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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 25 giugno 2015

TESTO AGGIORNATO AL 14 LUGLIO 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 giugno 2015.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Censore, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Melilla, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Berlinghieri, Stella Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Busto, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Censore, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, De Mita, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Giampaolo Galli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Laforgia, Librandi, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marcon, Matarrese, Melilla, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Palese, Pellegrino, Pes, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Schirò, Schullian, Scotto, Sereni, Sisto, Tabacci, Taglialatela, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 24 giugno 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   FANTINATI ed altri: «Disposizioni concernenti la fissazione di limiti al contenuto di sostanze tossiche nei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri nonché modifica dell'articolo 112 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in materia di sanzioni relative all'immissione sul mercato di prodotti pericolosi» (3195);
   FAENZI: «Misure per contrastare il fenomeno degli sprechi alimentari, adozione del codice di educazione alimentare e introduzione del relativo insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado nonché disposizioni per favorire la cessione di scarti alimentari ai consorzi agrari costituiti in società cooperative» (3196);
   FEDRIGA ed altri: «Legge quadro sulla famiglia e per la tutela della vita nascente» (3197);
   COLLETTI: «Modifica al codice di procedura civile in materia di consulenza tecnica preventiva» (3198).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

  In data 24 giugno 2015 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   dai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della difesa:
  «Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio di sorveglianza recante modifiche all'Allegato IV della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana, il Governo della Repubblica francese, il Governo della Repubblica federale di Germania ed il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sull'istituzione dell'Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti OCCAR del 9 settembre 1998, fatta a Roma il 10 giugno 2014» (3199).

  Sarà stampato e distribuito.

Annunzio di una proposta di inchiesta parlamentare.

  In data 24 giugno 2015 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del deputato:
   ZAPPULLA: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri nonché sulle pratiche di nonnismo» (Doc. XXII, n. 51).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge GIANCARLO GIORDANO ed altri: «Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura» (1504) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Duranti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sotto indicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):
  RICCIATTI ed altri: «Introduzione dell'articolo 610-bis del codice penale, in materia di atti di discriminazione o di persecuzione psicologica in ambito lavorativo» (3110) Parere delle Commissioni I, XI e XII;

   VI Commissione (Finanze):
  RAMPELLI ed altri: «Introduzione del comma 639-bis dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in materia di esenzione dall'imposta unica comunale» (3136) Parere delle Commissioni I, V e VIII;

   VII Commissione (Cultura):
  GALATI: «Introduzione dell'insegnamento dell'educazione finanziaria e al risparmio nelle scuole di ogni ordine e grado» (3127) Parere delle Commissioni I, V, VI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;

   XI Commissione (Lavoro):
  RIZZETTO ed altri: «Disposizioni previdenziali per favorire il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, nonché in materia di contribuzione ed età pensionabile delle lavoratrici madri, di tutela pensionistica dei lavoratori discontinui e di misura dei trattamenti di reversibilità» (2984) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 24 giugno 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1683/1995 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti (COM(2015) 303 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 303 final – Annex 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea). Tale proposta è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 25 giugno 2015.

  Il Consiglio dell'Unione europea, in data 24 giugno 2015, ha trasmesso la posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea (9375/1/15 REV 1), corredata dalla relativa motivazione (9375/1/15 REV 1 ADD 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomina governativa.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 24 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, la comunicazione relativa alla nomina dell'architetto Paolo Foietta a Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività finalizzate al progetto ferroviario Torino-Lione.

  Tale comunicazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti).

Richiesta di parere parlamentare su proposta di nomina.

  Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 24 giugno 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina della dottoressa Evelina Christillin a presidente dell'ENIT – Agenzia nazionale del turismo (47).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla X Commissione (Attività produttive).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00591, BRUNETTA ED ALTRI N. 1-00901, GRANDE ED ALTRI N. 1-00913, RICCIATTI ED ALTRI N. 1-00914, BECHIS ED ALTRI N. 1-00916, GIANLUCA PINI ED ALTRI N. 1-00919 E CICCHITTO, AMENDOLA, MAZZIOTTI DI CELSO, MARAZZITI, LOCATELLI ED ALTRI N. 1-00920 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALLA REVOCA DELLE SANZIONI DELL'UNIONE EUROPEA CONTRO LA FEDERAZIONE RUSSA E AL RAGGIUNGIMENTO DI UNA SOLUZIONE POLITICO-DIPLOMATICA DELLA CRISI UCRAINA

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    a seguito dell'aggravarsi della crisi ucraina, l'Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno emanato pacchetti di sanzioni nei confronti della Federazione russa;
    in risposta alle sopradette sanzioni, il 7 agosto 2014 le autorità russe hanno disposto un embargo annuale su svariate tipologie di prodotti agroalimentari provenienti da Unione europea, Usa, Australia, Canada e Norvegia;
    il 5 settembre 2014 a Minsk, Ucraina e Federazione Russa hanno sottoscritto un accordo per il cessate il fuoco, per una transizione verso la pacificazione dell'area anche attraverso il riconoscimento di uno statuto di autonomia per le popolazioni russofone della regione del Donbass, nell'est dell'Ucraina;
    l'8 settembre 2014 il Consiglio dell'Unione europea ha varato nuove sanzioni indirizzate al settore energetico (sospendendole temporaneamente per verificare il progressivo rispetto degli accordi di Minsk) cui il Primo ministro russo Medvedev ha risposto ipotizzando la chiusura dello spazio aereo nazionale ai voli europei e statunitensi;
    dall'inizio della crisi nella regione del Donbass sono quasi un milione i profughi e gli sfollati scappati dalla guerra ed entrati in Russia, oltre 1200 i morti e 4000 i feriti tra i civili;
    è auspicabile per l'Italia e per l'Europa tutta che si ponga fine all’escalation militare e si giunga ad una soluzione politica che preveda la salvaguardia dell'integrità territoriale dell'Ucraina, così come la tutela e l'autodeterminazione delle popolazioni russofone del Donbass;
    l'embargo russo colpisce duramente l’export italiano e le imprese agroalimentari italiane: le prime stime parlano di perdite di almeno duecento milioni di euro tra ortofrutta, carni fresche e lavorate, latte e derivati, pasta e pesce;
    nel 2013 le esportazioni italiane in Russia sono cresciute dell'8,2 per cento per un valore totale complessivo di 10,4 miliardi di euro, mentre le esportazioni agroalimentari hanno fatto segnare la cifra record di un miliardo di euro, rappresentando circa il 10 per cento del totale;
    oltre al danno diretto, l'Italia subirà un danno indiretto anche sul mercato interno, che verrà ulteriormente invaso da prodotti provenienti da altri Paesi dell'Unione europea a prezzo e qualità inferiore, in particolare nel settore ortofrutticolo, e che in ogni caso vedrà aumentare la quantità di prodotto disponibile a scapito dei prezzi;
    il fenomeno dell’italian sounding nel settore agroalimentare provoca già danni per oltre 50 miliardi di euro annui e alcune aziende hanno deciso di spostare la produzione in Paesi esclusi dal blocco – come ad esempio la Serbia – producendo in loco con materie prime locali, mentre altre cercano di escogitare sistemi diversi per aggirare l'embargo;
    tutto ciò provocherà un ulteriore danno al comparto, in quanto non vi è nessuna garanzia sul rispetto delle norme e delle condizioni di produzione, delle materie prime utilizzate, così come dei disciplinari di produzione per tutti quei prodotti a marchio dop (denominazione di origine protetta), igp (indicazione geografica protetta) e stg (specialità tradizionale garantita);
    una volta ristabilitasi la situazione e cessato l'embargo, non sarà automatico il ritorno ai volumi di scambi sopra citati, poiché è lecito pensare che prodotti provenienti da Paesi extra Unione europea avranno nel frattempo guadagnato quote di mercato fino a poche settimane fa detenute dai prodotti italiani, in molti casi a seguito di ingenti investimenti in termini di promozione del prodotto;
    le conseguenze si stanno facendo pesantemente sentire non soltanto in termini di mancate esportazioni, ma anche di indebolimento della struttura della rete commerciale e della distribuzione, con conseguente chiusura di aziende e perdita di occupati;
    il pacchetto di misure compensative proposto dalla Commissione europea a sostegno dell'agroalimentare comunitario è del tutto insufficiente, poiché copre solo in minima parte i danni diretti provocati dall'embargo e in nessuna misura quelli indiretti;
    alcuni prodotti risultano particolarmente colpiti: ad esempio, i formaggi a denominazione d'origine stagionati non potranno accedere agli aiuti dell'Unione europea per l'ammasso privato, correndo il rischio di una distorsione della concorrenza a vantaggio di altri formaggi;
    l'embargo russo seguito alle sanzioni dell'Unione europea è l'ennesimo duro colpo per l'agricoltura italiana già fortemente colpita nel 2014 dalle condizioni climatiche (inverno mite ed estate molto piovosa), nonché dal costante calo dei consumi interni;
    il mondo produttivo italiano, e segnatamente le associazioni dei produttori del comparto agroalimentare, ha lanciato ripetuti appelli ad intervenire a tutela del settore;
    anche da altri Stati membri dell'Unione cominciano a levarsi forti preoccupazioni sull'impatto dell'embargo ai danni di molte economie europee,

