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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 16 settembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni IX e X,
   premesso che:
    l'Italia si conferma primo produttore europeo di biciclette in Europa con 2.728.600 esemplari prodotti nel 2014, in crescita del 2,1 per cento sull'anno precedente;
    sono presenti in Italia circa 25 milioni di biciclette con 12 milioni di ciclisti che usano frequentemente le due ruote: dall'ultimo rapporto ISFORT (2014) sulla mobilità degli italiani si rileva che la domanda di mobilità abbia preferito più spostamenti a piedi (15,9 per cento), in bici (3,8 per cento) e anche con il mezzo pubblico (10,8 per cento), mentre il mezzo privato perde il 3,6 per cento rispetto al 2013. La bicicletta aumenta le sue quote modali in tutte le ripartizioni territoriali: Nord-Ovest +0,4 per cento, Nord-Est +0,9 per cento, Centro +0,9 per cento e Mezzogiorno +1 per cento. Gli amanti della bicicletta raddoppiano le percorrenze rispetto ai pedoni, si muovono su itinerari intorno ai 4 km con una velocità media di circa 16 km/h;
    lo sviluppo dell'uso della bicicletta come fattore di mobilità urbana, riducendo il numero di auto in circolazione produce evidenti benefici e risparmi in termini ambientali, sociali, sanitari;
    se il costo previsto per una pista ciclabile può arrivare fino a 400 euro al metro, studi internazionali dimostrano che ogni euro investito in questo settore ne restituisce 4 o 5 alla collettività in meno di tre anni;
    l'utilizzo della bicicletta, ossia il cicloturismo può rappresentare un'importante leva economica per il turismo nazionale: secondo dati Enit infatti, il ritorno economico del cicloturismo ha una potenzialità di 3,2 miliardi di euro di fatturato all'anno;
    la promozione e lo sviluppo dell'uso della bicicletta sia per gli spostamenti quotidiani (casa, scuola, lavoro e servizi), sia per le attività turistico-ricreative (cicloturismo) sono temi particolarmente presenti nel dibattito politico sia a livello nazionale che locale: ad esempio, la proposta di legge in corso di esame in IX commissione alla Camera, AC 2305 «Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica», abbinata ad altre 5 proposte di legge in materia, prevede disposizioni sulla mobilità ciclistica, specie per quanto riguarda le competenze degli enti locali, l'intermodalità bici e trasporto pubblico locale e la classificazione delle ciclovie;
    due sono le caratteristiche principali che caratterizzano la proposta turistica del cicloturismo: la prima riguarda la velocità di spostamento, la seconda invece la meta dello spostamento. Per quanto riguarda la velocità di spostamento, infatti, il cicloturismo propone, a differenza dei mezzi di trasporto tradizionalmente utilizzati per i viaggi, uno spostamento ad una velocità a misura d'uomo; esso è, per sua natura, lento ma – cosa ancor più importante – sostenibile, perché consente di godere del rapporto diretto con l'ambiente senza danneggiarlo;
    i cicloturisti italiani e stranieri che scelgono di trascorrere le loro vacanze in Italia optano soprattutto per le regioni del nord che offrono molti chilometri di piste ciclabili di qualità e numerosi servizi accessori. Di questi, il 61 per cento è straniero e il 39 per cento italiano, un dato che evidenzia come questa attività sia apprezzata anche dai connazionali. Tra tutti i dati disponibili, emerge con evidenza come nelle regioni del nord d'Italia ci si una particolare affluenza di cicloturisti non solo nei mesi estivi ma anche in quelli immediatamente precedenti e successivi (ovvero marzo e aprile, settembre e ottobre). A giugno, luglio e agosto 2015, la percentuale di turisti stranieri che scelgono una vacanza cicloturistica in Italia si attesta al 60 per cento del totale, contro il 40 per cento di italiani. A maggio e settembre invece la percentuale scende intorno al 55 per cento, mentre nel mese di aprile si registra un interesse maggiore da parte degli italiani, che rappresentano il 70 per cento del totale dei cicloturisti presenti in quel periodo;
    le numerose manifestazioni di cicloturismo e amatoriali italiane (Novecolli in Romagna, Maratona dies Dolomites, Granfondo delle 5 Terre, solo per citarne alcune) vedono la partecipazione di migliaia di ciclisti e in molti casi rappresentano un veicolo promozionale straordinario producendo un forte indotto turistico grazie alle specificità e alle caratteristiche del prodotto che viene promozionato;
    i cicloturisti cercano solitamente standard e livelli di comfort medio-alti e in generale optano per strutture ricettive da 3 stelle in su. In generale, i turisti che optano per una vacanza natura scelgono soprattutto la classica struttura alberghiera (20,5 per cento), seguita dall'agriturismo (19,5 per cento) e il bed and breakfast (18,5 per cento), mentre una parte sceglie l'appartamento (14 per cento), il campeggio (8,5 per cento) o il camper (11 per cento). La tariffa di pernottamento varia naturalmente da regione a regione e dal livello di comfort e di servizi scelto: ad esempio al Nord si spendono mediamente 35 euro per persona a notte, al Sud e nelle isole circa 39, mentre al centro le tariffe per una stanza superano i 40 euro a notte. Un dato che evidenzia come i turisti che optano per una vacanza natura in Italia spendano di più che in altri Paesi d'Europa: in Francia e in Spagna il pernottamento costa il 31 per cento in meno, mentre in Portogallo si risparmia il 15;
    a livello europeo esiste il progetto EuroVelo, la rete ciclabile europea, teso a sviluppare una rete di 12 itinerari-ciclabili di lunga percorrenza attraverso tutto il continente europeo che prevede oltre 70.000 chilometri di rete ciclabile di cui più di 40.000 chilometri già in essere. La rete europea ha visto la luce alla fine degli anni ’90, ma solo nel 2007 si sono resi disponibili sia un gruppo di lavoro ad hoc sia primi finanziamenti che hanno consentito al progetto di partire in concreto. Dentro EuroVelo, l'Italia attraverso l'Enit partecipa a EuroVelo8, la pista ciclabile del Mediterraneo che vede cooperare un network transnazionale di 13 partner per la realizzazione di azioni congiunte di promozione, comunicazione e commercializzazione del percorso ciclabile che si snoda per circa 5.900 chilometri) toccando 11 Paesi del Mediterraneo. L'Italia è interessata per una lunghezza di 965 chilometri, ed il progetto nel nostro Paese mira al potenziamento dei percorsi della rete cicloturistica nelle zone dell'Asta del Po, coinvolgendo città come Venezia, Torino, Ferrara e Mantova;
    il cicloturismo, che muove ogni anno in Europa oltre 10 milioni di persone, può essere incrementato e valorizzato in Italia attraverso l'utilizzo di un sistema di reti ciclabili a diversi livelli che, partendo dall'implementazione delle reti esistenti di percorribilità ciclistica, consentano di offrire percorsi e luoghi che siano meta per i cicloturisti;
    una rete nazionale dei percorsi naturalistici e culturali per le due ruote insieme al potenziamento e alla valorizzazione dei «bike hotel» potenzierebbe l'offerta turistica per i cicloamatori attraverso la creazione di pacchetti turistici completi con percorsi costituiti da luoghi di ristoro e di accoglienza, punti di assistenza tecnica, proposte culturali e percorsi enogastronomici;
    la realizzazione di ciclovie di media e lunga percorrenza a fini prevalentemente ricreativi e turistici sta diventando una esigenza sempre più sentita dalle amministrazioni a vari livelli, presso le quali va crescendo di giorno in giorno la consapevolezza della necessità di valorizzare i propri territori all'insegna della sostenibilità: a livello nazionale esiste la proposta di rete ciclabile nazionale BICITALIA, un network nazionale che considera esclusivamente gli ambiti di collegamento di grande respiro, ovvero itinerari, ad uso della bicicletta di dimensione sovraregionale o di collegamento con i Paesi confinanti;
   la delibera del CIPE n. 1/2001 del 1o febbraio 2001, individua la Rete nazionale di percorribilità ciclistica (RNPC)-Bicitalia quale rete infrastrutturale di livello nazionale integrata nel sistema della rete ciclabile transeuropea EuroVelo e la dichiara di interesse strategico nazionale;
   in alcune regioni c’è una forte attività sul tema della mobilità ciclistica ma sembrerebbe emergere il bisogno di coordinamento attraverso una cabina di regia che provveda a gestire più aree di azione, tra le quali i finanziamenti, l'omogeneità realizzativa, la valorizzazione dei territori più vocati; nuovi club di prodotto dedicati, segnaletica cicloturistica, pubblicazioni, cartografie e intermodalità con il treno,

impegnano il Governo:

   a favorire i processi di digitalizzazione delle informazioni e delle caratteristiche dei percorsi e dei luoghi interessati al cicloturismo;
   a costruire sinergie con gli operatori del settore del turismo individuando e favorendo strategie di promozione del settore del cicloturismo nazionale che tengano conto della percezione del nostro Paese da parte degli stranieri;
   ad effettuare il monitoraggio periodico sullo stato di avanzamento dei lavori dei percorsi ciclabili e dei progetti BICITALIA ed EuroVelo, verificando in particolare la messa in sicurezza di strade e ciclovie;
   a sviluppare le potenzialità del cicloturismo valorizzando le manifestazioni e gli eventi già esistenti e favorendo la costruzione di offerte tematiche differenti integrate lungo uno stesso percorso o differenziate per percorsi e legate al paesaggio, all'archeologia, ai beni culturali, ai pellegrinaggi, all'enogastronomia.
(7-00773) «Arlotti, Gandolfi, Benamati, Braga, Borghi, Senaldi, Amato, Narduolo, Capone, Petrini, Terrosi, Giacobbe, Camani, Moretto, Stella Bianchi, Lodolini, Antezza, Romanini, Patriarca, Sbrollini, Carloni, Marco Di Maio, Scuvera, Patrizia Maestri, Cominelli, Paola Boldrini, Galperti, Gadda, Mura, Cani, Giovanna Sanna, Zardini, Folino, Castricone, Fossati, Montroni, Cenni, Iori, Lattuca, Donati, Brandolin, Ascani».


   La III Commissione,
   premesso che:
    la Siria dal 15 marzo 2011 vive una terribile guerra per procura alimentata da terroristi provenienti da 89 Paesi, dove, finora, sono morte più di 250.000 persone tra civili e militari;
    vista la situazione di caos, sul territorio siriano si sono sviluppate, grazie anche al supporto logistico, finanziario e di armamenti, le organizzazioni terroristiche di Jhabbat al-Nusra, filiale di al-Qaeda in Siria e il sedicente Stato islamico dell'Iraq e del Levante, ISIS;
    è stato documentato da diversi media in Turchia, così come dal dipartimento di Stato degli USA, il coinvolgimento dei servizi segreti turchi nel passaggio dei terroristi in Siria;
    l'Isis continua a ricevere i proventi dalla vendita di petrolio alla Turchia a un prezzo ridotto (come documentato da vari analisti e reporter di guerra) e dai reperti archeologici saccheggiati in Siria e Iraq e poi rivenduti sui mercati europei;
    la Giordania favorisce il passaggio di terroristi sul suolo siriano, mentre Israele accoglie i terroristi feriti in Siria e, come documentato dai media israeliani, offre loro supporto logistico per tornare nei campi di battaglia siriani;
    dal mese di aprile 2015, l'Isis e il Fronte al-Nusra hanno proseguito la loro avanzata in Iraq e Siria, occupando Ramadi (Iraq), Idlib e Palmyra (Siria); l'inviato dell'Onu in Siria, Staffan De Mistura, ha ribadito più volte che il presidente siriano Bashar al-Assad è parte della soluzione alla crisi siriana e che sarebbe necessario un maggior coordinamento con le forze armate siriane contro le organizzazioni terroristiche Isis e al-Nusra, avendo acquisito nel tempo importanti informazioni di intelligence;
    la cosiddetta coalizione anti-Isis a guida americana non solo si è dimostrata inconcludente, ma, come nel caso dell'occupazione di Palmyra, ha mostrato addirittura un chiaro atteggiamento non interventista, quasi benevolo. Preoccupante, inoltre, è l'intenzione da parte della suddetta coalizione di considerare al-Nusra tra i cosiddetti «ribelli moderati»;
    la cosiddetta coalizione nazionale siriana è divisa e lacerata da divisioni al suo interno tra continue liti e scandali per sottrazione di fondi; ha un riscontro minimo di popolarità sul suolo siriano e la sua formazione militare, il cosiddetto Free Syrian Army, è ormai parte integrante delle organizzazioni terroristiche presenti sul territorio siriano;
    dal 2011, la Repubblica araba siriana è vittima dell'embargo economico e delle sanzioni dell'Unione europea, i cui effetti diventano devastanti solamente su una popolazione impossibilitata, ora, ad accedere a medicinali e beni di prima necessità. Nel mese di maggio 2015, inoltre, il Consiglio europeo ha esteso le sanzioni economiche contro la Siria per un anno ulteriore, quindi, fino al 1o giugno 2016;
    la Repubblica araba siriana è una nazione laica che consente ai cristiani e alle altre minoranze religiose di professare liberamente la propria fede religiosa. A Damasco c’è una delle più antiche sinagoghe del Medio Oriente, colpita dai mortaio dai ribelli dell'Esercito libero siriano, considerati da molti Governi occidentali dei «moderati»; in Siria la donna non è costretta a portare alcun velo e ha pieni diritti civili e piene libertà. Le donne possono esercitare qualsiasi professione e non è preclusa la carriera politica o l'accesso alle istituzioni;
    la Siria, dal giorno della Nakba, 15 maggio 1948, ha accolto milioni di rifugiati palestinesi ai quali sono stati concessi pieni diritti e la cittadinanza siriana. In seguito alla guerra in Iraq, nel 2003, e al susseguirsi del conflitto, il Governo siriano ha accolto più di 1 milione di profughi iracheni, riservando loro alloggi e lavoro secondo le loro competenze, senza alcuna discriminazione etnica, religiosa o sociale; nel 2006 durante il conflitto tra Hezbollah e Israele, 600.000 libanesi in fuga dai bombardamenti israeliani sono stati accolti in territorio siriano;
    la Repubblica araba siriana non è isolata. È riconosciuta dall'ONU, dai Paesi cosiddetti BRICS, dai Paesi membri dell'Alleanza bolivariana per le Americhe (ALBA), dall'Iran, Algeria, Libano, Kuwait e altri Paesi che stanno rivedendo la loro posizione. Stati che, nel complesso, rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale;
    il Ministro degli esteri austriaco Sebastian Kurz ha dichiarato recentemente che l'Occidente dovrebbe collaborare con il presidente siriano Bashar al-Assad e i suoi alleati Iran e Russia per combattere il gruppo terroristico ISIS. Altresì il Ministro degli esteri spagnolo José Manuel Garcia-Margallo ha dichiarato da Teheran di ritenere necessario l'apertura di un negoziato con il presidente Assad per un cessate il fuoco,

impegna il Governo:

   a riconoscere e ripristinare le relazioni diplomatiche con la Repubblica araba siriana;
   a condannare gli atti di terrorismo compiuti ai danni della popolazione siriana;
   a intervenire nelle sedi internazionali, quali ONU e Unione europea, affinché sia rispettata la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 2170 che prevede misure per ostacolare ogni tipo di supporto, finanziamento e armamento ai terroristi dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS), al fronte terroristico «Jabhat al-Nusra» e al flusso di terroristi in Siria e in Iraq;
   a dissociarsi e a contribuire in sede europea alla rimozione delle inique sanzioni economiche alla Repubblica araba siriana;
   a intraprendere e a promuovere iniziative di dialogo con il Governo siriano come proposto da altri Paesi europei, come la Spagna e l'Austria.
(7-00771) «Manlio Di Stefano, Del Grosso, Di Battista, Grande, Scagliusi, Sibilia, Spadoni».


   La X Commissione,
   premesso che:
    le «case dell'acqua» sono un servizio offerto ai cittadini dai vari consorzi, che gestiscono la risorsa idrica. Le case dell'acqua erogano acqua pubblica di qualità, naturale o frizzante, refrigerata o a temperatura ambiente; sono presidi di distribuzione di acqua depurata o microfiltrata a erogazione diretta, utilizzanti le acque degli stessi acquedotti comunali;
    nei comuni colpiti dalla problematica della presenza di arsenico nell'acqua, le «case dell'acqua» hanno contribuito in maniera attiva al tamponamento dell'emergenza di approvvigionamento di acqua potabile;
    la presenza di tali presidi, oltre ad aver giovato riguardo la problematica di cui la precedente premessa, contribuirebbe alla risoluzione della procedura d'infrazione da parte della Commissione europea nei confronti dell'Italia a seguito del superamento dei limiti di arsenico e fluoro, in particolare nel Lazio;
    dagli erogatori delle suddette case è possibile prelevare sia acqua liscia, generalmente in forma gratuita, sia acqua gassata, generalmente al prezzo simbolico di non più di cinque centesimi, necessario a coprire le spese del sistema di gasatura della stessa acqua come il costo dell'anidride carbonica per uso alimentare, la corrente elettrica necessaria al funzionamento del carbonatore/saturatore e altro;
    le case dell'acqua hanno una importante funzione nella riduzione degli imballaggi in plastica e contribuiscono alla riduzione dell'inquinamento, oltre a promuovere comportamenti ecovirtuosi come il consumo dell'acqua a chilometro 0, funzioni che sono richieste da direttive europee;
    nel mese di maggio 2015 l'ufficio metrico della camera di commercio di Pesaro e Urbino ha effettuato il sequestro di 6 case dell'acqua in provincia di Pesaro, contestando il fatto che la vendita a peso o volume di qualsiasi prodotto deve avvenire mediante uno strumento omologato dal Ministero dello sviluppo economico, per come previsto dal regio decreto del 23 agosto 1890, n. 7088;
    tale azione, seppur legittima, ha suscitato diverse perplessità in diversi ambiti anche istituzionali, considerato che vista l'esiguità del prezzo/litro, mai superiore ai cinque centesimi di euro, risulta quanto meno poco ragionevole; va considerato, inoltre, che il sequestro attuato dall'ufficio metrico della camera di commercio di Pesaro e Urbino può rappresentare un precedente che potrebbe provocare azioni simili in altre province, causando non pochi disagi, anche di ordine sanitario, qualora altri sequestri vengano attuati in quelle province che tuttora sono alle prese con la problematica della presenza di arsenico nelle acque e che in molti casi hanno nell'erogazione diretta effettuata dalle «case dell'acqua» l'unica possibilità concreta per approvvigionare i cittadini di acqua potabile, oltre che per evitare di incorrere nelle infrazioni di cui sopra;
    l'importante ruolo assunto dalle «case dell'acqua», sia dal punto di vista sanitario che etico, unito alla esigua spesa per litro di acqua gassata erogata, sono fattori da prendere in considerazione per pianificare un'azione legislativa che sani la problematica delle normative metriche nei confronti delle suddette «case dell'acqua»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per definire delle disposizioni applicative per gli uffici metrici delle camere di commercio, con riferimento alle «case dell'acqua», affinché si attengano al principio di interesse prevalente, evitando nell'immediato interventi non ragionevoli;
   ad assumere iniziative normative che escludano le «case dell'acqua» dagli obblighi di cui al regio decreto del 23 agosto 1890, n. 7088, in particolare esonerandole, fatto salvo il rispetto delle disposizioni in materia di commercializzazione e di sicurezza alimentare, dagli obblighi di cui agli articoli 5 e 13 del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22.
(7-00772) «Della Valle, Massimiliano Bernini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   la procedura per l'assegnazione dei fondi 8x1000 dell'Irpef a gestione statale relativi all'anno 2014 ha ormai accumulato già 6 mesi di ritardo; tra l'altro, a fine settembre 2015 scadranno i termini per presentare i progetti per l'assegnazione di quello del 2015;
   le Commissioni parlamentari competenti attendono da circa sei mesi lo schema di decreto di ripartizione della quota dell'8x1000 a diretta gestione statale, redatto sulla base delle valutazioni espresse dalle commissioni tecniche di valutazione, per la prevista espressione di un parere;
   all'inizio del mese di luglio 2015 il Ministero dell'economia e delle finanze ha reso nota la ripartizione delle donazioni effettuate dai contribuenti italiani nel 2011 ma che verranno erogate nel corso del 2015;
   l'ultima modifica relativa alla destinazione dei citati fondi si ritrova nel testo dello statuto della nuova Agenzia per la cooperazione italiana, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 30 luglio 2015; infatti, ai sensi dell'articolo 13 del suddetto statuto si elencano i mezzi finanziari dell'Agenzia, ovvero si legge che il suo bilancio dovrebbe essere composto anche da «una quota pari al 20 per cento della quota a diretta gestione statale delle somme di cui all'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222», quella che istituisce appunto l'8x1000 con il paventato rischio che i fondi attualmente destinati alla «fame nel mondo» possano essere stornati dalla gestione di Palazzo Chigi per dirottarli direttamente alla nuova Agenzia;
   numerose organizzazioni e istituzioni che al 30 settembre del 2014 avevano sottoposto una proposta progettuale a valere sui citati fondi attendono da tempo un adeguato riscontro;
   nel novembre 2014 la Corte dei conti ha rilevato come i fondi dell'8x1000 siano «gli unici che, nell'attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati»;
   ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni», la trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche –:
   quale sia il motivo del ritardo nella presentazione del citato schema di decreto, lo stato della procedura di selezione dei progetti sottoposti a settembre del 2014, quale sia l'importo esatto delle somme di cui all'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, e quali siano gli importi che verranno utilizzati per progetti di cooperazione allo sviluppo.
(2-01082) «Spadoni, Manlio Di Stefano, Sibilia, Grande, Di Battista, Scagliusi, Del Grosso».

Interrogazioni a risposta scritta:


   TERZONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI, VIGNAROLI, DE LORENZIS, VACCA, LIUZZI, COZZOLINO, COLLETTI, CRIPPA, SARTI, SPESSOTTO, BRESCIA, BUSINAROLO, PARENTELA, CECCONI, AGOSTINELLI e BENEDETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   recenti studi olandesi hanno evidenziato la possibile correlazione tra le attività di trivellazioni per l'estrazione del gas e il verificarsi di terremoti legati al fenomeno della subsidenza (abbassamento del piano di campagna) a sua volta dovuto alla compattazione della roccia serbatoio in seguito all'estrazione del metano;
   nonostante l'Olanda sia un Paese a bassissimo rischio sismico, nell'area di Groningen, sede di un grande giacimento, sono stati registrati danni a centinaia di edifici; una commissione ha stimato che 152 mila abitazioni dovranno essere ristrutturate a causa del rischio causato dai terremoti indotti dall'estrazione per un danno stimato in circa 30 miliardi;
   in un lavoro di Koster e Van Ommeren del Timbergen Institute «Natural Gas Extraction, Earthquakes and House Prices» (2015) i due ricercatori concludono che «Questi terremoti indotti hanno effetti negativi sull'ambiente costruito sotto forma di costi monetari, come i danni, e costi non-monetari, come la riduzione del comfort, rischi di danni alla salute»; esiste, cioè, anche un impatto sulla vita quotidiana delle persone sottoposte a continui tremori del terreno;
   l'incremento del numero e dell'intensità dei terremoti nel 2012 e 2013 ha indotto il Governo olandese ad ammettere in una prima lettera del Ministro dell'economia Kamp al Parlamento la gravità della situazione. Nella lettera si legge, tra l'altro:
    «durante l'ultimo decennio il numero di tremori per anno e, inoltre, il numero di forti terremoti nel campo di Groningen è aumentato in proporzione all'incremento della produzione»;
    «era già nota la relazione tra estrazione del gas e i terremoti. Il KNMI ha valutato, sulla base di uno studio statistico riguardante tutti i giacimenti olandesi, che la magnitudo massima di un sisma collegato alle estrazioni sarebbe stata di 3,9 della scala Richter. Oggi il KNMI ha evidenziato che per il campo di Groningen non può essere stimata la magnitudo massima sulla base dei dati storici disponibili. Pertanto la magnitudo potrebbe essere anche maggiore.»;
   lo stesso Governo olandese ha dovuto ammettere che la riduzione del volume di gas estratto non necessariamente porterà alla riduzione/interruzione dei fenomeni sismici che, anzi, con ogni probabilità continueranno; questa valutazione confligge con i decreti autorizzativi rilasciati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su vari stoccaggi di gas in cui si prevede la prescrizione per il proponente di ridurre l'iniezione al fine di riportare l'entità dei sismi a valori più bassi;
   ad aprile 2015 alcuni cittadini hanno ottenuto dal Consiglio di Stato olandese una sentenza che ha obbligato lo Stato a vietare lo sfruttamento nell'area di Loppersum, quella più provata dai terremoti costringendo il Governo a ridurre la produzione per il 2016 portandola a un terzo di quella originale;
   il Governo olandese si è scusato per i terremoti causati dal prelievo di gas naturale nella provincia di Groningen e i giganti del petrolio Shell e Exxon, responsabili di quelle operazioni, si sono dichiarati colpevoli stanziando per ora 1,2 miliardi di euro per risarcire i proprietari di 30 mila edifici danneggiati nella provincia dai terremoti più recenti (dopo il 2008);
   nello Stato dell'Oklahoma è stato riconosciuto che i terremoti che continuano ad affliggere lo Stato sono indotti dalla reiniezione di materiale di scarto dalle operazioni petrolifere nel sottosuolo;
   qui il dipartimento dell'energia e dell'ambiente dello Stato dell'Oklahoma ha aperto un sito web in cui si illustrano le connessioni fra l'attività estrattiva e la sismicità. Nel sito c’è pure una mappa interattiva che mostra gli epicentri dei terremoti e i pozzi di reiniezione e di estrazione;
   nel 2011 ci sono stati diversi terremoti di magnitudo superiore a 5.0, presso Prague, eventi del tutto straordinari nella storia dell'Oklahoma, secondo i geologi;
   Sergio Chiesa, geologo del Cnr, spiega così l'impatto che l'estrazione di metano può avere sul suolo. «Il gas sottoterra ha una certa pressione» dice lo scienziato, «perciò estrarne grandi quantità modifica l'equilibrio del terreno. Se il giacimento è profondo, in superficie si avvertiranno solo piccole scosse. Ma se il deposito di metano è vicino alla superficie, le cose cambiano e i rischi sono maggiori»;
   in Italia l'approvazione del decreto «Sblocca Italia» (decreto-legge 12 settembre 2014, n. 13) ha dato il via a una intensa attività di richiesta di nuove autorizzazioni per la realizzazione di progetti di perforazione per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi e di gas metano. Nonostante l'Italia sia un Paese caratterizzato da un territorio a forte rischio sismico negli studi di impatto ambientale di questi progetti non sono presenti o, se sono presenti, sono del tutto superficiali e senza gli approfondimenti necessari, sugli eventuali effetti dell'estrazione sulla sismicità e gli eventuali impatti della sismicità indotta/innescata; tali studi, inoltre, non tengono conto del cosiddetto «effetto cumulo»;
   lo stesso Ministero dello sviluppo economico ha organizzato il 12 giugno 2015 un workshop tecnico sull'argomento ammettendo finalmente l'esistenza del problema nonostante sia noto da decenni anni (la prima pubblicazione scientifica sul rischio di terremoti indotti connessi alla reiniezione di fluidi nel sottosuolo risale al 1968 e fu pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature; altre pubblicazioni che collegano l'aumento del rischio sismico con le estrazioni sono state pubblicate negli anni ’90 e nel decennio scorso);
   i numerosissimi decreti autorizzativi dei singoli procedimenti, anche per il rilascio dei titoli minerari che riguardano aree vastissime, sono stati rilasciati in assenza della valutazione ambientale strategica di cui alla direttiva 42/2001/CE, che avrebbe evidenziato la coincidenza di molti di questi territori con aree a fortissimo rischio sismico;
   nonostante queste risultanze scientifiche il Ministero dello sviluppo economico ha per ora messo in atto esclusivamente una strategia volta ad assicurare piani di monitoraggio dei fenomeni più approfonditi e solo per alcuni dei giacimenti, mentre il monitoraggio nel caso dei terremoti avviene a valle del processo e, cioè, al momento della registrazione del sisma; il solo monitoraggio della pressione di poro, come sta accadendo in Olanda, non permette di prevenire il fenomeno;
   il caso di Groningen e il caso dello stoccaggio gas Castor evidenziano, d'altro lato, che anche la diminuzione o addirittura l'interruzione improvvisa delle attività che interessano il sottosuolo non determinano l'interruzione del fenomeno; anzi, nel caso del progetto Castor le principali scosse sono avvenute ad una settimana dall'interruzione delle attività richiesta da parte del Governo spagnolo;
   il decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 3-ter, richiama gli enti e il Governo al rispetto sia del principio di precauzione sia del principio di prevenzione –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non ritengano necessario assumere iniziative per prevedere che lo studio di impatto ambientale in caso di progetti che prevedono perforazioni, estrazioni di gas metano e petrolio nonché reiniezione di fluidi nel sottosuolo considerino obbligatoriamente gli effetti sull'attività sismica, sia per l'attivazione della subsidenza sia per altri fenomeni connessi alle sollecitazioni di faglie;
   se non ritengano necessario assumere iniziative per introdurre nei procedimenti valutativi l'obbligo per i proponenti di accertare lo stato del patrimonio edilizio esistente nelle aree interessate per verificarne la capacità di sopportare sismi indotti/innescati;
   se non ritengano di sottoporre a profonda revisione le norme relative al riconoscimento delle capacità tecnico/finanziarie dei proponenti in considerazione dei costi che la sismicità indotta/innescata potrebbe comportare per i risarcimenti dei danni a cose e/o persone;
   se non ritengano, comunque, necessaria una moratoria sul rilascio di nuovi titoli minerari e di nuove autorizzazioni alle attività che possono comportare un aggravio del già pesante rischio sismico del Paese;
   se non ritengano opportuno formare ed avvisare ufficialmente tutti i funzionari coinvolti nei procedimenti autorizzativi sui casi sopra riportati e delle conseguenze potenziali di progetti che possono comportare l'aggravio del rischio sismico in assenza, ad oggi, di efficaci metodologie per prevenire esattamente e controllare il fenomeno sismico innescato/indotto dalle estrazione e/o dalle reiniezioni di fluidi. (4-10370)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la notte tra sabato 12 e domenica 13 settembre 2015, all'ospedale di Cosenza, è deceduta una neonata giunta in codice rosso dal nosocomio di Corigliano Calabro, dove era nata con parto cesareo urgente;
   pare che la piccola, al momento della nascita, presentasse asfissia perinatale causata da inalazione di liquido amniotico. Proprio per questo si è deciso di trasferirla, in elisoccorso, nel reparto di terapia intensiva neonatale dell'Annunziata, dove però è morta per un grave shock cardiogeno;
   secondo quanto si legge su La Gazzetta del Sud del 14 settembre 2015, il succitato trasferimento sarebbe stato necessario «considerata la dotazione tecnico-strumentale del presidio coriglianese»;
   stando alla ricostruzione de Il Quotidiano del Sud del 15 settembre, era stato previsto inizialmente un parto naturale, per quanto riferito dal primario di ginecologia, ma intorno alle 15,00 dell'11 settembre «mia moglie – racconta il padre della vittima – ha iniziato ad avvertire dolori che definiva “strani”, comunque diversi da quelli avvertiti prima»;
   dopo alcune ore, verso le 22, avveniva «la telefonata nel corso della quale la ginecologa ipotizzava che poteva essersi trattato di stress respiratorio e comunque si chiedeva che cosa si stesse aspettando per il cesareo»;
   alle 23,00, dopo il parto cesareo disposto d'urgenza, veniva comunicato ai genitori che la bimba stava per essere trasferita all'ospedale di Cosenza semplicemente «per eccesso di precauzione», in quanto, a detta del primario del reparto, «la bambina non respirava bene e dalla bocca le usciva muco di colore verde»;
   quando il padre è arrivato al nosocomio di Cosenza, ha trovato la figlia con la mascherina dell'ossigeno e un tubicino in bocca;
   stando ancora a quanto ricostruito nell'esposto presentato dai familiari della vittima, la situazione è andata via via peggiorando e alle 3,00 la bimba è morta;
   sul decesso della neonata la procura di Cosenza ha aperto un'inchiesta con il personale della mobile coordinato dal vicequestore Giuseppe Zanfini che ha iniziato ad acquisire tutta la documentazione sanitaria, il percorso della gravidanza, e poi provveduto a sentire i testimoni. Da parte sua, anche l'Asp ha avviato un'indagine interna;
   a parere dell'interrogante urge fare chiarezza quanto prima sul suddetto episodio, stante soprattutto il fatto che sono svariati i casi di decessi di neonati o delle madri partorienti nelle strutture ospedaliere calabresi, illustrati dalla sottoscritta nelle interrogazioni n. 5-05490 del 30 aprile 2015 e n. 4-08940 del 24 aprile 2015;
   tali vicende non possono prescindere da un'analisi della grave carenza di personale medico e sanitario che si registra pure in Calabria, come già denunciato dalla sottoscritta in precedenti atti parlamentari (interrogazione a risposta scritta n. 4-08250 del 4 marzo 2015);
   nella fattispecie desta forte preoccupazione la situazione della terapia intensiva neonatale, critica a Cosenza, come a Catanzaro e a Reggio Calabria, per cui – secondo quanto detto alla interrogante dallo stesso personale medico durante una recente visita a Cosenza – andrebbero ricavati subito nuovi posti dedicati, per evitare di mandare madri e famiglie fuori regione, il che è un rischio più che concreto;
   a riprova di quanto detto, preme sottolineare che il 25 febbraio 2015, sul quotidiano La Repubblica e come ricordato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-08250, si leggeva un intervento dei dottori Domenico Corea e Pasquale Novellino, rispettivamente direttore dell'unità operativa di ostetricia e ginecologia di Lamezia Terme (Catanzaro) e direttore di patologia neonatale di Catanzaro;
   nel summenzionato intervento si legge che «in Calabria la situazione è drammatica. Per un'area (Catanzaro, Crotone e Vibo) dove avvengono circa 6.000 parti l'anno a fronte dei 12 posti letto previsti in Terapia Neonatale Intensiva, sono attivi, dopo la soppressione di 4 posti letto a Crotone e 4 a Lamezia Terme, solo 4 posti letto a Catanzaro. E non infrequente è il caso di trasferimenti di donne gravide e neonati fuori regione (...) chiediamo un intervento rapido del Ministro perché non vorremmo essere facili profeti»;
   tale carenza di personale sanitario, ovviamente, è causa di pesanti sofferenze dell'utenza;
   preme in questa sede sottolineare, come già denunciato dall'interrogante nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-08074, che nella rete ospedaliera (Dca n. 9/2015), predisposta dal commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, Massimo Scura, per quanto riguarda la provincia di Cosenza manca la riattivazione dei due ospedali di Trebisacce e Praia a Mare, nonostante due sentenze del Consiglio di Stato (la n. 2576 del 20 maggio 2014 e la n. 02151 del 27 aprile 2015) che obblighino in questo senso –:
   quali iniziative intendano intraprendere per assicurare i livelli essenziali di assistenza nel territorio di Trebisacce, Corigliano Calabro, Rossano e Cariati, nel quale vi sono enormi difficoltà di spostamento dovute alla conformazione geografica a collegamenti stradali lenti ed insicuri;
   se tendano verificare, in Calabria e più specificatamente nella provincia di Cosenza, la sicurezza dei parti, dei nascituri, dei nati e delle madri, e garantire il pieno rispetto del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione.
(4-10387)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MANNINO, MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con una prima sentenza, nel 2007, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha dichiarato che l'Italia era venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e alle discariche di rifiuti;
   nel 2013, la Commissione europea ha ritenuto che l'Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 2007. In particolare, 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva «rifiuti»; inoltre, 16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi in violazione della direttiva «rifiuti pericolosi»; infine, l'Italia non aveva dimostrato che 5 discariche fossero state oggetto di riassetto o di chiusura ai sensi della direttiva «discariche di rifiuti»;
   nel corso della causa c-196/13, la Commissione europea ha affermato che, secondo le informazioni più recenti, 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva «rifiuti» e che, di esse, 14 non erano conformi neppure alla direttiva «rifiuti pericolosi». Inoltre, sarebbero rimaste due discariche non conformi alla direttiva «discariche di rifiuti»;
   nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2 dicembre 2014, la Corte ha ricordato innanzitutto che la mera chiusura di una discarica o la copertura dei rifiuti con terra e detriti non è sufficiente per adempiere agli obblighi derivanti dalla direttiva «rifiuti». Pertanto, i provvedimenti di chiusura e di messa in sicurezza delle discariche non sono sufficienti per conformarsi alla direttiva. Oltre a ciò, gli Stati membri sono tenuti a verificare se sia necessario bonificare le vecchie discariche abusive e, all'occorrenza, sono tenuti a bonificarle. Il sequestro della discarica e l'avvio di un procedimento penale contro il gestore non costituiscono misure sufficienti. La Corte ha rilevato poi che, alla scadenza del termine impartito, lavori di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati in certi siti; riguardo ad altri siti, la Corte ha contestato che non è stato fornito alcun elemento utile a determinare la data in cui detti lavori sarebbero stati eseguiti. La Corte, quindi, è arrivata alla conclusione che l'obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo per l'uomo o per l'ambiente nonché quello, per il detentore, o di consegnarli ad un raccoglitore che effettui le operazioni di smaltimento o di recupero di rifiuti o di provvedere egli stesso a tali operazioni sono stati violati in modo persistente;
   la Corte è arrivata alla conclusione che l'Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell'Unione. Di conseguenza, la Corte ha condannato l'Italia a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato poi che l'inadempimento perdura da oltre sette anni e che, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane. Essa considera quindi opportuno infliggere una penalità decrescente, il cui importo sarà ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma conformemente alla sentenza, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi. L'imposizione su base semestrale consentirà di valutare l'avanzamento dell'esecuzione degli obblighi da parte dell'Italia. La prova dell'adozione delle misure necessarie all'esecuzione della sentenza del 2007 dovrà essere trasmessa alla Commissione prima della fine del periodo considerato. La Corte ha condannato quindi l'Italia a versare altresì una penalità semestrale a far data dal 2 dicembre 2014 e fino all'esecuzione della sentenza del 2007. La penalità sarà calcolata, per quanto riguarda il primo semestre, a partire da un importo iniziale di 42.800.000 euro. Da tale importo saranno detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 di euro per ogni altra discarica messa a norma. Per ogni semestre successivo, la penalità sarà calcolata a partire dall'importo stabilito per il semestre precedente detraendo i predetti importi in ragione delle discariche messe a norma in corso di semestre;
   in data 3 giugno 2015, gli europarlamentari del Movimento 5 Stelle, Ignazio Corrao, Eleonora Evi, Piernicola Pedicini e Marco Affronte hanno presentato una interrogazione alla Commissione europea per conoscere l'ammontare della multa semestrale in merito alle discariche abusive di cui la sentenza Commissione/Italia (ECLI:EU:C:2007:250);
   la Commissione europea, in data 7 agosto 2015, ha risposto all'interrogazione di cui al punto precedente, affermando: «Il 13 luglio 2015 la Commissione ha inviato all'Italia una lettera con cui sollecita il pagamento della penale dovuta per il primo semestre successivo alla sentenza. La penale richiesta in tale lettera ammonta a 39 800 000 euro, importo che è stato calcolato sulla base delle informazioni trasmesse dalle autorità italiane in merito ai progressi realizzati nella messa in conformità delle discariche. [..]»;
   la Commissione europea, in data 18 agosto 2015, ha fornito ai deputati citati l'elenco delle discariche abusive oggetto della sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in data 2 dicembre 2014 (causa C-196/13) – Situazione allo scadere del primo semestre successivo alla sentenza (2/12/2014-2/6/2015). Dall'elenco si evince che esistono ancora 185 discariche non conformi alle direttive europee ossia inottemperanti a quanto stabilito dalla più volte richiamata sentenza della CGUE, motivo per cui è stata inflitta all'Italia la multa semestrale di 39.800.000 euro;
   la legge 24 dicembre 2012, n. 234, all'articolo 43, norma il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell'Unione europea;
   su questo argomento il 18 dicembre 2014 presso le commissioni riunite (VIII e XIV) della Camera dei deputati, è stato ascoltato il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, che, tra le altre cose, ha dichiarato: «le somme delle sanzioni pagate dallo Stato italiano sono oggetto del diritto di rivalsa da parte del MEF nei confronti delle regioni secondo gli importi a ciascuno spettanti, computando le discariche di pertinenza secondo quanto disposto dall'articolo 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234» –:
   se, al fine di rispettare la sentenza della Corte di giustizia europea, intenda avviare la bonifica delle rimanenti 185 discariche oggetto della condanna ed esercitare il diritto di rivalsa nei confronti delle regioni in merito alla somma forfettaria di 40 milioni di euro e della penalità semestrale di 39.800.000 euro. (5-06398)


   ZARATTI, COSTANTINO e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o gennaio 2014 è entrata in vigore la legge 27 dicembre 2013, n. 147, che stabilisce, al comma 304, quanto segue: «Al fine di consentire per gli impianti di cui alla lettera c) del presente comma, il più efficace utilizzo, in via non esclusiva, delle risorse del Fondo di cui al comma 303, come integrate dal medesimo comma, nonché di favorire comunque l'ammodernamento o la costruzione di impianti sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e degli spettatori, attraverso la semplificazione delle procedure amministrative e la previsione di modalità innovative di finanziamento:
    a) il soggetto che intende realizzare l'intervento presenta al comune interessato uno studio di fattibilità, a valere quale progetto preliminare, redatto tenendo conto delle indicazioni di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, e corredato di un piano economico-finanziario e dell'accordo con una o più associazioni o società sportive utilizzatrici in via prevalente. Lo studio di fattibilità non può prevedere altri tipi di intervento, salvo quelli strettamente funzionali alla fruibilità dell'impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e concorrenti alla valorizzazione del territorio in termini sociali, occupazionali ed economici e comunque con esclusione della realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale. Il comune, previa conferenza di servizi preliminare convocata su istanza dell'interessato in ordine allo studio di fattibilità, ove ne valuti positivamente la rispondenza, dichiara, entro il termine di novanta giorni dalla presentazione dello studio medesimo, il pubblico interesse della proposta, motivando l'eventuale mancato rispetto delle priorità di cui al comma 305 ed eventualmente indicando le condizioni necessarie per ottenere i successivi atti di assenso sul progetto;
    b) sulla base dell'approvazione di cui alla lettera a), il soggetto proponente presenta al comune il progetto definitivo. Il comune, previa conferenza di servizi decisoria, alla quale sono chiamati a partecipare tutti i soggetti ordinariamente titolari di competenze in ordine al progetto presentato e che può richiedere al proponente modifiche al progetto strettamente necessarie, delibera in via definitiva sul progetto; la procedura deve concludersi entro centoventi giorni dalla presentazione del progetto. Ove il progetto comporti atti di competenza regionale, la conferenza di servizi è convocata dalla regione, che delibera entro centottanta giorni dalla presentazione del progetto. Il provvedimento finale sostituisce ogni autorizzazione o permesso comunque denominato necessario alla realizzazione dell'opera e determina la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità, e urgenza dell'opera medesima;
    c) resta salvo il regime di maggiore semplificazione previsto dalla normativa vigente in relazione alla tipologia o dimensione dello specifico intervento promosso»; secondo il comma 305, gli interventi di cui al comma 304, laddove possibile, sono realizzati prioritariamente mediante recupero di impianti esistenti o relativamente a impianti localizzati in aree già edificate;
   a seguito dell'accordo del 26 maggio 2014 con la AS Roma, Eurnova s.r.l., in qualità di promotore, con il coordinamento e il monitoraggio di Protos s.p.a. e di KPMG Advisory s.p.a. ha redatto, ai sensi della norma richiamata, lo studio di fattibilità, trasmesso a Roma Capitale in data 29 maggio 2014 con protocollo n. 82424;
   l'area oggetto dell'intervento, censita nel nuovo catasto terreni ai fogli 857, 858, è sita nel quadrante sud del territorio comunale lungo la Via Ostiense – Via del Mare, circa al chilometro 9, nella zona Tor di Valle del IX Municipio del comune di Roma ed ospita l'ippodromo di Tor di Valle, chiuso dal 2013, realizzato in occasione delle Olimpiadi del 1960. E delimitata da via Ostiense – via del Mare a sud, a nord – nord ovest dall'ansa del fiume Tevere e ad est dal depuratore ACEA;
   in definitiva il programma proposto dal promotore consiste nella realizzazione del cosiddetto stadio della Roma (consistenza di 49.000 metri quadrati), del cosiddetto business park (consistenza di 336.000 metri quadrati), nella realizzazione di opere di urbanizzazione per 270 milioni di euro, tra cui sono comprese quelle definite come di connettività esterna, di importo pari a 135 milioni di euro (dati dello studio di fattibilità) oltre al contributo di 10 milioni di euro per l'adeguamento della tratta ferroviaria Eur Magliana – Tor di Valle per prolungamento metro, ipotizzando lo scomputo integrale del contributo di costruzione;
   con deliberazione n. 132 del 22 dicembre 2014 dell'Assemblea capitolina di Roma Capitale è stato dichiarato, ai sensi, della lettera a) del comma 304 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, il pubblico interesse della proposta di realizzazione del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle in variante al piano regolatore generale e in deroga al piano generale del traffico urbano, presentata dalla società Eurnova;
   il 15 giugno 2015 il progetto è stato trasmesso alla regione Lazio che ha a disposizione 180 giorni per verificare la fattibilità dell'opera previa conferenza di servizi alla quale prenderanno parte tutti gli enti coinvolti, dai dipartimenti regionali per l'ambiente alla protezione civile, passando per le aziende di trasporto pubblico e le amministrazioni a diverso titolo coinvolte;
   l'area, situata nell'ansa del Tevere, sarebbe classificata nel piano stralcio n. 5 del piano assetto idrogeologico della regione Lazio come area di esondazione, nonché direttamente interessata da vincoli paesaggistici volti al mantenimento e alla conservazione di paesaggi naturali e da altri vincoli di inedificabilità assoluta;
   secondo lo studio di fattibilità e per l'equilibrio economico finanziario dell'opera oltre all'impianto sportivo e le cubature commerciali ad esso collegate, verrebbero previsti circa 1 milione di metri cubi di nuova edificazione a destinazione uffici, alberghi e centri commerciali a compensazione delle opere di urbanizzazione ed infrastrutturazione a carico del privato;
   l'intervento così come proposto assume la rilevanza di una nuova centralità urbana dal forte peso urbanistico, in deroga al piano regolatore generale di Roma Capitale, con elevato consumo di suolo, destinato a produrre un forte impatto ambientale e sull'assetto generale della mobilità di quadrante, grave ipoteca sul riconoscimento dell'interesse pubblico dell'opera;
   la sola dimensione delle superfici asfaltate da destinare a parcheggi a raso ammonterebbe a ben 22 ettari, determinando l'impermeabilizzazione di un'area pari a tre volte la dimensione del Circo Massimo, con gravissima alterazione dell'equilibrio idrologico in una zona già più volte interessata da eventi alluvionali;
   occorrerebbe verificare se l'intervento proposto sul quale è stato già dichiarato il pubblico interesse risponda alle norme di cui ai commi 304 e 305 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ed in particolare se il complesso delle volumetrie previste siano strettamente funzionali alla fruibilità dell'impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e se per la realizzazione del nuovo stadio della AS Roma siano state valutate preventivamente interventi di recupero d'impianti già esistenti o la localizzazione in aree già edificate della città –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della proposta presentata dalla Eurnova s.r.l., in qualità di promotore, con il coordinamento e il monitoraggio di Protos s.p.a. e di KPMG Advisory s.p.a. per la realizzazione del nuovo stadio della AS Roma nell'area di Tor di Valle e delle ricadute sul sistema idrogeologico, paesaggistico e ambientale del territorio.
(5-06399)


   MATARRESE, D'AGOSTINO, DAMBRUOSO e VARGIU. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in Parlamento, tra Camera e Senato, sono 23 gli atti di indirizzo e di controllo che dall'anno 2013 interessano il Governo della problematica relativa all'area e ai lavoratori dell'ex Isochimica di Pianodardine, in provincia di Avellino;
   all'epoca dei fatti, e secondo fonti di stampa, i lavoratori prestarono la loro opera per conto di Isochimica per rimuovere l'amianto da circa seimila treni delle Ferrovie dello Stato senza alcun protocollo di protezione. Secondo le rivelazioni degli ex operai ai magistrati, e dalla lettura degli atti di inchiesta, emerge che sotto terra, seppelliti nel cortile davanti all'ex fabbrica ci sono due milioni e 276 mila chili di amianto di tipo blu, il più pericoloso, perché è sufficiente inalarne una sola fibra per ammalarsi; altre scorie furono chiuse in cubi di cemento oppure sistemate in sacchi neri e sversate nelle acque del fiume Sabato o addirittura nel mare della costiera amalfitana;
   le conseguenze sono ormai sotto gli occhi di tutti e purtroppo agli onori delle cronache con numeri che, da soli, bastano a rappresentare la tragedia: 333 dipendenti, 237 malati di tumore, 20 morti, 4 decessi solo nel 2015, mentre l'area contenente ancora amianto risulta ancora in attesa di bonifica;
   il fatto è sotto inchiesta avviata dalla procura di Avellino, che ha rinviato a giudizio 29 imputati. Le accuse sono gravissime: disastro ambientale, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso in atto pubblico e omissione di atti di ufficio;
   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, l'Arpac, l'agenzia regionale per l'ambiente della Campania, ha accertato la presenza di 27 fibre di amianto per litro d'aria nell'area ex-Isochimica mentre l'OMS ne raccomanda la totale assenza. Il biologo Carlo Caramelli, garante del Tribunale per i diritti del malato, ha chiesto al prefetto di far evacuare il rione adiacente all'area poiché gli abitanti risultano essere chiaramente a rischio;
   gli organi di stampa riportano le continue proteste sia da parte dei comitati di cittadini interessati dal disastro ambientale, sia da parte dei sindacati che hanno più volte sollecitato il Governo ad adottare le iniziative più opportune sia in favore dei lavoratori, proponendo tavoli di lavoro comuni, sia per l'inizio della urgente bonifica del sito;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella risposta all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-00685 a firma D'Agostino-Matarrese, propose «... rifinanziamento del Piano nazionale amianto a valere sulla dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020...»;
   a 25 anni dalla chiusura dell'ex Isochimica, il sito risulta ancora contaminato ed è responsabilità delle istituzioni collaborare affinché siano immediatamente rimossi gli ostacoli di ogni ordine e grado che hanno sin qui impedito o rallentato l’iter di bonifica dell'area Isochimica –:
   al fine di favorire la bonifica e il reperimento di adeguate risorse, se sussistano le condizioni per inserire l'area dell'ex Isochimica nell'elenco dei siti di interesse nazionale e quale sia lo stato lo stato di attuazione della citata proposta di rifinanziamento del piano nazionale amianto a valere sulla dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020. (5-06400)


