Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 17 luglio 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 17 luglio 2015.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Molea, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sisto, Tabacci, Valeria Valente, Vargiu, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Dieni, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Molea, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sisto, Tabacci, Valeria Valente, Vargiu, Velo, Vignali, Vito, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

   In data 16 luglio 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GIACHETTI ed altri: «Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati» (3235);
   MERLO e BORGHESE: «Abrogazione dell'articolo 19-bis del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, in materia di spese per il Consiglio generale degli italiani all'estero» (3236);
   SBERNA: «Disposizioni per favorire la distribuzione di prodotti a fini di solidarietà sociale e per la riduzione degli sprechi alimentari» (3237).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dal Senato.

   In data 16 luglio 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
   S. 1601. – «Ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo che stabilisce una procedura di presentazione di comunicazioni, adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2011» (approvato dal Senato) (3238);
   S. 1731. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Cile sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 25 luglio 2014» (approvato dal Senato) (3239);
   S. 1926. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro in materia di cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 14 settembre 2011» (approvato dal Senato) (3240);
   S. 1927. – «Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei Ministri della Bosnia ed Erzegovina sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 30 gennaio 2013» (approvato dal Senato) (3241);
   S. 1937. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America per la cooperazione nell'esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico per scopi pacifici, fatto a Washington il 19 marzo 2013» (approvato dal Senato) (3242).

  Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
   VI Commissione (Finanze):
  BRAMBILLA: «Modifiche all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di esenzione dall'imposta sul valore aggiunto per prestazioni veterinarie e di trasporto di animali in stato di necessità» (2880) Parere delle Commissioni I, V, XII e XIV.

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 16 luglio 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilitazione del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per il versamento degli anticipi nel bilancio 2016 (COM(2015) 281 final).

  Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A ai resoconti della seduta del 17 giugno 2015, a pagina 3, seconda colonna, trentaseiesima riga, dopo le parole: «all'articolo 87 del» devono aggiungersi le seguenti: «testo unico di cui al».

DISEGNO DI LEGGE: S. 1577 – DELEGHE AL GOVERNO IN MATERIA DI RIORGANIZZAZIONE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3098-A)

A.C. 3098-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il successo del progetto di ammodernamento delle pubbliche amministrazioni e la loro evoluta trasformazione a soggetti capaci di fornire soluzioni efficaci ed efficienti in termini di servizi all'utenza dipende in misura decisiva dalla figura e dalle capacità del dirigente, chiamato come attore di un ruolo strategico del cambiamento, inteso come dimensione permanente della gestione in un mondo in continua e rapida evoluzione;
    l'Agenzia delle entrate ed anche l'ex Agenzia del territorio, tenuto conto della sempre maggiore carenza di dirigenti, a causa del progressivo collocamento a riposo degli stessi, ed impossibilitate, per le vincolanti disposizioni legislative in materia di assunzione nel pubblico impiego, a promuovere (di fatto) apposite procedure concorsuali, hanno ricorso all'affidamento di incarichi dirigenziali provvisori, anche per posizioni di particolare rilievo, attraverso procedure selettive interne (cd. interpelli), previa specifica valutazione dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico. In particolare, nell'Agenzia delle Entrate, dal 2001, sono stati conferiti a funzionari circa 800 incarichi dirigenziali, che rappresentano la larga maggioranza del totale dei posti assegnati, destinata ad aumentare per ovvie ragioni anagrafiche. Lo stesso è accaduto presso l'ex Agenzia del Territorio, ove sono invece stati conferiti circa 170 incarichi dirigenziali;
    il presupposto normativo che ha consentito alle due Agenzie la gestione autonoma di questa tipologia di contratti può essere rinvenuto nell'articolo 71, comma 3, lett. d), del decreto legislativo n. 300 del 1999, secondo cui ogni Agenzia fiscale, con il proprio Regolamento di amministrazione, «determina le regole per l'accesso alla dirigenza». Infatti, nel Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate all'articolo 24, comma 1, è previsto che «[...] l'Agenzia può stipulare, previa specifica valutazione dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico, contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti, con l'obbligo di avviare nei sei mesi successivi la procedura selettiva.»;
    gli incarichi dirigenziali attribuiti sono stati assegnati in piena osservanza dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contenente la norma fondamentale che regola il conferimento degli incarichi dirigenziali. Tale norma stabilisce, infatti, che per il conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si deve tener conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo Dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti. In sostanza, si tratta di combinare le caratteristiche oggettive legate alle funzioni proprie della posizione da ricoprire e agli obiettivi che vi sono connessi e i requisiti soggettivi costituiti dalla personalità del Dirigente e dalla sua storia professionale;
    in relazione a tale criterio generale enunciato dalla legge, vanno evidenziati tre punti: il processo di conferimento degli incarichi dirigenziali ha inteso raccordare al più alto livello possibile le caratteristiche funzionali della posizione da ricoprire con le specifiche competenze professionali dei Dirigenti, in funzione, prioritariamente, dell'efficacia e dell'efficienza del funzionamento delle strutture, valutate in un'ottica di considerazione generale del quadro complessivo delle posizioni dirigenziali, nonché della valorizzazione e della gratificazione professionale delle persone;
    per quel che riguarda le connotazioni funzionali delle posizioni da ricoprire sono stati oggetto di considerazione: le caratteristiche dimensionali e gestionali, anche in relazione alle criticità ambientali; gli obiettivi da perseguire nel presidio della posizione; il contesto in cui si inserisce il conferimento della posizione stessa; i requisiti specifici di esperienza e preparazione professionale, specie ove abbiano particolare rilievo critico per la copertura della posizione, in ragione anche della rilevanza della posizione stessa nell'ordinamento dell'Agenzia;
    per quel che riguarda i profili professionali dei Dirigenti sono stati considerati: le competenze possedute, quale somma delle conoscenze e capacità maturate in termini di sapere e saper fare, e delle attitudini individuali; i risultati conseguiti e le prestazioni rese nei precedenti incarichi, desunti dal sistema di valutazione, con riferimento, fra l'altro, agli aspetti di gestione delle risorse e alle capacità di negoziazione e di gestione costruttiva delle situazioni conflittuali, anche con le organizzazioni sindacali; le aspettative di crescita professionale e di carriera coerenti con le esigenze gestionali e organizzative dell'Agenzia;
    con tali procedure selettive sono stati conferiti ai funzionari, in possesso dei necessari requisiti, gli incarichi dirigenziali. Tali incarichi prevedono l'equiparazione in tutto e per tutto ai Dirigenti di ruolo con l'eccezione del mancato riconoscimento ai fini previdenziali e del trattamento di fine rapporto per la parte eccedente gli emolumenti previsti per la qualifica di funzionario;
    la valenza transitoria della norma regolamentare dell'Agenzia delle entrate (come anche quella dell'ex Agenzia del territorio) è stata di anno in anno rinnovata e nessun concorso pubblico è stato mai portato a termine;
    il blocco del turnover insieme alla complessità delle procedure concorsuali si sono mal conciliate con le urgenze operative ed organizzative dell'Agenzia delle entrate;
    l'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contiene la norma fondamentale che regola il conferimento degli incarichi dirigenziali. In sintesi, la norma prevede che debbano essere poste in relazione, da un lato, le caratteristiche oggettive legate alle funzioni proprie della posizione da ricoprire, alla complessità della struttura e agli obiettivi che vi sono connessi e, dall'altro, i requisiti soggettivi costituiti dalle attitudini e capacità professionali del singolo Dirigente, dai risultati conseguiti, con la relativa valutazione, e dalle specifiche competenze organizzative possedute, in funzione, prioritariamente, dell'efficacia e dell'efficienza del funzionamento delle strutture;
    la Sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015 ha dichiarato illegittima la proroga «sine die» del conferimento degli incarichi dirigenziali a funzionari (fino ad espletamento dei concorsi), per cui le Agenzie fiscali hanno provveduto a revocare tutti gli incarichi dirigenziali provvisori in essere a decorrere dalla pubblicazione della sentenza stessa;
    il Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2015 ha approvato un decreto legislativo che reca disposizioni in materia di riorganizzazione delle Agenzie fiscali e che dispone, tra l'altro, che le agenzie fiscali sono autorizzate ad annullare le procedure concorsuali per la copertura di posti dirigenziali bandite nel 2013 e nel 2014 e non ancora concluse e a indire concorsi pubblici per soli esami, da espletare entro il 31 dicembre 2016, utilizzando modalità selettive definite con decreto del Ministro dell'economia e delle Finanze. I predetti concorsi sono avviati con priorità rispetto alle procedure di mobilità, compresa quella volontaria di cui all'articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tenuto conto della peculiare professionalità alla cui verifica sono finalizzati i concorsi stessi. Al personale dipendente dalle agenzie fiscali è riservata una percentuale non superiore al 30 per cento dei posti messi a concorso;
    i dirigenti «incaricati» sono stati individuati tra funzionari di ruolo, già vincitori di concorso per l'accesso nella PA, soprattutto tramite interpelli e scelti a seguito di procedure comparative dei curriculum e di colloquio; sono stati valutati positivamente nel corso degli anni di incarico dirigenziale con sistemi di valutazione delle performance; su espressa ammissione dei vertici dell'Agenzia, i risultati eccellenti in termini di fiscalità sono stati conseguiti essenzialmente grazie al loro lavoro, alla loro professionalità, al loro impegno;
    l'utilizzo degli incarichi dirigenziali ha prodotto comunque un risparmio di spesa in linea con i principi della spending review, atteso che i predetti incaricati di funzioni dirigenziali erano di fatto già dipendenti dell'amministrazione pubblica e pertanto già da essa pagati come funzionari, e che l'agenzia, qualora dovesse assumere nuovi dirigenti, dovrà aumentare il contingente di spesa per il pagamento delle spettanze stipendiali a nuovi assunti;
    l'esperienza maturata sul campo da parte del personale incaricato di funzioni dirigenziali non può essere immediatamente sostituita da dirigenti neoassunti, che sul piano pratico non hanno nessuna conoscenza specialistica della macchina amministrativa dell'Agenzia;
    dal 25 marzo gli ex incaricati di funzioni dirigenziali continuano a lavorare con lo stipendio da funzionari pur essendo stati assegnatari di «deleghe di firma» per la firma degli atti amministrativi e tributari e che – di fatto in moltissimi casi continuano a coordinare, organizzare e dirigere gli uffici;
    è diffusa, al riguardo, la percezione di una grave incongruenza ed ingiustizia (che si sta concretizzando con ricorsi al giudice del lavoro) per il fatto che, ai fini del loro passaggio alla qualifica dirigenziale, non possa contare l'apprezzamento delle capacità e delle attitudini dimostrate concretamente, giorno per giorno, in una vita di lavoro. Indicazioni di segno diverso vengono, invece, oltre che dalle aziende più attente alla tematica della valutazione e della valorizzazione del capitale umano, dalle Amministrazioni pubbliche di grandi Paesi, il cui «modello» non può essere ignorato;
    da qui nasce l'esigenza di attuare urgenti procedure per eliminare le carenze gestionali e di organico delle funzioni dirigenziali createsi per effetto della sentenza n. 37 del 2015;
    bisogna considerare poi, che i concorsi per la Dirigenza, a oltre undici anni dall'attivazione dell'Agenzia delle Entrate, non sono stati espletati, ledendo le legittime aspettative di chi da tanti anni esercita le funzioni dirigenziali, senza averne neanche la retribuzione piena (ai fini contributivi e previdenziali), contravvenendo ai principi che stabiliscono parità di retribuzione quando si espletano i medesimi compiti (principio peraltro stabilito dal comma 5 dell'articolo 12 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate);
    si pone l'attenzione sulla situazione di precarietà degli ex incaricati di funzioni dirigenziali, la cui fattispecie si può configurare, tra l'altro, come un «ingiusto arricchimento» per l'Amministrazione finanziaria. Infatti, i Dirigenti incaricati, da una parte, sono stati equiparati per anni ai Dirigenti di ruolo, in termini di funzioni, responsabilità e dall'altra hanno avuto diverso trattamento economico ed hanno vissuto nella costante condizione di provvisorietà dell'incarico stesso. Inoltre, per gli stessi incaricati non è stata riconosciuta «ingiustamente», ai fini previdenziali e del trattamento di fine servizio, la parte eccedente gli emolumenti previsti per la qualifica di funzionario;
    le emergenze sono note e, se è necessario puntare con decisione alla «revisione della spesa», è irrinunciabile il recupero dell'efficienza. In questo particolare momento di crisi economica e finanziaria in cui versa il Paese, la scelta di inquadrare con uno specifico intervento normativo i funzionari pubblici, che da numerosi anni esercitano funzioni dirigenziali a tutti gli effetti, determina una soluzione di giustizia, oltre che di notevole risparmio per le casse dello Stato, che altrimenti dovrebbe investire ingenti somme di denaro per affrontare i necessari concorsi;
    si tenga conto inoltre che la maggior parte degli incarichi dirigenziali provvisori attribuiti ai funzionari hanno di fatto superato il limite dei 36 mesi, ciò in contraddizione alle direttive poste dalla Corte di Giustizia Europea che ha dichiarato la normativa Italiana non conforme all'accordo Quadro Comunitario sul lavoro. In altri termini, la Corte di Giustizia Europea ha ammesso, sì, la possibilità di ricorrere a contratti di lavoro a tempo determinato per garantire la continuità amministrativa in caso di sostituzione del personale assente, ma solo in presenza di una legislazione che tuteli i lavoratori dall'eventuale «abuso» nell'utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato. Di fatto il Governo, nel caso della recente riforma della «buona scuola», ha già recepito detti principi prendendo l'impegno di assumere fino a centomila insegnanti precari. Per perequazione è bene che lo stesso principio venga applicato agli incaricati di funzioni dirigenziali delle Agenzie Fiscali che sono stati precarizzati per oltre trentasei mesi;
    da quanto sopraesposto sorge l'esigenza di procedere ad una proposta che, tenendo in gran conto le priorità della lotta all'evasione e all'elusione fiscale e dell'ormai necessaria revisione dei valori catastali, crei le condizioni necessarie ad un miglior funzionamento della macchina fiscale con una dotazione organica dirigenziale coerente con gli obiettivi affidati dai vertici dell'Agenzia delle Entrate;
    la proposta sarebbe quella di inserire nei ruoli dei dirigenti delle Agenzie fiscali il personale già incaricato di funzioni dirigenziali in possesso dei requisiti appresso elencati che, alla data di entrata in vigore della nuova norma, abbia già:
     1) superato un concorso della Pubblica Amministrazione per accedere ad una qualifica per cui è necessaria la Laurea magistrale o equipollente del vecchio ordinamento, come previsto dall'articolo 97 della Costituzione che sancisce l'obbligo di accedere agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni mediante concorso;
     2) svolto un'esperienza professionale da funzionario di almeno dieci anni nella Pubblica Amministrazione con qualifica funzionale appartenente all'area contrattuale apicale del relativo CCNL e attualmente in servizio presso le Agenzie fiscali;
     3) superato procedure selettive interne per l'accesso all'incarico dirigenziale con specifica valutazione dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico ai sensi del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia Fiscale per come stabilito dall'articolo 71, comma 3, lett. d), del decreto legislativo n. 300 del 1999, secondo cui ogni Agenzia Fiscale, con il proprio Regolamento di Amministrazione, «determina le regole per l'accesso alla dirigenza»;
     4) che sia stato titolare di un formale contratto di incarico di funzioni dirigenziali, ai sensi dell'articolo 19, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 presso l'Agenzia Fiscale, in modo continuativo per almeno trentasei mesi ed abbia ottenuto per l'incarico dirigenziale svolto valutazioni della gestione dei risultati continuativamente positive,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti legislativi e regolamentari per risolvere la problematica del personale per anni incaricato di funzioni dirigenziali nelle agenzie fiscali.
9/3098-A/1Riccardo Gallo, Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 3 del disegno di legge in esame, recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» si prevede che, ove per l'adozione di provvedimenti amministrativi si renda necessaria l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e gli stessi non siano comunicati nei termini previsti, si applichi il principio del silenzio-assenso;
    il comma 3 del predetto articolo 3 prescrive che il silenzio-assenso valga anche per le amministrazioni che si occupano di tutela ambientale, della salute, dei beni artistico-culturali e del paesaggio;
    i beni di cui in premessa sono di rango costituzionale poiché tutelati dagli articoli 9 e 32 della Costituzione Italiana;
    la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali sono materie di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione;
    patrimonio storico-culturale e paesaggio sono punti di forza dell'Italia che il mondo ci invidia e sono un importante volano per la nostra economia. Già oggi la cultura muove in Italia 227 miliardi di euro, ovvero il 15,6 per cento della ricchezza prodotta in Italia a dà lavoro a 1.4 milioni di persone;
    il parere della VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori della Camera sempre all'articolo 3 prevedeva che si circoscrivesse «l'ambito di applicazione del nuovo istituto generale del silenzio assenso, prevedendolo esclusivamente per le amministrazioni statali e comunque escludendo espressamente l'adozione del silenzio assenso nei provvedimenti per i quali è previsto il parere degli organi preposti alla tutela ambientale, paesaggistico – territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini»;
    le Amministrazioni pubbliche – con particolare riguardo alle Soprintendenze ai beni storico-artistici e naturali – soffrono di una carenza di personale e di mezzi adeguati: c’è quindi il rischio che non siano in grado di rispondere alle tempistiche previste dal disegno di legge n. 3098,

impegna il Governo

a dare priorità al collocamento di personale – soprattutto specialistico – completando l'organico necessario nelle varie Soprintendenze, nonché a poter fornire loro adeguati strumenti informatici, in modo da renderle in grado di soddisfare lo studio dei progetti e le eventuali verifiche in loco entro i tempi perentori indicati dalla presente legge.
9/3098-A/2Realacci, Braga, Borghi, Tino Iannuzzi, Stella Bianchi, Bratti, Carrescia, Cominelli, Covello, Dallai, De Menech, Gadda, Ginoble, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Nardi, Giovanna Sanna, Valiante, Zardini, Schirò, Piccoli Nardelli, Malisani, Manzi, Piccione, Fabbri, Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di approvazione del disegno di legge: «Deleghe al governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» vengono individuati principi e criteri direttivi cui dovranno uniformarsi i decreti attuativi della delega in merito alla disciplina concernente il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
    nello specifico l'articolo 13 del citato disegno di legge prevede l'introduzione di norme finalizzate all'assunzione dei vincitori dei concorsi pubblici le cui graduatorie siano state approvate e pubblicate entro la data di entrata in vigore del presente provvedimento;
    al riguardo si ricorda che il Ministero per i beni e le attività culturali ha pubblicato nel corso del 2007 10 bandi mettendo a concorso 920 posti totali per differenti profili di funzionario (ex qualifica funzionale C 1 oggi III area prima fascia);
    questi concorsi erano rivolti a riqualificare esclusivamente il personale interno. Fra questi, quello bandito con decreto del 24 luglio 2007 e pubblicato con circolare n. 183/2007, avente ad oggetto «Passaggi tra le aree ex articolo 15 CCNL 1998/2001 – Bando – Informatico». Con decreto direttoriale firmato in data 20 dicembre 2012 dal direttore generale del Ministero, sono state approvate le graduatorie regionali di merito e la nomina dei candidati risultati vincitori;
    delle 920 unità previste, ad oggi, ne sono state assunte solo 460 creando, in tal modo, una notevole disparità di trattamento fra vincitori assunti subito e quelli fino ancora in attesa;
    la materia è stata oggetto di un ordine del giorno, n. 9/2426 – A 13, accolto dal Governo, in sede di conversione del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83. Con riferimento al presente atto parlamentare ed in esecuzione dello stesso, il 24 ottobre scorso il direttore generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con nota prot. 38124 si rivolgeva al gabinetto del Ministro con una proposta normativa per l'assunzione del predetto personale in deroga all'articolo 24 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e successive modificazioni;
    nella relazione illustrativa, lo stesso, direttore generale osserva che: «L'articolo 24 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ha introdotto nuove regole in materia di progressioni di carriera, prevedendo che le amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1o gennaio 2010, coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni»;
    al momento dell'entrata in vigore della testé citata disposizione era in corso il procedimento selettivo in oggetto. Il direttore generale continua sottolineando che: «Nel 2012, il Ministero per i beni e le attività culturali, pur in presenza di una specifica autorizzazione ad assumere, prevista da una normativa speciale, ha potuto attingere, ai fini della copertura dei posti vacanti in organico, solo alle graduatorie dei concorsi esterni in corso di validità. Non è stato possibile, invece, assumere gli idonei presenti nelle graduatorie delle procedure selettive interne, in quanto la disposizione di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e successive modificazioni non consente la possibilità di ricorrere allo scorrimento di graduatorie relative ad idonei delle progressioni verticali, già a decorrere dal lo gennaio 2010»;
    per esigenze specifiche delle amministrazioni il Governo si è, anche di recente, adoperato per attivare le necessarie procedure per lo scorrimento di graduatorie interne. Così, con la legge 23 dicembre 2014 n. 190 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», all'articolo 1, comma 269, ha previsto che: «L'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in via straordinaria, per l'anno 2015, ai fini della copertura dei posti vacanti, è autorizzata allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure concorsuali interne già bandite alla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente»;
    in tal senso è anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 3407/3014 che: «in presenza di graduatorie valide ed efficaci, alla provvista di nuovo personale l'amministrazione deve provvedere normalmente attraverso lo scorrimento delle stesse. In tale situazione fattuale, la possibilità di bandire un nuovo concorso costituisce ipotesi eccezionale, considerate con sfavore dal legislatore più recente, in quanto contraria ai principi di economicità ed efficacia dell'azione amministrativa (articolo 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241), principi applicabili evidentemente anche alla fase organizzativa in cui l'amministrazione stabilisce tempi e modalità con cui far luogo alla provvista di nuovo personale. A tale conclusione si perviene agevolmente se si esamina, con un breve excursus storico, la normativa di riferimento. In tale consolidato quadro normativo, appare naturale ritenere, nel solco di quanto affermato nella già richiamata sentenza della Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, che la scelta dell'amministrazione di bandire un nuovo concorso, pur in presenza di soggetti idonei che potrebbero soddisfare le medesime esigenze, vada scrutinata con particolare rigore, posto che la stessa risulta confliggente con i suindicati principi desumibili dalla legislazione più recente (ispirati, come detto, da esigenze di contenimento della spesa pubblica e di rapidità ed efficacia dell'azione amministrativa)»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi interni, citati in premessa, del Ministero dei beni e delle attività culturali dando così attuazione alle disposizioni inerenti la mobilità del personale della pubblica amministrazione secondo i principi di efficienza, razionalità ed economicità della pubblica amministrazione.
9/3098-A/3Di Lello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge delega in esame prevede un riordino delle camere di commercio;
    al comma 1, lettera b) del citato articolo 8, si prevede il mantenimento delle camere di commercio, anche in deroga alle soglie minime, nei territori montani delle regioni insulari prive di adeguate infrastrutture e collegamenti pubblici stradali e ferroviari;
    il successivo decreto-legislativo emanato in attuazione della legge delega dovrà disciplinare, pertanto, il riordino delle camere di commercio tenendo presente il criterio di delega citato nel secondo punto di questa premessa;
    la provincia di Ragusa si trova nelle condizioni di cui al citato articolo 8, primo comma, lettera b). Infatti i criteri di delega riguardano in modo specifico i territori montani delle regioni insulari prive di adeguate infrastrutture e collegamenti pubblici stradali e ferroviari. Queste ultime caratteristiche sono proprie anche della menzionata provincia di Ragusa,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, con il decreto-legislativo di attuazione della delega legislativa, di non sopprimere la camera di commercio della provincia di Ragusa, in ossequio ai criteri contenuti nell'articolo 8, primo comma, lettera b), per non compromettere ulteriormente l'economia di una zona già fortemente penalizzata.
9/3098-A/4Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del presente disegno di legge prevede in riferimento alle Prefetture-Uffici territoriali del Governo il completamento del processo di riorganizzazione, in combinato disposto con i criteri stabiliti dall'articolo 10 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ed in armonia con le previsioni contenute nella legge 7 aprile 2014, n.  56;
    tale razionalizzazione dovrebbe portare ad una riduzione del numero delle Prefetture tenendo però nella dovuta considerazione l'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, i criteri inerenti all'estensione territoriale, alla popolazione residente, all'eventuale presenza di città metropolitane, alle caratteristiche del territorio, alla criminalità, agli insediamenti produttivi, alle dinamiche socio-economiche, al fenomeno delle immigrazioni sui territori fronte rivieraschi e alle aree confinarie con flussi migratori;
    sarebbe opportuno che nell'ambito dell'esercizio della delega si tenesse in dovuta considerazione anche un criterio legato alla presenza di eventi di richiamo nazionale ed internazionale che necessitano assolutamente della presenza di Prefetture operative e nel pieno della funzionalità;
    per fare un esempio la nomina di Matera quale capitale europea della cultura per l'anno 2019 pone la necessità di avere in quella città una prefettura operativa e di preservare quindi quella sede da eventuali criteri che la penalizzerebbero;
    già ora la Prefettura di Matera è punto di riferimento istituzionale per tutto il territorio provinciale e lo sarà sempre di più considerata la portata dell'evento del 2019,

impegna il Governo

a salvaguardare, da eventuali processi di razionalizzazione, la sede di Matera, nonché della Questura e di tutti i comandi delle forze dell'ordine, assicurando alla Prefettura in questione la piena operatività, potenziandone altresì le strutture anche in vista dell'evento di richiamo internazionale del 2019.
9/3098-A/5Burtone, Vico.


   La Camera,
   premesso che:
    è essenziale estendere il più possibile l'applicazione dei criteri di efficienza, economicità e trasparenza amministrativa anche al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei costi connessi alla gestione dei dati relativi alla proprietà e alla circolazione dei veicoli e di realizzazione di risparmi per l'utenza, di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c) del disegno di legge di delega in esame;
    la locazione senza conducente è un settore peculiare che svolge un ruolo di notevole rilevanza nel contesto economico: esso, infatti, immatricola il 23 per cento del mercato nazionale (dato consolidato maggio 2015), fornisce – con costi ridotti e determinati – servizi per la mobilità ed i trasporti di 65.000 aziende e 2.700 PA e soddisfa le crescenti esigenze del turismo nazionale e internazionale (5 milioni di contratti annui). Inoltre, è l'unico comparto che ha visto crescere i livelli occupazionali (30.000 dipendenti diretti ed indiretti), garantendo per l'Erario maggiori entrate (nel 2014 quasi 2 miliardi di euro) e utilizza una flotta di 700.000 veicoli tra auto e mezzi commerciali; assume un importante ruolo anche in ambito ambientale: ha una flotta al 90 per cento già Euro 5/6, immatricola l'80 per cento delle auto elettriche e immette sul mercato dell'usato 250.000 veicoli/anno di nuova motorizzazione, contribuendo in tal modo allo svecchiamento del parco auto nazionale.

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa legislativa che consenta di estendere espressamente al settore del noleggio senza conducente i principi di riduzione dei costi connessi alla gestione dei dati relativi alla proprietà e alla circolazione dei veicoli, nonché di realizzazione di risparmi per l'utenza.
9/3098-A/6Gullo, Valiante, Garofalo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 provvedimento all'esame dell'Aula prevede una delega al Governo per procedere alla riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato; in particolare, l'articolo 7, comma 1, lettera a), stabilisco tra gli specifici criteri direttivi la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, nonché il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente «conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo nelle altre Forze di polizia»;
    la medesima disposizione precisa che tale riorganizzazione dovrà avvenire mantenendo la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agro alimentare e la salvaguardia delle professionalità esistenti;
    l'innovazione della struttura organizzativa del Corpo forestale dello Stato, non può non essere coerente con il processo di riorganizzazione dell'intero comparto sicurezza nella direzione di eliminare le duplicazioni e le sovrapposizioni e di valorizzare le specificità svolte da ogni singola Forza, in modo da non intaccare i livelli di efficienza e efficacia attuali ma anzi di migliorarli;
    in particolare, per quanto riguarda le necessità del Paese di dotarsi di una adeguata Forza di polizia ambientale, è necessario procedere al potenziamento dell'attività di sicurezza ambientate e agroalimentare quale sua mission centrale e costitutiva, alla integrazione dell'attività di gestione della biodiversità, alla riorganizzazione della struttura dei Nuclei investigativi territoriali e centrali, a prevedere il necessario coordinamento, con progressiva integrazione, con le polizie provinciali,

impegna il Governo

  a valutare la possibilità di:
   garantire, nella predisposizione dei decreti legislativi di riorganizzazione delle funzioni di polizia ai sensi dell'articolo 7 del disegno di legge in discussione, la organizzazione di una polizia ambientale e agroalimentare che assuma unitariamente le necessarie funzioni e risorse, anche umane, connesse alla centrale attività di sicurezza ambientale e agro-alimentare e del territorio;
   includere nelle funzioni da assegnare alla polizia ambientale e agroalimentare le competenze relative al contrasto ai crimini ambientali e agroalimentari, in raccordo con le funzioni di polizia già esistenti negli altri corpi;
   rafforzare le funzioni di polizia ambientale e agroalimentare, anche valutando nel processo di riorganizzazione, le possibili forme di coordinamento e progressiva integrazione con i corpi di polizia provinciale, favorendo per questa via una reale innovazione istituzionale.
9/3098-A/7Giulietti, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 274 del 2003 la Corte Costituzionale è intervenuta nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 8 luglio 2002, n. 11 (Norme varie in materia di personale regionale e modifiche alla legge regionale 13 novembre 1998 n. 31), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri;
    nel rigettare il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri la Corte richiamava: «la giurisprudenza di questa Corte ritiene che alla regola del pubblico concorso – quale metodo che, per l'accesso alla pubblica amministrazione, offre le migliori garanzie di selezione dei più capaci, in funzione dell'efficienza della stessa amministrazione (articolo 97, comma 1, della Costituzione) – sia possibile apportare deroghe (come del resto ammette il terzo comma dell'articolo 97) qualora ricorrano particolari situazioni che le rendano non irragionevoli (da ultimo, ordinanza n. 517 del 2002). Ai fini di una valutazione di non irragionevolezza della disciplina in esame è rilevante considerare come essa riguardi l'inserimento in posti di ruolo di soggetti i quali si trovavano da tempo, nell'ambito dell'amministrazione regionale (o degli enti regionali), in una posizione di precarietà, perché assunti con contratto a termine o con la particolare qualificazione connessa alla figura degli addetti a lavori socialmente utili; e quindi verosimilmente avevano, nella precarietà, acquisito l'esperienza necessaria a far ritenere la stabilizzazione della loro posizione funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (articolo 97, comma 1, della Costituzione). In questo senso è significativo che, in base al comma 3 dell'impugnato articolo 3, all'inquadramento nei ruoli consegua la stabilizzazione in posizioni corrispondenti al profilo delle prestazioni espletate in via precaria»;
    la riforma costituzionale del 2001 ha fatto venir meno – relativamente alle aree di potestà legislativa esclusiva delle Regioni (e Province) autonome coincidenti con aree ora attribuite alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni ordinarie – il limite costituito dall'obbligo (ove previsto dai relativi statuti, come appunto quello sardo) di rispettare le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica;
    ai sensi dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – la particolare «forma di autonomia» così emergente dall'articolo 117 della Costituzione in favore delle Regioni ordinarie si applica anche alle Regioni a statuto speciale, come la Sardegna, ed alle Province autonome, in quanto «più ampia» rispetto a quelle previste dai rispettivi statuti. Da questa ricostruzione (pienamente conforme al criterio interpretativo enunciato dalla sentenza n. 103 del 2003) discende che la materia dello stato giuridico ed economico del personale della Regione Sardegna, e degli enti regionali, riservata dall'articolo 3, lettera a), dello statuto è di competenza della legislazione esclusiva della Regione;
    in tal senso alla lettera q), dell'articolo 13 del provvedimento in oggetto si prevede che, nell'ambito del riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, il riconoscimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano della potestà legislativa in materia di lavoro del proprio personale dipendente, deve avvenire nel rispetto della disciplina nazionale sull'ordinamento del personale alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, come definita anche dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dei principi di coordinamento della finanza pubblica, anche con riferimento alla normativa volta al contenimento del costo del personale, nonché dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione;
    tale previsione è in contrasto con lo statuto speciale della Sardegna e la stessa sentenza della Corte costituzionale che ha rigettato qualsiasi tipo di subordinazione ad una generica disciplina nazionale in materia,

impegna il Governo:

   a tener conto della sentenza della Corte Costituzionale richiamata in premessa con particolare riferimento alla competenza esclusiva della regione Sardegna in materia;
   a valutare positivamente, nell'ambito dell'articolazione della riforma della pubblica amministrazione e la sua attuazione la proposta di legge di iniziativa popolare che punta ad istituire un servizio autonomo e indipendente dallo Stato di riscossione dei tributi da realizzarsi in Sardegna;
   ad agevolare forme di stabilizzazione di personale legato ai lavori socialmente utili rientranti in quelle fattispecie richiamate dalla sentenza della Corte Costituzionale;
   ad agevolare nell'ambito dell'attuazione della riforma della pubblica amministrazione il trasferimento, a partire da preventive intese di natura amministrativa, di funzioni e competenze alla regione Sardegna delle Soprintendenze dei beni culturali, archeologiche.
9/3098-A/8Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» (AC 3098), attualmente all'esame della Camera, prevede tra le altre cose anche il riordino delle funzioni nel campo della sicurezza agroalimentare e del Corpo forestale dello Stato, con eventuale assorbimento dello stesso negli altri corpi di polizia;
    la norma è stata ampiamente dibattuta durante il precedente passaggio del provvedimento in Senato, con numerose prese di posizione sia nella maggioranza che nell'opposizione in favore della salvaguardia dello storico e prezioso ruolo del Corpo forestale dello Stato, un'istituzione che raccoglie un sentimento diffuso di considerazione e fiducia da parte della pubblica opinione (secondo l'ultima ricerca Eurispes sul livello di consenso delle istituzioni presso i cittadini, il Corpo forestale dello Stato riscuote un indice di fiducia pari al 64 per cento);
    il Corpo forestale dello Stato conduce essenziali attività per la tutela del Made in Italy agroalimentare dalle contraffazioni e per il contrasto all'illecito utilizzo di fondi comunitari;
    nei soli primi dieci mesi del 2014 il Corpo forestale dello Stato ha prodotto nei settori di competenza 150 reati accertati, 180 persone segnalate all'Autorità giudiziaria, 1.300 illeciti amministrativi scoperti, sanzioni per un totale di 3 milioni di euro, 6.200 controlli effettuati e 160 tonnellate di prodotti sequestrati;
    inoltre proprio in questa stagione, quando la piaga dei roghi estivi torna d'attualità, il ruolo del Corpo forestale dello Stato in termini di prevenzione e vigilanza sul grande patrimonio agricolo e forestale italiano diventa ancora più evidente;
    è di particolare importanza la vicenda relativa alla graduatoria del concorso per il reclutamento di 400 allievi vice-ispettori del Corpo forestale dello Stato di cui al bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 21 novembre 2011, approvata con D.C.C. del 24 luglio 2014 e rettificata il 21 ottobre 2014, affinché sia utilizzata, nel caso di assorbimento del Corpo forestale dello Stato in altro Corpo di Polizia, dal Corpo assorbente;
    dalla graduatoria finale di merito del suddetto concorso, sono risultati 1.047 candidati idonei, di cui 829 esterni e 218 interni. Successivamente, è stato deliberato un aumento dei posti a concorso da 400 a 481, dei quali 320 destinati ai candidati esterni e 161 destinati alle varie aliquote riservate agli interni. È stata, inoltre, fissata per il giorno 20 novembre 2014, la partenza del corso di formazione e addestramento della durata di quindici mesi. Pertanto, a seguito del recente incorporamento dei 481 candidati vincitori e tenuto conto dei 36 candidati rinunciatari/dimissionari, all'attualità la graduatoria di cui si parla conta ancora 530 candidati idonei non vincitori, dei quali 507 esterni e 23 interni,

impegna il Governo

a valutare, in sede di attuazione della norma in questione, tutte le iniziative necessarie in merito ai vincitori del concorso per il reclutamento di 400 allievi vice-ispettori del Corpo forestale dello Stato richiamato in premessa, in particolare al fine di attuare lo scorrimento della graduatoria degli idonei affinché vi sia fatto ricorso da parte del Corpo di polizia nel caso in cui, come previsto dal provvedimento in esame, il Corpo forestale dello Stato venisse assorbito.
9/3098-A/9Fucci.


   La Camera,
   premesso che:
    in base al comma 557 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004, meglio nota come finanziaria 2005, i comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono, servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza;
    sono trascorsi quasi 11 anni dalla entrata in vigore di tale norma e nel frattempo è mutato il contesto complessivo della pubblica amministrazione;
    sono intervenuti processi di razionalizzazione che hanno determinato significative riarticolazioni degli enti locali e delle autonomie dando una nuova fisionomia all'assetto istituzionale del nostro Paese;
    in tale contesto si inserisce l'importante provvedimento delega in oggetto che punta ad una riorganizzazione della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità nell'ambito dei provvedimenti di esercizio della delega, nonché di altri provvedimenti di prevedere un incremento della soglia minima della popolazione dei comuni cui si fa riferimento nel citato comma 557 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 portandola a 15 mila.
9/3098-A/10Albanella.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario assicurare l'economicità, l'efficienza e la rispondenza al pubblico interesse delle attività istituzionali del Corpo della guardia di finanza;
    è necessario attualizzare alcune disposizioni di carattere ordinativo e funzionale relative al Corpo della guardia di finanza, tenendo anche conto delle particolari peculiarità e dell'assetto organizzativo generale della pubblica amministrazione, in piena coerenza e a completamento dell'assetto delineato dalla legge delega n. 78 del 2000 e dai relativi decreti attuativi che hanno confermato e rafforzato il ruolo del Corpo quale forza di polizia a competenza generale in materia economica e finanziaria alle dirette dipendenze del Ministro dell'economia e delle finanze e con compiti ad elevata specializzazione;
    è evidente la contraddizione di una forza armata che non dipende dal Ministero della difesa, ma da quello dell'Economia e delle finanze;
    costituzionalmente i compiti di polizia o qualsiasi altro compito di natura non difensiva del territorio devono rientrare nelle competenze civili e in questo senso sono andate le riforme della Polizia di Stato, della polizia municipale e del Corpo della polizia penitenziaria;
    l'Italia rimane l'unico Paese membro dell'Unione europea nel quale un Corpo di verificatori fiscali è inserito tra le forze destinate all'addestramento alla guerra, sia pure a scopi non offensivi;
    non appare conforme ai principi costituzionali che il personale del suddetto Corpo sia mantenuto nell'ambito della compagine militare;
    lo scorso 2 luglio il Consiglio Centrale della rappresentanza militare del Corpo della guardia di finanza (Cocer), in rappresentanza di tutti gli appartenenti al Corpo, con una specifica delibera ha chiesto al comandante generale del Corpo una riforma realmente al passo coi tempi che oggi, sempre di più, richiedono una efficiente polizia economico finanziaria ad ordinamento civile, sottratta al controllo e alla dipendenza del ministro della Difesa,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni utile azione per assicurare che l'ordinamento e i compiti del Corpo della polizia tributaria, comprese le attribuzioni funzionali dell'autorità di vertice, siano realizzati in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
    a) il Comandante generale del Corpo della polizia tributaria è scelto fra i dirigenti generali della pubblica amministrazione in servizio presso il Ministero dell'economia e delle finanze, assume la denominazione di Direttore generale del Corpo della polizia tributaria ed è posto alle dirette dipendenze del Ministro dell'economia e delle finanze;
    b) il personale appartenente al Corpo della guardia di finanza è collocato nell'ambito del Corpo della polizia tributaria, nelle corrispondenti aree funzionali del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze, con dipendenza dal Direttore generale del Corpo della polizia tributaria, per l'assolvimento dei compiti d'istituto, in conformità a quanto disposto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43, e, ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, dalla legge 1o aprile 1981, n. 121;
    c) è consentito, a domanda e previa intesa tra le amministrazioni interessate, il trasferimento dei dipendenti appartenenti al Corpo della guardia di finanza nelle altre amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nei limiti dei posti disponibili per le medesime qualifiche possedute nelle rispettive piante organiche, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e dell'articolo 30 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni. Qualora il trattamento economico dell'amministrazione di destinazione sia inferiore a quello percepito nell'amministrazione di provenienza, il dipendente trasferito percepisce, fino al suo riassorbimento, un assegno ad personam di importo corrispondente alla differenza di trattamento.
9/3098-A/11Giachetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del disegno di legge in esame prevede la riorganizzazione delle funzioni di accertamento medico legale in caso di assenze per malattia dei dipendenti pubblici, con l'attribuzione all'I.N.P.S. delle relative competenze; a tal fine sono assegnate all'I.N.P.S. le risorse attualmente destinate alle amministrazioni pubbliche per la medesima finalità, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni per la quantificazione delle predette risorse finanziarie e per la definizione delle modalità d'impiego del personale medico attualmente adibito alle citate funzioni, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, prevedendo altresì il ricorso prioritario ai medici iscritti nelle liste speciali ad esaurimento, istituite dall'articolo 4, comma 10-bis del decreto-legge n. 101 del 2013;
    per l'espletamento di tali funzioni con il decreto-legge n. 78 del 2009 sono state assegnate alle Regioni, a valere sul Fondo Sanitario Nazionale, risorse per 70 milioni di euro; il decreto-legge n. 98 del 2011, al comma 5, ha chiarito altresì che i 70 milioni di euro, stanziati per gli accertamenti medico-legali, non sono di spettanza delle Regioni in quanto quota della disponibilità finanziaria per il SSN, non utilizzata in sede di riparto;
    la sentenza della Corte Costituzionale n. 207 del 2010 ha sancito che i controlli medico-legali sugli assenti per malattia non devono essere ricompresi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) perché non finalizzati alla tutela della salute;
    tali controlli devono pertanto essere considerati a tutti gli effetti nell'ambito della previdenza sociale, materia di competenza esclusiva dello Stato a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera o) della Costituzione;
    per l'esigenza di rispettare i vincoli di bilancio e i vincoli sulle assunzioni, e l'autonomia organizzativa dell'INPS, le liste speciali, già costituite ai sensi dell'articolo 5, comma 12, del decreto-legge n. 463 del 1983, sono state trasformate in liste speciali ad esaurimento, nell'ambito delle quali sono stati confermati i medici inseriti nelle suddette liste alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 101 del 2013 che risultavano già iscritti nelle liste alla data del 31 dicembre 2007; ai fini della razionalizzazione del servizio, l'INPS, per l'effettuazione delle visite mediche di controllo domiciliari ai lavoratori assenti dal servizio per malattia, si avvale, in via prioritaria, dei medici inseriti in tali liste speciali;
    i medici iscritti nelle liste speciali svolgono da molti anni con professionalità tali rilevanti funzioni di controllo sulla base di un rapporto di collaborazione con l'INPS che, per le modalità di attuazione del servizio e per i vincoli posti dalla nuova procedura di selezione ed assegnazione delle Visite Mediche di Controllo, denominata Savio, non può essere definito «libero-professionale»; tali medici sono pertanto in attesa di una opportuna riqualificazione del rapporto professionale dall'anno 2000;
    il decreto ministeriale 8 maggio 2008, in premessa, ritenuto «indilazionabile» l'adeguamento del quadro normativo in materia di «regolazione del contenuto e delle modalità di esplicazione del rapporto tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed i medici iscritti nelle liste speciali di cui all'articolo 5, comma 12, della legge n. 638 del 1983 allo scopo di rendere tale disciplina «più rispondente alle esigenze della qualità del servizio reso all'Istituto e a quelle professionali dei medici di controllo» aveva provveduto alla rimodulazione dei compensi dell'attività dei medici di controllo e alla conferma, fino a completa rivisitazione, della disciplina in materia, compresa la parte relativa alla consistenza numerica dei medici iscritti nelle liste alla data del 31 dicembre 2007 e compresa la procedura per la reintegrazione delle medesime liste;
    non è più necessario acquisire l'intesa della Conferenza delle Regioni, sul servizio dei controlli medico-legali e sulle relative risorse, ora trasferiti in via esclusiva all'INPS;
    nell'indagine conoscitiva sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia, la Commissione Affari Sociali, nel documento conclusivo del 27 maggio 2014, ha rilevato che nell'audizione del rappresentante del dipartimento della funzione pubblica, questi aveva manifestato piena disponibilità a ridefinire i caratteri di tale collaborazione, secondo «canoni di stabilità», come richiesto dai medici fiscali, nei limiti del rispetto della normativa vigente in tema di reclutamento nella R A., in considerazione dell'esigenza di dare certezza a tali rapporti di lavoro, anche per l'interesse pubblico di garantire, a coloro che svolgono funzioni di controllo, piena tutela e riconosciuta rappresentanza dell'Ente che richiede la visita fiscale,

impegna il Governo

   a definire in piena autonomia la quantificazione delle risorse finanziarie e le modalità d'impiego del personale medico attualmente adibito alle funzioni di accertamento medico legale delle assenze per malattia dei dipendenti pubblici, senza acquisire intesa preliminare in sede di Conferenza Stato-Regioni;
   a colmare il vuoto normativo in materia di regolazione del rapporto tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed i medici che eseguono le visite fiscali, allo scopo di dare dignità professionale ad una categoria di professionisti che con il proprio lavoro ha contribuito a portare i valori dell'assenteismo in Italia ai livelli europei.
9/3098-A/12Censore.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del disegno di legge in esame prevede la riorganizzazione delle funzioni di accertamento medico legale in caso di assenze per malattia dei dipendenti pubblici, con l'attribuzione all'I.N.P.S. delle relative competenze; a tal fine sono assegnate all'I.N.P.S. le risorse attualmente destinate alle amministrazioni pubbliche per la medesima finalità, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni per la quantificazione delle predette risorse finanziarie e per la definizione delle modalità d'impiego del personale medico attualmente adibito alle citate funzioni, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, prevedendo altresì il ricorso prioritario ai medici iscritti nelle liste speciali ad esaurimento, istituite dall'articolo 4, comma 10-bis del decreto-legge n. 101 del 2013;
    per l'espletamento di tali funzioni con il decreto-legge n. 78 del 2009 sono state assegnate alle Regioni, a valere sul Fondo Sanitario Nazionale, risorse per 70 milioni di euro; il decreto-legge n. 98 del 2011, al comma 5, ha chiarito altresì che i 70 milioni di euro, stanziati per gli accertamenti medico-legali, non sono di spettanza delle Regioni in quanto quota della disponibilità finanziaria per il SSN, non utilizzata in sede di riparto;
    la sentenza della Corte Costituzionale n. 207 del 2010 ha sancito che i controlli medico-legali sugli assenti per malattia non devono essere ricompresi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) perché non finalizzati alla tutela della salute;
    tali controlli devono pertanto essere considerati a tutti gli effetti nell'ambito della previdenza sociale, materia di competenza esclusiva dello Stato a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera o) della Costituzione;
    per l'esigenza di rispettare i vincoli di bilancio e i vincoli sulle assunzioni, e l'autonomia organizzativa dell'INPS, le liste speciali, già costituite ai sensi dell'articolo 5, comma 12, del decreto-legge n. 463 del 1983, sono state trasformate in liste speciali ad esaurimento, nell'ambito delle quali sono stati confermati i medici inseriti nelle suddette liste alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 101 del 2013 che risultavano già iscritti nelle liste alla data del 31 dicembre 2007; ai fini della razionalizzazione del servizio, l'INPS, per l'effettuazione delle visite mediche di controllo domiciliari ai lavoratori assenti dal servizio per malattia, si avvale, in via prioritaria, dei medici inseriti in tali liste speciali;
    i medici iscritti nelle liste speciali svolgono da molti anni con professionalità tali rilevanti funzioni di controllo sulla base di un rapporto di collaborazione con l'INPS che, per le modalità di attuazione del servizio e per i vincoli posti dalla nuova procedura di selezione ed assegnazione delle Visite Mediche di Controllo, denominata Savio, non può essere definito «libero-professionale»; tali medici sono pertanto in attesa di una opportuna riqualificazione del rapporto professionale dall'anno 2000;
    il decreto ministeriale 8 maggio 2008, in premessa, ritenuto «indilazionabile» l'adeguamento del quadro normativo in materia di «regolazione del contenuto e delle modalità di esplicazione del rapporto tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed i medici iscritti nelle liste speciali di cui all'articolo 5, comma 12, della legge n. 638 del 1983 allo scopo di rendere tale disciplina «più rispondente alle esigenze della qualità del servizio reso all'Istituto e a quelle professionali dei medici di controllo» aveva provveduto alla rimodulazione dei compensi dell'attività dei medici di controllo e alla conferma, fino a completa rivisitazione, della disciplina in materia, compresa la parte relativa alla consistenza numerica dei medici iscritti nelle liste alla data del 31 dicembre 2007 e compresa la procedura per la reintegrazione delle medesime liste;
    non è più necessario acquisire l'intesa della Conferenza delle Regioni, sul servizio dei controlli medico-legali e sulle relative risorse, ora trasferiti in via esclusiva all'INPS;
    nell'indagine conoscitiva sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia, la Commissione Affari Sociali, nel documento conclusivo del 27 maggio 2014, ha rilevato che nell'audizione del rappresentante del dipartimento della funzione pubblica, questi aveva manifestato piena disponibilità a ridefinire i caratteri di tale collaborazione, secondo «canoni di stabilità», come richiesto dai medici fiscali, nei limiti del rispetto della normativa vigente in tema di reclutamento nella R A., in considerazione dell'esigenza di dare certezza a tali rapporti di lavoro, anche per l'interesse pubblico di garantire, a coloro che svolgono funzioni di controllo, piena tutela e riconosciuta rappresentanza dell'Ente che richiede la visita fiscale,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    definire in piena autonomia la quantificazione delle risorse finanziarie e le modalità d'impiego del personale medico attualmente adibito alle funzioni di accertamento medico legale delle assenze per malattia dei dipendenti pubblici;
    colmare il vuoto normativo in materia di regolazione del rapporto tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed i medici che eseguono le visite fiscali, allo scopo di dare dignità professionale ad una categoria di professionisti che con il proprio lavoro ha contribuito a portare i valori dell'assenteismo in Italia ai livelli europei.
9/3098-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Censore.


