Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 9 giugno 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2008, il legislatore è intervenuto numerose volte per disciplinare l'uso del contante attraverso la fissazione di tetti massimi sempre più bassi e l'introduzione di regole sempre più stringenti sulla tracciabilità dei pagamenti, con il fine di contrastare non soltanto il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, ma anche i fenomeni di elusione e di evasione fiscale;
    il primo intervento in questa materia risale all'inizio degli anni ’90, con il decreto-legge n. 143 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 197 del 1991, che ha introdotto un limite, relativo all'uso del contante, degli assegni liberi e dei libretti al portatore, pari a 12.500 euro. Nell'aprile 2008, però, con l'entrata in vigore del decreto legislativo «antiriciclaggio» 21 novembre 2007, n. 231 (emanato in attuazione della direttiva 2005/60/CE e della direttiva 2006/70/ CE), si è cercato di abbassare suddetto limite a euro 5.000. La nuova soglia è, però, rimasta in vigore per pochissimo tempo fino a quando, con il decreto-legge n. 112 del 2008, si è provveduto a ripristinarla al valore precedente di 12.500 euro. Successivamente, questa è stata nuovamente abbassata a euro 5.000, con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, per poi dimezzarsi a euro 2.500 ad opera decreto-legge n. 138 del 2011;
    gli ultimi interventi legislativi più importanti sono stati introdotti con il decreto-legge «salva Italia» (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), il decreto-legge «semplificazioni» (decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35);
    l'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha, infatti, modificato l'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007, riducendo la soglia dei pagamenti da euro 2.500 a 1.000 per i pagamenti in contanti e l'utilizzo di assegni bancari/postali trasferibili, dei vaglia bancari o postali al portatore, nonché dei libretti di deposito bancari o postali al portatore;
    con il decreto-legge «semplificazioni» si è, invece, introdotta una deroga alle norme sulla limitazione del contante in caso di acquisto di beni e servizi da parte dei cittadini extra-Unione europea presso i commercianti al minuto e le agenzie di viaggio e turismo e si sono introdotte, al contempo, nuove sanzioni per i trasferimenti transfrontalieri di denaro contante;
    per effetto dell'articolo 12 del decreto-legge «salva Italia», che ha a sua volta modificato il decreto legislativo «antiriciclaggio», è quindi vietato il trasferimento di denaro contante e di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, anche privati, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a euro 1.000. Ugualmente si è vietato il trasferimento con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati, ossia riferiti ad «un'operazione unitaria sotto il profilo economico di valore pari o superiore ai limiti stabiliti (...), posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni, ferma restando la sussistenza dell'operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale». Il frazionamento è, quindi, ammesso soltanto quando questo sia connaturato all'operazione commerciale (come per i contratti periodici) o conseguenza di un preventivo accordo tra le parti (pagamento rateale) e operazioni di prelievo e/o versamento di denaro contante richieste da un cliente ad una banca;
    tale norma trova applicazione anche per il money transfer, ossia nel caso di trasferimento fondi all'estero, per i quali soltanto sotto la soglia dei 1.000 euro è possibile il trasferimento di fondi senza obblighi di documentazione;
    unica deroga a questo regime è prevista dal successivo decreto-legge «semplificazioni» che ha previsto, per gli operatori del settore del commercio al minuto e le agenzie di viaggio e turismo la possibilità di vendere beni e servizi a cittadini stranieri non residenti in Italia, entro il limite di 15.000 euro, ma gli adempimenti a carico del cedente del bene o del prestatore del servizio restano comunque onerosi ed è possibile usufruire di tale deroga soltanto quando l'acquirente sia una persona fisica, che non abbia cittadinanza italiana né quella di uno dei Paesi dell'Unione europea e dello spazio economico europeo (Liechtenstein, Islanda e Norvegia) e risieda al di fuori del territorio dello Stato. Le obbligazioni da rispettate consistono, infatti: nell'acquisizione dal cliente della fotocopia del passaporto e dell'apposita autocertificazione ex decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la residenza (non italiana); nel versare il denaro incassato sul proprio conto corrente entro il primo giorno feriale successivo all'operazione; nel consegnare alla banca o alla posta copia della ricevuta della comunicazione all'Agenzia delle entrate, da effettuare esclusivamente in via telematica;
    tali misure, oltre ad aver generato un aumento degli oneri finanziari e delle commissioni sulle singole transazioni a carico dei cittadini e a favore del sistema bancario, sta determinando da tempo gravi ripercussioni su più settori, come il turismo e il commercio, laddove sono sempre di più i turisti italiani che preferiscono trascorrere i viaggi o i periodi di vacanza in altri Paesi dove possono pagare comodamente con denaro contante, piuttosto che restare in Italia e pagare con carta di credito o assegno bancario, ma, soprattutto, ne stanno risentendo i flussi turistici provenienti dall'estero, in particolare da quelle aree o quei Paesi per cui non è possibile avere la deroga (Unione europea e spazio economico europeo), che, come denunciano gli operatori del settore, hanno subito un gravoso calo dovuto alle nuove imposizioni sulla normativa in materia di tracciabilità. Ugualmente, per i turisti provenienti da Paesi che rientrano nel regime derogatorio, gli eccessivi adempimenti a carico degli operatori, ricadenti inequivocabilmente anche sui cittadini extra Unione europea, frenano l'acquisto di beni e servizi nel nostro Paese da parte di questi turisti, dirottandoli verso mete estere. Questo accade specialmente nelle aree transfrontaliere, dove, per alloggiare e fare acquisti, i turisti esteri possono facilmente e velocemente raggiungersi località in cui non sono vigenti oneri né soglie, o in ogni caso, la circolazione di cartamoneta liquida non è soggetta ad un limite così basso;
    inoltre, nelle zone transfrontaliere gli operatori economici di ogni settore risultano oltremodo svantaggiati: il loro volume degli affari diminuisce anche a causa degli stessi cittadini italiani che, abitando nelle zone di confine, possono facilmente recarsi nel territorio dei Paesi confinanti non soltanto per acquistare beni o servizi, ma anche per svolgere qualsiasi tipo di attività economica, compresa l'apertura di esercizi commerciali o attività d'impresa;
    l'Italia, infatti, insieme al solo Portogallo, è il Paese europeo con il limite più basso: la Francia e il Belgio hanno stabilito a 3.000 euro il valore massimo di uso di contante, 2.500 euro la Spagna, 1.500 euro la Grecia, mentre ben 11 Paesi non prevedono alcun limite, tra cui l'Austria e la Slovenia. Questi ultimi due, in particolare, sono proprio i due Paesi confinanti con l'Italia che hanno maggiormente giovato dell'introduzione del limite all'uso della cartamoneta in Italia, vedendo riversarsi nei loro confini non soltanto i turisti che, senza una tale normativa, avrebbero scelto il nostro Paese, ma anche le stesse attività economiche e commerciali italiane di qualsiasi natura e comparto, con conseguente sottrazione di prodotto interno lordo italiano;
    da tempo gli operatori economici richiedono che sia rivista tale soglia. La giustificazione addotta all'introduzione di una simile normativa, ossia la lotta all'evasione e all'elusione fiscale sembra da tempo essersi rivelata infondata. Da ultimo, anche un recente studio della Cgia di Mestre ha confermato come, nonostante l'introduzione di tali misure, l'evasione fiscale non abbia registrato alcun trend in diminuzione;
    innanzitutto è necessario mettere in evidenza come, in Italia, la percentuale di unbanked, ossia persone che non hanno un conto corrente postale o bancario, raggiunga il 29 per cento della popolazione, pari a circa 15 milioni, rispetto alle percentuali molto più basse in Francia e Regno Unito (3 per cento) e Germania (2 per cento);
    le cause di questo fenomeno sono da ricercare in ragioni culturali e sociali di una parte del nostro Paese in cui molti cittadini, di età avanzata e con un basso livello di istruzione, preferiscono tenere il denaro liquido piuttosto che depositarlo in una banca o alla posta, anche in ragione degli elevati costi richiesti per l'apertura e la tenuta di un conto corrente;
    quindi, nonostante l'Italia abbia il limite più basso d'Europa, questo non sembra aver apportato effetti benefici alla lotta contro il fenomeno dell'evasione e dell'elusione fiscale, poiché non sembra esserci alcuna correlazione tra il limite all'uso di denaro contante e il rapporto tra la base imponibile iva non dichiarata e il prodotto interno lordo. Le ricerche della Cgia hanno, infatti, dimostrato come: «Tra il 2000 e il 2012 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), a fronte di una soglia limite all'uso del denaro che è rimasta pressoché stabile fino al giugno 2008, l'evasione ha registrato un andamento altalenante fino al 2006 per poi scivolare progressivamente fino al 2010. Se tra il 2010 e l'anno successivo l’“asticella” del limite al contante si è ulteriormente abbassata (passando da 5.000 a 1.000 euro), l'evasione, invece, è salita fino a sfiorare il 16 per cento del prodotto interno lordo, per poi ridiscendere nel 2012 sotto quota 14 per cento»;
    dunque, l'unico effetto positivo della limitazione dell'uso del contante è ascrivibile alla lotta al riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite, il cui volume non è però rilevato nelle statistiche ufficiali;
    di converso, gli effetti depressivi sul prodotto interno lordo sono certi anche se difficilmente quantificabili;
    a ciò si aggiunge un'ulteriore difficoltà degli operatori economici, di non minore importanza: con l'articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese» (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), si è infatti introdotto l'obbligo del pagamento elettronico per le prestazioni professionali;
    la disciplina prevede che «a decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito». Il decreto ministeriale, così come stabilito del decreto-legge, ha successivamente stabilito a 30 euro l'importo minimo oltre il quale si rende obbligatorio per gli esercenti accettare il pagamento elettronico da parte del cliente;
    una simile previsione è andata soltanto ad aggravare ulteriormente gli esercenti, senza alcun particolare vantaggio per i consumatori, la maggior parte dei quali, secondo ripetute stime, non sente la necessità di dover cambiare le proprie abitudini di pagamento;
    mentre, per i consumatori, normalmente, non sono previste commissioni, non è così per gli esercenti che sono costretti a versare alle banche delle esose commissioni, quasi fosse un'imposta aggiuntiva gravante su questa parte di contribuenti. La percentuale di commissioni da versare agli istituti di credito, calcolata sugli importi incassati mediante carta di credito o di debito, è pari a: in caso di bancomat, dallo 0,5 allo 0,7 per cento e, in caso di carte di credito o prepagate, dall'1 fino al 4 per cento. A questi costi si devono poi sommare la spesa per l'affitto del pos per un costo totale che raggiunge il 2-3 per cento del fatturato;
    per i consumatori esiste, altresì, il rischio che le società di emissione e di gestione delle carte di credito, o talvolta anche le società che governano i circuiti di pagamento, possano strumentalmente utilizzare i dati sugli acquisti effettuati dai clienti per fornire, ad uso commerciale, informazioni a terzi circa le preferenze di questi ultimi;
    nonostante le proteste degli esercenti e delle loro rappresentanze (Confesercenti ha subito stimato una spesa aggiuntiva per le piccole e medie imprese pari a 5 miliardi di euro ogni anno), i Governi che sia sono succeduti dal 2012 ad oggi sono sempre rimasti impassibili di fronte alle difficoltà che questi hanno sollevato nei confronti dei maggiori oneri a cui sono stati sottoposti, continuando a ritenere tali misure strumenti adeguati per la lotta all'evasione, mentre invece, come nel caso del limite all'uso del contante, questa sembra essere una normativa vantaggiosa esclusivamente per il settore bancario che in questo modo aumenta in modo certo i propri profitti;
    sembra doveroso ed opportuno, dopo aver assistito a quella che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare una perseverante opera di sostegno dei poteri economici forti del Paese, occuparsi ora in maniera concreta e tangibile delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e sui professionisti in generale, soprattutto per le gravi difficoltà economiche che questi sono ancora costretti a dover fronteggiare, perché la strada per uscire dalla crisi è ancora molto lunga e tortuosa,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative normative e, in particolare, regolamentari al fine di:
    a) anteporre necessariamente all'introduzione di soglie massime all'uso del contante, quale efficace misura di contrasto all'evasione fiscale, il preliminare accordo con gli altri Paesi dell'Unione europea e, in particolare, con quelli confinanti con l'Italia per la definizione di soglie uguali per tutti, al fine di evitare effetti distorsivi della concorrenza;
    b) in mancanza del suddetto accordo, eliminare qualsiasi limite all'uso e alla circolazione di denaro contante in Italia, valutate l'inefficacia di un simile strumento nella lotta all'evasione fiscale e la perdita di prodotto interno lordo conseguente ai danni che tale normativa sta arrecando a tutti i settori economici del Paese, soprattutto nelle zone transfrontaliere e, tra queste, in particolar modo in quelle confinanti con Austria e Slovenia, come specificato in premessa;
    c) a fare in modo che il sistema bancario adotti percentuali maggiormente favorevoli sulle commissioni dovute per il pagamento elettronico imposto ai soggetti dell'articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, assicurando, altresì, una maggior tutela della tracciabilità dei dati sugli acquisti effettuati affinché le società interessate al sistema di pagamento telematico non utilizzino in maniera impropria le propensioni all'acquisto e le preferenze commerciali dei clienti.
(1-00891) «Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il 23 maggio 2015 veniva arrestato il responsabile di una onlus accusato di aver intascato parte dei fondi destinati all'assistenza per gli stranieri arrivati in Italia e ospitati in alcune strutture. La procura di Napoli sta lavorando sull'ipotesi che gli aiuti ai migranti venivano intascati da responsabili e collaboratori di alcune associazioni fra le quali «Un'Ala di riserva» e Caritas Campania. Sono stati arrestati con l'accusa di peculato Alfonso De Martino, presidente dell'associazione «Un'Ala di Riserva», la sua compagna Rosa Carnevale, agli arresti domiciliari e nel registro degli indagati risultano due funzionari della Protezione civile e due esponenti campani della Caritas, il collaboratore della Caritas di Teggiano, Fiore Marotta, e don Vincenzo Federico, responsabile della Caritas Campania;
   organi di stampa sostengono l'affermazione del procuratore Vincenzo Piscitelli e i sostituti procuratori, Raffaello Falcone e Ida Frongillo, secondo cui sarebbe verosimile un coinvolgimento della Caritas di Teggiano Policastro, in provincia di Salerno, che gestisce quattro strutture che ospitano soprattutto immigrati provenienti dal Nord Africa. Risulterebbe infatti agli inquirenti che parte di questi ticket utilizzati per l'acquisto di schede telefoniche provengono proprio dalle strutture gestite dalla Caritas di Teggiano Policastro. Le indagini vertono sul fatto che sembrerebbe che De Martino abbia fatto convergere ben 582.248 ticket money per gli immigrati, per il valore complessivo di circa un milione, presso l'edicola di cui è titolare la sua compagna e che questi siano stati spesi in schede telefoniche, in virtù del contratto stipulato fra l'edicola e la regione Campania. Il responsabile di «Un'Ala di riserva» avrebbe confessato nel gennaio scorso di aver proposto a Fiore Marotta «riconducibile al responsabile della Caritas Campania don Vincenzo Federico» di convertire i pocket money presso l'edicola;
   i ticket money sono dei buoni sociali destinati dal Governo italiano ai migranti ciascuno del va ore di 2,50 euro al giorno e che possono essere spesi per l'acquisto di beni di diverso genere, ma che in questo caso venivano utilizzati dagli ospiti immigrati quasi totalmente per l'acquisto di ricariche telefoniche del valore di cinque euro;
   sono anni che si assiste al continuo flusso migratorio verso il nostro Paese di uomini che fuggono da guerra e dalla disperazione determinata dalla speculazione che nasce da questo spietato processo di globalizzazione che, facendo registrare un record di prezzi dei generi alimentari ha provocato una vera e propria lotta per il pane;
   tutti i Governi fino ad ora non sono stati in grado di porre con determinazione al centro del dibattito europeo la questione dei flussi migratori verso l'Italia lasciando non solo che questa porta diventasse una vera e propria forca caudina, ma che si alimentasse al suo interno un mercato illecito a spese degli italiani e dei migranti;
   l'articolo 79 del TFUE stabilisce che l'Unione sviluppa una politica comune dell'immigrazione tesa ad assicurare la gestione efficace dei flussi migratori, l'equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto della tratta degli esseri umani –:
   di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e se non intendano fare chiarezza, per quanto di competenza ed autonomamente rispetto alla magistratura, sulla gestione sospetta dei rimborsi di cui in premessa destinati dal Governo italiano agli immigrati e sul coinvolgimento della Caritas Campania;
   in che maniera il Governo intenda immediatamente intraprendere iniziative concrete ed efficaci al fine assicurare la legalità e restituire la fiducia nello Stato ai propri cittadini, monitorando tale gestione degli aiuti ai migranti e ponendo fine e al vergognoso mercato illegale dei ticket money;
   come intendano assicurare il pieno godimento dei diritti umani e sociali da parte di coloro che sperano di trovare in Italia una vita migliore, specialmente attraverso il rafforzamento delle strutture a garanzia dei diritti dei migranti, garantendo loro l'accesso ai servizi sociali di base e contrastando la selvaggia speculazione della mafia italiana sui migranti.
(2-01002) «Colonnese, Castelli, Sorial, Caso, Brugnerotto, Cariello, D'Incà, Nuti, Toninelli, Cozzolino, Cecconi, Dadone, Dieni, D'Ambrosio, Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Di Vita, Lorefice, Mantero, Battelli, Nesci, Luigi Di Maio, Fraccaro, Petraroli, Vignaroli, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Del Grosso».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la città di Cosenza dispone di un centro storico di alto valore culturale, monumentale ed architettonico, le cui origini risalgono al IV secolo a.C.;
   il disegno urbano e il pregio dei valori fanno del centro storico bruzio un bene unico nel panorama italiano ed un significativo esempio della cultura urbana europea;
   interi comparti del suo sistema urbano sono fortemente minacciati da uno stato di abbandono e di degrado che espone a grave rischi la integrità fisico-territoriale e la tenuta della sicurezza sociale;
   si susseguono, infatti, sempre più numerosi e frequenti crolli conseguenti a cedimenti strutturali di edifici e del sistema viario ed infrastrutturale urbano;
   risulta ancora più accentuato il rischio sismico anche per le caratteristiche di una struttura urbana a forte concentrazione attraversata da un dedalo di vicoli, scalinate, viuzze e piazzette che conducono ad una miriade di case, chiese e palazzi secolari;
   la morfologia e la orografia delle colline lungo le quali si snoda l'insediamento del centro storico è contrassegnata da molteplici episodi che fanno elevare il rischio idrogeologico con pericoli sempre più incombenti;
   il crollo verificatosi nei giorni scorsi, in via Bernardino Bombini, ha interessato una vasta porzione di un edificio posto in una area di impianto medioevale di rilevante interesse storico;
   è da ritenersi miracoloso il fatto che nel crollo non si sia registrata nessuna vittima considerata l'immediata adiacenza e contiguità di fabbricati abitati;
   l'edificio crollato è stato più volte oggetto di ordinanze che disponevano interventi urgenti di messa in sicurezza;
   in analogia con questo caso sono centinaia le ordinanze di sgombero e di demolizione che non vengono eseguite;
   un così alto numero di ordinanze rappresenta di per sé la testimonianza e la prova della dimensione del fenomeno e del relativo rischio che minaccia il patrimonio edilizio e la incolumità pubblica;
   è crescente il numero dei palazzi anche di pregio storico che, in seguito all'assenza di interventi di cura e manutenzione, presentano crepe e cedimenti strutturali che possono generare crolli improvvisi;
   è ampiamente documentata in sede tecnico-istituzionale la diffusione del pericolo in conseguenza del livello elevato del rischio idrogeologico e sismico;
   i pericoli incombenti interessano aree ad intensa presenza abitativa ma anche di rilevante valenza storico-culturale;
   il degrado, l'incuria e l'abbandono duraturo e strutturale hanno generato anche la presenza di elevati livelli di rischio ambientale e sanitario –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per prevenire eventuali danni a seguito di possibili eventi disastrosi che potrebbero colpire le popolazioni e cancellare i segni e le testimonianze che tracciano la identità storica dei luoghi e della comunità;
   se il Governo ritenga che sussistano i termini per deliberare la dichiarazione dello stato di emergenza, atteso che per fronteggiare la situazione emergenziale in atto, per i caratteri d'urgenza, non è sufficiente l'espletamento di procedure ordinarie, bensì si richiedono provvedimenti extra ordinem, al fine di attivare poteri straordinari in deroga alla, normativa vigente ed affidare, così, alla responsabilità del dipartimento della protezione civile la tempestiva esecuzione di preventivi sgomberi, demolizioni e ogni attività di messa in sicurezza;
   se il Governo ritenga di prevedere specifici interventi attraverso la rimodulazione dell'Accordo di programma siglato il 25 novembre 2010 e/o anche nella futura programmazione finalizzata alla mitigazione del rischio idrogeologico;
   se il Governo ritenga, altresì, che nell'ambito dei programmi di utilizzo dei Fondi europei, di intesa con la regione Calabria, di promuovere investimenti per l'attuazione di progetti finalizzati alla rigenerazione urbana, all'accrescimento dei livelli di inclusione e coesione sociale, alla ricostruzione della identità e della memoria storica, alla riqualificazione ed alla valorizzazione del patrimonio edilizio, architettonico, artistico, religioso e ambientale.
(2-01003) «Bruno Bossio, Covello, Magorno, Leva, Lodolini, Fragomeli, Lattuca, Oliverio, Sani, Aiello, Cardinale, Censore, Realacci, Losacco, Garavini, Miotto, Fregolent, Bersani, Sgambato, Vazio, Fiorio, Tino Iannuzzi, Palma, Mura, Morassut, Miccoli, Carloni, Martelli, Ginoble, Portas, Lacquaniti, Zampa, Carlo Galli, Gianni Farina, Stumpo, Pes».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   da qualche mese le aziende Wind e Tre Italia si stanno preparando a una grande operazione di fusione. È in fase di chiusura, infatti, l'intesa tra il tycoon cinese Li Ka-shing, patron della Hutchison Whampoa che controlla 3 Italia, e la Wind di VimpelCom sul futuro assetto manageriale delle attività italiane (si parla di fine giugno, inizio luglio 2015 stando alle notizie riportate sui giornali). Secondo gli analisti le compagnie di telecomunicazioni beneficerebbero della riduzione da quattro a tre degli operatori presenti sul mercato italiano e la società fusa sarebbe il maggior operatore mobile in Italia per numero di clienti (30 milioni). D'altra parte Telecom ha già beneficiato a marzo delle sempre più insistenti voci relative alla fusione con un rialzo del +7,7 per cento del titolo in borsa. Dato che le authority nazionali ed europee hanno già approvato operazioni di consolidamento nel settore in altri Paesi, gli analisti pensano che non ci saranno problemi neanche in questo caso;
   le ultime informazioni a disposizione per l'opinione pubblica sono state diramate il 12 maggio 2015 dall'agenzia Bloomberg e poi rilanciate dalle principali testate giornalistiche italiane: tali informazioni si limitano ai pochi dettagli finanziari sull'operazione e sui vertici della struttura organizzativa della nuova società, senza però soffermarsi su questioni importanti per i cittadini e i lavoratori. Inoltre, si parla di questa operazione solo in termini di generale consenso, come se questa fusione, migliorando la competitività nel settore, potesse essere la panacea di tutti i mali che attualmente affliggono le Telco in crisi. Per il presidente di telecom, Recchi, la fusione, oltre ai vantaggi finanziari, aiuterà la ripresa degli investimenti nella banda ultralarga. Eppure sono evidenti i limiti di questa generale visione ottimistica. Non è affatto detto che i clienti italiani beneficeranno davvero della riduzione degli operatori in termini di prezzi e trasparenza. La fusione potrebbe invece rappresentare un passo indietro della concorrenza a discapito dei lavoratori e dei consumatori. Tre gruppi si spartirebbero il 90 per cento del mercato con il risultato di far risalire le tariffe minime ad oggi praticate da Wind e H3G che costringono, in qualche modo, anche Tim e Vodafone a mantenere le offerte a prezzi popolari. Si ricorda che lo spirito delle liberalizzazioni è quello di ottenere, a parità di servizi offerti, un risparmio monetario per il consumatore: in questo contesto ad avviso dell'interrogante è fondato il dubbio che se H3G e Wind dovessero fondersi, creando un gigante da 30 milioni di clienti, verrebbero meno le «lepri» che negli ultimi anni hanno calmierato il settore;
   le due società, oltre ad avere un gran numero di dipendenti, hanno sedi differenti e quindi, in caso di fusione, è molto probabile che oltre alla riduzione di personale per sovrapposizione di competenze, saranno richieste ricollocazioni in altre sedi. I disagi potrebbero interessare migliaia di persone direttamente e indirettamente collegate alle aziende. È utile sottolineare infatti che le zone in cui tali aziende operano si avvantaggiano anche di un indotto lavorativo notevole (servizi di consulenza, ristorazione, sicurezza, logistica, pulizia). Ad esempio, la sede principale di H3G è a Trezzano Sul Naviglio, un piccolo paese in provincia di Milano che ha costruito una sua propria economia intorno agli uffici di questa azienda di telecomunicazioni. Questo indotto, in caso di fusione, verrebbe improvvisamente annientato con conseguenze che si possono immaginare solo in parte –:
   di quali elementi disponga il Governo circa il futuro dei dipendenti delle due società (Wind ha circa 7.000 dipendenti e Tre Italia ne ha circa 5.000);
   di quali elementi disponga circa la valutazione del Garante europeo sull'operazione in corso e se siano noti i dettagli di questa valutazione;
   se il Governo stia esaminando questa operazione per capire quali potrebbero essere gli effettivi impatti occupazionali e di mercato per il nostro Paese al netto dei vantaggi finanziari, in tal caso quali iniziative di competenza abbia pensato di intraprendere per tutelare i cittadini e non causare ulteriori aggravi in termini di aumento dei costi e perdita di posti di lavoro;
   quali iniziative abbia assunto perché l'operazione non si tramuti in una fredda transazione finanziaria i cui ricavi ad avviso dell'interpellante sono destinati a volare fuori dall'Italia a differenza dei costi che sono destinati a rimanere a carico dello Stato italiano;
   quali iniziative intendano assumere per evitare che le aziende straniere che operano sul nostro Paese guardino solo all'indice dei profitti senza nessuna responsabilità sociale sul territorio in cui operano.
(2-01001) «Melilla».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIORIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la procedura di conferimento della protezione costituisce, insieme al passaggio alle Dop ed Igp, una delle novità introdotta dalla riforma dell'Organizzazione comune di mercato vino del 2008, poi confluita nell'attuale «Ocm unica» così come disciplinata dal regolamento: (UE) numero 1308 del 2013;
   la domanda di protezione di una denominazione di origine o di una indicazione geografica può essere presentata da qualunque associazione di produttori e rappresenta uno strumento irrinunciabile per promuovere le specificità del settore, della tradizione e del rilievo socio-economico e culturale delle denominazioni nei principali Paesi vitivinicoli europei;
   la disciplina precedente era caratterizzata per un sistema centrato sulle decisioni assunte dagli Stati membri. Le autorità nazionali erano infatti le sole autorità competenti a riconoscere i «vini di qualità prodotti in regioni determinate» (Vqprd) ed i vini da tavola con indicazione geografica. Esse trasmettevano i relativi elenchi alla Commissione europea il cui compito si limitava alla pubblicazione degli stessi nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea dopo aver verificato la conformità delle decisioni nazionali con la disciplina vitivinicola comunitaria;
   la disciplina vigente ha introdotto, al contrario, un nuovo sistema, che a differenza del precedente, prevede una procedura di registrazione suddivisa in due fasi, una nazionale ed una comunitaria, un diritto d'opposizione e la decisione finale che spetta alla Commissione europea;
   tale novità (che presentava anche una fase transitoria conclusa il 31 dicembre 2011) ha comportato un aumento delle competenze a carico dei servizi della Commissione europea, a cui tuttavia sembra non aver fatto seguito un potenziamento dell'organico degli uffici della Direzione generale agricoltura e sviluppo rurale dell'Unione europea, la quale ha peraltro dovuto attuare il programma di riduzione della spesa imposto dalla stessa Commissione per far fronte ai tagli di bilancio decisi dagli Stati membri in occasione dell'adozione delle quadro finanziario pluriennale 2014-2020;
   tutto ciò ha portato, finora, ad un prevedibile allungamento dei tempi di risposta della Commissione europea, con moltissime pratiche che, a quanto risulta all'interrogante, sarebbero da alcuni anni in attesa di risposta;
   tali ritardi rischiano inevitabilmente di compromettere le attività dei produttori e ridurre le tutele nei confronti dei consumatori –:
   se quanto esposto in premessa, relativamente alle pratiche inevase dalla Commissione dell'Unione europea rispetto alle procedura di conferimento della protezione dei prodotti vitivinicoli corrisponda al vero, e quali interventi urgenti il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, nei confronti delle autorità europee, al fine di risolvere in tempi brevi questa grave problematica. (5-05744)


