui godono invece gli operatori della polizia di Stato, come quella di contattare le questure d'Italia o di accedere alle banche dati del Ministero dell'interno –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere affinché gli uffici visti delle ambasciate italiane all'estero adottino procedure di controllo affidabili ed idonee a garantire la sicurezza dei cittadini italiani, impiegando personale appartenente alle forze dell'ordine. (4-07626)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   sin dal 2005 nel nostro Paese sono stati avviati esperimenti finalizzati alla produzione di energia attraverso processi di fissione piezonucleare; tali sperimentazioni sono state condotte dal CNR con la collaborazione delle forze armate e della società Ansaldo nucleare;
   nel rispondere ad un atto di sindacato ispettivo sul tema (n. 5-01813) il Sottosegretario alla difesa delegato ha affermato che dal 2008 non è stata condotta più alcuna attività sperimentale sotto la supervisione dello stesso dicastero e che gli esiti complessivi della ricerca risultano controversi non avendo ottenuto riscontri sperimentali unanimi in seno alla comunità scientifica;
   nella stessa risposta, il Sottosegretario alla difesa ha altresì affermato che la realizzazione di prototipi per la sperimentazione e lo sviluppo di attività per la fissione nucleare non risulta di propria competenza e pertanto il brevetto «apparecchiature e procedimento per la produzione di neutroni mediante ultrasuoni e cavitazione di sostanze» è, dal 2010, in capo al solo CNR;
   nel rispondere ad un successivo atto di sindacato ispettivo (n. 5-02397) il Viceministro dello sviluppo economico afferma che, in riferimento al brevetto succitato, si può solo affermare che lo stesso è stato depositato presso la direzione generale competente per i brevetti e i marchi il 2 ottobre del 2006 con il titolo «apparecchiature e procedimento per la produzione di neutroni mediante ultrasuoni e cavitazione di sostanze», concesso in data 29 marzo 2010 e risulta titolare il Consiglio nazionale delle ricerche;
   da quanto risulta la società Ansaldo nucleare sta conducendo ulteriori ricerche volte a trasformare l'innovazione in materia di fissione piezonucleare in un prototipo industriale che consenta la realizzazione di un impianto pilota per la produzione di energia alternativo al petrolio –:
   se sia a conoscenza delle attività di sperimentazione dell'Ansaldo nucleare e quali aggiornamenti possa fornire in merito ai progressi di tale sperimentazione e all'eventuale rinnovo del brevetto sopracitato del quale il CNR, ente vigilato dal Ministro interrogato, risulta attualmente il titolare. (5-04555)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   recentemente, è stata promossa una petizione online che ha già raggiunto le 2547 firme a favore dell'abilitazione dei dottori di ricerca all'insegnamento;
   paradossalmente le leggi n. 230 del 2005 e n. 240 del 2010, affermano che il titolo di dottore è titolo preferenziale nell'assegnazione d'incarichi di docenza presso le università, tuttavia esso non è valido per insegnare nelle scuole;
   i dottori di ricerca hanno dovuto superare un concorso pubblico, molto restrittivo, per avere accesso a un posto nelle scuole di dottorato e pertanto non è chiaro il motivo per il quale debbano sottoporsi ad altre procedure selettive per ottenere un'abilitazione all'insegnamento, quando nella maggior parte dei casi, durante il corso di studi di dottorato, hanno avuto occasione di insegnare per diversi anni a studenti universitari rafforzando la propria formazione in ambito didattico e scientifico;
   molti dottori hanno tenuto corsi ai partecipanti di percorsi abilitanti speciali e tirocini formativi attivi I ciclo, corsi che secondo lo Stato italiano anche un dottore di ricerca dovrebbe frequentare, pertanto risulta chiara l'incongruenza;
   attualmente, tale abilitazione per l'insegnamento nella scuola secondaria si consegue tramite costosi tirocini formativi attivi annuali (TFA), a numero chiuso, di cui è stato recentemente bandito il secondo e ultimo ciclo, oppure, attraverso i percorsi abilitativi speciali (PAS), riservati ai docenti con tre anni di esperienza d'insegnamento, che sono stati banditi una sola volta;
   finora la legge italiana non ha tenuto conto di ciò, sottoponendo i dottori di ricerca ad altre procedure di abilitazione;
   in futuro, invece, secondo le linee guida tracciate di recente, sarà possibile abilitarsi unicamente iscrivendosi nuovamente all'università in specifici bienni specialistici dedicati a quegli studenti che vogliano intraprendere la strada dell'insegnamento –:
   se non ritenga opportuno e giusto il riconoscimento del valore abilitante del titolo di dottore di ricerca per l'insegnamento nelle scuole secondarie poiché i dottori di ricerca, dopo studi universitari della durata di otto anni, vengono, di fatto, equiparati ai neo-laureati dei percorsi triennali, costretti quindi a re-iscriversi per due anni all'università, con ulteriore dispendio di tempo e denaro, che nulla garantirebbe in termini di competenze già ampiamente certificate dai titoli da loro posseduti;
   se, dal momento che il Governo intende riformare il sistema di formazione e di reclutamento in ambito scolastico di cui alle proposte contenute nel «patto educativo», non si intenda dare la possibilità di partecipare ai concorsi che saranno indetti nei prossimi anni per accedere alle cattedre disponibili, le quali, secondo le linee tracciate dal Ministero, pare saranno riservate solo a chi è già in possesso dell'abilitazione, anche ai dottori di ricerca. (4-07618)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella scuola media Luigi Magi, facente parte dell'istituto comprensivo «Sandro Pertini» di Asciano (Siena), sono stati proposti ai ragazzi dagli 11 ai 13 anni, argomenti attinenti all'ideologia gender;
   risulta all'interrogante che alcuni alunni siano stati turbati non poco dagli argomenti affrontati durante la lezione di storia dell'arte. Il tema verteva sulla figura del grande Leonardo da Vinci però non si è parlato delle incredibili intuizioni e della grandezza di quell'artista, bensì dell'asserita omosessualità dello stesso;
   quella è stata solo la premessa per arrivare a definire normale il fatto di avere rapporti sessuali con persone dello stesso sesso, normale il fatto che gli omosessuali possano adottare minori, per concludere affermando che per fare i bambini esistono più posizioni, tutte dettagliatamente descritte nel Kamasutra, libro che i ragazzi possono trovare su internet o in libreria;
   queste tematiche delicate non possano essere affrontare in una maniera così maldestra e superficiale, semmai dovrebbero essere proposte, discusse e inserite con attenzione in un adeguato percorso pedagogico concordato e approvato dai genitori, attraverso apposita dichiarazione resa al dirigente scolastico;
   gli alunni si sono sentiti profondamente offesi dal fatto che l'insegnante parlando a proposito dell'affresco raffigurante «l'Ultima Cena», ha inteso stupire gli alunni raccontando loro del fatto che Gesù Cristo fosse sposato con la prostituta pentita Maria Maddalena e che dal loro matrimonio fosse nata la figlioletta Sara, della quale esisterebbe una reliquia in Medio Oriente. Da qui l'invito rivolto agli studenti a comprare i vangeli apocrifi dove è possibile reperire tali notizie;
   alcuni ragazzi avrebbero contestato fermamente le affermazioni false e blasfeme dell'insegnante;
   c’è da scandalizzarsi da tanta superficialità, sia per i richiami al sesso, che per le offese alla religione cattolica, tali da ricadere in reati (articoli 403 e 404 del codice penale);
   bisogna dar conto che la direttrice del plesso scolastico ha mostrato considerazione circa il modo inadeguato con cui sono stati esposti, dall'insegnante di storia dell'arte, i temi segnalati e del fatto che tali temi esulino dal programma didattico;
   non si può tollerare che in una scuola pubblica sia consentita quella che appare una deriva propagandistica e ideologica di matrice relativista, dove non vi sono più certezze neppure sulla reale natura dell'uomo e dove ognuno è autorizzato a definire da sé, secondo i propri gusti e capricci, ciò che è bene e ciò che è male. Tutto ciò diventa ancora più pericoloso se si tenta di propinarlo a giovani in formazione;