   REALACCI, BORGHI, BRAGA, TINO IANNUZZI, PASTORELLI e MAZZOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da organi di stampa e da numerosi articoli sui giornali nazionali e online, si apprende come la grande proliferazione di fauna selvatica, e in particolare di cinghiali, stia creando notevoli criticità alle colture agricole e, in qualche in caso, alcuni incidenti anche all'uomo;
   recentemente i rappresentanti delle associazioni agricole, Coldiretti, Cia e Confagricoltura hanno espresso il loro allarme per circa i danni causati dagli animali non domestici, in particolare da questa specie di ungulati. La questione infatti sta assumendo caratteristiche di emergenza nazionale;
   il cinghiale per le sue caratteristiche costitutive arriva a pesare anche oltre 100 chilogrammi; che per le sue abitudini alimentari mette a serio rischio le colture agricole: infatti, rispetto al totale dei danni all'agricoltura causati da fauna selvatica, la percentuale ascrivibile al cinghiale è preponderante anche perché risulta pressoché assente una specie animale antagonista;
   è opportuno altresì ricordare che circa un secolo fa i cinghiali si erano quasi estinti, ma poi furono reintrodotti in massa per favorire l'attività venatoria: in particolare, negli anni sessanta con esemplari provenienti dai Carpazi più forti e prolifici, di maggiori dimensioni e conseguentemente con un impatto sull'ambiente più rilevante dei cinghiali nostrani. Attualmente, l'Ispra ha di recente stimato che possano aver superato il milione di esemplari, diffusi in tutte le venti regioni e nel 95 per cento delle province;
   nei parchi nazionali la gestione del cinghiale deve avvenire secondo le linee guida predisposte dall'Ispra per conto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che prevedono l'attuazione di misure ed interventi per il contenimento della specie;
   alcuni parchi nazionali già attuano con successo ed efficacia le suddette linee guida, mentre altri, pur avendo a disposizione risorse, le hanno implementate in maniera parziale e insufficiente –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative, anche normative, finalizzate a dare piena attuazione alle linee guida predisposte dall'Ispra per la gestione dei cinghiali nei parchi nazionali, valutando la sussistenza dei presupposti per nominare commissari governativi per i casi di inadempienza. (5-06401)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sono molti i comuni che hanno ottenuto un forte risparmio energetico sostituendo la tradizionale illuminazione al sodio con l'illuminazione a led. Ad esempio, a Cagliari sono stati convertiti a led 8.000 punti luce. L'intervento è avvenuto sui pali esistenti dei principali ingressi della città, con la copertura dell'asse mediano, delle zone residenziali e dell'area dello stadio Sant'Elia. Dai 250 watt delle precedenti soluzioni al sodio ad alta pressione installate si è scesi a 110 watt, con un consumo che è diminuito da 10 Gwh a 3 Gwh l'emissione di 4.500 tonnellate di anidride carbonica in meno all'anno. A Catania, invece, l'installazione di tecnologia led è stata affiancata da un sistema di telecontrollo dell'illuminazione pubblica, che ha consentito una riduzione dei consumi energetici del 40 per cento e un abbattimento complessivo dei consumi di circa 110.000.000 kwh, equivalenti a ben 58.300 tonnellate di CO2 non immesse in atmosfera; la conversione a led, soprattutto nell'ambito delle così dette «smart city», ha quindi evidenti ricadute positive sui bilanci comunali e sul quantitativo delle emissioni climalteranti, tuttavia circa la metà dei comuni italiani non può compiere questa riconversione a causa di una serie di norme sull'inquinamento luminoso che si sono sovrapposte ostacolando e impedendo questa virtuosa possibilità;
   risultano particolarmente penalizzanti alcune normative regionali (a titolo di esempio, si ricordano quella dell'Emilia Romagna e della Lombardia) che, con leggi regionali e successive direttive applicative e circolari esplicative, introducono le zone di protezione, che tutelano dall'inquinamento luminoso i sistemi regionali delle aree naturali protette, i siti della Rete Natura 2000 e gli osservatori astronomici ed astrofisici, professionali e non professionali, di rilevanza regionale o interprovinciale che svolgono attività di ricerca scientifica o di divulgazione;
   in particolare, intorno agli osservatori astronomici, per un raggio che può arrivare anche a 25 chilometri nel caso di osservatori professionali, è consentito utilizzare per l'illuminazione pubblica soltanto lampade tradizionali al sodio, perché gli osservatori astronomici riescono facilmente a filtrare e/o schermare attraverso l'uso di armature per telescopi il tono di colore emesso da questo tipo di lampade; a causa delle zone di protezione, un singolo osservatorio può bloccare i processi di riconversione di decine di comuni; mentre su base nazionale, e considerando anche gli osservatori non professionali, i comuni impossibilitati alla riconversione risultano essere migliaia;
   a titolo esemplificativo si riporta il caso di Monzuno, piccolo comune dell'Appennino tosco-emiliano, che per ragioni di bilancio sta operando pesanti tagli all'illuminazione pubblica e che si vede impossibilitato a operare un risparmio tramite la riconversione a led a causa della vicinanza dell'osservatorio professionale di Loiano;
   in realtà, è possibile realizzare led con spettro luminoso facilmente filtrabile dagli osservatori, come afferma anche uno studio di ISPRA AMBIENTE del 2014; «È stata investigata la caratterizzazione della sorgente led per illuminazione stradale, con riferimento alle metodologie e agli strumenti software e hardware di comune impiego nell'ambito della progettazione illuminotecnica. È stato riscontrato che tale sorgente può essere modellizzata e misurata come le altre, non presentando caratteristiche differenti rispetto alle tecnologie di tipo tradizionale nelle condizioni tipiche di esercizio»;
   quindi è possibile realizzare illuminazione a led avente caratteristiche di emissione luminose note, che opportuni filtri applicati alle armature dei telescopi riuscirebbero facilmente a filtrare –:
   se il Ministro interrogato condivida la tesi, in base alla quale la riconversione dell'illuminazione e pubblica a led con sistemi di controllo remoto, possa dare luogo a una notevole riduzione di gas serra e a un risparmio per gli enti locali nonché a un rilancio occupazionale e in tal caso quali iniziative concrete intenda assumere per incentivare o agevolare la conversione a led dell'illuminazione pubblica, nel pieno rispetto dell'attività astronomica. (5-06402)


   GRIMOLDI e CAPARINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come segnalato da atti di sindacato ispettivo già presentati, nel comune di Berzo Demo (Brescia), in Valle Camonica, in località Forno Allione, ove svolgeva l'attività industriale l'Union Carbide, alla quale erano subentrate la Graphtec e la Selca, si è in presenza di un'emergenza ambientale a causa dell'inquinamento del terreno che minaccia la salute pubblica;
   nella seduta dell'Assemblea n. 188 del 12 marzo 2014, il Ministro interrogato, in risposta all'interrogazione n. 3-00682, ha fatto presente che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è venuto a conoscenza della situazione solamente nel febbraio 2014, a fronte della richiesta di intervento da parte del comune e che, pertanto, sarà cura del Ministero stesso svolgere le opportune indagini ed attivare gli organi tecnici competenti al fine di accertare gli eventuali danni ambientali provocati dalle «eredità industriali» svolte in passato sul predetto territorio comunale;
   purtroppo, non risultano agli interroganti iniziative assunte da parte del Ministero, mentre persistono sul territorio le forti criticità da inquinamento;
   durante l'assemblea pubblica promossa dall'amministrazione comunale di Berzo Demo, il 13 marzo 2015, è emersa la problematicità dell'inquinamento dell'area di Forno Allione in tutta la sua pericolosità per l'ambiente e la salute pubblica;
   l'area avrebbe dovuto essere inserita nei siti di interesse nazionale da bonificare al fine di avere l'opportuno riconoscimento e sostegno economico per affrontare il completamento di una bonifica che, a suo tempo e con grande sottovalutazione, è stata dichiarata ultimata, ma nei fatti non completata;
   i cittadini si sono costituiti in comitato per formalizzare le proprie proposte agli organi istituzionali e alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati;
   è stata fatta presente anche la necessità, più volte prospettata, di valutare la possibilità di un'azione giudiziaria nei confronti del curatore fallimentare della SELCA, allo scopo di mettere sotto sequestro cautelativo le ingenti somme a disposizione del curatore, prima che sia disposto un piano di riparto verso i creditori, con l'obiettivo di poter utilizzare in via prioritaria le risorse, che ammontano a circa 9 milioni di euro, per il risanamento dell'area ex Selca, pesantemente inquinata da ingenti quantità di rifiuti portati nel sito da chi ha gestito l'azienda e che rischia di compromettere ulteriormente l'ambiente circostante; da recenti notizie di stampa si apprende che il curatore fallimentare di Selca è stato nominato ad inizio agosto revisore dei conti dell'asl di Valle Camonica Sebino;
   la pesante eredità che la multinazionale americana UCAR CARBON ha lasciato sul territorio è quella di una grande area inquinata e una montagna di metri cubi di rifiuti industriali, provenienti anche dall'estero;
   nei carotaggi a suo tempo compiuti sono stati rilevati dei valori decisamente inquinanti con presenza di benzo(a)pirene che richiedono una immediata bonifica;
   nonostante gli interventi effettuati da parte dell'ARPA Lombardia per la bonifica di una parte della discarica ex UCAR (oggi GRAFTECH) di Forno Allione, il rischio allora individuato sull'area della discarica non è stato risolto;
   in questi anni, durante varie conferenze di servizi, si è chiamata in causa la società UCAR e solo un parziale appezzamento di terreno, all'interno della discarica stessa, ha trovato un suo incapsulamento e la messa in sicurezza;
   è oggi quanto mai opportuno procedere, con specifici carotaggi nel sottosuolo e in profondità, e capire la tipologia, la qualità e l'evoluzione che i rifiuti nel corso degli anni hanno avuto, tenuto conto che il corpo della discarica è stato creato in particolare dall'attività dell'UCAR nel corso dei decenni in cui ha operato;
   occorre inoltre riattivare i pozzi piezometrici di rilevamento e attivarne altri a valle del sito dell'area di Forno Allione per capire se il percolamento creatosi dall'evoluzione dei rifiuti nel corso degli anni possa aver contaminato le falde acquifere e il fiume Oglio;
   tali interventi hanno bisogno di essere seriamente presi in considerazione, complessivamente, per garantire in termini primari la salute pubblica e impedire un nuovo e possibile inquinamento di porzioni ambientali intatte; pertanto occorre l'urgente intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo inserimento dell'area tra i siti di interesse nazionale da bonificare;
   il sito ex Selca di Berzo Demo, oggi sotto inchiesta della magistratura per traffico internazionale di rifiuti, è stato visitato il 16 giugno 2015 dalla Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati; il 17 giugno 2015 tale Commissione ha anche sentito tutte le realtà che fanno parte della vicenda per poter adottare le iniziative di propria competenza, per valutare la gravità della situazione, controllare i terreni, verificare il danno e sollecitare la bonifica;
   in data 31 gennaio 2014, nella seduta n. 164 della Camera dei deputati, il Governo pro tempore ha accolto l'ordine del giorno n. 9/1885-A/17, presentato dal secondo firmatario del presente atto, che impegnava il Governo «a valutare un intervento, in collaborazione con le strutture regionali, per la messa in sicurezza del sito ex Selca spa di Berzo Demo e la necessaria bonifica» –:
   se il Ministro interrogato intenda approfondire quanto esposto in premessa e, anche alla luce dell'ordine del giorno citato, valutare la possibilità dell'inserimento dell'area tra i siti di interesse nazionale da bonificare, individuando in tale ambito le opportune risorse per risanare i danni ambientali provocati dalle attività industriali svolte in passato sul territorio del comune di Berzo Demo, tenendo conto anche della possibilità di utilizzare le somme a disposizione del curatore fallimentare, rinvenienti dalla vendita dei beni della SELCA, per la messa in sicurezza e la bonifica del sito.
(5-06403)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro dello sviluppo economico ha emanato il decreto ministeriale del 9 agosto 2013 con il quale ha ridefinito le aree marine in cui è possibile effettuare nuove attività di prospezione e di ricerca di idrocarburi, rimodulando la zona marina «E» con l'apertura di una nuova area nel Mar di Sardegna, ad una distanza dalla costa tale da garantire la preservazione delle aree di tutela ambientale;
   le dichiarate argomentazioni addotte per tale progetto di modifica nascerebbero dalla necessità di approfondire la conoscenza del sottofondo marino in quest'area, caratterizzata da una modesta attività esplorativa precedente e da una potenzialità mineraria, che vengono definite di sicuro interesse;
   secondo le argomentazioni fornite dal decreto e dai progetti conseguenti si afferma che prospezioni geofisiche, attraverso la misura di alcune proprietà fisiche delle rocce, consentono di determinare con sufficiente grado di dettaglio i tipi di rocce esistenti e l'andamento delle strutture sepolte; in seguito e con notevole tempestività prima una società straniera con ramificazione italiana, la Schlumberger Italiana spa, ha proposto l'utilizzo di questa metodologia per effettuare l'acquisizione di un rilievo geofisico 2D sull'intera area della zona marina E recentemente aperta all'esplorazione, dando, è scritto nel progetto, il proprio contributo per approfondire le conoscenze del sottofondo marino in quest'area;
   il 26 giugno 2014 era stata presentata istanza di permesso di prospezione in mare al Ministero dello sviluppo economico denominata TGd 2 E.P-.TG per una superficie di 20890 chilometri quadrati a nome di un'altra società TGS-NOPEC GEOPHYSICAL COMPANY ASA (100 per cento r.u.);
   tale istanza di permesso è stata pubblicata nel BUIG il 31 luglio 2014; TGS è una società quotata in borsa con sede finanziarie in Asker, in Norvegia ed è quotata alla borsa di Oslo con il simbolo TGS. La società è guidata dal CEO Robert Hobbs, con sede a Houston; tale società risulterebbe impegnata a svolgere tale ricerca per conto terzi considerato che la filosofia aziendale di TGS sarebbe quella di «creare dati di alta qualità unici raccolti nel posto giusto al momento giusto»;
   la TGS-NOPEC GEOPHYSICAL COMPANY ASA ha presentato un'istanza di permesso di 4 prospezioni in mare proponendo, nel programma lavori, studi che possano portare, sempre secondo la relazione di accompagnamento, alla miglior comprensione della situazione geologica, e della potenzialità geomineraria;
   il permesso di prospezione è un titolo minerario non esclusivo, rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico su istanza della parte interessata che presenta il programma di ricerca che intende sviluppare, e riguarda aree di grandi dimensioni dislocate soprattutto in mare. All'interno dell'area dei permesso di prospezione è possibile condurre solo ed esclusivamente ricerche geofisiche;
   l'area oggetto dell'istanza di permesso di prospezione è localizzata nel Mar di Sardegna, all'interno della zona marina «E». La zona interessata dall'istanza ricopre l'intera area oggetto di ampliamento, per una superficie di 20922 chilometri quadrati. Il lato più vicino alla costa è quello occidentale, che dista oltre 24 miglia nautiche dalle coste sarde (24.3 da Capo dell'Argentiera) e circa 33 miglia nautiche da Alghero;
   per le prospezioni geofisiche è necessaria quindi una sorgente di energia che emette onde elastiche ed una serie di sensori, detti idrofoni, che ricevono le onde riflesse. La produzione di onde elastiche è ottenuta con diverse tecnologie che fanno uso di sorgenti artificiali differenti: a) ad acqua: WATER-GUN, costituito da un cannone ad aria compressa che espelle ad alta velocità un getto d'acqua che per inerzia crea una cavità che implode e genera un segnale acustico; b) ad aria compressa: AIR-GUN, costituito da due camere cilindriche chiuse da due pistoni (pistone di innesco e di scoppio) rigidamente connessi ad un cilindro provvisto di orifizio assiale che libera in mare, istantaneamente, aria ad una pressione, compresa tra 150 e 400 atmosfere (ad oggi il sistema maggiormente utilizzato); c) a dischi vibranti: MARINE VIBROSEIS, in cui alcuni dischi metallici vibranti immettono energia secondo una forma d'onda prefissata, senza dar luogo all'effetto bolla (sistema complesso non ancora pienamente sviluppato); d) elettriche: SPARKER/BOOMER, dove un piatto metallico con avvolgimento in rame viene fatto allontanare da una piastra a seguito di un impulso elettrico;
   l'acqua che irrompe genera un segnale acustico ad alta frequenza con scarsa penetrazione (adatto per rilievi ad alte definizioni);
   per l'acquisizione geofisica nell'area dell'istanza di permesso di prospezione «d 1 E.P-.SC» è previsto l'utilizzo di tecnologie invasive che risultano essere state già respinte dalla commissione di valutazione di impatto ambientale che ha tenuto conto delle centinaia di ricorsi, osservazioni, proposte in seguito alla campagna nazionale promossa dal Movimento Unidos;
   le attività di ricerca di idrocarburi prevedono diverse fasi, ognuna delle quali legata, ad un particolare e rilevante impatto ambientale;
   nella prima fase viene eseguito lo studio geologico regionale, con la rielaborazione e l'interpretazione di dati sismici, in alcuni casi già esistenti, e successiva acquisizione di nuovi dati sismici;
   le metodiche di prospezione geosismica prevedono, nella maggior parte dei casi, l'utilizzo di una sorgente energetica ad aria compressa, meglio conosciuta come air-gun;
   attraverso questa tecnica si genera una violenta onda d'urto che si propaga nel fondale e successivamente viene riflessa, mostrando in questo modo la presenza e la natura di idrocarburi nel sottosuolo. Gli air-gun sono disposti sempre in batteria (si contano diverse decine di sorgenti) e nelle loro vicinanze si possono registrare picchi di pressione dell'ordine di 260db (dB 1μPa 1m);
   è noto che molte specie appartenenti all'ordine cetacea, sono particolarmente sensibili a forti emissioni acustiche, quali quelle generate dai sonar militari e dagli air-gun, le quali vanno sommate al rumore di tondo sottomarino e a quello generato dal normale traffico marittimo. Zifii (Ziphius cavirostris) e Capodogli (Physeter macrocephalus) sono tra le specie più sensibili e possono subire effetti negativi che vanno da disagio e stress, fino al danno acustico vero e proprio, con perdita di sensibilità uditiva che può manifestarsi come temporanea o permanente;
   questo tipo di emissione acustica può far impaurire e stordire gli animali sino ad indurli a un'emersione rapida ed improvvisa senza adeguata decompressione, con conseguente morte per la «gas and fat embolic syndrome», ossia morte per embolia;
   l'esposizione a rumori molto forti inoltre può produrre anche danni fisiologici (emorragie) ad altri apparati, oltre a quelli uditivi, fino a provocare effetti letali; una volta completata la prima fase, nel caso si evidenzi un'area di interesse minerario, sarà eseguito in seconda fase un pozzo esplorativo che può giungere a profondità di diverse migliaia di metri;
   nel malaugurato caso si decidesse di proseguire l'attività estrattiva, in ultima fase verrà costruita una piattaforma permanente di estrazione, che implicherà attività di stoccaggio e trasporto di idrocarburi con strutture a terra e ulteriore traffico navale annessi;
   molti animali marini, come tutti i cetacei, emergono per respirare e possono rimanere in superficie per periodi abbastanza lunghi. Questo comportamento, unitamente all'enorme mole che rallenta i tempi di reazione e i movimenti, è tra le cause che concorrono a rendere queste specie più soggette alle collisioni;
   le aree oggetto delle istanze di ricerca di idrocarburi sono zone di importanza strategica per numerose attività che caratterizzano la complessa e straordinaria vita dei cetacei (alimentazione, allattamento, riproduzione, migrazione, socializzazione, riposo e altro), la quale viene disturbata dalle attività antropogeniche previste. Lo stress è un pericoloso fattore che causa gravi danni alla fisiologia dei cetacei, causandone anche la morte. Nella maggior parte degli episodi di spiaggiamento di cetacei, i fattori di inquinamento acustico e ambientale, rappresentano costanti concause responsabili della morte di questi mammiferi marini;
   l'area prescelta risulta essere coincidente di fatto con il Santuario per i mammiferi marini Pelagos, nato da un accordo internazionale tra Italia, Francia e Principato di Monaco siglato a Roma nel 1999. Si tratta della prima area protetta al mondo dedicata alla protezione dei cetacei. Questo tratto di mare ricco di vita 6 si estende per circa 90.000 chilometri quadrati e in Italia interessa 3 regioni (Liguria, Toscana e Sardegna), 5 parchi nazionali (Cinque Terre, Arcipelago toscano, Arcipelago di La Maddalena e Asinara) e numerosi parchi regionali. L'intera area è costituita da fondali profondi e da correnti ascendenti che facilitano la formazione di grandi banchi di plancton, la cui concentrazione è massima da gennaio a luglio garantendo condizioni ideali per l'alimentazione dei cetacei. Balenottere comuni, stenelle, capodogli, globicefali, grampi, tursiopi, zifi, delfini comuni e, con presenze più occasionali, di balenottere minori, steni, orche e pseudorche, costituiscono un ecosistema pelagico di grande ricchezza;
   il tentativo di minimizzare e mitigare un impatto cumulativo risulta del tutto impraticabile. Infatti, anche a distanza di tempo e di spazio, l'effetto inevitabilmente si propaga in tutto il bacino e permane proprio per le caratteristiche stesse dei mare;
   le conseguenze che colpiscono un'area marina come quella individuata dai progetto richiamato si estendono automaticamente nelle aree adiacenti o in altre aree più distanti, così è il significato e il valore delle caratteristiche dell'ecosistema marino nei suo complesso e della sua biodiversità;
   nella logica e nel rispetto di un principio precauzionale, dovrebbero essere vietate tutte quelle attività che non prendono in considerazione tutte le conseguenze e gli impatti a breve e a lungo termine, di natura diretta o indiretta, sull'ecosistema marino e in particolare sui cetacei, gruppo di specie a rischio, protette da una regolamentazione volta alla loro salvaguardia e conservazione a livello nazionale ed internazionale;
   risulta non opportuno il decreto del Ministro dello sviluppo economico che individua le nuove delimitazioni dell'area «E», per profili di ragionevolezza e per l'assenza, a giudizio dell'interrogante, dei necessari presupposti che consentano di individuare il mare di Sardegna come area marina per queste pregiudizievoli ricerche petrolifere;
   sarebbe opportuno, anche in sede di autotutela, viste le questioni procedurali e la tempestiva presentazione del progetto avanzato dalla società texana, negare qualsiasi permesso, negando il parere positivo alla valutazione ambientale, proprio per la consistente presenza e attività di cetacei nell'area sottoposta al progetto di ricerca di idrocarburi, nelle aree adiacenti e nell'intero bacino Mediterraneo (si ricorda che gran parte dei cetacei sono mammiferi pelagici, ossia vivono nuotando nei mari in base alla presenza di prede, legata alle stagioni e alle correnti);
   il progetto dovrebbe essere respinto, secondo l'interrogante, anche per l'assoluta carenza di documentazione e di studi sulle popolazioni di cetacei nei tratti di mare oggetto della richiesta di ricerche petrolifere;
   appare necessario uniformare la condotta su questioni così delicate per l'ambiente ad un principio precauzionale per la massima tutela e rispetto dell’habitat e dei cetacei potenzialmente presenti;
   si ritiene per l'evidente impatto ambientale del progetto sia per quanto riguarda l'inquinamento di varia natura (chimico, atmosferico, acustico, operativo e altro), che per l'impatto diretto o indiretto sull'area sottoposta al progetto di ricerca di idrocarburi, sulle aree adiacenti e sull'intero bacino Mediterraneo a breve e lungo termine, che il progetto stesso debba essere respinto;
   alla luce della mancanza, ad avviso dell'interrogante, dei presupposti e delle condizioni necessarie e indispensabili alla tutela e alla conservazione del delicato ecosistema e della biodiversità connessa, primi tra tutti i cetacei, è opportuno revocare il decreto di individuazione dell'area marina suddetta; si osserva che tale progetto avrebbe conseguenze devastanti per l'area interessata e non solo;
   risultano del tutto inesplorate le connessioni dirette e indirette, tra le attività di prospezione e lo spiaggiamento di 7 esemplari di capodoglio (Physeter macrocephalus) nel dicembre 2009 sulle coste a nord del Gargano (tra i comuni di Cagnano Varano e Ischietella) nonché lo spiaggiamento di massa di esemplari di Zifio (Zifius cavirostris) sulle coste dell'isola di Corfù e sui litorale calabrese, risalente a novembre/dicembre 2011, avvenuto in concomitanza ad attività di prospezione geosismica mediante sorgente energetica di tipo air-gun da parte di tre navi (Princess, Thor Guardian e Thor Server) provenienti da Malta e operanti a largo delle coste tra Monopoli e Brindisi incaricate dalla Società inglese Nothern Petroleum, e ad esercitazioni militari con l'utilizzo di sonar;
   si ritiene necessario richiedere il recepimento delle indicazioni della comunità scientifica internazionale, durante la riunione annuale dell’American association for the advancement of science (AAAS), a favore di un'etica che rispetti i diritti sei cetacei come persone non umane dotate di un'intelligenza superiore e della coscienza di sé stessi;
   è necessario dare seguito al preciso pronunciamento della commissione di valutazione di impatto ambientale che nega le autorizzazioni proprio per l'inadeguatezza e la gravità dell'area prescelta;
   nei giorni scorsi gli uffici dei Ministero hanno concesso una proroga dei termini per la presentazione di ulteriori controdeduzioni da parte della società interessate, anziché procedere al diniego della valutazione di impatto ambientale;
   si tratta di una decisione ad avviso dell'interrogante inaudita pubblicata dalla commissione di valutazione di impatto ambientale che concede un'ulteriore proroga alla società norvegese che vuole cercare petrolio sul mare sardo tra Alghero e Oristano a «colpi» di bombe sismiche;
   si tratta di una proroga inaccettabile proprio per il contenuto della stessa nota della commissione che fa capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   anziché «bocciare» l'istanza come sarebbe stato doveroso il Ministero ha praticamente concesso ai norvegesi di presentare da capo il progetto indicando di fatto la strada per l'approvazione dello stesso;
   si tratta di un piano nefasto da bocciare senza se e senza ma, proprio per le conseguenze che provocherebbe in tutta l'area a partire dal santuario dei cetacei;
   il progetto dei norvegesi era da respingere senza appello ma si è deciso, invece, probabilmente, sotto pressione, di dare un'ulteriore possibilità ai cercatori di petrolio, indicandogli gli elementi utili per l'approvazione del progetto;
   qualsiasi istruttoria in tal senso avrebbe dovuto portare alla bocciatura immediata, mentre non si comprende la concessione di ulteriori 45 giorni per integrare la documentazione su punti determinanti del progetto che da quanto scrive la commissione erano totalmente carenti;
   nella comunicazione del Ministero ai norvegesi della TGS-NOPEC si chiede di chiarire aspetti noti e che sono stati già oggetto di bocciatura per i texani, come per esempio gli effetti sui cetacei proprio a ridosso del santuario dei cetacei;
   reiterare questioni già definite e soprattutto chiedere di rispondere alle osservazioni è una procedura secondo l'interrogante alquanto singolare considerato che il compito della commissione Via è quello di giudicare il progetto e di verificare le osservazioni;
   aver delegato di fatto tale sub istruttoria ai proponenti è un fatto grave e inaudito, sintomo che si sta tentando di pervenire in ogni modo all'approvazione di quel progetto devastante per l'intero mare sardo e la sua fauna;
   è devastante ipotizzare l'utilizzo degli air-gun in quello specchio di mare;
   con queste vere e proprie bombe sismiche si genera una violenta onda d'urto che si propaga nel fondale e successivamente viene riflessa, mostrando in questo modo la presenza e la natura di idrocarburi nel sottosuolo;
   la stragrande maggioranza dei cetacei sono particolarmente sensibili a forti emissioni acustiche, quali quelle generate dai sonar militari e dagli air-gun, le quali vanno sommate al rumore di fondo sottomarino e a quello generato dal normale traffico marittimo;
   questo tipo di emissione acustica così violenta stordisce i cetacei, tra l'altro avvistati in gran numero quest'estate proprio in quell'area, sino ad indurli a un'emersione rapida ed improvvisa senza adeguata decompressione, con conseguente morte per embolia. L'esposizione a rumori molto forti, inoltre, può produrre anche danni fisiologici (emorragie) ad altri apparati, oltre a quelli uditivi, fino a provocare effetti letali –:
   se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza per escludere la presentazione di progetti di prospezione petrolifera nelle stesse aree dove la commissione si è già espressa con un parere contrario inequivocabile e non modificabile proprio per le implicazioni che tali progetti avrebbero sull'area del santuario dei Cetacei;
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per evitare che possano essere cagionati danni alla popolazione di cetacei, che appare gravemente minacciata dalle compagnie di prospezione geosismica, perforazione del fondale e coltivazione nei mari della Sardegna e circostanti. (5-06392)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARINELLI, CASO, DE ROSA, MANLIO DI STEFANO e PESCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Milano ha partecipato al bando nazionale per il cosiddetto «piano città» di cui all'articolo 12, decreto-legge n. 83 del 2012, proponendo la riqualificazione dell'area denominata «Bovisa Gasometri», di superficie complessiva pari a 420.000 metri quadri, e ottenendo di venire ammesso a godere di un finanziamento pari a 5.000.000,00 euro per un primo intervento (stanziato con decreto dipartimento infrastrutture, gli affari generali e il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 1105 dell'8 febbraio 2013);
   con delibera di Giunta comunale n. 825 del 3 maggio 2013 è stato approvato lo schema del contratto di valorizzazione urbana tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il comune di Milano, finalizzato a «la bonifica dell'area oggi classificata di interesse regionale di Milano Bovisa a seguito della concessione, da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di un contributo di euro 5.000.000,00»;
   il comune di Milano con il provvedimento n. 614480/2014, a firma del direttore del settore bonifiche del comune, ha autorizzato la realizzazione degli interventi di bonifica dell'area individuata come Lotto 1A del sito «Bovisa Gasometri» (autorizzazione per opere di bonifica n. 588/152);
   attualmente l'area Bovisa Gasometri è di proprietà del comune di Milano, dell'azienda di servizi di pubblica utilità A2A Energia spa e del Politecnico di Milano;
   dal 1908 fino al 1994 il sito è stato destinato alla produzione di gas, anni nei quali all'interno dell'area si sono svolti vari processi produttivi che hanno comportato la presenza di una contaminazione da inquinanti pericolosi e cancerogeni quali metalli pesanti, idrocarburi pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), cianuri, fenoli, BTEX;
   nel tempo, ormai in più di cento anni, l'area ha assunto la fisionomia di un parco naturale, sia per le piantumazioni succedutesi nel tempo, sia per la crescita spontanea della vegetazione;
   nel 1994 il Corpo forestale dello Stato vi ha censito circa 2050 alberi di alto fusto (pioppi neri, tigli, frassini, platani, bagolari, paulonie, piante di iperico e di fitolacca, fra cui abitano volpi e volatili di varie specie decreto del Ministero dell'ambiente, ossia una massa arborea di poco inferiore a quella del Parco Sempione;
   con decreto del Ministero dell'ambiente n. 468 del 2001 l'area è stata dapprima inserita tra i siti di interesse nazionale, nell'ambito del «programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale»; nel 2013 con apposito decreto ministeriale dell'11 gennaio, a seguito del riesame dei requisiti di classificazione, è stata inclusa tra i siti di interesse regionale;
   il soggetto titolare del procedimento di bonifica è stato individuato nel comune di Milano, per effetto della delega da parte della regione Lombardia ai sensi dell'articolo 5, della legge regionale n. 30 del 2006;
   l'area Bovisa Gasometri risulta suddivisa, ai fini dell'intervento di bonifica, in tre lotti (1 – questo a sua volta articolato nei lotti 1A e 1B – 2 e 3); il procedimento si è svolto come segue:
    in data 28 maggio 2013 Metropolitana Milanese s.p.a. ha presentato un documento denominato «integrazione al piano di caratterizzazione», prospettando l'esecuzione di indagini integrative al fine di completare il quadro conoscitivo dell'intera area;
   in data 25 luglio 2014 la conferenza servizi ha chiesto integrazioni;
   in risposta in data 5 dicembre 2013 Metropolitana Milanese s.p.a. ha presentato il documento denominato «Aggiornamento del piano integrativo di indagine», composto dal piano della caratterizzazione relativo al solo lotto 1A, e dalle indagini integrative sulla restante porzione del sito;
    in data 29 gennaio 2014 la conferenza servizi ha formulato ulteriori richieste;
    il piano della caratterizzazione è stato autorizzato dal comune di Milano, settore bonifiche, con provvedimento PG 81608/2014 del 5 febbraio 2014;
    in data 30 luglio 2014 Metropolitana Milanese s.p.a. ha presentato il progetto definitivo di bonifica;
    in data 23 settembre 2014 si è tenuta la conferenza servizi conclusiva, in cui è stato espresso parere favorevole a detto progetto definitivo di bonifica del lotto 1A ai sensi dell'articolo 242 del codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006);
   il contratto di valorizzazione tra il Ministero e il comune di Milano riporta testualmente tra i vari interventi necessari «l'elaborazione definitiva del modello di analisi di rischio»;
   il codice dell'ambiente disciplina le procedure operative ed amministrative da porre in essere in relazione ai siti contaminati;
   l'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede un adempimento imprescindibile rappresentato dall'analisi di rischio, in base alla quale la conferenza servizi è chiamata ad esprimersi circa la necessità di procedere effettivamente alla bonifica, e secondo quali parametri, oppure no;
   il comma 4 dell'articolo 242 decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce, infatti, che: «Entro sei mesi dall'approvazione del piano di caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla regione i risultati dell'analisi di rischio. La conferenza di servizi convocata dalla regione, a seguito dell'istruttoria svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, cui è dato un preavviso di almeno venti giorni, approva il documento di analisi di rischio entro i sessanta giorni dalla ricezione dello stesso»;
   dall’iter procedimentale avviato dal comune per l'approvazione del progetto di bonifica risulta che tale fase procedimentale non è stata posta in essere;
   nel nuovo regime di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, i «valori limite» di concentrazione diventano «valori di attenzione» (cosiddette «concentrazioni soglia di contaminazione»), il cui superamento non determina, di per sé, l'automatica qualificazione giuridica di contaminazione del sito, ma obbliga unicamente alla caratterizzazione e all'analisi di rischio «sito specifica» (articolo 240 del decreto legislativo n. 152 del 2006);
   l'analisi di rischio diviene strumento centrale e decisivo ai fini della qualificazione giuridica di contaminazione del sito e della conseguente insorgenza dell'obbligo di messa in sicurezza e di bonifica (Corte Costituzionale 18 giugno 2008, n. 214; 24 luglio 2009, n. 247);
   la finalità della nuova normativa è quella di evitare bonifiche inutili e costose; mentre, difatti, le disposizioni previgenti obbligavano a bonificare il suolo da tutti gli inquinanti in esso presenti, indipendentemente dalla loro profondità e senza considerare il rischio effettivo che questi avrebbero potuto comportare per la salute umana e per l'ecosistema –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché venga effettuata l'analisi di rischio, come previsto dall'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, prima di procedere all'intervento di bonifica dell'area individuata come lotto 1A del sito «Bovisa Gasometri». (4-10368)


   ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 152 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», stabilisce, ai fini dell'esercizio venatorio, le specie cacciabili e i relativi periodi d'attività, nel rispetto dell'arco annuale temporale massimo;
   con decreto del Presidente della regione Lazio 14 luglio 2015, n. T00128 è stato definito il calendario venatorio e il regolamento per la stagione venatoria 2015/2016;
   la direzione regionale agricoltura del Lazio, con nota prot. n. 263526/GR/04/21 del 14 maggio 2015, ha sottoposto all'ISPRA la proposta dell'amministrazione regionale di consentire dal giorno 1o febbraio al giorno 10 febbraio 2016 l'esercizio venatorio alle seguenti specie: colombaccio (Columba palumbus); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); gazza (Pica pica); ghiandaia (Garrulus glandarius);
   l'ISPRA, con nota protocollo n. 26810/T-A 11 del 18 giugno 2015, ha evidenziato la compatibilità della proposta con lo stato di conservazione delle specie indicate e con il quadro normativo vigente purché siano rispettate le seguenti prescrizioni:
    gli appostamenti utilizzati devono essere collocati:
     a) a non meno di 500 metri dalle zone umide, frequentate dagli uccelli acquatici, che risultano particolarmente sensibili al disturbo causato dalla caccia;
     b) a distanza superiore a 500 metri dalle pareti rocciose o da altri ambienti potenzialmente idonei alla nidificazione di rapaci rupicoli;
   l'estensione della stagione venatoria non deve superare l'arco temporale massimo, secondo quanto previsto dall'articolo 18, comma 2 della legge n. 157 del 1972;
   il vincolo del non superamento dell'arco temporale massimo, come previsto dall'articolo 18, comma 2, della legge n. 17 del 1992, sarebbe stato rispettato dalla regione Lazio che, secondo il calendario venatorio, ha previsto per le specie colombaccio (Columba palumbus), cornacchia grigia (Corvus corone cornix), gazza (Pica pica) e ghiandaia (Garrulus glandarius), un'apertura dell'attività venatoria posticipata al 1o ottobre 2015 rispetto alla data 20 settembre 2015 potenzialmente prevista ai sensi dell'articolo 18, comma 1, legge 157 del 1992;
   con decreto del Presidente della regione Lazio n. 64, pubblicato sul Burl l'11 agosto 2015 è stata autorizzata la preapertura della caccia nel territorio del Lazio il 2 e il 6 settembre per alcune specie, tra le quali: cornacchia grigia (Corvus corone cornix); gazza (Pica pica); ghiandaia (Garrulus glandarius) –:
   l'autorizzazione di cui sopra alla preapertura della caccia il 2 e il 6 settembre sia conforme alle disposizioni dell'articolo 18 della legge n. 157 del 1992 e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per garantire il pieno rispetto dei tempi di caccia, così come espressi con chiarezza dall'ISPRA, che nella sua «guida» alla stesura dei calendari venatori alla luce dell'articolo 42 della legge comunitaria 2009, ha appunto evidenziato la necessità di operare una restrizione rispetto alle date di apertura e chiusura della caccia, allo scopo di garantire le necessarie misure di tutela della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale. (4-10380)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHESI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Castello della Boffalora, in provincia di Piacenza, è in pessime condizioni a causa di gravi crolli verificatisi 5 anni fa nella struttura che hanno richiesto lavori stimati in 500mila euro, somma dichiarata totalmente congrua dalla Soprintendenza che ha diretto i lavori;
   la proprietà che è già intervenuta con i primi interventi di restauro e messa in sicurezza, essendo ancora in attesa dei fondi per legge spettanti, ammontanti al 50 per cento delle opere, si trova nell'impossibilità di procedere con i lavori. Infatti, la realizzazione per stralci dell'intervento si basava sulla certezza del finanziamento, ma la mancata erogazione dei fondi da parte dello Stato non solo ha interrotto i lavori in progetto, ma ha pure vanificato la funzionalità delle opere già eseguite che oggi sono in rovina;
   attualmente, tale bene storico-culturale è pertanto inagibile e in disuso;
   la proprietà — la quale non ha la possibilità di intervenire in alcun modo — attende da diversi anni il rimborso da parte dello Stato della somma di 250.000 euro;
   della situazione disastrosa del Castello sembra pertanto responsabile lo Stato debitore, a causa dei suoi ritardi –:
   se il Ministro, al fine di evitare l'ulteriore rovina di un bene storico-culturale di estremo valore quale è il castello di Boffalora, non intenda intervenire ai più presto anche, eventualmente, erogando acconti sulle somme dovute. (4-10361)


   ZAPPULLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Inda (Istituto nazionale dramma antico) rappresenta per la cultura e il turismo italiani uno straordinario veicolo di promozione e attrazione. Il ciclo delle rappresentazioni classiche rappresenta uno degli appuntamenti di eccellenza culturale e artistica di assoluto prestigio e interesse nazionale;
   nel mese di luglio 2015; la Guardia di finanza di Siracusa ha notificato la conclusione delle indagini preliminari e informazione di garanzia nei confronti di 16 soggetti tra funzionari dell'Inda, dell'assessorato regionale al turismo e un revisore contabile accusati a vario titolo di truffa aggrava e falso ideologico;
   si tratta di una complessa ed articolata attività d'indagine a tutela del bilancio dell'Unione europea scaturita da una segnalazione da parte dell'assessorato regionale al turismo, in relazione a contributi comunitari relativi al Programma operativo del Fondo Europeo di sviluppo regionale concessi per gli anni 2009 e 2010;
   le indagini che egregiamente la procura della Repubblica di Siracusa sta portando avanti sulla gestione dell'Inda pongono obiettivamente ombre inquietanti sulla regolarità, trasparenza e legalità e impone all'intera classe dirigente l'assunzione di precisi atti e iniziative politiche;
   permangono ancora ombre e vuoti di comunicazione e informazione sulla gestione e l'affidamento di servizi fondamentali a partire dagli investimenti sulla pubblicità. Settore questo rilevantissimo per offrire una giusta copertura informativa; pare non si conoscano ancora ufficialmente i soggetti che hanno gestito per l'Inda la vicenda, i criteri di selezione e di assegnazione né addirittura chi alla fine ha pubblicizzato il ciclo delle rappresentazioni anche di quelle recenti –:
   se sia a conoscenza delle problematiche relative alla gestione dell'INDA e se non ritenga necessario avviare un'indagine amministrativa interna al fine di approfondire e fare chiarezza su tale vicenda.
(4-10369)


   PETRAROLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Grand Hotel Campo dei Fiori di Varese è un albergo situato sul monte Tre Croci, nella zona a nord del territorio comunale ed è l'esempio più rappresentativo della grande stagione del liberty varesino;
   all'inizio del XX secolo, l'architetto Giuseppe Sommaruga, eresse nel 1907-1912 il grandioso complesso (albergo, ristorante e stazione della funicolare) del Grand Hotel, riuscendo ad adattare il suo progetto all'ambiente montano, rispettandolo e nel contempo trasformandolo profondamente;
   l'impianto planimetrico dell'edificio si qualifica per l'invenzione dei due possenti arconi che reggono la hall, dove compaiono i più peculiari oggetti decorativi del Sommaruga; poco oltre è il corpo del ristorante, raffinato esercizio distributivo di volumi e aperture, tutte giocate in senso panoramico;
   l'albergo ebbe la sua grande stagione da prima della grande guerra fino alla seconda guerra mondiale, cadde in crisi nel dopoguerra e fu chiuso negli anni cinquanta;
   oggi il complesso è abbandonato e visibile solo dall'esterno, la macchia bianca dell'hotel sul verde della vegetazione del Parco Campo dei Fiori è ormai parte integrante del paesaggio varesino, così come le antenne e i ripetitori che da anni e anni sono installate sul tetto dell'edificio. All'interno sono ancora accatastati mobili e oggetti (per citarne solo alcuni, uno stupendo pianoforte a coda, dei lampadari in stile liberty, almeno fino a poco tempo fa), preziosi testimoni di un'epoca passata;
   per molto tempo le sue maestose hall hanno «ospitato» senza tetto che hanno acceso fuochi sui parquet d'inizio secolo; ora che invece è più difficile entrare, si trovano spazzatura e bottiglie sparse per il parco o nel portico d'entrata;
   il recupero di questa struttura avrebbe un duplice significato: per i cittadini di Varese, che finalmente riavrebbero una delle punte di diamante della loro provincia, e per la città stessa, che recupererebbe un’allure internazionale che cent'anni fa le veniva riconosciuta di diritto;
   tutti gli altri visitatori e amanti dell'arte e della natura, scoprirebbero un gioiello di rara bellezza, capolavoro europeo dell'architettura art nouveau, inserito in un contesto ambientale che è già parco naturale, testimone di un'epoca che aspetta solo d'essere riscoperta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e di concerto con gli enti locali, per restituire alla collettività l'intera struttura. (4-10371)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   VITO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   Salvatore Girone, il fuciliere di Marina detenuto, ad avviso dell'interrogante, ingiustamente ed illegalmente, dall'India da oltre 1.300 giorni, è stato vittima nel mese di agosto 2015 di un attacco di Dengue che ha reso necessario il ricovero in un ospedale di Delhi e l'invio di due medici dall'Italia;
   nelle scorse settimane Girone è stato dimesso dall'ospedale ed i medici sono rientrati in Italia, ma Girone non pare essersi completamente ripreso e comunque in caso di un secondo attacco sarebbe pericolosamente vulnerabile;
   sarebbe necessario che il Governo attivasse tutte le iniziative necessarie per l'immediato rientro in Italia di Girone, anche al fine di consentirgli di curarsi e riprendersi completamente, analogamente a quanto capita per altri militari colpiti da malattia in India ed all'estero –:
   se le reali, effettive e complete condizioni di salute attuali di Salvatore Girone siano compatibili con la sua permanenza in India. (5-06394)


   RIZZO, TOFALO, CORDA, FRUSONE, BASILIO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   dal 28 settembre fino al 6 novembre 2015 si svolgerà in Italia, Spagna e Portogallo la «Trident Juncture 2015» (TJ15), definita dallo U.S. Army Europe «la più grande esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino»;
   è previsto l'impiego di 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 Paesi (28 Nato più 5 alleati); questa esercitazione servirà a testare la forza di rapido intervento – Nato Response Force (NRF) (circa 40 mila effettivi) – e soprattutto il suo corpo d’élite (5 mila effettivi), la Very High Readiness Joint Task force (VJTF), enfaticamente soprannominata Spearhead (punta di lancia), in grado di essere schierata in meno di 48 ore per rispondere «alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi meridionale e orientale»;
   la Trident Juncture 2015 non è la sola grande esercitazione militare messa in campo dalla Nato. Dall'irrompere della crisi ucraina, infatti, le esercitazioni a ridosso dei confini russi sono più che raddoppiate. Decine di migliaia di uomini e centinaia di mezzi hanno partecipato alle manovre aero-navali nel mar Nero, al largo delle coste sia di Romania e Bulgaria che della Georgia, nel mar Baltico, al largo della Norvegia e delle Repubbliche baltiche, rafforzando di fatto la presenza navale Nato. Esercitazioni terrestri si sono inoltre tenute in Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e nei Paesi baltici accompagnate da un crescente processo di riarmo con il trasferimento in questi Paesi di centinaia di carri armati, pezzi di artiglieria ed altri pezzi militari e con l'avvio dei programma di dispiegamento della cosiddetta «difesa antimissile» in Polonia;
   il rischio è quello di una escalation verso una seconda guerra fredda tra la NATO e la Federazione russa. Una partita particolarmente delicata di questa nuova contrapposizione rischia sciaguratamente di consumarsi in Siria – sul cui territorio è sita l'ultima base navale russa nel Mediterraneo – minando alla radice la possibilità di una intesa anti Isis tra la Russia e i paesi della NATO;
   l'esercitazione «Trident Juncture 2015» sarà guidata dal Jfc Naples, comando Nato (con quartier generale a Lago Patria, Napoli) agli ordini dell'ammiraglio Usa Ferguson, che e a capo delle forze navali Usa in Europa e delle forze navali del Comando Africa. Ciò non è occasionale: il Jfc Naples, infatti, si alternerà annualmente con Brunssum (Olanda) nel comando operativo della Nato Response Force, confermando il ruolo strategico di Napoli nelle strategie dei comandi militari;
   diverse sono le città e le infrastrutture militari della Nato impegnate nella Trident Juncture 2015. In primo luogo, Napoli ma anche Trapani, dove sia l'aeroporto civile che la base militare di Birgi saranno coinvolti con circa 80 velivoli da combattimento e 5 mila militari –:
   se il Governo non reputi, alla luce della tragedia umana che si sta consumando nel Mediterraneo e che consiglia di non distogliere uomini e mezzi in una anacronistica e dispendiosa esercitazione militare, nonché per evitare negative ripercussioni tra Nato e Russia che rallenterebbero la lotta comune contro il sedicente Califfato, di dover chiedere al segretario generale della NATO Jens Stoltenberg la cancellazione o in subordine il drastico ridimensionamento dell'esercitazione «Trident Juncture 2015» prevista nelle prossime settimane. (5-06395)


   ARTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalla testata Marine Corps Time, a partire dal prossimo autunno, reparti del US Marine Corps saranno imbarcati a bordo di unità navali di Paesi alleati schierate nel Mediterraneo;
   l'iniziativa, denominata Allied Maritime Basing Initiative (AMBI) è stata avviata dal US Department of Defence per fronteggiare la scarsità di navi anfibie statunitensi dispiegate nel Mediterraneo, causata dall'esigenza di mantenere una maggiore presenza di questo tipo in Asia, con la conseguente rimozione dal Mediterraneo della Marine Expeditionary Unit tipicamente presente;
   secondo quanto dichiarato dal portavoce dei Marines in Europa e Africa, capitano Richard Ulsh, la prima nave europea ad essere impiegata per il preposizionamento di unità dell’US Marine Corps nell'ambito dell'AMBI sarà la nave ammiraglia italiana Cavour, che ospiterà unità dei Marines e relativi mezzi, armi ed equipaggiamenti a partire dal mese di settembre 2015; al Cavour, seguirà a novembre la nave anfibia Ocean della Royal Navy e, in seguito, si aggiungeranno anche navi fornite da Spagna, Francia e Olanda;
   la nave Cavour ospiterà anche alcuni convertiplani e, a questo proposito, il capitano Ulsh ha affermato che sarà necessario valutare la compatibilità delle navi europee per accertarsi che siano in grado di gestire il peso e il calore generato dai convertiplani, nonché la compatibilità degli ascensori e degli hangar; pertanto, a settembre, alcuni convertiplani tipo MV-22B Osprey dell'USMC saranno impegnati nella conduzione di test a bordo della nave Cavour;
   il capitano Ulsh ha dichiarato che i test sulla nave Cavour saranno effettuati prima dello svolgimento della grande esercitazione Trident Juncture;
   Trident Juncture si terrà tra il 1o ottobre e il 6 novembre 2015 in Italia, Spagna e Portogallo e porterà alla validazione della Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la nuova componente della NATO Response Force costituita principalmente quale strumento impiegabile nell'ambito dell'attuale scenario di crisi con la Russia;
   all'esercitazione Trident Juncture parteciperanno anche elementi della Special Purpose Marine Air-Ground Task Force-Crisis Response-Africa (SP-MAGTF), forza dell’US Marine Corps composta da circa 1.700 militari e attualmente basata a terra e suddivisa tra Spagna, Italia e Romania; secondo il Marine Corps Time, le unità imbarcate sulle navi europee saranno probabilmente appartenenti alla SP-MAGTF –:
   se trovi conferma quanto riportato riguardo al dispiegamento di unità dell’US Marine Corps a bordo della nave Cavour in un periodo in cui la stessa ammiraglia della flotta italiana sarà impegnata a guidare la missione EU NAVFOR Med, ovvero su un'altra eventuale nave della Marina militare nella esercitazione citata, e, nel caso, quale sia la catena di comando cui risponderanno i militari statunitensi imbarcati sulla nave della Marina militare.
(5-06396)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   PELILLO e GIUSEPPE GUERINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 1985 il comune di Romano di Lombardia (provincia di Bergamo) assegnava in diritto di superficie un terreno destinato dal piano regolatore generale a «servizio di protezione civile e di pubblica sicurezza» ad una società cooperativa affinché la stessa provvedesse alla costruzione di un edificio da adibire a caserma dei vigili del fuoco;
   in adempimento a quanto previsto dalla convenzione costitutiva del diritto di superficie, la società, cooperativa realizzava un unico edificio, inserito negli archivi catastali dell'Agenzia delle entrate (ex Agenzia del territorio) nel modo seguente:
    n. 1 fabbricato categoria B01 – caserma;
    n. 2 fabbricati categoria A02 – abitazione;
    n. 4 fabbricati categoria C06 – autorimessa;
   in data 8 ottobre 1990 l'intero edificio veniva ceduto in comodato d'uso gratuito, attualmente ancora in corso, al Ministero dell'interno – direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendio «ad uso caserma vigili del fuoco volontari – distaccamento di Romano di Lombardia»;
   la società cooperativa superficiaria è tuttora proprietaria degli immobili; in base a tale presupposto la stessa sarebbe tenuta al pagamento dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
   le imposte dovute sarebbero pari ad euro 27.408,00 a titolo di IMU per ciascuno degli anni 2012-2013-2014-2015 (totale IMU euro 109.632,00) ed euro 8.608,00 a titolo di Tasi per ciascuno degli anni 2014-2015 (totale TASI euro 17.216,00);
   in data 5 marzo 2013 il comune di Romano di Lombardia ha rivolto pertanto un quesito specifico sulla tematica al Ministero dell'economia e delle finanze – dipartimento delle finanze – direzione federalismo fiscale, chiedendo se la cooperativa de qua potesse beneficiare del regime di esenzione dal pagamento dell'imposta ex articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992 oppure, in subordine, ai sensi dell'articolo 9, comma 8 del decreto legislativo n. 23 del 2011;
   in data 6 maggio 2015 il Ministero dell'economia e delle finanze – dipartimento delle finanze – direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale – ufficio XII ha risposto al quesito con nota prot. 13028, negando che il caso prospettato rientri in quelli per i quali sussiste possibilità di esenzione e tuttavia sostenendo che «alle considerazioni appena svolte si deve aggiungere che il Comune potrebbe introdurre, nei limiti della potestà regolamentare riconosciuta dalla legge, una disposizione di favore che non può comunque tradursi in un'esenzione e che, in via generale, preveda riduzioni di imposta nel caso in cui gli immobili siano sottoposti a un vincolo di destinazione per il soddisfacimento di esigenze di carattere pubblico» –:
   se non intenda fornire elementi di chiarimento all'amministrazione comunale di Romano di Lombardia posta l'apparente contraddittorietà del parere descritto in premessa, così da agevolare la determinazione dell'amministrazione comunale, anche in riferimento al pregresso. (5-06404)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 7 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, ha introdotto una detrazione, per il triennio 2014-2016, per i soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali adibiti a propria abitazione principale;
   la detrazione complessivamente spettante è pari a: a) 900 euro se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71, b) 450 euro se il reddito complessivo è compreso tra 15.493,72 euro e 30.987,41 euro;
   l'agevolazione fiscale spetta ai contribuenti che hanno stipulato contratti di locazione di alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008, in attuazione dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, adibiti ad abitazione principale (codice 4 nella col. 1 del rigo E71);
   alle suddette detrazioni si applica la disciplina della detrazione per canoni di locazione prevista dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze dell'11 febbraio 2008;
   tale decreto reca, in particolare, le modalità di corresponsione della detrazione da parte del sostituto d'imposta, specialmente nel caso (articolo 16, comma 1-sexies del TUIR) in cui la detrazione per canoni di locazione superi l'imposta lorda (diminuita delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13 del TUIR): in tale caso è riconosciuto al contribuente un ammontare pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza nella predetta imposta;
   l'agevolazione fiscale disciplinata dalla normativa vigente non si applica qualora l'intestatario dell'alloggio sociale non sia percettore di reddito imponibile (ad esempio, disoccupati, invalidi civili, persone con pensione sociale) –:
   quali agevolazioni si intendano prevedere in favore di queste categorie, non aventi un reddito imponibile ma titolari di contratti di locazione di alloggi sociali adibiti a propria abitazione principale. (5-06405)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Banca popolare di Vicenza era stata, appena un anno fa, dichiarata «sana» da parte della Banca d'Italia, ma alla fine di agosto di quest'anno, il suo presidente ha ammesso di aver bisogno di altri 1,5 miliardi di euro per evitare il fallimento o il commissariamento a fronte di irregolarità negli aumenti di capitale, rilevati dalla BCE e non dalla Banca d'Italia, e di una perdita di un miliardo registrata nei primi sei mesi del 2015;
   la perdita di 1,05 miliardi si è accumulata in seguito alla combinazione di diversi fattori contabili: la riduzione di 269 milioni di euro del valore di avviamento che segue ad un'altra del valore di 600 milioni per una riduzione totale dell'81,5 per cento in 18 mesi, nonostante i tassi in discesa; la perdita di 119 milioni di euro dovuta alla riclassificazione del valore di alcune partecipazioni in fondi Sicav per un valore totale di -55 per cento in 6 mesi, nonostante il rialzo dei mercati azionari; la perdita di 703 milioni dovuta ad un aumento dell'indice di copertura dei crediti deteriorati, passando in 6 mesi dal 35,1 per cento al 39,6 per cento, nonostante i segnali di miglioramento del mercato del credito italiano;  
   a ciò si aggiunge il rilievo da parte della BCE, a seguito della sua ispezione dell'ottobre 2014, di una riserva di capitale inflazionata artificialmente, perché derivante da aumenti di capitale effettuati a prestito e in parte mediante l'interposizione di un soggetto terzo: come conseguenza si rende necessario un aumento di capitale superiore all'ammontare delle perdite;
   aumenti di capitale realizzati nel 2013 e nel 2014 per quasi un miliardo di euro, infatti, sono avvenuti a fronte della concessione di prestiti a clienti e soci della banca, in molti casi con metodi «persuasivi» ai limiti del vero e proprio «ricatto»;
   ancor più grave rilevare il fatto che la vendita sia avvenuta ad un prezzo irragionevolmente alto, di 62,50 euro per azione, anche nell'imminenza della svalutazione avvenuta di lì a poco;
   è difficile sostenere che i vertici della banca non conoscessero la sua reale consistenza patrimoniale quando vendevano a «prezzo pieno» azioni che poco dopo, nella primavera di quest'anno, lo stesso consiglio di amministrazione ha svalutato del 23 per cento, portandole al valore unitario di 48 euro; prezzo che il mercato comunque non riconosce, rendendo di fatto illiquide le azioni;
   a ciò si aggiunga che già nel lontano 2008 il presidente dell'ADUSBEF Elio Lanutti denunciò alla procura di Vicenza il livello irragionevolmente alto a cui il consiglio di amministrazione della Popolare di Vicenza aveva fissato il prezzo delle proprie azioni;
   nel comunicato della Popolare di Vicenza, in merito alla svalutazione, si afferma che il consiglio di amministrazione, «esaminata la stima effettuata dall'esperto indipendente designato dall'istituto», così come previsto dall'articolo 6 dello Statuto, ha deliberato di proporre all'approvazione dell'assemblea dei soci un valore dell'azione pari a 48 euro;
   la determinazione di tale valore è principalmente riconducibile agli effetti del Comprehensive Assessment effettuato dalla Bce ad ottobre 2014 e ai conseguenti impatti sul patrimonio e sul target di capitale;
   Bankitalia, nel comunicato ufficiale del 26 ottobre 2014 sul Comprehensive Assessment, ossia la «valutazione approfondita» delle banche europee condotto dalla BCE, non segnalò la Banca Popolare di Vicenza in carenza come fu per MPS e Banca Carige: quindi, secondo l'autorità di vigilanza nazionale che, com’è noto, partecipa alla verifica dei risultati degli stress test, non fu necessaria una ricapitalizzazione;
   è inutile sottolineare che il mancato intervento da parte della Banca d'Italia, a giudizio dell'interrogante, ha contribuito alla rovina economica di una gran parte dei 117 mila soci della Popolare di Vicenza, alcuni dei quali hanno affidato l'intero ammontare dei risparmi di una vita alla banca locale nella quale avevano (mal) riposto la loro completa fiducia –:
   se non reputi opportuno fornire le informazioni in suo possesso circa la gravissima problematica relativa al mancato riconoscimento dell'effettiva consistenza dello stato patrimoniale della Banca Popolare di Vicenza e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di tutelare, con efficacia e certezza, i correntisti e i 117 mila soci dell'istituto bancario, proprietari di azioni ormai illiquide perché fissate a un prezzo nominale che, nonostante la cospicua svalutazione, evidentemente non corrisponde ancora al suo reale valore di mercato.
(5-06406)