   CANCELLERI, FANTINATI e CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'ENIT (Agenzia nazionale del turismo) è l'Ente che ha il compito di promuovere l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e di favorirne la commercializzazione secondo i seguenti obiettivi: cura la promozione integrata delle risorse turistiche delle regioni; promuove le varie tipologie dell'offerta turistica nazionale; realizza le strategie promozionali a livello nazionale e internazionale, di informazione all'estero e di sostegno alla commercializzazione dei prodotti turistici italiani; svolge attività di consulenza e di assistenza per lo Stato, le regioni e per gli altri organismi pubblici in materia di promozione di prodotti turistici, individua idonee strategie commerciali che permettano all'Italia di presentarsi in modo efficace sui mercati stranieri; organizza servizi di consulenza, assistenza e collaborazione in favore di soggetti pubblici e privati, ivi compresi gli uffici e le agenzie regionali, per promuovere e sviluppare processi indirizzati ad armonizzare i servizi di accoglienza e di informazione ai turisti e attua forme di collaborazione con gli Uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli affari esteri;
   l'ordinamento dell'Agenzia è regolato dal decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2006 n. 207 recante il Regolamento di organizzazione e disciplina dell'Agenzia e segue lo Statuto adottato con decreto interministeriale del 10 dicembre 2007;
   secondo le stime sul 2014 dell'Organizzazione mondiale del Turismo (UNWTO World Tourism Barometer — Aprile 2015), l'Italia è alla sesta posizione dopo Stati Uniti, Spagna, Cina, Francia e Macao nella top ten delle destinazioni preferite del turismo internazionale;
   a giugno dello scorso anno il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, nomina Cristiano Luigi Raffaele Radaelli nuovo commissario straordinario dell'Enit con il compito di trasformarlo in un ente pubblico economico;
   il Presidente del Consiglio, come si evince dal DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana) di nomina del 16 giugno 2014, non ha conferito al commissario alcun potere straordinario proprio dell'incarico ma si è limitato ad attribuirgli lo svolgimento delle funzioni dell'organo collegiale di amministrazione. Tutte le deleghe operative, o meglio, quelle che il vecchio statuto dell'Enit inerenti alle attività gestionali dell'ente in ordine alla gestione finanziaria, tecnica, amministrativa e contabile, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, sono rimaste in mano al direttore generale, Andrea Babbi, che attualmente risulta indagato a Roma per presunti illeciti legati alla sua nomina –:
   quali iniziative, vista la situazione paradossale descritta in premessa, intendano adottare per far rimuovere il direttore generale Andrea Babbi attualmente indagato e affidare anche le deleghe operative all'attuale commissario straordinario dell'Enit Cristiano Luigi Raffaele Radaelli. (5-05747)


   DI VITA, GRILLO, BARONI, LOREFICE, MANTERO e SILVIA GIORDANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta dell'Assemblea del 30 novembre 2014 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/02679-BIS-A/170 su proposta di legge di bilancio, di cui l'interrogante è prima firmataria, riguardante lo stanziamento di risorse economiche finalizzate all'attuazione del piano d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità;
   con successiva lettera del 22 gennaio 2015 il servizio per il controllo parlamentare ha successivamente provveduto a segnalare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministero della salute 2 l'ordine del giorno n. 9/02679-bis-A/170, al fine di acquisire elementi conoscitivi in merito al seguito dato all'impegno in esso contenuto;
   da ultimo l'interrogante ha potuto prender cognizione della nota che il Ministro del lavoro e delle politiche ha trasmesso al servizio per il controllo parlamentare con lettera del 23 aprile 2015, relativa all'attuazione data, per la parte di propria competenza, a detto ordine del giorno;
   si legge in particolare nella nota: «Per quel che riguarda le azioni che si intendono avviare, si rappresenta che l'Osservatorio è stato ricostituito a luglio 2014 ed ha inteso focalizzare l'attenzione dei propri lavori su una serie di temi, fra i quali, ad esempio, la riforma del sistema di accertamento/riconoscimento della condizione di disabilità. A tale proposito è stato dato mandato al Comitato tecnico-scientifico di elaborare un piano articolato di lavori per il triennio 2014 – 2016 approvato nella sessione plenaria del 4 novembre 2014;
   prosegue la nota: «Tale piano (...) ha previsto l'individuazione di alcuni gruppi di lavoro, fra i quali un gruppo dedicato alla tematica “Riconoscimento della condizione di disabilità e valutazione multidimensionale finalizzata a sostenere il sistema di accesso e la progettazione personalizzata”, coordinato da Ministero della salute, Regioni e rappresentanti delle federazioni delle associazioni delle persone con disabilità, uno dedicato alla tematica del lavoro denominato “L'inclusione lavorativa e la protezione sociale” ed un terzo, collegato con la linea di intervento 5, denominato appunto “Processi formativi ed inclusione scolastica”» –:
   quale sia lo stato attuale di avanzamento dei lavori attuativi da parte degli organismi citati nella nota ministeriale e se intenda fornire periodici aggiornamenti dello stato dell'arte ai competenti organi parlamentari;
   chi siano i membri facenti parte di detti organismi e gruppi di lavoro citati nella nota e secondo quali criteri e modalità siano stati selezionati e incaricati;
   se possa indicare sin d'ora la cifra esatta o, in caso contrario, la stima pur approssimata della spesa che si intenda stanziare per l'elaborazione e l'attuazione del piano articolato di lavori per il triennio 2014 – 2016, citato in nota, approvato nella sessione plenaria dell'Osservatorio del 4 novembre 2014. (5-05753)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COLONNESE e BRESCIA. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   «La chiamano accoglienza, il business dell'accoglienza ai minori stranieri» è il titolo del video pubblicato su Fanpage.it in data 5 giugno 2015 nel quale alcuni ex collaboratori dell'Associazione ricreativa culturale italiana con sede a Napoli descrivevano le condizioni in cui vivrebbero i minorenni stranieri non accompagnati presso sei strutture gestite dall'Arci Napoli nel comune di Casoria. Secondo tali testimonianze i minori alloggerebbero in appartamenti con infiltrazioni d'acqua, infestati da scarafaggi e in pessime condizioni igienico-sanitarie. Detti collaboratori denunciavano più volte l'inconcepibile assenza di controlli medici e di mediatori culturali, figure professionali necessarie ai fini del percorso di integrazione, in quanto hanno il compito di facilitare l'inserimento dei cittadini stranieri nel contesto sociale del Paese di accoglienza, esercitando la funzione di tramite tra i bisogni dei migranti e le risposte offerte dai servizi pubblici. Inoltre, le fonti su esposte chiarivano che, in assenza di controlli medici, erano loro stessi ad accompagnare i minori presso l'ospedale Cotugno di Napoli e quindi a scoprire che diversi giovani migranti risultavano denutriti, notevolmente disidratati, affetti da scabbia nonché da malattie infettive. Parimenti erano spesso gli operatori e i volontari del servizio civile ad anticipare di tasca propria le spese riguardanti il vitto dei ragazzi ospitati, poiché le dispense delle strutture risultavano spesso vuote;
   nel 2014 arrivavano in Italia oltre dodicimila minori stranieri non accompagnati, ovvero, bambini e ragazzi che fuggendo da guerre, fame e persecuzioni, giungevano in un Paese in cui, come se non bastasse il loro vissuto, imperversa la follia di gente senza scrupoli che usa questi ragazzi per trarre profitti personali e li abbandona per mesi nella disperazione. L'ordinamento italiano prevede che vengano forniti loro assistenza ed un percorso di integrazione e a questo scopo nel 2015 questo Governo ha istituito un fondo di emergenza per il miglioramento delle capacità di accoglienza: circa 7,5 milioni di euro destinati a dieci progetti da 140 mila euro in tutto il territorio nazionale –:
   se siano a conoscenza di quanto in premessa;
   se intendano immediatamente fare chiarezza, per quanto di competenza ed autonomamente rispetto alla magistratura, sulla gestione sospetta delle strutture di cui sopra;
   come intendano intervenire concretamente al fine di assicurare la corretta gestione del fondo di emergenza e la tutela dei diritti dei minori ospitati nelle strutture gestite dall'Arci Napoli come in tutte le strutture dislocate sul territorio italiano. (4-09399)


   DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, BARONI e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza 3851/14 del 9 aprile 2014, il tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio si è pronunciato su un giudizio avviato dall'ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale), con l'intervento di supporto (ad adiuvandum) della FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), contro una serie di messaggi e circolari con cui l'INPS, tra il 2011 e il 2012, aveva disciplinato proprio i controlli dei piani straordinari di verifica sui cosiddetti «falsi invalidi» per 500.000 persone;
   il TAR è stato molto chiaro e netto nella sua pronuncia: «Le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sui cosiddetti “falsi invalidi” sono state illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e i dati forniti dall'istituto “gonfiati” e forieri solo di costi per l'Amministrazione»;
   a partire dal 2011, dunque, dopo aver già effettuato 300 mila controlli nei due anni precedenti, l'INPS, in via unilaterale ed anche in contraddizione rispetto alle garanzie previste dalla normativa statale, ha modificato progressivamente le modalità delle verifiche straordinarie, stabilendo di far rientrare, nei controlli a campione, anche gli invalidi per i quali era già stata precedentemente prevista una rivedibilità;
   così facendo il numero delle revoche, alla fine dei controlli «straordinari», è risultato artificiosamente elevato: sono state sommate anche le posizioni comunque già considerate rivedibili e, in larga misura, in ogni caso destinate a revoca;
   la sentenza, si ribadisce, riconosce in ultima analisi che le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sono state «illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità» e sconfessa ancora una volta anche i dati forniti dall'istituto in materia;
   il 20 maggio 2015 si è svolta presso la Commissione XII della Camera la pubblica audizione del presidente dell'Inps Tito Boeri sulle forme di assistenza gestite dall'Inps, sulle misure di lotta alla povertà e sulle prospettive dell'introduzione del reddito minimo come strumento di lotta alla povertà;
   in quella stessa sede, interpellato relativamente agli esiti del succitato piano di verifiche straordinarie, il responsabile della direzione centrale assistenza e invalidità civile dell'INPS, Marco Ghersevich, dichiarava quanto segue: «Sostanzialmente – mi riferisco al problema delle verifiche straordinarie dell'invalidità civile – già più volte [in occasione di risposta ad] interrogazioni parlamentari e question time che sono stati fatti, l'Istituto ha sottolineato il fatto che le verifiche straordinarie dell'invalidità civile nulla avevano a che fare con i falsi invalidi, no, perché l'attività dell'Istituto è stata quella di verificare il requisito della permanenza di certe caratteristiche e quindi su quella base poter o meno confermare o ridurre l'accertamento sanitario che era stato fatto e dunque il livello di invalidità.» (fonte: http://webtv.camera.it/evento/7914, minuti 1:05:25 - 1:08:54);
   l'interrogante ha potuto scorgere una certa contraddizione nelle dichiarazioni sopra riportate rese nel corso della citata audizione, ritenendo le stesse oggettivamente inconciliabili con la stessa indicazione letterale della disposizione di legge che ha dato il via ai controlli straordinari medesimi, ovvero l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, rubricata inequivocabilmente «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», soprattutto se confrontate con altrettante dichiarazioni rese dal direttore Ghersevich sul medesimo argomento appena nel 2011, ovvero nel pieno della campagna di controlli straordinari;
   il 25 ottobre 2011 veniva infatti firmata a L'Aquila una convenzione sui criteri per l'accertamento dei soggetti beneficiari e sui tempi di attuazione dall'allora presidente della regione, Gianni Chiodi, e Ghersevich, allora in qualità di presidente dell'INPS Abruzzo;
   ebbene, già nel corso di quella conferenza stampa d'annuncio non mancarono riferimenti al fatto che quella convenzione sarebbe anche servita per scovare i falsi invalidi: «È un altro aspetto importante dell'accordo con l'INPS — diceva Chiodi — che tende al rafforzamento di quel welfare meritocratico secondo cui deve usufruire della prestazione di invalidità solo chi ne ha veramente diritto. È una battaglia difficile ma necessaria, perché in un momento così difficile per il Paese non c’è spazio per i furbi e per quella classe politica che sulle pensioni di invalidità ha costruito gran parte del proprio consenso elettorale. E questa intesa tende anche al superamento di questa impostazione culturale e politica»;
   quanto al direttore Ghersevich, in un'intervista rilasciata in quella stessa sede, oltre a fornire alcune cifre relative ai controlli programmati per la regione Abruzzo, ebbe modo di precisare che «la consistenza e il numero dei controlli sulle false invalidità viene stabilito ogni anno dalla sede centrale per tutta l'Italia» –:
   se intenda fornire in merito i chiarimenti ritenuti opportuni alla luce di quanto rilevato in premessa, in particolare relativamente all'affermazione resa dal direttore Ghersevich nel corso dell'audizione citata relativamente alla circostanza che «(...) già più, volte [in occasione di risposta ad] interrogazioni parlamentari e question time che sono stati fatti, l'Istituto ha sottolineato il fatto che le verifiche straordinarie dell'invalidità civile nulla avevano a che fare con i falsi invalidi (...)», precisando in particolare se con tale dichiarazione lo stesso abbia inteso disconoscere ufficialmente l'obiettivo originario del piano di verifiche straordinarie;
   se possa indicare dunque con esattezza quale sia stato l'obiettivo precipuo del piano medesimo;
   infine, nell'ipotesi in cui il concetto che il direttore Ghersevich avrebbe inteso comunicare con detta dichiarazione fosse stato espresso o inteso erroneamente, se intenda comunque di contestualizzarne e chiarirne il significato e la portata esatti.
(4-09401)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   la Commissione europea ha presentato, nel marzo 2014, una proposta di regolamento (COM(2014) 111 definitivo) intesa ad istituire un sistema volontario di dovere di diligenza rivolto ad importatori e produttori a monte di stagno, tantalio, tungsteno e oro, con l'obiettivo di recidere i legami tra il commercio e l'estrazione di minerali e il finanziamento di conflitti armati. I Paesi ricchi di minerali e dilaniati da conflitti possono, infatti, trovarsi in un circolo vizioso: gli introiti delle risorse estratte illegalmente alimentano rivolte armate;
   il regolamento si basa sulle linee guida elaborate dall'OCSE sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile di minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio; esse si basano sull'idea che le aziende lungo tutta la catena di approvvigionamento (dalla miniera o dal sito di ottenimento al consumatore finale) attuino processi che le aiutino a individuare, attenuare e denunciare pubblicamente i rischi nelle proprie catene di approvvigionamento;
   stagno, tantalio, tungsteno e oro sono utilizzati in molti prodotti di consumo in Europa, in particolare nei settori dell'industria automobilistica, dell'elettronica, aerospaziale, dell'imballaggio, delle costruzioni, dell'illuminazione, dei macchinari industriali, così come nella gioielleria;
   il 19 maggio 2015, il Parlamento europeo ha approvato un emendamento alla proposta della Commissione europea che introduce la tracciabilità obbligatoria per le 800.000 imprese dell'Unione europea che utilizzano stagno, tungsteno, tantalio e oro nella fabbricazione di prodotti di consumo. Tali imprese dovranno informare su tutte le misure prese per identificare e risolvere i rischi connessi alla loro catena di approvvigionamento;
   di contro, la proposta della Commissione europea è su base volontaria – un'analisi della Commissione, nel 2013, ha svelato che soltanto il 4 per cento delle 330 aziende analizzate compiva volontariamente il dovere di diligenza – e limitata alle imprese importatrici di materie prime escludendo i minerali reperiti nei manufatti semilavorati o nella componentistica e che riguarderebbe dunque solo lo 0,5 per cento delle imprese europee;
   dopo il voto del Parlamento europeo, toccherà agli Stati membri esprimere la propria posizione, per poi avviare i negoziati fra i due co-legislatori, essendo la procedura legislativa di co-decisione;
   sembrerebbe che in merito alla questione della volontarietà o obbligatorietà del regolamento, la maggior parte dei Paesi membri, compresa l'Italia, condivida la proposta della Commissione che esclude l'approccio obbligatorio, ritenendolo non necessario per il raggiungimento dell'obiettivo e sostiene dunque la volontarietà –:
   se, alla luce del dibattito e del voto del Parlamento europeo, il Governo assumerà in seno al Consiglio una posizione che preveda una tutela più stringente riguardo alla tracciabilità obbligatoria dei minerali provenienti da aree di conflitto, conformemente all'emendamento approvato dal Parlamento europeo.
(2-01005) «Quartapelle Procopio, Preziosi, Raciti, Prina, Zanin, Paolo Rossi, Galperti, Zappulla, Rocchi, Rampi, Giuditta Pini, Porta, Romanini, Marco Di Maio, Fanucci, Marcon, Palazzotto, Ascani, Marantelli, Grassi, Giampaolo Galli, Misiani, D'Incecco, Fedi, La Marca, Verini, Melilla, Arlotti, Dallai, Nardi, Pes, Adornato, Berlinghieri, Chaouki, Schirò, Scuvera, Tidei, Laforgia, Bonomo».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come è noto dall'anno 1992 in Italia sono state vietate la lavorazione, l'importazione e la commercializzazione di amianto. Tuttavia, come denunciato nella trasmissione televisiva «Report» alla puntata del 7 giugno 2015, tale divieto, ad oggi, non viene rispettato;
   sul punto, si è appreso che l'ente minerario del Governo indiano ha pubblicato un documento che individua l'Italia addirittura come il primo importatore di amianto: solo nell'anno 2011 ne risultano importate 1040 tonnellate;
   un dossier di una società di consulenza inglese afferma che l'Italia ha esportato amianto regolarmente almeno fino all'anno 2014; nel 2013 le importazioni sono avvenute anche da Stati Uniti e Cina;
   addirittura, dal 2013, è stata individuata specificamente la presenza di amianto sugli elicotteri della Guardia di finanza. Si tratta di tre linee di elicotteri prodotti dalla società AugustaWestland interamente partecipata dalla holding statale Finmeccanica, che fornisce da più di vent'anni elicotteri a tutti gli organi armati dello Stato (Polizia carabinieri, esercito). A riguardo, quando nel 2013 è stato scoperto che, nella sezione aerea delle, Fiamme Gialle di Pratica di Mare, l'aria era contaminata da particelle di amianto, la Guardia di finanza ha richiesto formalmente informazioni alla AugustaWestland per sapere se a bordo degli elicotteri era presente dell'amianto e a tale quesito la società ne ha affermato la potenziale presenza, in alcune delle componenti installate. Pertanto, la Guardia di finanza ha proceduto alle opportune verifiche attraverso dei campionamenti che hanno confermato la presenza di amianto sugli elicotteri, addirittura su più di 200 componenti degli stessi. È questo un fatto gravissimo che ha messo a serio rischio la salute dei finanzieri che compiono operazioni a diretto contatto con tali componenti soggetti a periodica manutenzione. Se non fossero stati effettuati i dovuti accertamenti, i finanzieri avrebbero continuato ad essere ignari rispetto alla presenza di amianto sugli elicotteri forniti dalla AugustaWestland, da oltre vent'anni; è dunque chiaro che tale società ha continuato, contro legge, ad utilizzare amianto anche dopo l'anno 1992;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Galletti, intervistato durante la medesima puntata di «Report», ha affermato di non essere al corrente del fatto che l'Italia continua ad importare amianto e che, in particolare, lo stesso viene «venduto» da Finmeccanica attraverso la fornitura di elicotteri della AugustaWestland. Il Ministro, a tal proposito, ha dichiarato che avrebbe proceduto a tutti gli approfondimenti del caso;
   ad avviso dell'interrogante è assurdo che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non sia a conoscenza del fatto che negli anni in Italia non sia stato rispettato il divieto di utilizzo di amianto, considerando che esistono documenti pubblici che provano tale violazione. In particolare, tali informazioni dovevano essere acquisite soprattutto quando nel 2013 è stato accertato che gli organi armati dello Stato erano forniti dalla società AugustaWestland di elicotteri in cui era presente l'amianto;
   la gravità dei fatti esposti rende necessario adottare urgenti provvedimenti per impedire l'ulteriore importazione e utilizzo di amianto in Italia, avvenuto fino ad oggi in violazione della normativa che ne ha vietato la lavorazione, l'importazione e la commercializzazione;
   inoltre, è necessario adottare concrete iniziative nei confronti della AugustaWestland e di tutti quei soggetti per i quali venga accertata la violazione della normativa in materia, in quanto non è accettabile che restino impunite condotte così gravi che mettono a rischio la salute dei cittadini. Sul punto, tra l'altro, è estremamente grave e paradossale che si tratti di una società interamente partecipata da una holding statale, qual è Finmeccanica –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito ai fatti premessi e quali iniziative abbia adottato per accertare i fatti, come lo stesso ha dichiarato nell'intervista alla trasmissione «Report»;
   se e quali urgenti iniziative intenda intraprendere il Ministro affinché vengano individuati i soggetti vigilati che hanno continuato ad acquistare e/o vendere e/o utilizzare amianto anche come risulta dai documenti citati in premessa, adottando i conseguenti e dovuti provvedimenti;
   se e quali urgenti provvedimenti intenda adottare il Ministro nei confronti della società AugustaWestland, interamente partecipata dalla holding statale Finmeccanica, che ha palesemente violato il divieto di utilizzo di amianto mettendo a rischio la salute dei cittadini e, in particolare, di coloro che fanno parte degli organi armati dello Stato, a cui per oltre venti anni ha fornito elicotteri in cui è stata accertata la presenza di eternit.
(5-05754)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VITO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   giovedì 14 maggio un'ondata di maltempo ha colpito l'Ovest Ticino;
   come evidenziato da moltissime testate giornalistiche e altri mezzi di informazione, dal fenomeno meteorologico non è stato risparmiato il campo allestito nella caserma Babini di Bellinzago Novarese per ospitare gli alpini friulani dell'Ottavo Reggimento di Cividale e Venzone, mandati in Lombardia per occuparsi della sicurezza all'Expo di Milano. Il maltempo ha sferzato l'accampamento nel quale erano stati sistemati oltre 250 fra ufficiali, sottufficiali e truppa e l'acqua ha invaso le tende, danneggiando gli effetti personali, gli zaini, le scarpe, la biancheria e le divise;
   non si comprendono le ragioni della scelta di distaccare i militari dell'Esercito nella tendopoli della caserma Babini, anche in considerazione del fatto che il personale di tutte le altre componenti dell'apparato di sicurezza, come polizia, carabinieri, guardia di finanza sono stati alloggiati in strutture adeguate e le caserme disponibili per l'accoglienza non mancano –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per rimediare ai disagi provocati da questa scelta inappropriata e per garantire ai militari dell'Esercito inviati ad occuparsi della sicurezza all'Expo di Milano, alloggiamenti a condizioni accettabili. (5-05755)

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il sistema d'indennizzo per gli operatori economici della pesca per sgombero degli specchi d'acqua interessati da esercitazioni militari è basato sull'articolo 15 della legge n. 898 del 24 dicembre 1976, successivamente modificata da vari protocolli d'intesa tra cui spiccano, in particolare, quelli del 9 settembre 1999 e dell'8 settembre 2005, con i quali sono censiti i luoghi aventi diritto all'indennizzo;
   le imprese di pesca beneficiarie dell'indennizzo sono costituite dai proprietari-armatori o dagli armatori delle imbarcazioni da pesca regolarmente iscritte negli uffici circondariali/locali marittimi indicati nei suddetti protocolli. Nello specifico tale indennizzo viene riconosciuto agli operatori economici della pesca per sgombero di specchi d'acqua interessati da esercitazioni militari operanti nei comuni indicati di volta in volta dal protocollo d'intesa dell'8 settembre 1999 e successive integrazioni, stipulate tra il Ministero della difesa e la regione autonoma della Sardegna, relativamente al tratto di mare interdetto in occasione dei giochi di guerra che, per lunghi tratti dell'anno, interessano il poligono interforze di Capo Teulada. Per cui i pescatori percepiscono un indennizzo da parte dello Stato per i mancati introiti della pesca lungo gli ottanta chilometri di costa sarda, perennemente o per buona parte dell'anno interdetta proprio a causa delle esercitazioni militari;
   si parla di cifre notevoli, la fonte è direttamente il Ministero della difesa. Difatti, per compensare le mancate giornate di lavoro imposte dalle attività militari, solo nel 2013 lo Stato ha distribuito 7,6 milioni di euro, con una media annuale di oltre 16 mila euro a persona, concessi a 465 pescatori, sparsi in 18 comuni costieri, con una media annuale di 16 mila 344 euro a persona. In pratica uno stipendio per ciascuno di loro di circa 1.362 euro al mese. E questo, attenzione, è quanto viene indennizzato non a ciascuna barca, ma a persona. Il Ministero della difesa ha erogato 12.793.718,37 euro alla regione sarda, per le annualità comprese dal 2005 al 2009, per i contributi quinquennali a favore delle Regioni oberate da servitù militari e 6.321.571,48 di euro per gli indennizzi a favore, degli operatori economici per la pesca per sgombero di specchi d'acqua dovuti ad esercitazioni militari per il 2010;
   ma accanto a coloro che si sono battuti per ottenere questo riconoscimento c’è gente che non è mai uscita un giorno in mare in tutta la sua vita ma riceve ugualmente l'indennizzo;
   il problema da chiarire, naturalmente, non è l'indennizzo, che è pubblico e documentato, ma i meccanismi che lo determinano, le condizioni in base alle quali esso è concesso. L'indennizzo viene dato al singolo pescatore e non alla barca. Per cui molti, negozianti, artigiani, operai, disoccupati, hanno comprato vecchi scafi, hanno ottenuto la licenza grazie a certe cooperative compiacenti e fanno figurare come equipaggio i parenti, tra cui figli, zii, nipoti, qualcuno persino i nonni. Ci sono famiglie che così si portano a casa anche 60 mila euro in un anno, senza mai uscire in mare e in certi casi senza neanche sapere dove si trovano le coste del poligono;
   il problema si è posto con il passare del tempo allorquando si sono moltiplicati i pescatori aventi diritto all'indennizzo. Il che fa lecitamente sospettare che molti di essi in realtà non siano pescatori;
   il fenomeno interessa anche comuni lontanissimi dai poligoni di Teulada (28 chilometri di costa estesi per sei miglia al largo) e Capo San Lorenzo (circa 50 chilometri di costa). L'indennizzo è distribuito in maniera decrescente: le marinerie più vicine alle servitù militari ricevono i risarcimenti più alti: in certi casi anche 20 mila euro all'anno a testa, fino ad arrivare ai 4/5 mila euro di coloro che distano decine e decine di chilometri dalle zone interessate dalle esercitazioni;
   non vi è alcun controllo, le domande vengono presentate al comune dai pescatori che hanno ottenuto la licenza e il comune le trasferisce direttamente al Ministero della difesa, che paga senza nessuna verifica. È giusto assicurare il dovuto indennizzo ai pescatori danneggiati dall'imposizione di servitù militari, ma occorre controllare come oggi vengono distribuiti questi indennizzi, per impedire che ci sia chi ne usufruisce senza diritto e per evitare spreco di denaro pubblico;
   per cui quindi si rende necessario procedere ad un accurato controllo al fine di scongiurare tali rischi. Perché se si dovesse scoprire che vi sono falsi pescatori che hanno intascato ingiustamente l'indennizzo, chi ne pagherà le conseguenze saranno i pescatori onesti;
   nasce la sensazione che lo Stato, qualora non intendesse procedere a tali controlli, voglia acquistare il consenso dei pescatori a favore delle servitù militari;
   il dubbio che emerge è che l'indennizzo non sia altro che la contropartita che lo Stato offre per ottenere il compiacimento dei pescatori per le servitù militari, danneggiando una delle attività economiche tra le più frequenti sull'isola. Di conseguenza ne deriva che l'indennizzo viene concepito come una sorta di rendita. In Sardegna sono presenti il 65 per cento delle servitù militari dello Stato, terreni tolti al libero uso della comunità e che grava come un macigno sulla possibilità di sviluppo economico dell'isola –:
   se il Ministro sia conoscenza di tale situazione e se sia possibile comunicare gli elenchi dei soggetti che hanno ricevuto gli indennizzi negli anni, onde verificare la loro titolarità all'ottenimento di tale riconoscimento. (4-09398)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GEBHARD. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, prevede che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per somministrazioni, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo;
   in attuazione del predetto articolo, sono stati emanati i due decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, uno del 25 giugno 2012, recante le modalità per la compensazione dei crediti nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, l'altro del 19 ottobre 2012 sulle modalità per la compensazione dei crediti nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
   l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, ha da ultimo prorogato al 30 settembre 2013 il termine entro il quale le cartelle di pagamento e gli atti di cui agli articoli 29 e 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, devono essere stati notificati per poter accedere alla compensazione;
   tale procedura di compensazione dei crediti certi liquidi ed esigibili, vantati dalle imprese che hanno servito lo Stato ma che non hanno ricevuto le relative spettanze nei tempi e nei modi pattuiti, e le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, ha certamente rimesso in moto un sistema di regolarità nel pagamento di debiti che le imprese avevano accumulato verso lo Stato stesso, tanto che molte imprese, infatti, hanno ritrovato ossigeno potendo usufruire di tutti i crediti fin ad allora solo accumulati, e mai potuti utilizzare;
   tuttavia, l'effetto benefico sulle imprese del meccanismo compensativo viene meno, o viene notevolmente ridotto, nella misura in cui è possibile compensare solo le cartelle di pagamento che siano state notificate entro il 30 settembre 2013 –:
   se ritenga possibile assumere iniziative per prorogare la data del 30 settembre 2013, fissata per il limite all'utilizzo del meccanismo compensativo per i crediti vantati dalle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, al fine di permettere alle imprese di continuare a compensare anche debiti di recente iscrizione a ruolo, visti gli effetti benefici di tale procedura sulle imprese interessate e nell'ottica di una trasformazione della norma da occasionale e d'urgenza a meccanismo strutturale per la compensazione dei debiti della pubblica amministrazione. (5-05750)


   CAUSI e ARLOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il paragrafo 1 dell'articolo 18 della Convenzione Italia — San Marino contro le doppie imposizioni entrata in vigore il 1o gennaio 2014 prevede che «fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 dell'articolo 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato Contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato»;
   secondo quanto previsto dal commentario all'articolo 18, paragrafo 1, del modello OCSE, le tipologie di pagamento ricomprese nell'ambito di applicazione dell'articolo 18 includono non solamente le pensioni pagate direttamente all'ex dipendente ma anche agli altri beneficiari (ad esempio, al consorte sopravvissuto, agli accompagnatori o ai figli dei dipendenti), nonché ai compensi corrisposti relativamente a un passato rapporto di lavoro e alle pensioni relative ai servizi resi a uno Stato o a una sua suddivisione politica o ente locale, che non rientrano nelle disposizioni di cui al paragrafo 2 dell'articolo 19;
   il paragrafo 3 dell'articolo 18 della predetta Convenzione prevede che, nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le pensioni e altri pagamenti analoghi ricevuti nell'ambito della legislazione di sicurezza sociale di uno Stato contraente siano imponibili soltanto in detto Stato;
   secondo quanto previsto dal suddetto commentario all'articolo 18 del Modello OCSE (paragrafo 28), l'espressione «sicurezza sociale» si riferisce a un sistema di protezione obbligatoria istituito da uno Stato con l'obiettivo di garantire ai propri cittadini un livello minimo di reddito o di benefici pensionistici o di ridurre l'impatto finanziario di eventi quali disoccupazione, invalidità, malattia, o morte;
   secondo la «Circolare esplicativa dell'ambito di applicazione dell'articolo 18, paragrafi 1 e 3, della Convenzione contro le doppie imposizioni – sottoscritta con la Repubblica italiana – 30 gennaio 2014», num. 00014227/2014 del 7 febbraio 2014 della Segreteria di Stato finanze e bilancio della Repubblica di San Marino, rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 18, paragrafo 1 della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-San Marino le pensioni erogate in via facoltativa sulla base di una contribuzione volontaria del lavoratore e ne deriva che le pensioni in commento, qualora corrisposte, su base facoltativa, da parte di un ente sammarinese nei confronti di una persona fisica residente nel territorio dello Stato italiano ai sensi dell'articolo 4 della stessa Convenzione, sono imponibili soltanto in Italia;
   per converso, in base alla medesima circolare rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 18 paragrafo 3 della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-San Marino le seguenti prestazioni pensionistiche, in quanto previste come obbligatorie nell'ambito della vigente legislazione sammarinese sulla sicurezza sociale: le pensioni corrisposte dall'Istituto per la sicurezza sociale sammarinese ai residenti italiani, ivi comprese le pensioni corrisposte ai superstiti e le pensioni di reversibilità; le pensioni di Stato, e, in generale, tutte le pensioni corrisposte e obbligatorie in virtù di una disposizione normativa sammarinese, ivi comprese le pensioni corrisposte ai superstiti e le pensioni di reversibilità; pertanto, l'ente sammarinese che eroga le prestazioni pensionistiche deve operare la ritenuta a titolo d'imposta;
   la direzione regionale dell'Emilia-Romagna dell'Agenzia delle entrate ha recentemente risposto all'interpello di un titolare di una pensione diretta erogata dallo Stato di San Marino, maturata a seguito di contribuzione versata per avere svolto attività di lavoro dipendente come frontaliere, asserendo nel proprio parere che la pensione stessa risulterebbe assoggettabile a imposizione esclusivamente in Italia, quale Stato di residenza;
   nella risposta la suddetta direzione ha affermato che «le pensioni erogate al residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del beneficiario (nel caso in specie in Italia), cui compete una potestà impositiva esclusiva» e che qualora il contribuente subisca una misura impositiva sul medesimo reddito anche da parte dell'autorità sammarinese, vi sia la possibilità di esperire la richiesta di apertura di procedura amichevole (MAP) di cui all'articolo 25 della Convenzione; la risposta conclude facendo presente che «nella situazione sopra descritta, resta esclusa la possibilità di fruire del credito di imposta previsto dall'articolo 165 del TUIR»;
   tale parere appare in netto contrasto con quanto dispone il comma 3 dell'articolo 18 dell'Accordo contro le doppie imposizioni sottoscritto e ratificato da Italia e San Marino ed entrato in vigore il 1o gennaio 2014, e rischia di aprire una questione decisamente critica per i 1.468 titolari di pensione ISS che risiedono fuori del territorio della Repubblica di San Marino (per un totale delle pensioni erogate mensilmente pari a 1.083.798,89 euro);
   l'Agenzia delle entrate, interpellata nell'aprile 2014 ha chiarito che la sentenza della Cassazione, sez. tributaria, n. 1550/2012 ha ricompreso nella nozione di sicurezza sociale sia il trattamento assistenziale, sia quello previdenziale, confermando così la correttezza dell'impostazione data dalla Segreteria di Stato alle finanze della Repubblica di San Marino, che ha applicato la tassazione diretta da gennaio 2014, così come prevedono i parametri internazionali e il commentario Ocse, in questo caso per i redditi prodotti a San Marino;
   si è ancora in assenza di risposte da parte della commissione tecnica prevista dall'Accordo contro le doppie imposizioni che, ad oggi, nonostante i solleciti, non ha assunto una decisione univoca e dirimente –:
   alla luce di quanto esposto e dell'interpretazione data dalla Direzione regionale dell'Emilia-Romagna dell'Agenzia delle entrate, e in presenza di evidenti contraddizioni, se non ritenga necessario un chiarimento urgente e definitivo in merito al tema della tassazione delle pensioni dei frontalieri italiani che percepiscono la pensione dall'ISS e che in questi giorni sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi. (5-05751)


   PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, PISANO, RUOCCO, FICO, BUSINAROLO, SORIAL, GALLINELLA, D'INCÀ, BRUGNEROTTO, TRIPIEDI, LUIGI DI MAIO, CARINELLI, CANCELLERI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo del 24 settembre 2013 a firma Sergio Patti pubblicato su «La Notizia-Giornale.it» è riportato testualmente: «Di andare davvero in pensione, tra questi grandi dirigenti dello Stato, non c’è proprio voglia. E, allora ecco che un altro potentissimo, lo stesso capo del personale dell'Agenzia delle entrate, Girolamo Pastorello, arrivato ai 64 anni (il 13 aprile scorso) ha già inoltrato (a se stesso ?) la domanda per restare in carica almeno altri due anni, fino ai 67. Uomo risoluto, dai metodi notoriamente urticanti, legatissimo a Befera, Pastorello ricopre consecutivamente lo stesso incarico al personale da 13 anni, nonostante la legge (come il buon senso) indichi chiaramente la necessità di far rotare negli incarichi quei dirigenti che occupano posizioni delicate e fondamentali per le amministrazioni»;
   il dirigente di cui si parla nell'articolo sembra che ancor oggi sia direttore del personale dell'Agenzia delle entrate pur essendo in pensione;
   con la sentenza n. 37 del 17 marzo 2015 la Corte costituzionale:
    1) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44;
    2) ha dichiarato, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15;
    3) ha dichiarato, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative);
   il tutto a conferma di una gestione del personale dirigenziale che appare agli interroganti alquanto arbitraria e poco consona ad un ente pubblico;
   il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e la circolare n. 2 del 2015 del Ministro Madia in materia di soppressione del trattenimento in servizio e modifica della disciplina della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, disciplinano anche la durata dei rapporti di lavoro del personale della pubblica amministrazione;
   oltre al proliferare di incarichi illegittimi secondo la sentenza n. 37 del 2015 della Corte Costituzionale, si aggiungono dubbi sull'inutilità di numerose attribuzioni di incarichi nonché la mancanza di trasparenza sui criteri adottati per la loro assegnazione –:
   se il dottor Girolamo Pastorello ricopra attualmente il ruolo di direttore centrale del personale e, in caso affermativo, quali siano le motivazioni e i presupposti giuridici in base ai quali lo stesso ricopre il detto incarico, nonché quale sia l'entità del compenso, indennità o altro emolumento che percepisce per l'incarico conferitogli. (5-05752)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 53, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, al fine di favorire il compiuto, ordinato ed efficace riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei comuni, ha ridefinito, inderogabilmente al 31 dicembre 2013 i termini di cui all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, per la cessazione, da parte delle società del gruppo Equitalia delle attività di riscossione per conto dei comuni e delle società partecipate dai medesimi;
   conseguentemente ai comuni è stata data la possibilità di effettuare la riscossione coattiva delle proprie entrate, anche tributarie, avvalendosi di società private;
   applicando le disposizioni di cui sopra, moltissimi comuni, di cui oltre 400 situati in Lombardia, hanno affidato la gestione degli incassi ad AIPA spa, una società specializzata nei servizi di accertamento e riscossione dei tributi locali, seconda solo ad Equitalia per raccolta e capillarità;
   nel marzo del 2014, con l'accusa di aver sottratto 7 milioni di euro dalle casse di enti locali, è stato arrestato Daniele Santucci l'ex-presidente della società;
   a circa un anno dal termine dell'indagine penale, da fonti di stampa si apprende che la guardia di finanza di Lecco abbia eseguito alcuni sequestri conservativi dei conti correnti e delle proprietà riconducibili alla società di riscossione tributaria Aipa spa;
   dagli approfondimenti dell'indagine emergerebbe che, ai circa 800 comuni che hanno affidato la gestione degli incassi ad AIPA spa — di cui oltre 400 in Lombardia — sarebbe giunta solo parte di quanto in loro nome riscosso a titolo di imposte comunali; la magistratura contabile ha emesso sequestri a garanzia del danno erariale;
   la magistratura contabile starebbe vagliando anche la posizione di alcuni amministratori locali, di alcuni dipendenti e degli organi di controllo dell'Aipa spa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative se del caso normative intenda intraprendere per fornire il necessario supporto ai comuni coinvolti perché si ripristini la piena operatività della riscossione in vista delle prossime scadenze tributarie nonché l'esclusione di eventuali penalizzazioni, anche ai fini del rispetto del patto di stabilità, nel caso in cui l'ammanco delle entrate comporti per i comuni coinvolti squilibri significativi per l'assetto del bilancio nonché per garantire che i contribuenti dei comuni coinvolti non siano tenuti a versare nuovamente le imposte che non sono state riscosse. (5-05749)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUENO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   servizio di pagamento delle prestazioni pensionistiche all'estero interessa una platea di circa 370.000 persone;
   i pensionati residenti all'estero possono richiedere il pagamento delle suddette prestazioni con le seguenti modalità: a) nel Paese estero di residenza con accredito su conto corrente o allo sportello; b) in altro Paese estero, diverso da quello di residenza, unicamente con la modalità dell'accredito in conto corrente; c) in Italia, con accredito su conto corrente o allo sportello tramite delegato;
   con alcuni Paesi sono in vigore apposite Convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito, in base alle quali ciascuno Stato contraente individua i propri residenti fiscali;
   tali convenzioni prevedono generalmente che le pensioni corrisposte a cittadini non residenti siano tassate in modo diverso a seconda che si tratti di pensioni delle gestioni previdenziali dei lavoratori pubblici o dei lavoratori privati;
   con il Venezuela il 10 febbraio 1992 è stata stipulata una apposita Convenzione e il pagamento delle pensioni viene effettuato presso la corrispondente di Citibank, e cioè Italcambio;
   l'articolo 18 prevede espressamente al comma 1, che: «le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato»;
   all'articolo 23, comma 3, viene specificato che: «se un residente del Venezuela possiede redditi che conformemente alle disposizioni della Convenzione sono imponibili in Italia, detti redditi saranno esentati dall'imposta venezuelana sul reddito»;
   per verificare i redditi da pensioni l'Inps ha inviato a tutti i residenti all'estero il modello RED-EST;
   nuovo modello inviato dall'INPS a tutti i pensionati italiani residenti in Venezuela sta provocando consistenti perdite economiche a causa delle nuove modalità di cambio vigenti nel Paese che di fatto alterano in maniera consistente il calcolo di conversione dei redditi reali dei pensionati italiani in Venezuela;
   il nuova piattaforma di cambio — Simadi (Sistema Marginal de divisos) utilizzata in Venezuela per arginare la grave crisi economica e calmierare la più alta inflazione del mondo arrivata al 70 per cento nel 2014, di fatto penalizza, con il cosiddetto «doppio cambio», cioè cambio ufficiale e cambio reale, coloro che ricevono rimesse dall'estero in moneta forte come dollaro Usa o euro, e sono costretti a cambiarli con il cambio ufficiale determinato dal governo venezuelano;
   grazie a questo combinato disposto, sistema Simadi, RED-EST e all'introduzione della nuova moneta il Bolívar fuerte (Bs), valuta fittizia, irreale e simbolica, si crea un'enorme discrepanza tra il valore nominale dell'assegno pensionistico inviato dall'INPS ai pensionati residenti in Venezuela e la capacità reale di quest'ultimi di far fronte alle proprie necessità di sussistenza –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti nelle premesse e quali provvedimenti urgenti intendano intraprendere, ognuno per le proprie specifiche competenze, al fine di far accreditare ai pensionati residenti in Venezuela, il corrispondente assegno pensionistico in euro;
   se non ritengano opportuno, alla luce di quanto in premessa, rivedere il modulo RED-EST per i pensionati titolari di pensioni erogati dall'INPS e residenti in Venezuela. (4-09393)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   TONINELLI, NUTI, COZZOLINO, CECCONI, DADONE, DIENI e D'AMBROSIO. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 30 aprile 2015 il Ministro interrogato risulta essere stato reso edotto della gravissima situazione del tribunale di Lodi sotto il profilo della sicurezza dal competente procuratore della Repubblica;
   il dottor Vincenzo Russo, infatti, ha indirizzato in quella data una lettera circostanziata ai Ministri della giustizia e dell'interno, alla procura generale di Milano, al questore di Lodi e ai comandi provinciali di carabinieri, guardia di finanza e forestale, nonché al sindaco di Lodi. Nella lettera il procuratore lamentava l'insoddisfacente situazione del sistema di sicurezza del tribunale e aggiungeva, in particolare, che da alcune settimane non funzionava la chiusura magnetica della porta che dal garage dà accesso agli uffici;
   quasi un mese dopo, il 26 maggio 2015, una donna di 38 anni è riuscita ad entrare all'interno del palazzo di Giustizia di Lodi, avendo superato i controlli e le misure di sicurezza con un coltello dotato di una lama di 32 centimetri nascosto nella sua borsa, per poi tentare di aggredire un magistrato, probabilmente con intenti omicidi;
   a seguito di tale gravissimo episodio è emerso che ciò è stato possibile a causa di un grave problema di sicurezza all'interno del tribunale, in particolare per via del fatto che il metal detector necessario a individuare le armi ed impedirne l'ingresso all'interno del personale era fuori uso da sei mesi (come riportato dal quotidiano Il Cittadino di Lodi del 27 maggio 2015). È, quindi, evidente che nei mesi in cui lo strumento di rilevamento era essenziale per la sicurezza, chiunque avrebbe potuto entrare all'interno del tribunale portando con sé delle armi di qualsiasi tipo. Infatti, lo stesso prefetto Antonio Corona e il presidente del tribunale Ambrogio Ceron hanno verificato che il metal detector in questione non dava alcun segnale di allarme neppure dopo il passaggio della pistola semiautomatica di una guardia giurata del tribunale;
   è così emerso che questa intollerabile carenza nel sistema di sicurezza del tribunale lodigiano sarebbe conseguenza di un'indisponibilità finanziaria in capo all'ente preposto alla manutenzione ovvero il comune, causata dalla morosità del Ministero della giustizia nei confronti dell'ente locale in relazione a queste spese. Più specificamente, il comune non riceverebbe dal Ministero il canone d'affitto dell'immobile, ma solo un parziale rimborso delle spese di funzionamento: secondo i calcoli il debito del Ministero ammonterebbe a 6.402.020,19 euro;
   dal 1997 a fronte di 14,1 milioni di euro di rimborsi richiesti fino al 2014, ne sarebbero stati riconosciuti a titolo provvisorio o definitivo 12,6 milioni di euro;
   alla luce dei tragici avvenimenti del 9 aprile 2015 al palazzo di giustizia di Milano, ovvero dell'omicidio del giudice Ferdinando Ciampi, dell'avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani e di Giorgio Erba, ci si chiede come sia possibile che vi sia un palazzo di giustizia sprovvisto di strumenti essenziali e minimi per la prevenzione di pericoli mortali per chi vi opera svolgendo la delicatissima funzione di amministrazione della giustizia;
   sempre la stampa (Il Giorno del 28 maggio 2015, nella sezione della cronaca di Lodi) riporta le dichiarazioni dell'onorevole Lorenzo Guerini, vicesegretario del principale partito della maggioranza parlamentare, secondo le quali Governo e Parlamento avrebbero risolto il problema con la legge di stabilità per il 2015, in cui è stato stabilito infatti che da settembre i comuni verranno sgravati da queste spese, poste in capo ad essi dalla precedente legge del 1941, e tali spese saranno poste direttamente a carico del Ministero della giustizia. A questo proposito in questa sede si evidenzia che, come sopra riportato, l'attribuzione al Ministero della giustizia delle spese di gestione dei tribunali di per sé non sembra essere in alcun modo risolutiva, dato che la gravissima situazione del tribunale lodigiano è stata causata proprio dalla mancata erogazione al comune di Lodi dei rimborsi dovuti in base alle stesse spese, per cui il Ministero è già ad oggi, di fatto, responsabile della mancata erogazione che ha determinato la questione oggetto della presente interrogazione –:
   quanti e quali siano i tribunali italiani nei quali sono stati rilevati e segnalati, da parte degli organi competenti, analoghi problemi relativi alla sicurezza e quali iniziative il Ministro abbia adottato e intenda adottare per risolvere il problema delle carenze relative alla sicurezza nei tribunali. (3-01523)


   ROSSOMANDO, FERRANTI, VERINI, AMODDIO, BAZOLI, BERRETTA, CAMPANA, ERMINI, GIULIANI, GRECO, GIUSEPPE GUERINI, IORI, LEVA, MAGORNO, MARZANO, MATTIELLO, MORANI, GIUDITTA PINI, ROSTAN, TARTAGLIONE, VAZIO, ZAN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, «Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile», convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014 n. 162, è stato avviato un importante percorso per affrontare il grave problema della lentezza della giustizia civile e della mole di arretrato dei procedimenti pendenti, attraverso il potenziamento di strumenti per la composizione stragiudiziale delle controversie, quali la negoziazione assistita;
   in particolare, proprio per quanto riguarda lo strumento della negoziazione assistita, ossia un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di uno o più avvocati, è stato previsto che il ricorso a tale procedura sia condizione di procedibilità per le controversie in materia di risarcimento del danno da circolazioni di veicoli e natanti e per le domande di pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non superiori a 50 mila euro. L'obbligo di ricorso alla negoziazione è in vigore dal 9 febbraio 2015;
   di grande importanza appare anche la disposizione prevista all'articolo 11 del medesimo decreto-legge n. 132 del 2014, dove si prevede la raccolta dei dati concernenti le procedure di negoziazione assistita, con l'obbligo per il Ministero della giustizia di una relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione della nuova disciplina;
   da notizie di stampa si apprende che sarebbe intenzione da parte del Ministero della giustizia quella di potenziare le cosiddette adr (alternative dispute resolution), ovvero le procedure alternative al processo, e di procedere all'assunzione di nuove risorse di personale da destinare a quei tribunali che metteranno a punto un piano per lo smaltimento dell'arretrato –:
   se il Ministro interrogato sia già in possesso di un primo dato di monitoraggio relativo all'utilizzo dello strumento della negoziazione assistita e quali siano le modalità e i tempi per la realizzazione degli interventi volti a potenziare gli strumenti e le misure alternative al processo previsti nel decreto-legge n. 132 del 2014.
(3-01524)

Interrogazione a risposta scritta:


   PIRAS, RICCIATTI, DURANTI e QUARANTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la colonia penale di Mamone si trova ubicata nella provincia di Nuoro in un'area di circa 3000 ettari compresa fra i territori dei Comuni di Onanì, Bitti, Lula e Lodè;
   circa 2300 ettari di detta estensione ricadono nell'area «storica» del comune di Onanì, centro di 400 abitanti, prevalentemente caratterizzato da una economia agropastorale, alle pertinenze del quale l'area è stata sottratta nel 1881 – per la realizzazione della struttura carceraria e delle annesse servitù – stando a quanto rinvenibile nei carteggi d'epoca ed anche nei più recenti, rilevato il fatto singolare che del verbale con il quale si sarebbe sancita la suddivisione dei terreni ex ademprevili fra il comune di Onanì ed il demanio dello Stato, non vi è traccia alcuna;
   come ogni terreno di uso comune tale terreno veniva sfruttato dalla popolazione locale per legnatico, macchiatico, ghiandatico o pascolo;
   non vi è traccia del decreto del prefetto di Sassari di approvazione della suddetta ripartizione che sarebbe stato prodotto nel 1882;
   unico riferimento certo della vicenda una lettera raccomandata della direzione dello stabilimento penale di Mamone, datata 11 luglio 1926, con la quale si trasmette al comune di Onanì copia del verbale di divisione dei suddetti terreni;
   allo stato attuale, da circa 30-40 anni solamente una parte degli originari 3000 ettari circa risulta interessata dalle attività dell'amministrazione penitenziaria, quelle immediatamente detentive e quelle annesse;
   il comune di Onanì rileva che circa 1000 ettari originariamente nella disponibilità dell'amministrazione comunale ed in passato utilizzate dall'amministrazione della struttura detentiva, allo stato attuale risultano essere completamente inutilizzati e versare in uno stato di totale abbandono ed incuria;
   in tale vasta area di territorio allo stato attuale non viene operata alcuna manutenzione del territorio e risultano omesse anche le più elementari azioni di prevenzione del rischio di incendio, particolarmente presenti nell'isola e nel territorio in questione soprattutto nei mesi estivi;
   il comune di Onanì ha presentato esposto (causa R.G. 7514/2012) avverso il Ministero della giustizia circa la questione, rilevando, mediante il suo legale, come i terreni assegnati alla colonia penale di Mamone non siano utilizzati per intero e come si evince dalla relazione del consulente tecnico ingegner Portoghese, citato agli atti dell'udienza avendo egli eseguito una perizia sul caso «nelle aree oggetto di contenzioso, le strutture e i fabbricati sono in disuso ed in stato di abbandono, che i terreni non vengono utilizzati per l'attività agricola, escluse le piccole porzioni in località S'Acchina»;
   con sentenza n. 1638 del 2015 del 21 maggio 2015 il tribunale ordinario di Cagliari – sezione civile seconda – rigetta la domanda proposta dal comune di Onanì, sostenendo la legittimità del titolo di proprietà in capo al demanio dello Stato;
   cionondimeno al titolo III (Finanze, Demanio, Patrimonio) il comma primo dell'articolo 14 dello statuto speciale della Sardegna recita: «La Regione, nell'ambito del suo territorio, succedé nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo» ed il comma 2 del medesimo articolo, specifica e dispone il passaggio al demanio regionale dei beni per i quali sia cessata la funzione di servizio attribuita allo Stato «I beni e diritti connessi a servizi di competenza statale ed a monopoli fiscali restano allo Stato, finché duri tale condizione»;
   resta perciò da comprendere se allo stato attuale persistano, nella forma e nella sostanza, le ragioni di una ulteriore prosecuzione in essere di una servitù che parrebbe anacronistica, non strettamente necessaria, apposta in maniera quantomeno singolare nel XIX secolo, rispetto alla quale non sono rinvenibili, se non per deduzione dalle comunicazioni fra parti di amministrazione dello Stato, i documenti originali;
   il trasferimento del suddetto terreno al comune di Onanì garantirebbe una prospettiva di miglior cura, manutenzione e valorizzazione economica dell'area sopra citata –:
   se il Ministro sia a conoscenza del caso sopra riportato;
   in quale occasione e mediante quali atti sia stata rinnovata – in epoca repubblicana – la servitù che parrebbe essere stata apposta nel 1881;
   se ritenga ancora necessario per il corretto andamento dell'amministrazione e delle attività della colonia penale di Mamone la prosecuzione della servitù medesima;
   se non ritenga di dover valutare la sua dismissione e, coerentemente con quanto disposto dalle norme sopra riportate inscritte Statuto speciale di autonomia, il suo trasferimento al demanio regionale. (4-09391)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, QUARANTA, PIRAS, SCOTTO, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, PANNARALE, KRONBICHLER, FRATOIANNI, LUCIANO AGOSTINI e MARCHETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da più parti l'Expo di Milano viene indicato come un evento in grado di rilanciare l'economia del Paese;
   lo stesso Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in occasione della visita a Pompei del 18 aprile 2015, ha dichiarato: «Expo è una grandissima occasione per cambiare l'impostazione e l'approccio dell'Italia. Una gigantesca opportunità per tornare a fare l'Italia, perché il mondo globale chiede Italia. E se in questi anni l'Italia ha perso il treno della globalizzazione non è motivo per non mettersi a correre. Qualsiasi giorno di ritardo ci sia stato, è un'ottima ragione per correre più veloce»;
   tale visione è peraltro, condivisa da diversi operatori economici. Si cita per tutti l'opinione del presidente di Confturismo-Confcommercio Luca Patanè, che in occasione della giornata inaugurale della Bit 2015 a Milano, il 12 febbraio 2015 ha sottolineato «il calo del prezzo del petrolio, il quantitative easing di Mario Draghi e la conseguente svalutazione dell'euro sono elementi positivi per la crescita economica. In Europa vi sono Paesi che hanno compiuto importanti riforme economiche e sociali e i cui effetti si sono resi subito evidenti sull'economia in generale e impattando positivamente l'ambito dei servizi turistici in particolare. Expo 2015 è poi una straordinaria opportunità, senza eguali, che dev'essere sfruttata appieno per rilanciare il brand e la grande bellezza dell'Italia» (La Repubblica.it, 12 febbraio 2015);
   proprio una analisi di Confturismo-Confcommercio sul turismo internazionale e l'Italia, diffusa nell'edizione 2015 del Forum di Cernobbio, ha evidenziato come, nonostante negli ultimi sei anni gli arrivi dei turisti stranieri nel nostro Paese siano aumentati di 8 milioni (passando dai quasi 42 milioni del 2008 a poco più di 50 milioni del 2014), l'analisi comparativa con i competitor più vicini – Spagna e Francia – rivela come le entrate valutarie per l'Italia siano significativamente inferiori;
   secondo Confturismo-Confcommercio la causa di tale disparità starebbe nella mancata valorizzazione di elementi attrattivi, nella scarsa integrazione dei servizi sul territorio e nel deficit infrastrutturale, che tutte insieme determinano l'incapacità di proporre ai turisti stranieri una offerta completa in grado di prolungare il loro soggiorno;
   sempre secondo l'associazione di categoria, tale incapacità si tradurrebbe in una perdita per l'Italia di circa 14 miliardi di entrate valutarie, pari a circa 1 punto di prodotto interno lordo;
   proprio in merito alle carenze infrastrutturali, soprattutto nel Sud Italia, e in vista dell'evento Expo, la prima firmataria del presente atto aveva già interrogato il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su quali iniziative concrete di competenza intendesse promuovere per migliorare l'efficienza del sistema di trasporto ferroviario locale (Interrogazione a risposta in Commissione 5-03388 presentata 31 luglio 2014, seduta n. 276);
   appare paradossale che in un momento in cui i collegamenti da e per Milano, per le ragioni illustrate, dovrebbero essere intensificati vi sia invece scarsa capacità di convogliare i turisti accorsi in Italia per l'Expo in altre regioni d'Italia;
   in particolare si sottolinea il caso della dorsale adriatica. Nel dicembre 2014, a pochi mesi dall'inizio di Expo, il vettore privato NTV (proprietario del marchio commerciale «Italo» aveva deciso di sopprimere le corse per Rimini, Pesaro e Ancona, ripristinate per Rimini per l'inizio dell'estate (Il Resto del Carlino, ed. Rimini, 5 marzo 2015) e in corso di ripristino per Pesaro e Ancona (Corriere Adriatico, ed. Pesaro, 7 giugno 2015), ma solo fino ad agosto;
   lo stesso dicasi per il vettore Trenitalia, che prevede una unica corsa giornaliera ad Alta Velocità per Pesaro-Ancona  –:
   considerata la strategicità del trasporto ferroviario nel settore turistico, in particolare in presenza di un evento di portata planetaria come Expo 2015, se il Ministro interrogato non ritenga, per quanto di competenza, promuovere l'aumento delle corse da e per Milano verso le Marche per tutta la durata dell'evento. (5-05746)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 20 maggio 2015 è apparso un articolo de il Fatto Quotidiano online, dal titolo «Fiumicino, la pista chiude per lavori. Su quella “sostitutiva” crescono anomalie e rischi» a firma di Daniele Martini, dove si dà notizia di alcune preoccupanti criticità presenti all'Aeroporto Internazionale Leonardo Da Vinci di Roma Fiumicino in merito alla gestione del traffico aereo nelle fasi di decollo e atterraggio. Queste criticità sarebbero emerse in seguito alla decisione della Società ADR Aeroporti di Roma, che gestisce lo scalo, di spostare il traffico aereo in una pista che, seppure, ritenuta conforme dall'Ente nazionale aviazione civile, sembrerebbe non essere idonea;
   infatti, il 15 maggio 2015 la soprarichiamata Società ADR Aeroporti di Roma ha provveduto a deviare tutti i decolli e gli atterraggi degli aerei transitanti all'aeroporto Leonardo Da Vinci dalla pista 16L alla pista 16C che oltre ad essere più stretta di 15 metri, e con vie di fuga meno efficienti, avrebbe una taratura del sistema anti-incursione gestito da Enav spa non idoneo e tale da aver già causato diversi episodi di balked landing (atterraggio interrotto con contestuale procedura di mancato avvicinamento dell'aereo) e runway incursion (presenza simultanea di aerei in pista a distanza non di sicurezza);
   questa notizia è frutto di testimonianze anonime di alcuni controllori di volo in servizio a Fiumicino preoccupati che la situazione possa aggravarsi se le Autorità di vigilanza preposte non dovessero intervenire immediatamente. Gli intervistati, precisamente, sostengono che da quando si è provveduto alla chiusura per lavori della pista principale dell'Aeroporto Internazionale hanno dovuto fronteggiare una sequenza preoccupante di fatti anomali e potenzialmente pericolosi in quanto la pista 16C attualmente in uso è inadeguata poiché più stretta (45 metri anziché 60 come la 16L) e soprattutto con una via d'uscita finale a destra quasi a gomito che crea problemi nelle fasi di atterraggio. A questo difetto strutturale si aggiunge, come sopradetto, il sistema anti-intrusione a bordo pista che «probabilmente mal tarato» scatta in continuazione provocando un pericolosissimo effetto assuefazione nella torre di controllo e una certa insofferenza nei piloti. Consapevoli del difetto alcuni comandanti addirittura snobbano tali allarmi;
   l'insieme delle sopraesposte criticità sta causando in media cinque riattaccate al giorno, ovverosia aerei che arrivati in prossimità dell'atterraggio sono costrette a riattaccare (ridecollare) ridando potenza ai motori e riprogrammando un nuovo atterraggio. In alcuni casi, secondo le testimonianze dei controllori di volo, si sono verificati dei veri e propri balked landing che, nella terminologia aeronautica, indica il ridecollo rapido del jet proprio durante il tocco della pista. Un'operazione questa tra le più pericolose in ambito aeronautico. Non solo: i controllori di volo sostengono anche il verificarsi di alcuni episodi, definiti runway incursion, che rappresentano gli avvenimenti più pericolosi per chi gestisce il traffico aeroportuale, poiché si rischia l'impatto tra due e più aerei. A Fiumicino si sono verificati in pochi giorni ben due runway incursion: una di un aereo della Air Berlin e una della Brussels Airlines;
   fu proprio un runway incursion a causare la tragedia di Linate dell'8 ottobre di 14 anni fa che provocò la morte di 118 persone. Fu la più grave collisione al suolo degli ultimi decenni, seconda nella storia dell'aviazione solo a quella avvenuta nel 1977 a Tenerife in seguito al contatto tra due aerei in pista: uno della Klm con 248 passeggeri e uno della PanAm con 335. Tutti morti che obbligarono le Autorità internazionali a ripensate da cima a fondo le regole del traffico aereo;
   i sindacati dei controllori di volo si sono già attivati per denunciare ai vertici e al management di Enav SpA, la Società che gestisce i servizi di navigazione aerea e di assistenza al volo nel nostro Paese e, le criticità presenti a Fiumicino. Tra le varie misure da adottare hanno chiesto anche l'aumento dello «spaziamento» degli aerei in atterraggio e in decollo ora fissato a 3 miglia. Dall'articolo emerge che Enav SpA, non ne ha voluto sapere. Non solo: interpellata dalla redazione de Il Fatto Quotidiano, l'Ente pubblico, tramite il suo ufficio stampa, ha negato la presenza di tali criticità dando generiche assicurazioni che «vengono scrupolosamente applicati gli standard certificati dai regolatori nazionali e internazionali»;
   lascia, inoltre, perplessi la chiusura della pista principale 16L considerando che fu completamente rifatta in occasione del Giubileo del 2000 per durare nelle stime almeno 30 anni e, invece, dopo appena 15 anni è già in pessimo stato. Forse perché i circa 3.900 metri della pista è stata costruita su terreni cedevoli e quindi tendenti a sprofondare come all'epoca fu denunciato;
   l'Aeroporto di Fiumicino è andato alla ribalta nazionale ed internazionale di recente per l'anomalo incendio del Terminal 3, su cui sta indagando la procura della Repubblica di Roma, che non pochi disagi ha creato all'utenza. Questa ulteriore notizia, relativa alla inadeguatezza della pista 16C e del suo sistema anti-intrusione a bordo pista, è un ulteriore colpo all'immagine del nostro Paese nel mondo;
   se non si interverrà subito si rischia un peggioramento della situazione, perché con l'estate in arrivo e l'imminente Giubileo dell'Anno Santo della Misericordia è previsto un considerevole aumento del traffico all'Aeroporto Leonardo Da Vinci di Fiumicino con una concentrazione enorme di atterraggi e partenze nell'arco dell'intera giornata, che date le condizioni accentuerebbero i rischi potenziati sulle operazioni di volo –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire con urgenza per accertarsi in primis se quanto esposto in premessa corrisponda al vero; in caso affermativo quali iniziative intenda intraprendere per assicurare la massima sicurezza nei voli in partenza e in arrivo nel più importante aeroporto internazionale del nostro Paese e per individuare eventuali responsabilità del Gestore aeroportuale e dell'Ente nazionale di assistenza al volo, Enav spa, per i rischi connessi alle modalità con cui vengono condotte le operazioni di volo sopra citate. (5-05748)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dal quotidiano: «Il Corriere della sera» lo scorso 28 maggio 2015, un rapporto elaborato dalla Confcommercio, presentato di recente, evidenzia come la delocalizzazione selvaggia attraverso, il dumping dall'est Europa e la perdita di 27 mila posti di lavoro tra il 2008 e il 2012, rappresentano i principali problemi dell'autotrasporto in Italia;
   il suindicato documento rileva inoltre, come la crisi del settore sia inquadrata nella totalità in alcuni dati della ricerca e descrive fra l'altro, che nel 2013, la quota di merci su gomma, entrata in Italia appannaggio dei nuovi trasportatori dell'est europeo (originari di Bulgaria, Romania, Slovenia e Slovacchia), ha superato il 47 per cento rispetto a soltanto il 7 per cento del 2003;
   il medesimo rapporto fra l'altro, per contro, rileva che nello stesso decennio la quota di mercato italiano, sia scesa dal 33 per cento al 15 per cento e che nello stesso periodo (2003-2013) gli autotrasportatori italiani, hanno perso quasi due terzi delle merci tradizionali, mentre quelli dell'est hanno moltiplicato per 5, il volume delle loro attività;
   a giudizio della Confcommercio, i suesposti fattori di criticità non sono governati da irregolarità diffusa, abusivismo o mancato rispetto di regole, quanto in realtà, costituiscono il risultato di un assetto concorrenziale difettoso;
   tra la crisi economica, la delocalizzazione e il dumping, sostiene la confederazione dei commercianti italiana, il risultato complessivo evidenzia un'emorragia di ben 27 mila posti di lavoro tra il 2008 e il 2012, le cui previsioni non sono affatto incoraggianti, se come gli indicatori economici rilevano nei prossimi mesi si attende un aumento dei ricavi soltanto dell'1,8 per cento da parte degli autotrasportatori, contro il 10,1 per cento dei componenti di tutte le imprese italiane (in particolare sia per l'anno in corso che per il 2016, sarà previsto un aumento del traffico dell'1,6 per cento;
   l'interrogante a tal fine evidenzia, in sintonia con quanto rileva il presidente della Confcommercio Sangalli, come il nostro Paese continui a scontare un gap in termini di inefficienze della rete infrastrutturale dei trasporti e della logistica, grave e allarmante rispetto agli altri Paesi europei ed in particolare come in precedenza indicato, soprattutto nei confronti di quelli dell'est;
   il perdurare delle difficoltà sui ritardi nel miglioramento dei livelli di competitività e sull'assenza di significative politiche di crescita e sviluppo sul trasporto merci, a parere dell'interrogante, rappresentano una vera e propria «tassa logistica», che si configura in una congestione di problematiche i cui danni sono stimabili nell'ordine degli 11 miliardi di euro all'anno, dimostrano come l'Italia sia un Paese regresso e scarsamente competitivo –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative urgenti e necessarie intendano al riguardo assumere, nell'ambito delle competenze proprie, al fine di migliorare i livelli di competitività del sistema di trasporto merci italiano; posto che la riduzione del 10 per cento nei tempi e nei costi medi determinerebbe un aumento di 7 decimi di punto di Pil come indicato all'interno del medesimo rapporto di Confcommercio riportato nella premessa. (4-09390)


   GARAVINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Governo tedesco ha finanziato il restauro della Chiesa di San Pietro Apostolo a Onna, gravemente danneggiata dal sisma dell'aprile 2009;
   i lavori di restauro, giunti quasi a conclusione, sono stati interrotti a causa di un ritardo nell'allaccio dell'area della Chiesa alla rete stradale e alla rete di erogazione del gas;
   secondo quanto riportato dai media, la Chiesa risulta infatti inagibile perché isolata a poche centinaia di metri dalla rete stradale;
   la disponibilità di gas, tra l'altro, risulterebbe necessaria al fine di alimentare aeratori capaci di rimuovere l'elevata umidità presente negli ambienti della Chiesa; umidità che minaccia di deteriorare quegli stessi preziosi affreschi del Quattrocento, inaspettatamente riapparsi sulle pareti interne della Chiesa proprio grazie al restauro realizzato –:
   se non intendano i Ministri interrogati prendere, per quanto di loro competenza, urgenti provvedimenti in modo da sollecitare la predisposizione di un collegamento fra la Chiesa, la rete stradale e quella del gas e da consentire così che i restauri della Chiesa terminino quanto prima, con beneficio di tutta la comunità interessata, del turismo locale e dei rapporti di buon vicinato fra l'Italia e la Germania, che ha generosamente messo a disposizione i fondi necessari per il restauro della Chiesa. (4-09392)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   RUSSO e BRUNETTA. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 31 maggio 2015 si sono svolte le elezioni rinnovo del consiglio regionale della regione Campania;
   alla carica di presidente delle regione è risultato eletto, allo stato, il candidato Vincenzo De Luca;
   il predetto candidato risulta attualmente condannato in primo grado con sentenza n. 153/15 dal tribunale di Salerno, per i reati di cui agli articolo 81, capoverso, 110 e 323 del codice penale;
   ai sensi dell'articolo 8, commi 1, lettera a), e 3, del decreto legislativo n. 235 del 2012, i titolari della carica di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale, che abbiano subito una condanna di primo grado per i predetti reati, sono sospesi di diritto dalla stessa carica per un periodo di diciotto mesi;
   secondo la prevalente e consolidata giurisprudenza e come risulta dalla costante prassi applicativa della norma (si veda, tra gli altri, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 marzo 2013 di sospensione del signor Angelo Michele Iorio), la sospensione di diritto opera con effetto dichiarativo sin dalla proclamazione dell'elezione dell'interessato;
   nella risposta in data 5 giugno 2015 all'interpellanza urgente degli onorevoli Paolo Russo e Renato Brunetta, il Governo ha precisato che «il presupposto per il tempestivo avvio del procedimento di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 235 del 2012, finalizzato all'adozione della sospensione, di competenza del Consiglio dei ministri» è «la proclamazione degli eletti debitamente ufficializzata»;
   tale ufficializzazione, sempre in base alla prassi costantemente adottata dal Governo (si veda, tra gli altri, il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e, per quanto riguarda la regione Campania, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 maggio 2010, relativo ad analoga fattispecie, sospensione del signor Alberico Gambino ai sensi dell'articolo 15, commi 4-bis e 4-ter, della legge n. 55 del 1990), consiste nell'immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri, da parte dell'ufficio territoriale del governo, dell'avvenuta elezione dell'interessato e dell'avvenuta proclamazione della stessa elezione;
   la sentenza penale in questione è già nota all'amministrazione dell'interno, essendosi proceduto, in conseguenza della stessa, con provvedimento del prefetto di Salerno, a sospendere il predetto candidato dalla carica di sindaco di Salerno, ricoperta in precedenza, in applicazione dell'articolo 10 dello stesso decreto legislativo; per cui non è necessario attendere la comunicazione della sentenza da parte della cancelleria del tribunale, ai fini dell'assunzione dei conseguenti provvedimenti;
   del resto la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 13563 del 2012) ha già precisato che l'iniziativa dell'amministrazione concernente l'avvio e l'adozione del procedimento di sospensione, indipendente dalla comunicazione della cancelleria del tribunale, attiene alla fase cognitiva del provvedimento, senza incidere sulla ritualità procedurale dell'irrogazione della sospensione;
   nei precedenti casi in cui il presupposto della sospensione si è verificato prima della proclamazione dell'elezione alla carica (si vedano ancora i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri citati in precedenza), le predette comunicazioni dell'ufficio territoriale del governo sono sempre avvenute prima della riunione di insediamento del consiglio regionale della quale il soggetto destinatario del provvedimento di sospensione avrebbe fatto parte; e, nel caso della comunicazione dell'elezione, in data antecedente alla proclamazione dell'eletto; così come i relativi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di sospensione sono stati adottati e comunicati ai consigli regionali interessati in data antecedente alla prima adunanza degli stessi;
   come confermato dalla citata risposta ad interpellanza urgente, in data 5 giugno 2015, nel caso di specie la sollecitudine degli adempimenti amministrativi da parte degli organi dell'amministrazione dell'interno interessati «verrà in ogni caso assicurata analogamente a quanto avvenuto in precedenza»;
   oltre che al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento rispetto a casi analoghi, la conferma della tempestività degli atti dell'amministrazione dell'interno in conformità alla precedente prassi risulta particolarmente rilevante nel caso di specie, nel quale la circostanza che il signor Vincenzo De Luca risulti eletto alla carica di presidente di regione comporta che, attesi il carattere dichiarativo del provvedimento di sospensione e la sua efficacia sin dal momento della proclamazione, lo stesso De Luca non potrà legittimamente compiere alcun atto afferente la carica di presidente per tutto il periodo di sospensione dalla stessa, pena l'assoluta e insanabile nullità degli atti predetti –:
   se, in ossequio alla prassi seguita in precedenti casi analoghi, nel caso di specie, la prefettura-ufficio territoriale del governo di Napoli abbia già provveduto a comunicare al Presidente del Consiglio dei ministri, e in quale data, l'avvenuta elezione del signor Vincenzo De Luca a presidente della regione Campania, nelle more della proclamazione, e se, una volta avvenuta quest'ultima, la suddetta prefettura-ufficio territoriale del governo provvederà a comunicare immediatamente al Presidente del Consiglio dei ministri la proclamazione del signor Vincenzo De Luca alla predetta carica, sì da consentire la tempestiva adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di sospensione dalla carica di presidente della giunta regionale e la sua comunicazione al nuovo consiglio regionale antecedentemente alla prima adunanza dello stesso, ai fini dei conseguenti adempimenti di legge, nonché prima del compimento di qualsivoglia atto da parte dello stesso signor Vincenzo De Luca, nella qualità di presidente della regione Campania. (3-01525)