   esiste un diritto dei genitori all'istruzione dei propri figli riconosciuto dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo, agli articoli 18 e 26, terzo comma, dall'articolo 2 dal primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dall'articolo 30 della nostra Costituzione, inoltre esistono le Linee di indirizzo sulla partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa diramate dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca il 22 novembre 2012, in cui si è espressamente invocato il diritto dei genitori alla «corresponsabilità educativa»;
   l'interrogante è consapevole del pericolo insito in certe posizioni ideologiche ad avviso dell'interrogante storicamente infondate e biologicamente aberranti e della necessità di difendere questi ragazzi che sono il futuro della nostra società libera e fondata sul diritto naturale –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro in merito alla possibilità di censurare pesantemente l'operato di questa insegnante e per arginare in futuro la diffusione di ideologie improprie e fuorvianti per i nostri giovani. (4-07619)


   SIBILIA, SCAGLIUSI, NICOLA BIANCHI e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 dicembre 2014 è stato pubblicato sul giornale «Il Mattino» un articolo intitolato «No all'Aquila, sì a Tirana. Follie dei test di medicina» sulla vicenda degli studenti che si sono visti annullare lauree ed esami alla facoltà di medicina dell'università dell'Aquila dopo essersi trasferiti, nel 2009, dalla Romania, mentre hanno ottenuto il lasciapassare gli studenti che si sono spostati all'università Tor Vergata di Roma dall'Albania;
   all'indomani del terremoto del 2009, che ha duramente colpito l'Aquila, tra le iniziative messe in campo per attirare nuovi studenti all'Aquila ci furono due bandi per invitare al trasferimento nell'ateneo abruzzese 46 studenti in medicina e 42 in odontoiatria, per gli anni di corso successivi al primo;
   a rispondere al bando dell'università dell'Aquila furono i ragazzi iscritti a medicina in Romania, presso la «Vasile Goldis» di Arad, un ateneo che nel 2009 aveva deciso di aumentare la retta da 3.000 a 4.000 euro per i non rumeni;
   a settembre del 2009 i 60 universitari che avevano preso parte al bando hanno ricevuto una lettera di accettazione della domanda; 
   secondo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la procedura seguita dall'università dell'Aquila non ha rispettato la legge del 1999 sull'accesso ai corsi universitari, che ha istituito il numero chiuso per medicina e odontoiatria. Secondo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, infatti, i test di accesso sono obbligatori non solo per l'iscrizione al primo anno ma anche per anni successivi per gli studenti italiani o di altri paesi con cittadinanza europea, anche se provenienti da università europee che prevedono la prova di accesso al primo anno di corso;
   a seguito di una nota inviata il 26 ottobre 2009 dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca all'università dell'Aquila, sono stati annullati i decreti di immatricolazione;
   gli studenti, che ormai non risultavano iscritti nemmeno in Romania, hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale, alcuni al Tar dell'Aquila, altri a quello del Lazio;
   entrambi i tribunali hanno dato ragione ai ricorrenti, prima con la sospensiva e poi, nel 2012, con il giudizio di merito. Anche chi si era appellato direttamente al Capo dello Stato il 20 giugno 2011 si è visto accogliere il ricorso straordinario;
   alla fine del 2011, però, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha presentato ricorso contro la sentenza del Tar del Lazio sulla base di un decreto del rettore dell'università dell'Aquila, il numero 1466 del 2010, successivo, quindi, alla vicenda;
   il Consiglio di Stato il 6 febbraio del 2013 ha sospeso gli effetti della sentenza del Tar del Lazio, congelando i percorsi degli studenti rientrati dalla Romania in Abruzzo. Alcuni di loro, però, nel frattempo si sono laureati e si sono iscritti all'albo dei medici e degli odontoiatri;
   il primo ottobre 2014 il Consiglio di Stato ha accolto in pieno la tesi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   il 5 dicembre 2014, è stata depositata un'ordinanza della stessa sezione (la sesta) del Consiglio di Stato che ha bocciato i ragazzi rientrati dalla Romania, di segno inverso: è stata accolta, sia pure in forma cautelare, l'iscrizione a Tor Vergata di duecento studenti italiani provenienti dalla facoltà di medicina dell'Università Nostra Signora del Buon Consiglio dell'Albania –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda valutare ogni iniziativa, per quanto di competenza, affinché sia tutelato in maniera uniforme il diritto allo studio, costituzionalmente garantito;
   se ritenga opportuno intervenire in sede europea stimolando l'avvio di una riflessione sulla necessità di individuare una sola modalità di accesso ai corsi di laurea di area medica per tutte le università europee. (4-07622)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COMINARDI, TRIPIEDI e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da quanto riportato in data 27 dicembre 2014 da «Il Fatto Quotidiano» nell'edizione cartacea del medesimo quotidiano, in un articolo dal titolo «il tirocinio per Mc Donald's: “Turni come gli altri, ma gratis”» si evince che «E poi c’è Luca (nome di fantasia), stagista al McDonald's a Roma che ogni sera, da sei mesi, torna a casa con gli abiti impregnati di fritto. “Lavoro 30 ore a settimana con un rimborso spese di 500 euro al mese, senza malattia o ferie. Servo in sala, pulisco tavoli, bagni e pavimenti. Perché mi devo ammazzare di lavoro come il mio collega che ha uno stipendio vero ?”. Luca non ha stipulato un normale contratto di lavoro, ha attivato un tirocinio formativo presso un ente privato che ha fatto da ponte tra lui e il titolare dalla filiale di McDonald's. Nel progetto formativo si legge che “il tirocinio non costituisce rapporto di lavoro”, eppure Luca viene messo puntualmente in turnazione con gli altri dipendenti. Il tirocinio è uno strumento formativo che dovrebbe essere la porta di ingresso al mondo dei lavoro. E invece diventa esso stesso un vero lavoro ma pagato meno del normale»;
   tuttavia, ragionando sulla natura giuridica del tirocinio formativo va ricordato che tale strumento è stato introdotto con l'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, con la finalità di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro, agevolando le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del lavoro a favore di soggetti che hanno già assolto l'obbligo scolastico. Il tirocinio, a parere dell'interrogante, dovrebbe assolvere completamente alla funzione di strumento di, formazione in favore dei giovani che intendono accedere al mondo del lavoro;
   inoltre, in attuazione dell'articolo 1, comma 34 – 36 della legge 28 giugno 2012, il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno concluso il 24 gennaio 2013 un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento, determinando in 300 euro lordi mensili l'indennità minima di partecipazione al tirocinio;
   tra l'altro, all'articolo 35 della legge 92 del 2012 è stata prevista l'irrogazione di una sanzione amministrativa variabile da un minimo di 1.000 ad un massimo di 6.000 euro, a carico del trasgressore, per la mancata corresponsione dell'indennità di cui all'articolo 1, comma 34, lettera d) della legge 92 del 2012;
   tuttavia, a giudizio dell'interrogante, le disposizioni vigenti potrebbero ritenersi ancora insufficienti per garantire una maggiore tutela delle condizioni dei tirocinanti durante il periodo della loro formazione e appare imprescindibile pervenire quanto prima a seri interventi che elevino le condizioni di lavoro in cui sono costretti ad operare tali soggetti, con specifico riferimento alle condizioni contrattuali agli stessi applicabili, alla qualità dell'attività e agli spazi ove svolgono la loro formazione;
   nonché, al fine accertare il corretto utilizzo da parte delle imprese di tale strumento contrattuale ed impedire che il tirocinio possa eventualmente essere utilizzato per regolare un rapporto di lavoro subordinato, è auspicabile l'incremento delle sanzioni a carico dei trasgressori e l'aumento dei controlli da parte dei soggetti istituzionali coinvolti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali azioni intenda intraprendere al fine di appurare le eventuali criticità connesse all'utilizzo del tirocinio formativo sul territorio italiano, anche con particolare riferimento ai fatti riportati in premessa per il tramite del «Il Fatto quotidiano», che peraltro riguardano in modo specifico l'azienda Mc Donald's rispetto alla quale sarebbe opportuno procedere con l'avvio di una procedura di ispezione da parte degli organi ministeriali competenti.
