XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 383 di venerdì 27 febbraio 2015
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
La seduta comincia alle 9,35.
DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Dorina Bianchi, Stella Bianchi, Matteo Bragantini, Bratti, Dambruoso, De Girolamo, Dellai, Epifani, Ferranti, Fioroni, Giancarlo Giorgetti, Guerra, Rampelli, Ravetto, Realacci, Sani, Schullian, Sereni, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Vargiu, Vito e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centodue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Comunicazioni del Governo in materia di politica estera (ore 9,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Governo in materia di politica estera.
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata in calce al resoconto della seduta del 17 febbraio 2015.
(Intervento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni Silveri.
PAOLO GENTILONI SILVERI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Presidente, onorevoli colleghi, io innanzitutto apprezzo a nome del Governo l'opportunità che ci viene offerta questa mattina di una riflessione generale, di una riflessione che si potrebbe dire perfino strategica sulla nostra politica estera.
Naturalmente si potrebbe sostenere che in fondo i pilastri della nostra politica estera sono stabili da parte dei Governi italiani da molti decenni. Sono rimasti coerenti negli ultimi 60-70 anni: l'Italia è un Paese convintamente europeista, è un Paese impegnato nell'Alleanza atlantica, è un Paese più di tanti altri impegnato nei commerci internazionali, anche per le caratteristiche della nostra economia, orientata alle esportazioni. È un Paese molto attivo nel promuovere la pace e i diritti umani su scala internazionale. Questa è la nostra bussola da decenni.
La bussola è sempre questa, ma il mare è diventato un oceano, e questo oceano è in tempesta, come tutti credo possiamo vedere. Non c’è più l'ordine che ha caratterizzato una parte consistente della seconda Pag. 2metà del Novecento: l'ordine delle due superpotenze, l'equilibrio del terrore; ed è tramontata l'illusione della belle époque degli anni Novanta, in cui sembrava – all'epoca si parlava di mondo piatto, di fine della storia – che una singola iperpotenza avrebbe potuto garantire pace, ordine, sviluppo e tranquillità a tutto il mondo.
Siamo invece oggi in un contesto che è alla ricerca di un nuovo equilibrio, di un nuovo ordine; e quindi anche il nostro europeismo, il nostro atlantismo non sono dei piloti automatici, a cui un po’ burocraticamente rinviare: la nostra politica economica si decidere a Bruxelles, la nostra sicurezza è garantita dalla NATO.
Tutto questo resta vero, ma tutto questo deve avere anche come bussola aggiuntiva, come altro elemento di orientamento da parte del Parlamento e poi del Governo, quello che io, molto tranquillamente, definisco il nostro interesse nazionale; che non è in contraddizione naturalmente con i principi storici della nostra politica estera, che ho richiamato prima, semmai è in contraddizione, il nostro interesse nazionale, con la riluttanza, che in fondo abbiamo ancora, a sentirci, o almeno a dichiararci, nazione.
Questi pilastri storici – europeismo, atlantismo, apertura agli scambi, impegno nelle missioni di pace e per i diritti umani –, insieme alla considerazione del nostro interesse nazionale, ci guidano quando passiamo in esame le aree di crisi, i momenti di difficoltà che oggi caratterizzano la scena internazionale.
Prima di passarli in rassegna, voglio evocare un tema che in fondo direttamente evoca il nostro interesse nazionale perché riguarda due nostri connazionali, due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che sono trattenuti da ormai più di tre anni in una situazione che rappresenta per il nostro Paese una ferita aperta, sulla quale il Parlamento si è sempre pronunciato in modo unito e univoco e sulla quale il Governo sta lavorando senza troppo clamore, ma credo con delle premesse per avviare finalmente a soluzione questa crisi.
Dicevo che essere europeisti oggi significa, non semplicemente fare riferimento a regole scritte per sempre, ma al contrario battersi per un orientamento diverso dell'Europa, per un'Europa della crescita, degli investimenti, del lavoro e dello sviluppo. Anche la recente cosiddetta questione greca e cioè la vittoria elettorale di Syriza e la spinta che è venuta dal Governo Tsipras, se c’è intelligenza politica da parte dell'Europa e da parte dello stesso Governo greco, io credo che possa tradursi in un fattore che incentiva e rende più possibile questa spinta a un'Europa più attenta alla crescita, agli investimenti e allo sviluppo. Naturalmente, se invece ci trovassimo di fronte a delle rigidità sarebbe molto pericoloso e l'Italia non può accettare neanche l'idea che un grande Paese come la Grecia possa chiamarsi fuori dall'Unione europea.
Questo nuovo corso dell'Europa richiede naturalmente maggiore integrazione. Europa diversa non è sinonimo di euroscetticismo; al contrario: se ci facciamo guidare dal nostro interesse nazionale, significa che abbiamo bisogno di un'Europa diversa, ma anche di un'Europa più integrata, più forte, di una Banca centrale europea che riesca finalmente a fare fino in fondo il mestiere che oggi le regole e i trattati gli rendono così difficile fare in termini di promozione della crescita e dello sviluppo.
Il cuore della nostra crisi oggi e, quindi, il cuore dell'attenzione di chi si occupa di politica estera, ma in realtà dell'intero Paese, della nostra economia e della nostra sicurezza, è nel Mediterraneo e noi ci battiamo – e credo lo stiamo facendo con qualche risultato – perché la priorità del Mediterraneo diventi sempre più una priorità nell'agenda dell'intera comunità internazionale. Non è un problema che possa riguardare l'Italia, la Spagna, la Grecia, o qualche Paese del Mediterraneo: la crisi del Mediterraneo, cioè di questo incrocio tra Europa, Africa ed Asia, è al centro e deve essere al centro dell'agenda internazionale. Pag. 3Lo sta diventando da parte della NATO – ne abbiamo parlato ieri con il Segretario generale Stoltenberg – lo sarà nel prossimo vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea il 19 marzo, anche perché per noi sono direttamente coinvolti i nostri interessi nazionali da tanti punti di vista. In primo luogo, naturalmente, con la crisi libica, sulla quale non mi dilungherò – anche perché appena una settimana fa ne ho riferito in quest'Aula – e mi limito a ribadire che noi siamo aggrappati agli sforzi che, sotto l'egida delle Nazioni Unite, si stanno facendo per raggiungere almeno una base di un Governo di riconciliazione nazionale. Come sapete, questi sforzi sono in corso in queste ore e in questi giorni, si alternano notizie positive e notizie negative e in questo momento il gioco a livello internazionale è concentrato su quel tavolo del negoziato.
Dopodiché, come ci siamo detti una settimana fa, l'Italia è pronta a fare la sua parte, secondo quello che decideranno le Nazioni Unite, se questa prospettiva non riuscisse ad ottenere i risultati per i quali oggi ci battiamo senza alcuna condizione.
Siamo impegnati, naturalmente, secondo gli indirizzi del Parlamento del 15 agosto scorso, nell'iniziativa internazionale contro il Daesh. Sapete che siamo impegnati in termini di addestramento sia delle forze irachene che delle forze dei peshmerga curdi, siamo impegnati nella fornitura di sistemi d'arma, di nuovo, alle forze regolari irachene e ai peshmerga curdi, siamo impegnati in missioni di ricognizione nell'area di crisi e di intervento del Daesh.
Vorrei dire che siamo soprattutto impegnati, come Paese, sul piano civile, culturale, della comunicazione, di una sfida terribile che le democrazie occidentali hanno dall'insorgenza di questo fenomeno nuovo di terrorismo fondamentalista, che sequestra una religione, sequestra l'Islam e cerca, attraverso questo sequestro, di minacciare le nostre vite e di minacciare il nostro modo di vivere.
Non vi sono da parte nostra – lo voglio dire molto serenamente – né crociate né avventure. Vi è la forte considerazione del fatto che occorre battersi per difendere la democrazia e la libertà, e occorre farlo avendo in mente le donne yazide, vittime di un tentativo di sterminio, addirittura, nell'area del nord dell'Iraq, che, avendo evitato lo sterminio, oggi hanno difficoltà a reinserirsi nelle loro comunità tradizionali e che la cooperazione italiana sta aiutando.
Bisogna battersi pensando ai cristiani della Piana di Ninive, che anche loro rischiano l'estinzione e che, essendo stati cacciati dai loro luoghi tradizionali, fanno fatica a ritornare, hanno paura di ritornare nelle zone da cui sono stati cacciati, pensando ai cristiani copti, vittime di quella orribile strage che abbiamo visto sulle spiagge vicino a Sirte, pensando ai tanti obiettivi di cittadini ebrei che, in giro per l'Europa, sono stati vittime e bersaglio di attentati e di aggressioni di ogni genere.
L'Italia farà di tutto per difendere la propria sicurezza, e lo farà contrastando questa barbarie con unità. Penso che il messaggio che deve venire dal Parlamento italiano sia un messaggio di unità contro questa barbarie (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia-Centro Democratico).
Così come siamo impegnati contro il traffico di esseri umani, che è sempre più evidentemente il motore dei fenomeni di migrazione irregolare che vengono, ormai per più del 90 per cento, dalla Libia, cioè da un Paese privo di stabilità e di istituzioni statali. Ci battiamo contro questo traffico e chiediamo di più all'Unione europea.
Ho apprezzato che, in seguito a una sollecitazione del Governo, l'Unione europea abbia deciso un piccolo primo contributo di emergenza, facendo ricorso a fondi di emergenza a sostegno di Triton, ma certamente bisogna fare di più, sapendo che il nostro Paese continua ad essere impegnato anche sul terreno umanitario.
Vi è stata una disputa nominalistica negli ultimi mesi, ma, in realtà, vi voglio segnalare che i nostri mezzi navali, nell'ambito Pag. 4e nella cornice della missione Triton, continuano nell'attività di soccorso in mare delle vittime delle migrazioni clandestine organizzate dalla criminalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non ci stiamo voltando all'altra parte; lo stiamo facendo e abbiamo l'apprezzamento dell'intera comunità internazionale per questo tipo di lavoro.
Infine, certamente dobbiamo applicare i nostri pilastri di politica estera, quelli che ho richiamato, nell'altro teatro di crisi così importante, anche se spesso monopolizza un po’ l'attenzione internazionale a scapito di quel Mediterraneo che, dal nostro punto di vista, non è certo meno importante. Parlo della crisi ai confini a nord est dell'Unione europea, della crisi che attraversa l'Ucraina.
In questo caso credo che il Governo italiano, con il sostegno del Parlamento e comunque della maggioranza e in continuo rapporto con il Parlamento, in questi mesi abbia sostenuto, con una coerenza assoluta, sempre la stessa impostazione: da una parte, la ferma reazione alle violazioni del diritto internazionale che sono avvenute in quella terra e, dall'altra parte, l'ostinata ricerca del dialogo e del compromesso. Non abbiamo bisogno di parole forti nei confronti della Russia, abbiamo bisogno di fermezza, da una parte, e di ricerca costante del dialogo, dall'altra parte. E sarà questo il messaggio che il Presidente del Consiglio manderà nei prossimi giorni, in occasione della sua imminente visita a Kiev e a Mosca.
Infine, in questa rapida rassegna dei punti principali di crisi, in cui la nostra politica estera è chiamata a intervenire e a decidere, c’è naturalmente la storica crisi del Medio Oriente e l'andamento del processo di pace in Medio Oriente. Io credo che dobbiamo avere tutti la percezione della gravità di quella situazione, del rischio di una escalation religiosa di quel conflitto, che è stato per decenni un conflitto a prevalente carattere nazionale, nazionalistico e che rischia continuamente di slittare in un conflitto religioso e di essere ricompreso in quegli scenari terribili che abbiamo evocato.
La soluzione di fronte a questa crisi è la soluzione dei due Stati, per la quale la comunità internazionale si pronuncia da tempo. Il che vuol dire il diritto dei palestinesi ad un loro Stato e il diritto dello Stato di Israele a vivere in sicurezza di fronte a chi vorrebbe, addirittura per statuto, cancellarne la stessa esistenza. In questo quadro, il Governo valuta favorevolmente l'impulso parlamentare a promuovere il riconoscimento di uno Stato palestinese e a fare tutti gli sforzi per rilanciare e riprendere il negoziato tra le parti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).
Signor Presidente, colleghi, navigare in questo oceano in tempesta, in questo mondo alla ricerca di un nuovo ordine, di un nuovo equilibrio richiede, a mio avviso, innanzitutto una chiara scelta politica. In fondo lo scontro tra isolazionismo e apertura, che ha caratterizzato nel secolo scorso le grandi potenze – il dibattito degli Stati Uniti, per esempio, in modo particolare –, ormai riguarda tutti i Paesi, o comunque riguarda non più soltanto le superpotenze, ma riguarda anche i Paesi di media dimensione, come il nostro Paese.
Isolazionismo o apertura: io credo che l'Italia debba essere dalla parte dell'apertura, debba fare fino in fondo la sua parte nel mondo e a livello internazionale. Ce lo dice la nostra storia, ce lo dice la nostra geografica: siamo in mezzo al Mediterraneo e abbiamo 8 mila chilometri di coste. Dobbiamo fare questa parte contro il terrorismo per partecipare alla soluzione delle crisi, per gestire con umanità, serietà e rigore il tema delle migrazioni irregolari, per competere negli scambi commerciali internazionali, per rilanciare la cooperazione a livelli degni di un Paese con la nostra storia e con la nostra tradizione. Finalmente abbiamo una nuova legge sulla cooperazione che ci aiuterà in questa direzione.
Possiamo chiuderci nei nostri confini ? Possiamo voltare la testa di fronte alle tragedie della storia, che ci vengono buttate addosso, innalzando dei muri ? Possiamo Pag. 5rinunciare alle opportunità dei mercati internazionali, che sono opportunità crescenti, promuovendo barriere autarchiche ? Credo che non possiamo, ragionevolmente non possiamo. Non possiamo dire: fermate il mondo, voglio scendere. Non siamo in grado di farlo, anche se ritenessimo giusto farlo. Se chiudi la porta al mondo, nell'oceano in tempesta che prima cercavo di descrivere, quel mondo ti sfonda le finestre e minaccia la tua sicurezza e la tua economia. Per questo credo che il Parlamento possa ritrovarsi e lo può fare anche attraverso lo strumento della diplomazia parlamentare, che è sempre più importante a livello internazionale. Credo che il Parlamento possa ritrovarsi su molti impegni comuni per la democrazia, per i diritti umani, per la tutela delle minoranze, per il libero scambio, per la lotta alla minaccia terroristica che ci sfida. Trovare questa ispirazione comune è possibile; sarà impegno costante del Governo lavorarci e credo che sia uno dei modi per essere all'altezza di un grande Paese come l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia – Centro Democratico e di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
(Discussione)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo.
È iscritta a parlare la deputata Garavini. Ne ha facoltà.
LAURA GARAVINI. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, in politica estera, ma anche nelle politiche europee, stiamo attraversando il periodo più complicato da un quarto di secolo a questa parte, da quando, cioè, venticinque anni fa, il crollo del muro di Berlino, da un lato ha sì comportato la libertà per milioni di persone, ma al tempo stesso ha anche determinato profondi cambiamenti nei rapporti internazionali e ha generato ardue sfide, ancora tutte aperte e da giocare. Le situazioni altamente pericolose che stiamo affrontando in questo periodo, vuoi che sia in Ucraina, vuoi che sia in Medio Oriente, vuoi che sia in Libia, sono l'aspetto più drammatico di questi stravolgimenti geopolitici. E il fatto di essere arrivati a questo punto, con l'esplodere violento di conflitti militari, anche a due passi da casa nostra, ci deve indurre, a mio parere, a chiederci se, come europei, abbiamo agito sempre per il meglio. Una buona politica estera è, infatti, innanzitutto il dialogo, la stima e la fiducia reciproca. L'Europa e l'Italia hanno una responsabilità particolare soprattutto nei confronti dei nostri vicini del Mediterraneo e con i Paesi del nord Africa. E lì, è sì vero che l'Italia si è distinta per diverse iniziative, ma dobbiamo anche ammettere che negli anni passati non siamo riusciti a fare abbastanza per creare rapporti politici, economici, sociali e culturali che avrebbero potuto rendere il Mediterraneo ciò che dovrebbe essere: un'area di pace e di crescita. È da anni che in Europa, anche e soprattutto per quanto riguarda la drammatica situazione dei rifugiati, si parla dell'importanza di stringere rapporti più stretti con i Paesi del nord Africa. Ma troppo a lungo alle parole non sono seguiti i fatti.
All'Europa viene spesso rimproverato di essere un interlocutore debole in politica estera. E bisogna riconoscere che in passato l'Europa spesso non è stata capace di parlare con una voce sola e di far valere il suo bagaglio di valori, di diritti e di cultura. A maggior ragione ritengo che sia lodevole che nel corso del semestre di Presidenza a conduzione italiana l'Italia sia riuscita a porre, tra le priorità programmatiche dell'Europa, una politica estera comune di stampo europeo. E anche, a semestre concluso, continuiamo ad operare in questa direzione. Ed è merito, ad esempio, dell'Italia che la questione della Libia, in tutta la sua drammaticità, finalmente è entrata nell'agenda del dibattito europeo. Ed è importante che in questa situazione di crisi teniamo aperti i canali di dialogo già esistenti. È un segnale significativo e giusto se proprio in questa Pag. 6situazione il Ministro Gentiloni si reca a Tunisi per invitare i Paesi nordafricani a sostenere lo sforzo dell'ONU per una soluzione politica. Questo è il momento delle iniziative diplomatiche e non degli interventi militari, che sono sempre l'ultima ratio e sono sempre una sconfitta per la politica.
La crisi che stiamo affrontando in questa fase è grave. Ci troviamo di fronte ad una forza che fa della guerra e del terrore il suo marchio distintivo. Il tutto mentre numerosi gruppi locali, di stampo jihadista, in ampie aree territoriali si stanno coagulando attorno a questo marchio distruttivo, cosicché la preoccupazione è che si abbia una vera e propria contaminazione terroristica di interi Paesi nell'area.
Ecco che, in una situazione così complessa, credo che sia importante soprattutto una cosa: che qualsiasi decisione si vada a prendere sia il frutto di una chiara visione strategica sul dopo, perché le crisi con cui ci troviamo a confrontarci oggi, sono crisi che vengono da lontano e a maggior ragione non dobbiamo commettere l'errore di agire in modo miope, come è stato fatto, per esempio in passato con l'intervento in Iraq. I nostri tentativi di fermare un pericolo imminente avranno successo a medio e lungo termine soltanto nella misura in cui riusciremo ad avere una chiara idea di ciò che vogliamo sostenere per il futuro. E questa idea deve consistere nel creare un nuovo ordine basato sulla pace, sul dialogo e sulla collaborazione, intorno al Mediterraneo.
Questo deve essere il filo conduttore dell'Italia e di tutta l'Europa nel tentativo di superare l'attuale crisi. L'orrore a cui assistiamo in questi giorni in Libia, avviene davanti alle porte di casa nostra. I luoghi del conflitto in Libia sono distanti dalla Sicilia esattamente quanto è distante Milano da Roma. Questo ci pone in una situazione di grande responsabilità. Allora come procedere ? Devo dire che le parole del Ministro degli affari esteri Gentiloni, sia oggi sulle linee generali di politica estera sia la settimana scorsa sulla situazione in Libia, sono di grande conforto perché vanno nella direzione giusta e lasciano trasparire quell'equilibrio e quella prudenza di cui si avverte un grande bisogno.
Dobbiamo agire in modo deciso ma in accordo con i nostri alleati e con i nostri partner europei e solo sulla base di un mandato delle Nazioni Unite. Inoltre, a mio parere, ogni decisione va presa in stretto accordo ed in stretta sintonia anche con i Paesi arabi amici, con i Paesi magrebini e con l'Egitto. Ritengo infatti che, soprattutto in questa grave situazione di crisi, vadano rafforzati i nostri legami con i Paesi nordafricani, perché sono essenziali per un futuro migliore sul Mediterraneo. Solo attraverso il dialogo – lo diceva bene il nostro Ministro – possiamo evitare che si creino altre difficoltà, destinate a loro volta ad evolversi in situazioni di pericolo, a breve o media distanza di tempo. Vediamo di agire con polso fermo, ma anche in modo lungimirante, facendo il possibile per fermare una guerra distruttiva, da un lato, ma anche per creare le basi per una pace duratura, dall'altro. L'Italia deve essere radicata in Europa, ma con lo sguardo rivolto al Mediterraneo. Solo attraverso un costruttivo confronto con i Paesi del Mediterraneo possiamo riuscire a creare le basi per raggiungere più sicurezza e più pace in questa strategica area geopolitica.
Tra l'altro un approccio di questo tipo è anche utile per una politica sui rifugiati. Se non coinvolgiamo i Paesi del Maghreb, l'Egitto e neanche la Turchia, allora dovremmo continuare in eterno a soccorrere gente in mare e a raccogliere cadaveri, cosa che non è certo il nostro obiettivo. Per una strategia efficace, invece, che ci consenta di affrontare il problema alla radice abbiamo bisogno di iniziativa politica e di azioni comuni con questi Paesi. L'Italia, in questo processo, può e deve giocare un ruolo di primo piano da costruttore di ponti con il mondo arabo.
Prima di avviarmi alle conclusioni, signora Presidente, ancora un breve cenno alla questione Ucraina. Anche qui va ricercata una soluzione che non può che essere politica, esercitando pressioni sulla Pag. 7Russia, ma anche sul Governo ucraino, sensibilizzando al rispetto di quella cittadinanza al suo interno che si identifica con la Russia che è sì una piccola minoranza ma rappresenta pur sempre il 30 per cento della popolazione. Il dialogo e non la guerra, signora Presidente, è l'arma più forte della politica estera e proprio per questo vogliamo, dobbiamo e possiamo portare avanti questo dialogo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alli. Ne ha facoltà.
PAOLO ALLI. Grazie Presidente, signor Ministro, non so se capita anche a lei ma a chi di noi ancora frequenta il territorio capita che fino a qualche mese fa la prima domanda che ci sentivamo rivolgere dai nostri elettori, dai nostri cittadini era: ma non c’è il lavoro, che cosa state facendo per il lavoro ?
Oggi a distanza di pochi mesi la prima domanda che io mi sento rivolgere, ma credo molti di noi, è: cosa sta accadendo attorno a noi ? Ma siamo sicuri ? Che cosa state facendo per difenderci dal terrorismo e da questi rischi che abbiamo in casa nostra ? Allora io credo che questo bisogno prioritario di sicurezza oggi debba avere dentro il tema della politica estera una priorità assoluta, non è un caso credo che l'Unione europea, che pure ha tanti difetti, metta insieme il tema della politica estera e della sicurezza comune in un'unica funzione. Questo quindi significa che, come anche il suo intervento ha evidenziato, le due aree sono molto vicine nell'affrontare il tema della politica estera e oggi il tema della sicurezza è certamente prioritario. Allora in questo l'Italia ha certamente ruoli importanti e lei li ha ben messi in evidenza, la spinta all'Unione europea a darsi una politica estera comune sempre più forte, il tema della difesa dei diritti di tutti. Lei ha ben citato il dramma dei cristiani nel mondo che è emblematico rispetto a tutta una serie di disuguaglianze e di diritti non rispettati.
Io credo però che il ruolo dell'Italia sia anche quello di un equilibrio che ci aiuti anche a evitare fughe in avanti che possono essere pericolose, faccio soltanto un paio di esempi. Lei ha parlato della necessità di fermezza e ricerca di dialogo rispetto alla Russia, io mi permetto di ribaltare, dico ricerca di dialogo ma nella fermezza, perché Putin deve capire che la precondizione è il rispetto delle regole internazionali, cosa che lui non ha fatto, non l'ha fatto in Georgia, non l'ha fatto con l'Ucraina, con la Crimea, non lo sta facendo con la crisi ucraina e non lo fa con le continue interferenze nelle politiche di altri Stati che attua attraverso i propri canali di propaganda. Quindi certamente è importante il dialogo con la Russia e noi lo possiamo mantenere aperto, ma dobbiamo essere intransigenti sul rispetto delle regole internazionali.
Poi sulla promozione del riconoscimento della Palestina di cui si discuterà poi anche in dichiarazione di voto sulle mozioni, noi intendiamo tale promozione come l'avvio di un processo che deve chiarire una serie di punti, in primis il ruolo di Hamas, perché anche qui noi non possiamo ammettere – lei lo ha sfiorato nel suo intervento – l'esistenza all'interno di uno Stato che noi intendiamo riconoscere – e sul riconoscimento nel tempo tutti credo siamo d'accordo – di un soggetto che ha come statuto proprio la distruzione di Israele. Quindi equilibrio, nessuna fuga in avanti e grande realismo.
Ma il ruolo dell'Italia credo sia oggi molto importante nel contesto della comunità internazionale soprattutto sul tema del Mediterraneo. Il terrorismo non è più lontano da noi, come è stato detto anche da chi mi ha preceduto, è vicino, è a pochi chilometri da noi. Noi siamo non soltanto il confine sud dell'Unione europea ma siamo anche il confine sud dell'Alleanza atlantica, della Nato. La Libia rischia di diventare un nuovo Afghanistan alle nostre porte. Su questo il nostro Paese deve essere drasticamente determinato a non recedere e a richiamare costantemente la comunità internazionale. Io credo che l'azione del Governo e anche più modestamente l'azione che all'interno dell'Assemblea parlamentare della Nato la Pag. 8nostra delegazione sta facendo da molti mesi di richiamo a questa realtà ha fatto sì che ieri il Segretario generale della Nato Stoltenberg per la prima volta abbia fatto un'affermazione molto chiara, cioè che il Rap (Readiness Action Plan) pensato per l'Ucraina e per l'est, deve essere a disposizione anche per affrontare le sfide che vengono da sud. Questo è stato nei tre pilastri che lui ci ha indicato certamente un segnale di grande rassicurazione per i nostri cittadini, per noi stessi, per il nostro Paese. Dopodiché è chiaro che il primo pilastro è il rafforzamento dell'Alleanza e la capacità di intervento rapido, il secondo pilastro che ci ha indicato è il partenariato e lo sviluppo della sicurezza interna nei Paesi dell'area mediterranea e mediorientale, certamente molto importante per la sicurezza dell'intera regione, e il terzo pilastro che ci ha indicato – ultimo in ordine logico correttamente ma non certo in ordine di importanza – è il tema degli investimenti per la difesa.
Su questo tema eravamo già intervenuti, bisogna non cedere a demagogie e populismi.
Le spese per la difesa sono un investimento per la sicurezza dei nostri cittadini e il nostro Parlamento e il nostro Governo hanno la responsabilità di garantire questa precondizione per lo sviluppo che è la sicurezza internazionale. Quindi, se sarà necessario, come io credo, senza demagogie, senza populismi, ripeto, discutere del budget della difesa, questo lo dovremo fare con molta serenità e con molta sincerità.
Sul tema dei marò, che lei ha affrontato, noi condividiamo la necessità di arrivare a soluzioni rapide, anche perché ormai, signor Ministro, il tema dei marò è diventato un tema emblematico per la credibilità internazionale del nostro Paese ed è diventato un tema che, nell'immaginario collettivo, rischia di compromettere la nostra immagine. I nostri cittadini fanno fatica a credere che dopo tre anni noi non riusciamo a portare a casa queste due persone o, comunque, a stabilire un contesto di diritto internazionale chiaro. Quindi, l'azione del Governo deve essere intensificata su questo. Quindi, noi apprezziamo il riferimento che lei ha fatto, ma speriamo e ci aspettiamo soluzioni reali e rapide.
Io credo che questo tema, quindi, della sicurezza, che predomina oggi nella discussione di politica estera, sia veramente per i nostri cittadini essenziale. La casa brucia e quando la casa brucia noi non possiamo stare seduti in poltrona a guardare la televisione o dentro questo Parlamento a giocare al Risiko delle nostre battaglie parlamentari, che alla gente ormai interessano sempre meno. Non possiamo neanche gettare benzina sul fuoco. Dobbiamo mettere in atto tutto lo sforzo di equilibrio di cui siamo capaci e di cui la tradizione di mediazione del nostro Paese è sempre stata capace e che ha dato grande autorevolezza internazionale all'Italia.
Quindi, signor Ministro, nell'apprezzare il suo intervento, però raccomandiamo grande fermezza e grande equilibrio nell'affrontare i grandi temi che oggi sono, per i nostri elettori, per i nostri cittadini, per la nostra gente, una grave preoccupazione nella vita quotidiana (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Michele Nicoletti. Ne ha facoltà.
MICHELE NICOLETTI. Signora Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, le parole del Ministro Gentiloni Silveri esprimono, con grande chiarezza, le linee fondamentali della nostra politica estera o, come ci piace dire, della politica interna del mondo, perché forse il primo sforzo che dovremmo compiere è proprio quello di spostare il nostro sguardo dall'ossessiva autocontemplazione di sé e dei nostri problemi all'orizzonte largo di quelle questioni che, alla fine, interessano e incidono sulla nostra vita.
In particolare, ci ritroviamo nella cifra fondamentale di queste linee, che si può condensare in una forte ispirazione europeista. Per noi europeismo vuol dire primato dei diritti delle persone di fronte al Pag. 9terrore e alla violenza. Abbiamo visto tagliare le teste, un simbolo non solo dell'estrema violenza sui corpi ma anche un'espressione della violenza sulle menti, sulle anime, su quello che ci fa diversi dalle bestie feroci e che, non a caso, si accompagna alla violenza sulle opere d'arte, sul patrimonio dell'umanità, quasi si volesse sradicare d'un colpo tutto ciò che è stato il meglio di ciò che noi abbiamo cercato di essere. Su questo non dobbiamo arretrare di un millimetro e dobbiamo contrastare con forza la violenza ma, al tempo stesso, non dobbiamo smarrire in questa lotta la nostra umanità, perché anche nella lotta alla violenza, anche nella lotta al terrorismo, anche nella lotta per una buona causa non dobbiamo smarrire il rispetto per le persone, per le libertà civili fondamentali, per la pietà, e che per questo dobbiamo continuare a difendere e a soccorrere.
Ci ha fatto piacere sentire ciò che ha affermato il Ministro; che non ci giriamo dall'altra parte nel mare Mediterraneo e forse anche su questo dobbiamo intensificare la nostra battaglia in Europa, chiedendo più solidarietà, più cooperazione e affrontando anche con coraggio i necessari cambiamenti degli strumenti che ci siamo dati. Penso al regolamento di Dublino per la gestione dei rifugiati, che richiede, come è stato proposto da più parti, una rivisitazione per il rispetto delle persone e anche per dare corpo alla solidarietà europea. La difesa della persona è difesa anche della sua libertà. Europeismo vuol dire battersi non solo per la nostra libertà, ma per la libertà degli altri, di coloro che la pensano diversamente da noi, volere la libertà di chi la pensa diversamente da noi. Europa è una concezione della vita collettiva plurale e laica e la reazione straordinaria agli attentati di Parigi è la cifra di ciò che l'Europa vuole continuare ad essere per sé e per tutto il mondo. Europeismo vuol dire anche primato del diritto delle istituzioni e su questo la politica italiana deve continuare a volere sottomettere il potere politico alla giustizia anche nel campo difficile delle relazioni internazionali.
Abbiamo apprezzato la riaffermazione del principio che ogni intervento va fatto nella cornice non solo di ciò che prevede la nostra Costituzione, ma di ciò che prevede il diritto e la migliore dottrina internazionale, anche in materia di intervento umanitario. La via italiana deve rimanere la via del diritto e delle organizzazioni internazionali, con realismo, ma anche con determinazione, per renderle più democratiche. E per questo vogliamo un'Europa più politica, vogliamo non smettere di batterci per gli stati uniti d'Europa, per più politica estera comune, per un sistema di difesa europea.
Europeismo vuol dire non smarrire la grande conquista e la grande lezione del secondo dopoguerra. Dopo il 1989 abbiamo compiuto un miracolo, di ricostruire uno spazio europeo con l'Europa orientale e con la Russia. Questa Europa allargata non va smarrita. Guai a noi se ricostruissimo il muro di Berlino un po’ più a oriente. Noi dobbiamo stare dentro il Trattato di Helsinki, dentro la Carta di Parigi, dentro quel quadro di organizzazioni internazionali che abbiamo allargato, come il Consiglio d'Europa, come l'OSCE, dentro un forte dialogo tra la NATO e la Russia. E la fermezza sui principi deve accompagnarsi al riconoscimento dell'alterità, degli altri interlocutori, dei più piccoli che si vedono minacciati, ma anche dei più grandi che hanno i loro interessi.
Questa conquista è stata possibile grazie ad una grande strategia che l'Europa ha perseguito nel secondo dopoguerra, dopo le crisi della guerra fredda, e che si chiama Ostpolitik, che ha visto in Willy Brandt un grande artefice e significa strategia della distensione. La Germania sta andando in questa direzione e noi dobbiamo restare fedeli a questa forte ispirazione: fermezza sui principi, ma guai a noi se incriniamo questo grande spazio europeo che abbiamo costruito.
Infine, Europa vuol dire una strategia comune nel Mediterraneo. Bene la solidarietà sui profughi, bene il coinvolgimento della NATO, ma abbiamo bisogno anche di un'azione di forte cooperazione economica, di un piano Marshall, quello che Pag. 10abbiamo detto più volte. In fondo i vincitori della seconda guerra mondiale hanno favorito la transizione dai regimi autoritari alle democrazie con un piano Marshall, un forte piano di sviluppo economico e sociale. Non c’è tutela dei diritti umani e della democrazia senza uno sviluppo anche delle condizioni materiali, perché i diritti umani sono indivisibili, come ha detto l'ONU nel 1948 e ribadito nella Dichiarazione di Vienna. Non c’è possibilità di avere libertà civili e politiche senza accesso alla salute, al lavoro, alla casa, ad una piena dignità. Dentro questa cifra di una forte cooperazione con il sud dobbiamo condurre anche la nostra politica internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Grazie Presidente, Ministro. Con riferimento alla sua relazione, devo dire che dalla enunciazione dei problemi non è seguito alcun tipo di soluzioni pratiche e non la invidio assolutamente per il ruolo che deve faticosamente tenere perché la non politica estera ed italiana è la contraddizione plastica fra il bullismo interno di Renzi e il nanismo internazionale di questo Paese. (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Nanismo che, fra l'altro, si evidenzia in tutta la sua drammaticità in un momento in cui l'Europa, nella sua complessità, comunque esce dagli scenari internazionali che contano ed, in particolare, l'Italia, che è al centro del Mediterraneo, tornando il Mediterraneo ad essere invece al centro dell'attenzione mondiale, poteva e può tuttora, se qualcuno magari smette di fare proclami e inizia a ragionare con buonsenso, incredibilmente tornare al centro dell'azione diplomatica internazionale. Tuttavia, ciò non sta avvenendo e perché ? Perché non prendete decisioni, perché non c’è peso politico, perché la scelta di inviare la ex collega Mogherini in un posto delicatissimo, senza che la stessa, con tutto il rispetto, non ci sembra avere il ruolo, la statura, le spalle abbastanza larghe per reggere, per cercare di coinvolgere, in un'unica strada, la politica internazionale dell'Unione europea, ha creato un doppio danno: il fatto di essere sbertucciati come Paese, come rappresentanti, nel contesto dell'Alta rappresentanza della politica estera dell'Unione europea, e di essere poi relegati ad un ruolo marginale sui tavoli internazionale ad opera degli altri soggetti a nostro discapito. Noi stiamo subendo, su tanti scenari, scelte che altri compiono e noi ci accodiamo, checché ne dica il Presidente Renzi, al di là del suo proclami, al di là delle sue battute, al di là dei suoi selfie.
Quindi, noi ci ritroviamo in una situazione di doppia difficoltà: una è appunto l'incapacità di tornare ad essere protagonisti nel momento in cui lo scenario, nel quale geograficamente ci troviamo, diventa protagonista sulla scala mondiale, ossia il Mediterraneo; l'altra è quella di non riuscire minimamente, nonostante ci sia stato affidato questo ruolo (anche se, magari, sarebbe stato meglio chiedere ruoli diversi, politica economica, concorrenza, quello che era, all'interno della Commissione europea, però ormai il treno è passato, lasciamo perdere), a tenere coordinata la questione. Però rimaniamo solo sul piano internazionale, rimaniamo su quello che è il suo di ruolo. Ci sono scenari, come lei ha ricordato, delicatissimi: il fatto dell'avanzata dello Stato islamico che non è collocato purtroppo – e lo sappiamo bene – solo nell'area fra Siria e Iraq, ma ormai è diventato una mezzaluna che arriva fino alle propaggini estreme dell'ovest del Nord Africa.
E questo è un pericolo che voi, al di là ripeto dei proclami, state sottovalutando in maniera enorme. State altresì sottovalutando il fatto che gli strumenti di migrazione dei clandestini sono di fatto strumenti bellici. Questo lo hanno dichiarato a più riprese anche tanti suoi colleghi, non solo quello egiziano, non solo quello inglese, ma tutti gli analisti dell'antiterrorismo a livello internazionale. Lo state sottovalutando. Noi avevamo avanzato una proposta che abbiamo ribadito nella risoluzione Pag. 11che abbiamo depositato questa mattina: stimolare la comunità internazionale per far sì che ci sia un'ampia coalizione che comprenda anche la Russia – e dopo magari accenneremo un attimo anche allo scenario ucraino e russo – per fare una cosa che servirebbe immediatamente a risolvere due problemi: uno, limitare od annullare il rischio che, attraverso la migrazione clandestina di queste persone dalla Libia, si infiltrino terroristi o arrivino anche armi perché può arrivare a questo punto di tutto, dato lo scarsissimo controllo, quindi attivare un blocco navale, che permetterebbe anche di salvare le vite umane (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Perché, se non le si fa partire, se non gli si permette di arrivare in mezzo al Mediterraneo, è difficile poi che queste persone rischino di annegare. Li si ferma e si fa un accordo con altri Paesi, magari non con l'Egitto, visto che fra Libia ed Egitto non corre certamente buon sangue. Anche qui la scelta di lasciare che l'Egitto, in maniera assolutamente unilaterale, vada nell'est della Libia a combattere, senza alcun tipo di mandato e senza nessun tipo di accordo internazionale, ci sembra molto pericoloso. Questa è un'altra cosa che voi assolutamente sottovalutate e non avete preso in considerazione.
Però, anche qui, un blocco navale...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GIANLUCA PINI. Mi è rimasto un minuto, Presidente.
PRESIDENTE. Meno di un minuto. La prego di concludere.
