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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 27 luglio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 si terrà a Parigi la Conferenza delle parti-Cop 21, dei Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), con il compito di portare avanti i negoziati tra i Paesi per cercare di definire obiettivi vincolanti diretti a contenere e ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera e contrastare così il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici;
    dall'appuntamento della Cop 21 si aspetta l'adozione di un nuovo accordo globale che includa tutti i Paesi della comunità internazionale, ossia sia quelli industrializzati, come Stati Uniti e Unione europea, sia quelli emergenti o in via di sviluppo, come Cina e India, che hanno considerevolmente aumentato le loro emissioni negli ultimi anni;
    infatti, se l'Unione europea rappresenta il 9 per cento delle emissioni rilasciate sulla terra, con una percentuale in calo, gli Stati Uniti rappresentano l'11 per cento e la Cina il 25 per cento delle emissioni rilasciate sul pianeta;
    tra le indiscrezioni che arrivano dai media, in vista della Conferenza, sembra che l'amministrazione americana intende ridurre tra il 26 e il 28 per cento l'anidride carbonica entro il 2025 rispetto ai livelli del 2005, il Giappone ha promesso una riduzione delle emissioni del 26 per cento rispetto al 2013 entro il 2030, mentre, tra i Paesi in via di sviluppo, sembra che il Messico sostiene di riuscire a ridurre l'anidride carbonica del 22 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli attuali; inoltre, la Cina si è offerta di limitare il proprio picco di emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e ad incrementare, entro questa data, il consumo di energia primaria pulita fino a raggiungere il 30 per cento del totale;
    pertanto, questa volta, dalla Cop 21 si attende un'adesione vincolante anche da parte di Stati che in passato si sono dimostrati negativi agli accordi internazionali, con l'obbiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
    allo scopo di presentarsi alla Conferenza di Parigi con una posizione unitaria, per affrontare il cambiamento climatico globale oltre il 2020, anche in considerazione della posizione da protagonista assunta dall'Unione europea in materia di clima, la Commissione europea ha presentato il 25 febbraio 2015, al Parlamento e al Consiglio, la comunicazione intitolata «Il Protocollo di Parigi», che concretizza le decisioni prese dal Consiglio europeo dell'ottobre 2014 e che è imperniata sulla proposta di un accordo giuridicamente vincolante, basato su impegni equi e ambiziosi di tutte le parti, per raggiungere l'obiettivo a lungo termine di una riduzione di almeno il 60 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2050 (rispetto al 2010), come si è deciso alla Conferenza delle Nazioni Unite a Lima (Cop 20), e consentire di raggiungere l'obiettivo dei 2 gradi;
    anche se non accompagnato da un impegno globale, il pacchetto clima-energia 20-20-20 (riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento, innalzamento al 20 per cento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e innalzamento al 20 per cento del risparmio energetico entro il 2020), contenuto nella direttiva 2009/29/CE e valido fino al 2020, si è dimostrato un buon insieme di provvedimenti per contrastare il cambiamento climatico ed aumentare l'efficienza energetica, purtroppo esclusivamente all'interno dell'Unione europea;
    da quanto si legge nella comunicazione del Protocollo di Parigi, le politiche dell'Unione europea in materia di clima ed energia stanno dando i loro frutti, con una diminuzione delle emissioni dell'Unione europea del 19 per cento tra il 1990 e il 2013, nonostante la crescita del prodotto interno lordo del 45 per cento nello stesso periodo. Le ultime statistiche annuali disponibili (Eurostat) evidenziano la continuità della tendenza positiva: nel 2013 le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione di combustibile fossile sono diminuite nell'Unione europea del 2,5 per cento rispetto al 2012. Il quadro 2030 per il clima e l'energia concordato dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea nell'ottobre 2014 rafforza gli strumenti strategici, con un obiettivo di riduzione delle emissioni dell'Unione europea del 40 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990;
    tuttavia tali sforzi hanno scarsi effetti sul clima globale se non accompagnati dagli sforzi dei Paesi maggiormente responsabili degli incrementi dei volumi di emissione di gas serra, come gli Stati Uniti e i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica;
    secondo l'allarme lanciato dalle conclusioni a cui è giunto di recente il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non s'interviene in fretta i mutamenti del clima produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo intero; per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti pericolosamente di oltre due gradi rispetto ai livelli preindustriali (il cosiddetto «obiettivo dei 2 gradi») tutti i Paesi dovranno ridurre in maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
    l'allarme lanciato contro il riscaldamento del pianeta include effetti che colpiscono direttamente o indirettamente quasi tutti i settori del sistema economico mondiale, modificano le condizioni di vita in moltissime aree, intervengono sulla scarsità di risorse naturali e sulla modifica della resa e della qualità di numerosi prodotti alimentari, sullo scioglimento dei ghiacciai e sull'aumento del livello del mare e aumentano la frequenza e l'intensità di fenomeni estremi (come tifoni, alluvioni, tornado, ma anche siccità); particolarmente vulnerabile a tali effetti si presenta la regione del Mediterraneo e, in particolare, le regioni più a sud dell'area mediterranea, maggiormente esposte al rischio di aumento delle ondate di calore, alla diminuzione dell'estensione delle aree boschive e coltivabili, al rischio di desertificazione, innalzamento del livello del mare e intrusione salina;
    si tratta di impatti che l'umanità deve affrontare ma che sono imputabili sia a cause naturali, più volte verificatisi in passato nella storia del pianeta, sia all'azione dell'uomo;
    proprio in considerazione delle cause naturali, inevitabili nella storia del pianeta, e dell'incidenza minore e comunque parziale che assume l'azione dell'uomo a fronte di tali cause, le istituzioni politiche ed economiche, ultimamente, pongono sempre maggiore attenzione all’«adattamento», confermando sempre di più la necessità di diversificare le politiche di contrasto al cambiamento climatico, da un lato, in politiche finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra (politiche di mitigazione) e, dall'altro, in politiche volte alla minimizzazione degli impatti derivanti dai mutamenti del clima (politiche di adattamento);
    gli scienziati concordano che oggi occorre sfruttare tutte le sinergie possibili, anche tenendo conto della limitatezza delle risorse pubbliche a disposizione per poter finanziare gli sforzi per la prevenzione degli effetti a lungo termine dei cambiamenti climatici, che, a loro volta, potrebbero seriamente compromettere l'economia globale e comunque incidere sulla concorrenzialità delle imprese dei Paesi aderenti alle convenzioni internazionali sul clima. Secondo la logica di gestione del rischio, i Paesi dovrebbero investire oggi per la salvaguardia delle infrastrutture critiche e dei centri di attività economica, tenendo conto sia delle future perdite legate al clima e ai danni annuali per le calamità naturali, sia della necessità di rilanciare la crescita economica per creare nuova occupazione;
    la realizzazione degli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici non può prescindere da una seria analisi della loro sostenibilità, dal punto di vista economico-finanziario e con riferimento all'impatto sui sistemi produttivi; tale necessità appare tanto più evidente in considerazione degli scenari macroeconomici internazionali, per cui le previsioni relative al prossimo futuro prefigurano una contrazione dei margini di redditività delle imprese europee, già chiamate a far fronte alla sempre più stringente concorrenza di imprese di altre aree geografiche, meno impegnate, fino ad ora, nel perseguimento degli obiettivi della lotta ai cambiamenti climatici;
    occorre adottare strategie di flessibilità che evitino la perdita di competitività per le imprese europee, con il rischio di indurre le imprese stesse alla delocalizzazione con conseguente riduzione dell'occupazione. Tali considerazioni valgono, in particolare, per alcuni Stati membri, tra cui l'Italia, alla luce delle particolari caratteristiche del sistema produttivo, per la prevalenza di imprese di piccola e media dimensione, ovvero per l'incidenza nella specializzazione produttiva di comparti quali quello della siderurgia, del vetro, della ceramica o della carta;
    occorre uno sforzo da parte del Governo per rilanciare lo sviluppo e contestualmente garantire la tutela dell'ambiente, puntando sulla modernizzazione ecologica dell'economia e sul rispetto degli impegni presi a livello comunitario; infatti, l'obiettivo deve essere quello di accompagnare la transazione verso un mondo a basse emissioni con un rilancio dell'economia che crea crescita e occupazione;
    l'elaborazione di una strategia per uno sviluppo sostenibile richiede un nuovo tipo di imprenditorialità che consenta di conciliare risultato economico, responsabilità sociale e tutela dell'ambiente, sottolineando il ruolo dell'innovazione anche per la crescita economica e l'occupazione, in conformità con i piani di ripresa economica adottati a livello comunitario;
    occorre puntare, soprattutto, su misure che siano in grado di assicurare nuove occasioni di investimento e di miglioramento della produttività, favorendo contestualmente il miglioramento dell'efficienza nei consumi energetici e il ricorso a fonti alternative e rinnovabili, anche in considerazione che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese dell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e producono lavoro per più di un milione di addetti;
    bisogna prevedere l'attuazione di interventi che siano capaci di rafforzare stabilmente i sistemi produttivi, di incidere sulla ristrutturazione dei settori non più competitivi e di creare le condizioni di una forte ripresa dell'occupazione. Per raggiungere questi obiettivi è necessario sviluppare operazioni dirette alle piccole e medie imprese, al rilancio del settore degli investimenti e dell'edilizia ed al miglioramento dell'efficienza energetica e della sostenibilità ambientale dei processi produttivi, allo snellimento e alla semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili;
    pertanto, tra gli obiettivi strategici da prendere in considerazione assumono importanza il rilancio degli investimenti in innovazione tecnologica e in tecnologie pulite, la riduzione dei consumi energetici e l'incremento dell'efficienza, incentivando soprattutto lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni e automobilistico, che sono tra i più colpiti dalla crisi economica;
    l'investimento in efficienza energetica consente di alleggerire, in tempi relativamente brevi, i costi energetici a carico delle famiglie e delle imprese; la promozione di un maggiore sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili può avere, come già verificato ultimamente, conseguenze positive sul piano dell'occupazione, dell'innovazione tecnologica, dell'affermazione di nuovi settori industriali, al tempo stesso ad alto contenuto di tecnologia e ad elevata intensità di lavoro,

impegna il Governo:

   a sostenere nella prossima Conferenza di Parigi-Cop 21 un accordo globale e vincolante tra tutti i Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con obiettivi realistici e cadenzati che dovranno essere rispettati da tutti i Paesi, ivi compresi Stati Uniti, Giappone e i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, sia per evitare di generare distorsioni della concorrenza globale e spiazzare l'industria europea, sia per combattere le delocalizzazioni di attività produttive in altre macroregioni del mondo meno rispettose dell'ambiente, con effetti negativi verso l'incremento dell'inquinamento globale e verso l'incremento della disoccupazione nei Paesi dell'Unione europea;