(5-04547)


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 dicembre 2014 «Adnkronos» ha pubblicato un articolo dal quale si apprende che il direttore generale dell'INPS, Mauro Nori, avrebbe richiesto l'intervento dell'Autorità nazionale anticorruzione «Al fine di verificare la correttezza delle procedure utilizzate e di apportare eventuali correttivi alle modalità operative attualmente seguite» sugli appalti dell'Istituto la richiesta precisa che la verifica «dovrà riguardare anche le procedure concluse nel recente passato»;
   l'interrogante nel corso del 2014 ha svolto una accurata attività di sindacato ispettivo in merito ad un appalto INPS – come si evince nell'interrogazione n. 5/03027 nei confronti di Delta Uno Servizi Spa – per il quale si avrebbe dovuto far luce con solerzia;
   a parere dell'interrogante appare inusuale tale dichiarazione, o quantomeno tardiva, valutato che il direttore generale Mauro Nori svolge tale incarico da alcuni anni e altresì appare quantomeno strumentale tale iniziativa nel periodo antecedente la conclusione del suo incarico in INPS;
   nell'interrogazione n. 5/03537 – in merito al cosiddetto Fondo di Garanzia – si esponeva lo strano comportamento messo in atto dallo stesso direttore generale Mauro Nori che firma a distanza di pochi giorni due atti completamente opposti;
   in data 7 dicembre 2014, il Messaggero.it, ha pubblicato un articolo il cui titolo è «Inps, scatta la corsa alla direzione», dal quale si evince che il direttore generale Mauro Nori si sarebbe «lanciato in una campagna d'autunno che lo sta portando a correggere e rettificare i suoi stessi atti, pur di assicurarsi una platea adeguata di supporter» e altresì «Per soddisfare la lobby dei consulenti del lavoro (e della potente presidentessa Marina Calderone), in settembre aveva ritirato in meno di una settimana una sua circolare che ipotizzava penali per le imprese che avessero ritardato il versamento del contributo per il cosiddetto Fondo di garanzia.» e infine rileva la sua nomina a vicepresidente in Equitalia – come si evince anche dall'interrogazione n. 5/04071;
   in data 21 gennaio 2015 dal sito di ItaliaOggi si evince che: «L'attuale, Mauro Nori, dopo cinque anni di mandato, aveva stretto un accordo con Treu per avere un rinnovo dell'incarico, in barba alle recenti regole sulla rotazione degli incarichi, richieste dalla legge Severino e dal presidente dell'Anac Raffaele Cantone. Riuscirà a convincere Boeri a rinnovarlo ? Fino al 15 febbraio è in prorogatio. Il presidente Boeri avrebbe l'occasione di completare il ricambio dei vertici voluto da Renzi, avrà la forza di farlo ? O il passato – e il peso dei sindacati che vorrebbero la conferma di Nori – imporrà una continuità sconsigliata dalle leggi (lo stesso dilemma che deve risolvere l'Inail, dove peraltro il presidente Massimo De Felice ha già fatto sapere di non gradire la conferma del suo Dg, Giuseppe Lucibello, “dopo cinque anni bisogna cambiare”).» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti;
   se il Ministro interrogato non ritenga che le questioni suddette necessitino di ulteriori verifiche, anche nei confronti del direttore generale dell'INPS, Mauro Nori, valutato altresì che il medesimo svolge tale incarico da alcuni anni e non si comprende la motivazione della richiesta di intervento dell'Autorità nazionale anticorruzione – che per quanto meritoria – sembra quantomeno tardiva e pone dubbi per l'attenzione che lo stesso avrebbe posto in questi anni sulle criticità solo adesso denunciate;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno porre una particolare attenzione – in questo delicato periodo di cambiamento dei vertici INPS – sulla nomina del nuovo direttore generale dell'Istituto, valutando altresì le criticità rilevate in premessa nei confronti del dottore Mauro Nori. (5-04548)


   PLACIDO e AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta scritta 4-06341, a cui il Ministro interrogato non ha ancora risposto, sulla materia oggetto del presente atto di sindacato ispettivo;
   nella predetta interrogazione si rappresentava che la società Tessival Sud srl, in liquidazione volontaria a seguito di cessazione di ogni attività per effetto di una grave crisi industriale, aveva fatto ricorso ad interventi di cassa integrazione guadagni, cassa integrazione guadagni straordinaria e poi di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, per il periodo che va dal 5 maggio 2008 al 31 dicembre 2013;
   veniva poi ricordato che l'INPS, con il messaggio n. 14963 del 8 giugno 2010, ha affermato che non è previsto il rimborso delle quote di TFR maturate nel periodo di sospensione per intervento della cassa integrazione guadagni «in deroga», alle aziende in cui non vi sia ripresa dell'attività produttiva al termine del periodo di fruizione, in quanto non vi sarebbe norma che lo preveda specificamente;
   si chiedeva, tra l'altro, se il Ministro interrogato non ritenga che — in considerazione della finalità dell'istituto — agli ammortizzatori sociali in deroga si applichi la disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 464 1972 che prevede a favore delle aziende il rimborso delle quote di TFR maturate durante il periodo di cassa integrazione guadagni e dovute ai lavoratori ininterrottamente sospesi e licenziati nel corso o al termine del periodo integrato;
   con verbale di accertamento INPS, redatto in data 30 luglio 2014, n. 426246, e successivo provvedimento di rettifica dello stesso ente del 7 ottobre 2014, n. 172507, alla Tessival Sud è stato confermato il diniego di rimborso della quota di TFR durante il periodo di concessione della cassa integrazione in deroga, limitando il rimborso solo alle quote relative ai periodi di cassa integrazione straordinaria;
   l'esito dell'accertamento è erroneo ove si consideri che per l'intero periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria e cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga la Tessival Sud su richiesta mensile dell'INPS ha effettuato il versamento del contributo addizionale ai sensi della legge 12 maggio 1988, n. 160, articolo 8, come previsto dalla legge 20 maggio 1975, n. 164, articolo 12, n. 2, che ha formalmente determinato l'entità dell'onere a carico dell'azienda ai fini della maturazione del TFR in detto periodo;
   l'INPS ritiene che il periodo di Cassa integrazione in deroga non rientri nella sua gestione diretta, ma che la natura dell'intervento vada ricondotta alla competenza di chi li ha finanziati: il Ministero del lavoro con il Fondo sociale per l'occupazione e la Regione Campania con i fondi PSE-POR;
   atteso, pertanto, il regime di deroga (concesso con decreti ministeriali e regionali) e il silenzio normativo in ordine al soggetto obbligato per il TFR in tale periodo, l'INPS ritiene non imputabile alla Cassa integrazione guadagni l'onere relativo al rimborso richiesto dall'Azienda perché le relative somme sarebbero state gestite dall'Istituto quale mero soggetto erogatore e non quale soggetto gestore;
   da tale ricostruzione, deriverebbe l'obbligo della Tessival Sud di restituire all'INPS la somma di TFR compensata nel periodo di cassa integrazione in deroga. Tuttavia, la cassa in deroga va inquadrata nella previsione normativa del decreto-legge n. 2 del 2009, articolo 18, comma 1, lettera a), che ha attribuito all'INPS la gestione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, oltre che nelle previsioni di cui alla legge n. 223/91;
   l'INPS inspiegabilmente si definisce mero erogatore delle integrazioni salariali, laddove la normativa innanzi richiamata le affida espressamente la gestione dei fondi stanziati dal Ministero del lavoro, nonché il Fondo di Tesoreria INPS che viene gestito dal medesimo Istituto per conto dello Stato su conto acceso presso la Tesoreria dello Stato, senza esclusione degli obblighi di cui alla legge n. 223 1991, per quanto riguarda il TFR a carico dell'INPS, che nella fattispecie è stato versato dalla Tessival Sud nel Fondo di tesoreria, compresi i periodi di cassa integrazione guadagni in deroga;
