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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 26 gennaio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 26 gennaio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Biondelli, Blazina, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Gianni Farina, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, Kronbichler, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Maziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Spadoni, Tabacci, Valeria Valente, Zampa, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Bindi, Biondelli, Blazina, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Centemero, Chaouki, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Gianni Farina, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, Kronbichler, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Spadoni, Tabacci, Valeria Valente, Zampa, Zanetti, Orlando, Rughetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 25 gennaio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PAOLA BOLDRINI: «Istituzione della rete nazionale dei registri dei tumori» (3555);
   BINETTI: «Istituzione e disciplina del registro nazionale e dei registri regionali dei tumori rari» (3556);
   MINARDO: «Istituzione del Fondo per il sostegno delle imprese artigiane e delle imprese agricole in stato di difficoltà temporanea» (3557).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di disegni di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti disegni di legge sono assegnati, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
   III Commissione (Affari esteri):

  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Bermuda per lo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 23 aprile 2012» (3529) Parere delle Commissioni I, II, V e VI;

  «Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Panama per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma e a Città di Panama il 30 dicembre 2010» (3530) Parere delle Commissioni I, V e VI.

Trasmissione dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettera in data 25 gennaio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 4 luglio 2005, n. 123, la relazione sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni scientifiche in tema di malattia celiaca, con particolare riferimento ai problemi concernenti la diagnosi precoce e il monitoraggio delle complicanze, riferita all'anno 2014 (Doc. LXII, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo ha trasmesso il testo di ventotto risoluzioni approvate nella tornata dal 14 al 17 dicembre 2015, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e la Confederazione svizzera sulle modalità di partecipazione di quest'ultima all'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Doc. XII, n. 850) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e il Commonwealth di Dominica (Doc. XII, n. 851) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e la Repubblica di Vanuatu (Doc. XII, n. 852) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente la proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e la Repubblica di Trinidad e Tobago (Doc. XII, n. 853) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e lo Stato indipendente di Samoa (Doc. XII, n. 854) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e Grenada (Doc. XII, n. 855) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e la Repubblica democratica di Timor Leste (Doc. XII, n. 856) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente la proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e Santa Lucia (Doc. XII, n. 857) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e Saint Vincent e Grenadine (Doc. XII, n. 858) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di esenzione dal visto per soggiorni di breve durata tra l'Unione europea e gli Emirati arabi uniti (Doc. XII, n. 859) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio sul marchio comunitario, che modifica il regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario, e che abroga il regolamento (CE) n. 2869/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, relativo alle tasse da pagare all'Ufficio per l'armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) (Doc. XII, n. 860) – alla X Commissione (Attività produttive);
   Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (rifusione) (Doc. XII, n. 861) – alla X Commissione (Attività produttive);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 1236/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce un regime di controllo e di coercizione applicabile nella zona della convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nordorientale (Doc. XII, n. 862) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1215/2009 del Consiglio recante misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione dell'Unione europea e che ne sospende l'applicazione per quanto concerne la Bosnia-Erzegovina (Doc. XII, n. 863) – alla X Commissione (Attività produttive);
   Risoluzione sull'attuazione dello strumento europeo Progress di microfinanza (Doc. XII, n. 864) – alla XI Commissione (Lavoro);
   Risoluzione sul progetto di regolamento di esecuzione della Commissione che adotta un elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale in applicazione del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (Doc. XII, n. 865) – alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XIII (Agricoltura);
   Risoluzione sulla decisione di esecuzione (UE) 2015/2279 della Commissione, del 4 dicembre 2015, che autorizza l'immissione sul mercato di prodotti contenenti, costituiti od ottenuti a partire da granturco geneticamente modificato NK603 x T25 (MON-00603-6 x ACS-ZM003-2) a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (Doc. XII, n. 866) – alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura);
   Risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione su come promuovere la trasparenza, il coordinamento e la convergenza nelle politiche sulle imposte societarie nell'Unione (Doc. XII, n. 867) – alla VI Commissione (Finanze);
   Risoluzione sulle relazioni UE-Cina (Doc. XII, n. 868) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla situazione in Ungheria (Doc. XII, n. 869) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sul caso di Ibrahim Halawa, che rischia la pena di morte (Doc. XII, n. 870) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla Malaysia (Doc. XII, n. 871) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, di un protocollo dell'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, per tener conto dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea (Doc. XII, n. 872) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra (Doc. XII, n. 873) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione non legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra (Doc. XII, n. 874) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell'Unione europea in materia (Doc. XII, n. 875) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sull'esportazione di armi: attuazione della posizione comune 2008/944/PESC (Doc. XII, n. 876) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla protezione del parco nazionale di Virunga nella Repubblica democratica del Congo (Doc. XII, n. 877) – alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 25 gennaio 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione sui progressi compiuti nell'Azione a favore del clima, comprendente la relazione sul funzionamento del mercato europeo del carbonio e la relazione sul riesame della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio (COM(2015) 576 final), corredata dai relativi allegati (COM(2015) 576 final – Annex 1 e Annex 2), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);
   Proposta di decisione del Consiglio che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio della Svezia, conformemente all'articolo 9 della decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio e all'articolo 9 della decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio che istituiscono misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia (COM(2015) 677 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio per quanto riguarda lo scambio di informazioni sui cittadini di paesi terzi e il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS), e che sostituisce la decisione 2009/316/GAI del Consiglio (COM(2016) 7 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma e all'applicazione provvisoria dell'accordo di partenariato economico tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati della SADC aderenti all'APE, dall'altra (COM(2016) 8 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 8 final – Annex 1, Annex 2 Part 7/8 e 8/8, Annex 3 Part 1/4 e 2/4, Annex 4 Part 1/3, 2/3 e 3/3, Annex 5, Annex 6 e Annex 7), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Allegato della proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato economico tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati della SADC aderenti all'APE, dall'altra (COM(2016) 18 final – Annex 4 Part 1/3, 2/3 e 3/3), che sono assegnati in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che autorizza la Francia ad applicare livelli ridotti di tassazione alla benzina e al gasolio utilizzati come carburanti per motori, in conformità all'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE (COM(2016) 20 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che l'Unione europea deve adottare in sede di Comitato degli ambasciatori ACP-UE riguardo alla revisione dell'allegato III dell'accordo di partenariato ACP-UE (COM(2016) 28 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 28 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

Misure a favore degli agricoltori di Licata gravemente colpiti dalla tromba d'aria del 10 ottobre 2015 – 3-01775

A) Interrogazione

   BOSCO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   il 10 ottobre 2015, una violenta tromba d'aria ha colpito la città di Licata, in provincia di Agrigento, nelle prime ore del mattino, fortunatamente senza causare morti o feriti, ma lasciando dietro di sé ingenti danni al settore dell'agricoltura;
   trenta milioni di euro di danni, 500 aziende sul lastrico, 10 mila lavoratori per strada (5.000 addetti e altrettanti dell'indotto): sono questi i numeri del disastro provocato dalla tromba d'aria che ha raso al suolo ettari di serre di tunnel, colture e recinzioni, in quasi tutte le contrade del territorio;
   gli operatori del comparto agricolo non hanno più nulla: sono state rase al suolo intere coltivazioni di pomodori, zucchine e fagiolini. Le aziende sono sparite nel nulla e, senza liquidità per ripartire, Licata avrà dei danni economici che non hanno precedenti nella sua storia;
   mai in effetti nella storia degli ultimi 100 anni si era verificato un evento atmosferico di questa portata. L'agricoltura a Licata garantisce un prodotto che si aggira attorno a 120 milioni di euro e che permette a molte famiglie di sopravvivere –:
   quali iniziative intenda predisporre al fine di sostenere gli agricoltori di Licata così gravemente colpiti dalla tromba d'aria del 10 ottobre 2015, salvaguardando quindi posti di lavoro del comparto agricolo e dell'indotto dell'intero territorio.
(3-01775)


Chiarimenti in merito ad una proposta di revisione dell'Unione economica e monetaria presentata dal Governo italiano – 3-01950

B) Interrogazione

   BATTELLI e PETRAROLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa e da un generico comunicato del dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri si apprende che l'Italia ha presentato una proposta di revisione dell'Unione economica e monetaria (UEM) da sottoporre ai «quattro presidenti» (sono così denominati il presidente della Commissione, il presidente del Consiglio europeo, il Presidente dell'eurogruppo e il presidente della Banca centrale europea);
   la proposta prende le mosse da un report preparato dai 4 presidenti e discusso durante il Consiglio europeo informale di febbraio 2015, che si concludeva con una richiesta di proposte di revisione dell'Unione economica e monetaria agli Stati membri;
   sempre da fonti di stampa si apprende che l'Italia propone, una serie di misure, in parte limitative della sovranità nazionale, ampliando i poteri dell'Unione europea in tema non solo di governance economica, ma anche in materia fiscale. Nel documento sembra auspicarsi una svolta dell'Unione europea nel senso della creazione di un'unione più politica. Si propone inoltre di affiancare alle politiche economiche e monetarie delle misure redistributive atte a controbilanciare gli squilibri derivanti dall'unione monetaria. Una proposta di questo tipo comporta un evidente cessione di sovranità nazionale da parte dell'Italia all'Unione europea e pertanto dovrebbe essere sostanziata dalla legittimità popolare che solo il Parlamento potrebbe fornirgli;
   la proposta italiana è stata inviata dal Governo direttamente in sede europea, senza essere stata preventivamente trasmessa al Parlamento né tanto meno aver messo le Camere nelle condizioni di approvare atti di indirizzo;
   il trattato di Lisbona prevede all'articolo 12 che i parlamenti abbiano un ruolo centrale nell'integrazione comunitaria, principio rafforzato con il protocollo n. 1 allegato al trattato stesso, non solo nel controllo del rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, ma anche un ruolo fondamentale nell'ambito delle proposte legislative presentate delle istituzioni comunitarie e dagli Stati membri stessi;
   in virtù dei principi costituzionali, è da intendersi chiaro, ad avviso degli interroganti, come qualsiasi proposta che tratta di nuove cessioni di sovranità, debba preventivamente passare per il vaglio del Parlamento italiano, unico organo rappresentativo dei cittadini, dove solo dopo una discussione e un voto su un atto di indirizzo il Governo può ritenersi legittimato a portare avanti nuove proposte di governance in seno all'Unione europea;
   l'articolo 7 della legge n. 234 del 2012, in particolare letto alla luce dell'articolo 6 a cui fa riferimento, prevede che sugli atti quali i progetti di atti dell'Unione europea o atti preordinati alla formulazione degli stessi e le loro modificazioni i competenti organi parlamentari possono adottare ogni opportuno atto di indirizzo al Governo, secondo le disposizioni dei regolamenti delle Camere. Parimenti si prescrive che il Governo è tenuto ad assicurare che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dell'Unione europea ovvero di altre istituzioni od organi dell'Unione, sia coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere; se ne deduce un obbligo del Governo a trasmettere alle Camere atti come quelli in esame –:
   su che basi ed in virtù di quale principio il Governo abbia ritenuto di non dover consultare le Camere prima della trasmissione in sede europea della proposta descritta in premessa;
   quale sia la legittimazione democratica di una proposta che cede sovranità popolare senza coinvolgere il Parlamento;
   cosa intenda fare il Governo per coinvolgere il Parlamento nel processo di completamento dell'Unione economica e monetaria. (3-01950)


Elementi ed iniziative di competenza in relazione alla selezione per il ruolo di medico del lavoro nella caserma del comando dei vigili del fuoco di Bologna – 3-01948

C) Interrogazione

   LENZI. – Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende da notizie di stampa, il comando dei vigili del fuoco di Bologna avrebbe messo a bando il ruolo di medico del lavoro nella locale caserma, per un compenso annuo complessivo di 4.000 euro annui, e tale incarico sarebbe stato assegnato al dottor Ercole De Castro;
   il dottor De Castro risulta essere uno stimato professionista e vanta una difficilmente eguagliabile esperienza medica, dall'alto dei suoi 92 anni;
   il direttore regionale del dipartimento dei vigili del fuoco, Tolomeo Litterio, intervistato dalla stampa locale sulla singolare circostanza che ha portato alla nomina del dottor De Castro, sulla base di un bando di gara per soli titoli e senza alcun limite di età, ha difeso tale scelta in virtù della riconosciuta capacità diagnostica del professionista e del suo instancabile impegno lavorativo;
   pur con riferimento a ruoli e inquadramenti del tutto differenti, uno dei primi provvedimenti adottati dal Governo in carica, il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, all'articolo 1, ha riguardato il cosiddetto ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, ma notizie come quelle del comando dei vigili del fuoco di Bologna appaiono andare in direzione del tutto opposta allo spirito della richiamata norma –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione all'episodio sommariamente illustrato in premessa, se non ritengano necessario adottare le opportune iniziative al fine di valutare l'opportunità di tale selezione e, in prospettiva, per prevenire il riproporsi di scelte analoghe.
(3-01948)


Chiarimenti in merito alle prospettive dell'ente Croce rossa italiana e alla sua organizzazione – 3-01949

D) Interrogazione

   LENZI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. – Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 178 del 2012 in applicazione della legge n. 183 del 2010 prevede la riorganizzazione della Croce rossa italiana;
   tale decreto prevede all'articolo 1 la privatizzazione della Croce rossa italiana attraverso la costituzione dell'associazione Croce rossa italiana e quindi «Le funzioni esercitate dall'Associazione italiana della Croce rossa (CRI), sono trasferite alla costituenda Associazione della Croce rossa italiana»;
   detta nuova associazione è persona giuridica di diritto privato ai sensi del libro primo, titolo II, capo II, del codice civile ed è iscritta di diritto nel registro nazionale, nonché nei registri regionali e provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essa, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383. L'Associazione è di interesse pubblico ed è ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario, è posta sotto l'alto Patronato del Presidente della Repubblica, non è ancora costituita e, dopo vari rinvii, dovrebbe nascere nel 2016;
   i comitati locali e provinciali esistenti, alla data del 31 dicembre 2013, «assumono, alla data del 1o gennaio 2014, la personalità giuridica di diritto privato, sono disciplinati dalle norme del titolo II del libro primo del codice civile e sono iscritti di diritto nei registri provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essi, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383»;
   la gestione della fase transitoria era demandata all'ente strumentale della Croce rossa italiana che manteneva la personalità giuridica di diritto pubblico, e che doveva essere costituito nel 2016 in contemporanea alla nascita della associazione;
   tale organico disegno, che prevedeva la contemporanea trasformazione di tutti i livelli organizzativi della precedente Croce rossa italiana, da ente pubblico ad associazione di diritto privato rientrante tra le associazioni di promozione sociale, è stato profondamente modificato da due interventi normativi in decreti di proroga che hanno permesso la trasformazione delle associazioni locali e provinciali e rinviato alla fine del 2015 la trasformazione delle associazioni regionali e nazionali. In questo momento quindi, in modo assolutamente anomalo per enti che gestiscono servizi, i livelli provinciali sono associazioni di diritto privato iscritte di diritto al registro delle associazioni di promozione sociale mentre, le associazioni regionali e nazionale sono rimaste enti pubblici;
   tale situazione inoltre implica un in pianto assai diverso da quello prefigurato del decreto legislativo n. 178 del 2012, senza che, ad avviso dell'interrogante, si sia stata una chiara decisione parlamentare in tal senso;
   l'articolo 6 del decreto suddetto regolamentava la situazione del personale dipendente prevedendo la possibilità di opzione e successivamente l'applicazione della normativa per le eccedenze di personale nelle pubbliche amministrazioni;
   con decreto-legge n. 192 del 2014 è stata introdotta una modifica alla legge n. 190 del 2014 per estendere le disposizioni sulla mobilità del personale delle ex-province anche al personale della Croce rossa italiana, allo scopo di rendere più agevole il processo di riordino dell'ente;
   al momento della privatizzazione dei comitati provinciali solo una piccola parte del personale (l'1,7 per cento) ha scelto di rimanere come dipendente della associazione provinciale e quindi il personale è stato assegnato alle sedi regionali o al nazionale;
   nelle more della definizione delle procedure per la gestione degli esuberi sul territorio si sta procedendo ad assunzioni di personale precario presso i comitati provinciali (si veda, ad esempio, il bando per assunzione di autista soccorritore del comitato provinciale di San Donato Milanese del 10 febbraio 2015) per svolgere funzioni che potrebbero benissimo essere svolte dal personale transitato alla sede regionale e al quale il sistema pubblico ancora paga lo stipendio;
   l'attuale articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 178 del 2012 stabilisce che le funzioni della decreto legislativo n. 178 del 2012 sono tra le altre:
    «d) organizzare e svolgere, in tempo di pace e in conformità a quanto previsto dalle vigenti convenzioni e risoluzioni internazionali, servizi di assistenza sociale e di soccorso sanitario in favore di popolazioni, anche straniere, in occasione di calamità e di situazioni di emergenza, di rilievo locale, regionale, nazionale e internazionale; e) svolgere attività umanitarie presso i centri per l'identificazione e l'espulsione di immigrati stranieri, nonché gestire i predetti centri e quelli per l'accoglienza degli immigrati ed in particolare dei richiedenti asilo»;
   lo stesso decreto all'articolo 1, comma 6, riconosce la possibilità per l'associazione di stipulare convenzioni con enti pubblici e la sua ancora permanente natura di ente pubblico non economico facilita le possibilità di assegnazione di servizi senza necessità di gara;
   questa facoltà è stata utilizzata per ottenere affidamento di servizi, per poi sub-appaltarli alla associazione privata provinciale con relativa assunzione di personale, come accaduto per l'affidamento diretto effettuato dalla prefettura di Milano per la gestione del centro di assistenza per richiedenti asilo all'associazione regionale e da quest'ultima girato alla Croce rossa italiana associazione privata provinciale (http://www.ilgiorno.it);
   in diverse relazioni e/o dichiarazioni (si veda, ad esempio, l'annuale relazione al Parlamento) l'attuale presidente nazionale della Croce rossa italiana, l'avvocato Rocca, ha ribadito l'auspicio che tale configurazione mista che permette di assumere la qualifica di soggetto pubblico o di soggetto privato, quando conviene, venga mantenuta –:
   se il Governo sia al corrente della situazione sopra esposta e se non ritenga opportuno chiarire le prospettive dell'ente Croce rossa italiana nonché la natura della sua organizzazione. (3-01949)


Elementi ed iniziative in ordine agli impegni assunti dal Governo italiano per il rifinanziamento del Fondo globale per la salute e, più in generale, per gli aiuti pubblici allo sviluppo – 2-00465

E) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   dei 17 Paesi europei membri del DAC (Development Assistance Committee) solo la Danimarca, la Norvegia, il Lussemburgo e la Svezia hanno versato lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo per gli aiuti pubblici allo sviluppo dedicati ai Paesi più poveri del mondo. Mediamente l'Europa è allo 0,35 per cento del prodotto interno lordo con tendenza alla diminuzione dei fondi per la cooperazione internazionale allo sviluppo;
   l'Italia nel 2012 ha versato solo lo 0,12 per cento del prodotto interno lordo collocandosi nei gradini più bassi tra i Paesi europei;
   in particolare nell'aiuto pubblico allo sviluppo per la salute, sono venuti meno gli impegni assunti a livello internazionale dall'Italia e purtroppo anche dalla maggioranza dei Paesi donatori europei;
   eppure negli ultimi 2 decenni la salute globale ha progredito come mai in precedenza, e con i fondi stanziati dai Paesi ricchi sono stati affrontati in modo efficace malattie trasmissibili come HIV, tubercolosi, malaria, infezioni tropicali ed altre gravi malattie che colpiscono i Paesi più poveri del mondo;
   il Viceministro agli affari esteri, Lapo Pistelli, in occasione della IV Conferenza di rifinanziamento del fondo globale per la lotta alle grandi pandemie, ha garantito l'impegno dell'Italia a versare 100 milioni di euro per il periodo 2014-2016;
   si spera che questo impegno sia onorato con serietà tenendo conto che sino al 2008 l'Italia è stato uno dei principali Paesi donatori e non a caso aveva un seggio nel consiglio di amministrazione del Fondo globale. Nel 2009 e nel 2010 l'Italia non ha versato niente, contravvenendo agli impegni sottoscritti, e per il periodo 2011-2013 non ha sottoscritto alcun impegno;
   di conseguenza, l'Italia ha perso il ruolo che occupava nella struttura gestionale e direttiva del Fondo. Tornare a finanziare il Fondo nel periodo 2014-2016 con 100 milioni di euro è dunque un fatto significativo in positiva controtendenza;
   così come importante è l'impegno del Governo italiano con il documento di economia e finanza, approvato nel mese di aprile 2013, di arrivare allo 0,30 per cento del prodotto interno lordo per i fondi destinati alla cooperazione internazionale allo sviluppo nel periodo 2014-2017 –:
   quali iniziative abbia assunto per rispettare gli impegni sottoscritti per il rifinanziamento del Fondo globale per la salute e, più in generale, per l'aumento dei fondi destinati agli aiuti pubblici allo sviluppo.
(2-00465) «Melilla».


