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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 20 maggio 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 20 maggio 2015.

  Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Marcon, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Tabacci, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Marcon, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Tabacci, Vargiu, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 19 maggio 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE FRACCARO: «Modifiche agli articoli 73, 75, 80 e 138 della Costituzione, in materia di democrazia diretta» (3124);
   COZZOLINO: «Norme in materia di assunzione dei vigili del fuoco volontari nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco» (3125);
   MANNINO ed altri: «Modifiche alla parte prima del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernenti le disposizioni comuni e i princìpi generali della disciplina in materia ambientale» (3126);
   GALATI: «Introduzione dell'insegnamento dell'educazione finanziaria e al risparmio nelle scuole di ogni ordine e grado» (3127);
   MURA: «Interventi per sostenere la programmazione delle emittenti televisive private locali che trasmettono con tecnologia digitale terrestre o satellitare e delle emittenti radiofoniche locali, nonché contributi in favore dell'informazione locale» (3128);
   BORGHESE e MERLO: «Modifica dell'articolo 157 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e altre disposizioni in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti e di donazione degli stessi alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale» (3129);
   BERGONZI: «Modifica all'articolo 55-quinquies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di sanzioni per il medico che certifica falsamente lo stato di malattia di un pubblico dipendente» (3130).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

  In data 19 maggio 2015 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:

   dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale:
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Georgia, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014» (3131).

  Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge BONAFEDE ed altri: «Modifiche al codice di procedura civile e abrogazione dell'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in materia di azione di classe» (1335) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Gallinella.

  La proposta di legge BRUNO BOSSIO ed altri: «Modifiche agli articoli 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, in materia di revisione delle norme sul divieto di concessione dei benefìci penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia» (3091) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Costantino, Daniele Farina, Melilla e Rostellato.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   I Commissione (Affari costituzionali):
  GARNERO SANTANCHÈ ed altri: «Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam» (2976) Parere delle Commissioni II, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII e VIII.

   VI Commissione (Finanze):
  RICCIATTI ed altri: «Modifica all'articolo 42 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di agevolazioni per gli investimenti delle reti di imprese» (3031) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XIV.

   X Commissione (Attività produttive):
  FRAGOMELI ed altri: «Modifiche all'articolo 9 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, per favorire l'adozione di sistemi di tele-lettura mediante la rete elettrica per la misurazione dei consumi energetici e, in prospettiva, dei consumi idrici» (3050) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII, IX, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):
  TURCO ed altri: «Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis indica e dei suoi derivati, nonché norme per la tassazione dei derivati della cannabis indica» (3048) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX, X, XIII e XIV.

Assegnazione del disegno di legge di delegazione europea e della relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, ai sensi dell'articolo 126-ter del Regolamento.

  A norma degli articoli 72, comma 1, e 126-ter, comma 1, del Regolamento, il seguente disegno di legge è assegnato, in sede referente, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti e della Commissione parlamentare per le questioni regionali:
   S. 1758 – «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014» (approvato dal Senato) (3123).

  A norma dell'articolo 126-ter, comma 1, del Regolamento, è altresì assegnata alla XIV Commissione, con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti e della Commissione parlamentare per le questioni regionali, la relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2014 (Doc. LXXXVII, n. 3), di cui è stato dato annuncio nell'Allegato A al resoconto della seduta del 12 maggio 2015.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
  sentenza n. 74 del 25 marzo – 7 maggio 2015 (Doc. VII, n. 445),
   con la quale:
    dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 15, commi 13, lettera c), e 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, promosse, in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, agli articoli 5, 49, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia), all'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2011), ed al «principio dell'accordo che caratterizza il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali», dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con il ricorso n. 159 del 2012, ed alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse in riferimento agli articoli 3, 97, 116, 117, 118, 119 e 134, della Costituzione, ai principi di leale collaborazione e «dell'accordo in materia finanziaria», agli articoli 49 e 63 della legge costituzionale n. 1 del 1963, ed alle norme del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale), del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902 (Adeguamento ed integrazione delle norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia), del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni) e della legge n. 220 del 2010, dalla regione autonoma Friuli-Venezia con il ricorso n. 32 del 2013:
   alla XII Commissione (Affari sociali);

  sentenza n. 75 del 25 marzo – 7 maggio 2015 (Doc. VII, n. 446),
   con la quale:
    dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 15, comma 22, e 24-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, promosse, in riferimento agli articoli 3, 32, 117, comma terzo, e 119, comma quarto, della Costituzione, agli articoli 6, 7, 8 – come riformato dall'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 – e 54, comma 5, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) ed al principio di leale collaborazione, dalla regione autonoma della Sardegna con il ricorso n. 160 del 2012, ed alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 131 e 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse in riferimento agli articoli 117, comma terzo, e 119, comma quarto, della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), all'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevolezza della disciplina statale, ed agli articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948, dalla regione autonoma della Sardegna con il ricorso n. 41 del 2013:
   alla XII Commissione (Affari sociali);

  sentenza n. 76 del 15 aprile – 7 maggio 2015 (Doc. VII, n. 447),
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 53 della legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici dell'Amministrazione penitenziaria), sollevata, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, della Costituzione, dal tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro:
   alla XI Commissione (Lavoro);

  sentenza n. 77 del 24 marzo – 13 maggio 2015 (Doc. VII, n. 448),
   con la quale:
    dichiara estinti i processi relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 16, commi 3 e 4, e 24-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell'articolo 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse dalla regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, dalla provincia autonoma di Trento e dalla provincia autonoma di Bolzano;
    dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 16, commi 3 e 4, e 24-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli articoli 117 e 119 della Costituzione, agli articoli 6, 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e al principio di leale collaborazione, dalla regione autonoma Sardegna;
    dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse, in riferimento agli articoli 3, 117 e 119 della Costituzione, agli articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948 e al principio di leale collaborazione, dalla regione autonoma Sardegna;
    dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 8, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, promosse, in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, agli articoli 7 e 8 dello statuto regionale speciale e al principio di leale collaborazione, dalla regione autonoma Sardegna;
    dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, e dell'articolo 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento agli articoli 3, 116 e 119 della Costituzione, agli articoli 49, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia) e al principio di leale collaborazione, dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
    dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli articoli 4, comma 1-bis, e 51 dello statuto regionale speciale, dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 24-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, promossa, in riferimento agli articoli 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), e alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta), nonché in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest'ultimo desunto dagli articoli 5 e 120 della Costituzione, dalla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, nel testo vigente a seguito dell'articolo 11, comma 8, del decreto-legge n. 35 del 2013, e dell'articolo 1, comma 469, della legge n. 228 del 2012, nonché le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento agli articoli 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4 del 1948, alla legge n. 690 del 1981, nonché in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest'ultimo desunto dagli articoli 5 e 120 della Costituzione, dalla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, nel testo vigente a seguito dell'articolo 11, comma 8, del decreto-legge n. 35 del 2013, e dell'articolo 1, comma 469, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento agli articoli 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della regione siciliana), e all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), dalla Regione siciliana;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento all'articolo 43 dello statuto regionale speciale, all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli articoli 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4 del 1948, alla legge n. 690 del 1981, nonché in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest'ultimo desunto dagli articoli 5 e 120 della Costituzione, dalla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste:
   alla V Commissione (Bilancio);

  sentenza n. 78 del 29 aprile – 13 maggio 2015 (Doc. VII, n. 449),
   con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 51, primo comma, numero 4), del codice di procedura civile, e 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), sollevata, dal tribunale ordinario di Milano sezione nona civile e dallo stesso tribunale, sezione prima civile e sezione specializzata in materia di impresa, in riferimento agli articoli 24 e 111 della Costituzione, e, dal solo tribunale di Milano – sezione nona civile, in riferimento anche all'articolo 3 della Costituzione:
   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 84 del 14 aprile – 15 maggio 2015 (Doc. VII, n. 453),
   con la quale:
    dichiara che non spettava alla giunta regionale dell'Abruzzo prevedere che la movimentazione di materiali in ambiente marino, inferiore alla soglia dei 25.000 metri cubi, non è soggetta ad autorizzazione, ma ad una mera comunicazione all'Autorità regionale competente;
    annulla, di conseguenza, la delibera della giunta regionale dell'Abruzzo 28 marzo 2013, n. 218, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione dell'8 maggio 2013, n. 17, recante «Determinazioni inerenti il rilascio di autorizzazioni di competenza regionale ai sensi dell'articolo 109 decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” – Ripartizione tra le Direzioni regionali di competenza afferenti al mare», nella parte in cui stabilisce di «fissare in 25.000 mc3 la soglia limite superata la quale la movimentazione di materiali in ambiente marino è soggetta ad autorizzazione da parte della competente Autorità regionale, restando soggetta a sola comunicazione alla stessa Autorità competente la movimentazione inferiore a tale soglia-limite»:
   alla VIII Commissione (Ambiente);

  sentenza n. 85 del 15 aprile – 15 maggio 2015 (Doc. VII, n. 454),
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha inserito il comma 4-ter, lettera c), dell'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, in riferimento agli articoli 3 e 38, secondo comma, della Costituzione;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 5, lettera b), del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44, in riferimento agli articoli 3 e 38, secondo comma, della Costituzione:
   alla II Commissione (Giustizia);

  sentenza n. 86 del 29 aprile – 15 maggio 2015 (Doc. VII, n. 455),
   con la quale:
    dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla regione Liguria nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alla nota del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale di finanza, Servizi ispettivi di finanza pubblica – del 26 novembre 2013, n. 97572, e alle relazioni del 15 ottobre 2013 ad essa allegate:
   alla V Commissione (Bilancio);

  sentenza n. 87 del 29 aprile – 15 maggio 2015 (Doc. VII, n. 456),
   con la quale:
    dichiara inammissibile il conflitto di attribuzioni promosso dalla regione Marche nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alle note del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale di finanza, Servizi ispettivi di finanza pubblica – dell'11 settembre 2013, n. 74491, e del 14 aprile 2014, n. 36675, nonché alla relazione del 15 gennaio 2014 a quest'ultima allegata:
   alla V Commissione (Bilancio).

  La Corte costituzionale, con lettere in data 15 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
  sentenza n. 81 del 29 aprile – 15 maggio 2015 (Doc. VII, n. 450),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 25 (Integrazione alla legge regionale 21 luglio 1999, n. 44 recante «Norme per il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica» e modifiche alla legge regionale 25 ottobre 1996, n. 96 recante «Norme per l'assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione»):
   alla VIII Commissione (Ambiente);

  sentenza n. 82 del 25 marzo – 15 maggio 2015 (Doc. VII, n. 451),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 48, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, che stabilisce le modalità di individuazione delle maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge n. 201 del 2011, sia emanato d'intesa con il Presidente della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste per quanto riguarda le maggiori entrate percepite nel territorio della stessa regione autonoma;
    dichiara estinti, ai sensi dell'articolo 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale e nei limiti di cui sopra, i processi relativamente alle questioni di legittimità costituzionale promosse dalla regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol (reg. ric. n. 33 del 2012), dalla Provincia autonoma di Trento (reg. ric. n. 34 del 2012) e dalla Provincia autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 40 del 2012);
    dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 28, commi 3, 7, 8, 9, 10 e 11-ter, e 48 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011, promosse dalla regione autonoma Sardegna (reg. ric. n. 47 del 2012);
    dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 28, comma 3, e 48 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011, promosse dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 50 del 2012);
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'intero testo degli articoli 28 e 48 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011, promossa dalla Regione siciliana (reg. ric. n. 39 del 2012);
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 28, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011, promossa dalla Regione siciliana (reg. ric. n. 39 del 2012);
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 28, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011, promossa, in riferimento agli articoli 17, primo comma, lettera b), 36 e 37 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) e all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria) e del principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana (reg. ric. n. 39 del 2012);
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011, promossa, in riferimento agli articoli 2, comma 1, lettere a) e b), 3, comma 1, lettera f), 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), agli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta), al principio di leale collaborazione, di cui agli articoli 5 e 120 della Costituzione, nonché al principio di ragionevolezza, di cui all'articolo 3 della Costituzione, dalla regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (reg. ric. n. 38 del 2012);
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 28, comma 6, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011, promossa, in riferimento agli articoli 17, primo comma, lettera b), e 36 del regio decreto legislativo n. 455 del 1946 e all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, dalla Regione siciliana (reg. ric. n. 39 del 2012);
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 28, commi 7, 8, 9 e 10, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011, promossa, in riferimento al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana (reg. ric. n. 39 del 2012):
   alla V Commissione (Bilancio);

  sentenza n. 83 del 15 aprile – 15 maggio 2015 (Doc. VII, n. 452),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 62-quater del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), nel testo originario, antecedente alle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188 (Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati, dei loro succedanei, nonché di fiammiferi, a norma dell'articolo 13 della legge 11 marzo 2014, n. 23), nella parte in cui sottopone ad imposta di consumo, nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico, la commercializzazione dei prodotti non contenenti nicotina, idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati, nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo:
   alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera del 12 maggio 2015, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno Rostellato n. 9/2616-A/75, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 7 ottobre 2014, concernente la comunicazione al Parlamento, nell'ambito della relazione annuale di cui all'articolo 113 della legge n. 121 del 1981, di un'analisi statistica dettagliata del fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive.
  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissioni dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettere del 13 maggio 2015, ha trasmesso due note relative all'attuazione data all'ordine del giorno Scotto n. 9/2149/41, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 13 marzo 2014, concernente l'eventuale organizzazione in Italia di un incontro internazionale della società civile siriana, e alla risoluzione conclusiva Cicchitto ed altri n. 8/00089, accolta dal Governo ed approvata dalla III Commissione (Affari esteri) nella seduta del 3 dicembre 2014, sulle iniziative della comunità internazionale in merito alla crisi in Siria.
  Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Trasmissione dal Ministro della difesa.

  Il Ministro della difesa, con lettera in data 14 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 536, comma 1, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2015-2017.
  Questo documento è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 19 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la delibera CIPE n. 13/2015 del 28 gennaio 2015, concernente «Programma statistico nazionale 2014-2016 e aggiornamento 2015-2016».

  Questa delibera è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 19 maggio 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che autorizza la Danimarca ad applicare sull'energia elettrica fornita direttamente a navi ormeggiate in porto un'aliquota di imposta ridotta in conformità dell'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE (COM(2015) 203 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Agenda europea sulla migrazione (COM(2015) 240 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Raccomandazioni di raccomandazioni del Consiglio sui programmi nazionali di riforma 2015 e che formulano i pareri del Consiglio sui programmi di stabilità o di convergenza 2015 del Belgio (COM (2015) 252 final), della Bulgaria (COM (2015) 253 final), della Repubblica ceca (COM(2015) 254 final), della Danimarca (COM(2015) 255 final), della Germania (COM(2015) 256 final), dell'Estonia (COM(2015) 257 final), dell'Irlanda (COM(2015) 258 final), della Spagna (COM(2015) 259 final), della Francia (COM(2015) 260 final), della Croazia (COM(2015) 261 final), della Lettonia (COM(2015) 263 final), della Lituania (COM(2015) 264 final), del Lussemburgo (COM(2015) 265 final), dell'Ungheria (COM(2015) 266 final), di Malta (COM(2015) 267 final), del Portogallo (COM(2015) 271 final), della Romania (COM(2015) 272 final), della Slovenia (COM(2015) 273 final) e del Regno Unito (COM(2015) 277 final), che sono assegnate in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettera in data 15 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale di San Sebastiano al Vesuvio (Napoli).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 18 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4 e 10 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
  alla III Commissione (Affari esteri) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale:
   al dottor Sergio Ferdinandi, l'incarico di consigliere ministeriale presso la Direzione generale per le risorse e l'innovazione;
  alla VII Commissione (Cultura) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo:
   all'architetto Francesco Prosperetti, l'incarico di direzione della Soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo nazionale romano e l'area archeologica di Roma.

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 ottobre 2014, n. 154, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale nonché della direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (170).
  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 29 giugno 2015. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 9 giugno 2015.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 ottobre 2014, n. 154, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, per la parte relativa alla disciplina del bilancio di esercizio e di quello consolidato per le società di capitali e gli altri soggetti individuati dalla legge (171).
  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 29 giugno 2015. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 9 giugno 2015.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 ottobre 2014, n. 154, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, per la parte relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, nonché in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro, e che abroga e sostituisce il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87 (172).
  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 29 giugno 2015. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 9 giugno 2015.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: RIFORMA DEL SISTEMA NAZIONALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE E DELEGA PER IL RIORDINO DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE VIGENTI (A.C. 2994-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: CAPARINI ED ALTRI; ANTIMO CESARO ED ALTRI; CIMBRO ED ALTRI; VEZZALI ED ALTRI; CARFAGNA; COCCIA ED ALTRI; ASCANI ED ALTRI; CENTEMERO; PAGLIA ED ALTRI; IORI ED ALTRI; DI BENEDETTO ED ALTRI; CHIMIENTI ED ALTRI (A.C. 416-1595-1835-2043-2045-2067-2291-2524-2630-2860-2875-2975)

A.C. 2994-A – Articolo 26

ARTICOLO 26 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 26.
(Disposizioni finanziarie).

  1. A decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, la dotazione organica complessiva di personale docente delle istituzioni scolastiche statali è incrementata nel limite di euro 544,18 milioni nell'anno 2015, 1.853,35 milioni nell'anno 2016, 1.865,70 milioni nell'anno 2017, 1.909,60 milioni nell'anno 2018, 1.951,20 milioni nell'anno 2019, 2.012,93 milioni nell'anno 2020, 2.058,50 milioni nell'anno 2021, 2.104,44 milioni nell'anno 2022, 2.150,63 milioni nell'anno 2023, 2.193,85 milioni nell'anno 2024 e 2.233,60 milioni annui a decorrere dall'anno 2025, rispetto a quelle determinate ai sensi dell'articolo 19, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge nonché ai sensi dell'articolo 15, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128.
  2. È iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un fondo di parte corrente, denominato «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica», con uno stanziamento pari a 2.983.000 euro per l'anno 2015, a 8.313.000 euro per l'anno 2016, a 37.563.000 euro per l'anno 2017, a 18.863.000 euro per l'anno 2018, a 21.763.000 euro per l'anno 2019, a 3.900.000 euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e a 16.923.000 euro per l'anno 2022. Al riparto del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il decreto di cui al presente comma può destinare un importo fino a un massimo del 10 per cento del Fondo ai servizi istituzionali e generali dell'amministrazione per le attività di supporto al sistema di istruzione scolastica.
  3. Agli oneri derivanti dagli articoli 2, commi 21 e 22, 4, comma 6, 7, comma 7, 9, commi 8 e 16, 12, commi 3 e 5, 13, 14, comma 2, 15, comma 2, 16, comma 6, 17, comma 1, lettera c), 20, comma 2, 21, comma 16, e 22, comma 1, nonché dai commi 1 e 2 del presente articolo, pari complessivamente a 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, a 2.860,3 milioni di euro per l'anno 2016, a 2.909,5 milioni di euro per l'anno 2017, a 2.923,7 milioni di euro per l'anno 2018, a 2.961,2 milioni di euro per l'anno 2019, a 3.005,067 milioni di euro per l'anno 2020, a 3.050,637 milioni di euro per l'anno 2021, a 2.983,6 milioni di euro per l'anno 2022, a 3.005,867 milioni di euro per l'anno 2023, a 3.049,087 milioni di euro per l'anno 2024 e a 3.088,837 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025, nonché agli oneri derivanti dagli articoli 18, comma 6, e 19, comma 1, valutati in 139,7 milioni di euro per l'anno 2016, in 90,5 milioni di euro per l'anno 2017, in 96,3 milioni di euro per l'anno 2018, in 88,8 milioni di euro per l'anno 2019, in 81,3 milioni di euro per l'anno 2020 e in 75,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, si provvede:
   a) quanto a 1.000 milioni di euro annui per l'anno 2015, a 3.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, mediante riduzione del Fondo «La buona scuola», di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
   b) quanto a 20 milioni di euro per l'anno 2018, a 50 milioni di euro per l'anno 2019, a 86.367.000 euro per l'anno 2020, a 126.137.000 euro per l'anno 2021, a 59.100.000 euro per l'anno 2022, a 81.367.000 euro per l'anno 2023, a 124.587.000 euro per l'anno 2024 e a 164.337.000 euro annui a decorrere dall'anno 2025, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

  4. Alla compensazione degli ulteriori effetti finanziari, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivanti dalle medesime disposizioni richiamate dall'alinea del comma 3, pari a 184.752.700 euro per l'anno 2015, 362.650.250 euro per l'anno 2016, 376.160.500 euro per l'anno 2017, 404.869.000 euro per l'anno 2018, 449.693.000 euro per l'anno 2019, 459.753.950 euro per l'anno 2020, 357.652.500 euro per l'anno 2021, 335.371.600 euro per l'anno 2022, 312.969.450 euro per l'anno 2023, 292.007.750 euro per l'anno 2024 e 272.729.000 euro annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni.
  5. Ferme restando le competenze istituzionali di controllo e verifica spettanti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e al Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è costituito, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016 e senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, un comitato di verifica tecnico-finanziaria composto da rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dell'economia e delle finanze, con lo scopo di monitorare la spesa concernente l'organico dell'autonomia in relazione all'attuazione del piano straordinario di assunzioni, la progressione economica dei docenti nonché l'utilizzo del fondo per il risarcimento, di cui all'articolo 14.
  6. Qualora, a seguito della procedura di monitoraggio di cui al comma 5, dovesse emergere una spesa complessiva superiore a quella prevista dalla presente legge, sono adottate idonee misure correttive ai sensi dell'articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  7. Ai componenti del comitato di cui al comma 5 non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento comunque denominato.
  8. Le domande per il riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera del personale scolastico sono presentate al dirigente scolastico, nel periodo compreso tra il 1o settembre e il 31 dicembre di ciascun anno, ferma restando la disciplina vigente per l'esercizio del diritto al riconoscimento dei servizi agli effetti di carriera. Entro il successivo 28 febbraio, ai fini di una corretta programmazione della spesa, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca comunica al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le risultanze dei dati relativi alle istanze per il riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera del personale scolastico.
  9. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

  Le proposte emendative riferite all'articolo 26, già esaminate dall'Assemblea, sono pubblicate nell'Allegato A n. 430 della seduta del 19 maggio 2015.

A.C. 2994-A – Articolo 27

ARTICOLO 27 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 27.
(Clausola di salvaguardia ed entrata in vigore).

  1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.
  2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 2994-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», all'articolo 2 (Autonomia scolastica e valorizzazione dell'offerta formativa), sono presenti norme che promuovono «comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, con particolare riferimento all'alimentazione»;
    sempre nel provvedimento in esame, all'articolo 2, sono state inserite norme che riguardano la ristorazione collettiva negli istituti didattici;
    l'educazione alimentare è stata definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (Fao) come «il processo informativo ed educativo per mezzo del quale si persegue il generale miglioramento dello stato di nutrizione degli individui, attraverso la promozione di adeguate abitudini alimentari, l'eliminazione dei comportamenti alimentari non soddisfacenti, l'utilizzazione di manipolazioni più igieniche degli alimenti e un efficiente utilizzo delle risorse alimentari»;
    sempre l'Oms, ha evidenziato come l'approccio ambientale sia diventato molto popolare nella promozione della salute. Questo approccio riconosce una valida opportunità di influenzare la salute attraverso misure politiche ed educative all'interno di ambienti specifici come le scuole, i posti di lavoro, gli ospedali. La scuola, che ricopre un periodo di tempo fondamentale per l'apprendimento, costituisce un'ottima opportunità per parlare di alimentazione e stili di vita salutari a bambini ed adolescenti che hanno bisogno di acquisire conoscenze per sviluppare un comportamento alimentare corretto;
    la scuola, secondo il Ministero della Salute «detiene la responsabilità di stimolare e creare conoscenza, consapevolezza, attitudini e abilità tali da influenzare positivamente scelte alimentari e stili di vita salutari»;
    l'ambiente scolastico rappresenta il luogo ideale, quindi, per l'attuazione di programmi di educazione alimentare. Le opportunità che offre sono diverse: consente di raggiungere la quasi totalità di bambini e adolescenti, fornisce la possibilità di alimentarsi in maniera sana dal momento che gli scolari vi consumano almeno una merenda ed il pasto principale, può insegnare agli studenti a resistere alle pressioni sociali, possiede personale qualificato, inoltre evidenze scientifiche suggeriscono che programmi di educazione alimentare in ambito scolastico possono migliorare i comportamenti alimentari dei giovani;
    per essere efficaci i programmi scolastici di educazione alimentare non devono pertanto limitarsi a fornire agli studenti le conoscenze e le capacità necessarie a prendere decisioni adeguante riguardanti la propria salute, ma anche offrire l'ambiente, la motivazione, i servizi ed il supporto necessario per sviluppare e mantenere comportamenti positivi e salutari;
    in questo contesto non va poi dimenticato che, anche da un punto di vista strettamente economico, investire e sensibilizzare alla corretta alimentazione la popolazione italiana e in particolare le generazioni in età scolastica produrrebbe inevitabilmente una forte diminuzione di costi sociali del settore sanitario;
    sono due, in estrema sintesi, gli interventi concreti che possono promuovere nelle scuole processi virtuosi legati all'educazione alimentare:
     in primo luogo l'introduzione dell'insegnamento dell'Educazione alimentare nelle scuole primarie e secondarie di primo grado con l'obiettivo di contribuire alla formazione negli alunni di comportamenti corretti dal punto di vista dell'alimentazione e di una cultura della qualità nelle scelte relative alla nutrizione, anche al fine di incrementare il benessere generale delle persone e di prevenire o di ridurre l'insorgenza delle malattie e delle patologie più diffuse correlate a stili di vita e a scelte alimentari scorretti;
     in secondo luogo l'attuazione di una ristorazione collettiva scolastica in grado di fornire, al tempo stesso, un cibo ricco di nutrienti essenziali, saziante, gradevole, e al contempo moderatamente calorico e rispettoso delle raccomandazioni basate su prove scientifiche per la prevenzione dell'obesità e delle malattie croniche;
    le linee guida di tali modelli di ristorazione dovrebbero quindi riprendere, in particolare, gli indirizzi delle maggiori autorità scientifiche internazionali come ad esempio le raccomandazioni del Fondo mondiale per la prevenzione del cancro, del Codice Europeo Contro il Cancro, del Progetto Cuore per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità;
    secondo tali organismi la ristorazione scolastica dovrebbe evolversi secondo le seguenti modalità:
     escludere o limitare fortemente le carni conservate;
     escludere o limitare fortemente le bevande zuccherate, compresi succhi di frutta e yogurt zuccherati;
     escludere o limitare fortemente cibi ad alta densità calorica (come ad esempio snack salati o zuccherati, merendine, e prodotti contenenti grassi idrogenati o sciroppo di glucosio e fruttosio):
     privilegiare cibi di provenienza vegetale non industrialmente trasformati o raffinati;
     privilegiare l'utilizzo di cereali e i cibi animali da coltivazioni e allevamenti biologici, controllati per la presenza di micotossine;
     privilegiare l'utilizzo di pesce, le carni bianche e i latticini magri, con attenzione alla provenienza e alle condizioni di allevamento;
     limitare l'utilizzo del sale;
    è altrettanto necessario, per sviluppare queste linee e sperimentare soluzioni innovative che siano sostenibili economicamente ed operativamente, accettate dagli studenti e sostenute da genitori ed insegnanti, promuovere un programma di informazione e formazione per insegnanti, genitori e operatori della ristorazione, di sperimentazione della preparazione su larga scala dei menu proposti, e di valutazione con criteri scientifici della accettabilità dei cibi proposti e del loro impatto sulla antropometria e sullo stato di salute degli studenti;
    l'atto ufficiale nazionale sulla ristorazione scolastica sono le «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica», pubblicate nella Gazzetta Ufficiale numero 134 del 11 giugno 2010, risultato di un accordo Stato-Regioni e con la finalità di promuovere una ristorazione scolastica basata su dati scientifici e capace di promuovere una corretta alimentazione e prevenzione di sovrappeso obesità e patologie cronico degenerative. Sullo stato di attuazione di tali linee il Ministero della Salute ha già effettuato indagini conoscitive presso i presidi territoriali del Ministero dell'Istruzione;
    altrettanto significativo è il documento del 2011 «Linee guida per l'educazione alimentare nella scuola italiana» a cura del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della ricerca in cui si evidenzia la responsabilità educativa della scuola di ogni ordine e grado nella incentivazione di sane abitudini alimentari che incrementino nei bambini nei ragazzi la consapevolezza del rapporto cibo-salute;
    risulta evidente che questi due documenti necessitino dopo circa 5 anni dalla loro stesura, proprio in virtù del ruolo strategico che rivestono nelle giovani generazioni, un aggiornamento che tenga conto delle recenti indicazioni della comunità scientifica e della attuale modalità di ristorazione collettiva scolastica presente nel nostro Paese;
    il 12 maggio 2015 la Camera dei Deputati ha approvato una mozione che impegna, tra l'altro, il Governo:
     «ad affrontare le attività di educazione alimentare nella scuola mediante un approccio sistemico capace di attivare ampie sinergie che coinvolgano tutti i soggetti della vita sociale» «finalizzate alla promozione del benessere, come indispensabile elemento di crescita comune incentivando la consapevolezza dell'importanza del rapporto cibo-salute»;
     «a promuovere una “cultura del benessere” che favorisca», anche nelle attività di educazione alimentare nella scuola, «la prevenzione dell'insorgenza di patologie dell'età adulta, quali diabete, tumori e patologie cardiovascolari mediante la riduzione dei fattori di rischio connessi alla sedentarietà e ad una scorretta alimentazione»,

impegna il Governo:

   ad inserire nei programmi didattici delle scuole primarie e secondarie di primo grado, nel rispetto dei principi vigenti dell'autonomia didattica, l'insegnamento dell'Educazione alimentare con l'obiettivo di contribuire alla formazione negli alunni di comportamenti corretti dal punto di vista dell'alimentazione e di una cultura della qualità nelle scelte relative alla nutrizione, assicurando le risorse umane ed economiche necessarie, di concerto con i Ministeri competenti, affinché vengano previsti corsi specifici di trattazione teorica e pratica della materia al fine di formare negli studenti una coscienza civile sull'argomento;
   ad aggiornare i contenuti e le modalità di attuazione delle «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica» recependo le indicazioni e le raccomandazioni, espresse in premessa, degli organismi internazionali per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, croniche e degenerative, al fine di assicurare agli studenti un cibo gradevole, ricco di nutrienti essenziali, moderatamente calorico in grado di prevenire l'insorgenza delle patologie legate ad una scorretta alimentazione.
9/2994-A/1Dallai, Crimì, Gadda.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», all'articolo 2 (Autonomia scolastica e valorizzazione dell'offerta formativa), sono presenti norme che promuovono «comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, con particolare riferimento all'alimentazione»;
    sempre nel provvedimento in esame, all'articolo 2, sono state inserite norme che riguardano la ristorazione collettiva negli istituti didattici;
    l'educazione alimentare è stata definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (Fao) come «il processo informativo ed educativo per mezzo del quale si persegue il generale miglioramento dello stato di nutrizione degli individui, attraverso la promozione di adeguate abitudini alimentari, l'eliminazione dei comportamenti alimentari non soddisfacenti, l'utilizzazione di manipolazioni più igieniche degli alimenti e un efficiente utilizzo delle risorse alimentari»;
    sempre l'Oms, ha evidenziato come l'approccio ambientale sia diventato molto popolare nella promozione della salute. Questo approccio riconosce una valida opportunità di influenzare la salute attraverso misure politiche ed educative all'interno di ambienti specifici come le scuole, i posti di lavoro, gli ospedali. La scuola, che ricopre un periodo di tempo fondamentale per l'apprendimento, costituisce un'ottima opportunità per parlare di alimentazione e stili di vita salutari a bambini ed adolescenti che hanno bisogno di acquisire conoscenze per sviluppare un comportamento alimentare corretto;
    la scuola, secondo il Ministero della Salute «detiene la responsabilità di stimolare e creare conoscenza, consapevolezza, attitudini e abilità tali da influenzare positivamente scelte alimentari e stili di vita salutari»;
    l'ambiente scolastico rappresenta il luogo ideale, quindi, per l'attuazione di programmi di educazione alimentare. Le opportunità che offre sono diverse: consente di raggiungere la quasi totalità di bambini e adolescenti, fornisce la possibilità di alimentarsi in maniera sana dal momento che gli scolari vi consumano almeno una merenda ed il pasto principale, può insegnare agli studenti a resistere alle pressioni sociali, possiede personale qualificato, inoltre evidenze scientifiche suggeriscono che programmi di educazione alimentare in ambito scolastico possono migliorare i comportamenti alimentari dei giovani;
    per essere efficaci i programmi scolastici di educazione alimentare non devono pertanto limitarsi a fornire agli studenti le conoscenze e le capacità necessarie a prendere decisioni adeguante riguardanti la propria salute, ma anche offrire l'ambiente, la motivazione, i servizi ed il supporto necessario per sviluppare e mantenere comportamenti positivi e salutari;
    in questo contesto non va poi dimenticato che, anche da un punto di vista strettamente economico, investire e sensibilizzare alla corretta alimentazione la popolazione italiana e in particolare le generazioni in età scolastica produrrebbe inevitabilmente una forte diminuzione di costi sociali del settore sanitario;
    sono due, in estrema sintesi, gli interventi concreti che possono promuovere nelle scuole processi virtuosi legati all'educazione alimentare:
     in primo luogo l'introduzione dell'insegnamento dell'Educazione alimentare nelle scuole primarie e secondarie di primo grado con l'obiettivo di contribuire alla formazione negli alunni di comportamenti corretti dal punto di vista dell'alimentazione e di una cultura della qualità nelle scelte relative alla nutrizione, anche al fine di incrementare il benessere generale delle persone e di prevenire o di ridurre l'insorgenza delle malattie e delle patologie più diffuse correlate a stili di vita e a scelte alimentari scorretti;
     in secondo luogo l'attuazione di una ristorazione collettiva scolastica in grado di fornire, al tempo stesso, un cibo ricco di nutrienti essenziali, saziante, gradevole, e al contempo moderatamente calorico e rispettoso delle raccomandazioni basate su prove scientifiche per la prevenzione dell'obesità e delle malattie croniche;
    le linee guida di tali modelli di ristorazione dovrebbero quindi riprendere, in particolare, gli indirizzi delle maggiori autorità scientifiche internazionali come ad esempio le raccomandazioni del Fondo mondiale per la prevenzione del cancro, del Codice Europeo Contro il Cancro, del Progetto Cuore per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità;
    secondo tali organismi la ristorazione scolastica dovrebbe evolversi secondo le seguenti modalità:
     escludere o limitare fortemente le carni conservate;
     escludere o limitare fortemente le bevande zuccherate, compresi succhi di frutta e yogurt zuccherati;
     escludere o limitare fortemente cibi ad alta densità calorica (come ad esempio snack salati o zuccherati, merendine, e prodotti contenenti grassi idrogenati o sciroppo di glucosio e fruttosio):
     privilegiare cibi di provenienza vegetale non industrialmente trasformati o raffinati;
     privilegiare l'utilizzo di cereali e i cibi animali da coltivazioni e allevamenti biologici, controllati per la presenza di micotossine;
     privilegiare l'utilizzo di pesce, le carni bianche e i latticini magri, con attenzione alla provenienza e alle condizioni di allevamento;
     limitare l'utilizzo del sale;
    è altrettanto necessario, per sviluppare queste linee e sperimentare soluzioni innovative che siano sostenibili economicamente ed operativamente, accettate dagli studenti e sostenute da genitori ed insegnanti, promuovere un programma di informazione e formazione per insegnanti, genitori e operatori della ristorazione, di sperimentazione della preparazione su larga scala dei menu proposti, e di valutazione con criteri scientifici della accettabilità dei cibi proposti e del loro impatto sulla antropometria e sullo stato di salute degli studenti;
    l'atto ufficiale nazionale sulla ristorazione scolastica sono le «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica», pubblicate nella Gazzetta Ufficiale numero 134 del 11 giugno 2010, risultato di un accordo Stato-Regioni e con la finalità di promuovere una ristorazione scolastica basata su dati scientifici e capace di promuovere una corretta alimentazione e prevenzione di sovrappeso obesità e patologie cronico degenerative. Sullo stato di attuazione di tali linee il Ministero della Salute ha già effettuato indagini conoscitive presso i presidi territoriali del Ministero dell'Istruzione;
    altrettanto significativo è il documento del 2011 «Linee guida per l'educazione alimentare nella scuola italiana» a cura del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della ricerca in cui si evidenzia la responsabilità educativa della scuola di ogni ordine e grado nella incentivazione di sane abitudini alimentari che incrementino nei bambini nei ragazzi la consapevolezza del rapporto cibo-salute;
    risulta evidente che questi due documenti necessitino dopo circa 5 anni dalla loro stesura, proprio in virtù del ruolo strategico che rivestono nelle giovani generazioni, un aggiornamento che tenga conto delle recenti indicazioni della comunità scientifica e della attuale modalità di ristorazione collettiva scolastica presente nel nostro Paese;
    il 12 maggio 2015 la Camera dei Deputati ha approvato una mozione che impegna, tra l'altro, il Governo:
     «ad affrontare le attività di educazione alimentare nella scuola mediante un approccio sistemico capace di attivare ampie sinergie che coinvolgano tutti i soggetti della vita sociale» «finalizzate alla promozione del benessere, come indispensabile elemento di crescita comune incentivando la consapevolezza dell'importanza del rapporto cibo-salute»;
     «a promuovere una “cultura del benessere” che favorisca», anche nelle attività di educazione alimentare nella scuola, «la prevenzione dell'insorgenza di patologie dell'età adulta, quali diabete, tumori e patologie cardiovascolari mediante la riduzione dei fattori di rischio connessi alla sedentarietà e ad una scorretta alimentazione»,

impegna il Governo

ad adottare iniziative in merito alla diffusione di buone pratiche di educazione alimentare incrementando lo sviluppo di progetti per la formazione degli alunni a comportamenti corretti dal punto di vista dell'alimentazione e della cultura della qualità delle scelte relative alla nutrizione.
9/2994-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Dallai, Crimì, Gadda.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame recante norme di «Riforma del sistema di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», enuncia tra le sue finalità anche quella di innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti;
    in tale contesto, anche in relazione ad iniziative di potenziamento dell'offerta formativa e delle attività progettuali, fra gli obiettivi ritenuti prioritari dal provvedimento in esame vi è quello dell'incremento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro nel secondo ciclo di istruzione;
    il rilancio dell'istruzione tecnica e professionale è una priorità non solo per la scuola ma anche per le politiche del lavoro;
    l'alternanza scuola-lavoro è tra gli strumenti messi in campo per il potenziamento della filiera dell'istruzione tecnica e professionale, con l'obiettivo di rendere la formazione e l'istruzione i più efficaci mezzi di lotta alla disoccupazione giovanile;
    il dato più recente relativo alla disoccupazione giovanile diffuso dall'Istat è drammatico: a marzo il valore si è attestato sopra al 43 per cento e secondo Eurostat questo è il quarto peggior risultato nell'area euro;
    lo strumento dell'alternanza scuola-lavoro è fondato sulla stabile collaborazione tra le filiere produttive e quelle formative;
    in alcune zone del nostro Paese, purtroppo proprio quelle del Meridione e delle isole in cui i dati della dispersione scolastica e quelli della disoccupazione giovanile si incontrano e si fondono dando luogo ad uno scenario angoscioso, l'alternanza scuola-lavoro risulta fortemente penalizzata dalla mancanza di enti e di realtà produttive dove sia possibile svolgere il percorso formativo stesso;
    tutto ciò rischia di pregiudicare profondamente il futuro – non solo quello professionale – dei giovani che risiedono in queste aree, rendendo indifferibile l'approntamento di una soluzione tempestiva e concreta,

impegna il Governo

a predisporre tempestive ed idonee iniziative, compatibilmente con i vincoli di bilancio, affinché anche i giovani residenti nelle zone più svantaggiate del Paese possano usufruire concretamente delle opportunità formative e professionali che il percorso di alternanza scuola-lavoro offre, con particolare riferimento alla creazione di un portale informatico espressamente dedicato finalizzato a favorire l'incontro tra le scuole, gli studenti, gli enti e le aziende interessate all'attivazione dei percorsi in alternanza, che faciliti – anche attraverso la previsione di borse di studio – la mobilità interregionale degli studenti stessi.
9/2994-A/2Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle Marche si è venuta a creare nel sistema scolastico una pesante situazione di difficoltà a causa di problemi connessi all'assegnazione dei posti del c.d. «organico di diritto»;
    a partire dall'anno scolastico 2011/2012 per le scuole della regione Marche sono stati infatti autorizzati annualmente dal MIUR, in organico di diritto, 131 posti aggiuntivi senza però che la conseguente necessaria variazione fosse mai ratificata nel decreto di determinazione degli organici degli anni successivi, inclusi quelli per il 2015/2016;
    lo schema di decreto interministeriale allegato alla Circolare MIUR n. 6753 prevede che l'organico di diritto nelle Marche relativo ai posti comuni per l'anno 2014/2015 ammonta a 15.972 posti, laddove il numero complessivo dei posti costituiti ed inseriti nel SIDI nell'anno 2014/2015 ascende a 16.110; egualmente la consistenza dell'organico di diritto relativo all'anno 2015/2016 è pari a 15.979 posti e quindi è inferiore di 131 unità rispetto al numero di quelli ad oggi effettivamente costituiti in organico di diritto;
    la difformità discende da diversi provvedimenti della direzione generale del MIUR (Note prot. n. 795 del 16 giugno 2011, n. 587 del 19 aprile 2012, n. 5795 del 17 giugno 2013) con i quali, nel corso degli anni, è stato autorizzato l'Ufficio Scolastico Regionale per le Marche a costituire un maggior numero di posti in organico di diritto, traendoli però dall'organico di fatto la cui consistenza avrebbe dovuto invece restare invariata;
    l'ufficio scolastico regionale delle Marche nel corso degli anni scolastici 2011/2012, 2012/2013, 2013/2014 e 2014/2015 ha consolidato nell'organico di diritto le quote di posti tratte dall'organico di fatto dal momento che esse erano legittimate dalla consistenza complessiva degli alunni iscritti (in crescita a livello aggregato) nella regione, conseguendo comunque in organico di fatto l'obiettivo del contenimento della spesa come annualmente definito;
    la regione Marche si è da sempre caratterizzata per la sua virtuosità occupando nelle varie analisi nazionali molto spesso i primi posti per l'appropriatezza e l'efficienza nell'utilizzo delle risorse nel sistema educativo;
    sebbene il settore educativo abbia potuto disporre di risorse statali decrescenti, la regione e gli enti locali non hanno mai fatto mancare, per quanto di competenza, il sostegno alle istituzioni scolastiche le quali, anche grazie all'impegno del corpo docente, hanno raggiunto risultati molto positivi e riconoscimenti a livello nazionale in diversi settori dell'istruzione;
    gli obiettivi che pone ora la riforma del sistema scolastico sono raggiunti superando anche la distinzione fra organico di fatto e di diritto;
    è perciò necessario cogliere tale innovazione superando le discrasie burocratiche del passato consolidando, nella regione Marche ed in altre eventuali simili situazioni, lo stato di fatto esistente da anni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità che il MIUR autorizzi l'ufficio scolastico regionale delle Marche a continuare a disporre dei 131 docenti aggiuntivi assentiti negli anni precedenti per far fronte alle criticità derivanti dalla presenza di numerose classi antimeridiane nella scuola dell'infanzia, dalla grande richiesta di tempo pieno nella scuola primaria, da classi molto numerose anche in presenza di portatori di handicap, dal sistematico incremento del ricorso alle pluriclassi nei Comuni montani, dalla carenza di organici nei CTP e dai problemi per l'attivazione dei corsi di istruzione carceraria e di corsi serali.
9/2994-A/3Carrescia, Manzi.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle Marche si è venuta a creare nel sistema scolastico una pesante situazione di difficoltà a causa di problemi connessi all'assegnazione dei posti del c.d. «organico di diritto»;
    a partire dall'anno scolastico 2011/2012 per le scuole della regione Marche sono stati infatti autorizzati annualmente dal MIUR, in organico di diritto, 131 posti aggiuntivi senza però che la conseguente necessaria variazione fosse mai ratificata nel decreto di determinazione degli organici degli anni successivi, inclusi quelli per il 2015/2016;
    lo schema di decreto interministeriale allegato alla Circolare MIUR n. 6753 prevede che l'organico di diritto nelle Marche relativo ai posti comuni per l'anno 2014/2015 ammonta a 15.972 posti, laddove il numero complessivo dei posti costituiti ed inseriti nel SIDI nell'anno 2014/2015 ascende a 16.110; egualmente la consistenza dell'organico di diritto relativo all'anno 2015/2016 è pari a 15.979 posti e quindi è inferiore di 131 unità rispetto al numero di quelli ad oggi effettivamente costituiti in organico di diritto;
    la difformità discende da diversi provvedimenti della direzione generale del MIUR (Note prot. n. 795 del 16 giugno 2011, n. 587 del 19 aprile 2012, n. 5795 del 17 giugno 2013) con i quali, nel corso degli anni, è stato autorizzato l'Ufficio Scolastico Regionale per le Marche a costituire un maggior numero di posti in organico di diritto, traendoli però dall'organico di fatto la cui consistenza avrebbe dovuto invece restare invariata;
    l'ufficio scolastico regionale delle Marche nel corso degli anni scolastici 2011/2012, 2012/2013, 2013/2014 e 2014/2015 ha consolidato nell'organico di diritto le quote di posti tratte dall'organico di fatto dal momento che esse erano legittimate dalla consistenza complessiva degli alunni iscritti (in crescita a livello aggregato) nella regione, conseguendo comunque in organico di fatto l'obiettivo del contenimento della spesa come annualmente definito;
    la regione Marche si è da sempre caratterizzata per la sua virtuosità occupando nelle varie analisi nazionali molto spesso i primi posti per l'appropriatezza e l'efficienza nell'utilizzo delle risorse nel sistema educativo;
    sebbene il settore educativo abbia potuto disporre di risorse statali decrescenti, la regione e gli enti locali non hanno mai fatto mancare, per quanto di competenza, il sostegno alle istituzioni scolastiche le quali, anche grazie all'impegno del corpo docente, hanno raggiunto risultati molto positivi e riconoscimenti a livello nazionale in diversi settori dell'istruzione;
    gli obiettivi che pone ora la riforma del sistema scolastico sono raggiunti superando anche la distinzione fra organico di fatto e di diritto;
    è perciò necessario cogliere tale innovazione superando le discrasie burocratiche del passato consolidando, nella regione Marche ed in altre eventuali simili situazioni, lo stato di fatto esistente da anni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di tener conto della distribuzione dei posti per l'adeguamento dell'organico di diritto alle situazioni di fatto attivati nel corrente anno scolastico 2014/2015, nella distribuzione per l'anno scolastico 2015/2016 dei posti per l'organico dell'offerta formativa.
9/2994-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Carrescia, Manzi.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo gli ultimi dati Istat, relativi all'anno scolastico 2013-2014 sono quasi 85 mila gli alunni con disabilità nella scuola primaria (pari al 3,0 per cento del totale degli alunni) mentre nella scuola secondaria di primo grado se ne contano più di 65 mila (il 3,8 per cento del totale);
    nella scuola primaria, il 21 per cento degli alunni con disabilità non è autonomo in almeno una delle attività indagate (spostarsi, mangiare o andare in bagno) e l'8 per cento non è autonomo in tutte e tre le attività. Nella scuola secondaria di primo grado le percentuali sono rispettivamente del 15 per cento e del 5 per cento;
    il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio e dello sviluppo rappresentano i problemi più frequenti negli alunni con disabilità in entrambi gli ordini scolastici considerati;
    gli insegnanti di sostegno rilevati dal Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca (Miur) sono più di 74 mila, 6 mila in più rispetto allo scorso anno. Nel Mezzogiorno si registra il maggior numero di ore medie di sostegno settimanali assegnate;
    circa il 10 per cento delle famiglie della scuola primaria e il 7 per cento circa della secondaria hanno presentato, negli anni, un ricorso per ottenere l'aumento delle ore di sostegno;
    ha cambiato insegnante di sostegno nel corso dell'anno scolastico l'11 per cento degli alunni con disabilità della scuola primaria e il 9 per cento della scuola secondaria di primo grado. Il 44 per cento degli alunni della scuola primaria ha cambiato l'insegnante di sostegno rispetto all'anno scolastico precedente, lo stesso è accaduto al 40 per cento degli alunni nella scuola secondaria di primo grado;
    il numero medio di ore settimanali di assistente educativo culturale o assistente ad personam è di circa 10 in entrambi gli ordini scolastici. Nella scuola secondaria di primo grado sono maggiori le differenze territoriali: le scuole del Mezzogiorno hanno un numero medio di ore inferiore (8,7) rispetto a quelle del Centro e del Nord (rispettivamente 10,6 e 9,5);
    buona la partecipazione degli alunni con disabilità alle uscite didattiche brevi senza pernottamento organizzate dalla scuola. Risulta invece più difficoltosa la partecipazione alle gite d'istruzione con pernottamento, soprattutto tra gli alunni della scuola primaria;
    a fronte di questi dati si registra sempre di più la necessita di una inclusione scolastica orientata a soluzioni innovative, rispondenti alle mutate disposizioni costituzionali e legislative nonché a una maggiore consapevolezza dell'attuale valore per tutta la scuola della realizzazione della qualità dell'inclusione,

impegna il Governo:

   a considerare l'inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità una priorità della riforma della scuola valutando la possibilità, attraverso ulteriori iniziative normative, di inserire nei principi riguardanti l'inclusione scolastica degli studenti con disabilità:
    a) la revisione della tempistica per le nomine dei docenti per il sostegno a settembre;
    b) l'obbligo per il MIUR di vigilare anche con interventi repressivi sul rispetto delle Università della normativa sui contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi di specializzazione;
    c) la previsione di una clausola di conciliazione onde evitare contenzioso relativamente al numero degli alunni nelle prime classi, al numero di alunni con disabilità nella stessa classe, al numero di ore di sostegno, al numero di ore di assistenza per l'autonomia e la comunicazione, agli incarichi dei DS ai Collaboratori e collaboratrici scolastiche per l'assistenza igienica a scuola degli alunni non autosufficienti;
    d) l'assegnazione al massimo di una cattedra di sostegno per ciascun alunno con diritto alla deroga;
    e) la valutazione delle singole classi di ciascuna scuola dove sono presenti alunni con disabilità per valutare il livello di qualità inclusiva realizzato in ciascuna classe.
9/2994-A/4Argentin, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo gli ultimi dati Istat, relativi all'anno scolastico 2013-2014 sono quasi 85 mila gli alunni con disabilità nella scuola primaria (pari al 3,0 per cento del totale degli alunni) mentre nella scuola secondaria di primo grado se ne contano più di 65 mila (il 3,8 per cento del totale);
    nella scuola primaria, il 21 per cento degli alunni con disabilità non è autonomo in almeno una delle attività indagate (spostarsi, mangiare o andare in bagno) e l'8 per cento non è autonomo in tutte e tre le attività. Nella scuola secondaria di primo grado le percentuali sono rispettivamente del 15 per cento e del 5 per cento;
    il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio e dello sviluppo rappresentano i problemi più frequenti negli alunni con disabilità in entrambi gli ordini scolastici considerati;
    gli insegnanti di sostegno rilevati dal Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca (Miur) sono più di 74 mila, 6 mila in più rispetto allo scorso anno. Nel Mezzogiorno si registra il maggior numero di ore medie di sostegno settimanali assegnate;
    circa il 10 per cento delle famiglie della scuola primaria e il 7 per cento circa della secondaria hanno presentato, negli anni, un ricorso per ottenere l'aumento delle ore di sostegno;
    ha cambiato insegnante di sostegno nel corso dell'anno scolastico l'11 per cento degli alunni con disabilità della scuola primaria e il 9 per cento della scuola secondaria di primo grado. Il 44 per cento degli alunni della scuola primaria ha cambiato l'insegnante di sostegno rispetto all'anno scolastico precedente, lo stesso è accaduto al 40 per cento degli alunni nella scuola secondaria di primo grado;
    il numero medio di ore settimanali di assistente educativo culturale o assistente ad personam è di circa 10 in entrambi gli ordini scolastici. Nella scuola secondaria di primo grado sono maggiori le differenze territoriali: le scuole del Mezzogiorno hanno un numero medio di ore inferiore (8,7) rispetto a quelle del Centro e del Nord (rispettivamente 10,6 e 9,5);
    buona la partecipazione degli alunni con disabilità alle uscite didattiche brevi senza pernottamento organizzate dalla scuola. Risulta invece più difficoltosa la partecipazione alle gite d'istruzione con pernottamento, soprattutto tra gli alunni della scuola primaria;
    a fronte di questi dati si registra sempre di più la necessita di una inclusione scolastica orientata a soluzioni innovative, rispondenti alle mutate disposizioni costituzionali e legislative nonché a una maggiore consapevolezza dell'attuale valore per tutta la scuola della realizzazione della qualità dell'inclusione,

impegna il Governo:

   a considerare l'inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità una priorità della riforma della scuola valutando la possibilità, attraverso ulteriori iniziative normative, di inserire nei principi riguardanti l'inclusione scolastica degli studenti con disabilità:
    la revisione della tempistica per le nomine dei docenti per il sostegno a settembre.
9/2994-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Argentin, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    come è noto, la categoria dei c.d. «Quota 96» è costituita dai docenti a cui è stato impedito il godimento del diritto alla pensione, nonostante la maturazione dei requisiti, a causa dell'introduzione della c.d. Riforma Fornero ovvero la riforma del sistema pensionistico pubblico nazionale;
    tali lavoratori hanno dovuto lasciare il proprio posto di lavoro il 31 agosto 2012 e, per effetto della riforma detta, essi avrebbero avuto il diritto ad andare in pensione entro la fine dell'anno solare precedente;
    la mancata introduzione di una disposizione in grado di garantire l'applicazione della riforma detta, anche al comparto educativo – comparto caratterizzato dalla peculiarità del termine annuale, che coincide con la fine agosto – delle norme previgenti alla Riforma Fornero sul collocamento in quiescenza, ha causato il mancato godimento del diritto ad oltre 4.000 docenti e amministrativi che devono rimanere in carica pur avendo portato a compimento il proprio percorso contributivo. Cittadini contribuenti che avevano maturato un diritto alla pensione già alla fine dell'anno scolastico 2011- e che invece ormai da tre anni, sono in attesa del proprio diritto alla pensione;
    ad oggi, non è stato adottato alcun definitivo rimedio per questa categoria di lavoratori al fine di riconoscere loro la dovuta salvaguardia previdenziale,

impegna il Governo

ad adottare urgenti provvedimenti di salvaguardia previdenziale del personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, inserendo tale categoria di lavoratori tra i soggetti previsti al comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 – convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 – a cui si applicano le disposizioni in materia di accesso al trattamento pensionistico previgenti alla data di entrata in vigore della Riforma Fornero.
9/2994-A/5Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    come è noto, la categoria dei c.d. «Quota 96» è costituita dai docenti a cui è stato impedito il godimento del diritto alla pensione, nonostante la maturazione dei requisiti, a causa dell'introduzione della c.d. Riforma Fornero ovvero la riforma del sistema pensionistico pubblico nazionale;
    tali lavoratori hanno dovuto lasciare il proprio posto di lavoro il 31 agosto 2012 e, per effetto della riforma detta, essi avrebbero avuto il diritto ad andare in pensione entro la fine dell'anno solare precedente;
    la mancata introduzione di una disposizione in grado di garantire l'applicazione della riforma detta, anche al comparto educativo – comparto caratterizzato dalla peculiarità del termine annuale, che coincide con la fine agosto – delle norme previgenti alla Riforma Fornero sul collocamento in quiescenza, ha causato il mancato godimento del diritto ad oltre 4.000 docenti e amministrativi che devono rimanere in carica pur avendo portato a compimento il proprio percorso contributivo. Cittadini contribuenti che avevano maturato un diritto alla pensione già alla fine dell'anno scolastico 2011- e che invece ormai da tre anni, sono in attesa del proprio diritto alla pensione;
    ad oggi, non è stato adottato alcun definitivo rimedio per questa categoria di lavoratori al fine di riconoscere loro la dovuta salvaguardia previdenziale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e la possibilità, nei vincoli di finanza pubblica, di favorire provvedimenti atti alla salvaguardia previdenziale del personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, inserendo tale categoria di lavoratori tra i soggetti previsti al comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 – convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 – a cui si applicano le disposizioni in materia di accesso al trattamento pensionistico previgenti alla data di entrata in vigore della Riforma Fornero.
9/2994-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    la Corte Costituzionale, a partire dalla Sentenza n. 215 del 1987, ha costantemente dichiarato il diritto pieno e incondizionato di tutti gli alunni con disabilità alla frequenza nelle scuole di ogni ordine e grado;
    la legge 5 febbraio 1992 n. 104, e successive modifiche, prevede che vengano rimosse le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo delle persone con disabilità, sia sul piano della partecipazione sociale sia su quello dei deficit sensoriali e psico-motori per i quali prevede interventi riabilitativi. E questo principio si applica anche all'integrazione scolastica, per la quale la legge prevede un atteggiamento di «cura educativa» nei confronti degli alunni con disabilità che si esplichi in un percorso formativo individualizzato;
    la Conferenza Mondiale sui diritti umani dell'ONU precisa che «tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono universali e includono senza riserve le persone disabili»;
    le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993 alla norma 6 punto 1, affermano che «Gli Stati devono riconoscere il principio di pari opportunità nei cicli di studio primario, secondario e superiore per i giovani ed adulti disabili, in un contesto integrato. Gli Stati devono far sì che l'istruzione delle persone disabili sia parte integrante del sistema scolastico»;
    con la legge 3 marzo 2009, n. 18 il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità che all'articolo 24 riconosce «il diritto all'istruzione delle persone con disabilità (...) senza discriminazioni e su base di pari opportunità» garantendo «un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l'arco della vita, finalizzati: (a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell'autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; (b) allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità; (c) a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società libera»;
    la legge 8 ottobre 2010 n. 170 riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento (DSA) assegnando al sistema nazionale di istruzione e agli atenei il compito di individuare le forme didattiche e le modalità di valutazione più adeguate affinché alunni e studenti con DSA possano raggiungere il successo formativo e insistendo più volte sul tema della didattica individualizzata e personalizzata come strumento di garanzia del diritto allo studio;
    la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 riconosce come rilevante l'apporto, anche sul piano culturale, del modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell'OMS, che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale e che, fondandosi sul profilo di funzionamento e sull'analisi del contesto, consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell'alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni;
    l'articolo 23 del presente disegno di legge prevede tra le deleghe al Governo in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità,

impegna il Governo:

   a incrementare la formazione iniziale dei docenti sia curricolari che di sostegno con riferimento ai DSA e agli altri BES;
   a incrementare i Crediti Formativi Universitari (CFU) sull'inclusione scolastica nei corsi di formazione per i docenti con riguardo alle modalità di comunicazione alternativa (compresi elementi della LIS, del Braille e dei formati Easy To Read);
   a promuovere la rimozione delle barriere della comunicazione valutando l'opportunità di garantire l'apprendimento della Lingua dei Segni e LIS tattile alle alunne e agli alunni sordi, con disabilità uditiva e sordo-ciechi che abbiano optato per questa lingua, nonché l'apprendimento del Braille alle alunne e agli alunni ciechi;
   a facilitare l'inclusione sociale delle alunne e degli alunni sordi, sordo-ciechi e ciechi, valutando l'opportunità di includere l'apprendimento della lingua dei segni come materia facoltativa da parte di tutta la scolaresca.
9/2994-A/6Marzano, Richetti.