GIANLUCA PINI. Va bene. Dicevo: scelta del blocco navale; scelta di accordi con altri Paesi per la costituzione di campi profughi sotto l'egida dell'ONU; coinvolgimento della Russia; ma soprattutto una presa di posizione durissima nei confronti della Turchia. Altro che adesione acritica all'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Dalla Turchia bisogna pretendere assolutamente una presa di distanze nettissima rispetto alla posizione ambigua, posizione molto ambigua e molto pericolosa, che ha rispetto all'avanzata dello Stato islamico !
Questo permetterebbe a questo Paese di riprendere veramente la scena internazionale nel momento in cui – ripeto – purtroppo, vi sono scenari di tensione, non ultimo, perché ci sono tensioni militari, ma ci sono anche tensioni economiche...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Gianluca Pini.
GIANLUCA PINI. Concludo... Non ultimo quello della Grecia. Questo Paese avrebbe allora la possibilità di tornare ad essere minimamente protagonista. C’è solo bisogno del suo coraggio, il suo, non quello di Renzi, perché quello è solo bullismo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie, Presidente, grazie, Ministro, e grazie ai gruppi parlamentari che hanno voluto confrontarsi in un dibattito di politica estera, che, date le molteplici sfide aperte, è un dibattito cruciale da fare ed eventualmente da rifare periodicamente in Parlamento.
L'analisi delle crisi aperte (Libia, Siria, Ucraina, per citare le più prossime) fatta dal Ministro Gentiloni porta, a mio giudizio, a due temi: quello del tipo di impegno da affrontare sullo scenario internazionale e quello delle caratteristiche che devono contraddistinguere la nostra proiezione internazionale.
Per quanto riguarda il tema dell'impegno, è evidente che, a fronte di un mondo in evoluzione o, come diceva il Ministro, di un oceano in tempesta, serve che il dibattito sulla politica estera recuperi centralità sia qui nelle aule parlamentari e nel rapporto con il Governo, sia più in generale nel discorso pubblico.Pag. 12
Nei prossimi mesi, nei prossimi anni, l'Italia e l'Europa – noi ci auguriamo che sempre di più sia l'Europa – saranno chiamate a scelte complicate per rispondere a minacce, come quella del terrorismo internazionale e dell'instabilità dei Paesi ai nostri confini, o a crisi complicate, come quella della gestione delle immigrazioni. Sappiamo – e lo vediamo anche da questi primi mesi in cui ci stiamo confrontando con le conseguenze del post «Primavera araba» – che non ci sono risposte giuste o sbagliate al crollo degli Stati e al dilagare di attori aggressivi e spietati. Sappiamo, però, che non trattare crisi come questa, non occuparcene, crea più problemi. Ed è in questo senso che è stata molto positiva la relazione del Ministro oggi, perché ribadisce il fatto che un grande Paese come l'Italia ha un ruolo da giocare e vuole giocare un ruolo.
Per queste ragioni va inserito il tema della politica estera nel dibattito pubblico. In questo senso vanno ammodernati gli strumenti con cui ci approcciamo ai problemi che sorgono sullo scenario internazionale. Lo abbiamo fatto – lo ricordava anche il Ministro – con la riforma della legge sulla cooperazione internazionale. Lo stiamo facendo, il MISE e il MAE insieme, con l'aggiornamento degli strumenti della diplomazia della crescita e lo dobbiamo fare meglio, ripensando alla funzionalità e al posizionamento della nostra rete diplomatica.
Inoltre, il modo in cui è stato impostato il discorso sui costi della proiezione esterna, secondo cui le spese per la cooperazione, per la rete diplomatica e le spese militari sono qualcosa che non possiamo permetterci, perché affrontiamo una crisi economica senza precedenti, va rivisto. Serve un aumento tout court delle spese per la politica estera, come ha suggerito ancora ieri il Presidente Renzi nell'incontro con il Segretario generale della NATO; forse queste vanno scomputate dal deficit a livello europeo. Il mondo in cambiamento, infatti, richiede più impegno, più risorse, più unità nazionale, soprattutto con riferimento alla crisi del Mediterraneo.
Il secondo tema è quello della questione delle caratteristiche della nostra proiezione internazionale, come ricordava anche il collega Nicoletti. Stiamo vivendo in un mondo dove non ci sono più superpotenze, dove ci sono degli attori regionali che si vanno affermando e dove si affermano, inoltre, attori barbari come il Daesh, che mettono in discussione i principi stessi di civiltà. Lo abbiamo visto ieri con la distruzione di Ninive e lo vediamo ogni giorno con gli stupri di massa, l'uccisione delle minoranze ed i bambini mandati come terroristi ad uccidere.
Dobbiamo avere chiari i valori che proiettiamo sullo scenario internazionale. Il Ministro in questo senso ci ha ricordato che non è tempo di crociate né di avventure. Ma ricordare è raffinare i valori che proiettiamo, che sono quelli attaccati durante gli attentati di Parigi, cioè la capacità di vivere uniti nelle diversità, di accogliere, di onorare e di innovare i nostri sistemi democratici, di occuparci di quello che succede nel mondo. Vuol dire essere coerenti con questi valori per come ci muoviamo nel mondo. Dobbiamo quindi essere veri rispetto ai nostri valori per come rispondiamo alla sfida di questi momenti difficili, sia sul piano interno – in questo senso il tema del contrasto al terrorismo va depurato da alcuni eccessi del passato e bene ha fatto il Governo con il decreto antiterrorismo – sia sul piano internazionale. Il richiamo del collega Nicoletti al ricorso del diritto internazionale in tutte le crisi è un richiamo importante.
In questo senso io credo che il dibattito di oggi debba aiutarci a uscire da quest'Aula con un senso di unità nazionale più forte, che serva a valorizzare il contributo che un grande Paese come l'Italia può dare in questo oceano in tempesta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sibilia. Ne ha facoltà.
CARLO SIBILIA. Grazie Presidente, gentile Ministro, la riflessione che mi viene subito da fare, in questo dibattito sulla Pag. 13politica estera che il Parlamento italiano ha deciso di portare avanti, è che si tratta di un dibattito di poco conto, dal momento che le notizie che lei ci ha dato sono tutte reperibili tranquillamente dai giornali. Quindi, se il dibattito si deve ridurre ad una lista della spesa dei problemi internazionali, diventa veramente dura. Quando c’è un dibattito, noi siamo del parere che vada fatto un confronto, quantomeno sulle strategie che l'Italia sta portando avanti, ovvero su qual è il modo con cui noi vogliamo uscire da una situazione di stallo delle problematiche europee che lei ha elencato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Io la capisco anche, perché purtroppo c’è un assoggettamento a questo atlantismo e a questa voglia di inseguire sempre qualcuno. Lei ha detto in qualche modo qual è la nostra strategia. Lei ha detto: la nostra strategia non cambia, nonostante tutto, nonostante siamo al centro di una costellazione di conflitti internazionale. Mi viene da pensare all'Ucraina, tutti hanno ricordato l'Iraq e la Siria, poi vi è la Libia naturalmente e anche in Grecia c’è una sorta di conflitto, perché si tratta di un conflitto economico; e noi siamo sotto attacco economico, perché siamo in difficoltà a causa anche delle reazioni che poi abbiamo nei confronti degli altri Paesi, vedi le sanzioni alla Russia che siamo stati obbligati a prevedere, a causa delle pressioni degli Stati Uniti.
Naturalmente tutto questo non ha giovato alle imprese italiane e, quindi, se lei ci viene a dire che la strategia politica dell'Italia è quella di continuare su questo binario, onestamente ci viene un attimo da pensare. Noi abbiamo provato, in realtà, a delineare una strategia differente, cioè vogliamo dare delle idee e degli approcci nuovi a questa strategia che deriva dall'inspiegabile volontà a perseguire un mito: è il mito che sostiene che il mercato unico sta creando questo villaggio globale di pace e di intenti comuni. Ma, in realtà, non è così, questo villaggio globale di pace e di intenti non c’è (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), si sta creando solo un mito. E questo è un mito da sfatare.
Tale modello, in realtà, sta sottolineando la competizione per lavori scarsi e un ristretto numero di risorse globali, quindi aumentando il conflitto e minando le identità culturali e individuali in tutto il mondo. Mi sembra strano che in tutto questo non ci si faccia mai la domanda: ma da dove arrivano questi tagliagole dell'ISIS ? Da dove arrivano ? Da dove arriva il terrorismo ? Quali sono le cause del terrorismo ? Proviamo a fare un minimo di retroazione ! Cerchiamo di capire per quale motivo ce li abbiamo a 300 chilometri. Se il Governo Renzi lo sapeva già il 9 gennaio – lui dichiarava che la situazione in Libia naturalmente era grave – per quale motivo non abbiamo fatto niente e abbiamo aspettato di vedere quelle immagini delle decapitazione dei copti sulle coste libiche ? Per quale motivo non abbiamo fatto nulla ?
Per un semplice motivo: perché qui c’è in gioco qualcosa di più grande, c’è in gioco una strategia energetica mondiale, un cambio di strategia energetica mondiale. La Libia è fornitrice del 38 per cento del greggio di tutto il pianeta, praticamente. Forse, il sottosegretario Della Vedova magari non era d'accordo sulla statistica, magari mi correggerà lei; ma le dico questo: non è una questione di statistica, è una questione di strategia.
Se la strategia nostra non viene compresa, non riusciamo a capire che quello che si delinea davanti è un problema energetico, di tipo energetico. Penso alla guerra in Russia, quella alla quale non stiamo partecipando per incompetenze naturalmente di chi dovrebbe farlo, perché a quel tavolo seduti con Putin c'erano la Merkel e Hollande, e la Mogherini chissà dove diavolo fosse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), e Renzi poi si viene a vendere le poltrone qui in Parlamento, ma, di fatto, non abbiamo nessun ruolo internazionale.
Allora, queste guerre ci sono per un semplice motivo, perché sono delle linee di trasporto dell'energia: la Libia trasporta Pag. 14energia, l'Iraq trasporta energia, l'Ucraina trasporta energia. Allora è un semplice riassetto dei poteri energetici ! Le multinazionali del petrolio sono quelle che fanno poi la politica estera dei Paesi. Il povero Enrico Mattei, quando si mise contro le famose «sette sorelle», addirittura perse la vita in un tragico incidente aereo, come è successo al manager, a.d. della Total, che stava facendo gli stessi accordi magari con la Russia in questi giorni, e stranamente anche lui ha perso la vita in uno strano incidente aereo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Queste sono le cose che capitano e noi non capiamo mai quale sia la verità, da che parte sta la verità. Allora, quand’è che attueremo un vero cambio di strategia ? Quand’è che capiremo che siamo stretti in una morsa per la quale gli Stati Uniti stanno destabilizzando il rapporto tra l'Unione europea e Mosca ?
Queste sono anche parole del sociologo Mahdi Darius, che appunto dice che Washington ha incoraggiato un deterioramento dei rapporti tra Kiev e Mosca, e tra l'Unione europea e Mosca, in modo deliberato: l'amministrazione americana ha fatto tutto il possibile per portare Kiev a tagliare i legami energetici con la Russia, consapevole dell'effetto negativo che l'interruzione delle forniture avrebbe avuto sull'Unione europea. L'obiettivo di Washington è prevenire una integrazione energetica euroasiatica, a vantaggio di una rete energetica euroatlantica, controllata dalle società statunitensi. Pensate che il mercato sia veramente libero ? Gli Stati Uniti non possono competere in maniera concorrenziale con il settore energetico russo: il gas di scisto americano è molto più costoso, perché la fratturazione idraulica, oltre ad essere drammatica per l'ambiente dove viene avviene, avviene a prezzi maggiori. Questo è il motivo per cui Washington sta soffiando sul fuoco dell'instabilità, alimentando tensioni in Europa contro la Russia e spingendo per le sanzioni contro l'energia russa. Questo scrive Mahdi Darius (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Insomma, persone che studiano i rapporti geopolitici internazionali !
Allora, io mi chiedo poi come si faccia oggi a non tener conto delle rivelazioni finanziarie che vengono portate alla luce ? Come si fa a non tener conto che all'interno della lista Falciani, questa persona che ha tirato fuori i nomi di chi proteggeva dei capitali, occultava dei capitali all'interno di una delle banche d'affari più grandi del mondo, la Hsbc, come si fa a non tener conto che all'interno di quei nomi c'erano narcotrafficanti, finanziatori di Al Qaeda e terroristi, come si fa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Allora, quali sono le soluzioni che oggi ci proponiamo: continuare ad allargare, più mercato, più investimenti ? Non è questa la soluzione secondo il MoVimento 5 Stelle ! Secondo noi bisognerebbe iniziare invece a fare un tipo di ragionamento differente, iniziare a capire chi finanzia cosa; nel senso: da dove prendono i soldi questi personaggi che poi vengono a tagliare le gole, a minacciare i Paesi europei, che vanno a distruggere le statue di Ninive ? Da dove arrivano ? È possibile che non riusciamo a mettere in campo una strategia, una stretta fiscale su questi grandi capitali ? L'equazione è semplice: i terroristi mettono i soldi all'interno delle banche d'affari, questi soldi vengono girati per comprare le armi. È talmente semplice, è sotto gli occhi di tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Allora, per quale motivo nel semestre europeo il Presidente Renzi non ha portato a casa nulla, nulla di nulla ? Naturalmente quando c’è una guerra in uno di questi Paesi, cosa succede ? La pressione migratoria: è naturale che una persona che sta sotto i bombardamenti tende a spostarsi. Ci sono le statistiche di Frontex che da anni, dallo scorso anno ci dicono che ci sono 800 mila persone pronte ad entrare in Italia; e lo stiamo vedendo ogni giorno, in questo momento degli sbarchi, e noi ci limitiamo naturalmente a soccorrerli in mare.Pag. 15
Ma ci siamo mai chiesti se è possibile intervenire prima che queste persone prendano la barca ? Possiamo arrivare a fare questo tipo di ragionamento ? Per quale motivo queste persone si spostano ? Se vengono dal Medio Oriente è perché in Iraq c’è una guerra, in Afghanistan c’è una guerra; la guerra al terrorismo ha prodotto 4 mila 400 miliardi di spesa globale e l'effetto che ha avuto è solo di aver aumentato le sigle terroristiche a trentasei, trentasei sigle terroristiche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Allora, questa strategia è fallimentare, Ministro, e io mi chiedo per quale motivo ci viene continuamente propinata come inevitabile. Non è inevitabile. Allora, cerchiamo un modo differente. Noi, nella risoluzione che le presenteremo, naturalmente le abbiamo scritto delle possibili soluzioni: operare una stretta fiscale sul tracciamento di grandi capitali, in quelle banche d'affari che garantiscono i criminali e i narcotrafficanti terroristi; promuoviamo la medesima attività a livello anche globale, allo scopo di togliere l'aria alla prima fonte dalla quale si abbevera il terrorismo, che è il denaro. È solo quello il motivo: non c’è nessun altro denaro. Poi, naturalmente ci sono le speculazioni energetiche sopra perché sappiamo benissimo che, quando si conquista un pozzo di petrolio, c’è la possibilità poi di vendere al mercato e poi c’è anche la possibilità di finanziare il mercato nero perché c’è una parte del petrolio che viene venduta al mercato nero.
Allora, queste sono le richieste che facciamo. Chiediamo al Qatar, alla Turchia, all'Arabia Saudita di recidere i legami economici, diplomatici e politici con le organizzazioni salafite, che predicano lo scontro di civiltà, l'odio verso le altre religioni ed etnie e praticano sequestri ed esecuzioni civili e militari. Ho sentito tutti discorsi che parlano di un'unione euromediterranea, di tornare magari al processo di Barcellona. Ma per quale motivo queste cose non le ha fatte Renzi durante il semestre di Presidenza dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Non abbiamo ottenuto nulla, allora è inutile che continuiamo a piangerci i morti. A me sembra un gioco. Io credo che alla Farnesina si siano alternati cinque o sei Ministri in questi anni, ma alla fine la strategia non è cambiata. Noi pensiamo che ci voglia un approccio differente, un approccio che la smetta di strumentalmente volgersi soltanto con l'occhio a Occidente, ma guardi anche ad Oriente in maniera tranquilla, nel senso di riuscire a capire cosa è più conveniente per i cittadini italiani e non trovarci in mezzo a guerre delle quali noi non vogliamo fare parte. Noi pensiamo che bisogna affrontare i problemi cercando di capire quali siano le cause, le cause. È fondamentale avere un approccio alle cause; all'interno di questa risoluzione qualcosa l'abbiamo scritta, una linea l'abbiamo delineata e speriamo che questa fallimentare politica del mercato unico e libero, che abbiamo capito che unico e libero non è, possa finalmente cambiare e magari partire con un po’ di coraggio da questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.
PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, Presidente. Noi socialisti condividiamo le linee di politica estera che lei, Ministro, ha illustrato e apprezziamo i principi che ispirano la nostra collocazione internazionale, le nostre aspirazioni e le nostre azioni: promozione dei diritti umani, impegno contro le discriminazioni di ogni genere, a partire da quella tra uomini e donne, contro la violenza che – ricordiamo – è la prima causa di morte delle donne nel mondo, contro il terrorismo e contro l'antisemitismo. Le nostre centralità: Europa e Mediterraneo. Europa, a cui vogliamo far compiere un salto di qualità, realizzando il progetto unitario, unita politicamente, che governi l'economia e non solo le politiche monetarie, che si doti di una banca centrale che sia effettivamente banca di ultima istanza, una politica estera e di difesa comune anche nella Pag. 16difesa di integrità territoriali minacciate, leggi Ucraina. Un'Europa che non si limiti ad essere sponda nord del Mediterraneo, ma che definisca politiche per tutto il bacino del Mare nostrum, un'Unione europea che si riappropri dello spirito del processo di Barcellona, lanciato negli anni Novanta per attuare riforme politiche e socioeconomiche e la modernizzazione della regione in preparazione del progetto dell'Unione del Mediterraneo.
Noi socialisti definiamo questo mare Mare nostrum non casualmente, ma per evocare una delle azioni che ci ha qualificato per le politiche migratorie: Mare nostrum appunto, poi inadeguatamente sostituita da Triton, che ha rivelato tutte le sue insufficienze e inadeguatezze che, ahimè, costano in termini di vite umane; politiche per il bacino del Mediterraneo che devono diventare europee, veramente europee a partire dalla revisione del Trattato «Dublino 3».
In un quadro di convinta condivisione delle linee direttrici della politica estera italiana, anche nella lotta al terrorismo internazionale di matrice islamista, noi socialisti richiamiamo l'attenzione sull'impegno al perseguimento di una soluzione globale e durevole – ho finito – per il processo di pace in Medio Oriente; pace fondata sull'esistenza di due Stati, israeliano e palestinese.
Bisogna sbloccare i negoziati, e l'impegno che chiediamo al Governo, perché promuova il riconoscimento dello Stato della Palestina, per porre i due contendenti sullo stesso piano e farli dialogare alla pari, ha questo obiettivo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Michele Piras. Ne ha facoltà.
MICHELE PIRAS. Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, la situazione sul terreno in Libia rappresenta in maniera plastica il fallimento della politica occidentale nel Medio e nel Vicino Oriente e certifica un fatto, un punto che, attraversando la tragedia della guerra in Iraq e in Afghanistan, e delle decine di guerre per procura, dovrebbe essere acquisito alla storia e alla nostra cultura profonda.
La guerra non genera che caos e violenza e la democrazia non si esporta con le armi e con la forza. Oggi, in Libia, esistono due Governi, due Parlamenti, esiste una condizione di caos nel quale si muovono gruppi armati, bande di predoni, organizzazioni in guerra tra loro, che si combattono o si alleano seguendo uno schema fatto di geometrie variabili e di opportunità.
In Libia lo Stato è fallito, è questo il terreno più propizio per l'attività in franchising dello Stato Islamico; un fallimento clamoroso, rispetto al quale ci saremmo aspettati – lo dico con dolore – parole più coraggiose e una riflessione più compiuta sulle cause e le prospettive, persino sul perché finora non si è dato adeguato supporto all'azione dell'ONU.
Ci saremmo aspettati un segno di discontinuità, che, nostro malgrado, non riusciamo a cogliere nemmeno nel «decreto missioni» che avvia il suo iter alla Camera. Non vengono da Marte o da Krypton, ma sono nostri, signor Ministro, gli errori che hanno generato il mostro dello Stato Islamico, che, non a caso, prolifera e si espande a partire dall'Iraq, scassato dalla guerra del 2003, e dalla Siria delle nostre guerre per procura contro il regime di Assad, con il quale oggi ci troviamo di nuovo costretti a sederci intorno a un tavolo.
Ed è perfettamente inutile girarci intorno: il nodo di ciò che accade in Libia si trova in quanto accaduto ed accade in Siria e in Iraq, che, oltre ad essere due concetti geopolitici di derivazione coloniale, costituiscono anche lo storico nucleo territoriale fondamentale del primo califfato, quello del profeta Muhammad, con tutto ciò che questo implica sul piano simbolico, religioso e identitario.
Questione, questa, che andrebbe tenuta ben presente per spiegare il potere attrattivo dell'IS e l'effetto di fascinazione che è capace di esercitare oltre i suoi confini. E l'orrore di Mosul, in queste ore, completa il quadro del messaggio potente, terribile e Pag. 17globale dello Stato Islamico: la furia con la quale si abbatte su tutto ciò che rappresenta apostasia, fossero esseri umani o testimonianze di culture millenarie che hanno segnato in profondità la storia dell'umanità e dei popoli del Mediterraneo.
E, se volgiamo lo sguardo ad est, mi si consenta di dire, non possiamo stupirci di quanto accade in Ucraina, o non dovremmo, quanto meno, dato che dal crollo dell'Unione Sovietica ad oggi la NATO si è comportata con gli sconfitti della guerra fredda precisamente come fecero con la Germania le potenze vincitrici della prima guerra mondiale.
La politica di espansione, di potenza, di destabilizzazione non può che generare reazioni uguali e contrarie: questa è la nostra responsabilità, la responsabilità dell'Occidente. E oggi, che consegniamo ai polacchi i nostri missili a lunga gittata, oggi, che costruiamo a Lask una nuova base NATO, quale dovrebbe essere la reazione di una potenza come la Russia, se non quella di chi si sente minacciato e assediato ?
E, allora, coinvolgere invece che confliggere, cooperare invece che competere, costruire la pace per sradicare le ragioni della guerra, agire la diplomazia invece che il ricatto delle sanzioni internazionali. Signor Ministro, vorrei che fosse chiaro: noi siamo fermamente convinti che lo Stato Islamico ed il terrorismo debbano essere sradicati e sconfitti, ma, per sradicare, bisogna, appunto, andare alle radici della questione, sottrarre la terra e l'acqua e farle rinsecchire.
E alla radice vi è un'ingiustizia profonda, protratta per decenni, commessa nel nome dei nostri interessi economici e commerciali nei confronti di popoli che abbiamo per secoli colonizzato, oppresso e saccheggiato.
Mi ripeto, noi non militiamo nel partito dei pacifisti in pantofole, ma nemmeno nel partito della guerra. Siamo tutti fermamente convinti della necessità di sconfiggere lo Stato islamico. Ma va detto che gli strumenti di questo combattimento non sono univoci e noi rifiutiamo l'idea che si possa pensare di risolverla solo sul piano militare. Esiste piuttosto una pluralità di azioni che possono e debbono essere compiute, prima di metterci l'elmetto, di armare la baionetta, di appostarci sulla linea del Piave.
«Zero armi, zero guerra» mi verrebbe da dire, con uno slogan, per introdurre una questione tenuta colpevolmente ai margini di ogni ragionamento, ovvero chi, come e quando ha armato l'ISIS e gli altri gruppi che si muovono in quelle regioni ? Cosa produce la relazione così stretta e perversa tra alcuni nostri generali e l'industria degli armamenti ? E persino mi verrebbe da chiedere cosa ci facesse di recente il nostro Capo di Stato maggiore dell'aeronautica militare in Qatar, sapendo che quel Paese figura tra i principali finanziatori del Governo islamista libico.
La legge n. 185 del 1990 vieta al nostro Paese di commerciare in sistemi d'arma con Paesi antidemocratici e in conflitto. Allora perché continuiamo a farlo ? Perché nei nostri ragionamenti torna prevalente il tema dell'implementazione di questo settore della nostra industria nazionale invece che quello del sostegno ai processi di pace, quello della cooperazione alla pace, quello dello sviluppo dei fattori realmente capaci di sradicare le ragioni profonde del terrorismo ?
Onorevole Ministro, onorevoli colleghi, serve un cambio deciso di rotta, allora. Serve uno sforzo diplomatico e serve l'ONU. E serve, come diceva lei, un'Europa diversa, che restituisca trame di dialogo forte fra gli attori regionali, fra Stati e gruppi, fra sciiti e sunniti. E serve una nuova operazione Mare Nostrum. E serve che la comunità internazionale intervenga a tutela e a garanzia di quel diritto dell'autodeterminazione dei popoli che finora abbiamo negato con parole, opere ed omissioni, danzandovici cinicamente sopra come fosse la pista da ballo dei nostri interessi nazionali ed internazionali.
Perciò, da ultimo, noi riteniamo – concludo, signora Presidente – un fatto storico oggi il riconoscimento del diritto dei palestinesi al loro Stato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). È una giornata felice, perché almeno Pag. 18oggi rinasce la speranza in un percorso che rimargini una ferita inferta a tutto il Medio Oriente, al mondo arabo e a tutto il Mediterraneo. E noi crediamo che il momento giusto sia precisamente questo per lanciare una speranza di pace mentre in tutto il mondo spirano venti di guerra.
Noi vogliamo rivendicare come un nostro risultato ciò che accadrà tra poco in quest'Aula. Nostro, di Sinistra Ecologia Libertà, per la caparbietà con la quale lo abbiamo cercato e perseguito. Nostro, dei parlamentari per la pace, che ad agosto 2014 hanno visto con i loro occhi il vero volto della guerra e i colori dell'ingiustizia. Nostro, dei democratici e dei progressisti italiani e di tutte le persone di buon senso. E questo risultato lo vogliamo consegnare a un popolo oppresso come è quello di Palestina, quindi al nostro popolo, e anche a quello di Israele, all'idea di un Mediterraneo di pace e di prosperità e, dunque, ai nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Valentino Valentini. Ne ha facoltà.
VALENTINO VALENTINI. Grazie, signora Presidente. La risoluzione sulla politica estera che Forza Italia presenta oggi alla Camera ha il coraggio dei giudizi e delle scelte che manca alle posizioni del Governo, espresse nella risoluzione della maggioranza, che, nonostante spunti positivi ed equilibrati, ha la caratteristica di essere senza infamia e senza lode, tiepida, in un momento in cui occorrerebbe esprimere con nettezza la volontà di riaffermare il ruolo che spetta all'Italia, per la sua storia e per la sua collocazione geopolitica, che la espone a rischi straordinari.
Il panorama del mondo oggi rivela due lacerazioni gravissime nel tessuto della pace, nel tessuto a noi più prossimo. Queste ferite sono tanto più pericolose perché l'Unione europea non ha una politica estera da potenza continentale, capace di contribuire efficacemente alla costruzione di un ordine internazionale positivo, a causa del dissesto politico e di ideale che consegue ad una egemonia, esercitata dalla Germania, che la rende cieca agli autentici interessi dei popoli che la compongono.
L'Italia ha saputo solo, in assenza di una politica estera coesa dell'Europa, guardare ed assecondare le mosse degli Stati più forti, cioè la Germania ed il Regno Unito, accontentandosi di una poltrona, una poltrona dell'apparenza, ad uso della propaganda interna, invece che puntare su un'efficacia fattiva.
Accennavo, signora Presidente, ai due scenari di crisi che insistono sul nostro Paese. Il primo è a pochi minuti di volo dai nostri confini meridionali. Il jihadismo in fase di attacco globale è una realtà di orrore e morte per i popoli del Medio Oriente e dell'Africa continentale e mediterranea. La vita umana e qualsiasi libertà, in particolare quella religiosa, sono calpestate e questa situazione spinge masse di disperati alla fuga per mare con un esito calcolato e sfruttato nella strategia di Daesh e di altri soggetti della medesima matrice islamica fondamentalista, per destabilizzare socialmente l'Italia e ricavare ingenti risorse, oltre che per infiltrare terroristi in Europa. Questo stato di cose, specie in Libia e in Siria, è l'esito, oltre che della natura in sé aggressiva dell'Islam fondamentalista, di errori di valutazione da parte delle cancellerie e dei maîtres a penser dell'Occidente a proposito delle cosiddette Primavere arabe, che sono state ben presto egemonizzate da formazioni jihadiste o dai loro stretti parenti della Fratellanza musulmana. Non sappiamo dire se ciò sia avvenuto per imperizia, per ignoranza o cosciente destabilizzazione di un'area delicatissima, per guadagnare posizioni, allargando la propria sfera di influenza in un assetto neocoloniale. Ma questo terribile equivoco, questo giocare col fuoco e con il destino dei popoli, ha portato ad appoggiare sciaguratamente forze che poi si sono rivelate permeabili ad Al Qaeda e alle varie denominazioni della galassia, fino a favorire l'avvento di un'entità che prende il nome di ISIS o Pag. 19Daesh. Gli errori più gravi per il nostro Paese si sono poi verificati nell'intervento militare in Libia che ha visto prevalere i corti calcoli di potere di alcune potenze a noi alleate con i risultati innanzi agli occhi di tutti.
Il secondo scenario di crisi è all'est. L'anelito europeo di una parte del popolo ucraino ha alimentato le paure dei cittadini russofoni, fino a determinare secessioni ed una guerra civile. La responsabilità di questa tragedia è una materia complessa, che non si presta a una separazione tra buoni e cattivi. Il nostro Governo, in tutto questo scenario, ha rinunciato al protagonismo positivo che lo portò ad essere artefice e ospite a Pratica di Mare nel momento più alto e collaborativo tra i Paesi della NATO e la Federazione russa. La volontà di ricreare quello spirito è mancata e si è persa anche la straordinaria occasione del semestre di Presidenza italiana per guadagnare terreno alla pace. Abbiamo assistito, come è il caso di dire, come spettatori impotenti e paganti alla fase iniziale di quella che poi è sfociata in una crisi e in una guerra civile slava senza saper agire con saggezza e con coraggio nella fase iniziale. C'era molto da fare e, invece, noi abbiamo adottato passivamente la linea americana, tiepidamente frenata dalla Germania. Andavano tutelate le aspirazioni europee degli ucraini e il sentimento di appartenenza alla Russia di una grande fetta della popolazione che si è sentita mancare la terra sotto i piedi. E i risultati sono quelli che vediamo: siamo tutti sconfitti. Vuol dire che c’è qualcosa che non ha funzionato e non si può semplicemente addossare alla Russia ogni responsabilità. Bisognerebbe ritrovare il coraggio di una nuova Yalta per una nuova architettura di sicurezza in Europa che porti alla riorganizzazione geopolitica dell'Europa centro-orientale.
Vado brevemente: molti colleghi hanno citato l'Europa e la necessità di riformare i trattati e trasformare la BCE in un'autentica banca centrale sul modello della FED, cosa urgente, soprattutto nel rimpianto di aver giocato male le nostre carte, semmai le abbiamo giocate, durante la Presidenza italiana. Con tutto questo, crediamo che la politica estera, specie nelle gravi questioni che riguardano la sicurezza dei cittadini, si debba trovare sulla strada della coesione nazionale, della chiara distinzione di responsabilità dei ruoli.
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
VALENTINO VALENTINI. Mi scusi, giungo alle conclusioni.
PRESIDENTE. No, no, deve concludere, deputato Valentini.
VALENTINO VALENTINI. Concludo, quindi, osservando che, nonostante il voto che noi esprimeremo contro queste mozioni, che non sono all'altezza morale della difficoltà di questo momento, intendiamo non chiudere al dialogo che richiede da parte del Governo...
PRESIDENTE. La ringrazio.
VALENTINO VALENTINI. ...meno timidezza provinciale e più respiro da grande nazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
(La Presidenza autorizza sulla base dei criteri costantemente seguiti la pubblicazione in calce al resoconto della seduta del testo integrale dell'intervento).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rabino. Ne ha facoltà.
MARIANO RABINO. Signora Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, a Scelta Civica fa piacere che il Ministro abbia ribadito con equilibrio e saggezza, non con timidezza, quelli che sono pilastri storici della politica estera e di difesa del nostro Paese, i pilastri di un convinto europeismo, di un affidamento forte ed esplicito alle politiche dell'alleanza atlantica, di un'apertura proverbiale e tradizionale di scambi internazionali, di un protagonismo all'interno delle missioni internazionali e nella difesa dei Pag. 20diritti umani. Ma ci è piaciuta soprattutto la sottolineatura e il richiamo all'interesse nazionale dell'Italia nello scacchiere europeo e nello scacchiere internazionale. Scelta Civica è convinta che l'interesse nazionale dell'Italia coincida esattamente con il richiamo, con la conferma dei pilastri della nostra politica estera internazionale quanto più in un mondo che si incendia, in un mondo che ha perso i suoi baricentri, in un mondo che fino a qualche anno fa trovava nel bipolarismo dell'Unione sovietica e degli Stati Uniti una forma di stabilizzazione, una forma di stabilità dello scacchiere internazionale, oggi in un mondo che cerca un nuovo baricentro, un nuovo fattore di stabilizzazione riaffermare quei pilastri, riaffermarli in un modo nuovo, in un modo ancora più forte, coincide esattamente con l'interesse nazionale. Abbiamo bisogno di un'Europa più forte, abbiamo bisogno di un rinnovato atlantismo, abbiamo bisogno di un'Italia che, dentro l'Europa e dentro il mondo, favorisca gli scambi e lavori per evitare, per ridurre al massimo l'isolazionismo, il protezionismo, l'autarchia, forme nuove e vecchie di autarchia, di nazionalismo e di xenofobia così come un rinnovato ruolo dell'Italia all'interno delle missioni internazionali e nella difesa dei diritti umani.
Ma, se è vero questo, se è vero che l'interesse nazionale dell'Italia coincide esattamente con il richiamo e il rilancio dei tradizionali pilastri della politica estera, bene allora in un mondo che, come ricordava benissimo il Ministro Gentiloni, non è più un mare ma è diventato un oceano: l'oceano della globalizzazione, la globalizzazione delle opportunità, degli scambi, la globalizzazione però anche delle tensioni, la globalizzazione dei nazionalismi, dei regionalismi, delle contrapposizioni e anche degli interessi economici contrapposti. Allora, in questo contesto, l'Italia, dentro lo scacchiere europeo, ha interesse a promuovere una coalizione di volenterosi sia nel mondo occidentale sia nel mondo arabo, nel mondo islamico. Noi abbiamo bisogno di costruire un'alleanza tra queste due coalizioni di volenterosi per costruire un nuovo fattore di stabilizzazione, un nuovo baricentro intorno al quale costruire pace, prosperità, serenità e benessere al mondo, all'Europa e al Mediterraneo dove l'Italia è protagonista, deve essere protagonista, con un approccio però che non disconosce anche accenti e iniziative nuove e forti.
Si pensi alla vicenda israelo-palestinese. Vedete, credo che non sia interesse né della Palestina né di Israele favorire iniziative unilaterali dei singoli Paesi europei. Credo che si debba ribadire la necessità di negoziati diretti tra i due popoli perché si arrivi a due Stati, a due popoli ma va ancora una volta ribadita la necessità che sia il mondo arabo nel suo complesso a riconoscere l'esistenza, la legittimità, la legittimazione dell'esistenza dello Stato di Israele. Perché questa ancora non è inequivoca. Ancora oggi negli statuti, nei deliberati, nei congressi di molti Paesi arabi, di Hamas, si predica la distruzione dello Stato di Israele, si predica la non legittimità dell'esistenza dello Stato di Israele, si persegue ogni palestinese che voglia riconoscere un metro quadro di terra al popolo israeliano, si violano i diritti umani fondamentali, si uccidono e si giustiziano a Gaza i presunti collaborazionisti di Israele. L'Italia e l'Europa devono stare dalla parte della democrazia. Devono stare dalla parte di Israele che in quello scacchiere, il Medio Oriente, è ancora oggi una democrazia che difende il pluralismo, i valori più alti, i valori occidentali, i diritti umani, la parità tra uomo e donna, la lotta contro ogni forma di discriminazione.
Allora è interesse del mondo arabo che Al-Fatah e Hamas raggiungano un equilibrio, superino le contraddizioni e prima di tutto riconoscano Israele per essere poi riconosciuti Stato palestinese.
Così come un'altra voce di chiarezza, di franchezza: noi abbiamo oggi il supremo Alto rappresentante della politica estera e di difesa comune di Europa, il Ministro Mogherini. Bene, non è stato bello vedere nei giorni scorsi a Mosca Hollande e Merkel trattare con Putin sulla vicenda ucraina, noi dobbiamo davvero lavorare Pag. 21perché l'Europa abbia una politica estera e di difesa comune. Qualche collega evocava le spese militari, abbiamo bisogno di mettere a fattore comune la difesa comune europea e anche gli investimenti militari non possono essere più appannaggio di un singolo statarello che non è in grado di affrontare nessuna forma di difesa vera del proprio confine, della propria popolazione e della propria libertà. Abbiamo bisogno di investire sull'Europa e di investire sull'Europa tantissimo e di più anche sul fronte della difesa comune nella costruzione di un esercito europeo e nella prospettiva di investimenti militari comuni. Signor Ministro, buon lavoro, avrà il sostegno di Scelta Civica (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marazziti. Ne ha facoltà.
MARIO MARAZZITI. Grazie Presidente, avevamo chiesto questo dibattito speciale sulla politica estera in Parlamento e ringrazio il Ministro Gentiloni: le linee strategiche, una politica chiara, una politica forte che non cede e non ha cedimenti di nervi. Condivido le osservazioni del collega Nicoletti e apprezzo anche le sue osservazioni sul tema delle migrazioni perché l'Italia e l'Europa non possono rinunciare, oltre che alla sicurezza, a una posizione di civiltà. Noi siamo sostenitori, Democrazia solidale e il gruppo Per l'Italia-Centro Democratico, di un'Europa che arrivi ad essere Stati uniti d'Europa, una politica estera, una politica di difesa, una grande politica di cooperazione e sviluppo, il cuore forte di una democrazia contagiosa perché umanista e umanitaria, una grande forza di pace da non imporre con la forza della guerra, con i gesti muscolari. Ma veniamo – è il realismo della nostra storia – da venti anni in cui una politica muscolare e militare contro il terrorismo ha portato a destabilizzare Stati autoritari, autoritari sì, che erano stati anche un argine al fondamentalismo terrorista di marca jihadista: Iraq, Libia, la Siria, le conseguenze di una politica estera che ritiene o ha ritenuto la guerra come una soluzione normale dei conflitti, quelle conseguenze purtroppo sono con noi oggi. I perversi progetti di marca Isis-Daesh si sconfiggono davvero, alla fine, se masse di credenti arabi e musulmani sentiranno l'Italia e l'Europa come alleati di un grande progetto, un piano Marshall, in ogni caso una grande alleanza, un grande progetto di riscatto sociale senza umiliazioni. Il Mediterraneo è più stretto e l'Europa necessita di una strategia a sud che inglobi l'Africa. L'Europa può affrontare e aiutare a risolvere anche crisi limitate, come in centrafrica, acquistare un ruolo che è necessario e si può cominciare così, è «euroafrica».
