Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 20 febbraio 2015

TESTO AGGIORNATO AL 12 MARZO 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 20 febbraio 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Cominelli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fauttilli, Fava, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Mannino, Marotta, Merlo, Meta, Monaco, Orlando, Palma, Pes, Picchi, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Scagliusi, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vignaroli, Vito, Zanetti, Zolezzi.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Chaouki, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Cominelli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fauttilli, Fava, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Mannino, Marotta, Merlo, Meta, Monaco, Orlando, Palma, Pes, Picchi, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Scagliusi, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vignaroli, Vito, Zanetti, Zolezzi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 19 febbraio 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SCOTTO ed altri: «Delega al Governo per l'istituzione della patente di guida professionale» (2895);
   DE GIROLAMO: «Modifiche agli articoli 147-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di controllo di regolarità amministrativa e contabile su atti degli enti locali, 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, in materia di contributo unificato per i ricorsi giurisdizionali amministrativi concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture e i provvedimenti delle autorità amministrative indipendenti, e 26 del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, in materia di spese di giudizio» (2896);
   MARCON ed altri: «Disposizioni per l'utilizzazione degli indicatori di benessere nelle politiche pubbliche» (2897);
   RIBAUDO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dell'interesse aziendale, sul rispetto delle norme antiriciclaggio, sull'assunzione di personale e sulla gestione delle risorse umane presso la società Poste italiane Spa» (2898);

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a proposte di legge.

  La proposta di legge PAOLO NICOLÒ ROMANO ed altri: «Istituzione del Garante dei diritti degli animali» (1237) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Paolo Bernini.

  La proposta di legge GAGNARLI ed altri: «Modifiche all'articolo 842 del codice civile, in materia di abolizione del diritto di accesso al fondo altrui per l'esercizio della caccia» (1483) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Paolo Bernini.

Trasmissione dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

  Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 17 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 66, comma 3, della legge 17 maggio 1999, n. 144, la relazione sulla formazione continua in Italia, riferita all'annualità 2013-2014 (Doc. XLII, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo ha trasmesso il testo di nove risoluzioni approvate nella sessione dal 12 al 15 gennaio 2015, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall'accordo di partenariato nel settore della pesca tra l'Unione europea e la Repubblica democratica di São Tomé e Príncipe (Doc. XII, n. 638) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica delle Seychelles per l'accesso delle navi battenti bandiera delle Seychelles alle acque e alle risorse biologiche marine di Mayotte soggette alla giurisdizione dell'Unione europea (Doc. XII, n. 639) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, di un protocollo dell'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica tunisina, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania all'Unione europea (Doc. XII, n. 640) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio (Doc. XII, n. 641) – alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1343/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativo a talune disposizioni per la pesca nella zona di applicazione dall'accordo CGPM (Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo) (Doc. XII, n. 642) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Risoluzione sulla Russia, in particolare il caso di Alexei Navalny (Doc. XII, n. 643) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sul Pakistan, in particolare la situazione in seguito all'attacco alla scuola di Peshawar (Doc. XII, n. 644) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla relazione annuale concernente le attività del Mediatore europeo nel 2013 (Doc. XII, n. 645) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   Risoluzione sulla situazione in Egitto (Doc. XII, n. 646) – alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 19 febbraio 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, le proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla firma, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, e all'applicazione provvisoria nonché alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, del protocollo che modifica l'accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e la Repubblica di Moldova per tenere conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (COM(2015) 59 final e COM(2015) 60 final), corredate dai relativi allegati (COM(2015) 59 final – Annex 1 e COM(2015) 60 final – Annex 1), che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 18 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione in merito all'articolo 5, comma 3, della legge 3 febbraio 1989, n. 39, come modificato dall'articolo 18 della legge 5 marzo 2001, n. 57, concernente il regime di incompatibilità nell'esercizio dell'attività di mediatore.

  Questo documento è stato trasmesso alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Garante del contribuente per il Molise.

  Il Garante del contribuente per il Molise, con lettera in data 4 febbraio 2015, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale in Molise, riferita all'anno 2014, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazione di nomina ministeriale.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 12 febbraio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento all'ingegner Mario Nobile, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore della Direzione generale per i sistemi informativi e statistici, nell'ambito del Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 31 DICEMBRE 2014, N. 192, RECANTE PROROGA DI TERMINI PREVISTI DA DISPOSIZIONI LEGISLATIVE (A.C. 2803-A)

A.C. 2803-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    le organizzazioni agricole datoriali e dei lavoratori sono sul piede di guerra nei riguardi del Governo sulla questione dell'Imu agricola;
    in questo momento, il Senato sta discutendo il decreto-legge 4/2015 approvato dal Governo lo scorso 24 gennaio 2015 per risolvere in extremis il pasticcio creato sull'Imu agricola, concedendo 15 giorni in più per calcolare l'Imu dovuta dalle aziende non più esenti;
    il Governo ha rivisto i criteri per l'esenzione dall'Imu dei terreni montani, abrogando la classificazione su base altimetrica ma, a giudizio dell'odierno presentatore, ha derogato alle norme dello Statuto del contribuente che prevede per questi casi un termine non inferiore a 60 giorni;
    resta il fatto che numerose aziende agricole operano in una vasta area pedemontana e continuano, grazie al decreto-legge 4/2015, ad essere caricate di un onere fiscale che non si possono permettere di pagare;
    a giudizio dell'odierno presentatore e della totalità delle organizzazioni agricole datoriali e dei lavoratori, l'Imu agricola è un balzello iniquo e penalizzante per il settore;
    al danno si è aggiunta la beffa perché con l'approvazione del decreto-legge 4/2015 le minori entrate dovute alla revisione dei soggetti obbligati all'Imu agricola vengono coperte con minori spese nel cosiddetto «pacchetto agricolo», vale a dire la cancellazione delle misure di riduzione del costo del lavoro agricolo;
    anche i criteri scelti per individuare i soggetti esenti e quelli obbligati al pagamento dell'Imu agricola non hanno ottenuto riscontri positivi nel mondo agricolo in quanto si verrà a creare una sorta di concorrenza sleale tra aziende del medesimo settore produttivo che pagano e non pagano il balzello a causa della loro posizione geografica;
    la proposta del Ministro delle politiche agricole di inserire l'Imu nella «local tax» è velleitaria in quanto si tratterebbe di un'entrata incerta se non, addirittura, nulla per i nostri comuni in quanto gli agricoltori non sono più in grado di onorare le imposte attuali figuriamoci questo nuovo balzello. Di più, i comuni si troverebbero ad iscrivere a bilancio l'entrata e non poterne disporre a causa del mancato introito e lo Stato dovrebbe comunicare all'unione europea una entrata assolutamente fittizia a fronte di spese certe e senza copertura;
    dovrebbero, invece, essere esentate tutte le aziende condotte da imprenditori agricoli o coltivatori diretti, indipendentemente dal fatto che siano ubicate in zone montane, parzialmente montane o di pianura,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché questa imposta venga abolita e si prevedano delle politiche attive per la tutela del settore agricolo ed il suo maggiore sviluppo.
9/2803-A/1Catanoso, Faenzi, Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 26 del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, prevede misure sulla pubblicazione in via telematica di bandi e avvisi;
    il relativo comma 1-bis prevede che «le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2016»;
    la mancata applicazione delle disposizioni sulla pubblicazione di bandi e avvisi, di cui al citato articolo 26, comporta per le stazioni appaltanti una maggior spesa che, sulla base dei dati relativi all'anno 2013, può quantificarsi in euro 75.000.000,00 annui,

impegna il Governo

a porre in essere quanto in suo potere per anticipare la data di decorrenza delle misure di cui in premessa al 1o luglio 2015.
9/2803-A/2Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle more dell'indizione del primo corso-concorso nazionale, previsto ai sensi dell'articolo 6, comma 6 del presente decreto di conversione per il reclutamento di dirigenti scolastici, preso atto della proroga dei termini al 31 marzo 2015 e al fine di tutelare gli interessi pubblici cui è diretta l'attività concreta della pubblica amministrazione e alla luce del principio di buon andamento della stessa si dovrebbero sanare le numerose situazioni inerenti il concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici bandito con D.D.G. 13 luglio 2011;
    si tratta di coloro che, a diverso titolo, hanno superato le prove scritte ed orali del concorso sopra citato, i quali, sono stati ammessi con riserva non avendo superato la prova preselettiva;
    a tal proposito si ricorda che ai sensi dell'articolo 4, comma 2-bis del decreto-legge n. 115 del 30 giugno 2005 coordinato con la legge di conversione n. 168 del 17 agosto 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2005: «conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela»;
    in tal senso, l'irrilevanza della preselezione ai fini del punteggio finale era stata confermata da una sentenza del TAR Lazio (Sez. III Bis) dove si legge testualmente che: «la prova preselettiva non concorre alla formazione del voto finale, con la conseguenza che essendo la ricorrente stata ammessa in via giurisdizionale al proseguo del concorso ed avendolo superato, non ne poteva essere stata esclusa con ulteriore provvedimento postumo»;
    già il Governo è intervenuto in tal senso con il decreto-legge 7 aprile 2014, n. 58, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2014, n. 87. Infatti all'articolo 1 comma 2-ter, con riferimento alla prima tornata del corso-concorso nazionale per il reclutamento dei dirigenti scolastici si legge testualmente: «In sede di prima applicazione, il bando dispone che una quota dei posti, nel rispetto della normativa vigente, sia riservata ai soggetti già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie di concorso successivamente annullate in sede giurisdizionale, ai soggetti che hanno un contenzioso pendente, che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non abbiano avuto, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, alcuna sentenza definitiva, nel limite della suddetta riserva di posti già autorizzata per il menzionato corso-concorso, contenzioso legato ai concorsi per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004, e al decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 ottobre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 76 del 6 ottobre 2006, ovvero avverso la rinnovazione della procedura concorsuale ai sensi della legge 3 dicembre 2010, n. 202, nonché ai soggetti che hanno avuto la conferma degli incarichi di presidenza di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43. Lo stesso bando disciplina i titoli valutabili tra i quali l'aver svolto le funzioni di dirigente scolastico,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche di natura legislativa, al fine di sanare le sopra citate diverse situazioni irrisolte, rispondendo così ai princìpi di equità e buon andamento della pubblica amministrazione, adeguando la propria azione ai diversi orientamenti giurisprudenziali ed equiparando la propria azione a situazioni simili in merito alle quali l'Esecutivo è già intervenuto.
9/2803-A/3Di Lello, Locatelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Conversione in legge del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative» sono presenti norme che posticipano l'entrata di in vigore di obblighi amministrativi e gestionali delle Pubbliche amministrazioni (Pa);
    i commi da 209 a 214 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 hanno introdotto l'obbligo di emettere la fattura elettronica verso la Pubblica amministrazione. In base a tali disposizioni le fatture in forma cartacea non potranno quindi essere accettate da parte della Pa, né sarà possibile procedere al relativo pagamento di aziende e fornitori;
    l'articolo 25 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, ha individuato al 31 marzo 2015 il termine di decorrenza degli obblighi di fatturazione elettronica previsti dalla legge n. 244 del 2007;
    tale normativa, prevista nel dettaglio dal decreto del Ministero delle finanze n. 55 del 2013, prevede quindi un immediato passaggio dai processi autorizzativi basati su documenti analogici, a processi informatici e digitalizzati;
    nonostante le finalità di tale passaggio, legato alla promozione di una maggiore trasparenza amministrativa ed a una virtuosa razionalizzazione della spesa, appare evidente che molte amministrazioni locali del Paese (in particolare i piccoli e piccolissimi comuni) non dispongano ad oggi di risorse umane e strumentali adeguate per attuare una efficace attuazione della nuova normativa;
    gli inevitabili problemi che potrebbero sorgere si ripercuoteranno inevitabilmente anche sul corretto pagamento delle aziende e dei fornitori interessati;
    secondo l'ultimo censimento Istat in Italia sono infatti oltre 5600 i comuni sotto i 5 mila abitanti (circa il 70 per cento del totale),

impegna il Governo

ad inserire, nel prossimo provvedimento utile, una norma che posticipi, per i comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti, l'entrata in vigore delle misure previste dall'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 citata in premessa.
9/2803-A/4Fiorio, Bargero, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, evidenzia gli usuali problemi che costantemente si rilevano nei decreti-legge cosiddetti «milleproroghe», aventi cadenza periodica, in cui sono ulteriormente prorogate l'efficacia e la vigenza di regimi normativi inizialmente previsti come transitori o temporanei;
    il provvedimento, che si compone di 19 articoli, cui si aggiunge l'articolo che disciplina l'entrata in vigore, contiene a tal fine, disposizioni che intervengono su numerosi ambiti materiali, che risultano legate dalla comune funzione, come in precedenza rilevato, di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti, ovvero di introdurre regimi transitori;
    nell'ambito delle disposizioni che intervengono sulla proroga di termini in materia di pubbliche amministrazioni, l'articolo 14 dispone che, nelle more del riordino delle funzioni delle province e per assicurare la continuità delle attività relative alla realizzazione degli interventi cofinanziati dai fondi strutturali europei 2007-20 13, i centri per l'impiego possono prorogare, fino al 31 dicembre 2015, i contratti di affidamento di servizi per l'impiego e le politiche attive in scadenza a partire dal 1o gennaio 2015 attraverso (per la parte riguardante le spese ammissibili ai fondi strutturali) le risorse dei programmi operativi FSE 2007-20 13 delle regioni interessate;
    a tal fine, occorre evidenziare come dal punto di vista finanziario, la legge 23 dicembre 2014, n.190, legge di stabilità per il 2015, ha previsto significative riduzioni dei trasferimenti finanziari spettanti agli enti locali, pari a oltre 1 miliardo di euro, penalizzando fortemente l'intero sistema economico delle società partecipate, interessate negativamente fra l'altro, dal riordino organizzativo delle funzioni previste dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 cosiddetta legge Delrio, il cui impianto normativo, appare ad avviso del firmatario del presente atto, tuttora confuso e disorganico;
    situazioni di grave difficoltà sia sotto l'aspetto economico, che del mantenimento dei livelli occupazionali, si stanno infatti verificando a livello nazionale, nei riguardi di numerose aziende partecipate come l'Alba Service di Lecce i cui dipendenti ed ex impiegati Lsu, non ricevono da alcuni mesi gli stipendi, proprio a causa dei rilievi critici in precedenza esposti;
    l'impatto difficile legato al completamento del processo di riforma delle province, (il cui provvedimento legislativo è bloccato dai ritardi decisionali delle regioni e dalle ingenti risorse prelevate dallo stesso Governo Renzi, nei confronti dei medesimi enti locali), che conseguentemente nei riguardi di numerose società partecipate come l'Alba Service di Lecce, (la cui azienda con i bilanci in attivo rappresenta un'ottima gestione dei servizi in favore della comunità locale), rischia a tal fine, di determinare gravissime conseguenze sulla tenuta dei livelli occupazionali e la coesione sociale;
    risultano pertanto necessari una serie d'interventi in tempi rapidi, al fine di garantire alle province la prosecuzione dei servizi resi in favore delle proprie comunità locali, attraverso il proseguimento dell'attività delle società partecipate e consentire a queste ultime, come la società Alba Service della provincia di Lecce (il cui contratto con l'ente locale scade peraltro nel 2020), di ricevere i trasferimenti finanziari indispensabili per il pagamento degli stipendi in favore dei propri dipendenti,

impegna il Governo,

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione ed i vincoli di bilancio, adeguate misure economiche volte a sostenere le società partecipate in difficoltà finanziaria, come l'Alba Service di Lecce, affinché siano garantiti gli stipendi arretrati nei confronti dei lavoratori, ed evitare conseguentemente inevitabili ripercussioni sul tessuto economico e sociale, che rischiano di compromettere in particolare, la tenuta sociale del Mezzogiorno, già interessato da una crisi economica e occupazionale senza precedenti a partire dalla seconda guerra mondiale.
9/2803-A/5Marti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge s'inserisce nel novero dei cosiddetti decreti «milleproroghe», che consistono in quei provvedimenti che, con cadenza annuale, vengono presentati alla conversione delle Camere, allo scopo di intervenire con urgenza, sulla scadenza di termini, il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo o di incidere su situazioni esistenti che richiedono interventi regolatori di natura temporale;
    il provvedimento in particolare, nell'ambito delle disposizioni di proroga relative al personale delle pubbliche amministrazioni, contiene una serie d'interventi che incidono su una pluralità di enti locali, con lo scopo di procedere all'assunzione, attraverso Io stanziamento di risorse finanziarie, intervenendo il taluni casi, anche in deroga alla legislazione vigente;
    a tal fine, occorre ricordare come la legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità per il 2015, attraverso il comma 268 dell'articolo 1 reca la proroga fino al 31 dicembre 2015, dei contratti a tempo determinato degli enti territoriali delle regioni a statuto speciale, nei limiti già previsti dal comma 9-bis dell'articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013;
    il suesposto intervento di proroga, rappresenta una misura normativa e una decisione politica di considerevole rilevanza, sebbene non risolutiva, in considerazione che il differimento dei termini al prossimo 31 dicembre, consente a circa 22 mila lavoratori precari degli enti locali siciliani, il proseguimento della propria attività professionale, escludendoli, a tal fine, da gravissime conseguenze legate alla perdita del lavoro, le cui ripercussioni in ambito locale, potrebbero determinare prevedibili contraccolpi sulla tenuta sociale dell'intera regione isolana;
    a tal fine, occorre monitorare con attenzione nei prossimi mesi, la situazione contrattuale e finanziaria, riferita al personale assunto con contratto a tempo determinato fino alla fine del 2015, dalle amministrazioni locali siciliane, anche attraverso l'istituzione di un tavolo tra il Governo, la regione Siciliana e i rappresentanti dei lavoratori, al fine di pervenire una soluzione condivisa finalizzata al superamento delle criticità contrattuali legate alla temporaneità degli stessi assunti, attraverso un intervento normativo ad hoc,

impegna il Governo

a prestare particolare attenzione alla situazione contrattuale dei lavoratori siciliani precari assunti dalle amministrazioni locali, i cui termini di proroga previsti dalla legge di stabilità 2015, scadono il prossimo 31 dicembre 2015, valutando l'opportunità di istituire un tavolo negoziale con la regione Siciliana e i rappresentanti dei lavoratori, per addivenire ad una soluzione condivisa, in grado di garantire il proseguimento dell'attività lavorativa per oltre 22 mila precari siciliani, ed evitare in caso contrario gravissime ripercussioni sul tessuto socioeconomico dell'intera isola.
9/2803-A/6Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, sebbene presenti una sua omogeneità di fondo, in quanto reca disposizioni che risultando legate tra loro dalla comune funzione di prorogare o differire termini previsti da disposizioni legislative vigenti, ovvero di introdurre regimi transitori, appaiono omogenee dal punto di vista funzionale;
    tuttavia, proprio perché l'omogeneità del decreto-legge risiede nella suddetta specifica funzione che accomuna le sue norme, tale caratteristica va esclusa nel caso di numerose disposizioni in esso contenute, in quanto volte unicamente ad introdurre discipline di ordine sostanziale o meramente ordinamentali, che appaiono estranee alle finalità del provvedimento;
    nell'ambito delle misure di proroga dei termini previsti per le assunzioni di personale a tempo indeterminato, anche attraverso interventi in deroga alla legislazione vigente, il decreto-legge cosiddetto «milleproroghe», stabilisce all'articolo 1, attraverso i commi da 1 a 10, una serie di disposizioni che riguardano i lavoratori delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti indicati all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e gli enti di ricerca;
    a tal fine, occorre evidenziare come i suesposti interventi siano, ad avviso della firmataria del presente atto, incompleti e per alcuni versi discriminatori, in quanto non includono altri importanti ambiti della pubblica amministrazione, quale il Corpo forestale dello Stato, la cui forza di polizia ad ordinamento civile, specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, nella prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare, necessita una riorganizzazione della dotazione organica, in particolare quella del ruolo di operatore, del personale a tempo determinato assunto da almeno cinque anni, ai sensi della legge n. 124 del 1985;
    la molteplicità dei compiti e delle funzioni affidate al Corpo forestale dello Stato, il cui personale garantisce la salvaguardia dell'ambiente la tutela e la conservazione del patrimonio bio-diverso mediante azioni e interventi nel territorio nazionale, richiede a tal fine, un potenziamento degli operatori e collaboratori di cui alla Tabella B allegata al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 201;
    l'espletamento di una procedura selettiva nella forma del corso-concorso, volta a verificare il possesso delle competenze nel settore della lotta contro gli incendi boschivi, di monitoraggio e di protezione dell'ambiente, per il personale assunto con le modalità in precedenza riportate, attraverso il transito del personale a tempo indeterminato di cui all'articolo i della legge n. 124 del 1985 e all'articolo 1, commi 519 e 521 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, nel ruolo di operatori, rappresenta a tal fine, una misura idonea e pertinente, in favore di tale forza di polizia, che s'inserisce coerentemente con le disposizioni già previste dal suesposto decreto-legge n. 192 del 2015, all'esame dell'Assemblea,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione ed i vincoli di bilancio, un intervento legislativo ad hoc finalizzato a incrementare la dotazione organica degli operatori e collaboratori di cui alla Tabella B allegata al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 201, del Corpo forestale dello Stato, attraverso le modalità selettive esposte in premessa.
9/2803-A/7Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    ad oggi le persone che hanno vinto o che sono risultati idonei nei concorsi della Pubblica Amministrazioni solo oltre 80 mila;
    nella legge di stabilità (legge n. 190 del 2014) all'articolo 1 comma 424 e comma 425 è previsto un blocco delle assunzioni e quindi dello scorrimento delle graduatoria nelle pubbliche amministrazioni per il biennio 2015-2016 in attesa di una mappatura e redistribuzione del personale delle soprannumerario delle Province;
    tale blocco sta impedendo o scorrimento delle graduatorie, perché la facoltà di immissione in ruolo è concessa ai soli vincitori di concorso e non opera, invece, per l'assunzione degli idonei, ovvero di coloro che si sono collocati in graduatoria, avendo superato tutte le prove di selezione pubblica, ma non in posizione utile ai fini dell'assunzione immediata sui posti messi a concorso;
    in data 11 febbraio 2015 rispondendo ad un'interrogazione sul tema il Ministro Madia ha dichiarato di voler tutelare il diritto all'assunzione dei vincitori e le aspettative degli idonei;
    al comma 426 della legge di stabilità (legge n. 190 del 2014) è stata introdotta una proroga del termine di scadenza dei contratti «precari della P.A.» al 31 dicembre 2018, esprimendo volontà di tutela del precariato rispetto al blocco delle assunzioni;
    tale proroga non è stata prevista per gli idonei di pubblici concorsi;
    la scadenza delle graduatorie è fissata per il 31 dicembre 2016;
    una proroga delle graduatorie dei concorsi pubblici, oltre a garantire un diritto per gli Idonei visto il blocco in atto, eviterebbe ulteriori spese pubbliche per indire nuovi concorsi nel 2017;
    la legge n. 125 del 2013 ha configurato lo scorrimento delle graduatorie concorsuali valide ed efficaci come la regola generale per la copertura dei posti vacanti nella dotazione organica,

impegna il Governo

a procedere alla proroga delle graduatorie vigenti della Pubblica Amministrazione al 31 dicembre 2018.
9/2803-A/8Marroni, Tino Iannuzzi, Rubinato, Maestri, Manfredi, Sbrollini, Bergonzi, Arlotti, Censore, Fabbri, Roberta Agostini, Ferro, Lodolini, Lavagno, Verini, Paola Boldrini, Capone, Iacono, Miccoli, Romanini, Amoddio, Albini, Russo, Massa, Sgambato, Carra, Carnevali, Ciracì, Bonaccorsi, Camani, Valeria Valente, Fiano, Bonomo, Fregolent, Albanella, Carrescia, Zappulla, Gullo.


   La Camera,
   premesso che:
    lo Statuto del Contribuente permette un ritardo di pagamento di due mesi in caso di mancanza di chiarezza di una situazione fiscale cui adempiere;
    lo scorso 10 febbraio è scaduto il nuovo termine per il versamento dell'Imu sui terreni agricoli;
    molti Comuni autonomamente hanno deciso di prorogare ancora il pagamento dell'imposta municipale unica sui terreni agricoli al prossimo marzo, in attesa di vari pronunciamenti della giustizia amministrativa;
    il nuovo testo approvato dal Governo prevede l'esenzione dall'Imu 2015 per i terreni agricoli, anche per quelli non coltivati, che si trovano nei comuni classificati come totalmente montani, come riportato dall'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istat;
    l'esenzione vale anche per i terreni agricoli, pur non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, situati nei comuni classificati come parzialmente montani, sempre secondo quanto riportato dall'elenco dei comuni italiani dell'Istat;
    la questione principale riguarda le lacune che ancora presenta l'elenco Istat rispetto alla classificazione «montana» dei terreni e il fatto che in alcuni casi vige un doppio regime di pagamento proprio a causa della diversa classificazione anche per l'anno 2014;
    si rischia in questo modo di aggravare ulteriormente la situazione con molti contribuenti che attendono ancora di pagare in attesa che il proprio comune deliberi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di pronunciarsi con proprio atto al fine di stabilire un nuovo ulteriore termine per il pagamento dell'IMU agricola in attesa di definire meglio le questioni tecniche evidenziate in premessa dando certezza ed uniformità, evitando speculazioni, su tutto il territorio nazionale.
9/2803-A/9Burtone, Cardinale, Lo Monte, Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il 16 aprile del 2004, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del relativo decreto, è stato bandito un concorso pubblico a 50 posti nell'area C, posizione economica C2, profilo professionale di educatore;
    tale concorso dura da quasi dieci anni e non solo ad oggi non si è concluso, ma rischia di non concludersi poiché un anno fa è stata autorizzata l'assunzione solo di 27 unità e in seguito a ripetuti blocchi e tagli i restanti 23 potrebbero non essere più assunti;
    l'unicità di tale vicenda, oltre alla sorprendente durata, sta nel fatto che nel 2003 sia stata rilevata una carenza di almeno 50 unità di educatori C2 e allo stato attuale, nonostante una crescita vertiginosa della popolazione detenuta, non si procede all'assunzione delle restanti unità;
    i vincitori del concorso, oltre che gli idonei, non conoscono i motivi che hanno portato a dei tempi così lunghi;
    la durata di tale procedimento è in netto contrasto con il principio di buona amministrazione contemplato nell'articolo 97 della Costituzione e non è giusto sottoporre dei candidati a delle procedure interminabili ed estenuanti che non portano a nulla;
    il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha sempre invitato ad attendere per anni i risultati degli scritti, l'esito degli orali, poi la pubblicazione della graduatoria (avvenuta nel 2010);
    allo stato attuale l'assunzione è subordinata all'esonero dai tagli imposti dall'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012. Infatti, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non è stato ufficialmente esonerato dalla riduzione dell'organico prevista dalla «revisione della spesa», che di fatto avrebbe portato il sistema penitenziario, già sofferente, al completo collasso;
    lo sblocco del concorso e l'avvio delle assunzioni dei vincitori sembrerebbe non rientrare tra le priorità del Governo e questo si tradurrebbe in un'ulteriore attesa che si potrebbe protrarre fino alla scadenza della graduatoria che avverrà tra pochi mesi;
    tutto ciò avviene in un contesto di emergenza carceraria pubblicamente riconosciuta,

impegna il Governo

ad attivarsi concretamente affinché i vincitori e gli idonei del concorso succitato vengano assunti.
9/2803-A/10Fabrizio Di Stefano, Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 10 dell'articolo 8 del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 proroga di quattro e sei mesi i termini per l'aggiornamento o la revisione delle concessioni autostradali, stabiliti dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133;
    il suddetto articolo 5 prevede che i concessionari di tratte autostradali nazionali avviino una procedura di modifica del rapporto concessorio, articolata in due fasi e secondo una tempistica predeterminata. La ratio alla base della misura è quella di assicurare gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento e adeguamento strutturale, tecnologico ed ambientale delle autostrade nazionali, nonché per assicurare tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti;
    nello specifico, la disposizione in esame, contenuta nel decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, prevede la proroga, dal 31 dicembre 2014 al 30 giugno 2015, per la sottoposizione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da parte dei concessionari, delle proposte di modifiche dei rapporti concessori in essere finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione anche mediante l'unificazione di tratte interconnesse, contigue o tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria e la sottoposizione, al medesimo Ministero, di un nuovo piano economico-finanziario corredato di idonee garanzie e di asseverazione da parte di soggetti autorizzati, e la proroga dal 31 agosto 2015 al 31 dicembre 2015 per la stipulazione degli atti aggiuntivi o delle apposite convenzioni unitarie;
    i rinvii dei termini sopraindicati sono stati giustificati dalla ristrettezza dei tempi a disposizione dei concessionari per le proposte di modifica da sottoporre all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e di quelli necessari alla conseguente approvazione da parte di quest'ultimo. Tuttavia, tali misure presentano evidenti profili di criticità, rilevati anche dalla Autorità nazionale anticorruzione, poiché istituiscono indirettamente un automatico rinnovo a favore degli attuali concessionari e, conseguentemente, rischiano di violare i principi di concorrenza ed economicità e di collidere con la normativa europea che prevede la concessione sulla base di gare pubbliche;
    inoltre, il testo dell'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, confermato e prorogato dall'articolo 8, comma 10, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, nonostante i propositi enunciati, non assicura l'erogazione di un servizio sulla base di tariffe e convenzioni di accesso più favorevoli per gli utenti, che richiederebbe l'omogeneizzazione delle formule di revisione tariffaria – attualmente non prevista – tramite la formula del Price Cap, con cui viene stabilito un limite all'aumento tariffario, lasciando al concedente la possibilità di riconoscere un valore di adeguamento inferiore a detto limite,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure di carattere legislativo finalizzate alla redazione di una legge organica che disciplini in maniera univoca le concessioni autostradali, nel rispetto dei princìpi previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, garantendo l'omogeneizzazione delle formule di revisione tariffaria e assicurando l'adozione di piani di investimento concretamente finalizzati al miglioramento del servizio autostradale a favore degli utenti, sia dal punto di vista economico che della sicurezza.
9/2803-A/11Pinna.


   La Camera,
   premesso che:
    è una questione ancora aperta quella relativa al collocamento degli idonei di concorso attraverso lo scorrimento delle graduatorie, in attuazione del decreto-legge n. 101 del 2013. Si ricorda che nel nostro Paese sono ben 80.000 gli idonei nei concorsi pubblici;
    quale problematica è stata, di recente, oggetto di un atto di sindacato ispettivo, n. 3-01291 in merito al quale il Ministro Madia ha avuto modo di sottolineare che: «il Governo riconosce l'assoluta priorità a chi ha vinto un concorso pubblico e la legge di stabilità, proprio nel percorso di mobilità che ho menzionato, ha fatto salvi i vincitori di concorso. Credo che non sia ammissibile che una pubblica amministrazione bandisca un concorso per determinati posti e poi non assuma i vincitori di quel concorso;
    con riferimento particolare agli idonei di concorso il Ministro ha affermato che: «... gli idonei – voglio sottolinearlo – meritano un'attenzione, soprattutto dopo che, recenti leggi, la legge D'Alia, sentenze, hanno chiesto alle amministrazioni di ricorrere alle graduatorie in corso di validità prima di bandire nuovi concorsi... Vogliamo tutelare anche le aspettative degli idonei...»;
    in tal senso si ricorda che con la circolare n. 5 del 2013 diffusa dall'allora Ministro della funzione pubblica, Gianpiero D'Alia, si definiscono gli indirizzi applicativi del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito con legge n. 125 del 2013 e recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», per cui: le amministrazioni che, ferme restando le ragioni esclusivamente temporanee o eccezionali, debbano assumere a tempo determinato, piuttosto che indire procedure concorsuali apposite dovranno attingere alle graduatorie vigenti per concorsi a tempo indeterminato;
    in materia di graduatorie, si prevede che le PA possano indire procedure concorsuali solo laddove non sia possibile ricorrere alle procedure di mobilità tra amministrazioni o laddove non esistano altre graduatorie concorsuali relative a professionalità «equivalenti», ferma restando la possibilità – previo accordo – di utilizzare graduatorie già approvate da altre amministrazioni statali o ad ordinamento autonomo;
    il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, sospende la validità delle graduatorie fino al 31 dicembre 2016. Trascorso tale termine, non solo verranno tradite le aspettative degli idonei ma saranno banditi nuovi concorsi che comporteranno un'ingente spesa pubblica. È evidente che tali costi possono essere evitati prevedendo una proroga dei termini della validità delle graduatorie in questione e il conseguente collocamento degli idonei,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile, ai sensi della direttiva del Ministro della funzione pubblica e al fine di ridurre i costi gravanti sull'amministrazione, volta a prorogare il termine sopra citato rispetto validità delle graduatorie, al fine di potere procedere al collocamento degli idonei prima di bandire nuovi concorsi pubblici.
9/2803-A/12Rizzetto, Barbanti, Rostellato, Mucci, Baldassarre, Artini, Prodani, Segoni, Turco, Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, attualmente all'esame per la conversione in legge, reca una serie di proroghe, anche in materia di contratti di lavoro;
    il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, come da ultimo modificato nel 2013, all'articolo 70 disciplina il lavoro accessorio come attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare;
    il decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini per il 2014, convertito dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, aveva prorogato per tutto il 2014, la possibilità di ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare;
    tale misura negli ultimi due anni ha consentito a molti lavoratori che hanno subito direttamente la crisi, comprese le rispettive famiglie, di integrare il proprio reddito, decurtato da cassa integrazione, mobilità e altro, con le prestazioni di lavoro accessorio;

impegna il Governo

a prorogare ulteriormente la previsione di cui all'articolo 70, comma 1, terzo periodo, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nell'ottica di sostenere le famiglie maggiormente colpite dalla crisi economica e di rilancio dell'occupazione.
9/2803-A/13Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale è l'ente che gestisce il sistema previdenziale in termini di imposizione, riscossione e recupero dei contributi ed in termini di erogazione di prestazioni pensionistiche sia per la generalità dei lavoratori dipendenti del settore privato e del parastatale attraverso il FPLD ovvero Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti sia i lavoratori autonomi (Gestioni previdenziali dei Lavoratori Autonomi artigiani e commercianti) e sia per i parasubordinati, venditori a domicilio, professionisti senza cassa, lavoratori autonomi occasionali ed associati in partecipazione attraverso la Gestione Separata. La Gestione Separata è un fondo pensionistico finanziato con i contributi previdenziali obbligatori dei lavoratori assicurati e nasce con la legge n. 335 del 1995 (articolo 2, comma 26) di riforma del sistema pensionistico, anche nota come riforma Dini che dispone l'iscrizione alla Gestione Separata di cui all'articolo 2, comma 26 di tutte le categorie residuali di liberi professionisti, per i quali non è prevista una specifica cassa previdenziale, delle forme di collaborazione coordinata e continuativa (cosiddetta co-co-co), della categoria dei venditori a domicilio, ex articolo 36, legge n. 426 del 1971;
    a tale gestione è attualmente applicato il contributo del 27,72 (per i collaboratori il 28,72). Nelle collaborazioni coordinate e continuative, i contributi sono per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del collaboratore. L'obbligo di versamento compete tuttavia al committente anche per la quota a carico del lavoratore, che viene pertanto trattenuta in busta paga all'atto della corresponsione del compenso;
    la Riforma Fornero (legge n. 92 del 2012) ha apportato delle importanti novità il cui obiettivo è stato quello di limitare l'utilizzo improprio di questa tipologia, prevedendo disincentivi sia di carattere normativo che contributivo; nello specifico, infatti, è stato previsto un graduale allineamento del costo contributivo a quello del lavoro dipendente, tale da portare tale aliquota, nel 2018 al 33;
    va tuttavia sottolineato che pur avendo bloccato l'aumento per il 2015, i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata dell'INPS, chiamati al versamento integrale di tutti i contributi a differenza di quanto avviene per i parasubordinati, continuano a versare contributi più elevati rispetto a tutti gli altri lavoratori indipendenti, liberi professionisti, commercianti, artigiani;
    ad esempio i professionisti iscritti ad un Ordine versano approssimativamente il 14, mentre commercianti e artigiani si attestano intorno al 21/22;
    il blocco dell'aumento contributivo anche per il 2015 comunque di fatto non risolve il problema alla radice e tra un anno il problema si riproporrà. E evidente che non è sostenibile l'equiparazione del professionista al parasubordinato,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di creare un'unica cassa per i lavoratori autonomi accorpandola alla gestione artigiani-commercianti, applicando un'unica aliquota di contribuzione del 20 per cento a tutti questi lavoratori autonomi/soci/imprenditori per snellire la gestione delle casse previdenziali senza l'applicazione del minimale prevedendo anche l'estensione delle tutele in ambito della maternità e malattia previste per i lavoratori dipendenti, anche agli autonomi iscritti alla gestione separata.
9/2803-A/14Rostellato, Mucci, Rizzetto, Turco, Prodani, Barbanti, Bechis, Baldassarre, Artini, Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 10-bis dell'articolo 8 della presente legge prevede che i soggetti, nelle condizioni di disagio economico e fragilità familiare di cui all'articolo 4, comma 8 del decreto legge 30 dicembre 2013, convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 2014, n. 15, possano rivolgersi al giudice dell'esecuzione per la sospensione delle procedure di esecuzione dello sfratto «al fine di consentire il passaggio da casa a casa»;
    tale sospensione può essere concessa al massimo entro il termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;
    nella Conferenza Stato Regioni del 22 gennaio 2015, è stato deciso che una quota corrispondente a 25 milioni di euro del fondo sociale affitti vada destinata a tali nuclei familiari, al fine di reperire un alloggio alternativo;
    il decreto che recepisce tale intesa non è stato ancora pubblicato ma la procedura prevista dalla normativa vigente comporta un ruolo fondamentale di regioni e comuni ai fini della concreta erogazione delle risorse alle famiglie, nelle suddette condizioni di disagio economiche e gravi fragilità;
    è necessario un ruolo di monitoraggio e di verifica costante dell'effettiva messa in opera delle misure suddette, al fine di renderle compatibili con i tempi stringenti previsti dalla presente legge;
    come previsto, i contributi debbono essere prioritariamente destinati alla stipula di nuovi contratti a canone agevolato al fine di garantire il passaggio da casa a casa. Detti contratti, però, hanno una durata di 3 anni +2, come previsto dalla Legge 431 del 1998, mentre il contributo alle famiglie aventi diritto è, allo stato attuale, limitato al 2015,

impegna il Governo:

   entro il 31 maggio 2015, a relazionare alle competenti Commissioni parlamentari, nonché a convocare una conferenza nazionale con le Regioni, i comuni e le parti sociali, circa lo stato di attuazione delle misure in itinere suddette, in particolare rispetto alla certificazione del fabbisogno comunicato dai comuni, come previsto dallo schema di decreto di recepimento dell'accordo Stato Regioni del 22 gennaio 2015, al numero delle Regioni che hanno assegnato e trasferito le risorse ai comuni, al numero dei comuni che hanno emanato e/o erogato i contributi alle famiglie, al numero di alloggi già eventualmente reperiti al fine di corrispondere alla previsione legislativa «del passaggio da casa a casa»;
   a prevedere nei prossimi provvedimenti e, in ogni caso, nella Legge di Stabilità, che lo stanziamento di cui alle premesse, sancito nella Conferenza Stato Regioni del 22 gennaio 2015, sulla cui base verrà erogato nel 2015 il previsto contributo alle famiglie aventi diritto, venga ulteriormente rinnovato e abbia almeno la durata della vigenza contrattuale, prevista dalla legislazione vigente rispetto ai contratti del cosiddetto canale contrattuale agevolato.
9/2803-A/15Morassut.


   La Camera,
   premesso che:
    nel decreto-legge 30 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, durante l'esame presso le Commissioni, è stata inserita la proroga al 1o settembre 2015 della nuova disciplina per la centralizzazione delle procedure di acquisizione di servizi e forniture, per tutti i comuni non capoluogo di provincia, attraverso forme di aggregazione;
    dopo tale termine, con la riscrittura dell'articolo 33, comma 3-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ad opera dell'articolo 9 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, i comuni non capoluogo di provincia, per l'acquisizione di beni e servizi, devono procedere esclusivamente attraverso le unioni di comuni, se esistenti, oppure costituire un apposito accordo consortile, oppure ricorrere ad un soggetto aggregatore o alle province, oppure utilizzare i mezzi elettronici gestiti dalla CONSIP o da un altro soggetto aggregatore;
    per l'acquisizione dei lavori invece resta ferma l'entrata in vigore della centrale unica di committenza al 1o luglio 2015 e questa disposizione è un aggravio burocratico che sta causando il blocco di tutti gli appalti per l'impossibilità dei soggetti aggregatori di gestire, senza alcuna facoltà di programmazione e con insufficienti dotazioni di personale, tutti gli appalti dei comuni ad eccezione dei comuni capoluogo;
    per garantire invece celerità, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa in tutto il territorio nazionale, con le peculiarità di ciascuna regione, sarebbe opportuno monitorare l'andamento delle fusioni e aggregazioni dei comuni e differenziare la procedura in quelle regioni dove le fusioni tra comuni ancora non sono state fatte,

impegna il Governo

a monitorare l'andamento delle fusioni e aggregazioni di comuni ai fini della centralizzazione delle procedure di acquisizione di lavori, eventualmente demandando alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, l'individuazione di una procedura alternativa in grado di rispettare tutte le peculiarità regionali, oppure ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere un'ulteriore proroga del termine per la centralizzazione dell'acquisizione dei lavori oppure deroghe puntuali per i comuni montani e disagiati.
9/2803-A/16Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 150, reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    l'articolo 4 del provvedimento prevede, al comma 2, la proroga al 31 ottobre 2015 del termine stabilito dal decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, per completare l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi per le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto;
    queste ultime devono essere esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 9 aprile 1994 e in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto del Ministro dell'interno del 16 marzo 2012;
    da anni si rinvia il termine per l'adeguamento, da parte delle piccole realtà turistico-alberghiere, delle disposizioni antincendio che risultano in buona parte disattese;
    la X Commissione Attività produttive della Camera dei Deputati nel proprio parere espresso sul testo in esame ha ravvisato la necessità di interventi urgenti in materia da parte dell'esecutivo,

impegna il Governo

a includere nel primo provvedimento utile in materia di classificazione delle strutture ricettive turistico-alberghiere coperture finanziarie congrue per consentire, entro il 31 dicembre 2015, l'adeguamento alle norme antincendio da parte delle strutture di piccole dimensioni.
9/2803-A/17Mucci, Barbanti, Segoni, Prodani, Artini, Rostellato, Bechis, Turco, Rizzetto, Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 150, reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    l'articolo 4 del provvedimento prevede, al comma 2, la proroga al 31 ottobre 2015 del termine stabilito dal decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, per completare l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi per le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto;
    queste ultime devono essere esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 9 aprile 1994 e in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto del Ministro dell'interno del 16 marzo 2012;
    da anni si rinvia il termine per l'adeguamento, da parte delle piccole realtà turistico-alberghiere, delle disposizioni antincendio che risultano in buona parte disattese;
    la X Commissione Attività produttive della Camera dei Deputati nel proprio parere espresso sul testo in esame ha ravvisato la necessità di interventi urgenti in materia da parte dell'esecutivo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di consentire, entro il 31 dicembre 2015, l'adeguamento alle norme antincendio da parte delle strutture di piccole dimensioni.
9/2803-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Mucci, Barbanti, Segoni, Prodani, Artini, Rostellato, Bechis, Turco, Rizzetto, Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge numero 56 del 7 aprile 2014 «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» ha ridisegnato ruolo, confini e competenze dell'amministrazione locale;
    ancor prima di giungere ad un riordino delle competenze, ed in attesa di una riforma organica in grado di garantire continuità dei servizi a cittadini ed imprese, salvaguardia delle professionalità impiegate negli enti, stabilità dei livelli occupazionali, tra il 2011 ed il 2013 i bilanci delle province sono stati decurtati con leggi dello Stato di oltre 2,1 miliardi di euro mentre per il solo 2014 i tagli a loro carico assommano ad ulteriori 1,6 miliardi di euro;
    nello specifico le Città Metropolitane sono state ridefinite «enti territoriali di area vasta» e sono state attribuite loro le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni delle province nonché le seguenti funzioni fondamentali proprie: a) piano strategico del territorio metropolitano; b) pianificazione territoriale generale; c) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; d) mobilità e viabilità; e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale; f) sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano. Ulteriori funzioni possono essere attribuite alle città metropolitane dallo Stato o dalle regioni;
    la Città Metropolitana è uno degli enti locali territoriali previsti nella Costituzione italiana all'articolo 114;
    risulta quindi evidente che le Città Metropolitane assumono un ruolo rilevante per la gestione di un vasto territorio rivestendo un ruolo chiave per l'erogazione dei servizi ai cittadini;
    risulta altrettanto evidente che i tagli finanziari che hanno subito le Città Metropolitane potranno causare ricadute negative sul corretto esercizio delle loro funzioni e per lo sviluppo strategico dei territori in cui ricadono;
    a tali tagli economici si sommano, in alcuni casi, le sanzioni previste dalla legge per gli enti locali che non hanno rispettato il Patto di Stabilità interno per l'anno 2014;
    queste riduzioni di risorse rischiano conseguentemente di impedire l'assunzione di personale impiegato nelle Città Metropolitane previsto dall'articolo 4, comma 9, terzo periodo del decreto-legge 31 agosto 2013, numero 101;
    nel disegno di legge in esame «Conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative» sono presenti norme che prevedono l'esenzione delle sanzioni per le Regioni che non hanno rispettato nell'anno 2014 i vincoli del patto di Stabilità interno ma che hanno destinato al pagamento dei debiti una quota dell'obiettivo del Patto di Stabilità superiore al 50 per cento dello stesso,

impegna il Governo

ad inserire, nel prossimo provvedimento utile, una norma che preveda l'esenzione delle sanzioni per le Città Metropolitane che non hanno rispettato il Patto di Stabilità interno nel 2014, qualora volessero procedere per il 2015 alla proroga di contratti di lavoro a tempo determinato del personale per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi, nel pieno rispetto delle norme e dei principi presenti nell'articolo 4, comma 9, terzo periodo del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101.
9/2803-A/18Giorgis, Fregolent, D'Ottavio, Paola Bragantini, Rossomando, Bonomo, Boccuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge numero 56 del 7 aprile 2014 «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» ha ridisegnato ruolo, confini e competenze dell'amministrazione locale;
    ancor prima di giungere ad un riordino delle competenze, ed in attesa di una riforma organica in grado di garantire continuità dei servizi a cittadini ed imprese, salvaguardia delle professionalità impiegate negli enti, stabilità dei livelli occupazionali, tra il 2011 ed il 2013 i bilanci delle province sono stati decurtati con leggi dello Stato di oltre 2,1 miliardi di euro mentre per il solo 2014 i tagli a loro carico assommano ad ulteriori 1,6 miliardi di euro;
    nello specifico le Città Metropolitane sono state ridefinite «enti territoriali di area vasta» e sono state attribuite loro le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni delle province nonché le seguenti funzioni fondamentali proprie: a) piano strategico del territorio metropolitano; b) pianificazione territoriale generale; c) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; d) mobilità e viabilità; e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale; f) sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano. Ulteriori funzioni possono essere attribuite alle città metropolitane dallo Stato o dalle regioni;
    la Città Metropolitana è uno degli enti locali territoriali previsti nella Costituzione italiana all'articolo 114;
    risulta quindi evidente che le Città Metropolitane assumono un ruolo rilevante per la gestione di un vasto territorio rivestendo un ruolo chiave per l'erogazione dei servizi ai cittadini;
    risulta altrettanto evidente che i tagli finanziari che hanno subito le Città Metropolitane potranno causare ricadute negative sul corretto esercizio delle loro funzioni e per lo sviluppo strategico dei territori in cui ricadono;
    a tali tagli economici si sommano, in alcuni casi, le sanzioni previste dalla legge per gli enti locali che non hanno rispettato il Patto di Stabilità interno per l'anno 2014;
    queste riduzioni di risorse rischiano conseguentemente di impedire l'assunzione di personale impiegato nelle Città Metropolitane previsto dall'articolo 4, comma 9, terzo periodo del decreto-legge 31 agosto 2013, numero 101;
    nel disegno di legge in esame «Conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative» sono presenti norme che prevedono l'esenzione delle sanzioni per le Regioni che non hanno rispettato nell'anno 2014 i vincoli del patto di Stabilità interno ma che hanno destinato al pagamento dei debiti una quota dell'obiettivo del Patto di Stabilità superiore al 50 per cento dello stesso,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere l'esenzione delle sanzioni per le Città Metropolitane che non hanno rispettato il Patto di Stabilità interno nel 2014, qualora volessero procedere per il 2015 alla proroga di contratti di lavoro a tempo determinato del personale per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi, nel pieno rispetto delle norme e dei principi presenti nell'articolo 4, comma 9, terzo periodo del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101.
9/2803-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Giorgis, Fregolent, D'Ottavio, Paola Bragantini, Rossomando, Bonomo, Boccuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di conversione in legge del Decreto Legge n. 192 del 31 dicembre 2014 si rileva che all'articolo 9, comma 3, lettera c), sono stati prorogati i termini, al 1o aprile 2015, previsti dall'articolo 260-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di applicabilità delle sanzioni relative al SISTRI con riferimento sia all'iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti sia all'omissione, nei termini previsti, del pagamento del contributo;
    con il decreto del Ministro dell'ambiente n. 126 del 24 aprile 2014 è stato stabilito che gli enti e le imprese che occupano fino a dieci dipendenti, produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi, non sono soggetti all'obbligo di iscrizione al Sistri. Tali soggetti possono, comunque se lo vogliono, aderire volontariamente al Sistri;
    a seguito di tale decreto legislativo, il Ministero dell'Ambiente, in data 26 aprile 2014, ha diffuso un comunicato stampa con il quale veniva precisato che «i soggetti già iscritti al Sistri, che non sono tenuti ad aderire ne aderiscono volontariamente al sistema, non devono versare il contributo annuale alla scadenza del 30 giugno 2014... anche se a tale data la procedura di cancellazione dell'iscrizione non è stata avviata o non è stata conclusa. Procedure e modalità semplificate, sentite le associazioni di categoria, per la cancellazione del Sistri, dei soggetti iscritti che non sono tenuti ad aderire al sistema medesimo saranno definite con ulteriore comunicazione»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nelle more della decorrenza delle sanzioni previste dal decreto in conversione, modalità e procedure, anche d'ufficio, per la cancellazione dei soggetti ancora iscritti che non rientrano più negli obblighi di legge così come previsto dal decreto ministeriale n. 126 del 24 aprile 2014.
9/2803-A/19Barbanti, Rostellato, Rizzetto, Mucci, Turco, Prodani, Artini, Baldassarre, Segoni, Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 10 dell'articolo 1, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, proroga al 31 dicembre 2015 il distacco del personale del corpo dei vigili del fuoco collocato in posizioni di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, nonché presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
    l'articolo 8 del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito dalla legge n. 125 del 2013, aveva previsto un incremento delle dotazioni organiche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco al fine di garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza ed efficacia incrementando l'organico di 1.000 unità;
    la proroga dei termini, al 31 dicembre 2014, per la copertura fino a 814 unità nella qualifica di vigile del fuoco era stata autorizzata all'articolo 4-ter del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 131;
    l'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», in materia di turn over prevedeva che: «A decorrere dall'anno 2010 i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono procedere, secondo le modalità di cui al comma 10, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente»;
    tale disposizione, per esigenze di contenimento della spesa pubblica, è stata modificata dal decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», cosiddetta spending review, che, all'articolo 14, comma 2, ha limitato ai soli anni 2010 e 2011, per i corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la possibilità di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente e stabilito, invece, che la predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 20 per cento per il triennio 2012-2014, del 50 per cento nell'anno 2015 e del 100 per cento solo a decorrere dall'anno 2016;
    con la modifica all'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008, introdotta dalla cosiddetta spending review, si riduce il turn over, per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dall'attuale percentuale del 100 per cento al 20 per cento nel triennio 2012-2014 e al 50 per cento nell'anno 2015, ripristinandolo completamente solo a decorrere dall'anno 2016;
    questo rischia di compromettere seriamente la funzionalità delle strutture dedicate alla tutela all'incolumità dei cittadini e del territorio, in particolare di quello boschivo;
    se, da un lato, quindi, è necessario concorrere al risanamento della finanza pubblica attraverso una radicale revisione della spesa generale ai fini di aumentarne l'efficacia e l'efficienza, dall'altro lato, questa esigenza va contemperata con il rispetto di princìpi costituzionalmente riconosciuti e con la garanzia della funzionalità di strumenti a difesa della sicurezza, dell'incolumità dei cittadini e della tutela del territorio, onde evitare che i costi della possibile riduzione della qualità del vivere civile non siano più elevati di quanto lo siano i risparmi quantificati con la riduzione del turn over;
    infine, la legge 101 del 2013, prevede per tutte le amministrazioni dello Stato, l'attingimento dalle graduatorie esistenti, prima di bandire nuovi e Costosi concorsi pubblici,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie affinché si possa addivenire ad un giusto contemperamento tra le esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica e di funzionalità delle strutture impiegate nella tutela dell'incolumità pubblica e del territorio, come il corpo dei vigili del fuoco, prorogando le disposizioni di cui all'articolo 8 comma 4 del decreto-legge n. 101 del 2013 fino al 31 dicembre 2017.
9/2803-A/20Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, all'articolo 10, comma 8, ha esteso al 31 dicembre 2014 la sospensione degli adempimenti e dei versamenti di cui all'articolo 23, comma 12-octies, del decreto-legge n. 95 del 2012, in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa nel territorio del Comune di Lampedusa e Linosa;
    con le norme non viene, però, disciplinata la ripresa degli adempimenti e dei versamenti dei contributi e dei tributi non eseguiti per effetto della prevista sospensione;
    tali adempimenti, che il Governo a suo tempo aveva sospeso, oggi li ripropone con l'aggiunta di sanzioni e interessi, che se tecnicamente trova una sua ragione della pratica risulta essere davvero assurdo;
    i cittadini di Lampedusa sarebbero costretti a pagare in un'unica soluzione somme esose ed a dir poco improponibili;
    a causa di questa situazione imploderebbe l'economia dell'isola;
    Lampedusa ed i lampedusani in questo momento stanno affrontando una nuova, enorme ed insostenibile emergenza legata al fenomeno migratorio, che di per se, oltre a creare problemi di sicurezza, ha messo in ginocchio l'economia attuale e di fatto, stanti così le cose, impedisce la programmazione turistica futura;
    si ha la convinzione che questo Governo sia realmente e concretamente sensibile alla crisi che sta vivendo l'isola e abbia la volontà di non abbandonarla ad un destino infausto,

impegna il Governo

a prevedere immediatamente modalità eque per il pagamento degli adempimenti e dei versamenti di cui all'articolo 23, comma 12-octies, del decreto-legge n. 95 del 2012 ovvero: a prevedere che detti adempimenti ed i versamenti tributari oggetto della sospensione siano effettuati entro il 16 giugno 2015, senza applicazione di sanzioni e interessi e con modalità rateali dignitose e rispettose di ciò che sta accadendo.
9/2803-A/21Moscatt, Sgambato, Petrini, Paola Boldrini, Pelillo, Patriarca, Peluffo, Camani, Giuditta Pini, Porta, Massa, Giovanna Sanna, Piccione, Coccia, Albini, Culotta, Crivellari, Taranto, Valeria Valente, Rossomando, Fiorio, Bargero, Ribaudo, Piazzoni, Misiani, D'Ottavio, Fragomeli, Murer, Burtone, D'Arienzo, Giuseppe Guerini, Terrosi, Minnucci, Mariano, Lodolini, Impegno, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, all'articolo 10, comma 8, ha esteso al 31 dicembre 2014 la sospensione degli adempimenti e dei versamenti di cui all'articolo 23, comma 12-octies, del decreto-legge n. 95 del 2012, in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa nel territorio del Comune di Lampedusa e Linosa;
    con le norme non viene, però, disciplinata la ripresa degli adempimenti e dei versamenti dei contributi e dei tributi non eseguiti per effetto della prevista sospensione;
    tali adempimenti, che il Governo a suo tempo aveva sospeso, oggi li ripropone con l'aggiunta di sanzioni e interessi, che se tecnicamente trova una sua ragione della pratica risulta essere davvero assurdo;
    i cittadini di Lampedusa sarebbero costretti a pagare in un'unica soluzione somme esose ed a dir poco improponibili;
    a causa di questa situazione imploderebbe l'economia dell'isola;
    Lampedusa ed i lampedusani in questo momento stanno affrontando una nuova, enorme ed insostenibile emergenza legata al fenomeno migratorio, che di per se, oltre a creare problemi di sicurezza, ha messo in ginocchio l'economia attuale e di fatto, stanti così le cose, impedisce la programmazione turistica futura;
    si ha la convinzione che questo Governo sia realmente e concretamente sensibile alla crisi che sta vivendo l'isola e abbia la volontà di non abbandonarla ad un destino infausto,

impegna il Governo

a prevedere modalità eque per il pagamento degli adempimenti e dei versamenti di cui all'articolo 23, comma 12-octies, del decreto-legge n. 95 del 2012 ovvero: a prevedere che detti adempimenti ed i versamenti tributari oggetto della sospensione siano effettuati entro il 16 giugno 2015, senza applicazione di sanzioni e interessi e con modalità rateali dignitose e rispettose di ciò che sta accadendo.
9/2803-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Moscatt, Sgambato, Petrini, Paola Boldrini, Pelillo, Patriarca, Peluffo, Camani, Giuditta Pini, Porta, Massa, Giovanna Sanna, Piccione, Coccia, Albini, Culotta, Crivellari, Taranto, Valeria Valente, Rossomando, Fiorio, Bargero, Ribaudo, Piazzoni, Misiani, D'Ottavio, Fragomeli, Murer, Burtone, D'Arienzo, Giuseppe Guerini, Terrosi, Minnucci, Mariano, Lodolini, Impegno, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    si valuta negativamente la proroga degli adempimenti all'articolo 7 comma 1 in materia di requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici delle attività sanitarie dei servizi trasfusionali e delle unità di raccolta e degli emocomponenti ed il modello per le visite di verifica;
    sono già passati ben cinque anni dall'accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010, cui fa riferimento il termine che viene a prorogarsi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assicurare al più presto la qualità e la sicurezza dei prodotti del sangue destinati alla trasfusione, anche al fine di assicurare l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
9/2803-A/22Castelli.