   a far valere fino in fondo i legittimi interessi nazionali nel negoziato in sede europea sulla definizione delle misure di lotta ai mutamenti climatici, esigendo che vengano valorizzate in pieno le esperienze industriali e tecnologiche italiane di eccellenza e chiedendo, soprattutto nell'interesse delle industrie italiane chiamate ad un impegno d'investimento consistente, un'adeguata possibilità di ricorso ai meccanismi flessibili, nonché misure calibrate sulle esigenze delle piccole imprese e sul rapporto costi/benefici;
   a lasciare libertà ai Paesi dell'Unione europea nel determinare il proprio specifico mix fra efficientamento energetico e ricorso alle energie rinnovabili, ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Cop 21 di Parigi, in considerazione delle grandi differenze fra i Paesi dell'Unione europea sia nel mix energetico sia nel clima, sia nella struttura produttiva e nelle tecnologie edilizie;
   in considerazione degli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea e dello sforzo delle imprese europee, e soprattutto di quelle italiane, e degli oneri da queste già sostenuti in impianti e tecnologie per il raggiungimento dell'obiettivo del 20-20-20, a prevedere, contestualmente alla stipula degli accordi, adeguati incentivi a favore degli investimenti in innovazione tecnologica necessari al raggiungimento degli obiettivi medesimi;
   a promuovere l'istituzione di fondi in ambito europeo non solo per le misure di mitigazione, ma anche per le misure di adattamento, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo e alla particolarità e criticità del territorio italiano e in considerazione degli effetti benefici che tali misure potranno determinare sulle risorse idriche, sul territorio e sugli ecosistemi;
   ad approvare entro il più breve tempo possibile la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in collaborazione con la comunità scientifica nazionale, procedendo immediatamente con la definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le indicazioni definendone priorità, tempistiche e impegni di spesa;
   ad assumere iniziative per escludere dal patto di stabilità le spese dello Stato, delle regioni e degli enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili, nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e, in particolare, alla messa in sicurezza del territorio e alla protezione civile;
   a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a livello europeo, favorendo lo sviluppo dei piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici e privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale;
   ad istituire un qualificato ed organico servizio meteo-climatico nazionale con il compito di monitorare i cambiamenti in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare ed ecosistemi);
   a promuovere lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili per la produzione di energia elettrica e di calore, consolidando meccanismi di incentivazione coerenti con le più avanzate esperienze europee;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a prorogare le attuali agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;
   ad assumere sia iniziative volte all'efficienza energetica e dunque al risparmio energetico, sia iniziative mirate ad una reale riduzione dei costi energetici, a beneficio dei consumatori finali e, in particolare, delle imprese europee e dei cittadini;
   a proseguire nell'adozione di misure per il sostegno degli investimenti diretti al risparmio energetico, alla ricerca ed allo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni, adottando misure dirette a ridurre i consumi energetici degli edifici privati, nonché degli edifici pubblici e della pubblica illuminazione attraverso una più diffusa messa in opera di un concreto efficientamento degli impianti;
   ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici pubblici attraverso interventi di carattere strutturale e a promuovere l'ammodernamento del parco immobiliare residenziale pubblico e privato, secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica, nonché di qualità della costruzione, di sicurezza, anche sismica, e di risparmio nelle fonti energetiche e nei costi di gestione, proponendo iniziative normative per rendere obbligatorie le tecniche dell'efficienza energetica ai fini dell'attribuzione di aiuti o agevolazioni statali o regionali e per agevolare, attraverso misure fiscali, interventi di manutenzione straordinaria degli immobili esistenti finalizzati ad aumentare il rendimento energetico degli edifici e l'utilizzo di fonti rinnovabili;
   a promuovere investimenti per sostenere politiche innovative in favore dello sviluppo dei trasporti puliti a basse emissioni e a bassi consumi, perseguendo gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti, incentivando l'uso di biocombustibili di seconda e terza generazione e la diffusione di veicoli elettrici e ibridi, promuovendo sistemi di mobilità alternativi, come tranvie, car sharing e piste ciclabili, e incentivando, in particolare, lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore automobilistico attraverso la subordinazione in maniera permanente degli incentivi per la rottamazione delle auto all'acquisto di veicoli a basso impatto ambientale;
   ad adottare iniziative volte a garantire la definizione di un quadro normativo certo ed esaustivo a tutela degli investimenti nel settore delle rinnovabili, sia per ridurre la dipendenza delle importazioni di energia, sia per tutelare le legittime aspettative delle imprese, anche tenendo conto degli effetti positivi sull'economia e sull'occupazione, dal momento che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese nell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e danno lavoro a più di un milione di addetti;
   a rendere maggiormente efficace il sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra (Eu-Ets), anche allargando la platea delle attività economiche incluse nel sistema, e ad adottare un sistema di regole chiaro, uniforme e stabile nel tempo per orientare le scelte di investimento delle imprese verso tecnologie e attività a bassissime emissioni di carbonio, rendendo il mercato delle quote di emissione di gas ad effetto sera maggiormente liquido e remunerativo teso ad attivare un adeguato ciclo di investimenti contro i cambiamenti climatici;
   ad attivare un sistema di compensazione non a livello nazionale ma a livello europeo, per evitare che le economie più forti possano effettuare maggiori compensazioni per le loro imprese nazionali creando distorsione competitiva intracomunitaria;
   a promuovere politiche industriali che con incentivi mirati sostengano le attività economiche efficienti nell'uso delle risorse naturali e dell'energia, nel rispetto dei principi dell'economia circolare, per dare alle imprese l'occasione di essere protagoniste nella necessaria riconversione in chiave ecologica dell'economia e di rafforzare le proprie competenze nei nuovi mercati che si aprono;
   ad assumere iniziative per prevedere specifici cicli di approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado per dare agli studenti le informazioni sui cambiamenti climatici in atto, sulle loro cause e sugli effetti potenziali, nonché sui comportamenti anche individuali in favore del risparmio delle risorse naturali;
   a promuovere gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore agricolo, puntando a garantire un'alimentazione sostenibile e favorendo la diffusione nel mercato europeo e mondiale dei prodotti di qualità di eccellenza italiana, anche in considerazione della ricorrenza del grande evento dell'Expo di Milano, dedicato al tema «Nutrire il pianeta».
(1-00961) «Allasia, Grimoldi, Fedriga, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    nella Repubblica popolare cinese si praticano oltre 10.000 trapianti di organi all'anno e i 165 centri cinesi per il trapianto di organi pubblicizzano la loro capacità di individuare organi compatibili in un periodo compreso tra due e quattro settimane, sebbene allo stato attuale la Cina non disponga di un sistema pubblico organizzato ed efficace per il dono o la distribuzione di organi e non vengano rispettati i requisiti di trasparenza e tracciabilità previsti dall'Organizzazione mondiale della sanità;
    dal 1984 in Cina è in vigore una normativa che autorizza l'espianto coatto di organi dai detenuti giustiziati e dai dati emersi nella Conferenza di Madrid sul dono di organi e sui trapianti nel 2010 risulta che in Cina oltre il 90 per cento degli organi da trapianto espiantati da donatori deceduti proviene proprio da detenuti; tra di essi, secondo quanto appreso dall'avvocato Matas molti sono praticanti del movimento spirituale del Falun Gong, perseguitati dal Governo cinese dal 1999;
    la Repubblica popolare cinese ha annunciato che solo a partire dal 2015 inizierà una graduale messa al bando dell'espianto coatto di organi dai detenuti;
    la commissione delle Nazioni Unite contro la tortura ha espresso preoccupazione per le accuse di espianto coatto di organi dai detenuti e ha invitato il Governo della Repubblica popolare cinese ad aumentare il livello di rendicontabilità e trasparenza del sistema di trapianto di organi, nonché a punire i responsabili degli abusi;
    in data 12 dicembre 2013 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che condanna il sistematico espianto di organi da prigionieri di coscienza non consenzienti;
    in data 18 dicembre 2013 al Senato è stato ascoltato in audizione l'avvocato canadese David Matas, candidato al premio Nobel per la pace nel 2010 e da anni impegnato per la tutela dei diritti umani, il quale ha riferito in merito al fenomeno degli espianti coercitivi di organi ai danni dei detenuti giustiziati nella Repubblica popolare cinese e ai danni dei praticanti del Falun Gong;
    il 25 marzo 2015, l'Italia ha firmato la convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani impegnandosi a metterla in atto, attraverso leggi e misure appropriate, la quale impone agli Stati di proteggere, attraverso misure idonee, le vittime del traffico e invita gli Stati membri a legiferare per una giurisdizione universale;
    il 4 marzo 2015, il Senato con il disegno di legge n. 922 a prima firma Romani, ha approvato le modifiche al codice penale e alla legge 1o aprile 1999, n. 91, in materia di traffico di organi destinati al trapianto, aumentando le pene con la reclusione da 3 a 12 anni e con una multa da 50.000 a 300.000 euro per chi è coinvolto nel traffico di organi. Il disegno di legge è in attesa di discussione alla Commissione giustizia alla Camera,

impegna il Governo:

   a chiedere al Governo della Repubblica popolare cinese l'immediato rilascio di tutti i prigionieri di coscienza in Cina, ivi compresi i praticanti del movimento Falun Gong;
   ad assumere iniziative per riconsiderare i programmi di formazione per i medici cinesi sulle tecniche di trapianto d'organi negli ospedali italiani e i programmi di ricerca, in associazione con la Cina, in materia di trapianti;
   a raccogliere, tramite le rappresentanze diplomatiche, dati e informazioni per delineare in modo completo e trasparente la situazione in merito alle pratiche di trapianto di organi sul territorio cinese e alla tracciabilità relativa alla loro provenienza;
   a perseguire per quanto di competenza, il traffico di organi secondo le convenzioni internazionali alle quali l'Italia ha aderito e ai sensi di legge, promuovendo un inasprimento delle sanzioni per gli intermediari coinvolti;
   a proporre e favorire, nelle sedi istituzionali internazionali, la possibilità di vietare congressi e incontri formativi sul tema del trapianto degli organi nei Paesi che non rispettano le convenzioni internazionali relative al trapianto degli organi.
(7-00748) «Scagliusi, Petraroli, Di Battista, Manlio Di Stefano, Del Grosso, Sibilia, Grande, Spadoni».