   se l'INPS fosse mero erogatore non sarebbe competente a svolgere i controlli effettuati, non sussistendo espressa delega dei supposti Ministeri competenti, né sussiste specifica norma sul punto; se, di contro, l'INPS è organo di controllo della legittimità delle istanze di rimborso, ciò deriva dal più ampio potere di gestione che gli è riconosciuto da tutta la normativa in materia dalla legge 464/72 in poi e non ultimo dalla legge n. 223 1991 istitutiva della cassa integrazione guadagni straordinaria, che espressamente pone a carico — dell'INPS l'obbligo di corrispondere il TFR maturato in detto periodo a favore dei lavoratori licenziati al termine della cassa integrazione guadagni straordinaria, nonché dalla legge n. 296 2006, articolo 1, comma 756;
   inoltre, ritenere indebita la compensazione effettuata dall'Azienda nel periodo di cassa in deroga nei confronti dell'INPS pone il quesito di chi sarebbe il soggetto obbligato al rimborso nei confronti dell'azienda che, in detto periodo, ha maturato un ingente credito per i versamenti effettuati in assenza di attività lavorativa;
   la risposta trova il suo fondamento nella legge n. 223 1991 e nella giurisprudenza (Cass. n. 15978 dell'8 luglio 2009) che ha dichiarato il carattere non unitario del TFR per rimarcare la possibile, eteronoma e complessa formazione di tale compendio;
   non giova invocare la deroga alla normativa vigente per giustificare il diniego del rimborso poiché è normativa vigente anche la legge n. 223 1991 che pone a carico dell'INPS il pagamento del TFR ai lavoratori licenziati al termine del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria; senza alcuna ulteriore specificazione;
   occorre applicare una interpretazione estensiva della norma che trova attuazione nei rapporti intercorrenti tra azienda ed INPS anche nel periodo di cassa in deroga, stante la ratio legis che è quella di garantire il TFR al lavoratore per l'intera durata del rapporto con il concorso finanziario dell'azienda e dello Stato, tramite l'apporto gestionale dell'INPS;
   da ultimo, va evidenziata la natura dell'integrazione salariale corrisposta ai lavoratori nel periodo di cassa in deroga. Se l'integrazione ha carattere retributivo matura anche il diritto alla relativa quota di TFR; se è un mero sostegno al reddito e ha la funzione di ammortizzatore sociale, il TFR non matura per mancanza di causa. Pertanto, se l'INPS non effettua il rimborso, le somme comunque accreditate al Fondo di tesoreria, gestito da INPS, finiscono per configurare un indebito oggettivo;
   la vicenda della Tessival Sud è emblematica di una condotta dell'INPS che reca gravissimo pregiudizio alle aziende nel momento di crisi e determina una situazione insostenibile rispetto alla quale il Ministero interrogato non può disinteressarsi, ma ha la necessità di intervenire per ristabilire corretta e uniforme applicazione delle norme e per riportare equità nella gestione di complesse vicende che rischiano di essere derubricate a mere pratiche burocratiche –:
   se non ritenga di intervenire con proprio provvedimento a chiarire che nei periodi di cassa integrazione straordinaria in deroga alle aziende in cui non vi sia ripresa dell'attività produttiva al termine del periodo di fruizione spetta il rimborso delle quote di TFR maturate. (5-04556)

Interrogazione a risposta scritta:


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le società di gestione del risparmio specializzate nella gestione dei fondi immobiliari, per poter svolgere il servizio di gestione collettiva e le altre attività dalle stesse esercitabili, devono essere autorizzate dalla Banca d'Italia, sentita la Consob;
   le società di gestione del risparmio in particolare, possono istituire e gestire fondi comuni aperti e fondi pensione, svolgere le attività «connesse e strumentali» stabilite dalla Banca d'Italia e prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti;
   peraltro, grandi investitori istituzionali (fondi pensione, fondazioni, assicurazioni) decidono oramai di realizzare l'investimento nel settore immobiliare attraverso fondi a loro dedicati (utilizzo frequente dell'apporto di beni immobili già detenuti direttamente a fondi gestiti spesso da società di gestione del risparmio controllate o partecipate dagli enti) per maggiore professionalità ed efficienza amministrativa;
   lo stretto legame tra la gestione di asset previdenziali, costituzionalmente tutelati, e il ruolo di gestione delle società di gestione del risparmio, richiede ampia chiarezza quanto al sistema di governance, alla relativa struttura, nonché ai portafogli immobiliari medesimi;
   tutto ciò comporta la necessità di attente valutazioni in relazione al corretto funzionamento delle società di gestione del risparmio finalizzando ogni attività di controllo alla tutela dell'utenza;
   il Fatto Quotidiano e L'Economico riportano la denuncia dell'organismo sindacale L'Alternativa con cui quest'ultimo rileva presunte opacità quanto alla gestione del patrimonio immobiliare dell'INPGI (Istituto di previdenza dei giornalisti italiani) gestito dal neonato colosso Investire Immobiliare spa frutto della fusione di tre tra le principali SGR italiane: Beni Stabili di Leonardo Del Vecchio, Polaris della Fondazione Cariplo e Investire Immobiliare di Banca Finnat con un patrimonio di immobili in gestione del valore di circa 7 miliardi di euro e secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tempo del 14 gennaio 2015 con soli due consiglieri indipendenti sui tredici che compongono il consiglio di amministrazione;
   è evidente che operazioni di tale portata così come altre che potrebbero avvenire nel prossimo futuro comportino «fisiologicamente» e per l'estrema complessità della materia rischi di varia natura non da ultimo quelli legati ai conflitti d'interesse rispetto all'integrazione tra più società e relativi portafogli;
   è evidente come sia necessario salvaguardare una sana e prudente gestione nonché la stabilità complessiva del sistema attraverso l'efficienza e la competitività del sistema medesimo;
   in questo quadro ha altresì grossa rilevanza il ruolo delle società esterne di valutazione le quali assumono la grande responsabilità di fornire consulenza in un ambito estremamente tecnico e complesso nel quale risulta talora difficile offrire all'utenza agevole lettura e trasparenza. È pertanto necessario elidere tutte quelle circostanze in cui possano crearsi incroci rispetto alle presenze nei consigli di amministrazione delle società di gestione del risparmio di soggetti che contestualmente ricoprano incarichi nelle società advisor –:
   se i Ministri interrogati, ritengano opportuno, alla luce della estrema delicatezza del ruolo di gestione dei fondi pensione, adottare iniziative ulteriori che eventualmente coinvolgano gli organismi di vigilanza deputati assicurando la trasparenza di ogni operazione posta in essere nel settore, ivi comprese quelle di fusione tra le società di gestione del risparmio dedicate con specifico riferimento alla presenza di un congruo numero di consiglieri indipendenti all'interno dei consigli di amministrazione laddove risulta altresì inappropriata la presenza di soggetti con incarichi operativi;
   quali iniziative intendano assumere al fine di garantire agli iscritti delle Casse controlli più accurati e maggiore trasparenza su ciò che accade all'interno delle gestioni, con specifico riferimento alla potenziale nascita di conflitti di interesse e alla loro eventuale individuazione da parte degli organismi competenti, tanto istituzionali quanto privati e indipendenti.