   ALBERTI, PESCO, VILLAROSA, RUOCCO, PISANO e FICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   presso la Camera e il Senato risultano presentati diversi atti ispettivi (in particolare v. atti presentati al Senato, nn. 3-01936 e 3-02028) sul caso della Banca popolare di Vicenza (BPVI) e Veneto Banca che al momento sono privi di risposta;
   in seguito agli accertamenti ispettivi della Banca centrale europea (BCE) ed in base ai conti semestrali gennaio-giugno 2015 si apprende che la BPVI, presieduta da Gianni Zonin, abbia realizzato un risultato netto negativo pari a più di 1 miliardo di euro; per sopperire al risultato di gestione negativo il consiglio di amministrazione (CdA) ha provveduto a deliberare un aumento di capitale pari a circa 1,5 miliardi di euro;
   nel 2014 la Banca aveva già registrato perdite per 758,5 milioni di euro ed il consiglio di amministrazione della BPVI al fine di porre rimedio alle rilevanti perdite, nel mese di aprile 2015, ha deciso di proporre all'assemblea dei soci un adeguamento al ribasso del valore delle azioni da 62,50 euro a 48 euro, con un calo del 23,2 per cento;
   il prezzo delle azioni determinato in data 15 aprile 2014 dal consiglio di amministrazione, pari a 62,50 euro per ciascuna azione, evidenzia un disallineamento rispetto ai multipli di mercato di un campione di banche con azioni quotate, in ragione del fatto che il valore delle azioni dell'emittente viene determinato annualmente dall'assemblea dei soci e non in un mercato regolamentato;
   da un'attenta analisi dei bilanci si evincerebbe quindi una eccessiva sopravvalutazione delle azioni della BPVI rispetto alle azioni delle banche quotate nei mercati regolamentati in quanto – secondo le valutazioni degli analisti – il rapporto tra valore delle azioni e patrimonio sarebbe pari a 1,2 a differenza di una media delle banche quotate decisamente inferiore ad 1;
   un ulteriore analisi dei dati contabili dell'ultimo semestre della BPVI posta in essere da esperti consultati da Il Sole 24 Ore dimostra che alcuni parametri fondamentali della BPVI sono peggiori rispetto alla media della maggiori banche italiane: la copertura delle sofferenze della BPVI è per esempio del 44 per cento a fronte di una media del 58 per cento delle altre banche;
   l'articolo on-line de il Giornale di Vicenza del 29 agosto 2015, riporta: «Guardate che la Bce è stata anche troppo buona con la Popolare di Vicenza». Questa frase, pronunciata da Francesco Iorio qualche settimana fa al termine della prima conferenza stampa del nuovo consigliere delegato e direttore generale della Banca Popolare di Vicenza, era stata interpretata come una battuta rivolta a chi era propenso ad addebitare a Francoforte la maggior parte dei problemi dell'istituto di credito berico. Ieri si è capito invece cosa voleva dire. La semestrale in rosso per oltre un miliardo approvata dal cda e il nuovo aumento di capitale «fino a 1,5 miliardi» che verrà proposto alla prossima assemblea straordinaria dipendono in larga parte dalle irregolarità riscontrate dagli ispettori della Bce e imputate al management precedente. Tale dichiarazione riflette i dubbi degli interroganti sulle ripetute e sospette mancanze degli organi di vigilanza, in più occasioni rimarcate dalle dichiarazioni della Banca d'Italia e da fonti, stampa. Di basilare importanza, a tal fine, è l'esposto depositato da ADUSBEF nel 2008; in proposito, sul sito dell'associazione, si legge in un post del 4 ottobre 2010 «il 18 marzo 2008, Adusbef aveva presentato un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Vicenza, in persona del dr. Ivano Nelson Salvarani, contestando l'illiceità di talune condotte societarie della Banca Popolare di Vicenza, del suo Presidente Giovanni Zonin, e del Consiglio di amministrazione, in merito alla delibera dello stesso Consiglio di amministrazione di aumento della quotazione azionaria a 58 euro, che avrebbe dovuto essere approvata nell'assemblea degli azionisti del successivo 19 aprile 2008, profilando ipotesi di reato ed esplicitando in calce di essere informata nel caso di richiesta di archiviazione ex articolo 408 e seguenti del codice di procedura penale. Il 2 gennaio 2009 il sostituto procuratore delegato alle indagini, dottoressa Angela Barbaglio, aveva richiesto al giudice per le indagini preliminari la prosecuzione del termine per le indagini; in data 15 aprile 2009 lo stesso pubblico ministero Barbaglio richiedeva al giudice l'archiviazione della stessa denuncia, omettendo di darne comunicazione alla parte offesa/denunciante. Il 21 aprile 2009 il giudice per le indagini preliminari, Eloisa Pesenti, accogliendo le richieste del pubblico ministero emetteva il decreto di archiviazione, che in evidente contrasto con i doveri di ufficio e con le norme imperanti, non veniva mai notificato e/o comunicato al denunciante. Il 23 aprile 2009 l'ufficio stampa della Banca Popolare di Vicenza Scarl diramava un comunicato nel quale enfatizzava l'avvenuta archiviazione, ripresa da tutti i giornali il 24 aprile 2009, soprattutto quelli economici per far celebrare, il 25 aprile 2009 la riconferma del Zonin dall'assemblea dei soci. La consecutio delle date e gli episodi descritti dal 15 al 25 aprile, sono elementi così importanti e decisivi da far sospettare un'attenta regia tra i vertici della Banca Popolare di Vicenza ed il procuratore della Repubblica dr. Salvarani, che si arrogava il diritto di archiviare per consentire all'assemblea dei soci il 25 aprile 2009 il trionfo, senza ombre, della gestione Zonin». All'epoca dei fatti, Lamberto Cardia era presidente della Consob, mentre Governatore della Banca d'Italia era Mario Draghi;
   da fonti stampa si apprende anche di altri plausibili conflitti di interesse come l'acquisto del Palazzo Repeta, sede vicentina della Banca d'Italia, invenduto per 5 anni, e poi comprato da BPVI, sembra per la «modica» cifra di 9 milioni di euro, o la nomina nel ruolo di vice-presidente di Andrea Monorchio, ex ragioniere di Stato, e di Gianandrea Falchi come «consigliere alle relazioni istituzionali e internazionali»; quest'ultimo (come affermato da Il Sole 24 Ore) era a capo della «segreteria particolare» di Mario Draghi (fino ad oggi presidente della stessa BCE, che dovrebbe proseguire la vigilanza sull'operato di BPVI) quando ricopriva il ruolo di Governatore della Banca d'Italia, e oggi sembra ricopra le stesse mansioni a 300.000 euro annui da un sontuoso ufficio romano acquistato appositamente da BPVI;
   da fonti stampa si apprende che l'Adusbef abbia provveduto a denunciare alla procura della Repubblica di Vicenza anche la vicenda relativa all'erogazione di finanziamenti e mutui in «cambio» della sottoscrizione di azioni della BPVI, prassi quest'ultima che ha indotto i clienti della Banca all'acquisto di azioni senza avere la possibilità di venderle in caso di necessità a causa delle disposizioni giuridiche e normative o semplicemente per una netta difficoltà a trovare acquirenti. Un imprenditore di Schio, Paolo Trentin ha pubblicamente dichiarato: «A noi sono ripetutamente venuti ad offrire azioni dell'istituto in cambio di finanziamenti. Io mi sono rifiutato e dopo pochi mesi mi sono stati ridotti gli affidamenti»; nonostante l'estrema gravità dei fatti emersi non si riscontrano rilievi determinanti da parte della procura della Repubblica investita della quaestio e non risultano intraprese iniziative da parte del Governo al fine di accertare eventuali violazioni normative nella gestione della BPVI;
   il consiglio di amministrazione della BPVI – al fine di superare i controlli della BCE – ha deciso di procedere al rimborso anticipato delle obbligazioni emesse mediante il conferimento di azioni BPVI. A parere degli interroganti risulta poco ragionevole far sottoscrivere ai risparmiatori della Banca delle obbligazioni convertibili in azioni tramutando in questo modo uno strumento finanziario di risparmio in azioni che presuppongono al contrario il rischio del capitale investito. La Banca d'Italia ha affermato che la BPVI è riuscita a superare lo stress test della BCE (la soglia minima è il 5,5 per cento di rapporto tra capitale utile ed attività ponderate per il rischio) proprio mediante la «conversione irrevocabile» del bond di 253 milioni. Al riguardo «Il Sole-24 ore» del 4 novembre 2014, nell'articolo «Lettera di Bankitalia alla Popolare Vicenza» di Claudio Gatti, riporta che «Il 23 ottobre scorso Francoforte ha comunicato confidenzialmente a Vicenza il risultato del Comprehensive Assessment, l'esercizio contabile a cui sono state sottoposte tutte le banche europee. E in quella data l'istituto risultava avere un buco, o shortfall, di 223 milioni di euro. Due giorni dopo, alla vigilia dell'annuncio ufficiale al mercato, la Bpvi ha convocato un Cda d'emergenza che ha deliberato “l'irrevocabile conversione del prestito obbligazionario di 253 milioni sottoscritto nel 2013”. Con questa conversione, la banca ha tappato il buco, che la Bce aveva notato essere stato creato da una campagna di riacquisto, o buyback, di azioni proprie. Quella campagna si era esaurita il 30 settembre 2014 con il conseguente abbattimento del capitale della banca di 194,90 milioni, cifra che aveva portato la banca sotto la soglia minima prevista del 5,5 per cento. A Il Sole 24 Ore risulta che (...) la Banca d'Italia abbia inviato a Vicenza una lettera in cui chiede informazioni sull'aumento capitale, il successivo buyback e la loro contabilizzazione». Altresì, nel suddetto articolo si legge che «Consob ha avviato verifiche volte ad accertare la correttezza dei comportamenti dell'intermediario. Sotto esame, in particolare, c’è l'adeguatezza delle procedure interne alla Popolare di Vicenza in materia di collocamento di strumenti finanziari presso la clientela. (...) La questione dello smobilizzo dei titoli Bpvi non interessa ovviamente solo alla Consob, ma anche ai sottoscrittori. Essendo la Vicenza una banca non-quotata, i suoi titoli possono essere infatti ceduti solo se c’è un compratore. Che nel caso dell'operazione di buyback sopra citata è stata la banca stessa. Quando abbiamo chiesto alla Bpvi un commento sulle voci circolanti a Vicenza che i titoli non si riescono a vendere, ci è stato risposto che «storicamente il socio della BPVI è sempre riuscito a liquidare il proprio investimento nel corso dell'anno al prezzo determinato dall'ultima Assemblea». L'istituto vicentino ha però anche precisato che «negli ultimi due anni sono stati effettuati due importanti aumenti di capitale che hanno probabilmente influito sulla tempistica del processo di evasione delle richieste». Uno dei sottoscrittori che da mesi sta pagando le conseguenze di questa nuova tempistica è Giuseppe Serafini, un pensionato vicentino con quasi tremila titoli. Serafini è il classico socio di una banca popolare: cittadino locale che investe i propri risparmi in una banca che a sua volta investe nel territorio. Senza ambizioni speculative o aspettative smisurate. Dividendi ragionevoli, è tutto ciò che si è sempre aspettato. E che per lungo tempo ha avuto. Ma non più. «Sono anni che non riceviamo più dividendi. E adesso non riesco più a vendere. Sono cinque mesi che ho dato mandato di vendere titoli per 100 mila euro. Ma non sono mai riusciti a venderle. E per i titoli di mia moglie è lo stesso. Avevano sempre detto che nel giro di due o tre mesi quei titoli si sarebbero venduti... invece niente. Adesso aspetto, anche perché non posso fare altro»;
   a parere degli interroganti, sarebbe opportuno verificare se ci siano collegamenti tra l'assunzione di Giannandrea Falchi, la comunicazione anticipata dell'esame Bce, la convocazione straordinaria del consiglio di amministrazione per deliberare la conversione del bond di 253 milioni di euro in più rischiose azioni BPVI dal valore fissato al prezzo «convenzionale» di 62,50 euro cadauna, l'acquisto del prestigioso palazzo Repeta, storica sede di Banca d'Italia chiusa per 5 anni perché non aveva acquirenti e poi acquisito dalla BPVI al prezzo richiesto di 9 milioni di euro nella scorsa primavera;
   altresì sarebbe opportuno verificare se la conversione di obbligazioni in azioni BPVI abbia penalizzato i piccoli risparmiatori, che fanno fatica a venderle quando hanno bisogno di liquidità ed in particolar modo sarebbe opportuno conoscere anche lo stato delle indagini della procura della Repubblica a seguito delle denunce presentate dall'Adusbef;
   bisognerebbe verificare se sussistono eventuali violazioni in sede di gestione della BPVI da parte degli organi di amministrazione e controllo e se la Banca d'Italia e la Consob abbiano esercitato i poteri loro conferiti al fine di evitare o porvi rimedio; 
   da quanto appreso dai fatti in premessa sia la BCE che la Banca d'Italia erano a conoscenza delle difficoltà della BPVI e non si comprendono le ragioni per le quali non si sia provveduto ad avviare la procedura di amministrazione straordinaria ovvero a valutare l'opportunità di accertare la sussistenza di eventuali violazioni nella gestione della Banca –:
   se risultino elementi in ordine all'accertamento di eventuali violazioni della normativa con riferimento alla gestione della Banca Popolare di Vicenza, nonché in ordine alla fonte delle liquidità utilizzate per coprire i flussi finanziari e la relativa conformità all'articolo 47 della Costituzione, e quali iniziative, anche normative potrebbero essere poste in essere al fine di tutelare i risparmiatori della Banca popolare di Vicenza che hanno sottoscritto le obbligazioni convertibili in azioni nel caso in cui dovessero emergere delle eventuali responsabilità di Banca d'Italia e Consob nell'esercizio delle proprie competenze, soprattutto in merito all'emissione delle medesime obbligazioni. (5-06407)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   la gestione dei beni confiscati alla mafia è diventata di recente un caso giudiziario coinvolgendo il presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo; infatti, il giudice Silvana Saguto è sotto inchiesta per corruzione, induzione alla corruzione e abuso d'ufficio;
   con lei sarebbero indagati anche l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara, titolare di uno studio a cui è affidata la gestione di diverse aziende confiscate, e il marito del giudice, l'ingegnere Lorenzo Caramma, che in passato avrebbe avuto rapporti di consulenza con il legale, ma quando il giudice Saguto non era ancora presidente della sezione del tribunale che decreta le confische;
   la procura di Caltanissetta, con una nota ufficiale, ha comunicato l'avvio dell'inchiesta per corruzione «allo scopo di evitare il diffondersi di notizie inesatte»;
   negli ultimi giorni l'inchiesta si è allargata coinvolgendo nelle indagini anche altri tre giudici: Tommaso Virga ex componente della sezione disciplinare del Csm – oggi presidente di sezione – indagato per induzione alla concussione; Dario Scaletta facente parte della direzione distrettuale antimafia è indagato per rivelazione di notizie riservate; Lorenzo Chiaromonte collega del giudice Saguto, è indagato per abuso d'ufficio;
   l'inchiesta è scaturita da denunce pubbliche su un giro di affidamenti dei beni a pochi professionisti che ne avrebbero ricavato «parcelle d'oro»: questo aveva denunciato nel gennaio 2014 il prefetto Giuseppe Caruso, a quel tempo direttore dell'Agenzia dei beni confiscati, che gestisce un patrimonio di circa 30 miliardi di euro con beni distribuiti in tutta Italia; solo il 43 per cento di questo immenso patrimonio si trova in Sicilia in gran parte concentrato in provincia di Palermo;
   la sezione presieduta dal giudice Saguto, che ha difeso «senza ombra di dubbi» la correttezza del suo lavoro, si è trovata al centro di una durissima polemica quando il prefetto Caruso ha sollevato, anche davanti alla Commissione antimafia, dubbi pesanti sull'affidamento degli incarichi di gestione;
   il prefetto Caruso aveva citato soprattutto il caso della «Immobiliare Strasburgo» confiscata al costruttore Vincenzo Piazza che da diversi anni era gestita dall'avvocato Gaetano Cappellano Seminara; secondo l’ex direttore dell'Agenzia, il legale aveva percepito una «parcella d'oro» di 7 milioni di euro come amministratore giudiziario, altri 150 mila euro li aveva incassati come presidente del consiglio di amministrazione; per questo, aveva spiegato ai parlamentari della Commissione, aveva deciso una rotazione di amministratori;
   l'avvocato Cappellano Seminara aveva replicato ricordando che si occupava di confische da 28 anni, con uno studio di 35 professionisti e quanto ai compensi «una cosa – aveva detto – è gestire l'amministrazione dinamica di un'impresa, altra cosa è liquidarla secondo le nuove direttive dell'Agenzia»;
   anche il giudice Silvana Saguto era stata ascoltata dalla Commissione davanti alla quale aveva assicurato che la gestione dei beni confiscati a Palermo era improntata alla massima correttezza; la presidente Rosy Bindi alla fine aveva ritenuto che non ci fossero elementi tali da «inficiare condotte delle singole persone»;
   pare che, sulla scia delle polemiche avviate da Caruso, altre denunce siano arrivate alla procura di Palermo e da questa dirottate a quella di Caltanissetta, competente nei casi in cui siano coinvolti magistrati del distretto di Palermo;
   don Luigi Ciotti, presidente dell'associazione Libera e promotore del progetto per l'istituzione di un albo per gli amministratori ha commentato: «Da tempo Libera insiste sulla necessità di rinnovare e ripensare l'antimafia per ripulirla dalle zone d'ombra» –:
   se il Ministro interrogato, non intenda avviare iniziative ispettive, ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza.
(2-01083) «Melilla».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e SEGONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni che il nuovo carcere di Rovigo potrebbe costituire un caso emblematico di un'Italia che spreca denaro pubblico, cementificando inutilmente terreni produttivi, ennesimo esempio di cattedrali nel deserto abbandonate poi all'incuria ed al degrado;
   il prefetto di Rovigo, dottor Francesco Provolo ha, infatti, recentemente rilasciato dichiarazioni secondo non sarebbe nelle priorità del Ministero della giustizia l'apertura a regime del nuovo carcere di Rovigo, capace di ospitare 250 detenuti;
   tale notizia lascia del tutto sconcertati in quanto il progetto, del costo iniziale stimato in 20 milioni di euro per ciascuna delle due fasi dell'intervento, ha visto la realizzazione della prima parte, cioè la costruzione della struttura dell'istituto penitenziario oltre a 90 appartamenti di servizio destinati al personale della struttura e due attici di 160 metri quadrati destinati al comandante del Corpo di polizia penitenziaria, per la spesa complessiva di 29 milioni di euro;
   la seconda fase, del costo di ulteriori 20 milioni di euro, ma secondo altri sarebbero sufficienti solo 8 milioni, servirebbe per le forniture d'arredo, le opere collegate tra le quali l'asfaltatura di una strada d'accesso, e la collocazione dei detenuti, nonché per l'assunzione di circa un centinaio di agenti, da aggiungere agli attuali 50 già in servizio nel vecchio carcere, per consentire di raggiungere la capienza massima di 408 detenuti;
   tale notizia giunge in un momento nel quale alcune rappresentanze sindacali denunciano l'emergenza all'interno del vecchio penitenziario di via Verdi in Rovigo a tutt'oggi in funzione, relativamente alle condizioni di lavoro del personale e di vita dei detenuti;
   un rappresentante della funzione pubblica Cgil di Rovigo riferisce che su un totale di 62 unità in pianta organica solo 35 svolgono il servizio, poiché, dodici poliziotti sono assenti per malattia a lunga degenza (compreso il comandante del reparto), sette sono in congedo ordinario, uno in congedo straordinario, due sono in maternità; ci sono una fiamma azzurra e tre distaccati di cui, due al gruppo operativo mobile e uno per motivi familiari; due poliziotti sono parzialmente inidonei al servizio;
   il risultato è che alcune attività, per 60 dei 108 detenuti, sono state sospese, e si è al limite per garantire ai detenuti otto ore fuori dalla cella; le attività trattamentali finalizzate alla risocializzazione dei detenuti sono del tutto carenti;
   per di più, l'utilità del nuovo carcere è rimarcata anche dagli ultimi dati aggiornati al 31 agosto 2015, relativi all'affollamento nelle 9 case circondariali presenti nella regione veneto, nei quali si trovano 2.227 detenuti, 528 unità oltre la capienza regolamentare che è di 1.699, cioè con un sovraffollamento di almeno il 30 per cento;
   nonostante nel corso degli ultimi anni si siano susseguiti vari provvedimenti legislativi «svuota carceri» che hanno fatto transitare fuori dagli istituti di pena 1.151 persone in 5 anni, il problema del sovraffollamento carcerario, in Italia, come nel veneto, persiste e si ripresenta costantemente in tutta la sua sconfortante realtà numerica;
   stride con il comune buon senso, il fatto che dopo una spesa di ben 29 milioni di euro di fondi pubblici ed a fronte di una reale ed attuale esigenza di ampliamento dei posti dedicati ai detenuti, ci si fermi di fronte ad un problema finanziario del 20 per cento del costo totale dell'opera;
   ciò appare ancora più incomprensibile, soprattutto, ove pensi che a causa del sovraffollamento carcerario l'Italia rischia di pagare all'Unione europea oltre 100 milioni di euro di sanzioni all'anno a causa del mancato adeguamento delle carceri italiane e del sovraffollamento endemico e cronico delle stesse, che provoca conclamate situazioni detentive disumane e degradanti per i detenuti;
   se la struttura penitenziaria, già completamente edificata, non venisse messa in funzione a breve diverrebbe naturale preda del degrado, ovvero potrebbe essere oggetto di atti di vandalismo, oppure offrirebbe spazi non presidiati per possibili fenomeni di delinquenza, con conseguenti problematiche in ordine anche alla sicurezza del comune di Rovigo che se ne dovrebbe fare carico;
   stante la situazione, come da più parti dichiarato, si auspica, quindi, che il nuovo carcere, strutturalmente già ultimato, sia messo nelle condizioni di poter aprire i battenti ed accogliere gli operatori ed i detenuti che potranno così fruire, rispettivamente, di condizioni di lavoro più favorevoli e condizioni di detenzione più umane con la ripresa di tutte quelle attività utili alla rieducazione del condannato ed al suo reinserimento sociale, in ossequio al principio costituzionale della finalità rieducava della pena –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta;
   se e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di provvedere a garantire la funzionalità ed operatività del nuovo carcere di Rovigo;
   se ed in quale modo ritenga di poter stimolare l'ultimazione dei lavori del nuovo carcere di Rovigo per garantirne l'apertura entro il corrente anno, anche in relazione al piano di interventi per la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie e per l'adeguamento ed il potenziamento di quelle esistenti, cosiddetto «piano carceri»;
   se e quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di ridurre i disagi illustrati e facilitare il transito degli operatori e dei detenuti dall'attuale carcere di Rovigo, sito in Via Verdi, verso quello recentemente edificato;
   se ritenga necessario impiegare con urgenza parte dei fondi della Cassa delle ammende per l'ultimazione dei lavori del carcere di Rovigo ai fini di una sua rapida entrata in funzione. (5-06397)