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, determinati enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sono stati trasformati in persone giuridiche private, associazioni o fondazioni, con deliberazione dei competenti organi, a condizione che non usufruissero più di finanziamenti o altri ausili pubblici di carattere finanziario ex articolo 1, del decreto legislativo n. 509 del 1994;
    pur continuando a sussistere come enti senza scopo di lucro, essi hanno assunto personalità giuridica di diritto privato, rimanendo così titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni;
    la sentenza del Consiglio di Stato, sezione VI, n. 6014 del 2012, ha chiarito definitivamente che la trasformazione operata dal decreto legislativo n. 509 del 1994 ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell'attività istituzionale di previdenza e assistenza svolta dagli enti in questione, che conservano una funzione strettamente correlata all'interesse pubblico, costituendo la privatizzazione un'innovazione di carattere essenzialmente organizzativo;
    è pertanto rimasta ferma la natura di pubblico servizio, in coerenza con l'articolo 38 della Costituzione, dell'attività svolte. Sempre nella predetta fonte normativa di privatizzazione è pacifico il potere di ingerenza e di vigilanza ministeriale; circostanza, questa, dalla quale deriva il permanere del controllo della Corte dei conti sulla gestione, al fine di assicurare legalità ed efficacia di ciascuna attività;
    orbene, quanto sopra esposto pone in molti casi una natura ibrida degli enti gestori che pare in molti casi ingenerare situazioni che necessitano di un definitivo chiarimento da un punto di vista normativo. Occorre infatti che il legislatore, delinei la natura pubblica o privata di questi enti, con le conseguenze del caso. Laddove si optasse per la completa natura privatistica, dovrebbe, a parere degli interroganti, venir meno la gestione del primo pilastro previdenziale da parte di questi enti, che dovrebbero a quel punto essere caratterizzati come previdenza complementare. Viceversa la piena affermazione del carattere pubblico degli enti gestori dovrebbe rendere più stringenti le normative attinenti alla funzione pubblica dell'ente con tutto ciò che ne deriva in termini di legge anche rispetto ai controlli e alla tutela del risparmio previdenziale;
    considerata l'imprescindibilità di tali assunti nonché la banale considerazione secondo cui le Casse, benché privatizzate, gestiscono la previdenza di milioni di cittadini, emerge come estremamente grave la storia recente dell'andamento gestionale di detti istituti;
    si è infatti assiduamente assistito a veri e propri terremoti giudiziari e contabili in relazione a «spese pazze», investimenti spericolati, consulenti in conflitto di interesse, irruzioni di mediatori, gestori, consulenti finanziari, tutti attirati da un tesoro enorme e scarsamente tutelato sebbene esso rappresenti quanto di disponibilità per ciascun lavoratore per il periodo di quiescenza;
    infatti, molte Casse di previdenza sono ancora alle prese con l'enorme mole di titoli strutturati «tossici» acquisiti e le perdite sono state sovente pesantissime unitamente ad altrettanto gravi strascichi di natura giudiziaria che ne sono conseguiti, perché a decidere dove direzionare le centinaia di milioni di euro avanzate dal pagamento delle pensioni sono stati per lungo tempo i «soliti noti», peraltro attraverso meccanismi che agli interroganti appaiono opachi anche a fronte di controlli che si sono rivelati del tutto inefficaci laddove né i dicasteri di competenza né l'organismo di controllo preposto, ossia la COVIP, sono riusciti ad arginare i fenomeni di corruttela che hanno condotto ad investimenti da parte delle Casse non in linea con l'interesse dei lavoratori. Si pensi che la stima del patrimonio aggregato di fondi pensione preesistenti, casse di previdenza e fondi pensione negoziali ammonta a circa 107 miliardi di euro. Un dato ricavato sommando i dati al 31 dicembre 2012 per quanto riguarda i fondi pensione preesistenti (26,3 miliardi), e di 19 casse di previdenza (48,9 miliardi), e al 30 giugno 2013 per quanto riguarda i fondi pensione negoziali chiusi (31,8 miliardi);
    altra abnorme criticità è stata negli ultimi anni quella inerente alla gestione del patrimonio immobiliare delle Casse privatizzate. Negli anni tra 1973 al 1997, le autorità di Governo e lo stesso legislatore attribuirono loro una funzione sociale per la soluzione del problema «Casa»;
    in particolare, le Casse di previdenza ed assistenza furono vincolate a destinare una quota significativa dei propri fondi all'acquisto di beni immobili sulla base di piani di investimento che erano sottoposti all'approvazione dei Ministeri vigilanti, nonché a locare buona parte delle unità immobiliari ad uso residenziale a favore di fasce sociali disagiate;
    a partire dall'anno 1982, il 50 per cento delle unità immobiliari disponibili venne obbligatoriamente riservato a persone sfrattate da precedenti locatori, in virtù del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito dalla legge 25 marzo 1982, n. 94, e del decreto legislativo 16 febbraio 1994, n. 104;
    per la stessa ragione di carattere sociale, nel corso degli anni sono stati acquistati alcuni complessi immobiliari edificati in piani di zona con strumenti urbanistici di edilizia economica e popolare e su terreni demaniali concessi in convenzione, o, comunque, con caratteristiche costruttive e tipologiche peculiari dell'edilizia economica;
    con l'entrata in vigore della legge 8 agosto 1992, n. 359, è stato consentito agli allora enti pubblici l'aumento dei canoni di locazione per i contratti in scadenza, passando dall'equo canone all'applicazione della cosiddetta «circolare Cristofori» del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
    dei giorni nostri sono invece le misure che hanno imposto agli enti di previdenza di adeguarsi alla normativa vigente che consente loro di allocare fino al 20 per cento delle risorse disponibili in investimenti immobiliari di tipo indiretto, cioè in fondi immobiliari;
    ne è conseguita una massiccia dismissione attuata direttamente dagli enti attraverso i conferimenti a fondi immobiliari gestiti da SGR, avvenuta con la determinazione di prezzi non assolutamente corrispondenti alle reali situazioni degli immobili stessi, circostanza che ha comportato e sta comportando anche notevoli contenziosi pendenti dinanzi ai tribunali che inevitabilmente porteranno ad un rallentamento della procedura di vendita con gravi problemi cagionati agli inquilini;
    del pari anche in questo ambito molteplici sono stati i casi di malversazione rispetto ai quali si è reso necessario l'intervento della magistratura. Tra gli altri, si ricordano le vicende connesse a CNPR e INPGI — dove la magistratura procedeva all'arresto di noti finanzieri italiani, quali Ruggero, Aldo, Giorgio e Luca Magnoni, oltre che di Gianluca Selvi, presidente della cooperativa Confidi-Prof e «dominus» occulto della Hps, Andrea Toschi e Alberto Ciaperoni, rispettivamente ex direttore generale e amministratore delegato di Sopaf capital management, società di gestione del gruppo; veniva pacificamente riportato in varie testate giornalistiche che: «Per la Procura di Milano i Magnoni, vicini a personaggi di spicco della finanza, l'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel e il finanziere renziano Vincenzo Manes, hanno utilizzato Sopaf come un bancomat prelevando indebitamente almeno un centinaio di milioni. Senza contare il frutto illecito delle operazioni finanziarie perpetrate a danno della Cassa dei ragionieri (Cnpr), dell'istituto nazionale previdenza giornalisti (Inpgi) e della Cassa dei medici, Enpam. Diversi i meccanismi attraverso i quali i Magnoni avrebbero operato per appropriarsi del denaro e sui cui i magistrati stanno ancora acquisendo materiale attraverso le perquisizioni effettuate dalle fiamme gialle negli uffici di Paolo Saltarelli, presidente della Cassa di previdenza dei ragionieri, e di Andrea Camporese, presidente dell'Inpgi»;
    in tema di controlli sono vastissime le criticità riscontrabili nel settore; il ruolo della Corte dei conti appare problematico: si pensi che il controllo viene fatto sui consuntivi che gli enti stessi deliberano e approvano, che vengono successivamente inviati alla Corte dei conti per il successivo referto; la legge prevede che le Casse inviino alla Corte i consuntivi entro sei mesi dalla fine dell'esercizio. Ciò significa che i consuntivi vengono deliberati e, quindi, approvati dagli enti nei mesi di marzo-giugno dell'anno successivo. Essi vengono poi approvati dalle autorità di vigilanza tra giugno e luglio e presso la Corte dei conti pervengono a settembre. In concreto, al febbraio 2014 secondo quanto dichiarato in sede di indagine conoscitiva presso la Commissione enti gestori dai magistrati della Corte dei conti, i dati certi in possesso della Corte sono quelli contenuti nei bilanci approvati al 31 dicembre 2012. Un controllo dunque che non ha certamente il carattere della tempestività con le ripercussioni che ovviamente ne conseguono; viceversa, sarebbe quantomeno utile applicare una forma di controllo diversa e più efficace, quale è quella che viene svolta dalla Corte dei conti sugli enti di previdenza pubblici e che si esercita con la presenza fisica di un magistrato contabile alle sedute degli organi di amministrazione e di controllo dell'ente; ciò significherebbe che per questi enti il magistrato contabile è sempre presente nel momento in cui si forma la volontà e, si deliberano il bilancio e le principali attività gestionali. La legge, per gli enti di previdenza pubblici, infatti, prevede che un magistrato assista, sebbene non possa votare nell'ambito dei consigli di amministrazione;
    la stessa prassi andrebbe adottata anche per le casse privatizzate così da attuare un «controllo concomitante», che preceda la stessa deliberazione dei documenti di previsione, nel senso che venga espletato ancora prima che si formi la volontà dell'ente;
    parimenti sarebbe opportuno addurre significativi interventi rispetto al ruolo di vigilanza della COVIP sugli enti previdenziali di base, cioè le casse privatizzate. Invero, in una prospettiva di efficienza dei controlli in ambito previdenziale, è stato affidato alla COVIP il compito di controllare investimenti e risorse finanziarie; tuttavia, va evidenziato come le funzioni della COVIP siano molto circoscritte, spesso limitate al mero e passivo recepimento di documentazione, non avendo l'istituto alcuna competenza di carattere regolatorio per integrare, la disciplina normativa primaria e secondaria né la prerogativa di intervenire direttamente nei confronti degli enti per favorirne la sana e prudente gestione o censurarne gli eventuali comportamenti ritenuti non corretti;
    la COVIP deve limitarsi a riferire, invece, ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze dell'esito della propria attività istruttoria per le casse mediante un'apposita relazione da trasmettere entro il 31 ottobre di ogni anno per ciascuno degli enti privatizzati. La COVIP detiene quindi le informazioni sulla complessiva articolazione delle attività, sia di natura mobiliare sia immobiliare, sulla relativa redditività, sulla politica di investimento, sul sistema di gestione e controllo dei rischi nonché sul processo di impiego delle risorse;
    a tal proposito, sarebbe opportuno approfondire e valorizzare al meglio il complessivo sistema di segnalazioni che la COVIP trasmette, rispetto a ciascuno dei 15 enti di cui al decreto n. 509 del 1994 e dei 5 enti di cui al decreto n. 103 del 1996, in quanto è oggi possibile disporre di un insieme di dati elaborati dalla stessa Covip, che meriterebbero di essere approfonditi piuttosto che essere abbandonati nei cassetti dei Ministeri, in quanto essi potrebbero consentire di strutturare in maniera sempre più articolata e ordinata il sistema dei controlli su questi enti rispetto ai loro investimenti, conflitti di interesse e banche depositarie, contribuendo a costruire un quadro di regole certe nonché interventi di razionalizzazione volti a conseguire economie di scala nelle spese di funzionamento e nella gestione del patrimonio;