   La Camera,
   premesso che:
    si valuta negativamente la proroga degli adempimenti all'articolo 10 comma 12-ter,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di richiedere una relazione, dalla quale emerga il rispetto dei requisiti sulle garanzie di idoneità tecnico-organizzativa, la formula organizzativa assunta anche in ordine ai rapporti di lavoro dipendente utilizzati, i sistemi di controllo interno nonché il piano di formazione del personale, ai centri che richiedono l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di assistenza fiscale.
9/2803-A/23Caso.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 7 dell'articolo 1 del Disegno di Legge di Conversione del decreto-legge n. 192 del 2014 ha prorogato il termine dal 31 marzo 2015 al 31 dicembre 2015 dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalla Agenzia italiana del farmaco (AlFA) alla data della entrata in vigore del Decreto Legge in esame per l'attribuzione di funzioni dirigenziali ai sensi dell'articolo 48, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
    tale proroga è prevista nel limite dei posti disponibili in pianta organica e, specifica la norma de quo, se eccedenti la quota di cui all'articolo 19, comma 6 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche;
    l'AlFA, che ai sensi del comma 3 del sopracitato articolo 48, è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa, patrimoniale, finanziaria e gestionale è stata oggetto di riduzione del proprio assetto del proprio organico dirigenziale e non dirigenziale a 389 unità in virtù della spending review introdotta con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni della legge 7 agosto 2013 n. 135;
    in ottemperanza dell'articolo 19, comma 6 del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, che prevede che le Pubbliche Amministrazioni, e quindi anche l'AlFA in funzione della sua natura di ente di diritto pubblico, possono conferire ad esterni, con contratto a tempo determinato, un numero di incarichi dirigenziali di seconda fascia pari all'8 per 100 della dotazione organica di incarichi, pertanto l'AlFA avrebbe la facoltà di conferire n. 3 incarichi quando nel caso di specie si rilevano n. 6 unità, quindi un'eccedenza di 3 unità rispetto a quanto consentito ex lege;
    una delle tre unità in eccedenza sarà posta in quiescenza anticipata a decorrere dal 15 aprile 2015, n. 2 sono le unità che eccedono dal limite introdotto nel Decreto Legislativo n. 165 del 2001 che verranno finanziate dalle entrate derivanti dalla maggiorazione del 20 per 100 delle tariffe per prestazioni rese dall'AlFA stessa, comprensive di quelle connesse alle ispezioni, non comportando, a quanto riportato dalla relazione tecnica della norma, maggiori oneri per la finanza pubblica,

impegna il Governo

in occasione della prossima iniziativa legislativa in ambito di proroga termini di non provvedere a prorogare ulteriormente il termine del 31 dicembre 2015 in quanto il sistema di reperimento risorse economico-finanziarie per la copertura di suddette assunzioni, come in premessa, risulta da una fonte di entrata «variabile» e quindi incerta nell'ammontare.
9/2803-A/24Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di stabilità 2015 è stato introdotto il nuovo regime forfettario per professionisti e imprese;
    con il decreto in esame il Governo ha prorogato di un anno il regime di favore per l'imprenditoria giovanile, in attesa di una revisione del regime forfettario,

impegna il Governo

in attesa della revisione della disciplina del regime forfettario di cui alla legge 190 del 2014, a prorogare anche per l'anno 2015 il regime fiscale di vantaggio per le nuove partite IVA (con aliquota al 5 per cento) ai contribuenti che hanno perso i requisiti di accesso al detto regime alla data del 31 dicembre 2014.
9/2803-A/25Brugnerotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 7 dell'articolo 10 del decreto-legge in esame dispone la proroga della non applicazione dell'aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT alle locazioni passive di immobili utilizzati dalle amministrazioni pubbliche, inserite nell'elenco ISTAT, nonché dalle Authorities e dalla Consob, norma all'epoca introdotta con l'articolo 3 del decreto-legge Spending review n. 95 del 2012;
    la norma produrrà economie di spesa nell'anno 2015, ma la Relazione Tecnica, allegata al disegno di legge C. 2803, non indica l'ammontare dei maggiori risparmi di spesa, quindi non li considera ai fini degli effetti finanziari come maggiori entrate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti per destinare il maggior gettito correlato alle norme in premessa al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
9/2803-A/26D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    si ritengono insufficienti le misure volte a favorire gli interventi di contabilità speciali delle risorse finanziarie al completamento degli interventi per uffici periferici delle province di Monza, Fermo e Barletta;
    il comma 3 dell'articolo 4 proroga al 31 dicembre 2015 l'autorizzazione al mantenimento delle risorse già disponibili sulle contabilità speciali intestate ai prefetti, per l'istituzione degli uffici periferici dello Stato nelle province di Monza, Fermo e Barletta,

impegna il Governo

a valutare la necessità, visto il periodo di crisi attraversato dall'intero Paese, di dare la precedenza, nei pagamenti, al tessuto delle piccole e medie imprese che vive un momento di grande sofferenza.
9/2803-A/27Sorial.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 6-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, ha disposto la proroga dei termini di cui all'articolo 14, comma 31-ter, del decreto-legge n. 78 del 2010, che rendevano, a tappe, obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni;
    permangono una serie di criticità per i piccoli comuni, con riguardo, in particolare, alle norme in materia di turn over e di utilizzo del personale – che risultano più restrittive di quelle imposte ai comuni in dissesto – nonché di ricorso alle centrali di committenza per la fornitura di lavori, beni e servizi, criticità certamente note agli organi del Governo centrale, ma a tutt'oggi irrisolte;
    il Gruppo MoVimento 5 Stelle ha presentato diversi emendamenti – con il fine di rendere più adeguata e ragionevole l'applicazione nei piccoli comuni di determinate norme in determinati settori – dichiarati inammissibili alla luce dei criteri adottati in sede di esame;
    la suddetta proroga introduce un mero posticipo dei termini, mentre sarebbe stato ben più opportuno posporre l'obbligo della gestione associata delle funzioni alla definizione dei cosiddetti «costi standard», indicando per quest'ultima, perennemente «in via di ultimazione», una data certa,

impegna il Governo

a procedere entro i prossimi tre mesi, attraverso un confronto diretto con gli enti interessati, alla definizione dei costi standard, in un'ottica che privilegi la razionalizzazione della spesa, il miglioramento dei servizi e tenga conto preminentemente della quantità e della qualità dei servizi offerti, verificando altresì la fattibilità di altre fattispecie associative, alternative alle unioni.
9/2803-A/28Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo del decreto-legge in esame include norme che prorogano una disciplina di favore nei confronti di taluni enti locali in materia di vincoli del patto di stabilità;
    trattasi delle norme approvate durante l'iter nelle Commissioni di merito, che disapplica la sanzione a carico delle Regioni, che non hanno rispettato il patto di stabilità per il 2014 (nuovi commi da 12-sexiesdecies a 12-undevicies dell'articolo 10), nonché la norma che proroga anche per l'anno 2015 la disapplicazione di alcune sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità da parte dei comuni di Venezia e Chioggia (nuovo comma 12-vicies semel dell'articolo 10);
    le suddette norme intervengono immediatamente dopo l'approvazione della legge di stabilità, che rappresenta la sede idonea per adottare e sottoporre al Parlamento il complesso delle norme in materia di patto di stabilità dirette agli enti territoriali e locali;
    invece, stabilito l'impianto del patto di stabilità per il 2015-2015 con l'approvazione della legge n. 190 del 2014, in occasione dell'immancabile decreto-legge «proroga termini» di fine anno, accade di inserire le «deroghe» al patto per alcuni enti, che possono essere senza oneri a carico del bilancio dello Stato, ma che influiscono sugli equilibri interni fra Regioni ed enti locali;
    peraltro, le suddette norme non si possono considerare strettamente norme di proroga di termini, ma vere e proprie deroghe alla disciplina generale del patto di stabilità per il triennio 2015-2018,

impegna il Governo

in futuro, a non inserire norme correlate all'applicazione del patto di stabilità in eventuali decreti-legge di proroga termini, ma adottarle ovvero sottoporle all'approvazione del Parlamento in sede di sessione di bilancio.
9/2803-A/29Fraccaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge o, in sostanza, quelli per i quali il Governo non ha potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio;
    l'articolo 1, comma 10, del provvedimento in esame proroga nuovamente, anche per l'anno in corso, le posizioni di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, gli uffici di diretta collaborazione dei ministri e la presidenza del consiglio dei ministri del personale dei vigili del fuoco, compresi i dirigenti, anche in deroga al limite numerico vigente; personale che, in base ad una norma di deroga, continua ad essere remunerato dall'amministrazione di appartenenza, vale a dire il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    la relazione illustrativa del Governo dichiara che la proroga, anche per il 2015, è originata dalla «proficua, utile e positiva collaborazione tra amministrazioni ormai sperimentata»; tuttavia si tratterebbe dell'ennesima proroga, in spregio al criterio della temporaneità e dell'eccezionalità, dato che in origine il termine era stato fissato al 31 dicembre 2011;
    è il quarto anno consecutivo che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco risulta privato di personale continuando a mantenerne i costi, questione che, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo risulta quanto meno contraddittoria, rispetto alle carenze più volte segnalate,

impegna il Governo:

   ad adottare, per quanto di competenza e ferme restando le prerogative e l'iniziativa parlamentare, nuove misure, anche legislative, al fine di applicare alle posizioni di comando e fuori ruolo del personale del Corpo dei vigili del fuoco la normativa generale, in base alla quale i costi dello stesso sono sostenuti dalle amministrazioni di destinazione;
   ad illustrare e chiarire alle Camere, presso le competenti Commissioni parlamentari, i motivi e gli esiti del perdurare della proroga dei comandi e dei fuori ruolo del suddetto comparto, non potendo ritenersi sufficienti né pertinenti quelli addotti nella relazione illustrativa e ascritti «alla persistenza dell'oggettivo interesse alla proficua e utile collaborazione tra amministrazioni positivamente sperimentata»
9/2803-A/30Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge o, in sostanza, quelli per i quali il Governo non ha potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio;
    il ricorso sistematico ad una pluralità di rinvii mediante il presente «filone normativo» – non a caso ribattezzato giornalisticamente, non pochi anni fa, «milleproroghe», compie l'operazione di rinviare, differire o sospendere la vigenza di numerose disposizioni approvate dal Parlamento, con un effetto improprio di «sistemazione» della legislazione vigente, in quanto lo strumento della decretazione d'urgenza è eccezionale e, per sua natura, dovrebbe essere temporaneo e tendenzialmente non ripetibile;
    l'articolo 4, comma 1, proroga anche per l'anno in corso la procedura attraverso cui il prefetto interviene con poteri sostitutivi per l'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali, qualora il documento contabile non sia stato approvato dall'ente nei termini;
    tale disposizione risulta forzatamente in vigore grazie alle proroghe che si sono via via succedute dall'anno finanziario 2002 ad oggi, in «provvisoria» sostituzione della precedente disciplina disposta dal TUEL, che assegnava l'attivazione del meccanismo sostitutivo all'organo regionale di controllo, non più esistente,

impegna il Governo

ad adottare una disciplina organica e definitiva in ordine all'eventualità della mancata approvazione nei termini del bilancio di previsione degli enti locali, anche prevedendo misure alternative rispetto a quella in vigore, da ultimo prorogata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del presente provvedimento.
9/2803-A/31Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge; molte delle proroghe ivi contenute sono le stesse che si susseguono in via inerziale incessantemente;
    i cosiddetti «milleproroghe» acuiscono i profili critici dell'utilizzo dei decreti-legge da parte dei Governi, perché, ad avviso della firmataria del presente atto di indirizzo, in questo particolare caso la criticità legata all'abusiva appropriazione del potere legislativo da parte del potere esecutivo si somma ad una esecrabile condotta, in quanto è sempre lo stesso Governo, e la sua amministrazione, che, non rispettando i termini per gli adempimenti di propria spettanza, a ridosso della loro scadenza ne dispongono la proroga con un altro decreto-legge;
    questione da affrontare immediatamente risulta essere il governo della pubblica amministrazione e dei pubblici uffici che non sembrano affatto assicurare, come prescritto dall'articolo 97 della Costituzione, il buon andamento dell'amministrazione né l'adempimento delle loro funzioni con la disciplina e l'onore richiesti dal precetto dell'articolo 54 della Costituzione: nella stragrande maggioranza dei casi le proroghe sono causate da ritardi, inadempienze, inadeguatezza della pubblica amministrazione, la quale non sembra rispondere più ai suoi doveri né ai diritti dei cittadini;
    è diritto fondamentale del cittadino e rispetto del suo diritto che le scadenze prescritte per l'esercizio di una determinata azione amministrativa o l'adempimento di un termine siano rispettati, in particolare quando si tratta di settori determinanti della vita sociale;
    i «milleproroghe» stanno alla pubblica amministrazione come i condoni o le sanatorie stanno ai contribuenti: incentivano a violare le regole, nell'attesa della sanatoria che verrà, con l'aggravante che il mancato adempimento non comporterà nessuna sanzione né accertamento di responsabilità per gli uffici pubblici ed i loro dirigenti; non v’è difesa contro la malamministrazione quando essa si sustanzia nell'inadempienza – nel «non fare» – che è da tradursi nell'aperta violazione del dettato costituzionale che ne impone il buon andamento; sembra che i nostri uffici pubblici ed i Governi che li guidano non rispondano più non solo ai loro doveri, ma neanche alle attese e ai diritti dei cittadini;
    la stessa relazione illustrativa ascrive, in moltissimi casi, a «difficoltà tecniche», a ritardi, alle ripetute modifiche intervenute, a «procedure lunghe e complesse», la necessità delle proroghe del presente provvedimento, difficoltà alle quali il Governo sembra non aver potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio,

impegna il Governo

ad assumere, per quanto di sua competenza e ferme restando le prerogative e l'iniziativa parlamentare, ogni idonea iniziativa, anche legislativa, affinché sia superata l'inerzia amministrativa, siano rispettati i termini introdotti dalle disposizioni normative di cui al presente provvedimento nonché gli atti e gli adempimenti connessi e siano, le disposizioni ivi contenute ed i nuovi termini introdotti, non ulteriormente prorogati.
9/2803-A/32Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge o, anche, quelli per i quali il Governo non ha potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio;
    l'articolo 1, comma 12-quater, approvato nel corso dell'esame in sede referente, ha introdotto una serie di proroghe in materia di accesso ai benefici per i partiti politici, come disposti dal decreto-legge n. 149 del 2013, nonché più di una deroga che, in sostanza, estende i suddetti benefici anche a quei partiti che non ne avrebbero diritto ai sensi delle norme di cui al medesimo decreto-legge e a quelli che non hanno agito nei termini ivi indicati;
    non è chiaro come tale «argomento» possa aver trovato spazio nel provvedimento in esame,

impegna il Governo

ad illustrare tempestivamente alle Camere, presso le competenti Commissioni parlamentari, l'entità delle risorse pubbliche direttamente attribuite nell'anno 2014 ai partiti politici, nonché gli esiti e i dati, anche in termini economici e di rispetto dei tetti di spesa, dell'attribuzione del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche destinato nel 2014 dai contribuenti nei confronti dei partiti politici.
9/2803-A/33Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge o quelli per i quali il Governo non ha potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio;
    i primi commi dell'articolo 1 introducono proroghe, nuove disposizioni e trasferimenti di risorse con il fine di consentire assunzioni nei diversi comparti delle amministrazioni pubbliche;
    tali procedure si sommano a quelle disposte, in tempi diversi, da due decreti-legge, entrambi cosiddetti «p.a.», del 2013 e del 2014, dalla recente legge di stabilità nonché dalla legge cosiddetta «Delrio» per il riordino delle province;
    in particolare, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, è stata disposta la proroga al 31 dicembre 2016 dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti all'epoca della data di entrata in vigore del suddetto decreto-legge, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni; il medesimo decreto-legge ha disposto altresì una procedura di stabilizzazione dei lavoratori titolari di rapporti flessibili con le pubbliche amministrazioni, che risultano in proroga fino al 2018;
    ciò crea una ingiustificata disparità di trattamento,

impegna il Governo

ad adottare nuove misure, anche legislative, finalizzate alla proroga dell'efficacia delle graduatorie di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, fino al 2018.
9/2803-A/34Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 12-quinquies, del disegno di legge in esame riapre i termini di cui all'articolo 11-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 previsti per la presentazione di nuove istanze di rateazione per quei contribuenti già decaduti dal beneficio di precedenti dilazioni di pagamento;
    in particolare, si attribuisce la possibilità ai detti contribuenti, decaduti dalla rateazione alla data del 31 dicembre 2014, di presentare una nuova istanza di rateazione nel termine del 31 luglio 2015;
    si prevede inoltre che a seguito della presentazione della richiesta del piano di rateazione non possano essere avviate nuove azioni esecutive;
    nulla è previsto invece per i casi in cui il contribuente che presenti istanza di rateazione sia già sottoposta a procedure esecutive alla data di presentazione dell'istanza;
    peraltro, al riguardo la prassi applicativa della disciplina delle rateazioni vede difformi interpretazioni da parte dei vari concessionari territorialmente competenti,

impegna il Governo

a prevedere espressamente che la rateazione di cui all'articolo 11-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 possa essere accolta, sussistendone i presupposti, anche nei casi in cui siano in corso procedure esecutive per il recupero coattivo delle somme oggetto di precedenti rateazioni.
9/2803-A/35Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 12-quinquies, del disegno di legge in esame riapre i termini di cui all'articolo 11-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 previsti per la presentazione di nuove istanze di rateazione per quei contribuenti già decaduti dal beneficio di precedenti dilazioni di pagamento;
    in particolare, si attribuisce la possibilità ai detti contribuenti, decaduti dalla rateazione alla data del 31 dicembre 2014, di presentare una nuova istanza di rateazione nel termine del 31 luglio 2015;
    si prevede inoltre che a seguito della presentazione della richiesta del piano di rateazione non possano essere avviate nuove azioni esecutive;
    nulla è previsto invece per i casi in cui il contribuente che presenti istanza di rateazione sia già sottoposta a procedure esecutive alla data di presentazione dell'istanza;
    peraltro, al riguardo la prassi applicativa della disciplina delle rateazioni vede difformi interpretazioni da parte dei vari concessionari territorialmente competenti,

impegna il Governo

a prevedere espressamente che la presentazione dell'istanza rateazione ai sensi dell'articolo 11-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 sospende tutte le iniziative volte al recupero coattivo del debito iscritto a ruolo nonché le procedure esecutive in corso, fino alla definizione della stessa.
9/2803-A/36Pesco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 12-quinquies, del disegno di legge in esame riapre i termini di cui all'articolo 11-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 previsti per la presentazione di nuove istanze di rateazione per quei contribuenti già decaduti dal beneficio di precedenti dilazioni di pagamento;
    in particolare, si attribuisce la possibilità ai detti contribuenti, decaduti dalla rateazione alla data del 31 dicembre 2014, di presentare una nuova istanza di rateazione nel termine del 31 luglio 2015;
    si prevede inoltre che a seguito della presentazione della richiesta del piano di rateazione non possano essere avviate nuove azioni esecutive;
    nulla è previsto invece per i casi in cui il contribuente che presenti istanza di rateazione sia già sottoposta a procedure esecutive alla data di presentazione dell'istanza;
    peraltro, al riguardo la prassi applicativa della disciplina delle rateazioni vede difformi interpretazioni da parte dei vari concessionari territorialmente competenti,

impegna il Governo

a prevedere espressamente che la concessione della rateazione di cui all'articolo 11-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 determina l'inefficacia ipso iure degli atti esecutivi e cautelari posti in essere nei confronti del contribuente per il recupero delle somme oggetto di rateazione.
9/2803-A/37Pisano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 12-quinquies, del disegno di legge in esame riapre i termini di cui all'articolo 11-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 previsti per la presentazione di nuove istanze di rateazione per quei contribuenti già decaduti dal beneficio di precedenti dilazioni di pagamento;
    in particolare, si attribuisce la possibilità ai detti contribuenti, decaduti dalla rateazione alla data del 31 dicembre 2014, di presentare una nuova istanza di rateazione nel termine del 31 luglio 2015;
    si prevede inoltre che a seguito della presentazione della richiesta del piano di rateazione non possano essere avviate nuove azioni esecutive;
    nulla è previsto invece per i casi in cui il contribuente che presenti istanza di rateazione sia già sottoposta a procedure esecutive alla data di presentazione dell'istanza;
    peraltro, al riguardo la prassi applicativa della disciplina delle rateazioni vede difformi interpretazioni da parte dei vari concessionari territorialmente competenti;
    inoltre, non sono pochi i casi in cui, pur in presenza di un'istanza di rateazione, il concessionario procede con l'attivazione di procedure esecutive o cautelari al fine di preservare le garanzie patrimoniali del credito,

impegna il Governo

a prevedere espressamente la nullità degli atti della riscossione, esecutivi o cautelari, emanati o posti in essere a seguito della presentazione di un'istanza di rateazione e fino alla conclusione del procedimento volto alla definizione dell'istanza nonché durante il regolare decorso del piano di rateazione.
9/2803-A/38Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 12-quinquies, del disegno di legge in esame riapre i termini di cui all'articolo 11-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 previsti per la presentazione di nuove istanze di rateazione per quei contribuenti già decaduti dal beneficio di precedenti dilazioni di pagamento;
    in particolare, si attribuisce la possibilità ai detti contribuenti, decaduti dalla rateazione alla data del 31 dicembre 2014, di presentare una nuova istanza di rateazione nel termine del 31 luglio 2015;
    si prevede inoltre che a seguito della presentazione della richiesta del piano di rateazione non possano essere avviate nuove azioni esecutive;
    nulla è previsto invece per i casi in cui il contribuente che presenti istanza di rateazione sia già sottoposta a procedure esecutive alla data di presentazione dell'istanza;
    peraltro, al riguardo la prassi applicativa della disciplina delle rateazioni vede difformi interpretazioni da parte dei vari concessionari territorialmente competenti;
    inoltre, non sono pochi i casi in cui, pur in presenza di un'istanza di rateazione, il concessionario procede con l'attivazione di procedure esecutive o cautelari al fine di preservare le garanzie patrimoniali del credito,

impegna il Governo

ad introdurre l'obbligo per i concessionari della riscossione di cancellare ipoteche o fermi amministrativi iscritti sui beni immobili o mobili a seguito della concessione della rateazione delle somme iscritte a ruolo.
9/2803-A/39Ruocco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 711, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede l'applicazione dell'aliquota ordinaria IVA sulle cessione aventi ad oggetto il pellet;
    in pratica, la misura colpisce uno dei combustibili alternativi più economici e che ha portato molte famiglie a dotarsi di macchinari per il riscaldamento alimentati a pellet;
    a fronte di maggiori entrate stimate in soli 95 milioni di euro, l'aumento dell'IVA (dal 4 per cento al 22 per cento) determinerà senz'altro una drastica ridimensionamento dell'utilizzo del pellet, con probabili effetti negativi anche sull'intero mercato di settore,

impegna il Governo

a prorogare l'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 711, della legge di stabilità 2015 posticipandola al periodo d'imposta 2016.
9/2803-A/40Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 711, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede l'applicazione dell'aliquota ordinaria IVA sulle cessione aventi ad oggetto il pellet;
    in pratica, la misura colpisce uno dei combustibili alternativi più economici e che ha portato molte famiglie a dotarsi di macchinari per il riscaldamento alimentati a pellet;
    a fronte di maggiori entrate stimate in soli 95 milioni di euro, l'aumento dell'IVA (dal 4 per cento al 22 per cento) determinerà senz'altro una drastica ridimensionamento dell'utilizzo del pellet, con probabili effetti negativi anche sull'intero mercato di settore,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di prorogare l'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 711, della legge di stabilità 2015 posticipandola al periodo d'imposta 2016.
9/2803-A/40. (Testo modificato nel corso della seduta) Alberti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del provvedimento in esame in Commissione (I e V) il gruppo M5s ha presentato un emendamento che dispone la proroga dell'entrata in vigore della norma che aumenta la percentuale sulle trattenute bancarie per il pagamento lavorazioni edili del 65 per cento e 50 per cento;
    si ricorda che il comma 657 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 innalza dal 4 all'8 per cento l'aliquota della ritenuta, operata da banche o da Poste italiane S.p.A., sugli accrediti dei pagamenti, a mezzo bonifici, disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o in relazione ai quali spettano detrazioni fiscali;
    la disposizione sicuramente non stimola la domanda su ristrutturazioni ed efficientamento energetico;
    l'incentivo su efficienza energetica ristrutturazioni stimola gli investimenti, ha rappresentato una fonte di respiro per le imprese del settore e per l'occupazione,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di sospendere l'applicazione del comma 657 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015.
9/2803-A/41Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del provvedimento in esame in Commissione (I e V) il gruppo M5s ha presentato un emendamento che dispone la proroga dell'entrata in vigore della norma che aumenta la percentuale sulle trattenute bancarie per il pagamento lavorazioni edili del 65 per cento e 50 per cento;
    si ricorda che il comma 657 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 innalza dal 4 all'8 per cento l'aliquota della ritenuta, operata da banche o da Poste italiane S.p.A., sugli accrediti dei pagamenti, a mezzo bonifici, disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o in relazione ai quali spettano detrazioni fiscali;
    la disposizione sicuramente non stimola la domanda su ristrutturazioni ed efficientamento energetico;
    l'incentivo su efficienza energetica ristrutturazioni stimola gli investimenti, ha rappresentato una fonte di respiro per le imprese del settore e per l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di sospendere l'applicazione del comma 657 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015.
9/2803-A/41. (Testo modificato nel corso della seduta) Silvia Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 711 e 712 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014, n. 190) rispettivamente, innalzano dal 10 al 22 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni dei pellet di legno e destinano le relative maggiori entrate, quantificate in 96 milioni di euro dal 2015, all'incremento del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (FISPE);
    la norma ha suscitato forti reazioni da parte delle associazioni dei consumatori: in particolare Federconsumatori ha definito l'aumento «intollerabile» in quanto secondo le stime effettuate comporterà un aggravio medio di 50 euro a famiglia. Le associazioni, inoltre, sottolineano gli effetti negativi anche su un piano ambientale: l'aggravio potrebbe avere l'effetto di allontanare i consumatori da questa forma di combustibile meno inquinante. Gli effetti negativi del provvedimento potrebbero riversarsi prevalentemente su famiglie ed imprese del settore;
    secondo stime ISTAT il pellet è attualmente utilizzato da oltre due milioni di famiglie facenti parte della fascia meno abbiente della popolazione e residenti prevalentemente in zone montane. Parallelamente le imprese operanti nel campo registrano circa il 35 per cento delle esportazioni e rischiano di vedere ridurre il proprio volume di affari a seguito dell'introduzione di un'imposta sul valore aggiunto sensibilmente più elevata di quella vigente in altri Paesi europei;
    il gruppo M5s aveva presentato in sede di discussione del provvedimento in Commissione un emendamento che prorogava per un anno l'entrata in vigore della norma predetta ma non è stato accolto,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di sospendere l'aumento IVA pellets dal 10 al 22.
9/2803-A/42Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 711 e 712 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014, n. 190) rispettivamente, innalzano dal 10 al 22 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni dei pellet di legno e destinano le relative maggiori entrate, quantificate in 96 milioni di euro dal 2015, all'incremento del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (FISPE);
    la norma ha suscitato forti reazioni da parte delle associazioni dei consumatori: in particolare Federconsumatori ha definito l'aumento «intollerabile» in quanto secondo le stime effettuate comporterà un aggravio medio di 50 euro a famiglia. Le associazioni, inoltre, sottolineano gli effetti negativi anche su un piano ambientale: l'aggravio potrebbe avere l'effetto di allontanare i consumatori da questa forma di combustibile meno inquinante. Gli effetti negativi del provvedimento potrebbero riversarsi prevalentemente su famiglie ed imprese del settore;
    secondo stime ISTAT il pellet è attualmente utilizzato da oltre due milioni di famiglie facenti parte della fascia meno abbiente della popolazione e residenti prevalentemente in zone montane. Parallelamente le imprese operanti nel campo registrano circa il 35 per cento delle esportazioni e rischiano di vedere ridurre il proprio volume di affari a seguito dell'introduzione di un'imposta sul valore aggiunto sensibilmente più elevata di quella vigente in altri Paesi europei;
    il gruppo M5s aveva presentato in sede di discussione del provvedimento in Commissione un emendamento che prorogava per un anno l'entrata in vigore della norma predetta ma non è stato accolto,

impegna il Governo

a valutare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di sospendere l'aumento IVA pellets dal 10 al 22.
9/2803-A/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scrivente in sede di discussione del provvedimento in esame presso le Commissioni riunite (I e V) ha presentato una proposta emendativa che chiedeva la proroga al 2016 delle norme che consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti commerciali e professionali non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato;
    le disposizioni suddette sono state estese per l'anno 2015 nella legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014 n. 190);
    la richiesta di proroga dell'applicazione è dovuta al fatto che il Governo è in ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione a favore delle imprese. Non che il problema fosse stato superato, ma qualcosa era stato fatto nel corso del 2013 per alleviare il fenomeno, e vi erano stati precisi impegni politici volti ad assicurare la normalizzazione in tempi ragionevoli. Cosa che in realtà non è avvenuta, tanto da spingere la Commissione europea ad aprire una procedura d'infrazione contro il nostro Paese, mentre per le imprese la situazione si fa sempre più grave;
    secondo uno studio di associazioni categoria, un'azienda su tre in Italia fallisce per i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, che rappresentano spesso il colpo mortale per realtà già fiaccate dalla lunga crisi;
    tra il 2013 e il 2014 gli ultimi Esecutivi hanno messo a disposizione 56,8 miliardi di euro. Al 21 luglio scorso, ultimo dato aggiornato, sono stati pagati 26,1 miliardi. Pertanto, l'incidenza dei pagamenti effettuati sul totale dei soldi messi a disposizione è pari al 46 per cento;
    stando alle affermazioni rilasciate la settimana scorsa dal Ministro Padoan, la pubblica amministrazione, dal 21 luglio ad oggi, avrebbe pagato altri 5/6 miliardi. Se li aggiungiamo ai precedenti, entro il 21 settembre dovrebbero essere stati onorati 32 miliardi di euro circa, ovvero il 56,3 per cento delle risorse messe a disposizione;
    ma il problema, non è quanto la pubblica amministrazione ha pagato sul totale dei soldi messi a disposizione, ma quanti soldi sono stati dati alle aziende sull'ammontare complessivo del debito contratto dallo Stato nei confronti delle imprese,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di prorogare anche nell'anno 2016 le norme che consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti commerciali e professionali non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.
9/2803-A/43Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scrivente in sede di discussione del provvedimento in esame presso le Commissioni riunite (I e V) ha presentato una proposta emendativa che chiedeva la proroga al 2016 delle norme che consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti commerciali e professionali non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato;
    le disposizioni suddette sono state estese per l'anno 2015 nella legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014 n. 190);
    la richiesta di proroga dell'applicazione è dovuta al fatto che il Governo è in ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione a favore delle imprese. Non che il problema fosse stato superato, ma qualcosa era stato fatto nel corso del 2013 per alleviare il fenomeno, e vi erano stati precisi impegni politici volti ad assicurare la normalizzazione in tempi ragionevoli. Cosa che in realtà non è avvenuta, tanto da spingere la Commissione europea ad aprire una procedura d'infrazione contro il nostro Paese, mentre per le imprese la situazione si fa sempre più grave;
    secondo uno studio di associazioni categoria, un'azienda su tre in Italia fallisce per i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, che rappresentano spesso il colpo mortale per realtà già fiaccate dalla lunga crisi;
    tra il 2013 e il 2014 gli ultimi Esecutivi hanno messo a disposizione 56,8 miliardi di euro. Al 21 luglio scorso, ultimo dato aggiornato, sono stati pagati 26,1 miliardi. Pertanto, l'incidenza dei pagamenti effettuati sul totale dei soldi messi a disposizione è pari al 46 per cento;
    stando alle affermazioni rilasciate la settimana scorsa dal Ministro Padoan, la pubblica amministrazione, dal 21 luglio ad oggi, avrebbe pagato altri 5/6 miliardi. Se li aggiungiamo ai precedenti, entro il 21 settembre dovrebbero essere stati onorati 32 miliardi di euro circa, ovvero il 56,3 per cento delle risorse messe a disposizione;
    ma il problema, non è quanto la pubblica amministrazione ha pagato sul totale dei soldi messi a disposizione, ma quanti soldi sono stati dati alle aziende sull'ammontare complessivo del debito contratto dallo Stato nei confronti delle imprese,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, la possibilità di adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di prorogare anche nell'anno 2016 le norme che consentono la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti commerciali e professionali non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità previste dalla normativa vigente, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.
9/2803-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta) Fantinati.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del provvedimento in esame in Commissione (I e V) il gruppo M5s ha presentato un emendamento che chiede la proroga delle detrazioni fiscali ristrutturazioni ed efficienza energetica;
    in edilizia, il mercato del recupero e del rinnovo ha rappresentato, negli anni della crisi, l'unico sbocco per le imprese del settore: gli incentivi per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica, stimolando gli investimenti, hanno rappresentato una fonte di respiro per le imprese del settore e per l'occupazione. Per tali ragioni risulta certamente positivamente la misura di proroga per un anno di tali detrazioni, prevista della legge di stabilità 2015. Appare, tuttavia, una proroga di breve raggio di applicazione e non rispecchia quanto invece annunciato dal Governo rispetto ad una proroga triennale;
    il Rapporto del CRESME evidenzia che grazie agli incentivi fiscali del 65 per cento e del 50 per cento, nel 2013 sono stati realizzati interventi per 27,5 miliardi di euro (+40 per cento sul 2012), di questi 23,5 derivano dagli investimenti in ristrutturazioni (con sgravio al 50 per cento) e circa 4 da investimenti per la riqualificazione energetica (con sgravio 65 per cento). Un dato eccezionale considerando che le stime del Cresme parlavano di investimenti per 19 miliardi di euro a fine 2013. Per il 2014 si prevedono investimenti per 33 miliardi da parte delle famiglie. Sono cifre importanti che valgono il due per cento del Pil. L'ulteriore incremento del 20 per cento dei lavori attivati nel 2013, sia per il recupero edilizio che per l'efficienza energetica è in gran parte legato all'approssimarsi della scadenza della aliquota più vantaggiosa,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di prorogare anche nell'anno 2016 detrazioni fiscali ristrutturazioni ed efficienza energetica come già previste nella legge di stabilità 2015.
9/2803-A/44Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del provvedimento in esame in Commissione (I e V) il gruppo M5s ha presentato un emendamento che chiede la proroga delle detrazioni fiscali ristrutturazioni ed efficienza energetica;
    in edilizia, il mercato del recupero e del rinnovo ha rappresentato, negli anni della crisi, l'unico sbocco per le imprese del settore: gli incentivi per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica, stimolando gli investimenti, hanno rappresentato una fonte di respiro per le imprese del settore e per l'occupazione. Per tali ragioni risulta certamente positivamente la misura di proroga per un anno di tali detrazioni, prevista della legge di stabilità 2015. Appare, tuttavia, una proroga di breve raggio di applicazione e non rispecchia quanto invece annunciato dal Governo rispetto ad una proroga triennale;
    il Rapporto del CRESME evidenzia che grazie agli incentivi fiscali del 65 per cento e del 50 per cento, nel 2013 sono stati realizzati interventi per 27,5 miliardi di euro (+40 per cento sul 2012), di questi 23,5 derivano dagli investimenti in ristrutturazioni (con sgravio al 50 per cento) e circa 4 da investimenti per la riqualificazione energetica (con sgravio 65 per cento). Un dato eccezionale considerando che le stime del Cresme parlavano di investimenti per 19 miliardi di euro a fine 2013. Per il 2014 si prevedono investimenti per 33 miliardi da parte delle famiglie. Sono cifre importanti che valgono il due per cento del Pil. L'ulteriore incremento del 20 per cento dei lavori attivati nel 2013, sia per il recupero edilizio che per l'efficienza energetica è in gran parte legato all'approssimarsi della scadenza della aliquota più vantaggiosa,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, al fine di prorogare anche nell'anno 2016 detrazioni fiscali ristrutturazioni ed efficienza energetica come già previste nella legge di stabilità 2015.
9/2803-A/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge «Sblocca Italia» (decreto-legge n. 133 del 2014) ha introdotto norme che consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi senza individuare alcuna priorità; trasferiscono d'autorità le VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell'ambiente; compiono una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni cui al vigente Titolo V della Costituzione; prevedono una concessione unica per ricerca e coltivazione in contrasto con la distinzione tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi del diritto comunitario; applicano impropriamente e erroneamente la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Ambientale; trasformano forzosamente gli studi del Ministero dell'ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico legato alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in «progetti sperimentali di coltivazione» costituiscono una distorsione rispetto alla tutela estesa dell'ambiente e della biodiversità rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/13/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale;
    attualmente, sono circa un centinaio i progetti in corso di valutazione ambientale, tra permessi di ricerca, concessioni e stoccaggi. Se dovessero andare tutti in porto, magari in deroga ai poteri statali, la terra ed il mare delle regioni italiani potrebbero veder aumentare l'incidenza delle attività petrolifere sul proprio territorio, con percentuali preoccupanti: la Basilicata passerebbe da un 35 per cento di territorio interessato ad un 64 per cento, la Puglia dal 7 per cento al 12 per cento, la Sicilia dal 17 per cento al 37 per cento, la Calabria dal 7 per cento al 14 per cento, la Campania dal 6 per cento al 14 per cento, il Molise dal 26 per cento all'86 per cento, l'Abruzzo dal 26 per cento all'86 per cento, il Lazio dal 19 per cento al 33 per cento, le Marche dal 22 per cento al 26 per cento, la Toscana dal 16 per cento al 19 per cento, l'Emilia Romagna dal 44 per cento al 70 per cento, il Veneto dal 4 per cento al 17 per cento, la Lombardia dal 20 per cento al 38 per cento e il Piemonte dall'8 per cento al 16 per cento;
    in sede di discussione del provvedimento in esame in Commissione (I e V) il gruppo M5s ha presentato un emendamento che chiedeva la sospensione dell'applicazione degli articoli 37 e 38 del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di sospendere l'applicazione degli articoli 37 e 38 del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.
9/2803-A/45Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15, comma 4, del decreto-legge n. 179 del 2012 obbliga, a decorrere dal 30 giugno 2014 (come disposto dall'ultimo «milleproroghe», articolo 9, comma 15-bis, decreto-legge n. 30 dicembre 2013, n. 150), i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito;
    tale norma sta creando notevoli disagi a commercianti, artigiani e liberi professionisti. I costi di installazione e gestione incidono in maniera molto significativa sul fatturato e risultano, in ogni caso, proibitivi per molti piccoli e medi imprenditori, come denunciato anche dalle associazioni di categoria;
    non è in discussione il diritto del consumatore di pagare come meglio crede i propri acquisti, ma il fatto che sia la legge ad imporre agli imprenditori un costo insostenibile; al momento, infatti, a causa delle alte commissioni bancarie previste, i costi dell'introduzione della moneta elettronica ricadono in maniera significativa e del tutto sproporzionata sulle spalle degli imprenditori;
    la norma, dunque, si sta rivelando solo un aggravio per i soggetti interessati, senza produrre alcun beneficio nei confronti dei contribuenti, né tanto meno nei confronti di commercianti, esercenti, professionisti e aziende, destinatari del provvedimento,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di sospendere gli effetti dell'articolo 15, comma 4, del decreto-legge n. 179 del 2012.
9/2803-A/46Della Valle.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge presenta un contenuto ontologicamente omnibus in quanto finalizzato a prorogare disposizioni di legge contenenti termini scaduti o in via di scadenza;
    l'articolo 9 contiene delle disposizioni in materia ambientale;
    il comma 3 del citato articolo in tema Sistri proroga di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2015, il periodo in cui continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi relativi alla responsabilità della gestione dei rifiuti, al catasto dei rifiuti, ai registri di carico e scarico, nonché al trasporto dei rifiuti;
    in relazione ai rifiuti pericolosi il prossimo 18 febbraio entreranno in vigore le nuove disposizioni per la classificazione dei rifiuti stabilite dall'allegato D alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 così come modificate dal decreto-legge n. 91 del 2014 in relazione alla corretta attribuzione del Codice CER;
    tuttavia dal 1o giugno prossimo la disciplina in relazione alla classificazione dei rifiuti sarà completamente riscritta ad opera della Decisione 2014/955/CE che modifica la medesima premessa,

impegna il Governo

a disporre interventi affinché siano applicati i previgenti criteri ai fini della classificazione CER fino alla data del 1o giugno prossimo.
9/2803-A/47Zolezzi, Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge presenta un contenuto ontologicamente omnibus in quanto finalizzato a prorogare disposizioni di legge contenenti termini scaduti o in via di scadenza;
    l'articolo 9 contiene delle disposizioni in materia ambientale tra cui disposizioni in relazione alla gestione dei rifiuti;
    il 10 febbraio 2015 è scaduto il termine entro cui il Presidente del Consiglio dei ministri, in base all'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 cosiddetto «Sblocca Italia» avrebbe dovuto individuare la capacità complessiva di trattamento a livello nazionale di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati, nonché degli impianti di recupero energetico da realizzare per coprire il fabbisogno residuo,

impegna il Governo

a fornire delle indicazioni in ordine alla tempistica di emanazione del suddetto decreto, contestualmente riferendo in ordine al mancato rispetto di cui al comma 1 dell'articolo 35 del citato decreto.
9/2803-A/48Micillo, Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge presenta un contenuto ontologicamente omnibus in quanto finalizzato a prorogare disposizioni di legge contenenti termini scaduti o in via di scadenza;
    l'articolo 9 contiene delle disposizioni in materia ambientale tra cui disposizioni in relazione alla gestione dei rifiuti;
    nelle competenti commissioni I Affari costituzionali e V Bilancio è stata disposta la modifica al comma 1 dell'articolo 9 prorogando al 31 dicembre 2015 l'entrata in vigore del divieto di conferimento in discarica dei rifiuti con potere calorifico inferiore > 15.000 kJ/kg,

impegna il Governo

entro tale data a porre in essere interventi, anche di carattere normativo, finalizzati a promuovere il riutilizzo dei beni, il riciclo dei rifiuti al fine di realizzare materie prime seconde (mps) onde ridurre il quantitativo di rifiuti da destinare allo smaltimento in discarica.
9/2803-A/49Vignaroli, Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge presenta un contenuto ontologicamente omnibus in quanto finalizzato a prorogare disposizioni di legge contenenti termini scaduti o in via di scadenza;
    l'articolo 9 contiene delle disposizioni in materia ambientale tra cui disposizioni in relazione alla gestione dei rifiuti;
    nelle competenti commissioni I Affari costituzionali e V Bilancio è stata disposta la modifica al comma 1 dell'articolo 9 prorogando al 31 dicembre 2015 l'entrata in vigore del divieto di conferimento in discarica dei rifiuti con potere calorifico inferiore > 15.000 kJ/kg,

impegna il Governo

a promuovere il riutilizzo dei beni, il riciclo dei rifiuti al fine di realizzare materie prime seconde (mps) onde ridurre il quantitativo di rifiuti da destinare allo smaltimento in discarica.
9/2803-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Vignaroli, Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 comma 1 del citato decreto interviene attraverso una proroga sul conferimento dei rifiuti in discarica;
    nell'ambito della procedura di infrazione n. 2011/4021, la Commissione europea, con il parere motivato prot. 9026 del 1o giugno 2012, ha fornito dei chiarimenti sui contenuti minimi essenziali che le attività di trattamento devono osservare per essere conformi al dettato comunitario e, con il ricorso depositato il 13 giugno 2013 contro la Repubblica Italiana – registro della Corte numero causa C-323/13 – ha, tra l'altro, rilevato la necessità di un trattamento adeguato anche sui rifiuti residuali provenienti da raccolta differenziata. A tal fine, la Commissione, ha precisato che: 1) «il trattamento dei rifiuti destinati a discarica deve consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurre il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano altresì l'effetto di evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente nonché i rischi per la salute umana»; 2) «... un trattamento che consiste nella mera compressione e/o triturazione di rifiuti indifferenziati da destinare a discarica, e che non includa un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente e i rischi sulla salute umana...»;
    ad agosto del 2013, il Ministro dell'ambiente pro tempore, Andrea Orlando, ha inviato una circolare indirizzata a tutte le Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano affermando che: «per quanto concerne le indicazioni della circolare in merito alla definizione di “trattamento”, alla data del 1o giugno 2012, la trito vagliatura, pur rappresentando un miglioramento della gestione dei rifiuti indifferenziati, non soddisfa, da sola, l'obbligo di trattamento previsto dall'articolo 6, lettera a) della direttiva 1999/31/CE. Tale obbligo, previsto dall'ordinamento nazionale – articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 36 del 2003 – deve necessariamente includere un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della frazione organica»;
    la Corte di Giustizia europea (causa C-323/13), il 15 ottobre 2014, ha condannato l'Italia per non aver adottato tutte le misure necessarie per evitare che una parte dei rifiuti urbani conferiti nelle discariche del SubATO di Roma, ad esclusione di quella di Cecchina, ed in quelle del SubATO di Latina non venga sottoposta ad un trattamento che comprenda un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della loro frazione organica, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto degli articoli 1, paragrafo 1, e 6, lettera a), della direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti, nonché degli articoli 4 e 13 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di modificare il decreto legislativo numero 13 gennaio 2003, n. 36 affinché venga vietato il conferimento in discarica di rifiuti indifferenziati che subiscano esclusivamente processi meccanici di compressione e triturazione;
   a rendere pubbliche le ordinanze contigibili ed urgenti – articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006 – attraverso le quali i presidenti delle regioni ovvero i sindaci, autorizzano il conferimento in discarica di materiale non trattato ai sensi dell'articolo 7 del legislativo numero 13 gennaio 2003, n. 36 e degli articoli 1, paragrafo 1, e 6, lettera a), della direttiva 1999/31/CE.
9/2803-A/50Fico.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    il comma 10 dell'articolo 8 proroga alcuni termini – stabiliti dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto decreto «sblocca Italia») – per l'aggiornamento o la revisione delle concessioni autostradali;
    l'articolo 5, comma 1, del citato decreto, con l'obiettivo di garantire le risorse per gli interventi di potenziamento e adeguamento delle autostrade, nonché per ridurre le tariffe – prevede che i concessionari di tratte autostradali nazionali avviino una procedura di modifica del rapporto concessorio, articolata in due fasi: una prima fase nella quale il concessionario sottopone al Ministro delle infrastrutture le proposte di modifica del rapporto e un nuovo piano economico-finanziario; una seconda fase per la stipula dell'atto aggiuntivo o della convenzione unitaria;
    il decreto in esame dispone lo slittamento del primo termine di sei mesi e del secondo termine di quattro mesi;
    come segnalato nella recente audizione di Raffaele Cantone, presidente dell'autorità nazionale anticorruzione, la disposizione di cui all'articolo 5 del citato decreto-legge n. 133 del 2014, comporta notevoli criticità, tra cui il mancato chiarimento sul rischio di un prolungamento della concessione, senza alcuna contropartita in cambio per il soggetto pubblico e le difficoltà di stabilire un omogeneo trattamento tariffario nei tratti che verrebbero unificati,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di predisporre un intervento legislativo al fine di chiarire i tempi di prolungamento delle concessioni, gli importi investiti e il quadro tariffario della rete autostradale;
   a non concedere ulteriori proroghe della norma sui rapporti concessori prevista dallo sblocca Italia.
9/2803-A/51De Rosa, Terzoni, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    tra le numerose proroghe di termini del provvedimento si segnala l'inspiegabile assenza di una proroga del blocco degli sfratti per morosità incolpevole;
    a questa mancanza ha parzialmente avviato la Commissione, approvando una sorta di «mini-proroga» per 4 mesi del blocco degli sfratti, frutto della riformulazione di diversi emendamenti presentati;
    la disposizione non sembra essere sufficiente ad affrontare il problema ed è necessario che il Governo disponga un ulteriore differimento del termine per alcune categorie sociali,

impegna il Governo

a prorogare al 31 dicembre 2015 il termine previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2008, n. 199.
9/2803-A/52Busto, Terzoni, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    il comma 4 dell'articolo 9 del decreto in esame differiva di due mesi, ossia al 28 febbraio 2015, il termine per l'eventuale attivazione della procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo al fine di accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione europea in ordine all'applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane;
    detta proroga era giudicata decisamente insufficiente e, in sede di esame in Commissione, è stato approvato un emendamento per spostare il termine al 30 settembre 2015;
    appare evidente che il continuo spostamento del termine non risolva il problema ed è necessario superare la logica del commissariamento e riportare la situazione nell'alveo della piena legalità,

impegna il Governo

ad utilizzare questi mesi durante i quali sarà consentita l'attivazione del potere sostitutivo per fornire ai comuni un appropriato supporto tecnico-informativo e gli strumenti necessari al fine di garantire che gli enti locali riescano ad adeguare le proprie reti e i propri impianti al quadro normativo italiano e comunitario.
9/2803-A/53Daga, Terzoni, Busto, De Rosa, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge presenta un contenuto ontologicamente omnibus in quanto finalizzato a prorogare disposizioni di legge contenenti termini scaduti o in via di scadenza;
    l'articolo 9 contiene delle disposizioni in materia ambientale;
    il comma 3 del citato articolo proroga di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2015, il periodo in cui continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi relativi alla responsabilità della gestione dei rifiuti, al catasto dei rifiuti, ai registri di carico e scarico, nonché al trasporto dei rifiuti, antecedenti alla disciplina relativa al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti-SISTRI (si tratta degli adempimenti e degli obblighi disciplinati dal testo del decreto legislativo n. 152 del 2006, cosiddetto codice dell'ambiente nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 205 del 2010, che ha recepito la direttiva 2008/98 sui rifiuti e ha introdotto la disciplina del SISTRI nel citato decreto legislativo n. 152);
    al fine della prosecuzione dei servizi Sistri, all'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, è stata inserita una norma con la quale viene prolungata la durata del contratto che lega il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Selex fino al 31 dicembre 2015;
    entro il 30 giugno 2015, il Ministero dell'ambiente deve avviare le procedure per l'affidamento della concessione del servizio ad altro idoneo soggetto, nel rispetto dei criteri e delle modalità di selezione disciplinati dal codice degli appalti pubblici e dalle norme dell'Unione europea, nonché dei principi di economicità, semplificazione, interoperabilità tra sistemi informatici e costante monitoraggio tecnologico;
    il Ministero dell'ambiente, attraverso la Consip, è chiamato a disporre riguardo ai i contenuti specifici del nuovo contratto di affidamento con la nuova società concessionaria,

impegna il Governo:

   a superare, nell'ambito del nuovo contratto di affidamento e relativo disciplinare per l'individuazione del nuovo soggetto gestore del sistema SISTRI, l'utilizzo delle black-box e delle USB per la tracciabilità del trasporto dei rifiuti, optando per l'utilizzo di tecnologie più avanzate tra cui, ad esempio, dispositivi di localizzazione satellitari già esistenti installati a bordo di automezzi adibiti al trasporto merci, al fine di ridurre l'eccedere di macchinari a bordo veicolo;
   a utilizzare, nell'ambito del nuovo contratto di affidamento e relativo disciplinare per l'individuazione del nuovo soggetto gestore del sistema SISTRI, le tecnologie già presenti a bordo veicolo che consentano di segnalare ogni eventuale attacco/distacco del rimorchio dalla motrice, che ad oggi, in caso di operazioni di distacco del rimorchio non consente di individuare la circolazione dei rifiuti ivi contenuti;
   ad individuare, nell'ambito del nuovo contratto di affidamento e relativo disciplinare per l'individuazione del nuovo soggetto gestore del sistema SISTRI, presso un edificio pubblico la localizzazione dei sistemi hardware e software del sistema di gestione del Sistri ad estendere, nell'ambito del nuovo contratto di affidamento e relativo disciplinare per l'individuazione del nuovo soggetto gestore del sistema SISTRI, l'accesso ai dati del sistema Sistri anche a tutte le forze aventi specifici compiti di polizia giudiziaria;
   ad istituire un tavolo tecnico presso il competente dicastero dell'Ambiente in riferimento al contenuto del contratto di affidamento in oggetto, a cui sia assicurata la partecipazione di ogni soggetto coinvolto nel sistema di tracciabilità, disponendo, altresì, la condivisione degli esiti raggiunti presso le competenti Commissioni ambiente delle Camere.
9/2803-A/54Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli, Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge presenta un contenuto ontologicamente omnibus in quanto finalizzato a prorogare disposizioni di legge contenenti termini scaduti o in via di scadenza;
    l'articolo 9 contiene delle disposizioni in materia ambientale;
    il comma 3 del citato articolo proroga di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2015, il periodo in cui continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi relativi alla responsabilità della gestione dei rifiuti, al catasto dei rifiuti, ai registri di carico e scarico, nonché al trasporto dei rifiuti, antecedenti alla disciplina relativa al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti-SISTRI (si tratta degli adempimenti e degli obblighi disciplinati dal testo del decreto legislativo n. 152 del 2006, cosiddetto codice dell'ambiente nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 205 del 2010, che ha recepito la direttiva 2008/98 sui rifiuti e ha introdotto la disciplina del SISTRI nel citato decreto legislativo n. 152);
    al fine della prosecuzione dei servizi Sistri, all'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, è stata inserita una norma con la quale viene prolungata la durata del contratto che lega il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Selex fino al 31 dicembre 2015;
    entro il 30 giugno 2015, il Ministero dell'ambiente deve avviare le procedure per l'affidamento della concessione del servizio ad altro idoneo soggetto, nel rispetto dei criteri e delle modalità di selezione disciplinati dal codice degli appalti pubblici e dalle norme dell'Unione europea, nonché dei principi di economicità, semplificazione, interoperabilità tra sistemi informatici e costante monitoraggio tecnologico;
    il Ministero dell'ambiente, attraverso la Consip, è chiamato a disporre riguardo ai i contenuti specifici del nuovo contratto di affidamento con la nuova società concessionaria,

impegna il Governo

a superare, nell'ambito del nuovo contratto di affidamento e relativo disciplinare per l'individuazione del nuovo soggetto gestore del sistema SISTRI, l'utilizzo delle black-box e delle USB per la tracciabilità del trasporto dei rifiuti, optando per l'utilizzo di tecnologie più avanzate tra cui, ad esempio, dispositivi di localizzazione satellitari già esistenti installati a bordo di automezzi adibiti al trasporto merci, al fine di ridurre l'eccedere di macchinari a bordo veicolo.
9/2803-A/54. (Testo modificato nel corso della seduta) Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Micillo, Zolezzi, Vignaroli, Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 7 dell'articolo 10 del decreto-legge in esame dispone a proroga della non applicazione dell'aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT alle locazioni passive di immobili utilizzati dalle amministrazioni pubbliche, inserite nell'elenco ISTAT, nonché dalle Authorities e dalla Consob, norma all'epoca introdotta con l'articolo 3 del decreto-legge «Spending review» n. 95 del 2012;
    la norma produrrà economie di spesa nell'anno 2015, ma la Relazione Tecnica, allegata al disegno di legge C. 2803, non indica l'ammontare dei maggiori risparmi di spesa, quindi non li considera ai fini degli effetti finanziari come maggiori entrate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti per destinare il maggior gettito correlato alle norme in premessa al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
9/2803-A/55Luigi Di Maio.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge in titolo;
   premesso che:
    il comma 2, dell'articolo 1, come disposto dal comma 1, lettera b) proroga al 31 dicembre 2015 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi nell'anno 2013 In particolare:
     1) ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 2 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (convertito nella legge il agosto 2014, n. 114) si prevede quanto segue:
      a) la facoltà ad assumere è fissata nella misura del 40 per cento per l'anno 2015, del 60 per cento per l'anno 2016, dell'80 per cento per l'anno 2017, del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018. Ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al compatto della scuola e alle università si applica la normativa di settore;
      b) gli enti di ricerca, la cui spesa per il personale di ruolo del singolo ente non superi l'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, possono procedere, per gli anni 2014 e 2015, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 50 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente. La misura fissata corrisponde al 60 per cento nell'anno 2016, dell'80 per cento nell'anno 2017 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018. A decorrere dal 1o gennaio 2014 non si tiene conto del criterio di calcolo di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ovvero del maturato economico nell'ambito del computo delle retribuzioni del personale cessato e di quello neo assunto;
     2) ai sensi dell'articolo 66, commi 9-bis e 13-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133) sono previste le seguenti disposizioni:
      a) il comma 9-bis prevede che i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono procedere, sulla base delle effettive necessità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari al venti per cento per il triennio 2012-2014, del cinquanta per cento nell'anno 2015 e del cento per cento a decorrere dall'anno 2016, corrispondente alle unità del personale cessato nel corso dell'anno precedente;
      b) il comma 13-bis prevede che le università statali, per il biennio 2012-2013 procedano ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al venti per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. La predetta facoltà è fissata nella misura del 50 per cento per gli anni 2014 e 2015, del 60 per cento per l'anno 2016, dell'80 per cento per l'anno 2017 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018. In base al terzo periodo del comma in commento, le università virtuose possono derogare dalle misure, previste al secondo periodo, procedendo, ai sensi della legge n. 240 del 2010, articolo 24, comma 3, lettere a) e b), all'assunzione di ricercatori con contratti di durata triennale (rinnovabili per soli due anni) e triennale (non rinnovabili, riservati ai contrattisti che abbiano già usufruito dei contratti triennali, rinnovati per ulteriori due anni), ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, abbiano usufruito di assegni di ricerca, o di borse post-dottorato, o di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri. Tale facoltà può essere esercitata anche utilizzando le cessazioni avvenute nell'anno precedente riferite ai ricercatori di cui al citato articolo 24, comma 3, lettera a), già assunti a valere sulle facoltà assunzionali previste dal comma 13-bis, secondo periodo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare, nell'ambito dell'esame di futuri provvedimenti di natura economico-fiscale, le limitanti percentuali di spesa, al fine di procedere da dicembre 2015, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato corrispondente al 100 per cento delle unità del personale cessato nel corso dell'anno.
9/2803-A/56Corda.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame di conversione in legge, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, vengono disposte proroghe in materia di contratti di solidarietà;
    tenuto conto della oramai improrogabile esigenza di addivenire a strumenti di protezione sociale che abbiano il carattere della universalità,

impegna il Governo

a porre in essere nell'immediato ogni iniziativa, anche di carattere legislativo, volta a favorire entro l'anno 2015 l'introduzione del c.d Reddito di Cittadinanza.
9/2803-A/57Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame di conversione in legge, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, vengono disposte proroghe in materia di contratti di solidarietà;
    negli ultimi anni di crisi: secondo i dati di tutti gli osservatori dedicati, nel 2013 è stata fatta richiesta da parte di circa 1.977 aziende in Italia, per il ricorso ai contratti di solidarietà, una cifra aumentata del 25 per cento nel giro di due anni. Complice il fatto che il raggiungimento di un'intesa con i dipendenti è relativamente più facile di quando sono in gioco altre misure più estreme. Anche perché buona parte del salario perso, a fronte delle ore lavorate in meno da tutti i dipendenti per evitare licenziamenti, viene restituita ai lavoratori. Tuttavia negli ultimi anni la percentuale recuperata si è andata sempre più assottigliando per via delle decisioni degli ultimi governi, proprio mentre le aziende che ricorrono ai contratti di solidarietà sono andate progressivamente aumentando,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad elevare entro l'anno 2015 la misura del trattamento dell'integrazione salariale per i contratti di solidarietà fino alla soglia dell'80 per cento.
9/2803-A/58Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame di conversione in legge, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, vengono disposte proroghe in materia di contratti di solidarietà;
    negli ultimi anni di crisi: secondo i dati di tutti gli osservatori dedicati, nel 2013 è stata fatta richiesta da parte di circa 1.977 aziende in Italia, per il ricorso ai contratti di solidarietà, una cifra aumentata del 25 per cento nel giro di due anni;
    l'atto in esame ha disposto l'ampliamento di risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione che saranno destinate, in via prioritaria, ai trattamenti dovuti nell'anno 2015, in forza di contratti di solidarietà stipulati nel 2014. Vengono garantiti, in questo modo, l'integrazione al reddito per i cosiddetti contratti di tipo A per le aziende dove è prevista anche la cassa integrazione e certezza di risorse per i contratti stipulati nelle aziende artigiane e in quelle in cui non è previsto l'accesso alla cassa integrazione;
    tenuto conto dell'attuale importanza del ricorso a tale ammortizzatore sociale, nelle more dell'auspicata approvazione di una legge che introduca il reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

a monitorare, nel persistente quadro di crisi economica, l'effettiva sussistenza delle risorse stanziate e/o di quelle ancora da stanziarsi al fine di garantire con certezza il ricorso agli ammortizzatori sociali previsti dalla normativa vigente con riferimento specifico ai contratti di solidarietà.
9/2803-A/59Chimienti.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge in titolo;
   premesso che:
    i commi da 1 a 5 dell'articolo 1 rendono disponibili anche per il 2015 le risorse per le assunzioni riferite ad anni precedenti non utilizzate nei tempi previsti;
    in particolare, la lettera a) del sopra citato comma 1, proroga al 31 dicembre 2015 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui all'articolo 1, commi 523, 527 e 643, della legge n. 296 del 2006 e all'articolo 66, comma 3 del decreto-legge n. 112 del 2008, riferite a budget del 2008 e del 2009. Le disposizioni richiamate pongono limiti alle assunzioni di personale e alla stabilizzazione di lavoratori precari per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    la lettera b) del medesimo comma proroga al 31 dicembre 2015 il termine, prorogato da ultimo dal decreto-legge n. 150 del 2013, per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, da parte di specifiche amministrazioni, in relazione alle cessazioni verificatesi negli anni dal 2009 al 2012, di cui all'articolo 3, comma 102, della legge n. 244 del 2007, che prevede limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per il quinquennio 2010-2014, per le suddette amministrazioni, ad eccezione dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e all'articolo 66, commi 9-bis, 13, 13-bis e 14, del decreto-legge n. 112 del 2008, che prevede un regime speciale in materia di turn over a favore dei soli Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e degli enti di ricerca,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di autorizzare entro dicembre 2015, con decorrenza dal 1o ottobre 2014, l'immissione nei ruoli della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, di tutto il personale giudicato idoneo e utilmente collocato nelle graduatorie relative ai concorsi espletati a decorrere dal 2008 e rientrante nella fattispecie di cui all'articolo 2199, comma 4, lettera b), punti 1), 2) e 3), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, anche qualora non sia concluso il servizio nelle Forze armate in qualità di volontario in ferma prefissata quadriennale di cui al comma 4, lettera b), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
9/2803-A/60Lombardi.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga dei termini previsti da disposizioni legislative,
   premesso che:
    l'articolo 1 e 2, recano disposizioni in materia di proroghe di termini nelle pubbliche amministrazioni considerato che:
    la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) al comma 424 e 425 ha previsto l'obbligo per le Regioni ed enti locali di destinare, per gli anni 2015 e 2016, tutte le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all'immissione nei ruoli dei «vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate» entro il 10 gennaio 2015;
    esauriti i vincitori, lo spazio assunzionale che rimane deve essere destinato ad assorbire i dipendenti delle Province che non hanno trovato posto nell'area vasta o in Regione;
    l'articolo 4, comma 3, del decreto legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito in legge 30 ottobre 2013 n. 125 prevede l'obbligo di scorrere le graduatorie dei concorsi pubblici verificando la possibilità della previa assunzione degli idonei dei concorsi pubblici;
    l'articolo 1, comma 6, del decreto legge in esame ha allungato i termini al 31 dicembre 2015 per consentire alle province di prorogare i contratti col personale precario fino alla predetta data;
    occorre intervenire per salvaguardare anche le assunzioni degli idonei che vengono completamente esclusi da qualsiasi assunzione per gli anni 2015 e 2016 a dispetto dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito in legge 30 ottobre 2013 n. 125,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure opportune – anche di tipo normativo – per garantire e/o salvaguardare l'assunzione e lo status degli idonei dei concorsi pubblici, con riferimento alle graduatorie in vigore anche prevedendo l'opportunità di prorogare fino al 2018 l'efficacia delle graduatorie ancora in vigore.
9/2803-A/61Ciprini.


