XVII LEGISLATURA
TESTO AGGIORNATO AL 14 LUGLIO 2015
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 13 luglio 2015.
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Bellanova, Beni, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Brescia, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Carocci, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lainati, Lorefice, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Migliore, Orlando, Palazzotto, Patriarca, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Tancredi, Valeria Valente, Velo, Zanetti.
Annunzio di proposte di legge.
In data 10 luglio 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CAPARINI: «Modifica all'articolo 5 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, in materia di eliminazione delle iscrizioni nel casellario giudiziale» (3227);
NASTRI: «Modifiche alla legge 27 luglio 2000, n. 212, in materia di tutela dei diritti del contribuente» (3228).
Saranno stampate e distribuite.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
PELLEGRINO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini» (3150) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V;
CIRIELLI: «Disposizioni per il coordinamento in materia di politiche integrate per la sicurezza e disciplina delle funzioni e dell'organizzazione dei corpi di polizia locale» (3164) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XII, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
V Commissione (Bilancio):
BINI ed altri: «Modifiche alla legge 31 gennaio 1994, n. 97, per favorire l'erogazione dei servizi di pubblica utilità nei comuni montani» (3116) Parere delle Commissioni I, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Trasmissioni dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 9 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della fondazione La Quadriennale di Roma, per gli esercizi 2012 e 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 294).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 9 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti (INARCASSA), per l'esercizio 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 295).
Questi documenti sono trasmessi alla Commissione V (Bilancio) e alla Commissione XI (Lavoro).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 9 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Acquedotto pugliese Spa, per gli esercizi dal 2011 al 2013. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 296).
Questi documenti sono trasmessi alla Commissione V (Bilancio) e alla Commissione VIII (Ambiente).
Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.
Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 8 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la relazione sul conto consolidato di cassa delle amministrazioni pubbliche, comprensiva del raffronto con i risultati del precedente biennio, aggiornata al 31 marzo 2015 (Doc. XXV, n. 7).
Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dal Ministro della salute.
Il Ministro della salute, con lettera in data 9 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero della salute, riferita all'anno 2014 (Doc. CLXIV, n. 26).
Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).
Trasmissione dal Ministro dello sviluppo economico.
Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 10 luglio 2015 ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, le seguenti relazioni concernenti procedure d'infrazione avviate ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che sono trasmesse alla VI Commissione (Finanze) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
relazione concernente la procedura d'infrazione n. 2015/0199, avviata per mancato recepimento della direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II);
relazione concernente la procedura d'infrazione n. 2015/0200, avviata per mancato recepimento della direttiva 2014/51/UE che modifica le direttive 2003/71/CE e 2009/138/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 1094/2010 e (UE) n. 1095/2010 per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati).
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 10 luglio 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle attività di assunzione e concessione di prestiti dell'Unione europea nel 2014 (COM(2015) 327 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del regolamento (CE) n. 428/2009 che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell'intermediazione e del transito di prodotti a duplice uso (COM(2015) 331 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, in sede di Comitato misto SEE in merito a una modifica dell'allegato II (Regolamentazioni tecniche, norme, prove e certificazioni) e dell'allegato XX (Ambiente) dell'accordo SEE (direttiva sulla qualità dei carburanti) (COM(2015) 334 final), corredata dal relativo allegato (COM(2015) 334 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).
Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 9 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 ottobre 2014, n. 154, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/39/UE che modifica le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque (190).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 22 agosto 2015. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 2 agosto 2015.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
MOZIONI LOCATELLI, ZAMPA, BERGAMINI, BINETTI, GALGANO, SPADONI, NICCHI, GEBHARD, GIORGIA MELONI ED ALTRI N. 1-00553, RONDINI ED ALTRI N. 1-00945 E BECHIS ED ALTRI N. 1-00946 CONCERNENTI INIZIATIVE IN AMBITO INTERNAZIONALE IN RELAZIONE AL FENOMENO DEI MATRIMONI PRECOCI E FORZATI DI MINORI
Mozioni
La Camera,
premesso che:
secondo le stime dell'Unicef nel mondo ci sono oltre 60 milioni di spose bambine a causa della pratica dei matrimoni di minori, precoci, forzati (child, early, forced marriage);
l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahariana sono le regioni in cui questa pratica è più largamente diffusa dove, non casualmente in coincidenza, sono presenti altri gravi fenomeni, come la mortalità materna e infantile, la malnutrizione e l'analfabetismo. Ma si registrano casi anche in Medio Oriente e Africa settentrionale, così come in Europa, compresa l'Italia, per effetto dei processi migratori, anche se il fenomeno è di difficile rilevazione, in quanto spesso queste unioni non vengono registrate;
questi matrimoni sono quasi sempre incoraggiati e promossi dalle famiglie come rimedio alla povertà, come mezzo per «liberarsi» delle figlie, considerate un peso, perché «poco produttive», nella speranza di assicurare loro un futuro migliore, in termini sia finanziari sia sociali;
al contrario, essi comportano una serie di conseguenze negative che segnano per sempre la vita delle spose bambine: queste ultime vengono precocemente sottratte all'ambiente della famiglia e a volte della comunità di origine, sono spesso soggette a violenze fisiche, psicologiche, economiche e sessuali, vittime di abusi e sfruttamento, impedite nelle opportunità educative (solitamente il matrimonio comporta l'abbandono scolastico) e di lavoro, vivono esperienze che comportano conseguenze pesanti sulla sfera affettiva, sociale e culturale;
al matrimonio precoce seguono quasi sempre gravidanze altrettanto precoci, che provocano decine di migliaia morti, una quota rilevante della mortalità materna complessiva. Anche la prole da gravidanze precoci ne soffre le conseguenze: chi nasce da una madre-bambina o comunque minorenne ha un'alta probabilità di morire in età neonatale e, anche quando sopravvive, corre maggiori rischi di denutrizione e di ritardi cognitivi o fisici;
già nel 1994, 179 Governi rappresentati alla Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo avevano riconosciuto il legame diretto tra matrimoni precoci, gravidanze in età adolescenziale e alti tassi di mortalità materna e sottolineato il ruolo cruciale dell'educazione nelle azioni di prevenzione;
nel programma di azione della stessa Conferenza i Governi firmatari si erano impegnati a proteggere e promuovere il diritto degli/delle adolescenti a ricevere un'educazione sulla salute riproduttiva e a garantire l'accesso universale a queste informazioni;
la Convenzione sui diritti dell'infanzia riconosce espressamente i/le bambini/e (ossia persone di età tra 0 e 18 anni) come titolari di diritti e l'articolo 16 della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw) menziona il diritto di essere protette da matrimoni precoci;
molti Paesi, compresi quelli in cui questa pratica è diffusa, hanno stabilito per legge l'età minima per il matrimonio, l'istruzione obbligatoria e i reati contro i minori, ma le norme tradizionali o di ordine religioso continuano ad avere il sopravvento sulla legislazione nazionale;
malgrado la dichiarazione, pressoché universale, di impegno a porre fine alla pratica, si calcola che matrimoni di bambine di meno di 15 anni continueranno ad essere celebrati e che in questo decennio saranno 50 milioni le bambine che potrebbero rischiare di sposarsi prima di quell'età;
il 18 dicembre 2013 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima «risoluzione di sostanza» sui matrimoni di minori, precoci e forzati; questa risoluzione comprende raccomandazioni «di sostanza» sulle quali convergono gli Stati membri, con riferimento ad iniziative da intraprendere da parte delle Nazioni Unite e delle loro agenzie, di Stati membri, organizzazioni internazionali, espressioni della società civile ed altri rilevanti attori;
l'azione per prevenire ed eliminare i matrimoni di minori, precoci e forzati richiede altrettanto impegno di quello profuso nella campagna mondiale per l'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili. Secondo i dati delle Nazioni Unite, pubblicati in occasione della giornata internazionale «tolleranza zero per le mutilazioni genitali femminili», il numero delle ragazze vittime di questa pratica, che mette in serio pericolo la loro vita, è diminuito e l'adozione unanime da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite della risoluzione del dicembre 2012, con la quale gli Stati membri sono stati invitati a intensificare gli impegni per la completa eliminazione delle mutilazioni genitali femminili, ha certamente contribuito al conseguimento di questo risultato;
la questione dei matrimoni forzati costituisce un ulteriore e non secondario aspetto dell'azione per combattere la violenza di genere e promuovere i diritti delle donne e l’empowerment femminile;
il nostro Paese ho svolto un grande ruolo, riconosciuto a livello internazionale, nella campagna contro le mutilazioni genitali femminili, che ha fatto acquisire all'Italia un'autorevolezza internazionale tale da consentirgli di svolgerne uno altrettanto importante nella prevenzione ed eliminazione dei matrimoni di minori, precoci e forzati;
il nostro Paese, insieme agli altri Stati del gruppo G7 riunitosi a Bruxelles il 4 e 5 giugno 2014, ha manifestato la sua determinazione per promuovere la parità di genere, porre fine a tutte le forme di discriminazione e di violenza contro donne e ragazze, porre fine ai matrimoni di minori, precoci e forzati e promuovere la piena partecipazione e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze,
impegna il Governo:
a dare attuazione alla risoluzione 69/156, «Matrimoni di minori, precoci, forzati», adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2014;
a contribuire a dare impulso e a sostenere a livello globale la campagna per prevenire ed eliminare questa pratica che viola i diritti umani delle bambine, con l'impegno e la determinazione già mostrati per la campagna contro le mutilazioni dei genitali femminili;
a sostenere finanziariamente programmi e progetti di cooperazione internazionale volti alla prevenzione e all'abbandono dei matrimoni di minori, precoci e forzati.