E poi «eurasia», la politica ad est non è solo gas, affari o sanzioni verso la Russia, una politica a riguardo della Russia è decisiva in termini positivi anche senza debolezza, come negli accordi di Minsk. Ricordo al collega Rabino che il Ministro Mogherini è il Ministro degli esteri dell'Unione europea e che l'Unione europea ha dato sanzioni alla Russia e che per questo motivo non poteva essere lì, ma è stato importante il suo contributo a sostegno dell'azione di Merkel e Hollande.
Ebbene, dobbiamo avere un ruolo decisivo, in termini positivi, e una politica positiva al riguardo della Russia, anche senza debolezze, come negli accordi di Minsk, per aiutare a sciogliere il nodo ucraino, per prevenire i nodi di Georgia e Moldavia, integrità territoriale e autonomie, Paesi cuscinetto e amici di entrambi i lati, Unione europea e Russia. E ci auguriamo che la Russia possa tornare ad essere un partner importante per affrontare le grandi crisi, Siria, Iraq e Libia, il contrasto a Daesh, al sedicente Stato islamico e al califfato a pezzetti, che possono diventare le tanti formazioni di islam maniacale che minacciano per primi e che vogliono prendersi un miliardo di musulmani. Per questo chi dice «immigrati uguale islam uguale terrorismo» regala un miliardo di musulmani al cosiddetto califfato, che è quello che vorrebbe. È come fargli ottenere la vittoria regalandogliela. Chi pensa che un intervento armato in Pag. 22Libia o in altre aree sia la soluzione sappia, signor Ministro (ma lei lo sa), che è un modo di regalare masse di combattenti all'Isis, anche se non vorrebbero.
Vorrei avanzare solo una proposta: che l'Italia si faccia promotrice di una nuova Helsinki sul diritto di intervento. Negli anni Settanta, la conferenza di Helsinki fu lo strumento politico-diplomatico che sostenne la distensione e allontanò l'olocausto nucleare, ma fu anche il grimaldello con cui i temi dei diritti umani non furono più totalmente estranei nel blocco dell'Est. Oggi possiamo, laddove la non ingerenza non è più sostenibile, quando i massacri avvengono in diretta tv e le vittime chiedono aiuto, oggi...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO MARAZZITI. ...dobbiamo trovare – e concludo – un modo per cui ogni intervento sia accompagnato da una soluzione politica e possieda una vera forma di legittimità internazionale.
Le propongo di convocare e di lavorare a una conferenza internazionale di Helsinki, cioè a un patto di Roma...
PRESIDENTE. Concluda !
MARIO MARAZZITI. ...per un nuovo codice di intervento umanitario (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia – Centro Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Massimo Artini. Ne ha facoltà.
MASSIMO ARTINI. Grazie, Presidente, grazie, signor Ministro. Anzitutto mi lasci esprimere la mia delusione sul fatto di trovare solamente lei qui. Lei dovrebbe sapere che questo tipo di intervento in Aula è nato su esplicita richiesta delle Commissioni esteri e difesa l'anno scorso, su proposta del presidente della Commissioni esteri del Senato Casini, con la richiesta di intervento del Presidente del Consiglio, e non solo del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, perché l'azione, dopo un anno di Governo, doveva essere ben spiegata – e lei, mi dispiace dirlo, non l'ha fatto stamattina – non solamente per quanto riguarda la politica estera ma a più ampio spettro, in merito a tutte le varie azioni che il Governo deve compiere, come giustamente anche lei diceva, ma che poi non ha spiegato, a livello di politiche economiche e finanziarie.
Lei ha parlato, Ministro – e non vado nel dettaglio di quelle che sono poi le considerazioni indicate nella nostra risoluzione – di pilastri. Lei ha ripetuto più volte «pilastri», ma questi pilastri ci hanno mantenuto in un solco che negli ultimi venti anni non ci ha portato a niente a livello di rilievo internazionale e i due fucilieri di Marina ne sono uno degli esempi più lampanti. Lei ha parlato di pilastri e poi su questi ha elencato o appoggiato tutta una serie di problemi, senza indicare effettivamente le soluzioni. Io mi chiedo: a quale pilastro, ad esempio, ci stiamo appoggiando in Libia ? A quello dell'attacco che sta facendo l'Egitto – e non capisco perché poi il sottosegretario Minniti si sia spostato in quella zona senza la presenza né del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale né del Ministro della difesa – oppure stiamo avvalorando e dando manforte all'azione di Leon rispetto a quella che è l'azione dell'ONU ? In Ucraina che tipo di azione stiamo facendo e su quale pilastro ci basiamo ? Bene o male, noi stiamo cercando di valutare entrambe le parti. La settimana prossima, giusto per farsi vedere – e mi passi il termine – il Presidente del Consiglio sarà sia a Kiev sia a Mosca, ma – e concludo, Presidente – se la NATO facesse un'esercitazione in Ucraina noi parteciperemmo ?
Ministro, il discorso è questo, a prescindere che poi agli atti vi saranno le considerazioni contenute nella nostra risoluzione, le chiedo se lei ha chiara la definizione di politica estera, che non è un elenco di situazioni da affrontare, ma una visione di un futuro che è nell'interesse dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Annunzio di risoluzioni)
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Cicchitto, Amendola, Mazziotti Di Celso, Marazziti e Locatelli n. 6-00111, Gianluca Pini ed altri n. 6-00112, Brunetta e Palese n. 6-00113, Scotto ed altri n. 6-00114, Artini ed altri n. 6-00115 e Sibilia ed altri n. 6-00116. I relativi testi sono in distribuzione (vedi l'allegato A – Risoluzioni).
Secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, tali risoluzioni saranno discusse congiuntamente al seguito dell'esame delle mozioni concernenti iniziative per il riconoscimento dello Stato di Palestina.
Seguito delle comunicazioni del Governo in materia di politica estera e seguito della discussione delle mozioni Palazzotto ed altri n. 1-00675, Rizzo ed altri n. 1-00625, Gianluca Pini ed altri n. 1-00699, Brunetta e Capezzone 1-00738, Speranza, Locatelli e Marazziti n. 1-00745 e Alli, Rabino ed altri n. 1-00746 concernenti iniziative per il riconoscimento dello Stato di Palestina.
PRESIDENTE. Avrà ora luogo il seguito delle comunicazioni del Governo in materia di politica estera e il seguito dell'esame delle mozioni Palazzotto ed altri n. 1-00675, Rizzo ed altri n. 1-00625, Gianluca Pini ed altri n. 1-00699, Brunetta e Capezzone n. 1-00738, Speranza, Locatelli e Marazziti n. 1-00745 e Alli, Rabino ed altri n. 1-00746, concernenti iniziative per il riconoscimento dello Stato di Palestina.
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali delle mozioni, che ha avuto luogo nella seduta di venerdì 16 gennaio 2015, sono state presentate le mozioni Brunetta e Capezzone n. 1-00738, Speranza, Locatelli e Marazziti n. 1-00745 e Alli, Rabino ed altri n. 1-00746, che sono già state iscritte all'ordine del giorno (Vedi l'allegato A – Mozioni).
Avverto altresì che, in data odierna, sono state presentate le mozioni Rampelli ed altri n. 1-00747 e una nuova formulazione della mozione Palazzotto ed altri n. 1-00675. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).
Prima di dare la parola al Ministro Gentiloni, vedo che il presidente Brunetta sta alzando la mano. Prego, presidente Brunetta, in merito a cosa ?
RENATO BRUNETTA. Sull'ordine dei lavori, Presidente.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENATO BRUNETTA. Il mio gruppo aveva dieci minuti per la discussione sulle linee generali, gliene sono stati dati cinque, cui lei poi, con sua buona grazia, ne ha aggiunto uno. Siccome le comunicazioni e gli accordi erano per dieci minuti, non capisco cosa sia successo. Ci può essere stato un errore da parte della segreteria dell'Aula, però, se è così, chiederei che la Presidente chieda scusa al mio gruppo e che ripristini i tempi di dibattito in questo momento, perché non è accettabile che un gruppo parlamentare, che abbia dieci minuti, veda il proprio relatore tagliato della metà semplicemente per un errore. Avendo fatto io la verifica nei miei uffici ed essendoci stata la comunicazione esatta dei dieci minuti da parte nostra, che erano quelli che ci erano stati assegnati, non vedo perché la Presidente, evidentemente indotta in errore dal suo ufficio, abbia tagliato il nostro relatore della metà del suo tempo di discussione. Siccome siamo in una discussione estremamente delicata, estremamente importante...
PRESIDENTE. Sì.
RENATO BRUNETTA. ...privare il nostro relatore di tutta una parte della sua relazione credo sia stato un caso estremamente grave.
Pag. 24PRESIDENTE. Presidente Brunetta, evidentemente, se le cose sono andate così, c’è stato un disguido. Me ne dispiaccio, certamente non è stato fatto di proposito, sia chiara a tutti la totale buona fede. Può succedere quando si lavora, mi dispiace che sia accaduto in occasione di questo importante dibattito. Adesso, quindi, preso atto del disguido, di cui mi dispiaccio, direi di continuare.
RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Prego, presidente Brunetta.
RENATO BRUNETTA. Non basta la presa d'atto. Lei deve dire: chiedo scusa al gruppo parlamentare di Forza Italia.
PRESIDENTE. Ho detto che mi dispiace che sia accaduto. Abbia pazienza. Può succedere quando si lavora. Adesso non facciamo una polemica troppo grossa su questa cosa. Ho già detto che mi dispiace. Può succedere che accada un disguido. Cosa vuole che le dica ?
RENATO BRUNETTA. Bisogna ripristinare i tempi.
PRESIDENTE. Presidente Brunetta, per favore, la prego.
FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori. Una cosa molto elementare. Ma che le costa restituire il tempo al gruppo di Forza Italia ? Mi scusi ma siamo all'asilo infantile su questo (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).
PRESIDENTE. La discussione sulle linee generali è chiusa. È questo il problema e noi dobbiamo seguire l'iter della nostra discussione. Poiché è chiusa, io adesso non la posso riaprire, per questo mi sono dispiaciuta dell'accadimento.
ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Presidente Palese, giustamente mi si fa presente che non è che tutti possono parlare. Ho già dato le spiegazioni al presidente Brunetta.
ROCCO PALESE. Proprio un flash, Presidente. Su un argomento così importante la Presidente valuti l'opportunità di integrare questi nostri tempi nelle dichiarazioni di voto. Grazie.
PRESIDENTE. Questa mi sembra un'ottima proposta che accolgo con favore. Daremo più tempo in sede di dichiarazioni di voto.
RENATO BRUNETTA. Presidente !
PRESIDENTE. Presidente Brunetta, le ho già dato la parola. Abbiamo deciso che faremo così. Daremo più tempo nella dichiarazione di voto, la prego mi consenta di andare avanti con i lavori, mi consenta di andare avanti (Commenti del deputato Brunetta). Presidente Brunetta, abbiamo chiarito, ho accolto da parte del suo gruppo la proposta di dare più tempo in dichiarazione di voto.
RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENATO BRUNETTA. La ringrazio, ma possibile che, in ogni sua presidenza d'aula, succedano queste cose ? Bastava semplicemente che lei dicesse: mi scuso, a nome dei miei uffici, e ripristino nelle dichiarazioni di voto il tempo perso. Ci voleva molto, signora Presidente ? È solo questo, rispetto di tutti e io le chiede il rispetto di tutti (Commenti dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
Pag. 25(Replica del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e pareri)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni Silveri che esprimerà altresì il parere sulle mozioni e sulle risoluzioni presentate. Prego Ministro.
PAOLO GENTILONI SILVERI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie Presidente, io ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti, i colleghi di maggioranza per il loro sostegno, ma tutti i colleghi, i colleghi di opposizione per il fatto che credo si sia trattato di un confronto utile e costruttivo, al di là dei pareri che esprimeremo e che esprimerà, a nome del Governo, il sottosegretario Della Vedova. Vorrei soltanto, in sede di una rapidissima replica, mettere in rilievo due o tre questioni. La prima è che condivido tutti i richiami che sono stati fatti, dalla collega Garavini e da altri colleghi anche di opposizione, alla necessità di un lavoro in profondità sul tema delle migrazioni. Non c’è dubbio che non possiamo vederlo solo sul lato di quello che succede nelle ultime centocinquanta miglia marittime che ci separano dalle coste della Libia e, in effetti, dobbiamo lavorare e lavoriamo nei Paesi di origine, nei Paesi di transito, nelle emergenze in mare e nella gestione della presenza dei migranti sul territorio con il necessario equilibrio tra accoglienza e controllo. Abbiamo alle spalle anche delle storie di successo in questi anni sia negli Balcani occidentali che in alcuni paesi del Maghreb in cui, nel corso degli ultimi 15-20 anni, siamo passati da gravissime emergenze a situazioni graduali progressive. Ci hanno lavorato diversi Governi che hanno portato a stabilizzare e a regolarizzare questi fenomeni. È quello che dobbiamo fare, sapendo che c’è una difficoltà in più che è la crisi libica. Di errori dell'Occidente, di nostri errori, cari colleghi, è ovvio che possiamo e dobbiamo parlare e anche di come rimediarli. Io ho apprezzato l'ipotesi avanzata dal collega Marazziti sul tema del diritto e delle modalità dell'intervento; non c’è dubbio che ci siano stati, in alcuni teatri, degli interventi che non si sono posti il problema del dopo e, nel momento in cui si sviluppava l'intervento, non hanno ragionato abbastanza sulle conseguenze e sulla ricostruzione successiva.
Ma questa discussione sui nostri possibili errori, non di qualcun altro, dell'Occidente, di cui noi facciamo parte, non può sconfinare – lo dico al collega Siviglia – nel fatto che noi rispolveriamo dalle soffitte un linguaggio sull'imperialismo delle multinazionali americane, che francamente è lontano, non voglio dire dalla realtà di questi teatri, ma lontano da quella che deve essere, a mio parere, l'impostazione dell'Italia. Se noi immaginiamo questo strapotere delle multinazionali dell'imperialismo americano, finiamo per considerare quasi una conseguenza naturale ed inevitabile la barbarie del terrorismo, che non è affatto una conseguenza naturale ed inevitabile, ma è un'azione soggettiva, nei confronti della quale occorre mobilitarsi con tutte le nostre energie e senza alcun avallo a giustificazionismi di tipo sociologico di qualsiasi natura (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
Ucraina, per concludere. Io credo che il Governo faccia bene – ci mancherebbe, visto che lo dico io – a rivendicare l'equilibrio con cui ha gestito questa crisi. Prima il collega Artini diceva: ma che facciamo, la NATO in Ucraina... Noi partecipiamo – credo che i colleghi lo sappiano – al pattugliamento aereo NATO che sorvola i cieli dei Paesi baltici che fanno parte dell'Alleanza atlantica, così come abbiamo partecipato alle sanzioni economiche nei confronti della Russia. Ma contemporaneamente abbiamo tenuto sempre aperta la linea del dialogo, non ci siamo mai accodati a nessuno, abbiamo detto «no» alla fornitura di armi all'Ucraina, abbiamo detto «no» all'idea di un'Europa che si trasformi in un rubinetto di sanzioni, che ogni volta che si riunisce emette nuove sanzioni. Lo abbiamo fatto anche grazie al Pag. 26lavoro di qualità dell'Alto rappresentante Federica Mogherini, che ha guidato l'Unione europea in questo contesto in un percorso complicato. Ci vuole l'unanimità in sede di Unione europea per decidere le sanzioni e vi assicuro che non è facile raggiungere l'unanimità, dalla Lituania alla Grecia, su questioni così delicate.
Infine, all'Europa, la nostra casa europea, che continuiamo a chiedere – e abbiamo ottenuto dei risultati, cari colleghi – di mettere al centro della sua attenzione il Mediterraneo. Lo voglio fare richiamando le parole di un grande italiano, Aldo Moro, che diceva: «Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa ed essere nel Mediterraneo, poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo». Ed è con questa consapevolezza che noi a Riga, la prossima settimana, e a Bruxelles, la settimana dopo, al centro dei vertici europei avremo la crisi libica e la crisi del Mediterraneo e penso che daremo una dimostrazione in questo senso della forza con cui l'iniziativa del Governo italiano ha posto questo tema in cima all'agenda internazionale.
Vi ringrazio e lascio la parola al sottosegretario Della Vedova, che darà i pareri a nome del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Prego, sottosegretario, la invito ad esprimere i pareri.
BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente, per quanto riguarda le risoluzioni sulle dichiarazioni rese dal Ministro, pur apprezzando le convergenze che in molte delle relazioni ci sono state, il Governo esprime parere favorevole sulla risoluzione Cicchitto, Amendola, Mazziotti Di Celso, Marazziti e Locatelli 6-00111 e parere contrario su tutte le altre.
Per quanto riguarda, invece, le mozioni sulle iniziative per il riconoscimento dello Stato di Palestina – adesso non vorrei sbagliare i numeri –, il Governo esprime parere favorevole sulle mozioni Speranza 1-00745 e Alli 1-00746, mentre esprime parere contrario su tutte le altre.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.
PIA ELDA LOCATELLI. Grazie Presidente, ancora una volta mi avevano detto ieri che avrei avuto tre minuti e me ne ritrovo due. Cercherò di stare stretta.
Interesse primario della politica estera italiana, europea e mediterranea è contribuire a comporre il conflitto israelo-palestinese con una pace giusta e durevole. Noi socialisti ne siamo profondamente convinti e siamo profondamente convinti del contenuto della risoluzione del Parlamento europeo, che sostiene l'opportunità di un pieno riconoscimento dello Stato della Palestina nei confini che gli sarebbero riconosciuti internazionalmente dalle Nazioni Unite.
Le risoluzioni ONU hanno sempre indicato una precisa distinzione tra i territori di pertinenza dello Stato di Israele e quelli di pertinenza dello Stato palestinese indipendente, a partire dalla risoluzione n. 181 del novembre 1947. Dopo quasi 68 anni, quella risoluzione non è ancora stata attuata e osserviamo anche, con grande dispiacere, che il negoziato tra Israele e Palestina è bloccato. Questa è una sconfitta per tutti. Se veramente riteniamo la pace obiettivo da perseguire con determinazione, non possiamo rimanere inerti e da qui la proposta del riconoscimento della Palestina come strumento di sblocco dello stallo. Lo hanno già fatto i parlamenti europei di Francia, Spagna, Gran Bretagna, Irlanda, il Governo svedese ed una parte crescente della comunità internazionale. Si tratta di un atto unilaterale, come sostiene il Governo israeliano ? Sì, certo, ma come fece esattamente Ben Gurion, nella notte tra il 14 e il 15 maggio Pag. 271948, quando preparò la dichiarazione di indipendenza e cioè il documento di fondazione dello Stato di Israele.
Ma noi oggi vogliamo soprattutto ricordare che la decisione di oggi segue coerentemente quella che prendemmo nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel novembre 2012, quando l'Italia votò a favore del riconoscimento della Palestina come Stato osservatore. Si trattò di una decisione non scontata, per la quale fu decisivo l'intervento dell'allora Presidente Giorgio Napolitano. Fu quella la decisione politicamente rilevante. Questa di oggi è, per così dire, derivata e ci annovera, insieme ad altri Paesi, tra quelli che promuovono e che vogliono sbloccare il negoziato.
Pari dignità tra le due parti. Questa pari dignità sosterrà il potere legale del Governo palestinese legittimo, dando forza al suo Presidente Abu Mazen, faciliterà la ripartenza del negoziato e aiuterà entrambe le parti a percorrere la strada verso la pace. È per questo che dobbiamo essere numerosi a sostenere la mozione congiunta che abbiamo presentato. Dobbiamo essere uniti nello sforzo di costruzione della pace, senza rivendicare primazie anche fuori luogo, colleghi e compagni di Sinistra Ecologia Libertà. Ecco, tutti insieme speriamo di raccogliere largo consenso su questa mozione condivisa (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI) e Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Artini. Ne ha facoltà.
MASSIMO ARTINI. Signor Presidente, la mia sarà una valutazione molto semplice su quello che rappresenta la fine di questo percorso, che ha visto mancare una cosa in quest'Aula, fino ad oggi spero, e spero che il Governo prenda anche l'auspicio che prima faceva il Ministro. È mancato il coraggio fino ad oggi, il coraggio di arrivare a questa soluzione, perché probabilmente qualche anno fa, qualche decennio fa, saremmo stati tra i primi parlamenti in Europa ad approvare una mozione del genere.
Indubbiamente mi aspetto che il Ministro abbia il coraggio di fare quello che ha fatto la Svezia, cioè di riconoscere a livello governativo questa soluzione. Tale soluzione è proposta dalle mozioni di Palazzotto, di Rizzo e anche della collega Locatelli, che effettivamente vanno nello spirito corretto di un riconoscimento dei due Stati.
Io ritengo che sia un passaggio fondamentale e ritengo corretto fare un excursus storico, che probabilmente sarà spiegato meglio da chi ha più tempo per poter svolgere il proprio intervento. Ma l'unico spunto che mi viene da darle, Ministro, è che noi abbiamo una credibilità che abbiamo conquistato anche grazie alla missione internazionale del Libano e una credibilità che, negli anni, abbiamo costruito in quell'area. Riconoscere questa situazione che l'ONU ha già indicativamente riconosciuto sarebbe per noi sicuramente un modo per essere fondamentali nel ruolo di pacificatori nell'area della Palestina e nel conflitto, che è evidente a tutti, con Israele.
Quindi, da parte mia chiedo una cortesia anche al Presidente, perché al momento a livello elettronico non è possibile visualizzare la mozione del Partito Democratico se ce n’è una; e do un parere sulle mozioni: per cui parere favorevole su Palazzotto, Rizzo e Locatelli, e astensione su quella di Pini al momento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Presidente, colleghi deputati, Ministro, Governo, io ho rinunciato a fare l'intervento nella discussione generale per consumare in questa dichiarazione di voto delle considerazioni più ampie rispetto alle questioni riguardanti soltanto la vicenda palestinese.
Il Governo non ha dato a Fratelli d'Italia, alla destra italiana sufficienti elementi Pag. 28per poter sviluppare il suo senso dello Stato e la sua volontà e il suo desiderio di fare squadra: sicuramente quando ci sono scenari complessi – e la politica estera di questi giorni manifesta uno scenario complessivamente terribile, più che difficile – siamo critici, fortemente critici, perché a nostro giudizio i fallimenti del Governo – e noi ci auguriamo, Ministro Gentiloni, che lei riesca pian piano a porvi rimedio, perché certamente non sono tutte sue, le responsabilità – sono chiari. È stato citato non da noi, da un collega della maggioranza, poco fa la completa esclusione dell'Alto commissario europeo alla politica estera Federica Mogherini dai negoziati russo-ucraini: c'erano la Merkel, Hollande, c'era Poroshenko insieme a Putin; non c'era la Mogherini, e se il problema fosse stato formale magari si poteva comunque trovare una soluzione: poteva partecipare il Presidente del Consiglio in persona, se il problema era l'Europa in quanto tale, l'istituzione europea.
Fatto sta che lì c’è uno scenario di crisi, per noi importante, lì si gioca un pezzo saliente del futuro destino energetico del pianeta e dell'Europa. Si è consumato uno strappo nell'inedia dell'Unione europea, troppo attenta alle politiche economiche di rigore, troppo in balia di poteri forti e potentati finanziari, cosicché nell'epoca dell'economia globale, quando l'Europa dovrebbe il più possibile ampliare il proprio raggio d'azione, e certamente non frantumarsi con la Federazione Russa, ci troviamo con un'Europa ancora debole. Da un lato ci sono gli Stati Uniti d'America, dall'altro lato ci sono i Paesi emergenti che spingono, che crescono ad un ritmo iperuranico; e l'Europa invece si spacca ancora, e lascia la Russia in balia delle nostre sanzioni. E questo è il secondo fallimento, perché l'accettazione delle sanzioni verso la Russia è stato supina da parte dell'Italia e del nostro Governo: non abbiamo evidentemente un peso particolarmente rilevante per indurre l'Unione europea a rivedere la proprie posizioni o i suoi partner internazionali.
Siamo spariti completamente dalla Libia, dopo la nefasta avventura contro il dittatore, il terribile dittatore Gheddafi: ma lì mi pare che di dittatori ce ne siano in quantità industriale, non è che Gheddafi fosse molto peggio di altri; tant’è che quando si sono sviluppate, e hanno preso il sopravvento le cosiddette primavere arabe, si è dovuti in qualche misura e in qualche occasione ricorrere ai colpi di Stato militari per ripristinare dei Governi dialoganti con l'Occidente, perché nelle libere democratiche elezioni in Egitto, come tutti sappiamo, avevano vinto i Fratelli Musulmani, l'area più radicale di quella nazione.
Ma dopo questa nostra sparizione dalla Libia, dopo l'attacco della Francia, che è stato un attacco a gamba tesa contro l'Italia e contro i suoi interessi, non poteva che accadere quello che è accaduto.
Abbiamo due Governi, un Governo legittimo, che però non sta a Tripoli, ma sta a Tobruk, quello di fatto condizionato dall'Egitto, quello che oggi fa asse con la Francia e, dall'altro lato, i Fratelli Musulmani, che sono posizionati viceversa a Tripoli; tutti e due, pare, apparentemente siano distanti dall'ISIS, dal progetto di neocaliffato e quindi da tutte le nefandezze che abbiamo potuto commentare anche in questo dibattito. Ma l'Italia non c’è stata. Il fatto che oggi si stia qui a parlare di Libia, o che lo si sia fatto poche settimane fa, testimonia una superficialità disarmante.
Voglio ancora ricordare perché non possiamo essere soddisfatti dell'operato del Governo e quindi non sosterremo le risoluzioni che sono state presentate dalla maggioranza: la Francia e l'Egitto ci hanno impiegato ventiquattro ore per chiedere la convocazione d'urgenza di un consiglio di sicurezza straordinario delle Nazioni Unite per affrontare il problema libico, mentre noi appunto, lungo l'arco di qualche anno, non siamo stati capaci di fare nulla, neanche di fare quella riconciliazione che oggi – scopriamo l'acqua calda – sembra essere lo scioglilingua preferito del Ministro Gentiloni e del Presidente del Consiglio, Renzi.
Siamo insoddisfatti perché il pericolo dell'ISIS l'avevamo denunciato tante volte Pag. 29e abbiamo ascoltato il parere dei servizi – non solo di quelli italiani, che poi hanno negato di aver dato informazioni di questo tipo – ma anche di altri servizi segreti, che hanno messo in guardia l'Italia rispetto alla possibilità di infiltrazioni di terroristi all'interno dei barconi in queste terribili tratte della morte, che ahimè abbiamo, invece che arrestato, alimentato, alimentando con esse anche i morti ammazzati, quelli che sono finiti dentro il Mediterraneo e che non vengono misteriosamente contabilizzati dal nostro Governo.
Noi siamo convinti che questo rischio esista; siamo convinti che l'Italia dovrebbe fare di più; siamo convinti che un altro fallimento del Governo sia rappresentato dal fatto che, mentre il terrorismo cresce con i suoi rischi per l'Italia e per l'Europa, l'Italia diminuisce i fondi per la difesa e per la sicurezza e questo è un fatto del tutto clamoroso perché tutto si potrebbe fare in questo bailamme internazionale, fuorché disinvestire nella sicurezza e nella difesa e non riusciamo soprattutto a indurre – altro elemento di debolezza, altro segno di un fallimento – la comunità internazionale, vuoi l'ONU, vuoi l'Unione europea, a intervenire lì e a realizzare dei centri di raccolta delle domande di asilo per chi ne ha diritto e titolo, per chi deve ottenere la protezione internazionale senza doversela sudare, affrontando viaggi terribili e spesso – ancorché bambino o donna – per finire, come già abbiamo detto prima, la propria vita anticipatamente nell'indifferenza generale.
Quella è l'unica soluzione possibile che ci ripara dal rischio di infiltrazioni terroristiche, che protegge le vite umane e che regolarizza, attraverso l'accettazione delle domande a monte e lo smistamento dei profughi nei diversi Paesi dell'Unione europea e dell'Occidente, quelli comunque che vengono indicati dagli asilanti stessi come mete di destinazione.
Siamo delusi e riteniamo che sia un fallimento la questione dei marò. Lei ha citato i marò dicendo: voglio qui ricordare – come se fossero morti – Latorre e Girone; ma non sono morti; forse sono morti per voi, nella vostra testa, nella inedia che avete manifestato fin qui. Sono oltre tre anni che ci prendete per i fondelli: questa cosa è nata male e rischia di finire peggio, se non ci mettete la testa dentro. Noi facciamo parte di una comunità internazionale, le cui missioni alimentiamo con nostri risparmi e con vite umane e l'internazionalizzazione della crisi non si riesce ad ottenere e comunque non riesce ad essere efficace. Non bisogna ricordare i marò in un discorso di circostanza fatto alla Camera dei deputati dal Ministro degli esteri; bisogna andare a liberarli; bisogna imporre che il diritto internazionale venga rispettato dalla comunità internazionale tutta, anche dall'India.
Siamo delusi anche per le vicende che sono accadute più di recente. Io ricordo – perché poi la memoria spesso ci tradisce – che, per le improvvide e per certi aspetti risibili dichiarazioni che lei, Ministro, ha fatto insieme al Ministro della difesa, Pinotti, qualche giorno fa, di fatto, ci ha costretti ad abbandonare la Libia.
Eravamo, forse, l'ultimo Paese dell'Occidente a mantenere una nostra delegazione diplomatica in Libia. Siamo stati definiti l'Italia «crociata», dopo quelle dichiarazioni, e abbiamo dovuto velocemente riparare in Italia, praticamente smobilitando la nostra rappresentanza diplomatica, e quindi politica. Concludo – avevo ancora due punti da sviluppare, ma li lascerò volentieri agli stenografi – per dire che sulla Palestina siamo esterrefatti dal comportamento del Governo, che, a nostro giudizio, ha espresso pareri senza neanche leggere le mozioni.
Molte di queste mozioni, anche se non sono della maggioranza, si somigliano: quasi tutte asseriscono che ci devono essere due Stati e due popoli, e quasi tutte asseriscono che il riconoscimento dello Stato palestinese non può prescindere dal riconoscimento reciproco della Palestina nei confronti di Israele, e quindi anche dal rispetto e dalla tutela della difesa della pace e del buon vicinato...
PRESIDENTE. Concluda.
Pag. 30FABIO RAMPELLI. ...tra i due Paesi e i Paesi arabi che vi sono intorno. Quindi, invito – e concludo davvero, grazie, Presidente – il Ministro Gentiloni e il sottosegretario Della Vedova a rivedere le mozioni, perché alcune di queste mozioni dicono esattamente la stessa cosa di quelle della maggioranza. Non credo che appartenere a un partito possa dare diritto ad avere un parere favorevole a prescindere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mario Marazziti. Ne ha facoltà.
MARIO MARAZZITI. Presidente, signor Ministro, colleghi deputati, la politica estera è oggi centrale, ancora più di ieri, per la vita interna, le scelte dell'Italia e il futuro dell'Europa, ma anche del nostro pianeta. È tempo di piccole e grandi guerre, di antiche ferite mai rimarginate, di cambiamento e di destabilizzazione. Vi è chi vorrebbe cambiare i confini del mondo: Iraq, Libia, Siria. Vi è un vuoto ad est e in Medio Oriente, nel Corno d'Africa e nel Nord Africa, dovuto anche a un cambio di strategia dei nostri grandi alleati, gli Stati Uniti.
Siamo dentro una grande transizione geopolitica e questo vuoto è a disposizione di gruppi terroristici, predicatori dell'orrore e della rivincita dall'umiliazione occidentale, degli strateghi del califfato e della paura nera, venduta mediaticamente per moltiplicare paura, attrarre masse musulmane con un messaggio perverso, ma semplice: «facciamogli paura e provochiamo reazioni istintive in casa loro», fino ad attrarre scombinati, avventurieri insoddisfatti ed europei affascinati dalla rivoluzione assoluta, i foreign fighters, o promettendo riscatto a nuovi europei, abitanti di periferie marginalizzate e umiliate, che chiedono dignità e che non possiamo lasciare a se stesse.
Per questo, oggi, le scelte giuste in politica estera passano per la risposta alla domanda anche su chi siamo, cosa è l'Europa, l'Italia che vogliamo. Il Mediterraneo è più stretto, l'Europa necessita di una strategia a sud che inglobi l'Africa. L'Europa può affrontare e aiutare a risolvere anche crisi limitate. Ho detto poco fa Eurasia – la politica ad est non è solo affari o sanzioni verso la Russia – e che una politica riguardo alla Russia è decisiva in termini positivi, con fermezza, come negli accordi di Minsk, per aiutare a sciogliere il nodo ucraino, per non avere altri problemi in Georgia, Moldavia e altrove.
Per questo, politica estera è essere forti, ma non muscolari, resistere alle tentazioni automatiche, quelle che Daesh-ISIS vorrebbe, quando lancia i suoi video e i suoi messaggi deliranti, per far credere che dobbiamo sempre avere paura. E chi pensa – lo dico ad alcuni colleghi in quest'Aula – che un intervento armato in Libia o in altre aree sia la soluzione, sappia – signor Ministro, lei lo sa – che è un modo di regalare masse di combattenti e di civili che sono lontanissimi dalla visione Daesh-ISIS, ma che, all'essere invasi, preferirebbero mettersi in franchising sotto le bandiere nere.
In questo quadro, dobbiamo evitare che scoppino altri focolai. Dobbiamo sostenere il Libano, che ha sul suo territorio un terzo della popolazione di profughi siriani, palestinesi ed iracheni: come se in Italia fossero arrivati 20 milioni di profughi negli ultimi quattro anni. Dobbiamo sostenere la riapertura di un processo negoziale, senza colpi di mano, per aiutare le classi dirigenti palestinesi e israeliane a scegliere una pace definitiva, invece della non guerra permanente. È il modo di disinnescare l'accumulo di torti e ragioni, sofferenze e rancori che ammalano ormai tre generazioni.
In un mondo multipolare, l'Europa ha il vantaggio di essere una costruzione ideologica, la nostra debolezza e la nostra forza. Occorre di volta in volta costruire soluzioni ad hoc, coalizioni ad hoc, per risolvere le crisi in atto. Può farlo meglio di altri l'Europa e l'Italia può promuovere questa strategia.
Infine, Libia e crisi africane. La Libia per prima. In Italia c’è un software di dialogo interreligioso, una capacità politica e i contatti giusti che possono permettere Pag. 31di riprendere il controllo del territorio e l'inizio di un'autorità statuale capace di mettere insieme le componenti oggi in lotta in un Paese frammentato. Per questo è giusta la presa di responsabilità italiana nello sforzo internazionale. È uso della forza politica dell'Italia. L'autorevolezza internazionale di Romano Prodi, come rappresentante per la crisi libica a livello internazionale, può essere una risorsa da utilizzare.
E poi l'Africa, grande sud, non solo spazio di business e ricerca di materie prime, il futuro grande granaio mondiale. A partire da Sahel e Africa occidentale, così vicina anche per le implicazioni di migrazioni, terrorismo e traffici illeciti, l'Italia può riempire positivamente quel vuoto. Non esistono più african solutions for african problems, ma solo soluzioni politiche globali attuate in amicizia e partnership con i popoli africani. Contribuire a risolvere le crisi africane è a nostra portata. Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Centrafrica, Repubblica democratica del Congo: la politica estera italiana può dare un contributo decisivo di prima linea su scala mondiale.
E c’è un'ultima, centrale direzione di politica estera italiana. Per questo noi del gruppo Per l'Italia-Centro Democratico abbiamo presentato, come Democrazia Solidale, e io ho firmato una mozione, con i colleghi del Partito Democratico e con i Socialisti italiani, che pone al centro la necessità della ripresa e dell'accelerazione dei negoziati per una pace definitiva nel conflitto israelo-palestinese, perché il percorso di riconoscimento dello Stato palestinese possa essere parte di un lavoro per far cadere ogni minaccia alla sicurezza dello Stato di Israele e alla vita di tutti i cittadini israeliani e palestinesi che vivono su quella terra straordinaria, troppo desiderata, troppo amata, troppo martoriata. Per questo voteremo, come democrazia solidale, con il nostro gruppo Per l'Italia – Centro Democratico, anche la mozione che porta la prima firma del presidente della Commissione esteri Fabrizio Cicchitto.
Occorre fare di tutto, anche perché la leadership palestinese trovi una unità tra tutte le componenti: Al-Fatah e Hamas, le generazioni cresciute nella guerra che vogliono la pace, che venga cancellata ogni negazione all'esistenza dell'altro, all'esistenza di Israele. Dobbiamo passare – concludo – dalla non guerra alla pace. È una lunga storia di sofferenze, di vittime, di ragioni e di torti terribili da tutte e due le parti. È una lunga storia di occasioni perdute. Occorre una leadership che sappia sognare, volere, sacrificarsi per la pace, ma è difficile con la libertà limitata e sotto minaccia terroristica.
Non c’è vicenda nel conflitto israelo-palestinese che non possa avere due spiegazioni, entrambe plausibili. C’è chi dice che Israele ha rinunciato ai territori unilateralmente e Gaza è lì a dimostrarlo. I palestinesi hanno lasciato, loro, che Hamas e la violenza prendessero il sopravvento e, con Hamas, la follia di voler cancellare lo Stato di Israele.