   La Camera dei Deputati,
   esaminato il disegno di legge in titolo;
   premesso che:
    il comma 5 dell'articolo 1 dispone che le risorse per le assunzioni prorogate ai sensi dei commi 1, lettera b), e 2, per le quali non sia stata presentata, entro la data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, apposita richiesta alle amministrazioni competenti, saranno utilizzate, previa ricognizione da parte del Dipartimento della funzione pubblica, per la realizzazione di percorsi di mobilità del personale degli enti di area vasta di cui alla legge n. 56 del 2014, identificati, con le province;
    il comma in commento fa salve le assunzioni in favore dei vincitori di concorso, del personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e del personale non amministrativo degli enti di ricerca;
   valutato che:
    le norme in commento creano una disparità di trattamento con i titolari di rapporti flessibili che sono stati già prorogati al 2018, sebbene l'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 101 del 31 agosto 2013 convertito con modificazioni dalla legge 125 del 30 ottobre, proroghi l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato al 2016,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di prorogare al 2018 le graduatorie di cui al citato articolo 4, comma 4 del decreto legislativo n. 101 del 31 agosto 2013, convertito con modificazioni dalla legge 125 del 30 ottobre 2013.
9/2803-A/62Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 424 della legge di stabilità 2015 prevede che le regioni e gli enti locali, destinino, per gli anni 2015 e 2016, le risorse disponibili sia per le assunzioni a tempo indeterminato, sia all'immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della Stabilità 2015, nonché alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere per i sopra citati anni 2015 e 2016 la contestuale immissione nei ruoli dei destinatari di procedure di stabilizzazione, a domanda, del personale non dirigenziale, assunto per supplire alla carenza di dotazione organica, con procedure ad evidenza pubblica, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato della durata di 36 mesi e i cui contratti di lavoro siano stati oggetto negli ultimi cinque anni di una serie continua e costante di rinnovi e proroghe, istituendo eventualmente, nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito fondo per il finanziamento di interventi a favore della stabilizzazione di detti precari.
9/2803-A/63Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 6 dell'articolo i dispone che le sole province, per comprovate necessità, possono prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato fino al 31 dicembre 2015, in luogo del 31 dicembre 2014, termine originariamente previsto dall'articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 101 del 2013, in relazione alle necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi, pur tuttavia subordinando tali proroghe al «rispetto dei vincoli finanziari del patto di stabilità interno e della vigente normativa di contenimento della spesa del personale»;
    alla luce della riduzione del 50 per cento del costo della dotazione organica a carico delle province, nonché del 30 per cento a carico delle città metropolitane e delle province montane, nessuno dei predetti enti potrà prorogare legittimamente i contratti a favore dei precari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative consentire la deroga dai vincoli di spesa vigenti.
9/2803-A/64Tofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 9 della legge n. 243 del 2004 prevede in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180. Entro il 31 dicembre 2015 il Governo verifica i risultati della predetta sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare al 31 dicembre 2016 tale diritto, inserendo tra i beneficiari le lavoratrici i cui requisiti anagrafici e contributivi, ai fini dell'accesso al regime pensionistico, maturano entro e non oltre il suddetto termine del 31 dicembre 2016, e per le quali viene pertanto esclusa l'applicazione della disciplina in materia di decorrenze del trattamento pensionistico di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, e della disciplina dell'adeguamento dei requisiti di accesso alla pensione agli incrementi della speranza di vita di cui alla legge 15 luglio 2011, n. 111.
9/2803-A/65Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    il comma 1 dell'articolo 3, nel sostituire il comma 5 dell'articolo 3-quinquies del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, e successive modificazioni dispone quanto segue: «5. Al fine di favorire l'innovazione tecnologica, a partire dal 1o gennaio 2013 per gli apparecchi atti a ricevere servizi radiotelevisivi venduti dalle aziende produttrici ai distributori di apparecchiature elettroniche al dettaglio sul territorio nazionale non si richiede la presenza di un sintonizzatore analogico. Al fine di assicurare ai consumatori la migliore qualità di visione dell'alta definizione, a partire dal 1o luglio 2016 gli apparecchi atti a ricevere servizi radiotelevisivi venduti dalle aziende produttrici ai distributori di apparecchiature elettroniche al dettaglio sul territorio nazionale integrano un sintonizzatore digitale per la ricezione di programmi in tecnologia DVB-T2 con tutte le codifiche approvate nell'ambito dell'Unione internazionale delle comunicazioni (ITU). Per le medesime finalità, a partire dal 1o gennaio 2017 gli apparecchi atti a ricevere servizi radiotelevisivi venduti ai consumatori nel territorio nazionale integrano un sintonizzatore digitale per la ricezione di programmi in tecnologia DVB-T2 con tutte le codifiche approvate nell'ambito dell'ITU. Per le successive evoluzioni delle codifiche, gli obblighi previsti dal presente comma decorrono rispettivamente dal diciottesimo e dal ventiquattresimo mese successivi all'approvazione da parte dell'ITU. Con regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono indicate le codifiche che devono considerarsi tecnologicamente superate, in ordine alle quali non sussistono gli obblighi previsti dal presente comma»;
    tale disposizione è idonea in quanto tale a rallentare il processo di passaggio alla tecnologia DVB-T2 per la ricezione dei servizi radiotelevisivi e risulta funzionale a ritardare il rilascio da parte dei fornitori di servizi media audiovisivi della banda di frequenza 700 Mhz in favore degli operatori di servizi di telecomunicazioni mobili,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche presso le competenti sedi europee e internazionali, al fine di favorire entro il 2020 la dismissione della banda di frequenza 700 Mhz da parte degli operatori di servizi media audiovisivi in favore degli operatori di servizi di telecomunicazioni mobili in modo da contribuire al superamento del digital divide che caratterizza il nostro Paese.
9/2803-A/66Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    l'articolo 3-quinquies del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento» convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 è intervenuto sul sistema di determinazione dei contributi annuali per l'utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri;
    con la delibera 494/14/Cons del 30 settembre 2014 l'Autorità per le garanzie delle comunicazioni, ha fissato i «Criteri per la fissazione da parte del Ministero dello sviluppo economico dei contributi annuali per l'utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri»;
    tale modifica legislativa ha determinato una significativa riduzione dei contributi dovuti dagli operatori verticalmente integrati rispetto ai livelli dell'anno 2013;
    si stima che tale risparmio possa essere quantificato per RAI in 23 milioni e per Mediaset in 17 milioni di euro;
    con decreto del 29 dicembre 2014 il Sottosegretario di Stato al Ministero dello Sviluppo economico, in via transitoria, ha stabilito che: «(...) nelle more della determinazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, con successivo decreto, dei contributi per l'utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri, gli operatori di rete sono tenuti a versare entro il 31 gennaio 2015, a titolo di acconto del contributo dovuto per l'esercizio finanziario 2014, una somma pari al 40 per cento di quanto versato nell'anno 2013»;
    in sede di conversione del decreto-legge in parola il Governo aveva presentato un emendamento volto a determinare il livello dei contributi dovuti a quanto versato dagli operatori nel 2013;
    tale emendamento è stato ritirato e, pertanto, la riduzione dei contributi dovuti e il conseguente minor gettito per l'erario dello Stato appare confermata,

impegna il Governo

ad operare un riordino complessivo della materia determinando un livello dei contributi dovuti dagli operatori congruo rispetto alle risorse pubbliche date in concessione.
9/2803-A/67De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    il comma 2 dell'articolo 3 prevede la proroga al 31 marzo 2015 il termine per far valere il credito di imposta sul 50% ai fini IRES e IRAP per investimenti in banda ultralarga in zone svantaggiate previsto dal decreto cosiddetto Sblocca Italia;
    tale misura, anche in assenza di alcuna analisi di impatto della stessa, appare insufficiente nell'ottica di riduzione del digital divide infrastrutturale che caratterizza il nostro Paese,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa volta a valorizzare e potenziare le risorse infrastrutturali esistenti attraverso un intervento pubblico che conduca alla costituzione di una rete di proprietà pubblica.
9/2803-A/68Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame contiene proroghe di termini relativi ad interventi emergenziali ma risultano essere state tralasciate alcune questioni che riguardano gli edifici inagibili ubicati nelle zone colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012;
    con il decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, così come convertito in legge, si è stabilito che i suddetti fabbricati, danneggiati dal sisma e non agibili, non concorrono alla formazione del reddito ai fini del pagamento dell'IRPEF e dell'imposta sul reddito delle società fino all'anno di imposta 2013, mentre, così come stabilito nell'ultima legge di stabilità, sono esenti dall'IMU fino al 30 giugno 2015;
    considerato però che la ricostruzione è andata a rilento sarebbe opportuno prevedere una proroga dei suddetti termini,

impegna il Governo

a prevedere, in un prossimo provvedimento, l'esclusione dei suddetti fabbricati dall'imponibile e l'esenzione dall'imposta municipale fino al ripristino dell'agibilità o a prevedere quantomeno una proroga dei termini previsti dall'articolo 8, comma 3, del decreto legge 6 giugno 2012, n. 74.
9/2803-A/69Dell'Orco.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    il provvedimento, al comma 1 dell'articolo 8, prevede la proroga al 31 dicembre 2015 del termine per l'emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti relativo alle disposizioni attuative per impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente (NCC);
    il termine originario per l'adozione di questo decreto ministeriale era stato fissato al 25 maggio 2010 con l'articolo 2, comma 3, del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, su misure tributarie urgenti, che successivamente ha subito innumerevoli proroghe;
    al fine di regolamentare puntualmente tale settore e risolvere le controversie nel rispetto delle istanze di ciascuna parte,

impegna il Governo

ad emanare il decreto attuativo di cui in parola previa audizione dei rappresentati delle categorie interessate al fine di dotarsi di una disciplina che sappia coniugare in un quadro armonico l'innovazione nel settore con la lotta all'abusivismo.
9/2803-A/70Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    il comma 10 dell'articolo 8 proroga di quattro-sei mesi i termini per l'aggiornamento o la revisione delle concessioni autostradali, stabiliti dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 133 del 2014;
    suddetto termine per l'aggiornamento e la revisione delle concessioni autostradali sarebbe stato introdotto dal governo, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, con l'obiettivo di assicurare gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento e adeguamento delle autostrade nazionali, nonché per assicurare tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti;
    quanto disposto dall'articolo 5 del decreto-legge 133 del 2014 è stato oggetto di forti critiche da parte dell'Unione europea che ha chiesto al governo italiano di fornire approfondimenti sulla natura e sulla portata delle modifiche contrattuali che con la norma di cui in parola autorizza,

impegna il Governo

ad assicurarsi che la disposizione in oggetto non rappresenti meramente una proroga automatica delle concessioni in scadenza e che piuttosto assicuri delle condizioni di accesso realmente più favorevoli per gli utenti.
9/2803-A/71Nicola Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca numerose proroghe di termini previste da disposizioni legislative;
    il comma 10 dell'articolo 8 proroga di quattro-sei mesi i termini per l'aggiornamento o la revisione delle concessioni autostradali, stabiliti dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 133 del 2014;
    suddetto termine per l'aggiornamento e la revisione delle concessioni autostradali è stato introdotto dal governo con l'obiettivo di assicurare gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento e adeguamento delle autostrade nazionali, nonché per assicurare tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti;
    quanto disposto dall'articolo 5 del decreto-legge 133 del 2014 è stato oggetto di forti critiche da parte dell'Unione europea che ha chiesto al governo italiano di fornire approfondimenti sulla natura e sulla portata delle modifiche contrattuali che con la norma di cui in parola autorizza;
    la disposizione in parola consente l'approvazione di significative modifiche ai contratti di concessione in essere per quanto concerne sia i lavori da realizzare, sia la tariffazione, in netto contrasto con quanto disposto dall'Unione europea che, piuttosto, limita l'ammissione delle modifiche contrattuali solo in presenza di lavori ritenuti necessari,

impegna il Governo

a rivedere la normativa in questione al fine di assicurarne la compatibilità con la normativa comunitaria in materia di contratti pubblici e di evitare di incorrere in una procedura di infrazione, assicurando l'approvazione di modifiche ai contratti di concessione esistenti esclusivamente in presenza di interventi ritenuti necessari a seguito di eventi imprevisti e non per la realizzazione di lavori complementari.
9/2803-A/72Carinelli.


   La Camera
   premesso che:
    il decreto legislativo 233 del 1999, di riordino degli organi collegiali della scuola a livello nazionale e territoriale, ha istituito il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), in sostituzione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), istituito con decreto del Presidente della Repubblica 416 del 1974 e disciplinato dagli articoli 23 e ss. del decreto legislativo 297 del 1994. L'articolo 8, comma 1, del medesimo decreto legislativo 233 del 1999 ha, tuttavia, assicurato l'operatività degli organi esistenti fino all'insediamento dei nuovi;
    fino al 31 dicembre 2012 è rimasto operativo il CNPI: in tale data, infatti, è spirata l'ultima proroga disposta con l'articolo 14 del decreto-legge 216 del 2011 (legge 14 del 2012): pertanto, a decorrere da tale data, le funzioni del CNPI sono definitivamente cessate. Il CNPI, costituito da 74 membri, esprimeva pareri obbligatori e in alcuni casi vincolanti su materie fissate dalla legge e, in particolare, su provvedimenti riguardanti il personale scolastico (trasferimenti, decadenza, dispensa, riammissione in servizio) e su questioni di programmazione. Formulava, inoltre, proposte ed esprimeva pareri obbligatori in ordine alla sperimentazione scolastica a livello locale e nazionale;
    dopo lo spirare del termine ultimo di operatività del CNPI, l'articolo 23-quinquies del decreto-legge 90 del 2014 (legge 114 del 2014), nelle more del riordino e della costituzione degli organi collegiali della scuola, ha fatto salvi gli atti e i provvedimenti (fino ad allora) adottati in assenza del parere dello stesso CNPI, stabilendo, al contempo, che, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge e fino al 30 marzo 2015, i pareri obbligatori e facoltativi che il suddetto organo doveva esprimere, non sono dovuti;
    il provvedimento all'esame, all'articolo 6, comma 1, dispone, alla lettera a), la proroga (dal 30 marzo 2015) al 31 dicembre 2015 del termine entro il quale sono da considerarsi non dovuti i pareri (obbligatori e facoltativi) dell'organo collegiale consultivo nazionale della scuola, il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI); a tal fine, modifica l'articolo 23-quinquies, commi 1 e 2, del decreto-legge 90 del 2014 (legge 114 del 2014),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata al fine di intervenire anche con successive iniziative legislative, affinché il termine previsto entro il quale sono da considerarsi non dovuti i pareri (obbligatori e facoltativi) dell'organo collegiale consultivo nazionale della scuola, fissato al 31 dicembre 2015, sia anticipato e non vada in ogni caso oltre il 30 giugno 2015.
9/2803-A/73Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, dispone in materia di contenimento della spesa delle federazioni sportive nazionali;
    in particolare, l'articolo 13 differisce ulteriormente (dal 1o gennaio 2015) al 1o gennaio 2016 l'applicazione alle federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI delle norme in materia contenimento della spesa a carico delle amministrazioni pubbliche;
    la disposizione suddetta, fa un generico riferimento alle «norme di contenimento delle spese previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni»;
    appare necessario specificare le norme di cui si intende differire l'applicazione e, inoltre, occorrerebbe precisare la platea dei destinatari, dal momento che la natura giuridica delle federazioni sportive non è omogenea e dunque, occorrerebbe chiarire se il differimento riguardi solo le federazioni incluse nell'elenco delle amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

ad intervenire nelle sedi opportune affinché il differimento al 1o gennaio 2016, citato in premessa, non si applichi alle Federazioni sportive nel cui organo direttivo sia presente almeno un membro che abbia riportato una condanna anche non definitiva.
9/2803-A/74Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, dispone in materia di contenimento della spesa delle federazioni sportive nazionali;
    in particolare, l'articolo 13 differisce ulteriormente (dal 1o gennaio 2015) al 1o gennaio 2016 l'applicazione alle federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI delle norme in materia contenimento della spesa a carico delle amministrazioni pubbliche;
    la disposizione suddetta, fa un generico riferimento alle «norme di contenimento delle spese previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni»;
    appare necessario specificare le norme di cui si intende differire l'applicazione e, inoltre, occorrerebbe precisare la platea dei destinatari, dal momento che la natura giuridica delle federazioni sportive non è omogenea e dunque, occorrerebbe chiarire se il differimento riguardi solo le federazioni incluse nell'elenco delle amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

ad intervenire nelle sedi opportune affinché il differimento, al 1o gennaio 2016, citato in premessa, non si applichi alle Federazioni sportive nel cui organo direttivo sia presente almeno un membro che abbia riportato una condanna definitiva.
9/2803-A/75Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame prevede norme concernenti il settore dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica;
    in particolare, il comma 3, lettera a), estende agli studenti iscritti nell'anno accademico 2014-2015 presso le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) la possibilità di fruire dei premi previsti dall'articolo 3 del decreto-legge 104 del 2013 (legge 128 del 2013);
    più precisamente, la lettera a) modifica l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 104 del 2013 (legge 128 del 2013) – che ha disposto l'erogazione dei citati premi (cumulabili con le borse di studio assegnate ai sensi del decreto legislativo 68 del 201243) in favore degli studenti iscritti nell'a.a. 2013-2014 presso le istituzioni AFAM inserendovi anche il riferimento agli studenti iscritti nell'a.a. 2014-2015;
    al riguardo, la relazione tecnica precisa che la norma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto si limita a prorogare l'utilizzo delle risorse a disposizione delle istituzioni AFAM per la concessione di premi agli studenti iscritti nell'anno accademico in corso;
    le risorse stanziate dalla relativa autorizzazione di spesa - originariamente fissate in 3 milioni di euro per il 2014 (articolo 3, comma 4, decreto-legge 104 del 2013) e successivamente ridotte a 1 milione di euro 44 – non risulterebbero utilizzabili nell'anno 2015, in quanto non preventivamente impegnate,

impegna il Governo

ad intervenire, al fine di consentire l'effettiva utilizzabilità delle risorse stanziate, e non ancora impegnate, per l'erogazione dei premi in favore degli studenti delle istituzioni AFAM, prevedendo anche il differimento del termine per l'emanazione dei bandi e quello per la comunicazione delle graduatorie.
9/2803-A/76Di Benedetto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, ha disposto il trasferimento del personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello stato. Alla disposizione è stata data attuazione con il decreto interministeriale 23 luglio 1999. In particolare, la premessa del decreto interministeriale, per quanto qui interessa, considerava: che gli enti locali provvedevano al reclutamento di personale a tempo determinato (supplenti) che, pur non transitando nei ruoli statali, costituiva uno degli elementi necessari ad assicurare il servizio, il cui onere andava dunque assunto dallo Stato per effetto dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999; che in alcune realtà gli enti locali avevano assunto l'onere di fornitura di personale ATA alle scuole mediante la stipula di contratti di appalto; che, conseguentemente, lo Stato, al fine di assicurare il servizio nelle scuole, doveva subentrare nelle tre funzioni (posti coperti da personale di ruolo, supplenti e contratti). In particolare, sempre per quanto qui interessa, l'articolo 9 del decreto interministeriale ha disposto il subentro dello Stato nei contratti stipulati dagli enti locali alla data del 24 maggio 1999, ed eventualmente rinnovati in data successiva, per la parte con la quale erano state assicurate le funzioni ATA per le scuole statali, in luogo dell'assunzione di personale dipendente;
    la legge di stabilità 2014 all'articolo 1, comma 745, ha autorizzato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a prorogare per l'anno 2014 i rapporti convenzionali in essere attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti locali (ex articolo 8 della legge n. 124 del 1999), e prorogati ininterrottamente (fino al 31 dicembre 2013), per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico. In base a notizie di stampa, la proroga riguarda 519 soggetti. L'articolo 8 della legge n. 124 del 1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) già dipendente degli enti locali in servizio negli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado;
    nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotta all'articolo 6, commi 6-bis e 6-ter, una nuova proroga delle medesime convenzioni per l'anno 2015 e si è, inoltre, stabilito che il Governo dovrà attivare un tavolo di confronto tra le amministrazioni interessate, gli enti locali e i sindacati al fine di individuare soluzioni normative e amministrative tali da risolvere i problemi occupazionali connessi alla gestione dell'appalto,

impegna il Governo

ad attivare un unico tavolo di confronto al fine di individuare soluzioni per risolvere i problemi occupazionali connessi a tutte le convenzioni relative al personale ATA in essere sul territorio nazionale anche valutando l'opportunità di internalizzare i servizi.
9/2803-A/77Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, ha disposto il trasferimento del personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello stato. Alla disposizione è stata data attuazione con il decreto interministeriale 23 luglio 1999. In particolare, la premessa del decreto interministeriale, per quanto qui interessa, considerava: che gli enti locali provvedevano al reclutamento di personale a tempo determinato (supplenti) che, pur non transitando nei ruoli statali, costituiva uno degli elementi necessari ad assicurare il servizio, il cui onere andava dunque assunto dallo Stato per effetto dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999; che in alcune realtà gli enti locali avevano assunto l'onere di fornitura di personale ATA alle scuole mediante la stipula di contratti di appalto; che, conseguentemente, lo Stato, al fine di assicurare il servizio nelle scuole, doveva subentrare nelle tre funzioni (posti coperti da personale di ruolo, supplenti e contratti). In particolare, sempre per quanto qui interessa, l'articolo 9 del decreto interministeriale ha disposto il subentro dello Stato nei contratti stipulati dagli enti locali alla data del 24 maggio 1999, ed eventualmente rinnovati in data successiva, per la parte con la quale erano state assicurate le funzioni ATA per le scuole statali, in luogo dell'assunzione di personale dipendente;
    la legge di stabilità 2014 all'articolo 1, comma 745, ha autorizzato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a prorogare per l'anno 2014 i rapporti convenzionali in essere attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti locali (ex articolo 8 della legge n. 124 del 1999), e prorogati ininterrottamente (fino al 31 dicembre 2013), per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico. In base a notizie di stampa, la proroga riguarda 519 soggetti. L'articolo 8 della legge n. 124 del 1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) già dipendente degli enti locali in servizio negli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado;
    nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotta all'articolo 6, commi 6-bis e 6-ter, una nuova proroga delle medesime convenzioni per l'anno 2015 e si è, inoltre, stabilito che il Governo dovrà attivare un tavolo di confronto tra le amministrazioni interessate, gli enti locali e i sindacati al fine di individuare soluzioni normative e amministrative tali da risolvere i problemi occupazionali connessi alla gestione dell'appalto,

impegna il Governo

al fine di stabilizzare una situazione che si trascina sin dal 1999 per mezzo di proroghe disposte in emergenza, ad attivare al più presto il tavolo di cui all'articolo 6, commi 6-bis e 6-ter, del provvedimento in esame, si da addivenire ad una soluzione definitiva entro e non oltre il 30 giugno 2015.
9/2803-A/78D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo 163 del 2006 ha disposto che i comuni non capoluogo di provincia debbano procedere agli appalti di lavori tramite accordi consortili tra comuni ovvero mediante unioni di comuni;
    l'articolo 23-bis, commi 1 e 2, del decreto legge 90 del 2014 ha stabilito che per l'acquisizione di lavori la norma di cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo 163 del 2006 entra in vigore il 1o luglio 2015;
    l'articolo 6, commi 4 e 5, del provvedimento in esame ha prorogato il termine entro cui i Comuni devono procedere all'aggiudicazione provvisoria dei lavori di edilizia scolastica al 28 febbraio 2015;
    i lavori, di cui al decreto ministeriale che recentemente ha destinato 900 milioni per l'edilizia scolastica e che prevede l'affidamento definitivo entro il 30 settembre 2015, rischierebbero di essere pregiudicati dall'entrata in vigore del decreto legislativo 163 del 2006 perché si dovrebbe applicare una procedura diversa per l'affidamento dei lavori,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative normative necessarie al fine di escludere l'applicazione della norma agli interventi in materia di edilizia scolastica da affidarsi entro il 30 settembre 2015.
9/2803-A/79Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo 163 del 2006 ha disposto che i comuni non capoluogo di provincia debbano procedere agli appalti di lavori tramite accordi consortili tra comuni ovvero mediante unioni di comuni;
    l'articolo 23-bis, commi 1 e 2, del decreto legge 90 del 2014 ha stabilito che per l'acquisizione di lavori la norma di cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo 163 del 2006 entra in vigore il 1o luglio 2015;
    l'articolo 6, commi 4 e 5, del provvedimento in esame ha prorogato il termine entro cui i Comuni devono procedere all'aggiudicazione provvisoria dei lavori di edilizia scolastica al 28 febbraio 2015;
    i lavori, di cui al decreto ministeriale che recentemente ha destinato 900 milioni per l'edilizia scolastica e che prevede l'affidamento definitivo entro il 30 settembre 2015, rischierebbero di essere pregiudicati dall'entrata in vigore del decreto legislativo 163 del 2006 perché si dovrebbe applicare una procedura diversa per l'affidamento dei lavori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le iniziative normative necessarie al fine di escludere l'applicazione della norma agli interventi in materia di edilizia scolastica da affidarsi entro il 30 settembre 2015.
9/2803-A/79. (Testo modificato nel corso della seduta) Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha stabilito che i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge sono fatti salvi fino al 31 ottobre 2014 (o fino alla loro scadenza, se anteriore), mentre i trattenimenti in servizio disposti ma non ancora efficaci alla data di entrata in vigore del decreto-legge sono revocati;
    il comparto scuola ha subito blocchi stipendiali continui che non hanno permesso il raggiungimento dei gradoni desiderati e dunque di maturare il massimo della pensione;
    il medesimo comparto ha subito l'applicazione della riforma Fornero con criteri iniqui essendo stati gli stessi discriminati dalle peculiarità dello stesso comparto. La questione nota come «Quota 96» riguarda 4.000 docenti che avevano maturato tutti i requisiti per andare in pensione con il sistema previgente. Requisiti che, stando alla legge 247 del 2007, si ottenevano sommando l'età anagrafica e l'anzianità contributiva: 60 anni di età e 36 di servizio o con 61 di età e 35 di servizio. I «Quota 96» non ottennero il pensionamento perché la novella indicava come limite tra i vecchi e i nuovi criteri pensionistici il 31 dicembre 2011 (fine dell'anno solare) e non il 31 agosto 2012 (fine dell'anno scolastico);
    si registra, pertanto, all'interno del comparto scuola una paradossale situazione di ingiustizia in cui convivono docenti costretti a rimanere in servizio ed altri costretti ad andare in pensione;
    il provvedimento all'esame dispone, all'articolo 1, proroghe in materia di lavoro,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative normative ed amministrative necessarie al fine di escludere l'applicazione della revoca dei trattenimenti in servizio al personale scolastico anche valutando la possibilità di concedere il pensionamento a chi lo ha richiesto in base ai requisiti di cui alla legge 247 del 2007 maturati entro l'anno scolastico 2011-2012.
9/2803-A/80Sibilia.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 6 dell'articolo 4 del provvedimento in esame anche in relazione alle straordinarie esigenze di sicurezza connesse alla realizzazione dell'Expo Milano 2015- proroga la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 24, commi 74 e 75, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nonché quelli previsti dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6, a decorrere dal 1o gennaio 2015 il piano di appartenenti i alle forze armate in funzione di ordine pubblico di cui all'articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, limitatamente ai servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili, con un contingente non superiore a 3.000 unità;
    la copertura di tale missione di euro 10.000000,00 avviene mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 199, della legge 23 dicembre 2014, n.190, con riferimento alla quota destinata, dall'elenco n. 1 della medesima legge, alla prosecuzione del concorso delle forze armate alle operazioni di sicurezza e di controllo finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale nelle province della regione Campania per l'anno 2015;
    il rischio reale è che le risorse per il pattugliamento della Terra dei Fuochi – appena approvate con la Legge di Stabilità 2015 – siano prosciugate e che l'impegno alla sperimentazione anche di strumenti tecnologici per il pattugliamento di quella zona martirizzata dalla criminalità organizzata sia ancora una volta disatteso;
    ricordando come la Commissione difesa della Camera dei Deputati ha approvato il 17 dicembre 2014 la risoluzione 8-00093 dei deputati Rizzo ed altri, con la quale si impegna il governo «ad avviare un'istruttoria interministeriale per verificare se sia possibile sotto il profilo tecnico-operativo e opportuno o vantaggioso sotto il profilo del rapporto tra costi e benefici utilizzare aeromobili a pilotaggio remoto (APR) civili o militari (e in questo caso eventualmente anche di classe strategica “Predator”) per il monitoraggio, la sorveglianza e il controllo – in concorso con le Forze armate e di polizia dislocate in loco – del territorio campano della cosiddetta “Terra dei fuochi”, ai fini di prevenzione e repressione dei delitti a carattere ambientale; a tenere informata la Commissione in relazione alle valuta- zioni raggiunte nell'ambito della predetta istruttoria»,

impegna il Governo

a salvaguardare l'impegno dei militari nel controllo e nel contrasto della criminalità organizzata in Campania per il 2015 stanziando le risorse necessarie ed ad avviare la sperimentazione del pattugliamento tecnologico di cui alla risoluzione 8-00093 approvata dalla Commissione difesa della Camera dei Deputati.
9/2803-A/81Basilio.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento in esame (impiego di guardie giurate in funzione antipirateria) proroga l'impiego a bordo delle navi battenti bandiera italiana di guardie giurate che non abbiano ancora frequentato i corsi teorico-pratici di cui all'articolo 6 del decreto del Ministro dell'interno 15 settembre 2009, n. 154;
    si tratta dell'ennesima proroga per corrispondere alle esigenze di protezione della flotta commerciale italiana, nelle more dell'attivazione dei menzionati corsi teorico-pratici,

impegna il Governo

ad evitare ulteriori proroghe e ad avviare al più presto i corsi teorico-pratici per le guardie giurate che chiedono di prestare servizio a bordo delle navi battenti bandiera italiana in funzione anti-pirateria.
9/2803-A/82Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il 17 dicembre 2014 in seguito alla sentenza della Corte di Assise di Torino è definitivamente decaduta l'accusa di terrorismo per gli attivisti No TAV;
    il comma 6 dell'articolo 4 del provvedimento in esame proroga l'impiego delle Forze Armate in funzione di ordine pubblico limitatamente ai servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili. Tra questi siti continuano ad esserci i cantieri della TAV a Chiomonte (Torino);
    appare inopportuno continuare a mantenere truppe delle Forze Armate italiane dispiegate in contrapposizione alla popolazione che lotta contro la Torino-Lione,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere i cantieri della TAV tra i siti sottoposti alla vigilanza delle Forze Armate italiane di cui all'articolo 4 comma 6 del decreto-legge in esame recante proroga dei termini previsti da disposizioni legislative.
9/2803-A/83Frusone.


   La Camera,
    valutato negativamente il metodo di generalizzata proroga degli adempimenti di legge, l'inerzia degli organi esecutivi, la lunghezza dei procedimenti amministrativi, i differimenti di carattere reiterato e sistematico anche di disposizioni molto risalenti nel tempo;
    preso atto che la proroga della previsione di cui all'articolo 1, comma 298, della legge n. 147 del 2013 che autorizza il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ad effettuare le operazioni di pagamento e riscossione relative alle competenze della competenze dell'ex Agenzia per lo Sviluppo del Settore Ippico (ASSI) trasferite al Ministero stesso ai sensi dell'articolo 23 quater del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, mediante l'utilizzo dei conti correnti già intestati alla medesima agenzia, con successiva rendicontazione al termine dell'esercizio finanziario;
    atteso che la proroga in parola appare necessaria al fine di garantire, considerato lo stato di crisi in cui versa il settore, lo svolgimento delle attività di pagamento con la celerità necessaria e di provvedere all'estinzione del piano di rientro dai debiti ippici 2012;
    considerata inoltre l'esigenza di consentire anche l'attività di liquidazione delle pendenze ancora in corso quali la liquidazione del Fondo TOTIP e la chiusura e conseguente liquidazione della Cassa di previdenza e assistenza per i dipendenti ex ASSI-UNIRE;
    rilevata tuttavia l'urgenza di procedere ad un riordino generale del comparto ippico anche in considerazione delle rilevanti attività economiche che investono il settore in senso proprio e l'indotto,

impegna il Governo

a procedere urgentemente al riordino del settore ippica anche attraverso l'istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di una Consulta tecnica con il compito di assicurare il coordinamento e la gestione unitaria delle politiche pubbliche per la tutela del cavallo, per l'incremento delle razze equine e per la promozione dello sviluppo del settore ippico e la salvaguardia dell'occupazione nel medesimo settore.
9/2803-A/84L'Abbate.


   La Camera,
   valutato negativamente il metodo di generalizzata proroga degli adempimenti di legge, l'inerzia degli organi esecutivi, la lunghezza dei procedimenti amministrativi, i differimenti di carattere reiterato e sistematico anche di disposizioni molto risalenti nel tempo;
   considerato che il provvedimento in parola differisce ulteriormente il termine per l'adozione del decreto interministeriale che dispone la revisione obbligatoria delle macchine agricole soggette a immatricolazione, nonché il termine iniziale della operatività dell'obbligo di revisione, ancorché al fine di intraprendere le opportune iniziative di sostegno economico alle imprese agricole;
   preso atto che se alla luce della grave crisi economica che investe il settore primario, il differimento del termine di decorrenza dell'obbligo di revisione appare condivisibile al fine di sollevare le imprese dagli oneri legati agli interventi di preventivo adeguamento delle macchine agricole, l'ulteriore proroga del termine per l'adozione del decreto interministeriale evidenzia una reiterata ed inaccettabile inadempienza dell'Amministrazione;
   atteso che l'emanazione delle norme relative alla revisione obbligatoria delle macchine agricole è assolutamente necessaria anche al fine di regolamentare un ambito strettamente connesso alla sicurezza dei luoghi di lavoro,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni in materia, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad emanare, entro il 30 giugno 2015, il decreto interministeriale che dispone la revisione obbligatoria delle macchine agricole soggette a immatricolazione.
9/2803-A/85Massimiliano Bernini.


   La Camera,
     valutato negativamente il metodo di generalizzata proroga degli adempimenti di legge;
   preso atto che, tuttavia, in alcuni specifici casi, la proroga di alcune disposizioni normative appare indispensabile al fine di garantire il regolare svolgimento di alcune attività;
   atteso che il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2013-2015 è in scadenza e, al fine di assicurare la tutela dell'ecosistema marino e garantire la competitività del settore ittico, è necessario prorogare la validità di tale Programma;
   considerato inoltre che, anche alla luce della nuova Politica Comune della Pesca, l'esigenza di rivedere gli strumenti di governo della pesca nazionale è una priorità tanto più in un momento in cui le politiche di settore sono chiamate a scelte decisive in grado di misurarsi con una crisi straordinaria, ambientale, economica e sociale che segna un ciclo negativo per il settore ittico italiano,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prorogare fin da ora il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2013-2015 nelle more di una revisione generale della programmazione degli interventi a sostegno dell'ecosistema marino e della competitività del settore ittico nazionale.
9/2803-A/86Benedetti.


   La Camera,
   valutato negativamente il metodo di generalizzata proroga degli adempimenti di legge, l'inerzia degli organi esecutivi, la lunghezza dei procedimenti amministrativi, i differimenti di carattere reiterato e sistematico anche di disposizioni molto risalenti nel tempo;
   considerato che il termine per il versamento dell'imposta municipale propria (IMU) sui terreni agricoli, relativa al 2014, dovuta a seguito dell'approvazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 4, comma 5-bis del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, e successive modificazioni è stato prorogato allo scorso 26 gennaio 2015;
   preso atto che con provvedimento del 22 dicembre 2014 il TAR del Lazio ha sospeso l'applicazione della normativa recata dal suddetto decreto ministeriale contestando il criterio del parametro altimetrico, o della sede municipale, come riferimento per l'individuazione dei terreni in esenzione, e visto il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, attualmente in fase di conversione in legge, che rivede l'intera disciplina dell'IMU sui terreni agricoli;
   valutata altresì prioritaria l'esigenza di procedere ad una revisione complessiva della fiscalità rurale e in particolare quella relativa ai terreni agricoli,

impegna il Governo

a procedere con urgenza ad una revisione complessiva delle norme in materia di fiscalità rurale e a valutare la necessità di esentare i terreni agricoli dalla applicazione della imposta municipale propria.
9/2803-A/87Gallinella.


   La Camera,
   valutato negativamente il metodo di generalizzata proroga degli adempimenti di legge, l'inerzia degli organi esecutivi, la lunghezza dei procedimenti amministrativi, i differimenti di carattere reiterato e sistematico anche di disposizioni molto risalenti nel tempo;
   considerato che il termine per il versamento dell'imposta municipale propria (IMU) sui terreni agricoli, relativa al 2014, dovuta a seguito dell'approvazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 4, comma 5-bis del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, e successive modificazioni è stato prorogato allo scorso 26 gennaio 2015;
   preso atto che con provvedimento del 22 dicembre 2014 il TAR del Lazio ha sospeso l'applicazione della normativa recata dal suddetto decreto ministeriale contestando il criterio del parametro altimetrico, o della sede municipale, come riferimento per l'individuazione dei terreni in esenzione, e visto il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, attualmente in fase di conversione in legge, che rivede l'intera disciplina dell'IMU sui terreni agricoli;
   valutata altresì prioritaria l'esigenza di procedere ad una revisione complessiva della fiscalità rurale e in particolare quella relativa ai terreni agricoli,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di procedere con urgenza ad una revisione complessiva delle norme in materia di fiscalità rurale e a valutare la necessità di esentare i terreni agricoli dalla applicazione della imposta municipale propria.
9/2803-A/87. (Testo modificato nel corso della seduta) Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 4 del decreto-legge in esame il comma 5 proroga al 28 febbraio 2015 il termine per l'approvazione dei bilanci 2014 delle province, che non hanno provveduto al 31 dicembre 2014;
    l'ultimo termine utile, già prorogato, scadeva il 30 settembre 2014, ma alcune province hanno avuto difficoltà a rispettare il predetto termine, a causa delle rettifiche necessarie sia in termini di riduzioni delle entrate sia in termini di tagli di spesa, correlate alle misure di riduzione della spesa adottate con il decreto-legge 66 del 2014;
    nonostante le motivazioni di cui sopra, non può non rilevarsi l'anomalia di consentire l'approvazione del bilancio di previsione 2014 ad anno 2015 iniziato già da due mesi;
    ci si chiede quale programmazione e controllo della gestione delle risorse degli enti coinvolti possa esserci in mancanza di un bilancio di previsione approvato nei tempi richiesti dalla normativa di riferimento;
    l'instabilità delle previsioni degli enti locali e territoriali è imputabile all'adozione da parte del Governo di manovre in corso d'anno, che rimodulano il contributo al risanamento della finanza pubblica a carico degli enti stessi, imponendo ad anno finanziari iniziato tagli di spesa non programmati,

impegna il Governo

a valutare in futuro l'opportunità di rendere certe e stabili le norme finanziarie dirette agli enti locali almeno nell'arco dell'anno, evitando manovre di riduzione dei costi dei medesimi enti ovvero modifiche dei vincoli del patto di stabilità nel corso del secondo semestre dell'anno finanziario.
9/2803-A/88Sarti.


   La Camera,
   valutate insufficienti le disposizioni dell'articolo 7 comma 2 in merito al rinvio della privatizzazione della Croce Rossa Italiana,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di affrontare tale materia in una riforma organica della Croce Rossa Italiana così da evitare clientelarismi.
9/2803-A/89Grande.


   La Camera,
   valutata la proroga per gli adempimenti di cui all'articolo 10 comma 4;
   premesso che:
    trattasi di un recepimento della direttiva Europea 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi che definisce regole armonizzate applicabili ai gestori di tutti i fondi di investimento diversi da quelli ricompresi nella direttiva 2009/65/CE e prevede l'applicazione ai gestori stessi di regole di condotta, di trasparenza informativa e di requisiti patrimoniali, organizzativi e di controllo del rischio,

impegna il Governo

a valutare la necessità di stabilire con il Ministero dell'economia e delle finanze regole stringenti ed una rendicontazione cristallina per le FIA (Fondi di investimento alternativi), nonché ad acquisire il parere di Banca d'Italia e Consob circa la efficacia delle loro strutture nel vigilare le FIA Italiane e quelle estere sottoscritte in Italia.
9/2803-A/90Grillo.


   La Camera,
   premesso che:
   i commi 692 e 693 della legge di stabilità in esame hanno prorogato il versamento dell'IMU per i terreni agricoli montani al 26 gennaio 2015;
   con il recente decreto-legge 4 del 2015, in corso di conversione, il detto termine è stato ulteriormente prorogato al 10 febbraio 2015;
   da quanto si apprende dalle fonti di stampa, non sono pochi i contribuenti che hanno omesso il pagamento del tributo dovuto (soprattutto in conseguenza dei ristretti termini di pagamento originariamente previsti) e che pertanto si vedono esposti all'applicazione di sanzioni per ritardato o omesso pagamento;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, attraverso ulteriori iniziative normative, di rimettere in termini per il pagamento i contribuenti che non hanno ottemperato ai versamenti dell’«IMU agricola» entro il termine del 10 febbraio 2015, previsto dal decreto-legge n. 5 del 2015, prorogando il termine per il versamento e senza l'applicazione delle sanzioni, considerata peraltro l'invarianza di gettito che di determinerebbe.
9/2803-A/91Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto-legge in esame proroga il termine che i comuni con popolazione tra i 5 mila e i 150 mila abitanti, devono rispettare per ottenere il finanziamento – previsto dal decreto-legge «Destinazione Italia» (145 del 2013) – dei progetti aventi la finalità di promuovere su tutto il territorio nazionale il coordinamento dell'accoglienza turistica, la valorizzazione di beni culturali e ambientali, nonché il miglioramento dei servizi per l'informazione al turista, anche in vista dell'EXPO 2015;
   più in particolare, modificando il comma 24, dell'articolo 13, del decreto legge 14512013, prevede che il termine entro cui gli interventi previsti nei progetti presentati dai comuni diventi giuridicamente vincolante, sia il 30 giugno 2015, invece che il 31 marzo 2015;
   si segnala che tale termine era stato già prorogato dal 30 giugno 2014 al 31 marzo 2015, dal comma 3-bis, articolo 7, del decreto legge 83 del 2014.
   in sede di discussione del provvedimento in esame presso le Commissioni (I e V) il termine predetto è stato prorogato al 30 settembre 2015,
   si ritiene anche tale termine non sufficiente alle istanze dei comuni:

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adottare ogni iniziativa utile, anche normativa al fine di prorogare il termine descritto in premessa al 31 dicembre 2015.
9/2803-A/92Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del decreto-legge in esame proroga il termine che i comuni con popolazione tra i 5 mila e i 150 mila abitanti, devono rispettare per ottenere il finanziamento – previsto dal decreto-legge «Destinazione Italia» (145 del 2013) – dei progetti aventi la finalità di promuovere su tutto il territorio nazionale il coordinamento dell'accoglienza turistica, la valorizzazione di beni culturali e ambientali, nonché il miglioramento dei servizi per l'informazione al turista, anche in vista dell'EXPO 2015;
   più in particolare, modificando il comma 24, dell'articolo 13, del decreto legge 14512013, prevede che il termine entro cui gli interventi previsti nei progetti presentati dai comuni diventi giuridicamente vincolante, sia il 30 giugno 2015, invece che il 31 marzo 2015;
   si segnala che tale termine era stato già prorogato dal 30 giugno 2014 al 31 marzo 2015, dal comma 3-bis, articolo 7, del decreto legge 83 del 2014.
   in sede di discussione del provvedimento in esame presso le Commissioni (I e V) il termine predetto è stato prorogato al 30 settembre 2015,
   si ritiene anche tale termine non sufficiente alle istanze dei comuni:

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi della norma citata al fine di prorogare il termine descritto in premessa al 31 dicembre 2015.
9/2803-A/92. (Testo modificato nel corso della seduta) Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18, del decreto-legge n. 91 del 2014, ha previsto il riconoscimento di un credito d'imposta per i soggetti titolari di reddito d'impresa effettuano dal 25 giugno 2014 al 30 giugno 2015, investimenti in beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 «Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca» della Tabella Ateco 2007. Il credito d'imposta è pari al 15 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media degli investimenti nei predetti beni effettuati nei cinque periodi d'imposta precedenti ed è utilizzabile in tre quote annuali di pari importo esclusivamente in compensazione del modello F24;
    possono beneficiare dell'agevolazione i titolari del reddito d'impresa che effettuano gli investimenti agevolati. Si tratta di tutti i soggetti residenti (persone fisiche e società) nel territorio dello Stato, titolari di reddito d'impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalle dimensioni e dal settore produttivo di appartenenza, nonché dall'adozione di particolari regimi fiscali e contabili;
    l'orizzonte temporale previsto dalla normativa è troppo limitato e la necessità di chiarimenti dell'Agenzia delle entrate rischiano, infatti, di verificarne l'efficacia. Per non disperdere le risorse finanziate è opportuna una proroga,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di prorogare il termine all'agevolazione descritta in premessa fino al 31 dicembre 2015.
9/2803-A/93Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18, del decreto-legge n. 91 del 2014, ha previsto il riconoscimento di un credito d'imposta per i soggetti titolari di reddito d'impresa effettuano dal 25 giugno 2014 al 30 giugno 2015, investimenti in beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 «Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca» della Tabella Ateco 2007. Il credito d'imposta è pari al 15 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media degli investimenti nei predetti beni effettuati nei cinque periodi d'imposta precedenti ed è utilizzabile in tre quote annuali di pari importo esclusivamente in compensazione del modello F24;
    possono beneficiare dell'agevolazione i titolari del reddito d'impresa che effettuano gli investimenti agevolati. Si tratta di tutti i soggetti residenti (persone fisiche e società) nel territorio dello Stato, titolari di reddito d'impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalle dimensioni e dal settore produttivo di appartenenza, nonché dall'adozione di particolari regimi fiscali e contabili;
    l'orizzonte temporale previsto dalla normativa è troppo limitato e la necessità di chiarimenti dell'Agenzia delle entrate rischiano, infatti, di verificarne l'efficacia. Per non disperdere le risorse finanziate è opportuna una proroga,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di prorogare il termine all'agevolazione descritta in premessa fino al 31 dicembre 2015.
9/2803-A/93. (Testo modificato nel corso della seduta) Del Grosso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge o quelli per i quali il Governo non ha potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio;
    i primi commi dell'articolo 1 introducono proroghe, nuove disposizioni e trasferimenti di risorse con il fine di consentire assunzioni nei diversi comparti delle amministrazioni pubbliche;
    tali procedure si sommano a quelle disposte, in tempi diversi, da due decreti legge, entrambi cosiddetti «pa.», del 2013 e del 2014, dalla recente legge di stabilità nonché dalla legge cosiddetta «Delrio» per il riordino delle province,

impegna il Governo

ad illustrare alle Camere, presso le competenti Commissioni parlamentari, la ricognizione effettuata dal Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 1, comma 5.
9/2803-A/94Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge o quelli per i quali il Governo non ha potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio;
    i primi commi dell'articolo 1 introducono proroghe, nuove disposizioni e trasferimenti di risorse con il fine di consentire assunzioni nei diversi comparti delle amministrazioni pubbliche;
    tali procedure si sommano a quelle disposte, in tempi diversi, da due decreti legge, entrambi cosiddetti «pa.», del 2013 e del 2014, dalla recente legge di stabilità nonché dalla legge cosiddetta «Delrio» per il riordino delle province,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di illustrare alle Camere, presso le competenti Commissioni parlamentari, la ricognizione effettuata dal Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 1, comma 5.
9/2803-A/94. (Testo modificato nel corso della seduta) Ferraresi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge o, in sostanza, quelli per i quali il Governo non ha potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio;
    il provvedimento ospita proroghe che, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, possono essere chiamate «inerziali» o «evergreen», quale è il caso delle contabilità speciali intestate ai prefetti, per l'istituzione delle province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, di cui alla leggi 11 giugno 2004, un. 146, 147 e 148, da ultimo prorogate dall'articolo 4, comma 3 del decreto legge in esame;
    rinnovo incessante delle contabilità speciali e dei relativi fondi dei quali, ad un anno dalla precedente proroga, a ben otto anni dal termine originario, non vi è contezza riguardo alla loro entità ed alloro utilizzo,

impegna il Governo

ad illustrare alle Camere, presso le competenti Commissioni parlamentari, in ordine alla gestione delle contabilità speciali e dei relativi fondi intestate ai prefetti delle province indicate in premessa, in particolare per quanto riguarda il loro utilizzo ed i pagamenti ai quali, con essi, si è adempiuto
9/2803-A/95D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame proroga o differisce termini nelle materie e nei settori più disparati, tutti quelli per i quali non si è determinato quanto era stato disposto dalla legge o quelli per i quali il Governo non ha potuto, saputo o voluto trovare altro rimedio;
    i primi cinque commi dell'articolo 1 introducono proroghe, nuove disposizioni e trasferimenti di risorse con il fine di consentire assunzioni o assorbimenti tramite mobilità nelle amministrazioni pubbliche;
    tali procedure si sommano a quelle disposte, in tempi diversi, da due decreti legge, entrambi cosiddetti «pa.», del 2013 e del 2014, dalla recente legge di stabilità nonché dalla legge cosiddetta «Delrio» per il riordino delle province, i commi 3 e 4 dell'articolo 1 sono espressamente dedicati alle assunzioni a tempo indeterminato relative al compatto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; per tali comparti, e per quello della scuola, non risulta a tutt'oggi del tutto chiara l'applicazione dell'obbligo di scorrimento delle graduatorie vigenti prima di procedere a nuove assunzioni,

impegna il Governo

ad adottare le misure, anche legislative, al fine di chiarire e dare certezza alle procedure di assunzione per i compatti indicati in premessa.
9/2803-A/96Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 7 dell'articolo 1 dei Disegno di Legge di Conversione del Decreto Legge n. 192 del 2014 ha prorogato il termine dal 31 marzo 2015 al 31 dicembre 2015 dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalla Agenzia italiana del farmaco (AlFA) alla data della entrata in vigore del Decreto Legge in esame per l'attribuzione di funzioni dirigenziali ai sensi dell'articolo 48, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
    tale proroga è prevista nel limite dei posti disponibili in pianta organica e, specifica la norma de quo, se eccedenti la quota di cui all'articolo 19, comma 6 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche;
    l'AlFA, che ai sensi del comma 3 dei sopracitato articolo 48, è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa, patrimoniale, finanziaria e gestionale è stata oggetto di riduzione del proprio assetto del proprio organico dirigenziale e non dirigenziale a 389 unità in virtù della spending review introdotta con il Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni della legge 7 agosto 2013 n. 135;
    in ottemperanza dell'articolo 19, comma 6 del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, che prevede che le Pubbliche Amministrazioni, e quindi anche ’AlFA in funzione della sua natura di ente di diritto pubblico, possono conferire ad esterni, con contratto a tempo determinato, un numero di incarichi dirigenziali di seconda fascia pari all'8 per 100 della dotazione organica di incarichi, pertanto l'AlFA avrebbe la facoltà di conferire n. 3 di incarichi quando nel caso di specie si rilevano n. 6 unità, quindi un'eccedenza di 3 unità rispetto a quanto consentito ex lege;
    n. 1 delle 3 unità in eccedenza sarà posta in quiescenza anticipata a decorrere dal 15 aprile 2015, n. 2 sono le unità che eccedono dal limite introdotto nel Decreto Legislativo n. 165 del 2001 che verranno finanziate dalle entrate derivanti dalla maggiorazione del 20 per 100 delle tariffe per prestazioni rese dall'AlFA stessa, comprensive di quelle connesse alle ispezioni, non comportando, a quanto riportato dalla relazione tecnica della norma, maggiori oneri per la finanza pubblica;
    le risorse destinate alla copertura degli oneri derivanti dalla proroga dei contratti dirigenziali risulta, come evidenziato dalla relazione tecnica, a 495.440 euro per l'anno 2015 derivano dall'aumento del 20 per cento delle tariffe per prestazioni rese dall'AlFA ai sensi del comma 8 del Decreto Legge n. 269 del 2003;
    il citato comma infatti dispone che agli oneri relativi al personale, alle spese di funzionamento dell'Agenzia e dell'Osservatorio sull'impiego di medicinali (OSMED), nonché per l'attuazione del programma di farmacovigilanza attiva, si fa fronte con le risorse derivanti da:
    trasferimenti da capitolo di bilancio del Ministro della salute;
    maggiorazione del 20 per cento delle tariffe e dei diritti spettanti al Ministero della Sanità, all'istituto Superiore di Sanità e all'istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del lavoro (oggi attribuite all'INAIL), per prestazioni rese a richiesta e ad utilità di soggetti interessati, tenendo conto del costo reale dei servizi resi e del valore economico delle operazioni di riferimento;
     eventuali introiti derivanti da contratti stipulati con l'Agenzia Europea per la Valutazione dei Medicinali (EMEA) e con altri organismi nazionali ed internazionali per prestazioni di consulenza, collaborazione, assistenza e ricerca;
     eventuali introiti derivanti da contratti stipulati con soggetti privati per prestazioni di consulenza, collaborazione, assistenza, ricerca, aggiornamento, formazione agli operatori sanitari e attività editoriali, destinati a contribuire alle iniziative e agli interventi di cofinanziamento pubblico e privato finalizzati alla ricerca di carattere pubblico sui settori strategici del farmaco;

impegna il Governo

a valutare che le suddette maggiorazioni delle tariffe che l'AlFA intende adottare per le proprie prestazioni rese non abbiano un impatto negativo in termini di maggiori oneri a carico degli operatori nel settore sanitario, che potrebbero riflettersi sugli utenti finali dei beni e servizi.
9/2803-A/97Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 233 del 1999, di riordino degli organi collegiali della scuola a livello nazionale e territoriale, ha istituito il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), in sostituzione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 416 del 1974 e disciplinato dagli articoli 23 e Ss. dei decreti legislativi 297 del 1994. L'articolo 8, comma 1, del medesimo decreto legislativo 233 del 1999 ha, tuttavia, assicurato l'operatività degli organi esistenti fino all'insediamento dei nuovi;
   fino al 31 dicembre 2012 è rimasto operativo il CNP1: in tale data, infatti, è spirata l'ultima proroga disposta con l'articolo 14 del decreto-legge 216 del 2011 (legge n. 14 del 2012): pertanto, a decorrere da tale data, le funzioni del CNPI sono definitivamente cessate. Il CNPI, costituito da 74 membri, esprimeva pareri obbligatori e in alcuni casi vincolanti su materie fissate dalla legge e, in particolare, su provvedimenti riguardanti il personale scolastico (trasferimenti, decadenza, dispensa, riammissione in servizio) e su questioni di programmazione. Formulava, inoltre, proposte ed esprimeva pareri obbligatori in ordine alla sperimentazione scolastica a livello locale e nazionale;
   dopo lo spirare del termine ultimo di operatività dei CNPI, l'articolo 23-quinquies del decreto-legge n. 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014), nelle more del riordino e della costituzione degli organi collegiali della scuola, ha fatto salvi gli atti e i provvedimenti (fino ad allora) adottati in assenza dei parere dello stesso CNPI, stabilendo, al contempo, che, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge e fino al 30 marzo 2015, i pareri obbligatori e facoltativi che il suddetto organo doveva esprimere, non sono dovuti;
   il provvedimento all'esame, all'articolo 6, comma 1, dispone, alla lettera a), la proroga (dal 30 marzo 2015) al 31 dicembre 2015 del termine entro il quale sono da considerarsi non dovuti i pareri (obbligatori e facoltativi) dell'organo collegiale consultivo nazionale della scuola, il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI); a tal fine, modifica l'articolo 23-quinquies, commi 1 e 2, del decreto-legge 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014);

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma da ultimo citata al fine di intervenire, anche con successive iniziative legislative, affinché il termine previsto entro il quale sono da considerarsi non dovuti i pareri (obbligatori e facoltativi) dell'organo collegiale consultivo nazionale della scuola, fissato al 31 dicembre 2015, sia anticipato e non vada in ogni caso oltre il 30 settembre 2015.
9/2803-A/98Agostinelli.


