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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 4 giugno 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 4 giugno 2015.

  Angelino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Manlio Di Stefano, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Lupo, Madia, Manciulli, Antonio Martino, Merlo, Meta, Migliore, Morassut, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 3 giugno 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GIULIETTI: «Disposizioni per la tutela, la valorizzazione e lo sviluppo dell'artigianato artistico italiano» (3152);
   DELL'ARINGA: «Disposizioni per la ricollocazione, il sostegno del reddito e l'anticipazione dell'accesso al trattamento previdenziale in favore dei lavoratori anziani in stato di disoccupazione» (3153);
   CIPRINI ed altri: «Modifica all'articolo 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di opzione per la corresponsione del trattamento economico accessorio dei pubblici dipendenti mediante erogazione di beni e servizi interamente prodotti nel territorio nazionale» (3154).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dal Senato.

  In data 3 giugno 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
   S. 1599. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Cile, fatto a Roma il 16 ottobre 2007» (approvato dal Senato) (3155);
   S. 1600. – «Ratifica ed esecuzione del Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013, e del Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013» (approvato dal Senato) (3156);
   S. 1729. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, con Allegato, fatto a Roma il 5 marzo 2008» (approvato dal Senato) (3157).

  Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  MOLTENI ed altri: «Modifiche all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e all'articolo 380 del codice di procedura penale, concernenti il delitto di travisamento in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico» (3093) Parere della II Commissione (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni).

   II Commissione (Giustizia):
  COLLETTI ed altri: «Modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l'accelerazione del processo civile» (2921) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XI e XII;
  OTTOBRE: «Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di revisione del processo a seguito di sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo» (3009) Parere delle Commissioni I, III e V.

   VI Commissione (Finanze):
  BUSIN ed altri: «Agevolazioni tributarie in favore dei gestori di impianti di risalita a fune in servizio pubblico per il trasporto di persone» (3037) Parere delle Commissioni I, V, IX e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  MARCO DI STEFANO: «Modifica dell'articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342, concernente le tasse automobilistiche per particolari categorie di veicoli» (3071) Parere delle Commissioni I, V, VII, IX e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XI Commissione (Lavoro):
  ALBANELLA ed altri: «Modifica all'articolo 3 della legge 15 maggio 1997, n. 127, in materia di abolizione integrale del limite di età per la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni» (3038) Parere delle Commissioni I, IV, V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  MAESTRI ed altri: «Disposizioni per l'adeguamento dei trattamenti spettanti ai mutilati e agli invalidi di guerra nonché ai congiunti dei caduti» (3078) Parere delle Commissioni I, IV, V e XII;
  PIZZOLANTE ed altri: «Delega al Governo per l'introduzione del pensionamento flessibile, la revisione dei trattamenti previdenziali, il sostegno della maternità e il prolungamento della vita attiva» (3144) Parere delle Commissioni I, V, X e XII;
  PIZZOLANTE ed altri: «Deleghe al Governo per l'adozione di disposizioni in materia di consolidamento della posizione pensionistica individuale e di valorizzazione della complementarità tra previdenza pubblica e privata» (3145) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII e X.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  ROSTELLATO: «Modifica all'articolo 3 della legge 15 gennaio 1991, n. 30, in materia di tenuta dei libri genealogici e dei registri anagrafici delle razze animali di interesse zootecnico» (3067) Parere delle Commissioni I, V, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 26 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Olbia e Golfo Aranci, per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 275).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 26 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Napoli, per gli esercizi 2012 e 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 276).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 26 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della CONSAP - Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa, per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 277).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

  Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, nel periodo da settembre 2014 ad aprile 2015, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Trasmissione dal Ministero dello sviluppo economico.

   Il Ministero dello sviluppo economico ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 10, 21 e 27 aprile 2015, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

  Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Ministero della difesa.

  Il Ministero della difesa ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, in data 15 e 21 aprile e 6 maggio 2015, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, dell'articolo 617, comma 2, del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questi decreti sono trasmessi alla IV Commissione (Difesa) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministero dell'economia e delle finanze.

  Il Ministero dell'economia e delle finanze ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, di pertinenza dei centri di responsabilità «Dipartimento delle finanze» e «Guardia di finanza», autorizzate, in data 5 e 6 maggio 2015, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

  Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 27 maggio 2015, ha trasmesso la relazione, aggiornata al mese di dicembre 2014, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2014.

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 27 maggio e 1o giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   n. 3/2015 del 28 gennaio 2015 concernente «Opere piccole e medie nel Mezzogiorno - Utilizzo economie Provveditorato interregionale opere pubbliche Puglia e Basilicata e riprogrammazione interventi» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente);
   n. 16/2015 del 28 gennaio 2015 concernente «Articolo 128 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 - Programma triennale 2014-2016 delle università degli studi di Genova e di Bergamo - Verifica di compatibilità con i documenti programmatori vigenti» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura);
   n. 37/2015 del 20 febbraio 2015, concernente «Assegnazione di risorse del Fondo integrativo speciale per la ricerca per il finanziamento del progetto di competenza del MIUR: “Social impact finance - una rete per la ricerca” - ai sensi del decreto legislativo n. 204 del 1998, articolo 2» – alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo ha trasmesso il testo di cinque risoluzioni approvate nella tornata del 15 aprile 2015, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio che istituisce un comitato per la protezione sociale e che abroga la decisione 2004/689/CE (Doc. XII, n. 690) – alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali);
   Risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio che istituisce il comitato per l'occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE (Doc. XII, n. 691) – alla XI Commissione (Lavoro);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014/2020 (Doc. XII, n. 692) – alla V Commissione (Bilancio);
   Risoluzione sul centenario del genocidio armeno (Doc. XII, n. 693) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione in occasione della Giornata internazionale dei rom – antiziganismo in Europa e riconoscimento, da parte dell'Unione europea, della giornata commemorativa del genocidio dei rom durante la Seconda guerra mondiale (Doc. XII, n. 694) – alla I Commissione (Affari costituzionali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 3 giugno 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio che definisce la posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, nell'ambito dei comitati pertinenti della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite per quanto riguarda le proposte di modifica dei regolamenti UN nn. 14, 17, 28, 29, 41, 49, 51, 54, 59, 80, 83, 95, 100, 101, 107, 109, 117, 134 e 135, un nuovo regolamento UN sulla sicurezza dei veicoli elettrici di categoria L e le modifiche della risoluzione consolidata sulla costruzione dei veicoli (R.E.3) (COM(2015) 248 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 248 final – Annex 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 25 e 26 maggio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale di Ballabio (Lecco), Caorle (Venezia), Chiaravalle Centrale (Catanzaro), Montegrotto Terme (Padova) e Pompeiana (Imperia).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dal Consiglio regionale della Calabria.

  Il Consiglio regionale della Calabria, con lettera in data 26 maggio 2015, ha trasmesso il testo di una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) nn. 1291/2013 e 1316/2013 (COM(2015) 10 final).

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Garante del contribuente per la Sardegna.

  Il Garante del contribuente per la Sardegna, con lettera in data 18 maggio 2015, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale in Sardegna, riferita all'anno 2014, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI CAPELLI, PIRAS, VARGIU ED ALTRI N. 1-00697, NICOLA BIANCHI ED ALTRI N. 1-00850, NIZZI ED ALTRI N. 1-00851, MURA ED ALTRI N. 1-00854, PISO ED ALTRI N. 1-00855 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00858 E RISOLUZIONE PILI, SALTAMARTINI ED ALTRI N. 6-00137 CONCERNENTI INTERVENTI A FAVORE DELLA SARDEGNA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    dai dati emersi dalla rilevazione Svimez 2014 continua a registrarsi, per la regione Sardegna, una tendenza fortemente negativa che si riassume con i seguenti dati: diminuzione del prodotto interno lordo rispetto all'anno 2013 pari al 4,4 per cento, perdendo complessivamente negli anni di crisi dal 2007 oltre il 13 per cento di prodotto, tasso di natalità inferiore di due punti percentuale rispetto al tasso di mortalità, ripresa delle emigrazioni con un saldo migratorio (-1,2 per cento), occupazione diminuita del 7,3 per cento nel biennio 2012-2013, tasso di disoccupazione ufficiale pari al 17,5 con tasso di disoccupazione giovanile (giovani con meno di 24 anni) pari al 54 per cento, un aumento della percentuale di laureati emigrati (21,6 per cento) e un tasso di dispersione scolastica pari al 25 per cento, percentuale di famiglie povere pari al 24,8 per cento, saldo fortemente negativo nell'immediato ma con una pesante tendenziale conferma per quel che concerne il numero di cessazioni di imprese, procedure fallimentari e aziende avviate alla liquidazione;
    i dati sopra indicati, comuni peraltro alle regioni del Centro-Sud dell'Italia, si inseriscono in una realtà già gravemente pregiudicata dalla mancata risoluzione di vertenze aperte da troppo tempo con lo Stato italiano;
    la situazione in cui versa la regione è sicuramente anche il frutto del mancato pieno utilizzo delle potenzialità dell'autonomia speciale, ma ancor più gravi sono le responsabilità in capo allo Stato italiano, sempre più patrigno, nella gestione e risoluzione di questioni centrali per l'economia isolana;
    in tale contesto rileva che, a fronte del riconoscimento statutario di quote di compartecipazione alle entrate erariali, spettanti alla regione Sardegna, persistono tuttora difformità di interpretazione in merito ad alcuni tributi erariali e residua un debito statale – di circa un miliardo di euro – da saldare nei confronti della regione sarda, ancora più insopportabile in un momento di forti tagli alla spesa pubblica e tenuto conto che la regione Sardegna attuerà il pareggio di bilancio contribuendo al debito dello Stato per oltre 570 milioni di euro – anni 2013-2014, con una previsione di aumento per il 2015 di 97 milioni di euro. Lo Stato, su questo punto, è inadempiente, come confermato anche dalla sentenza del 2012 della Corte costituzionale e sarebbe necessario trovare urgentemente una soluzione condivisa che detti criteri certi di suddivisione delle quote e determini un maggior rafforzamento del ruolo della regione per risolvere, anche per il futuro, la vertenza;
    in Sardegna oltre 35.000 ettari di territorio sono sotto vincolo di servitù militare. L'isola ospita, infatti, strutture ed infrastrutture al servizio delle Forze armate italiane e della Nato: i poligoni missilistici (Perdasdefogu) e per le esercitazioni aeree (Capo Frasca) e a fuoco (Capo Teulada), aeroporti militari (Decimomannu) e depositi. La necessità di una riduzione della presenza militare nell'isola è ormai stata riconosciuta in tutte le sedi. Il consiglio regionale, con ordine del giorno n. 9 del 17 giugno 2014, ha impegnato la giunta regionale a chiedere, tra gli altri punti, un riequilibrio in termini di compensazione economica rispetto ai danni ambientali, sanitari ed economici subiti nel corso degli anni a causa del gravame militare nell'isola e la progressiva diminuzione delle aree soggette a vincoli militari e la dismissione dei poligoni. Tuttavia, anche su questo tema, il Governo appare arroccato sulle sue posizioni, ritenendo prevalenti i supremi interessi nazionali rispetto agli interessi del territorio. Anzi, con il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, si parificano per le «aree dove si svolgono esercitazioni militari» le concentrazioni di soglia di contaminazione alle «aree industriali», determinando, in tal modo, gravi pregiudizi al territorio limitrofo, prevalentemente residenziale, all'ambiente, all'agricoltura;
    sempre con riferimento alle servitù militari, un discorso a parte merita la vicenda del poligono sperimentale di addestramento interforze (Salto di Quirra), situato a nord di Cagliari che, con i suoi 120 chilometri quadrati di estensione, è la più importante base europea per la sperimentazione di nuovi missili, razzi e radio bersagli. Ebbene, nel gennaio del 2011, si apre un'inchiesta che porterà alla luce la terribile scoperta che il poligono è stato, per anni, utilizzato come una vera e propria discarica di materiale militare dove si è smaltito uranio impoverito e torio radioattivo. Quest'ultimo, a seguito delle indagini e dei prelievi effettuati è stato ritrovato in diversi alimenti umani e nelle ossa di alcuni pastori deceduti, che, per la loro attività, avevano accesso all'interno del poligono;
    sempre in merito alle servitù militari, il Ministro della difesa Roberta Pinotti ha imposto, unilateralmente, per altri 5 anni i vincoli su Santo Stefano. Il Presidente Pigliaru ha presentato ricorso contro l'imposizione della servitù militare su Guardia del Moro alla Maddalena e chiesto al Consiglio dei ministri un riesame del decreto impositivo della servitù, ma resta il dato di fatto: nonostante la regione Sardegna, attraverso il suo consiglio regionale e la sua popolazione, siano apertamente contro le servitù militari, nonostante il mancato rinnovo della servitù nei tempi consentiti e nonostante il contenzioso in atto con il comune di La Maddalena, il Governo è andato avanti unilateralmente, anteponendo ancora una volta i supremi interessi della «difesa nazionale» alle esigenze dei territori. La procedura della reimposizione sarebbe, dal punto di vista amministrativo, improponibile in quanto lesiva dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione introdotti dalla modifica del titolo V della Costituzione. Anche il tribunale amministrativo regionale della Sardegna, con una pronuncia del 2012, ha stabilito che l'interesse alla difesa non è superiore all'interesse della comunità locale, definendo entrambi di massimo rilievo e di natura sensibile e ricordando che «le servitù hanno carattere temporaneo proprio perché legate all'esigenza di valutare e rivalutare le situazioni, tenendo conto dei cambiamenti che vive il territorio su cui sono calate»;
    quando lo Stato italiano avrebbe potuto rimediare almeno in parte di danni subiti da questo territorio, non ha invece adempiuto ai propri impegni in occasione del G8 della Maddalena, privando, dapprima, l'isola della possibilità di una vetrina a livello internazionale e trasferendo d'ufficio il vertice in altra regione e, successivamente, non dando corso agli impegni presi in ordine alla bonifica del territorio – impedendo conseguentemente la realizzazione dell'accordo del 2009 con imprese private (di recente, a causa di tale inadempimento la protezione civile è stata condannata a pagare alla società aggiudicatrice circa 36 milioni di euro). Attualmente, pertanto, le acque che dovevamo essere bonificate risultano ancora inquinate e le strutture costruite in stato di abbandono. In generale, il tema dell'ambiente è uno di quelli maggiormente colpiti dall'incuria statale, in quanto sono diversi i siti inquinati che dovrebbero essere oggetto di attenzione da parte del Governo italiano, in particolare quei siti industriali insediati dalle note aziende partecipate statali, che da Porto Torres al Sulcis, passando per la piana di Ottana nel centro Sardegna, hanno compromesso territori di incomparabile bellezza;
    la negazione da parte dello Stato italiano dell'articolo 14 dello statuto della regione Sardegna che prevede la restituzione al patrimonio regionale di tutte le aree demaniali (comprese quelle costiere) e militari nazionali, che non siano più giudicate strategiche ai fini di interesse pubblico, costituisce un ulteriore freno a possibili opportunità di sviluppo economico, soprattutto in ambito turistico ed ambientale, in vaste aree del territorio sardo;
    attenzione che, comunque, il Governo non sembra di avere in merito ad un altro aspetto. La Sardegna, infatti, potrebbe essere prescelta per lo stoccaggio di scorie nucleari radioattive. La notizia in merito alla destinazione di questi rifiuti, già assunta dal comitato interministeriale, è stata rimandata al 3 gennaio 2015, in quanto la società pubblica Sogin si è presa qualche altro giorno di tempo. A nulla sembrano essere servite le prese di posizione dei cittadini sardi che, già nel 2011, con un referendum consultivo avevano detto «no» al nucleare in Sardegna e del governo regionale che, a settembre 2014 con un ordine del giorno, votato all'unanimità, si è impegnato a portare all'attenzione del Governo l'impegno che: «La Sardegna non deve essere inclusa nella lista delle regioni candidate ad ospitare siti nucleari»;
    una nuova «servitù» sembra contraddistinguere la Sardegna: quella relativa al regime carcerario per i detenuti ai sensi dell'articolo 41-bis. A seguito, infatti, della recente revisione normativa, dove si statuisce «preferibilmente detenuti nelle aree insulari», sembra che l'isola sia stata trasformata nell'area per eccellenza di detenzione di mafiosi, ergastolani e terroristi. Non va dimenticato che, anche di recente, è stata ventilata la demenziale proposta di una possibile riapertura del carcere dell'Asinara. A questo si deve aggiungere la presenza sul territorio sardo di un numero di strutture carcerarie più elevato rispetto alle altre regioni italiane (2.700 posti detentivi per 1 milione e 600 mila abitanti) che determineranno il trasferimento dalla penisola, in contrasto con il principio della «territorializzazione» della pena sancita dall'ordinamento penitenziario, di un numero elevato di detenuti. Ancora una volta, gli interessi nazionali prevalgono sugli interessi del territorio e ancora una volta un nuovo peso si aggiunge a quelli già presenti sul territorio sardo;
    con riferimento, invece, alle calamità naturali che hanno colpito la regione nel novembre 2013, lo Stato deve rispettare i propri impegni anche su tale versante, tenuto conto che, ad oggi, si registrano ritardi nei tempi e nelle entità dei risarcimenti dovuti. Spiace, peraltro, constatare una diversità di trattamento rispetto ad altre regioni che purtroppo hanno dovuto affrontare la stessa problematica – ad esempio, in Emilia-Romagna lo Stato è intervenuto con il decreto-legge n. 74 del 2014, recante disposizioni urgenti per l'Emilia-Romagna. A fronte della catastrofe immane che ha colpito duramente il territorio sardo (19 morti, 2.700 sfollati e circa 700 milioni di danni) lo stesso presidente della regione ha pubblicamente ricordato che lo Stato non ha praticamente dato nulla alla causa sarda e che mancherebbero all'appello circa 474 milioni di euro. Anche di recente si è cercato con emendamenti a diversi provvedimenti all'esame del Parlamento di prevedere l'esclusione dal patto di stabilità di tutti gli stanziamenti per opere e interventi legati all'evento alluvionale, compresi anche i fondi avuti dai comuni in beneficenza, ma il Governo continua ad essere sordo;
    di recente poi, l'articolo 38 del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2011, rubricato «Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali», ha tolto di fatto agli enti locali – non solo sardi – il potere di veto su ricerca di petrolio e trivellazioni, trasferendo la competenza delle valutazioni di impatto ambientale su attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale dalla regione allo Stato. In Sardegna, l'effetto della norma si avrà sulla zona di Arborea, interessata dal cosiddetto progetto Eleonora, rispetto al quale gran parte della popolazione è contraria. In un'area di eccezionale interesse naturalistico, a forte vocazione agricola, si vorrebbe autorizzare la trivellazione per la ricerca di giacimenti di gas naturale;
    in Sardegna, inoltre, la produzione di energia dall'uso idroelettrico è piuttosto diffusa e si concentra sui bacini dei fiumi principali, con modeste attività in alcune altre piccole centrali periferiche. La regione, con legge regionale n. 19 del 2006, è subentrata nella titolarità delle concessioni inerenti l'utilizzo dell'acqua, ma la procedura di subentro non è stata completata per gli invasi sfruttati dall’Enel per uso idroelettrico. Enel continua a gestire secondo i firmatari del presente atto di indirizzo impropriamente le centrali, confidando sull'applicazione del decreto legislativo n. 79 del 1999, che ha prorogato le concessioni fino al 2029. Le parti sembrerebbero vicine ad un accordo per la gestione comune delle acque per evitare un contenzioso dovuto, ancora una volta, ad una contraddizione – almeno lamentata da una delle parti – tra una legge statale e regionale. Occorre che lo Stato, anche su questo punto, riconosca i torti subiti fino ad oggi dalla regione;
    la regione per soddisfare esigenze non proprie sta diventando una grande piattaforma di produzione di energia attraverso la costruzione di impianti fotovoltaici, di impianti eolici, lo scavo di pozzi marini per la ricerca del gas naturale. Ferme restando le responsabilità regionali per la mancanza di un piano energetico, la questione del costo dell'energia resta un problema irrisolto e trascurato che compromette pesantemente lo sviluppo economico dell'isola. Sul punto spicca la questione del riconoscimento del regime di essenzialità per gli impianti di produzione sardi, in particolare per quello di Ottana: infatti, la regione è in attesa della proroga anche per il 2015 e del parere dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico. Il riconoscimento dell'essenzialità è fondamentale per permettere ai gestori delle centrali sarde di vedersi riconosciuti da Terna i costi di produzione dell'energia e garantire pertanto alle imprese sarde di poter fruire di prezzi dell'energia più bassi. Questo avviene in un contesto segnato dalla mancata metanizzazione e da costi per energia altissimi: occorre, infatti, ricordare, che la Sardegna è l'unica regione a non avere il metano (a seguito anche dell'uscita dal progetto Galsi, società sostenuta, oltre che dalla regione, anche da Enel ed Edison) e che l'energia ha il costo più elevato d'Italia – 15 per cento in più – Paese peraltro in cui l'energia ha già un costo maggiore rispetto al resto d'Europa);
    la mobilità è un diritto ancora non pienamente riconosciuto alla Sardegna. Il diritto alla mobilità, riconosciuto dall'articolo 16 della Costituzione, deve essere inteso come garanzia per ogni cittadino del trasporto indipendentemente dalla realtà geografica nella quale vive. La continuità territoriale deve eliminare gli svantaggi delle aree del Paese dovute a distanze o insularità. L'articolo 53 dello statuto sardo dispone che la regione sia rappresentata nell'elaborazione delle tariffe ferroviarie e nella regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri, marittimi ed aerei che possano direttamente interessarla. Fino ad oggi, invece, anche su questo punto si deve registrare un atteggiamento poco rispettoso delle competenze regionali, tanto che la Corte costituzionale, in materia di trasporto marittimo, ha riconosciuto recentemente fondato il ricorso proposto dalla regione volto al riconoscimento del diritto ad una partecipazione effettiva al procedimento in materia di trasporto marittimo. Nelle materie in cui si registra una sovrapposizione di competenze deve essere valorizzato il principio di leale collaborazione; in particolare, ad avviso della Corte costituzionale, le decisioni assunte in materia dallo Stato toccano interessi indifferenziati della regione ed interferiscono in misura rilevante con scelte rientranti nella competenza della regione; pertanto, la regione ha diritto a partecipare ai procedimenti in materia. Occorre, inoltre, vigilare, per evitare, come accaduto in passato, la creazione di pericolosi monopoli nei trasporti marittimi (si deve registrare il caso recente di una pericolosa scalata da parte del gruppo Moby all'interno della società Compagnia italiana di navigazione spa). Si deve, inoltre, ricordare che la regione Sardegna, a seguito dell'accordo stipulato con lo Stato nel 2006 si è accollata interamente le spese sul trasporto pubblico locale che in altre regioni sono finanziate attraverso compartecipazioni a tributi erariali. La provincia di Nuoro, insieme a quella di Matera, è l'unica provincia italiana non servita dalla linea principale a scartamento ordinario delle Ferrovie dello Stato, essendo coperta solo da un tratto a scartamento ridotto, gestito attualmente dall’Arst, società pubblica regionale, e non rientrando nel novero delle grandi opere infrastrutturali dello Stato;
    diversi sono inoltre i casi che hanno interessato la regione sul fronte del lavoro. Per quanto riguarda l'occupazione le responsabilità non sono certamente solo politiche, in quanto è evidente che la produzione industriale rientra in un contesto di mercato e di competitività nazionale, ma occorre ricordare l'assenza di una strategia nazionale industriale e il fatto che la chiusura di molti stabilimenti è la conseguenza degli alti costi di produzione che paga l'insularità (per tutti si cita il caso del sito industriale di Portovesme, uno dei più grandi poli di metallurgia non ferrosa, gestito fino a poco tempo fa da società private come Alcoa, leader mondiale nella produzione di alluminio, la quale ha comunicato la chiusura dello stabilimento sardo nel 2012);
    legato ai problemi dell'insularità e alla crisi occupazionale è la vicenda della compagnia aerea Meridiana (di cui fanno parte, oltre la compagnia aerea, anche Meridiana maintenance, società di manutenzione, Geasar spa, società di gestione dell'aeroporto di Olbia). Ad oggi nessuna soluzione sembra palesarsi all'orizzonte e circa 1.600 dipendenti rischiano il licenziamento. Anche in questo caso l'atteggiamento del Governo italiano è apparso poco incisivo: questo è più che mai evidente, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, nella risposta all'interrogazione n. 3-01155 che il Ministro Lupi ha dato l'11 novembre 2014 nell'aula di Montecitorio;
    anche per quanto riguarda il settore agricoltura non sono state tenute in debita considerazione le specificità sarde, comuni peraltro anche ad altre regioni. Agea, ente nazionale, incurante delle procedure stabilite e validate precedentemente, con un atteggiamento vessatorio verso le peculiarità dell'agricoltura italiana ha dato indicazioni operative ai suoi tecnici rilevatori per una riclassificazione che, ha comportato per la Sardegna e per le altre regioni interessate dalla «macchia mediterranea», la perdita di migliaia di ettari di superficie – 280.000 ettari circa di superficie coltivabile e finanziabile precedentemente riconosciuti – con la conseguenza che, per tantissime domande, presentate a valere sul programma di sviluppo rurale e sulla politica agricola comune, oggi sono riscontrabili gravi anomalie particellari e, di conseguenza, il rischio reale che centinaia o migliaia di operatori del settore debbano restituire somme già percepite. Si è richiesto già al Governo – con la risoluzione n. 7-00396 – un intervento presso l'organismo pagatore Agea affinché sospenda gli effetti del nuovo ciclo di refresh, evitando, in particolare, iscrizioni massive nella banca dati debitori di aziende che invece presentano titoli e requisiti per l'accesso ai premi comunitari;
    altro problema è quello relativo al dimensionamento scolastico che rappresenta forse più di ogni altro come le decisioni prese dall'alto poco si adattino a territori con caratteristiche morfologiche del tutto particolari come è la Sardegna. Anche se dalle aule dei tribunali continuano ad arrivare espressioni negative contro la legge che ha disposto le cancellazioni e gli accorpamenti degli istituti – il decreto-legge n. 98 del 2011 ha fissato l'obbligo di fusione degli istituti comprensivi delle scuole dell'infanzia, elementari e medie con meno di 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche – tale provvedimento comunque ha, di fatto, causato la cancellazione di oltre 1.700 scuole. Seppur reputato «costituzionalmente illegittimo» dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 147 del 2012, occorre in questa sede rilevare come la disposizione non solo contrasta con ogni criterio didattico-pedagogico, comportando la creazione di istituti scolastici abnormi, di difficile gestione e governabilità, ma ha effetti ancora più negativi in un territorio come quello sardo, costringendo a gravosi spostamenti intere famiglie e rappresentando un ulteriore deterrente alla prosecuzione del cammino scolastico degli studenti, in una regione, come in precedenza evidenziato, con il più alto tasso di dispersione scolastica;
    infine, a fronte degli oneri e delle servitù gravanti sul territorio sardo, lo Stato italiano continua a dismettere presidi importanti per il territorio (caserme, uffici dei giudici di pace, tribunali, uffici della motorizzazione civile, sedi della Banca d'Italia), proponendo accorpamenti che ancora una volta non tengono conto delle specificità del territorio isolano, costituito da aree con scarsa densità di popolazione e da collegamenti molto spesso difficili;
    le considerazioni sopra esposte evidenziano la persistente prevalenza dell'interesse nazionale rispetto a quello territoriale, segnando profondamente il modo di essere di una regione e, in taluni casi, rischia di compromettere definitivamente la sua vocazione naturale, turistica e culturale;
    sussiste una «specificità» Sardegna dettata anche da un riconoscimento costituzionalmente garantito in merito alla «specialità», che deve essere affrontata autonomamente ed inserita con urgenza nell'agenda dei lavori dal Governo, in modo tale da risolvere definitivamente problematiche che durano da troppo tempo, anche attraverso un ripensamento delle attuali competenze,

impegna il Governo:

   nelle questioni sopra richiamate, ad attivarsi concretamente al fine di superare le criticità esistenti, tenendo nel debito conto gli interessi territoriali in base anche al principio della leale collaborazione tra enti e comunque nel pieno rispetto degli interessi di cui è portatrice la Regione autonoma della Sardegna;
   a prestare un'attenzione «particolare» in termini di assunzione di responsabilità e di riconoscimento delle specificità della realtà e delle problematiche della Sardegna, affinché possano essere superate ed orientate ad una valorizzazione delle vocazioni principali dell'isola stessa;
   ad inserire nell'agenda dei lavori del Governo la questione Sardegna, anche attraverso l'istituzione di uno specifico tavolo di lavoro congiunto Stato-regione per l'esame urgente delle vertenze ancora aperte e per definire, in particolare, tutte le iniziative utili a garantire la loro risoluzione in tempi certi.
(1-00697) «Capelli, Piras, Vargiu, Dellai, Tabacci, Labriola, Di Gioia, Lo Monte, Fauttilli, Pinna».


   La Camera,
   premesso che:
    i dati contenuti nel rapporto Svimez 2014 sull'economia del Mezzogiorno, presentato a Roma il 28 ottobre 2014, offrono una fotografia allarmante della perdurante e gravissima crisi economica, sociale e finanziaria che la regione Sardegna sta attraversando. Nel 2013 nell'isola si è registrato un calo del prodotto interno lordo pari al 4,4 per cento rispetto al 2012. Dallo studio emergono anche altri dati preoccupanti: tasso di disoccupazione ufficiale pari al 17,5 per cento, tasso di disoccupazione giovanile (giovani con meno di 24 anni) pari al 54,2 per cento, percentuale di famiglie residenti monoreddito pari al 53,1 per cento, percentuale di famiglie povere sul totale famiglie (povertà relativa) nel 2013 pari al 24,8 per cento. I numeri che riguardano l'isola si inseriscono in un quadro negativo generale registrato per tutto il Centro-Sud d'Italia. Se si considera il dato cumulato dei sei anni di crisi, dal 2008 al 2013, la riduzione del prodotto interno lordo, che per la Sardegna è del 13 per cento, risulta per quasi tutte le regioni meridionali – ad eccezione del solo Abruzzo (-7,3 per cento) – di entità assai forte;
    è doveroso sottolineare che la situazione di stallo in cui versa oggi la regione Sardegna scaturisce da una serie infinita di scelte opinabili da parte della politica regionale e nazionale nel corso degli ultimi decenni. Gli amministratori locali che si sono succeduti nel tempo non sono stati in grado o non hanno avuto la volontà di attuare una programmazione nel medio e nel lungo periodo e non hanno sfruttato le potenzialità dell'autonomia speciale. Grandi responsabilità restano in capo anche e soprattutto ai Governi nazionali che non hanno mai prestato la dovuta attenzione alle problematiche dell'isola, ritenendo in numerosissime occasioni non prioritaria la ricerca delle soluzioni delle criticità presenti nel territorio;
    innumerevoli sono le vertenze con lo Stato italiano aperte da tempo e mai risolte. Tra i numerosi fallimenti che è impossibile non imputare a una politica incapace negli anni di compiere scelte risolutive è d'obbligo citare, in primo luogo, la perdurante «vertenza entrate», fondata sul riconoscimento dell'articolo 8 dello statuto autonomo. La Regione autonoma della Sardegna vanta da tempo un credito con lo Stato italiano di centinaia di milioni di euro per il mancato trasferimento di una parte consistente di entrate tributarie, come confermato dalla Corte costituzionale nel 2012. Nonostante l'annuncio, il 1o aprile 2015, dell'arrivo nelle casse regionali di 300 milioni di euro dallo Stato, come acconto del credito della regione per gli anni dal 2010 al 2014, la questione rimane ancora non conclusa, risultando pertanto necessario arrivare nel più breve tempo possibile a una soluzione definitiva e condivisa;
    la Sardegna, a causa della sua insularità, dell'ampiezza e della particolare conformazione del territorio, vive da sempre una condizione di svantaggio rispetto alla penisola in termini di erogazione di servizi e di potenzialità di sviluppo economico, aggravata dalla totale inadeguatezza del sistema dei trasporti e della viabilità e da una forte carenza infrastrutturale che ostacolano la circolazione di merci e persone. Il problema dei difficili collegamenti, sia via mare che via aerea, da e per il continente rappresenta una delle più grandi criticità per la regione, tanto da poter affermare che la popolazione sarda subisce costantemente una limitazione del pieno godimento del diritto alla mobilità e dello strumento della continuità territoriale, intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti. In data 18 luglio 2012 è stata stipulata tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Compagnia italiana di navigazione spa una convenzione che disciplina gli obblighi e i diritti derivanti dall'esercizio di servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori, redatta ai sensi dell'articolo 1, comma 998, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell'articolo 19-ter del decreto-legge n. 135 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2009. A distanza di due anni e mezzo dalla firma è evidente che tale convenzione non ha portato alcun vantaggio alla regione Sardegna, né in termini economici né in termini di servizi offerti al cittadino, risultando pertanto necessaria, in vista della scadenza del primo periodo regolatorio stabilita per il 31 dicembre 2015, una profonda rivisitazione della stessa con miglioramenti e aggiustamenti che siano di reale garanzia degli interessi dell'utenza. I difficili e costosi collegamenti da e per l'isola, inoltre, rappresentano un freno anche per lo sviluppo turistico della regione, settore di rilevanza fondamentale che andrebbe maggiormente sostenuto, valorizzando l'immenso patrimonio naturalistico e artistico che la Sardegna offre;
    se i collegamenti da e per la penisola sono problematici, i trasporti all'interno dell'isola appaiono a loro volta carenti e inadeguati. L'utilizzo dei trasporti su rotaia è costantemente disincentivato a causa delle pessime condizioni in cui versa la rete ferroviaria della regione e del limitato numero di treni che percorre l'isola quotidianamente. La rete principale della Sardegna si compone solamente di quattro linee ferroviarie. Dei 432 chilometri a scartamento ordinario soltanto 51 sono a doppio binario. Interi territori, che comprendono anche comuni molto popolosi, non sono serviti da treni. Talvolta, l'unico modo per raggiungere le stazioni più vicine rispetto al luogo di residenza è utilizzare i mezzi propri. I pendolari sardi, inoltre, sono quotidianamente costretti ad estenuanti attese nelle stazioni e impiegano tempi molto lunghi per percorrere brevi distanze, con tutti i disagi che ne conseguono. Non meno critica è la situazione che riguarda le pericolose strade statali per le quali si aspettano, da tempo, interventi di ammodernamento e di messa in sicurezza. Anche a tal proposito non si può non sottolineare l'assoluta disattenzione nei confronti della Sardegna da parte di uno Stato centrale, che preferisce stanziare miliardi di euro per infrastrutture inutili e dannose a scapito di opere che sono necessarie e urgenti e che richiedono senza dubbio l'utilizzo di minori risorse;
    in Sardegna è in atto o è stato annunciato l'avvio di numerosi processi di privatizzazione di società a capitale pubblico, prevalentemente regionali. Molte delle aziende coinvolte fanno parte del settore dei trasporti, sia marittimi sia aerei. Si possono ricordare, soltanto per citare degli esempi, la Sardegna regionale marittima spa (Saremar), società di gestione del pubblico servizio di linea tra la Sardegna, le isole minori e la Corsica, il cui azionariato è oggi detenuto al 100 per cento dalla regione, e la società della regione Sogeaal spa, che gestisce l'aeroporto «Riviera del Corallo» di Alghero-Fertilia. Tali privatizzazioni, conseguenza di discutibili scelte politiche nazionali e regionali compiute nel tempo ed oggi presentate come unica soluzione per il mantenimento in vita delle società, destano preoccupazioni per il rischio di un abbassamento dei livelli di qualità dei servizi offerti al cittadino e della perdita di posti di lavoro;
    una delle più gravi criticità della Sardegna è l'altissimo tasso di disoccupazione, il cui aumento non pare arrestarsi, arrivando alla fine del 2014 al 18,2 per cento. Risulta pertanto necessaria e non più procrastinabile l'adozione di iniziative urgenti volte concretamente al superamento della drammatica crisi occupazionale che investe il territorio. L'emergenza occupazionale si ricollega indissolubilmente alle numerosissime crisi industriali che stanno attraversando le aziende presenti nella regione. Sono molte le imprese che sono state costrette a dichiarare fallimento o che sono in procinto di farlo, la cui chiusura, oltre a provocare un ulteriore freno allo sviluppo economico dell'isola, sta determinando pesanti perdite di posti di lavoro nell'ordine di decine di migliaia. Tra le maggiori realtà imprenditoriali interessate dalle crisi aziendali è doveroso ricordare, oltre all’Alcoa e all'ex-Ila, la Keller elettromeccanica spa, produttrice di carrozze ferroviarie con stabilimento primario a Villacidro e stabilimento secondario in Sicilia, il cui fallimento è stato recentemente decretato dalla corte d'appello del tribunale di Cagliari, che ha rigettato il ricorso contro la sentenza di primo grado presentato dai lavoratori, dalle organizzazioni sindacali, dalla regione Sardegna e dalla regione Sicilia insieme con il Ministero dello sviluppo economico;
    di grandi dimensioni è la vertenza Meridiana, gruppo di primaria importanza in Italia nel settore del trasporto aereo, che sta vivendo da tempo una profonda crisi aziendale. Il 15 settembre 2014 la compagnia ha comunicato l'avvio della procedura di mobilità e licenziamento collettivo per 1.634 lavoratori in esubero, di cui una rilevante percentuale residente in Sardegna. Dopo l'apertura di un tavolo tecnico interministeriale e la scelta, quasi obbligata, da parte di circa 300 dipendenti dell'esodo «incentivato», soltanto per citare le tappe più significative della vicenda, in data 30 aprile 2015 è stato siglato presso la sede del Ministero dello sviluppo economico un accordo grazie al quale 1.340 lavoratori potranno beneficiare di un altro anno di cassa integrazione straordinaria, il cui pagamento sarà anticipato dalla compagnia dell'Aga Khan. Per i dipendenti del gruppo che rischiano il licenziamento questo passo rappresenta senza dubbio un segnale positivo, ma si tratta soltanto di una soluzione provvisoria, risultando pertanto necessari interventi più incisivi da parte dei Ministeri competenti per scongiurare definitivamente il rischio del licenziamento collettivo, che, se verrà messo in atto, porterà per la Sardegna un ulteriore peggioramento della situazione occupazionale già drammatica;
    scarsa è l'attenzione prestata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, dai Governi nazionali che si sono susseguiti negli anni rispetto al tema dell'inquinamento ambientale nella regione Sardegna. In particolare, l'industrializzazione e i processi di destrutturazione produttiva di aree di inestimabile bellezza, come il Sulcis-Iglesiente, hanno compromesso gli equilibri naturali, provocando pesanti danni all'ecosistema naturale e alla salute fisica e psichica della popolazione. Un'area gravemente colpita è quella di Portovesme. Nel grande polo industriale specializzato nella metallurgia non ferrosa, unico in Italia per le sue produzioni di alluminio da bauxite, zinco, piombo e acido solforico, oro, argento e alluminio primario, hanno operato a lungo industrie quali EurAllumina spa, Otefal sail spa, Portovesme srl, Alcoa, Rockwool Italia spa, Carbosulcis spa. La presenza di tre discariche di rifiuti industriali nel comune di Carbonia, di cui una dell'azienda Ecodump (di Riverso srl), una della Portovesme srl ed una della Carbosulcis spa, ha avuto conseguenze devastanti per il territorio che non possono essere sottovalutate. La discarica Ecodump, nel 2012, è finita al centro di un'inchiesta per traffico illecito di rifiuti pericolosi, falso ideologico e attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Nel 2012 è stata aperta un'indagine per traffico di rifiuti altamente pericolosi prodotti dagli impianti della Portovesme srl che sarebbero stati smaltiti illecitamente in cave del territorio cagliaritano, con un risparmio per la società di circa 3,6 milioni di euro;
    preoccupano le possibili conseguenze negative che potrebbero derivare per l'ambiente e per la salute dei cittadini dai presunti sversamenti di olio combustibile nei terreni sottostanti i serbatoi di alimentazione dei gruppi 1 e 2 della centrale termoelettrica della E.on di Fiume Santo, situata nella zona nord occidentale della Sardegna, i cui dirigenti si sono trovati recentemente al centro delle cronache giudiziarie. Secondo la procura della Repubblica di Sassari, che ha coordinato le attività di polizia giudiziaria per oltre un anno, i manager, per garantire un risparmio di spesa alla multinazionale tedesca, avrebbero omesso di segnalare alle autorità competenti i suddetti sversamenti e avrebbero consentito, in questo modo, la persistente contaminazione dei terreni e delle falde acquifere del sito interessato, provocando un danno ambientale in aree di interesse pubblico;
    i dati sul rischio idrogeologico in tutto il Paese sono allarmanti e da soli sarebbero sufficienti a determinare un'inversione di rotta delle scelte strategiche che riguardano il territorio. La prevenzione del rischio idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio sembrano essere non prioritarie rispetto alla realizzazione di opere faraoniche che portano nuovo cemento e continuano a consumare il suolo. In particolare, per quanto riguarda la Sardegna, l'espansione urbanistica di Olbia è stata inarrestabile e solo nel decennio 1997-2007, secondo Il Sole 24 ore, sono sorti «dal nulla» ventitré quartieri e diciassette piani di risanamento, con evidente scarsa attenzione ai potenziali rischi che ne sarebbero derivati. La Sardegna, se si prendono in considerazione soltanto gli ultimi anni, ha dovuto fronteggiare più di un centinaio di situazioni di dissesto idrogeologico che hanno causato morti e feriti e costretto migliaia di cittadini sardi allo sfollamento. L'alluvione che ha colpito decine di comuni della regione il 18 novembre 2013 è soltanto l'evento naturale più noto. È necessario constatare, anche su questo tema, una forte contraddizione da parte dei Governi che si sono succeduti nel Paese, tra ciò che si annuncia e ciò che in realtà viene realizzato. Dopo le buone intenzioni manifestate «a caldo» e gli impegni assunti nell'immediato, oggi si devono purtroppo ancora registrare fortissimi ritardi nella consegna delle risorse necessarie per far fronte ai danni causati dalla calamità naturale e «l'emergenza Sardegna», seppur ancora molto sentita dai cittadini del territorio sardo, a Roma sembra che sia stata dimenticata. A distanza di quasi un anno, inoltre, dalle piogge alluvionali che hanno colpito pesantemente il nord Sardegna e prevalentemente i comuni di Sorso e Sennori il 18 giugno 2014, provocando danni ingenti – in particolare alle colture e alle infrastrutture – che ammontano a circa 36 milioni di euro, nessun intervento, a quanto risulta, è stato adottato dal Governo in merito;
    in Sardegna, soprattutto nelle stagioni calde, si verifica un numero impressionante di incendi. Il 30 per cento del territorio italiano è costituito da boschi, habitat di moltissime specie naturali e vegetali. Il ricco patrimonio forestale del Paese non è adeguatamente tutelato e ogni anno migliaia di ettari di bosco (circa il 12 per cento negli ultimi 30 anni) vengono distrutti da incendi dolosi e colposi. La Sardegna è la prima regione in Italia per numero di morti a causa di roghi: 73 dal 1945 ad oggi. Molto spesso la scarsa disponibilità di mezzi, soprattutto d'aria, rende più complessi e meno tempestivi gli interventi per sedare gli incendi. Nel luglio 2014 in poche ore nell'area collinare di Sibiri e delle campagne che si trovano nel triangolo tra Guspini, Gonnosfanadiga e Arbus sono andate in fumo migliaia di ettari fra boschi di sugherete, macchia mediterranea, pascoli e uliveti. Nonostante la palese necessità di incrementare nei numeri la flotta aerea antincendio dello Stato anziché ridurla, come si è fatto in particolare negli ultimi due anni, anche per il 2015 non risultano iniziative che prevedano un aumento della disponibilità di mezzi aerei per far fronte agli incendi boschivi. Nel 2014, nei mesi di luglio e agosto, sono stati messi a disposizione un massimo di 15 Canadair del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e due Erickson S-64 del Corpo forestale dello Stato. Il 12 agosto 2013 l'allora Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, ha annunciato la vendita di tre dei dieci aerei di Stato, un Airbus A-319 e due Falcon 900, per un valore complessivo di mercato stimato in circa 50 milioni di euro da destinare al potenziamento della flotta antincendio, ma non risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo che le suddette risorse siano state trasferite e nessuna notizia si ha ad oggi a proposito della vendita dei mezzi di Stato;
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 («Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha tolto alle regioni il potere di veto su ricerca di petrolio e trivellazione. La competenza delle valutazioni di impatto ambientale su attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale è passata allo Stato. Anche la Sardegna potrebbe essere colpita dagli effetti di tale norma, in particolare per quanto riguarda la realizzazione del cosiddetto «progetto Eleonora» della Saras spa, cui si sta opponendo fortemente la popolazione locale. Se fossero autorizzate le trivellazioni per la ricerca di giacimenti di gas naturale si andrebbe, infatti, a deturpare un territorio, quello di Arborea, di immenso valore naturalistico, posto a circa 200 metri di distanza dalle aree umide di importanza internazionale tutelate dalla Convenzione di Ramsar, dove vige un vincolo paesaggistico e di conservazione integrale, con costi altissimi per la salute dei cittadini, per l'ambiente e per l'economia della zona;
    altra questione di grande rilievo per l'isola è quella relativa al costo dell'energia, problema che non si è mai affrontato con la dovuta attenzione e che ancora oggi non trova soluzioni da parte del Governo. La criticità, già notevole in tutto il territorio italiano, è ancora più accentuata nella regione. I costi per l'energia, già in generale in Italia maggiori rispetto al resto d'Europa, in Sardegna sono i più alti del Paese, nonostante il surplus di produzione regionale. È doveroso constatare, anche a questo proposito, la mancanza di interventi veramente efficaci finalizzati alla riduzione del costo delle bollette dell'energia elettrica da parte di un Governo che ha attuato finora, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, soltanto politiche in materia che si sono rivelate fallimentari;
    in Sardegna più di 35.000 ettari di territorio sono sotto vincolo di servitù militare. L'isola ospita oltre il 60 per cento delle basi militari italiane, strutture e infrastrutture al servizio delle Forze armate italiane o della Nato, un pesante fardello che la regione si porta dietro da decenni. Nonostante la pesante opposizione di cittadini e comitati spontanei che chiedono a gran voce la dismissione dei poligoni e la bonifica dei territori inquinati per i problemi economici e sociosanitari derivanti dalla massiccia presenza militare sull'isola, anche in questo caso la politica, nel corso degli anni, si è mostrata sorda di fronte alle richieste della popolazione. Nel comune di Perdasdefogu, a nord di Cagliari, ha sede il poligono sperimentale e di addestramento interforze del Salto di Quirra che si estende per 120 chilometri quadrati. Un'inchiesta aperta nel 2011 ha rivelato che il poligono è stato utilizzato per lungo tempo come discarica di materiale militare in cui sono stati smaltiti uranio impoverito e torio radioattivo. Quest'ultimo è stato ritrovato, in seguito alle analisi effettuate, in numerosi alimenti destinati all'uomo e nelle ossa di alcuni pastori che prima di ammalarsi e di morire erano transitati nelle aree del poligono. Il poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare di Teulada, il secondo poligono in Italia per estensione, occupa una superficie di 7.200 ettari di terreno e preclude alla navigazione e alla pesca uno specchio d'acqua di circa 450 chilometri quadrati. Il poligono di Capo Frasca si estende per 1.400 ettari a terra lungo la costa occidentale dell'isola e comprende una fascia di 3 miglia a mare interdetta alla navigazione. Oltre a numerose sedi di comandi militari di Esercito, Aeronautica e Marina, in Sardegna è presente anche un aeroporto militare, quello di Decimomannu. Nell'ottobre 2014 il Ministro della difesa ha firmato il decreto di reimposizione della servitù militare su Guardia del Moro a La Maddalena. L'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04728, a prima firma Emanuela Corda, presentata l'11 febbraio 2015, con cui si chiedevano al Ministro della difesa le motivazioni della reimposizione della servitù di Guardia del Moro, ha ricevuto dal ministro interrogato una risposta del tutto insoddisfacente. Il Ministro, anziché dare spiegazioni agli interroganti, ha dichiarato che fornirà maggiori informazioni di dettaglio in seguito all'esito della relativa determinazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri richiesta dalla regione Sardegna. Anche il tribunale amministrativo regionale della Sardegna si è espresso in merito, stabilendo, con una pronuncia del 2012, che l'interesse alla difesa non è superiore all'interesse della comunità locale, definendo entrambi di massimo rilievo e di natura sensibile e affermando che «le servitù hanno carattere temporaneo proprio perché legate all'esigenza di valutare e rivalutare le situazioni, tenendo conto dei cambiamenti che vive il territorio su cui sono calate»;
    in Sardegna sembrerebbe previsto a breve il trasferimento di 92 detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario nella casa circondariale di Sassari-Bancali. La notizia ha destato non poche preoccupazioni tra i cittadini dell'isola, in particolare per i rischi di infiltrazioni e di investimenti della criminalità organizzata che potrebbero derivare da tale trasferimento. Sarebbe pertanto necessario e urgente intervenire per potenziare le forze dell'ordine nel territorio, in modo da garantire maggiore sicurezza alla popolazione, nonché per il riconoscimento dell'autonomia della corte d'appello di Sassari, oggi sede distaccata della corte d'appello di Cagliari, e per la relativa istituzione degli uffici della direzione distrettuale antimafia nella città nel nord dell'isola;
    l'isola de La Maddalena, territorio che può vantare una rara bellezza naturalistica, era stato indicato nel 2009 come luogo ideale per ospitare il vertice dei «grandi della terra», evento che avrebbe portato alla Sardegna grande visibilità a livello nazionale e internazionale, turismo, posti di lavoro e avrebbe dato una grossa mano all'economia regionale. Nonostante ingenti somme di denaro pubblico già spese per avviare opere e per la bonifica del mare, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha stabilito di trasferire la sede del G8 a L'Aquila, dove si è poi tenuto. In tal modo i lavori eseguiti, a tempo di record, fino a quel momento sono stati pressoché inutili. Oggi, a distanza di sei anni dal G8, lo Stato italiano non ha ancora dato corso agli impegni assunti per quanto riguarda le bonifiche. Le acque che dovevano essere bonificate risultano ancora inquinate e le strutture costruite versano in uno stato di abbandono. Per il G8 de La Maddalena, secondo i dati ufficiali, sono stati spesi circa 327 milioni di euro, anche se gli investimenti parrebbero superare il mezzo miliardo di euro. Il milionario progetto privato che consisteva in un polo di lusso per la vela, gestito dalla Mita resort dall'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, di fatto non è mai partito e, a causa delle mancate bonifiche, lo Stato italiano è stato di recente condannato a risarcire l'impresa appaltatrice con 36 milioni di euro;
    la regione sembrerebbe destinata a diventare sede del deposito nazionale di scorie nucleari radioattive, nonostante il netto pronunciamento in occasione del referendum consultivo regionale, svoltosi il 15 e il 16 maggio 2011, da parte della popolazione sarda contro l'installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti (848.634 «sì», corrispondenti al 97,13 per cento dei votanti). Il dissenso unanime dei cittadini, dei comitati e delle istituzioni locali e regionali nei confronti dell'individuazione dell'isola come sede del deposito di scorie radioattive scaturisce da precisi motivi, primo fra tutti il reale rischio di compromissione dell'ambiente in un territorio già fortemente penalizzato a causa degli oneri eccessivi delle servitù militari, come sopra esposto. A causa dell'insularità della regione, inoltre, è utile non sottovalutare le implicazioni catastrofiche che potrebbe determinare il trasporto dei materiali radioattivi via mare in caso di incidente, come denunciato anche dall'Enea;
    preoccupano i rischi di inquinamento ambientale che potrebbero essere provocati dall'espansione verso il centro abitato dell'aeroporto di Cagliari-Elmas, così come previsto dal master plan. Il piano di sviluppo aeroportuale prevede, con un investimento totale di 93,9 milioni di euro, un ampliamento del sedime verso nord-est per la realizzazione di un piazzale aeromobili di aviazione generale e aree di sosta, la razionalizzazione e rilocazione dei servizi aeroportuali e delle installazioni militari presenti nelle aree a sud est del sedime per la loro trasformazione in piazzali per aeromobili di aviazione commerciale per passeggeri e merci, la ristrutturazione delle installazioni presenti a ovest del sedime aeroportuale per la creazione di una base tecnica manutentiva e per l'insediamento di un parco logistico e l'ampliamento del lato nord-est dell'aerostazione passeggeri. Il 13 giugno 2014 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo hanno firmato il decreto ministeriale n. 162 che stabilisce la compatibilità ambientale del progetto, cui si stanno opponendo con forza – in particolare per la parte relativa all'ampliamento verso la città – gli abitanti di Elmas;
    anche per quanto riguarda l'agricoltura, un settore produttivo di notevole importanza per l'economia della regione, non sono state considerate nel modo più opportuno le potenzialità del territorio. La nuova classificazione dell'uso del suolo, che ha trasformato in boschi quelli che venivano considerati pascoli a macchia mediterranea, ha provocato notevoli problemi per le aziende agricole sarde che rischiano oggi di perdere milioni di contributi comunitari a causa dell'inserimento nella «lista nera» da parte dell'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura). Il cambiamento di uso, da agricolo a non agricolo, interessa decine di migliaia di ettari di superficie coltivabile e finanziabile. Secondo le stime, inoltre, le 12 mila aziende sarde perderanno a causa del refresh circa 12 milioni di euro per ciascuna annualità;
    secondo il dossier pubblicato nel 2014 dalla rivista Tuttoscuola sulla dispersione scolastica la regione italiana che nel quinquennio 2009/2014 ha in assoluto perso più studenti della scuola secondaria superiore è stata la Sardegna: 6.903 allievi pari al 36,2 per cento. In un territorio dove i numeri sull'abbandono prematuro degli studi sono impressionanti sono a maggior ragione necessari interventi volti al contrasto di questo fenomeno e che siano finalizzati al superamento degli ostacoli che contribuiscono ad acuire il problema. Per effetto del comma 4 dell'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 («Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria»), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono state soppresse più di 1.700 scuole e sono stati creati istituti scolastici enormi e difficili da gestire. Ciò ha provocato, tra le altre cose, non pochi disagi per le famiglie, costrette a dover affrontare lunghi e difficoltosi spostamenti quotidiani in un territorio, come già sottolineato, con caratteristiche morfologiche particolari e che pecca di un carente sistema di trasporti. La norma suddetta è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza 4 giugno 2012, n. 147, ma risulta che molte sedi scolastiche non siano state ripristinate;
    è opportuno segnalare, infine, la continua dismissione di presidi importanti per la regione, come uffici dei giudici di pace, tribunali, uffici della motorizzazione civile, sedi della Banca d'Italia, e il relativo accorpamento che, anche in questo caso, non fanno altro che aumentare i disagi per la popolazione sarda,

impegna il Governo:

   ad inserire con urgenza nell'agenda dei lavori dell'Esecutivo l'adozione di iniziative volte al superamento di tutte le criticità evidenziate, valorizzando il principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato, regioni ed enti locali nelle materie in cui si registra una sovrapposizione di competenze e rimuovendo ostacoli procedurali, al fine di affrontare concretamente annose problematiche che affliggono il territorio ed arrivare alla soluzione della «questione Sardegna»;
   ad esaminare proficuamente la «questione Sardegna», anche attraverso l'istituzione di un tavolo tecnico di lavoro con la Regione autonoma della Sardegna e con il coinvolgimento degli enti locali al fine di analizzare tutte le problematiche sopra esposte e giungere, in tempi certi, a soluzioni condivise e concrete delle numerose vertenze aperte, tenendo nel debito conto gli interessi territoriali e promuovendo e potenziando le vocazioni principali dell'isola, facendo di queste una forza da sfruttare nel modo più opportuno per avviare rapidamente una ripresa dell'economia della regione;
   a provvedere con urgenza alla consegna delle somme di cui la Regione autonoma della Sardegna è creditrice con lo Stato per il mancato trasferimento di una parte consistente di entrate tributarie, come confermato anche dalla Corte costituzionale nel 2012, al fine di arrivare in tempi rapidi alla conclusione della cosiddetta «vertenza entrate»;
   ad adottare iniziative, anche normative, al fine di garantire un degno sistema di trasporti per la Sardegna, già in una condizione di svantaggio per l'insularità e per la particolare conformazione del territorio, aggravata da un'inadeguatezza dei collegamenti da e per il continente e all'interno dell'isola, affinché sia tutelato il diritto alla mobilità per i cittadini sardi e non sia compromessa la continuità territoriale;
   ad adottare con urgenza iniziative per la messa in sicurezza delle strade statali della regione, attualmente insicure e pericolose, e per la realizzazione o per il completamento di opere infrastrutturali utili per la popolazione, sottraendo risorse a progetti dannosi per l'ambiente e per il territorio e di dubbia necessità oggettiva;
   ad attivarsi per cercare insieme con la Regione autonoma della Sardegna soluzioni comuni, per quanto di competenza e nel rispetto delle disposizioni normative vigenti, per il salvataggio di aziende pubbliche regionali che rischiano la chiusura e per la salvaguardia dei posti di lavoro, anche considerando l'eventualità di non procedere alle operazioni di privatizzazione previste per alcune di queste;
   a promuovere e ad adottare iniziative urgenti e concrete per il necessario superamento della crisi occupazionale in atto in Sardegna, la quale ha ormai raggiunto caratteri allarmanti;
   a prevedere misure urgenti, di concerto con la Regione autonoma della Sardegna, per la salvaguardia dei posti di lavoro dei dipendenti della Sardegna regionale marittima spa (Saremar), società di gestione del pubblico servizio di linea tra la Sardegna, le isole minori e la Corsica;
   ad adottare iniziative urgenti e maggiormente incisive rispetto alle azioni finora intraprese affinché si arrivi ad una rapida conclusione della vertenza Meridiana al fine di scongiurare definitivamente il rischio del licenziamento collettivo per centinaia di dipendenti del gruppo;
   ad adottare tutte le iniziative che riterrà opportune per la prevenzione del rischio idrogeologico nel medio e nel lungo termine, per la messa in sicurezza del territorio, per la prevenzione e per il contrasto degli incendi boschivi, anche con l'incremento della flotta aerea antincendio dello Stato, per preservare il territorio della Sardegna dai rischi derivanti dall'inquinamento ambientale, troppo spesso provocato dalla «mano umana», tutelando con ogni mezzo a disposizione l'inestimabile patrimonio naturalistico della regione e salvaguardando la salute dei cittadini;
   a colmare con urgenza i ritardi nella consegna delle risorse annunciate per far fronte ai pesanti danni provocati dall'alluvione del 18 novembre 2013 e ad adottare ogni iniziativa che riterrà opportuna a favore dei cittadini e, in particolare, degli imprenditori colpiti dal nubifragio della Romangia del 18 giugno 2014;
   a non concedere alcuna autorizzazione per trivellazioni per la ricerca di giacimenti di gas naturale nel territorio sardo, visti gli altissimi costi, già ampiamente calcolati, per la salute dei cittadini, per l'ambiente e per l'economia che potrebbero derivare dalla realizzazione di tali progetti, come il «progetto Eleonora» nella zona di Arborea, considerato il passaggio allo Stato delle competenze per le valutazioni di impatto ambientale su attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, come previsto dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133;
   ad adottare con urgenza iniziative a tutela dei lavoratori del polo industriale del Sulcis-Iglesiente e a promuovere immediati interventi di bonifica delle aree industriali dismesse con conseguente riqualificazione del territorio;
   ad adottare iniziative affinché si proceda urgentemente ad una verifica della reale entità dei danni ambientali nell'area della centrale di Fiume Santo e affinché siano accelerate, per quanto di competenza, le procedure di bonifica del sito suddetto e si individuino gli strumenti di intervento per mettere in sicurezza il territorio;
   ad adottare ogni iniziativa che riterrà opportuna al fine di tutelare con ogni mezzo a disposizione la salute dei cittadini della Sardegna, considerato che, in modo particolare nelle aree industriali e in quelle che necessitano di bonifica, il tasso di mortalità registrato, soprattutto per malattie causate dall'inquinamento ambientale, è elevatissimo;
   ad adottare iniziative, incisive e concrete, finalizzate alla riduzione del costo dell'energia che in Sardegna oggi è molto elevato;
   ad adottare iniziative volte alla riduzione della massiccia presenza militare sull'isola e alla bonifica dei territori inquinati;
   ad adottare iniziative finalizzate al riconoscimento della corte d'appello di Sassari come sede autonoma e alla relativa istituzione degli uffici della direzione distrettuale antimafia nella città nel nord dell'isola;
   a dare corso agli impegni assunti dallo Stato italiano per quanto riguarda la bonifica del territorio de La Maddalena, anche al fine del potenziamento dello sviluppo turistico dell'area;
   a rispettare la volontà espressa dai cittadini sardi che in occasione del referendum consultivo del 2011 in materia di nucleare si sono largamente dichiarati contrari all'installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti;
   ad intervenire affinché non sia realizzata la parte del progetto di ampliamento dell'aeroporto «Mario Mameli» di Cagliari verso il centro abitato, valutando con particolare attenzione le conseguenze negative per la città di Elmas e per le zone limitrofe che potrebbero derivare da tale espansione;
   ad intervenire presso l'Agea affinché si sospendano gli effetti della nuova classificazione dell'uso del suolo per la tutela di moltissime aziende agricole che rischiano di perdere a causa del cambiamento di uso, da agricolo a non agricolo, milioni di euro di contributi comunitari su cui contavano per il mantenimento e per lo sviluppo delle proprie attività;
   ad adottare iniziative volte al contrasto del fenomeno della dispersione scolastica, che in Sardegna ha raggiunto livelli allarmanti anche a causa della chiusura di molte sedi scolastiche.
(1-00850) «Nicola Bianchi, Corda, Vallascas, Sibilia, Capelli».