   La Camera,
   premesso che:
    la Corte Costituzionale, a partire dalla Sentenza n. 215 del 1987, ha costantemente dichiarato il diritto pieno e incondizionato di tutti gli alunni con disabilità alla frequenza nelle scuole di ogni ordine e grado;
    la legge 5 febbraio 1992 n. 104, e successive modifiche, prevede che vengano rimosse le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo delle persone con disabilità, sia sul piano della partecipazione sociale sia su quello dei deficit sensoriali e psico-motori per i quali prevede interventi riabilitativi. E questo principio si applica anche all'integrazione scolastica, per la quale la legge prevede un atteggiamento di «cura educativa» nei confronti degli alunni con disabilità che si esplichi in un percorso formativo individualizzato;
    la Conferenza Mondiale sui diritti umani dell'ONU precisa che «tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono universali e includono senza riserve le persone disabili»;
    le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993 alla norma 6 punto 1, affermano che «Gli Stati devono riconoscere il principio di pari opportunità nei cicli di studio primario, secondario e superiore per i giovani ed adulti disabili, in un contesto integrato. Gli Stati devono far sì che l'istruzione delle persone disabili sia parte integrante del sistema scolastico»;
    con la legge 3 marzo 2009, n. 18 il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità che all'articolo 24 riconosce «il diritto all'istruzione delle persone con disabilità (...) senza discriminazioni e su base di pari opportunità» garantendo «un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l'arco della vita, finalizzati: (a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell'autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; (b) allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità; (c) a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società libera»;
    la legge 8 ottobre 2010 n. 170 riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento (DSA) assegnando al sistema nazionale di istruzione e agli atenei il compito di individuare le forme didattiche e le modalità di valutazione più adeguate affinché alunni e studenti con DSA possano raggiungere il successo formativo e insistendo più volte sul tema della didattica individualizzata e personalizzata come strumento di garanzia del diritto allo studio;
    la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 riconosce come rilevante l'apporto, anche sul piano culturale, del modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell'OMS, che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale e che, fondandosi sul profilo di funzionamento e sull'analisi del contesto, consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell'alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni;
    l'articolo 23 del presente disegno di legge prevede tra le deleghe al Governo in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, in sede di attuazione della delega sulla formazione iniziale, di tener conto dei seguenti criteri:
    incrementare la formazione iniziale dei docenti sia curricolari che di sostegno con riferimento ai DSA e agli altri BES;
    incrementare i Crediti Formativi Universitari (CFU) sull'inclusione scolastica nei corsi di formazione per i docenti con riguardo alle modalità di comunicazione alternativa (compresi elementi della LIS, del Braille e dei formati Easy To Read);
    promuovere la rimozione delle barriere della comunicazione valutando l'opportunità di garantire l'apprendimento della Lingua dei Segni e LIS tattile alle alunne e agli alunni sordi, con disabilità uditiva e sordo-ciechi che abbiano optato per questa lingua, nonché l'apprendimento del Braille alle alunne e agli alunni ciechi;
    facilitare l'inclusione sociale delle alunne e degli alunni sordi, sordo-ciechi e ciechi, valutando l'opportunità di includere l'apprendimento della lingua dei segni come materia facoltativa da parte di tutta la scolaresca.
9/2994-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Marzano, Richetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'innovazione digitale nella scuola può permettere ai bambini con deficit sensoriali di ridurre i divari visivi e auditivi e di scrivere e di esprimersi in modo decisamente più soddisfacente;
    tra le diverse possibilità di utilizzo delle nuove tecnologie di didattica c’è anche la teledidattica, una forma di didattica a distanza che potrebbe permettere al bambino diversamente abile di seguire da casa, o, in alcuni casi dall'ospedale, le lezioni che vengono tenute nella classe. In questo modo il bambino potrebbe partecipare alle attività didattiche della scuola;
    per questo occorre riconoscere la possibilità per le scuole di incentivare la teledidattica in modo da garantire agli studenti con deficit visivi ed auditivi di poter seguire le lezioni che vengono effettuate durante l'orario di lezione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche in un successivo provvedimento legislativo, di promuovere forme di teledidattica all'interno delle scuole al fine di garantire agli studenti con divari visivi e auditivi di potere seguire le lezioni con maggiore facilità.
9/2994-A/7Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 25 marzo 2013, n. 81, che ha modificato il decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, è stato istituito il percorso formativo abilitante speciale (Pas) per consentire l'accesso al corso, senza superamento di prove di selezione, a docenti precari con almeno tre anni di servizio ma sprovvisti della relativa abilitazione;
    successivamente, con decreto del dirigente generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 25 luglio 2013, n. 58, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – concorsi ed esami – il 30 luglio 2013, vengono attivati i corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento e aperti i termini per la presentazione della domanda;
    in data 6 giugno 2014 il Ministero competente con decreto n. 375 autorizzava l'iscrizione con riserva – nella seconda fascia delle graduatorie di istituto – a coloro che si sarebbero abilitati all'insegnamento (scienze della formazione primaria ovvero percorsi abilitanti speciali) o specializzati sul sostegno entro il 31 luglio, data in cui era prevista la chiusura delle domande di accesso agli elenchi per le supplenze;
    ai sensi dell'articolo 10, comma 17, lettera a), si dispone una specifica valorizzazione dei percorsi abilitativi ai fini del concorso per titoli ed esami che dovrà essere bandito entro il prossimo 1o ottobre, tuttavia, i corsi abilitanti organizzati presso le università del Molise e della Basilicata dovrebbero concludersi entro il mese di ottobre;
    tale disallineamento delle scadenze rischia di vanificare gli sforzi e le legittime aspettative dei docenti corsisti iscritti presso le università dei Molise e della Basilicata,

impegna il Governo

ad adottare le opportune disposizioni, anche di carattere interpretativo, volte ad assicurare la valorizzazione prevista ai sensi dell'articolo 10, comma 17, lettera a) sia riconosciuta anche ai docenti corsisti iscritti presso le suddette università e rappresenti un reale e significativo elemento di premialità, ai fini del concorso previsto dal medesimo comma 17.
9/2994-A/8Venittelli.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo anni di tagli degli stanziamenti per la scuola e di riduzione del numero dei docenti, il provvedimento in oggetto assicura un consistente investimento finanziario e un altrettanto consistente Piano assunzionale che consentirà, da subito, la stabilizzazione di 100.701 insegnanti e dal prossimo anno scolastico degli idonei del concorso 2012;
    per altre categorie del personale docente, quali coloro che hanno frequentato i percorsi di tirocinio formativo attivo o i percorsi abilitanti speciali, si dispone una specifica valorizzazione di tali percorsi abilitativi ai fini del concorso per titoli ed esami che dovrà essere bandito entro il prossimo 1o ottobre,

impegna il Governo

ad adottare le conseguenti disposizioni affinché la valorizzazione prevista ai sensi dell'articolo 10, comma 17, lettera a) rappresenti un reale e significativo elemento di premialità per tali docenti, ai fini del concorso previsto dal medesimo comma 17.
9/2994-A/9Rigoni.


   La Camera,
   premesso che:
    nel progetto di riforma trova un importante riconoscimento il tema del potenziamento e dell'ampliamento dell'offerta formativa cui dovranno corrispondere le singole istituzioni scolastiche;
    nell'ambito delle conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione all'autoimprenditorialità, di cui all'articolo 2, comma 3, lettera d), appare più che opportuno includere la conoscenza del diritto del lavoro,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile volta ad assicurare un'interpretazione della suddetta norma finalizzata ad assicurare la conoscenza del diritto del lavoro nelle scuole secondarie di secondo grado.
9/2994-A/10Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    nel progetto di riforma trova un importante riconoscimento il tema del potenziamento e dell'ampliamento dell'offerta formativa cui dovranno corrispondere le singole istituzioni scolastiche;
    nell'ambito delle conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione all'autoimprenditorialità, di cui all'articolo 2, comma 3, lettera d), appare più che opportuno includere la conoscenza del diritto del lavoro,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile volta a promuovere progetti finalizzati ad assicurare la conoscenza del diritto del lavoro nelle scuole secondarie di secondo grado.
9/2994-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento dispone che il MIUR adotti il Piano nazionale scuola digitale, in coerenza con il quale le scuole promuovono attività;
    durante l'esame del provvedimento nelle sedi competenti sono stati ricondotti agli obiettivi del Piano i principi e criteri direttivi tra i quali la definizione delle finalità dell'identità e del profilo digitale di studenti e personale della scuola e delle relative modalità di gestione e a tal proposito la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati ha segnalato l'opportunità di prevedere il parere del Garante per la protezione dei dati personali;
    per favorire lo sviluppo della didattica laboratoriale, le scuole possono dotarsi di laboratori territoriali per l'occupabilità;
    il provvedimento comprende gli enti pubblici e le Camere di commercio fra i soggetti che possono partecipare, anche in qualità di cofinanziatori, alla costituzione dei laboratori ed è stato specificato che la responsabilità relativa alla sicurezza e al mantenimento del decoro degli spazi fa capo ai soggetti esterni che usufruiscono dell'edificio;
    il piano nazionale scuola digitale, infine, è volto a potenziare le politiche digitali di ogni scuola, per adattarsi agli standard europei, anche tramite interventi finanziari e, dal momento che i finanziamenti possono anche provenire da privati, il compito di ricercarli è del dirigente scolastico, che, con questa riforma, vede un potenziamento delle sue funzioni;
    per l'attuazione del Piano nazionale scuola digitale, per il 2015 il provvedimento in oggetto comunque prevede l'utilizzo di 90 milioni di euro delle risorse impegnate nel 2014 a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche e, dal 2016, è stata autorizzata la spesa di 30 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per prevedere un obbligo per i dirigenti scolastici, a fronte del potenziamento delle loro funzioni, di rendere conto del loro impegno nella ricerca di finanziamenti pubblici e privati per l'attuazione del Piano nazionale scuola digitale.
9/2994-A/11Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento dispone che il MIUR adotti il Piano nazionale scuola digitale, in coerenza con il quale le scuole promuovono attività;
    durante l'esame del provvedimento nelle sedi competenti sono stati ricondotti agli obiettivi del Piano i principi e criteri direttivi tra i quali la definizione delle finalità dell'identità e del profilo digitale di studenti e personale della scuola e delle relative modalità di gestione e a tal proposito la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati ha segnalato l'opportunità di prevedere il parere del Garante per la protezione dei dati personali;
    per favorire lo sviluppo della didattica laboratoriale, le scuole possono dotarsi di laboratori territoriali per l'occupabilità;
    il provvedimento comprende gli enti pubblici e le Camere di commercio fra i soggetti che possono partecipare, anche in qualità di cofinanziatori, alla costituzione dei laboratori ed è stato specificato che la responsabilità relativa alla sicurezza e al mantenimento del decoro degli spazi fa capo ai soggetti esterni che usufruiscono dell'edificio;
    il piano nazionale scuola digitale, infine, è volto a potenziare le politiche digitali di ogni scuola, per adattarsi agli standard europei, anche tramite interventi finanziari e, dal momento che i finanziamenti possono anche provenire da privati, il compito di ricercarli è del dirigente scolastico, che, con questa riforma, vede un potenziamento delle sue funzioni;
    per l'attuazione del Piano nazionale scuola digitale, per il 2015 il provvedimento in oggetto comunque prevede l'utilizzo di 90 milioni di euro delle risorse impegnate nel 2014 a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche e, dal 2016, è stata autorizzata la spesa di 30 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per rendere trasparenti le iniziative dei dirigenti scolastici per la ricerca di finanziamenti pubblici e privati per l'attuazione del Piano nazionale scuola digitale.
9/2994-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede la predisposizione di misure per la messa in sicurezza e la valorizzazione degli edifici scolastici e dispone che le risorse non utilizzate alla data di entrata in vigore della presente legge sono destinate all'attuazione, nell'anno 2015, di ulteriori interventi urgenti per la sicurezza degli edifici scolastici;
    si prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti locali beneficiari dei predetti finanziamenti debbano trasmettere al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e alla società Cassa depositi e prestiti Spa il monitoraggio degli interventi realizzati, pena la revoca delle citate risorse ancora da erogare;
    il provvedimento in esame dispone inoltre che le regioni sono tenute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a fornire al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il monitoraggio completo dei piani di edilizia scolastica relativi alle annualità 2007, 2008 e 2009, finanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 625, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, pena la mancata successiva assegnazione di ulteriori risorse statali;
    l'unica conseguenza prevista, in caso di mancata comunicazione del monitoraggio degli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza degli edifici scolastici, è la revoca delle risorse ancora da erogare, senza considerare gli eventuali danni provocati dalla mancata segnalazione di edifici da mettere in sicurezza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per prevedere la responsabilità civile e penale degli enti obbligati al monitoraggio degli edifici da mettere in sicurezza e alla comunicazione del monitoraggio stesso, per eventuali danni a cose o persone derivanti dalla mancata segnalazione e conseguente messa in sicurezza.
9/2994-A/12Bechis, Artini, Baldassarre, Barbanti, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede l'attivazione, solo nel secondo biennio e nell'ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado (invece che nell'intero percorso secondario di secondo grado), di insegnamenti opzionali a scelta degli studenti, anche utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità; gli stessi insegnamenti possono essere attivati anche da reti di scuole e possono essere individuati docenti cui affidare il coordinamento delle relative attività;
    si prevede l'istituzione del Curriculum dello studente – di cui si tiene conto durante il colloquio dell'esame di Stato – che, oltre a documentare il percorso di studi, attesta lo svolgimento di esperienze formative in ambito extrascolastico;
    il provvedimento in esame dispone, altresì, che il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali, può individuare percorsi formativi e iniziative dirette a una valorizzazione del merito scolastico e dei talenti, utilizzando anche finanziamenti esterni, compresi quelli derivanti da sponsorizzazioni;
    creerebbe una maggiore preparazione specialistica assicurare, negli istituti tecnici agrari e negli istituti professionali per l'agricoltura, il potenziamento, per piano di studi per classe, degli insegnamenti di Esercitazioni Agrarie e delle discipline tecnico-pratiche di laboratorio, nel primo biennio, al fine di combattere la dispersione scolastica e, nel secondo biennio, al fine di rendere più consapevoli gli allievi attraverso maggiori competenze e abilità relative al profilo professionale che sceglieranno per accedere al mondo del lavoro;
    allo scopo di favorire i percorsi di alternanza scuola-lavoro sarebbe inoltre formativo rendere obbligatorio l'insegnamento della disciplina «diritto del lavoro» a partire dalle classi prime degli istituti tecnici e professionali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per prevedere, almeno negli istituti tecnici agrari e negli istituti professionali, il potenziamento di alcune discipline che potrebbero facilitare l'inserimento dello studente nel mondo del lavoro.
9/2994-A/13Barbanti, Artini, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede l'attivazione, solo nel secondo biennio e nell'ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado (invece che nell'intero percorso secondario di secondo grado), di insegnamenti opzionali a scelta degli studenti, anche utilizzando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità; gli stessi insegnamenti possono essere attivati anche da reti di scuole e possono essere individuati docenti cui affidare il coordinamento delle relative attività;
    si prevede l'istituzione del Curriculum dello studente – di cui si tiene conto durante il colloquio dell'esame di Stato – che, oltre a documentare il percorso di studi, attesta lo svolgimento di esperienze formative in ambito extrascolastico;
    il provvedimento in esame dispone, altresì, che il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali, può individuare percorsi formativi e iniziative dirette a una valorizzazione del merito scolastico e dei talenti, utilizzando anche finanziamenti esterni, compresi quelli derivanti da sponsorizzazioni;
    creerebbe una maggiore preparazione specialistica assicurare, negli istituti tecnici agrari e negli istituti professionali per l'agricoltura, il potenziamento, per piano di studi per classe, degli insegnamenti di Esercitazioni Agrarie e delle discipline tecnico-pratiche di laboratorio, nel primo biennio, al fine di combattere la dispersione scolastica e, nel secondo biennio, al fine di rendere più consapevoli gli allievi attraverso maggiori competenze e abilità relative al profilo professionale che sceglieranno per accedere al mondo del lavoro;
    allo scopo di favorire i percorsi di alternanza scuola-lavoro sarebbe inoltre formativo rendere obbligatorio l'insegnamento della disciplina «diritto del lavoro» a partire dalle classi prime degli istituti tecnici e professionali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative per valorizzare, almeno negli istituti tecnici agrari e negli istituti professionali, alcune discipline che potrebbero facilitare l'inserimento dello studente nel mondo del lavoro.
9/2994-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Barbanti, Artini, Baldassarre, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'istituto tecnico è un tipo di scuola secondaria superiore, oggetto di uno specifico regolamento emanato dal Presidente della Repubblica il 15 marzo 2010, che ne ha riformato la struttura, stabilendo in 32 il numero delle ore di lezione settimanali;
    gli insegnamenti comprendono una base culturale di carattere generale e vari gruppi di materie tecniche che variano a seconda degli indirizzi. Le modifiche apportate dalla riforma hanno l'obiettivo di far acquisire agli studenti, in relazione all'esercizio di professioni tecniche, saperi e competenze necessari per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e per l'accesso all'università e all'istruzione e formazione tecnica superiore;
    i percorsi degli istituti tecnici hanno durata quinquennale e si concludono con il conseguimento di diplomi di istruzione secondaria superiore. Nell'ambito dei percorsi formativi è prevista la collaborazione tra gli istituti tecnici e le strutture formative accreditate dalle Regioni nei Politecnici professionali costituiti secondo le linee guida adottate dal ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, anche allo scopo di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e formazione;
    agli istituti tecnici si riferiscono anche gli istituti tecnici superiori con l'obiettivo prioritario di sostenere lo sviluppo delle professioni tecniche a livello terziario, mediante le specializzazioni richieste dal mondo del lavoro, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese;
    sono previsti due settori formativi: economico e tecnologico. Il settore economico è suddiviso in 2 indirizzi: amministrazione, finanza e marketing; turismo;
    il settore tecnologico ne comprende 9: meccanica, meccatronica ed energia; trasporti e logistica; elettronica ed elettrotecnica; informatica e telecomunicazioni; grafica e comunicazione; chimica, materiali e biotecnologie; sistema moda; agraria, agroalimentare e agroindustria; costruzioni, ambiente e territorio,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, eventualmente anche a livello normativo, per prevedere negli istituti tecnici e professionali, il potenziamento delle discipline tecnico-pratiche di laboratorio, al fine di combattere la dispersione scolastica e per rendere più consapevoli gli allievi attraverso maggiori competenze e abilità relative al profilo professionale che sceglieranno per accedere al mondo del lavoro.
9/2994-A/14Baldassarre, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, a giudicare dalle esternazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, avrebbe dovuto consentire anche la cosiddetta stabilizzazione dei precari;
    essi sono stati invece esclusi dalla riforma, e dal progetto di stabilizzazione;
    si tratta dei docenti inseriti nella seconda e terza fascia delle graduatorie d'istituto per i quali l'assunzione avverrà solo per concorso;
    per la categoria dei supplenti il testo prevede il divieto di superare i 36 mesi. Per loro la sentenza della Corte di giustizia europea rischia di rivelarsi un boomerang: risarcimento sì, ma anche loro, che hanno sorretto la scuola negli ultimi decenni, dovranno partecipare al concorso;
    altre categorie di insegnanti unici ignorati dalla cosiddetta «Buona scuola» sono: gli idonei al concorso 2012, gli abilitati dei Percorsi abilitanti speciali (Pas) e quelli del Tirocinio formativo attivo (Tfa);
    del tutto ignorati i collaboratori Ata: per loro non è stata spesa nemmeno una parola;
    in particolare, per quanto riguarda l'eliminazione del TFA e la specialistica abilitante, la riforma fa si che il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento avvenga tramite un concorso con cadenza annuale. Visti i precedenti tale concorso annuale ci appare di difficile realizzazione poiché in passato coloro i quali avevano conseguito il titolo per insegnare hanno dovuto poi attendere sino a dieci anni per poterlo effettivamente sostenere;
    il cd. TFA si è dimostrato un corso di grande difficoltà, notevolmente oneroso, il cui costo pari a 2.500 euro all'anno è stato sostenuto interamente dagli aspiranti docenti, ma che di fatto non ha prodotto alcun posto di lavoro;
    si ricorda che nel dicembre del 2014 il Consiglio di Stato si è espresso sull'argomento e la riforma potrebbe essere potenzialmente in contrasto con la sentenza poiché l'ammissione con riserva nelle GAE – Graduatorie ad esaurimento, ovvero ruolo – di abilitati TFA, secondo la pronuncia del giudice amministrativo, dichiara inutile la necessità di un successivo ed ulteriore concorso a cattedra. Ad avviso della magistratura amministrativa, se il TFA è un'abilitazione, allora deve essere un titolo idoneo all'inserimento nelle GAE;
    si ricorda che risultano provvisti di abilitazione o in procinto di acquisirla circa 166 mila docenti, di cui 10.500 abilitati con il primo ciclo del TFA e 22.500 abilitati con il secondo ciclo di TFA e che tali docenti, come sopra detto, sono stati formati dallo Stato e, nella gran parte dei casi, hanno già acquisito un'esperienza pluriennale di insegnamento, ma non vengono considerati dal Governo al fine di una stabilizzazione;
    si ricorda che in data 26 novembre 2014, la terza sezione della Corte di giustizia Europea ha pronunciato una sentenza in merito alla conformità alla direttiva 1999/70/CE e alla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato della normativa italiana in tema di precariato scolastico;
    la Terza Sezione della Corte ha dichiarato che «la clausola 5 (...) deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale che autorizzi, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili (...) senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali (...)»;
    tale pronuncia, a nostro avviso, potrebbe essere anche ulteriore fonte di apertura di procedimenti giudiziari nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori misure legislative, anche attraverso un piano pluriennale di assunzione per i docenti in possesso dell'abilitazione in seguito alla frequenza del ciclo del Tirocinio formativo attivo (TFA) ovvero ai docenti in possesso di una comprovata un'esperienza pluriennale di insegnamento, a decorrere dall'anno scolastico 2016-2017, per succedere ai docenti cessati dal servizio, garantendo la continuità e la qualità della didattica sfruttando al meglio le competenze dei docenti già formati, senza oneri aggiuntivi per le casse pubbliche.
9/2994-A/15Mucci, Prodani, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il Sistema nazionale di valutazione, che ha il compito di valutare le scuole e i dirigenti, è composto dall'INVALSI, dall'INDIRE e dal contingente ispettivo;
    è il Ministero a emanare con periodicità almeno triennale le priorità strategiche della valutazione del sistema educativo di istruzione, con linee guida adottate d'intesa con la Conferenza unificata previo concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
    le istituzioni scolastiche dovrebbero essere soggette a periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti sulle competenze degli studenti, su base censuaria nelle classi seconda e quinta della scuola primaria, prima e terza della scuola secondaria di primo grado, secondo le ultime della scuola secondaria superiore;
    il contingente ispettivo è reclutato dalla dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia con funzioni tecnico-ispettive ed è ripartito tra amministrazione centrale e periferica;
    la valutazione delle istituzioni scolastiche è articolata in 4 fasi:
     auto valutazione: analisi e verifica del proprio servizio sulla base dei dati resi disponibili del sistema informativo del ministero, delle rilevazioni sugli apprendimenti dell'elaborazione sul valore aggiunto restituite dall'INVALSI, oltre ulteriori elementi significativi integrati dalla stessa scuola; elaborazione di un rapporto di autovalutazione in formato elettronico secondo un quadro di riferimento predisposto dall'INVALSI, e formulazione di un piano di miglioramento; valutazione esterna: individuazione delle situazioni da sottoporre a verifica, sulla base di indicatori di efficienza ed efficacia definiti dall'INVALSI; visite dei nuclei e ridefinizione dei piani di miglioramento in base agli esiti delle analisi effettuate dai nuclei; azioni di miglioramento: definizione e attuazione degli interventi migliorativi anche con il supporto dell'Indire o attraverso la collaborazione con università, enti di ricerca, suggestioni professionali e culturali;
     rendicontazione sociale: pubblicazione, diffusione dei risultati raggiunti, attraverso indicatori dati comparabili, sia di una dimensione di trasparenza sia di una dimensione di condivisione promozione al miglioramento del servizio con la comunità di appartenenza;
    per quanto riguarda i nuclei di valutazione, il regolamento prevede che siano costituiti da un dirigente tecnico del contingente ispettivo e da due esperti;
    le azioni di valutazione hanno quale obiettivo di valutare i risultati dell'azione dirigenziale direttamente riconducibili al dirigente scolastico;
    i piani di miglioramento con i risultati conseguiti nelle singole sezioni scolastiche formative, sono comunicate al direttore generale dell'ufficio scolastico regionale, che ne tiene conto ai fini della individuazione degli obiettivi che assegnerà al dirigente scolastico in sede di conferimento del successivo incarico e della valutazione;
    questa la situazione astratta poiché, a nostro avviso, una preoccupante sottovalutazione del ruolo ispettivo è stata compiuta. Si entra nel Corpo Ispettivo superando un concorso: in effetti, dopo il 1989 e sino a 3 anni fa quasi nessuna evidenza ha avuto il lavoro degli ispettori i quali, nel frattempo sono diminuiti in modo preoccupante, tanto che operano solo alcune decine su tutto il territorio nazionale. In tale contesto la loro missione appare impossibile. Tutto ciò nonostante il fatto che nella prospettiva dell'Autonomia Scolastica, gli ispettori avrebbero dovuto costituire il necessario interfaccia tra le indicazioni e gli obiettivi dello stato centrale e i legittimi percorsi di decentramento e di autonomia delle scuole a livello periferico. Cerniera indispensabile per una funzione di controllo dei risultati dell'apprendimento, dell'azione dei docenti e dei dirigenti, per una prevenzione nei confronti della dispersione scolastica. Per realizzare tali obiettivi, purtroppo, nessun vero investimento, è stato realizzato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina citata in premessa al fine di adottare le opportune iniziative in materia, eventualmente anche a livello normativo, per prevedere una specifica novella della disciplina per ottenere un effettivo sistema di valutazione dei docenti, prevedendo incentivi per i migliori e ottenendo il massimo rendimento mediante l'azione congiunta del preside, degli ispettori e del nucleo interno di valutazione e la previsione di un sistema di formazione periodica, preferibilmente annuale, dei docenti.
9/2994-A/16Prodani, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il Sistema nazionale di valutazione, che ha il compito di valutare le scuole e i dirigenti, è composto dall'INVALSI, dall'INDIRE e dal contingente ispettivo;
    è il Ministero a emanare con periodicità almeno triennale le priorità strategiche della valutazione del sistema educativo di istruzione, con linee guida adottate d'intesa con la Conferenza unificata previo concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
    le istituzioni scolastiche dovrebbero essere soggette a periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti sulle competenze degli studenti, su base censuaria nelle classi seconda e quinta della scuola primaria, prima e terza della scuola secondaria di primo grado, secondo le ultime della scuola secondaria superiore;
    il contingente ispettivo è reclutato dalla dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia con funzioni tecnico-ispettive ed è ripartito tra amministrazione centrale e periferica;
    la valutazione delle istituzioni scolastiche è articolata in 4 fasi:
     auto valutazione: analisi e verifica del proprio servizio sulla base dei dati resi disponibili del sistema informativo del ministero, delle rilevazioni sugli apprendimenti dell'elaborazione sul valore aggiunto restituite dall'INVALSI, oltre ulteriori elementi significativi integrati dalla stessa scuola; elaborazione di un rapporto di autovalutazione in formato elettronico secondo un quadro di riferimento predisposto dall'INVALSI, e formulazione di un piano di miglioramento; valutazione esterna: individuazione delle situazioni da sottoporre a verifica, sulla base di indicatori di efficienza ed efficacia definiti dall'INVALSI; visite dei nuclei e ridefinizione dei piani di miglioramento in base agli esiti delle analisi effettuate dai nuclei; azioni di miglioramento: definizione e attuazione degli interventi migliorativi anche con il supporto dell'Indire o attraverso la collaborazione con università, enti di ricerca, suggestioni professionali e culturali;
     rendicontazione sociale: pubblicazione, diffusione dei risultati raggiunti, attraverso indicatori dati comparabili, sia di una dimensione di trasparenza sia di una dimensione di condivisione promozione al miglioramento del servizio con la comunità di appartenenza;
    per quanto riguarda i nuclei di valutazione, il regolamento prevede che siano costituiti da un dirigente tecnico del contingente ispettivo e da due esperti;
    le azioni di valutazione hanno quale obiettivo di valutare i risultati dell'azione dirigenziale direttamente riconducibili al dirigente scolastico;
    i piani di miglioramento con i risultati conseguiti nelle singole sezioni scolastiche formative, sono comunicate al direttore generale dell'ufficio scolastico regionale, che ne tiene conto ai fini della individuazione degli obiettivi che assegnerà al dirigente scolastico in sede di conferimento del successivo incarico e della valutazione;
    questa la situazione astratta poiché, a nostro avviso, una preoccupante sottovalutazione del ruolo ispettivo è stata compiuta. Si entra nel Corpo Ispettivo superando un concorso: in effetti, dopo il 1989 e sino a 3 anni fa quasi nessuna evidenza ha avuto il lavoro degli ispettori i quali, nel frattempo sono diminuiti in modo preoccupante, tanto che operano solo alcune decine su tutto il territorio nazionale. In tale contesto la loro missione appare impossibile. Tutto ciò nonostante il fatto che nella prospettiva dell'Autonomia Scolastica, gli ispettori avrebbero dovuto costituire il necessario interfaccia tra le indicazioni e gli obiettivi dello stato centrale e i legittimi percorsi di decentramento e di autonomia delle scuole a livello periferico. Cerniera indispensabile per una funzione di controllo dei risultati dell'apprendimento, dell'azione dei docenti e dei dirigenti, per una prevenzione nei confronti della dispersione scolastica. Per realizzare tali obiettivi, purtroppo, nessun vero investimento, è stato realizzato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina citata in premessa al fine di adottare le opportune iniziative in materia per coordinare le disposizioni del ddl con il sistema di valutazione dei docenti per ottenere il massimo rendimento mediante l'azione congiunta del dirigente scolastico degli ispettori e del comitato di valutazione.
9/2994-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Prodani, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Rizzetto, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento approvato, al fine di realizzare compiutamente l'autonomia scolastica, prevede il rafforzamento delle funzioni del dirigente scolastico e l'istituzione dell'organico dell'autonomia. Il medesimo articolo prevede anche la programmazione triennale dell'offerta formativa, finalizzata a indicare il fabbisogno di infrastrutture e attrezzature materiali, nonché il fabbisogno organico, anche in considerazione delle iniziative di potenziamento dell'offerta formativa. Si prevede, infine, l'incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per 126 milioni di euro annui dal 2016 al 2021;
    le materie individuate per il potenziamento dell'offerta formativa riguardano il potenziamento delle sole competenze afferenti alle materie: linguistiche, matematico-logiche e scientifiche, digitali, musica e arte, diritto e di economia, percorsi formativi individualizzati e alfabetizzazione e perfezionamento della lingua italiana per stranieri,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per prevedere l'insegnamento fin dalla scuola primaria della disciplina del rischio ambientale per permettere agli studenti di sviluppare un comportamento che li renda meno esposti al rischio idrogeologico. Si propone, al fine di soddisfare pienamente le esigenze didattiche e formative personalizzate degli studenti nelle scuole dell'obbligo, di introdurre anche l'insegnamento delle tematiche del rischio ambientale. Insegnamento da realizzarsi, eventualmente, in collaborazione con la Protezione Civile della Regione. I corsi si propongono finalizzati alla diffusione e apprendimento della cultura del rischio, a cui possono concorrere insegnanti, dirigenti scolastici e volontari per elaborare progetti e materiali didattici, differenziati per singoli livelli scolastici, al fine di affrontare le tematiche della sicurezza coinvolgendo gli alunni e gli studenti con modalità diverse a seconda dell'età. È auspicabile, altresì, la promozione di esercitazioni di protezione civile per garantire negli istituti delle scuole dell'obbligo una tutela effettiva per ognuna delle tipologie di rischio naturale cui è esposta la zona.
9/2994-A/17Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento approvato, al fine di realizzare compiutamente l'autonomia scolastica, prevede il rafforzamento delle funzioni del dirigente scolastico e l'istituzione dell'organico dell'autonomia. Il medesimo articolo prevede anche la programmazione triennale dell'offerta formativa, finalizzata a indicare il fabbisogno di infrastrutture e attrezzature materiali, nonché il fabbisogno organico, anche in considerazione delle iniziative di potenziamento dell'offerta formativa. Si prevede, infine, l'incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per 126 milioni di euro annui dal 2016 al 2021;
    le materie individuate per il potenziamento dell'offerta formativa riguardano il potenziamento delle sole competenze afferenti alle materie: linguistiche, matematico-logiche e scientifiche, digitali, musica e arte, diritto e di economia, percorsi formativi individualizzati e alfabetizzazione e perfezionamento della lingua italiana per stranieri,

impegna il Governo

a promuovere ed incrementare, già a partire dalla scuola primaria, le attività già in essere per la prevenzione del rischio ambientale per permettere agli studenti di sviluppare un comportamento che li renda meno esposti al rischio idrogeologico, anche in collaborazione con la Protezione Civile.
9/2994-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Segoni, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame in sede referente è stato previsto che il nuovo Piano triennale di offerta formativa, sia rivedibile annualmente e sia elaborato non più dal dirigente scolastico, ma dal collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione definiti dal dirigente scolastico, ed approvato dal consiglio di circolo o di istituto;
    è stato specificato che il suddetto Piano contiene, oltre all'indicazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti e alla programmazione dell'offerta formativa ad essi riferita, anche le stesse previsioni per il personale ATA;
    l'individuazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti è finalizzata al raggiungimento di obiettivi formativi che, durante l'esame del provvedimento nella sede competente, sono stati ampliati, includendovi, fra l'altro, il potenziamento dell'insegnamento linguistico in altre lingue comunitarie (oltre che in italiano ed inglese), nello spettacolo dal vivo e nella storia dell'arte, l'alfabetizzazione al cinema, il potenziamento delle attività laboratoriali, la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, l'educazione alla parità di genere, il potenziamento del tempo scuola, la definizione di un sistema di orientamento;
    il provvedimento reca, inoltre, disposizioni sull'insegnamento, nella scuola primaria, di inglese, musica ed educazione motoria e prevede l'incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per 126 milioni di euro annui dal 2016 al 2021;
    non è previsto tuttavia nel provvedimento in esame alcun riferimento all'insegnamento dell'educazione alimentare né sono programmati percorsi didattici finalizzati alla suddetta disciplina concernente le abitudini alla piramide alimentare, la composizione e il valore nutritivo degli alimenti anche attraverso la lettura delle etichette, la rilevanza e la funzione e la storia dei vari alimenti al fine di far sviluppare allo studente un comportamento responsabile nella scelta dei cibi, la conoscenza degli effetti di un'alimentazione eccessiva o insufficiente e le varie patologie legate all'alimentazione allo scopo di prevenire i disturbi del comportamento alimentare,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per prevedere l'insegnamento fin dalla scuola primaria della disciplina dell'educazione alimentare per permettere agli studenti di sviluppare un comportamento alimentare equilibrato.
9/2994-A/18Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame in sede referente è stato previsto che il nuovo Piano triennale di offerta formativa, sia rivedibile annualmente e sia elaborato non più dal dirigente scolastico, ma dal collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione definiti dal dirigente scolastico, ed approvato dal consiglio di circolo o di istituto;
    è stato specificato che il suddetto Piano contiene, oltre all'indicazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti e alla programmazione dell'offerta formativa ad essi riferita, anche le stesse previsioni per il personale ATA;
    l'individuazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti è finalizzata al raggiungimento di obiettivi formativi che, durante l'esame del provvedimento nella sede competente, sono stati ampliati, includendovi, fra l'altro, il potenziamento dell'insegnamento linguistico in altre lingue comunitarie (oltre che in italiano ed inglese), nello spettacolo dal vivo e nella storia dell'arte, l'alfabetizzazione al cinema, il potenziamento delle attività laboratoriali, la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, l'educazione alla parità di genere, il potenziamento del tempo scuola, la definizione di un sistema di orientamento;
    il provvedimento reca, inoltre, disposizioni sull'insegnamento, nella scuola primaria, di inglese, musica ed educazione motoria e prevede l'incremento del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per 126 milioni di euro annui dal 2016 al 2021;
    non è previsto tuttavia nel provvedimento in esame alcun riferimento all'insegnamento dell'educazione alimentare né sono programmati percorsi didattici finalizzati alla suddetta disciplina concernente le abitudini alla piramide alimentare, la composizione e il valore nutritivo degli alimenti anche attraverso la lettura delle etichette, la rilevanza e la funzione e la storia dei vari alimenti al fine di far sviluppare allo studente un comportamento responsabile nella scelta dei cibi, la conoscenza degli effetti di un'alimentazione eccessiva o insufficiente e le varie patologie legate all'alimentazione allo scopo di prevenire i disturbi del comportamento alimentare,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative per la diffusione fin dalla scuola primaria dell'educazione alimentare per permettere agli studenti di sviluppare un comportamento alimentare equilibrato.
9/2994-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 12 dell'articolo 10, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, prevede l'avvio di un piano straordinario di mobilità su tutti i posti vacanti dell'organico dell'autonomia, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015, che consente di accedere alla mobilità anche in deroga ai vincoli di permanenza triennale previsti dalla legislazione vigente;
    sia pure contemplando una precedenza agli assunti a tempo indeterminato dal 1 settembre 2014 rispetto a coloro che saranno assunti dal 1 settembre 2015, di fatto si costringe chi ha un contratto a tempo indeterminato stipulato prima dell'entrata in vigore della riforma Giannini ad essere iscritto negli albi regionali e, quindi, a rinunciare necessariamente alla titolarità presso la scuola ove poteva esser trasferito dall'anno scolastico 2015/2016 senza, pertanto, essere iscritto negli albi regionali;
    il requisito di iscrizione negli albi regionali di fatto pone i docenti nella condizione di dover temere, allo scadere di ogni triennio, uno spostamento non richiesto, mentre – di contro – i contratti di assunzione a tempo indeterminato stipulati prima della riforma Giannini non prevedevano questo tipo di trattamento;
    tutto ciò potrebbe dare adito ad una serie di contenziosi dall'esito incerto per le casse dello Stato,

impegna il Governo

a esaminare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di valutare la possibilità di considerare definitive le assegnazioni provvisorie richieste a luglio 2015 da coloro che nell'anno in corso non hanno ottenuto il trasferimento desiderato, per non incorrere nel rischio di contenziosi di cui in premessa.
9/2994-A/19Invernizzi, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    ad avviso dei firmatari del presente atto, il provvedimento in esame un cumulo di promesse tradite e non mantenute, prima fra tutte quella dell'assunzione di 150 mila docenti precari, ingannando di fatto 50 mila docenti;
    il piano straordinario di assunzioni, di cui all'articolo 10 del provvedimento, fortemente incostituzionale e discriminatorio in quanto, non contemplando i docenti inseriti in GI e prevedendo solo due canali – tramite GM e GAE –, di fatto discrimina chi si è abilitato dopo la chiusura delle SISS;
    piano porrà il Paese al rischio di una raffica di ricorsi per disparità di trattamento tra insegnanti con medesimi titoli;
    si teme che tutto ciò possa portare al ripetersi di quanto già accaduto con la mancata indicizzazione delle pensioni di cui alla riforma Fornero, poi bocciata dalla Consulta con sentenza n. 70/2015,

impegna il Governo

a considerare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di valutare un piano di assunzioni a triplo canale, aperto a tutti gli iscritti in graduatorie ad esaurimento (GAE), di merito (GM) e di istituto (GI), al fine di garantire a tutti pari opportunità di assunzione, sulla base dell'effettiva qualità, preparazione e meritocrazia dei candidati, e prevenire il rischio di ricorsi a pioggia dal preoccupante risultato per la finanza pubblica.
9/2994-A/20Allasia, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto delle finalità che il provvedimento in esame intende perseguire, enunciate all'articolo 1, comma 1, del provvedimento stesso;
    ricordato che gli alunni tutti, dalla primaria alle secondarie di secondo grado, sono in un'età di crescita e sviluppo facilmente influenzabile;
    ritenuto pertanto che il docente, assumendo un ruolo di figura di riferimento, deve insegnare nel modo più imparziale ed obiettivo possibile,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per stabilire un divieto in capo ai docenti di fare propaganda politica durante le ore di insegnamento e in generale nelle scuole, pena la sanzione disciplinare della sospensione con mancata retribuzione per trenta giorni e, dopo due richiami, del licenziamento.
9/2994-A/21Gianluca Pini, Borghesi, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto delle finalità che il provvedimento in esame intende perseguire, enunciate all'articolo 1, comma 1, del provvedimento stesso;
    ricordato che gli alunni tutti, dalla primaria alle secondarie di secondo grado, sono in un'età di crescita e sviluppo facilmente influenzabile;
    ritenuto pertanto che il docente, assumendo un ruolo di figura di riferimento, deve insegnare nel modo più imparziale ed obiettivo possibile,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per stabilire un divieto in capo ai docenti di fare propaganda politica durante le ore di insegnamento e in generale nelle scuole.
9/2994-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Gianluca Pini, Borghesi, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
     l'articolo 10 del provvedimento in esame autorizza l'attuazione nel prossimo anno scolastico 2015/2016 di un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente riguardante i vincitori non ancora assunti del concorso pubblico bandito nel 2012 e gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE);
    si ritiene la predetta disposizione parziale, perché tradisce le promesse di assunzione di 150 mila docenti precari ed elude l'azione risarcitoria derivante dalla sentenza della Corte europea del 26 novembre scorso;
    il piano straordinario di assunzioni, infatti, opera una palese disparità di trattamento tra i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e quelli inseriti nelle graduatorie di Istituto e di Merito,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere nell'ambito del concorso di cui al comma 17 dell'articolo 10, la valorizzazione ed il riconoscimento del servizio prestato e delle professionalità acquisite dai docenti abilitati con il percorso TFA.
9/2994-A/22Borghesi, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato, in particolare, il piano straordinario di assunzioni di cui all'articolo 10 del provvedimento medesimo, la predetta norma appare discriminatoria e sperequativa, perché discrimina chi si è abilitato dopo la chiusura delle SSIS, nonché i docenti iscritti nelle diverse graduatorie (GAE; GM; GI),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere il piano straordinario di assunzioni di cui in premessa anche ai docenti abilitati iscritti a pieno titolo nelle graduatorie di circolo e di istituto.
9/2994-A/23Marcolin, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    con riguardo alle disposizioni recate dagli articoli 8 e 10 del provvedimento, l'attuale stesura, omettendo la previsione di un preventivo esperimento delle procedure di mobilità territoriale, rispetto alle immissioni in ruolo, su tutti i posti vacanti o disponibili o del contemplato organico funzionale di nuova formazione, risulta in contrasto sotto molteplici profili con le norme di diritto interno ed europeo e con consolidata giurisprudenza in materia di diritto alla mobilità, e conseguentemente espone lo Stato italiano a possibili azioni giudiziarie e a procedure di infrazioni da parte dell'UE;
    si evidenzia a tal proposito che la recente sentenza della Corte di giustizia Europea del 26 novembre 2014 impone l'adozione di ogni cautela, al fine di evitare ulteriori sanzioni a carico dello Stato Italiano a seguito di comportamenti e passate scelte politiche poco accorte e ancor meno rispettose delle leggi e dei principi comunitari;
    il previsto piano di assunzioni determinerà di fatto l'intero assorbimento dei posti disponibili, impedendo a tutti gli insegnanti di ruolo fuori sede di potere vedere soddisfatta la propria legittima aspettativa al trasferimento con palese lesione dei diritti inviolabili alla famiglia e la dignità dell'uomo;
    si rileva, in diritto, il seguente contrasto:
     a) con quanto previsto dall'articolo 8 della CEDU che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare;
     b) con la previsione dell'articolo 33 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea che proclama la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale;
     c) con gli articoli 29 e 31 della Costituzione per quanto riguarda la tutela del diritto alla famiglia e la protezione della maternità e dell'infanzia;
     d) con l'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che prevede che la Pubblica Amministrazione, prima di procedere a nuovo reclutamento di personale per coprire posti vacanti nella dotazione organica, deve esperire una preventiva procedura di mobilità;
     e) con l'articolo 4 e con l'articolo 10, punto 1, del CCNL Scuola che definiscono la mobilità come un diritto individuale del lavoratore e che affermano l'importanza della mobilità professionale per «valorizzare le esperienze acquisite dal personale e sostenere lo scambio di esperienze nel sistema scolastico e del lavoro pubblico»;
    si rileva, altresì, che il Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Circolare n. 4/2008, ha ribadito il principio del previo esperimento delle procedure di mobilità prima di ricorrere ad altre forme di reclutamento (principio in precedenza ribadito, tra le altre, anche dalla legge n. 311 del 2004, dalla legge n. 244 del 2007 e prima ancora dalla legge n. 449 del 1997, articolo 39), combinando addirittura la sanzione della «nullità degli accordi, degli atti o anche delle clausole dei contratti collettivi volti ad eludere, per l'appunto, l'applicazione del principio del previo esperimento delle procedure di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale» (circ. 4/2008, pag. 3);
    si evidenzia, inoltre, che il previo esperimento delle procedure di mobilità risulta principio pacifico anche nella giurisprudenza, alla luce dei fondamentali principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (ex plurimis, Consiglio di Stato, Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 14, Consiglio di Stato, sez. V, sent. del 18 agosto 2010 n. 5830; T.A.R. Campania-Napoli sent. n. 5278/2008);
    si ricorda che la giurisprudenza è costante nel ritenere che al personale della scuola si applica la norma di cui all'articolo 42-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico in materia di tutela della maternità e della paternità) prevedendo che «Il docente con figli di età inferiore a 3 anni può fruire dei benefici previsti dall'articolo 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001 in materia di ricongiungimento familiare»;
    si rileva, infine, il rischio di determinare che l'istituto delle assegnazioni provvisorie è finalizzato anche alla tutela dei diritti inviolabili all'assistenza dei familiari in condizione di disabilità;
    preso atto, infine, delle modifiche apportate in sede di esame in aula al comma 12 dell'articolo 10, relativamente all'assegnazione provvisoria interprovinciale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa, al fine di garantire il diritto del docente alla mobilità territoriale per motivi inerenti le proprie condizioni personali e familiari, in primis il diritto al ricongiungimento al coniuge e alla prole, prevedendo, in via prioritaria al piano di assunzioni di cui al Capo III del provvedimento in esame, un piano di mobilità territoriale e professionale per tutti i docenti che risultano titolari di contratto a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore del provvedimento medesimo.
9/2994-A/24Attaguile.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   valutato, in particolare, l'obiettivo di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 2 del provvedimento, con riguardo alla valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, anche mediante l'utilizzo della metodologia CLIL (Content language integrated learning);
   atteso che in un mondo sempre più globalizzato è importante e fondamentale conoscere più lingue;
   ricordato che l'apprendimento delle lingue durante la prima infanzia è un processo naturale e privo di sforzo e che questa capacità decresce via via fino ai 12 anni,

impegna il Governo

a garantire l'insegnamento/apprendimento di una seconda lingua (L2) mediante l'utilizzo della metodologia CLIL già nelle scuole dell'infanzia.
9/2994-A/25Molteni, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   valutato, in particolare, l'obiettivo di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 2 del provvedimento, con riguardo alla valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, anche mediante l'utilizzo della metodologia CLIL (Content language integrated learning);
   atteso che in un mondo sempre più globalizzato è importante e fondamentale conoscere più lingue;
   ricordato che l'apprendimento delle lingue durante la prima infanzia è un processo naturale e privo di sforzo e che questa capacità decresce via via fino ai 12 anni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di favorire la conoscenza delle lingue straniere già a partire dalla scuola dell'infanzia.
9/2994-A/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Molteni, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   considerato l'obiettivo di cui alla lettera r) del comma 3 dell'articolo 2 del provvedimento, nel testo modificato dalla Commissione di merito, con riguardo all'alfabetizzazione e perfezionamento dell'italiano come lingua seconda attraverso corsi e laboratori per studenti di cittadinanza non italiana da organizzare anche con l'apporto delle comunità di origine e delle famiglie;
   valutato il predetto obiettivo in combinato con le finalità di cui alla lettera d) del medesimo comma 3, relativamente al potenziamento della conoscenza in materia di cittadinanza attiva anche attraverso il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture;
   ricordato che spesso sono proprio gli alunni stranieri stessi e le relative famiglie a non volersi integrare né accettare la nostra cultura, basti pensare agli innumerevoli casi di cronaca che hanno registrato proteste in merito alla presenza del crocifisso in aula, o all'allestimento del presepe durante le festività natalizie o ancora alla somministrazione della carne nelle mense scolastiche;
   preso atto che, frequentemente, nello scontro interculturale soccombono proprio le nostre identità e la nostra cultura,

impegna il Governo

a garantire la tutela delle identità culturali e dei diritti linguistici prevedendo, laddove il semplice corso o laboratorio di alfabetizzazione non risulti sufficiente, l'istituzione di classi ad hoc per l'inserimento scolastico degli alunni stranieri.
9/2994-A/26Caparini, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   ricordato il principio costituzionale di cui al terzo comma dell'articolo 34 della Costituzione, che tutela il diritto dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi;
   preso atto che l'Italia registra ancora una percentuale di dispersione scolastica significativamente peggiore rispetto alla media UE, specie con riguardo all'istruzione terziaria; nel nostro Paese, infatti, il tasso di laureati è il più basso dell'Unione europea e ben lontano dall'obiettivo fissato per il 2020 del 20-27 per cento;
   ritenuto opportuno migliorare il raccordo studio-ingresso nel mondo del lavoro, consentendo all'offerta di lavoro di intervenire sulla domanda già al momento della scelta del percorso di studi;
    in tal senso potrebbe ipotizzarsi una forma di sponsorizzazione universitaria tra studenti italiani meritevoli e volenterosi con un basso reddito familiare e soggetti economicamente operanti sul territorio, quali società, studi professionali, aziende agricole, istituti di credito, eccetera, in un'ottica di beneficio reciproco per lo studente, che potrà proseguire gli studi, ed il datore di lavoro sponsor, che potrà usufruire di prestazioni occasionali da parte dello studente su cui ha investito e si ritroverà un domani un lavoratore già confacente alle necessità di impresa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare seguito a quanto esposto in premessa.
9/2994-A/27Grimoldi, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   ricordato che, in sede di conversione del decreto-legge n. 190 del 2014, con un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio era stato inserito nel testo del decreto medesimo l'articolo 1-bis, recante la soluzione del personale scolastico esodato cosiddetto «quota 96»;
   rammentato che ancor prima la questione era sempre giunta in Aula in occasione dell'esame della proposta di legge relativa alla VI salvaguardia, divenuta legge n. 147 del 2014;
   evidenziato che in entrambe le occasioni la norma non è andata a buon fine per la contrarietà del Governo, nonostante le sue rassicurazioni di addivenire al più presto ad una soluzione della vicenda;
   ribadito che la vicenda riguarda il personale scolastico che ha raggiunto i requisiti allora in vigore per il pensionamento entro l'anno scolastico 2011/2012 e divenuto a tutti gli effetti «esodato» con l'entrata in vigore della riforma Fornero, causa l'errore dell'allora Governo di confondere l'anno solare con l'anno scolastico,

impegna il Governo

a risolvere, in sede di legge di stabilità 2016, qualora risultasse confermata l'esistenza del cosiddetto «tesoretto» ovvero qualunque altra sopravvenienza di bilancio, la vicenda dei 4 mila lavoratori della scuola che hanno maturato i loro requisiti pensionistici tre anni orsono ma non hanno potuto ancora accedere alla pensione a causa di un errore compiuto dall'allora Governo Monti.
9/2994-A/28Saltamartini, Borghesi, Simonetti, Fedriga, Guidesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   ricordato che, in sede di conversione del decreto-legge n. 190 del 2014, con un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio era stato inserito nel testo del decreto medesimo l'articolo 1-bis, recante la soluzione del personale scolastico esodato cosiddetto «quota 96»;
   rammentato che ancor prima la questione era sempre giunta in Aula in occasione dell'esame della proposta di legge relativa alla VI salvaguardia, divenuta legge n. 147 del 2014;
   evidenziato che in entrambe le occasioni la norma non è andata a buon fine per la contrarietà del Governo, nonostante le sue rassicurazioni di addivenire al più presto ad una soluzione della vicenda;
   ribadito che la vicenda riguarda il personale scolastico che ha raggiunto i requisiti allora in vigore per il pensionamento entro l'anno scolastico 2011/2012 e divenuto a tutti gli effetti «esodato» con l'entrata in vigore della riforma Fornero, causa l'errore dell'allora Governo di confondere l'anno solare con l'anno scolastico,

impegna il Governo

a valutare la possibiltà di risolvere, in sede di legge di stabilità 2016, qualora risultasse confermata l'esistenza del cosiddetto «tesoretto» ovvero qualunque altra sopravvenienza di bilancio, la vicenda dei 4 mila lavoratori della scuola che hanno maturato i loro requisiti pensionistici tre anni orsono ma non hanno potuto ancora accedere alla pensione a causa di un errore compiuto dall'allora Governo Monti.
9/2994-A/28. (Testo modificato nel corso della seduta) Saltamartini, Borghesi, Simonetti, Fedriga, Guidesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   considerate le disposizioni relative alla formazione dei docenti;
   preso atto che ogni anno si registrano diversi episodi di morte di bambini per soffocamento da corpo estraneo ingerito accidentalmente;
   tali decessi, purtroppo, il più delle volte sono causati dalla mancanza di competenza da parte di chi assiste nei primi momenti dell'accaduto, rivelandosi impreparato alle basilari manovre salvavita,

impegna il Governo

a rendere obbligatorio per i docenti delle scuole dell'infanzia e primaria i corsi di apprendimento delle manovre di disostruzione pediatrica.
9/2994-A/29Fedriga, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   considerate le disposizioni relative alla formazione dei docenti;
   preso atto che ogni anno si registrano diversi episodi di morte di bambini per soffocamento da corpo estraneo ingerito accidentalmente;
   tali decessi, purtroppo, il più delle volte sono causati dalla mancanza di competenza da parte di chi assiste nei primi momenti dell'accaduto, rivelandosi impreparato alle basilari manovre salvavita,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere per i docenti delle scuole dell'infanzia e primaria i corsi di apprendimento delle manovre di disostruzione pediatrica.
9/2994-A/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   considerati gli obiettivi formativi individuali come prioritari ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 del provvedimento;
   preso atto che tra di essi non è richiamata la diffusione capillare di una cultura antinfortunistica;
   considerata l'importanza che il tema della prevenzione riveste sull'incidenza degli infortuni;
   ritenuta, pertanto, fondamentale un'opera di sensibilizzazione alla tutela della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro a cominciare dall'età scolare, con l'introduzione in tutte le scuole di ogni ordine e grado, di moduli didattici relativi ai temi della salute, delle malattie professionali e della sicurezza nei luoghi di lavoro,

impegna il Governo

a rendere obbligatori in tutte le scuole di ogni ordine e grado corsi di prevenzione e diffusione di materiale didattico relativi ai temi della salute, delle malattie professionali e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
9/2994-A/30Rondini, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   considerati gli obiettivi formativi individuali come prioritari ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 del provvedimento;
   preso atto che tra di essi non è richiamata la diffusione capillare di una cultura antinfortunistica;
   considerata l'importanza che il tema della prevenzione riveste sull'incidenza degli infortuni;
   ritenuta, pertanto, fondamentale un'opera di sensibilizzazione alla tutela della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro a cominciare dall'età scolare, con l'introduzione in tutte le scuole di ogni ordine e grado, di moduli didattici relativi ai temi della salute, delle malattie professionali e della sicurezza nei luoghi di lavoro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere in tutte le scuole di ogni ordine e grado corsi di prevenzione e diffusione di materiale didattico relativi ai temi della salute, delle malattie professionali e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
9/2994-A/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Rondini, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento di riforma del sistema scolastico c.d. «Buona-Scuola»;
   valutata, in particolare, la disposizione di cui all'articolo 6 del provvedimento, relativa agli Istituti tecnici superiori;
   preso atto che, ai sensi della lettera d) del comma 3 del citato articolo 6 si prevede che le fondazioni di partecipazione cui fanno capo gli istituti tecnici superiori abbiano una dotazione di patrimonio uniforme per tutto il territorio nazionale non inferiore a 100 mila euro;
   considerata tale cifra sovrastimata e limitativa per i territori con poche risorse disponibili, a rischio di inficiare lo spirito stesso della norma, volta a potenziare l'offerta di ITS,

impegna il Governo

valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa al fine di considerare, tramite ulteriori iniziative normative, la possibilità di ridurre la soglia minima di dotazione del patrimonio atto a garantire la piena realizzazione di un ciclo completo di percorsi.
9/2994-A/31Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente disegno di legge, tra l'altro, definisce il ruolo del dirigente scolastico, attribuendo allo stesso la scelta dei docenti, sulla base dei POF stabiliti senza nessuna norma di legge che stabilisca vincoli e limiti di tale importantissima attività,

impegna il Governo

entro 120 giorni dall'approvazione della presente legge, ad emanare un regolamento avente per oggetto i criteri in merito alla valutazione dei titoli del personale docente.
9/2994-A/32Guidesi, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente disegno di legge, tra l'altro, definisce il ruolo del dirigente scolastico, attribuendo allo stesso la scelta dei docenti, sulla base dei POF stabiliti senza nessuna norma di legge che stabilisca vincoli e limiti di tale importantissima attività,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme in materia al fine di definire, attraverso future iniziative normative, norme certe affinché le scelte dei docenti siano ancorate a criteri certi quali graduatorie territoriali definite dal MIUR, sentiti gli Uffici scolastici regionali e provinciali, e non al libero arbitrio del dirigente scolastico.
9/2994-A/33Busin, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame ha nei suoi intenti principali l'attuazione dell'autonomia scolastica;
    gli organici saranno strutturati unicamente tenendo in considerazione quest'esigenza;
    il piano straordinario di assunzioni contempla le immissioni in ruolo degli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, prescindendo dalle materie e dalle aree di insegnamento da ricoprire;
    rispetto alla media OCSE, sono anche di più le ore di insegnamento per studente,

impegna il Governo

a tener in debito conto anche delle discipline scolastiche da ricoprire ai fini assunzionali, includendo anche gli abilitati II fascia in GI laddove l'area di insegnamento risulti scoperta e ad armonizzare il monte ore annuali dei docenti agli altri paesi OCSE.
9/2994-A/34Bossi, Borghesi, Simonetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame ha nei suoi intenti principali l'attuazione dell'autonomia scolastica vista anche come miglioramento della qualità dell'insegnamento attraverso una maggiore adesione alle peculiarità territoriali,

impegna il Governo

a promuovere iniziative che rafforzino costantemente l'efficienza e l'efficacia dell'offerta formativa per tutti i cittadini e salvaguardino le realtà e le identità locali.
9/2994-A/35Giancarlo Giorgetti, Simonetti, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento in esame prevede che il dirigente scolastico formuli la proposta di incarico ai docenti di ruolo, assegnati all'ambito territoriale di riferimento, in coerenza con il piano d'offerta formativa;
    al fine di garantire la massima trasparenza nei processi di selezione appare più opportuno introdurre una valutazione non strettamente monocratica, ma caratterizzata da un processo decisionale più collegiale,

impegna il Governo

a valutare di adottare ulteriori iniziative normative affinché per la formulazione di tale proposta il dirigente scolastico sia coadiuvato da un comitato di valutazione designato dal consiglio di istituto e dal collegio dei docenti
9/2994-A/36Marroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del disegno di legge in esame interviene in materia di detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica, introducendo una detrazione ai fini IRPEF, per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente, spese sostenute per la frequenza di scuole dell'infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, e successive modificazioni, per alunno o studente;
    a tal fine se le intenzioni del legislatore sono quelle di fornire un concreto sostegno economico agli studenti e alle loro famiglie, la medesima cifra risulta essere assai esigua e, conseguentemente, la disposizione necessiterebbe pertanto di una modifica integrativa finalizzata ad incrementare le suindicate disposizioni agevolative, al fine di consentire al fabbisogno delle famiglie un sostegno più adeguato, nell'ambito delle spese complessive delle attività didattiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di bilancio e le risorse disponibili, di adottare iniziative di carattere fiscale finalizzate ad incrementare per il futuro l'importo annuo detraibile per le spese sostenute per la frequenza di scuole dell'infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione.
9/2994-A/37Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», sono presenti norme che promuovono l'autonomia scolastica e la valorizzazione dell'offerta formativa e che incentivano l'innovazione digitale, didattica e laboratoriale;
    il ricambio generazionale in agricoltura e la modernizzazione del settore, richiesto dalle associazione di categoria e perseguito con efficacia negli ultimi anni dall'azione di governo, necessitano inevitabilmente anche di investimenti legati all'offerta formativa scolastica ed in particolare al sostegno di materie didattiche specifiche quali la «meccanica agraria»;
    tale materia non è attualmente presente come corso «a sé stante», ma se ne ricavano solo aspetti parziali nelle ore di insegnamenti quali «agronomia e coltivazioni»;
    appare quindi necessario creare le condizioni per reintrodurre nel piano dell'offerta formativa l'insegnamento della meccanica agraria ed a sostenere tale insegnamento con l'ausilio di materiale e strumentazione idonea a permettere sia l'arricchimento delle lezioni teoriche e pratiche nonché l'aggiornamento tecnico – culturale in materia, con particolare riferimento anche agli aspetti di sicurezza, innovazione e sostenibilità di settore,

impegna il Governo

a promuovere l'inserimento nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado con indirizzo agrario, agroalimentare e agroindustria, nel rispetto dei principi vigenti dell'autonomia didattica, dell'insegnamento teorico e pratico della «meccanica agraria» al fine di sostenere percorsi didattici settoriali capaci di modernizzare e rinnovare da un punto di vista generazionale, con adeguate professionalità e competenze teoriche e pratiche, il settore primario nazionale.
9/2994-A/38Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», sono presenti norme che promuovono l'autonomia scolastica e la valorizzazione dell'offerta formativa e che incentivano l'innovazione digitale, didattica e laboratoriale;
    il ricambio generazionale in agricoltura e la modernizzazione del settore, richiesto dalle associazione di categoria e perseguito con efficacia negli ultimi anni dall'azione di governo, necessitano inevitabilmente anche di investimenti legati all'offerta formativa scolastica ed in particolare al sostegno di materie didattiche specifiche quali la «meccanica agraria»;
    tale materia non è attualmente presente come corso «a sé stante», ma se ne ricavano solo aspetti parziali nelle ore di insegnamenti quali «agronomia e coltivazioni»;
    appare quindi necessario creare le condizioni per reintrodurre nel piano dell'offerta formativa l'insegnamento della meccanica agraria ed a sostenere tale insegnamento con l'ausilio di materiale e strumentazione idonea a permettere sia l'arricchimento delle lezioni teoriche e pratiche nonché l'aggiornamento tecnico – culturale in materia, con particolare riferimento anche agli aspetti di sicurezza, innovazione e sostenibilità di settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli ordinamenti vigenti e con il monte orario degli alunni, nonché con i vincoli di bilancio e le risorse disponibili, di promuovere l'inserimento nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado con indirizzo agrario, agroalimentare e agroindustria, nel rispetto dei principi vigenti dell'autonomia didattica, dell'insegnamento teorico e pratico della «meccanica agraria» al fine di sostenere percorsi didattici settoriali capaci di modernizzare e rinnovare da un punto di vista generazionale, con adeguate professionalità e competenze teoriche e pratiche, il settore primario nazionale.
9/2994-A/38. (Testo modificato nel corso della seduta) Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», sono presenti norme che promuovono l'autonomia scolastica e la valorizzazione dell'offerta formativa e che incentivano l'innovazione digitale, didattica e laboratoriale;
    la filiera del settore vitivinicolo italiano rappresenta, per occupati e fatturato, uno straordinario volano dell'intera economia nazionale, soprattutto per le giovani generazioni, che riguarda numerosi comparii come quello agricolo, ricettivo, ristorativo, turistico e commerciale;
    appare quindi fondata l'esigenza di introdurre, nelle scuole secondarie di secondo grado con indirizzo agrario, agroalimentare e agroindustria (ed in particolare negli istituti tecnici di indirizzo agrario e negli istituti professionali alberghieri) un corso specifico di «Storia e cultura del vino»;
    tale corso, che fa già parte dell'offerta formativa di alcune università, è dedicato al rapporto tra la viticoltura, le caratteristiche e la qualità del vino. Viene studiata, nel dettaglio, la coltivazione della vite in riferimento ai fattori del «terroir»: geografia, clima (e cambiamenti climatici), terreno, vitigno, ambiente economico-sociale, cultura agronomica, con un focus particolare sull'integrazione tra saperi tradizionali e ricerca scientifica; biodiversità nel vigneto; evoluzione delle tecniche in relazione alla specializzazione e alla meccanizzazione, mitigazione degli effetti negativi. Il corso tratta inoltre delle principali malattie della vite, della loro progressione storica e delle diverse tecniche di difesa: convenzionale, biologica, integrata, genetica, alla luce delle acquisizioni più recenti;
    tali corsi nascono per formare figure professionali richieste dal settore e dal mercato: il «wine teller». Si tratta di esperti nell'ambito della promozione del vino italiano, che trasmettono e comunicano anni di tradizione enologica e vitivinicola, nonché di arte, storia, antropologia ed estetica dell'Italia tramite e grazie al vino;
    il ricambio generazionale in agricoltura e la modernizzazione del settore, richiesto dalle associazione di categoria e perseguito con efficacia negli ultimi anni dall'azione di governo, necessitano quindi anche di investimenti legati all'offerta formativa scolastica ed in particolare al sostegno di materie didattiche specifiche quali la «Storia e cultura del vino»,

impegna il Governo

a promuovere l'inserimento nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado con indirizzo agrario, agroalimentare e agroindustria, nel rispetto dei principi vigenti dell'autonomia didattica, dell'insegnamento di «Storia e cultura del vino» al fine di incentivare la formazione di nuove figure professionali richieste dal mercato e capaci di promuovere il Made in Italy in ambito nazionale ed internazionale.
9/2994-A/39Fiorio, Ferrari, Dorina Bianchi, Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», sono presenti norme che promuovono l'autonomia scolastica e la valorizzazione dell'offerta formativa e che incentivano l'innovazione digitale, didattica e laboratoriale;
    la filiera del settore vitivinicolo italiano rappresenta, per occupati e fatturato, uno straordinario volano dell'intera economia nazionale, soprattutto per le giovani generazioni, che riguarda numerosi comparii come quello agricolo, ricettivo, ristorativo, turistico e commerciale;
    appare quindi fondata l'esigenza di introdurre, nelle scuole secondarie di secondo grado con indirizzo agrario, agroalimentare e agroindustria (ed in particolare negli istituti tecnici di indirizzo agrario e negli istituti professionali alberghieri) un corso specifico di «Storia e cultura del vino»;
    tale corso, che fa già parte dell'offerta formativa di alcune università, è dedicato al rapporto tra la viticoltura, le caratteristiche e la qualità del vino. Viene studiata, nel dettaglio, la coltivazione della vite in riferimento ai fattori del «terroir»: geografia, clima (e cambiamenti climatici), terreno, vitigno, ambiente economico-sociale, cultura agronomica, con un focus particolare sull'integrazione tra saperi tradizionali e ricerca scientifica; biodiversità nel vigneto; evoluzione delle tecniche in relazione alla specializzazione e alla meccanizzazione, mitigazione degli effetti negativi. Il corso tratta inoltre delle principali malattie della vite, della loro progressione storica e delle diverse tecniche di difesa: convenzionale, biologica, integrata, genetica, alla luce delle acquisizioni più recenti;
    tali corsi nascono per formare figure professionali richieste dal settore e dal mercato: il «wine teller». Si tratta di esperti nell'ambito della promozione del vino italiano, che trasmettono e comunicano anni di tradizione enologica e vitivinicola, nonché di arte, storia, antropologia ed estetica dell'Italia tramite e grazie al vino;
    il ricambio generazionale in agricoltura e la modernizzazione del settore, richiesto dalle associazione di categoria e perseguito con efficacia negli ultimi anni dall'azione di governo, necessitano quindi anche di investimenti legati all'offerta formativa scolastica ed in particolare al sostegno di materie didattiche specifiche quali la «Storia e cultura del vino»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli ordinamenti vigenti e con il monte orario degli alunni, nonché con i vincoli di bilancio e le risorse disponibili, di promuovere l'inserimento nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado con indirizzo agrario, agroalimentare e agroindustria, nel rispetto dei principi vigenti dell'autonomia didattica, dell'insegnamento di «Storia e cultura del vino» al fine di incentivare la formazione di nuove figure professionali richieste dal mercato e capaci di promuovere il Made in Italy in ambito nazionale ed internazionale.
9/2994-A/39. (Testo modificato nel corso della seduta) Fiorio, Ferrari, Dorina Bianchi, Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    fermo restando quanto previsto dal piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2015/2016, il futuro accesso ai ruoli del personale docente della scuola statale avverrà esclusivamente mediante concorsi pubblici nazionali su base regionale per titoli ed esami e potranno accedere alle procedure concorsuali esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all'insegnamento;
    per ottenere l'abilitazione all'insegnamento è previsto uno specifico corso universitario, il TFA che prevede, all'esito di una selezione nazionale basata su test preselettivi e prove scritte e orali, un anno di formazione e un esame finale, per un totale di 1.500 ore di attività, parte nelle aule universitarie e il resto direttamente a scuola,

impegna il Governo

in sede di valutazione dei titoli da valutare in sede di concorso, ad attribuire un punteggio commisurato alla selettività del percorso ai candidati che abbiano conseguito l'abilitazione tramite tirocinio formativo attivo.
9/2994-A/40Ascani, Sgambato.