   La Camera,
   premesso che
    il decreto legislativo n. 233 del 1999, di riordino degli organi collegiali della scuola a livello nazionale e territoriale, ha istituito il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), in sostituzione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNP1), istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 416 del 1974 e disciplinato dagli articoli 23 e ss. del decreto legislativo 297 del 1994. L'articolo 8, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 233 del 1999 ha, tuttavia, assicurato l'operatività degli organi esistenti fino all'insediamento dei nuovi;
   fino al 31 dicembre 2012 è rimasto operativo il CNPI: in tale data, infatti, è spirata l'ultima proroga disposta con l'articolo 14 del decreto-legge n. 216 del 2011 (legge n. 14 del 2012): pertanto, a decorrere da tale data, le funzioni del CNPI sono definitivamente cessate. Il CNPI, costituito da 74 membri, esprimeva pareri obbligatori e in alcuni casi vincolanti su materie fissate dalla legge e, in particolare, su provvedimenti riguardanti il personale scolastico (trasferimenti, decadenza, dispensa, riammissione in servizio) e su questioni di programmazione. Formulava, inoltre, proposte ed esprimeva pareri obbligatori in ordine alla sperimentazione scolastica a livello locale e nazionale;
   dopo lo spirare del termine ultimo di operatività del CNPI, l'articolo 23-quinquies del decreto-legge n. 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014), nelle more del riordino e della costituzione degli organi collegiali della scuola, ha fatto salvi gli atti e i provvedimenti (fino ad allora) adottati in assenza del parere dello stesso CNPI, stabilendo, al contempo, che, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge e fino al 30 marzo 2015, i pareri obbligatori e facoltativi che I suddetto organo doveva esprimere, non sono dovuti;
   il provvedimento all'esame, all'articolo 6, comma 1, dispone, alla lettera a), la proroga (dal 30 marzo 2015) al 31 dicembre 2015 del termine entro il quale sono da considerarsi non dovuti i pareri (obbligatori e facoltativi) dell'organo collegiale consultivo nazionale della scuola, il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI); a tal fine, modifica l'articolo 23-quinquies, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014);

impegna il Governo

ad intervenire affinché il termine previsto entro il quale sono da considerarsi non dovuti i pareri (obbligatori e facoltativi) dell'organo collegiale consultivo nazionale della scuola, fissato al 31 dicembre 2015, non sia più oggetto di ulteriori e inopportune proroghe.
9/2803-A/99Bonafede.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 233 del 1999, di riordino degli organi collegiali della scuola a livello nazionale e territoriale, ha istituito il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), in sostituzione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNP1), istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 416 del 1974 e disciplinato dagli articoli 23 e ss. del decreto legislativo 297 del 1994. L'articolo 8, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 233 del 1999 ha, tuttavia, assicurato l'operatività degli organi esistenti fino all'insediamento dei nuovi;
    fino al 31 dicembre 2012 è rimasto operativo il CNPI: in tale data, infatti, è spirata l'ultima proroga disposta con l'articolo 14 del decreto-legge n. 216 del 2011 (legge n. 14 del 2012): pertanto, a decorrere da tale data, le funzioni del CNPI sono definitivamente cessate. Il CNPI, costituito da 74 membri, esprimeva pareri obbligatori e in alcuni casi vincolanti su materie fissate dalla legge e, in particolare, su provvedimenti riguardanti il personale scolastico (trasferimenti, decadenza, dispensa, riammissione in servizio) e su questioni di programmazione. Formulava, inoltre, proposte ed esprimeva pareri obbligatori in ordine alla sperimentazione scolastica a livello locale e nazionale;
    dopo lo spirare del termine ultimo di operatività del CNPI, l'articolo 23-quinquies del decreto-legge n. 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014), nelle more del riordino e della costituzione degli organi collegiali della scuola, ha fatto salvi gli atti e i provvedimenti (fino ad allora) adottati in assenza del parere dello stesso CNPI, stabilendo, al contempo, che, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge e fino al 30 marzo 2015, i pareri obbligatori e facoltativi che I suddetto organo doveva esprimere, non sono dovuti;
    dopo lo spirare del termine ultimo di operatività del CNPI, l'articolo 23-quinquies del decreto-legge n. 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014), nelle more del riordino e della costituzione degli organi collegiali della scuola, ha fatto salvi gli atti e i provvedimenti (fino ad allora) adottati in assenza del parere dello stesso CNPI, stabilendo, al contempo, che, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge e fino al 30 marzo 2015, i pareri obbligatori e facoltativi che il suddetto organo doveva esprimere, non sono dovuti;
    la succitata disposizione ha previsto, inoltre, che le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione dovevano essere bandite entro il 31 dicembre 2014 e che, in via di prima applicazione, l'ordinanza con cui devono essere stabiliti i termini e le modalità per le medesime elezioni (di cui all'articolo 2, comma 9, del decreto legislativo n. 233 del 1999) può prevedere anche una deroga alla disposizione che stabilisce che, dei 36 membri, 15 sono eletti dalla componente elettiva che rappresenta il personale delle scuole statali nei consigli scolastici locali ed è garantita la rappresentanza di almeno una unità di personale per ciascun grado di istruzione;
    il provvedimento all'esame, all'articolo 6, comma 1, lettera b), dispone la proroga (dal 31 dicembre 2014) al 30 settembre 2015 del termine per le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) – che, in base al d.lgs. 233 del 1999, doveva succedere al Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI);

impegna il Governo

ad intervenire affinché il termine previsto per le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), fissato al 30 settembre 2015, non sia più oggetto di ulteriori e inopportune proroghe.
9/2803-A/100Businarolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 233 del 1999, di riordino degli organi collegiali della scuola a livello nazionale e territoriale, ha istituito il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), in sostituzione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 416 del 1974 e disciplinato dagli articoli 23 e ss. del decreto legislativo n. 297 del 1994. L'articolo 8, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 233 del 1999 ha, tuttavia, assicurato l'operatività degli organi esistenti fino all'insediamento dei nuovi:
    fino al 31 dicembre 2012 è rimasto operativo il CNPI: in tale data, infatti, è spirata l'ultima proroga disposta con l'articolo 14 del decreto-legge n. 216 del 2011 (legge n. 14 del 2012): pertanto, a decorrere da tale data, le funzioni del CNPI sono definitivamente cessate. Il CNPI, costituito da 74 membri, esprimeva pareri obbligatori e in alcuni casi vincolanti su materie fissate dalla legge e, in particolare, su provvedimenti riguardanti il personale scolastico (trasferimenti, decadenza, dispensa, riammissione in servizio) e su questioni di programmazione. Formulava, inoltre, proposte ed esprimeva pareri obbligatori in ordine alla sperimentazione scolastica a livello locale e nazionale;
    dopo lo spirare del termine ultimo di operatività del CNPI, l'articolo 23-quinquies del decreto-legge n. 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014), nelle more del riordino e della costituzione degli organi collegiali della scuola, ha fatto salvi gli atti e i provvedimenti (fino ad allora) adottati in assenza del parere dello stesso CNPI, stabilendo, al contempo, che, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge e fino al 30 marzo 2015, i pareri obbligatori e facoltativi che il suddetto organo doveva esprimere, non sono dovuti;
    la succitata disposizione ha previsto, inoltre, che le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione dovevano essere bandite entro il 31 dicembre 2014 e che, in via di prima applicazione, l'ordinanza con cui devono essere stabiliti i termini e le modalità per le medesime elezioni (di cui all'articolo 2, comma 9, del decreto legislativo n. 233 del 1999) può prevedere anche una deroga alla disposizione che stabilisce che, dei 36 membri, 15 sono eletti dalla componente elettiva che rappresenta il personale delle scuole statali nei consigli scolastici locali ed è garantita la rappresentanza di almeno una unità di personale per ciascun grado di istruzione;
    il provvedimento all'esame, all'articolo 6, comma 1, lettera b), dispone la proroga (dal 31 dicembre 2014) al 30 settembre 2015 del termine per le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) – che, in base al d.lgs. 233 del 1999, doveva succedere al Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI);

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma da ultimo citata, al fine di intervenire affinché il termine previsto per le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), fissato al 30 settembre 2015, anche con successive iniziative legislative, sia anticipato e non vada in ogni caso oltre il 31 marzo 2015.
9/2803-A/101Colletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 233 del 1999, di riordino degli organi collegiali della scuola a livello nazionale e territoriale, ha istituito il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), in sostituzione del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 416 del 1974 e disciplinato dagli articoli 23 e ss. del decreto legislativo n. 297 del 1994. L'articolo 8, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 233 del 1999 ha, tuttavia, assicurato l'operatività degli organi esistenti fino all'insediamento dei nuovi:
    fino al 31 dicembre 2012 è rimasto operativo il CNPI: in tale data, infatti, è spirata l'ultima proroga disposta con l'articolo 14 del decreto-legge n. 216 del 2011 (legge n. 14 del 2012): pertanto, a decorrere da tale data, le funzioni del CNPI sono definitivamente cessate. Il CNPI, costituito da 74 membri, esprimeva pareri obbligatori e in alcuni casi vincolanti su materie fissate dalla legge e, in particolare, su provvedimenti riguardanti il personale scolastico (trasferimenti, decadenza, dispensa, riammissione in servizio) e su questioni di programmazione. Formulava, inoltre, proposte ed esprimeva pareri obbligatori in ordine alla sperimentazione scolastica a livello locale e nazionale;
    dopo lo spirare del termine ultimo di operatività del CNPI, l'articolo 23-quinquies del decreto-legge n. 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014), nelle more del riordino e della costituzione degli organi collegiali della scuola, ha fatto salvi gli atti e i provvedimenti (fino ad allora) adottati in assenza del parere dello stesso CNPI, stabilendo, al contempo, che, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge e fino al 30 marzo 2015, i pareri obbligatori e facoltativi che il suddetto organo doveva esprimere, non sono dovuti;
    la succitata disposizione ha previsto, inoltre, che le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione dovevano essere bandite entro il 31 dicembre 2014 e che, in via di prima applicazione, l'ordinanza con cui devono essere stabiliti i termini e le modalità per le medesime elezioni (di cui all'articolo 2, comma 9, del decreto legislativo n. 233 del 1999) può prevedere anche una deroga alla disposizione che stabilisce che, dei 36 membri, 15 sono eletti dalla componente elettiva che rappresenta il personale delle scuole statali nei consigli scolastici locali ed è garantita la rappresentanza di almeno una unità di personale per ciascun grado di istruzione;
    il provvedimento all'esame, all'articolo 6, comma 1, lettera b), dispone la proroga (dal 31 dicembre 2014) al 30 settembre 2015 del termine per le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) – che, in base al decreto legislativo 233 del 1999, doveva succedere al Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI);

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma da ultimo citata, al fine di intervenire affinché il termine previsto per le elezioni del Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), fissato al 30 settembre 2015, anche con successive iniziative legislative, sia anticipato e non vada in ogni caso oltre il 30 giugno 2015.
9/2803-A/102Di Battista.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, dispone in materia di contenimento della spesa delle federazioni sportive nazionali;
    in particolare, l'articolo 13 differisce ulteriormente (dal 10 gennaio 2015) al 10 gennaio 2016 l'applicazione alle federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI delle norme in materia contenimento della spesa a carico delle amministrazioni pubbliche;
    la disposizione suddetta, fa un generico riferimento alle «norme di contenimento delle spese previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT) delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni»;
    appare necessario specificare le norme di cui si intende differire l'applicazione e, inoltre, occorrerebbe precisare la platea dei destinatari, dal momento che la natura giuridica delle federazioni sportive non è omogenea e dunque, occorrerebbe chiarire se il differimento riguardi solo le federazioni incluse nell'elenco delle amministrazioni pubbliche:

impegna il Governo

ad intervenire nelle sedi opportune affinché sia specificata la platea dei destinatari e dunque venga chiarito se il differimento del termine al 10 gennaio 2016 riguardi solo le federazioni incluse nell'elenco delle amministrazioni pubbliche.
9/2803-A/103Manlio Di Stefano.


   La Camera,
   premesso che in sede di esame di conversione in legge, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, vengono disposte proroghe in materia di contratti di solidarietà;
    negli ultimi anni di crisi: secondo i dati di tutti gli osservatori dedicati, nel 2013 è stata fatta richiesta da parte di circa 1.977 aziende in Italia, per il ricorso ai contratti di solidarietà, una cifra aumentata del 25 per cento nel giro di due anni;
    l'atto in esame ha disposto l'ampliamento di risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione che saranno destinate, in via prioritaria, ai trattamenti dovuti nell'anno 2015, in forza di contratti di solidarietà stipulati nel 2014. Vengono garantiti, in questo modo, l'integrazione al reddito per i cosiddetti contratti di tipo A per le aziende dove è prevista anche la cassa integrazione e certezza di risorse per i contratti stipulati nelle aziende artigiane e in quelle in cui non è previsto l'accesso alla cassa integrazione;
    tenuto conto dell'attuale importanza del rafforzamento del welfare, nelle more dell'auspicata approvazione di una legge che introduca il reddito di cittadinanza;

impegna il Governo

a monitorare, nel persistente quadro di crisi economica, l'effettiva sussistenza delle risorse stanziate e/o di quelle ancora da stanziarsi al fine di garantire con certezza il ricorso agli ammortizzatori sociali previsti dalla normativa vigente con riferimento specifico alla cassa integrazione in deroga.
9/2803-A/104Baroni.


   La Camera,
   premesso che in sede di esame di conversione in legge, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, vengono disposte proroghe in materia di contratti di solidarietà;
   negli ultimi anni di crisi: secondo i dati di tutti gli osservatori dedicati, nel 2013 è stata fatta richiesta da parte di circa 1.977 aziende in Italia, per il ricorso ai contratti di solidarietà, una cifra aumentata del 25 per cento nel giro di due anni;
   l'atto in esame ha disposto l'ampliamento di risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione che saranno destinate, in via prioritaria, ai trattamenti dovuti nell'anno 2015, in forza di contratti di solidarietà stipulati nel 2014. Vengono garantiti, in questo modo, l'integrazione al reddito per i cosiddetti contratti di tipo A per le aziende dove è prevista anche la cassa integrazione e certezza di risorse per i contratti stipulati nelle aziende artigiane e in quelle in cui non è previsto l'accesso alla cassa integrazione;
   tenuto conto dell'attuale importanza del rafforzamento del welfare, nelle more dell'auspicata approvazione di una legge che introduca il reddito di cittadinanza;

impegna il Governo

a monitorare, nel persistente quadro di crisi economica, l'effettiva sussistenza delle risorse stanziate e/o di quelle ancora da stanziarsi al fine di garantire con certezza la presenza di risorse per la Naspi.
9/2803-A/105Battelli.


   La Camera,
   il comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge in esame stabilisce una nuova proroga, fino al 30 aprile 2015, del termine fissato per l'adeguamento alla normativa antincendio delle strutture ricettive turistico-alberghiere: con oltre 25 posti letto; esistenti alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 9 aprile 1994 (che ha approvato la regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere); in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto ministeriale interno 16 marzo 2012;
   in sede di discussione del provvedimento in esame presso le Commissioni (I e V) il termine predetto è stato prorogato al 31 ottobre 2015;
   da anni si rinvia il termine per l'adeguamento, da parte delle piccole realtà turistico-alberghiere, delle disposizioni antincendio che risultano in buona parte disattese;

impegna il Governo

a non prorogare il termine descritto in premessa ulteriormente ed includere nel primo provvedimento utile in materia di classificazione delle strutture ricettive turistico-alberghiere coperture finanziarie congrue per consentire, entro il 31 dicembre 2015, l'adeguamento alle norme antincendio da parte delle strutture di piccole dimensioni.
9/2803-A/106Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione contenuta nel comma 6 dell'articolo 10 proroga al 2015 il divieto posto dall'articolo 1, comma 141, della legge n. 288 del 2012 (legge di stabilità 2013) di effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi, se non destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia, salvo che l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili;

impegna il Governo

a decorrere dal 1o gennaio 2016, a valutare l'opportunità di rideterminare la spesa per i consumi intermedi e per acquisto, di beni e servizi prodotti dei produttori market sostenuta dalle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell'articolo I della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in modo da garantire una spesa complessiva corrispondente alla spesa del 2010 e 2011, ridotta del 10 per cento, finalizzata a ottenere una riduzione, rispetto alla spesa complessiva tendenziale quantificata;
   a valutare altresì l'opportunità di versare gli ulteriori risparmi di spesa che dovessero realizzarsi in attuazione delle predette riduzioni, al bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18 comma 1, lettera a) del decreto legge n. 185 del 2008, convertito nella legge n. 2 del 2009.
9/2803-A/107Petraroli.


   La Camera,
   premesso che:
    la prassi dei cosiddetti disegni di legge o decreti «milleproroghe» fa parte oramai da molti anni dell'esperienza legislativa. Infatti, se dal 1997 al 2001 si sono preferiti leggi e decreti di proroga di rilevanza settoriale, dal 2001 in poi, i decreti omnibus di proroga o differimento termini sono divenuti la regola, assumendo cadenza tendenzialmente semestrale, in coincidenza con le date dei 31 dicembre e dei 30 giugno di ogni anno. L'oggetto delle proroghe è inevitabilmente il più vario ma interessa in particolar modo materie inerenti l'organizzazione amministrativa e la finanza pubblica oggetto di intervento sistematico, spesso con disposizioni a catena che sì saldano l'una all'altra, in relazione ad un medesimo termine;
   questi provvedimenti caratterizzati, inoltre dalla presenza di norme provvisorie, temporanee, sperimentali di mere proroghe, incorporano già all'origine la previsione di successivi interventi integrativi correttivi o comunque a regime che confliggono con le esigenze di stabilità, di certezza e di semplificazione della legislazione;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di superare in via definitiva l'utilizzo reiterato dei provvedimenti di proroga termini.
9/2803-A/108Matteo Bragantini.


   La Camera,
   l'articolato 4, comma 2, proroga al 31 ottobre 2015 l'adeguamento alla normativa antincendio delle strutture ricettive turistico alberghiere con oltre 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 9 aprile 1994 ed in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto ministeriale interno 16 marzo 2012;
   il decreto ministeriale 9 aprile 1994, integrato dal decreto ministeriale 6 ottobre 2003, stabilisce obiettivi ambiziosi e di difficile applicazione da parte delle imprese turistiche alberghiere;
   molte imprese ricettive non dispongono delle risorse necessarie per completare l'adeguamento alla normativa antincendio entro il termine del 31 dicembre 2014, previsto dall'articolo 11 del decreto legge n. 150 del 2013;
   l'adeguamento alla normativa antincendio ha un costo elevatissimo e se pure le imprese alberghiere volessero conformarsi pedissequamente entro i prescritti termini, in questo periodo di crisi finanziaria e di chiusura delle banche ad erogare mutui, quasi certamente dovrebbero rinunciarvi per evidente impossibilità economica;
   molte imprese inoltre sono state costrette a sospendere o rallentare l'esecuzione dei lavori già avviati, in attesa di conoscere i contenuti del provvedimento di semplificazione delle prescrizioni tecniche, che il Ministero dell'Interno, in attuazione di quanto disposto dallo stesso articolo 11 del decreto legge n. 150 del 2013, avrebbe dovuto emanare entro lo scorso 30 aprile 2014, e che non è stato ancora emanato;
   è pertanto indispensabile posticipare ulteriormente il termine per l'adeguamento alla vigente normativa di prevenzione incendi, consentendo così alle imprese ricettive di mettersi in regola secondo le prescrizioni semplificate che saranno contenute nell'emanando decreto ministeriale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad introdurre un'ulteriore proroga, almeno biennale, del termine di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15.
9/2803-A/109Marguerettaz, Allasia.


   La Camera,
   secondo l'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, gli incarichi dirigenziali di seconda fascia possono essere conferiti nei limiti dell'8 per cento dell'organico a soggetti esterni all'organizzazione;
   l'articolo 19, comma 1-bis del decreto legislativo n. 33 del 2001 stabilisce che l'amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta;
   l'articolo 1, comma 7, prevede la proroga al 31 dicembre 2015 dei contratti a tempo determinato stipulati dall'Agenzia italiana del farmaco per l'attribuzione di funzioni dirigenziali anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 19, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che stabilisce che gli incarichi dirigenziali di seconda fascia possono essere conferiti da ciascuna amministrazione entro il limite dell'8 percento della dotazione organica;
   incomprensibile appare la norma che autorizza l'Agenzia italiana del farmaco ad assumere 6 dirigenti, attraverso la proroga di contratti in essere, in deroga alle norme della spending review che obbliga anche l'Aifa alla riduzione del proprio organico ed in deroga al decreto legislativo 165 del 2001 che obbliga le amministrazioni pubbliche a conferire incarichi esterni non oltre certe aliquote ed ha tra gli obiettivi quello di eliminare in modo graduale gli incarichi dirigenziali a tempo determinato;

impegna il Governo

a garantire l'osservanza, da parte dell'AIFA, della normativa in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali nella P.A. predisponendo, attraverso gli atti di competenza, procedure di comparazione necessarie per verificare la mancanza di personale interno presente nell'organizzazione, in grado di ricoprire i ruoli per i quali siano stati assunti dirigenti.
9/2803-A/110Rondini.


   La Camera,
   per quanto riguarda un farmaco la definizione di «innovatività» è legata dalla definizione di «valore terapeutico Sono Innovativi: i nuovi trattamenti per patologie finora non trattate; i nuovi trattamenti che apportano: un aumento significativo dell'attesa di vita; – una significativa riduzione delle disabilità; una significativa riduzione degli eventi avversi ed esiti; un significativo miglioramento delle modalità di assunzione;
   l'innovazione terapeutica rappresenta un obiettivo importante per la salute pubblica e può costituire uno strumento utilizzabile dall'AlFA per classificare, ai fini dell'assegnazione alla fascia di rimborsabilità e della contrattazione del prezzo, i farmaci che si apprestano ad entrare in commercio in Italia, valorizzando quelli che rappresentano una innovazione terapeutica;
   all'interno del documento di attuazione delle linee prioritarie per il raggiungimento degli obiettivi di salute, L'AlFA ha avviato nel 2011 un «complesso processo di revisione delle modalità di valorizzazione dell'innovazione. Il valore innovativo di un nuovo farmaco, infatti, non è solamente legato alla proprietà intrinseca del principio attivo che lo compone, ma dipende dallo specifico contesto in cui è introdotto e dalla disponibilità di opzioni terapeutiche alternative»;
   nel documento inoltre si precisa come «le nuove strategie di sviluppo del farmaco richiedono un percorso di armonizzazione con ambiti regolatori comuni e condivisi anche con chi si deve poi occupare della definizione della rimborsabilità e del prezzo dei farmaci. In questo senso l'AlFA ha avviato un'attività di scientific advice congiunto tra il settore regolatorio e quello di definizione della rimborsabilità e prezzo, sviluppando appieno le sue potenzialità costitutive. Questa stessa strategia è stata promossa anche in ambito europeo al fine di creare un contesto di regole comuni tra chi si occupa delle fase di registrazione di un nuovo farmaco e chi poi ne deve definire il valore»;
   tuttavia la realtà porta ad una tempistica abbastanza lunga, in quanto dalla validazione della domanda, ovvero dal momento in cui l'AlFA la prende in carico, eseguendone il check amministrativo (verifica della completezza), parte un periodo di valutazione tecnica che dovrebbe durare 210 giorni. Questo periodo può essere più lungo se vengono richieste all'azienda (applicant) ulteriori documentazioni (clock stop).

impegna il Governo

ad attivarsi affinché l'AlFA nelle procedure di registrazione dei farmaci innovativi si allinei alle tempistiche medie europee al fine di rendere disponibili strumenti di cura indispensabili.
9/2803-A/111Marcolin, Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    la norma inserita nel provvedimento offre ai dipendenti civili della Croce Rossa che dovessero risultare in eccedenza o in esubero lo stesso trattamento riservato ai dipendenti delle Province; a tal proposito si riconosce al personale di Croce Rossa un percorso assimilabile a quello già riconosciuto al personale di altri comparti della pubblica amministrazione;
    contestualmente è stato approvato un altro emendamento che prevede, «fermo il numero complessivo di 300 del contingente destinato ai servizi ausiliari delle Forze Armate, una riserva per i richiamati militari in servizio temporaneo. E stata dunque riconosciuta, senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica, la massima tutela possibile a chi si è sempre visto escluso da qualsiasi salvaguardia dopo l'approvazione del decreto legislativo 178 del 2012»;

impegna il Governo

ad impiegare il personale tecnico della CRI in attività tecnico-sanitarie riconoscendo la figura del soccorritore a garanzia degli standard di efficacia, efficienza e sicurezza del lavoratore ma soprattutto del cittadino.
9/2803-A/112Grimoldi.


   La Camera,
   il regime dei cosiddetti «contribuenti minimi» di cui all'articolo 1, comma 96 e segg., della legge 24 dicembre 2007, n. 244, poi ripreso dall'articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, prevede, quale requisito fondamentale per l'accesso a detto regime, che il contribuente deva aver conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000,00 Euro, e che il mancato rispetto di detto limite comporta la decadenza e la fuoriuscita dal predetto regime agevolato;
   un lavoratore autonomo, esercente attività professionale e che si avvale del regime dei c.d. contribuenti minimi, qualora iscritto ad una Cassa professionale, deve addebitare in fattura il cosiddetto «contributo integrativo», previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo del 10 febbraio 1996 n. 103 e dalle altre disposizioni di legge, statutarie e regolamentari che disciplinano il singolo ente previdenziale, Ai finì della determinazione del reddito da assoggettare ad imposta sostitutiva, tale contributo integrativo è trattato secondo le regole ordinarie: o stesso, quindi, non costituisce parte del compenso a norma dell'articolo 54 del TUIR poiché deve essere versato dal professionista alla Cassa. (R.M. 11.7.96 n. 109/E);
   lo Stesso professionista, che esercita per professione abituale attività di lavoratore autonomo e che si avvale dello stesso regime dei cd. contribuenti minimi, ma che non risulta iscritto ad un'autonoma Cassa di previdenza, è obbligato all'iscrizione alla Gestione Separata INPS (articolo 2, comma 26 della legge n. 335 del 1995), cui è tenuto a versare un contributo, calcolato applicando alla propria base imponibile le aliquote vigenti nell'anno, nei limiti del massimale previsto. Può a tal fine addebitare in fattura al committente una maggiorazione del 4 per cento dei compensi ai sensi del comma 212, articolo 1, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, fermo restando che resta a suo carico l'obbligo del pagamento nei confronti dell'INPS. Detta rivalsa è facoltativa e non obbligatoria. Qualora venga addebitata in fattura e acquisita a titolo definitivo dal professionista, l'orientamento normativo attuale – peraltro ad oggi consistente in mere circolari INPS e nelle istruzioni del modello UNICO – prevede che la stessa non possa essere considerata alla stesso modo dei contributi integrativi previdenziali che non costituiscono compenso e che deva essere quindi assoggettata a tassazione;
   questa diversa disparità di trattamento tra il contributo integrativo e la rivalsa INPS 4 per cento risulta illogica ed iniqua: un professionista iscritto all'Ordine e ad un professionista non iscritto, si avvalgono entrambi del regime dei contribuenti minimi, ma nel primo caso il contributo integrativo addebitato al cliente non rientra nel computo del limite dei 30.000 euro previsti dal regime agevolato, mentre nel secondo caso la rivalsa viene ad oggi conteggiata quale ricavo. Così facendo però allora il limite per l'accesso ed il persistere nel regime dei cd. minimi deve intendersi in effettivi euro 30.000,00 per il professionista iscritto all'Albo, ed in euro 28.846,15 per lo stesso professionista non iscritto all'Albo, pur se le somme percepite in rivalsa devono comunque essere versate alla Gestione separata INPS;
   su caso simile si è espressa l'Agenzia delle Entrate con circolare 30 maggio 2012, n. 172/E nella quale si precisa che «l'indennità di maternità non dovrà, però, essere considerata o/fine della verifica del limite imposto dal comma 96 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, in quanto non costituisce ricavo o compenso come risulta evidente dall'articolo 68, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo del 2001, n. 151, secondo cui tale indennità «...all'80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla Tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al 20 comma del medesimo articolo 1.». L'affermazione, che riguarda tutte le indennità sostitutive di reddito d'impresa, può ritenersi espressiva di una clausola generale, in base alla quale le somme che non costituiscono ricavo o compenso diretto dell'attività (e tali sono da considerare anche gli importi ricevuti in esito all'esercizio del diritto di rivalsa, in quanto non costituenti compenso ma mero adempimento di un obbligazione ex lege, azionata dal prestatore nei confronti del cliente, a parziale copertura dei propri oneri previdenziali), siano sì da includere tra i componenti positivi, ma non possano anche essere considerati ai fini del superamento del limite imposto dall'articolo 1, comma 96, legge n. 244 del 2007. Limite che, a ben guardare, potrebbe essere riferito esclusivamente ai compensi propriamente detti, ma non anche a quelle somme che sono percepite dal prestatore in conseguenza di un obbligo legale che insorge con il rapporto professionale e che, pertanto, non sono casualmente connesse allo svolgimento della prestazione ma soltanto alla natura giuridica del rapporto instaurato con il professionista e agli adempimenti (in questo caso previdenziali) ad esso conseguenti;
   tale parificazione tra contributo integrativo e rivalsa INPS 4 per cento consentirebbe a molti giovani e/o piccoli imprenditori iscritti alla Gestione separata INPS e che si avvalgono del regimi dei contribuenti minimi di poter quindi incassare effettivamente 30.000 euro, rimanendo in detto regime agevolato e garantendo quindi agli stessi la possibilità di realizzare maggiori introiti per 1.200 euro;
   considerare la rivalsa INPS 4 per cento quale ricavo inibisce la possibilità ai giovani professionisti che si avvalgono del regime dei contribuenti minimi di poter addebitare al proprio cliente detta rivalsa, con grave danno per gli stessi. Lo scopo della rivalsa inoltre è quello di far fronte ad una contribuzione previdenziale che per gli iscritti alla Gestione Separata INPS è elevatissima., ad oggi pari al 30,72 per cento del reddito;
   una contribuzione così folle ed onerosa non ha pari in alcuna altra forma previdenziale, pubblica o privata. Non permettere ai giovani imprenditori che si affacciano all'esercizio delle professioni di poter applicare la rivalsa senza che essa comporti la fuoriuscita dal regime agevolato dei contribuenti minimi, costituisce un grave danno per contribuenti già gravati da un'esosa contribuzione previdenziale;
   considerare la rivalsa INPS 4 per cento alla stregua dei contributi integrativi applicati dai professionisti iscritti ad un Albo professionale sarebbe dunque un primo importante passo per le piccole imprese e per l'imprenditoria giovanile per le quali ancora non si è fatto nulla a sostegno,

impegna il Governo

a prevedere, nel proseguo dell'esame del provvedimento nell'ambito delle disposizioni del comma 12-undecies dell'articolo 10 anche che la rivalsa INPS di cui al comma 212, articolo 1, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, pur rimanendo soggetta a tassazione, non si consideri ricavo ai fini del limite di cui al n. 1, lettera a), comma 96, articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e di cui alla lettera c), comma 2, articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, al fine di poter agevolare in maniera sostanziale le piccole imprese e l'imprenditoria giovanile così come specificato in premessa.
9/2803-A/113Prataviera.


   La Camera,
   il recupero fiscale dei debiti secondo modalità non oppressive e vessatorie è tra gli obiettivi primari di ogni Stato civile, sopratutto in condizioni di grave difficoltà economiche come quelle che stanno interessando il nostro Paese dove, al contrario, si registra un crescente disagio dei contribuenti per l'impiego massiccio delle cosiddette «ganasce fiscali» e, più in generale, un utilizzo eccessivo della strumentazione normativa e tecnica a disposizione per riscuotere i crediti fiscali;
   sono palesi, e ogni giorno confutabili, le difficoltà che incontrano oggi le aziende, in una crisi così grave, a pagare rate e penali assurde e appare evidente come nel nostro ordinamento non sia più rinvenibile una disciplina unitaria della rateazione delle somme dovute al fisco;
   attualmente, infatti, nel nostro sistema fiscale convivono tre tipologie di dilazione di pagamento. La prima, avente ad oggetto le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo o di affidamento dei carichi all'agente della riscossione nei confronti dei contribuenti a cui siano stati notificati accertamenti esecutivi (articolo 29 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), che trova la sua disciplina nell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;
   una seconda tipologia, invece, avente ad oggetto le comunicazioni di irregolarità (anche dette avvisi bonari) inviate ai contribuenti a seguito della liquidazione delle dichiarazioni (articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ai fini delle imposte dirette, e articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto) o dei controlli formali di cui all'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, è regolamentata dall'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462;
   l'ultima tipologia si riferisce, infine, alle rateizzazioni conseguenti: all'adesione ai processi verbali di constatazione (articolo 5-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218); all'adesione agli inviti a comparire previsti dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 218 del 1997 (articolo 5, comma 1-bis; alla definizione degli accertamenti nel procedimento di accertamento con adesione (articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 218 del 1997); alle somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale (articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546); alle somme dovute in caso di omessa impugnazione dell'avviso di accertamento o di liquidazione (articolo 15 del decreto legislativo n. 218 del 1997);
   si riscontrano delle differenze tra le diverse forme di rateazione sotto i profili del diritto ad accedere al beneficio, del periodo di rateazione, della decadenza dal beneficio e delle sanzioni connesse al mancato rispetto del piano;
   innanzitutto, mentre nella seconda e nella terza forma di rateazione la dilazione del pagamento non è sottoposta a condizione alcuna, nella prima il beneficio è subordinato alla sussistenza di una comprovata e temporanea situazione di difficoltà ad adempiere. Nel primo caso, quindi, è l'agente della riscossione a decidere in merito alla concessione della rateazione, nel secondo e nel terzo l'amministrazione non può in alcun modo opporsi alla decisione del contribuente di pagare a rate;
   dunque, se il contribuente rateizza a seguito di adesione a un PVC o a un invito a comparire, definizioni in accertamento con adesione e conciliazioni e, fatto salvo il pagamento della prima, non paga una sola rata entro il termine di scadenza della successiva, si decade dal beneficio e si vede irrogare una sanzione pari al 60 per cento del tributo che resta ancora da versare; se rateizza le somme richieste con avviso bonario, il contribuente decade, allo stesso modo, in caso di mancato pagamento di una sola rata entro il termine del versamento della rata successiva, ma si vede irrogare una sanzione pari al 30 per cento della sola rata non versata; se invece rateizza i carichi di ruolo, il contribuente decade solo se non versa otto rate anche non consecutive e non si vede irrogare alcuna sanzione per il mancato pagamento delle rate,

impegna il Governo

nell'ambito delle disposizioni dell'articolo 10 nel proseguo dell'esame del provvedimento, del presente provvedimento, recanti disposizioni proroganti termini in materia economica e finanziaria, a prevedere per gli anni 2016, 2017 e 2018, pur mantenendo la differenza tra la rateazione dei carichi di ruolo gestita da Equitalia Spa e la rateazione delle somme gestita dall'Agenzia delle entrate, l'eliminazione di ogni differenza tra la seconda e la terza fattispecie, ovvero, come specificato in premessa, tra la rateazione conseguente all'utilizzo di istituti deflativi del contenzioso (adesione a PVC, adesione a inviti a comparire, accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, acquiescenza) e rateazione delle somme chieste con avviso bonario;
   a prevedere, inoltre, una diminuzione del divario tra numero delle rate ottenibili da Equitalia Spa sui carichi di ruolo e numero delle rate che la legge individua come massimo per le altre forme di rateazione.
9/2803-A/114Busin.


   La Camera,
   richiamato l'articolo 2 in materia di giustizia amministrativa, preso atto che l'articolato in esame concede la proroga del termine per l'eventuale mantenimento dei sopprimendi uffici del giudice di pace di cui al decreto legislativo 156 del 2012;
   premesso che:
    la magistratura onoraria non ha più un ruolo complementare e occasionale dell'amministrazione della giustizia;
    attualmente sussistono diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e così diverse durate di rapporti di lavoro, ma tutti improntati ad una precarietà non giustificata dalla esemplare qualità del servizio che sempre più viene fornito con alto tasso di professionalità dai magistrati onorari e con celerità imparagonabili;
    in questo contesto, mentre si attende una riforma organica della magistratura onoraria, appare utile procedere ad un aumento delle competenze dei giudici di pace, tale da consentire con celerità di diminuire l'arretrato esistente e di consentire, per il futuro, tempi più coerenti con la ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative anche con provvedimenti di natura emergenziale, volte a prevedere l'assegnazione dei giudizi civili pendenti dinanzi ai Tribunali al giudice di pace territorialmente competente, con esclusione delle cause già assunte in decisione e che non rimesse in istruttoria.
9/2803-A/115Molteni.


   La Camera,
   il decreto in conversione interviene con diverse disposizioni in materia di enti locali e personale dipendente di amministrazioni pubbliche;
   le disposizioni connesse alla riorganizzazione delle funzioni delle Province e delle Città Metropolitane contenute nella legge di stabilità 2015 hanno di fatto bloccato tutti i processi di mobilità volontaria per cercare di ricollocare i dipendenti provinciali;
   la circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e del Ministro per gli affari regionali n. 1 del 29 gennaio 2015, nel chiarire la portata dell'articolo 1, comma 424, della legge, recita: «Non è consentito bandire nuovi concorsi a valere sui budget 2015 2016, né procedure di mobilità. Le procedure di mobilità volontaria avviate prima del .... gennaio 2105 possono essere concluse. Fintanto che non sarà implementata la piattaforma di incontro tra domanda ed offerta di mobilità presso il Dipartimento della funzione pubblica è consentito alle amministrazioni pubbliche indire bandi di procedure di mobilità volontaria riservate esclusivamente al personale di ruolo degli enti di area vasta;
   il combinato disposto di queste disposizioni è passibile di produrre effetti difficilmente gestibili in molti territori, ed in particolare nella Regione Piemonte, dove è in corso un processo di riorganizzazione definito dal legislatore regionale (l.r. 11/2012 e l.r. 3/2014) che prevede l'estinzione delle Comunità Montane e incentiva la nascita delle Unioni Montane, processo che coinvolge la metà dei comuni della Regione;
   le disposizioni sopracitate impediscono, pertanto, ogni possibile migrazione di personale tra gli enti locali, ostacolando la riallocazione del personale che nelle Comunità montane era adibito allo svolgimento delle funzioni che gli enti gestivano per conto dei Comuni (articolo 27, comma 1 decreto legislativo 267 del 2000);
   la Regione Piemonte ha, tra l'altro, previsto un piano di incentivi per la mobilità volontaria del personale, proprio al fine di evitare procedure di esubero;
   attualmente, il personale in pianta organica delle Comunità Montane piemontesi ammonta a circa 220 unità. Questi lavoratori, all'atto dell'estinzione degli enti di appartenenza, che avverrà tra il mese di giugno e la fine dell'anno 2015, rischiano di dover accedere alle procedure di mobilità collettiva di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001,

impegna il Governo

ad inserire, attraverso ulteriori iniziative normative, un dispositivo di proroga delle norme previgenti tali da salvaguardare la riorganizzazione in corso in molte regioni ed in particolare in Regione Piemonte, tutelando i processi di mobilità e mettendo sullo stesso piano i lavoratori della Provincia e quelli delle Comunità Montane.
9/2803-A/116Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il 10 febbraio 2015 è scaduto il termine per il pagamento in un'unica soluzione sia dell'acconto che del saldo per il 2014 dell'IMU sui terreni agricoli secondo i nuovi criteri stabiliti dal decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4;
    il decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole, alimentari e forestali del 28 novembre 2014 di attuazione dell'articolo 4, comma 5-bis del decreto-legge n. 16 del 2012, come modificato dal comma 2 dell'articolo 22 del decreto-legge n. 66 del 2014, individuava nuovi criteri, rispetto a quelli in vigore fino al periodo di imposta 2013, per l'esenzione dall'IMU sui terreni agricoli fissando nel 16 dicembre 2014 la data per il versamento complessivo dell'imposta per il 2014;
    la ristrettezza dei tempi e la mutazione dei criteri applicati fino al 2013 ha spinto il Governo a prorogare al 26 gennaio 2015, con il decreto-legge n. 185 del 2014, il termine per il versamento per l'anno 2014. Decreto poi confluito nel comma 692 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità per il 2015);
    successivamente con il decreto-legge n. 4 del 2015 vengono ridefiniti ulteriormente i criteri per l'esenzione e viene fissata una nuova data di scadenza del pagamento dell'imposta, entro il 10 febbraio 2015;
    si rileva che la nuova scadenza del 10 febbraio 2015 è anteriore al termine entro il quale il decreto-legge n. 4 del 2015 sarà convertito in legge ovvero il 25 marzo 2015 e che anche questo ulteriore termine imposto dal suddetto decreto-legge risulta alquanto ristretto;
    si ravvisano numerosi complessità di calcolo dell'imposta sia per i contribuenti che per i professionisti alla luce degli ulteriori nuovi parametri nonché difficoltà ad assicurare una adeguata pubblicità dei nuovi obblighi tributari che rischiano di generare diffuse irregolarità nei pagamenti dei contribuenti, che allo stato attuale non sono esplicitamente esentati dall'applicazione di sanzioni o interessi di mora;
    i nuovi criteri presentano non pochi elementi di criticità. I criteri di esenzione, sia quelli individuati dal decreto ministeriale del 28 novembre 2014 che dal decreto-legge n. 4 del 2015, sono basati su di una qualifica di montanità adottata dall'ISTAT sulla base dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952, successivamente abrogato dall'articolo 29 della Legge n. 142 del 1990, inoltre, si creano disparità di trattamento tra territori contigui e affini per caratteristiche morfologiche ed economiche nonché discriminazione e concorrenza sleale tra possessori di terreni agricoli in quanto non tengono in considerazione le zone svantaggiate e le loro difficoltà produttive,

impegna il Governo

a posticipare nuovamente, adottando ulteriori iniziative normative, il termine del versamento dell'IMU per il 2014 sui terreni agricoli in attesa di una auspicabile revisione totale o una più opportuna abolizione definitiva dell'imposta al fine di non gravare ulteriormente sul settore agricolo già fortemente colpito dalla crisi nonché alla luce dei profili critici esposti in premessa.
9/2803-A/117Caon.


   La Camera,
   durante l'esame in sede referente, ed in particolare durante l'ultima seduta di commissione, protrattasi in tarda ora notturna, i relatori al provvedimento hanno presentato un emendamento mirato ad agevolare una regione che ha sforato ripetutamente il patto di stabilità, con un testo che non conteneva alcuna proroga, né periodo transitorio, estraneo al contenuto proprio del disegno di legge senza alcun prospetto che evidenziasse gli effetti finanziari dell'emendamento proposto;
   i commi aggiunti all'articolo 10, ribattezzati durante i lavori di commissione come «salva Lazio», permetteranno alla Regione Lazio, benché non sia in regola con le norme di Bilancio previste dal pSI, di vedere meno ridimensionate le proprie risorse, di potere procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato e a premiare con la contrattazione integrativa i propri dipendenti, di ricorrere a nuovo indebitamento;
   è particolarmente grave, a nostro avviso, che si esoneri l'ente non virtuoso dalle, limitazioni in materia di personale, posto che, laddove la spesa di personale costituisce la parte preminente del Bilancio dell'ente, ad essere penalizzati sono necessariamente servizi ed investimenti;
   al contrario, sono stati bocciati emendamenti che avrebbero permesso a regioni virtuose, che hanno rispettato i vincoli di bilancio a prezzo di dolorose riorganizzazioni, di effettuare investimenti per lo sviluppo,

impegna il Governo

a rivedere le norme relative al rispetto dei vincoli di bilancio per le regioni al fine di premiare i comportamenti virtuosi, tra cui la limitazione delle spese per il personale, e a non produrre ulteriori deroghe di alcun genere per enti che si siano dimostrati non virtuosi.
9/2803-A/118Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del decreto-legge cosiddetto «proroga termini 2015»;
    valutata la novella di cui al comma 12-bis dell'articolo 1, relativamente alla facoltà, per le regioni, di procedere alla proroga dei contratti a tempo determinato fino alla conclusione delle relative procedure di stabilizzazione;
    tenuto conto della volontà del Governo, nel quadro di un sistema di interventi promossi con la riforma del lavoro cosiddetta jobs act, di procedere al superamento dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa ed al contenimento di quelli a tempo determinato;
    ricordato che il processo di privatizzazione dei rapporti di pubblico impiego comporta la necessità di una tendenziale omogeneità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati,

impegna il Governo

a prevedere l'attuazione della disposizione di cui all'articolo 12-bis citata in premessa in combinato con le norme di cui al decreto-legge n. 34 del 2014 in materia di durata, proroghe e rinnovi dei contratti a tempo determinato.
9/2803-A/119Fedriga.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento in esame proroga alcuni termini in materia di sviluppo economico, anche a sostegno delle imprese;
    gli operatori di rete televisiva per la diffusione digitale terrestre in ambito locale devono corrispondere entro il 31 gennaio di ogni anno i diritti amministrativi di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche;
    l'allegato 10 del medesimo Codice dispone che il contributo sia determinato sulla base della popolazione potenzialmente destinataria dell'offerta e, in particolare: 27.750,00 euro per una copertura su un territorio avente fino a 200.000 abitanti, 55.500,00 euro per una copertura su un territorio avente fino 10 milioni di abitanti, 111.000,00 euro per una copertura sull'intero territorio nazionale (e comunque oltre 10 milioni di abitanti);
    la maggior parte degli operatori di rete televisiva locale coprono un territorio con un numero di abitanti compreso fra i 200.000 e 10 milioni e devono quindi corrispondere 55.500,00 euro, oltre ai contributi dovuti per la concessione dell'uso delle frequenze: si tratta di cifre assolutamente insostenibili per tutti gli operatori ed è evidente che tali tariffe siano prive di ragionevolezza e di proporzionalità, in relazione alle dimensioni economiche e patrimoniali delle tv locali;
    la legge n. 9 del 2014 ha previsto una forte riduzione dei diritti amministrativi per gli operatori delle comunicazioni elettroniche diversi da quelli televisivi e il Tar Lazio si è recentemente pronunciato (sebbene solo in sede cautelare) nel senso di un riesame della problematica da parte del Ministero dello sviluppo economico, con riferimento alla mancata proporzionalità dei diritti amministrativi imposti e di penalizzazione delle piccole e medie imprese del settore rispetto agli operatori nazionali,

impegna il Governo

in attesa della revisione della normativa relativa ai diritti amministrativi dovuti dagli operatori di rete televisiva che calibri le tariffe sulla base delle dimensioni patrimoniali ed economiche delle imprese televisive locali, ad intervenire, anche attraverso l'utilizzo della normativa d'urgenza, per sanare gli effetti distorsivi scaturiti alla scadenza del termine del 31 gennaio 2015.
9/2803-A/120Caparini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9, comma 3, come modificato in sede referente, prevede la proroga fino al 1o aprile 2015 delle sanzioni concernenti l'omissione dell'iscrizione al SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) e del pagamento del contributo per l'iscrizione stessa, e la proroga al 31 dicembre 2015 di tutte le altre sanzioni relative al SISTRI; fino alla data del 31 dicembre 2015 fino al 31 dicembre 2015, continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi relativi alla responsabilità della gestione dei rifiuti, al catasto dei rifiuti, ai registri di carico e scarico, nonché al trasporto dei rifiuti, antecedenti alla disciplina relativa al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti del SISTRI;
    la proroga dell'entrata in vigore del SISTRI si è resa ancora una volta necessaria alla luce delle continue ed evidenti inefficienze del sistema; tali inefficienze, peraltro, hanno portato all'impegno, assunto da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla base di quanto definito dal decreto-legge n. 91 del 2014, cosiddetto competitività, di superare definitivamente questo sistema di tracciabilità e di configurarne uno totalmente nuovo, da concretizzare in maniera condivisa con le Associazioni di categoria;
    il termine del 1o aprile 2015 che obbliga le imprese di iscriversi e pagare per un sistema non ancora divenuto operativo, nonostante slittato rispetto a quello del 1o febbraio 2015 previsto dal testo originario del decreto-legge, non si ritiene coerente rispetto all'effettiva operatività del sistema;
    l'avvio di un nuovo bando, previsto dal decreto-legge n. 91 del 2014, cosiddetto competitività, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrà implementare entro il 2015 relativamente alla gestione del Sistri, conferma tutte le criticità dell'attuale sistema e la necessità di definire, in un percorso condiviso con le Associazioni rappresentative delle imprese che saranno chiamate ad utilizzano, un nuovo progetto realmente efficace e gestibile;
    il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, in risposta ad interrogazioni sul SISTRI lo scorso 5 febbraio nell'Aula della Camera, ha riferito che «per quanto attiene, in ultimo, alle problematiche inerenti agli oneri indebitamente versati a titolo di contributi di iscrizione al Sistri per le annualità 2010, 2011 e 2012, sono in fase di studio le modalità operative in ordine alle quali poter definire un piano di intervento finalizzato alla loro restituzione o compensazione, laddove e nei limiti in cui ne ricorrano i presupposti citati»,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere legislativo, per la restituzione o compensazione degli oneri versati dalle imprese per l'iscrizione al SISTRI, in tutte le scorse annualità fino ad oggi, e per attuare un differimento congruo del sistema sanzionatorio al fine di evitare che a partire dal 1o aprile prossimo le imprese rischino di essere sanzionate per la mancata iscrizione ad un sistema chiaramente dichiarato obsoleto ed inefficace, visto che si avvia ad essere definitivamente superato da parte dello stesso Ministero.
9/2803-A/121Allasia, Guidesi, Grimoldi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede referente è stato inserito il comma 10-bis, all'articolo 8, che consente al giudice – nelle more del riparto delle risorse relative al 2015 del «Fondo nazionale locazioni» e della loro effettiva attribuzione alle regioni, e comunque fino al 120o giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto – di disporre, su richiesta della parte interessata e al fine di consentire il passaggio da casa a casa, la sospensione dell'esecuzione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione di cui all'articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 150 del 2013;
    il campo di applicazione dell'articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 150 del 2013 si riferisce esclusivamente ai comuni in crisi abitativa e ad alcune categorie di conduttori considerate svantaggiate;
    parallelamente, in favore dei proprietari, ai fini della determinazione della misura dell'acconto IRPEF dovuto per l'anno 2016, non si tiene conto dei benefici fiscali derivanti dalle citate sospensioni;
    tuttavia, la norma non esplicita i parametri per l'esercizio della facoltà di sospensione dell'esecuzione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione da parte del giudice né il termine di efficacia del provvedimento di sospensione medesima,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori provvedimenti, anche di carattere legislativo, indirizzati a chiarire i criteri sulla base dei quali i giudici esercitano la facoltà di sospensione dell'esecuzione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione e a definire i periodi di proroga dell'efficacia del provvedimento di sospensione che i giudici possono concedere.
9/2803-A/122Borghesi, Busin.