   La Camera,
   premesso che:
    i dati contenuti nel rapporto Svimez 2014 sull'economia del Mezzogiorno, presentato a Roma il 28 ottobre 2014, offrono una fotografia allarmante della perdurante e gravissima crisi economica, sociale e finanziaria che la regione Sardegna sta attraversando. Nel 2013 nell'isola si è registrato un calo del prodotto interno lordo pari al 4,4 per cento rispetto al 2012. Dallo studio emergono anche altri dati preoccupanti: tasso di disoccupazione ufficiale pari al 17,5 per cento, tasso di disoccupazione giovanile (giovani con meno di 24 anni) pari al 54,2 per cento, percentuale di famiglie residenti monoreddito pari al 53,1 per cento, percentuale di famiglie povere sul totale famiglie (povertà relativa) nel 2013 pari al 24,8 per cento. I numeri che riguardano l'isola si inseriscono in un quadro negativo generale registrato per tutto il Centro-Sud d'Italia. Se si considera il dato cumulato dei sei anni di crisi, dal 2008 al 2013, la riduzione del prodotto interno lordo, che per la Sardegna è del 13 per cento, risulta per quasi tutte le regioni meridionali – ad eccezione del solo Abruzzo (-7,3 per cento) – di entità assai forte;
    è doveroso sottolineare che la situazione di stallo in cui versa oggi la regione Sardegna scaturisce da una serie infinita di scelte opinabili da parte della politica regionale e nazionale nel corso degli ultimi decenni. Gli amministratori locali che si sono succeduti nel tempo non sono stati in grado o non hanno avuto la volontà di attuare una programmazione nel medio e nel lungo periodo e non hanno sfruttato le potenzialità dell'autonomia speciale. Grandi responsabilità restano in capo anche e soprattutto ai Governi nazionali che non hanno mai prestato la dovuta attenzione alle problematiche dell'isola, ritenendo in numerosissime occasioni non prioritaria la ricerca delle soluzioni delle criticità presenti nel territorio;
    innumerevoli sono le vertenze con lo Stato italiano aperte da tempo e mai risolte. Tra i numerosi fallimenti che è impossibile non imputare a una politica incapace negli anni di compiere scelte risolutive è d'obbligo citare, in primo luogo, la perdurante «vertenza entrate», fondata sul riconoscimento dell'articolo 8 dello statuto autonomo. La Regione autonoma della Sardegna vanta da tempo un credito con lo Stato italiano di centinaia di milioni di euro per il mancato trasferimento di una parte consistente di entrate tributarie, come confermato dalla Corte costituzionale nel 2012. Nonostante l'annuncio, il 1o aprile 2015, dell'arrivo nelle casse regionali di 300 milioni di euro dallo Stato, come acconto del credito della regione per gli anni dal 2010 al 2014, la questione rimane ancora non conclusa, risultando pertanto necessario arrivare nel più breve tempo possibile a una soluzione definitiva e condivisa;
    la Sardegna, a causa della sua insularità, dell'ampiezza e della particolare conformazione del territorio, vive da sempre una condizione di svantaggio rispetto alla penisola in termini di erogazione di servizi e di potenzialità di sviluppo economico, aggravata dalla totale inadeguatezza del sistema dei trasporti e della viabilità e da una forte carenza infrastrutturale che ostacolano la circolazione di merci e persone. Il problema dei difficili collegamenti, sia via mare che via aerea, da e per il continente rappresenta una delle più grandi criticità per la regione, tanto da poter affermare che la popolazione sarda subisce costantemente una limitazione del pieno godimento del diritto alla mobilità e dello strumento della continuità territoriale, intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti. In data 18 luglio 2012 è stata stipulata tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Compagnia italiana di navigazione spa una convenzione che disciplina gli obblighi e i diritti derivanti dall'esercizio di servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori, redatta ai sensi dell'articolo 1, comma 998, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dell'articolo 19-ter del decreto-legge n. 135 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2009. A distanza di due anni e mezzo dalla firma è evidente che tale convenzione non ha portato alcun vantaggio alla regione Sardegna, né in termini economici né in termini di servizi offerti al cittadino, risultando pertanto necessaria, in vista della scadenza del primo periodo regolatorio stabilita per il 31 dicembre 2015, una profonda rivisitazione della stessa con miglioramenti e aggiustamenti che siano di reale garanzia degli interessi dell'utenza. I difficili e costosi collegamenti da e per l'isola, inoltre, rappresentano un freno anche per lo sviluppo turistico della regione, settore di rilevanza fondamentale che andrebbe maggiormente sostenuto, valorizzando l'immenso patrimonio naturalistico e artistico che la Sardegna offre;
    se i collegamenti da e per la penisola sono problematici, i trasporti all'interno dell'isola appaiono a loro volta carenti e inadeguati. L'utilizzo dei trasporti su rotaia è costantemente disincentivato a causa delle pessime condizioni in cui versa la rete ferroviaria della regione e del limitato numero di treni che percorre l'isola quotidianamente. La rete principale della Sardegna si compone solamente di quattro linee ferroviarie. Dei 432 chilometri a scartamento ordinario soltanto 51 sono a doppio binario. Interi territori, che comprendono anche comuni molto popolosi, non sono serviti da treni. Talvolta, l'unico modo per raggiungere le stazioni più vicine rispetto al luogo di residenza è utilizzare i mezzi propri. I pendolari sardi, inoltre, sono quotidianamente costretti ad estenuanti attese nelle stazioni e impiegano tempi molto lunghi per percorrere brevi distanze, con tutti i disagi che ne conseguono. Non meno critica è la situazione che riguarda le pericolose strade statali per le quali si aspettano, da tempo, interventi di ammodernamento e di messa in sicurezza. Anche a tal proposito non si può non sottolineare l'assoluta disattenzione nei confronti della Sardegna da parte di uno Stato centrale, che preferisce stanziare miliardi di euro per infrastrutture inutili e dannose a scapito di opere che sono necessarie e urgenti e che richiedono senza dubbio l'utilizzo di minori risorse;
    in Sardegna è in atto o è stato annunciato l'avvio di numerosi processi di privatizzazione di società a capitale pubblico, prevalentemente regionali. Molte delle aziende coinvolte fanno parte del settore dei trasporti, sia marittimi sia aerei. Si possono ricordare, soltanto per citare degli esempi, la Sardegna regionale marittima spa (Saremar), società di gestione del pubblico servizio di linea tra la Sardegna, le isole minori e la Corsica, il cui azionariato è oggi detenuto al 100 per cento dalla regione, e la società della regione Sogeaal spa, che gestisce l'aeroporto «Riviera del Corallo» di Alghero-Fertilia. Tali privatizzazioni, conseguenza di discutibili scelte politiche nazionali e regionali compiute nel tempo ed oggi presentate come unica soluzione per il mantenimento in vita delle società, destano preoccupazioni per il rischio di un abbassamento dei livelli di qualità dei servizi offerti al cittadino e della perdita di posti di lavoro;
    una delle più gravi criticità della Sardegna è l'altissimo tasso di disoccupazione, il cui aumento non pare arrestarsi, arrivando alla fine del 2014 al 18,2 per cento. Risulta pertanto necessaria e non più procrastinabile l'adozione di iniziative urgenti volte concretamente al superamento della drammatica crisi occupazionale che investe il territorio. L'emergenza occupazionale si ricollega indissolubilmente alle numerosissime crisi industriali che stanno attraversando le aziende presenti nella regione. Sono molte le imprese che sono state costrette a dichiarare fallimento o che sono in procinto di farlo, la cui chiusura, oltre a provocare un ulteriore freno allo sviluppo economico dell'isola, sta determinando pesanti perdite di posti di lavoro nell'ordine di decine di migliaia. Tra le maggiori realtà imprenditoriali interessate dalle crisi aziendali è doveroso ricordare, oltre all’Alcoa e all'ex-Ila, la Keller elettromeccanica spa, produttrice di carrozze ferroviarie con stabilimento primario a Villacidro e stabilimento secondario in Sicilia, il cui fallimento è stato recentemente decretato dalla corte d'appello del tribunale di Cagliari, che ha rigettato il ricorso contro la sentenza di primo grado presentato dai lavoratori, dalle organizzazioni sindacali, dalla regione Sardegna e dalla regione Sicilia insieme con il Ministero dello sviluppo economico;
    di grandi dimensioni è la vertenza Meridiana, gruppo di primaria importanza in Italia nel settore del trasporto aereo, che sta vivendo da tempo una profonda crisi aziendale. Il 15 settembre 2014 la compagnia ha comunicato l'avvio della procedura di mobilità e licenziamento collettivo per 1.634 lavoratori in esubero, di cui una rilevante percentuale residente in Sardegna. Dopo l'apertura di un tavolo tecnico interministeriale e la scelta, quasi obbligata, da parte di circa 300 dipendenti dell'esodo «incentivato», soltanto per citare le tappe più significative della vicenda, in data 30 aprile 2015 è stato siglato presso la sede del Ministero dello sviluppo economico un accordo grazie al quale 1.340 lavoratori potranno beneficiare di un altro anno di cassa integrazione straordinaria, il cui pagamento sarà anticipato dalla compagnia dell'Aga Khan. Per i dipendenti del gruppo che rischiano il licenziamento questo passo rappresenta senza dubbio un segnale positivo, ma si tratta soltanto di una soluzione provvisoria, risultando pertanto necessari interventi più incisivi da parte dei Ministeri competenti per scongiurare definitivamente il rischio del licenziamento collettivo, che, se verrà messo in atto, porterà per la Sardegna un ulteriore peggioramento della situazione occupazionale già drammatica;
    scarsa è l'attenzione prestata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, dai Governi nazionali che si sono susseguiti negli anni rispetto al tema dell'inquinamento ambientale nella regione Sardegna. In particolare, l'industrializzazione e i processi di destrutturazione produttiva di aree di inestimabile bellezza, come il Sulcis-Iglesiente, hanno compromesso gli equilibri naturali, provocando pesanti danni all'ecosistema naturale e alla salute fisica e psichica della popolazione. Un'area gravemente colpita è quella di Portovesme. Nel grande polo industriale specializzato nella metallurgia non ferrosa, unico in Italia per le sue produzioni di alluminio da bauxite, zinco, piombo e acido solforico, oro, argento e alluminio primario, hanno operato a lungo industrie quali EurAllumina spa, Otefal sail spa, Portovesme srl, Alcoa, Rockwool Italia spa, Carbosulcis spa. La presenza di tre discariche di rifiuti industriali nel comune di Carbonia, di cui una dell'azienda Ecodump (di Riverso srl), una della Portovesme srl ed una della Carbosulcis spa, ha avuto conseguenze devastanti per il territorio che non possono essere sottovalutate. La discarica Ecodump, nel 2012, è finita al centro di un'inchiesta per traffico illecito di rifiuti pericolosi, falso ideologico e attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Nel 2012 è stata aperta un'indagine per traffico di rifiuti altamente pericolosi prodotti dagli impianti della Portovesme srl che sarebbero stati smaltiti illecitamente in cave del territorio cagliaritano, con un risparmio per la società di circa 3,6 milioni di euro;
    preoccupano le possibili conseguenze negative che potrebbero derivare per l'ambiente e per la salute dei cittadini dai presunti sversamenti di olio combustibile nei terreni sottostanti i serbatoi di alimentazione dei gruppi 1 e 2 della centrale termoelettrica della E.on di Fiume Santo, situata nella zona nord occidentale della Sardegna, i cui dirigenti si sono trovati recentemente al centro delle cronache giudiziarie. Secondo la procura della Repubblica di Sassari, che ha coordinato le attività di polizia giudiziaria per oltre un anno, i manager, per garantire un risparmio di spesa alla multinazionale tedesca, avrebbero omesso di segnalare alle autorità competenti i suddetti sversamenti e avrebbero consentito, in questo modo, la persistente contaminazione dei terreni e delle falde acquifere del sito interessato, provocando un danno ambientale in aree di interesse pubblico;
    i dati sul rischio idrogeologico in tutto il Paese sono allarmanti e da soli sarebbero sufficienti a determinare un'inversione di rotta delle scelte strategiche che riguardano il territorio. La prevenzione del rischio idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio sembrano essere non prioritarie rispetto alla realizzazione di opere faraoniche che portano nuovo cemento e continuano a consumare il suolo. In particolare, per quanto riguarda la Sardegna, l'espansione urbanistica di Olbia è stata inarrestabile e solo nel decennio 1997-2007, secondo Il Sole 24 ore, sono sorti «dal nulla» ventitré quartieri e diciassette piani di risanamento, con evidente scarsa attenzione ai potenziali rischi che ne sarebbero derivati. La Sardegna, se si prendono in considerazione soltanto gli ultimi anni, ha dovuto fronteggiare più di un centinaio di situazioni di dissesto idrogeologico che hanno causato morti e feriti e costretto migliaia di cittadini sardi allo sfollamento. L'alluvione che ha colpito decine di comuni della regione il 18 novembre 2013 è soltanto l'evento naturale più noto. È necessario constatare, anche su questo tema, una forte contraddizione da parte dei Governi che si sono succeduti nel Paese, tra ciò che si annuncia e ciò che in realtà viene realizzato. Dopo le buone intenzioni manifestate «a caldo» e gli impegni assunti nell'immediato, oggi si devono purtroppo ancora registrare fortissimi ritardi nella consegna delle risorse necessarie per far fronte ai danni causati dalla calamità naturale e «l'emergenza Sardegna», seppur ancora molto sentita dai cittadini del territorio sardo, a Roma sembra che sia stata dimenticata. A distanza di quasi un anno, inoltre, dalle piogge alluvionali che hanno colpito pesantemente il nord Sardegna e prevalentemente i comuni di Sorso e Sennori il 18 giugno 2014, provocando danni ingenti – in particolare alle colture e alle infrastrutture – che ammontano a circa 36 milioni di euro, nessun intervento, a quanto risulta, è stato adottato dal Governo in merito;
    in Sardegna, soprattutto nelle stagioni calde, si verifica un numero impressionante di incendi. Il 30 per cento del territorio italiano è costituito da boschi, habitat di moltissime specie naturali e vegetali. Il ricco patrimonio forestale del Paese non è adeguatamente tutelato e ogni anno migliaia di ettari di bosco (circa il 12 per cento negli ultimi 30 anni) vengono distrutti da incendi dolosi e colposi. La Sardegna è la prima regione in Italia per numero di morti a causa di roghi: 73 dal 1945 ad oggi. Molto spesso la scarsa disponibilità di mezzi, soprattutto d'aria, rende più complessi e meno tempestivi gli interventi per sedare gli incendi. Nel luglio 2014 in poche ore nell'area collinare di Sibiri e delle campagne che si trovano nel triangolo tra Guspini, Gonnosfanadiga e Arbus sono andate in fumo migliaia di ettari fra boschi di sugherete, macchia mediterranea, pascoli e uliveti. Nonostante la palese necessità di incrementare nei numeri la flotta aerea antincendio dello Stato anziché ridurla, come si è fatto in particolare negli ultimi due anni, anche per il 2015 non risultano iniziative che prevedano un aumento della disponibilità di mezzi aerei per far fronte agli incendi boschivi. Nel 2014, nei mesi di luglio e agosto, sono stati messi a disposizione un massimo di 15 Canadair del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e due Erickson S-64 del Corpo forestale dello Stato. Il 12 agosto 2013 l'allora Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, ha annunciato la vendita di tre dei dieci aerei di Stato, un Airbus A-319 e due Falcon 900, per un valore complessivo di mercato stimato in circa 50 milioni di euro da destinare al potenziamento della flotta antincendio, ma non risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo che le suddette risorse siano state trasferite e nessuna notizia si ha ad oggi a proposito della vendita dei mezzi di Stato;
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 («Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha tolto alle regioni il potere di veto su ricerca di petrolio e trivellazione. La competenza delle valutazioni di impatto ambientale su attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale è passata allo Stato. Anche la Sardegna potrebbe essere colpita dagli effetti di tale norma, in particolare per quanto riguarda la realizzazione del cosiddetto «progetto Eleonora» della Saras spa, cui si sta opponendo fortemente la popolazione locale. Se fossero autorizzate le trivellazioni per la ricerca di giacimenti di gas naturale si andrebbe, infatti, a deturpare un territorio, quello di Arborea, di immenso valore naturalistico, posto a circa 200 metri di distanza dalle aree umide di importanza internazionale tutelate dalla Convenzione di Ramsar, dove vige un vincolo paesaggistico e di conservazione integrale, con costi altissimi per la salute dei cittadini, per l'ambiente e per l'economia della zona;
    altra questione di grande rilievo per l'isola è quella relativa al costo dell'energia, problema che non si è mai affrontato con la dovuta attenzione e che ancora oggi non trova soluzioni da parte del Governo. La criticità, già notevole in tutto il territorio italiano, è ancora più accentuata nella regione. I costi per l'energia, già in generale in Italia maggiori rispetto al resto d'Europa, in Sardegna sono i più alti del Paese, nonostante il surplus di produzione regionale. È doveroso constatare, anche a questo proposito, la mancanza di interventi veramente efficaci finalizzati alla riduzione del costo delle bollette dell'energia elettrica da parte di un Governo che ha attuato finora, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, soltanto politiche in materia che si sono rivelate fallimentari;
    in Sardegna più di 35.000 ettari di territorio sono sotto vincolo di servitù militare. L'isola ospita oltre il 60 per cento delle basi militari italiane, strutture e infrastrutture al servizio delle Forze armate italiane o della Nato, un pesante fardello che la regione si porta dietro da decenni. Nonostante la pesante opposizione di cittadini e comitati spontanei che chiedono a gran voce la dismissione dei poligoni e la bonifica dei territori inquinati per i problemi economici e sociosanitari derivanti dalla massiccia presenza militare sull'isola, anche in questo caso la politica, nel corso degli anni, si è mostrata sorda di fronte alle richieste della popolazione. Nel comune di Perdasdefogu, a nord di Cagliari, ha sede il poligono sperimentale e di addestramento interforze del Salto di Quirra che si estende per 120 chilometri quadrati. Un'inchiesta aperta nel 2011 ha rivelato che il poligono è stato utilizzato per lungo tempo come discarica di materiale militare in cui sono stati smaltiti uranio impoverito e torio radioattivo. Quest'ultimo è stato ritrovato, in seguito alle analisi effettuate, in numerosi alimenti destinati all'uomo e nelle ossa di alcuni pastori che prima di ammalarsi e di morire erano transitati nelle aree del poligono. Il poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare di Teulada, il secondo poligono in Italia per estensione, occupa una superficie di 7.200 ettari di terreno e preclude alla navigazione e alla pesca uno specchio d'acqua di circa 450 chilometri quadrati. Il poligono di Capo Frasca si estende per 1.400 ettari a terra lungo la costa occidentale dell'isola e comprende una fascia di 3 miglia a mare interdetta alla navigazione. Oltre a numerose sedi di comandi militari di Esercito, Aeronautica e Marina, in Sardegna è presente anche un aeroporto militare, quello di Decimomannu. Nell'ottobre 2014 il Ministro della difesa ha firmato il decreto di reimposizione della servitù militare su Guardia del Moro a La Maddalena. L'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04728, a prima firma Emanuela Corda, presentata l'11 febbraio 2015, con cui si chiedevano al Ministro della difesa le motivazioni della reimposizione della servitù di Guardia del Moro, ha ricevuto dal ministro interrogato una risposta del tutto insoddisfacente. Il Ministro, anziché dare spiegazioni agli interroganti, ha dichiarato che fornirà maggiori informazioni di dettaglio in seguito all'esito della relativa determinazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri richiesta dalla regione Sardegna. Anche il tribunale amministrativo regionale della Sardegna si è espresso in merito, stabilendo, con una pronuncia del 2012, che l'interesse alla difesa non è superiore all'interesse della comunità locale, definendo entrambi di massimo rilievo e di natura sensibile e affermando che «le servitù hanno carattere temporaneo proprio perché legate all'esigenza di valutare e rivalutare le situazioni, tenendo conto dei cambiamenti che vive il territorio su cui sono calate»;
    in Sardegna sembrerebbe previsto a breve il trasferimento di 92 detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario nella casa circondariale di Sassari-Bancali. La notizia ha destato non poche preoccupazioni tra i cittadini dell'isola, in particolare per i rischi di infiltrazioni e di investimenti della criminalità organizzata che potrebbero derivare da tale trasferimento. Sarebbe pertanto necessario e urgente intervenire per potenziare le forze dell'ordine nel territorio, in modo da garantire maggiore sicurezza alla popolazione, nonché per il riconoscimento dell'autonomia della corte d'appello di Sassari, oggi sede distaccata della corte d'appello di Cagliari, e per la relativa istituzione degli uffici della direzione distrettuale antimafia nella città nel nord dell'isola;
    l'isola de La Maddalena, territorio che può vantare una rara bellezza naturalistica, era stato indicato nel 2009 come luogo ideale per ospitare il vertice dei «grandi della terra», evento che avrebbe portato alla Sardegna grande visibilità a livello nazionale e internazionale, turismo, posti di lavoro e avrebbe dato una grossa mano all'economia regionale. Nonostante ingenti somme di denaro pubblico già spese per avviare opere e per la bonifica del mare, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha stabilito di trasferire la sede del G8 a L'Aquila, dove si è poi tenuto. In tal modo i lavori eseguiti, a tempo di record, fino a quel momento sono stati pressoché inutili. Oggi, a distanza di sei anni dal G8, lo Stato italiano non ha ancora dato corso agli impegni assunti per quanto riguarda le bonifiche. Le acque che dovevano essere bonificate risultano ancora inquinate e le strutture costruite versano in uno stato di abbandono. Per il G8 de La Maddalena, secondo i dati ufficiali, sono stati spesi circa 327 milioni di euro, anche se gli investimenti parrebbero superare il mezzo miliardo di euro. Il milionario progetto privato che consisteva in un polo di lusso per la vela, gestito dalla Mita resort dall'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, di fatto non è mai partito e, a causa delle mancate bonifiche, lo Stato italiano è stato di recente condannato a risarcire l'impresa appaltatrice con 36 milioni di euro;
    la regione sembrerebbe destinata a diventare sede del deposito nazionale di scorie nucleari radioattive, nonostante il netto pronunciamento in occasione del referendum consultivo regionale, svoltosi il 15 e il 16 maggio 2011, da parte della popolazione sarda contro l'installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti (848.634 «sì», corrispondenti al 97,13 per cento dei votanti). Il dissenso unanime dei cittadini, dei comitati e delle istituzioni locali e regionali nei confronti dell'individuazione dell'isola come sede del deposito di scorie radioattive scaturisce da precisi motivi, primo fra tutti il reale rischio di compromissione dell'ambiente in un territorio già fortemente penalizzato a causa degli oneri eccessivi delle servitù militari, come sopra esposto. A causa dell'insularità della regione, inoltre, è utile non sottovalutare le implicazioni catastrofiche che potrebbe determinare il trasporto dei materiali radioattivi via mare in caso di incidente, come denunciato anche dall'Enea;
    preoccupano i rischi di inquinamento ambientale che potrebbero essere provocati dall'espansione verso il centro abitato dell'aeroporto di Cagliari-Elmas, così come previsto dal master plan. Il piano di sviluppo aeroportuale prevede, con un investimento totale di 93,9 milioni di euro, un ampliamento del sedime verso nord-est per la realizzazione di un piazzale aeromobili di aviazione generale e aree di sosta, la razionalizzazione e rilocazione dei servizi aeroportuali e delle installazioni militari presenti nelle aree a sud est del sedime per la loro trasformazione in piazzali per aeromobili di aviazione commerciale per passeggeri e merci, la ristrutturazione delle installazioni presenti a ovest del sedime aeroportuale per la creazione di una base tecnica manutentiva e per l'insediamento di un parco logistico e l'ampliamento del lato nord-est dell'aerostazione passeggeri. Il 13 giugno 2014 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo hanno firmato il decreto ministeriale n. 162 che stabilisce la compatibilità ambientale del progetto, cui si stanno opponendo con forza – in particolare per la parte relativa all'ampliamento verso la città – gli abitanti di Elmas;
    anche per quanto riguarda l'agricoltura, un settore produttivo di notevole importanza per l'economia della regione, non sono state considerate nel modo più opportuno le potenzialità del territorio. La nuova classificazione dell'uso del suolo, che ha trasformato in boschi quelli che venivano considerati pascoli a macchia mediterranea, ha provocato notevoli problemi per le aziende agricole sarde che rischiano oggi di perdere milioni di contributi comunitari a causa dell'inserimento nella «lista nera» da parte dell'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura). Il cambiamento di uso, da agricolo a non agricolo, interessa decine di migliaia di ettari di superficie coltivabile e finanziabile. Secondo le stime, inoltre, le 12 mila aziende sarde perderanno a causa del refresh circa 12 milioni di euro per ciascuna annualità;
    secondo il dossier pubblicato nel 2014 dalla rivista Tuttoscuola sulla dispersione scolastica la regione italiana che nel quinquennio 2009/2014 ha in assoluto perso più studenti della scuola secondaria superiore è stata la Sardegna: 6.903 allievi pari al 36,2 per cento. In un territorio dove i numeri sull'abbandono prematuro degli studi sono impressionanti sono a maggior ragione necessari interventi volti al contrasto di questo fenomeno e che siano finalizzati al superamento degli ostacoli che contribuiscono ad acuire il problema. Per effetto del comma 4 dell'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (”Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono state soppresse più di 1.700 scuole e sono stati creati istituti scolastici enormi e difficili da gestire. Ciò ha provocato, tra le altre cose, non pochi disagi per le famiglie, costrette a dover affrontare lunghi e difficoltosi spostamenti quotidiani in un territorio, come già sottolineato, con caratteristiche morfologiche particolari e che pecca di un carente sistema di trasporti. La norma suddetta è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza 4 giugno 2012, n. 147, ma risulta che molte sedi scolastiche non siano state ripristinate;
    è opportuno segnalare, infine, la continua dismissione di presidi importanti per la regione, come uffici dei giudici di pace, tribunali, uffici della motorizzazione civile, sedi della Banca d'Italia, e il relativo accorpamento che, anche in questo caso, non fanno altro che aumentare i disagi per la popolazione sarda,

impegna il Governo:

   ad inserire con urgenza nell'agenda dei lavori dell'Esecutivo l'adozione di iniziative volte al superamento di tutte le criticità evidenziate, valorizzando il principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato, regioni ed enti locali nelle materie in cui si registra una sovrapposizione di competenze e rimuovendo ostacoli procedurali, al fine di affrontare concretamente annose problematiche che affliggono il territorio ed arrivare alla soluzione della «questione Sardegna»;
   ad esaminare proficuamente la «questione Sardegna», anche attraverso l'istituzione di un tavolo tecnico di lavoro con la Regione autonoma della Sardegna e con il coinvolgimento degli enti locali al fine di analizzare tutte le problematiche sopra esposte e giungere, in tempi certi, a soluzioni condivise e concrete delle numerose vertenze aperte, tenendo nel debito conto gli interessi territoriali e promuovendo e potenziando le vocazioni principali dell'isola, facendo di queste una forza da sfruttare nel modo più opportuno per avviare rapidamente una ripresa dell'economia della regione;
   ad adottare iniziative, anche normative, al fine di garantire un degno sistema di trasporti per la Sardegna, già in una condizione di svantaggio per l'insularità e per la particolare conformazione del territorio, aggravata da un'inadeguatezza dei collegamenti da e per il continente e all'interno dell'isola, affinché sia tutelato il diritto alla mobilità per i cittadini sardi e non sia compromessa la continuità territoriale;
   ad adottare con urgenza iniziative per la messa in sicurezza delle strade statali della regione, attualmente insicure e pericolose, e per la realizzazione o per il completamento di opere infrastrutturali utili per la popolazione, sottraendo risorse a progetti dannosi per l'ambiente e per il territorio e di dubbia necessità oggettiva;
   ad attivarsi per cercare insieme con la Regione autonoma della Sardegna soluzioni comuni, per quanto di competenza e nel rispetto delle disposizioni normative vigenti, per il salvataggio di aziende pubbliche regionali che rischiano la chiusura e per la salvaguardia dei posti di lavoro, anche considerando l'eventualità di non procedere alle operazioni di privatizzazione previste per alcune di queste;
   a promuovere e ad adottare iniziative urgenti e concrete per il necessario superamento della crisi occupazionale in atto in Sardegna, la quale ha ormai raggiunto caratteri allarmanti;
   a prevedere misure urgenti, di concerto con la Regione autonoma della Sardegna, per la salvaguardia dei posti di lavoro dei dipendenti della Sardegna regionale marittima spa (Saremar), società di gestione del pubblico servizio di linea tra la Sardegna, le isole minori e la Corsica;
   ad adottare iniziative urgenti e maggiormente incisive rispetto alle azioni finora intraprese affinché si arrivi ad una rapida conclusione della vertenza Meridiana al fine di scongiurare definitivamente il rischio del licenziamento collettivo per centinaia di dipendenti del gruppo;
   ad adottare tutte le iniziative che riterrà opportune per la prevenzione del rischio idrogeologico nel medio e nel lungo termine, per la messa in sicurezza del territorio, per la prevenzione e per il contrasto degli incendi boschivi, anche con l'incremento della flotta aerea antincendio dello Stato, per preservare il territorio della Sardegna dai rischi derivanti dall'inquinamento ambientale, troppo spesso provocato dalla «mano umana», tutelando con ogni mezzo a disposizione l'inestimabile patrimonio naturalistico della regione e salvaguardando la salute dei cittadini;
   a colmare con urgenza i ritardi nella consegna delle risorse annunciate per far fronte ai pesanti danni provocati dall'alluvione del 18 novembre 2013 e ad adottare ogni iniziativa che riterrà opportuna a favore dei cittadini e, in particolare, degli imprenditori colpiti dal nubifragio della Romangia del 18 giugno 2014;
   ad adottare con urgenza iniziative a tutela dei lavoratori del polo industriale del Sulcis-Iglesiente e a promuovere immediati interventi di bonifica delle aree industriali dismesse con conseguente riqualificazione del territorio;
   ad adottare iniziative affinché si proceda urgentemente ad una verifica della reale entità dei danni ambientali nell'area della centrale di Fiume Santo e affinché siano accelerate, per quanto di competenza, le procedure di bonifica del sito suddetto e si individuino gli strumenti di intervento per mettere in sicurezza il territorio;
   ad adottare ogni iniziativa che riterrà opportuna al fine di tutelare con ogni mezzo a disposizione la salute dei cittadini della Sardegna, considerato che, in modo particolare nelle aree industriali e in quelle che necessitano di bonifica, il tasso di mortalità registrato, soprattutto per malattie causate dall'inquinamento ambientale, è elevatissimo;
   ad adottare iniziative, incisive e concrete, finalizzate alla riduzione del costo dell'energia che in Sardegna oggi è molto elevato;
   ad adottare iniziative volte alla riduzione della massiccia presenza militare sull'isola e alla bonifica dei territori inquinati;
   ad adottare iniziative finalizzate al riconoscimento della corte d'appello di Sassari come sede autonoma e alla relativa istituzione degli uffici della direzione distrettuale antimafia nella città nel nord dell'isola;
   ad intervenire presso l'Agea affinché si sospendano gli effetti della nuova classificazione dell'uso del suolo per la tutela di moltissime aziende agricole che rischiano di perdere a causa del cambiamento di uso, da agricolo a non agricolo, milioni di euro di contributi comunitari su cui contavano per il mantenimento e per lo sviluppo delle proprie attività;
   ad adottare iniziative volte al contrasto del fenomeno della dispersione scolastica, che in Sardegna ha raggiunto livelli allarmanti anche a causa della chiusura di molte sedi scolastiche.
(1-00850)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Nicola Bianchi, Corda, Vallascas, Sibilia, Capelli».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto risulta da un recente documento elaborato dall'Istat, le prospettive dell'economia italiana per il 2015-2017 indicano un aumento del prodotto interno lordo nel 2015 (+0,7 per cento), cui seguirà una crescita dell'1,2 per cento e dell'1,3 per cento nel biennio successivo, i cui effetti determineranno la conclusione della fase recessiva del triennio precedente;
    al riguardo, i firmatari del presente atto di indirizzo evidenziano che, a fronte di tali indicatori, obiettivamente modesti, che rimangono al di sotto della media europea, permangono evidenti e gravissime componenti macroeconomiche negative, che rallentano fortemente il consolidamento della ripresa della domanda interna e dei consumi nel Paese, i cui timidi segnali di miglioramento rischiano di essere vanificati rapidamente, se dovesse ulteriormente aumentare prossimamente l'iva, come previsto dalla clausola di salvaguardia, a seguito della sentenza della Corte costituzionale sul blocco delle rivalutazioni delle pensioni;
    all'interno del sopra esposto scenario, pertanto, permane fragile il quadro complessivo dell'economia italiana, i cui fattori di debolezza si evidenziano, in particolare, nelle regioni del Mezzogiorno, la cui vastità degli effetti negativi che la crisi economica e finanziaria ha prodotto nel tessuto economico e sociale ha ulteriormente aumentato i divari con le altre aree del Centro-Nord;
    in tale ambito la regione Sardegna, anche a causa della sua insularità che la rende meno concorrenziale rispetto alle altre regioni e per storiche irrisolte questioni, come la continuità territoriale, evidenzia una costante caduta verticale dell'attività economica e produttiva, come dimostrano i principali osservatori nazionali e le analisi della Banca d'Italia, che rilevano come, sia nel 2014 che nel 2015, si siano registrati ulteriori segnali di riduzione della produzione industriale, associati a una diminuzione della domanda di lavoro e alla riduzione del credito alle famiglie e alle imprese della Sardegna;
    le note debolezze strutturali dell'economia regionale isolana, relative al sistema dei trasporti e dei collegamenti stradali, ferroviari e marittimi, le difficoltà legate al diritto alla mobilità, i cui effetti si ripercuotono negativamente sui servizi, sullo spostamento delle persone e delle merci, sul commercio e sui sistemi della logistica e, soprattutto, sull'economia turistica, ribadiscono la necessità di rafforzare le politiche d'intervento in favore dell'area regionale sarda, su cui l'azione del Governo Renzi è stata finora assente e inadeguata, in particolare con riferimento all'insufficienza delle risorse destinate;
    le evidenti politiche di dismissione messe in atto dall'Esecutivo in carica nei riguardi del sistema industriale, artigianale e del terziario della regione Sardegna, come dimostrano il numero delle imprese del Sulcis (pari a 1.250) che hanno cessato l'attività negli ultimi due anni e quelle inattive (oltre 1.110 nel 2014 soggette a procedure concorsuali o in liquidazione), hanno conseguito effetti particolarmente gravi anche nel mercato del lavoro, come dimostrano i dati del primo trimestre del 2015 rilevati dalla Confederazione dell'artigianato e della piccola media impresa sarda;
    la Confederazione nazionale dell'artigianato Sardegna ha infatti evidenziato che, nel primo trimestre del 2015, i lavoratori in uscita risultano pari a 4.820, a fronte di 4.170 assunzioni, con un saldo negativo di -650 posti di lavoro, aggiungendo, inoltre, come lo scenario economico della Sardegna si caratterizzi negativamente dal numero di persone inattive, pari a 446 mila persone, dal tasso di disoccupazione medio al 18,2 per cento (con quello giovanile che raggiunge oltre il 50 per cento), da 25 mila lavoratori in cassa integrazione guadagni e mobilità in deroga, da oltre 2 mila aziende in crisi e circa 350 mila soggetti che vivono sotto la soglia di povertà, a cui si aggiungono oltre 25 mila imprese artigiane che hanno cessato l'attività nel 2014;
    ulteriori profili di criticità associati a quelli in precedenza esposti si rinvengono anche nell'elevata carenza di scolarizzazione: la percentuale dei giovani che nel 2013 ha abbandonato prematuramente gli studi in Sardegna è pari al 24,7 per cento e rappresenta la più alta in Italia, dopo la Sicilia (25,8 per cento), a fronte della media nazionale pari al 17 per cento, e ciò conferma, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una situazione complessiva sociale ed economica di estrema difficoltà per l'interessata isola;
    a tal fine, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, occorrono politiche d'intervento in netta controtendenza con le misure finora previste dal Governo Renzi, in grado di favorire il processo di crescita e sviluppo per la Sardegna, la cui economia rimane strettamente ancorata alle dinamiche nazionali e del Mezzogiorno;
    al riguardo, risultano urgenti e necessarie misure finalizzate a rafforzare i principi di coesione territoriale, sociale ed economica su cui si fonda il Trattato dell'Unione europea, che individuano nella riduzione delle disparità regionali le condizioni per la crescita e lo sviluppo dell'Unione europea, promuovendo iniziative imprenditoriali pubbliche e private, in favore della regione Sardegna, completando l'infrastrutturazione primaria del territorio sardo e avviando più rapidamente quella secondaria;
    a fronte dei predetti interventi, occorre affiancare ulteriori misure di sostegno attraverso adeguati investimenti, sia per la modernizzazione della viabilità interna, che per il miglioramento della continuità territoriale, costituzionalmente garantita, quale componente fondamentale per la ripresa economica dell'isola, in considerazione degli effetti che riveste sui servizi di trasporto delle persone e delle merci, nonché sui flussi turistici;
    a tal fine, nell'ambito dei sistemi di trasporto marittimo e delle misure d'intervento previste dalla Commissione europea, in merito alla revisione della rete Ten-T, che definisce le scelte strategiche infrastrutturali per i nuovi corridoi trasportistici multimodali, occorre rafforzare le misure d'intervento in favore delle «autostrade del mare»; il ricorso maggiore all'intermodalità, indicato dal piano della logistica come obiettivo chiave dell'economia italiana, consentirà di favorire la regione Sardegna, all'interno della piattaforma logistica del Mediterraneo;
    risultano, altresì, necessari interventi per il completamento delle infrastrutture digitali, rispetto alle quali il Mezzogiorno e la Sardegna sono fortemente in ritardo, in grado di determinare la crescita nel settore della ricerca e dell'innovazione per una nuova linfa imprenditoriale radicata sul territorio, creando nella regione una rete di piccole e medie imprese capaci di produrre indotto;
    nell'ambito delle misure prospettate, occorre, altresì attivare ulteriori iniziative rispetto a quelle già esistenti, attraverso l'estensione in via sperimentale delle zone franche, in grado di garantire agevolazioni fiscali e contributive in favore delle micro e piccole imprese che sono ubicate nei territori dei comuni della regione Sardegna, interessati maggiormente dai livelli di crisi produttiva e occupazionale, al fine di stimolare i consumi e la ripresa della domanda che, secondo l'ufficio studi di Confcommercio (sugli ultimi dati disponibili), segnano un prodotto interno lordo a meno 4,8 per cento rispetto al nazionale;
    a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, necessitano, tra l'altro, adeguati interventi volti alla risoluzione delle difficoltà dei servizi di trasporto ferroviario ed aereo (anche a causa della crisi delle compagnie di volo Meridiana e Alitalia), spesso oggetto di reiterate interruzioni, le cui ricadute negative sui flussi di traffico passeggeri e merci, sulla competitività delle aree, sull'occupazione e sui flussi turistici, in nome di un progetto di complessiva razionalizzazione dei servizi e della rete finalizzato unicamente alla contrazione dei costi, rischiano di accrescere i ritardi rilevanti rispetto alle altre aree del Paese e del Mediterraneo;
    nell'ambito degli accordi di partenariato per il commercio e gli investimenti fra Unione europea e Stati Uniti d'America, volti a sostenere entrambe le economie continentali, la regione Sardegna può svolgere un ruolo fondamentale all'interno dei negoziati, attraverso l'articolo 52 dello statuto speciale (che prevede il coinvolgimento nell'elaborazione dei progetti dei trattati di commercio che il Governo intenda stipulare con Stati esteri nell'ambito degli scambi di specifico interesse della Sardegna), per i meccanismi arbitrali Investor State dispute settlement indicati dal trattato medesimo;
    risulta, pertanto, indifferibile la realizzazione di un piano d'intervento, in favore della regione Sardegna, attraverso i sopra esposti indirizzi strategici da perseguire con convinzione e con i necessari investimenti finalizzati alla creazione di un nuovo modello di sviluppo legato ad una visione non solo nazionale, all'interno di una prospettiva di sviluppo internazionale dell'isola,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative indicate in premessa, con particolare riferimento alle politiche d'intervento legate al miglioramento dei sistemi infrastrutturali di collegamento e dell'estensione delle zone franche per le aree del territorio ad elevata disoccupazione, al fine di rilanciare lo sviluppo e la crescita della regione Sardegna, i cui livelli di debolezza economici e sociali permangono ancora su livelli elevati;
   ad intervenire in sede comunitaria, sia favorendo iniziative finalizzate ad incrementare il ricorso all'intermodalità attraverso il sistema delle autostrade del mare, tramite lo strumento dell’ecobonus, in grado di migliorare il sistema dell'autotrasporto della Sardegna, che nell'ambito dei negoziati in corso del Ttip (Transatlantic trade and investment partnership), affinché la medesima regione possa svolgere un ruolo primario nell'elaborazione del trattato;
   a prevedere, infine, la realizzazione di un piano d'intervento straordinario in favore della regione Sardegna, attraverso l'istituzione di una cabina di regia rappresentata dalle istituzioni locali e dalle imprese sarde, in grado di realizzare gli indirizzi d'intervento indicati in premessa.
(1-00851) «Nizzi, Vella, Palese, Capelli».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto risulta da un recente documento elaborato dall'Istat, le prospettive dell'economia italiana per il 2015-2017 indicano un aumento del prodotto interno lordo nel 2015 (+0,7 per cento), cui seguirà una crescita dell'1,2 per cento e dell'1,3 per cento nel biennio successivo, i cui effetti determineranno la conclusione della fase recessiva del triennio precedente;
    al riguardo, i firmatari del presente atto di indirizzo evidenziano che, a fronte di tali indicatori, obiettivamente modesti, che rimangono al di sotto della media europea, permangono evidenti e gravissime componenti macroeconomiche negative, che rallentano fortemente il consolidamento della ripresa della domanda interna e dei consumi nel Paese, i cui timidi segnali di miglioramento rischiano di essere vanificati rapidamente, se dovesse ulteriormente aumentare prossimamente l'iva, come previsto dalla clausola di salvaguardia, a seguito della sentenza della Corte costituzionale sul blocco delle rivalutazioni delle pensioni;
    all'interno del sopra esposto scenario, pertanto, permane fragile il quadro complessivo dell'economia italiana, i cui fattori di debolezza si evidenziano, in particolare, nelle regioni del Mezzogiorno, la cui vastità degli effetti negativi che la crisi economica e finanziaria ha prodotto nel tessuto economico e sociale ha ulteriormente aumentato i divari con le altre aree del Centro-Nord;
    in tale ambito la regione Sardegna, anche a causa della sua insularità che la rende meno concorrenziale rispetto alle altre regioni e per storiche irrisolte questioni, come la continuità territoriale, evidenzia una costante caduta verticale dell'attività economica e produttiva, come dimostrano i principali osservatori nazionali e le analisi della Banca d'Italia, che rilevano come, sia nel 2014 che nel 2015, si siano registrati ulteriori segnali di riduzione della produzione industriale, associati a una diminuzione della domanda di lavoro e alla riduzione del credito alle famiglie e alle imprese della Sardegna;
    le note debolezze strutturali dell'economia regionale isolana, relative al sistema dei trasporti e dei collegamenti stradali, ferroviari e marittimi, le difficoltà legate al diritto alla mobilità, i cui effetti si ripercuotono negativamente sui servizi, sullo spostamento delle persone e delle merci, sul commercio e sui sistemi della logistica e, soprattutto, sull'economia turistica, ribadiscono la necessità di rafforzare le politiche d'intervento in favore dell'area regionale sarda, su cui l'azione del Governo Renzi è stata finora assente e inadeguata, in particolare con riferimento all'insufficienza delle risorse destinate;
    le evidenti politiche di dismissione messe in atto dall'Esecutivo in carica nei riguardi del sistema industriale, artigianale e del terziario della regione Sardegna, come dimostrano il numero delle imprese del Sulcis (pari a 1.250) che hanno cessato l'attività negli ultimi due anni e quelle inattive (oltre 1.110 nel 2014 soggette a procedure concorsuali o in liquidazione), hanno conseguito effetti particolarmente gravi anche nel mercato del lavoro, come dimostrano i dati del primo trimestre del 2015 rilevati dalla Confederazione dell'artigianato e della piccola media impresa sarda;
    la Confederazione nazionale dell'artigianato Sardegna ha infatti evidenziato che, nel primo trimestre del 2015, i lavoratori in uscita risultano pari a 4.820, a fronte di 4.170 assunzioni, con un saldo negativo di -650 posti di lavoro, aggiungendo, inoltre, come lo scenario economico della Sardegna si caratterizzi negativamente dal numero di persone inattive, pari a 446 mila persone, dal tasso di disoccupazione medio al 18,2 per cento (con quello giovanile che raggiunge oltre il 50 per cento), da 25 mila lavoratori in cassa integrazione guadagni e mobilità in deroga, da oltre 2 mila aziende in crisi e circa 350 mila soggetti che vivono sotto la soglia di povertà, a cui si aggiungono oltre 25 mila imprese artigiane che hanno cessato l'attività nel 2014;
    ulteriori profili di criticità associati a quelli in precedenza esposti si rinvengono anche nell'elevata carenza di scolarizzazione: la percentuale dei giovani che nel 2013 ha abbandonato prematuramente gli studi in Sardegna è pari al 24,7 per cento e rappresenta la più alta in Italia, dopo la Sicilia (25,8 per cento), a fronte della media nazionale pari al 17 per cento, e ciò conferma, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una situazione complessiva sociale ed economica di estrema difficoltà per l'interessata isola;
    a tal fine, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, occorrono politiche d'intervento in netta controtendenza con le misure finora previste dal Governo Renzi, in grado di favorire il processo di crescita e sviluppo per la Sardegna, la cui economia rimane strettamente ancorata alle dinamiche nazionali e del Mezzogiorno;
    al riguardo, risultano urgenti e necessarie misure finalizzate a rafforzare i principi di coesione territoriale, sociale ed economica su cui si fonda il Trattato dell'Unione europea, che individuano nella riduzione delle disparità regionali le condizioni per la crescita e lo sviluppo dell'Unione europea, promuovendo iniziative imprenditoriali pubbliche e private, in favore della regione Sardegna, completando l'infrastrutturazione primaria del territorio sardo e avviando più rapidamente quella secondaria;
    a fronte dei predetti interventi, occorre affiancare ulteriori misure di sostegno attraverso adeguati investimenti, sia per la modernizzazione della viabilità interna, che per il miglioramento della continuità territoriale, costituzionalmente garantita, quale componente fondamentale per la ripresa economica dell'isola, in considerazione degli effetti che riveste sui servizi di trasporto delle persone e delle merci, nonché sui flussi turistici;
    a tal fine, nell'ambito dei sistemi di trasporto marittimo e delle misure d'intervento previste dalla Commissione europea, in merito alla revisione della rete Ten-T, che definisce le scelte strategiche infrastrutturali per i nuovi corridoi trasportistici multimodali, occorre rafforzare le misure d'intervento in favore delle «autostrade del mare»; il ricorso maggiore all'intermodalità, indicato dal piano della logistica come obiettivo chiave dell'economia italiana, consentirà di favorire la regione Sardegna, all'interno della piattaforma logistica del Mediterraneo;
    risultano, altresì, necessari interventi per il completamento delle infrastrutture digitali, rispetto alle quali il Mezzogiorno e la Sardegna sono fortemente in ritardo, in grado di determinare la crescita nel settore della ricerca e dell'innovazione per una nuova linfa imprenditoriale radicata sul territorio, creando nella regione una rete di piccole e medie imprese capaci di produrre indotto;
    nell'ambito delle misure prospettate, occorre, altresì attivare ulteriori iniziative rispetto a quelle già esistenti, attraverso l'estensione in via sperimentale delle zone franche, in grado di garantire agevolazioni fiscali e contributive in favore delle micro e piccole imprese che sono ubicate nei territori dei comuni della regione Sardegna, interessati maggiormente dai livelli di crisi produttiva e occupazionale, al fine di stimolare i consumi e la ripresa della domanda che, secondo l'ufficio studi di Confcommercio (sugli ultimi dati disponibili), segnano un prodotto interno lordo a meno 4,8 per cento rispetto al nazionale;
    a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, necessitano, tra l'altro, adeguati interventi volti alla risoluzione delle difficoltà dei servizi di trasporto ferroviario ed aereo (anche a causa della crisi delle compagnie di volo Meridiana e Alitalia), spesso oggetto di reiterate interruzioni, le cui ricadute negative sui flussi di traffico passeggeri e merci, sulla competitività delle aree, sull'occupazione e sui flussi turistici, in nome di un progetto di complessiva razionalizzazione dei servizi e della rete finalizzato unicamente alla contrazione dei costi, rischiano di accrescere i ritardi rilevanti rispetto alle altre aree del Paese e del Mediterraneo;
    nell'ambito degli accordi di partenariato per il commercio e gli investimenti fra Unione europea e Stati Uniti d'America, volti a sostenere entrambe le economie continentali, la regione Sardegna può svolgere un ruolo fondamentale all'interno dei negoziati, attraverso l'articolo 52 dello statuto speciale (che prevede il coinvolgimento nell'elaborazione dei progetti dei trattati di commercio che il Governo intenda stipulare con Stati esteri nell'ambito degli scambi di specifico interesse della Sardegna), per i meccanismi arbitrali Investor State dispute settlement indicati dal trattato medesimo;
    risulta, pertanto, indifferibile la realizzazione di un piano d'intervento, in favore della regione Sardegna, attraverso i sopra esposti indirizzi strategici da perseguire con convinzione e con i necessari investimenti finalizzati alla creazione di un nuovo modello di sviluppo legato ad una visione non solo nazionale, all'interno di una prospettiva di sviluppo internazionale dell'isola,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative indicate in premessa, con particolare riferimento alle politiche d'intervento legate al miglioramento dei sistemi infrastrutturali di collegamento per le aree del territorio ad elevata disoccupazione, al fine di rilanciare lo sviluppo e la crescita della regione Sardegna, i cui livelli di debolezza economici e sociali permangono ancora su livelli elevati;
   a prevedere, infine, la realizzazione di un piano d'intervento straordinario in favore della regione Sardegna, attraverso l'istituzione di una cabina di regia rappresentata dalle istituzioni locali e dalle imprese sarde, in grado di realizzare gli indirizzi d'intervento indicati in premessa.
(1-00851)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Nizzi, Vella, Palese, Capelli».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto Svimez 2014 sull'economia del Mezzogiorno ha rilevato come tra le principali economie industrializzate, principalmente per effetto della crisi di competitività che la colpisce da oltre dieci anni, l'Italia è fra le più lente a recuperare: dal 2001 al 2013 il prodotto interno lordo nazionale ha infatti registrato una flessione dello 0,2 per cento, per effetto dell'ampia forbice tra un Centro-Nord positivo (+ 2 per cento) e un Mezzogiorno fortemente in ribasso (-7,2 per cento);
    in base a valutazioni Svimez, nel 2013 il prodotto interno lordo è crollato nel Mezzogiorno del 3,5 per cento con un calo superiore di quasi due punti percentuali rispetto al Centro-Nord e che per il sesto anno consecutivo registra un segno negativo, a testimonianza della criticità dell'area. Il divario di prodotto interno lordo pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2013 è sceso al 56,6 per cento, tornando ai livelli del 2003, oltre dieci anni fa, con un prodotto interno lordo pro capite pari a 16.888 euro;
    il rapporto Svimez evidenzia due grandi emergenze nel nostro Paese: quella sociale con il crollo occupazionale e quella produttiva con il rischio di desertificazione industriale, che caratterizzano oramai per il sesto anno consecutivo il Mezzogiorno. Nel caso del Sud la peggior crisi economica del dopoguerra rischia di essere sempre più paragonabile, scrive l'istituto di ricerca, alla Grande depressione del 1929;
    in questo quadro, la Sardegna si mostra sempre più povera, con una disoccupazione giovanile allarmante, e in recessione. Nel 2013, il prodotto interno lordo della Sardegna è diminuito del 4,4 per cento, più della media registrata nelle regioni meridionali e insulari. Negli anni della crisi – dal 2007 al 2013 – l'isola ha perso il 13 per cento del suo prodotto, meno di Basilicata e Molise (-16 per cento) ma più di Abruzzo e Campania (-12 per cento). Sempre nel 2013, in tutto il Sud gli occupati sono diminuiti di circa 280 mila unità (-4,6 per cento): 43 mila erano posti di lavoro sardi (-7,3 per cento). E anche la disoccupazione giovanile, nell'isola, è risultata ben più alta della media del Mezzogiorno: 54,2 per cento contro il 46,9 per cento;
    sempre secondo i dati Svimez, in Sardegna si sono registrati: 10 milioni di ore di cassa integrazione nella manifattura, il calo dei consumi (-2 per cento), l'aumento delle famiglie che si trovano in una condizione di povertà relativa (24,8 per cento, una su quattro). Alla desertificazione produttiva e industriale si registra anche quella umana. La Sardegna è, infatti, sempre di più una terra di emigrazione, in cui i morti superano i nati – il tasso di mortalità sardo nel 2013 è stato del 7,2 per mille, quello di mortalità del 9,2 per mille e in tutto il Sud il numero dei nati ha toccato il suo minimo storico ovvero 177 mila, il più basso dal 1861 – e i giovani fanno la fila per staccare un biglietto di sola andata verso il resto d'Italia e del mondo;
    la gravissima situazione economica e sociale dell'isola, così come delineata, si inserisce all'interno della cosiddetta «vertenza Sardegna» e dei rapporti tra Stato e regione, con l'individuazione di una serie di temi che, ancora oggi, non hanno trovato una soluzione e che impongono di inserire nell'agenda dei lavori del Governo la «questione sarda» come vera e propria questione nazionale;
    a tal fine, il presidente della regione autonoma della Sardegna ha convocato un tavolo permanente di consultazione con le forze politiche e sociali per approfondire temi, priorità e modalità di azione per trovare una soluzione a questioni che fino a oggi non hanno trovato alcuna soluzione nel rapporto con lo Stato. Se, da un lato, la giunta sarda ha incassato la cancellazione dei vincoli di spesa sul patto di stabilità (prima regione ad aver ottenuto il solo pareggio di bilancio da rispettare), dall'altro rimangono ancora da risolvere nella loro interezza le seguenti questioni: vertenza entrate, energia, trasporti e continuità territoriale interna ed esterna, superamento del deficit infrastrutturale, servitù militari, G8 de La Maddalena con la gestione delle opere incompiute, insularità e mantenimento della condizione di specialità nell'attuale quadro costituzionale;
    per quanto riguarda la «vertenza entrate», la Sardegna attende ancora una soluzione del mancato versamento di parte delle entrate tributarie dovute dallo Stato alla regione, nel corso degli anni tra il 1991 e oggi. Secondo l'articolo 8 dello statuto della regione Sardegna (legge di rango costituzionale) la regione sarda ha, infatti, diritto a una parte delle entrate tributarie statali riscosse in Sardegna. Tra queste, ad esempio i 7 decimi dell'Irpef e analoghe percentuali di altre imposte, soprattutto indirette (IVA, accise). Secondo le verifiche effettuate, lo Stato ha mancato di versare per intero la quota di compartecipazione sull'Irpef spettante alla Sardegna: avrebbe restituito i 4 decimi del totale riscosso anziché i 7 decimi stabiliti nello statuto. Questa è la voce principale dell'intera «vertenza entrate», ma non l'unica. Il 1o aprile 2015, alla regione sono stati versati i primi 300 milioni di euro, primo acconto per gli anni dal 2010 al 2014, del credito che la regione vanta nei confronti dello Stato. Si tratta solo di un anticipo, giacché all'appello mancano altri trecento milioni di euro, saldo del credito complessivo vantato dalla Sardegna nei confronti dello Stato. Queste somme in ogni caso sono di gran lunga inferiori a quanto lo Stato dovrebbe in realtà versare alla Sardegna in base al suo statuto speciale. Dai 16 miliardi di euro iniziali, un accordo tra regione e Governo ha portato il debito dello Stato italiano a circa 5 miliardi di euro, a fronte di una garanzia di «maggiori entrate» (da inserire nello statuto). L'accordo definitivo sull'entrate attende di trovare una completa definizione in una norma di attuazione dello statuto speciale per la redazione della quale, entro il mese di giugno 2015, la regione ha annunciato una proposta;
    a livello politico si è riacceso il dibattito sulle regioni a statuto speciale e sull'opportunità che il nostro sistema costituzionale ne riconosca ruolo, prerogative e poteri. Si tratta di una prerogativa costituzionale che le regioni hanno assunto in virtù di evidenti condizioni di svantaggio e di peculiarità che sono elemento di forza e di arricchimento nella repubblica italiana. È sbagliato sostenere che le cinque regioni ad autonomie differenziate, tra le quali c’è anche la Sardegna, godano di ingiusti privilegi. Come è noto, e la tesi è sostenuta anche da autorevoli costituzionalisti e dalla giurisprudenza prevalente, la riforma del Titolo V (2001) della Carta costituzionale ha quasi annullato la specialità delle regioni, attribuendo una serie di poteri e funzioni così ampie a quelle «ordinarie» che, di fatto, allinea le realtà speciali a quelle ordinarie. Oggi, quella specialità quasi non esiste, se non nella compensazione di una serie di spese e trasferimenti che ancora non sono sufficienti ad assicurare la parità di condizioni tra tutte le regioni italiane. L'equivalenza tra specialità e privilegi non solo è un assurdo giuridico e storico ma è anche ingiusto sotto il profilo politico. Nel caso della Sardegna, la regione gestisce con il proprio bilancio, senza alcun fondo statale, tutto il servizio sanitario regionale, il trasporto pubblico locale e la continuità territoriale aerea. La presenza di regioni a statuto speciale è ancora utile al Paese e non può essere messa in discussione se non si vuole rompere la coesione territoriale e il principio di solidarietà nazionale;
    altra questione irrisolta è quella delle servitù militari nazionali, il 65 per cento delle quali grava sulla Sardegna. È necessario un equilibrio, poiché, come ha ricordato il presidente della regione Francesco Pigliaru in audizione presso la IV Commissione (Difesa) della Camera dei deputati, si tratta di numeri significativi: 30 mila ettari, di cui 13 mila con limitazioni totali, impegnati dal demanio militare a cui si devono aggiungere gli spazi aerei e circa 80 chilometri di costa. La giunta regionale della Sardegna non ha ancora firmato l'accordo con il Ministero della difesa sulle servitù militari e non lo firmerà in assenza di nuove prospettive per la presenza militare nell'isola. Da tempo, è richiesta una riqualificazione della presenza militare alleggerendo il territorio dal carico delle servitù, nel rispetto delle esigenze di difesa nazionali. Si tratta di prestare una fattiva attenzione alla tutela del territorio a mezzo di bonifiche, del riconoscimento del diritto di fruire anche a fini turistici delle aree costiere attualmente occupate dalle basi militari, nonché dell'investimento di risorse della difesa in ricerca tecnologica applicata anche al campo civile, per un rapporto sostenibile tra presenza militare e contributo allo sviluppo economico del territorio in termini dinamici e non assistenziali. Tutto questo anche al fine di dimostrare che non è vero che la presenza militare in Sardegna rechi soltanto svantaggi;
    la regione autonoma della Sardegna, per soddisfare esigenze non proprie, sta diventando una grande piattaforma di produzione di energia attraverso la costruzione di impianti fotovoltaici ed eolici e lo scavo di pozzi marini per la ricerca del gas naturale. Ferme restando le responsabilità regionali per la mancanza di un piano energetico, la questione del costo dell'energia resta un problema irrisolto e trascurato che compromette pesantemente lo sviluppo economico dell'isola. Sul punto spicca la questione del riconoscimento del regime di essenzialità per gli impianti di produzione sardi, in particolare per quello di Ottana: infatti, la regione è in attesa della proroga anche per il 2015 e del parere dell'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico. Il riconoscimento dell'essenzialità è fondamentale per permettere ai gestori delle centrali sarde di vedersi riconosciuti da Terna i costi di produzione dell'energia e garantire pertanto alle imprese sarde di fruire di prezzi dell'energia più bassi;
    questo avviene in un contesto segnato dalla mancata metanizzazione e da costi per energia altissimi. Occorre, infatti, ricordare che la Sardegna è l'unica regione a non utilizzare il metano (a seguito anche dell'uscita dal progetto Galsi, società sostenuta oltre che dalla regione anche da Enel ed Edison) e che l'energia ha il costo più elevato d'Italia (20-30 per cento in più) in una realtà nazionale in cui l'energia ha già un costo maggiore rispetto al resto d'Europa. Tale gap si risolve in un danno economico valutato, ogni anno, in circa 400 milioni di euro sul bilancio di imprese e famiglie. Rispetto al tempo in cui è maturato il progetto Galsi, è cambiata sia la geopolitica mondiale degli scambi commerciali del gas naturale liquido, sia la valutazione sulla consistenza dei giacimenti, sia le tecniche di esplorazione ed estrazione. L'autonomia energetica degli Stati Uniti, derivante dall'utilizzazione di quote sempre più rilevanti di shale gas e shale oil, e la prospettiva che questo Paese diventi addirittura esportatore in Europa di materie prime energetiche, insieme alla messa in produzione di grandi giacimenti in Africa centrale, non connessi ad una significativa rete di trasporto, sta rendendo obbligata e profittevole la scelta tecnologica della liquefazione del gas metano ed il suo trasporto con navi gasiere. Un sistema, questo, che potrebbe rapidamente consentire alla Sardegna, senza opere infrastrutturali di lunga e costosa realizzazione, di avere una disponibilità pressoché immediata di metano. A questo proposito risulta decisiva l'azione del Governo per attuare in tempi rapidissimi la direttiva comunitaria 94/2014/UE, che prevede la realizzazione di infrastrutture di stoccaggio del gas naturale liquido per la realizzazione di una politica europea energetica che agevoli, tra le altre, l'utilizzazione di questa fonte. Il Governo ha la possibilità di «iniziare dalla Sardegna» l'attuazione della direttiva, concordando con la regione procedure autorizzative semplificate, la definizione di chiari standard di sicurezza per gli stoccaggi nelle aree portuali, e la destinazione di risorse, anche comunitarie, per favorire investimenti privati nella creazione di un numero adeguato di siti di stoccaggio, a partire dalle aree industriali attrezzate. Ciò non deve escludere la possibilità, in proseguo, di programmare e favorire la realizzazione di una dorsale sarda (nord/sud) di trasporto del metano, la realizzazione di grandi impianti di rigassificazione e la connessione della Sardegna alla rete nazionale dei gasdotti con una connessione alla Corsica ed al continente. Occorre inoltre agevolare, anche con atti di indirizzo all'autorità competente, la prima diffusione dell'utilizzo del metano tra le famiglie e le imprese, valutando un'eliminazione temporanea o un alleggerimento significativo delle accise sul gas, in modo da compensare rapidamente i costi di allaccio delle utenze;
    collaterale a questo tema, ma con tempi urgentissimi per la definizione della cornice normativa necessaria a garantire la certezza degli investimenti, rimane la ricerca di una soluzione a sostegno dell'industria metallurgica energivora (filiera dell'alluminio e del piombo-zinco) per la quale da tempo è in corso un'inesauribile trattativa tra regione, Stato e Unione europea sulle «compensazioni per i servizi di interrompibilità» in tutte le sue possibili declinazioni;
    rimangono le criticità relative al sistema dei trasporti da e per l'isola, specialmente sul versante della continuità aerea e marittima. Malgrado gli innegabili passi in avanti compiuti in questi ultimi anni, si pone l'esigenza di disegnare una Sardegna più coesa al suo interno e più vicina al resto del continente. La continuità territoriale aerea è totalmente sostenuta dal bilancio della regione per oltre 50 milioni di euro, nonostante il diritto alla mobilità in tutto il territorio italiano debba essere garantito a tutti i cittadini, compresi gli abitanti della Sardegna;
    relativamente alla continuità territoriale marittima, si rende necessaria l'approvazione di una nuova legge sulla continuità territoriale marittima ovvero di norme di attuazione dello statuto speciale, per regolamentare qualità e tipologia dei servizi anche in situazioni come quella attuale in cui un unico armatore risulta titolare di tutte le sovvenzioni statali, la cui erogazione è disciplinata da una convenzione da 72,5 milioni di euro all'anno e scade nel 2020 – sia per il trasporto dei passeggeri che delle merci. Una normativa speciale per la Sardegna, rispettosa delle disposizioni comunitarie e nazionali che disciplinano la materia, che tenga presenti i principi di permanenza (l'insularità è un handicap costante nel tempo), discriminazione positiva (garantire autentica parità con le altre regioni mediante misure volte a bilanciare gli svantaggi) e proporzionalità (tenere conto delle differenti situazioni che sono certamente il ristretto mercato regionale ma anche e soprattutto la distanza degli scali sardi da quelli del continente che nel minimo è di 125 miglia nautiche – praticamente sette ore di navigazione – contro le appena 2 miglia della Sicilia) e finalizzata a garantire un'efficiente mobilità delle persone e delle merci. In definitiva, nuove regole sulla continuità, che confermino la copertura finanziaria in capo allo Stato degli oneri per il servizio di trasporto sovvenzionato, riconoscano alla Sardegna il ruolo preminente nell'individuazione del contenuto degli oneri di servizio e compartecipazione alla responsabilità di selezione, con procedura di evidenza pubblica, delle compagnie di navigazione concessionarie del servizio. Nella prospettiva dell'attuazione della direttiva 2012/33/UE dell'Unione europea, che impone l'abbattimento dello zolfo nei combustibili per il trasporto marittimo nel Mediterraneo proprio entro il 2020, e la prospettiva di diffusione del gas naturale liquido in Sardegna, la gara internazionale per la scelta dei vettori marittimi potrebbe ben essere associata alla realizzazione di infrastrutture portuali per il rifornimento delle navi nei porti sardi di destinazione delle rotte gravate da oneri di servizio pubblico, nonché da misure che favoriscano l'utilizzazione del gas naturale liquido come carburante pulito nei trasporti marittimi;
    la Sardegna è la regione italiana con i maggiori deficit infrastrutturali: l'indice di dotazione stradale della Sardegna è pari a un valore di 43,9, mentre nel Mezzogiorno e nelle altre isole è al 111,2. L'indice di dotazione ferroviaria è pari al 17,4 a fronte del 102,6 del Sud e delle altre isole. L'Unione europea nella definizione dello spazio unico europeo dei trasporti sostiene che «gli investimenti nell'infrastruttura di trasporto hanno un impatto positivo sulla crescita economica, creano ricchezza e occupazione e migliorano gli scambi commerciali, l'accessibilità geografica e la mobilità delle persone». Tutto ciò, evidentemente, non riguarda la Sardegna, dove il deficit delle infrastrutture si ripercuote negativamente sul tessuto sociale ed economico regionale. L'isola detiene, infatti, il record nazionale di disoccupazione giovanile, oltre il 40 per cento di giovani in età 15-24 anni; è ai primi posti fra le regioni italiane con il maggior numero di disoccupati (il 29 per cento degli italiani in fascia di età 20-64 anni); la percentuale di abbandono scolastico dei giovani sardi (oltre il 25 per cento) è la più alta in Italia; la Sardegna è la regione dove si registra il più alto indice di spopolamento nelle zone interne e svantaggiate;
    in un contesto regionale complessivamente al di sotto dei livelli minimi di infrastrutture e servizi e con complessi problemi demografici, si ripropongono ogni anno più drammatici, gli squilibri territoriali (mai risolti nonostante le numerose direttive e risorse europee destinate a risolvere, strutturalmente e definitivamente, gli squilibri territoriali), per cui in diverse sub-aree geografiche, in particolare ricadenti nell'entroterra sardo e nella Sardegna centro-meridionale, gli indici di cui si è trattato in premessa presentano valori prossimi al dramma e prefigurano situazioni sociali, economiche, demografiche e di ordine pubblico oramai, insostenibili. Si tratta di realtà territoriali particolarmente aspre dal punto di vista morfologico e significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), ricche di importanti risorse ambientali e culturali e fortemente diversificate;
    la questione Sardegna come questione nazionale è strettamente legata al tema dell'insularità: alle problematiche legate a questa condizione, che vedono la regione non efficientemente collegata alle reti dell'energia, delle comunicazioni e dei trasporti, con costi aggiuntivi per la popolazione; alla conseguenti difficoltà di cogliere e valorizzare le opportunità che, pure, derivano, dallo stato di insularità, in particolare, vista la centralità della Sardegna nel Mediterraneo, e le connesse potenzialità, che dalla stessa potrebbero derivare, per la costruzione di serie e lungimiranti politiche euro-mediterranee. Quello dell'insularità e del suo riconoscimento in ogni sede è un tema strettamente legato allo sviluppo economico, in particolare per quanto riguarda la mobilità, l'energia e il turismo della Sardegna, ma di tutta l'area euro-mediterranea;
    la Sardegna ha bisogno di un sistema industriale moderno ed ecocompatibile. Devono essere chiuse in tempi rapidi crisi industriali ormai aperte da troppo tempo. In particolare le grandi vertenze del Sulcis, che riguardano gli stabilimenti dell'Alcoa e dell'Eurallumina. Nell'area di Ottana si è prodotto un deserto industriale non più accettabile. Relativamente a Porto Torres, il protocollo d'intesa sulla chimica verde del 2011 prevedeva 1,2 miliardi di euro di investimenti entro 5 anni, eppure finora ne sono stati spesi solo il 25 per cento ed è stato comunicato da Eni che si proseguirà solo sulle bonifiche, cancellando altri investimenti senza una vera ipotesi alternativa alla prospettata centrale a biomasse da 250 milioni di euro;
    poiché il valore degli investimenti relativi alle bonifiche industriali e legate alle aree militari supera i 500 milioni di euro e interessa almeno 5 siti, non si possono ammettere ritardi e serve, soprattutto, che il Governo definisca una regia istituzionale consentendo che, oltre al risanamento, la Sardegna possa beneficiare anche di parte degli investimenti economici e delle competenze professionali e d'impresa necessarie;
    la Sardegna è da considerarsi parte lesa in quello che può essere considerato uno dei più grandi scandali della recente storia italiana: il mancato svolgimento del G8 sull'Isola de La Maddalena. Quattrocentosettanta milioni di euro di denaro pubblico che hanno consegnato al nulla 27 mila metri quadrati di edifici, 90 mila metri di aree a terra e 110 mila metri quadri di mare. Nessun progetto privato fino a oggi è mai partito. Insieme allo spreco di denaro, c’è l'enorme danno ambientale, con i veleni liberati dai fondali della darsena dell'ex arsenale militare, mercurio e idrocarburi pesanti, la cui dispersione ha raggiunto, sedimentandosi in profondità, l'area limitrofa allo specchio di mare del Parco de La Maddalena. Urgono bonifiche urgenti per le quali non esistono risorse sufficienti e anche se si dovessero trovare, l'accordo tra le amministrazioni dello Stato (Presidenza del Consiglio dei ministri, ministero, regione, comune) non è ancora raggiunto. La Protezione civile al termine dei lavori ha consegnato l'hotel e centro congressi al concessionario Mita Resort. Questo, una volta verificato che le bonifiche non erano state fatte e che era impossibile aprire l'albergo in quelle condizioni, senza poter usare la darsena, ha tirato in causa la Protezione civile, ottenendone in un arbitrato la condanna al pagamento dei danni (39 milioni di euro). Nel lodo arbitrale si è deciso, inoltre, che le chiavi delle strutture debbano essere riconsegnate alla Protezione civile, non alla regione, che ne è proprietaria ma non ne è mai venuta in possesso. E viene esplicitamente affermato che la regione Sardegna è estranea alla contesa. Ora la Protezione civile ha presentato un ricorso, prolungando una vicenda giudiziaria che ancora una volta taglia fuori la regione, alla quale rimane soltanto l'obbligo di versare ogni anno circa 500 mila euro di Imu a fronte del canone annuo di 65 mila euro che la società Mita Resort deve alla regione per 40 anni, ma che, dal 2009 a oggi, non ha mai versato;
    nell'anno di Expo 2015 dedicata al cibo, la Sardegna non può essere posta ai margini del sistema agroalimentare nazionale per motivi legati alla peculiarità di alcune produzioni o al mantenimento di alcune condizioni di privilegio di altre regioni più grandi, impedendo la competizione tramite la valorizzazione dei suoi sistemi produttivi. Serve un indirizzo politico del Governo anche nei confronti di uffici che tendono alla conservazione: il fondo di valorizzazione del comparto del latte bovino che oggi esclude il comparto ovicaprino al quale la Sardegna contribuisce con quasi l'80 per cento dell'intero patrimonio nazionale; il comparto ittico che vede la Sardegna esclusa dall'aumento del 20 per cento annuo delle quote europee per l'Italia, come confermano le scelte recenti per la regolamentazione della pesca del tonno rosso, nelle quali è stata del tutto ignorata una richiesta equilibrata della regione; il settore ippico considerato di grande interesse per gli investitori internazionali provenienti dal Medio oriente e che richiede normative più avanzate sulle quali viene opposto un ostacolo incomprensibile alle richieste della regione;
    deve essere garantito il pagamento delle mensilità degli ammortizzatori sociali in deroga, dai quali, in Sardegna, dipendono oltre 43.000 persone nell'isola e per i quali si è fermi ai primi due ratei del 2014. A legislazione vigente solo altre 4 mensilità saranno pagate se non si consente all'isola di accedere alle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione decurtate nel giugno 2014. E infatti, le richieste di accesso agli ammortizzatori sociali in deroga relative all'anno 2014 interessano, in Sardegna, complessivamente, 26.763 lavoratori, dei quali 9.494 per provvedimenti di cassa integrazione in deroga e 17.269 di mobilità in deroga e ad oggi, il Governo ha assegnato, 17.313.000 euro (decreto ministeriale 6 agosto 2014) e 21.641.000 euro (decreto ministeriale 4 dicembre 2014), così che con le prime risorse assegnate sono state pagate due mensilità di trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, ma l'Inps dai primi di febbraio 2015 ha interrotto i pagamenti a seguito dell'esaurimento dei fondi. Per il completamento dei pagamenti relativi al 2014 sono necessari ancora 179 milioni di euro, di cui solo 50 arriveranno dopo un prossimo decreto ministeriale che il Ministro del lavoro, Giuliano Poletti, ha annunciato e che consentirà il pagamento di ulteriori tre/quattro mensilità rendendo ancora necessario il reperimento di circa 130 milioni di euro: tali risorse potrebbero essere recuperate considerato che la delibera Cipe 30 giugno 2014, n. 21, nel disporre meccanismi di disimpegno automatico e sanzionatori a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013, ha disposto a carico della regione Sardegna, una decurtazione pari a circa 107 milioni di euro, derivante dall'applicazione di misure sanzionatorie nella misura del 10 per cento, per un importo di circa 24 milioni di euro, e nella misura del 15 per cento, per un valore pari a circa 83 milioni di euro, su interventi che hanno fatto registrare ritardi nell'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti e che la sopra citata delibera Cipe n. 21 del 2014 ha disposto il finanziamento degli «ammortizzatori sociali in deroga», per un importo pari a 100 milioni di euro, a valere sulle decurtazioni operate dalla stessa, e che tali risorse sono confluite tra le fonti generali di finanziamento dei decreti ministeriali di assegnazione delle risorse alle regioni e che al netto delle finalizzazioni operate dalla suddetta delibera Cipe n. 21 del 2014, risulta, quindi, la disponibilità per successive finalizzazioni per un importo complessivo di 182 milioni euro, tra i quali è moralmente indispensabile prevedere la copertura del fabbisogno della cassa integrazione guadagni in deroga nell'isola;
    l'alluvione in Sardegna del 2003 è l'unica tra le calamità naturali avvenute negli ultimi tre anni in Italia i cui danni non siano stati ripagati né alle imprese né alle famiglie. In sede di esame del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151 (cosiddetto «salva Roma bis») era parso possibile ottenere specifiche misure di sostegno finanziario che furono invece rinviate ad un disegno di legge ordinario rimasto bloccato alla Camera dei deputati. Gli unici interventi finora realizzati sono il finanziamento iniziale di 20 milioni di euro per il ripristino immediato della viabilità temporanea, il mandato di commissario al presidente Anas per il ripristino delle strade provinciali e un intervento di 10 milioni di euro per le scuole primarie introdotto con la legge di stabilità 2015;
    il previsto trasferimento in Sardegna di decine di detenuti sottoposti ai regimi di massima sicurezza, condannati per reati di mafia, ha destato un forte allarme sociale per il timore che possano prodursi infiltrazioni mafiose in una regione impreparata, anche considerato che, a tutt'oggi, non sono conosciuti né il piano dei trasferimenti, né il piano definitivo di razionalizzazione del sistema penitenziario sardo, né la presenza di nuove e ulteriori strutture di prevenzione e sicurezza a partire dalla richiesta di una seconda direzione distrettuale antimafia da parte del sistema istituzionale e giudiziario sardo;
    quella sarda è la più grande minoranza linguistica italiana, composta da oltre un milione e mezzo di persone, come riconosciuto dalle legge n. 482 del 1999, adottata in applicazione dell'articolo 6 della Costituzione. In virtù di questa specificità, da anni la regione autonoma della Sardegna si è dotata di un suo piano della lingua e sostiene la produzione di notiziari radiotelevisivi e programmi in lingua sarda, diffusi anche dal servizio pubblico per effetto di una convenzione stipulata con la Rai-Radiotelevisione italiana. La situazione isolana non solo è assimilabile a quella presente nelle province autonome di Trento e Bolzano e nelle regioni della Valle d'Aosta e del Friuli Venezia Giulia, ma presenta delle sue specificità, essendo in Sardegna presenti delle lingue alloglotte, come il catalano di Alghero, il Sassarese, il Gallurese e il Tabarchino dell'isola di San Pietro. In virtù di questa varietà e ricchezza linguistica e delle leggi già vigenti nell'ordinamento, sarebbe auspicabile estendere alla Sardegna il medesimo trattamento normativo e relativo ai trasferimenti statali previsto per la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni necessaria iniziativa istituzionale, legislativa, economica-finanziaria e organizzativa finalizzata allo sviluppo locale e alla crescita dell'occupazione in Sardegna, connessa alla più efficace valorizzazione delle principali vocazioni produttive della regione, anche per il particolare ruolo che occupa nel Mediterraneo;
   a riconoscere la «specialità» della condizione di insularità, nella programmazione di tutte le politiche di sviluppo nazionali, insularità comprensiva dell'accezione problematica, come costo aggiuntivo per la popolazione, naturale difficoltà per la Sardegna di essere connessa ai network nazionali e intesa come opportunità, considerata la centralità della Sardegna nel Mediterraneo, e le connesse potenzialità, che dalla stessa potrebbero derivare, per la costruzione di serie e lungimiranti politiche euro-mediterranee;
   ad inserire nell'agenda di Governo la questione sarda, i vincoli allo sviluppo e, insieme, le opportunità legate all'insularità e ai limiti infrastrutturali, anche attraverso la convocazione di uno specifico tavolo istituzionale Stato-regione, all'occorrenza partecipato anche dalle rappresentanze delle autonomie locali e delle forze sociali sarde, per l'esame del complesso delle vertenze aperte, sul fronte istituzionale, finanziario, economico-produttivo e sociale, al fine di una loro progressiva e celere risoluzione;
   a definire la questione energetica con l'avvio immediato di un tavolo tecnico e istituzionale per la metanizzazione dell'isola, che veda l'attuazione privilegiata sia nei tempi sia nelle risorse delle direttive dell'Unione europea 2014/94/UE e 2012/33/UE in materia di infrastrutture di stoccaggio del gas naturale liquido e di abbattimento dello zolfo nei combustibili per il trasporto marittimo; a monitorare e definire procedure chiare, rapide e semplificate per l'autorizzazione di impianti di stoccaggio del gas naturale liquido non solo a terra ma anche nelle aree portuali e per le tecnologie navali di trasporto, utili ad una quanto più veloce dotazione infrastrutturale che consenta l'uso del gas naturale liquido nell'isola;
   a valutare la possibilità di applicare misure fiscali atte a favorire la rapida compensazione dei costi delle famiglie e delle imprese finalizzate alla dotazione tecnologica per l'utilizzazione del metano, anche mediante gli opportuni indirizzi all'Autorità per l'energia il gas e il servizio idrico;
   a promuovere una continuità territoriale aerea e marittima in grado di garantire la concorrenza e il miglior servizio per i cittadini, sardi e non, in particolare, a sostenere e favorire, per quanto di competenza, l'introduzione di una nuova disciplina sulla continuità territoriale marittima ovvero a concorrere con la regione Sardegna alla redazione di norme di attuazione dello statuto speciale in materia di trasporto marittimo;
   a favorire il superamento del deficit infrastrutturale della Sardegna, assegnando alla regione risorse statali e comunitarie aggiuntive e con specifica destinazione, fra le altre, per le aree interne della Sardegna, per interventi volti a superare il deficit stesso, l'inefficienza dei servizi scolastici e sanitari, le problematiche legate all'abbandono del territorio;
   a promuovere la chiusura rapida del confronto sull'applicazione dell'articolo 8 dello statuto e il pieno riconoscimento del debito pregresso come richiesto dalla giunta regionale della Sardegna;
   a definire un nuovo accordo tra la regione e lo Stato che preveda la revisione dell'estensione territoriale delle servitù militari con un accordo con i comuni sui quali gravitano le servitù per l'accesso alle spiagge nella stagione turistica, una programmazione pluriennale per investimenti nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che si rapporti con la quantità di territorio utilizzato rendendo sostenibile l'impegno dell'isola nel campo della difesa;
   ad assumere iniziative per estendere alla Sardegna, quale più grande minoranza linguistica italiana, il medesimo trattamento normativo, e relativo ai trasferimenti statali, previsto per la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
   a promuovere l'apertura di un tavolo generale sulle tre aree di crisi industriali per valutare nell'insieme una strategia produttiva ed energetica per l'isola, una possibile nuova declinazione della vocazione industriale di alcuni territori, portando a conclusione le vertenze industriali ormai aperte da troppo tempo, valutando il possibile utilizzo di alcuni strumenti legislativi già disponibili, come l'istituzione delle aree di crisi complessa, per definire un piano operativo regionale di rilancio delle imprese strategiche (si veda il settore dell'alluminio), come di bonifica delle aree inquinate;
   ad istituire un tavolo istituzionale per individuare le necessarie iniziative normative volte a incentivare il settore agroalimentare al fine del rilancio a livello regionale di un comparto strategico anche alla luce del ruolo di Expo, sia sul fronte della produzione legata al patrimonio ovino che a quello ittico che ad ambiti strategici per gli investitori internazionali;
   ad assumere iniziative per individuare la copertura dei costi del 2014 della cassa integrazione guadagni in deroga per i 43.000 lavoratori sardi attraverso l'adozione di una delibera Cipe di assegnazione, in favore della regione Sardegna, dell'importo derivante dai meccanismi sanzionatori disposti nel giugno 2014 (delibera Cipe n. 21 del 2014, pari a circa 110 milioni di euro, per il finanziamento degli «ammortizzatori sociali in deroga»);
   a definire le vicende relative al mancato svolgimento del G8 sull'isola de La Maddalena, con la conclusione delle bonifiche marine e di superficie e il subentro della regione nelle proprietà ancora in capo alla Protezione civile, pur in costanza di un conflitto giudiziario, per far partire, dopo 7 anni, la conversione dell'economia dell'isola da militare a turistica;
   a ridiscutere il piano carcerario per l'isola, degli interventi a breve e medio termine, compresi quelli relativi al rafforzamento della struttura di prevenzione e di sicurezza per l'isola.
(1-00854) «Mura, Cani, Capelli, Di Gioia, Marrocu, Martella, Marco Meloni, Meta, Pes, Rosato, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Scanu, Pinna».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto Svimez 2014 sull'economia del Mezzogiorno ha rilevato come tra le principali economie industrializzate, principalmente per effetto della crisi di competitività che la colpisce da oltre dieci anni, l'Italia è fra le più lente a recuperare: dal 2001 al 2013 il prodotto interno lordo nazionale ha infatti registrato una flessione dello 0,2 per cento, per effetto dell'ampia forbice tra un Centro-Nord positivo (+2 per cento) e un Mezzogiorno fortemente in ribasso (-7,2 per cento);
    in base a valutazioni Svimez, nel 2013 il prodotto interno lordo è crollato nel Mezzogiorno del 3,5 per cento con un calo superiore di quasi due punti percentuali rispetto al Centro-Nord e che per il sesto anno consecutivo registra un segno negativo, a testimonianza della criticità dell'area. Il divario di prodotto interno lordo pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2013 è sceso al 56,6 per cento, tornando ai livelli del 2003, oltre dieci anni fa, con un prodotto interno lordo pro capite pari a 16.888 euro;
    il rapporto Svimez evidenzia due grandi emergenze nel nostro Paese: quella sociale con il crollo occupazionale e quella produttiva con il rischio di desertificazione industriale, che caratterizzano oramai per il sesto anno consecutivo il Mezzogiorno. Nel caso del Sud la peggior crisi economica del dopoguerra rischia di essere sempre più paragonabile, scrive l'istituto di ricerca, alla Grande depressione del 1929;
    in questo quadro, la Sardegna si mostra sempre più povera, con una disoccupazione giovanile allarmante, e in recessione. Nel 2013, il prodotto interno lordo della Sardegna è diminuito del 4,4 per cento, più della media registrata nelle regioni meridionali e insulari. Negli anni della crisi – dal 2007 al 2013 – l'isola ha perso il 13 per cento del suo prodotto, meno di Basilicata e Molise (-16 per cento) ma più di Abruzzo e Campania (-12 per cento). Sempre nel 2013, in tutto il Sud gli occupati sono diminuiti di circa 280 mila unità (-4,6 per cento): 43 mila erano posti di lavoro sardi (-7,3 per cento). E anche la disoccupazione giovanile, nell'isola, è risultata ben più alta della media del Mezzogiorno: 54,2 per cento contro il 46,9 per cento;
    sempre secondo i dati Svimez, in Sardegna si sono registrati: 10 milioni di ore di cassa integrazione nella manifattura, il calo dei consumi (-2 per cento), l'aumento delle famiglie che si trovano in una condizione di povertà relativa (24,8 per cento, una su quattro). Alla desertificazione produttiva e industriale si registra anche quella umana. La Sardegna è, infatti, sempre di più una terra di emigrazione, in cui i morti superano i nati – il tasso di mortalità sardo nel 2013 è stato del 7,2 per mille, quello di mortalità del 9,2 per mille e in tutto il Sud il numero dei nati ha toccato il suo minimo storico ovvero 177 mila, il più basso dal 1861 – e i giovani fanno la fila per staccare un biglietto di sola andata verso il resto d'Italia e del mondo;
    la gravissima situazione economica e sociale dell'isola, così come delineata, si inserisce all'interno della cosiddetta «vertenza Sardegna» e dei rapporti tra Stato e regione, con l'individuazione di una serie di temi che, ancora oggi, non hanno trovato una soluzione e che impongono di inserire nell'agenda dei lavori del Governo la «questione sarda» come vera e propria questione nazionale;
    a tal fine, il presidente della regione autonoma della Sardegna ha convocato un tavolo permanente di consultazione con le forze politiche e sociali per approfondire temi, priorità e modalità di azione per trovare una soluzione a questioni che fino a oggi non hanno trovato alcuna soluzione nel rapporto con lo Stato. Se, da un lato, la giunta sarda ha incassato la cancellazione dei vincoli di spesa sul patto di stabilità (prima regione ad aver ottenuto il solo pareggio di bilancio da rispettare), dall'altro rimangono ancora da risolvere nella loro interezza le seguenti questioni: vertenza entrate, energia, trasporti e continuità territoriale interna ed esterna, superamento del deficit infrastrutturale, servitù militari, G8 de La Maddalena con la gestione delle opere incompiute, insularità e mantenimento della condizione di specialità nell'attuale quadro costituzionale;
    per quanto riguarda la «vertenza entrate», la Sardegna attende ancora una soluzione del mancato versamento di parte delle entrate tributarie dovute dallo Stato alla regione, nel corso degli anni tra il 1991 e oggi. Secondo l'articolo 8 dello statuto della regione Sardegna (legge di rango costituzionale) la regione sarda ha, infatti, diritto a una parte delle entrate tributarie statali riscosse in Sardegna. Tra queste, ad esempio i 7 decimi dell'Irpef e analoghe percentuali di altre imposte, soprattutto indirette (IVA, accise). Secondo le verifiche effettuate, lo Stato ha mancato di versare per intero la quota di compartecipazione sull'Irpef spettante alla Sardegna: avrebbe restituito i 4 decimi del totale riscosso anziché i 7 decimi stabiliti nello statuto. Questa è la voce principale dell'intera «vertenza entrate», ma non l'unica. Il 1o aprile 2015, alla regione sono stati versati i primi 300 milioni di euro, primo acconto per gli anni dal 2010 al 2014, del credito che la regione vanta nei confronti dello Stato. Si tratta solo di un anticipo, giacché all'appello mancano altri trecento milioni di euro, saldo del credito complessivo vantato dalla Sardegna nei confronti dello Stato. Queste somme in ogni caso sono di gran lunga inferiori a quanto lo Stato dovrebbe in realtà versare alla Sardegna in base al suo statuto speciale. Dai 16 miliardi di euro iniziali, un accordo tra regione e Governo ha portato il debito dello Stato italiano a circa 5 miliardi di euro, a fronte di una garanzia di «maggiori entrate» (da inserire nello statuto). L'accordo definitivo sull'entrate attende di trovare una completa definizione in una norma di attuazione dello statuto speciale per la redazione della quale, entro il mese di giugno 2015, la regione ha annunciato una proposta;
    a livello politico si è riacceso il dibattito sulle regioni a statuto speciale e sull'opportunità che il nostro sistema costituzionale ne riconosca ruolo, prerogative e poteri. Si tratta di una prerogativa costituzionale che le regioni hanno assunto in virtù di evidenti condizioni di svantaggio e di peculiarità che sono elemento di forza e di arricchimento nella repubblica italiana. È sbagliato sostenere che le cinque regioni ad autonomie differenziate, tra le quali c’è anche la Sardegna, godano di ingiusti privilegi. Come è noto, e la tesi è sostenuta anche da autorevoli costituzionalisti e dalla giurisprudenza prevalente, la riforma del Titolo V (2001) della Carta costituzionale ha quasi annullato la specialità delle regioni, attribuendo una serie di poteri e funzioni così ampie a quelle «ordinarie» che, di fatto, allinea le realtà speciali a quelle ordinarie. Oggi, quella specialità quasi non esiste, se non nella compensazione di una serie di spese e trasferimenti che ancora non sono sufficienti ad assicurare la parità di condizioni tra tutte le regioni italiane. L'equivalenza tra specialità e privilegi non solo è un assurdo giuridico e storico ma è anche ingiusto sotto il profilo politico. Nel caso della Sardegna, la regione gestisce con il proprio bilancio, senza alcun fondo statale, tutto il servizio sanitario regionale, il trasporto pubblico locale e la continuità territoriale aerea. La presenza di regioni a statuto speciale è ancora utile al Paese e non può essere messa in discussione se non si vuole rompere la coesione territoriale e il principio di solidarietà nazionale;
    altra questione irrisolta è quella delle servitù militari nazionali, il 65 per cento delle quali grava sulla Sardegna. È necessario un equilibrio, poiché, come ha ricordato il presidente della regione Francesco Pigliaru in audizione presso la IV Commissione (Difesa) della Camera dei deputati, si tratta di numeri significativi: 30 mila ettari, di cui 13 mila con limitazioni totali, impegnati dal demanio militare a cui si devono aggiungere gli spazi aerei e circa 80 chilometri di costa. La giunta regionale della Sardegna non ha ancora firmato l'accordo con il Ministero della difesa sulle servitù militari e non lo firmerà in assenza di nuove prospettive per la presenza militare nell'isola. Da tempo, è richiesta una riqualificazione della presenza militare alleggerendo il territorio dal carico delle servitù, nel rispetto delle esigenze di difesa nazionali. Si tratta di prestare una fattiva attenzione alla tutela del territorio a mezzo di bonifiche, del riconoscimento del diritto di fruire anche a fini turistici delle aree costiere attualmente occupate dalle basi militari, nonché dell'investimento di risorse della difesa in ricerca tecnologica applicata anche al campo civile, per un rapporto sostenibile tra presenza militare e contributo allo sviluppo economico del territorio in termini dinamici e non assistenziali. Tutto questo anche al fine di dimostrare che non è vero che la presenza militare in Sardegna rechi soltanto svantaggi;
    la regione autonoma della Sardegna, per soddisfare esigenze non proprie, sta diventando una grande piattaforma di produzione di energia attraverso la costruzione di impianti fotovoltaici ed eolici e lo scavo di pozzi marini per la ricerca del gas naturale. Ferme restando le responsabilità regionali per la mancanza di un piano energetico, la questione del costo dell'energia resta un problema irrisolto e trascurato che compromette pesantemente lo sviluppo economico dell'isola. Sul punto spicca la questione del riconoscimento del regime di essenzialità per gli impianti di produzione sardi, in particolare per quello di Ottana: infatti, la regione è in attesa della proroga anche per il 2015 e del parere dell'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico. Il riconoscimento dell'essenzialità è fondamentale per permettere ai gestori delle centrali sarde di vedersi riconosciuti da Terna i costi di produzione dell'energia e garantire pertanto alle imprese sarde di fruire di prezzi dell'energia più bassi;
    questo avviene in un contesto segnato dalla mancata metanizzazione e da costi per energia altissimi. Occorre, infatti, ricordare che la Sardegna è l'unica regione a non utilizzare il metano (a seguito anche dell'uscita dal progetto Galsi, società sostenuta oltre che dalla regione anche da Enel ed Edison) e che l'energia ha il costo più elevato d'Italia (20-30 per cento in più) in una realtà nazionale in cui l'energia ha già un costo maggiore rispetto al resto d'Europa. Tale gap si risolve in un danno economico valutato, ogni anno, in circa 400 milioni di euro sul bilancio di imprese e famiglie. Rispetto al tempo in cui è maturato il progetto Galsi, è cambiata sia la geopolitica mondiale degli scambi commerciali del gas naturale liquido, sia la valutazione sulla consistenza dei giacimenti, sia le tecniche di esplorazione ed estrazione. L'autonomia energetica degli Stati Uniti, derivante dall'utilizzazione di quote sempre più rilevanti di shale gas e shale oil, e la prospettiva che questo Paese diventi addirittura esportatore in Europa di materie prime energetiche, insieme alla messa in produzione di grandi giacimenti in Africa centrale, non connessi ad una significativa rete di trasporto, sta rendendo obbligata e profittevole la scelta tecnologica della liquefazione del gas metano ed il suo trasporto con navi gasiere. Un sistema, questo, che potrebbe rapidamente consentire alla Sardegna, senza opere infrastrutturali di lunga e costosa realizzazione, di avere una disponibilità pressoché immediata di metano. A questo proposito risulta decisiva l'azione del Governo per attuare in tempi rapidissimi la direttiva comunitaria 94/2014/UE, che prevede la realizzazione di infrastrutture di stoccaggio del gas naturale liquido per la realizzazione di una politica europea energetica che agevoli, tra le altre, l'utilizzazione di questa fonte. Il Governo ha la possibilità di «iniziare dalla Sardegna» l'attuazione della direttiva, concordando con la regione procedure autorizzative semplificate, la definizione di chiari standard di sicurezza per gli stoccaggi nelle aree portuali, e la destinazione di risorse, anche comunitarie, per favorire investimenti privati nella creazione di un numero adeguato di siti di stoccaggio, a partire dalle aree industriali attrezzate. Ciò non deve escludere la possibilità, in proseguo, di programmare e favorire la realizzazione di una dorsale sarda (nord/sud) di trasporto del metano, la realizzazione di grandi impianti di rigassificazione e la connessione della Sardegna alla rete nazionale dei gasdotti con una connessione alla Corsica ed al continente. Occorre inoltre agevolare, anche con atti di indirizzo all'autorità competente, la prima diffusione dell'utilizzo del metano tra le famiglie e le imprese, valutando un'eliminazione temporanea o un alleggerimento significativo delle accise sul gas, in modo da compensare rapidamente i costi di allaccio delle utenze;
    collaterale a questo tema, ma con tempi urgentissimi per la definizione della cornice normativa necessaria a garantire la certezza degli investimenti, rimane la ricerca di una soluzione a sostegno dell'industria metallurgica energivora (filiera dell'alluminio e del piombo-zinco) per la quale da tempo è in corso un'inesauribile trattativa tra regione, Stato e Unione europea sulle «compensazioni per i servizi di interrompibilità» in tutte le sue possibili declinazioni;
    rimangono le criticità relative al sistema dei trasporti da e per l'isola, specialmente sul versante della continuità aerea e marittima. Malgrado gli innegabili passi in avanti compiuti in questi ultimi anni, si pone l'esigenza di disegnare una Sardegna più coesa al suo interno e più vicina al resto del continente. La continuità territoriale aerea è totalmente sostenuta dal bilancio della regione per oltre 50 milioni di euro, nonostante il diritto alla mobilità in tutto il territorio italiano debba essere garantito a tutti i cittadini, compresi gli abitanti della Sardegna;
    relativamente alla continuità territoriale marittima, si rende necessaria l'approvazione di una nuova legge sulla continuità territoriale marittima ovvero di norme di attuazione dello statuto speciale, per regolamentare qualità e tipologia dei servizi anche in situazioni come quella attuale in cui un unico armatore risulta titolare di tutte le sovvenzioni statali, la cui erogazione è disciplinata da una convenzione da 72,5 milioni di euro all'anno e scade nel 2020 – sia per il trasporto dei passeggeri che delle merci. Una normativa speciale per la Sardegna, rispettosa delle disposizioni comunitarie e nazionali che disciplinano la materia, che tenga presenti i principi di permanenza (l'insularità è un handicap costante nel tempo), discriminazione positiva (garantire autentica parità con le altre regioni mediante misure volte a bilanciare gli svantaggi) e proporzionalità (tenere conto delle differenti situazioni che sono certamente il ristretto mercato regionale ma anche e soprattutto la distanza degli scali sardi da quelli del continente che nel minimo è di 125 miglia nautiche – praticamente sette ore di navigazione – contro le appena 2 miglia della Sicilia) e finalizzata a garantire un'efficiente mobilità delle persone e delle merci. In definitiva, nuove regole sulla continuità, che confermino la copertura finanziaria in capo allo Stato degli oneri per il servizio di trasporto sovvenzionato, riconoscano alla Sardegna il ruolo preminente nell'individuazione del contenuto degli oneri di servizio e compartecipazione alla responsabilità di selezione, con procedura di evidenza pubblica, delle compagnie di navigazione concessionarie del servizio. Nella prospettiva dell'attuazione della direttiva 2012/33/UE dell'Unione Europea, che impone l'abbattimento dello zolfo nei combustibili per il trasporto marittimo nel Mediterraneo proprio entro il 2020, e la prospettiva di diffusione del gas naturale liquido in Sardegna, la gara internazionale per la scelta dei vettori marittimi potrebbe ben essere associata alla realizzazione di infrastrutture portuali per il rifornimento delle navi nei porti sardi di destinazione delle rotte gravate da oneri di servizio pubblico, nonché da misure che favoriscano l'utilizzazione del gas naturale liquido come carburante pulito nei trasporti marittimi;
    la Sardegna è la regione italiana con i maggiori deficit infrastrutturali: l'indice di dotazione stradale della Sardegna è pari a un valore di 43,9, mentre nel Mezzogiorno e nelle altre isole è al 111,2. L'indice di dotazione ferroviaria è pari al 17,4 a fronte del 102,6 del Sud e delle altre isole. L'Unione europea nella definizione dello spazio unico europeo dei trasporti sostiene che «gli investimenti nell'infrastruttura di trasporto hanno un impatto positivo sulla crescita economica, creano ricchezza e occupazione e migliorano gli scambi commerciali, l'accessibilità geografica e la mobilità delle persone». Tutto ciò, evidentemente, non riguarda la Sardegna, dove il deficit delle infrastrutture si ripercuote negativamente sul tessuto sociale ed economico regionale. L'isola detiene, infatti, il record nazionale di disoccupazione giovanile, oltre il 40 per cento di giovani in età 15-24 anni; è ai primi posti fra le regioni italiane con il maggior numero di disoccupati (il 29 per cento degli italiani in fascia di età 20-64 anni); la percentuale di abbandono scolastico dei giovani sardi (oltre il 25 per cento) è la più alta in Italia; la Sardegna è la regione dove si registra il più alto indice di spopolamento nelle zone interne e svantaggiate;
    in un contesto regionale complessivamente al di sotto dei livelli minimi di infrastrutture e servizi e con complessi problemi demografici, si ripropongono ogni anno più drammatici, gli squilibri territoriali (mai risolti nonostante le numerose direttive e risorse europee destinate a risolvere, strutturalmente e definitivamente, gli squilibri territoriali), per cui in diverse sub-aree geografiche, in particolare ricadenti nell'entroterra sardo e nella Sardegna centro-meridionale, gli indici di cui si è trattato in premessa presentano valori prossimi al dramma e prefigurano situazioni sociali, economiche, demografiche e di ordine pubblico oramai, insostenibili. Si tratta di realtà territoriali particolarmente aspre dal punto di vista morfologico e significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), ricche di importanti risorse ambientali e culturali e fortemente diversificate;
    la questione Sardegna come questione nazionale è strettamente legata al tema dell'insularità: alle problematiche legate a questa condizione, che vedono la regione non efficientemente collegata alle reti dell'energia, delle comunicazioni e dei trasporti, con costi aggiuntivi per la popolazione; alla conseguenti difficoltà di cogliere e valorizzare le opportunità che, pure, derivano, dallo stato di insularità, in particolare, vista la centralità della Sardegna nel Mediterraneo, e le connesse potenzialità, che dalla stessa potrebbero derivare, per la costruzione di serie e lungimiranti politiche euro-mediterranee. Quello dell'insularità e del suo riconoscimento in ogni sede è un tema strettamente legato allo sviluppo economico, in particolare per quanto riguarda la mobilità, l'energia e il turismo della Sardegna, ma di tutta l'area euro-mediterranea;
    la Sardegna ha bisogno di un sistema industriale moderno ed ecocompatibile. Devono essere chiuse in tempi rapidi crisi industriali ormai aperte da troppo tempo. In particolare le grandi vertenze del Sulcis, che riguardano gli stabilimenti dell'Alcoa e dell'Eurallumina. Nell'area di Ottana si è prodotto un deserto industriale non più accettabile. Relativamente a Porto Torres, il protocollo d'intesa sulla chimica verde del 2011 prevedeva 1,2 miliardi di euro di investimenti entro 5 anni, eppure finora ne sono stati spesi solo il 25 per cento ed è stato comunicato da Eni che si proseguirà solo sulle bonifiche, cancellando altri investimenti senza una vera ipotesi alternativa alla prospettata centrale a biomasse da 250 milioni di euro;
    poiché il valore degli investimenti relativi alle bonifiche industriali e legate alle aree militari supera i 500 milioni di euro e interessa almeno 5 siti, non si possono ammettere ritardi e serve, soprattutto, che il Governo definisca una regia istituzionale consentendo che, oltre al risanamento, la Sardegna possa beneficiare anche di parte degli investimenti economici e delle competenze professionali e d'impresa necessarie;
    la Sardegna è da considerarsi parte lesa in quello che può essere considerato uno dei più grandi scandali della recente storia italiana: il mancato svolgimento del G8 sull'Isola de La Maddalena. Quattrocentosettanta milioni di euro di denaro pubblico che hanno consegnato al nulla 27 mila metri quadrati di edifici, 90 mila metri di aree a terra e 110 mila metri quadri di mare. Nessun progetto privato fino a oggi è mai partito. Insieme allo spreco di denaro, c’è l'enorme danno ambientale, con i veleni liberati dai fondali della darsena dell'ex arsenale militare, mercurio e idrocarburi pesanti, la cui dispersione ha raggiunto, sedimentandosi in profondità, l'area limitrofa allo specchio di mare del Parco de La Maddalena. Urgono bonifiche urgenti per le quali non esistono risorse sufficienti e anche se si dovessero trovare, l'accordo tra le amministrazioni dello Stato (Presidenza del Consiglio dei ministri, ministero, regione, comune) non è ancora raggiunto. La Protezione civile al termine dei lavori ha consegnato l'hotel e centro congressi al concessionario Mita Resort. Questo, una volta verificato che le bonifiche non erano state fatte e che era impossibile aprire l'albergo in quelle condizioni, senza poter usare la darsena, ha tirato in causa la Protezione civile, ottenendone in un arbitrato la condanna al pagamento dei danni (39 milioni di euro). Nel lodo arbitrale si è deciso, inoltre, che le chiavi delle strutture debbano essere riconsegnate alla Protezione civile, non alla regione, che ne è proprietaria ma non ne è mai venuta in possesso. E viene esplicitamente affermato che la regione Sardegna è estranea alla contesa. Ora la Protezione civile ha presentato un ricorso, prolungando una vicenda giudiziaria che ancora una volta taglia fuori la regione, alla quale rimane soltanto l'obbligo di versare ogni anno circa 500 mila euro di Imu a fronte del canone annuo di 65 mila euro che la società Mita Resort deve alla regione per 40 anni, ma che, dal 2009 a oggi, non ha mai versato;
    nell'anno di Expo 2015 dedicata al cibo, la Sardegna non può essere posta ai margini del sistema agroalimentare nazionale per motivi legati alla peculiarità di alcune produzioni o al mantenimento di alcune condizioni di privilegio di altre regioni più grandi, impedendo la competizione tramite la valorizzazione dei suoi sistemi produttivi. Serve un indirizzo politico del Governo anche nei confronti di uffici che tendono alla conservazione: il fondo di valorizzazione del comparto del latte bovino che oggi esclude il comparto ovicaprino al quale la Sardegna contribuisce con quasi l'80 per cento dell'intero patrimonio nazionale; il comparto ittico che vede la Sardegna esclusa dall'aumento del 20 per cento annuo delle quote europee per l'Italia, come confermano le scelte recenti per la regolamentazione della pesca del tonno rosso, nelle quali è stata del tutto ignorata una richiesta equilibrata della regione; il settore ippico considerato di grande interesse per gli investitori internazionali provenienti dal Medio oriente e che richiede normative più avanzate sulle quali viene opposto un ostacolo incomprensibile alle richieste della regione;
    deve essere garantito il pagamento delle mensilità degli ammortizzatori sociali in deroga, dai quali, in Sardegna, dipendono oltre 43.000 persone nell'isola e per i quali si è fermi ai primi due ratei del 2014. A legislazione vigente solo altre 4 mensilità saranno pagate se non si consente all'isola di accedere alle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione decurtate nel giugno 2014. E infatti, le richieste di accesso agli ammortizzatori sociali in deroga relative all'anno 2014 interessano, in Sardegna, complessivamente, 26.763 lavoratori, dei quali 9.494 per provvedimenti di cassa integrazione in deroga e 17.269 di mobilità in deroga e ad oggi, il Governo ha assegnato, 17.313.000 euro (decreto ministeriale 6 agosto 2014) e 21.641.000 euro (decreto ministeriale 4 dicembre 2014), così che con le prime risorse assegnate sono state pagate due mensilità di trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, ma l'Inps dai primi di febbraio 2015 ha interrotto i pagamenti a seguito dell'esaurimento dei fondi. Per il completamento dei pagamenti relativi al 2014 sono necessari ancora 179 milioni di euro, di cui solo 50 arriveranno dopo un prossimo decreto ministeriale che il Ministro del lavoro, Giuliano Poletti, ha annunciato e che consentirà il pagamento di ulteriori tre/quattro mensilità rendendo ancora necessario il reperimento di circa 130 milioni di euro: tali risorse potrebbero essere recuperate considerato che la delibera Cipe 30 giugno 2014, n. 21, nel disporre meccanismi di disimpegno automatico e sanzionatori a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013, ha disposto a carico della regione Sardegna, una decurtazione pari a circa 107 milioni di euro, derivante dall'applicazione di misure sanzionatorie nella misura del 10 per cento, per un importo di circa 24 milioni di euro, e nella misura del 15 per cento, per un valore pari a circa 83 milioni di euro, su interventi che hanno fatto registrare ritardi nell'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti e che la sopra citata delibera Cipe n. 21 del 2014 ha disposto il finanziamento degli «ammortizzatori sociali in deroga», per un importo pari a 100 milioni di euro, a valere sulle decurtazioni operate dalla stessa, e che tali risorse sono confluite tra le fonti generali di finanziamento dei decreti ministeriali di assegnazione delle risorse alle regioni e che al netto delle finalizzazioni operate dalla suddetta delibera Cipe n. 21 del 2014, risulta, quindi, la disponibilità per successive finalizzazioni per un importo complessivo di 182 milioni euro, tra i quali è moralmente indispensabile prevedere la copertura del fabbisogno della cassa integrazione guadagni in deroga nell'isola;
    l'alluvione in Sardegna del 2003 è l'unica tra le calamità naturali avvenute negli ultimi tre anni in Italia i cui danni non siano stati ripagati né alle imprese né alle famiglie. In sede di esame del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151 (cosiddetto «salva Roma bis») era parso possibile ottenere specifiche misure di sostegno finanziario che furono invece rinviate ad un disegno di legge ordinario rimasto bloccato alla Camera dei deputati. Gli unici interventi finora realizzati sono il finanziamento iniziale di 20 milioni di euro per il ripristino immediato della viabilità temporanea, il mandato di commissario al presidente Anas per il ripristino delle strade provinciali e un intervento di 10 milioni di euro per le scuole primarie introdotto con la legge di stabilità 2015;
    il previsto trasferimento in Sardegna di decine di detenuti sottoposti ai regimi di massima sicurezza, condannati per reati di mafia, ha destato un forte allarme sociale per il timore che possano prodursi infiltrazioni mafiose in una regione impreparata, anche considerato che, a tutt'oggi, non sono conosciuti né il piano dei trasferimenti, né il piano definitivo di razionalizzazione del sistema penitenziario sardo, né la presenza di nuove e ulteriori strutture di prevenzione e sicurezza a partire dalla richiesta di una seconda direzione distrettuale antimafia da parte del sistema istituzionale e giudiziario sardo;
    quella sarda è la più grande minoranza linguistica italiana, composta da oltre un milione e mezzo di persone, come riconosciuto dalle legge n. 482 del 1999, adottata in applicazione dell'articolo 6 della Costituzione. In virtù di questa specificità, da anni la regione autonoma della Sardegna si è dotata di un suo piano della lingua e sostiene la produzione di notiziari radiotelevisivi e programmi in lingua sarda, diffusi anche dal servizio pubblico per effetto di una convenzione stipulata con la Rai-Radiotelevisione italiana. La situazione isolana non solo è assimilabile a quella presente nelle province autonome di Trento e Bolzano e nelle regioni della Valle d'Aosta e del Friuli Venezia Giulia, ma presenta delle sue specificità, essendo in Sardegna presenti delle lingue alloglotte, come il catalano di Alghero, il Sassarese, il Gallurese e il Tabarchino dell'isola di San Pietro. In virtù di questa varietà e ricchezza linguistica e delle leggi già vigenti nell'ordinamento, sarebbe auspicabile estendere alla Sardegna il medesimo trattamento normativo e relativo ai trasferimenti statali previsto per la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni necessaria iniziativa istituzionale, legislativa, economica-finanziaria e organizzativa finalizzata allo sviluppo locale e alla crescita dell'occupazione in Sardegna, connessa alla più efficace valorizzazione delle principali vocazioni produttive della regione, anche per il particolare ruolo che occupa nel Mediterraneo;
   a riconoscere la «specialità» della condizione di insularità, nella programmazione di tutte le politiche di sviluppo nazionali, insularità comprensiva dell'accezione problematica, come costo aggiuntivo per la popolazione, naturale difficoltà per la Sardegna di essere connessa ai network nazionali e intesa come opportunità, considerata la centralità della Sardegna nel Mediterraneo, e le connesse potenzialità, che dalla stessa potrebbero derivare, per la costruzione di serie e lungimiranti politiche euro-mediterranee;
   ad inserire nell'agenda di Governo la questione sarda, i vincoli allo sviluppo e, insieme, le opportunità legate all'insularità e ai limiti infrastrutturali, anche attraverso la convocazione di uno specifico tavolo istituzionale Stato-regione, all'occorrenza partecipato anche dalle rappresentanze delle autonomie locali e delle forze sociali sarde, per l'esame del complesso delle vertenze aperte, sul fronte istituzionale, finanziario, economico-produttivo e sociale, al fine di una loro progressiva e celere risoluzione;
   a definire la questione energetica con l'avvio immediato di un tavolo tecnico e istituzionale per la metanizzazione dell'isola, che veda l'attuazione privilegiata sia nei tempi sia nelle risorse delle direttive dell'Unione europea 2014/94/UE e 2012/33/UE in materia di infrastrutture di stoccaggio del gas naturale liquido e di abbattimento dello zolfo nei combustibili per il trasporto marittimo; a monitorare e definire procedure chiare, rapide e semplificate per l'autorizzazione di impianti di stoccaggio del gas naturale liquido non solo a terra ma anche nelle aree portuali e per le tecnologie navali di trasporto, utili ad una quanto più veloce dotazione infrastrutturale che consenta l'uso del gas naturale liquido nell'isola;
   a valutare la possibilità di applicare misure fiscali atte a favorire la rapida compensazione dei costi delle famiglie e delle imprese finalizzate alla dotazione tecnologica per l'utilizzazione del metano, anche mediante gli opportuni indirizzi all'Autorità per l'energia il gas e il servizio idrico;
   a promuovere una continuità territoriale aerea e marittima in grado di garantire la concorrenza e il miglior servizio per i cittadini, sardi e non, in particolare, a sostenere e favorire, per quanto di competenza, l'introduzione di una nuova disciplina sulla continuità territoriale marittima ovvero a concorrere con la regione Sardegna alla redazione di norme di attuazione dello statuto speciale in materia di trasporto marittimo;
   a favorire il superamento del deficit infrastrutturale della Sardegna, assegnando alla regione risorse statali e comunitarie aggiuntive e con specifica destinazione, fra le altre, per le aree interne della Sardegna, per interventi volti a superare il deficit stesso, l'inefficienza dei servizi scolastici e sanitari, le problematiche legate all'abbandono del territorio;
   a promuovere la chiusura rapida del confronto sull'applicazione dell'articolo 8 dello statuto e il pieno riconoscimento del debito pregresso come richiesto dalla giunta regionale della Sardegna;
   a definire un nuovo accordo tra la regione e lo Stato che preveda la revisione dell'estensione territoriale delle servitù militari con un accordo con i comuni sui quali gravitano le servitù per l'accesso alle spiagge nella stagione turistica, una programmazione pluriennale per investimenti nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che si rapporti con la quantità di territorio utilizzato rendendo sostenibile l'impegno dell'isola nel campo della difesa;
   ad assumere iniziative per estendere alla Sardegna, quale più grande minoranza linguistica italiana, il medesimo trattamento normativo, e relativo ai trasferimenti statali, previsto per la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
   a promuovere l'apertura di un tavolo generale sulle tre aree di crisi industriali per valutare nell'insieme una strategia produttiva ed energetica per l'isola, una possibile nuova declinazione della vocazione industriale di alcuni territori, portando a conclusione le vertenze industriali ormai aperte da troppo tempo, valutando il possibile utilizzo di alcuni strumenti legislativi già disponibili, come l'istituzione delle aree di crisi complessa, per definire un piano operativo regionale di rilancio delle imprese strategiche (si veda il settore dell'alluminio), come di bonifica delle aree inquinate;
   ad istituire un tavolo istituzionale per individuare le necessarie iniziative normative volte a incentivare il settore agroalimentare al fine del rilancio a livello regionale di un comparto strategico anche alla luce del ruolo di Expo, sia sul fronte della produzione legata al patrimonio ovino che a quello ittico che ad ambiti strategici per gli investitori internazionali;
   ad assumere iniziative per individuare la copertura dei costi del 2014 della cassa integrazione guadagni in deroga per i 43.000 lavoratori sardi attraverso l'adozione di una delibera Cipe di assegnazione, in favore della regione Sardegna, dell'importo derivante dai meccanismi sanzionatori disposti nel giugno 2014 (delibera Cipe n. 21 del 2014, pari a circa 110 milioni di euro, per il finanziamento degli «ammortizzatori sociali in deroga»);
   a ridiscutere il piano carcerario per l'isola, degli interventi a breve e medio termine, compresi quelli relativi al rafforzamento della struttura di prevenzione e di sicurezza per l'isola.
(1-00854)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Mura, Cani, Capelli, Di Gioia, Marrocu, Martella, Marco Meloni, Meta, Pes, Rosato, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Scanu, Pinna».


   La Camera,
   premesso che:
    in base al rapporto Svimez (diffuso nell'ottobre 2014), nel 2013 il prodotto interno lordo è crollato nel Mezzogiorno del 3,5 per cento, un calo superiore di quasi due punti percentuali rispetto al Centro-Nord (-1,4 per cento); per il sesto anno consecutivo il prodotto interno lordo del Mezzogiorno registra un segno negativo e negli anni di crisi (2008-2013) il Sud ha perso il 13,3 per cento contro il 7 per cento del Centro-Nord; in quest'ambito la Sardegna registra per il 2013 un calo superiore alla media con una riduzione del prodotto interno lordo del 4,4 per cento, mentre per il periodo 2008-2013 il calo è del 13,3 per cento;
    nel 2014, mentre le regioni del Centro-Nord hanno iniziato una faticosa ripresa, il Sud ha continuato nella sua spirale discendente. Per la Sardegna questo significa un calo ulteriore del prodotto interno lordo dello 0,8 per cento; nell'isola il prodotto interno lordo pro capite è pari a 18.620 euro annui, circa la metà della Valle d'Aosta, e il tasso di popolazione in disagio sociale è tra i più elevati d'Italia, il 31,7 per cento. Le famiglie povere sono pari al 24,8 per cento. Il tasso di disoccupazione supera il 19 per cento, il tasso di disoccupazione per i giovani con meno di 24 anni è pari al 54 per cento. Sono in aumento sia la percentuale di laureati emigrati (21,6 per cento), sia il tasso di dispersione scolastica pari al 27 per cento;
    in un'economia ormai in fase di stagnazione, dalla fine del 2013 al settembre 2014 il numero di imprese artigiane della Sardegna è calato del 2,4 per cento. Il rapporto congiunturale sulle imprese artigiane dell'isola, presentato a Cagliari dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa a fine ottobre 2014, segnala che in media ogni mese nell'isola falliscono cento aziende artigiane. Assoturismo registra un bilancio negativo anche nell'ambito delle imprese turistiche, con numero di chiusure pari quasi al doppio delle nuove aperture, nonostante il trend turistico indichi per il 2015 un aumento degli afflussi turistici nella regione;
    in questo quadro è opportuno registrare positivamente quanto stabilito dai commi 511 e 514 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015, nei quali si è stabilito che:
     a) le entrate afferenti al territorio della regione Sardegna siano destinate per 50 milioni di euro alle copertura di spese in conto capitale della regione e per la restante parte alla riduzione del debito della regione Sardegna stessa e degli enti locali del proprio territorio;
     b) la regione potrà usufruire di una maggiore manovrabilità della leva fiscale e di una maggiore autonomia nell'utilizzo delle risorse, anche grazie alla riscrittura dell'articolo 10 dello statuto regionale;
    il 6 maggio 2015 la giunta regionale ha autorizzato l'utilizzo dei primi 150 milioni di euro di riserve erariali per abbattere il debito pubblico della Sardegna; tuttavia, sussiste ancora un contenzioso finanziario dovuto alla difformità di interpretazione in merito all'attribuzione di alcuni tributi erariali e ad un residuo debito statale per circa un miliardo da saldare nei confronti della regione sarda, tenendo conto che la stessa regione ha contribuito al ristoro del debito dello Stato per oltre 570 milioni di euro negli anni 2013-2014, con previsione di un ulteriore apporto a decorrere dal 2015 di 97 milioni di euro (comma 400 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015);
    in Sardegna oltre 35.000 ettari di territorio, pari al 61 per cento del totale delle aree del territorio nazionale, sono oggetto di servitù e 80 chilometri di coste sono sotto vincolo di servitù militare; ma nell'isola si investe solo il 2 per cento dei costi relativi alla funzione difesa. Nel gennaio 2015 la giunta regionale ha chiesto misure di riequilibrio volte a ridurre e compensare i danni sanitari, ambientali, sociali ed economico-produttivi subiti che derivano dai vincoli delle servitù militari; ha chiesto inoltre la progressiva diminuzione delle aree soggette a vincolo oltre alla dismissione di alcuni poligoni;
    un documento condiviso, siglato dalla regione e dal Ministero della difesa a gennaio 2015, prevede di valutare ipotesi di riequilibrio che riducano il gravame delle servitù militari. Nel mese di aprile 2015 si è aperto uno specifico «tavolo Stato-regione» con l'obiettivo di individuare meccanismi per la mitigazione dell'impatto della presenza militare in Sardegna e la definizione dei costi sia per il mancato sviluppo, sia in relazione ai danni ambientali;
    alle imprese sarde l'energia costa trecento milioni di euro l'anno, il 50 per cento in più rispetto alla media dei Paesi dell'Unione europea, mentre l'Italia si attesta su un +30 per cento rispetto alla media europea. Per ogni impresa sarda si tratta di maggiori costi per oltre 2.700 euro l'anno. Gli alti costi e la crisi economica hanno comportato il crollo dei consumi elettrici: un'elaborazione dell'ufficio studi di Confartigianato relativa alla domanda di energia elettrica delle imprese, su dati Terna del 2012 e 2013, ha evidenziato il dato che a livello regionale si è passati da 7.383 a 5.573 gigawatt/ore, con una riduzione dei consumi del 24,5 per cento;
    in tale ambito sussiste un duplice problema: da un lato, anche a seguito dell'uscita dal progetto Galsi, la Sardegna è l'unica regione a non essere metanizzata; inoltre, occorre ricordare che la regione deve ancora subentrare nella gestione degli invasi sfruttati dall'Enel per uso idroelettrico, che, ai sensi del decreto legislativo n. 79 del 1999 sono in concessione fino al 2029; infine, i gestori delle centrali sarde sono ancora in attesa della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il servizio idrico che proroghi anche per il 2015 il riconoscimento del regime di essenzialità per gli impianti di produzione sul territorio dell'isola; tale decisione è di primaria importanza affinché Terna riconosca ai gestori i costi di produzione dell'energia, in modo da garantire alle imprese sarde di poter fruire di più bassi costi dell'energia;
    contestualmente la Sardegna è divenuta una piattaforma di produzione di energia rinnovabile da impianti fotovoltaici ed eolici ed è interessata da numerosi progetti per la realizzazione di pozzi marini per la ricerca di petrolio e gas naturale; peraltro il decreto-legge «sblocca Italia» n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, ha ridotto il potere della regione di decidere su prospezioni e coltivazioni di giacimenti di idrocarburi;
    per quel che riguarda l'attuazione del principio della «continuità territoriale», intesa come fattore di riequilibrio di condizioni permanenti di svantaggio derivanti dall'insularità e volta ad assicurare la parità di trattamento, in termini di mobilità interna all'Unione europea, dopo la privatizzazione della compagnia marittima Tirrenia, il 31 luglio 2014 la regione ha siglato un accordo con la compagnia con il quale si è mantenuto un regime tariffario favorevole, ma sono stati ridotti fortemente non solo le corse, specie nel periodo invernale, ma anche i punti di attracco; si consideri altresì che la Tirrenia continuerà a ricevere dallo Stato 52 milioni di euro l'anno fino al 2020 per compensazioni relative alla continuità territoriale;
    a luglio 2015, cioè alla fine del primo periodo regolatorio, da più parti si richiede una profonda rivisitazione della convenzione in quanto il contratto di servizio è ritenuto carente e fondato su parametri di traffico non corretti e complessivamente non rispettoso delle reali esigenze di collegamento della Sardegna; è anche necessario riconsiderare la continuità territoriale merci, ove si tenga conto che i prodotti della regione continuano a soffrire un gap di competitività dovuto alla distanza dai mercati e che negli ultimi 5 anni è scomparso il 21,4 per cento delle imprese di autotrasporto dell'isola;
    quanto al trasporto aereo, nell'ottobre 2014 è stato ritirato, dopo le osservazioni comunitarie, il decreto relativo alla proposta della «continuità territoriale 2» che avrebbe imposto gli oneri di servizio pubblico per i voli tra gli aeroporti di Alghero, Cagliari e Olbia e gli scali cosiddetti minori della penisola: Bologna, Verona, Torino a Napoli; la decisione comunitaria, basata sull'osservazione che per tali tratte esistono già voli di compagnie low cost, ha posto definitivamente in crisi la Meridiana, con il concreto rischio (poi in parte rientrato) di oltre 1600 licenziamenti nel 2015. Meridiana ha svolto in passato un ruolo importante nella continuità territoriale da e per la Sardegna e la decisione comunitaria di favorire le compagnie low cost non appare del tutto congrua con le esigenze occupazionali, ma soprattutto con le esigenze di copertura del servizio anche al di là della redditività economica; peraltro il 13 novembre 2014 sono stati approvati al Senato della Repubblica alcuni atti di indirizzo con i quali il Governo si è impegnato a verificare la compatibilità del piano industriale di Meridiana con il piano generale del trasporto aereo; a definire un'adeguata strategia con la regione sarda che consenta politiche di trasporto aereo per garantire la continuità territoriale di residenti e non residenti; a garantire in linea con la normativa europea regimi tariffari e un adeguato numero di collegamenti aerei da e per la Sardegna di breve e medio raggio, per favorire la libera circolazione di persone e mezzi;
    in materia di infrastrutture, il 2014 e il primo scorcio del 2015 hanno evidenziato segnali indubbiamente positivi per la Sardegna. Nel corso del 2014 è stata registrata una lieve ripresa dei lavori pubblici essendo stati banditi 1.103 appalti del valore di circa 761 milioni di euro, relativi a 980 gare; inoltre il Cipe nel marzo 2015, ha definitivamente approvato il piano per il Sulcis, dotandolo di 127 milioni di euro; infine, nella tabella E della legge di stabilità per il 2015, è stato previsto un fondo di 700 milioni di euro, grazie al quale la regione ha avviato un piano infrastrutturale in cui sono previsti 259 interventi per oltre 550 milioni di euro;
    con riferimento alla legge obiettivo per le infrastrutture strategiche, la Sardegna ha in programma interventi per 6,3 miliardi di euro, su un valore complessivo degli interventi di 285,2 miliardi di euro. Le disponibilità finanziarie ammontano a 3,2 miliardi di euro mentre il fabbisogno residuo ammonta a 3,1 miliardi di euro. Il progetto «Piastra logistica euro mediterranea della Sardegna» prevede importanti investimenti su due delle principali arterie stradali, la strada statale 131 (circa 1,7 miliardi di euro) e la strada statale 597/199 Sassari-Olbia (927 milioni di euro). Quest'ultima opera è finanziata per un importo pari a 606,5 milioni di euro con le risorse del piano nazionale per il sud ed è considerata prioritaria dal Governo. Si tratta dell'unica infrastruttura regionale del Programma delle infrastrutture strategiche inserita tra le opere prioritarie di cui all'Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza 2015 (aprile 2015); ulteriori opere prioritarie potranno essere individuate in occasione della definizione, entro il mese di settembre 2015, del Documento pluriennale di pianificazione; si rammenta che con il Documento di economia e finanza 2009, oltre alle due opere citate, il Governo si era impegnato anche alla realizzazione della trasversale centrale sarda e del tunnel sotterraneo a Cagliari;
    la Sardegna tuttavia non è ricompresa nell'elenco di progetti infrastrutturali relativi al cosiddetto piano Junker, avviato nel gennaio 2015 con l'intento di rilanciare la crescita economica e in relazione al quale l'Italia ha presentato in tutto 98 progetti per un costo complessivo di oltre 200 miliardi di euro; poiché tale piano non è ancora del tutto definito potrebbe esservi ricompreso il rilancio dell'Alcoa, così come vi è stata compresa l'Ilva di Taranto,

impegna il Governo:

   in relazione al contenzioso finanziario ancora in essere tra lo Stato e la regione Sardegna, ad individuare con urgenza una soluzione condivisa che detti criteri certi di suddivisione delle quote e determini un maggior rafforzamento del ruolo della regione;
   in sede di trattativa Stato-regione Sardegna per quel che riguarda le servitù militari, a valutare l'ipotesi di ridurre le aree della regione soggette a vincolo e contestualmente, nel quadro della trasparenza necessaria sui dati che riguardano la salute dei cittadini, a fornire tutte le informazioni sulle aree contaminate dalle attività militari e una valutazione sugli oneri necessari alla loro bonifica e messa in sicurezza;
   al fine di garantire maggiore competitività alle imprese della regione:
    a) a porre in essere le iniziative necessarie a riequilibrare il differenziale dei costi dell'energia tra la Sardegna e la media dei costi sostenuti nel resto della penisola;
    b) ad avviare le procedure di competenza al fine di istituire in Sardegna una o più zone franche, come previsto dallo statuto speciale della Sardegna;
   in considerazione dei limiti riscontrati nell'applicazione del principio di continuità territoriale:
    a) in vista della prossima revisione prevista per luglio 2015 della convenzione tra Tirrenia e regione Sardegna, ad adoperarsi, per quanto di competenza, per l'ampliamento dei servizi compresi nel contratto di servizio, anche in considerazione del fatto che la Tirrenia, che ha i bilanci in attivo, percepisce contributi dal bilancio dello Stato;
    b) tenuto conto degli atti di indirizzo in materia, approvati dal Senato della Repubblica il 13 novembre 2014, a valutare la possibilità di riproporre il cosiddetto decreto «continuità territoriale 2», secondo modalità che tengano conto delle osservazioni comunitarie;
    c) ad adoperarsi per rafforzare la continuità territoriale merci, che già in passato era stata stabilita per legge mediante applicazione di un regime compensativo in favore delle imprese di trasporto residenti sull'isola, in considerazione del gap competitivo di cui ancora soffrono i beni prodotti in regione e della crisi dell'autotrasporto locale;
    d) a monitorare gli incrementi delle tasse di imbarco nei porti e negli aeroporti della terraferma, a carico dei passeggeri, dei mezzi e delle merci verso la Sardegna, come denunciato dalla regione più volte, intervenendo per una loro riduzione qualora le suddette tasse si configurino come non giustificate;
    e) ad avviare una puntuale analisi e ad assumere, ove necessario, iniziative per la modifica sostanziale delle norme vigenti e della loro applicazione al fine di assicurare la piena mobilità dei cittadini sardi, da e verso la Sardegna;
   in materia di attuazione dei piani infrastrutturali, così come descritti in premessa, in vista della definitiva stesura, prevista per settembre 2015, del documento pluriennale di pianificazione, sentita la regione Sardegna, a dare priorità realizzativa ed adeguata dotazione finanziaria:
    a) agli interventi in materia di adeguamento delle reti stradali e ferroviarie;
    b) agli interventi in ambito portuale;
    c) agli interventi necessari a ridurre il prezzo dell'energia nell'isola, con particolare riferimento al progetto di interconnessione elettrica con l'Italia e agli interventi del piano degli elettrodotti della rete elettrica di trasmissione nazionale;
   con riferimento ai progetti relativi al cosiddetto piano Junker, a valutare se non sia opportuno ricomprendere nei progetti presentati dall'Italia taluni interventi nella regione Sardegna, ivi compreso un piano di rilancio dell'Alcoa, quale industria strategica nazionale.
(1-00855) «Piso, Dorina Bianchi, Capelli».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto dello Svimez sulla situazione dell'economia del Mezzogiorno nel 2014, per quanto riguarda la Sardegna, delinea uno scenario allarmante rispetto ai principali indicatori macroeconomici, e soprattutto con riferimento al tasso di disoccupazione, che si attesta al 17,5 per cento, e al calo del prodotto interno lordo, che nell'isola è crollato del 4,4 per cento, registrando una flessione molto superiore a quella già negativa del -3,5 per cento rilevata rispetto al Sud nella sua interezza;
    nell'anno preso in esame dal rapporto pubblicato nell'ottobre del 2014, nel settore manifatturiero sardo sono state concesse quasi dieci milioni di ore di cassa integrazione, si è verificato un calo dei consumi del 2 per cento e sono aumentate le famiglie che si trovano in una condizione di povertà relativa, arrivate ad essere quasi una su quattro;
    se a questo si aggiunge l'elevato tasso di emigrazione dei giovani in cerca di occupazione, a sua volta sommato al persistente calo demografico, che in tutto il Sud ha toccato il minimo storico delle nascite dal 1861, è agevole comprendere perché lo Svimez paventi il rischio di una «desertificazione umana ed industriale» dell'isola e di tutto il Meridione;
    il rapporto ha segnalato altresì come l'attuazione del Piano di azione per la coesione prosegua molto a rilento, posto che a dicembre 2013 risultava realizzato appena l'otto per cento dei programmi di spesa, pari ad una somma di 728 milioni di euro a fronte degli oltre nove miliardi previsti;
    sarebbe in ritardo anche la definizione dell'accordo di partenariato, il documento strategico e programmatico fondamentale per il prossimo ciclo per lo sviluppo e la coesione, che articola undici obiettivi tematici in circa settanta risultati attesi, e restano preoccupanti le condizioni macroeconomiche stabilite nei regolamenti che dovrebbero avvantaggiare le aree in ritardo di sviluppo, se si considerano l'esclusione degli investimenti infrastrutturali per espressa scelta programmatica europea e la mancanza di un programma nazionale per l'energia;
    la dote finanziaria per le politiche di sviluppo dei prossimi sette anni per le tre regioni Abruzzo, Molise e Sardegna è di poco superiore al miliardo di euro;
    la Sardegna risente di pesanti ritardi nel settore infrastrutturale e di perduranti stati di crisi nei settori industriale e produttivo;
    la Sardegna è l'unica regione d'Italia a non essere ancora metanizzata e la recente rinuncia al progetto Galsi, vale a dire la realizzazione di un metanodotto per trasportare il gas dall'Algeria in Italia proprio attraversando l'isola, decretata dalla giunta Pigliaru nella primavera del 2014, fa si che le uniche possibilità per alleviare la condizione di tragico ritardo in cui la stessa si trova in materia di energia siano il metanodotto Piombino-Gallura o, in alternativa, la realizzazione di uno o due rigassificatori;
    l'energia prodotta in Sardegna, infatti, non può essere stoccata e utilizzata nei periodi di maggiore necessità ma viene venduta altrove, in particolare nel centro-sud Italia, e di conseguenza il costo dell'energia nell'isola, consumata soprattutto nel settore industriale, con il 53 per cento, rimane particolarmente elevato, soprattutto se confrontato con i prezzi che sopportano le altre regioni italiane per l'approvvigionamento energetico, risolvendosi in un danno non solo alle famiglie ma anche alla competitività delle imprese;
    l'unica fonte energetica presente nell'isola che può essere messa a confronto con il metano è il gpl, che, tuttavia, ha un costo superiore di ben quattro volte, al netto delle imposte, rispetto al gas naturale;
    il gap infrastrutturale che affligge la Sardegna è pesante anche con riferimento ai collegamenti stradali e ferroviari, se si considera che i tempi di percorrenza in treno sfiorano le quattro ore per duecento chilometri e che in molte zone dell'entroterra le strade che collegano i singoli Paesi sono spesso impraticabili per lunghi periodi dell'anno;
    in una realtà territoriale insulare quale è quella sarda assume particolare importanza la continuità territoriale, intesa come equivalenti opportunità di trasferimento da e per l'isola, e costituisce la condizione minima anche solo per poter garantire un'ipotesi di sviluppo turistico del territorio;
    una buona dotazione infrastrutturale riveste un ruolo strategicamente basilare per lo sviluppo dell'economia locale, imperniata sul binomio infrastrutture/competitività;
    in seguito ad alcune sentenze della Corte costituzionale la regione Sardegna è in attesa di ricevere la quota parte delle entrate tributarie ad essa spettanti da parte del Governo perché nel corso degli anni non ha riconosciuto il gettito fiscale stabilito dallo statuto, e quello che è stato versato sinora è stato vincolato all'estinzione del debito pubblico locale, invece di permettere alla stessa regione di effettuare i necessari investimenti;
    il processo di deindustrializzazione che sta avendo luogo nel territorio del Sulcis-Iglesiente in seguito alla sostanziale chiusura del distretto industriale e minerario causata dal crollo del valore dei metalli e dei minerali sui mercati, nonché dall'elevata incidenza dell'energia sui costi di produzione, sta determinando una vera e propria emergenza sociale per le migliaia di lavoratori coinvolti;
    il piano straordinario per il Sulcis approvato nel 2012, che prevedeva la salvaguardia del tessuto produttivo attraverso iniziative industrialmente sostenibili, la realizzazione cosiddetto polo tecnologico energia, la realizzazione delle necessarie infrastrutture, nonché la definizione di piani e progetti di formazione e riqualificazione professionale e ricollocamento dei lavoratori, non è ancora attuato;
    un'ulteriore problematica che affligge i territori sardi è quella relativa alla dispersione scolastica, acuita, da un lato, dal problema della viabilità, e, dall'altro, dalla chiusura di istituti scolastici per asserite esigenze di contenimento della spesa pubblica;
    la concessione di deroghe per l'apertura delle prime classi dovrebbe essere improntata anche al rispetto delle caratteristiche delle regioni interessate, anche sotto il profilo della viabilità (strade, servizio di trasporto, distanza tra istituto e paese d'origine) delle sue cittadine e province;

    alcuni paesi del centro della Sardegna, in particolar modo dei paesi della Barbagia, (Desulo, Tonara, Belvì, Aritzo) vivono in una preoccupante condizione di isolamento a causa della carenza di infrastrutture viarie e questo penalizza la frequenza scolastica, posto che i ragazzi devono partire la mattina presto per poi fare ritorno solo il pomeriggio tardi o la sera;
    i sindaci di questi paesi lottano quotidianamente contro i vincoli del patto di stabilità per garantire i servizi ai propri cittadini, valorizzando, al contempo, le tradizioni artigianali, culinarie e agricole dei propri territori;
    si tratta di paesi dalla storia centenaria, che hanno superato indenni guerre, isolamenti e avversità atmosferiche ma che ora stanno soccombendo davanti a Governi che si dimostrano poco sensibili alle richieste e alle necessità delle proprie piccole comunità locali;
    ogni anno in Sardegna bruciano centinaia di ettari di terreno, spesso per mano di piromani che puntano al disboscamento di alcune zone a fini di speculazione edilizia senza che la Protezione civile sia stata dotata né dei mezzi né del personale necessari a combatterli con la necessaria rapidità ed efficacia;
    ancora non sono stati erogati tutti i rimborsi per i danneggiamenti subiti da diverse province in occasione dell'alluvione del novembre 2013, che ha distrutto anche le infrastrutture presenti sul territorio, quali principalmente strade, ponti e tratte ferroviarie,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa di competenza necessaria alla corretta programmazione e finalizzazione delle somme stanziate in favore della regione Sardegna dalla programmazione comunitaria;
   ad elaborare politiche fiscali compensative in materia energetica per rendere competitivi i prezzi al consumo sull'isola, agevolando famiglie e imprese, e, in questo ambito, a sostenere la realizzazione del progetto di metanodotto Piombino-Gallura o dei rigassificatori al fine di consentire il rilancio produttivo delle stesse imprese e per garantire una maggiore sicurezza di approvvigionamento energetico per l'intero territorio nazionale;
   ad attivare con estrema urgenza, nelle more della metanizzazione dell'isola, tutte le iniziative sul piano amministrativo e fiscale dirette alla copertura della differenza di costo tra gpl e metano, al fine di ripristinare la condizione di parità e reciprocità delle famiglie e delle imprese sarde con il resto della nazione;
   a realizzare con la massima tempestività le iniziative di cui al piano straordinario per il Sulcis, e a completare la creazione delle zone franche urbane dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias, al fine di sostenere le micro e piccole imprese del territorio;
   a corrispondere alla regione Sardegna le somme dovute senza che su di esse gravi un vincolo di spesa;
   a sostenere la regione Sardegna nell'approvazione e nella realizzazione di ogni misura utile al rilancio degli investimenti e allo sviluppo del tessuto produttivo, anche favorendo per quanto di competenza l'accesso al credito per imprese e famiglie;
   a promuovere e sostenere la valorizzazione del patrimonio paesaggistico, artistico e culturale dell'isola, anche ai fini del potenziamento dei flussi turistici;
   a garantire la continuità territoriale, realizzando quella libertà di circolazione prevista dalla Carta costituzionale;
   a prevedere lo stanziamento delle risorse utili a permettere il completamento nell'isola di un piano per lo sviluppo infrastrutturale;
   ad elaborare idonee iniziative per contrastare la dispersione scolastica, tutelando il diritto allo studio;
   ad assumere ogni iniziativa utile per il contrasto degli incendi, sia sotto il profilo del potenziamento dei mezzi terrestri e aerei nell'isola e dell'incremento delle risorse umane, sia sotto il profilo dell'intensificazione delle misure di controllo e di prevenzione, sia, infine, sotto il profilo dell'inasprimento delle sanzioni amministrative e penali nei confronti dei piromani.
(1-00858) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    il rapporto dello Svimez sulla situazione dell'economia del Mezzogiorno nel 2014, per quanto riguarda la Sardegna, delinea uno scenario allarmante rispetto ai principali indicatori macroeconomici, e soprattutto con riferimento al tasso di disoccupazione, che si attesta al 17,5 per cento, e al calo del prodotto interno lordo, che nell'isola è crollato del 4,4 per cento, registrando una flessione molto superiore a quella già negativa del -3,5 per cento rilevata rispetto al Sud nella sua interezza;
    nell'anno preso in esame dal rapporto pubblicato nell'ottobre del 2014, nel settore manifatturiero sardo sono state concesse quasi dieci milioni di ore di cassa integrazione, si è verificato un calo dei consumi del 2 per cento e sono aumentate le famiglie che si trovano in una condizione di povertà relativa, arrivate ad essere quasi una su quattro;
    se a questo si aggiunge l'elevato tasso di emigrazione dei giovani in cerca di occupazione, a sua volta sommato al persistente calo demografico, che in tutto il Sud ha toccato il minimo storico delle nascite dal 1861, è agevole comprendere perché lo Svimez paventi il rischio di una «desertificazione umana ed industriale» dell'isola e di tutto il Meridione;
    il rapporto ha segnalato altresì come l'attuazione del Piano di azione per la coesione prosegua molto a rilento, posto che a dicembre 2013 risultava realizzato appena l'otto per cento dei programmi di spesa, pari ad una somma di 728 milioni di euro a fronte degli oltre nove miliardi previsti;
    sarebbe in ritardo anche la definizione dell'accordo di partenariato, il documento strategico e programmatico fondamentale per il prossimo ciclo per lo sviluppo e la coesione, che articola undici obiettivi tematici in circa settanta risultati attesi, e restano preoccupanti le condizioni macroeconomiche stabilite nei regolamenti che dovrebbero avvantaggiare le aree in ritardo di sviluppo, se si considerano l'esclusione degli investimenti infrastrutturali per espressa scelta programmatica europea e la mancanza di un programma nazionale per l'energia;
    la dote finanziaria per le politiche di sviluppo dei prossimi sette anni per le tre regioni Abruzzo, Molise e Sardegna è di poco superiore al miliardo di euro;
    la Sardegna risente di pesanti ritardi nel settore infrastrutturale e di perduranti stati di crisi nei settori industriale e produttivo;
    la Sardegna è l'unica regione d'Italia a non essere ancora metanizzata e la recente rinuncia al progetto Galsi, vale a dire la realizzazione di un metanodotto per trasportare il gas dall'Algeria in Italia proprio attraversando l'isola, decretata dalla giunta Pigliaru nella primavera del 2014, fa si che le uniche possibilità per alleviare la condizione di tragico ritardo in cui la stessa si trova in materia di energia siano il metanodotto Piombino-Gallura o, in alternativa, la realizzazione di uno o due rigassificatori;
    l'energia prodotta in Sardegna, infatti, non può essere stoccata e utilizzata nei periodi di maggiore necessità ma viene venduta altrove, in particolare nel centro-sud Italia, e di conseguenza il costo dell'energia nell'isola, consumata soprattutto nel settore industriale, con il 53 per cento, rimane particolarmente elevato, soprattutto se confrontato con i prezzi che sopportano le altre regioni italiane per l'approvvigionamento energetico, risolvendosi in un danno non solo alle famiglie ma anche alla competitività delle imprese;
    l'unica fonte energetica presente nell'isola che può essere messa a confronto con il metano è il gpl, che, tuttavia, ha un costo superiore di ben quattro volte, al netto delle imposte, rispetto al gas naturale;
    il gap infrastrutturale che affligge la Sardegna è pesante anche con riferimento ai collegamenti stradali e ferroviari, se si considera che i tempi di percorrenza in treno sfiorano le quattro ore per duecento chilometri e che in molte zone dell'entroterra le strade che collegano i singoli Paesi sono spesso impraticabili per lunghi periodi dell'anno;
    in una realtà territoriale insulare quale è quella sarda assume particolare importanza la continuità territoriale, intesa come equivalenti opportunità di trasferimento da e per l'isola, e costituisce la condizione minima anche solo per poter garantire un'ipotesi di sviluppo turistico del territorio;
    una buona dotazione infrastrutturale riveste un ruolo strategicamente basilare per lo sviluppo dell'economia locale, imperniata sul binomio infrastrutture/competitività;
    in seguito ad alcune sentenze della Corte costituzionale la regione Sardegna è in attesa di ricevere la quota parte delle entrate tributarie ad essa spettanti da parte del Governo perché nel corso degli anni non ha riconosciuto il gettito fiscale stabilito dallo statuto, e quello che è stato versato sinora è stato vincolato all'estinzione del debito pubblico locale, invece di permettere alla stessa regione di effettuare i necessari investimenti;
    il processo di deindustrializzazione che sta avendo luogo nel territorio del Sulcis-Iglesiente in seguito alla sostanziale chiusura del distretto industriale e minerario causata dal crollo del valore dei metalli e dei minerali sui mercati, nonché dall'elevata incidenza dell'energia sui costi di produzione, sta determinando una vera e propria emergenza sociale per le migliaia di lavoratori coinvolti;
    il piano straordinario per il Sulcis approvato nel 2012, che prevedeva la salvaguardia del tessuto produttivo attraverso iniziative industrialmente sostenibili, la realizzazione cosiddetto polo tecnologico energia, la realizzazione delle necessarie infrastrutture, nonché la definizione di piani e progetti di formazione e riqualificazione professionale e ricollocamento dei lavoratori, non è ancora attuato;
    un'ulteriore problematica che affligge i territori sardi è quella relativa alla dispersione scolastica, acuita, da un lato, dal problema della viabilità, e, dall'altro, dalla chiusura di istituti scolastici per asserite esigenze di contenimento della spesa pubblica;
    la concessione di deroghe per l'apertura delle prime classi dovrebbe essere improntata anche al rispetto delle caratteristiche delle regioni interessate, anche sotto il profilo della viabilità (strade, servizio di trasporto, distanza tra istituto e paese d'origine) delle sue cittadine e province;

    alcuni paesi del centro della Sardegna, in particolar modo dei paesi della Barbagia, (Desulo, Tonara, Belvì, Aritzo) vivono in una preoccupante condizione di isolamento a causa della carenza di infrastrutture viarie e questo penalizza la frequenza scolastica, posto che i ragazzi devono partire la mattina presto per poi fare ritorno solo il pomeriggio tardi o la sera;
    i sindaci di questi paesi lottano quotidianamente contro i vincoli del patto di stabilità per garantire i servizi ai propri cittadini, valorizzando, al contempo, le tradizioni artigianali, culinarie e agricole dei propri territori;
    si tratta di paesi dalla storia centenaria, che hanno superato indenni guerre, isolamenti e avversità atmosferiche ma che ora stanno soccombendo davanti a Governi che si dimostrano poco sensibili alle richieste e alle necessità delle proprie piccole comunità locali;
    ogni anno in Sardegna bruciano centinaia di ettari di terreno, spesso per mano di piromani che puntano al disboscamento di alcune zone a fini di speculazione edilizia senza che la Protezione civile sia stata dotata né dei mezzi né del personale necessari a combatterli con la necessaria rapidità ed efficacia;
    ancora non sono stati erogati tutti i rimborsi per i danneggiamenti subiti da diverse province in occasione dell'alluvione del novembre 2013, che ha distrutto anche le infrastrutture presenti sul territorio, quali principalmente strade, ponti e tratte ferroviarie,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa di competenza necessaria alla corretta programmazione e finalizzazione delle somme stanziate in favore della regione Sardegna dalla programmazione comunitaria;
   a sostenere la regione Sardegna nell'approvazione e nella realizzazione di ogni misura utile al rilancio degli investimenti e allo sviluppo del tessuto produttivo, anche favorendo per quanto di competenza l'accesso al credito per imprese e famiglie;
   a promuovere e sostenere la valorizzazione del patrimonio paesaggistico, artistico e culturale dell'isola, anche ai fini del potenziamento dei flussi turistici;
   a garantire la continuità territoriale, realizzando quella libertà di circolazione prevista dalla Carta costituzionale;
   a prevedere lo stanziamento delle risorse utili a permettere il completamento nell'isola di un piano per lo sviluppo infrastrutturale;
   ad elaborare idonee iniziative per contrastare la dispersione scolastica, tutelando il diritto allo studio;
   ad assumere ogni iniziativa utile per il contrasto degli incendi, sia sotto il profilo del potenziamento dei mezzi terrestri e aerei nell'isola e dell'incremento delle risorse umane, sia sotto il profilo dell'intensificazione delle misure di controllo e di prevenzione, sia, infine, sotto il profilo dell'inasprimento delle sanzioni amministrative e penali nei confronti dei piromani.
(1-00858)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Taglialatela, Totaro».


Risoluzione

   La Camera,
   premesso che:
    la continuità politica e programmatica dei Governi Monti, Letta e Renzi impone l'esigenza di valutare realisticamente gli atti concreti relativi alla cosiddetta vertenza Sardegna;
    è fin troppo evidente che sulla già complessa questione sarda si registrano ulteriori gravi e colpevoli ritardi legati a mancate decisioni del Governo e in alcuni casi le decisioni, che appaiono contrarie alla risoluzione dei problemi stessi;
    l'esigenza di affrontare con urgenza tali problemi riveste priorità assoluta, al fine di non pregiudicare in modo irreversibile le questioni oggetto della vertenza Sardegna;
    in particolar modo, appaiono sin troppo evidenti le questioni relative:
     a) alla questione dei trasporti con l'esigenza improcrastinabile di revocare la convenzione con la Tirrenia per palese violazione dell'interesse pubblico e contributo di Stato di dubbia legittimità, non commisurata e non giustificato rispetto ad un servizio inadeguato e con costi proibitivi sia per i residenti e non residenti;
     b) alla questione relativa alla continuità territoriale aerea, con un'inaccettabile limitazione a soli nove mesi della tariffa unica e con continue limitazioni alla disponibilità di posti sulle tratte da e per la Sardegna oltre alla limitazione delle tratte di collegamento tra l'isola e il resto del Paese;
     c) alla questione energetica con la pesantissima ricaduta sul sistema economico industriale della Sardegna, dalla mancata realizzazione del metanodotto Sardegna-Algeria a favore di lobby protese a realizzare rigassificatori, con un gravissimo impatto sia sul fronte costiero che nell'entroterra con la distribuzione su gommato del gas per arrivare alla mancata definizione di un regime tariffario, attraverso contratti bilaterali e regimi di riequilibrio, al fine di consentire la competitività, ora negata, delle attività industriali della Sardegna;
     d) alla vertenza Equitalia e al rischio di fallimento per decine di migliaia di imprese sarde e ai pignoramenti di migliaia di aziende agricole per le quali è indispensabile l'adozione di un urgente decreto per definire un periodo di moratoria di almeno un anno, al fine di definire procedure in grado di attivare percorsi economico-finanziari capaci di salvaguardare la ripresa produttiva e occupazionale;
     e) alla questione insularità e all'esigenza di dare attuazione all'articolo 22 della legge n. 42 del 2009, considerato che sino ad oggi il divario insulare non solo non è stato limitato, ma risulta gravemente ampliato da scelte che hanno anche sul piano infrastrutturale totalmente escluso la Sardegna, come per esempio l'ultimo documento di economia e finanza;
     f) alle questioni industriali della Sardegna: dalla chiusura dell’Alcoa, alla mancata realizzazione del sistema integrato Miniera Carbosulcis-Centrale, alla definizione della ripresa produttiva della società Eurallumina, alla ripresa produttiva della Vinilys di Portotorres, alla definizione dell'assetto energetico per gli stabilimenti energivori del Sulcis, quelli della Ottana Energia, ex Enichem di Ottana e E.On di Porto Torres;
     g) alla questione infrastrutturale sarda con la definizione degli interventi nell'ambito della piastra logistica euromediterranea e degli interventi in grado di eliminare il grave gap infrastrutturale sul fronte ferroviario, stradale e connettivo strategico;
     h) alla definizione di un nuovo regime di entrate per la Sardegna in considerazione della sua condizione insulare con l'attuazione della zona francaintegrale come strumento di riequilibrio del divario industriale;
     i) alla definizione concreta della partita delle entrate oggetto di ricorsi alla Corte costituzionale per i quali, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è risultato inaccettabile il comportamento del Governo;
     j) alla dismissione del patrimonio militare relativo a immobili ubicati in aree strategiche per lo sviluppo delle comunità locali e occupate da servitù militari inutilizzate o sottoutilizzate, compresa la riconversione delle aree oggetto di servitù militari di cui la Sardegna continua ad essere gravata;
    ad oggi su questi temi si registra un gravissimo arretramento non solo sostanziale ma anche procedurale, considerato che nessun serio e concreto atto è stato messo in campo dal Governo e anzi tutte le vertenze languono senza alcuna prospettiva di soluzione,

impegna il Governo:

   ad evitare di aprire tavoli che i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono inconcludenti e sinora incapaci di risolvere qualsiasi questione aperta della vertenza Sardegna e a predisporre con somma urgenza atti concreti (iniziative legislative, accordi di programma quadro) che affrontino in modo efficace e immediato le vertenze che costituiscono la più ampia questione Sarda;
   a disporre, in base all'articolo 15 della convenzione con la Tirrenia, la revoca della stessa per manifesta inadempienza rispetto all'interesse pubblico con gravissime limitazioni al servizio di continuità marittima e l'utilizzo di un contributo di 72 milioni di euro che appare sotto ogni punto di vista ingiustificabile e di dubbia legittimità, avviando procedure corrette e trasparenti di evidenza pubblica per la gestione della continuità territoriale marittima da e per la Sardegna;
   ad assumere iniziative per revocare con somma urgenza la limitazione a soli 9 mesi all'anno della tariffa unica per la continuità territoriale e a disporre l'immediata attivazione di procedure al fine di estendere il regime di continuità territoriale anche su altre rotte da e per la Sardegna;
   a dare continuità a quanto sostenuto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale relativamente alla realizzazione del metanodotto Algeria-Sardegna-Europa, anche in considerazione dell'approvvigionamento sempre più problematico sia con la Libia che con la Russia, anche al fine di non favorire lobby diverse protese a realizzare rigassificatori con un gravissimo impatto sia sul fronte costiero che nell'entroterra con la distribuzione su gommato del gas;
   ad adottare iniziative normative urgenti per arrivare alla definizione di un regime tariffario, attraverso la promozione di contratti bilaterali che norme funzionali all'attuazione di regimi di riequilibrio tariffario elettrico, al fine di consentire la competitività, ora negata, delle attività industriali della Sardegna;
   a valutare la gravissima situazione, con il rischio fallimento per decine di migliaia di imprese sarde e con i pignoramenti di migliaia di aziende agricole e a predisporre un'iniziativa normativa urgente che preveda un periodo di moratoria di almeno un anno, al fine di definire procedure in grado di attivare percorsi economico-finanziari in grado di salvaguardare la ripresa produttiva e occupazionale;
   a risarcire le famiglie e le imprese colpite drammaticamente dall'alluvione del 18 novembre 2013, che ancora non hanno visto nessun tipo di risarcimento alla pari di analoghe situazioni che hanno visto, tra gli altri, provvedimenti di natura fiscale a favore degli alluvionati;
   ad affrontare con una concreta iniziativa normativa attuativa la questione dell'insularità e dell'esigenza di dare attuazione all'articolo 22 della legge n. 42 del 2009, considerato che sino ad oggi il divario insulare non solo non è stato ridotto ma risulta gravemente ampliato da scelte che hanno anche sul piano infrastrutturale totalmente escluso la Sardegna, come per esempio l'ultimo documento di economia e finanza, dove la Sardegna è completamente omessa;
   ad agire concretamente sulle questioni industriali della Sardegna, considerato che ad oggi nessuna di queste non solo non è stata risolta ma risulta gravemente compromessa, dalla chiusura dell’Alcoa alla mancata realizzazione del sistema integrato Miniera Carbosulcis-Centrale, alla definizione della ripresa produttiva della società Eurallumina, alla ripresa produttiva della Vinilys di Portotorres, alla definizione dell'assetto energetico per gli stabilimenti energivori del Sulcis e quelli della Ottana energia, ex Enichem di Ottana, E.On di Porto Torres e Keller di Villacidro;
   ad attivare per lo stabilimento Alcoa di Portovesme procedure analoghe a quelle adottate per l’Ilva, a partire dal riconoscimento strategico dell'alluminio primario e il conseguente riavvio in regime commissariale degli impianti, anche in virtù dell'ubicazione dello stesso in un'area ad elevato rischio ambientale;
   a rimodulare le risorse dei vari piani infrastrutturali a favore del riequilibrio verso la Sardegna con la definizione degli interventi nell'ambito della piastra logistica euromediterranea e interventi in grado di eliminare il grave gap infrastrutturale sul fronte ferroviario, stradale e connettivo strategico con un piano quinquennale destinate all'abbattimento del divario degli indici infrastrutturali;
   a definire urgentemente con apposita iniziativa normativa per la definizione di un nuovo regime di entrate per la Sardegna in considerazione della sua condizione insulare con l'attuazione della zona franca integrale come strumento di riequilibrio del divario industriale a partire dalle previsioni statutarie;
   ad assumere iniziative per definire concretamente la partita delle entrate oggetto di ricorsi alla Corte costituzionale per le quali il comportamento del Governo in carica è risultato, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, inaccettabile;
   a predisporre atti concreti tesi all'attuazione dell'articolo 14 dello statuto speciale della Sardegna con l'immediata dismissione del patrimonio militare relativo a immobili ubicati in aree strategiche per lo sviluppo delle comunità locali e occupate da servitù militari inutilizzate o sottoutilizzate;
   a far cessare la distruzione ambientale e naturalistica nelle aree militari della Sardegna e a predisporre un piano di riconversione delle aree oggetto di servitù militari di cui la Sardegna continua ad essere gravata;
   ad escludere la regione Sardegna in virtù del responso referendario e delle specialità statutarie da qualsiasi ipotesi di ubicazione in Sardegna del deposito unico nazionale di scorie nucleari;
   a bloccare il trasferimento in Sardegna di oltre 200 detenuti in regime di 41-bis, che costituirebbero secondo tutti gli esperti un gravissimo rischio per le infiltrazioni mafiose nell'isola a seguito del possibile insediamento di nuclei familiari e organizzati;
   ad adottare iniziative normative di rango costituzionale, nel rispetto delle procedure previste dall'ordinamento, volte a prevedere l'effettuazione di un referendum popolare, analogo a quello svoltosi in altri Paesi europei, teso a sottoporre ai cittadini sardi il quesito circa la possibilità di un processo di conseguimento di più intense e significative forme di autodeterminazione.
(6-00137) «Pili, Saltamartini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Simonetti».


PROPOSTA DI LEGGE: DISTASO ED ALTRI: ISTITUZIONE DEL «PREMIO BIENNALE DI RICERCA GIUSEPPE DI VAGNO» E DISPOSIZIONI PER IL POTENZIAMENTO DELLA BIBLIOTECA E DELL'ARCHIVIO STORICO DELLA FONDAZIONE DI VAGNO, PER LA CONSERVAZIONE DELLA MEMORIA DEL DEPUTATO SOCIALISTA ASSASSINATO IL 25 SETTEMBRE 1921 (APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO) (A.C. 1092-B)

A.C. 1092-B – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 1092-B – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.1, 1.2, 1.3, 1.6, 1.7, 1.8, 1.9 e 4.1, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 1092-B – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.
(Istituzione del «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno»).

  1. È istituito, a partire dall'anno 2015, il «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno», di seguito denominato «Premio Di Vagno», intitolato alla memoria del deputato vittima del fascismo, caduto per affermare ideali di democrazia, di libertà, di giustizia, di solidarietà, di pace e contro la violenza politica.
  2. Il Premio Di Vagno è conferito il 25 settembre di ogni biennio, alla presenza di un delegato della Presidenza del Consiglio dei ministri; la prima assegnazione è fissata il 25 settembre 2015.
  3. Per l'organizzazione del Premio Di Vagno è individuata quale ente responsabile per la redazione del bando, che dovrà ispirarsi a criteri, procedure e modalità basati sui princìpi di meritocrazia e trasparenza, e per ogni altra formalità connessa la Fondazione Giuseppe Di Vagno, che agisce sotto la vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
  4. I vincitori del Premio Di Vagno sono selezionati dalla giuria di cui all'articolo 3. Al fine di favorire il rispetto dei princìpi di trasparenza, imparzialità e meritocrazia, le valutazioni svolte e i criteri adottati per la selezione dei vincitori sono resi pubblici, anche con la pubblicazione nel sito internet del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
  5. L'ammontare del Premio Di Vagno è fissato in 40.000 euro. Alla Fondazione Giuseppe Di Vagno è comunque attribuita la facoltà di decidere se ripartire tale somma in più premi erogabili secondo criteri di merito.
  6. A valere sulle risorse di cui all'articolo 4, alla Fondazione Giuseppe Di Vagno è concesso un contributo straordinario una tantum, per l'anno 2015, pari a 100.000 euro per la riorganizzazione, la redazione degli inventari, il potenziamento, l'automazione, l'informatizzazione e la dotazione di risorse umane, nonché per la definitiva e permanente apertura al pubblico della biblioteca e dell'archivio storico della memoria democratica pugliese, collocati nella sede della Fondazione. La Fondazione Giuseppe Di Vagno adotta ogni strumento per garantire l'accessibilità totale, anche attraverso la pubblicazione on line, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione e dell'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle finalità di cui al precedente periodo, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei princìpi di buon andamento e di trasparenza.
  7. I componenti del Comitato scientifico e della giuria di cui agli articoli 2 e 3 non percepiscono compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
(Istituzione del «Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno»).

  Al comma 1, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2020.

  Conseguentemente, al comma 2, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2020.
1. 1. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

  Al comma 1, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2019.

  Conseguentemente, al comma 2, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2019.
1. 4. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

  Al comma 1, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2018.

  Conseguentemente, al comma 2, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2018.
1. 3. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

  Al comma 2, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2020.
1. 2. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

  Al comma 2, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2019.
1. 5. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

  Al comma 2, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2018.
1. 6. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

  Al comma 6, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2020.
1. 7. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

  Al comma 6, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2019.
1. 8. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

  Al comma 6, sostituire la parola: 2015 con la seguente: 2018.
1. 9. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

A.C. 1092-B – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 2.
(Comitato scientifico).

  1. Su proposta della Fondazione Giuseppe Di Vagno, il Presidente del Consiglio dei ministri nomina, con proprio decreto, il Comitato scientifico del Premio Di Vagno, composto da tre studiosi di chiara fama di storia contemporanea o di scienza politica. Al fine di favorire il rispetto dei princìpi di trasparenza e imparzialità, le valutazioni svolte e i criteri adottati per le nomine di cui al precedente periodo sono resi pubblici, anche mediante pubblicazione nel sito della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  2. Il Comitato scientifico decide, per ogni edizione, il tema del Premio Di Vagno, ispirandosi alle seguenti tematiche:
   a) socialismo nel XXI secolo in Italia e nel mondo;
   b) conflitti sociali e lotte politiche tra passato e futuro;
   c) socialismo e Mezzogiorno;
   d) cambiamenti istituzionali regionali e locali avvenuti nel Mezzogiorno d'Italia nel XX secolo e previsioni per il XXI secolo;
   e) studio del fenomeno della violenza politica, sia verbale che fisica, del suo sviluppo, delle sue forme, degli strumenti per combatterla;
   f) ideali di giustizia, di solidarietà e di pace in Italia e nel mondo;
   g) riformismo e democrazia nel Mezzogiorno d'Italia;
   h) tutela del patrimonio paesaggistico del Mezzogiorno;
   i) trasformazioni storiche, culturali e politiche del Mezzogiorno d'Italia nel XX secolo e prospettive per il XXI secolo;
   l) ruolo storico del Mezzogiorno d'Italia nell'Occidente.

A.C. 1092-B – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Giuria).

  1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 5, secondo periodo, il vincitore o i vincitori del Premio Di Vagno sono individuati da un'apposita giuria costituita da sei componenti di cui:
   a) il presidente della giuria, nominato con proprio decreto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo tra studiosi di chiara fama di scienze politiche;
   b) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e uno della Presidenza della regione Puglia;
   c) tre studiosi di chiara fama di storia contemporanea, nominati con proprio decreto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

A.C. 1092-B – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Copertura finanziaria).

  1. Per l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1 è autorizzata la spesa di 140.000 euro per l'anno 2015 e di 40.000 euro ad anni alterni a decorrere dall'anno 2017. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione della proiezione, per l'anno 2015, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 4.
(Copertura finanziaria).

  Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: 2015 e di 40.000 euro ad anni alterni a decorrere dall'anno 2017 con le seguenti: 2020 e di 40.000 euro ad anni alterni a decorrere dall'anno 2022.
4. 1. Luigi Gallo, Brescia, Simone Valente, Di Benedetto, Marzana, Vacca, D'Uva.

MOZIONI PALESE E FABRIZIO DI STEFANO N. 1-00838, MATARRESE ED ALTRI N. 1-00800, DURANTI ED ALTRI N. 1-00863, PASTORELLI ED ALTRI N. 1-00864, FAUTTILLI ED ALTRI N. 1-00865, L'ABBATE ED ALTRI N. 1-00870, PIZZOLANTE ED ALTRI N. 1-00871, MONGIELLO ED ALTRI N. 1-00872, RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00873, SEGONI ED ALTRI N. 1-00874 E FEDRIGA ED ALTRI N. 1-00875 CONCERNENTI INTERVENTI URGENTI IN RELAZIONE ALL'EMERGENZA FITOSANITARIA, CAUSATA DAL BATTERIO XYLELLA FASTIDIOSA, CHE HA COLPITO GLI ALBERI DI ULIVO IN PUGLIA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    in Puglia, nei territori delle province di Brindisi, Taranto e, in particolare, Lecce, sono andate distrutte intere coltivazioni di ulivi a causa della presenza di un batterio originario della California chiamato Xylella fastidiosa; tale parassita, difficile da eliminare, è giunto in Italia con l'importazione di piante ornamentali di caffè infette, provenienti dall'America centrale, e, purtroppo, ha colpito le distese di uliveti di cui la Puglia è ricca, mettendo i coltivatori nelle condizioni di doverli sradicare e bruciare, in quanto pericolosi anche per la fauna;
    il batterio è stato trasmesso dalla «cicala sputacchina», che è un insetto ad apparato pungente-succhiatore che, una volta assorbita la linfa delle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia; il ceppo di batterio che ha devastato gli ulivi in Puglia è in grado di attaccare anche altre piante, come il ciliegio, il mandorlo, l'oleandro e alcune ornamentali;
    l'unico rimedio ad oggi conosciuto per eliminare il parassita pare sia il taglio radicale del tronco e l'estirpazione delle radici stesse: le ripercussioni negative sull'agricoltura pugliese risultano evidenti e si tradurranno in un danno inestimabile; inoltre, il rischio di diffusione non riguarda solo la Puglia: il batterio, infatti, potrebbe diffondersi anche in altre zone d'Italia, producendo gli stessi effetti disastrosi con un reale pericolo per tutta la penisola;
    l'epidemia si è, purtroppo, diffusa in tutto il Sud della Puglia, ma il solo Salento registra circa un milione di piante infettate dalla Xylella fastidiosa. Sembra che gli alberi più deboli e predisposti al «disseccamento rapido» siano i più antichi e che anche le piante più giovani e resistenti siano destinate ad essere incenerite. Gli agricoltori sperano solo nella ricerca. Ma lo stato della ricerca in agricoltura è sconfortante;
    l'ultimo dramma è la contrapposizione tra chi teme l'ulteriore avvelenamento della campagna con gli insetticidi e chi spinge per usarli come arma falsamente letale. In realtà, il processo distruttivo in atto dovrebbe contenere già in sé un nucleo fondante di un nuovo modello, con individui «innovatori» ma col cuore antico, capaci di coniugare tensione morale e competenze tecnico-aziendali;
    con quasi 500 milioni di tonnellate, l'Italia rappresenta il secondo produttore mondiale (dopo la Spagna) di olio d'oliva, costituendo uno dei prodotti più importanti del made in Italy agroalimentare, i cui importanti risvolti socioeconomici si esprimono, in particolare, nei territori del Sud del Paese, dove tale coltura è principalmente presente. L'olivicoltura rappresenta, infatti, uno dei comparti più rilevanti del sistema agricolo pugliese, contribuendo nel 2013 all'11,6 per cento – pari a 522 milioni di euro – del valore complessivo della produzione agricola della regione e al 30 per cento del valore della produzione olivicola italiana;
    per quanto riguarda la superficie interessata dall'olivicoltura, in Puglia risultano in produzione circa 375.000 ettari a olivo (pari al 32 per cento delle superfici olivicole nazionali e al 41 per cento delle superfici delle regioni meridionali);
    inoltre, per quanto attiene al tessuto imprenditoriale, l'olivicoltura è realizzata in Puglia da circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, dove si rileva anche come la superficie media per azienda coltivata a olivo (1,4 ettari) sia sensibilmente superiore alla media nazionale. Rispetto alla dimensione provinciale, la superficie investita è così ripartita: Bari 26 per cento, Lecce 24 per cento, Brindisi 17 per cento, Foggia 14 per cento, Taranto 10 per cento e Barletta-Andria-Trani 9 per cento;
    nel panorama olivicolo nazionale, la Puglia si contraddistingue anche per l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari), con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani (Ismea-Qualivita);
    infine, per quel che riguarda gli scambi internazionali di settore, l'olio di oliva rappresenta il terzo prodotto pugliese più esportato (dopo ortofrutta e conserve vegetali), per un valore di circa 106 milioni di euro, pari a quasi il 9 per cento dell’export di olio dall'Italia (1,2 miliardi di euro di olio d'oliva esportato nel 2012);
    le province di Lecce, Brindisi e Taranto, per le condizioni climatiche particolarmente favorevoli allo sviluppo vegetativo delle piante, sono caratterizzate da un numero elevato di vivai che producono per la maggior parte piante ornamentali, ma anche piante da frutto come drupacee olivo, vite e altro;
    il numero complessivo di vivaisti presenti nella sola provincia di Lecce è di circa 140, di cui circa 40 producono solo vite e gli altri altre tipologie di piante, tra questi molti coltivano piante ospiti di Xylella fastidiosa;
    sin dal primo mese dal ritrovamento (ottobre 2013) della Xylella fastidiosa nelle zone del gallipolino sono state riscontrate difficoltà da parte dei vivaisti a commercializzare le piante, sia per obblighi di divieto imposti dalle norme regionali inizialmente e da quelle comunitarie e nazionali successivamente, sia per preoccupazione degli acquirenti locali regionali, nazionali e internazionali sulla possibile diffusione del batterio nei propri territori;
    la Francia ha adottato misure, considerate in linea con la legislazione dell'Unione europea, contro la diffusione della Xylella fastidiosa che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio; il decreto firmato dal Ministro dell'agricoltura francese, Stephane le Foll, in vigore dal 4 aprile 2015, vieta l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle piante contaminate dal batterio e inibisce gli scambi intra-europei con la Puglia, con il conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino;
    di fatto, ad eccezione di alcune piante, la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate. Il riconoscimento anche da parte della Commissione europea dell'esclusione della vite dalle infezioni di Xylella fastidiosa ha consentito ai vivaisti viticoli, concentrati essenzialmente nella zona di Otranto ritenuta fino alla metà del 2014 zona indenne, di poter commercializzare le barbatelle anche fuori della provincia di Lecce;
    l'impatto che si è verificato nella sospensione delle vendite è stato particolarmente grave ed economicamente rilevante per diversi motivi; l'elevata quantità di piante giacenti nei vivai ha necessità di essere mantenuta in ottima vegetazione con grosse spese di mantenimento, senza però alcun ricavo per la vendita. Per molte tipologie di piante la permanenza nel vivaio di 1-2 anni oltre il necessario non consente la vendita delle stesse, in quanto non più commerciabili, per cui si ha una perdita totale dei costi sostenuti. Le piante ritenute ospiti di Xylella fastidiosa non potranno più essere commercializzate, in quanto non rispettano più i requisiti previsti dalla normativa e pertanto vanno distrutte. Va rilevata la necessità di fare elevati investimenti per la realizzazione di serre conformi ai requisiti tecnici previsti dalle norme per potere ottenere le autorizzazioni del servizio fitosanitario. Si registra l'assenza totale di acquirenti sia nell'interno della provincia che al di fuori della stessa, in quanto le informazioni su tale emergenza fitosanitaria che vengono giornalmente diffuse dai mass media hanno sensibilizzato ormai tutto il mondo sulla possibile diffusione del batterio tramite movimentazione di piante infette;
    oltre alla perdita delle piante e al mancato ricavo per l'assenza delle vendite, va considerato l'enorme indotto socio-economico che interessa tutto il settore vivaistico: migliaia di lavoratori impegnati nelle operazioni di cura delle piante; centinaia di trasportatori che giornalmente movimentano piante ornamentali e frutticole, migliaia di punti vendita di piccoli e grandi garden che sono economicamente in regressione, tantissimi giardinieri e addetti del settore del verde urbano pubblico e privato che hanno ridotto notevolmente le proprie attività lavorative;
    il decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, recante «Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali», pur prevedendo all'articolo 5, comma 3, l'integrazione della dotazione finanziaria del fondo di solidarietà nazionale, di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2004, per gli interventi compensativi in favore delle imprese agricole che hanno subito danni a causa della Xylella fastidiosa, con un milione di euro per il 2015 e 10 milioni di euro per il 2016, non solo non stanzia le risorse adeguate per fronteggiare tale emergenza, ma non reca nessun intervento incisivo per rilanciare il settore agricolo in crisi,

impegna il Governo:

   ad affrontare e a risolvere con immediatezza la fase di crisi economica degli agricoltori e dei vivaisti, che, rispettivamente, con l'abbattimento delle piante di olivo e con la sospensione o l'annullamento dei contratti e delle forniture, perdono la loro fonte di reddito e di sopravvivenza;
   ad incentivare la ricerca per studiare il patogeno, l'insetto vettore, ed individuare ogni misura idonea prevenire e curare gli ulivi e le altre specie vegetali attaccate dalla Xylella fastidiosa mediante progetti che mettano in rete tutti gli istituti di ricerca operanti a livello nazionale e internazionale, salvaguardando l'aspetto paesaggistico, ambientale e produttivo dei territori colpiti, caratterizzati nelle zone delle province di Lecce, Brindisi e Taranto da oliveti secolari, da oliveti produttivi e da vegetazione spontanea colpita dal batterio;
   ad assumere iniziative per prevedere per tutti gli agricoltori danneggiati dalla Xylella fastidiosa la sospensione dell'IMU agricola, nonché la proroga delle scadenze delle rate di credito agrario di esercizio e di miglioramento e di credito ordinario dalle imprese agricole;
   a disporre le opportune iniziative per escludere dal patto di stabilità interno le somme impegnate dagli enti locali per la realizzazione degli interventi di competenza e obbligatori per fronteggiare l'emergenza fitosanitaria della Xylella fastidiosa;
   a definire ed attuare un piano di certificazione delle produzioni vivaistiche in grado di verificare tutte le produzioni, in modo da certificare l'assenza del patogeno prima di ogni movimentazione di materiale vivaistico e da evitare qualsiasi blocco di esportazioni, e riconoscere incentivi e sovvenzioni a tutti che aderiscono al protocollo di certificazione delle produzioni vivaistiche;
   ad adoperarsi, in particolare in sede comunitaria, per realizzare un regime di aiuti destinati a finanziare piani di intervento per l'emergenza fitosanitaria in relazione a tutte le specie vegetali ospiti del batterio Xylella fastidiosa, che preveda specifiche misure sovvenzionate, quali prestazioni di assistenza tecnica, misure di prevenzione della fitopatia, misure combinate di prevenzione della fitopatia e di compensazione, in relazione al valore dei raccolti distrutti e dei frutti pendenti non raccolti e/o delle piante arboree estirpate;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, per quanto di competenza, affinché siano previste, nell'ambito del programma di sviluppo rurale Puglia 2014-2020, ancora in corso di istruttoria presso l'Unione europea, per tutti gli agricoltori o comunque produttori agricoli potenzialmente a rischio specifiche misure per il finanziamento delle attività di prevenzione e di ripristino del potenziale produttivo ridottosi a causa dell'infezione causata dalla Xylella fastidiosa, nonché per la certificazione di tutte le aziende anche vivaistiche che oggi sono esposte a rischi economici molto importanti, come per esempio accaduto per il settore delle barbatelle o per il settore florovivaistico;
   ad adoperarsi anche a livello europeo per individuare, in particolare nell'ambito del programma Horizon 2020, le risorse necessarie per finanziare la ricerca e l'innovazione per affrontare e superare l'emergenza connessa al diffondersi della Xylella fastidiosa.
(1-00838)
(Nuova formulazione) «Palese, Fabrizio Di Stefano».


   La Camera,
   premesso che:
    in Puglia, nei territori delle province di Brindisi, Taranto e, in particolare, Lecce, sono andate distrutte intere coltivazioni di ulivi a causa della presenza di un batterio originario della California chiamato Xylella fastidiosa; tale parassita, difficile da eliminare, è giunto in Italia con l'importazione di piante ornamentali di caffè infette, provenienti dall'America centrale, e, purtroppo, ha colpito le distese di uliveti di cui la Puglia è ricca, mettendo i coltivatori nelle condizioni di doverli sradicare e bruciare, in quanto pericolosi anche per la fauna;
    il batterio è stato trasmesso dalla «cicala sputacchina», che è un insetto ad apparato pungente-succhiatore che, una volta assorbita la linfa delle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia; il ceppo di batterio che ha devastato gli ulivi in Puglia è in grado di attaccare anche altre piante, come il ciliegio, il mandorlo, l'oleandro e alcune ornamentali;
    l'unico rimedio ad oggi conosciuto per eliminare il parassita pare sia il taglio radicale del tronco e l'estirpazione delle radici stesse: le ripercussioni negative sull'agricoltura pugliese risultano evidenti e si tradurranno in un danno inestimabile; inoltre, il rischio di diffusione non riguarda solo la Puglia: il batterio, infatti, potrebbe diffondersi anche in altre zone d'Italia, producendo gli stessi effetti disastrosi con un reale pericolo per tutta la penisola;
    l'epidemia si è, purtroppo, diffusa in tutto il Sud della Puglia, ma il solo Salento registra circa un milione di piante infettate dalla Xylella fastidiosa. Sembra che gli alberi più deboli e predisposti al «disseccamento rapido» siano i più antichi e che anche le piante più giovani e resistenti siano destinate ad essere incenerite. Gli agricoltori sperano solo nella ricerca. Ma lo stato della ricerca ad oggi non ha consentito di produrre i risultati sperati;
    con quasi 500 milioni di tonnellate, l'Italia rappresenta il secondo produttore mondiale (dopo la Spagna) di olio d'oliva, costituendo uno dei prodotti più importanti del made in Italy agroalimentare, i cui importanti risvolti socioeconomici si esprimono, in particolare, nei territori del Sud del Paese, dove tale coltura è principalmente presente. L'olivicoltura rappresenta, infatti, uno dei comparti più rilevanti del sistema agricolo pugliese, contribuendo nel 2013 all'11,6 per cento – pari a 522 milioni di euro – del valore complessivo della produzione agricola della regione e al 30 per cento del valore della produzione olivicola italiana;
    per quanto riguarda la superficie interessata dall'olivicoltura, in Puglia ri-sultano in produzione circa 375.000 ettari a olivo (pari al 32 per cento delle superfici olivicole nazionali e al 41 per cento delle superfici delle regioni meridionali);
    inoltre, per quanto attiene al tessuto imprenditoriale, l'olivicoltura è realizzata in Puglia da circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, dove si rileva anche come la superficie media per azienda coltivata a olivo (1,4 ettari) sia sensibilmente superiore alla media nazionale. Rispetto alla dimensione provinciale, la superficie investita è così ripartita: Bari 26 per cento, Lecce 24 per cento, Brindisi 17 per cento, Foggia 14 per cento, Taranto 10 per cento e Barletta-Andria-Trani 9 per cento;
    nel panorama olivicolo nazionale, la Puglia si contraddistingue anche per l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari), con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani (Ismea-Qualivita);
    infine, per quel che riguarda gli scambi internazionali di settore, l'olio di oliva rappresenta il terzo prodotto pugliese più esportato (dopo ortofrutta e conserve vegetali), per un valore di circa 106 milioni di euro, pari a quasi il 9 per cento dell’export di olio dall'Italia (1,2 miliardi di euro di olio d'oliva esportato nel 2012);
    le province di Lecce, Brindisi e Taranto, per le condizioni climatiche particolarmente favorevoli allo sviluppo vegetativo delle piante, sono caratterizzate da un numero elevato di vivai che producono per la maggior parte piante ornamentali, ma anche piante da frutto come drupacee olivo, vite e altro;
    il numero complessivo di vivaisti presenti nella sola provincia di Lecce è di circa 140, di cui circa 40 producono solo vite e gli altri altre tipologie di piante, tra questi molti coltivano piante ospiti di Xylella fastidiosa;
    sin dal primo mese dal ritrovamento (ottobre 2013) della Xylella fastidiosa nelle zone del gallipolino sono state riscontrate difficoltà da parte dei vivaisti a commercializzare le piante, sia per obblighi di divieto imposti dalle norme regionali inizialmente e da quelle comunitarie e nazionali successivamente, sia per preoccupazione degli acquirenti locali regionali, nazionali e internazionali sulla possibile diffusione del batterio nei propri territori;
    la Francia ha adottato misure, considerate in linea con la legislazione dell'Unione europea, contro la diffusione della Xylella fastidiosa che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio; il decreto firmato dal Ministro dell'agricoltura francese, Stephane le Foll, in vigore dal 4 aprile 2015, vieta l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle piante contaminate dal batterio e inibisce gli scambi intra-europei con la Puglia, con il conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino;
    di fatto, ad eccezione di alcune piante, la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate. Il riconoscimento anche da parte della Commissione europea dell'esclusione della vite dalle infezioni di Xylella fastidiosa ha consentito ai vivaisti viticoli, concentrati essenzialmente nella zona di Otranto ritenuta fino alla metà del 2014 zona indenne, di poter commercializzare le barbatelle anche fuori della provincia di Lecce;
    l'impatto che si è verificato nella sospensione delle vendite è stato particolarmente grave ed economicamente rilevante per diversi motivi; l'elevata quantità di piante giacenti nei vivai ha necessità di essere mantenuta in ottima vegetazione con grosse spese di mantenimento, senza però alcun ricavo per la vendita. Per molte tipologie di piante la permanenza nel vivaio di 1-2 anni oltre il necessario non consente la vendita delle stesse, in quanto non più commerciabili, per cui si ha una perdita totale dei costi sostenuti. Le piante ritenute ospiti di Xylella fastidiosa non potranno più essere commercializzate, in quanto non rispettano più i requisiti previsti dalla normativa e pertanto vanno distrutte. Va rilevata la necessità di fare elevati investimenti per la realizzazione di serre conformi ai requisiti tecnici previsti dalle norme per potere ottenere le autorizzazioni del servizio fitosanitario. Si registra l'assenza totale di acquirenti sia nell'interno della provincia che al di fuori della stessa, in quanto le informazioni su tale emergenza fitosanitaria che vengono giornalmente diffuse dai mass media hanno sensibilizzato ormai tutto il mondo sulla possibile diffusione del batterio tramite movimentazione di piante infette;
    oltre alla perdita delle piante e al mancato ricavo per l'assenza delle vendite, va considerato l'enorme indotto socio-economico che interessa tutto il settore vivaistico: migliaia di lavoratori impegnati nelle operazioni di cura delle piante; centinaia di trasportatori che giornalmente movimentano piante ornamentali e frutticole, migliaia di punti vendita di piccoli e grandi garden che sono economicamente in regressione, tantissimi giardinieri e addetti del settore del verde urbano pubblico e privato che hanno ridotto notevolmente le proprie attività lavorative,

impegna il Governo:

   ad affrontare e a risolvere con immediatezza, compatibilmente con le decisioni che saranno assunte dall'Unione europea, la fase di crisi economica degli agricoltori e dei vivaisti, che, rispettivamente, con l'abbattimento delle piante di olivo e con la sospensione o l'annullamento dei contratti e delle forniture, perdono la loro fonte di reddito e di sopravvivenza;
   ad incentivare la ricerca per studiare il patogeno, l'insetto vettore, ed individuare ogni misura idonea prevenire e curare gli ulivi e le altre specie vegetali attaccate dalla Xylella fastidiosa mediante progetti che mettano in rete tutti gli istituti di ricerca operanti a livello nazionale e internazionale, salvaguardando l'aspetto paesaggistico, ambientale e produttivo dei territori colpiti, caratterizzati nelle zone delle province di Lecce, Brindisi e Taranto da oliveti secolari, da oliveti produttivi e da vegetazione spontanea colpita dal batterio;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di assumere iniziative per prevedere per tutti gli agricoltori danneggiati dalla Xylella fastidiosa la sospensione dell'IMU agricola, nonché la proroga delle scadenze delle rate di credito agrario di esercizio e di miglioramento e di credito ordinario dalle imprese agricole;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica di disporre le opportune iniziative per escludere dal patto di stabilità interno le somme impegnate dagli enti locali per la realizzazione degli interventi di competenza e obbligatori per fronteggiare l'emergenza fitosanitaria della Xylella fastidiosa;
   a definire ed attuare un piano di certificazione delle produzioni vivaistiche in grado di verificare tutte le produzioni, in modo da certificare l'assenza del patogeno prima di ogni movimentazione di materiale vivaistico e da evitare qualsiasi blocco di esportazioni, e riconoscere incentivi e sovvenzioni a tutti che aderiscono al protocollo di certificazione delle produzioni vivaistiche;
   ad adoperarsi, in particolare in sede comunitaria, per realizzare un regime di aiuti destinati a finanziare piani di intervento per l'emergenza fitosanitaria in relazione a tutte le specie vegetali ospiti del batterio Xylella fastidiosa, che preveda specifiche misure sovvenzionate, quali prestazioni di assistenza tecnica, misure di prevenzione della fitopatia, misure combinate di prevenzione della fitopatia e di compensazione, in relazione al valore dei raccolti distrutti e dei frutti pendenti non raccolti e/o delle piante arboree estirpate;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, per quanto di competenza, affinché siano previste, nell'ambito del programma di sviluppo rurale Puglia 2014-2020, ancora in corso di istruttoria presso l'Unione europea, per tutti gli agricoltori o comunque produttori agricoli potenzialmente a rischio specifiche misure per il finanziamento delle attività di prevenzione e di ripristino del potenziale produttivo ridottosi a causa dell'infezione causata dalla Xylella fastidiosa, nonché per la certificazione di tutte le aziende anche vivaistiche che oggi sono esposte a rischi economici molto importanti, come per esempio accaduto per il settore delle barbatelle o per il settore florovivaistico;
   ad adoperarsi anche a livello europeo per individuare, in particolare nell'ambito del programma Horizon 2020, le risorse necessarie per finanziare la ricerca e l'innovazione per affrontare e superare l'emergenza connessa al diffondersi della Xylella fastidiosa.
(1-00838)
(Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Palese, Fabrizio Di Stefano».


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2013 si registrava in regione Puglia, e precisamente nella zona sud della provincia di Lecce, la presenza, in alcuni oliveti, di molteplici casi di disseccamento anomalo di piante di olivo causate dalla presenza di un complesso di infestanti per i quali ancor oggi non è stato individuato alcun rimedio;
    la diffusione dell'infezione si è rivelata molto rapida e rischia di contagiare diverse specie vegetali, con eventuali e disastrose conseguenze sulle economie dei comparti agricoli non solo italiani ma anche europei;
    la gravità della situazione ha indotto l'Unione europea e, di conseguenza gli Stati membri, in particolare l'Italia e le regioni, a disporre provvedimenti cautelativi al fine di arginare il contagio, evitare l'infezione di zone indenni e mitigare il rischio e i danni;
    la vicenda, sia dal punto di vista normativo che da quello scientifico e per quanto riguarda le strategie di intervento, risulta ancora complessa ed articolata;
    le ricerche e le analisi condotte dalla regione Puglia, in particolare dall'area politiche per lo sviluppo rurale, ufficio osservatorio fitosanitario, con il supporto dell'Università degli studi di Bari e del Cnr, hanno rilevato nella zona interessata diversi agenti parassitari che associati costituiscono il cosiddetto «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» ovvero il batterio fitopatogeno da quarantena Xylella fastidiosa, il lepidottero Zeuzera pyrina o Rodilegno giallo ed alcuni miceti lignicoli vascolari (Phaeoacremonium parasiticum, P. rubrigenun, P. aleophlium, P. alvesii e Phaemoniella spp.) noti per causare disseccamenti di parti legnose di piante arboree e di vite;
    la Xylella fastidiosa è un patogeno con un'ampia gamma di piante in grado di ospitarlo: sarebbero oltre 150 le specie vegetali recettive ai ceppi batterici di genere Xylella e comprendono specie coltivate di interesse agricolo (vite, agrumi, mandorlo, pero, pesco e altro), essenze forestali, ornamentali e spontanee (anche con infezioni latenti); queste ultime rappresentano a volte un importante «serbatoio di infezione» del batterio;
    Xylella fastidiosa è stata segnalata per la prima volta in Europa nella provincia di Lecce, dove è ormai presente in diverse zone. È un batterio largamente presente nel continente americano (Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Brasile, Venezuela, Argentina e Perù) nel quale infetta un'ampia varietà di vegetali. Più rare e delimitate sono le segnalazioni in Asia (Taiwan). La distribuzione del batterio è legata alla presenza sul territorio dei vettori e, pertanto, risulterebbe influenzata anche dalle condizioni climatiche che possono avere ripercussioni sulla biologia dei vettori;
    allo stato attuale, la presenza della Xylella fastidiosa in regione Puglia sarebbe circoscritta nella sola provincia di Lecce. Il ceppo CoDiRO, presente nel Salento, appartiene alla subspecie pauca. Si tratterebbe di un ceppo di recente identificazione rilevato in Costa Rica su oleandro, mango e noce macadamia e non su vite, né su agrumi. Il ritrovamento del genotipo identico in Costa Rica fa presupporre che l'infezione sia stata importata da questo Paese, soprattutto se si considera che in Europa vengono importate annualmente dal Costa Rica elevate quantità di piante ornamentali;
    il batterio si moltiplicherebbe nei vasi xilematici della pianta ospite, provocandone l'ostruzione e impedendone in questo modo l'idratazione e provocandone un rapido disseccamento. Il batterio riesce a muoversi sia verso l'alto sia verso il basso e per questo motivo può essere rinvenuto anche nelle radici;
    per quanto riguarda la diffusione del batterio c’è da evidenziare che questa avviene in maniera diretta e legata all'intervento dell'uomo attraverso il materiale di propagazione o alla movimentazione e, quindi, alla commercializzazione delle piante intere e, in maniera indiretta, localmente o su brevi distanze, tramite insetti vettori;
    il patogeno è trasmesso in natura da alcune specie di insetti appartenenti all'ordine Hemiptera, subordine Cicadomorpha (famiglie Cicadellidae e Aphrophoridae), che fungono da vettori contribuendo alla diffusione della malattia a breve e medio raggio. Il batterio è trasmesso in maniera persistente dai vettori, che, tuttavia, perdono l'infettività a seguito della muta. Xylella fastidiosa non si riproduce nel seme;
    la specie di insetto vettore diffusa nelle aree infette del Salento e per la quale è stata scientificamente dimostrata la capacità di trasmettere il batterio è il Philaenus spumarius L. (Saponari e altri, 2014), meglio nota come «sputacchina media» per la schiuma bianca, simile alla saliva, in cui vivono immerse le forme giovanili dell'insetto. La sputacchina media potrebbe avere un importante ruolo epidemiologico nella diffusione della malattia, sia per l'elevata densità di popolazione osservata nel Salento sia per la sua ampia polifagia;
    le analisi condotte dimostrano che Xylella fastidiosa è stata trovata anche in altre due specie d'insetti: il Neophilaenus campestris (Fallen) e l’Euscelis lineolatus Brulle;
    il periodo di incubazione della malattia è di solito molto lungo (ma molto dipende dalla specie di pianta ospite e, nell'ambito della stessa specie, dalla cultivar), da qualche mese ad un anno e talvolta anche più. Si aggiunga che in molti ospiti l'infezione può rimanere asintomatica. Ne deriva che in molti casi, ad esempio nei vivai, eventuali infezioni possono non essere rilevate e ciò facilita la propagazione della malattia con il materiale vegetale;
    l'insieme delle norme e degli atti più rilevanti che hanno disciplinato ed affrontato fino ad oggi il problema relativo al «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» inizia già dal 2000 con una direttiva della Commissione europea. Ad oggi, la situazione non risulta ancora ben definita e appare necessaria una presa di posizione politica da parte del Governo italiano, soprattutto in sede europea, che sia volta a risolvere il problema nell'immediato e che possa mitigare i danni economici all'intero comparto agricolo pugliese, oltre ad agire per prevenire il contagio ad altri Stati membri;
    l'elevato rischio di diffusione e di pericolosità del batterio nei confronti di numerose specie vegetali coltivate e spontanee, ma soprattutto il grave impatto negativo che il disseccamento di queste piante sta avendo sull'economia di alcune zone pugliesi notoriamente basate sulla coltivazione di olivi e sulla produzione di olio, sono stati oggetto di una serie di provvedimenti comunitari, nazionali e regionali volti a risolvere con tempestività il problema, anche se, come detto, essendo questa la prima segnalazione in Europa, la situazione, soprattutto per quanto riguarda le strategie di intervento, risulterebbe ancora non completamente chiarita;
    già la direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000, «concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità», includeva il batterio della Xylella fastidiosa nella lista degli organismi nocivi denunciabili dagli Stati membri dell'Unione europea;
    la predetta direttiva è stata poi modificata dalla direttiva 2002/89/CE al fine di migliorarla e per meglio definirne le modalità di applicazione; successivamente, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, ha previsto l'attuazione di tale provvedimento secondo il quale sono rese obbligatorie alcune misure per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione del batterio;
    il 21 ottobre 2013 l'Italia ha informato gli altri Stati membri e la Commissione europea della presenza dell'organismo specificato nel proprio territorio in due aree separate della provincia di Lecce nella regione Puglia. Sono stati successivamente individuati due ulteriori focolai distinti nella stessa provincia. La presenza dell'organismo specificato è stata confermata in relazione a diverse specie vegetali, tra cui Olea europaea L., Prunus amygdalus Batsch, Nerium oleander L. e Quercus sp. L., che manifestano sintomi di bruciatura fogliare e deperimento rapido;
    tenuto conto del focolaio infettivo in atto, la Commissione europea ha chiesto all'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, di fornire consulenza scientifica urgente, specificare l'elenco delle specie vegetali note che possono essere infettate, individuare le varie modalità con cui le specie vegetali infette e gli insetti vettori possono entrare nell'Unione europea e individuare, nonché valutare, le possibili misure di profilassi e controllo;
    l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha prodotto un primo parere nel novembre 2013 e uno studio più ampio nel gennaio 2015. In data 26 novembre 2013, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha concluso, testualmente, che: «Poiché l'unico mezzo naturale di diffusione della Xylella fastidiosa sono le sputacchine e cicaline che si nutrono di linfa grezza, che in genere possono volare per brevi distanze fino a 100 metri, il modo più efficace di diffusione a lunga distanza di Xylella fastidiosa è la movimentazione delle piante infette per la messa a dimora. Inoltre, il trasporto degli insetti eventualmente portatori del batterio nella movimentazione commerciale dei vegetali viene considerato motivo di preoccupazione. La principale fonte di introduzione nell'Unione europea di Xylella fastidiosa è, dunque, il commercio e subito dopo la movimentazione di vegetali destinati alla messa a dimora. Sono state, inoltre, valutate altre potenziali fonti di infezione, tra cui frutta, legno, fiori recisi, semi e piante ornamentali, ritenute però trascurabili o poco efficaci come possibili vie di introduzione del batterio»;
    l'Autorità conclude affermando che «non è nota alcuna strategia precedente che abbia avuto successo nell'eradicazione di X. Fastidiosa, una volta insediatasi all'aperto. L'Efsa raccomanda pertanto che le strategie preventive per il controllo dei focolai si concentrino sulle due principali vie di infezione (movimentazione di piante da messa a dimora e insetti infetti presenti nelle partite di vegetali) e si fondino su un approccio basato su sistemi integrati»;
    al fine di regolamentare con urgenza le misure necessarie per eradicare tale patogeno da quarantena sono state emanate due decisioni comunitarie, la n. 2014/87/UE del 13 febbraio 2014 e la n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, al fine di impedire la diffusione nell'Unione europea della Xylella fastidiosa, un decreto ministeriale di lotta obbligatoria n. 2777 del 26 settembre 2014, «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana», e numerosi atti regionali con i quali sono state tempestivamente disposte le misure da attuare nel territorio regionale;
    in particolare, la direttiva n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, al fine di eradicare il batterio e impedirne la diffusione, impone agli Stati membri interessati di adottare misure volte all'ispezione minuziosa delle piante al fine di rilevare la presenza dell'organismo specificato, alla creazione di zone delimitate (zona infetta e zona cuscinetto), all'adozione di specifiche misure volte all'eradicazione del batterio, quali, tra le altre, rimozione e distruzione in loco delle piante contagiate, di parti di piante o di legname contagiato, al trattamento fitosanitario specifico delle piante e vieta, altresì, la piantagione di piante specificate e piante appartenenti allo stesso genere delle piante contagiate in siti che non siano a prova di vettore;
    il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha nominato, in data 12 febbraio 2015, il comandante della regione Puglia del Corpo forestale dello Stato, Giuseppe Silletti, come commissario delegato per l'attuazione degli interventi per far fronte all'emergenza Xylella fastidiosa in Puglia. Nello specifico il commissario ha disposto un piano, sottoposto all'approvazione del dipartimento della protezione civile, previa istruttoria di un comitato di monitoraggio costituito da 7 elementi, 3 nominati dal Ministero, 2 della regione Puglia e 2 del dipartimento. Il piano fraziona il Salento in zone e suddivide in due parti nette il territorio, con una fascia di eradicazione delle piante infette nella provincia di Lecce dello spessore di 15 chilometri, che va dall'Adriatico allo Ionio e ricomprende i comuni di Arnesano, Campi Salentina, Carmiano, Copertino, Guagnano, Lecce, Leverano, Monteroni di Lecce, Nardò, Novoli, Porto Cesareo, Salice Salentino, Squinzano, Surbo, Trepuzzi e Veglie. Il commissario ha escluso il rischio di un taglio indiscriminato e del rischio di desertificazione;
    in data 27 marzo 2015, il tribunale amministrativo regionale di Lecce ha accolto il ricorso cautelare contro l'eradicazione degli ulivi colpiti dalla Xylella fastidiosa, depositato dai legali dei proprietari delle piante contagiate, e ha quindi sospeso le procedure di abbattimento fino al 9 aprile 2015, data in cui avverrà la discussione del ricorso con cui i legali hanno chiesto la sospensione del piano del commissario straordinario e dei conseguenti provvedimenti con cui si dispongono materialmente le eradicazioni;
    in data 6 aprile 2015, nel corso dell'indagine condotta dalla procura di Lecce su presunti ritardi compiuti per combattere il batterio della Xylella fastidiosa, il responsabile dell'istituto di virologia del Cnr di Bari si è espresso con dubbio riguardo al totale abbattimento delle piante e con favore verso una soluzione combinata di eradicazione minima e oculata degli olivi e contenimento dell'azione dell'insetto vettore attraverso trattamenti insetticidi meccanici che consistono nella pratica dell'erpicatura e aratura, poiché in questa fase l'insetto si troverebbe sull'erba all'interno di una schiuma;
    il Ministro francese dell'agricoltura Stéphane Le Foll ha firmato il decreto che dal 6 aprile 2015 vieta le importazioni dei vegetali a rischio Xylella fastidiosa dalla Puglia, nonostante l'area infetta delimitata riguardi la sola provincia di Lecce e non tutta la regione e nonostante le disposizioni della direttiva comunitaria 2000/29/CE e dei decreto legislativo n. 214 del 2005 limitino già il trasferimento dei materiali vegetali dalle aree delimitate;
    il danno per l'economia regionale sarebbe di dimensioni notevoli, dal momento che la sola Puglia vale quasi il 10 per cento dell'intero comparto agricolo nazionale, ossia circa quattro miliardi di euro, e che viti, ulivi e agrumi rappresentano quasi la metà di questo valore; con oltre 377.000 ettari coltivati ad ulivo la Puglia è la prima regione olivicola in termini di superficie, pari al 32 per cento della superficie totale nazionale adibita a tale coltura;
    il valore della produzione olivicola regionale vale in media circa 500 milioni di euro all'anno. Nel 2013 l'olivicoltura pugliese ha prodotto l'11,6 per cento del valore complessivo della produzione agricola regionale e il 30 per cento del valore della produzione olivicola nazionale (Istat, 2013);
    il rapporto sulla Xylella fastidiosa redatto dalla regione Puglia identifica come area infetta 231.516 ettari, di cui 96.934 ettari di oliveti, tutti situati nella provincia di Lecce;
    la presenza di più focolai sul territorio nazionale, non sottoposti a misure sanitarie per la prevenzione del contagio a zone indenni, rappresenta un rischio permanente di infezione per altre zone a vocazione olivicola;
    oltre ai danni in termini di produttività degli ulivi l'epidemia di Xylella fastidiosa sta incidendo in maniera fortemente negativa sull'attività vivaistica che versa in condizioni di grave difficoltà,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa normativa affinché le regioni possano deliberare la proposta di declaratoria dell'eccezionalità degli eventi, anche in deroga ai termini stabiliti all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 102 del 2004, al fine di risarcire, tramite le misure di sostegno del fondo di solidarietà nazionale, anche le imprese agricole i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   ad adottare ogni utile iniziativa normativa al fine di escludere dal saldo finanziario in termini di competenza mista, individuato ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese in conto capitale sostenute dalle regioni e dalle province autonome per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni e integrazioni;
   ad assumere iniziative per la sospensione dell'IMU agricola, prevista dal decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, per le imprese i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   a richiedere la partecipazione finanziaria dell'Unione europea e comunque ad assumere iniziative per indennizzare il comparto agricolo danneggiato dalla diffusione del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» e ad assumere iniziative per escludere le relative risorse dai vincoli del patto di stabilità;
   a richiedere la partecipazione finanziaria dell'Unione europea volta a promuovere, con estrema urgenza, la predisposizione di un progetto di ricerca adeguato, al fine di adottare tempestive soluzioni innovative per la diagnosi precoce e il trattamento della Xylella fastidiosa e di identificare altre specie di insetti che possano fungere da vettori;
   a porre in essere procedure volte al controllo e all'identificazione di eventuali movimentazioni di piante o di innesti dalle zone infette;
   a predisporre sistemi di controllo e di prevenzione che possano contrastare con efficacia eventuali diffusioni di infezioni nel corso di importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo;
   ad adottare ogni utile iniziativa presso l'Unione europea affinché la pur legittima decisione del Governo francese, che vieta le importazioni dei vegetali a rischio di Xylella fastidiosa dalla Puglia, sia sospesa in attesa dell'entrata in vigore di un adeguato dispositivo europeo, anche perché limitare gli scambi commerciali europei con l'intera regione potrebbe causare alla stessa un grave danno economico e di immagine.
(1-00800) «Matarrese, Mazziotti Di Celso, Capua, Catania, Dambruoso, Vargiu, D'Agostino, Piepoli, Falcone, Sottanelli, Vecchio, Galgano».