(1-00553)
(Nuova formulazione) «Locatelli, Zampa, Bergamini, Binetti, Galgano, Spadoni, Nicchi, Gebhard, Giorgia Meloni, Albanella, Amato, Carocci, Chaouki, Cimbro, Di Gioia, Di Lello, Di Salvo, Fabbri, Gadda, Gribaudo, Gullo, Iori, Patrizia Maestri, Malpezzi, Marzano, Mongiello, Palma, Pastorelli, Piazzoni, Piccione, Quartapelle Procopio, Rocchi, Sbrollini, Tidei, Tinagli, Venittelli, Ventricelli, Vezzali, Villecco Calipari, Carfagna, Giammanco, Scuvera, Antimo Cesaro».
La Camera,
premesso che:
le stime dell'Unicef più recenti indicano che globalmente (Cina esclusa) 70 milioni di donne tra i 20 e i 24 anni - circa una su tre - si sono sposate prima dei 18 anni: di queste, 23 milioni si sono sposate addirittura prima di avere compiuto 15 anni;
il fenomeno delle «spose bambine» è direttamente proporzionale ai casi di mortalità materna e infantile, di malnutrizione e di analfabetismo;
se è vero che questo fenomeno assume una portata strutturale insita nelle culture di riferimento di alcune aree mondiali come l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahriana, è altrettanto noto come il processo di mondializzazione e gli eventi di migrazione di massa abbiano permesso il radicarsi di questi comportamenti anche nei Paesi occidentali;
per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo, poiché geograficamente protesa verso il mare è, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo, poiché, trovandosi al centro del mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa ma anche dal più lontano Medio Oriente;
da tempo anche in Italia è emersa la problematica delle «spose bambine», un fenomeno sommerso e poco conosciuto ma diffuso nelle comunità degli extracomunitari presenti nel nostro territorio; si stima siano 2 mila ogni anno i casi accertati;
già nella Conferenza del Cairo sulla popolazione e lo sviluppo del 1994 era stato affrontato il tema delle «spose bambine» e dei connessi rischi di mortalità dovuti alle gravidanze precoci;
la tutela dei minori e del loro equilibrato sviluppo è prioritaria, in quanto i bambini rappresentano il futuro della nostra società; è necessario affermare il diritto delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità nel loro contesto familiare, affinché possano affrontare positivamente la loro vita;
il principio VI della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1989 che afferma: «Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità, ha bisogno di amore e di comprensione; egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre»;
il 18 dicembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima risoluzione sui matrimoni di minori, precoci e forzati nella quale si declinano le raccomandazioni per adottare una strategia comune di contrasto al fenomeno da condurre con rinnovata energia come si sta facendo al fine di eliminare la barbara pratica della mutilazione genitale femminile,
impegna il Governo:
ad adottare, anche attraverso lo strumento della normativa d'urgenza, norme atte a contrastare nel nostro Paese la diffusione del fenomeno dei matrimoni precoci e forzati, prevedendo l'introduzione di una fattispecie di reato specifica e misure atte a revocare il permesso di soggiorno agli esercenti la patria potestà che siano riconosciuti colpevoli di aver costretto le proprie figlie minori a sposarsi;
a dare attuazione alla risoluzione A/RES/69/156 per l'eliminazione dei matrimoni precoci e forzati, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2014;
a sostenere in tutte le sedi internazionali campagne per prevenire e contrastare le pratiche che violano i diritti umani delle bambine con rinnovata energia anche in relazione all'aberrante fenomeno delle mutilazioni genitali.