   La Camera,
   premesso che:
    nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011 è stato pubblicato un bando di concorso per il reclutamento di 400 Allievi vice Ispettori del Corpo Forestale dello Stato la cui graduatoria è stata approvata con D.C.C. del 24 luglio 2014 e rettificata in data 21 ottobre 2014;
    l’iter concorsuale si è poi protratto per circa tre anni;
    dalla graduatoria finale di merito, sono risultati 1.047 candidati idonei, di cui 829 esterni e 218 interni; successivamente, è stato deliberato un aumento dei posti a concorso da 400 a 481, dei quali 320 destinati ai candidati esterni e 161 destinati alle varie aliquote riservate agli interni;
    è stata, inoltre, fissata per il giorno 20 novembre 2014, la partenza del corso di formazione e addestramento della durata di quindici mesi per cui, a seguito dell'incorporamento dei 481 candidati vincitori e tenuto conto dei candidati rinunciatari/dimissionari, l'attuale graduatoria conta ancora 520 candidati idonei non vincitori;
    tra i soggetti interessati che si sono anche costituiti in un Comitato regolarmente registrato in data 10 novembre 2014 presso l'Agenzia delle entrate di Alcamo è forte la preoccupazione sulla futura sorte della graduatoria in oggetto, soprattutto nell'ipotesi che si concretizzi l'accorpamento del Corpo Forestale dello Stato con altra forza di polizia così come previsto dall'articolo 7 del disegno di legge in esame;
    è indispensabile per il nostro Paese l'esistenza di un nucleo di polizia ambientale, specializzato non solo nella salvaguardia e difesa del territorio e del patrimonio rurale e boschivo ma, altresì, nella tutela del settore agroalimentare, quest'ultimo fiore all'occhiello dell'economia italiana;
    per tutto ciò e anche per non vanificare l'impegno delle centinaia di idonei non vincitori e per economia degli atti è opportuno che la graduatoria del concorso di cui sopra possa essere riutilizzata all'interno del Corpo di polizia accorpante;
    in particolare è perciò opportuno che nel riordino delle funzioni di polizia di tutela ambientale, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare conseguente alla riorganizzazione del Corpo Forestale dello Stato, nell'eventuale riassorbimento del medesimo Corpo in altra Forza di Polizia, sia previsto lo scorrimento della graduatoria del bando di concorso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011 per il reclutamento di 400 Allievi vice Ispettori del Corpo Forestale dello Stato approvata con D.C.C. del 24 luglio 2014 e rettificata in data 21 ottobre 2014, unica graduatoria ancora aperta del Corpo Forestale dello Stato,

impegna il Governo

a valutare la possibilità che nel riordino delle funzioni di polizia di tutela ambientale, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare conseguente alla riorganizzazione del Corpo Forestale dello Stato, nell'eventuale riassorbimento del medesimo Corpo in altra Forza di Polizia, sia previsto, per le future assunzioni, lo scorrimento della graduatoria del bando di concorso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011 per il reclutamento di 400 Allievi vice Ispettori del Corpo Forestale dello Stato approvata con D.C.C. del 24 luglio 2014 e rettificata in data 21 ottobre 2014, unica graduatoria ancora aperta del Corpo Forestale dello Stato.
9/3098-A/13Carrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in discussione reca all'articolo 7, comma 1, una delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale, prevedendo inoltre il riordino dei corpi di polizia provinciale, in linea con la definizione dell'assetto delle funzioni di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, escludendo in ogni caso la confluenza nelle Forze di polizia;
    nel contempo l'articolo 5 del decreto-legge 19 giugno n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'esame del Senato, prevede che il personale appartenente ai corpi ed ai servizi di polizia provinciale possa transitare volontariamente nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale;
    tali innovazioni organizzative devono far riflettere sulla necessità di prevedere il mantenimento delle professionalità delle polizie provinciali anche nell'ambito della nuova riorganizzazione, riconoscendo e tutelando le professionalità maturate in campo ambientale, evitando di disperdere il patrimonio umano formato e ricco di esperienze presente nei Corpi di polizia provinciale;
    la riorganizzazione delle polizie provinciali deve prevedere che i dipendenti seguano la nuova assegnazione delle funzioni e delle competenze che oggi fanno capo alle province, in particolare nei campi di tutela ambientale, di vigilanza del territorio, ittica e venatoria, così come stabilito dalla legge 7 aprile 2014, n. 56;
    la scala geografica di riferimento per gestire al meglio funzioni come quelle sopra descritte è sicuramente quella sovracomunale, delle aree vaste (ex province), o delle regioni,

impegna il Governo

a prevedere che il personale appartenente ai corpi e ai servizi di polizia provinciale segua in ogni caso le funzioni e le competenze fino ad oggi assegnate alle province, in particolare nel campo ambientale, e che l'unità organizzativa minima debba coincidere con le attuali aree vaste, anche attribuendo alle Regioni le funzioni attualmente svolte dai corpi e servizi di polizia provinciale, in materia di controllo e tutela della fauna selvatica, di polizia ittico-venatoria, nonché le funzioni di polizia relative alle attività di tutela dell'ambiente e dello smaltimento dei rifiuti delegate dallo Stato alle regioni.
9/3098-A/14De Menech, Crimì.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in discussione reca all'articolo 7, comma 1, una delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale, prevedendo inoltre il riordino dei corpi di polizia provinciale, in linea con la definizione dell'assetto delle funzioni di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, escludendo in ogni caso la confluenza nelle Forze di polizia;
    nel contempo l'articolo 5 del decreto-legge 19 giugno n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'esame del Senato, prevede che il personale appartenente ai corpi ed ai servizi di polizia provinciale possa transitare volontariamente nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale;
    tali innovazioni organizzative devono far riflettere sulla necessità di prevedere il mantenimento delle professionalità delle polizie provinciali anche nell'ambito della nuova riorganizzazione, riconoscendo e tutelando le professionalità maturate in campo ambientale, evitando di disperdere il patrimonio umano formato e ricco di esperienze presente nei Corpi di polizia provinciale;
    la riorganizzazione delle polizie provinciali deve prevedere che i dipendenti seguano la nuova assegnazione delle funzioni e delle competenze che oggi fanno capo alle province, in particolare nei campi di tutela ambientale, di vigilanza del territorio, ittica e venatoria, così come stabilito dalla legge 7 aprile 2014, n. 56;
    la scala geografica di riferimento per gestire al meglio funzioni come quelle sopra descritte è sicuramente quella sovracomunale, delle aree vaste (ex province), o delle regioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che il personale appartenente ai corpi e ai servizi di polizia provinciale segua in ogni caso le funzioni e le competenze fino ad oggi assegnate alle province, in particolare nel campo ambientale, e che l'unità organizzativa minima debba coincidere con le attuali aree vaste, anche attribuendo alle Regioni le funzioni attualmente svolte dai corpi e servizi di polizia provinciale, in materia di controllo e tutela della fauna selvatica, di polizia ittico-venatoria, nonché le funzioni di polizia relative alle attività di tutela dell'ambiente e dello smaltimento dei rifiuti delegate dallo Stato alle regioni.
9/3098-A/14. (Testo modificato nel corso della seduta) De Menech, Crimì.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 17 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23, in materia di riforma delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, sostituisce l'articolo 16 della legge 29 dicembre 1993, n. 580;
    tale articolo disciplina l'elezione del Presidente di ogni Camera di commercio;
    al comma 3 del suindicato articolo 16 il testo recita che «il Presidente dura in carica cinque anni, in coincidenza con la durata del consiglio e può essere rieletto per due sole volte»;
    non hanno rilievo, pertanto, i mandati eventualmente svolti dai Presidenti anteriormente al primo rinnovo effettuato in applicazione del suindicato decreto legislativo;
    alcuni Tribunali Amministrativi Regionali ignorano l'esatta interpretazione di tale norma, e cioè di fatto considerano i precedenti mandati dei Presidenti ai fini del computo totale;
    in data 5 marzo 2012 si è resa necessaria una circolare del Ministero dello sviluppo economico (Prot. 0056939 – uscita) avente ad oggetto «Decreto 4 agosto 2011, n. 156 – Rinnovo dei consigli camerali delle Camere di commercio – richiesta parere», proprio per rispondere a vari quesiti sollevati dalla Regione Piemonte, tra cui al n. 3): «Requisiti per la nomina e cause ostative in sede di rinnovo degli organi camerali»;
    in tale circolare, ed esattamente al punto 3), si è ritenuto «necessario evidenziare che la questione al momento non si pone in quanto l'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 23/2010 stabilisce che “Le incompatibilità, i vincoli, le limitazioni ed i requisiti previsti dal presente decreto legislativo per i componenti degli organi degli enti del sistema camerale, decorrono dal primo rinnovo degli organi successivo al termine di cui al comma 1, primo periodo”. L'interpretazione letterale corrente della predetta disposizione, infatti, come emersa anche in occasione di incontri e convegni, fa sì che ai fini della nomina di componenti degli organi camerali rinnovati successivamente al termine di cui al comma 1, primo periodo, dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 23/2010, non hanno rilievo i mandati eventualmente svolti anteriormente al primo rinnovo effettuato in applicazione del medesimo decreto legislativo.»;
    si ritiene necessario, pertanto, inserire come norma primaria l'interpretazione autentica del suindicato disposto relativo alla nomina dei componenti degli organi camerali, al fine di evitare applicazioni diverse e difformi tra Regioni,

impegna il Governo

in sede di attuazione dell'articolo 8, a prevedere, ai fini della nomina di componenti degli organi camerali rinnovati, che non hanno rilievo i mandati eventualmente svolti anteriormente al rinnovo di cui al comma 1, primo periodo, dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 23/2010, così come ribadito dalla citata circolare 5 marzo 2012 del Ministero dello sviluppo economico.
9/3098-A/15Vignali, Fragomeli.


   La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 37 del 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune norme (articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012; articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 150 del 2013; articolo 1, comma 8, decreto-legge n. 192 del 2014) che, «salvi gli incarichi già affidati», consentivano alle Agenzie fiscali l'attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari dipendenti presso le stesse, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali. La situazione interessa circa 800 dirigenti incaricati all'Agenzia delle entrate (oltre a 400 dirigenti incaricati all'Agenzia delle dogane e dei monopoli);
    in particolare, pur in pendenza innanzi al Consiglio di Stato del giudizio che ha generato quello di legittimità costituzionale, l'Agenzia delle entrate, in data 25 marzo 2015, ha dato attuazione alla predetta sentenza della Corte Costituzionale, comunicando agli interessati l'immediato venir meno di tutti i suddetti incarichi dirigenziali ed ha provveduto al riadeguamento retributivo delle posizioni lavorative;
    in sostanza, dall'oggi al domani, 800 dirigenti incaricati dell'Agenzia delle entrate (alcuni dei quali anche con 15 anni di anzianità come «precari della dirigenza») sono stati «retrocessi» alla posizione di funzionario, con una contrazione stipendiale, in alcuni casi, anche del 50 per cento (senza considerare la perdita del premio di risultato);
    la sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale è stata impropriamente interpretata, laddove si è ritenuto che dichiarasse l'illegittimità dell'incarico dirigenziale in sé considerato, anziché – come discende da una corretta lettura della parte motiva – delle reiterate proroghe del termine finale che hanno fatto divenire lo strumento dell'incarico il metodo ordinario per la copertura di posizioni dirigenziali. Del resto, l'accesso all'impiego nella pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, avviene per concorso o negli altri modi previsti dalla legge;
    il «sistema» degli incarichi dirigenziali, conferiti sulla base di una norma regolamentare a funzionari dell'area apicale a seguito dell'esperimento di selezioni mediante interpelli, è stato utilizzato per anni dalle Agenzie fiscali, sin dalla loro istituzione, al fine di coprire le posizioni dirigenziali vacanti, relativamente alle quali non è stato possibile esperire i previsti concorsi, diverse volte banditi ma sempre impugnati;
    il predetto «sistema» ha consentito alle Agenzie di selezionare al proprio interno i funzionari più meritevoli, che hanno potuto dimostrare negli anni il proprio valore acquisendo un patrimonio di esperienza tecnico manageriale che rischia ora di andare perduto;
    l'Agenzia delle entrate ha potuto usufruire negli anni di «leve di comando» competenti, in quanto espressione di selezioni interne, efficienti, come comprovato da valutazioni di prestazioni annuali ampiamente positive, e a costo ridotto rispetto ai dirigenti di ruolo, atteso che il trattamento economico previdenziale e ai fini del trattamento di fine rapporto è rimasto quello proprio dei funzionari, anche a seguito di una sostanziale equiparazione con i dirigenti in termini di ruolo e responsabilità;
    la direttiva comunitaria 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, ha inteso creare un quadro normativa per la prevenzione degli abusi derivanti dalla successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato;
    lo Stato italiano ha dato attuazione alla citata direttiva con il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, stabilendo che è consentita la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo; ciò posto, è stato previsto, comunque, che qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato;
    sul fronte giurisprudenziale, tale principio è stato ribadito nella recente «sentenza Mascolo», relativa ad un caso di stabilizzazione dei precari della scuola (si fa rilevare che il comparto scuola e i dirigenti sono due ambiti che il predetto decreto legislativo attuativo, all'articolo 10, aveva inteso escludere dalla stabilizzazione in ruolo, decorso il periodo di 36 mesi sopra richiamato);
    l'Italia, proprio in materia di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato, è stata già destinataria di alcune procedure di infrazione (n. 2010/204S, n. 2010/2124) ad opera della Commissione Europea;
    la stabilizzazione nel ruolo della dirigenza degli ex incaricati, in coerenza con i principi contenuti nella citata direttiva comunitaria, consente il conseguimento immediato dei seguenti obiettivi:
     I. salvaguardare l'interesse dell'Amministrazione finanziaria di continuare ad avvalersi di una classe dirigente competente, esperta e immediatamente operativa, anche in relazione ai prossimi sfidanti impegni di carattere straordinario assunti in ambito europeo;
     II. salvaguardare l'interesse dell'Amministrazione finanziaria a dotarsi, attraverso il riconoscimento dei diritti acquisiti dagli ex incaricati di funzioni dirigenziali, di un numero di dirigenti che risulti congruo anche in relazione all'espletanda procedura concorsuale prevista nel decreto legislativo di riordino delle Agenzie fiscali, approvato in sede preliminare nel Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2015, nonché ad ottenere un effetto deflattivo del prevedibile contenzioso che verrà ad istaurarsi in sede sia nazionale sia comunitaria;
     III. salvaguardare l'interesse dello Stato a veder mantenuti, oltre agli impegni assunti con riferimento alle attività straordinarie di modernizzazione ed efficientamento del Paese, anche quelli relativi alle previsioni di gettito, attualmente di dubbia conseguibilità per la situazione di grave incertezza in cui versano gli Uffici delle Agenzie fiscali;
     IV. salvaguardare l'interesse erariale, fornendo un'ulteriore conferma della legittimità degli atti sottoscritti dal personale dell'Amministrazione finanziaria inquadrato nell'area apicale ed incaricato di funzioni dirigenziali, atti già oggetto di numerose censure in sede di giurisdizione tributaria,

impegna il Governo

a riconoscere, in prima applicazione, il ruolo dirigenziale a chi abbia svolto le funzioni dirigenziali per almeno un triennio, con valutazioni positive ed abbia avuto accesso alle stesse in possesso di laurea magistrale e a seguito di procedura selettiva.
9/3098-A/16Aiello, Causi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 97 della Costituzione, attraverso la riserva di legge, mira a definire l'amministrazione pubblica come apparato burocratico a sé stante, separato dal potere politico e caratterizzato per la sua imparzialità ed efficienza. La Costituzione individua, quindi, nei principi di imparzialità e di buon andamento, i fondamentali canoni giuridici di riferimento dell'assetto organizzativo e funzionale della pubblica amministrazione;
    la Costituente, sin dal primo momento, palesò la necessità di un innegabile nesso di connessione tra assetto organizzativo ed esercizio dell'azione, prevedendo che imparzialità e buon andamento siano da considerarsi come una modalità di organizzazione degli uffici pubblici in una prospettiva tendente a valorizzare una concezione bidimensionale del principio, quale strumento di razionale organizzazione nonché fine dell'azione amministrativa;
    l'imparzialità della pubblica amministrazione concerne la sua organizzazione e consiste nella non discriminazione dei soggetti coinvolti nell'azione amministrativa. In senso attivo, tale principio si esplica in riferimento all'attività della pubblica amministrazione, che deve perseguire i propri obiettivi in maniera imparziale, traducendo sul piano amministrativo il generale principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
    il principio di buon andamento impone che l'azione amministrativa debba svolgersi secondo regole di buona amministrazione. Pertanto, la stessa dovrà attenersi ai criteri di efficacia, ossia, la capacità di conseguire gli obiettivi che si erano preventivamente fissati e di efficienza, determinata dal rapporto intercorrente tra i risultati raggiunti dall'azione amministrativa e la quantità delle risorse impiegate;
    dai principi sanciti nell'articolo 97 della Costituzione derivano una serie di obblighi, come quello della pubblicità e trasparenza, che la pubblica amministrazione è tenuta a rispettare. Mediante il principio di trasparenza il legislatore impone ai pubblici uffici di assicurare la massima circolazione possibile delle informazioni non solo all'interno del sistema amministrativo, ma anche nei confronti di tutti i cittadini;
    l'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, modificata e integrata dalla legge n. 15 del 2005, stabilisce che l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla legge, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario. L'impatto di tale normativa sui rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini è dirompente, rispetto ad un arcaico sistema organizzativo delle istituzioni pubbliche basato sull'autoreferenzialità e l'inaccessibilità al mondo esterno;
    l'efficacia, la pubblicità e la trasparenza della pubblica amministrazione passano inevitabilmente per l'attività svolta da tutti coloro che prestano il proprio servizio all'interno dei pubblici uffici. A tal proposito la normativa in vigore prevede, al momento solo su carta, che i dirigenti pubblici rendano pubblica la propria situazione patrimoniale;
    la legge 5 luglio 1982, n. 441, recante disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale dei titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti, stabilisce all'articolo 12 che la norma prevista per i membri del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, i quali entro tre mesi dalla loro proclamazione sono tenuti a depositare presso l'Ufficio di Presidenza della camera di appartenenza, le dichiarazioni relative ai diritti reali su beni immobili e beni mobili, dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, valga anche per le cariche apicali di istituti e enti pubblici, di società al cui capitale concorrano lo Stato e enti pubblici, degli enti o istituti privati nonché di aziende autonome dello Stato;
    la legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo all'articolo 17, comma 22, stabilisce che le disposizioni di cui all'articolo 12 della legge 5 luglio 1982, n. 441, si applicano anche al personale di livello dirigenziale od equiparato, nonché al personale dirigenziale delle amministrazioni pubbliche;
    la normativa concernente l'obbligo per i dirigenti pubblichi, di provvedere al deposito di una dichiarazione relativa alla situazione patrimoniale, sembra non trovare un riscontro effettivo all'interno della pubblica amministrazione tanto che nei relativi siti internet, strumenti principali attraverso i quali l'amministrazione si interfaccia con i cittadini, non vi è traccia di tali dichiarazioni,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti al fine di prevedere, con riferimento agli obblighi di pubblicità e trasparenza delle pubbliche amministrazioni ex articolo 97 della Costituzione, il deposito da parte dei dirigenti pubblici di una dichiarazione, da pubblicare sul sito dell'Amministrazione di appartenenza, concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di società, le quote di partecipazione a società, nonché della copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche.
9/3098-A/17Giammanco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 97 della Costituzione, attraverso la riserva di legge, mira a definire l'amministrazione pubblica come apparato burocratico a sé stante, separato dal potere politico e caratterizzato per la sua imparzialità ed efficienza. La Costituzione individua, quindi, nei principi di imparzialità e di buon andamento, i fondamentali canoni giuridici di riferimento dell'assetto organizzativo e funzionale della pubblica amministrazione;
    la Costituente, sin dal primo momento, palesò la necessità di un innegabile nesso di connessione tra assetto organizzativo ed esercizio dell'azione, prevedendo che imparzialità e buon andamento siano da considerarsi come una modalità di organizzazione degli uffici pubblici in una prospettiva tendente a valorizzare una concezione bidimensionale del principio, quale strumento di razionale organizzazione nonché fine dell'azione amministrativa;
    l'imparzialità della pubblica amministrazione concerne la sua organizzazione e consiste nella non discriminazione dei soggetti coinvolti nell'azione amministrativa. In senso attivo, tale principio si esplica in riferimento all'attività della pubblica amministrazione, che deve perseguire i propri obiettivi in maniera imparziale, traducendo sul piano amministrativo il generale principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
    il principio di buon andamento impone che l'azione amministrativa debba svolgersi secondo regole di buona amministrazione. Pertanto, la stessa dovrà attenersi ai criteri di efficacia, ossia, la capacità di conseguire gli obiettivi che si erano preventivamente fissati e di efficienza, determinata dal rapporto intercorrente tra i risultati raggiunti dall'azione amministrativa e la quantità delle risorse impiegate;
    dai principi sanciti nell'articolo 97 della Costituzione derivano una serie di obblighi, come quello della pubblicità e trasparenza, che la pubblica amministrazione è tenuta a rispettare. Mediante il principio di trasparenza il legislatore impone ai pubblici uffici di assicurare la massima circolazione possibile delle informazioni non solo all'interno del sistema amministrativo, ma anche nei confronti di tutti i cittadini;
    l'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, modificata e integrata dalla legge n. 15 del 2005, stabilisce che l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla legge, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario. L'impatto di tale normativa sui rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini è dirompente, rispetto ad un arcaico sistema organizzativo delle istituzioni pubbliche basato sull'autoreferenzialità e l'inaccessibilità al mondo esterno;
    l'efficacia, la pubblicità e la trasparenza della pubblica amministrazione passano inevitabilmente per l'attività svolta da tutti coloro che prestano il proprio servizio all'interno dei pubblici uffici. A tal proposito la normativa in vigore prevede, al momento solo su carta, che i dirigenti pubblici rendano pubblica la propria situazione patrimoniale;
    la legge 5 luglio 1982, n. 441, recante disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale dei titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti, stabilisce all'articolo 12 che la norma prevista per i membri del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, i quali entro tre mesi dalla loro proclamazione sono tenuti a depositare presso l'Ufficio di Presidenza della camera di appartenenza, le dichiarazioni relative ai diritti reali su beni immobili e beni mobili, dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, valga anche per le cariche apicali di istituti e enti pubblici, di società al cui capitale concorrano lo Stato e enti pubblici, degli enti o istituti privati nonché di aziende autonome dello Stato;
    la legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo all'articolo 17, comma 22, stabilisce che le disposizioni di cui all'articolo 12 della legge 5 luglio 1982, n. 441, si applicano anche al personale di livello dirigenziale od equiparato, nonché al personale dirigenziale delle amministrazioni pubbliche;
    la normativa concernente l'obbligo per i dirigenti pubblichi, di provvedere al deposito di una dichiarazione relativa alla situazione patrimoniale, sembra non trovare un riscontro effettivo all'interno della pubblica amministrazione tanto che nei relativi siti internet, strumenti principali attraverso i quali l'amministrazione si interfaccia con i cittadini, non vi è traccia di tali dichiarazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli opportuni provvedimenti al fine di prevedere, con riferimento agli obblighi di pubblicità e trasparenza delle pubbliche amministrazioni ex articolo 97 della Costituzione, il deposito da parte dei dirigenti pubblici di una dichiarazione, da pubblicare sul sito dell'Amministrazione di appartenenza, concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di società, le quote di partecipazione a società, nonché della copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche.
9/3098-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giammanco.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 103, terzo comma, della Costituzione, i Tribunali Militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge e in tempo di pace hanno la giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenente alle Forze Armate;
    per quanto concerne la giurisdizione militare in relazione alle persone e ai reati militari, l'articolo 263 del codice penale militare di pace disponeva: «appartiene ai Tribunali Militari la cognizione dei reati militari commessi dalle persone alle quali è applicabile la legge penale militare»;
    la Corte Costituzionale, con sentenza n. 78 del 3 marzo 1989, ha dichiarato illegittimità costituzionale di tale articolo e dell'articolo 9 del regio decreto-legge 27 maggio 1935, n. 835, nella parte in cui sottraggono al Tribunale per i minorenni la cognizione dei reati militari commessi dai minori degli anni diciotto appartenenti alle Forze Armate;
    la medesima Corte, con sentenza n. 429 del 10 novembre 1992, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto articolo nella parte in cui assoggetta alla giurisdizione militare le persone alle quali è applicabile la legge penale militare, anziché i soli militari in servizio alle armi o considerati tali dalla legge al momento del commesso reato;
    successivamente, il legislatore apportava alcune modifiche, al codice penale militare di pace e al codice penale, con la legge 23 marzo 1956, n. 167, provvedendo, tra l'altro, a modificare l'articolo 7 (militari in congedo non considerati in servizio alle armi), e l'articolo 264 (connessione di procedimenti), in senso nettamente limitativo della giurisdizione penale militare;
    ai sensi dell'articolo 10, inoltre, cessavano di essere devoluti alla giurisdizione penale militare taluni reati commessi da militari in congedo;
    con tale legge ordinaria si è proceduto, in sostanza, ad un drastico ridimensionamento della Giurisdizione Militare;
    il codice penale militare si basi sul principio della complementarietà per cui in esso sono stati inclusi solo le fattispecie che non costituivano reati comuni o differivano da quelli per pena o da altri motivi;
    l'articolo 264 c.p.p. conteneva la norma di richiamo dei reati comuni che assoggettava alla giurisdizione militare gli appartenenti alle Forze Armate che li commettessero. Di conseguenza, la modifica dell'articolo 264 c.p.p., operata con legge ordinaria, mentre l'intervento sul concetto di militari in servizio e appartenenti alle Forze Armate, avrebbe necessitato di una legge costituzionale, recise la possibilità di militarizzare tutti i reati comuni;
    in altre parole, a seguito della suindicata nota vicenda giudiziaria, il legislatore, con la predetta legge 23.03.1956 n. 167, previde, esclusivamente, la qualifica di appartenente alle Forze Armate, anziché operare una definizione completa ed esaustiva del reato militare che avrebbe potuto sanare il vuoto normativo creatosi a seguito delle sopra menzionate sentenze della Corte Costituzionale concernenti l'articolo 263 c.p.p. Ai fini di una completa attuazione del dettato costituzionale, sarebbe auspicabile l'emanazione di un provvedimento normativo che provveda di definire i reati militari, stabilendo che sono tali tutti i reati commessi da appartenenti alle Forze Armate o da persone aventi lo stato di militare. Ciò al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di interventi, sulle medesime fattispecie, da parte dell'Autorità Giudiziaria Ordinaria e dell'Autorità Giudiziaria Militare;
    al fine di garantire una maggiore armonia tra le differenti giurisdizioni ordinaria e militare e procedere alla razionalizzazione dell'ordinamento giudiziario militare si rende necessaria, relativamente agli attuali organi della giurisdizione militare, l'adozione di un provvedimento analogo a quello istitutivo del Tribunale per i minorenni in quanto tale soluzione consentirebbe di soddisfare diverse esigenze, quali, da un lato, la ordinarizzazione dei medesimi quale obiettivo da perseguire nel quadro della unitarietà della giurisdizione e, dall'altro, di salvaguardare la specificità della materia e le peculiari professionalità acquisite dagli attuali magistrati militari e dal personale della giustizia militare. In tale contesto, gli attuali organi giudiziari diventerebbero organi specializzati del Ministero della Giustizia, nell'ambito di un intento di razionalizzazione delle risorse e di risparmio sulle spese di giustizia. Le norme applicabili, di diritto sostanziale e procedurale, sarebbero sempre le attuali, rinvenibili nel codice penale militare di pace, nei codici penale e di procedura penale ordinari e nelle leggi speciali. Agli organi giudiziari militari, inoltre, sarebbe attribuita la competenza relativamente a tutti i reati commessi da appartenenti alle Forze Armate italiane o a persone aventi lo stato di militare;
    al fine di garantire una maggiore armonia tra le differenti giurisdizioni ordinaria e militare e procedere alla razionalizzazione dell'ordinamento giudiziario militare,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni possibile iniziativa, anche a livello normativo, in conformità ai princìpi della Costituzione e del diritto internazionale, con particolare riguardo alle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia ed ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
    a) prevedere che i Tribunali Militari di Roma, Napoli e Verona, la Corte Militare di Appello di Roma, i relativi uffici del Pubblico Ministero, il Tribunale Militare di Sorveglianza, il Magistrato Militare di Sorveglianza e La Procura Generale Militare della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione siano organi specializzati del Ministero della Giustizia;
    b) istituire, presso il Ministero della Giustizia, l'Ufficio Centrale per la giustizia militare, avente attribuzioni corrispondenti a quelle del Dipartimento per la giustizia minorile;
    c) prevedere che, per la composizione e il funzionamento degli organi giudiziari militari, si applichino le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, commi 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, 4, 5, 6 e 9 della legge 7 maggio 1981 n. 180 e 2, comma 603, lettere a), c) e comma 608, lettera a), della Legge 24 dicembre 2007, n. 244;
    d) prevedere che agli organi giudiziari militari è attribuita la competenza relativamente ad ogni reato commesso, da cittadini italiani appartenenti alle Forze armate italiane o aventi lo stato di militare, per ragioni comunque collegate al servizio o alla disciplina militare, nonché l'abrogazione del comma 2 dell'articolo 13. c.p.p.;
    e) prevedere che siano abrogati gli articoli 1, 2, 3, 5, 6, 7 e 8 della legge 30 dicembre 1988, n. 561, gli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 1989, n. 158, l'articolo 2, comma 603, lettera c) e commi 604 e 609 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, gli articoli 11, 12, 13 e 14 della legge 7 maggio 1981, n. 180;
    f) prevedere che i magistrati militari in servizio transitino nel ruolo della magistratura ordinaria e continuino a prestare servizio presso gli organi giudiziari militari di appartenenza e ad esercitare le medesime funzioni, conservando l'anzianità e la qualifica maturate e che il ruolo organico della magistratura ordinaria sia rideterminato in 10.209 unità, con aumento di cinquantotto unità, delle quali sei con funzioni direttive di 1o grado, due con funzione direttive di 2o grado, una con funzioni direttive superiore di legittimità;
    g) prevedere che il personale civile in servizio presso gli organi giudiziari militari che non intenda rimanere nei ruoli del Ministero della Difesa transiti, a domanda, nei corrispondenti ruoli del Ministero della Giustizia, conservando l'anzianità e la qualifica maturate e continui a prestare servizio presso gli organi giudiziari militari di appartenenza e ad esercitare le medesime funzioni.
    h) prevedere l'istituzione del ruolo speciale dei magistrati militari, che esercitano le funzioni di cui alla lettera f);
    i) prevedere di devolvere alla cognizione dei Tribunali Militari anche quelle condotte costituenti reato militare commesse da appartenenti alle Forze armate, all'Arma dei Carabinieri e al Corpo della Guardia di Finanza nei confronti delle quali la legge dispone che a decidere sia il Tribunale in composizione monocratica, in cui hanno particolare rilevanza l'aspetto disciplinare della condotta e l'ambiente militare nel quale l'evento si è consumato;
    j) istituire, presso ogni Procura Militare della Repubblica, una sezione specializzata di polizia giudiziaria militare, alla quale è assegnato personale del Corpo della Guardia di Finanza o dell'Arma dei Carabinieri, ovvero i Comandanti di corpo, di distaccamento e di posto militare del luogo in cui è stato commesso il reato; tali sezioni provvedono anche alle notificazioni nei procedimenti per reati militari;
    k) disporre una revisione dell'articolo 37 del c.p.p. che preveda non soltanto il reato militare quale violazione della legge penale militare e come «reato esclusivamente militare quello costituito da un
fatto che, nei suoi elementi materiali costitutivi, non è, in tutto o in parte, preveduto come reato dalla legge penale comune», ma che preveda che i reati militari siano anche quelli commessi da appartenenti alle Forze Armate o da persone aventi lo stato di militare, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di interventi, sulle medesime fattispecie, da parte dell'Autorità Giudiziaria Ordinaria e dell'Autorità Giudiziaria Militare;
    l) attribuire al Tribunale Militare di Roma la competenza per i reati militari commessi all'estero da cittadini italiani, appartenenti alle Forze armate italiane, all'Arma dei Carabinieri e al Corpo della Guardia di Finanza o comunque rivestenti la qualifica di militare. Attribuire la funzione requirente alla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma.
9/3098-A/18Artini, Giachetti, Mucci, Segoni, Barbanti, Baldassarre, Prodani, Bechis, Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 6, rubricato: «Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di anticorruzione, pubblicità e trasparenza», delega al Governo l'adozione di disposizioni integrative e correttive della disciplina in materia di trasparenza, inconferibilità ed incompatibilità di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 e decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39;
    il predetto articolo individua i seguenti principi e i criteri direttivi: i) precisazione dell'ambito di applicazione degli obblighi in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza delle amministrazioni pubbliche, ii) riduzione e concentrazione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche;
    tali principi e criteri direttivi si aggiungono a quelli già stabiliti dall'articolo 1, commi 35 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190,

impegna il Governo

  nella previsione delle disposizioni integrative e correttive delle disciplina in materia di trasparenza, inconferibilità ed incompatibilità:
    a) a prevedere che l'esercizio del diritto di accesso venga esteso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni; alle autorità indipendenti di garanzia e di vigilanza; agli enti pubblici, economici o non economici; ai gestori di servizi pubblici; agli organismi di diritto pubblico; alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui al citato articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, nonché alle società da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;
    b) a disciplinare l'illegittimo diniego o l'illegittimo differimento dell'accesso alle informazioni nel senso che esso costituisca causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e si proceda comunque ad una valutazione ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei funzionari responsabili.
9/3098-A/19Ascani.


   La Camera,
    richiamato l'articolo 7 del disegno di legge n. 3098-A relativo al riordino della portualità;
    richiamato il «Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL)» da adottarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, dopo il previsto parere delle Commissioni competenti;
   premesso che:
    siamo convinti che ci siano oggi, finalmente, tutte le condizioni per dotare l'Italia di un piano della portualità e della logistica, atteso da decenni;
    è condivisibile l'obiettivo di fondo che si pone il piano sopra citato nell'aiutare il sistema Italia a rafforzare i legami con le reti di trasporto dell'Unione europea e nel favorire il recupero dei traffici commerciali tra Europa e Oriente;
    nel nuovo piano della portualità e della logistica – come ha precisato il MIT – non è contenuto alcun accorpamento definito di autorità portuali ma da notizie di stampa sembrerebbe, tuttavia, che possa essere prevista la creazione, per accorpamento, di nuove Authority,

impegna il Governo

   a tener conto di reali motivazioni tecniche e industriali che giustifichino eventuali accorpamenti, escludendo dagli accorpamenti quelle amministrazioni pubbliche la cui autonomia risponderebbe alla logica dell'efficientamento degli scali ricercata dal Governo: strategie commerciali diverse e non complementari;
    a tener conto della logica del «core network» e, dunque, della programmazione europea dei collegamenti est-ovest, dove a dar forza a questa ipotesi è proprio il riferimento, nel comunicato del Consiglio dei Ministri sul tema, alla «rete di trasporto euro-mediterranea», rafforzando perciò anche dal punto di vista normativo, tale indicazione;
    a stabilire che l'individuazione delle Autorità Portuali sia effettuata in base a criteri oggettivi e in particolare: 1) nel rispetto della programmazione comunitaria con riferimento ai corridoi plurimodali europei, alle reti TEN-T e alla rete dei porti ed interporti core definiti dall'Unione europea; 2) alla previsione di almeno una autorità in ogni regione marittimo-portuale, con la possibilità di accorpare le autorità esistenti e includere altri porti non sede di Autorità portuale; 3) per eventuali accorpamenti di autorità esistenti, ove collocate in regioni diverse, o in altri Stati comunitari, è necessaria la preventiva intesa delle regioni interessate, e non si possono accorpare Autorità esistenti, se collocate su distinti corridoi plurimodali europei;
    a confermare e rafforzare i controlli, come previsti dalla legge del 28 gennaio 1994 n. 84, e i poteri di coordinamento, indirizzo e controllo sulle Autorità portuali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    a confermare i dispositivi di revoca del mandato di Presidente delle Autorità e lo scioglimento del comitato portuale nelle fattispecie previste dall'articolo 7, comma 3, della legge del 28 gennaio 1994 n. 84;
    a far sì che le procedure di nomina dei presidenti delle Autorità portuali, da effettuare dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, garantiscano la partecipazione effettiva delle regioni e degli enti locali interessati mantenendo l'espressione sulle nomine da parte delle commissioni parlamentari competenti per materia;
    a confermare il limite del secondo mandato comprensivo dei periodi già svolti in qualità di Presidente di amministrazioni pubbliche di cui alla legge del 28 gennaio 1994 n. 84;
    a far sì che mediante apposita disciplina, da definire d'intesa con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori dei porti e con l'Associazione nazionale dei porti italiani, vengano emanate, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del decreto delegato, le misure per il collocamento del personale dipendente dalle preesistenti autorità in modo da salvaguardare i livelli occupazionali, prevedendo anche il ricorso alla mobilità presso le altre amministrazioni periferiche dello Stato a partire dalle strutture periferiche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    a garantire, negli organi di governo delle Autorità, la presenza dell'Autorità marittima e delle istituzioni regionali e locali e, nei rispetto degli indirizzi comunitari, la partecipazione, senza oneri per le Autorità e per lo Stato, dei rappresentanti delle forze sociali, dell'utenza portuale e dei servizi portuali;
    a tener conto dell'indice di efficienza, escludendo da ipotesi di accorpamento, quelle amministrazioni pubbliche che si collocano tra le più virtuose in Italia, rappresentando un'importante leva per la crescita economica locale.
9/3098-A/20Lodolini, Pagani, Giulietti, Bruno Bossio, Realacci.


   La Camera,
    richiamato l'articolo 7 del disegno di legge n. 3098-A relativo al riordino della portualità;
    richiamato il «Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL)» da adottarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, dopo il previsto parere delle Commissioni competenti;
   premesso che:
    siamo convinti che ci siano oggi, finalmente, tutte le condizioni per dotare l'Italia di un piano della portualità e della logistica, atteso da decenni;
    è condivisibile l'obiettivo di fondo che si pone il piano sopra citato nell'aiutare il sistema Italia a rafforzare i legami con le reti di trasporto dell'Unione europea e nel favorire il recupero dei traffici commerciali tra Europa e Oriente;
    nel nuovo piano della portualità e della logistica – come ha precisato il MIT – non è contenuto alcun accorpamento definito di autorità portuali ma da notizie di stampa sembrerebbe, tuttavia, che possa essere prevista la creazione, per accorpamento, di nuove Authority,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    tener conto di reali motivazioni tecniche e industriali che giustifichino eventuali accorpamenti, escludendo dagli accorpamenti quelle amministrazioni pubbliche la cui autonomia risponderebbe alla logica dell'efficientamento degli scali ricercata dal Governo: strategie commerciali diverse e non complementari;
    tener conto della logica del «core network» e, dunque, della programmazione europea dei collegamenti est-ovest, dove a dar forza a questa ipotesi è proprio il riferimento, nel comunicato del Consiglio dei Ministri sul tema, alla «rete di trasporto euro-mediterranea», rafforzando perciò anche dal punto di vista normativo, tale indicazione;
    stabilire che l'individuazione delle Autorità Portuali sia effettuata in base a criteri oggettivi e in particolare: 1) nel rispetto della programmazione comunitaria con riferimento ai corridoi plurimodali europei, alle reti TEN-T e alla rete dei porti ed interporti core definiti dall'Unione europea; 2) alla previsione di almeno una autorità in ogni regione marittimo-portuale, con la possibilità di accorpare le autorità esistenti e includere altri porti non sede di Autorità portuale; 3) per eventuali accorpamenti di autorità esistenti, ove collocate in regioni diverse, o in altri Stati comunitari, è necessaria la preventiva intesa delle regioni interessate, e non si possono accorpare Autorità esistenti, se collocate su distinti corridoi plurimodali europei;
    confermare e rafforzare i controlli, come previsti dalla legge del 28 gennaio 1994 n. 84, e i poteri di coordinamento, indirizzo e controllo sulle Autorità portuali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    confermare i dispositivi di revoca del mandato di Presidente delle Autorità e lo scioglimento del comitato portuale nelle fattispecie previste dall'articolo 7, comma 3, della legge del 28 gennaio 1994 n. 84;
    far sì che le procedure di nomina dei presidenti delle Autorità portuali, da effettuare dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, garantiscano la partecipazione effettiva delle regioni e degli enti locali interessati mantenendo l'espressione sulle nomine da parte delle commissioni parlamentari competenti per materia;
    confermare il limite del secondo mandato comprensivo dei periodi già svolti in qualità di Presidente di amministrazioni pubbliche di cui alla legge del 28 gennaio 1994 n. 84;
    far sì che mediante apposita disciplina, da definire d'intesa con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori dei porti e con l'Associazione nazionale dei porti italiani, vengano emanate, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del decreto delegato, le misure per il collocamento del personale dipendente dalle preesistenti autorità in modo da salvaguardare i livelli occupazionali, prevedendo anche il ricorso alla mobilità presso le altre amministrazioni periferiche dello Stato a partire dalle strutture periferiche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    garantire, negli organi di governo delle Autorità, la presenza dell'Autorità marittima e delle istituzioni regionali e locali e, nei rispetto degli indirizzi comunitari, la partecipazione, senza oneri per le Autorità e per lo Stato, dei rappresentanti delle forze sociali, dell'utenza portuale e dei servizi portuali;
    tener conto dell'indice di efficienza, escludendo da ipotesi di accorpamento, quelle amministrazioni pubbliche che si collocano tra le più virtuose in Italia, rappresentando un'importante leva per la crescita economica locale.
9/3098-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta) Lodolini, Pagani, Giulietti, Bruno Bossio, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento in esame novella la legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo e introduce il nuovo istituto generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e fissa, nel caso di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il termine di 90 giorni;
    risulta che le Regioni non abbiano, ad eccezione della Sardegna, della Puglia e della Toscana, approvato il piano paesaggistico;
    l'Italia deve rispondere alle giuste esigenze in tempi rapidi nelle procedure amministrative, adottando moderni sistemi informativi e diffondendo l'accesso libero ai dati;
    in un campo molto delicato come la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, è assolutamente necessaria una valutazione tecnica esplicita degli uffici competenti;
    gli architetti in molti uffici non hanno il tempo per rispondere a tutte le richieste;
    il blocco del turnover nella pubblica amministrazione, negli ultimi anni, ha impedito un ricambio generazionale e la conseguente assenza di competenze tecniche;
    il Consiglio Superiore dei Beni Culturali, pur nella consapevolezza della necessità di garantire tempi certi e brevi nelle pratiche amministrative, ha espresso grande preoccupazione e decisa contrarietà all'introduzione del silenzio-assenso, che rischia di produrre risultati assai negativi per il patrimonio culturale e paesaggistico e potrebbe compromettere le procedure di tutela e quindi la missione stessa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,

impegna il Governo

a monitorare e riferire annualmente alle Commissioni competenti gli effetti applicativi delle disposizioni del silenzio-assenso introdotte all'articolo 3, comma 3, e ad avviare interventi di propria competenza affinché tutte le Regioni adottino, rapidamente, i Piani Paesaggistici Territoriali.
9/3098-A/21Malisani, Piccoli Nardelli, Ghizzoni, Mariani, Bratti, Pes, Carocci, Manzi, Narduolo, Bossa, Blazina, Malpezzi, Piccione, Fabbri, Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento in esame novella la legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo e introduce il nuovo istituto generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche;
    riteniamo positivi gli interventi sul settore dei beni culturali già avviati dall'esecutivo e gli sforzi che si stanno compiendo per una profonda innovazione del settore, anche nell'elaborazione di misure di semplificazione e maggiore efficienza che possano portare ad una tutela non più passiva, solo di tipo vincolistico, ma ad una attiva basata su prevenzione, progettazione, pianificazione, condivisione e partecipazione, attraverso moderni sistemi informativi, dalla diffusione dell'accesso libero ai dati e, soprattutto, da maggiori investimenti per dotare le soprintendenze e gli uffici preposti alle autorizzazioni di personale tecnico-scientifico e di mezzi adeguati;
    in riferimento all'estensione dello strumento del silenzio-assenso riteniamo assolutamente necessaria una valutazione tecnica esplicita da parte degli uffici competenti, anche per ribadire l'esigenza di una loro responsabilizzazione in scelte così importanti per il patrimonio dell'intera comunità nazionale e mondiale,

impegna il Governo

a rendere obbligatoria – secondo quanto già previsto dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) – l'adozione da parte di tutte le Regioni italiane dei Piani Paesaggistici Territoriali, i quali, consentendo una conoscenza approfondita del territorio e introducendo chiare regole di trasformazione, rendono molto più celeri anche le procedure autorizzative.
9/3098-A/22Piccoli Nardelli, Malisani, Piccione, Realacci, Fabbri, Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento in esame novella la legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo e introduce il nuovo istituto generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche;
    riteniamo positivi gli interventi sul settore dei beni culturali già avviati dall'esecutivo e gli sforzi che si stanno compiendo per una profonda innovazione del settore, anche nell'elaborazione di misure di semplificazione e maggiore efficienza che possano portare ad una tutela non più passiva, solo di tipo vincolistico, ma ad una attiva basata su prevenzione, progettazione, pianificazione, condivisione e partecipazione, attraverso moderni sistemi informativi, dalla diffusione dell'accesso libero ai dati e, soprattutto, da maggiori investimenti per dotare le soprintendenze e gli uffici preposti alle autorizzazioni di personale tecnico-scientifico e di mezzi adeguati;
    in riferimento all'estensione dello strumento del silenzio-assenso riteniamo assolutamente necessaria una valutazione tecnica esplicita da parte degli uffici competenti, anche per ribadire l'esigenza di una loro responsabilizzazione in scelte così importanti per il patrimonio dell'intera comunità nazionale e mondiale,

impegna il Governo

ad esercitare ogni potere a propria disposizione per assicurare – secondo quanto già previsto dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) – l'adozione da parte di tutte le Regioni italiane dei Piani Paesaggistici Territoriali, i quali, consentendo una conoscenza approfondita del territorio e introducendo chiare regole di trasformazione, rendono molto più celeri anche le procedure autorizzative.
9/3098-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta)  Piccoli Nardelli, Malisani, Piccione, Realacci, Fabbri, Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale e alla lettera d) prevede la confluenza nell'Ufficio territoriale dello Stato di tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato;
    gli uffici o organi periferici dell'amministrazione civile dello Stato preposta alla tutela dei beni culturali – il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – svolgono compiti di tutela, conservazione e fruizione dei beni culturali che richiedono competenze specifiche per i diversi settori di beni, altamente specializzate sia a livello tecnico-scientifico che operativo e organizzativo, competenze che evidentemente non sono possedute dagli attuali Uffici territoriali del governo (ex Prefetture), né dai loro dirigenti e personale;
    la norma succitata parrebbe pertanto trasferire alla integrale dipendenza gerarchica dalle ex prefetture gli uffici e organi periferici dei beni culturali, poiché verrebbero necessariamente assegnati alle ex prefetture – ora Uffici territoriali dello Stato – i compiti di direzione, controllo e coordinamento delle predette funzioni eminentemente tecnico-scientifiche relative ai beni culturali, in quanto sarebbero svolte da organi da esse dipendenti;
    l'organizzazione del Ministero dei beni culturali è articolata a livello regionale, nell'ambito del quale il coordinamento dell'attività delle strutture periferiche nel quadro delle linee di indirizzo inerenti alla tutela emanate dagli organi centrali è assicurato dai Segretariati regionali dei beni e delle attività culturali, e non a livello provinciale. Per tanto si creerebbe una disomogeneità di livelli di coordinamento con gli Uffici territoriali dello Stato, che non hanno competenza di ampiezza regionale, con sovrapposizioni, duplicazioni e frammentazioni di linee di comunicazione e coordinamento del tutto controproducenti, per non parlare della duplicazione di quelle fra centro e periferia dei due rispettivi dicasteri;
    l'amministrazione statale preposta alla tutela dei beni culturali è stata di recente profondamente riorganizzata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto 2014, n. 171, e successivi decreti attuativi, che hanno operato numerose e incisive modifiche e innovazioni nei diversi settori centrali e periferici della tutela, accorpando e creando tipologie di istituti e rispettive competenze e modificando i rapporti fra organi periferici, regionali e centrali secondo i principi del decentramento e dell'autonomia operativa e gestionale degli organi tecnici, indispensabile per la competenza ed efficienza delle attività di tutela, valorizzazione e fruizione dei beni culturali. Tale riorganizzazione è peraltro ancora in una delicata fase di completamento per quanto riguarda l'attivazione di tutti i nuovi organi e il nuovo assetto dei rapporti organizzativi. Una nuova, profondamente diversa, riorganizzazione di tutto l'apparato – che sarebbe richiesta da una «confluenza» integrale degli uffici e organi periferici dei Beni culturali negli Uffici territoriali dello Stato – determinerebbe un impatto negativo sull'attuale predetta delicata e problematica fase di transizione, che rischierebbe di diventare cronica e disfunzionale per lungo tempo prima di assestarsi in modo stabile e funzionale sull'ulteriore nuovo assetto;
    il decreto-legge n. 83 del 2014 (articolo bonus) ha disposto all'articolo 12, comma 1-bis, l'istituzione di Commissioni di garanzia per il patrimonio culturale dalle quali i pareri, nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati, rilasciati dagli organi periferici del Ministero, possono essere riesaminati d'ufficio o su segnalazione delle altre amministrazioni (per esempio regionali e comunali) coinvolte nel procedimento;
    le funzioni di tali commissioni sono state assegnate dall'articolo 39 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 171 del 2014 alle Commissioni regionali per il patrimonio culturale presiedute dal segretario regionale (come tale rappresentante dell'amministrazione centrale), e composte dal direttore del polo museale regionale e dai soprintendenti e dirigenti degli Istituti aventi sede nella regione. Tali funzioni – a seguito della «confluenza» delle soprintendenze nelle ex prefetture – mal si concilierebbero con eventuali poteri monocratici dei prefetti in materia derivanti dalla loro posizione di superiori gerarchici dei soprintendenti, creandosi anche in tal caso un'inopportuna sovrapposizione di competenze,

impegna il Governo:

   a prevedere che le funzioni dirette di tutela, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali previste dal Codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), rimangano di competenza esclusiva ed autonoma dell'amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali;
    a disporre che l'esercizio delle nuove funzioni di coordinamento e armonizzazione degli Uffici territoriali dello Stato sia riferito alle materie amministrative generali comuni, con particolare riferimento alla composizione di politiche e decisioni che provengono da ambiti settoriali della pubblica amministrazione.
9/3098-A/23Ghizzoni, Malisani, Piccoli Nardelli, Piccione, Realacci, Fabbri, Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale e alla lettera d) prevede la confluenza nell'Ufficio territoriale dello Stato di tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato;
    gli uffici o organi periferici dell'amministrazione civile dello Stato preposta alla tutela dei beni culturali – il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – svolgono compiti di tutela, conservazione e fruizione dei beni culturali che richiedono competenze specifiche per i diversi settori di beni, altamente specializzate sia a livello tecnico-scientifico che operativo e organizzativo, competenze che evidentemente non sono possedute dagli attuali Uffici territoriali del governo (ex Prefetture), né dai loro dirigenti e personale;
    la norma succitata parrebbe pertanto trasferire alla integrale dipendenza gerarchica dalle ex prefetture gli uffici e organi periferici dei beni culturali, poiché verrebbero necessariamente assegnati alle ex prefetture – ora Uffici territoriali dello Stato – i compiti di direzione, controllo e coordinamento delle predette funzioni eminentemente tecnico-scientifiche relative ai beni culturali, in quanto sarebbero svolte da organi da esse dipendenti;
    l'organizzazione del Ministero dei beni culturali è articolata a livello regionale, nell'ambito del quale il coordinamento dell'attività delle strutture periferiche nel quadro delle linee di indirizzo inerenti alla tutela emanate dagli organi centrali è assicurato dai Segretariati regionali dei beni e delle attività culturali, e non a livello provinciale. Per tanto si creerebbe una disomogeneità di livelli di coordinamento con gli Uffici territoriali dello Stato, che non hanno competenza di ampiezza regionale, con sovrapposizioni, duplicazioni e frammentazioni di linee di comunicazione e coordinamento del tutto controproducenti, per non parlare della duplicazione di quelle fra centro e periferia dei due rispettivi dicasteri;
    l'amministrazione statale preposta alla tutela dei beni culturali è stata di recente profondamente riorganizzata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto 2014, n. 171, e successivi decreti attuativi, che hanno operato numerose e incisive modifiche e innovazioni nei diversi settori centrali e periferici della tutela, accorpando e creando tipologie di istituti e rispettive competenze e modificando i rapporti fra organi periferici, regionali e centrali secondo i principi del decentramento e dell'autonomia operativa e gestionale degli organi tecnici, indispensabile per la competenza ed efficienza delle attività di tutela, valorizzazione e fruizione dei beni culturali. Tale riorganizzazione è peraltro ancora in una delicata fase di completamento per quanto riguarda l'attivazione di tutti i nuovi organi e il nuovo assetto dei rapporti organizzativi. Una nuova, profondamente diversa, riorganizzazione di tutto l'apparato – che sarebbe richiesta da una «confluenza» integrale degli uffici e organi periferici dei Beni culturali negli Uffici territoriali dello Stato – determinerebbe un impatto negativo sull'attuale predetta delicata e problematica fase di transizione, che rischierebbe di diventare cronica e disfunzionale per lungo tempo prima di assestarsi in modo stabile e funzionale sull'ulteriore nuovo assetto;
    il decreto-legge n. 83 del 2014 (articolo bonus) ha disposto all'articolo 12, comma 1-bis, l'istituzione di Commissioni di garanzia per il patrimonio culturale dalle quali i pareri, nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati, rilasciati dagli organi periferici del Ministero, possono essere riesaminati d'ufficio o su segnalazione delle altre amministrazioni (per esempio regionali e comunali) coinvolte nel procedimento;
    le funzioni di tali commissioni sono state assegnate dall'articolo 39 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 171 del 2014 alle Commissioni regionali per il patrimonio culturale presiedute dal segretario regionale (come tale rappresentante dell'amministrazione centrale), e composte dal direttore del polo museale regionale e dai soprintendenti e dirigenti degli Istituti aventi sede nella regione. Tali funzioni – a seguito della «confluenza» delle soprintendenze nelle ex prefetture – mal si concilierebbero con eventuali poteri monocratici dei prefetti in materia derivanti dalla loro posizione di superiori gerarchici dei soprintendenti, creandosi anche in tal caso un'inopportuna sovrapposizione di competenze,

impegna il Governo:

   a prevedere che le funzioni dirette di tutela, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali previste dal Codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), rimangano di competenza esclusiva ed autonoma dell'amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali;
   a creare le condizioni perché l'esercizio delle nuove funzioni di coordinamento e armonizzazione degli Uffici territoriali dello Stato sia prevalentemente riferito alle materie amministrative generali comuni, con particolare riferimento alla composizione di politiche e decisioni che provengono da ambiti settoriali della pubblica amministrazione.
9/3098-A/23. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ghizzoni, Malisani, Piccoli Nardelli, Piccione, Realacci, Fabbri, Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 individua i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa;
    la lettera q) prevede il riconoscimento, per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, della potestà legislativa in materia di lavoro del proprio personale dipendente, nel rispetto comunque della disciplina nazionale sull'ordinamento del personale alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, dei principi di coordinamento della finanza pubblica, anche con riferimento alla normativa volta al contenimento del costo del personale, nonché dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione;
    con riguardo alle province autonome di Trento e di Bolzano è utile ricordare che, con l'Accordo finanziario concluso a Roma il 15 ottobre 2014 (Patto di garanzia) tra Governo, Regione Trentino-Alto Adige e Province autonome, è già stato esaustivamente individuato il concorso al risanamento della finanza pubblica;
    il nuovo articolo 79 dello Statuto speciale prevede, infatti, che Regione e Province autonome adottino proprie misure di contenimento delle spese, nel senso che anche le modalità concrete di attuazione delle misure di risparmio e le scelte, in quali settori adottare il contenimento della spesa, rientrano nelle competenze statutarie;
    l'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della loro competenza primaria in materia di personale, devono attenersi esclusivamente ai principi fondamentali della presente riforma economico-sociale,

impegna il Governo

a specificare, in sede di adozione del decreto attuativo per il riordino della disciplina del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche, che rientra nelle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano anche il personale degli enti da esse dipendenti o il cui ordinamento rientri nelle loro competenze, anche delegate, compreso il personale dei comuni, tenendo parimenti conto che alle province autonome di Trento e di Bolzano non si applica la normativa volta al contenimento del costo del personale in virtù dell'ultimo accordo finanziario siglato il 15 ottobre 2014 e che devono attenersi esclusivamente ai principi fondamentali della riforma economico sociale di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
9/3098-A/24Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 individua i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa;
    tra i criteri, la lettera i) prevede la facoltà per le amministrazioni pubbliche di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo, garantendo nel contempo, attraverso la contribuzione volontaria ad integrazione, la possibilità di conseguire l'invarianza della contribuzione previdenziale, al fine di favorire l'assunzione anticipata di nuovo personale, nel rispetto della normativa vigente in materia di vincoli alle assunzioni, a condizione di non determinare nuovi o maggiori oneri a carico degli enti previdenziali e delle amministrazioni pubbliche;
    la norma è stata introdotta al Senato allo scopo di ridurre la disoccupazione giovanile attraverso la cosiddetta «staffetta generazionale», ovvero le amministrazioni pubbliche potranno assumere i giovani, utilizzando i risparmi derivanti dalla riduzione dell'orario di lavoro, su base volontaria, dei lavoratori in procinto di andare in pensione;
    al fine di rendere efficace la norma e non vanificarne invece l'effetto, sarebbe necessario garantire al personale in procinto di essere collocato a riposo, che acconsente alla riduzione dell'orario di lavoro, l'invarianza della contribuzione previdenziale, dal momento che al personale dipendente degli enti locali iscritto alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali, in fase di calcolo del trattamento di quiescenza, potrebbe venire applicata la media ponderata ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 26 luglio 1965, n. 965, che comporterebbe una riduzione dell'importo della pensione,