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2013 si registrava in regione Puglia, e precisamente nella zona sud della provincia di Lecce, la presenza, in alcuni oliveti, di molteplici casi di disseccamento anomalo di piante di olivo causate dalla presenza di un complesso di infestanti per i quali ancor oggi non è stato individuato alcun rimedio;
    la diffusione dell'infezione si è rivelata molto rapida e rischia di contagiare diverse specie vegetali, con eventuali e disastrose conseguenze sulle economie dei comparti agricoli non solo italiani ma anche europei;
    la gravità della situazione ha indotto l'Unione europea e, di conseguenza gli Stati membri, in particolare l'Italia e le regioni, a disporre provvedimenti cautelativi al fine di arginare il contagio, evitare l'infezione di zone indenni e mitigare il rischio e i danni;
    la vicenda, sia dal punto di vista normativo che da quello scientifico e per quanto riguarda le strategie di intervento, risulta ancora complessa ed articolata;
    le ricerche e le analisi condotte dalla regione Puglia, in particolare dall'area politiche per lo sviluppo rurale, ufficio osservatorio fitosanitario, con il supporto dell'Università degli studi di Bari e del Cnr, hanno rilevato nella zona interessata diversi agenti parassitari che associati costituiscono il cosiddetto «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» ovvero il batterio fitopatogeno da quarantena Xylella fastidiosa, il lepidottero Zeuzera pyrina o Rodilegno giallo ed alcuni miceti lignicoli vascolari (Phaeoacremonium parasiticum, P. rubrigenun, P. aleophlium, P. alvesii e Phaemoniella spp.) noti per causare disseccamenti di parti legnose di piante arboree e di vite;
    la Xylella fastidiosa è un patogeno con un'ampia gamma di piante in grado di ospitarlo: sarebbero oltre 150 le specie vegetali recettive ai ceppi batterici di genere Xylella e comprendono specie coltivate di interesse agricolo (vite, agrumi, mandorlo, pero, pesco e altro), essenze forestali, ornamentali e spontanee (anche con infezioni latenti); queste ultime rappresentano a volte un importante «serbatoio di infezione» del batterio;
    Xylella fastidiosa è stata segnalata per la prima volta in Europa nella provincia di Lecce, dove è ormai presente in diverse zone. È un batterio largamente presente nel continente americano (Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Brasile, Venezuela, Argentina e Perù) nel quale infetta un'ampia varietà di vegetali. Più rare e delimitate sono le segnalazioni in Asia (Taiwan). La distribuzione del batterio è legata alla presenza sul territorio dei vettori e, pertanto, risulterebbe influenzata anche dalle condizioni climatiche che possono avere ripercussioni sulla biologia dei vettori;
    allo stato attuale, la presenza della Xylella fastidiosa in regione Puglia sarebbe circoscritta nella sola provincia di Lecce. Il ceppo CoDiRO, presente nel Salento, appartiene alla subspecie pauca. Si tratterebbe di un ceppo di recente identificazione rilevato in Costa Rica su oleandro, mango e noce macadamia e non su vite, né su agrumi. Il ritrovamento del genotipo identico in Costa Rica fa presupporre che l'infezione sia stata importata da questo Paese, soprattutto se si considera che in Europa vengono importate annualmente dal Costa Rica elevate quantità di piante ornamentali;
    il batterio si moltiplicherebbe nei vasi xilematici della pianta ospite, provocandone l'ostruzione e impedendone in questo modo l'idratazione e provocandone un rapido disseccamento. Il batterio riesce a muoversi sia verso l'alto sia verso il basso e per questo motivo può essere rinvenuto anche nelle radici;
    per quanto riguarda la diffusione del batterio c’è da evidenziare che questa avviene in maniera diretta e legata all'intervento dell'uomo attraverso il materiale di propagazione o alla movimentazione e, quindi, alla commercializzazione delle piante intere e, in maniera indiretta, localmente o su brevi distanze, tramite insetti vettori;
    il patogeno è trasmesso in natura da alcune specie di insetti appartenenti all'ordine Hemiptera, subordine Cicadomorpha (famiglie Cicadellidae e Aphrophoridae), che fungono da vettori contribuendo alla diffusione della malattia a breve e medio raggio. Il batterio è trasmesso in maniera persistente dai vettori, che, tuttavia, perdono l'infettività a seguito della muta. Xylella fastidiosa non si riproduce nel seme;
    la specie di insetto vettore diffusa nelle aree infette del Salento e per la quale è stata scientificamente dimostrata la capacità di trasmettere il batterio è il Philaenus spumarius L. (Saponari e altri, 2014), meglio nota come «sputacchina media» per la schiuma bianca, simile alla saliva, in cui vivono immerse le forme giovanili dell'insetto. La sputacchina media potrebbe avere un importante ruolo epidemiologico nella diffusione della malattia, sia per l'elevata densità di popolazione osservata nel Salento sia per la sua ampia polifagia;
    le analisi condotte dimostrano che Xylella fastidiosa è stata trovata anche in altre due specie d'insetti: il Neophilaenus campestris (Fallen) e l’Euscelis lineolatus Brulle;
    il periodo di incubazione della malattia è di solito molto lungo (ma molto dipende dalla specie di pianta ospite e, nell'ambito della stessa specie, dalla cultivar), da qualche mese ad un anno e talvolta anche più. Si aggiunga che in molti ospiti l'infezione può rimanere asintomatica. Ne deriva che in molti casi, ad esempio nei vivai, eventuali infezioni possono non essere rilevate e ciò facilita la propagazione della malattia con il materiale vegetale;
    l'insieme delle norme e degli atti più rilevanti che hanno disciplinato ed affrontato fino ad oggi il problema relativo al «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» inizia già dal 2000 con una direttiva della Commissione europea. Ad oggi, la situazione non risulta ancora ben definita e appare necessaria una presa di posizione politica da parte del Governo italiano, soprattutto in sede europea, che sia volta a risolvere il problema nell'immediato e che possa mitigare i danni economici all'intero comparto agricolo pugliese, oltre ad agire per prevenire il contagio ad altri Stati membri;
    l'elevato rischio di diffusione e di pericolosità del batterio nei confronti di numerose specie vegetali coltivate e spontanee, ma soprattutto il grave impatto negativo che il disseccamento di queste piante sta avendo sull'economia di alcune zone pugliesi notoriamente basate sulla coltivazione di olivi e sulla produzione di olio, sono stati oggetto di una serie di provvedimenti comunitari, nazionali e regionali volti a risolvere con tempestività il problema, anche se, come detto, essendo questa la prima segnalazione in Europa, la situazione, soprattutto per quanto riguarda le strategie di intervento, risulterebbe ancora non completamente chiarita;
    già la direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000, «concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità», includeva il batterio della Xylella fastidiosa nella lista degli organismi nocivi denunciabili dagli Stati membri dell'Unione europea;
    la predetta direttiva è stata poi modificata dalla direttiva 2002/89/CE al fine di migliorarla e per meglio definirne le modalità di applicazione; successivamente, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, ha previsto l'attuazione di tale provvedimento secondo il quale sono rese obbligatorie alcune misure per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione del batterio;
    il 21 ottobre 2013 l'Italia ha informato gli altri Stati membri e la Commissione europea della presenza dell'organi-smo specificato nel proprio territorio in due aree separate della provincia di Lecce nella regione Puglia. Sono stati successivamente individuati due ulteriori focolai distinti nella stessa provincia. La presenza dell'organismo specificato è stata confermata in relazione a diverse specie vegetali, tra cui Olea europaea L., Prunus amygdalus Batsch, Nerium oleander L. e Quercus sp. L., che manifestano sintomi di bruciatura fogliare e deperimento rapido;
    tenuto conto del focolaio infettivo in atto, la Commissione europea ha chiesto all'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, di fornire consulenza scientifica urgente, specificare l'elenco delle specie vegetali note che possono essere infettate, individuare le varie modalità con cui le specie vegetali infette e gli insetti vettori possono entrare nell'Unione europea e individuare, nonché valutare, le possibili misure di profilassi e controllo;
    l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha prodotto un primo parere nel novembre 2013 e uno studio più ampio nel gennaio 2015. In data 26 novembre 2013, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha concluso, testualmente, che: «Poiché l'unico mezzo naturale di diffusione della Xylella fastidiosa sono le sputacchine e cicaline che si nutrono di linfa grezza, che in genere possono volare per brevi distanze fino a 100 metri, il modo più efficace di diffusione a lunga distanza di Xylella fastidiosa è la movimentazione delle piante infette per la messa a dimora. Inoltre, il trasporto degli insetti eventualmente portatori del batterio nella movimentazione commerciale dei vegetali viene considerato motivo di preoccupazione. La principale fonte di introduzione nell'Unione europea di Xylella fastidiosa è, dunque, il commercio e subito dopo la movimentazione di vegetali destinati alla messa a dimora. Sono state, inoltre, valutate altre potenziali fonti di infezione, tra cui frutta, legno, fiori recisi, semi e piante ornamentali, ritenute però trascurabili o poco efficaci come possibili vie di introduzione del batterio»;
    l'Autorità conclude affermando che «non è nota alcuna strategia precedente che abbia avuto successo nell'eradicazione di X. Fastidiosa, una volta insediatasi all'aperto. L'Efsa raccomanda pertanto che le strategie preventive per il controllo dei focolai si concentrino sulle due principali vie di infezione (movimentazione di piante da messa a dimora e insetti infetti presenti nelle partite di vegetali) e si fondino su un approccio basato su sistemi integrati»;
    al fine di regolamentare con urgenza le misure necessarie per eradicare tale patogeno da quarantena sono state emanate due decisioni comunitarie, la n. 2014/87/UE del 13 febbraio 2014 e la n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, al fine di impedire la diffusione nell'Unione europea della Xylella fastidiosa, un decreto ministeriale di lotta obbligatoria n. 2777 del 26 settembre 2014, «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana», e numerosi atti regionali con i quali sono state tempestivamente disposte le misure da attuare nel territorio regionale;
    in particolare, la direttiva n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, al fine di eradicare il batterio e impedirne la diffusione, impone agli Stati membri interessati di adottare misure volte all'ispezione minuziosa delle piante al fine di rilevare la presenza dell'organismo specificato, alla creazione di zone delimitate (zona infetta e zona cuscinetto), all'adozione di specifiche misure volte all'eradicazione del batterio, quali, tra le altre, rimozione e distruzione in loco delle piante contagiate, di parti di piante o di legname contagiato, al trattamento fitosanitario specifico delle piante e vieta, altresì, la piantagione di piante specificate e piante appartenenti allo stesso genere delle piante contagiate in siti che non siano a prova di vettore;
    il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha nominato, in data 12 febbraio 2015, il comandante della regione Puglia del Corpo forestale dello Stato, Giuseppe Silletti, come commissario delegato per l'attuazione degli interventi per far fronte all'emergenza Xylella fastidiosa in Puglia. Nello specifico il commissario ha disposto un piano, sottoposto all'approvazione del dipartimento della protezione civile, previa istruttoria di un comitato di monitoraggio costituito da 7 elementi, 3 nominati dal Ministero, 2 della regione Puglia e 2 del dipartimento. Il piano fraziona il Salento in zone e suddivide in due parti nette il territorio, con una fascia di eradicazione delle piante infette nella provincia di Lecce dello spessore di 15 chilometri, che va dall'Adriatico allo Ionio e ricomprende i comuni di Arnesano, Campi Salentina, Carmiano, Copertino, Guagnano, Lecce, Leverano, Monteroni di Lecce, Nardò, Novoli, Porto Cesareo, Salice Salentino, Squinzano, Surbo, Trepuzzi e Veglie. Il commissario ha escluso il rischio di un taglio indiscriminato e del rischio di desertificazione;
    in data 27 marzo 2015, il tribunale amministrativo regionale di Lecce ha accolto il ricorso cautelare contro l'eradicazione degli ulivi colpiti dalla Xylella fastidiosa, depositato dai legali dei proprietari delle piante contagiate, e ha quindi sospeso le procedure di abbattimento fino al 9 aprile 2015, data in cui avverrà la discussione del ricorso con cui i legali hanno chiesto la sospensione del piano del commissario straordinario e dei conseguenti provvedimenti con cui si dispongono materialmente le eradicazioni;
    in data 6 aprile 2015, nel corso dell'indagine condotta dalla procura di Lecce su presunti ritardi compiuti per combattere il batterio della Xylella fastidiosa, il responsabile dell'istituto di virologia del Cnr di Bari si è espresso con dubbio riguardo al totale abbattimento delle piante e con favore verso una soluzione combinata di eradicazione minima e oculata degli olivi e contenimento dell'azione dell'insetto vettore attraverso trattamenti insetticidi meccanici che consistono nella pratica dell'erpicatura e aratura, poiché in questa fase l'insetto si troverebbe sull'erba all'interno di una schiuma;
    il Ministro francese dell'agricoltura Stéphane Le Foll ha firmato il decreto che dal 6 aprile 2015 vieta le importazioni dei vegetali a rischio Xylella fastidiosa dalla Puglia, nonostante l'area infetta delimitata riguardi la sola provincia di Lecce e non tutta la regione e nonostante le disposizioni della direttiva comunitaria 2000/29/CE e dei decreto legislativo n. 214 del 2005 limitino già il trasferimento dei materiali vegetali dalle aree delimitate;
    il danno per l'economia regionale sarebbe di dimensioni notevoli, dal momento che la sola Puglia vale quasi il 10 per cento dell'intero comparto agricolo nazionale, ossia circa quattro miliardi di euro, e che viti, ulivi e agrumi rappresentano quasi la metà di questo valore; con oltre 377.000 ettari coltivati ad ulivo la Puglia è la prima regione olivicola in termini di superficie, pari al 32 per cento della superficie totale nazionale adibita a tale coltura;
    il valore della produzione olivicola regionale vale in media circa 500 milioni di euro all'anno. Nel 2013 l'olivicoltura pugliese ha prodotto l'11,6 per cento del valore complessivo della produzione agricola regionale e il 30 per cento del valore della produzione olivicola nazionale (Istat, 2013);
    il rapporto sulla Xylella fastidiosa redatto dalla regione Puglia identifica come area infetta 231.516 ettari, di cui 96.934 ettari di oliveti, tutti situati nella provincia di Lecce;
    la presenza di più focolai sul territorio nazionale, non sottoposti a misure sanitarie per la prevenzione del contagio a zone indenni, rappresenta un rischio permanente di infezione per altre zone a vocazione olivicola;
    oltre ai danni in termini di produttività degli ulivi l'epidemia di Xylella fastidiosa sta incidendo in maniera forte-mente negativa sull'attività vivaistica che versa in condizioni di grave difficoltà,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa normativa affinché le regioni possano deliberare la proposta di declaratoria dell'eccezionalità degli eventi, anche in deroga ai termini stabiliti all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 102 del 2004, al fine di risarcire, tramite le misure di sostegno del fondo di solidarietà nazionale, anche le imprese agricole i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di adottare ogni utile iniziativa normativa al fine di escludere dal saldo finanziario in termini di competenza mista, individuato ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese in conto capitale sostenute dalle regioni e dalle province autonome per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni e integrazioni;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di assumere iniziative per la sospensione dell'IMU agricola, prevista dal decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, per le imprese i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   a richiedere la partecipazione finanziaria dell'Unione europea e comunque ad assumere iniziative per indennizzare il comparto agricolo danneggiato dalla diffusione del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» e a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di assumere iniziative per escludere le relative risorse dai vincoli del patto di stabilità;
   a richiedere la partecipazione finanziaria dell'Unione europea volta a promuovere, con estrema urgenza, la predisposizione di un progetto di ricerca adeguato, al fine di adottare tempestive soluzioni innovative per la diagnosi precoce e il trattamento della Xylella fastidiosa e di identificare altre specie di insetti che possano fungere da vettori;
   a porre in essere procedure volte al controllo e all'identificazione di eventuali movimentazioni di piante o di innesti dalle zone infette;
   a predisporre sistemi di controllo e di prevenzione che possano contrastare con efficacia eventuali diffusioni di infezioni nel corso di importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo.
(1-00800)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Matarrese, Mazziotti Di Celso, Capua, Catania, Dambruoso, Vargiu, D'Agostino, Piepoli, Falcone, Sottanelli, Vecchio, Galgano».


   La Camera,
   premesso che:
    con quasi 500 milioni di tonnellate, l'Italia è il secondo produttore mondiale (dopo la Spagna) di olio d'oliva, rappresentando uno dei prodotti più importanti del made in Italy agroalimentare, i cui importanti risvolti socio-economici si esprimono, in particolare, nei territori del Sud del Paese, dove tale coltura è principalmente presente. L'olivicoltura pugliese costituisce, infatti, uno dei comparti più rilevanti del sistema agricolo, rappresentando il 30 per cento circa della produzione olivicola nazionale;
    per quanto riguarda la superficie interessata dall'olivicoltura, in Puglia risultano in produzione circa 375.000 ettari a olivo (pari al 32 per cento delle superfici olivicole nazionali e a circa il 29 per cento della superficie agricola utilizzata regionale);
    inoltre, per quanto attiene al tessuto-imprenditoriale, l'olivicoltura è realizzata in Puglia da circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, dove si rileva anche come la superficie media per azienda coltivata a olivo (1,4 ettari) sia sensibilmente superiore alla media nazionale (un ettaro);
    nel panorama olivicolo nazionale, la Puglia si contraddistingue anche per l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari, dop Terra di Otranto), con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani. Negli scambi internazionali di settore, l'olio rappresenta il terzo prodotto pugliese più esportato (dopo ortofrutta e conserve vegetali), per un valore di circa 106 milioni di euro, pari al 9 per cento dell’export di olio dall'Italia (1,2 miliardi di euro di olio d'oliva esportato nel 2012);
    il ritrovamento nell'ottobre del 2013 nell'area del gallipolino del patogeno da quarantena Xylella fastidiosa su piante di olivo e su altre specie coltivate, ornamentali e spontanee ha determinato sin dai primi mesi notevole criticità per la gestione di questa emergenza fitosanitaria, unica per la sua specificità;
    il 15 ottobre 2013 viene data la comunicazione ufficiale del ritrovamento della Xylella fastidiosa da parte delle istituzioni scientifiche facenti parte della rete dei laboratori pubblici Selge e, in particolare, il batterio viene identificato dal Cnr-Istituto per la protezione sostenibile delle piante di Bari. Il ritrovamento della Xylella fastidiosa, batterio da quarantena inserito nella lista A1 dell’Eppo (European and Mediterranean plant protection Organization) ha determinato l'avvio di un'intensa attività tecnico-amministrativa da parte della regione Puglia;
    le attività svolte dalla regione Puglia sono sempre state supportate da istituzioni scientifiche coinvolte, in stretta collaborazione, quali:
     a) il dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti, Università degli studi di Bari Aldo Moro;
     b) dal Cnr, Istituto per la protezione sostenibile delle piante, unità di Bari;
     c) dall'Istituto agronomico mediterraneo di Bari, organo del Ciheam;
     d) dal dipartimento di scienze agrarie degli alimenti e dell'ambiente dell'Università degli studi di Foggia;
     e) dal Centro ricerca sperimentazione e formazione in agricoltura «Basile Caramia»;
    la collaborazione è stata anche estesa, per il tramite delle stessi istituti su indicati; anche a istituzioni internazionali di elevato riconoscimento scientifico e professionale;
    sono anche in stretta collaborazione con l'osservatorio fitosanitario regionale altre istituzioni impegnate nella attività di monitoraggio e di realizzazione della cartografia e, precisamente, l'associazione dei consorzi di difesa della Puglia con i consorzi provinciali associati e Innovapuglia, società in house della regione Puglia;
    la Xylella fastidiosa è un batterio xylem-limited che si trasmette in natura solo ed esclusivamente attraverso insetti xilemomizi (xylem-fluid feeding insects) appartenenti all'ordine degli Hemiptera, caratterizzati da apparato boccale pungente-succhiante in grado di infiggerlo nella pianta e di raggiungerne lo xilema, acquisendo le cellule batteriche dalle piante infette per poi trasmetterle a quelle sane. Dalle attuali conoscenze scientifiche l'unico insetto vettore identificato in grado di trasmettere le cellule batteriche è lo Philaenus spumarius. Non essendo un batterio sporigeno, non si trasmette per contatto;
    il batterio è in grado di determinare gravi pandemie fitosanitarie nei territori in cui si insedia, in quanto prolifera nei vasi xilematici delle piante, causandone l'occlusione dei vasi e, di conseguenza, il disseccamento inizialmente dei giovani rami e, successivamente, delle branche e dell'intera pianta;
    la professionalità anche riconosciuta a livello internazionale dei ricercatori che lavorano presso le istituzioni scientifiche italiane ha consentito di identificare completamente il genoma della Xylella fastidiosa e di isolarlo su piastra di crescita in laboratorio;
    particolare importanza è stata data alle metodologie adottate dai laboratori incaricati di verificare la presenza o l'assenza della Xylella fastidiosa, al fine di garantire l'affidabilità delle analisi di laboratorio. Per tale scopo, è stato fatto un importante lavoro di predisposizione dei protocolli da parte di tutti i ricercatori nel definire le metodologie di analisi, consentendo l'accreditamento degli stessi da parte dell'osservatorio fitosanitario;
    da un punto di vista genetico, oggi è possibile affermare che si è di fronte ad un ceppo diverso dalle altri riscontrati nei diversi Paesi mondiali classificato dai ricercatori italiani come Xylella fastidiosa, subspecie Pauca ceppo «CoDiRO», accertando un ceppo «gemello» presente in Costa Rica. Sono state, infatti, riscontrate recentemente piante di caffè ad uso ornamentale in importazione con presenza di Xylella;
    nell'ambito del piano di attività sperimentali finanziate dalla regione Puglia-ufficio fitosanitario, con il programma «Azioni di ricerca urgenti in risposta all'identificazione di Xylella fastidiosa in olivi colpiti dal “complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO)”», sono stati effettuati rilievi in campo nella aree focolaio e saggi di laboratorio, al fine di identificare piante ospiti suscettibili alle infezioni batteriche in condizioni naturali. I rilievi sono stati concentrati nelle aree con oliveti ad elevata incidenza d'infezione da Xylella fastidiosa e che manifestavano gravi sintomi di CoDiRO;
    la ricerca, attivata con finanziamenti esclusivamente regionali, è riuscita dare in breve tempo numerose risposte importanti sulla biologia del batterio e, in particolare, nell'identificazione di uno specifico ceppo che ha interessato la provincia di Lecce;
    sono state effettuate numerose analisi sulle diverse specie di piante presenti nel Salento (oltre le 200) e, ad oggi, la presenza di Xylella fastidiosa è stata riscontrata solo sulle seguenti piante produttrici: olivo, ciliegio, mandorlo; e sulle seguenti piante ornamentali: Catharanthus Rosea, acacia, poligala, oleandro, ginestra, westringia, rosmarino, mirto e alaterno. Mentre piante di cui non è stata però confermata successivamente la presenza del batterio sono il quercus, la portulaca, la malva e il sorgo e, allo stato attuale, non è stata mai stata riscontrata la presenza di Xylella fastidiosa su vite e agrumi;
    dal ritrovamento iniziale della vasta area di Gallipoli e dei 5 focolai puntiformi, che ad aprile 2014 sono state eradicate, le infezioni sono aumentate in modo esponenziale in tutta la provincia di Lecce;
    successivi monitoraggi effettuati nel periodo estivo del 2014 hanno evidenziato un'estensione delle infezioni sul territorio leccese e la manifestazione dei sintomi hanno mostrato palesemente la gravità dell'epidemia fitosanitaria, oltretutto la vegetazione ricresciuta dopo le potature drastiche effettuate su piante infette risultava in gran parte disseccata;
    con nota del 21 luglio 2014, n. AOO-030/0069398, il servizio fitosanitario regionale evidenzia l'ulteriore aggravamento che si stava riscontrando in merito al disseccamento degli oliveti infetti da Xylella fastidiosa nella provincia di Lecce. Sono state riscontrate, infatti, in diversi siti della provincia di Lecce la presenza di numerosi oliveti con sintomi ascrivibili alla Xylella fastidiosa confermati successivamente da analisi di laboratorio;
    la regione Puglia, in due incontri a fine luglio e fine agosto 2014 con il Ministro e i dirigenti del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha evidenziato la drammaticità dell'emergenza fitosanitaria e le proporzioni sempre maggiori delle infezioni, chiedendo di adottare in modo indifferibile ed urgente strumenti straordinari e di emergenza che consentissero di attivare misure per contenere la diffusione di questo batterio sia nella provincia leccese che nella regione Puglia. È stato, infatti, evidenziato come la problematica fitosanitaria presenti tutte le caratteristiche di un'emergenza straordinaria che deve essere affrontata con tutte le forze disponibili per evitare che questo patogeno da quarantena si diffonda ulteriormente, mettendo a rischio l'olivicoltura regionale;
    alla luce di quanto si riscontrava nel territorio, la regione Puglia è stata costretta a rimodulare per ben tre volte la delimitazione delle aree interessate da Xylella fastidiosa, al fine di attivare misure per contenere o eradicare la diffusione del batterio. L'ultima rimodulazione è stata fatta a marzo 2015 con la determinazione n. 54 a seguito di un ritrovamento di un focolaio in agro di Oria (Brindisi);
    sulla base di quanto rilevato nei territori e anche a seguito di indicazioni molto più rigide dettate dalla Commissione europea (si vedano le due decisioni di esecuzione del 13 febbraio 2014-2014/87/CE – e del 23 luglio 2014 - 2014/497/UE – che ha abrogato la precedente), è stata adottata la determina dirigenziale n. 54 del 13 marzo 2015, pena l'apertura di una procedura di infrazione contro l'Italia, delimitando così il nuovo quadro dell'area in tutta la provincia di Lecce e in parte di quella di Brindisi e di Taranto;
    con la stessa determina sono state stabilite le diverse zone delimitate come segue:
     a) «zona infetta» da Xylella fastidiosa costituita dal territorio di tutti i comuni ricadenti nella provincia di Lecce e dal focolaio puntiforme ubicato nel comune di Oria in provincia di Brindisi;
     b) «zona cuscinetto» costituita dal territorio contiguo alla zona infetta della provincia di Lecce e dal territorio circostante il focolaio di Oria, entrambi di larghezza non inferiore a 2 chilometri;
     c) «zona di eradicazione» deve essere estesa ad almeno 15 chilometri dalla zona cuscinetto;
     d) «zona profilassi» nella quale vanno obbligatoriamente effettuate le misure fitosanitarie, di cui alle lettere a) e b) del comma 5 dell'articolo 10 del decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali n. 2777 del 2014, «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella Fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana»;
    la presenza della Xylella fastidiosa è stato un evento unico per le proporzioni fitosanitarie con cui si è evidenziata e, in particolare, su una coltura, come l'olivo, che ha un valore al di sopra della propria produttività agricola nella produzione dell'olio. Nota è la sua storia culturale che da millenni caratterizza la Puglia e i suoi paesaggi di bellezza ambientale tale da emanare una legge regionale a loro tutela (legge regionale n. 14 del 2007, «Tutela e valorizzazione del paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia»);
    si è reso, comunque, necessario studiare e ricercare numerosi quesiti e dubbi che sono emersi nella gestione di tale emergenza fitosanitaria, per cui molte misure indicate per l'eradicazione e il contenimento delle infezioni non trovavano ancora un riscontro scientifico tale da giustificare la stessa applicazione. Tra l'altro, gli eventi rapidi che sono emersi e il riscontro dei sintomi in ampie superfici non consentiva di organizzare e programmare in tempi brevi misure in grado di eradicare o, quantomeno, di contenere le infezioni di Xylella fastidiosa;
    con la definizione delle zone delimitate nel mese di aprile 2015, sono state prese misure di estirpazione delle piante di olivi risultati infetti in 5 focolai puntiformi per un totale di 104 piante. Va evidenziato l'impatto e la complessità dell'intera operazione, che è stata posta in essere per ottemperare a quanto imposto dalla Commissione europea, completando le operazioni entro il termine fissato del 15 aprile 2015;
    il supporto scientifico è stato sempre di elevato contributo nelle decisioni che la regione Puglia ha preso in merito all'emergenza fitosanitaria e, in particolare, nelle decisioni che sono state prese tra fine agosto e fine ottobre 2014, sulla base di quanto realmente stava verificandosi nel territorio leccese e anche grazie al contributo di esperienze maturate in altri Paesi; è emersa la convinzione che la Xylella fastidiosa non poteva più essere eradicata e, quindi, andavano adottate misure diverse da quelle programmate inizialmente. Si delineava, pertanto, la convinzione che quanto riportato nella decisione comunitaria non trovava una sufficiente validità nell'affrontare tale emergenza e nel ridurre le infezioni del batterio, in quanto l'elevata quantità di piante da abbattere era tale da non consentire una riduzione dell'inoculo;
    su tale base è stata riprogrammata una nuova strategia da adottare nelle diverse zone delimitate e secondo il piano di azione concordato con il commissario straordinario (nominato con ordinanza della protezione civile n. 225 dell'11 febbraio 2015) saranno adottate specifiche misure;
    le misure prevedono interventi nella fascia di profilassi, nella zona cuscinetto, nella fascia di eradicazione, nei focolai puntiformi e in quelli di maggiore criticità; prevedono, altresì, interventi nei vivai, nella restante zona infetta e interventi di tipo trasversale. Per tutte le predette misure, tranne quelle previste nella voce «le altre aree della zona infetta», è stato stabilito l'importo di spesa, la priorità e la tempistica. Per la sola voce «le altre aree della zona infetta» non è stata prevista alcuna spesa, atteso che questa sarà a carico dei proprietari o conduttori dei terreni;
    le altre misure riguardano l'eliminazione di tutte le piante ospiti presenti lungo le strade, fossi, canali, aree verdi ed altro, con trinciatura della chioma e smaltimento di tutte le piante ospiti di Xylella fastidiosa. Le aree interessate sono quelle della zona cuscinetto e della fascia di eradicazione;
    in data 29 aprile 2015 il Consiglio dei ministri ha approvato la deroga al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, per l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale, per la prima volta su una emergenza fitosanitaria, per andare incontro alle necessità economiche degli agricoltori e dei vivaisti danneggiati dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa, prevedendo un plafond di iniziali 11 milioni di euro per interventi compensativi. Lo step successivo è la dichiarazione dello stato di calamità;
    la direttiva 2000/29/CE prevede misure di protezione contro l'introduzione nell'Unione europea di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nell'Unione. La direttiva predetta è stata modificata dalla direttiva 2002/89/CE (data attuazione dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214), dal regolamento (CE) n. 882/2004 e dalla direttiva 2009/143/CE (data attuazione dal decreto legislativo 23 dicembre 2010, n. 241). Il testo consolidato, così come il precedente, include il batterio della Xylella fastidiosa nella lista degli organismi nocivi da denunciare alla Commissione europea in caso di accertata presenza sul proprio territorio nazionale di materiale vegetale infetto;
    la direttiva 2000/29/CE prevede per taluni vegetali e prodotti vegetali provenienti da Paesi terzi (allegato V, parte B) un'ispezione alla loro introduzione nel territorio dell'Unione europea. L'ispezione comprende, in particolare, un controllo documentale, un controllo di identità e un controllo fitosanitario. Il controllo fitosanitario consiste nel verificare, sulla base di una ispezione totale o su un campione rappresentativo, che i vegetali e i prodotti non presentino segni di contaminazione da organismi nocivi e che siano rispettati i requisiti specifici definiti nella direttiva. È del tutto evidente che la direttiva va radicalmente rivista alla luce di quanto accaduto in Puglia, dato che il batterio proviene da un Paese terzo quale la Costa Rica, giacché i controlli che la direttiva impone sono non solo insufficienti, ma del tutto inadeguati per far fronte alla notevole quantità di materiale vegetale commercializzato che arriva presso lo snodo commerciale di Rotterdam (Olanda) – luogo da dove con quasi certezza è entrato il materiale vegetale infetto. Gestire una così notevole quantità di materiale vegetale nella pratica rende complicatissimo fare i controlli sia a campione che totali, non consentendo, di fatto, di garantire, sufficientemente, il rispetto del divieto di introduzione di patogeni da quarantena molto dannosi per l'ambiente e la società;
    appare incredibile che, nonostante la Commissione europea fosse a conoscenza della provenienza del ceppo presente in Puglia, non abbia emesso, da quando è stato scoperto il batterio, pur essendo presente nella lista della direttiva 2000/29/CE, alcun blocco di importazione da Paesi terzi, mentre ha imposto regole severissime (si vedano le due decisioni di esecuzione comunitarie) nel territorio della provincia di Lecce;
    a conferma di ciò è sufficiente ricordare il ritrovamento di ulteriore materiale vegetale infetto proveniente dalla Costa Rica come le piante di caffè ornamentali nei Paesi Bassi ed in Lombardia nei primi mesi del 2014;
    va rilevato che ancora oggi moltissime specie ospiti nei Paesi americani possono essere importate senza alcun controllo perché non viene richiesto dalla normativa europea il passaporto delle piante che quindi hanno libero accesso. A tal proposito, anche l'Efsa ha fatto rilevare che la direttiva è del tutto insufficiente a proteggere gli Stati membri dai rischi che le fitopatie rappresentano;
    nella riunione del 23 marzo 2015 della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, il deputato verde José Bové ha riferito che la Xylella fastidiosa è stata trovata in Corsica su ulivi ornamentali venduti nei centri commerciali. Questa notizia potrebbe cambiare del tutto la prospettiva della ricerca scientifica condotta finora, perché, in attesa che escano i risultati sulla patogenicità dell'ulivo, la Xylella fastidiosa è stata trovata su piante sane, asintomatiche, nel corso di controllo di routine sulla tracciabilità delle stesse;
    il Ministro dell'agricoltura, delle risorse agroalimentari e forestale francese, Stephane Le Foll, ha emanato in data 2 aprile 2015 un decreto relativo alla prevenzione dell'introduzione della Xylella fastidiosa (Well e Raju) in Francia;
    il decreto ministeriale prevede il divieto di importazione dalla Puglia di materiale di propagazione di 102 specie differenti, quali: ulivo, vite, fico, albicocco, mandorlo, pesco, agrumi, ciliegio, gelso e molte piante ornamentali. Tra le piante messe al bando vi sono alcune piante sulle quali non è mai stata certificata la presenza del batterio da quarantena, come, ad esempio, la vite e gli agrumi;
    il portavoce del Commissario alla salute, Vytenis Andriulkaitis, ha affermato che il decreto ministeriale francese fosse «legittimo», per poi ammettere che la Francia con i divieti «si è spinta molto in là»;
    suscita perplessità, commista a preoccupazione, la posizione della Commissione europea che ha affermato che la decisione di bloccare l’import dalla Puglia «(...) è in linea con la legislazione europea (...)», aggiungendo di essere consapevole delle preoccupazioni simili della Spagna, Portogallo e Grecia, ma «(...) non informata (...)» di iniziative simili nel «(...) prossimo futuro (...)». Il precedente è che la Francia apra la strada a misure unilaterali analoghe di altri Paesi dell'Unione europea, oltre ad essere alquanto singolare che la Commissione europea ritenga di non intervenire sulla decisione di uno Stato membro adottata senza tenere conto dell'approfondimento politico e scientifico in corso a livello comunitario e non;
    in data 15 aprile 2015 le autorità di controllo sanitario francesi hanno individuato il batterio della Xylella fastidiosa su una pianta di caffè ornamentale all'interno del mercato all'ingrosso di Rungis, alle porte di Parigi. Secondo le prime verifiche la pianta proveniva, verosimilmente, dall'America centrale ed era stata introdotta nell'Unione europea attraverso il porto di Rotterdam (Olanda). Il Ministro francese Le Foll ha avviato verifiche al fine di prendere misure precauzionali. Mentre il Commissario europeo alla salute ha annunciato che l'Unione europea «(...) indagherà sul caso (...)»;
    quanto avvenuto in Francia coincide in modo preoccupante con quello che nel 2013, secondo la ricostruzione dell'Istituto agronomico mediterraneo di Bari, portò la Xylella fastidiosa in Puglia attraverso delle piante di caffè ornamentali provenienti dalla Costa Rica. Questa vicenda appalesa l'immobilismo e i gravissimi ritardi della Commissione europea nell'affrontare l'emergenza fitosanitaria che sta minacciando gli ulivi del Salento;
    le misure imposte finora alla regione Puglia dalla Commissione europea si presterebbero a censure per violazione del «principio di proporzionalità» anche sotto il profilo dell'inadeguatezza tra il fine stabilito e i mezzi adottati: le misure estreme di contenimento potrebbero non essere idonee ad evitare la diffusione della Xylella fastidiosa nel territorio comunitario, visto che, come illustrato nel presente atto, i controlli adottati dagli Stati membri evidenziano la presenza del batterio nelle piante di caffè ornamentali (provenienti dalla Costa Rica e dall'Honduras) in altri Stati membri, come Olanda, Francia e Germania. Questa nuova situazione, di fatto, renderebbe le nuove misure adottate non adeguate al fine che la Commissione si prefigge e, di conseguenza, le stesse sarebbero lesive del «principio di proporzionalità»;
    il vivaismo viticolo rappresenta uno dei settori maggiormente trainanti dell'economia agricola salentina. Nella zona dell'otrantino operano circa cinquanta aziende, ognuna di esse impiega fino a trenta dipendenti e il relativo indotto che le stesse creano, con le attività di imballaggio, trasporto e logistica, è di notevole importanza socio-economica. I provvedimenti adottati dalla Commissione europea hanno messo in ginocchio l'economia salentina (sono state vietate dalla Commissione europea la movimentazione di 180 specie), che si è vista ingiustamente vietare la commercializzazione delle barbatelle della vite le quali sono immuni al batterio dopo che l'osservatorio fitosanitario regionale ha fatto tremila campionamenti su di esse che hanno dato tutti esito negativo. Il batterio della Xylella fastidiosa non attecchisce né sui rami e né sulle foglie, perché non è l’habitat prediletto dall'insetto vettore, la sputacchina;
    a seguito di queste misure draconiane l'Algeria il 14 gennaio 2015 ha annullato importanti commesse, a cui ha fatto seguito la Francia – nostro principale competitor commerciale sulle barbatelle – e il Marocco. Le barbatelle sono un materiale di propagazione che va impiegato entro i due anni, si consideri che le piante messe a dimora sono venti milioni su un'estensione di 70 ettari di vivai;
    la stessa sorte è già toccata al settore florovivaistico ornamentale del Salento, con drammatiche ricadute sociali in termini di occupazione e mancati guadagni delle aziende, che, oggi, dovranno sopportare anche i costi per le pratiche agronomiche e per la distruzione delle piante, per le quali è stato previsto dal piano del commissario di Governo un ristoro di 20 centesimi a pezzo, ristoro questo abbondantemente al di sotto dei costi di produzione e del mantenimento a dimora;
    ventisei aziende vivaistiche, ventisei aziende biologiche e alcuni proprietari terrieri hanno fatto ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, ottenendo in data 24 aprile 2015 la sospensione del piano del commissario. Su 5.920 piante analizzate dall'osservatorio fitosanitario, è stato eccepito nel ricorso, neanche una è risultata positiva alla Xylella fastidiosa, ma ne è stata ugualmente ordinata la distruzione;
    in data 27 e 28 aprile si è riunito a Bruxelles il Comitato permanente per le piante gli animali, gli alimenti e i mangimi, Paff, dell'Unione europea sulle ulteriori misure da adottare contro il contagio del batterio;
    le nuove misure dell'Unione europea impongono agli Stati membri di notificare la comparsa di nuovi focolai, di effettuare indagini ufficiali e di delimitare immediatamente le zone infestate. In tali zone sono applicate misure di eradicazione rigorose che comprendono la rimozione e la distruzione delle piante infestate e di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, indipendentemente dal loro stato di salute. L'Italia potrà adottare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, in cui l'eradicazione non è più possibile. In tal caso resta l'obbligo di eliminare sistematicamente tutte le piante infette e di testare tutte le piante circostanti (entro 100 metri) in una zona di 20 chilometri contigua alle province di Brindisi e Taranto. Le importazioni e la circolazione all'interno dell'Unione europea di determinate piante note per essere sensibili alla Xylella fastidiosa provenienti da qualsiasi Paese del mondo saranno soggette a condizioni rigorose. Sono vietate, in particolare, le importazioni di piante di caffè originarie dell'Honduras e della Costa Rica, le quali presentano un rischio elevato di essere colpite dal batterio;
    il Paff ha rivisto la lista delle piante quali possibili «ospiti» della Xylella fastidiosa, riducendone il numero: la lista è stata ridotta da 17 a 13 e non contiene più, in particolare, le querce, la malva, la portularia e il sorgo. Nella lista restano, invece, l'acacia, la pervinca, il mirto, l'oleandro, la polygala, il ciliegio, il mandorlo, il rosmarino e la ginestra. Nella provincia di Lecce sarà vietato il reimpianto di queste specie. A questa lista se ne aggiunge un'altra di 188 piante (comprese le 13 «ospiti») che non potranno essere commercializzate dai vivai al di fuori della provincia di Lecce, a meno che non dispongano di un certificato che ne assicuri l'assenza del batterio. La differenza delle due liste consiste nel fatto che per le 13 piante «ospiti» gli esami di laboratorio hanno confermato l'avvenuta infezione dal parte del batterio, mentre per le restanti 175 non ci sono evidenze scientifiche riguardo all'infettività della Xylella fastidiosa. Si tratta, comunque, di specie che sono state attaccate da altri ceppi della Xylella, in California e in Costarica, dove il batterio è endemico da decenni;
    fonti della Commissione europea hanno riferito che l'Esecutivo sarebbe pronto a rivedere la lista se e quando l'Italia sarà in grado di dimostrare con evidenze scientifiche che la Xylella del Salento non attacca alcune delle piante sottoposte a restrizioni nel commercio. Attualmente, vi sono ulteriori test in corso sulla vite, circa 2.000 effettuati finora, che non hanno mai riscontrato l'infezione da Xylella e che dovrebbero completarsi entro la fine di luglio 2015. Anche i test sugli agrumi sono in corso e, ad oggi, non vi è alcun risultato scientifico che abbia accertato la presenza del batterio;
    è alquanto singolare leggere nel comunicato stampa diffuso il 28 aprile 2015 dalla Commissione europea che la Xylella: «(...) è un organismo nocivo da quarantena che colpisce gli ulivi ed è potenzialmente pericoloso per molte altre piante, come la vite e gli agrumi (...)». Questo atteggiamento pervicace, nonostante il fatto che gli esami di laboratorio abbiano smentito la presenza del batterio sulla vite e sugli agrumi, induce i firmatari del presente atto di indirizzo a dubitare dell'imparzialità dell'azione dell'Esecutivo comunitario, oltre a evidenziare un modus decidendi lesivo del «principio di proporzionalità»;
    è singolare la circostanza verificatasi all'interno del Paff dove, in maniera particolare e con grande «spirito comunitario», la Francia, la Germania, la Grecia, la Spagna e il Portogallo, a cui si sono aggiunti gli altri Paesi mediterranei, abbiano chiesto il blocco all’import di tutti i prodotti ortofrutticoli pugliesi. Tale atteggiamento sottende il tentativo di avviare una vera guerra commerciale contro la Puglia e l'Italia, già accennata con l'emanazione del decreto ministeriale francese;
    sarebbe opportuno e adeguato, rispetto alle circostanze empiriche dei fatti e ai dati tecnici di laboratorio, avviare con vero «spirito comunitario» un ripensamento delle azioni fin qui poste in essere dalla Commissione europea, in considerazione del ritrovamento del batterio della Xylella fastidiosa su una pianta di caffè ornamentale nel mercato all'ingrosso di Rungis (Parigi) e in Corsica su ulivi ornamentali venduti nei centri commerciali;
    in data 7 maggio 2015 il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto la richiesta di sospensiva di ventisei aziende vivaistiche, di ventisei aziende biologiche e di alcuni proprietari terrieri. Il tribunale amministrativo regionale ha sospeso il piano del commissario di Governo in attesa che venga pubblicata la nuova decisione di esecuzione assunta nella seduta del 27 e 28 aprile ultimo scorso dal Paff. Il tribunale amministrativo regionale fa rilevare che: «(...) rispetto alla decisione di esecuzione precedente del 2014, si prevedono misure differenti, sia sugli accertamenti tecnici da compiere sia in ordine alle misure da adottare (...)», in sostanza il piano andrebbe riscritto alla luce della nuova decisione di esecuzione comunitaria;
    sulla Gazzetta ufficiale n. 103 del 6 maggio 2015 è stato pubblicato il decreto interministeriale n. 51 del 2015, «Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali». L'articolo 5 del decreto interministeriale prevede l'accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e di infezioni di organismi nocivi e il comma 3 del medesimo articolo dispone interventi compensativi di sostegno in favore delle imprese danneggiate dalla diffusione della Xylella fastidiosa nella misura di un milione di euro per il 2015 e di dieci milioni di euro per l'anno 2016,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per differire o sospendere tutti gli adempimenti tributari e fiscali dovuti dai soggetti agricoli professionali le cui colture sono state danneggiate dal batterio della Xylella fastidiosa, nonché per postergare ogni scadenza di mutui e investimenti sottoscritti dai medesimi soggetti per i prossimi cinque anni;
   ad assumere iniziative per sospendere dal pagamento dell'IMU agricola, prevista dal decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, quelle imprese i cui impianti di olivicoltura sono stati colpiti dal suddetto batterio;
   ad assumere iniziative per escludere dal saldo finanziario, rilevante ai fini del patto di stabilità interno, le risorse finanziarie provenienti dallo Stato e le spese in conto capitale sostenute dalle regioni e dalle province autonome per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale;
   a non ricomprendere nel saldo finanziario in termini di competenza mista, individuato ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno degli enti locali, le risorse provenienti dallo Stato e dalle regioni e le relative spese di parte corrente ed in conto capitale, destinate agli interventi per il contrasto alla diffusione della Xylella fastidiosa, nonché gli impegni ed i pagamenti effettuati, per la predetta finalità, dagli enti locali della regione Puglia con risorse autonome, esclusione che opera anche nel caso in cui le stesse siano state effettuate in più anni, purché nei limiti complessivi delle risorse statali e regionali trasferite, e nel limite di 15 milioni di euro per gli interventi finanziati con le risorse autonome degli enti locali;
   alla luce di quanto illustrato nel presente atto di indirizzo, ad avviare le necessarie iniziative politico-istituzionali con la Commissione europea al fine di predisporre un tavolo tecnico con cui avviare una profonda revisione della direttiva 2000/29/CE, rivelatasi inadeguata nel sistema dei controlli dei flussi commerciali all'ingresso dell'Unione europea;
   ad attivare gli opportuni strumenti finanziari previsti nel quadro dei fondi strutturali 2014-2020 e dei programmi comunitari come Orizzonte 2020 e a porre in essere tutti gli strumenti e le azioni che la politica agricola comune prevede all'interno sia del I che del II pilastro e dell'organizzazione comune dei Mercati (regolamento (UE) n. 1308/2013), in particolar modo il «Partenariato europeo per l'innovazione» per la produttività agricola e sostenibilità che mira a unire il mondo agricolo e quello della ricerca – distretti e cluster – a livello regionale, nazionale e comunitario, al fine di strutturare nel contesto sovranazionale un percorso definito e dettagliato di ricerca scientifica sulla Xylella fastidiosa e sul «complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO)»;
   in sede comunitaria a far escludere la vite e gli agrumi dalla lista delle piante quali «suscettibili» alla Xylella fastidiosa, in considerazione del fatto che le barbatelle della vite sono risultate immuni al batterio dopo che l'osservatorio fitosanitario regionale ha fatto tremila campionamenti che hanno dato esito negativo, così come non è stata mai stata riscontrata la presenza di Xylella fastidiosa sugli agrumi e, comunque, ad assumere iniziative per rendere commercializzabili le barbatelle della vite prodotte dai vivai pugliesi;
   ad attivarsi nelle sedi preposte all'esclusione del diritto di impianto per le specie «ospiti» in area di contenimento;
   ad assumere iniziative per predisporre adeguati ristori economici, anche in forma di indennizzi, per i mancati redditi e per tutte quelle operazioni da adottare, a carico dei privati, nel prossimo futuro nelle aree delimitate ed in area di contenimento.
(1-00863) «Duranti, Fratoianni, Pannarale, Sannicandro, Franco Bordo, Zaccagnini, Ferrara, Scotto, Palazzotto, Pellegrino, Zaratti, Kronbichler».