(4-07629)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   OLIVERIO, CENNI, PALMA, ROMANINI, ZANIN, MONGIELLO, PRINA, CARRA, VENITTELLI, COVA, DAL MORO, ANZALDI e ANTEZZA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dal 13 dicembre 2014 sono entrate in vigore anche nel nostro Paese le nuove norme concernenti la fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori del contenute nel regolamento europeo 1169/2011;
   tale regolamento determina una serie di novità che rischiano di incidere negativamente sulla capacità dei consumatori di individuare l'origine dei prodotti agricoli ed alimentari;
   il citato regolamento, infatti, non richiama ulteriormente tra le indicazioni che debbono figurare obbligatoriamente in etichetta la sede dello stabilimento di produzione, come invece originariamente previsto dall'abrogata direttiva 2000/13/CE, attuata in Italia con il decreto legislativo 109 del 1992 e successive modificazioni;
   l'indicazione della sede dello stabilimento costituisce uno degli elementi più significativi per garantire una corretta informazione al consumatore sulla qualità e sulla provenienza del prodotto e costituisce una garanzia per tutelare le produzioni nazionali;
   da numerosi anni l'Italia chiede all'Unione europea che sia riconosciuta la tracciabilità della produzione agricola attribuendo grande rilievo alla possibilità di definire una legislazione che consenta di indicare l'origine nazionale della produzione agroalimentare. La produzione nazionale alimentare è, infatti, considerata una delle eccellenze del Paese, e, pertanto, il suo legame territoriale è stato ritenuto costantemente elemento di pregio — quindi degno di segnalazione al consumatore — anche per le produzioni non «a denominazione protetta»;
   l'articolo 39 del citato regolamento (UE) n. 1169/2011 prevede che, oltre alle indicazioni obbligatorie ivi previste, gli Stati membri possono adottare, secondo la procedura di cui all'articolo 45, disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi: a) protezione della salute pubblica; b) protezione dei consumatori; c) prevenzione delle frodi; d) protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d'origine controllata e repressione della concorrenza sleale;
   sempre in base all'articolo 39 del nuovo regolamento (UE) n. 1169/2011, gli Stati membri possono introdurre disposizioni sull'indicazione obbligatoria del Paese d'origine o del luogo di provenienza degli alimenti solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell'alimento e la sua origine o provenienza. Al momento di notificare tali disposizioni alla Commissione, gli Stati membri forniscono elementi a prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni;
   inoltre, ai sensi dell'articolo 45 del nuovo regolamento (UE) n. 1169/2011, gli Stati membri che ritengono necessario adottare nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti notificano previamente alla Commissione e agli altri Stati membri le disposizioni previste, precisando i motivi che le giustificano;
   l'articolo 3, commi 7-9, del decreto-legge n. 91 del 2014, da un lato, ha previsto una consultazione pubblica tra i consumatori per comprendere in quale misura le informazioni relative all'origine dei prodotti alimentari e della materia prima agricola siano in grado di indirizzare le scelte dei consumatori, e, dall'altro, ha disposto l'adozione dei decreti attuativi in materia di etichettatura, nel rispetto della disciplina europea, entro il 25 dicembre 2014;
   la crescita del sistema «made in Italy» e la tutela delle sue produzioni rappresentano una priorità nell'azione di Governo anche in considerazione dell'imminente evento di Expo 2015 incentrato sui temi del cibo, dell'alimentazione e della crescita sostenibile e pertanto va assolutamente scongiurata ogni forma di arretramento rispetto alle conquiste realizzate nel corso degli anni in materia di trasparenza delle etichette dei prodotti in commercio;
   il Governo ha accolto l'ordine del giorno Anzaldi, n. 9/2679-bis-B/120 in sede di approvazione della legge di stabilità per il 2015 in cui si impegna ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, entro 30 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge di stabilità, un tavolo istituzionale di confronto con le parti interessate al fine di verificare la possibilità di modificare il citato regolamento (UE) n. 1169/2011 con l'obiettivo, in riferimento alle etichettature dei prodotti, di tutelare la trasparenza e la qualità nell'interesse dei consumatori e del made in Italy;
   il Ministro dello sviluppo economico sembra, a quanto si apprende dalle notizie stampa, aver proposto al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali l'istituzione di un tavolo di lavoro per un «meditato approfondimento» che porti ad una «equilibrata e unitaria posizione del Governo italiano da esprimere anche a livello europeo» in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, tenendo conto di tutti gli interessi coinvolti –:
   quale siano le intenzioni del Ministro interrogato in relazione alla vicenda esposta in premessa e se, in quali termini e secondo quale tempistica sia intenzione del Ministro medesimo attivare con la Commissione europea le procedure, previste all'intero del regolamento (UE) n. 1169/2011, necessarie per inserire nuovamente nell'ordinamento nazionale l'indicazione obbligatoria in etichetta della sede dello stabilimento di produzione prevedendo, altresì, per la prima volta l'indicazione dell'origine della materia prima agricola;
   se sia stato attivato presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il tavolo istituzionale di confronto con le parti interessate come richiesto dal citato ordine del giorno Anzaldi e quali risultati e siano stati acquisiti dal Ministero in relazione alla consultazione pubblica attivata ai sensi dell'articolo 3, commi 7-9, del decreto-legge n. 91 del 2014. (5-04554)


   GALLINELLA, L'ABBATE, GAGNARLI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la SIN spa è la società istituita da AGEA ai sensi di quanto disposto dal decreto legislativo n. 99/2004, così come modificato dalla legge 231 del 2005, e ad essa è assegnato lo sviluppo e la gestione dei servizi del Sistema informativo agricolo nazionale — SIAN;
   le quote azionarie di SIN spa sono attualmente possedute al 51 per cento da AGEA e al 49 per cento da RTI Almaviva, socio privato selezionato tramite gara europea nell'anno 2007; ai sensi delle norme istitutive e regolamentari di SIN spa, nonché delle norme della gara per la selezione del socio privato, il possesso delle quote azionarie da parte di quest'ultimo termina il 20 settembre 2016, data in cui AGEA è tenuta a procedere al riacquisto delle quote ad un prezzo determinato secondo le regole stabilite dalle norme di gara accettate dai concorrenti;