impegna il Governo:

   a farsi promotore di un'iniziativa finalizzata alla revoca immediata delle sanzioni dell'Unione europea contro la Russia e al raggiungimento di una soluzione politico-diplomatica alla crisi ucraina;
   a ritirare, in ogni caso, il sostegno italiano a sanzioni che colpiscono duramente gli interessi nazionali;
   ad impegnarsi con maggiore incisività in sede di Unione europea affinché la Commissione europea vari misure compensative adeguate a sostenere le imprese e i sistemi di filiera, ristorando i danni, contingenti e strutturali, subiti per effetto dell'embargo;
   a fare esso stesso quanto in proprio potere per alleviare le condizioni di difficoltà del settore agroalimentare italiano.
(1-00591) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    esistono ragioni morali, politiche, storiche ed economiche per le quali non ha alcun senso, né utilità per il bene dei popoli che l'Italia applichi sanzioni contro la Federazione russa:
     a) le ragioni morali e politiche:
   1) mantenere e insistere sulle sanzioni contro la Federazione russa è molto più di una prospettiva tetra per i rapporti commerciali italiani: taglia via uno dei due polmoni dal corpo unico del continente;
   2) è oggettivamente fuori luogo, se non pura propaganda, riproporre oggi un'idea di guerra fredda tra l'impero sovietico e l'Alleanza atlantica;
   3) a quel tempo, a differenza che per molti oggi al Governo, era ben chiaro per l'Italia da che parte stare e le dure risposte occidentali erano necessarie e furono vincenti sul lungo periodo;
   4) oggi questo conflitto non ha senso. Le legittime ragioni dell'Ucraina, che sono all'origine dichiarata di questo confronto, vanno sostenute. Anche se molto è da chiarire sull'influenza esercitata da potenze straniere nel determinare lo scoppio della rivolta che ha portato all'attuale assetto politico;
   5) il popolo ucraino non è materiale umano di serie B, così come non lo è quello russofono. Il conflitto di identità storica e culturale tra la maggioranza che parla ucraino e la poderosa minoranza russa, che diventa maggioranza nell'Est, non è stato inventato da Putin e ad essa vanno riconosciuti pieni diritti in un percorso pacifico, quale gli accordi di Minsk hanno tracciato;
   6) l'efficace attuazione degli accordi di Minsk esige una mediazione e un'attitudine al compromesso, che salvaguardi libertà e sicurezza di tutti, senza calpestare le legittime istanze dei contendenti;
   7) la responsabilità dell'Italia è anzitutto di rispettare se stessa, la sua tradizionale attitudine a essere un ponte di pace con la Federazione russa. Tanto più ora che rapporti sereni e positivi con Mosca hanno dimostrato in questi anni di garantire un interscambio commerciale florido, flussi turistici e tranquillità energetica;
   8) tutto nasce da Pratica di Mare, che Berlusconi volle con tutte le sue forze creative, consentendo, nel 2002, una partnership strategica tra Nato e Federazione russa. Si riparta da quel faro, lo si riaccenda per illuminare il presente;
   9) esiste la necessità morale e storica, cui si connette una responsabilità verso la pace nel mondo, sancita dalla Costituzione, che impone passi coraggiosi e sensati per non chiudere le speranze di un avvenire pacifico e prospero per tutto il continente «dall'Atlantico agli Urali», come disse Giovanni Paolo II, cui il papa Francesco si pone in continuità profetica;
   10) l'Italia, accettando passivamente e contro la sua vocazione e il suo interesse nazionale le sanzioni contro Mosca, ha rinunciato ad un ruolo di protagonista, di ponte d'amicizia tra America, Europa e Federazione russa;
   11) recuperare questo ruolo è tanto più importante per una lotta comune contro il terrorismo islamico e per fermare così lo tsunami d'immigrazione che sta invadendo il nostro Paese;
   12) è, infatti, più chiaro che senza la collaborazione fattiva con la Federazione russa non si può dare pace e ordine sullo scacchiere mediorientale;
     b) le ragioni storiche ed economiche:
   1) l'Unione europea, nonostante il permanere di una crisi economica e produttiva, rappresenta, ancora, la principale potenza commerciale del mondo. Non ha, tuttavia, una struttura politica, istituzionale e militare che corrisponda a questo grado di sviluppo;
   2) questo è un fattore di enorme debolezza, che la espone ai contraccolpi derivanti da processi che sono fuori dal suo controllo e dalla sua possibilità di intervento;
   3) l'economia mondiale è sempre più sostenuta dal tasso di sviluppo delle nuove potenze economiche. Già nei prossimi anni, la Cina avrà un reddito pro capite, seppur corretto per la diversità del potere di acquisto, superiore a quello degli Stati Uniti;
   4) sarà pertanto inevitabile che a questo cambiamento degli equilibri economici di fondo, corrisponda nel tempo un identico cambiamento nei rapporti politici;
   5) è necessario che ciascun Paese, nel solco delle proprie tradizioni e della propria Costituzione, si assuma le sue responsabilità, nel rispetto dei Trattati europei e delle regole di cui l'Onu è suprema custode;
   6) di fronte ad una situazione così complessa e difficile è necessario che l'Unione europea guardi oltre i propri confini, curando rapporti di buon vicinato, e si misuri con un sistema di alleanze che guardi alla sua geo-politica complessiva;
   7) occorre che l'Unione europea mantenga rapporti stretti con l'alleato americano, ma al tempo stesso non lo assecondi in quelle pulsioni interventiste, come è avvenuto in passato a proposito dell'Iraq o della Libia. Anche se, in questo secondo caso, le colpe furono più europee che non statunitensi;
   8) i rapporti con la Federazione russa di Putin devono, quindi, rispondere ad una logica inclusiva. E non alla vecchia tecnica del containment o del rolling back, che fu caratteristica del periodo più duro della «guerra fredda»;
   9) obiettivi che possono essere conseguiti, rinunciando alla pretesa di costringere chicchessia a rinunciare alla difesa dei propri interessi nazionali, ricorrendo al bastone delle sanzioni economiche o militari, i cui effetti controproducenti sono gravi ed evidenti;
   10) questi sono i sentimenti prevalenti nel popolo italiano. È necessario renderli protagonisti del presente grazie a una presa di posizione coraggiosa, che faccia prevalere la giustizia e il buon senso sulle tattiche di dominio;
   11) basterebbero questi richiami per giustificare la necessità di un cambiamento di carattere strategico, nell'impostazione dei rapporti bilaterali tra l'Italia e la Federazione russa, nella prospettiva di tracciare una strada in cui possano riconoscersi anche altri partner europei;
   12) l'Italia è il Paese più esposto rispetto alla crisi in Medio oriente e del continente africano. Qui si riversano migliaia di profughi. Ci vorrebbe un intervento internazionale. Una deliberazione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, per tentare di risolvere alla radice quel problema;
   13) ma per ottenere un qualsivoglia risultato è necessario coinvolgere la Federazione russa in quel puzzle che è divenuto il teatro del conflitto;
   14) dal punto di vista strategico, le sanzioni, per loro stessa natura, sono una forma di guerra commerciale che, secondo la teoria dei giochi, ha senso solo se chi la attua è disposto ad accentuarne l'intensità, mettendo in conto anche un conflitto bellico vero e proprio. In caso contrario, sono un azzardo utile a procurare un vantaggio ad una parte sola;
   15) escludendo ovviamente l'opzione guerra contro la Federazione russa, si constata che a pagare il conto delle sanzioni sono, oltre a quest'ultima, la quasi generalità degli Stati europei, mentre ad averne un ritorno positivo sono gli Stati Uniti d'America e il Regno Unito (quest'ultimo grazie alle triangolazioni con i Paesi del Commonwealth), non a caso i più determinati nell'imporre la logica delle sanzioni;
   16) dal punto di vista economico, la caduta dei rapporti commerciali con la Russia ha pesato sull'Italia per tre miliardi di euro di minori esportazioni (-29,5 per cento), in particolare colpendo imprese agricole, alimentari, edilizie, dell'arredamento e dell’high-tech, ed è questo un lusso che il nostro Paese non può permettersi,