   La Camera,
   premesso che:
    nella società odierna esistono numerose fonti per l'apprendimento e la conoscenza, e nel prossimo futuro aumenteranno ancora la fruibilità e la pervasività delle informazioni disponibili;
    in questo ambito l'individuazione preordinata dei libri di testo rischia di rappresentare una limitazione della libertà d'apprendimento degli studenti;
    la sostituzione del testo con un processo di ricerca dinamica dei contenuti da elaborare, delle procedure e dei linguaggi da utilizzare, risponde all'esigenza di «imparare a imparare», che è una delle competenze chiave per l'apprendimento permanente presenti nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006;
    la rapidità dei cambiamenti e dello sviluppo scientifico richiede profili formativi centrati sul dinamismo, sulla creatività e sulla flessibilità, e questo comporta la necessità di una ridefinizione dei modi dell'apprendimento,
    il libro di testo come fonte obbligatoria unica del processo di apprendimento inoltre si presta alla trasmissione di visioni ideologiche, mentre la possibilità di consultare una pluralità di fonti consente il confronto delle idee e l'acquisizione degli strumenti per impostare un sapere critico e lo sviluppo delle capacità di valutazione e rielaborazione;
    l'abolizione del libro di testo obbligatorio e la possibilità da parte degli studenti di utilizzare testi alternativi soddisfano anche l'obiettivo di ridurre la spesa che ogni anno le famiglie si trovano ad affrontare per acquistare i libri;
    appare opportuno tutelare la libertà di insegnamento e di apprendimento e favorire l'innovazione didattica e l'uso delle nuove tecnologie,

impegna il Governo

ad assumere i provvedimenti necessari affinché nelle scuole secondarie non siano più previsti testi scolastici obbligatori, dando facoltà ai docenti di utilizzare materiali didattici alternativi e agli studenti di utilizzare altri libri di testo o materiali, purché siano in linea con gli obiettivi curricolari.
9/2994-A/41La Russa.


   La Camera,
   premesso che:
    nella società odierna esistono numerose fonti per l'apprendimento e la conoscenza, e nel prossimo futuro aumenteranno ancora la fruibilità e la pervasività delle informazioni disponibili;
    in questo ambito l'individuazione preordinata dei libri di testo rischia di rappresentare una limitazione della libertà d'apprendimento degli studenti;
    la sostituzione del testo con un processo di ricerca dinamica dei contenuti da elaborare, delle procedure e dei linguaggi da utilizzare, risponde all'esigenza di «imparare a imparare», che è una delle competenze chiave per l'apprendimento permanente presenti nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006;
    la rapidità dei cambiamenti e dello sviluppo scientifico richiede profili formativi centrati sul dinamismo, sulla creatività e sulla flessibilità, e questo comporta la necessità di una ridefinizione dei modi dell'apprendimento,
    il libro di testo come fonte obbligatoria unica del processo di apprendimento inoltre si presta alla trasmissione di visioni ideologiche, mentre la possibilità di consultare una pluralità di fonti consente il confronto delle idee e l'acquisizione degli strumenti per impostare un sapere critico e lo sviluppo delle capacità di valutazione e rielaborazione;
    l'abolizione del libro di testo obbligatorio e la possibilità da parte degli studenti di utilizzare testi alternativi soddisfano anche l'obiettivo di ridurre la spesa che ogni anno le famiglie si trovano ad affrontare per acquistare i libri;
    appare opportuno tutelare la libertà di insegnamento e di apprendimento e favorire l'innovazione didattica e l'uso delle nuove tecnologie,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, previa analisi delle esperienze già in essere, di assumere i provvedimenti necessari affinché nelle scuole secondarie non siano più previsti testi scolastici obbligatori, dando facoltà ai docenti di utilizzare materiali didattici alternativi e agli studenti di utilizzare altri libri di testo o materiali, purché siano in linea con gli obiettivi curricolari.
9/2994-A/41. (Testo modificato nel corso della seduta) La Russa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 del provvedimento in esame delega il Governo ad istituire un sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, «costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco»;
    in tale ambito dovranno essere definiti i «livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell'infanzia e dei servizi educativi per l'infanzia»;
    l'educazione al movimento è fondamentale nella crescita del bambino, posto che aiuta il bambino a crescere e ad evolvere la propria personalità, attraverso la stimolazione dello sviluppo cognitivo e percettivo del bambino;
    l'insieme delle esperienze motorie e corporee, attraverso il gioco, favorisce lo sviluppo di un'immagine positiva di sé e aiuta il bambino ad interiorizzare i basilari riferimenti spaziali e spazio-temporali;
    l'educazione motoria potenzia le capacità espressive del bambino e la sua identità personale e corporea, e lo aiuta nella percezione dell'altro e nella consapevolezza del gruppo,

impegna il Governo

ad inserire l'educazione motoria nei programmi scolastici dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuola dell'infanzia.
9/2994-A/42Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 del provvedimento in esame delega il Governo ad istituire un sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, «costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco»;
    in tale ambito dovranno essere definiti i «livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell'infanzia e dei servizi educativi per l'infanzia»;
    l'educazione al movimento è fondamentale nella crescita del bambino, posto che aiuta il bambino a crescere e ad evolvere la propria personalità, attraverso la stimolazione dello sviluppo cognitivo e percettivo del bambino;
    l'insieme delle esperienze motorie e corporee, attraverso il gioco, favorisce lo sviluppo di un'immagine positiva di sé e aiuta il bambino ad interiorizzare i basilari riferimenti spaziali e spazio-temporali;
    l'educazione motoria potenzia le capacità espressive del bambino e la sua identità personale e corporea, e lo aiuta nella percezione dell'altro e nella consapevolezza del gruppo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di promuovere l'educazione motoria già a partire dai servizi per l'infanzia e dalla scuola dell'infanzia.
9/2994-A/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 1996 in osservanza delle vigenti disposizioni normative in materia di reclutamento del personale scolastico alcuni lavoratori socialmente utili furono assegnati alle istituzioni scolastiche di competenza degli enti locali;
    nel 1999, con la legge 3 maggio, n. 124, e con il successivo decreto interministeriale adottato dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, bilancio e programmazione economica e per la funzione pubblica, del 23 luglio 1999, n. 184, è stato effettuato il trasferimento delle competenze in materia di personale scolastico dagli enti locali allo Stato, disponendo il subentro di quest'ultimo nei contratti stipulati dagli enti locali a partire dal 24 maggio 1999, così assicurando alle istituzioni scolastiche le mansioni e funzioni del personale amministrativo, tecnico e ausiliario;
    in base al successivo decreto ministeriale 25 maggio 2000, n. 201, si sarebbe dovuto dare avvio alla stabilizzazione del personale LSU in servizio, accantonando il cinquanta per cento dei posti per tali soggetti, accantonamento confermato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 119 del 2009;
    con il decreto-legge n. 66 del 2001 è stato disposto, a partire dal 1o luglio 2001, nell'ambito delle funzioni di assistente amministrativo, l'affidamento di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa ai soggetti già destinatari di incarichi in qualità di LSU nelle segreterie delle istituzioni scolastiche già di competenza degli enti locali, attribuite alla competenza dello Stato in conseguenza delle citate disposizioni normative;
    i titolari dei contratti di collaborazione coordinata continuativa, rinnovati per ogni anno scolastico successivo a partire dal 2001, e di rapporto di lavoro in qualità di lavoratori socialmente utili nel periodo compreso tra il 1996 e il 2001, in questi anni hanno svolto le mansioni e le funzioni di personale ATA nelle sue varie articolazioni, prestando regolare servizio per lo stesso orario settimanale del restante personale con incarico a tempo indeterminato e a tempo determinato,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative volte a prevedere il riconoscimento ai fini giuridici del servizio effettuato dai soggetti di cui in premessa;
   a valutare l'opportunità di bandire un concorso riservato per la verifica delle competenze acquisite da detto personale, ai fini di una sua definitiva stabilizzazione.
9/2994-A/43Maietta.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 1996 in osservanza delle vigenti disposizioni normative in materia di reclutamento del personale scolastico alcuni lavoratori socialmente utili furono assegnati alle istituzioni scolastiche di competenza degli enti locali;
    nel 1999, con la legge 3 maggio, n. 124, e con il successivo decreto interministeriale adottato dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri dell'interno, del tesoro, bilancio e programmazione economica e per la funzione pubblica, del 23 luglio 1999, n. 184, è stato effettuato il trasferimento delle competenze in materia di personale scolastico dagli enti locali allo Stato, disponendo il subentro di quest'ultimo nei contratti stipulati dagli enti locali a partire dal 24 maggio 1999, così assicurando alle istituzioni scolastiche le mansioni e funzioni del personale amministrativo, tecnico e ausiliario;
    in base al successivo decreto ministeriale 25 maggio 2000, n. 201, si sarebbe dovuto dare avvio alla stabilizzazione del personale LSU in servizio, accantonando il cinquanta per cento dei posti per tali soggetti, accantonamento confermato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 119 del 2009;
    con il decreto-legge n. 66 del 2001 è stato disposto, a partire dal 1o luglio 2001, nell'ambito delle funzioni di assistente amministrativo, l'affidamento di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa ai soggetti già destinatari di incarichi in qualità di LSU nelle segreterie delle istituzioni scolastiche già di competenza degli enti locali, attribuite alla competenza dello Stato in conseguenza delle citate disposizioni normative;
    i titolari dei contratti di collaborazione coordinata continuativa, rinnovati per ogni anno scolastico successivo a partire dal 2001, e di rapporto di lavoro in qualità di lavoratori socialmente utili nel periodo compreso tra il 1996 e il 2001, in questi anni hanno svolto le mansioni e le funzioni di personale ATA nelle sue varie articolazioni, prestando regolare servizio per lo stesso orario settimanale del restante personale con incarico a tempo indeterminato e a tempo determinato,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di internalizzare i servizi ausiliari nonché di prevedere la possibile partecipazione ai percorsi di assunzione nel rispetto delle qualifiche professionali richieste.
9/2994-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta) Maietta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento in esame, al comma 13 prevede che per garantire una tempestiva copertura dei posti vacanti di dirigente scolastico, i posti autorizzati per l'assunzione di dirigenti scolastici siano conferiti nel limite massimo del 20 per cento ai soggetti idonei inclusi nelle graduatorie regionali del concorso a dirigente scolastico bandito con decreto direttoriale del 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011,

impegna il Governo

a prevedere che, nelle more dell'espletamento del nuovo corso concorso previsto dall'articolo 17 del decreto-legge n. 104 del 2013, nelle regioni in cui le graduatorie del citato concorso siano esaurite possano essere colmate mediante il conferimento di incarico ai vincitori e idonei che a domanda si rendano disponibili ad assumere tale incarico anche in regime di interregionalità.
9/2994-A/44Taglialatela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del provvedimento in esame limita a trentasei mesi la durata complessiva massima degli incarichi a tempo determinato su posti vacanti e disponibili del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario;
    il Governo ha manifestato l'intenzione di introdurre una maggiore flessibilità nei requisiti per l'accesso alla quiescenza, e che questo determinerà un aumento del personale docente e tecnico ausiliario che cesserà dal servizio nei prossimi anni;
    occorre superare definitivamente l'istituto delle supplenze su posti vacanti e disponibili che alimenta la consistenza del precariato, e che questo può essere realizzato solo attraverso un ampliamento dell'organico dell'autonomia e con la tempestiva nomina di personale a tempo indeterminato sui posti che progressivamente si rendono vacanti,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte:
    a) ad incrementare progressivamente l'organico dell'autonomia fino a raggiungere al termine del triennio 2015-2018 una dotazione organica aggiuntiva pari al dieci per cento dell'organico di diritto di ciascuna istituzione scolastica autonoma, o quantomeno a rendere stabile nel tempo la dotazione organica aggiuntiva che si verrà a determinare in forza del presente provvedimento in misura proporzionale al numero delle classi e degli alunni di ciascuna istituzione scolastica;
    b) a destinare ogni anno, a decorrere dall'anno scolastico 2018/2019, il settanta per cento dei posti che si liberano a causa delle effettive cessazioni dal servizio o resi vacanti e disponibili per qualunque altra motivazione, all'assunzione mediante concorso per soli titoli dei docenti iscritti nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, fino al completo svuotamento delle stesse;
    c) a disporre l'assunzione, a decorrere dal 1 settembre 2018, su posti vacanti e disponibili del personale tecnico ausiliario che abbia maturato trentasei mesi di servizio.
9/2994-A/45Giorgia Meloni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 30 della Costituzione italiana sancisce il dovere e il diritto dei genitori a mantenere, istruire ed educare i figli;
    la Convenzione dei diritti del bambino, all'articolo 14, afferma «il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione», e ribadisce «il diritto e il dovere dei genitori di guidare il fanciullo nell'esercizio del summenzionato diritto in maniera che corrisponda allo sviluppo delle sue capacità»;
    la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 2 del Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (STE n.9), ricorda come «lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche»;
    la stessa normativa nazionale, con la legge n. 53 del 2003, all'articolo 1, comma 1, dichiara che la scuola persegue il fine di «favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori»,

impegna il Governo

a garantire che l'attività di sensibilizzazione di docenti, studenti e famiglie sulla parità dei sessi, contro la violenza di genere e tutte le discriminazioni, venga condotta in conformità dell'articolo 30 della Costituzione e delle convenzioni internazionali citate in premessa, garantendo il diritto dei genitori alle scelte educative dei propri figli.
9/2994-A/46. (Nuova formulazione) Roccella, Tancredi, Pizzolante, Buttiglione, Vignali, Bernardo, Lupi, Pagano, Garofalo, Calabrò, Binetti, Piso, Alli, Bosco.


   La Camera,
   premesso che:
    il piano di dimensionamento scolastico ha creato Istituti Comprensivi composti da più plessi scolastici e con un numero elevato di studenti, nei casi più complessi con un numero superiore a 1000 studenti, fino anche a 2000 studenti;
    a seguito della verticalizzazione si è giunti ad una dirigenza scolastica unica in questi Istituti Comprensivi con la presenza di un Collaboratore Vicario con distacco e dei collaboratori del dirigente senza distacco orario,

impegna il Governo

a consentire una riduzione oraria parziale dalla classe per i collaboratori del dirigente scolastico presenti nei plessi scolastici ove non è presente la dirigenza o il collaboratore vicario e con un numero di studenti superiore a 1000 nell'Istituto Comprensivo.
9/2994-A/47Cova.


   La Camera,
   premesso che:
    il piano di dimensionamento scolastico ha creato Istituti Comprensivi composti da più plessi scolastici e con un numero elevato di studenti, nei casi più complessi con un numero superiore a 1000 studenti, fino anche a 2000 studenti;
    a seguito della verticalizzazione si è giunti ad una dirigenza scolastica unica in questi Istituti Comprensivi con la presenza di un Collaboratore Vicario con distacco e dei collaboratori del dirigente senza distacco orario,

impegna il Governo

a favorire una piena consapevolezza delle possibilità offerte dall'organico per il potenziamento, anche con riguardo all'attribuzione di incarichi di collaborazione con il dirigente scolastico ai docenti.
9/2994-A/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Cova.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 21 del provvedimento in esame prevede che i dati inseriti nell'Anagrafe dell'edilizia scolastica siano utilizzati ai fini della programmazione nazionale in materia di edilizia scolastica;
    l'Anagrafe è stata istituita dall'articolo 7 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante norme per l'edilizia scolastica, al fine di «accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del patrimonio edilizio scolastico»;
    l'Anagrafe avrebbe dovuto essere articolata per regioni e avrebbe dovuto costituire lo strumento conoscitivo fondamentale ai fini dei diversi livelli di programmazione degli interventi nel settore dell'edilizia scolastica;
    l'Anagrafe non è mai divenuta operativa e solo diciotto anni dopo, con un accordo siglato in Conferenza Unificata il 6 febbraio 2014, è stata definita l'architettura di sistema per lo scambio dei flussi informativi fra le sue diverse articolazioni;
    il Sistema dovrebbe funzionare una componente centrale (SNAES), per garantire al MIUR le conoscenze necessarie per lo svolgimento delle funzioni di indirizzo, pianificazione e controllo, e una componente distribuita in «nodi regionali» (ARES), che dovrebbe assicurare la programmazione a livello regionale del patrimonio edilizio e la gestione del medesimo su base provinciale, comunale e di singola unità scolastica;
    oltre il 70 per cento degli edifici scolastici ha lesioni strutturali e in un caso su tre non vengono effettuati interventi di riparazione, quasi il 41 per cento degli edifici scolastici presenta carenze importanti anche dal punto di vista sismico, più della metà delle scuole si trova in zona a rischio sismico, e una su quattro in zona a rischio idrogeologico;
    il Consiglio di Stato ed il Tar del Lazio nei mesi scorsi hanno emesso delle sentenze che imponevano al MIUR di provvedere alla pubblicazione dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica;
    dalle ultime dichiarazioni rilasciate dal Ministero dell'istruzione sulla creazione dell'Anagrafe, la stessa sarebbe dovuta essere operativa ad aprile 2015 ma di fatto non risulta ancora essere attiva,

impegna il Governo

a provvedere alla tempestiva pubblicazione dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica, anche ai fini i dell'attuazione delle norme del presente provvedimento.
9/2994-A/48Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2 dell'articolo 21 del provvedimento in esame prevede che i dati inseriti nell'Anagrafe dell'edilizia scolastica siano utilizzati ai fini della programmazione nazionale in materia di edilizia scolastica;
    l'Anagrafe è stata istituita dall'articolo 7 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante norme per l'edilizia scolastica, al fine di «accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del patrimonio edilizio scolastico»;
    l'Anagrafe avrebbe dovuto essere articolata per regioni e avrebbe dovuto costituire lo strumento conoscitivo fondamentale ai fini dei diversi livelli di programmazione degli interventi nel settore dell'edilizia scolastica;
    l'Anagrafe non è mai divenuta operativa e solo diciotto anni dopo, con un accordo siglato in Conferenza Unificata il 6 febbraio 2014, è stata definita l'architettura di sistema per lo scambio dei flussi informativi fra le sue diverse articolazioni;
    il Sistema dovrebbe funzionare una componente centrale (SNAES), per garantire al MIUR le conoscenze necessarie per lo svolgimento delle funzioni di indirizzo, pianificazione e controllo, e una componente distribuita in «nodi regionali» (ARES), che dovrebbe assicurare la programmazione a livello regionale del patrimonio edilizio e la gestione del medesimo su base provinciale, comunale e di singola unità scolastica;
    oltre il 70 per cento degli edifici scolastici ha lesioni strutturali e in un caso su tre non vengono effettuati interventi di riparazione, quasi il 41 per cento degli edifici scolastici presenta carenze importanti anche dal punto di vista sismico, più della metà delle scuole si trova in zona a rischio sismico, e una su quattro in zona a rischio idrogeologico;
    il Consiglio di Stato ed il Tar del Lazio nei mesi scorsi hanno emesso delle sentenze che imponevano al MIUR di provvedere alla pubblicazione dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica;
    dalle ultime dichiarazioni rilasciate dal Ministero dell'istruzione sulla creazione dell'Anagrafe, la stessa sarebbe dovuta essere operativa ad aprile 2015 ma di fatto non risulta ancora essere attiva,

impegna il Governo

a dare tempestiva attuazione a quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, del disegno di legge.
9/2994-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta) Cirielli.


   La Camera,
   considerato che:
    i soggetti che hanno partecipato ai percorsi abilitanti ai sensi del decreto ministeriale n. 249 del 2010 sono già in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 23, comma 2, lettera b), punto 2.1) necessari per l'accesso al concorso nazionale, volto a consentire l'accesso nei ruoli di docente nella scuola secondari «in base al numero di crediti formativi universitari, acquisiti nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e in quelle concernenti le metodologie e tecnologie didattiche, fermo restando il limite minimo di 36 crediti»;
    l'articolo 23, al comma 5, prevede l'introduzione «di una disciplina transitoria in relazione ai vigenti percorsi formativi ed abilitanti e al reclutamento dei docenti nonché in merito alla valutazione della competenza e delle professionalità per coloro che hanno conseguito l'abilitazione entro l'entrata in vigore del decreto legislativo di cui alla presente lettera» e che gli iscritti nelle graduatorie d'istituto già sono stati valutati e graduati proprio in base alle competenze e professionalità richieste dal Ministero dell'Istruzione Università Ricerca;
    l'articolo 10, comma 12, prevede un piano di mobilità straordinaria che ridurrebbe drasticamente le possibilità lavorative dei docenti abilitati con Tirocini formativi attivi (TFA) primo ciclo che hanno conseguito il titolo entro l'anno accademico 2012-2013, che attualmente risultano iscritti nella II fascia delle graduatorie d'istituto;
    ai suddetti docenti è stato impedito l'accesso nelle graduatorie ad esaurimento sin dal 2009 in vigenza di un sistema di reclutamento a doppio canale di fatto chiuso per 10 anni, ove si consideri che al concorso 2012 gli abilitati dei TFA non hanno potuto partecipare per un mero errore nel bando di concorso;
    non è nota la consistenza degli iscritti nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, un dato necessario per poter definire al meglio un piano pluriennale di immissioni in ruolo nelle more dell'attuazione della delega prevista nell'articolo 23;
    la sentenza del Consiglio di Stato ha sancito il diritto dei Diplomati Magistrale (circa 30.000) di poter lasciare la seconda fascia delle graduatorie d'istituto e potersi iscrivere nelle graduatorie ad esaurimento che, per questo morivo, resteranno aperte, ai sensi dell'articolo 10 comma 13 del provvedimento in esame, fino al loro esaurimento;
    l'articolo 10 prevede un piano di assunzioni straordinario transitorio a partire dall'anno scolastico 2015/2016, nel limite delle risorse disponibili e nelle more dell'attuazione della delega di cui all'articolo 23 del disegno di legge; la forma concorsuale ritenuta congrua è quella del concorso per titoli ed esami,

impegna il Governo:

   a prevedere un doppio canale di assunzione, con riferimento i soggetti che hanno partecipato ai percorsi abilitanti ai sensi del decreto ministeriale n. 249 del 2010 e che sono già in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 23, comma 2, lettera b), punto 2.1):
    a) procedendo ad un concorso per soli titoli;
    b) prevedendo, in considerazione dell'anzianità acquisita, che il concorso di cui alla lettera a) si possa svolgere nel più breve tempo possibile;
   oppure a valorizzare in modo prioritario e sostanziale i titoli di abilitazione tramite TFR.
9/2994-A/49Pizzolante, Scopelliti.


   La Camera,
   considerato che:
    i soggetti che hanno partecipato ai percorsi abilitanti ai sensi del decreto ministeriale n. 249 del 2010 sono già in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 23, comma 2, lettera b), punto 2.1) necessari per l'accesso al concorso nazionale, volto a consentire l'accesso nei ruoli di docente nella scuola secondari «in base al numero di crediti formativi universitari, acquisiti nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e in quelle concernenti le metodologie e tecnologie didattiche, fermo restando il limite minimo di 36 crediti»;
    l'articolo 23, al comma 5, prevede l'introduzione «di una disciplina transitoria in relazione ai vigenti percorsi formativi ed abilitanti e al reclutamento dei docenti nonché in merito alla valutazione della competenza e delle professionalità per coloro che hanno conseguito l'abilitazione entro l'entrata in vigore del decreto legislativo di cui alla presente lettera» e che gli iscritti nelle graduatorie d'istituto già sono stati valutati e graduati proprio in base alle competenze e professionalità richieste dal Ministero dell'Istruzione Università Ricerca;
    l'articolo 10, comma 12, prevede un piano di mobilità straordinaria che ridurrebbe drasticamente le possibilità lavorative dei docenti abilitati con Tirocini formativi attivi (TFA) primo ciclo che hanno conseguito il titolo entro l'anno accademico 2012-2013, che attualmente risultano iscritti nella II fascia delle graduatorie d'istituto;
    ai suddetti docenti è stato impedito l'accesso nelle graduatorie ad esaurimento sin dal 2009 in vigenza di un sistema di reclutamento a doppio canale di fatto chiuso per 10 anni, ove si consideri che al concorso 2012 gli abilitati dei TFA non hanno potuto partecipare per un mero errore nel bando di concorso;
    non è nota la consistenza degli iscritti nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, un dato necessario per poter definire al meglio un piano pluriennale di immissioni in ruolo nelle more dell'attuazione della delega prevista nell'articolo 23;
    la sentenza del Consiglio di Stato ha sancito il diritto dei Diplomati Magistrale (circa 30.000) di poter lasciare la seconda fascia delle graduatorie d'istituto e potersi iscrivere nelle graduatorie ad esaurimento che, per questo morivo, resteranno aperte, ai sensi dell'articolo 10 comma 13 del provvedimento in esame, fino al loro esaurimento;
    l'articolo 10 prevede un piano di assunzioni straordinario transitorio a partire dall'anno scolastico 2015/2016, nel limite delle risorse disponibili e nelle more dell'attuazione della delega di cui all'articolo 23 del disegno di legge; la forma concorsuale ritenuta congrua è quella del concorso per titoli ed esami,

impegna il Governo:

a procedere al concorso nel più breve tempo possibile e a valorizzare in modo prioritario e sostanziale i titoli di abilitazione tramite TFA.
9/2994-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Pizzolante, Scopelliti.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge in discussione, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» ha, tra i suoi obiettivi, la definizione delle competenze del dirigente scolastico, nell'ambito dell'autonomia dell'istituzione scolastica, assegnandogli compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento;
    l'articolo 9, al comma 3, definisce le modalità per la proposta di attribuzione, da parte del dirigente scolastico, degli incarichi ai docenti;
    l'incarico, se accettato, ha durata triennale ed è rinnovabile per ulteriori cicli triennali, è effettuata da parte del dirigente e avviene in coerenza con il piano triennale dell'offerta formativa sulla base dei criteri definiti dall'articolo stesso, tenendo quindi conto della valorizzazione del curriculum, delle esperienze e delle competenze professionali dei docenti, anche attraverso lo svolgimento di colloqui; della trasparenza e pubblicità degli incarichi conferiti e dei curricula dei docenti attraverso la pubblicazione sul sito Internet dell'istituzione scolastica;
    per una più approfondita valutazione, sarebbe tuttavia opportuno aggiungere ai criteri di assegnazione e valutazione anche l'analisi dei fabbisogni dell'istituzione scolastica per ciascun insegnamento,

impegna il Governo

a prevedere l'adozione, da parte del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di un apposito decreto, avente natura non regolamentare, che stabilisca i criteri, i termini e le modalità per l'attuazione delle procedure di assegnazione e valutazione degli incarichi ai docenti tenendo anche conto dell'analisi dei fabbisogni dell'istituzione scolastica per ciascun insegnamento e che individui analiticamente altresì le precedenze spettanti ai docenti nella scelta dei posti dell'istituzione scolastica.
9/2994-A/50Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame riporta notevoli criticità, a partire dal piano di assunzioni previsto dall'articolo 10 del testo, che crea evidenti disparità di trattamento tra i precari della scuola, perché prevede l'assunzione solo dalle graduatorie ad esaurimento (GAE) escludendo, invece, precari inseriti nella cosiddetta terza fascia;
    il testo, inoltre, non affronta adeguatamente il tema della valutazione dei docenti, e dell'adeguamento dell'attuale assetto degli organi collegiali,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni opportuna iniziativa affinché i dirigenti scolastici esercitino la loro attività previo un serio confronto con gli organi collegiali presenti nelle scuole per una totale condivisione delle scelte;
   a prevedere un opportuno adeguamento all'attuale assetto scolastico degli organi collegiali;
   ad adottare ogni iniziativa volta ad una assoluta parità di trattamento tra i precari della Scuola all'interno del Piano di assunzioni;
   a prevedere meccanismi idonei ad una valutazione imparziale dei docenti, anche affidando la stessa ad organismi esterni a garanzia di imparzialità, trasparenza ed equità.
9/2994-A/51Fucci, Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il tema della valutazione deve essere posto al centro della riforma della scuola;
    la valutazione non solo degli insegnanti, ma anche quella dei dirigenti e dell'intera istituzione scolastica è fondamentale ai fini del potenziamento della qualità dell'istruzione e della formazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di costituire, anche in raccordo con il Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione e con l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), previsti dal decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 289, un nucleo di valutazione dell'efficacia, dell'efficienza e della qualità complessive del servizio scolastico, composto da un minimo di tre fino ad un massimo di cinque componenti, assicurando in ogni caso la presenza di soggetti esterni individuati dal Consiglio d'istituto sulla base di criteri di competenza.
9/2994-A/52Palmizio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del disegno di legge sulla riforma del sistema nazionale di istruzione individua nella disciplina dell'autonomia scolastica la finalità principale del disegno di legge stesso, allo scopo di garantire la massima efficacia ed efficienza del servizio scolastico. Nello stesso articolo è, altresì, stabilita l'introduzione della programmazione triennale dell'offerta formativa da parte della scuola per il potenziamento della conoscenza e delle competenze degli studenti;
    al comma 3 dell'articolo 1 viene fissato il principio della piena realizzazione del curricolo della scuola e del raggiungimento dell'autonomia scolastica, nonché del potenziamento dell'offerta formativa senza però indicarne i limiti ed i vincoli così come previsti dall'ordinamento vigente;
    alla lettera b) del comma 3 dell'articolo 1 del disegno di legge è stato introdotto il potenziamento del tempo-scuola anche oltre i modelli e quadri orari, nei limiti della dotazione organica, senza fare alcun riferimento alle quote di autonomia e flessibilità;
    nell'ordinamento vigente, sottoposto a riforma proprio nel 2010, con il Governo Berlusconi, i regolamenti di riforma dei licei e degli istituti tecnici e professionale hanno indicato con chiarezza le quote di flessibilità e di autonomia di ogni grado e ordine di istruzione, in particolar modo per le scuole superiori;
    potenziare il tempo-scuola anche oltre i modelli e quadri orari non è sinonimo di una maggiore autonomia. Al contrario, autonomia significa costruire un percorso formativo che abbia al centro lo studente, con il suo percorso di formazione, legato anche alla personalizzazione, elemento che introdusse per la prima volta la ministra Moratti all'interno del sistema scolastico;
    la questione del tempo-scuola non può essere ridotto puramente a conteggi ragioneristici e di copertura delle classi. Le scelte organizzative infatti dovrebbero essere strumentali alla realizzazione delle scelte pedagogiche individuate come strategiche per il raggiungimento dei fini istituzionali della scuola,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sopprimere qualsiasi tipo di potenziamento del tempo scolastico, anche oltre i modelli e i quadri orari, nel rispetto dei principi di autonomia e flessibilità dell'ordinamento scolastico.
9/2994-A/53Vella.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge in discussione, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» ha, tra i suoi obiettivi, all'articolo 9, la definizione delle competenze del dirigente scolastico, nell'ambito dell'autonomia dell'istituzione scolastica, ripercorrendone i compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento;
    al comma 14 in particolare si dà contezza, seppur non in maniera esaustiva, della valutazione dei dirigenti scolastici;
    a tale fine, sarebbe opportuno prevedere, nelle more del riordino complessivo del sistema di valutazione degli stessi, modalità di valutazione non più legate unicamente alla complessità delle istituzioni scolastiche, ma agli indicatori specifici presenti nei contratti individuali dei dirigenti, che dovrebbero necessariamente essere aggiornati alle nuove competenze e responsabilità individuate dalla presente legge,

impegna il Governo

a prevedere, sulla base dei principi predetti, la possibilità di emanare un apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di individuare le modalità, i termini ed i criteri per l'effettuazione della valutazione periodica dei dirigenti scolastici.
9/2994-A/54Marotta.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge in discussione, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» ha, tra i suoi obiettivi, all'articolo 9, la definizione delle competenze del dirigente scolastico, nell'ambito dell'autonomia dell'istituzione scolastica, ripercorrendone i compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento;
    al comma 14 in particolare si dà contezza, seppur non in maniera esaustiva, della valutazione dei dirigenti scolastici;
    a tale fine, sarebbe opportuno prevedere, nelle more del riordino complessivo del sistema di valutazione degli stessi, modalità di valutazione non più legate unicamente alla complessità delle istituzioni scolastiche, ma agli indicatori specifici presenti nei contratti individuali dei dirigenti, che dovrebbero necessariamente essere aggiornati alle nuove competenze e responsabilità individuate dalla presente legge,

impegna il Governo

ad implementare un modello operativo di valutazione periodica dei dirigenti scolastici.
9/2994-A/54. (Testo modificato nel corso della seduta) Marotta.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi del comma 3, dell'articolo 2 del disegno di legge in esame il fabbisogno di posti dell'organico dell'autonomia è determinato in relazione all'offerta formativa che la singola scuola intende realizzare, nel rispetto del monte orario degli insegnamenti e tenuto conto della quota di autonomia dei curricoli e degli spazi di flessibilità, nonché in riferimento al potenziamento dell'offerta formativa;
    tra gli obiettivi formativi individuati come prioritari ed elencati nel comma 3, dell'articolo 2 del disegno di legge in esame, alla lettera d) è previsto un potenziamento delle competenze in materia di diritto e di economia, inclusa la conoscenza di principi di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dell'educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il dialogo tra le culture;
    nel sistema dell'istruzione è fondamentale porre come obiettivo primario, oltre ad un potenziamento della cittadinanza attiva, quello delle conoscenze e competenze legate all'economia e al diritto affinché gli studenti possano inserirsi in un mondo globalizzato e avere tutti gli strumenti idonei per poter affrontare la crisi economica che stiamo vivendo;
    non è sufficiente operare un potenziamento delle conoscenze in materia giuridica ed economica-finanziaria, ma è necessario promuovere uno sviluppo delle competenze e delle conoscenze di tali materie poiché esistono degli indirizzi, come ad esempio i licei, in cui il diritto e l'economia non sono parte dell'offerta formativa;
    al contempo è fondamentale promuovere un potenziamento e dunque un approfondimento sul testo della Costituzione, inclusi i principi e le azioni di cittadinanza attiva, soprattutto in un momento in cui la nostra carta fondamentale viene così profondamente modificata dalla riforma costituzionale;
    è giunto il momento di avviare nel nostro Paese una riflessione profonda sul percorso d'istruzione e formazione dei giovani partendo innanzitutto dalla necessità di colmare il divario che separa gli studenti italiani nelle materie economiche e giuridiche rispetto a quelli europei,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti al fine di promuovere all'interno delle scuole del territorio nazionale un maggiore sviluppo delle competenze e delle conoscenze in materia di diritto ed economia ed un potenziamento di costituzione e cittadinanza, inclusi i principi e le azioni di cittadinanza attiva.
9/2994-A/55Parisi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 del disegno di legge in esame prevede il rafforzamento delle funzioni del dirigente scolastico e dell'organico dell'autonomia, funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche come emergenti dal piano triennale dell'offerta formativa;
    il comma 2 dell'articolo 2 ribadisce i contenuti dell'autonomia didattica e organizzativa delle scuole già previsti a legislazione vigente, aggiungendo l'individuazione, da parte delle stesse istituzioni scolastiche, dal proprio fabbisogno di docenti, nell'ambito dell'organico dell'autonomia, e di quello relativo ad attrezzature e infrastrutture materiali;
    l'individuazione dell'organico dell'autonomia, cui è legato il potenziamento dell'offerta, deve essere legato ai bisogni effettivi delle istituzioni scolastiche. Infatti, al dirigente scolastico spetta il compito di effettuare rilevazioni nonché un monitoraggio annuale dei bisogni effettivi dell'istituzione scolastica;
    il dirigente scolastico, che ha appunto la responsabilità della rilevazione dei bisogni formativi degli studenti e del monitoraggio, è tenuto a presentare annualmente al consiglio d'istituto una relazione sull'attività svolta in merito dall'istituzione scolastica, proprio a sostegno del potenziamento dell'offerta formativa e ai bisogni formativi degli studenti;
    la rilevazione ed il monitoraggio annuale dei bisogni effettivi mostra come il potenziamento dell'offerta formativa debba essere legato alle richieste avanzate dagli studenti e dunque dai loro stessi bisogni ed esigenze;
    la relazione è pubblicata sull'albo online dell'istituzione scolastica, garantendo la più ampia trasparenza e pubblicità dell'attività delle istituzioni scolastiche presenti sul territorio;
    attraverso il monitoraggio dei bisogni formativi è possibile individuare il potenziamento dell'offerta formativa nonché la possibilità di apportare un miglioramento alle istituzioni scolastiche,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti al fine di attribuire al dirigente scolastico la responsabilità della rilevazione e del monitoraggio annuale dei bisogni effettivi presentando annualmente al consiglio d'istituto apposita relazione sull'attività svolta in merito dall'istituzione scolastica.
9/2994-A/56D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge si prefigge lo scopo di rafforzare il collegamento fra scuola e mondo del lavoro;
    tra le varie misure, prevede la costituzione presso le Camere di commercio, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, del registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro. Inoltre, sono state introdotte disposizioni volte ad una maggiore integrazione fra i percorsi di istruzione secondaria di secondo grado e i percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale;
    l'articolo 23 delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi finalizzati alla riforma di differenti aspetti del sistema scolastico, nonché alla redazione di un nuovo testo unico delle disposizioni in materia di istruzione;
    tra i princìpi e criteri direttivi previsti dalla delega manca però la previsione di un sistema che rafforzi il collegamento scuola-lavoro, in particolare attraverso il coinvolgimento delle imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa al fine di prevedere un sistema di incentivi economici a favore delle imprese che promuovono strumenti volti a favorire la formazione in azienda e l'inserimento occupazionale attraverso la stipulazione di contratti di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale.
9/2994-A/57Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge si prefigge lo scopo di rafforzare il collegamento fra scuola e mondo del lavoro;
    tra le varie misure, prevede la costituzione presso le Camere di commercio, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, del registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro. Inoltre, sono state introdotte disposizioni volte ad una maggiore integrazione fra i percorsi di istruzione secondaria di secondo grado e i percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale;
    l'articolo 23 delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi finalizzati alla riforma di differenti aspetti del sistema scolastico, nonché alla redazione di un nuovo testo unico delle disposizioni in materia di istruzione;
    tra i princìpi e criteri direttivi previsti dalla delega manca però la previsione di un sistema che rafforzi il collegamento scuola-lavoro, in particolare attraverso il coinvolgimento delle imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le risorse disponibili, di adottare ogni iniziativa al fine di prevedere un sistema di incentivi economici a favore delle imprese che promuovono strumenti volti a favorire la formazione in azienda e l'inserimento occupazionale attraverso la stipulazione di contratti di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale.
9/2994-A/57. (Testo modificato nel corso della seduta) Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del disegno di legge in esame introduce una detrazione IRPEF, per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonché, a seguito delle modifiche apportate in sede referente, delle scuole secondarie (anche statali) di secondo grado;
    una misura anche alternativa a quella della detrazione IRPEF potrebbe essere, in particolare per le scuole paritarie che applicano una retta di iscrizione e frequenza, quella del riconoscimento alla famiglia di un buono scuola proporzionato alla fascia ISEE e alla scuola frequentata. L'importo del buono, quindi, non solo terrebbe conto del reddito della famiglia dello studente, ma anche delle spese sostenute a seconda dell'ordine e grado di scuola frequentato (con l'aumentare delle spese, aumenta anche il valore del buono);
    tale iniziativa appare più in linea con l'obiettivo di fornire un concreto sostegno economico agli studenti e alle loro famiglie,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative per riconoscere agli studenti iscritti e frequentanti corsi a gestione ordinaria presso le scuole primarie, secondarie di primo grado e secondarie superiori paritarie, un corrispettivo economico («buono scuola»), determinato in misura proporzionale alla fascia di Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE) e in relazione all'ordine e grado di scuola frequentata.
9/2994-A/58Latronico.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del disegno di legge in esame introduce una detrazione IRPEF, per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonché, a seguito delle modifiche apportate in sede referente, delle scuole secondarie (anche statali) di secondo grado;
    se le intenzioni sono quelle di fornire un concreto sostegno economico agli studenti e alle loro famiglie, la cifra di 400 euro risulta essere assai esigua: la disposizione necessiterebbe pertanto di una modifica,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad aumentare l'importo annuo detraibile per le spese sostenute per la frequenza di scuole dell'infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione.
9/2994-A/59Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del disegno di legge in esame introduce una detrazione IRPEF, per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonché, a seguito delle modifiche apportate in sede referente, delle scuole secondarie (anche statali) di secondo grado;
    se le intenzioni sono quelle di fornire un concreto sostegno economico agli studenti e alle loro famiglie, la cifra di 400 euro risulta essere assai esigua: la disposizione necessiterebbe pertanto di una modifica,

impegna il Governo

a valutare, compatibilmente con le risorse disponibili, gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad aumentare l'importo annuo detraibile per le spese sostenute per la frequenza di scuole dell'infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione.
9/2994-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta) Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge in esame è teso a promuovere uno stretto collegamento tra scuola e mondo del lavoro, offrendo la possibilità agli studenti di svolgere periodi di formazione in aziende;
    al fine di incrementare le opportunità di lavoro per gli studenti e di rafforzare l'integrazione tra dimensione pratica e teorica è opportuno istituire in ogni scuola secondaria di secondo grado lo «sportello placement»;
    l'obiettivo dell'istituzione dello sportello placement è quello di svolgere attività di orientamento al lavoro per gli studenti, favorendo i primi contratti con le aziende, anche attraverso l'organizzazione di career days;
    lo sportello placement potrebbe essere istituito non solo per assistere aziende ed enti pubblici che manifestino interesse nella ricerca e selezione degli studenti, ma anche per gestire contatti con le aziende, enti pubblici e privati, anche internazionali, che offrono opportunità di formazione e lavoro agli studenti;
    lo sportello placement potrebbe altresì offrire un servizio di supporto alla redazione del curriculum vitae, alla preparazione al colloquio di lavoro e all'elaborazione del progetto professionale;
    il modello di placement si può definire di orientamento valoriale, in quanto ha l'obiettivo di supportare lo studente nell'individuare la professione più adatta e le modalità personali e soggettive per muoversi con facilità verso la propria realizzazione professionale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare gli opportuni provvedimenti al fine di istituire in ogni scuola secondaria di secondo grado uno «Sportello Placement» con il compito di svolgere attività di orientamento al lavoro per gli studenti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
9/2994-A/60Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge in esame prevede che l'organico dell'autonomia è costituito da posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa ed è assegnato alle scuole sulla base del fabbisogno espresso nel medesimo piano triennale, nel limite delle risorse finanziarie disponibili;
    nulla però è previsto in merito all'organico di rete, a alla costituzione di reti territoriali tra istituzioni scolastiche, al fine di conseguire la gestione ottimale delle risorse umane, strumentali e finanziarie;
    è necessario recuperare e porre l'attenzione sul tema dell'organico di rete, a seguito di quanto stabilito dal decreto-legge n. 5 del 2012, articolo 50, comma 1 punto c); si ritiene, infatti, che, a partire dall'esperienza che si è verificata in alcune regioni, il sistema delle reti e dell'offerta formativa in rete sia estremamente importante,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assegnare, a far data dall'anno scolastico 2015/16, l'organico di autonomia alle reti di scuole e, di stabilire i termini, le modalità e i criteri per la costituzione delle stesse, nonché del relativo organico di rete.
9/2994-A/61Milanato.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi del comma 3, dell'articolo 2 del disegno di legge in esame le istituzioni scolastiche hanno il compito di individuare il fabbisogno dei posti dell'organico dell'autonomia per il raggiungimento di alcuni obiettivi formativi individuati come prioritari;
    tra gli obiettivi qualificati come prioritari è previsto il potenziamento delle competenze linguistiche, delle competenze scientifiche, delle competenze digitali, delle discipline motorie nonché del contrasto della dispersione scolastica, della riduzione del numero di alunni e studenti per classe, senza prevedere alcun potenziamento verso le discipline e la cultura latina;
    il potenziamento della lingua latina, collegata allo studio della civiltà e della cultura, è un elemento fortemente qualificante della nostra offerta formativa, in tutti i licei poiché funzionale anche alla formazione complessiva degli studenti;
    l'importanza dell'insegnamento del latino nei licei è purtroppo ampiamente sottovalutata, in quanto esso non viene visto come uno strumento utile per lo studio delle altre materie, ma come una materia «base» del sistema scolastico che, in questi tempi di crisi, preferisce investire i propri fondi nel mantenimento di altre attività offerte dalla scuola italiana, piuttosto che puntare su una materia che non ha apparente utilità in ambito lavorativo;
    la cultura classica è da sempre un veicolo privilegiato per leggere il presente, per comprendere e analizzare ciò che è stato realizzato nel corso della storia per crescere e formare i giovani come cittadini, dotati di spirito critico, consapevoli dei propri diritti e doveri;
    l'aspetto più importante dello studio del latino è costituito dalla sua ricchezza e al tempo stesso complessità: esso mette a dura prova le capacità logiche dell'allievo e lo pone a contatto con un mondo di valori, tradizioni, costumi che costituiscono le radici della nostra civiltà occidentale;
    potenziare le competenze e le conoscenze della lingua latina non vuol dire soltanto difendere il patrimonio più grande della nostra civiltà, ma vuole soprattutto promuovere quel percorso di integrazione europea teso ad accomunare nella stessa matrice culturale tutti gli studenti europei,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti al fine di potenziare le competenze e le conoscenze della lingua, della cultura e della civiltà latina quale patrimonio culturale della nostra nazione.
9/2994-A/62Mottola.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi del comma 3, dell'articolo 2 del disegno di legge in esame le istituzioni scolastiche hanno il compito di individuare il fabbisogno dei posti dell'organico dell'autonomia per il raggiungimento di alcuni obiettivi formativi individuati come prioritari;
    tra gli obiettivi qualificati come prioritari è previsto il potenziamento delle competenze linguistiche, delle competenze scientifiche, delle competenze digitali, delle discipline motorie nonché del contrasto della dispersione scolastica, della riduzione del numero di alunni e studenti per classe, senza prevedere alcun potenziamento verso le discipline e la cultura latina;
    il potenziamento della lingua latina, collegata allo studio della civiltà e della cultura, è un elemento fortemente qualificante della nostra offerta formativa, in tutti i licei poiché funzionale anche alla formazione complessiva degli studenti;
    l'importanza dell'insegnamento del latino nei licei è purtroppo ampiamente sottovalutata, in quanto esso non viene visto come uno strumento utile per lo studio delle altre materie, ma come una materia «base» del sistema scolastico che, in questi tempi di crisi, preferisce investire i propri fondi nel mantenimento di altre attività offerte dalla scuola italiana, piuttosto che puntare su una materia che non ha apparente utilità in ambito lavorativo;
    la cultura classica è da sempre un veicolo privilegiato per leggere il presente, per comprendere e analizzare ciò che è stato realizzato nel corso della storia per crescere e formare i giovani come cittadini, dotati di spirito critico, consapevoli dei propri diritti e doveri;
    l'aspetto più importante dello studio del latino è costituito dalla sua ricchezza e al tempo stesso complessità: esso mette a dura prova le capacità logiche dell'allievo e lo pone a contatto con un mondo di valori, tradizioni, costumi che costituiscono le radici della nostra civiltà occidentale;
    potenziare le competenze e le conoscenze della lingua latina non vuol dire soltanto difendere il patrimonio più grande della nostra civiltà, ma vuole soprattutto promuovere quel percorso di integrazione europea teso ad accomunare nella stessa matrice culturale tutti gli studenti europei,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli ordinamenti vigenti, con il monte orario in essere, con le risorse disponibili, di adottare gli opportuni provvedimenti al fine di potenziare le competenze e le conoscenze della lingua, della cultura e della civiltà latina quale patrimonio culturale della nostra nazione.
9/2994-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta) Mottola.


   La Camera,
   premesso che:
    il nuovo articolo 8 del disegno di legge in esame prevede che l'organico dell'autonomia è costituito da posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa ed è assegnato alle scuole sulla base del fabbisogno espresso nel medesimo piano triennale, nel limite delle risorse finanziarie disponibili;
    in particolare, l'articolo 8, comma 11, chiarisce che i docenti già assunti in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della legge conservano la titolarità presso la scuola di appartenenza. È stato, inoltre, previsto che il personale docente che risulta in esubero o in soprannumero nell'anno scolastico 2016/2017 è assegnato, a domanda, ad un ambito territoriale e che, dall'anno scolastico 2016/2017, la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera fra gli ambiti territoriali;
    sarebbe invece opportuno che i docenti, che sono in utilizzo e in assegnazione provvisoria durante l'attuale anno scolastico, possano chiedere di rimanere nell'istituzione scolastica presso cui sono in assegnazione provvisoria o in utilizzo questo anno, anche per il successivo anno scolastico. Si tratta di una disposizione doverosa perché le assegnazioni e gli utilizzi avvengono generalmente per motivi legati alla famiglia o, ad esempio, alla tutela della disabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire, in via eccezionale, ai docenti che sono stati utilizzati nelle istituzioni scolastiche con provvedimenti di utilizzazioni e assegnazioni provvisorie su singoli istituti scolastici nell'anno scolastico 2014/2015, l'assegnazione definitiva della titolarità per l'anno scolastico 2015/2016, sui posti dell'organico dell'autonomia dell'istituzione scolastica di attuale temporanea assegnazione, oltre che per la classe di concorso di titolarità, anche per altre classi di concorso per le quali si riscontri il possesso del titolo di abilitazione.
9/2994-A/63Lainati.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 del disegno di legge in esame definisce le modalità di accesso nonché le misure di semplificazione e di promozione degli istituti tecnici superiori;
    gli Istituti Tecnici Superiori sono «scuole ad alta specializzazione tecnologica», istituite al fine di rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche secondo la forma della Fondazione di partecipazione che comprende scuole, enti di formazione, imprese, università e centri di ricerca, enti locali;
    oltre agli istituti tecnici superiori è opportuno provvedere ad un rafforzamento dei Poli tecnici professionali al fine di favorire l'accesso all'occupazione giovanile nonché la riallocazione delle persone in cerca di lavoro e inattive, compresi i disoccupati di lunga durata;
    i Poli tecnici professionali sono reti tra istituti tecnici e professionali, centri di formazione professionale accreditati e imprese e hanno lo scopo di favorire lo sviluppo della cultura tecnica e scientifica e l'occupazione dei giovani anche attraverso i percorsi in apprendistato e nuovi modelli organizzativi;
    i piani attuati dagli istituti tecnici superiori potrebbero prevedere l'attivazione di strumenti anche in grado di compensare le maggiori difficoltà occupazionali di alcuni gruppi di lavoratori, incidendo direttamente o indirettamente sul costo del lavoro a favore delle imprese che partecipano attivamente alle attività formative mettendo a disposizione i propri impianti per le lezioni/esercitazioni pratiche e attività di tirocinio;
    i piani potrebbero essere attivati anche nei processi di sviluppo aziendale collegati a programmi di investimenti con particolare riferimento a quelli ad alto contenuto innovativo, per la promozione dell'internazionalizzazione e il rafforzamento del made in Italy, nonché tesi ad introdurre nuovi processi produttivi sostenibili da un punto di vista energetico-ambientale,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti al fine di procedere ad un più ampio rafforzamento dei Poli tecnici professionali secondo lo schema espresso in premessa, al fine di favorire l'accesso all'occupazione giovanile nonché la riallocazione delle persone in cerca di lavoro e inattive.
9/2994-A/64Palese.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge appena approvato ha previsto una soluzione assolutamente insoddisfacente nei confronti degli idonei del concorso del 2012;
    gli emendamenti proposti da Forza Italia avevano come obiettivo quello di ripristinare l'uguaglianza costituzionale dei cittadini davanti alla legge, riservando a tutti coloro che hanno superato il concorso del 2012 lo stesso trattamento dei loro omologhi dei precedenti concorsi, nonché degli stessi idonei del 2012 già assunti in alcune regioni italiane, superando la distinzione puramente formale tra vincitori e idonei, e sancendo il buon diritto di entrambe le categorie a ricoprire il posto loro spettante;
    il testo dell'articolo 10, così come modificato rispetto al testo originario, solo apparentemente supera la decisione originaria del governo, irrazionale e incostituzionale, di escludere dal piano assunzionale i seimila docenti che hanno superato il concorso del 2012;
    numerose sono le volte che gli idonei al concorso 2012 sono stati ripetutamente ingannati: all'atto di presentazione del provvedimento appena approvato il 3 settembre scorso, in occasione della risposta al question time data dal ministro Giannini lo scorso 18 febbraio, fino alle risposte fornite a pochi giorni della presentazione del disegno di legge appena approvato, con il decreto ministeriale n. 356 del 23 maggio 2014 del MIUR a firma dello stesso Ministro Giannini, che autorizzava lo scorrimento delle graduatorie concorsuali, dando giustamente titolo ai docenti di essere destinatari di un contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato,

impegna il Governo

ad inserire nel piano di assunzione straordinario, per scorrimento della graduatoria esistente, e ad inserire negli ambiti territoriali previsti dalla norma citata tutti coloro che hanno superato il concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito nel 2012.
9/2994-A/65Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge appena approvato ha previsto una soluzione assolutamente insoddisfacente nei confronti degli idonei del concorso del 2012;
    gli emendamenti proposti da Forza Italia avevano come obiettivo quello di ripristinare l'uguaglianza costituzionale dei cittadini davanti alla legge, riservando a tutti coloro che hanno superato il concorso del 2012 lo stesso trattamento dei loro omologhi dei precedenti concorsi, nonché degli stessi idonei del 2012 già assunti in alcune regioni italiane, superando la distinzione puramente formale tra vincitori e idonei, e sancendo il buon diritto di entrambe le categorie a ricoprire il posto loro spettante;
    il testo dell'articolo 10, così come modificato rispetto al testo originario, solo apparentemente supera la decisione originaria del governo, irrazionale e incostituzionale, di escludere dal piano assunzionale i seimila docenti che hanno superato il concorso del 2012;
    numerose sono le volte che gli idonei al concorso 2012 sono stati ripetutamente ingannati: all'atto di presentazione del provvedimento appena approvato il 3 settembre scorso, in occasione della risposta al question time data dal ministro Giannini lo scorso 18 febbraio, fino alle risposte fornite a pochi giorni della presentazione del disegno di legge appena approvato, con il decreto ministeriale n. 356 del 23 maggio 2014 del MIUR a firma dello stesso Ministro Giannini, che autorizzava lo scorrimento delle graduatorie concorsuali, dando giustamente titolo ai docenti di essere destinatari di un contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato,

impegna il Governo

a dare tempestiva attuazione a quanto già previsto dal disegno di legge all'articolo 10, comma 18, relativo all'assunzione degli idonei del concorso del 2012.
9/2994-A/65. (Testo modificato nel corso della seduta) Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del disegno di legge in esame autorizza il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad attuare, per l'anno scolastico 2015/2016, un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente;
    tra gli assunti a tempo indeterminato vi sono anche i vincitori presenti nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre, bandito nel 2012, nonché gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento;
    al comma 13 dell'articolo 10 del disegno di legge in esame è prevista una nuova disciplina per l'assunzione del personale docente, che avverrà esclusivamente mediante concorsi per titoli ed esami;
    un concorso è un metodo di selezione del personale alle quali è assegnata la titolarità di uffici o, più in generale, di posizioni organizzate, attraverso la raccolta di candidature e l'individuazione dei più idonei mediante una valutazione oggettiva, secondo quanto previsto dalla legge;
    al comma 13 dell'articolo 10 del disegno di legge in esame, la determinazione dei posti da mettere a concorso deve tenere conto del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche nei piani triennali dell'offerta formativa;
    è necessario che nei bandi di concorso sia prevista una quota riservata ai candidati che sono in possesso del relativo titolo di abilitazione acquisito a seguito della frequenza di percorsi ad accesso programmato e subordinato al superamento di procedure selettive per titoli ed esami ovvero siano risultati inseriti, per il medesimo posto o classe di concorso, nelle graduatorie di merito della procedura concorsuale antecedente;
    i predetti candidati devono essere ammessi direttamente alle prove concorsuali, senza dover superare eventuali prove di preselezione,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti al fine di prevedere, nell'ambito delle procedure concorsuali, una quota di riserva per i candidati che, inseriti nelle graduatorie di merito, siano in possesso del relativo titolo di abilitazione acquisito a seguito della frequenza di percorsi ad accesso programmato e subordinato al superamento di procedure selettive per titoli ed esami ovvero siano risultati inseriti, per il medesimo posto o classe di concorso, nelle graduatorie di merito della procedura concorsuale antecedente.
9/2994-A/66Abrignani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi finalizzati alla riforma di differenti aspetti del sistema scolastico, nonché alla redazione di un nuovo testo unico delle disposizioni in materia di istruzione;
    nel corso dell'esame in sede referente, è stata profondamente modificata la delega concernente l'accesso all'insegnamento nella scuola secondaria. In particolare – a fronte della previsione del ddl di includere il percorso abilitativo all'interno di quello universitario (con superamento dell'attuale percorso di tirocinio formativo attivo) e di svolgere, all'interno del percorso abilitativo, un periodo di tirocinio professionale – è stato previsto l'accorpamento della fase della formazione iniziale con quella dell'accesso alla professione. Più specificamente, il percorso si articola: in un concorso nazionale riservato a chi possieda un diploma di laurea magistrale o, per le discipline artistiche e musicali, un diploma accademico di secondo livello, coerente con la classe disciplinare di concorso; nella stipula con i vincitori di un contratto retribuito di formazione e apprendistato professionale a tempo determinato, di durata triennale; nel conseguimento, nel primo anno di contratto, di un diploma di specializzazione all'insegnamento secondario; nell'effettuazione, nei due anni successivi al conseguimento del diploma, di tirocini formativi e graduale assunzione della funzione docente; alla conclusione del periodo di formazione e apprendistato professionale, valutato positivamente, sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il percorso descritto deve divenire gradualmente l'unico per accedere all'insegnamento nella scuola secondaria statale e, dunque, si prevede l'introduzione di una disciplina transitoria in relazione ai percorsi formativi e abilitanti e alla disciplina del reclutamento previsti attualmente;
    nell'ambito della suddetta delega sarebbe opportuno specificare che il conseguimento del diploma di specializzazione per l'insegnamento nelle scuole paritarie sia da intendere quale corso annuale istituito dalle università e dalle istituzioni di alta formazione artistica e musicale. Detta abilitazione potrebbe essere conseguita nel primo anno di contratto presso le scuole paritarie per le quali applicarsi un periodo di apprendistato simile a quello previsto per le scuole statali,