   La Camera,
   premesso che:
    ricordando le circostanze che condussero nel 2012 alla cattura da parte delle autorità indiane dei due Marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, in servizio sulla motonave Enrica Lexie in qualità di membri del Team Militare di Protezione assegnatole per fronteggiare il pericolo rappresentato dalla pirateria nelle acque dell'Oceano Indiano;
    rilevando come dalla cattura dei due militari del nostro Paese sia derivato in India un procedimento ancora in via di definizione, che vede i due Marò imputati di omicidio volontario malgrado vestissero l'uniforme della Marina Militare Italiana, che loro conferirebbe in teoria uno status in grado di porli al riparo dalle magistrature ordinarie degli Stati;
    sottolineando come i contractors privati che i mercantili potrebbero impiegare in luogo dei Team Militari di Protezione non godrebbero neanche della protezione di status attribuita a coloro che indossano la divisa e sarebbero quindi ancora più esposti agli abusi di eventuali Stati terzi;
    stigmatizzando la circostanza che il Governo abbia comunque deciso di non condividere con il Parlamento quelle valutazioni sull'evoluzione della situazione dei Marò cui avrebbe dovuto essere subordinata la prosecuzione della partecipazione del nostro Paese alle missioni antipirateria in corso nell'Oceano Indiano, autorizzandola muto proprio prima ancora che fosse varato dal Consiglio dei ministri l'apposito decreto-legge,

impegna il Governo

a scoraggiare l'utilizzo di contractors privati a bordo dei mercantili nazionali in transito in zone riconosciute come infestate dalla pirateria, almeno fintantoché non sarà risolto il contenzioso bilaterale con l'India concernente i Marò.
9/2803-A/123Gianluca Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 ha differito il 1o gennaio 2016 l'applicazione alle Federazioni sportive nazionali affiliate al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) delle norme di contenimento delle spese previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni;
    le misure indicate all'articolo 6 comma 2 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge 122 del 2010 rientrano nell'ambito delle norme di contenimento della spesa pubblica ma non fanno esplicito riferimento all'elenco dell'Istituto nazionale di Statistica (ISTAT) delle amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

nell'ambito degli stanziamenti autorizzati a legislazione vigente, a fornire adeguata interpretazione se il disposto normativo dell'articolo 6 comma 2 della legge 122 del 2010 sia assumibile nell'ambito di applicazione dell'articolo 13 del decreto-legge in esame.
9/2803-A/124Invernizzi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso del 2011 è stata avviata, d'intesa con la Commissione europea, l'azione per accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013;
    è stato così predisposto il piano di azione per la coesione, inviato il 15 novembre 2011 al Commissario europeo per la politica regionale. Il piano di azione per la coesione si attua attraverso una revisione delle scelte di investimento già compiute con lo scopo di mettere in salvaguardia interventi/risorse i cui tempi di attuazione non risultano coerenti con i tempi della rendicontazione sui programmi comunitari (e di conseguenza avere più tempo a disposizione per realizzarli), e di avviare nuove azioni/progetti, alcune delle quali di natura prototipale che, in base agli esiti, potranno essere riprese nella programmazione 2014-2020;
    l'operazione prevede lo spostamento di una parte del cofinanziamento nazionale fuori dai programmi comunitari, in modo da poter attuare i progetti senza più le scadenze temporali della programmazione comunitaria. Questa operazione prevede il vincolo della destinazione territoriale delle risorse, vale a dire il divieto di usare queste risorse in territori diversi da quelli che le hanno generate;
    il piano di azione coesione è stato definito e attuato attraverso fasi successive di riprograrnmazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013 dei programmi operativi delle regioni meridionali e di quelli nazionali (che utilizzano risorse delle quattro regioni meridionali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). In parte estremamente residuale sono presenti piccole risorse di alcune regioni del Centro-nord (le risorse provengono dalle risorse del cofinanziamento nazionale prima presenti nei programmi comunitari che vengono successivamente trasferite al di fuori dei programmi e gestite con regole nazionali);
    sin dall'inizio non sono stati fissati termini per l'utilizzo delle risorse, tantomeno in termini di impegni, visto che si trattava di risorse che rientrano nella totale disponibilità dello Stato italiano e delle regioni (non più soggette ai vincoli dei fondi comunitari);
    complessivamente, a febbraio 2014, il piano di azione coesione ha raggiunto un valore pari a 13,5 miliardi di euro a cui concorrono risorse nazionali derivanti dalla riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi operativi (11,5 miliardi di euro) e risorse riprogrammate attraverso rimodulazione interna ai medesimi programmi (2,0 miliardi di euro);
    le prime due fasi (dicembre 2011 e poi maggio 2012) hanno riallocato un totale di risorse pari a 6,4 miliardi di euro e hanno riguardato in misura prevalente (4,9 miliardi) le regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e in misura più contenuta (0,5 miliardi) le altre regioni del Sud e alcune del Centro-nord. La prima fase (PAC I) ha concentrato le risorse verso quattro priorità di intervento – istruzione, agenda digitale, occupazione e ferrovie – mentre la seconda fase (PAC II) è stata orientata in modo più deciso verso obiettivi di crescita e inclusione sociale, con particolare attenzione a misure dirette al contrasto della grave disoccupazione giovanile soprattutto al Sud;
    la terza riprogrammazione (dicembre 2012) consiste in una manovra di circa 5,7 miliardi di euro e riguarda, nell'area «Convergenza», i programmi operativi regionali di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e i programmi operativi nazionali «reti e mobilità» e «sicurezza per lo sviluppo» (per circa il 98 per cento). Riguarda inoltre i programmi operativi delle regioni Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Valle d'Aosta. La manovra attuata ha previsto una serie di misure con funzione anticiclica oltre al conseguimento di obiettivi di «salvaguardia» di progetti e opere pubbliche di rilievo strategico in attuazione nei programmi operativi 2007-2013 e all'avvio di «nuove azioni», anche con carattere prototipale, funzionale alla preparazione della programmazione 2014-2020;
    le «Misure straordinarie per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, e la coesione sociale» previste dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, costituiscono i contenuti della quarta fase di riprogrammazione che ha mobilitato risorse pari a circa 2,1 miliardi di euro;
    la quinta fase di riprogrammazione è stata avviata dal Consiglio dei ministri il 27 dicembre 2013. Prevede la rimodulazione di 1,8 miliardi di euro già programmati nel piano di azione coesione su azioni non avviate o comunque in ritardo di attuazione. Gli investimenti sono destinati a misure specifiche per le imprese, per l'occupazione e per lo sviluppo delle economie locali;
    il piano di azione coesione finanzia progetti che fanno riferimento a macro tipologie di azioni quali: rafforzamento della dotazione infrastrutturale e tecnologica; rafforzamento delle competenze per l'occupazione; implementazione di misure anticicliche; salvaguardia di progetti validi avviati; promozione e realizzazione di «Nuove azioni»;
    il comma 122 della legge di stabilità 2015 introduce una regola mai precedentemente definita, ovvero quella della decurtazione delle risorse del fondo di rotazione in assenza di impegni (né tantomeno di obbligazioni giuridicamente vincolanti) e la applica retroattivamente, facendo riferimento alla data del 30 settembre 2014;
    sulla base delle caratteristiche del piano di azione coesione degli interventi scelti, tale decisione comporta l'instaurazione di centinaia di contenziosi tra regioni ed amministrazioni beneficiarie esterne in gran parte pubbliche (comuni) che si vedranno annullare interventi in relazione ai quali sono stati sottoscritti convenzioni e disciplinari, sono in corso procedure di gara, sono state comunque già sostenute spese (anche in assenza di obblighi giuridicamente vincolanti già conseguiti a quella data, ovvero di gare già aggiudicate), con il rischio più che concreto di generare debiti fuori bilancio;
    tali contenziosi assumeranno ricadute drastiche per quei casi in cui l'obbligo giuridicamente vincolante non presente alla data del 30 settembre, possa essere stato conseguito nei mesi successivi (ottobre-dicembre). A ciò si aggiunge la constatazione che i dati di monitoraggio non risultano in tutte le regioni esaustivi ed aggiornati a causa dei rallentamenti con i quali i soggetti beneficiari esterni alle amministrazioni regionali alimentano i sistemi stessi, con la conseguenza che possono non risultare nei sistemi inviati a quella data progetti che invece hanno conseguito obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV);
    va ulteriormente sottolineato che il taglio delle risorse compromette gli interventi già in corso, con particolare riferimento all'esigenza di porre in salvaguardia quei progetti inizialmente previsti nei programmi comunitari che successivamente sono stati trasferiti al di fuori perché non in grado di conseguire la chiusura delle attività entro i termini della programmazione comunitaria (dicembre 2015), a causa della complessità delle procedure e dei pareri autorizzativi, con conseguenti criticità finanziarie per quei progetti che non potranno più avere copertura finanziaria né sui programmi comunitari, né sui programmi del piano di azione coesione;
    a tale riguardo, il documento ufficiale del MISE-DPS dell'ottobre 2013 dal titolo «piano di azione coesione monitoraggio rafforzato rapido sullo stato di avanzamento 1. Lo stato di avanzamento in generale», già sottolineava la centralità di questa questione nelle scelte sostenute per la definizione del piano di azione coesione;
    inoltre, se alcuni ritardi sono presenti nell'avanzamento dei programmi piano di azione coesione, ciò è dovuto alla insufficienza ed incertezza delle regole dettate a livello centrale, come espressamente riconosciuto dallo stesso MISE-DPS nel documento ufficiale già citato in precedenza;
    risulterebbe inoltre che sia stato letteralmente cancellato l'accordo sul piano di azione coesione, sottoscritto con le regioni,

impegna il Governo

a rendere comunque disponibili per le regioni le risorse del fondo di rotazione, nei casi in cui gli impegni o le obbligazioni giuridicamente vincolanti, pur non presenti alla data del 30 settembre 2014, siano stati conseguiti entro il 31 dicembre 2014, cioè prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità 2015.
9/2803-A/125Palese, Massa.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità 2015, a decorrere dal 1o gennaio 2015 (articolo 1, comma 629 della legge n. 190 del 2014), rende applicabile il «reverse charge» anche alle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici; ai trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra; ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori e di certificati relativi al gas e all'energia elettrica; alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore;
    dopo l'autorizzazione dell'Unione europea il «reverse charge» sarà esteso anche alle cessioni di beni effettuate nei confronti di ipermercati, supermercati e discount alimentari;
    la medesima legge di stabilità 2015, a decorrere dal 1o gennaio 2015, introduce lo «split payment» per tutte le operazioni effettuate con enti pubblici, conseguentemente l'iva applicata sui corrispettivi relativi ad operazioni effettuate dalle imprese è versata direttamente all'Erario dall'ente pubblico che riceve la prestazione;
    l'impossibilità di incassare l'IVA sulle vendite determina, sul breve periodo, uno squilibrio nella gestione finanziaria delle imprese che operano nel settore dell'impiantistica, dell'edilizia, dei servizi di pulizia su edifici e, dopo l'autorizzazione UE, anche della grande distribuzione alimentare. Tali imprese, infatti, se, da un lato, dovranno anticipare l'IVA ai propri fornitori, dall'altro, non avranno più le entrate finanziarie derivanti dall'IVA sui corrispettivi di vendita di beni o servizi;
    i crediti Iva causati dall'assenza del corrispondente debito Iva, possono essere recuperati in compensazione con altri tributi o contributi ovvero tramite richiesta di rimborso, solamente attraverso procedure molto lunghe, che comportano ingenti oneri amministrativi;
    per evitare di accumulare crediti con l'erario le imprese più strutturate potrebbero essere spinte ad effettuare gli acquisti dei beni e servizi da imprese che abbiano la sede legale in altri stati della UE per i quali si rende applicabile il meccanismo dell'Inversione contabile determinando, di fatto, un danno alle piccole imprese dell'indotto e, quindi, all'economia nazionale;
    gli effetti dello split payment per i soggetti che operano prevalentemente o stabilmente con le amministrazioni pubbliche sono ancora più preoccupanti, tenuto conto che quest'ultimi sono già colpiti dalla mancanza di liquidità dovuta ai ritardati pagamenti della pubblica amministrazione (tale strumento danneggia anche soggetti quali i Caf che prestano un importante servizio ai cittadini e alla amministrazione finanziaria);
    per far fronte all'evasione fiscale è già stato previsto lo strumento della fatturazione elettronica che, dal mese di marzo c.a., sarà obbligatoria per tutte le amministrazioni pubbliche e il cui utilizzo tra i privati può essere incentivato per cui si ritiene superflua la compresenza di più strumenti che intervengono sulla stessa materia e introducono nuovi, pesanti oneri amministrativi in capo alle imprese,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di introdurre correttivi volti a risolvere le criticità emerse dall'applicazione dello split payment e del reverse charge, con riferimento ai gravi problemi di liquidità delle imprese interessate;
   a valutare l'opportunità di utilizzare, a partire da marzo, unicamente lo strumento della fatturazione elettronica per tutte le operazioni con la PA quale strumento di lotta all'evasione dell'Iva, disponendo l'abrogazione dello split payment da tale data ed escludendo l'applicazione del reverse charge sulle operazioni poste in essere da imprese che scelgono di adottare la fatturazione elettronica per la certificazione dei corrispettivi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate con altre imprese.
9/2803-A/126Vargiu, Matarrese, Dambruoso, Vitelli, D'Agostino.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3-ter dell'articolo 8 del decreto in esame prevede che la nuova disciplina per la centralizzazione delle procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture, per tutti i comuni non capoluogo di provincia, attraverso forme di aggregazione, si applichi dal 1o settembre 2015;
    la norma modifica il primo periodo del comma 1 dell'articolo 23-ter del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, che ha fissato due diversi termini per l'applicazione della nuova disciplina a seconda che si tratti di acquisizioni di beni e servizi, per i quali la disciplina è entrata in vigore il 1o gennaio 2015, o di lavori ai quali la disciplina sì applicherà a partire dal 1o luglio 2015;
    tale modifica è volta a differire l'entrata in vigore della nuova disciplina ed a fissare un unico termine a decorrere dal quale si applicherà a tutte le procedure di acquisto;
    il comma 3-quater del medesimo articolo 8 prevede, infine, che la norma non si applichi alle procedure già avviate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge;
    la nuova disciplina per la centralizzazione delle procedure di acquisto è stata inserita dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 66 del 2014, che ha sostituito il comma 3-bis dell'articolo 33 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006), norma che era stata inserita dall'articolo 23, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
    le disposizioni in materia di acquisti centralizzati, pur condivisibili nella ratio generale, rischiano di essere causa di ulteriori penalizzazioni e aumenti di costi dovuti al quadro normativo eccessivamente complesso che, in particolare nei piccoli comuni, rischia di ingessare ogni tipo di acquisizione;
    il comma 3 dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 90 del 2014 dispone che i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possano procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso ulteriori normative, anche per i piccoli comuni l'esenzione dall'obbligo di ricorrere alle centrali uniche per l'acquisizione di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro.
9/2803-A/127Vezzali.


   La Camera,
   premesso che:
    la lettera b) del comma 666 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 ha abrogato i commi 1 e 2 dell'articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342 ed ha cancellato l'esenzione del bollo per gli autoveicoli e per i motoveicoli ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico, mantenendola solo per i mezzi ultratrentennali;
    il parco circolante delle auto d'epoca rappresenta un patrimonio di notevole pregio che coinvolge circa 500 mila vetture, recuperate o conservate da appassionati e collezionisti, monitorati dall'Automobilclub Storico Italiano – ASI e dalla Federazione Motociclistica Italiana – FMI;
    tale patrimonio mobilita un significativo volume di affari, sia in termini di raduni nazionali e regionali, che in termini di indotto per artigiani e restauratori;
    si stima che gli autoveicoli ed i motoveicoli d'epoca ultraventennali versino alle regioni ed allo Stato una tassa di circolazione forfettaria di 25 euro per le auto e di 10,33 euro per le moto;
    sebbene il tributo dovrà essere versato entro il 31 gennaio 2015 per gli autoveicoli ed entro il 28 febbraio 2015 per i motoveicoli, le regioni – titolari della tassa automobilistica – hanno sino ad ora legiferato in modo autonomo ed in ordine sparso, discostandosi spesso dal novellato articolo 63 della legge n. 342 del 2000 e provocando caos e generale confusione tra i proprietari;
    risulta che la giunta regionale del Piemonte abbia deliberato lo slittamento del pagamento del bollo di tutte le vetture d'epoca dal 31 gennaio al 28 febbraio 2015; le giunte della Lombardia, dell'Emilia Romagna e del Veneto abbiano mantenuto l'esenzione solo per le auto e moto dai 20 ai 29 anni iscritte nei registri ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo e Federazione motociclista italiana (FMI); la giunta della Toscana applichi una tassa di possesso forfettario di 63 euro per le auto e 26,25 per le moto e che tutte le restanti regioni abbiano invece deciso di allinearsi alle nuove norme inserite nella legge di stabilità 2015;
    la scelta operata dal Governo denota, ad avviso dei firmatari del presente atto, una scarsa conoscenza da parte dell'estensore della norma riguardo il mondo dei veicoli storici: solo pochi proprietari potranno permettersi infatti di pagare il bollo e l'assicurazione e la previsione più attendibile è che circa l'80 per cento dei veicoli d'epoca sarà demolito o radiato per l'espatrio;
    il rischio di depauperamento che corre il patrimonio storico e collezionistico dei veicoli d'epoca richiederebbe un generale approfondimento e chiarimento dell'intera materia in tempi brevissimi, vista l'imminenza delle scadenze dei pagamenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare fino al 31 giugno 2015 le esenzioni per gli autoveicoli ed i motoveicoli di particolare interesse storico e collezionistico per i quali il termine è stato ridotto a venti anni dalla lettera b) del comma 666 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, al fine di ridefinire l'intera materia e consentire alle regioni di dare alla normativa una interpretazione ed una applicazione univoca.
9/2803-A/128Sottanelli, Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 192 del 2014, che si iscrive nel novero dei cosiddetti decreti «milleproroghe», ovvero quei provvedimenti che, con cadenza annuale, vengono presentati alla conversione delle Camere, contiene una molteplicità di norme difformi ed eterogenee, il cui prorogarsi dei termini di scadenza in scadenza, evidenzia una scarsa qualità sia dell'applicazione delle norme, che della volontà politica del Governo nel definire in maniera permanente se le relative norme debbano essere stabilizzate o meno nell'ordinamento;
    nell'ambito delle disposizioni relative al comparto difesa-sicurezza, il provvedimento prevede al comma 6 dell'articolo 4, al fine di assicurare la prosecuzione del concorso delle Forze armate nel controllo del territorio, la proroga, (limitatamente al primo trimestre 2015), dell'operatività del piano di impiego concernente l'utilizzo di un contingente massimo di 3.000 unità di personale militare appartenente alle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia, con un impiego limitato ai soli servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili;
    a tal fine, occorre evidenziare come il grave deterioramento del quadro di sicurezza, evidenziato in Libia con l'incursione africano dei terroristi jihadisti dell'Isis, che intendono occupare il territorio del Paese nord-africano a cui si aggiungono le reali minacce da parte degli stessi nel nostro territorio che esplicitamente dichiarano di essere a sud di Roma, esige un immediato ed urgente potenziamento delle Forze armate italiane, sia terrestri, che aeronautiche e navali;
    i modesti quanto irrilevanti interventi introdotti dal Governo Renzi, da ultimo all'interno della legge di stabilità 2015, delineano un quadro sia sconfortante quanto pericoloso, in ordine alle attuali condizioni generali di efficienza in cui si trova il comparto della sicurezza nazionale, il cui costante definanziamento nei riguardi della difesa, impone una inversione di rotta;
    la gravissima situazione che si sta sviluppando nell'aerea del mediterraneo, anche in considerazione dell'ondata migratoria inarrestabile con il rischio che interi barconi pieni di terroristi dell'Isis arrivino sulle coste italiane, come ha dichiarato l'ambasciatore d'Egitto a Londra, impone pertanto misure di carattere eccezionale e straordinarie anche e soprattutto finanziarie, volte ad accrescere il numero del personale ed i mezzi di trasporto e le strutture logistiche militari a disposizione delle Forze armate italiane,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili ed i vincoli di bilancio, nei prossimi provvedimenti legislativi, misure finanziarie ad hoc in favore delle Forze armate italiane, in considerazione del gravissimo e pericoloso evolversi degli avvenimenti in corso del mediterraneo, incrementando i fondi per la difesa e la sicurezza sul territorio italiano ed in particolare nelle aree di confine.
9/2803-A/129Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    a tutt'oggi, ad oltre 20 anni dall'entrata in vigore della legge che ha disposto misure in favore dei lavoratori impegnati in attività collegate alla lavorazione dell'amianto, numerosi di questi, di cui molti già pensionati, pur avendo presentato richiesta di accesso ai benefici previdenziali, ancora non sono riusciti a farsi riconoscere tale diritto;
    in particolare, molti di questi lavoratori sono stati impegnati durante la fase di costruzione o di manutenzione degli impianti dell'area industriale di Portovesme;
    detti lavoratori, ora in gran parte pensionati, avevano presentato domanda all'INAIL entro il 15 giugno 2005, alcuni contestualmente anche la domanda amministrativa all'INPS, altri successivamente, altri ancora nessuna domanda;
    su tali procedimenti si è aperto un consistente contenzioso giurisprudenziale che ha visto numerosi pronunciamenti favorevoli ai richiedenti, con sentenze passate in giudicato, in conseguenza del mancato ricorso da parte dell'amministrazione soccombente, anche in assenza di specifica richiesta amministrativa;
    a seguito dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 9416, del 29 aprile 2014, in base alla quale sono stati dichiarati improponibili i ricorsi per carenza di richiesta amministrativa, tali eccezioni sono state sollevate, così determinando profonde sperequazioni di valutazione e di decisione;
    nonostante gli ormai numerosi casi conclamati di mesotelioma e di placche pleuriche polmonari, tali mutamenti giurisprudenziali rischiano di compromettere il diritto al giusto ristoro del danno fisico patito da questi lavoratori;
    alla luce della citata ordinanza n. 9416 del 2014, che pur si richiama ad una neutralità di valutazione, appare necessaria l'assunzione di una decisione legislativa riparatrice, meritevole di attenzione verso i suddetti lavoratori o pensionati, altrimenti costretti a riproporre nuovi ricorsi giudiziali, già in parte conclusi nel merito, con le conseguenti e non auspicabili lungaggini procedurali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure di carattere normativo volte a riconoscere l'equipollenza delle richieste di certificazione INAIL con le domande inoltrate all'INPS, così prorogandone il termine per la decadenza e scongiurando la perdita, anche parziale, del diritto al risarcimento previdenziale.
9/2803-A/130Cani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17 del decreto-legge n. 104 del 2013 ha introdotto un nuovo sistema di reclutamento dei dirigenti scolastici, basato su un corso-concorso selettivo di formazione bandito annualmente dalla Scuola nazionale dell'amministrazione per tutti i posti vacanti, disponendo l'abrogazione della disciplina previgente, che prevedeva lo svolgimento delle procedure su base regionale;
    l'indizione del nuovo corso-concorso, prevista entro il 31 dicembre 2014 per la copertura dei posti vacanti di dirigente scolastico nelle regioni nelle quali sia esaurita la graduatoria del concorso indetto con D.D.G. 13 luglio 2011, non ha avuto luogo e per questo si è resa necessaria una proroga al 31 marzo 2015;
    la necessità della proroga, pur priva di effetti finanziari, dato che le relative assunzioni avverranno nell'ambito delle ordinarie facoltà assunzionali, dimostra la complessità della procedura prevista per legge che comporta, prima del bando, la definizione di un regolamento, per il quale è necessario acquisire il preventivo concerto del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, nonché il parere del Consiglio di Stato;
    nella più ottimistica delle previsioni dunque i nuovi presidi non verranno insediati prima di settembre 2016 ed in assenza di un repentino ricambio, si assiste ad un ulteriore incremento del numero delle reggenze di molti istituti, che restano così senza un dirigente titolare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare iniziative normative per sanare l'eventuale carenza di dirigenti già a partire dal prossimo anno scolastico, prevedendo un coinvolgimento dei dirigenti stessi nella scrittura del Regolamento per l'attuazione del corso-concorso per l'assunzione di dirigenti scolastici o una sua eventuale modifica, al fine di rendere più snelle ed efficaci le procedure concorsuali.
9/2803-A/131Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    gli operatori di rete televisiva per la diffusione digitale terrestre in ambito locale devono corrispondere entro il 31 gennaio di ogni anno i diritti amministrativi di cui all'allegato n. 10 al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche) mentre il pagamento dei canoni di concessione per le trasmissioni in tecnica analogica (oggi sostituite dalle trasmissioni in tecnica digitale), il termine previsto per il pagamento era il 31 ottobre;
    in particolare, le tariffe previste dall'allegato n. 10 sono le seguenti:
     copertura su un territorio avente fino a 200.000 abitanti: 27.750,00 euro;
     copertura su un territorio avente fino 10 milioni di abitanti: 55.500,00 euro;
     copertura sull'intero territorio nazionale (e comunque oltre 10 milioni di abitanti): 111.000,00 euro;
    tali tariffe (che peraltro si sommano a quelle dei contributi per la concessione dell'uso delle frequenze) sono assolutamente insostenibili per tutti gli operatori di rete televisiva locale;
    nello specifico, quasi tutti gli operatori rientrano nello scaglione tra 200.000 e 10 milioni di abitanti e devono corrispondere 55.500,00 euro, mentre alcuni operatori (in particolare quelli che coprono la Lombardia e qualche provincia delle regioni adiacenti, che superano i 10 milioni di abitanti) devono corrispondere 111.000,00 euro;
    nel corso della discussione del provvedimento era stato annunciata la presentazione di un emendamento del Governo che avrebbe spostato alla fine di giugno il pagamento dei canoni d'uso e dei diritti amministrativi,

impegna il Governo

a procedere in tempi rapidi alla revisione della normativa in materia di canoni di concessione al fine di calibrare equamente tali tariffe sulle dimensioni patrimoniali ed economiche delle imprese televisive locali che altrimenti non potrebbero sopportare tali oneri e sarebbero costrette a chiudere la loro attività con evidenti ricadute occupazionali ed economiche.
9/2803-A/132Fauttilli.


   La Camera,
   premesso che:
    i medici inseriti nelle cosiddette liste ad esaurimento, previste dall'articolo 4, comma 10-bis, legge n. 125 del 2013, di cui l'INPS deve avvalersi, in via prioritaria, ai sensi dell'articolo 1, comma 340, legge n. 147 del 2013, per l'espletamento delle visite mediche domiciliari di controllo, sono professionisti che svolgono il loro incarico presso l'Istituto ormai da diversi anni;
    attualmente, nonostante gli interventi legislativi di cui sopra, volti a favorire la stabilizzazione degli incarichi e a sanare una situazione «atipica» che si trascina ormai da decenni, la natura del rapporto è ancora quella prevista dall'articolo 1 decreto ministeriale 18 aprile 1996, cioè libero professionale con retribuzione a prestazione e senza alcuna tutela (reddito garantito, ferie, malattia, tfr, infortunio, incarico a tempo indeterminato eccetera) previste, invece, per i medici del Servizio Sanitario Nazionale in convenzione, che svolgono analogo servizio c/o le Aziende Sanitarie Locali;
    in data 1o aprile 2014, il Sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti, nel corso dell'audizione sulla «Indagine conoscitiva sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia», dichiarava che «con riferimento alla natura giuridica del rapporto, si potrebbe valutare l'opportunità di ridefinire i caratteri della collaborazione, secondo i canoni di stabilità rivendicati dai medici fiscali, nei limiti del rispetto del principio costituzionale del concorso pubblico e della normativa vigente in tema di reclutamento del personale alle dipendenze della pubblica amministrazione»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, così come affermato dal suo rappresentante in occasione della citata audizione, a definire l'attuale rapporto di collaborazione intrattenuto dai medici fiscali INPS, adeguandolo a quei criteri di stabilità già presenti negli Accordi Collettivi Nazionali, esistenti nel Servizio Sanitario Nazionale, che rientrano nel campo della parasubordinazione a tempo indeterminato prevedendo le tutele specifiche oggi non riconosciute a causa della tipologia contrattuale.
9/2803-A/133Gigli, Sberna.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 9, comma 15-quater del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, venivano confermate anche per il 2014 le detrazioni fiscali per carichi di famiglia in favore dei contribuenti non residenti;
    per fruire della detrazione per familiari a carico, è necessario che le persone cui tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore al limite previsto dalla legge, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato, e di non godere localmente di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari;
    poiché la misura agevolativa non era stata reiterata, era stata presentata una proposta emendativa per prorogare tale disposizione almeno per il biennio 2015-2016 sulla quale il Governo non ha ritenuto, tuttavia, di esprimere un parere favorevole,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità, nell'ambito dei decreti attuativi della delega fiscale o in altri prossimi provvedimenti di natura fiscale, di rendere strutturale tale norma, che persegue l'obiettivo della piena equiparazione e parità di trattamento tra i contribuenti italiani.
9/2803-A/134Fitzgerald Nissoli, Lo Monte, Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel documento conclusivo sull’«Indagine conoscitiva sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia», si affermava che era ormai opportuno individuare un solo soggetto cui affidare lo svolgimento della funzione di controllo in merito alle assenze per motivi di salute, da individuarsi necessariamente nell'INPS;
    tale scelta richiede alcune modifiche della normativa vigente che andranno meglio precisate con appositi atti, mentre il costo del servizio reso dall'INPS nel settore del pubblico impiego potrebbe trovare risposta nelle cifre già ora stanziate per il medesimo scopo;
    la Corte Costituzionale, con sentenza n. 207 del 2010, ha stabilito che è illegittimo il comma 23, lettera e), articolo 17 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 7), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il quale dispone che le visite fiscali ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni rientrano tra i compiti istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale. Di conseguenza, gli oneri per gli accertamenti medico legali sono a carico delle Amministrazioni richiedenti;
    la Conferenza delle Regioni è intervenuta sull'argomento, consegnando alla Commissioni Affari Sociali la comunicazione prot. n. 14/O25/cr8/c7, con la quale si afferma che le visite fiscali non rientrano nei LEA e pertanto le regioni stanno svolgendo un servizio che non riguarda la tutela della salute, quindi non più di loro competenza;
    i medici di controllo INPS svolgono, con una pluriennale esperienza nella medicina fiscale e con un'unica modalità contrattuale, solo ed esclusivamente l'attività de quo, a differenza dei sanitari ASL impegnati contemporaneamente in diversi compiti e con diverse tipologie contrattuali anche all'interno di ogni singola Azienda Sanitaria Locale;
    inoltre, soltanto i medici di controllo INPS sono stati dotati, da oltre un anno, delle cosiddette valigette informatiche per la ricezione delle richieste delle visite da effettuare e la redazione – presso il domicilio del lavoratore – del verbale di visita che viene trasmesso, in tempo reale, ai sistemi informatici dell'Istituto;
    si ricorda, infine, che all'INPS affluiscono i certificati di malattia di tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, ivi compresi quelli parasubordinati e dal 1o gennaio 2012 l'INPDAP è confluito nell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e tutte le Pubbliche Amministrazioni sono in possesso, da tempo, delle credenziali di accesso ai sistemi informatici dell'INPS, per la visualizzazione dei certificati di malattia, per richiedere gli accertamenti medico legali e prendere visione dei verbali della visita richiesta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in un'ottica di miglioramento dell'efficienza, efficacia e snellimento dell'azione di controllo, e a saldi invariati, di adottare provvedimenti idonei a consentire alle pubbliche amministrazioni di richiedere all'INPS lo svolgimento degli accertamenti medico legali relativi al controllo sullo stato di salute dei lavoratori in malattia attraverso i medici inseriti nelle liste speciali di cui all'articolo 5, comma 12, decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463.
9/2803-A/135Sberna, Gigli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame al comma 10 dell'articolo 8 proroga di quattro e sei mesi i termini stabiliti dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 133 del 2014 (cosiddetto decreto Sblocca Italia) – per l'aggiornamento o la revisione delle concessioni autostradali anche mediante l'unificazione di tratte interconnesse, contigue ovvero tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria. In base ai nuovi termini, entro il 30 giugno 2015 (in luogo del 31 dicembre 2014) i concessionari dovranno sottoporre al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le modifiche del rapporto concessorio e il nuovo piano economico-finanziario, mentre entro il 31 dicembre 2015 (anziché il 31 agosto 2015) dovrà essere stipulato un atto aggiuntivo o una nuova convenzione unitaria;
    il meccanismo introdotto dalla norma in questione può significare la proroga automatica di fatto di concessioni in scadenza senza andare a gara, contrariamente a quanto previsto dalla normativa europea e dai principi di concorrenza ed economicità;
    tali criticità, peraltro evidenziate a suo tempo anche dall'Autorità dei trasporti, dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato durante le audizioni parlamentari tenutesi durante la discussione per l'approvazione della norma, nonché nell'ultima lettera inviata il 28 gennaio 2015 dall'Anac al presidente della Camera, al presidente del Senato ed al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono state ribadite per l'ennesima volta in questi ultimi giorni dal Dott. Raffaele Cantone che ha chiesto esplicitamente al Governo di stralciare la norma relativa alla proroga delle concessioni autostradali prevista dal citato decreto-legge Sblocca Italia e ulteriormente modificata dal provvedimento in esame al fine di predisporre una legge organica che riguardi le concessioni autostradali. In particolare il Dott. Cantone, audito nei giorni scorsi presso la in Commissione VIII (Ambiente) della Camera dei deputati nell'ambìto dell'indagine conoscitiva sulle concessioni autostradali, ha ribadito come la norma in questione possa essere in contrasto con quello che da tempo sta dicendo l'Unione europea sul fatto che le concessioni devono essere messe a gara pubblica. Pur tuttavia, il citato decreto Sblocca Italia, modificato dal provvedimento in esame, prevede una proroga quasi automatica a favore degli attuali concessionari, da Autostrade per l'Italia Benetton ai gruppi Gavio e Toto agli enti pubblici e privati che gestiscono singoli tratti della rete,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione i rilievi mossi dal Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione in relazione alla disposizione di proroga delle concessioni autostradali, senza escludere l'ipotesi di abrogarla con successivi interventi normativi per poi affrontare in modo serio e trasparente il tema della concessioni autostradali nell'ambito di un nuovo provvedimento legislativo ad hoc.
9/2803-A/136Ferrara, Pellegrino, Zaratti, Scotto, Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo iniziale del decreto legge 192 del 2014 di proroga termini, presentato alla Camera il 31 dicembre scorso, per la prima volta da diversi anni non prevedeva alcuna proroga del blocco degli sfratti per finita locazione, per le categorie di cittadini più svantaggiate;
    detta mancata proroga decisa dal Governo, con tutto quello che questo comportava per migliaia di famiglie del nostro Paese, aveva spinto fin da subito tre assessori dei comuni maggiormente coinvolti, ossia Roma, Milano e Napoli, a scrivere un appello al Governo e al Ministro delle Infrastrutture per chiedere una nuova proroga al blocco degli sfratti per finita locazione scaduto a fine 2014. La mancata proroga – hanno ricordato gli assessori – mette a rischio fra le 30 e le 50 mila famiglie in tutta Italia;
    da cinque anni a questa parte, come hanno segnalato i firmatari dell'ap- pello, Roma ha registrato oltre 10 mila sentenze per fine locazione; 4.500 a Napoli e 4 mila le sentenze di sfratto a Milano, sempre tra il 2008 al 2013. Il 70 per cento delle famiglie avrebbe i requisiti di reddito e sociali (anziani, minori, portatori di handicap) previste dalla legge per la proroga. Ecco perché – riportava l'appello – «torniamo a chiedere con forza la proroga del blocco degli sfratti e politiche abitative strutturali che ci consentano di uscire dalla logica dell'emergenza»;
    lo stesso Presidente dell'ANCI, Piero Fassino, aveva sottolineato come «l'emergenza abitativa sollecita una valutazione sull'opportunità di una proroga, almeno temporanea»;
    una delle motivazioni portate dal Ministro Lupi alla decisione di non prorogare il blocco degli sfratti è stata che «l'emergenza andava affrontata in un modo più radicale, non con lo strumento vecchio e logoro degli sfratti. Sono stati rifinanziati il fondo per gli affitti e il fondo per la morosità incolpevole, 200 milioni al primo, 266 al secondo. Sono stati destinati 400 milioni alla ristrutturazione delle case popolari, più i fondi per l'acquisto della prima casa e il sostegno ai mutui. In totale gli investimenti per la casa hanno raggiunto i 2 miliardi e 300 milioni di euro. Con le nuove norme i comuni hanno strumenti e fondi sufficienti per affrontare i casi di cui stiamo parlando»;
    l'esame nelle Commissioni referenti del disegno di legge in esame, ha portato alla reintroduzione, seppure per un periodo limitato, del blocco degli sfratti per finita locazione;
    la norma approvata infatti, prevede che – nelle more del decreto di riparto e dell'assegnazione delle risorse per il 2015 del «Fondo affitti» tra le diverse regioni, e comunque fino a 4 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge – su richiesta della parte interessata, il giudice può disporre, al fine di consentire il passaggio da casa a casa, la sospensione dello sfratto per finita locazione;
    la portata della norma l'ha comunque chiarita lo stesso Ministro Lupi che ha dichiarato: «su richiesta dell'inquilino il giudice competente per l'esecuzione dello sfratto ha 120 giorni a partire dalla data di conversione della legge per decidere la sospensione dello sfratto e la sua durata»;
    affinché il giudice competente possa disporre l'eventuale sospensione dell'esecuzione delle procedure di sfratto e decidere la durata della medesima sospensione, è però necessario che tale durata sia tale da garantire all'inquilino il passaggio da casa a casa. A tal fine è quindi indispensabile che il Comune interessato fornisca al giudice informazioni utili in relazione alla disponibilità di nuovi alloggi, in modo da mettere in condizione il medesimo giudice di poter decidere di conseguenza circa la durata della sospensione dello sfratto che dovrà concedere;
    rimane il fatto che la proroga di 4 mesi è del tutto insufficiente anche perché i tempi di assegnazione ai Comuni delle risorse del Fondo affitti sono molto più lungi. Come hanno ricordato la CGIL e il SUNIA, che «ancora non sono state ripartite tra le regioni le poche risorse del 2014 e del 2015 destinate al recupero di alloggi pubblici inutilizzati», e che «se anche lo fossero, i primi appartamenti non sarebbero pronti prima di un anno»,

impegna il Governo:

   ad incrementare sensibilmente, attraverso ulteriori iniziative normative, la durata dei centoventi giorni del blocco degli sfratti per finita locazione, al fine di garantire effettivamente il passaggio da casa a casa delle famiglie interessate;
   a monitorare e vigilare sugli effetti applicativi della norma introdotta, al fine di intervenire eventualmente, anche con provvedimenti d'urgenza, per escludere l'esecutività dello sfratto per finita locazione in assenza del passaggio a un nuovo alloggio per le categorie sociali individuate dall'articolo 1, comma 1, della legge 9/2007;
   ad attivarsi in accordo con gli enti locali, al fine di garantire che i Comuni interessati mettano a disposizione dei giudici informazioni utili sulla disponibilità di alloggi, in modo da mettere in condizione il medesimo giudice di poter decidere conseguentemente la durata della sospensione dello sfratto, al fine di garantire all'inquilino l'effettivo passaggio da casa a casa;
   a estendere la normativa sulla sospensione degli sfratti per finita locazione, anche per i soggetti con sentenza di sfratto per morosità incolpevole, come definita dal decreto del Ministero delle Infrastrutture del 14 maggio 2014.
9/2803-A/137Zaratti, Nicchi, Pellegrino, Marcon, Quaranta, Melilla, Costantino, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di rendere più coerente il sistema di tassazione e più semplice l'applicazione delle norme e la determinazione delle basi imponibili, riducendo i costi di adempimento per le oltre 900 mila partite Iva esercenti le loro attività sul territorio nazionale, anticipando in tal modo anche il riordino del regime dei minimi, previsto nella legge n. 23 del 2014 (cosiddetta delega fiscale), la legge di stabilità 2015 ha introdotto un regime forfetario di determinazione del reddito in funzione dei soli ricavi o compensi percepiti nel periodo d'imposta sul quale è applicato un coefficiente di redditività ATECO 2007, da assoggettare ad un'unica imposta sostitutiva pari al 15 per cento, prevedendo, al contempo, un regime contributivo opzionale attraverso la soppressione del versamento dei contributi sul minimale di reddito;
    il suddetto nuovo regime, che ha alcuni punti in comune con il precedente regime dei minimi, è riservato ai contribuenti persone fisiche, senza limiti di età, esercenti attività d'impresa o arti e professioni, che nell'anno precedente hanno conseguito ricavi/compensi, ragguagliati all'anno, superiori a soglie massime che tengono conto della diversa redditività dei settori economici, e che possono variare dai 15.000 euro per le attività professionali ai 40.000 euro per il commercio, parametro a cui si affianca il tetto annuo di spese per lavoro dipendente pari a 5 mila euro lordi, e per beni strumentali (anche a titolo di locazione, noleggio leasing) pari a 20.000 mila euro. Lo stesso regime è applicabile anche a chi percepisce redditi di natura mista, purché i redditi conseguiti come professionista o con l'attività di impresa siano prevalenti su quelli dipendenti e assimilati;
    tale nuovo assetto, che di fatto ha determinato la soppressione di tutti i previgenti regimi di favore (regime fiscale di vantaggio, disciplina delle nuove iniziative produttive, regime contabile agevolato), prevede, inoltre, l'esclusione dell'applicazione degli studi di settore e, al ricorrere di requisiti molto simili a quelli dell'abrogato «Regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria e i lavoratori in mobilità» (la nuova attività non deve costituire la mera prosecuzione di altra attività svolta nei precedenti tre anni sotto forma di lavoro dipendente o autonomo), per il primo triennio d'attività, di una riduzione del reddito, soggetto all'imposta sostitutiva del 15 per cento, pari a un terzo;
    in determinate situazioni il suddetto regime è capace di generare un incremento della pressione fiscale rispetto al regime ordinario, annullandone, in molti casi, la convenienza. Ed infatti da un raffronto con il precedente regime, per le nuove attività l'imposta sostitutiva dell'Irpef, ad esempio, triplicherà passando dal 5 al 15 per cento; così come l'applicazione della stessa aliquota era comunque garantita per cinque anni a patto di essere minori di 35 anni. Per di più, se sotto il precedente regime molti potevano garantirsi l'accesso al regime agevolato con un fatturato fino a 30.000, con il nuovo regime dovranno avere ricavi non superiori a 15.000 euro, tetto, di contro, elevato, per i commercianti da 30.000 a 40.000 euro annui. Inoltre il regime risulta meno conveniente di quello ordinario in virtù delle detrazioni da lavoratore autonomo non contemplate in un regime di tipo forfettario;
    è paradossale che in una fase in cui il mondo professionale registra un drammatico calo dei ricavi, soprattutto a carico dei professionisti più giovani e meglio formati, si riducano alcune agevolazioni fiscali proprio per chi è in difficoltà, adottando una politica miope che si dimostra incapace di guardare al mercato del lavoro nella sua interezza;
    la soglia stabilita a 15.000 euro è bassa ed ingiustificata, poiché impedisce ab origine l'accesso al regime agevolato, aumentando il rischio di evasione, specie in considerazione delle conseguenze gravose di uscita dal regime. Inoltre, i diversi coefficienti di redditività finiscono con l'equiparare situazioni che non sono indice della medesima capacità contributiva, anche a parità di attività lavorativa: un professionista che durante il periodo di imposta sostiene spese importanti, determinerà l'imposta sulla base dello stesso reddito imponibile di chi invece spese non ne ha sostenuto. Applicare sulla base di presunzioni, l'accesso differenziato ad un regime fiscale agevolato in funzione dell'attività svolta non è in linea con i principi costituzionalmente di eguaglianza (articolo 3 della Costituzione) e di capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione);
    con la decisione 2013/678/UE del Consiglio dell'Unione europea, in deroga all'articolo 285 della direttiva 2006/112/CE, l'Italia era già autorizzata ad esentare dall'Iva i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui, e la precedente decisione n. 2010/688/UE del 15 ottobre 2010 del Consiglio dell'Unione Europea autorizzava l'Italia ad applicare il regime dei minimi, mantenendo quale soglia massima, per l'applicazione del regime, i precedenti 30.000 euro di fatturato annuale;
    analogamente a quanto contenuto nella precedente decisione (n. 2008/737/CE del 15 settembre 2008), lo stesso Consiglio autorizzava l'Italia a conservare la citata soglia di 30.000 euro al fine di mantenere il valore dell'esenzione in termini reali;
    molte piccole e medie imprese per requisiti reddituali o di spesa per beni strumentali, si posizionano per poco al di sopra del limite minimo reddituale imposto dalla legislazione ai fini dell'esonero dell'applicazione alle stesse degli studi di settore, nonostante il persistere degli attuali ed avversi fattori economici di contesto (crisi del mercato produttivo, credit-crunch, calo delle commesse, etc.) che rendono sempre più difficile la sopravvivenza sul mercato. Pertanto le stesse, nonostante rappresentino, con una diffusione territoriale che garantisce uno sviluppo geografico equilibrato, la spina dorsale del tessuto produttivo italiano, vengono penalizzate da una politica di accertamento fiscale che le sottomette a parametri di congruenza superati o poco rappresentativi della loro realtà imprenditoriale;
    in deroga a quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014) il provvedimento al nostro esame (articolo 10, comma 12-undecies) proroga all'anno 2015 la possibilità di avvalersi dei regimi tributari agevolati così detti «minimi»;
    la legge n. 190 del 2014 ha infatti abrogato:
    l'articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo);
    l'articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità);
    l'articolo 1, commi da 96 a 115 e 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Contribuenti minimi e marginali), penalizzando fortemente i giovani delle partite IVA,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative legislative al fine di innalzare, coerentemente a quanto già autorizzato dal Consiglio dell'Unione europea, a 30.000 euro di fatturato annuale il limite di reddito per l'accesso al regime dei minimi, al fine di mantenere il valore dell'esenzione in termini reali e più aderenti alla realtà economica;
   ad ampliare la fascia di esclusione dagli studi di settore nei primi 3 anni di attività rispetto a quella attualmente prevista dal regime dei minimi, intervenendo in particolar modo sui parametri relativi ad investimenti e spese per il personale e ad introdurre per le PMI forme di tassazione diversificata delle loro attività e di componenti rappresentative delle varie fasi del ciclo produttivo;
   ad emanare un'organica normativa di sostegno sociale e fiscale in favore di una categoria di lavoratori, quella dei titolari di partita Iva individuale, altamente professionalizzata e che contribuisce in maniera significativa a mantenere in equilibrio il bilancio dell'INPS.
9/2803-A/138Paglia, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca all'articolo 3 disposizioni concernenti proroghe di termini in materia di sviluppo economico;
    durante l'esame in sede referente presso le Commissioni riunite I (Affari Costituzionali) e V (Bilancio) ha fatto molto discutere sulla stampa nazionale la volontà da parte del Governo di riformulare un emendamento presentato in materia di frequenze televisive che avrebbe comportato, di fatto, il ritorno dei canoni sui livelli del 2013 e il passaggio delle competenze sui canoni dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) al Ministero dello sviluppo economico;
    su tale riformulazione, che avrebbe comportato la perdita di un considerevole risparmio per RAI e Mediaset pari rispettivamente a 23 milioni di euro per la RAI e 17 milioni di euro per MEDIASET, si è lavorato fino all'ultimo ma lo scoglio dell'ammissibilità era, come prevedibile, del tutto insuperabile alla luce della considerazione che non si trattava solo di una mera proroga di termini legislativi, ma anche della previsione di una norma che avrebbe determinato il trasferimento di competenze da un'Autorità Amministrativa indipendente quale è l'AGCOM appunto al MISE, nonché la conseguente disapplicazione dei contenuti di una delibera recentemente varata da tale Autorità;
    tale precedente dovrebbe indurre il Governo ad adoperarsi con sollecitudine per rendere immediatamente trasparenti e controllabili i rapporti che intercorrono tra le Autorità Amministrative Indipendenti e i soggetti vigilati, al netto della vicenda legata esclusivamente al cosiddetto «Maxisconto RAI e Mediaset» perché recenti episodi di cronaca che hanno imposto all'attenzione generale i limiti e le storture delle Autorità di vigilanza, mettendone conseguentemente in discussione l'effettiva terzietà ed indipendenza dell'operato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa finalizzata ad introdurre alcune modifiche alle leggi istitutive delle Autorità indipendenti per migliorarne la governance e assicurare il più possibile l'aderenza tra azione e fini istituzionali, rendendo maggiormente trasparenti e controllabili i rapporti che intercorrono tra le Autorità Amministrative Indipendenti e i soggetti vigilati.
9/2803-A/139Franco Bordo, Scotto, Ricciatti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 24-sexies del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria» ha emendato l'articolo 29 della L. 18 febbraio 1989, n. 56, recante «Ordinamento della professione di psicologo» e per effetto di ciò l'Alta Vigilanza sull'Ordine degli Psicologi è transitata dal Ministro della Giustizia a quello della Salute. Ciononostante, l'intervento emendativo, appuntandosi esclusivamente sull'articolo 29 della L. 56/89, ha lasciato invariate tutte le altre norme della stessa legge contenenti espressi riferimenti al Ministero della Giustizia;
    il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi è composto da tutti i Presidenti eletti nei rispettivi Consigli territoriali, che ne sono membri di diritto. Non è prevista, pertanto, una elezione ad hoc per il CNOP, ma esso si costituisce ogni quattro anni a seguito degli esiti delle elezioni territoriali. Tale indubbia semplificazione organizzativa, tuttavia, è inficiata dai commi 11 e 12 dell'articolo 20 della L. 56/89, che, per il rinnovo dei Consigli territoriali, prevedono solo due convocazioni con quorum costitutivi differenti mentre invece non è prevista una convocazione senza quorum, come, ad esempio dispone il regolamento elettorale valido per tutti gli altri Ordini professionali (il decreto del Presidente della Repubblica 169/05);
    la mancata armonizzazione di tutti i capi della legge istitutiva che si riferiscono ancora al Ministero della Giustizia ha creato non pochi problemi di ordine pratico e giuridico. Ad esempio, è consolidato l'orientamento che il Consiglio Nazionale dell'Ordine, organo rappresentativo a livello nazionale della professione, sia sotto la vigilanza del Ministero della Salute e, di conseguenza, quest'ultimo sia anche il ministero competente per il riconoscimento dei titoli esteri in materia di psicologo e psicoterapeuta; al contrario, i Consigli territoriali dell'Ordine, aventi numerose funzioni di natura amministrativa e certificativa, risultano ancora sotto la vigilanza del Ministero di Giustizia, in quanto l'espresso riferimento ad esso non è stato emendato dall'intervento citato. Appare evidente che tale situazione non corrisponda affatto né all'intenzione del legislatore che ha inteso chiaramente trasferire la vigilanza dell'intera professione e di tutti i suoi organi amministrativi al Ministero della Salute, tantomeno corrisponde ai ben noti principi di economicità, efficienza ed efficacia dell'azione della pubblica amministrazione, espressione del principio costituzionale di buon andamento;
    l'assenza di una previsione normativa che, per le procedure elettorali dei Consigli territoriali, preveda una convocazione anche senza quorum, comporta il rischio di una ripetizione di tali elezioni, fino al raggiungimento della soglia prevista dalla norma; tale ripetizione delle procedure elettorali, oltre ad un evidente aggravio economico per l'Ente, comporta anche due effetti giuridicamente rilevanti; in primo luogo, lo sfasamento nel rinnovo dei diversi Consigli territoriali impedisce la costituzione del Consiglio Nazionale, con la conseguenza che, in caso di ripetizione delle operazioni elettorali in qualcuno dei 21 Consigli territoriali, il CNOP non possa essere convocato, così come non può essere convocata la sessione elettorale unica per la nomina del rappresentante della Sezione B dell'Albo in seno al CNOP, lasciando senza rappresentanza a livello nazionale l'intera categoria professionale. In secondo luogo, in caso di reiterato mancato raggiungimento del quorum, sulla base di quanto attualmente previsto dall'articolo 2, decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, recante «disciplina della proroga degli organi amministrativi», (convertito in legge con L. 15 luglio 1994, n. 444), i Consigli territoriali che, a causa del protrarsi delle operazioni elettorali non riescano a rinnovarsi entro i termini della prorogatio, sono irrimediabilmente decaduti e impossibilitati a gestire le eventuali ulteriori fasi elettorali,

impegna il Governo:

   ad applicare le norme contenute nella legge 18 febbraio 1989, n. 56, nel senso che la vigilanza dell'intera professione di psicologo e di tutti i suoi organi amministrativi nazionale e territoriali è trasferita al Ministero della salute;
   ad introdurre una disposizione, per la risoluzione dei problemi sopra indicati, eliminando il raggiungimento del quorum previsto dall'articolo 20, comma 12 della legge n. 56 del 1989 in seconda convocazione;
   ad introdurre una disposizione che preveda una finestra elettorale predeterminata e valida per tutti i Consigli territoriali, che vada dal 10 gennaio al 31 marzo dell'anno successivo alla scadenza dell'ultimo Consiglio territoriale, trascorso la quale tutti i Consigli devono essere stati rinnovati, con l'ulteriore precisazione che i Consigli territoriali ed il Consiglio Nazionale in carica che dovessero scadere in un periodo antecedente a quello indicato, sono prorogati fino alla conclusione delle fasi elettorali sopra indicate.
9/2803-A/140Costantino, Nicchi, Matarrelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2-bis del provvedimento proroga a tutto il 2015, l'incremento del 10 per cento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale relativo ai contratti di solidarietà di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, che, a legislazione invariata, aveva portato dal 70 per cento al 60 per cento la misura dell'integrazione;
    il suddetto incremento, già proposto e sollecitato dal gruppo parlamentare Sinistra, Ecologia, Libertà, poco meno di due mesi fa, in sede di esame della legge di stabilità 2015, non ebbe l'approvazione da parte del Parlamento, nonostante il cosiddetto JobsAct avesse rivisto lo strumento del contratto di solidarietà al fine di permetterne in futuro un utilizzo più espansivo;
    senza una norma che renda strutturale tale incremento si rischia di destabilizzare un ammortizzatore sociale il cui utilizzo è cresciuto in termini importanti nel corso degli ultimi anni, complice la crisi economica, determinando la sua definitiva perdita di attrattiva per aziende e lavoratori;
    il Governo, in sede di approvazione della legge n. 183 del 2014, (cosiddetto JobsAct) si era impegnato a dare attuazione alle disposizioni della relativa delega con specifici interventi per la messa a regime di questo ammortizzatore sociale, destinando ai contratti di solidarietà una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione;
    ed invero, i suddetti buoni propositi del Governo non sembrano aver trovato una definizione all'interno del sistema di ammortizzatori sociali come ridisegnato dallo schema di decreto legislativo atto n. 135, recentemente esaminato dalle Commissioni di Camera e Senato, monco di qualsiasi raccordo con le misure di sostegno al reddito in costanza di lavoro, come i contratti di solidarietà, svalutando in tal modo, in una fase in cui la crisi mette ancora a rischio i posti di lavoro, uno strumento che andrebbe invece esteso e sostenuto perché capace, nelle situazioni di crisi aziendale, di sostenere il reddito dei lavoratori e di garantirne la permanenza al lavoro;

impegna il Governo

a stanziare le opportune risorse finanziarie atte a rendere strutturale il medesimo livello d'integrazione salariale, in caso di ricorso ai contratti di solidarietà difensivi, già stabilito dall'articolo 1, comma 186 della legge n. 147 del 2013.
9/2803-A/141Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 744, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), ha modificato le aliquote contributive per la gestione separata già previste per il 2014 sulla scorta del combinato disposto dell'articolo 2, comma 57, della legge Fornero, legge n. 92 del 2012 e dell'articolo 46 bis, comma 1, lettera g) del Decreto Legge n. 83 del 2012, prevedendo, per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, ed iscritti in via esclusiva alla gestione separata, la sospensione dell'aumento contributivo previsto per lo stesso anno dall'articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, dal 27 per cento al 28 per cento;
    non avendo la stessa legge di stabilità per il 2015 disposto nulla in merito, a partire dal 1o gennaio 2015 l'aliquota contributiva ha ripreso la normale progressione prevista dalla suddetta «riforma Fornero», pari al 27 per cento per l'anno 2012 e per l'anno 2013, al 28 per cento per l'anno 2014, al 30 per cento per l'anno 2015, al 31 per cento per l'anno 2016, al 32 per cento per l'anno 2017 ed al 33 per cento a decorrere dall'anno 2018;
    il momentaneo congelamento della progressione era giustificato da una parte dalla volontà di voler far preferire alle aziende, quantomeno per il minor costo dei contributi, rapporti di lavoro con contratti flessibili, e dall'altra dalla considerazione che quella dei titolari di partita IVA individuale è la categoria più penalizzata dal progressivo aumento contributivo. Non si deve infatti dimenticare che, mentre per i parasubordinati, i contributi previdenziali risultano essere a carico per i 2/3 del committente e solo per 1/3 a carico del collaboratore, nel caso dei titolari individuali di partita IVA tutti i contributi sono a carico degli stessi, ed in un periodo di crisi economica come quello attuale, un aumento di tale portata inciderebbe in misura forte sui redditi netti percepiti dagli stessi mettendo seriamente a rischio la loro attività lavorativa;
    le condizioni economiche di questo segmento di lavoratori non sono affatto solide, il reddito medio annuo dei titolari di partita IVA individuale è pari a 15.837 euro, importo che scende a 13.972 euro per coloro che hanno meno di 39 anni. Qualora l'aliquota contributiva rimanesse congelata tali contribuenti continuerebbero, comunque, a versare presso la gestione separata dell'INPS circa 4276 euro di contributi. Dal 1o gennaio 2015, a legislazione invariata, l'aliquota contributiva si è pertanto elevata di 3 punti percentuali facendo lievitare, a parità di reddito annuo, il suddetto importo, di ben 475 euro, ai quali aggiungere la quota IRPEF;
    a fronte di tali versamenti l'ente gestore INPS eroga prestazioni molto esigue, senza garantire dignitose forme di tutela, come la maternità o l'indennità di malattia, o di sostegno al reddito in caso di assenza provata di commesse, come del resto avviene per tutte le casse ordinistiche;
    l'articolo 10-bis del provvedimento al nostro esame ha rideterminato l'aliquota contributiva per i lavoratori autonomi, titolari di partita IVA, iscritti alla gestione separata INPS, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati, nelle seguenti misure:
     27 per cento per gli anni 2014 e 2015 (in luogo, rispettivamente, del 28 e del 30 per cento previsti dalla normativa vigente);
     28 per cento per l'anno 2016 (in luogo del 31 per cento previsto dalla normativa vigente);
     29 per cento per l'anno 2017 (in luogo del 32 per cento previsto dalla normativa vigente).
    tale articolo – pur positivo – non ha modificato il processo di progressivo incremento di tale aliquota contributiva ma lo ha solo rallentato;
    ma la perdurante crisi economica che condiziona tutte le attività di mercato, non consentono a questi lavoratori, al fine di ammortizzare l'ulteriore spesa per la contribuzione, di innalzare i loro compensi che spesso non riescono a definire autonomamente dovendo accettare senza margine di trattativa la proposta del committente,