impegna il Governo:

   a riconsiderare la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni in vigore contro la Federazione russa, perché ingiuste e controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia anzitutto del nostro Paese;
   ad adoperarsi in tutte le sedi europee affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di Paesi, riconoscendo a tutte le parti il diritto di difendere, privilegiando il dialogo, la propria identità nazionale e i legami con le proprie origini, al fine di raggiungere un accordo che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa;
   ad adoperarsi perché gli Stati Uniti d'America nel loro tradizionale ruolo e nella loro costante opera per la pace e il benessere nel mondo riconoscano che la strada di uno spirito di collaborazione non passa attraverso le sanzioni che colpiscono e umiliano i popoli.
(1-00901) «Brunetta, Giammanco, Polidori».


   La Camera,
   premesso che:
    come è noto la crisi e il conflitto nell'Ucraina orientale tra le truppe governative di Kiev e i ribelli separatisti filo-russi ha determinato, già a partire dal mese di luglio 2014, da parte dell'Unione europea l'adozione di misure restrittive nei confronti dell’export tecnologico verso la Russia e delle sue banche, che stanno sostenendo, sia materialmente che finanziariamente, azioni che compromettono o minacciano la sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza dell'Ucraina;
    già a partire dai primi giorni di agosto 2014, la Russia ha annunciato un embargo sulle importazioni dall'Ucraina di soia e prodotti da girasole e ha successivamente annunciato il blocco degli acquisti di pesche dalla Grecia, come pure di carne di pollo dagli Stati Uniti, ufficialmente dettate da criteri sanitari. Successivamente il Governo russo, in risposta alle sanzioni decise dagli Stati Uniti e dall'Unione europea, ha annunciato una serie di misure economiche, concretizzatesi nel divieto di importazione, per la durata di un anno, di un nutrito elenco di generi alimentari dai 28 Paesi dell'Unione europea, dagli Usa, dal Canada, dalla Norvegia e dall'Austria. Detta messa al bando dovrebbe comportare la cancellazione di oltre 31 miliardi di euro su un totale di circa 52 miliardi di euro di importazioni agroalimentari russe di carne, pollo, pesce, latte, uova, frutta e verdura; e all'orizzonte si prospetta una guerra commerciale che potrebbe avere conseguenze economiche molto pesanti per entrambe le parti;
    appare ovvio che la Russia ha risposto all'assedio europeo e statunitense con la stessa moneta e se gli Stati Uniti non hanno molto da perdere nella guerra commerciale con Mosca, molti Paesi europei, in primis l'Italia, hanno accusato invece pesantissime ripercussioni; inoltre, il perdurare della crisi ucraina rischia di determinare reciproche ulteriori e più gravi misure sanzionatorie e restrizioni;
    peraltro, il 17 giugno 2015 gli ambasciatori permanenti dei ventotto Stati dell'Unione europea hanno deciso all'unanimità di prorogare sino al 31 gennaio 2016 le sanzioni economiche contro la Russia, ritenuta colpevole di aver destabilizzato l'Ucraina, favorito la guerra civile ed essere intervenuta militarmente nella Repubblica ex sovietica, decisione che sarà poi formalmente approvata nei giorni successivi nella riunione dei Ministri degli esteri in Lussemburgo (22 giugno 2015); tutto ciò, proprio mentre crescono le tensioni tra Russia e Occidente;
    la guerra in Ucraina si riflette, dunque, in maniera immediata e pesantissima anche sull'Italia per via dell'embargo imposto dalla Russia sui prodotti agroalimentari dei Paesi dell'Unione europea, di cui l'Italia è il primo produttore. Una misura presa in risposta alle sanzioni che a sua volta l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno applicato a Mosca e che rischia di far perdere al settore agroalimentare italiano tra 160 e i 200 milioni di euro di esportazioni, come stimato dalla Coldiretti;
    occorre tenere presente, purtroppo, che, per quanto riguarda i numeri delle perdite derivanti dalle sanzioni, regna il caos più totale. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina ha parlato di «200 milioni di euro d'impatto, a partire dal 7 agosto 2014», mentre la Ministra dello sviluppo economico Federica Guidi ha stimato che si tratta «al massimo di 100 milioni la perdita in valore di export italiano verso la Russia». Ma anche nel corso del «IV Forum Italia-Russia. Scenari per un nuovo sviluppo», tenutosi presso la Bocconi nel novembre 2014, i numeri forniti sono diversi e parlano di 188 milioni di euro nel biennio 2014-2015 (perdite dirette derivanti dall'embargo) e di 3,7 miliardi di euro (tenendo conto di tutte le componenti, inclusa la mancata crescita di esportazioni). La contrazione dell’export verso la Russia è nell'ordine del 17 per cento nel 2014 e del 21 per cento nel 2015; invece, il danno stimato, secondo una ricerca della Sace, per il 2014-2015 per l'Italia, a seconda dell'evoluzione dello scenario internazionale, potrebbe comportare una perdita totale di valore tra i 938 milioni e i 2,4 miliardi di euro; secondo quanto emerge da una analisi della Coldiretti, sulla base dei dati Istat sul commercio extra Unione europea nel solo mese di gennaio 2015, le esportazioni di prodotti made in Italy in Russia nel 2015 sono crollate del 37 per cento per una perdita di oltre 246 milioni di euro; l'Italia ha già perso nel 2014 oltre 1,25 miliardi di euro di export in Russia per l'effetto dell'embargo e delle tensioni politiche che hanno frenato gli scambi;
    purtroppo, le sanzioni fanno ormai parte della discutibile «consuetudine», a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, della politica internazionale e vi si preferisce ricorrervi per congelare le tensioni, sia come monito che come misura cautelare per i vari Paesi;
    l'embargo dei prodotti agroalimentari ha colpito direttamente produzioni tipiche e di grande rilevanza per il nostro Paese, con particolare riferimento ai prodotti derivati dal latte, ai prodotti ortofrutticoli, alle carni suine e bovine e al pollame;
    la chiusura di un mercato di primario interesse per le imprese italiane, mercato fra l'altro in forte crescita nell'ultimo triennio, rischia di determinare conseguenze immediate e permanenti sull'occupazione già in grande affanno, tenendo conto che i fornitori italiani rischiano rapidamente di essere soppiantati dagli operatori di altri Paesi esportatori;
    l'Italia è il secondo partner commerciale della Russia in Europa dopo la Germania e il quarto a livello mondiale. Secondo dati Istat e Eurostat, nel 2013, le esportazioni italiane nella Federazione russa hanno raggiunto il loro massimo storico con 10,8 miliardi di euro;
    Mosca ha anche annunciato la cancellazione del progetto South Stream, che avrebbe dovuto fornire fino a 63 miliardi di metri cubi di gas l'anno agli europei, progetto al quale le italiane Eni e Saipem partecipavano con contratti che avrebbero portato ricavi all'Italia rispettivamente di 2,4 e 1,25 miliardi di euro;
    appare evidente come siano state completamente sottovalutate le conseguenze pratiche della decisione dell'Unione europea di comminare sanzioni alla Federazione russa; decisione (alla quale il Governo italiano ha contribuito attivamente, stante anche il ruolo di guida avuto nel trascorso semestre europeo) a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo decisamente miope dinanzi ai facilmente prevedibili effetti conseguenti nei più svariati campi, a partire dal settore agroalimentare, il quale, valutata la situazione di congiuntura economica globale, non rischia la sola contrazione del fatturato, ma ben più gravi conseguenze sull'insieme della filiera produttiva e della trasformazione e del trasporto dei prodotti che potrebbero creare danni strutturali di medio e lungo periodo;
    con misure di sostegno decise il 18 agosto 2014, la Commissione europea ha reso disponibili 125 milioni di euro, del tutto insufficienti però, per risarcire i danni che subiranno i produttori dell'Unione europea di frutta, ortaggi e prodotti agricoli deperibili a causa dell'embargo russo contro i prodotti alimentari occidentali; ma gli effetti potenziali dell'embargo russo sulle importazioni di prodotti alimentari occidentali vanno ben oltre gli effetti su questi prodotti. Per l'Unione europea l'effetto potenziale complessivo ammonta a una perdita di produzione annuale di 6,7 miliardi di dollari,