Interrogazione a risposta scritta:


   VENTRICELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da organi di stampa, durante lo svolgimento degli esami di abilitazione professionale degli avvocati, che si sono tenuti a Bari il 17 dicembre 2014, sono state rilevate alcune irregolarità da parte di sei candidati;
   gli aspiranti avvocati iscritti all'esame, circa 1.500, hanno sostenuto le prove scritte in questi giorni e nell'ultimo giorno degli scritti, i carabinieri sono intervenuti intercettando una busta contenente i compiti già svolti diretti a sei candidati;
   a ciò che si apprende dalle prime indagini, sarebbe stato un dipendente della corte di appello, con il compito di sorvegliare lo svolgimento della prova durante i tre giorni, a consegnare la busta con le tracce a un dirigente dell'università il quale, dopo alcune ore, gli avrebbe restituito la busta con all'interno i compiti corretti e un biglietto con i sei nomi a cui consegnare i temi; nello stesso momento del passaggio sono intervenuti i carabinieri, che pedinavano il dirigente fin dal primo giorno, dopo aver ricevuto una segnalazione;
   la busta con i compiti svolti è stata sequestrata dai carabinieri, che hanno condotto i due uomini in caserma per essere interrogati: al momento sono indagati a piede libero per la violazione della legge n. 475 del 1925 sugli esami di abilitazione professionale che stabilisce che: «chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l'abilitazione all'insegnamento ed all'esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno», in attesa di verificare anche la posizione dei sei aspiranti avvocati destinatari delle tracce e quella di altre persone eventualmente coinvolte nella vicenda –:
   come intenda agire per verificare, per quanto di competenza, il coinvolgimento di chi avrebbe dovuto vigilare su una così importante prova d'esame;
   come intenda salvaguardare coloro che hanno svolto la loro prova nella completa correttezza e legalità. (4-10372)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha assunto l'impegno di agire con assoluta tempestività per potenziare i collegamenti ferroviari nel Mezzogiorno, con particolare riguardo allo sviluppo e all'implementazione dei collegamenti ad alta velocità/alta capacità;
   recentemente, le Ferrovie dello Stato italiane spa hanno comunicato la decisione di ripristinare l'arrivo dei treni Freccia Rossa fino a Bari escludendo la possibilità di far proseguire i convogli fino alla stazione di Lecce;
   tale decisione ha suscitato la protesta delle istituzioni e della popolazione pugliese, nonché del sistema delle imprese e di tutte le organizzazioni sindacali;
   l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane spa ha motivato la decisione assunta in quanto non ci sarebbero le condizioni economiche e di mercato per attuare la predetta prosecuzione;
   peraltro, in base alle dichiarazioni rese alla stampa dallo stesso amministratore delegato risulterebbe che l'onere per l'esercizio di tale tratta ammonterebbe alla somma di un milione di euro all'anno;
   ad avviso dell'interrogante si tratta, di una motivazione in se stessa discutibile e che trascura del tutto di considerare la specifica missione dell'Azienda che gestisce un servizio pubblico, che, nel caso in specie, appare funzionale allo sviluppo economico di un'area non secondaria del Meridione in evidente contraddizione con gli obiettivi annunciati dal Governo –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti e se e quali iniziative di competenza intende assumere affinché l'azienda realizzi il collegamento richiesto. (5-06389)


   ROMANINI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la linea Parma-La Spezia è coinvolta da un progetto di raddoppio rispetto al quale sono già stati realizzati importanti interventi. Su tale tratta nel comune di Collecchio (Parma) esistono nove passaggi a livello posti, rispettivamente, ai chilometri 8+088, 10+119, 11+654, 13+505, 14+657, 16+562, 17+598, 19+168 e 19+741 su viabilità pubbliche e due passaggi a livello ai chilometri 8+615 e 15+873 su viabilità private;
   Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (RFI) è autorizzata — in conformità con quanto previsto dalla legislazione speciale di riferimento — a predisporre ed eseguire un piano di soppressione dei passaggi a livello, mediante costruzione d'idonei manufatti sostitutivi o deviazioni stradali;
   il 3 settembre 2004 Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., la regione Emilia Romagna, i comuni di Parma, Collecchio e Fornovo Taro hanno sottoscritto un accordo di programma, con il quale è stato concordato di procedere, tra l'altro, alla soppressione per ragioni di sicurezza di complessivi 11 passaggi a livello;
   il comune di Collecchio ha avviato, negli anni 2004 e 2005, la consultazione degli organismi di partecipazione dei cittadini delle aree interessate dagli interventi in una logica di progettazione condivisa che ha portato alla definizione delle scelte principali sulle opere sostitutive e all'approvazione, nel 2005, di un piano di riqualificazione della zona urbana del capoluogo prossima alla ferrovia, con la ridefinizione dell'accesso alla città e della struttura viabilistica proprio in relazione al programma di soppressione dei passaggi a livello di RFI;
   il confronto tra ente locale e RFI servì a definire scelte progettuali condivise e rispettivi obblighi che trovarono formalizzazione nella sigla, il 3 febbraio 2009, di apposita convenzione tra RFI e comune di Collecchio, approvata anche dal consiglio comunale. In tale convenzione venivano indicate tutte le opere sostitutive ai passaggi a livelli da realizzarsi a cura di RFI;
   a distanza di sei anni dei lavori avviati da RFI, solo un intervento risulta concluso e precisamente quello al chilometro 17+766 in via Molinara. Se si esclude la sospensione dei lavori al chilometro 19+230, in via Qualtico e al chilometro 19+720 in località Ozzano Taro a causa di un ricorso al TAR, i restanti cantieri sono fermi; in alcuni casi le strade comunali importanti per la viabilità locale, sono chiuse da anni, con grandi disagi per la popolazione e grave danno per il comune;
   ad oggi lo stato degli interventi è il seguente:
    a) al chilometro 8+008 in località Lemignano il passaggio a livello è chiuso dal 25 luglio 2011, il sottopasso è ultimato da circa un anno, ma la strada è inutilizzabile a causa di un errore di esecuzione dei lavori, poiché i pali della luce sono stati messi in carreggiata e non sono ancora stati spostati fuori dalla sede stradale;
    b) al chilometro 10+119, la via Mulattiera è stata chiusa, su richiesta di RFI, il 3 giugno 2014. Il 2 luglio 2014 sono state consegnate le aree comunali per la costruzione del sottovia. È stato ultimato il monolite in cemento armato e si attende la sua sistemazione nonché la realizzazione delle rampe;
    c) al chilometro 13+420, in via Campirolo, RFI con nota prot. 8722 del 15 giugno 2015, disattendendo la convenzione siglata, ha chiesto di realizzare un sottopasso ciclo pedonale. Il comune di Collecchio ha formalmente richiesto il rispetto degli impegni assunti ovvero di realizzare il manufatto carrabile. Ad oggi i lavori non sono iniziati;
    d) al chilometro 14+607, in via Giarola le opere sono rimaste sospese oltre un anno a causa di interferenze con la rete SNAM. SNAM ha finito i propri lavori a giugno del corrente anno. Ad oggi RFI non ha ripreso i lavori;
    e) al chilometro 16+590 in via Libertà in località Gaiano, le opere sono sospese a causa di interferenze con la rete SNAM. SNAM finirà i lavori a dicembre –:
   se il Ministro non ritenga di intervenire presso Rete Ferroviaria Italiana con l'obiettivo di verificare l'andamento del piano di soppressione dei passaggi a livello, soprattutto in relazione ai tempi di esecuzione degli interventi, il protrarsi dei quali, come detto, comporta l'interruzione di strade comunali con disagi per la popolazione e danno per il comune; se pertanto non ritenga necessario promuovere una specifica iniziativa per sbloccare la situazione dei lavori sulla tratta ferroviaria Parma-Collecchio-Fornovo Taro.
(5-06391)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARTELLA, MOGNATO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i sensi dell'articolo 3, comma 9-bis del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, comunemente conosciuta come decreto-legge «Sblocca Italia», è previsto che le opere elencate nell'XI allegato infrastrutture, approvato ai sensi dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni e dal CIPE, nella seduta dell'agosto 2014, e per le quali alla data di entrata in vigore della legge di conversione, era stata già indetta la conferenza di servizi, di cui all'articolo 165 del decreto legislativo 163 del 2006, vengano trasmesse in via prioritaria, entro il termine di 180 giorni, allo stesso Cipe, al fine dell'assegnazione delle risorse finanziarie necessarie per la loro realizzazione;
   tra le opere dell'XI allegato infrastrutture, di cui in premessa, vi e la realizzazione della «Piattaforma d'Altura di Venezia» il cui avvio è stato disposto dall'articolo 1, comma 186, della legge di stabilità 2013;
   il CIPE nella delibera del 5 maggio 2011 prendendo atto dell'accordo sottoscritto tra il magistrato alle acque e l'autorità portuale nel 2010 ha invitato il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ad aggiornarlo sull'avanzamento della realizzazione della piattaforma d'altura;
   il progetto della piattaforma d'altura avrebbe dovuto essere, trasmesso al Cipe entro l'11 maggio 2015 ma ciò non è avvenuto;
   l'urgenza di far approdare presso il Cipe suddetto progetto deriva, anche, dalla necessità di avviare i lavori in adempimento dell'accordo di programma che coinvolge Ministero dello sviluppo economico, regione Veneto, comune di Venezia ed autorità portuale di Venezia per la riconversione e riqualificazione dell'area di crisi industriale complessa di Marghera, accordo siglato lo scorso 8 gennaio 2015;
   l'autorità portuale ha pronto il bando per mettere a gara lavori per un importo complessivo pari a 35 milioni di euro relativi al primo stralcio dell'opera ubicato a Porto Marghera e ha completato la progettazione di un ulteriore stralcio per un valore di 95 milioni;
   la realizzazione della «Piattaforma d'altura» costituisce, inoltre, la modalità per l'attuazione degli obblighi di estromissione dei traffici per la salvaguardia della laguna imposti dalla legge 798 del 1984 (legge speciale per Venezia) oltreché un'iniziativa per superare i limiti alla navigazione già imposti dalla realizzazione del sistema M.o.s.e. –:
   quale sia lo stato degli adempimenti per la trasmissione al Cipe del progetto di realizzazione della Piattaforma d'altura di Venezia e quali iniziative si intendano porre in essere e in quali tempi al fine di accelerare l'avvio dei lavori già coperti dai finanziamenti previsti dall'accordo siglato dal Ministero dello sviluppo economico e dalla legge di stabilità 2015, ciò anche in considerazione della rilevanza strategica che tale opera assume sia per il processo di bonifica e di riconversione industriale di Marghera, sia per il decongestionamento del traffico marittimo della laguna, sia per il recupero della competitività del sistema portuale logistico italiano.
(4-10363)


   RIZZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il progetto della strada a scorrimento veloce (SSV) Licodia Eubea-Libertinia rappresenta per lo sviluppo dell'area sudorientale della Sicilia un'arteria di prioritaria importanza;
   tale opera pubblica consta di tre stralci funzionali e precisamente:
    a) tronco svincolo Regalsemi-innesto strada statale n. 117-bis. – 2o stralcio funzionale – completamento tratto A: da svincolo Regalsemi (chilometro 0+000) ad inizio variante di Caltagirone (chilometro 3+700) risulta all'interrogante cantierabile ma non risultano avviate le procedure di gara d'appalto;
    b) tronco svincolo Regalsemi-innesto strada statale 117-bis. – 1o stralcio funzionale – «variante di Caltagirone» (dal chilometro 3+700 riferito al lotto unico – compreso lo svincolo di S. Bartolomeo – al chilometro 12+470). L'intervento, di importo pari a 143 milioni di euro, è in corso di realizzazione. Lo stato di avanzamento dei lavori risulta, ad oggi, pari al 95,08 per cento;
    c) tronco svincolo Regalsemi-innesto strada statale 117-bis. – 2o stralcio funzionale – completamento tratto B: da fine variante di Caltagirone (chilometro 12+470) ad innesto strada statale 117-bis (chilometro 20+220). L'opera, con un costo aggiornato di circa 153,4 milioni di euro, è già inserita nell'Allegato A «Elenco opere infrastrutturali di nuova realizzazione per l'anno 2007 con proiezione programmatica fino al 2011» del piano investimenti ANAS 2007-2011. Il 23 settembre 2013 il Sottosegretario pro tempore Girlanda dichiarava, rispondendo all'interrogazione parlamentare n. 5-01047, che non erano previsti finanziamenti per la realizzazione dell'infrastruttura;
   nell'intento di sollecitare gli organi istituzionali competenti per completare le opere appena descritte si è costituito un comitato permanente tra i sindacati del settore industria e i sindaci dei comuni di Caltagirone, Mirabella Imbaccari, San Michele di Ganzeria e di San Cono;
   il 14 luglio 2015 si è tenuto un sit-in di protesta organizzato dalle principali sigle sindacali di categoria e dai sindaci dei comuni interessati alla realizzazione delle opere per sollecitare un incontro urgente con il presidente della regione siciliana e con l'assessore regionale siciliano alle infrastrutture e mobilità;
   la necessità di concludere, nel più breve tempo possibile, l'iter burocratico che porti all'aggiudicazione dei lavori già finanziati e alla urgente definizione delle somme necessarie al completamento del tratto B del 2o stralcio, è dettata anche dal disastroso stato di abbandono senza precedenti della viabilità provinciale-statale che collega i comuni del territorio del calatino –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere, o abbia già intrapreso, per favorire il completamento dell'importante arteria viaria SSV Licodia Eubea-Libertinia;
   se e quando si potrà procedere a finanziare il 2o stralcio funzionale – tratto A. (4-10385)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 10 settembre 2015, l'abitazione del sindaco di Quindici, in provincia di Avellino, è stata raggiunta da tre colpi d'arma da fuoco;
   sull'accaduto sono in corso le indagini delle forze dell'ordine;
   si tratta di un gravissimo atto di intimidazione contro un amministratore che si batte per la legalità in una realtà particolarmente difficile e interessata da fenomeni malavitosi;
   tutto il Vallo di Lauro è una realtà purtroppo tristemente nota per la frequenza con la quale si verificano fenomeni come quello che ha interessato il primo cittadino di Quindici;
   all'inizio del mese di luglio 2015, sono stati esplosi diversi colpi di carabina contro alcuni mezzi impegnati nella demolizione dell'ex-edificio scolastico di Lauro;
   alcuni giorni fa, nel centro cittadino di Lauro è stata ritrovata una pistola ben occultata e pronta all'uso;
   a seguito di tali episodi verificatisi recentemente, i carabinieri hanno disposto ed effettuato un servizio di sorveglianza e prevenzione su gran parte del territorio, in particolar modo nei comuni di Lauro e Quindici;
   nonostante la dedizione e la grande professionalità delle forze dell'ordine, è evidente che, alla luce degli ultimi accadimenti, si rende necessaria la presenza di più presidii dell'Esercito da dislocare nei diversi comuni del Vallo, così come già disposto per altre realtà a rischio;
   tale richiesta è stata avanzata e sollecitata da numerosi amministratori della zona, in particolare dal primo cittadino di Lauro;
   l'associazione Libera contro le mafie ha avanzato la proposta di costituire un osservatorio permanente sulla legalità fatto da cittadini e rappresentanti delle istituzioni;
   gli amministratori locali hanno, a più riprese, avvisato le autorità circa i rischi derivanti dall'imminente arrivo di denaro pubblico che dovrà essere speso per la realizzazione di diverse opere pubbliche;
   dall'agosto del 2008, l'operazione «Strade Sicure» vede impegnato l'Esercito italiano per specifiche esigenze di prevenzione della criminalità attraverso attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili;
   i militari dell'esercito sono stati recentemente impiegati per garantire la sicurezza degli obiettivi sensibili come aeroporti, stazioni ferroviarie, sito dell'Expo a Milano, in particolare con l'acuirsi del rischio derivante dai fenomeni terroristici –:
   se il Governo non ritenga di dover prevedere la costante presenza dell'Esercito in un'area come quella del Vallo di Lauro particolarmente interessata dai fenomeni malavitosi, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini residenti e di quegli amministratori che ogni giorno confermano il loro «no» alle criminalità organizzata mettendo a rischio la loro vita.
(4-10362)


   COLONNESE, SIBILIA, TOFALO e FICO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Hotel «Di Francia Park» di Varcaturo, presso il comune di Giugliano in Campania, che un tempo ospitava ricevimenti nuziali, da qualche mese è gestito dalla cooperativa sociale «New Family» ed accoglie circa 310 migranti che lamentano condizioni di vita precarie: sale sovraffollate, letti ammassati all'ingresso dell'albergo, niente ricambi di vestiti, pasti immangiabili, bagni otturati. «Non possiamo vivere così — dice con insistenza un giovane migrante — Non vogliamo arrecare danno a nessuno, ma fateci vivere con dignità». Inoltre, persiste, nonostante diverse lamentele, la convivenza forzata di diverse etnie culturalmente distanti che faticano a coabitare;
   agli inizi di agosto 2015 la situazione diede origine ad un'accesa protesta placata dopo quattro ore grazie alla mediazione del commissariato di Giugliano. I giovani manifestavano malcontento per i tempi di attesa dei documenti utili per restare in Europa («le papièr»), l'assenza dei «pocket money» (l’«argent de poche»), nonché di un medico che li visiti prima ancora di prescrivere medicine che non possono comprare. Inoltre chiedevano condizioni igieniche almeno al pari degli altri centri di accoglienza siti sul litorale domizio e qualche vestito per potersi cambiare i panni che indossano da mesi;
   secondo quanto riportato da Il Mattino, il 29 agosto all'interno della struttura la tensione fra gli ospiti è sfociata in una violenta rissa che ha coinvolto circa 200 migranti fra ivoriani, maliani, bengalesi, pakistani, senegalesi, nigeriani. Sono volate sedie di ferro, sono stati tirati fuori bastoni. Sono sette i giovani finiti in ospedale, uno persino con il codice rosso, due sono stati arrestati e nove denunciati. Il problema pare sia legato alla convivenza, al di là del fatto che sono ammassati tutti insieme giovani di 6 nazionalità diverse, in stanzoni enormi e corridoi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa;
   come intenda intervenire e quali siano i provvedimenti e le strategie d'intervento, al fine di porre rimedio alla situazione venutasi a creare nella struttura in questione;
   quali iniziative intenda assumere per monitorare: l'operato e i servizi offerti delle cooperative sociali operanti sul territorio e che gestiscono l'accoglienza; il corretto impiego dei fondi comunitari; il costante rispettato i diritti umani nei centri di accoglienza; la celere produzione dei documenti necessari ai migranti per soggiornare in Europa. (4-10375)


   NESCI, NUTI, TONINELLI e DADONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto disposto dal Ministero dell'interno il 10 settembre 2015, verranno soppresse 23 prefetture in tutta Italia, che entro il 2016 saranno accorpate ad altre sedi di città vicine;
   il provvedimento colpirà le seguenti sedi: Teramo (accorpata a L'Aquila), Chieti (accorpata a Pescara), Vibo Valentia (accorpata a Catanzaro), Benevento (Avellino), Piacenza (Parma), Pordenone (Udine), Rieti (Viterbo), Savona (Imperia), Sondrio (Bergamo), Lecco (Como), Cremona (Mantova), Lodi (Pavia), Fermo (Ascoli Piceno), Isernia (Campobasso), Asti (Alessandria), Verbano-Cusio-Ossola (Novara), Biella (Vercelli), Oristano (Nuoro), Enna (Caltanissetta), Massa-Carrara (Lucca), Prato (Pistoia), Rovigo (Padova), Belluno (Treviso);
   preme ricordare che il territorio vibonese è uno dei più martoriati dal fenomeno ’ndranghetistico, per cui occorre una presenza costante delle istituzioni e delle forze dell'ordine, affinché sia garantita la sicurezza pubblica;
   come denunciato l'11 settembre 2015 dalla segreteria provinciale del Sap (Sindacato Autonomo di Polizia) di Vibo Valentia, dopo una riunione presieduta dal vice capo della polizia, dottor Matteo Piantedosi, «ancora una volta si intende tagliare sui presidi territoriali e non sulla elefantiaca macchina burocratica centrale», considerando che la soppressione delle prefetture porterà a un inevitabile depotenziamento anche delle questure e delle caserme dei vigili del fuoco, come sottolineato anche dal Conapo (sindacato autonomo dei Vigili del Fuoco); 
   come sottolinea ancora il sindacato; «nulla è stato detto su quale sarà il modello di sicurezza che verrà attuato nelle 23 province che non avranno più la questura. Le timide assicurazioni che non vi saranno riduzioni organiche né taglio di posti di funzione non ci convincono e non appaiono coerenti con il nuovo modello proposto dal Regolamento in discussione»;
   tale regolamento prevede, in base ai decreti attuativi di riforma della pubblica amministrazione, anche l'accorpamento del Corpo forestale dello Stato con altra Forza di Polizia. Tuttavia sottolinea ancora il sindacato, «il non avere previsto nel Regolamento la possibilità che le funzioni attualmente svolte dal Corpo forestale siano contemplate tra le prerogative del Dipartimento della P.S diminuisce le possibilità, di un reale accorpamento con la Polizia di Stato». Il risultato di tale procedimento sarà quindi per il sindacato che il Corpo forestale seguirà «un percorso di militarizzazione» senza trovare «la sua naturale collocazione in una amministrazione civile che delle Specialità e delle specializzazioni ne ha sempre fatto vanto e lustro»;
   di contro, nessun taglio è stato disposto per gli uffici centrali del Viminale, per le dirigenze e per le sedi logistiche, in considerazione del fatto che secondo il sindacato è stata prevista semplicemente una «timida rivisitazione delle Direzioni Centrali dove le funzioni dell'attuale Ufficio Centrale Interforze per la sicurezza personale dovrebbe confluire nell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia» –:
   se non ritenga opportuno rivedere la soppressione delle 23 prefetture, specie in quei territori, come la provincia di Vibo Valentia, in cui è necessario e doveroso salvaguardare la presenza delle istituzioni, nella lotta alla criminalità organizzata e alle sue ingerenze;
   quali azioni intenda assumere affinché venga garantito il controllo necessario e la sicurezza nei territori periferici.
(4-10377)


   PARENTELA, DIENI e NESCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante, in data 30 aprile 2015, ha presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 4-09010, ancora senza risposta, in merito alla situazione di grave degrado ambientale che permane a Bocale (RC), le cui spiagge sono invase da baracche, amianto, materiale di risulta, elettrodomestici;
   dopo un anno dal sopralluogo da parte del nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri non è stata adottata nessuna misura concreta;
   l'amministrazione comunale, nel mese di aprile 2015, ha annunciato un piano straordinario per la rimozione dei rifiuti speciali e lo scorso 27 maggio, nelle more della realizzazione del previsto intervento regionale, ha intimato con ordinanza n. 25 protocollo n. 79630 «ai proprietari/possessori delle baracche, insistenti sull'area demaniale marittima in località Bocale, nel tratto di costa denominato “Fossa della Manna”, la demolizione dei manufatti e la rimozione dei rifiuti, previa autorizzazione degli Uffici competenti, al fine di avviarli a smaltimento e/o recupero secondo le tipologie e nel rispetto del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni entro 60 giorni dalla notifica della presente ordinanza» e che in caso di ottemperanza «si procederà all'esecuzione d'ufficio in danno ai soggetti responsabili»;
   i 60 giorni sono abbondantemente trascorsi ed il comune non ha adempiuto ai suoi obblighi di agire in via surrogatoria per la demolizione e la rimozione dell'amianto –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare l'incolumità pubblica e la sicurezza dei cittadini calabresi delle aree coinvolte. (4-10378)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gravi fatti stanno avvelenando il clima politico della provincia di Salerno, all'indomani del primo consiglio provinciale;
   in particolare, secondo la ricostruzione degli organi di stampa, sarebbe approdata, in prefettura, su iniziativa di un consigliere provinciale, la mancata approvazione del bilancio consuntivo a Palazzo Sant'Agostino;
   nonostante all'ordine del giorno ci fossero una serie di importanti argomenti, tra i quali l'approvazione dei debiti fuori bilancio, infatti, due consiglieri di maggioranza del centrosinistra, guidata dal presidente Giuseppe Canfora, non si sarebbero presentati in aula facendo mancare il numero legale e portando alla sospensione del consiglio provinciale;
   il rendiconto è lo strumento fondamentale per valutare l'efficienza, l'efficacia e l'economicità dell'azione amministrativa e la sua mancata approvazione nel termine di legge testimonia un comportamento difforme da una sana gestione finanziaria con ricadute negative per l'operatività dell'amministrazione e per la sua immagine;
   se i fatti fossero confermati, si tratterebbe di un grave inadempimento da parte dell'ente di Palazzo S. Agostino e di chi lo guida, motivo per cui il prefetto ha il dovere di intervenire per ridare dignità alle istituzioni ed ai cittadini;
   con la mancata approvazione nei termini del rendiconto di gestione 2014, attivare le procedure di legge per lo scioglimento dell'ente non solo è opportuno politicamente ma è diventato anche necessario per legge –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare, anche per il tramite della prefettura, a seguito della mancata approvazione del conto consuntivo, verificando la sussistenza delle condizioni per avviare le procedure per lo scioglimento del consiglio provinciale e il conseguente commissariamento dell'ente ai sensi dell'articolo 141 del Testo unico degli enti locali. (4-10381)