   La Camera,
   premesso che:
    con quasi 500 milioni di tonnellate, l'Italia è il secondo produttore mondiale (dopo la Spagna) di olio d'oliva, rappresentando uno dei prodotti più importanti del made in Italy agroalimentare, i cui importanti risvolti socio-economici si esprimono, in particolare, nei territori del Sud del Paese, dove tale coltura è principalmente presente. L'olivicoltura pugliese costituisce, infatti, uno dei comparti più rilevanti del sistema agricolo, rappresentando il 30 per cento circa della produzione olivicola nazionale;
    per quanto riguarda la superficie interessata dall'olivicoltura, in Puglia risultano in produzione circa 375.000 ettari a olivo (pari al 32 per cento delle superfici olivicole nazionali e a circa il 29 per cento della superficie agricola utilizzata regionale);
    inoltre, per quanto attiene al tessuto-imprenditoriale, l'olivicoltura è realizzata in Puglia da circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, dove si rileva anche come la superficie media per azienda coltivata a olivo (1,4 ettari) sia sensibilmente superiore alla media nazionale (un ettaro);
    nel panorama olivicolo nazionale, la Puglia si contraddistingue anche per l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari, dop Terra di Otranto), con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani. Negli scambi internazionali di settore, l'olio rappresenta il terzo prodotto pugliese più esportato (dopo ortofrutta e conserve vegetali), per un valore di circa 106 milioni di euro, pari al 9 per cento dell’export di olio dall'Italia (1,2 miliardi di euro di olio d'oliva esportato nel 2012);
    il ritrovamento nell'ottobre del 2013 nell'area del gallipolino del patogeno da quarantena Xylella fastidiosa su piante di olivo e su altre specie coltivate, ornamentali e spontanee ha determinato sin dai primi mesi notevole criticità per la gestione di questa emergenza fitosanitaria, unica per la sua specificità;
    il 15 ottobre 2013 viene data la comunicazione ufficiale del ritrovamento della Xylella fastidiosa da parte delle istituzioni scientifiche facenti parte della rete dei laboratori pubblici Selge e, in particolare, il batterio viene identificato dal Cnr-Istituto per la protezione sostenibile delle piante di Bari. Il ritrovamento della Xylella fastidiosa, batterio da quarantena inserito nella lista A1 dell’Eppo (European and Mediterranean plant protection Organization) ha determinato l'avvio di un'intensa attività tecnico-amministrativa da parte della regione Puglia;
    le attività svolte dalla regione Puglia sono sempre state supportate da istituzioni scientifiche coinvolte, in stretta collaborazione, quali:
     a) il dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti, Università degli studi di Bari Aldo Moro;
     b) dal Cnr, Istituto per la protezione sostenibile delle piante, unità di Bari;
     c) dall'Istituto agronomico mediterraneo di Bari, organo del Ciheam;
     d) dal dipartimento di scienze agrarie degli alimenti e dell'ambiente dell'Università degli studi di Foggia;
     e) dal Centro ricerca sperimentazione e formazione in agricoltura «Basile Caramia»;
    la collaborazione è stata anche estesa, per il tramite delle stessi istituti su indicati; anche a istituzioni internazionali di elevato riconoscimento scientifico e professionale;
    sono anche in stretta collaborazione con l'osservatorio fitosanitario regionale altre istituzioni impegnate nella attività di monitoraggio e di realizzazione della cartografia e, precisamente, l'asso-ciazione dei consorzi di difesa della Puglia con i consorzi provinciali associati e Innovapuglia, società in house della regione Puglia;
    la Xylella fastidiosa è un batterio xylem-limited che si trasmette in natura solo ed esclusivamente attraverso insetti xilemomizi (xylem-fluid feeding insects) appartenenti all'ordine degli Hemiptera, caratterizzati da apparato boccale pungente-succhiante in grado di infiggerlo nella pianta e di raggiungerne lo xilema, acquisendo le cellule batteriche dalle piante infette per poi trasmetterle a quelle sane. Dalle attuali conoscenze scientifiche l'unico insetto vettore identificato in grado di trasmettere le cellule batteriche è lo Philaenus spumarius. Non essendo un batterio sporigeno, non si trasmette per contatto;
    il batterio è in grado di determinare gravi pandemie fitosanitarie nei territori in cui si insedia, in quanto prolifera nei vasi xilematici delle piante, causandone l'occlusione dei vasi e, di conseguenza, il disseccamento inizialmente dei giovani rami e, successivamente, delle branche e dell'intera pianta;
    la professionalità anche riconosciuta a livello internazionale dei ricercatori che lavorano presso le istituzioni scientifiche italiane ha consentito di identificare completamente il genoma della Xylella fastidiosa e di isolarlo su piastra di crescita in laboratorio;
    particolare importanza è stata data alle metodologie adottate dai laboratori incaricati di verificare la presenza o l'assenza della Xylella fastidiosa, al fine di garantire l'affidabilità delle analisi di laboratorio. Per tale scopo, è stato fatto un importante lavoro di predisposizione dei protocolli da parte di tutti i ricercatori nel definire le metodologie di analisi, consentendo l'accreditamento degli stessi da parte dell'osservatorio fitosanitario;
    da un punto di vista genetico, oggi è possibile affermare che si è di fronte ad un ceppo diverso dalle altri riscontrati nei diversi Paesi mondiali classificato dai ricercatori italiani come Xylella fastidiosa, subspecie Pauca ceppo «CoDiRO», accertando un ceppo «gemello» presente in Costa Rica. Sono state, infatti, riscontrate recentemente piante di caffè ad uso ornamentale in importazione con presenza di Xylella;
    nell'ambito del piano di attività sperimentali finanziate dalla regione Puglia-ufficio fitosanitario, con il programma «Azioni di ricerca urgenti in risposta all'identificazione di Xylella fastidiosa in olivi colpiti dal “complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO)”», sono stati effettuati rilievi in campo nella aree focolaio e saggi di laboratorio, al fine di identificare piante ospiti suscettibili alle infezioni batteriche in condizioni naturali. I rilievi sono stati concentrati nelle aree con oliveti ad elevata incidenza d'infezione da Xylella fastidiosa e che manifestavano gravi sintomi di CoDiRO;
    la ricerca, attivata con finanziamenti esclusivamente regionali, è riuscita dare in breve tempo numerose risposte importanti sulla biologia del batterio e, in particolare, nell'identificazione di uno specifico ceppo che ha interessato la provincia di Lecce;
    sono state effettuate numerose analisi sulle diverse specie di piante presenti nel Salento (oltre le 200) e, ad oggi, la presenza di Xylella fastidiosa è stata riscontrata solo sulle seguenti piante produttrici: olivo, ciliegio, mandorlo; e sulle seguenti piante ornamentali: Catharanthus Rosea, acacia, poligala, oleandro, ginestra, westringia, rosmarino, mirto e alaterno. Mentre piante di cui non è stata però confermata successivamente la presenza del batterio sono il quercus, la portulaca, la malva e il sorgo e, allo stato attuale, non è stata mai stata riscontrata la presenza di Xylella fastidiosa su vite e agrumi;
    dal ritrovamento iniziale della vasta area di Gallipoli e dei 5 focolai puntiformi, che ad aprile 2014 sono state eradicate, le infezioni sono aumentate in modo esponenziale in tutta la provincia di Lecce;
    successivi monitoraggi effettuati nel periodo estivo del 2014 hanno evidenziato un'estensione delle infezioni sul territorio leccese e la manifestazione dei sintomi hanno mostrato palesemente la gravità dell'epidemia fitosanitaria, oltretutto la vegetazione ricresciuta dopo le potature drastiche effettuate su piante infette risultava in gran parte disseccata;
    con nota del 21 luglio 2014, n. AOO-030/0069398, il servizio fitosanitario regionale evidenzia l'ulteriore aggravamento che si stava riscontrando in merito al disseccamento degli oliveti infetti da Xylella fastidiosa nella provincia di Lecce. Sono state riscontrate, infatti, in diversi siti della provincia di Lecce la presenza di numerosi oliveti con sintomi ascrivibili alla Xylella fastidiosa confermati successivamente da analisi di laboratorio;
    la regione Puglia, in due incontri a fine luglio e fine agosto 2014 con il Ministro e i dirigenti del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha evidenziato la drammaticità dell'emergenza fitosanitaria e le proporzioni sempre maggiori delle infezioni, chiedendo di adottare in modo indifferibile ed urgente strumenti straordinari e di emergenza che consentissero di attivare misure per contenere la diffusione di questo batterio sia nella provincia leccese che nella regione Puglia. È stato, infatti, evidenziato come la problematica fitosanitaria presenti tutte le caratteristiche di un'emergenza straordinaria che deve essere affrontata con tutte le forze disponibili per evitare che questo patogeno da quarantena si diffonda ulteriormente, mettendo a rischio l'olivicoltura regionale;
    alla luce di quanto si riscontrava nel territorio, la regione Puglia è stata costretta a rimodulare per ben tre volte la delimitazione delle aree interessate da Xylella fastidiosa, al fine di attivare misure per contenere o eradicare la diffusione del batterio. L'ultima rimodulazione è stata fatta a marzo 2015 con la determinazione n. 54 a seguito di un ritrovamento di un focolaio in agro di Oria (Brindisi);
    sulla base di quanto rilevato nei territori e anche a seguito di indicazioni molto più rigide dettate dalla Commissione europea (si vedano le due decisioni di esecuzione del 13 febbraio 2014-2014/87/CE – e del 23 luglio 2014 - 2014/497/UE – che ha abrogato la precedente), è stata adottata la determina dirigenziale n. 54 del 13 marzo 2015, pena l'apertura di una procedura di infrazione contro l'Italia, delimitando così il nuovo quadro dell'area in tutta la provincia di Lecce e in parte di quella di Brindisi e di Taranto;
    con la stessa determina sono state stabilite le diverse zone delimitate come segue:
     a) «zona infetta» da Xylella fastidiosa costituita dal territorio di tutti i comuni ricadenti nella provincia di Lecce e dal focolaio puntiforme ubicato nel comune di Oria in provincia di Brindisi;
     b) «zona cuscinetto» costituita dal territorio contiguo alla zona infetta della provincia di Lecce e dal territorio circostante il focolaio di Oria, entrambi di larghezza non inferiore a 2 chilometri;
     c) «zona di eradicazione» deve essere estesa ad almeno 15 chilometri dalla zona cuscinetto;
     d) «zona profilassi» nella quale vanno obbligatoriamente effettuate le misure fitosanitarie, di cui alle lettere a) e b) del comma 5 dell'articolo 10 del decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali n. 2777 del 2014, «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella Fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana»;
    la presenza della Xylella fastidiosa è stato un evento unico per le proporzioni fitosanitarie con cui si è evidenziata e, in particolare, su una coltura, come l'olivo, che ha un valore al di sopra della propria produttività agricola nella produzione dell'olio. Nota è la sua storia culturale che da millenni caratterizza la Puglia e i suoi paesaggi di bellezza ambientale tale da emanare una legge regionale a loro tutela (legge regionale n. 14 del 2007, «Tutela e valorizzazione del paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia»);
    si è reso, comunque, necessario studiare e ricercare numerosi quesiti e dubbi che sono emersi nella gestione di tale emergenza fitosanitaria, per cui molte misure indicate per l'eradicazione e il contenimento delle infezioni non trovavano ancora un riscontro scientifico tale da giustificare la stessa applicazione. Tra l'altro, gli eventi rapidi che sono emersi e il riscontro dei sintomi in ampie superfici non consentiva di organizzare e programmare in tempi brevi misure in grado di eradicare o, quantomeno, di contenere le infezioni di Xylella fastidiosa;
    con la definizione delle zone delimitate nel mese di aprile 2015, sono state prese misure di estirpazione delle piante di olivi risultati infetti in 5 focolai puntiformi per un totale di 104 piante. Va evidenziato l'impatto e la complessità dell'intera operazione, che è stata posta in essere per ottemperare a quanto imposto dalla Commissione europea, completando le operazioni entro il termine fissato del 15 aprile 2015;
    il supporto scientifico è stato sempre di elevato contributo nelle decisioni che la regione Puglia ha preso in merito all'emergenza fitosanitaria e, in particolare, nelle decisioni che sono state prese tra fine agosto e fine ottobre 2014, sulla base di quanto realmente stava verificandosi nel territorio leccese e anche grazie al contributo di esperienze maturate in altri Paesi; è emersa la convinzione che la Xylella fastidiosa non poteva più essere eradicata e, quindi, andavano adottate misure diverse da quelle programmate inizialmente. Si delineava, pertanto, la convinzione che quanto riportato nella decisione comunitaria non trovava una sufficiente validità nell'affrontare tale emergenza e nel ridurre le infezioni del batterio, in quanto l'elevata quantità di piante da abbattere era tale da non consentire una riduzione dell'inoculo;
    su tale base è stata riprogrammata una nuova strategia da adottare nelle diverse zone delimitate e secondo il piano di azione concordato con il commissario straordinario (nominato con ordinanza della protezione civile n. 225 dell'11 febbraio 2015) saranno adottate specifiche misure;
    le misure prevedono interventi nella fascia di profilassi, nella zona cuscinetto, nella fascia di eradicazione, nei focolai puntiformi e in quelli di maggiore criticità; prevedono, altresì, interventi nei vivai, nella restante zona infetta e interventi di tipo trasversale. Per tutte le predette misure, tranne quelle previste nella voce «le altre aree della zona infetta», è stato stabilito l'importo di spesa, la priorità e la tempistica. Per la sola voce «le altre aree della zona infetta» non è stata prevista alcuna spesa, atteso che questa sarà a carico dei proprietari o conduttori dei terreni;
    le altre misure riguardano l'eliminazione di tutte le piante ospiti presenti lungo le strade, fossi, canali, aree verdi ed altro, con trinciatura della chioma e smaltimento di tutte le piante ospiti di Xylella fastidiosa. Le aree interessate sono quelle della zona cuscinetto e della fascia di eradicazione;
    in data 29 aprile 2015 il Consiglio dei ministri ha approvato la deroga al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, per l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale, per la prima volta su una emergenza fitosanitaria, per andare incontro alle necessità economiche degli agricoltori e dei vivaisti danneggiati dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa, prevedendo un plafond di iniziali 11 milioni di euro per interventi compensativi. Lo step successivo è la dichiarazione dello stato di calamità;
    la direttiva 2000/29/CE prevede misure di protezione contro l'introduzione nell'Unione europea di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nell'Unione. La direttiva predetta è stata modificata dalla direttiva 2002/89/CE (data attuazione dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214), dal regolamento (CE) n. 882/2004 e dalla direttiva 2009/143/CE (data attuazione dal decreto legislativo 23 dicembre 2010, n. 241). Il testo consolidato, così come il precedente, include il batterio della Xylella fastidiosa nella lista degli organismi nocivi da denunciare alla Commissione europea in caso di accertata presenza sul proprio territorio nazionale di materiale vegetale infetto;
    la direttiva 2000/29/CE prevede per taluni vegetali e prodotti vegetali provenienti da Paesi terzi (allegato V, parte B) un'ispezione alla loro introduzione nel territorio dell'Unione europea. L'ispezione comprende, in particolare, un controllo documentale, un controllo di identità e un controllo fitosanitario. Il controllo fitosanitario consiste nel verificare, sulla base di una ispezione totale o su un campione rappresentativo, che i vegetali e i prodotti non presentino segni di contaminazione da organismi nocivi e che siano rispettati i requisiti specifici definiti nella direttiva. È del tutto evidente che la direttiva va radicalmente rivista alla luce di quanto accaduto in Puglia, dato che il batterio proviene da un Paese terzo quale la Costa Rica, giacché i controlli che la direttiva impone sono non solo insufficienti, ma del tutto inadeguati per far fronte alla notevole quantità di materiale vegetale commercializzato che arriva presso lo snodo commerciale di Rotterdam (Olanda) – luogo da dove con quasi certezza è entrato il materiale vegetale infetto. Gestire una così notevole quantità di materiale vegetale nella pratica rende complicatissimo fare i controlli sia a campione che totali, non consentendo, di fatto, di garantire, sufficientemente, il rispetto del divieto di introduzione di patogeni da quarantena molto dannosi per l'ambiente e la società;
    appare incredibile che, nonostante la Commissione europea fosse a conoscenza della provenienza del ceppo presente in Puglia, non abbia emesso, da quando è stato scoperto il batterio, pur essendo presente nella lista della direttiva 2000/29/CE, alcun blocco di importazione da Paesi terzi, mentre ha imposto regole severissime (si vedano le due decisioni di esecuzione comunitarie) nel territorio della provincia di Lecce;
    a conferma di ciò è sufficiente ricordare il ritrovamento di ulteriore materiale vegetale infetto proveniente dalla Costa Rica come le piante di caffè ornamentali nei Paesi Bassi ed in Lombardia nei primi mesi del 2014;
    va rilevato che ancora oggi moltissime specie ospiti nei Paesi americani possono essere importate senza alcun controllo perché non viene richiesto dalla normativa europea il passaporto delle piante che quindi hanno libero accesso. A tal proposito, anche l'Efsa ha fatto rilevare che la direttiva è del tutto insufficiente a proteggere gli Stati membri dai rischi che le fitopatie rappresentano;
    nella riunione del 23 marzo 2015 della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, il deputato verde José Bové ha riferito che la Xylella fastidiosa è stata trovata in Corsica su ulivi ornamentali venduti nei centri commerciali. Questa notizia potrebbe cambiare del tutto la prospettiva della ricerca scientifica condotta finora, perché, in attesa che escano i risultati sulla patogenicità dell'ulivo, la Xylella fastidiosa è stata trovata su piante sane, asintomatiche, nel corso di controllo di routine sulla tracciabilità delle stesse;
    il Ministro dell'agricoltura, delle risorse agroalimentari e forestale francese, Stephane Le Foll, ha emanato in data 2 aprile 2015 un decreto relativo alla prevenzione dell'introduzione della Xylella fastidiosa (Well e Raju) in Francia;
    il decreto ministeriale prevede il divieto di importazione dalla Puglia di materiale di propagazione di 102 specie differenti, quali: ulivo, vite, fico, albicocco, mandorlo, pesco, agrumi, ciliegio, gelso e molte piante ornamentali. Tra le piante messe al bando vi sono alcune piante sulle quali non è mai stata certificata la presenza del batterio da quarantena, come, ad esempio, la vite e gli agrumi;
    il portavoce del Commissario alla salute, Vytenis Andriulkaitis, ha affermato che il decreto ministeriale francese fosse «legittimo», per poi ammettere che la Francia con i divieti «si è spinta molto in là»;
    suscita perplessità, commista a preoccupazione, la posizione della Commissione europea che ha affermato che la decisione di bloccare l’import dalla Puglia «(...) è in linea con la legislazione europea (...)», aggiungendo di essere consapevole delle preoccupazioni simili della Spagna, Portogallo e Grecia, ma «(...) non informata (...)» di iniziative simili nel «(...) prossimo futuro (...)». Il precedente è che la Francia apra la strada a misure unilaterali analoghe di altri Paesi dell'Unione europea, oltre ad essere alquanto singolare che la Commissione europea ritenga di non intervenire sulla decisione di uno Stato membro adottata senza tenere conto dell'approfondimento politico e scientifico in corso a livello comunitario e non;
    in data 15 aprile 2015 le autorità di controllo sanitario francesi hanno individuato il batterio della Xylella fastidiosa su una pianta di caffè ornamentale all'interno del mercato all'ingrosso di Rungis, alle porte di Parigi. Secondo le prime verifiche la pianta proveniva, verosimilmente, dall'America centrale ed era stata introdotta nell'Unione europea attraverso il porto di Rotterdam (Olanda). Il Ministro francese Le Foll ha avviato verifiche al fine di prendere misure precauzionali. Mentre il Commissario europeo alla salute ha annunciato che l'Unione europea «(...) indagherà sul caso (...)»;
    quanto avvenuto in Francia coincide in modo preoccupante con quello che nel 2013, secondo la ricostruzione dell'Istituto agronomico mediterraneo di Bari, portò la Xylella fastidiosa in Puglia attraverso delle piante di caffè ornamentali provenienti dalla Costa Rica. Questa vicenda appalesa l'immobilismo e i gravissimi ritardi della Commissione europea nell'affrontare l'emergenza fitosanitaria che sta minacciando gli ulivi del Salento;
    le misure imposte finora alla regione Puglia dalla Commissione europea si presterebbero a censure per violazione del «principio di proporzionalità» anche sotto il profilo dell'inadeguatezza tra il fine stabilito e i mezzi adottati: le misure estreme di contenimento potrebbero non essere idonee ad evitare la diffusione della Xylella fastidiosa nel territorio comunitario, visto che, come illustrato nel presente atto, i controlli adottati dagli Stati membri evidenziano la presenza del batterio nelle piante di caffè ornamentali (provenienti dalla Costa Rica e dall'Honduras) in altri Stati membri, come Olanda, Francia e Germania. Questa nuova situazione, di fatto, renderebbe le nuove misure adottate non adeguate al fine che la Commissione si prefigge e, di conseguenza, le stesse sarebbero lesive del «principio di proporzionalità»;
    il vivaismo viticolo rappresenta uno dei settori maggiormente trainanti dell'economia agricola salentina. Nella zona dell'otrantino operano circa cinquanta aziende, ognuna di esse impiega fino a trenta dipendenti e il relativo indotto che le stesse creano, con le attività di imballaggio, trasporto e logistica, è di notevole importanza socio-economica. I provvedimenti adottati dalla Commissione europea hanno messo in ginocchio l'economia salentina (sono state vietate dalla Commissione europea la movimentazione di 180 specie), che si è vista ingiustamente vietare la commercializzazione delle barbatelle della vite le quali sono immuni al batterio dopo che l'osservatorio fitosanitario regionale ha fatto tremila campionamenti su di esse che hanno dato tutti esito negativo. Il batterio della Xylella fastidiosa non attecchisce né sui rami e né sulle foglie, perché non è l’habitat prediletto dall'insetto vettore, la sputacchina;
    a seguito di queste misure draconiane l'Algeria il 14 gennaio 2015 ha annullato importanti commesse, a cui ha fatto seguito la Francia – nostro principale competitor commerciale sulle barbatelle – e il Marocco. Le barbatelle sono un materiale di propagazione che va impiegato entro i due anni, si consideri che le piante messe a dimora sono venti milioni su un'estensione di 70 ettari di vivai;
    la stessa sorte è già toccata al settore florovivaistico ornamentale del Salento, con drammatiche ricadute sociali in termini di occupazione e mancati guadagni delle aziende, che, oggi, dovranno sopportare anche i costi per le pratiche agronomiche e per la distruzione delle piante, per le quali è stato previsto dal piano del commissario di Governo un ristoro di 20 centesimi a pezzo, ristoro questo abbondantemente al di sotto dei costi di produzione e del mantenimento a dimora;
    ventisei aziende vivaistiche, ventisei aziende biologiche e alcuni proprietari terrieri hanno fatto ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, ottenendo in data 24 aprile 2015 la sospensione del piano del commissario. Su 5.920 piante analizzate dall'osservatorio fitosanitario, è stato eccepito nel ricorso, neanche una è risultata positiva alla Xylella fastidiosa, ma ne è stata ugualmente ordinata la distruzione;
    in data 27 e 28 aprile si è riunito a Bruxelles il Comitato permanente per le piante gli animali, gli alimenti e i mangimi, Paff, dell'Unione europea sulle ulteriori misure da adottare contro il contagio del batterio;
    le nuove misure dell'Unione europea impongono agli Stati membri di notificare la comparsa di nuovi focolai, di effettuare indagini ufficiali e di delimitare immediatamente le zone infestate. In tali zone sono applicate misure di eradicazione rigorose che comprendono la rimozione e la distruzione delle piante infestate e di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, indipendentemente dal loro stato di salute. L'Italia potrà adottare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, in cui l'eradicazione non è più possibile. In tal caso resta l'obbligo di eliminare sistematicamente tutte le piante infette e di testare tutte le piante circostanti (entro 100 metri) in una zona di 20 chilometri contigua alle province di Brindisi e Taranto. Le importazioni e la circolazione all'interno dell'Unione europea di determinate piante note per essere sensibili alla Xylella fastidiosa provenienti da qualsiasi Paese del mondo saranno soggette a condizioni rigorose. Sono vietate, in particolare, le importazioni di piante di caffè originarie dell'Honduras e della Costa Rica, le quali presentano un rischio elevato di essere colpite dal batterio;
    il Paff ha rivisto la lista delle piante quali possibili «ospiti» della Xylella fastidiosa, riducendone il numero: la lista è stata ridotta da 17 a 13 e non contiene più, in particolare, le querce, la malva, la portularia e il sorgo. Nella lista restano, invece, l'acacia, la pervinca, il mirto, l'oleandro, la polygala, il ciliegio, il mandorlo, il rosmarino e la ginestra. Nella provincia di Lecce sarà vietato il reimpianto di queste specie. A questa lista se ne aggiunge un'altra di 188 piante (comprese le 13 «ospiti») che non potranno essere commercializzate dai vivai al di fuori della provincia di Lecce, a meno che non dispongano di un certificato che ne assicuri l'assenza del batterio. La differenza delle due liste consiste nel fatto che per le 13 piante «ospiti» gli esami di laboratorio hanno confermato l'avvenuta infezione dal parte del batterio, mentre per le restanti 175 non ci sono evidenze scientifiche riguardo all'infettività della Xylella fastidiosa. Si tratta, comunque, di specie che sono state attaccate da altri ceppi della Xylella, in California e in Costarica, dove il batterio è endemico da decenni;
    fonti della Commissione europea hanno riferito che l'Esecutivo sarebbe pronto a rivedere la lista se e quando l'Italia sarà in grado di dimostrare con evidenze scientifiche che la Xylella del Salento non attacca alcune delle piante sottoposte a restrizioni nel commercio. Attualmente, vi sono ulteriori test in corso sulla vite, circa 2.000 effettuati finora, che non hanno mai riscontrato l'infezione da Xylella e che dovrebbero completarsi entro la fine di luglio 2015. Anche i test sugli agrumi sono in corso e, ad oggi, non vi è alcun risultato scientifico che abbia accertato la presenza del batterio;
    è alquanto singolare leggere nel comunicato stampa diffuso il 28 aprile 2015 dalla Commissione europea che la Xylella: «(...) è un organismo nocivo da quarantena che colpisce gli ulivi ed è potenzialmente pericoloso per molte altre piante, come la vite e gli agrumi (...)». Questo atteggiamento pervicace, nonostante il fatto che gli esami di laboratorio abbiano smentito la presenza del batterio sulla vite e sugli agrumi, induce i firmatari del presente atto di indirizzo a dubitare dell'imparzialità dell'azione dell'Esecutivo comunitario, oltre a evidenziare un modus decidendi lesivo del «principio di proporzionalità»;
    è singolare la circostanza verificatasi all'interno del Paff dove, in maniera particolare e con grande «spirito comunitario», la Francia, la Germania, la Grecia, la Spagna e il Portogallo, a cui si sono aggiunti gli altri Paesi mediterranei, abbiano chiesto il blocco all’import di tutti i prodotti ortofrutticoli pugliesi. Tale atteggiamento sottende il tentativo di avviare una vera guerra commerciale contro la Puglia e l'Italia, già accennata con l'emanazione del decreto ministeriale francese;
    sarebbe opportuno e adeguato, rispetto alle circostanze empiriche dei fatti e ai dati tecnici di laboratorio, avviare con vero «spirito comunitario» un ripensamento delle azioni fin qui poste in essere dalla Commissione europea, in considerazione del ritrovamento del batterio della Xylella fastidiosa su una pianta di caffè ornamentale nel mercato all'ingrosso di Rungis (Parigi) e in Corsica su ulivi ornamentali venduti nei centri commerciali;
    in data 7 maggio 2015 il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto la richiesta di sospensiva di ventisei aziende vivaistiche, di ventisei aziende biologiche e di alcuni proprietari terrieri. Il tribunale amministrativo regionale ha sospeso il piano del commissario di Governo in attesa che venga pubblicata la nuova decisione di esecuzione assunta nella seduta del 27 e 28 aprile ultimo scorso dal Paff. Il tribunale amministrativo regionale fa rilevare che: «(...) rispetto alla decisione di esecuzione precedente del 2014, si prevedono misure differenti, sia sugli accertamenti tecnici da compiere sia in ordine alle misure da adottare (...)», in sostanza il piano andrebbe riscritto alla luce della nuova decisione di esecuzione comunitaria;
    sulla Gazzetta ufficiale n. 103 del 6 maggio 2015 è stato pubblicato il decreto interministeriale n. 51 del 2015, «Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali». L'articolo 5 del decreto interministeriale prevede l'accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e di infezioni di organismi nocivi e il comma 3 del medesimo articolo dispone interventi compensativi di sostegno in favore delle imprese danneggiate dalla diffusione della Xylella fastidiosa nella misura di un milione di euro per il 2015 e di dieci milioni di euro per l'anno 2016,

impegna il Governo:

   a valutare, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, iniziative per differire o sospendere tutti gli adempimenti tributari e fiscali dovuti dai soggetti agricoli professionali le cui colture sono state danneggiate dal batterio della Xylella fastidiosa, nonché per postergare ogni scadenza di mutui e investimenti sottoscritti dai medesimi soggetti per i prossimi cinque anni;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di assumere iniziative per sospendere dal pagamento dell'IMU agricola, prevista dal decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, quelle imprese i cui impianti di olivicoltura sono stati colpiti dal suddetto batterio;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di assumere iniziative per escludere dal saldo finanziario, rilevante ai fini del patto di stabilità interno, le risorse finanziarie provenienti dallo Stato e le spese in conto capitale sostenute dalle regioni e dalle province autonome per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di non ricomprendere nel saldo finanziario in termini di competenza mista, individuato ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno degli enti locali, le risorse provenienti dallo Stato e dalle regioni e le relative spese di parte corrente ed in conto capitale, destinate agli interventi per il contrasto alla diffusione della Xylella fastidiosa, nonché gli impegni ed i pagamenti effettuati, per la predetta finalità, dagli enti locali della regione Puglia con risorse autonome, esclusione che opera anche nel caso in cui le stesse siano state effettuate in più anni, purché nei limiti complessivi delle risorse statali e regionali trasferite, e nel limite di 15 milioni di euro per gli interventi finanziati con le risorse autonome degli enti locali;
   alla luce di quanto illustrato nel presente atto di indirizzo, ad avviare le necessarie iniziative politico-istituzionali con la Commissione europea al fine di predisporre un tavolo tecnico con cui avviare una profonda revisione della direttiva 2000/29/CE, rivelatasi inadeguata nel sistema dei controlli dei flussi commerciali all'ingresso dell'Unione europea;
   ad attivare gli opportuni strumenti finanziari previsti nel quadro dei fondi strutturali 2014-2020 e dei programmi comunitari come Orizzonte 2020 e a porre in essere tutti gli strumenti e le azioni che la politica agricola comune prevede all'interno sia del I che del II pilastro e dell'organizzazione comune dei Mercati (regolamento (UE) n. 1308/2013), in particolar modo il «Partenariato europeo per l'innovazione» per la produttività agricola e sostenibilità che mira a unire il mondo agricolo e quello della ricerca – distretti e cluster – a livello regionale, nazionale e comunitario, al fine di strutturare nel contesto sovranazionale un percorso definito e dettagliato di ricerca scientifica sulla Xylella fastidiosa e sul «complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO)»;
   ad adottare opportune iniziative al fine di far escludere, in sede comunitaria, la vite e gli agrumi dalla lista delle piante quali «suscettibili» alla Xylella fastidiosa, in considerazione del fatto che le barbatelle della vite sono risultate immuni al batterio dopo che l'osservatorio fitosanitario regionale ha fatto tremila campionamenti che hanno dato esito negativo, così come non è stata mai stata riscontrata la presenza di Xylella fastidiosa sugli agrumi e, comunque, ad assumere iniziative per rendere commercializzabili le barbatelle della vite prodotte dai vivai pugliesi;
   ad attivarsi nelle sedi preposte all'esclusione del diritto di impianto per le specie «ospiti» in area di contenimento;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per predisporre adeguati ristori economici, anche in forma di indennizzi, per i mancati redditi e per tutte quelle operazioni da adottare, a carico dei privati, nel prossimo futuro nelle aree delimitate ed in area di contenimento.
(1-00863)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Duranti, Fratoianni, Pannarale, Sannicandro, Franco Bordo, Zaccagnini, Ferrara, Scotto, Palazzotto, Pellegrino, Zaratti, Kronbichler».


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2013 nella regione Puglia, e in particolare nella zona sud della provincia di Lecce, si è assistito ad un progressivo e rapido disseccamento di alcuni esemplari vegetali, appartenenti a diverse specie vegetali, tra cui Olea europaea L., Prunus amygdalus Batsch, Nerium oleander L. e Quercus sp. L.;
    dalle ricerche condotte dalla regione Puglia, in collaborazione con l'Università degli studi di Bari e il Cnr, è emerso un allarmante quadro parassitario, nell'ambito del quale uno dei principali organismi responsabili dei citati disseccamenti è il batterio fitopatogeno da quarantena denominato Xylella fastidiosa;
    quest'ultimo agente patogeno, proveniente dal continente americano (Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Brasile, Venezuela, Argentina e Perù), è ormai massicciamente presente nel territorio della provincia di Lecce, grazie sia alla compresenza nel medesimo habitat di specifici vettori biologici (quale la cosiddetta sputacchina media), sia ad alcune attività umane, come, ad esempio, la commercializzazione di esemplari infetti;
    in particolare, il suddetto batterio, depositandosi nei vasi xilematici della pianta ospite, ne provoca l'ostruzione e così il rapido essiccamento, con gravissimo danno per gli agricoltori operanti nelle zone interessate;
    il debellamento di questo batterio si profila, sotto il profilo tecnico, come operazione estremamente complessa, non solo per i lunghi tempi di incubazione della malattia, ma anche per la non infrequente sintomaticità dell'infezione;
    a fronte di tale gravissimo quadro agro-economico, l'intera filiera istituzionale, comprendente i competenti organi europei, nazionali e regionali, hanno adottato una serie di provvedimenti (alcuni anche assai risalenti, come la direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000) volti ad arginare e, poi, a debellare la malattia in parola, senza però ottenere i risultati definitivi e totalmente positivi;
    a fronte della comunicazione da parte del Governo italiano agli organismi europei della presenza dell'organismo specificato nel proprio territorio, la Commissione europea ha chiesto all'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, di specificare l'elenco delle specie vegetali note che possono essere infettate, le modalità di trasmissione della malattia, nonché di indicare le possibili misure di profilassi e controllo;
    l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha prodotto un primo parere nel novembre del 2013 e uno studio più ampio nel gennaio 2015. Nel primo parere l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha concluso, testualmente, che: «Poiché l'unico mezzo naturale di diffusione della Xylella fastidiosa sono le sputacchine e cicaline che si nutrono di linfa grezza, che in genere possono volare per brevi distanze fino a 100 metri, il modo più efficace di diffusione a lunga distanza di Xylella fastidiosa è la movimentazione delle piante infette per la messa a dimora. Inoltre, il trasporto degli insetti eventualmente portatori del batterio nella movimentazione commerciale dei vegetali viene considerato motivo di preoccupazione. La principale fonte di introduzione nell'Unione europea di Xylella fastidiosa è dunque il commercio e subito dopo la movimentazione di vegetali destinati alla messa a dimora. Sono state inoltre valutate altre potenziali fonti di infezione, tra cui frutta, legno, fiori recisi, semi e piante ornamentali, ritenute però trascurabili o poco efficaci come possibili vie di introduzione del batterio»;
    l'Autorità citata concludeva, significativamente, affermando che «non è nota alcuna strategia precedente che abbia avuto successo nell'eradicazione di X. fastidiosa, una volta insediatasi all'aperto. L'Efsa raccomanda pertanto che le strategie preventive per il controllo dei focolai si concentrino sulle due principali vie di infezione (movimentazione di piante da messa a dimora e insetti infetti presenti nelle partite di vegetali) e si fondino su un approccio basato su sistemi integrati»;
    le conseguenti misure volte a contrastare la diffusione da Xylella fastidiosa venivano così adottate, a livello europeo, per mezzo di due decisioni, la n. 2014/87/UE del 13 febbraio 2014 e la n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, a livello nazionale, tramite decreto ministeriale di lotta obbligatoria n. 2777 del 26 settembre 2014, «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana», e a livello regionale, tramite singoli puntuali provvedimenti;
    tra le varie misure veniva così prevista, oltre all'ispezione delle piante e alla delimitazione dei focolai, anche la rimozione e distruzione delle piante contagiate, nonché il trattamento fitosanitario specifico delle piante;
    l'attuazione di queste misure veniva affidato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ad un commissario ad hoc, il quale avrebbe poi confezionato uno specifico piano di attuazione;
    l'esecuzione di tale piano è stata però bloccata dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, il quale ne ha sospeso in via cautelare l'efficacia, sottolineando «che gli atti nazionali oggetto dell'odierno contenzioso sono stati assunti in attuazione della decisione di esecuzione n. 2014/497/UE della Commissione europea relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione europea del batterio Xylella fastidiosa» e che il 28 aprile 2015 «la Commissione europea ha adottato un nuovo testo di decisione di esecuzione sulla medesima questione, che si avvia a completare nei prescritti tempi il proprio iter interno ai fini della formale adozione, e a sostituire la richiamata decisione 2014/497/CE, rispetto alla quale prevede misure differenti sia sul punto degli accertamenti tecnici da compiersi sia in ordine alle misure da adottare». Il tribunale amministrativo regionale, quindi, ha rilevato che «per gli atti nazionali impugnati, residua, sul piano dell'esecutività, un orizzonte temporale esiguo, dovendo essere a breve termine rimodulati in modo coerente con il nuovo testo della decisione di esecuzione»;
    nelle more della definizione di una strategia operativa efficace, il Ministro francese dell'agricoltura Stéphane Le Foll ha bloccato le importazioni dei vegetali a rischio Xylella dalla Puglia, con gravissimo danno di tutti quegli imprenditori agricoli pugliesi che non operano nella provincia di Lecce;
    il danno che si sta determinando in capo al settore agricolo e vivaistico, non solo pugliese ma propriamente nazionale, è enorme, se si considera che il 10 per cento dell'intero comparto agricolo nazionale è prodotto in Puglia e che la produzione olivicola, totalmente messa in ginocchio dalla Xylella e dai ritardi nel debellarla, rappresenta la metà di questo comparto;
    il valore della produzione olivicola pugliese è, infatti, di circa 500 milioni di euro all'anno, vale a dire un terzo della produzione olivicola nazionale;
    l'impatto socio-economico di tale malattia, non solo sui settori agricolo e vivaistico pugliesi, ma su tutto l'indotto che su tali settori si regge, è altresì preoccupante e necessita di una serie di interventi, tra loro coordinati, sia sul piano tecnico-agricolo sia su quello fiscale e finanziario;
    la situazione appena delineata è estremamente grave, ma non risulta ancora, soprattutto dopo la suddetta pronuncia del tribunale amministrativo regionale del Lazio, una strategia politica ben definita da parte del Governo italiano, per mezzo della quale risolvere il problema nel più breve tempo possibile, arginare gli effetti negativi sul sistema agricolo pugliese e nazionale e difendere in sede europea l'esportazione dei prodotti pugliesi e nazionali,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa al fine di elaborare, di concerto con la regione Puglia e nel rispetto della normativa europea vigente, un nuovo piano operativo per l'eradicazione della fitopatia Xylella fastidiosa, il quale sacrifichi il meno possibile gli esemplari colpiti e le stesse capacità produttive degli oliveti interessati e, al tempo stesso, contenga in modo efficace il diffondersi del suddetto batterio;
   ad assumere iniziative per l'esenzione totale dell'IMU agricola, prevista dal decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, per le imprese i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   ad adottare le opportune iniziative, anche in sede europea, al fine di indennizzare gli imprenditori agricoli danneggiati dalla fiotpatia Xylella, svincolando le relative risorse dai vincoli derivanti dal patto di stabilità;
   ad adottare le opportune iniziative in sede europea al fine di evitare un eccessivo decremento delle esportazioni di prodotti agricoli e vivaistici pugliesi, in particolare di quelli provenienti dalla provincia di Lecce, nel mercato unico europeo;
   ad adottare ogni utile iniziativa presso l'Unione europea affinché la decisione del Governo francese, che vieta le importazioni dei vegetali a rischio di Xylella fastidiosa dalla Puglia, sia dichiarata illegittima in relazione al diritto dell'Unione europea, perché fortemente lesiva della libertà di circolazione delle merci;
   a predisporre opportuni finanziamenti e mezzi, anche in collaborazione con i competenti organismi europei, per l'avvio di progetti di ricerca finalizzati all'elaborazione di nuove tecniche diagnostiche, di trattamento e di prevenzione della Xylella fastidiosa;
   ad adottare ogni utile iniziativa, anche di carattere normativo, affinché le regioni possano deliberare la proposta di declaratoria dell'eccezionalità degli eventi, anche in deroga ai termini stabiliti all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 102 del 2004, al fine di risarcire, tramite le misure di sostegno del fondo di solidarietà nazionale, anche le imprese agricole i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   ad adottare ogni utile iniziativa normativa al fine di escludere dal saldo finanziario in termini di competenza mista, individuato ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese in conto capitale sostenute dalle regioni e dalle province autonome per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni e integrazioni.
(1-00864) «Pastorelli, Di Lello, Fava, Locatelli, Labriola, Segoni, Barbanti, Rizzetto, Baldassarre, Furnari, Di Gioia, Bruno».


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2013 nella regione Puglia, e in particolare nella zona sud della provincia di Lecce, si è assistito ad un progressivo e rapido disseccamento di alcuni esemplari vegetali, appartenenti a diverse specie vegetali, tra cui Olea europaea L., Prunus amygdalus Batsch, Nerium oleander L. e Quercus sp. L.;
    dalle ricerche condotte dalla regione Puglia, in collaborazione con l'Università degli studi di Bari e il Cnr, è emerso un allarmante quadro parassitario, nell'ambito del quale uno dei principali organismi responsabili dei citati disseccamenti è il batterio fitopatogeno da quarantena denominato Xylella fastidiosa;
    quest'ultimo agente patogeno, proveniente dal continente americano (Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Brasile, Venezuela, Argentina e Perù), è ormai massicciamente presente nel territorio della provincia di Lecce, grazie sia alla compresenza nel medesimo habitat di specifici vettori biologici (quale la cosiddetta sputacchina media), sia ad alcune attività umane, come, ad esempio, la commercializzazione di esemplari infetti;
    in particolare, il suddetto batterio, depositandosi nei vasi xilematici della pianta ospite, ne provoca l'ostruzione e così il rapido essiccamento, con gravissimo danno per gli agricoltori operanti nelle zone interessate;
    il debellamento di questo batterio si profila, sotto il profilo tecnico, come operazione estremamente complessa, non solo per i lunghi tempi di incubazione della malattia, ma anche per la non infrequente sintomaticità dell'infezione;
    a fronte di tale gravissimo quadro agro-economico, l'intera filiera istituzionale, comprendente i competenti organi europei, nazionali e regionali, hanno adottato una serie di provvedimenti (alcuni anche assai risalenti, come la direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000) volti ad arginare e, poi, a debellare la malattia in parola, senza però ottenere i risultati definitivi e totalmente positivi;
    a fronte della comunicazione da parte del Governo italiano agli organismi europei della presenza dell'organismo specificato nel proprio territorio, la Commissione europea ha chiesto all'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, di specificare l'elenco delle specie vegetali note che possono essere infettate, le modalità di trasmissione della malattia, nonché di indicare le possibili misure di profilassi e controllo;
    l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha prodotto un primo parere nel novembre del 2013 e uno studio più ampio nel gennaio 2015. Nel primo parere l'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha concluso, testualmente, che: «Poiché l'unico mezzo naturale di diffusione della Xylella fastidiosa sono le sputacchine e cicaline che si nutrono di linfa grezza, che in genere possono volare per brevi distanze fino a 100 metri, il modo più efficace di diffusione a lunga distanza di Xylella fastidiosa è la movimentazione delle piante infette per la messa a dimora. Inoltre, il trasporto degli insetti eventualmente portatori del batterio nella movimentazione commerciale dei vegetali viene considerato motivo di preoccupazione. La principale fonte di introduzione nell'Unione europea di Xylella fastidiosa è dunque il commercio e subito dopo la movimentazione di vegetali destinati alla messa a dimora. Sono state inoltre valutate altre potenziali fonti di infezione, tra cui frutta, legno, fiori recisi, semi e piante ornamentali, ritenute però trascurabili o poco efficaci come possibili vie di introduzione del batterio»;
    l'Autorità citata concludeva, significativamente, affermando che «non è nota alcuna strategia precedente che abbia avuto successo nell'eradicazione di X. fastidiosa, una volta insediatasi all'aperto. L'Efsa raccomanda pertanto che le strategie preventive per il controllo dei focolai si concentrino sulle due principali vie di infezione (movimentazione di piante da messa a dimora e insetti infetti presenti nelle partite di vegetali) e si fondino su un approccio basato su sistemi integrati»;
    le conseguenti misure volte a contrastare la diffusione da Xylella fastidiosa venivano così adottate, a livello europeo, per mezzo di due decisioni, la n. 2014/87/UE del 13 febbraio 2014 e la n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, a livello nazionale, tramite decreto ministeriale di lotta obbligatoria n. 2777 del 26 settembre 2014, «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana», e a livello regionale, tramite singoli puntuali provvedimenti;
    tra le varie misure veniva così prevista, oltre all'ispezione delle piante e alla delimitazione dei focolai, anche la rimozione e distruzione delle piante contagiate, nonché il trattamento fitosanitario specifico delle piante;
    l'attuazione di queste misure veniva affidato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ad un commissario ad hoc, il quale avrebbe poi confezionato uno specifico piano di attuazione;
    l'esecuzione di tale piano è stata però bloccata dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, il quale ne ha sospeso in via cautelare l'efficacia, sottolineando «che gli atti nazionali oggetto dell'odierno contenzioso sono stati assunti in attuazione della decisione di esecuzione n. 2014/497/UE della Commissione europea relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione europea del batterio Xylella fastidiosa» e che il 28 aprile 2015 «la Commissione europea ha adottato un nuovo testo di decisione di esecuzione sulla medesima questione, che si avvia a completare nei prescritti tempi il proprio iter interno ai fini della formale adozione, e a sostituire la richiamata decisione 2014/497/CE, rispetto alla quale prevede misure differenti sia sul punto degli accertamenti tecnici da compiersi sia in ordine alle misure da adottare». Il tribunale amministrativo regionale, quindi, ha rilevato che «per gli atti nazionali impugnati, residua, sul piano dell'esecutività, un orizzonte temporale esiguo, dovendo essere a breve termine rimodulati in modo coerente con il nuovo testo della decisione di esecuzione»;
    nelle more della definizione di una strategia operativa efficace, il Ministro francese dell'agricoltura Stéphane Le Foll ha bloccato le importazioni dei vegetali a rischio Xylella dalla Puglia, con gravissimo danno di tutti quegli imprenditori agricoli pugliesi che non operano nella provincia di Lecce;
    il danno che si sta determinando in capo al settore agricolo e vivaistico, non solo pugliese ma propriamente nazionale, è enorme, se si considera che il 10 per cento dell'intero comparto agricolo nazionale è prodotto in Puglia e che la produzione olivicola, totalmente messa in ginocchio dalla Xylella e dai ritardi nel debellarla, rappresenta la metà di questo comparto;
    il valore della produzione olivicola pugliese è, infatti, di circa 500 milioni di euro all'anno, vale a dire un terzo della produzione olivicola nazionale;
    l'impatto socio-economico di tale malattia, non solo sui settori agricolo e vivaistico pugliesi, ma su tutto l'indotto che su tali settori si regge, è altresì preoccupante e necessita di una serie di interventi, tra loro coordinati, sia sul piano tecnico-agricolo sia su quello fiscale e finanziario;
    la situazione appena delineata è estremamente grave, ma non risulta ancora, soprattutto dopo la suddetta pronuncia del tribunale amministrativo regionale del Lazio, una strategia politica ben definita da parte del Governo italiano, per mezzo della quale risolvere il problema nel più breve tempo possibile, arginare gli effetti negativi sul sistema agricolo pugliese e nazionale e difendere in sede europea l'esportazione dei prodotti pugliesi e nazionali,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa al fine di elaborare, di concerto con la regione Puglia e nel rispetto della normativa europea vigente, un nuovo piano operativo per l'eradicazione della fitopatia Xylella fastidiosa, il quale sacrifichi il meno possibile gli esemplari colpiti e le stesse capacità produttive degli oliveti interessati e, al tempo stesso, contenga in modo efficace il diffondersi del suddetto batterio;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di assumere iniziative per l'esenzione totale dell'IMU agricola, prevista dal decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, per le imprese i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di adottare le opportune iniziative, anche in sede europea, al fine di indennizzare gli imprenditori agricoli danneggiati dalla fiotpatia Xylella, svincolando le relative risorse dai vincoli derivanti dal patto di stabilità;
   ad adottare le opportune iniziative in sede europea al fine di evitare un eccessivo decremento delle esportazioni di prodotti agricoli e vivaistici pugliesi, in particolare di quelli provenienti dalla provincia di Lecce, nel mercato unico europeo;
   a adottare idonee iniziative al fine di predisporre opportuni finanziamenti e mezzi, anche in collaborazione con i competenti organismi europei, per l'avvio di progetti di ricerca finalizzati all'elaborazione di nuove tecniche diagnostiche, di trattamento e di prevenzione della Xylella fastidiosa;
   ad adottare ogni utile iniziativa, anche di carattere normativo, affinché le regioni possano deliberare la proposta di declaratoria dell'eccezionalità degli eventi, anche in deroga ai termini stabiliti all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 102 del 2004, al fine di risarcire, tramite le misure di sostegno del fondo di solidarietà nazionale, anche le imprese agricole i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di adottare ogni utile iniziativa normativa al fine di escludere dal saldo finanziario in termini di competenza mista, individuato ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese in conto capitale sostenute dalle regioni e dalle province autonome per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni e integrazioni.
(1-00864)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Pastorelli, Di Lello, Fava, Locatelli, Labriola, Segoni, Barbanti, Rizzetto, Baldassarre, Furnari, Di Gioia, Bruno».


   La Camera,
   premesso che:
    sono oltre 377.000 gli ettari di terreno coltivati a olivi in Puglia, prima regione olivicola in termini di produzione, con circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, ed un valore della produzione di circa 500 milioni di euro all'anno;
    in Puglia viene prodotto l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari) con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani (Ismea-Qualivita);
    oggi questa eccellenza italiana è messa in serio pericolo dalla presenza di un batterio che da circa tre anni sta infestando gli uliveti pugliesi;
    la Xylella fastidiosa è un batterio gram-negativo, che presenta 4 varianti molecolari, quella che ha attaccato gli olivi salentini è la Xylella fastidiosa pauca, originaria del Sud America;
    il batterio non ha infettato solo gli olivi salentini: nuovi casi sono stati registrati in Iran e sono giunte segnalazioni di possibili nuovi focolai, non ancora confermati, dal Kosovo e dalla Turchia;
    il batterio si insedia nei vasi che trasportano acqua e nutrimenti dalle radici al fusto e fino alle foglie, creando una sorta di gel che impedisce il regolare flusso del fluido. Le piante infette così si seccano completamente. Sembrerebbe che alcuni funghi tracheomicotici, già noti per infettare l'olivo e produrre gravi danni, agiscano sicuramente in sinergia con Xylella fastidiosa;
    la batteriosi si diffonde attraverso insetti vettori come la Philaneus spumarius (sputacchina). Si tratta di un insetto che compie una sola generazione all'anno e si insedia su olivo solo in estate dove si nutre della linfa dai germogli più giovani. Nutrendosi da una pianta infetta trasmettono poi il batterio a una pianta sana;
    si ipotizza che il batterio Xylella sia giunto attraverso una pianta già infetta e secondo alcune indagini, che hanno poi permesso di datare l'infezione nel 2010, il «paziente zero» sarebbe un oleandro di provenienza olandese e origine costaricana. Come già accaduto anni fa per il famoso punteruolo rosso che ha massacrato centinaia di migliaia di palme, dovrebbe essere fatta una riflessione sulla qualità dei controlli, sulla competenza di chi è incaricato di farli e sull'assenza di quarantene;
    il Comitato permanente dell'Unione europea per la salute delle piante, a seguito dell'emergenza Xylella, ha diffuso la seguente nota ufficiale: «Le nuove misure comunitarie impongono agli Stati membri di notificare nuovi focolai in Europa, di effettuare indagini ufficiali e di delimitare rapidamente aree infestate. Misure di eradicazione rigorose in tali aree includono la rimozione e la distruzione delle piante infestate e di tutte le piante ospiti all'interno di un raggio di 100 metri, a prescindere dal loro stato di salute. Le misure forniscono anche la possibilità per l'Italia di applicare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, dove l'eradicazione non è più possibile. In questo caso, viene mantenuto l'obbligo di rimuovere sistematicamente tutte le piante infette e di testare le piante circostanti (a 100 metri) in una zona di 20 chilometri adiacente alle province di Brindisi e Taranto. Le importazioni e il movimento all'interno dell'Unione europea di piante specifiche di tutto il mondo, notoriamente suscettibili di Xylella fastidiosa, saranno soggette a condizioni rigorose. Un divieto specifico è stato messo in atto per l'importazione di piante di caffè provenienti da Honduras e Costa Rica, considerato l'elevato rischio che siano infettate dal batterio». «Sulla base del parere scientifico dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, pubblicato nel gennaio 2015, e dei risultati dei controlli effettuati dall'ufficio alimentare e veterinario della Commissione europea nel 2014, la Commissione ha presentato una serie di misure rafforzate volte a preservare le piante sane situate nella zona interessata, così come per prevenire l'ulteriore diffusione del batterio nel resto dell'Unione europea. Sono, inoltre, adottate misure rigorose sulle importazioni dai Paesi terzi»;
    il batterio della Xylella fastidiosa, tuttavia, era già stato incluso nella lista degli organismi nocivi denunciabili dagli Stati membri dell'Unione europea nella direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000, «concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità», modificata dalla 2002/89/CE al fine di migliorarla e per meglio definirne modalità di applicazione;
    il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, recepiva tale provvedimento secondo il quale sono rese obbligatorie alcune misure per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione del batterio;
    a seguito di tale indicazioni si prevede che debbano essere sradicati fino a 35 mila olivi, ma forse la cifra è destinata a crescere, il che significherebbe condannare definitivamente il Salento, dove si trovano anche alberi con oltre cinquecento anni di vita;
    secondo quanto indicato dall'Unione europea, vi è, inoltre, il fondato rischio che vengano espiantate anche le viti che si trovano in un raggio di 100 metri dagli ulivi infetti, aggiungendo un ulteriore danno incalcolabile all'economia pugliese;
    le ulteriori disposizioni per contenere la Xylella fastidiosa prevedono, anche, la distruzione di tutte le specie potenzialmente contaminabili: dagli ulivi agli oleandri, ai mandorli, ad altre piante da frutta. E prevedono anche il divieto della loro riproduzione;
    la Francia, in linea con la legislazione dell'Unione europea, ha imposto l'embargo alle importazioni di piante, determinando il calo del 70 per cento del fatturato dei circa 150 vivai della provincia di Lecce, vietando l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese attraverso il rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino; ma oltre agli ingenti danni all'agricoltura, al settore vivaistico e al considerevole indotto socio-economico che interessa tutto il settore vivaistico, si deve tenere in conto anche di quelli arrecati al turismo;
    secondo l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, non è nota alcuna strategia precedente che abbia avuto successo nell'eradicazione del batterio, una volta insediatosi all'aperto;
    l'uso indiscriminato di diserbanti e agenti chimici e la scarsa manutenzione dei terreni potrebbero, tuttavia, aver indebolito le resistenze naturali delle piante, inducendo la regione Puglia ad imporre l'aratura obbligatoria, con multe fino a 3 mila euro per ettaro in caso di contravvenzione;
    secondo alcune associazioni e gruppi di agricoltori, inoltre, l'espianto degli ulivi dalla terra non è soltanto dannoso e devastante, ma del tutto inutile visto che le piante, trattate con i cari antichi rimedi, come le potature e la cura del terreno, sono in grado da sole di sconfiggere la Xylella fastidiosa;
    alcune segnalazioni di casi di diffusione del batterio killer degli ulivi anche in un garden center ligure sono state smentite dalla stessa Commissione europea attraverso il portavoce per la salute e l'ambiente Enrico Brivio, in quanto le analisi sulla pianta di ulivo sospetto localizzata in Liguria hanno dato esito negativo;
    numerosi sono, dunque, i dubbi che ruotano intorno a questa vicenda: sul tempo perso prima di intervenire, sugli sforzi effettivi della ricerca dei metodi per sconfiggere il batterio, sull'espianto di ulivi secolari quale unico rimedio e sugli scarsi impegni di Governo ed Unione europea per affrontare seriamente tale emergenza;
    con delibera del Consiglio dei ministri è stato dichiarato a febbraio 2015 lo stato di emergenza, nonché il piano d'interventi, a firma del commissario delegato Giuseppe Silletti per fronteggiare il rischio fitosanitario di diffusione della Xylella fastidiosa nel territorio della regione Puglia;
    il tribunale amministrativo regionale Lazio ha sospeso il piano elaborato dal commissario delegato Giuseppe Silletti, in qualità di commissario per l'attuazione degli interventi per far fronte all'emergenza Xylella fino al 6 maggio 2015. È stata, infatti, accolta la richiesta di sospensiva presentata da 26 aziende vivaistiche, costituitesi in giudizio poiché «esistono obiettive ragioni di danno irreversibile rilevanti» in questa fase. Il piano commissariale, infatti, prevedeva la distruzione entro il 30 aprile 2015, attraverso trinciatura o combustione controllata, di 296 mila piante (ulivi, oleandri, querce, pruni, poligala) sotto sigilli perché considerate ospiti del batterio;
    tenuto conto della grave crisi, sia sul mercato interno che su quello internazionale, che ha colpito il settore olivicolo-oleario, il Governo, nell'ambito del piano olivicolo nazionale, è intervenuto con il decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, stanziando 20 milioni di euro per il triennio 2015-2017; obiettivo dell'intervento è di puntare al recupero del potenziale produttivo e competitivo con aumento del 25 per cento delle quantità prodotte a livello nazionale nei prossimi 5 anni, arrivando a quota 650 mila tonnellate;
    nel medesimo decreto, per andare incontro alle necessità degli agricoltori e dei vivaisti danneggiati dalla diffusione del batterio Xylella fastidiosa in Puglia, viene stabilita la deroga per l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale, che segue la dichiarazione di calamità. Allo stesso tempo vengono destinati i primi 11 milioni di euro per gli interventi compensativi a favore dei produttori che hanno subito danni. È la prima volta che questa norma si applica a emergenze fitosanitarie provocate da infezioni degli organismi nocivi, prevista solo per eventi atmosferici,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per incrementare le misure economiche e fiscali per alleggerire la grave crisi economica che sta colpendo gli agricoltori e i vivaisti pugliesi che hanno visto perdere la loro fonte di reddito;
   in particolare, a valutare l'opportunità di sospendere l'IMU agricola per le imprese i cui oliveti siano stati danneggiati da questa fitopatia epidemica;
   a sollecitare le istituzioni europee ad assumere iniziative in favore del comparto agricolo italiano danneggiato dalla diffusione del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» e ad assumere iniziative per escludere le relative risorse dai vincoli del patto di stabilità;
   a considerare la necessità di introdurre sistemi di controllo e di prevenzione delle importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo per evitare il rischio di diffusioni di infezioni come quella attuale;
   a procedere, per quanto di competenza, all'individuazione delle eventuali responsabilità amministrative, tenuto conto che le istituzioni, a tutti i livelli, erano a conoscenza dell'emergenza Xylella da oltre 3 anni;
   a monitorare la diffusione della Xylella ed incentivare la ricerca per combattere il batterio e i suoi insetti vettori e per prevenire e curare gli ulivi e le altre specie vegetali colpite dalla malattia;
   ad assumere iniziative per prevedere misure compensative per gli enti locali che si sono o si impegneranno a realizzare interventi per fronteggiare l'emergenza fitosanitaria e per tutelare il patrimonio storico-ambientale ed economico dei loro territori messi fortemente a rischio.
(1-00865) «Fauttilli, Piepoli, Dellai».


   La Camera,
   premesso che:
    sono oltre 377.000 gli ettari di terreno coltivati a olivi in Puglia, prima regione olivicola in termini di produzione, con circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, ed un valore della produzione di circa 500 milioni di euro all'anno;
    in Puglia viene prodotto l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari) con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani (Ismea-Qualivita);
    oggi questa eccellenza italiana è messa in serio pericolo dalla presenza di un batterio che da circa tre anni sta infestando gli uliveti pugliesi;
    la Xylella fastidiosa è un batterio gram-negativo, che presenta 4 varianti molecolari, quella che ha attaccato gli olivi salentini è la Xylella fastidiosa pauca, originaria del Sud America;
    il batterio non ha infettato solo gli olivi salentini: nuovi casi sono stati registrati in Iran e sono giunte segnalazioni di possibili nuovi focolai, non ancora confermati, dal Kosovo e dalla Turchia;
    il batterio si insedia nei vasi che trasportano acqua e nutrimenti dalle radici al fusto e fino alle foglie, creando una sorta di gel che impedisce il regolare flusso del fluido. Le piante infette così si seccano completamente. Sembrerebbe che alcuni funghi tracheomicotici, già noti per infettare l'olivo e produrre gravi danni, agiscano sicuramente in sinergia con Xylella fastidiosa;
    la batteriosi si diffonde attraverso insetti vettori come la Philaneus spumarius (sputacchina). Si tratta di un insetto che compie una sola generazione all'anno e si insedia su olivo solo in estate dove si nutre della linfa dai germogli più giovani. Nutrendosi da una pianta infetta trasmettono poi il batterio a una pianta sana;
    si ipotizza che il batterio Xylella sia giunto attraverso una pianta già infetta e secondo alcune indagini, che hanno poi permesso di datare l'infezione nel 2010, il «paziente zero» sarebbe un oleandro di provenienza olandese e origine costaricana. Come già accaduto anni fa per il famoso punteruolo rosso che ha massacrato centinaia di migliaia di palme, dovrebbe essere fatta una riflessione sulla qualità dei controlli, sulla competenza di chi è incaricato di farli e sull'assenza di quarantene;
    il Comitato permanente dell'Unione europea per la salute delle piante, a seguito dell'emergenza Xylella, ha diffuso la seguente nota ufficiale: «Le nuove misure comunitarie impongono agli Stati membri di notificare nuovi focolai in Europa, di effettuare indagini ufficiali e di delimitare rapidamente aree infestate. Misure di eradicazione rigorose in tali aree includono la rimozione e la distruzione delle piante infestate e di tutte le piante ospiti all'interno di un raggio di 100 metri, a prescindere dal loro stato di salute. Le misure forniscono anche la possibilità per l'Italia di applicare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, dove l'eradicazione non è più possibile. In questo caso, viene mantenuto l'obbligo di rimuovere sistematicamente tutte le piante infette e di testare le piante circostanti (a 100 metri) in una zona di 20 chilometri adiacente alle province di Brindisi e Taranto. Le importazioni e il movimento all'interno dell'Unione europea di piante specifiche di tutto il mondo, notoriamente suscettibili di Xylella fastidiosa, saranno soggette a condizioni rigorose. Un divieto specifico è stato messo in atto per l'importazione di piante di caffè provenienti da Honduras e Costa Rica, considerato l'elevato rischio che siano infettate dal batterio». «Sulla base del parere scientifico dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, pubblicato nel gennaio 2015, e dei risultati dei controlli effettuati dall'ufficio alimentare e veterinario della Commissione europea nel 2014, la Commissione ha presentato una serie di misure rafforzate volte a preservare le piante sane situate nella zona interessata, così come per prevenire l'ulteriore diffusione del batterio nel resto dell'Unione europea. Sono, inoltre, adottate misure rigorose sulle importazioni dai Paesi terzi»;
    il batterio della Xylella fastidiosa, tuttavia, era già stato incluso nella lista degli organismi nocivi denunciabili dagli Stati membri dell'Unione europea nella direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000, «concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità», modificata dalla 2002/89/CE al fine di migliorarla e per meglio definirne modalità di applicazione;
    il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, recepiva tale provvedimento secondo il quale sono rese obbligatorie alcune misure per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione del batterio;
    a seguito di tale indicazioni si prevede che debbano essere sradicati fino a 35 mila olivi, ma forse la cifra è destinata a crescere, il che significherebbe condannare definitivamente il Salento, dove si trovano anche alberi con oltre cinquecento anni di vita;
    secondo quanto indicato dall'Unione europea, vi è, inoltre, il fondato rischio che vengano espiantate anche le viti che si trovano in un raggio di 100 metri dagli ulivi infetti, aggiungendo un ulteriore danno incalcolabile all'economia pugliese;
    le ulteriori disposizioni per contenere la Xylella fastidiosa prevedono, anche, la distruzione di tutte le specie potenzialmente contaminabili: dagli ulivi agli oleandri, ai mandorli, ad altre piante da frutta. E prevedono anche il divieto della loro riproduzione;
    la Francia, in linea con la legislazione dell'Unione europea, ha imposto l'embargo alle importazioni di piante, determinando il calo del 70 per cento del fatturato dei circa 150 vivai della provincia di Lecce, vietando l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese attraverso il rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino; ma oltre agli ingenti danni all'agricoltura, al settore vivaistico e al considerevole indotto socio-economico che interessa tutto il settore vivaistico, si deve tenere in conto anche di quelli arrecati al turismo;
    secondo l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, non è nota alcuna strategia precedente che abbia avuto successo nell'eradicazione del batterio, una volta insediatosi all'aperto;
    l'uso indiscriminato di diserbanti e agenti chimici e la scarsa manutenzione dei terreni potrebbero, tuttavia, aver indebolito le resistenze naturali delle piante, inducendo la regione Puglia ad imporre l'aratura obbligatoria, con multe fino a 3 mila euro per ettaro in caso di contravvenzione;
    secondo alcune associazioni e gruppi di agricoltori, inoltre, l'espianto degli ulivi dalla terra non è soltanto dannoso e devastante, ma del tutto inutile visto che le piante, trattate con i cari antichi rimedi, come le potature e la cura del terreno, sono in grado da sole di sconfiggere la Xylella fastidiosa;
    alcune segnalazioni di casi di diffusione del batterio killer degli ulivi anche in un garden center ligure sono state smentite dalla stessa Commissione europea attraverso il portavoce per la salute e l'ambiente Enrico Brivio, in quanto le analisi sulla pianta di ulivo sospetto localizzata in Liguria hanno dato esito negativo;
    numerosi sono, dunque, i dubbi che ruotano intorno a questa vicenda: sul tempo perso prima di intervenire, sugli sforzi effettivi della ricerca dei metodi per sconfiggere il batterio, sull'espianto di ulivi secolari quale unico rimedio e sugli scarsi impegni di Governo ed Unione europea per affrontare seriamente tale emergenza;
    con delibera del Consiglio dei ministri è stato dichiarato a febbraio 2015 lo stato di emergenza, nonché il piano d'interventi, a firma del commissario delegato Giuseppe Silletti per fronteggiare il rischio fitosanitario di diffusione della Xylella fastidiosa nel territorio della regione Puglia;
    il tribunale amministrativo regionale Lazio ha sospeso il piano elaborato dal commissario delegato Giuseppe Silletti, in qualità di commissario per l'attuazione degli interventi per far fronte all'emergenza Xylella fino al 6 maggio 2015. È stata, infatti, accolta la richiesta di sospensiva presentata da 26 aziende vivaistiche, costituitesi in giudizio poiché «esistono obiettive ragioni di danno irreversibile rilevanti» in questa fase. Il piano commissariale, infatti, prevedeva la distruzione entro il 30 aprile 2015, attraverso trinciatura o combustione controllata, di 296 mila piante (ulivi, oleandri, querce, pruni, poligala) sotto sigilli perché considerate ospiti del batterio;
    tenuto conto della grave crisi, sia sul mercato interno che su quello internazionale, che ha colpito il settore olivicolo-oleario, il Governo, nell'ambito del piano olivicolo nazionale, è intervenuto con il decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, stanziando 20 milioni di euro per il triennio 2015-2017; obiettivo dell'intervento è di puntare al recupero del potenziale produttivo e competitivo con aumento del 25 per cento delle quantità prodotte a livello nazionale nei prossimi 5 anni, arrivando a quota 650 mila tonnellate;
    nel medesimo decreto, per andare incontro alle necessità degli agricoltori e dei vivaisti danneggiati dalla diffusione del batterio Xylella fastidiosa in Puglia, viene stabilita la deroga per l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale, che segue la dichiarazione di calamità. Allo stesso tempo vengono destinati i primi 11 milioni di euro per gli interventi compensativi a favore dei produttori che hanno subito danni. È la prima volta che questa norma si applica a emergenze fitosanitarie provocate da infezioni degli organismi nocivi, prevista solo per eventi atmosferici,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di assumere iniziative per incrementare le misure economiche e fiscali per alleggerire la grave crisi economica che sta colpendo gli agricoltori e i vivaisti pugliesi che hanno visto perdere la loro fonte di reddito;
    a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di sospendere l'IMU agricola per le imprese i cui oliveti siano stati danneggiati da questa fitopatia epidemica;
   a sollecitare le istituzioni europee ad assumere iniziative in favore del comparto agricolo italiano danneggiato dalla diffusione del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» e ad assumere iniziative per escludere le relative risorse dai vincoli del patto di stabilità;
   a considerare la necessità di introdurre sistemi di controllo e di prevenzione delle importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo per evitare il rischio di diffusioni di infezioni come quella attuale;
   a procedere, per quanto di competenza, all'individuazione delle eventuali responsabilità amministrative, tenuto conto che le istituzioni, a tutti i livelli, erano a conoscenza dell'emergenza Xylella da oltre 3 anni;
   a monitorare la diffusione della Xylella ed incentivare la ricerca per combattere il batterio e i suoi insetti vettori e per prevenire e curare gli ulivi e le altre specie vegetali colpite dalla malattia;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per prevedere misure compensative per gli enti locali che si sono o si impegneranno a realizzare interventi per fronteggiare l'emergenza fitosanitaria e per tutelare il patrimonio storico-ambientale ed economico dei loro territori messi fortemente a rischio, purché siano compatibili con questo previsto del piano del Commissario straordinario, nominato per fronteggiare l'emergenza Xylella.
(1-00865) (Testo modificato nel corso della seduta) «Fauttilli, Piepoli, Dellai».