impegna il Governo:

   a sostenere, in sede multilaterale e bilaterale, ogni attività diplomatica volta a supportare la ripresa del dialogo fra le parti e a scongiurare il rischio di un pericoloso incremento della tensione internazionale a seguito della crisi ucraina, nonché per ottenere la revoca di sanzioni commerciali che colpiscono duramente il nostro Paese ovvero rivedere il sostegno italiano al reiterato regime di sanzioni previsto fino a gennaio 2016, che colpirà ancora più duramente gli interessi nazionali;
   ad attivarsi perché sia adottato ogni intervento necessario, in sede europea, al fine di garantire maggiori risorse per risarcire le imprese e i produttori europei danneggiati dall'embargo russo, prevedendo misure eccezionali per fronteggiare la situazione congiunturale venutasi a creare, tra le quali:
    a) l'eventuale acquisto dei prodotti rifiutati, promuovendone l'utilizzo in mercati alternativi, anche al fine di garantire i servizi di ristorazione espletati nelle mense di qualsivoglia ente pubblico o per la fornitura ai servizi riservati all'accoglienza dei bisognosi (poveri, migranti ed altri);
    b) misure di sostegno, aggiuntive rispetto a quelle previste dall'Unione europea, a supporto immediato dei comparti della filiera agroalimentare maggiormente coinvolti dall'embargo deciso dal Governo russo, con particolare riferimento all'eventuale differimento di alcune scadenze tributarie e al sostegno creditizio delle imprese più esposte;
    c) l'attenta e scrupolosa verifica dell'entità delle richieste di risarcimento provenienti dai Paesi dell'Unione europea che, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo troppo semplicisticamente, dichiarano di aver ritirato ingenti quantitativi di frutta ed ortaggi.
(1-00913) «Grande, Manlio Di Stefano, Colletti, Sibilia, Spadoni, Del Grosso, Scagliusi, Di Battista».