   SCOTTO e GIANCARLO GIORDANO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, reca il «Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190»;
   tale normativa disciplina l'incandidabilità e la decadenza dei politici eletti ed impone l'immediata sospensione dall'incarico nei confronti degli amministratori pubblici condannati anche solo in primo grado per una serie di reati, tra cui quelli contro la pubblica amministrazione;
   l'articolo 8 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, stabilisce che: «Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate all'articolo 7, comma 1, coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'articolo 7, comma 1, lettera a), b) e c)», e cioè, tra le altre cose, per corruzione, concussione, peculato e abuso d'ufficio;
   le cariche indicate all'articolo 7 sono quelle di «presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale, amministratore e componente degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali»;
   il 31 maggio 2015 si sono svolte le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale della regione Campania;
   alla carica di presidente della regione è risultato eletto, allo stato e salva verifica da parte dei competenti uffici centrale circoscrizionale e centrale regionale, il candidato Vincenzo De Luca;
   Vincenzo De Luca è stato condannato a gennaio 2015 in primo grado a un anno di reclusione per abuso d'ufficio;
   la condanna prevedeva anche l'interdizione per un anno dai pubblici uffici;
   il caso di Vincenzo De Luca, dunque, rientra nell'ambito dell'applicazione del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, e quindi in caso di elezione è per lui prevista, ai sensi della normativa vigente, la sospensione dalla carica;
   secondo la prevalente e consolidata giurisprudenza la sospensione di diritto opera con effetto dichiarativo sin dal momento in cui è intervenuta la sentenza di condanna;
   pertanto, la sospensione del candidato in questione, ove risultasse proclamato presidente della regione, dovrebbe essere disposta senza indugio e con effetto immediato;
   il comma quarto dell'articolo 8 già citato prevede che, a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero, i provvedimenti giudiziari che comportano la sospensione ai sensi del comma 1 siano comunicati al prefetto del capoluogo della regione coinvolta, cosicché egli ne dia immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri;
   quest'ultimo, sentiti il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell'interno, adotta il provvedimento che accerta la sospensione;
   attualmente il Presidente del Consiglio dei ministri è anche Ministro per gli affari regionali ad interim;
   il parere del Ministro dell'interno non è vincolante;
   la sentenza penale in questione è già nota all'amministrazione dell'interno essendosi proceduto, in conseguenza della stessa, con provvedimento del prefetto di Salerno, a sospendere il predetto candidato dalla carica di sindaco di Salerno, ricoperta in precedenza, in applicazione dell'articolo 10 dello stesso decreto legislativo;
   mentre la legge specifica che il prefetto del capoluogo regionale debba dare comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri immediatamente, nulla è detto dei tempi con cui il Presidente del Consiglio dei ministri debba adottare il provvedimento che accerta la sospensione;
   Vincenzo De Luca era il candidato di riferimento del Presidente del Consiglio dei ministri in Campania per queste elezioni regionali, come ampiamente emerso anche dalla più recente visita del Presidente del Consiglio dei ministri in Campania;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, dunque, si trova oggi ad avviso degli interroganti in una condizione di evidente conflitto di interessi;
   infatti, ai sensi della cosiddetta «legge Severino», il segretario nazionale del Partito democratico, in qualità di Presidente del Consiglio dei ministri, dovrebbe adottare il provvedimento che accerta la sospensione del candidato del suo partito dopo aver espresso un parere a riguardo in qualità di responsabile del dipartimento per gli affari regionali;
   non è da sottovalutare come la mancanza di tempestività nell'adozione di tale atto potrebbe permettere un aggiramento della normativa vigente, dando il tempo a De Luca di formare una giunta regionale e garantire, una volta intervenuta la sospensione, il prosieguo della legislatura regionale attraverso il vicepresidente nominato;
   vi sono anche dubbi in merito a quest'ultima possibilità avanzati da esimi costituzionalisti, che sostengono come, mentre nei comuni la sospensione del sindaco non comporti lo scioglimento della giunta, nelle regioni la sospensione del presidente porterebbe anche allo scioglimento del consiglio e, quindi, a nuove elezioni;
   ai sensi dell'articolo 7 della legge regionale Campania n. 4 del 2009, la proclamazione dell'elezione del presidente della giunta regionale campana è formalizzata nel processo verbale redatto dall'ufficio centrale medesimo e consegnato alla presidenza provvisoria del consiglio regionale, nella prima adunanza del consiglio stesso, che ne rilascia ricevuta;
   è la proclamazione degli eletti, dunque, debitamente ufficializzata, che viene a concretare, nella fattispecie, il presupposto per il tempestivo avvio del procedimento di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 235 del 2012, finalizzato all'adozione della sospensione di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri;
   ciò comunque implicherebbe il dovere, da parte delle istituzioni competenti, di far scattare immediatamente l'atto sospensivo, senza attendere la nomina della giunta e, quindi, del vicepresidente;
   secondo esperti giuristi, in base alla giurisprudenza della Corte costituzionale è indubbio che la sospensione obbligatoria integri gli estremi di un vero e proprio impedimento del presidente che gli preclude l'esercizio delle funzioni connesse alla carica, con conseguente impossibilità di compiere qualunque atto;
   la stessa Avvocatura dello Stato ha in passato evidenziato come a nulla valga lamentare che, con l'automatica sospensione, organi elettivi possano risultare decapitati o paralizzati, con conseguente scioglimento degli stessi, perché nessun inconveniente può ostacolare l'applicazione di una legge volta a interdire (anche se solo temporaneamente) ogni contatto tra la funzione pubblica e la persona incompatibile;
   la sospensione dovrebbe avvenire immediatamente dopo la proclamazione degli eletti, dunque prima della nomina della giunta e del vicepresidente, così da evitare che la normativa vigente venga, di fatto, aggirata con la creazione di un pericoloso precedente –:
   quali misure il Governo intenda adottare in merito alle previsioni della cosiddetta «legge Severino» che porterebbe alla sospensione del presidente della regione, comportando anche secondo gli interroganti lo scioglimento del consiglio e, di conseguenza, nuove elezioni. (3-01526)


   DELLAI, CAPELLI, GIGLI, FAUTTILLI, CARUSO, MARAZZITI, FITZGERALD NISSOLI, SANTERINI, LO MONTE, TABACCI, SBERNA e PIEPOLI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli ultimi sbarchi di profughi provenienti dalla Libia (oltre 5 mila migranti salvati nelle ultime 48 ore) hanno prodotto una serie di dichiarazioni di insofferenza da parti dei presidenti delle regioni Lombardia, Veneto e Liguria, tali da minacciare addirittura la riduzione dei trasferimenti regionali ai sindaci del territorio che continueranno a ospitare nuovi migranti, frutto di una reazione che appare agli interroganti intollerante rispetto al dramma umanitario dei migranti;
   il presidente della regione Lombardia avrebbe perfino scritto una lettera ai prefetti per diffidarli dal portare nel territorio lombardo nuovi profughi, mentre il leader della Lega Nord Matteo Salvini ha pubblicamente annunciato di «bloccare le prefetture» e di «presidiare tutte quelle strutture che, a spese degli italiani, qualcuno vuole mettere a disposizione di migliaia di immigrati clandestini», qualora gli immigrati fossero trasferiti al Nord;
   rispetto alla diffida ai comuni della regione Lombardia ad accogliere nuovi immigrati il prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, ha comunicato che «Milano attende le direttive e gli invii che il Governo effettuerà e risponderà secondo i criteri generali»;
   le dichiarazioni del presidente Maroni, seguite da quelle del presidente Zaia e del non ancora insediato presidente della Liguria, Toti, hanno determinato l'immediata censura del Governo attraverso il Vice Ministro dell'interno, che ha denunciato l'illegittimità dell'intervento del presidente della regione Lombardia, che è stato peraltro Ministro dell'interno e ha gestito un'emergenza immigrazione analoga, imponendo la presenza di immigrati nei diversi territori;
   anche il presidente dell'Anci ha sottolineato l'illegittimità delle dichiarazioni del presidente Maroni, in quanto «non è nei poteri di un presidente di regione decidere quale politica di accoglienza di profughi persegue il nostro Paese. Tanto meno è accettabile che si minaccino in modo ritorsivo, e illegalmente, riduzioni di risorse ai comuni che ospitano profughi»;
   per il presidente della regione Piemonte, Chiamparino, le dichiarazioni rese da Maroni e Zaia sono evidentemente strumentali, sottolineando che «un'eventuale interruzione dei trasferimenti ai comuni sarebbe oggetto di innumerevoli ricorsi»;
   si fa presente che nel 2011 l'allora Ministro dell'interno Maroni aveva siglato un accordo con gli enti locali «per affrontare l'emergenza profughi attraverso uno sforzo comune affinché fino a 50 mila profughi siano equamente distribuiti nel territorio nazionale, in ciascuna regione escluso l'Abruzzo (che aveva subito il terremoto)», cercando ed in quel caso ottenendo, in un momento di massima criticità, una collaborazione piena per evitare situazione di sovraffollamento in alcune regioni, come sta accadendo negli ultimi mesi in Sicilia, in Puglia, in Calabria e in parte in Campania e nel Lazio;
   la situazione descritta in premessa appare grave anche perché chi riveste importanti cariche istituzionali dovrebbe agire sempre con senso di responsabilità nei momenti in cui il proprio Paese si trova a dover fronteggiare emergenze che necessiterebbero di maggiore coralità e cooperazione –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per fronteggiare tali emergenze, promuovendo la massima cooperazione tra i soggetti istituzionali coinvolti.
(3-01527)


   PISICCHIO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia meridionale è da anni terra di approdo di un flusso migratorio che ha assunto dimensioni ormai insostenibili, con stime per il futuro che variano da 500.000 a 750.000 nuovi arrivi;
   nel nostro Paese nel 2014 sono già arrivati 174.000 immigrati non regolari, di cui 11.000 minori e 54.000 nei primi cinque mesi del 2015;
   l'onere dell'accoglienza grava in massima parte, se si esclude il Lazio, sulle regioni del Sud, con la Sicilia che arriva ad ospitarne il 20 per cento;
   il dramma della migrazione di intere popolazioni si abbatte su regioni che scontano ancora un divario con il resto del Paese a causa di problemi strutturali che ancora non sono stati affrontati con un piano di rilancio;
   l'Italia versa ogni anno circa sedici miliardi di euro all'Unione europea, ma i costi dell'emergenza umanitaria continuano a ricadere sul nostro Paese e sulle sue regioni meno ricche;
   i costi dell'assistenza ai migranti ed ai richiedenti asilo dal 2011 a fine 2014 sono stati pari a circa 2 miliardi e 288 milioni di euro e la stima per il solo 2015 raggiunge il miliardo;
   il piano europeo di redistribuzione dei migranti sta trovando forti resistenze da parte dei Paesi del Nord Europa;
   d'altro canto, non sembra che esista un'adeguata consapevolezza da parte delle istituzioni europee d'essere di fronte ad un'emergenza umanitaria di proporzioni bibliche, rispetto alla quale appaiono del tutto insufficienti le politiche di respingimento, mentre invece sarebbe indispensabile l'approntamento di una sorta di «piano Marshall» per i Paesi africani così drammaticamente colpiti da guerre, carestie e sottosviluppo –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per sostenere lo sforzo umanitario delle regioni meridionali, considerando anche di negoziare il ristoro dei costi sostenuti per l'accoglienza ai migranti, deducendoli dal contributo annuale italiano al bilancio dell'Unione europea.
(3-01528)


   TANCREDI e DORINA BIANCHI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dall'inizio del 2015 l'entità delle persone tratte in salvo nel Mediterraneo del Sud provenienti dal Nord Africa e principalmente dalla Libia non ha subito la benché minima flessione, superando, potenzialmente, la cifra record del 2014;
   la maggior parte delle persone salvate dai mezzi navali dell'operazione europea Triton è sbarcata in Italia e ha chiesto protezione internazionale;
   il Governo ha più volte sollecitato l'Unione europea a considerare il braccio di mare che separa l'Italia dal Nord Africa non come frontiera italiana, bensì come parte della frontiera esterna comune europea;
   il Governo ha più volte chiesto all'Europa di farsi carico del flusso costante di persone in fuga da guerre e persecuzioni il cui sogno è di crearsi una nuova vita in Europa e non solo nello Stato membro di primo approdo, che è quasi sempre l'Italia;
   l'operazione Triton ha sì sgravato l'Italia dall'onere di esser l'unico Stato membro a sopportare il costo dei salvataggi, ma, per rispondere alle regole europee, finisce col gravare l'Italia del maggior peso dell'accoglienza –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere in Europa affinché la pressione dei richiedenti protezione sull'Italia diminuisca e siano anche altri Stati membri a farsi carico del fenomeno. (3-01529)


   DAMBRUOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   diversi organi di stampa hanno riportato nei giorni scorsi la notizia di una riunione informale presso la questura di Roma per decidere la chiusura di almeno 6 commissariati della capitale, tra cui i commissariati di Porta Pia, Trastevere, Torpignattara, Appio Nuovo, Monte Mario e Villa Glori, e l'accorpamento in strutture più grandi di quelli di Monteverde, San Lorenzo, Porta Maggiore, San Giovanni, Prati e Vescovio;
   secondo quanto sostengono i sindacati della Polizia di Stato, la decisione di chiudere i posti di polizia serve a risparmiare sugli affitti degli immobili; tali misure, unite al blocco del turn over che ha fortemente penalizzato le forze di polizia e alla situazione ormai cronica di carenza di organico avvertita anche nella capitale, rende sempre più difficile la gestione della pubblica sicurezza da parte degli operatori delle forze dell'ordine che vi prestano servizio;
   sempre da fonti sindacali si apprende che molti investigatori dell'antiterrorismo, del servizio centrale operativo (sco), della scientifica e specialisti della lotta all'immigrazione clandestina sono stati trasferiti a Milano fino al mese di ottobre 2014 (per vigilare sull'Expo) e questo ha ulteriormente inciso sulle già ridotte dotazioni di organico della città di Roma –:
   quali iniziative intenda adottare per evitare che questi importanti presidi sul territorio vengano chiusi con grave danno per la capitale e per gli operatori delle forze dell'ordine che vi prestano servizio. (3-01530)


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN e MOLTENI. GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito più ampio dell'inchiesta nota come «mafia capitale», Giuseppe Castiglione, Sottosegretario alle politiche agricole, alimentari e forestali, iscritto al partito del Nuovo Centrodestra, risulta indagato per turbativa d'asta, con riguardo agli appalti per il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Catania);
   l'indagine a carico di Castiglione porta a cinque il numero di Sottosegretari del Governo raggiunti da avviso di garanzia;
   già nel 1999 Castiglione era stato arrestato nell'inchiesta sulle tangenti per la costruzione del nuovo Ospedale Garibaldi di Catania, con le accuse di turbativa d'asta e concorso esterno in associazione mafiosa. Condannato in primo grado a dieci mesi per tentata turbativa d'asta, è stato poi assolto;
   dal 2008 Castiglione, in quanto presidente della provincia di Catania, è «soggetto attuatore» del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo. Da quella posizione deriva l'iscrizione, in questi giorni, nel registro degli indagati;
   l'inchiesta su «mafia capitale» sta portando in evidenza un vasto, radicato e cinico intreccio di interessi sviluppatosi sulla gestione dei migranti, definito un business «più redditizio della droga», nel quale amministratori, politici locali, burocrati, cooperative e malavita hanno costruito un sodalizio che trae denaro e potere dall'arrivo di migliaia di disperati e che patirebbe un danno economico da una diversa gestione del fenomeno teso a ridurre gli arrivi o ad una diversa gestione degli sbarcati;
   nel frattempo, secondo il britannico Guardian, che cita fonti della Royal Navy, sulle coste meridionali del Mediterraneo stazionerebbero ormai tra i 450 mila ed i 500 mila migranti in attesa di imbarcarsi verso le sponde italiane, in un flusso in continua crescita, dall'evidente pesantissimo impatto sociale e economico sull'Italia e sull'Europa;
   è conseguentemente doveroso che la gestione delle operazioni relative agli sbarchi e alla presenza di migranti nel Paese avvenga nel segno dell'assoluta e rigorosa trasparenza, con correttezza ed assoluta integrità morale e politica;
   ad avviso degli interroganti, attesa la grande rilevanza assunta dal fenomeno migratorio verso le coste del nostro Paese, in grande aumento d'intensità dal 2014, sarebbe opportuno che il Sottosegretario Castiglione rassegnasse le proprie dimissioni dal Governo, anche allo scopo di dissipare la sussistenza di eventuali conflitti d'interesse ed illeciti nella gestione dell'afflusso dei migranti richiedenti asilo, ancor prima che le fattispecie contestate nei suoi confronti dall'inchiesta trovino definizione per via giudiziaria –:
   se, stante la prefigurata diffusione di attività corruttiva e criminale nell'attuale sistema di assegnazioni di servizi - tramite o meno gara d'appalto - relativi alla gestione dei migranti, il Ministro interrogato non intenda sospendere e revocare tutti gli attuali affidamenti, a partire da quello per il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, per evitare il rischio di mantenere in atto fonti di finanziamento illecito per attività criminose. (3-01531)


   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni sono stati effettuati ulteriori arresti nell'ambito dell'inchiesta balzata alle cronache come «mafia capitale» nel dicembre del 2014;
   dal prosieguo dell'inchiesta continuano ad emergere sia dettagli sul sistema di gestione clientelare dei servizi per l'accoglienza del comune di Roma, sia irregolarità nell'aggiudicazione di appalti di altra natura;
   già più di un anno fa la relazione redatta dagli ispettori della Ragioneria generale dello Stato, incaricati di capire le origini delle difficoltà finanziarie che stava attraversando il comune di Roma, aveva evidenziato come sia gli affidamenti alle cooperative ora incriminate, sia le proroghe degli stessi, fossero avvenuti in aperta violazione della legge sulle gare pubbliche;
   per quanto consta agli interroganti, nell'ambito della spesa sociale nei diciotto mesi compresi tra il 1o luglio 2013 e il 31 dicembre 2014, che ammonta a poco più di 221 milioni, 1489 procedure, 23,77 per cento affidamenti diretti, 7,25 per cento procedure negoziate, 67,9 per cento proroghe, 1,07 per cento avvisi pubblici, numero procedure sopra soglia 7,79 per cento;
   per quanto risulta agli interroganti, nel secondo semestre del 2013, dopo l'insediamento della giunta Marino, gli stanziamenti comunali in favore delle persone con disabilità si sono ridotte del 29,5 per cento, mentre quelle destinate ad interventi in favore degli immigrati sono aumentati quasi del 600 per cento –:
   in che modo intenda intervenire, se del caso anche attraverso iniziative normative, al fine di garantire il rispetto da parte delle amministrazioni locali delle vigenti normative in materia di appalti relativi al sistema di gestione dell'accoglienza e dell'assistenza agli immigrati. (3-01532)

Interrogazione a risposta scritta:


   COCCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli abitanti del V municipio del comune di Roma vivono in una situazione di continuo pericolo per la propria incolumità: sotto le strade che si estendono da Torpignattara al Quadraro, infatti, c’è il vuoto causato da un dedalo di cunicoli ma, soprattutto, dal saccheggio di pozzolana per l'edilizia degli anni ‘50;
   le sollecitazioni dovute al traffico dei mezzi pesanti, unite all'alta densità abitativa, rendono il quadrante a forte rischio idrogeologico e le voragini si aprono, ormai, con cadenza mensile;
   il costo sociale per tamponare le emergenze è alto: nell'ultimo triennio il municipio ha speso circa 4 milioni di euro per rimettere in sesto alcune strade ma l'emergenza riguarda più di 30 zone;
   appare dunque necessaria la predisposizione di interventi di salvaguardia idraulica ed idrogeologica che scongiurino il ripetersi del disagi registrati sul territorio –:
   se alla luce di quanto descritto in premessa, non sia il caso di chiedere al prefetto di verificare la consistenza dei rischi per l'incolumità pubblica nell'area descritta. (4-09394)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   nell'aprile 2014 veniva denunciato dal dirigente scolastico dell'istituto comprensivo di Villorba Povegliano il direttore dei servizi generali ed amministrativi, Davide Gabrieli con l'accusa di peculato;
   nel luglio 2014 l'ufficio scolastico regionale del Veneto procedeva con il licenziamento senza preavviso di Davide Gabrieli, per aver sottratto nel periodo compreso tra il 2002 e il 2012 circa 197 mila euro attraverso un sistema di supplenze fasulle, distraendo le risorse su un conto in Svizzera;
   Gabrieli aveva infatti tra le sue mansioni quella di liquidare, con i fondi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le supplenze e i progetti scolastici prima della direzione didattica che raggruppava nove scuole tra infanzia ed elementari, poi dell'istituto comprensivo costituito da 12 scuole a partire dal 1o settembre 2012 con l'accorpamento delle medie;
   scoperto un anno fa, era finito ai domiciliari accusato di peculato; aveva quindi patteggiato una condanna a due anni di reclusione, pena sospesa, e restituito le somme sottratte alla scuola; l'amministrazione non si era costituita parte civile nel processo penale;
   dapprima sospeso dal proprio incarico e successivamente, come detto, sanzionato dall'ufficio scolastico regionale con il licenziamento senza preavviso, Gabrieli ha poi impugnato il licenziamento e il giudice del lavoro ha dichiarato da ultimo nullo il provvedimento, sembra per motivi formali attinenti al procedimento per il licenziamento, condannando l'Amministrazione non solo al reintegro immediato ma anche al risarcimento del danno, degli stipendi non percepiti e delle spese legali perché la sentenza di primo grado non prevedeva l'interdizione dai pubblici uffici;
   la vicenda ha suscitato una comprensibile ed unanime indignazione nella pubblica opinione, nei genitori, negli amministratori locali e in molti pubblici dipendenti che vedono così lesa la propria dignità, con vasta eco sui media;
   episodi come, ad avviso degli interroganti, questo rischiano di compromettere la credibilità delle istituzioni e della pubblica amministrazione in assoluta contraddizione rispetto alle finalità che il Governo ed il Parlamento stanno perseguendo con l'approvazione delle riforme sulla pubblica amministrazione sulla «buona scuola» e sul contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, senza parlare della palese contraddizione con la cultura del merito e della legalità, che dovrebbe essere a fondamento dell'educazione impartita proprio nelle scuole alle giovani generazioni –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale vicenda, se intenda, nell'ambito delle proprie competenze, attivare una ispezione per chiarire come sia potuto accadere che chi ha sottratto una ingente somma alle casse pubbliche possa rientrare in servizio senza alcuna penalizzazione e quindi sulla sussistenza di eventuali responsabilità nel determinare i presupposti che hanno portato all'annullamento del licenziamento, nonché quali iniziative intenda assumere sul piano amministrativo e/o giudiziario per porre rimedio a tale incresciosa situazione visto che successivamente al provvedimento di licenziamento ora annullato è intervenuta la sentenza di patteggiamento definitiva per peculato nei confronti del Gabrieli;
   quali iniziative sul piano normativo ritenga di assumere per assicurare, anche ai fini di deterrenza, l'esclusione dal beneficio del reintegro di chi è accertato che abbia commesso reati in danno alla pubblica amministrazione, a salvaguardia della credibilità delle istituzioni e dei dipendenti pubblici che onestamente svolgono il proprio lavoro.
(2-01004) «Rubinato, Zardini, Taricco, Causi, Gasparini, Bergonzi, Marchi, Fragomeli, Rotta, Ribaudo, Ghizzoni, Giorgio Piccolo, Piccoli Nardelli, Patriarca, Impegno, Oliverio, Sanga, Sbrollini, Garavini, Portas, Richetti, Miotto, Brandolin, Ginato, Mognato, Schirò, Camani, Zoggia, Valiante, Paola Boldrini, Borghi, Fioroni, Gigli, Dell'Aringa, Zan, Giulietti, Paola Bragantini».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI VITA, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, BARONI, GRILLO e COMINARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2013, con l'adozione del decreto ministeriale del 10 gennaio 2013 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze, ha preso il via la sperimentazione della nuova social card (SIA, sostegno per l'inclusione attiva), un progetto sperimentale di lotta alla povertà;
   la misura ha coinvolto per un anno le 12 città più grandi del Paese, impegnando un ammontare complessivo di risorse pari a 50 milioni di euro;
   le misure complessive previste dalla sperimentazione puntavano a costruire percorsi d'inclusione sociale attiva in grado di coinvolgere l'intera rete degli attori sociali, a partire dai beneficiari. I comuni, riporta il sito internet del Ministero, si sarebbero in particolare impegnati ad associare al trasferimento monetario un progetto personalizzato d'intervento dal carattere multidimensionale, che riguarda tutti i componenti della famiglia, con particolare attenzione ai minori. Il progetto costruito ad hoc è finalizzato al superamento della condizione di povertà e al reinserimento lavorativo e prevede azioni volte a migliorare le possibilità di reimpiego per gli adulti (percorsi di ricerca attiva del lavoro) ma anche la performance scolastica e la tutela della salute dei bambini e dei ragazzi;
   con specifico riferimento alle misure di contrasto alla povertà il Documento di economia e finanza per il 2015 prevede prima dell'estate di quest'anno l'estensione a tutto il Mezzogiorno della sperimentazione del SIA, in continuità al programma pilota che nel 2014, come detto, è stato avviato nelle 12 città più grandi del Paese;
   ciononostante al riguardo si ricorda che il documento della Commissione europea sugli squilibri macroeconomici evidenzia però come non si siano verificati progressi verso l'obiettivo della strategia Europa 2020 in materia di riduzione della povertà ma che, al contrario, tra il 2008 e il 2013 il numero di persone a rischio povertà ed esclusione sociale sono cresciute di 2,3 milioni. Il sistema di protezione sociale è frammentato e non ben attrezzato per affrontare questi problemi;
   sono state sperimentate alcune iniziative positive (progetto SIA) per affrontare la povertà e l'esclusione sociale ma non è chiaro in che modo siano coordinate;
   al termine della prima fase di sperimentazione della misura, il Ministero pubblicava sul proprio sito web istituzionale il documento, datato 1o settembre 2014, «Primi dati sulla sperimentazione del sostegno per l'inclusione attiva (SIA) nei grandi comuni», in cui vengono riportati esclusivamente i dati statistici relativi in particolare all'individuazione della platea dei beneficiari della misura e alla ripartizione monetaria del relativo beneficio connesso, indicati in tabella sotto le seguenti categorie: budget totale, nuclei familiari «eleggibili», nuclei familiari beneficiari «potenziali», totale domande, domande non idonee per mancata verifica dei requisiti, domande idonee dopo la verifica dei requisiti, budget totale impegnato;
   in merito a tali dati statistici preme rilevare poi che in molti dei comuni interessati dall'applicazione della misura il budget assegnato risulta quasi del tutto già utilizzato;
   il medesimo documento ministeriale non forniva tuttavia nessun approfondimento o dato specifico che illustrasse l'esito dell'attività, parimenti rilevante e prevista dalla norma, circa i primi esiti del procedimento di predisposizione dei progetti personalizzati di presa in carico, dei nuclei familiari, cui i comuni avrebbero dovuto contestualmente provvedere;
   in merito l'interrogante ha già inviato richiesta via PEC ai comuni interessati dalla misura chiedendo che gli venisse fornito il report relativo allo stato di attuazione del SIA, evidenziando in particolare aspetti positivi e criticità emerse, nonché il resoconto pur sommario dei progetti personalizzati che eventualmente fossero stati medio tempore definiti e organizzati, in favore dei beneficiari, dai comuni medesimi;
   detta richiesta, ad oggi, ha ricevuto riscontro esclusivamente da parte dei comuni di Milano, Napoli, Venezia e Verona i quali rendevano però solo i primi dati statistici relativi all'individuazione della platea dei beneficiari della misura e alla ripartizione monetaria del relativo beneficio connesso, analogamente a quanto fatto da codesto Ministero con il documento sopracitato;
   l'interesse precipuo dell'interrogante è quello di conoscere gli esiti concreti della prima applicazione del SIA nella prospettiva che si giunga alla realizzazione di una più seria e radicale misura di contrasto alla povertà, quale il reddito di cittadinanza, già avviato positivamente in molte realtà europee, nonché al fine di scongiurare duplicazioni di misure di contrasto alla povertà disorganiche e conoscere la realtà esatta di questo momento storico –:
   se intenda chiarire le ragioni specifiche che hanno persuaso il Governo della validità e dell'efficienza della misura SIA sì da muoverlo ad estenderne l'applicazione a tutto il Mezzogiorno, così come previsto nel DEF 2015;
   se intenda illustrare lo stato generale del procedimento di predisposizione dei progetti personalizzati di presa in carico dei nuclei familiari da parte dei comuni interessati dal SIA, nonché indicare specificamente i progetti ad oggi eventualmente definiti e organizzati in favore dei beneficiari da parte dei comuni medesimi, con particolare riguardo ai progetti per l'infanzia e l'adolescenza;
   a fronte delle spese correnti stanziate per l'applicazione del SIA dai comuni interessati, se intenda illustrare dunque gli esiti dei primi progetti eventualmente avviati, la categoria di soggetti a cui i comuni li hanno affidati, nonché con quali procedure e modalità siano stati scelti e pianificati. (5-05743)


   SOTTANELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 564 del 1996 dispone in merito alla contribuzione figurativa e alla copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione relativamente alla pensione dei sindacalisti, che in base alla norma, sarebbe costituita soltanto dall'ultimo mese di stipendio percepito. In questo modo, per un sindacalista è sufficiente lavorare pochi mesi, o anche uno soltanto, per avere accesso ad una pensione calcolata come se quello stipendio fosse stato percepito per tutta la vita lavorativa;
   la norma in questione, che ha alimentato diverse polemiche, concede a dirigenti e dipendenti sindacali la possibilità di ottenere una pensione integrativa di decine di migliaia di euro all'anno, attraverso il semplice pagamento di un mese di contributi. È evidente come l'intera pensione del sindacalista pesa sulle spalle dell'Inps, e quindi dei cittadini;
   critiche sono state mosse anche da Tiziano Treu, ex Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che ha dichiarato che la norma del 1996 si è rivelata «troppo costosa e ingiustificata», e che «a pensarci bene, siccome si sono verificati degli abusi, si poteva pensare a dei limiti», annunciando l'intenzione di effettuare delle ispezioni ma solo «là dove ci siano delle segnalazioni ragionevoli» –:
   quale sia il numero dei sindacalisti e la durata del tempo in cui hanno usufruito dell'agevolazione loro concessa dalla legge n. 564 del 1996 e in che misura la norma abbia inciso sul bilancio a carico dell'INPS e quali urgenti iniziative anche di carattere normativo intenda attuare per sanare l'ingiustizia creata dalla norma citata, che grava sul bilancio dello Stato, proprio in questo momento di grave crisi economica. (5-05745)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Auchan è una catena francese di supermercati ed ipermercati, considerata una delle principali aziende operanti nel settore della grande distribuzione a livello internazionale;
   in Italia, Auchan ha quarantanove punti vendita, distribuiti in 11 regioni;
   nel napoletano, sono ben 5 i punti vendita, ovvero Nola, Pompei, Mugnano di Napoli, Napoli, via Argine e Giugliano in Campania;
   a seguito della caduta della domanda interna di consumi, generata dalla crisi economica internazionale, Auchan ha deciso, unilateralmente, di disdire il contratto integrativo aziendale con effetto dal primo luglio 2015 ed in conseguenza di ciò l'azienda ha prodotto centinaia di esuberi occupazionali (circa 1426 licenziamenti in tutto il Paese), specie di lavoratori dal profilo lavorativo più basso, come scaffalisti e cassieri (terzi e quarti livelli);
   sono rimasti pressoché immuni ai licenziamenti i capisettore, i capireparto, i quadri ed i dirigenti;
   a seguito di tali decisioni aziendali, è scattata, anche in Campania, la forte protesta delle rappresentanze sindacali, manifestati con l'organizzazione di presidi davanti agli ingressi dei cinque ipermercati presenti nel napoletano;
   nelle more della protesta sindacale, tra l'Auchan di Pompei e quello di Mugnano, hanno già perso il posto di lavoro 75 persone, e per il 9 agosto 2015, data di chiusura delle procedure di licenziamento, sono previsti, per la sola Campania, altri 276 licenziamenti, ovvero circa 50 esuberi a punto vendita;
   il meccanismo prescelto dall'azienda per i licenziamenti è quello della mobilità incentivata;
   nell'area a nord di Napoli, quella di Auchan è una delle realtà aziendali più importanti del settore della grande distribuzione e fornisce lavoro, sviluppo ed occupazione a migliaia di famiglie, tra attività diretta ed indotto;
   la definizione delle procedure di licenziamento sopra descritte e la loro possibile ultimazione in tempi brevi, comporterebbero una drammatica ricaduta in termini occupazionali per un territorio già in forte difficoltà;
   è da comprendere se le modalità prescelte dall'azienda Auchan, per la concretizzazione dei licenziamenti, la scelta dei profili da ridurre, modalità e termini della mobilità incentivata siano regolari e conformi con al sistema normativo vigente –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda e delle problematiche di cui in premessa e quali ormai improcrastinabili iniziative intendano assumere per scongiurare il licenziamento di 1426 addetti alla grande distribuzione e dipendenti di Auchan.  (4-09395)


   NICOLA BIANCHI, LOREFICE e DE LORENZIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa, società per azioni il cui capitale è al 100 per cento del Ministero dell'economia e delle finanze, dal 2006 al 2012 ha fatto ricorso in misura sostanziosa all'utilizzo di lavoratori assunti con contratti a termine per sopperire alla mancanza di personale interno;
   tali contratti sono stati stipulati ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 2 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, secondo cui imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste possono effettuare assunzioni a termine per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale, riferito al 1o gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono;
   Poste italiane spa avrebbe effettuato un numero di assunzioni a termine maggiore rispetto alla percentuale prevista dalla norma suddetta;
   migliaia di lavoratori di Poste italiane assunti con contratti a tempo determinato nel citato periodo hanno presentato ricorsi giudiziari basati in larghissima misura sul superamento da parte dell'azienda della percentuale di assunzione del 15 per cento, essendo questa una condizione per la validità dei contratti a termine di cui al suddetto articolo 2, comma 1-bis;
   in seguito all'espandersi del fenomeno dei cosiddetti «ricorsisti ex ctd» la questione è stata affrontata più volte in sede di confronto tra l'azienda e le associazioni sindacali e una buona parte di lavoratori, accettando gli accordi siglati, è stata stabilizzata da Poste italiane dopo aver rinunciato ai contenziosi avviati;
   non si è mai giunti, tuttavia, ad un accordo definitivo per la salvaguardia della totalità dei lavoratori ex ctd di Poste che hanno i presupposti, con l'opportuna valutazione dei singoli casi, per essere integrati in organico;
   l'amministratore delegato di Poste italiane spa, Francesco Caio, presentando il 16 dicembre 2014 il piano strategico del gruppo per i prossimi cinque anni, ha annunciato che l'azienda effettuerà 8.000 assunzioni, di cui il 50 per cento «tra giovani laureati e nuove professionalità» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle informazioni esposte in premessa e quali iniziative intendano adottare per la tutela dei lavoratori ex ctd di Poste italiane al fine di giungere ad una soluzione definitiva e condivisa del problema;
   se non ritengano di dover avviare con urgenza un nuovo tavolo di confronto grazie al quale arrivare al superamento dell'annosa criticità riportata, in modo tale che tutti i lavoratori di Poste italiane assunti con contratti a termine che hanno diritto ad essere stabilizzati siano integrati in organico nel più breve tempo possibile;
   se non ritengano altresì opportuno adottare iniziative affinché le prossime assunzioni previste dall'azienda non comportino la creazione di nuovo precariato nel settore e affinché non si perpetuino da parte di Poste italiane spa le violazioni di legge, con conseguenti danni economici per i lavoratori e per le casse della stessa società pubblica, che da quanto risulta sarebbero state commesse in passato.
(4-09400)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   il batterio «Xylella fastidiosa» è un patogeno da quarantena che si è palesato per la prima volta in Europa in Salento, in Puglia. Originario dell'America centrale è giunto, presumibilmente attraverso l'importazione di piante ornamentali dal continente americano. Il batterio, per la prima volta al mondo, ha attaccato gli oliveti e si propaga attraverso la «cicala sputacchina», insetto vettore, ad apparato pungente-succhiatore (Homalodisca Coagulata) che, una volta assorbita la linfa delle piante, trasporta, il batterio su altri fusti;
   sono oramai incalcolabili i danni per i florovivaisti salentini colpiti dall'embargo e per gli agricoltori, che hanno dovuto assistere al crollo della produzione olivicola nonché al disseccamento rapido di innumerevoli olivi nei propri campi;
   il timore del propagarsi di questo batterio ha spinto numerose altre nazioni ad effettuare l'embargo di determinati prodotti dall'Italia, nonostante il ceppo della «Xylella fastidiosa» presente in Salento abbia attaccato solamente gli oliveti. In data 14 gennaio 2015, la direzione della protezione delle piante e del controllo tecnico in capo al Ministero dell'agricoltura e dello sviluppo rurale del Governo algerino ha disposto la sospensione dell'importazione dall'Italia delle barbatelle da vite adducendo come motivo la presenza del batterio. Dal 6 aprile 2015 è in vigore il decreto varato dal Ministro dell'agricoltura francese, Stephane Le Foll, che impone il blocco delle importazioni di 102 specie vegetali dai territori colpiti dal batterio (ulivo, vite, fico, albicocco, mandorlo, pesco, agrumi, ciliegio, gelso e numerose piante ornamentali), una decisione legittima secondo la Commissione europea che la descrive come «misure in linea con la legislazione Ue»;
   questa situazione è sfociata in una vera e propria «psicosi da Xylella» probabilmente dovuta a disinformazione, mancata chiarezza delle notizie e strumentalizzazione politica. Si è proceduto alla equiparazione tra embargo delle importazioni di materiale vegetale (piante) con embargo dei prodotti agricoli. In Puglia, attraverso il candidato alla presidenza della regione Puglia Francesco Schittulli, è stata persino lanciata la campagna #iononcomproMadeinFrance per rispondere alla presunta guerra commerciale sui prodotti agricoli pugliesi messa in atto da Parigi;
   questo bailamme di dichiarazioni generato dalla stampa non ha fatto altro che aumentare i timori dei Paesi importatori di prodotti agricoli provenienti dalla Puglia. Molte imprese esportatrici di prodotti ortofrutticoli, infatti, lamentano la richiesta di informazioni chiare da parte dei loro clienti a cui non riescono a fornire una risposta univoca e definitiva sulla sicurezza della propria merce;
   come esplicitato dal Presidente del CNO (Consorzio nazionale degli olivicoltori), Gennaro Sicolo, in una nota inviata in data 19 maggio 2015 ai Ministri interrogati ed alla Presidenza del Consiglio, una cooperativa aderente al Consorzio ha ricevuto richieste da clienti giapponesi di avere rassicurazioni circa l'assenza del batterio nelle partite di olio extravergine di oliva esportate in quel Paese;
   questi episodi rischiano di creare turbative, di provocare la contrazione dei flussi di esportazione dei migliori prodotti ortofrutticoli e olivicoli italiani a vantaggio dei concorrenti e, ove non adeguatamente affrontati, potrebbe innescare dei comportamenti opportunistici e speculativi, arrivando ad alimentare anche delle potenziali guerre commerciali –:
   se i Ministri interpellati non ritengano opportuno assumere iniziative volte a predisporre e diramare un documento scientifico in cui si attesti e dimostri che il batterio da quarantena «Xylella fastidiosa» non intacca i prodotti agricoli finali, in special modo l'olio di oliva e olio extravergine di oliva.
(2-01000) «L'Abbate, Massimiliano Bernini, Gallinella, Gagnarli, Benedetti, Parentela, Lupo, Da Villa, Crippa, Cancelleri, Della Valle, Fantinati, Vallascas, Grande, Spadoni, Scagliusi, Micillo, De Rosa, Terzoni, Busto, Daga, Mannino, Zolezzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Carinelli, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto».