   La Camera,
   premesso che:
    con una produzione di quasi 500 milioni di tonnellate l'Italia è il secondo produttore mondiale, dopo la Spagna, di olio d'oliva, uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy agroalimentare, i cui significativi risvolti socioeconomici si esprimono, in particolare, nei territori del Sud del Paese, dove tale coltura è particolarmente presente;
    l'olivicoltura è, infatti, uno dei comparti più rilevanti del sistema agricolo pugliese, che contribuisce, secondo i dati del 2013, all'11,6 per cento – pari a 522 milioni di euro – del valore complessivo della produzione agricola della regione e al 30 per cento del valore della produzione olivicola italiana;
    per quanto riguarda la superficie regionale interessata, risultano in produzione circa 375.000 ettari a olivo (pari al 32 per cento delle superfici olivicole nazionali e al 41 per cento delle superfici delle altre regioni meridionali), mentre, per quanto attiene al tessuto imprenditoriale, l'olivicoltura è realizzata in Puglia da circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, che presentano una superficie media per azienda coltivata a olivo (1,4 ettari) significativamente superiore alla media nazionale;
    nel panorama olivicolo nazionale, la Puglia si contraddistingue anche per l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari), con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani (Ismea-Qualivita); infine, per quel che riguarda gli scambi internazionali di settore, l'olio di oliva rappresenta il terzo prodotto pugliese più esportato (dopo ortofrutta e conserve vegetali), per un valore di circa 106 milioni di euro, pari a quasi il 9 per cento dell’export di olio dall'Italia (1,2 miliardi di euro di olio d'oliva esportato nel 2012);
    come ormai noto, in molti territori delle province di Brindisi, Taranto e Lecce la diffusione del batterio Xylella fastidiosa sta causando una vera e propria emergenza fitosanitaria, con l'abbattimento di coltivazioni di olivi secolari che rappresentano un patrimonio di particolare rilevanza per la regione Puglia e per il Salento in particolare;
    la cosiddetta Xylella fastidiosa originaria del Costa Rica, verosimilmente introdotta nel nostro Paese con l'importazione dall'America centrale di piante di oleandro infette, è trasmessa da un insetto ad apparato pungente-succhiatore che, una volta assorbita la linfa delle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia, provocandone il disseccamento rapido;
    sin dal primo mese di rilevazione della presenza di Xylella fastidiosa nelle zone del gallipolino, i vivaisti hanno riscontrato difficoltà a commercializzare le piante, sia per obblighi di divieto imposti inizialmente dalle norme regionali e nazionali e successivamente da quelle comunitarie, sia per la preoccupazione e, quindi, per la diffidenza degli acquirenti sulla possibile trasmissione e diffusione del batterio nei propri territori;
    recentemente la Francia ha adottato misure restrittive, considerate in linea con la legislazione dell'Unione europea, contro la diffusione della Xylella fastidiosa che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio; il decreto, firmato dal Ministro dell'agricoltura francese, Stephane le Foll, in vigore dal 4 aprile 2015, vieta l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle piante contaminate dal batterio e inibisce gli scambi intra-europei con la Puglia, con il conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino; di fatto, ad eccezione di alcune piante, la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate;
    l'impatto che si è verificato nella sospensione delle vendite è stato particolarmente grave ed economicamente rilevante per diversi motivi: l'elevata quantità di piante giacenti nei vivai necessita di essere mantenuta in ottima vegetazione con grosse spese di mantenimento, senza però alcun ricavo per la vendita; per molte tipologie di piante la permanenza nel vivaio di 1-2 anni oltre il necessario non consente la vendita delle stesse, in quanto non più commerciabili, per cui si ha una perdita totale dei costi sostenuti. Le piante ritenute ospiti di Xylella fastidiosa non potranno più essere commercializzate, in quanto non rispettano più i requisiti previsti dalla normativa e pertanto vanno distrutte. Va rilevata, inoltre, l'esigenza di fare elevati investimenti per la realizzazione di serre conformi ai requisiti tecnici previsti dalle norme per potere ottenere le autorizzazioni del servizio fitosanitario;
    è evidente che il settore olivicolo-oleario, anche in considerazione dell'insorgere di emergenze fitosanitarie da organismi nocivi come quella in parola, vive una crisi strutturale ed è indispensabile attivare una serie di interventi di lungo periodo, quali prioritariamente i piani olivicoli e attività di ricerca mirate ad approfondire lo studio dei patogeni mediante progetti che mettano in rete tutti gli istituti di ricerca operanti a livello nazionale ed internazionale, salvaguardando l'aspetto produttivo, paesaggistico ed ambientale dei territori colpiti,

impegna il Governo:

   a predisporre tutte le misure necessarie a risolvere l'emergenza causata dal «complesso del disseccamento rapido dell'olivo», coinvolgendo attivamente le istituzioni e gli enti di ricerca, posto che la rilevanza del settore olivicolo locale si configura come interesse collettivo e non soltanto dei produttori e conduttori di oliveti;
   a rendere pubblici, su un portale dedicato, i dati fino ad oggi raccolti sulla diffusione e sulla gravità del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo», in modo da evitare clamore ingiustificato ed allarmismi, nonché a pubblicare, qualora possibile, i risultati relativi al soddisfacimento dei postulati di Koch e, pertanto, alla patogenicità del ceppo di Xylella sull'olivo, come espressamente richiesto dai protocolli europei Eppo (European and Mediterranean plant protection Organization);
   ad intraprendere specifiche iniziative volte ad ampliare il campo di indagine della malattia di «disseccamento rapido degli olivi», considerando anche la correlazione con lo stato vegeto-produttivo e colturale dell'olivicoltura salentina;
   a provvedere affinché siano urgentemente attivate e sostenute politiche di controllo alle frontiere ed interventi di profilassi, nonché azioni di monitoraggio e di rintracciabilità, volte sia ad accertare l'eventuale avvenuta introduzione dall'estero del batterio Xylella fastidiosa, sia ad impedirne, in caso di verifica positiva, il rischio di veicolazione;
   a prevedere azioni e misure preventive e di sostegno per gli agricoltori e le aziende olivicole pugliesi interessate dall'epidemia;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, per quanto di competenza, affinché siano previste, nell'ambito del programma di sviluppo rurale Puglia 2014-2020, ancora in corso di istruttoria presso l'Unione europea, per tutti gli agricoltori o comunque produttori agricoli potenzialmente a rischio, che, però, rispettino le condizionalità specifiche, misure per il finanziamento delle attività di prevenzione e di ripristino del potenziale produttivo ridottosi a causa dell'infezione causata dalla Xylella fastidiosa, nonché per la certificazione di tutte le aziende, anche vivaistiche, che oggi sono esposte a significativi rischi economici;
   a predisporre urgentemente un piano olivicolo nazionale che punti a:
    a) incrementare la produzione nazionale senza accrescere la pressione sulle risorse ambientali, in modo particolare sulla risorsa idrica, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e lo studio di nuovi sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica;
    b) tutelare l'olivicoltura a valenza paesaggistica, di difesa del territorio e storica, non razionalizzabile e non rinnovabile, in particolare l'olivicoltura marginale delle aree collinari, incentivando la creazione di organizzazioni in grado di gestire gli oliveti a rischio di abbandono o già abbandonati affinché possano essere riportati in produzione;
    c) stimolare il consumo «informato», evidenziando le diverse proprietà salutistiche degli oli extravergini di oliva, anche con adeguata utilizzazione delle indicazioni salutistiche approvate dall'Unione europea, attraverso una capillare e sistematica crescita della cultura sull'olio extravergine di oliva, e valorizzare il made in Italy mediante la promozione della qualità e della biodiversità, elemento distintivo dell'olivicoltura italiana;
    d) sostenere l'iniziativa dell'alta qualità per l'olio extravergine di oliva italiano, anche attraverso l'attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato domestico e, soprattutto, su quelli internazionali;
   a sostenere con opportuni interventi finanziari le attività di ricerca anche attraverso la promozione, in accordo con le autorità regionali, di gruppi operativi di cui al regolamento (UE) n. 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
   a sostenere e ad incentivare l'aggregazione e l'organizzazione economica della filiera olivicola, anche alla luce delle novità contenute nella nuova organizzazione comune di mercato unica di cui al regolamento n. 1308/2013, che introduce lo strumento della contrattualizzazione tra produttori olivicoli ed acquirenti industriali e commerciali, ponendo le basi per la rivisitazione ed il rilancio del sistema delle organizzazioni di produttori e degli organismi interprofessionali;
   ad assumere iniziative volte a disporre, per gli anni 2014, 2015 e 2016, la sospensione del versamento dell'IMU sui terreni agricoli da parte di agricoltori ed imprese agricole danneggiate dalla diffusione del batterio di cui in premessa, nonché la proroga delle scadenze delle rate di credito agrario ordinario e di quello di esercizio e di miglioramento;
   a sostenere e promuovere modelli sperimentali di agricoltura che, tenendo in dovuta considerazione l'uso dei consorzi microbici dei suoli e il rispetto della biodiversità microbica delle piante, migliorino le qualità nutraceutiche e la funzionalità fisiologica delle piante, rendendole più forti e reattive naturalmente contro gli attacchi patogeni, tutto ciò anche in considerazione del fatto che il sistema agricolo è strettamente legato all'ambiente e alla salute dei consumatori.
(1-00870)
(Nuova formulazione)  «L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, Lupo, Parentela, Busto, Tripiedi, Businarolo».


   La Camera,
   premesso che:
    con una produzione di quasi 500 milioni di tonnellate l'Italia è il secondo produttore mondiale, dopo la Spagna, di olio d'oliva, uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy agroalimentare, i cui significativi risvolti socioeconomici si esprimono, in particolare, nei territori del Sud del Paese, dove tale coltura è particolarmente presente;
    l'olivicoltura è, infatti, uno dei comparti più rilevanti del sistema agricolo pugliese, che contribuisce, secondo i dati del 2013, all'11,6 per cento – pari a 522 milioni di euro – del valore complessivo della produzione agricola della regione e al 30 per cento del valore della produzione olivicola italiana;
    per quanto riguarda la superficie regionale interessata, risultano in produzione circa 375.000 ettari a olivo (pari al 32 per cento delle superfici olivicole nazionali e al 41 per cento delle superfici delle altre regioni meridionali), mentre, per quanto attiene al tessuto imprenditoriale, l'olivicoltura è realizzata in Puglia da circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, che presentano una superficie media per azienda coltivata a olivo (1,4 ettari) significativamente superiore alla media nazionale;
    nel panorama olivicolo nazionale, la Puglia si contraddistingue anche per l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari), con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani (Ismea-Qualivita); infine, per quel che riguarda gli scambi internazionali di settore, l'olio di oliva rappresenta il terzo prodotto pugliese più esportato (dopo ortofrutta e conserve vegetali), per un valore di circa 106 milioni di euro, pari a quasi il 9 per cento dell’export di olio dall'Italia (1,2 miliardi di euro di olio d'oliva esportato nel 2012);
    come ormai noto, in molti territori delle province di Brindisi, Taranto e Lecce la diffusione del batterio Xylella fastidiosa sta causando una vera e propria emergenza fitosanitaria, con l'abbattimento di coltivazioni di olivi secolari che rappresentano un patrimonio di particolare rilevanza per la regione Puglia e per il Salento in particolare;
    la cosiddetta Xylella fastidiosa originaria del Costa Rica, verosimilmente introdotta nel nostro Paese con l'importazione dall'America centrale di piante di oleandro infette, è trasmessa da un insetto ad apparato pungente-succhiatore che, una volta assorbita la linfa delle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia, provocandone il disseccamento rapido;
    sin dal primo mese di rilevazione della presenza di Xylella fastidiosa nelle zone del gallipolino, i vivaisti hanno riscontrato difficoltà a commercializzare le piante, sia per obblighi di divieto imposti inizialmente dalle norme regionali e nazionali e successivamente da quelle comunitarie, sia per la preoccupazione e, quindi, per la diffidenza degli acquirenti sulla possibile trasmissione e diffusione del batterio nei propri territori;
    recentemente la Francia ha adottato misure restrittive, considerate in linea con la legislazione dell'Unione europea, contro la diffusione della Xylella fastidiosa che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio; il decreto, firmato dal Ministro dell'agricoltura francese, Stephane le Foll, in vigore dal 4 aprile 2015, vieta l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle piante contaminate dal batterio e inibisce gli scambi intra-europei con la Puglia, con il conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino; di fatto, ad eccezione di alcune piante, la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate;
    l'impatto che si è verificato nella sospensione delle vendite è stato particolarmente grave ed economicamente rilevante per diversi motivi: l'elevata quantità di piante giacenti nei vivai necessita di essere mantenuta in ottima vegetazione con grosse spese di mantenimento, senza però alcun ricavo per la vendita; per molte tipologie di piante la permanenza nel vivaio di 1-2 anni oltre il necessario non consente la vendita delle stesse, in quanto non più commerciabili, per cui si ha una perdita totale dei costi sostenuti. Le piante ritenute ospiti di Xylella fastidiosa non potranno più essere commercializzate, in quanto non rispettano più i requisiti previsti dalla normativa e pertanto vanno distrutte. Va rilevata, inoltre, l'esigenza di fare elevati investimenti per la realizzazione di serre conformi ai requisiti tecnici previsti dalle norme per potere ottenere le autorizzazioni del servizio fitosanitario;
    è evidente che il settore olivicolo-oleario, anche in considerazione dell'insorgere di emergenze fitosanitarie da organismi nocivi come quella in parola, vive una crisi strutturale ed è indispensabile attivare una serie di interventi di lungo periodo, quali prioritariamente i piani olivicoli e attività di ricerca mirate ad approfondire lo studio dei patogeni mediante progetti che mettano in rete tutti gli istituti di ricerca operanti a livello nazionale ed internazionale, salvaguardando l'aspetto produttivo, paesaggistico ed ambientale dei territori colpiti,

impegna il Governo:

   a predisporre tutte le misure necessarie a risolvere l'emergenza causata dal «complesso del disseccamento rapido dell'olivo», coinvolgendo attivamente le istituzioni e gli enti di ricerca, posto che la rilevanza del settore olivicolo locale si configura come interesse collettivo e non soltanto dei produttori e conduttori di oliveti;
   a rendere pubblici, su un portale dedicato, i dati fino ad oggi raccolti sulla diffusione e sulla gravità del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo», non appena accertati scientificamente, in modo da evitare clamore ingiustificato ed allarmismi, nonché a pubblicare, qualora possibile, i risultati relativi al soddisfacimento dei postulati di Koch e, pertanto, alla patogenicità del ceppo di Xylella sull'olivo, come espressamente richiesto dai protocolli europei Eppo (European and Mediterranean plant protection Organization);
   ad intraprendere specifiche iniziative volte ad ampliare il campo di indagine della malattia di «disseccamento rapido degli olivi», considerando anche la correlazione con lo stato vegeto-produttivo e colturale dell'olivicoltura salentina;
   a provvedere affinché siano urgentemente attivate e sostenute politiche di controllo alle frontiere ed interventi di profilassi, nonché azioni di monitoraggio e di rintracciabilità, volte sia ad accertare l'eventuale avvenuta introduzione dall'estero del batterio Xylella fastidiosa, sia ad impedirne, in caso di verifica positiva, il rischio di veicolazione;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, per quanto di competenza, affinché siano previste, nell'ambito del programma di sviluppo rurale Puglia 2014-2020, ancora in corso di istruttoria presso l'Unione europea, per tutti gli agricoltori o comunque produttori agricoli potenzialmente a rischio, che, però, rispettino le condizionalità specifiche, misure per il finanziamento delle attività di prevenzione e di ripristino del potenziale produttivo ridottosi a causa dell'infezione causata dalla Xylella fastidiosa, nonché per la certificazione di tutte le aziende, anche vivaistiche, che oggi sono esposte a significativi rischi economici;
   a predisporre urgentemente un piano olivicolo nazionale che punti a:
    a) incrementare la produzione nazionale senza accrescere la pressione sulle risorse ambientali, in modo particolare sulla risorsa idrica, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e lo studio di nuovi sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica;
    b) tutelare l'olivicoltura a valenza paesaggistica, di difesa del territorio e storica, non razionalizzabile e non rinnovabile, in particolare l'olivicoltura marginale delle aree collinari, incentivando la creazione di organizzazioni in grado di gestire gli oliveti a rischio di abbandono o già abbandonati affinché possano essere riportati in produzione;
    c) stimolare il consumo «informato», evidenziando le diverse proprietà salutistiche degli oli extravergini di oliva, anche con adeguata utilizzazione delle indicazioni salutistiche approvate dall'Unione europea, attraverso una capillare e sistematica crescita della cultura sull'olio extravergine di oliva, e valorizzare il made in Italy mediante la promozione della qualità e della biodiversità, elemento distintivo dell'olivicoltura italiana;
    d) sostenere iniziative di valorizzazione dell'olio extravergine di oliva italiano, anche attraverso l'attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato domestico e, soprattutto, su quelli internazionali;
   a sostenere con opportuni interventi finanziari le attività di ricerca anche attraverso la promozione, in accordo con le autorità regionali, di gruppi operativi di cui al regolamento (UE) n. 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
   a sostenere e ad incentivare l'aggregazione e l'organizzazione economica della filiera olivicola, anche alla luce delle novità contenute nella nuova organizzazione comune di mercato unica di cui al regolamento n. 1308/2013, che introduce lo strumento della contrattualizzazione tra produttori olivicoli ed acquirenti industriali e commerciali, ponendo le basi per la rivisitazione ed il rilancio del sistema delle organizzazioni di produttori e degli organismi interprofessionali;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di assumere iniziative volte a disporre, per gli anni 2014, 2015 e 2016, la sospensione del versamento dell'IMU sui terreni agricoli da parte di agricoltori ed imprese agricole danneggiate dalla diffusione del batterio di cui in premessa, nonché la proroga delle scadenze delle rate di credito agrario ordinario e di quello di esercizio e di miglioramento;
   a sostenere e promuovere modelli sperimentali di agricoltura che, tenendo in dovuta considerazione l'uso dei consorzi microbici dei suoli e il rispetto della biodiversità microbica delle piante, migliorino le qualità nutraceutiche e la funzionalità fisiologica delle piante, rendendole più forti e reattive naturalmente contro gli attacchi patogeni, tutto ciò anche in considerazione del fatto che il sistema agricolo è strettamente legato all'ambiente e alla salute dei consumatori.
(1-00870)
(Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta come risultante della votazione per parti separate)  «L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, Lupo, Parentela, Busto, Tripiedi, Businarolo».


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre del 2013 è stata riscontrata per la prima volta nel nostro Paese, e precisamente nella provincia di Lecce, in Puglia, la presenza di un batterio denominato Xylella fastidiosa su piante di olivo;
    la Xylella fastidiosa è un batterio inserito nell'allegato I della direttiva del Consiglio 2000/29/CE e fa parte della lista degli organismi nocivi predisposto dall'Unione europea. Oggi sono ufficialmente riconosciute quattro sub-specie di Xylella fastidiosa in grado di attaccare un numero elevato di specie vegetali, tra cui colture da frutto, essenze forestali e specie spontanee;
    il batterio è stato trasmesso dalla «cicala sputacchina», che è un insetto ad apparato pungente-succhiatore che, una volta assorbita la linfa dalle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia;
    la Xylella fastidiosa viene ritenuta dagli scienziati tra i più pericolosi patogeni vegetali per la sua aggressività, per l'ampia gamma di ospiti vegetali in grado di infettare, ma soprattutto per le difficoltà che si ravvisano nel prevenire le infezioni e nel curare le piante malate;
    al fine di individuare le zone interessate da tale batterio, è stato avviato dalla regione Puglia un monitoraggio dell'intero territorio regionale, con particolare riguardo alla provincia di Lecce;
    la presenza di tale batterio sul territorio pugliese rappresenta, indubbiamente, un gravissimo rischio per le coltivazioni dell'olivo, del mandorlo, del ciliegio e del pesco; ma questa problematica costituisce un grande danno anche per i valori ambientali e paesaggistici così importanti per tutto il territorio. Tale fenomeno incide poi in termini estremamente negativi sulla coltivazione dell'olivo, che rappresenta uno dei settori trainanti dell'economia della regione Puglia, contribuendo nel 2013 all'11,6 per cento del valore complessivo della produzione agricola della stessa regione e al 30 per cento del valore della produzione olivicola italiana;
    la Francia ha adottato misure contro la diffusione della Xylella fastidiosa che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio. Il Ministro dell'agricoltura francese ha vietato l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle contaminate dal batterio e ha inibito gli scambi intra-europei con la Puglia, con il conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino. Di fatto, la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate;
    tale situazione ha creato gravi problemi all'economia pugliese, perché, oltre alla perdita delle piante ed al mancato ricavo per l'assenza di vendite, va considerato il danno che viene perpetrato nei confronti dell'indotto, specie per quanto riguarda il settore vivaistico;
    occorre risolvere urgentemente la grave crisi economica che ha colpito gli agricoltori ed i vivaisti pugliesi a seguito dell'abbattimento delle piante di olivo e della sospensiva dell'annullamento dei contratti e delle forniture;
    è necessario, pertanto, assumere iniziative di carattere fiscale, come la sospensione del pagamento dell'IMU agricola, per i coltivatori che sono colpiti dalla diffusione del batterio Xylella fastidiosa al fine di indennizzare gli stessi dai danni subiti;
    risulta anche indispensabile adottare misure dirette alla prevenzione della diffusione del batterio della Xylella fastidiosa per contrastarne la trasmissione ed operare per il suo controllo,

impegna il Governo:

   ad adottare con urgenza misure che consentano di superare la fase di crisi economica degli agricoltori e dei vivaisti che, con l'abbattimento delle piante di ulivo e con la sospensione o l'annullamento dei contratti delle forniture, perdono il loro sostentamento economico;
   a valutare la possibilità di adottare iniziative volte a sospendere l'IMU agricola per i coltivatori colpiti dalla diffusione della Xylella fastidiosa per indennizzare le imprese del comparto agricolo;
   a valutare la possibilità di escludere dal patto di stabilità interno le risorse economiche impegnate dagli enti locali per la realizzazione degli interventi atti a fronteggiare l'emergenza fitosanitaria, causata dalla diffusione della Xylella fastidiosa;
   di definire ed attuare un piano di certificazione delle produzioni vivaistiche in grado di verificare tutte le produzioni, consentendo in questo modo di certificare l'assenza del patogeno prima di ogni utilizzo del materiale vivaistico e di evitare qualsiasi blocco delle esportazioni, nonché ad assumere iniziative per riconoscere incentivi e sovvenzioni per tutti coloro che aderiscono al protocollo di certificazione delle produzioni vivaistiche;
   ad attivarsi, in particolare in sede comunitaria, al fine di realizzare un regime di aiuti destinati a finanziare piani di intervento per l'emergenza fitosanitaria, relativamente a tutte le specie vegetali colpite dal batterio della Xylella fastidiosa, che preveda misure di prevenzione della fitopatia, misure combinate di prevenzione e compensazione in relazione al valore dei raccolti distrutti e dei frutti pendenti, non raccolti nonché delle piante arboree estirpate;
   a predisporre sistemi di controllo e di prevenzione che possano contrastare con efficacia la diffusione di infezioni nel corso di importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo;
   ad adottare ogni iniziativa presso l'Unione europea diretta a valutare la possibilità di sospendere il decreto del Ministro francese;
   ad adottare iniziative che consentano, per quanto di competenza (nell'ambito del programma di sviluppo rurale Puglia 2014-2020, ancora in corso di istruttoria presso l'Unione europea), di finanziare le attività di prevenzione e di ripristino del potenziale produttivo che si è ridotto proprio a causa del batterio per tutti gli agricoltori colpiti dalla diffusione del batterio Xylella fastidiosa;
   ad adoperarsi a livello europeo per individuare le risorse necessarie per finanziare la ricerca e l'innovazione al fine di affrontare e superare l'emergenza connessa alla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa.
(1-00871)
(Nuova formulazione) «Pizzolante, Cera, Dorina Bianchi».


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre del 2013 è stata riscontrata per la prima volta nel nostro Paese, e precisamente nella provincia di Lecce, in Puglia, la presenza di un batterio denominato Xylella fastidiosa su piante di olivo;
    la Xylella fastidiosa è un batterio inserito nell'allegato I della direttiva del Consiglio 2000/29/CE e fa parte della lista degli organismi nocivi predisposto dall'Unione europea. Oggi sono ufficialmente riconosciute quattro sub-specie di Xylella fastidiosa in grado di attaccare un numero elevato di specie vegetali, tra cui colture da frutto, essenze forestali e specie spontanee;
    il batterio è stato trasmesso dalla «cicala sputacchina», che è un insetto ad apparato pungente-succhiatore che, una volta assorbita la linfa dalle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia;
    la Xylella fastidiosa viene ritenuta dagli scienziati tra i più pericolosi patogeni vegetali per la sua aggressività, per l'ampia gamma di ospiti vegetali in grado di infettare, ma soprattutto per le difficoltà che si ravvisano nel prevenire le infezioni e nel curare le piante malate;
    al fine di individuare le zone interessate da tale batterio, è stato avviato dalla regione Puglia un monitoraggio dell'intero territorio regionale, con particolare riguardo alla provincia di Lecce;
    la presenza di tale batterio sul territorio pugliese rappresenta, indubbiamente, un gravissimo rischio per le coltivazioni dell'olivo, del mandorlo, del ciliegio e del pesco; ma questa problematica costituisce un grande danno anche per i valori ambientali e paesaggistici così importanti per tutto il territorio. Tale fenomeno incide poi in termini estremamente negativi sulla coltivazione dell'olivo, che rappresenta uno dei settori trainanti dell'economia della regione Puglia, contribuendo nel 2013 all'11,6 per cento del valore complessivo della produzione agricola della stessa regione e al 30 per cento del valore della produzione olivicola italiana;
    la Francia ha adottato misure contro la diffusione della Xylella fastidiosa che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio. Il Ministro dell'agricoltura francese ha vietato l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle contaminate dal batterio e ha inibito gli scambi intra-europei con la Puglia, con il conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino. Di fatto, la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate;
    tale situazione ha creato gravi problemi all'economia pugliese, perché, oltre alla perdita delle piante ed al mancato ricavo per l'assenza di vendite, va considerato il danno che viene perpetrato nei confronti dell'indotto, specie per quanto riguarda il settore vivaistico;
    occorre risolvere urgentemente la grave crisi economica che ha colpito gli agricoltori ed i vivaisti pugliesi a seguito dell'abbattimento delle piante di olivo e della sospensiva dell'annullamento dei contratti e delle forniture;
    è necessario, pertanto, assumere iniziative di carattere fiscale, come la sospensione del pagamento dell'IMU agricola, per i coltivatori che sono colpiti dalla diffusione del batterio Xylella fastidiosa al fine di indennizzare gli stessi dai danni subiti;
    risulta anche indispensabile adottare misure dirette alla prevenzione della diffusione del batterio della Xylella fastidiosa per contrastarne la trasmissione ed operare per il suo controllo,

impegna il Governo:

   ad adottare con urgenza misure che consentano di superare la fase di crisi economica degli olivicoltori che, con l'abbattimento delle piante di ulivo e con la sospensione o l'annullamento dei contratti delle forniture, perdono il loro sostentamento economico;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di sospendere l'IMU agricola per i coltivatori colpiti dalla diffusione della Xylella fastidiosa per indennizzare le imprese del comparto agricolo;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di escludere dal patto di stabilità interno le risorse economiche impegnate dagli enti locali per la realizzazione degli interventi atti a fronteggiare l'emergenza fitosanitaria, causata dalla diffusione della Xylella fastidiosa;
   a valutare la possibilità, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, di definire e di attuare un piano di certificazione delle produzioni vivaistiche in grado di verificare tutte le produzioni, consentendo in questo modo di certificare l'assenza del patogeno prima di ogni utilizzo del materiale vivaistico e di evitare qualsiasi blocco delle esportazioni, nonché ad assumere iniziative per riconoscere incentivi e sovvenzioni per tutti coloro che aderiscono al protocollo di certificazione delle produzioni vivaistiche;
   ad attivarsi, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, in particolare in sede comunitaria, al fine di realizzare un regime di aiuti destinati a finanziare piani di intervento per l'emergenza fitosanitaria, relativamente a tutte le specie vegetali colpite dal batterio della Xylella fastidiosa, che preveda misure di prevenzione della fitopatia, misure combinate di prevenzione e compensazione in relazione al valore dei raccolti distrutti e dei frutti pendenti, non raccolti nonché delle piante arboree estirpate;
   a predisporre sistemi di controllo e di prevenzione che possano contrastare con efficacia la diffusione di infezioni nel corso di importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo;
   ad adottare iniziative che consentano, per quanto di competenza (nell'ambito del programma di sviluppo rurale Puglia 2014-2020, ancora in corso di istruttoria presso l'Unione europea), di finanziare le attività di prevenzione e di ripristino del potenziale produttivo che si è ridotto proprio a causa del batterio per tutti gli agricoltori colpiti dalla diffusione del batterio Xylella fastidiosa;
   ad adoperarsi a livello europeo per individuare le risorse necessarie per finanziare la ricerca e l'innovazione al fine di affrontare e superare l'emergenza connessa alla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa.
(1-00871)
(Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Pizzolante, Cera, Dorina Bianchi».


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre 2013 nel Salento è scoppiato il caso della malattia degli ulivi evidenziatasi, soprattutto, con bruscatura delle foglie, imbrunimenti dei rami e del fusto e disseccamenti più o meno estesi della chioma. Un fenomeno noto come complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO), che è andato espandendosi a macchia di leopardo in tutta la provincia di Lecce per poi manifestarsi anche in quella di Brindisi, nella zona di Oria;
    si tratta di una malattia della piante a cui risulta fortemente associata la presenza di un patogeno: il batterio Xylella fastidiosa, contro cui l'Unione europea ha appena adottato misure di contenimento, riconoscendo la zona di Lecce come zona di insediamento del microrganismo;
    il batterio è denominato in tal modo in quanto esso colonizza lo xilema delle piante – si sa con certezza che, oltre agli ulivi – sono suscettibili dell'infezione anche mandorli, ciliegi, mirto e acacia, solo per citarne alcune – che è l'insieme dei vasi adibiti al trasporto di acqua e soluti dalle radici alle foglie e ne provoca il progressivo restringimento, li ottura, dando origine a un danno sostanzialmente meccanico della pianta per intasamento, che ne causa il disseccamento parziale o totale, anche se i ricercatori ancora non sanno quanto tempo intercorre tra l'infezione della pianta e la comparsa del fenomeno;
    il danno, a livello produttivo, è sulla quantità di olio che la pianta potrebbe far produrre, fin quando rimane vitale, ma non sulla sua qualità;
    in Puglia, nelle province di Lecce, di Brindisi e di Taranto, la presenza del batterio ha causato la distruzione di intere coltivazioni in una zona in cui la tradizione olivicola rappresenta un fondamentale valore; in tale regione gli ulivi sono circa 60 milioni; essi, oltre ad essere un'importante risorsa economica, sono un elemento fondamentale della storia, della cultura e del paesaggio pugliese;
    l'Italia ha sempre avuto una posizione di rilievo nel mercato internazionale dell'olio di oliva per le caratteristiche qualitative del prodotto e per l'importanza quantitativa delle produzioni, ma l'attuale olivicoltura mondiale, che arriva ad una produzione di circa 3.000.000 di tonnellate l'anno, essendo ottenuta con nuove e moderne piantagioni, altamente produttive e competitive, con produzioni di qualità crescente, è oramai in grado di mettere in discussione il primato italiano e di competere sui mercati allo stesso livello delle qualità nazionali;
    l'Italia, purtroppo, con le sue produzioni decrescenti non è più in grado di imporsi sul mercato internazionale: nel 2013/2014 la produzione italiana, secondo alcune stime, rappresenta solo il 13 per cento della produzione mondiale; quale ulteriore causa di decremento del comparto caratterizzato da una produzione olearia fortemente sottodimensionata rispetto al fabbisogno nazionale e per l’export contribuisce oggi anche la diffusione della Xylella fastidiosa;
    per concorrere al contrasto della diffusione della malattia, la Commissione europea ha adottato, il 23 luglio 2014, una prima decisione di esecuzione 2014/497/UE per fronteggiare l'emergenza prevedendo maggiori restrizioni alle importazioni da Paesi extraeuropei in cui è nota la presenza del batterio;
    a seguito di tale decisione con il decreto ministeriale del 12 settembre 2014 è stato istituito un comitato tecnico-scientifico con il compito di approfondire gli aspetti connessi alla gestione dell'emergenza fitosanitaria causata dalla Xylella, mentre con la deliberazione della giunta della regione Puglia n. 2023 del 29 ottobre 2013 sono state adottate le prime misure di emergenza per la prevenzione e l'eradicazione del batterio da quarantena Xylella fastidiosa nella provincia di Lecce;
    nella seduta dell'8 ottobre 2014, la Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha approvato, tra le altre, la risoluzione n. 7-00461 (Mongiello ed altri) che ha impegnato il Governo ad attuare una serie di misure, tra le quali: la nomina di un commissario ad acta per seguire e coordinare la gestione dell'emergenza e realizzare un programma nazionale specifico di interventi immediati; ad evitare l'eradicazione di intere aree rafforzando i servizi fitosanitari, le misure di controllo e di monitoraggio sull'importazione di materiali vegetali; a finanziare un piano di ricerca a vasto raggio in grado di indagare il fenomeno e di offrire risposte ecologiche alla grave emergenza; ad attivare risorse specifiche per fare fronte alle necessità degli agricoltori che devono ricostituire i propri oliveti;
    il Consiglio dei ministri, nella riunione del 10 febbraio 2015, con delibera n. 112, ha dichiarato lo stato di emergenza correlato alla diffusione nel territorio pugliese del batterio e, con ordinanza n. 225 dell'11 febbraio 2015 del capo dipartimento della protezione civile è stato nominato il comandante regionale del Corpo forestale dello Stato per la Puglia, quale commissario delegato a fronteggiare l'emergenza della Xylella fastidiosa;
    il 19 marzo 2015 il dipartimento della protezione civile ha adottato il piano degli interventi per la lotta al batterio, per l'attuazione del quale sono stati stanziati 13,6 milioni di euro, che si basa su diverse misure volte ad impedire la diffusione del batterio e monitorare le aree indenni circostanti;
    il 7 maggio 2015, il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto il ricorso presentato da alcuni vivaisti salentini, sospendendo l'operatività del piano per l'emergenza Xylella e fissando al 16 dicembre 2015 la trattazione del ricorso nel merito motivando la decisione, con l'adozione da parte dell'Unione europea, il 28 aprile 2015, di un «nuovo testo di decisione di esecuzione sulla medesima questione», che nei fatti supera il piano del commissario;
    in effetti, il 28 aprile 2015, il comitato permanente fitosanitario della Commissione europea ha approvato una nuova decisione di attuazione sulle misure contro il contagio del batterio Xylella fastidiosa negli uliveti del Salento, che dovrà essere formalmente adottata dalla Commissione europea prima dell'entrata in vigore;
    la novità più importante delle misure di contenimento dell'Europa è la presa d'atto della ineradicabilità del patogeno dalla zona di insediamento, la provincia di Lecce, e che ormai non ha senso eradicare il patogeno ma contenerlo. Fuori della provincia di Lecce l'Unione europea tiene fermo il principio dell'eradicazione delle piante malate (cui fanno riscontro le proteste degli agricoltori pugliesi): di quelle «infestate e di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, indipendentemente dal loro stato di salute»;
    per la zona di insediamento, invece, continua la Commissione europea: «le misure prevedono inoltre la possibilità per l'Italia di applicare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, in cui l'eradicazione non è più possibile. In tal caso resta l'obbligo di eliminare sistematicamente tutte le piante infette e di testare tutte le piante circostanti (entro 100 metri) in una zona di 20 chilometri contigua alle province di Brindisi e Taranto». Il previsto abbattimento anche delle piante al confine della fascia di Lecce è una misura di contenimento per prevenire l'ulteriore contagio, ma non l'unica; nella zona di contenimento vanno comunque applicate misure (pratiche agricole, applicazione di insetticidi ed altro) per ridurre il «serbatoio d'infezione», ovvero per controllare il vettore della Xylella, la cicalina «sputacchina»; sul piano locale c’è tuttavia una forte opposizione ai piani di irrorazione su larga scala di insetticidi chimici;
    un'altra delle misure fortemente impattanti presa dall'Europa è il blocco del movimento delle specie vegetali suscettibili di essere infettate da Xylella; di fatto l'Europa, oltre ad applicare severe restrizioni alle importazioni di piante da Paesi terzi, restringe anche il movimento di piante provenienti dalle zone infette: un duro colpo per i vivai che operano nelle zone, che si aggiunge a quello degli agricoltori interessati dall'emergenza;
    la misura che sembra ricalcare in parte la decisione già presa dalla Francia agli inizi di aprile 2015, con il boicottaggio dei prodotti pugliesi, appare in alcuni casi immotivata; infatti, l'Europa ha bloccato il movimento di piante estendendo l'elenco di quelle a rischio anche a casi per i quali si sa che le specie non sono suscettibili al ceppo del batterio, come la vite. Appare, quindi, necessario aumentare le evidenze scientifiche circa la non suscettibilità di alcune specie incluse nell'elenco, al fine di evitare di intraprendere misure eccessivamente restrittive; in particolare, l'embargo su piantine e «barbatelle» della vite provenienti dal Salento è particolarmente pesante per il nostro Paese, in quanto di fatto favorisce i concorrenti francesi in questo mercato;
    nello specifico della situazione salentina, e più in generale italiana, è necessario mettere in campo un piano d'azione che indichi in dettaglio le attività da adottare per la prevenzione e la profilassi e sia in grado di limitare la diffusione del patogeno con un programma di controlli severi sul materiale di propagazione, controlli fitosanitari delle piante infette e conseguenti pratiche di «pulizia» e di verifica di una buona condizione di nutrizione e di equilibrio vegetativo delle piante stesse;
    al fine di garantire il ristoro dei danni subiti dagli agricoltori e dai vivaisti colpiti dall'infestazione del batterio e dalle misure restrittive già adottate, il Governo ha avviato negoziati con l'Unione europea per l'attivazione degli strumenti finanziari per la lotta fitosanitaria al batterio Xylella, ma anche per richiedere un intervento di solidarietà europeo adeguato all'eccezionalità della crisi di mercato indotta sugli olivicoltori e sulle aziende vivaistiche;
    il 20 maggio 2015, il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione in sede plenaria (P8–TA-PROV(2015)0209) che, nell'evidenziare la lentezza con la quale l'Unione europea si è mossa per evitare l'ingresso di fitopatie provenienti da Paesi terzi, ha chiesto specifiche misure ed azioni più rigorose in materia di contrasto alla diffusione della Xylella e di sostegno per i soggetti danneggiati, in materia di autorizzazione delle sole importazioni provenienti da siti di produzione indenni da organismi nocivi e per la revisione del sistema ufficiale di controlli fitosanitari dell'Unione europea;
    l'Italia deve operare per salvare gli ulivi sani: infatti, ogni abbattimento causa danni economici e ambientali inaccettabili e spazza via in un sol colpo centinaia di anni di storia delle aree del Salento;
    per salvaguardare gli ulivi millenari del Salento, è necessario che il Governo intensifichi le azioni di sostegno alle aziende olivicole coinvolte nell'attacco della Xylella fastidiosa e per la lotta alla diffusione del batterio, soprattutto per quel che riguarda la ricerca e lo studio del patogeno e la sperimentazione nell'ambito dell'applicazione delle buone pratiche agricole,

impegna il Governo:

   a dare piena attuazione agli impegni assunti con la risoluzione n. 7-00461 approvata dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati nella seduta dell'8 ottobre 2014 ed in tale ambito:
    a) ad adottare iniziative volte a reperire le necessarie risorse aggiuntive rispetto a quelle fino ad oggi già stanziate per fornire risarcimenti e sostegni agli agricoltori e ai soggetti dell'indotto colpiti dalla Xylella fastidiosa ed a fare in modo che le risorse utilizzate dagli enti locali per fronteggiare l'emergenza siano escluse dal patto di stabilità interno, segnatamente in relazione alle risorse da erogare per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni;
    b) a rafforzare e intensificare una vasta azione di ricerca e sperimentazione per chiarire i meccanismi alla base del fenomeno del disseccamento rapido dell'ulivo e per studiare l'agente patogeno Xylella fastidiosa per tutelare la produzione olivicola anche attraverso il rafforzamento delle buone pratiche agricole;
    c) ad adottare iniziative volte a prevedere l'esenzione dall'imposta municipale unica (IMU) per le imprese agricole e per i terreni danneggiati dal batterio della Xylella fastidiosa;
    d) ad attivare una campagna informativa riguardo alla qualità e alla sicurezza alimentare dell'olio extravergine proveniente dalle aree colpite dal batterio della Xylella fastidiosa;
    e) ad incrementare le misure di controllo delle importazioni di materiale vegetale da Paesi terzi, anche per altri tipi di malattie, sia in ambito nazionale e sia, soprattutto, in ambito comunitario;
   ad intraprendere le necessarie iniziative in sede europea, in particolare verso la Commissione europea ed in sede di Consiglio europeo:
    a) per rendere esecutive le misure compensatorie per gli agricoltori le cui produzioni sono state danneggiate dalla Xylella fastidiosa come indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo n. P8–TA-PROV(2015)0209;
    b) per rimuovere i vincoli alle esportazioni delle produzioni vivaistiche ed agroalimentari della Puglia, con particolare riferimento alla rimozione della decisione di divieto all'importazione dei vegetali pugliesi decisa dal Governo francese e alla rimozione della decisione algerina relativamente al blocco dell'acquisto di barbatelle provenienti dai vivai idruntini;
    c) per modificare le indicazioni radicali circa la rimozione e distruzione nella fascia di sicurezza degli ulivi, indipendentemente dallo stato di salute e anche su quelli evidentemente non toccati dal batterio e – laddove ci siano accertati focolai di Xylella – di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, indipendentemente dal loro stato di salute;
   a provvedere affinché, nell'ambito delle funzioni assegnate al dipartimento della protezione civile per la lotta alla Xylella, sia adottato un nuovo piano di interventi per la lotta al batterio più coerente con le misure assunte in sede europea e con i risultati delle ricerche e degli approfondimenti tecnici degli enti di ricerca e degli organismi operanti nel campo agronomico e fitosanitario.
(1-00872) «Mongiello, Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Capozzolo, Carra, Cenni, Cova, Dal Moro, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin, Rostellato, Capone, Grassi, Mariano, Pelillo, Massa, Ventricelli, Losacco, Michele Bordo, Cassano, Di Gioia».


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre 2013 nel Salento è scoppiato il caso della malattia degli ulivi evidenziatasi, soprattutto, con bruscatura delle foglie, imbrunimenti dei rami e del fusto e disseccamenti più o meno estesi della chioma. Un fenomeno noto come complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO), che è andato espandendosi a macchia di leopardo in tutta la provincia di Lecce per poi manifestarsi anche in quella di Brindisi, nella zona di Oria;
    si tratta di una malattia della piante a cui risulta fortemente associata la presenza di un patogeno: il batterio Xylella fastidiosa, contro cui l'Unione europea ha appena adottato misure di contenimento, riconoscendo la zona di Lecce come zona di insediamento del microrganismo;
    il batterio è denominato in tal modo in quanto esso colonizza lo xilema delle piante – si sa con certezza che, oltre agli ulivi – sono suscettibili dell'infezione anche mandorli, ciliegi, mirto e acacia, solo per citarne alcune – che è l'insieme dei vasi adibiti al trasporto di acqua e soluti dalle radici alle foglie e ne provoca il progressivo restringimento, li ottura, dando origine a un danno sostanzialmente meccanico della pianta per intasamento, che ne causa il disseccamento parziale o totale, anche se i ricercatori ancora non sanno quanto tempo intercorre tra l'infezione della pianta e la comparsa del fenomeno;
    il danno, a livello produttivo, è sulla quantità di olio che la pianta potrebbe far produrre, fin quando rimane vitale, ma non sulla sua qualità;
    in Puglia, nelle province di Lecce, di Brindisi e di Taranto, la presenza del batterio ha causato la distruzione di intere coltivazioni in una zona in cui la tradizione olivicola rappresenta un fondamentale valore; in tale regione gli ulivi sono circa 60 milioni; essi, oltre ad essere un'importante risorsa economica, sono un elemento fondamentale della storia, della cultura e del paesaggio pugliese;
    l'Italia ha sempre avuto una posizione di rilievo nel mercato internazionale dell'olio di oliva per le caratteristiche qualitative del prodotto e per l'importanza quantitativa delle produzioni, ma l'attuale olivicoltura mondiale, che arriva ad una produzione di circa 3.000.000 di tonnellate l'anno, essendo ottenuta con nuove e moderne piantagioni, altamente produttive e competitive, con produzioni di qualità crescente, è oramai in grado di mettere in discussione il primato italiano e di competere sui mercati allo stesso livello delle qualità nazionali;
    l'Italia, purtroppo, con le sue produzioni decrescenti non è più in grado di imporsi sul mercato internazionale: nel 2013/2014 la produzione italiana, secondo alcune stime, rappresenta solo il 13 per cento della produzione mondiale; quale ulteriore causa di decremento del comparto caratterizzato da una produzione olearia fortemente sottodimensionata rispetto al fabbisogno nazionale e per l’export contribuisce oggi anche la diffusione della Xylella fastidiosa;
    per concorrere al contrasto della diffusione della malattia, la Commissione europea ha adottato, il 23 luglio 2014, una prima decisione di esecuzione 2014/497/UE per fronteggiare l'emergenza prevedendo maggiori restrizioni alle importazioni da Paesi extraeuropei in cui è nota la presenza del batterio;
    a seguito di tale decisione con il decreto ministeriale del 12 settembre 2014 è stato istituito un comitato tecnico-scientifico con il compito di approfondire gli aspetti connessi alla gestione dell'emergenza fitosanitaria causata dalla Xylella, mentre con la deliberazione della giunta della regione Puglia n. 2023 del 29 ottobre 2013 sono state adottate le prime misure di emergenza per la prevenzione e l'eradicazione del batterio da quarantena Xylella fastidiosa nella provincia di Lecce;
    nella seduta dell'8 ottobre 2014, la Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha approvato, tra le altre, la risoluzione n. 7-00461 (Mongiello ed altri) che ha impegnato il Governo ad attuare una serie di misure, tra le quali: la nomina di un commissario ad acta per seguire e coordinare la gestione dell'emergenza e realizzare un programma nazionale specifico di interventi immediati; ad evitare l'eradicazione di intere aree rafforzando i servizi fitosanitari, le misure di controllo e di monitoraggio sull'importazione di materiali vegetali; a finanziare un piano di ricerca a vasto raggio in grado di indagare il fenomeno e di offrire risposte ecologiche alla grave emergenza; ad attivare risorse specifiche per fare fronte alle necessità degli agricoltori che devono ricostituire i propri oliveti;
    il Consiglio dei ministri, nella riunione del 10 febbraio 2015, con delibera n. 112, ha dichiarato lo stato di emergenza correlato alla diffusione nel territorio pugliese del batterio e, con ordinanza n. 225 dell'11 febbraio 2015 del capo dipartimento della protezione civile è stato nominato il comandante regionale del Corpo forestale dello Stato per la Puglia, quale commissario delegato a fronteggiare l'emergenza della Xylella fastidiosa;
    il 19 marzo 2015 il dipartimento della protezione civile ha adottato il piano degli interventi per la lotta al batterio, per l'attuazione del quale sono stati stanziati 13,6 milioni di euro, che si basa su diverse misure volte ad impedire la diffusione del batterio e monitorare le aree indenni circostanti;
    il 7 maggio 2015, il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto il ricorso presentato da alcuni vivaisti salentini, sospendendo l'operatività del piano per l'emergenza Xylella e fissando al 16 dicembre 2015 la trattazione del ricorso nel merito motivando la decisione, con l'adozione da parte dell'Unione europea, il 28 aprile 2015, di un «nuovo testo di decisione di esecuzione sulla medesima questione», che nei fatti supera il piano del commissario;
    in effetti, il 28 aprile 2015, il comitato permanente fitosanitario della Commissione europea ha approvato una nuova decisione di attuazione sulle misure contro il contagio del batterio Xylella fastidiosa negli uliveti del Salento, che dovrà essere formalmente adottata dalla Commissione europea prima dell'entrata in vigore;
    la novità più importante delle misure di contenimento dell'Europa è la presa d'atto della ineradicabilità del patogeno dalla zona di insediamento, la provincia di Lecce, e che ormai non ha senso eradicare il patogeno ma contenerlo. Fuori della provincia di Lecce l'Unione europea tiene fermo il principio dell'eradicazione delle piante malate (cui fanno riscontro le proteste degli agricoltori pugliesi): di quelle «infestate e di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, indipendentemente dal loro stato di salute»;
    per la zona di insediamento, invece, continua la Commissione europea: «le misure prevedono inoltre la possibilità per l'Italia di applicare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, in cui l'eradicazione non è più possibile. In tal caso resta l'obbligo di eliminare sistematicamente tutte le piante infette e di testare tutte le piante circostanti (entro 100 metri) in una zona di 20 chilometri contigua alle province di Brindisi e Taranto». Il previsto abbattimento anche delle piante al confine della fascia di Lecce è una misura di contenimento per prevenire l'ulteriore contagio, ma non l'unica; nella zona di contenimento vanno comunque applicate misure (pratiche agricole, applicazione di insetticidi ed altro) per ridurre il «serbatoio d'infezione», ovvero per controllare il vettore della Xylella, la cicalina «sputacchina»; sul piano locale c’è tuttavia una forte opposizione ai piani di irrorazione su larga scala di insetticidi chimici;
    un'altra delle misure fortemente impattanti presa dall'Europa è il blocco del movimento delle specie vegetali suscettibili di essere infettate da Xylella; di fatto l'Europa, oltre ad applicare severe restrizioni alle importazioni di piante da Paesi terzi, restringe anche il movimento di piante provenienti dalle zone infette: un duro colpo per i vivai che operano nelle zone, che si aggiunge a quello degli agricoltori interessati dall'emergenza;
    la misura che sembra ricalcare in parte la decisione già presa dalla Francia agli inizi di aprile 2015, con il boicottaggio dei prodotti pugliesi, appare in alcuni casi immotivata; infatti, l'Europa ha bloccato il movimento di piante estendendo l'elenco di quelle a rischio anche a casi per i quali si sa che le specie non sono suscettibili al ceppo del batterio, come la vite. Appare, quindi, necessario aumentare le evidenze scientifiche circa la non suscettibilità di alcune specie incluse nell'elenco, al fine di evitare di intraprendere misure eccessivamente restrittive; in particolare, l'embargo su piantine e «barbatelle» della vite provenienti dal Salento è particolarmente pesante per il nostro Paese, in quanto di fatto favorisce i concorrenti francesi in questo mercato;
    nello specifico della situazione salentina, e più in generale italiana, è necessario mettere in campo un piano d'azione che indichi in dettaglio le attività da adottare per la prevenzione e la profilassi e sia in grado di limitare la diffusione del patogeno con un programma di controlli severi sul materiale di propagazione, controlli fitosanitari delle piante infette e conseguenti pratiche di «pulizia» e di verifica di una buona condizione di nutrizione e di equilibrio vegetativo delle piante stesse;
    al fine di garantire il ristoro dei danni subiti dagli agricoltori e dai vivaisti colpiti dall'infestazione del batterio e dalle misure restrittive già adottate, il Governo ha avviato negoziati con l'Unione europea per l'attivazione degli strumenti finanziari per la lotta fitosanitaria al batterio Xylella, ma anche per richiedere un intervento di solidarietà europeo adeguato all'eccezionalità della crisi di mercato indotta sugli olivicoltori e sulle aziende vivaistiche;
    il 20 maggio 2015, il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione in sede plenaria (P8–TA-PROV(2015)0209) che, nell'evidenziare la lentezza con la quale l'Unione europea si è mossa per evitare l'ingresso di fitopatie provenienti da Paesi terzi, ha chiesto specifiche misure ed azioni più rigorose in materia di contrasto alla diffusione della Xylella e di sostegno per i soggetti danneggiati, in materia di autorizzazione delle sole importazioni provenienti da siti di produzione indenni da organismi nocivi e per la revisione del sistema ufficiale di controlli fitosanitari dell'Unione europea;
    l'Italia deve operare per salvare gli ulivi sani: infatti, ogni abbattimento causa danni economici e ambientali inaccettabili e spazza via in un sol colpo centinaia di anni di storia delle aree del Salento;
    per salvaguardare gli ulivi millenari del Salento, è necessario che il Governo intensifichi le azioni di sostegno alle aziende olivicole coinvolte nell'attacco della Xylella fastidiosa e per la lotta alla diffusione del batterio, soprattutto per quel che riguarda la ricerca e lo studio del patogeno e la sperimentazione nell'ambito dell'applicazione delle buone pratiche agricole,

impegna il Governo:

   a dare piena attuazione agli impegni assunti con la risoluzione n. 7-00461 approvata dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati nella seduta dell'8 ottobre 2014 ed in tale ambito:
    a) ad adottare iniziative volte a reperire le necessarie risorse aggiuntive rispetto a quelle fino ad oggi già stanziate per fornire risarcimenti e sostegni agli agricoltori e ai soggetti dell'indotto colpiti dalla Xylella fastidiosa ed a fare in modo, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, che le risorse utilizzate dagli enti locali per fronteggiare l'emergenza siano escluse dal patto di stabilità interno, segnatamente in relazione alle risorse da erogare per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni;
    b) a rafforzare e intensificare una vasta azione di ricerca e sperimentazione per chiarire i meccanismi alla base del fenomeno del disseccamento rapido dell'ulivo e per studiare l'agente patogeno Xylella fastidiosa per tutelare la produzione olivicola anche attraverso il rafforzamento delle buone pratiche agricole;
    c) ad adottare iniziative volte a prevedere l'esenzione dall'imposta municipale unica (IMU) per le imprese agricole e per i terreni danneggiati dal batterio della Xylella fastidiosa;
    d) ad attivare una campagna informativa riguardo alla qualità e alla sicurezza alimentare dell'olio extravergine proveniente dalle aree colpite dal batterio della Xylella fastidiosa;
    e) ad incrementare le misure di controllo delle importazioni di materiale vegetale da Paesi terzi, anche per altri tipi di malattie, sia in ambito nazionale e sia, soprattutto, in ambito comunitario;
   ad intraprendere le necessarie iniziative in sede europea, in particolare verso la Commissione europea ed in sede di Consiglio europeo:
    a) per rendere esecutive le misure compensatorie per gli agricoltori le cui produzioni sono state danneggiate dalla Xylella fastidiosa come indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo n. P8–TA-PROV(2015)0209;
    b) per rimuovere i vincoli alle esportazioni delle produzioni vivaistiche ed agroalimentari della Puglia, con particolare riferimento alla rimozione della decisione di divieto all'importazione dei vegetali pugliesi decisa dal Governo francese e alla rimozione della decisione algerina relativamente al blocco dell'acquisto di barbatelle provenienti dai vivai idruntini;
    c) per modificare le indicazioni radicali circa la rimozione e distruzione nella fascia di sicurezza degli ulivi, indipendentemente dallo stato di salute e anche su quelli evidentemente non toccati dal batterio e – laddove ci siano accertati focolai di Xylella – di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, indipendentemente dal loro stato di salute;
   a provvedere affinché, nell'ambito delle funzioni assegnate al dipartimento della protezione civile per la lotta alla Xylella, sia adottato un nuovo piano di interventi per la lotta al batterio più coerente con le misure assunte in sede europea e con i risultati delle ricerche e degli approfondimenti tecnici degli enti di ricerca e degli organismi operanti nel campo agronomico e fitosanitario.
(1-00872)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Mongiello, Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Capozzolo, Carra, Cenni, Cova, Dal Moro, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin, Rostellato, Capone, Grassi, Mariano, Pelillo, Massa, Ventricelli, Losacco, Michele Bordo, Cassano, Di Gioia».


   La Camera,
   premesso che:
    nel mese di ottobre 2013 in Salento sono stati rinvenuti i primi focolai dell'infezione da Xylella fastidiosa che ha colpito piante di ulivo, anche monumentali, ed altre specie coltivate, ornamentali e spontanee, inizialmente nella provincia di Lecce, determinando un grave rischio di pandemia fitosanitaria;
    il batterio di Xylella fastidiosa è inserito nella lista A1 stilata dalla European and Mediterranean plant protection Organization quale organismo nocivo da quarantena per l'Unione europea ai sensi della direttiva 2000/29 del Consiglio dell'8 maggio 2000, ed è potenzialmente pericoloso per molte altre piante, come la vite e gli agrumi, importanti per l'agricoltura nazionale e per quella comunitaria;
    nelle indagini che la procura della Repubblica di Lecce sta conducendo, per accertare eventuali responsabilità sull'arrivo del batterio nel territorio salentino, una delle ipotesi ne contempla la provenienza dal Costa Rica dove è presente lo stesso ceppo;
    in seguito al ritrovamento del batterio la regione Puglia ha dato avvio ad un'intensa attività di monitoraggio dell'intero territorio regionale, con il coinvolgimento di istituzioni scientifiche nazionali ed internazionali;
    nell'estate del 2014 l'estensione delle infezioni sul territorio leccese è stata tale da pregiudicare la sopravvivenza di numerose specie vegetali produttive, con ingenti effetti anche di carattere economico e un significativo impatto sul mercato occupazionale;
    l'Italia è il secondo produttore mondiale di olio e il 30 per cento della produzione olearia italiana proviene dalla regione Puglia, nella quale vi sono più di 370.000 ettari coltivati;
    nel mese di luglio 2014, a seguito di una recrudescenza della diffusione del batterio nella provincia di Lecce, si è reso necessario un adeguamento delle strategie d'intervento nella gestione dell'emergenza fitosanitaria e a tal fine è stato istituito uno specifico comitato tecnico-scientifico composto dai rappresentanti delle principali istituzioni scientifiche nazionali ed internazionali, per supportare il comitato fitosanitario nazionale;
    il piano d'intervento elaborato dal comitato ha previsto azioni specifiche per la provincia di Lecce, tra le quali la creazione di una «zona cuscinetto» e di un ulteriore «cordone fitosanitario» tra la costa ionica e quella adriatica, con la funzione di area di sicurezza ove attuare azioni più incisive di lotta al batterio e ai suoi vettori, a tutela delle restanti aree indenni del territorio regionale e nazionale;
    detti interventi sono stati anche inclusi nel decreto ministeriale 26 settembre 2014, recante «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana»;
    la situazione di criticità dovuta alla diffusione del batterio ha coinvolto sia aree pubbliche che private, compromettendo non solo le attività produttive agricole ma anche quelle vivaistiche e quelle legate al turismo e arrecando un grave pregiudizio al territorio ed al patrimonio paesaggistico, tradizionalmente legati alla presenza degli ulivi monumentali;
    con la delibera del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 2015 è stato dichiarato lo stato di emergenza nel territorio della regione Puglia ed è stato nominato un apposito commissario delegato;
    lo stato di emergenza è previsto per una durata di centottanta giorni, alla scadenza dei quali, nella prima metà del mese di agosto 2015, la regione Puglia dovrà provvedere alla gestione dell'emergenza in via ordinaria;
    nella sua audizione innanzi alla Commissione agricoltura della Camera dei deputati il 18 marzo 2015, il commissario straordinario per l'emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa ha affermato che «la malattia sta proseguendo rapidamente tant’è che, su 97 comuni che costituiscono la provincia di Lecce, ben 45 risultano con il territorio infetto (...) nelle ultime settimane abbiamo avuto dai laboratori del Cnr di Bari la segnalazione di nuovi focolai» e ha ribadito che «la situazione, complessa e di grandi dimensioni, è diventata estremamente allarmante per cui bisogna intervenire urgentemente avviando le iniziative di contrasto con estrema velocità»;
    il 3 aprile 2015 il Ministro dell'agricoltura francese ha firmato un decreto che prevede il divieto di importare in Francia «vegetali sensibili al batterio Xylella fastidiosa e provenienti dalle aree colpite» che è stato giudicato in linea con la legislazione dell'Unione europea da un esponente della Commissione europea;
    il divieto riguarda «gli scambi intra-europei con la regione Puglia e le importazioni provenienti dalle aree infettate in Paesi terzi»;
    il 28 aprile 2015 gli esperti degli Stati membri dell'Unione europea riuniti nel Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Paff) hanno approvato le misure rafforzate proposte dalla Commissione europea per prevenire l'ulteriore introduzione e la diffusione all'interno dell'Unione europea della Xylella fastidiosa, che fanno seguito alle prime misure di emergenza adottate nel febbraio 2014 e ulteriormente specificate nel luglio 2014;
    le nuove misure dell'Unione europea impongono agli Stati membri di notificare la comparsa di nuovi focolai, di effettuare indagini ufficiali e di delimitare immediatamente le zone infestate, all'interno delle quali dovranno essere applicate misure di eradicazione rigorose che comprendono la rimozione e la distruzione delle piante infestate e di tutte le piante ospiti nel raggio di cento metri, indipendentemente dal loro stato di salute;
    le misure prevedono, inoltre, la possibilità per l'Italia di applicare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, in cui l'eradicazione non è più possibile;
    l'osservatorio fitosanitario regionale ha calcolato che, con l'applicazione di tali misure, per ogni ulivo malato se ne abbatteranno trecento sani, secolari compresi, provocando, di fatto, più danni di quelli che sta già procurando la malattia;
    inoltre, le misure imposte dall'Unione europea minano alle fondamenta uno dei settori finora più floridi del Salento, quello vivaistico, posto che si prevede il blocco totale alla commercializzazione di molte specie e nessuna deroga per le viti, sebbene il ceppo di Xylella fastidiosa riscontrato in Puglia, come è stato dimostrato scientificamente, non sia in grado di attaccarle;
    il 7 maggio 2015 il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha emesso due ordinanze con cui ha accolto le richieste di sospensiva avanzate da 26 aziende biologiche e 26 vivaisti del leccese contro le misure di contenimento del batterio;
    la motivazione alla base dei due provvedimenti è da ricercarsi in un «imminente mutamento delle disposizioni di riferimento» che imporrebbero la rimodulazione degli atti impugnati, posto che «in data 28 aprile 2015 la Commissione europea ha adottato un nuovo testo di decisione di esecuzione sulla medesima questione, che si avvia a completare nei prescritti tempi il proprio iter interno ai fini della formale adozione e a sostituire la decisione 2014/497/CE, rispetto alla quale prevede misure differenti sia sul punto degli accertamenti tecnici da compiersi sia in ordine alle misure da adottare»;
    la mancanza di terapie efficaci per curare l'infezione e l'ampia gamma di specie vegetali sensibili rendono la Xylella fastidiosa una grave emergenza per il territorio nazionale,

impegna il Governo:

   a porre in essere tempestivamente tutte le iniziative di carattere straordinario ed urgente necessarie per arrestare la diffusione del predetto batterio sul territorio nazionale;
   ad intraprendere tutte le iniziative necessarie per la salvaguardia della produzione agricola pugliese, con particolare riferimento al settore dell'olivicoltura;
   ad attivarsi in ambito europeo affinché nella revisione delle misure adottate dal Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi sia introdotto il criterio della salvaguardia delle piante sane e, più in generale, che le misure adottate siano contemperate alle esigenze del settore agricolo pugliese;
   a sostenere la ricerca scientifica volta a combattere il batterio, a contrastarne la diffusione e ad elaborare misure di profilassi;
   a predisporre un'attività di ricognizione dei danni subiti dalle attività economiche e produttive per effetto della diffusione del patogeno nel territorio della regione Puglia;
   ad adottare le determinazioni necessarie a sospendere almeno temporaneamente le importazioni dai Paesi extracomunitari dai quali proviene la malattia.
(1-00873) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    nel mese di ottobre 2013 in Salento sono stati rinvenuti i primi focolai dell'infezione da Xylella fastidiosa che ha colpito piante di ulivo, anche monumentali, ed altre specie coltivate, ornamentali e spontanee, inizialmente nella provincia di Lecce, determinando un grave rischio di pandemia fitosanitaria;
    il batterio di Xylella fastidiosa è inserito nella lista A1 stilata dalla European and Mediterranean plant protection Organization quale organismo nocivo da quarantena per l'Unione europea ai sensi della direttiva 2000/29 del Consiglio dell'8 maggio 2000, ed è potenzialmente pericoloso per molte altre piante, come la vite e gli agrumi, importanti per l'agricoltura nazionale e per quella comunitaria;
    nelle indagini che la procura della Repubblica di Lecce sta conducendo, per accertare eventuali responsabilità sull'arrivo del batterio nel territorio salentino, una delle ipotesi ne contempla la provenienza dal Costa Rica dove è presente lo stesso ceppo;
    in seguito al ritrovamento del batterio la regione Puglia ha dato avvio ad un'intensa attività di monitoraggio dell'intero territorio regionale, con il coinvolgimento di istituzioni scientifiche nazionali ed internazionali;
    nell'estate del 2014 l'estensione delle infezioni sul territorio leccese è stata tale da pregiudicare la sopravvivenza di numerose specie vegetali produttive, con ingenti effetti anche di carattere economico e un significativo impatto sul mercato occupazionale;
    l'Italia è il secondo produttore mondiale di olio e il 30 per cento della produzione olearia italiana proviene dalla regione Puglia, nella quale vi sono più di 370.000 ettari coltivati;
    nel mese di luglio 2014, a seguito di una recrudescenza della diffusione del batterio nella provincia di Lecce, si è reso necessario un adeguamento delle strategie d'intervento nella gestione dell'emergenza fitosanitaria e a tal fine è stato istituito uno specifico comitato tecnico-scientifico composto dai rappresentanti delle principali istituzioni scientifiche nazionali ed internazionali, per supportare il comitato fitosanitario nazionale;
    il piano d'intervento elaborato dal comitato ha previsto azioni specifiche per la provincia di Lecce, tra le quali la creazione di una «zona cuscinetto» e di un ulteriore «cordone fitosanitario» tra la costa ionica e quella adriatica, con la funzione di area di sicurezza ove attuare azioni più incisive di lotta al batterio e ai suoi vettori, a tutela delle restanti aree indenni del territorio regionale e nazionale;
    detti interventi sono stati anche inclusi nel decreto ministeriale 26 settembre 2014, recante «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana»;
    la situazione di criticità dovuta alla diffusione del batterio ha coinvolto sia aree pubbliche che private, compromettendo non solo le attività produttive agricole ma anche quelle vivaistiche e quelle legate al turismo e arrecando un grave pregiudizio al territorio ed al patrimonio paesaggistico, tradizionalmente legati alla presenza degli ulivi monumentali;
    con la delibera del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 2015 è stato dichiarato lo stato di emergenza nel territorio della regione Puglia ed è stato nominato un apposito commissario delegato;
    lo stato di emergenza è previsto per una durata di centottanta giorni, alla scadenza dei quali, nella prima metà del mese di agosto 2015, la regione Puglia dovrà provvedere alla gestione dell'emergenza in via ordinaria;
    nella sua audizione innanzi alla Commissione agricoltura della Camera dei deputati il 18 marzo 2015, il commissario straordinario per l'emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa ha affermato che «la malattia sta proseguendo rapidamente tant’è che, su 97 comuni che costituiscono la provincia di Lecce, ben 45 risultano con il territorio infetto (...) nelle ultime settimane abbiamo avuto dai laboratori del Cnr di Bari la segnalazione di nuovi focolai» e ha ribadito che «la situazione, complessa e di grandi dimensioni, è diventata estremamente allarmante per cui bisogna intervenire urgentemente avviando le iniziative di contrasto con estrema velocità»;
    il 3 aprile 2015 il Ministro dell'agricoltura francese ha firmato un decreto che prevede il divieto di importare in Francia «vegetali sensibili al batterio Xylella fastidiosa e provenienti dalle aree colpite» che è stato giudicato in linea con la legislazione dell'Unione europea da un esponente della Commissione europea;
    il divieto riguarda «gli scambi intra-europei con la regione Puglia e le importazioni provenienti dalle aree infettate in Paesi terzi»;
    il 28 aprile 2015 gli esperti degli Stati membri dell'Unione europea riuniti nel Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Paff) hanno approvato le misure rafforzate proposte dalla Commissione europea per prevenire l'ulteriore introduzione e la diffusione all'interno dell'Unione europea della Xylella fastidiosa, che fanno seguito alle prime misure di emergenza adottate nel febbraio 2014 e ulteriormente specificate nel luglio 2014;
    le nuove misure dell'Unione europea impongono agli Stati membri di notificare la comparsa di nuovi focolai, di effettuare indagini ufficiali e di delimitare immediatamente le zone infestate, all'interno delle quali dovranno essere applicate misure di eradicazione rigorose che comprendono la rimozione e la distruzione delle piante infestate e di tutte le piante ospiti nel raggio di cento metri, indipendentemente dal loro stato di salute;
    le misure prevedono, inoltre, la possibilità per l'Italia di applicare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, in cui l'eradicazione non è più possibile;
    l'osservatorio fitosanitario regionale ha calcolato che, con l'applicazione di tali misure, per ogni ulivo malato se ne abbatteranno trecento sani, secolari compresi, provocando, di fatto, più danni di quelli che sta già procurando la malattia;
    inoltre, le misure imposte dall'Unione europea minano alle fondamenta uno dei settori finora più floridi del Salento, quello vivaistico, posto che si prevede il blocco totale alla commercializzazione di molte specie e nessuna deroga per le viti, sebbene il ceppo di Xylella fastidiosa riscontrato in Puglia, come è stato dimostrato scientificamente, non sia in grado di attaccarle;
    il 7 maggio 2015 il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha emesso due ordinanze con cui ha accolto le richieste di sospensiva avanzate da 26 aziende biologiche e 26 vivaisti del leccese contro le misure di contenimento del batterio;
    la motivazione alla base dei due provvedimenti è da ricercarsi in un «imminente mutamento delle disposizioni di riferimento» che imporrebbero la rimodulazione degli atti impugnati, posto che «in data 28 aprile 2015 la Commissione europea ha adottato un nuovo testo di decisione di esecuzione sulla medesima questione, che si avvia a completare nei prescritti tempi il proprio iter interno ai fini della formale adozione e a sostituire la decisione 2014/497/CE, rispetto alla quale prevede misure differenti sia sul punto degli accertamenti tecnici da compiersi sia in ordine alle misure da adottare»;
    la mancanza di terapie efficaci per curare l'infezione e l'ampia gamma di specie vegetali sensibili rendono la Xylella fastidiosa una grave emergenza per il territorio nazionale,