   La Camera,
   premesso che:
    il 6 agosto 2014 il Presidente della Federazione russa ha, con il decreto (ukaz) n. 560 «Sull'applicazione di singole misure economiche speciali atte a garantire la sicurezza della Federazione Russa», introdotto il divieto di importare in Russia alcune categorie di alimenti per un periodo non superiore a un anno, demandando al Governo di determinare in tempi brevi gli elenchi dei Paesi stranieri esportatori soggetti a tale divieto e dei prodotti inclusi nel campo di applicazione dell'atto;
    il giorno seguente, 7 agosto 2014, il Governo della Federazione russa ha emanato il decreto attuativo «Sui provvedimenti di attuazione del Decreto del Presidente della Federazione Russa del 6 agosto 2014 n. 560», con il quale è stata formalizzata l'introduzione del divieto di importare nella Federazione Russa, per un anno, determinati prodotti agricoli, materie prime e prodotti alimentari, tra i quali figurano carni bovine e suine, pollame, pesce, formaggi e latticini, frutta e verdura prodotte (come attestato dal certificato di origine della merce) negli Stati Uniti d'America, nei Paesi dell'Unione Europa, in Canada, Australia e Norvegia. Sono esclusi dal campo di applicazione delle misure in questione alcolici, bevande, pasta e prodotti da forno, prodotti per l'infanzia e merci acquistate all'estero per consumo privato;
    qualche giorno dopo il decreto governativo 11 agosto 2014, n. 791, «Sull'imposizione del divieto di introdurre prodotti dell'industria leggera di produzione straniera da parte di soggetti pubblici per l'effettuazione di acquisti volti alla soddisfazione di necessità federali», ha proibito esclusivamente agli enti pubblici russi, a partire dal primo settembre 2014, di acquistare prodotti tessili, abbigliamento, calzature, valigie e pelli prodotti fuori dall'unione doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakhstan;
    misure sono state adottate in risposta alle sanzioni decise dagli Stati Uniti d'America e dall'Unione Europea;
    in particolare, le sanzioni economiche che l'Unione europea ha introdotto dal 31 luglio del 2014 nei confronti della Federazione russa colpiscono l'esportazione di tecnologia upstream, e in particolare quella dei prodotti elencati dal regolamento (UE) n. 833/2014 (come integrato dal comunicato ufficiale del Ministero dello sviluppo economico dell'8 agosto 2014);
    conformemente all'articolo 3.1 del regolamento (UE) n. 833/2014, chi intende esportare in Russia le merci elencate dall'Allegato II al regolamento stesso deve necessariamente munirsi di apposita autorizzazione rilasciata dai competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico;
    ai sensi dell'articolo 3.5 del regolamento (UE) n. 833/2014 vige invece un divieto totale di vendere, fornire, trasferire ed esportare a end-user russi attrezzature destinate ad attività esplorative/estrattive in depositi di scisto bituminoso (cosiddetto shale oil), ovvero da svolgersi in acque profonde o artiche. Inoltre, a seguito dell'inasprimento della disciplina del regolamento (UE) n. 833/2014, attuato con il successivo regolamento (UE) n. 960/2014 del 12 settembre 2014, un'analoga previsione opera con riguardo ai prodotti con doppia destinazione d'uso destinati a nove imprese russe del settore tecnologico e militare indicate nell'aggiunto Allegato IV del regolamento (UE) n. 833/2014 (a prescindere dalle modalità dell'utilizzo finale di detti prodotti);
    le sanzioni europee nei confronti della Russia colpiscono anche il settore militare (divieto di esportare equipaggiamento militare a end-user russi) e quello finanziario (divieto di acquistare titoli obbligazionari con scadenza maggiore di 30 giorni emessi da alcune tra le maggiori banche e imprese russe), nonché una serie di persone fisiche e giuridiche elencate nella versione consolidata del regolamento (UE) n. 269/2014;
    il 17 giugno del 2015, gli ambasciatori permanenti degli Stati dell'Unione europea hanno deciso all'unanimità di prorogare sino al 31 gennaio 2016 le sanzioni economiche contro la Russia. Ad ogni modo la decisione finale spetta al Consiglio dei Ministri degli esteri in programma per il 22 giugno 2015;
    come contromisure europee all'embargo all'import di alcune categorie di prodotti agro-alimentari posto in essere dalla Federazione russa, la Commissione europea ha ufficialmente approvato, il 18 agosto del 2014, con procedura d'urgenza, due regolamenti finalizzati all'erogazione di fondi a supporto dei produttori europei colpiti dalle conseguenze del divieto;
    si tratta, in particolare, del regolamento (UE) n. 932/2014 relativo a specifiche voci doganali del settore ortofrutticolo che prevede, sinteticamente, lo stanziamento di 125 milioni di euro con misure che vanno dal ritiro dal mercato per la distribuzione gratuita al risarcimento per la mancata o anticipata raccolta, e del regolamento (UE) n. 950/2014 relativo a specifiche voci doganali di formaggi che prevede, in sintesi, aiuti per l'ammasso privato di formaggio fino ad un quantitativo complessivo pari a 155.000 tonnellate;
    se, come sostiene la Commissione europea nell'ultimo rapporto del 27 maggio 2015, le sanzioni alla Federazione russa avrebbero sull'economia europea un impatto «limitato e non influente su gran parte delle esportazioni», essendo limitate a una parte dell’export degli armamenti e ad una ristretta gamma di prodotti e beni di consumo, le misure attuate dal Governo di Mosca sul divieto di importazione di prodotti agroalimentari da Usa, Unione europea, Canada, Norvegia e Austria hanno effetti molto più vasti delle contromisure previste dall'Unione europea;
    uno studio recente condotto in esclusiva per il Lena (Leading European Newspaper Alliance) dal Wifo (Istituto austriaco per la ricerca economica) ha rivelato che sarebbero a rischio in tutta Europa due milioni di posti di lavoro e circa 100 miliardi di euro in valore aggiunto nell’export di beni e servizi per gli effetti delle sanzioni e controsanzioni;
    la ricerca del Wifo prende in considerazioni gli effetti del «peggiore degli scenari», ossia se la situazione non dovesse mutare radicalmente e, quindi, non fossero tolte le sanzioni. Nel caso contrario, soltanto un fattore potrebbe attutire l'impatto: l'aumento delle esportazioni verso altri Paesi. Un'ipotesi molto difficile da realizzarsi, anche alla luce del perdurare della crisi globale nonostante le rosee previsioni della Commissione europea che cita un incremento dell’export agricolo verso altri Paesi, deducendone un outlook addirittura positivo, con un calo del prodotto interno lordo europeo, nel 2015, limitato allo 0,25 per cento;
    in Italia, secondo le stime del Wifo, si rischia la perdita nel breve periodo (cioè il primo trimestre del 2015) di 80 mila posti di lavoro e quattro miliardi e 140 milioni di euro in valore aggiunto creato dall’export, mentre nel lungo periodo il calo di occupazione sarà di 215 mila posti di lavoro e quello del valore aggiunto della produzione di 11 miliardi e 815 milioni di euro, ossia una riduzione della produttività pari allo 0,9 per cento;
    secondo la Coldiretti le esportazioni di prodotti agroalimentari in Russia sono più che dimezzate (-53,8 per cento) nel primo bimestre del 2015, dopo che nel 2014 aveva già comportato un calo delle spedizioni di circa 100 milioni di euro;
    in particolare, sempre secondo la Coldiretti, negli ultimi cinque mesi del 2014 si è verificata una perdita in valore nelle esportazioni in Russia di 24,4 milioni di euro per la frutta fresca, di 19,1 milioni di euro per prodotti lattiero-caseari ed i formaggi, di 17,1 milioni di euro per carne ed ai suoi derivati, mentre per il 2015 si potrebbero far perdere al settore agroalimentare italiano tra i 160 e 200 milioni di euro di esportazioni;
    una recente analisi dell'Aice (Associazione italiana commercio estero) aderente a Confcommercio e un'indagine di Federazione moda Italia hanno stimato che nei primi 3 mesi del 2015 gli acquisti russi in Italia sono calati di oltre il 50 per cento, evidenziando le perdite anche sul fronte dei consumi nel nostro Paese da parte dei turisti provenienti da quelle aree;
    altri dati pubblicati in questi mesi evidenziano perdite nei più svariati settori e rilevano le conseguenze pesanti che vanno a ripercuotersi sui cittadini, di entrambe le parti;
    le sanzioni alla Federazione russa, infatti, hanno comportato una perdita netta stimabile in 40 miliardi di dollari a cui vanno aggiunti 100 miliardi derivanti dal repentino ribasso del prezzo del petrolio. I cittadini russi sono quelli che pagano il conto più salato: la svalutazione del rublo ha dimezzato il valore dei risparmi, lo Stato è stato costretto ad aumentare i prezzi di farmaci e dell'assistenza sanitaria, il prezzo dei prodotti agricoli e caseari è raddoppiato negli ultimi sei mesi, con un notevole abbassamento degli standard di qualità prima garantiti dalle importazioni;
    un fallimento invece sembrano essere le sanzioni ai singoli cittadini di Russia, Ucraina e Crimea ritenuti responsabili della crisi. Addirittura Spagna, Malta, Finlandia, Croazia, Slovenia, Slovacchia, Ungheria e Lituania non hanno provveduto ad alcuna confisca. In Germania sono stati congelati solo 124.346 euro, soltanto 120 mila euro a Cipro, sede di società e di depositi degli oligarchi russi. In controtendenza l'Italia, che con le confische al miliardario Arkady Rotenberg ha congelato un patrimonio pari a 30 milioni di euro;
    appare sempre più evidente che la gestione della crisi e le conseguenti sanzioni imposte dall'Unione europea, che fanno pagare ai popoli dei suoi Stati membri un prezzo elevato, sono state una scelta ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo avventata e frettolosa, troppo subordinata alle scelte dell'Alleanza Nord Atlantica e degli Stati Uniti d'America, ma anche alla propensione della Germania ad espandersi verso i mercati dell'Est;
    relativamente all'Ucraina, tutte le iniziative dell'Unione europea sono state caratterizzate dalla scarsa attenzione alle dinamiche interne al Paese e alla condizione dei suoi cittadini, in favore di un interesse pressoché esclusivo verso la sua centralità economica ed il suo ruolo strategico, principalmente a causa dei gasdotti che passano per il suo territorio;
    più che puntare all'obiettivo di includere l'Ucraina progressivamente nel mercato europeo e quindi nell'Unione europea, si dovrebbe lavorare per un'ipotesi similare al «modello finlandese» di integrazione europea che ha rappresentato un modello virtuoso di indipendenza per un Paese, come la Finlandia, a cavallo tra Europa ed area ex sovietica, caratterizzato dalla neutralità dello Stato, garantita dalla non adesione della Finlandia alla Nato e da un'adesione all'Unione europea avviata e raggiunta mantenendo ottimi rapporti di amicizia con la Russia;
    in tutto questo continuano gli scontri nell'est del Paese e la sensazione che il conflitto possa precipitare da un giorno all'altro aumenta con il passare del tempo. Entrambi gli schieramenti denunciano la controparte di preparare offensive e nel frattempo continua la corsa agli armamenti e il dispiegamento di dispositivi militari di ogni tipo pronti ad entrare in gioco,