Chiarimenti in merito ai contenuti del verbale di sopralluogo redatto dai militari del IV Reggimento genio guastatori di Palermo durante la visita del 14 luglio 2015, presso il ponte Himera sull'autostrada A19 Catania-Palermo – 3-01951

F) Interrogazione

   RIZZO, FRUSONE, CANCELLERI, DI BENEDETTO, NUTI, LOREFICE, BASILIO, PAOLO BERNINI, MARZANA, GRILLO, D'UVA, VILLAROSA, CORDA, TOFALO, MANNINO, LUPO e DELL'ORCO. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile 2015, sull'autostrada A19 Catania-Palermo, all'altezza del viadotto Himera, chilometro 61 tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli, direzione del capoluogo etneo, hanno ceduto due piloni a causa di una frana in movimento dal 2005 sulla strada provinciale Scillato-Caltavuturo;
   la procura della Repubblica di Termini Imerese ha aperto una inchiesta per «disastro colposo» proprio per accertare eventuali responsabilità sul disastro che, di fatto, ha paralizzato l'unica infrastruttura in grado di collegare le due città siciliane;
   sin dal 2004, il comune di Caltavuturo ha segnalato alla provincia regionale di Palermo il rischio generato dal dissesto idrogeologico di questo zona dell'isola e tale comune è rimasto isolato a causa delle frane avvenute che hanno bloccato la strada provinciale n. 20 e la strada statale n. 120;
   il trasporto su ruote rappresenta l'unica possibilità di transito di merci in Sicilia, anche alla luce dei disinvestimenti applicati sul sistema ferroviario locale da parte di Rete ferroviaria italiana e, a causa del blocco parziale dell'autostrada A19, il traffico sui tratti autostradali A20 Messina-Palermo e A18 Catania-Messina è aumentato notevolmente, con gravi e pesanti disagi alla circolazione ordinaria e ulteriori aggravi di costi ai consumatori, visto che questi tratti autostradali sono gravati da pedaggio ed in considerazione delle già drammatiche situazioni di rischio frane che affliggono soprattutto l'autostrada A18, come documentato dalle recenti frane del 5 ottobre 2015;
   grazie allo stanziamento di 300 mila euro, ricavato dal taglio dei stipendi dei portavoce del MoVimento 5 Stelle dell'Assemblea regionale siciliana, il 31 luglio 2015 è stata inaugurata una regia trazzera «riesumata» e sistema con colate di calcestruzzo, canali di scolo, guard-rail e un impianto semaforico;
   non è una soluzione definitiva al problema, ma permette, allo stesso tempo, di raggiungere due obiettivi: garantire una via di fuga ai paesi madoniti e aver fatto risparmiare ai cittadini siciliani dai 40 ai 50 minuti di percorrenza per raggiungere Catania da Palermo e viceversa;
   sempre il Movimento 5 Stelle si era fatto avanti con un progetto di «bypass» alternativo per la A19 che tagliava costi e tempi rispetto a quelli prospettati dall'Anas. Progetto inizialmente accolto con entusiasmo dal Ministro Graziano Delrio che aveva ricevuto i portavoce nazionali e regionali, salvo poi ricredersi e comunicare, tramite gli uffici tecnici ministeriali, che il progetto non stava in piedi nonostante illustri docenti avevano detto che il progetto avanzato dal MoVimento 5 Stelle fosse valido;
   il 14 luglio 2015, in occasione di una visita presso il cantiere della regia trazzera in fase di realizzazione, casualmente, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha incontrato i militari del 4o reggimento genio guastatori di Palermo a cui ha potuto chiedere ragguagli rispetto la loro presenza sul luogo del ponte Himera, colpito dal dissesto idrogeologico del 10 aprile;
   il giorno prima, il 13 luglio 2015, si era tenuta la conferenza di servizi per autorizzare il proseguimento dell’iter relativo al progetto presentato da Anas, scartando gli altri progetti tra cui quello del MoVimento 5 Stelle; quindi il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo trovava fuori tempo e fuori luogo il fatto che solo il 14 luglio 2015, vale a dire il giorno dopo, fosse avvenuto un sopralluogo da parte dei militari nonostante una risoluzione in Commissione ambiente alla Camera dei deputati fosse stata presentata immediatamente dopo il cedimento del pilone, chiedendo l'immediato intervento dell'Esercito italiano e nonostante il commissario nominato a gestire l'emergenza dal Ministro Delrio, il dottor Guardabassi, avesse trovato criticità sulle capacità tecniche e sulle disponibilità di adeguate attrezzature Corpo militare del Genio come da sue dichiarazioni riscontrabili su un articolo del 30 giugno 2015 apparso su Repubblica.it;
   alle dipendenze del comando genio dell'Esercito insiste il 4o reggimento genio guastatori con sede a Palermo che ha anche il compito di sostenere il Paese in caso di calamità naturali per ripristinare la viabilità; molti sono stati gli interventi sul territorio siciliano comandati ai militari di questo reparto dell'Esercito italiano in questi ultimi decenni; citandone solo i più importanti si ricordano: la crisi idrica a Corleone (Palermo) nel 1986, la demolizione di opere abusive nella valle dei Templi (Agrigento) nel 2001, l'emergenza Etna nel 2002-2003, l'emergenza Stromboli nel 2003, l'operazione Drink Water a Misilmeri (Palermo);
   l'Esercito italiano risulta essere costantemente impegnato in operazioni in Patria, sulla base di specifiche necessità del Paese, dimostrando prontezza e preparazione nello svolgimento delle azioni cui viene chiamato, come l'operazione «Strade Sicure»;
   in data 5 ottobre 2015 il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha inviato una richiesta di accesso agli atti via «posta elettronica certificata» all'ufficio di gabinetto del Ministero per chiedere ed ottenere copia del verbale redatto dai militari del IV Reggimento genio guastatori di Palermo durante la visita del 14 luglio 2015 presso il ponte Himera, per conoscere, in relazione all'attività svolta durante questa legislatura in Commissione difesa, le risultanze sulle reali capacità di questo reparto dell'Esercito italiano nell'affrontare l'emergenza viabilità e accelerare i tempi necessari alla riapertura del tratto autostradale con attrezzature e mezzi nelle loro disponibilità;
   in data 12 ottobre 2015 il Ministero della difesa respinge la richiesta del primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo di accesso agli atti, con risposta a firma del capo di gabinetto, ammiraglio di squadra Valter Girardelli, in quanto pur essendo portatore di interessi pubblici, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo non viene ritenuto soggetto con interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è stato chiesto l'accesso –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali siano i contenuti del verbale di sopralluogo redatto dai militari del IV Reggimento genio guastatori di Palermo svoltosi il 14 luglio 2015 e che non risulta agli interroganti siano stati segretati, con particolare riferimento alle criticità rilevate sul progetto predisposto dal Movimento 5 Stelle e alle eventuali soluzioni proposte per la sua realizzazione, e se ne intenda consegnare una copia agli interroganti;
   se non riscontri un possibile danno economico nell'aver autorizzato un sopralluogo, ad ormai «giochi fatti», presso il ponte Himera. (3-01951)


MOZIONI DORINA BIANCHI ED ALTRI N. 1-00976, COVELLO, DELLAI ED ALTRI N. 1-01097, PALESE ED ALTRI N. 1-01101, SCOTTO ED ALTRI N. 1-01112, PISICCHIO N. 1-01113, BARBANTI ED ALTRI N. 1-01114, CARFAGNA ED ALTRI N. 1-01115, BALDASSARRE ED ALTRI N. 1-01117, MATARRESE ED ALTRI N. 1-01118, DE LORENZIS ED ALTRI N. 1-01119, SALTAMARTINI ED ALTRI N. 1-01120 E TAGLIALATELA ED ALTRI N. 1-01122 CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL RILANCIO DEL MEZZOGIORNO

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di stabilità per il 2016 il tema del Mezzogiorno è nuovamente entrato nell'agenda della politica italiana;
    questo dato rappresenta un elemento di novità preparato e fortemente voluto dalle forze politiche di maggioranza che non hanno mancato di esercitare un ruolo di stimolo e di indirizzo nei confronti del Governo. Sia attraverso mozioni parlamentari, sia grazie ad una mirata azione emendativa durante l'esame della legge di stabilità, il Parlamento ha permesso di superare una pericolosa tendenza alla rimozione della realtà e dei rischi del grave dualismo economico che colpisce il nostro Paese;
    come da tempo segnalato con allarme, questo dualismo si è accentuato negli anni della lunga crisi. Anche i dati più recenti lo confermano: Istat, rapporto Svimez 2015;
    si deve, peraltro, dare atto al Governo di aver saputo recepire prontamente gli indirizzi parlamentari e di avere accolto – nonostante la difficile situazione dei saldi di finanza pubblica – quegli emendamenti parlamentari che hanno dato sostanza a tali indirizzi;
    con i commi 98 e seguenti dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 si è introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni del Sud dal 1o gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019. La misura di questa agevolazione è opportunamente differenziata in relazione alle dimensioni aziendali – 20 per cento per le piccole imprese, 15 per cento per le medie imprese, 10 per cento per le grandi imprese – allo scopo di massimizzarne l'efficacia in relazione alla particolare struttura industriale dell'economia italiana. L'entità di questa misura è pari a 617 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018 e 2019;
    con i commi 109 e 110 si estende anche alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 l'esonero contributivo a favore dei datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna;
    con il comma 886 si riserva ad imprese localizzate nelle regioni meridionali una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse assegnate dal fondo di garanzia per le piccole e medie imprese costituito presso il Mediocredito centrale s.p.a., di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996;
    inoltre, con i commi 792-803 si introducono una serie di misure di accelerazione della spendibilità delle risorse destinate agli investimenti cofinanziati con le istituzioni europee, intervenendo sia sulla chiusura del ciclo di programmazione 2007-2013 che sul nuovo ciclo 2014-2020. Uno specifico intervento riguarda poi il ruolo della Cassa depositi e prestiti, ai fini dei progetti ricompresi nel Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS);
    a questi quattro interventi principali – che costituiscono gli assi portanti dell'azione di Governo esplicitamente indirizzata al riequilibrio del dualismo economico – si aggiungono una lunga serie di interventi puntuali che – come usualmente accade in occasione dell'approvazione della legge di stabilità – mirano a risolvere specifiche e localizzate criticità: dalla continuità territoriale della Sicilia, al trasporto regionale marittimo della Campania, al collegamento marittimo della Sardegna, al trasporto pubblico locale campano e altro;
    tuttavia non deve essere sottovalutato il dato politico di fondo: la presa d'atto della necessità di aprire una nuova stagione della politica economica nella quale il tema del Mezzogiorno abbia uno spazio specifico e non marginale;
    la valenza di questa scelta ha carattere generale e, non a caso, su di essa si è realizzata la convergenza di un ampio schieramento che travalica la provenienza territoriale dei parlamentari: la ripresa dell'economia meridionale non è una rivendicazione dei parlamentari eletti in questa area geografica, né questo tema può essere monopolizzato dai governatori delle regioni meridionali. La ripresa dell'economia meridionale infatti è molto di più: è una conditio sine qua non della ripresa dell'economia italiana e dello sviluppo di tutto il Paese;
    il Governo e il Parlamento nazionale hanno dimostrato di aver questa consapevolezza e la ferma volontà di intervenire, in una visione unitaria del Paese e in un quadro di rafforzamento delle istituzioni di Governo e di superamento delle tante tendenze centrifughe ancora attive nel sistema istituzionale;
    almeno quattro sono gli elementi all'origine di questa nuova consapevolezza: il dualismo economico deve ridursi perché è troppo alto il rischio che esso dia origine ad una grave crisi sociale; particolarmente preoccupanti sono le tendenze che investono la popolazione giovanile delle aree meridionali; il Sud esprime una economia produttiva rilevante – poco «riconosciuta» e addirittura poco conosciuta – ma manca una politica industriale per il Sud; il Paese fa fatica ad esprimere una efficace proiezione mediterranea che è l'unico contesto nel quale il Mezzogiorno d'Italia può riacquisire centralità;
    il dualismo economico rischia di essere all'origine di una grave crisi sociale, come testimoniato dai dati sulla povertà che hanno visto in questi anni una crescita più che proporzionale nelle aree meridionali rispetto al resto del Paese; la crisi delle aree urbane meridionali si intreccia con la crisi della legalità: annualmente Il Sole 24 ore pubblica un'indagine sulla qualità della vita condotta nelle 107 città italiane capoluogo di provincia. Anche per il 2015 le città decisamente peggio collocate sono tutte quelle meridionali; questi fattori di arretratezza e questo basso livello di benessere rappresentano non solo l'effetto, ma anche il terreno di coltura ideale per la criminalità;
    particolarmente allarmante è lo stato di quei delicati meccanismi che presiedono alla formazione e alla riproduzione del capitale sociale, cioè le competenze che si acquisiscono, si consolidano e si stratificano nella popolazione giovanile di un territorio. Ebbene, sono proprio questi meccanismi che rischiano oggi di incepparsi nel Mezzogiorno. Particolarmente allarmanti sono i dati sul calo demografico della popolazione giovanile: secondo Istat da qui a venti anni si assisterà ad un grave decremento della popolazione giovanile nel Sud, a fronte di un lieve aumento nel resto del Paese, determinato sostanzialmente dall'immissione di giovani immigrati; altrettanto preoccupante è il divario nello stato dell'istruzione universitaria: la pericolosa caduta delle immatricolazioni è molto più accentuata nelle università del Sud; contribuiscono a questa caduta dell'istruzione universitaria nel Mezzogiorno sistemi di certificazione della qualità inadeguati e fatti su misura delle realtà del Centro-Nord, dai quali discendono premialità economiche che danneggiano ulteriormente tutte le università meridionali, quindi i giovani meridionali e in modo particolare (come testimoniato da studi della Banca d'Italia) quelli appartenenti alle fasce di reddito più basse;
    nel Sud è localizzata una base produttiva non irrilevante, ma manca una strategia di sviluppo industriale ed economico per il Sud: il numero di occupati nell'industria degli autoveicoli nel Mezzogiorno è superiore a quello di aree altamente industrializzate quali la Catalogna, il Belgio, la Sassonia, l'Austria; il numero di occupati nell'industria degli altri mezzi di trasporto è superiore a quello dei Paesi Bassi e di poco inferiore a quello della Baviera; il numero di occupati nell'elettronica è superiore a quello dell'intera Danimarca o del Belgio; il numero di pernottamenti turistici supera di gran lunga quello di Paesi come la Svezia, la Repubblica ceca, la Danimarca o di aree ad altissima vocazione turistica come la Provenza-Costa azzurra; questi dati sono ancora troppo poco conosciuti e non formano oggetto di una azione strategica guidata dalle autorità di Governo; si è ancora prigionieri di una parcellizzazione dei temi produttivi e di sviluppo territoriale, ereditata da un regionalismo esasperato, che ha fatto il suo tempo non per una volontà accentratrice del Governo, ma semplicemente perché non ha mantenuto nessuna delle sue promesse;
    infine, il Paese non riesce ancora ad esprimere adeguatamente una sua proiezione mediterranea, premessa indispensabile del recupero di un ruolo attivo e produttivo del nostro Mezzogiorno: al netto dell'instabilità politica legata ai focolai di guerra in Siria e in Nord Africa, frutto di gravissimi errori strategici del recente passato imputabili – in diversa misura – a diversi attori internazionali, l'Italia non riesce ancora a sviluppare una visione coraggiosa e fiduciosa di sé. L'espressione più evidente di tale difficoltà è la perdurante miopia con cui una parte dell'opinione pubblica guarda ad uno sviluppo competitivo della logistica nel Sud e a progetti infrastrutturali ambiziosi e coraggiosi: completamento della rete ferroviaria ad alta velocità fino a Reggio-Palermo, area metropolitana dello Stretto, grande portualità gateway di Taranto e Gioia Tauro e collegamento dei principali porti meridionali alle reti TEN-T per l'instradamento di merci lungo i corridoi continentali; il perdurare di una visione del Mezzogiorno come area vocata ad una utopistica rinaturalizzazione impedisce al Paese di vedere con lucidità la sorda opposizione al ruolo mediterraneo dell'Italia e alle sue potenzialità esercitata dai Paesi dell'Europa del Nord che traggono una rendita di posizione proprio dall'inerzia italiana su queste partite di valenza strategica;
    se questa è la diagnosi, appare urgente e necessario inquadrare gli interventi approvati dalla legge di stabilità 2016 quale espressione di un primo momento di svolta e quali premesse di una nuova politica per il Mezzogiorno che va costruita attraverso successivi interventi, organici e accomunati da una forte visione strategica;
    in questo quadro appare ancora insufficiente il metodo del masterplan lanciato dal Governo, che va messo a punto e potenziato, altrimenti rischia di essere troppo condizionato dal complesso negoziato con le regioni, già visto tante volte in azione, al quale si aggiungono ora le città metropolitane; una strategia per il Mezzogiorno non potrà mai discendere dalla sommatoria delle strategie regionali, ma deve invece partire da una visione del Mezzogiorno come area geoeconomica unitaria, dotata di enormi potenzialità di sviluppo, visione che solo il Parlamento e il Governo possono esprimere, senza aggirare il costante dibattito con le regioni, ma senza neanche delegare ad esse compiti e funzioni che riguardano il futuro dell'intero Paese,

impegna il Governo:

   a monitorare in modo unitario e sistematico – riferendo periodicamente al Parlamento – gli effetti delle misure varate dalla legge di stabilità per il 2016 per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno al fine di rafforzare tempestivamente le misure più efficaci e di arricchire ed affinare il quadro normativo in materia di investimenti industriali, nuove assunzioni a tempo indeterminato promosse dall'esonero contributivo, assegnazione di quote del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, con la prospettiva di un potenziamento di tali interventi e di un loro indirizzamento verso obiettivi di politica industriale centrati sullo sviluppo logistico del Mezzogiorno e sull'adeguamento infrastrutturale per la cattura di flussi di traffico internazionali e intercontinentali; in questo quadro ad affrontare il tema della istituzione di zone economiche speciali (ZES) in aree particolarmente vocate ad attrarre investimenti di grandi gruppi internazionali nelle attività indotte dallo sviluppo logistico;
   parallelamente, a sviluppare un'iniziativa politica e legislativa verso obiettivi di politica sociale e della formazione di sviluppo e risanamento delle aree urbane e di rilancio dei processi e delle istituzioni a cui è affidata la formazione del capitale sociale del Sud, con particolare impegno alla ricognizione degli effetti perversi di meccanismi di valutazione e di premialità delle università che rischiano di ribaltarsi a danno della popolazione giovanile meridionale e, segnatamente, di quella appartenente alle fasce di reddito più basse;
   con riferimento alla programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, a implementare le innovazioni introdotte dai commi 792-803 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 e a prevedere anche meccanismi che consentano l'utilizzo di una quota delle risorse disponibili per la realizzazione di un «masterplan Mezzogiorno» definito e monitorato da una cabina di regia unica, dotata di poteri effettivi, fra i quali il ricorso tempestivo ai poteri sostitutivi del Governo in materia di utilizzo delle risorse comunitarie, previsti dall'articolo 9 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, e dall'articolo 12 del decreto-legge n. 133 del 2014 in caso di ritardo delle regioni nelle assegnazioni ed erogazioni;
   con riferimento alle politiche di coesione, a garantire un robusto contributo della dotazione 2014-2020 del fondo per lo sviluppo e la coesione allo sviluppo infrastrutturale, attraverso una definizione più chiara e un esercizio più deciso e visibile della responsabilità di guida strategica degli interventi, considerato che le risorse non irrilevanti a disposizione del fondo, pari ad oltre 43 miliardi di euro, richiedono una visione di medio termine e una forte capacità di governo dei processi attuativi, anche utilizzando al meglio le innovazioni normative introdotte dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1, commi 703-706).
(1-00976)
(Nuova formulazione) «Dorina Bianchi, Buttiglione, Adornato, Bernardo, Binetti, Bosco, Calabrò, Cera, Cicchitto, D'Alia, De Mita, Garofalo, Marotta, Minardo, Misuraca, Pagano, Piccone, Sammarco, Scopelliti, Tancredi, Vignali».