(1-00945) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
La Camera,
premesso che:
il matrimonio forzato, nell'accezione che ne dà la Forced Marriage Unit del Regno Unito, è «un matrimonio in cui uno o entrambi gli sposi non acconsentono (o, nel caso di adulti con disabilità cognitive o fisiche, non possono acconsentire) al matrimonio e viene esercitata una costrizione. La costrizione può includere la pressione fisica, psicologica, finanziaria, sessuale ed emotiva». Tale definizione include i matrimoni combinati allorquando non vi sia il consenso di una delle parti, oltre che i matrimoni precoci come strettamente correlati ai matrimoni forzati;
il problema è affrontato come una forma di violenza contro le donne e l'indagine ha considerato forzato un matrimonio quando viene violata la libertà delle donne, con la consapevolezza che il concetto di libertà, come quello di consenso, implica il riferimento alla soggettività, al modo in cui ogni donna la percepisce e rappresenta per se stessa e a partire da sé;
all'origine del fenomeno si trovano un insieme di fattori che riguardano: le norme sociali dominanti in un Paese o in una comunità; le strutture economiche e familiari; il «modello familiare» e i relativi valori che in esso sono riconosciuti quali oggetto di tutela dalle società e dagli Stati, ivi compresi quelli occidentali; le diseguaglianze di genere che assegnano alle donne un ruolo inferiore rispetto agli uomini, decurtando i loro diritti dentro la famiglia e nei più ampi sistemi sociali e culturali in cui vivono;
non compaiono nella legislazione statale italiana riferimenti specifici al «matrimonio forzato», ma è tuttavia possibile ricorrere agli strumenti giuridici predisposti con valenza più generale e la crescente consapevolezza globale verso il fenomeno dei matrimoni forzati ha determinato un notevole aumento di studi, pubblicazioni, interventi e anche provvedimenti normativi a livello internazionale. La maggior parte di queste iniziative si basa su studi e indagini qualitativi, infatti i rari dati quantitativi sono riferibili soprattutto a rilevazioni di dati connessi all'erogazione di un servizio specifico, come è il caso del Forced Marriage Unit nel Regno Unito;
per ragioni di natura metodologica è difficile, se non addirittura impossibile, quantificare con precisione il fenomeno dei matrimoni forzati a causa della concomitanza di alcuni fattori quali il grado di coercizione e di conseguenza del consenso, la carenza di basi di rilevamento e quindi la mancanza di rappresentatività statistica, e, soprattutto, il fatto che le persone coinvolte possono sentirsi stigmatizzate socialmente, tutti fattori che possono portare al rifiuto di cooperare, o a dare informazioni inattendibili al fine di proteggere la propria privacy;
per quanto concerne il matrimonio forzato la resistenza delle vittime a denunciare membri della famiglia o della comunità pone un ulteriore ostacolo alla raccolta di informazioni attendibili, così come l'assenza di un certificato di nascita implica che la vittima stessa abbia difficoltà a provare di essere coinvolta in un matrimonio precoce e, di conseguenza, le stime del fenomeno che si trovano in letteratura, gli andamenti temporali e i profili delle vittime sono poco generalizzabili, anche perché le metodologie applicate e le relative inferenze non sono sempre appositamente disegnate per la rilevazione del matrimonio forzato nelle sue diverse forme;
dalle indagini a livello nazionale o subnazionale emerge come il fenomeno si differenzi a seconda delle regioni o degli Stati dell'Unione europea dove si sviluppa e dunque può essere più o meno consistente, se non del tutto assente nel dibattito pubblico;
alcuni Paesi hanno tentato di valutare l'ordine di grandezza del problema (Svezia, Germania, Gran Bretagna, Francia e Svizzera) e si è addivenuti a un quadro delle popolazioni a rischio, considerando dunque non solo la quota di presenza, ma anche quella del potenziale rischio e della consistenza di donne e giovani come gruppi più vulnerabili;