    a ciò va aggiunta la necessità di implementare, le disposizioni normative che richiamano alle convenzioni Consip, ovvero alle centrali di committenza generale per l'acquisto di beni e servizi, soprattutto riguardo a determinate categorie merceologiche di più ampio impatto finanziario, limitando così la possibilità di autonome e troppo disinvolte determinazioni all'interno delle strutture degli enti;
    ai detti specifici interventi andrà comunque associato, in tema di monitoraggio generale sull'attività istituzionale per ciascuno dei comparti e di coerenza con le politiche generali e con quelle di settore, il rafforzamento del raccordo tra l'azione di vigilanza ministeriale, quella della Covip e quella della Commissione bicamerale, per consentire una complessiva valutazione sull'attività degli enti;
    molto importante è dunque la questione che riguarda i patrimoni immobiliari di enti e casse. La dismissione attuata direttamente dagli enti o attraverso i conferimenti a fondi immobiliari gestiti da SGR, avviene con determinazione di prezzi non assolutamente corrispondenti alle reali situazioni degli immobili stessi, circostanza che sta comportando anche il progressivo aumento di contenziosi pendenti dinanzi l'autorità giudiziaria. Le modalità di acquisto attualmente previste rendono pressoché impossibile l'acquisto della casa a migliaia di famiglie; è opportuno intervenire, in primis, sulle modalità alternative di vendita, proprio per rendere più semplici tali dismissioni utilizzando in tali casi la norma prevista all'articolo 23 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133;
    gli enti previdenziali privatizzati non possono venire meno alla funzione sociale che è stata una delle condizioni che ha portato tali enti a beneficiare di un così notevole patrimonio immobiliare,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative al fine di delineare in modo inequivoco la natura pubblica o privata degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza trasformati in persone giuridiche private dal decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509 e laddove si optasse per la completa natura privatistica, a prevedere la caratterizzazione di detti enti come operanti in seno alla previdenza complementare e di conseguenza a gestire la dismissione del patrimonio acquisito, prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 38, della legge 243 del 2004, dagli enti previdenziali di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 inseriti nell'elenco Istat, secondo le modalità previste dalla legge n. 410 del 2001 anche se è già stata deliberata la vendita;
   nel caso della piena affermazione del carattere pubblico, ad assumere iniziative per rendere più stringenti le normative attinenti alla funzione pubblica svolta, con tutto ciò che ne deriva anche rispetto ai controlli e alla tutela del risparmio previdenziale prevedendo l'abrogazione dell'articolo 1, comma 38, della legge n. 243 del 2004;
   ad adottare ogni iniziativa utile ad eliminare in via definitiva ogni possibile conflitto di interesse tra i detentori di responsabilità all'interno degli enti gestori e i membri di soggetti giuridici che interagiscano con essi con particolare riferimento alle società di gestione del risparmio e alle società di advising;
   ad assumere iniziative per prevedere per le Casse privatizzate — così come già previsto per gli enti previdenziali pubblici – la presenza fisica di un magistrato contabile alle sedute degli organi di amministrazione e di controllo dell'ente, al fine di garantire la presenza del magistrato medesimo nel momento in cui si forma la volontà e si deliberano il bilancio e le principali attività gestionali;
   ad assumere iniziative per affidare alla COVIP, in una prospettiva di efficienza dei controlli in ambito previdenziale, il compito di controllare investimenti e risorse finanziarie, attribuendo alla stessa competenze di carattere regolatorio, per integrare la disciplina normativa primaria e secondaria, oltre che la potestà di intervenire direttamente nei confronti degli enti per favorirne la sana e prudente gestione o censurarne gli eventuali comportamenti ritenuti non corretti, anche attraverso la previsione di nuovi meccanismi sanzionatori che ricomprendano le responsabilità di carattere personale degli amministratori;
   a favorire iniziative normative attraverso le quali attribuire a COVIP poteri che consentano interventi di carattere ispettivo, di acquisizione diretta di documentazione, di istruzione, anche attraverso la creazione di Commissioni di accertamento o inchiesta, con conseguenziale possibilità di applicazione di sanzioni economiche e/o attribuzione di potere di revoca rispetto all'efficacia di ogni delibera dei vari consigli di amministrazione degli enti gestori, qualora le medesime delibere si pongano in contrasto con la normativa vigente;
   a porre in essere iniziative normative e regolatorie che attribuiscano a COVIP reali poteri sanzionatori rispetto a tutte le circostanze in cui emergano, previa valutazione, errate o lacunose comunicazioni da parte degli enti gestori;
   al fine di agevolare la celerità dei controlli e la specificità delle competenze in fatto di vigilanza, definire in modo dettagliato, quali siano le competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e quali quelle del Ministero dell'economia e delle finanze rispetto agli interventi in materia di controllo e vigilanza;
   a porre in essere ogni iniziativa utile volta a favorire gli investimenti delle Casse privatizzate verso la tutela sanitaria, l'accesso al credito agevolato, le politiche in favore dei giovani e il loro sviluppo professionale;
   ad assumere iniziative specifiche, di carattere ispettivo, volte a verificare l'andamento delle dismissioni immobiliari di Casse e Fondi nonché a favorire iniziative di carattere normativo finalizzate alla puntuale e corretta gestione delle stesse nel rispetto della normativa vigente e tenendo conto dei diritti degli inquilini;
   a prevedere rispetto agli enti gestori strumenti regolatori, anche di carattere normativo, funzionali alla piena adesione ai principi generali della direttiva EPAP (2003/41/CE), recante il principio della «persona prudente», investimenti che garantiscano la sicurezza, la qualità, la liquidità e la redditività del patrimonio nel suo complesso e adeguata diversificazione sia per categoria di attività che per emittenti;
   ad assumere iniziative normative per prevedere per le Casse privatizzate la creazione di stringenti protocolli inerenti alle procedure e alle strutture organizzative professionali e tecniche affinché siano adeguate alla dimensione e alla complessità del portafoglio di ciascun ente gestore;
   ad assumere iniziative per implementare rispetto agli enti previdenziali le disposizioni normative che richiamano alle convenzioni Consip, ovvero alle centrali di committenza generale per l'acquisto di beni e servizi, soprattutto riguardo a determinate categorie merceologiche di più ampio impatto finanziario, limitando così la possibilità di autonome e troppo disinvolte determinazioni all'interno delle strutture degli enti, e comunque per prevedere l'applicazione obbligatoria del codice degli appalti;
   ad esaminare la eventuale fattibilità dell'ipotesi di far confluire tutti gli enti privatizzati di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 con i relativi patrimoni immobiliari, anche se conferiti a fondi immobiliari SGR di qualsiasi tipo, nell'INPS, così come avvenuto per altri enti, e comunque ad attuare ogni iniziativa utile a meglio tutelare sia i patrimoni immobiliari che gli iscritti beneficiari dei trattamenti pensionistici, previa esplicita approvazione dello studio di fattibilità da parte delle competenti Commissioni parlamentari;
   ad adottare iniziative per prevedere che le norme di cui all'articolo 23 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, si applichino alle dismissioni già deliberate, di patrimoni immobiliari degli enti di cui all'allegato A del decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509, anche se il loro patrimonio sia stato conferito ai vari fini, compresa la vendita a fondi immobiliari o società di gestione del risparmio;
   ad adottare iniziative per abrogare l'articolo 1, comma 38, della legge 23 agosto 2004, n. 243, in quanto fonte di disparità tra enti previdenziali e assistenziali privati e pubblici;
   ad assumere ogni iniziativa, anche di tipo normativo, finalizzata all'applicazione della medesima disciplina prevista per le dismissioni immobiliari degli enti previdenziali pubblici anche alle dismissioni immobiliari delle Casse privatizzate.
(7-00747) «Lombardi, Grillo, Ciprini, Cominardi, Tripiedi, Chimienti, Dall'Osso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto rileva la Cgia di Mestre, il Governo per evitare che scattino le cosiddette clausole di salvaguardia, entro la fine del 2018, dovrà recuperare nei prossimi quattro anni, 75,4 miliardi di euro, al fine di evitare che le famiglie e le imprese subiscano ulteriori aggravi fiscali di pari importo;
   nell'eventualità che l'Esecutivo non fosse in grado di reperire le risorse necessarie per sterilizzare le clausole di salvaguardia, sostiene l'ufficio studi della Cgia mestrina, sarebbe inevitabile l'aumento della tassazione, al fine di rispettare gli impegni presi con l'Unione europea in materia di conti pubblici;
   la prima scadenza, ricorda l'associazione degli artigiani e delle piccole e medie imprese venete, è il prossimo 30 settembre, in quanto se entro quella data il Governo non fosse in grado di reperire 1,4 miliardi di euro, dal giorno successivo, scatterebbe l'ennesimo aumento delle accise sui carburanti, oltre a un deciso incremento degli acconti Irpef e Ires in capo alle aziende;
   successivamente, evidenzia ancora la suesposta Cgia, dovranno essere affrontati nella prossima legge di stabilità, che nei termini di legge dovrà essere presentata a metà ottobre, impegni nettamente più gravosi in considerazione della necessità di reperire ulteriori 16 miliardi di euro, poiché in caso contrario dal prossimo 1o gennaio 2016 scatterà un nuovo ritocco dell'iva e un aumento della tassazione, attraverso l'elevazione di aliquote o la riduzione di detrazioni e deduzioni fiscali;
   in tale maniera, l'ammontare degli inasprimenti fiscali rispetto al 2014, arriverebbe a 17,4 miliardi di euro; ma tuttavia, la necessità di reperire nuove risorse a giudizio dell'associazione di Mestre, è destinata a crescere, in quanto nel 2016 si raggiungerà la cifra di 26,8 miliardi di euro e nel 2017 si sfioreranno i 30 miliardi di euro;
   a regime, di conseguenza, le riduzioni della spesa rispetto al 2014 si dovrebbero attestare interno ai 30 miliardi di euro, importo necessario per evitare un corrispondente aumento delle tasse;
   in quasi 4 anni pertanto, secondo i calcoli effettuati del centro studi della Cgia, il Governo Renzi sarà impegnato a reperire la cifra pari a 75,4 miliardi di euro per scongiurare l'ennesimo aumento delle imposte;
   i predetti eventuali inasprimenti fiscali potranno essere evitati integralmente, continua la Cgia, con l'approvazione di norme che assicurino gli stessi effetti positivi sui saldi di finanza pubblica, attraverso l'auspicata contrazione delle uscite, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica;
   al riguardo, evidenzia l'interrogante, così come annunciato nei giorni scorsi dal Presidente del Consiglio, (i cui recenti annunci seguono un cospicuo numero di interventi in tal senso, sebbene non siano seguite nel corso dei mesi, misure concrete finalizzate all'introduzione di norme di revisione della spesa pubblica), la speranza è che in tempi brevi vengano quantificati i risultati ottenuti e ottenibili con la cosiddetta spending review; in caso contrario sarà difficile evitare un nuovo aumento delle tasse che soffocherebbe sul nascere i timidi segnali di ripresa economica in atto –:
   quali orientamenti nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento alle valutazioni effettuate dalla Cgia di Mestre, riportate nella premessa;
   se l'analisi predisposta dall'ufficio studi dell'Associazione degli artigiani e delle piccole e medie imprese di Mestre, trova riscontro nelle previsioni del Governo;