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di stabilità per il 2016 il tema del Mezzogiorno è nuovamente entrato nell'agenda della politica italiana;
    questo dato rappresenta un elemento di novità preparato e fortemente voluto dalle forze politiche di maggioranza che non hanno mancato di esercitare un ruolo di stimolo e di indirizzo nei confronti del Governo. Sia attraverso mozioni parlamentari, sia grazie ad una mirata azione emendativa durante l'esame della legge di stabilità, il Parlamento ha permesso di superare una pericolosa tendenza alla rimozione della realtà e dei rischi del grave dualismo economico che colpisce il nostro Paese;
    come da tempo segnalato con allarme, questo dualismo si è accentuato negli anni della lunga crisi. Anche i dati più recenti lo confermano: Istat, rapporto Svimez 2015;
    si deve, peraltro, dare atto al Governo di aver saputo recepire prontamente gli indirizzi parlamentari e di avere accolto – nonostante la difficile situazione dei saldi di finanza pubblica – quegli emendamenti parlamentari che hanno dato sostanza a tali indirizzi;
    con i commi 98 e seguenti dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 si è introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni del Sud dal 1o gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019. La misura di questa agevolazione è opportunamente differenziata in relazione alle dimensioni aziendali – 20 per cento per le piccole imprese, 15 per cento per le medie imprese, 10 per cento per le grandi imprese – allo scopo di massimizzarne l'efficacia in relazione alla particolare struttura industriale dell'economia italiana. L'entità di questa misura è pari a 617 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018 e 2019;
    con i commi 109 e 110 si estende anche alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 l'esonero contributivo a favore dei datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna;
    con il comma 886 si riserva ad imprese localizzate nelle regioni meridionali una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse assegnate dal fondo di garanzia per le piccole e medie imprese costituito presso il Mediocredito centrale s.p.a., di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996;
    inoltre, con i commi 792-803 si introducono una serie di misure di accelerazione della spendibilità delle risorse destinate agli investimenti cofinanziati con le istituzioni europee, intervenendo sia sulla chiusura del ciclo di programmazione 2007-2013 che sul nuovo ciclo 2014-2020. Uno specifico intervento riguarda poi il ruolo della Cassa depositi e prestiti, ai fini dei progetti ricompresi nel Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS);
    a questi quattro interventi principali – che costituiscono gli assi portanti dell'azione di Governo esplicitamente indirizzata al riequilibrio del dualismo economico – si aggiungono una lunga serie di interventi puntuali che – come usualmente accade in occasione dell'approvazione della legge di stabilità – mirano a risolvere specifiche e localizzate criticità: dalla continuità territoriale della Sicilia, al trasporto regionale marittimo della Campania, al collegamento marittimo della Sardegna, al trasporto pubblico locale campano e altro;
    tuttavia non deve essere sottovalutato il dato politico di fondo: la presa d'atto della necessità di aprire una nuova stagione della politica economica nella quale il tema del Mezzogiorno abbia uno spazio specifico e non marginale;
    la valenza di questa scelta ha carattere generale e, non a caso, su di essa si è realizzata la convergenza di un ampio schieramento che travalica la provenienza territoriale dei parlamentari: la ripresa dell'economia meridionale non è una rivendicazione dei parlamentari eletti in questa area geografica, né questo tema può essere monopolizzato dai governatori delle regioni meridionali. La ripresa dell'economia meridionale infatti è molto di più: è una conditio sine qua non della ripresa dell'economia italiana e dello sviluppo di tutto il Paese;
    il Governo e il Parlamento nazionale hanno dimostrato di aver questa consapevolezza e la ferma volontà di intervenire, in una visione unitaria del Paese e in un quadro di rafforzamento delle istituzioni di Governo e di superamento delle tante tendenze centrifughe ancora attive nel sistema istituzionale;
    almeno quattro sono gli elementi all'origine di questa nuova consapevolezza: il dualismo economico deve ridursi perché è troppo alto il rischio che esso dia origine ad una grave crisi sociale; particolarmente preoccupanti sono le tendenze che investono la popolazione giovanile delle aree meridionali; il Sud esprime una economia produttiva rilevante – poco «riconosciuta» e addirittura poco conosciuta – ma manca una politica industriale per il Sud; il Paese fa fatica ad esprimere una efficace proiezione mediterranea che è l'unico contesto nel quale il Mezzogiorno d'Italia può riacquisire centralità;
    il dualismo economico rischia di essere all'origine di una grave crisi sociale, come testimoniato dai dati sulla povertà che hanno visto in questi anni una crescita più che proporzionale nelle aree meridionali rispetto al resto del Paese; la crisi delle aree urbane meridionali si intreccia con la crisi della legalità: annualmente Il Sole 24 ore pubblica un'indagine sulla qualità della vita condotta nelle 107 città italiane capoluogo di provincia. Anche per il 2015 le città decisamente peggio collocate sono tutte quelle meridionali; questi fattori di arretratezza e questo basso livello di benessere rappresentano non solo l'effetto, ma anche il terreno di coltura ideale per la criminalità;
    particolarmente allarmante è lo stato di quei delicati meccanismi che presiedono alla formazione e alla riproduzione del capitale sociale, cioè le competenze che si acquisiscono, si consolidano e si stratificano nella popolazione giovanile di un territorio. Ebbene, sono proprio questi meccanismi che rischiano oggi di incepparsi nel Mezzogiorno. Particolarmente allarmanti sono i dati sul calo demografico della popolazione giovanile: secondo Istat da qui a venti anni si assisterà ad un grave decremento della popolazione giovanile nel Sud, a fronte di un lieve aumento nel resto del Paese, determinato sostanzialmente dall'immissione di giovani immigrati; altrettanto preoccupante è il divario nello stato dell'istruzione universitaria: la pericolosa caduta delle immatricolazioni è molto più accentuata nelle università del Sud; contribuiscono a questa caduta dell'istruzione universitaria nel Mezzogiorno sistemi di certificazione della qualità inadeguati e fatti su misura delle realtà del Centro-Nord, dai quali discendono premialità economiche che danneggiano ulteriormente tutte le università meridionali, quindi i giovani meridionali e in modo particolare (come testimoniato da studi della Banca d'Italia) quelli appartenenti alle fasce di reddito più basse;
    nel Sud è localizzata una base produttiva non irrilevante, ma manca una strategia di sviluppo industriale ed economico per il Sud: il numero di occupati nell'industria degli autoveicoli nel Mezzogiorno è superiore a quello di aree altamente industrializzate quali la Catalogna, il Belgio, la Sassonia, l'Austria; il numero di occupati nell'industria degli altri mezzi di trasporto è superiore a quello dei Paesi Bassi e di poco inferiore a quello della Baviera; il numero di occupati nell'elettronica è superiore a quello dell'intera Danimarca o del Belgio; il numero di pernottamenti turistici supera di gran lunga quello di Paesi come la Svezia, la Repubblica ceca, la Danimarca o di aree ad altissima vocazione turistica come la Provenza-Costa azzurra; questi dati sono ancora troppo poco conosciuti e non formano oggetto di una azione strategica guidata dalle autorità di Governo; si è ancora prigionieri di una parcellizzazione dei temi produttivi e di sviluppo territoriale, ereditata da un regionalismo esasperato, che ha fatto il suo tempo non per una volontà accentratrice del Governo, ma semplicemente perché non ha mantenuto nessuna delle sue promesse;
    infine, il Paese non riesce ancora ad esprimere adeguatamente una sua proiezione mediterranea, premessa indispensabile del recupero di un ruolo attivo e produttivo del nostro Mezzogiorno: al netto dell'instabilità politica legata ai focolai di guerra in Siria e in Nord Africa, frutto di gravissimi errori strategici del recente passato imputabili – in diversa misura – a diversi attori internazionali, l'Italia non riesce ancora a sviluppare una visione coraggiosa e fiduciosa di sé. L'espressione più evidente di tale difficoltà è la perdurante miopia con cui una parte dell'opinione pubblica guarda ad uno sviluppo competitivo della logistica nel Sud e a progetti infrastrutturali ambiziosi e coraggiosi: completamento della rete ferroviaria ad alta velocità fino a Reggio-Palermo, area metropolitana dello Stretto, grande portualità gateway di Taranto e Gioia Tauro e collegamento dei principali porti meridionali alle reti TEN-T per l'instradamento di merci lungo i corridoi continentali; il perdurare di una visione del Mezzogiorno come area vocata ad una utopistica rinaturalizzazione impedisce al Paese di vedere con lucidità la sorda opposizione al ruolo mediterraneo dell'Italia e alle sue potenzialità esercitata dai Paesi dell'Europa del Nord che traggono una rendita di posizione proprio dall'inerzia italiana su queste partite di valenza strategica;
    se questa è la diagnosi, appare urgente e necessario inquadrare gli interventi approvati dalla legge di stabilità 2016 quale espressione di un primo momento di svolta e quali premesse di una nuova politica per il Mezzogiorno che va costruita attraverso successivi interventi, organici e accomunati da una forte visione strategica;
    in questo quadro appare ancora insufficiente il metodo del masterplan lanciato dal Governo, che va messo a punto e potenziato, altrimenti rischia di essere troppo condizionato dal complesso negoziato con le regioni, già visto tante volte in azione, al quale si aggiungono ora le città metropolitane; una strategia per il Mezzogiorno non potrà mai discendere dalla sommatoria delle strategie regionali, ma deve invece partire da una visione del Mezzogiorno come area geoeconomica unitaria, dotata di enormi potenzialità di sviluppo, visione che solo il Parlamento e il Governo possono esprimere, senza aggirare il costante dibattito con le regioni, ma senza neanche delegare ad esse compiti e funzioni che riguardano il futuro dell'intero Paese,

impegna il Governo:

   a monitorare in modo unitario e sistematico – riferendo periodicamente al Parlamento – gli effetti delle misure varate dalla legge di stabilità per il 2016 per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno al fine di rafforzare tempestivamente le misure più efficaci e di arricchire ed affinare il quadro normativo in materia di investimenti industriali, nuove assunzioni a tempo indeterminato promosse dall'esonero contributivo, assegnazione di quote del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, con la prospettiva di un potenziamento di tali interventi e di un loro indirizzamento verso obiettivi di politica industriale centrati sullo sviluppo logistico del Mezzogiorno e sull'adeguamento infrastrutturale per la cattura di flussi di traffico internazionali e intercontinentali; in questo quadro ad affrontare il tema della istituzione di zone economiche speciali (ZES) in aree particolarmente vocate ad attrarre investimenti di grandi gruppi internazionali nelle attività indotte dallo sviluppo logistico;
   parallelamente, a sviluppare un'iniziativa politica e legislativa verso obiettivi di politica sociale e della formazione di sviluppo e risanamento delle aree urbane e di rilancio dei processi e delle istituzioni a cui è affidata la formazione del capitale sociale del Sud, anche con riferimento alla ricognizione degli effetti dei meccanismi di valutazione e premialità delle università affinché non penalizzino la popolazione giovanile meridionale e, segnatamente, quella appartenente alle fasce di reddito più basse;
   con riferimento alla programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, a implementare le innovazioni introdotte dai commi 792-803 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 e a prevedere anche meccanismi che consentano l'utilizzo di una quota delle risorse disponibili per la realizzazione di un «masterplan Mezzogiorno» definito e monitorato da una cabina di regia unica, dotata di poteri effettivi, fra i quali il ricorso tempestivo ai poteri sostitutivi del Governo in materia di utilizzo delle risorse comunitarie, previsti dall'articolo 9 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, e dall'articolo 12 del decreto-legge n. 133 del 2014 in caso di ritardo delle regioni nelle assegnazioni ed erogazioni;
   con riferimento alle politiche di coesione, a garantire un robusto contributo della dotazione 2014-2020 del fondo per lo sviluppo e la coesione allo sviluppo infrastrutturale, attraverso una definizione più chiara e un esercizio più deciso e visibile della responsabilità di guida strategica degli interventi, considerato che le risorse non irrilevanti a disposizione del fondo, pari ad oltre 43 miliardi di euro, richiedono una visione di medio termine e una forte capacità di governo dei processi attuativi, anche utilizzando al meglio le innovazioni normative introdotte dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1, commi 703-706).
(1-00976)
(Nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Dorina Bianchi, Buttiglione, Adornato, Bernardo, Binetti, Bosco, Calabrò, Cera, Cicchitto, D'Alia, De Mita, Garofalo, Marotta, Minardo, Misuraca, Pagano, Piccone, Sammarco, Scopelliti, Tancredi, Vignali».


   La Camera,
   premesso che:
    con due diverse mozioni, la n. 1-00612 dell'ottobre 2014 e la n. 1-00685 dell'aprile 2015 presentate dal gruppo parlamentare del Partito democratico, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo in merito al rafforzamento delle politiche di rilancio e sviluppo del Mezzogiorno;
    a seguito di quegli atti si è velocizzato l’iter per rendere pienamente operativa l'Agenzia per la coesione territoriale, con l'obiettivo di migliorare la capacità di impiego dei fondi strutturali;
    si è proceduto ad un censimento delle risorse ancora disponibili e non ancora utilizzate nell'ambito degli strumenti della programmazione negoziata, finalizzato alla predisposizione di un piano di rilancio industriale, improntato sulle specificità e le eccellenze produttive presenti nel Mezzogiorno; si sono rafforzati, ulteriormente, i progetti in materia di sicurezza e legalità per contrastare la presenza dei fenomeni criminali, prima vera condizione per il rilancio delle politiche di sviluppo;
    si è promosso il patrimonio culturale paesaggistico del Sud soprattutto in chiave turistica come dimostrano il progetto grande Pompei e Matera capitale europea della cultura 2019, ma anche il PON cultura con 491 milioni di euro indirizzati alle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia;
    si sono attivati interventi aventi per obiettivo quello di potenziare le strutture nel Mezzogiorno finalizzate a facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, in particolare per i giovani, e posti correttivi anche per quanto riguarda l'esperienza di garanzia giovani;
    sono stati presi in considerazione strumenti di contrasto del disagio sociale presente in ampie fasce della società meridionale partendo dalle criticità che si sono manifestate nella concretizzazione, ad esempio, del SIE e si è anche avviato un confronto con le istituzioni regionali che nel corso di questi mesi hanno introdotto strumenti di contrasto alla povertà;
    dal mese di settembre 2015 è stato dato nuovo ed importante impulso alle politiche di rilancio del Mezzogiorno;
    nel mese di novembre 2015 sono state varate dal Governo le linee guida del masterplan con l'obiettivo di «mettere in movimento la società civile del Mezzogiorno affinché diventi protagonista di una nuova Italia, l'Italia della legalità, della dignità del lavoro, della creatività imprenditoriale, in una parola del progresso economico e civile»;
    il masterplan intende partire dai punti di forza del tessuto economico meridionale per valorizzarne le capacità di diffusione di imprenditorialità e di competenze lavorative e per promuovere l'attivazione di filiere produttive autonomamente vitali;
    infrastrutture, capacità di connessione, regole dei mercati, sostegno al credito, servizi sono i punti sui quali si concentra il piano del Governo;
    il masterplan consta di circa 95 miliardi di euro di investimenti entro il 2023, derivanti dai fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-2020 pari a 56,2 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi di euro europei e 24 miliardi di euro nazionali, dai fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro e dal Fondo sviluppo e coesione, per il quale sono già oggi disponibili 39 miliardi di euro sulla programmazione 2014-20;
    il Governo è ormai in dirittura d'arrivo per declinare operativamente i 16 patti per il Sud, uno per ciascuna delle 8 regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) e uno per ognuna delle 8 città metropolitane (Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Messina, Catania, Palermo, Cagliari);
    l'obiettivo è quello di articolare territorio per territorio nella misura maggiormente aderente possibile e meno astratta rispetto al passato gli interventi prioritari, le azioni per concretizzarli, gli ostacoli da rimuovere e la tempistica, in un quadro di precise responsabilità senza rimbalzi che sarebbero vissuti in maniera negativa dalle comunità;
    con la legge di stabilità 2016 è stato introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali in favore di impianti produttivi ubicati nelle regioni del Mezzogiorno; si tratta di una misura pari a 617 milioni di euro per ciascun anno dal 2016 al 2019 che si articola in relazione alla dimensione dell'azienda richiedente: 20 per cento per le piccole imprese, 15 per cento per le medie imprese, 10 per cento per le grandi imprese;
    viene individuato un limite massimo per ciascun progetto di investimento agevolabile pari a: un massimo di 1,5 milioni di euro per le piccole imprese, di 5 milioni per le medie imprese e 15 milioni per le grandi imprese. L'agevolazione è commisurata alla quota del costo complessivo degli investimenti eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta relativi alle stesse categorie di beni di investimento della struttura produttiva, esclusi gli ammortamenti dei beni oggetto dell'investimento agevolato;
    possono beneficiare di tale misura gli investimenti relativi all'acquisto anche in leasing di macchinari, impianti e attrezzature destinati a strutture produttive nuove o anche esistenti;
    tale credito d'imposta non si applica alle imprese in difficoltà finanziaria, oppure operanti nel settore dell'industria siderurgica, del credito, della finanza delle assicurazioni;
    entro 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge di stabilità è prevista l'emanazione di un provvedimento dell'Agenzia delle entrate per definire le modalità di richiesta;
    è stata prevista altresì anche una misura finalizzata a estendere anche per l'anno 2017 l'esonero contributivo ai datori di lavoro del settore privato delle regioni meridionali;
    tale estensione è però subordinata alla ricognizione delle risorse del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi PAC non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti. Entro il 30 aprile 2016 si procederà a seguito dell'esito della ricognizione a quantificare l'ammontare delle risorse disponibili e comunque tale incentivo è subordinato all'autorizzazione della Commissione europea;
    la legge di stabilità 2016 riserva, inoltre, alle imprese localizzate nelle regioni del Mezzogiorno una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse assegnate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese costituito presso il Mediocredito centrale s.p.a;
    ai 28 milioni di euro già stanziati per l'evento Matera capitale europea della cultura 2019 si aggiungono altri 20 milioni di euro, 5 milioni per ciascun anno dal 2016 al 2019, per il completamento del restauro urbanistico dei «Sassi» e dell'altipiano murgico;
    tra le varie misure introdotte è stata prevista l'esenzione o la riduzione della tassa di ancoraggio in via sperimentale per gli anni dal 2016 al 2018 per le navi porta container nei porti con volume di traffico transhipment superiore all'80 per cento. Si tratta di 3 milioni di euro a cui vanno aggiunti 1,8 milioni di euro per la riduzione delle accise sui prodotti energetici per le navi che fanno esclusivamente movimentazione all'interno del porto. Ad essere maggiormente interessati sono i porti di Gioia Tauro, Taranto, Salerno, Cagliari;
    è stato incrementato, portandolo a 51 milioni di euro, il fondo per il potenziamento delle azioni relative al piano straordinario per la promozione del made in Italy finalizzato a sostenere le piccole e medie imprese sui mercati esteri per la tutela delle produzioni tipiche e per il contrasto al fenomeno della contraffazione dei prodotti agroalimentari italiani;
    sono stati stanziati 600 milioni di euro per l'anno 2016 e un miliardo di euro a partire dal 2017 per il contrasto alla povertà con priorità per i nuclei familiari con figli minori o disabili ed è stata prevista anche la creazione di un fondo per il contrasto della povertà educativa minorile; sono stati stanziati 8,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 per il risarcimento ai familiari delle vittime dell'alluvione di Sarno;
    per le infrastrutture oltre ai 150 milioni di euro per il completamento della Salerno-Reggio Calabria è stato previsto il commissariamento delle Ferrovie Sud est ed un contributo pari a 70 milioni di euro per l'anno 2016 per assicurare la continuità operativa del servizio. È stato differito al 31 dicembre 2016 il blocco delle azioni esecutive nei confronti delle imprese esercenti il servizio di trasporto pubblico ferroviario nella regione Campania e interessate da piano di rientro al fine di scongiurare licenziamenti ed interruzioni di servizio;
    in data 29 settembre 2015 è stata approvata dalla Camera dei deputati una mozione finalizzata al superamento delle criticità del sistema dei trasporti, in particolare per quanto concerne la regione Calabria, con la previsione di interventi relativi ai corridoi stradali ed autostradali, partendo dalla messa in sicurezza della strada statale 106, che, purtroppo, si conferma essere tra le strade più pericolose del Paese, impegno sul quale c’è grande attenzione istituzionale;
    è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018 il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie destinate alla strategia per le «aree interne» fattore di assoluta rilevanza per tutte le aree appenniniche del Sud;
    sono stati prorogati fino al prossimo 31 dicembre 2016 i contratti dei lavoratori precari nei comuni, della Sicilia dissestati o in pre-dissesto;
    sono stati stanziati 20 milioni di euro ad integrazione del fondo destinato al finanziamento di interventi nei settori della manutenzione idraulica e forestale per attività di difesa del suolo e di tutela ambientale in particolare per la Calabria;
    con il decreto-legge n. 185 del 2015 sono state introdotte ulteriori misure a sostegno del Mezzogiorno, come, ad esempio, le disposizioni in materia di bonifica e rigenerazione urbana di Bagnoli, le risorse pari a 150 milioni di euro per lo smaltimento delle ecoballe in Campania, il supporto economico per il comune di Reggio Calabria, le risorse per i lavoratori socialmente utili; in questo quadro non si può trascurare il costante impegno assunto dal Governo per la soluzione di importanti vertenze industriali salvaguardando le possibilità di mantenere in vita e restituire alla produttività segmenti importanti del tessuto produttivo meridionale, come ad esempio la ex Micron di Avezzano, Whirlpool e Firema di Caserta, l'ex Irisbus di Avellino, la Bridgestone di Bari, la Natuzzi di Santeramo e Matera, l'Ansaldo Breda di Reggio Calabria, Italcementi di Castrovillari, l'ex Fiat di Termini Imerese, ma anche la conversione alla chimica verde dei poli di raffinazione di Gela e di Porto Torres, la criticità Portovesme;
    si sono promossi e articolati importanti accordi di programma e protocolli d'intesa per aree di crisi industriale come Taranto, le Murge, Gela, Termini Imerese, il Sulcis, Porto Torres, e i cinque siti individuati per la Campania;
    nell'ambito del masterplan è previsto inoltre che al rilancio dello sviluppo del tessuto produttivo del sud saranno chiamate le imprese partecipate da soggetti pubblici da Finmeccanica a Fincantieri, da Enel ad Eni senza il venir meno ai principi di mercato a cui ormai sono orientate; la questione meridionale non è semplicemente questione di risorse finanziarie, è una questione strategica che attiene alla visione che si deve avere per il futuro del Paese; la questione meridionale è sottrarre all'illegalità, e in particolare alle varie forme di mafia, ambiti di territorio, restituire credibilità alla funzione pubblica e agli uffici pubblici, è investire nella scuola, è governance ed è soprattutto questione di classi dirigenti;
    il Mezzogiorno, sul piano dell'internazionalizzazione, dei flussi turistici e della ricerca di investimenti, può usufruire delle notevoli potenzialità legate alla presenza in diversi continenti e in un gran numero di Paesi di persone di origine e dei loro discendenti, diventati ormai classe dirigente nei rispettivi contesti di insediamento,

impegna il Governo:

   a rispettare inderogabilmente la data del 30 aprile 2016 per la ricognizione e quantificazione dell'ammontare delle risorse disponibili per la decontribuzione di cui in premessa e in caso di disponibilità delle risorse necessarie a porre in essere ogni iniziativa utile affinché tale misura possa vedere il «via libera» da parte della Commissione europea;
   a definire un puntuale cronoprogramma per l'anno 2016 per la piena operatività di ciascun piano di intervento approvato in base alle linee guida del masterplan, attraverso la cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri prevista dalla legge di stabilità per il 2015 e assumendo iniziative per prevedere anche la possibilità di poteri sostitutivi in caso di ritardi o paralisi per ragioni burocratiche;
   nell'ottimizzazione del masterplan e nella predisposizione dei programmi di internazionalizzazione, a verificare nell'ambito degli specifici progetti le possibilità di coinvolgimento e partenariato con i soggetti e le organizzazioni di origine italiana già attivi nel campo dell'intermediazione commerciale e finanziaria;
   a rinvenire entro l'anno 2016 ulteriori risorse destinate al finanziamento delle misure previste dalla legge n. 185 del 2000 conosciuta come legge sull'autoimpiego;
   a conseguire un miglioramento complessivo della qualità del sistema dei trasporti e di mobilità nel Mezzogiorno prevedendo un monitoraggio permanente che coinvolga compagnie aeree, società ferroviarie, autolinee e compagnie navali, con attenzione anche al traffico merci, a partire dalle attività portuali, e proseguendo nell'azione, anche in sede comunitaria, per il riconoscimento della zona economica speciale per Gioia Tauro;
   a promuovere piani di rigenerazione urbana articolati in base alle dimensioni delle realtà urbane, partendo dalla messa in sicurezza e valorizzazione dei centri storici per un recupero socio-economico dei contesti, nonché in ottica di promozione turistica; a prevedere per l'anno 2016 un piano straordinario di interventi pubblici a sostegno dell'alfabetizzazione digitale finalizzato a superare un evidente ritardo accumulato dal Mezzogiorno in questo strategico settore per il rilancio dell'economia;
   a monitorare, con l'Agenzia per la coesione territoriale, l'impegno delle risorse e l'avanzamento dei programmi finanziati con i fondi europei 2014-2020, valutando l'opportunità di assumere iniziative per prevedere maggiori poteri sostitutivi nel caso di palesi e colpevoli ritardi;
   a supportare e tutelare le produzioni agricole di qualità soprattutto in sede comunitaria, nonché ad individuare programmi di rafforzamento della filiera agroindustriale dalla produzione alla trasformazione nell'ambito dei distretti agroalimentari meridionali;
   a promuovere, coinvolgendo Invitalia, una struttura di scouters di elevatissimo profilo in grado di «cercare», con particolare attenzione agli operatori italiani e di origine italiana che hanno raggiunto posizioni di rilievo nel tessuto produttivo e finanziario delle realtà di residenza, investimenti produttivi da allocare presso le aree industriali del Sud;
   ad attivare in via prioritaria le misure di contrasto all'indigenza previste dalla legge di stabilità 2016 e a promuovere iniziative specifiche di reintegro sociale attraverso progetti e programmi comprensoriali che riguardino interventi di pubblica utilità e servizi alla persona;
   a rafforzare i piani e i progetti in materia di edilizia scolastica ed impiantistica sportiva;
   a promuovere ulteriori investimenti nell'ambito della manutenzione e messa in sicurezza del territorio, contrastando il gravissimo fenomeno del dissesto idrogeologico;
   ad investire nella valorizzazione del patrimonio archeologico, artistico e culturale del Mezzogiorno come avvenuto a Pompei, a Caserta e nell'ambito del PON cultura, anche mettendo in relazione, in vista di Matera 2019, tutte le realtà culturali del Sud e le capitali italiane della cultura;
   a proseguire nell'azione di rafforzamento degli organici, in termini di uomini e mezzi, delle forze dell'ordine al fine di una più capillare presenza nel controllo del territorio nell'ambito delle attività di contrasto delle attività criminali, nonché a promuovere, come già si è iniziato a fare, iniziative, con il coinvolgimento del mondo associativo, finalizzate alla promozione della cultura della legalità, a partire dalle nuove generazioni;
   ad investire in un rafforzamento delle attività di orientamento per i giovani che intendono intraprendere studi universitari anche per contrastare il fenomeno del calo delle iscrizioni, nonché a sostenere le attività degli atenei del Mezzogiorno, valutando l'opportunità di correggere alcune criticità per quanto concerne i criteri di distribuzione delle risorse;
   a proseguire nell'azione di bonifica e caratterizzazione di aree industriali dismesse e a promuovere il monitoraggio della salute delle popolazioni interessate anche sulla base dell'attività dell'Istituto superiore di sanità;
   ad investire nella promozione turistica del Mezzogiorno, anche alla luce degli incoraggianti dati del 2015, e a predisporre, in collaborazione con le regioni meridionali, progetti di promozione e «pacchetti» di incentivi finalizzati al turismo di ritorno, con particolare riferimento alle aree interne del Mezzogiorno;
   ad avviare entro giugno 2016 un'attività di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario, nonché per quanto concerne i servizi sociali in tutte le regioni del Mezzogiorno, al fine di individuare criticità e predisporre interventi finalizzati a migliorare la rete di welfare delle regioni meridionali.
(1-01097)
(Seconda ulteriore nuova formulazione) «Covello, Dellai, Famiglietti, Tartaglione, Magorno, Raciti, Ginefra, Gelli, Fregolent, Rotta, Misiani, Oliverio, Schirò, Manfredi, Tino Iannuzzi, Carloni, Braga, Marco Di Maio, Burtone, Bratti, Antezza, Cardinale, Taranto, Venittelli, Vico, Verini, Capone, Bargero, Pes, Piccoli Nardelli, Melilli, Albanella, Amato, Anzaldi, Aiello, Ascani, Battaglia, Campana, Cani, Capodicasa, Capozzolo, Carnevali, Cassano, Castricone, Censore, Culotta, Cuomo, Currò, D'Incecco, Dallai, Donati, Fanucci, Gianni Farina, Fedi, Gadda, Garavini, Grassi, Gribaudo, Iacono, Impegno, Iori, La Marca, Lodolini, Losacco, Malpezzi, Manzi, Marchi, Massa, Marrocu, Mariano, Marzano, Meta, Migliore, Minnucci, Mongiello, Mura, Pelillo, Salvatore Piccolo, Porta, Realacci, Rossomando, Rostan, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Sbrollini, Scanu, Sgambato, Tacconi, Valeria Valente, Ventricelli, Villecco Calipari, Paris, Zappulla, Amoddio, Miotto, Piepoli, Capelli».