sono orientamenti utili soprattutto nell'ottica di un'indagine più approfondita sulla valutazione del rischio nel nostro Paese; tenendo conto della distribuzione degli insediamenti delle comunità a livello regionale e degli scarsi dati a disposizione si cerca di combinare il dato della rappresentanza femminile con quello dell'indicazione del rischio potenziale tra le comunità presenti in Italia esposte al rischio (misurato dall'indicazione dell'Unicef e dalle ricerche empiriche); si trovano ai primi posti le comunità provenienti dai paesi del sud-est asiatico (Bangladesh, Pakistan, India, Sri Lanka), caratterizzate tuttavia da una limitata presenza di donne; da alcuni paesi africani (Senegal, Ghana, Nigeria, Egitto), anch'esse – a parte la Nigeria – caratterizzate da una bassa presenza femminile;
la presenza differenziata delle diverse comunità a livello regionale consente la possibilità di specifici approfondimenti locali, anche perché nel complesso nazionale il peso di queste comunità non è alto, ma si concentra in alcune specifiche regioni o aree: le comunità provenienti da Marocco e Albania, presenti nella lista dei Paesi a rischio, sono le più numerose nel nostro Paese; si tratta di gruppi in cui la presenza di donne e di individui di seconda generazione è una componente importante;
da un'analisi dei dati a disposizione è evidente che in Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte risiede più della metà di cittadini marocchini, mentre Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna ospitano quasi la metà dei cittadini albanesi, rendendo queste regioni aree di potenziale approfondimento, anche se la consistenza complessiva a livello nazionale ne rende comunque interessante uno studio più approfondito e analisi conoscitive di maggiore dettaglio andrebbero effettuate sia sulle comunità ad alta presenza femminile provenienti dai Paesi dell'est europeo (Ucraina, Macedonia), più esposte al rischio di matrimonio precoce nei Paesi di origine, sia su comunità provenienti dall'America latina (Brasile, Ecuador, Perù), anch'essi considerabili come Paesi in cui è presente la pratica del matrimonio precoce;
affrontare il tema del matrimonio forzato o imposto implica interrogare le culture (ivi compresa quella italiana) in materia di famiglia, strategie matrimoniali e di tutti i fattori sociali, culturali, economici ed etici che costituiscono elementi importanti per l'espressione del consenso riguardo al matrimonio e al reticolo sociale che questi attiva, sia esso determinato da amore e libera scelta, oppure da accordo a un'unione;
è necessario preoccuparsi dell'accesso delle donne ai beni sociali ed economici nelle diverse culture e della profonda e strutturale differenza tra i sessi, non solo per le culture «altre da noi», ma anche per il mondo occidentale e ciò implica considerare che, come afferma la politologa Carole Pateman: «le donne e le ragazze sono spesso esposte a gravi forme di violenza, tra cui la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto «onore» e le mutilazioni genitali femminili, che costituiscono una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze e il principale ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi»;
bisogna inoltre considerare, come ricorda Pateman, la distinzione fra contratto e consenso, che quando una giovane donna acconsente (o rifiuta) di sottoscrivere un matrimonio combinato, acconsente (o rifiuta) di intraprendere questa forma di istituto matrimoniale; prendere parte a un contratto matrimoniale crea una nuova relazione coniugale e ciò rappresenta un esempio della differenza tra contratto e consenso; quando si acconsente, l'oggetto del consenso è preesistente e si acconsente a qualcosa. Il contratto relativo alla «proprietà sulla persona» è il veicolo tramite cui vengono riprodotti i rapporti di subordinazione nelle principali istituzioni della società moderna;
affrontare il tema del matrimonio forzato comporta fare i conti con una limitazione della libertà degli individui e una prevalenza di usi, costumi, sistemi di valori collettivi che investe uomini e donne, tuttavia se la lettura avviene in una prospettiva di genere emerge immediatamente la radicale differenza che anche in questo caso caratterizza i destini delle donne, poiché è un fenomeno profondamente segnato da culture patriarcali e dinamiche di potere decisamente sfavorevoli al sesso femminile;
per questo si è scelta un'ottica che valuti la differenza sessuale quale base di riflessione sui sistemi sociali e culturali in cui si vive e analizzi senza preconcetti le strategie e le tradizioni matrimoniali delle culture presenti in Italia ed interagenti con la nostra, quali quelle che provengono dalle migrazioni, elemento, quest'ultimo, che aumenta la complessità dell'analisi, contenendo in sé la necessità di considerare anche le dinamiche migratorie e come queste si intreccino con le strategie matrimoniali;