   in data 20 settembre 2016 scadono anche la convenzione quadro tra AGEA e SIN, nonché i contratti di SIN con RTI Almaviva per l'esecuzione, da parte dello stesso, delle attività relative allo sviluppo ed alla gestione del SIAN, in qualità di fornitore esclusivo, come sancito anche dal parere n. 456/2007, rilasciato il 18 aprile 2007 dalla sezione seconda del Consiglio di Stato;
   ai sensi della legge istitutiva di SIN e delle norme di gara sopra citate l'amministrazione ha quindi l'obbligo di esperire una procedura di pubblica evidenza per la selezione del nuovo socio privato di SIN e la contemporanea assegnazione all'aggiudicatario, in qualità di fornitore in esclusiva, delle attività operative per lo sviluppo e la gestione dei servizi del SIAN, con il prioritario obiettivo di garantire la piena continuità dei servizi stessi, ed in particolare la tempestività e correttezza dei pagamenti degli aiuti comunitari ai produttori agricoli italiani;
   ad oggi non risulta che AGEA abbia avviato alcuna delle operazioni necessarie alla predisposizione ed effettuazione della gara, né che abbia raccolto le offerte di supporto in merito da parte di SIN, per cui appare già oggi praticamente impossibile che il nuovo socio privato sia individuato in tempo utile per l'attuazione del passaggio di consegne da parte dell'attuale fornitore;
   appare di conseguenza già adesso pressoché inevitabile – in considerazione della prioritaria necessità di garantire la continuità dei servizi di pagamento degli aiuti comunitari ricorrere ad una proroga, oltre il 20 settembre 2016, dell'affidamento dei servizi operativi all'attuale socio privato e fornitore, in evidente spregio della vigente normativa in materia di appalti e della legge specifica fissata nelle norme della gara SIAN;
   l'attuale socio-fornitore della SIN, RTI Almaviva, è costituito da molte delle aziende che da circa venti anni, a vario titolo, hanno fornito all'amministrazione i servizi del SIAN; solo negli ultimi sette anni, dall'entrata in attività di SIN, il costo a carico dell'amministrazione corrisposto per i servizi del SIAN, è stato complessivamente superiore a 700 milioni di euro;
   nei vari contratti è sempre stata prevista e corrisposta la completa integrazione e interconnessione del sistema e delle banche dati, come richiesto, in particolare, dal contratto tra SIN ed RTI Almaviva del 26 novembre 2008, per l'effettuazione dei servizi di cui all'atto esecutivo AGEASIN «A08-03» per l'evoluzione dei servizi del SIAN, e nel progetto di conduzione ed evoluzione del SIAN ad essi allegato;
   ciononostante, risulta che siano tuttora necessarie — e siano in corso di progettazione da parte dell'attuale fornitore – nuove attività di sviluppo per consentire il rispetto delle regole introdotte dalla Commissione europea, a partire dal 1o gennaio 2015, con la recente riforma della politica agricola comune, nonché per sostenere il nuovo programma ministeriale «Agricoltura 2.0», mediante la piena integrazione del fascicolo aziendale e l'interconnessione con gli altri sistemi pubblici in cui risiedono dati di interesse (regioni, organismi pagatori, INPS, Agenzia delle entrate, e altri);
   nel tempo sono aumentate le segnalazioni, tra cui interrogazioni parlamentari, ispezioni della Commissione europea e indagini giudiziarie su SIAN, su malfunzionamenti e disservizi del sistema, nonché sugli elevatissimi costi dello stesso; in particolare, nella relazione finale del 23 ottobre 2013, della Commissione per l'esecuzione del collaudo finale del SIAN — istituita il 3 aprile 2013 dai vertici all'epoca in carica di SIN — sono stati denunciati inadempimenti del RTI Almaviva per mancata realizzazione di opere contrattualmente previste e per vizi delle opere eseguite, suggerendo un intervento progettuale risolutivo, atto al ripristino della consistenza, della replicabilità e dell'integrazione dei dati, e segnalando quindi espressamente la mancanza di integrazione del sistema;
   risulta che SIN abbia notificato ad AGEA la relazione finale di collaudo, auspicando decisioni in merito; AGEA avrebbe affidato al CNR una indagine preliminare sul sistema SIAN, alla quale non risulta sia stato dato efficace seguito, per cui, a ben oltre un anno dalla disponibilità della predetta relazione di collaudo, non è stato assunto alcun provvedimento in merito;
   quanto sin qui descritto, e la perdurante inerzia dell'amministrazione, suscitano preoccupazione circa l'effettiva volontà di procedere alla selezione del nuovo socio privato di SIN, e costituiscono una dilazione a tutto vantaggio dell'attuale socio privato e fornitore –:
   se il Ministro ritenga necessario un rapido e decisivo intervento per l'avvio immediato delle procedure per la selezione del nuovo socio privato della SIN spa ed il conseguente affidamento dei servizi del SIAN, a partire dal 20 settembre 2016, al nuovo fornitore così individuato, garantendo la totale continuità dei servizi a supporto degli adempimenti dei produttori agricoli e la celerità e trasparenza dei meccanismi di assegnazione. (5-04558)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, L'ABBATE, GAGNARLI, GALLINELLA e ROSTELLATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 2014 è stato il peggior anno nella storia dell'apicoltura per le avversità di carattere meteorologico e per l'arrivo in Italia dell'insetto killer delle api, il coleottero Aethina tumida, che mangia il miele, il polline e, soprattutto la covata annientando la popolazione di api o costringendola ad abbandonare l'alveare;
   una o più produzioni funestate sono ricorrenti ma non un andamento complessivo con tali e tante negatività in Italia, come in Europa e anche a livello globale. Rispetto al 2013, anno in cui le criticità erano localizzate principalmente nelle regioni settentrionali e soprattutto per alcuni mieli uniflorali (acacia), il 2014 si è rivelata una pessima annata per tutta la Penisola, senza distinzioni fra produzioni primaverili o estive, sia del Nord sia del Sud;
   le criticità sono riconducibili soprattutto alle condizioni meteorologiche negative che hanno colpito la generalità delle regioni italiane e hanno mantenuto le temperature sotto le medie stagionali, con piogge abbondanti e forti venti. Tale andamento, che si è protratto sia nei mesi primaverili sia in quelli estivi, ha fortemente ridotto l'attività di bottinamento delle api e ostacolato al contempo le visite e le attività di gestione degli apiari. Tutto ciò ha determinato serie difficoltà nella conduzione delle famiglie con numerosi episodi di sciamatura che hanno ulteriormente ridotto le possibilità di raccolta;
   sono allarmanti inoltre i numerosissimi episodi di spopolamento che hanno riguardato gli alveari interessati da azioni di difesa fitosanitaria di diverse colture, tra cui per ultimo il girasole. In particolare, nei mesi primaverili sono stati riscontrati preoccupanti avvelenamenti in molte zone del Nord Italia in contemporanea all'epoca di semina del mais. Le regioni più colpite sono state il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia (Varese, Pavia, Milano, Cremona, Mantova, Lecco, Sondrio e Bergamo), il Piemonte (Novara, Alessandria e Cuneo) e l'Emilia (in particolare la provincia di Piacenza). Inoltre ci sono stati problemi di avvelenamenti in Lombardia, Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna causati da trattamenti contro gli afidi nelle colture di cereali;