   in caso affermativo quali iniziative di carattere fiscale ed economico il Governo intenda intraprendere, al fine di evitare l'attivazione delle clausole di salvaguardia in precedenza richiamate, che determinerebbero ulteriori inasprimenti fiscali, con conseguenze negative aggiuntive, per lo sviluppo e la crescita economica del Paese, i cui segnali di ripresa a parere dell'interrogante, risultano estremamente modesti. (4-10002)


   TOFALO, PETRAROLI e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 31 dicembre 2012, n. 244, ha conferito al Governo una delega per il complessivo riordino dello strumento militare con significative implicazioni sia sulla dotazione strumentale che su quella organica del personale militare e civile preposto al medesimo settore, con effetti finanziari complessivi neutrali per la finanza pubblica;
   all'articolo 2, comma 1, lettera B) si decreta la razionalizzazione delle strutture operative, logistiche, formative, territoriali e periferiche, anche mediante soppressioni e accorpamenti, con ubicazione nel minor numero possibile di sedimi, ottimizzando le relative funzioni, in modo da conseguire una contrazione strutturale complessiva non inferiore al 30 per cento, entro sei anni, in particolare attraverso i seguenti interventi di riorganizzazione e razionalizzazione: dell'assetto organizzativo dell'area tecnico-operativa del Ministero della difesa, in senso riduttivo, con particolare riferimento all'area di vertice e centrale, interforze e delle Forze armate, perseguendo una maggiore integrazione interforze e una marcata standardizzazione organizzativa, nella prospettiva di una politica di difesa comune europea e della struttura logistica di sostegno, ridefinendone i compiti e le procedure, e individuando settori e aree dedicati al sostegno generale delle Forze armate, anche mediante la realizzazione di strutture interforze, organizzative o di coordinamento. Si prevede inoltre la razionalizzazione «della struttura organizzativa del Servizio sanitario militare, secondo criteri interforze e di specializzazione, con la previsione di meccanismi volti a garantire la neutralità finanziaria per le prestazioni rese per conto o in supporto al Servizio sanitario nazionale, anche prevedendo la facoltà di esercizio dell'attività libero-professionale intra-muraria, sulla base di convenzioni stipulate tra il Ministero della difesa, il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze e le regioni interessate, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica»;
   per fronteggiare il disagio abitativo che ha colpito molte famiglie impoverite dalla crisi economica, il Governo ha approvato il piano Casa mediante il decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito dalla legge di conversione 23 maggio 2014, n. 80, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 27 maggio 2014, n. 121. Il piano Casa prevede interventi che si pongono tre obiettivi: il sostegno all'affitto a canone concordato; l'ampliamento dell'offerta di alloggi popolari; lo sviluppo dell'edilizia residenziale sociale. Sono previste altresì detrazioni fiscali IRPEF per il conduttore di alloggi sociali. Per il triennio 2014-2016, ai soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali, adibita a propria abitazione principale spetta una detrazione complessivamente pari a: 900 euro, se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71; 450 euro, se il reddito complessivo supera euro 15.493,71 ma non euro 30.987,41. Ad avviso dell'interrogante, questo comporterebbe una ulteriore cementificazione del territorio, senza nessuna valutazione di alloggi già costruiti e attualmente vuoti gestiti dal demanio;
   anche dopo il decreto-legge di cui sopra, la sicet — Sindacato inquilini casa e territorio — a Milano in merito al nuovo contratto ha emanato un comunicato stampa, in data 24 giugno 2014 nel quale dichiara «Il nuovo accordo locale sugli affitti concordati è vergognoso, oneroso e illegittimo. Gli affitti sono superiori a quelli del libero mercato e manca la maggiore rappresentatività di chi firma. L'assessore Benelli e la giunta facciano il loro mestiere e intervengano sull'emergenza abitativa, sistemando le famiglie sfrattate, anziché sponsorizzare eventi mediatici inutili»;
   gli alloggi censiti alienabili (anno 2013) sotto il controllo di Stato maggiore esercito, Stato maggiore aeronautica e Stato maggiore marina sono pari a 2.986 che, ad avviso degli interroganti, potrebbero essere riutilizzati per «senza tetto italiani» affinché si eviti il consumo del suolo derivato dalla costruzione di nuovi edifici –:
   se il Governo intenda valutare la possibilità di cedere momentaneamente questi alloggi ai «senza tetto» italiani, cosiddetti homeless, affinché si possa quantomeno ridurre la situazione emergenziale attuale;
   se il Governo intenda riorganizzare la gestione di questi alloggi, insieme agli enti locali, promuovendo, per quanto di competenza, corsi di formazione nei settori nei quali c’è più richiesta di manodopera, affinché l'alloggio sia riconosciuto come posto emergenziale/momentaneo;
   a quanto ammonti l'introito del 2014 del fondo cassa degli alloggi di servizio.
(4-10005)


   BORGHESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come già descritto nell'interrogazione n. 5-04138, presentata il 26 novembre 2014 più di 10 mila metri cubi di roccia si sono staccati dal versante del monte Falesia finendo sul parcheggio e sul ponte della vecchia strada Gardesana in località Campione del Garda, nel comune di Tremosine;
   tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015, il borgo di Campione ha subito molto il pericolo che incombe ancora sull'abitato, la chiusura della strada e il sequestro da parte della magistratura di metà borgo;
   infatti, il parcheggio, realizzato da Coopsette, era finito sotto sequestro della procura della Repubblica di Brescia già dal luglio del 2013; l'intero complesso fronte lago, che ospita anche l'università della Vela, era stato poi dissequestrato e sequestrato nuovamente dal tribunale del riesame;
   a oggi la situazione è addirittura peggiorata: è stato chiesto il rinvio a giudizio per una ventina di persone, tra ex amministratori, tecnici ed imprenditori, con accuse che vanno da lottizzazione abusiva ad abuso d'ufficio;
   nell'attesa della conclusione dei lavori di messa in sicurezza, gli organi di stampa evidenziano una difficile situazione per Campione del Garda, in quanto la zona ha subìto un drastico calo di turisti; maggiormente penalizzate sono le attività commerciali che chiedono interventi urgenti per l'immediata apertura della strada e tariffe più eque per il nuovo parcheggio, allo scopo di riavviare l'economia locale –:
   quali iniziative urgenti per quanto di competenza i Ministri intendano adottare per ripristinare le condizioni di sicurezza della zona franata, inclusa la strada Gardesana, e se il Governo non intenda assumere iniziative per stanziare risorse economiche per interventi concreti in favore delle attività economiche penalizzate dagli eventi catastrofici che hanno colpito la frazione Campione del Garda nel Comune di Tremosine sul Garda. (4-10006)


   SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia giornalistica Italia (Agi), è un'agenzia di stampa italiana, fondata nel 1950 e controllata al 100 per cento dall'Ente nazionale idrocarburi (ENI) dal 1965;
   l'Eni è partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze per una quota pari al 4,34 per cento e dalla Cassa depositi e prestiti spa per il 25,76 per cento;
   la Cassa depositi e prestiti, a sua volta, è partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze per l'80,1 per cento del capitale;
   come risulta dallo stralcio del bilancio 2013, l'Agi ha usufruito di erogazioni di denaro pubblico per un importo totale di 32.632.000 euro, ripartiti tra presidenza del Consiglio dei ministri (8.940.000 euro), gruppo Eni (17.341.000 euro) e pubblica amministrazione (6.351.000 euro, ossia circa l'85 per cento di 7.472.000 euro che è il totale della voce «pubblica amministrazione, media, industria»);
   nella voce «pubblica amministrazione, media, industria» sono ricomprese le convenzioni con regioni, province, comuni, enti e società pubbliche per la ricezione dei notiziari Agi, cui si aggiungono anche altri servizi, che, a parere degli interroganti, non sono in linea con le reali esigenze di un ente pubblico;
   come riporta un articolo pubblicato l'8 luglio 2013 sul sito on line ilfattoquotidiano.it dal titolo «L'Eni non bada a spese per l'informazione» a firma di Francesco Tamburini, «nel mese di febbraio l'Agi ha inoltre firmato un contratto con la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero degli affari esteri per la realizzazione di una rassegna dei principali organi di stampa egiziani. L'agenzia di stampa ha d'altronde deciso di puntare sull'Egitto, Paese cruciale per gli affari dell'Eni, dove il gruppo italiano è tra i principali operatori petroliferi»;
   nello stralcio del bilancio 2013, nella paragrafo intitolato «Profilo dell'anno», al punto «3. Agi vanta già 37 partnership attive a livello internazionale e ha varato un programma di sviluppo che prevede ulteriori 16 nuove partnership (+65 per cento) entro il 2014 focalizzate su Paesi chiave per il business Eni (es. Saudi Arabi, Libya, Iran)»;
   a parere degli interroganti, il fatto che l'Agi sia controllata dall'Eni e venga finanziata dallo Stato per implementare le proprie attività anche in quei Paesi del mondo in cui l'Eni stessa sta sviluppando affari legati al petrolio, rappresenta un chiaro caso di conflitto di interessi –:
   se il Governo non ritenga di assumere iniziative, anche normative, affinché si ponga rimedio alle criticità di cui in premessa, posto che l'Agenzia, a parere dell'interrogante, opera nel libero mercato in posizione di vantaggio rispetto alle altre aziende concorrenti. (4-10007)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, DEL GROSSO, GRANDE, DI BATTISTA e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il bilancio triennale di previsione 2015-2017 assegna al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale 2.171.385.533 euro per il 2015, 2.136.798.534 euro per il 2016 e 2.128.954.750 euro per il 2017 («stanziamenti in conto competenza»);
   i «costi totali» previsti ammontano a: 2.253.248.544 euro per il 2015; 2.208.990.612 euro per il 2016 e 2.206.511.163 euro per il 2017;
   nel bilancio di previsione triennale 2014-2016, gli «stanziamenti in conto competenza» erano così ripartiti: 1.815.049.844 euro per il 2014, 1.685.790.119 euro per il 2015, 1.675.958.351 euro per il 2016, mentre i costi totali non superavano i 2 miliardi di euro (1.921.070.235 nel 2014; 1.839.370.899 nel 2015; 1.830.926.333 nel 2016);
   l'ultimo rendiconto effettivo delle spese dell'anno del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale è quello relativo al 2013, i cui costi totali sono stati pari a 1.853.100.225,03 euro;
   dall'articolo «Gentiloni blinda la Farnesina ma non le sedi estere a rischio. Ed è polemica», pubblicato il 21 luglio 2015 su Il Fatto quotidiano, viene riportata la segnalazione della Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche (FLP) – affari esteri relativa a una non chiara operazione di messa in sicurezza dei palazzi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per eventuali possibili attentati terroristici;
   tra le varie misure denunciate emergono: la sottrazione del permesso di accesso ai palazzi a ex dipendenti attualmente in pensione; aumento di tornelli al piano terra muniti di metal detector e nastri a raggi X; aumento dei controlli da parte dei carabinieri; vigilanza privata con altri nuovi metal detector; militari in borghese presenti negli uffici; parcheggio riservato; porte blindate;
   l'11 luglio 2015 una potente esplosione ha colpito il consolato italiano a Il Cairo in El Galaa Street, provocata da una bomba nascosta in un'automobile parcheggiata nei pressi dell'edificio e probabilmente azionata con un telecomando, provocando un morto e dieci feriti;
   secondo Site, un sito internet che monitora sui social network l'attività dei profili legati agli ambienti jihadisti, l'Isis avrebbe rivendicato l'attentato –:
   quale sia l'ammontare totale delle spese effettuate per le misure di sicurezza nella sede della Farnesina;
   se e quali misure siano state preventivate e messe in atto finora, e quali verranno eseguite in futuro, nelle sedi delle rappresentanze diplomatiche italiane nelle zone più a rischio di attentati.