impegna il Governo

a procedere, nell'ambito della delega per l'accesso all'insegnamento nella scuola secondaria, chiarendo le modalità di acquisizione dell'abilitazione per le scuole paritarie nel senso indicato in premessa.
9/2994-A/67Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    stanno per concludersi i percorsi abilitanti all'insegnamento per le classi di concorso di Strumento Musicale, attivati presso i Conservatori di Musica nell'anno accademico 2012/2013 ai sensi dell'articolo 3 comma 3 decreto-legge n. 249 del 2010, vale a dire coloro che, attualmente, frequentano il primo ciclo del TFA A077;
    molti di costoro sono tornati ad affrontare un percorso lungo e arduo, articolato in un triennio con frequenza obbligatoria, per accedere al quale hanno superato un concorso in tre prove selettive e con valutazione dei titoli di studio e di carriera, in età adulta e spesso dopo aver già conseguito diplomi, lauree e titoli di specializzazione;
    il numero chiuso fu stabilito secondo il fabbisogno del personale individuato dagli USR (nota della Direzione Generale per il Personale Scolastico – uff. III protocollo n. 6957 del 20 settembre 2012) bandendo così un totale di 1130 posti per l'intero territorio nazionale per i diversi strumenti ripartiti in due cicli abilitanti;
    nella primavera del 2013 sono stati attivati anche i percorsi abilitanti speciali (PAS), grazie ai quali, in meno di sei mesi, si sono abilitati diversi docenti, sulla sola base di un triennio di servizio maturato e nonostante alcuni di loro fossero già risultati «non ammessi» alla frequenza del TFA;
    molti di quelli che sono stati «abilitati» tramite i PAS avevano insegnato su spezzoni, sul sostegno o nelle paritarie, per cui non possedevano nemmeno il requisito dei 36 mesi su posto libero e vacante richiesto dalla Corte Europea per il riconoscimento della stabilizzazione;
    conseguenza nefasta e non voluta di questa situazione è stata quella di essere scavalcati, gli «abilitandi» del I ciclo TFA dai frequentanti i PAS che hanno già conseguito l'abilitazione (i TFA stanno frequentando il terzo anno di corso) e di aver reso inutili i numeri programmati dall'USR relativi al concorso per Strumento musicale;
    il corso abilitante di Strumento musicale di cui sopra è del tutto simile ai vecchi BiForDoc abilitanti;
    però, mentre per loro (PAS) dopo la laurea a indirizzo didattico di due anni, è stato consentito l'inserimento nelle Graduatorie ad Esaurimento; per i TFA, nonostante un corso ancora più lungo ed articolato, non è prevista attualmente nessuna possibilità di aspirare al ruolo;
    non vediamo perché dovrebbero essere trattati diversamente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire gli abilitati secondo il percorso triennale ordinario (articolo 3, comma 3, del decreto ministeriale n. 249 del 2010) di rientrare nel piano straordinario di assunzioni avendo essi già svolto una prova concorsuale e un corso abilitante.
9/2994-A/68Riccardo Gallo, Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto ministeriale n. 249 del 2010 ha introdotto un percorso di abilitazione attraverso il «tirocinio formativo attivo» (TFA); con il decreto ministeriale n. 81 del 2013 è stato modificato l'articolo 15 del decreto ministeriale n. 248 del 2010, prevedendo un ulteriore percorso di abilitazione «percorsi formativi abilitanti speciali» (PAS);
    l'articolo 10 del disegno di legge in esame procede con un piano di assunzioni che determina una evidente disparità di trattamento tra i precari iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e i precari (fra i più giovani e tra i più preparati) che hanno conseguito i percorsi di abilitazione richiamati;
    negli anni del Governo Berlusconi, per evitare l'insorgenza di nuovo precariato, si era passati dal sistema delle SSIS al sistema a numero chiuso del Tirocinio formativo attivo, oggetto di una fortissima selezione. I primi abilitati con il TFA fecero una selezione dura, con prove in ingresso e in uscita e un tirocinio reale, tanto che furono solo 11 mila gli abilitati su 150 mila candidati;
    non è propriamente corretto affermare che per essere assunti non basta un'abilitazione ma serve necessariamente un concorso: gli stessi docenti oggi presenti nelle GaE, che il Governo sta per assumere con il piano straordinario di assunzione, per la maggior parte non hanno vinto alcun concorso, ma hanno ottenuto una semplice abilitazione, spesso attraverso le scuole speciali di insegnamento secondario;
    non si comprende pertanto perché si debba distinguere tra gli abilitati SSIS e gli abilitati a numero chiuso che hanno conseguito il tirocinio formativo attivo, anche perché ci sono due recenti pronunce che parlano chiaro ed espongono il Governo al rischio concreto di un contenzioso infinito: l'ordinanza n.5878 del 2014 e la sentenza del 2015, con la quale il Consiglio di Stato ha ribadito questa verità, dando ancora una volta ragione ad alcuni ricorrenti che chiedevano di essere ammessi nelle graduatorie ad esaurimento successivamente alla loro chiusura nel 2006;
    non vi è quindi alcun motivo per il quale si debbano escludere dalle assunzioni docenti che hanno ottenuto l'abilitazione con il TFA;
    allo stesso modo, anche tutti coloro che hanno conseguito il PAS hanno riposto nello Stato una fiducia ed una aspettativa che non può essere vanificata solo perché è cambiato il Governo: si tratterebbe infatti di gravissima ingiustizia dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista morale;
    è necessario dunque non escludere dal piano assunzionale i soggetti abilitati che nutrono una legittima aspettativa all'immissione in ruolo,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad includere gli abilitati ai sensi degli articoli 10 e 15 del decreto ministeriale n. 249 del 2010, come modificato dal decreto ministeriale n.81 del 2013, nel piano straordinario di assunzioni previsto dall'articolo 10 del disegno di legge in oggetto.
9/2994-A/69Gelmini, Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    il piano di assunzioni previsto dall'articolo 10 del disegno di legge in esame esclude gli abilitati ai sensi del decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 10 settembre 2010, n. 249, ovvero gli abilitati con il percorso del «tirocinio formativo attivo» (TFA);
    tale abilitazione risulta essere assolutamente selettivo e qualificante, basato su una serie di prove e su un tirocinio reale, che ha permesso a molti giovani di conseguire una preparazione seria a seguito di un percorso di formazione assai impegnativo, oltretutto a titolo oneroso;
    il medesimo articolo 10, al comma 17, dispone che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ferma restando la procedura autorizzatoria, bandisce, entro il 1o ottobre 2015, un concorso per titoli ed esami per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche ed educative statali ai sensi dell'articolo 400 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili nei limiti delle risorse finanziarie disponibili nell'organico dell'autonomia, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio. Limitatamente al predetto bando sono valorizzati, fra i titoli valutabili in termini di maggiore punteggio:
     a) il titolo di abilitazione all'insegnamento conseguito a seguito sia dell'accesso ai percorsi di abilitazione tramite procedure selettive pubbliche per titoli ed esami, sia del conseguimento di specifica laurea magistrale o a ciclo unico;
     b) il servizio prestato a tempo determinato, per un periodo continuativo non inferiore a centottanta giorni, nelle istituzioni scolastiche ed educative statali di ogni ordine e grado,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa volta a valorizzare in modo adeguato ai fini della valutazione dei titoli per concorso che verrà bandito entro il 1o ottobre 2015, gli abilitati con il percorso del «tirocinio formativo attivo» (TFA), in quanto percorso formativo selettivo e qualificante.
9/2994-A/70Palmieri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23, comma 2, lettera e) del disegno di legge in esame delega il Governo ad istituire il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie, attraverso, tra le altre misure, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell'infanzia e dei servizi educativi per l'infanzia previsti dal Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni;
    nel nostro Paese si sono verificati gravi casi di esclusione dalla mensa scolastica; in particolare è avvenuto che alcuni comuni abbiano escluso bambini e bambine dal servizio a causa della morosità delle proprie famiglie. Anche se la morosità fosse colpevole, ad avviso dei proponenti, il minorenne non dovrebbe essere escluso da un momento fondamentale per la propria educazione e crescita umana e civile;
    il fenomeno dell'esclusione è rilevato anche dall'Indagine sulla povertà minorile svolta nel 2013-2014 dalla Commissione Bicamerale per l'Infanzia e l'adolescenza, che nelle conclusioni rileva la necessità di un cambiamento culturale che faccia passare dal concetto di spesa a quello di investimento ed escludere dal patto di stabilità le spese per le mense scolastiche affrontate dai comuni, così come accade per gli investimenti per l'edilizia scolastica;
    la Camera dei deputati ha approvato mozioni di diversi gruppi contro la povertà minorile. Con quella del Partito Democratico, in particolare, si è impegnato il Governo a diverse azioni si segnala quella di assumere iniziative volte a evitare che finanziamenti e obiettivi concordati con le regioni e con gli enti locali vengano disattesi, al fine di garantire i diritti di cittadinanza come, ad esempio, il diritto all'istruzione, alla fruizione delle mense, al trasporto scolastico e altri;
    il Governo si è già espresso sul tema rispondendo all'interrogazione n. 5-00854 relativa ai casi di esclusione di minori dalle mense scolastiche annunciando «forme di monitoraggio per verificare sistematicamente se siano garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione con particolare riferimento ai minori, in particolare su come gli enti locali garantiscano un servizio di refezione coerente con i principi sopra elencati»;
    è stato accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/01574-A/063 del 31 ottobre 2013 per «promuovere al più presto iniziative in materia di livelli essenziali delle prestazioni e, nelle more, a svolgere una forte moral suasion, anche in Conferenza Stato, regioni, per trovare, rispetto alla questione degli insoluti nelle mense scolastiche, soluzioni diverse dall'esclusione dei minori da un fondamentale momento non solo di alimentazione, ma anche di educazione e socializzazione»;
    in questo quadro si rende necessario definire il servizio di mensa scolastica come livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e in attuazione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere che i Livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell'infanzia e dei servizi educativi per l'infanzia previsti dal Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali comprendano il servizio di mensa scolastica e che esso venga esteso a tutto il ciclo della scuola primaria;
   a valutare l'introduzione di premialità per gli enti locali che si distinguano per accessibilità, fruibilità e qualità delle mense scolastiche.
9/2994-A/71Scuvera, Zampa, Iori, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del disegno di legge n. 2994 di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, stabilisce che, anche, attraverso il suddetto intervento legislativo, si debbano contrastare le disuguaglianze socio-culturali e territoriali; prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica; garantire il diritto allo studio e pari opportunità di successo formativo per tutti i ragazzi a prescindere dal territorio in cui è ubicata la scuola che frequentano;
    la riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, invita, in tal senso e fra le altre cose, a una seria riflessione su tutti «i fattori di complessità delle istituzioni scolastiche» comprese le pluriclassi, presenti, in genere, nei territori caratterizzati da un forte decremento demografico: tale sistema, infatti, come hanno sottolineato numerosi insegnanti non garantisce la qualità dell'istruzione e lo svolgimento della didattica in modo efficiente;
    nei contesti territoriali sopra citati, l'articolazione didattica attraverso le pluriclassi espone gli alunni, in particolare quelli delle scuole primarie, a seri problemi di apprendimento tale da divenire, insieme ad altri fattori, uno degli elementi di debolezza dell'offerta formativa. Che, insieme ad altre concause, può alimentare il fenomeno della dispersione scolastica e dell'abbandono precoce;
    i comuni sono parte attiva delle politiche scolastiche intese come organizzazione e funzionamento del ciclo di istruzione: nelle aree periferiche e montane, gli enti più piccoli chiedono da tempo che venga assicurata un'istruzione di qualità a prescindere dalla collocazione geografica della scuola e dei disagi collegati, evitando proprio il ricorso alle pluriclassi;
    il diritto allo studio si raggiunge sia con la gestione efficiente dei percorsi formativi, che con scuole sicure e mezzi di trasporto. Questo obiettivo si realizza creando le condizioni per una sintonia intercomunale – anche attraverso un piano di opere che riguardi le infrastrutture viarie e gli edifici scolastici – e superando le criticità delle pluriclassi;
    il superamento delle pluriclassi può realizzarsi rinforzando la qualità e la quantità di didattica, allungando gli orari insegnamento, assumendo nuovi insegnati e portando la banda larga in quei territori dove si rende necessaria la sperimentazione della cosiddetta «didattica digitale»;
    in territorio nazionale si sono già realizzate numerose esperienze in cui i comuni hanno finanziato progetti di integrazione dell'offerta formativa e didattica, mettendo a disposizione delle scuole risorse per incaricare docenti esterni, con il compito di affiancare i docenti di ruolo, nello svolgimento dell'attività didattica in ambito alle pluriclassi;
    i suddetti interventi – attenuando l'impatto delle pluriclassi – hanno facilitato il percorso didattico e gli scolari hanno avuto l'opportunità di maggiori attenzioni rispetto alle loro esigenze,

impegna il Governo:

   a considerare le pluriclassi, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della riforma di istruzione e formazione in corso, quali «fattori di complessità» sia delle istituzioni scolastiche in cui sono presenti sia delle aree, evidentemente soggette a maggiore rischio educativo;
   di conseguenza a valutare l'opportunità di valorizzare il merito (ai sensi dell'articolo 13, comma 1, riforma), attraverso specifici criteri premiali, del personale docente che opera all'interno di pluriclassi (di cui spesso fanno parte, nella scuola primaria, bambini italiani e stranieri di fasce d'età comprese fra i 6 e i 10 anni, bambini italiani insieme a bambini stranieri), ubicate, nella maggior parte dei casi, in istituti scolastici di aree interne del Paese;
   a promuovere e supportare, anche di concerto con le regioni e con gli enti locali, programmi didattici da sperimentare in ambito alle pluriclassi, attraverso l'utilizzo di strumenti e risorse umane ulteriori; attraverso interventi specifici in ambito al Piano nazionale scuola digitale.
9/2994-A/72Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del disegno di legge n. 2994 di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, stabilisce che, anche, attraverso il suddetto intervento legislativo, si debbano contrastare le disuguaglianze socio-culturali e territoriali; prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica; garantire il diritto allo studio e pari opportunità di successo formativo per tutti i ragazzi a prescindere dal territorio in cui è ubicata la scuola che frequentano;
    la riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, invita, in tal senso e fra le altre cose, a una seria riflessione su tutti «i fattori di complessità delle istituzioni scolastiche» comprese le pluriclassi, presenti, in genere, nei territori caratterizzati da un forte decremento demografico: tale sistema, infatti, come hanno sottolineato numerosi insegnanti non garantisce la qualità dell'istruzione e lo svolgimento della didattica in modo efficiente;
    nei contesti territoriali sopra citati, l'articolazione didattica attraverso le pluriclassi espone gli alunni, in particolare quelli delle scuole primarie, a seri problemi di apprendimento tale da divenire, insieme ad altri fattori, uno degli elementi di debolezza dell'offerta formativa. Che, insieme ad altre concause, può alimentare il fenomeno della dispersione scolastica e dell'abbandono precoce;
    i comuni sono parte attiva delle politiche scolastiche intese come organizzazione e funzionamento del ciclo di istruzione: nelle aree periferiche e montane, gli enti più piccoli chiedono da tempo che venga assicurata un'istruzione di qualità a prescindere dalla collocazione geografica della scuola e dei disagi collegati, evitando proprio il ricorso alle pluriclassi;
    il diritto allo studio si raggiunge sia con la gestione efficiente dei percorsi formativi, che con scuole sicure e mezzi di trasporto. Questo obiettivo si realizza creando le condizioni per una sintonia intercomunale – anche attraverso un piano di opere che riguardi le infrastrutture viarie e gli edifici scolastici – e superando le criticità delle pluriclassi;
    il superamento delle pluriclassi può realizzarsi rinforzando la qualità e la quantità di didattica, allungando gli orari insegnamento, assumendo nuovi insegnati e portando la banda larga in quei territori dove si rende necessaria la sperimentazione della cosiddetta «didattica digitale»;
    in territorio nazionale si sono già realizzate numerose esperienze in cui i comuni hanno finanziato progetti di integrazione dell'offerta formativa e didattica, mettendo a disposizione delle scuole risorse per incaricare docenti esterni, con il compito di affiancare i docenti di ruolo, nello svolgimento dell'attività didattica in ambito alle pluriclassi;
    i suddetti interventi – attenuando l'impatto delle pluriclassi – hanno facilitato il percorso didattico e gli scolari hanno avuto l'opportunità di maggiori attenzioni rispetto alle loro esigenze,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di considerare le pluriclassi, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della riforma di istruzione e formazione in corso, quali «fattori di complessità» sia delle istituzioni scolastiche in cui sono presenti sia delle aree, evidentemente soggette a maggiore rischio educativo;
   di conseguenza a valutare l'opportunità di valorizzare il merito (ai sensi dell'articolo 13, comma 1, riforma), attraverso specifici criteri premiali, del personale docente che opera all'interno di pluriclassi (di cui spesso fanno parte, nella scuola primaria, bambini italiani e stranieri di fasce d'età comprese fra i 6 e i 10 anni, bambini italiani insieme a bambini stranieri), ubicate, nella maggior parte dei casi, in istituti scolastici di aree interne del Paese;
   a valutare l'opportunità di promuovere e supportare, anche di concerto con le regioni e con gli enti locali, programmi didattici da sperimentare in ambito alle pluriclassi, attraverso l'utilizzo di strumenti e risorse umane ulteriori; attraverso interventi specifici in ambito al Piano nazionale scuola digitale.
9/2994-A/72. (Testo modificato nel corso della seduta) Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge recante la riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione è già prevista un'apposita clausola generale di salvaguardia per le specificità delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia;
    la provincia autonoma di Bolzano, al fine di poter rispondere pienamente alle esigenze socioculturali e linguistiche dei tre gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino, a tutela dei quali ha un'apposita competenza legislativa statutaria sul sistema scolastico, deve poter avere il pieno diritto di agire e di difendersi in giudizio sia sulle attribuzioni amministrative sia sul trattamento giuridico ed economico del personale docente, direttivo ed ispettivo, nonché deve avere la facoltà di disciplinare il percorso formativo e la valutazione degli alunni;
    per le stesse finalità di cui sopra, la provincia autonoma di Bolzano deve parimenti avere la competenza sia in materia di formazione del personale insegnante sia la delega delle attribuzioni dello Stato in materia di riconoscimento dei titoli di formazione professionale rilasciati da un Paese membro dell'Unione europea ai fini dell'esercizio della professione di docente nelle scuole di istruzione primaria, secondaria ed artistica, in relazione alle classi di concorso esistenti nella sola provincia autonoma di Bolzano o ai soli fini dell'accesso ai posti di insegnamento nelle scuole con lingua di insegnamento tedesca della provincia di Bolzano o ai posti di insegnamento delle scuole delle località ladine della provincia di Bolzano per materie impartite in lingua tedesca;
    per garantire quindi ai futuri insegnanti della provincia autonoma di Bolzano la possibilità della formazione disciplinare e pedagogico-didattica nella rispettiva madrelingua italiana o tedesca, è anche necessario che la Libera Università di Bolzano ed il Conservatorio di musica godano di una maggiore autonomia;
    ai futuri insegnanti va perciò garantita la possibilità della formazione disciplinare e pedagogico-didattica nella rispettiva madrelingua italiana o tedesca ed è opportuno che tale formazione comprenda attività di insegnamento che riguardano il relativo contesto culturale;
    per garantire infine l'unitarietà degli esami di Stato su tutto il territorio nazionale, la provincia di Bolzano, sentito il MIUR, può adeguarsi con legge provinciale alla normativa statale, nominando i presidenti ed i membri delle commissioni e stabilendo le materie sulle quali vertono gli esami di maturità e le relative prove,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a dare attuazione a quanto indicato in premessa, secondo le intese già raggiunte con il presidente della provincia autonoma di Bolzano.
9/2994-A/73Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente disegno di legge al Capo II, articolo 2 (autonomia scolastica e valorizzazione dell'offerta formativa), comma 3 prevede fra gli obiettivi formativi prioritari «lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, con particolare riguardo al pensiero computazionale, all'utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media» (lettera h));
    il MIUR, in collaborazione con il Consorzio interuniversitario per l'informatica, ha avviato per l'a.s. 2014-2015, con la circolare 2937 del 23 settembre 2014, l'iniziativa «Programma il futuro» finalizzata a introdurre nelle scuole i concetti di base dell'informatica, attraverso la programmazione (coding). In particolare, la circolare sottolinea che «Il lato scientifico-culturale dell'informatica, definito anche “pensiero computazionale”, aiuta a sviluppare competenze logiche e capacità di risolvere problemi in modo creativo ed efficiente»;
    l'obiettivo del progetto «Programma il futuro» non è quello di far diventare tutti dei programmatori informatici, ma di diffondere conoscenze scientifiche di base per la comprensione della società moderna ovvero far comprendere i principi alla base del funzionamento dei sistemi e della tecnologia informatica così come vengono insegnate le nozioni per capire come funzionano l'elettricità o le cellule;
    al 10 aprile 2015 ben 16.000 classi hanno partecipato al progetto (corrispondenti a più di 300.000 studenti), di fatto raggiungendo l'obiettivo di 19.800 classi per il primo anno scolastico;
    in prospettiva, il progetto ambisce a far sì che un'adeguata educazione al pensiero computazionale sia inserita come disciplina nei vari ordinamenti scolastici italiani, anche in considerazione del fatto che la formazione sugli aspetti culturali-scientifici dell'informatica è obbligatoria da settembre 2014 in tutte le scuole del Regno Unito ed in Francia è nell'agenda del Governo,

impegna il Governo

a proseguire e rafforzare il sostegno al progetto «Programma il futuro», fornendo la massima diffusione dell'iniziativa nelle scuole e nella società affinché attraverso l'insegnamento del coding le nuove generazioni siano in grado di affrontare la società del futuro non da consumatori passivi ed ignari di tecnologie e servizi, ma da soggetti consapevoli e partecipi del loro sviluppo.
9/2994-A/74Basso, Coppola, Palmieri, Quintarelli, Ascani, Barbanti, Bonaccorsi, Bonomo, Bruno Bossio, Carrozza, D'Alia, Dallai, Marco Di Maio, Gadda, Gribaudo, Liuzzi, Malpezzi, Peluffo, Pinna, Scuvera.


   La Camera,
   premesso che:
    il DDL 2994/2015 reca disposizioni concernenti «Riforma del sistema nazionale d'istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti»;
    l'articolo 10, comma 5, vincola i soggetti interessati dalle fasi di cui al comma 4, lettere a), b) e c) a esprimere l'ordine di preferenza tra i posti di sostegno, se in possesso della relativa specializzazione;
    per effetto del dispositivo, i docenti specialisti di educazione fisica andranno a coprire in via prioritaria la copertura dei posti di sostegno,

impegna il Governo

a istituire una Classe di Concorso specifica al fine di raggiungere l'obiettivo dell'inserimento di almeno un docente specialista per Plesso di scuola primaria.
9/2994-A/75Vezzali, Molea.


   La Camera,
   premesso che:
    il DDL 2994/2015 reca disposizioni concernenti «Riforma del sistema nazionale d'istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti»;
    l'articolo 10, comma 5, vincola i soggetti interessati dalle fasi di cui al comma 4, lettere a), b) e c) a esprimere l'ordine di preferenza tra i posti di sostegno, se in possesso della relativa specializzazione;
    per effetto del dispositivo, i docenti specialisti di educazione fisica andranno a coprire in via prioritaria la copertura dei posti di sostegno,

impegna il Governo

a dare piena e tempestiva attuazione a quanto previsto all'articolo 2, comma 3, lettera g), in merito al potenziamento delle discipline motorie.
9/2994-A/75. (Testo modificato nel corso della seduta) Vezzali, Molea.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'anno scolastico 2012/2013 ammontava a 12.299 il numero degli alunni disabili frequentanti le scuole paritarie, pari all'1,18 per cento degli studenti complessivi delle paritarie e pari al 5,5 per cento degli alunni disabili che frequentano le scuole del sistema nazionale di istruzione;
    nelle scuole paritarie in tale anno scolastico i disabili erano 6.047 nelle scuole dell'infanzia, 3.244 nelle primarie, 1.405 nelle secondarie di primo grado e 1.603 nelle superiori;
    il decreto-legge n. 104 del 2013, convertito dalla legge n. 128 del 2013, prevede importanti misure di potenziamento dell'insegnamento di sostegno per gli alunni delle scuole statali, senza però alcun riferimento ai disabili frequentanti le scuole paritarie, operando così una grave disparità di trattamento;
   considerato inoltre che:
    attualmente sono previsti contributi statali meramente simbolici per gli alunni disabili che frequentano le scuole paritarie (circa 1.000/2.000 euro annui per alunno in base alle decisioni degli UUSSRR), l'onere dell'insegnamento di sostegno per tali alunni resta così completamente a carico della scuola paritaria e della famiglia,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a destinare, attraverso ulteriori iniziative normative, 100 milioni di euro l'anno, a partire dal 2015 per l'insegnamento di sostegno degli alunni disabili, certificati ai sensi della legge n. 104 del 1992 e frequentanti le scuole paritarie.
9/2994-A/76D'Agostino, Falcone, Molea, Matarrese, Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'anno scolastico 2012/2013 ammontava a 12.299 il numero degli alunni disabili frequentanti le scuole paritarie, pari all'1,18 per cento degli studenti complessivi delle paritarie e pari al 5,5 per cento degli alunni disabili che frequentano le scuole del sistema nazionale di istruzione;
    nelle scuole paritarie in tale anno scolastico i disabili erano 6.047 nelle scuole dell'infanzia, 3.244 nelle primarie, 1.405 nelle secondarie di primo grado e 1.603 nelle superiori;
    il decreto-legge n. 104 del 2013, convertito dalla legge n. 128 del 2013, prevede importanti misure di potenziamento dell'insegnamento di sostegno per gli alunni delle scuole statali, senza però alcun riferimento ai disabili frequentanti le scuole paritarie, operando così una grave disparità di trattamento;
   considerato inoltre che:
    attualmente sono previsti contributi statali meramente simbolici per gli alunni disabili che frequentano le scuole paritarie (circa 1.000/2.000 euro annui per alunno in base alle decisioni degli UUSSRR), l'onere dell'insegnamento di sostegno per tali alunni resta così completamente a carico della scuola paritaria e della famiglia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di destinare, attraverso ulteriori iniziative normative, 100 milioni di euro l'anno, a partire dal 2015 per l'insegnamento di sostegno degli alunni disabili, certificati ai sensi della legge n. 104 del 1992 e frequentanti le scuole paritarie.
9/2994-A/76. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Agostino, Falcone, Molea, Matarrese, Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    i compiti del docente comandato ex articolo 26, comma 8, della legge n. 448 del 1998 sono pressoché identici a quelli del dirigente tecnico ed essenziali per il corretto funzionamento del sistema dell'Autonomia scolastica quali Educazione alla Legalità; Educazione alla Salute, Inclusione degli alunni disabili, B.E.S., Educazione all'Ambiente, Contrasto del fenomeno della Dispersione scolastica e del Bullismo, Coordinamento delle attività della Consulta degli Studenti, Progetti Internazionali, eccetera;
    considerato che diversi docenti svolgono queste funzioni da parecchi anni ed hanno ormai conseguito un curricolo più strutturato e completo di numerosi colleghi;
    la figura del docente assegnato per il supporto all'autonomia scolastica discende direttamente dal riconoscimento dell'Autonomia alle istituzioni scolastiche (legge n. 59 del 1997 – decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999) poiché si è avuta chiara, sin dall'inizio, la complessità di un tale cambiamento nella gestione delle scuole, da un sistema centralistico a quello autonomistico, tanto che il legislatore ha previsto l'istituzione di un contingente di docenti particolarmente competenti e dirigenti da assegnare presso il MIUR o gli USR/UST per sostenere il lavoro di dirigenti scolastici e docenti nelle scuole nel delicato passaggio di sistema e che tali docenti si pongono come corpo intermedio tra le esigenze amministrative proprie degli Uffici e la competenza pedagogico-didattica delle scuole;
   considerato inoltre che:
    la loro figura, nel tempo, è venuta affermandosi come figura di sistema e indispensabile, in quanto, questi docenti, fanno da tramite tra le scuole e gli uffici centrali e periferici e tra questi e tutte le altre amministrazioni e/o enti che, quotidianamente, interagiscono con le scuole: ad essi, infatti, sono affidati moltissimi e delicatissimi compiti di mediazione, diffusione, coinvolgimento, coordinamento, promozione ecc., relativamente alle politiche educative locali, nazionali e internazionali e il più delle volte questo avviene ricorrendo ai consolidati rapporti interpersonali e di fiducia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche in futuri provvedimenti legislativi, ad un inquadramento funzionale di tali docenti nell'ambito dirigenziale, una valorizzazione di tali figure che per tanti anni, da 5 anni e più, con incarichi a 36 ore settimanali, hanno sostenuto con interesse, convincimento e passione l'Autonomia scolastica e sono stati di sostegno e di raccordo alle istituzioni scolastiche.
9/2994-A/77Antimo Cesaro.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 62 del 2000 all'articolo 1, comma 8, prevede l'applicabilità del regime fiscale ONLUS alle scuole paritarie gestite da enti senza fine di lucro;
    l'Agenzia delle Entrate interpreta tale previsione come riservata alle scuole che accolgono «solo o prevalentemente» soggetti svantaggiati;
    tuttavia tale interpretazione contrasta da un lato con l'articolo 1 legge 62/2000 per il quale le paritarie sono tenute ad accogliere tutti coloro che lo richiedono, dall'altro con l'avvenuto superamento delle scuole cosiddette speciali;
    la volontà del legislatore, come documentano gli atti parlamentari e le mozioni votate in sede di approvazione della legge n. 62 del 2000, era quella di riconoscere il regime Onlus a tutte le paritarie gestite da enti senza scopo di lucro,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad interpretare l'articolo 1, comma 8, della legge n. 62 del 2000 nel senso che il regime fiscale Onlus di cui all'articolo 10 e seg. del decreto legislativo n. 460 del 1997 e successive modificazioni e integrazioni è applicabile ai soggetti senza fine di lucro che gestiscono scuole paritarie.
9/2994-A/78Pinna, Falcone, Molea.


   La Camera,
   premesso che:
    il Disegno di legge riguardante la «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» disponeva una detrazione per un importo annuo non superiore a 400 euro per alunno o studente per le spese sostenute per la frequenza delle scuole dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione che fanno parte del sistema nazionale di istruzione e, quindi, delle scuole paritarie;
    la scuola pubblica paritaria, al pari di quanto avviene in Europa, necessita del finanziamento necessario per poter continuare il suo servizio educativo nell'interesse di tutto il Paese: la detrazione fiscale è infatti solo un primo passo verso il riconoscimento di un principio di vera libertà di scelta per le famiglie, per garantire che la Buona Scuola lo sia davvero per tutti;
    nonostante sia apprezzabile il riconoscimento da parte del Governo in questo disegno di legge della scuola paritaria, occorre ricordare che questa accoglie ancora oltre un milione di alunni;
    tale sistema costa allo Stato solo 470 milioni di euro/anno, pari a circa 450 euro/anno/alunno per la scuola dell'infanzia e primaria, mentre lo stanziamento per le secondarie di I e di II grado è praticamente inesistente. Il resto è a carico delle famiglie e del volontariato delle comunità,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare gli effetti normativi in seguito all'aumento del tetto della spesa sostenuta per la frequenza delle scuole paritarie del sistema nazionale di istruzione per un importo annuo non superiore a 4.000 euro per alunno del primo e del secondo ciclo di istruzione al fine di tutelare fino in fondo la libertà di scelta educativa delle famiglie.
9/2994-A/79Falcone, Molea, Matarrese, Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    il Disegno di legge riguardante la «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» disponeva una detrazione per un importo annuo non superiore a 400 euro per alunno o studente per le spese sostenute per la frequenza delle scuole dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione che fanno parte del sistema nazionale di istruzione e, quindi, delle scuole paritarie;
    la scuola pubblica paritaria, al pari di quanto avviene in Europa, necessita del finanziamento necessario per poter continuare il suo servizio educativo nell'interesse di tutto il Paese: la detrazione fiscale è infatti solo un primo passo verso il riconoscimento di un principio di vera libertà di scelta per le famiglie, per garantire che la Buona Scuola lo sia davvero per tutti;
    nonostante sia apprezzabile il riconoscimento da parte del Governo in questo disegno di legge della scuola paritaria, occorre ricordare che questa accoglie ancora oltre un milione di alunni;
    tale sistema costa allo Stato solo 470 milioni di euro/anno, pari a circa 450 euro/anno/alunno per la scuola dell'infanzia e primaria, mentre lo stanziamento per le secondarie di I e di II grado è praticamente inesistente. Il resto è a carico delle famiglie e del volontariato delle comunità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di incrementare il tetto della spesa sostenuta per la frequenza delle scuole paritarie del sistema nazionale di istruzione per un importo annuo non superiore a 4.000 euro per alunno del primo e del secondo ciclo di istruzione al fine di tutelare fino in fondo la libertà di scelta educativa delle famiglie.
9/2994-A/79. (Testo modificato nel corso della seduta) Falcone, Molea, Matarrese, Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento dà piena attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche per la realizzazione di importanti finalità tra le quali quelle di prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica, ricorrendo però ad una formulazione generica che non va oltre ad un'esortazione di principio;
    al fine di fronteggiare i due fenomeni, pur entro la piena autonomia scolastica, sarebbe stato più opportuno inserire il riferimento a strumenti e protocolli, suggerendo, ad esempio, alle scuole di adottare buone pratiche, che siano parte integrante del piano per l'offerta formativa, che favoriscano l'accoglienza e l'integrazione attraverso l'attivazione di percorsi formativi mirati e di protocolli di accoglienza degli alunni stranieri;
    ed invero, secondo quanto riportato dal Focus «La dispersione scolastica» elaborato nel giugno del 2013 dal Servizio statistica del MIUR, nonostante la presenza di alunni stranieri nella scuola italiana sia in crescita, sfiorando il 9,5 per cento nella scuola secondaria di I grado ed il 6,6 per cento nella scuola secondaria di II grado, la percentuale di alunni stranieri iscritti a «rischio di abbandono», è pari allo 0,49 per cento, contro lo 0,17 per cento relativo agli alunni con cittadinanza italiana. Analoga situazione si registra nella scuola secondaria di II grado, in cui gli alunni stranieri «a rischio di abbandono» sono pari al 2,42 per cento degli iscritti contro l'1,16 per cento degli alunni italiani. Riguardo, poi, agli stranieri nati all'estero, questi risultano essere, ovviamente, in situazione di maggiore difficoltà rispetto agli stranieri di 2o generazione, (quelli cioè nati in Italia che, avendo maggiore padronanza della lingua ed essendo indubbiamente più integrati nella nostra società, incontrano minori difficoltà nel percorso di studi): nella scuola secondaria di I grado oltre l'84,5 per cento del numero complessivo di alunni stranieri a «rischio di abbandono» è rappresentato, infatti, da alunni stranieri nati all'estero mentre nella scuola secondaria di II grado tale percentuale tocca il 92 per cento;
    secondo la Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 e relativa agli «Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica», l'area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit, e che, inoltre, in ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni tra le quali le difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana. Pertanto, alla luce di tale direttiva, gli alunni stranieri vengono oggi considerati dalla normativa come possibili portatori di bisogni educativi speciali;
    nonostante le previsioni della suddetta direttiva, l'attuale sistema nazionale di valutazione, adottato con il principale obiettivo di ridurre i tassi di abbandono scolastico, è ancora estremamente rigido ed incapace di registrare i miglioramenti conseguiti negli studi da parte di coloro che hanno bisogni educativi speciali, in particolare, di quelli arrivati da poco nel nostro Paese,

impegna il Governo

ad implementare, anche ricorrendo a strumenti compensativi, l'alfabetizzazione degli alunni e delle alunne migranti, nonché a realizzare percorsi di orientamento e di supporto in favore delle loro famiglie, promuovendo negli istituti scolastici un adeguato clima di accoglienza e valorizzando la funzione dei mediatori linguistici e culturali quale supporto complementare alle attività di insegnamento e di integrazione.
9/2994-A/80Palazzotto, Costantino, Nicchi, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento dà piena attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche per la realizzazione di importanti finalità tra le quali quelle di prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica, ricorrendo però ad una formulazione generica che non va oltre ad un'esortazione di principio;
    ogni anno due ragazzi su dieci abbandonano prematuramente la scuola: un esodo preoccupante, legato non soltanto alle difficoltà sociali ed economiche aggravate da una crisi che morde dal 2008, ma anche alla crisi di senso dell'istruzione pubblica, di sistema educativo e formativo che non viene più percepito come garante di opportunità occupazionali;
    secondo la banca dati Eurostat, nel 2013 nel nostro Paese i giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni ancora fermi al diploma della scuola media sfiorano il 17 per cento del totale, dato che, tradotto in numeri grezzi, restituisce oltre 720 mila giovani con uno scarso livello di istruzione e che rappresentano una forza lavoro poco qualificata. Sempre secondo le stesse rilevazioni, il confronto con gli altri partner europei ci colloca in fondo alla classifica, prima soltanto di Turchia, Spagna, Malta, Islanda, Portogallo e Romania. Anche il raffronto con le nazioni leader del vecchio continente, Germania in testa, ci umilia: il nostro dato dei dispersi, pari al 17 per cento, è lontanissimo dal 12,4 del Regno Unito, il 9,9 per cento della Germania e il 9,7 della Francia. Senza adeguate risorse appare veramente complicato per il nostro Paese raggiungere il traguardo «Europa 2020», che chiede ai Paesi membri di contenere sotto il 10 per cento il fenomeno dell'abbandono della scuola;
    nonostante il suddetto desolante quadro in soli cinque anni i fondi per combattere il fenomeno dispersivo sono stati ridotti a meno di metà rispetto a quelli previsti nel 2009/2010. Lo stesso Miur, In una nota pubblicata lo scorso 7 ottobre 2014, non fa mistero della situazione, dichiarando che: «Le risorse a disposizione per l'anno scolastico 2014/2015 per le scuole collocate nelle aree a rischio educativo, con forte processo immigratorio e contro la dispersione scolastica sono determinate in 18.458.933 euro. Tale somma», recita laconica la circolare, «che rappresenta un'ulteriore diminuzione rispetto agli anni precedenti, impegna maggiormente gli uffici scolastici regionali nelle azioni di selezione e distribuzione delle risorse, al fine di ottimizzare l'utilizzo e la coerenza rispetto alle finalità istitutive di tale misura, nella direzione di favorire l'integrazione e il rientro in formazione di tutti gli studenti a rischio»;
    appena cinque anni prima, infatti, la somma stanziata dal Miur per la stessa finalità era pari a 53.195.060 euro. In poche parole già da quest'anno il comparto scuola per favorire l'integrazione scolastica degli alunni stranieri, che nel frattempo sono aumentati di 150 mila unità, ed il rientro in formazione di oltre 700 mila ragazzi che hanno abbandonato gli studi, può contare solo su un terzo dei fondi previsti cinque anni prima. Tale taglio del 65 per cento del capitolo di spesa avrà pesanti ripercussioni su quegli alunni più deboli e per i quali, necessitando di un insegnamento personalizzato, occorrono risorse aggiuntive;
    il Governo, nell'effettuare il cospicuo taglio di risorse destinate a combattere la dispersione scolastica, con una strategia poco lungimirante ha dimostrato di sottostimare la gravità del problema. Di contro, la spesa per l'istruzione nel nostro Paese, per avvicinarsi al livello degli altri partners europei dovrebbe superare il 6,0 per cento del Pil, ossia valere circa 100 miliardi di euro all'anno,

impegna il Governo

ad assicurare al comparto scolastico adeguate risorse finanziarie aggiuntive finalizzate ad interrompere un esodo incessante e preoccupante di ragazzi che non percepiscono più il sistema scolastico italiano come un'opportunità formativa completa e qualificata.
9/2994-A/81Duranti, Pannarale, Nicchi, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento dà piena attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche per la realizzazione di importanti finalità tra le quali quelle di prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica, ricorrendo però ad una formulazione generica che non va oltre ad un'esortazione di principio;
    ogni anno due ragazzi su dieci abbandonano prematuramente la scuola: un esodo preoccupante, legato non soltanto alle difficoltà sociali ed economiche aggravate da una crisi che morde dal 2008, ma anche alla crisi di senso dell'istruzione pubblica, di sistema educativo e formativo che non viene più percepito come garante di opportunità occupazionali;
    secondo la banca dati Eurostat, nel 2013 nel nostro Paese i giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni ancora fermi al diploma della scuola media sfiorano il 17 per cento del totale, dato che, tradotto in numeri grezzi, restituisce oltre 720 mila giovani con uno scarso livello di istruzione e che rappresentano una forza lavoro poco qualificata. Sempre secondo le stesse rilevazioni, il confronto con gli altri partner europei ci colloca in fondo alla classifica, prima soltanto di Turchia, Spagna, Malta, Islanda, Portogallo e Romania. Anche il raffronto con le nazioni leader del vecchio continente, Germania in testa, ci umilia: il nostro dato dei dispersi, pari al 17 per cento, è lontanissimo dal 12,4 del Regno Unito, il 9,9 per cento della Germania e il 9,7 della Francia. Senza adeguate risorse appare veramente complicato per il nostro Paese raggiungere il traguardo «Europa 2020», che chiede ai Paesi membri di contenere sotto il 10 per cento il fenomeno dell'abbandono della scuola;
    nonostante il suddetto desolante quadro in soli cinque anni i fondi per combattere il fenomeno dispersivo sono stati ridotti a meno di metà rispetto a quelli previsti nel 2009/2010. Lo stesso Miur, In una nota pubblicata lo scorso 7 ottobre 2014, non fa mistero della situazione, dichiarando che: «Le risorse a disposizione per l'anno scolastico 2014/2015 per le scuole collocate nelle aree a rischio educativo, con forte processo immigratorio e contro la dispersione scolastica sono determinate in 18.458.933 euro. Tale somma», recita laconica la circolare, «che rappresenta un'ulteriore diminuzione rispetto agli anni precedenti, impegna maggiormente gli uffici scolastici regionali nelle azioni di selezione e distribuzione delle risorse, al fine di ottimizzare l'utilizzo e la coerenza rispetto alle finalità istitutive di tale misura, nella direzione di favorire l'integrazione e il rientro in formazione di tutti gli studenti a rischio»;
    appena cinque anni prima, infatti, la somma stanziata dal Miur per la stessa finalità era pari a 53.195.060 euro. In poche parole già da quest'anno il comparto scuola per favorire l'integrazione scolastica degli alunni stranieri, che nel frattempo sono aumentati di 150 mila unità, ed il rientro in formazione di oltre 700 mila ragazzi che hanno abbandonato gli studi, può contare solo su un terzo dei fondi previsti cinque anni prima. Tale taglio del 65 per cento del capitolo di spesa avrà pesanti ripercussioni su quegli alunni più deboli e per i quali, necessitando di un insegnamento personalizzato, occorrono risorse aggiuntive;
    il Governo, nell'effettuare il cospicuo taglio di risorse destinate a combattere la dispersione scolastica, con una strategia poco lungimirante ha dimostrato di sottostimare la gravità del problema. Di contro, la spesa per l'istruzione nel nostro Paese, per avvicinarsi al livello degli altri partners europei dovrebbe superare il 6,0 per cento del Pil, ossia valere circa 100 miliardi di euro all'anno,

impegna il Governo

a valutare la possibilità compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di assicurare alle scuole risorse finanziarie aggiuntive finalizzate a contrastare il fenomeno della dispersione scolastica.
9/2994-A/81. (Testo modificato nel corso della seduta) Duranti, Pannarale, Nicchi, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 8, comma 3, prevede che il riparto della dotazione organica dell'autonomia su base regionale venga effettuato sulla base del numero delle classi, per i posti comuni, e sulla base del numero degli alunni, per i posti del potenziamento, tenendosi, altresì conto della presenza di aree montane o di piccole isole, di aree interne, a bassa densità demografica o a forte processo immigratorio, nonché di aree caratterizzate da elevati tassi di dispersione scolastica;
    il successivo comma 4 stabilisce che gli uffici scolastici regionali, ai fini di cui al suddetto comma, definiscono l'ampiezza degli ambiti territoriali, tenendo conto, tra l'altro della presenza di scuole nelle carceri;
    le statistiche del Ministero della Giustizia, aggiornate al 30 giugno 2014, riportano che su 66.028 detenuti totali (38.795 italiani e 23.233 stranieri), il 7 per cento è analfabeta o privo di titolo di studio, il 21,1 per cento ha conseguito la licenza elementare, il 59,4 per cento il diploma di scuola media, l'1,2 per cento il diploma di scuola professionale, il 9,3 per cento quello di scuola superiore e l'1,6 per cento è laureato e che l'età media degli studenti-detenuti supera i trent'anni;
    il detenuto che frequenta le lezioni con regolarità, raggiungendo la licenza media o il diploma, ma anche la sola licenza elementare, è una persona che capisce di aver bisogno di studiare per poter cambiare vita, e che, credendo nelle sue capacità di apprendimento, vuole preparare le basi per potersi ricostruire, una volta libero, un'esistenza migliore. In tal senso l'istruzione può rappresentare un valido strumento per recuperare una persona che ha buone probabilità di non tornare a delinquere e quindi per affievolire la sua potenziale recidiva;
    l'offerta formativa delle scuole carcerarie fino all'anno 2011-12 era la seguente: 19.976 i corsi attivati, così suddivisi: 3.881 (19,4 per cento), corsi del primo ciclo di istruzione (Cpc); 4.929 (24,7 per cento), corsi a favore dei cittadini stranieri per l'integrazione linguistica e sociale (Cils); 8.117 (40,6 per cento) corsi brevi modulari di alfabetizzazione (Cbm); 3.049 (15,3 per cento), corsi del secondo ciclo di istruzione (Cp/CsII);
    la metà delle 253 scuole carcerarie del nostro Paese è attiva nelle regioni del Sud: quella che vanta il maggior numero è la Sicilia (43), seguita dalla Campania (30) e dalla Puglia (15). Solo un terzo delle scuole è invece localizzato nelle regioni del Nord, ove sono programmati in maggioranza corsi brevi modulari, della durata di 50 ore (lingue, computer, falegnameria, arte, pittura, meccanica...), di cui 19 in Lombardia, 18 in Emilia Romagna e 13 in Piemonte. Al Centro, le scuole carcerarie sono in tutto 47, di cui 19 nel Lazio e 18 in Toscana;
    la scuola in carcere ha numerose indiscutibili peculiarità essendo frequentata da persone private non solo della libertà, ma anche della rete degli affetti e, assai spesso, del lavoro. Si tratta pertanto, di fatto, di classi che sono composte per il 100 per cento da persone con BES (i cc.dd. Bisogni Educativi Speciali) e le cui attività didattiche devono essere fortemente personalizzate; accoglie spesso persone analfabete e/o provenienti da contesti socioeconomici fortemente deprivati; spesso si deve fare carico di un percorso di educazione/formazione culturale di base, prima che di apprendimento; è strutturata su gruppi-classe soggetti a frequenti cambiamenti nel corso dell'anno scolastico; è garantita dal lavoro di docenti cui non viene chiesta nessuna formazione specifica e che non sono inseriti in una graduatoria dedicata e prevede un uso limitatissimo delle nuove tecnologie, non potendosi in ogni caso avvalersi delle potenzialità di Internet;
    considerate le caratteristiche della popolazione carceraria, sembra indispensabile vincolare il servizio scuola non al numero di iscritti definito in un certo mese dell'anno, bensì al numero di classi che il carcere ha la necessità di offrire stabilmente sulla base del numero delle persone detenute;
    l'articolo 5 del provvedimento, che si limita ad istituire un ruolo speciale per l'insegnamento relativo alla scuola primaria presso gli istituti penitenziari, non sembra poter rispondere alle suddette esigenze,

impegna il Governo

ad adeguare negli Istituti penitenziari le strutture e gli spazi destinati alle attività di istruzione e formazione e potenziare l'offerta formativa negli stessi relativa a tutti i gradi d'istruzione, anche avvalendosi, qualora fosse impossibile il percorso di gruppo, della collaborazione di enti, associazioni e singoli volontari, al fine di garantire a tutte le persone detenute la possibilità di seguire un percorso formativo/scolastico individualizzato.
9/2994-A/82Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Pannarale, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 8, comma 3, prevede che il riparto della dotazione organica dell'autonomia su base regionale venga effettuato sulla base del numero delle classi, per i posti comuni, e sulla base del numero degli alunni, per i posti del potenziamento, tenendosi, altresì conto della presenza di aree montane o di piccole isole, di aree interne, a bassa densità demografica o a forte processo immigratorio, nonché di aree caratterizzate da elevati tassi di dispersione scolastica;
    il successivo comma 4 stabilisce che gli uffici scolastici regionali, ai fini di cui al suddetto comma, definiscono l'ampiezza degli ambiti territoriali, tenendo conto, tra l'altro della presenza di scuole nelle carceri;
    le statistiche del Ministero della Giustizia, aggiornate al 30 giugno 2014, riportano che su 66.028 detenuti totali (38.795 italiani e 23.233 stranieri), il 7 per cento è analfabeta o privo di titolo di studio, il 21,1 per cento ha conseguito la licenza elementare, il 59,4 per cento il diploma di scuola media, l'1,2 per cento il diploma di scuola professionale, il 9,3 per cento quello di scuola superiore e l'1,6 per cento è laureato e che l'età media degli studenti-detenuti supera i trent'anni;
    il detenuto che frequenta le lezioni con regolarità, raggiungendo la licenza media o il diploma, ma anche la sola licenza elementare, è una persona che capisce di aver bisogno di studiare per poter cambiare vita, e che, credendo nelle sue capacità di apprendimento, vuole preparare le basi per potersi ricostruire, una volta libero, un'esistenza migliore. In tal senso l'istruzione può rappresentare un valido strumento per recuperare una persona che ha buone probabilità di non tornare a delinquere e quindi per affievolire la sua potenziale recidiva;
    l'offerta formativa delle scuole carcerarie fino all'anno 2011-12 era la seguente: 19.976 i corsi attivati, così suddivisi: 3.881 (19,4 per cento), corsi del primo ciclo di istruzione (Cpc); 4.929 (24,7 per cento), corsi a favore dei cittadini stranieri per l'integrazione linguistica e sociale (Cils); 8.117 (40,6 per cento) corsi brevi modulari di alfabetizzazione (Cbm); 3.049 (15,3 per cento), corsi del secondo ciclo di istruzione (Cp/CsII);
    la metà delle 253 scuole carcerarie del nostro Paese è attiva nelle regioni del Sud: quella che vanta il maggior numero è la Sicilia (43), seguita dalla Campania (30) e dalla Puglia (15). Solo un terzo delle scuole è invece localizzato nelle regioni del Nord, ove sono programmati in maggioranza corsi brevi modulari, della durata di 50 ore (lingue, computer, falegnameria, arte, pittura, meccanica...), di cui 19 in Lombardia, 18 in Emilia Romagna e 13 in Piemonte. Al Centro, le scuole carcerarie sono in tutto 47, di cui 19 nel Lazio e 18 in Toscana;
    la scuola in carcere ha numerose indiscutibili peculiarità essendo frequentata da persone private non solo della libertà, ma anche della rete degli affetti e, assai spesso, del lavoro. Si tratta pertanto, di fatto, di classi che sono composte per il 100 per cento da persone con BES (i cc.dd. Bisogni Educativi Speciali) e le cui attività didattiche devono essere fortemente personalizzate; accoglie spesso persone analfabete e/o provenienti da contesti socioeconomici fortemente deprivati; spesso si deve fare carico di un percorso di educazione/formazione culturale di base, prima che di apprendimento; è strutturata su gruppi-classe soggetti a frequenti cambiamenti nel corso dell'anno scolastico; è garantita dal lavoro di docenti cui non viene chiesta nessuna formazione specifica e che non sono inseriti in una graduatoria dedicata e prevede un uso limitatissimo delle nuove tecnologie, non potendosi in ogni caso avvalersi delle potenzialità di Internet;
    considerate le caratteristiche della popolazione carceraria, sembra indispensabile vincolare il servizio scuola non al numero di iscritti definito in un certo mese dell'anno, bensì al numero di classi che il carcere ha la necessità di offrire stabilmente sulla base del numero delle persone detenute;
    l'articolo 5 del provvedimento, che si limita ad istituire un ruolo speciale per l'insegnamento relativo alla scuola primaria presso gli istituti penitenziari, non sembra poter rispondere alle suddette esigenze,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di potenziare l'offerta formativa negli istituti penitenziari pubblici, anche visto quanto previsto dall'articolo 5.
9/2994-A/82. (Testo modificato nel corso della seduta) Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Pannarale, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la spesa per l'istruzione in Italia, come è noto e nonostante le risorse previste dalla Legge di stabilità 2015, resta al di sotto della media europea, per allinearsi alla quale occorrerebbero impegni e investimenti maggiori. Nel Documento di Economia e Finanza 2015, approvato il 10 aprile scorso dal Consiglio dei ministri, la partecipazione della scuola alla crescita del PIL è stimata da qui al 2020 dello 0,3 per cento, e su una proiezione di medio-lungo periodo la previsione di spesa in istruzione cala drasticamente, fino ad una riduzione di circa 10 miliardi, malgrado che da un quindicennio la curva demografica si sia stabilizzata;
    nel 2014, considerando tutte le scuole di ordine e grado il nostro paese spende complessivamente solo il 4,6 per cento del prodotto interno lordo. L'Italia è il Paese che spende di meno nell'istruzione fra gli Stati europei membri dell'Ocse in rapporto al proprio Pil;
    i dati fanno riferimento a tutti i livelli del ciclo d'istruzione, considerando come fonti di finanziamento le spese dirette da parte dello Stato per gli istituti scolastici statali e i sussidi alle famiglie. L'Italia perde il confronto con gli altri grandi Paesi dell'Unione Europea: dal Regno Unito alla Francia, dal Belgio all'Olanda passando per Svezia e Finlandia, la spesa in istruzione si attesta sempre sopra i sei punti percentuali. Anche Portogallo e Spagna, che certo non navigano nell'oro, sono a quota 5,5 per cento; la Germania spende il 5,1 per cento del PIL;
    fuori dall'Europa, gli Stati Uniti spendono nel sapere pubblico il 6,9 per cento del Pil, l'Australia il 5,8, il Giappone il 5,1;
    discorso identico per i fondi destinati all'università e alla ricerca: l'Italia investe appena l'1 per cento, anche qui ultima rispetto a una media europea di circa l'1,5 per cento;
    l'Italia nel 2014 ha aumentato il proprio bilancio per l'istruzione dello 0,6 per cento, dopo anni di tagli. E per il 2015 nella legge di stabilità è stato stanziato un miliardo di risorse (alcune delle quali, però, stornate da altri capitoli di spesa per la scuola). Anche qui, però, i dati sono solo parzialmente positivi. Se è vero che nell'ultimo anno i fondi sono stati incrementati, il saldo resta negativo nei confronti del resto d'Europa, dove l'aumento in media è stato di più dell'1 per cento;
    il confronto con gli altri Paesi diventa ancora più vistoso se si individua il «Tasso di scolarità dei giovani di 15-19 anni», dato dal rapporto tra gli iscritti a qualsiasi livello di istruzione in quel range anagrafico e la popolazione della stessa fascia d'età: tra il 2011 e il 2012 il tasso d'istruzione in Italia è pericolosamente calato passando dall'81,3 per cento all'81. In Germania la frequenza scolastica nella stessa fascia di età è superiore al 90 per cento. In Belgio, Irlanda e Paesi Bassi si attesta al 94 per cento;
    non ci si può meravigliare, quindi, a fronte di questi dati, se da noi il tasso di conseguimento della maturità superiore e del diploma di laurea è fermo, rispettivamente, al 79 per cento e al 32 per cento. Negli altri Paesi europei, questi dati – derivanti dal rapporto tra gli studenti che hanno conseguito per la prima volta un titolo di istruzione secondaria di secondo grado o terziaria e la popolazione di età teorica corrispondente al conseguimento del titolo – sono di ben altro spessore: il Danimarca, che investe nell'Istruzione quasi il doppio dell'Italia, arriva al diploma il 90 per cento e alla laurea il 50 per cento. Se si guarda solo al conseguimento del titolo di scuola secondaria superiore, la Finlandia riesce nel 96 per cento dei suoi giovani. Germania, Regno Unito e Paesi Bassi si attestano tra il 92 per cento e il 95 per cento;
    l'istruzione e la formazione rappresentano ambiti di particolare importanza, sia per il pieno e consapevole esercizio dei diritti di cittadinanza, sia per la valorizzazione del capitale umano. Ad esse si riferiscono molti indicatori adottati nella Strategia di Lisbona, e successivamente ribaditi in «Europa 2020», per la definizione di obiettivi strategici indispensabili alla realizzazione di una crescita economica sostenibile, per lo sviluppo del mercato del lavoro e per una maggiore coesione sociale;
    per colmare l'enorme gap formativo col resto d'Europa servirebbero risorse certe e adeguate. Il governo tenta di supplire all'insufficienza degli investimenti pubblici con le «sponsorizzazioni», con la concessione di crediti d'imposta a cittadini e imprese per donazioni alle scuole, e con la destinazione del 5xmille nella dichiarazione dei redditi. In questo modo l'intervento dei privati dovrebbe sostituirsi alla scarsità degli investimenti dello stato, con il rischio di creare e accrescere le forti diseguaglianze tra scuole di aree economico-sociali diverse, con buona pace dell'uguaglianza d'accesso di tutti i cittadini al diritto allo studio e del carattere nazionale e unitario del sistema d'istruzione;
    l'autonomia scolastica e le scuole italiane per rispondere al meglio al diritto ad un'istruzione di qualità e alle esigenze formative e di valorizzazione delle risorse di un territorio, hanno bisogno di risorse umane e finanziarie adeguate e costanti,

impegna il Governo

ad assicurare al sistema educativo d'istruzione statale finanziamenti adeguati, destinando ad esso un ammontare di risorse tale raggiungere progressivamente nell'arco di alcuni anni, una percentuale del prodotto interno lordo pari alla media delle risorse destinate alle stesse finalità da parte dei Paesi dell'Unione europea espresse in termini di percentuali del PIL.
9/2994-A/83Marcon, Pannarale, Giancarlo Giordano, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    la spesa per l'istruzione in Italia, come è noto e nonostante le risorse previste dalla Legge di stabilità 2015, resta al di sotto della media europea, per allinearsi alla quale occorrerebbero impegni e investimenti maggiori. Nel Documento di Economia e Finanza 2015, approvato il 10 aprile scorso dal Consiglio dei ministri, la partecipazione della scuola alla crescita del PIL è stimata da qui al 2020 dello 0,3 per cento, e su una proiezione di medio-lungo periodo la previsione di spesa in istruzione cala drasticamente, fino ad una riduzione di circa 10 miliardi, malgrado che da un quindicennio la curva demografica si sia stabilizzata;
    nel 2014, considerando tutte le scuole di ordine e grado il nostro paese spende complessivamente solo il 4,6 per cento del prodotto interno lordo. L'Italia è il Paese che spende di meno nell'istruzione fra gli Stati europei membri dell'Ocse in rapporto al proprio Pil;
    i dati fanno riferimento a tutti i livelli del ciclo d'istruzione, considerando come fonti di finanziamento le spese dirette da parte dello Stato per gli istituti scolastici statali e i sussidi alle famiglie. L'Italia perde il confronto con gli altri grandi Paesi dell'Unione Europea: dal Regno Unito alla Francia, dal Belgio all'Olanda passando per Svezia e Finlandia, la spesa in istruzione si attesta sempre sopra i sei punti percentuali. Anche Portogallo e Spagna, che certo non navigano nell'oro, sono a quota 5,5 per cento; la Germania spende il 5,1 per cento del PIL;
    fuori dall'Europa, gli Stati Uniti spendono nel sapere pubblico il 6,9 per cento del Pil, l'Australia il 5,8, il Giappone il 5,1;
    discorso identico per i fondi destinati all'università e alla ricerca: l'Italia investe appena l'1 per cento, anche qui ultima rispetto a una media europea di circa l'1,5 per cento;
    l'Italia nel 2014 ha aumentato il proprio bilancio per l'istruzione dello 0,6 per cento, dopo anni di tagli. E per il 2015 nella legge di stabilità è stato stanziato un miliardo di risorse (alcune delle quali, però, stornate da altri capitoli di spesa per la scuola). Anche qui, però, i dati sono solo parzialmente positivi. Se è vero che nell'ultimo anno i fondi sono stati incrementati, il saldo resta negativo nei confronti del resto d'Europa, dove l'aumento in media è stato di più dell'1 per cento;
    il confronto con gli altri Paesi diventa ancora più vistoso se si individua il «Tasso di scolarità dei giovani di 15-19 anni», dato dal rapporto tra gli iscritti a qualsiasi livello di istruzione in quel range anagrafico e la popolazione della stessa fascia d'età: tra il 2011 e il 2012 il tasso d'istruzione in Italia è pericolosamente calato passando dall'81,3 per cento all'81. In Germania la frequenza scolastica nella stessa fascia di età è superiore al 90 per cento. In Belgio, Irlanda e Paesi Bassi si attesta al 94 per cento;
    non ci si può meravigliare, quindi, a fronte di questi dati, se da noi il tasso di conseguimento della maturità superiore e del diploma di laurea è fermo, rispettivamente, al 79 per cento e al 32 per cento. Negli altri Paesi europei, questi dati – derivanti dal rapporto tra gli studenti che hanno conseguito per la prima volta un titolo di istruzione secondaria di secondo grado o terziaria e la popolazione di età teorica corrispondente al conseguimento del titolo – sono di ben altro spessore: il Danimarca, che investe nell'Istruzione quasi il doppio dell'Italia, arriva al diploma il 90 per cento e alla laurea il 50 per cento. Se si guarda solo al conseguimento del titolo di scuola secondaria superiore, la Finlandia riesce nel 96 per cento dei suoi giovani. Germania, Regno Unito e Paesi Bassi si attestano tra il 92 per cento e il 95 per cento;
    l'istruzione e la formazione rappresentano ambiti di particolare importanza, sia per il pieno e consapevole esercizio dei diritti di cittadinanza, sia per la valorizzazione del capitale umano. Ad esse si riferiscono molti indicatori adottati nella Strategia di Lisbona, e successivamente ribaditi in «Europa 2020», per la definizione di obiettivi strategici indispensabili alla realizzazione di una crescita economica sostenibile, per lo sviluppo del mercato del lavoro e per una maggiore coesione sociale;
    per colmare l'enorme gap formativo col resto d'Europa servirebbero risorse certe e adeguate. Il governo tenta di supplire all'insufficienza degli investimenti pubblici con le «sponsorizzazioni», con la concessione di crediti d'imposta a cittadini e imprese per donazioni alle scuole, e con la destinazione del 5xmille nella dichiarazione dei redditi. In questo modo l'intervento dei privati dovrebbe sostituirsi alla scarsità degli investimenti dello stato, con il rischio di creare e accrescere le forti diseguaglianze tra scuole di aree economico-sociali diverse, con buona pace dell'uguaglianza d'accesso di tutti i cittadini al diritto allo studio e del carattere nazionale e unitario del sistema d'istruzione;
    l'autonomia scolastica e le scuole italiane per rispondere al meglio al diritto ad un'istruzione di qualità e alle esigenze formative e di valorizzazione delle risorse di un territorio, hanno bisogno di risorse umane e finanziarie adeguate e costanti,