   sono da segnalare spopolamenti in Lombardia (soprattutto zona Brianza) e Piemonte, sospettati i trattamenti insetticidi sul bosso, pianta ornamentale impiegata nella realizzazione di siepi. Si riportano inoltre numerosi spopolamenti in Lombardia (nel Cremonese e nel Mantovano) in concomitanza con i diffusi trattamenti adulticidi contro diabrotica. Da ultimi, ma non meno preoccupanti, si evidenziano numerosi problemi di spopolamenti negli alveari portati sulle fioriture di girasole. Si stima il coinvolgimento di migliaia di famiglie colpite a macchia di leopardo nelle seguenti regioni: Marche, Molise e Puglia;
   la produzione Made in Italy di miele di acacia, castagno, di agrumi e mille fiori è quasi dimezzata: (-50 per cento);
   crollo dei raccolti nazionali ha fatto seguito l'aumento del 17 per cento delle importazioni dall'estero di miele naturale mentre le esportazioni sono crollate del 26 per cento, sulla base dei dati Istat relativi ai primi 9 mesi del 2014;
   in Italia due barattoli di miele su tre venduti nei negozi e supermercati contengono in realtà miele straniero;
   a preoccupare è peraltro il fatto che più di un terzo del miele importato proviene dall'Ungheria e quasi il 15 per cento dalla Cina ma anche da Romania, Argentina e Spagna dove sono permesse coltivazioni Ogm che possono contaminare il polline senza alcuna indicazione in etichetta –:
   quali interventi intenda mettere in atto per evitare che venga letteralmente distrutto in Italia un settore quale quello dell'apicoltura che generava nel 2013 un giro d'affari legato alla produzione di miele, cera, polline e altri prodotti apistici che si aggirava intorno ai 65 milioni di euro con 50 mila apicoltori coinvolti e quasi 60 miliardi di api. (4-07620)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è risaputo ormai da oltre un secolo che l'inalazione di polveri di amianto risulti gravemente nocivo per la salute e causa di malattie mortali, quali il mesotelioma pleurico e l'asbestosi;
   tali malattie siano ad oggi incurabili;
   in passato numerose navi italiane sono state costruite con un massiccio impiego di amianto, tanto che tutt'oggi, come testimoniato dai registri del Registro italiano navale, vi sono delle navi in servizio (sia mercantili che militari) coibentate con materiale contenente amianto tale da porre in pericolo la salute dei lavoratori marittimi;
   il problema riguarda anche navi adibite al trasporto passeggeri e merci, come quelle della Tirrenia di Navigazione spa, ex Compagnia marittima di Stato, privatizzata nel luglio 2012, e adesso in amministrazione straordinaria;
   nel recentissimo passato almeno una decina di navi della Tirrenia sono risultate coibentate con amianto senza alcuna azione di bonifica intrapresa dalla ex Tirrenia;
   nel quarto rapporto ReNAM si legge che «l'amianto era diffusamente presente sulle navi mercantili, in particolare quelle passeggeri, a scopo di isolamento termico, insonorizzante e antincendio, anche all'interno degli alloggi del personale di bordo, con esposizione ambientale di quest'ultimo, anche oltre l'orario di lavoro, in quanto ambiente di vita dei marittimi»;
   nonostante secondo la scienza medica il picco di decessi per patologie asbesto correlate si avrà solo intorno all'anno 2020, vi è una totale disattenzione nei confronti della salute dei lavoratori marittimi;
   ancora oggi vi sono lavoratori che vivono e dormono in cabine coibentate con questo pericolosissimo materiale;
   le loro cuccette si trovano generalmente situate al di sotto dei garage, e quindi con l'imbarco di vetture, camion e tir vengono sottoposte a forti vibrazioni, tali da scuotere i soffitti coibentati;
   in questo modo dai soffitti fuoriesce pulviscolo nel quale vi sono certamente anche particelle di amianto;
   il problema è stato più volte denunciato, ma mai in maniera risolutiva –:
   se non ritengano doveroso far partire un'indagine presso l'IPSEMA per rilevare la quantità di marittimi affetti da asbestosi e da malattie derivanti dall'amianto, in modo da avere i dati reali della situazione;
   se non ritengano opportuno inserire la categoria del lavoro marittimo tra i lavori cosiddetti «usuranti», attribuendovi tutte le garanzie e tutele del caso.
(4-07621)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   BASSO, GIACOBBE, TULLO e BARGERO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il commissario straordinario dell'ILVA, Piero Gnudi, ha presentato in data 21 gennaio 2015, presso il Ministero dello sviluppo economico e il tribunale di Milano, l'istanza per l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e sue successive modificazioni e integrazioni;
   il decreto del Governo è un intervento straordinario e organico per lo sviluppo della siderurgia italiana che ha saputo garantire la continuità operativa degli stabilimenti siderurgici sul territorio italiano;
   alcune imprese fornitrici dell'ILVA, che lamentano ritardi nei pagamenti, temono che i crediti pregressi possano essere azzerati con l'amministrazione straordinaria prevista dal decreto-legge n. 347 del 23 dicembre 2003;
   il rischio paventato è che la garanzia sui crediti pregressi venga applicata soltanto ai «fornitori strategici», mentre per i «fornitori non strategici», appunto le aziende dell'indotto, la procedura concorsuale possa comportare l'esigibilità del pregresso solo fino al 30 per cento dei crediti, a seconda delle disposizioni del giudice –:
   se siano fondati i timori, descritti in premessa, paventati dalle aziende dell'indotto dell'ILVA;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per fornire garanzie a tutte quelle imprese che verranno coinvolte dall'ILVA in versione amministrazione straordinaria. (4-07632)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Garavini e altri n. 1-00710, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sgambato.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Braga e altri n. 5-04223, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 dicembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Realacci.

  L'interrogazione a risposta scritta Pellegrino e altri n. 4-07473, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ventricelli, Prina, Zanin, Zappulla, Taricco, Rossi, Romanini, Albanella, Amato.

  L'interrogazione a risposta scritta Luigi Di Maio n. 4-07609, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Nesci, Frusone.

  L'interrogazione a risposta scritta Mariani e altri n. 4-07610, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cominelli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Amoddio n. 4-06241, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 301 del 2 ottobre 2014.