E c’è chi dice, con la stessa ragione degli altri, che il ritiro unilaterale di Israele ha permesso di spezzare l'unità palestinese, forse, ha allontanato la pace, permettendo ad Hamas di rafforzarsi. Allora, noi non possiamo lasciare soli, con queste due verità contrapposte, i nostri amici e fratelli palestinesi e israeliani, anche per il debito morale che abbiamo con ogni ebreo per lo sterminio europeo e per il riemergere ricorrente, ignorante, violento e brutale dell'antisemitismo. Per questo lavoreremo, perché due Stati amici siano possibili, dove non si sa ancora immaginare la pace. Sappiano i palestinesi, che soffrono di mancanza di acqua e di lavoro, che la violenza è il loro più grande nemico. E il grande Governo e il popolo di Israele sappiano che la felicità del popolo palestinese deve essere la propria. Occorre immaginare la pace, che comincerà quando le ragioni dell'avversario diventeranno le proprie. Chi è più forte ha più responsabilità, ha la responsabilità di farlo meglio degli altri, di farlo un secondo dopo il riconoscimento da parte di tutti i palestinesi dello Stato di Israele e del diritto a vivere in sicurezza. Noi Pag. 32lavoreremo con loro per questo (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia-Centro Democratico e Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Grazie Presidente, naturalmente, non in maniera pregiudiziale, ma proprio guardando i contenuti e il testo, il nostro gruppo non può assolutamente votare favorevolmente la risoluzione proposta dalla maggioranza. E, come ripeto, non per una questione pregiudiziale di posizioni politiche, ma perché è una risoluzione che dice, testualmente: «a seguire le linee di fondo della politica estera dell'Italia». Come abbiamo detto prima, la politica estera dell'Italia non esiste e, quindi, si tratta di una presa in giro. Una politica estera che non esiste, cioè un mandato in bianco al Governo a fare un qualcosa che ha dimostrato di non essere in grado di fare. Anzi, ha dimostrato solo di riuscire a farsi schiacciare dalle decisioni di altri Paesi; ha dimostrato di non essere in grado di coordinare la politica estera dell'Unione europea nonostante sia stato estorto in qualche modo agli altri Paesi questo ruolo per una persona che si è dimostrata assolutamente inadeguata.
Prima si parlava, non a torto, di nanismo internazionale del Paese. Nanismo dettato dalla mancanza di coraggio. Mancanza di coraggio che si è assolutamente palesata in quest'Aula oggi quando il Ministro Gentiloni, con evidente imbarazzo, ha elencato tutta una serie di problematiche internazionali, di scenari dove noi in qualche modo siamo stati chiamati, in alcuni casi giocoforza, ad intervenire, ma non siamo intervenuti o, perlomeno, lo abbiamo fatto solo a parole e non nei fatti. Vi è mancanza di visione strategica, come si ricordava prima, riguardo appunto il ruolo dell'Italia all'interno dello scenario del Mediterraneo. Mentre l'Europa ha perso centralità nello scacchiere internazionale, il Mediterraneo l'ha riconquistata, purtroppo per delle problematiche, non perché qualcosa di positivo è accaduto, ma qualcosa di negativo. Lo scenario della Libia, lo scenario della Grecia e quant'altro che, purtroppo, si è evidenziato poi con l'avanzata anche in questo scenario da parte dello Stato islamico, del Califfato.
Come dicevo, mancanza di capacità decisionale, quindi, e anche assenza di chiarezza perché la maniera ondivaga con cui sono state gestite le prime fasi della crisi libica evidenzia, appunto, tutta la pochezza e l'incapacità da parte di chi deve gestire la politica estera italiana nello scacchiere internazionale. Mancanza di autorevolezza. Il fatto che nei tavoli decisionali, dove vengono fatte delle scelte che andranno ad incidere, non nell'immediato, ma nel medio e lungo termine, l'Italia non sia mai stata chiamata a dare la propria visione, a dare il proprio contributo, certifica di fatto, come ripeto, l'inadeguatezza dell'ex collega Mogherini e l'assoluta irrilevanza della politica estera italiana. Allora, in questo scenario è logico che nessuno può dare un mandato in bianco, soprattutto per seguire un qualcosa che non esiste.
Ma soprattutto nessuno può sostenere la possibilità, con una risoluzione, di dire al Governo di risolvere tutti i problemi quando non è in grado di risolvere problemi, anche quelli enormi, con impegni che sono abnormi rispetto alle capacità stesse che questo Governo ha dimostrato di non avere. Ma almeno si pensava che il buonsenso potesse portare ad una risoluzione o a un qualcosa che riconoscesse i problemi immediati: la Libia, il califfato, il fatto che la Russia deve essere coinvolta nello scenario delle decisioni della diplomazia internazionale, non esclusa.
Ministro Gentiloni, mi viene da ridere quando sento dire che l'Italia si è opposta alle sanzioni quando è la politica estera europea che le ha imposte e a capo della politica estera c’è la Mogherini. Non venite qui a prenderci per i fondelli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! Capisco che non conti assolutamente nulla a questo punto. Lei ha certificato che la Mogherini non conta nulla, è solo lì a fare un'operazione di rappresentanza perché, Pag. 33se lei dice una cosa e poi l'Alto rappresentante, che in qualche modo deve fare la sintesi della politica estera, è quella che certifica le sanzioni, c’è qualcosa che non funziona. C’è un corto circuito pericolosissimo e anche qui viene a mancare di nuovo il discorso dell'autorevolezza.
La questione libica: lei ha detto che stiamo lavorando – non si capisce attraverso quali canali onestamente perché non ci sono nostri rappresentanti su quei tavoli – affinché si arrivi ad un Governo di unità nazionale in Libia. Stiamo scherzando ? Ci sono due Governi in questo momento che si odiano forse più di Renzi e di Civati: è impossibile metterli d'accordo sostanzialmente. Ci sono millecinquecento tribù, voi non siete in grado di mettere d'accordo due tribù all'interno del Partito Democratico e pensate di fare andare d'accordo le tribù all'interno della Libia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ? È questa la vostra capacità.
Il vero problema, ripeto, è che voi non avete autorevolezza. Non siete in grado di prendere delle decisioni tali per cui il Paese in qualche modo abbia un ruolo e pian piano, anche laddove giocoforza eravamo chiamati ad intervenire, state facendo scivolare il Paese fuori da questi tavoli anche dove gli altri interlocutori erano obbligati a chiamarci. Il fatto di non prendere decisioni, la mancanza di coraggio non è la mancanza di coraggio che citava il collega Artini rispetto alla Palestina: anche lì il solito mezzo pastrocchio, dire e non dire.
La mancanza di coraggio, l'incapacità di prendere delle decisioni che diano autorevolezza al Paese: questo è il vero problema della politica estera. In merito, ad esempio, alla questione dei marò continuiamo a sentirci dire: ci sono le condizioni perché questi due fucilieri di marina tornino a casa. A parte che uno per altri motivi purtroppo c’è già. Quali condizioni quando poi fate un decreto-legge che smentisce la legge che ha votato questo Parlamento tre o quattro mesi fa ? C’è una legge, Ministro Gentiloni, votata da questo Parlamento, che dice una cosa chiarissima: non si fanno missioni antipirateria dal 1o gennaio 2015 se la questione dei due fucilieri non è stata risolta. Ma quale autorevolezza pensate di avere nei confronti dell'India se smentite voi stessi ? Come pensate di risolvere la questione dei marò se smentite con una legge un'altra legge che la stessa maggioranza ha votato ? Questi sono i problemi veri della politica internazionale.
Non avete autorevolezza, non siete credibili, come non siete credibili quando sostenete una mozione come quella di maggioranza relativamente alla Palestina che dice e non dice, giusto per non pestare i piedi a nessuno. In realtà i piedi li pestate perché un passo del genere, il riconoscimento di fatto dello Stato di Palestina, senza che vi sia un accordo bilaterale con Israele, è un precedente pericolosissimo per questo Paese. Israele è l'ultimo baluardo democratico che si ha nel Medio Oriente. Se si vanno a rompere gli equilibri, se si dice a Israele: ci penseremo poi, adesso facciamo un passo in avanti verso la Palestina perché è giusto, perché l'hanno fatto tanti altri Paesi. Non è che se uno va a sbattere la testa contro il muro per forza di cose, per fare bella figura ci dobbiamo andare a sbattere anche noi. Fermatevi, perché una soluzione unilaterale sulla questione della Palestina è pericolosissima. Guardi, le dico una cosa in tutta onestà, cosa che non avrei mai pensato di dire da leghista: fate rimpiangere la politica estera di Andreotti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO. Signora Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il mondo è un posto più sicuro ? Torno a ripetere questa domanda in quest'Aula. Quindici anni di guerra al terrorismo hanno prodotto qualche risultato in termini di sicurezza ma anche in termini di stabilità e di progresso ? Io credo che tutti gli italiani possano rispondere facilmente a questa domanda guardandosi intorno. Noi Pag. 34abbiamo il dovere morale di dire la verità in quest'Aula e ai cittadini italiani, dobbiamo raccontare infatti che l'Isis è la minaccia più grande che l'umanità abbia mai conosciuto dopo il nazismo, non solo perché mina il principio di convivenza civile ma perché nega in sé i progressi che l'umanità ha raggiunto negli ultimi duemila anni. Ma dobbiamo avere anche il coraggio di dire che se oggi l'Isis può nascere e prosperare in Medio Oriente è grazie alle scelte scellerate di politica estera e militare a cui il nostro Governo, insieme a tutti i Governi occidentali, ha partecipato, dalla guerra in Iraq contro fantomatiche e mai ritrovate armi di distruzione di massa di Saddam Hussein alla partecipazione indiretta alla guerra civile siriana, in cui i nostri alleati hanno fornito armi e finanziamenti a gruppi di ogni genere e sorta in funzione anti-Assad. Dobbiamo raccontare l'interminabile sequenza di errori commessi nello sciagurato intervento militare in Libia, di cui oggi noi paghiamo le conseguenze, dalla nostra fuga dopo aver destituito Gheddafi lasciando un Paese senza guida in mano a milizie armate da noi a contendersi il patrimonio dello Stato libico. Dovremmo raccontargli che in Libia, come in Siria, in Iraq si sono giocate partite più grandi delle questioni interne, che Paesi come Arabia saudita, Qatar, Turchia ed Egitto, tradizionalmente nostri alleati, hanno giocato una partita sporca, finanziando e sostenendo gruppi terroristici e milizie armate al fine di destabilizzare la regione e trarne beneficio in termini di affari economici o semplicemente di egemonia politica della regione. Dobbiamo dirgli per esempio che nel 2013 le nostre industrie belliche hanno venduto armi in Medio Oriente per 888 milioni di euro e che il primo Paese al mondo verso cui l'Italia esporta le armi è l'Arabia Saudita, ovvero dovremmo dirgli quindi che ad armare i nostri nemici e a finanziarli siamo stati in primo luogo noi, signor Ministro. Ma raccontare tutto questo significa raccontare che queste guerre sono state create perché si volevano vendere le armi, perché le lobby della nostra industria bellica dovevano affrontare la crisi e i tagli delle spese militari, perché bisognava trovare uno sfogo alla crisi del prezzo del petrolio. Per questo in questi giorni tornano a battere i tamburi di guerra sui giornali della destra, vecchi e nuovi interventisti raccontano che se non andiamo a bombardare ci troveremo il nemico in casa.
Ebbene, mi dispiace informarvi, il nemico ce l'abbiamo già in casa, non è uno straniero invasore. Siamo tutti stati Charlie nei giorni drammatici di Parigi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) e ci siamo dimenticati che noi eravamo anche i fratelli Kouachi, che anche loro erano figli di questa Europa, che li ha cresciuti nelle banlieue parigine dell'emarginazione e della povertà, la stessa Europa che oggi sta testimoniando al popolo greco di aver smarrito la sfida dei suoi valori fondativi.
E se in questi anni invece di investire in armi in Medio Oriente avessimo investito nella ricostruzione di quei Paesi che abbiamo distrutto, se ci fossimo assunti la responsabilità di far rinascere un sistema di welfare, se avessimo costruito le scuole e gli ospedali, forse oggi avremmo meno pazzi fanatici che tagliano le gole e distruggono i musei e qualcuno pronto invece a combattere, come hanno fatto i curdi a Kobane (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), nella Repubblica del Rojava, dando a noi occidentali prova di grande coraggio e civiltà.
E in questo contesto, signor Ministro, che segnale sarebbe al mondo arabo, vittima di un nemico subdolo e perverso come l'Isis, il riconoscimento dello Stato di Palestina ? Quante armi di comunicazione di massa faremmo sparire dalle mani dell'Isis affermando il principio che l'occidente è pronto a riconoscere i diritti negati a quei popoli che hanno vissuto nell'ingiustizia e nell'oppressione per decenni ? La pace si costruisce inaridendo la terra in cui sono piantati i semi dell'odio, semi che nascono dall'ingiustizia e dalla negazione dei diritti.
Il conflitto israelo-palestinese non è una questione secondaria dentro questo scenario, dopo la strage di Gaza, oltre Pag. 35duemila morti, noi pensiamo che sia giunto il momento che la comunità internazionale affronti e risolva la questione israelo-palestinese, non possiamo dopo oltre sessant'anni pensare ancora che quella sia una questione che riguarda solo israeliani e palestinesi. Sia chiaro, il riconoscimento dello Stato palestinese non è un atto politico contro Israele, Israele è una parte d'Europa e non solo perché è avamposto occidentale e militare in Medio Oriente ma anche per com’è nato lo Stato di Israele. In Israele c’è un pezzo d'Italia, c’è un pezzo di Francia, c’è un pezzo di Germania, fuggiti dopo la tragedia della Shoa, e noi dobbiamo assumerci la responsabilità di aiutare Israele ad uscire dall'assedio e avere la possibilità di vivere in pace e in sicurezza e per quello dobbiamo mandare segnali politici chiari: il diritto del popolo israeliano a vivere in pace e sicurezza non può fondarsi sulla negazione dei diritti del popolo palestinese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
Il muro della vergogna, le colonie, le continue negazioni dei diritti civili ai palestinesi non possono fondare la pace in quella terra (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
E allora noi, signor Ministro, dobbiamo costruire il riconoscimento di diritti pieni anche al popolo palestinese. Per questo oggi è un giorno storico, perché il Parlamento italiano riconosce, finalmente e formalmente, il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato e io voglio per questo ringraziare il mio partito, Sinistra Ecologia Libertà, per avere lottato duramente per ottenere questo risultato, perché se oggi questa discussione si fa in quest'Aula è anche per la battaglia che il mio partito ha fatto, a viso aperto e senza nascondersi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Noi voteremo per questo motivo tutte le mozioni che prevedono, come impegno esplicito, il riconoscimento dello Stato palestinese, la mozione Speranza, Locatelli e Marazziti n. 1-00745 e la mozione Rizzo ed altri n. 1-00625 (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
Oggi noi abbiamo segnato un piccolo passo nella direzione della pace ed oggi tutti noi dobbiamo essere orgogliosi di avere contribuito a questa giornata storica. Grazie, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e dei deputati Fossati e Migliore).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.
ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, Scelta Civica per l'Italia, come ha già detto il mio collega Rabino prima, ha apprezzato gli interventi di oggi del Ministro. Li ha apprezzati perché, contrariamente a quanto è stato detto da alcuni rappresentanti dell'opposizione, il Governo ha delineato una posizione di politica estera chiara ed è una posizione in politica estera che è coerente con quanto l'Italia ha cercato di fare in questi ultimi anni. Da un lato, si cerca di promuovere il dialogo in tutti i teatri di tensioni e oramai di guerra; dall'altro, non ci si sottrae alle responsabilità che la nostra appartenenza atlantica ed europea comportano. Questo vale sia per la situazione ucraina, dove è abbastanza singolare sentire dire e attribuire all'Italia l'imposizione delle sanzioni, come se fossero un atto unilaterale. L'Italia ha giustamente portato avanti una linea che prevede che, di fronte a degli atteggiamenti espansionistici della Russia, si applichino delle sanzioni e, poi, si negozi senza continuare a irrogarne di nuove, ma si impongano delle sanzioni che hanno sortito dei risultati, perché è indubbio che se ci sono stati degli accordi, se ci si è seduti al tavolo e se esiste la possibilità di arrivare a una definizione di un qualche accordo e a un vero cessate il fuoco, questo è il risultato precisamente di quelle sanzioni, altrimenti non ci si sarebbe arrivati. Quindi, oggi chi dice questo, chi descrive la situazione come se fosse stata determinata dall'Italia, sbaglia, ma giustamente l'Italia si è assunta una responsabilità forte in quello scenario.Pag. 36
Lo stesso vale per la Libia. Oggi sento dire, in tutti gli interventi, di responsabilità dell'Italia, degli errori commessi all'epoca della caduta del Governo di Gheddafi, degli errori del mondo occidentale, dell'Alleanza atlantica. Sono tutte cose giustissime, ma il punto, adesso, è la situazione di oggi. Continuare con discussioni e interventi, come quello che ho appena sentito sugli sbagli già commessi, è inutile, da un lato, ed è l'ennesima dimostrazione che non si riesce spesso – e molte delle mozioni che sono state presentate lo dimostrano – ad avere un posizionamento politico comune in quest'Aula su temi dove le differenziazioni di sostanza, quando si parla in privato, sono pochissime. Io credo che sulla Libia siamo tutti convinti che non si debba andare in guerra domani mattina. Siamo altrettanto tutti convinti che non si debba lasciare che l'Isis prenda o aumenti la propria area di influenza e si deve cercare di arrivare a degli accordi tra le numerosissime fazioni, perché purtroppo non sono soltanto due, che oggi si confrontano.
Ho trovato molto riduttive le descrizioni relative a lobby delle armi, lobby delle multinazionali, lobby del petrolio. La lobby del petrolio credo che se avesse promosso quello che sta succedendo in Libia non avrebbe ottenuto grandi risultati, considerando che il prezzo del petrolio è crollato in questi ultimi mesi. Quindi, se avessero promosso questa situazione credo che avrebbero fatto male i loro conti. La verità è che ci sono state una serie di concause che hanno portato a questa situazione, inclusi i moltissimi errori del mondo occidentale.
Ma non ci si può sottrarre alle responsabilità anche di aiutare, e chi ? E parlo a proposito anche del tema delle armi: sono stati citati dal collega di SEL, i curdi; io non credo che i curdi si siano armati da soli. Abbiamo discusso di questo, se ne è discusso anche in Commissione, e se i curdi hanno svolto il loro ruolo, è anche perché hanno avuto un sostegno dal mondo occidentale.
Venendo, per concludere, al tema della Palestina, Scelta Civica è convinta che si debba arrivare alla situazione dei due popoli e due Stati, ma non pensiamo che si possa, come qualcuno oggi ha sostenuto, arrivare al riconoscimento immediato, di uno Stato, quello palestinese, senza che sia stato riavviato il dialogo e senza che ci sia stato un abbandono della violenza e del principio della distruzione dello Stato di Israele da chi a quel tavolo del negoziato si deve sedere. Perché dire che si vuole promuovere un negoziato è giustissimo, ma è difficile pensare che qualcuno possa sedersi a un tavolo perché noi lo abbiamo riconosciuto, mentre, al tempo stesso, ha nel suo statuto e nelle sue dichiarazioni pubbliche la distruzione dello Stato di Israele. Sono circostanze incompatibili; chi vuole essere Stato deve negoziare, chi governa uno Stato – e parlo di entrambe le fazioni politiche che oggi di fatto governano la Palestina – deve essere disponibile a quel tipo di negoziato. In assenza di questo, è inutile parlare di Stato palestinese come un'entità unica, perché due sono le cose: o Al-Fatah e Hamas rappresentano due comunità distinte e, allora, il riconoscimento dello Stato ha poco senso, perché non siamo di fronte a un popolo e uno Stato, o rappresentano un'unica entità statuale, che deve scegliere se vuole distruggere Israele o sedersi al confronto. Per questo, trovo abbastanza sorprendente aver letto le agenzie di qualche minuto fa – credo dell'onorevole Fassina – in cui diceva che la nostra mozione è incompatibile con quella che oggi ha presentato il Partito Democratico. Quella del Partito Democratico dice, in un modo che noi troviamo forse troppo indiretto, troppo soft, troppo leggero, che è necessario il reciproco riconoscimento tra Stato palestinese e Israele, è necessaria la cessazione della violenza e che, al tempo stesso, va promossa la creazione dello Stato di Palestina. Noi lo abbiamo detto in maniera differente perché pensiamo che il negoziato debba essere un presupposto di questo riconoscimento, ma non sono posizioni incompatibili. Incompatibile è, invece, pensare di passare per un riconoscimento immediato di chi ancora insiste su una soluzione violenta del rapporto tra Palestina Pag. 37e Israele. Per questo, il nostro voto oggi sarà coerente con i pareri resi dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,20).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.
FABRIZIO CICCHITTO. Presidente, onorevoli colleghi, credo sia un'esercitazione polemica abbastanza inutile quella di mettere in conto al Governo una difficoltà reale e profonda che non ha il Governo, ma che ha l'Europa. Io credo che mai l'Europa sia stata in una condizione e in una situazione di simile difficoltà, una difficoltà al suo interno sul piano economico, perché certamente non si supera la recessione attraverso il rigorismo più assoluto. Siamo al punto che oggi la Banca centrale europea è l'unico punto di mediazione consistente per quello che riguarda la politica economica europea. A parte questo, che richiederebbe un altro discorso, noi ci troviamo a fare i conti con il fatto che, purtroppo, è saltata una previsione...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Cicchitto. Onorevole Bernini, quello striscione, per favore, va tolto. La ringrazio. Mi scusi, onorevole Cicchitto, se l'ho interrotta.
FABRIZIO CICCHITTO. Sono abituato a stare allo stadio, quindi, striscione in più, striscione in meno, non mi preoccupo. Detto questo, c'era una previsione, che è derivata dalla crisi del comunismo e poi dalle «primavere arabe», secondo la quale davanti a noi c'era un percorso di pace e di progresso economico e sociale.
Purtroppo, questo non è avvenuto. Oggi l'Europa si trova a fare i conti con due realtà, diciamo così, opposte e con modalità totalmente diverse con due situazioni drammatiche: la vicenda dello scontro fra la Russia e l'Ucraina, e quella del Mediterraneo, per altro verso, con delle realtà in cui c’è un uso fortissimo delle armi. Per quanto riguarda il lato Ucraina e Russia, certamente c’è un uso calcolato delle armi da parte della Russia che però le usa non soltanto per una questione territoriale; le usa perché ha una concezione geopolitica, per molti aspetti, è confliggente non solo con gli Stati Uniti ma anche con l'Europa. Non a caso, Putin gioca delle carte all'interno dell'Europa su Le Pen e sugli amici della Lega nord perché pensa che sono dei punti di contraddizione rispetto alla realtà europea. Quindi, ben oltre le armi c’è una concezione geopolitica che confligge con l'Europa. Rispetto a ciò noi dobbiamo misurarci cercando un compromesso, ma sapendo bene con chi abbiamo a che fare. Però voglio dirlo all'onorevole Gentiloni Silveri: noi ci siamo trovati in una situazione contraddittoria quando lei ha detto: «non vanno mandate armi all'Ucraina» e però, contemporaneamente, c'era chi ai separatisti russi mandava armi e mandava armati, il che metteva in evidenza l'esistenza di una situazione asimmetrica. Una situazione che, consentitemi, dà comunque una ragione alle sanzioni perché le sanzioni sono state l'unico modo molto, diciamo così, contenuto per dire a Putin che non poteva esagerare. E questa vicenda è tuttora aperta.
L'altro aspetto, assolutamente drammatico in termini completamente diversi dal primo, è che noi ci troviamo di fronte non più a quello che si diceva un «Mediterraneo di pace» ma a fare i conti con un Medio Oriente che è completamente Pag. 38esploso. E su questo terreno l'Occidente deve fare certamente autocritica, un'autocritica su tante cose, ma pure questo mette in evidenza che, può piacere o non piacere, ma ci sta un rapporto stretto fra l'iniziativa politica e la capacità di rispondere al terrorismo, anche con le armi, oppure l'Europa, il mondo occidentale, gli Stati arabi moderati rischiano, come dire, di dare una risposta assolutamente insufficiente. E, da questo punto di vista, va detto che è drammatico lo squilibrio fra l'analisi devastante che tutti fanno a proposito dell'Isis e il fatto che c’è uno squilibrio pazzesco per cui, rispetto all'Isis, si fanno dei bombardamenti e poi, in prima fila, ci stanno i curdi. In questa fase, generosamente, solo i curdi, e le donne curde sono in prima linea, combattono per tutti noi, mettendo però in evidenza l'esistenza di uno squilibrio che, prima o poi, andrà superato. Va superato, mi auguro, riaggregando l'esercito iracheno, in modo tale che anche l'esercito iracheno entri in campo; va superato, diciamo così, facendo sì che l'ambiguità di alcuni Paesi, in primo luogo la Turchia, venga messa da parte, ma va superato perché, altrimenti, tra le analisi e quello che poi facciamo o non facciamo nella realtà c’è una contraddizione, uno squilibrio che ci mette in una condizione di grande difficoltà. E questo vale anche per la Libia nel senso che vedo che è stata confermata la fiducia nel rappresentante dell'ONU Leon; Leon però è da mesi che è sul campo e non è che abbia combinato molto.
Mi auguro che adesso ci sia un cambio di linea, nel senso che investiamo qualcosa di significativo sul Governo di Tobruk e, partendo dal Governo di Tobruk, puntiamo a ricostruire uno schieramento fra due realtà che si sono finora combattute, e che mi auguro che, di fronte a un pericolo maggiore, trovino dei punti di convergenza e, a quel punto, noi dovremmo – se queste realtà libiche si mettono insieme – sostenerle in tutti i modi, anche con degli aiuti militari. Perché, vedete, tutta l'analisi che portava alla teoria secondo la quale, riducendo le spese militari, si favoriva la pace, purtroppo è totalmente in crisi, perché adesso deve essere una capacità di contrasto di tutti i tipi rispetto al terrorismo.
E vengo al tema sul quale si misurano anche una serie di mozioni, quello israrelo-palestinese. Io voglio tracciare un percorso che dia il senso di un'iniziativa politica, che – vorrei rassicurare l'onorevole Fassina – non è ridicola. Tra l'altro, definire i contraddittori «ridicoli» è un sistema polemico che appartiene ad un passato che credevo fosse superato.
Comunque, c’è un filo logico, invece, per quello che riguarda il discorso che stiamo facendo. Ricordo che nella risoluzione generale che abbiamo presentato viene affermato che «l'Italia persegue l'obiettivo di una soluzione definitiva, globale e durevole del processo di pace in Medio Oriente, fondata sull'esistenza di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, da promuovere e da accelerare tramite negoziati diretti tra le parti». Il testo del PD afferma di puntare «a promuovere il riconoscimento della Palestina» e questa affermazione indica un processo politico. Non c’è il riconoscimento netto, che, non a caso, è contenuto nella mozione degli amici di SEL. E questo processo politico noi lo indichiamo nella mozione che, insieme, Area Popolare e gli amici di Scelta Civica abbiamo presentato, perché, vedete, il problema è innanzitutto quello di far sì che la Palestina sia uno Stato e, ad oggi, la Palestina non è uno Stato.
Vedete, nella mia giovinezza, io ho conosciuto una parte del gruppo dirigente dell'OLP e di Al-Fatah, un gruppo dirigente, per certi aspetti, laico e marxista, ma oggi non c’è soltanto quel gruppo dirigente in campo: c’è ben altro, cioè c’è Hamas, che ha delle posizioni che sono molto vicine, dal punto di vista teorico, a quelle dell'ISIS e che pratica anch'esso il terrorismo. Inoltre, c’è un'occupazione di Gaza e, pochi giorni fa, il portavoce dell'OLP ha dichiarato che il 90 per cento degli abitanti di Gaza vorrebbe andarsene per sottrarsi alla dittatura di Hamas, che con un colpo di Stato nel 2007 ha occupato quel territorio.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
FABRIZIO CICCHITTO. Dall'altro lato c’è la Cisgiordania con l'OLP Al-Fatah. Quindi, in primo luogo, è necessario che la Palestina, per essere Stato, diventi Stato unitario tra Gaza e la Cisgiordania, e quindi va fatta una mediazione tra Al-Fatah e Hamas, che deve a sua volta rinunciare alle posizioni per la distruzione di Israele.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cicchitto.
FABRIZIO CICCHITTO. Concludo, se mi dà un minuto...
PRESIDENTE. È già un minuto oltre il suo tempo, onorevole Cicchitto, deve concludere, veramente.
FABRIZIO CICCHITTO. La ringrazio. Soltanto attraverso un confronto tra le parti si potrà arrivare ad un'operazione duratura. Quindi, la promozione di un processo si deve misurare con le forze in campo, altrimenti diventa solo e soltanto un'esercitazione ideologica, di cui la politica estera non ha alcun bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).
ARIANNA SPESSOTTO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARIANNA SPESSOTTO. Intervengo per un richiamo agli articoli 8 e 10 del Regolamento, nuovamente, come ho fatto ieri sera, per sollecitare un intervento da parte della Presidenza, perché è di nuovo scattato l'allarme antincendio in quella che noi ci ostiniamo a chiamare «area fumatori», dietro l'Aula, e che non è un'area fumatori.
Ricordo che noi donne ogni volta che dobbiamo andare al bagno ci intossichiamo. Il fumo entra in Aula. Ci sono dei lavoratori in quella zona sottoposti costantemente al fumo (Applausi). Noi dobbiamo tutelare innanzitutto il diritto alla salute !
PRESIDENTE. Deputata, io capisco il disagio e condivido, anche se questo non è un richiamo al Regolamento.
ARIANNA SPESSOTTO. È un richiamo al Regolamento, perché sto sollecitando la Presidenza a prendersi carico delle mie sollecitazioni continue che ho fatto e che non hanno avuto risposta (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio e mi rendo conto del disagio, ma è evidente che dipende dal senso di responsabilità di tutti i colleghi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Carfagna. Ne ha facoltà.
MARIA ROSARIA CARFAGNA. Signor Presidente, colleghi, Ministro, come è stato più volte detto, lo scenario internazionale che si presenta ai nostri occhi è di rara complessità e di rara drammaticità. Sono già state evocate le gravissime crisi, che mettono a rischio la vita e la libertà di popoli di Paesi a noi vicini, ma che rischiano anche di sconvolgere il destino del nostro stesso Paese.
In questo panorama è ovvio e naturale che la politica estera italiana acquisti una dimensione che sovrasta tutti i temi, pur importanti, che vengono trattati in quest'Aula. La risposta di quest'Aula dovrebbe essere coesa e dovrebbe trascendere le rispettive posizioni di maggioranza e opposizione, perché l'interesse nazionale, la sicurezza del nostro popolo ed il ruolo dell'Italia nel mondo richiedono in tempi difficili una reale concordia ed una reale unità nazionale. Questo è stato il nostro atteggiamento, l'atteggiamento con cui abbiamo preparato e affrontato l'ordine del giorno di oggi: cercare punti d'intesa, trovare soluzioni comuni.
Ancora una volta, però, non abbiamo riscontrato analogo atteggiamento da parte della maggioranza di Governo che si è presentata di nuovo con il solito prendere o lasciare, in perfetto stile renziano. Così Pag. 40come – dispiace dirlo – Ministro, in perfetto stile renziano è stato il suo intervento, di una retorica vuota, che non è degna della politica estera di un Paese con la nostra storia e con la nostra tradizione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
Peccato, peccato davvero, perché la politica estera richiede ben altro stile e ben altra credibilità, perché in ballo c’è il prestigio dell'Italia nel mondo, c’è la sicurezza del nostro Paese, c’è il ruolo che giochiamo nello scacchiere internazionale e, non ultimo, c’è la sicurezza, il rispetto e la gratitudine che si deve a quei tanti militari, che in nome e per conto dell'Italia, sono impegnati in aree di crisi, portando in alto l'orgoglio ed il nome del nostro Paese nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
Allora non possiamo esimerci dall'esprimere un giudizio sulla politica estera di questo Governo. In particolare, due sono le immagini che ben descrivono la proiezione internazionale del Governo Renzi. La prima riguarda il tavolo sulla pace in Ucraina, a Minsk, dove erano seduti Poroshenko, Putin, Hollande e Merkel. Mancava l'Italia, ma mancava soprattutto l'Europa, nonostante in Europa ci sia un Alto commissario italiano per la politica estera e di sicurezza comune (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
Renzi ci aveva raccontato, con la sua arroganza e con la sua protervia, che la nomina di Federica Mogherini sarebbe servita a fare contare di più l'Italia in Europa e di più l'Europa nel mondo. Peccato che appare sempre di più per quello che in realtà è stata ed è, e cioè come una scelta che serve a privilegiare l'apparenza sulla sostanza in funzione di propaganda interna.
La seconda immagine riguarda il nostro Ministro degli affari esteri, che pochi giorni fa ha dichiarato guerra attraverso i giornali, per poi essere smentito dal sottosegretario all’intelligence Minniti e dallo stesso Presidente del Consiglio, un'immagine triste. Le sembra normale, Presidente, che apprendiamo da un giornale che ci prepariamo ad andare in guerra, arrivando addirittura a quantificare il numero dei soldati che sarebbero pronti per l'operazione militare ? Dal Governo Renzi e dal Ministro degli affari esteri ci aspettavamo, ci aspettiamo e chiediamo più serietà, più rigore e soprattutto il minimo sindacale: una maggiore conoscenza delle situazioni drammatiche che si è chiamati ad affrontare. Questa è la politica estera italiana – lo dico con grande rammarico e con grande preoccupazione –, la politica estera di un Governo che non c’è nei luoghi decisionali e, quando c’è, al di là degli artifici retorici del suo Presidente del Consiglio, dimostra tutta la sua inadeguatezza, come è accaduto durante la Presidenza italiana del semestre europeo che è stata una grande occasione sprecata.
Sulla Palestina interverrà dopo di me il collega Capezzone, ma mi limito a sottolineare quella che a nostro avviso è l'inopportunità di un'iniziativa unilaterale del Parlamento italiano.
E l'opportunità non sta nell'auspicare la nascita di uno Stato palestinese, ma nel voler ignorare che una parte dei territori palestinesi è sotto il controllo di Hamas, un'organizzazione terroristica che predica la distruzione dello Stato di Israele, lo sterminio degli ebrei e che ha minacciato l'Italia: solo pochi giorni fa, nel caso in cui l'Italia avesse deciso di contrastare il terrorismo internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
Allora lo dico con serenità, ai colleghi del Partito Democratico: non si può essere ambigui su questa situazione, su questa questione; c’è bisogno di chiarezza, e di scegliere da che parte stare: o dalla parte di Hamas, o dalla parte di Israele. Noi abbiamo scelto di stare dalla parte di Israele (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) !
Per non parlare dell'incapacità di arrivare ad una rapida e definitiva soluzione della vicenda dei due marò. Faremo semplicemente Pag. 41di tutto, aveva detto Renzi un anno fa: peccato che quel tutto, per noi, per il nostro Paese, soprattutto per i due marò e per le loro famiglie, non è stato abbastanza.
Nonostante tutto questo, noi ci siamo: siamo pronti a fare la nostra parte; come ha dimostrato Silvio Berlusconi pochi giorni fa, quando si è dichiarato disponibile a portare con il Governo e a sopportare con il Governo il peso di responsabilità difficili, pur stando all'opposizione e al di là del voto di questa mattina: non saremo noi a dividere l'Italia in ore difficili, non sia il Governo a dividere il Paese in questo momento drammatico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). Dimostri il Governo di essere all'altezza del suo ruolo: cambi rotta, lo faccia davvero e lo faccia adesso, da oggi, da subito. Accetti per esempio la nostra proposta, quella di istituire un tavolo di consultazione permanente attraverso il coinvolgimento di tutte le forze politiche che siedono in questo Parlamento; coinvolga le posizioni, le informi, le consulti, chieda loro corresponsabilità per affrontare situazioni di emergenza: sarebbe il primo passo verso una politica estera all'altezza del nostro Paese.
Ministro, questo non è il momento della ricerca di un pallido convergere su un minimo sindacale: la drammaticità dei tempi esige la ricerca di scelte coraggiose, esige la ricerca di un massimo comune moltiplicatore: Per questo ribadiamo i contenuti della nostra risoluzione, e diciamo «no» alla mancanza di coraggio e all'acqua tiepida di quella della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Capezzone. Ne ha facoltà.
DANIELE CAPEZZONE. Signora Presidente, Signor Ministro degli esteri, signor sottosegretario, colleghe, colleghi, mi occuperò soprattutto della vicenda Palestina-Israele.
Chiunque conosca le fatiche della politica, e abbia onestà intellettuale, ha visto il lavoro difficile e faticoso, che io voglio riconoscere, silenzioso e faticoso in queste settimane, purtroppo non coronato da successo, di alcune colleghe e colleghi del Partito Democratico, che hanno cercato – insisto: purtroppo senza successo – di ridurre il danno, di evitare che fosse commesso dalla loro maggioranza e dal loro Governo un errore. Però, signor Ministro, lei sa che io ho molta stima e molto rispetto nei suoi confronti, lei sa che ci sono materie rispetto alle quali la riduzione del danno non basta: ci sono materie sulle quali occorre un chiaro sì o un chiaro no, e sulle quali non è possibile attestarsi sul «ni» o sul «ma anche». Altrimenti si cade, e ci sono cadute tante maggioranze in tanti Paesi, in quella nota battuta americana su certa politica deteriore. Cosa fa certa politica deteriore ? Quando c’è un problema scrive un comunicato; se il problema si aggrava cambia un po’ il comunicato; se il problema si complica ancora di più, scrive due comunicati uno diverso dall'altro, e così si copre su tutte le posizioni.
Oggi questo Governo e questa maggioranza fanno qualcosa del genere, signor Ministro; ed è un grave errore politico di politica internazionale del Governo Renzi. Vede, io sono fra coloro che vorrebbero una alternativa ancora più chiara della mia parte politica rispetto al Governo e alla maggioranza.
Ma riconosco che, su certi temi, per la verità solo nei titoli e non nello svolgimento, il Governo Renzi ha cercato di aprire uno scontro almeno culturale nella sinistra, di fare chiarezza su alcuni temi; ripeto: più nei titoli che non nello svolgimento. Voi avevate oggi sul tema Palestina-Israele una grande occasione politica e culturale di fare davvero chiarezza nella sinistra italiana, aprendo uno scontro vero, nel quale entrambe le posizioni avevano dignità ed entrambe le posizioni avevano chiarezza; l'unica cosa che non poteva essere accettata era un pasticcio e una sovrapposizione. Voi avete un po’ scelto il verso di sempre, un verso ipocritamente, Pag. 42ma di fatto, ostile ad Israele, unica democrazia dell'area e, per altro verso, avete cercato di temperare questo dicendo «sì», oltre che alla mozione del PD, anche alla mozione di NCD-Scelta Civica: un po’ di questo, un po’ di quello, ma così non si fa. Su questi temi è: o questo o quello, non: questo e quello.