impegna il Governo:

   a promuovere un'iniziativa in sede europea affinché si alleggeriscano significativamente le sanzioni dell'Unione europea alla Federazione russa;
   ad attivarsi prontamente in sede europea al fine di garantire maggiori risorse per compensare il danno prodotto dalle restrizioni alle importazioni applicate dalla Federazione russa alle imprese, ai produttori e ai cittadini dell'Unione europea;
   ad assumere iniziative per evitare ogni altra precipitazione bellica della crisi ucraina, promuovendo in sede di Unione europea una soluzione diplomatica che coinvolga tutte le parti in conflitto e contribuisca a consolidare l'accordo di Minsk del 12 febbraio 2015;
   a promuovere in sede di Consiglio europeo iniziative per garantire che non vi sia alcuna sovrapposizione, ruolo e partecipazione della Nato alla crisi ucraina, impedendo qualsiasi ipotesi di riarmo occidentale dell'Ucraina;
   a invitare il Consiglio europeo a farsi carico di un lavoro di mediazione diplomatica che faciliti la ricerca di una soluzione pacifica della crisi ucraina, esortando ad un ruolo maggiore l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea affinché si garantisca l'integrità territoriale dello Stato ucraino ed il rispetto della sua sovranità in quanto principio internazionale inviolabile, nel rispetto della sicurezza della popolazione civile, ma che promuova anche la neutralità dell'Ucraina sul «modello finlandese».
(1-00914) «Ricciatti, Scotto, Palazzotto, Fratoianni, Kronbichler, Duranti, Piras, Ferrara».


   La Camera,
   premesso che:
    le sanzioni imposte dall'Unione Europea alla Russia non favoriscono le relazioni diplomatiche rivolte alla soluzione della crisi ucraina, danneggiano le economie dei Paesi coinvolti e le aspettative dei cittadini Italiani, comunitari e russi, e contribuiscono ad inasprire la grande crisi economica che sta alimentando le tensioni internazionali e l'odio tra i popoli;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è necessario scongiurare il rischio che il conflitto si allarghi, assistendo ad una escalation militare in Europa orientale, recuperando e rinnovando la volontà di dialogo tra Russia e Ucraina già manifestata con i cosiddetti accordi di Minsk;
    appare fondamentale garantire l'integrità territoriale dell'Ucraina, naturalmente con il coinvolgimento della Federazione russa nella ricerca di una soluzione diplomatica alla crisi;
    si ricorda che la crisi attuale discende direttamente dalla cosiddetta dissoluzione dell'Urss, una delle due superpotenze che avevano retto le sorti dell'ordine globale dal secondo dopoguerra, avvenuta in modo rapido e inaspettato;
    essa implose dall'interno e la sua disgregazione sconvolse e ridisegnò il quadro geopolitico mondiale; tale fase non è ancora terminata;
    dalla dissoluzione dell'Urss nacquero Stati indipendenti che si ricordano: Ucraina, Moldavia, Bielorussia, Estonia, Lettonia, Lituania, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan e, nella maggior parte di quello che era stato il territorio sovietico, la Federazione russa;
    la transizione post-sovietica è stata segnata da episodi di conflitto alla periferia: la secessione de facto della Transnistria dalla Moldavia, la guerra fra Armenia e Azerbaigian per il Nagorno Karabakh, il conflitto fra Kirghizistan e Uzbekistan nella valle di Fergana, le guerre civili in Georgia e Tagikistan;
    in Transnistria si scatenò il conflitto che insanguinò la regione nel 1992, durante il quale vennero registrate violazioni dei diritti umani e delle leggi di guerra. Il pericolo di nuovi eventi bellici nella regione appare elevatissimo;
    la «guerra dei cinque giorni» tra Georgia e Russia, dal 7 al 12 agosto 2008, fu causata dal contenzioso per il controllo della regione separatista dell'Ossezia del Sud. Dopo aver riconosciuto ufficialmente la Repubblica di Ossezia, la Russia siglò un accordo per il pattugliamento congiunto della frontiera osseto-georgiana e per la concessione di una base militare, opponendosi, al contempo, a partire dal 1o gennaio 2009, al rinnovo della missione di monitoraggio dell'Osce, attiva nella regione sin dal 1992. La regione è ancora oggi potenzialmente a rischio di nuovi episodi di guerra;
    la successiva annessione russa - non riconosciuta – della Crimea ha richiamato l'attenzione su alcune delle nazioni maggiormente in pericolo: particolarmente delicate appaiono le situazioni in Transnistria e in Georgia, aree di fatto indipendenti;
    nella notte tra l'1 e il 2 marzo del 2014, l'esercito della Transnistria è stato messo in stato di massima allerta, come descritto sulle pagine del New Eastern Europe;
    la diplomazia europea appare essere concorde con l'ipotesi prospettata, ovvero la necessità di rafforzare le relazioni tra gli attori coinvolti a tutti i livelli e al superamento dei conflitti regionali, anche nell'interesse dell'Unione europea stessa;
    si noti poi che, recentemente, anche il dibattito politico statunitense è stato caratterizzato da un'approfondita analisi dello scenario geopolitico in questione, al termine della quale si è manifestata l'espressione di forti preoccupazioni rispetto all'attuale strategia incentrata sulle sole sanzioni, pensiero che si può sintetizzare con le parole di Henry Kissinger, già Segretario di Stato con Nixon, collaboratore di vari Presidenti statunitensi, da Kennedy a Reagan: «i Paesi occidentali devono riconoscere che la Russia è importante per la pace nel mondo, che abbiamo bisogno del suo contributo per affrontare questioni gravi come le crisi regionali, il terrorismo islamico, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il clima, la sicurezza alimentare. A sua volta la Russia deve riconoscere il senso di limitazione che l'approccio europeo nella politica internazionale comporta»;
    dal punto di vista storico, diplomatico ed economico l'interesse nazionale dei cittadini italiani ed europei non può prescindere dalla prosecuzione del dialogo diplomatico, a tutti i livelli, con la Federazione russa nell'ambito di un rapporto concertato in sede di Unione europea,

impegna il Governo

a farsi promotore, a partire dall'ambito dell'Unione europea, agendo di concerto con l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea, di un'azione politica volta alla ricerca di una soluzione politico-diplomatica da darsi alla crisi ucraina, e a promuovere, in sede di Unione europea, le iniziative ritenute più opportune ed efficaci, finalizzate alla rapida revoca delle sanzioni dell'Unione europea contro la Russia, oltreché a tenere presente la necessità di scongiurare ulteriori tensioni politico-militari disinnescando così preventivamente dinamiche simili a quelle verificatesi in Ucraina.
(1-00916) «Bechis, Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni».