(4-10001)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   TOFALO, PETRAROLI e DE LORENZIS. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comma XII, dell'articolo 4, del decreto-legge 24 ottobre 1979, n. 511, convertito dalla legge n. 635 del 1979 concernente l'istituzione presso il Ministero dei trasporti del commissariato per l'assistenza al volo civile, recita testualmente che l'indennità di assistenza al volo, «il cui onere grava sullo stato di previsione della spesa del Ministero dei trasporti, è corrisposta, dalla data di entrata in vigore del presente decreto, anche a tutto il personale controllore del traffico aereo ed assistente al traffico aereo inserito nei turni operativi di assistenza al volo presso gli aeroporti e i centri interessati al traffico aereo civile»;
   la circolare prot. TR1-111/9137/F3-4/4/1, datata 22 marzo 1990, stabilisce che l'indennità di presenza giornaliera di assistenza al volo civile deve essere corrisposta «in funzione del mese di riferimento, indipendentemente dall'orario di servizio e/o dall'articolazione del turno, sempreché vengano impiegati in funzioni relative al servizio ATS» (Air Traffic Service);
   l'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 255 così recita: «A decorrere dal 1o gennaio 1999 l'indennità giornaliera prevista per i giorni di effettivo servizio al personale controllore del traffico aereo, assistente controllore, nonché al restante personale militare delle Forze Armate impiegato in turni continuativi, è incrementata rispettivamente di lire 4.000, lire 3.000 e lire 2.000»;
   secondo quanto indicato dalla D.G.P.M., in sede di applicazione del contratto, con il foglio prot. DGPM/IV/12/060652/30 datato 12 maggio 2000, comma 2 (punto 1.), il decreto del Presidente della Repubblica 255 del 1999 «ha evidenziato sia l'incremento dell'indennità giornaliera, prevista dall'articolo 4 del decreto-legge 24 ottobre 1979, n. 511 (convertito con legge 635/79) – per il personale dell'A.M., C.T.A. ed A.T.A., impiegato nell'assistenza al volo civile – sia l'istituzione di una nuova indennità (e non l'incremento come indicato nella norma), pari a lire 2.000 – per il restante personale militare delle Forze Armate impiegato in turni continuativi – (cosiddetta «indennità di turno»);
   con il foglio ARM001 0094272 del 15 novembre 2010 lo Stato Maggiore 1o Reparto ha argomentato con estrema cura le definizioni attribuite a: servizi di assistenza al volo, personale controllore del traffico aereo, assistente al traffico aereo, aeroporti e centri interessati al traffico civili;
   la probabile «confusione» è scaturita nel tempo ed è stata causata dalla differente terminologia utilizzata dal legislatore relativamente alle parole «operativo» (come da legge 635 del 1979) e «continuativo» (vedasi decreto del Presidente della Repubblica 255 del 1999), tanto da far supporre che in applicazione della legge 635 del 1979 lo stesso sia incorso nell'errore di «sovrapporre» le due pur differenti indennità;
   il precedente assunto è confortato, ad esempio, dalla stessa evidenza che l’«indennità di turno» – da riconoscere al personale con «incarichi che prevedono un lavoro continuativo di 24 ore al giorno [condizione temporale essenziale per la concessione della stessa] per sette giorni alla settimana» (articolo 3 del DM datato 25 settembre 1990) – appare ben diversa dall’«indennità giornaliera per controllori e assistenti al traffico aereo» percepita da quel personale che risulta essere specificamente in possesso delle onerose abilitazioni previste dalle norme di settore;
   è nota la consuetudine di definire la «posizione/unità operativa» di quella struttura/tipologia di attività che comprende e permette la fornitura dell'assistenza al volo (in ambito civile è riconosciuta come «linea operativa»);
   nonostante quanto sopra considerato, in ossequio ai principi della più volte citata legge 635 del 1979, l'amministrazione ha comunque proseguito senza soluzione di continuità ad elargire al personale in questione l'indennità giornaliera de qua;
   con il foglio prot. M_D ARM003.0118910.25/10/2013 il Gen. D'Orazio capo del servizio di commissariato ed amministrazione del comando logistico, ha rilevato la necessità di «sospendere cautelativamente l'avvio di ogni forma di addebito per il recupero dell'indennità in oggetto» a causa dei persistenti molteplici aspetti di incertezza legati alla problematica in trattazione;
   il CCNL dell'Ente nazionale assistenza al volo in ottemperanza a quanto disposto dalla legge 635 del 1979 prevede all'articolo 56 per il personale non quadro, una indennità di turno mensile differente per chi effettua turnazioni H24 e chi turnazioni diverse ad «eccezione del personale della categoria professionale controllore del traffico aereo cui compete comunque il trattamento H24. Per il personale impiegato presso la sede centrale e per il personale docente di Accademy si fa riferimento agli importi H24», mentre «al personale non quadro impiegato in struttura con regime H36, viene riconosciuto a titolo di mantenimento dell'indennità di turno un importo lordo mensile nelle seguenti misure percentuali (...)»;
   il tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia in data 22 maggio 2014 ha riconosciuto fondato il ricorso presentato dai controllori e assistenti del traffico aereo di Rivolto motivando che «... L'indennità qui in esame non viene riconosciuta ai controllori e assistenti al volo in ragione delle modalità con cui rendono la propria prestazione lavorativa, ma in dipendenza della natura della prestazione lavorativa stessa» e conclude: «In definitiva, il ricorso va accolto, e per effetto va dichiarato il diritto dei ricorrenti a percepire l'indennità giornaliera operativa di cui l'articolo 4, commi XI e XII, decreto-legge n. 511/1979 convertito con modificazioni dalla L. n. 625/1979, e vanno annullati gli atti con cui è stata disposta la ripetizione delle somme erogate agli stessi a tale titolo»;
   con il foglio n. M_D ABA009.9509.2-1 11.09.2014 la direzione d'amministrazione dell'Aeronautica militare successivamente alla sentenza del T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia ha rilevato la necessità di ribadire le disposizioni emanate dal servizio di commissariato logistico dell'A.M.: «al riguardo si rappresenta che lo Stato Maggiore Aeronautica ha precisato il mutato orientamento esplicato dalla DGPM riguardo alla nozione di turno operativo, che è stata estesa fino a ricomprendere turnazioni diverse da quella continuativa H24, sette giorni su sette, in modo da includere, ai fini della corresponsione ex tunc dell'indennità in oggetto, le turnazioni atipiche disciplinate dall'articolo 3, comma 3, del decreto ministeriale 25 settembre 1990, restando esclusi i casi di orario aeroportuale di base» –:
   quale rimedio intendano porre alla differente applicazione della norma di cui al decreto-legge n. 511 del 1979 effettuata nel tempo da due amministrazioni, ENAV e Ministero della difesa, alla stessa categoria di lavoratori del traffico aereo e con la stessa licenza europea rilasciata da ENAC, per «l'indennità non pensionabile per ogni giornata di effettivo servizio», nonostante l'onere di spesa sia attribuito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riconoscendo così un unico modus operandi per la corresponsione della suddetta indennità sia per i controllori civili che per i controllori militari e ponendo fine a questa discriminazione tra controllori del traffico aereo civili e controllori del traffico aereo militari. (4-10008)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'economia e delle finanze con la legge n. 266 del 23 dicembre 2005 (articolo 1, comma 345) e con il relativo decreto di applicazione n. 116 del 22 giugno 2007 entrato in vigore 17 agosto 2007 (G.U. serie generale n. 178 del 2 agosto 2007) ha disciplinato lo stato giuridico e la destinazione dei cosiddetti rapporti «dormienti» all'interno del sistema bancario nonché del comparto finanziario ed assicurativo;
   nello specifico accertata l'impossibilità giuridica di applicare ai contratti di assicurazione le disposizioni attuative della legge 266 del 2005, il Governo ha introdotto alcune modifiche alla disciplina dei cosiddetti «conti dormienti», così da far rientrare anche gli importi relativi ai contratti assicurativi tra le somme destinate ad alimentare il fondo. Dette modifiche sono state apportate con il decreto-legge, 28 agosto 2008, n. 134 (cosiddetto decreto Alitalia), convertito dalla legge 166 del 2008 e sono in vigore dal 28 ottobre 2008;
   questa disciplina non ha potuto trovare concreta applicazione nei confronti delle società assicuratrici in quanto, visto il particolare regime prescrittivo, tutti i rapporti contrattuali con gli assicurati risultavano giuridicamente estinti trascorso un anno dalla data di libera disponibilità delle relative somme;
   sempre nell'anno 2008, un decreto-legge ha modificato la normativa introducendo il comma 345 quater dell'articolo 1 nella legge 266 del 2005 secondo cui «Gli importi dovuti ai beneficiari dei contratti di cui all'articolo 2, comma 1, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, che non sono reclamati entro il termine di prescrizione del relativo diritto, sono devoluti al fondo di cui al comma 343». Il comma 2 ter del decreto-legge 134 del 2008 ha fissato questo termine di prescrizione in 2 anni dal giorno in cui si è verificato il diritto (ad esempio, la morte dell'assicurato o la scadenza della polizza);
   l'articolo 22, comma 14, del decreto-legge n. 179 del 2012 come modificato dalla legge di conversione n. 221 del 2012 ha disposto, quindi, che «Al fine di superare possibili disparità di trattamento tra i consumatori nel settore delle polizze vita, il secondo comma dell'articolo 2952 del codice civile è sostituito dal seguente: “Gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda, ad esclusione del contratto di assicurazione sulla vita i cui diritti si prescrivono in dieci anni”»;
   oggi questo termine, con l'articolo 22, comma 14, è stato esteso a 10 anni, accogliendo, finalmente, quanto richiesto da alcune associazioni dei consumatori già nel 2008 al Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di evitare così una disparità di trattamento tra i titolari di conti correnti dormienti e i titolari di polizze vita;
   tale nuova norma risolve la situazione per il futuro, in quanto, dall'entrata in vigore del provvedimento tutte le polizze avranno un termine di prescrizione di 10 anni, ma, allo stato attuale, non vale per le polizze già scadute e prescritte i cui capitali sono stati già devoluti, dal 2008 in poi al fondo dormienti gestito dal Consap;
   il 15 aprile 2015 è scaduto il termine per risvegliare le polizze dormienti prescritte prima del 29 ottobre 2008 e i dati riportano che dei 7,5 milioni di euro messi a disposizione per i rimborsi sono stati richiesti solo 2 milioni di euro;
   al fine di evitare disparità di trattamento fra i vari possessori di tali polizze, le associazioni consumatori maggiormente rappresentative hanno chiesto e ottenuto un incontro con l'IVASS per affrontare congiuntamente la problematica e chiesto un'audizione alle Commissioni parlamentari competenti affinché l'attuale struttura della norma possa essere modificata –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda con urgenza intraprendere perché sia data la possibilità agli aventi diritto – (beneficiari ed eredi) – di riottenere i capitali già devoluti avanzando una richiesta al «fondo dormienti» entro 10 anni dalla morte dell'assicurato o dalla scadenza della polizza, come peraltro già accade per i conti dormienti per i quali gli aventi diritto possono avere restituito il denaro devoluto al suddetto fondo entro 10 anni dalla devoluzione;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda con urgenza intraprendere perché si applichi la prescrizione di 10 anni anche per le polizze in scadenza nel 2008, in modo da evitare tutti i profili di incostituzionalità che a giudizio dell'interrogante comunque sono evidenti a causa della disparità di trattamento tra correntisti e beneficiari di polizze e porre così fine ad un'ingiustizia iniziata nel 2008 e che ha coinvolto tantissimi cittadini. (4-10003)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Milano sono in corso i lavori per la costruzione della linea 4 della metropolitana;