è risaputo quanto sia delicato parlare di culture «altre» cercando di uscire da una prospettiva «eurocentrica» per guardare con rispetto e interesse (anche per l'apporto che ne può derivare) ad altre storie, altri saperi, altre tradizioni, ma tenendo fermi, da un lato, quei diritti umani fondamentali che garantiscono alle donne di essere e potere agire come libere cittadine nel proprio Paese, come in quello di accoglienza, e, dall'altro, il riconoscimento della differenza sessuale e lo squilibrio di «potere» che questa determina nelle società e in tutte le culture, quindi bisogna provvedere a un'equilibrata convivenza di valori che rispetti la nostra legge;
va evidenziato che questo tema non vede il nostro Paese e le sue tradizioni così distanti da quelle che si accolgono attraverso i flussi migratori, dato che solo nel 1981 è stata abrogata la norma che permetteva il matrimonio riparatore in caso di stupro e che attualmente si può rilevare un aumento dei matrimoni (e delle gravidanze) precoci in particolare nel sud dell'Italia;
è da ricordare che, come ben evidenzia l'indagine francese «Immigrées et filles d'immigrés: le recul des mariages forcés Enquête Trajectoires et Origines (2008)», l'intervento di una terza persona o delle famiglie nella scelta della sposa o dello sposo era praticata in Francia, come nel resto d'Europa, sino all'inizio degli anni Sessanta e che ancora oggi, in Italia, non si possono escludere pressioni nella scelta matrimoniale in caso di gravidanze precoci o di piccole comunità in cui sia fortemente presente l'elemento del controllo della sessualità femminile e dell'onore familiare;
tuttavia l'esperienza dei centri antiviolenza fa emergere come il fenomeno delle spose bambine non sia sconosciuto nella cultura italiana, ancora di più se nella fenomenologia del matrimonio forzato si inserisce l'elemento della difficoltà a rompere il legame matrimoniale per pressioni familiari o culturali;
con l'affidamento della ricerca finalizzata alla costruzione di una stima attendibile del numero delle donne e bambine vittime in Italia di matrimoni forzati, il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri ha scelto di avviare un percorso conoscitivo e di approfondimento in merito ad un tema delicato e complesso quale quello del matrimonio forzato, fenomeno che in Italia non è ancora divenuto oggetto di un discorso pubblico e politico e per cogliere il quale mancano spesso le categorie di lettura persino in servizi attenti ai bisogni delle donne;
il matrimonio forzato è materia di raccomandazioni e direttive internazionali ed europee che hanno prodotto esperienze consolidate di intervento sia sul piano normativo e conoscitivo, sia riguardo alle azioni intraprese dagli Stati per prevenirlo e combatterlo e sono stati individuati gli elementi salienti del fenomeno: la definizione del fenomeno e la creazione di indicatori utili a effettuare una stima della popolazione a «rischio» e delle vittime, residenti in Italia, nonché la comparazione degli strumenti normativi a livello internazionale e comunitario con quelli presenti nel nostro Paese;
se la finalità generale degli studi condotti in Italia è quella di offrire uno strumento utile per definire, conoscere e sviluppare azioni di prevenzione e contrasto del fenomeno, uno dei principi metodologici considerati come base è stato quello di porsi in una condizione di riflessione concettuale che permettesse di analizzare le differenti modalità e approcci teorici attualmente presenti nel dibattito internazionale sul matrimonio forzato;
è tuttavia necessario individuare quali sono i campi di intervento in cui si inquadra il matrimonio forzato e lo studio realizzato nel 2013 da Women Living Under Muslim Laws, su incarico dell’Office of the High Commissioner for Human Rights, ha bene messo in luce come siano presenti una pluralità di ambiti in cui viene iscritta l'analisi del matrimonio forzato, evidenziandone i rischi concettuali da considerare adeguatamente nell'analizzare i concetti a cui ci si riferisce alla ricerca di una definizione e di una classificazione ed evidenzia che i principali sistemi di lettura del fenomeno appartengono al campo dei diritti umani, al ruolo del multiculturalismo, in particolare il suo rapporto con le norme basate sull'onore e al movimento contro la violenza verso le donne e la sua cornice concettuale femminista;