impegna il Governo

a garantire, in sede di adozione del decreto attuativo di cui in premessa, che il personale che acconsente alla riduzione dell'orario di lavoro per consentire il ricambio generazionale nelle amministrazioni pubbliche, non debba subire penalizzazioni nella contribuzione previdenziale, eventualmente prevedendo la copertura contributiva della parte differenziale a carico dell'Amministrazione.
9/3098-A/25Gebhard, Alfreider, Plangger, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 prevede una delega legislativa per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
    il comma 1, lettera b), in particolare, prevede i criteri di delega per la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, ponendo il principio di almeno una camera di commercio in ogni Regione, con possibilità di istituire una camera di commercio in ogni Provincia autonoma e Città metropolitana;
    la formulazione tende sostanzialmente ad equiparare le Regioni alle Province autonome, al fine di mantenere le sedi della camera di commercio nella ridefinizione territoriale prevista dalla delega, e tale impostazione, con riguardo alle sedi per le province autonome di Trento e di Bolzano, risulta confermata dalla successiva previsione che il legislatore delegato debba tenere anche conto delle specificità geo-economiche dei territori,

impegna il Governo

a garantire, in sede di adozione del decreto attuativo sulla ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura, l'istituzione, ossia la permanenza, di una Camera di Commercio in ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
9/3098-A/26Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 reca una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici;
    tra i criteri di delega, la lettera o) detta i principi fondamentali per la disciplina del conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, prevedendo una selezione unica nazionale per titoli a cura di una commissione paritetica nazionale di rappresentanti dello Stato e delle regioni, per l'inserimento degli idonei in un elenco nazionale, istituito presso il Ministero della salute, che viene aggiornato con cadenza biennale, dal quale devono attingere le regioni e le province autonome per il conferimento dei relativi incarichi da effettuare nell'ambito di una rosa di candidati individuati e previo colloquio;
    nella provincia autonoma di Bolzano la procedura di selezione per la nomina di direttore generale dell'Azienda Sanitaria è disciplinata con legge provinciale e prevede, tra i vari requisiti, anche il possesso dell'attestato di conoscenza della lingua italiana e tedesca ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752 recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego», di rango costituzionale, il quale stabilisce che la conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca, adeguata alle esigenze del buon andamento del servizio, costituisce requisito per le assunzioni comunque strutturate e denominate ad impieghi nelle amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo, e degli enti pubblici in provincia di Bolzano,

impegna il Governo

a garantire, in sede di adozione del decreto attuativo sulla dirigenza sanitaria, che nella formazione dell'elenco nazionale degli idonei cui devono attingere le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il conferimento degli incarichi di cui all'articolo 9, comma 1, lettera o), siano inseriti anche candidati in grado di assicurare il rispetto delle norme vigenti in materia di bilinguismo nella provincia autonoma di Bolzano, a tal fine prevedendo la presentazione di appositi titoli comprovanti l'adeguata conoscenza della lingua tedesca, in forma di attestato «A», rilasciato a norma dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 752 del 1976, che la commissione nazionale paritetica dovrà valutare.
9/3098-A/27Schullian, Gebhard, Alfreider, Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale, mediante modifiche alla disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative e degli enti pubblici non economici nazionali;
    in tale ambito è previsto il riordino delle funzioni di polizia ambientale con la conseguente riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato e il suo eventuale assorbimento in altra Forza di polizia, ferme restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agroalimentare e la salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell'unitarietà delle funzioni e, come aggiunto in sede referente, il mantenimento della corrispondenza tra funzioni trasferite e transito di personale;
    in sede referente, è stato inoltre previsto che in caso di assorbimento del Corpo forestale, il transito avvenga complessivamente in una sola altra Forza di polizia o, per contingenti limitati, in altre Forze di polizia, in corrispondenza delle funzioni alle stesse attribuite, o, infine, in altre amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle relative dotazioni organiche, ferma restando la corresponsione, nella forma dell'assegno ad personam della differenza di trattamento percepito;
    il Corpo Forestale dello Stato, oltre a svolgere funzioni di Polizia, gestisce oggi anche 3 Centri Nazionali per la Biodiversità Forestale ai sensi del decreto legislativo n. 227 del 2001;
    per i 3 Centri Nazionali per la Biodiversità Forestale (CNBE) è necessario salvaguardare la peculiarità delle attività svolte individuando una soluzione che garantisca i medesimi livelli di tutela della biodiversità forestale in considerazione delle attività di studio, conservazione e valorizzazione della biodiversità vegetale ed animale in ambito forestale, delle collaborazioni già esistenti con l'Università e dell'analogia con i Centri di Ricerca afferenti al CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria;
    in materia di vigilanza dell'ambiente, del territorio e del mare, il provvedimento assicura l'individuazione di soluzioni condivise che garantiscano l'unitarietà di azione a livello nazionale valorizzando le esperienze e le competenze maturate dal Corpo forestale dello Stato;
    la difesa dell'ambiente e del patrimonio agroalimentare italiano costituiscono priorità assolute per il Paese e, in tale contesto, è opportuno mantenere una continuità nel presidio del territorio da parte del Corpo forestale dello Stato salvaguardando la specializzazione dei Centri Nazionali per la Biodiversità Forestale,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito della riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, che i 3 Centri Nazionali per la Biodiversità Forestale (CNBF) siano accorpati con il CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria – garantendo, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, gli attuali livelli di dotazione finanziaria, di strutture, attrezzature tecniche e di personale attualmente impiegato presso tali Centri.
9/3098-A/28Dal Moro, Capozzolo, Cenni, Luciano Agostini, Venittelli, Romanini, Terrosi, Prina, Zardini, Cova.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge n. 3098-A, l'articolo 1 prevede l'emanazione di uno o più decreti legislativi per garantire ai cittadini il diritto di accedere a tutti dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale;
    verranno individuati, a tal fine, gli strumenti per definire la fruibilità e l'accessibilità dei servizi on line delle amministrazioni pubbliche;
    la Costituzione e diverse convenzioni internazionali garantiscono il rispetto delle minoranze linguistiche, con il diritto all'uso della propria lingua nei rapporti con la pubblica amministrazione;
    l'articolo 8 della legge n. 38 del 2001 prevede che nel territorio in cui è presente la minoranza slovena venga riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative, disponendo anche le modalità dell'esercizio di tale diritto;
    con l'introduzione dei servizi digitali e della comunicazione on line tale diritto è stato finora nella maggior parte dei casi disatteso,

impegna il Governo

a prevedere, in sede di attuazione della presente legge, modalità atte a garantire agli appartenenti alla minoranza slovena la fruibilità di tali servizi digitali nella propria lingua madre, così da assicurare il rispetto del principio di pari opportunità, come previsto dell'articolo 3 della Costituzione e dalla legge n. 38 del 2001.
9/3098-A/29Blazina, Coppola.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del presente provvedimento reca una delega legislativa per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento dette camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nel rispetto di specifici princìpi e criteri direttivi, tra cui: la rideterminazione del diritto annuale, la riduzione da 105 a 60 del numero delle circoscrizioni territoriali in cui le camere di commercio svolgono le loro funzioni, con la possibilità di non procedere all'accorpamento qualora la camera di commercio abbia una soglia dimensionale minima di 75.000 imprese e unità locali iscritte o annotate nel registro dette imprese, la previsione di misure per assicurare atte camere di commercio accorpate la neutralità fiscale delle operazioni derivanti dai processi di accorpamento e dalla cessione e dal conferimento di immobili e di partecipazioni, da realizzare attraverso l'eventuale esenzione da tutte le imposte indirette, con esclusione dell'imposta sul valore aggiunto, la ridefinizione dei compiti e delle funzioni, il riordino delle competenze relative alla tenuta e valorizzazione del registro delle imprese, la definizione da parte del Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Unioncamere, di standard nazionali di qualità delle prestazioni, La riduzione del numero dei componenti dei consigli e delle giunte, e, infine l'introduzione di una disciplina transitoria che ne assicuri la sostenibilità finanziaria; l'introduzione di una disciplina transitoria che tenga conto degli accorpamenti già deliberati alla data di entrata in vigore della presente legge;
    le Camere di commercio, enti autonomi di diritto pubblico che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali, coinvolgono ed integrano democraticamente nella funzione pubblica di governo locale imprese, imprenditori ed organizzazioni della rappresentanza d'interessi;
    è importante che tale ruolo venga confermato, sia pure adeguandolo ed aggiornando alle attuali necessità di imprese, lavoro ed economie locali e scongiurando la soppressione, di fatto, della gran parte del sistema camerate,

impegna il Governo:

   nell'ambito detta previste misure per assicurare alle camere di commercio accorpate la neutralità fiscale delle operazioni derivanti dai processi di accorpamento, a prevedere specifiche norme per l'armonizzazione del regime di tassazione degli incrementi di valore emergenti dagli atti di trasferimento di carattere patrimoniale correlati alle operazioni di razionalizzazione del sistema camerale, allineandolo a quello previsto per i conferimenti, al fine di salvaguardare la neutralità sul piano tributario;
    a modificare la denominazione «Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura» in «Camere delle imprese e dell'economia» al fine di configurare un sistema di governo moderno ed articolato che tenga ferma conduzione degli enti nel rispetto della democrazia economica, coinvolgendo le rappresentanze dei soggetti esponenti delle categorie;
    a prevedere che la riduzione delle entrate delle Camere di commercio, e conseguentemente la riduzione degli oneri a carico dette imprese, avvenga in misura coerente e compatibile con una rinnovata funzionalità degli enti;
    a prevedere una revisione del sistema di finanziamento delle Camere di commercio, sulla base delle funzioni assegnate, anche mediante rimodulazione di tariffe e diritti sulla base dei costi standard, nonché mediante attribuzione di una quota degli introiti derivanti dalla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie per le materie in cui le camere di commercio siano individuate quale autorità competente;
    a prevedere l'obbligo di costituzione delle Unioni regionali o interregionali unicamente laddove sussistono requisiti dimensionali del territorio regionale (indicativamente almeno tre Camere) e condizioni di sostenibilità economico-finanziaria che ne motivino e giustifichino l'esistenza;
    a prevedere, tra i compiti e le funzioni in capo atte Camere di Commercio, il sostegno e la diffusione dell'innovazione e dello sviluppo d'impresa; il supporto alle esportazioni, in particolare per le piccole e medie imprese, ed ai processi di internazionalizzazione delle imprese, avvalendosi tra l'altro delle rete delle Camere italiane all'estero;
    a istituire un osservatorio volto a monitorare l'economia e gli andamenti economici sul territorio, producendo e rendendo disponibile informazione economica;
    a prevedere, in luogo detta gratuità, limiti al trattamento economico degli organi di indirizzo politico e di amministrazione delle camere di commercio e delle aziende speciali;
    a definire i compiti e delle funzioni di Unioncamere italiana, attribuendole il ruolo di rappresentanza generale degli enti camerali presso le istituzioni nazionali e internazionali e il coordinamento e collegamento delle attività di sistema delle singole camere di commercio.
9/3098-A/30Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del presente provvedimento reca una delega legislativa per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento dette camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nel rispetto di specifici princìpi e criteri direttivi, tra cui: la rideterminazione del diritto annuale, la riduzione da 105 a 60 del numero delle circoscrizioni territoriali in cui le camere di commercio svolgono le loro funzioni, con la possibilità di non procedere all'accorpamento qualora la camera di commercio abbia una soglia dimensionale minima di 75.000 imprese e unità locali iscritte o annotate nel registro dette imprese, la previsione di misure per assicurare atte camere di commercio accorpate la neutralità fiscale delle operazioni derivanti dai processi di accorpamento e dalla cessione e dal conferimento di immobili e di partecipazioni, da realizzare attraverso l'eventuale esenzione da tutte le imposte indirette, con esclusione dell'imposta sul valore aggiunto, la ridefinizione dei compiti e delle funzioni, il riordino delle competenze relative alla tenuta e valorizzazione del registro delle imprese, la definizione da parte del Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Unioncamere, di standard nazionali di qualità delle prestazioni, La riduzione del numero dei componenti dei consigli e delle giunte, e, infine l'introduzione di una disciplina transitoria che ne assicuri la sostenibilità finanziaria; l'introduzione di una disciplina transitoria che tenga conto degli accorpamenti già deliberati alla data di entrata in vigore della presente legge;
    le Camere di commercio, enti autonomi di diritto pubblico che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali, coinvolgono ed integrano democraticamente nella funzione pubblica di governo locale imprese, imprenditori ed organizzazioni della rappresentanza d'interessi;
    è importante che tale ruolo venga confermato, sia pure adeguandolo ed aggiornando alle attuali necessità di imprese, lavoro ed economie locali e scongiurando la soppressione, di fatto, della gran parte del sistema camerate,

impegna il Governo:

    a valutare l'opportunità di prevedere l'obbligo di costituzione delle Unioni regionali o interregionali laddove sussistono requisiti dimensionali del territorio regionale;
    a prevedere, tra i compiti e le funzioni in capo atte Camere di Commercio, il sostegno e la diffusione dell'innovazione e dello sviluppo d'impresa; il supporto alle esportazioni, in particolare per le piccole e medie imprese, ed ai processi di internazionalizzazione delle imprese, avvalendosi tra l'altro delle rete delle Camere italiane all'estero;
    a istituire un osservatorio volto a monitorare l'economia e gli andamenti economici sul territorio, producendo e rendendo disponibile informazione economica;
    a valutare l'opportunità di definire i compiti e delle funzioni di Unioncamere italiana, attribuendole il ruolo di rappresentanza generale degli enti camerali presso le istituzioni nazionali e internazionali e il coordinamento e collegamento delle attività di sistema delle singole camere di commercio.
9/3098-A/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame reca una delega al Governo in materia di erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni per l'emanazione di uno o più decreti legislativi con la finalità di garantire il diritto di accesso dei cittadini e delle imprese ai dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale, nonché la semplificazione dell'accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità di accesso fisico agli uffici pubblici;
    a tal fine, i decreti legislativi, con invarianza delle risorse disponibili a legislazione vigente, dovranno modificare il codice dell'amministrazione digitale - CAD (decreto legislativo n. 82 del 2005) e (come specificato in sede referente, lettera m)) coordinare le disposizioni in materia contenute anche in provvedimenti diversi dal CAD;
    una modifica apportata al testo dalla Commissione in sede referente, autorizza il Governo anche a disporre la delegificazione delle disposizioni contenute nel CAD. A tale modifica si collega la previsione, anch'essa aggiunta in sede referente (lettera i), che pone al legislatore delegato il compito di semplificare il CAD in modo da contenere esclusivamente principi di carattere generale;
    il termine per l'esercizio della delega è fissato in dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame;
    l'esercizio della delega è subordinato al rispetto di una dettagliata serie di principi e criteri direttivi, in parte modificati e integrati in sede referente;
    un primo gruppo di principi e criteri direttivi introduce una serie di misure volte a favorire l'accesso dell'utenza ai servizi delle amministrazioni pubbliche in maniera digitale, tra i quali: la definizione di un livello minimo delle prestazioni in materia di servizi on line delle amministrazioni pubbliche ed in particolare in relazione alla qualità, fruibilità, accessibilità, tempestività e (come aggiunto in sede referente) sicurezza di detti servizi; la piena applicazione del principio «innanzitutto digitale» (cosiddetto digital first, in base al quale il digitale è il canale principale per tutte le attività delle pubbliche amministrazioni); il potenziamento della connettività a banda larga e ultralarga e dell'accesso alla rete internet presso gli uffici pubblici, dando priorità – come previsto dalle modifiche apportate in Commissione, che recepiscono la risoluzione 8-00110 approvata dalla IX Commissione della Camera nella seduta del 13 maggio 2015 – ai settori scolastico, sanitario e turistico, prevedendo per quest'ultimo una unica rete WiFi ad accesso libero accessibile attraverso autenticazione tramite il sistema pubblico di identità digitale (un'ulteriore modifica prevede che anche la porzione di banda non utilizzata negli uffici pubblici sia messa a disposizione degli utenti anche non residenti con autenticazione attraverso il sistema pubblico di identità digitale); la partecipazione con modalità telematiche ai processi decisionali pubblici; l'armonizzazione della disciplina del Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale (SPID) volto ad assicurare l'utilizzo del cosiddetto PIN unico; la promozione dell'elezione del domicilio digitale;
    durante l'esame in sede referente sono stati aggiunti ulteriori principi e criteri direttivi relativi alla diffusione dell'informazione sugli strumenti di sostegno della maternità e della genitorialità attraverso l'utilizzo del sito INPS; l'adeguamento dell'ordinamento alle norme europee in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche. Si tratta di materia disciplinata dal Regolamento (UE) n. 910/2014 del 23 luglio 2014 che si applicherà automaticamente a decorrere dal 1o luglio 2016; l'individuazione del pagamento digitale, compresi i micropagamenti del credito telefonico, come mezzo principale di pagamento nei confronti delle p.a. e degli esercenti di pubblica utilità;
    un secondo gruppo di principi e criteri direttivi attiene alla riforma dei processi decisionali interni alle pubbliche amministrazioni. Essi dispongono, in particolare: la razionalizzazione degli strumenti di coordinamento e collaborazione tra le pubbliche amministrazioni, favorendo (come previsto da una modifica approvata in Commissione) l'uso di software open source; la razionalizzazione dei meccanismi e delle strutture di governance della digitalizzazione, prevedendo, tra l'altro, la possibilità di collocazione alle dirette dipendenze dell'organo politico di vertice di un responsabile per il digitale; la semplificazione dei procedimenti di adozione delle regole tecniche; la ridefinizione delle competenze dell'ufficio dirigenziale generale unico istituito nelle pubbliche amministrazioni centrali con funzioni di coordinamento in materia di digitale; la digitalizzazione del processo di misurazione e valutazione della performance;
    un terzo gruppo di principi e criteri direttivi, infine, riguarda la formulazione dei decreti delegati, prevedendo il coordinamento con la normativa vigente anche di fonte UE e l'indicazione espressa delle norme abrogate;
    le istituzioni scolastiche, per quanto risulta al firmatario del presente atto di indirizzo, risultano oltremodo ostacolate dagli adempimenti estesi ad esse da norme che hanno riguardato tutta la pubblica amministrazione senza la dovuta considerazione della particolarità del servizio di istruzione. Ne sono solo alcuni esempi significativi: il divieto di utilizzo del fax fra le pubbliche amministrazioni che ostacola le comunicazioni fra le sedi e le scuole, il superamento dell'uso della carta nel normale funzionamento che interviene a limitare il consueto rapporto con le famiglie al momento non in grado di ricevere le comunicazioni delle scuole per via telematica, gli obblighi relativi alla fatturazione elettronica che stanno allontanando gli abituali fornitori delle scuole (librerie, manutentori per le piccole riparazioni, piccoli fornitori di beni e servizi eccetera), il ricorso al mercato elettronico, l'uso di software con standard aperti di difficile compatibilità con gli archivi e non conosciuti dal personale,

impegna il Governo

a porre in essere ogni atto di competenza teso a consentire che l'applicazione dei principi e dei criteri direttivi introdotti dall'articolo 1 del provvedimento in esame vengano attuati attraverso specifici provvedimenti che tengano conto delle difficoltà in cui versano attualmente le scuole italiane nell'esecuzione degli adempimenti previsti dalle norme sulla digitalizzazione, assicurando il massimo coinvolgimento della scuola in tutte le innovazioni che riguardano le pubbliche amministrazioni che esse non riescono a gestire e che producono difficoltà e un aggravio nel lavoro degli uffici riducendo il tempo che deve invece essere dedicato alla gestione organizzativa e amministrativa dei processi di insegnamento e di apprendimento.
9/3098-A/31Franco Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento in esame reca una delega legislativa per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. In particolare, il decreto legislativo dovrà essere emanato entro dodici mesi nel rispetto di specifici princìpi e criteri direttivi, tra cui: la rideterminazione del diritto annuale delle camere di commercio, la riduzione del numero delle circoscrizioni territoriali in cui le camere di commercio svolgono le loro funzioni, la ridefinizione dei compiti e delle funzioni, il riordino delle competenze relative alla tenuta e valorizzazione del registro delle imprese, la definizione da parte del Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Unioncamere, di standard nazionali di qualità delle prestazioni, riduzione del numero dei componenti dei consigli e delle giunte, e, infine l'introduzione di una disciplina transitoria che ne assicuri la sostenibilità finanziaria. Inoltre, il decreto legislativo dovrà esser adottato su proposta Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dal Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della Conferenza unificata del Consiglio di Stato. Lo schema di decreto è trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;
    nel corso dell'esame in sede referente sono state apportate alcune modifiche al testo dell'articolo in parola prevedendosi, in particolare, che la riduzione delle circoscrizioni territoriali mediante accorpamento di più camere di commercio deve tener conto della soglia dimensionale minima di 75.000 (mentre prima era 80.000) imprese iscritte o annotate nel registro delle imprese; che le operazioni di accorpamento, cessione e conferimento di immobili e di partecipazioni devono essere fiscalmente neutrali, attraverso l'eventuale esenzione dalle imposte indirette, con esclusione dell'I.V.A e, infine, che la riduzione del numero dei componenti degli organi camerali, nel caso avvenga per accorpamento, deve esser fatta in modo equilibrato, favorendo il mantenimento dei servizi sul territorio. Inoltre, tra i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega, è stata inserita anche la previsione di una disciplina transitoria che tenga conto degli accorpamenti già deliberati alla data di approvazione della presente legge;
    in particolare, il decreto legislativo citato dovrà essere adottato nel rispetto del criterio direttivo relativo alla determinazione del diritto annuale a carico delle imprese tenuto conto delle disposizioni di cui all'articolo 28 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 che ha dimezzato a decorrere dal 2017 l'importo annuale delle Camere di commercio. Detto articolo 28, infatti, prevede che nelle more del riordino del sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e fino all'eliminazione del diritto annuale, l'importo di questo stesso diritto sia ridotto, per l'anno 2015, del 35 per cento, per l'anno 2016, del 40 per cento e, a decorrere dall'anno 2017, del 50 per cento;
    tale riduzione produrrà inevitabilmente l'effetto di ridurre fortemente le attività promozionali che hanno visto in questi anni protagoniste nel territorio le Camere di Commercio, dai progetti di internazionalizzazione ai contributi ai confidi, alla partecipazione alle fiere alla valorizzazione dei prodotti tipici e dell'agroalimentare;
    in molte realtà tale riduzione potrebbe provocare come ulteriore conseguenza l'impossibilità di assicurare il pagamento delle spese fisse, di personale e di funzionamento, ma anche determinare effetti pregiudizievoli sotto il profilo della tutela previdenziale del personale camerale anche,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito dell'esercizio della delega legislativa, ogni iniziativa di competenza che consenta di assicurare, nell'ambito della disciplina transitoria, misure idonee ad assicurare anche i diritti acquisiti, che tengano conto della complessa articolazione del sistema camerale, delle diverse tipologie di personale ivi impiegato, nonché degli oneri previdenziali e di quiescenza posti a carico di alcuni enti camerali in virtù di specifiche norme di carattere regionale.
9/3098-A/32Palazzotto, Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale, mediante modifiche alla disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative e degli enti pubblici non economici nazionali;
    nel corso dell'esame in sede referente è stata introdotta un'ulteriore previsione volta a prevedere che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – da adottare entro 6 mesi dall'entrata in vigore del primo dei decreti attuativi – vengano definiti criteri per una ricognizione delle funzioni e delle competenze attribuite a soggetti pubblici, inclusi quelli oggetto di riordino in base alla delega (da effettuare entro 1 anno dall'adozione dei provvedimenti di riordino) – con la finalità di semplificazione dell'esercizio di funzioni pubbliche secondo criteri di trasparenza, efficienza, economicità, coordinamento del rapporto tra amministrazioni dello Stato e degli enti locali;
    i decreti legislativi sono adottati previo parere della conferenza unificata e del Consiglio di Stato, nonché delle competenti Commissioni parlamentari ed è attribuita una delega per le disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi, che possono essere adottate entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi,
    i principi e criteri direttivi della nuova delega presentano un contenuto ampio e tra loro parzialmente disomogeneo;
    la lettera e) ad esempio, prevede, tra i criteri di delega, la semplificazione e il coordinamento delle norme riguardanti l'ordinamento sportivo, nonché la trasformazione del Comitato italiano paraolimpico in ente autonomo di diritto pubblico e durante l'esame in sede referente è stato integrato con la previsione della «razionalizzazione riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, con particolare riferimento al numero, all'individuazione di Autorità di sistema nonché alla governance e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti»;
    in proposito si ricorda che il piano nazionale della portualità e della logistica, previsto dall'articolo 29 del decreto-legge n. 133/2014 e trasmesso alle Camere per l'espressione del parere parlamentare, prevede, tra le altre cose, una riforma dell'organizzazione dei porti italiani, volta a superare la dimensione mono-scalo degli organi di governo dei porti, a favore di strutture di governo unitarie per sistemi portuali multi-scalo. In particolare, il piano prevede, attraverso il ricorso agli idonei strumenti legislativi di modifica della legge n. 84/1994, l'istituzione di autorità di sistema portuale in numero non superiore a quello dei porti collocati nella rete centrale (Core Network) delle reti TEN-T (e cioè Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Gela, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia);
    durante l'esame del provvedimento in Assemblea, il Gruppo SEL ha presentato un emendamento integralmente soppressivo del citato principio di delega relativo alla «razionalizzazione riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, con particolare riferimento al numero, all'individuazione di Autorità di sistema nonché alla governance e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti»;
    le ragioni che hanno giustificano la presentazione di questo emendamento erano sia di natura tecnica sia politica;
    al riguardo si evidenzia come con quelle poche righe, che altro non sono che il risultato dell'approvazione di un emendamento presentato dal Relatore il 25 giugno scorso si deleghi al Governo la funzione legislativa sulla portualità italiana, prevedendo addirittura l'individuazione di «Autorità di sistema» (termine non esistente nella legislazione italiana), e di procedere ad una riforma della governance dei porti senza che venga indicato alcun principio e criterio direttivo di riferimento;
    in altre parole, l'Assemblea della Camera si è trovata di fronte ad una vera e propria delega «in bianco» al Governo che si pone in palese contrasto con l'articolo 76 della nostra Costituzione che recita espressamente che: «L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi, e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti»;
    infatti, non risultava traccia alcuna nella delega conferita al Governo di principi e criteri direttivi da seguire nel processo di riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali, né l'individuazione dei criteri in base al quale accorparle, o sopprimerle come ad esempio i dati di movimentazione delle merci e dei passeggeri nazionali e internazionali, la coerenza con la programmazione comunitaria: i corridoi plurimodali decisi dalla Unione europea, le Reti transeuropee TEN-T, la rete dei porti core e degli interporti definiti dal Parlamento e dal Consiglio Europeo. Né infine venivano indicate soluzioni per i lavoratori attualmente impiegati presso le medesime Autorità;
    il tutto, peraltro, in una materia soggetta, in base alla Costituzione vigente, a potestà legislativa concorrente, inoltre, non può essere sottaciuto che la riforma della legge 84/94 è da tempo all'esame del Parlamento. Nella scorsa Legislatura il testo era stato approvato, a larghissima maggioranza, dal Senato della Repubblica e trasmesso alla Camera dei Deputati che non ha potuto procedere all'esame e all'approvazione, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Il medesimo testo è stato ripresentato al Senato dal Sen. Filippi, ma ne è stato bloccato l'iter in Commissione ed è stato emanato il decreto-legge cosiddetta «Sblocca Italia», convertito con la Legge 164 del 2014 che all'articolo 29 prevede, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il citato «Piano strategico nazionale della portualità e della logistica»;
    ebbene, nonostante il termine dei 90 giorni indicato nella legge di conversione del cosiddetto Decreto Sblocca Italia sia ampiamente spirato, il Governo ha adottato e trasmesso alle Camere solo recentissimamente il «Piano strategico nazionale della portualità e della logistica», tanto che la sua discussione non è neanche iniziata presso le Commissioni parlamentari competenti per materia, e segnatamente: la Commissione IX (Trasporti) della Camera dei Deputati e la Commissione Vili (Lavori Pubblici e Trasporti) del Senato;
    e ad oggi, nonostante i regolamenti parlamentari vietino di introdurre in una Camera una materia analoga a quella già in discussione nell'altro ramo del Parlamento, nel caso in specie il Senato della Repubblica, grazie ad un emendamento approvato del Relatore, inserito in seconda lettura alla Camera, senza alcuna possibilità di esame e di intervento da parte delle Commissioni Parlamentari, si tenta di impedire al Parlamento di esercitare la propria funzione legislativa sottraendogli qualsiasi possibilità di pieno dibattito sulla portualità e la logistica italiana,

impegna il Governo

a porre in essere ogni atto di competenza relativo all'esercizio della delega conferita dal provvedimento in esame in materia di razionalizzazione riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, ad assicurare la massima partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori, dei territori, e degli operatori marittimi nelle scelte che li riguardano in prima persona tutelando gli effettivi interessi del sistema Paese, rispettando i pareri espressi dalle Competenti Commissioni parlamentari sul Piano nazionale della portualità e della logistica di cui all'articolo 29 del decreto-legge 11 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.
9/3098-A/33Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale, mediante modifiche alla disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative e degli enti pubblici non economici nazionali;
    nel corso dell'esame in sede referente è stata introdotta un'ulteriore previsione volta a prevedere che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – da adottare entro 6 mesi dall'entrata in vigore del primo dei decreti attuativi – vengano definiti criteri per una ricognizione delle funzioni e delle competenze attribuite a soggetti pubblici, inclusi quelli oggetto di riordino in base alla delega (da effettuare entro 1 anno dall'adozione dei provvedimenti di riordino) – con la finalità di semplificazione dell'esercizio di funzioni pubbliche secondo criteri di trasparenza, efficienza, economicità, coordinamento del rapporto tra amministrazioni dello Stato e degli enti locali;
    i decreti legislativi sono adottati previo parere della conferenza unificata e del Consiglio di Stato, nonché delle competenti Commissioni parlamentari ed è attribuita una delega per le disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi, che possono essere adottate entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi,
    i principi e criteri direttivi della nuova delega presentano un contenuto ampio e tra loro parzialmente disomogeneo;
    la lettera e) ad esempio, prevede, tra i criteri di delega, la semplificazione e il coordinamento delle norme riguardanti l'ordinamento sportivo, nonché la trasformazione del Comitato italiano paraolimpico in ente autonomo di diritto pubblico e durante l'esame in sede referente è stato integrato con la previsione della «razionalizzazione riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, con particolare riferimento al numero, all'individuazione di Autorità di sistema nonché alla governance e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti»;
    in proposito si ricorda che il piano nazionale della portualità e della logistica, previsto dall'articolo 29 del decreto-legge n. 133/2014 e trasmesso alle Camere per l'espressione del parere parlamentare, prevede, tra le altre cose, una riforma dell'organizzazione dei porti italiani, volta a superare la dimensione mono-scalo degli organi di governo dei porti, a favore di strutture di governo unitarie per sistemi portuali multi-scalo. In particolare, il piano prevede, attraverso il ricorso agli idonei strumenti legislativi di modifica della legge n. 84/1994, l'istituzione di autorità di sistema portuale in numero non superiore a quello dei porti collocati nella rete centrale (Core Network) delle reti TEN-T (e cioè Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Gela, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia);
    durante l'esame del provvedimento in Assemblea, il Gruppo SEL ha presentato un emendamento integralmente soppressivo del citato principio di delega relativo alla «razionalizzazione riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, con particolare riferimento al numero, all'individuazione di Autorità di sistema nonché alla governance e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti»;
    le ragioni che hanno giustificano la presentazione di questo emendamento erano sia di natura tecnica sia politica;
    al riguardo si evidenzia come con quelle poche righe, che altro non sono che il risultato dell'approvazione di un emendamento presentato dal Relatore il 25 giugno scorso si deleghi al Governo la funzione legislativa sulla portualità italiana, prevedendo addirittura l'individuazione di «Autorità di sistema» (termine non esistente nella legislazione italiana), e di procedere ad una riforma della governance dei porti senza che venga indicato alcun principio e criterio direttivo di riferimento;
    in altre parole, l'Assemblea della Camera si è trovata di fronte ad una vera e propria delega «in bianco» al Governo che si pone in palese contrasto con l'articolo 76 della nostra Costituzione che recita espressamente che: «L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi, e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti»;
    infatti, non risultava traccia alcuna nella delega conferita al Governo di principi e criteri direttivi da seguire nel processo di riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali, né l'individuazione dei criteri in base al quale accorparle, o sopprimerle come ad esempio i dati di movimentazione delle merci e dei passeggeri nazionali e internazionali, la coerenza con la programmazione comunitaria: i corridoi plurimodali decisi dalla Unione europea, le Reti transeuropee TEN-T, la rete dei porti core e degli interporti definiti dal Parlamento e dal Consiglio Europeo. Né infine venivano indicate soluzioni per i lavoratori attualmente impiegati presso le medesime Autorità;
    il tutto, peraltro, in una materia soggetta, in base alla Costituzione vigente, a potestà legislativa concorrente, inoltre, non può essere sottaciuto che la riforma della legge 84/94 è da tempo all'esame del Parlamento. Nella scorsa Legislatura il testo era stato approvato, a larghissima maggioranza, dal Senato della Repubblica e trasmesso alla Camera dei Deputati che non ha potuto procedere all'esame e all'approvazione, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. Il medesimo testo è stato ripresentato al Senato dal Sen. Filippi, ma ne è stato bloccato l'iter in Commissione ed è stato emanato il decreto-legge cosiddetta «Sblocca Italia», convertito con la Legge 164 del 2014 che all'articolo 29 prevede, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il citato «Piano strategico nazionale della portualità e della logistica»;
    ebbene, nonostante il termine dei 90 giorni indicato nella legge di conversione del cosiddetto Decreto Sblocca Italia sia ampiamente spirato, il Governo ha adottato e trasmesso alle Camere solo recentissimamente il «Piano strategico nazionale della portualità e della logistica», tanto che la sua discussione non è neanche iniziata presso le Commissioni parlamentari competenti per materia, e segnatamente: la Commissione IX (Trasporti) della Camera dei Deputati e la Commissione Vili (Lavori Pubblici e Trasporti) del Senato;
    e ad oggi, nonostante i regolamenti parlamentari vietino di introdurre in una Camera una materia analoga a quella già in discussione nell'altro ramo del Parlamento, nel caso in specie il Senato della Repubblica, grazie ad un emendamento approvato del Relatore, inserito in seconda lettura alla Camera, senza alcuna possibilità di esame e di intervento da parte delle Commissioni Parlamentari, si tenta di impedire al Parlamento di esercitare la propria funzione legislativa sottraendogli qualsiasi possibilità di pieno dibattito sulla portualità e la logistica italiana,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere ogni atto di competenza relativo all'esercizio della delega conferita dal provvedimento in esame in materia di razionalizzazione riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, ad assicurare la massima partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori, dei territori, e degli operatori marittimi nelle scelte che li riguardano in prima persona tutelando gli effettivi interessi del sistema Paese, rispettando i pareri espressi dalle Competenti Commissioni parlamentari sul Piano nazionale della portualità e della logistica di cui all'articolo 29 del decreto-legge 11 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.
9/3098-A/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Ricciatti.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 14 del provvedimento al nostro esame viene esplicitamente assunto l'obiettivo della riduzione delle partecipazioni pubbliche, e tra gli ambiti strategici per la tutela di interessi pubblici rilevanti si sottolinea: «quale la gestione di servizi di interesse economico generale», auspicando, almeno così ci sembra, il venir meno di altri interessi pubblici rilevanti quali la conduzione di politiche industriali o la creazione di occupazione;
    nello stesso articolo si è introdotto un criterio foriero di guai seri per i servizi pubblici locali. Si prevede, infatti, che si debba individuare un numero massimo di esercizi con perdite di bilancio per le società partecipate dagli enti locali che comportino obblighi di liquidazione delle società. In pratica, quasi tutte le società locali che erogano servizi essenziali sono passibili di essere liquidate a favore dei privati con conseguente esponenziale incremento delle tariffe per i servizi quali il trasporto, l'acqua e la raccolta dei rifiuti;
    sempre all'articolo 14, in relazione alle società partecipate dagli enti locali si è poi stabilito l'introduzione di un sistema sanzionatorio per la mancata attuazione di principi di razionalizzazione di cui alla legge di stabilità del 2015 da attuarsi entro il 31 dicembre 2015, basato sulla riduzione dei trasferimenti dello Stato alle amministrazioni che non ottemperino alle disposizioni in materia;
    mentre all'articolo 15, gli emendamenti approvati in sede referente presso la Commissione Affari costituzionali, hanno teso a rafforzare l'afflato privatistico di questa delega. Non si parla più – ad esempio – di organizzazione dei servizi pubblici ma di «regolazione»; non si propone più l'individuazione delle modalità di gestione o di conferimento della gestione dei servizi solo nei casi in cui non sussistano i presupposti della concorrenza ma per tutti i casi;
    con riferimento all'articolo 15 sarebbe stato più opportuno che tutto il riordino, molto delicato, dei servizi pubblici locali a rilevanza economica fosse tolto dal provvedimento di delega in esame. Proprio perché il tema dei servizi pubblici locali interessa moltissimo e in prima persona i cittadini, la loro vita, le loro città e comunità, sarebbe stato opportuno che il Governo avesse presentato un disegno di legge ad hoc e che questo tema rimanesse nella piena potestà del Parlamento;
    è rimasta poi nel testo dell'articolo 15, con particolare riferimento alle società in partecipazione pubblica operanti nei servizi idrici, una formulazione ambigua che prevede la «risoluzione» delle antinomie normative in base ai princìpi del diritto dell'Unione europea, tenendo conto dell'esito del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, invece che rispettando l'esito di tale consultazione popolare,

impegna il Governo

a presentare una relazione entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge per consentire al Parlamento di avere un quadro esatto dei bilanci degli ultimi anni delle società partecipate dagli enti territoriali che erogano servizi pubblici essenziali.
9/3098-A/34Marcon, Melilla, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame prevede all'articolo 13 una delega per il riordino della disciplina di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ed in particolare per introdurre modifiche alle procedure concorsuali;
    con l'emendamento presentato dal deputato Marco Meloni (13. 38) nel corso dell'iter del provvedimento presso la Commissione Affari costituzionali, poi ritirato dopo le proteste del mondo universitario, si proponeva l'abolizione di fatto del valore legale della laurea come criterio qualificante per l'accesso ai concorsi pubblici;
    si prevedeva, infatti, l'esclusione dai requisiti per i concorsi per la PA della laurea di primo livello con voto minimo 100 e si voleva vincolare il voto medio di laurea a quello conseguito dalla facoltà nell'ambito - probabilmente della valutazione dell'ente dedicato a questo scopo, l'Anvur creato dalla riforma Gelmini;
    un'operazione che operava una nuova diseguaglianza tra studenti di serie A e B, e che avrebbe fatto anche diminuire ancora le iscrizioni all'università, soprattutto nel Mezzogiorno. L'emendamento è stato ritirato, ma l'intenzione del Governo sarebbe quella di ripresentare questa norma nel futuro DdL sulla «Buona università»,

impegna il Governo

a non proporre nel testo dell'annunciato disegno di legge governativo sulla cd. «Buona università» o in altre proposte legislative, disposizioni che introducano nell'ambito dei titoli di ammissione ai concorsi pubblici una differenziazione tra titoli di laurea equivalenti rilasciati dalle diverse università pubbliche o parificate.
9/3098-A/35Giancarlo Giordano, Pannarale, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame prevede all'articolo 13 una delega per il riordino della disciplina di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ed in particolare per introdurre modifiche alle procedure concorsuali;
    con l'emendamento presentato dal deputato Marco Meloni (13. 38) nel corso dell'iter del provvedimento presso la Commissione Affari costituzionali, poi ritirato dopo le proteste del mondo universitario, si proponeva l'abolizione di fatto del valore legale della laurea come criterio qualificante per l'accesso ai concorsi pubblici;
    si prevedeva, infatti, l'esclusione dai requisiti per i concorsi per la PA della laurea di primo livello con voto minimo 100 e si voleva vincolare il voto medio di laurea a quello conseguito dalla facoltà nell'ambito - probabilmente della valutazione dell'ente dedicato a questo scopo, l'Anvur creato dalla riforma Gelmini;
    un'operazione che operava una nuova diseguaglianza tra studenti di serie A e B, e che avrebbe fatto anche diminuire ancora le iscrizioni all'università, soprattutto nel Mezzogiorno. L'emendamento è stato ritirato, ma l'intenzione del Governo sarebbe quella di ripresentare questa norma nel futuro DdL sulla «Buona università»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di non proporre nel testo dell'annunciato disegno di legge governativo sulla cd. «Buona università» o in altre proposte legislative, disposizioni che introducano nell'ambito dei titoli di ammissione ai concorsi pubblici una differenziazione tra titoli di laurea equivalenti rilasciati dalle diverse università pubbliche o parificate.
9/3098-A/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Giancarlo Giordano, Pannarale, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    un emendamento presentato a sorpresa dal Relatore alla Delega per la riforma della PA (AC 3098 - emendamento 7.1003) nel corso dell'iter del provvedimento presso la Commissione Affari costituzionali sembrava volere trasferire la competenza della «bollinatura» sulle coperture finanziarie delle leggi dalla Ragioneria generale del MEF a Palazzo Chigi;
    l'emendamento, che è stato poi precipitosamente ritirato, prevedeva infatti tra le deleghe al Governo la definizione dei ”poteri della Presidenza del Consiglio dei ministri in ordine agli adempimenti di cui all'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, ossia i poteri riguardanti la copertura finanziaria delle leggi incluso quello della verifica della relazione tecnica che deve accompagnare ogni provvedimento ed emendamento di iniziativa governativa che ora compete al MEF, cioè la loro «bollinatura»;
    di fatto si sarebbe attuato un drastico ridimensionamento del ruolo e dei poteri del Ministro dell'economia e delle finanze e del suo staff, e soprattutto si sarebbe compromessa la terzietà dei pareri sulla validità tecnica delle copertura dei disegni di legge e degli emendamenti presentati, terzietà peraltro già oggi non sempre riscontrabile,

impegna il Governo

ad evitare in futuro che l'Esecutivo o gli esponenti della maggioranza prendano iniziative volte a ridimensionare l'indipendenza delle strutture preposte al controllo dei conti pubblici ed in particolare della Ragioneria generale dello Stato.
9/3098-A/36Melilla, Marcon, Quaranta, Costantino.


   La Camera

impegna il Governo

a mantenere l'indipendenza delle strutture preposte al controllo dei conti pubblici ed in particolare della Ragioneria generale dello Stato.
9/3098-A/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Melilla, Marcon, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame prevede all'articolo 13 una delega per il riordino della disciplina di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ed in particolare per introdurre modifiche alle procedure concorsuali;
    l'insostenibile situazione di attesa, anche di diversi anni, per migliaia di cittadini italiani dovrebbe spingere il Parlamento ad affrontare seriamente il tema degli idonei di concorsi pubblici che non godono dello scorrimento delle graduatorie;
    gli esiti del monitoraggio avviato dal Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base delle previsioni dell'articolo 4, comma 5, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, hanno rappresentato una situazione allarmante circa il numero degli idonei di concorso pubblico in attesa di assunzione sull'intero territorio nazionale tra enti locali e amministrazioni dello Stato. Nello specifico gli idonei all'eventuale assunzione sono 84.146;
    l'articolo 3 e seguenti del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, inseriva nella vigente normativa modifiche al turnover per l'accesso alla pubblica amministrazione;
    in più occasioni il Governo, attraverso il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha espresso la volontà di promuovere un ricambio generazionale nell'ambito delle dotazioni organiche della pubblica amministrazione anche attraverso riformulazioni del turnover e delle sue precedenti limitazioni, senza indicare però attraverso quali eque misure ciò dovrebbe avvenire;
    tenuto conto del doveroso rispetto del dettato costituzionale all'articolo 97 e anche del complicato scenario attuale, che vede le legittime aspettative di questi cittadini scontrarsi con la drammatica situazione vissuta da migliaia di lavoratori precari della pubblica amministrazione, che sperano nell'assunzione a tempo indeterminato,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento, entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, una relazione sulle iniziative che il Governo intende porre in essere nei prossimi mesi per dare positiva soluzione alle attese delle decine di migliaia di idonei di concorso pubblico nel quadro di un programma pluriennale di assunzioni.
9/3098-A/37Placido, Airaudo, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il tema del rapporto tra ambiente e democrazia rappresenta una delle questioni di maggiore attualità delle società contemporanee, e ha prodotto negli ultimi una progressiva convergenza tra la necessità di introdurre la tutela ambientale tra gli interessi fondamentali degli Stati, e le nuove sfide poste dalla crisi della rappresentanza politica;
    l'ambiente, infatti, è una questione collettiva che riguarda l'umanità nel suo complesso, ma, allo stesso tempo, è in grado di incidere direttamente sui diritti individuali della persona, modificandone la sfera privata e comprimendo la godibilità di altre posizioni giuridiche, tra cui il diritto alla salute o quello alla vita stessa;
    in questo contesto, tra i diritti affermatisi con maggiore forza a livello internazionale e comunitario nella cornice della cosiddetta «questione ambientale», si sono imposti come protagonisti quelli relativi all'accesso all'informazione e alla partecipazione ai processi decisionali, elementi che, ponendo l'uomo al centro della tutela giuridica, configurano l'ambiente come una dimensione essenziale della sua vita e dello sviluppo della sua personalità;
    la connessione tra la tutela dell'ambiente e gli strumenti democratici è stata sempre fortemente presente a livello internazionale, come dimostrano il decimo Principio della Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992, ove si afferma che «Il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli», e la Convenzione di Aarhus del 1998 sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, ratificata in Italia attraverso la legge 16 marzo 2001, n. 208, nella quale venne definitivamente consolidata la necessità di garantire i public participation rights;
    la Convenzione di Aarhus identifica il diritto all'ambiente nella sua dimensione collettiva, attraverso i diritti di accesso all'informazione, partecipazione ai processi decisionali, riconosciuti, a seconda dei casi, nei confronti di tutti o di un pubblico interessato;
    anche l'ordinamento comunitario ha provveduto a normare tali settori giuridici, firmando la succitata Convenzione nel 1998 l'Unione ed emanando le Direttive 2003/4/CE (accesso del pubblico alle informazioni) e 2003/35/CE (partecipazione del pubblico alle procedure ambientali), la Decisione 2005/370/CE (relativa alla firma della Convenzione) e il Regolamento 1367/2006 (sull'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della Convenzione);
    il nostro ordinamento, invece, pur avendo ratificato la Convenzione già nel 2001 ed avendo predisposto alcune forme di consultazione nei processi decisionali e di rafforzamento del diritto di accedere alle informazioni ambientali, non è stato ancora in grado di produrre una normativa realmente incisiva in tal senso;
    i modelli più avanzati si riscontrano soprattutto a livello regionale e locale, come dimostrano leggi delle regioni Toscana ed Emilia-Romagna sulla partecipazione, che vanno ad incidere sul tema del diritto ambientale;
    in numerosi contesti europei e internazionali forme di partecipazione alle decisioni che riguardano la materia ambientale sono già state da lungo tempo istituzionalizzate;
    l'allargamento dei soggetti abilitati a partecipare a questo genere di processi decisionali va percepito in primis come un necessario contributo che il pubblico è in grado di fornire nel corso delle procedure di analisi del rischio, delle potenzialità e della fattibilità dei progetti; in molte occasioni, infatti, il dibattito instaurato con i cittadini contribuisce in modo significativo ad una corretta valutazione circa la reale opportunità di procedere alla realizzazione dell'opera stessa, soprattutto nel caso in cui la partecipazione sia assicurata sin dalle prime fasi di elaborazione;
    il modello francese appare, a livello europeo, uno dei più avanzati, soprattutto sotto il profilo dell'istituzionalizzazione e della giuridicizzazione dei succitati diritti, avendo introdotto il procedimento di Débat public già dal 1995, e avendolo riformato in più occasioni; inoltre, nel 2005, il percorso di costituzionalizzazione del diritto ambientale, nel nostro paese non ancora maturo, ha portato all'inserimento dei principi di accesso all'informazione e partecipazione ai processi decisionali ambientali all'interno del testo costituzionale, attraverso l'articolo 7 della Charte de l'environnement;
    il nostro ordinamento si è, invece, mostrato tendenzialmente più rigido verso l'introduzione di effettive forme partecipative, facendo emergere una tradizionale ostilità nei confronti di tali strumenti, spesso percepiti in conflitto con gli istituti della democrazia rappresentativa;
    i diritti procedurali sono stati, in Italia, posti quasi sempre sullo stesso piano delle disposizioni della legge sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241): è stato dunque attraverso l'attività dei tribunali amministrativi, nonché, ovviamente della legislazione comunitaria, che tali diritti sono stati progressivamente riconosciuti come disciplina speciale, accanto a quella comune dell'accesso agli atti e della partecipazione al procedimento amministrativo;
    è necessario riconoscere come la complessità di tale tipo di scelte necessità di un ampio coinvolgimento del pubblico nelle scelte collettive, al fine di arrivare ad una giusta ponderazione dei vari interessi in gioco;
    la democrazia partecipativa ambientale può risultare, tra l'altro, uno strumento di particolare rilevanza in questo momento storico: attraverso di essa la struttura istituzionale moderna non viene sottoposta ad un'opera di delegittimazione, ma né è invece integrata, grazie a un reciproco riconoscimento;
    il presente DDL avrebbe potuto essere una piattaforma ideale per l'introduzione di forme di partecipazione del pubblico ai processi decisionali che consentissero ai cittadini di informarsi, intervenire e contribuire a tale tipo di scelte, al fianco dell'amministrazione pubblica;
    risulta tuttavia presente unicamente una disposizione all'articolo 2, in tema di Conferenza dei servizi, ove al comma 1, lettera b), viene introdotta una generica previsione circa la possibilità di introdurre modelli di istruttoria pubblica per garantire la partecipazione anche telematica degli interessati;
    tale disposizione non garantisce, tuttavia, la predisposizione di procedure in grado di assicurare una effettiva partecipazione dei cittadini ai processi decisionali in materia di ambiente, soprattutto per quanto concerne la realizzazione delle opere pubbliche infrastrutturali questione in grado di produrre effetti rilevanti sull'ambiente e sul territorio;
    in tale senso, si segnala come nel nostro paese siano ben note le vicende legate alla legittima opposizione della comunità locali ad opere spesso inutili per il benessere della collettività e fortemente dannose per la salute e l'ambiente, comunità che trovano nei movimenti e nelle associazioni ambientaliste un naturale interlocutore;
    sono state presentate numerose proposte di legge in materia da differenti gruppi parlamentari, tra cui Gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà (A.C. 2740, a prima firma del deputato Filiberto Zaratti), proposte su cui, tuttavia, non si procede all'esame,

impegna il Governo:

   ad introdurre, attraverso successive disposizioni normative, procedure in grado di assicurare una piena ed effettiva partecipazione dei cittadini alle decisioni in materia di ambiente e territorio, in particolar modo per quanto concerne la realizzazione di opere pubbliche infrastrutturali aventi particolare incidenza ed impatto;
   a superare la attuale concezione che identifica la partecipazione del pubblico con mere forme di consultazione, impedendo un efficace confronto e l'emersione di tutte le criticità inerenti i progetti, che consentirebbe di individuare le soluzioni maggiormente sostenibili, eque ed efficienti, compresa la cosiddetta «opzione zero», ossia la possibilità di non realizzare progetti che risultino inutili o dannosi per i cittadini, la qualità della loro vita, la salute, l'ambiente e il territorio;
   a favorire, per quanto di sua competenza, l'esame delle proposte di legge in materia.
9/3098-A/38Zaratti, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente disegno di legge include alcune disposizioni concernenti i lavori della Conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni; l'articolo 14-quater, comma 3, della suddetta legge dispone che le determinazioni delle amministrazioni procedenti debbano essere assunte sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi;
    il medesimo comma individua altresì, tuttavia, taluni casi di deroga a tale principio, qualora l'eventuale dissenso concerna amministrazioni poste a tutela di un interesse qualificato come l'ambiente, il paesaggio e il territorio, il patrimonio storico-artistico, la tutela della salute e della pubblica incolumità;
    tali interessi sono infatti di natura prevalente poiché posti a tutela di diritti fondamentali e, dunque, il legislatore prevede che la composizione tra interessi in contrasto debba essere compiuta da organi politici che emettano atti di alta amministrazione; tali organi sono identificati nel Consiglio dei ministri, previa intesa con la regione o le regioni e le province autonome interessate in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, oppure previa intesa con la regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale, o tra più enti locali, motivando un'eventuale decisione in contrasto;
    il combinato disposto delle lettere f) e g) del comma 1, articolo 2, del presente DDL dispone tuttavia che si proceda a un riordino della normativa predisponendo una diversa disciplina del calcolo delle presenze e delle maggioranze volta ad assicurare la celerità dei lavori della conferenza e, inoltre, la previsione del silenzio-assenso anche per le amministrazioni preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e dell'ambiente;
    tale modifica del processo decisionale in sede di Conferenza di servizi è, tuttavia, una lesione ad alcuni diritti fondamentali e dunque meritevoli di tutela rafforzata, incidendo sul alcuni diritti costituzionali come quelli di cui all'articolo 9 e 32 della Costituzione,