   La Camera,
   premesso che:
    i dati sul Mezzogiorno diffusi nel 2015 dagli Istat e Svimez fotografano una situazione drammatica sia dal punto di vista del gap infrastrutturale, sia da quello dell'arretratezza socio-economica. Una situazione endemica, resa ancor più grave dalla crisi economica che negli ultimi anni ha colpito tutto il Paese ma ha particolarmente falcidiato il Mezzogiorno;
    secondo l'Istat nel Mezzogiorno il 44 per cento dei giovani è disoccupato;
    l'ultimo rapporto Svimez rivela che nel Sud 1 su 3 è a rischio povertà;
    dal 2007 ad oggi il prodotto interno lordo è crollato del 13 per cento (rispetto al calo del 7,4 nel centro-nord); dal 2008 al 2014 al Sud i consumi sono calati del 13/16 per cento; tra il 2001 e il 2014 sono emigrati dal Sud verso il Centro-Nord oltre 1 milione 667 mila meridionali; dei circa 811 mila posti di lavoro persi in Italia dal 2008 al 2014, ben 576 mila si sono registrati nel Mezzogiorno (oltre il 70 per cento); dal 2008 al 2014 gli investimenti nel Mezzogiorno sono crollati del 38 per cento a fronte del 27 per cento nel centro Nord;
    l'Eurostat dice che la crescita italiana è la più lenta dell'Unione europea a causa del divario Nord-Sud;
    a fronte di tale situazione, gli unici fondi realmente disponibili e destinati allo sviluppo del Mezzogiorno, ossia i fondi comunitari, continuano a registrare un utilizzo poco efficiente e poco efficace;
    a valere sulla programmazione 2007-2013 i fondi non spesi e destinati al Mezzogiorno, ammontano a circa 9,3 miliardi di euro;
    a fronte delle tante difficoltà, certo non sempre giustificate, che incontrano regioni ed enti locali nel programmare la spesa ed approntare i progetti da finanziare con risorse comunitarie, l'atteggiamento del Governo in questi ultimi due anni è apparso più orientato a «riappropriarsi» delle quote di cofinanziamento per destinarle ad altri interventi, non sempre nel Mezzogiorno, che quello di voler coadiuvare e sostenere gli enti nel raggiungimento di performance efficaci di spesa;
    l'ultima legge di stabilità, addirittura, con il comma 804 dell'articolo 1 elimina il vincolo territoriale di spesa per 7,4 miliardi di euro di cofinanziamento e, di fatto, distoglie fondi che sono delle regioni del Sud a fronte di un impegno futuro a rimetterle sul fondo di sviluppo e coesione a partire dal 2017;
    ad agosto del 2015, sulla scia dell'eco drammatica degli ultimi dati Istat e Svimez e degli appelli rivolti dall'Europa e dal Presidente della Repubblica ad adottare politiche di sostegno al Mezzogiorno, il Governo ha annunciato la presentazione di un masterplan per il Sud, del quale al momento non vi è traccia;
    nel suo rapporto, Svimez «consiglia» alcune strade da percorrere per favorire la ripresa nelle regioni del Sud, tra cui: prorogare nel Mezzogiorno anche per il 2016 con la stessa intensità e la stessa durata l'esonero dal pagamento dei contributi Inps a carico del datore di lavoro per i nuovi assunti a tempo indeterminato; introdurre misure di contrasto alla povertà nelle famiglie a rischio; definire una nuova politica industriale per il rilancio del Mezzogiorno; utilizzare l'energia geotermica del sottosuolo; creare zone economiche speciali, investire maggiormente in scuola, università, ricerca e sviluppo;
    delle misure consigliate dallo Svimez, e peraltro recepite e proposte anche dai firmatari del presente atto di indirizzo in numerosi emendamenti alla legge di stabilità, il Governo Renzi ha inteso esclusivamente rifinanziare il credito d'imposta, peraltro utilizzando fondi europei;
    l'emergenza economica e sociale sin qui delineata e lo scarso impatto registrato dalle misure sin qui adottate dal Governo, impongono decisioni in tempi rapidi, anche a livello europeo, in netta controtendenza rispetto alla cornice normativa attualmente prevista, in grado di mettere in campo una strategia di sviluppo nazionale, che ponga al centro dell'azione del Governo il rilancio del Mezzogiorno, attraverso la riduzione degli squilibri economici e sociali intensificati nell'attuale periodo di crisi;
    occorre, in primo luogo, riproteggere le risorse che spettano alle regioni del Sud e, a tal fine, il rispetto del vincolo di territorialità necessita di essere adeguatamente rafforzato, in coerenza, peraltro, con quanto disposto dai passati Governi;
    la dimensione macroeconomica dell'area, dove risiede un terzo della popolazione in cui si produce circa un quarto del prodotto interno, richiede, pertanto, in considerazione degli articolati rilievi in precedenza indicati, politiche di correzione e di riequilibrio per le aree meridionali; la crescita dell'economia italiana appare indissolubilmente legata al miglioramento dell'utilizzo delle risorse produttive del Sud,

impegna il Governo:

   a mettere in atto un'azione di sistema che reintroduca il meccanismo delle politiche di coesione di fatto smantellato;
   a creare, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia nella quale un interlocutore unico con delega del Governo sieda con i presidenti delle regioni del Sud ben prima delle scadenze delle rendicontazioni ed in via preliminare, con la finalità di stilare un piano di azione, con tempi e priorità, atto a garantire assistenza, efficacia ed efficienza nella programmazione e nella spesa delle risorse della vecchia e della nuova programmazione europea;
   a prevedere un pacchetto di riforme che contenga, ad esempio: decontribuzione per nuove assunzioni, reinserimento del vincolo di territorialità nella destinazione/ripartizione delle risorse del fondo di coesione, misure di contrasto alla povertà nelle famiglie a rischio, incremento degli investimenti nelle politiche industriali e nei settori della scuola, dell'università, della ricerca e dello sviluppo, istituzione di zone franche;
   ad assumere iniziative per introdurre, con riferimento alle regioni del Mezzogiorno, norme, anche speciali e straordinarie, tese alla sburocratizzazione delle procedure di investimento e di avviamento di iniziative imprenditoriali e al disbrigo di contenziosi, specie con le pubbliche amministrazioni.
(1-01101) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera

impegna il Governo:

   a mettere in atto un'azione di sistema per sostenere le politiche di coesione e procedere con la cabina di regia prevista dalla legge di stabilità 2015 a stilare un piano di azione, con tempi e priorità, atto a garantire assistenza, efficacia ed efficienza nella programmazione e nella spesa delle risorse della vecchia e della nuova programmazione europea;
   a prevedere, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, un pacchetto di riforme che contenga, ad esempio: decontribuzione per nuove assunzioni, reinserimento del vincolo di territorialità nella destinazione/ripartizione delle risorse del fondo di coesione, misure di contrasto alla povertà nelle famiglie a rischio, incremento degli investimenti nelle politiche industriali e nei settori della scuola, dell'università, della ricerca e dello sviluppo, istituzione di zone franche;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre, con riferimento alle regioni del Mezzogiorno, norme, anche speciali e straordinarie, tese alla sburocratizzazione delle procedure di investimento e di avviamento di iniziative imprenditoriali e al disbrigo di contenziosi, specie con le pubbliche amministrazioni.
(1-01101)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito della presentazione del rapporto Svimez in data 30 luglio 2015 nell'ambito del quale si legge che negli anni compresi tra il 2000 e il 2013 nel Sud italiano l'attività produttiva appare cresciuta solo del 13 per cento, circa la metà della Grecia, ove il prodotto interno lordo saliva al 24 per cento, si sviluppò a livello mediatico, dopo anni di silenzio e di rimozione del problema, un dibattito appassionato sulla situazione del Mezzogiorno;
    in data 6 settembre 2015, la Cgil lanciava da Potenza una vertenza nazionale sul Mezzogiorno chiamata «Laboratorio Sud – Idee per il Paese» ed il Governo prometteva che nell'ambito della legge di stabilità per il 2016 starebbe stato inserito un «masterplan» relativo al Sud d'Italia le cui linee si sarebbero dovute tracciare entro il 15 settembre 2015 per poi essere puntualizzate nell'ambito della nota di aggiornamento al def 2015;
    tale documento fu trasmesso alle Camere in data 20 settembre 2015, ma, con riferimento alle previsioni per il disegno di legge di stabilità 2016, non individuava alcun tipo di politica pubblica a carattere strutturale per il Mezzogiorno, facendo solo generici riferimenti a non meglio specificati interventi per la «rivitalizzazione dell'economia meridionale», a fronte non solo delle polemiche suscitate dalla presentazione del rapporto Svimez 2015, ma anche dell'approvazione da parte della Camera dei deputati di diverse mozioni presentate da gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione sul rilancio del Mezzogiorno, fra le quali la mozione presentata da Sinistra Ecologia Libertà n. 1-00680;
    non a caso il disegno di legge di stabilità 2016, presentato in prima lettura al Senato, si rivelava, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una delusione sul fronte degli interventi in favore del rilancio del Mezzogiorno, essendo privo, nonostante gli annunci profusi sulla stampa nazionale dal Governo, di misure speciali per il Sud come il credito di imposta per le imprese meridionali, la riduzione delle tasse per le aziende del Sud e una credibile decontribuzione per i nuovi assunti nelle regioni ad obiettivo convergenza;
    persino l'atteso «Masterplan per il Sud», presentato peraltro con estremo ritardo rispetto alle previsioni del Governo, confermava in modo evidente questo dato, in quanto le risorse ivi indicate non potevano considerarsi ulteriori e aggiuntive rispetto a quelle già previste e concordate a legislazione vigente e in sede europea;
    durante l'esame parlamentare della legge di stabilità 2016 il Governo ha tentato di porre parzialmente rimedio a questo vulnus presentando un emendamento ai fini dell'introduzione di un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) dal 1o gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019, successivamente modificato anche grazie all'approvazione di emendamenti parlamentari tesi ad estendere alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 l'esonero contributivo, introdotto dalla manovra finanziaria per il solo anno 2016, in favore ai datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, ma con la condizione della ricognizione delle risorse del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi del piano di azione coesione, non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati, da effettuarsi entro il 30 aprile 2016. Al contempo il gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà presentava, in sede di esame del disegno di legge di stabilità 2016 (C3444), un nutrito pacchetto di emendamenti sul rilancio del Mezzogiorno, puntualmente respinti dall'attuale Esecutivo, che muovessero innanzitutto dall'attuazione degli impegni contenuti nell'ambito della citata mozione n. 1-00680;
    la condizione economica e sociale del Mezzogiorno necessita di essere affrontata all'interno di un progetto complessivo che si ponga l'obiettivo di collocare gli interventi per le regioni del Sud in una strategia politica nazionale di rilancio dei diversi settori economici e produttivi dentro un rinnovato patto di cittadinanza, al fine di rispondere alla palese evidenza che solo attraverso l'adozione di una politica nazionale per il Mezzogiorno sarà possibile intervenire per la riduzione del divario esistente e per superare la condizione di dualità che attraversa il Paese;
    sotto tale profilo appare quanto mai urgente dotare il Paese di strumenti di coordinamento formalizzati tra politiche europee, nazionali e regionali completando il processo di organizzazione dell'Agenzia per la coesione territoriale che, ad oggi, secondo quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo non appare ultimato;
    una parte consistente e decisiva nella definizione di politiche per il Mezzogiorno dovrebbe riguardare in modo più profondo il tema della fiscalità e degli incentivi utili a superare, anche nella fase d'insediamento e di nuovi interventi, le note condizioni di svantaggio. L'obiettivo, per evitare finanziamenti indistinti e non orientati coerentemente alle politiche d'intervento nei diversi settori, dovrebbe essere il carattere selettivo articolato anche per territori, settori merceologici o per progetti interni a uno specifico settore. La selettività dovrebbe premiare il carattere innovativo degli interventi e le attività con un alto profilo di ricerca e innovazione, con l'obiettivo di coniugare l'insediamento delle aziende con le prospettive e le vocazioni territoriali, condizionando innanzitutto gli sgravi all'addizionalità occupazionale strutturale nelle regioni ad obiettivo convergenza;
    del resto la collocazione geografica delle regioni del Mezzogiorno dovrebbe costituire una opportunità strategica non solo per l'Italia ma per tutta l'Europa e la relazione tra le sponde del Mediterraneo dovrebbe essere utilizzata anche in termini di politiche per lo sviluppo attraverso il rafforzamento della cooperazione territoriale;
    sull'annoso tema delle infrastrutture e dei trasporti, per esempio, la strategia adottata dal Governo in sede europea per superare il divario consistente nella mobilità delle cose e delle persone nel Mezzogiorno non appare affatto chiara, come anche quello della portualità, della logistica e dell'energia. Ma anche l'obiettivo di fornire il Sud di vere e proprie infrastrutture sociali che dovrebbe rappresentare uno degli obiettivi prioritari di un Governo forte dell'applicazione del più basilare principio di giustizia e protezione sociale non appare minimamente perseguito;
    contrasto alla povertà, servizi ai cittadini (infanzia e anziani, non-autosufficienza), servizi per il lavoro, istruzione e formazione, efficienza della pubblica amministrazione: sono ambiti nei quali si registra un divario nel Mezzogiorno con il resto del Paese, che incide e si riverbera direttamente nella condizione di cittadinanza. È necessario, dunque, quindi programmare sin da subito interventi che possano invertire la tendenza e che possano rendersi al contempo generatori di occupazione e benessere per la collettività,

impegna il Governo:

   ad adottare apposite iniziative normative finalizzate a reintrodurre la cosiddetta «clausola Ciampi» in forza della quale si prevede un vincolo di destinazione del 45 per cento del totale delle risorse individuate per gli investimenti nel Mezzogiorno;
   a completare il processo di organizzazione dell'Agenzia per la coesione territoriale;
   a presentare entro il 30 giugno 2016 un programma nazionale di politica industriale per il Paese e la rinascita del Mezzogiorno per la valorizzazione della vocazione manifatturiera del Sud Mezzogiorno, guardando al rafforzamento degli insediamenti esistenti, alla valorizzazione dell'industria della trasformazione agricola, per la riunificazione e l'accorciamento delle filiere, nonché al riutilizzo e/o alla riconversione di intere aree industriali dismesse, all'insediamento di produzioni ad alto contenuto innovativo, alla riconversione ecologica delle produzioni industriali a forte impatto ambientale come l'Ilva di Taranto, valutando al contempo di definire in tempi brevi un piano triennale per il lavoro per il Mezzogiorno nell'ambito di un programma di interventi urgenti ai fini ecologici e sociali finalizzato all'assunzione di lavoratori da parte di amministrazioni pubbliche e aziende private;
   a introdurre apposite iniziative normative finalizzate al riconoscimento di uno sgravio contributivo per le nuove assunzioni giovanili riservato alle imprese che operano nel Mezzogiorno innalzando a 8.060 euro annui lo sgravio massimo, anziché a 3.250 euro ed estendendolo a tutti i contributi previdenziali e non solo ad una quota pari a al 40 per cento come, peraltro, previsto attualmente dalla legge di stabilità 2016 approvata in via definitiva dal Parlamento;
   a finalizzare le risorse indicate dal masterplan per il Mezzogiorno (fondi strutturali FESR e FSE 2014-2020 pari a 56, 2 miliardi di euro cui si aggiungono i fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro a valere sul fondo sviluppo e coesione) pubblicato in data 6 novembre 2015 agli obiettivi contenuti negli impegni della citata mozione n. 1-00680 sul rilancio del Mezzogiorno, nonché ad informare pedissequamente il Parlamento in ordine alla attuazione dei cosiddetti «patti per il Sud» formalizzati a fine anno 2015 presso al Presidenza del Consiglio dei ministri;
   a investire vigorosamente nella tutela e la fruibilità del patrimonio culturale e paesaggistico con particolare riferimento al Mezzogiorno, attraverso il reclutamento e l'assunzione straordinaria di giovani, superando la frammentazione della catena decisionale Governo-regioni, che determina, tra l'altro, sperpero di risorse, attraverso un forte coordinamento nazionale;
   a definire un piano per la cultura e il turismo per il Sud di concerto tra regioni e Governo, individuando specifici poli turistici prioritari nel Mezzogiorno sui quali far convergere risorse per qualificare la ricettività, attribuire incentivi e semplificazione burocratica;
   ad agire in modo significativo con particolare riferimento al Mezzogiorno sul fronte delle infrastrutture sociali ed in particolare sul versante degli asili nido e dei servizi per l'infanzia rifinanziando il cosiddetto «piano asili nido», oggi «piano nazionale per i servizi socio educativi» istituito durante l'ultimo Governo Prodi;
   ad affrontare attraverso specifici interventi il processo di progressivo spopolamento delle aree interne del Mezzogiorno e dell'invecchiamento della popolazione che assume priorità d'azione, con particolare riferimento agli anziani non autosufficienti attraverso la previsione di servizi dedicati;
   a riservare particolare attenzione al tema della istruzione e della formazione con particolare riferimento alla formazione post diploma (università, ITS), agli enti pubblici di ricerca e al tema della dispersione scolastica, agendo attraverso meccanismi di investimento, attrazione e incentivazione per gli studenti con un serio intervento sul diritto allo studio, anche attraverso una norma quadro nazionale tesa a rafforzare il ruolo dell'insegnamento pubblico e l'azione della pubblica amministrazione, agente fondamentale per la programmazione e la gestione dei servizi e per la progettazione degli interventi scolastici nel contesto locale;
   ad attuare una politica per il Mezzogiorno che faccia perno su alcune azioni di sistema, anche immediate in una continuità di medio-periodo, in modo orientato e coordinato che parta dalla precondizione insuperabile per lo sviluppo economico, e non solo del Sud, ma di tutto il Paese, ovvero la lotta per la legalità e il contrasto al lavoro nero, al caporalato e alle mafie;
   ad adottare ogni iniziativa di competenza, garantendo il pieno coinvolgimento delle regioni, per promuovere finalmente, con particolare riferimento al Mezzogiorno, scelte coraggiose e mirate in termini di mobilità urbana ed extraurbana, a partire dallo stanziamento di maggiori risorse per arrivare a 5.000.000 di cittadini trasportati ogni giorno nel 2020, portando il trasporto ferroviario agli stessi standard qualitativi europei, nonché ad attivarsi al fine di garantire il diritto alla mobilità con collegamenti ferroviari efficienti al Nord come al Sud tra i principali capoluoghi, integrati con il sistema di porti e aeroporti, ponendo ogni iniziativa di competenza finalizzata ad impedire il perdurante taglio dei collegamenti ferroviari, avviando un'azione di monitoraggio sulla rete pubblica affidata in concessione a Rete ferroviaria italiana finalizzata ad un ripensamento degli investimenti indispensabili ad aumentare la velocità dei collegamenti che parta innanzitutto dalla necessità di valorizzare la presenza di treni pendolari rispetto a quelli a mercato nella definizione delle tracce;
   a definire le politiche relative alla mobilità mettendo al centro gli utenti della mobilità, valutando altresì l'opportunità di assumere iniziative per ripristinare il finanziamento di alcune norme introdotte durante il Governo Prodi nell'ambito della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) e non più rifinanziate dai successivi Governi che prevedono la possibilità di portare in detrazione le spese sostenute per l'acquisto dell'abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, al fine di incentivare, con particolare riferimento al Mezzogiorno, un maggior utilizzo del trasporto pubblico locale con conseguente riduzione progressiva del trasporto privato, a tutto vantaggio di una mobilità alternativa più sostenibile per gli inevitabili ed evidenti effetti positivi in termini di riduzione delle emissioni dei gas inquinanti, soprattutto nelle aree urbane più grandi e maggiormente caotiche;
   ad intervenire con urgenza al fine di risolvere le criticità denunciate recentemente da Legambiente con la pubblicazione del rapporto «Pendolaria 2015» che analizza la situazione di maggiore disagio sulle linee ferroviarie italiane avendo come focus proprio l'emergenza Sud e le 10 linee ferroviarie peggiori del Paese;
   a bloccare l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'esame della Conferenza Stato-regioni del 20 gennaio 2016, che individua 8 nuovi impianti di incenerimento da realizzare tutti nelle regioni del Centro-Sud, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna, Sicilia (2 impianti), cui si aggiunge la previsione per la Puglia di un potenziamento dell'impianto di incenerimento esistente, così affossando gli sforzi che le regioni stanno facendo per una programmazione virtuosa della gestione dei rifiuti e per la crescita della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti stessi, in una logica ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo peraltro contraddittoria rispetto ai provvedimenti recentemente varati dal Parlamento in tema di green economy, quali il cosiddetto «collegato ambientale»;
   a dare seguito in modo puntuale agli impegni contenuti nella mozione del gruppo parlamentare Sinistra Ecologia Libertà n. 1-00680 approvata dalla Camera dei deputati in data 14 aprile 2015.
(1-01112) «Scotto, Ferrara, D'Attorre, Placido, Pannarale, Duranti, Giancarlo Giordano, Folino, Sannicandro, Fratoianni, Fava, Piras, Palazzotto, Fassina, Zaratti, Zaccagnini, Franco Bordo, Gregori, Ricciatti, Marcon, Carlo Galli, Melilla, Quaranta, Costantino, Daniele Farina, Nicchi, Paglia, Pellegrino, Kronbichler».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria nazionale che ha tormentato l'Italia negli ultimi anni si è riverberata in modo ancor più drammatico nelle regioni meridionali, creando una condizione di grave prostrazione. Di tale grave condizione si registrano ciclicamente allarmi che il circuito mediatico diffonde attingendo le informazioni da centri di rilevazione statistica come l'Istat e la Svimez, che, come è avvenuto con gli ultimi rapporti, hanno certificato le difficoltà economiche e sociali del sud evidenziandone gli allarmanti tassi di povertà e di sottosviluppo;
    del resto l'attenzione della pubblica opinione, massima nei momenti della pubblicazione dei dati economici, tende a scemare subito dopo, trascurando di considerare che è la difficoltà in cui versa il Mezzogiorno ad impedire il recupero dello slancio in termini di ripresa economica e finanziaria che, invece, nell'area centro-settentrionale del Paese raggiunge ormai livelli europei;
    in qualche modo può dirsi che la disuguaglianza tra Centro-Nord e Sud dell'Italia sia comparabile a quella che caratterizzava le diverse condizioni in cui versavano le due Germanie prima della caduta del Muro di Berlino e dell'unificazione promossa da Helmut Kohl, con gli esiti di positiva omogeneità che sono registrati fin dagli anni ’90 nel Paese;
    va dato atto al Governo di aver manifestato più volte la volontà di imprimere un passo nuovo nell'azione a sostegno delle aree meridionali, in particolare con il masterplan, con i patti per il Sud e con l'attenzione rivolta alle risorse culturali e turistiche del Mezzogiorno;
    d'altro canto il flusso primario di risorse attingibile resta quello dei fondi strutturali europei che prevedono l'intervento comunitario a sostegno della progettualità delle regioni, chiamate ad intervenire a sostegno per una quota parte;
    per concorrere a rendere possibile il pieno attingimento di fondi, venne istituita quattro anni fa, l'Agenzia per la coesione territoriale quale organo di indirizzo e di presidio all'attuazione della programmazione dei fondi territoriali;
    l'agenzia, però, a causa di macchinosi passaggi burocratico-amministrativi e della mancata adozione di decreti attuativi, non è entrata nella sua piena operatività;
    d'altro canto, anche la responsabilità governativa nel settore dei fondi strutturali europei appare oggi priva di un'intestazione specifica, né è possibile individuare un unico centro di imputazione per le politiche meridionaliste per far fronte alla grande difficoltà delle aree del Mezzogiorno,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di costituire nel proprio ambito un coordinamento per l'insieme delle politiche meridionaliste.
(1-01113) «Pisicchio».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria nazionale che ha tormentato l'Italia negli ultimi anni si è riverberata in modo ancor più drammatico nelle regioni meridionali, creando una condizione di grave prostrazione. Di tale grave condizione si registrano ciclicamente allarmi che il circuito mediatico diffonde attingendo le informazioni da centri di rilevazione statistica come l'Istat e la Svimez, che, come è avvenuto con gli ultimi rapporti, hanno certificato le difficoltà economiche e sociali del sud evidenziandone gli allarmanti tassi di povertà e di sottosviluppo;
    del resto l'attenzione della pubblica opinione, massima nei momenti della pubblicazione dei dati economici, tende a scemare subito dopo, trascurando di considerare che è la difficoltà in cui versa il Mezzogiorno ad impedire il recupero dello slancio in termini di ripresa economica e finanziaria che, invece, nell'area centro-settentrionale del Paese raggiunge ormai livelli europei;
    in qualche modo può dirsi che la disuguaglianza tra Centro-Nord e Sud dell'Italia sia comparabile a quella che caratterizzava le diverse condizioni in cui versavano le due Germanie prima della caduta del Muro di Berlino e dell'unificazione promossa da Helmut Kohl, con gli esiti di positiva omogeneità che sono registrati fin dagli anni ’90 nel Paese;
    va dato atto al Governo di aver manifestato più volte la volontà di imprimere un passo nuovo nell'azione a sostegno delle aree meridionali, in particolare con il masterplan, con i patti per il Sud e con l'attenzione rivolta alle risorse culturali e turistiche del Mezzogiorno;
    d'altro canto il flusso primario di risorse attingibile resta quello dei fondi strutturali europei che prevedono l'intervento comunitario a sostegno della progettualità delle regioni, chiamate ad intervenire a sostegno per una quota parte;
    per concorrere a rendere possibile il pieno attingimento di fondi, venne istituita quattro anni fa, l'Agenzia per la coesione territoriale quale organo di indirizzo e di presidio all'attuazione della programmazione dei fondi territoriali;
    l'agenzia, però, a causa di macchinosi passaggi burocratico-amministrativi e della mancata adozione di decreti attuativi, non è entrata nella sua piena operatività,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di costituire nel proprio ambito un coordinamento per l'insieme delle politiche meridionaliste.
(1-01113)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Pisicchio».