il matrimonio forzato è considerato prima di tutto una violazione dei diritti umani ed è spesso concepito come una forma di violenza endemica, o maggiormente rilevante in particolari comunità, religioni e culture in particolare; nell'ambito delle indagini sulla violenza contro le donne, il matrimonio forzato è esaminato come forma di violenza di genere strettamente connessa al patriarcato, ai ruoli di genere e alla marginalizzazione delle donne rispetto alle posizioni di potere nella società;
bisognerebbe procedere ad una ricognizione nazionale e internazionale per offrire elementi utili al raggiungimento della finalità sopra espressa, che valorizzasse il dibattito scientifico, politico e concettuale attivo sul tema e permettesse di enucleare le informazioni di base per formulare raccomandazioni utili allo sviluppo di azioni di prevenzione e contrasto;
è necessario effettuare una ricognizione sulle indagini quantitative e qualitative più recenti o significative prodotte in Italia, in Europa o su mandato dell'Onu e dei suoi organismi, così da avere un quadro complessivo di riferimento che permetta: una prima definizione e qualificazione del fenomeno, allargato ai matrimoni precoci, combinati o di convenienza; la comprensione delle fonti statistiche disponibili mediante una lettura comparata delle normative in vigore in alcuni Paesi comunitari e dei vincoli posti dalla normativa internazionale al quadro normativo nazionale; una verifica della presenza del tema nelle normative regionali e le azioni sviluppate in Italia; l'analisi dei sistemi di aiuto adottati da quei Paesi europei che hanno scelto di sviluppare piani di azione nazionali o specifici interventi; l'analisi delle caratteristiche del sistema di intervento;
gli ambiti teorici e di intervento sopra accennati (principalmente diritti umani, multiculturalismo, da declinato come intercultura, differenza sessuale e violenza contro le donne, ma anche salute e benessere psicofisico, rischio di schiavitù e sviluppo nell'ottica di azioni transnazionali in materia) sono tutti campi di azione da esplorare, privilegiando uno sguardo fortemente orientato al genere e una stretta connessione con la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne in ogni sua forma, ivi compresa la tratta, anche in considerazione della direttiva comunitaria inerente a questo fenomeno;
in estrema sintesi, per ricondurre a unità quanto fin qui affermato, si può dire che un matrimonio è forzato quando contrasta la libertà femminile ma ben sapendo che quella stessa categoria è complessa e mobile, non può essere definita una volta per tutte, non può assumere un significato univoco poiché essa è legata al sistema di valori, all'esperienza, a un «calcolo» soggettivo del rapporto costi/benefici, e al livello di consapevolezza di sé e dei propri desideri che ciascuna donna ha raggiunto in quella fase del ciclo di vita;
l'analisi degli studi internazionali sul tema offre la possibilità di osservare come negli stessi Paesi vi siano profonde differenze tra le aree di provenienza (rurale o urbana ad esempio), anche perché sono in corso importanti processi di trasformazione che finiscono per dare a quelle società, nonostante alcuni tratti dominanti, il carattere di un mosaico plurale che non permette di generalizzare la pratica o la tradizione dei matrimoni concordati e del controllo della sessualità femminile a un'intera popolazione oltre che l'appartenenza a una data religione;
mentre le linee di indirizzo e i vincoli posti derivano dai trattati e dalle convenzioni internazionali, la normativa italiana in materia è composta da leggi regionali che si propongono di intervenire sul fenomeno con l'obiettivo di istruire un quadro generale così da fornire le indicazioni utili a introdurre nella normativa italiana i dati essenziali per facilitare gli interventi e aiutare le vittime e le potenziali vittime,
impegna il Governo
ad intraprendere e a finanziare azioni efficaci per combattere il fenomeno del matrimonio forzato che viola i diritti umani delle bambine, propugnando una campagna antipedofilia caratterizzata da un impegno anche più determinato quale quello profuso per la campagna contro le mutilazioni genitali femminili.
(1-00946) «Bechis, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)