impegna il Governo

a mantenere, all'interno dei successivi interventi normativi, meccanismi in grado di garantire una tutela rafforzata degli interessi «prevalenti» all'interno del processo decisionale della Conferenza di servizi, che assicurino il buon andamento del procedimento amministrativo senza, tuttavia, comportare la lesione di alcuni diritti costituzionalmente garantiti, come l'ambiente, il territorio, il paesaggio, la salute, il patrimonio storico-artistico e la pubblica incolumità.
9/3098-A/39Quaranta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame concerne la riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato. In particolare la lettera a) del comma 1, prevede, tra le altre cose, «la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio al fine di evitare sovrapposizione di competenze e di favorire la gestione associata dei servizi strumentali»;
    il Corpo della guardia di finanza, Corpo a ordinamento militare con compiti connessi alla repressione della criminalità economica e alla partecipazione alle attività doganali, è un caso unico in Europa di organismo di polizia con attribuzioni così vaste e specializzate e unico anche per quanto riguarda il suo ordinamento militare;
    l'Italia vanta il non lusinghiero primato delle Forze di polizia ad ordinamento militare, una situazione che neppure la smilitarizzazione della Polizia di Stato e dell'ex Corpo degli agenti di custodia, ora Corpo di polizia penitenziaria, ha mutato, ma solo attenuato;
    l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza non trovano confronti in nessun altro Paese europeo, probabilmente del mondo intero. In Europa solo la Francia, con la Gendarmerie Nationale, ha una Forza di polizia paragonabile ai nostri carabinieri ma con alcuni tratti distintivi essenziali: il Capo del Corpo è un Direttore civile, i compiti sono nettamente distinti da quelli della Police Nationale per aree territoriali di competenza e per specializzazioni. In Olanda, la Koninklii   e Marechaussee, oltre ai compiti di polizia militare ha solo compiti di polizia di frontiera. In Belgio, la Gendarmerie è stata sciolta ed è confluita nella Police Nationale. In Spagna, la Guardia Civil, un Corpo di polizia a ordinamento militare, ha tuttavia un Direttore civile e una riforma negli passati ha previsto la non applicazione del codice penale militare per tutte quelle attività che non siano direttamente militari (di fatto eliminando lo statuto militare per la maggior parte degli appartenenti al Corpo) e il diritto a costituire associazioni sindacali;
    per quanto riguarda, invece, le Forze di polizia dedicate alla lotta contro la criminalità economica, sia la Francia che la Gran Bretagna – per citare due Paesi europei – hanno scelto la via della specializzazione all'interno delle Forze di polizia generaliste;
    per la Francia, la legge 95-73 del 21 gennaio 1995, definisce tra i compiti della Police Nationale la lotta contro la delinquenza economica e finanziaria. Sul piano organizzativo questo si traduce nella presenza, all'interno delle articolazioni della Police Judiciaire, di una Sous-Direction des Affaires Economiques et Financières che raggruppa tutte le competenze in materia di contrasto e di repressione del crimine economico e finanziario;
    in Gran Bretagna, in assenza di un modello organizzativo nazionale, in quanto le polizie britanniche sono articolate sul territorio, si può prendere a riferimento la più grande delle Forze di polizia del Regno Unito, la Metropolitan Police di Londra. All'interno di questa Forza esiste lo Specialist Crime Directorate, di cui una articolazione è la Economic and Specialist Crime Unit che raggruppa gran parte delle competenze in materia economica e finanziaria, riciclaggio, traffico di droga eccetera. Per quanto riguarda il controllo delle frontiere ai fini doganali, lo HM Revenue & Customs ha responsabilità anche per questo controllo ai fini del contrasto della criminalità non solo doganale, con un proprio servizio navale;
    l'anacronismo della situazione italiana richiede un intervento urgente e indifferibile che vada nel senso della modernizzazione della Polizia economica del nostro Paese. Il Corpo della guardia di finanza, la cui principale legge di ordinamento è la legge 23 aprile 1959, n. 189 – con adeguamento dei compiti intervenuto con il decreto legislativo 19 marzo 2001, n.68 – mantiene ancora anacronistici compiti militari (ci sono reparti armati con mitragliatrici pesanti e mortai), e una norma insensata ne affida il comando a un generale dell'Esercito che non può avere alcuna competenza nelle materie di specifica operatività del Corpo. Resta inoltre incomprensibile la limitazione di alcuni diritti fondamentali dei suoi uomini, soggetti alle norme di un codice penale militare più volte cassato dalla Corte costituzionale e censurato dalla stessa magistratura militare, e privati di un diritto fondamentale come quello dell'organizzazione sindacale;
    liberando il Corpo della guardia di finanza dalle rigidità dell'organizzazione militare, sfrondandolo di quei compiti che non gli sono propri e che possono facilmente essere trasferiti alle altre Forze di polizia, si potrebbe ottenere un ritorno in termini di efficienza e anche di riduzione dei costi,

impegna il Governo

a proporre nelle sedi opportune nonché a favorire qualsiasi iniziativa legislativa che preveda la trasformazione della Guardia di finanza in una polizia a struttura civile.
9/3098-A/40Duranti, Piras, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento in esame concerne la riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato. In particolare la lettera a), del comma 1, prevede, tra le altre cose, «la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio al fine di evitare sovrapposizione di competenze e di favorire la gestione associata dei servizi strumentali»;
    l'Italia vanta il non lusinghiero primato delle Forze di polizia ad ordinamento militare, una situazione che neppure la smilitarizzazione della Polizia di Stato e dell'ex Corpo degli agenti di custodia, ora Corpo di polizia penitenziaria, ha mutato, ma solo attenuato;
    l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza non trovano confronti in nessun altro Paese europeo, probabilmente del mondo intero. In Europa solo la Francia, con la Gendarmerie Nationale, ha una Forza di polizia paragonabile ai nostri carabinieri ma con alcuni tratti distintivi essenziali: il Capo del Corpo è un Direttore civile, i compiti sono nettamente distinti da quelli della Police Nationale per aree territoriali di competenza e per specializzazioni. In Olanda, la Koninklii   e Marechaussee, oltre ai compiti di polizia militare ha solo compiti di polizia di frontiera. In Belgio, la Gendarmerie è stata sciolta ed è confluita nella Police Nationale. In Spagna, la Guardia Civil, un Corpo di polizia a ordinamento militare, ha tuttavia un Direttore civile e una riforma negli passati ha previsto la non applicazione del codice penale militare per tutte quelle attività che non siano direttamente militari (di fatto eliminando lo statuto militare per la maggior parte degli appartenenti al Corpo) e il diritto a costituire associazioni sindacali;
    l'anacronismo della situazione italiana richiede un intervento urgente e indifferibile che vada nella duplice direzione di modernizzare le forze di polizia e produrre una efficace razionalizzazione delle risorse disponibili attraverso una completa eliminazione delle duplicazione di funzioni e strutture equivalenti,

impegna il Governo

a proporre nelle sedi opportune nonché a favorire qualsiasi iniziativa legislativa che preveda la collocazione dell'Arma dei carabinieri nell'ambito del Ministero dell'interno con dipendenza del Comandante generale dal Capo della polizia.
9/3098-A/41Piras, Duranti, Costantino, Quaranta.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 4 del provvedimento in esame, si dispone una delega al Governo per individuare precisamente i procedimenti oggetto di SCIA (segnalazione certificata di inizio di attività), di silenzio-assenso, di autorizzazione espressa e comunicazione preventiva, definendone il relativo procedimento;
    il suddetto articolo si traduce, di fatto, in una sorta di delega in bianco, in quanto non vengono indicati specifici principi e criteri direttivi sulla base dei quali il governo dovrà individuare e modificare i suddetti procedimenti e autorizzazioni, laddove sarebbe stato perlomeno necessario prevedere una conferma delle garanzie e tutele attualmente previste dalla normativa vigente in materia. E questo soprattutto in alcuni ambiti importanti e «delicati» quali, per esempio quelli relativi all'ambiente, al patrimonio culturale e alla salute;
    a conferma dell'importanza e delicatezza di alcuni settori nei quali sono attualmente previste l'Autorizzazione espressa e la comunicazione preventiva, giova ricordare relativamente all'Autorizzazione espressa, come questa sia – per esempio – prevista riguardo alle autorizzazioni degli scarichi di acque (articolo 124 del codice ambiente);
    alle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti (articolo 269 del codice ambiente); alle autorizzazioni all'uso agronomico dei fanghi di depurazione (decreto legislativo n. 99 del 1992). Per quanto riguarda invece la comunicazione preventiva, attualmente è prevista riguardo l'uso agronomico degli effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari e di acque reflue provenienti da aziende agricole (legge n. 574 del 1996); riguardo l'autorizzazione generale per gli impianti con emissioni scarsamente rilevanti agli effetti dell'inquinamento atmosferico (articolo 272, comma 2, del codice ambiente); riguardo alle comunicazioni in materia di autosmaltimento e recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi (Artt. 215-216 del codice ambiente),

impegna il Governo:

   a confermare, per quanto riguarda il «silenzio-assenso e la SCIA, l'attuale non applicabilità di detti istituti agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità;
   a non prevedere eventuali modifiche volte a indebolire l'apparato sanzionatorio riguardo a chi dà inizio ad attività edilizie con SCIA in mancanza dei requisiti necessari o in contrasto con la normativa vigente.
9/3098-A/42Pellegrino, Costantino, Quaranta, Zaratti, Duranti, Nicchi, Palazzotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 1, lettera a), contiene – tra l'altro – una delega al governo per il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio, del mare, dei controlli nel settore agroalimentare, in conseguenza della riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato e il suo eventuale suo assorbimento in altra Forza di polizia;
    questa volta ad essere «rottamato» rischia fortemente di essere il Corpo Forestale dello Stato;
    parliamo di un Corpo che attualmente svolge, con altissima professionalità, una fondamentale attività di polizia ambientale, con competenze che hanno consentito in questi anni, l'accertamento di gravissimi reati contro il territorio e contro l'ambiente;
    peraltro il possibile assorbimento del Corpo in altra forza di polizia, viene concepito proprio nel momento in cui il nostro Paese è riuscito finalmente a introdurre nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai delitti contro l'ambiente (legge n. 68 del 2015);
    ricordiamo che il Corpo forestale dello Stato è una forza di polizia specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, nella prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare. Ha poco meno di 8 mila unità e mille stazioni, dislocate in zone rurali e montane, con Comandi Provinciali e Regionali in 15 Regioni, per un totale di oltre 1.200 strutture;
    nell'ambito delle sue competenze, il Corpo forestale dello Stato esercita, tra l'altro: la sorveglianza dei 20 Parchi Nazionali italiani, nonché di altre 130 aree protette dalla normativa europea, statale e regionale; la vigilanza sull'applicazione della Convenzione di Washington inerente il commercio internazionale delle specie di fauna e di flora minacciate di estinzione; in collaborazione con le altre forze di polizia nazionali e locali, si occupa del controllo sull'attività venatoria, sulla pesca e sulla sicurezza della filiera agro-alimentare, intervenendo sui fenomeni di bracconaggio, di contraffazione ed adulterazione degli alimenti, di maltrattamento ed uccisione di animali,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti della disposizione richiamata in premessa, al fine di salvaguardare il Corpo forestale dello Stato e le funzioni ad esso attualmente attribuite, comprese quelle di carattere tecnico, prevedendo una sua riorganizzazione volta a rendere realmente più efficace il suo ruolo decisivo di presidio del territorio, anche attraverso un eventuale assorbimento del personale delle polizie provinciali e l'unificazione dei Corpi forestali regionali, al fine di rafforzare i suoi compiti con funzioni di polizia di tutela dell'ambiente e del territorio, nonché nel campo dei controlli nel settore agroalimentare;
   qualora il Governo opti per una riorganizzazione del Corpo, a mantenere le sue competenze esclusive nell'accertamento dei reati ambientali e nell'esecuzione delle connesse intercettazioni e misure cautelari;
   nell'ambito della prevista possibilità di una riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, a pensare all'istituzione di un corno moderno di Polizia ambientale, che operi efficacemente sul territorio, in stretta relazione con le popolazioni e gli enti locali interessati, anche per garantire l'applicazione delle nuove norme sugli ecoreati approvati dalla legge n. 68 del 2015.
9/3098-A/43Zaccagnini, Pellegrino, Zaratti, Quaranta, Costantino, Franco Bordo, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    le imprese dello spettacolo, riconosciute come tali anche dalla legge 7 agosto 2012 n. 134 articolo 51-bis, necessitano di una semplificazione per le procedure relative all'autorizzazione e allo svolgimento delle attività di pubblico spettacolo poiché le norme che regolamentano gli spettacoli dal vivo sono particolarmente complesse e intrecciano numerosi livelli di competenza e settori interni alla pubblica amministrazione con la conseguente difficoltà, da parte di un operatore del settore o di un organizzatore, di doversi rivolgere a numerosi interlocutori per ottenere i diversi permessi o autorizzazioni, con conseguente scarsa chiarezza di tempi, procedure e costi;
    l'elevato numero di pratiche e di autorizzazioni da richiedere per lo svolgimento di un pubblico spettacolo e la scarsa chiarezza sopra descritta, molto spesso scoraggiano l'organizzazione di eventi: tutto ciò pone forti limiti non solo alla fruizione di eventi culturali e musicali per i cittadini ma penalizza anche l'indotto economico esistente anche in virtù del potenziale che il settore dello spettacolo dal vivo detiene;
    la crisi economica ha delle ripercussioni nel tessuto sociale delle nostre comunità e determina una difficoltà sempre maggiore da parte delle amministrazioni nel supportare con adeguati strumenti economici l'attività svolta nell'ambito dell'organizzazione di eventi e spettacoli dal vivo;
    in Italia i locali con dimensione tra i 500 e gli 800 posti rischiano sempre più di scomparire, con conseguenze negative in ambiti non solo culturali bensì economici, turistici e occupazionali; questo quadro alimenta un panorama già di per sé non incoraggiante, che vede oggi in numerose province del nostro Paese una scarsa offerta relativa all'organizzazione degli eventi e degli spettacoli presi in oggetto del presente testo;
    l'attuale situazione pone conseguentemente limiti non solo alla fruizione di eventi culturali, musicali e di intrattenimento per i cittadini ma penalizza l'indotto economico esistente anche in virtù del potenziale economico ed occupazionale che il settore dello spettacolo dal vivo detiene;
    alcune città italiane hanno già avviato sperimentazioni di procedure semplificate e meno onerose per le produzioni artistiche nel nostro Paese come ad esempio Milano e Firenze,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, se dal caso normative, volte ad orientare l'iniziativa dei comuni a semplificare e rendere efficienti le procedure relative all'autorizzazione e allo svolgimento delle attività di pubblico spettacolo, nel rispetto dei seguenti criteri:
    a) valorizzazione e diffusione delle buone pratiche già attuate da comuni virtuosi e attivazione di sperimentazioni volte a semplificare i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività di pubblico spettacolo;
    b) adeguamento e armonizzazione della normativa relativa allo Sportello unico attività produttive includendo i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività di pubblico spettacolo;
    c) previsione di specifica modulistica uniforme su tutto il territorio nazionale, privilegiando la procedura telematica e l'utilizzo della posta elettronica certificata;
    d) valorizzazione dello strumento dell'autocertificazione, in particolare per le attività di cui all'articolo 68 e 69 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, come modificato dalla legge n. 112 del 2013;
    e) istituzione di un'anagrafe dei luoghi per lo spettacolo (Venue) contenente le ipotesi di allestimento preautorizzate dalle commissioni di vigilanza da poter adottare integralmente;
    f) istituzione di un'anagrafe comunale degli organizzatori di spettacoli dal vivo presenti sul territorio contenente tutta la documentazione inerente agli stessi;
    g) redazione, di concerto con SIAE, di un tariffario ragionato e semplificato che preveda agevolazioni per spettacoli di base, con particolare attenzione a quelli indicati dal punto d);
   a valutare l'opportunità di individuare per tali finalità un fondo denominato «Fondo per la semplificazione in materia di spettacolo» senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
9/3098-A/44Tentori, Rampi, Bossa.


   La Camera,
   premesso che:
    le imprese dello spettacolo, riconosciute come tali anche dalla legge 7 agosto 2012 n. 134 articolo 51-bis, necessitano di una semplificazione per le procedure relative all'autorizzazione e allo svolgimento delle attività di pubblico spettacolo poiché le norme che regolamentano gli spettacoli dal vivo sono particolarmente complesse e intrecciano numerosi livelli di competenza e settori interni alla pubblica amministrazione con la conseguente difficoltà, da parte di un operatore del settore o di un organizzatore, di doversi rivolgere a numerosi interlocutori per ottenere i diversi permessi o autorizzazioni, con conseguente scarsa chiarezza di tempi, procedure e costi;
    l'elevato numero di pratiche e di autorizzazioni da richiedere per lo svolgimento di un pubblico spettacolo e la scarsa chiarezza sopra descritta, molto spesso scoraggiano l'organizzazione di eventi: tutto ciò pone forti limiti non solo alla fruizione di eventi culturali e musicali per i cittadini ma penalizza anche l'indotto economico esistente anche in virtù del potenziale che il settore dello spettacolo dal vivo detiene;
    la crisi economica ha delle ripercussioni nel tessuto sociale delle nostre comunità e determina una difficoltà sempre maggiore da parte delle amministrazioni nel supportare con adeguati strumenti economici l'attività svolta nell'ambito dell'organizzazione di eventi e spettacoli dal vivo;
    in Italia i locali con dimensione tra i 500 e gli 800 posti rischiano sempre più di scomparire, con conseguenze negative in ambiti non solo culturali bensì economici, turistici e occupazionali; questo quadro alimenta un panorama già di per sé non incoraggiante, che vede oggi in numerose province del nostro Paese una scarsa offerta relativa all'organizzazione degli eventi e degli spettacoli presi in oggetto del presente testo;
    l'attuale situazione pone conseguentemente limiti non solo alla fruizione di eventi culturali, musicali e di intrattenimento per i cittadini ma penalizza l'indotto economico esistente anche in virtù del potenziale economico ed occupazionale che il settore dello spettacolo dal vivo detiene;
    alcune città italiane hanno già avviato sperimentazioni di procedure semplificate e meno onerose per le produzioni artistiche nel nostro Paese come ad esempio Milano e Firenze,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative, se dal caso normative, volte ad orientare l'iniziativa dei comuni a semplificare e rendere efficienti le procedure relative all'autorizzazione e allo svolgimento delle attività di pubblico spettacolo, nel rispetto dei seguenti criteri:
    a) valorizzazione e diffusione delle buone pratiche già attuate da comuni virtuosi e attivazione di sperimentazioni volte a semplificare i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività di pubblico spettacolo;
    b) adeguamento e armonizzazione della normativa relativa allo Sportello unico attività produttive includendo i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività di pubblico spettacolo;
    c) previsione di specifica modulistica uniforme su tutto il territorio nazionale, privilegiando la procedura telematica e l'utilizzo della posta elettronica certificata;
    d) valorizzazione dello strumento dell'autocertificazione, in particolare per le attività di cui all'articolo 68 e 69 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, come modificato dalla legge n. 112 del 2013;
    e) istituzione di un'anagrafe dei luoghi per lo spettacolo (Venue) contenente le ipotesi di allestimento preautorizzate dalle commissioni di vigilanza da poter adottare integralmente;
    f) istituzione di un'anagrafe comunale degli organizzatori di spettacoli dal vivo presenti sul territorio contenente tutta la documentazione inerente agli stessi;
    g) redazione, di concerto con SIAE, di un tariffario ragionato e semplificato che preveda agevolazioni per spettacoli di base, con particolare attenzione a quelli indicati dal punto d);
   a valutare l'opportunità di individuare per tali finalità un fondo denominato «Fondo per la semplificazione in materia di spettacolo» senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
9/3098-A/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Tentori, Rampi, Bossa.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in discussione reca all'articolo 7, comma 1, una delega al Governo ad adottare, uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale;
    la lettera a), del comma 1 prevede, in particolare, il riordino delle funzioni di polizia ambientale con la conseguente riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato e il suo eventuale assorbimento in altra forza di polizia, ferma restando la garanzia del mantenimento degli attuali livelli di tutela ambientale, la salvaguardia delle professionalità esistenti e il mantenimento della corrispondenza tra funzioni trasferite e transito di personale;
    nella riorganizzazione del Corpo Forestale dello Stato e nel passaggio ad altra forza di polizia, si rende necessario continuare a tutelare e salvaguardare il patrimonio naturalistico e ambientale rappresentato dalle 130 riserve naturali dello Stato e dagli Uffici Territoriali per la Biodiversità;
    dovrebbe a tale scopo essere istituito un apposito servizio per la tutela della biodiversità, in capo alla forza di polizia individuata per assorbire il Corpo Forestale dello Stato, nel quale far confluire gli operai forestali, che in forza della legge 5 aprile 1985 n.124, sono addetti ai lavori di tutela del patrimonio ambientale, faunistico, forestale e alle diverse attività lavorative negli Uffici Territoriali per la Biodiversità;
    le strutture centrali e periferiche del predetto servizio e gli operai forestali su indicati, potrebbero opportunamente essere posti alle dipendenze funzionali del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvaguardando gli attuali organici di operai a tempo indeterminato e determinato, ad invarianza di dotazione organica e senza oneri per la finanza pubblica,

impegna il Governo:

   a individuare un percorso di stabilizzazione del personale operaio di cui in premessa, e i dipendenti degli UTB, istituendo un servizio per la biodiversità alle dipendenze funzionali del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o presso il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in virtù delle opportune valutazioni del governo, salvaguardando gli attuali organici di operai a tempo indeterminato e determinato, a invarianza di dotazione organica e senza oneri per la finanza pubblica;
   a garantire, nell'ambito della prevista riorganizzazione, il mantenimento, la valorizzazione e la ulteriore specializzazione delle funzioni di controllo e gestione agroambientale, agroforestale, di funzionamento delle unità territoriali di tutela e salvaguardia della biodiversità forestale, di controllo e contrasto alla contraffazione agroalimentare.
9/3098-A/45Cenni, Terrosi, Dal Moro, Censore, Carra, Castricone, Mariani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 1, lettera a) del disegno di legge in parola, tra l'altro, delega il Governo ad apportare modificazioni agli ordinamenti del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, anche attraverso la revisione della disciplina in materia di reclutamento, stato giuridico e progressione di carriera, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche ma assicurando il mantenimento della sostanziale «equiordinazione» limitatamente al solo personale delle Forze di polizia stesse, inclusi i connessi trattamenti economici; la medesima disposizione, nell'apprestare le risorse finanziarie occorrenti per l'esercizio di tale delega, prescrive di tener conto di quanto previsto dall'articolo 3, comma 155, ultimo periodo della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (che ha stanziato somme da destinare a provvedimenti normativi, non ancora emanati, in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale non direttivo e non dirigente delle Forze armate e delle Forze di polizia) e consente anche di riordinare i ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    la richiamata «equiordinazione», invece, è un irrinunciabile principio giuridico generale, e dunque non ristretto alle sole Forze di polizia: infatti sul piano formale fu introdotto a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991 e venne posto l'anno dopo dalla legge 6 marzo 1992, n. 216, che ne indicò l'applicabilità ai compiti e trattamenti economici del personale non dirigente e non direttivo sia delle Forze di polizia che delle Forze armate; sul piano sostanziale l'evoluzione dell'istituto dell’«equiordinazione», poi, per effetto della giurisprudenza e della normativa intervenuta, lo rende oggi riferibile a tutti i gradi e qualifiche degli appartenenti al comparto difesa e sicurezza, anche direttivi e dirigenziali, alla luce dell'analitica tabella di corrispondenza contenuta nell'articolo 632 del Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, della comune struttura stipendiale e delle comuni, contestuali e armonizzate modalità e procedure di adeguamento dei contenuti del rapporto di impiego;
    in sostanza le disposizioni dell'articolo 7, comma 1, lettera a) del disegno di legge in parola consentono di riordinare i ruoli di tutte le componenti per le quali l'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, puntualmente citato nell'articolo medesimo, ha riconosciuto la specificità d'impiego e funzioni, compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, con esclusione, allo stato, delle sole Forze armate, nonché di impiegare per le Forze di polizia le risorse destinate in maniera indistinta, dalla legge n. 350 del 2003, anche al riordino dei ruoli delle Forze armate, senza

riferimenti alla conseguente quota parte; dette disposizioni, quindi, salvaguardano esplicitamente per le sole Forze di polizia la sostanziale «equiordinazione» vigente per l'intero comparto difesa e sicurezza, rischiando con ciò di compromettere l'equilibrio faticosamente raggiunto negli ultimi vent'anni nell'ambito del comparto medesimo e di riaccendere i malumori tra il personale interessato e il conseguente contenzioso con l'Amministrazione, qualora l'intervento, come è assolutamente probabile, venga considerato alla stregua di un'implicita modifica ben riduttiva della disciplina di cui alla citata legge n. 216 del 1992;
    sul piano istituzionale, va responsabilmente considerato che la lesione del principio di «equiordinazione» tra Forze di polizia e Forze armate comporterebbe un'insanabile frattura nel comparto difesa e sicurezza, aprendo la strada a trattamenti differenziati tra gli operatori della sicurezza nazionale ed internazionale, laddove invece s'impone oggi un approccio operativo integrato e conseguentemente la massima coesione di tutte le componenti preposte a garantire la salvaguardia dei primari interessi dello Stato in ogni contesto,

impegna il Governo

ad assicurare in via normativa il pieno rispetto della sostanziale «equiordinazione» tra gradi, qualifiche, funzioni e trattamenti economici delle Forze armate e delle Forze di polizia, di cui alla legge n. 216 del 1992, individuando a tal fine con ogni consentita urgenza, in armonia con i richiamati principi, i relativi contesti legislativi di riferimento.
9/3098-A/46Rosato, Scanu, Aiello, Bolognesi, Ferro, Fioroni, Carlo Galli, Garofani, Moscatt, Villecco Calipari, Stumpo, Paola Boldrini, Valeria Valente, Rostellato, Lacquaniti, Salvatore Piccolo, Marantelli, D'Arienzo.


   La Camera,
   premesso che:
    con il disegno di legge AC 3098 viene delegato il Governo a riorganizzare le pubbliche amministrazioni mediante appositi decreti legislativi, volti a migliorare l'efficienza e la trasparenza dell'azione degli uffici pubblici, semplificare normative ed adempimenti anche al fine di rendere più semplici i rapporti tra cittadini e le pubbliche amministrazioni e migliorare la qualità dei servizi, In particolare all'articolo 9 del provvedimento vengono richiamate le specificità e le caratteristiche peculiari in ordine ai requisiti professionali ed alle funzioni operative della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria non medica del Servizio Sanitario nazionale, che giustificano la distinzione dalla dirigenza regionale, e richiamano invece per la stessa dirigenza l'applicazione dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992;
    tali specificità giustificano la individuazione di una autonoma area contrattuale per cui sarebbe necessario rideterminare la composizione dei comparti di contrattazione collettiva previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2009, articolo 54;
    attualmente i quattro comparti previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2009 corrispondono a quattro aree della dirigenza che riguardano: scuola, ministeri, enti locali e regioni che comprende la sanità; tuttavia risulta evidente che la dirigenza sanitaria supera dell'80 per cento la dirigenza amministrative e tecnica regionale ed appare evidente che la distinzione della dirigenza sanitaria dai restanti dirigenti consentirebbe di assicurare omogeneità al comparto, spostando conseguentemente la dirigenza amministrativa regionale ad altra analoga dirigenza pubblica;
    siamo alla vigilia dell'avvio della stagione contrattuale, indotta anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale, si rende utile e necessario riprofilare i comparti assegnando alla dirigenza sanitaria, medica e veterinaria uno dei quattro comparti ed in tal senso il Governo è chiamato a svolgere un ruolo decisivo in sede Aran,

impegna il Governo

ad avviare le opportune iniziative affinché venga sottoposta ad accordo fra ARAN e le rappresentanze sindacali, la proposta di attribuire una autonoma area contrattuale e connesso comparto, alla dirigenza medica, veterinaria e sanitaria.
9/3098-A/47Miotto, Lenzi, Gelli, Amato, Burtone, Casati, D'Incecco, Fossati, Grassi, Mariano, Piccione, Covello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento in esame delega il Governo alla revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici;
    i dirigenti scolastici non sono stati inclusi nel sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati, accomunati da requisiti omogenei di accesso, di reclutamento e da piena mobilità fra i ruoli;
    risulta così essere stata salvaguardata la specificità propria della funzione della dirigenza scolastica, in cui ha rilevanza la provenienza dai ruoli della docenza;
    risulta, invece, irrisolta la questione – più volte sottolineata dallo stesso Parlamento – della differente retribuzione dei dirigenti scolastici rispetto agli altri dirigenti della stato,

impegna il Governo

ad intervenire per rivedere il regime retributivo dei dirigenti scolastici parametrandolo, in relazione alle responsabilità attribuite, a quello degli altri dirigenti pubblici.
9/3098-A/48Carocci, Rocchi, Sgambato.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame dispone in materia di riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (articolo 13); in tale ambito la lettera a-bis) del comma 1, prevede l'adozione di prove concorsuali «che privilegino l'accertamento delle capacità specifiche dei candidati..., con possibilità di svolgere unitariamente la valutazione dei titoli»;
    in diversi atenei è presente la categoria dei Tecnici Laureati assimilati ai ricercatori in virtù dell'art. 1, comma 10, della legge 14 gennaio 1999 n. 4. Si tratta di tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382 (tre anni di attività didattica e scientifica comprovati da pubblicazioni edite e attestazione del Preside) maturati successivamente al 1o agosto 1980 (Articolo 16 della legge n. 341 del 1990);
    la legge 19 ottobre 1999 n. 370 (articolo 8, comma 10) ha stabilito che al predetto personale (i Tecnici Laureati in medicina ed odontoiatria abilitati all'espletamento delle attività assistenziali nelle facoltà mediche) «si applichino le disposizioni di cui di cui all'articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 12 novembre 1990 n. 341». In conseguenza del rinvio alla norma ora ricordata, i Tecnici Laureati in medicina e odontoiatria (inseriti nelle strutture universitarie) sono stati investiti – oltre che dei compiti assistenziali già in corso di svolgimento da parte degli stessi (ex lege, a decorrere dalla legge n. 370 del 1999) – anche di attività didattica e di ricerca;
    nello spirito di autonomia che ha contraddistinto la riforma universitaria, le disposizioni normative relative alla categoria dei Tecnici Laureati di cui al paragrafo precedente sono state variamente recepite da parte delle diverse Università. Il nuovo statuto della «Sapienza» del 2012, nell'articolo 33, conferma che «...la denominazione di ricercatori-professori aggregati comprende anche il personale equiparato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 e della legge 19 novembre 1990, n. 341»;
    l'articolo 1 comma 10 della legge 14 gennaio 1999 n. 4 prevede che «è comunque fatta salva, per i Tecnici Laureati in possesso di requisiti previsti dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382, anche se maturati successivamente al 1o agosto 1980, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 16 comma 1 della legge 19 novembre 1990 n. 341»;
    la DG Università in merito ad una richiesta della Sapienza se ai tecnici laureati con abilitazione si potesse applicare la chiamata diretta ex articolo 24, comma 6 della legge n. 240 del 2010 (che presupporrebbe la loro equiparazione ai ricercatori) ha dato risposta negativa; di recente il TAR ha confermato la validità di tale impostazione (ordinanza TAR Lazio sezione III bis 2200 del 2015),

impegna il Governo:

   in sede di applicazione della lettera a-bis) del comma 1 dell'articolo 13, e previo accertamento delle necessità didattiche e di ricerca e della sussistenza nel proprio organico del personale in possesso dei requisiti, a valutare la possibilità di avviare selezioni concorsuali, per posti di ricercatore universitario a tempo indeterminato riservati al personale Tecnico Laureato delle università medesime, in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 16 della legge 19 novembre 1990, n. 341, dall'articolo 8 comma 10 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 e dall'articolo 50 del Decreto Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 che abbiano, nell'ultimo quinquennio svolto almeno tre anni di attività di ricerca e abbiano tenuto corsi e moduli curriculari per almeno un triennio consecutivo;
   a valutare la possibilità di inquadrare i vincitori dei citati concorsi riservati, nel ruolo dei ricercatori con anzianità giuridica ed economica decorrente secondo le modalità previste dalla legge 14 gennaio 1999, n. 4.
9/3098-A/49Binetti.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito del provvedimento di delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche si ridefinisce, tra l'altro, l'assetto della dirigenza degli enti locali; oltre alle modalità di accesso al ruolo dei dirigenti degli enti locali in sede di prima applicazione della nuova normativa e di transizione dal precedente regime, con particolare riferimento ai segretari comunali, disposte dall'articolo 9, comma 1, lettera b), nn. 3 e 4, l'articolo 9, comma 1, lettera c) definisce i criteri per la disciplina a regime dell'accesso alla dirigenza;
    negli anni della costituzione e diffusione delle Unioni di Comuni, promosse e incentivate dal legislatore come strumento per il perseguimento dell'obiettivo della gestione associata dei servizi e delle funzioni fondamentali dei comuni al fine di conseguire maggiore adeguatezza, efficienza, efficacia ed economicità dell'attività amministrativa, a causa di incertezze normative e, in diversi casi, di indisponibilità dei segretari comunali ad assolvervi, altri funzionari di ruolo dei Comuni, e/o delle Unioni, sono stati chiamati a svolgere funzioni di segretario delle suddette Unioni; tale assunzione di responsabilità ha consentito di dare vita ed accompagnare molte esperienze di gestione associata in coerenza con gli obiettivi del legislatore ed è stata particolarmente importante e significativa nelle Unioni che hanno progressivamente esercitato un numero significativo o addirittura la quasi totalità delle fruizioni comunali, svolgendo così tali funzionari le effettive e sostanziali funzioni di segretari per i comuni associati;
    i segretari delle unioni, spesso svolgenti anche funzioni di vice segretari nei comuni di appartenenza, non iscritti all'albo dei segretari comunali, hanno così contribuito al perseguimento, peraltro in condizioni di innovazione ed incertezza normativa per le unioni, degli obiettivi di gestione associata, prima incentivati e poi resi obbligatori dal legislatore per i comuni di minore dimensione demografica;
    i funzionari che hanno svolto funzioni di segretari delle unioni di comuni hanno anche maturato un prezioso e specifico patrimonio di esperienza, oltretutto particolarmente utile anche in relazione al criterio di delega di cui all'articolo 9, comma 1, lettera b), n. 4, laddove si indica la previsione «per i comuni di minore dimensione demografiche, dell'obbligo di gestire la funzione di direzione apicale in via associata, coerentemente con le prigioni di cui all'articolo 14 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni;»,

impegna il Governo

in sede di disciplina attuativa della delega in materia di accesso alla dirigenza degli enti locali a tenere conto del patrimonio rappresentato da funzionari di ruolo di comuni ed unioni che abbiano svolto funzioni di segretario di unioni di comuni, valorizzandone esperienza e competenze peculiari laddove e con le modalità che ritenga più opportune e compatibili con la legge delega e comunque anche in sede di definizione di requisiti e criteri di selezione per la partecipazione al corso-concorso.
9/3098-A/50Guerra, Giuseppe Guerini, Fabbri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge prevede l'istituzione del sistema della dirigenza pubblica articolato in tre ruoli unificati e coordinati in cui sono ricompresi i dirigenti dello Stato, i dirigenti regionali e i dirigenti degli enti locali;
    da tale articolazione è stata espressamente esclusa la dirigenza scolastica riconoscendole implicitamente una sua specificità di ruolo all'interno della riforma della Pubblica Amministrazione, in linea con il ruolo apicale che la stessa si troverà a svolgere nella nuova scuola dell'autonomia, così come ridisegnata dalla legge 13 luglio 2015, n. 107 di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione;
    è necessario dare un assetto stabile al futuro della più importante professione del sistema scolastico che non può, proprio per la peculiarità e l'importanza delle funzioni che il dirigente scolastico svolge all'interno della scuola, essere equiparato ad un generico funzionario amministrativo, bensì ad un moderno dirigente pubblico, caratterizzato da una propria originale ed insostituibile professionalità, in rapporto al servizio svolto presso le comunità scolastiche,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, preso atto della nuova articolazione della dirigenza pubblica, l'estensione del concetto di omogeneizzazione del trattamento economico, fondamentale ed accessorio, prevista dal citato articolo, alla dirigenza scolastica al fine di evitare diseguaglianze e un depotenziamento del loro specifico ruolo dirigenziale;
   a rivedere le forme di reclutamento e valutazione della dirigenza scolastica attualmente vigenti, al fine di salvaguardare la fondamentale vocazione di leadership educativa che questa professione deve incoraggiare e sostenere nella scuola.
9/3098-A/51Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge prevede l'istituzione del sistema della dirigenza pubblica articolato in tre ruoli unificati e coordinati in cui sono ricompresi i dirigenti dello Stato, i dirigenti regionali e i dirigenti degli enti locali;
    da tale articolazione è stata espressamente esclusa la dirigenza scolastica riconoscendole implicitamente una sua specificità di ruolo all'interno della riforma della Pubblica Amministrazione, in linea con il ruolo apicale che la stessa si troverà a svolgere nella nuova scuola dell'autonomia, così come ridisegnata dalla legge 13 luglio 2015, n. 107 di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione;
    è necessario dare un assetto stabile al futuro della più importante professione del sistema scolastico che non può, proprio per la peculiarità e l'importanza delle funzioni che il dirigente scolastico svolge all'interno della scuola, essere equiparato ad un generico funzionario amministrativo, bensì ad un moderno dirigente pubblico, caratterizzato da una propria originale ed insostituibile professionalità, in rapporto al servizio svolto presso le comunità scolastiche,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, preso atto della nuova articolazione della dirigenza pubblica, l'estensione del concetto di omogeneizzazione del trattamento economico, fondamentale ed accessorio, prevista dal citato articolo, alla dirigenza scolastica al fine di evitare diseguaglianze e un depotenziamento del loro specifico ruolo dirigenziale;
   a valutare l'opportunità di rivedere le forme di reclutamento e valutazione della dirigenza scolastica attualmente vigenti, al fine di salvaguardare la fondamentale vocazione di leadership educativa che questa professione deve incoraggiare e sostenere nella scuola.
9/3098-A/51. (Testo modificato nel corso della seduta) Santerini.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente disegno di legge presenta agli articoli 14 (comma 1, lettera m), punto 2) e 15 numerose disposizioni in materia di servizi pubblici locali;
    la materia concerne, tra le altre, anche la questione del servizio idrico, sulla quale, si ricorda, si sono espressi negli ultimi anni una pluralità di soggetti, tra cui la Corte Costituzionale e i cittadini, attraverso alcuni quesiti referendari;
    il 12 e il 13 giugno 2011, infatti si è svolto il referendum abrogativo di alcune norme concernenti la modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica e la determinazione della tariffa del servizio integrato in base alla remunerazione del capitale investito, nel quadro di un più complesso momento referendario che prevedeva quattro quesiti;
    in particolare, il quesito 1 chiedeva ai cittadini di esprimere la propria volontà circa l'abrogazione dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 e successive modificazioni, e il comma 1, articolo 154, del decreto legislativo 2 aprile 2006, n. 152;
    il referendum abrogativo si è espresso in maniera cristallina, con percentuali che hanno superato il 95 per centro per entrambi i quesiti, circa il rifiuto di una possibile gestione privatistica dell'acqua, configurabile come bene comune, per il quale viene richiesta, invece, una gestione pubblica a tutela di una risorsa essenziale che, come tale, non può essere soggetta alla dinamiche di mercato;
    il 28 luglio 2010 anche l'Assemblea Generale delle Nazioni unite ha riconosciuto, con la risoluzione GA/10967, il diritto all'acqua quale diritto umano universale e fondamentale, il quale deve essere garantito come salubre ed accessibile;
    all'interno del disegno di legge, tuttavia, viene previsto solamente un generico impegno a «tenere conto» dei risultati del referendum, una formulazione che appare assolutamente lacunosa e in grave contrasto con quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale del 17-20 luglio 2012, n. 199, che cassò l'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 in quanto violava il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare, desumibile dall'articolo 75 della Costituzione,

impegna il Governo

a vincolare i successivi interventi normativi e finanziari concernenti i servizi pubblici locali di rilevanza economica alla volontà popolare emersa dal referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, che hanno indicato in modo chiaro quale sia l'orientamento dei cittadini in materia di proprietà e gestione delle risorse idriche, il cui risultato non può, in nessun caso, come prescritto dalla Corte Costituzionale, essere distorto dalle scelte del legislatore favorendo una gestione privatistica delle stesse.
9/3098-A/52Fratoianni, Scotto, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente disegno di legge presenta agli articoli 14 (comma 1, lettera m), punto 2) e 15 numerose disposizioni in materia di servizi pubblici locali;
    la materia concerne, tra le altre, anche la questione del servizio idrico, sulla quale, si ricorda, si sono espressi negli ultimi anni una pluralità di soggetti, tra cui la Corte Costituzionale e i cittadini, attraverso alcuni quesiti referendari;
    il 12 e il 13 giugno 2011, infatti si è svolto il referendum abrogativo di alcune norme concernenti la modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica e la determinazione della tariffa del servizio integrato in base alla remunerazione del capitale investito, nel quadro di un più complesso momento referendario che prevedeva quattro quesiti;
    in particolare, il quesito 1 chiedeva ai cittadini di esprimere la propria volontà circa l'abrogazione dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 e successive modificazioni, e il comma 1, articolo 154, del decreto legislativo 2 aprile 2006, n. 152;
    il referendum abrogativo si è espresso in maniera cristallina, con percentuali che hanno superato il 95 per centro per entrambi i quesiti, circa il rifiuto di una possibile gestione privatistica dell'acqua, configurabile come bene comune, per il quale viene richiesta, invece, una gestione pubblica a tutela di una risorsa essenziale che, come tale, non può essere soggetta alla dinamiche di mercato;
    il 28 luglio 2010 anche l'Assemblea Generale delle Nazioni unite ha riconosciuto, con la risoluzione GA/10967, il diritto all'acqua quale diritto umano universale e fondamentale, il quale deve essere garantito come salubre ed accessibile;
    all'interno del disegno di legge, tuttavia, viene previsto solamente un generico impegno a «tenere conto» dei risultati del referendum, una formulazione che appare assolutamente lacunosa e in grave contrasto con quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale del 17-20 luglio 2012, n. 199, che cassò l'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 in quanto violava il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare, desumibile dall'articolo 75 della Costituzione,

impegna il Governo

a tenere conto nei successivi interventi normativi e finanziari concernenti i servizi pubblici locali di rilevanza economica della volontà popolare emersa dal referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, che hanno indicato in modo chiaro quale sia l'orientamento dei cittadini in materia di proprietà e gestione delle risorse idriche.
9/3098-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta) Fratoianni, Scotto, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento con riferimento alla mobilità della dirigenza statale, all'articolo 9, comma 1, lettera e), annovera tra i criteri di delega la semplificazione e l'ampliamento delle ipotesi di mobilità tra amministrazioni pubbliche nonché tra le amministrazioni pubbliche e il settore privato e la previsione dei casi e delle condizioni nei quali non è richiesto il previo assenso delle amministrazioni di appartenenza per la mobilità della dirigenza medica e sanitaria;
    la suddetta previsione, che muove dalla vexata quaestio sorta all'indomani del varo della legge n. 114 del 2014, che ha modificato l'istituto della mobilità volontaria del personale pubblico introducendo l'obbligo del previo assenso dell'amministrazione di appartenenza, dovrebbe arginare la «ridda» di interpretazioni sorte attorno alla nuova previsione normativa;
    ed invero l'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come novellato dall'articolo 4 della citata legge n. 114 del 2014, nel ribadire inoltre che gli accordi o le clausole contrattuali dei contratti collettivi in contrasto con le sue previsioni sono nulli, e facendo rientrare tra gli aspetti del rapporto di lavoro nel pubblico impiego privatizzato anche la modifica dell'istituto, prima formato dai contratti, della mobilità, ha nei fatti contribuito al graduale svuotamento della contrattazione sindacale;
    fino ad agosto 2014, la mobilità volontaria tra aziende ed enti del comparto e con altre amministrazioni di comparti diversi era disciplinata dall'articolo 19 del CCNL, per il quale per l'accesso alla stessa era sostanzialmente necessario solo il nulla osta dell'amministrazione ricevente, lasciando un massimo di 3 mesi all'amministrazione cedente quale tempo per ricercare un eventuale sostituto scorrendo le graduatorie di concorso. Per effetto della suddetta intervenuta normativa, per accedere alla mobilità è necessario non solo la disponibilità dell'amministrazione accogliente la domanda ma anche il nulla osta dell'amministrazione cedente che, peraltro, può essere negato perché non più legato alla sua sostituzione con il preavviso di un mese come disposto dal comma 2 del CCNL;
    alla luce dell'attuale normativa l'assenso dell'amministrazione di appartenenza (nulla osta) resta pertanto una condizione imprescindibile, introdotta per volontà del governo al fine di sottrarre la pubblica amministrazione alle unilaterali iniziative dei dipendenti, che avrebbero potuto decidere se e quando andarsene, gettando nel caos ogni possibilità di gestire e programmare il personale dipendente. La nuova formulazione avrebbe infatti messo esplicitamente fine ai conflitti generati in materia dalle norme dei suddetti CCNL del comparto Sanità, sia del personale non dirigenziale che della dirigenza medica, sanitaria, amministrativa, tecnica e professionale, nelle quali il nulla osta dell'azienda o ente di appartenenza, qualora non concesso, veniva sostituito dal preavviso dato dal dipendente, che si riteneva facoltizzato a spostarsi anche in assenza del nulla osta della propria azienda, spesso creando notevoli disservizi e compromettendo il mantenimento stesso dei Lea;
    di contro, la nuova normativa fino ad oggi ha prodotto un forte disagio organizzativo soprattutto per quelle aziende pubbliche, come appunto quelle del servizio sanitario regionale che si caratterizzano per una pluralità di amministrazioni con datori di lavoro diversi anche nella stessa provincia. Inoltre, l'obbligo del consenso da parte dell'amministrazione cedente da una parte rende di fatto inutile lo strumento della mobilità, finalizzato all'ottimizzazione della gestione delle risorse umane, e dall'altro è in contraddizione con l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di avviare le procedure di mobilità c.d. propedeutica prima dell'espletamento di procedure concorsuali finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico;
    le stesse amministrazioni lasciate liberamente nella scelta se dare o meno il consenso bloccano le mobilità in uscita, atteggiamento questo che può indurre un dipendente frustrato nelle sue aspettative legittime a comportamenti di assenteismo opportunistico;
    il laconico riferimento, contenuto nell'articolo 9, comma 1, lettera e) del provvedimento, peraltro confinato solo alla dirigenza medica e sanitaria, alla previsione dei casi e delle condizioni nei quali non è richiesto il previo assenso delle amministrazioni di appartenenza per la mobilità, lascia irrisolte sul tappeto tutte le suddette questioni, che, al contrario, sarebbero superabili solo con l'esplicita abrogazione all'articolo 4, comma 1, della legge n. 114 del 2014, delle parole: «previo assenso dell'amministrazione di appartenenza:»;
    appare pertanto opportuno in sede di attuazione della delega di cui all'AC 3098-A, abrogare espressamente all'articolo 4, comma 1, della legge n. 114 del 2014, le parole: «previo assenso dell'amministrazione di appartenenza»,

impegna il Governo

ad attuare quanto previsto nelle premesse e in particolare nell'ultimo capoverso.
9/3098-A/53Scotto, Quaranta, Nicchi, Airaudo, Placido.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del pdl 3098 istituisce gli albi nazionali per la dirigenza pubblica e che tuttavia l'albo dei dirigenti degli enti locali previsto dalla lettera del comma 1 lettera b) punto 3 non affronta la problematiche riguardanti le funzioni dei dirigenti nei comuni con popolazione inferiore a 65 mila abitanti, dove la dirigenza sostanzialmente non esiste (perché non è prevista) e le funzioni vengono oggi svolte dai funzionari apicali – istruttori direttivi di cat. D;
    la questione riguarda il 95 per cento del comuni, circa 7.500, su 8.100 dove non esiste la qualifica dirigenziale con esclusione del segretario comunale la cui figura, con la presente legge si trasformerebbe nell'unico dirigente presente in questi enti;
    in questi comuni non è stato possibile attuare una rotazione dei responsabili di servizi perché spesso le figure professionali presenti nell'organico dell'ente (ragioniere – ingegnere – comandante vv.uu – ecc. 9) sono uniche, non dando la possibilità di alternanza o rotazione come vuole la stessa normà sull'anticorruzione;
    verosimilmente succede per esempio, che un responsabile dell'area tecnica rimane per tutta la vita lavorativa nell'ente ad occupare la stessa funzione di «responsabile del servizio»;
    l'inamovibilità di detti apicali ha generando anche incrostazioni, collusioni, già rilevate in diverse indagini sugli appalti pubblici;
    inoltre, le nuove norme sul patto di stabilità, legate al vincoli ed ai divieti di assunzioni, nonché i limiti imposti alla spesa del personale, in alcune aree del paese (Sud Italia) non consento la sostituzione di detti dirigenti neanche nel caso di impedimento temporaneo o persino di morte del dipendente;
    in attuazione agli obbiettivi che il disegno di legge si propone, volti a favorire tra l'altro, una dinamica rotazione della dirigenza per migliore ed efficientare la macchina amministrativa;
    al fine di assicurare anche in questi comuni un ricambio della guida burocratica che aiuti a superare quei fenomeni di incrostazioni di potere di cui sopra;
    in sede di approvazione dei relativi dlgs attuativi della riforma,

impegna il Governo:

   ad istituire l'Albo nazionale, su base provinciale dei funzionari apicali degli Enti locali con popolazione inferiore a 65.000 abitanti, dove non sono presenti le qualifiche dirigenziali, prevedendo le seguenti modalità di funzionamento;
   il sindaco o il presidente dell'Unione dei Comuni, all'atto dei proprio insediamento, nominano, ai sensi dell'articolo 99 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i dirigenti e i funzionari apicali attingendo dai soggetti iscritti nei relativi Albi. Il profilo professionale dei soggetti nominali deve essere coerente con il posto previsto nella pianta organica dell'ente locale. I dirigenti e i funzionari apicali degli enti locali iscritti nei rispettivi albi possono ricoprire fa funzione presso il medesimo ente locale per una durata massima pari al mandato elettorale del sindaco o presidente dell'Unione. Tale durata può essere prorogata di un ulteriore mandato qualora il sindaco venga rieletto. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto della loro autonomia organizzativa, adeguano le proprie disposizioni alla presente legge entro novanta giorni dall'approvazione della presente, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali;
   i funzionari apicali già titolari di posizione di cui all'articolo 8 del CCNL di categoria del 31 marzo 1999 non nominati o confermati dal Sindaco o dal Presidente dell'Unione, in attesa di un nuovo incarico presso altri enti, restano a disposizione dell'Albo e possono continuare a svolgere l'attività lavorativa nello stesso Ente di provenienza, ma senza godere dell'indennità di posizione e la relativa funzione apicale ciò, compatibilmente con le disponibilità finanziarie dell'Ente;
   si rappresenta che in assoluto, che per l'attuazione del presente albo non vi sono nuovi oneri per la pubblica amministrazione, in quanto saranno utilizzati gli stessi funzionari che oggi sono dipendenti della pubblica amministrazione quindi non vi saranno unita lavorative aggiuntive e di conseguenza, oneri aggiuntivi di finanza pubblica.
9/3098-A/54Ribaudo, Minnucci, Giovanna Sanna, Culotta, Gribaudo, Coccia, Boccuzzi, Porta, D'Arienzo, Giuliani, Ventricelli, Camani, Marantelli, Marrocu, Marchi, Valeria Valente, Rigoni, Rocchi, Albanella, Amoddio, Bargero, Berretta, Michele Bordo, Borghi, De Menech, Fragomeli, Garavini, Gullo, Grassi, Gnecchi, Iacono, Lauricella, Lodolini, Manfredi, Mariano, Mura, Massa, Rigoni, Rossomando, Tidei, Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 1 lettera a) prevede il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente e del territorio e nel campo della sicurezza agroalimentare, la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato con eventuale assorbimento in altra Forza di polizia, salvaguardando gli attuali livelli di presidio dell'ambiente e le professionalità esistenti, la specialità e l'unitarietà delle funzioni svolte dal Corpo forestale medesimo;
    tale Corpo ha acquisito, nel corso di tanti anni di servizio alle Istituzioni ed al Paese, una esperienza ed una professionalità estremamente qualificate e di assoluta eccellenza, soprattutto nel campo della tutela e dei controlli ambientali, a difesa del paesaggio, della natura e del territorio, nella vigilanza nelle aree protette, nonché sulla frontiera, così delicata, della prevenzione e repressione della cosiddetta criminalità ambientale;
    questa esperienza e questa specializzazione professionale degli appartenenti al Corpo forestale dello Stato debbono essere adeguatamente salvaguardate nel processo di riforma in itinere,

impegna il Governo

nell'esercizio della delega legislativa, a preservare ed assicurare, con idonee e coerenti soluzioni normative, la unitarietà, la specialità, la qualificazione professionale, acquisita dal Corpo forestale dello Stato con generale riconoscimento ed apprezzamento, nel solco di una lunga tradizione di servizio allo Stato ed alla comunità, rafforzando le funzioni di tale Corpo sul versante della tutela dell'ambiente, del paesaggio e del territorio, della relativa azione di controllo e vigilanza, della prevenzione e repressione della criminalità ambientale.
9/3098-A/55Tino Iannuzzi, Realacci.