impegna il Governo

ad incrementare compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, i finanziamenti dedicati alla missione dell'istituzione scolastica.
9/2994-A/83. (Testo modificato nel corso della seduta) Marcon, Pannarale, Giancarlo Giordano, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    la scuola pubblica dovrebbe realizzare i seguenti obiettivi:
     a) riduzione dell'attuale divario anagrafico tra docente e discente, anche al fine di promuovere il pieno sviluppo delle potenzialità innovative della didattica;
     b) ridefinizione della formazione delle classi e riduzione dell'attuale rapporto dimensionale tra alunni e docenti, in modo da configurare un numero di alunni per classe non superiore a 20, anche in considerazione della presenza di alunni disabili;
     c) garanzia della presenza di tutti i docenti di sostegno necessari al progetto didattico, nonché l'assegnazione di docenti di sostegno per tutto l'orario richiesto dal medesimo progetto, fino a coprire interamente l'orario di permanenza a scuola dell'alunno o alunna disabili, se necessario;
     d) ridefinizione dell'offerta didattica e formativa, al fine di consentire il pieno sviluppo della personalità degli individui attraverso la definizione di programmi didattici innovativi e di contrasto a fenomeni di dispersione scolastica, disagio sociale e analfabetismo, garantendo dotazioni aggiuntive di personale docente, educativo e un organico ottimale del personale amministrativo, tecnico e ausiliario attraverso:
      1) l'elaborazione e realizzazione di un programma di interventi e misure volte al contrasto dell'analfabetismo di ritorno, nonché del più generale svuotamento e declino delle competenze;
      2) la reintroduzione e il potenziamento dell'insegnamento della Storia dell'arte, in particolare nelle scuole dell'istruzione secondaria;
      3) l'alfabetizzazione nella lingua italiana e l'inclusione linguistica e culturale degli alunni e delle alunne migranti, determinata in misura di almeno un docente ogni cinque alunni o alunne con necessità di prima alfabetizzazione e di almeno un docente ogni venti alunni o alunne di recente immigrazione, intendendosi per tali coloro che risiedono in Italia da meno di tre anni;
      4) il potenziamento delle discipline storico-filosofiche, anche al fine di promuovere lo sviluppo della riflessione etica, del senso critico e dell'educazione civica, nonché di diffondere la consapevolezza nei confronti dei principi e dei valori costituzionali;
      5) la promozione di modelli culturali e comportamentali inclusivi, consapevoli e sostenibili attraverso l'introduzione di materie di insegnamento quali l'educazione sentimentale, l'educazione ambientale, l'educazione alimentare, nonché attraverso il potenziamento degli insegnamenti di Diritto ed Economia;
    risulta, dunque, necessaria, per procedere a un reale ed innovativo processo di riforma della scuola e delle modalità di reclutamento del personale scolastico e per eliminare le cause determinanti la formazione di precariato, l'elaborazione di un Piano pluriennale di assunzioni a tempo indeterminato del personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario per le istituzioni scolastiche pubbliche di ogni ordine e grado, in deroga alle limitazioni di contingenti delle dotazioni organiche;
    tale Piano pluriennale di assunzioni, oltre a incidere sui processi di formazione del precariato, dovrebbe essere volto al raggiungimento degli obiettivi sopra menzionati, ed inoltre dovrebbe consentire la sostituzione del cento per cento del turn over del personale della scuola in considerazione dell'avvenuta stabilizzazione dell'andamento demografico italiano, che presenta, da almeno un quindicennio, minime variazioni percentuali;
    le assunzioni necessarie dovrebbero essere attuate garantendo una quota del 50 per cento per il personale che ne ha maturato il pieno diritto per appartenenza alle graduatorie ad esaurimento, agli idonei del concorso 2012, agli abilitati TFA e PAS, a chi è in possesso del diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, agli appartenenti alla terza fascia d'istituto e che ha prestato servizio nella scuola per più di 36 mesi, ai docenti precari della scuola dell'infanzia, ed una pari quota per i vincitori di nuovi concorsi da espletare con cadenza triennale; nonché, per il personale ATA, con la regolare e costante copertura di tutti i posti disponibili e vacanti,

impegna il Governo:

   a mantenere gli impegni presi nel novembre scorso con l'accoglimento dell'ordine del giorno in Assemblea sul decreto-legge di bilancio n. 9/02679-bis-A/023 (firmatari: Giancarlo Giordano, Fratoianni, Scotto, Costantino, Pannarale) che lo impegnava, tra l'altro, «a dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 26 novembre 2014 ed a risolvere, anche con provvedimenti di urgenza, il problema del precariato della scuola riconoscendone le ragioni: certezza del lavoro ed equa retribuzione, provvedendo alla stabilizzazione con incarico a tempo indeterminato dando così la giusta attuazione alla normativa vigente che stabilisce: qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia superato complessivamente i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato»;
   a trasmettere al Parlamento, entro il 30 settembre 2016, una valutazione dei risultati conseguiti dall'applicazione del provvedimento all'esame sia in relazione alla riduzione del precariato del personale scolastico che in relazione agli obiettivi scolastici sovra descritti;
   a valutare, in seguito a tale bilancio, l'opportunità di avviare finalmente un vero piano pluriennale di assunzioni per le finalità e nei termini di cui in premessa.
9/2994-A/84Giancarlo Giordano, Pannarale, Scotto, Costantino, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    la scuola pubblica dovrebbe realizzare i seguenti obiettivi:
     a) riduzione dell'attuale divario anagrafico tra docente e discente, anche al fine di promuovere il pieno sviluppo delle potenzialità innovative della didattica;
     b) ridefinizione della formazione delle classi e riduzione dell'attuale rapporto dimensionale tra alunni e docenti, in modo da configurare un numero di alunni per classe non superiore a 20, anche in considerazione della presenza di alunni disabili;
     c) garanzia della presenza di tutti i docenti di sostegno necessari al progetto didattico, nonché l'assegnazione di docenti di sostegno per tutto l'orario richiesto dal medesimo progetto, fino a coprire interamente l'orario di permanenza a scuola dell'alunno o alunna disabili, se necessario;
     d) ridefinizione dell'offerta didattica e formativa, al fine di consentire il pieno sviluppo della personalità degli individui attraverso la definizione di programmi didattici innovativi e di contrasto a fenomeni di dispersione scolastica, disagio sociale e analfabetismo, garantendo dotazioni aggiuntive di personale docente, educativo e un organico ottimale del personale amministrativo, tecnico e ausiliario attraverso:
      1) l'elaborazione e realizzazione di un programma di interventi e misure volte al contrasto dell'analfabetismo di ritorno, nonché del più generale svuotamento e declino delle competenze;
      2) la reintroduzione e il potenziamento dell'insegnamento della Storia dell'arte, in particolare nelle scuole dell'istruzione secondaria;
      3) l'alfabetizzazione nella lingua italiana e l'inclusione linguistica e culturale degli alunni e delle alunne migranti, determinata in misura di almeno un docente ogni cinque alunni o alunne con necessità di prima alfabetizzazione e di almeno un docente ogni venti alunni o alunne di recente immigrazione, intendendosi per tali coloro che risiedono in Italia da meno di tre anni;
      4) il potenziamento delle discipline storico-filosofiche, anche al fine di promuovere lo sviluppo della riflessione etica, del senso critico e dell'educazione civica, nonché di diffondere la consapevolezza nei confronti dei principi e dei valori costituzionali;
      5) la promozione di modelli culturali e comportamentali inclusivi, consapevoli e sostenibili attraverso l'introduzione di materie di insegnamento quali l'educazione sentimentale, l'educazione ambientale, l'educazione alimentare, nonché attraverso il potenziamento degli insegnamenti di Diritto ed Economia;
    risulta, dunque, necessaria, per procedere a un reale ed innovativo processo di riforma della scuola e delle modalità di reclutamento del personale scolastico e per eliminare le cause determinanti la formazione di precariato, l'elaborazione di un Piano pluriennale di assunzioni a tempo indeterminato del personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario per le istituzioni scolastiche pubbliche di ogni ordine e grado, in deroga alle limitazioni di contingenti delle dotazioni organiche;
    tale Piano pluriennale di assunzioni, oltre a incidere sui processi di formazione del precariato, dovrebbe essere volto al raggiungimento degli obiettivi sopra menzionati, ed inoltre dovrebbe consentire la sostituzione del cento per cento del turn over del personale della scuola in considerazione dell'avvenuta stabilizzazione dell'andamento demografico italiano, che presenta, da almeno un quindicennio, minime variazioni percentuali;
    le assunzioni necessarie dovrebbero essere attuate garantendo una quota del 50 per cento per il personale che ne ha maturato il pieno diritto per appartenenza alle graduatorie ad esaurimento, agli idonei del concorso 2012, agli abilitati TFA e PAS, a chi è in possesso del diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, agli appartenenti alla terza fascia d'istituto e che ha prestato servizio nella scuola per più di 36 mesi, ai docenti precari della scuola dell'infanzia, ed una pari quota per i vincitori di nuovi concorsi da espletare con cadenza triennale; nonché, per il personale ATA, con la regolare e costante copertura di tutti i posti disponibili e vacanti,

impegna il Governo:

   ad assicurare tempestiva e piena attuazione al presente provvedimento;
   a trasmettere al Parlamento, entro il 30 settembre 2016, una valutazione dei risultati conseguiti dall'applicazione del provvedimento all'esame sia in relazione alla riduzione del precariato del personale scolastico che in relazione agli obiettivi scolastici sovra descritti.
9/2994-A/84. (Testo modificato nel corso della seduta) Giancarlo Giordano, Pannarale, Scotto, Costantino, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    dal punto di vista normativo la scuola pubblica non include la scuola paritaria, sebbene ci siano alcune scuole paritarie che sono anche pubbliche (quelle degli enti locali);
    è lo stesso articolo 1, comma 1, della legge n. 62 del 2000 a precisare che il sistema nazionale di istruzione è costituito «dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali», creando la tripartizione fondamentale del sistema: a) suola statale; b) scuola privata paritaria; c) scuola paritaria pubblica degli enti locali. L'utilizzo della stessa espressione «privata» la contrappone a «pubblico»;
    la scuola paritaria svolge un servizio pubblico (ex articolo 1, comma 3 legge n. 62 del 2000), ma ciò non trasforma in «enti» pubblici i soggetti che gestiscono il servizio, tranne che la loro stessa natura giuridica sia pubblica (es. Comuni). Non va confuso, pertanto, lo svolgimento di un servizio definito pubblico con la definizione di pubblico (come quando usiamo la definizione «scuola pubblica») che sta ad indicare che il servizio promana da un ente pubblico. Come è noto, l'organizzazione pubblica nel suo complesso consta di una pluralità di organizzazioni, in genere dotate di propria personalità giuridica, e come tali idonee ad essere titolari di poteri amministrativi;
    per Amministrazioni pubbliche (in senso soggettivo) possono intendersi gli apparati che svolgono le attività che costituiscono l'Amministrazione pubblica in senso oggettivo, cioè le attività svolte nell'interesse dei cittadini, in attuazione dell'indirizzo degli apparati politici e nel rispetto di specifici principi costituzionali e di una articolata disciplina che ne costituisce svolgimento;
    una elencazione abbastanza esaustiva delle pubbliche Amministrazioni nel nostro ordinamento è quella contenuta nell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche», laddove, nel dichiarato fine di disciplinare «l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche», si precisa che «per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300»;
    peraltro, la natura «pubblica» di un ente comporta la sottoposizione al controllo della Corte dei conti, cosa che è vera e avviene sulla scuola statale o sulle attività svolte dagli enti locali, ma non sugli enti che gestiscono scuole private paritarie;
    nello stato di previsione del Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, il capitolo 1477, inserito nel programma 22.9 – «Istituzioni scolastiche non statali», nell'ambito della missione 22 – «Istruzione scolastica», concerne i trasferimenti alle istituzioni scolastiche non statali, senza distinguere tra quelle appartenenti ad enti locali e quelle private, di cui alla legge n. 62 del 2000;
    il trasferimento da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è avvenuto per le scuole paritarie, per la somma di sua competenza, nel corso del 2014, a giugno, per una quota di circa 273 milioni, a valere sul capitolo specifico, che è il 1477. Una somma ulteriore, di 220 milioni, a valere sul capitolo 1299 dello stesso Programma/Missione fa riferimento alla legge n. 203 del 2008 come modificata dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 169, della legge n. 190 del 2014), dedicata, invece, alle scuole paritarie e assegnata alle Regioni con vincolo di destinazione sulle scuole paritarie stesse;
    il 25 novembre del 2014, il MEF, con decreto ha provveduto al riparto e al trasferimento delle risorse dello stesso capitolo 1299 alle Regioni per il sostegno alle scuole paritarie, sulla base del numero delle scuole paritarie, delle classi e degli alunni che le frequentano,

impegna il Governo

per una maggiore trasparenza dei bilanci pubblici, a suddividere il capitolo 1477 citato in due distinti capitoli recanti rispettivamente i trasferimenti a favore delle istituzioni scolastiche paritarie non statali degli enti locali ed i trasferimenti a favore delle istituzioni scolastiche paritarie private, ed a chiedere alle Regioni, in sede di consuntivo, di operare la medesima distinzione per le erogazioni alle scuole paritarie delle somme derivanti dal capitolo 1299 citato.
9/2994-A/85Melilla, Marcon, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha approvato il 16 dicembre 2014 il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile. Nel documento si segnala, tra l'altro, la diffusione di due fattori di rischio molto significativi per la salute dei minori: l'obesità e il sovrappeso;
    dai dati 2014 risulta che i bambini in sovrappeso sono il 20,9 per cento e i bambini obesi sono il 9,8 per cento, compresi i bambini severamente obesi, che da soli sono il 2,2 per cento. Il suddetto documento conclusivo evidenzia che le regioni del Sud – sulla base di uno studio condotto dal Ministero della salute che ha riguardato i bambini di età tra 8-9 anni che frequentano la terza elementare – hanno una quota decisamente più alta di cittadini obesi o in sovrappeso, quindi a rischio di ammalarsi di diabete. Alcune regioni evidenziano, in questa fascia d'età, un 40 per cento di soggetti in condizioni di sovrappeso; e una gran parte degli obesi si trovano proprio nelle regioni del Sud. «Nelle regioni del Sud, quindi, tende ad affermarsi un modello nutrizionale sempre più simile a quello esistente nei Paesi del Sud del mondo, in cui si abbandona la tradizione alimentare nazionale a favore di un consumo eccessivo del cosiddetto junk food, il cibo ipercalorico a scarso valore nutrizionale, che però vanta un costo basso»;
    si evidenzia, inoltre, come la pubblicità di cibi «spazzatura» (Junk Food), rivolta ai bambini e non solo, contribuisce all'eccessivo consumo di snack nell'alimentazione quotidiana che ha snaturato la cultura del rispetto e della conservazione del cibo, che è stata falsata dalle multinazionali nella composizione dei valori nutrizionali, come, per esempio, nell'alterazione del contenuto dei grassi, degli zuccheri e del sale, al fine di rendere il cibo più «appetitoso»;
    la popolazione mondiale ipernutrita è pari a quella sottonutrita e denutrita. Nell'Unione europea oltre 79 milioni di persone vivono ancora al di sotto della soglia di povertà, mentre 18 milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari. Al contempo, le percentuali degli sprechi alimentari sono così ripartite: il 42 per cento dalle famiglie, il 39 per cento dai produttori, il 5 per cento dai rivenditori e il restante 14 per cento dal settore della ristorazione;
    nel nostro Paese, ogni famiglia butta tra i 200 grammi e i 2 chilogrammi di alimenti ogni settimana e ogni anno lo spreco domestico costa agli italiani 8,7 miliardi di euro, circa 7,06 euro settimanali a famiglia;
    è, peraltro, indispensabile prestare maggiore attenzione ai crescenti disturbi del comportamento alimentare. Spesso i primi sintomi di questi disturbi insorgono proprio in età evolutiva. Nel corso degli ultimi anni si è registrato un aumento del tasso di incidenza e, contemporaneamente, un abbassamento dell'età di insorgenza di questi fenomeni. Il fatto che questi disturbi non riguardino più solo gli adolescenti, ma che si stiano diffondendo anche in età preadolescenziale, rende fondamentale il ruolo che può essere svolto dalle scuole;
    una corretta educazione alimentare attraverso un'appropriata conoscenza dei principi alimentari e la promozione di un sano rapporto con il cibo aiuterebbero i ragazzi a sviluppare consapevolezza critica verso messaggi mediatici sbagliati che associano bellezza e magrezza e li accompagnerebbe verso un equilibrato sviluppo e benessere psico-fisico;
    un'ulteriore criticità, emersa nel corso dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile sopra citata, ha riguardato le mense scolastiche, che spesso risultano scarsamente accessibili ai minori che vivono in nuclei familiari con difficoltà economiche. Sotto questo aspetto è stata sottolineata l'opportunità di offrire un servizio gratuito alle famiglie e ai bambini in condizioni di povertà certificata;
    è dunque indispensabile fin dai primi anni di scuola promuovere dei modelli di consumo alimentare sani, sostenibili e responsabili, sensibilizzando i ragazzi alla necessità etica, prima ancora che economica, di una lotta allo spreco alimentare laddove gli squilibri relativi al diritto all'accesso al cibo sono ormai sempre più inaccettabili, sia a livello nazionale che planetario;
    la scuola può e deve avere un ruolo importantissimo per contribuire alla formazione di consumatori consapevoli. Consapevoli dello stretto legame tra qualità del cibo, un'alimentazione sana e la propria salute, nonché quanto le scelte alimentari siano strettamente connesse alla tutela dell'ambiente e del territorio. Consapevoli che scegliere prodotti locali, privilegiando la filiera corta, riduce i costi di trasporto e, quindi, le emissioni di anidride carbonica e sostiene l'economia locale; così come scegliere produzioni biologiche significa optare per prodotti più sani con evidenti benefici ambientali connessi, tra l'altro, al mancato utilizzo di prodotti chimici in agricoltura e altro,

impegna il Governo

a promuovere presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, ferma restando l'autonomia delle stesse nella definizione dei piani dell'offerta formativa, programmi finalizzati all'educazione ad una sana alimentazione, secondo le indicazioni svolte in premessa.
9/2994-A/86Zaccagnini, Franco Bordo, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    il Piano triennale dell'offerta formativa previsto dal provvedimento ai nostro esame riguarda aspetti molto rilevanti per il territorio, si auspica dunque un reale e proficuo coinvolgimento degli enti locali di riferimento, Comune, Città metropolitana e Provincia. Infatti, se tale strumento non è integrato con i Piani della programmazione della rete scolastica, potrebbe prevedere interventi strutturali (necessità di nuove aule, classi, laboratori) non in linea con la programmazione della rete scolastica già approvata;
    è necessario prevedere il raccordo con le rappresentanze delle istituzioni locali al fine di consentire una più approfondita verifica dei fabbisogni di personale nei diversi territori in coerenza con lo sviluppo dei piani di programmazione della rete scolastica;
    una riforma strutturale così complessa non può prescindere dal pieno coinvolgimento delle istituzioni locali, che svolgono funzioni fondamentali di programmazione e coordinamento della rete scolastica. Il coinvolgimento di Regioni ed Enti locali è pertanto necessario, anche al fine di rafforzare il legame con il contesto territoriale di riferimento e di evitare l'isolamento della scuola dal territorio e dal tessuto socio-economico in cui opera;
    inoltre, i Comuni si trovano in forti difficoltà nella gestione dei servizi educativi e delle scuole dell'infanzia a causa dei vincoli sul personale, che oggi, stanti le previsioni della legge di stabilità 2015, escludono la possibilità di assumere, bandire concorsi, determinando un rapporto numerico tra insegnanti di ruolo e supplenti che diventa sempre più sbilanciato a favore dei precari;
    il disegno di legge in discussione prevede un percorso di superamento parzialissimo del precariato nel sistema scolastico statale, mentre non si riesce a superare la precarietà per il personale scolastico degli enti locali;
    dopo le pesanti contrazioni di spesa corrente operate dalla Legge di stabilità 2015 su Province, Città metropolitane e Comuni, gli enti locali mostrano pesanti difficoltà nell'assicurare la piena copertura delle spese di gestione e manutenzione ordinaria degli istituti scolastici;
    sarebbe inoltre opportuno escludere l'applicazione delle sanzioni previste dalle norme vigenti a carico di Province e Città metropolitane che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l'anno 2014 per le spese collegate al sistema scolastico. In particolare, la modifica è necessaria al fine di non gravare ulteriormente su Province e Città metropolitane, già investite da pesanti carichi finanziari e interessate dal lungo e complesso processo di riordino istituzionale previsto dalla legge n. 56 del 2014. Tale richiesta è peraltro coerente con l'ordine del giorno n. 9/2679-bis-B/113 approvato alla Camera dei Deputati in sede di approvazione della Legge di stabilità 2015, che impegna il Governo ad «eliminare le sanzioni a carico delle Province e delle Città metropolitane non adempienti al patto di stabilità 2014»,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune misure anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
    coinvolgere gli enti locali nella predisposizione dei progetti formativi e dei piani per l'edilizia scolastica;
    stabilizzare il personale scolastico degli enti locali;
    fornire agli enti locali adeguate risorse per la manutenzione e la gestione degli edifici scolastici;
    escludere l'applicazione delle sanzioni previste dalle norme vigenti a carico di Province e Città metropolitane che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l'anno 2014 per le spese collegate al sistema scolastico.
9/2994-A/87Quaranta, Pannarale, Giancarlo Giordano, Marcon, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17 del provvedimento al nostro esame, al comma 1 prevedeva, prima della sua esclusione dal testo, che tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione, dunque sia pubbliche che paritarie, fossero inserite dal 2016 nella ripartizione dei benefici derivanti dal 5 x 1000, attraverso una modifica dell'articolo 2, comma 4-novies e 4-duodecies del decreto-legge n. 73 del 2010. La volontà di destinare la quota del 5x1000 all'istituzione scolastica scelta avrebbe dovuto essere manifestata in sede di dichiarazione dei redditi e le relative quote successivamente ripartite tra le singole istituzioni in modo proporzionale alle scelte espresse;
    sia il Governo che la maggioranza hanno manifestato l'intenzione di presentare, con una riformulazione, il suddetto articolo nel corso del suo cammino parlamentare;
    il cinque per mille è una quota dell'IRPEF, inserita per la prima volta attraverso la legge finanziaria 2006, che i contribuenti possono indirizzare a finalità di interesse sociale;
    con questo articolo, invece, il governo ha inteso fare solo cassa e superare la questione dei contributi «volontari» richiesti dalle scuole a causa dei tagli continui alla Dotazione Ordinaria (finanziamento annuale del MIUR per le spese di funzionamento amministrativo e didattico delle scuole) e che con più circolari il MIUR ha definito debbano essere solo volontari;
    le risorse sono poche: il 5x1000 ha un tetto annuale, che oscilla tra i 400 e i 500 milioni di euro, e i soggetti potenzialmente beneficiari sono, già ora, un numero estremamente elevato;
    il limite delle risorse comporterebbe un contributo scarsamente significativo per le scuole, e rischia di frammentare ulteriormente il sostegno agli altri settori cui viene destinato il cinque per mille, configurando una competizione tra, ad esempio, la ricerca sul cancro e la scuola pubblica;
    anche il cosiddetto Terzo settore, che da sempre usufruisce delle donazioni derivanti dal meccanismo di opzione fiscale del «5x1000», paventa che buona parte di quei fondi non vada più all'associazionismo di volontariato;
    inoltre, l'impostazione della ricezione del contributo in modo «proporzionale alle scelte espresse» produrrebbe una competizione tra i singoli istituti, creando un potenziale squilibrio territoriale tra scuole tradizionalmente frequentate da famiglie abbienti e scuole frequentate da alunni provenienti da famiglie con redditi bassi;
    l'articolo, così come presentato dal governo prevedeva che fosse inserita la previsione di una quota del 20 per cento del contributo alle istituzioni poste nelle zone a basso reddito (20 per cento del totale dei contributi al sistema nazionale di istruzione); sembra, comunque, una quota poco significativa: la scuola deve essere di qualità per tutti e avere tra i suoi principali obiettivi quello di correggere gli squilibri territoriali, non di assecondarli. È necessario dunque un piano consistente di finanziamenti pubblici e misure di fiscalità generale;
    in particolare, tale disposizione risultava particolarmente problematica in riferimento alle condizioni del Sud Italia, in cui il livello dei redditi è generalmente inferiore. Ciò vale anche se si analizza il possibile effetto del combinato disposto con l'articolo 18, lo School bonus, a causa della diradata presenza di imprese sul territorio;
    è nuovamente evidente l'obiettivo di configurare le istituzioni scolastiche come soggetti imprenditoriali, che debbono rendersi appetibili ed autofinanziarsi;
    viene poi istituito un fondo di 50 milioni annui per coprire le spese del 5 per mille destinate agli istituti scolastici scelti dai contribuenti. Ma tali risorse non sono aggiuntive rispetto a quelle già destinate dal provvedimento alla scuola. Si sottraggono dunque risorse già destinate a tutte le scuole per distribuirlo secondo i desiderata dei contribuenti favorendo le scuole frequentate dagli alunni di famiglie più facoltose;
    come foglia di fico si provvedeva ad elevare dal 10 al 20 per cento la quota destinata alle istituzioni scolastiche poste in zone a basso reddito;
    con la disposizione si offriva la possibilità ai facoltosi ed ai fortunati di destinare una parte del gettito fiscale alle scuole preferite, ratificando nei fatti che lo Stato non finanzia tutte le necessità della scuola pubblica ed operando, in tal modo, una discriminazione tra famiglie e scuole. Non a caso parlamentari della destra hanno guardato a questa come «una positiva misura simbolica»,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, che tutte le risorse del 5 per mille destinate dai contribuenti alle istituzioni scolastiche vengano riversate ad un unico fondo nazionale, risorse complessivamente da ripartire a tutti gli istituti scolastici sulla base di criteri numerici e di perequazione a favore degli istituti delle aree territoriali a ritardo di sviluppo, introducendo una misura specifica per le scuole distinta da quella per gli enti no-profit.
9/2994-A/88Paglia, Giancarlo Giordano, Pannarale, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento al nostro esame istituisce, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, la Carta del docente dell'importo di 500 euro per l'aggiornamento e la formazione dei docenti da utilizzare per l'acquisto di libri e testi di natura didattico scientifica, pubblicazioni e riviste riferite alle materie di insegnamento e comunque utili all'aggiornamento professionale, acquisto di hardware e software, iscrizione a corsi di studio, per attività di aggiornamento e qualificazione delle competenze professionali, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, ingresso a musei, mostre e eventi culturali in genere. I 500 euro non costituiscono retribuzione accessoria né reddito imponibile;
    si tratta di un costo di oltre 381 milioni di euro all'anno e, in buona sostanza, di poco più di 41 euro al mese;
    niente è previsto per il personale ATA, mentre si prosegue nella politica delle mance graziosamente elargite dal Governo (vedi bonus di 80 euro ed adesso la mancia una tantum ai pensionati di solo 500 euro);
    e, da 6 anni che il contratto per tutto il personale della scuola non viene rinnovato, mentre il DEF 2015 stabilisce di fatto il blocco della contrattazione per tutto il pubblico impiego fino almeno al 2019, prevedendo dunque il blocco dei contratti pubblici durerà dunque 9 anni (dal 2008 al 2019),

impegna il Governo

a predisporre le risorse e le misure, nell'ambito della legge di stabilità per il 2016, finalizzate al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed in particolare per il personale della scuola.
9/2994-A/89Placido, Giancarlo Giordano, Scotto, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del provvedimento al nostro esame istituisce, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, la Carta del docente dell'importo di 500 euro per l'aggiornamento e la formazione dei docenti da utilizzare per l'acquisto di libri e testi di natura didattico scientifica, pubblicazioni e riviste riferite alle materie di insegnamento e comunque utili all'aggiornamento professionale, acquisto di hardware e software, iscrizione a corsi di studio, per attività di aggiornamento e qualificazione delle competenze professionali, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, ingresso a musei, mostre e eventi culturali in genere. I 500 euro non costituiscono retribuzione accessoria né reddito imponibile;
    si tratta di un costo di oltre 381 milioni di euro all'anno e, in buona sostanza, di poco più di 41 euro al mese;
    niente è previsto per il personale ATA, mentre si prosegue nella politica delle mance graziosamente elargite dal Governo (vedi bonus di 80 euro ed adesso la mancia una tantum ai pensionati di solo 500 euro);
    questa misura è anche a favore degli insegnanti di religione alla cui formazione dovrebbe provvedere l'ente che li nomina, ossia la chiesa cattolica. Si tratta di circa 27 mila insegnanti;
    la legge 186 del 18 luglio 2003 ha previsto l'entrata in ruolo, previo concorso abilitativo, di circa quindicimila insegnanti (su circa venticinquemila complessivi), a copertura di circa il 70 per cento delle ore di insegnamento; la nomina del restante 30 per cento è lasciato alla discrezione della curia diocesana e alla conferma del dirigente scolastico. L'autorità diocesana si riserva comunque di revocare l'idoneità dell'insegnante per alcuni gravi motivi, come incapacità didattica o pedagogica, e/o condotta morale non coerente con l'insegnamento;
    il fatto che gli insegnanti siano formati e scelti a insindacabile giudizio dell'autorità religiosa (i docenti a tempo indeterminato devono superare anche un pubblico concorso), come prevede l'Intesa tra Stato Italiano e Conferenza Episcopale Italiana, ma retribuiti dallo Stato italiano è oggetto di molte critiche da parte di chi lo ritiene incompatibile con il principio della separazione tra Chiesa e Stato e di laicità dello Stato;
    inoltre, la nomina da parte dell'autorità religiosa favorisce gli insegnanti di fede cattolica violando i principi di uguaglianza e antidiscriminazione sul lavoro in funzione della fede dell'individuo;
    in seguito alla cosiddetta Riforma Gelmini, che ha introdotto numerosi tagli sia del personale docente sia del personale tecnico della scuola pubblica italiana, secondo il dossier annuale pubblicato dal Ministero dell'Istruzione, dal titolo La scuola statale: Sintesi dei dati, anno scolastico 2009/2010, una delle poche voci che cresce è quella del numero degli insegnanti di Religione, un dato in netta controtendenza col taglio delle classi e dei docenti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prendere le opportune misure per escludere dal beneficio della Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente gli insegnanti di religione e destinare le somme risparmiate ad una misura a favore del personale ATA.
9/2994-A/90Sannicandro, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34 della Costituzione sancisce che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e che la Repubblica deve rendere effettivo questo diritto attraverso l'attribuzione per concorso di borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze;
    il diritto allo studio rappresenta uno degli strumenti più importanti per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona e per dare attuazione, quindi, a quell'eguaglianza sostanziale fra cittadini abbienti e meno abbienti che è alla base dell'articolo 3, secondo comma della Costituzione;
    dal combinato delle due disposizioni costituzionali si evince che con «diritto allo studio» si allude alla moderna e fondamentale funzione dell'istruzione, che non è soltanto quella di trasmettere un bagaglio culturale già acquisito, bensì quella di garantire la promozione e lo sviluppo della personalità dello studente unito al diritto di raggiungere i gradi più elevati degli studi, da riconoscersi non indistintamente in capo a tutti gli studenti, ma solo a quanti fra essi presentino specifici requisiti quali capacità, merito e appartenenza a famiglie in condizioni economiche disagiate;
    l'articolo 23 del provvedimento che reca una delega al Governo in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione, al comma 2, lettera f), prevede che i decreti attuativi devono garantire l'effettività del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni in tale materia, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, sia in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio, sia in relazione ai servizi strumentali, ricorrendo però ad una formulazione generica che non va oltre ad un'esortazione di principio;
    il successivo comma 6, del medesimo articolo 23 del provvedimento, precisa che dall'attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che qualora i decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, essi sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie;
    gli stanziamenti presenti nel disegno di legge sono pertanto del tutto insufficienti per segnare quell'inversione di tendenza di cui ci sarebbe assolutamente bisogno per contrastare la dispersione scolastica, qualificare l'offerta formativa, anche attraverso la stabilizzazione del personale, potenziare il welfare studentesco a sostegno di giovani e famiglie sempre più in difficoltà anche a causa della perdurante crisi economica,

impegna il Governo:

   a riconoscere a tutti il diritto allo studio quale strumento fondamentale per l'emancipazione culturale ed economica degli individui:
    1) assicurando al sistema educativo d'istruzione statale risorse adeguate destinando ad esso un ammontare di risorse tale raggiungere progressivamente il 6 per cento del prodotto interno lordo nazionale entro il 2025;
    2) rimuovendo gli ostacoli che impediscono l'esercizio del diritto all'istruzione ed alla formazione, anche attraverso la generalizzazione del servizio erogato dalle scuole pubbliche dell'infanzia, statali o paritarie gestite dagli enti locali;
    3) istituendo un Fondo perequativo per il diritto allo studio, volto a correggere le diseguaglianze territoriali, in grado di garantire adeguate risorse anche allo sviluppo di un piano di interventi straordinario per soggetti a rischio abbandono;
    4) riequilibrando l'offerta scolastica e formativa, attraverso interventi prioritariamente diretti ai cittadini che presentino bassi livelli di scolarità ed a quei territori nei quali i servizi educativi e formativi non garantiscono l'effettivo diritto all'istruzione ed alla formazione;
    5) contrastando il fenomeno della dispersione scolastica, anche attraverso una idonea articolazione dei percorsi formativi;
    6) erogando borse di studio, quali strumenti di contrasto alle disparità sociali e territoriali che impediscono ai cittadini un pieno accesso all'istruzione e alla formazione, nonché ulteriori forme di sostegno del diritto allo studio, quali forme di reddito diretto, agevolazioni per il trasporto pubblico, gratuità totale o parziale dei libri di testo in base alla condizione reddituale del beneficiario.
9/2994-A/91Pannarale, Giancarlo Giordano, Nicchi, Duranti, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34 della Costituzione sancisce che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e che la Repubblica deve rendere effettivo questo diritto attraverso l'attribuzione per concorso di borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze;
    il diritto allo studio rappresenta uno degli strumenti più importanti per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona e per dare attuazione, quindi, a quell'eguaglianza sostanziale fra cittadini abbienti e meno abbienti che è alla base dell'articolo 3, secondo comma della Costituzione;
    dal combinato delle due disposizioni costituzionali si evince che con «diritto allo studio» si allude alla moderna e fondamentale funzione dell'istruzione, che non è soltanto quella di trasmettere un bagaglio culturale già acquisito, bensì quella di garantire la promozione e lo sviluppo della personalità dello studente unito al diritto di raggiungere i gradi più elevati degli studi, da riconoscersi non indistintamente in capo a tutti gli studenti, ma solo a quanti fra essi presentino specifici requisiti quali capacità, merito e appartenenza a famiglie in condizioni economiche disagiate;
    l'articolo 23 del provvedimento che reca una delega al Governo in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione, al comma 2, lettera f), prevede che i decreti attuativi devono garantire l'effettività del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni in tale materia, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, sia in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio, sia in relazione ai servizi strumentali, ricorrendo però ad una formulazione generica che non va oltre ad un'esortazione di principio;
    il successivo comma 6, del medesimo articolo 23 del provvedimento, precisa che dall'attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che qualora i decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, essi sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie;
    gli stanziamenti presenti nel disegno di legge sono pertanto del tutto insufficienti per segnare quell'inversione di tendenza di cui ci sarebbe assolutamente bisogno per contrastare la dispersione scolastica, qualificare l'offerta formativa, anche attraverso la stabilizzazione del personale, potenziare il welfare studentesco a sostegno di giovani e famiglie sempre più in difficoltà anche a causa della perdurante crisi economica,

impegna il Governo:

   a garantire a tutti il diritto allo studio quale strumento fondamentale per l'emancipazione culturale ed economica degli individui anche attraverso le seguenti misure, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica:
    1) a riconoscere a tutti il diritto allo studio quale strumento fondamentale per l'emancipazione culturale ed economica degli individui incrementando le risorse destinate alla missione istituzione scolastica;
    2) rimuovendo gli ostacoli che impediscono l'esercizio del diritto all'istruzione ed alla formazione, anche attraverso la generalizzazione del servizio erogato dalle scuole pubbliche dell'infanzia, statali o paritarie gestite dagli enti locali;
    3) istituendo un Fondo perequativo per il diritto allo studio, volto a correggere le diseguaglianze territoriali, in grado di garantire adeguate risorse anche allo sviluppo di un piano di interventi straordinario per soggetti a rischio abbandono;
    4) riequilibrando l'offerta scolastica e formativa, attraverso interventi prioritariamente diretti ai cittadini che presentino bassi livelli di scolarità ed a quei territori nei quali i servizi educativi e formativi non garantiscono l'effettivo diritto all'istruzione ed alla formazione;
    5) contrastando il fenomeno della dispersione scolastica, anche attraverso una idonea articolazione dei percorsi formativi;
    6) erogando borse di studio, quali strumenti di contrasto alle disparità sociali e territoriali che impediscono ai cittadini un pieno accesso all'istruzione e alla formazione, nonché ulteriori forme di sostegno del diritto allo studio, quali forme di reddito diretto, agevolazioni per il trasporto pubblico, gratuità totale o parziale dei libri di testo in base alla condizione reddituale del beneficiario.
9/2994-A/91. (Testo modificato nel corso della seduta) Pannarale, Giancarlo Giordano, Nicchi, Duranti, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    tra le competenze del Dirigente scolastico di cui all'articolo 9 del provvedimento al nostro esame, al comma 5, si prevede che il dirigente scolastico, nell'ambito dell'organico dell'autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche, disponibili, possa ridurre il numero di alunni e di studenti per classe rispetto a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, allo scopo di migliorare la qualità didattica;
    ma a tale previsione non è associata nessuna risorsa aggiuntiva, il che ci permette di qualificare tale disposizione come una norma «platonica»;
    il comma richiamato rappresenta comunque l'ammissione che il rapporto alunni/docenti è troppo elevato per consentire un proficuo lavoro degli insegnanti e che molti delle classi della nostra scuola pubblica sono in realtà delle «classi pollaio»;
    fare scuola in classi che superano anche il numero trenta è impegnativo per chi insegna e per chi deve imparare, soprattutto in istituti, come tanti in diverse città, dove le classi sono multietniche. E difficile seguire i ragazzi, verificarne la preparazione e non lasciare indietro i più deboli, e gli stranieri appena inseriti;
    le classi fuori parametro sono più di 23 mila, il 6,4 per cento. Così risulta dall'indagine sul sovraffollamento nelle istituti statali pubblicata dalla rivista Tuttoscuola;
    l'insegnante ha difficoltà a condurre la classe e a personalizzare l'intervento educativo, mentre risulta oltremodo difficile rispondere alla esigenze dei singoli in quelle che giustamente vengono chiamiate «classi pollaio»;
    sulla sicurezza delle scuole si dovrebbero fissare criteri coerenti: adesso c’è una norma, del ’92 (del ministero degli Interni, sulla prevenzione incendi) che fissa un numero massimo di 25 studenti per aula (più l'insegnante) mentre un'altra del 2009 (il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009) afferma che si può arrivare anche a trenta;
    nessun preside si assume volentieri la responsabilità di avere classi troppo numerose, anche soltanto per la sicurezza. Lo vediamo quando ci sono le prove di evacuazione: fare uscire da una classe più di venticinque persone è complicato;
    nel decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 si prevedono non più di 29 bambini nelle sezioni della scuola dell'infanzia, 27 alle elementari, 28 alle medie e 30 alle superiori. Si scende soltanto se ci sono alunni disabili,

impegna il Governo

a predisporne un futuro intervento normativo, che consenta, stanziando le necessarie risorse, di ridurre gradualmente il numero massimo di alunni per classe.
9/2994-A/92Ricciatti, Daniele Farina, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    tra le competenze del Dirigente scolastico di cui all'articolo 9 del provvedimento al nostro esame, al comma 5, si prevede che il dirigente scolastico, nell'ambito dell'organico dell'autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche, disponibili, possa ridurre il numero di alunni e di studenti per classe rispetto a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, allo scopo di migliorare la qualità didattica;
    ma a tale previsione non è associata nessuna risorsa aggiuntiva, il che ci permette di qualificare tale disposizione come una norma «platonica»;
    il comma richiamato rappresenta comunque l'ammissione che il rapporto alunni/docenti è troppo elevato per consentire un proficuo lavoro degli insegnanti e che molti delle classi della nostra scuola pubblica sono in realtà delle «classi pollaio»;
    fare scuola in classi che superano anche il numero trenta è impegnativo per chi insegna e per chi deve imparare, soprattutto in istituti, come tanti in diverse città, dove le classi sono multietniche. E difficile seguire i ragazzi, verificarne la preparazione e non lasciare indietro i più deboli, e gli stranieri appena inseriti;
    le classi fuori parametro sono più di 23 mila, il 6,4 per cento. Così risulta dall'indagine sul sovraffollamento nelle istituti statali pubblicata dalla rivista Tuttoscuola;
    l'insegnante ha difficoltà a condurre la classe e a personalizzare l'intervento educativo, mentre risulta oltremodo difficile rispondere alla esigenze dei singoli in quelle che giustamente vengono chiamiate «classi pollaio»;
    sulla sicurezza delle scuole si dovrebbero fissare criteri coerenti: adesso c’è una norma, del ’92 (del ministero degli Interni, sulla prevenzione incendi) che fissa un numero massimo di 25 studenti per aula (più l'insegnante) mentre un'altra del 2009 (il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009) afferma che si può arrivare anche a trenta;
    nessun preside si assume volentieri la responsabilità di avere classi troppo numerose, anche soltanto per la sicurezza. Lo vediamo quando ci sono le prove di evacuazione: fare uscire da una classe più di venticinque persone è complicato;
    nel decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 si prevedono non più di 29 bambini nelle sezioni della scuola dell'infanzia, 27 alle elementari, 28 alle medie e 30 alle superiori. Si scende soltanto se ci sono alunni disabili,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di predisporre un futuro intervento normativo, che consenta, stanziando le necessarie risorse, di ridurre gradualmente il numero massimo di alunni per classe.
9/2994-A/92. (Testo modificato nel corso della seduta) Ricciatti, Daniele Farina, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    il 7 aprile 2011 l'Italia ha sottoscritto la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, del Consiglio d'Europa;
    la suddetta Convenzione è stata successivamente ratificata con la legge 27 giugno 2013, n. 77, suscitando aspettative sull'apertura di una proficua riflessione sul tema;
    il dibattito politico e parlamentare si è però concentrato sulla valutazione relativa alla possibilità di configurare il reato di femminicidio, senza considerare la complessità dei fenomeni che conducono alla visione stereotipata dei ruoli di genere che caratterizza la società contemporanea;
    all'articolo 24 della Convenzione di Istanbul si legge: «Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi»;
    il Gruppo parlamentare di Sinistra Ecologia e Libertà, oltre ad aver presentato il 7 agosto 2013 una proposta di legge in merito all'introduzione dell'insegnamento dell'educazione sentimentale a prima firma Costantino (A.C. 1510), ha in numerose occasioni sollecitato con atti di indirizzo la Camera e il Governo a predisporne interventi normativi in grado di rispondere agli impegni presi in sede internazionale ed a garantire la sensibilizzazione e l'educazione dei cittadini italiani in merito alle tematiche della parità di genere e del rispetto reciproco, in particolar modo in età scolastica;
    ad oggi, non sono stati prese iniziative significative in materia da parte del Governo, con la conseguente permanenza di un vuoto normativo su un tema di grande rilievo per la società, al centro di continui e tragici fatti di cronaca;
    il rispetto della parità di genere e delle differenza è, in primo luogo, un tema culturale e come tale va affrontato in tutte le sedi adeguate;
    il presente testo di Riforma dell'istruzione avrebbe potuto e dovuto essere il contesto maggiormente adatto per un tale tipo di intervento, in particolar modo considerando le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 2, concernenti il potenziamento dell'offerta normativa;
    non bastano, tuttavia, le generiche enunciazioni presenti del testo a sviluppare una piena coscienza in merito all'importanza del tema, essendo volte a «promuovere» le pari opportunità, a «prevenire» la violenza ed a «informare e sensibilizzare» gli studenti nel contesto del piano triennale dell'offerta formativa;
    sembra, dunque, che il Governo sia nuovamente mosso dalla volontà di fornire generiche rassicurazioni in merito, senza tuttavia impegnarsi in modo convincente in relazione ad un tema di tale importanza e delicatezza per lo sviluppo di una coscienza collettiva consapevole, rispettosa e accogliente,

impegna il Governo

a garantire la corretta applicazione della Convenzione di Istanbul in tutte le sue previsioni, attraverso interventi normativi puntuali, consentendo in tal modo anche la completa integrazione delle questioni connesse al tema della parità di genere e della promozione di una cultura del rispetto delle differenze in tutte le iniziative concernenti la realtà scolastica, educativa e formativa.
9/2994-A/93Costantino, Pannarale, Nicchi, Duranti, Pellegrino, Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    quella dei cosiddetti «Quota 96» sembra una vexata quaestio ancora lontana dalla definizione, visto che il provvedimento, che pure sembrava il mezzo ideale per affrontare e risolvere il problema, è sembrato volerli completamente ignorare, e le cui radici affondano negli aberranti effetti della Riforma Fornero che, pur contemplando una norma di salvaguardia a tutela dei diritti pensionistici maturati prima della sua entrata in vigore, non tiene però conto della specificità del comparto scuola che ha da sempre usufruito di una sola finestra di uscita in coincidenza con la fine dell'anno scolastico;
    l'articolo 24, comma 3 del decreto-legge n. 201 del 2001, convertito nella legge n. 214 del 2011 (cosiddetto «Salva Italia»), nell'indicare quale limite tra i vecchi ed i nuovi criteri per l'accesso al trattamento pensionistico il 31 dicembre 2011, data di conclusione dell'anno solare, senza specificare che per il comparto scuola tale limite dovesse coincidere con il 31 agosto 2012, data di conclusione dell'anno scolastico, ha penalizzato tutti quei docenti, all'epoca 4.000, nati nel biennio 1951-1952, che, nonostante a fine anno avessero maturato i requisiti (61 anni di età e 35 di contributi oppure 60 anni e 36 di contributi) e presentato relativa domanda di accesso al pensionamento, sono rimasti bloccati in servizio;
    da quel giorno, nonostante in questi ultimi tre anni siano intervenute a sostegno delle ragioni dei cosiddetti «Quota 96» varie iniziative parlamentari da una parte, peraltro approvate, e numerose sentenze che riconoscono il diritto dei ricorrenti dall'altra, il governo, avanzando sempre e solo l'assurdo pretesto della mancanza di risorse economiche adeguate per sanare la situazione, temporeggia oltremodo assoggettando la scuola alle esigenze del mercato, mostrando così una sorta di accanimento contro chi ha dedicato la propria esistenza professionale alle nuove generazioni a fronte di alcun riconoscimento;
    sul fronte dei numeri, ove esiste da sempre una discrepanza tra i dati riferiti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e quelli riferiti dall'INPS, stando alle recenti valutazioni fornite dai sindacati dall'iniziale platea che comprendeva 4.000 lavoratori, occorre circa detrarre i 1.000 insegnanti che sono stati inseriti nella IV e nella VI salvaguardia per aver assistito familiari disabili nel 2011. La platea si sarebbe pertanto fisiologicamente ridotta a 3.000 soggetti (una decina di loro sono addirittura deceduti senza poter andare in meritato riposo), a cui rimane la sola prospettiva, forse, di vedersi ricollocato, stanco ed oramai demotivato, nell'organico funzionale della «riformata» scuola italiana;
    se questi numeri fossero confermati diminuirebbe drasticamente l'importo delle risorse economiche necessarie a sanare la posizione delle posizioni rimanenti, operazione che, tra l'altro, consentirebbe l'immediata stabilizzazione di altrettanti giovani precari, portatori nel mondo della scuola, di nuove energie e potenzialità,

impegna il Governo

a dare definitiva soluzione alle aspettative di tutti quei lavoratori della scuola che, in procinto di accedere al trattamento previdenziale sono stati beffati da una norma che ha negato loro il meritato diritto alla pensione, superando e risolvendo tutte le problematiche interpretative ed applicative sorte a causa della intervenuta riforma Fornero, estendendo l'applicazione dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico previgente alla stessa anche al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/12, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge n. 449 del 1997, riconoscendo, in tal modo, il diritto al pensionamento a tutti coloro che desidereranno esercitano a partire già dal 1o settembre 2015, stanziando a tal fine le adeguate risorse finanziarie.
9/2994-A/94Airaudo, Placido, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi 10 anni il numero di alunni disabili è raddoppiato, passando da 110 mila a 222 mila unità;
    all'articolo 23 è prevista un apposita delega (comma 2, lettera c)) per favorire l'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l'istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria e il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione attraverso:
     1) la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l'istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria;
     2) la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente lo stesso insegnante di sostegno per l'intero ordine o grado di istruzione;
     3) l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;
     4) la previsione di indicatori per l'autovalutazione e la valutazione dell'inclusione scolastica;
     5) la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, in modo che consenta di individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate che seguono gli alunni, riconosciuti ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104 e della legge 8 ottobre 2010, n. 170 che partecipano al GLH o agli incontri informali;
     6) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il supporto all'inclusione;
     7) la previsione dell'obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), rispetto alle specifiche competenze, sull'assistenza di base e su aspetti organizzativi ed educativo-relazionali con riferimento al processo di integrazione scolastica;
     8) la previsione dell'obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti e per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell'integrazione scolastica;
     9) la previsione della garanzia dell'istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 12, comma 9, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
    ma il comma 6 dello stesso articolo 23 precisa che:
  «6. Dall'attuazione delle deleghe recate dal presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, per gli adempimenti dei decreti legislativi attuativi del presente articolo le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, essi sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.»;
    lo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, all'articolo 5, comma 2, prevede che le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall'insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola;
    è necessario, comunque, assegnare a ciascuna scuola autonoma un organico funzionale in misura tale da prevedere non più di 25 alunni in ogni ordine e grado, con riduzione in presenza di disabili,

impegna il Governo

a predisporne nella legge di stabilità 2016 adeguate risorse per dare piena attuazione alle misure per favorire l'inclusione scolastica di tutti gli alunni con disabilità e fornire ad essi il necessario numero di insegnanti di sostegno qualificati.
9/2994-A/95Kronbichler, Pellegrino, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    il DDL in esame non comprende nel Piano straordinario di assunzioni tutto il personale che assicura ogni giorno il funzionamento della scuola, in particolare il personale amministrativo, tecnico e ausiliario e ancor di più il personale «terziarizzato» che vi lavora ormai da anni per il servizio di pulizia e, in minima parte, nelle segreterie amministrative, con contratto di Co.Co.Co. e nei laboratori;
    la cosiddetta «terziarizzazione/esternalizzazione» dei servizi di parte delle scuole statali risale ormai al lontano anno 2000, successivamente all'approvazione della legge n. 124 del 1999, «Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico», con esiti dubbi ormai sotto gli occhi di tutti, nonché insostenibili sia per quanto riguarda le risorse impiegate e i costi per il bilancio dello Stato, sia sotto l'aspetto occupazionale vieppiù reso precario delle lavoratrici e lavoratori delle imprese di pulizia, ma soprattutto per la qualità dell'igiene e pulizia delle scuole interessate, situazioni di disagio e emergenza più volte segnalate dalla stampa;
    le ultime convenzioni, a partire dall'anno 2014, stipulate sulla base delle «gare» CONSIP non hanno fatto altro che far deflagrare le criticità di una scelta e di una politica dei servizi giunta ormai al termine ed hanno impegnato il Parlamento e il Governo a interventi ripetuti, oltre il presente, quali:
     a) la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), che all'articolo 1, comma 748, ha disposto la prosecuzione (prima proroga), dal 31 dicembre 2013 al 28 febbraio 2014, dei contratti per i servizi ATA esternalizzati stipulati dalle scuole: (costo + 34,6 milioni di euro);
     b) il cosiddetto «salvaRomater» che all'articolo 19 ha previsto un'ulteriore (seconda) proroga dal 28 febbraio 2014 al 31 marzo 2014, sempre degli stessi contratti (costo + 20 milioni di euro);
     c) l'accordo sottoscritto in data 28 marzo 2013 tra Ministero del lavoro e organizzazioni sindacali impegna il Governo a garantire un ulteriore periodo, dal 1o aprile 2014 al 30 giugno 2014, di ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori LSU della scuola (costo + 60 milioni di euro);
     d) sempre nello stesso accordo, e per il periodo dal 1o luglio 2014 al 30 marzo 2016, è previsto un ulteriore stanziamento per interventi nelle scuole da parte del personale esterno addetto alle pulizie (costo + 450 milioni di euro);
    anche il Governo di recente ha riconosciuto onestamente le problematiche e criticità dell'attuale sistema di esternalizzazioni dei servizi nonché la necessità di ripristinare le risorse della legge n. 440 del 1997 (fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi), in parte utilizzate per rifinanziare i citati interventi di terziarizzazione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di un piano pluriennale di assunzioni anche per questi lavoratori mantenendo quanto promesso accogliendo l'ordine del giorno n. 9/02385/002 (firmatari On. Giancarlo Giordano, Costantino, Fratoianni) che tra l'altro lo impegnava a:
    «a valutare la possibilità e l'opportunità di adottare, nel rispetto dei limiti di compatibilità finanziaria, misure atte:
     a risolvere nel più breve tempo possibile – adottando le opportune iniziative, anche legislative – la politica di esternalizzazione dei servizi di pulizia delle scuole affidata cioè in appalto a ditte di pulizia in cambio dell'accantonamento, con una percentuale del 25 per cento, dei posti del personale ausiliario e a ripristinare l'organico integrale del personale collaboratore scolastico come garanzia della funzionalità del servizio scolastico salvaguardando in questo modo, ancorché gradualmente e in relazione ai contratti CONSIP in vigore dal 1o gennaio 2014, i livelli occupazionali delle lavoratrici e lavoratori delle imprese di pulizia assunti da anni con rapporto di lavoro precario e in servizio nelle scuole statali;
     a risolvere, altresì, salvaguardandone i livelli occupazionali, la situazione delle lavoratrici e lavoratori con contratti di Co.Co.Co. in servizio nelle scuole statali, sempre a seguito dell'attuazione della legge n. 124 del 1999 e le cui funzioni sono svolte e riconducibili a quelle dei profili professionali di “Assistente amministrativo” e “Assistente tecnico” di cui alla tabella “A” – Area B allegata al CCNL del comparto scuola, e la cui permanenza negli istituti scolastici sin dall'anno 2000 produce una percentuale di accantonamento del 50 per cento dei posti nei rispettivi profili professionali ATA».
9/2994-A/96Franco Bordo, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    il DDL in esame non comprende nel Piano straordinario di assunzioni tutto il personale che assicura ogni giorno il funzionamento della scuola, in particolare il personale amministrativo, tecnico e ausiliario e ancor di più il personale «terziarizzato» che vi lavora ormai da anni per il servizio di pulizia e, in minima parte, nelle segreterie amministrative, con contratto di Co.Co.Co. e nei laboratori;
    la cosiddetta «terziarizzazione/esternalizzazione» dei servizi di parte delle scuole statali risale ormai al lontano anno 2000, successivamente all'approvazione della legge n. 124 del 1999, «Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico», con esiti dubbi ormai sotto gli occhi di tutti, nonché insostenibili sia per quanto riguarda le risorse impiegate e i costi per il bilancio dello Stato, sia sotto l'aspetto occupazionale vieppiù reso precario delle lavoratrici e lavoratori delle imprese di pulizia, ma soprattutto per la qualità dell'igiene e pulizia delle scuole interessate, situazioni di disagio e emergenza più volte segnalate dalla stampa;
    le ultime convenzioni, a partire dall'anno 2014, stipulate sulla base delle «gare» CONSIP non hanno fatto altro che far deflagrare le criticità di una scelta e di una politica dei servizi giunta ormai al termine ed hanno impegnato il Parlamento e il Governo a interventi ripetuti, oltre il presente, quali:
     a) la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), che all'articolo 1, comma 748, ha disposto la prosecuzione (prima proroga), dal 31 dicembre 2013 al 28 febbraio 2014, dei contratti per i servizi ATA esternalizzati stipulati dalle scuole: (costo + 34,6 milioni di euro);
     b) il cosiddetto «salvaRomater» che all'articolo 19 ha previsto un'ulteriore (seconda) proroga dal 28 febbraio 2014 al 31 marzo 2014, sempre degli stessi contratti (costo + 20 milioni di euro);
     c) l'accordo sottoscritto in data 28 marzo 2013 tra Ministero del lavoro e organizzazioni sindacali impegna il Governo a garantire un ulteriore periodo, dal 1o aprile 2014 al 30 giugno 2014, di ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori LSU della scuola (costo + 60 milioni di euro);
     d) sempre nello stesso accordo, e per il periodo dal 1o luglio 2014 al 30 marzo 2016, è previsto un ulteriore stanziamento per interventi nelle scuole da parte del personale esterno addetto alle pulizie (costo + 450 milioni di euro);
    anche il Governo di recente ha riconosciuto onestamente le problematiche e criticità dell'attuale sistema di esternalizzazioni dei servizi nonché la necessità di ripristinare le risorse della legge n. 440 del 1997 (fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi), in parte utilizzate per rifinanziare i citati interventi di terziarizzazione,

impegna il Governo

a mantenere gli impegni già assunti in seguito all'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/02385/002 (firmatari On. Giancarlo Giordano, Costantino, Fratoianni).
9/2994-A/96. (Testo modificato nel corso della seduta) Franco Bordo, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente DDL configura un sempre più evidente disimpegno dello Stato nei confronti della Scuola dell'infanzia, come risulta chiaro dal combinato disposto dell'articolo 10 (che, di fatto, rinvia l'assunzione di 23 mila insegnanti precari della Scuole dell'Infanzia) e dalla formulazione iniziale dell'articolo 19 (ora esteso anche alle scuole di secondo grado), che prevedeva la detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica solo per la Scuola dell'infanzia e le scuole di primo grado;
    la progressiva diminuzione delle risorse e della presenza dello Stato in questo settore del percorso educativo e formativo ha comportato il moltiplicarsi di istituti paritari, sia di natura pubblica, gestiti ossia da enti locali come i Comuni, che privata;
    in particolare, le scuole comunali svolgono indubbiamente un servizio importante per la collettività, configurandosi come suppletive al ruolo dello Stato, sempre meno presente;
    nel mese di marzo 2015, l'Assessore all'Istruzione nonché vicesindaco di Firenze Cristina Giachi ha dichiarato di voler procedere, a partire dal prossimo anno scolastico, all'esternalizzazione del servizio scolastico delle scuole di infanzia per 64 scuole fiorentine, a causa dell'impossibilità di assumere docenti che compensino il turn-over;
    in particolare, l'intenzione sembra quella di configurare una sorta di sistema misto pubblico-privato, con un ruolo sempre più defilato del primo a favore del secondo, attraverso appalti per la fascia oraria pomeridiana alle cooperative;
    la Costituzione della Repubblica Italiana è, però, molto chiara, e configura il ruolo determinante dello Stato nel settore educativo e scolastico;
    è impensabile, dunque, che, la Scuola dell'Infanzia pubblica subisca un ulteriore sminuimento del suo ruolo e della sua centralità nel percorso educativo, che contribuisce tra l'altro a rendere possibile il pieno sviluppo della personalità e delle potenzialità dei componenti di un nucleo familiare, in particolar modo delle donne,

impegna il Governo

a riconoscere e valorizzare, attraverso specifici interventi normativi o di carattere finanziario, il ruolo delle Scuole di infanzia pubbliche, statali o degli enti locali, anche attraverso un adeguato piano assunzionale che escluda la necessità di ricorrere ad appalti di dubbia natura nei confronti dei privati, per garantire un diritto fondamentale come quello all'educazione e all'istruzione.
9/2994-A/97Nicchi, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    il principio fondamentale che ispira tutta la disciplina costituzionale della scuola, è quello della libertà d'insegnamento. L'articolo 33 della Costituzione considera essenziale per la democrazia il pluralismo ideologico che va garantito innanzitutto nella scuola, intesa come istituzione autenticamente laica, consentendo così ai docenti la possibilità di scegliere come e cosa insegnare, pur nel rispetto di parametri generali fissati per legge;
    la libertà d'insegnamento è in qualche modo espressione del più generale principio costituzionale della libertà di pensiero, sancito dall'articolo 21 e si collega, pertanto alla libertà di professare qualunque tesi o teoria venga ritenuta degna di accettazione, alla libertà di svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia più opportuno adottare. L'esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni e trova una formulazione pressoché identica nell'articolo 13 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
    con la libertà d'insegnamento si assegna al docente nell'esercizio della sua funzione un certo grado di responsabilità per la scelta di percorsi organizzativi e didattici più idonei a raggiungere il fine dell'apprendimento e questo comporta un'idea di scuola inclusiva, che promuove cultura e che garantisce il successo scolastico nel riconoscimento delle varie intelligenze;
    di contro, l'impianto complessivo del provvedimento all'esame dell'Aula, con il suo attacco irreversibile alla funzione sociale del docente, al suo compito di educazione al pensiero critico, libero, consapevole, sembra far perdere alla scuola la sua storica funzione di "autonomia della Repubblica". Anche la libertà di insegnamento viene lesa e messa in questione con un'operazione divisiva fra i docenti scelti dal dirigente a svolgere determinate funzioni, valutati dallo stesso con poteri di attribuire i riconoscimenti economici, chiamati su progetto con incarichi triennali. Attribuire al dirigente tali poteri nei confronti del personale docente della scuola provocherà lo snaturamento delle sue stesse funzioni dirigenziali e dell'attuale profilo così come delineato dal vigente quadro normativo e contrattuale;
    inoltre l'esercizio dei suddetti tali poteri da parte del dirigente scolastico non avverrà nel rispetto di regole contrattuali definite a livello nazionale o a livello di istituzione scolastica, e lo stesso dirigente sarà valutato sui criteri che avrà utilizzato e sulle azioni che avrà messo in campo per migliorare i risultati attenuti dalla scuola;
    così come formulato l'articolo 9, comma 1, che attribuisce al dirigente scolastico la responsabilità «delle scelte didattiche», nell'inno vare specificamente rispetto alle funzioni già elencate dall'articolo 25 del decreto legislativo n. 165 del 2001, sembrerebbe attribuirgli una posizione di tipo gerarchico che dovrebbe essere specificata, qualificata e mitigata nel rispetto del principio costituzionale della libertà d'insegnamento di cui all'articolo 33 della Costituzione;
    l'unico laconico richiamo alla libertà d'insegnamento è contenuto all'articolo 1, comma 3, del provvedimento, con una formulazione generica che non va oltre ad un'esortazione di principio;
    attentare alla libertà d'insegnamento significa colpire quel pluralismo, su di essa fondato, che consente alle istituzioni scolastiche di assolvere alla loro funzione istituzionale di formare i giovani alla libertà, all'esercizio dei diritti ed all'assolvimento dei doveri,