   nel giugno 2006 il comune di Milano, in qualità di commissariato per l'emergenza del traffico e della mobilita nella città di Milano, ha pubblicato il bando per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione, ai sensi del decreto legislativo n. 190 del 2002, della Linea M4. Nella seduta pubblica del 9 maggio il comune di Milano ha aggiudicato in via provvisoria la concessione di costruzione e gestione per la realizzazione dell'intera Linea M4 al raggruppamento di imprese composto da ATM, Impregilo, Ansaldo STS, Ansaldo Breda, Astaldi e Sirti. L'avviso di aggiudicazione è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 settembre 2011;
   nella delibera CIPE 66/2013 si legge che il costo totale dell'opera ammonta a 1.819 milioni di euro, di cui 958 milioni verranno da contributi statali, 400 milioni da contributi comunali e 461 milioni da contributi privati;
   il progetto approvato per la realizzazione dei cantieri di superficie, necessari alla realizzazione delle stazioni, prevede l'abbattimento di più di 500 alberi, nel cuore della città di Milano, nonché altre strutture ivi presenti (campi da basket, aree gioco bimbi, aree per cani, e altro) al fine di consentire una più facile movimentazione dei mezzi;
   la soluzione scelta dalla ditta aggiudicataria non è l'unica via percorribile; infatti, a detta dell'altra ditta partecipante alla gara il proprio progetto prevedeva la realizzazione dell'opera con un utilizzo limitato di mezzi e cantieri di superficie limitando così al massimo, o addirittura azzerando in molti casi, i disagi per la mobilità e l'abbattimento degli alberi e delle altre strutture preesistenti;
   in questi giorni numerosi cittadini stanno protestando per l'abbattimento degli alberi e per i disagi causati dall'eliminazione delle strutture ricreative preesistenti da moltissimi anni, e in alcune occasioni non sono mancati problemi di ordine pubblico;
   è a conoscenza degli interroganti che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Milano non ha ancora dato il parere definitivo su alcune parti del progetto (sicuramente sul cosiddetto «Manufatto Indipendenza»);
   nelle scorse settimane sono state apportate alcune modifiche al progetto definitivo, sulle quali il CIPE deve ancora esprimere il proprio parere;
   la prescrizione n. 11 della delibera CIPE 66/2013 recita: «per tutti gli ambiti sottoposti a tutela paesaggistica mediante provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico (articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”) o ope legis (articolo 142 del “Codice”), qualunque intervento di modifica dello stato esteriore dei luoghi è soggetto alla preventiva autorizzazione paesaggistica, secondo quanto previsto dall'articolo 146 del citato Codice. Tale autorizzazione è provvedimento autonomo e preordinato a titoli autorizzativi di natura urbanistico-edilizia»;
   durante un sopralluogo esterno effettuato dall'interrogante in data 20 luglio 2015 nei cantieri di viale Argonne è stato individuato almeno un nido su uno degli alberi da abbattere, regolarmente segnalato alla ditta concessionaria e riportato anche dagli organi di stampa corredato di ripresa video;
   in base alla legge n. 157 del 1992 articolo 21 comma 1, lettera o), è vietato «distruggere o danneggiare deliberatamente nidi» di uccelli;
   durante i primi abbattimenti avvenuti nel mese di aprile in via Lorenteggio non sono state rispettate le procedure previste dalla legge, in particolare non era stata avvisata l'Ersaf, che infatti ha provveduto a redigere un verbale di accertamento (numero di protocollo 13809) nel quale è riportato «assenza richiesta taglio platani agli atti del S.F.R. (Servizio Forestale Regionale) ai sensi dell'articolo 7 comma 2 del decreto ministeriale 29 febbraio 2012»;
   la raccomandazione n. 18 della delibera CIPE 66/2013 recita: «in relazione alle interferenze superficiali con le alberature si raccomanda di verificare la possibilità di trapianto oppure collocazione di nuove sentenze»;
   le alberature da trapiantare possono essere un numero molto superiore a quello attualmente deciso, tesi avvalorata anche da alcuni esperti consultati in merito;
   non è stato effettuato un corretto monitoraggio dei nidi presenti nelle alberature, in quanto per quanto risulta all'interrogante sarebbe stato commissionato dalla ditta concessionaria a una società privata, anziché essere certificato da un ente terzo su commissione del comune di Milano;
   l'attività di abbattimento degli alberi si sta svolgendo in un contesto ancora non definito per quanto scritto in premessa, relativo ad autorizzazioni del Cipe non ancora pervenute e progetto di ripristino e piantumazione di alberi non ancora delineate;
   la disposizione dei cantieri da parte della ditta concessionaria è stata realizzata con particolare attenzione al raggiungimento della massima economia dei lavori (minor movimentazione di mezzi e utilizzo di mezzi standard anziché mezzi speciali) anziché alla riduzione dell'impatto ambientale e paesaggistico –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di pervenire a una sospensione temporanea dei lavori, anche alla luce dell'assenza di alcuni importanti e necessari pareri da parte della competente Soprintendenza;
   se non ritengano necessario promuovere, per quanto di competenza, un tavolo di confronto con tutti i soggetti coinvolti e con la partecipazione dei cittadini per valutare le modifiche ai progetti che consentano il minor impatto ambientale e paesaggistico. (4-10009)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la città di Savona ha vissuto nei giorni scorsi un episodio grave che richiama, più in generale, la necessità di una grande attenzione e di stretta collaborazione tra i diversi livelli istituzionali per fare sì che il livello di convivenza e di sicurezza soddisfacente che si registra in quella comunità non venga messo in discussione dalla possibile sottovalutazione di situazioni critiche;
   una rissa scoppiata presso un locale/bar-sala giochi ha provocato la morte violenta di una persona e il ferimento grave di un'altra, di fronte alle decine di persone e alle famiglie con bambini riunite in un altro locale nelle vicinanze: protagonisti tre uomini di origine nord africana;
   le modalità dell'accaduto hanno generato una forte apprensione nella comunità savonese; il coinvolgimento di persone straniere ha focalizzato su questo l'attenzione dei commentatori e dell'opinione pubblica;
   il locale in cui la rissa si è generata era stato oggetto di segnalazioni e denunce di residenti e operatori economici, che percepivano la pericolosità dell'ambiente che vi si era creato e una gestione assolutamente discutibile da parte dei titolari;
   il sindaco di Savona, nella riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, il 4 giugno 2015, aveva indicato alle amministrazioni centrali competenti la necessità di interventi che potessero costituire efficace prevenzione di ulteriori criticità. Il fatto che nel locale si esercitassero anche attività di gioco d'azzardo getta ulteriori ombre su quella vicenda;
   la comunità savonese è caratterizzata da un buon livello di coesione sociale e di integrazione;
   la crisi economica, che pure ha segnato anche questa zona, è stata affrontata con grande attenzione da parte delle istituzioni locali, con azioni di sostegno alle persone, e con scelte che prefigurano un possibile nuovo cammino di crescita, ovviamente in presenza di adeguate politiche a livello nazionale e comunitario;
   la popolazione straniera sul totale si è attestata attorno al 10 per cento (circa 8,5 per cento la media provinciale), dopo una crescita progressiva e ordinata, di non più di un punto percentuale all'anno;
   la disponibilità delle comunità di immigrati a entrare positivamente in relazione con la comunità nel suo insieme e con le istituzioni locali è testimoniata, tra l'altro, dall'altissima risposta delle famiglie all'iniziativa dell'amministrazione comunale, che da oltre tre anni consegna ai bambini nati a Savona da genitori cittadini stranieri regolarmente soggiornanti e residenti, l'attestato di cittadinanza onoraria «Ius soli»;
   l'indice di invecchiamento della popolazione in Liguria e in provincia di Savona, molto alto rispetto alla media nazionale, fa sì che l'immigrazione sia una componente fondamentale del necessario riequilibrio tra le generazioni, a tutto vantaggio dei cittadini da sempre qui residenti;
   la mancata prevenzione di episodi gravi di violenza e di criminalità di vario grado rischia di dare fiato a indiscriminate campagne contro la presenza di persone immigrate. D'altra parte è assolutamente necessario che l'insieme della popolazione possa vivere in condizioni di sicurezza e percepire come sicura e vivibile la propria città;
   inoltre, la disponibilità dimostrata dalla città di Savona e da altri enti locali ad accogliere gruppi di profughi per fare fronte all'emergenza che si è determinata in tutto il Paese, fa i conti con una reale difficoltà a governare tale emergenza a livello regionale e nazionale, che richiederebbe una distribuzione equilibrata tra i diversi, territori e una piena solidarietà tra tutti i livelli istituzionali, nella ricerca delle soluzioni più idonee;
   in particolare, nel comune di Cairo Montenotte si sono manifestate serie criticità relative all'accoglienza dei profughi e l'amministrazione comunale mette in evidenza difficoltà di coordinamento da parte della locale prefettura;
   da oltre un mese il ruolo di prefetto di Savona risulta vacante per il trasferimento della ex titolare dottoressa Basilicata, ad altro incarico –:
   quali iniziative intenda intraprendere per assicurarsi che venga garantita, anche in situazioni come quella descritta per la città di Savona e per le altre comunità della provincia, la necessaria fermezza e determinazione nella prevenzione e repressione di fenomeni di illegalità e di minaccia alla sicurezza e alla tranquilla convivenza della popolazione nativa e immigrata;
   nello specifico, se intenda verificare per quali ragioni la locale questura non abbia ritenuto di dare corso a verifiche su quanto segnalato assumendo conseguenti iniziative di competenza;
   con quali tempi, che si richiede siano molto celeri, si intenda provvedere a rendere pienamente operativa e autorevole la funzione dell'ufficio decentrato del Governo in provincia di Savona.
(2-01046) «Giacobbe, Vazio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in Campania, nelle zone della cosiddetta «Terra dei Fuochi», continuano ad imperversare centinaia di incendi incontrollati di micro e macro discariche illegali;
   nelle zone colpite il disagio dei residenti è ancora percepito come un grave insulto alla legalità ed all'ambiente ed ovviamente alla salute pubblica;
   nonostante le misure messe in campo dal Governo, ad oltre un anno dalla loro entrata in vigore si sono registrati solo impercettibili miglioramenti;
   allarmanti dati sono offerti anche dal monitoraggio quotidiano dell'associazione «La Terra dei Fuochi» la quale raccoglie le numerose segnalazioni;
   la situazione di disagio e allarme sociale è suffragata anche da diversi articoli di stampa;
   proprio Il Mattino a firma di Gerardo Ausiello ha pubblicato il 18 luglio 2015 l'articolo «Terra dei fuochi, in fiamme 5 discariche su 5: rivolta dei clan contro le bonifiche»;
   tale articolo ben illustra la drammatica situazione di rischio e pericolo per l'incolumità, la sicurezza delle persone e la salute pubblica alla quale la popolazione residente viene quotidianamente sottoposta –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare e se non ritenga di attivare iniziative normative atte a consentire anche le funzioni e i poteri di polizia giudiziaria al contingente militare impiegato in modo da potenziarne l'efficacia, visto l'esiguo numero di arresti prodotto nell'arco di un anno a fronte, viceversa, dell'incessante aggressione criminale e dell'ingente quantità di roghi tossici ancora riscontrata anche secondo quanto risulta dai dati in possesso delle prefetture.