   La Camera,
   premesso che:
    il miglioramento della qualità delle attività di valutazione nelle pubbliche amministrazioni è uno dei tasselli strategici per una reale riforma della pubblica;
    un efficiente sistema di valutazione costituisce la premessa per una adeguata risposta alle criticità della pubblica amministrazione;
    occorre una adeguata trasparenza anche in considerazione delle risorse che alla valutazione vengono attribuite proprio in ragione di un maggiore e migliore efficientamento della macchina amministrativa pubblica;
    per conseguire l'obiettivo di qualificazione e semplificazione del sistema della valutazione è necessaria una effettiva interazione con gli strumenti di programmazione e la stessa capacità di programmazione deve essere recuperata e rafforzata con la individuazione di misure sanzionatorie a carico dei soggetti inadempienti;
    è necessaria la previsione di regole specifiche per gli enti di più ridotte dimensioni, semplificando le procedure e prevedendo meccanismi di valutazione legati soprattutto al miglioramento dello svolgimento delle attività ordinarie;
    il rafforzamento del peso della performance organizzativa, intesa come somma degli obiettivi strategici, del miglioramento della gestione ordinaria e del concorso degli utenti nelle istruttorie che portano alla valutazione;
    l'assegnazione agli organismi di valutazione, attraverso l'obbligo di procedure selettive rigorose ed il coinvolgimento di soggetti giuridici qualificati, di compiti ulteriori di controllo interno e di supporto allo svolgimento delle attività, con particolare riferimento alla gestione delle risorse umane, al controllo di gestione ed alla prevenzione della corruzione;
    l'impianto previsto dal decreto legislativo n. 150 del 2009 va semplificato e snellito, rafforzando il nucleo essenziale dei compiti assegnati agli organismi di valutazione (ad esempio unificando i documenti di programmazione (negli enti locali Programma Esecutivo di Gestione, Piano Dettagliato degli Obiettivi, Piano delle performance, bilancio di mandato, relazione previsionale e programmatica) e di verifica (relazione sulle performance, esiti delle valutazioni, rendiconto di mandato e altro),

impegna il Governo nell'ambito dell'esercizio delle deleghe contenute nel presente disegno di legge a:

   a) valorizzare i soggetti e le professionalità impegnate nelle attività di valutazione;
   b) rivedere in maniera più organica l'attuale disciplina delle limitazioni ed esclusività di svolgimento di attività nell'ambito degli organismi di valutazione;
   c) scegliere i soggetti giuridici nonché i componenti degli organismi di valutazione attraverso una selezione pubblica con criteri comparativi per il superamento delle procedure intuitu personae.
9/3098-A/56Battaglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 7, comma primo, lettera c) prevede il trasferimento delle funzioni attualmente svolte dagli uffici del pubblico registro automobilistico (PRA) al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    al medesimo comma è altresì disciplinata l'introduzione di un'unica modalità di archiviazione dei dati relativi ai veicoli, finalizzata al rilascio di un documento unico contenente sia i dati di proprietà sia quelli relativi alla circolazione degli stessi, che potrà essere perseguita anche attraverso l'eventuale istituzione di un'agenzia o altra struttura sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
    la necessità che l'istituzione di un'agenzia o struttura analoga avvenga senza oneri a carico della finanza pubblica suggerisce di utilizzare una struttura già esistente e funzionante, avanzata nei servizi all'utenza, collaudata per efficacia ed efficienza e diffusa sul territorio, come l'Automobile Club d'Italia,

impegna il Governo

a valutare il trasferimento delle funzioni per il rilascio del documento unico per i veicoli all'Automobile Club d'Italia, a tal fine ridefinendola quale agenzia dei settore trasporti sottoposta per la parte di competenza al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
9/3098-A/57Totaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 7, comma primo, lettera c) prevede il trasferimento delle funzioni attualmente svolta dagli uffici del pubblico registro automobilistico (PRA) al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    tale trasferimento di funzioni può compromettere gravemente il bilancio dell'Automobile Club d'Italia e con esso il futuro di circa quattromila dipendenti tra pubblici e privati, e causare la dispersione di un know how professionale e tecnologico che è tra i più avanzati nel panorama della pubblica amministrazione;
    la norma, infatti, nel caso si realizzi l'eventuale trasferimento di funzioni, non prevede alcuna salvaguardia per il personale coinvolto che non sia legato alle funzioni del pubblico registro automobilistico, e il transito di tutto il personale legato alle funzioni del PRA appare difficoltoso alla luce del fatto che si configurerebbero a tutti gli effetti come delle nuove assunzioni, allo stato non iscritte nel bilancio dello Stato,

impegna il Governo

all'adozione delle misure necessarie alla salvaguardia dei livelli occupazionali dell'ACI a fronte delle trasformazioni funzionali in atto con riferimento ai registri di veicoli.
9/3098-A/58Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in merito al riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio a del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato;
    nell'ambito di tale riorganizzazione, il provvedimento prevede altresì l'eventuale assorbimento dei Corpo forestale dello Stato in altra Forza di polizia,

impegna il Governo

nell'attuazione della delega a tutelare le professionalità, la specializzazione, l'esperienza e le competenze acquisite dagli appartenenti al Corpo forestale dello Stato, a salvaguardare l'unitarietà e la territorialità del Corpo evitando soluzioni che ne possano determinare la frammentazione, nonché a mantenere inalterati i livelli occupazionali e quelli retributivi.
9/3098-A/59Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la lettera c) del comma primo dell'articolo 9 del provvedimento in esame disciplina le modalità di accesso alla dirigenza, a tal fine delegando ai decreti da adottare la definizione degli istituti del corso-concorso e del concorso;
    nella riorganizzazione complessiva delle attribuzioni di incarichi negli enti locali, posta l'introduzione della figura dei direttore generale nei comuni con più di centomila abitanti e il futuro percorso di associazione delle funzioni nei piccoli comuni, determina il rischio di numerosi esuberi tra i segretari comunali;
    nelle more dall'approvazione della relativa disciplina appare indispensabile che siano esperite tutte le procedure di mobilità volontaria e obbligatoria per la copertura dei posti resisi vacanti, al fine di agevolare la ricollocazione dei medesimi Segretari rimasti privi di sede, preservando il patrimonio di professionalità che essi rappresentano,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di specifiche procedure di mobilità e di accesso anticipato alla quiescenza per i Segretari comunali in esubero, e a disporre l'avvio di nuove procedure assunzionali solo in esito all'esperimento delle procedure di mobilità, nonché l'adozione di norme che prevedano la nullità degli atti adottati in violazione di tale procedimento.
9/3098-A/60La Russa.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame prevede la riorganizzazione del Corpo forestale dello stato ed «eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, fatte salve le competenze del medesimo Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e spegnimento con mezzi aerei degli stessi da attribuire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le connesse risorse»;
   da più parti è stata osservata la grande differenza che sussiste tra gli incendi di strutture realizzate dall'uomo e gli incendi boschivi, in particolare per quel che riguarda le modalità con questi ultimi devono essere affrontati; in tale ambito il Corpo forestale dispone di un patrimonio di esperienza e di capacità di fronteggiare le situazioni che non deve essere disperso;
   il 19 maggio la Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, con il documento denominato EU PILOT 6730/14/ENVI, ha avviato un'indagine sull'Italia per la violazione dell'articolo 6 comma 3 della Direttiva 92/43/CEE denominata «Direttiva Habitat». Tra le prescrizioni idonee ad impedire il prosieguo della procedura è previsto che:
  «il rafforzamento del ruolo del Corpo forestale dello Stato dovrebbe essere accompagnato da corsi di Formazione per gli agenti incaricati dei controlli. Inoltre, dovrebbero essere razionalizzate le forze in campo in materia di vigilanza ambientale (ex guardiacaccia delle Province, Corpo Forestale dello Stato, Corpi Forestali Provinciali e Regionali);
   è opportuno, in sede di riorganizzazione delle strutture dell'amministrazione centrale e periferica dello Stato, rafforzare gli strumenti di contrasto alle emergenze ambientali ed in particolare agli incendi boschivi, concentrando e coordinando le diverse forze in campo; si consideri che gli incendi boschivi devono essere considerati quali emergenze ambientali, non solo per i danni al patrimonio boschivo, ma anche per gli effetti di dissesto idrogeologico che regolarmente ne derivano;
   peraltro, per il contrasto di queste calamità, le Regioni si affidano anche al personale specializzato delle ex comunità montane, il cui utilizzo è tuttavia subordinato alla disponibilità di risorse, risorse che in molti casi provengono da Fondi comunitari;

impegna il Governo

al fine di evitare la prosecuzione del procedimento di infrazione comunitario sopra descritto, in sede di applicazione della lettera a) del comma 1 dell'articolo 7, per la parte relativa alle competenze sugli incendi boschivi, a prevedere un forte coordinamento di tutto il personale specializzato nel contrasto (Forestale, Corpi Forestali Provinciali e Regionali, V.V.F.F, personale delle ex comunità montane), eventualmente valutando, di concerto con le regioni, di destinare a queste attività una quota delle risorse della programmazione comunitaria 2014-2020.
9/3098-A/61Cera.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame dispone, all'articolo 14, in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche; in particolare il numero 4-bis) della lettera m) del comma 1 prevede l'introduzione di un sistema sanzionatorio basato sulla riduzione dei trasferimenti dello Stato per la mancata attuazione dei principi di razionalizzazione delle partecipazioni societarie delle pubblica amministrazione di cui al comma 611 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014;
    il citato comma 611 prevede che gli enti locali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di istruzione universitaria pubblici e le autorità portuali, a decorrere dal 1o gennaio 2015, avviano un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015, anche tenendo conto dei seguenti criteri:
     a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione;
     b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
     c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni;
     d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica;
     e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni;
    il successivo comma 612 prevede che tale processo di razionalizzazione si attui mediante un piano operativo di razionalizzazione da approvare entro il 31 marzo 2015. Entro il 31 marzo 2016, le varie pubbliche amministrazioni sono tenute a predisporre una relazione sui risultati conseguiti, che è trasmessa alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicata nel sito internet istituzionale dell'amministrazione interessata;
   il Piano Cottarelli in materia di spending review, che è un'applicazione degli impegni di riduzione della spesa pubblica adottati in sede comunitaria, prevedeva la riduzione delle partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni da 8.000 a 1.000,

impegna il Governo

al fine di accelerare il processo di razionalizzazione della spesa pubblica, ad emanare con la massima sollecitudine il decreto o decreti applicativi dell'articolo 14 in materia di riordino delle partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni, in modo da consentire già a decorrere dal 2016, l'applicazione del regime sanzionatorio previsto dal numero 4-bis) della lettera m) del comma 1, alle amministrazioni che non abbiano ottemperato al disposto dei commi 611 e 612 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 (Legge di stabilità del 2015).
9/3098-A/62Dorina Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del disegno di legge in esame conferisce una delega legislativa per la riorganizzazione delle amministrazioni dello Stato, che prevede, tra i principi e criteri direttivi, la razionalizzazione e il potenziamento delle funzioni di polizia al fine di evitare sovrapposizioni di competenze e di favorire la gestione associata di servizi strumentali;
    la delega prevede altresì «le conseguenti modificazioni agli ordinamenti del personale delle forze di polizia di cui all'articolo 16 della legge n. 121 del 1981, in aderenza al nuovo assetto funzionale e organizzativo, anche attraverso la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera, prevedendo l'eventuale modifica dei ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna forza di polizia, nonché assicurando il mantenimento dei trattamenti economici;
    sarebbe stato opportuno affiancare alla riorganizzazione delle Forze di polizia, quella della Forze armate, anche e soprattutto in funzione dei principi di specificità e di equiordinazione delle Forze di polizia e delle Forze Armate;
    tra l'altro, «le peculiarità ordinamentali e funzionali del personale di ciascuna Forza di polizia» sono espressamente richiamati dal testo approvato, laddove si fa rimando all'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183. Una simile disposizione, che afferma il principio di specificità limitatamente alle Forze di polizia, escludendo invece le Forze Armate, divide il comparto sicurezza-difesa e rappresenta un grave errore;
    per quanto invece attiene al principio di equiordinazione, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 277 del 3 giugno 1991, ha espressamente affermato detto principio sostenendo l'esigenza di realizzare l'uniformità di progressione economica tra il personale delle Forze di polizia, sia ad ordinamento militare sia ad ordinamento civile, sulla base della sostanziale corrispondenza delle funzioni e dei compiti assolti dal personale ad esse appartenenti. Non a caso, proprio in linea con principi affermati dalla Corte Costituzionale, la legge 6 marzo 1992, n. 216, aveva delegato il Governo ad emanare decreti legislativi per le necessarie modificazioni agli ordinamenti del personale appartenente alle Forze di polizia anche ad ordinamento militare, alle Forze Armate, con esclusione dei dirigenti e direttivi e gradi corrispondenti, per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo di conseguire una disciplina omogenea, fermi restando i rispettivi compiti istituzionali, le norme fondamentali di stato, nonché le attribuzioni delle autorità di pubblica sicurezza, previsti dalle vigenti disposizioni di legge;
    in attuazione dell'articolo 3 della citata legge, erano stati emanati i decreti legislativi 12 maggio 1995, n. 196, n. 197, n. 198, n. 199, n. 200 e n. 201, in relazione alla necessità di conferire una disciplina uniforme per il personale delle varie componenti del Compatto Sicurezza e Difesa, in aderenza, appunto, al principio di equiordinazione;
    non si comprende, dunque, una così immotivata volontà di introdurre la suddivisione di un Comparto che, per propria intrinseca natura, non può che essere disciplinato unitariamente;
   in tale contesto, senza alcun riferimento al riordino delle carriere del personale delle Forze Armate, risulterebbe sicuramente improprio, ai fini dell'utilizzo delle risorse finanziarie rinvenienti dalla riforma, il richiamo contenuto all'interno della delega all'articolo 3, comma 3, secondo periodo della legge n. 305 del 2003: detta norma, infatti, destinava vari stanziamenti per l'adozione di provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale non direttivo e non dirigente non solo delle Forze di polizia, ma anche delle Forze Armate. Nei fatti, quindi, il legislatore stornerebbe tali stanziamenti in favore di una sola delle componenti del Comparto, sacrificando indebitamente l'altra in nome di non meglio precisate finalità,

impegna il Governo

ad intraprendere le opportune iniziative volte a disciplinare unitariamente le varie componenti del comparto sicurezza e difesa, procedendo al riordino e al rispetto delle carriere e delle aspettative sia delle forze di polizia che delle forze armate colpite dal blocco degli stipendi e delle risorse, confermando la specificità del settore che va concepito nella sua unitarietà.
9/3098-A/63Palmizio, Petrenga, Palese, Occhiuto.


   La Camera

impegna il Governo

ad intraprendere le opportune iniziative volte a disciplinare unitariamente le varie componenti del comparto sicurezza e difesa, procedendo al riordino e al rispetto delle carriere e delle aspettative sia delle forze di polizia che delle forze armate colpite dal blocco degli stipendi e delle risorse, confermando la specificità del settore che va concepito nella sua unitarietà.
9/3098-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta) Palmizio, Petrenga, Palese, Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in più passaggi evoca il rapporto tra la dirigenza pubblica e la politica, senza però esprimere quella adeguata ed opportuna ponderazione tra i poteri di indirizzo e di controllo propri della politica e l'autonomia gestionale che deve, invece, sempre caratterizzare l'operato della pubblica amministrazione e dei suoi funzionari preposti. La temporaneità dell'incarico dirigenziale, la maggiore mobilità e soprattutto la decadenza dal ruolo per semplice decorrenza del periodo senza incarico così come definiti dal provvedimento rischiano di creare un rapporto perverso tra la politica e la pubblica amministrazione;
    la riforma, infatti, crea surrettiziamente sistemi automatici e privi di rimedi giurisdizionali per eliminare i dirigenti non graditi, slegati totalmente dagli esiti della valutazione del loro operato, giungendo indirettamente alla realizzazione di un sistema di fiduciarietà degli incarichi dirigenziali, tale da ledere il principio di separazione della politica dalla gestione e l'imparzialità della dirigenza, al punto che, di conseguenza, i dirigenti saranno indotti a connotarsi in maniera evidente, in modo politico (e dunque di parte);
    a conferma di tutto ciò il provvedimento all'articolo 9, comma 1, lettera h), con riferimento ai dirigenti privi di incarico stabilisce che gli stessi verranno collocati in disponibilità e che solo a seguito di una valutazione negativa dall'organismo di appartenenza decadranno dal ruolo unico. Si tratta di un meccanismo che nell'intento del Governo dovrebbe servire per sganciare la decadenza dell'incarico dal tasso di fedeltà del dirigente alle scelte della politica, ma che nella realtà può trasformarsi nel pericoloso asservimento della dirigenza alla politica, posto che rappresenta una modalità di interruzione del rapporto di lavoro con i dirigenti, totalmente arbitrario, slegato sia da giustificati motivi sia oggettivi che soggettivi, tale da determinare una risoluzione del rapporto di lavoro di tipo automatico priva di qualsiasi tutela per il dirigente, ancorché la sua collocazione in disponibilità sia giustificata da ragioni evidentemente discriminatorie o politiche;
    non si può non rilevare, allora, come la possibilità di non attribuire al dirigente un nuovo incarico costituisca un'arma di pressione formidabile per gli organi politici, tale da condizionare fortemente l'azione gestionale e giungere a trasformarla, da strumento operativo per attuare indirizzi generali nel rispetto pur sempre dei principi di imparzialità e buon andamento, in sistema finalizzato a garantire consenso, trattamenti privilegiati a chi si schiera dalla parte politica di volta in volta al governo, valutazione più che dei risultati asettici, dell'adesione al comune sentire politico;
   la suddetta previsione stride con quanto, invece, previsto alla successiva lettera l) del medesimo comma 1, dell'articolo 9, in tema di responsabilità dei dirigenti, nel quale l'autonomia dell'attività gestionale trova un limite solo nella colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione, lasciando invece il dirigente libero di affrancarsi dalla politica e di opporsi a scelte che ritiene inopportune o illegittime;
   secondo la Corte dei conti, che ha avuto modo di esprimere un giudizio sulla riforma, ha evidenziato: «la necessità di garantire un contemperamento fra l'esigenza di assicurare la flessibilità dei modelli organizzativi e la salvaguardia di un'effettiva autonomia dei dirigenti nei confronti degli organi politici, nel quadro del modello prescelto fin dal decreto legislativo n. 29 nel 1993, basato sulla separazione tra indirizzo politico e attività gestionale, posto che la riforma proposta non sembra garantire questo punto di equilibrio, in quanto aumenta i margini di discrezionalità per il conferimento degli incarichi; una discrezionalità solo in parte temperata dalla previsione di requisiti legati alla particolare complessità degli uffici e al grado di responsabilità che i dirigenti sono chiamati ad assumere. L'abolizione della distinzione in fasce, l'ampliamento della platea degli interessati, la breve durata degli incarichi attribuiti, il rischio che il mancato conferimento di una funzione possa provocare la decadenza dal rapporto di lavoro, costituiscono un insieme di elementi che potrebbero sacrificare l'autonomia dei dirigenti»,

impegna il Governo

in sede di esercizio della delega a garantire un contemperaneamento fra l'esigenza di assicurare la flessibilità dei modelli organizzativi e la salvaguardia di un'effettiva e piena autonomia dei dirigenti nei confronti degli organi politici.
9/3098-A/64Airaudo, Costantino, Quaranta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento al nostro esame prevede interventi e disposizioni al fine di promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori delle amministrazioni pubbliche;
    in particolare si prevede, tra l'altro, la stipula di apposite convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia, nonché l'organizzazione di servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica, anche mediante accordi con altre amministrazioni pubbliche;
    lo stesso articolo poi delega ad una direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione degli indirizzi per l'adozione delle linee guida contenenti le regole inerenti l'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la prevista conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
    in realtà ogni intervento dovrebbe essere realizzato nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e, quindi, non si prevede alcuna ulteriore e adeguata risorsa per il necessario potenziamento dei servizi degli asili nido e della scuola per l'infanzia, misura essenziale per consentire una reale conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
    così come nella legge da poco approvata «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti» – cosiddetta «La buona scuola» - il nuovo «sistema nazionale integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni», è rinviato e dovrebbe, forse, essere realizzato entro i prossimi 18 mesi;
    e nel frattempo per il settore 0-6 anni tutto resterà come prima, nessuna innovazione didattica, nessun potenziamento dell'offerta formativa, nessun insegnante aggiuntivo per un settore che dovrebbe diventare integrato, costituito cioè dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia così da garantire ai bambini – così come precisato nella delega al Governo – «pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando diseguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie»,

impegna il Governo

al fine di sostenere le famiglie, ed in particolare i genitori, a conciliare i loro tempi di vita con quelli di lavoro, a predisporre un piano pluriennale per la diffusione su tutto il territorio nazionale di un congruo numero di asili nido e di scuole per l'infanzia, prevedendo adeguate risorse nella legge di stabilità 2016.
9/3098-A/65Pannarale, Airaudo, Placido, Nicchi, Quaranta, Costantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, lettera b), indica principi e criteri riferibili esclusivamente alla riorganizzazione dell'amministrazione centrale, focalizzando in particolare il campo di intervento sul rafforzamento del ruolo di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei ministri e sulle conseguenti funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri;
    tra i principi, si prevede altresì l'esame da parte del Consiglio dei ministri delle designazioni e nomine di competenza ministeriale, nonché una nuova disciplina degli uffici di diretta collaborazione (stabilendo, anche al fine di garantire un'adeguata qualificazione professionale del personale, una eventuale pubblicazione dei dati nei siti istituzionali delle relative amministrazioni),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere obbligatoria la pubblicazione dei dati, dei curricula e dei profili professionali (nei siti istituzionali delle relative amministrazioni) delle figure presenti negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, dei vice ministri e dei sottosegretari di Stato.
9/3098-A/66Antimo Cesaro.


   La Camera,
   premesso che:
    è in corso di discussione l'A.C. 3098, già approvato dal Senato, contenente «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»;
    l'articolo 7, comma 1, lettera c) prevede il seguente criterio direttivo: «con riferimento alle amministrazioni competenti in materia di autoveicoli: riorganizzazione, ai fini della riduzione dei costi connessi alla gestione dei dati relativi alla proprietà e alla circolazione dei veicoli e della realizzazione di significativi risparmi per l'utenza, anche mediante trasferimento, previa valutazione della sostenibilità organizzativa ed economica, delle funzioni svolte dagli uffici del Pubblico registro automobilistico al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con conseguente introduzione di un'unica modalità di archiviazione finalizzata al rilascio di un documento unico contenente i dati di proprietà e di circolazione di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, da perseguire anche attraverso l'eventuale istituzione di un'agenzia o altra struttura sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; svolgimento delle relative funzioni con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente»;
   considerato che:
    l'introduzione di un'unica modalità di archiviazione dei dati finalizzata al rilascio di un documento unico rappresenta un passo necessario per promuovere una più efficiente gestione e un più efficace trattamento dei dati relativi alta circolazione in possesso della pubblica amministrazione;
    risultati ancora migliori, anche a livello di miglioramento della sicurezza stradale, di ottimizzazione dei flussi logistici e di contrasto alle frodi, potrebbero ottenersi attraverso l'interoperabilità e la contestuale disponibilità per la pubblica amministrazione sia dei dati contenuti nel futuro documento unico sia dei dati relativi alla regolarità fiscale e assicurativa, alle revisioni e alla manutenzione ordinaria e straordinaria del veicolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, conformemente alle linee guida sulla dematerializzazione della documentazione amministrativa e senza ulteriori oneri per lo Stato, di predisporre un ulteriore documento digitale denominato carta di identità del veicolo, contenente sia i dati contenuti nel documento unico, sia quelli relativi alla regolarità fiscale e assicurativa, alle revisioni e alla manutenzione ordinaria e straordinaria del veicolo.
9/3098-A/67Catalano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale, mediante modifiche alla disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative e degli enti pubblici non economici nazionali;
    uno specifico principio riguarda il riordino delle funzioni di polizia ambientale, con la conseguente riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato e il suo eventuale assorbimento in altra Forza di polizia;
    la suddetta previsione comporta il rischio di una compressione delle attività di contrasto agli illeciti concernenti la filiera agro-alimentare, la tutela ambientale e la salvaguardia del territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di evitare la dispersione delle competenze e delle professionalità del personale del Corpo forestale dello Stato, quale Corpo specializzato, di inserire lo stesso, nella sua interezza, in altra forza di polizia, alle dipendenze funzionali del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, conservando le funzioni attuali e la separazione dei ruoli organici.
9/3098-A/68Sottanelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il processo di riorganizzazione della pubblica amministrazione assume una rilevanza strategica per il rilancio del Paese ed in particolare per il Mezzogiorno;
    tale riforma si inserisce nel più ampio disegno riformatore portato avanti dal governo con gli interventi in materia di mercato del lavoro, giustizia e riorganizzazione istituzionale;
    il maggiore efficientamento della macchina pubblica è una delle priorità per facilitare l'allocazione di nuovi investimenti nel Sud;
    è una priorità anche in riferimento ad un maggiore migliore utilizzo delle risorse comunitarie anche in riferimento al nuovo accordo di partenariato siglato lo scorso 29 ottobre 2014 riguardante la programmazione 2014-2020;
    in particolare l'obiettivo tematico n. 11 prevede quello di fornire servizi migliori e di investire in strutture, capitale umano, sistemi e strumenti del settore pubblico per conseguire una maggiore efficienza dei processi organizzativi e una gestione più moderna, nonché a motivare e qualificare i dipendenti pubblici,

impegna il Governo

ad istituire un Osservatorio permanente sulla pubblica amministrazione per le regioni meridionali con l'obiettivo di monitorare semestralmente gli avanzamenti dei processi di riforma ed efficientamento della macchina pubblica, anche in relazione alla capacità di utilizzo dei fondi comunitari e al conseguimento di quanto previsto dall'obiettivo tematico n. 11, nonché per assicurare la massima trasparenza e adeguato contrasto per quanto concerne infiltrazioni criminali.
9/3098-A/69Covello, Sgambato.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero della semplificazione e della pubblica amministrazione avrebbe definito, con un decreto ancora in attesa di pubblicazione, i criteri per l'operazione di mobilità che interesserà il personale delle province;
    secondo quanto comunicato dallo stesso Ministero viene confermata la scelta di ridistribuire, secondo un preciso cronoprogramma, i dipendenti cosiddetti soprannumerari presso gli enti territoriali e locali, nelle aziende del servizio sanitario nazionale o ancora, in alternativa, al Ministero della Giustizia (tribunali, cancellerie, corti e altri uffici giudiziari);
    secondo le organizzazioni sindacali potrebbe trattarsi, piuttosto, di una mobilità discrezionale e senza garanzie di trasparenza che lascia alle singole amministrazioni la scelta dei dipendenti in esubero, con l'annesso rischio di una riduzione del relativo salario e di un demansionamento della loro attività lavorativa;
    infatti, almeno stando alla bozza del suddetto decreto, la parte accessoria del trattamento economico sarebbe in bilico, a differenza di quanto invece previsto dalla cosiddetta riforma Delrio che prevedeva il mantenimento della parte accessoria in godimento. Riguardo a quest'ultimo aspetto nella bozza il mantenimento sarebbe garantito limitatamente alle voci con carattere di generalità e natura fissa e continuativa, non correlate allo specifico profilo d'impegno nell'ente di provenienza,

impegna il Governo

in sede di perfezionamento definitivo del suddetto decreto a mantenere inalterati i livelli salariali e professionali di tutti i lavoratori delle province interessati al processo di ricollocamento.
9/3098-A/70Ferrara, Kronbichler, Sannicandro, Paglia, Daniele Farina, Quaranta, Costantino, Nicchi.


   La Camera,
   premesso che:
    con una recente sentenza la Corte Costituzionale, chiamata ad esaminare la legittimità delle norme che hanno imposto il blocco dei contratti e degli stipendi nella Pubblica Amministrazione, ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della stessa, l'illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato;
    la sentenza, il cui onere per la finanza pubblica avrebbe comportato effetti devastanti essendo stato quantificato con riferimento al quinquennio 2010-2015 in 35 miliardi di euro, avrà invece effetto irretroattivo con un effetto strutturale di 13 miliardi annui a partire dal 2016, secondo una memoria presentata dall'Avvocatura dello Stato;
    tale storico pronunciamento della Consulta, oltre a dare ai lavoratori il giusto riconoscimento economico, impone al governo la immediata riapertura della contrattazione per oltre 3 milioni e mezzo di lavoratori, i cui effetti, facendo ripartire i consumi, contribuirebbe significativamente a dare una spinta all'economia reale del Paese;
    a seguito dello stesso pronunciamento si pone il problema dell'indennità di vacanza contrattuale che, con riferimento all'anno 2015, dovrebbe essere prevista nel periodo compreso dalla pubblicazione della suddetta sentenza fino al 31 dicembre,

impegna il Governo

ad ottemperare al pronunciamento della Corte costituzionale provvedendo immediatamente alla riapertura di una fase negoziale con le organizzazioni sindacali per il rinnovo della contrattazione della pubblica amministrazione, ed ad individuare le risorse finanziarie da destinare alla liquidazione dell'indennità di vacanza contrattuale relativa al secondo semestre 2015.
9/3098-A/71Costantino, Quaranta, Kronbichler, Ferrara, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    si ritiene necessario riportare il personale dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno nell'ambito di un «ruolo speciale» della Pubblica Amministrazione, come già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 340 del 1982, in considerazione delle particolari peculiarità che riveste detto personale in riferimento alle competenze istituzionali rafforzate dai vari legislatori nazionali. I compiti in questione sono stati ampliati nel corso degli anni in virtù di scelte politiche legate al manifestarsi di eventi criminogeni non solo nazionali (criminalità organizzata, ecomafia, corruzione in ambito di appalti pubblici e recentemente nel settore calcio), ma altresì a carattere sovranazionale (ondate migratorie provenienti dai Paesi della cosiddetta Primavera araba);
    tale «specialità» riveste un'importanza fondamentale che nel corso degli anni è stata più volte rafforzata dal legislatore nazionale, con la legge n. 121 del 1981, cosiddetta Riforma della Pubblica Sicurezza, nonché dalla legge n. 930 del 1980 che prevede l'istituzione di un ruolo speciale del personale dell'Amministrazione civile nell'ambito del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa Civile;
    a tal proposito, giova ricordare l'impegno quotidiano profuso dai dipendenti dell'Amministrazione civile dell'Interno sia in ambito centrale che nelle strutture periferiche ed in particolare nelle Prefetture e Questure della Regione Sicilia, che giocano un ruolo decisivo nella materia dell'immigrazione in quanto contribuiscono ad assistere, soccorrere e smistare nei vari centri per l'immigrazione, ondate migratorie che non hanno eguali nella storia,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte ad inserire il personale civile dell'Amministrazione del Ministero dell'interno nel cosiddetto ruolo speciale previsto dalla riforma della Pubblica Amministrazione.
9/3098-A/72Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge delega di riforma della Pubblica Amministrazione, disegno di legge 1577 – A.C. 3098 –, all'articolo 9 reca una disciplina innovativa in materia di dirigenza pubblica, istituendo un sistema unico articolato in tre ruoli relativi ai dirigenti dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali;
    nell'ambito di tale riforma, al comma 1, lettera b), numero 4), è prevista l'abolizione della figura del segretario comunale e provinciale e del relativo albo, la confluenza dei segretari nel ruolo dei dirigenti degli enti locali e l'attribuzione alla dirigenza del predetto ruolo dei compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa, direzione degli uffici e controllo della legalità dell'azione amministrativa;
    è quindi previsto, in sostituzione della soppressa figura del segretario, l'obbligo per gli enti totali di nominare comunque un dirigente apicale con compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa, direzione degli uffici e controllo della legalità dell'azione amministrativa;
    opportunamente è altresì prevista una fase transitoria e di prima applicazione, nella quale gli enti hanno l'obbligo di conferire tale incarico di direzione apicale, con i predetti compiti, ai dirigenti già qualificati a tal fine dall'iscrizione nel predetto albo e confluiti nel ruolo di cui al numero 3), nonché ai soggetti già iscritti all'albo, nella fascia professionale C, e ai vincitori del corso di accesso in carriera, già bandito alla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
    decorsa tale fase transitoria, essendo soppresso lo specifico albo dei segretari, gli enti potranno conferire l'incarico di dirigente apicale avendo come bacino professionale di riferimento l'intero ruolo unico degli enti locali;
    al medesimo articolo 9, comma 1, lettera f), è prevista la definizione, per ciascun incarico dirigenziale, dei requisiti necessari in termini di competenze ed esperienze professionali, tenendo conto della complessità, delle responsabilità organizzative e delle risorse umane e strumentali;
    ne deriva la necessità che durante la prevista fase transitoria siano previsti e definiti gli specifici requisiti professionali, in termini di competenze ed esperienza, per lo specifico incarico di dirigente apicale, secondo criteri idonei ad assicurare la possibilità di individuare dal citato ruolo unico dei dirigenti degli enti locali soggetti in possesso delle competenze idonee ad assicurare l'efficace svolgimento negli enti predetti delle rilevanti funzioni di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa, direzione degli uffici e controllo della legalità dell'azione amministrativa assegnati dalla legge a tale funzione dirigenziale apicale;
    occorre quindi definire gli specifici requisiti professionali per l'incarico di dirigente apicale, al fine di assicurare che, al termine di tale fase transitoria e di prima applicazione, gli enti possano continuare ad individuare, nel più vasto ambito del citato ruolo unico, soggetti in possesso delle competenze idonee ad assicurare l'efficace svolgimento dei rilevanti compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa, direzione degli uffici e controllo della legalità dell'azione amministrativa assegnati dalla legge a tale funzione dirigenziale apicale,

impegna il Governo

a disciplinare, nell'ambito del decreto legislativo da adottarsi in attuazione della legge delega di cui in premessa, gli specifici requisiti per l'incarico di dirigente apicale di cui all'articolo 9, comma 1 lettera b) numero 4, della legge delega medesima, con criteri idonei ad assicurare l'effettivo possesso delle competenze e dell'esperienza necessarie ad assolvere a tale rilevante incarico dirigenziale, commisurandoli altresì ai diversi livelli di dimensione e complessità degli enti locali.
9/3098-A/73Giovanna Sanna, Francesco Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    le istituzioni culturali vigilate e sovvenzionate dal MIBACT sono da tempo oggetto di una complessiva diminuzione delle risorse finanziarie ad esse destinate;
    a fronte di una sostanziale tenuta del Fondo Unico per lo Spettacolo, apprezzabile ma non sufficiente a sostenere la riforma in atto per le Fondazioni lirico sinfoniche e soprattutto quella per lo spettacolo dal vivo, la situazione attuale registra il forte decremento delle risorse destinate allo spettacolo da parte delle Regioni e del sistema delle autonomie locali, nonché la costante diminuzione degli interventi delle Fondazioni bancarie e delle Camere di Commercio;
    se complessivamente condivisibile è il tentativo di modernizzazione e di svecchiamento della pubblica amministrazione, che la riforma in esame intende attuare, altrettanto necessario per la qualità della produzione delle istituzioni culturali è che le stesse possano avvalersi di persone particolarmente esperte nella materia, così come è di fondamentale importanza che alla guida delle istituzioni culturali sia assicurata la presenza di persone in possesso di trascorse esperienze professionali da porre al servizio dell'ottimizzazione della conduzione e gestione;
    considerato che, con l'approvazione dell'articolo 10 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 proprio per garantire la prosecuzione del funzionamento degli enti pubblici e privati operanti nei settori dei beni e delle attività culturali, nonché la qualità dei progetti e delle attività culturali in itinere, è stata riconosciuta un'eccezione culturale nell'ambito del processo di razionalizzazione e monitoraggio della spesa delle amministrazioni pubbliche,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di consentire agli enti e agli organismi, anche aventi personalità giuridica di diritto privato, che operano nel settore dei beni e delle attività culturali, vigilati o comunque sovvenzionati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, di utilizzare il personale in quiescenza, in possesso di provata competenza ed esperienza nel settore, con collaborazioni a titolo gratuito, mutuando il principio dell'eccezione culturale sopra menzionato.
9/3098-A/74Manzi, Rampi, Piccoli Nardelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma dei cosiddetti Enti territoriali di Area Vasta, Province e Città Metropolitane, costituisce uno dei perni principali attorno a cui ruota il più generale disegno di riforma della Pubblica Amministrazione italiana;
    il processo di semplificazione attuato, con la scelta di abolire l'Ente Provincia e il contestuale trasferimento delle sue funzioni ad altri Enti, richiede necessariamente tempi adeguati alla complessità delle strutture amministrative interessate e alla mole di personale coinvolto;
    il legislatore, attraverso una successione di Atti normativi e amministrativi, è intervenuto per disciplinare nel dettaglio tale processo di riforma che, soprattutto sul tema della ricollocazione del personale in forza agli Enti interessati, presenta profili di complessità che richiedono tempi e scelte adeguate;
    ad oggi infatti, non sono ancora chiari i termini, i tempi e le modalità di ricollocazione del personale in esubero, nonché del personale già collocato in mobilità;
    con la circolare n. 1 del 2015 del 29 gennaio 2015, il Ministero per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione ha dettato le «Linee guida in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle Province e delle Città metropolitane articolo 1 commi da 418 a 430 della legge 23 dicembre 2014, n. 190»;
    sulla base della citata Circolare, e della normativa attualmente definita, nel predisporre i Piani di riassetto organizzativo del personale degli Enti pubblici, vengono considerati prioritariamente, ai fini della ricollocazione, i lavoratori degli Enti di Area vasta oggetto della riforma, Province e Città Metropolitane, escludendo i lavoratori di tutti gli altri Enti pubblici che ad oggi sono stati posti in mobilità (disponibilità) secondo quanto previsto dall'articolo 34 eseguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001;
    l'esclusione del personale in disponibilità, ai senti del decreto legislativo 165, dalle procedure previste per la ricollocazione del personale degli Enti di area vasta, costituisce una indebita disparità di trattamento potenzialmente in grado di ledere i diritti di migliaia di lavoratori;
    ciò contrasta con lo spirito della Riforma della Pubblica amministrazione e con i principi generali del nostro Ordinamento giuridico,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative affinché vengano estese ai lavoratori in disponibilità, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 165 del 2001, tutte le garanzie previste per i lavoratori degli Enti di Area Vasta, Province e Città metropolitane.
9/3098-A/75Pilozzi, Camani.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma dei cosiddetti Enti territoriali di Area Vasta, Province e Città Metropolitane, costituisce uno dei perni principali attorno a cui ruota il più generale disegno di riforma della Pubblica Amministrazione italiana;
    il processo di semplificazione attuato, con la scelta di abolire l'Ente Provincia e il contestuale trasferimento delle sue funzioni ad altri Enti, richiede necessariamente tempi adeguati alla complessità delle strutture amministrative interessate e alla mole di personale coinvolto;
    il legislatore, attraverso una successione di Atti normativi e amministrativi, è intervenuto per disciplinare nel dettaglio tale processo di riforma che, soprattutto sul tema della ricollocazione del personale in forza agli Enti interessati, presenta profili di complessità che richiedono tempi e scelte adeguate;
    ad oggi infatti, non sono ancora chiari i termini, i tempi e le modalità di ricollocazione del personale in esubero, nonché del personale già collocato in mobilità;
    con la circolare n. 1 del 2015 del 29 gennaio 2015, il Ministero per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione ha dettato le «Linee guida in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle Province e delle Città metropolitane articolo 1 commi da 418 a 430 della legge 23 dicembre 2014, n. 190»;
    sulla base della citata Circolare, e della normativa attualmente definita, nel predisporre i Piani di riassetto organizzativo del personale degli Enti pubblici, vengono considerati prioritariamente, ai fini della ricollocazione, i lavoratori degli Enti di Area vasta oggetto della riforma, Province e Città Metropolitane, escludendo i lavoratori di tutti gli altri Enti pubblici che ad oggi sono stati posti in mobilità (disponibilità) secondo quanto previsto dall'articolo 34 eseguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001;
    l'esclusione del personale in disponibilità, ai senti del decreto legislativo 165, dalle procedure previste per la ricollocazione del personale degli Enti di area vasta, costituisce una indebita disparità di trattamento potenzialmente in grado di ledere i diritti di migliaia di lavoratori;
    ciò contrasta con lo spirito della Riforma della Pubblica amministrazione e con i principi generali del nostro Ordinamento giuridico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le iniziative affinché vengano estese ai lavoratori in disponibilità, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 165 del 2001, tutte le garanzie previste per i lavoratori degli Enti di Area Vasta, Province e Città metropolitane.
9/3098-A/75. (Testo modificato nel corso della seduta) Pilozzi, Camani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9, comma 1, lettera b) nn. 3 e 4 prevede la istituzione del ruolo unico dei dirigenti degli Enti locali, nel quale dovranno essere inseriti i segretari comunali e provinciali, iscritti nelle fasce professionali A e B del vigente albo nazionale dei segretari;
    il ruolo unico dei dirigenti degli Enti locali sarà gestito da una Commissione per la dirigenza locale, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera b) n. 3, sulla base dei medesimi criteri fissati al n. 1 con riferimento alla Commissione per la dirigenza statale;
    fra i segretari comunali e provinciali iscritti in tale ruolo unico (nonché fra i soggetti già iscritti all'Albo nazionale dei segretari nella fascia professionale C e fra i vincitori del corso di accesso in carriera già bandito alla data di entrata in vigore del presente disegno di legge) dovranno essere individuati i dirigenti ai quali conferire gli incarichi di dirigente apicale, in una fase transitoria e di prima applicazione;
    occorre definire con precisione gli specifici requisiti professionali necessari, al termine della fase transitoria, per poter assumere tali delicate e nevralgiche funzioni, al vertice del complesso degli uffici e dei servizi riconducibili agli Enti locali, affinché i dirigenti investiti siano in possesso di tutti i requisiti professionali indispensabili,

impegna il Governo

nell'esercizio della delega legislativa, a definire una disciplina normativa che consenta alla Commissione per la dirigenza locale di stabilire i requisiti specifici per il conferimento degli incarichi dirigenziali negli Enti locali, a cominciare da quelli di dirigente apicale, affinché tali ultime funzioni siano svolte da dirigenti effettivamente in possesso di tutti i requisiti necessari in termini di competenze ed esperienze professionali adeguate e coerenti con i compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa, direzione degli uffici e controllo della legalità dell'azione amministrativa, di esercizio della funzione rogante assegnati dalla legge a tale incarico dirigenziale, nonché commisurate ai diversi livelli di dimensione e complessità degli enti locali.
9/3098-A/76Fabbri, Tino Iannuzzi, D'Attorre.


   La Camera,
   premesso che:
    con questo provvedimento appena approvato si è deciso di ridurre i corpi di polizia e di sciogliere il Corpo forestale dello Stato;
    il senso di questo provvedimento, almeno quello riferito dal Governo, è quello di raggiungere obiettivi di risparmio e di efficientamento;
    a giudizio del sottoscritto questi obiettivi si sarebbero potuti raggiungere prima e meglio attraverso percorsi di reale efficientamento da parte di tutti e 5 i corpi di polizia;
    mentre il Parlamento stava approvando la norma in questione, il Capo del Corpo forestale dello Stato disponeva che i propri uffici partecipassero a dei Tavoli istituzionali con l'Arma dei Carabinieri in mancanza di una norma che, a tutt'oggi, non è in vigore;
    a mio giudizio il Governo non ha idea di come si dovrà fare questa «unificazione» o «incorporazione» o «liquidazione» e, di conseguenza, ha demandato all'efficienza, alla professionalità ed alla serietà dell'Arma dei Carabinieri dell'intera progettazione, direzione lavori e collaudo dell'operazione;
    il problema sta nella mancanza di una norma, almeno fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della norma in esame, che autorizzi gli uomini del Corpo forestale dello Stato a partecipare ai tavoli tecnici con i Carabinieri;
    oltre al Tavolo tecnico con i Carabinieri, probabilmente, dovrebbero esserci anche quelli con la Polizia di Stato, con la Guardia di finanza e con il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco;
    la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, anche se non esplicitato nel provvedimento appena approvato e da definire nei decreti legislativi di attuazione della delega, fa chiaramente perno sui Carabinieri del NOE («funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare») e sui Carabinieri del MAS («sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare») che verranno ad assorbire sia le funzioni del Corpo forestale dello Stato che le risorse umane e professionali ad esse connesse da individuare e da militarizzare;
    non c’è alcuna considerazione relativa a tutto il resto delle funzioni di vigilanza del territorio (90 per cento dell'attività ordinaria) svolto organicamente dal personale forestale che, quindi, subirà una sorte indefinita, volta presumibilmente a colmare gli organici nelle Stazioni dei Carabinieri («transito del personale nella relativa forza di polizia»), nel caso accettino la militarizzazione («con l'assunzione della relativa condizione») dello status giuridico;
    il passaggio della norma che dice «nonché la facoltà di transito, in un contingente limitato, previa determinazione delle relative modalità, nelle altre forze di polizia, in conseguente corrispondenza delle funzioni alle stesse attribuite e già svolte dal medesimo personale», vuol solo dire, per esempio, che il Servizio CITES (Convenzione di Washington) passerà alla Guardia di finanza;
    l'uso del plurale nella destinazione verso «altre» forze di polizia vuole accennare, probabilmente, anche l'assorbimento di un contingente (piloti e specialisti) nei Vigili del Fuoco;
    nel provvedimento appena approvato, magari, il riferimento all'unitarietà è per le funzioni da attribuire, non a quelle già attribuite;
    è palese il vero obiettivo politico: lo smembramento delle attuali funzioni del Corpo forestale dello Stato, e non quello della riduzione del numero delle Forze di Polizia, poiché l'effetto dei provvedimenti non è la sostituzione o il trasferimento dentro l'organizzazione di una qualsiasi altra Forza di Polizia delle funzioni territoriali del CfS in quanto organismo autonomo, ma lo smembramento nello spezzatino mascherato e barattato come fosse un «riordino»;
    delle grandi sfide ambientali non se ne parla più, e nessuno se ne potrà occupare in maniera organica, seria, puntigliosa ed efficace;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un Tavolo tecnico congiunto con tutte le forze di Polizia per valutare le possibilità di inquadrare gli uomini ed i mezzi del Corpo forestale in una Forza specifica, nell'ambito di una singola forza di polizia, dedicata alla specifica tutela ambientale e forestale.
9/3098-A/77Catanoso.


   La Camera,
   premesso che:
    la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche di cui al disegno di legge del Governo A.C. n. 3098-A, «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», approvato dal Senato il 30 aprile 2015 (A.S. n. 1577):
     a) ha l'obiettivo, fra gli altri, di produrre positive implicazioni e migliori performance in termini di semplificazione, trasparenza ed efficienza della pubblica amministrazione;
     b) introduce norme per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi;
     c) intende valorizzare la professionalità delle risorse umane della pubblica amministrazione, costruendo contesti di lavoro specializzati e ad alto contenuto innovativo e tecnologico, in cui siano considerati prioritari la formazione e, quindi, le competenze delle suddette risorse umane con il contestuale accesso ai servizi da parte dei cittadini;
     d) è finalizzato alla razionalizzazione organizzativa degli uffici pubblici, sia in termini di taglio degli sprechi e delle inutili duplicazioni, sia in termini di minori costi e maggiore certezza (soprattutto in termini di tempo) per i cittadini e, più in generale, per gli utenti, sia in termini di maggiore coordinamento dei servizi pubblici sul territorio;
    lo spopolamento e l'impoverimento di vaste aree interne e rurali – soprattutto pedemontane, montane e insulari – hanno assunto caratteri strutturali che rischiano di frammentare ancora di più un territorio nazionale caratterizzato da profonde differenze sotto il profilo economico, sociale e culturale, anche per la progressiva diminuzione dei servizi e dei presidi dello Stato, a partire dagli uffici periferici della pubblica amministrazione;
    le aree suddette, che presentano anche i maggiori indici di decremento demografico, sono in genere quelle più lontane dai principali centri di erogazione dei servizi, quelle con i più bassi livelli di dotazione infrastrutturale;
    i sistemi regionali, e quindi quello nazionale, possono diventare competitivi solo se si superano i pesanti squilibri territoriali che ancora permangono fra le diverse aree del Paese;
    all'interno della più generale dicotomia nord-sud, si propongono ulteriori e caratterizzanti sperequazioni fra aree rurali e aree urbane, fra aree interne e aree costiere;
    il disagio rischia di divenire profondo con la crescente rarefazione dei servizi al cittadino: servizi pubblici accorpati per il contenimento dei costi (uffici postali, presìdi territoriali scolastici, sanità eccetera);
    occorre dare una risposta a quei fenomeni che maggiormente determinano la marginalizzazione delle cosiddette aree interne del Paese e che sono destinati a produrre l'estinzione di intere comunità,

impegna il Governo:

   nel momento in cui attuerà le deleghe di cui alla presente legge, in particolare in relazione alla riorganizzazione territoriale di uffici e servizi pubblici, a valutare l'opportunità, rispetto ai territori rurali e alle aree interne, notoriamente svantaggiati in termini demografici, geografici, infrastrutturali (viabilità, ferrovie, trasporti, banda larga e ultra larga):
    a) di mantenere o attivare, e/o riattivare uffici e servizi pubblici periferici nei territori in cui sono maggiori le difficoltà di accesso a servizi e uffici territoriali;
    b) di promuovere le condizioni ottimali (in termini di servizi di trasporto e infrastrutture e servizi digitali, di miglioramento del sistema viario) affinché sia facilitato, per coloro che risiedono nelle aree interne e in quelle rurali, l'accesso ai servizi pubblici territoriali, aggregati nei comuni più grandi e baricentrici.
9/3098-A/78Mura, Sgambato.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento, all'articolo 7, conferisce una delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali;
    il medesimo articolo 7, al comma 1, lettera a), numero 1), reca tra i princìpi e criteri direttivi di delega, anche la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera delle Forze di polizia, tenendo conto del merito e delle professionalità, nell'ottica della semplificazione delle relative procedure, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna Forza di polizia;
    in questo quadro, nell'ottica della semplificazione delle procedure, appare necessario riordinare la disciplina vigente in materia di progressione in camera della Polizia di Stato, valorizzando adeguatamente il merito e le professionalità del personale ed eliminando quelle rigidità che ancora caratterizzano l'accesso ai ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, tramite concorso per titoli ed esami;
    tale obiettivo può essere realizzato, tra l'altro, sia riservando un'adeguata quota dei posti disponibili per l'accesso alle diverse qualifiche dirigenziali ai vincitori di concorsi per titoli ed esami riservati al personale appartenente alle qualifiche immediatamente precedenti, sia abrogando il comma 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334,

impegna il Governo:

   in sede di revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera delle Forze di polizia:
    a riservare un'adeguata quota dei posti disponibili per l'accesso alle diverse qualifiche dirigenziali della Polizia di Stato ai vincitori di concorsi per titoli ed esami riservati al personale appartenente alle qualifiche immediatamente precedenti;
    ad abrogare il comma 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334.
9/3098-A/79Boccia.


   La Camera,
   considerato che:
    con il provvedimento in esame si procede ad una complessiva riforma dei rapporti tra il cittadino e le pubbliche amministrazioni;
    in tale ambito si è stabilito che l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità. I processi decisionali delle pubbliche amministrazioni si svolgono secondo i principi del perseguimento del risultato, del procedimento in contraddittorio e della piena trasparenza degli atti e delle decisioni, con la finalità del miglioramento della qualità dei servizi e alla promozione dello sviluppo economico;
    il principio del procedimento in contraddittorio prevede che tutti gli interessati ad una decisione siano informati dell'avvio del procedimento, possano presentare documenti e memorie, essere sentiti e partecipare all'istruttoria in tutte le sue fasi. Il principio di piena trasparenza incorpora il controllo sociale sull'operato delle pubbliche amministrazioni. In tale ambito gli atti conclusivi del procedimento, che precedono la decisione finale, devono essere messi a disposizione del pubblico,

impegna il Governo

a prevedere, in sede di redazione degli atti applicativi del procedimento in esame l'introduzione di un principio generale, nel quale, ad eccezione di limitate deroghe espressamente previste dalla legge, tutte le fasi del procedimento sono rese conoscibili e tutti gli atti e le decisioni che comportino dinieghi, omissioni, ritardi rispetto ai tempi prescritti, appesantimenti delle procedure ordinarie, debbano essere adeguatamente motivati.
9/3098-A/80Bernardo.


   La Camera,
   premesso che:
    i compensi riconosciuti ai medici addetti alle visite mediche di controllo domiciliare sui lavoratori assenti dal servizio per malattia, convenzionati con l'INPS, inseriti nelle liste ad esaurimento, costituite ai sensi dell'articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 e successive modificazioni e integrazioni, sono stati determinati con l'articolo 12, del decreto ministeriale 12 ottobre 2000, che ha recepito la Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 17 febbraio 1992;
    gli stessi sono stati aggiornati, per l'unica volta, sulla base degli indici ISTAT, sentiti l'INPS, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri e le Organizzazioni Sindacali di categoria, con l'articolo 3 del decreto ministeriale 8 maggio 2008, tutt'ora in vigore,

impegna il Governo

in fase di attuazione della delega di cui all'articolo 13, e successiva emanazione della normativa di dettaglio, a riconoscere ai medici addetti alle visite mediche di controllo domiciliare sui lavoratori assenti dal servizio per malattia, convenzionati con l'INPS, un trattamento economico complessivamente non inferiore a quello stabilito dall'articolo 3, del decreto ministeriale 8 maggio 2008.
9/3098-A/81Mognato, Murer, Moretto, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 1, lettera b) al numero 6), prevede tra i principi di delega, tra gli altri, quello dell'adozione di criteri omogenei di finanziamento delle autorità amministrative indipendenti, tali da evitare maggiori oneri per la finanza pubblica, mediante la partecipazione, ove non attualmente prevista, delle imprese operanti nei settori e servizi di riferimento, o comunque regolate o vigilate;
    si tratta quindi di una previsione che in sede attuativa consentirà di superare i rilievi formulati con la sentenza interpretativa della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 18 luglio 2013, resa in via pregiudiziale e sulla base della quale il T.A.R. del Lazio ha disapplicato, in quanto in contrasto con il diritto dell'Unione europea, la norma nazionale (articolo 2, comma 241, della legge n. 191 del 2009, cosiddetta «legge finanziaria» 2010) che ha imposto alle Autorità indipendenti di finanziare altre autorità indipendenti con i contributi ad esse versate dagli operatori di riferimento;
    la medesima disposizione prevede anche tra i principi di delega, tra gli altri, quello dell'adozione di criteri omogenei per la determinazione del trattamento economico dei componenti o del personale delle autorità indipendenti, da realizzare in modo da evitare maggiori oneri per la finanza pubblica, salvaguardandone la relativa professionalità;
    si tratta, quindi, di una previsione che consente, anche nella piena osservanza dei principi costituzionali da ultimi richiamati dalle recenti sentenze della Corte Costituzionale, di salvaguardare le professionalità delle, autorità amministrative indipendenti attraverso un tendenziale allineamento dei trattamenti economici del personale di soggetti che l'ordinamento nazionale ha inteso distinguere fin dalla loro istituzione dal comparto ministeri in considerazione della loro peculiare specificità e complessiva autonomia anche finanziaria;
    in questo modo si eliminano disomogeneità tra il personale di autorità escluse, seppure con i dovuti distinguo derivanti dalle diverse discipline, anche di natura contrattuale, nazionali ed europee di riferimento, da intendersi salvaguardate, dal comparto ministeri, assicurando ai soggetti interessati dalla disposizione in esame il cui personale si trova, allo stato, in una situazione di disallineamento in pregiudizio della relativa professionalità, le medesime condizioni attualmente vigenti per il personale delle altre autorità indipendenti mediante corrispondente ricorso alle forme di autofinanziamento di competenza per assicurare la copertura finanziaria occorrente all'attuazione del presente criterio di delega in modo da escludere, coerentemente alla citata autonomia, che i relativi nuovi o maggiori oneri gravino sulla finanza pubblica,

impegna il Governo

ad adottare ogni più adeguato intervento applicativo volto ad assicurare la coerenza nella fase di attuazione della disposizione in esame che è finalizzata a garantire, nei termini indicati, l'omogeneizzazione del trattamento del personale appartenente alle autorità amministrative indipendenti salvaguardandone le rispettive specificità e professionalità.
9/3098-A/82Bruno Bossio.