   MATTEO BRAGANTINI, CAON, MARCOLIN e PRATAVIERA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 20 agosto 2015 si è inaugurata, a Reggio Emilia, Festareggio, la festa del Pd. Ad aiutare gli organizzatori anche una trentina di profughi, che avrebbero collaborato come volontari e che sarebbero stati impiegati come lavapiatti, per la preparazione degli stand e per piccole manutenzioni. Il tutto come attività gratuita e volontaria. Ma la scelta ha sollevato non poche polemiche;
   queste sono riferite non solo alla sicurezza di tali lavoratori, ma, soprattutto, alle motivazioni che hanno spinto gli organizzatori a far ricorso a questi soggetti, dal momento che alcune immagini di un servizio televisivo di TgReggio riprendono i profughi — volontari durante alcune operazioni preparatorie: come la movimentazione di un frigorifero e di alcuni tavoli e di come questi fossero privi di guanti di protezione ed utilizzassero anche un transpallet che sicuramente può essere pericoloso se non usato da personale esperto. Ci si è, dunque, chiesto da più parti se piuttosto di impiegare queste persone per un evento simile, non fosse più opportuno impiegarle per lavori al servizio dell'intera collettività, visto che è l'intera comunità che si assume i costi per il loro sostentamento nel periodo di permanenza nel nostro Paese;
   gli organizzatori investiti dalle polemiche replicano che: «Noi abbiamo aderito a un progetto della cooperativa che coinvolge diverse associazioni e diverse parrocchie, per far fare a queste persone attività in favore della comunità... Hanno la possibilità di farsi raccontare dagli altri volontari le particolarità della comunità che li ospita., di imparare l'italiano. Non è una cosa nuova, abbiamo 12 carcerati che lavorano già per la Festa»;
   si ricorda che la polemica scoppia all'indomani della firma in Regione Emilia Romagna di un protocollo per l'impiego dei profughi in lavori socialmente utili. In ogni caso, alcuni giorni dopo l'inaugurazione, il coordinatore del centro di accoglienza straordinaria della cooperativa «Dimora d'Abramo», in un comunicato stampa, ha fatto sapere che: «Da oggi nessun profugo sarà più presente come volontario a “Festareggio”. È una decisione assunta insieme alla prefettura di Reggio Emilia, che resta il nostro punto di riferimento per tutti i temi legati alla accoglienza e all'assistenza ai profughi» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per verificare, nel caso specifico, la regolarità dell'impiego di questi soggetti, seppur per pochi giorni, all'interno della sopra citata festa e comunque, in via generale qualsiasi impiego di «profughi» in ambiti privati e non al servizio dell'intera comunità che li ospita. (4-10384)


   BARONI, DAGA, GRILLO, VIGNAROLI, SILVIA GIORDANO, LOMBARDI, MANTERO, DI BATTISTA, LOREFICE, RUOCCO, COLONNESE, CECCONI e DI VITA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dalle carte dell'inchiesta «Mondo di Mezzo» istruita dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma risulta una intercettazione telefonica in cui uno dei maggiori imputati, Salvatore Buzzi, parla al telefono con Sandro Coltellacci, suo collaboratore, a proposito del reperimento di un immobile da adibire a centro adatto all'accoglienza degli immigrati;
   l'immobile in questione è all'interno del complesso «Centro clinico Colle Cesarano Spa» notissima clinica psichiatrica convenzionata con la regione Lazio, che riceve 8.339.242,6 euro di finanziamenti annuali dalla regione Lazio per 169 posti letto in psichiatria e 40 posti letto in residenza sanitaria assistenziale per anziani;
   il cancello di entrata al centro è unico e i due immobili sono divisi solo all'interno da un altro cancello;
   in data 23 giugno 2015 l'interrogante, insieme a consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle Davide Barillari si è recato a visitare la parte psichiatrica della struttura, rilevando discrepanze fra la pianta organica dichiarata dai proprietari di «Colle Cesarano» alla regione Lazio e l'effettiva operatività del personale, notando inoltre l'inadeguatezza degli spazi interni adibiti a stanze da letto, oltre ad altre incongruenze in materia di richiesta di accreditamento tutte riportate in alcuni esposti che il Movimento Cinque Stelle ha depositato presso la procura della Repubblica di Roma;
   sin dal 2012 e fino al giorno 29 luglio 2015, i controlli effettuati dalla ASL RM G non rilevano problemi e lo stesso assessore alle politiche sociali della regione Lazio Rita Visini, rispondendo ad una interrogazione in assemblea regionale, ha confermato che non sussistono irregolarità;
   da fonti di stampa si apprende che la chiesa, la palestra, la sala per la didattica, il bar e la parruccheria le quali, a pieno titolo, fanno parte della richiesta di accreditamento e della sua concessione da parte della regione, in realtà non sono a disposizione dei pazienti, ma sono state «inglobate» nella struttura a disposizione degli immigrati, in pratica facendo finta di dare dei servizi di tipo riabilitativo che, in realtà, non si erogano (pare da anni);
   in data 2 aprile 2015, in applicazione del PRUSST dell'asse tiburtino (programma di recupero urbano e sviluppo sostenibile del territorio) della regione Lazio, si prevede la costruzione di oltre un milione di metri cubi per ampliare, presumibilmente, non tanto la casa di cura psichiatrica, come da richiesta, quanto il centro immigrati al quale tanto era interessato il maggiore imputato nella cosiddetta inchiesta «Mondo di Mezzo» della procura della Repubblica di Roma, Salvatore Buzzi, attraverso il «Consorzio Eriches 29» che già risulta fornitore dei pasti ai pazienti psichiatrici –:
   se il Ministro dell'interno sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, tese al controllo delle presenze nella struttura finalizzate anche ad evitare promiscuità fra centro Agorà e la casa di cura Colle Cesarano;
   se il Ministro della salute sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, affinché la regione Lazio, che è ancora in fase di attuazione del piano di rientro, dai disavanzi sanitari assicuri un corretto impiego delle risorse pubbliche, verificando attentamente la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge nell'ambito delle procedure di accreditamento delle cliniche private. (4-10386)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con lettera del 17 luglio 2015 prot. N. 009240), il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca trasmetteva il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 468, del 6 luglio 2015, con cui vengono assegnate le risorse autorizzate dall'articolo 1, comma 152 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014, per la realizzazione di interventi per la messa in sicurezza e la ristrutturazione degli edifici scolastici dei comuni della regione Sardegna danneggiati dall'alluvione del 2013;
   l'articolo 1 del succitato decreto, al comma 1, assegna la somma complessiva di cinque milioni di euro per l'attuazione degli interventi ricordati in precedenza;
   all'articolo 2, comma 2, del medesimo decreto si stabilisce che gli enti locali beneficiari dei contributi devono aggiudicare i lavori, anche in via provvisoria, entro il 30 settembre 2015, a pena di revoca delle risorse concesse;
   si tratta di un termine che molti comuni, soprattutto i più piccoli, hanno grosse difficoltà a rispettare;
   è noto, infatti, che tutta la procedura di assegnazione è lunga e complessa, mentre molti piccoli comuni non hanno personale sufficiente negli uffici tecnici per poter attuare la suddetta procedura, in particolare durante il mese di agosto;
   inoltre, risulta all'interrogante che la ricezione della comunicazione del Ministero sia avvenuta nei vari comuni solo intorno al 25 luglio 2015 –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere le iniziative di sua competenza per venire incontro a questi comuni, già duramente danneggiati dall'alluvione del 2013 e che rischiano di perdere, non per colpa propria, i finanziamenti necessari per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, concedendo una proroga di almeno sessanta giorni per i termini di aggiudicazione, anche in via provvisoria, dei lavori, evitando la revoca dei contributi, che sarebbe molto grave per i cittadini dei comuni che venissero esclusi dalla erogazione delle previste risorse. (4-10366)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, CIPRINI, COMINARDI, ALBERTI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI, DELLA VALLE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, CASO, COLONNESE e CARIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il comma 118 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, cosiddetta legge di stabilità 2015, ha reso operativo, dal 1o gennaio 2015, il nuovo esonero contributivo per assunzioni a tempo indeterminato. L'incentivo, corrispondente ad 8.060 euro all'anno, prevede l'esenzione per i prossimi tre anni dal pagamento dei contributi per le imprese che nel 2015 assumano a tempo indeterminato un dipendente, sia con un nuovo contratto, sia trasformando un rapporto a termine già esistente;
   in data 11 settembre 2015, la Fondazione studi consulenti del lavoro, pubblicava sul proprio sito la notizia che in base ai dati Inps che stimano in 787.000 le nuove assunzioni con l'esonero contributivo nei primi 7 mesi del 2015, le risorse di 1,8 miliardi di euro per pagare gli sgravi, risultano essere già esaurite;
   nello specifico, la Fondazione ha calcolato che le casse dello Stato dovranno utilizzare 1,9 miliardi di euro per garantire l'esonero contributivo ai contratti attivati da gennaio ad agosto 2015, ma lo stanziamento previsto dalla legge di stabilità 2015, si fermava a 1,8 miliardi. In base a queste cifre, le risorse disponibili risultano essere esaurite;
   Rosario De Luca, presidente della Fondazione, ha aggiunto che il Governo dovrà stanziare ulteriori risorse per coprire le spese previste sino al 31 dicembre 2015. I consulenti del lavoro hanno calcolato, infatti, una spesa complessiva di 3 miliardi di euro nel 2015;
   sempre secondo la stessa Fondazione, al vaglio del Governo vi sono le possibili soluzioni per confermare la decontribuzione anche per l'anno 2016. Ma se ciò non si avverasse e a fine anno si verificasse il presunto boom di assunzioni, si aggraverebbe ulteriormente il disavanzo economico già esistente. Sono previste, infatti, assunzioni con sgravi per 1,15 milioni di persone per quasi 5 miliardi di spesa e un ammanco di 3 miliardi di euro;
   il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, raggiunto dalla notizia, ha smentito lo studio fatto dai consulenti del lavoro, aggiungendo che anche al Ministero dell'economia e delle finanze, questo problema non è stato sollevato –:
   se i Ministri interrogati, fornendo con precisione le stime in loro possesso, possano confermare o meno i calcoli sopra riportati, eseguiti dalla Fondazione Studi consulenti del lavoro;
   se i calcoli effettuati dalla Fondazione in questione risultassero veritieri, quali iniziative il Governo intenda adottare per rimediare all'ammanco creatosi.
(5-06388)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAMANI, MIOTTO, NACCARATO, NARDUOLO e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata del 15 settembre 2015 la Haier Appliances spa di Campodoro, in provincia di Padova, ha comunicato la volontà di chiudere l'attività dello storico stabilimento della nota azienda produttrice di frigoriferi;
   la notizia è giunta inaspettata, i lavoratori hanno interrotto la produzione e hanno iniziato una mobilitazione bloccando il traffico della viabilità circostante per sensibilizzare la cittadinanza;
   la Haier è una multinazionale cinese, fondata nel 1984 e specializzata nella produzione di elettrodomestici ed è guidata, nella sede padovana, dal manager Francesco Albrizio, che ha comunicato ai sindacati e ai 102 lavoratori la decisione di chiudere la sede e di avviare la cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs);
   nelle prossime ore si terrà un primo incontro tra il dirigente e le rappresentanze sindacali;
   la proprietà si è detta consapevole dell'impatto sociale di questa tragica decisione, che ha colto i lavoratori alla sprovvista, specialmente dopo gli investimenti del 2012 finalizzati allo sviluppo di una nuova generazione di frigoriferi;
   a quanto pare, secondo l'azienda, nonostante tali sforzi non è stato possibile raggiungere una stabilità finanziaria;
   la vicenda sta generando fortissime preoccupazioni nelle comunità locali per l'impatto pesante che la chiusura avrebbe sul tessuto socio-economico del territorio;
   gli interroganti esprimono ulteriori preoccupazioni perché questa chiusura rappresenterebbe un'altra grave perdita nel comparto del freddo, che, insieme ad altri settori del manifatturiero, sta progressivamente abbandonando la provincia di Padova;
   si tratta, infatti, dell'ennesimo caso di un marchio che allontana il suo stabilimento dal padovano, con ripercussioni pesantissime sulla produzione industriale e per centinaia di famiglie, considerato l'indotto della storica azienda –:
   se i Ministri siano al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza, anche per il tramite degli uffici territoriali del Governo e in collaborazione con la provincia e la regione, intendano adottare per attivare un tavolo di concertazione con la proprietà per scongiurare le soluzioni unilaterali che sono state anticipate in queste ore;
   in che modo intendano tutelare i 102 lavoratori e preservare lo storico stabilimento di Campodoro;
   quali ulteriori interventi di politica industriale intendano adottare per evitare che la produzione industriale della provincia di Padova venga irrimediabilmente ridimensionata, determinando così un impoverimento delle comunità locali e dell'intero territorio. (4-10367)


   ATTAGUILE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i disabili in possesso dell'apposito contrassegno possono circolare liberamente accedendo a qualunque zona a traffico limitato (Z.T.L.), ma è altresì noto che, nel momento in cui il cittadino si trovi a dover accedere ad una Z.T.L. di un comune diverso da quello di propria residenza, questi sia tenuto a comunicare il numero di targa all'amministrazione, onde evitare di incorrere nella sanzione amministrativa prevista;
   in tal modo, si costringe la persona, già gravata da molte problematiche personali e che in molti casi si reca presso altre città per visite mediche specialistiche, a ricercare le informazioni per il reperimento ed il successivo invio del modulo predisposto, creando, di fatto, una barriera burocratica che rallenta e rende più difficoltoso il movimento di una categoria di persone che quotidianamente deve affrontare ostacoli di ogni tipo;
   la sentenza della Corte di Cassazione n. 719/2008 ha, inoltre, statuito che: «La persona invalida, dunque, può servirsi del contrassegno per circolare con qualsiasi veicolo in zone a traffico limitato, con il solo onere di esporre il contrassegno, che denota la destinazione attuale dello stesso al suo servizio, senza necessità che il contrassegno contenga un qualche riferimento alla targa del veicolo sulla quale in concreto si trova a viaggiare»;
   in molte situazioni il disabile si è trovato costretto a dover proporre ricorso avverso la sanzione irrogata, con notevole disagio e difficoltà;
   le soluzioni potrebbero essere facilmente individuate al fine di superare le differenze normative esistenti tra i comuni in cui sono presenti le ZTL: essendo i varchi dotati di lettori elettronici sarebbe tecnicamente semplice prevedere l'inserimento di un «chip elettronico» fisso nel contrassegno dei portatori di handicap che possa essere letto da rilevatori collocati nei varchi di accesso delle ZTL o l'istituzione di una banca dati nazionale nella quale inserire le targhe dei possessori dell'apposito contrassegno, di modo che il comune di residenza, ricevuta la comunicazione dal titolare, possa operare direttamente la trasmissione a questa white list, a sua volta collegata automaticamente a tutti i comuni con il sistema di sorveglianza elettronica dei varchi Z.T.L. –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione e se non intenda assumere iniziative per istituire un tavolo di trattative, con la partecipazione di A.N.C.I., che coinvolga anche le associazioni disabili interessate, al fine di porre rimedio, oltre che ad un disagio burocratico, ad una limitazione alla mobilità. (4-10373)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa si apprende che un cittadino catanzarese è stato accusato di coltivazione di marijuana nonostante le 5.800 piante sequestrate nel quartiere Lido di Catanzaro a fine agosto 2015 non fossero di marijuana ma di canapa industriale la cui semina, tra le altre cose, era stata regolarmente comunicata alle forze di polizia in largo anticipo rispetto al sequestro, come da regolamentazione legislativa in materia;
   casi analoghi si riscontrano in provincia di Viterbo e di Chieti;
   la canapa industriale (o da fibra), inserita nel catalogo europeo fra le piantagioni lecite di «cannabis sativa», in Italia è stata riammessa a fine anni ’90 ed è oggi legittimata dal novellato articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (testo unico sulla droga);
   la canapa industriale è destinata a diversi usi industriali: in ambito tessile, edile, alimentare, come carburante e altro e, la qualità «Futura 75», è altresì impiegata in ambito cosmetico. Sotto il profilo morfologico ed olfattivo vi è forte somiglianza fra la canapa da fibra e la marijuana, tuttavia la qualità Futura 75, particolarmente innocua sotto il profilo del THC, ha una sua sessualità prevalentemente «maschile» che contrasta con la sessualità «femminile» della comune marijuana. Anzi, la vicinanza di una piantagione di canapa da fibra ad un'altra piantagione di marijuana distruggerebbe il raccolto di tale droga leggera. La sua presenza; pertanto, costituisce uno spauracchio per chi intendesse invece coltivare marijuana nelle zone limitrofe;
   la canapa industriale, come la canapa sativa in generale, non è una droga bensì una coltura a crescita estremamente rapida che produce più fibra per ettaro di qualsiasi altra fonte con minor consumo di acqua, non richiede erbicidi né pesticidi ed assorbe ingenti quantitativi di carbonio dall'atmosfera –:
   se sia a conoscenza delle vicenda e se non ritenga opportuno assumere iniziative per indennizzare i coltivatori delle piantagioni autorizzate di canapa sativa per i danni economici e morali subiti;
   se il Governo non ritenga opportuno, al fine di scongiurare per il futuro il ripetersi di fatti incresciosi come quelli descritti in premessa, promuovere ogni utile iniziativa di competenza per aumentare il livello di informazione degli organi e delle autorità deputate ai controlli.
(5-06393)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Coldiretti, nei giorni scorsi, ha diffuso la notizia che oltre il 25 per cento dei limoni consumati in Italia è di importazione. Infatti, se nel 1995 l'Italia importava 17,8 milioni di chilogrammi di limoni, oggi le importazioni sono arrivate a superare i 103 milioni di chilogrammi. La produzione nazionale, nello stesso periodo, da poco meno di 700 milioni di chilogrammi è crollata a poco più di 300 milioni di chilogrammi per i prezzi troppo bassi e per le importazioni;
   soprattutto le aziende siciliane che producono limoni hanno attraversato e stanno attraversando una profonda crisi. Infatti fra il 2000 ed il 2010 hanno chiuso più del 40 per cento delle aziende agricole siciliane che producono l'85 per cento dei limoni italiani. Dai 6 mila ettari e 135 mila tonnellate del 2009 si è passati ai 5 mila ettari e 120 mila tonnellate del 2011;
   la grave crisi delle aziende siciliane è dovuta soprattutto all'apertura delle frontiere che ha creato una liberalizzazione degli scambi troppo veloce e ha causato, pertanto, una riduzione netta degli introiti per gli agricoltori siciliani, mentre Paesi extraeuropei come il Cile hanno registrato una produzione enorme e un conseguente notevole aumento delle esportazioni –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare per superare la crisi delle aziende siciliane che producono limoni;
   se non sia necessario intervenire per valorizzare la produzione dei limoni siciliani e la loro qualità e peculiarità.
(4-10365)