   La Camera,
   premesso che:
    nel Sud persiste un evidente un gap infrastrutturale, in termini di trasporti, logistica, ricerca e innovazione, rispetto al resto del Paese; le conseguenze della presenza delle associazioni mafiose nel Mezzogiorno si intrecciano in modo complesso con l'economia del Sud, stravolgendo le regole del «fare impresa» e scoraggiando gli investimenti, oltre che creando un grave e indiscusso disagio sociale. Tutto ciò appare paradossale se solo si pensa che ogni iniziativa di carattere pubblico adottata nella storia repubblicana in favore del Sud ha poi regolarmente patito gli effetti della corruzione e dello sperpero;
    la Calabria ha beneficiato di diverse manovre mirate alla defiscalizzazione che non hanno prodotto quei risultati apprezzabili per lo sviluppo dell'economia locale;
    la defiscalizzazione è la sola misura che si continua a perseguire e promuovere come panacea alla penuria di investimenti da parte dei privati quando invece è chiaro che le aziende non investono nelle zone dove la burocrazia diventa un ostacolo e la risoluzione delle questioni legali – per non parlare di quelle legate alla malavita organizzata – sono particolarmente ostiche quanto irrisolvibili, complici i tempi biblici della nostra giustizia;
    tutto ciò viene amplificato nel momento in cui si parla di «fare impresa», che nel nostro territorio non trova un humus fertile in quanto la vetusta gestione della burocrazia e lo sperpero dei fondi europei rendono veramente difficile investire nella regione Calabria, nonostante alcune eccezioni possano far pensare il contrario, merito solo della perseveranza e della tenacia di qualche giovane che vuole sviluppare la sua idea nel posto in cui è nato, accettando eroicamente di scontrarsi con tutto ciò;
    anche le occasioni per creare quest’humus vengono negligentemente «dimenticate» e/o inutilizzate annullando di fatto, la capacità di accedere a cospicui capitali liquidi, come accaduto nel caso dei contratti di sviluppo di Invitalia che avrebbero permesso il recupero e lo sviluppo delle aree industriali disagiate. Infatti, i territori dei comuni ricadenti nelle aree di crisi, nelle aree industriali caratterizzate da crisi complesse o nelle aree di crisi industriale diverse da quelle complesse che presentano un impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione vengono raccolte in una lista dal Ministero dello sviluppo economico al fine di avere accesso a detti fondi particolari, eppure nella lista dei comuni compresi nelle aree di crisi di cui alle leggi n. 181 e n. 513 non compare alcun comune calabrese, in quanto la regione Calabria non ha mai segnalato alcun comune o area della Calabria soggetta a tali restrizioni;
    si consideri poi la presenza di alcune anomalie del sistema giuridico e normativo presenti in talune zone industriali che limitano – quando non escludono – le esigenze di sviluppo e di espansione delle attività imprenditoriali. Si prenda ad esempio la zona industriale di Lamezia Terme ove insiste un vincolo paesaggistico conseguente all'emanazione di un provvedimento di 70 anni fa che produce un aggravio di spese e tempi lunghissimi per l'attività imprenditoriale in una zona che invece, vista la presenza di numerose aziende a tecnologia avanzata, la stazione ferroviaria, l'aeroporto internazionale, la prossimità al mare e ad un importante snodo autostradale, potrebbe diventare un fondamentale volano di sviluppo locale;
    di fatto, con le infrastrutture che riguardano i trasporti, considerate tra le peggiori d'Italia – se non le peggiori – è chiaro che altre zone vengano preferite dagli investitori lasciando letteralmente nella condizione di bisogno le popolazioni residenti;
    con la dorsale ionica, le cui ferrovie (per la maggior parte ad un solo binario non elettrificato) dal 2000 in poi soggette ad un progressivo abbandono dei collegamenti a lunga percorrenza ed alla riduzione di quelli regionali, al quale è seguito (e purtroppo in parte sta ancora seguendo) un declassamento infrastrutturale attraverso la riduzione del numero di stazioni portando così ad un'ulteriore riduzione delle potenzialità della ferrovia;
    basti pensare che i tempi di percorrenza ferroviari presentano condizioni di enorme disagio in alcune aree tra la Calabria e – ad esempio – la Puglia. È inimmaginabile che per percorrere i 473 chilometri tra Taranto e Reggio Calabria siano necessari 7 ore e 5 minuti (secondo i dati Trenitalia), mentre per la tratta Roma-Crotone sia necessario cambiare 4 treni con una media di 9 ore di percorrenza;
    tutto questo non ha fatto altro che moltiplicare a dismisura il traffico veicolare, fatto di auto ma anche di decine e decine di autobus – che suppliscono alla mancanza di collegamenti ferroviari – riversati sulla cosiddetta «strada della morte», la strada statale 106 Taranto-Reggio Calabria, che, nella maggior parte della costa, corre parallela alla ferrovia Jonica. Strada statale 106 che negli ultimi 3 anni ha visto perdere la vita di 57 persone, mentre i dati di Aci parlano di oltre 600 morti, se si conta dal 1996 ad oggi, 9.000 sinistri e 24.000 feriti;
    alla luce di quanto sopra si nutrono forti perplessità sulla possibilità che un ulteriore aumento di traffico veicolare – dovuto ad un eventuale aumento della produttività regionale – possa risultare sostenibile da quel tratto stradale, diminuendo al contempo la pericolosità e le sue relative tragiche conseguenze,

impegna il Governo:

   tramite un'apposita iniziativa normativa, ad istituire nelle regioni di Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sicilia, per un periodo di prova di cinque anni, le aree per l'innovazione (api) ovvero delle free zone da sviluppare su aree con estensione (possibilmente non superiore a 500 chilometri quadrati), popolazione residente (preferibilmente inferiore a 100.000 abitanti) e parametri reddituali (a titolo di esempio, con reddito medio pro capite inferiore alla media europea) prestabiliti;
   ad assumere iniziative per ricorrere ad un regime speciale per quanto previsto dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, articolo 37, al fine di ottenere un'area a burocrazia zero, incentivando altresì il ricorso a forme di arbitrato per la risoluzione dei contenziosi, prevedendo un sistema di agevolazioni fiscali per tutte le attività imprenditoriali insistenti nell'area e includendo l'esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, nel caso di lavoratori che abbiano sottoscritto contratti a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata non inferiore a tre anni, a condizione che almeno il 50 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade l'area per l'innovazione;
   a valutare, al termine del quinquennio di sperimentazione – nel caso in cui il prodotto interno lordo dell'area per l'innovazione abbia subito un incremento pari o superiore al 2 per cento annuo – la proroga per un ulteriore quinquennio, al termine del quale – se risulti confermato l'incremento medio annuo del prodotto interno lordo, previsto per il primo quinquennio – l'area per l'innovazione divenga permanente;
   ad assumere iniziative per rimuovere, per quanto di competenza, eventuali anomalie presenti del sistema giuridico-normativo nelle aree industriali calabresi a partire da una riperimetrazione del vincolo paesaggistico dell'area industriale di Lamezia Terme;
   con riferimento alla strada statale 106 Ionica, ad individuare uno strumento, eventualmente anche facendo ricorso all'istituzione di una commissione ministeriale, che possa valutare attraverso criteri oggettivi la capacità della strada stessa di poter garantire in sicurezza gli attuali volumi di traffico, avviando un'analisi sulle cause che hanno prodotto le pessime condizioni nella quali la stessa versava e continua a versare tutt'oggi, tenuto conto non solo del numero eccessivo di sinistri, feriti e vittime che rendono già da decenni la strada statale 106 una delle strade più pericolose d'Italia secondo l'Aci-stat, ma anche dei costi sociali determinati dall'incidentalità e dalla mortalità stradale sulla strada statale 106, costi che evidenziano una spesa collettiva maggiore in relazione a ciò che potrebbe essere utilmente, giustamente ed economicamente investito nell'ammodernamento di questa importante arteria viaria che ad oggi è tristemente nota solo per essere definita «strada della morte».
(1-01114) «Barbanti, Rizzetto, Mucci, Prodani, Artini, Baldassarre, Turco, Segoni, Bechis, Cristian Iannuzzi».