Noi riteniamo che su un punto così importante, che qualifica una forza politica e un Paese rispetto ad un tema drammatico, sia un gravissimo errore riconoscere lo Stato palestinese, o comunque andare in quella direzione, nonostante tutte le perifrasi, le circonlocuzioni, le attenuazioni e l'uso della litote, in assenza di un accordo complessivo tra le parti. È un errore drammatico. Quale sarà, signor Ministro, lei che è attento a questi temi, l'effetto reale sulla politica internazionale ? L'unica democrazia di quell'area, cioè Israele, guarderà con un poco più di diffidenza verso l'Italia e verso l'Europa, visto che l'Unione europea e il Parlamento europeo hanno commesso esattamente lo stesso errore alcune settimane fa. Questo cade addirittura nel pieno della campagna elettorale israeliana, quindi è un ulteriore elemento di turbamento e di diffidenza che noi creiamo in quel grande Paese e soprattutto, signor Ministro, con tutta questa fiera che abbiamo letto nei documenti e anche sentito nel dibattito, di equilibrismi e di equidistanze, da una parte e dall'altra, per un verso o per l'altro verso, non facciamo chiarezza.
Noi crediamo, signor Ministro, che la legittima aspirazione palestinese ad un riconoscimento statuale non possa trovare soddisfazione prima che l'altrettanto legittimo diritto degli israeliani alla sicurezza non sia pienamente assicurato attraverso l'abbandono, da parte palestinese, di qualunque, qualunque, qualunque aspirazione alla distruzione di Israele e qualunque atto di aggressione ai suoi danni.
Voglio essere ancora più chiaro: i popoli israeliano e palestinese hanno certamente diritto a vivere entrambi in pace e sicurezza, ma questo può essere garantito, oltre che dalla soluzione due popoli-due Stati, solo se anche il futuro Stato palestinese sarà non uno Stato, ma uno Stato democratico, cioè uno Stato davvero in grado di garantire ai suoi cittadini libertà e diritti umani fondamentali. Invece, un eventuale riconoscimento di uno Stato palestinese, senza avere prima sciolto in un negoziato diretto, i nodi della questione e soprattutto in presenza di un conflitto così forte tra l'ANP e Hamas – quest'ultima come sappiamo un'organizzazione terroristica – costituisce, costituirà e costituirebbe una minaccia all'esistenza stessa di Israele e – me lo faccia dire – una minaccia nei confronti dello stesso popolo palestinese, che sarebbe a quel punto esposto, non solo all'oppressione e alle violenze di Hamas, ma anche alle conseguenze delle, a quel punto, pienamente legittime, azioni difensive di Israele in risposta agli atti di aggressione lanciati dalla striscia di Gaza o da altre zone dei territori occupati.
Per questa ragione, signor Ministro e signori rappresentanti del Governo, noi chiediamo al Governo di non commettere questo errore, di evitare di compiere atti o gesti anche simbolici che possano portare al riconoscimento o ad un'accelerazione del riconoscimento in mancanza di un negoziato diretto e di un accordo complessivo tra le parti e soprattutto di evitare di compiere qualsiasi atto, qualsiasi gesto, anche indiretto, anche inconsapevole, anche involontario, che possa suonare come legittimazione di organizzazioni terroristiche islamiche, compresa Hamas, verso le quali va invece tentata, di concerto con gli Stati membri dell'Unione e con gli Stati Uniti d'America, un'azione di contrasto ad ogni livello.
Ho praticamente concluso e, signor Ministro, le ripeto ancora la mia personale stima nei suoi confronti ma è grande il disagio, l'assenza della rappresentante alla Unione europea, Mogherini, da tutti i tavoli decisivi. Il fatto che la signora Mogherini sia stata di fatto commissariata sui temi della difesa e della sicurezza a vantaggio del francese Barnier e il Presidente Renzi, che tanto aveva parlato e fatto megafono sulla nomina, non abbia detto una sola parola su questo commissariamento Pag. 43di fatto. La confusione sulla vicenda libica, dove lei aveva espresso una posizione coraggiosa che è stata smentita dal Governo in 24-36 ore. L'Ucraina, dove la confusione è grande, per la verità, e riguarda tanti e non userò il tempo del mio gruppo per esprimere su questo un'opinione che è molto minoritaria in questo Parlamento. Oggi si aggiunge questo errore grave che ci colloca dalla parte sbagliata dell'Occidente, dalla parte occidentale sbagliata di come l'Occidente guarda il conflitto mediorientale. Per questa ragione noi voteremo a favore, ovviamente, della mozione di Forza Italia, della mozione dei colleghi della Lega, di quella dei Fratelli d'Italia e voteremo contro le mozioni di SEL, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle, ci asterremo sulla mozione di NCD e Scelta Civica per l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.
MANLIO DI STEFANO. Grazie Presidente, io ho letto la mozione della maggioranza e siamo davanti a due possibilità: o l'hanno scritta dei dissociati oppure qualcuno è in malafede. Perché avete dato il parere favorevole, Ministro, sia a quella del PD chiaramente ma anche a quella del Nuovo Centrodestra e allora diciamolo agli italiani cosa approvate in questo modo. Da una parte dite, per questo penso che è da dissociati perché voi siete la maggioranza, «a promuovere il riconoscimento della Palestina». Ma promuovere verso chi se dobbiamo riconoscerla qui oggi con il Parlamento italiano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Dall'altra parte, però mi fate un capolavoro di presa in giro per il popolo: «a promuovere il raggiungimento di una intesa politica tra Al-Fatah e Hamas, come strada maestra al riconoscimento dello Stato». Ma di che stiamo parlando ? Ma di cosa state parlando ? Noi qui oggi dobbiamo semplicemente dare un diritto a chi ne ha necessità da cinquant'anni e basta prenderli in giro continuamente come avete fatto fino ad oggi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Allora, siccome mi piace raccontarvi come si potrebbe fare davvero politica, vi racconto cosa abbiamo fatto noi. Presidente, quando noi siamo entrati in questa Aula per la prima volta, due anni fa circa, sulla Palestina sapevamo qualcosa ovviamente e ognuno con le sue capacità ma non avevamo una posizione ancora chiara come gruppo parlamentare perché purtroppo anche in Italia si parla veramente poco di questo tema. Però con coraggio, determinazione e passione abbiamo approfondito e alcuni di noi hanno scelto addirittura di recarsi direttamente in Palestina e in Israele per vedere con i nostri occhi quello che i media e i grandi statisti che popolano questo Parlamento dicevano essere la situazione più complicata del mondo, impossibile da capire, figuriamoci da risolvere.
Come capogruppo della Commissione affari esteri, così, ho rifiutato ogni forma di condizionamento esterno – e qui forse voi qualcosa l'avvertite – ho ascoltato tutti, ho letto qualsiasi cosa a mia disposizione, ho preso insulti, minacce – parecchie minacce – ma ho capito una cosa: qui di complicato non c’è proprio nulla. C’è un Paese, Israele, nato perché il democratico Occidente gli ha donato la terra altrui, che non accontentandosi del regalo ricevuto ha occupato illegalmente altri territori palestinesi e su questi, per rendere tutto irreversibile, ha costruito 53 mila case e un muro di separazione e segregazione, cose considerate illegali da ben 5 risoluzioni ONU (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Dall'altra parte di quel muro c’è un popolo, quello palestinese, che da un certo punto della storia all'improvviso si è visto togliere ogni diritto e rinchiudere in gabbie a cielo aperto, come Gaza, subendo violenze e umiliazioni sistematiche. Questi occhi, i miei, hanno visto camionette israeliane lanciare sostanze putrescenti dentro le cisterne d'acqua domestiche di famiglie inermi. E allora perché dico che di complicato Pag. 44non c’è proprio niente ? Perché per risolvere questa situazione, o quantomeno riportarla alle logiche dell'armistizio del 1967, basterebbe costringere Israele a ritirarsi entro i confini allora definiti e permettere la libera circolazione dei palestinesi, inclusi i rifugiati, garantendogli i diritti umani essenziali quali l'accesso all'acqua e alla terra. Attenzione, quando dico costringere non parlo certo di usare la forza bensì la stessa tecnica che abbiamo già usato in Sud Africa, una costante pressione diplomatica internazionale.
Signori, lo abbiamo già fatto e ci vantiamo ancora dopo decenni per questo, abbiamo celebrato Mandela per questo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
In un'epoca in cui sempre più Paesi europei stanno riconoscendo lo Stato di Palestina, Paesi di un certo peso, come Francia, Spagna, Svezia e Inghilterra, in Italia mi tocca sentire cose aberranti: si spingerebbero i palestinesi ad abbandonare il tavolo dei negoziati. Ma di quali negoziati state parlando ? L'ultimo, con la mediazione americana, è stato bocciato recentemente ed è fallito la primavera scorsa. Il Governo israeliano non ha nemmeno ancora risposto all'offerta di pace dalla Lega araba del lontano 2002. Voi ancora mi parlate di accordi di pace.
Alimenterebbe l'antisemitismo in Europa: a questa affermazione lascio che la risposta ce la dia un celebre ebreo, ovvero Moni Ovadia, che al convegno «Europa e Medio Oriente» ha dichiarato recentemente che dobbiamo uscire dalla logica che accusa di essere antisemita chiunque voglia porre problemi sulla questione palestinese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dobbiamo in modo perentorio e fermo rifiutare le accuse di antisemitismo, che sono solo uno strumento di aggressione per impedire la libertà del discorso. Dobbiamo denunciare questa censura. Avete sentito mai dare dell'anticristiano a qualcuno che sosteneva che il Governo italiano fosse corrotto ? Io no (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
«Il genocidio inizia sempre dal silenzio», sa chi ha detto questa frase, Presidente ? Un gruppo di 300 ebrei superstiti alla Shoah che, per manifestare il suo dissenso verso il Governo israeliano durante i bombardamenti di Gaza, ha comprato una pagina del New York Times. Noi rivendichiamo il nostro sacrosanto diritto di criticare le scelte dello Stato di Israele senza sentirci antisemiti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
L'altra cosa che si sente è che si innescherebbe ancora più violenza, come se i ciclici conflitti tra Israele e Hamas, che puntualmente terminano con la devastazione di Gaza, non siano già una realtà: uno ogni due anni circa, migliaia e migliaia di morti.
Ma quella più grossa che ho sentito fino ad oggi è che addirittura favorirebbe l'ISIS, come se ogni movimento di resistenza fosse associabile al terrorismo, come ha lasciato intendere Netanyahu, quando ha dichiarato che Hamas e ISIS sono «rami dello stesso albero velenoso». Ma se i due gruppi hanno progetti completamente diversi, come fate a dire una cosa del genere ? L'ISIS vuole tornare a un'epoca di dominio islamico puro, il califfato, quando tutti i musulmani erano soggetti alle leggi della Sharia. Hamas nasce e continua ad essere un movimento di liberazione nazionale. L'ISIS mira a spazzare via la Palestina e ogni altro Stato arabo nella regione. Sono, quindi, in conflitto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Tutto ciò di cui avete paura è già accaduto. È un fatto. Ma è accaduto non perché alcuni Stati abbiano deciso di favorire il riconoscimento della Palestina, è accaduto perché in tanti anni non si è realmente cercata una soluzione, perché a tanti è convenuto mantenere lo status quo, forse anche a voi. Non si è presa posizione contro l'assedio di Gaza che, al pari dei missili lanciati contro la popolazione civile di Israele, è un atto di guerra. E si rimane persino in silenzio davanti alle dichiarazioni del Primo Ministro Netanyahu, che invita la comunità ebraica a lasciare l'Europa per trasferirsi in Israele, giustificandolo Pag. 45così nel dire che Israele necessita di nuovo spazio, ovviamente quello dei palestinesi.
La scusa sionista è sempre la stessa, la difesa degli ebrei del mondo, come se le comunità nazionali delle quali quei milioni di ebrei fanno parte da secoli fossero incapaci di difendere i propri cittadini. Il patto sociale, cari colleghi, nelle democrazie moderne e, fortunatamente, laiche, non è tra correligionari, ma è tra concittadini. Questo dovete capirlo chiaramente.
Appurate queste semplici e facilmente verificabili cose, entra in gioco il senso stesso della nostra mozione. Una mozione scritta dal mio collega Gianluca Rizzo, che a causa dell'ignobile sanzione che gli avete conferito per aver manifestato contro i soprusi del Governo, non è qui oggi come meriterebbe (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Una mozione scritta e sostenuta da giovani portavoce, che non hanno portato in quest'Aula i preconcetti del partito preso, ma hanno scelto di studiare, approfondire, capire e analizzare con senso critico ogni singola cosa che affrontano.
Bene, noi oggi non siamo l'ONU e non ci troviamo né a Oslo né a Camp David, siamo al Parlamento italiano e stiamo discutendo esclusivamente di Palestina. Se ci mettiamo in quest'ottica tutto ha un senso nuovo, diverso, perché sento da più parti legare il diritto all'esistenza dello Stato Palestinese con gli accordi di pace con Israele. Ma qual è il nesso tra i diritti umani e un qualsivoglia accordo con Israele ? Qual è il nesso tra il diritto internazionale e il dialogo tra le due parti ? È proprio questa logica che ha permesso a Israele di fare ciò che voleva, con la complicità del diritto di veto statunitense in seno alle Nazioni Unite, eludendo ogni indicazione dell'ONU e persino il semplice buon senso.
Colleghi, alla luce dell'iniziativa del Parlamento europeo e di molti Paesi che ne fanno parte, è il momento di riconoscere lo Stato di Palestina e sarebbe stato ancora più giusto riconoscerlo durante i bombardamenti israeliani di questa estate su Gaza che sono costati la vita a 2.139 palestinesi, tra cui oltre 490 bambini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
È il momento di riconoscere lo Stato palestinese perché il giorno che tutti lo faranno e questo entrerà di diritto nell'ONU, ci si renderà conto che, per come stanno le cose, l'esistenza di questo Stato de jure sarà impossibile de facto e a quel punto Israele avrà solo due opzioni: o lo Stato binazionale, o lo Stato d’apartheid, ma a questo punto de jure, non soltanto de facto come oggi. Così, di fronte alla comunità internazionale, verso la quale si è sempre autoproclamato una grande democrazia, Israele dovrà cedere alla pacifica convivenza con i palestinesi, realizzando quello che, parecchio dolore fa, fu il sogno di Yasser Arafat (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo è il sogno, il nostro, ma anche quello di tante associazioni e comunità internazionali. Un sogno che è realizzabile solo se concederemo alla Palestina la stessa attenzione che si ebbe per il Sudafrica di Mandela. Qualcuno dice che sia troppo presto per riconoscere lo Stato di Palestina, io temo che sia troppo tardi piuttosto, quindi vi invito a far sì che sia oggi, adesso, il momento giusto, perché non c’è pace senza libertà e non c’è libertà se non si ha il riconoscimento dei propri diritti e della propria stessa esistenza.
Colleghi, coraggio, ve lo chiedo per le migliaia di vittime di cinquant'anni di violazioni. Colleghi, coraggio, ve lo chiedo per le centinaia di migliaia di bambini che, grazie al processo che possiamo avviare oggi, insieme, potrebbero avere un futuro di speranza e legalità. Oggi non ci sono più scuse: tasto verde alla nostra mozione per riconoscere lo Stato di Palestina e dare a questi bambini una speranza; tasto rosso per negargliela. Mettetevi una mano sulla coscienza, scrollatevi di dosso la paura e fate la vostra scelta perché il genocidio inizia sempre con il silenzio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Amendola. Ne ha facoltà.
VINCENZO AMENDOLA. Grazie Presidente, care colleghe e cari colleghi, caro Ministro, discutiamo in quest'Aula di un tema che da tanto tempo, anche grazie a una diplomazia parlamentare che si è sviluppata lungo l'arco di due anni, ci ha portato a riflettere sulla nostra azione, sulla nostra diplomazia parlamentare, a sostegno di una diplomazia del Governo, a sostegno di quelli che sono i valori fondamentali e di come si mettono in pratica. Infatti, purtroppo, la politica estera sarebbe bello farla con delle battute TV, con uno slogan, con un volantino; sarebbe molto bello che tutti quanti ci convincessimo che i nostri valori sono affermati e poi vedere che lì fuori, fuori dai nostri confini, c’è tanto da fare. Per questo, senza aprire polemiche e senza fare un dibattito su cui ci contrapponiamo, ragioniamo, perché se è vero, come ha detto il Ministro Gentiloni, che gli elementi tradizionali, i valori tradizionali della nostra politica estera sono quelli segnati dalla Costituzione, sono quelli segnati dalla proiezione per la convivenza pacifica, per la solidarietà che questo Paese negli anni ha affermato, è vero che lo scenario è nuovo. Ma dire che lo scenario è nuovo e pensare che tutto quello scenario si muove senza che noi riflettiamo su come agire in base ai nostri valori, potrebbe essere un grande errore.
La politica estera di un Paese, la politica estera di un continente, si muove su un'identità, si muove su una capacità di leggere le contraddizioni della storia. Non le rinnega, non ha paura di comprendere quanto siano difficili. Ma legge anche le novità. E mi permetto di dire agli amici dell'opposizione che prima di dare un giudizio, non solo sulla politica estera nostra ed europea, bisognerebbe guardare un attimo la complessità. Non è uno sforzo difficile, basta leggere quella che è la mappa di questo nuovo mondo perché agli antichi muri della separazione, come in Terrasanta, se ne stanno aggiungendo altri. Se ne aggiungono altri lungo il confine tra Messico e Stati Uniti, tra Arabia Saudita e Iraq. Si aggiungono nuovi muri dell'odio, come in Africa e come in Nigeria. E i confini che noi conoscevamo sono sempre in grande e complicata trasformazione. Il mar della Cina, lontano da noi, è l'epicentro di nuovi scontri geopolitici in quel continente. I nuovi canali che si creano mettono in comunicazione nuovi popoli e nuovi conflitti. E una striscia, che è la porta d'Africa, che unisce l'Europa e l'Africa, quella del Sahel, oggi è frutto ed è oggetto di una tratta degli schiavi, di una tratta illegale di armi e di contrabbando.
Questo nuovo mondo, questa nuova geografia in base alla lettura dei nostri valori tradizionali o noi riusciamo ad affrontarlo anche con parole ed azioni nuove oppure è uno stereotipo: riversarci tra di noi, litigare magari per una risoluzione e non guardare quanto c’è da fare in termini di diplomazia politica del Parlamento e del nostro Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Cari colleghi, se noi immaginiamo il mondo di oggi e lo paragoniamo a quello di cinque anni fa, le istituzioni, l'architettura istituzionale sono nel guado. Il G8 non ha quella forza che aveva anni fa. È stato superato, anche bloccato da quelle che sono le potenze emergenti. Il quartetto che era fondamentale per la risoluzione del problema del Medio Oriente oggi non ha forza e anche l'Organizzazione mondiale del commercio non c’è più e l'OPEC non riesce nemmeno a riorganizzare quella che era una politica energetica che si muove su nuovi canali.
C’è una divergenza nella crescita: la nostra generazione, che è nata alla politica con la caduta dei muri, con la caduta del muro di Berlino, pensava negli anni Novanta che la crescita del nostro mondo, di questa storia, fosse convergente verso democrazia, principi e unità. Ci siamo accorti e ci accorgiamo oggi che non è così, anche sotto i colpi inferti dalla destra neocon che negli anni ha costruito nuovi muri e nuovi confini. E di fronte a questo, la risposta non è solo da trovare tra noi, dentro di noi occidente, Europa e Italia, Pag. 47perché la distribuzione del potere oggigiorno è cambiata. Si estende lungo nuovi confini e oggi noi ci stiamo accorgendo, come ha riferito e come ci ha ricordato il Sommo Pontefice a Strasburgo, che noi siamo una minoranza in questo mondo e in questo mondo dobbiamo trovare una nuova funzione su quelli che sono i valori. Ucraina, Libia e l'emergere di una forza totalitaria fondamentalista come quella che abbiamo scoperto nel cuore del Medio Oriente sono risposte ad una modernità che non funziona, ad una crescita che non è convergente e che si lega a nuovi scenari.
Di fronte a tutto questo, cari colleghi, con molta umiltà, con molta passione sarebbe bello risolvere tutto con un dibattito che in una risoluzione indichi quelle che sono le tavole di quello che si farà. Ma lo sforzo nostro è sui principi e su questo scenario riorganizzare un'idea di politica estera. Noi sappiamo benissimo che quello che è il centro della nostra proiezione (convivenza pacifica, cooperazione, risoluzione pacifica dei conflitti, come abbiamo sempre fatto non in un lontano passato, anche in Libano nel 2006 e come sempre siamo stati chiamati a fare) è un valore della nostra nazione. Infatti sappiamo bene che di fronte agli scenari se i valori e l'identità rimangono uguali noi siamo chiamati però ad azioni nuove su cui ci vuole unità, su cui non ci vuole propaganda, ma ci vuole sofferenza perché lo scenario è mutato per un ritardo politico che negli anni si è accumulato in un'idea di Europa che era spesso oscillante tra l'isolazionismo e le difficoltà. Credo che i nostri passi – li vorrei ricordare – siano sempre stati improntati al diritto e c’è un legame tra le due mozioni che noi votiamo, tra la linea che scegliamo su Ucraina, Libia, sul contrasto al terrorismo di Daesh e quello che diciamo anche alla seconda risoluzione: l'idea di un diritto internazionale che si fa pratica ma che parte da un'idea di sofferenza perché noi sappiamo che su quel conflitto in Medio Oriente, che è un conflitto epigono di quelle che sono le difficoltà del diritto internazionale, le sofferenze dei civili sono state alte, ma che anche grandi leader hanno perso la vita per quel conflitto. Io non dimenticherò mai, nel dire sì al riconoscimento dello Stato della Palestina, le parole pronunciate da Isaac Rabin prima di morire, quando disse: io farò il processo di pace come se il terrorismo non esistesse ma voi datemi una mano a fermare il terrorismo come se il processo di pace non esistesse (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché aveva chiaro lo sforzo necessario. Lo sforzo è dentro una storia complicata, che è la stessa storia del Medio Oriente oggi, dopo le rivolte arabe in cui i muri sono caduti e vogliono essere riscritti i confini di popoli che rispondono alla modernità, mentre in un Occidente che ha perso alcune grandi sfide di modernizzazione e di diritto internazionale rispondono in maniera differente.
Questo è l'emergere del terrorismo internazionale, è una risposta a un ordine globale che non esiste e noi ci dobbiamo assumere la forza, con il diritto internazionale e con nuove alleanze che vedano protagoniste le forze regionali, di tentare di trovare nuove soluzioni nello spirito della cooperazione e della convivenza pacifica. Noi voteremo convintamente le due mozioni perché nel 2012 questo Parlamento votò già lo status per la Palestina alle Nazioni unite, che ha permesso anche ad Abu Mazen di avviare nuovi processi dentro il quadro di legalità internazionale. Non lo facciamo con paura, non lo facciamo con timidezza, ma non lo facciamo nemmeno con la presunzione di sapere che votata questa risoluzione tutto si risolve, ma lo sforzo si deve intensificare, duplicare, parlare con gli attori nel campo palestinese e nel campo israeliano per dargli il coraggio della pace, quello dei padri fondatori dei loro Stati, di chi ci è morto per non vincere e non far vincere l'estremismo e soprattutto farlo per i civili innocenti, che sono sempre frutto e a volte ostaggio di alcune battaglie. Noi riconosciamo un diritto internazionale, lottiamo per un diritto internazionale in Terrasanta, ma lo faremo sempre in tutto il Medio Oriente, in Africa, nello scenario internazionale perché è dentro la nostra Pag. 48vocazione. Non ne votiamo solo le polemiche, il primo atto di Mrs. PESC, Federica Mogherini, appena nominata, è stato proprio andare lì nel mezzo di un conflitto cercando di dire che l'Europa c'era e che vuole riaprire percorsi di dialogo e negoziati per la pace in uno dei posti più complicati per la storia e per le difficoltà.
Vedete io non ho paura – concludo, Presidente – di questo, perché in una recente delegazione del Partito Democratico a Gerusalemme siamo andati in una scuola dove da cinque a diciotto anni studiano insieme in arabo e in ebraico ragazzi palestinesi e israeliani. La pace è possibile perché è una scelta dei coraggiosi, la pace è comprensione, cari colleghi, prima delle accuse e soprattutto la pace è un valore su cui la nostra politica estera sempre, la nostra tradizione, da quello che stiamo facendo è un lume per la nostra azione. Non abbiamo nessun problema in questo dibattito come in altri, ma non è uno spot, è una della ragioni per far grande il nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia - Centro Democratico).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Come da prassi, le mozioni e le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palazzotto ed altri n. 1-00675 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ravetto, Sannicandro, Capezzone, Cassano, Folino, Segoni, Dorina Bianchi, Benedetti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 378
Votanti 361
Astenuti 17
Maggioranza 181
Hanno votato sì 90
Hanno votato no 271.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rizzo ed altri n. 1-00625, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Simoni, Malisani, Bolognesi. Ci siamo ? Malisani non riesce ancora a votare. La collega Pollastrini non riesce a votare... ha votato ? Io da qui non vedo. Agostini...Agostini ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 408
Votanti 396
Astenuti 12
Maggioranza 199
Hanno votato sì 84
Hanno votato no 312.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gianluca Pini ed altri n. 1-00699, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Di Gioia, Ravetto, Bossa, Palma, Grassi, Cicchitto, Carloni. Allora, ci siamo ? Carloni ancora no, Colonnese. Hanno votato entrambe...Pag. 49
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 408
Votanti 385
Astenuti 23
Maggioranza 193
Hanno votato sì 49
Hanno votato no 336.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brunetta e Capezzone n. 1-00738, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Allora, hanno votato. Ci siamo, mi pare ? Non vedo braccia alzate
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 409
Votanti 382
Astenuti 27
Maggioranza 192
Hanno votato sì 50
Hanno votato no 332.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Speranza, Locatelli e Marazziti n. 1-00745, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ravetto, Marco Di Maio, ha votato. Chi altro ? Non vedo braccia alzate...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 404
Votanti 345
Astenuti 59
Maggioranza 173
Hanno votato sì 300
Hanno votato no 45.
La Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Misto – Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Alli, Rabino ed altri n. 1-00746, in quanto non assorbita e non preclusa dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ravetto, Grasso, Colonnese, Colletti, Mura, Borghi, Galperti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 385
Votanti 321
Astenuti 64
Maggioranza 161
Hanno votato sì 237
Hanno votato no 84.
La Camera approva (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-00747, in quanto non assorbita e non preclusa dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Palma, dell'Aringa, Piccoli Nardelli, Rampelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 391
Votanti 365
Astenuti 26
Maggioranza 183
Hanno votato sì 45
Hanno votato no 320.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Pag. 50 Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Cicchitto, Amendola, Mazziotti Di Celso, Marazziti e Locatelli n. 6-00111, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Colonnese...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 385
Votanti 372
Astenuti 13
Maggioranza 187
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 117.
La Camera approva (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Gianluca Pini ed altri n. 6-00112, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Di Gioia, Grassi ...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 389
Votanti 386
Astenuti 3
Maggioranza 194
Hanno votato sì 43
Hanno votato no 343.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Brunetta e Palese n. 6-00113, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Gallinella, Invernizzi, Boccuzzi, Capelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 385
Votanti 375
Astenuti 10
Maggioranza 188
Hanno votato sì 42
Hanno votato no 333.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Scotto ed altri n. 6-00114, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Totaro, Bossa.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 376
Votanti 374
Astenuti 2
Maggioranza 188
Hanno votato sì 32
Hanno votato no 342.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00115, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Palese.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 384
Votanti 382
Astenuti 2
Maggioranza 192
Hanno votato sì 29
Hanno votato no 353.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Pag. 51 Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Sibilia ed altri n. 6-00116, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Di Gioia, Bossa, Andrea Romano.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 382
Votanti 373
Astenuti 9
Maggioranza 187
Hanno votato sì 56
Hanno votato no 317.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Colleghi sono così esaurite le comunicazioni del Governo in materia di politica estera e il seguito dell'esame delle mozioni concernenti iniziative per il riconoscimento dello Stato di Palestina.
Ora abbiamo un altro punto, colleghi, e io passo la Presidenza al vicepresidente Baldelli.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 13,25)
Sulle dimissioni del deputato Cristian Iannuzzi.
PRESIDENTE. Comunico che in data 19 gennaio 2015 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Cristian Iannuzzi:
«Gentile Presidente Boldrini,
con questa lettera Le presento per la seconda volta le mie dimissioni irrevocabili dalla Camera dei Deputati, in quanto alla prima votazione, il 12 gennaio 2014, le stesse sono state respinte dalla maggioranza dei membri della Camera».
Colleghi, per favore...stiamo parlando delle dimissioni di un collega...
«Gli eventi sopravvenuti nel tempo intercorso tra la mia prima lettera e questa, non solo non hanno introdotto elementi che mi inducano a rivedere la mia decisione, ma anzi hanno rafforzato la mia convinzione di dimettermi dal ruolo di portavoce parlamentare.
A seguito della mia decisione di presentare le dimissioni dal Parlamento, sono stato espulso arbitrariamente dal gruppo parlamentare a cui aderivo e dal MoVimento che ho contribuito a costruire, nel quale ho partecipato attivamente per diversi anni della mia vita e nelle cui liste sono stato eletto in Parlamento. Espulso senza alcuna contestazione formale o informale della mia condotta, senza un passaggio assembleare e senza un voto degli iscritti in rete al portale del MoVimento 5 Stelle. Espulso senza nemmeno»...
Colleghi, per favore !
«una comunicazione ufficiale, in violazione di ogni regolamento, statuto o non-statuto che faccia riferimento al MoVimento 5 Stelle.
La reiterazione delle mie dimissioni è dunque un atto di coerenza dovuto nei confronti di quei cittadini che, aderendo e votando il MoVimento 5 Stelle alle elezioni politiche, hanno eletto dei portavoce che difendessero i principi di un progetto originario che, almeno a livello parlamentare, non esiste più.
Le chiedo dunque, Presidente, di calendarizzare nuovamente la votazione delle mie dimissioni nel più breve tempo possibile.
La saluto con cordialità,
firmato: Cristian Iannuzzi ».
Avverto che, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del Regolamento, la votazione sulle dimissioni del deputato Cristian Iannuzzi avrà luogo a scrutinio segreto mediante procedimento elettronico.
Se nessuno chiede di parlare passiamo ai voti.
Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'accettazione delle dimissioni del deputato Cristian Iannuzzi.Pag. 52
Dichiaro aperta la votazione.
Ovviamente il voto favorevole è per l'accettazione, il voto contrario è per il diniego.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 338
Votanti 335
Astenuti 3
Maggioranza 168
Voti favorevoli 103
Voti contrari 232.
(La Camera respinge – Vedi votazioni).
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15, con lo svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 15.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Amici, Baretta, Dorina Bianchi, Stella Bianchi, Bratti, Brunetta, Capezzone, Cicchitto, Dadone, Damiano, De Girolamo, Di Gioia, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Gentiloni Silveri, Giancarlo Giorgetti, Manciulli, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Sani, Scotto, Speranza e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centodue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,02).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative per la messa in sicurezza del fiume Sele, anche alla luce dell'esondazione verificatasi il 31 gennaio 2015 – n. 2-00837)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Capozzolo n. 2-00837, concernente iniziative per la messa in sicurezza del fiume Sele, anche alla luce dell'esondazione verificatasi il 31 gennaio 2015 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Capozzolo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
SABRINA CAPOZZOLO. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretaria Velo, in data 31 gennaio 2015, a causa del maltempo il fiume Sele ha esondato per l'ennesima volta, allagando la piana del territorio salernitano da cui prende il nome, determinando l'allagamento di centinaia di abitazioni e la conseguente evacuazione degli abitanti. Si sono registrati danni ingenti alle infrastrutture, al patrimonio storico-artistico nonché alle attività agricole e zootecniche presenti che prefigurano risarcimenti per un importo pari a svariati milioni di euro. L'esondazione rappresenta l'ennesimo disastro annunciato per il quale i costi di risarcimento e per riparare i danni saranno sicuramente maggiori rispetto a quelli che dovevano essere impegnati per le necessarie attività di prevenzione, mitigazione e manutenzione da predisporre con urgenza dopo le esondazioni già avvenute nel 2010 e successivamente nel 2013. Le cause principali dell'esondazione sono sicuramente da ricercare nella mancata manutenzione dell'alveo del fiume, nella presenza di detriti, tronchi di albero e materiali vari, che impediscono il regolare Pag. 53deflusso delle acque fluviali, nonché nell'innalzamento dell'alveo del fiume, che in alcuni punti ha raggiunto il livello degli argini, i quali si presentano privi di manutenzione e con diverse rotture dovute ad eventi franosi e all'insediamento di tane di volpe e di nutria. È sempre più urgente intervenire con opere di ripristino dell'officiosità del corso d'acqua principale e di quelli secondari, prendendo atto che a nulla sono serviti gli appelli più volte rivolti alle autorità territoriali competenti affinché si provvedesse, con urgenza, a risolvere gli annosi problemi degli argini e dell'alveo del fiume, non ultima, la missiva indirizzata al prefetto di Salerno e alla protezione civile della provincia di Salerno nell'ottobre 2014.
A marzo 2014, da notizie di stampa, si era appreso dello stanziamento di fondi, ottenuti per l'alluvione del Sele, volti al rafforzamento degli argini del rio Ciorlitto, importante affluente che contribuisce ad alimentare le cause degli eventi alluvionali alla confluenza con il Sele, dell'inizio del piano di monitoraggio e dell'iter amministrativo della gara per l'affidamento dei lavori. Dal sito istituzionale del Consorzio bonifica Paestum si apprende la pubblicazione di una aggiudicazione definitiva del «Primo stralcio urgente dei lavori per il ripristino arginale del Rio Ciorlitto – Rio La Lama e sistemazione affluente collettore acque Salse per prevenire l'allagamento della frazione Gromola del Comune di Capaccio», ma non risultano disponibili i documenti originali, nonché la data di scadenza.
Nella legge di stabilità 2015 il Fondo per le emergenze nazionali, che disponeva di 140 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2015-2017, è stato ulteriormente finanziato con una quota di 60 milioni di euro, rimanendo tali risorse acquisite al bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri nell'anno 2015.
Chiedo se si ritenga urgente procedere ad acquisire ogni utile informazione per conoscere con certezza lo stato di attuazione del piano di monitoraggio del fiume Sele, al fine di procedere, con la massima urgenza, all'attuazione del progetto relativo agli interventi di asportazione di materiali dall'alveo del fiume e alle attività di manutenzione straordinaria delle sponde ripariali e degli argini e se l'amministrazione regionale abbia proceduto alla richiesta del riconoscimento dello stato di emergenza, dato il continuo verificarsi di esondazioni e allagamenti che continuano a creare gravi difficoltà e disagi alle popolazioni e alle attività economiche del territorio del bacino del fiume Sele. Chiediamo, inoltre, se si ritenga necessario, affinché si eviti una nuova catastrofe annunciata, procedere a finanziare con le risorse afferenti al Fondo per le emergenze nazionali, fermo restando quanto previsto dalle finalità e dalle norme tecniche dei piani di bacino, le opere di ripristino dell'officiosità del corso d'acqua del fiume Sele e dei suoi affluenti, comprendenti la rimozione di materiali litoidi dagli alvei, ma anche la manutenzione e il consolidamento degli argini, la pulizia e la rinaturalizzazione delle sponde fluviali.
Infine, chiediamo se si ritenga necessario, al fine di interrompere l'ingiustificata inerzia amministrativa e recuperare le risorse finanziarie non impiegate, provvedere, per il tramite della struttura tecnica di missione costituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, al recupero dei fondi non spesi e avviare con urgenza gli interventi da tempo attesi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.
SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, il bacino del Sele il 31 gennaio 2015 è stato interessato, come ricordava la collega, da una pioggia areale di circa 30 millimetri, che si è andata a sommare a quella caduta nei giorni precedenti, con massimi precipitativi anche di 250 millimetri.
Tali precipitazioni sono risultate significative e tali da causare incrementi notevoli sul reticolo principale e secondario del bacino dello stesso fiume con innalzamenti Pag. 54delle sezioni monitorate anche al di sopra della terza soglia di guardia.
Per tali eventi, non risulta, tuttavia, ancora formulata dalla regione Campania alcuna richiesta di deliberazione dello stato di emergenza, ex articolo 5 della legge n. 225 del 1992, e, conseguentemente, non è, allo stato, possibile utilizzare le risorse afferenti al Fondo per le emergenze nazionali. Anche qualora l'eventuale richiesta dovesse essere presentata e andare a buon fine, è stato precisato dal Dipartimento della protezione civile nazionale che potrebbero essere finanziate con il predetto Fondo soltanto le iniziative concernenti la realizzazione di interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo strettamente connesso all'evento, comunque finalizzate prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità.
Per quanto attiene all'attivazione del Fondo nazionale per i danni causati alle produzioni agricole ed alle relative infrastrutture da eccezionali attività atmosferiche, la regione ha fatto conoscere di stare predisponendo l'istruttoria volta alla adozione della pertinente delibera di giunta da inoltrare al competente Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. In ogni caso, l'assessore alla protezione civile della regione Campania ha annunciato, lo scorso 11 febbraio, la deliberazione di un finanziamento di interventi urgenti per un milione di euro a carico delle risorse regionali per far fronte alle emergenze idrogeologiche che si sono determinate nel corso delle abbondanti precipitazioni, tra i quali se ne segnalano alcuni che interessano, appunto, il bacino del Sele, finalizzati alla messa in sicurezza dei cittadini e ad assicurare il primo ripristino strutturale del reticolo idrografico principale e secondario, unitamente alle relative opere funzionali.
Si precisa, in ultimo, che oltre all'accelerazione degli interventi relativi alle precedenti programmazioni e all'attività volta al recupero delle risorse concernenti i progetti non realizzati e non più attuali, secondo le vigenti disposizioni di legge, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico stanno lavorando alla messa a punto della nuova programmazione, che sarà fondata sulla predisposizione nel breve termine di un piano di finanziamento straordinario per interventi urgenti di mitigazione del rischio idrogeologico per oltre 1 miliardo di euro, che si prevede di prossima conclusione, e per il più generale Piano nazionale per la mitigazione del dissesto idrogeologico 2015-2020 per tutto il territorio nazionale per circa 7 miliardi di euro.