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la contraffazione alimentare è la sostituzione totale di una sostanza alimentare con un'altra il cui pregio è nettamente minore;
   secondo i dati del Censis in Italia la contraffazione alimentare è diventata un fenomeno in forte crescita che va di pari passo con la sua crescita in tutto il territorio Europeo;
   oramai, come si legge nella maggior parte dei giornali di stampa quotidiana italiana, è sempre più in uso la vendita di olio di semi spacciato per olio di oliva, oppure la vendita di margarina «mascherata» da burro: cioè a sostanze sane si vanno a sostituire sostanze pericolose per la salute dell'uomo;
   in tanti casi si parla di adulterazione alimentare quando ci si riferisce a quelle operazioni che prevedono la modificazione di componenti di un prodotto alimentare per ricavarne un maggiore rientro economico, come ad esempio la vendita di latte parzialmente scremato come latte intero;
   la sofisticazione alimentare è rappresentata dall'aggiunta fraudolenta di sostanze estranee per coprire eventuali difetti e migliorare l'aspetto estetico del prodotto e in questo caso si può arrecare danno alla salute; nel caso invece, di alterazione alimentare la variazione non è provocata dall'uomo in modo voluto, ma si tratta di modifiche di tipo degenerativo o spontaneo, legate ad esempio ai tempi di conservazione;
   nell'anno 2012, nelle dogane Europee, sono stati sequestrati più di 2,4 milioni di prodotti alimentari contraffatti, con un aumento stimato rispetto all'anno precedente pari al 26 per cento;
   il concetto di «italian sounding» è legato a quello di agropirateria, con una evidente connotazione negativa che spesso si associa a un inflazionato e non sempre accertato «made in Italy» in ambito alimentare; inoltre con italian sounding si definisce un nome di un prodotto alimentare riconducibile alla tradizione agroalimentare italiana; un caso tipico è quello del «Parmesao», il cui nome evoca immediatamente il «parmigiano» ma che invece è un formaggio che gli assomiglia per forma e sapore ma la cui origine non è quella del parmigiano originale;
   i produttori e i distributori responsabili di casi di agropirateria utilizzano semplicemente un nome che «suona italiano» per tentare i consumatori, per lo più stranieri, all'acquisto di un prodotto che evoca le bontà gastronomiche italiane, ma che di fatto cela una vera e propria frode alimentare –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per salvaguardare la salute degli italiani, che sentono molto il problema della sicurezza alimentare e che vorrebbero avere maggiori certezze riguardo al cibo che acquistano e che consumano;
   quali iniziative di competenza intenda introdurre il Ministro interrogato, al fine di tutelare le imprese agricole italiane e le aziende di trasformazione dei prodotti alimentari dai fenomeni della contraffazione alimentare e dal cosiddetto italian sounding, considerati i livelli di diffusione così invadenti ed estesi del fenomeno sul territorio nazionale e i cui effetti, anche a causa delle politiche dell'Unione europea in materia, continuano a produrre gravi danni all'economia agricola europea ed italiana in senso generale. (4-10376)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANTERO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, BARONI, BATTELLI e SIMONE VALENTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'infezione da virus della epatite C (HCV) è la più comune causa di malattia cronica epatica; l'evoluzione della malattia è generalmente lenta, dell'ordine di decenni (10-20 anni). Gli esiti a lungo termine sono molto variabili, e vanno da alterazioni istologiche minime, fino alla cirrosi epatica e all'epatocarcinoma;
   negli ultimi 3 anni si è assistito a un radicale cambiamento delle prospettive terapeutiche per i malati di epatite C. Fino a pochi anni fa lo standard di cura era costituito dalla associazione di interferone peghilato e ribavirina, che, pur consentendo la guarigione in una discreta percentuale di casi, provocava effetti collaterali in una quota non trascurabile di pazienti, di grado tale da comportare la sospensione prematura del trattamento nel 10-20 per cento dei soggetti trattati;
   i nuovi farmaci per l'epatite C (HCV) stanno cambiando le prospettive di cura per milioni di pazienti con epatite cronica, in particolare della classe degli antivirali diretti (direct-acting antiviral, DAA) come sofosvubir, simeprevir e daclatasvir e delle associazioni precostituite di sofosbuvir + ledipasvir o di ombitasvir/paritaprenavir/ritonavir associato a dasabuvir, di prossima commercializzazione in Europa. Altri farmaci sono attualmente oggetto di studi registrativi e anche di questi si può prevedere una prossima introduzione sul mercato. La novità è che grazie a queste terapie, se pure con percentuali diverse di successo in base al genotipo virale e all'entità del danno epatico, il loro utilizzo sembrerebbe determinare in una elevata percentuale di casi l'eradicazione del virus dopo 3-6 mesi di trattamento;
   il primo di questa classe di farmaci ad essere introdotto sul mercato è stato il sofosvubir, approvato negli Stati Uniti il 6 dicembre 2013 e in Europa il 16 gennaio 2014. Già dall'ottobre 2013 EMA, su richiesta della Finlandia, aveva indicato i criteri per l'uso «compassionevole» del farmaco;
   le trattative sul prezzo del farmaco tra l'azienda farmaceutica Gilead e l'AIFA sono durate circa un anno e i termini finali dell'accordo sono secretati. In una sua nota l'Aifa ha chiesto all'azienda farmaceutica Gilead di conoscere «i costi di marketing e pubblicità, e soprattutto i potenziali conflitti d'interessi con le Società Scientifiche che raccomandano il farmaco». Uno studio della Oregon Health and Science University ha, infatti, scoperto che 18 dei 27 membri della commissione che hanno redatto le linee guida per l'utilizzo del medicinale – per conto dell’American Association for the Study of Liver Disease e della Disease Society of America – hanno una relazione finanziaria con Gilead;
   la ditta Gilead, in una lettera indirizzata alle direzioni di tutte le farmacie ospedaliere, ha comunicato che: il costo, per le strutture pubbliche italiane, di una terapia completa con sofosbuvir (Sovaldi) sarà di 37.000 euro (IVA esclusa), il costo per trattamento sarà lo stesso a prescindere dalla durata, che potrà essere di 12, 24 o 48 settimane (o fino al trapianto); è invece, secretato lo sconto contrattuale previsto in base al numero di trattamenti;
   il 29 maggio 2015 il quotidiano la Stampa di Torino segnala che nella Gazzetta Ufficiale il prezzo del «Viekirax» (farmaco per la cura dell'epatite C), se usato da solo ha un costo di 24.840 euro a terapia. L’«Exviera», invece, non è un farmaco «autosufficiente»: deve essere combinato con il «Viekirax» e talora con un altro medicinale antivirale («Ribavirina»). La combinazione di «Viekirax» ed «Exviera» ha un costo di 27 mila euro a paziente. Non si esclude la possibilità di ulteriori ribassi, legati al numero dei trattamenti. Anche il prezzo reale dei due nuovi prodotti è secretato;
   quanto all’«equivalenza», cioè alla loro efficacia nella cura dell'epatite C, la situazione non è così chiara. Stando ad alcuni pareri medici, le prestazioni di «Viekirax» ed «Exviera» sarebbero uguali se non superiori al «Sovaldi». Altri professionisti, come Mario Rizzetto, primario di Gastroenterologia alle Molinette, precisano che i farmaci in questione «sono equivalenti solo per particolari genotipi e quindi possono essere utilizzati soltanto in determinati contesti clinici: va da sé che, a parità di equivalenza, useremo i farmaci meno costosi»;
   sul fronte economico la differenza la fanno i costi per la Sanità: 74 milioni di euro se per i 2 mila pazienti «esigibili» si utilizza il «Sovaldi»; 54 milioni se si ricorre al «Viekirax» combinato con «Exviera»; 49 milioni se si impiega il «Viekirax» da solo; curare tutti i 300 mila malati significherebbe spendere circa 24 miliardi, ovvero 4 di più di quanto il Servizio sanitario nazionale spende ogni anno per tutti i farmaci di tutte le malattie;
   le simulazioni dei farmacoeconomisti calcolano quanto si potrebbe risparmiare se l'epatite C scomparisse dal Paese. Si comincia con 407 milioni di costi diretti e 645 di costi indiretti. Ma si punta l'obiettivo su quanti trapianti potrebbero essere evitati: 5-600 da subito, col doppio risultato di non spendere quei 100 mila euro circa necessari per l'intervento (cui si sommano i 30 mila per i farmaci antirigetto) e di preservare organi che possono essere destinati a salvare altre vite;
   il rischio, paradossale, che si può palesare è quello di avere a disposizione farmaci sempre più efficaci, ma sempre meno accessibili per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Nel nostro Paese queste tensioni sembra siano state gestite con totale assenza di trasparenza, che non avrebbe consentito da un lato un reale e meditato confronto fra i clinici prescrittori e dall'altro una discussione pubblica (conoscendo tutti gli elementi rilevanti) su come garantire l'accesso a questi farmaci (non solo il sofosbuvir, ma anche gli altri DAA). Questo nonostante l'ordinamento italiano definisca in modo chiaro gli obblighi di trasparenza nell'ambito dell'attività amministrativa: secondo l'articolo 1 della legge n. 241 del 1990 (modificata e integrata dalla legge n. 15 del 2005), «L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla legge, nonché dai princìpi dell'ordinamento comunitario». La disponibilità di informazioni, che i teorici della «concorrenza perfetta» considerano un elemento fondamentale per una (ideale) efficienza dei mercati (che producano il massimo beneficio per la società), ha una valenza non solo etica, ma anche pratica perché in questo caso faciliterebbe l'accesso ai farmaci e la gestione clinica della malattia. Ci si può solo rammaricare del fatto che la trasparenza sia un requisito di fondamentale importanza, spesso invocato, ma raramente soddisfatto, questo è quanto affermato da Anna Maria Marata e Giulio Formoso in un articolo sulla rivista «informazione sui farmaci»;
   per gli anni 2015 e 2016 nello stato di previsione del Ministero della salute è stato istituito un fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi. Il fondo finalizzato al predetto rimborso è alimentato sia da un contributo statale per diffusione dei medicinali innovativi, sia da una quota delle risorse destinate alla realizzazione di specifici obiettivi del piano sanitario nazionale;
   le somme saranno versate in favore delle regioni in proporzione alla spesa sostenuta per l'acquisto dei medicinali innovativi. Verranno monitorati gli effetti di contenimento della spesa sanitaria territoriale ed ospedaliera dovuti alla diffusione di medicinali innovativi e al conseguente minore ricorso da parte degli assistiti ai protocolli terapeutici e alle cure erogate prima della predetta diffusione dei medicinali innovativi;
   il problema è che tale fondo è stato costituito per il 90 per cento da risorse del fondo sanitario nazionale (FSN), sottratte dunque ad altri usi. Inoltre, le regioni dovranno avere disponibilità economica per anticipare le spese per i trattamenti, che saranno rimborsati attraverso il fondo solo in un secondo momento;
   questo ha generato due livelli diversi di problemi legati, da un lato, all'accesso immediato al farmaco/ai farmaci per i pazienti più gravi e, dall'altro, all'accesso in tempi più lunghi per i pazienti meno gravi, ma comunque bisognosi di cure, e all'insufficienza di risorse del fondo per coprire completamente le spese previste, col rischio di determinare uno sfondamento del tetto della spesa territoriale nella maggior parte delle regioni; il Governo italiano ha infatti destinato un miliardo di euro per le cure, ma è ancora poco rispetto al fabbisogno: un costo così elevato può permettere solo a 50.000 malati di curarsi contro il milione e mezzo che ne ha urgente bisogno;
   l'Agenzia italiana del farmaco è stata chiamata a riferire in Commissione sanità del Senato sulla sostenibilità delle nuove costose cure che permettono l'eradicazione del virus HCV; il dottor Pani ha affermato che solo un terzo dei malati di epatite C ha avuto accesso ai nuovi farmaci salvavita, ovvero 14.000 su circa 50.000 considerati più gravi. Un numero che continua a salire, ma è ancora basso e, soprattutto, risente di drammatiche disparità regionali. Ad avere maggiormente accesso alle cure sono infatti i malati che risiedono al Nord, dove l'incidenza dei contagiati è inferiore. Pani ha descritto le difformità di comportamento delle diverse regioni nella gestione dei farmaci innovativi per la cura dell'epatite C, segnalando le anomalie registrate in tale ambito: a fronte di un payback pari a 41 milioni di euro, le regioni con prevalenza percentuale massima che avrebbero dovuto trattare più pazienti, e quindi arrivare prima agli scaglioni progressivi di sconto e ottenere un rimborso maggiore, sono viceversa quelle che hanno trattato meno pazienti, con le intuibili conseguenze mediche, etiche ed economico-sociali;
   quanto all'accordo sul prezzo d'acquisto, Pani ritiene improprio qualificarlo in termini di segretezza: si tratta piuttosto di un accordo di carattere confidenziale, i cui contenuti non sono stati rivelati pubblicamente per non incorrere in una inadempienza contrattuale che avrebbe impedito di raggiungere importanti obiettivi di risparmio. In ogni caso il direttore generale di Aifa ha rimarcato come che tutte le regioni hanno ricevuto comunque una documentazione esaustiva sui termini di tale accordo, avendo AIFA trasmesso il 3 dicembre 2014 a tutti gli assessorati regionali, in via confidenziale, un documento denominato «Linee di indirizzo AIFA relative all'accesso ed erogazione a carico del SSN del medicinale Sovaldi», finalizzato ad indirizzare ad una corretta programmazione dell'accesso e dell'erogazione del medicinale in questione. Inoltre – ha precisato – alle suddette linee di indirizzo era allegata una tabella in cui era elencato, per ogni regione, il numero di pazienti per ogni scaglione di sconto. Invita poi a considerare che, in sostanza, i termini dell'accordo sono stati rivelati dalla stampa specializzata, che rese noto che «L'accordo è stato trovato con una sorta di gradualità al ribasso con prezzi che vanno da 37 mila euro a terapia fino ai circa 4 mila euro delle ultime dosi»;
   le regioni hanno evidenziato all'Agenzia italiana del farmaco nel loro parere al programma di attività 2014 e 2015 presentato il 31 luglio in Conferenza Stato regioni che l'Aifa non ha fatto chiarezza sui prezzi dei farmaci per l'epatite, tanto più grave quando i farmaci in commercio sono più di uno. Non conoscendo il prezzo al netto degli sconti e dei pay back dei farmaci in commercio e a fronte di più farmaci, considerati da numerosi clinici esperti del tutto sovrapponibili, non è possibile indirizzare le scelte verso il farmaco meno costoso, scelta che consentirebbe di trattare il numero più ampio di pazienti;
   le regioni, inoltre, chiedono con forza ad Aifa di esprimersi sulla sovrapponibilità ed equivalenza dei farmaci in commercio per consentire di attivare gare in regime di concorrenza;
   diverse fonti di stampa attestano casi di «turismo» in Oriente per accedere alle terapie da parte di chi non ha i requisiti per ottenere il trattamento gratuito in Italia, perché non è malato tanto quanto previsto dai criteri stabiliti dall'Aifa; Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato in un'intervista ha affermato: «i cittadini si sono organizzati: prenotano un viaggio e vanno in India o ad Hong Kong per comprare il farmaco con una spesa intorno ai 2 mila euro» –:
   se e come intenda intervenire al fine di scongiurare disparità di accesso alla terapia su base territoriale e garantire il diritto alla salute in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
   se intenda assicurare una razionale e mirata ripartizione del fondo per i farmaci innovativi, tenendo anche conto della prevalenza di malati di epatite C a livello regionale;
   se non ritenga opportuna una maggiore trasparenza sul prezzo dei farmaci cosiddetti DAA al netto degli sconti e dei pay back che consentirebbe indirizzare le scelte dei medici prescrittori verso il farmaco meno costoso e di conseguenza amplierebbe il numero di pazienti che potrebbero beneficare delle cure;
   se non ritenga opportuno sollecitare l'Aifa ad esprimersi sulla sovrapponibilità ed equivalenza dei farmaci in commercio;
   se intenda intervenire al fine di garantire un'adeguata informazione ai cittadini sull'accesso ai farmaci innovativi anti-epatite C, sui tempi e sulla trasparenza delle liste di attesa;
   se e come intenda intervenire in merito al fenomeno del «turismo» in Oriente per accedere alle terapie, affinché sia garantita la sicurezza delle cure e sia evitata la nascita di soggetti intermediari che lucrano sulla salute. (5-06390)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 9 settembre 2015 la procura della Repubblica di Marsala ha disposto il blitz dei carabinieri dei NAS presso i rifugi per cani di Castelvetrano gestiti dalla signora Liliana Signorello, presidente dell'Associazione Laica, che si è concluso con il sequestro degli stessi rifugi che ospitavano i cani del comune di Castelvetrano;
   dal controllo effettuato dai carabinieri dei NAS è emerso uno stato generale di abbandono dei siti e degli animali ivi residenti lasciati per giorni senza cibo ed acqua, la scoperta di cani morti sbranati o malati o di cani affetti da rogna insieme a cani sani;
   il controllo effettuato ha portato altresì all'inquietante scoperta per cui, rispetto ad una recente relazione dell'Asp risalente al mese di maggio 2015, mancherebbero all'appello 100 cani dei 225 allora presenti, nonostante nessuna comunicazione di decessi sia pervenuta all'Asp;
   il sito di informazione Tp24.it aveva già in passato affrontato con un'apposita inchiesta la situazione di abbandono in cui versavano i rifugi gestiti dalla signora Signorello pubblicando anche delle foto shock che documentavano le proibitive condizioni in cui erano costretti a vivere gli animali;
   come riportato da Tp24.it l'associazione Laica aveva ricevuto nel 2013 dal comune di Castelvetrano l'affidamento di 130 cani che erano poi diventati circa 200. Si tratta di rifugi, quelli gestiti dall'Associazione Laica, per i quali il comune di Castelvetrano nel biennio 2013-2014 ha destinato quasi 300 mila euro;
   questo grave episodio è solo l'ultimo di una serie di vicende che troppo spesso coinvolgono gli animali e che assurgono agli onori della cronaca facendo emergere situazioni di mancato controllo e di incuria –:
   quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare al fine di contrastare il ripetersi di episodi come quello illustrato in premessa.
(4-10379)


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il primo atto del neo commissario della asl di Salerno Antonio Postiglione rischia di finire nelle aule di tribunale;
   la vicenda riguarda la revoca, del tutto immotivata, dell'incarico a Carmela Rescigno, medico chirurgo da due anni alla guida dell'unità operativa di osservazione breve e intensiva dell'ospedale Umberto I di Nocera Inferiore e il suo trasferimento all'ospedale di Sarno;
   la dirigente era stata assegnata a tempo pieno presso il presidio ospedaliero Nocera-Pagani dove ha sempre garantito il proprio impegno per istituire, organizzare e gestire l'osservazione breve intensiva con l'attivazione di 4 posti letto;
   per questo alla dottoressa Rescigno veniva, altresì, affidata la direzione dell'OBI di Nocera, che sotto la sua guida conseguiva risultati quantitativi e qualitativi degni di nota in termini di miglioramento dei percorsi in emergenza urgenza;
   gli ottimi risultati raggiunti grazie alla professionalità e al serio lavoro della dottoressa Rescigno sono dati acclamati che prescindono dall'appartenenza politica, motivo per cui il provvedimento assunto da Antonio Postiglione presenterebbe evidenti profili di dubbia legittimità;
   tale scelta non può giustificarsi nemmeno con la presunta carenza di organico presso il presidio ospedaliero di Sarno, dove invece risulterebbero operativi i chirurghi trasferiti a seguito della chiusura dell'ospedale di Scafati, posto che una significativa carenza di organico è analogamente registrabile presso l'ospedale di Nocera Inferiore;
   il sistema sanitario campano presenta una tenuta territoriale molto problematica e la sfida dei prossimi anni è uscire dal commissariamento per raggiungere i livelli essenziali di assistenza paragonabili alle regioni migliori;
   solo la fine delle cattive pratiche clientelari e della eccessiva politicizzazione, che hanno messo in ginocchio quello che è un settore fondamentale per la vita dei cittadini, potrà portare a criteri meritocratici e di efficienza gestionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative intenda adottare, anche per il tramite della struttura commissariale campana, per acquisire elementi sulla legittimità del trasferimento della dottoressa Carmela Rescigno disposto dal neo commissario della asl di Salerno Antonio Postiglione. (4-10382)


   TOTARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'accordo Stato-regioni del 2010 fissa dei requisiti minimi per la continuazione dell'attività dei reparti di ginecologia-ostetricia al fine di evitare che la qualità del servizio, soprattutto nella gestione delle situazioni più complesse, non sia sufficientemente elevata;
   il decreto n. 70 del 2015 del Ministero della salute conferma questo accordo;
   l'ospedale di Barga (Lucca) nel 2013, 2014 e presumibilmente anche nel 2015 non ha raggiunto e non raggiungerà i 500 parti/anno, ma continua a fornire i servizi sanitari per cui non ha i sufficienti numeri;
   i ginecologi in forza alla ASL2 Lucca (ora ASL1 del Tirreno) hanno richiesto per scritto un incontro alla direzione sanitaria per risolvere la questione della mancanza di sicurezza nel trattamento dei pazienti nell'ospedale di Barga e la direzione sanitaria ha rimandato a data da destinarsi tale incontro senza darne spiegazione e senza prendere provvedimenti idonei alla risoluzione dei problemi indicati dal personale medico;
   i primari delle unità operativa di anestesia e rianimazione e di ginecologia e ostetricia hanno fatto presente da tempo e anche in forma scritta la situazione di alto rischio per i pazienti e per i nascituri;
   nonostante i numeri indichino la chiusura della struttura, la ASL continua a finanziare investimenti in quella struttura distogliendo fondi da altri capitoli di spesa in un periodo in cui la ASL2 ha avuto de facto un taglio del 10 per cento delle risorse a causa dei tagli imposti dal Governo e dai costi lievitati per la gestione del nuovo presidio ospedaliero di Lucca; si ricorda a tal proposito le recenti ristrutturazioni e il finanziamento di 900 mila euro approvato a fine giugno per il nuovo centro trasfusionale;
   in pochi mesi 3 donne, di cui una ricoverata presso il presidio ospedaliero di Barga almeno da 15 giorni prima del taglio cesareo (circa 29a settimana di gestazione), hanno rischiato la vita durante il taglio cesareo a Barga necessitando di essere trasferite d'urgenza in struttura più idonea (Lucca) al fine di ricevere cure e assistenza adeguate alla loro necessità cliniche e la gestione di queste emergenze a Barga è stata possibile solo grazie alla buona volontà del personale medico dell'unità operativa anestesia e rianimazione della Valle del Serchio e di Lucca intervenuto anche se non di turno o addirittura in ferie al fine di consentire la stabilizzazione clinica e il trasferimento in sicurezza evitando conseguenze peggiori di quelle che queste donne hanno subito;
   nella Valle del Serchio sono presenti due strutture ospedaliere non in linea con il decreto n. 70 del 2015 del Ministero della salute, localizzate a pochi chilometri l'una dall'altra ma non in grado de facto di gestire le emergenze e quindi di essere utili ai pazienti in gravi condizioni che necessitino di cure immediate;
   nelle due strutture ospedaliere della Valle del Serchio esiste un centro trasfusionale con un unico tecnico reperibile, durante il pomeriggio (14:00-20:00) si trova presso il presidio ospedaliero di Castelnuovo di Garfagnana nonostante al presidio ospedaliero di Barga gli interventi chirurgici, anche in elezione, si protraggano spesso oltre il turno di mattina (08:00-14:00) –:
   di quali elementi disponga il Governo circa il rispetto dei livelli essenziali di assistenza da parte dei presidi ospedalieri della Valle del Serchio e quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, per evitare rischi inutili per partorienti e nascituri. (4-10383)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 maggio 2015 è stato pubblicato l'avviso pubblico del Ministero dello sviluppo economico direzione generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l'efficienza energetica e il nucleare DGMEREEN per i comuni delle regioni convergenza (Calabria, Campania, Puglia è Sicilia) per la sostenibilità e l'efficienza energetica – denominato POI Energia /CSE 2015 per il finanziamento di prodotti acquistabili tramite il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MePA);
   tale finanziamento prevedeva una dotazione finanziaria iniziale di 50 milioni di euro successivamente ampliata con ulteriori 30 milioni di euro con decreto del Ministero dello sviluppo economico direzione generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l'efficienza energetica e il nucleare del 13 luglio 2015, per un totale di 80 milioni di euro, in modo tale da rispondere alle aspettative e ai fabbisogni emersi durante gli incontri con i diversi operatori;
   l'avviso prevedeva finanziamenti «a sportello» a partire dal 14 luglio fino al 12 settembre per i seguenti prodotti: fotovoltaico, solare termico, pompe di calore e relamping;
   in data 3 agosto 2015 è stata completata l'assegnazione delle risorse finanziarie, pari a 80 milioni di euro, previste dall'avviso pubblico CSE 2015 – Comuni per la sostenibilità e l'efficienza energetica (decreto 28 maggio 2015);
   ammesse alle agevolazioni sono state solamente 460 amministrazioni delle suddette regioni a fronte delle circa 1600 amministrazioni comunali localizzate nelle 4 regioni convergenza;
   considerata la chiusura dell'intero plafond a disposizione del bando entro le successive tre settimane si è autorizzati a immaginare che le richieste inviate siano state ben superiori a quelle ammesse, sono ben superiori, indice del fatto la chiusura in sole tre settimane dell'intero plafond messo a disposizione;
   d'altra parte i fondi dell'UE per l'Italia non utilizzati relativi alla programmazione 2007-2013 ammontano, a quanto è dato sapere, a circa a 12,3 miliardi di euro, di cui 9 miliardi per il Sud, che altrimenti Bruxelles potrebbe revocare, mentre è evidente come gli interventi di efficientamento energetico gioveranno ai comuni in termini di minore spesa energetica tale da consentire un sensibile taglio alla spesa pubblica –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per ampliare nuovamente la dotazione finanziaria del suddetto finanziamento POI CSE 2015, riaprendo il bando e consentendo ai comuni delle quattro regioni l'accesso ai fondi e soprattutto una maggiore realizzazione di progetti tesi all'efficientamento e alla sostenibilità energetica. (5-06387)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI, EPIFANI, SERENI, ASCANI e VERINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   fino al 31 agosto 2016 è vigente l'accordo stipulato nell'agosto 2014 in sede di Confindustria tra la Nestlé e la rappresentanza sindacale unitaria sul contratto di solidarietà. È importante ricordare che si è giunti a quell'accordo dopo che Nestlé aveva dichiarato la presenza di 210 esuberi in fabbrica, dati da un calo dei volumi produttivi, e che per la prima volta da quando la Perugina è a San Sisto la produzione quest'anno scenderà al di sotto delle 25.000 tonnellate;
   Perugina, con i suoi oltre cento anni di storia, è una fabbrica che ha avuto sempre un periodo dell'anno caratterizzato da una flessione dei volumi produttivi di circa tre mesi e pertanto gestibile con accordi tra le parti (ad esempio, la pianificazione delle ferie). Oggi invece il periodo di cosiddetta curva bassa produttiva è di oltre cinque mesi;
   è fondamentale mettere in campo una nuova e determinata strategia che consenta in primis di rafforzare i prodotti, in modo particolare il Bacio che è il prodotto principale e che permette di entrare nei mercati esteri, essendo un traino anche per altri prodotti a marchio Perugina. Ma occorre anche portare a San Sisto (Perugia) nuove produzioni e sviluppare una nuova strategia aziendale nei settori biscotti e caramelle;
   nello stabilimento di San Sisto (Perugia) i lavoratori a tempo indeterminato hanno visto una forte riduzione del salario, ed i lavoratori stagionali (circa 250) hanno davanti un futuro molto nebuloso, considerando che ad oggi nello stabilimento sono rientrati solo 25 stagionali dal 1o settembre;
   è fondamentale capire quali siano le intenzioni della multinazionale Nestlé su Perugia e sugli altri stabilimenti del settore in Italia, a fronte di scelte aziendali poco comprensibili e di un calo di produzione evidente nella gran parte degli stabilimenti italiani che occupano complessivamente oltre 3000 persone;
   è necessario sapere se la Nestlé ritiene ancora l'Italia un Paese in cui produrre o solo dove commercializzare i propri prodotti –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative al fine di conoscere le scelte aziendali che riguardano gli stabilimenti italiani di Nestlé al fine di sapere se l'Italia resta un Paese strategico per la stessa Nestlé;
   se intenda attivarsi perché dette scelte aziendali (a partire dallo stabilimento di San Sisto – Perugia) siano indirizzate a tutela della qualità delle produzioni, dando prospettive di crescita e garantendo i lavoratori, anche a fronte di dati sui volumi della produzione tutt'altro che incoraggianti. (4-10364)


   GRECO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane è la più grande infrastruttura di servizi in Italia. Grazie alla presenza capillare su tutto il territorio nazionale, ai forti investimenti in ambito tecnologico e al patrimonio di conoscenze rappresentato dai suoi dipendenti, Poste Italiane ha assunto un ruolo centrale nel processo di crescita e modernizzazione del Paese. L'assetto proprietario di Poste Italiane vede la partecipazione totalitaria del Ministero dell'economia e delle finanze;
   Poste italiane spa è una società che gestisce i servizi postali sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato, attraverso il quale la società si impegna a raggiungere determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
   i servizi postali, in particolare per le famiglie e le imprese, sono di particolare importanza nello svolgimento di moltissime attività quotidiane, come il pagamento delle utenze, il ritiro del denaro contante da parte dei titolari di conto corrente postale e l'invio di comunicazioni soggette al rispetto perentorio di scadenze, soprattutto quelle di carattere legale;
   Poste Italiane Spa riceve significativi contributi da parte dello Stato per consentire agli uffici postali periferici di garantire l'erogazione dei servizi postali essenziali;
   in data 22 gennaio 2014 il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni rispondendo a specifica missiva del Presidente dell'Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna ha ricordato che con apposita delibera l’Authority ha «ritenuto opportuno inserire (...) specifici divieti di chiusura di quegli uffici che servono gli utenti che abitano nelle zone remote del Paese (...) ritenendo prevalente l'esigenza di garantire la fruizione del servizio nelle zone disagiate anche a fronte di volumi di traffico molto bassi e di alti costi di esercizio»;
   eventuali razionalizzazioni del servizio rischiano di creare disservizi soprattutto per le categorie sociali più deboli per esempio gli anziani, i quali non possono usufruire di servizi essenziali quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione e servizi vari;
   gravi disservizi in alcuni uffici postali della provincia di Enna, più volte evidenziati pubblicamente attraverso i mass-media locali;
   i disservizi evidenziati presso l'ufficio postale di Agira, relativamente alla consegna della posta, dovuti alla cronica carenza di personale tale da indurre la direzione provinciale a consentire la chiusura dell'ufficio postale dal 13 agosto 2015 al 22 agosto 2015 e dal 22 agosto 2015 al 25 agosto 2015 hanno determinato notevoli disagi alla collettività costretta a recarsi in un comune limitrofo inferiore per densità demografica;
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere per garantire il rispetto della qualità dei servizi erogati da Poste Italiane, nonché come intenda intervenire per evitare che decisioni unilaterali assunte da Poste Italiane spa arrechino disagi ai cittadini – utenti che non vedono garantita l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, nel rispetto dell'accordo siglato fra le Poste Italiane spa e lo Stato;
   se risultino al Governo eventuali responsabilità gestionali che, nel caso specifico sopra esposto, hanno determinato notevoli disservizi agli utenti. (4-10374)

Apposizione di firme
a mozioni.

  La mozione Benedetti e altri n. 1-00720, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fraccaro.

  La mozione Busto e altri n. 1-00982, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fraccaro.

Apposizione di firme
ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Massimiliano Bernini e altri n. 7-00533, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lupo, Parentela.

Apposizione di firme
ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Cuperlo e altri n. 2-01081, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bossa, Giacobbe, Patrizia Maestri, Mariano, Vico, Schirò, Capone, Carrozza, Fiano, Mognato, Bergonzi, Rostellato, Albanella, Roberta Agostini, Lenzi, Verini.

Apposizione di firme
ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cenni e altri n. 5-06376, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capozzolo, Piazzoni, Capodicasa.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Zaratti n. 5-06134 del 23 luglio 2015;
   interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-10286 del 9 settembre 2015;
   interrogazione a risposta scritta Segoni n. 4-10314 del 10 settembre 2015;

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Ventricelli n. 5-04365 del 22 dicembre 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10372.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Brunetta n. 2-00820 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 482 del 15 settembre 2015, alla pagina 28525, seconda colonna, dalla riga trentaquattresima alla riga quarantottesima, e alla pagina 28526, prima colonna, dalla riga prima alla riga decima, deve leggersi: «si ritiene utile ricordare che il 7 maggio 2014 la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha approvato il parere di propria competenza previsto in relazione allo schema di contratto di servizio 2013-2015 tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, ad oggi, ancora in via di definizione. Nel parere approvato dalla Commissione bicamerale, si pone la condizione che il comma 7 dell'articolo 18 dello schema di contratto di servizio preveda che: “La Rai pubblica nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165, come modificato dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, di conversione con modificazioni del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, le informazioni sui curricula e i compensi lordi percepiti dai dirigenti, dai collaboratori e dai consulenti, così come definite e richieste dal Ministero dell'Economia e delle Finanze d'intesa con il Dipartimento della Funzione Pubblica, nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico”. Analoga disposizione è contenuta nel vigente contratto di servizio, ma ad oggi risulta completamente disattesa, come si può evincere anche dalla consultazione del sito internet www.rai.it, nella sezione dedicata al “Personale”, che risulta da tempo “in via di aggiornamento”» e non come stampato.