   La Camera,
   premesso che:
    dall'ultimo Rapporto SVIMEZ sull'economia del Mezzogiorno emerge la fotografia di un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell'arretramento: nel 2014, per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3 per cento); il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa; negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13 per cento e gli investimenti nell'industria in senso stretto addirittura del 59 per cento; nel 2014, quasi il 62 per cento dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5 per cento del Centro-Nord;
    la crisi, nel 2014 (e nella prima parte del 2015, con un miglioramento di fiducia di famiglie e imprese, favorito dalla caduta del prezzo dei prodotti petroliferi), si attenua nella maggior parte delle regioni del Centro-Nord, molto meno, invece, in tutte quelle del Sud;
    per il Sud è scattato infatti un vero e proprio allarme povertà: sulla base dei redditi rilevati nel 2013, in Italia è a rischio di povertà il 18,1 per cento delle persone, ma la differenza fra aree territoriali è notevole: nel Centro-Nord risulta esposto al rischio di povertà un individuo su dieci, nel Mezzogiorno uno su tre. La regione italiana in cui è più alto il rischio di povertà è la Sicilia (41,8 per cento), seguita dalla Campania (37,7 per cento). Inoltre, risulta un profondo divario tra le aspettative delle nuove generazioni in termini di realizzazione personale e professionale e di concrete occasioni di impiego qualificato sul territorio;
    il quadro è quello di un Paese dove «dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto la metà della Grecia». Un'Italia spaccata in due, dove c’è una regione come il Trentino Alto Adige, che registra un reddito pro capite di 37.665 euro e, contemporaneamente, la Calabria che si ferma a 15.807 euro;
    si registrano dati allarmanti sul fronte dell'occupazione in particolare per giovani e donne. Nel 2014, il numero degli occupati nel Mezzogiorno si è fermato a quota 5,8 milioni, segnando il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell'Istat. Per quanto riguarda l'occupazione femminile, secondo lo studio «al Sud lavora solo una giovane su cinque». Le donne, infatti, continuano a lavorare poco: «nel 2014 a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64 per cento registrato in Europa in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6 per cento»;
    il capitolo «giovani e lavoro» mostra una frattura senza paragoni in Europa: il Sud negli anni 2008-2014 perde 622 mila posti di lavoro tra gli under 34. Particolarmente colpiti i più giovani: gli under 24 nel 2014 registrano un tasso di disoccupazione del 35,5 per cento nel Centro-Nord e quasi del 56 per cento al Sud;
    sette anni di recessione sono stati inevitabilmente segnati, oltre che dalla crisi occupazionale di giovani e donne, da crescenti fenomeni di esclusione sociale. Tale divario ha determinato negli anni Duemila la ripresa dei flussi di emigrazione, prevalentemente tra i giovani;
    in deciso ribasso anche la capacità produttiva; rispetto ai livelli pre-crisi il Sud ha perso oltre il 30 per cento, contro il -17 per cento del Centro-Nord e il -5 per cento della media della Ue. In questo quadro pesa decisamente il crollo delle agevolazioni concesse alle imprese private: dal 2008 al 2013 sono scese al Centro-Nord del -17 per cento, passando da 3,2 a 2,6 miliardi di euro, mentre al Sud sono sprofondate del 76 per cento, passando da 5,5 a 1,3 miliardi di euro. Le agevolazioni alle imprese del Mezzogiorno sul totale nazionale si sono quindi dimezzate: erano il 63,5 per cento nel 2008, sono diventate il 33,2 per cento nel 2013;
    nel 2015 le prospettive non migliorano, con particolare riferimento al divario con il resto del Paese, che non diminuisce. L'indicatore dell'occupazione è lievemente in crescita, ma si tratta comunque di un dato su cui hanno influito le nuove disposizioni del Jobs act, che di fatto ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo rappresentano un «imbroglio»: ci sono state solo trasformazioni di contratti esistenti in contratti a tutele crescenti, agevolati dagli sgravi contributivi su cui hanno potuto contare i datori di lavoro. Nonostante questo, il dato dei primi nove mesi del 2015 relativo agli occupati nelle regioni meridionali, non ha superato la soglia psicologica dei sei milioni, arrestandosi a 5 milioni e 970 mila;
    va rilevato che il Mezzogiorno ha contribuito in maniera fondamentale alla copertura finanziaria delle risorse stanziate per gli sgravi contributivi che hanno agevolato le assunzioni in tutta Italia. Per recuperare i 3,5 miliardi di euro necessari a coprire lo sgravio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato per il periodo 2015-2018, come previsto dalla legge di stabilità del 2015, il Governo ha infatti dato mandato all'Agenzia di coesione territoriale di «prelevare» le risorse, non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti alla data del 31 dicembre 2014, dai Piani di azione coesione i cui interventi sono concentrati prioritariamente nelle quattro Regioni dell'area convergenza dei fondi strutturali (Calabria, Campania, Sicilia e Puglia);
    ora, dei ben 2.928 milioni di euro recuperati, dei quali 2.228 milioni di euro dai piani di azione coesione a titolarità delle regioni e 700 milioni dai programmi ministeriali, il Meridione ha contribuito con risorse per il 98,7 per cento mentre, per le assunzioni incentivate, le realtà regionali del Sud si fermano alla soglia del 31 per cento. È infatti il Centro-nord a utilizzare maggiormente le risorse per lo sgravio contributivo: ben 794 mila assunzioni incentivate nel 2015, pari al 69 per cento, a fronte dei 364 mila rapporti di lavoro registrati al Sud; quello della copertura finanziaria della decontribuzione è stato un vero e proprio «scippo» a danno del Mezzogiorno, a fronte del quale non vi è stato un significativo «ritorno» di risorse;
    l'indicatore degli investimenti continua, anche per il 2015, a far segnare valori negativi. Come negli anni scorsi, dunque, sono i bassi investimenti a condizionare le prospettive di ripresa del Sud. Dal picco del 2007, infatti, gli investimenti fissi lordi sono calati di oltre 34 miliardi di euro, toccando nel 2014 il valore minimo di 55 miliardi. Particolarmente forti i cali dell'industria e delle costruzioni, dimezzati dal 2000 a oggi. Decrementi ingenti fanno registrare anche gli investimenti pubblici. Al netto delle partite finanziarie, tra il 2009 ed il 2013, la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione si è ridotta di oltre 5 miliardi di euro, ben al di sotto dei valori del 2000. La flessione dell'attività produttiva è stata quindi molto più profonda nel Mezzogiorno, con effetti negativi che appaiono ormai strutturali e spiegano la maggiore difficoltà di crescita e la minore capacità di ancorarsi alla ripresa internazionale. La crisi ha depauperato le risorse del Mezzogiorno e il suo potenziale produttivo: la forte riduzione degli investimenti ha diminuito la sua capacità industriale, che, non venendo rinnovata, ha perso ulteriormente in competitività; la riattivazione degli investimenti, privati e pubblici si conferma insomma come la chiave della possibile ripartenza, soprattutto al Sud, dove di più si sono ridotti;
    in questo scenario, lo Svimez ha già avvertito che «il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all'area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente»;
    il quadro delineato pone in evidenza i problemi, le forti insufficienze, i ritardi e le specificità che affliggono il Mezzogiorno d'Italia;
    la cosa, purtroppo, non sorprende, anche a fronte della consapevolezza dell'immobilismo del Governo Renzi, che, sin dal suo insediamento, non ha mai inserito il tema del Mezzogiorno tra le priorità della sua agenda, non comprendendo che, senza crescita del Sud, non c’è crescita del Paese; anzi, l'Esecutivo in carica ne ha addirittura ostacolato lo sviluppo, depauperandolo e utilizzando i fondi spettanti alle regioni del Sud come «bancomat» per finanziare tutt'altro;
    il Governo ha infatti decurtato il cofinanziamento nazionale ai fondi comunitari per le tre grandi regioni del Sud che sono in fondo alla classifica per capacità di spesa: Campania, Calabria e Sicilia, portandolo dal 50 per cento al 26 per cento per il periodo 2014-2020. Come già argomentato, l'Esecutivo ha inoltre impegnato 3,5 miliardi del fondo di coesione per finanziare la defiscalizzazione del Jobs Act;
    il Governo ha deciso altresì di non procedere al rifinanziamento delle misure contenute nel decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, che ha previsto incentivi per l'autoimprenditorialità e l'autoimpiego, al fine di favorire lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese; il rifinanziamento si rendeva necessario proprio perché tale strumento è diventato negli ultimi anni il principale strumento di sostegno alla realizzazione e all'avvio di piccole attività imprenditoriali da parte di disoccupati o persone in cerca di prima occupazione, perlopiù giovani e donne, ma l'Esecutivo, nonostante i diversi solleciti, ha scelto deliberatamente di non proseguire un percorso virtuoso, in grado di favorire l'ampliamento della base produttiva e occupazionale;
    nonostante gli annunci immediatamente successivi alla diffusione degli allarmanti dati Svimez, e ipotetici master plan presentati dall'Esecutivo con tanto di hashtag #zerochiacchiere, la legge di stabilità 2016 approvata dalla maggioranza non prevede alcun progetto di rilancio dell'area del Mezzogiorno del Paese: le misure previste risultano inidonee e carenti, e gli interventi destinati alla ripresa degli investimenti privati nelle regioni meridionali si limitano ad un credito di imposta di 600 milioni di euro (finanziato con risorse già attribuite al Sud), e ad una promessa di misure per la decontribuzione (esonero sempre al 40 per cento dei contributi) sulle assunzioni del 2017;
    da parte del Governo, quindi, si tratta ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo solo di un palliativo inutile e incapace di innescare un processo virtuoso di ripresa, totalmente inadeguato a sostenere il quanto mai necessario rilancio degli investimenti, e, quindi, la crescita di reddito capace di generare gettito;
    il Governo ha infatti rinunciato persino alla decontribuzione rafforzata per il Mezzogiorno, reclamata da più parti, utile sicuramente a stimolare adeguatamente le scelte di investimento delle imprese;
    per il momento, l'onere di sostenere la crescita economica al Sud resta quindi soprattutto sulle spalle della politica di coesione e dei fondi strutturali europei, i cui interventi della programmazione 2014-20 stanno ora prendendo il via. È fondamentale che queste risorse vengano utilizzate tempestivamente per far fronte ad emergenze reali. Anche su questo punto, il Governo si è mostrato carente, in particolare nel coordinamento della destinazione dei fondi 2007-2013; in particolare dopo il passaggio di Graziano Delrio, da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio a Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Premier ha avocato a sé la delega per la gestione dei fondi comunitari, determinando di fatto un vuoto di guida su una tematica così importante e delicata, che si è trovata priva di un responsabile politico governativo in grado di catalizzare i fondi dell'Unione europea sulle priorità del Mezzogiorno, anche attraverso l'efficientamento dell'Agenzia per la coesione territoriale;
    contrariamente al luogo comune corrente, la spesa pubblica pro capite della Pubblica amministrazione nel Mezzogiorno è più bassa del 20 per cento (2.934 euro in meno) rispetto al resto del paese; del 25 per cento (per circa 4.900 euro) se si considera il settore pubblico allargato (Ferrovie, Anas, Enel ed altro); contrariamente ad un altro luogo comune, i dipendenti pubblici nel Sud (diminuiti di 130 mila unità tra il 2000 e il 2013) sono il 5 per cento della popolazione residente, esattamente nella media nazionale. Il lavoro pubblico rappresenta però il 19 per cento dell'occupazione complessiva contro il 14 per cento del Centro-nord. Il problema, dunque, non è nella ipertrofica dimensione dell'impiego pubblico, quanto nella limitata estensione di quello privato: la risposta è quindi nello sviluppo dell'impresa privata, nella crescita di reddito capace di generare gettito;
    sviluppo dell'impresa privata significa innanzitutto tutela delle imprese che già operano nel Mezzogiorno; significa rafforzare gli impianti produttivi esistenti adottando ogni opportuna iniziativa in grado di aumentarne la capacità competitiva. È fondamentale dunque avviare un piano straordinario per le imprese, in grado di metterle nelle condizioni di operare correttamente: il piano dovrà necessariamente comprendere iniziative volte a rafforzare i presidi di legalità nel Mezzogiorno, ad assicurare servizi, mobilità, accesso al credito;
    il tema centrale dell'emergenza non è solo di tipo economico, ma anche di natura sociale e culturale: l'approccio alle politiche per il Mezzogiorno deve essere a 360 gradi; gli investimenti da redistribuire in particolare nell'area meridionale del Paese riguardano necessariamente anche il capitale sociale;
    è evidente tra l'altro come all'interno della questione meridionale generale e del gap economico e sociale creatosi tra nord e sud esista una questione che investe anche il sistema universitario e che rischia di trasformarsi rapidamente in un danno incalcolabile per il Meridione: le università meridionali, infatti, hanno perso 45.000 immatricolati negli ultimi 10 anni, mentre il Centro-Nord, dopo un'iniziale perdita, ha superato la crisi di immatricolazioni. Le università del Sud riescono a «trattenere» poco più del 60 per cento dei diplomati meridionali, nel mentre pochissimi studenti del Centro-Nord si immatricolano nelle università del Sud. Il sistema universitario del centro-nord, invece, oltre ai diplomati locali riesce ad attrarre altri 2 diplomati su 10 provenienti dal sud;
    questo fenomeno non può essere semplicisticamente motivato dall'attrazione «intellettuale» esercitata dalle grandi università o città del Nord. In realtà, un motivo rilevante – e inadeguatamente valutato – è rappresentato dalle scarse risorse del diritto allo studio e dall'iniqua distribuzione delle stesse. Di recente, su tale argomento, non sono mancati gli interventi degli studenti, dei docenti, della CRUI, degli enti del diritto allo studio. Tuttavia, la cifra messa in campo dal Governo (circa 160 milioni di euro) non è aumentata. Sulle scarsissime risorse messe in campo dalle Regioni, tra loro molto differenti, si discute poco, ma ancora meno si discute sull'iniquo meccanismo di distribuzione dei fondi statali alle regioni. Infatti la ripartizione dei fondi è paradossalmente basata sulla ricchezza delle regioni: di fatto, le regioni che riescono a dare un maggiore numero di borse di studio, perché più ricche, ottengono di più dallo Stato, mentre quelle più povere ottengono di meno. Tale distribuzione di risorse attiva un circolo vizioso per il quale sempre più risorse vanno al Nord e sempre meno al Sud;
    altro allarme che riveste il Mezzogiorno, riguarda il tema delle reti infrastrutturali dei trasporti, la cui carenza ricopre, ormai da diverso tempo, caratteri emergenziali e di precarietà, provocando notevoli disagi ai cittadini e all'intera economia del Sud;
    l'area del Mezzogiorno presenta innanzitutto bassissimi livelli di connettività ferroviaria al suo interno, in termini sia di estensione della rete, sia di velocità commerciale. La competitività del trasporto ferroviario delle merci è bassa e necessita di interventi di riequilibrio, mentre sul lato dei servizi di trasporto ferroviari passeggeri sono bassi i livelli di qualità percepita, a causa di scarsa accessibilità e carenza di servizi. Per non parlare dell'assenza di collegamenti ad alta velocità, oggetto di annunci che non hanno ancora avuto seguito;
    la rete stradale si presenta come particolarmente congestionata, anche a causa dei continui lavori mai terminati, e necessita di una riduzione dei flussi; considerando che il trasporto aereo è previsto in crescita esponenziale nei prossimi anni, occorre altresì un efficientamento della capacità aeroportuale di gestione dello spazio aereo;
    tali servizi rivestono un interesse strategico e di cruciale importanza non solo sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini, ma anche per lo sviluppo dell'economia dell'intero paese, nonché per la forte vocazione turistica del Mezzogiorno che, soprattutto nei periodi estivi, riscontra un consistente afflusso di visitatori;
    è assolutamente necessario intervenire per innalzare il livello di competitività del sistema attraverso il potenziamento delle infrastrutture e attrezzature portuali e interportuali, incluso il loro adeguamento ai migliori standard ambientali, energetici e operativi; anche in tal senso, il Governo si è mostrato ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo assolutamente carente nei propri interventi: nulla è stato fatto per colmare il gap infrastrutturale del Sud attraverso investimenti specifici;
    tantomeno si investe in tema di giustizia, su cui il Sud, particolarmente colpito dai fenomeni di criminalità organizzata, soffre una carenza di organico degli uffici giudiziari che non può più essere in alcun modo sottovalutata; a titolo di esempio, basta citare la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha competenza su quattro delle cinque province della Calabria, e su sette circondari, rappresentando il terzo distretto italiano, e che registra la presenza di soli sei magistrati. Un presidio che dovrebbe vigilare su una situazione di criminalità che ha assunto rilievo nazionale per la sua pericolosità, tanto di radicamento nel territorio regionale quanto di collegamento ed estensione nell'intero territorio nazionale e transnazionale, non consente neanche la copertura minima dell'assegnazione di un magistrato per circondario;
    sul fronte ambientale, la scarsa attenzione mostrata dall'Esecutivo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo troppo concentrato a promuovere se stesso con interventi da spot elettorale che si rivelano inconsistenti ed inefficaci alla prova dei fatti, ha raggiunto l'apice con la vicenda della Terra dei Fuochi, su cui il Governo preferisce investire sullo smaltimento delle ecoballe, continuando ad ignorare il vero problema della zona, che va affrontato partendo dalla bonifica del sottosuolo, inquinato dallo sversamento di rifiuti tossici;
    anche sul fronte sanitario, il Governo continua ad affrontare le questioni con un approccio sbagliato: la ripartizione del fondo sanitario nazionale dovrebbe essere calcolata con attenzione particolare alla popolazione residente, ai tassi di mortalità della popolazione, ai bisogni sanitari ed agli indicatori epidemiologici territoriali rispetto a particolari situazioni legate ai territori; oggi tutto questo non avviene, e la quota spettante alle regioni si determina solo in base alla frequenza dei consumi sanitari per età e per sesso. Un calcolo che, come appare subito evidente, premia i territori che contano nella propria popolazione il maggior numero di anziani, e che conseguentemente penalizza le regioni meridionali;
    dato il quadro e dati alla mano, è evidente come il Mezzogiorno abbia pagato il prezzo più alto della crisi: non solo non si può permettere di perdere le risorse ad esso destinate, ma dovrebbe ricevere di più in termini di piani strategici e di interventi straordinari. Più in generale, non basta concentrare l'attenzione sui fondi strutturali. Certo, è utile individuare procedure innovative, per concentrarne in modo strategico l'utilizzo, per velocizzarne la spesa, in maniera che questi non vengano restituiti, come troppo spesso è accaduto nel corso degli anni passati. Ma i fondi strutturali dell'Unione europea sono risorse aggiuntive che non devono essere considerate risorse ordinarie, come invece per troppi anni è stato fatto nel nostro Paese;
    è evidente però come non si stia affatto andando in questa direzione. La quota degli investimenti nel bilancio dello Stato diminuisce costantemente. Aumenta soltanto la spesa corrente, nonostante la spending review, e la parte di investimenti per il Sud è ancora più bassa;
    l'Italia è praticamente spaccata in due, per gli investimenti, la crescita, il reddito pro capite, l'occupazione e il lavoro. È necessario agire concretamente con interventi immediati, implementando una serie di azioni volte a risollevare il Mezzogiorno dalla situazione drammatica in cui scivola anno dopo anno,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni opportuna iniziativa finalizzata al rilancio economico e sociale del Mezzogiorno d'Italia e, in particolare:
    a) ad adottare ogni iniziativa per una negoziazione a livello europeo volta ad applicare nel Mezzogiorno un regime di fiscalità di vantaggio, sulla scia di quanto già disposto per le Azzorre, per Madeira e per le isole Canarie, avviando nelle quattro regioni obiettivo convergenza, in particolare nelle aree in cui insistono autorità portuali, la costituzione di zone franche di fiscalità di vantaggio in cui applicare, attraverso l'utilizzo dei fondi europei, un taglio lineare di IRES e IRAP per un ciclo di programmazione, dando vita ad un processo di aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico utilizzando le deroghe vigenti nei Trattati dell'Unione europea sugli aiuti di Stato, nelle «regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione»;
    b) ad attivarsi a livello europeo per negoziare la possibilità di un diverso utilizzo delle risorse assegnate per la formazione professionale, introducendo l'opportunità di finanziare direttamente voucher formativi con le imprese, volti a percorsi di apprendistato;
    c) ad assumere iniziative per compensare il ridimensionamento delle quote di cofinanziamento dei fondi strutturali nell'ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, e prevedere adeguate risorse aumentando la spesa in conto capitale ordinaria dello Stato in favore delle aree territoriali che rientrano nel «piano di convergenza», al fine di sostenere l'economia meridionale e il capitale sociale dell'area, i servizi di pubblica utilità e alla persona, la messa in sicurezza dei territori;
    d) ad adottare ogni iniziativa volta a rafforzare l'attività e la capacità competitiva degli impianti produttivi che già operano nel Mezzogiorno, attraverso il potenziamento dei presidi di legalità, l'implementazione di interventi mirati a colmare il gap infrastrutturale e di servizi, nonché misure specifiche volte a garantire l'accesso al credito, sostenendo altresì politiche di decontribuzione rafforzata, in particolare per le nuove imprese che decidono di investire nella zona creando conseguentemente sviluppo e posti di lavoro;
    e) ad intervenire per riqualificare la spesa ordinaria dello Stato, inclusa quella dei grandi asset pubblici, che rappresenta quasi il 95 per cento della spesa pubblica nelle regioni del Mezzogiorno, per migliorarne qualità ed efficienza;
    f) ad adottare opportune iniziative volte a sostenere il diritto allo studio negli atenei meridionali, per evitare che il depauperamento delle università del Sud accentui ancora di più il divario nel Paese;
    g) ad assumere iniziative per prevedere il rifinanziamento delle misure contenute nel decreto legislativo n. 185 del 2000, riguardanti le attività di auto impiego ed auto imprenditorialità citate in premessa, che i dati statistici e la realtà del Paese considerano validi strumenti d'incentivazione alle imprese e allo sviluppo occupazionale, in particolare nelle aree particolarmente svantaggiate;
    h) ad avviare quanto prima un grande piano per lo sviluppo delle reti infrastrutturali del Mezzogiorno, volto ad estendere e potenziare, anche attraverso lo sviluppo della rete ad alta velocità, la rete ferroviaria meridionale, favorire l'intermodalità per le merci, efficientare le infrastrutture portuali e aeroportuali esistenti, potenziare la rete stradale, e, in particolare, ripristinare una situazione di normalità in quelle arterie stradali attualmente interessate da lavori di manutenzione e/o messa in sicurezza, consentendo ad automobilisti e trasportatori di poter circolare regolarmente;
    i) ad adottare ogni opportuna iniziativa al fine di razionalizzare e finalizzare in maniera corretta i fondi europei, e ad individuare, nel quadro di un ampio confronto con le regioni e le amministrazioni del Mezzogiorno, le opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte ad assicurare il tempestivo utilizzo delle risorse dei fondi strutturali, facendo ricorso, ove necessario, all'esercizio del potere sostitutivo nei confronti delle amministrazioni che si dovessero rivelare inadempienti;
    l) a prevedere in tempi rapidi iniziative volte a potenziare l'attività di coordinamento delle politiche per la coesione territoriale, superando la cronica incapacità nell'imprimere una svolta decisiva nella qualità della spesa dei fondi europei, con evidenti ripercussioni sullo sviluppo nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno;
    m) ad intervenire con misure che garantiscano la massima tutela dei livelli essenziali e di fabbisogno di assistenza in ambito sanitario, e nei servizi sociali in tutte le regioni del Mezzogiorno.
(1-01115) «Carfagna, Prestigiacomo, Occhiuto, Russo, Catanoso, Luigi Cesaro, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Giammanco, Gullo, Nizzi, Petrenga, Rotondi, Santelli, Sarro, Elvira Savino, Sisto, Vella».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica ha inciso e sta incidendo in misura significativa sulla produzione, sui consumi, sull'attività delle piccole e medie imprese, soprattutto allocate nel Mezzogiorno d'Italia;
    la crisi economica evidenzia ogni giorno di più l'esigenza di una rinnovata e prioritaria attenzione, in particolare per il Sud, ai problemi dell'occupazione, del lavoro, dei redditi e dell'impresa;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'attuate politica governativa, per molti aspetti sembra non abbia ancora una strategia precisa finalizzata ad ottenere il miglioramento e l'innovazione del contesto, con un evidente vuoto d'iniziativa che emerge come grave di fronte ad una crisi che colpisce particolarmente l'economia meridionale dispiegando effetti drammatici, anche se talvolta meno visibili a causa della frammentazione del tessuto imprenditoriale e del peso dell'economia cosiddetta a-legale, sospesa tra sommerso e illegalità;
    a fronte di questa situazione disastrosa l'impegno del Governo per il Mezzogiorno sembrerebbe racchiuso nell'unica promessa del raccordo dei fondi strutturali, cosa di per sé positiva ma del tutto insufficiente a risolvere l'enorme problema;
    v’è sovente inefficienza o vero e proprio spreco, nel mancato utilizzo delle risorse europee per le regioni del Sud. Ma è noto anche che non basta mettere, in elenco le risorse dei fondi europei per risolvere la questione perché i dati che sono sotto gli occhi di tutti non possono essere modificati con le semplici buone intenzioni, né con la sola stigmatizzazione delle regioni inadempienti. Occorre viceversa comprendere che la crisi del Mezzogiorno è la crisi dell'intero Paese e occorre agire di conseguenza con interventi urgenti e prioritari;
    al Sud vi è un gap infrastrutturale, in termini di trasporti, logistica, ricerca e innovazione, rispetto al resto del Paese le conseguenze della presenza delle associazioni mafiose nel Mezzogiorno si intrecciano in modo complesso con l'economia del sud, stravolgendo le regole del «fare impresa» e scoraggiando gli investimenti stranieri, oltre che creando un grave e indiscusso disagio sociale. Tutto ciò appare paradossale se solo si pensa che ogni iniziativa di carattere pubblico adottata nella storia repubblicana in favore del Sud va regolarmente a patire gli effetti della corruzione e dello sperpero. A tal proposito, è opportuno fare appena cenno a quanto accaduto negli ultimi decenni: il Sud ha fruito, infatti, dapprima dei fondi della Cassa per il Mezzogiorno, durata dal 1950 al 1992, la quale dal 1957 in avanti erogò contributi a fondo perduto e crediti agevolati. Nel primo ventennio circa di attività la Cassa per il Mezzogiorno sembrò funzionare, ma la qualità del suo servizio andò progressivamente declinando mano a mano che i partiti invadevano e inquinavano la vita pubblica. La Cassa per il Mezzogiorno tramontò malinconicamente, abbandonata agli scandali e rappresentò uno dei più gravi esempi di corruzione e di interrelazione fra affari, politica e malavita nel Sud;
    poi fu la volta dei fondi della legge n. 488 del 1992, oggetto di frodi e di truffe fino alla sua conclusione avvenuta nel 2008. La legge n. 488 del 1992 è stata lo strumento attraverso il quale l'allora Ministero delle attività produttive aveva messo a disposizione delle imprese che intendevano promuovere programmi di investimento, nelle aree depresse, agevolazioni sotto forma di contributi in conto capitale («a fondo perduto»);
    nel frattempo si erano aggiunti i fondi europei, destinati dall'Unione europea alle politiche di coesione, ma anche questi non hanno fatto una fine migliore. La sintesi migliore la offrì il Governatore della Banca d'Italia pro tempore Draghi nelle «considerazioni finali» di una delle sue relazioni in Banca d'Italia: «Il Mezzogiorno ha goduto in questo decennio (1998-2008) di fondi paragonabili per entità a quelli dell'intervento straordinario e che equivalevano a circa 45 miliardi di euro o a quasi tre punti di PIL». E tuttavia non esiste evidenza di vantaggi visibili;
    un esempio su tutti è quello legato al capitolo di spesa privilegiato dalla riprogrammazione dei programmi della convergenza, ossia dell'Agenda digitale europea; 1.140 milioni di euro destinati agli investimenti nel Sud per la banda ultralarga, 118,9 milioni di euro per la banda larga fino a 2 mega, 320 milioni di euro per data center;
    allo stesso modo si rammentano i 1.242 milioni di euro destinati esclusivamente alle quattro regioni obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), o i 142 milioni di euro per il credito di imposta per l'occupazione, o ancora le risorse per la rete dei trasporti, cui erano stati assegnati 1,2 miliardi di euro; per strade (866 milioni di euro) e aeroporti (28 milioni di euro);
    la sequenza di interventi che tardano a dispiegare effetti non finisce qui: si pensi alla legge n. 191 del 2009 che ha previsto la nascita di una banca con l'obiettivo di finanziare progetti di investimento nel Mezzogiorno, di erogare credito alle piccole e medie imprese; di favorire la nascita di nuove imprese e l'imprenditorialità giovanile e femminile, nonché di promuovere l'aumento dimensionale e l'internazionalizzazione di tali imprese, di finanziare attività di ricerca e innovazione, il tutto come detto, nelle regioni del Sud Italia. Per questo motivo, il 1o agosto 2011 Poste Italiane spa aveva acquisito, per 136 milioni di euro, il 100 per cento di Unicredit Mediocredito Centrale e, pertanto, da settembre 2011, la nuova denominazione societaria è Banca del Mezzogiorno Mediocredito Centrale spa operativa dal 2 febbraio 2012;
    tuttavia, anche in questo caso, nonostante siano i Fondi pubblici a sostenere l'impresa, non pare che detto strumento abbia dato respiro alle piccole e medie imprese del Sud. Nel corso della XVII legislatura sono stati già presentati diversi atti di sindacato ispettivo nei quali vengono richiesti i dettagli delle erogazioni della Banca del Mezzogiorno perché sovente destinati a gruppi industriali estranei alla «mission» meridionalista dell'istituto finanziario;
    da tali esperienze consegue che, per uscire dall'angolino dove la storia lo ha confinato, il Mezzogiorno ha bisogno di buona amministrazione, di correttezza, di lungimiranza e non di farsesche vicende di comuni, di municipalizzate e di privilegi regionali;
    è fondamentale che lo Stato rafforzi la propria presenza in tali territori, consolidando i tribunali, presidio di legalità e freno alla criminalità occorre un intervento capace di promuovere sviluppo ed occupazione nel Mezzogiorno, al fine di favorire la ripresa dell'economia meridionale, come base per la crescita e lo sviluppo dell'intero Paese anche favorendo, sin dall'età scolare, percorsi educativi volti a stimolare un cambio culturale che determini già in età giovanile l'educazione all'impresa. In questo momento di crisi molte Imprese sono costrette alla chiusura, non rientrando nei parametri degli studi di settore e il complesso scenario economico italiano, aggravato dalle conseguenze della crisi finanziaria, pone ancora una volta in primo piano la questione di un Paese con due differenti velocità di sviluppo: nel Mezzogiorno si produce solo un quarto del prodotto interno e si genera soltanto un decimo delle esportazioni italiane;
    il Mezzogiorno italiano è ancora privo di quella rete di infrastrutture essenziale per lo sviluppo e negli ultimi anni si è avvertita l'assenza, nei programmi di Governo, di un respiro strategico, volto a ridurre il gap economico, infrastrutturale e sociale del Sud;
    come già descritto nel presente atto di indirizzo, per lungo tempo si è assistito alla distorsione delle risorse destinate al Sud perché oggetto di dissennati tagli operati sulla dotazione del fondo per le aree sottoutilizzate per finanziare interventi di diversa natura o fatti oggetto di corruttela o non sempre corrispondenti a finalità di sviluppo e quasi sempre non localizzati nel Mezzogiorno. Ed invece il Meridione, grazie alla posizione geografica ed alla dotazione di porti e aeroporti, potrebbe svolgere un ruolo di cerniera negli scambi commerciali tra Europa, Mediterraneo e Paesi del far east e raccogliere le nuove opportunità del contesto competitivo internazionale;