impegna il Governo

in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 23 del provvedimento, a garantire l'effettività in capo alla funzione docente della più ampia libertà d'insegnamento, al fine di consentire alle istituzioni scolastiche di assolvere pienamente alla loro funzione istituzionale di trasmettere i saperi e formare le coscienze dei futuri cittadini.
9/2994-A/98Scotto, Giancarlo Giordano, Pannarale, Sannicandro.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento al nostro esame niente viene disposto per incrementare il tempo pieno nella scuola primaria ed il tempo prolungato nella scuola secondaria di 1o grado;
    oltre la metà delle famiglie vorrebbe che i propri figli rimanessero a scuola per otto ore giornaliere e che a fine giornata avessero anche svolto almeno una parte della mole di compiti che i bambini della scuola primaria si ritrovano a dovere svolgere ogni pomeriggio;
    ma tale opzione non è presente in tutte le scuole, e laddove funzionano già alcune classi a tempo pieno, esse non risultano sufficienti rispetto alle richieste. Inoltre, anche nelle scuole secondarie del primo ciclo esiste una forte richiesta inevasa da parte delle famiglie per il tempo prolungato;
    nonostante i tagli di classi operati dalle leggi finanziarie di questi ultimi anni, il tempo pieno nella scuola primaria continua a crescere in modo costante;
    nel 2006 le classi a tempo pieno erano il 23,9 per cento del totale, l'anno successivo erano passate al 24,4 per cento e nel 2008 avevano già raggiunto il 25 per cento. Un aumento generalizzato per tutte le regioni italiane ma che lascia inalterato il notevole dislivello di presenza del servizio sul territorio nazionale:
     nel Nord Ovest le classi a tempo pieno hanno raggiunto il 42,6 per cento, con la Lombardia al 43,4 per cento;
     nel Centro (grazie soprattutto a Roma) le classi a tempo pieno hanno raggiunto il 35,3 per cento con il Lazio al 40,8 per cento;
     il Nord Est è soltanto al 25,9 per cento, ma l'Emilia Romagna tocca il 40,9 per cento;
     nelle aree meridionali ci sono invece livelli del servizio notevolmente più bassi: le regioni del Sud si sono attestate complessivamente all'8,6 per cento e le Isole al 7,1 per cento. Ma la Campania non va oltre il 5,4 per cento di classi funzionanti a tempo pieno: soltanto 900 su un totale di 16.500; la Sicilia è ferma al 3,8 per cento, che corrisponde ad una presenza di 529 classi organizzate a tempo pieno su un totale di 13.769 classi funzionanti;
    il tempo pieno della scuola elementare ha una storia lunga, da quando, cioè, negli anni ’60 si ebbe una rapida evoluzione del vecchio doposcuola, spesso gestito dai patronati scolastici in funzione meramente assistenziale, che passò sperimentalmente ad attività integrative pomeridiane;
    la legge 820 del 1971 consolidò quella sperimentazione passandola ad ordinamento e prevedendo che «Le attività integrative della scuola elementare, nonché gli insegnamenti speciali, con lo scopo di contribuire all'arricchimento della formazione dell'alunno e all'avvio della realizzazione della scuola a tempo pieno, saranno svolti in ore aggiuntive a quelle costituenti il normale orario scolastico, con specifico compito, da insegnanti elementari di ruolo»;
    la legge dispose che vi fosse collaborazione e incontri tra docenti delle classi e quelli delle integrative, e che vi fosse un posto di insegnante di ruolo per attività integrative per ogni posto normale dove si svolgeva questa attività aggiuntiva. Era il raddoppio dell'organico che accompagnò l'esperienza negli anni ’80 preparando di fatto il tempo pieno;
    nel ’90 l'esperienza che aveva unificato attività del mattino e attività pomeridiane e reso uguali le funzioni dei docenti venne formalmente ratificata nel tempo pieno con modello unitario e non differenziazione dei ruoli dei docenti (legge 148/90);
    l'espansione della domanda, soprattutto al nord e nelle grandi città, laddove i Comuni facevano la loro parte adattando locali e attivando servizi (mensa e trasporti), fu costante. La riforma Moratti ha disarticolato l'orario unitario, ma ha continuato a sostenere l'espansione del tempo pieno. Il ministro Fioroni, con il decreto legge 147/2007 ha ripristinato il modello unitario precedente;
    il tempo pieno, pur passando attraverso restrizioni di organico e modifiche normative varie, ha continuato a espandersi, senza interruzione, toccando ora il 25 per cento di classi organizzate con questo modello orario e sfiorando ormai i 700 mila alunni interessati,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative al fine di promuovere l'incremento delle classi a tempo pieno ed a tempo prolungato prevedendo, inoltre, nella legge di stabilità 2016 adeguate risorse a tale fine.
9/2994-A/99Piras, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Anagrafe dell'edilizia scolastica è stata istituita attraverso la Legge dell'11 gennaio 1996, n. 23, al fine di consentire la creazione di un database in grado di fornire dati chiari sulle condizioni degli edifici scolastici del nostro Paese;
    l'Anagrafe costituisce, insieme all'Osservatorio per l'edilizia scolastica, una mappa del rischio necessaria alla programmazione degli interventi di ristrutturazione e messa in sicurezza delle scuole;
    a causa di persistenti criticità ed inefficienze, tuttavia, questo fondamentale strumento non ha mai visto la luce e, a diciannove anni di distanza, non è possibile ancora rintracciare informazioni sui luoghi in cui milioni di bambini ed adolescenti trascorrono gran parte del loro tempo, e dove lavorano milioni di cittadini;
    il TAR del Lazio (in seguito ad un ricorso dell'associazione Cittadinanzattiva, con la sentenza n. 03014/2014) e il Consiglio di Stato (Ordinanza del 1 agosto 2014) hanno disposto per il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca l'obbligo di pubblicare in modo trasparente i dati relativi all'Anagrafe dell'edilizia scolastica, un settore in cui, tra l'altro, confluiscono finanziamenti statali;
    a seguito di alcuni eventi drammatici avvenuti negli ultimi mesi in molti istituti (tra cui si ricorda il crollo verificatosi il 13 aprile scorso in una scuola di Ostuni), il Sottosegretario del MIUR Davide Faraone aveva dichiarato che l'Anagrafe sarebbe stata presentata e resa pubblica il 22 aprile 2015, sottolineando come «I cittadini devono sapere dove portano i loro bambini, gli insegnanti devono sapere in che scuole entrano» (articolo del Sole24ore online del 15 aprile 2015) o, ancora, come «Per decidere è necessario conoscere. Avere i dati è un passaggio fondamentale per pianificare le azioni e gli investimenti e per intervenire in modo più puntuale e mirato»;
    la pubblicazione dell'Anagrafe è stata, tuttavia, nuovamente rinviata, addebitando la responsabilità alla mancanza dei dati concernenti sei Regioni (Lazio, Campania, Sicilia, Sardegna, Basilicata e Molise);
    l'eventuale inefficienza di tali enti non sembra giustificare, tuttavia, un ennesimo ritardo in tal senso, anche considerando che l'articolo 21 del presente DDL basa in gran parte la riprogrammazione dei finanziamenti in materia sui dati provenienti dall'Anagrafe dell'edilizia scolastica;
    il commento del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Stefania Giannini in merito allo stato degli edifici scolastici del nostro paese che, a suo avviso, versano in condizioni «così così» (articolo del Corriere della Sera online «Anagrafe scolastica flop, nuovo rinvio: mancano i dati di sei regioni» del 22 aprile 2015) non è certamente rassicurante sul grado di preparazione ed informazione del Governo in relazione ad un tema tanto fondamentale,

impegna il Governo

a presentare e pubblicare in tempi brevi e certi i dati raccolti nell'ambito dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica, anche se non completi, in modo da renderli di agevole lettura e comprensione, essendo configurarle come necessaria e impellente la consapevolezza collettiva circa la qualità degli edifici scolastici in cui vivono, sviluppano la propria personalità e lavorano una parte consistente dei cittadini italiani.
9/2994-A/100Pellegrino, Zaratti, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di affrontare in maniera più efficace il problema drammatico legato all'amianto nel nostro Paese, nel marzo 2013 è stato approvato il Piano Nazionale Amianto;
    il Piano pone l'accento sui circa 380 siti ricadenti in classe I (a maggior rilevanza sociale e ambientale come scuole e ospedali), per i quali servirebbero «alcune decine di milioni di euro» per la loro messa in sicurezza. Peccato però che il suddetto Piano sia ancora fermo in Conferenza Stato Regioni;
    per quanto concerne la ricerca dell'esposizione ad amianto avvenuta per la presenza del materiale nel luogo di lavoro e non per uso diretto, il Rapporto di Legambiente del marzo 2015 «Liberi dall'amianto», evidenzia come sono oltre il 4 per cento i casi di malattia occorsi per esposizione in luoghi di lavoro spesso aperti al pubblico come scuole, banche, alberghi e ristoranti o ospedali. Dati che dimostrano come la grande diffusione di amianto nel nostro Paese causa a volte un'esposizione inconsapevole alla fibra;
    il quinto numero del «Diario della transizione» del Censis, del maggio 2014, ha evidenziato come, nell'ambito di edifici scolastici malandati anche perché vetusti (più del 15 per cento è stato costruito prima del 1945, altrettanti datano tra il ’45 e il ’60, il 44 per cento risale all'epoca 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito dopo il 1980), siano oltre 2 mila le sedi scolastiche che espongono i loro 342 mila alunni, nonché i docenti, gli operatori scolastici e personale amministrativo, al rischio amianto,

impegna il Governo

a stanziare ulteriori risorse finanziarie per interventi di bonifica dell'amianto nelle scuole di ogni ordine e grado, prevedendone l'esclusione dal rispetto dei vincoli del Patto di stabilità interno.
9/2994-A/101Zaratti, Pellegrino, Pannarale, Giancarlo Giordano, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di affrontare in maniera più efficace il problema drammatico legato all'amianto nel nostro Paese, nel marzo 2013 è stato approvato il Piano Nazionale Amianto;
    il Piano pone l'accento sui circa 380 siti ricadenti in classe I (a maggior rilevanza sociale e ambientale come scuole e ospedali), per i quali servirebbero «alcune decine di milioni di euro» per la loro messa in sicurezza. Peccato però che il suddetto Piano sia ancora fermo in Conferenza Stato Regioni;
    per quanto concerne la ricerca dell'esposizione ad amianto avvenuta per la presenza del materiale nel luogo di lavoro e non per uso diretto, il Rapporto di Legambiente del marzo 2015 «Liberi dall'amianto», evidenzia come sono oltre il 4 per cento i casi di malattia occorsi per esposizione in luoghi di lavoro spesso aperti al pubblico come scuole, banche, alberghi e ristoranti o ospedali. Dati che dimostrano come la grande diffusione di amianto nel nostro Paese causa a volte un'esposizione inconsapevole alla fibra;
    il quinto numero del «Diario della transizione» del Censis, del maggio 2014, ha evidenziato come, nell'ambito di edifici scolastici malandati anche perché vetusti (più del 15 per cento è stato costruito prima del 1945, altrettanti datano tra il ’45 e il ’60, il 44 per cento risale all'epoca 1961-1980, e solo un quarto è stato costruito dopo il 1980), siano oltre 2 mila le sedi scolastiche che espongono i loro 342 mila alunni, nonché i docenti, gli operatori scolastici e personale amministrativo, al rischio amianto,

impegna il Governo

a stanziare ulteriori risorse finanziarie per interventi di bonifica dell'amianto nelle scuole di ogni ordine e grado, prevedendone l'esclusione dal rispetto dei vincoli del Patto di stabilità interno, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/2994-A/101(Testo modificato nel corso della seduta)Zaratti, Pellegrino, Pannarale, Giancarlo Giordano, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'insegnamento delle discipline filosofiche risulta di fondamentale importanza per la crescita intellettuale ed etica di ogni cittadino;
     la materia, tuttavia, ha subito nel corso degli ultimi venti anni un crescente processo di svalorizzazione, che ne ha comportato la marginalizzazione all'interno dei percorsi formativi scolastici;
    in particolar modo, l'insegnamento ha subito un taglio di ore consistente durante il processo di riforma del sistema scolastico conosciuto come Riforma Gelmini, che ha colpito gran parte della materia umanistiche, artistiche e letterarie, in nome di una rincorsa al tagli di risorse in un settore che, al contrario dovrebbe risultare prioritario;
    il taglio dell'orario, oltre a compromettere lo sviluppo del senso critico ed etico degli studenti, ha, ovviamente, comportato anche la riduzione degli sbocchi per decine di migliaia di laureati nelle discipline artistiche, che si trovano oggi in sovrannumero rispetto alla effettiva disponibilità di posti;
    nel 2014 il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca ha avviato un progetto sperimentale per un liceo della durata di quattro anni, che comprimeva ulteriormente l'insegnamento dei saperi umanistici e, in particolar modo, della filosofia,

impegna il Governo

a garantire un'adeguata valorizzazione dell'insegnamento di Filosofia, attraverso il ripristino dell'orario precedente la succitata Riforma, la possibilità di insegnare la materia sin fin dal 1 anno dei percorsi del secondo ciclo di istruzione nonché negli istituti professionali.
9/2994-A/102Fratoianni, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'insegnamento della Storia dell'Arte risulta fondamentale per lo sviluppo di una piena consapevolezza culturale, storica e sociale;
    ciò risulta particolarmente evidente per un contesto come quello del nostro Paese, ove la conoscenza del nostro patrimonio artistico costituisce un elemento fondante dell'identità collettiva;
    la materia, tuttavia, ha subito nel corso degli anni un costante processo di marginalizzazione, configuratosi come particolarmente incisivo soprattutto il processo di riforma del sistema scolastico conosciuto come Riforma Gelmini;
    già assente da alcuni percorsi liceali, come il biennio ginnasiale dei Licei classici, l'insegnamento ha infatti subito un taglio di ore consistente, che ha comportato la sua eliminazione negli istituti professionali nonché una decisiva riduzione negli istituti tecnici, nonostante la sua evidente rilevanza in molti percorsi formativi;
    in seguito alla compressione degli orari dedicati alla materia, si è sviluppata una decisa protesta nel panorama culturale e scolastico, che ha portato nel 2013 alla raccolta di circa quindicimila firme e che è stata sottoscritta da numerosi intellettuali o esponenti di rilievo del mondo artistico, quali Salvatore Settis, Adriano La Regina, Cesare De Seta, nonché l'allora Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray;
    tuttavia, durante la discussione del Decreto Legge 12 settembre 2013, n. 104 (Decreto Carrozza) era stato respinto un emendamento di Sinistra Ecologia e Libertà a firma Costantino che prevedeva il ripristino dell'insegnamento;
    ad oggi, la Storia dell'Arte rimane incomprensibilmente una materia altamente sacrificata, nonostante la sua indubbia rilevanza culturale e professionale;
    il taglio dell'orario ha, ovviamente, comportato anche la riduzione delle possibilità lavorative per decine di migliaia di laureati nelle discipline artistiche, che si trovano oggi in sovrannumero rispetto alla effettiva disponibilità di posti,

impegna il Governo

a garantire un'adeguata valorizzazione dell'insegnamento di Storia dell'Arte, attraverso il ripristino dell'orario precedente la succitata Riforma.
9/2994-A/103Ferrara, Pannarale, Giancarlo Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    considerata l'ampia convergenza che da più parti in aula diverse forze politiche, di maggioranza e di opposizione, hanno mostrato nel denunciare la necessità di corrette informazioni e pratiche di educazione elementare per un sano sviluppo dell'infanzia e dei giovani;
    la necessità di un pieno coinvolgimento della scuola italiana, e della buona scuola, nel favorire uno sviluppo armonico della persona e nella prevenzione di comportamenti che possano pregiudicare la salute e costituire causa di difficoltà sociali;
    il crescente allarme sociale costituito dall'aumento dell'obesità in età infantile e adolescenziale e come questo rappresenti una grave ipoteca nel percorso esistenziale e formativo dei giovani italiani, e una possibile causa di future patologie connesse a errati stili di vita, con possibile eccessivo aggravio dei servizi richiesti al servizio sanitario nazionale e della sostenibilità dello stesso, in un prossimo futuro;
    come il rapporto con il rischio di obesità è connesso in maniera non secondaria all'esposizione pubblicitaria e all'accessibilità di prodotti che diventano aggiuntivi e a volte sostitutivi dell'alimentazione offerta dalle famiglie e, in maniera responsabile e ragionata, dall'istituzione scolastica,

impegna il Governo

a considerare le opportune iniziative che possano limitare la diffusione di distributori automatici di merendine, cibi confezionati e bevande gassate all'interno degli edifici scolastici.
9/2994-A/104Marazziti, Piccione, Zampa, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'immigrazione è un fenomeno ormai strutturale della società italiana. Gli immigrati regolarmente presenti nel nostro paese sono oltre 5 milioni, pari al 7,4 per cento della popolazione. Sono parte importante del tessuto economico e produttivo del paese e contribuiscono a produrre il 12 per cento del Pil nazionale con un gettito di 6,5 miliardi di Irpef e 7 miliardi di Inps;
    la presenza delle persone di origine straniera in Italia è caratterizzata da una crescente tendenza alla stabilizzazione e al ricongiungimento dei nuclei familiari. Un quinto dei nuovi nati in Italia ha almeno uno dei due genitori straniero e il 10 per cento degli alunni della scuola d'infanzia e della scuola primaria sono di origine straniera;
    nel 2013 erano 800.000 gli studenti di origine straniera nelle scuole italiane, oltre il venti per cento in più rispetto al 2009, e la metà di essi era composta di ragazzi e ragazze nati in Italia;
    in molte località è particolarmente elevata la concentrazione di alunni di origine straniera nelle scuole, soprattutto in quella primaria; nel 5 per cento delle scuole primarie gli alunni di origine straniera arrivano infatti al 30 per cento del totale, mentre in 510 scuole superano il 50 per cento del totale degli iscritti;
    gli studenti di origine straniera incontrano maggiori difficoltà nel percorso scolastico, infatti il 17 per cento di essi ha accumulato un ritardo nel corso di studi contro il 2 per cento degli italiani;
    la difficoltà nella comprensione e nell'uso della lingua italiana è spesso alla base delle difficoltà di apprendimento degli studenti di origine straniera, ma anche delle difficoltà che si verificano nell'inserimento sociale della famiglia e nel rapporto stesso fra la scuola e la famiglia,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di riservare, nell'ambito delle risorse destinate alla formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, una quota dedicata alla formazione specifica sulle tematiche interculturali;
   a favorire la presenza, nell'organico funzionale aggiuntivo degli Istituti a più alta presenza di alunni di origine straniera, di una quota di insegnanti referenti delle tematiche interculturali, con competenze per l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua (L2) e con documentata esperienza di formazione e docenza in contesti multiculturali;
   a favorire la sperimentazione dell'insegnamento di lingue non comunitarie e la possibilità di attivare corsi opzionali delle lingue madri degli alunni di origine straniera presenti nell'Istituto;
   a prevedere la possibilità, per gli alunni di recente immigrazione, di eventuali deroghe dalle norme relative ai criteri di valutazione nell'esame conclusivo della scuola secondaria 1o grado.
9/2994-A/105Beni, Iori, Tidei, Giuseppe Guerini, Gribaudo, Lenzi, Miotto, Chaouki, Casati, Casellato.


   La Camera,
   premesso che,
    la Convenzione d'Istanbul, ratificata del giugno del 2013, impegna lo Stato a «mettere in campo le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi»;
    il provvedimento in esame esplicita, all'articolo 2, comma 3, lettera i, la necessità di prevedere iniziative per la prevenzione e il contrasto della discriminazione, del bullismo e del cyberbullismo;
    il provvedimento in esame, inoltre, esplicita, all'articolo 2, comma 11, che il piano triennale dell'offerta formativa «deve assicurare l'attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, anche al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti ed i genitori sulle tematiche indicate anche dall'articolo 5, comma 2, del decreto legge 14 agosto 2013 n. 93 convertito dalla legge 15 ottobre 2013, n. 199»,

impegna il Governo

a garantire la piena applicazione della Convenzione d'Istanbul nella lotta alla violenza e alla discriminazione di genere e alla diffusione della cultura delle pari opportunità nel mondo scolastico ed educativo, recependo tutte le proposte di legge attinenti alla materia, recependo il piano straordinario nazionale sulla violenza contro le donne, e attivando altresì l'insegnamento dell'educazione sentimentale per la crescita educativa, culturale emozionale in materia di parità e di solidarietà tra uomini e donne.
9/2994-A/106Pollastrini, Cimbro, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame, esplicitando i valori del dialogo interculturale e dell'educazione alla pace, promuove il potenziamento delle competenze linguistiche e culturali anche dei cittadini stranieri in Italia quale fattore decisivo di un processo di integrazione socio-economica fondato sui valori della cultura e dell'educazione civica;
    fini espliciti dello stesso disegno di legge sono l'innalzamento dei livelli di istruzione e competenze delle studentesse e degli studenti, il contrasto delle diseguaglianze socio-culturali e territoriali, la prevenzione e il recupero dell'abbandono e della dispersione scolastica;
    le figure del mediatore culturale, dell'insegnante d'italiano come lingua seconda e d'italiano per lo studio sono decisivi soprattutto in contesti territoriali ad alta presenza migratoria;
    la Circolare Ministeriale n. 2 dell'8 gennaio 2010 fissava al trenta per cento il numero massimo di alunni con cittadinanza non italiana per classe,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nelle classi ove la percentuale di allievi origine straniera sia pari o superiore al trenta per cento, l'obbligo di presenza di mediatori culturali, di attivazione di corsi d'italiano L2 e, in presenza di alunni di seconda generazione, di corsi d'italiano «per lo studio».
9/2994-A/107Cimbro, Cenni.


   La Camera,
   premesso che,
    il provvedimento in esame prevede, all'articolo 9, comma 16, un nucleo per la valutazione dei dirigenti scolastici, istituito e costituito sulla base dell'articolo 25, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
    il Quaderno bianco sulla scuola presentato dal MIUR nel 2007, in concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, rilevava la necessità di ancorare la valutazione dei dirigenti scolastici a obiettivi generali e chiari di qualità della scuola, e l'opportunità, fornita dalla finanziaria del 2007 nella delega all'INVALSI, di attuare il sistema di valutazione dei dirigenti;
    il provvedimento in esame, stabilisce – in coerenza con il decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, e in coerenza con le disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 – che gli incarichi degli ispettori ministeriali possono essere attribuiti anche superando temporaneamente le percentuali fissate per i dirigenti di seconda fascia ai sensi dell'articolo 19;
    secondo la direttiva triennale del MIUR del 19 Settembre 2014, entro il dicembre 2014 «l'INVALSI avrebbe dovuto definire gli indicatori per la valutazione dei dirigenti scolastici. Tali indicatori sarebbero stati inseriti in un disegno generale di valutazione della dirigenza scolastica su cui il MIUR si sarebbe confrontato con le organizzazioni sindacali e le associazioni professionali (si terrà conto, ad esempio, delle competenze professionali del dirigente e dei risultati raggiunti attraverso il piano di miglioramento)»,

impegna il Governo:

   a rendere pubblici quanto prima i criteri di valutazione della dirigenza scolastica in linea con i criteri di valutazione della qualità della scuola;
   a garantire con effetto immediato l'attivazione dei nuclei esterni di valutazione della dirigenza scolastica, in modo da applicare al meglio il principio del doppio controllo, relativo tanto al corpo docente, quanto al corpo dirigente, che detiene la responsabilità della selezione del personale docente e della governance della scuola.
9/2994-A/108Laforgia, Cimbro.


   La Camera,
   premesso che,
    l'articolo 9 – del provvedimento in esame – indica tra le competenze dei dirigenti scolastici il conferimento di incarichi triennali ai docenti inseriti nell'albo territoriale;
    è già previsto che tale incarico avvenga in modo trasparente e tenendo conto della pubblicità dei criteri adottati dal dirigente, con modalità che valorizzino il curriculum, le esperienze e le competenze del docente;
   considerato che,
    il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche, la continuità didattica e la capacità di programmazione del lungo periodo costituiscono la chiave per il successo formativo e la miglior garanzia per gli studenti di una relazione formativa in grado di garantire un passaggio di saperi non nozionistici, ma una relazione di crescita umana e personale;
    il nuovo sistema della scuola dell'autonomia, introdotto dal presente provvedimento, intende valorizzare il ruolo del dirigente scolastico, già responsabile dell'andamento della scuola, della gestione del personale, delle relazioni sindacali, della sicurezza;
    il dirigente scolastico propone ai docenti di ruolo, assegnati agli ambiti territoriali di riferimento, gli incarichi rispondenti al piano triennale dell'offerta formativa, in base al curriculum dei docenti e alle loro esperienze e competenze professionali;
    considerato l'elevato numero di docenti da dover individuare e valutare per coprire gli incarichi previsti dal piano dell'offerta formativa, il dirigente scolastico rischia di non avere la possibilità di esercitare in modo efficace questo importante compito;
    si reputa opportuno introdurre strumenti che sostengano e aiutino il dirigente scolastico nella sua attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un comitato tecnico scientifico o una commissione espressione del Collegio dei docenti – finalizzato a coadiuvare il dirigente scolastico – anche per mezzo di un'istruttoria – nella valutazione dei curricola e della loro coerenza con il piano triennale dell'offerta formativa.
9/2994-A/109Carocci, Rampi, Marroni, Mauri, Carrozza, Blazina, Manzi, Amendola, Campana, Zardini, Carnevali, Cominelli, Scuvera, Casellato, Pagani, Baruffi, Montroni, Miccoli, Incerti, Ginefra, Carloni, Romanini, Giacobbe, Damiano, Capone, Villecco Calipari, Marrocu, Mariano, Narduolo, Cinzia Maria Fontana, Sani, Manciulli, Luciano Agostini, Tullo, Lenzi, Brandolin, Vico, Censore, Giovanna Sanna, Marzano, Amoddio, Antezza, Sgambato, Manfredi, Gnecchi, Beni, Maestri, Malisani.


   La Camera,
   premesso che,
    nella scuola secondaria superiore è presente la figura professionale dell'insegnante tecnico pratico (ITP), al quale è affidata la responsabilità, in piena autonomia, delle attività didattiche tecnicopratiche che si svolgono in classe e rappresentano da anni un insostituibile anello di congiunzione tra l'insegnamento degli aspetti teorici di una disciplina e la sua naturale applicazione nella pratica professionale;
    tali docenti hanno potuto conseguire la proprio abilitazione esclusivamente in seguito all'attivazione del percorso formativo abilitante speciale (PAS) – istituito con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 25 marzo 2013, n. 81;
    l'articolo 10, comma 17, del provvedimento in esame, dispone una specifica valorizzazione dei percorsi abilitativi ai fini del concorso per titoli ed esami che dovrà essere bandito entro il prossimo 1o ottobre,

impegna il Governo

ad adottare opportune disposizioni volte ad assicurare l'accesso al concorso – di cui all'articolo 10, comma 17 – esclusivamente agli insegnanti tecnico pratici attualmente iscritti nella seconda fascia delle Graduatorie istituto.
9/2994-A/110Rocchi, Sgambato, Manfredi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 17, lettera b), dispone una specifica valorizzazione del servizio prestato nelle istituzioni scolastiche, ai fini del concorso per titoli ed esami che dovrà essere bandito entro il prossimo 1o ottobre,

impegna il Governo

a riconoscere, nell'ambito del concorso pubblico per titoli ed esami di cui all'articolo 10 comma 17, un punteggio congruo al riconoscimento del servizio prestato nelle scuole di ogni ordine e grado anche dei progetti di alfabetizzazione motoria e progetti di sport di classe.
9/2994-A/111Coccia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame precisa che l'obiettivo di dare piena attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche è finalizzato, fra l'altro, all'innalzamento delle competenze degli studenti, alla prevenzione e al recupero di abbandono e dispersione scolastica, nonché alla garanzia del diritto allo studio per tutti gli studenti e dell'educazione permanente per tutti i cittadini;
    un insegnamento interculturale richiede un'autonomia della scuola e una progettazione mirata e condotta collegialmente dagli insegnanti; un modello di scuola, dunque, non centralizzato. I problemi sollevati dalla presenza di studenti di altri Paesi con tradizioni culturali molto diverse dalle nostre, non si possono affrontare con i vecchi modelli ma predisponendo una serie di strumenti che siano in grado di gestire le diversità;
    appare necessario avviare dei progetti al fine di rispondere alla richiesta delle scuole secondarie di secondo grado di ampliare l'offerta formativa attraverso l'insegnamento di lingue e di culture extraeuropee, coerentemente con le esigenze dell'attuale contesto internazionale;
    la nostra è ormai una scuola multiculturale in cui la formazione è articolata anche sul dialogo e l'integrazione, per questo nel piano di miglioramento dell'offerta formativa è fondamentale offrire ad alunne e alunni sempre maggiori strumenti di integrazione e sviluppo delle conoscenze;
    per le suddette motivazioni risulta sempre più importante una formazione orientata al cosmopolitismo, per stimolare alunne e alunni a una visione più globale della contemporaneità: tale apertura favorisce indubbiamente lo sviluppo del nostro Paese su molti fronti, sia economico-imprenditoriali sia culturali, non sottovalutando le opportunità riservate dall'esplorazione di rotte inconsuete, gettando ponti per un futuro più in sinergia con le tante e variegate realtà sulla scena mondiale;
    lo studio di lingue considerate «emergenti» è un'occasione privilegiata per la riflessione sul tema della comunicazione, in ogni senso, e sulla necessità di mediare, interpretare e meglio padroneggiare una realtà tanto vasta quanto sempre più serrata e incalzante nei contatti, sia via web sia con la facilità allo spostamento internazionale che caratterizza i nostri tempi;
    risulta necessario coinvolgere nel processo interculturale non solo gli studenti e gli insegnanti di una classe ma anche i dirigenti scolastici, le famiglie ed esperti esterni: occorre fare dell'insegnamento interculturale uno strumento di educazione fondata anche sull'insegnamento di lingue e culture extraeuropee;
    al fine di dare piena attuazione al processo di realizzazione dell'autonomia e nell'ambito dell'organico dell'autonomia, funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche,

impegna il Governo:

   con atti di propria competenza a valutare l'opportunità – tramite gli Uffici scolastici regionali – di avviare un monitoraggio finalizzato a certificare le richieste delle famiglie di usufruire delle suddette opportunità in modo da rendere pubblici e accessibili tali dati all'utenza scolastica;
   a predisporre, inoltre, atti ministeriali riguardanti la tutela degli insegnamenti in essere attraverso adeguata promozione sia da parte delle scuole che agiscono per questo in autonomia, sia col sostegno del territorio;
   a valutare l'opportunità di prevedere per le docenti abilitate e i docenti abilitati in arabo, cinese, giapponese, russo, portoghese di accedere alla professione anche subordinatamente alla domanda da parte dell'utenza per queste lingue;
   a prevedere nelle reti di scuole la rilevazione del gradimento e/o una valutazione da parte di studenti e famiglie a questo riguardo;
   a promuovere nelle scuole – attraverso il coinvolgimento delle università e degli altri enti – le facoltà di lingue orientali, ma anche gli enti di lingue come la Japan Foundation per il Giappone e l'Istituto Confucio per il cinese.
9/2994-A/112Malpezzi, Carnevali, Misiani.


   La Camera,
   premesso che:
    oltre 2000 (duemila) scuole in Italia sono ancora infarcite di amianto; l'amianto è un cancerogeno che determina patologie a lunga latenza dall'esposizione. I bambini e giovani sono i più a rischio di contrarre patologie asbesto correlate,

impegna il Governo

ad adoperarsi per una sollecita mappatura dell'amianto presente nelle scuole italiane e alla pronta rimozione.
9/2994-A/113Zolezzi, Terzoni, Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    nella definizione di autonomia scolastica e offerta formativa è già opportunamente previsto all'articolo 2, comma 3, lettera e), «lo sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e a rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici...»;
    nell'ambito della sostenibilità ambientale la sfida fondamentale di questi anni è il contrasto ai cambiamenti climatici, già in atto e dovuti alla attività umana e in particolare all'uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas secondo quanto ci dicono gli scienziati e con impatti drammatici che già si abbattono in diverse aree del pianeta;
    i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia fondamentale alle nostre condizioni di vita sulla terra perché, in assenza di rilevanti e tempestive politiche di riduzione delle emissioni di gas serra, si determineranno, secondo gli scienziati riuniti nell'Ipcc che riporta all'ONU, fenomeni come scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, desertificazione, eventi atmosferici eccezionali con precipitazioni estreme e bombe di calore, migrazioni di massa;
    ciascuno degli ultimi tre decenni è stato sempre più caldo rispetto a qualsiasi altro dal 1850 e la temperatura globale media è aumentata di 0,8 gradi centigradi dall'inizio della rivoluzione industriale. La concentrazione di CO2 in atmosfera è già superiore alle 400 parti per milione, pericolosamente vicino alla soglia prudenziale che porterebbe ad un aumento della temperatura media globale superiore ai due gradi centigradi rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale, limite oltre il quale gli scienziati non sono più in grado di prevedere gli impatti catastrofici dei cambiamenti climatici sulle condizioni di vita sul pianeta terra;
    contrastare efficacemente i cambiamenti climatici richiede una profonda trasformazione del nostro modo di produrre e consumare, innanzitutto l'energia, e di rafforzare i nostri territori con le opportune strategie di adattamento ai cambiamenti climatici in modo da attenuare gli impatti di eventi atmosferici estremi e accrescere la resilienza, la capacità delle comunità di reagire;
    è innanzitutto necessaria una profonda consapevolezza del fenomeno dei cambiamenti climatici e del loro impatto drammatico e, allo stesso tempo, delle possibilità concrete di contrastarli efficacemente anche con i propri comportamenti quotidiani e con le proprie scelte,

impegna il Governo

a dedicare particolare attenzione ai temi del cambiamento climatico e agli interventi necessari per contrastarli all'interno dei programmi scolastici anche prevedendo specifici cicli di approfondimento per dare agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado gli strumenti per acquisire piena consapevolezza e poter orientare il proprio comportamento.
9/2994-A/114Stella Bianchi, Realacci, Mariani, Braga, Borghi, Cominelli, Manfredi, Bratti, Nardi, Dallai, Gadda, Covello, Crimì, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di approvazione del disegno di legge «Riforma del sistema scolastico nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» si rileva che, coloro i quali sono iscritti nelle graduatorie del concorso di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012, non assunti a seguito del piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato del personale docente per le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, saranno assunti con decorrenza dal 1o settembre 2016 e per i successivi anni scolastici, sino all'esaurimento dei soggetti aventi titolo;
    si tratta in altre parole di coloro i quali sono stati identificati con il termine «idonei» che, peraltro, non è assolutamente contemplato dalla normativa vigente relativa al comparto scuola cioè il decreto legislativo 297/94, cosiddetto «Testo Unico della Scuola»;
    tale normativa parla esclusivamente di candidati legittimamente inseriti nella graduatoria di merito concorsuale i quali hanno superato tutte le prove del concorso del 2012 e, risultavano esclusi dal piano assunzionale di cui sopra;
    il Testo Unico disciplina in maniera molto chiara ed inequivocabile la procedura per l'assunzione in ruolo dei docenti nella Scuola. In particolare l'articolo 399, comma 1, recita che «L'accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401». Altrettanto chiaro è l'articolo 400, comma 19, del suddetto decreto, il quale recita che «Conseguono la nomina i candidati che si collocano in una posizione utile in relazione al numero delle cattedre o posti eventualmente disponibili», senza alcuna distinzione tra coloro che si sono collocati in graduatoria come vincitori o idonei;
    il combinato disposto di questi due articoli delinea una procedura inequivocabile e costantemente applicata da un ventennio per le immissioni in ruolo. Lo Stato valuta annualmente il fabbisogno del sistema scolastico in termini di nuove assunzioni. Una volta stabilito il numero delle assunzioni a livello regionale, si destina il 50 per cento di queste a ciascuno dei due canali di reclutamento, cioè concorso e graduatorie ad esaurimento. Allora conseguono la nomina in ruolo i docenti che si trovano in posizione utile all'interno di ciascuna graduatoria, senza alcuna distinzione tra vincitori ed idonei, peraltro categorie non contemplate nel Testo Unico;
    discostandosi da questa procedura costantemente applicata, il presente disegno di legge prevedeva, in un primo momento, che le assunzioni avvenissero in deroga all'articolo 399, comma 1, del Testo Unico e prevedendo di assumere, nel limite del 50 per cento dei posti destinati al concorso, solo i docenti cosiddetti «vincitori», ovvero coloro che si sono collocati in graduatoria di merito entro il numero dei posti banditi;
    probabilmente la confusione è stata generata dal fatto che il bando di concorso del 2012 assegnava un numero prefissato di posti (11.542). Ciò ha creato l'erronea convinzione che solo i vincitori avessero il legittimo diritto all'assunzione e che lo scorrimento delle graduatorie fosse vietato dal bando. Leggendo il testo del bando, però, ci si può certamente rendere conto che, nel rispetto del Testo Unico, questo non vieta affatto lo scorrimento delle graduatorie oltre il numero dei posti banditi. È del tutto logico e consequenziale che se il bando non vieta lo scorrimento e rimanda al Testo Unico per quanto non espressamente previsto – articolo 19 comma 1 del bando – chiaramente dovrà applicarsi la normativa vigente che prevede legittimamente lo scorrimento delle graduatorie di merito. Inoltre quel numero di posti banditi si riferiva al biennio successivo al 2012, cioè agli anni scolastici 2013/14 e 2014/15 già trascorsi, non certo al nuovo piano assunzione di che si riferisce all'anno scolastico 2015/16, a cui deve applicarsi la normativa quadro generale, il Testo Unico;
    peraltro, lo stesso Ministero dell'Istruzione aveva definitivamente superato la differenza tra vincitori ed idonei emanando il Decreto Ministeriale n. 356 del 2014, con il quale decretava che «I candidati inseriti a pieno titolo nelle graduatorie di merito del concorso ordinario ... 2012 n. 82, ma non collocatisi in posizione utile tale da risultare vincitori, hanno titolo, a decorrere dall'anno scolastico 2014-2015, ad essere destinatari di contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato, in subordine ai vincitori...». In forza di tale decreto ministeriale, che autorizza per legge lo scorrimento delle graduatorie di merito oltre il numero dei posti banditi, il primo settembre del 2014 oltre 5000 docenti cosiddetti «idonei» utilmente collocati in graduatoria di merito sono stati immessi in ruolo in tutte le regioni d'Italia;
    la previsione allora contenuta nel nuovo articolo 10 comma 18 del disegno di legge in esame è in linea con le disposizioni normative vigenti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina recata dal provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, già a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, lo scorrimento delle graduatorie di merito di cui sopra, per tutte le classi di concorso che dovessero risultare esaurite e, qualora risultassero nell'ambito dell'organico posti vacanti e disponibili, far ricorso allo strumento della mobilità interregionale volontaria.
9/2994-A/115Di Lello, Di Gioia, Fava, Locatelli, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di approvazione del disegno di legge «Riforma del sistema scolastico nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» si rileva che l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola statale, ai sensi dell'articolo 10 comma 13 avviene, a seguito dell'entrata in vigore della presente disposizione legislativa, esclusivamente mediante concorsi pubblici nazionali su base regionale per titoli ed esami;
    è pur vero che, il successivo comma 17 prevede, per la procedura concorsuale che sarà indetta il 1o ottobre 2015, la valorizzazione di alcuni titoli in termini di maggiore punteggio ma tale previsione non sana le situazioni pregresse e le esclusioni che riguardano il personale docente già inserito nella II Fascia delle graduatorie di istituto;
    si deve rilevare una problematica relativa alla diversità di trattamento tra docenti abilitati. Infatti, il Disegno di Legge in esame prevede che gli abilitati, inseriti in GAE, vengano tutti immessi in ruolo e invece gli abilitati, inseriti nelle graduatorie di istituto, benché con tanti anni di servizio e che garantiscono l'offerta formativa ed il buon funzionamento delle scuole pubbliche, vengono esclusi dal piano delle assunzioni;
    si ricorda che in Italia ci sono 2 graduatorie principali da cui si attinge per l'immissione in ruolo e per le supplenze. La prima è la GAE, all'interno di essa sono presenti Docenti idonei ai concorsi precedenti al 2012 e docenti abilitati con corsi SSIS e corsi speciali (chiuse definitivamente per tutte le classi di concorso nell'A.A. 2008/2009);
    la seconda graduatoria è quella d'Istituto suddivisa in tre fasce per ogni classe di concorso, la I è completamente vuota, la II ove ci sono gli abilitati (TFA-PAS) ante A.A 2014-2015 e la III fascia composta dai laureati, da abilitati e abilitandi in attesa delle finestre di aggiornamento semestrale delle graduatorie di II Fascia come previsto dall'articolo 14 del decreto ministeriale 353 del 2014;
    negli anni successivi alla chiusura delle Gae lo Stato non ha più attivato alcun percorso abilitante per il personale docente della scuola fino all'A.A. 2012/2013 (I ciclo TFA Tirocinio Formativo Attivo) e successivamente A.A 2013-2014 (I ciclo PAS Percorsi Abilitanti Speciali). Un comma aggiunto al decreto ministeriale che ne prevedeva l'attivazione, il comma 27-bis del DM 81/13, nega ai percorsi abilitanti TFA e PAS il potere concorsuale;
    è allora importante rilevare il vuoto normativo dei tre anni dal 2009 al 2012 inclusi, perché in questi anni i docenti delle graduatorie d'istituto hanno continuato a lavorare con contratti a tempo determinato (da settembre a giugno o da settembre ad agosto) per la copertura dei posti in organico di diritto e di fatto;
    a questo si deve aggiungere la previsione contenuta nell'articolo 14 comma 1 del presente Disegno di legge per cui, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, non sarà più possibile stipulare contratti a tempo determinato con chi ha raggiunto 36 mesi di servizio anche non continuativi. Tale previsione altro non è che una interpretazione della sentenza della Corte di giustizia Europea del 26 novembre 2014 che ammonisce l'Italia per non aver messo in atto procedure utili alla copertura dei posti vacanti e disponibili e rimarca l'impossibilità di reiterazione per oltre trentasei mesi dei contratti a termine ma che di fatto, visto che il presente decreto non sana le pregresse situazioni, verrà inevitabilmente a ritorcersi sui docenti precari delle Graduatorie d'Istituto, condannati all'impossibilità di esercitare in futuro la propria professione in una scuola statale;
    si ricorda che si tratta di professionisti altamente specializzati e con esperienza destinati però alla disoccupazione solo per un fattore temporale e non di merito e che sono stati tagliati fuori dal piano di assunzioni nonostante posseggano lo stesso titolo di studio, Laurea e Abilitazione, il tutto con conseguenze territoriali socioeconomiche rilevanti su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina recata dal provvedimento in esame, al fine di prevedere, nelle more dell'indizione del prossimo concorso per titoli ed esami, uno strumento normativo idoneo ai fini dell'assunzione a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche, che tenga conto dell'elevata professionalità conseguita dai docenti inseriti nella II Fascia delle graduatorie di istituto che, per percorso formativo, per conseguimento di titoli di abilitazione e per tempo di prestazione di servizio possono essere reclutati nell'ambito del piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell'organico dell'autonomia, in deroga al vincolo triennale di iscrizione nella provincia per quelle classi di concorso che risultano esaurite.
9/2994-A/116Pastorelli, Di Lello, Di Gioia, Fava, Locatelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la scuola è risorsa fondamentale per il Paese e, per questo, va salvaguardata e sostenuta, valorizzandone le potenzialità e promuovendone l'arricchimento dell'offerta formativa;
    l'articolo 33, terzo comma, della Costituzione, stabilisce che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato» e demanda al contempo, al comma 4, alla legge il compito di «fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità assicurando loro piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali»;
    l'articolo 19 del presente disegno di legge introduce una detrazione delle spese sostenute per la frequenza scolastica nelle scuole di ogni ordine e grado del sistema nazionale di istruzione, per un importo annuo non superiore a 400 euro per alunno o studente delle scuole paritarie e delle scuole private;
    tale disposizione, oltre a contrastare, a nostro parere, con il richiamato dettato costituzionale, rappresenta una inopinata destinazione di risorse pubbliche a favore di enti e istituti privati mentre allo stesso tempo le scuole statali versano in condizioni di estrema precarietà in materia di edilizia scolastica, per la carenza di sussidi didattici, l'impossibilità di qualsivoglia implementazione o ammodernamento degli strumenti informatici a disposizione, del definitivo superamento del precariato nella scuola che il presente disegno di legge non soddisfa pienamente o, da ultimo, quando tarda da tempo il rinnovo dei contratti del personale scolastico;
    ciò detto, la destinazione di risorse del contribuente verso la scuola privata non solo non risulta utile al miglioramento dell'offerta formativa, tanto meno serve ad ampliare per i giovani le possibilità di accesso;
    riaffermato il principio che ogni cittadino è libero di destinare alla scuola privata risorse aggiuntive che facilitino il conseguimento degli scopi sociali che gli Enti e Istituti perseguono,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere effettive detrazioni fiscali solo a favore delle famiglie il cui reddito per nucleo famigliare non supera i 60.000 euro annui.
9/2994-A/117Locatelli, Di Lello, Di Gioia, Fava, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», sono presenti norme che attuano un piano straordinario di assunzioni;
    tale straordinario piano di assunzioni (posti comuni, posti di sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa) si pone l'obiettivo di dare risposte concrete al fabbisogno delle scuole rispetto al pieno perseguimento della autonomia scolastica;
    il piano di assunzioni non include comunque alcune tipologie di precari. Saranno infatti esclusi, tra gli altri, i soggetti che, nonostante abbiano superato le prove previste dal concorso indetto nel 2012, si siano collocati in graduatoria oltre il numero dei posti disponibili;
    sarebbero inoltre esclusi le graduatorie GAE, i docenti della scuola dell'infanzia e i docenti iscritti alle graduatorie d'istituto e le graduatorie dei concorsi antecedenti ai 2012 verranno soppresse;
    nel corso del dibattito in Aula è stato comunque approvata una norma al provvedimento in esame che dispone che i docenti che abbiano superato il concorso del 2012, e che non rientreranno nel piano straordinario di assunzioni previsto dal disegno di legge sulla Buona scuola, saranno comunque assunti negli anni successivi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di affrontare nel primo provvedimento utile, con gli atti di armonizzazione necessaria, definendo criteri e priorità trasparenti che tengano conto anche dei periodi di servizio svolti, l'immissione in ruolo del personale abilitato, non stabilizzato con il presente provvedimento.
9/2994-A/118Cenni, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del provvedimento in esame, al comma 17 prevede che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, entro il 1o ottobre 2015 bandisca un concorso per titoli ed esami per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche ed educative statali per la copertura di tutti i posti vacanti e disponibili, nonché per i posti che si renderanno tali nel successivo triennio;
    prevede che per l'immissione in ruolo di parte dei dirigenti scolastici i soggetti che hanno già prestato servizio con contratti di dirigente scolastico, sostengano una sessione speciale d'esame consistente nell'espletamento di una prova orale sull'esperienza maturata nel corso del servizio prestato,

impegna il Governo

a prevedere che anche nella procedura concorsuale di cui al comma 17 dell'articolo 10 l'esame consista nell'espletamento di una prova orale sull'esperienza maturata nel corso del servizio prestato, in analogia a quanto già previsto per l'immissione in ruolo dei dirigenti scolastici.
9/2994-A/119Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    considerato che la riforma del sistema nazionale di istruzione è finalizzata a innovare il sistema formativo per renderlo più moderno e adeguato alle dinamiche sociali e culturali delle società contemporanee e, nello stesso tempo, per rafforzarne l'inclusività e la capacità di dialogo interculturale;
    rilevato che l'Italia negli ultimi anni è diventato un epicentro di mobilità sia per il crescente e inarrestabile arrivo di migranti che per la ripresa di nuove forme di emigrazione che si affiancano e sovrappongono a quelle storiche, in dimensioni ormai cospicue, valutabili in circa 5 milioni di stranieri presenti nel Paese e in altrettanti cittadini italiani residenti in diverse aree del mondo;
    richiamato il valore che una conoscenza delle migrazioni può avere il rafforzamento di una visione globale dei problemi, per la formazione democratica, per la coesione sociale e una migliore convivenza civile;
    ricordato che sono ormai circa 850.000 i ragazzi figli di stranieri presenti nelle nostre scuole e, secondo stime ufficiali, oltre 100.000 gli italiani che lasciano ogni anno il territorio nazionale in cerca di lavoro all'estero (di fatto, almeno un 30 per cento in più dei dati convenzionali), a conclusione del ciclo formativo o quando ancora non si è pienamente concluso;
    constatato che il tema delle migrazioni è divenuto connaturato con la contemporaneità ed essenziale per una moderna formazione aperta alle dinamiche della globalizzazione e sostanziata dei valori della democrazia e dell'interculturalità;
    riconosciuto che l'insegnamento della storia delle migrazioni, non come materia a sé stante, ma in forma interdisciplinare può rappresentare una soluzione coerente con le esigenze formative sottolineate e diventare oggetto di un progetto nazionale al quale gli istituti scolastici possono fare riferimento nell'esercizio dell'autonomia e della programmazione culturale e didattica cui sono chiamati dalla riforma in via di approvazione;
    sottolineato che il progetto sulle migrazioni rappresenterebbe il naturale completamento del progetto nazionale sull'intercultura, da anni operante con positivi risultati nelle realtà dove esso è stato intelligentemente sperimentato,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di favorire la definizione del progetto nazionale sulle migrazioni, da realizzare in forme interdisciplinari (storia, geografia, letteratura, musica, cinematografia, alimentazione, eccetera) e sulla base dell'autonoma programmazione degli istituti scolastici, aperta alla partecipazione delle famiglie e delle realtà locali.
9/2994-A/120Porta, Gianni Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Tacconi, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    il diritto all'istruzione ed all'educazione di tutti i bambini costituisce primaria e fondamentale esigenza, garantita dalla costituzione, rispetto alla quale è necessario intervenire al fine di avviare ogni possibile intervento volto a mantenere e potenziare l'offerta qualitativa e quantitativa dei servizi erogati;
    tali azioni assumono strategico rilievo nell'attuale contesto, caratterizzato dalla crescente necessità di garantire, collateralmente, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle famiglie;
    il fenomeno assume particolare rilievo – a titolo di esempio – nella fattispecie di Roma Capitale ove l'elevato numero di strutture educative e scolastiche a gestione diretta (203 nidi e 315 scuole dell'infanzia), per un totale di oltre 47.000 bambini iscritti, impone il ricorso ad un ingente numero di contratti, necessari a fronteggiare la copertura dei consistenti vuoti d'organico – derivanti dal mancato espletamento dei concorsi relativi alle specifiche figure professionali – nonché le sostituzioni «lunghe» a vario titolo registrate (prevalentemente per malattia, maternità e inidoneità temporanea allo svolgimento della funzione) ed i numerosi incarichi full-time e part-time in «integrazione» per il sostegno agli allievi disabili;
    il provvedimento in esame delega il governo ad adottare, tra gli altri, un decreto legislativo sul sistema di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere – in fase di attuazione del decreto legislativo di cui all'articolo 21, comma 2 lettera i), l'assunzioni a tempo indeterminato nel numero necessario a garantire il funzionamento della propria rete dei servizi educativi e scolastici, in rapporto alle esigenze dei singoli territori, anche in una prospettiva di piena aderenza alle dinamiche di sviluppo demografico; a parificare i servizi nido e scuola dell'infanzia, gestiti dai Comuni, ai servizi di competenza delle scuole statali; ad eliminare i vincoli del Patto di stabilità rispetto ai profili quantitativi delle politiche assunzionali afferenti i servizi all'infanzia (nido e scuola).
9/2994-A/121Miccoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto del Presidente della Repubblica n. 89/2010, articolo 13 comma 10, vincolava il MIUR, di concerto con il MEF, a disciplinare con apposito decreto «l'articolazione delle cattedre per ciascuno dei percorsi liceali (...) in relazione alle classi di concorso del personale docente»;
    l'adozione di tale provvedimento costituiva misura di particolare rilevanza e urgenza nel caso del Liceo Musicale e Coreutico (LMC), dal momento che tutte le discipline musicali e coreutiche previste dai Piani di studio di entrambe le sezioni non potevano essere assegnate, in via transitoria, ad alcuna delle classi di concorso attualmente previste, a motivo del carattere di radicale novità di detto liceo;
    nel quinquennio 2010/2015, nelle perduranti more dell'adozione del Decreto ministeriale di revisione delle classi di concorso, il reclutamento del personale docente delle discipline musicali e coreutiche, in attuazione di apposite misure transitorie disposte su base annuale, è stato garantito:
   a) nei Licei Musicali e Coreutici – Sez. Musicale ricorrendo:
     in prima istanza – e in proporzioni numericamente prevalenti – all'utilizzazione a domanda di docenti a tempo indeterminato appartenenti alle classi di concorso A031 (Educazione musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado), A032 (Educazione musicale negli istituti di istruzione secondaria di I grado) e A077 (Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di I grado), mediante lo strumento del Contratto Collettivo Nazionale Integrativo annuale su assegnazioni provvisorie e utilizzazioni del personale docente, educativo e ATA;
    in seconda istanza all'assunzione di personale a tempo determinato selezionato secondo criteri definiti o dalle convenzioni fra licei musicali e coreutici e istituzioni dell'AFAM o da specifiche note ministeriali, spesso mediante bandi di rilevante complessità, redatti autonomamente dalle singole scuole o concepiti, a beneficio di tutti gli istituti aderenti, dalla rete nazionale Qualità e sviluppo dei Licei Musicali e Coreutici;
   b) nella sezione Coreutica, in assenza di qualunque classe di concorso d'ambito coreutico, ricorrendo sistematicamente all'assunzione di personale a tempo determinato selezionato mediante bandi strutturati sulla base di un modello che gli istituti interessati hanno condiviso con l'Accademia Nazionale di Danza;
   rilevato a tal proposito che:
    l'aver fatto intensivo ricorso, nel quinquennio 2010-2015, nei LMC – Sezione Musicale, al reclutamento di personale docente a tempo indeterminato della scuola secondaria di 1o grado (classi di concorso A032 Educazione musicale negli istituti di istruzione secondaria di I grado, e A077 Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di I grado), ossia di grado diverso:
     a) se da un lato ha contribuito a far fronte all'ingente fabbisogno di personale docente, dall'altro, a motivo dei requisiti fissati per ottenere l'utilizzazione, non per tutte le discipline adeguatamente selettivi, e in assenza di compensative azioni generalizzate di aggiornamento, ha posto tali licei nella condizione di non poter sempre contare su competenze professionali adeguate ai traguardi formativi loro assegnati dalle disposizioni ordinamentali di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 89/2010, specie per quanto riguarda le discipline prive di corrispondenze nei curricola previgenti, Teoria, analisi e composizione e Tecnologie musicali, ovvero proprio quelle che il DM n. 10/2015, Regolamento recante norme per lo svolgimento della seconda prova scritta degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado ha individuato quali «materie caratterizzanti» il LMC – Sezione Musicale, rendendole oggetto della II prova scritta prevista dagli Esami di Stato;
     b) ha sottratto alle SMIM quote significative di docenti qualificati ed esperti, generando rilevanti fenomeni di discontinuità proprio negli istituti che dovrebbero costituire, in un'ottica virtuosa di armonica verticalità curricolare, il naturale bacino di reclutamento dei Licei Musicali;
    l'aver sottoposto i criteri transitori di reclutamento, di anno in anno, a continue rettifiche, tra l'altro non sempre migliorative, ha prodotto, in fatto e in diritto, una fenomenologia complessa e difficile da dirimere, generando, a carico di istituzioni scolastiche e uffici periferici dell'amministrazione scolastica, un volume di contenzioso con pochi precedenti;
    il piano di assunzioni straordinarie previsto dall'articolo 8 del Disegno di legge n. 2994 non potrà tradursi nella copertura dell'ingente fabbisogno di personale docente cui assegnare in via definiva le discipline musicali e coreutiche del Liceo Musicale e Coreutico, se non alla condizione che siano preventivamente istituite le corrispondenti nuove classi di concorso;
    nelle more dell'adozione del previsto decreto ministeriale di revisione delle classi di concorso vanno attentamente ponderati, in materia di criteri transitori di reclutamento delle discipline musicali e coreutiche del Liceo Musicale, gli effetti che una drastica revisione di quelli sin qui adottati determinerebbe, sia in termini di discontinuità didattica per gran parte degli studenti di tale indirizzo, sia di esposizione delle istituzioni scolastiche, in assenza di alternative fondate e adottate con adeguato anticipo, al rischio concreto di non poter assicurare il regolare avvio dell'a.s. 2015/16;
    è in ogni caso da considerare con favore l'ipotesi di intervenire su tali criteri transitori di reclutamento, per tutto il tempo durante il quale risulteranno necessari, sia per ovviare a limiti e criticità evidenziatesi negli anni precedenti, sia per garantire più adeguato rilievo, fra i criteri di reclutamento, ai titoli culturali e artistico-professionali degli aspiranti;
   considerato altresì che:
    il Piano di studi del Liceo Musicale prevede per la disciplina «Esecuzione e interpretazione», nel primo e nel secondo anno 3 ore settimanali, da impartirsi attraverso lezioni individuali e così ripartite: 2 ore per il cosiddetto 1o strumento e 1 ora per il 2o strumento;
    il Piano di studi del Liceo Musicale prevede per la disciplina «Laboratorio di musica d'insieme», 2 ore settimanali nel primo biennio e 3 ore settimanali nel secondo biennio e nel monoennio conclusivo, da impartirsi attraverso lezioni per gruppi, a composizione variabile;
    nel DM n. 211/2010 si afferma espressamente che la disciplina «Laboratorio di musica d'insieme» presuppone, per poter conseguire i propri scopi formativi, l'articolazione in ben quattro sottosezioni (Canto ed esercitazioni corali, Musica d'insieme per strumenti a fiato, Musica d'insieme per strumenti ad arco, Musica da camera); la corretta attuazione di tale disposto implica che ogni sottosezione della disciplina sia affidata a un insegnante dotato di specifiche competenze;
   rilevato, a tal proposito, che:
    in assenza di espresse e formali indicazioni da parte del MIUR, gli uffici periferici dell'Amministrazione scolastica, in sede di attribuzione delle risorse organiche alle istituzioni scolastiche interessate, hanno operato in maniera difforme nelle diverse realtà territoriali:
     a) attribuendo alle scuole, per le annualità del primo biennio e per la disciplina «Esecuzione e interpretazione», in alcuni casi 3 ore settimanali, come previsto dal Piano degli studi, ma assai più spesso 2, derubricando la 3o ora spettante a ciascuno studente a «ora di ascolto» della lezione di un compagno di classe strumentale;
     b) attribuendo alle scuole, per la disciplina «Laboratorio di musica d'insieme», un numero di ore settimanali variabile da un istituto all'altro, oscillante fra 2 e 8 per ciascuna classe del primo biennio e fra 3 e 12 per ciascuna classe del secondo biennio e del monoennio conclusivo, con disparità evidenti,

impegna il Governo:

   a sollecitare l'ormai improcrastinabile adozione, da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del provvedimento di revisione delle classi di concorso, prevedendovi l'istituzione di quelle, del tutto nuove, corrispondenti alle discipline musicali e coreutiche del Liceo Musicale e Coreutica, misura che sarebbe indispensabile adottare prima di procedere all'attuazione del piano di assunzioni straordinarie previsto dall'articolo 8 del Disegno di legge n. 2994, pena la conseguenza paradossale di condannare tale piano a non produrre alcuno stabile effetto in ordine ai Licei Musicali e Coreutici;
   a garantire che in detto provvedimento siano definite, per l'eventuale accesso alle nuove classi di concorso delle discipline musicali e coreutiche da parte del personale docente a tempo indeterminato attualmente titolare sulle classi di concorso esistenti, modalità che prevedano la verifica del possesso delle specifiche competenze indispensabili per assicurare ai licei musicali e coreutici i livelli di qualità dell'offerta formativa da erogare ai sensi del DM n. 211/2010;
   a valutare l'opportunità di tener conto, per l'a.s. 2015/16 e qualora non ricorressero le condizioni per dare definitiva sistemazione alla materia in tempo utile, dei criteri transitori di reclutamento adottati negli aa.ss. precedenti, fatte salve le debite rettifiche migliorative suggerite dall'esperienza pregressa;
   a sollecitare il Ministro competente a provvedere, mediante i dispositivi amministrativi ritenuti più idonei, in tempo utile ai fini delle operazioni di configurazione degli organici per l'a.s. 2015/16, a fornire formali istruzioni agli uffici scolastici regionali in ordine all'applicazione di criteri legittimi e univoci su tutto il territorio nazionale nell'attribuzione ai Licei Musicali e Coreutici – Sezione Musicale, delle risorse d'organico relative alle discipline «Esecuzione e interpretazione» e «Laboratorio di musica d'insieme».
9/2994-A/122Crimì.