   La Camera,
   premesso che:
    dalla negoziazione dell'accordo di associazione dell'Ucraina all'Unione europea sono derivati, nell'ordine:
     a) il rovesciamento di un Presidente democraticamente eletto, Viktor Yanuchovich, tramite rivolgimenti di piazza sulla cui origine e direzione non è ancora stata fatta chiarezza;
     b) l'instaurazione di un nuovo Governo a Kiev, dominato da forze nazionaliste determinate, da un lato, a condurre il Paese verso l'integrazione nell'Alleanza atlantica e nell'Europa comunitaria e, dall'altro, a cancellare ogni forma di autonomia per le zone dello Stato abitate maggioritariamente o comunque significativamente da popolazione russofona;
     c) l'esercizio dell'autodeterminazione da parte della Repubblica autonoma di Crimea e la sua conseguente accessione alla Federazione russa;
     d) lo scoppio di un conflitto nel Donbass, che oppone le milizie locali, assistite dalla Russia, alle forze regolari ucraine, ancora in corso;
    a spingere nella direzione del regime change in Ucraina sono stati, soprattutto, i Paesi europei promotori del cosiddetto partenariato orientale (nel frattempo divenuto un esercizio dell'Unione europea), ovvero Polonia, Svezia e Repubbliche baltiche, alle cui posizioni si è associata da ultimo sorprendentemente anche la Repubblica federale tedesca, che molti ritenevano, invece, avrebbe bloccato in extremis l'offerta a Kiev dell'accordo di associazione all'Unione europea che ha scatenato la crisi tuttora in corso;
    hanno tuttavia dato un significativo contributo ai rivolgimenti verificatisi in Ucraina anche gli Stati Uniti, che traggono un importante beneficio strategico dall'indebolimento dei legami tra Unione europea e Russia, visti da molti influenti analisti americani come una concreta minaccia al mantenimento della loro supremazia planetaria e comunque un ostacolo al progresso del progetto di Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, o Ttip;
    l'attuale amministrazione americana ha confermato, in occasione del più recente vertice del G7, il proprio orientamento a mantenere costante la pressione sulla Russia, invitando i Paesi occidentali alleati a confermare le sanzioni;
    in Russia, lungi dall'essere visto come l'esito di uno spontaneo processo democratico interno, quanto è accaduto in Ucraina è stato considerato il risultato pianificato di un attacco promosso dall'esterno per colpire gli interessi economici e di sicurezza della Federazione, una vera e propria anticipazione del probabile tentativo successivo di destabilizzarne l'attuale leadership, di cui pure gli Stati Uniti cercano l'attiva collaborazione su altri scacchieri, come quello iraniano;
    niente di concreto, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stato fatto per modificare questa percezione russa;
    la Federazione russa ha, quindi, risposto sostenendo l'esercizio di autodeterminazione che ha condotto alla secessione della Crimea dall'Ucraina ed alla sua successiva accessione alla Russia;
    volontari russi sono altresì affluiti nel Donbass, dove è nel frattempo scoppiata una rivolta contro il nuovo Governo costituitosi a Kiev, malgrado Mosca non avesse appoggiato il tentativo locale di promuovere dei referendum di autodeterminazione sul modello di quello svoltosi in Crimea;
    l'ingresso della Crimea nella Federazione russa e la partecipazione di forze russe più o meno volontarie ai combattimenti nel Donbass sono state, quindi, all'origine di una crisi di più grandi proporzioni nelle relazioni tra la Federazione russa, l'Unione europea e gli Stati Uniti, tuttora perdurante, malgrado gli sforzi per ricomporla fatti da alcuni settori della comunità internazionale;
    nel contesto di tale crisi, Unione europea e Stati Uniti, da un lato, e Russia, dall'altro, hanno adottato misure di segnalazione reciproca di intensità crescente, sia sul versante militare che su quello commerciale;
    sul piano militare, a richiesta di un certo numero di Paesi dell'Est europeo, l'Alleanza atlantica ha intensificato le esercitazioni a ridosso delle proprie frontiere orientali, coinvolgendo in almeno un caso anche forze abilitate all'impiego di armi nucleari, mentre la Federazione russa ha moltiplicato i pattugliamenti aerei nei cieli confinanti con diversi Paesi aderenti alla Nato, dando luogo anche ad intercettazioni operate dai caccia alleati;
    è ormai apertamente ventilato il preposizionamento di aliquote americane di mezzi corazzati nell'Europa dell'Est, circostanza che ha già indotto i russi ad annunciare lo schieramento ai propri confini occidentali di una quarantina di nuovi missili a lunga gittata con capacità nucleare;
    è, quindi, concreto il rischio di una ripresa della corsa agli armamenti in Europa;
    sul piano commerciale, Stati Uniti ed Unione europea, da un lato, e Russia, dall'altro, hanno imposto regimi sanzionatori di intensità crescente nel tempo. Ne è derivata una vera e propria guerra economica che la Federazione russa sta affrontando riorientando i propri flussi di scambio a tutto vantaggio della Cina, che, in conseguenza di quanto accaduto, sta adesso ricevendo anche tecnologie militari russe di punta, finora mai cedute all'estero da Mosca;
    le contromisure attivate dal Governo di Mosca a seguito delle sanzioni nei confronti della Federazione russa decretate dall'Unione europea, alle quali il nostro Paese ha aderito esponendosi così a delle rappresaglie commerciali, hanno comportato il divieto di ingresso in Russia di una folta lista di prodotti italiani ed europei;
    in particolare, il 6 agosto 2014 la Russia ha disposto l'embargo di un anno, applicabile a partire dal giorno successivo, su una lista di cinque categorie di beni alimentari – in particolare ortofrutticoli freschi, carni fresche e lavorate, latte, formaggio e derivati, alimentari diversi, pesci e crostacei – provenienti da Unione europea, Stati Uniti, Canada, Australia e Norvegia. La lista originaria è stata successivamente rivista per escludere prodotti di nicchia oppure necessari per la salute umana, come i prodotti lattiero-caseari privi di lattosio;
    lo «stop2» all'importazione di prodotti italiani deliberato dal Governo di Mosca è stato un duro colpo per il made in Italy e l'equilibrio della bilancia commerciale italiana;
    nel 2013, in effetti, l'Italia era il secondo esportatore europeo verso la Russia, con 10,8 miliardi di euro di fatturato, alle spalle della Germania; nel 2014, il nostro Paese ha visto diminuire la propria quota di export verso la Russia di 1,25 miliardi di euro (-11,6 per cento), con una stima di ulteriori 3 miliardi di euro perduti nel 2015;
    ai danni diretti, per il settore del made in Italy, derivanti dall'embargo, vanno poi aggiunti quelli «indiretti», che potrebbero dispiegare effetti più gravi e protratti nel tempo. Si rischia in effetti una vera e propria rottura definitiva dei rapporti commerciali con la Russia, dal momento che i prodotti italiani sotto embargo potrebbero essere sostituiti da quelli provenienti da altri Paesi;
    paradossalmente, le aziende americane – cioè appartenenti alla nazione alla guida del fronte pro-sanzioni – hanno invece aumentato le proprie esportazioni verso la Russia del 23 per cento nell'ultimo anno;
    sono così le aziende europee, ed in particolare quelle italiane, ad essere le più penalizzate da questa situazione, circostanza che forse spiega l'inflessibilità dimostrata dal Presidente statunitense Barack Obama nell'esigere la continuazione dell'applicazione delle sanzioni alla Russia in occasione del recente vertice del G7, tenutosi alla vigilia della visita del Presidente russo Vladimir Putin all'Expo 2015 di Milano e della successiva riunione in cui il Coreper dell'Unione europea avrebbe riesaminato il dossier delle sanzioni;
    anche a causa delle pressioni esercitate dal Presidente Obama al G7, il nostro Paese non è riuscito ad ottenere l'ammorbidimento del regime sanzionatorio applicato all'interscambio con la Russia in occasione dei lavori preparatori in vista del Consiglio europeo del 25-26 giugno 2015. È stata, invece, decisa la proroga fino al gennaio 2016 delle sanzioni in vigore, circostanza che lascia presagire un ulteriore deterioramento della situazione;
    stando alle risultanze di un'inchiesta condotta dal Lena (Leading European newspaper alliance), in assenza di novità, per effetto della crisi politica apertasi con la Russia, l'Europa potrebbe subire nel lungo termine una perdita di 2 milioni di posti di lavoro e una diminuzione di 100 miliardi di euro in valore aggiunto di beni e servizi destinati all’export. In questo contesto, per il nostro Paese la stima è di quasi 12 miliardi di euro, con 215 mila posti di lavoro potenzialmente compromessi;
    l'eventuale destabilizzazione economico-politica della Russia per effetto delle sanzioni, cui ampi settori del sistema politico statunitense sembrano tuttora mirare, rappresenta, inoltre, un rischio ulteriore non trascurabile, potendo gettare nel caos quello che fino a poco tempo fa era ritenuto per l'Italia un promettente mercato,