    si consideri altresì che oltre un terzo dei laureati del Mezzogiorno under 34 è inattivo e la differenza con le regioni settentrionali diventa enorme se si considera il tasso di inattività dei diplomati under 34; i tassi di scolarizzazione in Italia presentano divari sfavorevoli al Meridione e sono accompagnati da un parallelo aumento del tasso di abbandono, dovuto alle condizioni di degrado sociale e familiare. Negative sono anche le evidenze in termini di «qualità» della formazione, dal momento che gli studenti meridionali che terminano la loro carriera accademica hanno maggiori difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. Si genera così un ampio fenomeno migratorio dei «cervelli» che lasciano le regioni del Sud, provocando un depauperamento del capitale umano disponibile;
    il sistema produttivo del Mezzogiorno è legato a fattori strutturali di debolezza che riguardano le dimensioni piccole o piccolissime delle imprese di quest'area, spesso a gestione familiare, operanti prevalentemente in settori a basso valore aggiunto e con una conseguente scarsa propensione a investire nell'innovazione e in ricerca e sviluppo;
    inoltre, come già detto, permane una forte presenza della criminalità organizzata, che tenta di infiltrarsi nei grandi appalti per opere pubbliche e tenta di condizionare l'attività di impresa, e della microcriminalità che peggiora la qualità della vita nei centri urbani, aumentando il disagio sodale;
    eppure il Sud avrebbe modo di risollevare le sorti occupazionali già solo attraverso l'industria del turismo, tuttavia i dati relativi al turismo nel Meridione sono paradossali: su 100 stranieri che visitano l'Italia, meno di 1 va in Calabria (0,9 per cento per chi ama l'esattezza), ancora meno in Molise. In Basilicata si raggiunge lo 0,1 per cento e in Abruzzo lo 0,6 per cento. Sommando le otto regioni meridionali, includendo Sicilia e Sardegna, si arriva al 13,2 per cento. Fa di più il solo Trentino Alto Adige, con il 14,2 per cento. Le politiche del turismo sono pertanto fallimentari;
    vari studi hanno tentato di quantificare, in termini di ritorno economico e occupazionale, lo sviluppo turistico del Sud anche per sollecitare un cambiamento culturale in tal senso, ma nulla sembra essersi modificato in questi anni e la causa non è la mancanza di fondi (le recenti difficoltà del programma operativo interregionale «Attrattori culturali, naturali e turismo» confermano che le criticità sono spesso politiche): i contributi europei arrivati al Sud non hanno generato virtuose sinergie tra destinazioni, operatori e investitori esterni, né hanno dato vita a poli di eccellenza che potessero «contaminare» positivamente i territori;
    si aggiungano a quanto descritto i dati drammatici contenuti nell'ultimo rapporto pubblicato dallo Svimez dove la situazione del Mezzogiorno appare bisognoso di interventi urgentissimi: secondo l'importante istituto di ricerca il prodotto interno lordo è calato nel Mezzogiorno dell'1,3 per cento rallentando la caduta dell'anno precedente (-2,7 per cento), con un calo superiore di oltre un punto percentuale rispetto al Centro-nord (-0,2 per cento). Da rilevare che per il settimo anno consecutivo il prodotto interno lordo del Mezzogiorno registra segno negativo, a testimonianza della permanente criticità nell'area. Il peggior andamento del prodotto interno lordo meridionale;
    anche gli andamenti di lungo periodo confermano un Paese spaccato e diseguale: negli anni di crisi 2008-2014 il Sud ha perso –13 per cento, circa il doppio del pur importante –7,4 per cento del Centro-nord. Il divario di Pil pro capite tra Centro-nord e Sud nel 2014 ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, tornando, con il 53,7 per cento, ai livelli del 2000. La crisi nel 2014 si attenua nella maggior parte delle regioni del Centro-nord, molto meno in tutte quelle del Sud;
    dal 2001 al 2014 il tasso di crescita cumulato è stato +15,7 per cento in Germania, +21,4 per cento in Spagna, +16,3 per cento in Francia. Negativa la Grecia, con -1,7 per cento, ma mai quanto il Sud, che, con -9,4 per cento tira giù al ribasso il dato nazionale (-1,1 per cento) contro il +1,5 per cento del Centro-nord. Pil per abitante e divari storici – in termini di prodotto interno lordo pro capite, il Mezzogiorno è sceso al 53,7 per cento del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. In valori assoluti, a livello nazionale, il prodotto interno lordo è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno;
    i consumi continuano a calare al Sud, mentre riprendono a crescere nel resto del Paese; i consumi delle famiglie meridionali sono ancora scesi, continuando a ridursi nel 2014 dello 0,4 per cento a fronte di un aumento del +0,6 per cento nelle regioni del Centro-nord;
    durante gli anni di crisi 2008-2014, la caduta cumulata dei consumi delle famiglia ha superato del Mezzogiorno i 13 punti percentuali (-13,2 per cento) risultando di oltre due volte maggiore di quella registrata nel resto del Paese (-5,5 per cento). In particolare, negli anni 2008-2014 il calo cumulato della spesa è stato al Sud del –15,3 per cento per i consumi alimentari, a fronte del –10,2 per cento del Centro-nord;
    gli investimenti fissi lordi hanno segnato una caduta maggiore al Sud rispetto al Centro-nord: –4 per cento rispetto al -3,1 per cento. Dal 2008 al 2014 sono crollati del 38 per cento nel Mezzogiorno e del 27 per cento nel Centro-nord, con una differenza tra le due ripartizioni di 11 punti percentuali;
    le previsioni per il 2015 e il 2016 – Secondo stime SVIMEZ aggiornate a settembre 2015, nel 2015 il Pil italiano dovrebbe crescere dello 0,8 per cento, quale risultato del +1 per cento del Centro-nord e del timidissimo +0,1 per cento del Sud;
    sul fronte occupazionale, si prevede un aumento nazionale del +0,8 per cento, +0,9 per cento al Centro-nord e +0,6 per cento al Sud. Quanto all'industria nel Sud: il crollo degli investimenti erode la base produttiva e accresce i divari di competitività;
    in deciso ribasso anche la capacità produttiva; rispetto ai livelli pre crisi il Sud ha perso oltre il 30 per cento, contro il –17 per cento del Centro-nord e il –5 per cento della media dell'Unione europea a 28. Tra il 2007 e il 2013 è sceso anche lo stock di capitale lordo, –7,4 per cento nel Sud, +3,1 per cento nel resto del Paese. Quanto agli occupati, nel 2014 gli addetti al comparto scendono dello 0,2 per cento al Sud contro il +0 per cento dell'altra ripartizione;
    nell'intero periodo 2008-2014, comunque, la caduta dell'occupazione è stata di oltre il – 20 per cento al Sud, contro il –13,4 per cento del Centro-nord. In continua discesa anche la produttività del manifatturiero meridionale, sceso al 58,2 per cento nel Centro-nord nel 2014 (nel 2000 era pari al 74,5 per cento dell'altra ripartizione);
    negative al Sud nel 2014 anche le esportazioni, –4,8 per cento che sono cresciute invece nel Centro-nord (+3 per cento). Stesse dinamiche se si osservano gli anni 2008-2014: –2,1 per cento al Sud, +11,1 per cento al Centro-nord. In questo quadro pesa decisamente il crollo delle agevolazioni concesse alle imprese private: dal 2008 al 2013 sono scese al Centro-nord del –17 per cento passando da 3,2 a 2,6 miliardi di euro, mentre al Sud sono sprofondate del 76 per cento, passando da 5,5 a 1,3 miliardi di euro. Le agevolazioni alle imprese del Mezzogiorno sul totale nazionale si sono quindi dimezzate: erano il 63,5 per cento nel 2008, sono diventate il 33,2 per cento nel 2013;
    è necessario quindi promuovere lo sviluppo sostenibile del territorio e coniugare il tutto alle imprescindibili logiche di mercato del turismo che impongono prodotti, servizi e infrastrutture in grado di far fronte a una domanda che ha sempre più alternative a disposizione. Occorre selezionare, previa individuazione, le strutture, i siti, i beni di più grande interesse siti nel Meridione e abbandonati a se stessi – ve ne sono di innumerevoli – e procedere per la loro valorizzazione sul piano nazionale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per assegnare al tema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno una valenza prioritaria nell'ambito della politica economica nazionale e di quella comunitaria di coesione;
   ad intervenire in sede comunitaria, al fine di introdurre in favore delle regioni del Mezzogiorno una serie di misure, di carattere eccezionale, sia di alleggerimento fiscale e contributivo per le aziende che assumono nuovi dipendenti, almeno fino al 2020, che di carattere finanziario in grado di rilanciare l'economia reale del meridione, in considerazione della fase socio-economica di estrema emergenza che investe le macro-aree delle regioni interessate con la individuazione sperimentale di aree ZES;
   a sfruttare l'enorme potenziale che il Mezzogiorno possiede, in virtù della sua posizione geografica, per favorire la diffusione di micro e mini impianti energetici che utilizzano fonti rinnovabili quali vento, sole e geotermia;
   ad intraprendere ogni azione necessaria per contrastare e mitigare il rischio idrogeologico nel Mezzogiorno, con particolare riguardo ad interventi così detti “non strutturali” come la revisione dei piani d'emergenza o il miglioramento dei sistemi di previsione ed allettamento;
   ad intensificare maggiormente nelle aree di cui in premessa i controlli sui luoghi di lavoro garantiti dagli ispettori del lavoro al fine di incrementare la vigilanza sulla regolarità dei rapporti di lavoro, sia nella fase costitutiva che in quella del loro svolgimento, alla luce delle leggi in materia di lavoro al fine di estirpare la piaga del «lavoro nero» e il fenomeno del caporalato nel settore agricolo;
   ad adoperarsi perché vi sia un ripensamento in merito ai provvedimenti che consentono nuove trivellazioni nei tratti di mare, antistanti alle coste delle regioni meridionali e che saranno sottoposte al voto popolare referendario, poiché in questo modo sarà possibile mantenere intatto il territorio, salvaguardare le coste e, quindi, il turismo, le attività economiche e i posti di lavoro garantiti dallo stesso. Attività economica molto conveniente e senza rischio di danni ambientali come nel caso delle estrazioni petrolifere;
   a porre in essere iniziative più incisive in grado di migliorare l'attività dell'Agenzia per la coesione territoriale prevedendo la piena possibilità di esercitare poteri sostitutivi in caso di ritardi o inefficienze delle regioni e a relazionare semestralmente al Parlamento circa l'attività della stessa.
(1-01117) «Baldassarre, Artini, Brignone, Bechis, Civati, Segoni, Andrea Maestri, Turco, Pastorino, Matarrelli».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per assegnare al tema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno una valenza prioritaria nell'ambito della politica economica nazionale e di quella comunitaria di coesione;
   nel rispetto della normativa comunitaria e nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, ad intervenire in sede comunitaria, al fine di introdurre in favore delle regioni del Mezzogiorno una serie di misure, di carattere eccezionale, sia di alleggerimento fiscale e contributivo per le aziende che assumono nuovi dipendenti, almeno fino al 2020, che di carattere finanziario in grado di rilanciare l'economia reale del meridione, in considerazione della fase socio-economica di estrema emergenza che investe le macro-aree delle regioni interessate con la individuazione sperimentale di aree ZES;
   a sfruttare l'enorme potenziale che il Mezzogiorno possiede, in virtù della sua posizione geografica, per favorire la diffusione di micro e mini impianti energetici che utilizzano fonti rinnovabili quali vento, sole e geotermia;
   ad intraprendere ogni azione necessaria per contrastare e mitigare il rischio idrogeologico nel Mezzogiorno, con particolare riguardo ad interventi così detti “non strutturali” come la revisione dei piani d'emergenza o il miglioramento dei sistemi di previsione ed allettamento;
   ad intensificare maggiormente nelle aree di cui in premessa i controlli sui luoghi di lavoro garantiti dagli ispettori del lavoro al fine di incrementare la vigilanza sulla regolarità dei rapporti di lavoro, sia nella fase costitutiva che in quella del loro svolgimento, alla luce delle leggi in materia di lavoro al fine di estirpare la piaga del «lavoro nero» e il fenomeno del caporalato nel settore agricolo;
   a porre in essere iniziative più incisive in grado di migliorare l'attività dell'Agenzia per la coesione territoriale prevedendo la piena possibilità di esercitare poteri sostitutivi in caso di ritardi o inefficienze delle regioni e a relazionare semestralmente al Parlamento circa l'attività della stessa.
(1-01117)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Baldassarre, Artini, Brignone, Bechis, Civati, Segoni, Andrea Maestri, Turco, Pastorino, Matarrelli».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    l'analisi degli indicatori degli ultimi anni di crisi economica e sociale del nostro Paese, riferiti in particolare al periodo 2007-2014, evidenzia un quadro di insieme decisamente complesso. Il dibattito parlamentare ha recentemente generato atti di indirizzo politico per impegnare il Governo ad assumere iniziative, non solo per porre le basi di rilancio economico dell'Italia, ma anche e soprattutto per ridurre gradualmente e secondo obiettivi definiti e programmati, il divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud, così come indicato anche dalle mozioni del Gruppo di Scelta Civica, approvate dalla Camera dei Deputati, n. 1-00765, n. 1-01001 e n. 1-00648;
    il quadro generale della situazione economica e sociale del Paese e, soprattutto, del Mezzogiorno è ancora e decisamente critico anche se i dati relativi ai 2015 mostrano per la prima volta timidi segnali positivi. Non sussiste certamente una netta crescita ma traspare una positiva inversione di tendenza che potrebbe da un lato confermare la stabilizzazione dell'economia meridionale dopo sette anni di turbolenza e dall'altro potrebbe aiutare ad individuare alcuni aspetti della crisi sui quali Parlamento e Governo potranno maggiormente puntare per individuare percorsi di sviluppo;
    secondo le recenti stime di Confindustria e SRM, infatti, nella prima parte del 2015 i segnali di crescita sono aumentati a tal punto da far prevedere la possibilità di valori leggermente positivi per il PIL del Mezzogiorno già alla fine dello stesso anno;
    il prodotto interno lordo del Mezzogiorno dovrebbe infatti tornare a salire dello 0,2 per cento nel 2015 ed in maniera leggermente più rilevante nel 2016 attestandosi al +1 per cento. In ogni caso, la crescita stimata è decisamente inferiore rispetto a quella del Paese e comunque non sufficiente al suo rilancio strutturale;
    secondo i dati del rapporto di Confindustria, segnali cautamente positivi provengono innanzitutto dal mondo delle imprese. Il clima di fiducia delle imprese manifatturiere meridionali si mantiene sui più alti valori degli ultimi quattro anni, facendo segnare (ad ottobre) un valore di due punti più elevato rispetto ad un anno fa. Un segnale analogo proviene dai consumatori presso i quali si registra un clima di fiducia favorevole, anch'esso ai massimi rispetto agli ultimi quattro anni. Particolarmente significativa è la crescita della fiducia relativa al clima economico, in forte incremento soprattutto nella seconda parte dell'anno;
    ciò che ha contribuito ad aumentare e migliorare le aspettative e ad invertire i trend è certamente la lieve crescita dell'occupazione al Sud: rispetto al 2014, infatti, nei primi nove mesi del 2015 si registrano 136.000 occupati in più nelle regioni meridionali;
    questo incremento riporta il dato delle persone che hanno un lavoro vicino alla soglia psicologica dei sei milioni di occupati (5 milioni e 970 mila). Rispetto al 2014, il tasso di occupazione sale al Sud dell'1,1 per cento ovvero dello 0,4 per cento in più della media nazionale: a sua volta, il tasso di disoccupazione cala di 2 punti percentuali (sempre rispetto al terzo trimestre del 2014), scendendo al 17,6 per cento. Secondo le ultime rilevazioni dell'ISTAT, diminuiscono, per la seconda volta consecutiva, gli scoraggiati, coloro che non ricercano più un posto di lavoro, soprattutto al Centro e nel Mezzogiorno;
    si tratta certamente solo di timidi segnali perché la disoccupazione, soprattutto giovanile (ben rappresentata dal 38,9 per cento di NEET meridionali) è rimasta pressoché invariata con lievissimi miglioramenti. È però un segnale, per la prima volta, di segno chiaramente positivo. Lo sgravio per le nuove assunzioni a tempo indeterminato si è rivelato efficace nel determinare un incremento degli occupati: nei primi 9 mesi dell'anno, infatti, sono state quasi 290 mila le assunzioni agevolate al Sud su un totale di 900 mila e quasi 1/3 di esse riguarda la regione Campania. Il dato sulla Cassa Integrazione, tornato (per tutte e tre le forme di ammortizzatore sociale considerate) sui livelli pre-crisi, contribuisce a sua volta a confermare la stabilizzazione dell'economia meridionale dopo sette anni di turbolenza;
    in modo lieve i dati fanno registrare la stabilizzazione, se pur in negativo, del saldo delle imprese attualmente attive, che si attesta a -0,1 per cento rispetto al III trimestre del 2014. Si nota un irrobustimento del tessuto produttivo del Mezzogiorno e infatti le società di capitali aumentano e sono ormai più di 270 mila, indice di un processo molto più sostenuto di quello che si registra nel Centro Nord (+5,4 per cento rispetto a +2,6 per cento). A conferma dei segnali di stabilizzazione economica della crisi al Sud si rileva una diminuzione media delle procedure fallimentari delle imprese nel 2015 (tranne la Sardegna), mentre torna positivo nel 2014, rispetto all'anno precedente, il fatturato delle grandi (+4,6 per cento) e delle medie imprese (+1,9 per cento), ma non ancora quello delle piccole (ancora in calo del 2,3 per cento), condizionando in tal modo il risultato di insieme. Questi dati evidenziano come la crisi abbia colpito duramente il tessuto produttivo delle piccole e medie imprese che caratterizza il sistema industriale italiano soprattutto al Sud ed al contempo come la ripresa interessi le aziende di maggiore dimensione che hanno una buona componente di esportazioni all'estero;
    un altro elemento che fa registrare un'inversione di tendenza lievemente positiva è certamente l'aumento di fatturato, seppur ridotto, nelle esportazioni. A spingere, infatti, il risultato del manifatturiere meridionale contribuisce in modo significativo l'export che, rispetto al terzo trimestre 2014, fa registrare +3,1 per cento, trainato da un +26,3 per cento dei mezzi di trasporto e dalla crescita (che continua) dell'agroalimentare (+9 per cento). Nei primi 9 mesi del 2015, le esportazioni meridionali sono state pari, in valore, ad oltre 31,4 miliardi di euro (di cui 29,6 relativi al manifatturiero in senso stretto), oltre 1 miliardo di euro in più rispetto al corrispondente periodo del 2014;
    se analizziamo le esportazioni sotto il profilo territoriale, è facile osservare che 6 regioni meridionali su 8 fanno registrare una dinamica positiva. La Puglia si attesta ad un valore sostanzialmente stabile, mentre l'unica regione che vede ridursi la propria quota di esportazioni è la Sicilia. Fra le province esportatrici, fanno registrare dinamiche positive oltre a Potenza (+206,7 per cento), anche Chieti (+5,4 per cento), Salerno (+5,6 per cento), Bari (+2,2 per cento) e Cagliari (+2,7 per cento). Negative, viceversa, le performance di Napoli (-1,5 per cento) e Siracusa (-12,9 per cento). Anche l'andamento dell'export dei distretti meridionali, nei primi sei mesi del 2015, conferma questa tendenza positiva, con un incremento (+11,6 per cento) anche più robusto di quelli del Centro-Nord (con aumenti compresi tra +4 e +5 per cento);
    un elemento che descrive e consente l'aumento della «voglia di fare impresa» al Sud Italia, soprattutto tra i giovani, è quello relativo all'aumento di domanda creditizia e dalla sostanziale diminuzione delle relative offerte. Nonostante crescano gli indici di sofferenza, che hanno ormai superato la soglia dei 40 miliardi di euro (pari al 14,3 per cento del totale dei crediti concessi) su un totale di 140 sul piano nazionale, resta alta la voglia di fare impresa proprio fra i giovani. Sono, infatti, 226 mila le imprese meridionali condotte da giovani nel 2014 (oltre il 40 per cento del totale). Continua, inoltre, la crescita delle imprese che aderiscono a Contratti di Rete: sono 3.164, con un incremento del 10 per cento (maggior rispetto a quello del Centro-Nord, che si ferma a +8 per cento) rispetto al 2014;
    uno dei dati forse più significativi del 2014 è l'incremento delle presenze e della spesa turistica nelle regioni meridionali, elemento che deve far ben sperare e che deve essere adeguatamente valorizzato e gestito nel prossimo futuro; crescono, infatti, del 3,6 per cento gli arrivi (anche più della media nazionale +2,7 per cento) e le presenze (+1,1 per cento), che restano viceversa stabili nel Centro-Nord. Nel 2015, per quanto lievi e relativi, sono incoraggianti i dati sull'incremento del traffico aereo che, nei primi 9 mesi dell'anno, rileva un +2,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014. I passeggeri internazionali degli aeroporti del Mezzogiorno sono ormai il 33,7 per cento del totale. Fanno ben sperare le previsioni più recenti (Fonte: Italian Cruise Watch, 2015) che prevedono per il 2016 un nuovo record storico per il traffico crocieristico per il nostro Paese, e dunque anche per i principali porti meridionali;
    è necessario però evidenziare che all'incremento del turismo e alla grande ricchezza del tessuto culturale del Mezzogiorno non corrisponde, però, un'altrettanto ampia fruizione del patrimonio storico e culturale per problemi legati alla sua gestione e valorizzazione, non all'altezza delle sue potenzialità. Nelle regioni del Sud e nelle Isole è presente il 25 per cento del patrimonio culturale nazionale (musei, monumenti e aree archeologiche), vale a dire 1.150 dei 4.588 siti culturali italiani. Con riferimento al patrimonio statale si rileva che nel Sud si trovano 145 siti tra musei, monumenti e aree archeologiche pari al 34,3 per cento del totale nazionale cifra che sale a 256 se si aggiungono i 111 siti siciliani (non di competenza MiBACT), diventando il 48 per cento del totale italiano. Tra i beni culturali del Meridione 15 fanno parte della lista del Patrimonio dell'Umanità, il 30 per cento dei 49 siti Unesco italiani. Questi sono numeri che da soli basterebbero a innescare procedimenti di crescita dell'economia turistica del meridione eppure in assenza di politiche di sviluppo e di gestione questo settore resta quasi abbandonato al proprio destino;
    se sarà fondamentale migliorare e investire sul piano della fruizione del patrimonio culturale del meridione, sarà altrettanto necessario intervenire con energia sul tema dell'istruzione, visti i divari tuttora perduranti in termini di abbandono scolastico e di livello delle competenze degli studenti, e dell'efficienza del sistema universitario meridionale, stretto tra calo delle immatricolazioni (diminuite di circa un quarto dell'ultimo decennio) e tagli al fondo di funzionamento ordinario;
    da recenti indagini condotte dalla Fondazione RES sul sistema universitario si evincono dati allarmanti: la tendenza a diminuire le risorse impiegate in questo settore è evidente se osserviamo i dati relativi al Fondo di finanziamento ordinario, diminuito, in termini reali, del 22,5 per cento. In valore: 7 miliardi che, se comparati agli oltre 26 investiti della Germania, rendono l'idea di quanto sia diversa la gestione di queste risorse da parte della nostra amministrazione rispetto a quelle in corso in tutti i Paesi avanzati;
    i cambiamenti introdotti nei meccanismi di ripartizione dei finanziamenti del Fondo di finanziamento ordinario, con un aumento fino al 20 per cento della quota premiale legata a risultati conseguiti nella didattica e nella ricerca, paradossalmente aggravano il quadro perché penalizzano le università del Mezzogiorno. La situazione delle università meridionali necessita sicuramente di un indirizzo di governo diverso rispetto a quanto fatto negli ultimi anni con particolare riferimento alla auspicabile rideterminazione dei parametri di ripartizione delle risorse pubbliche per le università che sono risultati penalizzanti per tutte le università del sud;
    proseguendo nell'analisi dei dati del 2015, che riprovano una timida inversione di tendenza, si evidenziano segnali confortanti dall'indice sintetico dell'economia meridionale del 2015, indicatore composito (aggiornato con cadenza semestrale) che fotografa anno per anno lo stato di salute economica dell'Italia meridionale. La comparazione dei valori 2014-2015 dell'indice, infatti, riportato nella ricerca elaborata da Confindustria e da Srm-Studi e ricerche per il Mezzogiorno, riporta per la prima volta un trend in miglioramento;
    il dato riferito al 2015 dovrebbe far segnare, per la prima volta dal 2011, un valore sia pur di poco positivo. Sono, infatti, tre su cinque gli indicatori che fanno registrare valori in crescita ovvero PIL, Export e Occupazione. L'indicatore delle imprese è invece di poco negativo mentre solo l'indicatore degli investimenti continua, anche per il 2015, a far segnare valori negativi, anche se il calo è minore di quello degli anni precedenti;
    i dati in premessa sono quindi utili a comprendere lo stato attuale dell'economia del mezzogiorno che per invertire decisamente la tendenza e poter intraprendere una auspicabile ripresa necessita di investimenti in tempi brevi. Infatti, la variabile che purtroppo condiziona fortemente le prospettive di ripresa è rappresentata dal continuo calo del valore degli investimenti sia pubblici che privati, malgrado proposizioni ed aspettative ben diverse promulgate negli anni scorsi. Questa circostanza penalizza soprattutto imprese e lavoratori, che per primi e in modo più diretto risentono degli effetti della «crisi di domanda interna», caratterizzata, cioè, da minori consumi e, appunto, minori investimenti;
    il trend degli investimenti nel range di periodo 2007-2014 è dunque in calo, così come rilevato dai report di Confindustria: dal picco del 2007, infatti, gli investimenti fissi lordi sono diminuiti di oltre 34 miliardi di euro fino a toccare il valore minimo nel 2014 di 55 miliardi di euro, ben al di sotto dei quasi 67 miliardi di vent'anni fa. Guardando al lungo periodo, particolarmente sensibili sono stati i decrementi nel settore dell'industria in senso stretto e delle costruzioni: dal 2000 ad oggi, la riduzione degli investimenti in questi due comparti è superiore al 50 per cento;
    anche gli investimenti pubblici fanno registrare decrementi grosso modo simili e negli stessi anni e questo malgrado vi siano risorse stanziate e risorse comunitarie non spese nei tempi programmati. Al netto delle partite finanziarie, tra il 2009 ed il 2013, infatti, la spesa in conto capitale della Pubblica Amministrazione si è ridotta di oltre 5 miliardi di euro, ben al di sotto dei valori del 2000. In questa contrazione della spesa è rilevante anche il contenimento dell'indebitamento per esigenze di finanza pubblica, malgrado vi sia una strutturale sperequazione tra fondi statali per il Nord Italia e per il Sud Italia, da sempre compensata, impropriamente, dall'apporto dei fondi comunitari: secondo gli ultimi dati disponibili, i mutui erogati per il finanziamento degli investimenti degli Enti Locali hanno raggiunto la quota di 136 milioni di euro, con un calo del 43,6 per cento rispetto all'anno precedente: rispetto al dato pro capite, l'importo registrato per il Mezzogiorno è pari a 6,6 euro per abitante, ben al di sotto di una media nazionale di 10,3 euro per abitante;
    l'elemento principale che dovrà caratterizzare, dunque, l'azione di governo dei prossimi anni è il rilancio degli investimenti al Sud Italia che si conferma, quindi, la priorità delle priorità: saranno di fondamentale importanza sia gli investimenti delle imprese di fatto fermi negli ultimi sette anni, sia quelli promossi dalla pubblica amministrazione, stretti da un rigore di bilancio che li ha compressi a livelli difficilmente sopportabili per una economia che, invece, da questi investimenti ancora molto dipende;
    tramite il DEF 2016 il Governo ha prospettato un profilo di ripresa per gli investimenti pubblici (+1,9 per cento) per quest'anno e soprattutto per il prossimo (+4,6 per cento). Ma è soprattutto con la Legge di Stabilità 2016 che il Governo ha deciso di dare seguito a questo intento agendo su tre fattori che hanno riflessi positivi proprio sul Mezzogiorno;
    il primo fattore è quello relativo all'accelerazione della spesa dei fondi europei utilizzando la flessibilità rispetto al Patto di Stabilità europeo attraverso la cosiddetta «clausola degli investimenti» con l'intento quindi di spendere al meglio e il massimo possibile delle risorse dei fondi strutturali. Una parte rilevante di questa spesa, che vale nel complesso circa 11 miliardi di euro, di cui circa 5 di cofinanziamento nazionale, riguarda proprio le regioni meridionali, per un valore stimato di circa 7 miliardi di euro;
    il secondo fattore è relativo ad un cambiamento strutturale strettamente collegato al precedente ed è costituito dal superamento del Patto di Stabilità interno in favore del cosiddetto pareggio di bilancio, sia per le Regioni, sia per gli Enti locali. I meccanismi introdotti determinano di fatto il superamento del Patto di Stabilità interno e dunque la fine dell'impossibilità forzata di utilizzare risorse disponibili per investimenti, costituendo un volano per il ritorno alla crescita della spesa in conto capitale al Sud, anche grazie a meccanismi di ottimizzazione che consentono di incrementare le opportunità per gli Enti locali più virtuosi;
    il terzo fattore riguarda la scelta di tornare a sostenere in maniera significativa gli investimenti delle imprese meridionali, così come dimostra la misura che introduce un Credito d'imposta automatico per gli investimenti in beni strumentali nel Mezzogiorno. Con questo intervento saranno messi a disposizione delle imprese che investono nel Mezzogiorno 2,4 miliardi di euro per i prossimi 4 anni, per un valore di 617 milioni di euro l'anno. Se si considera che l'effettiva erogazione per incentivi nel 2014 da parte di Amministrazioni centrali è stata pari a 1 miliardo e 100 milioni di euro circa, si tratta per il Mezzogiorno di una crescita di oltre il 50 per cento della spesa per incentivi, capace di far salire considerevolmente gli investimenti;
    sotto il profilo della politica da intraprendere per la risoluzione dei problemi, che da anni concorrono a rendere negativo il quadro del Mezzogiorno, e delle risorse e degli interventi da individuare ed attuare secondo programmi definiti, ha particolare rilevanza in termini di programmazione integrata il Masterplan per il Mezzogiorno. Questo strumento sarà certamente utile a tracciare un percorso sinergico ed integrato nell'azione del Governo e di tutti gli Enti interessati dai Ministeri, alle Regioni agli Enti locali allo scopo di promuovere un utilizzo più efficace delle risorse già a disposizione del mezzogiorno, con una metodologia capace di far emergere proposte e progetti strategici da parte delle Regioni in una logica economica comune di livello nazionale che eviti duplicazioni di spesa o investimenti senza ritorno economico e sociale;
    come è noto, le risorse stanziate sono ingenti, ma non lo è altrettanto la relativa spesa che risulta nettamente insufficiente per dare inizio alla ripresa economica. È, infatti, necessario ridurre drasticamente la mancanza di capacità di utilizzo delle risorse da parte dei soggetti attuatori. L'azione di Governo dovrà essere tesa ad istituire nuovi meccanismi di supporto che possano accompagnare le amministrazioni beneficiarie dei finanziamenti nella elaborazione dei progetti e nelle relative procedure attuative e di spesa affinché possano avvenire nel rispetto dei tempi programmati. In questa direzione va evidenziata la necessità di concludere in tempi brevi il quadro della programmazione dei Fondi Sviluppo e Coesione del periodo 2014/2020 il cui calendario, fissato dalle due ultime leggi di stabilità del settembre 2014 e dell'aprile 2015, è Stato disatteso. Così come indicato anche dal Masterplan per il Mezzogiorno, tra Fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-20 pari a 56,2 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi di euro europei e 24 miliardi nazionali, cui si aggiungono fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro, e Fondo Sviluppo e Coesione, per il quale sono già oggi disponibili 39 miliardi di euro sulla programmazione 2014-20, vi sono circa 95 miliardi di euro a disposizione da qui al 2023 per politiche di sviluppo del Mezzogiorno;
    il Masterplan, però, deve ancora essere completato: manca la declinazione operativa dei 16 Patti per il Sud che per ogni regione e per ogni Città Metropolitana stabilirà gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuarli, gli ostacoli da rimuovere, la tempistica e le reciproche responsabilità;
    nel contesto delle regioni meridionali e insulari, merita una riflessione speciale la situazione della Sardegna che sconta l'handicap strutturale dell'insularità, che rappresenta un freno allo sviluppo di qualsiasi politica di rilancio economico endogeno ed è stato pesante concausa del fallimento dei Piani di Rinascita che avevano l'obiettivo di azzerare i gap economici e sociali che affliggono l'Isola;
    ancora oggi, gli indicatori economici che fotografano la situazione sarda mettono in evidenza un residuo fiscale negativo tra i peggiori d'Italia in un quadro di impoverimento di tutte le attività di produzione legate al settore primario;
    appare, dunque, indispensabile agire sulle leve della continuità territoriale per i passeggeri e per le merci ma soprattutto investire sui vantaggi competitivi sardi per strutturare un tessuto produttivo legato a nuove politiche di brand e alle attività ecocompatibili che possano consentire il superamento delle logiche assistenzialistiche e garantire sostenibilità nel tempo,