PRESIDENTE. L'onorevole Capozzolo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
SABRINA CAPOZZOLO. Signor Presidente, io ringrazio il sottosegretario Velo, ovviamente non sono soddisfatta, in quanto questo non permette sicuramente la risoluzione del problema e, quindi, lascia la comunità, che oggi è colpita da queste difficoltà, nelle stesse condizioni. Ma, per la prima volta, finalmente è chiaro che le responsabilità sono tutte in capo alla regione Campania. Quindi mi auguro che si possa assumere le responsabilità effettivamente e porre rimedio perché, oltre a quelli che possono essere gli appuntamenti elettorali, c’è la vita della gente che andrebbe considerata molto prima che nel momento in cui si va semplicemente a chiedere un voto. Quindi mi auguro che si riesca a risolvere il problema e ringrazio il Governo.
(Iniziative per un'efficace manutenzione degli alvei fluviali nelle aree a rischio di dissesto idrogeologico – n. 2-00847)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza De Rosa n. 2-00847, concernente iniziative per un'efficace manutenzione degli alvei fluviali nelle aree a rischio di dissesto idrogeologico (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
L'onorevole De Rosa ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.
MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, sottosegretario, abbiamo parlato spesso di rischio idrogeologico e dissesto del territorio dovuto all'eccessivo consumo di suolo, all'abbandono dell'agricoltura ma anche alle scellerate decisioni delle amministrazioni di consentire l'edificazione in zone già classificate come a rischio. Con questa interpellanza andiamo ad affrontare il problema delle esondazioni, sempre più frequenti, dei nostri fiumi cementificati, non rispettati e costretti in alvei innaturali.
La progressiva urbanizzazione e l'impermeabilizzazione di tutte quelle aree dove un fiume in caso di piena può espandersi liberamente, il cosiddetto «alveo di piena», hanno presentato e rappresentano una delle principali cause del dissesto idrogeologico italiano. Purtroppo, nel tempo continuano a replicarsi interventi di difesa idraulica tanto obsoleti quanto evidentemente inefficaci: vengono cementificati gli alvei, alterate le dinamiche naturali dei fiumi, spesso i fiumi vengono deviati e rettificati, vengono realizzate grandi opere idrauliche per gestirli fortemente impattanti sul territorio.
Tra queste opere troviamo le vasche di laminazione, cioè ampi bacini scavati in profondità per permettere il contenimento delle acque che, in caso di piena, il fiume non è in grado di contenere nel suo alveo. Ricordiamolo, nel suo alveo di magra perché il fiume avrebbe gestito infatti le piene in modo naturale se avessimo rispettato il suo alveo di piena. Ma l'uomo stupidamente continua a credere di poter dominare la natura anziché imparare da essa. Tutto questo senza un serio studio preliminare sull'impatto che possono portare a valle. Troppo spesso le opere di messa in sicurezza si trasformano in alibi per continuare a costruire.
Le vasche di laminazione sono, infatti, opere consistenti che richiedono elevati costi di realizzazione e di manutenzione, per appalti che diventano facile appannaggio di grandi aziende, e che spesso abbiamo visto ledere i principi della concorrenza e della correttezza nelle procedure di affidamento dei lavori. Due recenti casi di progettazione di vasche di laminazione sono quello delle vasche sul Seveso in Lombardia dove queste opere risultano inutili ai fini della prevenzione delle esondazioni oltre a trasformarsi in zone di ristagno di acque inquinate. L'altro caso è quello delle vasche sul fiume Sarno dove si rischia che la miscela di acqua, detriti e sostanze inquinanti trascinata fuori dal letto del fiume venga trattenuta nelle vasche di laminazione e lasciata a ristagnare nella prossimità di aree coltivate.
Ai considerevoli impatti ambientali di realizzazione di queste opere si sommano le elevate criticità strutturali e di gestione di tali impianti che si traducono in ulteriori esternalità negative di rilevante impatto per l'ambiente, la tutela della biodiversità e della salute dei cittadini: abbiamo ulteriore consumo di suolo in zone a destinazione agricola, appunto ristagno e accumulazione di inquinanti nelle vasche di laminazione, per lo più situate a ridosso di aree coltivate, potenziale alterazione di habitat ed ecosistemi, interferenze con le acque di falda e molti altri impatti sul territorio.
Sotto il profilo funzionale si tratta di interventi volti ad arginare situazioni emergenziali di piena che, pur richiedendo consistenti e costosi interventi di manutenzione, sono estranei ad una prospettiva di gestione programmata e monitorata dei fenomeni alluvionali che dovrebbe, invece, essere perseguita attraverso interventi strutturali alternativi più efficaci che riguardino il sistema fognario, la rete degli impianti di depurazione delle acque, la manutenzione ordinaria e straordinaria del reticolo idrografico esistente, la prevenzione degli scarichi abusivi attraverso il capillare esercizio dei poteri di vigilanza e sanzione, tali da consentire un graduale processo di rinaturalizzazione dei torrenti, nel rispetto dei principi di invarianza idraulica, questa sconosciuta.
Per questo bisogna intervenire sul territorio con interventi costanti e puntuali per ripulire, conservare e rinaturalizzare lungo il corso del fiume quelle zone dove questi interventi siano ancora possibili in modo da tutelare i territori, creare posti di Pag. 56lavoro duraturi e risparmiando anche denaro pubblico non con un grosso buco sul territorio ma con centinaia di piccoli interventi che valorizzino l'efficienza idraulica. Riteniamo essenziale che il Governo si confronti con tali argomentazioni e si orienti su scelte alternative in armonia con la salvaguarda del territorio agricolo e con la naturale caratteristica dei corsi d'acqua. Riteniamo essenziale, inoltre, qualora ritenute inevitabili le vasche di laminazione sul territorio, l'applicazione di alcune linee guida per la realizzazione delle vasche di laminazione. Queste linee guida potrebbero essere: il divieto di costruzione delle vasche in territori agricoli, aree protette e aree verdi non impermeabilizzate (questo andrebbe anche di pari passo con la legge sul consumo di suolo che stiamo cercando di far approvare); la localizzazione delle opere in via prioritaria su terreni da bonificare o già impermeabilizzati; le vasche di laminazione dovrebbero essere realizzate esclusivamente in collegamento con corsi fluviali che rispettano la normativa europea sulla qualità delle acque fluviali, altrimenti faremmo pozze di acqua inquinata; a seguito di contaminazione delle falde acquifere a causa del malfunzionamento delle vasche, i costi di bonifica dovrebbero essere posti a carico delle aziende aggiudicatrici degli appalti, quindi sono clausole da mettere direttamente negli appalti.
Servirebbe, poi, la stipula, da parte delle aziende, di polizze fideiussorie per questi interventi, tali da coprire il possibile rischio ambientale derivante dal malfunzionamento delle opere stesse per almeno quindici anni. Come dichiarato anche dal Ministro Galletti la prima emergenza in Italia è il dissesto idrogeologico; però, questa emergenza va affrontata con intelligenza e coscienza affinché non sia destinata a restare tale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.
SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, sui possibili interventi di difesa idraulica per mitigare i danni conseguenti alle esondazioni, si rappresenta che già in sede legislativa è presente un forte richiamo a privilegiare interventi ecocompatibili. Infatti, il cosiddetto decreto «Sblocca Italia» all'articolo 7, comma 2, prevede che «a partire dalla programmazione 2015 le risorse destinate al finanziamento di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico siano prioritariamente destinate ad interventi integrati finalizzati sia alla mitigazione del rischio sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità ovvero che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE e della direttiva 2007/60/CE», e che a tali interventi debba essere destinata in ciascun accordo di programma una percentuale minima del 20 per cento delle risorse in esso previste.
Il problema delle esondazioni, specie in aree fortemente urbanizzate, non può essere risolto solamente con «interventi diffusi per la regimentazione ed il disinquinamento del fiume» interessato. L'inefficacia di tali interventi, in termini di riduzione delle portate di piena a valori compatibili, è associata anche alla mancanza di rilevanti zone di espansione naturale del corso d'acqua atteso che, in molti casi, le aree circostanti l'alveo sono urbanizzate.
I piani di manutenzione ordinaria degli alvei vengono effettuati per garantire il normale deflusso ma, di per sé, non sono sufficienti al contenimento delle piene più gravose, soprattutto in aree molto urbanizzate come i bacini milanesi del Seveso, Lambro e Olona che presentano idrogrammi di piena non compatibili con lo stato e le geometrie degli alvei ristretti dall'urbanizzazione.
Una corretta applicazione del principio di invarianza idraulica è certamente necessaria per non aggravare la situazione attuale e per migliorare nel futuro le condizioni di sicurezza idraulica dei corsi d'acqua ma l'applicazione richiede tempi molto lunghi, modifica dei regolamenti edilizi dei comuni e la costruzione di opere di trattenimento delle acque sugli Pag. 57scaricatori di piena degli impianti fognari fino al livello del singolo edificio, il tutto con costi elevati e lunghissimi tempi (20-30 anni) per acquisirne benefici significativi.
Appare quindi evidente che la risoluzione della problematica delle frequenti piene in aree urbanizzate, non può trovare soluzione solo nel tema dell'invarianza idraulica, ma è necessario intervenire con una serie di politiche differenziate quali la manutenzione degli alvei e l'introduzione di opere strutturali di protezione come le aree di laminazione.
Peraltro, la necessità delle aree di laminazione delle piene sui corsi d'acqua nel nord di Milano è acclarata nel piano di assetto idrogeologico (PAI) dell'Autorità di bacino del fiume Po che ha indicato le volumetrie e le localizzazioni preliminari. La regione Lombardia ha in corso l'attuazione di questa pianificazione. Inoltre, le aree di laminazione sono state concepite non come mere opere idrauliche ma come «strutture verdi» deputate anche alla riqualificazione paesaggistico-ambientale dei siti in cui queste si collocano.
Sulle specifiche domande rivolte dagli interpellanti, si chiarisce che in numerosi casi, la funzione di area di laminazione è pienamente compatibile con la destinazione d'uso agricola o area verde e che le vasche di laminazione, spesso impermeabilizzate per proteggere la falda freatica, rispettano il principio dell'invarianza idraulica in quanto contengono anche le acque meteoriche che afferiscono su di esse; l'opzione di progettare una cassa di laminazione in aree dismesse o da bonificare, può trovare applicazione di rado poiché sono rare le aree dismesse lungo i corsi d'acqua e la bonifica preventiva comporta maggiori costi; inoltre, laddove si progettano vasche di laminazione sul territorio italiano, il rispetto della normativa europea è uno dei principi cardine come la realizzazione di quegli interventi che mirano a rendere le acque pulite. In ultimo, si ricorda che il codice dei contratti contiene specifiche prescrizioni a tutela degli interessi pubblici laddove, in caso di inadempienze, le società costruttrici sono chiamate a rispondere di errori o danni arrecati alla comunità.
PRESIDENTE. L'onorevole De Rosa ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, assolutamente non sono soddisfatto perché non ho percepito nessun impegno del Governo comunque a voler riprendere in mano la questione e dettare delle linee guida che seguano anche solo alcuni dei consigli che abbiamo cercato di dare. Questa è un po’ la collaborazione che sia ha in questo momento, in questo Parlamento.
Considerare le vasche di laminazione delle aree, delle strutture verdi, è veramente assurdo e questo ci dice molto sulle norme che sono attuate in questo momento, perché se io – adesso prendiamo l'esempio del Seveso, che è quello che conosco meglio – in una zona già molto edificata in cui rimangono poche aree verde residuali, vado a costruire le vasche di laminazione facendo sostanzialmente un buco nel terreno nelle zone agricole, ho ridotto ancora la superficie di terreno che può assorbire dell'acqua e quindi ho fatto un ulteriore danno. In questo caso, che conosco bene, abbiamo anche il fatto che le vasche di laminazione, così come sono state concepite ormai troppi anni fa, non sarebbero sufficienti a limitare l'onda di piena, ma dopo un quarto d'ora, venti minuti, ci troveremmo comunque l'onda di piena su Milano. Abbiamo che le vasche di laminazione andrebbero oltre il livello della falda, con il rischio, nonostante le membrane e tutte le cautele, di andare ad inquinarla perché – come sappiamo – siamo in infrazione per i fiumi, per la qualità delle acque dei nostri fiumi. Allora su un fiume marrone come il Seveso rischiare che queste acque vadano nelle falde quando abbiamo già perso il trenta per cento delle acque potabili in Italia, ecco in Pianura padana, veramente è giocare con il fuoco. E poco mi conforta il fatto che sono costi più alti bonificare le Pag. 58aree dimesse. Purtroppo il costo più alto è monetario al momento, ma il costo per la società, per i cittadini, sarebbe infinitesimale in confronto al beneficio di non avere queste piene. Hanno calcolato che le vasche di laminazione anche se fossero in piena efficienza avrebbero salvato da quattro esondazioni sulle ultime undici. Quindi, abbiamo assolutamente un'opera che è parziale. Tra parentesi, fare un buco nel terreno e farci andare l'acqua per un quarto d'ora, venti minuti, ci costerebbe 30 milioni per ogni vasca di laminazione.
E, poi, questa tranquillità sugli appalti mi spaventa, infatti abbiamo fatto una segnalazione già a Cantone e all'Anac. Perché ? Perché una vasca di laminazione all'interno del Parco nord, dove soldi dei cittadini sono già stati spesi per creare un'area verde usufruibile dai cittadini stessi, andiamo a distruggere questa area per farci una vasca di laminazione infinitamente più piccola rispetto a quella di Senago, e queste due vasche costano la stessa cifra, sui 28 milioni di euro ! Allora, qui probabilmente abbiamo dei problemi. Seicentomila euro solo per la progettazione. Io penso che si stiano buttando dei soldi pubblici. Invito ancora il Governo a tenere presente l'invarianza idraulica si otterrà dopo anni di lavoro – è certo, lo sappiamo, ne siamo coscienti – però se mai iniziamo mai sistemeremo le cose.
E, allora, iniziamo a imporre – visto che siamo stati capaci di imporre delle norme anticostituzionali anche per l'Ilva, per dare l'impunità al commissario – almeno che non siamo capaci di chiedere delle modifiche sulle norme che agiscono sui comuni sull'asse del Seveso come di tanti altri fiumi in Italia, il fiume Sarno.
E poi sostenere che possiamo sacrificare le ultime aree verdi proprio sotto Expo – Expo che ha cementificato un'area immensa vicino a Milano – ecco pensare di poterne sacrificare altre di aree è veramente assurdo, quando parliamo di nutrire il pianeta. Le ultime aree verdi le stiamo buttando per fare delle pozze, che poi ci costeranno anche per lo smaltimento dei rifiuti, perché il fango inquinato che arriverà dal Seveso, per esempio, e si fermerà all'interno delle vasche di Senago o di Milano o di Paderno – adesso bisogna vedere quali vorranno fare di vasche – bene questo fango poi sarà un fango inquinato da smaltire.
Quindi, ci saranno anche i costi di smaltimento. Allora, fare un'opera che poi comunque costerà ai cittadini per i prossimi anni e che non sappiamo che impatto può avere sulle nostre falde è veramente assurdo. Noi ci aspettavamo almeno una risposta dal Governo su un impegno a valutare le nostre proposte, a valutarle all'interno di qualche decreto, ad apportare qualche modifica.
Ci sono delle priorità: le priorità di salvaguardare il territorio, la natura, il suolo e l'agricoltura, che questo Governo non sta assolutamente seguendo e che, invece, vorremmo diventassero il faro per rilanciare l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Iniziative normative volte a modificare il regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) – n. 2-00861)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nicchi n. 2-00861, concernente iniziative normative volte a modificare il regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Nicchi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MARISA NICCHI. Signor Presidente, l'oggetto della nostra interpellanza è estremamente delicato ed importante. Nell'aprile 2014, un cartello di organizzazioni composto essenzialmente da genitori di persone con disabilità, ha presentato, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, due ricorsi al TAR del Lazio contro il DPCM che regolamentava le Pag. 59modalità di determinazione e i campi di applicazione del nuovo ISEE. L'11 febbraio scorso, la prima sezione del tribunale amministrativo regionale ha accolto, sia pure parzialmente, i ricorsi e le sentenze che hanno seguito modificano parzialmente l'impianto di calcolo dell'indicatore della situazione reddituale, escludendo dal computo dell'indicatore quelli che sono i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» (articolo 4, comma 2, lettera f)), ossia in pratica le pensioni, gli assegni, le indennità per minorazioni civili, gli assegni sociali, le indennità per invalidità sul lavoro, gli assegni di cura ed altro.
Tra le motivazioni addotte dal TAR, si scrive: «Non è dato comprendere per quale ragione, nella nozione di »reddito« (...) si debbano comprendere anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo o risarcitorio a favore delle situazioni di disabilità, quali, per esempio, le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico». Lo scrive la sentenza.
Fin dall'esame dello schema del DPCM noi interpellanti abbiamo sollevato questo problema, perché lo consideravamo un ingiusto computo, una misura che rischiava di provocare un'iniquità e un'ingiustizia. E non a caso queste sono state oggetto del ricorso da parte delle associazioni – ripeto – alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Allora, noi le chiediamo se il Governo e il Presidente del Consiglio non si intendano provvedere alle opportune modifiche e integrazioni al DPCM n. 159 del 2013, al fine di adeguarlo e renderlo coerente con quanto stabilito dal TAR del Lazio.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Franca Biondelli, ha facoltà di rispondere.
FRANCA BIONDELLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, l'onorevole interpellante, con il presente atto parlamentare, richiama l'attenzione del Governo sulle recenti sentenze del TAR del Lazio relative al DPCM n. 159 del 2013 in materia di criteri di revisione dell'ISEE.
Le sentenze del TAR, in accoglimento parziale dei ricorsi proposti da alcune associazioni di categoria nonché da alcuni diretti interessati e dai loro familiari, hanno annullato l'articolo 4, comma 2, lettera f), del predetto DPCM, che ricomprende nella nozione di reddito ai fini ISEE «i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche».
A giudizio del TAR, nella nozione di reddito di cui al predetto DPCM n. 59 del 2013, sono stati illegittimamente ricompresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo, indennitario e/o risarcitorio a favore delle situazioni di disabilità quali le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e di bisogno economico. Secondo i giudici amministrativi, il Governo sarebbe andato oltre la previsione della norma primaria, secondo la quale il nuovo ISEE avrebbe dovuto utilizzare una nozione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale (articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011). Secondo il TAR, infatti, tale norma andava interpretata nel senso di considerare, ai fini del calcolo dell'ISEE, le forme di reddito sottratte al fisco – ad esempio, il reddito prodotto presso organismi internazionali – e non già i trattamenti concessi dalle amministrazioni pubbliche.
Va sottolineato che si tratta di una questione largamente dibattuta, a cui il Governo dedica particolare attenzione, nella consapevolezza delle difficoltà quotidiane che devono affrontare i disabili e le loro famiglie, specie le più bisognose. In particolare, ricordo anche che c’è stato un ampio e articolato dibattito in Parlamento durante l'iter di conversione del decreto-legge n. 201 del 2011 e, poi, nella formulazione dei pareri delle Commissioni parlamentari Pag. 60sul regolamento attuativo. A tal proposito, faccio presente che l'inclusione dei trattamenti assistenziali nella nozione di reddito ai fini ISEE è, tuttavia, controbilanciato dalla possibilità di dedurre le spese sostenute per assistenza personale e collaboratori domestici, nonché da franchigie differenziate in base alla gravità della condizione di disabilità.
In conclusione, nel ribadire il grande interesse che il tema della disabilità riveste per il Governo e, in modo specifico, per il Ministero che rappresento, rendo noto che sono in corso delle interlocuzioni tra i competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la Presidenza del Consiglio al fine di addivenire ad una decisione condivisa che tenga nella dovuta considerazione il tema principale della questione, ossia la coerenza con la norma primaria della norma regolamentare. Solo al termine di tali interlocuzioni, si potrà optare per diverse soluzioni possibili, ovvero, quella di natura normativa, che comporta una rivisitazione dei criteri di calcolo dell'ISEE alla luce delle indicazioni fornite dai pronunciamenti del TAR, o quella di natura processuale che prevede il ricorso al Consiglio di Stato in qualità di giudice di appello.
PRESIDENTE. L'onorevole Nicchi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
MARISA NICCHI. Presidente, sottosegretario, grazie anche della manifestazione di interesse. Noi vogliamo dirle questo: nella valutazione che voi state facendo con la Presidenza del Consiglio porti la nostra ferma volontà a non pensare nemmeno che il Governo possa ricorrere contro la sentenza del TAR e che valuti, invece, bene la possibilità di adeguare velocemente, anche per superare uno stato di confusione che si è creato dopo le sentenze, il DPCM alla sentenza del TAR. Infatti, noi ribadiamo la nostra volontà di considerare, come scritto nella sentenza, quanto sia giusto quel principio generale per cui non si può considerare alla stregua di redditi qualsiasi quelle che sono le indennità percepite a titolo di risarcimento, come il caso, per esempio, di inabilità di infortunio sul lavoro o per malattia professionale; che non si possano considerare un qualsiasi reddito le provvidenze assistenziali riservate agli invalidi civili (ciechi, sordi), comprese le indennità di accompagnamento che sono erogate sulla base di un principio di garanzia di diritti universali. Quindi, come ribadiamo, porti questa nostra volontà ferma perché per noi la sentenza del TAR ripropone anche una ragione morale. Infatti, si tratta di mettere fine ad un conteggio, quello previsto dal DPCM, che in qualche modo, cosa fa ? Toglie quello che da un'altra parte viene riconosciuto.
Perché le indennità assistenziali, quegli interventi di cui abbiamo parlato prima che cosa non sono altro ? Misure che sono state pensate e decise per far superare a chi vive in una situazione di disuguaglianza, a chi ha ostacoli a superare questi ostacoli e sono misure quindi che tendono all'uguaglianza, ad un principio di uguaglianza. Non è che si possono riconoscere da una parte e poi togliere da quell'altra, darle con la mano destra e poi toglierle con la mano sinistra. Ecco noi crediamo – porti alla Presidenza del Consiglio questa nostra ferma volontà – di dover affrontare adeguando il DPCM agli intendimenti della sentenza, alla richiesta che le associazioni delle famiglie dei disabili pongono perché qui si tratta di sofferenza umana, di diritti fondamentali, non di privilegi né tanto meno di pratiche e di furberie che, se ci sono, vanno colpite ma non possono essere presentate come indistinte rispetto a temi così fondamentali, così importanti per affermare quei principi di eguaglianza che è sancito all'articolo 3 della nostra Costituzione.
(Chiarimenti in ordine alla riduzione dei finanziamenti destinati al Corpo forestale dello Stato – n. 2-00858)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Massimiliano Bernini n. 2-00858, concernente chiarimenti in ordine Pag. 61alla riduzione dei finanziamenti destinati al Corpo forestale dello Stato (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Massimiliano Bernini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MASSIMILIANO BERNINI. Signor Presidente, colleghi, signor Viceministro, ritengo che ogni cittadino italiano dentro e fuori da quest'Aula riconosca il grande impegno, la professionalità e il ruolo fondamentale per la nostra società delle donne e degli uomini del Corpo forestale dello Stato nei diversi ruoli e competenze. Si evince dagli organi ufficiali di comunicazione che il Corpo forestale dello Stato è da sempre chiamato ad un'impegnativa e incisiva azione di tutela del patrimonio agroforestale e ambientale del nostro Paese ma è soprattutto negli ultimi anni che la struttura organizzativa dell'attività investigativa sui reati ambientali, forestali e agroalimentari si è notevolmente rafforzata. È dal 2000, infatti, che in ogni provincia italiana sono stati istituiti i nuclei investigativi di polizia ambientale e forestale coordinati a livello centrale dal nucleo investigativo centrale di polizia ambientale e forestale mentre, di recente, sono state istituite le sezioni regionali di analisi migliorando così notevolmente l'apparato investigativo del Corpo grazie ad una più stretta collaborazione tra la struttura centrale e le strutture territoriali nelle attività di polizia. Sempre dal sito ufficiale del Corpo forestale dello Stato si evincono tutta una serie di ambiti che riguardano la tutela del territorio rurale e montano e delle sue componenti, la tutela dall'inquinamento e dal traffico illecito e lo smaltimento illegale dei rifiuti, la tutela del paesaggio e dei territori di particolare valore naturalistico, la tutela dell'acqua e dell'aria, la tutela della fauna e della flora, prevenzione e repressione dei reati di maltrattamento degli animali, prevenzione e repressione dei reati connessi agli incendi boschivi, la tutela della salute e sicurezza agroalimentare. Quindi, con la legge di riordino 6 febbraio 2004 n. 36 e con il decreto ministeriale 12 gennaio 2005, al Corpo forestale dello Stato è riconosciuto il ruolo di polizia ambientale e in modo particolare, alla prima divisione dell'ispettorato generale, sono attribuite le competenze: di coordinamento dei servizi di vigilanza; di prevenzione e repressione delle violazioni compiute a danno dell'ambiente, finalizzati al controllo del territorio, con particolare riferimento al traffico illecito e allo smaltimento illegale dei rifiuti, al fenomeno dell'abusivismo edilizio e alla tutela delle acque dall'inquinamento; inoltre di direzione e gestione operativa del nucleo investigativo centrale di polizia ambientale e forestale e di supporto e direzione delle attività dei nuclei provinciali di polizia ambientale e forestale; di organizzazione dell'attività di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza sul territorio; di indirizzo e coordinamento dell'attività sanzionatoria di natura amministrativa; di coordinamento e raccordo con l'Europol e l'Interpol ed altri organismi internazionali che svolgono attività di polizia e controlli nel settore ambientale e via discorrendo.
Le ragioni del perché al nostro Paese serva un Corpo di polizia ambientale per la prevenzione e repressione delle violazioni compiute a danno dell'ambiente che quindi richiederebbero un potenziamento del Corpo forestale dello Stato piuttosto che un suo ridimensionamento, sono ben illustrate nel rapporto di Legambiente dal titolo «Ecomafie 2014», in cui si possono evincere alcuni dati allarmanti: 29.274 infrazioni accertate, più di 80 al giorno, circa 3 all'ora; 15 miliardi di euro di business illegale che si spartiscono ben 321 clan; 28.360 denunce e 160 arresti solo nel 2013.
Sempre secondo Legambiente, rispetto all'anno precedente, aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti (15 per cento del totale) e contro la fauna (22 per cento), raddoppiano quelli nel settore agroalimentare mentre calano gli incendi dolosi. I reati correlati al ciclo del cemento rappresentano il 14 per cento del totale e 21 sono le amministrazioni comunali sciolte per condizionamento mafioso negli ultimi sedici Pag. 62mesi e tutto ciò si snoda sul territorio nazionale, senza soluzione di continuità. Infatti, senza la tutela penale dell'ambiente e un'adeguata legislazione anticorruzione, le mafie prosperano e ampliano le loro attività. Un commento di Legambiente a margine del rapporto, cita testualmente: «ci troviamo quindi di fronte ad un'imprenditoria ecocriminale, caratterizzata da un vivace dinamismo, a cui fa da contraltare l'immobilismo della politica nazionale». Se questi dati non dovessero bastare, c’è anche il rapporto dell'Eurojust del 10 dicembre 2014 dal titolo «Mafia e organizzazioni criminali dietro i reati ambientali». Secondo questo organismo europeo di cooperazione giudiziaria, ci sono organizzazioni criminali dietro le attività di criminalità ambientale transfrontaliera. Ma paradossalmente, sebbene questo tipo di criminalità generi profitti sostanziali (le stime OCSE parlano di profitti criminali da 30 a 70 miliardi di dollari l'anno) le statistiche mostrano che raramente le autorità nazionali ottengono condanne per crimini ambientali. Le criticità del sistema sono rappresentate da sanzioni bassissime benché i profitti da reati ambientali siano altissimi, dall'assenza di coordinazione tra le autorità competenti a livello nazionale ed internazionale, dalla diversità di normativa vigente negli Stati membri e dalla mancanza in alcuni dei ventotto Paesi di strutture adeguate, quali ad esempio unità di polizia o procuratori che lavorino solamente sui casi di reati ambientali. In Italia fortunatamente questa forza di polizia specifica esiste per i reati ambientali ed è rappresentata dal Corpo forestale dello Stato, che però, invece di essere potenziata con maggiori risorse per il personale e i mezzi, subisce inspiegabilmente da parte di questo Governo continui tagli. Questa situazione è stata più volte denunciata anche dalle principali sigle sindacali di polizia. Mi riferisco al mancato rifinanziamento della legge 6 febbraio 2014 n. 6, per un importo di circa 4 milioni di euro, necessari al monitoraggio nelle aree agricole della ormai tristemente nota Terra dei fuochi e all'ulteriore taglio di 5 milioni di euro dai capitoli di bilancio operativi dei forestali realizzati dall'ultima legge di stabilità. Inoltre, questi tagli non sono che gli ultimi di una lunga serie che rischiano di limitare consistentemente la capacità operativa degli 8 mila uomini e donne che quotidianamente garantiscono la sicurezza ambientale ed agroalimentare nel nostro Paese. Ritengo che gli agenti, i revisori, gli operatori e i periti del Corpo forestale dello Stato non si meritino un simile trattamento che demoralizza lo spirito di abnegazione che hanno dimostrato nella lotta alle ecomafie, soprattutto nella Terra dei fuochi, dove assieme all'ARPA Campania, il Corpo forestale ha avviato un puntuale monitoraggio dei terreni oltre che la supervisione dei fondamentali lavori di bonifica delle aree offese e martoriate dall'ecomafia. Per tutte queste ragioni, chiedo al Governo se intenda confermare o meno questa politica dei tagli lineari nei confronti del Corpo e soprattutto quali misure il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali intenda assumere, anche di carattere normativo, per sopperire all'eventuale interruzione dell'apporto investigativo e di controllo del territorio operato nei decenni dal Corpo forestale dello Stato quale ovvia conseguenza della riduzione o del trasferimento di risorse. Insomma, con quali mezzi e con quali risorse umane il Corpo forestale dello Stato potrà continuare a fare monitoraggio nella Terra dei fuochi o a garantire la sicurezza ambientale ed agroalimentare, alla luce di questi immotivati e per noi abnormi tagli ? Riteniamo inaccettabile che da una parte si pubblicizzi l'azione di contrasto ai reati ambientali da parte di questo Governo e dall'altra si continui a tagliare sull'unica Forza di polizia in grado di contrastare il dilagare del preoccupante fenomeno criminale delle ecomafie. Ci auspichiamo, sia per il bene dei cittadini della Terra dei fuochi che per il mantenimento della piena operatività del Corpo forestale dello Stato che ci sia un ripensamento da parte del Governo e che vengano immediatamente ripianati i fondi necessari a garantire la sicurezza ambientale dei cittadini.Pag. 63
Auspico che oggi, Viceministro, ci dica proprio questo: tutti i tagli agli stanziamenti destinati al Corpo forestale dello Stato fin qui operati verranno immediatamente compensati con misure finanziarie ad hoc e che si è sbagliato con questa politica di taglio lineare. Non lo chiediamo solo noi del MoVimento 5 Stelle, ma lo chiedono anche i cittadini, i dipendenti del Corpo forestale dello Stato e le principali sigle sindacali.
PRESIDENTE. Il Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.
ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, in primo luogo desidero sottolineare che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, per rendere più efficiente ed efficace l'azione amministrativa, ha avviato un'attenta riorganizzazione, che nell'ambito di un'ottimizzazione della spesa ha avuto sempre come primo obiettivo quello della tutela e della valorizzazione delle professionalità al servizio dell'amministrazione. All'interno di questa operazione rientrano la razionalizzazione dei costi, la semplificazione burocratica e la più generale riorganizzazione degli enti collegati e degli organismi di controllo.
Questi principi hanno guidato anche le scelte fatte in merito al Corpo forestale dello Stato, le cui competenze e azioni di contrasto agli illeciti nel settore agroalimentare e agroambientale non sono messe in dubbio. Desidero ricordare in proposito, anche con specifico riferimento alle questioni poste dai deputati interpellanti, il coordinamento del gruppo di lavoro incaricato della mappatura dei terreni agricoli nel territorio della Campania, sulla base di quanto sancito dal decreto-legge n. 136 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 6 del 2014, al fine di condurre le indagini, dirette e indirette, sui terreni agricoli della regione. Tale incarico si associa, peraltro, all'attività operativa condotta da tempo dal Corpo forestale dello Stato nel territorio campano, sia per quanto concerne lo spegnimento dei roghi tossici, sia relativamente al controllo delle discariche e del traffico di rifiuti. Ma, ancora, ricordo la nomina a commissario straordinario per la lotta alla Xylella fastidiosa, batterio corresponsabile del disseccamento delle piante d'ulivo, del comandante regionale del Corpo forestale dello Stato della regione Puglia da parte del capo del Dipartimento della protezione civile; e, ulteriormente, le attività operative mirate a monitorare i campi seminati in Friuli-Venezia Giulia con sementi di mais transgenico, al fine di fare rispettare le scelte nel senso di vietare le coltivazioni OGM in Italia, anche recentemente confermate con il decreto dei Ministri della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole, alimentari e forestali del 22 gennaio scorso.
Inoltre, la direttiva del Ministro per l'anno 2015 pone in evidenza che in attuazione della legge 3 febbraio 2011, n. 4, il Corpo forestale dello Stato proseguirà la collaborazione nelle sezioni di polizia giudiziaria, al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione degli illeciti in materia agroambientale, nonché di favorire il contrasto della contraffazione dei prodotti agroalimentari protetti. Tenuto conto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 15 novembre 2012, n. 218, che ha modificato il codice delle legge antimafia e delle misure di prevenzione, sarà altresì assicurato supporto alla DIA per l'attività di analisi sullo scambio delle informazioni di interesse connesse, tra l'altro, al contrasto delle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. È questo, dunque, il quadro di riferimento nel quale si muove e si sviluppa coerentemente il proseguimento delle attività del Corpo forestale dello Stato.
Per tornare più specificamente alle questioni poste dagli interpellanti, desidero ripercorrere l'attuazione delle disposizioni di cui al decreto-legge n. 136 del 2013, convertito, appunto, dalla legge n. 6 del 2014. Ricordo, innanzitutto, che l'articolo 1 del decreto-legge n. 136 del 2013 dispone che il Consiglio per la ricerca e la Pag. 64sperimentazione in agricoltura, il CRA, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l'ISPRA, l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia regionale per la protezione ambientale in Campania, cioè l'ARPAC, svolgano le indagini tecniche per la mappatura, anche mediante strumenti di telerilevamento, dei terreni della regione Campania destinati all'agricoltura. Ciò al fine di accertare l'eventuale esistenza di effetti contaminanti, causati da sversamenti e smaltimenti abusivi di rifiuti, anche mediante combustione.
Con apposita direttiva emanata il 23 dicembre 2013, i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, d'intesa con il presidente della regione Campania, hanno costituito un apposito gruppo di lavoro, oggi coordinato dal Capo del Corpo forestale dello Stato, definito gli indirizzi comuni e le priorità per lo svolgimento delle attività di indagine disposte dal citato decreto-legge, e individuato, sulla base delle indicazioni della regione Campania, cinquantasette comuni, ubicati nelle province di Napoli e Caserta, sui quali svolgere prioritariamente le indagini.
Il gruppo di lavoro ha definito per la prima volta in Italia – credo che questo sia un grande vanto per tutto il comparto nel contrasto alle agromafie e, in particolare, per lo stesso Corpo forestale dello Stato, che ha avuto appunto un ruolo di guida – un modello scientifico per la classificazione dei terreni potenzialmente interessati da sversamenti illeciti di rifiuti. La fissazione di tale modello è il necessario presupposto al fine dello svolgimento delle successive attività funzionali ad un approccio razionale all'emergenza ambientale di alcune aree delle province di Napoli e Caserta. Un modello che è stato condiviso dalle istituzioni scientifiche di maggior rilievo del nostro Paese e ha potuto sfruttare la particolare conoscenza del territorio delle istituzioni da anni impegnate sul campo, che non avevano mai avuto l'occasione di mettere a sistema il rispettivo patrimonio di conoscenza.
Quanto, invece, alle competenze ed all'impegno del Corpo forestale dello Stato è bene ricordare che sempre nel decreto-legge n. 136 del 2013, il comma 2-sexies, dell'articolo 3, specifica che, al fine di garantire adeguati livelli di tutela agroambientale, con particolare riferimento al monitoraggio del territorio rurale e alla lotta alla combustione dei rifiuti in aree a vocazione agricola anche attraverso l'impiego della flotta aerea del Corpo forestale dello Stato, il programma «Interventi per soccorsi» della missione «Soccorso civile» dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è integrato di 2,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2014.
Non è questo l'unico intervento finanziario a sostegno dell'attività del Corpo forestale messo in campo dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali negli ultimi mesi. Nella legge di stabilità per l'anno 2014, infatti, il comma 24, dell'articolo 1, al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi in materia di lotta contro gli incendi boschivi, monitoraggio e protezione dell'ambiente, tutela e salvaguardia delle riserve naturali statali, ivi compresa la conservazione della biodiversità, affidati al Corpo forestale dello Stato, nonché la migliore gestione delle aree naturali protette, per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, ha autorizzato la spesa di 1,5 milioni di euro annui per l'assunzione presso il Corpo forestale dello Stato di personale operaio a tempo determinato ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 aprile 1985, n. 124. In relazione all'argomento trattato, ricordo che nelle risoluzioni votate dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati proprio questa settimana, con il voto favorevole espresso anche dal gruppo parlamentare cui appartengono gli onorevoli interpellanti, è stato dato atto, in primo luogo, dell'efficace azione del Governo nell'area interessata della regione Campania. In particolare, è stato riconosciuto che il Governo, sotto la regia dei Ministeri delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell'ambiente e della salute, si è dimostrato particolarmente attento nell'azione intrapresa per affrontare Pag. 65l'intera vicenda e che tale azione mostra i primi risultati concreti soprattutto per quanto riguarda l'esatta caratterizzazione delle aree del territorio maggiormente inquinate.