   La Camera,

impegna il Governo affinché:

   nell'ambito del riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare nonché nel campo della sicurezza e del controlli nel settore agroalimentare;
   preveda la confluenza della polizia provinciale nel Corpo Forestale dello Stato, previa verifica dei requisiti soggettivi richiesti conformi all'eventuale assorbimento del Corpo Forestale dello Stato in altra forza di polizia e a tutelare i dipendenti con contratto di diritto privato del Corpo Forestale dello Stato.
9/3098-A/83Rondini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9-bis del provvedimento in discussione prevede che per gli avvocati dello stato gli incarichi direttivi non siano conferiti a soggetti che debbano essere collocati a riposo entro quattro anni dalla data di avvio della procedura selettiva;
    tale previsione penalizzerebbe soggetti che pur in presenza dei requisiti previsti dalla legge non si sono visti conferire incarichi a copertura di vacanze di oltre un anno, esclusivamente per ritardi accumulati dall'amministrazione;
    l'accorciamento di 5 anni della durata lavorativa – conseguente all'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio disposta con la legge 114/2014 – ha già penalizzato ampiamente proprio la fascia degli avvocati che erano prossimi alla nomina,

impegna il Governo

a chiarire nel decreti attuativi che tale disposizione riguarda solo le vacanze successive all'entrata in vigore della presente legge ovvero a predisporre tutele adeguate che impediscano ingiuste penalizzazioni.
9/3098-A/84Bolognesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame all'articolo 7 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale, mediante modifiche alla disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative e degli enti pubblici non economici nazionali;
    i princìpi e criteri direttivi della delega presentano un contenuto ampio e tra loro parzialmente disomogeneo ed in pericolare il principio di delega di cui alla lettera e) è stato integrato, in sede referente, con la previsione della «razionalizzazione, riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, con particolare riferimento al numero, all'individuazione di Autorità di sistema nonché alla governance e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti»;
    al riguardo, il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare lo scorso 3 luglio, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Piano strategico nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL), da adottarsi con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il Piano è stato redatto in attuazione dell'articolo 29 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, Sblocca Italia ed è sottoposto alle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione del previsto;
    in particolare, il piano prevede, attraverso il ricorso agli idonei strumenti legislativi di modifica della legge n. 84 del 1994, l'istituzione di autorità di sistema portuale in numero non superiore a quello dei porti collocati nella rete centrale (Core Network) delle reti TEN-T (e cioè Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Gela, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia);
    secondo le analisi contenute nel Piano, il nostro sistema portuale e logistico necessita già da tempo di una riforma che possa consentire al Paese di cogliere appieno la vasta gamma di opportunità di crescita e sviluppo ad esso strettamente correlati, contrastando la perdita di competitività che l'Italia sta subendo, come dimostrato dal differenziale di crescita tra i porti del Mediterraneo a fronte di un aumento generalizzato dei traffici nell'area. Le recenti statistiche confermano che il Paese sconta un ritardo diffuso su tutti i pilastri della competitività analizzati (Institutions, Infrastructures, Macroeconomic Environment, Health and Primary Education), ma ancora più eclatante è il dato di dettaglio relativo alla qualità dell'infrastruttura portuale, rispetto a cui l'Italia si posiziona al 55o posto, dopo, tra gli altri, Spagna (9), Portogallo (23), Irlanda (29), Francia (32), Marocco (43), Grecia (49), Croazia (51);
    l'Italia, dunque, pur sostenendo la strategia sulla nuova Politica Marittima integrata europea, lanciata dall'UE nel 2007, a contribuendo alla stesura del Libro Verde e del Libro Blu, basa la gestione del sistema portuale su una legge, per quanto meritoria, di oltre venti anni fa (la legge n. 84 del 1994). Risulta evidente quanto sia necessario, dunque, definire una governance più forte e più integrata degli affari marittimi, indispensabile per realizzare un maggiore coordinamento anche internazionale, che consenta lo scambio delle migliori pratiche e una più stretta cooperazione fra Stati membri;
    il nuovo modello di governance proposto dal Piano pone, dunque, tra gli strumenti funzionali alla realizzazione del suoi obiettivi la razionalizzazione, il riassetto e l'accorpamento delle Autorità portuali esistenti;
    il Piano, quindi, si propone di individuare la migliore dimensione per coniugare efficienza e aumento della competitività con la dimensione di raccordo con i territori ed i mercati locali, creando al tempo stesso un'efficace e snella integrazione verticale tra i vari livelli decisionali. Il PSNPL ritiene che questa dimensione, però, non coincida con quella delle attuali 24 Autorità Portuali, sostanzialmente mono-scalo, e che invece ci sia la possibilità e la convenienza di articolare Sistemi Portuali multi-scalo configurando una via italiana alla governance che risponda alla specificità del sistema portuale del nostro Paese;
    il Piano prevede, quindi, la definizione di un percorso istituzionale e normativo che consenta di corrispondere alle istituzioni comunitarie in materia di revisione della politica delle Reti Trans-Europee di Trasporto, per sostenere progetti infrastrutturali di interesse comune nel settore, valorizzando il ruolo dell'Italia nella costruzione funzionale di una rete di trasporto euro-mediterranea e favorendo il recupero del traffici commerciali tra Europa e Oriente;
    per raggiungere gli obiettivi di riorganizzazione, razionalizzazione e di semplificazione è evidente, però, che se è vero che la nuova struttura deve essere correlata a funzionali assetti logistici europei è altrettanto vero che la stessa deve essere prevista tenendo in debito conto le esigenze manifestate dai territori e dagli operatori di settore,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    determinare il numero delle autorità portuali, al fine di assicurare una maggiore efficienza alla governance del sistema portuale, in base a criteri che tengano conto delle dotazioni infrastrutturali e logistiche esistenti o già programmate di servizio e/o connessione alle principali reti di trasporto e del contesto economico servito dall'infrastruttura portuale;
    riorganizzare, razionalizzare e semplificare la disciplina concernente le autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in ogni caso tenendo conto del pareri espressi dalle competenti Commissioni parlamentari sul Piano nazionale della portualità e della logistica di cui all'articolo 29 del decreto-legge 11 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.
9/3098-A/85Matarrese, Vargiu, Dambruoso, D'Agostino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento approvato reca una delega al Governo in materia di erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni per l'emanazione di uno o più decreti legislativi con la finalità di garantire moltissimi obiettivi, tutti importanti per la modernizzazione del Paese, per la sua competitività, per garantire servizi rapidi, efficienti, a un costo minore per cittadini e imprese, sapendo che ciò concorrerà in modo decisivo nel far incrementare il numero delle aziende straniere disponibili ad investire in Italia godendo dei medesimi o maggiori servizi forniti nel proprio Paese;
    gli obiettivi perseguiti con questa legge sono necessari: garantire il diritto di accesso dei cittadini e delle imprese ai dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale; la semplificazione dell'accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità di accesso fisico agli uffici pubblici. A tal fine si dovrà modificare il codice dell'amministrazione digitale-CAD (decreto legislativo n. 82 del 2005) e coordinare le disposizioni in materia contenute anche in provvedimenti diversi dal CAD;
    l'esercizio della delega è subordinato al rispetto di una dettagliata serie di principi e criteri direttivi. Un primo gruppo introduce una serie di misure volte a favorire l'accesso dell'utenza ai servizi delle amministrazioni pubbliche in maniera digitale, tra i quali si segnalano: la definizione di un livello minimo delle prestazioni in materia di servizi on line delle amministrazioni pubbliche ed in particolare in relazione alla qualità, fruibilità, accessibilità, tempestività e sicurezza di detti servizi; la piena applicazione del principio definito «innanzitutto digitale» (cosiddetto digital first, in base al quale il digitale diviene il canale principale per tutte le attività delle pubbliche amministrazioni); il potenziamento della connettività a banda larga e ultralarga e dell'accesso alla rete internet presso gli uffici pubblici, dando priorità ai settori scolastico, sanitario e turistico, prevedendo una unica rete WiFi ad accesso libero accessibile attraverso autenticazione tramite il sistema pubblico di identità digitale; la partecipazione con modalità telematiche ai processi decisionali pubblici; l'armonizzazione della disciplina del Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale (SPID) volto ad assicurare l'utilizzo del cosiddetto PIN unico; la promozione dell'elezione del domicilio digitale; la diffusione dell'informazione sugli strumenti di sostegno della maternità e della genitorialità attraverso l'utilizzo del sito INPS; l'adeguamento dell'ordinamento alle norme europee in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche. Si tratta di materia disciplinata dal Regolamento (UE) n. 910/2014 del 23 luglio 2014 che si applicherà automaticamente a decorrere dal 1o luglio 2016; l'individuazione del pagamento digitale, compresi i micropagamenti del credito telefonico, come mezzo principale di pagamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli esercenti di pubblica utilità;
    un secondo gruppo di principi e criteri direttivi attiene alla riforma dei processi decisionali interni alle pubbliche amministrazioni. Essi dispongono, in particolare: la razionalizzazione degli strumenti di coordinamento e collaborazione tra le pubbliche amministrazioni, favorendo l'uso di software open source; la razionalizzazione dei meccanismi e delle strutture di governance della Modificare il Codice dell'amministrazione digitale, favorire l'accesso digitale ai servizi delle amministrazioni pubbliche Governance digitale 2 digitalizzazione, prevedendo, tra l'altro, la possibilità di collocazione alle dirette dipendenze dell'organo politico di vertice di un responsabile per il digitale; la semplificazione dei procedimenti di adozione delle regole tecniche; la ridefinizione delle competenze dell'ufficio dirigenziale generale unico istituito nelle pubbliche amministrazioni centrali con funzioni di coordinamento in materia di digitale; la digitalizzazione del processo di misurazione e valutazione della performance;
    un terzo gruppo di principi e criteri direttivi, infine, riguarda la formulazione dei decreti delegati, prevedendo il coordinamento con la normativa vigente, anche di fonte UE, e l'indicazione espressa delle norme abrogate;
    l'ultimo principio, introdotto in sede referente, pone al legislatore delegato il compito di prevedere misure per realizzare la prevalenza della normativa dell'amministrazione digitale rispetto alle normative di settore e per garantire la più ampia applicazione di tale normativa;
    quanto descritto è condivisibile e riteniamo necessaria la sua attuazione urgente perché l'intero sistema Paese possa trarne il massimo beneficio, consentendo alla pubblica amministrazione di raggiungere gli standard già adottati con successo nel settore privato e far si che la competitività complessiva, i servizi resi, i diritti e i doveri dei cittadini vengano adempiuti nel modo migliore, nel minor tempo possibile, garantendo efficacia, efficienza ed economicità dell'azione pubblica e privata. Il nostro futuro dipenderà anche dal modo col quale la pubblica amministrazione, riformandosi, concorrerà alla modernizzazione della società nel suo complesso, grazie agli adeguamenti tecnologici previsti, alle dotazioni di infrastrutture hardware e di servizi software necessari per cogliere le opportunità concrete e i vantaggi immediati che l'utilizzo delle tecnologie cloud porta, soprattutto in virtù del fatto che già oggi, ma ancor di più nel futuro, la dimensione digitale rappresenterà la forza trainante di ogni Paese e sarà uno degli indicatori più affidabili dello sviluppo di un Paese inteso nella più ampia accezione di sviluppo sociale, culturale, economico e politico, garantendo a chiunque nuovi diritti, facilità di adempimento dei doveri e opportunità diffusa di progresso;
    parrebbe utile, vista la bontà dell'impianto previsto all'articolo 1 del provvedimento approvato, la previsione espressa del principio dell'interoperabilità e della cooperazione applicativa tra gli operatori della pubblica amministrazione, per completare al meglio l'opera e garantire il miglior scambio di informazioni, dati e documenti, che rappresenta l'attività principale per la realizzazione delle procedure amministrative. L'interoperabilità garantirebbe ancor meglio la comunicazione fra i sistemi informativi delle amministrazioni e degli enti, con l'obiettivo di elevare l'efficienza complessiva dei servizi erogati ai cittadini grazie alla cooperazione tra i diversi sistemi coinvolti nell'espletamento di una richiesta. Particolarmente necessaria appare nel campo della difesa e della sicurezza. Per la sicurezza si potenzierebbero le capacità di prevenzione e repressione delle diverse forze dell'ordine mentre le capacità operative che un Paese deve esprimere nel campo della difesa utilizzando l'interoperabilità per ottenere la massima utilità ed efficacia che sta in rapporto direttamente proporzionale alla misura in cui ogni forza armata sia in grado di esprimere capacità operative e tecnologiche di qualità, interoperabili con quelle delle collaterali forze armate e dei principali partner nazionali, come ad esempio nel caso dell'azione di coordinamento fatto dalla protezione civile in casi di emergenza, e tra gli alleati, garantendo anche la standardizzazione delle dottrine e delle procedure,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, eventualmente anche a livello normativa, per prevedere l'introduzione del principio dell'interoperabilità e della cooperazione applicativa tra gli operatori della pubblica amministrazione.
9/3098-A/86Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento approvato delega il Governo a realizzare tre ruoli unici dirigenziali in cui sono ricompresi, rispettivamente, i dirigenti dello Stato, i dirigenti regionali e i dirigenti degli enti locali;
    una ulteriore delega è disposta per la revisione della disciplina in materia di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici;
    contestualmente alla realizzazione dei tre ruoli unici è prevista l'istituzione di tre commissioni con funzioni, tra le altre, di verifica del rispetto dei criteri di conferimento degli incarichi e dell'utilizzo dei sistemi di valutazione per il conferimento e la revoca degli incarichi: la Commissione per la dirigenza statale, con funzioni, tra le altre, di verifica del rispetto dei criteri di conferimento degli incarichi e dell'utilizzo dei sistemi di valutazione per il conferimento e la revoca degli incarichi cui sono attribuite altresì le attuali funzioni proprie del Comitato dei garanti; la commissione per la dirigenza regionale e la commissione per la dirigenza locale competenti, in particolare, alla gestione dei ruoli dei dirigenti rispettivamente, regionali e degli enti locali,

impegna il Governo

a dare attuazione ai principi direttivi contenuti nel provvedimento approvato avendo particolare riguardo per l'esigenza di orientare le amministrazioni pubbliche verso la ottimale misurazione della performance dando quindi particolare importanza al momento della valutazione dei risultati in modo tale che l'azione delle pubbliche amministrazioni risulti tesa all'obiettivo, attenta alla qualità dei servizi, per garantire un'amministrazione efficiente, efficace, economica e quindi responsabile e trasparente nei confronti della collettività.
9/3098-A/87Mucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento prevede una nuova disciplina dell'organizzazione e del funzionamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia destinati alla popolazione minorile presso enti e reparti del Ministero della difesa, mettendo tali servizi a disposizione, oltre che dei figli minori di dipendenti dell'amministrazione della difesa, anche dei figli minori di dipendenti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, dei figli minori di dipendenti delle amministrazioni locali e dei minori che non trovano collocazione nelle strutture pubbliche comunali;
    è fondamentale per l'autodeterminazione della famiglia intesa come rapporto paritario tra partner che vi sia un'ampia offerta di servizi socio-educativi per la prima infanzia dedicati a tutte le lavoratrici e i lavoratori, operanti sia nel pubblico sia nel privato, nonché per lo sviluppo psico-fisico e sociale del minore;
    la misura di cui al punto 1 è finanziata con l'incremento dell'apposito Fondo per l'importo di 2 milioni di euro per l'anno 2015 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 mediante corrispondente riduzione della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020,

impegna il Governo

a valutare l'esigenza di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, dirette a far sì che tra gli organizzatori dei servizi per l'asilo e l'infanzia sia ricompreso anche il Corpo della Guardia di finanza, nonché l'esigenza di reperire le risorse finanziarie destinate a coprire gli oneri derivanti dalla nuova disciplina dei serviti socio-educativi per la prima infanzia senza ridurre la consistenza del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
9/3098-A/88Bechis.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento prevede uno specifico principio che riguarda il riordino delle funzioni di polizia ambientate con la conseguente riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato e il suo eventuale assorbimento in altra Forza di polizia, fermo restando la garanzia del mantenimento degli attuali livelli di tutela ambientale, la salvaguardia delle professionalità esistenti e, come aggiunto in sede referente, il mantenimento della corrispondenza tra funzioni trasferite e transito di personale;
    in sede referente, è stato inserito un ulteriore criterio che prevede, in relazione all'eventuale assorbimento del Corpo forestale dello Stato in altra Forza di polizia, la riorganizzazione complessiva degli ordinamenti del personale anche di tutte le Forze di polizia [ossia Polizia di Stato, Polizia penitenziaria e Corpo forestale (a ordinamento civile) e Carabinieri e Guardia di finanza (a ordinamento militare)], secondo precisi criteri quali la revisione generale della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione di carriera, l'eventuale unificazioni di ruoli e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, ferme restando le peculiarità ordinamentali di ciascuna Forza di polizia;
    in caso di assorbimento del Corpo forestale dello Stato, anche in un'ottica di razionalizzazione dei Costi, il provvedimento prevede che il transito del personale nella relativa Forza di polizia, nonché la facoltà di transito, in un contingente limitato, previa determinazione delle relative modalità, nelle altre Forze di polizia, avvenga in conseguente corrispondenza delle funzioni alte stesse attribuite e già svolte dal medesimo personale, con l'assunzione della relativa condizione, ovvero in altre amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nell'ambito delle relative dotazioni organiche, con trasferimento delle corrispondenti risorse finanziarie;
    si prevede inoltre che resti ferma la corresponsione, sotto forma di assegno ad personam, riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, della differenza fra il trattamento economico percepito e quello corrisposto in relazione alla posizione giuridica ed economica di assegnazione ottimizzazione dell'efficacia delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, mediante modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2006, n. 139, in relazione alle funzioni e al compiti del personale permanente e volontario del medesimo Corpo e conseguente revisione del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 211, anche con soppressione e modifica dei ruoli e delle qualifiche esistenti ed eventuale istituzione di nuovi appositi ruoli e qualifiche;
    è indubbio che il Corpo Forestale dello Stato abbia sempre svolto un lavoro straordinario e che sarebbe una follia il semplice assorbimento per motivi di spesa in un altro corpo di polizia, ma è invece fondamentale mantenere e preservare e non disperdere i livelli di professionalità, di conoscenza e di esperienza, di rapporti e sinergia con la magistratura che in questi 20 anni sono stati l'espressione in particolare del Corpo forestale dello Stato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per garantire che il Corpo Forestale dello Stato vada non solo conservato come forza specifica, ma anche rafforzato.
9/3098-A/89Baldassarre.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento intende avviare un processo di generale riforma delle pubbliche amministrazioni, volta a migliorare l'efficienza e la trasparenza degli uffici pubblici, nonché a semplificare il quadro normativo e degli adempimenti, nella prospettiva di rendere più semplici i rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni e di migliorare la qualità dei servizi da queste offerti ai cittadini stessi e alle imprese;
    è prevista una delega per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica, che dispone che, in tale ambito, tra l'altro, si profilino tre ruoli unici in cui sono ricompresi i dirigenti dello Stato, i dirigenti regionali e i dirigenti degli enti locali;
    per quanto riguarda i processi di selezione del personale e i relativi percorsi di formazione nonché per l'attribuzione degli incarichi, vi è l'esigenza di tenere conto detta particolare condizione delle Agenzie fiscali, le quali si avvalgono per lo svolgimento delle loro funzioni, sia a livello dirigenziale, sia a livello non dirigenziale, di professionalità caratterizzate da un notevole grado di specializzazione,

impegna il Governo

a valutare l'esigenza di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, che prevedano specifici meccanismi di selezione, formazione e attribuzione degli incarichi, fermo restando il rigoroso rispetto dei principi di legalità, trasparenza e accesso tramite pubblico concorso.
9/3098-A/90Barbanti.


   la Camera,
   premesso che:
    l'eliminazione dei vincoli burocratici rappresenta un fattore chiave per liberare risorse indispensabili all'incentivazione della qualità e dell'efficienza del Sistema Universitario e della Ricerca, senza aumentare la spesa pubblica;
    il provvedimento in esame comprende un articolo introdotto durante l'esame al Senato, che detta principi e criteri direttivi per l'adozione, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire e semplificare le attività degli enti pubblici di ricerca, in considerazione della peculiarità dei loro scopi istituzionali;
    durante l'esame in sede referente alla Camera, alcuni criteri direttivi sono stati modificati. In particolare, è stato introdotto l'obbligo di garantire il recepimento della Carta europea dei ricercatori e del documento European Framework for Research Careers, con particolare riguardo alla libertà di ricerca e all'autonomia professionale, consentendo la portabilità dei progetti di ricerca e la relativa titolarità valorizzando la specificità del modello contrattuale del sistema degli enti di ricerca;
    il provvedimento prevede inoltre l'inquadramento della ricerca pubblica in un sistema di regole più snello e più appropriato a gestirne la peculiarità dei tempie delle esigenze del settore, nel campo degli acquisti, delle partecipazioni internazionali, dell'espletamento e dei rimborsi di missioni fuori sede finalizzate ad attività di ricerca, del reclutamento, delle spese generali e del consumi, ed in tutte le altre attività proprie degli EPR,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche a livello normativo, per estendere le disposizioni previste dal provvedimento degli EPR anche alle Università.
9/3098-A/91Segoni.


   la Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene prevalentemente deleghe legislative volte a riorganizzare l'amministrazione statale e la dirigenza pubblica, in particolare, all'articolo 7 il principio di delega di cui alla lettera e) è stato integrato, in sede referenze, con la previsione della «razionalizzazione riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali di cui alle legge n. 84 del 1994, con particolare riferimento al numero, all'individuazione di Autorità di sistema nonché alla governance e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti»;
   il porto franco di Trieste gode di un regime giuridico e fiscale speciale in virtù delle disposizioni contenute agli articoli 1-20 dell'Allegato VIII al Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, reso esecutivo con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato con legge 25 novembre 1952, a, 3054, confermato dal Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954 ed il successivo Trattato di Osimo del 1975;
   in ottemperanza al preciso obbligo assunto dal Governo italiano con a sottoscrizione del trattati internazionali sopracitati, le peculiarità che distinguono quest'ultimo ed i suoi punti franchi sono state fatte salve nella legge n. 84 del 1994, sul «Riordino della legislazione in materia portuale», in particolare, all'articolo 6 comma 12 delle legge 84 del 1994 si prevede l'emanazione da parte del Ministro competente del decreto sull'organizzazione amministrativa dei punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste, che ad oggi ancora non è stato emanato, creando non poche difficoltà di ordine amministrativo, fiscale e doganale,

impegna il Governo

a prevedere, in fase di riorganizzazione e semplificazione delle autorità portuali, misure per la salvaguardia dei principi sanciti dai trattati internazionali sottoscritti dall'Italia, che conferiscono ai punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste un particolare regime giuridico e fiscale.
9/3098-A/92Prodani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 delega il Governo alla revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica o di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, senza però incidere sull'istituto della vicedirigenza;
    la ratio dell'istituto della vicedirigenza consiste nel riconoscimento di professionalità esistenti all'interno delle amministrazioni pubbliche (coincidenti in gran parte con la categoria del direttivi apicali) reclutate a seguito di complesse procedure concorsuali per le quali era richiesto il titolo di laurea e che attendono da troppo tempo di veder riconosciuta la loro esperienza professionale acquisita in anni di servizio reso con grande impegno e spirito di abnegazione;
    la vicedirigenza fu introdotta nel 2001 per porre rimedio agli indiscriminati avanzamenti di carriera di personale sprovvisto di laurea in funzioni di elevata responsabilità e compiti, censurati dalla Corte Costituzionale e riabilitati dall'articolo 1 comma 4, della legge di conversione al decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209;
    il decreto legislativo, all'articolo 17-bis introdusse la vicedirigenza, prevedendo la costituzionale di un'area separata cui potevano accedere funzionari muniti di titolo accademico che avessero maturato una anzianità complessiva quinquennale nelle qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. A dare concreta attuazione all'avvento normativo in questione pensò la Legge 15 luglio 2002 n. 145, con cui il legislatore formalizzò l'area della vicedirigenza. A dispetto però della legittima aspettativa degli aventi diritto, la pubblica amministrazione ignorò la disposizione legislativa. Così gli interessati si videro costretti ad adire il contenzioso amministrativo culminato con sentenza 10 maggio 2007 n. 4266 recante l'ordine ad attuare il dettato legislativo;
    neppure ciò valse a smuovere le cose, tant’è che fu necessario un nuovo intervento del giudice amministrativo che con sentenza n. 4391 del 16 maggio 2012 – Tar/Lazio e per dare pieno adempimento alla sentenza n. 4266 del 10 maggio 2007 fu nominato un commissario ad acta. A questo punto lo Stato non poteva più rimanere inerte, ma doveva trovare il modo di fermare il giudizio di ottemperanza;
    l'unico rimedio ritenuto praticabile fu quello di intervenire in via legislativa. Fu così che la legge 7 agosto 2012, n. 135 articolo 5, di conversione del decreto legge 6 luglio 2002 n. 95, abrogò la vicedirigenza, facendo cadere l'articolo 17-bis del decreto legislativo 165 del 2001 e vanificando quindi gli effetti dell'articolo 7, comma 3, della legge n. 145 del 2002:
    una nuova sentenza del Consiglio di Stato (16 aprile 2014 n. 4211), che ha sollevato questione di legittimità costituzionale dinnanzi alla Corte costituzionale dell'articolo 5, comma 13, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (abrogazione della vicedirigenza), sembra però voler confermare la ratio ispiratrice del legislatore del 2001, che aveva intuito quale potesse essere il rimedio per ridare dignità alla categoria dei funzionari ex carriera direttiva;
    sarebbe opportuno introdurre una modifica normativa a favore dell'istituto della vicedirigenza prima che si pronunci la Corta costituzionale –:

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni interventi volti a recepire le indicazioni del Consiglio di Stato sulla questione esposta in premessa, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.
9/3098-A/93Sisto.


   La Camera,
   premesso che:
    le pubbliche amministrazioni che bandiscono concorsi pubblici hanno la facoltà di indicare, quale requisito per la partecipazione ai medesimi, il conseguimento di una specifica laurea;
    tale previsione, del tutto ragionevole – se non addirittura necessaria – in specifiche circostanze, nella generalità dei casi rischia di limitare eccessivamente la possibilità di concorrere agli impieghi pubblici;
    nel caso in cui siano richieste competenze connesse a crediti formativi universitari, essi possono essere acquisiti anche in soprannumero rispetto ai percorsi ordinari previsti per i corsi seguiti per il conseguimento del diploma di laurea;
    le norme sull'organizzazione dei concorsi pubblici introdotte dal presente disegno di legge consentiranno, anche in seguito all'adozione della normativa delegata, di valutare la preparazione dei candidati in relazione ai profili professionali richiesti in modo trasparente ed efficiente;
    la Commissione Cultura, nel suo Parere sul presente provvedimento, ha valutato l'adozione di misure finalizzate ad ampliare le opportunità di partecipazione ai concorsi, affermando espressamente che tale obiettivo «potrebbe essere perseguito anche riducendo al minimo indispensabile i casi nei quali tale partecipazione sia condizionata a una specifica laurea»;
    tale obiettivo può essere raggiunto anche attraverso disposizioni adottate dal legislatore delegato nell'ambito della disciplina dei concorsi pubblici, oltreché attraverso misure e indirizzi di rango inferiore alla legge,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti, misure e indirizzi tali da evitare che di regola per la partecipazione ai concorsi sia richiesta una specifica laurea, ma competenze eventualmente corrispondenti a uno specifico e congruo numero di crediti formativi universitari, acquisibili anche in soprannumero rispetto ai percorsi ordinari previsti per i corsi seguiti per il conseguimento del diploma di laurea.
9/3098-A/94Marco Meloni, Ghizzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 reca il «Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»;
    il Comparto sicurezza e difesa, nonostante alcune specificità legate al mantenimento dei requisiti psico-fisici ed attitudinali necessari all'espletamento dei servizi di Polizia, a seguito di interventi normativi in materia previdenziale iniziati con le leggi 8 agosto 1995, n. 335 e i successivi provvedimenti di razionalizzazione della spesa previdenziale fino ad arrivare a quello più recente attuato con la legge n. 92 del 2012 (riforma Fornero), è stato assoggettato ad un processo di quasi assimilazione o armonizzazione alle regole in vigore per la generalità dei pubblici dipendenti;
    tuttavia l'omologazione alla generalità del pubblico impiego non è stata accompagnata da una coerente e conseguente estensione anche dei diritti e delle garanzie di cui godono gli appartenenti agli altri comparti del Pubblico impiego: i dipendenti del Comparto sicurezza e difesa, infatti, soffrono la limitazione o inesistenza di alcuni diritti e istituti giuridici presenti nella generalità dei comparti del personale del pubblico impiego quali il diritto di sciopero, piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro, introduzione delle regole del part time, la tutela giurisdizionale ordinaria anziché innanzi alla magistratura amministrativa, diritto a non essere considerato in servizio permanente (24 ore su 24) nonostante il termine dell'ordinario orario giornaliero, piena applicazione della legge n. 104 del 1992, eccetera;
    appare necessario l'avvio di un processo di riforma e razionalizzazione che preveda la piena armonizzazione e estensione al Comparto sicurezza e difesa dei diritti e garanzie di cui godono gli appartenenti agli altri comparti del Pubblico impiego;
    le esigenze della estensione dei diritti e delle garanzie previste per la generalità dei pubblici dipendenti al Comparto sicurezza e l'ipotesi dell'accorpamento delle forze dell'ordine appare improcrastinabile anche in una logica di spending review e di semplificazione per dare certezze e per garantire un impiego delle risorse umane e delle risorse strumentali più efficace,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nell'ambito di futuri provvedimenti opportune iniziative normative atte ad armonizzare ed estendere ai dipendenti del Comparto sicurezza e difesa i diritti e le garanzie previsti per la generalità dei dipendenti appartenenti al pubblico impiego.
9/3098-A/95Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 reca il «Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»;
    nell'ambito della dirigenza e dell'amministrazione pubblica occorre ricostruire regole e obiettivi che poggino su basi etiche;
    il management pubblico dovrebbe essere formato e governato da un sistema di norme e valori orientato alla responsabilità dirigenziale e sociale, che impedisca non solo i casi di corruzione, ma soprattutto i comportamenti di compiacenza, di parzialità, di fedeltà politica, di omissione generale e di spreco delle risorse umane e finanziarie;
    la fiduciarietà politica degli incarichi e delle nomine indebolisce la funzione di imparzialità della dirigenza e si riflette negativamente anche sul buon andamento. Prima ancora del raggiungimento degli obiettivi e del rispetto degli indirizzi, si deve porre rilievo al valore pubblico della funzione dirigenziale e amministrativa;
    occorre applicare sanzioni certe per aumentare le responsabilità e i poteri della dirigenza e dell'amministrazione, in modo da rafforzare il principio della legalità e dell'onorabilità,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a introdurre un meccanismo di sospensione dall'erogazione di determinati trattamenti economici, in particolare l'indennità di fine mandato o di fine rapporto, ai dirigenti e agli amministratori, che risultino sottoposti ad indagine penale, prevedendo altresì il divieto espresso di erogazione di tali trattamenti economici in caso di sentenza di condanna definitiva.
9/3098-A/96Cominardi.


   La Camera,
   premesso che:
    la sentenza della Corte costituzionale n. 304 del 28 ottobre 2010 ribadisce la particolare distinzione tra le funzioni prettamente dirigenziali e quelle cosiddette di staff; infatti afferma che lo spoil system è consentito laddove sia effettuato nei confronti di chi svolge funzioni di diretta collaborazione (uffici di staff) con l'organo politico: «i meccanismi di decadenza automatica dei rapporti dirigenziali in corso si pongono in contrasto con l'articolo 97 della Costituzione, in quanto pregiudicano la continuità dell'azione amministrativa» introducono in quest'ultima un elemento di parzialità sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall'incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti; ma il personale che fa parte degli uffici di diretta collaborazione col Ministro («cosiddetti uffici di staff»), essendo nominato intuitu personae, senza predeterminazione di alcun rigido criterio che debba essere osservato nell'adozione dell'atto di assegnazione all'ufficio, allo stesso modo – e simmetricamente – può essere rimosso in qualunque momento, qualora sia venuta meno la fiducia che deve caratterizzare in maniera costante lo svolgimento del rapporto»;
    conseguentemente è di fondamentale importanza tracciare una distinzione tra funzioni politiche e funzioni amministrative, in quanto, alla luce della sentenza n. 304 del 2010, l'automatica mancata conferma nelle mansioni appartenenti alla prima categoria è legittima solo qualora il dirigente rimosso senza contraddittorio e senza motivazione ha effettivamente svolto funzioni di raccordo e/o staff con il vertice politico e non già funzioni di amministrazione attiva. La sentenza in esame identifica le funzioni politiche in quelle che si esplicano nell'integrazione, sviluppo e coordinamento dei compiti di indirizzo politico e di riparto delle risorse economiche che ai sensi degli articoli 4 e 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001 competono ai Ministri;
    i dirigenti di Staff sarebbero caratterizzati dal fatto che sono composti da personale di diretta collaborazione dell'organo politico, il quale svolge, pertanto una funzione di raccordo o cerniera con gli organi di amministrazione attiva, cioè con i dirigenti preposti agli uffici di line;
    i soggetti preposti alla direzione degli uffici di staff – ma (e in questo sta un'ulteriore innovazione della sentenza in esame) anche i soggetti che semplicemente ne fanno parte – sono legati da uno stretto rapporto di fiducia con l'organo politico, sia esso il Ministro, il Presidente della regione, della provincia o il Sindaco;
    il legislatore dovrebbe porre fine (recrius porrebbe un argine sostenibile) al conferimento di incarichi intuitu personae a soggetti esterni all'amministrazione chiamati, esclusivamente sa vincolo fiduciario, a svolgere funzioni che, nel loro pratico esplicarsi, poi si configurano come di amministrazione attiva e non già di cerniera tra quelle politiche e quelle meramente dirigenziali,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, per individuare le figure di incarichi di personale negli uffici di diretta collaborazione dell'organo politico con funzioni di raccordo con l'amministrazione attiva, limitandone drasticamente il numero, nonché prevedendo le modalità, i requisiti curriculari e i titoli, le incompatibilità e i criteri di scelta degli incarichi di personale di diretta collaborazione dell'organo politico.
9/3098-A/97Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    la sentenza della Corte costituzionale n. 304 del 28 ottobre 2010 ribadisce la particolare distinzione tra le funzioni prettamente dirigenziali e quelle cosiddette di staff; infatti afferma che lo spoil system è consentito laddove sia effettuato nei confronti di chi svolge funzioni di diretta collaborazione (uffici di staff) con l'organo politico: «i meccanismi di decadenza automatica dei rapporti dirigenziali in corso si pongono in contrasto con l'articolo 97 della Costituzione, in quanto pregiudicano la continuità dell'azione amministrativa» introducono in quest'ultima un elemento di parzialità sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall'incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti; ma il personale che fa parte degli uffici di diretta collaborazione col Ministro («cosiddetti uffici di staff»), essendo nominato intuitu personae, senza predeterminazione di alcun rigido criterio che debba essere osservato nell'adozione dell'atto di assegnazione all'ufficio, allo stesso modo – e simmetricamente – può essere rimosso in qualunque momento, qualora sia venuta meno la fiducia che deve caratterizzare in maniera costante lo svolgimento del rapporto»;
    conseguentemente è di fondamentale importanza tracciare una distinzione tra funzioni politiche e funzioni amministrative, in quanto, alla luce della sentenza n. 304 del 2010, l'automatica mancata conferma nelle mansioni appartenenti alla prima categoria è legittima solo qualora il dirigente rimosso senza contraddittorio e senza motivazione ha effettivamente svolto funzioni di raccordo e/o staff con il vertice politico e non già funzioni di amministrazione attiva. La sentenza in esame identifica le funzioni politiche in quelle che si esplicano nell'integrazione, sviluppo e coordinamento dei compiti di indirizzo politico e di riparto delle risorse economiche che ai sensi degli articoli 4 e 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001 competono ai Ministri;
    i dirigenti di Staff sarebbero caratterizzati dal fatto che sono composti da personale di diretta collaborazione dell'organo politico, il quale svolge, pertanto una funzione di raccordo o cerniera con gli organi di amministrazione attiva, cioè con i dirigenti preposti agli uffici di line;
    i soggetti preposti alla direzione degli uffici di staff – ma (e in questo sta un'ulteriore innovazione della sentenza in esame) anche i soggetti che semplicemente ne fanno parte – sono legati da uno stretto rapporto di fiducia con l'organo politico, sia esso il Ministro, il Presidente della regione, della provincia o il Sindaco;
    il legislatore dovrebbe porre fine (recrius porrebbe un argine sostenibile) al conferimento di incarichi intuitu personae a soggetti esterni all'amministrazione chiamati, esclusivamente sa vincolo fiduciario, a svolgere funzioni che, nel loro pratico esplicarsi, poi si configurano come di amministrazione attiva e non già di cerniera tra quelle politiche e quelle meramente dirigenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche legislative, per individuare le figure di incarichi di personale negli uffici di diretta collaborazione dell'organo politico con funzioni di raccordo con l'amministrazione attiva, limitandone drasticamente il numero, nonché prevedendo le modalità, i requisiti curriculari e i titoli, le incompatibilità e i criteri di scelta degli incarichi di personale di diretta collaborazione dell'organo politico.
9/3098-A/97. (Testo modificato nel corso della seduta) Tripiedi.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini della razionalizzazione della spesa pubblica, l'articolo 9, commi 17-21, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto il blocco della contrattazione nel pubblico impiego per il triennio 2010-2012;
    il predetto blocco opera nei seguenti termini:
     sospensione (senza possibilità di recupero) delle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012, fatta salva la sola erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale;
     rideterminazione delle risorse previste per i rinnovi contrattuali per il personale statale, le quali comprendono anche gli oneri riflessi a carico delle amministrazioni;
     rideterminazione delle risorse anche da parte delle amministrazioni non statali per il rinnovo contrattuale per l'anno 2011 e a partire dal successivo 2012;
    inoltre, il comma 21 ha stabilito la non applicazione – per gli anni 2011, 2012 e 2013 – al personale in regime di diritto pubblico dei meccanismi di adeguamento retributivo previsti dall'articolo 24 della legge n. 448 del 1998 (adeguamento annuale di diritto, dal 1o gennaio delle voci retributive del personale richiamato in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive), ancorché a titolo di acconto ed escludendo successivi recuperi;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha infine previsto la possibilità di prorogare al 31 dicembre 2014, con apposito regolamento, le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni, prevedendo comunque la possibilità che, all'esito di apposite consultazioni con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego, l'ambito applicativo delle disposizioni in materia sia differenziato, in ragione dell'esigenza di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni opportuna iniziativa diretta a consentire, in considerazione della prossima sessione di bilancio 2016-2018, un rapido avvio della sessione negoziale presso l'ARAN, al fine di procedere al rinnovo per la parte normativa ed economica del contratto del pubblico impiego, con riferimento al personale di cui all'articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, per il triennio 2014-2016;
   a valutare altresì l'opportunità di avviare un'analoga sessione negoziale, per rideterminare le risone per il rinnovo contrattuale del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
9/3098-A/98Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini della razionalizzazione della spesa pubblica, l'articolo 9, commi 17-21, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto il blocco della contrattazione nel pubblico impiego per il triennio 2010-2012;
    il predetto blocco opera nei seguenti termini:
     sospensione (senza possibilità di recupero) delle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012, fatta salva la sola erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale;
     rideterminazione delle risorse previste per i rinnovi contrattuali per il personale statale, le quali comprendono anche gli oneri riflessi a carico delle amministrazioni;
     rideterminazione delle risorse anche da parte delle amministrazioni non statali per il rinnovo contrattuale per l'anno 2011 e a partire dal successivo 2012;
    inoltre, il comma 21 ha stabilito la non applicazione – per gli anni 2011, 2012 e 2013 – al personale in regime di diritto pubblico dei meccanismi di adeguamento retributivo previsti dall'articolo 24 della legge n. 448 del 1998 (adeguamento annuale di diritto, dal 1o gennaio delle voci retributive del personale richiamato in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive), ancorché a titolo di acconto ed escludendo successivi recuperi;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha infine previsto la possibilità di prorogare al 31 dicembre 2014, con apposito regolamento, le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni, prevedendo comunque la possibilità che, all'esito di apposite consultazioni con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego, l'ambito applicativo delle disposizioni in materia sia differenziato, in ragione dell'esigenza di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ogni opportuna iniziativa diretta a consentire, in considerazione della prossima sessione di bilancio 2016-2018, un rapido avvio della sessione negoziale presso l'ARAN, al fine di procedere al rinnovo per la parte normativa ed economica del contratto del pubblico impiego, con riferimento al personale di cui all'articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, per il triennio 2014-2016;
   a valutare altresì l'opportunità di avviare un'analoga sessione negoziale, per rideterminare le risone per il rinnovo contrattuale del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
9/3098-A/98. (Testo modificato nel corso della seduta) Chimienti.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini della revisione della spesa pubblica, le pubbliche amministrazioni dovrebbero adottare sistemi di contabilità economica analitica e l'applicazione della stessa ai fini della programmazione, della gestione e della valutazione della dirigenza e del personale tutto;
    in particolare, dovrebbero procedere all'individuazione dei cosa standard delle funzioni fondamentali e dei servizi a rilevanza esterna resi da tutte le amministrazioni pubbliche inserite nell'Allegato ISTAT, di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, quale strumento di gestione, nonché per la determinazione dei trasferimenti e dei contratti di servizio con le società partecipate,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa legislativa per prevedere l'adozione della contabilità analitica da parte delle pubbliche amministrazioni, in modo tale che, a decorrere dall'esercizio di bilancio 2016, le amministrazioni medesime possano utilizzare i costi standard delle funzioni fondamentali e dei servizi a rilevanza esterna ai fini della predisposizione del bilancio, della programmazione e dell'assegnazione degli obiettivi.
9/3098-A/99Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini della revisione della spesa pubblica, le pubbliche amministrazioni dovrebbero adottare sistemi di contabilità economica analitica e l'applicazione della stessa ai fini della programmazione, della gestione e della valutazione della dirigenza e del personale tutto;
    in particolare, dovrebbero procedere all'individuazione dei cosa standard delle funzioni fondamentali e dei servizi a rilevanza esterna resi da tutte le amministrazioni pubbliche inserite nell'Allegato ISTAT, di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, quale strumento di gestione, nonché per la determinazione dei trasferimenti e dei contratti di servizio con le società partecipate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni opportuna iniziativa legislativa per prevedere l'adozione della contabilità analitica da parte delle pubbliche amministrazioni, in modo tale che, a decorrere dall'esercizio di bilancio 2016, le amministrazioni medesime possano utilizzare i costi standard delle funzioni fondamentali e dei servizi a rilevanza esterna ai fini della predisposizione del bilancio, della programmazione e dell'assegnazione degli obiettivi.
9/3098-A/99. (Testo modificato nel corso della seduta) Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di ridurre i condizionamenti della politica nella scelta dei manager delle aziende sanitarie e la conseguente dipendenza degli stessi da qualunque legame di tipo politico, con possibile nocumento degli interessi delle aziende sanitarie;
    in analogia con il decreto Balduzzi del 2012 che ha ridotto i margini di discrezionalità dei direttori generali delle aziende sanitarie nella selezione dei direttori di struttura complessa, obbligandoli individuare il prescelto all'interno della rosa dei primi tre classificati a motivare le ragioni della loro scelta, nel caso non corrispondesse all'ordine di graduatoria della terna;
    fermo restando quanto previsto dall'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni,

impegna il Governo

a valutare, in fase di decreti attuativi, l'opportunità che le disposizioni previste dall'articolo 9, comma 1, lettera o) del provvedimento in esame, relative al conferimento degli incarichi di Direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario, nonché, ove previsto, di direttore dei servizi socio-sanitari, possano essere attuate prevedendo che le regioni attingano nella scelta dai primi tre nomi in ordine di graduatoria nella rosa degli iscritti all'albo nazionale degli idonei che avranno manifestato interesse all'incarico da ricoprire e che le stesse regioni siano tenute a motivare le ragioni della scelta, nel caso essa non rispetti l'ordine di graduatoria dei candidati nell'albo nazionale degli idonei.
9/3098-A/100Gigli.


   La Camera,
   premesso che:
    la delega prevista dall'articolo 14 in materia di riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche introduce al comma 1, lettera m) punto 4-bis un sistema sanzionatorio per la mancata attuazione dei princìpi di razionalizzazione di cui all'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Tale sistema è basato sulla riduzione dei trasferimenti dello Stato alle amministrazioni, tra cui anche le Regioni, che non ottemperano alle disposizioni in materia;
    i principi di razionalizzazione di cui all'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 prevedono: l'eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili e delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; la soppressione delle società composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; l'aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica; il contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni;
    il disegno di legge n. 192 «Disciplina della partecipazione della Regione, degli enti regionali e degli enti locali a società di capitali e consortili» presentato dalla Giunta della Regione Autonoma della Sardegna in data 19 marzo 2015, non è stato ancora esaminato dal Consiglio Regionale pur rappresentando un utile punto di partenza per una completa riforma in materia;
    l'articolo 4 del suddetto disegno di legge richiama esplicitamente i principi di razionalizzazione di cui all'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
    le Regioni rappresentano un importante e troppo spesso discutibile centro di spesa in tema di partecipazioni societarie e nel caso della Sardegna, la sezione di controllo della Corte dei Conti della RAS ha più volte invocato non solo maggior trasparenza e circolazione dei dati, ma soprattutto l'accelerazione delle pratiche di dismissione delle società partecipate e la eliminazione dei consigli di amministrazione che creano pericoloso sottobosco politico, così come chiesto dai sardi in maniera plebiscitaria con i referendum del 2012,

impegna il Governo:

   a monitorare, nelle more dell'emanazione del decreto legislativo e per quanto di competenza, il processo di attuazione dei principi di razionalizzazione nelle regioni;
   a valutare l'opportunità di pubblicare a cadenza quadrimestrale sul sito del Dipartimento per gli Affari regionali, le Autonomie e lo Sport un breve report in cui si indichi l’iter dei disegni di legge presentati dalle giunte regionali in materia di disciplina della partecipazione delle regioni, degli enti regionali e degli enti locali a società di capitali e consortili.
9/3098-A/101Vargiu, Matarrese, Galgano, D'Agostino.


   La Camera,
   premesso che:
    la delega prevista dall'articolo 14 in materia di riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche introduce al comma 1, lettera m) punto 4-bis un sistema sanzionatorio per la mancata attuazione dei princìpi di razionalizzazione di cui all'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Tale sistema è basato sulla riduzione dei trasferimenti dello Stato alle amministrazioni, tra cui anche le Regioni, che non ottemperano alle disposizioni in materia;
    i principi di razionalizzazione di cui all'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 prevedono: l'eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili e delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; la soppressione delle società composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; l'aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica; il contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni;
    il disegno di legge n. 192 «Disciplina della partecipazione della Regione, degli enti regionali e degli enti locali a società di capitali e consortili» presentato dalla Giunta della Regione Autonoma della Sardegna in data 19 marzo 2015, non è stato ancora esaminato dal Consiglio Regionale pur rappresentando un utile punto di partenza per una completa riforma in materia;
    l'articolo 4 del suddetto disegno di legge richiama esplicitamente i principi di razionalizzazione di cui all'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
    le Regioni rappresentano un importante e troppo spesso discutibile centro di spesa in tema di partecipazioni societarie e nel caso della Sardegna, la sezione di controllo della Corte dei Conti della RAS ha più volte invocato non solo maggior trasparenza e circolazione dei dati, ma soprattutto l'accelerazione delle pratiche di dismissione delle società partecipate e la eliminazione dei consigli di amministrazione che creano pericoloso sottobosco politico, così come chiesto dai sardi in maniera plebiscitaria con i referendum del 2012,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di monitorare, nelle more dell'emanazione del decreto legislativo e per quanto di competenza, il processo di attuazione dei principi di razionalizzazione nelle regioni;
   a valutare l'opportunità di pubblicare a cadenza quadrimestrale sul sito del Dipartimento per gli Affari regionali, le Autonomie e lo Sport un breve report in cui si indichi l’iter dei disegni di legge presentati dalle giunte regionali in materia di disciplina della partecipazione delle regioni, degli enti regionali e degli enti locali a società di capitali e consortili.
9/3098-A/101. (Testo modificato nel corso della seduta) Vargiu, Matarrese, Galgano, D'Agostino.


   La Camera,
   premesso che:
    recependo le istanze espresse dall'Autorità europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) di costituire e organizzare una scuola secondo il modello delle scuole europee, con decreto interministeriale n. 41 del 23 luglio 2004 è stata attivata in via sperimentale la Scuola per l'Europa di Parma. L'impegno alla sua formale istituzione è stato poi confermata con l'Accordo di sede ratificato con legge n. 17 del 10 gennaio 2006 (articolo 3 comma 5);
    nel mese di ottobre 2006 il consiglio superiore delle scuole europee ha riconosciuto la Scuola per l'Europa di Parma come scuola di tipo 2 associata al sistema delle scuole europee con apposita convenzione stipulata con il Governo italiano. La legge 3 agosto 2009, n. 116 ha attribuito alla scuola personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia amministrativa, ponendola sotto la vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    l'Avvocatura dello Stato, istituita con il regio decreto 30 ottobre 1933 n. 1611, è l'organo legale dello Stato al quale sono assegnati compiti di consulenza giuridica e di difesa delle Amministrazioni Statali anche se organizzate ad ordinamento autonomo,

impegna il Governo

ad identificare le soluzioni tecniche e giuridiche finalizzate ad attribuire la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio della Scuola per l'Europa di Parma all'Avvocatura dello Stato, ai sensi del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.
9/3098-A/102Patrizia Maestri, Romanini.