impegna il Governo:

   a mettere in atto un'incisiva attività diplomatica mirante a trovare strumenti alternativi alle sanzioni per superare gli attuali embarghi, che, se protratti ulteriormente, rischiano di compromettere in maniera irreversibile i rapporti con uno dei maggiori partner commerciali delle imprese del nostro Paese;
   a sfruttare la prima occasione utile per ridiscutere la questione delle sanzioni nell'ambito del Coreper, dopo la fine della presidenza semestrale di turno dell'Unione europea esercitata dalla Lettonia, Paese che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo vanta un record di relazioni bilaterali con la Russia assai problematico e discrimina tuttora la propria minoranza russofona interna, in larga parte rimasta in condizioni di apolidia e, quindi, priva dei diritti politici fondamentali;
   a porre in sede europea ed atlantica, nonché in sede bilaterale con gli Stati Uniti, il problema politico dell'effettiva desiderabilità di una crisi economico-politica di maggiori proporzioni in Russia, posto che i suoi eventuali effetti sarebbero avvertiti principalmente in Europa e dal nostro Paese in particolare;
   in questo contesto, a negare la partecipazione di truppe o asset nazionali alle esercitazioni che l'Alleanza atlantica promuoverà nei prossimi mesi a ridosso delle frontiere della Federazione russa, motivando la decisione con la necessità concorrente di potenziare le difese nazionali nel Mediterraneo, dove cresce la minaccia portata dal sedicente Stato islamico;
   a valutare, se il blocco delle esportazioni dovesse continuare malgrado ogni sforzo teso ad allentarlo, l'adozione di misure di sostegno e compensazione per le imprese maggiormente colpite del nostro Paese.
(1-00919) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    nella vicenda riguardante le sanzioni alla Russia bisogna avere la consapevolezza che esistono delle ragioni di natura geo-politica che prevalgono su quelle di carattere economico, perché esse hanno costituito la risposta più responsabile e contenuta alle iniziative politico-militari poste in essere dal Governo russo nei confronti dell'Ucraina;
    la Russia ha palesemente violato la sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza dell'Ucraina, sia attraverso l'illegittima annessione della Crimea, sia attraverso l'assistenza militare diretta e indiretta fornita nel Donbass a formazioni separatiste, in aperta violazione delle convenzioni internazionali;
    infine, si ripetono azioni di propaganda, forme di pressioni economiche e finanziarie, anche attraverso la gestione delle forniture energetiche, nonché episodi di sconfinamenti aerei e navali da parte di unità militari, che alimentano la tensione internazionale;
    per quanto riguarda la crisi ucraina, al fine di evitare la ricerca di soluzioni militari e nella prospettiva invece di una soluzione negoziata sul piano diplomatico, sono stati sottoscritti gli accordi di Minsk, che non vengono, però, sostanzialmente applicati sia per il permanere di frequenti violazioni del cessate il fuoco, sia per il mancato completamento del ritiro degli armamenti pesanti e degli scambi di prigionieri, sia per l'assenza di sviluppi rispetto all'attuazione di riforme istituzionali in Ucraina e alla tenuta di elezioni locali nel Donbass;
    la comunità internazionale ha deciso di mettere in atto meccanismi sanzionatori nei confronti della Russia, quale unico strumento di pressione volto a far recedere il Governo russo dalle interferenze e dalle violazioni del diritto internazionale;
    in questo quadro, l'Unione europea ha deciso di imporre nel luglio 2014 un pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia che colpiscono i settori della difesa, dell'energia e del sistema finanziario russo e che ovviamente anche l'Italia, in quanto membro dell'Unione europea, applica;
    l'accordo tra i Governi europei prevedeva che le misure sarebbero rimaste in vigore fino alla scadenza prevista dagli accordi di Minsk per la pace in Ucraina per la loro piena e completa attuazione (31 dicembre 2015). A tal fine l'Unione europea ha deciso di prorogare di ulteriori 6 mesi, fino al gennaio 2016, le sanzioni in scadenza;
    certamente, come evidenziato da diversi studi e analisi indipendenti, sia per l'Unione europea che per la Russia il costo delle sanzioni e dell'embargo è rilevante, con possibili effetti negativi sull'occupazione e sulla crescita;
    la Russia costituisce un soggetto di fondamentale importanza negli equilibri non solo europei ma globali;
    le relazioni tra Italia e Russia sono storicamente solide sul piano economico, con forti e strutturati scambi commerciali e collaborazioni tra i rispettivi sistemi produttivi;
    il Presidente Putin, attraverso interviste, viaggi e partecipazioni ad eventi internazionali come Expo 2015, ha più volte recentemente dichiarato la propria volontà di costituire per l'Occidente un partner affidabile;
    le sanzioni, quantunque rappresentino uno strumento straordinario e non possano considerarsi la modalità ottimale per la soluzione dei problemi, in quanto comportano sacrifici sia per le popolazioni che le subiscono, sia per i Paesi che le attuano, sono tuttavia una soluzione inevitabile e concordata a livello internazionale;
    l'efficacia delle sanzioni contro la Russia non può prescindere dal mantenimento di un accordo unanime da parte della comunità internazionale e la loro eventuale revoca unilaterale da parte del nostro Paese costituirebbe un grave e pericoloso segnale di indebolimento della posizione occidentale e di implicita legittimazione delle violazioni commesse dalla Russia in Ucraina;
    l'Italia ritiene che la via maestra deve essere quella della mediazione. L'obiettivo deve essere quello di assicurare all'Ucraina la sovranità e l'integrità territoriale con soluzioni che portino la Russia a bloccare tutte quelle azioni che hanno provocato la decisione delle sanzioni;
    è auspicabile che tutte le parti pongano fine alle violazioni degli accordi di Minsk e ne attuino integralmente i contenuti secondo le richieste della comunità internazionale e che, alla luce di questo, si possa, in tempi ragionevolmente brevi, ristabilire un clima di rapporti normale nei confronti della Russia,

impegna il Governo:

   a intensificare e rafforzare la propria azione politico-diplomatica verso la Russia, al fine di spingere il Governo russo ad attuare gli accordi di Minsk, ad esercitare la propria influenza sui separatisti e a ripristinare il pieno rispetto del diritto internazionale in Ucraina;
   nello stesso tempo ad incentivare il Governo ucraino nella realizzazione delle riforme istituzionali richieste dall'accordo di Minsk, affinché possa trovare attuazione un ordinamento che assicuri una prospettiva di decentramento e uno status speciale alle aree russofone del Donbass;
   a sostenere con grande convinzione l'azione dell'Unione europea e qualsiasi ulteriore sforzo della comunità internazionale che vada nella medesima direzione e, in questo quadro, ad aprire in sede di Unione europea un confronto su possibili misure compensative adeguate a sostenere le imprese e i sistemi di filiera più colpiti dagli effetti dell'embargo russo;
   a fare esso stesso quanto in proprio potere per alleviare le condizioni di difficoltà che il settore agroalimentare italiano sta registrando a causa dell'embargo russo;
   a procedere in linea con le decisioni della comunità internazionale rispetto alle sanzioni contro la Russia, mantenendole in essere finché non vi sarà una diversa determinazione comunemente assunta sulla base di positivi sviluppi e di un ripristinato rispetto del diritto internazionale.
(1-00920) «Cicchitto, Amendola, Mazziotti Di Celso, Marazziti, Locatelli, Rabino, Alli, Manciulli, Causin, Benamati, Scopelliti, Nicoletti, Sammarco, Librandi».