Quanto specificatamente al ruolo del Corpo forestale dello Stato, tra le altre, sono state riconosciute, con il parere favorevole del Governo, e sempre con il sostegno del gruppo parlamentare di appartenenza degli interpellanti: la possibilità di valutare, qualora se ne riscontrasse la necessità, di fornire al Corpo Forestale dello Stato le risorse per l'acquisizione di ogni strumentazione adeguata a favorire l'attività di intelligence investigativa ambientale e agroalimentare, così da favorire l'azione operativa territoriale del personale della Forestale; la possibilità di adottare le opportune iniziative volte a rafforzare la collaborazione del Corpo forestale dello Stato con le attività in atto del commissario per la bonifica e messa in sicurezza dell'area vasta di Giugliano e Castel Volturno; infine, la possibilità di adottare le opportune iniziative per garantire un ottimale coordinamento dei dati attualmente disponibili ai fini della pianificazione delle operazioni di polizia di competenza del Corpo forestale dello Stato.
Appare, quindi, del tutto evidente, così come il gruppo degli onorevoli interpellanti ha riconosciuto solo pochi giorni fa in Commissione agricoltura, che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è impegnato nella tutela e la salvaguardia del patrimonio agro-silvo forestale con tutte le proprie competenze e avvalendosi appunto delle competenze particolari e straordinarie del Corpo forestale dello Stato.
PRESIDENTE. L'onorevole Massimiliano Bernini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
MASSIMILIANO BERNINI. Grazie Presidente, Grazie Viceministro, per la risposta. Come ho avuto modo di spiegare nel corso del mio intervento illustrativo, le premesse e i quesiti posti nell'interpellanza sono il frutto di un confronto continuo con i cittadini e con gli esperti nei vari ambiti, in questo caso con le donne e gli uomini in servizio presso il Corpo forestale dello Stato e con i loro rappresentanti sindacali. È inutile rammentarle, Viceministro, che gli agenti, i revisori, gli operatori e i periti del Corpo forestale dello Stato sono molto preoccupati del loro destino lavorativo, o meglio del fatto di vedersi, in qualche modo, limitare nell'espletamento della loro funzione svolta nell'esclusivo interesse del popolo italiano. Questo timore ci appare più che mai fondato, data la veemenza dei tagli che sono stati operati e che lei, in qualche modo, quest'oggi, ha confermato, non rispondendo appieno alla nostra domanda. Il rischio è che al Corpo forestale dello Stato vengano a mancare, a nostro avviso, questa è la nostra opinione, le risorse umane e strumentali necessarie all'azione di censimento dei siti di smaltimento illecito dei rifiuti e di supervisione delle attività di bonifica nella sciagurata Terra dei Fuochi e, quindi, che le risorse che sono state stanziate fino adesso non siano sufficienti per continuare e per riportare la situazione allo stato originario.
Inoltre, noi ci preoccupiamo anche del fatto che queste risorse non siano sufficienti a garantire tutta una serie di funzioni che il Corpo forestale dello Stato esplica e ha esplicato nel corso di questi decenni. Parliamo della prevenzione e dello spegnimento degli incendi boschivi su tutto il territorio nazionale. Parliamo anche, per esempio, dell'azione di controllo in ambito del CITES, ovvero della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione oppure del controllo sull'applicazione dei regolamenti FLEGT/EUTR contro il commercio del legno illegale ovvero ottenuto senza il rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale. Parliamo di tante altre funzioni come, ad esempio, dei controlli degli ecosistemi forestali, Conecofor, e dell'inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio, INFC, della salvaguardia dei Pag. 66patriarchi verdi, ovvero degli alberi monumentali, della sorveglianza nei venti parchi nazionali, degli uffici per la tutela della biodiversità e di molti altri servizi.
Insomma, le funzioni e le specificità del Corpo forestale, come ho avuto modo testé così di enumerare, sono molteplici e, a nostro avviso, le risorse stanziate dal Governo non sono sufficienti a garantirle.
Ma la questione che ci preme più di tutte è il pacchetto cosiddetto agroambientale ed agroalimentare, che prevede, tra le altre cose, la cooperazione internazionale delle forze di polizia per la lotta al traffico illecito del cibo e per la tutela del vero made in Italy, la lotta alle contraffazioni agroalimentari, i controlli specifici sui prodotti di qualità certificata, la riqualificazione ecosostenibile e i beni confiscati alla mafia.
In merito a quest'ultimo punto penso che gli sforzi non siano sufficienti e ricordo all'Aula e al Governo che ci ritroviamo proprio nell'anno dell'Expo e che, quindi, i temi dell'agroalimentare e della tutela della grande biodiversità agraria della nostra penisola entrano prepotentemente nell'ambito del dibattito pubblico. In quest'ambito ci appare schizofrenico da parte di questo Governo l'atteggiamento che, da una parte, mira a promuovere il made in Italy e, dall'altra, riduce le risorse o perlomeno non le implementa nei confronti del Corpo forestale dello Stato ossia – lo ripeto – all'unica forza di polizia in grado di contrastare la contraffazione del cosiddetto italian sounding sia a livello nazionale che internazionale. È proprio in ambito internazionale che, a mio avviso, devono essere in qualche modo sollecitati ulteriori sforzi.
Tra le attività di controllo e vigilanza in capo al Corpo forestale dello Stato, che rischiamo di perdere, ricordo anche la questione delle competenze in materia di tutela della sicurezza ambientale, attraverso il contrasto ai reati ambientali, in modo particolare all'inquinamento e al traffico illecito e allo smaltimento illegale dei rifiuti, che non riguarda solo l'area campana, ma che purtroppo ormai interessa gran parte del nostro Paese. Ebbene, penso che noi tutti conveniamo su un fatto e cioè che il Corpo forestale dello Stato sia l'unica forza di polizia italiana che possieda tutte le competenze e il know-how necessari alla prevenzione e alla repressione dei reati ambientali.
Per confutare il timore di perdere tutto questo patrimonio prezioso di conoscenze e di abilità, noi chiediamo al Governo ulteriori sforzi economici. Quindi, ben venga tutto l'aspetto così del riassetto e dell'efficientamento nei confronti degli altri organi di vigilanza che si occupano delle questioni agroalimentari ed ambientali. Però a nostro avviso – lo ripeto e non mi stancherò di dirlo – gli sforzi economici non sono sufficienti. Quindi, non posso ritenermi soddisfatto della risposta ai due quesiti che noi abbiamo posto nell'ambito dell'interpellanza.
Poi rimangono ancora dei dubbi insoluti e cioè le questioni di come farà il Corpo forestale dello Stato a continuare a svolgere la fondamentale attività di supervisione e controllo nella Terra dei fuochi alla luce della notevole decurtazione di fondi, di come continueranno a garantire gli uomini e le donne del Corpo forestale dello Stato tutte le altre specificità a livello nazionale. Il timore grosso è quello che in qualche modo questo sia il preludio dello scioglimento del Corpo, che più volte è stato paventato all'interno di quest'Aula.
Altro timore, che non viene confutato nell'ambito di questo intervento, è che si stia tentando di demandare alcune competenze ai privati, come la supervisione dell'attività di bonifica. Ricordo a tutti che il Corpo forestale è una forza pubblica finanziata dallo Stato e per questo opera esclusivamente nell'interesse del bene comune e per la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente, mentre il privato lecitamente opera solo in vista di un ritorno economico. In sintesi riguardo alle opere di bonifica, una volta mortificata la capacità di azione del Corpo forestale dello Stato e con esso la capacità e l'efficienza del settore pubblico a difesa del bene comune, chi sarà, quale sarà il soggetto privato tanto generoso da investire in opere di interesse collettivo ? A quali costi Pag. 67il soggetto privato opererà per le azioni di bonifica ? E con quali fondi verranno pagati questi eventuali soggetti ? E, qualora non vi fossero le condizioni finanziarie per agire, le aree devastate dal punto di vista ambientale saranno condannate definitivamente all'abbandono e all'incuria ?
Questi sono tutti nodi e tutte questioni che noi implicitamente abbiamo sollevato all'interno dell'interpellanza e che, mi scusi, Viceministro, non vengono in qualche modo corrisposti e non vengono confutati. Sicuramente penseremo male ma, come cita un detto, a pensare male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca. Quindi, noi ci auguriamo in qualche modo così di sbagliarci, però purtroppo le premesse non ci fanno ben sperare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Iniziative volte a garantire il reclutamento degli idonei del concorso pubblico, per titoli ed esami, per 964 allievi agenti della polizia di Stato – n. 2-00849)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fedriga n. 2-00849, concernente iniziative volte a garantire il reclutamento degli idonei del concorso pubblico, per titoli ed esami, per 964 allievi agenti della polizia di Stato (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Molteni se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, nel marzo 2013 è stato indetto il concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di 964 allievi agenti della polizia di Stato, riservato ai sensi dell'articolo 2199, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, i quali, se in servizio, abbiano svolto alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda, almeno sei mesi in tale stato o, se collocati in congedo, abbiano concluso tale ferma di un anno.
Il 13 dicembre 2013 è stato pubblicato un nuovo elenco, a seguito di rettifica della graduatoria finale e ampliamento, in prima aliquota, di 119 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica ed agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione per titoli. Prima aliquota, dal numero 1 al numero 923, e seconda aliquota, dal numero 924 al numero 1.083. Coloro i quali occupavano le restanti posizioni, ivi compreso l'ultimo candidato giudicato idoneo, ovvero dal numero 1084 al numero 1598, venivano considerati idonei non vincitori.
Entro la fine del mese di dicembre 2013 iniziava il 189esimo corso allievi agenti presso le scuole di formazione della polizia di Stato, reclutando i primi 923 idonei vincitori in ordine di graduatoria, della durata di dodici mesi. La cosiddetta seconda aliquota (160 unità), invece, rimaneva in attesa di reclutamento presso le Forze armate, quindi in attesa di disposizioni da parte del Ministero della difesa.
Contemporaneamente, iniziava il malcontento del contingente degli idonei non vincitori del concorso, dal momento che, se da una parte avevano superato tutte le fasi previste dal concorso per risultare nella graduatoria finale, da un'altra, invece, non avevano diritto ad indossare la celeberrima divisa blu e amaranto, in quanto il numero di vincitori previsto dal bando si limitava fino alla posizione 964, poi successivamente modificata fino alla 1083.
Iniziava, così, una vera e propria battaglia ai fini dell'assunzione da parte dei non vincitori (672 in totale), sostenuta dagli interpellanti, cominciando, dopo qualche mese, a smuovere anche gli animi in ambito politico, sindacale, nonché mezzi di informazione attraverso giornali, televisione e radio. La proposta prevedeva il reclutamento di n. 672 unità così suddivise.Pag. 68
Si realizzava, quindi, lo scorrimento della graduatoria del concorso in oggetto, quindi il reclutamento delle 672 unità, con decorrenza giuridica dal 1o settembre 2014, ferma restando la seconda aliquota. Il 16 settembre 2014 le scuole allievi agenti Polizia di Stato di Alessandria e Brescia reclutavano 512 allievi. Il contingente di 160 unità, invece, rimaneva in attesa di disposizioni in quanto, come si evince dal decreto sopracitato, l'elenco dei nominativi veniva trasmesso dal Ministero dell'interno al Ministero della difesa. L'attesa infinita dei 160 iniziava proprio quel giorno. Infatti, nonostante siano trascorsi diversi mesi, a tutt'oggi gli interessati – quindi i 160 idonei non vincitori di concorso – attendono una data d'inizio per quanto riguarda il reclutamento in una forza armata.
Tutto ciò premesso, chiediamo al Governo quali siano le misure che il Governo intende adottare affinché non venga pregiudicata l'incolumità psico-fisica dei candidati, durante il periodo di volontario in ferma fissa, al fine di garantire con successo il futuro reclutamento nella Polizia di Stato.
PRESIDENTE. Il Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.
ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, in attuazione del decreto-legge n. 90 del 2014, tutti gli idonei del concorso a 964 posti per allievi agenti della Polizia di Stato sono stati dichiarati vincitori e avviati al reclutamento secondo il vigente meccanismo assunzionale binario, modellato, come noto, sulle specifiche esigenze delle Forze armate e correlato alla necessità di garantire, con cadenza periodica predeterminata, un sufficiente numero di personale militare volontario.
Nell'ambito dei neo-vincitori, una prima aliquota di 502 unità è stata ammessa direttamente al prescritto corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato, iniziato lo scorso 16 settembre presso le Scuole di Alessandria e Brescia. Una seconda aliquota, pari a 160 unità, sarà immessa nella Polizia di Stato al termine del periodo di ferma prefissata quadriennale nelle Forze armate.
Riguardo a quest'ultimo contingente, gli onorevoli interpellanti chiedono di conoscere quando gli interessati saranno chiamati a iniziare la ferma e quali siano le misure che il Governo intende adottare affinché, durante il quadriennio, i medesimi non vedano pregiudicata la loro incolumità psico-fisica. In proposito, il Ministero della difesa ha comunicato che la dilatazione dei tempi di incorporazione nelle Forze armate dei vincitori della «seconda aliquota» è la diretta conseguenza dell'incertezza della graduatoria finale, riconducibile sia ai ricorsi giurisdizionali medio tempore azionati dai candidati sia alle previsioni del citato decreto-legge n. 90 del 2014 che, nell'autorizzare lo scorrimento della graduatoria, ha determinato, ovviamente, anche lo slittamento in coda alla medesima delle 160 unità in questione.
La loro incorporazione nell'Esercito italiano avverrà in concomitanza con la seconda immissione 2014 dei volontari in ferma prefissata quadriennale «ordinari», quindi verosimilmente entro i prossimi mesi di marzo-aprile. Per quanto concerne, poi, la salvaguardia della incolumità psico-fisica delle 160 unità in questione, il Ministero della difesa ha fatto presente come la tutela della salute dei propri militari, senza alcuna distinzione, sia da sempre un proprio impegno assolutamente prioritario.
È il caso di osservare, infine, che i vincitori in seconda aliquota, al termine della ferma quadriennale, saranno inquadrati nei ruoli della Polizia di Stato, a condizione che, in quel momento, siano in possesso dei requisiti psico-fisici, nonché di quelli morali e di condotta prescritti per i servizi di istituto.
PRESIDENTE. L'onorevole Molteni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
NICOLA MOLTENI. Grazie presidente, innanzitutto trovo abbastanza strano che su un tema che riguarda la sicurezza del nostro paese risponda il Viceministro dell'agricoltura, che ovviamente ringrazio per la disponibilità, ma che è la cartina di tornasole di quanto a questo Governo della sicurezza interessi meno di zero, perché se così non fosse, visto che il tema è un tema estremamente delicato di cui si dibatte ormai da parecchio tempo, si sarebbe trovata al Ministero dell'interno la sensibilità e la disponibilità a portare qui un sottosegretario o comunque un rappresentante del Governo che si occupi di polizia e di sicurezza. Ovviamente questo nulla toglie alla assoluta disponibilità da parte del Viceministro, che ovviamente ringrazio.
Noi qui poniamo un tema che è il tema degli idonei non vincitori di concorso, per porre un altro tema, che è ovviamente il tema della sicurezza. Noi crediamo che questo paese abbia bisogno di maggiore sicurezza e crediamo, anzi siamo assolutamente convinti, che l'azione del Governo vada esattamente nella direzione opposta. Lo dico al Viceministro in modo tale che lo possa riportare poi al Ministro dell'interno: questo paese ha bisogno di meno accoglienza e di più sicurezza; ha bisogno di meno risorse stanziate per l'accoglienza degli immigrati e di più risorse stanziate per le nostre forze dell'ordine, che a loro volta, con grande difficoltà, con grande sacrificio, con grande impegno, rischiando la propria vita, garantiscono la sicurezza ai cittadini del nostro paese.
Si tratta di una delle soluzioni per poter avere e poter garantire maggiore sicurezza e ordine pubblico ai nostri cittadini, esattamente nel momento in cui l'immigrazione aumenta per colpa del Governo, i crimini, sia i delitti che i reati, soprattutto i reati predatori, aumentano per colpa del Governo, a seguito delle scellerate politiche di impunità e di depenalizzazione (in proposito spesso ricordiamo i famosi cinque provvedimenti «svuota carceri» approvati dagli ultimi tre governi di sinistra), una risposta all'immigrazione clandestina, all'invasione costante, alle depenalizzazioni, agli «svuota carceri», all'impunità dei criminali, ai benefici nei confronti di chi commette reati, tutte cose che, come l'assoluta mancanza di difesa nei confronti delle vittime dei reati, sono tutte conseguenze di quelle azioni che portano sistematicamente il nostro Paese ad avere più bisogno di maggiore sicurezza; e crediamo che le risposte del Governo vadano esattamente nelle direzioni opposte, in quanto abbiamo bisogno di maggiori risorse per le forze dell'ordine, abbiamo bisogno di maggiori mezzi e maggiori strumenti a beneficio delle forze dell'ordine per compiere il proprio dovere. Voglio ricordare in proposito che nel nostro paese abbiamo circa 24 mila mezzi di cui 8 mila in riparazione, voglio ricordare che solo un terzo degli agenti di polizia presenti nel nostro paese hanno giubbotti antiproiettile a norma, voglio ricordare che solo un decimo delle forze di polizia presenti nel nostro paese hanno la possibilità di poter fare corsi di formazione per potersi aggiornare nella lotta al crimine e nella lotta al terrorismo, voglio ricordare che questo Governo ha tagliato nell'ultima legge di stabilità 100 milioni di euro sulla sicurezza e 74 milioni nel dipartimento sicurezza, voglio ricordare che c’è una carenza di forze dell'ordine complessive nel nostro paese di 40 mila unità (ricordo che sono circa 18 mila le forze di polizia dello stato in carenza rispetto alla pianta organica), voglio ricordare insomma che questo Governo sta stanziando troppe risorse per l'accoglienza e troppe poche invece per poter garantire la sicurezza.
Ricordo, sempre in tema di idonei, che essi rappresenterebbero una risorsa fondamentale per la sicurezza del nostro paese, che stiamo parlando di ragazzi giovani, di ragazzi che hanno sostenuto dei costi economici, che hanno sostenuto delle spese per poter partecipare ad un concorso ed hanno ottenuto punteggi importanti, che hanno dimostrato di poter essere Pag. 70una risorsa fondamentale per garantire sicurezza ai nostri cittadini, per cui noi ne chiediamo l'assunzione, anche e soprattutto in questo momento di particolare allarme legato al terrorismo. È di pochi minuti fa una relazione al Parlamento da parte dei servizi segreti, in cui viene detto che il nostro paese rimane uno degli obiettivi sensibili da parte dell'ISIS e quindi c’è un rischio ulteriore per la sicurezza dei nostri cittadini e la risposta del decreto antiterrorismo partorito dal Governo è una risposta tardiva e assolutamente insufficiente.
Fra le misure che sono state indicate da un sindacato, per tutti il SAP, Sindacato autonomo di polizia, che ha avanzato sei proposte per poter migliorare questo decreto-legge e per poter rendere più efficiente e più funzionale la sicurezza sul nostro territorio, c’è quella che prevede l'assunzione di circa mille idonei non vincitori di concorso, quindi lo sbocco del tourn-over.
Se vogliamo garantire più sicurezza e maggiore ordine pubblico ai nostri cittadini non è possibile chiudere duecentocinquanta presidi di sicurezza, azione che questo Governo purtroppo sta facendo; non possiamo pensare di combattere il terrorismo, chiudendo settanta presidi di polizia postale che svolgono una funzione assolutamente fondamentale in materia di prevenzione e repressione dei crimini sui siti Internet. Non possiamo pensare di fronteggiare il terrorismo, che utilizza come strumento di infiltrazione anche l'immigrazione clandestina, chiudendo settanta presidi della polizia di frontiera. Quindi, e concludo Presidente, la risposta non ci soddisfa laddove non vediamo da parte del Governo, e l'assenza oggi del Ministro preposto e del Sottosegretario preposto ne è la conferma, attenzione particolare al tema della sicurezza. Ricordo che garantire sicurezza ai cittadini significa garantire la libertà dei cittadini. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie Onorevole Molteni.
(Chiarimenti in relazione alle dichiarazioni del direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata circa l'inadeguatezza della struttura – n. 2-00860)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Dadone n. 2-00860, concernente chiarimenti in relazione alle dichiarazioni del direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata circa l'inadeguatezza della struttura (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Dadone se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FABIANA DADONE. Signor Presidente, evito di snocciolare nuovamente la storia dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati perché ho già avuto modo di farlo in passate occasioni.
Mi limiterò a ricordare le tappe più recenti. A giugno 2014 il Consiglio dei ministri deliberò la nomina, su proposta del Ministro dell'interno Alfano, del prefetto Postiglione come direttore dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati. Da allora, l'Agenzia ha ricevuto numerose critiche da diversi ambiti da parte delle associazioni che sono interessate nella lotta alla criminalità organizzata e al recupero delle comunità territoriali, da parte degli esperti del settore che fossero sia giornalisti che amministrativi, passando anche per le sedi istituzionali come l'antimafia e la magistratura. Insomma, ciò che accade da circa otto mesi è uno stillicidio, se si considera l'importanza strategica e delicata dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Perché l'Agenzia non è soltanto uno strumento; dovrebbe proprio contribuire allo sviluppo di una nuova mentalità, di un senso di cultura antimafiosa comune, questo era l'intento dei suoi fondatori. Infatti, è stata definita proprio Pag. 71come un pezzo fondamentale da parte di Pio La Torre e di Falcone – non l'Agenzia in sé, ovviamente, ma l'andare a colpire quelli che erano i beni delle mafie per riuscire a combatterle.
Quindi, individuare nuovi strumenti, seguire i flussi finanziari, colpire le organizzazioni mafiose al cuore finanziario e produttivo. È una guerra che l'Italia sta combattendo indicativamente dagli anni Sessanta.
Ebbene, di fatto, l'Agenzia non ha alcune di queste caratteristiche. E quindi la domanda che sorge spontanea è di chi sia la responsabilità. Dell'agenzia stessa e dei suoi vertici ? Dei Ministeri e in particolare della Giustizia e dell'Interno ? Oppure della politica e delle istituzioni in generale ? Sicuramente, è uno tra questi. Ma, a parere mio, soprattutto per quest'ultimo anno, parte della responsabilità è imputabile al Governo. Perché ? Perché l'Agenzia si trova a lavorare in condizioni che sono inaccettabili. Si sono sviluppate, quindi si è giunti oggettivamente a condizioni che sono veramente offensive.
E quali sono queste condizioni ? Da un lato, il fatto che ci siano numerosi blitz e quindi confische e sequestri e, dall'altro, delle «sabbie mobili» totali nell'amministrazione, nella gestione di questi beni e nella destinazione. Sono circa 13 mila i beni confiscati. Quindi, 2000 di più rispetto all'anno 2013. L'Agenzia, in particolare, non solo è vittima ma, da un certo punto di vista, è anche carnefice.
Io sono del Piemonte come peraltro il viceministro; a Torino c’è stato un blitz a fine gennaio ed è stata confiscata una serie di immobili. Ora, dei 59 immobili che sono stati sequestrati, 58 sono ancora nelle mani dei proprietari e questo significa fare un regalo immenso alla mafia.
Qualche mese fa ero stata contattata da una associazione del casertano che ovviamente lotta contro la mafia in quei territori che sono quelli lacerati, ancor più che quelli del nord.
Mi domandavano di una villa che doveva essere stata sequestrata al boss del territorio per poterla riutilizzare. Peccato che quella villa fosse ancora nelle disponibilità di quello stesso mafioso a cui sarebbe dovuta essere stata confiscata. Quindi, questa è la situazione, questo è il quadro italiano.
Quali sono le ragioni di questa disfatta ? Sicuramente non sono tutte da attribuire solo ed esclusivamente all'Agenzia dei beni o a chi la dirige. Infatti, bisognerebbe guardare che cosa ha fatto questo Governo negli ultimi mesi, soprattutto riguardo alla nomina del consiglio direttivo. Lo scorso 20 gennaio, dopo sette mesi dalla nomina del direttore Postiglione, sono stati individuati gli altri componenti del consiglio direttivo. Peccato che sul portale dell'Agenzia, dopo oltre un mese, questi nomi non sono pubblicati e risulta, quindi, impossibile conoscere i profili di questi soggetti.
Ma c’è un'altra nota di colore che si aggiunge. L'indagine per mafia partita da Caltanissetta ha visto interessato uno dei membri del consiglio direttivo. Quindi, questa è la situazione in cui ci troviamo. Ad aggiungere un'altra nota di «rosa» alla situazione arrivano le dichiarazioni del prefetto Postiglione, che, in un seminario organizzato e promosso proprio dalla Commissione antimafia, ha dichiarato come l'Agenzia lavori con una struttura, un organico di 80 persone, tra le quali solo la metà sarebbe realmente competente a svolgere l'attività dell'Agenzia.
Queste frasi personalmente hanno destato in me notevole stupore. Altrettanto stupore, ha destato in me il fatto che della maggioranza nessuno si fosse stupito. Ciò che viene da domandare a questo Governo, allora, è se condivida quanto detto dal prefetto Postiglione, visto che è stato nominato da questo Governo e se ci sia ancora la fiducia nei confronti di questo prefetto.
Palazzo Chigi di fatto in questo momento sta offrendo alla criminalità organizzata un vantaggio che è spaventoso. Indebolire progressivamente l'Agenzia dei beni confiscati si trasforma di fatto in un rafforzamento dell'idea che la criminalità organizzata sia imbattibile. Quindi, ciò che io domando oggi al Governo è se non ritenga di dover intraprendere iniziative Pag. 72per verificare quanto denunciato da Postiglione in merito all'inadeguatezza e alla non competenza di buona parte dei componenti della struttura dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati, al fine di renderla maggiormente efficace, e se questo Governo condivida le dichiarazioni del prefetto oppure no, perché in tal caso i rapporti fiduciari nei confronti dello stesso dovrebbero venire meno.
PRESIDENTE. Il Viceministro Andrea Olivero ha facoltà di rispondere.
ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l'interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Dadone, unitamente ad altri deputati, prendendo spunto dalla vicenda dell'autosospensione dall'incarico di un componente del consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati e da alcuni problemi dell'Agenzia medesima, evidenziati nel corso di un seminario promosso dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, chiede al Governo quali iniziative intenda assumere per rendere più efficace l'azione dell'ente.
Si intende subito informare che l'autosospensione del consigliere dell'Agenzia non ha inciso in alcun modo sull'ordinario funzionamento dell'organismo, che, non essendo un collegio perfetto, può deliberare anche senza la presenza di un membro. Peraltro, l'interessato ha partecipato solo alla seduta di insediamento del consiglio, nella quale non sono state assunte decisioni circa la destinazione di beni confiscati.
Venendo al tema principale dell'interpellanza, si rappresenta che la riforma dell'Agenzia è da tempo in agenda, essendovi piena consapevolezza delle criticità che la accompagnano fin dall'istituzione, che non riguardano – beninteso – la figura del suo direttore, a cui il Governo rinnova la stima e l'apprezzamento per l'impegno e la professionalità con cui sta svolgendo il delicato incarico. Le dichiarazioni da lui rese al predetto seminario vanno lette nel contesto del confronto dialettico che si è sviluppato nel corso dell'incontro. Esse, quindi, costituiscono al più il segno delle difficoltà di funzionamento dell'Agenzia, che del resto sono note a tutti, e in nessun caso possono essere interpretate come una critica rivolta all'esterno.
I problemi riguardano, invece, l'assetto organizzativo e il quadro delle risorse umane e finanziarie che il legislatore ha assegnato all'Agenzia.
Gli intendimenti del Governo sulla riforma dell'ente sono contenuti nel disegno di legge (Atto Senato n. 1687) in tema di rafforzamento del contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti, il cui obiettivo di fondo è, in parte de qua, il consolidamento e la valorizzazione della vocazione naturale dell'ente, quale cabina di regia nazionale volta ad orientare l'azione delle istituzioni e della società civile verso un riutilizzo rapido ed effettivo dei beni confiscati. In particolare, con tale provvedimento il Governo ha indicato al Parlamento, rimettendosi alle sue scelte, due ambiti prioritari di intervento. L'uno corrisponde ad un'incisiva riorganizzazione della governance e della struttura dell'Agenzia, da realizzarsi essenzialmente attraverso l'introduzione di un comitato consultivo diretto ad assicurare il coinvolgimento degli enti e delle associazioni potenzialmente destinatarie dei beni confiscati nell'elaborazione delle scelte di fondo dell'ente, nonché il raddoppio della dotazione organica, con la previsione per il personale di requisiti di professionalità in materia di gestione e valorizzazione dei processi aziendali e patrimoniali. È prevista anche la rivitalizzazione del ruolo dei nuclei di supporto presso le prefetture, il cui compito sarà anche quello di segnalare e prevenire atti o comportamenti che possano comportare un pregiudizio all'integrità dei beni e al loro valore economico. Il senso generale di questa prima tipologia di interventi è quello di assicurare che le capacità professionali dell'ente, sia quelle interne, che quelle acquisite con l'esternalizzazione delle attività ad alta specializzazione, siano pienamente funzionali all'esigenza di managerialità nell'amministrazione Pag. 73dei beni. Esigenza particolarmente sentita per i complessi aziendali, laddove occorre salvaguardare la competitività dell'impresa anche ai fini occupazionali.
L'altro ambito di intervento rinvenibile nel disegno di legge è l'attività di gestione dei beni sequestrati e confiscati, per il cui miglioramento sono previsti mirati interventi sulla disciplina degli amministratori giudiziari, il rafforzamento dello strumento del sequestro e della confisca per equivalente, nonché l'ampliamento delle possibilità di destinazione dei beni immobili confiscati, mantenendo comunque inalterata la cornice complessiva delineata dalla vigente normativa che privilegia l'utilizzazione di questa tipologia di cespiti per fini sociali.
In conclusione, si ritiene di poter dire che il disegno di legge governativo contenga soluzioni forti e articolate ai problemi dell'Agenzia. Esso è da qualche giorno all'esame delle competenti Commissioni del Senato. Sul tema, sono state presentate anche proposte di legge di iniziativa parlamentare, alcune delle quali presentano divergenze significative rispetto agli orientamenti governativi. L'auspicio è che il Parlamento realizzi, anche in tempi rapidi, un'equilibrata sintesi dei vari contributi legislativi, con ciò dando il proprio prezioso apporto al perseguimento del comune obiettivo del rilancio di un ente che riveste importanza strategica nell'attuazione delle politiche di contrasto della criminalità organizzata e, più in generale, delle politiche di legalità del nostro Paese.
PRESIDENTE. L'onorevole Dadone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
FABIANA DADONE. Grazie Presidente, no, non posso ritenermi soddisfatta. Ringrazio in ogni caso il Viceministro per avermi risposto, seppur non posso non far notare che non si è neppure degnato di venire un sottosegretario, il Ministro o un Viceministro che fosse di materia competente e questo denota quello che è l'interesse di questo Governo nei confronti dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Non posso dirmi soddisfatta perché vorrei ripetere le dichiarazioni testuali del dottor Postiglione: «Dispongo di una struttura sotto dotata, composta da ottanta persone, alcune con le competenze che servono, altre no. Certo, se avessi altre due sedi oltre alle cinque attuali e altri cinquanta lavoratori competenti, mi sentirei più tranquillo». Allora, io capisco che questo discorso sia emerso in un ambito, come dice lei, più tranquillo e non tanto di credito nei confronti dell'Agenzia, ma non capisco, però, come un Governo che si riempie sostanzialmente la bocca nel parlare di mercato del lavoro, di meritocrazia, di innovazione, possa non rimanere basito di fronte al fatto che il direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata dica delle cose del genere rispetto a coloro che compongono uno degli organi principali della lotta alla criminalità organizzata.
Infatti ciò che dovrebbe fare l'Agenzia, per chi non lo sapesse, è restituire tutti i beni alla società civile: questo era uno dei più grandi passi che si dovrebbe fare nella lotta alla mafia. Lo dico spesso e, quando lo dico, molte persone si stupiscono, ma i beni confiscati e sequestrati ammontano a 30 miliardi, indicativamente sono valutati in 30 miliardi di euro. Si parla di beni mobili, immobili e anche di denaro liquido: è mai possibile che questi beni non vengano ridati ai cittadini per riuscire a far comprendere che c’è un modo per fermare le mafie, ed è questo ?
Lei dice che la riforma è in agenda da tempo, però poi mi ha detto: in realtà, è calendarizzata al Senato e se ne sta già discutendo. Quindi, suppongo un refuso: c’è già il disegno di legge in discussione al Senato, quindi non è in agenda da tempo, è già direttamente discusso al Senato. Prendo atto della stima e dell'apprezzamento nei confronti di Postiglione. Le faccio però notare che per come è stato da me percepita, la critica che ha fatto il prefetto Postiglione era proprio diretta Pag. 74non tanto ad un dialogo interno, ma era una critica che doveva arrivare all'esterno, quindi nei confronti del nostro Governo, e una critica all'interno di quelli che sono i componenti dell'Agenzia dei beni confiscati, una critica di cui un Governo, ma anche una maggioranza o un'opposizione non possono non tenere conto.
Faccio presente che vorrei ricordare le parole di Giovanni Canzio, che durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario ha fatto proprio presente la grandissima radicazione delle mafie anche nel nostro territorio nord, e non solo più nei territori del sud, facendo proprio notare che non si tratta più nemmeno di semplici infiltrazioni, ma di un vero e proprio scambio. Viene quasi percepito come accettazione all'interno della società di un meccanismo naturale. Questo in uno Stato che si definisce tale non può essere assolutamente accettato. Mi dispiace purtroppo doverlo dire, ma questo atto di sindacato ispettivo più che un atto volto a ricevere una risposta era da parte mia un appello nei confronti di questo Governo rivolto al Premier, i Ministri ma anche i cittadini che ascoltano e che hanno modo di informarsi tramite gli atti di sindacato ispettivo su quello che è uno degli strumenti principali nella lotta alla criminalità organizzata di cui, a mio parere, a nostro parere, questo Governo evidentemente non si interessa, altrimenti farebbe qualcosa di più che frasi, slogan e tweet (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Elementi in ordine al contributo dell'Italia al rafforzamento della Nato Response Force – n. 2-00846)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Artini n. 2-00846, concernente elementi in ordine al contributo dell'Italia al rafforzamento della Nato Response Force (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Artini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MASSIMO ARTINI. Signor Presidente, durante la riunione dei Ministri della difesa della NATO tenutasi a Bruxelles il 5 febbraio 2015 è stato deciso, nell'ambito della crisi in corso in Ucraina, un forte rafforzamento del dispositivo militare schierato ai confini orientali dell'Alleanza atlantica. Tale rafforzamento comprende di portare da 13 mila a ben 30 mila gli effettivi della NATO Response Force (NRF) che sarà guidata a rotazione e attualmente ad interim dalla Germania, dall'Italia, dalla Francia, dalla Gran Bretagna, dalla Polonia e dalla Spagna, definite «nazioni framework».
I dettagli tecnici per l'ampliamento della NATO Response Force saranno definiti dal Comando NATO di Bruxelles entro il prossimo mese di giugno 2015, mentre la piena operatività della NATO Response Force rafforzata sarà raggiunta dopo il vertice NATO di Varsavia previsto per il giugno 2016.
Tra le misure di rafforzamento della NATO Response Force è stata decisa la creazione di una forza d'intervento rapida capace di essere schierata in sole 48 ore e denominata Very High Readiness Joint Task Force (VJTF). Questa sarà composta da circa 5 mila militari, incentrata su una brigata composta da 5 battaglioni di manovra e sopportata da forze aeree e navali.
In caso di crisi maggiori la VJTF potrà essere rafforzata da ulteriori due brigate con capacità di dispiegamento rapido. Questa sarà una forza multinazionale, ma il suo corpo principale sarà fornito dalla «nazione framework» che in quel momento, in base alla rotazione annuale, avrà il comando della NATO Response Force. Durante l'anno precedente all'attivazione come VJTF, ciascuna brigata sarà impegnata nella necessaria attività addestrativa e di certificazione, pur rimanendo dispiegabile in caso di necessità.
Nell'anno successivo alla sua attivazione, la brigata resterà in riserva per un eventuale rinforzo della VJTF attiva in quel momento, pur restando impiegabile per altri scopi in caso di necessità. Questa potrà contare su sei comandi – ieri proprio il Segretario della Nato, Stoltenberg, ha detto proprio questo – che saranno costituiti rispettivamente in Bulgaria, Estonia, Pag. 75Lettonia, Lituania, Polonia e Romania e saranno destinati ad accogliere la VJTF in caso di attivazione e a gestirne il dispiegamento. Ieri spiegava proprio che queste forze, Nato Force Integration Unit, assicureranno che le forze nazionali e Nato, ovunque si trovino, possano agire fin da subito; essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l'addestramento e le esercitazioni. Gli NIUF saranno costituiti, per metà, da personale del Paese ospite e, per l'altra metà, da personale Nato. Il primo Paese che guiderà questi VJTF sarà la Spagna nel 2016 in modalità effettiva e la prima VJTF sarà composta da una brigata spagnola rafforzata da battaglioni di altri Paesi della Nato. In pratica, noi assumeremo il comando della VJTF nel 2018 e, dunque, si dovrebbe impiegare il comando di Solbiate Olona a Varese. Quello che chiedo al Governo è come si concretizzerà il contributo italiano alla Nato Response Force rinforzata, e quindi come andrà ad agire; quali componenti delle Forze armate rendiamo disponibili e saranno coinvolte nella Very High Readiness Joint Task Force e come sarà finanziato questo ulteriore sforzo militare.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Gioacchino Alfano, ha facoltà di rispondere.
GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per meglio comprendere le problematiche connesse al rafforzamento del dispositivo militare schierato ai confini orientali dell'Alleanza, è bene evidenziare, in premessa, che quest'ultima ha predisposto il cosiddetto Piano di Reazione Rapida (il cosiddetto RAP) finalizzato proprio a definire le misure per rispondere, in tutta l'area di responsabilità della NATO, sia alle minacce provenienti da est sia a quelle emergenti dal fianco sud.