   La Camera,
   premesso che:
    stante l'introduzione, nel provvedimento in esame nel corso dell'esame in sede referente, dell'articolo 15-bis sul riordino della procedura dei giudizi innanzi alla Corte dei conti, risulta, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, segnalare che:
     la Corte dei Conti svolge ogni anno un importante lavoro di controllo delle finanze pubbliche. In particolare, svolge la funzione di controllo sulla gestione del bilancio dello Stato e sulla gestione finanziaria degli enti pubblici: a seguito di tali controlli, la Corte dei conti può condannare amministratori e funzionari pubblici che con la loro condotta hanno cagionato danni allo Stato o agli Enti pubblici, irrorando anche sanzioni pecuniarie;
     tuttavia, nonostante la gran quantità di sentenze prodotte dalla Corte dei Conti, oltre al problema legato alla mancata riscossione dalle sanzioni irrorate, i soggetti condannati spesso continuano a svolgere le proprie funzioni nelle medesime posizioni in cui si trovavano prima della condanna come se nulla fosse accaduto, con il fondato rischio che possano ripetere le medesime condotte e continuare ad arrecare nuovi danni alle finanze pubbliche;
     è particolarmente irragionevole, oltre che pernicioso, che chi venga condannato per aver prodotto, in alcuni casi, gravissimi danni economici allo Stato, e quindi a tutta la collettività, possa continuare a svolgere le medesime funzioni e a percepire in molti casi lauti stipendi pubblici, e magari ripetere nuovi illeciti e perpetrare ulteriori danni;
    per evitare tutto ciò, si rende necessario, per assoluto buon senso, prevedere misure a difesa dei danni,

impegna il Governo:

   ad adottare tempestivamente le iniziative, anche legislative, atte a dare sicura effettività alle sanzioni economiche della Corte dei conti, nonché a prevedere effettive misure sanzionatorie verso i dipendenti pubblici oggetto delle condanne ed il loro collegamento diretto con il procedimento disciplinare.
9/3098-A/103Nuti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame ha l'obiettivo di garantire, attraverso i connessi criteri e principi direttivi: il diritto di accesso dei cittadini e delle imprese ai dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale; la semplificazione dell'accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità di accesso fisico agli uffici pubblici; la previsione di un domicilio digitale per cittadini e imprese; standard minimi per la fruizione e accessibilità dei servizi in modalità digitale e sanzioni per le amministrazioni; la ridefinizione in chiave digitale dei procedimenti amministrativi (cosiddetto digital first); il potenziamento della connettività a banda larga e ultralarga e dell'accesso alla rete internet: presso gli uffici pubblici, la partecipazione con modalità telematiche ai processi decisionali pubblici, l'armonizzazione della disciplina del Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale (SPID) volto ad assicurare l'utilizzo del cosiddetto PIN unico;
    si tratta di una spinta molto forte, al momento di principio, verso la digitalizzazione dei processi e dei servizi delle pubbliche amministrazioni non solo verso i cittadini e le imprese, in quanto avrebbe un forte impatto anche sulle procedure interne;
    appare di immediate evidenza la stretta connessione di tale obiettivo con la necessità del tempestivo adeguamento da parte delle pubbliche amministrazioni alla cosiddetta procedura di «disaster recovery», quel sistema che, in caso di disastri ambientali o eventi imprevisti, consente alla pubblica amministrazione di riprendere le proprie attività, in particolare informatiche, nel minor tempo possibile e, soprattutto, di proteggere dalla perdita dei dati;
    tale sistema di garanzia dovrebbe procedere di pari passo, anzi esservi propedeutico, con l'obiettivo della digitalizzazione e del «digital first»: è già vigente una norma che dispone la dotazione di programmi di «disaster recovery», rimasta inattuata, non avendo ivi disposto un termine perentorio, tantomeno sanzioni per l'inadempienza – tale dato risulta confermato dal Governo stesso, al riguardo interrogato presso la Commissione parlamentare competente,

impegna il Governo

a provvedere, contestualmente all'esercizio della delega di cui all'articolo indicato in premessa, in ordine all'individuazione di un termine perentorio di adozione del sistema cosiddetto «disaster recovery».
9/3098-A/104Cozzolino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 dispone principi e criteri direttivi in ordine alla revisione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, con l'obiettivo di determinare una maggiore efficacia dei controlli ed ai fini di individuare i principali rischi e i relativi rimedi;
    la finalità è quella, naturalmente, di accentuare le modalità ed i sistemi di prevenzione dell'illegalità e della corruzione, per i quali il nostro Paese non brilla, stando ai monitoraggi e alle classifiche stilate dalle organizzazioni internazionali;
    occorre contribuire a creare una nuova cultura della legalità, in modo che sia intesa quale bene pubblico ed interesse nonché obiettivo di tutti i cittadini, ferma restando l'assunzione di responsabilità per tali fini da parte delle istituzioni pubbliche in primis; nell'ambito del G20 del 2010, i Paesi partecipanti si sono impegnati in tal senso e, in alcuni, è stata inaugurata la nascita di un sistema di supporto al contrasto della corruzione, dove la società civile professionalizzata affianca le istituzioni e cittadini per aumentarne ed estenderne l'efficacia,

impegna il Governo

nell'esercizio della delega cui alla lettera c-bis) indicata in premessa, ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate a prevedere ed incentivare la nascita di imprese sociali impegnate nell'opera di prevenzione e contrasto alla corruzione.
9/3098-A/105D'Ambrosio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo dispone in ordine al riordino dei corpi di polizia con modalità e formulazioni che la firmataria del presente atto non condivide, fermo restando che, nel nostro Paese, la frammentazione delle funzioni delle molteplici forze di polizia è reale e si riverbera anche sul metodo di lavoro delle stesse;
    ad oggi, le forze dell'ordine che svolgono funzioni di polizia giudiziaria non possano accedere alle informazioni relative ai soggetti sottoposti a provvedimenti cautelari o a indagini, a causa della mancanza di un database unico che possa essere di volta in volta aggiornato e consultato dai diversi soggetti preposti alla tutela dell'ordine pubblico;
    al fine di favorire la gestione unitaria delle banche dati delle forze di polizia,

impegna il Governo

ad istituire un unico centro di raccolta ed elaborazione dei dati in materia di tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità accessibili da parte di tutte le forze di polizia, anche locali.
9/3098-A/106Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo dispone in ordine al riordino dei corpi di polizia con modalità e formulazioni che la firmataria del presente atto non condivide, fermo restando che, nel nostro Paese, la frammentazione delle funzioni delle molteplici forze di polizia è reale e si riverbera anche sul metodo di lavoro delle stesse;
    ad oggi, le forze dell'ordine che svolgono funzioni di polizia giudiziaria non possano accedere alle informazioni relative ai soggetti sottoposti a provvedimenti cautelari o a indagini, a causa della mancanza di un database unico che possa essere di volta in volta aggiornato e consultato dai diversi soggetti preposti alla tutela dell'ordine pubblico;
    al fine di favorire la gestione unitaria delle banche dati delle forze di polizia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un unico centro di raccolta ed elaborazione dei dati in materia di tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità accessibili da parte di tutte le forze di polizia, anche locali.
9/3098-A/106. (Testo modificato nel corso della seduta) Lombardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha adottato, in diverse parti del testo, principi e criteri direttivi formulati con espressioni che ineriscono a mere possibilità, ad eventualità, attivabili alternativamente dal Governo delegato, con ciò avallandone il successivo libero apprezzamento;
   ciò si determina, come detto, in diverse parti del testo, ma, al firmatario del presente atto di indirizzo preme, in questa sede, il disposto di cui all'articolo 7, comma 1, lettera a-bis), riferite al riordino delle «forze operanti al mare», al quale si aggiunge il rafforzamento del coordinamento tra il Corpo delle capitanerie di porto e la Marina militare, «nella prospettiva di una eventuale maggiore integrazione»;
   la probabilità insita nel termine si riverbera sull'insieme del disposto, inficiandolo tutto, tanto più che l'eventualità viene accostata, nel criterio di delega, ad una prospettiva – «insieme di circostanze future che si possono prevedere», ma non garantire, questo è il significato della parola «prospettiva» nella nostra lingua,

impegna il Governo

ad illustrare alle Camere, presso le Commissioni competenti, prima di adottare lo schema di decreto legislativo attuativo, come intende adempiere al disposto indicato in premessa.
9/3098-A/107Cecconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha adottato, in diverse parti del testo, principi e criteri direttivi formulati con espressioni che, introducendo mere eventualità, lasciano completo spazio al libero apprezzamento del Governo in ordine alla loro adozione;
   nel caso del riordino delle Autorità portuali, di cui al disposto dell'articolo 7, comma 1, lettera e), quasi non v’è perimetrazione all'intervento successivo del Governo, che ne abbraccia ogni aspetto, dalla non meglio precisata «riorganizzazione» della vigente disciplina al loro numero, alla governance; i criteri ed i principi direttivi non ci sono o, meglio, coincidono, in sostanza, con l'oggetto e l'ambito della delega;
   a fonte della formulazione, della portata e dell'ampiezza della suddetta delega, alla luce della contestuale adozione preliminare del piano strategico nazionale della portualità e della logistica che contiene anch'esso, tra le Azioni strategiche per il Sistema Mare, misure di adeguamento per la governance dei porti, stante l'assenza di linee direttrici nel suddetto disposto,

impegna il Governo

ad illustrare immediatamente alle Camere, presso le Commissioni competenti, come intende adempiere al disposto indicato in premessa.
9/3098-A/108Nesci.


   La Camera,
   premesso che:
   il provvedimento in esame ha adottato, in diverse parti del testo, principi e criteri direttivi formulati con espressioni che ineriscono a mere possibilità, ad eventualità, attivabili alternativamente dal Governo delegato, con ciò avallando il successivo libero apprezzamento del Governo;
   ciò si determina, come detto, in diverse parti del testo, ma, alla firmataria del presente atto di indirizzo preme, in questa sede, la sorte del disposto di cui all'articolo 7, comma 1, lettera a), nella lunga e complessa parte riferita alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, per il quale è previsto «l'eventuale» assorbimento in altra Forza di polizia, l'intreccio con il riordino delle «funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare», nonché con le modificazioni agli ordinamenti del personale delle Forze di polizia di cui all'articolo 16, della legge n. 121 del 1981 – Arma dei Carabinieri, Guardia di finanza, Corpo degli agenti di custodia,
   l'insieme dei suddetti principi e criteri direttivi non può dirsi chiaro né definito e risulta ancor più critico a fronte della mera eventualità di parte della sua attuazione,

impegna il Governo

ad illustrare alle Camere, presso le Commissioni competenti, prima di adottare lo schema di decreto legislativo attuativo, come intende adempiere al disposto indicato in premessa.
9/3098-A/109Dadone.


   La Camera,
   premesso che:
    in attuazione dell'articolo 7, comma 1, lettera e) del presente disegno di legge, il Governo è delegato ad adottare, uno o più decreti legislativi i cui principi e criteri direttivi, con riferimento a enti pubblici non economici nazionali e soggetti privati che svolgono attività omogenee, siano la semplificazione e il coordinamento delle norme riguardanti l'ordinamento sportivo, con il mantenimento della sua specificità;
   l'articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, ha modificato il testo Unico delle Imposte sui Redditi (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), introducendo all'articolo 148 l'obbligatorietà di una serie di previsioni all'interno degli statuti di diversi enti di tipo associativo tra cui le associazioni sportive dilettantistiche (ASD), vincolando la possibilità di fruire delle agevolazioni fiscali alla presenza delle stesse, tra le quali l'intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa» (articolo 148, comma 8, lettera f);
   la legge 289 del 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), ha successivamente istituito le società sportive dilettantistiche di capitale che perseguono finalità non lucrative (SSD) alle quali sono state estese le disposizioni tributarie previste per le associazioni sportive dilettantistiche (articolo 90). A queste società di capitale sono state applicate alcune previsioni analoghe a quelle summenzionate per le associazioni sportive, altre sono state espressamente escluse, altre ancora non sono state menzionate. Nel dettaglio, il comma 18 dell'articolo 90, rispetto alla necessaria previsione all'interno dello statuto delle norme sull'ordinamento interno ispirato a princìpi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell'elettività delle cariche sociali, ha fatto salve le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile (articolo 90, comma 18, lettera e)) e non ha menzionato il principio dell'intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte, ciò che rende incerta la loro applicabilità alle SSD (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 148, comma 8, lettera f));
   l'incertezza, nella prassi applicativa, sulla applicabilità alle società sportive dilettantistiche di capitale della clausola sulla intrasmissibilità delle quote (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 148, comma 8, lettera f)) ha gravi ripercussioni sulle società sportive dilettantistiche senza fine di lucro in quanto rende impossibile effettuare operazioni come il recesso del socio, con la conseguenza di vincolare a vita i soci tra di loro, obbligandoli, in caso di conflitti insanabili o semplice volontà di recesso, a sciogliere la società; resta ferma la correttezza della previsione di cui alla stessa disposizione secondo la quale le quote non siano rivalutabili, in quanto coerente con la necessaria assenza di finalità lucrativa, sebbene la stessa non necessiterebbe di espressa previsione nello statuto di una società sportiva dilettantistica, dal momento che all'obbligo dell'assenza di scopo di lucro già previsto dallo statuto e, dunque, il conseguente divieto di distribuzione di utili sia in forma diretta che indiretta tra i soci, già consegue l'impossibilità di ottenere plusvalenze o sovrapprezzo in caso di cessione di quota,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative, anche legislative, atte a specificare e a sanare, attraverso un intervento normativo in sede di emanazione del decreto legislativo delegato dal disegno di legge o comunque secondo le modalità che ritiene più adeguate, le antinomie di cui alla premessa ed eventualmente chiarire l'esclusione delle società di capitali sportive dilettantistiche di cui all'articolo 90 comma 18 legge 289 del 2002 dall'obbligo di previsione dell'intrasmissibilità della quota o del contributo associativo ad eccezione della causa di morte all'interno degli statuti delle stesse.
9/3098-A/110Toninelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101, è stato disciplinato il Mercato Elettronico della PA, il cui regolamento di esecuzione e di attuazione è stato previsto con il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207;
    si tratta di un mercato digitale in cui le Amministrazioni abilitate possono acquistare, per valori inferiori alla soglia comunitaria, i beni e servizi offerti da fornitori abilitati a presentare i propri cataloghi sul sistema;
    Consip definisce con appositi bandi le tipologie di beni e servizi e le condizioni generali di fornitura, gestisce l'abilitazione dei fornitori e la pubblicazione e l'aggiornamento dei cataloghi. Accedendo alla Vetrina del Mercato Elettronico o navigando sul catalogo prodotti, le Amministrazioni possono verificare l'offerta di beni e/o servizi e, una volta abilitata, effettuare acquisti on line, confrontando le proposte dei diversi fornitori e scegliendo quella più rispondente alla proprie esigenze;
    con la Risoluzione del 16 dicembre 2013 n. 96/E, l'Agenzia delle Entrate, rispondendo ad un'istanza di interpello in merito all'applicazione dell'imposta di bollo, ha chiarito che le offerte e le accettazioni di beni e/o servizi effettuate all'interno del MePA sono soggette all'imposta di bollo, ex articolo 2 della Tariffa, parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642/1972, solamente laddove vi sia la stipulazione del contratto. Secondo l'ADE, infatti, «l'articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, prevede espressamente al quinto comma che “Il contratto è stipulato per scrittura privata, che può consistere anche nello scambio dei documenti di offerta e accettazione firmati digitalmente dal fornitore e dalla stazione appaltante”». Pertanto, partendo dal presupposto che «lo scambio di documenti digitali tra i due soggetti concretizza una particolare procedura prevista per la stipula di della scrittura privata», l'ordine inviato dall'Amministrazione al fornitore attraverso la piattaforma si configurerebbe come un vero e proprio contratto, in quanto ne contiene tutti gli elementi essenziali. La risoluzione conclude specificando che l'imposta di bollo è a carico del fornitore, e che le Amministrazioni sono tenute ad assicurare il rispetto delle norme che prevedono il pagamento dell'imposta;
    a seguito della risposta resa dall'Agenzia entrate, le amministrazioni pubbliche hanno richiesto ai fornitori la consegna cartacea degli ordini di acquisti conclusi telematicamente con l'applicazione dell'imposta di bollo di euro 16,00, ogni quattro facciate;
    l'applicazione dell'imposta sugli ordini MePA, ha appesantito ulteriormente la pressione fiscale delle aziende fornitrici che in alcuni casi non riescono nemmeno a recuperare il costo complessivo di produzione o di gestione del bene fornito; ciò soprattutto per le imprese di minore dimensione soggetti all'applicazione di premi meno concorrenziali;
    per di più, l'applicazione dell'imposta di bollo non genera nemmeno un rilevante gettito per lo Stato: considerato che il valore dell'imposta di bollo (16,00 euro ogni quattro facciate) ed il numero dei soli ordini di acquisti attualmente ad oggi emessi, il gettito stimabile ammonterebbe a meno di 30 milioni di euro;
    in merito all'esenzione dall'imposta di bollo dei contratti MePa, il Governo, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Commissione finanze n. 5/05567, ha già espresso il suo parere favorevole all'assunzione di iniziative dirette a rivedere l'imposta di bollo sui contratti stipulati attraverso il mercato elettronico,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a prevedere l'esenzione dall'imposta di bollo dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione, o altre e diverse forme di compensazione.
9/3098-A/111Villarosa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, all'articolo 7 comma 1 lettera e) introduce tra i criteri di delega la razionalizzazione riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, con particolare riferimento al numero) all'individuazione di Autorità di sistema nonché alla governance e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti;
    le autorità portuali in Italia sono state istituite con la legge 28 gennaio 1994, n. 84. Inizialmente l'articolo 6 istituiva quelle di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina. Napoli, Palermo, Ravenna, Salerno, Savona, Taranto, Trieste e Venezia. Successivamente ne sono state istituite altre sino ad arrivare ad un totale di 24 autorità portuali;
    in base alla legge vigente, l'autorità portuale ha compiti di «indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza anche in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tale attività»;
    l'autorità portuale è costituita dai seguenti organi: il presidente, nominato con decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti e della navigazione, previa intesa con la regione interessata (articolo 8 della legge 28 gennaio 1994, n. 84), che rimane in carica quattro anni e può essere confermato solo una volta, il comitato portuale, il segretario generale e il collegio dei revisori dei conti;
    il presidente, così come sancito dalla legge, deve essere nominato nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale, designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle Camere di commercio competenti territorialmente. La terna è comunicata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti tre mesi prima della scadenza del mandato. L'atto conclusivo di nomina della presidenza dell'autorità portuale è il voto in sede parlamentare nelle Commissioni competenti sia alla Camera dei deputati sia al Senato della Repubblica;
    in numerose occasioni si è proceduto a nominare delle personalità che poi si sono rivelate inadatte o quantomeno prive dei requisiti minimi necessari prevista dalla legge di cui in parola;
    oltre ad una razionalizzazione, sarebbe auspicabile intervenire anche sui meccanismi di nomina dei presidenti delle stesse autorità,

impegna il Governo

a rivedere la disciplina riguardante le procedure di nomina dei Presidenti delle autorità portuali nonché dei commissari di cui all'articolo 7, comma 4 della legge 28 gennaio 1994 n. 84 attraverso l'introduzione di clausole di incompatibilità, esclusione e decadenza, tra le quali l'aver riportato condanne penali definitive per delitti non colposi in materia tributaria, fallimentare, contro la pubblica amministrazione e la fede pubblica, nonché per delitti non colposi puniti anche con pena congiunta se la pena detentiva non è inferiore nel massimo a tre anni di reclusione.
9/3098-A/112Liuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale e che tra i criteri di delega è previsto il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché il riordino delle funzioni nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare; ciò è conseguente – in base alla formulazione del testo – alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, con l'eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia;
    valutata l'esigenza di razionalizzare e semplificare il sistema dei controlli nel comparto agroalimentare in modo da rendere più efficace l'effettuazione delle ispezioni e l'utilizzo delle risorse facenti capo ai diversi organismi impegnati al fine di contenere la spesa pubblica e di ridurre le possibili sovrapposizioni nello svolgimento delle azioni ispettive;
    rilevato che la difesa dell'ambiente e del patrimonio agroalimentare italiano costituiscono priorità assolute per il Paese, posto che il benessere, anche economico, passa attraverso una crescita sostenibile e rispettosa delle tradizioni alimentari;
    condivisa la necessità di non disperdere, con l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato in un'altra Forza di polizia, il patrimonio di competenze acquisito negli anni a tutela della qualità dell'agroalimentare italiano, anche in ragione dell'intensificarsi dei fenomeni legati alla contraffazione ed imitazione dei prodotti italiani e preso atto che l'eventuale accorpamento del Dipartimento dell'Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari (ICQRF) nel Corpo forestale dello Stato e la conseguente istituzione del Nucleo Operativo Agroalimentare e Forestale sarebbe una soluzione soddisfacente sia dai punto di vista del conseguimento degli obiettivi di tutela dell'agroalimentare che di contenimento della spesa pubblica;
    considerato, inoltre, che occorre tenere in considerazione l'esigenza di garantire che il territorio possa avvalersi costantemente della presenza delle forze di polizia specializzate per il presidio dell'ambiente, anche in ragione della complessità morfologica del territorio italiano, e della tutela dell'agroalimentare italiano,

impegna il Governo

con riferimento al riordino delle funzioni nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, al fine di razionalizzare i controlli e migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'attività ispettiva, nonché semplificare gli oneri a carico degli operatori del settore agroalimentare, a prevedere, nell'esercizio della delega disposta, l'accorpamento del Dipartimento dell'Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari (ICQRF) nel Corpo forestale dello Stato e la conseguente istituzione del Nucleo Operativo Agroalimentare e Forestale (NOAF).
9/3098-A/113Lupo.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso 2 luglio 2015 l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha presentato la Relazione annuale relativa al 2014 sulla corruzione nella pubblica amministrazione;
    in particolare la Relazione dell'ANAC ha denunciato come solo il 45 per cento delle Asl attuano le misure di rotazione del personale soprattutto a causa della carenza di professionalità interscambiabili, per le aree clinico sanitarie;
    la rotazione è prevista espressamente dalla legge n. 190 del 2012 quale misura anticorruzione ed è basilare che si proceda all'attuazione integrale della normativa vigente come strumento per affrontare le problematiche relative agli atti corruttivi nella pubblica amministrazione e in particolare nel settore della sanità;
    altra questione non più procrastinabile è la necessità rilevata dall'ANAC di estendere il regime di inconferibilità e incompatibilità, in tale ambito l'ANAC ha proposto di introdurre nella normativa vigente l'inconferibilità dell'incarico non solo limitatamente ai reati consumati ma anche ai reati tentati;
    sempre in relazione all'attuazione del decreto legislativo n. 39 del 2013 l'ANAC ha ritenuto opportuno proporre interventi legislativi che intervengano anche sull'estensione dei profili di imparzialità e di prevenzione dei conflitti di interesse non solo relativi al direttore generale ma anche per le posizioni di direttore di dipartimento, direttore di distretto, dirigente medico di presidio, dirigente di struttura complessa,

impegna il Governo:

   a garantire la rotazione del personale prevista dalla legge n. 190 del 2012 nelle Asl come una delle misure per l'effettivo contrasto della corruzione nel settore sanitario;
   a recepire anche in successivi provvedimenti legislativi la proposta dell'ANAC relativa alla estensione del regime di inconferibilità e incompatibilità dell'incarico non solo in relazione a reati consumati, ma anche a quelli tentati, nonché la proposta di estendere i profili di imparzialità e di prevenzione dei conflitti di interesse non solo relativi al direttore generale, ma anche per le posizioni di direttore di dipartimento, direttore di distretto, dirigente medico di presidio, dirigente di struttura complessa.
9/3098-A/114Grillo, Baroni, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10 del provvedimento all'esame delega il Governo alla adozione di decreti legislativi volti alla semplificazione dell'attività degli enti di ricerca;
    in particolare la lettera a) del comma 1 dello stesso articolo 10 introduce quale criterio direttivo per l'esercizio della delega il recepimento della Carta europea dei ricercatori e del documento European Framework for Research Careers, con particolare riguardo alla libertà di ricerca e all'autonomia professionale; nonché la portabilità dei progetti di ricerca e la relativa titolarità valorizzando la specificità del modello contrattuale del sistema degli enti di ricerca,

impegna il Governo

nell'esercizio della delega a definire il ruolo dei ricercatori e tecnologi EPR, sulla base dell'ordinamento professionale di ricercatori e tecnologi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1991, n. 171 e del relativo stato giuridico, con particolare riguardo alla libertà di ricerca e all'autonomia professionale.
9/3098-A/115D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento all'esame delega il Governo all'adozione di decreti legislativi volti alla promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche;
    il comma 1 dell'articolo 47 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 prevede che entrambi i genitori, alternativamente, abbiano diritto ad astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore ai tre anni;
    il comma 2 dello stesso articolo prescrive che ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni;
    i periodi di assenza dal lavoro per la malattia del figlio non danno diritto a retribuzione,

impegna il Governo

al fine di garantire una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ad adottare le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, volte ad introdurre la possibilità per i lavoratori dipendenti di usufruire di un periodo di 30 giorni all'anno di congedo retribuito per le malattie dei figli dai 3 agli 8 anni, anche introducendo la possibilità di utilizzare i giorni di malattie personali.
9/3098-A/116Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 prevede, tra i principi e criteri direttivi della delega al Governo per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali, il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agro-alimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, ferma restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare;
    va riconosciuta la specifica funzione di polizia preventiva, operata attraverso le stazioni dislocate su tutto il territorio nazionale, nonché l'irrinunciabile funzione di polizia giudiziaria specializzata in ordine all'accertamento degli illeciti in campo ambientale, il cui operato è costantemente valutato dalle procure impegnate sul territorio al contrasto della criminalità quale contributo alle indagini di grande professionalità e qualità;
    seppur ritenuto dalla lettera della norma come «eventuale», l'accorpamento del Corpo forestale dello Stato ad altro Corpo ad ordinamento militare si configurerebbe produttivo di distorsioni e perplessità in tema di trattamento giuridico e retributivo,

impegna il Governo

alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato in una nuova direzione centrale del Dipartimento della pubblica sicurezza, prevedendo che le funzioni tecniche e gestionali non ricomprese nella nuova organizzazione, già esercitate dal Corpo forestale dello Stato, vengano assegnate ai competenti organismi con facoltà per il personale impiegato in tali mansioni, a domanda, di seguire le predette funzioni.
9/3098-A/117L'Abbate, Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Mannino, Zolezzi, Vignaroli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 prevede, tra i principi e criteri direttivi della delega al Governo per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali, il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agro-alimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, ferma restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare;
    va riconosciuta la specifica funzione di polizia preventiva, operata attraverso le stazioni dislocate su tutto il territorio nazionale, nonché l'irrinunciabile funzione di polizia giudiziaria specializzata in ordine all'accertamento degli illeciti in campo ambientale, il cui operato è costantemente valutato dalle procure impegnate sul territorio al contrasto della criminalità quale contributo alle indagini di grande professionalità e qualità;

impegna il Governo

alla riorganizzazione di tutte le forze operanti in campo ambientale e agro-alimentare appartenenti ai vari corpi di polizia mediante accorpamento al Corpo forestale dello Stato, delle polizie provinciali, dei corpi forestali delle regioni a statuto speciale, dei nuclei dei Carabinieri presso il ministero delle politiche agricole, del ministero dell'ambiente e dell'Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi, al fine di ottimizzare le risorse esistenti e istituire una forza di polizia ambientale e agro-alimentare specializzata e capillarmente distribuita su tutto il territorio nazionale avente competenze tecniche, e investigative, finalizzate al contrasto dei reati ambientali.
9/3098-A/118Micillo, Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Zolezzi, Vignaroli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 prevede, tra i principi e criteri direttivi della delega al Governo per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali, il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agro-alimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, ferma restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare;
    istituito un «Servizio per la biodiversità» in capo alla forza di polizia eventualmente individuata dal legislatore delegato nel caso di accorpamento del Corpo forestale dello Stato ad altra forza di polizia, si rende necessario continuare a tutelare e salvaguardare il patrimonio naturalistico e ambientale rappresentato dalle 130 Riserve naturali dello Stato e dagli Uffici Territoriali per la Biodiversità,

impegna il Governo

   a istituire un «Servizio per la biodiversità» in capo alla forza di polizia, eventualmente individuata dal legislatore delegato, per l'esercizio delle funzioni, di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 6 febbraio 2004 n. 36, di tutela e salvaguardia delle riserve naturali statali riconosciute di importanza nazionale o internazionale nonché degli altri beni destinati alla conservazione della biodiversità animale e vegetale, per il coordinamento delle attività dei Centri Nazionali per lo Studio e la conservazione della biodiversità forestale di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001 n.227, per gli adempimenti connessi alle concessioni e convenzioni per l'utilizzo dei beni amministrati dagli Uffici per la Biodiversità del Corpo forestale dello Stato;
   ad assumere i provvedimenti necessari a far sì che gli operai forestali, che in forza della legge 5 aprile 1985 n.124, sono addetti ai lavori di tutela del patrimonio ambientale, faunistico, forestale e alle diverse attività lavorative negli Uffici Territoriali per la Biodiversità, confluiscano nel predetto «Servizio per la biodiversità» o altrimenti denominato;
   ad assumere i provvedimenti necessari a far sì che le strutture centrali e periferiche del «Servizio per la biodiversità» e gli operai forestali su indicati, siano posti alle dipendenze funzionali del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, salvaguardando gli attuali organici di operai a tempo indeterminato e determinato, ad invarianza di dotazione organica e senza oneri per la finanza pubblica.
9/3098-A/119Zolezzi, Terzoni, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Mannino, Vignaroli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 prevede, tra i principi e criteri direttivi della delega al Governo per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali, il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agro-alimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, ferma restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare;
    va riconosciuta la specifica funzione di polizia preventiva, operata attraverso le stazioni dislocate su tutto il territorio nazionale, nonché l'irrinunciabile funzione di polizia giudiziaria specializzata in ordine all'accertamento degli illeciti in campo ambientale, il cui operato è costantemente valutato dalle procure impegnate sul territorio al contrasto della criminalità quale contributo alle indagini di grande professionalità e qualità,

impegna il Governo

a prevedere adeguate misure affinché nella stesura dei decreti legislativi di cui al predetto articolo 7 siano coinvolte tutte le rappresentanze sindacali nell'ambito dei Corpo forestale dello Stato, al fine di tenere nella debita considerazione ogni istanza da esse proveniente.
9/3098-A/120Terzoni, Zolezzi, Massimiliano Bernini, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Mannino, Vignaroli, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 prevede, tra i principi e criteri direttivi della delega al Governo per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali, il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agro-alimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, ferma restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare;
    va riconosciuta la specifica funzione di polizia preventiva, operata attraverso le stazioni dislocate su tutto il territorio nazionale, nonché l'irrinunciabile funzione di polizia giudiziaria specializzata in ordine all'accertamento degli illeciti in campo ambientale, il cui operato è costantemente valutato dalle procure impegnate sul territorio al contrasto della criminalità quale contributo alle indagini di grande professionalità e qualità,

impegna il Governo

ai sensi dell'articolo 162, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e fermo restando i compiti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, a trasferire alle Regioni delle funzioni di polizia provinciale relativamente ai compiti di tutela faunistica, vigilanza ittico-venatoria, tutela dell'ambiente, nonché le funzioni di sorveglianza nei parchi naturali regionali e nelle aree protette, a tal fine istituendo presso ciascuna regione la Polizia Ambientale Regionale senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
9/3098-A/121Gagnarli, Terzoni, Benedetti, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Zolezzi, Massimiliano Bernini, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Mannino, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del presente disegno di legge contiene una delega relativa al riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche;
    la sentenza della Corte Costituzionale relativamente all'impugnativa del Governo sulla legge regionale della Campania afferma che la scelta sui servizi pubblici locali è in capo agli enti locali;
    in Europa e nel resto del mondo si stanno realizzando processi di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato (si veda Parigi, Bordeaux, Nizza, Stoccarda, Berlino, Napoli..) la Commissione del Parlamento europeo ha di recente votato per l'acqua diritto umano e aperto la discussione sul bene comune non mercificabile. Dal marzo 2000 al marzo 2015 si sono verificati nel mondo 235 casi di rimunicipalizzazione dell'acqua in 37 Paesi diversi; per un totale di più di 100 milioni di persone;
    la maggioranza delle città sono in Francia (94) e negli USA (58, tra cui Atlanta e Houston); in Colombia Bogotà, in Argentina Santa Fè, Rosario, Mendoza, la provincia di Buenos Aires, in Guinea Conakry, in Uganda Kampala, in Mali Bamako, in Sudafrica Johannesburg, in Malesia Kuala Lumpur,

impegna il Governo

nell'esercizio della delega, ad evitare qualunque intervento che preveda misure restrittive nei confronti degli enti locali che minano la facoltà di essi di creare aziende speciali per la gestione dei servizi pubblici locali, poiché queste norme bloccano la possibilità di avviare processi di ripubblicizzazione come richiesto da 27 milioni di cittadini che votarono 2 si nel 2011.
9/3098-A/122Busto, Daga, Micillo, De Rosa, Mannino, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15, lettera c) del presente provvedimento afferma che il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale dovrà contribuire a risolvere le antinomie normative in base ai principi del diritto dell'Unione Europea tenendo conto dell'esito del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011;
    che lo scorso 4 giugno è iniziata la discussione in VIII commissione ambiente della Camera dei deputati della proposta di legge «Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico» (AC 2212) che muove i passi da una legge di iniziativa popolare depositata nel 2007 con oltre 420 mila firme e che è rimasta non trattata fino ad ora;
    la predetta proposta di legge risponde all'urgenza di dotare il nostro paese di un quadro legislativo unitario rispetto al governo delle risorse idriche come bene comune, introducendo modelli di gestione pubblica e partecipata del servizio idrico in attuazione dell'esito referendario;
    il Predetto testo scaturisce dalla necessità di un cambiamento normativo nazionale e risulta essere la reale e concreta attuazione dell'esito referendario, che segni una svolta radicale rispetto alle politiche, che hanno fatto dell'acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione, provocando dappertutto degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio, aumento delle tariffe, riduzione dei finanziamenti per gli investimenti, diseconomicità della gestione, espropriazione dei saperi collettivi, mancanza di trasparenza e di democrazia,

impegna il Governo

ad attendere che venga discussa e approvata dal Parlamento tale proposta di legge, all'esame della presente Camera, in grado di fornire linee guida chiare e incontrovertibili rispetto al riordino della disciplina dei servizi pubblici locali e delle partecipazioni societarie.
9/3098-A/123Daga, Micillo, Busto, De Rosa, Mannino, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    le lettere g) ed h) dell'articolo 15 delegano il governo all'individuazione dei criteri per la definizione dei regimi tariffari che tengano conto degli incrementi di produttività al fine di ridurre l'aggravio sui cittadini e sulle imprese e alla definizione delle modalità di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali;
    è imprescindibile tenere conto della crisi economica e del fatto che in Italia vivono 4 milioni di persone sotto la soglia di povertà;
    secondo l'ONU (GA/10967), l'accesso all'acqua potabile ed ai servizi igienico-sanitari è un diritto umano, cioè universale, indivisibile ed imprescrittibile,

impegna il Governo:

   ad assicurare che nella definizione dei criteri di cui sopra sia tenuto in considerazione che l'erogazione giornaliera per l'alimentazione e l'igiene umana, considerata diritto umano universale e quantitativo minimo vitale garantito, è pari a 50 litri per persona;
   ad assicurare che il costo di essa deve essere coperto dalla fiscalità generale;
   ad assicurare che tale erogazione del quantitativo minimo vitale non possa essere sospesa, ma eventualmente, in caso di morosità, sia essa limitata dal gestore, tramite l'installazione di appositi meccanismi idonei a garantire esclusivamente la fornitura giornaliera essenziale di 50 litri al giorno per persona.
9/3098-A/124De Rosa, Daga, Micillo, Busto, Mannino, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il principio del «silenzio-assenso», introdotto dal decreto Sblocca-Italia nel nostro ordinamento anche in materia urbanistica e paesaggistica, risulta contrario alla Costituzione come confermato anche nelle più recenti sentenza della Corte Costituzionale;
    in esse è precisato che nella materia ambientale vige un principio fondamentale, ricavabile da una serie di disposizioni, da interpretarsi unitariamente nel sistema, secondo cui il silenzio dell'amministrazione preposta al vincolo ambientale non può avere valore di assenso;
    l'articolo 3 prevede che il silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. Sulle possibili insidie relative all'utilizzo del sistema del silenzio-assenso anche in questi casi si è discusso anche nel corso dell'audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione mercoledì 15 luglio in VIII commissione Ambiente;
    non può accettarsi la circostanza secondo cui il silenzio-assenso discende da una oggettiva incapacità delle pubbliche amministrazioni di esercitare adeguatamente alcune loro specifiche funzioni a causa della mancanza di risorse umane e strumentali, alla luce della considerazione che i costi sostenuti dai ministeri e altre amministrazioni per finanziare convenzioni o altri accordi con società esterne di diritto privato spesso risultano ancor più onerosi.

impegna il Governo

a valutare preventivamente gli effetti delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a circoscrivere, limitandolo, l'utilizzo del sistema del silenzio-assenso in considerazione dell'impatto ambientale complessivo degli interventi ed in considerazione del rischio sismico ed idrogeologico ad essi connessi.
9/3098-A/125Mannino, De Rosa, Daga, Micillo, Busto, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del provvedimento in esame prevede una delega legislativa per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, anche mediante la modifica e riordino delle disposizioni legislative che attualmente regolano la materia;
    il Registro delle Imprese è formalmente pubblico ma risulta pienamente accessibile solo dietro pagamento di diritti di segreteria e solo attraverso canali privilegiati (visura camerale direttamente presso CCIAA, o presso commercialisti e agenzie di servizi), mentre l'attuale libera accessibilità è limitata a portali internet con dati non obbligatoriamente aggiornati;
    spesso gli imprenditori non percepiscono appieno l'utilità delle Camere di Commercio, semplicemente perché non ne vedono e non ne utilizzano facilmente le funzioni informative. Ad esempio un fornitore ricaverebbe un sicuro vantaggio potendo accedere liberamente ai dati del proprio potenziale cliente, e pure il semplice cittadino avrebbe un interesse a sapere che chi eseguirà per lui lavori importanti, per esempio nell'ambito di ristrutturazioni immobiliari, sia effettivamente iscritto alla CCIAA nella categoria merceologica corretta, sia in regola coi bilanci e abbia un capitale versato congruo con la natura e entità del lavoro che dovrà svolgere, aiutando la selezione di mercato degli operatori più seri. Attualmente chi si avvale maggiormente delle informazioni delle CCIAA sono spesso professionisti, come avvocati e commercialisti;
    è opportuno rendere facilmente accessibili le informazioni del Registro Imprese allo scopo di produrre i seguenti vantaggi: possibilità di farsi conoscere da parte degli imprenditori, utilità «percepita» delle CCIAA da parte degli imprenditori e dei consumatori, tutela della concorrenza e del mercato, trasparenza nei rapporti commerciali,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile al fine di rendere pienamente accessibili le informazioni contenute nel Registro delle Imprese, senza ulteriori oneri o mediazioni per cittadini e imprese.
9/3098-A/126Da Villa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 reca una delega legislativa al Governo per il riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa;
    ricordato che tra i criteri direttivi indicati ai fini dell'esercizio della delega legislativa è prevista l'introduzione di «norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare» (lettera n));
    evidenziato che, in molto casi documentati da notizie degli organi di stampa, è avvenuto che – a causa del mancato rispetto dei termini previsti dalla legge per lo svolgimento del procedimento disciplinare – il dipendente condannato, anche per truffa ai danni dello stesso organismo per cui lavorava, è stato reintegrato nel proprio ruolo e ha continuato nel proprio lavoro senza alcuna pronuncia in termini di estinzione dal rapporto di lavoro;
    richiamato tra i tanti il recente caso avvenuto a Villorba – riportato dagli organi di stampa – di Davide Gabrieli, dirigente dell'istituto comprensivo di Povegliano, che ha patteggiato 2 anni di pena per aver sottratto alle casse della scuola quasi 200 mila euro, ma che è stato reintegrato dal giudice del lavoro per «motivi formali», ovvero perché non sarebbero stati rispettati i termini per il licenziamento;
    evidenziata quindi la necessità di introdurre una previsione normativa chiara ed efficace che miri a garantire l'effettivo licenziamento dei dipendenti pubblici condannati per aver commesso reati contro lo Stato, stabilendo, in particolare, che il mancato rispetto dei termini previsti per il procedimento disciplinare non possa costituire elemento sufficiente per il reintegro assicurando che, a sentenza passata in giudicato, anche di patteggiamento, consegua in ogni caso, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego;
    ricordato che attualmente la legge 27 marzo 2001. n. 97 che reca Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche disciplina, all'articolo 5, la pena accessoria dell'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro ed il procedimento disciplinare a seguito di condanna definitiva;
    rilevato che il comma 4 del predetto articolo 5 prevede che, salvo quanto disposto dall'articolo 32-quinquies del codice penale (condanne per reati superiore a 3 anni), nel caso sia pronunciata sentenza penale irrevocabile di condanna nei confronti dei dipendenti, ancorché a pena condizionalmente sospesa, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata a seguito di procedimento disciplinare, il quale deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione o all'ente competente per il procedimento disciplinare e deve concludersi entro 180 giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall'articolo 653 del codice di procedura penale,

impegna il Governo:

   ad assicurare, con specifiche disposizioni da adottare in sede di attuazione della delega legislativa di cui all'articolo 13, che nei confronti dei dipendenti che hanno commesso reati in danno alla pubblica amministrazione – accertati con sentenza passata in giudicato, anche di patteggiamento – consegua, in ogni caso, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego evitando, in particolare, che il mancato rispetto dei termini e procedure previsti per il procedimento disciplinare possa costituire elemento sufficiente per il reintegro;
   a prevedere, nella medesima sede, una disciplina transitoria che specifichi la normativa applicabile ai procedimenti in corso, tenendo conto delle nuove previsioni legislative introdotte.
9/3098-A/127Rubinato, Rotta, Giuseppe Guerini, Gribaudo, Carra, Ribaudo, Rocchi, Scanu, Manfredi, Verini, Lodolini, Amoddio, Prina.


INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti in merito alle procedure arbitrali volte a risolvere le controversie del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riguardanti l'attuazione dei piani di ricostruzione post-bellica dei comuni di Ancona, Ariano Irpino e Macerata – 2-01027

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   in relazione ai lodi arbitrali riguardanti i piani di ricostruzione dei comuni di Ancona, Ariano Irpino e Macerata, come deputati del gruppo Movimento 5 Stelle, in data 14 aprile 2015 gli interpellanti hanno presentato l'interrogazione a risposta orale in commissione (n. 5-05331) e in data 29 aprile 2015 un'interrogazione a risposta scritta (n. 4-08994) entrambe ancora senza risposta benché la questione riguarda un esborso dello Stato di circa 2 miliardi di euro;
   il quotidiano La Voce delle Voci, del 15 aprile 2015, ricostruisce le vicende relative ai predetti lodi arbitrali e sostiene: «E l'incredibile esito, in soldoni, è che in un colpo solo l'arbitrato Longarini azzera tutti i fondi disponibili per il trasporto locale che – secondo alcune stime – necessitava di somme urgenti pari ad almeno 600 milioni di euro. A rischio alcune opere «strategiche» come la Torino-Lione: si tratta di cifre da autentico brivido, una su tutte: i posti di lavoro in pericolo sono un vero esercito, fra i 35 e i 40 mila. Una parola dall'ex ministro Lupi ? Niente. Qualche commento dal neo Ministro per le infrastrutture Graziano Delrio ? Silenzio. E resta muto come un pesce anche Di Pietro che rintracciato dall'inviato di Libero Giacomo Amadori, risponde a monosillabi: «non so nulla, sono in campagna a Montenero di Bisaccia». Si ricorda di quei tre arbitrati ? «Non mi ricordo proprio niente». Longarini, non ricorda ? «Non so di cosa sta parlando, mi ha beccato in campagna. Buonasera». Abbiamo chiesto lumi ad un esperto in materia di reati contro la pubblica amministrazione. «Una storia davvero incredibile, Anomalie a non finire. Ci sarebbe da capire molto in questa vicenda che presenta troppi lati oscuri. Gli importi, poi, mi sembrano assolutamente stratosferici, e anche qui andrebbe effettuata una verifica ad hoc». Circa l'importo, a quanto pare, è una cifra assolutamente record. Tale da superare lodi arbitrali tra colossi nazionali. Un esempio, leggiamo dal Corriere della Sera del 24 marzo: «Arbitrato tra Edison ed Eni – Vale almeno 800 milioni il rimborso chiesto dalla Edison all'Eni sulla revisione dei prezzi del contratto per le forniture di gas dalla Libia. Una richiesta rispedita al mittente attivando un arbitrato internazionale, che si sta avviando alla conclusione. La procedura è stata avviata nell'autunno 2012, contestualmente all'annuncio con cui è stata notificata alle parti la vittoria di Edison nel primo arbitrato, quello del 2010»;
   il 27 maggio 2015 il quotidiano Il Corriere della Sera, con ampio spazio, illustra i tre lodi arbitrali che vedono, finora, la soccombenza dello Stato; sul medesimo tema il quotidiano Libero del 28 maggio 2015 pubblica un articolo in cui si da conto, tra l'altro, che un procuratore della Repubblica di Roma ha ordinato il sequestro del fascicolo del procedimento presso la corte d'appello di Roma e ha inviato la Guardia di finanza a presidiare l'aula il 27 maggio 2015, ove era in corso la causa tra lo Stato ed Edoardo Longarini, ex concessionario;
   la causa riguarda il lodo di Ancona per il quale il collegio arbitrale ha condannato lo Stato a pagare un risarcimento di 1,2 miliardi di euro. Cifra che, sommata a quella delle condanne subite per i lodi di Ariano Irpino e Macerata (250 milioni di euro), porta, fino ad ora, ad un totale di circa 1,5 miliardi di euro. Una somma simile a quella stanziata dal Governo per dare copertura al decreto legge n. 65 del 2015 con il quale si procederà alla parziale restituzione, ad una piccola parte dei pensionati italiani, delle somme indebitamente sottratte loro, come stabilito dalla nota sentenza della Corte costituzionale. Una somma degna di conquistare il guinness dei primati e che, ad avviso degli interpellanti, non è dovuta dallo Stato;
   infatti, la legge n. 317 del 1993 ha cancellato i piani di ricostruzione post bellica e ha stabilito i criteri per il calcolo delle opere eseguite dai concessionari: «I lavori relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori»;
   la data di cessazione dei lavori dei piani di ricostruzione dei comuni di Ancona, Ariano Irpino e Macerata è il giorno 8 ottobre 1992, giorno in cui il signor Longarini è stato arrestato con l'accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato, per le vicende legate ai predetti piani di ricostruzione. Pertanto, in base alla legge, la definizione contabile dei lavori eseguiti a quella data (data di cessazione dei lavori) deve essere effettuata in base agli stati di avanzamento dei lavori effettivamente realizzati a quella data e liquidare o farsi restituire le eventuali differenze. Per quanto attiene i lodi di Ariano Irpino e Macerata, gli interpellanti richiamano integralmente il contenuto delle due interrogazioni, senza risposta, citate in premessa. Si aggiunge però la vicenda che riguarda i due citati piani in riferimento alle «dimissioni» del professor Malinconico da presidente del collegio per il piano di Macerata. Stando alla nota del capo di gabinetto del Ministro (protocollo n. 4347 dell'8 maggio 2008), facendo riferimento ad una temporanea astensione dall'incarico del professor Carlo Malinconico, riteneva che «il Collegio arbitrale, come originariamente costituito, potesse procedere nelle sue attività». Ma emerge anche un'altra versione. Stando al verbale del 27 giugno 2008 approvato dal collegio arbitrale composto per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino (signori Nunziata, Gamberale, Messina), ad un certo punto si sostiene «che all'udienza del 22 maggio 2008 venne depositata la convenzione sottoscritta in data 22 maggio 2008 (anche in questo caso nello stesso giorno), dal signor Edoardo Longarini e dall'ingegner Mario Mautone, direttore generale del Ministero delle infrastrutture, con la quale le parti, posto che la controversia insorta in dipendenza dei lavori concernenti il piano di ricostruzione del comune di Macerata, era ancora devoluta ad un collegio arbitrale composto dal professor Malinconico, Presidente, ingegner Gamberale e avvocato Domenico Condello, costituitosi in data 26 giugno 2007, e che successivamente il professor Malinconico rinunciava all'incarico, confermavano di devolvere ad un collegio arbitrale la soluzione della controversia insorta in dipendenza dei lavori del Piano di ricostruzione di Macerata e confermavano di devolvere tale controversia al medesimo Collegio Arbitrale già costituito per la risoluzione del lodo di Ariano Irpino, e ciò in ragione della suddetta attinenza di questioni giuridiche e tecniche, e pertanto per ragioni di economicità, speditezza ed efficienza della procedura arbitrale. Tutto ciò premesso il Collegio di dichiara di accettare come formalmente accetta con la sottoscrizione del presente verbale, l'incarico di risolvere la controversia relativa al piano di ricostruzione di Macerata e adotta le seguenti determinazioni: (.....). Firmato Nunziata, Gamberale, Messina, Giuffrè, Rufini, Marconi». In pratica, un collegio arbitrale si è autodevoluto il lodo arbitrale di Macerata e autonominato collegio arbitrale unico senza neanche tenere conto che il medesimo collegio è stato formato dal Ministro e non da un direttore del Ministero stesso. Come detto sopra i due lodi sono stati resi esecutivi con lo stesso decreto. In riscontro alla richiesta dell'Avvocatura dello Stato di fornire le proprie valutazioni ai fini dell'impugnativa di tale lodo, la direzione generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti richiamava tra le altre motivazioni e pregiudiziali processuali anche la nullità del compromesso alla luce della revoca delle concessioni disposta dalla legge n. 317 del 1993, già intervenuta quando Longarini aveva formulato la domanda di arbitrato. Anche in questo caso tutti i rilievi sono stati semplicemente ignorati. Infatti, con riferimento ai lodi arbitrali esecutivi per i piani di ricostruzione di Ariano Irpino e Macerata il signor Edoardo Longarini, con atto di precetto del 23 febbraio 2011, notificato il 1o marzo 2011, ha intimato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il pagamento dell'importo di 254.236.165,43 euro. A tale atto di precetto è seguito un atto di pignoramento in data 18 marzo 2011 per l'importo di 381.354.248,14 euro. In seguito alla rideterminazione dell'importo di cui all'atto di precetto effettuata da parte dell'ufficio centrale del bilancio e sulla base di apposito parere dell'Avvocatura generale dello Stato, è stato emesso un decreto di pagamento (n. 7630 del 2 maggio 2011) mediante la speciale procedura in conto sospeso per l'importo di 250.097.010,94 euro, relativo alla sola sorte capitale e interessi. I lodi arbitrali sono stati impugnati davanti alla corte d'appello di Roma;
   i compensi per gli arbitri e i segretari dei due collegi (poi unificati «per ragioni di economicità, speditezza ed efficienza della procedura arbitrale»), ma con parcelle separate, sono stati autodeliberati: per il lodo di Ariano Irpino in 1.187.481,37 euro; il collegio è composto da: presidente Vincenzo Nunziata, avvocato Ignazio Messina per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Vito Gamberale per Longarini e segretari: Maria Caterina Giuffrè, Rita Rufini e Guglielmo Marconi. Per il lodo di Macerata in 1.346.252,56 euro; per oneri e diritti di precetto in 1.728,34 euro. Il collegio è composto dal presidente professore Carlo Malinconico (che successivamente rinuncia) e il lodo viene «devoluto» al precedente collegio presieduto da Vincenzo Nunziata; Domenico Condello per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Vito Gamberale per Longarini. Segretari: Guglielmo Marconi, Rita Ruffini (rispettivamente dipendenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Sergio Fidanzia. In totale si sono autodeliberati la somma di 2.535.462,27 euro. Si tratta ad avviso degli interpellanti, di ripetute violazioni delle norme di legge vigenti riguardanti l'entità dei compensi per i collegi arbitrali. L'articolo 241, comma 12, del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) dispone tra l'altro che: «Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di centomila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti»;
   per quanto riguarda il piano di ricostruzione del comune di Ancona, con atto B3/3149 del 28 luglio 2006 tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, Di Pietro, e Longarini viene stipulata «una convenzione d'arbitrato in materia non contrattuale articolo 808-bis c.p.c.», con la quale si stabiliva che «la futura controversia relativa alla quantificazione e alla liquidazione dei danni conseguenti alla mancata emanazione, in favore della Società Adriatica Costruzioni Ancona a r.l., del decreto d affidamento dei lavori di cui al progetto del 21 gennaio 1987 (...) omissis (...) per cui è già intervenuta condanna generica con sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4502/05, sia decisa da un collegio di tre arbitri rituali». Appare agli interpellanti «stupefacente», definire «futura» una controversia che è iniziata anni prima. Con nota UDC/Gabinetto n. 13056 del 5 settembre 2006 il Ministro autorizzava il direttore per l'edilizia statale e gli interventi speciali «ad assumere i necessari provvedimenti di approvazione della convenzione d'arbitrato specificando che con successiva determinazione avrebbe provveduto ad individuare l'arbitro di parte». La convenzione d'arbitrato è stata approvata con decreto direttoriale B3/3150 del 6 settembre 2006. Anche in questo caso in meno di 24 ore. Inoltre con nota UDCGAB n. 1867 del 6 febbraio 2007 il capo di gabinetto «nel ritenere condivisibile l'emendamento prospettato dal Longarini con lettera del 30 gennaio 2007 volto ad ampliare la scelta delle professionalità cui riferirsi per il conferimento dell'incarico di arbitro» invitava il direttore generale «a voler formalizzare la modifica della clausola convenzionale, come prospettata dalla controparte». Con decreto direttoriale B3/3021 del 14 febbraio 2007 viene approvato l'atto aggiuntivo sottoscritto il giorno precedente. Anche questo «passaggio» suscita qualche perplessità nella struttura ministeriale al punto che il direttore scrive al capo di gabinetto un appunto personale manifestando dubbi sulla legittimità della convenzione sottoscritta. Infatti, l'articolo 808-bis recita: «(Convenzione di arbitrato in materia non contrattuale). Le parti possono stabilire, con apposita convenzione, che siano decise da arbitri le controversie future relative a uno o più rapporti non contrattuali determinati. La convenzione deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall'articolo 807,» Inoltre, la legge n. 317 del 1993 dispone: «i lavori relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori». Una legge che sembra sfuggita a tanti ma non a tutti tanto che, in occasione del cosiddetto decreto «taglia leggi» del Ministro pro tempore Calderoli, è stata cassata proprio la norma interpretativa. La vicenda è stata resa pubblica da un articolo del giornalista Gian Antonio Stella su Il Corriere della Sera che denuncia «il regalo a Longarini». Il Ministro pro tempore fa marcia indietro, sostenendo che si è trattato di una «svista». Ma le «sviste» non finiscono qui. Ad avviso degli interpellanti gli attori dei lodi arbitrali non hanno tenuto conto neanche della legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 3, commi 19, 20 e 21 che stabilisce:
  «19. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi, Le clausole compromissorie ovvero i compromessi comunque sottoscritti sono nulli e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti.
  20. Le disposizioni di cui al comma 19 si estendono alle società interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente dalle pubbliche amministrazioni di cui al medesimo comma, nonché agli enti pubblici economici ed alle società interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente da questi ultimi.
  21. Relativamente ai contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi già sottoscritti dalle amministrazioni alla data di entrata in vigore della presente legge e per le cui controversie i relativi collegi arbitrali non si sono ancora costituiti alla data del 30 settembre 2007, è fatto obbligo ai soggetti di cui ai comuni 19 e 20 di declinare la competenza arbitrale, ove tale facoltà sia prevista nelle clausole arbitrali inserite nei predetti contratti; dalla data della relativa comunicazione opera esclusivamente la giurisdizione ordinaria. I collegi arbitrali, eventualmente costituiti successivamente al 30 settembre 2007 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge, decadono automaticamente e le relative spese restano integralmente compensate tra le parti.»;
   la citata norma sarebbe dovuta entrare in vigore dal 1o gennaio 2008 ma il decreto-legge n. 248 del 2007 (cosiddetto mille proroghe), emanato il 28 dicembre 2007 (lo stesso giorno della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge n. 244 del 2007), all'articolo 15 proroga l'applicazione del precitato articolo 3, commi 19, 20, 21 e 22 «al 1o luglio 2008»; ad avviso degli interpellanti la motivazione che induce i diversi attori (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, funzionari collegi arbitrali e il Longarini) ad accelerare le procedure negli ultimi giorni di giugno 2008, potrebbe essere la «provvidenziale proroga» che permetteva di non incappare nei divieti che scattano dal 1o luglio, anziché dall'originario 1o gennaio 2008. Se la proroga potrebbe aver reso possibile il «miracolo» della devoluzione del lodo di Macerata al collegio costituito per il lodo di Ariano Irpino, la medesima disciplina non avrebbe salvato il lodo arbitrale di Ancona in quanto il collegio non era ancora stato costituito alla data del 1o luglio 2008. Eppure anche in questo caso, il capo di gabinetto con nota 5 agosto 2008, n. 9854, chiede all'Avvocatura generale dello Stato di individuare un avvocato dello Stato ai fini della nomina dell'arbitro di competenza dell'amministrazione. Il 21 agosto del 2008 l'Avvocatura generale dello Stato ha nominato l'avvocato dello Stato Aurelio Vessichelli. Con atto del 21 agosto 2008, n. 116, (nello stesso giorno, in pieno periodo ferragostano), il capo di gabinetto Iafolla del Ministro pro tempore Matteoli ha nominato l'avvocato Vessichelli in qualità di rappresentante della parte pubblica, l'avvocato Greco in qualità di mandatario del Longarini e di comune accordo tra i due venne nominato «quale terzo arbitro, con funzioni di Presidente, il dottor Pasquale De Lise». Il dottor De Lise, in data 17 maggio 2010, ha rinunciato all'incarico (come il professor Malinconico nel lodo per Macerata). Il 9 luglio 2010 fu nominato, dall'avvocato Vessichelli «quale rappresentante della parte pubblica, su delega del capo di Gabinetto cons. Claudio Iafolla, d'ordine del ministro» (Matteoli), dall'avvocato Greco in qualità di mandatario del signor Longarini, quale terzo arbitro il professor avvocato Aldo Pezzana. L'esito dell'arbitrato si è concluso con il lodo parziale in data 26 marzo 2012 e il lodo definitivo del 26 luglio 2012, e ha condannato l'amministrazione al pagamento di 1.201.105.077,00 euro, oltre interessi e metà delle spese, diritti e onorari di lite a favore del Longarini. Con l'emanazione di una successiva ordinanza, il collegio ha disposto la liquidazione dei compensi agli arbitri (cioè a loro stessi) e ai segretari, nonché alle spese di funzionamento del collegio arbitrale, nelle seguenti somme: 12.000.000,00 euro per gli arbitri, 1.200.000,00 euro per i segretari e 620.000,00 euro per il consulente tecnico d'ufficio (importi al netto dell'IVA, degli oneri previdenziali e del CPA). La direzione generale per gli affari generali ed il personale, con nota 5849/u del 21 novembre 2012, ha rilevato che «le ingenti richieste» del collegio non corrispondono assolutamente a quanto effettivamente liquidabile in applicazione della vigente normativa e ha chiesto «di revocare la suddetta ordinanza, rideterminando le somme da liquidare sulla base dei parametri fissati» in base a quanto disposto dall'articolo 241 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) che dispone: «Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di centomila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti». Il lodo emanato dal collegio condanna il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a pagare euro 1.201.105.077,00 euro; il collegio riesce a quantificare «per lavori non realizzati – varianti, mancata percezione dei flussi di cassa 350.286.372 euro; per mancata percezione indennità di evoca 43.931.378 euro; per lavori non realizzati – prescrizioni, mancata percezione dei flussi di cassa 230.137.559 euro; per mancata percezione indennità di revoca 73.866.092 euro; per fallimento della Edizioni Locali srl 51.943.218 euro e per danno immagine 57.195,479 euro, 807.360.098 euro che ad avviso degli interpellanti non c'entrano nulla con quanto prescrive la legge n. 317 del 1993 che recita: «Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori». Si domandano gli interpellanti come abbiano potuto i componenti del collegio: presidente e del collegio Pasquale De Lise, sostituito dall'avvocato Aldo Pezzana, Gaetanino Longobardi per Longarini (forse in sostituzione dell'avvocato Greco), e avvocato dello Stato Aurelio Vessichelli per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riconoscere importi in danno per lo Stato per ambiti che nulla hanno a che vedere con la realizzazione di tratte stradali e con gli stati di avanzamento lavori per la realizzazione dei piani di ricostruzione. Si domandano altresì come è stato possibile che a fronte della richiesta di arbitrato «il petitum», cioè la cifra oggetto del contenzioso quantificata in 300.000.000,00 euro, sia salita e sia stata esaminata senza alcuna obiezione dell'esimio collegio, una richiesta risarcitoria del signor Longarini pari a 4.850.326.688,00 euro. Infatti, stando a quanto descritto nel lodo finale: «in particolare l'attore (Longarini) quantificava la sua pretesa risarcitoria in 4.850,326.668,00 euro, mentre l'Avvocatura dello Stato proponeva varie eccezioni pregiudiziali e contestava nel merito le conclusioni della relazione peritale»; in effetti il petitum passa da 300.000.000,00 euro circa a 4.850.326.668,00 euro. Una pretesa che moltiplica per 16 volte quella originaria su cui il collegio arbitrale è stato costituito. Circostanza che non risulta evidenziata dal collegio stesso benché sia stato affidato» l'incarico di Presidente del Collegio arbitrale per la risoluzione della controversia «Signor Edoardo Longarini c/Ministero delle infrastrutture e dei trasporti», nominato dalle parti». Risulta altresì l'entità del petitum di 300.000.000,00 euro circa, alla data di novembre 2008;
   l'insieme degli avvenimenti sopra descritti evidenzia, ad avviso degli interpellanti, la costruzione di un disegno volto a ottenere dallo Stato somme ingentissime, quantificabili finora a circa 2 miliardi di euro, cifra superiore al «tesoretto» e alla somma stanziata per far fronte, mediante decreto-legge n. 65 del 2015, alla sentenza della Corte costituzionale in materia di pensioni per milioni di pensionati –:
   se risulti agli atti come sia stato possibile che:
    a) siano stati costituiti lodi arbitrali in contrasto con il parere dell'Avvocatura generale dello Stato come nel caso di Macerata;
    b) sulla base di quali indirizzi un direttore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ingegner Mauro Mautone, abbia firmato, in data 22 maggio 2008, la convenzione sottoscritta con il signor Edoardo Longarini, per devolvere la controversia relativa al piano di ricostruzione di Macerata al collegio già costituito per il piano di Ariano Irpino e che, nello stesso giorno, la convenzione sia stata depositata al collegio costituito per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino e che il collegio abbia potuto dichiarare di accettare, come formalmente ha accettato con la sottoscrizione del verbale, l'incarico di risolvere la controversia relativa al piano di ricostruzione di Macerata, e come abbia potuto il capo di gabinetto sostenere che il collegio privo della figura del presidente «potesse procedere nelle sue attività, salvo inglobare lo stesso Collegio in quello costituito per Ariano Irpino»;
    c) il collegio «unificato» abbia depositato due distinti lodi e due distinte parcelle per i compensi dei componenti il collegio arbitrale e che gli stessi collegi abbiano prodotto due ordinanze di liquidazione dei compensi spettanti ai componenti in somme di 2,5 milioni di euro, abnormemente superiori al limite imposto dalla legge di 100.000,00 euro;
    d) per il piano di ricostruzione di Ancona, sia stato costituito un lodo arbitrale basato su controversie future, quando la controversia è iniziata in data antecedente alla costituzione del collegio e alla richiesta del lodo;
   per quali motivi il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore abbia accolto le proposte emendative proposte dal Longarini sulle figure professionali da includere nel collegio esaminante il lodo stesso e se tale deroga sia prevista dalla normativa e se risulti agli atti per quali motivi il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore e il capo di gabinetto abbiano ritenuto di soprassedere rispetto alle segnalazioni di gravi violazioni di legge prodotte dalla struttura ministeriale imponendo di proseguire sui lodi anche contra lege;
   su quali basi i lodi siano stati pronunciati, considerato che la legge n. 317 del 1993 fa esplicito riferimento, ai fini della liquidazione contabile dei lavori eseguiti, agli stati di avanzamento lavori alla data di cessazione dei lavori (8 ottobre 1992), mentre risultano risarcite somme che nulla hanno a che vedere con i lavori oggetto delle concessioni dei piani di ricostruzione, come, ad esempio, il fallimento delle Edizioni Locali srl del Longarini, i lavori non eseguiti e persino il danno all'immagine di una persona all'epoca condannata in primo grado a 10 anni per truffa aggravata ai danni dello Stato proprio per i piani di ricostruzione;
   come sia stato possibile che a fronte di un petitum di 300 milioni di euro il collegio arbitrale abbia discusso su una pretesa risarcitoria del Longarini moltiplicata di 16 volte e pari a 4,8 miliardi di euro senza nulla eccepire e che, in apparente contrasto con il decreto legislativo n. 163 del 2006, i collegi arbitrali abbiano emesso ordinanze per la liquidazione dei propri compensi di gran lunga superiori al tetto di centomila euro stabilito dalla legge e fino a 14 milioni di euro nel caso del lodo di Ancona;
   se e quali misure intendano attuare per evitare l'esborso miliardario dei tre lodi arbitrali anzidetti e per recuperare le somme già versate per i lodi e per i compensi dei componenti dei collegi compresi i segretari, e se e come intenda recuperare la differenza tra il tetto massimo di centomila euro previsto dalla legge e quanto deciso dalle ordinanze emesse dai tre collegi, e quali iniziative intenda assumere nei confronti dei responsabili delle eventuali violazioni di legge ai danni dello Stato in relazione a quanto descritto in premessa.
(2-01027) «Agostinelli, Ferraresi, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano».