   La Camera,
   considerato che nel quadro di una riforma del sistema formativo non può mancare un'adeguata attenzione per le scuole italiane all'estero e per il sistema di promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, che ne costituiscono aspetti essenziali e, allo stesso, originali ai fini del riconoscimento di un rinnovato e più autorevole ruolo dell'Italia nello scenario globale, sia con riferimento alle aree geografiche più tradizionali che alle nuove aree emergenti;
   rilevato che la lingua italiana si è confermata anche a livello internazionale come un veicolo culturale privilegiato per l'accesso ad un universo artistico, letterario e filosofico, e la cultura, nella sua più ampia accezione, che comprende arte, paesaggio, tradizione, beni culturali e stili di vita, rappresenta a sua volta un marchio – il brand Italia – che può essere un patrimonio straordinario per il nostro Paese, sia in termini economici che per rafforzare l'influenza ed il ruolo politico dell'Italia nel contesto europeo ed internazionale;
   sottolineato che alcuni indirizzi di fondo del progetto di legge sulla «Buona Scuola», quali il rafforzamento dell'autonomia scolastica, la valutazione di qualità del servizio svolto, la programmazione triennale, la formazione permanente del personale rappresentano riferimenti concreti ed incisivi per la riforma e il rilancio dell'articolato sistema formativo italiano all'estero, chiamato da un lato ad aderire alle molteplici e profonde differenze geopolitiche e culturali delle aree nelle quali si sviluppa, dall'altro ad elevare i suoi standard organizzativi e qualitativi al fine di confrontarsi con successo con i partner europei (Germania, Francia, Spagna, Inghilterra) che da tempo hanno rafforzato e rinnovato il loro sistema di intervento linguistico e culturale nel mondo;
   ricordato che la normativa italiana in materia, risalente per i corsi di lingua a circa 45 anni fa e per le istituzioni scolastiche ad oltre vent'anni addietro, non è più adeguata a rispondere alle nuove sfide della competizione linguistica e culturale globale, e che gli operatori di settore e le rappresentanze degli italiani all'estero da molto tempo richiedono una riorganizzazione del settore e una più stretta e feconda sinergia tra i diversi soggetti che intervengono nel campo, anche per massimizzare e qualificare i risultati a fronte di risorse decrescenti e comunque limitate;
   rilevata, altresì, la larga convergenza che si manifesta tra gli specialisti e gli operatori del settore, nonché tra i rappresentanti della comunità italiane nel mondo, nel perseguire il coordinamento e la razionalizzazione degli interventi pubblici, anche attraverso una riorganizzazione del sistema; l'integrazione dei programmi di promozione culturale con l'offerta di apprendimento linguistico nei rispettivi paesi esteri, in un quadro di formazione interculturale e plurilinguistica; la programmazione degli interventi con cadenza almeno triennale; la valorizzazione delle espressioni storico-culturali delle comunità italiane nel mondo e delle professionalità in esse maturate, anche ai fini della promozione culturale e linguistica; l'integrazione delle iniziative nei sistemi formativi locali; la responsabilizzazione dei terminali locali del sistema con l'obiettivo di favorire la raccolta e l'impiego di risorse da destinare al sostegno di progetti di promozione linguistica e culturale e l'estensione dei bonus fiscali a tali iniziative; la ridefinizione dei criteri e delle modalità di selezione, destinazione e permanenza in sede del personale docente e amministrativo,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di tener conto, nei limiti del possibile, delle suddette esigenze nella definizione e redazione dei decreti delegati ed eventualmente in distinte normative, ai fini di riorganizzare il sistema di formativo, linguistico e culturale dell'Italia all'estero e di renderlo una leva strategica dell'internazionalizzazione del Paese.
9/2994-A/123Garavini, Gianni Farina, Fedi, La Marca, Porta, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2011 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha indetto una procedura concorsuale per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi, per 2386 posti complessivi, di cui 224 per la Campania;
    la legge speciale del concorso ha stabilito che i candidati che avessero superato una prova preselettiva di carattere culturale e professionale, avrebbero dovuto sostenere due prove scritte ed una prova orale;
    la medesima disposizione ha stabilito che la selezione avrebbe compreso la valutazione dei titoli, oltre all'espletamento di un periodo obbligatorio di formazione e tirocinio per i candidati utilmente collocati nelle graduatorie generali di merito e dichiarati vincitori entro i limiti dei posti messi a concorso;
    il disegno di legge in esame prevede che al fine di tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa e di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico dei possibili esiti del contenzioso pendente relativo ai concorsi a dirigente scolastico, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale, finalizzato all'immissione nei ruoli dei dirigenti scolastici;
    tale disciplina non comprende i soggetti che, pur non avendo superato la prova preselettiva del concorso per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011, con provvedimento amministrativo successivo sono stati ammessi alle prove scritte e orali e le hanno superate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'inserimento dei suddetti soggetti, in coda a coloro che avranno accesso al corso intensivo di formazione e alla relativa prova scritta finale, al fine di eliminare un contenzioso ancora in essere.
9/2994-A/124Sgambato, Tino Iannuzzi, Carloni, Manfredi, Epifani, Rostan, Tartaglione, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    le ingenti assunzioni di docenti previste dalla legge rischiano di causare un forte esodo verso lo Stato da parte degli insegnanti delle scuole paritarie;
    questo rischio è dovuto sia agli stipendi, che sono decisamente più alti nello Stato, sia anche alla precarietà che caratterizza il sistema non statale nell'attuale incertezza dei finanziamenti pubblici;
    si corre, dunque, il rischio di privare gli istituti paritari di quello che è il loro bene più prezioso formato negli anni: i docenti;
    inoltre, le previsioni di futuri concorsi, contenute nel Piano, non tengono conto del numero d'insegnanti necessari al sistema paritario;
    si tratta di garantire anzitutto la continuità educativa, permettendo agli insegnanti di completare, su base volontaria, almeno il ciclo di istruzione in cui sono impegnati;
    è necessario, quindi, attuare delle misure transitorie che potrebbero rivelarsi utili anche per evitare che la chiusura non voluta di alcune scuole paritarie possa favorire la migrazione di studenti verso le scuole statali, con evidente aggravio dei costi a carico dello Stato;
    è bene ricordare, infatti, che, malgrado le difficoltà in cui versano, le paritarie accolgono ancor oggi oltre un milione di studenti che costano allo Stato circa 470 euro a testa, contro gli oltre 6.000 del costo standard degli alunni delle statali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità (usando, a puro titolo di esempio, strumenti quali il «distacco», il «comando», già in uso nello Stato, o altri di pari efficacia) di consentire che i docenti delle scuole paritarie, abilitati ed inseriti nelle graduatorie, che entreranno in ruolo nelle scuole statali, possano scegliere su base volontaria di restare ad insegnare negli istituti paritari, da cui sarebbero pagati, senza essere penalizzati e senza perdere il diritto acquisito nel ruolo dei Stato, fissando un termine congruo per poterne usufruire in seguito, tenendo inoltre conto, nelle procedure e nei numeri per le abilitazioni con cui si prevede di formare i futuri docenti, anche delle necessità di ricambio del personale delle scuole paritarie.
9/2994-A/125Gigli, Rubinato.


   La Camera,
   premesso che:
    sono oggi più di 125 mila gli studenti che frequentano i percorsi di IeFP;
    l'articolo 18 istituisce, sul modello del cosiddetto Art-Bonus istituito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 83 2014, un credito d'imposta per i soggetti che effettuano erogazioni liberali in denaro a favore degli istituti del sistema nazionale di istruzione per la realizzazione di nuove strutture scolastiche, per la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e per il sostegno a interventi che migliorino l'occupabilità degli studenti;
    la misura del credito di imposta per le erogazioni liberali in questione è pari al 65 per cento per quelle effettuate negli anni 2015 e 2016 e al 50 per cento di quelle nel 2017;
    sebbene le istituzioni IeFP facciano parte, a pieno titolo, del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e formazione, il provvedimento non consente, ingiustificatamente, la possibilità a tali istituzioni formative di potersi avvalere delle risorse aggiuntive reperite attraverso questo istituto, riservando tale facoltà soltanto alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a eliminare questa scelta discriminatoria volta a differenziare, dal punto di vista del sistema tributario, in modo arbitrario le istituzioni formative che sono parte strutturale del sistema di istruzione e formazione, estendendo anche alle persone fisiche che effettuano erogazioni liberali in favore di istituzioni di IeFP la possibilità di usufruire del credito d'imposta introdotto dal citato articolo 18 del provvedimento.
9/2994-A/126Sberna, Gigli, Santerini, Caruso.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione è stata prevista la possibilità che il dirigente scolastico possa individuare nell'ambito dell'organico dell'autonomia fino al 10 per cento di docenti, anziché fino a 3 docenti come previsto inizialmente dal provvedimento, che lo coadiuvino nell'espletamento della sua funzione;
    si stima che il prossimo settembre, all'inizio del nuovo anno scolastico, saranno circa 1.500 le scuole a reggenza;
    mentre per il futuro stiamo potenziando il ruolo e i poteri del dirigente, in questo momento abbiamo, quindi, troppe scuole che non hanno la presenza fisica continuativa di un responsabile;
    è opportuno, quindi, creare le condizioni affinché ogni scuola abbia i propri responsabili e seppur sono state poste le premesse per risolvere questo aspetto, ci sarà sicuramente una fase transitoria per rendere graduale questo importante passaggio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, attraverso successivi provvedimenti e considerando l'impatto della nuova normativa, di prevedere nella fase transitoria che i collaboratori facenti parte dello staff del dirigente, abbiano la possibilità dell'esonero dall'insegnamento per poter adempiere al meglio alle loro funzioni.
9/2994-A/127Piepoli, Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento non ricomprende la IeFP nell'ambito dell'oggetto generale della legge, in modo tale da assicurare la necessaria coerenza tra l'oggetto della legge indicato all'articolo 1 e il titolo della legge stessa, che si riferisce all'intero sistema nazionale di istruzione e formazione;
    va ricordato che – ai sensi della normativa vigente (decreti legislativi nn. 76 e 226 del 2005; legge n. 40 del 2007, articolo 13; legge n. 133 del 2008, articolo 64, e relativi regolamenti attuativi nn. 86, 87 e 88 del 2010) – il sistema nazionale di istruzione e formazione, dopo la scuola secondaria di primo grado, si articola nei percorsi dell'istruzione secondaria superiore realizzati dalle scuole statali o paritarie (licei, istituti tecnici, e istituti professionali) per il conseguimento di diplomi quinquennali, e nei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP), di durata triennale e quadriennale realizzati da enti di formazione, accreditati quali istituzioni formative dalle regioni in base ai livelli essenziali delle prestazioni stabiliti dallo Stato con il decreto legislativo n. 226 del 2005, Capo III;
    i percorsi di IeFP permettono di assolvere l'obbligo di istruzione e di conseguire qualifiche professionale e diplomi professionali;
    ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m) relativo ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, vanno assicurati a tutti i cittadini l'accesso e la qualità dei percorsi di «IeFP», al fine di acquisire quelle conoscenze e competenze che consentano loro di assumere ruoli sociali riconosciuti su tutto il territorio nazionale, secondo i principi del pluralismo dell'offerta formativa e della riconosciuta equivalenza e pari dignità del servizio educativo – affermate espressamente dalla legislazione vigente sopra richiamata – erogato nell'ambito del sistema nazionale di istruzione e formazione sia dalle scuole, statali e paritarie, sia dalle istituzioni formative in relazione ai percorsi di IeFP,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di valorizzare l'oggetto e le finalità del provvedimento considerato che una «Buona Scuola», si realizza sia nelle istituzioni scolastiche sia nelle istituzioni formative in base al vigente assetto del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, anche nel rispetto della citata norma costituzionale.
9/2994-A/128Caruso, Gigli, Sberna, Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    la realtà dell'adozione è, da tempo, ampiamente diffusa nella nostra società e chiaro è il suo valore quale strumento a favore dell'infanzia e come contribuisca alla crescita culturale e sociale del nostro Paese;
    in Italia, soltanto nel periodo 2010-2013, sono stati adottati circa 14.000 bambini con l'adozione internazionale e oltre 4.000 con quella nazionale. Conseguentemente, anche la presenza dei minori adottati nelle scuole italiane è divenuta un fenomeno quantitativamente rilevante. In molti casi, inoltre, soprattutto per i bambini adottati internazionalmente, il tema del confronto con il mondo della scuola si pone in maniera urgente perché molti di loro vengono adottati in età scolare o comunque prossima ai 6 anni;
    nel triennio 2010-2012 sono stati 3.246 i bambini adottati con un'età compresa fra i 5 e i 7 anni e che, dunque, necessitavano di essere inseriti nella scuola primaria. In particolare, sempre nel triennio 2010-2012, sono stati autorizzati all'ingresso: 1.048 bambini di 5 anni di età, 1.096 bambini di 6 anni di età e 1.102 bambini di 7 anni di età;
    occorre considerare che alla condizione adottiva non corrisponde un'uniformità di situazioni, e quindi di bisogni, e che i bambini adottati possono essere portatori di condizioni molto differenti che, se poste lungo un continuum, possono andare da un estremo di alta problematicità ad un altro di pieno e positivo adattamento;
    è innegabile che all'essere adottato siano connessi alcuni fattori di rischio e di vulnerabilità che devono essere conosciuti e considerati, affinché sia possibile strutturare una metodologia di accoglienza scolastica in grado di garantire il benessere di questi alunni sin dalle prime fasi di ingresso in classe, nella convinzione che un buon avvio sia la migliore premessa per una positiva esperienza scolastica negli anni a venire;
    in questo senso è necessario che la scuola sia preparata all'accoglienza dei minori adottati in Italia e all'estero e costruisca strumenti utili, non solo per quanto riguarda l'aspetto organizzativo, ma anche didattico e relazionale, a beneficio dei bambini, dei ragazzi e delle loro famiglie. Naturalmente prassi e strumenti adeguati dovranno essere garantiti anche nelle fasi successive all'inserimento, con particolare attenzione ai passaggi da un ordine di scuola all'altro;
    si evidenzia, infatti, in un numero significativo di bambini adottati, la presenza di aree critiche che devono essere attentamente considerate quali: difficoltà di apprendimento; difficoltà psico-emotive: scolarizzazione nei Paesi d'origine; bambini segnalati con bisogni speciali o particolari; età presunta; preadolescenza e adolescenza; italiano come L2; identità etnica,

impegna il Governo

a dare adeguata diffusione al Documento «Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati», firmato dal Ministro Giannini nel dicembre 2014, quale strumento approfondito e pertinente per contrastare le difficoltà di inserimento scolastico, di apprendimento e di diritto al successo formativo degli alunni adottati e per la formazione iniziale e in servizio dei docenti.
9/2994-A/129Dellai, Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'educazione alla cittadinanza riveste un'importanza primaria per la società e per la scuola e attraverso di essa le nuove generazioni possono essere formate a vivere da protagoniste consapevoli e responsabili della vita sociale, collaborando a consolidare la democrazia e la coesione, ad apprezzare la diversità e trovare le soluzioni per la convivenza nel mondo globale;
    l'educazione alla cittadinanza attiva e democratica è assunta come obiettivo della scuola, in quanto parte del Processo di Bologna, iniziato nel 2000 per far convergere i sistemi di insegnamento in Europa e costituisce una delle competenze chiave proposte dal Parlamento Europeo (Raccomandazione 2006/962/EC) e dal Consiglio d'Europa;
    la formazione dei giovani alla dimensione della cittadinanza ha trovato un quadro di riferimento organico a partire dal 2008 con la legge n. 169 che all'articolo 1 «attiva azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all'acquisizione, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, delle conoscenze e delle competenze relative a “Cittadinanza e Costituzione”, nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse»;
    tale insegnamento implica sia una dimensione integrata, ossia interna alle discipline dell'area storico-geografico-sociale, con ovvie connessioni con filosofia, diritto ed economia, come previsto dal provvedimento in esame, sia una dimensione trasversale, che riguarda tutte le discipline, sia la dimensione dell'esperienza vissuta a scuola e all'esterno della scuola di partecipazione, solidarietà e cooperazione;
    la specificità dell'educazione alla cittadinanza richiede che non possa essere insegnata come puro «sapere» bensì in forma di competenze che uniscano alla conoscenza delle regole del vivere civile, la responsabilità, il senso dei diritti e doveri, la capacità di rispettare le differenze e promuovere l'intercultura;
    queste competenze sono particolarmente importanti visto il diffondersi nel nostro Paese e soprattutto tra le giovani generazioni di nuove forme di antisemitismo, xenofobia, islamofobia, antigitanismo e per la crescita dei cosiddetti «hate speeches»: discorsi e comportamenti che inneggiano all'odio verso gruppi minoritari o soggetti socialmente deboli e che si caratterizzano per l'intolleranza verso il «diverso»;
    l'accresciuta conflittualità sociale, alimentata tra l'altro dalla crisi economica, le problematiche legate all'uso dei media e dei social network, i fenomeni di neo razzismo, l'intolleranza verso gli immigrati, il bullismo tra pari, richiamano la scuola ad un ruolo sempre più incisivo ed attivo nell'educazione e nella formazione dei giovani;
    tali contenuti e obiettivi si inquadrano in una valorizzazione dell'autonomia scolastica promuovendo gli interventi in grado di potenziare le professionalità, le sinergie, gli scambi e la progettazione degli istituti,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di realizzare un aggiornamento degli obiettivi, dei metodi e dei contenuti dell'educazione alla cittadinanza e interculturale, al fine di promuovere reali competenze sociali e civiche accanto al potenziamento delle conoscenze;
   a valutare la possibilità di sperimentare revisioni organizzative delle istituzioni scolastiche, al fine di realizzare nuove modalità di valutazione, ivi compresa la valutazione del comportamento, che possa tenere conto, anche attraverso giudizi illustrativi, di dimensioni più complesse di quelle relative al mero comportamento disciplinare, e cioè la partecipazione, la coscienza dei propri diritti/doveri nei confronti della collettività, l'assunzione di responsabilità, la capacità di apprezzare la diversità e gestire i conflitti, il comportamento etico a livello digitale;
   a valutare l'opportunità di realizzare misure ulteriori, a sostegno di una più efficace lotta contro il razzismo e la discriminazione anche nella loro espressione online, dotando le scuole degli strumenti necessari per combattere e prevenire ogni forma di violenza e di odio, anche aderendo alle campagne nazionali ed internazionali, come quelle promosse dal Consiglio d'Europa;
   a promuovere e sostenere, a supporto delle istituzioni scolastiche e nel rispetto della loro autonomia, un'adeguata formazione del personale docente e di quanti partecipano attivamente alla vita della scuola, al fine di garantire, attraverso una costante dialettica tra identità e diversità, la riduzione delle disuguaglianze;
   a vigilare, nell'ambito del complessivo progetto di innovazione del sistema educativo che si intende realizzare, affinché la scuola sia luogo di inclusione, capace di garantire ad ogni alunno l'effettivo godimento del diritto all'istruzione e l'equa partecipazione ai percorsi formativi, a partire dalle diverse situazioni di partenza.
9/2994-A/130Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Disegno di Legge «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» all'articolo 23 dispone la «revisione, riordino e adeguamento della normativa in materia di istituzioni e iniziative scolastiche italiane all'estero»;
    è opportuno una rinnovata attenzione verso l'offerta linguistica e culturale dell'Italia nel mondo, sia come strumento di soft power, nell'ambito del nostro Sistema Paese, sia come strumento di legame che unisce gli italiani all'estero con la madrepatria;
    l'offerta linguistica italiana all'estero si realizza attraverso la rete di scuole italiane e internazionali, i corsi di lingua organizzati dagli enti gestori, i lettorati e gli istituti di cultura, ovvero un insieme di iniziative che caratterizza la nostra presenza a livello mondiale e veicola il nostro patrimonio culturale attivando un processo dialogico sia con le nuove generazioni di italiani all'estero che con gli stranieri che guardano con interesse ed ammirazione al nostro Paese;
    la promozione linguistica italiana nel mondo non ha solo un valore culturale ma ha anche un valore economico, in quanto la cultura è strumento di penetrazione commerciale nei mercati esteri e per l'Italia questo vale ancora di più che per gli altri Paesi, visto la ricchezza del nostro patrimonio linguistico-culturale;
    la legge 3 marzo 1971, n. 153, concernente «Iniziative scolastiche, di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali da attuare all'estero a favore dei lavoratori italiani e loro congiunti», ha da poco compiuto i suoi 44 anni di vita e che non è possibile agire efficacemente in contesti sociali cambiati e in continuo movimento nella società globalizzata con una legge datata che ne governa l'azione;
    è necessario approntare una offerta formativa che si inserisca nei processi di globalizzazione culturale ed economica in maniera efficiente ed efficace, ponendo al centro, anche in termini di rete, le comunità italiane all'estero;
    vi è la necessità di evitare, nell'ambito della promozione culturale all'estero, la frammentazione degli interventi e la mancanza di sinergia tra le strutture amministrative coinvolte in questo processo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di avviare una riforma organica della normativa che disciplina l'attività scolastica all'estero anche per quanto concerne la competenza degli enti gestori per le iniziative scolastiche previste dall'articolo 638 del decreto legislativo 297 del 16 aprile 1994, e di arrivare a definire criteri chiari di abilitazione all'insegnamento dell'italiano all'estero e ad una certificazione unica ed universalmente riconosciuta per quanto concerne la competenza linguistica; a considerare, altresì, l'opportunità di individuare opportune sinergie tra l'insegnamento della lingua italiana all'estero e quello offerto ai migranti, presenti sul territorio nazionale, attraverso le competenze dei docenti di rientro dal servizio all'estero.
9/2994-A/131Fitzgerald Nissoli, Santerini, Dellai, Capelli, Gigli, Caruso, Piepoli, Lo Monte, Vezzali, D'Agostino.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito dell'organico dell'autonomia si vuole salvaguardare la copertura dei posti di sostegno in modo da garantire la continuità didattica per gli alunni con disabilità;
    si ritiene necessario procedere con specifica attenzione delle competenze professionali dei docenti di sostegno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di bandire – contestualmente al concorso di cui all'articolo 10, comma 17 – una specifica procedura selettiva pubblica per l'assunzione a tempo indeterminato di docenti con titolo di specializzazione per il sostegno.
9/2994-A/132Ghizzoni, Sgambato, Manfredi, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   considerato che:
    il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche, la continuità didattica e la capacità di programmazione del lungo periodo costituiscono la chiave per il successo formativo e la miglior garanzia per gli studenti di una relazione formativa in grado di garantire un passaggio di saperi non nozionistici, ma una relazione di crescita umana e personale;
    i docenti che hanno operato ed insegnato nella scuola, sviluppando capacità e competenze e misurandosi con la quotidianità del lavoro pedagogico, rappresentano un patrimonio per il Paese;
    fermo restando il principio costituzionale di accesso agli uffici pubblici per concorso, il contraddittorio sistema di abilitazione e accesso all'Insegnamento sviluppatosi nell'ultimo decennio, rischia concretamente di produrre, in assenza di specifici correttivi, il rischio di escludere dal sistema di istruzione competenze cresciute e sviluppatesi nella scuola in questi anni;
    si rende pertanto necessario procedere a garantire forme di valorizzazione ed inclusione dei soggetti in questione, al fine di non disperdere un patrimonio professionale ed umano determinante nella nuova scuola dell'autonomia,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi del provvedimento, adottando ogni iniziativa di competenza volta a non perdere le competenze professionali formatesi in questi anni;
   ad avviare un piano di monitoraggio finalizzato a verificare il numero dei docenti che negli ultimi anni hanno svolto in modo continuativo attività di insegnamento, al fine di costruire canali efficaci per recuperare queste specifiche competenze;
   a prevedere, nella definizione delle prossime procedure concorsuali, forme di concreta valorizzazione dell'esperienza e dell'anzianità maturata sul campo dai docenti in oggetto.
9/2994-A/133Damiano, Mauri, Baruffi, Rampi, Carocci, Blazina, Manzi, Narduolo, Carrozza, Cinzia Maria Fontana, Amendola, Campana, Luciano Agostini, Brandolin, Villecco Calipari, Capone, Carloni, Carnevali, Casellato, Censore, Cominelli, Fragomeli, Giacobbe, Ginefra, Incerti, Manciulli, Mariano, Marroni, Marrocu, Miccoli, Montroni, Pagani, Romanini, Sani, Scuvera, Vico, Zardini, Tullo, Lenzi, Porta, Camani, Giovanna Sanna, Gnecchi, Cassano, Sgambato, Manfredi, Beni, Maestri, Zampa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento in esame garantisce a chi è già titolare di una cattedra di mantenerla, mentre il nuovo personale docente entra a far parte di un albo regionale, dal quale i dirigenti scolastici potranno attingere con assegnazione di cattedra triennali e la possibilità, a discrezione del preside, di riconfermare o meno il docente, che in caso negativo tornerebbe in una situazione di mobilità nell'albo regionale;
    la nuova disposizione crea di fatto una disparità tra chi c’è ora e chi sarà assunto dopo la legge dando un enorme potere ai dirigenti scolastici di scegliersi la squadra dei docenti in modo del tutto discrezionale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di garantire a tutto il personale docente assunto in ruolo a tempo indeterminato la titolarità presso la scuola al cui organico dell'autonomia viene assegnato secondo la normativa vigente.
9/2994-A/134Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   considerato che,
    il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche, la pluralità degli orientamenti culturali e dei progetti didattici rappresenta un valore in un sistema educativo basato non su un passaggio di saperi nozionistico, ma su una relazione di crescita umana e personale;
    il nuovo sistema della scuola dell'autonomia valorizza il ruolo del dirigente, ed è bene che tale ruolo, importante, non sia ricoperto troppo a lungo e continuamente nello stesso istituto;
    è consolidato nella prassi della pubblica amministrazione il principio della turnazione dei dirigenti,

impegna il Governo

a valutare il metodo migliore per garantire tale turnazione anche nella dirigenza scolastica in un equilibrio tra progettualità, ricambio e tutela del pluralismo degli orientamenti, tema particolarmente importante nel campo della formazione.
9/2994-A/135Lenzi, Mauri, Rampi, Carocci, Blazina, Manzi, Narduolo, Carrozza, Damiano, Cinzia Maria Fontana, Amendola, Campana, Luciano Agostini, Baruffi, Brandolin, Villecco Calipari, Capone, Carloni, Carnevali, Casellato, Censore, Cominelli, Giacobbe, Ginefra, Incerti, Manciulli, Mariano, Marroni, Marrocu, Miccoli, Montroni, Pagani, Romanini, Sani, Scuvera, Tullo, Vico, Zardini, Gnecchi, Beni, Maestri.


   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio di Stato in data 16 aprile 2015 ha annullato il decreto ministeriale n. 235/2014 nella parte in cui non ha consentito l'iscrizione nelle graduatorie permanenti, ora ad esaurimento ai ricorrenti, docenti in possesso del titolo abilitante di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002;
    è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 maggio 2014 il Decreto del Presidente della Repubblica del 25 marzo 2014 con il quale si recepisce il parere 4929/2012 del Consiglio di Stato relativamente al valore abilitante dei diplomi di scuola e istituto magistrale (e relative sperimentazioni) conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002;
    il valore abilitante del titolo magistrale potrebbe consentire, attraverso i contenziosi in atto, ad altri aspiranti col medesimo titolo l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento che coloro che hanno invece conseguito il titolo di laurea in scienze della formazione primaria e scienze dell'educazione vecchio ordinamento non hanno in alcuni casi potuto accedere a dette graduatorie e al momento risultano comunque esclusi da questa possibilità,

impegna il Governo

a tenere conto della situazione venutasi a creare alla luce della Sentenza del Consiglio di Stato e del decreto del Presidente della Repubblica sopra citati, consentendo anche ai titolari delle lauree in scienze della formazione primaria e scienze dell'educazione la possibilità di valorizzare detto titolo per l'accesso al ruolo, tenendo conto del maggiore percorso di studi frequentato, ponendoli quindi in condizioni non penalizzanti rispetto ai diplomati magistrali.
9/2994-A/136Scopelliti, Pizzolante, Adornato, Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 4, si intende rafforzare il collegamento fra scuola e mondo del lavoro, disponendo una durata minima dei percorsi di alternanza scuola-lavoro negli ultimi 3 anni di scuola secondaria di secondo grado di almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e di almeno 200 ore nei licei, da svolgere, anche all'estero, durante la sospensione delle attività didattiche;
    l'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68 recita «La presente legge ha come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato»;
    il comma 4, del citato articolo 4 prevede la definizione della «Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro»,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito della definizione della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro di cui all'articolo 4, comma 4 una specifica disciplina e tutela del diritto degli studenti con disabilità di poter usufruire di tale opportunità formativa, in coerenza con lo spirito della citata legge 12 marzo 1999, n. 68.
9/2994-A/137Gribaudo, Gnecchi, Coccia, Giacobbe, Martelli, Marroni, Fassina, Maestri, Ghizzoni, Di Salvo, Carnevali, Cinzia Maria Fontana, Zappulla, Albanella, Gregori, Incerti, Miccoli, Carloni, Dell'Aringa, D'Incecco, Galperti, Donati, Piazzoni, Giuseppe Guerini, Rotta, Damiano, Amoddio, Antezza, Baruffi.


   La Camera,
   premesso che:
    la scuola – insieme alla famiglia – è il luogo della crescita e della formazione dell'individuo;
    il percorso di formazione e di socializzazione è difficile e impegnativo e non sempre la scuola riesce ad essere uno spazio di relazione e di incontro nel quale i ragazzi comunicano e convivono civilmente con gli adulti – gli insegnanti – e i compagni;
    talune scuole non hanno iniziative e progetti adeguati per affrontare e risolvere i problemi della crescita e dell'età evolutiva, in particolare dell'adolescenza; non di rado l'approccio punitivo e non gratificante dei docenti e i casi sempre più frequenti di bullismo tra coetanei inducono situazioni di disagio e sofferenza (che si manifestano con gravi fobie scolastiche, disturbi psicosomatici, disturbi alimentari, dipendenze da psicofarmaci, alcool e droghe) e sono spesso anche motivo di abbandono scolastico;
    considerato che il provvedimento in esame dispone norme per la valutazione dei dirigenti scolastici e del personale docente; inoltre valorizza i principi di autonomia, sussidiarietà e parità del sistema nazionale di istruzione e modalità di finanziamento secondo il sistema della quota paritaria, in particolare con riferimento alla scuola dell'infanzia;
    sottolineato che nella valutazione dei dirigenti scolastici e dei docenti appare essenziale tener conto dei risultati dell'istituzione scolastica, in termini di formazione complessiva di tutti gli studenti e di benessere psico-fisico dei ragazzi, con particolare riguardo alle azioni specifiche messe in campo dal dirigente e dai docenti per prevenire il disagio giovanile, l'esclusione e il bullismo nelle classi;
    è necessario premiare – anche con maggiori risorse finanziarie – le scuole che concretamente si impegnano ad essere luogo di educazione integrale della persona umana e di valorizzazione della sensibilità, delle qualità e dei talenti e che offrono ai ragazzi, in collaborazione con le famiglie, un'educazione in grado di arricchirli, di formare persone oneste, responsabili e sicure di sé, preparate intellettualmente, corrette nei rapporti con gli altri; parimenti è necessario sostenere le scuole che concretamente si impegnano a favorire lo sviluppo dell'identità personale, la crescita dell'autostima, la capacità di tollerare e superare le delusioni e gli insuccessi; che sviluppano la comunicazione e le relazioni con i coetanei e gli adulti, la cooperazione e la collaborazione tra studenti in luogo della competizione,

impegna il Governo

al fine di ottimizzare il trasparente e corretto utilizzo delle risorse a disposizione e di migliorare l'efficacia e la qualità dell'intero sistema scolastico, a valutare l'opportunità di prevedere, in caso di trasferimento dello studente motivato da disagio psico-fisico da un Istituto ad un altro all'interno del sistema nazionale di istruzione, la revoca delle risorse corrispondenti alla quota capitaria all'istituto a cui l'alunno era iscritto e la loro assegnazione all'istituto di destinazione, stabilendo altresì che le predette restino assegnate anche negli anni scolastici successivi all'istituto di destinazione a seguito di verifica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della Ricerca, che attesti il superamento del disagio psico-fisico e del contributo educativo formativo e motivazionale all'alunno.
9/2994-A/138Rubinato, Gigli, Sanga, Fioroni, Rotta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124 ha disposto il passaggio allo Stato del personale dipendente dagli Enti locali, che – all'atto dell'entrata in vigore della legge – svolgeva attività di carattere amministrativo, tecnico od ausiliario nelle scuole. Oltre a detto personale sono transitati al MIUR anche i contratti intercorrenti tra tali Enti ed i lavoratori da essi utilizzati come LSU nelle scuole con compiti di carattere amministrativo e tecnico con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. A fronte dell'articolo 78, comma 31 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 – relativo alle attività avviate per la stabilizzazione occupazionale di tutti i soggetti impegnati in progetti LSU presso le scuole – il MIUR ha assunto l'obbligo di prorogarne annualmente i relativi rapporti, alle medesime condizioni giuridiche ed economiche iniziali sino alla stabilizzazione predetta. A seguito di ciò, il personale interessato, pari attualmente a circa 928 unità, si trova col medesimo trattamento economico iniziale, ancora in posizione di Co.co.co, in regime di proroga e con un servizio ininterrotto prestato nella scuola da oltre dieci anni risalendo i rispettivi contratti quanto meno all'entrata in vigore della suindicata legge n. 124 del 1999;
    che la questione è stata sollevata dai lavoratori ricorrenti alla Corte di giustizia europea invocando l'abuso di precariato adottato da troppi anni in Italia nei confronti di chi ha svolto più di 36 mesi di servizio in violazione della normativa europea in materia;
    tenuto conto delle conseguenze della annunciata sentenza della Corte di giustizia Europea contro l'abuso da parte del Governo Italiano per la reiterazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi, in violazione della direttiva comunitaria 1999/70/Ce, le cui motivazioni sono note e definiscono: «arbitrario e vessatorio il comportamento dell'Amministrazione Pubblica italiana nei confronti del personale da anni in attesa di stabilizzazione;
    considerato che la stessa pubblica amministrazione (enti locali, stato, regione ...) ancora oggi mantiene tale tipologia contrattuale per circa cinquemila unità, pur lavorando alle dipendenze della stessa P.A la cui natura e modalità di esecuzione dell'attività lavorativa, non lascia dubbi che si tratti di lavoro dipendente subordinato;
    visto l'articolo 1, comma 7, lettere a e b, del «Jobs Act» che prevede, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il superamento delle forme contrattuali di precariato in essere (Co.co.co. e Co.co.pro.), attraverso decreti legislativi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi che tengano altresì conto degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia di occupazione;
    che l'approvanda riforma della scuola, prevede più autonomia funzionale e gestionale delle scuole;
    che tale nuova forma di gestione non può prescindere da una nuova organizzazione burocratica a supporto dei nuovi compiti e delle scelte che gli istituti dovranno compiere, giorno per giorno, presupponendo altresì personale Ata più preparato e qualificato;
    che occorre quindi avviare un processo di stabilizzazione volto a definire l'assetto definitivo personale ATA con particolare riferimento alla struttura amministrativa oggi assolta dal suddetto dai suddetti contrattisti co.co.co,

impegna il Governo

in attuazione dell'articolo 1, comma 7, lettere a e b, del «Jobs Act» di avviare il processo di trasformazione in rapporti di lavoro dipendete dei contratti (Co.co.co., Co.co.pro.) che riguardano (Ministero Pubblica Istruzione, ), al fine di rendere giustizia a questa categoria di lavoratori, prima dell'applicazione della suddetta sentenza che aggraverebbe l'onere per la stessa P.A.
9/2994-A/139Ribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge, all'articolo 23, conferisce deleghe in materie che rientrano nella competenza legislativa concorrente. L'articolo 76 della Costituzione subordina la legittimità della delega legislativa alla fissazione dei principi e criteri direttivi, ciò rende assai problematico che l'oggetto della delega stessa possa, a propria volta, essere costituito da principi: e, cioè, da determinazioni della stessa natura di quelle che dovrebbero guidarne la formulazione;
    l'articolo 9 del disegno di legge all'esame dispone che, a partire dall'anno scolastico 2016/2017, il personale docente, assunto a tempo indeterminato, delle istituzioni scolastiche statali sia destinatario di incarichi triennali, annuali per il solo anno scolastico 2015/2016, proposti dai dirigenti scolastici degli albi territoriali di riferimento. L'effetto immediato dell'impianto normativo descritto è un'immissione in ruolo priva di assegnazione di posto, assegnazione che risulta solo eventuale e rimessa a scelte triennali dei dirigenti scolastici. L'effetto mediato di tale scelta legislativa è l'istituzione di una diversa e svantaggiata categoria di personale docente della scuola, pertanto, il sistema così novellato genererebbe una palese violazione dell'articolo 3 della Costituzione a causa di un'ingiustificata disparità di trattamento tra coloro i quali siano stati immessi in ruolo sino all'anno scolastico in corso e coloro i quali lo saranno a partire dal prossimo. Il principio di eguaglianza «deve assicurare ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono per la loro applicazione» (sent. 3/1957), con la conseguenza che l'articolo 3 risulta violato «quando, di fronte a situazioni obiettivamente omogenee, si ha una disciplina giuridica differenziata determinando discriminazioni arbitrarie ed ingiustificate» (sent. 111/1981). La non riconducibilità della normativa all'impianto costituzionale è confermata dal disposto del comma 11 dell'articolo 6 che recita: «Il personale docente già assunto in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della presente legge conserva la titolarità presso la scuola di appartenenza» e sancita dalla specifica giurisprudenza relativa alla discriminazione di categorie di soggetti, magistralmente rappresentata dalla sentenza 163 del 1993: «Il principio di eguaglianza comporta che a una categoria di persone, definita secondo caratteristiche identiche o ragionevolmente omogenee in relazione al fine obiettivo cui è indirizzata la disciplina normativa considerata, deve essere imputato un trattamento giuridico identico od omogeneo, ragionevolmente commisurato alle caratteristiche essenziali in ragione delle quali è stata definita quella determinata categoria di persone. Al contrario, ove i soggetti considerati da una certa norma, diretta a disciplinare una determinata fattispecie, diano luogo a una classe di persone dotate di caratteristiche non omogenee rispetto al fine obiettivo perseguito con il trattamento giuridico ad essi riservato, quest'ultimo sarà conforme al principio di eguaglianza soltanto nel caso che risulti ragionevolmente differenziato in relazione alle distinte caratteristiche proprie delle sottocategorie di persone che quella classe compongono». Sin dai primi anni della sua attività la Consulta ha, infatti, inteso il parametro dell'articolo 3 in senso ampio, già nella sentenza 15 del 1960 si legge «il principio di eguaglianza è violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni»;
    negli ultimi mesi il mondo della scuola ha manifestato compatto la decisa contrarietà al provvedimento,

impegna il Governo

a ritirare il disegno di legge all'esame
9/2994-A/140Vacca, Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 3 maggio 2015 il Presidente del Consiglio, a Bologna nel corso dell'intervento alla festa dell'Unità, ha dichiarato che il governo ha investito 3 miliardi nel comparto scuola;
    in data 13 maggio 2015 il Presidente del Consiglio ha annunciato l'imminente stanziamento di ulteriori 4 miliardi, rispetto ai 40 milioni stanziati dal provvedimento all'esame, da destinare all'edilizia scolastica,

impegna il Governo

ad impegnare, entro il 31 dicembre 2016, le risorse aggiuntive, richiamate in premessa, annunciate dal Presidente del Consiglio.
9/2994-A/141Colletti, Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 33 della Costituzione sancisce la libertà di insegnamento;
    l'articolo 2 contiene disposizioni volte a valorizzare l'autonomia scolastica e al potenziamento dell'offerta formativa e conferisce al dirigente scolastico il potere di individuare il personale da assegnare ai posti dell'organico dell'autonomia;
    l'articolo 9 contiene disposizioni in base alle quali il Dirigente scolastico formula proposte d'incarico a docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati;
    in contrasto con quanto disposto, risultano ancora in vigore le norme obsolete contenute nel regio decreto 5 febbraio 1928, n. 577, che disciplinano i corsi speciali di differenziazioni didattiche, in particolare l'articolo 46 prevede che sia il Ministero competente ad «autorizzare presso enti morali, che ritenga idonei, corsi biennali e corsi annuali, (...), per esperimentare differenziazioni didattiche», l'articolo 49 che stabilisce che solo una tipologia di corsi, indetti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stesso, siano «abilitanti all'insegnamento soltanto nelle scuole materne o in quelle elementari, in cui si esperimenti il corrispondente indirizzo didattico differenziato»;
    l'abrogazione del citato regio decreto – già prevista ai sensi del combinato disposto dell'articolo 24 e del n. 328 dell'allegato A, decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, come modificati dalla relativa legge di conversione, a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso decreto – non è più prevista a seguito della soppressione del citato n. 328 ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 3, decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, aggiunto dalla legge di conversione 18 febbraio 2009, n. 9,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative necessarie al fine di abrogare il regio decreto richiamato in premessa al fine di superare il controllo ministeriale in tema di sperimentazioni didattiche e relativi corsi.
9/2994-A/142Pisano, Cariello.


   La Camera,
   premesso che:
    la lettera b) del comma 2 dell'articolo 21 del disegno di legge all'esame, come modificato nel corso dell'esame in Commissione, delega al governo l'esercizio della funzione legislativa in merito ad un nuovo sistema di reclutamento dei docenti delle scuole secondarie di secondo grado prevedendo un contratto retribuito triennale di formazione e apprendistato,

impegna il Governo

nell'esercizio della delega, a stabilire che, nel corso del periodo di apprendistato, il docente neo assunto sia sempre affiancato da un docente di ruolo.
9/2994-A/143Brescia, Luigi Gallo.


   La Camera,
   visto che le disposizioni contenute nel disegno di legge prefigurano nuove responsabilità e un'implementazione delle modalità di gestione, già ora complesse, delle istituzioni scolastiche da parte del dirigente scolastico;
   considerato che:
    in un numero elevato di istituzioni scolastiche non è presente un dirigente scolastico titolare;
    la legge di stabilità ha escluso la possibilità di esonerare dal servizio il collaboratore del dirigente scolastico;
    la difficoltà di gestire due istituzioni scolastiche senza la possibilità di delegare aspetti organizzativi a un collaboratore con tempi dedicati,

impegna il Governo

a individuare risorse e/o modalità di intervento per consentire di ripristinare in via transitoria l'esonero o il semiesonero del collaboratore del dirigente scolastico nelle scuole in reggenza.
9/2994-A/144Blazina, Malisani, Carocci, Sgambato, Manfredi.


   La Camera,
   premesso che:
    premesso che il comma 10 dell'articolo 8 del disegno di legge all'esame, come modificato nel corso dell'esame in Commissione, prevede che «l'istruttoria sugli atti relativi a cessazioni dal servizio, pratiche in materia di contributi e pensioni, progressioni e ricostruzioni di carriera, trattamento di fine rapporto del personale della scuola, nonché sugli ulteriori atti non strettamente connessi alla gestione della singola istituzione scolastica, può essere svolta dalla rete di scuole in base a specifici accordi»,

impegna il Governo

a garantire che il contingente di personale tecnico amministrativo attualmente in servizio non sia ridotto per effetto dell'attuazione della richiamata disposizione.
9/2994-A/145Simone Valente.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 3, comma 2 del presente disegno di legge si dà il via libera di fatto al finanziamento privato agli istituti scolastici con il solo controllo preventivo del dirigente scolastico competente;
    dal testo del disegno di legge non risultano limitazioni di sorta alla tipologia di finanziamenti ricevibili;
    già in passato si sono verificati casi in cui istituti scolastici abbiano ospitato eventi di natura puramente commerciale al fine di raccogliere fondi;
    in merito si può citare ad esempio il caso dell'istituto polivalente di Roppolo (BI) che in data 19 settembre 2014 ha ospitando una serata di promozione di un'azienda che produce coperte e materassi in cambio di un contributo di 520 euro o quello della scuola primaria di Santa Giustina in Colle (PD) dove nell'ottobre 2014 è stata organizzata un'altra serata che ha fruttato all'istituto un contributo di 300 euro;
    appare quantomeno inopportuno istituzionalizzare ulteriormente la possibilità che un istituto scolastico in chiara difficoltà economica possa finanziarsi ospitando eventi volti al solo scopo di lucro e che nulla hanno o dovrebbero avere a che fare con il sistema formativo scolastico,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a limitare i finanziamenti privati ricevibili dagli istituti scolastici escludendo di fatto la possibilità che tali finanziamenti derivino da rappresentazioni commerciali di dimostrazione e vendita diretta o indiretta di beni o immobili.
9/2994-A/146Crippa.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1 del provvedimento all'esame si individuano l'oggetto e le finalità del provvedimento;
    in particolare l'oggetto della legge è quello di dare piena attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche, e tra le finalità dichiarate vi è quella di realizzare una scuola aperta quale laboratorio di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva;
    appare dunque più che mai necessario implementare l'ambito dei percorsi formativi riguardanti cittadinanza e costituzione, anche al fine di approfondire lo studio degli organi della Costituzione italiana e del loro funzionamento;
    nell'ambito dell'autonomia si introduce, altresì la programmazione triennale dell'offerta formativa, predisposta dalla scuola, al fine di potenziare la conoscenza e le competenze degli studenti e per l'apertura della comunità scolastica al territorio,

impegna il Governo

ad intervenire nelle sedi opportune affinché nell'ambito dei nuovi percorsi formativi sia attivato e approfondito lo studio e l'apprendimento della storia del fenomeno mafioso, al fine di accrescere la conoscenza e la valutazione critica delle mafie, del loro ruolo negativo nella società, dei loro complessi rapporti con la realtà sociale, economica, istituzionale e politica.
9/2994-A/147D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento all'esame reca disposizioni inerenti le competenze dei dirigenti scolastici;
    tra le modifiche introdotte durante l'esame in sede referente è previsto che la valutazione degli stessi dirigenti da parte del Nucleo per la valutazione (articolo 25 decreto legislativo 165/2001) debba essere coerente con l’«incarico triennale» e con il profilo professionale del dirigente scolastico e debba essere connessa alla retribuzione di risultato;
    è altresì previsto che, in relazione all'indifferibile esigenza di assicurare la valutazione dei dirigenti scolastici e la realizzazione del sistema nazionale di valutazione previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, possono essere attribuiti incarichi temporanei per le funzioni ispettive;
    tali incarichi, per i dirigenti tecnici in servizio presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nell'ambito della corrispondente dotazione organica, possono essere attribuiti anche superando temporaneamente le percentuali fissate per i dirigenti di seconda fascia, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni;
    anche al fine di garantire le indispensabili azioni di supporto alle scuole è autorizzata, per il triennio 2016-2018, la spesa nel limite massimo di 7 milioni di euro annui,

impegna il Governo

a prevedere che la selezione dei dirigenti tecnici preposti al ruolo di ispettori avvenga attraverso apposita procedura pubblica concorsuale al fine di garantire massima trasparenza nell'affidamento dell'incarico.
9/2994-A/148Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento all'esame reca disposizioni inerenti le competenze dei dirigenti scolastici;
    tra le modifiche introdotte durante l'esame in sede referente è previsto che la valutazione degli stessi dirigenti da parte del Nucleo per la valutazione (articolo 25 decreto legislativo 165/2001) debba essere coerente con l’«incarico triennale» e con il profilo professionale del dirigente scolastico e debba essere connessa alla retribuzione di risultato;
    è altresì previsto che, in relazione all'indifferibile esigenza di assicurare la valutazione dei dirigenti scolastici e la realizzazione del sistema nazionale di valutazione previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, possono essere attribuiti incarichi temporanei per le funzioni ispettive;
    tali incarichi, per i dirigenti tecnici in servizio presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nell'ambito della corrispondente dotazione organica, possono essere attribuiti anche superando temporaneamente le percentuali fissate per i dirigenti di seconda fascia, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni;
    anche al fine di garantire le indispensabili azioni di supporto alle scuole è autorizzata, per il triennio 2016-2018, la spesa nel limite massimo di 7 milioni di euro annui,

impegna il Governo

a stabilire che la retribuzione aggiuntiva dei dirigenti tecnici incaricati delle succitate funzioni ispettive non sia superiore a venti mila euro annui.
9/2994-A/149Di Benedetto, Luigi Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    obiettivo dichiarato del provvedimento è individuato nella realizzazione dell'autonomia scolastica il cui cardine è l'introduzione della programmazione triennale dell'offerta formativa da parte della scuola per il potenziamento della conoscenza e delle competenze degli studenti e l'apertura della comunità scolastica al territorio;
    il Piano contiene - oltre che l'indicazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti e la programmazione dell'offerta formativa ad essi riferita;
    il fabbisogno di posti dell'organico dell'autonomia è determinato in relazione all'offerta formativa che la singola scuola intende realizzare, nel rispetto dei quadri orari degli insegnamenti, tenuto conto della quota di autonomia dei curricoli e degli spazi di flessibilità, nonché in riferimento al potenziamento dell'offerta formativa, finalizzato al raggiungimento di indicati obiettivi, tra cui l'apertura pomeridiana delle scuole,

impegna il Governo

a garantire che la nuova regolamentazione dell’«autonomia scolastica» e l'adozione del piano per l'offerta formativa non aumenti il monte ore degli insegnanti attualmente previsto.
9/2994-A/150Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    esistono dei nuovi percorsi formativi (laurea in lingua e cultura italiane per stranieri);
    la lingua italiane è tra le più studiate al mondo ed è un forte elemento di attrattiva turistica, si ritiene fondamentale che gli insegnanti all'estero siano effettivamente preparati,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché la figura del lettore italiano all'estero possa includere anche laureati in insegnamento della lingua italiana per stranieri non docente del MIUR.
9/2994-A/151Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 23, comma 2, lettera b), il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, al fine di provvedere al riordino, all'adeguamento e alla semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, in modo da renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione;
   considerato che:
    la valorizzazione della professione docente deve puntare, prima ancora che sul riconoscimento economico, sulle ricadute delle competenze professionali a tutti i livelli della didattica e i processi di innovazione della scuola devono poter contare sulla capitalizzazione delle risorse interne;
    l'individuazione di prospettive di sviluppo di carriera che non si esplicano solo nell'attività d'aula costituiscono occasioni di dinamismo della professione docente, opportunità fondamentale per la valorizzazione di tutto il sistema di istruzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito della redazione dei decreti legislativi previsti dall'articolo 23, comma 2, lettera b), di istituire la figura del docente mentor – docente con almeno 10 anni di servizio a tempo indeterminato e selezionato in base a titoli derivanti da crediti didattici, formativi e professionali – cui assegnare compiti di coordinamento delle attività di formazione e aggiornamento del personale docente, promozione di progetti di ricerca-azione e di documentazione, coordinamento del tutoraggio e del tirocinio degli insegnanti assunti secondo le procedure di cui all'articolo 23, comma 2, lettera b), numero 2.
9/2994-A/152Narduolo, Manzi, Zardini, Scuvera, Cominelli, Rampi, Mauri.


   La Camera,
   visto il contenuto dell'articolo 20 dell'A.C. 2994 come risultante dagli emendamenti approvati durante l'esame in l'Assemblea,

impegna il Governo

a darvi attuazione secondo le regole del capo IV del decreto legislativo n. 163 del 2006.
9/2994-A/153Malisani.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto ministeriale n. 192 del 2012 sono stati attivati 1128 posti per l'ammissione al percorso di formazione di 3 anni dei docenti per la classe A077 (strumento musicale). L'attribuzione dei posti, ripartiti sugli anni accademici 2012/13 e 2013/14, sono stati effettuati attraverso esami di ammissione e parte degli aspiranti docenti con l'anno accademico che si sta concludendo, concluderanno il terzo e ultimo anno del percorso mentre altri il secondo;
    che questa situazione evidenzierebbe che il percorso di formazione previsto per gli aspiranti docenti della scuola secondaria di I e II grado dura un anno, mentre per gli aspiranti docenti delle materie «artistiche, musicali e coreutiche», sempre della scuola secondaria di I e II grado, il percorso di formazione è lungo 3 anni;
    che nonostante la diversa durata del ciclo di studi, entrambi i percorsi portano allo stesso risultato finale: l'abilitazione all'insegnamento e la possibilità di inserirsi nella II fascia delle graduatorie d'istituto, senza alcun tipo di riconoscimento per un percorso molto più lungo. Ed inoltre che il decreto ministeriale n. 249 del 2010, che ha previsto i nuovi percorsi di formazione, in attuazione dell'articolo 2, comma 416 della legge finanziaria del 24 dicembre 2007, n. 244, prevede che in sede di ammissione al percorso di formazione dei docenti per la classe di concorso A077, i candidati debbano essere sottoposti ad una procedura concorsuale pubblica per titoli e per esami;
    deriverebbe quindi che i percorsi formativi preordinati all'insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado (all'articolo 3, comma 3 del decreto 249/2010) sono le uniche procedure concorsuali esistenti per il reclutamento del personale docente abilitato di strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado. Che il decreto ministeriale n. 249 del 2010 (Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) modificato dal decreto del MIUR del 25 marzo 2013, n. 81 all'articolo 9 prevede che «I percorsi formativi per l'insegnamento di materie artistiche, musicali e coreutiche nella scuola secondaria di primo e di secondo grado comprendono: a) il conseguimento del diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico a numero programmato e con prova di accesso al relativo corso; b) lo svolgimento del tirocinio formativo attivo comprensivo dell'esame con valore abilitante, disciplinato dall'articolo 10»;
    ne risulterebbe quindi che allo stato i percorsi formativi per l'insegnamento di tutte le materie ad eccezione di quelle artistiche, musicali e coreutiche prevedono un corso di laurea magistrale più un anno di tirocinio formativo attivo (TFA);
    che i percorsi formativi per l'insegnamento di materie artistiche, musicali e coreutiche, invece, prevedono il conseguimento del diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico un corso associato univocamente ad una specifica classe di concorso;
    che possono accedere al TFA della classe di concorso A077 (Insegnamento di strumento musicale, per le sezioni ad indirizzo musicale delle scuole secondarie di I grado) unicamente i candidati in possesso del «Diploma accademico di secondo livello per la formazione dei docenti della scuola secondaria di I grado nella classe di concorso di strumento (A077)» (Tabella 9, allegata al decreto ministeriale n. 249 del 2010);
    che, ad esempio, un candidato già in possesso di un «Diploma accademico di II livello» (normalmente nei Conservatori è attivato il corso ad indirizzo concertistico o interpretativo) se volesse accedere al TFA dovrebbe frequentare un secondo corso di laurea;
    e che quindi siano previsti due percorsi di formazione ben diversi:
     in un caso, la laurea magistrale è un requisito di accesso generico e il percorso di abilitazione per una specifica classe di concorso inizia con il TFA. Il numero di posti disponibili per quella classe di concorso è utilizzato per definire quanti posti attivare per il relativo TFA;
     nell'altro caso, il corso di diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico è già parte integrante di un percorso mirato ad una specifica classe di abilitazione: per ottenere l'abilitazione nella classe di concorso A077 serve infatti un ciclo di studi di 3 anni. Al momento, quindi, sia il percorso che dura 3 anni, sia quello che dura 1 anno, portano all'inserimento nella stessa fascia;
    che la normativa regolante i percorsi ordinari per il conseguimento dell'abilitazione nella classe di concorso A077-strumento musicale, istituiti dai Conservatori di musica e comprensivi del corso biennale di secondo livello e dello svolgimento del relativo tirocinio formativo attivo ordinario (475 ore), contenuta nel decreto ministeriale n. 249 del 2010, all'articolo 1, disponga che l'accesso ai nuovi percorsi formativi ordinari per gli aspiranti docenti della scuola secondaria di primo grado avvenga tramite delle procedure concorsuali a cadenza biennale;
    che all'articolo 3, comma 3 del succitato decreto ministeriale si legga testualmente che «I percorsi formativi preordinati all'insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado (...) sono attivati dalle università e dagli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, nell'ambito dei quali si articolano nel corso di diploma accademico di II livello e nel successivo anno di tirocinio formativo attivo»;
    che la suddetta normativa inerente alla modalità di accesso a tali corsi è stata puntualmente applicata dai Conservatori di musica, i quali hanno indetto una vera e propria procedura concorsuale per esami e titoli, così come previsto dall'articolo 1, commi 3 e 9 del decreto MIUR 11 novembre 2011, n. 194;
    che i possessori del titolo di abilitazione nella classe A077, conseguito presso i conservatori di musica all'esito dei percorsi abilitanti ordinari, hanno già vinto una procedura concorsuale per esami e titoli al momento dell'ammissione ai corsi e godono quindi del diritto di accedere a una graduatoria istituita appositamente per possessori del titolo abilitante ordinario per la classe A077 e preordinata all'immissione in ruolo sui posti vacanti, secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,

impegna il Governo

nei provvedimenti di attuazione previsti dalla presente legge a prevedere il riconoscimento ai docenti abilitati per la classe di concorso A077, che hanno sostenuto il ciclo di studi di 3 anni, possano accedere ai previsti concorsi con il riconoscimento della peculiarità del percorso formativo effettuato comportante maggior impegno degli aspiranti docenti che stanno completando e concludendo il ciclo di studi attualmente previsto per la classe di concorso A077.
9/2994-A/154Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento prevede che il MIUR, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, pubblichi un avviso pubblico rivolto a professionisti, per l'elaborazione di proposte progettuali, «previa acquisizione delle manifestazioni di interesse rappresentate dagli enti locali alle regioni» e dispone che tali proposte vengano sottoposte a una commissione di esperti, cui partecipa anche la Struttura di missione per l'edilizia scolastica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che esamina e coordina le stesse, anche attraverso un coinvolgimento delle regioni;
    il provvedimento in esame finalizza la suddetta attività di coordinamento all'individuazione di almeno una soluzione progettuale per regione di scuole altamente innovative individuando «i beneficiari sulla base delle risorse assegnate dai MIUR»;
    è previsto inoltre il rafforzamento delle funzioni dell'Osservatorio per l'edilizia scolastica al quale, in particolare, saranno affidati compiti di indirizzo e di programmazione degli interventi e compiti di diffusione della cultura della sicurezza e la redazione di un piano del fabbisogno nazionale 2015-2017, al quale sono destinate risorse già stanziate e non utilizzate, ovvero economie realizzate;
    durante l'esame del provvedimento nella sede competente, in particolare, è stato aumentato da 40 a 50 milioni di euro l'importo dei contributi pluriennali previsti dall'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013 (legge n. 128 del 2013) per la stipula, da parte delle regioni, di mutui per interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di immobili scolastici, universitari e AFAM, ed è stata estesa alle stesse istituzioni AFAM la possibilità di essere autorizzate (direttamente) alla stipula dei mutui;
    è previsto lo stanziamento di 40 milioni di euro per il 2015 per il finanziamento di Indagini diagnostiche dei solai e dei controsoffitti degli edifici scolastici;
    ogni anno vengono spese migliaia di euro per pagare l'affitto di edifici scolastici ormai fatiscenti o comunque in condizioni tali che necessitano interventi di ristrutturazione diretti alla messa in sicurezza degli stessi;
    sarebbe un investimento senza dubbio più sensato l'acquisto di edifici nuovi e a norma da adibire a istituti scolastici risparmiando quindi sulle spese di ristrutturazione o di messa in sicurezza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per prevedere che parte dei fondi a disposizione degli enti locali siano investiti per l'acquisto di edifici che non necessitino di ristrutturazione o alla costruzione di nuovi da destinare ad istituiti scolastici.
9/2994-A/155Matarrelli, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per il contrasto dei fenomeni delinquenziali nelle grandi città – 3-01506

   LUPI, DORINA BIANCHI, MINARDO e BERNARDO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle grandi città i fenomeni delinquenziali determinano allarme e preoccupazione nella cittadinanza, turbata soprattutto dalle aggressioni patrimoniali, che, a volte, registrano la violazione del domicilio, cioè del luogo in cui ogni persona vorrebbe sentirsi protetta e al sicuro;
   la microdelinquenza, che è tale solo dal punto di vista della sua contrapposizione alla grande delinquenza organizzata, ma che non per questo è meno aggressiva e pericolosa, in quanto capace di colpire i più deboli e indifesi, sembra ormai richiedere ulteriori misure che ne contrastino l'offensività, ridando fiducia ai cittadini e, soprattutto, migliorandone la percezione di sicurezza –:
   quali interventi e misure il Ministro interrogato intenda promuovere in materia, specificando quelle che saranno le direttrici su cui verrà a imperniarsi il provvedimento che il Ministro medesimo ha già prefigurato più volte nei suoi interventi pubblici. (3-01506)


Elementi in merito all'affidamento di incarichi pubblici a persone asseritamente vicine al Ministro dell'interno – 3-01507

   TONINELLI, NUTI, DADONE, CECCONI, COZZOLINO, DIENI, D'AMBROSIO e COLLETTI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da una recente inchiesta – in particolare si fa riferimento all'articolo di Emiliano Fittipaldi «La rete di potere intorno ad Angelino Alfano. Tra moglie e avvocati, giro d'affari da capogiro», apparso su l'Espresso del 16 aprile 2015 – si apprende dell'esistenza di una serie di incarichi, affidati a vario titolo a professionisti legati al Ministro interrogato da vincoli di coniugio o commensalità;
   in particolare, nell'articolo si fa riferimento all'attribuzione dell'incarico di «soggetto attuatore giuridico del piano carceri» dal 2010 al 2012, affidato dall'allora Ministro della giustizia Alfano all'avvocato Andrea Gemma, che sarebbe legato a lui da un forte legame di amicizia personale, maturato in occasione della frequentazione del corso di dottorato in «diritto dell'impresa» svolto dal Ministro interrogato presso l'Università di Palermo;
   a tale incarico si aggiungono per l'avvocato Gemma una serie di incarichi pubblici (tra i quali quello di commissario straordinario della Valtur, su nomina dell'allora Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani, nonostante suo padre, l'avvocato Sergio Gemma, del medesimo studio legale avesse svolto l'incarico di presidente del collegio sindacale della stessa società) nell'ambito di società pubbliche (Equitalia giustizia, Trenitalia, Fs logistica e Sogin), nonché da ultimo, tra quelli di maggior rilievo, l'incarico di consigliere di amministrazione della più grande società partecipata dello Stato, l’Eni. Secondo quanto riportato dalla stampa, tale nomina è avvenuta «in quota Ncd» (così Franca Selvatici, in «E nelle carte spunta il nome di Alfano. “Maurizio gli ha detto di quell'azienda”», su la Repubblica del 18 marzo 2015), ovvero su indicazione del partito di cui il Ministro interrogato è segretario e del quale l'avvocato Andrea Gemma è anche difensore in sede giudiziaria;
   appare anche rilevante evidenziare che, sempre secondo quanto riportato dalla stampa, in qualità di commissario straordinario della Sigrec spa, Società italiana gestione e incasso crediti, società in liquidazione del gruppo Unicredit, l'avvocato Gemma ha affidato alcuni incarichi difensivi della stessa società all'avvocato Tiziana Miceli, moglie del Ministro interrogato. Dalla stampa si apprende che questo non sarebbe il solo incarico affidato all'avvocato Miceli su decisione dell'avvocato Gemma;
   la stessa fonte riferisce dell'affidamento recente («tra fine 2014 e inizio 2015») all'avvocato Miceli di cinque consulenze da parte della concessionaria di servizi assicurativi pubblici Consap, interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, i cui compensi, ai sensi delle relative determine, «saranno quantificati all'esito delle attività»; anche in questo caso è rilevante notare come l'amministratore delegato della Consap, Mauro Masi, già direttore generale della Rai, nominato in tale ruolo da un Consiglio dei ministri di cui faceva parte il Ministro interrogato, sia in rapporti di vicinato con il Ministro interrogato e con l'avvocato Miceli, con i quali condivide lo stabile di residenza (come riporta Renato Stanco in «Tiziana Miceli, moglie di Alfano e miss consulenze» su Lettera43 del 17 aprile 2015);
   all'avvocato Gemma, sempre secondo quanto riportato, è stato attribuito, inoltre, da Giuseppe Caruso, già direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nominato in tale ruolo da un Consiglio dei ministri di cui faceva parte lo stesso Ministro interrogato, anche l'incarico di commissario dell’Immobiliare Strasburgo, società «confiscata al costruttore Vincenzo Piazza, indicato come prestanome dei capi di Cosa Nostra», detentrice di beni sequestrati del valore di «centinaia di milioni»;
   infine, sempre l'avvocato Gemma ha recentemente ottenuto l'affidamento dei servizi legali per Expo 2015, insieme all'avvocato Angelo Clarizia, con lo studio del quale l'avvocato Miceli avrebbe collaborato nella difesa della società Serit;
   fatto salvo che non sembra esserci alcun evidente profilo di carattere penale, dal quadro riportato appare emergere una commistione di interessi tale da indurre a riflettere sull'opportunità dell'affidamento di incarichi pubblici in tale volume a persone così strettamente legate al Ministro interrogato;
   a parere degli interroganti il complesso delle vicende sopra riportate desta perplessità circa il comportamento di un Ministro della Repubblica, che deve essere sempre improntato a un rigore tale da far sì che si eviti qualsiasi sospetto circa l'utilizzo delle risorse pubbliche e l'imparzialità dell'azione amministrativa –:
   quali elementi intenda fornire in relazione a tutto quanto illustrato in premessa, anche in considerazione del rigore che deve necessariamente contraddistinguere l'azione di un Ministro della Repubblica. (3-01507)


Iniziative per un'equilibrata distribuzione sul territorio delle strutture destinate all'accoglienza ed alla gestione dei flussi migratori, anche in relazione all'ubicazione di alcuni centri di accoglienza nel comune di Roma – 3-01508