   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la pianta organica dell'ufficio giudiziario del tribunale di Siracusa prevede 7 direttori amministrativi e 31 funzionari amministrativi;
   sono in servizio presso il tribunale di Siracusa solo 4 direttori amministrativi e 11 funzionari amministrativi;
   nel corrente anno un cancelliere è stato posto in quiescenza e 2 funzionari amministrativi, 1 operatore giudiziario e 2 cancellieri saranno collocati in quiescenza;
   il personale amministrativo in organico presso il tribunale di Siracusa è ulteriormente diminuito a causa dell'applicazione di 2 unità di ausiliari presso la corte di appello di Catania, 1 funzionario amministrativo applicato al giudice di pace di Noto e 4 cancellieri applicati agli uffici del giudice di pace del circondario;
   è di tutta evidenza un'ormai insostenibile carenza di personale, con particolare riferimento alle figure professionali di direttori amministrativi, funzionari giudiziari ed altro personale;
   in data 21 marzo 2014 il presidente del tribunale di Siracusa e il dirigente amministrativo dottoressa Rosa Pulito, hanno inviato una missiva al Ministro della giustizia e al dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale nella quale hanno rappresentato le gravi carenze degli uffici giudiziari di Siracusa che si ripercuotono negativamente sull'organizzazione e sull'efficienza della sede giudiziaria medesima; veniva segnalato, infatti, che a seguito dell'accorpamento delle soppresse sezioni distaccate di Augusta, Avola e Lentini, i quattro funzionari giudiziari, prima assegnati alle predette sezioni, vincitori dell'interpello del 15 ottobre 2012 hanno preso servizio presso la sede da ciascuno prescelta;
   il carico di lavoro del tribunale di Siracusa dal mese di settembre 2013 è aumentato a causa della soppressione delle sedi distaccate, ma l'aumento del carico di lavoro non ha trovato un'adeguata compensazione in termini di assegnazione di personale, atteso che è stato trasferito presso il tribunale di Siracusa appena il 50 per cento del personale che operava presso le sedi distaccate;
   i carichi di lavoro introitati presso il tribunale di Siracusa sono aumentati nell'anno del 100 per cento, come risulta dalla segnalazione effettuata dal presidente del tribunale dottor Antonio Maiorana;
   in riferimento all'interpello nazionale per posti vacanti rivolto al personale dell'organizzazione giudiziaria, ai sensi dell'articolo 2 dell'accordo sindacale del 27 marzo 2007 e dell'articolo 10 dell'accordo 9 ottobre 2012, il dirigente amministrativo e il presidente del tribunale di Siracusa hanno espresso il loro disappunto con lettera inviata al Ministero in data 8 luglio 2014 prot. 2612/U perché nonostante le gravi carenze in organico non è stata prevista la copertura di alcun posto vacante per il tribunale di Siracusa in relazione alle seguenti qualifiche: direttore amministrativo (in servizio 4 su 7 previsti in P.O.), funzionario giudiziario (in servizio 12 compreso il funzionario contabile, su 31 previsti in P.O.), conducenti automezzi (in servizio 3 su 7 previsti in P.O., per di più uno di essi è applicato, secondo una turnazione presso l'ufficio del giudice di sorveglianza di SR);
   il carico di lavoro presso l'ufficio del G.I.P. del tribunale di Siracusa è divenuto insostenibile atteso che risultano assegnati solo 4 magistrati e che in seguito alle migliaia di migranti che sono sbarcati nel territorio di Siracusa (Augusta) con l'operazione Mare nostrum e l'ufficio del G.I.P. del tribunale di Siracusa ha assunto il carico (in quanto territorialmente competente) per le convalide di arresto o per i fermi dei cosiddetti scafisti che approdano nel territorio della provincia di Siracusa;
   è notorio che la provincia di Siracusa è diventata punto di approdo privilegiato di innumerevoli sbarchi con un enorme numero di persone di varie etnie, in fuga da guerre, povertà, violenze e sopraffazioni di ogni genere, che vengono condotte nel nostro paese dai cosiddetti «scafisti» e da ricchi e impuniti trafficanti di esseri umani;
   il 90 per cento degli sbarchi degli immigrati sul territorio italiano gravano sulla provincia di Siracusa;
   presso la procura della Repubblica di Siracusa sono stati individuati alcuni magistrati, che con specifica competenza si occupano dei processi riguardanti gli scafisti ed è stata creata un'apposita sezione di polizia giudiziaria (gruppo interforze contrasto immigrazione clandestina) facendovi confluire personale proveniente dalla polizia marittima e da altre forze di P.G.;
   i procedimenti relativi agli sbarchi dei clandestini non costituiscono più una straordinaria emergenza ma una situazione ordinaria che però grava sul ridotto personale di cancelleria dell'intero tribunale e, in particolare, sull'ufficio G.I.P. il cui organico (magistrati, cancellieri e funzionari) appare sottodimensionato in maniera preoccupante;
   giova ricordare che i procedimenti che riguardano scafisti, sono particolarmente complessi e necessitano di ricerca, convocazione e nomina di interpreti, spesso di sconosciuti idiomi; celebrazione di numerosissime udienze di convalida di fermo o arresto; celebrazione di incidenti probatori con ricerche di testimoni; ordini di traduzione alle case circondariali; attivazione di fonoregistrazioni e videoregistrazioni delle udienze; notifiche da effettuare ad improbabili indirizzi di domicilio che rendono impossibile portare a buon fine la notifica e di conseguenza l'udienza;
   va aggiunto che le dotazioni strumentali a disposizione dell'ufficio sono assai carenti ed insufficienti (termini di fax, macchine fotocopiatrici, scanner, dotazioni di toner e carta): spesso sono gli avvocati a fornire gratuitamente la carta;
   altresì, a seguito del decreto legislativo n. 32 del 2014 in applicazione della direttiva comunitaria n. 64 del 2010, è divenuta obbligatoria la traduzione di diversi atti processuali per gli imputati di lingua straniera con la nomina di interpreti e traduttori ed è divenuto difficile reperire tali professionalità, data l'esiguità delle risorse ed il pagamento di emolumenti che non sono in alcun modo proporzionati al faticoso lavoro svolto; il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Madia ha annunciato che avrebbe utilizzato la mobilità per 1071 statali da assegnare agli uffici giudiziari;
   è di questi giorni la notizia di assegnazione di personale in mobilità per le città di Catania, Caltagirone e Ragusa ponendo fuori inspiegabilmente il tribunale di Siracusa –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   se il Ministro intenda assumere iniziative in maniera efficace, per quanto di competenza, per assegnare al tribunale di Siracusa un congruo numero di unità di personale, sino alla totale copertura dei posti vacanti in pianta organica, come ampiamente richiesto dal presidente e dal dirigente amministrativo del tribunale;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per dichiarare l'ufficio G.I.P. del tribunale di Siracusa sede disagiata e far sì che, al fine di recuperare efficienza e funzionalità, tanto il numero dei giudici che quello del personale di cancelleria venga adeguato dotando l'ufficio, nel più breve tempo possibile, almeno di un'altra unità di cancelleria che possa occuparsi prevalentemente della gestione dei fascicoli relativi agli scafisti;
   se il Ministro intenda adottare le iniziative necessarie per reperire le risorse idonee ed adeguate per la nomina di interpreti e traduttori. (4-06241)

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Benedetti n. 1-00661 dell'11 novembre 2014.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Prodani e altri n. 1-00047, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 maggio 2013: è stata ritirata la firma del deputato Malisani.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Amoddio n. 4-06241 del 2 ottobre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04553;
   interrogazione risposta scritta Placido e Airaudo n. 4-06608 del 28 ottobre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04556.