Il Piano è stato lanciato dai Capi di Stato e di Governo in occasione del Summit in Galles, tenutosi il 4 e 5 settembre dell'anno scorso. In sintesi, esso è articolato su due principali tipologie di misure: la prima, «misure di rassicurazione», sono rappresentate da misure finalizzate a rassicurare gli alleati più prossimi al fianco est e a garantire una deterrenza credibile, scalabile a seconda della situazione da fronteggiare; l'altra, che possiamo definire le «misure di adattamento», che si riferiscono, invece, alle misure da implementare nel medio e lungo termine per consentire alla Nato di poter contrastare tempestivamente qualsiasi minaccia per la sicurezza e la stabilità su tutta l'area di responsabilità alleata. Le prime, le «misure di rassicurazione», adottate nel maggio 2014, continueranno ad essere implementate come originariamente pianificato fino al 2015. Nonostante la loro adozione abbia dimostrato la sostanziale solidarietà di tutti i Paesi dell'Alleanza nell'assicurare protezione e deterrenza, attraverso l'accresciuta presenza marittima, terrestre e aerea nell'area est in risposta alle attività militari russe, sussistono ancora talune criticità, quali la disponibilità dei Paesi alleati a fornire assetti navali per la Forza navale permanente, la necessità di schierare forze terrestri, il bilanciamento tra le attività nel nord e nel sud. Per quanto riguarda, invece, le «misure di adattamento», il RAP prevede l'implementazione di alcune misure di adattamento tra le quali occorre menzionare l'innalzamento di prontezza della forza di risposta Nato (la cosiddetta NRF), attraverso la revisione dell'organizzazione di comando e controllo operativo e la creazione di una task force multinazionale ad alta prontezza di risposta (la cosiddetta VJTF), perno nell'attivazione del RAP, formata da una brigata multinazionale con tre-cinque unità di manovra di livello battaglione. Ciò premesso, con riferimento al primo dei quesiti relativo a come si concretizzerà il contributo italiano alla NRF rinforzata, si precisa che, allo stato attuale, non è stata ancora valutata dalla Nato la composizione di dettaglio della NRF e della VJTF, che verrà discussa nel prossimo mese di giugno.Pag. 76
Pertanto, non è ancora possibile quantificare il contributo nazionale.
Relativamente al quesito riguardante «quali componenti delle Forze Armate italiane saranno coinvolte nel contributo alla VJTF», si evidenzia che, analogamente al primo quesito, non è possibile, in questa fase definire quali specifici assetti verranno impiegati. Tuttavia, alla luce di quanto già effettuato nei precedenti cicli di impiego della forza di risposta NATO, è plausibile ipotizzare che gli assetti offerti riguarderanno tutte le Forze Armate.
Con riferimento, infine, al terzo quesito, relativo a «come sarà finanziato questo nuovo sforzo militare», si ribadisce che, anche in questo caso, una compiuta valutazione potrà essere effettuata solo una volta noto l'esito della definizione del relativo impatto finanziario della VJTF. A questo punto, infatti, le autorità NATO procederanno a definire con le nazioni le modalità di finanziamento riferite al progetto di cui stiamo parlando. Qualora non vi siano rallentamenti nel processo stesso interno all'Alleanza, i relativi dettagli tecnici dovrebbero essere disponibili entro il prossimo mese di giugno.
PRESIDENTE. Il deputato Massimo Artini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
MASSIMO ARTINI. Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario per la risposta e mi posso ritenere parzialmente soddisfatto di quella che è la descrizione data nella risposta, a fronte del fatto che effettivamente eravamo ancora in un momento in cui, quando si è fatta l'interpellanza, si stava pensando a una fase già definitiva per il giugno 2015. Quindi, la nostra volontà era non solamente cercare di capire come è finanziato questo tipo di dispositivo militare ma, soprattutto, cercare di pensare di arrivare preparati a questo tipo di evento. Questo perché spesso e volentieri si sconta il fatto di arrivare, come può darsi che sia successo a volte in passato, ad incontri NATO senza la dovuta preparazione, sia in termini di capacità disponibili sia in termini di informazioni, e farci dettare dagli alleati le eventuali capacità richieste. Quindi, sicuramente, Presidente, da parte mia ci sarà la volontà di ritornare su questo argomento senz'altro prima o nelle immediate vicinanze di giugno o dell'evento relativo all'incontro tecnico della NATO.
Se mi permette uno spunto, sottosegretario, anche a fronte delle dichiarazioni di stamattina del Ministro Gentiloni sulla politica estera, ricordo che noi stiamo implementando uno strumento militare, insieme agli altri alleati della NATO, che ha effettivamente una capacità d'impiego impressionante, perché al momento 5 mila uomini in 48 ore, su una forza multinazionale, è un qualcosa che è indubbiamente spaventoso. Questo strumento dovrebbe essere pronto nell'arco di un anno, perché il 2016 è vicino e, soprattutto, per tutta la fase che riguarda sia la parte marittima, come lei stava dicendo prima, sia la parte aerea, è effettivamente uno sforzo di organizzazione non indifferente.
Quello che ci preoccupa, in relazione al ragionamento effettuato da Gentiloni, è il fatto che non ci sia, in maniera analoga, un qualcosa che permetta all'Unione europea di viaggiare con le sue gambe. Ci sono strumenti definiti che non vengono utilizzati in nessun campo, sia civile sia militare, ma tutti questi sistemi rimandano alla NATO, vuoi per una migliore organizzazione vuoi per un sistema più rodato, ormai, per i suoi decenni di funzionamento. Ma in questa situazione, prendendo in considerazione proprio la composizione delle nuove NRF rafforzate, faccio presente che queste sono tutte a difesa della parte che guarda l'Est Europa, anche se è garantita, a fronte di una presenza di basi NATO in Italia, quella risposta entro 48 ore anche per altri tipi di minacce. Però, questa è sicuramente una situazione a cui noi contribuiamo, perché, se non ricordo male, ieri il segretario della NATO ha detto che sarà senz'altro finanziata con fondi comuni e con fondi delle nazioni framework, quindi o per l'8,75 per cento o, comunque, come nazione framework dovremo sopperire a questo tipo di sistema.Pag. 77
Per cui, rimando a giugno alcune altre valutazioni su questa materia e ringrazio il sottosegretario.
(Iniziative volte a garantire un organico idoneo per le scuole superiori di secondo grado della provincia di Bari, anche al fine di assicurare continuità al sostegno degli alunni con disabilità – n. 2-00828)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Scotto n. 2-00828, concernente iniziative volte a garantire un organico idoneo per le scuole superiori di secondo grado della provincia di Bari, anche al fine di assicurare continuità al sostegno degli alunni con disabilità (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Pannarale se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ANNALISA PANNARALE. Signor Presidente, utilizzerò pochi minuti per l'illustrazione, provando a ricostruire questa vicenda nei passaggi di merito e in quelli cronologici, anzi direi che la cronologia degli eventi in questo caso racconta bene la mole di errori e di ingiustizia che sono dentro questa storia. E ancora una volta a subire scelte inique e sbagliate sono studenti e lavoratori della scuola, in questo caso sono docenti precari di sostegno delle scuole secondarie di secondo grado della provincia di Bari. La materia di cui parliamo nella nostra interpellanza riguarda gli organici di diritto, l'iniqua distribuzione tra le varie scuole di questi organici, nonché un'anomala assegnazione delle cattedre. Nell'ultimo triennio l'organico che è stato attribuito alla provincia di Bari è stato pari a 2.949 cattedre, di queste 562 sono state le cattedre aggiuntive, cioè quelle su cui non è possibile fare immissione in ruolo, perché sono utili, diciamo così, per le supplenze fino al 30 giugno. Quello che colpisce è la distribuzione di queste cattedre di diritto e aggiuntive tra i diversi ordini e gradi delle scuole. In particolare, colpisce la distribuzione niente affatto equa tra cattedre di diritto e cattedre aggiuntive, alla luce del decreto n. 104 del 2013, quello conosciuto come decreto Carrozza, il quale, proprio per assicurare continuità al sostegno degli alunni con disabilità, ha stabilito un importante incremento dell'organico di diritto rispetto a quello di fatto, fino alla copertura del 90 per cento nel 2014-2015 e del 100 per cento nel 2015-2016, sulla base dei posti che sono stati complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006-2007. Torniamo allora alla distribuzione delle cattedre tra le diverse scuole della provincia di Bari. Nell'ultimo triennio, 983 sono le cattedre per la scuola secondaria di secondo grado, di cui 441 di diritto e 542 aggiuntive, tutte le altre, cioè 1.966, sono le cattedre nelle altre scuole, e di queste solo venti sono aggiuntive, le altre di diritto. Facendo due calcoli velocissimi, nel rapporto tra organico di diritto e organico di fatto, sulla base del decreto Carrozza, nelle scuole secondarie di secondo grado abbiamo una copertura del solo 45 per cento, nelle altre scuole una copertura del quasi 100 per cento, cioè nelle scuole secondarie abbiamo una palese violazione della legge.
Intanto, ad aprile 2014, l'ufficio scolastico regionale della Puglia incrementa di 355 cattedre l'organico di diritto della provincia di Bari, quindi le cattedre di diritto per le scuole secondarie di secondo grado diventano 618. A luglio del 2014 succede però qualcosa. Succede che il provveditore agli studi di Bari comunica che le cattedre per le scuole secondarie di secondo grado non sono più 983 ma 818, cioè parliamo di un taglio di organico di 165 cattedre, una decisione piuttosto discutibile e incomprensibile, perché nell'anno scolastico 2014-2015 le iscrizioni di alunni con disabilità nelle scuole secondarie superiori sono aumentate di ben cento unità rispetto all'anno scolastico 2013-2014. È vero che nel frattempo c’è stato un incremento dell'organico di diritto di 167 cattedre per le scuole secondarie superiori, ma parliamo comunque di quel famoso rapporto tra organico di diritto e organico di fatto, che non raggiunge Pag. 78il 75 per cento di copertura, cioè siamo ancora dentro una violazione che, peraltro, colpisce docenti precari e colpisce alunni con disagi e fragilità, che andrebbero invece ulteriormente tutelati.
Arriviamo a settembre, quando l'ufficio scolastico provinciale di Bari pubblica la disponibilità delle cattedre e convoca i docenti, peccato però che questi docenti sono costretti a fare i conti con il fatto che, in prima convocazione, incomprensibilmente viene assegnato un numero assolutamente esiguo di cattedre. Parliamo cioè di meno della metà delle cattedre rispetto all'anno scolastico precedente, ma soprattutto stiamo parlando di tre palesi ingiustizie. La prima: le famiglie e gli alunni disabili, in assenza di docenti, sono costretti a rimanere a casa, anche per diverse settimane, negando quindi qualunque garanzia al diritto alla continuità didattica e a diritto al sostegno.
La seconda, i docenti pur essendo nei posti più alti delle graduatorie, si ritrovano nella condizione di dover accettare cattedre lontane geograficamente per il timore di non lavorare e, spesso, si ritrovano anche a doversi occupare di più alunni, nonostante la legge stabilisca che il rapporto tra insegnanti e alunni diversamente abili debba essere di uno a due. Un'altra ingiustizia è ancora quella che i docenti, per veder riconosciuto il loro posto di lavoro effettivo, devono aspettare che le cattedre vengano assegnate con il meccanismo della deroga. Eppure non dovrebbe essere necessario ricorrere alla deroga, se non in casi eccezionali, in casi singoli, in situazioni che non sono previste, atteso che le esigenze degli alunni e delle scuole sono assolutamente prevedibili, sono prevedibili perché si conosce il numero degli iscritti diversamente abili e perché la legge, come abbiamo ricordato prima, ricorda che il rapporto insegnanti e alunni diversamente abili debba essere di uno a due. Sulla base di questi elementi e criteri il calcolo dovrebbe francamente essere piuttosto semplice e, invece, si preferisce, come al solito, eludere efficienza, correttezza e buonsenso, per seminare disagi e iniquità.
Persino il TAR della Puglia si è espresso su questa vicenda ed ha emesso un'ordinanza nel mese di gennaio, circa un mese fa, sospendendo in maniera cautelativa tutte le nomine dei docenti precari di sostegno delle scuole superiori delle province di Bari e BAT. Il TAR Puglia dice, peraltro, con molta chiarezza che l'amministrazione ha in effetti determinato un'artificiosa alterazione dell'ordine di scelta in relazione alle sedi di servizio contemplate negli elenchi, in palese violazione del criterio meritocratico, con l'effetto aberrante di penalizzare i soggetti collocati in graduatoria in posizione migliore. Questa, per sommi capi, è la nostra vicenda, la storia di cui ci occupiamo oggi ed è un'altra storia di lesione di diritti. Oggi noi chiediamo al Governo, anzi lo chiediamo al MIUR, chiarezza rispetto ad una palese violazione di quanto stabilito dal decreto-legge n.104 del 2013, chiediamo chiarezza sulla necessità di fare luce sulle cause che hanno portato al taglio dell'organico, di fatto, per le scuole secondarie, di secondo grado, della provincia di Bari, a fronte di un aumento della popolazione studentesca, chiediamo chiarezza, soprattutto, per gli studenti, per i docenti e per le famiglie.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Gioacchino Alfano, ha facoltà di rispondere.
GIOACCHINO ALFANO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, gli onorevoli interpellanti pongono una serie di quesiti in relazione alla consistenza della dotazione organica dei posti di sostegno per il corrente anno scolastico per gli alunni con disabilità, con particolare riguardo alla provincia di Bari. Ritenendo che la stessa non sia conforme a quanto previsto dall'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 2013, chiedono che, al fine di garantire la continuità didattica agli alunni diversamente abili, si verifichino le cause che avrebbero determinato un taglio dell'organico di fatto per le scuole superiori di secondo grado della provincia di Bari.Pag. 79
Come evidenziato dagli onorevoli interpellanti, il citato articolo di legge indica i parametri da rispettare per la determinazione dell'organico di diritto dei posti di sostegno. In coerenza con quanto stabilito dalla predetta disposizione normativa, per l'anno scolastico 2014/2015, la dotazione organica di diritto dei docenti di sostegno è stata rideterminata nel rispetto del limite del 90 per cento dei posti complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006/2007. Con particolare riferimento alla regione Puglia, i posti relativi all'organico di diritto sono pari a 7.051 unità rispetto ad un totale di posti attivati di 7.503 unità. Si ricorda, tra l'altro, che, in virtù di quanto disposto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2010, nell'ottica di apprestare una adeguata tutela agli alunni con disabilità, è possibile, in applicazione dell'articolo 40, comma 1, della legge n. 449 del 2007, assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga, laddove vi siano effettive e comprovate esigenze. Va precisato, altresì, che i contingenti sono determinati in misura complessiva dal Ministero, mentre la concreta ripartizione tra i gradi di scuola e le aree disciplinari, viene definita dagli uffici periferici dell'amministrazione scolastica.
Ciò posto, con particolare riferimento alla situazione prospettata dagli onorevoli interpellanti, si specifica che la consistenza dell'organico di diritto dei docenti di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado nella provincia di Bari è nel corrente anno scolastico 2014/2015, pari a 618 unità. Si registra quindi un incremento complessivo in organico di diritto pari a 231 posti.
Quindi, se nell'anno scolastico 2013-2014 l'organico di diritto per le scuole secondarie di secondo grado è stato pari a 387 posti e per l'anno scolastico 2014-2015 è pari a 618 unità, non può ravvisarsi, come indicato nell'atto di sindacato ispettivo, il taglio di 160 cattedre ma, al contrario, un incremento.
Ciò ha comportato una fisiologica riduzione dei posti da assegnare in organico di fatto in quanto molti di essi sono stati assorbiti nell'organico di diritto. Del resto, lo stesso articolo 15 del decreto-legge n. 104 indica, per ogni anno scolastico, delle percentuali sempre crescenti di adeguamento dell'organico di diritto a quello di fatto al fine di giungere al 100 per cento dei posti assegnati solo in organico di diritto.
Si evidenzia, inoltre, che l'ambito territoriale per la provincia di Bari appartenente all'Ufficio scolastico regionale per la Puglia ha attribuito in organico di fatto 200 posti in più rispetto all'organico di diritto alla scuola secondaria di secondo grado, che si aggiungono quindi ai 618 previsti in organico di diritto. Si raggiunge così un totale di 818 docenti di sostegno.
A tali posti aggiuntivi si sommano, poi, gli ulteriori incrementi conseguenti all'autorizzazione in deroga secondo i principi riconosciuti dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 80. Tali posti in deroga sono stati autorizzati tenendo conto del complesso delle richieste presentate dalle istituzioni scolastiche e valutate dal competente gruppo H provinciale. L'Ufficio territoriale di Bari ha completato le operazioni di nomina del personale docente di sostegno a tempo determinato, assegnando circa 200 posti interi ed oltre 100 spezzoni orario.
Appare opportuno evidenziare che il conferimento degli incarichi a tempo determinato di sostegno è stato effettuato in successive convocazioni. L'Ufficio territoriale di Bari, infatti, con nota del 24 luglio 2014 ha invitato gli istituti scolastici a segnalare eventuali casi di alunni portatori di handicap gravi e tali da giustificare la concessione di posti in deroga. La richiesta è stata riproposta con nota del 16 settembre dello stesso anno.
Le disponibilità che si sono rinvenute a seguito di questa nota, attribuite ai docenti nel mese di ottobre, devono considerarsi sopravvenute e, pertanto, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del regolamento delle supplenze del personale docente, non implicano il rifacimento delle operazioni già svolte. Questa modalità di procedere rappresenta uno strumento a tutela degli studenti disabili in quanto garantisce la Pag. 80messa a disposizione delle istituzioni scolastiche fin dal primo giorno di scuola di un significativo numero di docenti di sostegno.
Infatti, nel caso in cui si dovesse attendere la determinazione definitiva di tutte le disponibilità, ciò comporterebbe il conferimento degli incarichi ai docenti non prima della seconda metà di ottobre, con evidenti disagi per tutti, scuole e studenti. Tale procedura, inoltre, si ripercuoterebbe negativamente anche sulle nomine delle discipline comuni che, come è noto, devono essere effettuate dopo quelle di sostegno, con la conseguenza di paralizzare il funzionamento delle scuole.
PRESIDENTE. L'onorevole Pannarale ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Scotto n. 2-00828, di cui è cofirmataria.
ANNALISA PANNARALE. Grazie Presidente, sottosegretario Gioacchino Alfano, la devo ringraziare e la ringrazio doppiamente, oggi, perché lei ha dato la disponibilità a rispondere ad un'interpellanza che riguarda un Ministero che non è di sua competenza. Infatti lei, come sappiamo tutti bene, è un sottosegretario alla difesa.
E per quanto questo sia legittimo, c’è un particolare che rende assolutamente clamorosa e sconcertante l'assenza, oggi, di un rappresentante del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il particolare è dato dal fatto che la discussione di questa interpellanza in Aula è stata rinviata per ben quattro volte, rinviata per quattro volte per indisponibilità di un Viceministro o di un sottosegretario del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad essere presente presente qui in Aula e a dare risposte competenti e nel merito. Mi rivolgo anche al Presidente della Camera in questo caso.
Ecco perché io la ringrazio doppiamente: perché, nonostante in occasione del quarto rinvio richiesto dal MIUR mi sia stata data garanzia che un rappresentante del MIUR sarebbe stato presente in quest'Aula, ancora oggi non c’è stato nessuno disponibile a dare una risposta. Questo è un comportamento offensivo, non nei miei confronti francamente, che sono nient'altro che una rappresentante di donne e uomini di questo Paese, è offensivo nei confronti degli studenti, nei confronti dei docenti, nei confronti dei genitori, nei confronti di una scuola che continua ad essere vilipesa ed attaccata ogni giorno in questo Paese.
E dopo questo momento di indignazione profonda, entro anche nel merito della risposta che è stata fornita dagli uffici del MIUR a lei sottosegretario. È una risposta, per una parte, ripetitiva rispetto ai dati che io ho già riportato nella mia illustrazione, e, per un altro verso, omissiva rispetto ad una serie di questioni che noi abbiamo posto nella nostra interpellanza.
Nella risposta, per esempio, si fa riferimento al fatto che i contingenti vengano assegnati complessivamente e che poi siano gli uffici territoriali ad occuparsi della distribuzione dell'organico tra le varie scuole. Questo in effetti è vero, però mi chiedo chi vigila sulla sproporzione evidente tra i diversi ordini e gradi di scuola ? A chi spetta se non al Ministero, oggi assente, individuare le cause che sono a monte di tale sproporzione e garantire che vengano finalmente applicati criteri seri, equi, trasparenti nella determinazione degli organici e in tutte quelle procedure che riguardano i docenti ?
Ancora, nella risposta si sottolinea come l'organico di diritto dei docenti di sostegno della scuola secondaria di secondo grado ha raggiunto in questo anno scolastico 618 unità. Quindi, il Ministero dice che non c’è stato un taglio, ma c’è stato un incremento. Vede, è vero che c’è stato un incremento dell'organico di diritto di 177 cattedre, questo lo avevo ricordato anche nella mia illustrazione, ma, insieme al taglio di 165 cattedre annunciato a luglio 2014, un taglio peraltro ingiustificato perché questo anno scolastico ha registrato un aumento di 100 unità degli alunni diversamente abili, il rapporto tra organico di diritto e organico Pag. 81di fatto non raggiunge ancora neanche il 75 per cento. Quindi, questo dato è stato messo nella risposta predisposta dagli uffici, nonostante sia un elemento contrario a quanto stabilito dal decreto Carrozza, dal decreto n. 104 del 2013, e non è stato detto nulla neanche sull'evidente incongruenza che c’è tra un taglio di cattedre, da un lato, e un aumento della popolazione studentesca, dall'altro.
Così come quella risposta non dà ragione dei grandi disagi causati ad alunni e docenti sia dal ricorso sproporzionato alle cattedre in deroga sia dai ritardi nelle assegnazioni. Basta ricordare che le cattedre assegnate a Bari in prima convocazione, cioè a settembre, sono state appena 25. La maggior parte di queste, peraltro, era concentrata nella BAT, nell'altra provincia. Quelle assegnate, invece, in seconda convocazione a novembre, a Bari sono state addirittura 70.
Allora, sottosegretario, non è continuità didattica, non è tutela del diritto allo studio o al sostegno se gli alunni diversamente abili devono aspettare anche due mesi per avere un insegnante di sostegno, se non sono messi nella stessa condizione di tutti gli altri loro compagni di classe, se non possono avere un insegnante di sostegno che sia fisso e, quindi, se lo devono cambiare costantemente. Non è garanzia di equità e di trasparenza se i docenti che sono meglio posizionati nelle graduatorie devono accettare cattedre che sono molto distanti e, quindi, macinare tutti i giorni chilometri, perché essendo già precari non possono certo correre il rischio di non lavorare e, quindi, di attendere e sperare in un'ulteriore assegnazione di cattedre. E non è rispetto della normativa, di certo non si può parlare di rispetto della normativa, se alcuni insegnanti, in attesa che si completino gli organici, devono occuparsi di tre, quattro alunni diversamente abili per volta, magari, e soprattutto se vengono destinati a un precariato costante. Infatti, sulle cattedre in deroga non ci possono essere immissioni in ruolo. Queste cattedre dovrebbero rappresentare delle eccezioni, invece nel sistema di nomina e di assegnazione ormai si stanno trasformando da eccezione a norma, come spesso accade in vari settori in questo Paese.
La risposta non ha tenuto conto di tutto questo, ma neanche di quello che stabilisce la norma. Le operazioni di nomina andrebbero concluse entro il 31 agosto e non è sufficiente dire che questa modalità di procedere garantisce un significativo numero di docenti di sostegno altrimenti dovremmo aspettare la seconda metà di ottobre. Venticinque sono stati, in prima convocazione, i docenti. A novembre sono stati ben settanta. Qualunque ragione di inefficienza amministrativa non può ricadere sui ragazzi, non può ricadere sui docenti, non può ricadere sulle famiglie, non può ricadere su diritti che dovrebbero essere costituzionalmente garantiti. E non è accettabile che un provveditore come quello provinciale di Bari, persino davanti alla sospensiva del TAR, non soltanto annunci ricorso al Consiglio di Stato contro i docenti precari, ma rigetti ogni responsabilità scaricandola, nella maniera più semplice, sulle scuole, sui loro ritardi appunto nel dare comunicazioni oppure addirittura sui docenti. Siamo in presenza di una procedura che viola in maniera palese norme e diritti. Questa è una lesione grave; ci si deve assumere la responsabilità e assumersi la responsabilità significa lavorare con attenzione, lavorare con cura, lavorare con efficienza, rispettare le norme, rispettare la scuola, i docenti e le famiglie.
Vado veramente a concludere. Siamo francamente stanchi di docenti che vengono continuamente sviliti nelle loro professionalità e nei loro diritti, di una scuola che viene sempre penalizzata. Sono proprio questi i giorni di grandi annunci, Presidente, sulla buona scuola e sul ruolo strategico che la scuola dovrebbe avere per la prospettiva e il futuro di questo Paese. Devo dire che l'assenza oggi, ancora una volta, per la quinta volta, del MIUR fotografa bene la condizione di inadeguatezza e di inefficienza nella quale siamo. Mi viene anche un po’ da sorridere perché chiediamo ragione dell'inefficienza di uffici territoriali periferici; la chiediamo al MIUR e lo stesso MIUR disvela in questa Pag. 82situazione tutta la sua inefficienza. Continuate veramente a non essere credibili, lo dico a tutto il Governo, perché di fronte a queste migliaia di storie di lesioni di diritti ci si gira sempre da un'altra parte.
PRESIDENTE. Mi farò portavoce presso il Governo della sua protesta, pur ringraziando per la presenza il sottosegretario Alfano che, in ogni caso, ha dato la disponibilità ad essere qui a rappresentare il Governo.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
PRESIDENTE. Comunico che la Presidente ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali i deputati Luigi Taranto e Martina Nardi, in sostituzione dei deputati Dario Parrini e Giovanna Martelli, dimissionari.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 3 marzo 2015, alle 9,30:
1. – Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.
(ore 11,30)
2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1733 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto (Approvato dal Senato) (C. 2894).
— Relatori: Borghi (per la VIII Commissione) e Ginefra (per la X Commissione), per la maggioranza; Allasia e Crippa, di minoranza.
3. – Discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l'8 luglio 2005, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (C. 2124-A).
— Relatori: Giuseppe Guerini, per la II Commissione; Carrozza, per la III Commissione.
4. – Seguito della discussione delle mozioni Grande ed altri n. 1-00383, Zaratti ed altri n. 1-00708 e Tidei ed altri n. 1-00712 concernenti iniziative relative all'impatto ambientale della centrale termoelettrica a carbone di Civitavecchia.
5. – Seguito della discussione delle mozioni Sandra Savino e Palese n. 1-00540, Prodani, Pellegrino ed altri n. 1-00047, Fedriga ed altri n. 1-00704 e Gigli e Dellai n. 1-00705 concernenti iniziative per l'istituzione di zone franche urbane in Friuli Venezia Giulia.
6. – Seguito della discussione delle mozioni Fedriga ed altri n. 1-00607, Pesco ed altri n. 1-00709, Paglia ed altri n. 1-00714, Rizzetto ed altri n. 1-00726 e Rampelli ed altri n. 1-00737 concernenti iniziative per la sospensione dell'applicazione degli studi di settore.
7. – Seguito della discussione delle mozioni Mantero ed altri n. 1-00594, Binetti ed altri n. 1-00702, Rondini ed altri Pag. 83n. 1-00703, Nicchi ed altri n. 1-00706, Palese n. 1-00707, Garavini ed altri n. 1-00710, Vargiu ed altri n. 1-00715 e Rampelli ed altri n. 1-00736 concernenti iniziative per il contrasto del gioco d'azzardo.
8. – Seguito della discussione delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-00666, Kronbichler ed altri n. 1-00700, Borghesi ed altri n. 1-00701 e Gallinella ed altri n. 1-00711 concernenti iniziative in sede europea volte a richiedere le dimissioni del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.
9. – Discussione dei disegni di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e le Isole Cayman sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 3 dicembre 2012 (C. 2090).
— Relatore: Cassano.
S. 1078 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Turchia sulla previdenza sociale, fatto a Roma l'8 maggio 2012 (Approvato dal Senato) (C. 2270).
— Relatore: Marazziti.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Colombia e la Repubblica di Perù, dall'altra, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012 (C. 2425-A).
— Relatore: Porta.
Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana l'8 novembre 2013 (C. 2625-A).
— Relatore: Cassano.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, fatto a Hong Kong il 14 gennaio 2013 (C. 2515-A).
— Relatore: Rabino.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sicurezza sociale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Canada, fatto a Roma il 22 maggio 1995, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 22 maggio 2003 (C. 2574-A).
— Relatore: Zampa.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e lo Stato di Israele sulla previdenza sociale, fatto a Gerusalemme il 2 febbraio 2010 (C. 2575-A).
— Relatore: Rabino.
La seduta termina alle 17,10.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO VALENTINO VALENTINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE COMUNICAZIONI DEL GOVERNO IN MATERIA DI POLITICA ESTERA.
VALENTINO VALENTINI. Signora Presidente !
La risoluzione sulla politica estera che Forza Italia presenta oggi alla Camera ha il coraggio dei giudizi e delle scelte che manca oggi alle posizioni del Governo espresse nella risoluzione della maggioranza che, nonostante spunti positivi ed equilibrati, ha la caratteristica di essere senza infamia e senza lode.
Tiepida in un momento in cui occorrerebbe esprimere con nettezza la volontà di riaffermare il ruolo che spetta all'Italia per la sua storia e per la collocazione geopolitica che la espone a rischi straordinari.
Il panorama del mondo oggi rivela due lacerazioni gravissime nel tessuto della pace a noi più prossimo.
Queste ferite sono tanto più pericolose perché l'Unione Europea non ha una politica Pag. 84estera da potenza continentale capace di contribuire efficacemente alla costruzione di un ordine internazionale positivo a causa del dissesto politico e ideale che consegue ad un'egemonia esercitata dalla Germania che la rende cieca agli autentici interessi dei popoli che la compongono.
L'Italia ha saputo solo, in assenza di una politica estera coesa dell'Europa, guardare e assecondare le mosse degli Stati più forti, cioè la Germania e il Regno Unito, accontentandosi di una poltrona dell'apparenza ad uso della propaganda interna invece che puntare all'efficacia fattiva.
Accennavo, signora Presidente, ai due scenari di crisi che insistono sul nostro Paese.
Il primo è a pochi minuti di volo dai nostri confini meridionali. Il jihadismo in fase di attacco globale è una realtà di orrore e morte per i popoli del Medio Oriente e dell'Africa continentale mediterranea. La vita umana e qualsiasi libertà, in particolare quella religiosa, sono calpestate. Questa situazione spinge masse di disperati alla fuga per mare, con un esito calcolato e sfruttato nella strategia di Daesh e altri soggetti della medesima matrice islamica fondamentalista per destabilizzare socialmente l'Italia e ricavare ingenti risorse, oltre che per infiltrare terroristi in Europa.
Questo stato di cose, specie in Libia e in Siria, è l'esito oltre che della natura in sé aggressiva dell'islam fondamentalista, di errori di valutazione da parte delle cancellerie e dei maîtres à penser dell'Occidente a proposito delle cosiddette «primavere arabe».
Esse sono state ben presto egemonizzate da formazioni jihadiste o dai loro parenti stretti, i Fratelli Musulmani.
Non sappiamo dire se ciò sia avvenuto per ignoranza o cosciente destabilizzazione di un'area delicatissima per guadagnare posizioni allargando la propria sfera di influenza in un assetto neocoloniale.
Questo terribile equivoco, questo giocare con il fuoco con il destino dei popoli ha portato ad appoggiare sciaguratamente forze che si sono rivelate permeabili ad Al Qaeda e alle varie denominazioni della sua galassia fino a favorire l'avvento di una entità che si pretende Stato (Isis o Daesh).
Gli errori più gravi per il nostro Paese si sono verificati nell'intervento militare in Libia, che ha visto prevalere i corti calcoli di potere di alcune potenze a noi alleate, con i risultati dinnanzi agli occhi di tutti.
Il secondo scenario di crisi è ad Est. L'anelito europeo di una parte del popolo ucraino ha alimentato paure nei cittadini russofoni fino a determinare secessioni e una guerra civile. La responsabilità di questa tragedia è materia complessa che non si presta a una separazione tra buoni e cattivi.
Il nostro Governo ha rinunciato al protagonismo positivo che portò l'Italia a essere artefice e ospite a Pratica di Mare (maggio 2002) del momento più alto e collaborativo tra i Paesi della NATO e la Federazione Russa.
La volontà di ricreare quello spirito è mancata. E si è persa anche la straordinaria occasione del semestre a Presidenza italiana per guadagnare terreno alla pace.
Abbiamo assistito – è proprio il caso di dirlo: assistito –; dirò meglio: il nostro Governo ha assistito come spettatore impotente e pagante alla fase iniziale di quella che poi è sfociata in una guerra civile slava senza agire subito con saggezza e coraggio. C'era molto da fare in quella fase. Invece abbiamo adottato passivamente la linea americana tiepidamente frenata dalla Germania. Andavano tutelate le aspirazioni europee degli ucraini e il sentimento di appartenenza alla Russia di una grande fetta della popolazione che si è sentita mancare letteralmente la terra sotto i piedi.
I risultati sono quelli che vediamo: siamo tutti sconfitti ! Vuol dire che qualcosa non ha funzionato. Non si può semplicemente addossare alla Russia ogni responsabilità lavandosi pilatescamente le mani.
Bisognerebbe ritrovare il coraggio di una nuova Yalta, per una nuova architettura Pag. 85di sicurezza in Europa, da cui dipenderà la riorganizzazione geopolitica dell'Europa centro orientale.
Non possiamo per salvaguardare la visione americana, rinunciare ad un approccio europeo, considerando che la geopolitica invita noi come la Germania ad avere rapporti di amicizia e di collaborazione in economia e nel campo della sicurezza contro il terrorismo islamico.
Riguardo all'Europa la necessità di riformare i trattati e di trasformare la Bce in autentica banca centrale sul modello della Fed, è urgente, nel rimpianto di aver giocato male il semestre a Presidenza italiana.
Con tutto questo crediamo che in politica estera, specie nelle gravi questioni implicanti la sicurezza dei cittadini, si debba trovare la strada della coesione nazionale, nella chiara distinzione di responsabilità e di ruoli.
Noi non abbiamo mai giocato alla propaganda in politica estera. Durante la crisi del Kosovo, non essendo in maggioranza, e pur in assenza di un consenso dell'Onu abbiamo dato sostegno all'impegno militare del Governo D'Alema.
L'insuccesso più clamoroso del Governo, che rivela l'incapacità strutturale di stabilire alleanze capaci di tutelare gli interessi nazionali e la sicurezza dei nostri cittadini appare clamorosa nel caso dei due marò Latorre e Girone. Non smetteremo mai di insistere (3 anni) affinché a livello internazionale e presso le autorità indiane vengano assunte tutte le iniziative politiche, diplomatiche e giudiziarie per una soluzione rispettosa dei diritti dei due Marò e del nostro paese.
Con stupore e sgomento osserviamo l'ambiguità del Governo italiano e della sua maggioranza sulla questione del riconoscimento dello Stato Palestinese. Il governo ha preferito e preferisce badare a non agitare le acque nel Pd, piuttosto che dare un chiaro segnale di amicizia ad Israele. E questo non per negare la road map che deve condurre all'esistenza di due Stati sovrani, ma per dare una prova di fiducia all'unica democrazia di quell'area, mentre il popolo ebraico è sottoposto a attacchi forsennati da parte del terrorismo islamico anche nei confini dell'Europa.
Gli impegni che chiediamo alla Camera, e su cui auspichiamo di trovare consensi al di là delle nostre fila, li leggo qui perché sono auto-evidenti nella loro ragionevolezza.
In particolare sottolineo la necessità che il Governo si impegni a trovare la strada giuridicamente e politicamente congrua per intervenire in un ruolo di leadership sulla costa libica, laddove ce ne fosse bisogno, nell'ambito di una forza multilaterale sotto l'egida delle organizzazioni internazionali.
Soprattutto però, visto anche lo scarsissimo rispetto del Governo verso il Parlamento e in particolare verso le opposizioni, chiediamo che le forze politiche, tutte espressione del popolo sovrano, siano messe in condizione di partecipare, senza confusioni di ruolo, ma in spirito di coesione nazionale, attraverso l'istituzione formale o informale di un tavolo della serietà, di informazione e di consultazione, un organismo invocabile ad horas per affrontare in ambito parlamentare le crisi gravi che dovessero insorgere.
Concludo osservando che il voto contingente che non ci sentiamo costretti a dare ad una mozione tiepida, non all'altezza morale e politica di questo momento storico, non significa rinuncia alla ricerca, nelle grandi scelte, di una posizione di drammatica ragionevolezza unitaria.
Non intendiamo chiudere qui un dialogo, che richiede però da parte del Governo meno timidezze provinciali e più respiro di grande nazione.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Moz. Palazzotto e a. 1-675 n.f. | 378 | 361 | 17 | 181 | 90 | 271 | 75 | Resp. |
2 | Nom. | Moz. Rizzo e a. 1-625 | 408 | 396 | 12 | 199 | 84 | 312 | 74 | Resp. |
3 | Nom. | Moz. Pini G. e a. 1-699 | 408 | 385 | 23 | 193 | 49 | 336 | 73 | Resp. |
4 | Nom. | Moz. Brunetta e a. 1-738 | 409 | 382 | 27 | 192 | 50 | 332 | 73 | Resp. |
5 | Nom. | Moz. Speranza e a. 1-745 | 404 | 345 | 59 | 173 | 300 | 45 | 73 | Appr. |
6 | Nom. | Moz. Alli e a. 1-746 | 385 | 321 | 64 | 161 | 237 | 84 | 73 | Appr. |
7 | Nom. | Moz. Rampelli e a. 1-747 | 391 | 365 | 26 | 183 | 45 | 320 | 73 | Resp. |
8 | Nom. | Risoluz. Cicchitto e a. 6-111 | 385 | 372 | 13 | 187 | 255 | 117 | 73 | Appr. |
9 | Nom. | Risoluz. Pini G. e a. 6-112 | 389 | 386 | 3 | 194 | 43 | 343 | 73 | Resp. |
10 | Nom. | Risoluz. Brunetta e a. 6-113 | 385 | 375 | 10 | 188 | 42 | 333 | 73 | Resp. |
11 | Nom. | Risoluz. Scotto e a. 6-114 | 376 | 374 | 2 | 188 | 32 | 342 | 73 | Resp. |
12 | Nom. | Risoluz. Artini e a. 6-115 | 384 | 382 | 2 | 192 | 29 | 353 | 73 | Resp. |
13 | Nom. | Risoluz. Sibilia e a. 6-116 | 382 | 373 | 9 | 187 | 56 | 317 | 73 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 14) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Segr | Dimissioni dep. Cristian Iannuzzi | 338 | 335 | 3 | 168 | 103 | 232 | 73 | Resp. |