Elementi e iniziative in merito a un rilevante fenomeno di evasione fiscale da parte di imprenditori cinesi emerso a seguito di una recente operazione condotta dalla Guardia di finanza – 2-01010

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   un'inchiesta della Guardia di finanza durata quattro anni, investigando sui capitali accumulati dalla comunità cinese in Italia, avrebbe scoperto che un totale di ben 4,5 miliardi di euro, frutto per lo più di attività come contraffazione, prostituzione, sfruttamento del lavoro ed evasione fiscale, sarebbe stato inviato in Cina con un servizio di money transfer, evitando il pagamento di qualunque imposta, secondo quanto rivelato dall'agenzia americana Associated Press e riportato da fonti di stampa;
   secondo la documentazione degli investigatori, quasi la metà della somma sarebbe arrivata in Cina passando per uno dei più grandi istituti finanziari del Paese, la Bank of China, la quale avrebbe incassato in questo modo l'equivalente di 758 mila euro in commissioni sui trasferimenti;
   Associated Press farebbe risalire parte del denaro «scomparso» dalle tasse italiane a una società a controllo statale, la Wenzhou cereals oils and foodstuffs foreign trade corporation, già finita sotto accusa in passato per la svendita di prodotti contraffatti negli Stati Uniti;
   il coordinatore delle indagini, Pietro Suchan, già sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze, avrebbe dichiarato ad Associated Press che fin qui sarebbe emerso solo «il 50 per cento della verità» perché non sarebbe stato possibile stringere un contatto con le autorità giudiziarie cinesi; anche altre fonti, sempre citate dall'agenzia americana, sostengono che «Pechino non sta collaborando» con gli investigatori –:
   se il Governo sia informato dei fatti esposti in premessa e come intenda intervenire, per quanto di competenza, per interrompere il perpetrarsi di questa massiccia evasione fiscale da parte di cinesi presenti sul territorio italiano, che si traduce in una grave perdita economica per il nostro Paese, ancor più grave in un momento di crisi come quello che l'Italia si trova ad attraversare;
   se il Governo non intenda comunicare a quanto ammonterebbe la perdita economica per il nostro Paese a fine 2014, secondo le stime più aggiornate a sua disposizione, causata dell'evasione fiscale dei capitali accumulati dalla comunità cinese in Italia;
   se il Governo non consideri necessario intervenire per cercare di aprire un dialogo più proficuo con le autorità cinesi competenti, al fine di ricevere collaborazione nelle indagini ma anche di ottenere un eventuale rimborso delle risorse sottratte al fisco italiano;
   se il Governo non intenda, altresì, attivarsi per interrompere quelli che sono stati individuati essere traffici illeciti, legati a pratiche di contraffazione di marchi, prostituzione, sfruttamento del lavoro, anche promuovendo un'efficace campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sugli effetti negativi della contraffazione, visto che il punto di forza di questo fenomeno è, naturalmente, la domanda dei beni prodotti, e, a questo proposito, se il Governo non intenda chiarire a che punto sarebbero le azioni rivolte al pubblico, progettate e avviate dalla Guardia di finanza, con il coinvolgimento dei principali soggetti (pubblici e privati) interessati al fenomeno (Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, associazioni dei consumatori e delle imprese, Unione delle camere di commercio, e altri) come riportato sul sito del Ministero della giustizia.
(2-01010) «Sorial, Castelli, Brugnerotto, Cariello, Colonnese, D'Incà».


Chiarimenti e iniziative di competenza in relazione alla privatizzazione della Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia – 2-01032

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   in seguito alla vendita dell'intero capitale azionario della Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia al gruppo Onorato, oggetto di altri atti di sindacato ispettivo a firma del primo firmatario del presente atto, l'amministratore delegato della Cin ha rassegnato le dimissioni dall'incarico;
   secondo autorevoli fonti giornalistiche, come riportato dal quotidiano economico-finanziario Il Sole 24 Ore, l'amministratore delegato avrebbe ricevuto una buona uscita di un milione e mezzo di euro;
   tale ricompensa è del tutto in contrasto con i risultati dichiarati presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati e, soprattutto, oggetto di una rinegoziazione della convenzione tra lo Stato e la Cin che ha proposto tagli rilevanti ai servizi della convenzione in seguito ad un dichiarato grave deficit di bilancio;
   tali dati relativi ad una grave situazione finanziaria di Cin Tirrenia sono stati accettati dal Governo senza che questi fossero stati certificati dall'approvazione del bilancio;
   la Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia ha, dunque, proposto al Governo e alla regione Sardegna la modifica della convenzione regolatrice del servizio di continuità territoriale da e per la Sardegna che con, ad avviso dell'interpellante, grave violazione del principio di trasparenza, ha accettato a scapito del servizio;
   il Governo e la regione Sardegna, ad avviso degli interpellanti con grave irresponsabilità, e in sostanziale accordo con la stessa società di navigazione, hanno accolto le modifiche alla convenzione proposte dalla Tirrenia;
   il contenuto e le modalità di modifica della convenzione costituiscono, secondo gli interpellanti, un comportamento assai pregiudizievole ai danni dello Stato e della regione Sardegna che si somma ad una convenzione già di per sé con gravi profili di dubbia legittimità;
   tale modifica ha comportato un danno gravissimo alla Sardegna e ai sardi;
   è auspicabile che la Corte dei conti sia preventivamente investita del provvedimento per bloccare quello che agli interpellanti appare un continuo dilapidare di risorse pubbliche;
   dalla modifica della convenzione emerge con chiarezza che non vi è nessun vantaggio per la Sardegna ma solo ed esclusivamente un guadagno per la Tirrenia a fronte di una cancellazione netta di servizi ai danni della regione per un valore di 13 milioni e 546 mila euro;
   a questo si aggiunge che i bilanci della Tirrenia devono essere sottoposti ad attento esame, visto che lo squilibrio economico dichiarato coincide proprio con uno dei parametri della cosiddetta clausola di salvaguardia;
   la stessa convenzione prevede, infatti, che se viene dichiarato un costo superiore dei servizi del 3 per cento rispetto a quelli previsti dalla convenzione si devono ripristinare le condizioni di equilibrio;
   la Tirrenia ha dichiarato in breve tempo questo squilibrio;
   risulta agli interpellanti che i Ministeri avrebbero esaminato tale proposta di «riequilibrio» senza avere elementi fondamentali a disposizione e soprattutto con largo anticipo rispetto ai tempi previsti;
   tutto questo si configura secondo gli interpellanti come un vantaggio per Tirrenia in difformità dalle norme previste;
   quel che è più grave è che il Governo ha posto in essere una concessione così rilevante dichiarando di non avere i documenti;
   quel che è più grave è che con questo meccanismo perverso la Tirrenia potrebbe in teoria far risultare la propria società in debito perenne continuando a tagliare servizi e a incassare sempre lo stesso stanziamento di quasi 73 milioni di euro;
   tutto questo, ad avviso degli interpellanti senza adeguati controlli sui bilanci, considerato che questa operazione si è svolta senza che sia stato nemmeno comunicato il bilancio 2013;
   in ogni passaggio della modifica della convenzione si evince che il danno per la Sardegna sarà concreto in termini di cancellazione di servizi;
   Tirrenia ha continuato ad incassare i 73 milioni di euro annui, ma ha ridotto i già precari servizi per la Sardegna di almeno 14 milioni di euro;
   tutto questo al buio, considerato che la convenzione è caratterizzata secondo gli interpellanti da zone grigie tipiche d'altri tempi che rendono quel finanziamento un ingiustificato vantaggio;
   con altro atto di sindacato ispettivo si fece rilevare che, secondo gli interpellanti contravvenendo a tutte le disposizioni, il Governo accolse le richieste di Tirrenia nonostante la stessa non avesse prodotto i bilanci del 2013, non avendolo approvato al momento della richiesta;
   risultano ad avviso degli interpellanti riprovevoli le decisioni assunte per quanto riguarda il sud Sardegna, con oltre il 50 per cento dei tagli che riguardano Cagliari;
   la tratta Cagliari-Civitavecchia passa da quotidiana a trisettimanale, da 7 frequenze a 3. Sulla sola rotta cagliaritana la Tirrenia taglia servizi per 7 milioni di euro;
   si registrano un milione e 700 mila euro di tagli sulle rotte con la Sicilia;
   c’è stata la vendita della nave di riserva, l'Aurelia, per un guadagno per Tirrenia di quasi 2 milioni di euro;
   è fin troppo evidente che la notizia relativa alla buona uscita dell'amministratore delegato stride con quanto dichiarato sia dal Governo che dallo stesso amministratore delegato Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia;
   se la Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia, così come dichiarato, ha registrato gravi deficit finanziari legati certamente alla non corretta e ottimale gestione, appare agli interpellanti davvero improponibile e ingiustificata una buona uscita di tale entità;
   risulta evidente che tale buona uscita milionaria non può in alcun modo essere giustificata con i tagli ai servizi della Sardegna, perché in quel caso si arriverebbe al paradosso che ogni amministratore delegato che limitasse la continuità territoriale da e per la Sardegna verrebbe premiato;
   appare davvero incomprensibile come il Ministero competente possa, da una parte, accettare una dichiarazione di deficit di bilancio e, dall'altra, una buona uscita sui conti della Tirrenia di ben un milione e mezzo di euro;
   con provvedimento del 21 giugno 2012, n. 23670, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha deliberato di autorizzare l'operazione di concentrazione consistente nell'acquisizione da parte di Compagnia italiana di navigazione srl (Cin) – società costituita allo scopo di partecipare alla procedura ad evidenza pubblica per la privatizzazione di Tirrenia, il cui capitale è detenuto al 40 per cento da Moby, al 30 per cento dal 19, al 20 per cento da Gruppo Investimenti Portuali GIP spa, al 10 per cento da Shipping Investnnent srl – del ramo d'azienda di Tirrenia di Navigazione spa in amministrazione straordinaria preposto alla fornitura del servizio di trasporto marittimo di passeggeri e merci tra l'Italia continentale e le isole maggiori e minori, prescrivendo, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge n. 87 del 1990, una serie di misure;
   l'operazione, infatti, come espressamente motivato nel provvedimento, avrebbe comportato importanti effetti strutturali sui mercati interessati, determinandosi, in capo all'entità post-merger quote di mercato particolarmente elevate sia nel trasporto passeggeri che nel trasporto merci;
   tra le misure prescritte vi erano, in particolare, le misure d) ed e) di seguito riportate:
    «(...) d) Moby e CIN, con riferimento al periodo 2012-2016, non devono stipulare, o devono rescindere con effetto immediato dalla data di autorizzazione della presente operazione, accordi di code-sharing e qualsiasi altra tipologia di accordo finalizzato alla commercializzazione dei titoli di viaggio che intercorra con operatori concorrenti, o con soggetti a questi riconducibili, relativamente alle rotte Civitavecchia-Olbia, Genova-Porto Torres e Genova-Olbia;
    e) Nella stagione estiva 2012, Moby e CIN, per le rotte Civitavecchia-Olbia, Genova-Porto Torres e Genova-Olbia, devono applicare livelli tariffari, al netto dei migliori prezzi risultanti dall'applicazione delle politiche promozionali di cui al punto g), tali da mantenere invariato il ricavo medio unitario realizzato da Moby nella stagione estiva 2009 sulle rotte indicate, fatto salvo un incremento diretto a neutralizzare gli effetti derivanti dalla variazione nel periodo del prezzo medio del carburante «BTZ» (inteso come prezzo Platt's) dato dalla differenza tra la media del costo del carburante del 2009 e la media rilevata nel primo trimestre del 2012»;
   la Compagnia italiana di navigazione srl, (Cin) era stata costituita allo scopo di partecipare alla procedura ad evidenza pubblica per la privatizzazione di Tirrenia. Il capitale della Compagnia di navigazione è attualmente detenuto interamente da Onorato Partecipazioni srl;
   Tirrenia di Navigazione spa in amministrazione straordinaria è stata la società pubblica che ha svolto storicamente il servizio di trasporto marittimo di passeggeri e merci tra l'Italia continentale e le isole maggiori – Sardegna e Sicilia – assolvendo teoricamente, in base a un regime di convenzione con lo Stato italiano scarsamente definito, ad obblighi di servizio pubblico a fronte di specifici sussidi. Tirrenia era a capo dell'omonimo gruppo armatoriale, attualmente controllato dal Ministero dell'economia e delle finanze attraverso Fintecna – Finanziaria per i settori industriale e dei servizi spa. La società opera attualmente sulla base di una convenzione stipulata tra Tirrenia e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   Moby spa è una società controllata congiuntamente dall'armatore Vincenzo Onorato, al quale è riferibile oltre il 60 per cento del capitale sociale, e da L19 spa (di seguito L19), con il 32 per cento del capitale sociale, quest'ultima indirettamente controllata da Clessidra SGR spa 3. Moby è a capo di un gruppo attivo principalmente in Italia nel settore del trasporto marittimo di linea di passeggeri, con o senza veicoli, e di merci (cosiddette navi ro-pax). Nel 2010 il fatturato complessivo di Moby è stato pari a 263,8 milioni di euro, realizzato quasi interamente in Italia;
   Onorato Partecipazioni srl è una società di partecipazioni che controlla, tra le altre, la società di navigazione Moby. Il fatturato di Onorato Partecipazioni srl nel 2010 è stato pari a 2,58 milioni di euro, interamente realizzato in Italia;
   Clessidra SGR spa (di seguito, Clessidra SGR), integralmente controllata dal fondo di private equity Clessidra Capital Partners II, è attiva nel settore dei servizi finanziari e, in particolare, nell'istituzione e gestione di fondi di private equity, tra i quali figura L19 spa (di seguito L19), che assumerà il controllo congiunto di Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia insieme a Moby. Il fatturato realizzato nel 2010 da Clessidra SGR e dai fondi di investimento di tipo chiuso da essa istituiti e gestiti risulta pari «a circa [1-2] miliardi di euro a livello mondiale, di cui [1-2] miliardi di euro nell'Unione europea e 1.112 milioni di euro in Italia»;
   nel maggio 2011 l'acquisizione di Tirrenia da parte di Cin è stata notificata per la prima volta all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Tuttavia, a seguito del trasferimento delle partecipazioni di Onorato Partecipazioni srl e Marinvest rispettivamente alle controllate Moby e Grandi Navi Veloci spa (GNV), l'operazione di concentrazione ha assunto dimensione comunitaria ed è stata quindi notificata alla Commissione europea nel novembre del 2011;
   la Commissione europea, ritenendo che la concentrazione proposta sollevasse «seri dubbi in ordine alla sua compatibilità con il mercato interno», ha avviato nel gennaio 2012 il procedimento ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del regolamento(CE) n. 139/2004. A seguito dell'intervenuta modifica della originaria compagine azionaria di Cin, e in particolare dell'uscita dei soci Grimaldi e Marinvest, le cui partecipazioni sono state acquisite da Onorato Partecipazioni srl, le parti hanno comunicato nell'aprile 2012 alla Commissione europea il ritiro della notifica;
   il capitale di Cin inizialmente detenuto interamente da Onorato Partecipazioni srl, la quale, in base agli accordi sottoscritti dalle parti e subordinatamente al rilascio dell'autorizzazione dell'Autorità antitrust italiana, a seguito dell'operazione, ha ceduto le seguenti partecipazioni: a) una partecipazione pari al 40 per cento a Moby; b) una partecipazione pari al 30 per cento a L19; c) una partecipazione pari al 20 per cento a Gruppo Investimenti Portuali GIP spa; d) una partecipazione pari al 10 per cento a Shipping Investment srl;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato si è ripetutamente occupata dell'operazione Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia, riscontrando il rischio della creazione di una posizione dominante in capo a Cin, in particolare sulle rotte ove si verifica una sovrapposizione dell'operatività di Moby e Tirrenia – ovvero sulle rotte Genova-Porto Torres, Genova-Olbia, Civitavecchia-Olbia, prevalentemente per il trasporto passeggeri, e Genova-Olbia, Civitavecchia-Olbia e Livorno-Cagliari, per il trasporto merci;
   tale posizione dominante appare evidente, da un lato, per la scarsa capacità degli operatori concorrenti attuali di esercitare un'efficace pressione competitiva, e, dall'altro, dell'esistenza di barriere alla possibilità di ingresso di altri soggetti sulle rotte interessate a causa della congestione delle banchine nei porti di partenza e destinazione, in particolare nelle stagioni e negli orari di punta;
   oggetto dell'operazione Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia riguarda il trasporto marittimo di passeggeri, veicoli e merci tra l'Italia peninsulare e la Sardegna;
   nello specifico, si considerano rilevanti ai fini della valutazione dell'operazione in esame le rotte per le quali si verifica una sovrapposizione tra le attività delle parti. Si tratta, in particolare, delle seguenti rotte dedicate prevalentemente al trasporto passeggeri, con o senza veicoli:
    a) Genova-Porto Torres;
    b) Genova-Olbia;
    c) Civitavecchia-Olbia;
   e di quella dedicata prevalentemente al trasporto merci Livorno-Cagliari;
   nell'istruttoria avviata nel 2012 svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato veniva rilevata la seguente condizione di mercato:
    «Tirrenia rappresenta l'operatore storico nel trasporto marittimo nazionale, che, come ricordato, ha adempiuto negli ultimi anni agli Obblighi di Servizio Pubblico previsti dalla convenzione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per tale ragione, la sua presenza risulta prevalente sulle rotte tradizionali di collegamento tra la Sardegna e l'Italia peninsulare (Civitavecchia-Olbia e Genova-Porto Torres), con quote che si attestano intorno al 50 per cento, mentre Moby risulta l'operatore più importante sulla rotta Genova-Olbia. Nel 2011, il concorrente GNV era presente su tutte e tre le rotte, mentre Forship operava solo sulla rotta Civitavecchia-Golfo Aranci, e Saremar sulle due rotte tradizionali Civitavecchia-Olbia e Genova-Porto Torres;
    per quanto riguarda il trasporto di merci da/per la Sardegna, come emerge dalla Tabella 3, Tirrenia risulta indiscutibilmente l'operatore dominante sulle rotte ro-pax Civitavecchia – Olbia e Genova – Porto Torres, con quote superiori a [70-80 per cento], in volume e valore; mentre Moby risulta il primo operatore sulla rotta Genova-Olbia, con quote superiori a [50-55 per cento] in volume e valore. A seguito dell'operazione l'entità post-concentrazione deterrà quote ampiamente superiori a [70-80 per cento] per il trasporto passeggeri su tutte e tre le rotte ro-pax (Civitavecchia-Olbia, Genova-Olbia e Genova-Porto Torres) e una quota del 100 per cento sulla rotta merci Livorno-Cagliari»;
   sempre in riferimento alla situazione di mercato rilevata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel 2012 era emerso che i concorrenti GNV e Forship hanno deciso di non operare, già dalla stagione in corso, sulla rotta Civitavecchia-Olbia (ro-pax) sulla quale quindi erano risultati presenti unicamente la nuova entità post-concentrazione, con CIN/Tirrenia e Moby, e la società concorrente Saremar, oggi oggetto di procedura di fallimento;
   l'operazione di privatizzazione di Tirrenia ha prodotto una gravissima alterazione della concorrenza nel cabotaggio marittimo, con la creazione di un ristrettissimo oligopolio collusivo in pregiudizio per la collettività sarda e per gli utenti in generale;
   l'operazione ha determinato importanti effetti strutturali sui mercati interessati;
   secondo quanto rilevato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato risultano in capo all'entità post-merger quote di mercato particolarmente elevate: infatti «per il trasporto passeggeri, sulla rotta Civitavecchia-Olbia, è ascrivibile alle Parti, nel 2011, una quota complessiva di mercato pari a [70-80 per cento] sulla rotta Genova-Olbia, una quota pari a [70-80 per cento], sulla rotta Genova-Porto Torres, una quota pari a [70-80 per cento]; quanto al trasporto merci, sulla rotta solo merci Livorno-Cagliari la quota di mercato in valore attribuibile alle Parti era nello stesso anno del 100 per cento e sulle altre tre rotte interessate le quote erano ampiamente superiori a [70-80 per cento], con livelli in alcuni casi vicini a [90-100 per cento]»;
   risultava praticamente irrisoria e irrilevante la pressione concorrenziale che sarebbe potuta essere esercitata dai concorrenti;
   concorrenti che all'atto della cessione di Tirrenia a Com detenevano sulle rotte interessate posizioni di mercato non confrontabili a quelle di CIN/Moby: «nel mercato del trasporto passeggeri, in particolare, il secondo operatore, GNV, deteneva nel 2011 quote inferiori a [25-30 per cento] su tutte le rotte, mentre il terzo, Forship, che operava solo sulla rotta Civitavecchia-Olbia, e il quarto, Saremar, che operava sulla Vado Ligure-Porto Torres e sulla Civitavecchia-Olbia, non superavano nello stesso anno il [5-10 per cento] ciascuno»;
   le quote in capo all'operatore post-merger risultano inoltre ancora più elevate nella stagione in corso sulla rotta Civitavecchia-Olbia a seguito dell'uscita dal mercato, a partire dal 2012, dei concorrenti GNV e Forship, che vi operavano in precedenza;
   in relazione alla stagione estiva – decorrente dal 1o giugno al 30 settembre di ogni anno – l'Autorità garante della concorrenza e del mercato faceva rivelare che, in ragione della sospensione del regime convenzionale, nella valutazione dell'operazione devono prendersi in considerazione con maggiore attenzione gli effetti sui consumatori derivanti dalla completa autonomia commerciale esistente in capo alla nuova entità risultante dalla concentrazione;
   in relazione a modifiche statutarie intervenute in data 18 giugno 2015 e alla definizione del contratto di cessione dell'intero pacchetto azionario e/o di una parte rilevante e ampiamente maggioritario al gruppo Onorato sono profondamente modificate le condizioni iniziali relative all'impatto dell'avvenuta concentrazione rispetto al mercato sia passeggeri che merci operante nelle rotte da e per la Sardegna;
   le norme disciplinano gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni di imprese;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, qualora ritenga che una fattispecie al suo esame non rientri nell'ambito di applicazione di propria, ne informa la Commissione europea, cui trasmette tutte le informazioni in suo possesso;
   in base alle norme vigenti sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari;
   tali intese sono vietate tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel:
    a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali;
    b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico;
    c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
    d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
    e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi;
   le intese vietate, secondo le norme, sono nulle ad ogni effetto;
   la normativa vigente vieta l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato:
    a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;
    b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;
    c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
    d) subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei contratti stessi;
   la normativa disciplina altresì le operazioni di concentrazione che si realizzano:
    a) quando due o più imprese procedono a fusione;
    b) quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;
    c) quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune;
   la norma in materia di operazioni di concentrazione soggette a comunicazione prevede che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato valuti se comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza;
   l'Autorità, una volta accertata la concentrazione la vieta ovvero l'autorizza prescrivendo le misure necessarie ad impedire tali conseguenze;
   secondo gli interpellanti nei collegamenti marittimi da e per la Sardegna di sta di fatto costituendo un rilevante monopolio, senza nessuna concorrenza, che risulta di fatto gravemente condizionata sia dall'assetto attuale della Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia che da quello futuro considerato l'utilizzo di ingenti risorse pubbliche, oltre 73 milioni di euro, che di fatto alimenteranno tale monopolio a scapito di qualsiasi altra concorrenza;
   risulta ancora non riscontrabile il contenuto degli atti depositati il 22 giugno 2015 dal notaio Carlo Marchetti alla camera di commercio di Cagliari relativi ai rapporti societari tra la Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia e i suoi soci;
   si tratta da quanto si evince dalla sommaria registrazione degli atti e a quanto consta agli interroganti che sarebbero intervenute modifiche statutarie, con particolare riferimento al rapporto tra soci e le prelazioni;
   le registrazioni notarili alla camera di commercio risultano essere due: la prima il 16 giugno 2015, per modifiche statutarie, e la seconda il 18 giugno 2015 con una registrazione alla camera di commercio di Cagliari;
   il gruppo Onorato avrebbe ratificato il passaggio del nuovo pacchetto azionario in seguito alla definizione di apposita intesa finanziaria con il fondo americano Och Ziff che fornirebbe le risorse necessarie tramite le quali saranno rilevate le azioni in mano al private equity Clessidra e agli azionisti di minoranza di Tirrenia, Luigi Negri e Francesco Izzo;
   l'operazione prevederebbe che il fondo americano, assistito dagli advisor di Bluebell Partners, conceda un prestito da 100 milioni di euro sufficienti ad acquisire il pieno controllo sia di Moby che della stessa Tirrenia;
   l'operazione è stata definita anche negli aspetti finanziari: a Clessidra andranno 80 milioni di euro, agli altri soci di Tirrenia 20 milioni di euro;
   tale operazione comporta, rispetto alle stesse analisi elaborate dalla stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato, una concentrazione in un unico soggetto di oltre il 90 per cento del fatturato e del mercato;
   le misure adottate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato relative al 2012 solo parzialmente sono state messe in essere, a partire dal ridimensionamento dei costi dei biglietti che continua a generare l'effetto più evidente e grave della concentrazione e della posizione dominante che già si verificava nel precedente assetto;
   nella giornata del 7 luglio 2015, secondo quanto consta agli interpellanti, sarebbe stata apposta la firma dell'atto di acquisizione dell'interno pacchetto azionario della Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia da parte del gruppo Onorato avviando, se non giuridicamente, ma certamente sul piano sostanziale, una fusione societaria che tendenzialmente secondo gli interpellanti aggraverà la posizione dominante e rafforzerà ulteriormente la concentrazione limitando ulteriormente la già ridotta concorrenza sul settore –:
   se i Ministri interpellati non ritengano di dover intervenire immediatamente, per quanto di propria competenza, considerato il rilevante contratto di servizio pubblico di cui la Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia è beneficiaria, al fine di valutare se tale operazione non pregiudichi l'interesse pubblico e le stesse condizioni iniziali imposte dalla Commissione europea allo Stato italiano per la definizione dell'operazione di privatizzazione;
   se il Governo sia stato interpellato sulla vicenda societaria e se i dicasteri competenti abbiano in qualche modo dato un assenso, formale e/o politico/istituzionale, ad un'operazione che riguarda una società la cui prerogativa principale è quella dello svolgimento di un servizio pubblico per conto dello Stato stesso;
   se non ritenga che, in considerazione delle mutate condizioni iniziali societarie e il venir meno sostanziale del rispetto del principio della concorrenza, non si debba recedere dal contratto in base all'articolo 15 della convenzione e definire l'assegnazione del contributo attraverso procedure trasparenti di evidenza pubblica che possano garantire un abbattimento dei costi e il miglioramento del servizio;
   se, anche in considerazione della presenza nel collegio sindacale della società dei rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze, non ritengano indispensabile esercitare i controlli di competenza su qualsiasi buona uscita in contrasto con le dichiarazioni di deficit di bilancio poste alla base della grave cancellazione dei servizi da e per la Sardegna;
   se i Ministri interpellati non intendano esercitare, per quanto di competenza, ogni iniziativa di controllo sui conti della Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia;
   se non ritengano di dover verificare i costi reali del servizio di continuità territoriale sia in termini parametrici che di qualità di servizio;
   se non ritengano di dover acquisire ogni elemento utile circa i termini dei contratti con i dirigenti stessi della Compagnia italiana di navigazione-Tirrenia, considerato il preminente finanziamento dell'attività con risorse pubbliche.
(2-01032) «Pili, Pisicchio».


Iniziative di competenza, anche normative, volte a rafforzare la posizione di indipendenza e garanzia della Banca d'Italia in rapporto agli istituti bancari dalla stessa vigilati, nonché a migliorare le condizioni di accesso al credito, con particolare riferimento al contenimento dei tassi di interesse – 2-01036

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   come stabilito dall'articolo 47 della Costituzione italiana ”La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito;
   come previsto all'articolo 1, comma 1, della legge n. 108 del 7 marzo 1996:
   «La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticata per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica e finanziaria»;
   per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposta e tasse, collegate all'erogazione del credito;
   secondo la sopradetta legge, la determinazione del tasso limite, oltre il quale gli interessi sono sempre usurai, viene effettuata trimestralmente dal Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi;
   la determinazione di cui sopra individua: il tasso effettivo globale medio annuo (comprensivo di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse solo quelle per imposte e tasse) applicato da banche e società finanziarie nel trimestre precedente;
   tiene conto della variazione del tasso ufficiale di sconto (tus) correggendo i predetti valori;
   include la classificazione per categorie di operazioni omogenee in base alla natura, oggetto, importo, durata, rischi e garanzie delle operazioni;
   contempla la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei tassi medi rilevati;
   la legge 7 marzo 1996, n. 108, sull'usura non esclude alcun soggetto, nemmeno le banche che peraltro sono già soggette ad un regime di controllo amministrativo tramite l'istituto di vigilanza che è la Banca d'Italia;
   la legge di cui sopra, relativamente alle banche, stabilisce, qualora nell'esercizio della loro attività si delinei il reato di usura, un aggravamento della pena stessa;
   alla luce di quanto in premessa preme agli interpellanti avere spiegazioni in merito alla vicenda dell'imprenditore signor Paolo De Carlo, riportata da Il Fatto Quotidiano in data 10 luglio 2015;
   infatti, come riportato dal sopradetto quotidiano, l'imprenditore De Carlo, a seguito di numerose preclusioni per l'accesso al credito, ottiene dalla Banca di credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari, di cui è socio, un affidamento di conto corrente da 200 mila euro per le normali esigenze di cassa;
   a seguito dell'espansione della propria attività, la banca di cui sopra decide di accordare al signor De Carlo uno sconto ulteriore sulle condizioni stabilite salvo revocarle in seguito;
   infatti, con la crisi finanziaria le condizioni di credito accordate al signor De Carlo peggiorano rapidamente e la banca decide di triplicare le spese e le competenze previste, applicando una commissione di massimo scoperto mai pattuita e illegale;
   su un conto corrente viene imposto un tasso d'interesse passivo del 15 per cento a fronte di una soglia d'usura del momento fissata al 13,635 per cento fino ad arrivare a chiedere l'immediato rientro nonostante le garanzie, le fidejussioni e la proroga delle scadenze di 270 giorni concessa dal Governo per tutte le esposizioni garantite da un cofidi (Consorzio Intefidi) (Il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2015);
   come risulta dall'articolo di stampa citato, sui mutui erogati dalla Banca di credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari e dalla Banca dalla Nuova Terra vengono praticati tassi significativamente superiori alla soglia d'usura;
   la banca risulta commissariata e nonostante ciò «la pratica dell'usura è continuata come nulla fosse e i commissari – chiamati a rispondere del loro operato contra legem – hanno opposto le circolari della Banca d'Italia con la formula matematica da utilizzare per il calcolo del tasso effettivo globale (Teg)» (Il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2015);
   risulta agli interpellanti che tra i commissari della Banca di credito cooperativo di Alberobello Giuseppe Tammaccaro sia indagato nell'ambito dell'inchiesta sul crac della casa di cura «Divina Provvidenza»;
   le circolari di Banca d'Italia, nello specifico la circolare Banca d'Italia 30 settembre 1996 e successive, avrebbero consentito alla Banca di credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari e alla Banca della Nuova Terra di continuare a praticare tassi usurai, violando di fatto la legge 7 marzo 1996, n. 108;
   riguardo alle circolari di cui sopra, con sentenza n. 46669 del 2011, la Corte di cassazione ha stabilito che: «la CMS (commissione di massimo scoperto, ndr) deve essere tenuta in considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo rilevanti, ai fini della determinazione del tasso usurario, tutti gli oneri che l'utente sopporta in relazione all'utilizzo del credito, indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca d'Italia (circolare Banca d'Italia 30.9.1996 e successive) in cui si prevedeva che la CMS non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi, traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari»;
   la Corte di cassazione stabilisce che «Le circolari e le istruzioni della Banca d'Italia non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad un'erronea interpretazione fornita dalla Banca d'Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell'elemento oggettivo»;
   le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, neppure quale mezzo di interpretazione, trattandosi di questione nota nell'ambiente del commercio che non presenta in sé particolari difficoltà, stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito (...)”;
   con sentenza n. 350 del 2013 la Corte di cassazione ha inoltre stabilito che «quando il tasso di mora, le penali e le varie spese, tutte messe insieme superano il tasso soglia, stabilito dalla legge antiusura 108/96, anche i mutui diventano usurari e possono essere annullati con le relative procedure giudiziali bloccate»;
   la Banca d'Italia, il cui conflitto di interesse con le banche socie secondo gli interpellanti è sempre più evidente e che non adotta l'ordinaria vigilanza nei noti dissesti bancari come, ad esempio, il Monte Paschi di Siena, la Banca delle Marche, Carige, utilizzando i commissariamenti discrezionali e spesso arbitrari come politica creditizia, risulta abbia addirittura nominato commissari, come il signor Fernando De Flaviis, con gravissimi problemi giudiziari tra i quali vi è l'accusa di delitto di usura, come risulta dagli atti della procura della Repubblica presso il tribunale di Ascoli Piceno, n. 1603/05/RG «Notizie di reato modello 21», relativamente al periodo in cui ricopriva la carica di direttore generale della Cassa di risparmio della provincia di Teramo, banca Tercas, tra il 1998 ed il 2005;
   la Ber (Banca Emilia Romagna), nella bufera a causa di tre inchieste della procura di Bologna, veniva commissariata nel mese di luglio 2009, a seguito di denunce dei clienti e di una funzionaria in merito al comportamento dell'ex direttore Paolo Lelli, ex Cassa di risparmio di Bologna, che avrebbe investito nei derivati finiti malissimo e in allegri fidi, all'insaputa dei clienti per coprire i buchi. Alla fine, alcuni clienti non solo hanno perduto milioni di euro, ma si sono indebitati con la banca senza saperlo. Ma si parla anche di delibere di affidamento e di firme non regolari;
   anche Riccardo Sora, a settembre 2014 nominato dalla Banca d'Italia commissario della Carichieti e da poco spostato nella stessa carica alla Banca popolare dell'Etruria, risulta tra gli indagati della procura di Rimini «per indebita restituzione dei conferimenti»;
   l'indagine appena conclusa dalla guardia di finanza di Rimini riguardo 26 ex amministratori della locale Cassa di Risparmio (Carim), commissariata da Banca d'Italia nell'ottobre 2010;
   gli accertamenti condotti dai militari hanno consentito di far emergere, secondo la prospettazione della procura della Repubblica, che vi era «un sodalizio criminale composto dai vertici dell'istituto, in carica nel periodo dal 2009 fino al commissariamento disposto dalla Banca d'Italia nel 2010, che, a seguito di elargizione di mutui e di finanziamenti non assistiti da adeguate garanzie, ometteva dolosamente di evidenziare nei bilanci della Carim le perdite già maturate da tempo tramite stime e valutazioni palesemente non corrispondenti alla reale situazione del credito». Sempre secondo quanto emerso dalle indagini gli indagati, membri pro tempore del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale avrebbero partecipato attivamente e sistematicamente al processo di concessione e revisione delle linee di credito concesse dalla Banca Carim spa a favore di soggetti o gruppi societari da tempo insolventi;
   la Banca d'Italia, che inoltre, ad avviso degli interpellanti ha precise responsabilità nel mancato contrasto all'usura e sulla pratica dell'anatocismo (cioè il pagamento di interessi sugli interessi) ha perfino organizzato un «corso antiusura» con il patrocinio della Banca d'Italia e della Scuola Superiore della Magistratura nella sede dell'Abi, per magistrati «a lezione» da banchieri, con una serie di esponenti che risultano sotto indagine –:
   in che modo il Governo intenda intervenire al fine di corroborare la posizione di indipendenza e garanzia della Banca d'Italia considerato che, ad avviso degli interpellanti, quanto descritto in premessa e l'attuale assetto azionario della Banca d'Italia non garantiscono l'indispensabile autonomia;
   se il Governo intenda rafforzare mediante le opportune iniziative normative i requisiti di onorabilità dei commissari che, alla luce delle considerazioni fatte in premessa, non sembrano essere garantiti;
   quali azioni il Ministro interpellato voglia adottare al fine di garantire il rispetto del diritto al credito contemplato all'articolo 47 della Costituzione e il rispetto della legge 7 marzo 1996, n. 108.
(2-01036) «Ruocco, Pesco, Alberti, Fico, Pisano, Villarosa, D'Incà».


Chiarimenti in merito ad ingenti quantità di amianto importate dall'India – 2-01019

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con la legge 27 marzo 1992, n. 257, l'Italia ha messo al bando l'amianto vietando l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto. Previa autorizzazione espressa, d'intesa fra i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali e della sanità, è ammessa la deroga ai divieti per una quantità massima di 800 chilogrammi per amianto sotto forma di treccia o di materiale per guarnizioni non sostituibile con prodotti equivalenti disponibili;
   l'amianto è una sostanza particolarmente cancerogena perché può provocare due diverse malattie: l'asbestosi, frutto dell'accumulo nell'organismo di fibre del materiale, altamente invalidante, ed il mesotelioma pleurico, tumore maligno per la cui insorgenza, anche a distanza di decenni dall'esposizione, è sufficiente l'azione addirittura di pochissime fibre;
   in Italia sono oltre quattromila le vittime dell'esposizione alla pericolosa fibra e nei prossimi decenni, stante il lungo periodo di latenza del mesotelioma, è previsto un forte incremento dei decessi provocati dall'amianto, che raggiungerà l'apice tra il 2015 e il 2025;
   secondo quanto si apprende da organi di stampa, l'Italia ha importato nel 2012 ingenti quantità di amianto dall'India, addirittura come maggiore importatore con 1040 tonnellate. Il dato è stato anche confermato dall'Agenzia delle dogane;
   il materiale, 1040 tonnellate nel biennio 2011-2012, sarebbe finito presso una decina di imprese sparse in tutto il territorio nazionale e trasformato o impiegato nella produzione di vari manufatti: lastre di fibracemento, pannelli, guarnizioni per freni e frizioni di autoveicoli. L'Agenzia delle dogane, interpellata dalla procura, non solo ha confermato l'ingresso dell'asbesto nel territorio nazionale, ma ha anche aggiunto che le importazioni sono continuate anche nel 2014;
   il caso è stato segnalato alla procura di Torino grazie ad un bollettino ufficiale pubblicato dal Governo indiano, in particolare dall'ufficio centrale del Ministero delle risorse minerarie dal titolo: «Indian Minerals Yearbooks 2012 – Asbestos – Final Release». In questo report ufficiale sono elencati le quantità estratte di asbesto con le relative destinazioni finali, dove l'Italia è indicata come principale partner commerciale;
   delle 1296 tonnellate di amianto esportate tra il 2011 e il 2012, la maggior parte è finita proprio nel nostro Paese. Al secondo posto c’è il Nepal, con 124 tonnellate e al terzo la Nigeria con 38 poi il Kenya, con 28 e il Ghana, con 15. L'India, stando alla relazione, è uno dei paradisi mondiali dell'asbesto, che fa largo uso del materiale. Solo fra il 2011 e il 2012 ne ha importato per un totale di 365 mila tonnellate in prevalenza dalla Russia (51 per cento), ma anche dal Kazakhstan (18 per cento), dal Brasile (13 per cento) e dal Canada (7 per cento);
   recentemente un reportage televisivo è tornato su questa tematica, seppur in anni differenti ma successivi all'entrata in vigore della legge 27 marzo 1992, n. 257, riferendosi ad importazioni e utilizzo di amianto da parte di un'importante azienda italiana per fornitura destinate alla Guardia di finanza –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza delle problematiche sopra esposte;
   quali azioni intendano intraprendere, per quanto di competenza, al fine di fare chiarezza sulla vicenda e accertare eventuali autorizzazioni da parte del Governo nel biennio 2011-2012;
   quali siano, e con quali scopi, le importazioni attualmente autorizzate e quali dall'entrata in vigore della legge 27 marzo 1992, n. 257.
(2-01019) «Lavagno, D'Incecco, Albanella, Marchetti, Grassi, Fanucci, Sgambato, Miotto, Iacono, La Marca, Porta, Cominelli, Valeria Valente, Tullo, Giuseppe Guerini, Marchi, Gadda, Di Salvo, Gribaudo, Gandolfi, Ragosta, Braga, Marzano, Simoni, Pilozzi, Paris, Matarrelli, Quaranta, Carnevali, Migliore, Taricco».


Iniziative di competenza volte a salvaguardare l'ecosistema e il comparto turistico del lago Maggiore rispetto agli effetti prodotti dal sistema di regolazione dei livelli dell'acqua del lago – 2-01025

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   con regio decreto 6 giugno 1940, n. 3344, è stata assentita al consorzio del Ticino la concessione della costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore (traversa della Miorina);
   i livelli massimi di oscillazione della regolazione dei livelli idrometrici del lago sono stati stabiliti con disciplinare allegato alla concessione 24 gennaio 1940, n. 3680, poi rivisto nella stagione 1948/1949 previo accordo con la Confederazione elvetica, secondo un limite invernale individuato nel periodo 15 novembre-15 marzo, posto tra -0,50 (+192,516 s.l.m.) e + 1,50 (+194,516 s.l.m.) rispetto allo zero idrometrico di Sesto Calende fissato a +193,016 s.l.m. ed un regime estivo nel periodo successivo compreso tra -0,50 e +1,00 (+194,016 s.l.m.);
   l'Autorità di bacino del fiume Po con deliberazione 12 maggio 2015, n. 1/2015, ha autorizzato l'avvio della sperimentazione della regolazione estiva dei livelli del lago Maggiore consentendo, attraverso un protocollo di sperimentazione, un aumento progressivo del livello estivo di regolazione del lago individuato nel periodo 15 marzo-15 settembre, portandolo da +1,00 a +1,50 (+194,516 s.l.m.) mediante fasi intermedie: per il primo triennio a +1,25 (+194,266 s.l.m.) valutando poi il successivo innalzamento a + 1,30 (+194,316 s.l.m.) sino ad arrivare a +1,50;
   sulla sperimentazione sono stati interpellati i comuni rivieraschi del lago Maggiore solo nell'ultima seduta della conferenza di servizi nella quale sono state assunte le decisioni definitive; in quella sede i comuni hanno espresso il proprio dissenso (parere contrario) rispetto al previsto innalzamento progressivo del livello del lago, che implica l'equiparazione del regime invernale a quello estivo, senza soluzione di continuità;
   l'autorizzazione all'avvio della sperimentazione è stata concessa su richiesta del Consorzio del Ticino, a quanto consta agli interpellanti senza verificare, in via preventiva, le ragioni effettive della richiesta, al di là dell'ordinaria esigenza di regolazione del regime lacustre;
   il maggior invaso estivo del lago, tenuto conto anche dell'aumento del livello dell'acqua conseguente alle frequenti precipitazioni, stante la notevole estensione del bacino imbrifero del lago medesimo, determina significativi inconvenienti quali: la riduzione dell'estensione delle spiagge e rilevanti rischi quali straripamenti e danni in caso di intemperie e precipitazioni; effetti di rigurgito sugli scarichi a lago, di fognature e tombinature; allagamenti di zone paludose emergenti con ristagno e intorbidimento delle acque e allontanamento della fauna ittica; ricadute negative sulla navigabilità del lago; l'aumento del livello lacustre non consente, inoltre, le necessarie operazioni di manutenzione dei manufatti spondali a protezione di opere pubbliche ed infrastrutture viarie; occorre, infine, considerare anche i notevoli, volumi d'acqua trattenuti dai bacini artificiali posti a monte del lago, sia in territorio italiano che elvetico –:
   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere, ai fini della salvaguardia degli equilibri degli ecosistemi lacuali, per prevenire e limitare al massimo possibili eventi di esondazione del lago, conseguenti al nuovo regime di regolazione dei livelli dell'acqua, e per contrastare le conseguenze negative sulla redditività e competitività dei servizi e sulle attività produttive legate alla ricettività turistica del lago.
(2-01025) «Borghi, Bonomo, Capozzolo, Covello, Braga, Mariani, Tacconi, Anzaldi, Bergonzi, Bazoli, Prina, Carrescia, Arlotti, Paolo Rossi, Bonavitacola, Bratti, Culotta, Fabbri, Baruffi, Casati, Vico, Chaouki, Marco Meloni, Cardinale, Capone, Marco Di Stefano, Benamati, Dell'Aringa, Francesco Sanna, Giovanna Sanna».