impegna il Governo:

   ad annullare il progressivo aumento dell'aliquota contributiva per titolari di partita IVA individuale che versano alla gestione separata INPS, già previsto dall'articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, mantenendo la stessa al 27 per cento;
   ad emanare un'organica normativa di sostegno sociale e fiscale in favore di una categoria di lavoratori, quella dei titolari di partita Iva individuale, altamente professionalizzata e che contribuisce in maniera significativa a mantenere in equilibrio il bilancio dell'INPS.
9/2803-A/142Placido, Paglia, Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 comma 4 del provvedimento in esame, concerne la proroga dell'impiego di guardie giurate in funzione antipirateria a bordo delle navi battenti bandiera italiana che non abbiano ancora frequentato i corsi teorico-pratici di cui all'articolo 6 del decreto del Ministro dell'interno 15 settembre 2009, n. 154;
    la norma, si rende necessaria per corrispondere alle avvertite esigenze di protezione della flotta commerciale italiana, nelle more dell'attivazione dei menzionati corsi teorico-pratici;
    a tal fine la norma dispone la proroga dell'attivazione di detti corsi teorico-pratici al 30 giugno del 2015;
    si rammenta che secondo quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 5 decreto legge 12 luglio 2011, n. 107, il superamento dei i corsi teorico-pratici di cui all'articolo 6 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 15 settembre 2009, n. 154 la partecipazione a detti corsi teorico-pratici è un requisito essenziale per l'impiego a bordo delle navi;
    nello specifico la deroga per l'impiego delle guardie giurate che non avessero ancora frequentato i predetti corsi teorico-pratici scadeva, secondo il decreto citato, decreto il 31 dicembre del 2012;
    si fa presente, che da quel termine sono state disposte proroghe di sei mesi fino ad oggi in vari provvedimenti legislativi;
    appare opportuno, anche alla luce dell'importanza della disposizione non procedere a ulteriori proroghe,

impegna il Governo

a non procedere ad alcuna proroga della disposizione di al comma 5 dell'articolo 5 decreto legge 12 luglio 2011, n. 107, oltre la scadenza del 30 giugno 2015.
9/2803-A/143Duranti.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 4 comma 6 del provvedimento in esame, si dirottano le risorse stanziate per le operazioni di sicurezza e controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale nella area della «Terra dei Fuochi» all'esigenze di sicurezza connesse allo svolgimento dell'EXPO Milano 2015,

impegna il Governo

a riassegnare con prossimo provvedimento legislativo le risorse stanziate per la prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale nella area della «Terra dei Fuochi» e a prevedere che nell'ambito di dette risorse, il controllo della Terra dei Fuochi venga garantito dai Prefetti utilizzando non le Forze armate, ma le Forze di polizia, la Guardia Forestale, il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, il Comando carabinieri politiche agricole e alimentari.
9/2803-A/144Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    la previsione normativa sull'obbligatorietà dei processi associativi per le funzioni fondamentali dei piccoli Comuni, con vincoli spesso inattuabili e di varia natura, necessita di una revisione sia per le oggettive difficoltà nel realizzare processi di gestione associata efficienti con i vincoli attuali, sia in relazione al complesso riordino delle Province come previsto dalla legge 56/2014, nonché tenendo conto delle normative regionali che sono state emanate nel frattempo in maniera non sempre organica e in alcuni casi non a ancora intervenute;
    per una reale ed efficace costruzione di tali processi associativi, occorre innanzitutto un quadro normativo più incentivante, premiale e semplificato, sia a livello statale che regionale, prendendo atto delle forti criticità tuttora esistenti e che non hanno prodotto i risultati auspicati dal legislatore, pur registrandosi un forte impegno in tal senso da parte delle Amministrazioni locali;
    al fine di incentivare i processi di gestione associata di cui all'articolo 14, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modifiche, i termini di cui al comma 31-quater del medesimo decreto legge, dovrebbero essere sospesi ed eventualmente rideterminati nell'ambito della revisione della normativa sulle gestioni associate delle funzioni comunali, dell'attuazione delle riforme previste per le Città metropolitane e le Province dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 e del nuovo sistema inerente l'armonizzazione dei bilanci degli enti locali,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative legislative richiamate in premessa al fine di agevolare i processi di gestione associata dei piccoli Comuni.
9/2803-A/145Matarrelli, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    il Decreto Legislativo 30/6/1999, n. 233 (Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola) disciplina, tra l'altro, competenze e composizione del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) preposto ed eletto «a garanzia dell'unitarietà del sistema nazionale dell'istruzione e di supporto tecnico scientifico per l'esercizio delle funzioni di governo»;
    il nuovo Organo Collegiale a livello centrale e nazionale doveva sostituire così il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI) istituito dal decreto del Presidente della Repubblica 31/5/1974, n. 416, il primo dei cosiddetti «organi collegiali» della scuola;
    da quella prima revisione e riforma degli organi collegiali del 1999 sono trascorsi ben 15 anni, e Governi e Ministero competente (MPI e MIUR), rinviata qualsiasi decisione di merito, non hanno mai indetto – colpevolmente – le elezioni del massimo organismo di rappresentanza del mondo della scuola e, fatto non secondario, provocato il blocco di tutta l'attività regolamentare e amministrativa e relativo contenzioso sugli atti già adottati in assenza del prescritto parere;
    in quasi tutti questi anni al fine di garantire in qualche modo l'efficacia degli atti e dei provvedimenti adottati in assenza dei pareri del CSPI si è provveduto con provvedimenti tampone, prorogati di anno in anno, con i quali sono stati considerati efficaci gli atti e i provvedimenti adottati in assenza dei pareri (obbligatori e facoltativi) del massimo organo collegiale consultivo nazionale della scuola: l'ultima proroga quella attuale prevista dall'articolo 6 del decreto-legge n. 192/2014;
    la Magistratura, tuttavia, ha condannato più volte tale condotta e per ultimo il Tar del Lazio (Sez. Terza bis) con sentenza depositata il 16 settembre 2014 ha accolto un (altro) ricorso che, tra altro motivazioni, annovera la «mancanza del parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione». Dalla motivazioni della sentenza: «...Con l'ultima doglianza la ricorrente osserva che gli atti impugnati avrebbero dovuto essere emessi acquisendo previamente il parere obbligatorio del Consiglio superiore della pubblica istruzione che gli stessi (il MIUR) danno come «cessato», Tuttavia la sezione con sentenza n. 8843 del 15 ottobre 2013 ha stigmatizzato il comportamento illegittimo del Ministero riguardo alla elezione del Consiglio, sicché tale aspetto della motivazione non pare sufficiente a sostenere la procedura di adozione dei due provvedimenti. ... In effetti conviene principiare proprio da quest'ultima censura. La sentenza n. 8843 del 2013 si è pronunciata sul silenzio inadempimento serbato dal Ministero dell'istruzione nel rinnovo del Consiglio superiore della pubblica istruzione, organo che secondo l'ordinamento dell'istruzione previgente alla Riforma del Titolo V adottava pareri, tra gli altri, in materia di ordinamenti scolastici. Il Tribunale, infatti, disattendendo sul punto l'argomento opposto in primo grado dal Ministero a sostegno della legittimità dell'inerzia, ha rilevato che la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 233 del 1999, sebbene in ipotesi in contrasto con il nuovo assetto di competenze tra Stato e Regioni sancito dalla normativa costituzionale sopravvenuta contenuta (in seguito alle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001) nel Titolo V della Costituzione, deve, tuttavia, continuare a trovare applicazione, in omaggio al cosiddetto principio di continuità dell'ordinamento, anche nel rinnovato quadro costituzionale, finché non vengano emanate disposizioni legislative conformi al nuovo riparto di competenze ed ha pertanto ordinato al Ministero di adottare l'ordinanza, prevista dall'articolo 2, comma 9, del decreto legislativo n. 233 del 1999, per regolare l'elezione e la composizione dei componenti del Consiglio superiore della pubblica istruzione;
    la sentenza è stata confermata in sede di appello con una pronuncia resa dalla sesta sezione del Consiglio di Stato in data 24 febbraio 2014, n. 866, sicché a meno di non dedurre la incostituzionalità della disposizione di cui all'articolo 2, comma 9 del decreto legislativo n. 233 del 1999 per contrasto con il nuovo assetto di competenze tra Stato e Regioni sancito dalla normativa costituzionale sopravvenuta contenuta (in seguito alle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001) nel Titolo V della Costituzione, il Ministero «non può rifiutarsi di applicare una norma legislativa sostenendone l'incostituzionalità, essendo il relativo scrutinio demandato in via esclusiva alla Corte costituzionale, con la conseguenza che la legge in ipotesi incostituzionale, fino a quando non venga dichiarata tale, vincola tutti i soggetti dell'ordinamento, ivi compresa la Pubblica amministrazione che è quindi tenuta a farne applicazione; «(cfr. C. Stato, sezione VI, n. 866 del 2014)...»;
    a seguito della citata e precedente del TAR del Lazio n. 8843 del 15/10/2013, il Prefetto di Roma con proprio decreto del 28/05/2014 ha incaricato un Commissario ad acta per dare esecuzione alla sentenza con cui è stato ordinato al Miur di avviare le procedure per eleggere il Consiglio superiore della pubblica istruzione – così come previsto dal decreto legislativo 233 del 1999 – in sostituzione del CNPI di fatto soppresso a fine 2012;
    appare quindi opportuno che si dia seguito a tali pronunce giurisdizionali,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative affinché il Ministero dell'Istruzione, Università e della Ricerca emani immediatamente il previsto provvedimento contenente le scadenze reali e non ingannevoli come quelli indicati dell'ordinanza del giugno scorso (l'ultimo giorno dell'anno 2014) per l'elezione del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.
9/2803-A/146(Versione corretta)Giancarlo Giordano, Pannarale, Fratoianni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 12-vicies semel, del provvedimento al nostro esame, proroga al 2015 la limitazione all'applicazione di talune sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità interno 2014 per i comuni di Venezia e Chioggia, prevista per il solo 2014 dall'articolo 18, comma 1, del decreto-legge n. 16/2014;
    lo sforamento del Patto di stabilità ha comportato delle sanzioni, in particolare per il comune di Venezia, sanzioni che hanno costretto il Commissario governativo a operare dei tagli pesantissimi al bilancio comunale, a vendere edifici di pregio storico, artistico e architettonico di quella città, ma anche a prevedere un taglio di 9 milioni di euro sui salari dei 3 mila dipendenti del comune di Venezia, taglio che implica sostanzialmente una decurtazione di alcuni trattamenti aggiuntivi e di alcuni trattamenti integrativi che si traduce concretamente in una riduzione degli stipendi del 5, 10 o 15 per cento a seconda del livello di retribuzione;
    in particolare, tale comma 1 dispone, in favore dei suddetti comuni di Venezia e Chioggia – individuati dalla norma come quelli assegnatari dei contributi pluriennali stanziati per la salvaguardia di Venezia, ai sensi dell'articolo 6 della legge 29 novembre 1984, n. 798 – che non hanno raggiunto l'obiettivo del patto di stabilità interno ad essi assegnato relativo all'anno 2013, una applicazione limitata nell'anno 2014 delle misure sanzionatone previste dalla normativa vigente, con riferimento particolare alla sanzione consistente nella riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunali ad essi spettanti, di cui all'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge n. 183/2011;
    l'articolo 6 della legge n. 798/1984 prevede il finanziamento di quattro tipologie di interventi:
     1) acquisizione e restauro e risanamento conservativo di immobili da destinare alla residenza, nonché ad attività sociali e culturali, produttive, artigianali e commerciali essenziali per il mantenimento delle caratteristiche socio-economiche degli insediamenti urbani lagunari, compresi quelli finalizzati all'apprestamento di sedi sostitutive necessarie in conseguenza di altri interventi di restauro e risanamento;
     2) opere di urbanizzazione primaria nonché per la sistemazione di ponti, canali e fondamenta sui canali di competenza comunale;
     3) assegnazione da parte dei comuni di Venezia e Chioggia di contributi per l'esecuzione di opere di restauro e risanamento conservativo del patrimonio immobiliare privato;
     a) acquisizione di aree da destinare ad insediamenti produttivi e per la urbanizzazione primaria e secondaria delle stesse nell'ambito dell'intero territorio comunale;
    si ricorda che il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità comporta, per gli enti locali inadempienti, l'applicazione delle seguenti sanzioni nell'anno successivo all'inadempimento, ai sensi del comma 26 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011:
     a) taglio delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio (per i comuni, a seguito della soppressione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale, ai sensi dell'articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012, la riduzione delle risorse deve intendersi riferita al Fondo di solidarietà comunale) o del fondo perequativo, in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. In caso di incapienza dei predetti fondi, gli enti interessati dovranno versare le somme residue all'entrata del bilancio dello Stato;
     b) divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all'importo annuale medio degli impegni effettuati nell'ultimo triennio;
     c) divieto di ricorrere all'indebitamento per finanziare gli investimenti;
     d) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
     e) riduzione del 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori;
    nello specifico, la norma di cui al comma 1 dell'articolo 18 citato intendeva, in favore dei predetti comuni:
     ridurre l'applicazione della sanzione relativa alla riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, di cui alla lettera a) del citato comma 26, limitandola ad un importo massimo corrispondente al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo (anziché commisurarla all'effettivo scostamento tra risultato ed obiettivo); in caso di incapienza dei fondi, i comuni sono comunque tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue;
     disapplicare la sanzione che prevede il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo, di cui alla lettera d) del medesimo comma 26;
    restava comunque ferma, nei confronti dei comuni di Venezia e Chioggia, l'applicazione delle altre misure sanzionatone;
    fino all'anno 2011 era fissato, per tutti gli enti locali, un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, pari ad un importo comunque non superiore al 5 per cento (poi abbassato al 3 per cento dal decreto-legge n. 149/2011) delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo;
    il limite del 5 per cento nell'applicazione della sanzione è stato reintrodotto, ma soltanto in via straordinaria per il 2013, dall'articolo 1, comma 447, della legge n. 228/2012, in favore degli enti locali che hanno avviato procedure di privatizzazione di società partecipate nell'anno 2012, con relativa riscossione conseguita entro il 28 febbraio 2013, che tuttavia non hanno raggiunto l'obiettivo finanziario del patto di stabilità 2012 per la mancata riscossione nell'anno 2012;
    la città di Venezia, la cui salvaguardia e rivitalizzazione socio-economica sono considerate di preminente interesse nazionale (anche in base a diverse leggi dello Stato), ha visto azzerarsi le risorse un tempo garantite da strumenti istituiti dal legislatore nazionale tramite:
     un drastico ridimensionamento delle entrate del casinò municipale a causa delle politiche dello Stato sul gioco d'azzardo con logiche di monopolio;
     la forte riduzione di entrate e risorse previste dalla Legge Speciale per Venezia, le quali sono state totalmente assorbite dal discusso e discutibile Progetto Mose, a vantaggio quindi di un sistema che si è rivelato criminale e corruttivo;
    ciò nonostante, il calcolo dei saldi validi ai fini del rispetto del Patto di stabilità interno viene effettuato come se queste risorse straordinarie continuassero ad essere garantite; anzi esse rientrano in questo computo, essendo null'altro che un'onerosa partita di giro. Infatti, i fondi regionali destinati al trasporto pubblico locale entrano nelle casse comunali, essendo ricompresi nel computo ai fini del rispetto del Patto, per poi uscirne immediatamente poiché destinati alla partecipata del trasporto pubblico Actv,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative anche legislative al fine di escludere dal calcolo dei saldi ai fini del rispetto del Patto di stabilità interno per la città di Venezia, le voci sopra indicate, che ne provocherebbero il permanente squilibrio;
   a fare quanto in suo potere per accelerare l'esame delle proposte di legge di riforma della legislazione speciale per Venezia giacenti in Parlamento, in modo da adottare in tale sede quelle misure atte a garantire strutturalmente il rifinanziamento delle attività per la salvaguardia fisica, la manutenzione urbana ordinaria e straordinaria, la rivitalizzazione socio-economica di Venezia e della sua laguna, nonché a mettere in essere strumenti di piena autonomia fiscale, impositiva e di spesa, per le politiche di bilancio del comune metropolitano di Venezia;
   a prendere le opportune iniziative per ottenere una forte dilazione del piano di rientro dal debito accumulato che, seguendo le vigenti disposizioni che regolano il Patto di stabilità interno, risulterebbe comunque improponibile nel contesto di un unico bilancio ordinario;
   a prendere, in ogni caso, tutte le misure necessarie, anche ristabilendo un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, al fine di evitare anche per i prossimi anni che le sanzioni ai Comuni di Venezia e di Chioggia che sono state imposte per lo sforamento del Patto di stabilità si ripercuotano sulle condizioni di vita di oltre tremila lavoratori che operano nelle amministrazioni comunali citate.
9/2803-A/147Marcon, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 12-vicies semel, del provvedimento al nostro esame, proroga al 2015 la limitazione all'applicazione di talune sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità interno 2014 per i comuni di Venezia e Chioggia, prevista per il solo 2014 dall'articolo 18, comma 1, del decreto-legge n. 16/2014;
    lo sforamento del Patto di stabilità ha comportato delle sanzioni, in particolare per il comune di Venezia, sanzioni che hanno costretto il Commissario governativo a operare dei tagli pesantissimi al bilancio comunale, a vendere edifici di pregio storico, artistico e architettonico di quella città, ma anche a prevedere un taglio di 9 milioni di euro sui salari dei 3 mila dipendenti del comune di Venezia, taglio che implica sostanzialmente una decurtazione di alcuni trattamenti aggiuntivi e di alcuni trattamenti integrativi che si traduce concretamente in una riduzione degli stipendi del 5, 10 o 15 per cento a seconda del livello di retribuzione;
    in particolare, tale comma 1 dispone, in favore dei suddetti comuni di Venezia e Chioggia – individuati dalla norma come quelli assegnatari dei contributi pluriennali stanziati per la salvaguardia di Venezia, ai sensi dell'articolo 6 della legge 29 novembre 1984, n. 798 – che non hanno raggiunto l'obiettivo del patto di stabilità interno ad essi assegnato relativo all'anno 2013, una applicazione limitata nell'anno 2014 delle misure sanzionatone previste dalla normativa vigente, con riferimento particolare alla sanzione consistente nella riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunali ad essi spettanti, di cui all'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge n. 183/2011;
    l'articolo 6 della legge n. 798/1984 prevede il finanziamento di quattro tipologie di interventi:
     1) acquisizione e restauro e risanamento conservativo di immobili da destinare alla residenza, nonché ad attività sociali e culturali, produttive, artigianali e commerciali essenziali per il mantenimento delle caratteristiche socio-economiche degli insediamenti urbani lagunari, compresi quelli finalizzati all'apprestamento di sedi sostitutive necessarie in conseguenza di altri interventi di restauro e risanamento;
     2) opere di urbanizzazione primaria nonché per la sistemazione di ponti, canali e fondamenta sui canali di competenza comunale;
     3) assegnazione da parte dei comuni di Venezia e Chioggia di contributi per l'esecuzione di opere di restauro e risanamento conservativo del patrimonio immobiliare privato;
     a) acquisizione di aree da destinare ad insediamenti produttivi e per la urbanizzazione primaria e secondaria delle stesse nell'ambito dell'intero territorio comunale;
    si ricorda che il mancato raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità comporta, per gli enti locali inadempienti, l'applicazione delle seguenti sanzioni nell'anno successivo all'inadempimento, ai sensi del comma 26 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011:
     a) taglio delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio (per i comuni, a seguito della soppressione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale, ai sensi dell'articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012, la riduzione delle risorse deve intendersi riferita al Fondo di solidarietà comunale) o del fondo perequativo, in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. In caso di incapienza dei predetti fondi, gli enti interessati dovranno versare le somme residue all'entrata del bilancio dello Stato;
     b) divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all'importo annuale medio degli impegni effettuati nell'ultimo triennio;
     c) divieto di ricorrere all'indebitamento per finanziare gli investimenti;
     d) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
     e) riduzione del 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori;
    nello specifico, la norma di cui al comma 1 dell'articolo 18 citato intendeva, in favore dei predetti comuni:
     ridurre l'applicazione della sanzione relativa alla riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, di cui alla lettera a) del citato comma 26, limitandola ad un importo massimo corrispondente al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo (anziché commisurarla all'effettivo scostamento tra risultato ed obiettivo); in caso di incapienza dei fondi, i comuni sono comunque tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue;
     disapplicare la sanzione che prevede il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo, di cui alla lettera d) del medesimo comma 26;
    restava comunque ferma, nei confronti dei comuni di Venezia e Chioggia, l'applicazione delle altre misure sanzionatone;
    fino all'anno 2011 era fissato, per tutti gli enti locali, un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, pari ad un importo comunque non superiore al 5 per cento (poi abbassato al 3 per cento dal decreto-legge n. 149/2011) delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo;
    il limite del 5 per cento nell'applicazione della sanzione è stato reintrodotto, ma soltanto in via straordinaria per il 2013, dall'articolo 1, comma 447, della legge n. 228/2012, in favore degli enti locali che hanno avviato procedure di privatizzazione di società partecipate nell'anno 2012, con relativa riscossione conseguita entro il 28 febbraio 2013, che tuttavia non hanno raggiunto l'obiettivo finanziario del patto di stabilità 2012 per la mancata riscossione nell'anno 2012;
    la città di Venezia, la cui salvaguardia e rivitalizzazione socio-economica sono considerate di preminente interesse nazionale (anche in base a diverse leggi dello Stato), ha visto azzerarsi le risorse un tempo garantite da strumenti istituiti dal legislatore nazionale tramite:
     un drastico ridimensionamento delle entrate del casinò municipale a causa delle politiche dello Stato sul gioco d'azzardo con logiche di monopolio;
     la forte riduzione di entrate e risorse previste dalla Legge Speciale per Venezia, le quali sono state totalmente assorbite dal discusso e discutibile Progetto Mose, a vantaggio quindi di un sistema che si è rivelato criminale e corruttivo;
    ciò nonostante, il calcolo dei saldi validi ai fini del rispetto del Patto di stabilità interno viene effettuato come se queste risorse straordinarie continuassero ad essere garantite; anzi esse rientrano in questo computo, essendo null'altro che un'onerosa partita di giro. Infatti, i fondi regionali destinati al trasporto pubblico locale entrano nelle casse comunali, essendo ricompresi nel computo ai fini del rispetto del Patto, per poi uscirne immediatamente poiché destinati alla partecipata del trasporto pubblico Actv,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    prendere le opportune iniziative anche legislative al fine di escludere dal calcolo dei saldi ai fini del rispetto del Patto di stabilità interno per la città di Venezia, le voci sopra indicate, che ne provocherebbero il permanente squilibrio;
    fare quanto in suo potere per accelerare l'esame delle proposte di legge di riforma della legislazione speciale per Venezia giacenti in Parlamento, in modo da adottare in tale sede quelle misure atte a garantire strutturalmente il rifinanziamento delle attività per la salvaguardia fisica, la manutenzione urbana ordinaria e straordinaria, la rivitalizzazione socio-economica di Venezia e della sua laguna, nonché a mettere in essere strumenti di piena autonomia fiscale, impositiva e di spesa, per le politiche di bilancio del comune metropolitano di Venezia;
    prendere le opportune iniziative per ottenere una forte dilazione del piano di rientro dal debito accumulato che, seguendo le vigenti disposizioni che regolano il Patto di stabilità interno, risulterebbe comunque improponibile nel contesto di un unico bilancio ordinario;
    prendere, in ogni caso, tutte le misure necessarie, anche ristabilendo un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale, al fine di evitare anche per i prossimi anni che le sanzioni ai Comuni di Venezia e di Chioggia che sono state imposte per lo sforamento del Patto di stabilità si ripercuotano sulle condizioni di vita di oltre tremila lavoratori che operano nelle amministrazioni comunali citate.
9/2803-A/147. (Testo modificato nel corso della seduta) Marcon, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso 11 febbraio il Ministro della semplificazione e della funzione pubblica, onorevole Marianna Madia, interrogata in Parlamento dal gruppo Sinistra, Ecologia, Libertà, sulla vexata quaestio degli esodati del comparto scuola, meglio noti come «Quota 96», ha ribadito che per il Governo la risoluzione definitiva della questione non rappresenta una priorità e che per diverse scelte complessive dello stesso esecutivo non è previsto per il futuro immediato alcun provvedimento di correzione di quell'errore compiuto dal legislatore a margine della riforma Fornero che sta trattenendo in servizio, fino a 7 anni in più del dovuto, circa 4.000 lavoratori;
    nel corso della stessa seduta di question-time il Ministro si è inoltre limitato a comunicare che dei 4.000 lavoratori interessati dall'errore normativo, soltanto 1.000 potranno beneficiare della cosiddetta «sesta salvaguardia» varata lo scorso mese di ottobre del 2014, lasciando intendere che per i restanti 3.000, potrebbe avanzare lo spettro del demansionamento e conseguente collocamento in organico funzionale a disposizione dei propri istituti scolastici;
    ad avviso dei firmatari del presente atto la suddetta sorda e vacua risposta avanzata dal Ministro ha lasciato spazio ad una sola e rabbiosa certezza: dopo una serie infinita di iniziative ed atti parlamentari condivisi da tutti i gruppi parlamentari, quali interrogazioni, risoluzioni, emendamenti, ordini del giorno, tesi alla risoluzione definitiva della questione, per il Governo i diritti maturati da tempo da 4.000 lavoratori e violati per un errore clamoroso del legislatore non rappresentano una priorità e che gli stessi dovranno rassegnarsi ed attendere, per ritirarsi definitivamente dal lavoro, la maturazione dei nuovi requisiti;
    la cosiddetta sesta salvaguardia prevista dalla legge 10 ottobre 2014, n. 147, consente di accedere al trattamento pensionistico con i requisiti vigenti prima dell'entrata in vigore della riforma Fornero, a quei lavoratori della scuola, personale docente ed ATA, che nel corso del 2011 abbiano fruito di un congedo o di permessi per l'assistenza di un parente o affine disabile grave;
    con nota n. 4441 del 9 febbraio 2015, il MIUR ha fissato al 2 marzo 2015 il termine entro cui poter presentare, previa ricezione da parte dell'INPS della lettera di certificazione, la domanda di cessazione dal servizio, termine peraltro del tutto inidoneo a garantire allo stesso istituto di completare l'invio, a tutta la platea dei beneficiari, della documentazione di certificazione,

impegna il Governo:

   a ricomprendere tra le politiche di priorità nazionale la definitiva risoluzione della questione dei cosiddetti «Quota 96«;
   a prorogare di tre mesi il termine entro cui i beneficiari della cosiddetta sesta salvaguardia possono inoltrare domanda di cessazione dal servizio.
9/2803-A/148Pannarale, Giancarlo Giordano, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono previste, all'articolo 9, comma 4-bis, misure atte a prorogare l'apertura della fase di consultazione pubblica per la localizzazione del Parco tecnologico e del Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi, come previsto dal decreto-legge 31/2010;
    la normativa vigente prevede, in tal senso, la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e di un progetto preliminare relativi alla localizzazione al Deposito nazionale da parte della Sogin Spa (la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi), da approvare solo successivamente alle necessarie valutazioni dell'Ispra e all'organizzazione di un Seminario nazionale a cui partecipino regioni, province e comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla suddetta proposta di Carta nazionale, nonché l'UPI, l'ANCI, le associazioni degli industriali delle province interessate, le associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio, le università e gli enti di ricerca presenti nei territori interessati, ex articolo 27, comma 4, del suddetto decreto legislativo;
    l'articolo 27, comma 3, del decreto-legge 31/2010 preveda la pubblicazione tempestiva sul sito internet della Sogin Spa della proposta di Carta nazionale e del progetto preliminare;
    tale tempistica, tuttavia, è stata dilatata attraverso il decreto-legge 45/2014, che ha disposto la trasmissione all'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) della proposta di Carta nazionale da parte della Sogin; l'Ispra deve, entro 60 giorni, validarne e verificarne i dati, inviando una relazione ai Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico, i quali comunicano entro 30 giorni il proprio nulla osta alla Sogin ai fini della pubblicazione della proposta di Carta nazionale;
    il 2 gennaio 2015 la Sogin ha consegnato ad Ispra la Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito nazionale; si dovranno ora attendere 90 giorni per il percorso istituzionale previsto: la pubblicazione della proposta di Carta nazionale dovrebbe avvenire ad inizio del mese di aprile 2015;
    il comma 4 dell'articolo 27, decreto-legge 31/2010, prevedeva l'organizzazione del suddetto Seminario nazionale entro 60 giorni dalla pubblicazione della proposta di Carta; il provvedimento in esame, attraverso il comma 4-bis dell'articolo 9, proroga da 60 a 120 giorni tali tempistica;
    l'accesso all'informazione e la partecipazione sono due elementi centrali dei processi decisionali in materia ambientale, come riconosciuto nella Convenzione di Aarhus sul diritto di accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale del 1998, ratificata in Italia con la legge n. 108 del 16 marzo 2001, e dal diritto comunitario attraverso le direttive 2003/4/CE e 2003/35/CE,

impegna il Governo

a garantire la pubblicazione della Carta nel pieno rispetto della tempistica prevista dalla normativa vigente, in modo tale da non dilatare ulteriormente l'avvio della fase di consultazione pubblica.
9/2803-A/149Piras, Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione contenuta nel comma 2 dell'articolo 41 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni in legge 23 giugno 2014, n. 89, stabilisce che le amministrazioni che, sulla base delle attestazioni di cui al comma 1 del medesimo articolo, registrano tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, nell'anno successivo a quello di riferimento non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto;
    prevede poi il divieto per gli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della predetta disposizione;
    la sanzione stabilita per il superamento dei termini indicati dalla norma risulta inappropriata e sproporzionata;
    l'esistenza di un ritardo rispetto ai tempi medi di pagamento può essere infatti dovuta dall'esigenza di rispettare i vincoli del patto di stabilità interno, la cui violazione prevede, tra le altre, proprio la sanzione dell'impossibilità di effettuare assunzioni;
    la sanzione contenuta nel comma 2 citato è quindi potenzialmente produttiva di effetti paradossali in ordine al rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno. Inoltre la disposizione non considera la condizione degli enti che hanno accumulato ritardi nei tempi mendi dei pagamenti in conseguenza del ritardi nella erogazione di importi dovuti da altre amministrazioni;
    infine, non tiene conto del fatto che proprio il contributo richiesto ai comuni per il risanamento della finanza pubblica ha generato in molti casi situazioni di ritardo nei pagamenti;
    la soppressione di tale comma 2 non comporterebbe nuovi oneri per la finanza pubblica, in quanto non inciderebbe sulla normativa vigente sui limiti in materia di assunzioni, né sulla disciplina in materia di stabilizzazione del personale precario, né su quella del contenimento del costo del personale,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative amministrative e legislative per mettere con realismo gli enti locali in grado di rispettare i termini per i pagamenti richiamati in premessa, oppure per abrogare tale comma 2 dell'articolo 41 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66.
9/2803-A/150Sannicandro, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 12-ter, del provvedimento al nostro esame sposta al 30 settembre 2015 il termine di presentazione della relazione sulla idoneità tecnico organizzativa e dell'attività di formazione cui sono tenuti i Caf già in attività alla data 13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore del decreto legislativo 175/2014). Si ritiene, infatti, che il termine precedentemente previsto del 31 gennaio 2015 fosse inadeguato rispetto agli importanti contenuti richiesti dalla relazione;
    un problema analogo si pone per la riforma degli istituti di patronato e assistenza sociale: infatti, i commi da 309 a 312 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) intervengono sugli istituti di patronato e assistenza sociale, prevedendo, tra l'altro, la riduzione delle risorse destinate al loro finanziamento e la modifica dei criteri di costituzione e dell'ambito di attività degli istituti stessi;
    mentre, il comma 309 dispone una riduzione di 35 milioni di euro delle risorse destinate per il 2015 al finanziamento degli istituti, e dispone altresì, la riduzione, a decorrere dall'esercizio finanziario 2016, degli anticipi versati agli istituti di patronato sulle somme spettanti, il comma 310 introduce una serie di modifiche alla normativa (legge n. 152 del 2001, che disciplina i criteri di costituzione e l'ambito di attività degli istituti);
    il comma 311 prevede l'abrogazione dei commi da 9 a 12 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012, che individuano le riduzioni degli stanziamenti che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed una proroga al 30 giugno 2015 del termine entro il quale gli istituti devono adeguare la propria struttura organizzativa alla riforma operata con il medesimo articolo 1 della legge n. 228 del 2012;
    il comma 312 dispone che, a seguito dell'entrata in vigore della riforma complessiva degli istituti di patronato, anche con riferimento alle attività diverse che possono svolgere e dei relativi meccanismi di finanziamento, nell'ambito della legge di bilancio per il triennio 2016-2018, siano rimodulate, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, le modalità di sostegno degli istituti di patronato e di assistenza sociale;
    la scadenza prevista dal comma 311 è inadeguata alla complessità degli adempimenti richiesti per adeguare la propria struttura organizzativa alla riforma citata,

impegna il Governo

a valutare se prendere le opportune iniziative legislative al fine di prorogare la scadenza di cui al comma 311 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 allo scopo di facilitare l'adeguamento delle strutture degli istituti di patronato e assistenza sociale alla riforma modificata da ultimo con la legge n. 190 del 23 dicembre 2014.
9/2803-A/151Melilla, Airaudo, Placido, Lo Monte, Capelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 10 disposizioni in materia di proroga di termini in materia economica e finanziaria;
    durante l'esame del provvedimento in sede referente, il gruppo parlamentare Sinistra Ecologia Libertà ha presentato una proposta emendativa volta a prorogare i termini previsti del recente decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188, recante «Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati, dei loro succedanei, nonché di fiammiferi, a norma dell'articolo 13 della legge 11 marzo 2014, n. 23, affinché le norme ivi contenute non pregiudichino le prospettive di esistenza e sviluppo del mercato delle sigarette elettroniche come da più parti segnalato;
    detto provvedimento, infatti, prevede un livello di tassazione delle sigarette elettroniche che, di fatto, ha come base di riferimento l'emissione di vapore, ma sotto tale profilo deve evidenziarsi che, sebbene i vaporizzatori emettano vapore, la gamma dei formati dei dispositivi che utilizzano tale sistema è veramente molto ampia;
    non appare chiaro, in particolare, come possa essere definita in maniera univoca «l'equivalenza» con le sigarette (durata temporale della ricarica, numero di emissioni di vapore per ricarica, quantità di tabacco corrispondente, eccetera);
    e scopo dell'emendamento presentato dal gruppo parlamentare era, quindi, quello di chiedere una breve moratoria di sei mesi dell'entrata in vigore delle norme suesposte al fine di definire preventivamente le condizioni oggettive per la determinazione dell'equivalenza di consumo convenzionale dei prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, con le sigarette,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa finalizzata a riconoscere una breve moratoria di sei mesi dell'entrata in vigore delle norme suesposte che incidono gravemente sul mercato delle sigarette elettroniche al fine di definire preventivamente le condizioni oggettive per la determinazione dell'equivalenza di consumo convenzionale dei prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, con le sigarette.
9/2803-A/152Ricciatti, Paglia, Ferrara, Marcon, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di incentivare la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario, la quota destinata all'ente locale del gettito recuperato era stata elevata al 100 per cento per gli anni dal 2012 al 2014, dall'articolo 1, comma 12-bis del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148;
    l'articolo 10, comma 12-duodecies, del provvedimento al nostro esame, ha prorogato fino all'anno 2017 tale quota del gettito recuperato mediante la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario;
    si tratta di una disposizione utile e positiva: infatti, il mantenimento degli strumenti di partecipazione comunale al contrasto all'evasione fiscale, che si sono sviluppati negli ultimi anni attraverso le «segnalazioni qualificate» all'Agenzia delle entrate, in materia di lrpef, IVA, Ires e Imposta di registro, ha potuto godere di un significativo impulso dalla norma del 2011 (decreto-legge 138), che assegnava al comune il 100 per cento del maggior gettito riscosso dallo Stato a seguito di segnalazione comunale;
    l'evasione fiscale rimane purtroppo nel nostro Paese un fenomeno di ampio rilievo ed assume proporzioni pari al doppio della media delle altre nazioni europee,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative legislative al fine di rendere permanente la quota del gettito recuperato tramite la partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento tributario destinata all'ente locale.
9/2803-A/153Palazzotto, Paglia, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3 dell'articolo 3 del provvedimento in esame proroga dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2015 il divieto di incroci proprietari che impedisce ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma, i quali conseguono ricavi superiori all'8 per cento del SIC (sistema integrato delle comunicazioni), e alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40 per cento dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani, esclusi i quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica, Ciò attraverso una modifica dell'articolo 43, comma 12 del testo unico dei media audiovisivi, decreto legislativo n. 177/2005;
    il termine originario era individuato dal testo unico nel 31 dicembre 2010, ma tale termine è stato poi prorogato, prima al 31 marzo 2011 dal decreto-legge n. 225/2010, poi al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 34 del 2011, quindi al 31 dicembre 2013 dall'articolo 1, comma 427, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) e infine al 31 dicembre 2014 dall'articolo 12 del decreto-legge n. 150/2013;
    il provvedimento in esame reca, quindi, la quinta proroga di un termine originariamente fissato al 31 dicembre 2010;
    come noto, la questione della proroga del divieto di incroci proprietari si trascina ormai da diversi anni ed era stata oggetto di una segnalazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni al Governo del 24 novembre 2010, nella quale si auspicava il mantenimento del divieto, a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, anche sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 826/1988, nonché della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea che ha riconosciuto, al fine di garantire la protezione del pluralismo informativo di cui all'articolo 11, comma secondo della Carta europea dei diritti fondamentali, il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa finalizzata a rendere stabile il divieto di partecipazioni incrociate tra editoria, televisioni e comunicazioni elettroniche, piuttosto che procedere a reiterate proroghe del divieto medesimo.
9/2803-A/154Fratoianni, Scotto, Ricciatti, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame prevede disposizioni in materia sanitaria e di salute pubblica;
    in questo ambito vanno senz'altro ricomprese, sia per il loro impatto sociale che per gli effetti sulla salute pubblica, le patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo;
    il costante aumento in questi ultimi anni delle offerte di gioco pubblico, con il conseguente forte aumento della domanda indotta, è stato peraltro favorito anche da una situazione sociale, quale quella di una crisi economica in atto, che spinge sempre più persone a cercare nella fortuna la possibile uscita dalle difficoltà economiche;
    se in Italia si stimano in 393 mila i tossicodipendenti, i giocatori patologici sono il doppio;
    già l'articolo 5 del decreto-legge 158/2012 (cosiddetto decreto Balduzzi) aveva riconosciuto la dipendenza da gioco d'azzardo come una patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, e prevedeva l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da detta patologia;
    nel marzo 2014, il Ministro Lorenzin, in un'intervista al quotidiano cattolico Avvenire dichiarava: «Il gioco d'azzardo è un dramma vero, un problema sociale che si è trasformato in emergenza sanitaria. Nei nuovi Lea ci sarà la ludopatia: sfideremo il gioco non a chiacchiere, ma in modo concreto con l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. E questo vorrà dire che ci saranno risorse per curare una dipendenza come avviene per alcool e droga»;
    i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza in corso di predisposizione, dovrebbero finalmente contenere anche le patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo;
    la stessa legge 190/2014 (legge di stabilità per il 2015) ha stanziato nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del servizio sanitario nazionale, una quota pari a 50 milioni di euro l'anno, destinata alla prevenzione, cura e riabilitazione delle suddette patologie;
    la legge 11 marzo 2014, n. 23, recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» (cosiddetta delega fiscale), all'articolo 14 ha previsto l'emanazione di decreti legislativi per il riordino delle norme sui giochi pubblici, adeguandole – tra l'altro – all'esigenza di prevenire i fenomeni di ludopatia ovvero di gioco d'azzardo patologico e di gioco minorile; nonché prevedendo una razionalizzazione territoriale della rete di raccolta del gioco, improntata al criterio della riduzione e della progressiva concentrazione della raccolta di gioco in ambienti sicuri e controllati;
    il decreto attuativo del suddetto articolo 14 della delega fiscale in materia di giochi, dovrebbe essere approvato in uno dei prossimi Consigli dei ministri;
    dalle prime anticipazioni di stampa, il decreto in via di approvazione dovrebbe prevedere in luogo del divieto di pubblicità del gioco d'azzardo, così come da molti richiesto, e come peraltro previsto per gli articoli da fumo solo alcune limitazioni e condizioni a detta pubblicità;
    inoltre il decreto dovrebbe prevedere, positivamente, una riduzione di quasi un terzo le slot machine: da 350 mila si passerebbe a circa 250 mila apparecchi;
    risulta poco comprensibile il motivo per cui questa importante previsione dovrebbe però entrare in vigore solamente nel 2007, ossia tra due anni,

impegna il Governo:

   a prevedere, in sede di predisposizione del decreto attuativo dell'articolo 14 della delega fiscale in materia di giochi, l'immediata entrata in vigore della prevista sensibile riduzione di quasi un terzo le slot machine;
   a valutare l'opportunità di prevedere il totale divieto di pubblicità del gioco d'azzardo.
9/2803-A/155Quaranta, Nicchi, Matarrelli, Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene, all'articolo 4 comma 6, sulle risorse assegnate per il 2015 dalla legge 190 del 2014, per attività di controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale nelle province della Regione Campania;
    tali aree sono oggetto, da decenni, di un costante processo di contaminazione e avvelenamento, generato da una continua attività di traffico e smaltimento illecito di rifiuti provenienti da tutto il territorio nazionale, valutata in circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti;
    la legge n. 6 del 6 febbraio 2014, di conversione del decreto-legge n. 136 del 10 dicembre 2013, ha disposto una serie di misure e una tempistica precisa per le attività di analisi e monitoraggio delle aree contaminate, con l'obiettivo principale di verificare lo stato dei terreni agricoli e la eventuale tossicità dei prodotti agroalimentari;
    come ampiamente riportato nel dossier dell'associazione nazionale Legambiente, dal titolo «Terra dei Fuochi, a che punto siamo ?» del 10 febbraio 2015, l'applicazione della Legge è in uno stato di allarmante ritardo, compromettendo quotidianamente le attività per la messa in sicurezza del territorio; la conclusione dei lavori, prevista per ottobre 2014, appare drammaticamente lontana;
    in grave contrasto con il diritto di accesso alla informazioni ambientali sancito dalla Convenzione di Aarhus del 1998, recepita nel nostro ordinamento con la Legge n. 108 del 16 marzo 2001, i dati relativi alle indagini delle aree monitorate sono stati resi pubblici solo parzialmente attraverso un comunicato stampa dei Ministri delle politiche agricole e forestali, dell'Ambiente e della Salute del 12 febbraio 2015; gli unici altri dati provengono da una conferenza stampa del Governo dell'11 marzo 2014;
    l'attività di bonifica dei siti inquinanti versa in una condizione di drammatico empasse; il Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, (legge n. 423 del 9 dicembre 1998), aveva classificato il sito Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano quale Sito di Interesse Nazionale, derubricato a Sito di Interesse Regionale dal decreto ministeriale 11 gennaio 2013 del Ministro dell'Ambiente;
    il suddetto dossier di Legambiente riporta come degli oltre 2000 siti inquinati e censiti all'interno del perimetro dell'ex SIN, solo per lo 0,2 per cento sono in corso attività di bonifica, mentre per il 74 per cento non è ancora stata svolta alcuna attività;
    l'audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Santa Maria Capua Venere, Raffaella Capasso del 14 gennaio 2015, ha portato all'attenzione come ulteriore elemento di allarme lo stato di contaminazione delle falde acquifere, per cui non sono state predisposte di attività di caratterizzazione e risanamento, come riporta il dossier di Legambiente; al grave stato di avvelenamento del territorio causato dal traffico e dallo smaltimento dei rifiuti si aggiunge il gravissimo fenomeno dei roghi tossici, da cui deriva il nome di Terra dei Fuochi, che comportano la dispersione in atmosfera, e il conseguente deposito al suolo, di particolato altamente velenoso, in particolar modo di diossine;
    le misure previste all'articolo 3 della legge n. 6 del 2014 in merito ai roghi tossici non sembrano aver dato significativi risultati; il monitoraggio svolto dai Vigili del Fuoco riporta nel 2014 ancora 2.531 episodi di roghi;
    l'intero impianto della legge risulta incentrato sulle misure volte a contenere la contaminazione dei terreni agricoli e dei prodotti agroalimentari, e solo marginalmente sulla questione inerente il gravissimo rischio per la salute delle popolazioni locali;
    la legge n. 6 del 2014 dispone la pubblicazione dello studio epidemiologico SENTIERI dell'istituto Superiore di Sanità, il cui ultimo aggiornamento include dati inquietanti circa lo stato di salute dei cittadini residenti nella Terra dei Fuochi, sono stati rilevati, infatti, eccessi della mortalità e dell'ospedalizzazione per diverse patologie che ammettono fra i loro fattori di rischio l'esposizione a un insieme di inquinanti ambientali emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata degli stessi. Nell'insieme dei comuni la mortalità generale e alcune patologie tumorali sono in eccesso;
    l'aggiornamento dello studio pone in evidenza un ulteriore dato, concernente i dati di ospedalizzazione per patologie tumorali di bambini ed adolescenti e, in particolare, un eccesso di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori e di ospedalizzazione per i tumori del sistema nervoso e per leucemie nella fascia di età 0-14;
    la legge n. 6 del 2014 disponeva, tra l'altro, la trasmissione di una relazione alle Camere con cadenza semestrale da parte di un Comitato interministeriale appositamente costituito, avente ad oggetto il quadro aggiornato delle procedure e dello stato di avanzamento di bonifica e messa in sicurezza dei siti inquinati; il Comitato non ha tuttavia ancora trasmesso alle Camere alcuna relazione;
    in data 12 febbraio 2015, attraverso un comunicato stampa, i Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della Salute hanno reso noto di aver firmato un decreto interministeriale per l'interdizione di alcuni terreni dall'uso agricolo, a seguito delle indagini dirette svolte nei primi 57 Comuni della Campania oggetto di analisi, le quali hanno rilevato, su un totale di 42, 95 ettari di superficie agricola relativi ad alti livelli di rischio, come il 36,7 per cento risulti sottoposto a divieto di produzione agroalimentare, il 27 per cento rientri invece tra i terreni con limitazione a determinate produzioni agroalimentari in determinate condizioni e il 36,1 per cento, invece, idonei,

impegna il Governo

a far ripartire immediatamente le attività previste dal decreto-legge n. 136 del 2013 con particolare riguardo alle analisi e alla caratterizzazione di tutti i siti classificati, promuovendo il rilancio della bonifica dei territori e concentrandosi, attraverso successivi interventi normativi, sulla valutazione degli impatti della contaminazione ambientale per la salute umana, per mezzo di attività di screening specifiche su tutta la popolazione residente nei territori avvelenati e nei comuni limitrofi.
9/2803-A/156Pellegrino, Scotto, Giancarlo Giordano, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 2, ove da previsione originaria del decreto-legge 192 del 2014 si prevedeva solo la proroga di termini in materia di giustizia amministrativa, a seguito di modifica approvata nelle competenti Commissioni I e V, si dispone, al comma 1-bis, riguardo la revisione del circoscrizioni giudiziarie;
    in particolare, si prevede il differimento al 30 luglio 2015 del termine entro cui gli enti locali interessati, anche consorziati fra loro, le unioni di comuni, nonché le comunità montane, hanno la possibilità di chiedere il mantenimento degli uffici dei giudici di Pace che erano stati soppressi;
    i richiedenti dovranno farsi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo che sarà messo a disposizione dagli enti medesimi;
    si prevede, inoltre, che il Ministro della Giustizia, entro il 28 febbraio 2016, dopo aver valutato la rispondenza delle richieste e degli impegni pervenuti ai criteri menzionati, apporti poi le conseguenti modifiche alle tabelle di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 156/2012;
    in base a quanto riferito dall'Unione nazionale dei giudici di pace, tale previsione potrebbe portare alla riapertura di 200-250 uffici, a fronte dei circa 500 soppressi,

impegna il Governo

a prescindere dal termine finale del 28 febbraio 2016 previsto per il decreto di modifica delle tabelle I e II di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 156 del 2012, a provvedere sin da subito a valutare le richieste pervenute da parte degli enti interessati, onde porre rimedio, con minor danno possibile, e in tempi celeri, ai gravi problemi conseguenti alla soppressione di uffici del giudice di pace che, in molte situazioni locali, hanno visto compromesso quanto stabilito dall'articolo 24 della Costituzione in tema di diritto di accesso alla giustizia da parte dei cittadini.
9/2803-A/157Daniele Farina, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'inizio dell'anno sono giunti a scadenza migliaia di «assegni di ricerca» per effetto del limite massimo di durata di 4 anni previsto dalla disastrosa legge 30 dicembre 2010, n. 240 che avrebbe dovuto, invece, «incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario», degli enti pubblici di ricerca e sperimentazione e altro;
    in questi ultimi anni, al contrario, le università italiane, ma non soltanto queste, sono state messe in ginocchio dai tagli continui di risorse (un miliardo di euro dal 2008 ad oggi) che hanno provocato sia il calo delle iscrizioni che del numero, già basso, di laureati, nonché ridotto moltissime lavoratrici e lavoratori in uno stato sempre più precario e senza prospettive reali di assunzione anche a causa a blocco reiterato del turn over: si calcola che negli ultimi 10 anni più del 93 per cento di questi ricercatori siano stati espulsi dal proprio posto di lavoro con il conseguente esodo fuori dall'Italia;
    in assenza di un provvedimento tampone e di proroga del limite massimo per gli assegni di ricerca, com’è quello previsto all'articolo del presente decreto (per un biennio, ovviamente, sempre nell'ambito delle scarse disponibilità dei propri bilanci) e richiesto con urgenza nel mese di dicembre 2014 anche dal Consiglio Universitario Nazionale (CUN), le università e dagli enti di ricerca avrebbero visto un ancor più drammatico esodo di giovani e/o diversamente giovani ricercatori, ormai senza più alcuna opportunità di occupazione;
    lo stesso Consiglio Universitario Nazionale ha, per così dire, «evidenziato con forza» le difficoltà legate all'attuazione del modello di reclutamento previsto legge n.240/2010 e dalle politiche governative di turn over che hanno permesso, fino ad ora, bandi per un numero limitatissimo di posizioni di ricercatore a tempo determinato e ancor meno di ricercatori in «tenure-track», che avrebbe dovuto costituire per gli assegnisti di ricerca la naturale prosecuzione del proprio lavoro,

impegna il Governo

ad un urgente e complessivo intervento di riforma del reclutamento universitario con il superamento della legge n. 240 del 2010 che non deve più fondarsi sulla presenza di figure iper-precarie e che deve vedere come precondizione lo sblocco del turn over, oltre ad una strategia di nuovi investimenti per evitare il declino più o meno a breve, ma certo, del nostro Paese tanto nel campo della ricerca quanto in quello della cultura.
9/2803-A/158Kronbichler, Giancarlo Giordano, Pannarale, Fratoianni.