(5-06153)

Interrogazione a risposta scritta:


   NACCARATO, MIOTTO, CAMANI e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i carabinieri del Ros di Padova hanno aperto un'indagine su Meriem Rehaily, una ragazza di 19 anni, originaria del Marocco, residente nel comune di Arzergrande, in provincia di Padova, che pare abbia raggiunto la Siria per unirsi ai militanti dello Stato Islamico (ISIS);
   l'allarme è stato dato dai genitori attraverso una denuncia di scomparsa;
   successivamente le indagini si sono concentrate sulle conversazioni telematiche della giovane sulla rete internet che avrebbero dato prova di un percorso di indottrinamento jihadista attraverso alcuni forum e poi con il contatto diretto con i terroristi;
   nei prossimi giorni pare si svolgeranno gli interrogatori dei conoscenti e di insegnati e compagni dell'istituto tecnico «De Nicola» di Piove di Sacco, per raccogliere ulteriori elementi sulla vicenda e ricostruire i canali usati dalla giovane per il percorso di radicalizzazione;
   da quanto riferiscono i compagni di classe Meriem avrebbe espresso l'intenzione di lasciare l'Italia, ma tutti assicurano che quando si affrontavano i temi del terrorismo e dello Stato Islamico la giovane non aveva lasciato trapelare il suo desiderio di raggiungere le milizie dell'ISIS;
   dai primi riscontri, pare che la giovane abbia iniziato a interessarsi alla causa dello Stato Islamico alcuni mesi fa, in conseguenza della frequentazione di una sua coetanea di Campolongo Maggiore;
   la notizia ha generato preoccupazione e allarme nelle comunità locali in particolare per le modalità di penetrazione del messaggio terrorista;
   le operazioni delle forze dell'ordine stanno portando alla luce una campagna di avvicinamento di molti giovani alle frange estremiste attraverso la rete, come testimonia il caso di Lassad Briki, nato a Kairouan, in Tunisia, 35 anni, addetto alle pulizie, e Muhammad Waqas, nato a Gujirat 27 anni, autista in una ditta di alimentari, regolarmente residenti in Italia da anni, arrestati ieri a Brescia con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo internazionale;
   pare che i due, fingendo una perfetta integrazione sociale, stessero progettando attentati a basi militari, luoghi di culto e contro le forze dell'ordine;
   di fronte alle difficoltà delle indagini in questo ambito sono risultati molto utili gli strumenti messi a disposizione degli inquirenti con le nuove norme varate dal Parlamento contro il terrorismo internazionale contenute nella legge n. 43 del 17 aprile 2015 che facilitano il lavoro degli investigatori –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative intenda assumere per proseguire e potenziare le attività di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale e del proselitismo verso giovani italiani di origine straniera. (4-10004)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha ricevuto diverse segnalazioni da parte di lavoratori di Poste italiane spa (in particolare da coloro che svolgono lavoro di porta-lettere) che lamentano la mancata applicazione della cosiddetta clausola elastica prevista dal CCNL del 14 aprile 2011;
   l'articolo 23 del CCNL 14 aprile 2011 ha introdotto una nuova tipologia di clausola elastica per i lavoratori a tempo indeterminato con contratto part-time verticale;
   nel 2011 il responsabile RUR del personale di Poste Italiane spa, mediante un comunicato al personale, ha annunciato ai lavoratori la possibilità di usufruire di tale clausola lavorativa applicabile ai contratti previsti dall'istituto giuridico;
   con riferimento alla clausola in esame, si elencano le principali caratteristiche dell'istituto:
    a) volontarietà del lavoratore, chiamato a esprimere il proprio consenso sia al momento della sottoscrizione della clausola, sia in caso di richiesta della prestazione lavorativa da parte dell'azienda;
    b) l'azienda, al verificarsi di esigenze organizzative e produttive che possono essere soddisfatte mediante l'utilizzo della clausola elastica, contatta il personale part-time verticale (che svolga medesime mansioni e che sia sottoscrittore della clausola), con almeno tre giorni lavorativi di anticipo e in base ad un criterio di rotazione su base comunale;
    c) facoltà per il lavoratore di indicare un ulteriore e diverso comune rispetto a quello della propria sede di lavoro ove rendere la prestazione lavorativa in regime di clausola elastica. In tal caso, l'attività prestata nel comune prescelto non darà diritto al trattamento di trasferta;
    d) per la prestazione resa in regime di clausola elastica è previsto il riconoscimento, oltre alla normale retribuzione, di una maggiorazione pari al 7 per cento della retribuzione globale di fatto;
    e) possibilità di effettuare prestazioni in regime di clausola elastica sino al raggiungimento del limite annuo complessivo della prestazione lavorativa pari al 90 per cento della prestazione full-time;
    f) attribuzione, al part-time di durata non predeterminata che abbiano sottoscritto la clausola succitata, di una priorità (fermi restando i diritti previsti dalle norme di legge e di contratto) nella trasformazione del rapporto da part-time a full-time nell'ambito della provincia ove insiste la struttura di assegnazione, in base al numero delle giornate di effettiva prestazione rese in regime di clausola elastica di cui al comma X dell'articolo 23 del vigente CCNL;
   il 27 gennaio 2015 con un comunicato al personale, Poste Italiane ha delineato i requisiti per inviare le domande di «trasferimento volontario individuale» (accordo nazionale azienda e organizzazioni sindacali del 22 maggio 2013);
   nonostante il possesso di tutti i requisiti e in alcuni casi anche a dispetto dell'articolo 41 CCNL del 14 aprile 2011 che inseriscono comunque in graduatoria per il trasferimento volontario individuale (secondo il punteggio spettante) lo stesso dipendente, alcuni lavoratori di Poste Italiane hanno lamentato allo scrivente il mancato rispetto della cosiddetta clausola elastica –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra citati;
   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per verificare la corretta applicazione della cosiddetta clausola elastica, favorendo la soluzione delle anomalie citate in premessa e, eventualmente, la rimozione degli ostacoli alla predetta applicazione della clausola che sembrano gravare sui lavoratori di Poste italiane spa, con particolare riferimento a coloro cui non viene concesso il trasferimento presso un diverso comune rispetto a quello ove viene resa la prestazione lavorativa. (5-06154)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio di bonifica 9 di Catania soffre da anni di una cronica insufficienza di risorse economiche e di carenze di organico soprattutto nella qualifica degli operai;
   è quindi diventata improcrastinabile l'esigenza, a giudizio dell'interrogante e dello stesso Consorzio, di reperire importanti risorse finanziarie per la sua ristrutturazione funzionale;
   in questi giorni si sono svolte iniziative di protesta da parte dei lavoratori del Consorzio, alla luce dei ritardi nei pagamenti delle relative spettanze e delle notevoli incertezze sul futuro lavorativo; è particolarmente delicata, in questo contesto, la vicenda dei lavoratori stagionali del Consorzio che, di recente, hanno vinto una causa di lavoro nei confronti dello stesso e che attendono di essere inquadrati a tempo indeterminato;
   già 7 lavoratori hanno ottenuto giustizia ed altri 44 rimangono in attesa che si concludano i loro procedimenti giudiziari senza che sia stata data attuazione alla sentenza della magistratura –:
   di quali elementi disponga il Ministro in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare in relazione alle problematiche occupazionali sopra evidenziate. (4-10011)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'asl Na 3 Sud è la più grande d'Italia in termini di popolazione assistita;
   essa assiste, infatti, una popolazione di oltre un milione di abitanti e un territorio che parte dall'estremità della penisola sorrentina per arrivare fino ai confini con la provincia di Benevento, all'area nolana e a Comuni come Pomigliano d'Arco e Pollena Trocchia;
   l'asl Na 3 Sud ricomprende anche comuni molto popolosi come Castellammare di Stabia, Torre Annunziata, Torre del Greco, Portici e San Giorgio a Cremano;
   il totale di comuni serviti è di oltre 60;
   gli standard regionali prevedono per gli anziani della asl Na 3 Sud l'esistenza di circa 1.500 posti in residenza anziani assistita;
   l'asl Na 3 Sud dispone attualmente di un totale di 105 di tali posti, distribuiti tra Torre del Greco (21), Portici (19) e Castellammare di Stabia (65);
   si parla di una cifra inferiore al 10 per cento di quella prevista dagli standard regionali;
   l'asl Na 3 Sud dispone di soli 15 posti di centro diurno per anziani, tutti in «Villa delle Terrazze», una struttura sita in Torre del Greco;
   voci insistenti tra la popolazione vorrebbero presto spostati gli anziani assegnati ai posti di centro diurno nel vicino Comune di Portici, perché «Villa delle Terrazze» verrebbe utilizzata per fornire nuove stanze ai dirigenti dell'asl Na 3 Sud;
   tali voci troverebbero conferma da un verbale dell'asl Na 3 Sud datato 9 luglio 2015 e protocollato 5683/AAGG, avente ad oggetto «disposizione commissariale n. 65311 del 18 giugno 2015»;
   in tale verbale si confermerebbe l'ipotesi di spostamento della direzione aziendale nei locali di «Villa delle Terrazze», che verrebbero preventivamente liberati dal loro attuale utilizzo;
   l'ipotesi di spostamento degli ospiti di «Villa delle Terrazze», oltre ai vari problemi che causerebbe all'utenza, potrebbe provocare anche un problema giuridico: l'immobile fu oggetto di una donazione nei confronti dell'allora Usl 32 con vincolo di destinazione all'uso assistenziale per anziani –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari regionali, in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e il diritto costituzionalmente riconosciuto alla salute degli anziani, degli ammalati e in generale dei soggetti più deboli residenti nei territori di competenza dell'asl Na 3 Sud. (4-10010)

ERRATA CORRIGE

  Mozione Scotto e altri n. 1-00959 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 467 del 23 luglio 2015. Alla pagina 27403, seconda colonna, alla riga ventunesima deve leggersi: «luce che dal 2007 l'economia tedesca aveva», e non come stampato;
   alla pagina 27405, seconda colonna, dalla riga ottava alla riga decima, deve leggersi: «entro il 30 giugno 2015 al Fondo monetario internazionale, con le conseguenze che ben si conoscono;», e non come stampato;
   alla pagina 27405, seconda colonna, dalla riga quarantesima alla riga quarantunesima, deve leggersi: «regionale di Monaco di Baviera ha condannato l'Austria a pagare 2,75 miliardi», e non come stampato;
   alla pagina 27406, prima colonna, dalla riga diciottesima alla riga ventunesima, deve leggersi: «quanto illustrato in premessa configura, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, un atteggiamento della Germania alquanto discutibile sotto il profilo», e non come stampato.