   RAMPELLI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 11 maggio 2015 è stato sgomberato un campo abusivo nel quartiere romano di Ponte Mammolo, in Via Messidoro, e sono stati rasi al suolo anche alcuni edifici costruiti abusivamente;
   nel campo vivevano circa quattrocento migranti, tra i quali anche donne e bambini, in maggioranza provenienti da Paesi nordafricani, alcuni dei quali rifugiati politici o in attesa del riconoscimento;
   a distanza di circa una settimana dallo sgombero la situazione nella zona è allarmante perché circa un centinaio delle persone sgomberate è rimasto nel piazzale davanti al luogo dove sorgeva il piccolo quartiere abusivo, in condizioni di gravissimo disagio per loro stessi e per tutti i residenti della zona;
   sempre a Roma, nel quartiere di Casale San Nicola, a La Storta, sarebbe in atto la riconversione dell'edificio di una ex scuola privata in centro di accoglienza per migranti;
   la struttura in questione non possiede i requisiti necessari per ottenere l'abitabilità per così tante persone ed è ubicato in un luogo isolato e privo delle opere di urbanizzazione primaria, quali il sistema fognario e l'illuminazione stradale, oltre a non rispettare le condizioni minime di sicurezza;
   in particolare a Roma, i centri di accoglienza per migranti insistono per la stragrande maggioranza in zone periferiche, che già sopportano numerosi altri disagi e non riescono a fare fronte alle problematiche derivanti dall'insediamento di centinaia di migranti;
   la gestione dell'accoglienza dei migranti deve avvenire nel rispetto della sicurezza e della dignità sia degli stessi migranti sia delle popolazioni residenti e deve rispettare un'equa distribuzione sul territorio –:
   quali iniziative intenda assumere in merito ai fatti di cui in premessa al fine di garantire la sicurezza sia dei migranti sia dei residenti e se non ritenga di fornire indicazioni agli enti interessati per un'equilibrata distribuzione nei territori delle strutture destinate all'accoglienza ed alla gestione dei flussi migratori. (3-01508)


Elementi ed iniziative in ordine ai trattamenti economici degli amministratori di società a partecipazione pubblica quotate o che emettono strumenti finanziari in mercati regolamentati – 3-01509

   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'opportunità di stabilire un limite massimo agli stipendi/emolumenti di manager e dirigenti pubblici è stato oggetto nella XVI legislatura di diverse iniziative (emendamenti, ordini del giorno, proposte di legge, atti di sindacato ispettivo) da parte della Lega Nord;
   finalmente, il principio di prefissare un tetto per chiunque percepisca a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali è entrato nel nostro ordinamento con le norme contenute nel cosiddetto «decreto salva-Italia» (che ha fissato un tetto al primo presidente della Corte di cassazione, di circa 300 mila euro) e con la previsione di una «sforbiciata» del 25 per cento di «tutti i compensi a qualunque titolo determinati» contenuta nel cosiddetto «decreto del fare»;
   la Lega Nord, tuttavia, ha da subito denunciato l'inutilità di tale novella legislativa, in quanto a rischio di non produrre gli effetti sperati per la scelta di fissare un limite troppo alto, parametrato al primo presidente della Corte di cassazione, cioè al magistrato con funzioni direttive apicali, proponendo – di contro – un'assimilazione al trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di sezione della Corte di cassazione ed equiparate;
   alle predette norme di legge hanno fatto seguito: il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell'articolo 23-ter del «salva-Italia» (XVI legislatura – atto Governo n. 439 – Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente la definizione del limite massimo riferito al trattamento economico annuo onnicomprensivo per i pubblici dipendenti indicati nell'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) ed il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che ha fissato a 294 mila euro il tetto massimo per i compensi degli amministratori con deleghe di Rai, Anas e Ferrovie, mentre per le altre 18 società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze si fissano compensi all'80 o al 50 per cento del trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione (i circa 300 mila euro) (XVII legislatura – atto Governo n. 27 – Schema di decreto del Ministro dell'economia e delle finanze relativo ai compensi per gli amministratori con deleghe delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze);
   con il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale», all'articolo 13, in materia di limite massimo al trattamento economico del personale pubblico e delle società partecipate, tale limite viene fissato dal Governo Renzi, con decorrenza 1o maggio 2014, in 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del dipendente;
   benché dalla norma siano escluse le società quotate e quelle che emettono strumenti finanziari in mercati regolamentati, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di volere esercitare una moral suasion tesa ad indurre anche tali manager ad una autoriduzione degli emolumenti;
   stando alle sue stesse dichiarazioni, rilasciate pochi giorni fa, l'amministratore delegato di Poste (100 per cento capitale pubblico), Francesco Caio, nominato a maggio 2014, godrebbe di un trattamento economico pari ad 1 milione e 200 mila euro annui, quasi 5 volte il tetto imposto dal Governo Renzi alle società di proprietà dello Stato –:
   quanti e quali siano gli amministratori di società a partecipazione pubblica, benché quotate o che emettono strumenti finanziari in mercati regolamentati, che registrano trattamenti economici complessivi superiori al tetto fissato dall'articolo 13 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, e quale risparmio si sia ottenuto dal 1o maggio 2014 ad oggi con l'applicazione della norma citata insieme alla cosiddetta moral suasion esercitata dal Presidente del Consiglio dei ministri per un'autoriduzione degli stipendi dei manager esclusi dall'applicazione dell'articolo. (3-01509)


Intendimenti del Governo in materia di revisione della spesa pubblica – 3-01510

   TABACCI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'opera riformatrice che il Governo sta svolgendo unitamente ad una congiuntura favorevole sul piano internazionale, grazie alla svalutazione dell'euro rispetto al dollaro, alla forte riduzione del prezzo del petrolio e agli interventi della Banca centrale Europea guidata da Mario Draghi, induce finalmente ad un cauto ottimismo sulle possibilità di invertire il trend economico degli ultimi anni, passando dalla recessione ad una nuova fase di ripresa economica;
   i dati Istat relativi al primo trimestre del 2015 rappresentano un primo elemento di conferma del possibile cambio di scenario per il nostro Paese in positivo, ma è evidente che la strada da percorrere è ancora lunga per consolidare e rafforzare il processo di ritorno alla crescita;
   la qualità dell'azione del Governo, oltre che sulla capacità di introdurre e far approvare nel corso della legislatura le misure di riforma ormai improrogabili nei più diversi settori dell'attività pubblica e privata, verrà comunque misurata anche sulla capacità di incidere sulla spesa pubblica attraverso un'attenta ed ampia operazione di spending review attraverso la quale reperire rapidamente ulteriori risorse per rilanciare l'economia;
   l'intento ripetutamente manifestato dal Governo di scongiurare l'aumento dell'iva nel 2016 attraverso la revisione della spesa rappresenta un'occasione per raggiungere finalmente un obiettivo sempre mancato dagli Esecutivi precedenti, che miri a radiografare in modo completo le singole voci che compongono il bilancio dello Stato, creando le premesse per un superamento definitivo dello schema dei tagli lineari, che, lungi dal produrre gli effetti dichiarati, non hanno frenato l'incremento del debito pubblico ed hanno anzi aumentato le diseguaglianze nel Paese, colpendo allo stesso modo situazioni differenti;
   anche il nuovo commissario per la revisione della spesa, Yoram Gutgeld, come il suo predecessore Carlo Cottarelli, ha individuato una serie di settori dell'attività pubblica su cui è possibile intervenire per realizzare risparmi di spesa;
   la scelta dei settori sui quali attuare la spending review rappresenta un'opzione prettamente politica, che può essere preparata dai tecnici ma non operata da questi ultimi –:
   se il Ministro interrogato ritenga di confermare la volontà del Governo di procedere sul piano della revisione della spesa pubblica e di esporre al Parlamento le linee guida tracciate dal Governo per la sua attuazione, aggiornando gli importi previsti dei risparmi da essa derivanti, l'impatto e le ricadute in termini di miglioramento dei conti pubblici. (3-01510)


Iniziative volte alla realizzazione di un meccanismo di gestione dei crediti bancari deteriorati – 3-01511

   MARTELLA, CAUSI, TARANTO, GINATO, BONIFAZI, CAPOZZOLO, CARBONE, CARELLA, COLANINNO, CURRÒ, DE MARIA, MARCO DI MAIO, MARCO DI STEFANO, FRAGOMELI, FREGOLENT, GITTI, GUTGELD, LODOLINI, MORETTO, PELILLO, PETRINI, RIBAUDO, SANGA, ZOGGIA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dopo i segnali di ripresa evidenziati nell'ultimo trimestre del 2014, nel 2015 l'economia italiana, uscendo dalla recessione, si avvia a una fase ciclica espansiva determinata da fattori sia di natura esogena, dovuti al favorevole andamento di alcune variabili internazionali, sia legati alla domanda interna, connessi con la politica economica del Governo;
   tuttavia, per garantire che l'impulso impresso alla domanda si traduca in una crescita durevole, occorrono riforme nel campo del finanziamento delle imprese che incidano sulla capacità dell'economia di rispondere ai cambiamenti strutturali;
   le misure di politica monetaria adottate dalla Banca centrale europea nel corso degli ultimi anni, in particolare la riduzione dei tassi d'interesse, l'incremento della liquidità per gli intermediari condizionata al finanziamento di attività produttive, nonché, da ultimo, l'avvio del programma di acquisto di titoli di Stato quantitative easing, stanno contribuendo a rafforzare le condizioni di liquidità delle banche italiane e a incrementare l'erogazione di prestiti al settore privato, una condizione fondamentale per la ripresa dell'economia;
   la crisi, tuttavia, ha lasciato un'eredità molto pesante in termini di crediti inesigibili da imprese uscite dal mercato o in gravi difficoltà, che appesantiscono i bilanci bancari e limitano la capacità di erogare nuovi finanziamenti; dal 2008 al 2014 i crediti deteriorati dell'intero sistema bancario sono aumentati da 131 a 350 miliardi di euro e la loro incidenza sul complesso dei prestiti è salita di circa 12 punti percentuali, al 17,7 per cento, come riporta l'ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria pubblicato dalla Banca d'Italia;
   tale questione costituisce un elemento fondamentale da affrontare tempestivamente per poter completare l'uscita dell'economia dalla fase di crisi finanziaria; tra le possibili soluzioni per alleggerire i bilanci bancari dall'eccessivo e crescente peso dei crediti deteriorati, «un intervento diretto dello Stato che, nel rispetto della disciplina europea sulla concorrenza, favorisca lo sviluppo di un mercato secondario di queste attività potrebbe contribuire a liberare risorse di cui beneficerebbero in primo luogo le imprese», come ricordato dal Governatore della Banca d'Italia Visco in un convegno tenutosi nel marzo 2015;
   alcuni Paesi europei hanno già adottato soluzioni per la gestione delle sofferenze bancarie, che si sono rivelate di particolare efficacia, laddove sono riuscite a ristabilire la fiducia nel sistema finanziario attraverso la creazione di una struttura in grado di recuperare effettivamente i crediti deteriorati, come in Gran Bretagna (con la proprietà del veicolo esclusivamente in mano pubblica) e in Spagna e Irlanda (anche con il coinvolgimento dell'azionariato privato);
   un possibile ostacolo allo sviluppo di misure analoghe in Italia è costituito dalla compatibilità con le regole europee in materia di aiuti di Stato, divenute più restrittive dal 2013;
   su questa prospettiva si è tenuto il 23 aprile 2015 un incontro a Bruxelles tra il Ministro interrogato e la Commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager, nel quale sembrerebbero essere emerse prospettive incoraggianti; recentemente la Commissaria ha ribadito che la Commissione europea si fa forte della sua esperienza «nella definizione delle misure per gli asset bancari deteriorati attuate in altri Stati membri per aiutare le autorità italiane a individuare la strada più appropriata per fronteggiare la situazione», specificando di non aver preso alcuna decisione formale in relazione alla compatibilità con le regole sugli aiuti di Stato, non avendo finora ricevuto una notifica formale da parte del nostro Paese;
   durante un'audizione al Senato della Repubblica, tenutasi il 5 maggio 2015, il Ministro interrogato ha anticipato alcuni dettagli tecnici in merito alle possibili modalità di attuazione di un mercato dedicato ai crediti deteriorati, con l'eventuale utilizzo di una garanzia statale e l'adozione di misure per accelerare le procedure fallimentari;
   ancora negli scorsi giorni, il Fondo monetario internazionale ha sottolineato come il nodo dei crediti in sofferenza stia «divenendo una questione di importanza sistemica», in quanto causa del fatto che «i prestiti alle piccole e medie imprese continuano ad essere scarsi e costosi» ed ha conseguentemente sollecitato azioni utili a «rafforzare i bilanci delle banche e delle imprese» ed a consentire «nuovi prestiti a imprese e settori produttivi»;
   sempre negli scorsi giorni, gli organi di informazione hanno fornito anticipazioni su un possibile ed imminente intervento governativo in materia di non performing loans, che ricomprenderebbe – oltre al tema della cosiddetta bad bank – misure di riforma del recupero crediti e della deducibilità delle perdite su crediti –:
   quale sia lo stato dell'interlocuzione in corso con gli organi europei e quali le ipotesi di attuazione, in vista dell'eventuale adozione delle annunciate iniziative finalizzate alla realizzazione di un meccanismo di gestione dei crediti bancari deteriorati. (3-01511)


Problematiche riguardanti le autorizzazioni relative alla ricerca e all'estrazione di idrocarburi al largo delle coste dell'Abruzzo – 3-01512

   MELILLA, PELLEGRINO, ZARATTI, RICCIATTI e FERRARA. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Abruzzo rischia di trasformarsi da regione dei parchi a distretto petrolifero;
   in un recente dossier delle associazioni ambientaliste si evidenzia lo stato attuale delle ricerche e perforazioni di idrocarburi in Abruzzo (in terra e in mare): 2.213,05 chilometri quadrati interessati da permessi di ricerca, 441,29 chilometri quadrati interessati da concessioni di coltivazione, 101,03 chilometri quadrati interessati da concessioni di stoccaggio, 35,72 chilometri quadrati interessati da istanze per concessione di coltivazione, 1.018 chilometri quadrati interessati da istanze per concessioni di stoccaggio, 4.222,80 chilometri quadrati interessati da istanze per permessi di ricerca;
   in una nota il Wwf Abruzzo sottolinea come nel 2009 il 51,7 per cento del territorio era interessato da istanze di ricerca ed estrazione di idrocarburi;
   in queste settimane il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dato, o si accinge a dare, il proprio parere positivo ad una decina di nuovi pozzi destinati alla ricerca o all'estrazione di petrolio, tutti all'interno delle 12 miglia:
    a) Elsa2, società Petroceltic, un pozzo esplorativo a 7 chilometri dalla spiaggia di Lido Riccio a Ortona (Chieti) (parere positivo della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS a marzo 2015, in attesa del decreto);
    b) Ombrina mare, società Rockhopper, 4-6 pozzi di estrazione a circa 6 chilometri dalla costa di fronte a San Vito Chietino (parere positivo della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS a marzo 2015, in attesa del decreto);
    c) Rospo mare, società Edison, 3-4 nuovi pozzi di estrazione a 20 chilometri dalla costa di fronte a Vasto (decreto di compatibilità ambientale emanato il 15 aprile 2015);
   praticamente è interessato tutto il fronte della costa teatina, con un progetto a nord (Elsa2), uno al centro (Ombrina) e uno al sud (Rospo mare), in un'area in cui vi è il parco nazionale della costa teatina;
   sono tutti progetti fermati nel 2010 dal decreto dell'allora Ministra dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Prestigiacomo che vietava nuove trivellazioni all'interno delle 12 miglia e «resuscitati» colpevolmente dal decreto del Ministro dello sviluppo economico Passera del Governo Monti nel 2012, che escludeva dall'applicazione del provvedimento i procedimenti in corso. Sono numerose le criticità procedurali e di contenuto:
    a) il parere del comitato VIA considerato valido è quello rilasciato nel 2009, senza tener conto delle mutate condizioni ambientali e sociali;
    b) non viene considerato l'effetto cumulo con gli altri progetti;
    c) tutte queste procedure sono state assoggettate a valutazione ambientale strategica, con il paradosso che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le richiede al Governo croato per le loro nuove concessioni in Adriatico e poi non applica la procedura a quelle di propria competenza;
    d) non è stato ripubblicato, come invece accaduto per Ombrina, il progetto per le osservazioni del pubblico alla procedura di valutazione di impatto ambientale-autorizzazione integrata ambientale congiunta;
    e) l'analisi del rischio per gli incidenti non è stata esaminata dalla commissione, che però l'ha richiesta entro l'avvio dei lavori (quindi è riconosciuto come aspetto critico del progetto). La procedura di valutazione d'impatto ambientale, a giudizio degli interroganti, così perde totalmente di significato, se gli elementi indispensabili per una corretta valutazione vengono rimandati alla fase esecutiva –:
   se non si intenda intervenire al fine di non concedere le autorizzazioni ed evitare che tutti i suddetti interventi mettano a serio rischio il futuro ambientale della regione Abruzzo e del Mare Adriatico. (3-01512)


Iniziative di competenza in relazione all'utilizzo di combustibili solidi secondari nello stabilimento della Italcementi spa nel comune di Calusco d'Adda (Bergamo) – 3-01513

   LOCATELLI e PASTORELLI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 15 ottobre 2014 Italcementi spa ha consegnato alla provincia di Bergamo l'istanza di modifica sostanziale dell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata per lo stabilimento di Calusco d'Adda, presentando anche contestuale istanza di valutazione di impatto ambientale,
   il progetto presentato da Italcementi spa prevede: l'incremento da 30 mila a 110 mila tonnellate all'anno del quantitativo di combustibili (costituiti da rifiuti solidi non pericolosi: combustibili solidi secondari) da utilizzare nel forno di cottura del clinker in parziale sostituzione dei combustibili fossili convenzionali; la diversificazione delle tipologie di rifiuti combustibili solidi secondari utilizzabili. Oltre al combustibile derivato da rifiuti, per cui è già è previsto e autorizzato l'utilizzo, Italcementi spa prevede di utilizzare rifiuti costituiti da plastiche e gomme, pneumatici finemente triturati, coriandolo di matrice plastica, biomasse legnose, fanghi biologici essiccati, fanghi dal trattamento biologico delle acque reflue industriali essiccati, fanghi da altri trattamenti acque reflue industriali essiccati; l'utilizzo di combustibili solidi secondari ex decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22 (non rifiuto);
   i cementifici sono definiti dalla normativa «industrie insalubri di 1a classe» (decreto del Ministero della sanità del 5 settembre 1994) e hanno limiti di emissioni da 3 a 7 volte superiori a quelli degli inceneritori;
   il Parlamento europeo, con la risoluzione del 24 maggio 2012, si è espresso per il divieto di destinare a incenerimento i rifiuti riciclabili e, più recentemente, la Commissione europea il 2 luglio 2014 ha ribadito tale indirizzo nella comunicazione «Verso un'economia circolare: un programma rifiuti zero per l'Europa»;
   studi clinici rilevano la correlazione fra picchi d'inquinamento atmosferico (Pm10, NOx) e impatti sulla salute dei cittadini del territorio;
   l'inquinamento ambientale causato dall'utilizzo del combustibile solido secondario è particolarmente impattante, in quanto dalla sua combustione derivano composti (diossine, furani, pcb) che sono normalmente assenti nelle emissioni da combustibili fossili e che, immessi in atmosfera con il particolato ultrasottile (pm 2,5 > 0,1), non sono adeguatamente intercettati dai sistemi di filtrazione e abbattimento;
   l'11 febbraio 2015 si è tenuto il primo incontro della conferenza dei servizi indetta dalla provincia di Bergamo per confrontarsi con gli enti interessati sulla richiesta di Italcementi spa di aumentare i rifiuti costituiti da combustibili solidi secondari bruciati nello stabilimento di Calusco d'Adda. Alla conferenza, oltre a Italcementi spa, alla provincia di Bergamo, all'azienda sanitaria locale, all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e al comune di Calusco, hanno partecipato i sindaci o i loro delegati dei comuni di Paderno d'Adda, Imbersago, Robbiate, Verderio e Solza, che nel dicembre 2014 avevano chiesto alla provincia di Bergamo, tramite una lettera pubblica, di prendere parte alla procedura di verifica di impatto ambientale sul progetto di Italcementi spa;
   il 6 marzo 2015 poi i comuni sopra citati hanno portato sul tavolo della provincia di Bergamo le proprie osservazioni tecniche;
   i punti principali in discussione riguardano la tracciabilità e la qualità dei rifiuti bruciati, che il territorio chiede che vengano garantiti da un ente terzo, così come i controlli sulle emissioni;
   un altro punto ha riguardato lo scalo ferroviario tra lo stabilimento e la stazione di Calusco d'Adda, della cui costruzione, secondo gli accordi del 2012, Italcementi spa si sarebbe dovuta occupare e sui quali, invece, lamenta difficoltà con le Ferrovie dello Stato che non si interessano del progetto;
   per pareggiare il potere calorifico del carbone occorrono 1,8 chilogrammi di combustibile solido secondario per ciascun chilogrammo di carbone; pertanto, l'incremento della produzione dell'impianto in combinazione con la mancata realizzazione dello scalo ferroviario e il minor potere calorifico del carbone creerà senz'altro un incremento cospicuo del traffico indotto dal trasporto del combustibile su gomma, che incrementerà gli impatti sulle matrici ambientali, atmosfera e rumore;
   non molti mesi orsono il Governo, con l'articolo 35 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha previsto un piano nazionale per individuare la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale e uno dei requisiti posti per il funzionamento degli impianti è stato il rispetto delle disposizioni sulla qualità dell'aria di cui al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155;
   inoltre, il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 febbraio 2013, n. 22, recante «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni», all'articolo 15, prevede l'istituzione di un comitato di vigilanza e controllo, presso il Ministero, con il compito, tra gli altri, di garantire il monitoraggio della produzione e dell'utilizzo del combustibile solido secondario-combustibile ai fini di una maggiore tutela ambientale, nonché la verifica dell'applicazione di criteri di efficienza, efficacia ed economicità e, inoltre, di intraprendere le iniziative idonee a portare a conoscenza del pubblico informazioni utili o opportune in relazione alla produzione e all'utilizzo del combustibile solido secondario-combustibile, anche sulla base dei dati trasmessi dai produttori e dagli utilizzatori;
   infine, il 22 ottobre 2013, l'Assemblea della Camera dei deputati ha discusso una serie di mozioni presentate da tutti gruppi parlamentari sull'utilizzo del combustibile solido secondario e sulle implicazioni che ciò comporta per la salute dei cittadini e il 12 settembre 2013 ha approvato una mozione (la n. 1-00193), che, tra l'altro, impegna il Governo: «ad avviare approfondimenti tecnici multidisciplinari per verificare se e a quali condizioni l'utilizzo del combustibile solido secondario nei cementifici non determina rischi per la salute e per l'ambiente, con particolare riferimento alle effettive emissioni di sostanze inquinanti derivanti dall'uso dei rifiuti come combustibili, che tengano conto non solo del funzionamento degli impianti a regime e in condizioni di massima sicurezza, ma anche dei possibili rischi derivanti da malfunzionamenti, fuori servizio e gestione dei transitori; a fornire, a seguito di tali accertamenti preliminari, un quadro aggiornato sull'attuazione, da parte dei settori industriali coinvolti, del potenziale costituito dal combustibile solido secondario, fornendo anche informazioni circa i processi autorizzativi avviati a seguito dell'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 22 del 2013 (...)»;
   l'articolo 32 della Costituzione sancisce la tutela della salute come «diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività» e, quindi, di fatto, obbliga lo Stato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute in termini di generalità e di globalità,
   il Governo, in attuazione degli impegni assunti il 22 ottobre 2013 a seguito dell'approvazione della mozione n. 1-00193, dovrebbe aver già dato avvio alla ricognizione dello stato di utilizzo del combustibile solido secondario da parte dei cementifici sul territorio nazionale, compreso, quindi, l'impianto Italcementi spa di Calusco d'Adda –:
   se il Ministro interrogato abbia assunto o intenda assumere le opportune iniziative a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, anche utilizzando il nucleo operativo ecologico dei carabinieri, per verificare lo stato dei luoghi e il livello d'inquinamento dell'area in cui sorge il cementificio, nonché il tipo di combustibile solido secondario utilizzato dall'azienda (se combustibile solido secondario o combustibile solido secondario-combustibile, ossia combustibile certificato e di qualità), la tracciabilità del combustibile, la quantità e qualità degli inquinanti che si prevede l'impianto possa emettere a seguito dell'incremento di utilizzo di combustibile solido secondario, nonché i monitoraggi previsti. (3-01513)


Problematiche riguardanti l'Istituto penale per minorenni di Quartucciu (Cagliari) – 3-01514

   PINNA, SOTTANELLI, ANTIMO CESARO e VARGIU. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 27, terzo comma, della Costituzione italiana sancisce che «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato»;
   l'ideale rieducativo rappresenta l'unico riferimento esplicito alle funzioni della pena che si trovi nel testo ed è finalizzato al progressivo reinserimento armonico della persona nella società;
   il combinato disposto dell'articolo 27, terzo comma, e dell'articolo 31, secondo comma, della Costituzione – letto quest'ultimo alla luce degli obblighi enunciati in numerose convenzioni internazionali, quali la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), la Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959), le Regole minime per l'amministrazione della giustizia minorile (1985) e la Convenzione di New York sui diritti fondamentali del fanciullo (1989) – fa sì che la funzione rieducativa per i minorenni assuma un diverso significato rispetto a quello riferibile alla generalità delle persone;
   al riguardo, la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 168 del 1994, così come in successive pronunce, ha affermato che tale funzione «per i soggetti minori di età è da considerarsi se non esclusiva, certamente preminente» e, «proprio perché applicata nei confronti di un soggetto ancora in formazione e alla ricerca della propria identità», ha «una connotazione educativa più che rieducativa, in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale»;
   il sistema penale per il minore rappresenta uno strumento di educazione rafforzata, finalizzato a collegare una sanzione al comportamento illecito e a determinare un'evoluzione positiva della personalità del soggetto, incentivandolo al rispetto dei valori della società;
   in Italia, gli istituti penali per i minorenni sono 19 e assicurano l'esecuzione dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria, quali la custodia cautelare o l'espiazione di pena nei confronti di minorenni autori di reato; al contempo, in tali strutture dovrebbero essere garantiti i diritti soggettivi dei minori alla crescita armonica psico-fisica, allo studio, alla salute, con particolare riguardo alla non interruzione dei processi educativi in atto ed al mantenimento dei legami con figure significative;
   tuttavia, la situazione della giustizia minorile presenta diverse problematiche, fra cui una costante riduzione delle risorse finanziarie ed umane e la gestione non sempre efficace ed efficiente svolta dalle stesse amministrazioni preposte alla garanzia dei servizi minimi essenziali;
   l'istituto penale per i minorenni di Quartucciu (unico istituto rientrante in tale categoria in Sardegna) provvede a dare esecuzione ai provvedimenti privativi della libertà a carico di giovani di età compresa tra i 14 ed i 21 anni, emessi da un'autorità giudiziaria del tribunale per i minorenni, la cui competenza territoriale riguarda il distretto di corte d'appello di Sassari e Cagliari;
   l'edificio ospitante l'istituto sardo è stato costruito nei primi anni ’80, al fine di accogliere detenuti adulti ad alta pericolosità: per questo motivo, è situato in una zona lontana dalla vita sociale, nonché blindato e separato dal resto dell'area da un alto muro di cinta e diversi cancelli di sicurezza;
   tale carattere tipico delle strutture di massima sicurezza mal si adatta alla natura della giustizia minorile, attenta ad adottare accorgimenti orientati a mitigare il contesto detentivo, rivolgendo al minore una tutela particolare;
   è evidente che la situazione dell'istituto di Quartucciu presenta diverse problematicità: ne è l'amara riprova la recente lettera dell'ormai ex cappellano don Ettore Cannavera che, dopo 23 anni, ha scelto di dimettersi dall'incarico, denunciando una situazione non più sostenibile: «desidero segnalare la scarsa attenzione nei confronti della rieducazione e del recupero dei ragazzi affidatici dalla magistratura da parte degli enti che hanno in carico la supervisione dello stesso carcere: il dipartimento della giustizia minorile e il centro di giustizia minorile di Cagliari. Sottolineo, inoltre, le condizioni di abbandono in cui versa l'edificio stesso del carcere, circostanza che insieme alle altre condiziona pesantemente il progetto educativo già di per sé di difficile attuazione. Dopo ventitré anni di servizio volontario e di presenza assidua nel carcere di Quartucciu, negli ultimi due ho deciso di diradare gradualmente la mia presenza per l'incapacità di riconoscervi ancora un luogo ove si svolga quell'opera di recupero educativo e di reinserimento sociale che la nostra Costituzione attribuisce alla pena (articolo 27). Nel nostro carcere minorile si pratica una pedagogia penitenziaria che non riesco più a condividere. Scrive Gabrio Forti che una giustizia penale è democratica “in quanto mai disgiunta dall'impegno a generare solide risposte educative alla trasgressione”. Questo deve essere l'impegno di quanti operano attorno alla colpa, alla pena, alla riconciliazione. Nel carcere di Quartucciu, invece, le risposte pedagogiche latitano: tutto o quasi è subordinato alle sole esigenze di custodia e di sicurezza»;
   tuttavia, il problema non è unicamente sociale, ma anche economico: attualmente, l'istituto ospita meno di dieci minori, a fronte di una capienza molto maggiore, con spese enormi pari a circa 1.000/1.200 euro giornaliere per ragazzo (comprensive delle spese di utenza);
   si tratta di cifre non più sostenibili per l'inadeguatezza della struttura: infatti, dell'edificio viene sfruttata solo una piccola parte (la restante area è completamente inutilizzata) ed è impossibile, a causa di problematiche strutturali, parcellizzare le utenze con un conseguente dispendio di energia (il consumo di luce e gas nei mesi invernali è pari a quello che si sosterrebbe se tutte le sezioni fossero attive e occupate, ma i detenuti ad oggi sono solo sei);
   si dovrebbe valutare, eventualmente, uno spostamento in altra sede, più piccola e funzionale allo scopo, possibilmente situata all'interno della zona abitata della città di Cagliari, al fine di garantire la necessaria osmosi fra minore e contesto esterno per assicurare l'attuazione del percorso rieducativo all'interno del tessuto sociale;
   in tempi di spending review tale situazione non è ammissibile: è pertanto necessario che venga fatta una scelta di tipo sociale ed economico –:
   se, a fronte delle diverse segnalazioni e testimonianze riportate dagli organi di stampa (emblematica quella dell'ex cappellano don Ettore Cannavera citata in premessa), ritenga opportuno effettuare attenti controlli all'interno dell'istituto penitenziario minorile di Quartucciu, allo scopo di verificare l'adeguatezza dell'edificio, della gestione amministrativa, nonché delle attività svolte nella struttura sarda, nonché valutare l'opportunità di destinare l'edificio che attualmente ospita l'istituto penale per i minorenni al suo originale uso, ossia istituto penitenziario per adulti, anche alla luce del sovraffollamento che attualmente sta gravando sulla struttura penitenziaria di Uta.
(3-01514)


Iniziative anche normative per razionalizzare e rendere più eque le procedure sanzionatorie degli illeciti urbanistici, con particolare riferimento alla demolizione dei manufatti abusivi – 3-01515

   RUSSO, SARRO, CASTIELLO e PALESE. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il tema della demolizione dei manufatti abusivi costituisce, in modo particolare nel Mezzogiorno, un argomento che tocca sensibilità particolari a causa della diffusione del fenomeno e della presenza di vaste aree in cui l'illegalità, certamente censurabile, ha fornito, in ogni caso, risposte immediate ad esigenze abitative, e quindi esistenziali e primarie, che meritano considerazione;
   a ciò deve aggiungersi la scelta, operata dalla giunta regionale di centrosinistra (con leggi regionali poi dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale), di discriminare, nell'accesso all'ultimo provvedimento di sanatoria edilizia disposto dal legislatore nazionale, proprio i cittadini campani, ovvero quelli di una regione che, anche a causa di un andamento demografico ancora, fortunatamente, positivo, è caratterizzata da oggettive situazioni di tensione abitativa;
   in Campania sono circa settantamila le persone che hanno subito il sopruso di quanto disposto dalla giunta di centrosinistra dell'epoca, che ritenne di non fare applicare per la Campania una norma nazionale di sanatoria;
   il dramma della perdita della casa in cui si vive riguarda tanti nuclei familiari, in particolare i meno abbienti. Questi ultimi, molto spesso, sono senza alternativa e non sanno dove trasferirsi perché non dispongono di altra proprietà. Ciononostante le istituzioni sono obbligate a procedere per il rispetto della legge;
   vale la pena sottolineare che il tema è nazionale, così come di respiro nazionale sono le soluzioni di riforma proposte in vari disegni di legge intesi a dare una qualche risposta definitiva al problema, senza veicolare alcuna forma di condono, neanche surrettizio, ma al contrario, ponendo le basi per una più razionale sistemazione, nell'ottica del principio della separazione dei poteri, delle procedure sanzionatorie degli illeciti urbanistici, con particolare riferimento agli ordini di demolizione;
   il contrasto all'abusivismo edilizio, infatti, risulta affidato, nel sistema delle leggi vigenti (ovvero il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380), ad una logica del doppio binario, poggiata cioè sia sull'azione repressiva dell'autorità giudiziaria, sia su quella dell'autorità amministrativa. Naturalmente le due autorità operano con forme e modalità differenti, ispirate rispettivamente ai principi del processo penale e della procedura amministrativa;
   vi è, peraltro, un momento di significativa interferenza tra le due azioni, rappresentato proprio dall'ordine di demolizione adottato dal giudice con la sentenza di condanna, ai sensi dell'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che in questa parte riproduce l'originario articolo 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Tale ordine, infatti, per unanime e consolidato orientamento dottrinario e giurisprudenziale, ha natura di sanzione amministrativa e ha contenuto ripristinatorio eccezionalmente attribuito alla competenza dell'autorità giudiziaria. D'altra parte, proprio con riferimento alla natura amministrativa di tale ingiunzione, si sono affermati principi di maggior severità rispetto a quelli applicabili alle sanzioni penali. Esso comunque, in quanto contenuto in una sentenza di condanna penale, è suscettibile di esecuzione coattiva ad iniziativa dell'ufficio del pubblico ministero. Non vi è dubbio, in conclusione, che l'affidamento di questo potere sostanzialmente amministrativo al giudice ha carattere eccezionale e di deroga ai principi fondamentali del riparto tra i poteri dello Stato;
   le ragioni che circa trent'anni fa indussero a riconoscere al giudice penale questo potere amministrativo extra ordinem non sono più convincenti e hanno prodotto nel tempo gravi distorsioni ed obiettive situazioni di iniquità: le esecuzioni degli ordini di demolizione, accumulati a migliaia negli uffici di esecuzione delle procure (soprattutto meridionali), e le esecuzioni realmente avvenute sono state effettuate secondo logiche imperscrutabili o sostanzialmente inique. Ci si riferisce, in particolare, alle esecuzioni eseguite sulla base del mero ordine cronologico fondato esclusivamente sulla data del passaggio in giudicato della sentenza che può portare, come di fatto è accaduto, all'abbattimento di piccoli abusi edilizi di necessità in luogo di abusi certamente speculativi collegati ad imprese, ad esempio, alberghiere o commerciali;
   la soluzione più corretta e rispettosa dei principi sarebbe stata quella di porre fine alla sottrazione al potere esecutivo di un'incombenza certamente amministrativa, restituendola, invece, ad una delle sue più prestigiose articolazioni, quale la prefettura. Tale soluzione avrebbe garantito il necessario distacco dell'organo investito del potere-dovere della demolizione dalle pressioni delle comunità territoriali;
   anche dal punto di vista procedurale si sarebbe posto fine all'improprio concorso di competenze, riportando il sistema a coerenza e riconducendo tutti gli interventi all'ambito più pertinente e corretto dell'azione amministrativa, condotta cioè da organi amministrativi nelle forme del procedimento amministrativo e con le garanzie della tutela giurisdizionale amministrativa;
   non deve sorprendere, dunque, che siano stati presentati, nella XVI come nella XVII legislatura, diversi disegni di legge intesi a rimuovere, con esclusione delle operazioni edilizie di carattere speculativo, queste condizioni di discriminazione –:
   quali iniziative, in particolare di carattere normativo, intenda intraprendere per razionalizzare e rendere più eque le procedure sanzionatorie degli illeciti urbanistici, con particolare riferimento all'attuale sistema con il quale si procede alla demolizione dei manufatti abusivi, caratterizzato da numerose criticità ed improprietà di struttura, in tal modo evitando che si verifichino situazioni come quella della regione Campania connotata, ad avviso degli interroganti, da notevoli anomalie. (3-01515)


PROPOSTA DI LEGGE: S. 19-657-711-810-846-847-851-868 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: GRASSO ED ALTRI; LUMIA ED ALTRI; DE CRISTOFARO ED ALTRI; LUMIA ED ALTRI; AIROLA ED ALTRI; CAPPELLETTI ED ALTRI; GIARRUSSO ED ALTRI; BUCCARELLA ED ALTRI: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, DI ASSOCIAZIONI DI TIPO MAFIOSO E DI FALSO IN BILANCIO (APPROVATA, IN UN TESTO UNIFICATO, DAL SENATO) (A.C. 3008) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: FERRANTI ED ALTRI; REALACCI; COLLETTI ED ALTRI; COLLETTI ED ALTRI; CIVATI ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; DORINA BIANCHI; DORINA BIANCHI; FORMISANO (A.C. 330-675-1194-1205-1871-2164-2165-2771-2774-2777)

A.C. 3008 – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI COSTITUZIONALITÀ

  La Camera,
   premesso che:
    i notevoli inasprimenti delle pene per alcuni reati contro la pubblica amministrazione introdotti dalla proposta di legge in esame rispetto a quelli previsti dal codice penale vigente determinano un forte squilibrio con le pene previste per reati di pari gravità o che provocano un analogo allarme sociale, il che fa venir meno il rispetto dei criteri di ragionevolezza che dovrebbero essere alla base di norme specie di carattere penale;
    l'appesantimento delle pene per alcuni reati specifici pone in evidenza che l'obiettivo dei proponenti non è quello di contrastare con maggiore efficacia il deprecabile fenomeno dei delitti contro la pubblica amministrazione ed in particolare della corruzione, ma quello di assecondare, per ragioni elettoralistiche, la deriva giustizialista ed il populismo dilagante;
    il contrasto dei fenomeni corruttivi deve essere realizzato non con l'inasprimento indiscriminato e di dubbia costituzionalità delle pene ma con un'azione efficace di prevenzione il cui cardine devono essere norme chiare e trasparenti per gli appalti pubblici e per le assegnazioni di commesse pubbliche;
    il progetto di legge in esame presenta profili di incostituzionalità, sia di carattere generale, per l'irragionevolezza degli inasprimenti di pena introdotti, che contrastano con i principi del giusto processo previsti dall'articolo 111 della Costituzione, sia di carattere specifico in quanto l'articolo 9 della proposta di legge, nel sostituire l'articolo 2621 del codice civile prevede pene per i soggetti indicati al primo comma di tale articolo che «al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto (...) consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale, o finanziaria della società o del gruppo cui essa appartiene» il che viola i principi costituzionali di determinatezza della fattispecie penale ed in particolare gli articoli 3, primo comma e 25, secondo comma, della Costituzione e si pone in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 247 del 1989;
    il principio di determinatezza è violato, come recita testualmente la citata sentenza della Corte Costituzionale «non tanto allorché è lasciato ampio margine alla discrezionalità dell'interprete, (...) bensì quando il legislatore, consapevolmente o meno, si astiene dall'operare “la scelta” relativa a tutto o a gran parte del tipo di disvalore dell'illecito, rimettendo tale scelta al giudice, che diviene, in tal modo, libero di “scegliere” significati tipici». Questo è sicuramente il caso della qualificazione introdotta al primo comma dei nuovi articoli 2621 e 2622 del codice civile di «fatti materiali rilevanti» come elementi costitutivi della fattispecie penale; infatti non risultando affatto individuato e determinato il tipo di illecito, si rende il giudice arbitro assoluto del lecito e dell'illecito;
    il legislatore non può, nel procedimento di formazione della norma, non individuare criteri che consentano di attribuire all'espressione «rilevanti» un significato «determinato» e non a caso gli articoli 2621 e 2622 del codice civile vigente prevedono soglie di punibilità ben precise;
    l'articolo 6 del provvedimento in esame stabilisce che l'imputato di alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, specificatamente indicati, ove intenda chiedere il patteggiamento ex articolo 444 del codice di procedura penale, debba restituire, a pena dell'inammissibilità della richiesta, l'intero ammontare del prezzo o del profitto del reato contestatogli. Ora se la ratio della norma potrebbe essere anche parzialmente comprensibile, essa pecca di irragionevolezza in quanto innanzitutto si applicherebbe solo al corrotto e non al corruttore. Inoltre non si ravvisano le ragioni di un diverso e più sfavorevole trattamento delle ragioni delle parti offese diverse dalla pubblica amministrazione prefigurando in tal modo una penalizzazione dei diritti dei privati cittadini vittime di reati anche predatori come furti e rapine, con palese violazione dell'articolo 3 della Costituzione. Si realizza infatti un vero e proprio doppio binario e un diverso trattamento per i reati contro la pubblica amministrazione in aperto contrasto con i principi costituzionali;
    analoghi profili di incostituzionalità si possono rilevare sull'articolo 2 della proposta di legge in oggetto che subordina obbligatoriamente la concessione della sospensione condizionale della pena per i condannati per alcuni reati contro la pubblica amministrazione, al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato, mentre il vigente articolo 165 del codice penale prevede solo che il giudice «può» subordinare la concessione della sospensione cautelare al risarcimento del danno;
   anche la lettera i) del primo comma dell'articolo 1, che introduce particolari circostanze attenuanti, con riduzioni di pena da un terzo a due terzi per gli imputati di alcuni specifici reati contro la pubblica amministrazione, che collaborino con i magistrati per limitare gli effetti dell'attività delittuosa, per individuare altri responsabili e per recuperare i proventi della corruzione, presenta profili di incostituzionalità analoghi a quelli rilevati per gli articoli 2 e 6 del provvedimento, delibera di non procedere all'esame della proposta di legge n. 3008.
N. 1. Santelli, Sarro, Chiarelli, D'Alessandro, Parisi, Palese, Occhiuto.

A.C. 3008 – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3008 – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 01.050, 01.051 e sull'articolo aggiuntivo 8.01 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 3008 – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, DI ASSOCIAZIONI DI TIPO MAFIOSO, NONCHÉ ULTERIORI MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE, ALLE RELATIVE NORME DI ATTUAZIONE E ALLA LEGGE 6 NOVEMBRE 2012, N. 190

Art. 1.
(Modifiche alla disciplina sanzionatoria in materia di delitti contro la pubblica amministrazione).

  1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 32-ter, secondo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «cinque»;
   b) all'articolo 32-quinquies, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «due»;
   c) all'articolo 35, secondo comma, le parole: «quindici giorni» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi» e le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni»;
   d) all'articolo 314, primo comma, le parole: «da quattro a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro anni a dieci anni e sei mesi»;
   e) all'articolo 318, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a sei anni»;
   f) all'articolo 319, le parole: «da quattro a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a dieci anni»;
   g) all'articolo 319-ter:
    1) al primo comma, le parole: «da quattro a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a dodici anni»;
    2) al secondo comma, le parole: «da cinque a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a quattordici anni» e le parole: «da sei a venti anni» sono sostituite dalle seguenti: «da otto a venti anni»;
   h) all'articolo 319-quater, primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei anni a dieci anni e sei mesi»;
   i) all'articolo 323-bis:
    1) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
  «Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi»;
    2) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Circostanze attenuanti».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
(Modifiche alla disciplina sanzionatoria in materia di delitti contro la pubblica amministrazione).

  All'articolo 1 premettere il seguente:
  Art. 01 – 1. Il Governo è delegato ad adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge un decreto legislativo diretto a contrastare il fenomeno della corruzione nei pubblici appalti e a ridurre i costi delle opere pubbliche, secondo i seguenti principi e criteri direttivi e tenendo conto delle migliori pratiche adottate in altri paesi dell'Unione Europea:
   a) razionalizzazione del quadro normativo nelle materie degli appalti pubblici e delle concessioni al fine di conseguire un maggiore livello di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti;
   b) introduzione di norme dirette a garantire migliore trasparenza pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara, introducendo misure idonee per la lotta alla corruzione negli appalti pubblici, nonché, previsione di poteri di vigilanza e controllo sull'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici, finalizzati a prevenire la corruzione ed i conflitti d'interesse;
   c) razionalizzazione delle procedure di spesa attraverso l'introduzione di criteri di qualità, efficienza, e professionalizzazione delle stazioni appaltanti, contenimento dei tempi e piena verificabilità dei flussi finanziari anche attraverso forme di centralizzazione delle committenze;
   d) significativa riduzione del numero delle stazioni appaltanti;
   e) forte contenimento delle variazioni progettuali in corso d'opera anche attraverso una valorizzazione della fase progettuale negli appalti pubblici ed una più forte responsabilizzazione dei progettisti e dei direttori dei lavori;
   f) revisione del vigente sistema di qualificazione degli operatori economici in base a criteri di omogeneità e trasparenza anche introducendo criteri di premialità connesse a criteri reputazionali basati su parametri oggettivi e misurabili e su accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell'esecuzione di contratti precedenti;
   g) razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto;
   h) garanzia di adeguati livelli di pubblicità e trasparenza delle procedure anche per gli appalti pubblici e le concessioni sotto la soglia comunitaria, assicurando, anche nelle forme semplificate di aggiudicazione, la valutazione comparativa fra più offerte;
   i) razionalizzazione delle procedure di spesa attraverso criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione delle stazioni appaltanti, prevedendo l'introduzione della tracciabilità dei pagamenti;
   l) rafforzamento della funzione di controllo della stazione appaltante sull'esecuzione delle prestazioni, con particolare riferimento ai poteri di verifica ed intervento del responsabile del procedimento, del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione del contratto nei contratti di servizi e forniture, e vietando comunque, negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale, l'attribuzione dei compiti di responsabile o direttore dei lavori allo stesso contraente generale.

  2. Lo schema di decreto delegato deve essere sottoposto al parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica che devono esprimersi entro il termine di 30 giorni, trascorso il quale il parere si intende favorevole.
01. 050. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  All'articolo 1, premettere il seguente:
  Art. 01 – 1. Il conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale avviene con le seguenti modalità:
   a) per i direttori generali mediante selezione unica per titoli, previo avviso pubblico effettuata, tra candidati in possesso di specifici titoli formativi di livello universitario e professionali e di comprovata esperienza dirigenziale, da una commissione nazionale di 5 membri altamente qualificati di cui uno designato dal Ministro della salute, uno dal Ministro della pubblica amministrazione, uno dal Ministro dell'economia e finanze, uno dalla Conferenza Stato – Regioni ed uno dalla Conferenza Unificata, ai fini dell'inserimento in un elenco nazionale degli idonei istituito presso il Ministero della salute, da cui le regioni e le province autonome devono obbligatoriamente attingere per il conferimento dei relativi incarichi da effettuare nell'ambito di una rosa di candidati, previo colloquio. I direttori generali decadono in caso di grave disavanzo o di manifesta violazione di leggi o regolamenti o del principio di buon andamento e imparzialità;
   b) per i direttori amministrativi ed i direttori sanitari tra candidati in possesso di specifici titoli di livello universitario nonché di titoli professionali, scientifici e di carriera, mediante selezione per titoli e colloquio, previo avviso pubblico, effettuata da parte di commissioni regionali composte da esperti di qualificate istituzioni scientifiche, ai fini dell'inserimento in appositi elenchi regionali degli idonei, da cui i direttori generali debbono obbligatoriamente attingere per le relative nomine.

  I direttori amministrativi e sanitari decadono dall'incarico nel caso di manifesta violazione di leggi o regolamenti o del principio di buon andamento e imparzialità.
01. 051. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.
(Inammissibile)

  Sopprimerlo.
1. 28. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).
1. 29. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a)
all'articolo 32-ter secondo comma le parole: «né superiore a tre» sono sostituite dalle seguenti: « e sei mesi né superiore a cinque».
1. 19. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, lettera a), sostituire la parola: cinque con la parola: sei.
1. 4. Molteni, Caparini, Fedriga.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis) All'articolo 32-quater sono apportate le seguenti modificazioni:
    1) al primo comma le parole: da «317» fino a: «322-bis» sono soppresse.
    2) dopo il primo comma è aggiunto il seguente: «Alla condanna per i reati previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320 e 322-bis, 323 e 361 consegue la incapacità perpetua di contrattare con la pubblica amministrazione».
1. 52. Sarti, Colletti, Bonafede, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, sopprimere la lettera b).
1. 33. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:
   b) All'articolo 32-quinquies le parole: «per un tempo non inferiore a tre anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320» sono sostituite dalle seguenti: «per i delitti di cui agli articoli 314, 316, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 322 e 323».
1. 53. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:
   b) All'articolo 32-quinquies le parole: «a tre anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320» sono sostituite dalle seguenti: «a un anno per i delitti di cui agli articoli 314, 316, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 322 e 323».
1. 54. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).
1. 34. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, sopprimere la lettera d).
1. 35. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: dieci anni e sei mesi con le parole: dodici anni.
1. 5. Molteni, Caparini, Fedriga.

  Dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
   d-bis)
1. All'articolo 316, primo comma le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da un anno a quattro anni».
1. 21. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   d-bis) 1. All'articolo 316-bis, primo comma, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due anni a sei anni e con la multa pari all'ammontare dei contributi, sovvenzioni o finanziamenti ricevuti. La pena della reclusione è diminuita se il fatto è di particolare tenuità».
1. 22. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   d-bis) All'articolo 316-ter, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da un anno e sei mesi a quattro anni e con la multa pari al doppio del valore dei contributi, finanziamenti, mutui o erogazioni ricevuti».
1. 23. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1 sopprimere le lettere e), f) e g).

  Conseguentemente, dopo l'articolo 3, aggiungere i seguenti:
  Art. 3-bis. – 1. L'articolo 318 del codice penale è sostituito dal seguente:
  «Art. 318. – (Corruzione per l'esercizio della funzione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità ovvero ne accetta la promessa è punito con la reclusione due a sei anni e con la multa pari al doppio del denaro o del valore dell'utilità ricevuti».
  Art. 3-ter. – 1. L'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente:
  «Art. 319. – (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri d'ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa pari al doppio del denaro o del valore dell'utilità ricevuti».
  Art. 3-quater. – 1. L'articolo 319-ter del codice penale è sostituito dal seguente:
  «Art. 319-ter. – (Corruzione in atti giudiziari). – Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da cinque a dodici anni.
  Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da otto a venti anni e della multa prevista degli articoli 318 e 319».
1. 60. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, sopprimere la lettera e).
1. 36. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, lettera e) sostituire le parole: da uno a sei anni con le seguenti: da due a sei anni e con la multa pari al doppio del denaro o del valore dell'utilità ricevuti.

  Conseguentemente, al medesimo comma:
   alla lettera f), dopo le parole: da sei a dieci anni aggiungere le seguenti: e con la multa pari al doppio del denaro o del valore dell'utilità ricevuti.
   alla lettera g), numero 2), dopo le parole: da otto a venti aggiungere le seguenti: e della multa prevista degli articoli 318 e 319.
1. 24. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, lettera e) sostituire le parole: da uno a sei anni con le seguenti: da due a sei anni.
1. 13. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1 sopprimere la lettera f).
1. 37. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: sei a dieci con le parole: sei a dodici.
1. 6. Molteni, Caparini, Fedriga.

  Al comma 1, sopprimere la lettera g).
1. 38. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, lettera g), numero 1), sostituire la parola: sei con la parola: otto.
1. 7. Molteni, Caparini, Fedriga.

  Al comma 1, lettera g), numero 2), sostituire la parola: otto con la parola: dodici.
1. 8. Molteni, Caparini, Fedriga.

  Al comma 1, sopprimere la lettera h).

  Conseguentemente:
   al medesimo comma, lettera i), sopprimere le parole:
319-quater,
   all'articolo 3, capoverso:
    dopo la parola:
costringe aggiungere la seguente: o induce
    sostituire la parola: sei con la seguente: quattro
   dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
  Art. 3-bis. L'articolo 319-quater del codice penale è abrogato.
1. 55. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, sopprimere la lettera h).

  Conseguentemente, dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis.

  1. L'articolo 319-quater del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 319-quater.
(Induzione indebita a dare o promettere utilità).

  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni e con la multa pari al doppio del denaro o del valore dell'utilità ricevuta.

  Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da un anno a quattro anni.
  L'indotto che autonomamente recede dalla condotta, prima della conoscenza dell'apertura delle indagini, collaborando con l'autorità giudiziaria, è esente da punibilità. All'indotto che, pur non recedendo autonomamente dalla condotta, collabora con l'autorità giudiziaria si applica la pena prevista dal secondo comma, diminuita della metà».
1. 59. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1 sopprimere la lettera h).
1. 39. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, sostituire la lettera h) con la seguente:
   h) all'articolo 319-quater sono apportate le seguenti modificazioni:
    1) al primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: da sei anni a dieci anni e sei mesi e con la multa pari al doppio del denaro o del valore dell'utilità ricevuta.
    2) al secondo comma, le parole «fino a tre anni» sono sostituite dalle seguenti:« da uno a quattro anni».
    3) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
  «L'indotto che autonomamente recede dalla condotta, prima della conoscenza dell'apertura delle indagini, collaborando con l'autorità giudiziaria, è esente da punibilità. All'indotto che, pur non recedendo autonomamente dalla condotta, collabora con l'autorità giudiziaria si applica la pena prevista dal secondo comma, diminuita della metà.»
1. 27. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, lettera h), sostituire le parole: dieci anni e sei mesi con le parole: dodici anni.
1. 9. Santelli, Chiarelli, Parisi, D'Alessandro, Sarro.

  Al comma 1, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   h-bis)
all'articolo 319-quater, il secondo comma è sostituito dal seguente:

  «Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è ridotta fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa fosse portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite».

  Conseguentemente al medesimo comma, lettera i) sopprimere le parole: 319-quater,.
1. 15. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, dopo la lettera h) aggiungere la seguente:
   h-bis)
all'articolo 323, primo comma, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «cinque».
1. 16. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, lettera i), sopprimere il numero 1).
1. 3. Sannicandro, Daniele Farina, Paglia.

  Al comma 1, lettera i), numero 1), capoverso, dopo le parole: sia portata aggiungere le seguenti: a compimento o.
1. 56. Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.

  Al comma 1, lettera i), numero 1), capoverso, sostituire le parole: da un terzo a due terzi con le parole: fino a due terzi.
1. 10. Molteni, Caparini, Fedriga.

  Al comma 1, lettera i), numero 1), capoverso, sostituire le parole: a due terzi con le parole: alla metà.
1. 57. Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.

  Al comma 1, dopo la lettera i) aggiungere la seguente:
   i-bis)
all'articolo 346-bis, primo comma, sono apportate le seguenti modificazioni:
    1) dopo le parole: «agli articoli» sono aggiunte le seguenti: «318,».
    2) dopo le parole: «al compimento» sono aggiunte le seguenti: «relativo alle sue funzioni o».
1. 58. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Al comma 1, dopo la lettera i) aggiungere la seguente:
   i-bis) all'articolo 346-bis, primo comma, la parola: «uno» è sostituita dalle seguenti: «da uno a tre» e la parola: «tre» è sostituita dalle seguenti: «da due a sei».
1. 18. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

«Art. 1-bis.
(Interdizioni perpetue per reati contro la pubblica amministrazione).

  1. Alla condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, conseguono l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e la incapacità perpetua di contrattare con la pubblica amministrazione».
1. 010. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

«Art. 1-bis.
(Interdizioni perpetue per i reati contro la pubblica amministrazione).

  1. Alla condanna per i reati previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320 e 322-bis, conseguono l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e la incapacità perpetua di contrattare con la pubblica amministrazione».
1. 011. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Disposizioni concernenti le indagini giudiziarie sui reati di corruzione, concussione, ricettazione e riciclaggio dei proventi di attività illecite)
.

  1. (Operazioni di infiltrazione). Al fine di indagare i reati di concussione, corruzione attiva o passiva, ricettazione, riciclaggio e reimpiego del prezzo o del profitto relativo a tali reati, il procuratore della Repubblica competente autorizza le operazioni di infiltrazione di cui al comma 2.
  2. Ai fini della presente legge, per operazioni di infiltrazione si intende l'attività di raccolta e di successiva analisi di notizie e di dati dalla cui elaborazione sono ricavate informazioni utili in cui l'identità dell'agente o ufficiale deve rimanere segreta o dissimulata sotto diversa apparenza, tramite operazioni di polizia giudiziaria attuate nell'ambito di indagini relative ai reati di cui al comma 1 volte all'ottenimento di elementi di prova e consistenti:
   a) nell'attività di offerta, acquisto, ricezione, sostituzione od occultamento di denaro, di documenti, di beni ovvero di altre utilità o cose che siano oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere i reati di cui al comma 1, nonché in azioni che in qualsiasi modo ostacolano l'individuazione della provenienza delle suddette utilità o che ne consentono l'impiego;
   b) nell'utilizzo di documenti, identità o indicazioni di copertura, anche al fine di attivare o di entrare in contatto con soggetti o con siti nelle reti di comunicazione;
   c) in attività propedeutiche o strumentali alla realizzazione dei reati di corruzione e di concussione concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nonché il rilascio di concessioni, di autorizzazioni e di nulla osta da parte della pubblica amministrazione, fatte salve le disposizioni di cui al comma 3.

  3. (Procedura). L'esecuzione delle operazioni di infiltrazione, previa autorizzazione dei procuratore della Repubblica presso il capoluogo di distretto nel quale tali operazioni, ovvero la loro parte prevalente, devono essere effettuate può essere disposta:
   a) dal dirigente dell'ufficio della squadra mobile della Polizia di Stato;
   b) dal dirigente della divisione investigazioni generali e operazioni speciali (DIGOS) della Polizia di Stato;
   c) dal comandante del nucleo regionale di polizia tributaria;
   d) dal comandante provinciale o dal comandante della sezione anticrimine del raggruppamento operativo speciale (ROS) dell'Arma dei carabinieri;
   e) dal comandante provinciale del Corpo della guardia di finanza;
   f) dal direttore del centro operativo della direzione investigativa antimafia (DIA).

  4. Il medesimo procuratore può autorizzare le operazioni di cui al comma 2, qualora, nel corso di attività di indagine, si riscontrino sperequazioni tra il tenore di vita e il reddito di un soggetto o anomalie nelle pratiche patrimoniali, fiscali, tributarie o in quelle relative alla stipula dei contratti e all'emanazione dei provvedimenti di cui al comma 2, lettera c), ovvero riceva segnalazioni da parte degli organi competenti.
  5. Nelle autorizzazioni di cui ai commi 3 e 4 il procuratore della Repubblica competente indica, altresì, il nominativo dell'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione nonché il nominativo degli eventuali ausiliari impiegati.
  6. Per l'esecuzione delle operazioni di infiltrazione il procuratore della Repubblica competente autorizza l'utilizzo di beni mobili e immobili e di documenti di copertura secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia e con gli altri Ministri interessati, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono stabilite le forme e le modalità per il coordinamento, a fini informativi e operativi, tra gli organismi investigativi di cui al comma 12.
  7. (Consumazione del reato). I reati di corruzione e di concussione si intendono consumati anche qualora la richiesta, l'offerta o la promessa di denaro o di altra utilità provenga da un ufficiale di polizia giudiziaria ovvero da un ausiliario a lui collegato, autorizzati ai sensi dei commi 3, 4, 5 e 6.
  8. (Ritardo od omissione degli atti di arresto, perquisizione, sequestro, fermo o custodia). Qualora sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'individuazione o per la cattura dei responsabili dei reati di cui al comma 1, gli ufficiali di polizia giudiziaria responsabili dell'operazione di infiltrazione, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, possono omettere o ritardare gli atti di arresto, perquisizione o sequestro di propria competenza dandone immediato avviso, anche telefonico, al procuratore della Repubblica competente, che può disporre diversamente. L'autorità procedente trasmette motivato rapporto al procuratore della Repubblica entro quarantotto ore dalla ricezione dell'avviso.
  9. Il procuratore della Repubblica competente impartisce all'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione di infiltrazione le disposizioni di massima per il controllo degli sviluppi dell'attività criminosa, comunicando i provvedimenti adottati all'autorità giudiziaria competente per il luogo in cui l'operazione deve concludersi, ovvero per il luogo attraverso il quale si prevede sia effettuato il transito in uscita dal territorio dello Stato, ovvero quello in entrata nel territorio dello Stato, di denaro, di beni mobili, ovvero di altre utilità.
  10. Nei casi di urgenza le disposizioni di cui ai commi 8 e 9 possono essere richieste o impartite anche oralmente; i provvedimenti di arresto, perquisizione, sequestro, fermo o custodia devono comunque essere emessi entro le ventiquattro ore successive all'emanazione delle disposizioni citate.
  11. (Condizione di segretezza). Chiunque, nel corso di operazioni di infiltrazione, indebitamente rivela o divulga i nomi degli ufficiali di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni medesime o degli ausiliari a loro collegati ovvero con il suo comportamento e operato mette a repentaglio la loro incolumità è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da cinque a sette anni.
  12. (Cause di non punibilità). Fermo restando quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri e al Corpo della guardia di finanza che, nell'ambito di operazioni di infiltrazione, pongono in essere le attività di cui al comma 2, lettere a), b) e c).
  13. Nell'ambito delle operazioni di infiltrazione gli ufficiali di cui al comma 12 possono avvalersi di soggetti ausiliari, ai quali si applica la causa di non punibilità di cui al medesimo comma.
1. 01. Caparini.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Operazioni sotto copertura e agente provocatore)
.

  1. All'articolo 9, comma 1, lettera a), della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo le parole: «i delitti previsti dagli articoli», sono aggiunte le seguenti: «314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322, 322-bis.

  2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 51 del codice penale, non è comunque punibile l'ufficiale di polizia giudiziaria che simulando di accordarsi con altri per commettere un reato, ovvero ancora partecipando materialmente alla sua commissione, opera, nell'ambito delle indagini e su delega del Pubblico ministero, al fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti di cui al titolo II, libro II del codice penale. La causa di non punibilità di cui al presente comma si applica altresì agli ausiliari e alle interposte persone di cui si avvalgono gli ufficiali medesimi».
1. 02. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Agente provocatore)
.

  1. Nell'ambito delle indagini e su delega del Pubblico Ministero, non è punibile ai sensi degli articoli 110, 322 e 414 del codice penale l'ufficiale di polizia giudiziaria che, promettendo od offrendo denaro o qualunque altra utilità, induce o istiga un pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio alla commissione di taluno dei delitti di cui titolo II, libro II del codice penale al fine di coglierne gli autori in flagranza, o comunque, di farli punire. La medesima causa di giustificazione si applica altresì all'ufficiale che, attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, simula di accettare la promessa o la consegna di denaro di altra utilità,
  2. L'Autorità nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, può trasmettere segnalazioni all'autorità giudiziaria competente ai fini dell'attivazione degli ufficiali di polizia giudiziaria di cui al comma 1. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'interno, della difesa e dell'economia e delle finanze da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate le disposizioni per l'attuazione di quanto previsto dal presente articolo, al fine di assicurare il coordinamento dell'Autorità con l'autorità giudiziaria.
1. 04. Colletti, Bonafede, Sarti, Ferraresi, Businarolo, Agostinelli.