   La Camera,
   considerato che:
    il decreto-legge contiene, essenzialmente, 3 ordini di disposizioni, che prorogano o differiscono:
     1. discipline nate come temporanee e spesso in deroga, ma poi radicatesi nel corso del tempo e confermate di anno in anno;
     2. l'acquisto di efficacia di discipline che sarebbero dovute entrare a regime anche da diversi anni e che non riescono a trovare attuazione;
     3. il termine per l'attuazione di adempimenti normativi in diversi casi risalenti nel tempo, ma non ancora realizzati. Accanto a quelli prorogati o differiti dal provvedimento in esame molti altri della grande mole di adempimenti previsti nei provvedimenti legislativi degli ultimi anni non ha ancora trovato attuazione;
    in più, il testo sottoposto all'esame dell'Assemblea contiene diverse modifiche alla legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), ad appena un mese e mezzo dalla sua entrata in vigore;
    infine, talune proroghe intervengono sui tessuti normativi già molto stratificati, perpetuando catene di proroghe e di modifiche che interessano anche norme di rango regolamentare. Per esempio, l'articolo 8, comma 9 proroga ulteriormente, in maniera non testuale, il termine stabilito dall'articolo 357, comma 27 del regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE», già prorogato, sempre in maniera non testuale, dall'articolo 4, comma 6, del decreto-legge n. 150/2013;
    il citato articolo 357, peraltro, risulta già modificato, in maniera testuale o non testuale, da altri sei decreti-legge, succedutisi negli ultimi tre anni e mezzo: 13 maggio 2011, n. 70; 6 giugno 2012, n. 73; 18 ottobre 2012, n. 179; 21 giugno 2013, n. 69; 30 dicembre 2013, n. 150; 28 marzo 2014, n. 47;
    dal quadro sopra delineato emergono la complessità del sistema normativo italiano e, soprattutto, le sue inefficienze, ogni anno messe a nudo dal decreto-legge emblematicamente noto come «mille proroghe»;
    la Commissione parlamentare per la semplificazione, nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione normativa e amministrativa, ha segnalato tutti questi fenomeni di complicazione, suggerendo alcuni rimedi, a partire dall'introduzione di una logica di programmazione legislativa;
    i componenti della Commissione hanno assunto alcune iniziative finalizzate a dare ordine al sistema normativo; in particolare, si segnala l'approvazione all'unanimità, da parte dell'Assemblea della Camera, della mozione n. 509, sulla quale il Governo ha dato parere favorevole, che contiene una serie di indicazioni utili per un più ordinato modo di legiferare,

impegna il Governo:

   a compiere una ricognizione del sistema normativo, settore per settore, finalizzata a verificare, almeno a cadenza annuale:
    a) quali norme tra quelle previste come temporanee potrebbero essere messe a regime, visto che vengono prorogate di anno in anno;
    b) quali modifiche apportare, anche nell'ottica della semplificazione, per rendere applicabili le norme a regime di cui si proroga di anno in anno l'acquisto dell'efficacia;
   a riferire alle Camere sugli esiti della verifica, anche al fine di concordare eventuali iniziative di carattere legislativo;
   a incrementare gli sforzi per dare attuazione, quanto prima, ai numerosi adempimenti rimasti inattuati, con prioritaria attenzione per quei provvedimenti che non comportano oneri economici per lo Stato e sono volti a ridurre gli oneri amministrativi e burocratici per cittadini ed imprese.
9/2803-A/159Tabacci, Taricco, Petrenga.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'aprile 2014, un cartello di organizzazioni composto essenzialmente da genitori di persone con disabilità intellettiva, riunite nell'Utim (Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva) e nell'associazione «Promozione Sociale», hanno presentato, nei confronti della presidenza del Consiglio dei Ministri, due ricorsi al TAR del Lazio contro il DPCM 159/2013, concernente il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)»;
    l'11 febbraio scorso, la prima sezione del Tribunale amministrativo regionale ha accolto, sia pure parzialmente, i suddetti ricorsi con le sentenze n. 2454/15 – 2458/15 – 2459/15, che di fatto modificano parzialmente l'impianto di calcolo dell'indicatore della Situazione Reddituale, cioè di una delle due componenti dell'ISEE, previsto dall'articolo 4 del suddetto DPCM;
    sostanzialmente i dispositivi delle sentenze del TAR, escludono dal computo dell'indicatore della Situazione Reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» (articolo 4, comma 2 lettera f), ossia in pratica le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura e altro; non si può che concordare sul principio generale che le provvidenze assistenziali non possono essere considerate alla stregue dei redditi Fin dall'esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di revisione dell'ISEE, presentato per il parere alla Camera il 9 luglio 2013, avevamo evidenziato il forte rischio di iniquità e «ingiustizia» contenuto nelle previsioni laddove queste comportano il considerare a tutti gli effetti come reddito ai fini ISEE, provvidenze assistenziali riservate agli invalidi civili, ciechi, sordi compresa l'indennità di accompagnamento e l'indennità di comunicazione fino ad oggi erogate a prescindere da qualsiasi reddito, nonché indennità percepite a titolo di risarcimento, come nel caso di inabilità per infortunio sul lavoro o per malattia professionale;
    tra le motivazioni addotte dal TAR, si legge tra l'altro: «Non è dato comprendere per quale ragione, nella nozione di “reddito”, che dovrebbe riferirsi a incrementi di ricchezza idonei alla partecipazione alla componente fiscale di ogni ordinamento, sono stati compresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore delle situazioni di “disabilità”, quali le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico»;
    inoltre una delle tre sentenze, ha anche ritenuto che fosse illegittima la differenza tra le franchigie previste per i maggiorenni con disabilità/non autosufficienti e quelle, più alte, previste per i minori con disabilità/non autosufficienti (articolo 4, lettera d, n. 1, 2, 3);
    la Sentenza 2459/2015, peraltro, nelle motivazioni, ma non nel dispositivo, censura la disposizione che prevede che l'opportunità di ricorrere all'ISEE ridotto (personale o proprio e del coniuge) sia riservata ai soli disabili maggiorenni e non invece anche ai minorenni, creando così una disparità di trattamento,

impegna il Governo

a provvedere alle opportune modifiche e integrazioni al DPCM 159/2013, al fine di adeguarlo e renderlo coerente con quanto stabilito dal TAR del Lazio.
9/2803-A/160Nicchi, Paglia, Albini, Argentin, Costantino, Marcon, Matarrelli, Melilla, Quaranta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento che approda all'esame dell'Aula, dopo l'esame presso le commissioni referenti, contrariamente al testo iniziale nel quale in Governo non aveva previsto alcuna proroga del blocco degli sfratti per finita locazione, ha introdotto una miniproroga della sospensione dell'esecuzione delle procedure di sfratto per le categorie sociali individuate dall'articolo 1, comma 1, della legge 9/2007, ossia di famiglie con redditi bassi e presenza di malati terminali, anziani, portatori di handicap e nuclei con minori;
    in particolare la norma prevede una proroga del blocco degli sfratti per un massimo di quattro mesi, periodo entro il quale il giudice competente, su richiesta dell'inquilino, può disporre, al fine di consentire il passaggio da casa a casa, una ulteriore sospensione dello sfratto per finita locazione;
    il tutto quindi viene demandato alle decisioni del giudice, condannando le persone a caricarsi di ulteriori costi giudiziari e di dover dipendere dalle valutazioni dei diversi tribunali;
    la durata della proroga è troppo breve e rischia di gettare migliaia di famiglie in forte disagio abitativo in assenza di una immediata disponibilità di alloggi a garanzia del passaggio da casa a casa;
    peraltro il decreto attuativo del programma di recupero degli immobili pubblici, non è stato ancora emanato, e i piani di recupero non partiranno prima di diversi mesi; peraltro lo stesso Fondo locazioni, indicato dal Ministro come principale strumento per dare risposte ai cittadini senza più proroga, è volto ad aiutare – come ricorda giustamente il Sunia – «gli inquilini con un regolare contratto di locazione che hanno difficoltà a pagare l'affitto. I cittadini interessati dalla proroga del blocco degli sfratti, avendo uno sfratto per fine locazione, ovviamente non hanno un contratto di locazione, ma debbono lasciare l'appartamento in cui vivono. Quindi l'eventuale contributo che gli verrebbe concesso dovrebbe essere subordinato alla stipula di un nuovo contratto di locazione per un alloggio diverso, ammesso e non concesso che sia possibile trovare sul mercato affitti compatibili con i redditi di queste famiglie»;
    il Ministro Lupi ha ricordato come il Governo abbia messo «disposizione dei grandi Comuni, 25 milioni di euro per intervenire, sia per risolvere il problema di quelle 2.300-2.400 famiglie che possono essere coinvolte dalla mancata proroga degli sfratti, sia per dare risorse ulteriori per affrontare l'altro disagio abitativo»;
    in realtà i tempi di erogazione di dette risorse a vantaggio delle famiglie saranno certamente più lunghi di 4 mesi. Come ha sottolineato l'Unione Inquilini, «il decreto che destina i 25 milioni non è ancora stato pubblicato, le risorse devono essere trasferite alle Regioni che poi a loro volta le debbono suddividere ai comuni, questi ultimi debbono infine emanare dei bandi, dare il tempo necessario per fare le richieste, elaborare graduatorie, dare tempo per eventuali ricorsi e così via: una procedura che prevede come minimo una tempistica di 9 mesi»,

impegna il Governo:

   a garantire, anche attraverso opportuni interventi normativi, che la sospensione degli sfratti per finita locazione sia comunque assicurata a tutti i soggetti coinvolti, fino alla garanzia di una soluzione alternativa che ne consenta il passaggio da casa a casa, e comunque fino all'effettiva soluzione, tramite un monitoraggio delle attività dei Comuni – attraverso la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 – al fine di controllare l'efficacia degli strumenti messi in campo, e dando indicazioni alle Prefetture in merito al conseguente utilizzo della forza pubblica;
    ad accelerare il recupero ai fini della residenza sociale, dell'enorme patrimonio pubblico vuoto, in disuso o in dismissione;
    ad emanare il decreto interministeriale previsto dal decreto legge 47 del 2014, e che doveva essere approvato entro luglio 2014, che deve definire i criteri al fine di avviare il Programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei comuni e degli IACP;
    ad incrementare le risorse, insufficienti a fronteggiare l'emergenza abitativa, del Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, e del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli;
    a valutare l'opportunità di stanziare opportune risorse finalizzate a sostenere i proprietari di immobili sottoposti ad aste giudiziarie per insolvenza sui mutui per la prima casa, a causa di difficoltà temporanee nel pagamento delle rate dei medesimi mutui.
9/2803-A/161Zaccagnini, Pellegrino, Zaratti, Marcon, Quaranta, Melilla, Costantino, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 nelle Commissioni riunite I e V, in sede referente, è stato approvato un emendamento che inserisce nell'articolo 8, il comma 10-bis, che consente al giudice – nelle more del riparto delle risorse relative al 2015 del «Fondo nazionale locazioni» e della loro effettiva attribuzione alle regioni, e comunque fino al 120o giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto – di disporre, su richiesta della parte interessata e al fine di consentire il passaggio da casa a casa, la sospensione dell'esecuzione delle procedure esecutive di rilascio per finita locazione di cui all'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 150 del 2013;
    per quanto sia positivo questo mini-intervento del Governo in sede di conversione del decreto, non risolve assolutamente il caos degli sfratti e le difficoltà di 20 mila famiglie che rischiano di perdere l'abitazione;
    in questo provvedimento era molto attesa la proroga della scadenza del 31 dicembre 2014, contenuta nell'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15 che ha prorogato il termine previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2008, n. 199;
    il campo di applicazione dell'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 150 del 2013 riguarda gli immobili adibiti ad uso abitativo situati nei comuni elencati dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 9 del 2007, inoltre la proroga prevista dal decreto-legge 150 era disposta in favore delle cosiddette fasce deboli della popolazione: reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro; presenza, nel nucleo familiare, di persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento; oppure coloro che non sono in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza, oltre ai conduttori che abbiano, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a prorogare gli effetti delle disposizioni citate in premessa.
9/2803-A/162Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    la produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza non superiore ai 200 KWp, da parte degli imprenditori agricoli di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 è considerata attività connessa ai sensi del terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile;
    ai sensi dell'articolo 1 comma 423 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 sono considerate «attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, rilevanti ai fini della determinazione del reddito agrario ex articolo 32 del t.u.i.r. la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, nel rispetto di determinati requisiti di connessione con l'azienda agricola. La norma e le successive circolari dell'Agenzia delle Entrate limita le fonti rinnovabili a quelle «Agroforestali e fotovoltaiche» e nulla dispone espressamente ai fini dell'inquadramento del reddito agricolo per le fonti rinnovabili di produzione di energia diverse da quelle agroforestali e fotovoltaiche, per esempi il mini eolico;
    a tutt'oggi l'impegno a chiarire per via amministrativa assunto dal Governo con l'approvazione dell'ordine del giorno 9/05025/061 22 marzo 2012 non trova riscontro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di precisare che la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili, compreso il mini eolico, di potenza non superiore ai 200 KWp, da parte degli imprenditori agricoli di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 è considerata attività connessa ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile, al fine di estendere al mini eolico la disciplina transitoria contenuta nel comma 1 bis dell'articolo 22 del decreto legge 66 del 2014.
9/2803-A/163Marrocu.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8, comma 10 del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 proroga di quattro (al 31 dicembre 2015) e sei mesi (al 30 giugno 2015) i termini per l'aggiornamento o la revisione delle concessioni autostradali, stabiliti dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (cosiddetto sblocca Italia);
    nel decreto legge 133 del 2014 si stabiliva, infatti, che i concessionari di tratte autostradali nazionali avviassero una procedura di modifica del rapporto concessorio, articolata in due fasi, in base ad una tempistica predeterminata al fine di assicurare quegli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento, adeguamento strutturale e tecnologico delle autostrade nazionali;
    con la disposizione contenuta nel presente decreto in conversione si prevede la proroga per la sottoposizione al ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da parte dei concessionari, delle proposte di modifiche dei rapporti concessori in essere finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione anche mediante l'unificazione di tratte interconnesse, contigue o tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria e la sottoposizione, al medesimo ministero, di un nuovo piano economico-finanziario corredato di idonee garanzie e di asseverazione da parte di soggetti autorizzati, e la proroga dal 31 agosto 2015 al 31 dicembre 2015 per la stipulazione degli atti aggiuntivi o delle apposite convenzioni unitarie;
    tali misure sembrano però presentare dei profili di criticità, rilevati anche dalla Autorità nazionale anticorruzione che, in occasione dell'Audizione presso la Commissione Lavoro della Camera ha avuto modo di rilevare che, le proroghe sopra citate, potrebbero costituire, un automatico rinnovo a favore degli attuali concessionari, trasgredendo i dispositivi normativi europei e violando i principi di concorrenza ed economicità e non garantire un omogeneo trattamento tariffario dei predetti tratti autostradali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, anche attraverso provvedimenti di natura legislativa, disposizioni tese a chiarire gli interventi in ordine alle gare, agli investimenti e alla semplificazione dei metodi tariffari nel pieno rispetto dei principi di concorrenza ed economicità.
9/2803-A/164Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Rostellato, Turco.


   La Camera,
   considerato che:
    la Fondazione per la ricerca e la cura dei tumori «Tommaso Campanella» è un centro oncologico di eccellenza, che riveste un ruolo di primaria importanza nella Regione Calabria e nelle Regioni circostanti;
    da diversi mesi la Fondazione vive una drammatica situazione finanziaria, con un forte indebitamento; la Procura di Catanzaro ha chiesto al tribunale il fallimento della Fondazione per la situazione debitoria. Le somme vantate dall'Azienda sanitaria provinciale sono state pignorate da una azienda farmaceutica che vanta un credito esigibile nei confronti della Fondazione;
    numerosi lavoratori che non percepiscono lo stipendio da cinque mensilità lavoratori hanno occupato a fine gennaio 2015 la sede della presidenza della struttura per ottenere l'immediato pagamento degli stipendi arretrati, pari cinque mensilità;
    nel corso del dibattito del provvedimento in esame, sono stati presentati emendamenti, volti ad alleviare la situazione di grande disagio dei lavoratori della Fondazione,

impegna il Governo

ad assegnare alla Regione Calabria le risorse necessarie ad assicurare l'adozione di strumenti di sostegno al reddito in misura pari al trattamento massimo di integrazione salariale straordinaria, in favore dei lavoratori della Fondazione Tommaso Campanella di Catanzaro.
9/2803-A/165Dorina Bianchi.


   La Camera,
   considerato che:
    la Fondazione per la ricerca e la cura dei tumori «Tommaso Campanella» è un centro oncologico di eccellenza, che riveste un ruolo di primaria importanza nella Regione Calabria e nelle Regioni circostanti;
    da diversi mesi la Fondazione vive una drammatica situazione finanziaria, con un forte indebitamento; la Procura di Catanzaro ha chiesto al tribunale il fallimento della Fondazione per la situazione debitoria. Le somme vantate dall'Azienda sanitaria provinciale sono state pignorate da una azienda farmaceutica che vanta un credito esigibile nei confronti della Fondazione;
    numerosi lavoratori che non percepiscono lo stipendio da cinque mensilità lavoratori hanno occupato a fine gennaio 2015 la sede della presidenza della struttura per ottenere l'immediato pagamento degli stipendi arretrati, pari cinque mensilità;
    nel corso del dibattito del provvedimento in esame, sono stati presentati emendamenti, volti ad alleviare la situazione di grande disagio dei lavoratori della Fondazione,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad assegnare alla Regione Calabria le risorse necessarie ad assicurare l'adozione di strumenti di sostegno al reddito in misura pari al trattamento massimo di integrazione salariale straordinaria, in favore dei lavoratori della Fondazione Tommaso Campanella di Catanzaro.
9/2803-A/165. (Testo modificato nel corso della seduta) Dorina Bianchi.


   La Camera,
   considerato che:
    il comma 711 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, Legge di stabilità 2015, ha aumentato l'aliquota IVA per i pellet per riscaldamento dal 10 al 22 per cento, mentre per la legna da ardere l'aliquota Iva è rimasta al 10 per cento;
    la disposizione ha suscitato reazioni in particolare dei residenti nei comuni montani, anche in considerazione del fatto che l'uso del pellet è stato fortemente incentivato in forza dell'efficienza della sua combustione;
    dal report dell'Istat sui consumi energetici delle famiglie riferito al 2013 il consumo di pellet è pari a poco meno di 1 milione e mezzo di tonnellate, concentrato soprattutto nelle aree montane;
    in sede di esame della legge di Stabilità, sono stati presentati diversi ordini del che hanno impegnato il Governo a ripristinare l'aliquota agevolata; il Governo, per voce del Presidente del Consiglio, ha assicurato che riconsidererà le proprie decisioni sulla questione,

impegna il Governo

a ridurre in un prossimo provvedimento urgente l'aliquota IVA sul pellet da riscaldamento, in considerazione del fatto che si tratta di un bene di consumo essenziale, soprattutto nelle aree marginali del Paese.
9/2803-A/166De Girolamo.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 7 del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 prorogano al 1o gennaio 2016 i termini previsti dal decreto legislativo n. 178/2012 per la trasformazione del comitato centrale, dei comitati regionali e dei comitati provinciali di Trento e Bolzano della Croce Rossa Italiana in soggetti di diritto privato, con la conseguente proroga di un anno di tutti i termini previsti relativi al processo di privatizzazione e riordino;
    tale ulteriore rinvio, pur non pregiudicando il processo di privatizzazione avviato, comporta una evidente forzatura giuridica. Infatti, già dal 1o gennaio 2014, sulla base di quanto disposto dal decreto legislativo n. 178/2012, i comitati locali e provinciali della Croce Rossa Italiana si sono trasformati in associazioni di promozione sociale, ma restano inscindibilmente collegati ad un ente che mantiene invece la sua natura pubblica;
    solo dopo la trasformazione del comitato centrale in Associazione di promozione sociale a carattere nazionale e il conseguente ingresso dell'Associazione della Croce Rossa Italiana nel registro nazionale delle Associazioni di promozione sociale, potrà esserci un coerente collegamento organico tra essa e le unità locali e si potrà dire completata l'operazione di privatizzazione e riorganizzazione prevista dal decreto legislativo n. 178/2012;
    l'esigenza dell'intervento di rinvio previsto dal decreto-legge n. 192/2014 muove dalla necessità di superare le difficoltà operative riscontrate nel corso del processo di trasformazione della Croce Rossa Italiana, ossia i mancati adempimenti propedeutici alla privatizzazione integrale della stessa in materia di personale civile, personale militare e gestione del patrimonio;
    il tavolo tecnico attivato presso il Dipartimento della funzione pubblica, istituito dal comma 5 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 178/2012 al fine di coordinare e sostenere il processo di mobilità del personale, non avendo espletato alcuna attività collegabile al processo di mobilità, dovrà tenere conto del mutato livello quantitativo del personale da ricollocare per effetto dei pronunciamenti delle Autorità giurisdizionali civili;
    la complessa attività di ricollocamento del personale in esubero presso altre pubbliche amministrazioni andrebbe svolta necessariamente in un arco temporale certo, al fine di garantire gli attuali livelli occupazionali del personale della Croce Rossa Italiana, nonché di garantire l'assegnazione di risorse umane idonee e funzionali alle esigenze delle amministrazioni riceventi;
    infine, secondo la relazione tecnica allegata al decreto legislativo n. 178/2012, il provvedimento era complessivamente destinato a determinare effetti di risparmio a decorrere dal 2016, tenuto conto che il processo di trasformazione della Croce Rossa Italiana da ente pubblico ad associazione privata era connesso anche ad una riduzione nel tempo del contributo pubblico e all'attivazione di misure di razionalizzazione della spesa per il personale,

impegna il Governo:

   ad accelerare il completamento del processo di privatizzazione della Croce Rossa Italiana evitando che il perdurare dell'attuale fase di transizione e della conseguente incertezza in merito alle risorse e al personale disponibili si ripercuota negativamente sui servizi svolti dall'associazione;
   ad eseguire la trasformazione del comitato centrale e dei comitati regionali in soggetti di diritto privato, procedendo con urgenza alla costituzione delle corrispondenti associazioni di promozione sociale, in modo da rendere coerente il rapporto fra il livello nazionale, quelli regionali e i corrispondenti livelli locali della Croce Rossa Italiana;
   a garantire che, nel percorso di riorganizzazione della Croce Rossa Italiana, il processo di mobilità e l'attività di ricollocamento del personale avvengano nel rispetto degli obbiettivi occupazionali e delle esigenze di efficienza, funzionalità e razionalizzazione della spesa definiti dal decreto legislativo n. 178/2012;
   a monitorare con attenzione, anche al fine di scongiurare il rischio di dover ricorrere ad ulteriori rinvii, lo stato di avanzamento del processo garantendo una costante informazione in materia alle competenti commissioni parlamentari.
9/2803-A/167Beni, Miotto.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 28 aprile 2014, n. 67 recante «Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili», prevede all'articolo 1 una delega in materia di pene detentive non carcerarie da esercitarsi entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della suddetta legge di delega;
    con Decreto ministeriale del 10 giugno 2013 è stata istituita presso l'Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia una Commissione per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio penale. La Commissione composta di autorevoli esperti della materia e presieduta dal Professor Palazzo ha provveduto, entro i termini prescritti dal sopracitato Decreto, alla stesura di un documento contenente criteri e direttive per la elaborazione di uno o più testi normativi, tenendo conto anche dei contributi provenienti dalle competenti Commissioni Parlamentari;
    lo Schema per la redazione di principi e criteri di delega legislativa in materia di riforma del sistema sanzionatorio penale ha ispirato il disegno di legge di delega approvato dal Parlamento il cui principio informatore è quello di ridurre l'incidenza della pena carceraria, reclusione e arresto, e porre le condizioni per rimediare al sovraffollamento carcerario;
   considerato che:
    il sovraffollamento delle carceri è stato oggetto di vari e autorevoli richiami da parte della Corte europea dei Diritti dell'uomo, ma anche da parte della Presidenza della Repubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche con interventi di carattere emendativo, o se del caso normativo, di prorogare il termine entro cui esercitare la delega di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67.
9/2803-A/168Tidei.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 1 dell'articolo 18 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha disposto la soppressione, con decorrenza 1o luglio 2015 delle sezioni staccate di Tribunale Amministrativo Regionale dei comuni che non sono sedi di Corte d'Appello;
    lo stesso articolo (comma 1-bis) dispone che entro il 31 dicembre 2014 il Governo, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, presenti al Parlamento una relazione sull'assetto organizzativo dei Tribunali Amministrativi Regionali operando un'analisi dei fabbisogni, dei costi delle sedi e del personale e del carico di lavoro di ciascun tribunale nonché del grado di informatizzazione, allegando alla stessa un piano di riorganizzazione che tenga conto della collocazione geografica, del carico di lavoro e dell'organizzazione degli uffici giudiziari;
    il provvedimento in esame ha posticipato al 28 febbraio il termine per la presentazione della relazione sopracitata,

impegna il Governo

a valutare, in particolare, l'opportunità di riconsiderare la soppressione della sezione staccata di Parma del Tribunale Amministrativo Regionale dell'Emilia-Romagna la cui chiusura determinerebbe un aggravio di costi per i cittadini e le imprese e del carico di lavoro sulla sezione di Bologna con conseguenze negative sul funzionamento della giustizia amministrativa nel territorio regionale.
9/2803-A/169Maestri, Romanini, Incerti, Iori.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, dispone in materia di giustizia amministrativa;
    le sezioni staccate dei TAR regionali svolgono un ruolo essenziale nelle attività di giustizia amministrativa, servendo bacini d'utenza molto popolosi,

impegna il Governo:

   a valutare una proroga della decorrenza della soppressione delle Sezioni staccate di TAR che non siano sedi di Corte d'Appello, di cui all'articolo 18 comma 1 decreto-legge n. 90 del 2014, convertito in legge n. 114/14, ovvero valutare di spostare quanto meno al 31 dicembre 2015 la data del 1o luglio 2015 indicata in detto comma ed al 30 settembre 2015 la data del 31 marzo 2015, sempre prevista al comma 1 dell'articolo 18, per la determinazione delle modalità operative del trasferimento;
   a sottoporre ad un'attenta valutazione del Parlamento, la determinazione delle sezioni staccate da sopprimere, rimessa al piano di razionalizzazione della giustizia amministrativa di cui all'articolo 1-bis del suddetto decreto-legge n. 90 del 2014.
9/2803-A/170Boccuzzi, Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013 (convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98), modificato dagli articoli 50 e 50-bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114) prevede che i laureati in giurisprudenza più meritevoli possano accedere, a domanda e per una sola volta, a stage di formazione teorico-pratica della durata di diciotto mesi presso gli uffici giudiziari, per assistere e coadiuvare i magistrati delle Corti di appello, dei tribunali ordinari, degli uffici requirenti di primo e secondo grado, degli uffici e dei tribunali di sorveglianza, dei tribunali per i minorenni nonché i giudici amministrativi dei TAR e del Consiglio di Stato;
    ai fini del mantenimento della funzionalità degli uffici giudiziari è essenziale che questo contingente venga mantenuto anche per tutto il 2014,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato part time a partire dal 1o gennaio 2015, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, da effettuarsi per coloro che abbiano svolto il perfezionamento del tirocinio formativo con il Ministero della Giustizia, ai sensi dell'articolo 1, comma 344 della legge n. 147 del 2013.
9/2803-A/171Incerti, Maestri, Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, dispone anche in materia di proroga di termini in materia di pubbliche amministrazioni;
    vista la normativa vigente e il numero esiguo dei dipendenti che andranno in pensione nei prossimi anni, molti comuni ed enti locali italiani rischiano di perdere i lavoratori precari alla scadenza dei contratti. Tutto ciò arrecherebbe un danno alla pubblica amministrazione e alla cittadinanza in quanto la forza lavoro a disposizione di servizi essenziali si ridurrebbe in maniera drastica,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità che per le amministrazioni pubbliche, anche a carattere locale, sia consentito di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato almeno sino al 31 dicembre 2015, del personale destinatario di procedure di reclutamento a tempo indeterminato o che ha già superato una procedura concorsuale, ai sensi dell'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125.
9/2803-A/172Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    i contratti di solidarietà sono accordi, stipulati tra l'azienda e le rappresentanze sindacali, aventi ad oggetto la diminuzione dell'orario di lavoro al fine di: mantenere l'occupazione in caso di crisi aziendale e quindi evitare la riduzione del personale (contratti di solidarietà difensivi, articolo 1 legge n. 863/84) o favorire nuove assunzioni attraverso una contestuale e programmata riduzione dell'orario di lavoro e della retribuzione (contratti di solidarietà espansivi articolo 2 legge 863/84);
    la legge prevede due tipologie di contratti di solidarietà: contratti di solidarietà di tipo A, per le aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina in materia di CIGS (articolo 1 legge n. 863/84); e contratti di solidarietà di tipo B, per le aziende non rientranti nel regime di CIGS e per le aziende artigiane (articolo 5 comma 5 legge 236 del 1993);
    il decreto in oggetto, con l'introduzione dell'articolo 2- bis, dispone uno stanziamento di 50 milioni di euro (con onere a carico del Fondo sociale per l'occupazione e formazione) al fine di prorogare per il 2015 l'incremento del 10 per cento dell'ammontare del trattamento di integrazione salariale per i contratti di solidarietà, per le aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina in materia di CIGS. Le risorse sono destinate prioritariamente ai trattamenti dovuti nell'anno 2015 in forza di contratti di solidarietà stipulati nell'anno 2014;
    l'istituto dei contratti di solidarietà rappresenta uno strumento in grado di evitare licenziamenti anche per le imprese che, dovendo gestire esuberi di personale, non possono usufruire della cassa integrazione guadagni straordinaria;
    molte aziende rientranti nel regime dei contratti di solidarietà di tipo B lamentano oggi l'incertezza per gli accordi già sottoscritti nel 2014 e l'impossibilità di sottoscriverne di nuovi, stante il blocco imposto dal Ministero con un avviso del 12 gennaio 2015 e ribadito con una nota interna del 15 gennaio 2015 alle Direzioni territoriali e alle Direzioni regionali del Lavoro, in cui si evidenzia l'indisponibilità di risorse sufficienti a far fronte alle richieste;
    in questo modo si è generata una grande incertezza sia per la prosecuzione dei contratti già sottoscritti nel 2014, sia per tutto quel che attiene alla possibilità di sottoscriverne di nuovi nel 2015;
    il governo, in attuazione di quanto previsto dalla legge delega n. 183 del 2014, intende riordinare la disciplina dei contratti di solidarietà,

impegna il Governo

ad assicurare la continuità dei finanziamenti necessari per i contratti di solidarietà di cui all'articolo 5, commi 5 e 8 della legge n. 263 del 1993, in vista del richiamato riordino normativo.
9/2803-A/173Baruffi.


   La Camera,
   premesso che:
    da quasi cinque anni si sono concordati una serie di interventi finalizzati all'orientamento, alla formazione ed al potenziamento delle competenze all'interno degli uffici giudiziari e dei distretti delle corte di appello avvalendosi di lavoratori percettori di trattamenti di cassa integrazione, di mobilità e inoccupati la totalità dei lavoratori destinatari degli interventi di questo accordo ha già maturato questa esperienza avvalendosi, dei tirocini formativi e di fatto sono chiamati a svolgere mansioni di responsabilità per l'evidente mancanza di organico che rende difficile l'esercizio della funzione giurisdizionale nel nostro Paese,

impegna il Governo

a esaurire i fondi messi a disposizione per il perfezionamento del percorso formativo stanziati nella finanziaria 2013-2014 e non disperdere la professionalità acquisite dai tirocinanti in questi anni, promuovendone l'insediamento nell'organico dell'amministrazione della giustizia.
9/2803-A/174Carella.


   La Camera,
   premesso che:
    da quasi cinque anni si sono concordati una serie di interventi finalizzati all'orientamento, alla formazione ed al potenziamento delle competenze all'interno degli uffici giudiziari e dei distretti delle corte di appello avvalendosi di lavoratori percettori di trattamenti di cassaintegrazione, di mobilità e inoccupati la totalità dei lavoratori destinatari degli interventi di questo accordo ha già maturato questa esperienza avvalendosi, dei tirocini formativi e di fatto sono chiamati a svolgere mansioni di responsabilità per l'evidente mancanza di organico che rende difficile l'esercizio della funzione giurisdizionale nel nostro Paese,

impegna il Governo

ad utilizzare i fondi disponibili a legislazione vigente per il perfezionamento del percorso formativo, nonché a valutare, nel rispetto dei principi generali in materia di accesso alla pubblica amministrazione, le modalità di valorizzazione dei tirocinanti idonee a non disperdere le professionalità acquisite dagli stessi.
9/2803-A/174. (Testo modificato nel corso della seduta) Carella.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, ha operato una profonda e significativa riorganizzazione del sistema degli enti locali, e ha introdotto, tra le altre cose, una nuova disciplina delle province, ora definite come enti di area vasta e in parte assorbite dalle nuove città metropolitane;
    la complessità di una normativa che ha richiesto più di quattro anni di gestazione offre finalmente l'occasione per portare a compimento un'ampia opera di razionalizzazione complessiva del personale della pubblica amministrazione, consentendo ad esempio di aumentare le risorse umane in settori della Pubblica amministrazione nevralgici e costantemente sotto-organico;
    il nuovo assetto normativo, infatti, ha innanzitutto aperto al tema della riorganizzazione e del riassorbimento del personale precedentemente impiegato nelle disciolte province, che secondo alcune stime, peraltro provvisorie, potrebbe ammontare a 25.000 dipendenti di ruolo, più circa 2.000 precari;
    tuttavia questa importante occasione per riallocare le risorse umane, garantendo un aumento di personale laddove ve ne è effettivamente necessità, non può avvenire a discapito di tutti coloro che, essendo risultati nel frattempo idonei a seguito dell'espletamento di un concorso pubblico presso gli enti locali, sono stati inseriti in graduatorie che di fatto resteranno non utilizzate in pendenza del processo di riassorbimento dei dipendenti di ruolo delle province;
    in particolare il decreto-legge n. 101 del 2013 convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 30 ottobre 2013, n. 125, aveva previsto al comma 4 che l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, fosse prorogata fino al 31 dicembre 2016;
    tuttavia, tale disposizione rischia ora di restare inattuata a seguito del vasto processo di riorganizzazione e riassorbimento in atto del personale di ruolo delle province,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel primo provvedimento utile, che la validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, possa essere estesa anche per gli anni 2017 e 2018.
9/2803-A/175Castricone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 03, comma 1, lettera b), punto 2.1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dall'articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 prevede che i canoni annui per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, siano determinati in base alla superficie proporzionata alla media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento;
    l'applicazione dei canoni cosiddetti pertinenziali secondo la disposizione citata (cd canoni OMl), determinerebbe gravi conseguenze per diversi operatori che si trovano nell'impossibilità di corrispondere somme ingenti;
    nelle more del riordino della materia, da effettuare entro il 15 ottobre 2014, l'articolo 1, comma 732, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), ha previsto, al fine di ridurre il contenzioso derivante dall'applicazione dei citati criteri per il calcolo dei canoni delle concessioni demaniali marittime, che i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013 concernenti il pagamento in favore dello Stato dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze, potessero essere integralmente definiti, previa domanda da presentare entro il 28 febbraio 2014 all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del soggetto interessato ovvero del destinatario della richiesta di pagamento, mediante il versamento: a) in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme dovute; b) rateizzato fino a un massimo di sei rate annuali, di un importo pari al 60 per cento delle somme dovute, oltre agli interessi legali, secondo un piano approvato dall'ente gestore;
    il termine per effettuare la riforma fissato dalla legge di stabilità è scaduto senza che si sia provveduto a riordinare la materia;
    la X Commissione permanente, nell'esprimere parere favorevole al provvedimento in esame, ha tuttavia osservato che sarebbe necessario prorogare la disciplina in materia di canoni delle concessioni demaniali marittime, di cui al citato comma 732 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in particolare prevedendo la possibilità di sospendere, fino al 31 dicembre 2015, la riscossione coattiva dei canoni e l'esecuzione di eventuali procedimenti amministrativi e dei relativi effetti derivanti dai provvedimenti delle amministrazioni competenti concernenti la sospensione, la revoca e la decadenza delle concessioni demaniali medesime,

impegna il Governo

a procedere al riordino della materia dei canoni demaniali marittimi e comunque, nelle more del medesimo, a sospendere la riscossione coattiva disposta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dei canoni dovuti per effetto del comma 1, lettera b), punto 2.1, dell'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, nonché gli eventuali procedimenti amministrativi e i relativi effetti, avviati dalle amministrazioni competenti, concernenti il rilascio, la sospensione, la revoca o la decadenza della concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone, e i procedimenti amministrativi finalizzati alla devoluzione delle opere non amovibili di cui all'articolo 49 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327.
9/2803-A/176Arlotti, Benamati, Bonaccorsi, Basso, Giacobbe, Lattuca, Taranto, Sani, Paola Bragantini, Ascani, Fabbri, Crivellari, Tullo, Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 aprile 2014, n. 56, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» ha ridisegnato ruolo, confini e competenze delle amministrazioni locali, in particolare istituendo le Città Metropolitane, definite «enti territoriali di area vasta», cui sono state attribuite le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni delle province nonché le seguenti funzioni fondamentali proprie: a) piano strategico del territorio metropolitano; b) pianificazione territoriale generale; c) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; d) mobilità e viabilità; e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale; f) sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano;
    risulta evidente che le Città Metropolitane assumeranno un ruolo rilevante per la gestione di un vasto territorio;
    l'articolo 1, comma 6, dispone che le province, per comprovate necessità, possono prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato fino al 31 dicembre 2015, in luogo del 31 dicembre 2014 (termine originariamente previsto dall'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 101/2013);
    così come previsto dal citato articolo 4, comma 9, del decreto-legge 101/2013, le province, fermo restando il divieto posto dalla normativa vigente di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, possono procedere alla suddetta proroga per necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente, in particolare dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 78/2010, del patto di stabilità interno e delle norme in materia di contenimento della spesa complessiva di personale;
    l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 78/2010 ha disposto che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato e ulteriori enti pubblici ivi indicati possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;
    sebbene la disposizione del provvedimento all'esame faccia esplicitamente riferimento alle sole Province, sarebbe paradossale non applicare le previsioni ivi contenute anche alle Città metropolitane,

impegna il Governo

a chiarire l'ambito soggettivo della disposizione di cui all'articolo 1, comma 6, ricomprendendovi anche le Città metropolitane.
9/2803-A/177Fregolent, Giorgis, D'Ottavio, Paola Bragantini, Rossomando, Bonomo, Boccuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    in considerazione delle gravi difficoltà finanziarie dei contribuenti, il legislatore, negli ultimi anni, è intervenuto offrendo la possibilità di rateizzare i pagamenti ed allungare ulteriormente le scadenze dei debiti tributari, in tal modo cercando di salvaguardare realtà economiche in crisi e scongiurare i fallimenti industriali e le conseguenti ripercussioni occupazionali;
    l'articolo 10, comma 12-quinquies, del presente provvedimento, introdotto in sede di esame in Commissione, estende la concessione di un nuovo piano di rateazione da parte di Equitalia dei debiti fiscali ai contribuenti decaduti dal beneficio fino al 31 dicembre 2014 che presentino richiesta entro il 31 luglio 2015;
    la citata disposizione riguarda tuttavia solamente la fattispecie avente ad oggetto le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo o di affidamento dei carichi all'Agente della riscossione nei confronti dei contribuenti ai quali siano stati notificati accertamenti esecutivi di cui all'articolo 29 decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122;
    è opportuno estendere il beneficio della rateazione anche alle altre fattispecie di rateazione concesse dall'Agenzia delle entrate che hanno ad oggetto le comunicazioni di irregolarità (cosiddetti avvisi bonari) inviate ai contribuenti a seguito della liquidazione delle dichiarazione dei redditi e dei controlli formali, nonché alle dilazioni di pagamento riguardanti le rateizzazioni conseguenti all'adesione agli inviti a comparire, all'adesione ai processi verbali di constatazione, alla definizione degli accertamenti nel procedimento di accertamento con adesione, alle somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale e alle somme dovute in caso di omessa impugnazione dell'avviso di accertamento o di liquidazione;
    le diverse forme di rateazione comportano evidenti differenze sotto i profili del diritto all'accesso a) beneficio, dei periodo di rateazione, della decadenza dal beneficio e delle sanzioni connesse al mancato rispetto del piano di rateazione;
    appare evidente la necessità di introdurre ulteriori elementi di flessibilità che consentano ai contribuenti una estensione del periodo di rateazione anche nei sistema di riscossione automatica previsto dall'Agenzia delle Entrate ed evitare che i maggiori benefici nel pagamento dei debiti tributari si ottengano una volta che il debito sia preso in carico dall'agente della riscossione, con conseguente aggravio degli oneri in termine di sanzione, interessi e aggi,

impegna il Governo:

   ad introdurre disposizioni volte a dare maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione dei tributi dovuti all'Agenzia delle entrate, in coerenza con quanto previsto per il sistema di riscossione coattiva, e in particolare:
    a) a consentire la possibilità di rateizzare il pagamento nei casi in cui esso non è previsto;
    b) ad aumentare il numero massimo di rate in cui può essere ripartito il pagamento dei debiti e, in ogni caso, a concedere un nuovo piano di rateazione dei debiti fiscali ai contribuenti decaduti dal beneficio.

9/2803-A/178Petrini, Causi.


   La Camera,
   premesso che:
    per il periodo 2007-2013 l'Italia ha presentato all'Unione europea un Quadro strategico nazionale (QSN) con il quale sono state indirizzate le risorse che la politica di coesione ha destinato al nostro Paese;
    in tale contesto si è inserito il ruolo del Fondo sociale europeo, quale strumento volto al sostegno delle misure finalizzate a prevenire e combattere la disoccupazione, sviluppare le risorse umane e favorire l'integrazione e il mercato del lavoro;
    le misure sopra descritte sono state realizzate attraverso strumenti di regolamentazione emanati dalle amministrazioni regionali, ai sensi dell'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e materialmente posti in essere attraverso interventi realizzati da organismi di formazione professionale accreditati;
    il Ministero del lavoro, con la pubblicazione del Vademecum per l'ammissibilità della spesa al FSE PO 2007- 2013, ha chiarito, che i contributi FSE erogati nell'ambito dell'attuazione dei programmi operativi, finalizzati alla realizzazione di attività di formazione professionale e di aiuti alle persone nell'ambito di un regime di sovvenzione (concessione amministrativa) ex articolo 12 della citata legge n. 241 del 1990, si ritengono esclusi dal campo di applicazione dell'IVA, in quanto non sussiste il carattere di sinallagmaticità delle operazioni poste in essere;
    in relazione a dette finalità, l'erogazione assume carattere sovventorio e non di corrispettivo contrattuale; tale natura sovventoria sussiste quando il contributo è concesso per finalità generali, come confermato da alcune risoluzioni dell'Agenzia delle entrate che – relativamente a finanziamenti erogati a valere sul Fondo Sociale Europeo – precisano che le risorse finanziarie erogate dall'ente finanziatore per finalità generali restano fuori dal campo di applicazione dell'IVA;
    in questo contesto si collocano anche le risposte formulate dalla medesima Agenzia delle Entrate che hanno confermato l'esclusione – per i casi in questione – del rapporto sinallagmatico tra Amministrazione erogante e beneficiario, inquadrando i contributi come movimentazioni finanziarie carenti del presupposto oggettivo (cfr. Circolare 34/E del 21 novembre 2013);
    in risposta ad un interpello formulato da Confindustria Veneto SIAV l'Agenzia delle entrate-direzione regionale del Veneto, con protocollo n. 907-43541/2009, chiariva che «in ordine al punto 4, si osserva che l'aver percepito un contributo a fondo perduto non preclude l'accesso al diritto a detrarre l'Iva pagata sugli acquisti e nemmeno influisce (né in senso positivo né in senso negativo) sulla misura in cui tale diritto può essere esercitato, li diritto alla detrazione, così, dovrà essere esercitato secondo le regole di carattere generale dettate dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in base alle quali il contribuente detrae l'Iva sugli acquisti nella misura in cui «a valle», in veste di prestatore di servizi o cessionario di beni, effettui operazioni attive che ne danno diritto. Pertanto esemplificando: qualora le operazioni attive poste in essere siano tutte imponibili o imponibili «assimilate» (articolo 19, comma 3), l'Iva assolta sugli acquisti effettuati con i contributi sarà interamente detraibile»;
    l'articolo 19 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 stabilisce come regola generale che «non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta» ma stabilisce altresì che la indetraibilità non si applica se le operazioni ivi indicate sono costituite da operazioni fuori campo IVA;
    essendo in presenza di operazioni fuori campo IVA ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, spetterebbe quindi agli organismi di formazione la piena detraibilità dell'lVA sugli acquisti, ai sensi della disposizione di cui al successivo articolo 19;
    nell'approfondimento tecnico su gestione e controllo delle attività cofinanziate dal Fondo sociale europeo, pubblicato in «FOP Formazione Orientamento Professionale», rivista bimestrale del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, anno 8, numero 3 maggio-giugno 2008, prodotto al fine di assumere dei riferimenti univoci, per quanto contingenti, per l'interpretazione della normativa relativa a tali tematiche fatte salve tutte le premesse ed i contributi giurisprudenziali ivi riportati, si afferma che:
     a) per la tipologia di operazioni finanziate realizzate dagli organismi di formazione «il contributo assume una natura di movimentazione finanziaria e non si pone in un rapporto sinallagmatico, con la conseguenza che il medesimo esula dal campo di applicazione dell'lVA per difetto di presupposto oggettivo»;
     b) «si ritiene necessario chiarire che il diritto a detrazione relativo a beni e servizi acquisiti con contributi non direttamente collegati al prezzo è pieno e non limitabile se non nelle ipotesi espressamente previste dalla sesta direttiva IVA, vale a dire la detrazione è sempre ammessa a meno che il progetto finanziato venga svolto da enti non commerciali nell'ambito delle loro attività istituzionale (....). Questa previsione risulta molto più chiara nella Sesta direttiva nella quale l'articolo 17 secondo comma prevede in via generale che «nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore (...) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta all'interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo» (vedi ora articolo 168 direttiva 2006/112/CE).»;
    il tenore inequivocabile dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, l'indicazione contenuta nel citato approfondimento del gruppo tecnico del Ministero del lavoro e, soprattutto, la risposta dell'Agenzia nel citato interpello n. 907-43541/2009, hanno portato gli Organismi di formazione a considerare in buona fede l'IVA sugli acquisti pienamente detraibile e quindi a non considerarla quale costo a discarico del contributo comunitario, pena la violazione di specifiche disposizioni dell'Autorità di gestione nazionale;
    alcuni uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate (Cfr. Agenzia delle Entrate-Direzione Provinciale di Vicenza, accertamento n. T6503T603306 protocollo n. 116565/2014 del 17.12.2014) hanno successivamente mutato avviso e considerato che per l'IVA assolta sugli acquisti sostenuti dal beneficiario di contributo pubblico per attività di formazione, operi sempre l'indetraibilità dell'imposta relativa all'acquisto di beni e servizi se gli stessi sono afferenti ad operazioni non soggette ad imposta;
    l'imposizione di costi per IVA indebitamente detratta, in seguito ad un mutamento interpretativo, porterebbe al collasso il sistema della formazione degli organismi di formazione senza fini di lucro, che si troverebbero impossibilitati a far fronte a tale imposizione;
    la mancata detrazione IVA, inoltre, comporterebbe una proporzionale diminuzione di investimento nell'attività formativa in un momento così difficile per la situazione socioeconomica e gli alti tassi di disoccupazione anche giovanile;
    ai sensi della risoluzione 51/E/2010 e secondo il principio di integrità dei pagamenti stabilito dall'articolo 80 del Regolamento CE n. 1083/2006, recante le «disposizioni generali sui Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il Regolamento CE n. 1260/1999», i beneficiari devono ricevere l'importo totale del contributo pubblico nella sua integrità, senza applicazione di alcuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico che comporti la riduzione di detti importi;
    quanto riportato sembra peraltro configurarsi come una violazione dello statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212,

impegna il Governo

nelle more dell'approvazione della disciplina attuativa per la gestione dei Fondi europei per il Programma Operativo 2014-2020, necessaria a chiarire per il futuro la disciplina IVA per gli Organismi di Formazione, a prorogare la detrazione dell'imposta, assolta anteriormente all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, sugli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione professionali, operati nell'ambito dei finanziamenti comunitari del PO 2007/2013, in presenza di operazioni fuori campo IVA ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto dei Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, lettera a), o comunque in ogni caso a stabilire la conformità alla normativa vigente, delle pregresse indicazioni del Ministero del lavoro e agli indirizzi già dati in precedenza dall'Agenzia delle Entrate del comportamento fiscale degli organismi di formazione professionale in materia di detraibilità IVA sugli acquisti affinché l'incertezza normativa e le differenti linee interpretative delle Amministrazioni dello Stato non pongano agli organismi di formazione nella condizione di dover sostenere, ora per allora ed in palese spregio alla certezza del diritto, spese di contenzioso tributario e costi che, in caso di diversa interpretazione, sarebbero stati ammissibili al finanziamento, mettendo a rischio la tenuta del sistema di formazione ed istruzione professionale in un momento così difficile per la situazione socio economica e gli alti tassi di disoccupazione anche giovanile.

9/2803-A/179Rubinato, Ginato, Sandra Savino, Milanato, Palese, Matteo Bragantini, Guidesi, Busin, D'Incà, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in corso di conversione, all'articolo 1, comma 6, proroga al 31 dicembre 2015 il termine, originariamente fissato al 31 dicembre 2014, previsto dall'articolo 4, comma 9, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, entro il quale le province possono prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato, ai fini delle strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi, «purché nel rispetto dei vincoli finanziari, del patto di stabilità interno e della vigente normativa di contenimento della spesa complessiva di personale»;
    nelle more del riordino delle funzioni delle province ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56, l'articolo 14 del provvedimento in corso di conversione dispone, altresì, la proroga dei contratti di affidamento dei servizi stipulati dai centri per l'impiego, per assicurare la continuità delle attività riguardanti l'attuazione degli interventi cofinanziati dai fondi strutturali europei 2007-2013, per la parte gestita attraverso l'esternalizzazione dei servizi, analogamente a quanto previsto dalla legge di stabilità 2015 per i lavoratori a contratto delle province;
    l'articolo 1, comma 429, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) stabilisce infatti che, allo scopo di consentire il regolare funzionamento dei servizi per l'impiego, nonché la conduzione del Piano per l'attuazione della raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una «Garanzia per i giovani», le città metropolitane e le province che, a seguito o in attesa del riordino delle funzioni di cui all'articolo 1, commi 85 e seguenti, della legge 7 aprile 2014, n. 56, continuino ad esercitare le funzioni ed i compiti in materia di servizi per l'impiego e politiche attive del lavoro, fermo restando il rispetto della vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva di personale, hanno facoltà di finanziare i rapporti di lavoro a tempo indeterminato nonché di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa strettamente indispensabili per la realizzazione di attività di gestione dei fondi strutturali e di interventi da essi finanziati, a valere su piani e programmi nell'ambito dei fondi strutturali;
    l'articolo 31, comma 26, lettera d), della legge 12 novembre 2011, n. 183, tuttavia dispone che, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, la provincia inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto;
    in virtù della citata disposizione, a causa del mancato rispetto del patto di stabilità, numerose province non possono procedere all'assunzione del personale necessario alle attività dei centri per l'impiego;
   considerato che:
    il mancato rispetto del patto di stabilità interno, spesso dovuto a circostanze indipendenti dalla gestione provinciale delle risorse, e aggravato dall'esigenza di rispettare vincoli economici e finanziari di altra natura, non dovrebbe rappresentare motivo di esclusione per la proroga di contratti di lavoro funzionali allo svolgimento di servizi fondamentali per l'occupazione;
    la particolare gravità della crisi economica e l'elevatissimo tasso di disoccupazione giovanile non consentono di compromettere la realizzazione degli interventi connessi alle politiche attive per il lavoro, soprattutto se cofinanziati con i fondi strutturali europei, né tantomeno di mettere in pericolo l'impiego dei soggetti occupati in tali attività;
    nelle more dalla realizzazione di attività di gestione e riordino della normativa in materia di servizi per l'impiego di cui alla legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, occorre assicurare la continuità delle politiche attive del lavoro e la piena attuazione del Piano per la raccomandazione del Consiglio Unione Europea 22 aprile 2013 sul programma «Garanzia per i giovani»,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità, anche per le province che non siano state in grado di rispettare i vincoli del patto di stabilità interno, di prorogare, in via straordinaria per l'anno 2015, in relazione ai servizi per l'impiego, i contratti di lavoro a tempo determinato finanziati con i Fondi comunitari, e altresì a prevedere la disapplicazione per le medesime province della sanzione di cui alla legge 183/2011.
9/2803-A/180Rigoni.


   La Camera,
   in sede di discussione del decreto-legge 31 dicembre 2014. n. 192. recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative;
   premesso che:
    i commi 11 e 12 dell'articolo 20 della legge 56/89, disposizioni per il rinnovo dei Consigli territoriali dell'Ordine degli Psicologi, prevedono solo due convocazioni con quorum costitutivi differenti mentre invece non è prevista una convocazione senza quorum, come, ad esempio dispone il regolamento elettorale valido per tutti gli altri Ordini professionali (il decreto del Presidente della Repubblica 169/05);
    senza la salvaguardia costituita dalla convocazione priva di quorum, le elezioni per il rinnovo dei Consigli territoriali rischiano di doversi ripetere più volte, fino al raggiungimento della soglia prevista dalla norma; cosa puntualmente già avvenuta per il rinnovo dei Consigli Regionali dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia, del Veneto, dell'Emilia Romagna, oltre che per quello provinciale di Bolzano;
    la ripetizione delle procedure elettorali, oltre ad un evidente aggravio economico per l'Ente, comporta anche l'impedimento della costituzione del Consiglio Nazionale, la quale può avvenire solo in seguito alla conclusione delle operazioni elettorali di tutti i Consigli territoriali. Con la conseguenza che, in caso di ripetizione delle operazioni elettorali in qualcuno dei 21 Consigli territoriali, il CNOP non può essere convocato, così come non può essere convocata la sessione elettorale unica per la nomina del rappresentante della Sezione B dell'Albo in seno al CNOP, lasciando senza rappresentanza a livello nazionale l'intera categoria professionale;
    la soluzione passa certamente attraverso l'inserimento della convocazione senza quorum, nonché nella previsione normativa di una finestra elettorale predeterminata, valida per tutti i Consigli territoriali, trascorso la quale tutti i Consigli devono essere stati rinnovati,

impegna il Governo

a consentire che il rinnovo dei Consigli territoriali dell'Ordine degli Psicologi possa avvenire prevedendo una convocazione senza quorum, come, ad esempio dispone il regolamento elettorale valido per tutti gli altri Ordini professionali (il decreto del Presidente della Repubblica 169/05).
9/2803-A/181Roberta Agostini, Pes.


   La Camera,
    in sede di discussione del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative premesso che:
   l'articolo 24-sexies del decreto-legge n. 248 del 2007 ha emendato l'articolo 29 della legge n. 56 del 1989 e di conseguenza l'Alta Vigilanza sull'Ordine degli Psicologi è già transitata dal Ministro della Giustizia a quello della Salute;
    tuttavia, l'intervento emendativo ha lasciato invariate tutte le altre norme della stessa legge contenenti espressi riferimenti al Ministero della Giustizia;
    questa mancata armonizzazione di tutti i capi della legge istitutiva, ha creato non pochi problemi di ordine pratico e giuridico. Ad esempio, è consolidato l'orientamento che il Consiglio Nazionale dell'Ordine, organo rappresentativo a livello nazionale della professione, sia sotto la vigilanza del Ministero della salute e, di conseguenza, quest'ultimo sia anche il ministero competente per il riconoscimento dei titoli esteri in materia di psicologo e psicoterapeuta; al contrario, i Consigli territoriali dell'Ordine, aventi numerose funzioni di natura amministrativa e certificativa, risultano ancora sotto la vigilanza del Ministero di Giustizia, in quanto l'espresso riferimento ad esso non è stato emendato dall'intervento citato;
    appare evidente che tale situazione non corrisponda affatto né all'intenzione del legislatore che ha inteso chiaramente trasferire la vigilanza dell'intera professione e di tutti i suoi organi amministrativi al Ministero della salute, tantomeno corrisponde ai ben noti principi di economicità, efficienza ed efficacia dell'azione della pubblica amministrazione, espressione del principio costituzionale di buon andamento,

impegna il Governo

a intervenire con interventi normativi che completino la piena operatività dell'esercizio dell'Alta vigilanza sull'Ordine da parte del Ministro della salute.

9/2803-A/182Pes, Roberta Agostini.


   La Camera,
   premesso che:
    una modifica alla normativa sulla classificazione dei rifiuti – con particolare riferimento alla distinzione fra quelli pericolosi e quelli non pericolosi – è stata inserita nella legge 11 agosto 2014 n. 116, che ha convertito il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (lettera b-bis) del comma 5 dell'articolo 13 del citato decreto-legge n. 91 del 2014 che vanno ad integrare la Premessa, nell'allegato D alla Parte IV del Codice dell'Ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006);
    la legge di conversione n. 116 è in vigore il 21 agosto 2014 ed i 180 giorni per l'applicazione della nuova classificazione scattano il 18 febbraio 2015;
    in sostanza la classificazione dei rifiuti va effettuata dal produttore assegnando ad essi il Codice Cer, prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione, applicando la decisione 2000/532/Ce per cui per i rifiuti caratterizzati da codici CER speculari («a specchio»), uno pericoloso ed uno non pericoloso, al fine di stabilire se il rifiuto è pericoloso o meno debbono essere determinate le proprietà di pericolo che esso possiede; le indagini da svolgere richiedono di individuare i composti presenti nel rifiuto; determinare i pericoli connessi a tali composti ed infine di stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all'analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti;
    ai sensi del comma 5-bis dell'articolo 13 del decreto-legge n. 91 del 2014 le nuove norme sulla classificazione dei rifiuti sopra descritte «si applicano decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».
    il Consiglio Nazionale dei Chimici il 4 agosto 2014 ha evidenziato che la nuova disciplina contiene alcune disposizioni che appaiono più rigide rispetto alle prassi applicative delle norme comunitarie più comunemente praticate in Europa;
    dal 1o giugno 2015 sono previsti ulteriori cambiamenti, perché le norme sui Cer verranno superate con l'applicazione del regolamento 1272/2008/Ce su classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze chimiche ma soprattutto dal Regolamento 1357/2014/UE sulle caratteristiche di pericolo dei rifiuti e della decisione 2014/995/UE recante il nuovo Elenco europeo dei rifiuti (Eer);
    le caratteristiche di pericolo sono state infatti modificate dal Regolamento (DE) n. 1357/2014 della Commissione del 18 dicembre 2014 che sostituisce l'allegato III della direttiva 2008/98/CE con l'allegato al regolamento;
    per quattro mesi (da febbraio a giugno) in sostanza, non essendo stati accolti in Commissione emendamenti tendenti a posporre il termine previsto dal decreto Competitività e visto il testo sul quale il Governo ha poi posto la fiducia, si avrà una normativa transitoria fra il regime previgente e quello previsto dalla disciplina comunitaria; quanto legiferato impone quindi alle imprese un doppio cambio di regime con costi di gestione (adeguamento software gestionali, spese di personale per i nuovi adempimenti, formazione del personale, adeguamento della modulistica, nuove analisi di laboratorio e certificazione di classificazione dei rifiuti ecc.) che non appare proporzionato con il legittimo e necessario obiettivo di un'adeguata tutela dell'ambiente;
    tutela dell'ambiente che in tutti gli altri Stati europei, dove per altro la tracciabilità dei rifiuti non è disciplinata da un sistema con le criticità del SISTRI, è parimenti garantita continuando ad utilizzare gli stessi criteri del CER in uso in Italia prima dell'entrata in vigore dell'articolo 13 del decreto-legge n. 91 del 2014;
    il mancato adeguamento della classificazione dei rifiuti comporta il rischio di pesanti sanzioni penali (fino a due anni di arresto per la non corretta classificazione dei rifiuti...) e rende di fatto «meno competitivo» il sistema produttive sul quale graveranno oneri non sussistenti in altri Paesi;
    è quantomeno necessario prevedere, non modificando il termine del decreto Competitività, almeno che le violazioni per il mancato adeguamento della classificazione dei rifiuti derivante dagli obblighi del decreto-legge n. 91 del 2014 non sia sanzionato,

impegna il Governo

ferma restando la sanzionabilità di ogni altra condotta illecita nella gestione del rifiuti, ad adottare con urgenza gli atti necessari per escludere la punibilità per il mancato adeguamento alla normativa sulla classificazione dei rifiuti prevista dall'articolo 13, comma 5, lettera b-bis del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 91 per fatti commessi fra il 18 febbraio e l'entrata in vigore del «Regolamento UE n. 1357/2014 della Commissione del 18 dicembre 2014 che sostituisce l'allegato III della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive» e della «Decisione della Commissione del 18 dicembre 2014 che modifica la Decisione 200/532/CE relativa all'elenco dei rifiuti relativa alla Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
9/2803-A/183Carrescia, Mariani, Braga, Giovanna Sanna, Realacci, Morani, Manzi, Zanin.