Interrogazione a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 332/99 pubblicato in S.O.G.U. n. 227/1999 regolamenta l'intera materia afferente ai dispositivi medici per le persone stomizzate, attribuendone la competenza alle regioni e alle asl. Esso attiene alle prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del SSN nelle modalità, nelle forniture e nelle tariffe, salvaguardando la libera scelta del dispositivo medico più idoneo al paziente;
   articolo 1, comma 5 del suddetto decreto ministeriale prevede che: «Qualora l'assistito scelga un tipo o un modello di dispositivo non incluso nel nomenclatore allegato al presente regolamento, ma riconducibile, a giudizio dello specialista prescrittore, per omogeneità funzionale a quello prescritto ai sensi dell'articolo 4, comma 2, l'azienda Usl di competenza autorizza la fornitura e corrisponde al fornitore una remunerazione non superiore alla tariffa applicata o al prezzo determinato dalla stessa azienda per il dispositivo incluso nel nomenclatore e corrispondente a quello erogato»;
   il decreto ministeriale n. 321/2001 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 183/2001 prevede che il paziente stomizzato neo-operato abbia diritto ad ottenere i dispositivi medici di cui sopra attraverso la prescrizione medica compilata da uno specialistica (dipendente o convenzionato) del SSN;
   lo specialista prescrittore della Asl valuta se, per gli stomizzati neo-operati, la fornitura degli ausili previsti dal nomenclatore possa essere aumentata sino al 50 per cento, per una durata massima di sei mesi (decreto ministeriale sanità n. 332/99). Tale fornitura è assolutamente gratuita e lo stomizzato libero di scegliere i prodotti più confacenti alla propria epidermide, esigenze di vita professionale, sociale e psico-relazionale;
   la lettera/circolare del Ministro della sanità protempore Rosy Bindi n. 100/SCPS/3.9743 del 5 agosto 1997 prevedeva che gli stomizzati avessero diritto per legge alla scelta dell'ausilio protesico cutaneo più idoneo da applicare e che la scelta del presidio da utilizzare fosse demandata unicamente alle necessità fisiologiche del stesso soggetto;
   la deliberazione della regione autonoma della Sardegna n. 7/19 del 17 febbraio 2015 prevede che: «(...) Fino all'aggiudicazione della gara a valenza regionale per la fornitura degli ausili per stomie per un periodo massimo di sei mesi, la Federfarma Sardegna provvederà alla dispensazione dei presidi secondo quanto previsto dall'accordo con la stessa Federfarma di cui alla deliberazione G.R. n. 17/14 del 24 aprile 2012. Ai presidi erogati dovrà essere applicata dalle farmacie convenzionate la tariffa costituita dal prezzo al pubblico rilevato dalla banca dati CODIFA decurtato del 15 per cento, come previsto dalla deliberazione G.R. n. 28/15 del 1o luglio 2005 concernente linee regionali di indirizzo per l'assistenza ai portatori di stomia»;
   tra le azioni individuate nella succitata deliberazione, presentano particolari criticità: la centralizzazione degli acquisti di dispositivi medici e di ausili protesici di cui al decreto ministeriale n. 332/99 e l'aggiudicazione della gara centralizzata dei dispositivi per stomie ad uso ospedaliero;
   la «centralizzazione degli acquisti» rischia di dispensare presidi e ausili protesici indipendentemente da quelle che dovrebbero essere le libere scelte del paziente e le particolari caratteristiche di ciascuno di loro. I pazienti stomizzati necessitano, infatti, di una ampia gamma di ausili, in quanto le stomie si presentano differenti sia per il tipo di intervento chirurgico subìto che per le caratteristiche peculiari del singolo paziente (diverso phdella pelle, differente peso corporeo, diversa sudorazione, presenza di eventuali forme allergiche, e altro);
   la succitata deliberazione della RAS potrebbe dunque configurare una violazione del principio costituzionale della «libera scelta» del paziente (articolo 32 Costituzione), nella misura in cui non riconoscerebbe al cittadino-utente di pubblico servizio il pieno e incondizionato diritto alla scelta dei trattamenti sanitari, rischiando di creare un vulnus relativamente al pieno rispetto della libertà e della dignità della persona;
   tale deliberazione rischierebbe inoltre di produrre potenziali costi sanitari e sociali aggiuntivi per eventuali dermatiti riconducibili a forme allergiche, giornate di malattia, ricoveri impropri, ecc. finendo per andare in senso contrario alle esigenze di economicità e sostenibilità del SSN;
   la deliberazione della regione autonoma della Sardegna mette infine gli stomizzati sardi in una condizione differente rispetto a quelli delle altre regioni italiane, andando ad intaccare i princìpi di equità e di universalità che sono alla base del nostro Sistema sanitario nazionale e configurando, nella sostanza, un inaccettabile, differente livello di erogazione dei livelli essenziali di assistenza;
   la dispensazione degli ausili, presidi e dispositivi medici per stomie attribuita dalla deliberazione in oggetto esclusivamente a Federfarma Sardegna, se da un lato potrebbe apparire alla stregua di un'azione virtuosa di contenimento della spesa e di razionalizzazione delle attività di distribuzione nell'interesse del paziente, dall'altra rischia di impoverire la varietà dell'offerta, rendendo obbligata e inappropriata la scelta, con scadimento della qualità del servizio offerto ad una tipologia di paziente così delicata;
   secondo i dati forniti dalla FINCO – Federazione Italiana Incontinenti, nella regione Sardegna gli stomizzati sarebbero circa 1.600, mentre la cifra nazionale si aggirerebbe intorno ai 50.000, per cui la scelta di non privilegiare le esigenze individuali del paziente appare ancora più ingiustificata dal riscontro di numeri fortunatamente bassi –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, pur restando gli aspetti gestionali sanitari di competenza regionale – non ritenga che nel caso di specie rischi di configurarsi un'inaccettabile differenziazione nell'erogazione dei LEA che vada oltre tutto ad incidere sul pieno e incondizionato diritto alla libera scelta dei trattamenti sanitari dei cittadini stomizzati residenti in Sardegna, in particolare qualora questo fosse esercitato ad isorisorse per il sistema. (4-09396)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la qualità del servizio di Poste italiane spa è certificata da un ente terzo, la Izi spa, di nomina governativa, incaricata da parte di Agcom del monitoraggio del servizio postale universale, attraverso alcuni controllori il cui compito è proprio quello di vigilare sulla celerità ed efficienza del servizio postale reso da Poste italiane spa;
   il sistema di certificazione adottato dalla società Izi spa – cui Poste italiane corrisponde 1,2 milioni di euro per un servizio triennale – si basa sul reclutamento di collaboratori che reciprocamente si inviano lettere, segnando data e ora, sia della spedizione sia del recapito, per testarne i rispettivi tempi di ricezione, al fine di certificare che la posta in viaggio venga effettivamente recapitata nelle tempistiche previste;
   questa rete di dropper e receiver, ovvero di chi rispettivamente spedisce e riceve la corrispondenza per controllare gli standard di qualità del servizio reso da Poste, è contenuta in un elenco che dovrebbe risultare segreto all'ente controllato, ossia a Poste italiane, al fine di preservare l'integrità del sistema di monitoraggio e garantire la terzietà e l'indipendenza dell'ente controllore;
   una recente inchiesta giornalistica condotta da Il Fatto Quotidiano ha rivelato però come Poste italiane, tra il 2006 e il 2010, fosse spesso a conoscenza dei nomi dei dropper e receiver, che risultavano addirittura schedati, monitorati e trasmessi attraverso alcune mail, il cui contenuto è stato reso pubblico proprio dalla citata testata giornalistica;
   alcuni funzionari di Poste italiane avrebbero agito pertanto come una sorta di associazione investigativa, incaricata di scoprire e spiare i controllori di Poste, risalendo alle spedizioni campione, fino ad arrivare ad aprire le buste della loro corrispondenza, fotocopiarne il contenuto, accotonarle e quindi distruggerle, nel caso in cui la suddetta corrispondenza risultasse al di fuori degli standard qualitativi che Poste è tenuta per legge a rispettare;
   dall'inchiesta sarebbe inoltre emersa l'esistenza di una vera e propria procedura interna a Poste italiane, definita «noti invii», dedita a intercettare le «lettere civetta» che avrebbero dovuto testare la qualità del servizio offerto da Poste;
   a seguito dell'inchiesta de Il Fatto Quotidiano, si apprende che anche il Garante per la protezione dei dati personali ha di recente aperto un'istruttoria su Poste Italiane, per verificare se siano stati trattati dati personali senza consenso e vi sia stato un monitoraggio intrusivo nella vita privata della rete di collaboratori ingaggiati dalla Izi spa che si occupava di verificare la qualità del servizio postale;
   come noto, il servizio postale universale è stato affidato alla gestione di Poste italiane, per una media di 300 milioni annui, tramite un contratto che impegna Poste a consegnare la corrispondenza entro precisi parametri d'efficienza. Lo sforamento del suddetto parametro può costare a Poste una sanzione che va dai 50 mila fino ai 500 mila euro annui –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere, nell'ambito delle competenze affidate al Ministero dello sviluppo economico, per far luce sui fatti sopra descritti, verificando in particolare, se sia stato rispettato, negli anni oggetto dell'inchiesta, il mantenimento entro i parametri degli standard, di qualità del servizio postale universale reso da Poste italiane, a norma del decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58. (4-09397)

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lupi n. 1-00869, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 432 del 21 maggio 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni il legislatore è intervenuto di frequente con provvedimenti restrittivi sulla disciplina della circolazione del contante. Tali interventi sono stati introdotti con una doppia finalità: da un lato, l'esigenza di aumentare la tracciabilità dei movimenti finanziari per contrastare il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita; dall'altro, l'obiettivo dell'amministrazione finanziaria di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti, che ovviamente ben si prestano a «coprire» operazioni effettuate «in nero»;
    in particolare, il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosiddetto «decreto salva Italia» (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), ha – da ultimo – ridotto, a decorrere dal 6 dicembre 2011, da euro 2.500 ad euro 1.000 la soglia dei pagamenti in contanti e di utilizzo degli assegni bancari/postali trasferibili, nonché dei libretti al portatore. Il divieto di violare tale limite si applica a tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato, quale che sia la loro nazionalità. I soggetti sanzionabili sono sia colui che ha pagato sia colui che ha riscosso gli importi, ivi compreso il lavoratore dipendente che abbia accettato il pagamento dello stipendio superiore a 999 euro in contanti;
    pertanto, allo stato attuale, è possibile effettuare pagamenti in contanti sino alla soglia massima di euro 999,99 ed è vietato il trasferimento, tra soggetti diversi, di denaro contante (nonché di libretti di deposito bancari e postali al portatore o di titoli al portatore) per importi pari o superiori ai 1.000 euro: per l'effettuazione di tali operazioni di trasferimento da un soggetto ad un altro occorre rivolgersi a banche, istituti di moneta elettronica o a Poste italiane spa;
    successivamente al citato intervento restrittivo del 2011, il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, cosiddetto «decreto semplificazioni», ha introdotto una deroga alle norme sulla limitazione di circolazione del contante per acquisti effettuati da cittadini extra-Unione europea presso commercianti al minuto, nonché le agenzie di viaggio e turismo;
    in tema di circolazione del denaro contante, sono, inoltre, state introdotte alcune recentissime novità: con riferimento alle corresponsioni di canoni d'affitto, con effetto dal 1o gennaio 2014, la legge di stabilità per l'anno 2014 (legge n. 147 del 2013), al comma 50 dell'articolo 1, ha previsto che i canoni di locazione delle abitazioni non possano più essere pagati in contanti. La norma prevede che, indipendentemente dall'ammontare mensile del canone di locazione, per il pagamento dell'affitto debbano essere utilizzati mezzi di pagamento in grado di assicurare la tracciabilità dei flussi di denaro;
    in termini di obbligo di adozione di strumenti pos per imprese e professionisti, il decreto ministeriale del 24 gennaio 2014, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ha dato attuazione al disposto dell'articolo 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, per cui dal 1o gennaio 2014 è stato introdotto l'obbligo di accettare i pagamenti effettuati attraverso carte di debito, in favore di imprese e professionisti, per l'acquisto di prodotti o per la prestazione di servizi. Dal 28 marzo 2014 al 30 giugno 2014, sono obbligati ad accettare pagamenti di importi superiori a 30 euro, effettuati con carte di debito, solo le imprese e professionisti che nel 2013 hanno registrato un fatturato superiore a 200.000 euro; dal 1o luglio 2014, tutte le imprese ed i professionisti sono obbligati ad accettare i pagamenti di importo superiore ad euro 30 effettuati con carte di debito;
    secondo uno studio della Cgia di Mestre del febbraio 2015, cresce l'ammontare di banconote in circolazione nel nostro Paese. Nel 2014 la massa monetaria complessiva ha sfiorato i 164,5 miliardi di euro. Negli ultimi 7 anni di crisi l'incremento percentuale è stato del 30,4 per cento, a fronte di una variazione dell'incidenza delle banconote sul prodotto interno lordo del +2,4 per cento e di un aumento dell'inflazione che ha sfiorato il 10 per cento;
    l'enorme uso del contante deriva dal fatto che in Italia ci sono quasi 15 milioni di unbanked, ossia persone che non hanno un conto corrente presso una banca e che, di conseguenza, non utilizzano alcuna forma di pagamento tracciabile, come la carta di credito, il bancomat o il libretto degli assegni; l'Istat, nella pubblicazione «I consumi degli italiani», segnala che il mezzo di pagamento più diffuso tra le famiglie è il denaro contante, soprattutto nel caso degli anziani, single (95,9 per cento) o in coppia (92,8 per cento). Il 37,9 per cento delle famiglie usa il bancomat e il 10,9 per cento la carta di credito. Molti preferiscono ancora adesso tenere i propri risparmi in casa, anziché affidarli ad una banca, considerati, soprattutto, i costi per la tenuta di un conto corrente tra i più elevati d'Europa;
    sempre secondo i dati della Cgia di Mestre, nonostante l'Italia abbia il limite all'utilizzo del contante più basso d'Europa, l'evasione fiscale non sembra averne risentito. Anzi, dagli studi emerge un dato sorprendente: c’è pochissima correlazione tra la soglia limite all'uso di cartamoneta imposta per legge e il rapporto tra la base imponibile iva non dichiarata e il prodotto interno lordo, vale a dire l'evasione fiscale;
    tra il 2000 e il 2012 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), a fronte di una soglia limite all'uso del denaro che è rimasta pressoché stabile fino al giugno 2008, l'evasione ha registrato un andamento altalenante fino al 2006, per poi scivolare progressivamente fino al 2010. Se tra il 2010 e l'anno successivo «l'asticella» del limite al contante si è ulteriormente abbassata (passando da 5.000 a 1.000 euro), l'evasione, invece, è salita fino a sfiorare il 16 per cento del prodotto interno lordo, per poi ridiscendere nel 2012 sotto quota 14 per cento;
    rispetto agli altri Paesi europei in Italia i costi per le transazioni tramite pos (point of sale) sono più elevati in media del 50 per cento; elevati anche i costi per l'installazione e la gestione dei pos che hanno una componente fissa e una variabile: i costi fissi comprendono un canone annuale per l'affitto dell'apparecchiatura pos e il mantenimento di una linea telefonica dedicata, più o meno costosa a seconda della velocità della transazione. Ne consegue che il migliore incentivo alla diffusione dei pos non è costituito dalla sua obbligatorietà, ma dalla riduzione dei costi di gestione. I pagamenti tramite pos in Francia sono più del doppio di quelli dell'Italia (398 miliardi di euro contro 160 miliardi), eppure i terminali installati Oltralpe non sono molti di più (1.834.000 contro 1.501.600). Il confronto con la Germania è ancora più indicativo, alla luce degli ultimi dati ufficiali (Banca dei regolamenti internazionali, dicembre 2012) in quel Paese ci sono infatti meno pos che in Italia (720 mila), ma vengono usati per più transazioni (174 miliardi di euro);
    in attuazione di quanto previsto da tali disposizioni si sono tenute riunioni tra l'Associazione bancaria italiana, le associazioni dei prestatori di servizi di pagamento, Poste italiane spa, il Consorzio bancomat, le imprese che gestiscono circuiti di pagamento e le associazioni delle imprese maggiormente significative a livello nazionale, senza tuttavia giungere all'elaborazione di un testo condiviso secondo le modalità e nei termini previsti; si registrano, peraltro, positive esperienze tra alcuni istituti di credito ed associazioni imprenditoriali e di imprese, che hanno ridotto, fino ad azzerarli, i costi di transazione;
    tra i principali membri dell'Unione europea, ben 11 Paesi non prevedono alcun limite all'uso del contante. La Francia e il Belgio hanno una soglia di spesa con la cartamoneta di 3.000 euro, la Spagna di 2.500 euro e la Grecia di 1.500 euro. L'Italia e il Portogallo, invece, manifestano la situazione più restrittiva: la soglia massima, oltre il quale non si può più usare il contante, è pari a 1.000 euro;
    a febbraio 2015 il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato l'intenzione del Governo di elevare il limite all'utilizzo del contante dagli attuali 999,99 euro a 3 mila euro, condizionando il varo della misura all'adozione del decreto delegato sulla fattura elettronica. Infatti, con una transazione «tracciata» con una fattura elettronica o uno scontrino immediatamente visibile al fisco, l'eventuale incasso in contanti non dovrebbe creare problemi;
    il 21 aprile 2015, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, e del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, ha approvato, in via preliminare, il decreto legislativo sulla fatturazione elettronica, che introduce misure volte ad incentivare, mediante la riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili, a carico dei contribuenti, l'utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché adeguati meccanismi di riscontro tra la documentazione in materia di imposta sul valore aggiunto (iva) e le transazioni effettuate, potenziando i relativi sistemi di tracciabilità dei pagamenti, nonché a prevedere specifici strumenti di controllo relativamente alle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici;
    il varo del decreto legislativo crea oggi le condizioni per la definitiva rimozione del limite all'uso del contante previsto dalla normativa vigente;

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di assumere ulteriori iniziative normative, rispetto alle norme contenute nella delega fiscale, in materia di tracciabilità dei pagamenti e di fatturazione elettronica e contestualmente a valutare l'opportunità di una revisione della disciplina vigente in tema di uso del contante, prevedendo un innalzamento della soglia limite dei 1.000 euro e ponendo l'Italia in linea con gli altri Stati europei;
   a dare rapida attuazione al regolamento (UE) n. 2015/751 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015 relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, nelle parti in cui si prevede una facoltà dello Stato membro di definire alcune misure, con la finalità di equiparare il costo dei mezzi di pagamento elettronici in Italia alla media dei costi in essere presso gli altri Stati europei.
(1-00869)
(Ulteriore nuova formulazione) «Lupi, Buttiglione, Dorina Bianchi, Pizzolante, Vignali, Tancredi, Bernardo, Pagano, Alfreider, De Girolamo».

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Alfreider n. 1-00877, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 435 del 4 giugno 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    la normativa antiriciclaggio di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, recante «Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione», ha previsto specifiche limitazioni all'uso dei contanti, accompagnate da una serie di sanzioni destinate a colpire i soggetti che le avessero violate o tentato di aggirarle. Ciò allo scopo di contrastare il fenomeno del riciclaggio di denaro costituente il frutto o il provento di reati e il perpetrarsi dell'evasione fiscale;
    nello specifico, l'articolo 49 del sopra citato decreto legislativo, successivamente più volte modificato, da ultimo con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, vieta il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a 1.000 euro, in luogo dei 2.500 euro previsti in precedenza;
    inoltre, dal 30 giugno 2014 vige l'obbligo per ogni artigiano e libero professionista di munirsi di pos (point of sale) e farsi carico di tutti i costi di mantenimento, visto che per prestazioni o prodotti del valore superiore a 30 euro al cliente dovrà essere consentito l'uso del pos per usare il bancomat o la carta di credito e i costi aggiuntivi del servizio, in ogni transazione, sono a carico dell'esercente;
    la limitazione dell'uso del contante ha causato rilevanti conseguenze nella quotidianità delle operazioni fra privati e una forte penalizzazione della dinamica produttiva delle imprese, determinando effetti distorsivi del mercato e della concorrenza, soprattutto nel confronto con le legislazioni dei Paesi confinanti, se si pensa che a distanza di soli 10 chilometri dal confine italiano è possibile avere una libertà di spesa maggiore, anche solo per la spesa di carburante;
    le statistiche recenti riportano un bilancio negativo della spesa interna, il che significa che gli italiani spendono di più all'estero di quanto non facciano in Italia e la conferma arriva anche dai dati relativi alla presenza di turisti dall'altra parte del Brennero, in forte crescita (Tirolo + 4 per cento), mentre si registra un forte calo in Alto Adige/Südtirol, in Trentino e in altre località o regioni di confine, con le dovute conseguenze anche sul commercio e sulla prestazione di servizi, settori strettamente collegati al turismo;
    in ambito europeo gli unici Paesi, oltre all'Italia, che prevedono un limite all'uso del contante sono la Spagna (2.500 euro), la Francia (3.000 euro), il Belgio (15.000 euro), la Danimarca (13.400 euro), Grecia (1.500 euro), la Slovenia (15.000 euro), quasi tutti però per soglie di molto superiori a quella italiana di soli 1.000 di euro, mentre Germania, Austria e Olanda non prevedono limiti più stringenti (valgono, quindi, i 15.000 euro previsti dalla normativa comunitaria);
    è allo studio dell'Unione europea una proposta di modifica della direttiva relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 2002/65/CE, 2013/36/UE e 2009/110/CE e che abroga la direttiva 2007/64/CE;
    il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, cosiddetto competitività, conteneva disposizioni che ampliavano l'uso del denaro contante in Italia per i cittadini appartenenti all'Unione europea e allo spazio economico europeo, derogando alla disciplina del limite all'uso del contante per importi superiori a 1.000 euro, prevedendo la possibilità per i cittadini comunitari e per i residenti nello spazio economico europeo di utilizzare il limite per il trasferimento di denaro contante vigente nel Paese di residenza dell'acquirente, e andava a inserirsi in un quadro normativo che già prevede una deroga a 15.000 euro per i cittadini extracomunitari;
    la materia del limite all'uso del contante in Italia viene trattata sempre in abbinamento alla normativa antiriciclaggio, mentre nel settore turistico il limite all'uso del contante si sta rivelando fortemente pregiudizievole, soprattutto nelle regioni di confine, che non possono competere con una normativa più favorevole appena pochi chilometri oltre il confine,

impegna il Governo

a incentivare i pagamenti elettronici e, contestualmente, a valutare l'opportunità di adeguare la normativa italiana attraverso il ripristino di una soglia più elevata per l'acquisto di beni e di prestazioni, quantomeno in linea con la media degli altri Stati europei, che si attesta intorno a minimo 3.000 euro, ponendo così fine al deflusso verso l'estero, con conseguente perdita di valore aggiunto in quelli che sono i principali settori dell'economia nazionale.
(1-00877)
(Nuova formulazione) «Alfreider, Borghese, Matteo Bragantini, Caon, Gebhard, Marguerettaz, Merlo, Ottobre, Plangger, Prataviera, Schullian».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Dambruoso n. 4-09116 dell'8 maggio 2015;
   interrogazione a risposta scritta L'Abbate n. 4-09301 del 22 maggio 2015;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-05704 del 3 giugno 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Toninelli n. 5-05725 del 4 giugno 2015;

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Vito n. 4-09237 del 19 maggio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05755.