impegna il Governo:

   a porre in essere tempestivamente tutte le iniziative di carattere straordinario ed urgente necessarie per arrestare la diffusione del predetto batterio sul territorio nazionale;
   ad intraprendere tutte le iniziative necessarie per la salvaguardia della produzione agricola pugliese, con particolare riferimento al settore dell'olivicoltura;
   ad attivarsi in ambito europeo affinché nella revisione delle misure adottate dal Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi sia introdotto il criterio della salvaguardia delle piante sane e, più in generale, che le misure adottate siano contemperate alle esigenze del settore agricolo pugliese;
   a sostenere la ricerca scientifica volta a combattere il batterio, a contrastarne la diffusione e ad elaborare misure di profilassi;
   a predisporre un'attività di ricognizione dei danni subiti dalle attività economiche e produttive per effetto della diffusione del patogeno nel territorio della regione Puglia;
   ad apportare le opportune iniziative in sede europea al fine di sospendere almeno temporaneamente le importazioni dai Paesi extracomunitari dai quali proviene la malattia.
(1-00873)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre del 2013 nell'area del gallipolino viene annunciato il ritrovamento del patogeno da quarantena della Xylella fastidiosa su piante di olivo e su altre specie coltivate, ornamentali e spontanee e si registra una notevole criticità per la gestione di questa emergenza fitosanitaria unica per la sua specificità; la Xylella, come identificato dal Cnr-Istituto per la protezione sostenibile delle piante di Bari, è un batterio da quarantena inserito nella lista A1 dell’Eppo (European and Mediterranean plant protection Organization) che ha determinato l'avvio di un'intensa attività tecnico-amministrativa da parte della regione Puglia;
    la Xylella batterio gram-negativo presenta 4 varianti molecolari e quella che ha attaccato gli olivi salentini, è la Xylella fastidiosa pauca, originaria del Sud America; il batterio non ha infettato solo gli olivi salentini: nuovi casi sono stati registrati in Iran e sono giunte segnalazioni di possibili nuovi focolai, non ancora confermati, dal Kosovo e dalla Turchia;
    il batterio della Xylella fastidiosa, tuttavia, era già stato incluso nella lista degli organismi nocivi denunciabili dagli Stati membri dell'Unione europea nella direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000, «concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità», modificata dalla 2002/89/CE al fine di migliorarla e per meglio definirne e modalità di applicazione;
    dubbi sono emersi nella gestione di tale emergenza fitosanitaria, per cui molte misure indicate per l'eradicazione e il contenimento delle infezioni non trovavano ancora un riscontro scientifico tale da giustificare la stessa applicazione: è emersa la convinzione che la Xylella fastidiosa non poteva più essere eradicata e, quindi, andavano adottate misure diverse da quelle programmate inizialmente;
    una nuova strategia è stata adottata in data 29 aprile 2015 dal Consiglio dei ministri, che ha approvato la deroga al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, per l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale, per la prima volta su un'emergenza fitosanitaria, per andare incontro alle necessità economiche degli agricoltori e dei vivaisti danneggiati dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa, prevedendo un plafond di 11 milioni di euro iniziali per interventi compensativi;
    l'introduzione e la diffusione di organismi nocivi ai vegetali quali funghi, batteri, virus e insetti tra le colture alimentari è una grave minaccia che può avere profonde ripercussioni economiche, sociali e ambientali. Gli organismi nocivi alle piante sono spesso introdotti in aree mai colpite prima mediante l'importazione di vegetali;
    l'allarme ha generato la convinzione di un potenziale sradicamento di circa 35 mila olivi, ma forse la cifra è destinata a crescere, il che significherebbe condannare definitivamente il Salento, dove si trovano anche alberi con oltre cinquecento anni di vita;
    secondo quanto indicato dall'Unione europea, vi è, inoltre, il fondato rischio che vengano espiantate anche le viti che si trovano in un raggio di 100 metri dagli ulivi infetti, aggiungendo un ulteriore danno incalcolabile all'economia pugliese;
    in Europa le misure di protezione contro l'introduzione di nuovi organismi nocivi ai vegetali si basano sui controlli di legge effettuati sulla circolazione dei vegetali e dei prodotti vegetali. La valutazione della probabilità che organismi nocivi ai vegetali vengano introdotti e poi diffusi in una zona e la valutazione delle potenziali conseguenze contribuiscono a informare il processo decisionale sulle misure di difesa fitosanitaria;
    l'attuazione di queste misure è stata affidata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ad un commissario ad hoc, il quale avrebbe poi confezionato uno specifico piano di attuazione, ma l'esecuzione di tale piano è stata bloccata dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, il quale ne ha sospeso in via cautelare l'efficacia;
    bisognerebbe adottare ogni utile iniziativa al fine di elaborare, di concerto con la regione Puglia e nel rispetto della normativa europea vigente, un nuovo piano operativo per l'eradicazione della fitopatia Xylella fastidiosa, il quale sacrifichi il meno possibile gli esemplari colpiti e le stesse capacità produttive degli oliveti interessati e, al tempo stesso, contenga in modo efficace il diffondersi del suddetto batterio;
    tuttavia, in natura esistono 1.500 varietà di olivo, 500 delle quali in Italia; in Puglia ci sono soltanto poche varietà, che portano la regione a vantare orgoglio e qualità della produzione d'olio; la coltivazione prevalente di tale coltura comporta rischi paragonabili a quelli derivanti dall'avere una monocoltura;
    il 21 maggio 2015 sono entrate in vigore a tutti gli effetti, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, le nuove misure anti-Xylella che avevano ricevuto il via libera dal Comitato permanente per le piante gli animali, gli alimenti e i mangimi il 28 aprile 2015 e che prevedono una fascia di 20 chilometri nella parte nord di Lecce con requisiti di più stretta sorveglianza e l'eradicazione delle piante malate obbligatoria con test sulle piante ospiti nel raggio di 100 metri, un'ulteriore fascia di «zona franca» o buffer zone di 10 chilometri (a nord fuori dalla provincia di Lecce) con requisiti di stretta sorveglianza e poi una fascia ulteriore di 30 chilometri ancora a nord sotto osservazione;
    l'obbligo di eradicare piante nel raggio di 100 metri in presenza di una pianta malata vale solo per nuovi focolai che fossero rilevati fuori dalla provincia di Lecce e sono state poi previste severe restrizioni sulla movimentazione delle piante, vite inclusa, dalle aree infette;
    la decisione europea è senza dubbio equilibrata, come ha sottolineato il portavoce del Commissario dell'Unione europea alla salute Vytenis Andriukaitis, e tiene in considerazione le esigenze degli agricoltori, oltre che del valore del patrimonio naturale e storico rappresentato dagli ulivi pugliesi, permettendo di contrastare l'epidemia, penalizzando il meno possibile il territorio;
    il Parlamento europeo chiede, inoltre, «più attenzione alla ricerca», con maggiori fondi per scoprire come contrastare la Xylella fastidiosa e la fornitura di aiuti agli agricoltori, che sopportano notevoli costi aggiunti senza alcuna colpa;
    sulla battaglia per il contenimento, l'ex presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo ha ritenuto «molto dure le decisioni sugli abbattimenti prese dal Consiglio Ue, ma che tuttavia vanno applicate seriamente dando la “possibilità” in zone in cui bisogna convivere, come nella provincia di Lecce, di contenere l'espansione del vettore con le buone pratiche agricole, non con la chimica»;
    l’Efsa (European food safety Authority) ha rilasciato più di un breve parere nel quale spiega che, per quanto i test di patogenicità su Xylella richiedano ancora dei tempi tecnici, il batterio è stato trovato anche su giovani piante di ulivo senza funghi e su un'altra decina di specie e che è estremamente probabile, dato il suo genotipo, che si tratti di un elemento prima non presente sul territorio e che, dunque, al di là del suo ruolo nella sindrome da disseccamento, comunque tutt'altro che da escludere, la priorità è impedire che il batterio da quarantena si diffonda nel resto d'Europa;
    visto il focolaio infettivo in atto, la Commissione europea ha chiesto all’Efsa di fornire consulenza scientifica urgente, specificare l'elenco delle specie vegetali note che possono fungere da ospite, individuare le varie modalità con cui le specie vegetali infette e gli insetti vettori possono entrare nell'Unione europea e individuare nonché valutare le possibili misure di profilassi;
    gli esperti di salute delle piante dell’Efsa hanno concluso che la Xylella fastidiosa nell'Unione europea ha una vasta gamma di piante ospiti note, molte delle quali coltivate per la produzione agricola, ma anche specie selvatiche autoctone comuni in Europa. Vi è, inoltre, un gran numero di specie che potrebbero venire infettate dal batterio, ma che non vi sono mai state esposte, il che rende difficile stabilire quale sarà il suo impatto probabile su di esse. È importante sottolineare come le «sputacchine» e cicaline che si nutrono di linfa grezza presenti nell'Unione europea, potenziali portatrici della malattia, possono avere abitudini e modelli alimentari diversi;
    poiché l'unico mezzo naturale di diffusione della Xylella fastidiosa sono le «sputacchine» e cicaline che si nutrono di linfa grezza, che in genere possono volare per brevi distanze fino a 100 metri, il modo più efficace di diffusione a lunga distanza di Xylella fastidiosa è la movimentazione delle piante infette per la messa a dimora, per non parlare del trasporto degli insetti eventualmente portatori del batterio nella movimentazione commerciale dei vegetali che desta notevole preoccupazione;
    la principale fonte di introduzione nell'Unione europea di Xylella fastidiosa è, dunque, il commercio e subito dopo la movimentazione di vegetali destinati alla messa a dimora. Sono state, inoltre, valutate altre potenziali fonti di infezione, tra cui frutta, legno, fiori recisi, semi e piante ornamentali, ritenute però trascurabili o poco efficaci come possibili vie di introduzione del batterio;
    è evidente che il settore agricolo italiano sta vivendo una situazione di disagio economico causato dalla crisi in atto che nel corso del 2015 è peggiorata a causa di ulteriori aggravi di ordine fiscale, pari nel complesso ad oltre 760 milioni di euro. La parte più cospicua di essi è imputabile all'imposta municipale propria (IMU) sui terreni agricoli, che ha garantito un gettito pari a circa 350 milioni di euro, mentre l'IMU/TASI sui fabbricati rurali ha garantito un gettito pari a circa 150 milioni di euro;
    attualmente in Italia il settore agricolo, rilevante sotto molteplici aspetti, produce con i suoi due milioni di imprese il 9 per cento del prodotto interno lordo italiano, che aumenta sino al 14 per cento, considerando anche l'indotto, dando lavoro a 3,2 milioni di lavoratori nella filiera;
    il contributo fornito dal settore agricolo all'erario è valutato in più di 25 miliardi di euro, ma molte aziende agricole vivono una situazione insostenibile fatta di ricavi che non coprono più l'insieme dei costi produttivi e degli oneri tributari, cui devono far fronte poiché la redditività degli imprese agricole è ferma ai livelli del 2005;
    nonostante la devastazione provocata dalla Xylella fastidiosa, non è prevista l'esenzione dall'IMU agricola neanche per quei terreni agricoli che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività aziendale, che si sono visti compromettere seriamente la redditività dell'attività di impresa, per cui risulta onerosa la corresponsione dell'imposta,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative per garantire un incremento delle misure per il co-finanziamento delle attività di contenimento, prevenzione e ripristino, che non siano totalmente a carico dei privati;
   ad assumere iniziative per esentare dall'IMU agricola i territori in cui la diffusione della Xylella e le misure contenitive abbiano determinato una significativa riduzione della produzione;
   ad assumere iniziative per prevedere, anche attivandosi in sede europea, appositi indennizzi per i produttori per i quali la diffusione della Xylella e le misure contenitive abbiano determinato una significativa riduzione della produzione, agendo, in particolare, per i produttori a certificazione biologica che non possano più fregiarsi di tale marchio a seguito dell'applicazione dei protocolli sanitari;
   ad assumere iniziative per disporre, per i produttori danneggiati, la sospensione per un periodo congruo del pagamento di tributi, mutui e prestiti, prevedendo allo scadere del periodo di sospensione un piano di rientro rateizzato e prevedendo, altresì, lo stanziamento di un fondo di compensazione, finanziato e garantito dalla Cassa depositi e prestiti, per evitare che la previsione si traduca in un gravame per i creditori e per le finanze pubbliche;
   ad assumere iniziative per garantire anche agevolazioni per la realizzazione, negli oliveti a rischio di diffusione della Xylella, di fasce di contenimento non ampie più di qualche centinaio di metri, in cui gli olivi vengano affiancati ad altre colture alimentari di qualità, nell'ottica di diminuire i tratti quasi monocolturali dell'agricoltura pugliese e sviluppare, al contempo, un tessuto produttivo ed un ecosistema meno fragile ai cambiamenti climatici in atto e all'aggressione da parte di parassiti e malattie;
   a valutare l'opportunità e la fattibilità di permettere la coltivazione di altre varietà naturali di olivo nelle zone già colpite dalla Xylella, nell'ambito di progetti di ricerca adeguatamente finanziati, per individuarne specie più resistenti ed anche a parziale indennizzo per i proprietari dei terreni;
   a favorire la prosecuzione e l'intensificazione delle attività di ricerca sulla gamma dei possibili organismi ospiti, sull'epidemiologia e sul controllo della Xylella in Puglia, come raccomandato dall’Efsa;
   a coordinare e supportare le attività di ricerca non solo per individuare un'efficace cura per la Xylella, ma anche per il suo contenimento, per la prevenzione del contagio, per il monitoraggio delle condizioni di salute delle piante e per la diagnosi precoce, anche mediante l'impiego di dati telerilevati, in particolare favorendo la ricerca in campo biomedico, agrario e dei cambiamenti climatici;
   ad assumere iniziative per subordinare i trattamenti con prodotti chimici a pratiche di coltivazione biologica, avendo in ogni caso cura di procedere con applicazioni puntuali, evitando aspersioni generalizzate su grandi aree e vietando espressamente l'irrorazione tramite velivoli;
   a favorire l'esercizio di un monitoraggio più accurato sul commercio delle piante destinate alla messa a dimora e sulla presenza di insetti infetti contenuti nelle spedizioni di vegetali, introducendo sistemi di controllo e di prevenzione delle importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo;
   ad avviare le necessarie iniziative politico-istituzionali con la Commissione europea al fine di predisporre un tavolo tecnico con cui avviare una profonda revisione della direttiva 2000/29/CE, rivelatasi inadeguata nel sistema dei controlli dei flussi commerciali all'ingresso dell'Unione europea.
(1-00874) «Segoni, Baldassarre, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco, Pisicchio».


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre del 2013 nell'area del gallipolino viene annunciato il ritrovamento del patogeno da quarantena della Xylella fastidiosa su piante di olivo e su altre specie coltivate, ornamentali e spontanee e si registra una notevole criticità per la gestione di questa emergenza fitosanitaria unica per la sua specificità; la Xylella, come identificato dal Cnr-Istituto per la protezione sostenibile delle piante di Bari, è un batterio da quarantena inserito nella lista A1 dell’Eppo (European and Mediterranean plant protection Organization) che ha determinato l'avvio di un'intensa attività tecnico-amministrativa da parte della regione Puglia;
    la Xylella batterio gram-negativo presenta 4 varianti molecolari e quella che ha attaccato gli olivi salentini, è la Xylella fastidiosa pauca, originaria del Sud America; il batterio non ha infettato solo gli olivi salentini: nuovi casi sono stati registrati in Iran e sono giunte segnalazioni di possibili nuovi focolai, non ancora confermati, dal Kosovo e dalla Turchia;
    il batterio della Xylella fastidiosa, tuttavia, era già stato incluso nella lista degli organismi nocivi denunciabili dagli Stati membri dell'Unione europea nella direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000, «concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità», modificata dalla 2002/89/CE al fine di migliorarla e per meglio definirne e modalità di applicazione;
    dubbi sono emersi nella gestione di tale emergenza fitosanitaria, per cui molte misure indicate per l'eradicazione e il contenimento delle infezioni non trovavano ancora un riscontro scientifico tale da giustificare la stessa applicazione: è emersa la convinzione che la Xylella fastidiosa non poteva più essere eradicata e, quindi, andavano adottate misure diverse da quelle programmate inizialmente;
    una nuova strategia è stata adottata in data 29 aprile 2015 dal Consiglio dei ministri, che ha approvato la deroga al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, per l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale, per la prima volta su un'emergenza fitosanitaria, per andare incontro alle necessità economiche degli agricoltori e dei vivaisti danneggiati dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa, prevedendo un plafond di 11 milioni di euro iniziali per interventi compensativi;
    l'introduzione e la diffusione di organismi nocivi ai vegetali quali funghi, batteri, virus e insetti tra le colture alimentari è una grave minaccia che può avere profonde ripercussioni economiche, sociali e ambientali. Gli organismi nocivi alle piante sono spesso introdotti in aree mai colpite prima mediante l'importazione di vegetali;
    l'allarme ha generato la convinzione di un potenziale sradicamento di circa 35 mila olivi, ma forse la cifra è destinata a crescere, il che significherebbe condannare definitivamente il Salento, dove si trovano anche alberi con oltre cinquecento anni di vita;
    secondo quanto indicato dall'Unione europea, vi è, inoltre, il fondato rischio che vengano espiantate anche le viti che si trovano in un raggio di 100 metri dagli ulivi infetti, aggiungendo un ulteriore danno incalcolabile all'economia pugliese;
    in Europa le misure di protezione contro l'introduzione di nuovi organismi nocivi ai vegetali si basano sui controlli di legge effettuati sulla circolazione dei vegetali e dei prodotti vegetali. La valutazione della probabilità che organismi nocivi ai vegetali vengano introdotti e poi diffusi in una zona e la valutazione delle potenziali conseguenze contribuiscono a informare il processo decisionale sulle misure di difesa fitosanitaria;
    l'attuazione di queste misure è stata affidata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ad un commissario ad hoc, il quale avrebbe poi confezionato uno specifico piano di attuazione, ma l'esecuzione di tale piano è stata bloccata dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, il quale ne ha sospeso in via cautelare l'efficacia;
    bisognerebbe adottare ogni utile iniziativa al fine di elaborare, di concerto con la regione Puglia e nel rispetto della normativa europea vigente, un nuovo piano operativo per l'eradicazione della fitopatia Xylella fastidiosa, il quale sacrifichi il meno possibile gli esemplari colpiti e le stesse capacità produttive degli oliveti interessati e, al tempo stesso, contenga in modo efficace il diffondersi del suddetto batterio;
    tuttavia, in natura esistono 1.500 varietà di olivo, 500 delle quali in Italia; in Puglia ci sono soltanto poche varietà, che portano la regione a vantare orgoglio e qualità della produzione d'olio; la coltivazione prevalente di tale coltura comporta rischi paragonabili a quelli derivanti dall'avere una monocoltura;
    il 21 maggio 2015 sono entrate in vigore a tutti gli effetti, con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, le nuove misure anti-Xylella che avevano ricevuto il via libera dal Comitato permanente per le piante gli animali, gli alimenti e i mangimi il 28 aprile 2015 e che prevedono una fascia di 20 chilometri nella parte nord di Lecce con requisiti di più stretta sorveglianza e l'eradicazione delle piante malate obbligatoria con test sulle piante ospiti nel raggio di 100 metri, un'ulteriore fascia di «zona franca» o buffer zone di 10 chilometri (a nord fuori dalla provincia di Lecce) con requisiti di stretta sorveglianza e poi una fascia ulteriore di 30 chilometri ancora a nord sotto osservazione;
    l'obbligo di eradicare piante nel raggio di 100 metri in presenza di una pianta malata vale solo per nuovi focolai che fossero rilevati fuori dalla provincia di Lecce e sono state poi previste severe restrizioni sulla movimentazione delle piante, vite inclusa, dalle aree infette;
    la decisione europea è senza dubbio equilibrata, come ha sottolineato il portavoce del Commissario dell'Unione europea alla salute Vytenis Andriukaitis, e tiene in considerazione le esigenze degli agricoltori, oltre che del valore del patrimonio naturale e storico rappresentato dagli ulivi pugliesi, permettendo di contrastare l'epidemia, penalizzando il meno possibile il territorio;
    il Parlamento europeo chiede, inoltre, «più attenzione alla ricerca», con maggiori fondi per scoprire come contrastare la Xylella fastidiosa e la fornitura di aiuti agli agricoltori, che sopportano notevoli costi aggiunti senza alcuna colpa;
    sulla battaglia per il contenimento, l'ex presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo ha ritenuto «molto dure le decisioni sugli abbattimenti prese dal Consiglio Ue, ma che tuttavia vanno applicate seriamente dando la “possibilità” in zone in cui bisogna convivere, come nella provincia di Lecce, di contenere l'espansione del vettore con le buone pratiche agricole, non con la chimica»;
    l’Efsa (European food safety Authority) ha rilasciato più di un breve parere nel quale spiega che, per quanto i test di patogenicità su Xylella richiedano ancora dei tempi tecnici, il batterio è stato trovato anche su giovani piante di ulivo senza funghi e su un'altra decina di specie e che è estremamente probabile, dato il suo genotipo, che si tratti di un elemento prima non presente sul territorio e che, dunque, al di là del suo ruolo nella sindrome da disseccamento, comunque tutt'altro che da escludere, la priorità è impedire che il batterio da quarantena si diffonda nel resto d'Europa;
    visto il focolaio infettivo in atto, la Commissione europea ha chiesto all’Efsa di fornire consulenza scientifica urgente, specificare l'elenco delle specie vegetali note che possono fungere da ospite, individuare le varie modalità con cui le specie vegetali infette e gli insetti vettori possono entrare nell'Unione europea e individuare nonché valutare le possibili misure di profilassi;
    gli esperti di salute delle piante dell’Efsa hanno concluso che la Xylella fastidiosa nell'Unione europea ha una vasta gamma di piante ospiti note, molte delle quali coltivate per la produzione agricola, ma anche specie selvatiche autoctone comuni in Europa. Vi è, inoltre, un gran numero di specie che potrebbero venire infettate dal batterio, ma che non vi sono mai state esposte, il che rende difficile stabilire quale sarà il suo impatto probabile su di esse. È importante sottolineare come le «sputacchine» e cicaline che si nutrono di linfa grezza presenti nell'Unione europea, potenziali portatrici della malattia, possono avere abitudini e modelli alimentari diversi;
    poiché l'unico mezzo naturale di diffusione della Xylella fastidiosa sono le «sputacchine» e cicaline che si nutrono di linfa grezza, che in genere possono volare per brevi distanze fino a 100 metri, il modo più efficace di diffusione a lunga distanza di Xylella fastidiosa è la movimentazione delle piante infette per la messa a dimora, per non parlare del trasporto degli insetti eventualmente portatori del batterio nella movimentazione commerciale dei vegetali che desta notevole preoccupazione;
    la principale fonte di introduzione nell'Unione europea di Xylella fastidiosa è, dunque, il commercio e subito dopo la movimentazione di vegetali destinati alla messa a dimora. Sono state, inoltre, valutate altre potenziali fonti di infezione, tra cui frutta, legno, fiori recisi, semi e piante ornamentali, ritenute però trascurabili o poco efficaci come possibili vie di introduzione del batterio;
    è evidente che il settore agricolo italiano sta vivendo una situazione di disagio economico causato dalla crisi in atto che nel corso del 2015 è peggiorata a causa di ulteriori aggravi di ordine fiscale, pari nel complesso ad oltre 760 milioni di euro. La parte più cospicua di essi è imputabile all'imposta municipale propria (IMU) sui terreni agricoli, che ha garantito un gettito pari a circa 350 milioni di euro, mentre l'IMU/TASI sui fabbricati rurali ha garantito un gettito pari a circa 150 milioni di euro;
    attualmente in Italia il settore agricolo, rilevante sotto molteplici aspetti, produce con i suoi due milioni di imprese il 9 per cento del prodotto interno lordo italiano, che aumenta sino al 14 per cento, considerando anche l'indotto, dando lavoro a 3,2 milioni di lavoratori nella filiera;
    il contributo fornito dal settore agricolo all'erario è valutato in più di 25 miliardi di euro, ma molte aziende agricole vivono una situazione insostenibile fatta di ricavi che non coprono più l'insieme dei costi produttivi e degli oneri tributari, cui devono far fronte poiché la redditività degli imprese agricole è ferma ai livelli del 2005;
    nonostante la devastazione provocata dalla Xylella fastidiosa, non è prevista l'esenzione dall'IMU agricola neanche per quei terreni agricoli che abbiano subito grave pregiudizio alla redditività aziendale, che si sono visti compromettere seriamente la redditività dell'attività di impresa, per cui risulta onerosa la corresponsione dell'imposta,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative per garantire un incremento delle misure per il co-finanziamento delle attività di contenimento, prevenzione e ripristino, che non siano totalmente a carico dei privati;
   a valutare, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, le iniziative per esentare dall'IMU agricola i territori in cui la diffusione della Xylella e le misure contenitive abbiano determinato una significativa riduzione della produzione;
   ad assumere iniziative per prevedere, anche attivandosi in sede europea, appositi indennizzi per i produttori per i quali la diffusione della Xylella e le misure contenitive abbiano determinato una significativa riduzione della produzione, agendo, in particolare, per i produttori a certificazione biologica che non possano più fregiarsi di tale marchio a seguito dell'applicazione dei protocolli sanitari;
   ad assumere iniziative per disporre, per i produttori danneggiati, la sospensione per un periodo congruo del pagamento di tributi, mutui e prestiti, prevedendo allo scadere del periodo di sospensione un piano di rientro rateizzato e prevedendo, altresì, lo stanziamento di un fondo di compensazione, finanziato e garantito dalla Cassa depositi e prestiti, per evitare che la previsione si traduca in un gravame per i creditori e per le finanze pubbliche;
   ad assumere iniziative per garantire anche agevolazioni per la realizzazione, negli oliveti a rischio di diffusione della Xylella, di fasce di contenimento non ampie più di qualche centinaio di metri, in cui gli olivi vengano affiancati ad altre colture alimentari di qualità, nell'ottica di diminuire i tratti quasi monocolturali dell'agricoltura pugliese e sviluppare, al contempo, un tessuto produttivo ed un ecosistema meno fragile ai cambiamenti climatici in atto e all'aggressione da parte di parassiti e malattie;
   a valutare l'opportunità e la fattibilità di permettere la coltivazione di altre varietà naturali di olivo nelle zone già colpite dalla Xylella, nell'ambito di progetti di ricerca adeguatamente finanziati, per individuarne specie più resistenti ed anche a parziale indennizzo per i proprietari dei terreni;
   a favorire la prosecuzione e l'intensificazione delle attività di ricerca sulla gamma dei possibili organismi ospiti, sull'epidemiologia e sul controllo della Xylella in Puglia, come raccomandato dall’Efsa;
   a coordinare e supportare le attività di ricerca non solo per individuare un'efficace cura per la Xylella, ma anche per il suo contenimento, per la prevenzione del contagio, per il monitoraggio delle condizioni di salute delle piante e per la diagnosi precoce, anche mediante l'impiego di dati telerilevati, in particolare favorendo la ricerca in campo biomedico, agrario e dei cambiamenti climatici;
   ad assumere, compatibilmente con la necessità di ridurre la popolazione dell'insetto vettore, iniziative per subordinare i trattamenti con prodotti chimici a pratiche di coltivazione biologica, avendo in ogni caso cura di procedere con applicazioni puntuali, evitando aspersioni generalizzate su grandi aree e vietando espressamente l'irrorazione tramite velivoli;
   a favorire l'esercizio di un monitoraggio più accurato sul commercio delle piante destinate alla messa a dimora e sulla presenza di insetti infetti contenuti nelle spedizioni di vegetali, introducendo sistemi di controllo e di prevenzione delle importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo;
   ad avviare le necessarie iniziative politico-istituzionali con la Commissione europea al fine di predisporre un tavolo tecnico con cui avviare una profonda revisione della direttiva 2000/29/CE, rivelatasi inadeguata nel sistema dei controlli dei flussi commerciali all'ingresso dell'Unione europea.
(1-00874)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Segoni, Baldassarre, Artini, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Turco, Pisicchio».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è il secondo produttore in Europa e nel mondo di olio di oliva con una produzione nazionale media per il 2013 di oltre 464 mila tonnellate, due terzi dei quali extravergine e con ben 41 denominazioni dop un'igp riconosciute dall'Unione europea. Per quanto attiene le zone altimetriche, l'olivo è diffuso per il 2 per cento in montagna, il 53 per cento in collina e per il 44 per cento in pianura. La coltivazione dell'olivo in Italia è molto diffusa nelle regioni del Centro e del Sud mentre al Nord è concentrata particolarmente in alcune zone a microclima più temperato, come per esempio la Liguria e le zone attorno al Lago di Garda;
    il nostro Paese può contare su un patrimonio di circa 250 milioni di piante su 1,1 milioni di ettari di terreno con un fatturato del settore stimato in 2 miliardi di euro ed un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative. Le esportazioni italiane di olio di oliva nel 2013 sono state pari a oltre 1,2 miliardi di euro con gli Usa che rappresentano il principale mercato extracomunitario;
    la campagna olearia 2014/2015 si è caratterizzata da un crollo dei raccolti che, anche a causa del maltempo e delle varie fitopatie, ha fatto registrare una diminuzione della produzione a 302 mila tonnellate, circa il 35 per cento in meno a livello nazionale rispetto al 2013, con un impatto inevitabile sui prezzi. Le diminuzioni maggiori si sono registrate al centro-nord, con cali del raccolto tra il 35 e il 50 per cento. Il 2014 ha registrato la peggior campagna di raccolta delle olive a memoria d'uomo. Con il crollo dei raccolti nazionali una delle maggiori conseguenze sarà l'aumento delle importazioni, con il rischio di portare in tavola prodotti spacciati per made in Italy e di essere invasi dalle produzioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza;
    la Xylella fastidiosa è un batterio gram-negativo strettamente xilematico, caratterizzato da un'elevata variabilità genetica e fenotipica. Per i gravi danni economici che può causare è classificata come organismo nocivo da quarantena dalla direttiva 2000/29/CE;
    il batterio è riconosciuto oggi tra gli agenti causali del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» (Codiro) che sta causando ingenti danni agli oliveti secolari in Puglia. La trasmissione da una pianta all'altra avviene ad opera di un insetto vettore, il Philaenus spumarius (meglio noto come sputacchina), dotato di apparato boccale pungente-succhiante. All'interno della pianta le colonie di Xylella fastidiosa ostruiscono il flusso dei vasi linfatici bloccando la nutrizione delle specie colpite;
    nelle piante infette la presenza del batterio provoca generalmente rapidi disseccamenti del lembo fogliare (bruscature) distribuiti inizialmente a «macchia di leopardo» ma che si estendono poi rapidamente su tutta la chioma, inoltre si osserva un ridotto accrescimento dei rami, dei germogli e imbrunimenti interni del legno;
    la Xylella fastidiosa, oltre all'olivo, può infettare numerose altre piante (circa 300 specie) di interesse agricolo tra cui la vite, gli agrumi, il mandorlo, il pesco, il ciliegio, forestali (acero), ornamentali (oleandro) e alcune piante spontanee che possono fungere da serbatoio nell'ambiente e fonte di inoculo del batterio;
    dalle indagini eseguite l'origine della malattia è attribuibile a piante ornamentali giunte infette in Italia dal Sud America. Le prime avvisaglie della presenza del batterio risalgono al 2013 e considerata l'elevata pericolosità dello stesso, purtroppo, non si può affermare che ci sia stata da parte delle autorità competenti la dovuta tempestività attivando immediatamente le misure fitosanitarie necessarie. Di fatto questa lentezza iniziale ha favorito il diffondersi della malattia che sta compromettendo gran parte delle superfici olivicole della provincia di Lecce;
    al momento l'unico rimedio conosciuto per la lotta alla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa è quello del taglio radicale del tronco e l'estirpazione della pianta;
    il nostro Paese ha ricevuto negli ultimi anni numerosi audit da parte del Food and Veterinary Office (FVO) dell'Unione europea che hanno sempre evidenziato la scarsa applicazione di misure di eradicazione/contenimento del batterio. Inoltre il Food and Veterinary Office ha sottolineato come il Servizio fitosanitario centrale non abbia attivato tempestivamente i controlli sulle attività svolte dalla regione Puglia;
    in Puglia le analisi effettuate a campione per stabilire la presenza del batterio sono state affidate al laboratorio dello Iam (Istituto agronomico mediterraneo) di Valenzano (Bari), il quale, godendo del diritto di extraterritorialità, non è tenuto a presentare i dati ufficiali e a pubblicarli su riviste scientifiche accreditate, così come non è tenuto a fornirli alla procura di Lecce che li ha richiesti e che non è autorizzata a disporre il sequestro della documentazione;
    nell'ottobre del 2013 l'Italia ha informato gli Stati membri e la Commissione europea della presenza di questo batterio e, poiché la presenza della Xylella fastidiosa non si era ancora mai manifestata in Europa, l'Unione europea ha provveduto ad emanare successive misure di emergenza per ridurre i rischi di diffusione della malattia imponendo misure straordinarie e drastiche. Infatti, inizialmente, sono state emanate due decisioni comunitarie, la n. 2014/87/UE del 13 febbraio 2014 e la n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, un decreto ministeriale n. 2777 del 26 settembre 2014 e vari atti regionali con i quali sono state disposte misure urgenti da attuare. La decisione di esecuzione n. 2014/497/UE, relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione europea della Xylella fastidiosa, prevede che gli Stati membri debbano definire zone delimitate e adottare le misure necessarie. Tali zone delimitate dovrebbero essere costituite da una zona infetta e una zona cuscinetto. Le specifiche misure volte all'eradicazione del batterio dovrebbero essere la rimozione e distruzione in loco delle piante contagiate, di parti di piante o di legname contagiato, il trattamento fitosanitario specifico delle piante, e il divieto, altresì, di piantagione di piante specificate e piante appartenenti allo stesso genere delle piante contagiate in siti che non siano a prova di vettore;
    l'ultima decisione di esecuzione è del 18 maggio 2015, la n. 2015/789, in fase di recepimento in Italia, che ha introdotto severe restrizioni all'importazione di piante ospiti di Xylella fastidiosa dal Costa Rica e dall'Honduras. La decisione ha considerato compromesso il territorio della provincia di Lecce per il quale non è più tecnicamente possibile eliminare la malattia. Sono state inoltre inserite più di 100 piante ospiti che dovranno essere oggetto di monitoraggio nel territorio comunitario. Prevede, inoltre, di stabilire una zona di sorveglianza con un raggio di almeno 30 chilometri, adiacente alla zona delimitata che copre la zona infetta della provincia di Lecce in cui le ispezioni si basano su una griglia suddivisa in quadrati di 100 metri per 100 metri. È stabilita, infine, una zona di sorveglianza con un raggio di almeno 30 chilometri, adiacente alla provincia di Lecce;
    il Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2015 ha dichiarato lo stato di emergenza correlato alla diffusione nel territorio pugliese del batterio. È questo il primo caso in cui la Protezione civile è stata incaricata di gestire un'emergenza fitosanitaria. Infatti, è stato nominato in qualità di commissario delegato per fronteggiare l'emergenza della Xylella fastidiosa il comandante regionale del Corpo forestale dello Stato per la Puglia, Giuseppe Silletti, con il compito di predisporre una ricognizione dei danni causati alle attività economiche e produttive;
    il 19 marzo 2015 il sopradetto commissario ha adottato un piano degli interventi per la lotta al batterio modificando la demarcazione della zona di intervento e definendo gli interventi da attuare e la tempistica. Il piano prevede principalmente l'estirpazione delle piante infette, distruzione delle specie ospiti all'interno dei vivai, trattamento fitosanitario per il controllo dei vettori adulti in oliveti e frutteti, controllo dei vettori situati sulle erbe infestanti spontanee;
    questa vicenda sta piegando l'agricoltura salentina, già duramente vessata dalla crisi dei mercati e dai provvedimenti del Governo – come l'introduzione dell'Imu sui terreni agricoli e la riduzione delle forniture di carburante agricolo;
    in data 27 marzo 2015, il Tar di Lecce ha accolto il ricorso cautelare contro l'eradicazione degli ulivi colpiti dalla Xylella fastidiosa, depositato dai legali dei proprietari delle piante contagiate, e ha quindi sospeso le procedure di abbattimento;
    il 7 maggio 2015 il Tar del Lazio ha accolto in via cautelare il ricorso presentato da alcuni vivaisti salentini, sospendendo l'operatività del piano Silletti per l'emergenza Xylella fastidiosa fissando al 16 dicembre 2015 la trattazione del ricorso nel merito. Il ricorso è stato accolto in considerazione del fatto che l'Unione europea ha adottato un nuovo testo di decisione di esecuzione sulla questione che in un certo senso supera il piano del commissario Silletti;
    il giudice monocratico del Consiglio di Stato, nei giorni scorsi, ha respinto la richiesta presentata dal commissario Silletti contro l'ordinanza del Tar del Lazio con la quale erano state sospese alcune delle misure previste dal suo piano tra cui le eradicazioni delle piante malate ed in particolare i trattamenti insetticidi. Il giudice monocratico ha infatti dichiarato che la sospensiva avrebbe determinato «(...) l'attuazione del programma di abbattimento degli ulivi malati o sospettati di esserlo, con effetti irreversibili che si determinerebbero ancora prima della definizione in sede collegiale della fase cautelare del giudizio.». Uno stop che potrebbe portare il commissario Silletti a rivedere il suo piano rendendolo più rispondente a novità, istanze e legittime problematiche del tessuto produttivo e dell'ambiente;
    la situazione appare estremamente allarmante in quanto l'area interessata dalla malattia è in costante espansione e la mancata applicazione di misure fitosanitarie quali l'abbattimento delle piante infette e la lotta in ogni areale dell'insetto vettore fanno ipotizzare un peggioramento della situazione già oggi drammatica;
    il Ministro francese dell'agricoltura Stéphane Le Foll ha firmato un decreto – considerato in linea con la legislazione europea – in vigore dal 4 aprile 2015, che prevede il blocco delle importazioni da Paesi terzi e vieta le importazioni dei vegetali a rischio Xylella fastidiosa dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio, per una lista di 102 tipi di piante vive, con la conseguenza che la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate;
    il blocco totale della vendita e dell'esportazione di tutte le specie arboree attaccabili da Xylella fastidiosa ha costretto alla chiusura gran parte dei vivai salentini, con una perdita occupazionale di mille unità nella sola zona di Otranto, a causa dell'embargo per le barbatelle della vite, che risultano invece essere immuni al batterio. Non sarà più possibile impiantare in provincia di Lecce ulivi, viti, mandorli, aranci e piante ornamentali quali oleandri e querce;
    il recente caso di Xylella fastidiosa scoperto in Francia, su una pianta di caffè proveniente dall'America centrale attraverso l'Olanda, conferma che l'embargo unilaterale imposto all'Italia su 102 varietà vegetali non serve per fermare la malattia, in quanto il vero problema è il controllo sanitario delle specie provenienti soprattutto dai Paesi extraeuropei;
    le aziende hanno bisogno di finanziamenti per provvedere alle buone pratiche agricole, potare e disinfettare gli ulivi con prodotti naturali e non tossici (solfato di rame e calce diluiti in soluzione liquida). Buone pratiche colturali adeguate, interventi periodici, tesi all'arieggiamento delle piante e miglioramento dello stato vegetativo, possono ridurre in maniera imponente tali vettori, senza alcun impatto ambientale;
    è necessario garantire il sostegno, con risorse adeguate, alla ricerca scientifica, alla sperimentazione in campo e alla condivisione dei dati con i Paesi comunitari del bacino mediterraneo, per salvare un bene pubblico che tutto il mondo invidia all'Italia;
    il decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, recente «Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali» prevede, all'articolo 5 (accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e di infezioni di organismi nocivi vegetali) interventi compensativi di sostegno in favore delle imprese agricole che hanno subito danni a causa di infezioni di organismi nocivi ai vegetali nel corso degli anni 2014 e 2015, nonché l'integrazione della dotazione finanziaria di 1 milione di euro per l'anno 2015 e di 10 milioni di euro per l'anno 2016. Ma ad oggi il danno provocato dal batterio ammonta a circa 200 milioni di euro, un valore riduttivo che tiene conto solo del valore della pianta e non considera quello del territorio;
    nella regione Lombardia negli scorsi mesi gli addetti del servizio fitosanitario, su segnalazione dei colleghi olandesi, ha svolto accertamenti anche su spedizioni di piante di caffè provenienti dal Sud America e considerate a rischio. In alcuni casi le indagini analitiche svolte dal laboratorio fitopatologico del servizio fitosanitario hanno evidenziato la presenza del batterio. Tutti i lotti di appartenenza delle piante infette sono stati distrutti. In questo caso non si segnala nessun tipo di allarme in quanto nel periodo in cui sono state intercettate le piante infette nel nostro ambiente non era presente il vettore. Sono, inoltre, state fatte verifiche presso i vivaisti lombardi per scongiurare la movimentazione di olivi provenienti dalle aree in cui è presente la Xylella fastidiosa e anche in questo caso non sono state rinvenute irregolarità. Ad oggi, considerati i controlli eseguiti, è possibile dichiarare il territorio della Lombardia libero da Xylella fastidiosa e a tal proposito si sta valutando la possibilità, nel rispetto degli standard fitosanitari internazionali, di dichiarare il territorio lombardo «pest free» per il batterio;
    anche in Liguria nei giorni scorsi è scattato l'allarme, anche questo rientrato, per una sospetta pianta infetta da Xylella fastidiosa trovata in un vivaio. Questo a dimostrazione del fatto che la situazione di emergenza in cui ci si trova è dovuta anche alla mancanza di controlli efficaci alle frontiere dell'Unione europea sulle piante provenienti da Paesi extraeuropei che possono ospitare il batterio;
    oggi è stato colpito il Salento, domani potrebbe essere colpita qualunque altra regione. Il batterio, infatti, potrebbe diffondersi anche in altre zone del Paese, producendo ulteriori danni all'olivicoltura nazionale sia dal punto di vista economico che ambientale e peggiorare una situazione già critica a causa delle produzioni in costante calo, correndo il rischio di cancellare l'olivicoltura, la sua economia e tutto l'indotto collegato al settore, riducendo in povertà l'intero comparto. Solo con misure idonee si può salvaguardare una coltura di pregio e di qualità,

impegna il Governo:

   a prevedere ulteriori misure volte a prevenire il rischio che il batterio si diffonda anche in altre regioni, andando a colpire le coltivazioni di ulivo, qualora il sistema di controllo del materiale vivaistico prodotto nella provincia di Lecce, soggetto a fortissime restrizioni, si rivelasse insufficiente;
   a prevenire il rischio potenziale che il batterio, mutando il ceppo, possa andare a colpire le coltivazioni di vite;
   a prevedere, nelle opportune sedi, possibili riduzioni degli sbocchi commerciali sia intracomunitari – anche se la decisione adottata il 18 maggio 2015 dovrebbe scongiurare tale pericolo – sia extracomunitari riguardanti le piante ospiti di Xylella fastidiosa (più di 100) che potrebbe danneggiare anche il vivaismo delle altre regioni come la Lombardia, Liguria e Toscana;
   ad intervenire affinché i fondi comunitari per provvedere all'eradicazione delle piante e ai trattamenti chimici vengano utilizzati soprattutto per indennizzare il comparto agricolo danneggiato;
   ad attivarsi nelle opportune sedi europee, al fine di predisporre efficaci misure di rafforzamento dei controlli sanitari in ingresso alle frontiere dell'Unione europea e prevedere misure di embargo nei confronti delle aree da cui proviene il batterio, come ad esempio il Centro America, nonché un doveroso periodo di quarantena delle piante provenienti dai Paesi extraeuropei al fine di bloccare il commercio di materiale vegetale infetto;
   a prevedere, tramite opportuna iniziativa normativa volta a modificare la legge n. 34 del 2015, l'esenzione totale dall'Imu sui terreni agricoli per quelle aziende che hanno subito o subiranno danni alle proprie colture a causa del batterio Xylella fastidiosa o da altre fitopatie epidemiche;
   a prevedere iniziative volte ad escludere dal patto di stabilità interno le somme impegnate dagli enti locali per l'attuazione di piani di intervento per fronteggiare sia l'emergenza Xylella fastidiosa che anche altri tipi di emergenze fitosanitarie;
   ad incentivare l'attività di ricerca per individuare misure atte a prevenire e curare le specie affette dal batterio Xylella fastidiosa, oltre ad altri patogeni che potrebbero mettere a rischio anche altre colture nel nostro Paese al fine di salvaguardare le specialità ed eccellenze italiane;
   a mettere a disposizione del settore olivicolo maggiori risorse per il rilancio dell'olivicoltura scindendo però l'argomento del piano olivicolo nazionale dall'emergenza Xylella fastidiosa.
(1-00875)
(Nuova formulazione) «Fedriga, Guidesi, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è il secondo produttore in Europa e nel mondo di olio di oliva con una produzione nazionale media per il 2013 di oltre 464 mila tonnellate, due terzi dei quali extravergine e con ben 41 denominazioni dop un'igp riconosciute dall'Unione europea. Per quanto attiene le zone altimetriche, l'olivo è diffuso per il 2 per cento in montagna, il 53 per cento in collina e per il 44 per cento in pianura. La coltivazione dell'olivo in Italia è molto diffusa nelle regioni del Centro e del Sud mentre al Nord è concentrata particolarmente in alcune zone a microclima più temperato, come per esempio la Liguria e le zone attorno al Lago di Garda;
    il nostro Paese può contare su un patrimonio di circa 250 milioni di piante su 1,1 milioni di ettari di terreno con un fatturato del settore stimato in 2 miliardi di euro ed un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative. Le esportazioni italiane di olio di oliva nel 2013 sono state pari a oltre 1,2 miliardi di euro con gli Usa che rappresentano il principale mercato extracomunitario;
    la campagna olearia 2014/2015 si è caratterizzata da un crollo dei raccolti che, anche a causa del maltempo e delle varie fitopatie, ha fatto registrare una diminuzione della produzione a 302 mila tonnellate, circa il 35 per cento in meno a livello nazionale rispetto al 2013, con un impatto inevitabile sui prezzi. Le diminuzioni maggiori si sono registrate al centro-nord, con cali del raccolto tra il 35 e il 50 per cento. Il 2014 ha registrato la peggior campagna di raccolta delle olive a memoria d'uomo. Con il crollo dei raccolti nazionali una delle maggiori conseguenze sarà l'aumento delle importazioni, con il rischio di portare in tavola prodotti spacciati per made in Italy e di essere invasi dalle produzioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza;
    la Xylella fastidiosa è un batterio gram-negativo strettamente xilematico, caratterizzato da un'elevata variabilità genetica e fenotipica. Per i gravi danni economici che può causare è classificata come organismo nocivo da quarantena dalla direttiva 2000/29/CE;
    il batterio è riconosciuto oggi tra gli agenti causali del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo» (Codiro) che sta causando ingenti danni agli oliveti secolari in Puglia. La trasmissione da una pianta all'altra avviene ad opera di un insetto vettore, il Philaenus spumarius (meglio noto come sputacchina), dotato di apparato boccale pungente-succhiante. All'interno della pianta le colonie di Xylella fastidiosa ostruiscono il flusso dei vasi linfatici bloccando la nutrizione delle specie colpite;
    nelle piante infette la presenza del batterio provoca generalmente rapidi disseccamenti del lembo fogliare (bruscature) distribuiti inizialmente a «macchia di leopardo» ma che si estendono poi rapidamente su tutta la chioma, inoltre si osserva un ridotto accrescimento dei rami, dei germogli e imbrunimenti interni del legno;
    la Xylella fastidiosa, oltre all'olivo, può infettare numerose altre piante (circa 300 specie) di interesse agricolo tra cui la vite, gli agrumi, il mandorlo, il pesco, il ciliegio, forestali (acero), ornamentali (oleandro) e alcune piante spontanee che possono fungere da serbatoio nell'ambiente e fonte di inoculo del batterio;
    dalle indagini eseguite l'origine della malattia è attribuibile a piante ornamentali giunte infette in Italia dal Sud America. Le prime avvisaglie della presenza del batterio risalgono al 2013 e considerata l'elevata pericolosità dello stesso, purtroppo, non si può affermare che ci sia stata da parte delle autorità competenti la dovuta tempestività attivando immediatamente le misure fitosanitarie necessarie. Di fatto questa lentezza iniziale ha favorito il diffondersi della malattia che sta compromettendo gran parte delle superfici olivicole della provincia di Lecce;
    al momento l'unico rimedio conosciuto per la lotta alla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa è quello del taglio radicale del tronco e l'estirpazione della pianta;
    il nostro Paese ha ricevuto negli ultimi anni numerosi audit da parte del Food and Veterinary Office (FVO) dell'Unione europea che hanno sempre evidenziato la scarsa applicazione di misure di eradicazione/contenimento del batterio. Inoltre il Food and Veterinary Office ha sottolineato come il Servizio fitosanitario centrale non abbia attivato tempestivamente i controlli sulle attività svolte dalla regione Puglia;
    in Puglia le analisi effettuate a campione per stabilire la presenza del batterio sono state affidate al laboratorio dello Iam (Istituto agronomico mediterraneo) di Valenzano (Bari), il quale, godendo del diritto di extraterritorialità, non è tenuto a presentare i dati ufficiali e a pubblicarli su riviste scientifiche accreditate, così come non è tenuto a fornirli alla procura di Lecce che li ha richiesti e che non è autorizzata a disporre il sequestro della documentazione;
    nell'ottobre del 2013 l'Italia ha informato gli Stati membri e la Commissione europea della presenza di questo batterio e, poiché la presenza della Xylella fastidiosa non si era ancora mai manifestata in Europa, l'Unione europea ha provveduto ad emanare successive misure di emergenza per ridurre i rischi di diffusione della malattia imponendo misure straordinarie e drastiche. Infatti, inizialmente, sono state emanate due decisioni comunitarie, la n. 2014/87/UE del 13 febbraio 2014 e la n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, un decreto ministeriale n. 2777 del 26 settembre 2014 e vari atti regionali con i quali sono state disposte misure urgenti da attuare. La decisione di esecuzione n. 2014/497/UE, relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione europea della Xylella fastidiosa, prevede che gli Stati membri debbano definire zone delimitate e adottare le misure necessarie. Tali zone delimitate dovrebbero essere costituite da una zona infetta e una zona cuscinetto. Le specifiche misure volte all'eradicazione del batterio dovrebbero essere la rimozione e distruzione in loco delle piante contagiate, di parti di piante o di legname contagiato, il trattamento fitosanitario specifico delle piante, e il divieto, altresì, di piantagione di piante specificate e piante appartenenti allo stesso genere delle piante contagiate in siti che non siano a prova di vettore;
    l'ultima decisione di esecuzione è del 18 maggio 2015, la n. 2015/789, in fase di recepimento in Italia, che ha introdotto severe restrizioni all'importazione di piante ospiti di Xylella fastidiosa dal Costa Rica e dall'Honduras. La decisione ha considerato compromesso il territorio della provincia di Lecce per il quale non è più tecnicamente possibile eliminare la malattia. Sono state inoltre inserite più di 100 piante ospiti che dovranno essere oggetto di monitoraggio nel territorio comunitario. Prevede, inoltre, di stabilire una zona di sorveglianza con un raggio di almeno 30 chilometri, adiacente alla zona delimitata che copre la zona infetta della provincia di Lecce in cui le ispezioni si basano su una griglia suddivisa in quadrati di 100 metri per 100 metri. È stabilita, infine, una zona di sorveglianza con un raggio di almeno 30 chilometri, adiacente alla provincia di Lecce;
    il Consiglio dei Ministri del 10 febbraio 2015 ha dichiarato lo stato di emergenza correlato alla diffusione nel territorio pugliese del batterio. È questo il primo caso in cui la Protezione civile è stata incaricata di gestire un'emergenza fitosanitaria. Infatti, è stato nominato in qualità di commissario delegato per fronteggiare l'emergenza della Xylella fastidiosa il comandante regionale del Corpo forestale dello Stato per la Puglia, Giuseppe Silletti, con il compito di predisporre una ricognizione dei danni causati alle attività economiche e produttive;
    il 19 marzo 2015 il sopradetto commissario ha adottato un piano degli interventi per la lotta al batterio modificando la demarcazione della zona di intervento e definendo gli interventi da attuare e la tempistica. Il piano prevede principalmente l'estirpazione delle piante infette, distruzione delle specie ospiti all'interno dei vivai, trattamento fitosanitario per il controllo dei vettori adulti in oliveti e frutteti, controllo dei vettori situati sulle erbe infestanti spontanee;
    questa vicenda sta piegando l'agricoltura salentina, già duramente vessata dalla crisi dei mercati e dai provvedimenti del Governo – come l'introduzione dell'Imu sui terreni agricoli e la riduzione delle forniture di carburante agricolo;
    in data 27 marzo 2015, il Tar di Lecce ha accolto il ricorso cautelare contro l'eradicazione degli ulivi colpiti dalla Xylella fastidiosa, depositato dai legali dei proprietari delle piante contagiate, e ha quindi sospeso le procedure di abbattimento;
    il 7 maggio 2015 il Tar del Lazio ha accolto in via cautelare il ricorso presentato da alcuni vivaisti salentini, sospendendo l'operatività del piano Silletti per l'emergenza Xylella fastidiosa fissando al 16 dicembre 2015 la trattazione del ricorso nel merito. Il ricorso è stato accolto in considerazione del fatto che l'Unione europea ha adottato un nuovo testo di decisione di esecuzione sulla questione che in un certo senso supera il piano del commissario Silletti;
    il giudice monocratico del Consiglio di Stato, nei giorni scorsi, ha respinto la richiesta presentata dal commissario Silletti contro l'ordinanza del Tar del Lazio con la quale erano state sospese alcune delle misure previste dal suo piano tra cui le eradicazioni delle piante malate ed in particolare i trattamenti insetticidi. Il giudice monocratico ha infatti dichiarato che la sospensiva avrebbe determinato «(...) l'attuazione del programma di abbattimento degli ulivi malati o sospettati di esserlo, con effetti irreversibili che si determinerebbero ancora prima della definizione in sede collegiale della fase cautelare del giudizio.». Uno stop che potrebbe portare il commissario Silletti a rivedere il suo piano rendendolo più rispondente a novità, istanze e legittime problematiche del tessuto produttivo e dell'ambiente;
    la situazione appare estremamente allarmante in quanto l'area interessata dalla malattia è in costante espansione e la mancata applicazione di misure fitosanitarie quali l'abbattimento delle piante infette e la lotta in ogni areale dell'insetto vettore fanno ipotizzare un peggioramento della situazione già oggi drammatica;
    il Ministro francese dell'agricoltura Stéphane Le Foll ha firmato un decreto – considerato in linea con la legislazione europea – in vigore dal 4 aprile 2015, che prevede il blocco delle importazioni da Paesi terzi e vieta le importazioni dei vegetali a rischio Xylella fastidiosa dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio, per una lista di 102 tipi di piante vive, con la conseguenza che la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate;
    il blocco totale della vendita e dell'esportazione di tutte le specie arboree attaccabili da Xylella fastidiosa ha costretto alla chiusura gran parte dei vivai salentini, con una perdita occupazionale di mille unità nella sola zona di Otranto, a causa dell'embargo per le barbatelle della vite, che risultano invece essere immuni al batterio. Non sarà più possibile impiantare in provincia di Lecce ulivi, viti, mandorli, aranci e piante ornamentali quali oleandri e querce;
    il recente caso di Xylella fastidiosa scoperto in Francia, su una pianta di caffè proveniente dall'America centrale attraverso l'Olanda, conferma che l'embargo unilaterale imposto all'Italia su 102 varietà vegetali non serve per fermare la malattia, in quanto il vero problema è il controllo sanitario delle specie provenienti soprattutto dai Paesi extraeuropei;
    le aziende hanno bisogno di finanziamenti per provvedere alle buone pratiche agricole, potare e disinfettare gli ulivi con prodotti naturali e non tossici (solfato di rame e calce diluiti in soluzione liquida). Buone pratiche colturali adeguate, interventi periodici, tesi all'arieggiamento delle piante e miglioramento dello stato vegetativo, possono ridurre in maniera imponente tali vettori, senza alcun impatto ambientale;
    è necessario garantire il sostegno, con risorse adeguate, alla ricerca scientifica, alla sperimentazione in campo e alla condivisione dei dati con i Paesi comunitari del bacino mediterraneo, per salvare un bene pubblico che tutto il mondo invidia all'Italia;
    il decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, recente «Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali» prevede, all'articolo 5 (accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e di infezioni di organismi nocivi vegetali) interventi compensativi di sostegno in favore delle imprese agricole che hanno subito danni a causa di infezioni di organismi nocivi ai vegetali nel corso degli anni 2014 e 2015, nonché l'integrazione della dotazione finanziaria di 1 milione di euro per l'anno 2015 e di 10 milioni di euro per l'anno 2016. Ma ad oggi il danno provocato dal batterio ammonta a circa 200 milioni di euro, un valore riduttivo che tiene conto solo del valore della pianta e non considera quello del territorio;
    nella regione Lombardia negli scorsi mesi gli addetti del servizio fitosanitario, su segnalazione dei colleghi olandesi, ha svolto accertamenti anche su spedizioni di piante di caffè provenienti dal Sud America e considerate a rischio. In alcuni casi le indagini analitiche svolte dal laboratorio fitopatologico del servizio fitosanitario hanno evidenziato la presenza del batterio. Tutti i lotti di appartenenza delle piante infette sono stati distrutti. In questo caso non si segnala nessun tipo di allarme in quanto nel periodo in cui sono state intercettate le piante infette nel nostro ambiente non era presente il vettore. Sono, inoltre, state fatte verifiche presso i vivaisti lombardi per scongiurare la movimentazione di olivi provenienti dalle aree in cui è presente la Xylella fastidiosa e anche in questo caso non sono state rinvenute irregolarità. Ad oggi, considerati i controlli eseguiti, è possibile dichiarare il territorio della Lombardia libero da Xylella fastidiosa e a tal proposito si sta valutando la possibilità, nel rispetto degli standard fitosanitari internazionali, di dichiarare il territorio lombardo «pest free» per il batterio;
    anche in Liguria nei giorni scorsi è scattato l'allarme, anche questo rientrato, per una sospetta pianta infetta da Xylella fastidiosa trovata in un vivaio. Questo a dimostrazione del fatto che la situazione di emergenza in cui ci si trova è dovuta anche alla mancanza di controlli efficaci alle frontiere dell'Unione europea sulle piante provenienti da Paesi extraeuropei che possono ospitare il batterio;
    oggi è stato colpito il Salento, domani potrebbe essere colpita qualunque altra regione. Il batterio, infatti, potrebbe diffondersi anche in altre zone del Paese, producendo ulteriori danni all'olivicoltura nazionale sia dal punto di vista economico che ambientale e peggiorare una situazione già critica a causa delle produzioni in costante calo, correndo il rischio di cancellare l'olivicoltura, la sua economia e tutto l'indotto collegato al settore, riducendo in povertà l'intero comparto. Solo con misure idonee si può salvaguardare una coltura di pregio e di qualità,

impegna il Governo:

   a prevedere, ove necessarie, ulteriori misure volte a prevenire il rischio che il batterio si diffonda anche in altre regioni, andando a colpire le coltivazioni di ulivo;
   a prevenire il rischio potenziale che il batterio, mutando il ceppo, possa andare a colpire le coltivazioni di vite;
   a predisporre sistemi di controllo e di prevenzione che possano contrastare con efficacia la diffusione di infezioni nel corso di importazioni di vegetali provenienti da altre zone del mondo;
   ad intervenire affinché i fondi comunitari per provvedere all'eradicazione delle piante e ai trattamenti chimici vengano utilizzati soprattutto per indennizzare il comparto agricolo danneggiato;
   ad attivarsi nelle opportune sedi europee, al fine di predisporre efficaci misure di rafforzamento dei controlli sanitari in ingresso alle frontiere dell'Unione europea e prevedere misure di embargo nei confronti delle aree da cui proviene il batterio, come ad esempio il Centro America, nonché un doveroso periodo di quarantena delle piante provenienti dai Paesi extraeuropei al fine di bloccare il commercio di materiale vegetale infetto;
   a prevedere, tramite opportuna iniziativa normativa volta a modificare la legge n. 34 del 2015, l'esenzione totale dall'Imu sui terreni agricoli per quelle aziende che hanno subito o subiranno danni alle proprie colture a causa del batterio Xylella fastidiosa o da altre fitopatie epidemiche;
   a prevedere iniziative volte ad escludere dal patto di stabilità interno le somme impegnate dagli enti locali per l'attuazione di piani di intervento per fronteggiare sia l'emergenza Xylella fastidiosa che anche altri tipi di emergenze fitosanitarie;
   ad incentivare l'attività di ricerca per individuare misure atte a prevenire e curare le specie affette dal batterio Xylella fastidiosa, oltre ad altri patogeni che potrebbero mettere a rischio anche altre colture nel nostro Paese al fine di salvaguardare le specialità ed eccellenze italiane;
   a mettere a disposizione del settore olivicolo, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, maggiori risorse per il rilancio dell'olivicoltura scindendo però l'argomento del piano olivicolo nazionale dall'emergenza Xylella fastidiosa.
(1-00875)
(Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Fedriga, Guidesi, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».