   La Camera,
   premesso che:
    le detrazioni fiscali per carichi di famiglia sono automaticamente estese, insieme a tutte le deduzioni, detrazioni e agevolazioni fiscali previste dal nostro regime, ai lavoratori che producano il 75 per cento del loro reddito in Italia (c.d. contribuenti minimi), quindi soggetti al fisco italiano, anche se residenti in un Paese UE o dello spazio economico europeo;
    l'articolo 7 della legge europea 2013-bis – legge n. 161 del 30 ottobre 2014, volto a sanare una procedura di infrazione (2013/2027) con la quale la Corte di giustizia UE aveva contestato all'Italia la mancata applicazione del medesimo regime fiscale, ha previsto la piena equiparazione solo per i contribuenti residenti nello spazio UE (per i residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicurino un adeguato scambio di informazioni con l'Italia), senza considerare la situazione dei lavoratori presenti al di fuori dei confini dell'Europa;
    l'articolo 7 della legge europea 2013-bis introducendo il comma 3-bis nell'articolo 24 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) estende le agevolazioni fiscali previste per i soggetti residenti in Italia – in termini di deduzioni e detrazioni – ai contribuenti residenti fiscalmente in un altro Stato membro o in un Paese dello Spazio economico europeo, a condizione che producano almeno il 75 per cento del proprio reddito complessivo in Italia e non godano localmente di analoghe agevolazioni fiscali;
    la condizione perché tale norma sia applicata è che il Ministero dell'Economia e delle Finanze adotti un apposito decreto per le disposizioni attuative della citata norma, decreto che ad oggi non risulta ancora adottato;
    negli ultimi otto anni, con apposite norme inserite in leggi finanziarie o in normative di proroga dei termini di applicazione, in osservanza di un elementare principio di parità ed equità tra i contribuenti, le misure di detrazione sono state estese indifferentemente a tutti i lavoratori che producono reddito in Italia e che si trovino in servizio all'estero;
    lo sviluppo dei lavori parlamentari relativi alla conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (C. 2803-A), in particolare per la compressione dei tempi nella discussione degli emendamenti e per l'apposizione del voto di fiducia, non ha consentito l'esame e l'approvazione di una norma di proroga anche per il 2015 della normativa della legge finanziaria del 2007 (da allora sempre rifinanziata e prorogata), concernente le detrazioni fiscali per carichi di famiglia al fine di estendere i suddetti medesimi benefici fiscali e le medesime condizioni anche ai contribuenti di reddito residenti nei Paesi extra-UE,

impegna il Governo:

   a considerare l'opportunità di emanare in tempi brevi il regolamento applicativo previsto dall'articolo 7 della legge europea 2013-bis per rendere applicabili le detrazioni ai lavoratori residenti nello spazio UE;
   a considerare altresì l'esigenza di estendere per ragioni di equità anche ai lavoratori operanti al di fuori dell'Europa in occasione di provvedimenti che siano considerati idonei al recepimento di una tale norma.
9/2803-A/184Fedi, Gianni Farina, Garavini, La Marca, Porta.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 30 marzo 2001, n. 152 «Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale» vengono stabiliti i principi e le norme per la costituzione, il riconoscimento e la valorizzazione degli istituti di patronato e di assistenza sociale quali persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità;
    all'articolo 16 della suddetta legge vengono previsti i casi di commissariamento e scioglimento degli stessi;
    con l'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, al comma 310, lettera e), capoverso c-bis) viene aggiunta l'ipotesi di commissariamento o scioglimento per l'istituto che abbia realizzato per due anni consecutivi attività rilevante ai fini del finanziamento di cui all'articolo 13, comma 7, lettera b) della stessa legge, sia in Italia sia all'estero, in una quota percentuale accertata in via definitiva dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali inferiore all'1,5 per cento del totale;
    le disposizioni di cui sopra trovano applicazione nei confronti degli istituti di patronato riconosciuti in via definitiva e operanti da oltre cinque anni alla data di entrata in vigore della presente disposizione con effetto dall'attività dell'anno 2014, definitivamente accertata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali,

impegna il Governo

a valutare la proroga della succitata disposizione all'anno 2016 e a valutare la possibilità che tale disposizione non si applichi qualora l'istituto di patronato faccia valere una quota di operatori con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, impiegati su base annua dall'istituto stesso, non inferiore all'ottanta per cento degli operatori di cui all'articolo 6, commi 1 e 3, della presente legge, complessivamente impiegati nello stesso anno, o rispetti i criteri di stabilità operativa delle sedi provinciali e zonali, determinati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da emanarsi, in caso di accoglimento del presente ordine del giorno, entro il 30 settembre 2015.
9/2803-A/185Ottobre, Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3, dell'articolo 9 del provvedimento in esame prevede delle modifiche alle disposizioni riguardanti il sistema SISTRI, contenute nell'articolo 11 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 e convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125;
    il sistema denominato SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti), istituito con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009, ai sensi dell'articolo 189, comma 3-bis del decreto legislativo n. 152/2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n.78 del 2009,si prefigge l'obiettivo di informatizzare l'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani;
    è previsto l'obbligo all'iscrizione del sistema SISTRI per alcune categorie di soggetti elencate nell'articolo 1 del Decreto ministeriale 17 dicembre 2009;
    all'articolo 9, comma 3, lettera c) del decreto-legge n. 192/2014 (cosiddetto Milleproroghe), come modificato dalle Commissioni Affari costituzionali e di Bilancio, è stabilito che le sanzioni per mancata iscrizione ed omesso pagamento del contributo annuale al Sistri si applicheranno a decorrere dal 1o aprile 2015;
    dal 1o aprile 2015, gli uffici competenti, ai sensi dell'articolo 260-bis del decreto legislativo n. 152/2006, potranno verificare la presenza delle violazioni da irrogare, a cui corrispondo sanzioni pecuniarie amministrative, che variano dai 15.500 ai 93.000 euro, se si tratta di violazioni relative a rifiuti pericolosi, mentre, nel caso in cui si tratti di rifiuti non pericolosi le sanzioni oscillano dai 2.600 ai 15.500 euro;
    all'articolo 9, comma 3, lettera a) del decreto-legge n. 192/2014 (ed. Milleproroghe) è stabilito che dal 1o gennaio 2016 saranno applicate le sanzioni per mancato utilizzo del sistema SISTRI;
    è inopportuno prevedere due termini diversi relativi all'applicazione delle sanzioni per omesso utilizzo del SISTRI e per quelle relative alla mancata iscrizione o pagamento del contributo annuale al sistema,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle norme richiamate al fine di adottare gli opportuni provvedimenti al fine di prevedere i medesimi termini di applicazione delle sanzioni per omesso utilizzo del SISTRI e per quelle relative alla mancata iscrizione o pagamento del contributo annuale al sistema, fissando entrambi i termini al 1o gennaio 2016.
9/2803-A/186Romele, Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto in esame, all'articolo 8, comma 1 prevede delle modifiche alle norme in materia di noleggio con conducente e regolamentazione dei taxi;
    ai sensi dell'articolo 1 della Legge 15 gennaio 1992, n. 21 si definiscono autoservizi pubblici non di linea quei servizi che provvedono al trasporto collettivo o individuale di persone, con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aeree, e che vengono effettuati, a richiesta dell'utenza, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti volta per volta;
    ai sensi dell'articolo 1, comma 2 della Legge 15 gennaio 1992, n. 21 costituiscono autoservizi pubblici non di linea il servizio taxi e il servizio di noleggio con conducente, entrambi esercitabili con autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale;
    per poter esercitare tale attività, ai sensi dell'articolo 8 della Legge 15 gennaio 1992, n. 21, la licenza per l'esercizio del servizio di taxi e l'autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente sono rilasciate dalle amministrazioni comunali, attraverso bando di pubblico concorso, ai singoli che abbiano la proprietà o la disponibilità in leasing del veicolo o natante, che possono gestirle in forma singola o associata;
    l'esercizio della professione del servizio taxi o del servizio di noleggio con conducente svolta al di fuori dalle normative vigente prevista dalla Legge 15 gennaio 1992, n. 21 ha conosciuto, soprattutto negli ultimi anni, dimensioni inaccettabili;
    con decreto legge 25 marzo 2010, n. 40 convertito con modificazioni, dalla Legge 22 maggio 2010, n.73 sono state adottate importanti misure volte al contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali e, nello specifico, anche per l'esercizio abusivo del servizio taxi;
    all'articolo 2, comma 3 del decreto-legge 25 marzo 2010, n.40 convertito con modificazioni, dalla Legge 22 maggio 2010, n. 73, il Legislatore ha stabilito che ai fini della rideterminazione dei principi fondamentali della disciplina di cui alla Legge 15 gennaio 1992, n.21, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata sono adottate urgenti disposizioni attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia;
    occorre porre un freno ai fenomeni di esercizio abusivo della professione che si registrano da parte di alcuni operatori, che fanno leva su un quadro normativo non molto chiaro,

impegna il Governo:

   ad adottare gli opportuni provvedimenti al fine di riservare l'impiego di strumentazioni tecnologiche per il procacciamento della clientela soltanto ai soggetti che esercitano l'attività di autoservizio pubblico non di linea nel rispetto della Legge 15 gennaio 1992, n. 21, nonché di definire le disposizioni utili per impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e di noleggio con conducente;
   ad adottare le opportune iniziative volte a ridefinire la normativa in materia di autoservizio pubblico non di linea, nel rispetto dei principi comunitari sul libero mercato.
9/2803-A/187Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto in esame, all'articolo 8, comma 1 prevede delle modifiche alle norme in materia di noleggio con conducente e regolamentazione dei taxi;
    ai sensi dell'articolo 1 della Legge 15 gennaio 1992, n. 21 si definiscono autoservizi pubblici non di linea quei servizi che provvedono al trasporto collettivo o individuale di persone, con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali ed aeree, e che vengono effettuati, a richiesta dell'utenza, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti volta per volta;
    ai sensi dell'articolo 1, comma 2 della Legge 15 gennaio 1992, n. 21 costituiscono autoservizi pubblici non di linea il servizio taxi e il servizio di noleggio con conducente, entrambi esercitabili con autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale;
    per poter esercitare tale attività, ai sensi dell'articolo 8 della Legge 15 gennaio 1992, n. 21, la licenza per l'esercizio del servizio di taxi e l'autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente sono rilasciate dalle amministrazioni comunali, attraverso bando di pubblico concorso, ai singoli che abbiano la proprietà o la disponibilità in leasing del veicolo o natante, che possono gestirle in forma singola o associata;
    l'esercizio della professione del servizio taxi o del servizio di noleggio con conducente svolta al di fuori dalle normative vigente prevista dalla Legge 15 gennaio 1992, n. 21 ha conosciuto, soprattutto negli ultimi anni, dimensioni inaccettabili;
    con decreto legge 25 marzo 2010, n. 40 convertito con modificazioni, dalla Legge 22 maggio 2010, n.73 sono state adottate importanti misure volte al contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali e, nello specifico, anche per l'esercizio abusivo del servizio taxi;
    all'articolo 2, comma 3 del decreto-legge 25 marzo 2010, n.40 convertito con modificazioni, dalla Legge 22 maggio 2010, n. 73, il Legislatore ha stabilito che ai fini della rideterminazione dei principi fondamentali della disciplina di cui alla Legge 15 gennaio 1992, n.21, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata sono adottate urgenti disposizioni attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia;
    occorre porre un freno ai fenomeni di esercizio abusivo della professione che si registrano da parte di alcuni operatori, che fanno leva su un quadro normativo non molto chiaro,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a ridefinire la normativa in materia di autoservizio pubblico non di linea, nel rispetto dei principi comunitari sul libero mercato.
9/2803-A/187. (Testo modificato nel corso della seduta) Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 6, del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, al fine di assicurare la prosecuzione del concorso delle Forze armate nel controllo del territorio proroga, limitatamente al primo trimestre 2015, l'operatività del piano di impiego operativo di un contingente massimo di 3.000 unità di personale militare di personale militare appartenente alle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia;
    tale contingente è altresì posto a disposizione dei Prefetti delle province della regione Campania, nell'ambito delle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio, finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale; il piano, originariamente previsto dal comma 1 dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 92 del 2008 è stato da ultimo prorogato fino al 31 dicembre 2014 dal comma 264 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013;
    in particolare la legge di stabilità 2015 prevedeva uno stanziamento finanziario di 10 milioni di euro da destinare alla prosecuzione del concorso delle forze armate delle province della Regione Campania, in particolare di Napoli e Caserta, oltre che per la Terra dei fuochi, anche per le operazioni di sicurezza e di controllo del territorio, finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata;
    il comma non chiarisce il numero complessivo del personale militare e delle forze di polizia impiegato per le finalità di sicurezza e di controllo del territorio comprese quelle finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale, né specifica il contingente utilizzato in Campania; in relazione a tale previsione, il Viminale ha però precisato che sarà aumentato non solo il numero dei militari impiegati per le esigenze legate alla terra dei fuochi (raddoppiati da 100 a 200), ma anche quello dei militari che saranno inviati a Caserta e a Napoli;
    è comunque inaccettabile che un'operazione così delicata e importante sia affidata a proroghe «emergenziali», senza alcun tipo di previsione di intervento più strutturale e continuo, e, soprattutto, senza la previsione di un contingente militare pari almeno a 300 unità, come richiesto dagli stessi operatori che presidiano la zona,

impegna il Governo:

   a prevedere gli opportuni provvedimenti per stabilizzare all'interno dell'operazione volta al concorso delle forze armate per la sicurezza e il controllo della terra dei fuochi, almeno 300 unità di personale;
   ad adottare le opportune iniziative per convertire le operazioni di sicurezza e di controllo del territorio della Campania finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale, in un intervento di tipo strutturale, della durata di almeno 24 mesi.
9/2803-A/188Russo, Carfagna.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 «al fine di garantire il rispetto dei tempi di pagamento, le amministrazioni pubbliche, esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale che registrino tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015 non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione;
    alla luce anche della normativa sulla fatturazione elettronica, entrata in vigore nel 2015, e della normativa sul pareggio di bilancio per le regioni anch'essa in vigore dal 2015 i cui effetti si potranno verificare solo a decorrere dal 2016, con conseguente riduzione dei tempi di pagamento, sarebbe opportuno rinviare l'efficacia della norma;
    l'esistenza di un ritardo rispetto ai tempi medi di pagamento è sicuramente dovuta all'esigenza di rispettare i vincoli del patto di stabilità interno, la cui violazione prevede, tra le altre, proprio l'impossibilità di effettuare assunzioni. Inoltre la disposizione non considera la condizione degli Enti che hanno accumulato ritardi nei tempi medi dei pagamenti in conseguenza del ritardi nella erogazione di importi dovuti da altre amministrazioni;
    posto che l'entrata in vigore del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 decorre dalla fine del mese di aprile 2014, per cui crea, di fatto, un effetto retroattivo della norma,

impegna il Governo

a differire di un anno il termine di applicazione del citato articolo.
9/2803-A/189Antezza, Folino, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 41, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 «al fine di garantire il rispetto dei tempi di pagamento, le amministrazioni pubbliche, esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale che registrino tempi medi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015 non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione;
    alla luce anche della normativa sulla fatturazione elettronica, entrata in vigore nel 2015, e della normativa sul pareggio di bilancio per le regioni anch'essa in vigore dal 2015 i cui effetti si potranno verificare solo a decorrere dal 2016, con conseguente riduzione dei tempi di pagamento, sarebbe opportuno rinviare l'efficacia della norma;
    l'esistenza di un ritardo rispetto ai tempi medi di pagamento è sicuramente dovuta all'esigenza di rispettare i vincoli del patto di stabilità interno, la cui violazione prevede, tra le altre, proprio l'impossibilità di effettuare assunzioni. Inoltre la disposizione non considera la condizione degli Enti che hanno accumulato ritardi nei tempi medi dei pagamenti in conseguenza del ritardi nella erogazione di importi dovuti da altre amministrazioni;
    posto che l'entrata in vigore del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 decorre dalla fine del mese di aprile 2014, per cui crea, di fatto, un effetto retroattivo della norma,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di differire di un anno il termine di applicazione del citato articolo.
9/2803-A/189. (Testo modificato nel corso della seduta) Antezza, Folino, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 4-quater, del decreto-legge n. 192 del 2014 in conversione introduce una moratoria nella applicazione dell'articolo 12 della legge 475/1968, che in particolare riguarda il trasferimento della titolarità delle farmacie, in deroga alla normale autorizzazione da concedere a seguito di espletamento del concorso pubblico per periodicamente viene indetto per assegnare le sedi resesi vacanti;
    la norma predetta, non si applica alle sedi oggetto del concorso straordinario indetto ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge n. 1 del 2012;
    tuttavia per le attuali farmacie una interpretazione ampia del comma 4-bis potrebbe produrre nel campo di un servizio dato in concessione, un fenomeno di compravendita delle autorizzazioni con conseguente mutamento della natura pubblica del servizio;
    si rende pertanto necessario, anche in via interpretativa, limitare ad un solo requisito fra quelli previsti dall'articolo 12 delle legge n. 475 del 1968 predetta, la deroga per il biennio 2015/2018 ai fini della trasferibilità della titolarità delle farmacie,

impegna il Governo

ad individuare anche in via amministrativa un solo requisito fra quelli previsti dall'articolo 12 predetto, per quale sia possibile la deroga ai fini del trasferimento della titolarità della farmacie nel prossimo biennio.
9/2803-A/190Miotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento a nostro esame, cosiddetto mille proroghe, all'articolo 1 comma 12-bis, dispone che le Regioni possano procedere alla proroga di tutti i contratti a tempo determinato fino alla conclusione delle relative procedure di stabilizzazione fermi restando i vincoli alla riduzione della spesa per il personale previsti dalla legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 557 della legge n. 296 del 2006);
    con il riordino delle province e le difficoltà in cui versano da tempo, nel corso dell'anno non tutte sono riuscite a rispettare il patto di stabilità;
    il riordino dei centri per l'impiego, che si basano fondamentalmente sui precari a tempo determinato che sono stati prorogati con gli ultimi provvedimenti, rischiano di essere licenziati;
    al fine di non far venir meno il servizio dei centri per l'impiego e in attesa di un suo riordino complessivo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, anche attraverso atti normativi, di non applicare alle province che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno, le sanzioni che riguardano la possibilità di mantenere in essere i contratti a tempo determinato.
9/2803-A/191Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame interviene sulla privatizzazione della Croce rossa italiana, prorogano ulteriormente il termine per gli adempimenti che dovrebbero determinare la definitiva cessazione della natura pubblicistica dell'ente;
    i continui rinvii cui si sta assistendo in merito all'iter di privatizzazione della Croce rossa dimostrano la fragilità della intera operazione;
    una delle principali criticità nella privatizzazione della CRI è rappresentata dal destino del corpo militare ausiliario in servizio presso lo stesso, i cui componenti rischiano di trovarsi – alla fine del periodo di mobilità – senza alcuna prospettiva di reimpiego,

impegna il Governo

a valutare l'istituzione di un ruolo ad esaurimento del personale militare ausiliario attualmente in servizio presso la Croce rossa italiana.
9/2803-A/192Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame interviene sulla privatizzazione della Croce rossa italiana, prorogano ulteriormente il termine per gli adempimenti che dovrebbero determinare la definitiva cessazione della natura pubblicistica dell'ente;
    i continui rinvii cui si sta assistendo in merito all'iter di privatizzazione della Croce rossa dimostrano la fragilità della intera operazione;
    una delle principali criticità nella privatizzazione della CRI è rappresentata dal destino del corpo militare ausiliario in servizio presso lo stesso, i cui componenti rischiano di trovarsi – alla fine del periodo di mobilità – senza alcuna prospettiva di reimpiego,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di realizzare l'istituzione di un ruolo ad esaurimento del personale militare ausiliario attualmente in servizio presso la Croce rossa italiana.
9/2803-A/192. (Testo modificato nel corso della seduta) Rampelli.


INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti in ordine agli emolumenti percepiti dal presidente e amministratore delegato della società Anas, Pietro Ciucci, e intendimenti in merito alla governance della medesima società – 2-00817

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il dottor Pietro Ciucci ha ricoperto il ruolo di presidente e direttore generale dell'Anas spa a partire dall'agosto 2006 fino al 1o settembre 2013;
   nel 2011 viene altresì nominato amministratore unico con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
   per tali incarichi avrebbe percepito le relative remunerazioni;
   dopo aver raggiunto l'età pensionabile lo stesso il 1o settembre 2013 è andato in quiescenza ovviamente percependo la relativa pensione;
   si noti bene che tale scelta coincide con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 39 del 2013 concernente il divieto di cumulo di cariche;
   attualmente il dottor Ciucci è: presidente, amministratore unico e svolge funzioni di direttore generale;
   in base al decreto ministeriale 24 dicembre 2013, n. 166, dal 1o aprile 2013 è previsto un tetto per l'amministratore delegato di 311.658 euro e un tetto per il ruolo di presidente di 93.497,56 euro. Una nota precisa che il consiglio d'amministrazione di Anas del 2013 ha stabilito per il presidente-amministratore delegato un compenso di 301 mila euro;
   dai media si è appreso che nel 2012 Ciucci, in qualità di amministratore unico, avrebbe guadagnato 750 mila euro, di cui 500 mila euro di retribuzione fissa e 250 mila euro di retribuzione variabile;
   l'importo che lo stesso ha successivamente ridotto dandone ampia e dettagliata comunicazione ai media attraverso varie interviste, sottacendo completamente la parte relativa al suo trattamento previdenziale, tra l'altro pagato con i contributi versati dall'Anas stessa;
   il dottor Pietro Ciucci ed i 3 condirettori generali, avvocato Leopoldo Conforti, ingegnere Alfredo Bajo e dottor Stefano Granati ed altri dirigenti, sono stati coinvolti nel 2013 nel giudizio, attualmente pendente presso la Corte dei Conti, per risarcimento di un danno erariale, di circa 38 milioni di euro per aver stipulato un accordo economico con relativo riconoscimento di circa 47 milioni di euro, con la società Comeri (Astaldi), contraente di un lotto di lavori sulla strada statale 106 Jonica in Calabria;
   la stessa procura regionale ha affermato che dai comportamenti di Anas è derivato un danno alle finanze pubbliche, sotto forma di riconoscimento al contraente generale Comeri di importi non dovuti;
   Anas spa, nel rispetto della direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze, ha introdotto nel proprio statuto i nuovi criteri e i requisiti di onorabilità degli amministratori pubblici;
   infatti gli amministratori, che nel corso del mandato avessero ricevuto la notifica di un decreto che dispone il giudizio o di una sentenza di condanna definitiva che accerti la commissione dolosa di un danno erariale, avrebbero dovuto darne immediata comunicazione all'organo di amministrazione, che poi avrebbe deliberato sulla permanenza in carica dell'amministratore incriminato;
   l'attenzione del pubblico italiano verso questioni del genere non è stata mai così alta in tempi di profonda crisi e di tasse che si abbattono con una ferocia tipica da periodo di austerity e rigore; gli italiani sono stufi di apprendere come, a dispetto delle varie promesse di frenare la spesa pubblica, i manager pubblici rimangono in qualche modo intoccabili;
   anche dall'estero arrivano notizie preoccupanti sull'operato dei vertici dell'Anas spa che opera tramite la società Anas International Enterprise spa con presidente il dottor Ciucci ed amministratore delegato Alfredo Bajo, la quale gestisce importanti opere infrastrutturali in vari Paesi esteri;
   sotto il periodo di comando del dottor Ciucci l'organigramma di Anas spa si è arricchito di una moltitudine di direttori centrali che hanno causato un ingolfamento dell'azienda, resa difatti una creatura monolitica, e un contestuale aumento dei costi;
   non sono note, inoltre, le modalità utilizzate per la scelta dei funzionari e dei dirigenti e la determinazione delle loro retribuzioni;
   sarebbe buona politica attuare una giusta alternanza nei vertici delle aziende a partecipazione pubblica, specialmente in quelle che rivestono un ruolo strategico, sia nazionali che internazionali, con incisivi e delicati impatti sul tessuto economico per l'indotto generato dalla propria attività istituzionale;
   c’è il rischio concreto che, una volta ripreso il processo sospeso a seguito dei ricorsi presentati dagli stessi, la legge (legge n. 266 del 2005, ovvero legge finanziaria per il 2006, commi da 231 a 233 dell'articolo 1 e successive modificazioni) consentirebbe agli imputati di chiudere il giudizio di responsabilità in appello pagando una somma che va da un minimo del 10 per cento ad un massimo del 20 per cento dell'eventuale danno quantificato in primo grado;
   in questo caso, essi potrebbero essere costretti a pagare solo una somma che si aggira intorno agli 8 milioni di euro (per un danno alla collettività di 38 milioni di euro) continuando, per giunta, a mantenere i loro incarichi come, di fatto è già avvenuto in altri casi –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di questi fatti;
   se in passato per tali incarichi il dottor Ciucci abbia percepito remunerazioni diverse;
   se il dottor Ciucci al momento del pensionamento abbia ricevuto una liquidazione, se questa gli fosse dovuta e quale sia l'importo della medesima;
   se siano stati corrisposti al dottor Ciucci ulteriori emolumenti e, in tal caso, di quale importo e a quale titolo;
   se si intenda accertare come abbia agito l'organo preposto al controllo e alla sorveglianza di Anas spa e se lo stesso abbia ricevuto comunicazione del giudizio che coinvolge il dottor Ciucci e gli altri condirettori per danno erariale;
   se non ravvisino, dunque, gli estremi per valutare la necessità di un ricambio della governance stante il lungo permanere della stessa.
(2-00817) «Agostinelli, Ferraresi, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti, Turco, Basilio, Paolo Bernini, Cecconi, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo, Alberti, Barbanti, Baroni, Brescia, Brugnerotto, Busto, Cancelleri, Cariello, Caso, Castelli, Colonnese, Crippa, Da Villa, Daga, Dall'Osso, De Rosa».


Chiarimenti in merito alla regolarità delle operazioni di disattivazione e ripristino degli apparecchi videoterminali recentemente effettuate dalla società concessionaria Sisal Entertainment spa – 2-00819

B)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la recente legge di stabilità per l'anno 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha disposto un ulteriore versamento da parte dei concessionari di giochi pubblici (delle sole slot machine, vlt-videolotterie e awp) nella misura complessiva di 500.000.000 euro, entro i mesi di aprile ed ottobre 2015, da suddividersi tra i 13 concessionari in proporzione al numero di videolotterie e awp ad essi riferibili, alla data del 31 dicembre 2014;
   il conteggio delle apparecchiature riferite a ciascun concessionario ed il calcolo della relativa imposta (pro quota) è stato demandato ad un successivo decreto a cura dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato da pubblicarsi entro il 15 gennaio 2015;
   il decreto, che è stato puntualmente pubblicato entro la data prevista, conteggia, in riferimento al concessionario Sisal entertainment, 3846 videolotterie a carico di quest'ultima, contro un totale di videolotterie possedute pari a 5600;
   risulta, altresì, che Sisal entertainment abbia provveduto alla «dismissione» di ben 1800 videolotterie in data 29 dicembre 2014 (due giorni prima del conteggio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato) e che in questi giorni sia in corso una febbrile attività di ripristino delle 1800 videolotterie temporaneamente «dismesse»;
   Sisal entertainment ha ridotto temporaneamente la propria quota di mercato (giusto i due o tre giorni prima e dopo il conteggio del 31 dicembre 2014), traendo un vantaggio economico di almeno 2,5 milioni di euro;
   è possibile che Sisal, agendo secondo l'interpellante in contrasto con i principi di buona fede e correttezza, indispensabili per la qualifica di concessionario di rete di gioco pubblico, possa trarre un vantaggio economico nei confronti di tutti gli altri 12 concessionari che non hanno dismesso le videolotterie e che pertanto hanno avuto un conteggio «sfavorevole» (non variando la cifra totale dell'imposta, pari a 500.000.000 euro);
   inoltre, sembrerebbe che Sisal abbia danneggiato dolosamente l'erario, privandolo della raccolta delle imposte per tutti i giorni intercorrenti tra la disattivazione e la riattivazione delle videolotterie, al solo fine di ridurre la propria quota di spettanza della tassa stabilita dalla legge di stabilità 2015;
   l'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato avrebbe certamente notato gli strani movimenti delle videolotterie di Sisal (-1800 prima del conteggio, +1800 già in questi giorni), essendo essa stessa coinvolta in maniera attiva in ogni passaggio di movimentazione delle videolotterie –:
   se l'operato di Sisal rientri in quelli previsti dalla fattispecie legislativa, ovvero se al contrario sia assolutamente proibito sospendere con le discutibili modalità descritte in premessa la raccolta;
   se la sospensione ingiustificata da parte di un concessionario di rete della raccolta di gioco e della raccolta delle relative imposte nelle forme descritte in premessa possa essere motivo di revoca immediata della concessione;
   se non sia opportuno, altresì, verificare la correttezza dell'operato dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato, la quale deve necessariamente e tecnicamente collaborare con il concessionario per autorizzare le procedure di dismissione e di riattivazione;
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda adottare per evitare il verificarsi di altri situazioni simili, dal momento che il settore dei giochi pubblici è stato a lungo oggetto delle attenzioni della magistratura e che ai concessionari di tali giochi fu già comminata una delle più grandi sanzioni della storia repubblicana italiana, in concorso con esponenti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato.
(2-00819) «Rabino».


Chiarimenti in merito alle prospettive produttive ed occupazionali della società Wind e iniziative nel settore delle reti di telefonia mobile e fissa – 2-00814

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nel 2005, la società egiziana Orascom, di proprietà del magnate egiziano Naguib Sawiris, comprava la quota di maggioranza della Wind Telecomunicazioni da ENEL, operazione sulla quale, a seguito di un'interrogazione dell'Italia dei Valori e un'inchiesta di Report, si aprirono indagini giudiziarie;
   nel 2010, durante la successiva vendita al gruppo russo VimpelCom, il settore di Wind che si occupava di traffico telefonico internazionale veniva «spacchettato», diventando società a sé (WIS, Wind International Services Spa), e rimanendo ancora sotto controllo dell'egiziano Sawiris, con una commessa coprente oltre il 50 per cento del suo fatturato; commessa recentemente rescissa dalla Wind con immaginabili conseguenze sul perimetro occupazionale della stessa WIS, che conta oggi su circa 100 addetti;
   il 10 ottobre 2012, presso il Ministero dello sviluppo economico, veniva sottoscritto un protocollo fra la società Wind Telecomunicazione spa e le segreterie nazionali di SLC-CGIL, FISTel-CISL e UILCOM-UIL; tale accordo, volto a evitare l'annunciata esternalizzazione delle attività di gestione e manutenzione della rete da parte della dirigenza, prevedeva la novazione di alcuni istituti contrattuali e dei trattamenti economici e normativi dei dipendenti. La riduzione del costo del lavoro comportò l'accettazione da parte dei lavoratori dell'azienda di numerosi tagli, fra i quali la quasi completa eliminazione del premio di risultato;
   nemmeno due anni dopo, comunque, l'azienda annunciava la volontà di licenziare cinquecento lavoratori; veniva perciò stipulato, il 29 luglio 2014, un nuovo protocollo, il quale attivava l'istituto del contratto di solidarietà, con conseguente nuova riduzione salariale per i 6.061 dipendenti interessati dall'istituto;
   nonostante questo l'azienda ha deciso negli ultimi mesi di mettere sul mercato le proprie strutture di comunicazione, le cosiddette «torri»; parallelamente, l'azienda ha iniziato nelle ultime settimane colloqui fra i suoi dipendenti, finalizzati a reperire personale per una nuova società, «Galata», nella quale verranno conferiti parte dei tralicci oggi di proprietà Wind;
   tale operazione riguarderà circa cento persone e sarà su esclusiva base di adesione volontaria; i settori di reperimento del personale saranno, prevalentemente, quello di «real estate» e «network operation», i due settori maggiormente impattati per professionalità e competenze richieste. Le persone che dovessero accettare il trasferimento saranno oggetto di una cessione individuale di contratto che verrà siglata, oltre che dal lavoratore, da Wind (in qualità di società cedente) e dalla neo costituita Galata (società accipiente); con il rischio che, con il Jobs Act governativo, i lavoratori interessati all'operazione diventino di fatto neoassunti, perdendo ogni diritto acquisito, soprattutto per ciò che concerne il licenziamento senza il massimo indennizzabile;
   nella nuova società verranno conferite circa 6.000 «torri» delle attuali 13.000; secondo i piani aziendali entro gennaio 2013 verrà costituita la nuova società, Galata, verso la quale verranno conferiti gli asset ed i lavoratori. L'azienda sarà inizialmente controllata interamente da Wind; entro il mese di marzo dovrebbe concludersi l'operazione di vendita ad un soggetto terzo del 90 per cento delle quote di Galata, con Wind che rimarrebbe nel pacchetto azionario con il 10 per cento. I soggetti che stanno partecipando alla gara per l'acquisto sono quattro: EI Towers, American Towers, Abertis Telecom (una società del gruppo Abertis focalizzata proprio nel mercato infrastrutturale del mondo Telco) ed una Joint venture fra il fondo italiano specializzato in investimenti infrastrutturali F2I e quello americano Providence. Si tratta di quattro soggetti «industriali» che, a vario titolo, sono già presenti nel mercato delle infrastrutture di rete a testimonianza, secondo i responsabili Wind, del respiro «industriale» dell'operazione. Da un punto di vista operativo Galata sarà legata, nella fase di start up, a Wind da un rapporto di «service» nella gestione dei siti;
   tutto questo, che a giudizio degli interpellanti è un palese tentativo di aggirare gli accordi del 2012 e del 2014, garanti del perimetro occupazionale, si aggiungono una serie di ristrutturazioni che andranno a coinvolgere i call center di Ivrea e Palermo i quali previa riqualificazione dei dipendenti, verranno presumibilmente ceduti;
   la controllante russa, VimpelCom, a causa del tracollo del rublo, e della perdita di circa il 75 per cento dei valori di borsa, oggi capitalizza la metà di quello che è il debito verso le banche della stessa Wind, rendendo palese il rischio di bancarotta del gruppo;
   nonostante le rassicurazioni date nei recenti incontri di queste settimane con i sindacati, forte è il timore che sia in corso una fase di dismissione e di ricerca di denaro per ottemperare agli enormi debiti dell'azienda, che si aggirano intorno ai 9 miliardi di euro; debiti che vanno a vanificare completamente il notevole cash flow che Wind genera comunque grazie a un continuo aumento dei clienti e a una sostanziale tenuta del fatturato, anche in questi tempi di crisi;
   la concorrenza, Telecom, Vodafone e Fastweb in primis, sta investendo ingenti cifre nelle nuove tecnologie LTE e fibra ottica, a differenza di Wind, la quale non pare agli interpellanti abbia la volontà o capacità di fare investimenti di sviluppo tecnologico e di rete –:
   se il Governo intenda convocare un tavolo di incontro con i vertici Wind e tutte le rappresentanze sindacali dell'azienda al fine di chiarire le reali intenzioni della dirigenza sul futuro dell'azienda, e le ragioni del blocco degli investimenti in nuove tecnologie (LTE e fibra ottica);
   se il Governo non ritenga che con l'ultima operazione descritta non si sia di fatto venuti meno all'accordo del 2012, del quale il Ministero stesso, dopo una lunga vertenza, si era reso garante;
   come intenda il Governo tutelare i dipendenti genitori di minori i quali, in particolar modo nella sede di Ivrea, verranno destinati a compiti di gestione rete h24;
    se il Governo non intenda a breve creare una grande società a controllo pubblico che gestisca le reti di telefonia mobile e fissa (anche in fibra) nella quale aggregare i vari soggetti di telecomunicazioni a salvaguardia di continue dismissioni e «spezzatini» o appalti nel settore e al fine di evitare il proliferare di antenne e scavi per ogni singolo operatore;
    se il Governo intenda valutare la possibilità di nazionalizzare la società tramite Cassa depositi e prestiti, considerato che l'azienda nonostante l'ingente debito, è estremamente competitiva, essendo già molto snella di personale e con un fatturato annuale di 1,5 miliardi di euro;
    se non si intenda verificare attraverso gli organismi competenti che non vi siano elusioni finanziarie dell'azienda anche in relazione alla sede olandese della società di controllo.
(2-00814) «Cimbro, Arlotti, Carra, Ciracì, Iacono, Preziosi, Prina, Romanini, Valiante, Sottanelli, Schirò, Zappulla, Melilla, Daniele Farina, Piras, Ricciatti, Francesco Sanna, Rabino, Molea, Franco Cassano, Vaccaro, Laforgia, Patriarca, Rampi, Raciti, Porta, Giuditta Pini, Pastorino, Cardinale, Ascani, Pollastrini, Becattini, Giulietti, Miccoli, Carloni, Piazzoni, Giovanna Sanna».


Iniziative volte a salvaguardare i livelli produttivi e occupazionali dello stabilimento della Perugina di San Sisto, nel comune di Perugia – 2-00836; 2-00841

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   lo stabilimento Perugina Nestlè con sede in Perugia rappresenta una delle più grandi industrie del capoluogo umbro oltre che un'azienda «storica» della città di Perugia (la «città del Bacio e del cioccolato») così come le Acciaierie speciali Terni lo sono per la città di Terni (la «città dell'acciaio»); lo stabilimento della Perugina occupa circa 1.000 dipendenti;
   come si apprende dalla stampa on-line (www.umbria24.it del 2 febbraio 2015), «Quello che prima era un timore si trasforma in vero allarme rosso. La situazione allo stabilimento di San Sisto della Nestlè-Perugina viene definita »drammaticamente pesante» dopo che la rappresentanza sindacale unitaria è stata informata che le previsioni per l'anno 2015 dei volumi produttivi saranno ulteriormente in calo rispetto all'anno precedente e, per la prima volta nella storia della fabbrica, si assesteranno ben al di sotto delle 25 mila tonnellate. La fabbrica, dunque, «subirà un forte calo di lavoro». «Malgrado i tanti impegni presi dall'azienda – spiega la Rsu – con la sottoscrizione del Contratto di solidarietà in termini di mantenimento dei volumi e delle produzioni, la realtà dei fatti ci dice invece che i volumi continueranno a diminuire e che questo comporterà ancora meno ore di lavoro per i lavoratori. Come se non bastasse da voci di corridoio si sussurra che nelle prossime settimane assisteremo allo smantellamento di qualche impianto “storico” della fabbrica, con il rischio certificato di eliminare qualsiasi tentativo di rilancio per i prodotti ad esso legati»;
   il presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, ha già convocato il responsabile delle relazioni industriali di Nestlè Italia, Gianluigi Toja, per avere un chiarimento;
   invero già da alcuni anni i dipendenti della Perugina di San Sisto di Perugia, visto l'andamento della produzione e l'inerzia della dirigenza dell'azienda, hanno denunciato il rischio di un progressivo smantellamento e perdita di volumi della produzione dello stabilimento;
   a parere degli interpellanti, se è pur vero che anche la Perugina soffre della negativa congiuntura economica, è altrettanto vero che il decremento della produzione in termini di quantità prodotte, i mancati investimenti in nuovi prodotti, in tecnologie e linee di produzioni unitamente alla riduzione della loro varietà, la dismissione di produzioni perché considerate troppo costose o fuori mercato, il disinvestimento di marchi «storici» con la produzione dei noti cioccolatini «Baci» destinati al mercato francese senza lo storico marchio «Perugina» e senza qualsiasi riferimento allo stabilimento di Perugia (come già denunciato già nell'interrogazione n. 4-01801 rimasta priva di risposta), una politica aziendale «timida» e il ricorso «fisiologico» alla cassa integrazione e ai contratti di solidarietà come strumento per sopperire al calo della produzione, rappresentano le cause della crisi dello stabilimento perugino;
   a tutt'oggi la dirigenza non ha fornito alcuna risposta concreta in termini di investimenti o rilancio dell'attività e rimane forte la preoccupazione tra i lavoratori per il proprio futuro occupazionale;
   vi è il concreto pericolo che la multinazionale Nestlè, proprietaria dello stabilimento di San Sisto, possa «ridimensionare» o «delocalizzare» l'attività produttiva con immaginabili ricadute economiche e sociali in termini occupazionali in un territorio quale quello umbro già marcatamente colpito dalle crisi in atto;
   è necessario un intervento del Governo nazionale che si ponga come interlocutore forte nei confronti della multinazionale svizzera affinché faccia chiarezza sulle intenzioni della dirigenza e scongiuri il temuto ridimensionamento dello stabilimento di San Sisto con l'effetto di pesanti ricadute in termini di costi sulla collettività –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza della situazione descritta e se conoscano quali siano le effettive intenzioni della dirigenza della Nestlè in merito al futuro dello stabilimento della Perugina con sede in Perugia;
   se non ritengano opportuno convocare le rappresentanze tutte dei lavoratori, l'azienda e le istituzioni locali e regionali ed aprire un tavolo di confronto a livello nazionale finalizzato alla individuazione e condivisione delle linee guida di un piano industriale che abbia come obiettivi prioritari la salvaguardia dei livelli occupazionali e il potenziamento produttivo dello stabilimento perugino con idonei investimenti, così da scongiurare l'ipotesi del temuto ridimensionamento o peggio ancora della «delocalizzazione» della produzione.
(2-00836) «Ciprini, Gallinella, Tripiedi, Cominardi, Chimienti, Lombardi, Dall'Osso, Da Villa, Crippa, Della Valle, Fantinati, Lupo, Vallascas, L'Abbate, Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Parentela, Vignaroli, Battelli, Luigi Di Maio, Fico, Fraccaro, Nesci, Petraroli, Dell'Orco, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Carinelli, Liuzzi».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   la Nestlè-Perugina è un'azienda che rappresenta la storia industriale della città di Perugia e dell'Umbria e una delle realtà imprenditoriali più significative per la regione, nonché un punto di riferimento per l'occupazione e l'intera economia del territorio;
   Perugina è un marchio storico dei prodotti dolciari italiani: l'azienda alimentare, specializzata nel settore della produzione di cioccolato e nella produzione e vendita di prodotti dolciari, venne fondata a Perugia il 30 novembre 1907 da Francesco Buitoni, Annibale Spagnoli, Leone Ascoli e Francesco Andreani che costituirono la «Società Perugina per la fabbricazione dei confetti». Successivamente, arrivarono i prodotti da raccolta e dall'iniziale laboratorio artigianale si passò, nel 1913, al primo stabilimento situato alla periferia della città;
   la ripresa post-bellica dei consumi seguita dal boom economico accentuò l'idea di trasformare il cioccolato da prodotto da regalo in un vero e proprio prodotto alimentare; tra il 1953 ed il 1962 la produzione nazionale duplicò e quella di Perugina quintuplicò, rendendo inadeguato il vecchio stabilimento. Nel 1963 iniziò l'attività produttiva dell'attuale stabilimento di San Sisto (Perugia);
   la crisi petrolifera del 1973, l'inflazione, il peso degli oneri finanziari incisero sull'evoluzione societaria: alla Ibp (Industrie Buitoni Perugina), una sorta di holding familiare con un peso preponderante della famiglia Buitoni, successe la CIR di Carlo De Benedetti (1985) con l'obiettivo di creare una global corporation alimentare. Il mondo politico ed industriale ostacolò l'inglobamento della Sme, società che accorpava le partecipazioni pubbliche in campo alimentare, ed impedì al progetto di decollare. Di fronte alla prospettiva di ripiegare su mercati di nicchia, l'industriale preferì nel 1988 cedere la proprietà del gruppo alla Nestlè;
   oggi Perugina costituisce la divisione dolciari della Nestlè italiana e nello stabilimento di San Sisto si producono importanti marchi quali Baci, Perugina, Nero Perugina, Latte Perugina, Ore Liete, Rossana e Galak esportati in 55 Paesi con circa 300 milioni di pezzi venduti ogni anno;
   attualmente lo stabilimento della Perugina Nestlè di San Sisto impiega circa mille dipendenti (di cui 860 nei livelli produttivi) che dal 1o settembre 2014 sono in contratto di solidarietà della durata di ventiquattro mesi;
   questo contratto di solidarietà è stato ottenuto dai dipendenti dopo un lungo confronto della dirigenza Nestlè con Confindustria ed i sindacati, a seguito dell'annuncio dell'azienda di volere la cassa integrazione per 867 unità dello stabilimento dolciario di San Sisto, a causa della forte contrazione dei consumi dovuta all'attuale crisi economica, con conseguente riduzione dei volumi produttivi e delle commesse;
   nello specifico, l'accordo sottoscritto prevede l'apertura del contratto di solidarietà per tutto l'anno per i profili intermedi, impiegati e quadri, con un impiego mensile medio del 25 per cento con un tetto massimo individuale mensile del 50 per cento. Per gli altri profili l'attuazione del contratto di solidarietà è demandato alla stipula del calendario di lavoro che, come tutti gli anni, dovrà circoscrivere il periodo di curva bassa dello stabilimento; anche per questi, nei mesi in cui sarà attuato il contratto di solidarietà, vige il tetto massimo individuale del 50 per cento;
   nei mesi scorsi le rappresentanze sindacali unitarie hanno denunciato agli organi di informazione il preoccupante calo della produzione, la dismissione di produzioni perché considerate troppo costose e fuori mercato, la perdita di commesse, i mancati investimenti in nuovi prodotti e tecnologie, la mancata assunzione di lavoratori stagionali anche nei periodi di picco dell'attività produttiva, il ricorso da parte dell'azienda agli ammortizzatori sociali e ai contratti di solidarietà per sopperire al calo della produzione;
   da notizie apparse sulla stampa si apprende che i sindacati definiscono la situazione allo stabilimento di San Sisto della Perugina Nestlè «drammaticamente pesante» e la rappresentanza sindacale unitaria annuncia in una nota di essere stata informata che le previsioni per il 2015 dei volumi produttivi saranno ulteriormente in calo rispetto all'anno precedente e, «per la prima volta nella storia della fabbrica, si assesteranno ben al di sotto delle 25.000 tonnellate». Per il sindacato l'azienda subirà un «forte calo di lavoro», sommato alle «varie perdite avute negli ultimi anni». «Malgrado i tanti impegni presi dall'azienda con la sottoscrizione del contratto di solidarietà – sottolinea la Rsu –, in termini di mantenimento dei volumi e delle produzioni, la realtà dei fatti dice invece che i volumi continueranno a diminuire e che questo comporterà ancora meno ore di lavoro per i lavoratori». La rappresentanza sindacale ribadisce con forza che «esistono tutte le condizioni per un rilancio della Perugina e dei suoi marchi, quello che però manca è l'impegno concreto da parte di Nestlè»;
   rimane forte la preoccupazione tra i lavoratori per il proprio futuro occupazionale, dovuta soprattutto all'incertezza delle future scelte aziendali e all'assenza di chiare strategie industriale di investimento tese al rilancio dell'attività dello stabilimento e della sua competitività sul mercato;
   nei giorni scorsi la presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, ha richiesto un incontro urgente ai vertici della multinazionale svizzera. In una lettera inviata al responsabile delle relazioni industriali di Nestlé Italia, Gianluigi Toja, la presidente Marini ricorda che «lo stabilimento Nestlè di Perugia San Sisto rappresenta un insediamento storico per la città e l'industria regionale. Nel corso degli ultimi mesi la riduzione dei volumi produttivi è stata affrontata attraverso la stipula di contratti di solidarietà. Ritengo pertanto necessaria, stante anche il tempo intercorso dall'attivazione degli ammortizzatori sociali e le preoccupazioni evidenziate dalle organizzazioni sindacali in ordine alle prospettive produttive, la disponibilità ad un incontro da tenersi in tempi molto brevi»;
   esiste il pericolo che la multinazionale Nestlé, proprietaria dello stabilimento di San Sisto, possa procedere in breve tempo allo smantellamento di qualche impianto storico della fabbrica e allo spostamento di alcune produzioni in altri stabilimenti;
   il temuto ridimensionamento dell'attività dello stabilimento perugino avrebbe pesanti ricadute economiche e sociali in termini occupazionali in un territorio quale quello umbro già marcatamente colpito dalla crisi industriale in atto;
   tuttavia, nonostante la situazione critica dell'azienda con i volumi produttivi al minimo, sono in molti a ritenere che disinvestire sul sito produttivo di San Sisto sia un errore, anche per la perdita di immagine della Nestlè, adesso che il cacao e il cioccolato sono protagonisti ad Expo 2015, per il quale sono stati investiti 800 mila euro –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza della preoccupante situazione economica e produttiva dello stabilimento di San Sisto della Perugina Nestlé e se non ritengano importante monitorare con attenzione l'evolversi della vicenda al fine di scongiurare una crisi devastante per il territorio perugino e l'intera regione umbra;
   quali iniziative di competenza intendano adottare per salvaguardare un'azienda vitale per il tessuto produttivo cittadino e regionale, evitando il temuto ridimensionamento dello stabilimento di San Sisto e la delocalizzazione dell'attività produttiva, con conseguenti ricadute economiche, sociali e occupazionali preoccupanti;
   se non si ritenga opportuno aprire un tavolo di confronto a livello nazionale che veda protagonisti le rappresentanze dei lavoratori, l'azienda e le istituzioni locali finalizzato all'individuazione e alla condivisione delle linee guida di un piano industriale che abbia come obiettivi prioritari la salvaguardia dei livelli occupazionali e il potenziamento produttivo dello stabilimento perugino che è un patrimonio industriale storico dell'intera collettività umbra.
(2-00841) «Galgano, Mazziotti Di Celso».


Elementi in merito alla chiusura di alcuni tratti autostradali e all'interruzione prolungata delle forniture elettriche ed idriche nella regione Emilia-Romagna, in occasione dell'eccezionale ondata di maltempo del 5 e 6 febbraio 2015 – 2-00838

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il 5 e 6 febbraio 2015 l'intero territorio della regione Emilia-Romagna è stato funestato da eccezionali condizioni di maltempo che hanno provocato ingenti danni e numerosi disagi alle persone e alla circolazione di auto, treni ed aerei;
   stante la situazione di emergenza, la giunta regionale dell'Emilia-Romagna, nella giornata di lunedì 9 febbraio 2015, ha stanziato 5 milioni di euro per finanziare gli interventi urgenti necessari a far fronte alle emergenze prioritarie e ha comunicato che chiederà al Governo il riconoscimento dello stato di emergenza per le calamità naturali allo scopo di ricevere aiuti per far fronte ai rilevanti danni registrati in tutto il territorio regionale dall'appennino alla costa;
   lungo le aree costiere abitazioni civili, attività commerciali e strade sono state allagate dall'acqua del mare a seguito di violente mareggiate con onde alte fino a 4 metri e interi comprensori sono rimasti senza corrente elettrica, ospedali compresi. Sono state erose al contempo le barriere di protezione che avrebbero dovuto salvaguardare le attività balneari dalle mareggiate stesse;
   le violente mareggiate hanno determinato allagamenti di alcuni centri abitati balneari, tra cui Lido degli Estensi, Porto Garibaldi, Lido di Spina, Lido di Savio, Lido Adriano, Milano Marittima, Cesenatico, Gatteo Mare;
   nei comuni dell'entroterra della Romagna le criticità sono diffuse. Alla neve si sono aggiunti cento millimetri di pioggia in due giorni e raffiche di vento tra gli 80 e i 100 chilometri orari;
   le piene dei corsi d'acqua principali e della rete di bonifica nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini hanno provocato allagamenti diffusi interessando edifici ad uso civile e produttivo: allagamenti dovuti sia a rotture arginali, sia a tracimazioni a causa della difficoltà di deflusso delle acque d'acqua dolce in mare;
   tra le località maggiormente colpite si segnalano in via esemplificativa: San Giovanni in Marignano, Sant'Arcangelo (in provincia di Rimini), Villafranca, Villa Selva, Santa Maria Nuova, Ronco (in provincia di Forlì-Cesena) e Lugo, Bagnacavallo, Massa Lombarda, Rossetta, Mandriole, Sant'Alberto (in provincia di Ravenna), Cesena;
   nel cesenate, nel forlivese e nel bolognese si sono verificati numerosi dissesti idrogeologici, interessando in particolare i comuni di Roncofreddo, Bertinoro, Castrocaro, Mercato Saraceno, Civitella di Romagna e Sasso Marconi; a Piacenza e a Rimini il ciclone denominato «big snow», pur annunciato da giorni dai bollettini meteorologici, ha causato blackout, con decine di migliaia di persone al freddo costrette a lasciare le proprie case, interruzioni della circolazione, mareggiate, alluvioni e crolli;
   una grave interruzione della fornitura elettrica si è verificata, in tutte le province della regione (sia in appennino che in pianura), che a seguito dei danni segnalati a circa 300 linee dell'alta e media tensione ha coinvolto, secondo i dati di Enel, circa 200.000 utenze di media tensione (pari a 2,5 clienti ad utenza), circa 500.000 cittadini;
   è pesante il bilancio anche nel Modenese, dove la neve ha causato gravi danni, mandato in tilt i servizi e lasciato al buio e al freddo migliaia di famiglie in diversi comuni, mentre anche nel reggiano il blackout elettrico ha interessato 43 dei 45 comuni della provincia. In regione tra Bologna, Modena e Reggio Emilia sono almeno trenta i centri di accoglienza allestiti per accogliere le persone sole e le famiglie rimaste senza servizi essenziali;
   l'interruzione del servizio energetico, verificatasi già a partire dalle ore 3.00 del mattino di venerdì 6 febbraio 2015, ha determinato lo spegnimento delle centrali di riscaldamento e degli impianti di sollevamento delle acque della rete di bonifica con conseguente interruzione anche dell'erogazione dell'acqua. 70.000 sono state le utenze interessate dal distacco dell'energia elettrica nella sola provincia di Reggio Emilia, 12.000 nella città e provincia di Parma, con particolare riguardo ai comuni di Fidenza, Fornovo e Traversetolo;
   sette cabine di alta tensione di competenza Terna risulterebbero essere state danneggiate dalla neve e alla base dell'importante e prolungato blackout;
   sull'appennino bolognese, reggiano e modenese, i danni alla rete elettrica si è rivelata particolarmente difficile, considerato che a distanza di quattro giorni erano ancora 20.000 le famiglie senza energia elettrica, riscaldamento, acqua, collegamenti telefonici e internet, di cui 7500 nel solo bolognese e 500 nel comune di Valsamoggia;
   il maltempo ha determinato anche il blackout delle linee telefoniche fisse e mobili, solo in parte attribuibile alla mancanza di energia elettrica. La situazione di crisi ha iniziato a rientrare lentamente ben oltre le 12 ore previste dalla carta dei servizi di Enel;
   in regione, nella mattinata del 10 febbraio 2015, a distanza di cinque giorni dall'evento, erano ancora 2000 le utenze senza servizi;
   i sindaci colpiti dal blackout elettrico hanno denunciato con forza l'impossibilità di entrare in contatto con Enel nelle prime 24 ore dell'emergenza, al fine di segnalare i guasti registrati sul territorio, condividere gli interventi prioritari, avere informazioni circa la consistenza del danno e degli eventuali tempi di ripristino per meglio gestire il rapporto con i cittadini interessati dal disservizio e predisporre interventi di sostegno;
   i call center di Enel non hanno funzionato né verso le amministrazioni e i sindaci che hanno dovuto fronteggiare senza informazioni le numerose richieste e chiamate di famiglie, imprese ed attività commerciali, né direttamente verso i cittadini/utenti/consumatori che sono rimasti in attesa del ripristino del collegamento elettrico per diversi giorni pensando si trattasse di poche ore e senza potersi organizzare per ridurre i disagi e i danni per la propria famiglia o attività economica;
   il flusso informativo è in parte migliorato nel momento in cui le rispettive prefetture a capo dei centri di coordinamento soccorsi, nel frattempo attivati, sono riusciti a convocare ai tavoli tecnici prefettizi i gestori e le aziende di servizio pubblico (Enel, Hera, Telecom, Ires e altre);
   scarsa efficienza ed informazione all'utenza è stata segnalata da parte di amministrazioni e cittadini anche in riferimento all'azienda Hera per quanto riguarda la fornitura di acqua e gas;
   si segnala, inoltre, il forte disagio degli allevatori dell'appennino bolognese, modenese e reggiano che senza energia elettrica ed acqua si sono trovati impossibilitati ad abbeverare, accudire e mungere adeguatamente gli animali;
   l'intero territorio regionale ha subito danni enormi per quanto riguarda scuole, case, alberghi e stabilimenti balneari, imprese e pubblici esercizi, per non parlare del comparto agricolo messo, a durissima prova;
   la società Autostrade ha chiuso alcuni tratti autostradali in previsione dell'emergenza neve bloccando di fatto la circolazione e creando enormi disagi al traffico riversatosi al di fuori del percorso autostradale;
   il cosiddetto «Protocollo neve» prevede l'interdizione dell'accesso all'autostrada con un preavviso di 30/60 minuti e una semplice comunicazione ai sindaci a giudizio degli interpellanti tutela solo autostrade e scarica sulla viabilità locale la gestione dei mezzi pesanti in una situazione già critica per la pulizia delle strade anche per i comuni e senza un supporto aggiuntivo di controllo della polizia stradale;
   nello specifico, la società Autostrade ha iniziato ad annunciare il blocco del traffico pesante per disincentivare e precluderne l'accesso al tratto appenninico tosco-emiliano già agli accessi di Modena a partire dall'alba di giovedì 5 febbraio 2015, mettendo in grande difficoltà i comuni a ridosso del tratto appenninico, in particolare Casalecchio di Reno e Sasso Marconi;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, proprio su questo aspetto ha chiesto una relazione dettagliata alla struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali;
   la regione Emilia-Romagna ha avviato la ricognizione dei disservizi e dei danni verificatisi sul territorio al fine di istruire l'annunciata richiesta di riconoscimento dello Stato di emergenza per calamità naturale –:
   se non si ritenga opportuno verificare la correttezza della chiusura anticipata dei tratti autostradali interessati dal maltempo da parte di società Autostrade e rivedere i termini del cosiddetto «protocollo neve» che consente a società Autostrade in via unilaterale di bloccare l'accesso ai mezzi pesanti, in caso di potenziale emergenza, nel tratto appenninico dell'A1, Bologna-Firenze;
   se non si ritenga di accertare, con la massima urgenza, le cause dell'interruzione prolungata dell'erogazione dell'energia elettrica e del servizio idrico da parte di Terna, Enel, Hera e Iren nonché dell'assenza di informazioni nelle prime 24 ore e successivamente le ragioni di quella che è apparsa la loro inadeguatezza sia verso i sindaci (responsabili della protezione civile sul territorio) che verso gli utenti/consumatori come richiederebbe, da un lato, un corretto rapporto con le istituzioni competenti sul territorio della protezione civile, e, dall'altro, una normale policy aziendale in considerazione degli enormi disagi che si stavano arrecando a famiglie e imprese;
   se non si intenda di conseguenza verificare l'esistenza, il rispetto e l'efficacia di un piano per la gestione delle emergenze da parte di Terna ed Enel quali gestori unici della distribuzione rispettivamente dell'energia di alta e media tensione e assumere iniziative per ridefinire le eventuali procedure di prevenzione ed intervento laddove si sono rivelate inadeguate, al fine di evitare che tali disservizi possano ripresentarsi nel Paese in caso di altre avversità atmosferiche o situazioni emergenziali;
   se non si intenda altresì accertare con la massima urgenza l'effettivo stato di manutenzione e il grado di efficienza strutturale della rete dell'alta e media tensione per la distribuzione dell'energia elettrica nella regione nonché il livello di tenuta del territorio nel quale sono ubicati i tralicci e i cavi, includendo, per quanto concerne in particolare le zone montane, la regolare manutenzione e cura anche delle alberature, ritenute tra le cause principali del blackout stesso.
(2-00838) «Fabbri, De Maria, Bolognesi, Lenzi, Montroni, Baruffi, Pagani, Incerti, Lattuca, Maestri, Carlo Galli, Paola Boldrini, Arlotti, Anzaldi, Bergonzi, Bratti, Marco Di Maio, Gandolfi, Ghizzoni, Iori, Marchi, Richetti, Romanini, Zampa, Benamati, Patriarca, Giuditta Pini, D'Ottavio, Ermini, Fiano, Carbone, Bersani, Epifani, Grassi, Mariani, Zoggia, Cinzia Maria Fontana, Damiano».