impegna il Governo:

   a garantire, in tempi brevi, il completamento del Masterplan e quindi la sottoscrizione dei 16 Patti per il Sud che declineranno concretamente i provvedimenti che ne costituiscono l'asse portante, al fine di poter dare inizio alla programmazione degli interventi prioritari ed alle azioni da intraprendere per attuarli, rimuovendone gli ostacoli, definendone le tempistiche e le responsabilità;
   a garantire che nei singoli Patti per il Sud vi siano disposizioni che possano favorire concretamente la semplificazione delle procedure di spesa e di rendicontazione delle risorse, nonché il monitoraggio degli adempimenti e dei tempi prefissati di realizzazione delle opere e di utilizzo delle risorse;
   a garantire che il Masterplan preveda nel suo cronoprogramma interventi per gli anni 2016 e 2017 al fine di consentire investimenti in questi anni particolarmente utili e necessari per contrastare l'attuale crisi economica per mancanza di investimenti al Sud;
   ad istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri una struttura di coordinamento e controllo dell'attuazione del Masterplan e delle politiche e degli investimenti nel Mezzogiorno con un responsabile delegato dal Governo che possa sovraintendere e coordinare i programmi dei singoli Patti per il Sud e intervenire con poteri sostitutivi per risolvere problematiche contingenti e garantire il conseguimento degli obiettivi di spesa prefissati;
   a garantire maggiore supporto all'Agenzia per la Coesione Territoriale affinché possa affiancare efficacemente le regioni del Mezzogiorno e risultare sempre più incisiva nel sostenere, promuovere ed accompagnare i programmi e i progetti per lo sviluppo e la coesione economica, rafforzando, al fine di una sempre più rapida e puntuale attuazione degli interventi indicata da specifici impegni temporali, l'azione di programmazione e sorveglianza, nonché promuovendo la semplificazione delle procedure di autorizzazione degli interventi e della conseguente spesa dei fondi, anche assumendo iniziative per prevedere poteri sostitutivi in caso di inadempienze e/o colpevoli ritardi da parte degli enti beneficiari di finanziamenti;
   a prevedere adeguate iniziative economiche e finanziare al fine di rilanciare l'economia delle regioni del Mezzogiorno ed al fine di sostenere in misura ancora più ampia gli investimenti delle imprese che operano su questi territori, contribuendo ad irrobustire il relativo tessuto produttivo e puntando soprattutto alla crescita delle piccole e medie imprese ed all'aumento consequenziale dei livelli occupazionali;
   a favorire, nel corso della programmazione 2014-2020, l'utilizzo di risorse del Fondo Sociale Europeo per la realizzazione di politiche attive di inserimento nel mondo del lavoro dei giovani meridionali disoccupati;
   a garantire che la programmazione delle infrastrutture, degli interventi di riqualificazione urbana, di recupero dei centri storici e di collegamento viario e ferroviario delle regioni del sud alla rete nazionale siano elementi centrali dei programmi dei fondi strutturali europei e FSC 2014-2020, impedendo di utilizzare impropriamente questi fondi per finanziare altre esigenze nell'attuale difficile contesto di finanza pubblica;
   a favorire l'accelerazione dei tempi necessari al completamento della programmazione FSC 2014-2020 per il recupero dei ritardi ad oggi maturati rispetto ai tempi stabiliti dalle leggi di stabilità del 2014 e 2015 allo scopo di consentire la spesa delle relative risorse nello stesso periodo di programmazione e successivamente a garantire la celere assegnazione delle risorse ai progetti di sviluppo pianificati a seguito della definizione delle priorità di interventi che saranno indicate nel prossimo «Allegato infrastrutture» al Documento di economia e finanza;
   a garantire l'accelerazione degli interventi di manutenzione e messa in sicurezza dei territori meridionali a maggior rischio idrogeologico favorendone lo stanziamento delle risorse allo scopo necessario in termini prioritari;
   ad assumere iniziative per ridurre gradualmente e secondo obiettivi definiti e programmati il divario infrastrutturale nel settore dei trasporti e della logistica tra le regioni del Sud Italia e quelle del Centro-Nord, con particolare riferimento alla rete autostradale e ferroviaria;
   a monitorare e garantire il rispetto degli obiettivi e dei tempi di realizzazione prefissati per la realizzazione delle opere strategiche per il Sud con particolare riferimento alla rete ferroviaria di alta velocità tra Bari e Napoli ed alla tratta autostradale Salerno - Reggio Calabria;
   a valutare l'opportunità di prevedere iniziative per l'incremento del Fondo di finanziamento ordinario per le università tenendo in debita considerazione, ai fini della distribuzione delle risorse, della necessità da parte delle università del Sud Italia di colmare un evidente divario rispetto a quelle del Nord relativo alle infrastrutture e alle offerte formative;
   a valutare l'opportunità di istituire una commissione di esperti presso il M.I.U.R., che coinvolga anche i rappresentanti delle università del Sud Italia, per monitorare e valutare gli effetti degli attuali criteri di ripartizione delle risorse pubbliche tra le università del nord e del sud Italia per eliminare le cause che hanno penalizzato il sistema universitario meridionale e rivalutare conseguentemente i criteri di distribuzione delle risorse del Fondo di Finanziamento Ordinario affinché possa risultare utile anche a colmate il divario che si è aggravato negli ultimi anni;
   a garantire lo sviluppo nel settore dell'edilizia scolastica meridionale in particolar modo monitorando, e dove possibile, accelerando gli interventi già previsti dalle linee di finanziamento volte alla costruzione di nuovi edifici, alla ristrutturazione e alla messa in sicurezza completa di quelli esistenti, alla eliminazione delle barriere architettoniche, alla rimozione dell'amianto nonché a garantire lo sviluppo delle strutture in senso sostenibile ed ecoefficiente;
   a prevedere iniziative per l'incremento degli investimenti pubblici per la promozione e la valorizzazione, secondo programmi definiti ed integrati, del patrimonio culturale, artistico e turistico delle regioni del Mezzogiorno adottando adeguate politiche che siano volte allo sviluppo dell'economia turistica meridionale ed alla creazione di reti e percorsi tematici anche di interesse sovraregionale;
   a programmare investimenti pubblici volti a migliorare la rete ed i servizi di welfare al fine di aumentare i livelli assistenziali per i cittadini meridionali con particolare riferimento a quelli che vivono in condizioni di povertà assoluta, prevedendo entro il 2016 un'attività di monitoraggio e verifica dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario;
   a prevedere iniziative per favorire, promuovere e tutelare le produzioni agricole di qualità tipiche delle regioni del Mezzogiorno attraverso l'individuazione e l'utilizzo di fondi europei e statali e lo sviluppo di programmi adeguati al fine di sviluppare l'economia di settore e le relative esportazioni dei prodotti;
   a monitorare lo stato di efficienza e le presenze di attività imprenditoriali nelle aree industriali del Mezzogiorno, la loro attrattività in termini economici e logistici per elaborare un piano integrato di interventi per la messa in rete e sviluppo delle stesse che abbia come finalità la ricerca di potenziali investitori interessati ad insediarvi attività industriali;
   ad assumere iniziative per istituire zone economiche speciali nel Mezzogiorno in aree effettivamente già predisposte e funzionali ad attrarre investimenti, quali il porto di Taranto, Cagliari e Gioia Tauro, da parte di grandi gruppi internazionali operanti nel settore della logistica e dell'indotto;
   a monitorare e a garantire il buon andamento e lo sviluppo degli interventi previsti dal nuovo Programma operativo nazionale legalità 2014-2020 affinché risultino effettivamente utili a ridurre l'influenza della criminalità organizzata nelle regioni del Sud e a favorire la diffusione della legalità nelle aree ad alta esclusione sociale, nonché a valutare l'opportunità di prevedere nuovi investimenti pubblici volti all'aumento della pubblica sicurezza nel Mezzogiorno;
   ad affrontare in modo specifico la questione della continuità territoriale sarda e del nuovo modello di sviluppo della Sardegna affinché si possa consentire il superamento delle logiche assistenziali, costruendo azioni virtuose di sviluppo endogeno, coerenti con la naturale vocazione del territorio;
   a favorire la ricognizione delle risorse PAC 2007-13 in seguito alle disposizioni della Legge di Stabilità 2015, che ha stabilito che la proroga degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato nel Mezzogiorno sia coperta mediante riprogrammazione delle risorse PAC non ancora impegnate;
   a favorire l'avvio accelerato dei Programmi Operativi 2014-20 sia regionali, sia nazionali, anche al fine di consentire il pieno utilizzo della clausola della flessibilità degli investimenti inserita nella legge di stabilità 2016;
   ad accelerare l'emissione del provvedimento dell'Agenzia delle entrate che definisce le modalità di accesso al contributo del credito d'imposta per beni strumentali al Sud, previsto dall'ultima legge di stabilità e finanziato per parte consistente (250 milioni di euro su 617 per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018, 2019) con fondi strutturali europei.
(1-01118)
(Nuova formulazione) «Matarrese, Monchiero, D'Agostino, Vargiu, Dambruoso, Vecchio».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi rapporti sul Mezzogiorno rivelano che, nel Paese, la coesione economica, sociale e territoriale non è una realtà, a causa del persistente divario fra l'economia del Centro-Nord e delle regioni meridionali, fatto che, come sostiene l'Eurostat, rappresenta anche un ostacolo alla ripresa economica dell'economia italiana, che appare lenta rispetto all'area dell'Unione europea;
    il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'articolo 174, stabilisce che per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare, l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite;
    il comma 6 dell'articolo 119 della Costituzione della Repubblica italiana prevede che, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane regioni;
    secondo il Libro bianco dell'Unione europea – COM(2011) 144 definitivo – sulla «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile», l'infrastruttura determina la mobilità ed inoltre non è possibile realizzare cambiamenti di grande portata nel mondo dei trasporti senza il sostegno di una adeguata rete e un uso più intelligente della stessa. Globalmente, gli investimenti nell'infrastruttura di trasporto hanno un impatto positivo sulla crescita economica, creano ricchezza e occupazione e migliorano gli scambi commerciali, l'accessibilità geografica e la mobilità delle persone, ma devono essere pianificati in modo da massimizzarne l'impatto positivo sulla crescita economica e da ridurne al minimo le conseguenze negative per l'ambiente;
    dall'analisi regionale delle opere del programma di attuazione della legge obiettivo (legge n. 443 del 2001) riportata nel 9o rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, n. 157/1 del marzo 2015, si evince che il valore complessivo delle opere di cui all'allegato infrastrutture, alla Nota di aggiornamento del DEF 2014, al 31 dicembre 2014, è pari a poco più di 285 miliardi di euro, di cui il 67,4 per cento (192 miliardi e 137 milioni di euro), per opere che interessano le regioni del Centro-Nord e il 31,7 per cento (90 miliardi 469 milioni di euro) per opere nell'Italia meridionale, con uno 0,9 per cento di opere non ripartibili (2 miliardi e 577 milioni di euro), a fronte di una superficie pari, rispettivamente, al 59,2 per cento e al 40,8 per cento e ad una distribuzione della popolazione residente pari al 65,6 per cento e al 34,4 per cento in base ai dati demografici Istat aggiornati al 1o gennaio 2014. Nel precedente rapporto, le quote di competenza territoriale rispetto agli interventi presenti nella tabella 0 dell'11o allegato infrastrutture alla Nota di aggiornamento del DEF 2013, trasmesso al Parlamento il 30 settembre 2013, erano rispettivamente del 67,3 per cento per le opere che interessano le regioni del Centro-Nord, del 32,1 per cento per le opere del Mezzogiorno, con uno 0,6 per cento di opere non ripartibili. In totale, i costi delle infrastrutture strategiche espressi in variazioni assolute sono passati da 233 miliardi di euro per 228 infrastrutture nel 2004 a 383 miliardi di euro al 31 dicembre 2014 per 419 opere infrastrutturali, con una variazione del 64,5 per cento, rispetto al 2004;
    dal medesimo rapporto si apprende che tra le infrastrutture strategiche del Mezzogiorno, finanziate con le risorse della «legge obiettivo» e approvate dal Cipe vi sono soprattutto le strade come l'autostrada Salerno-Reggio Calabria (circa 2 miliardi di euro previsti Fondi Legge Obiettivo) e il Megalotto 3 della SS 106 Jonica (698 milioni) per un importo totale di 2,7 miliardi e quindi il 62 per cento dei 4,3 miliardi assegnati a infrastrutture localizzate nell'Italia meridionale;
    gli interventi approvati dal CiPE alla fine del 2014 ammontano nel Centro-Nord a quasi 113 miliardi di euro, 11 miliardi in più rispetto all'ottobre del 2013, nel Mezzogiorno il costo delle opere ammonta a circa 36 miliardi di euro, quasi un miliardo in meno dell'anno precedente. Nelle regioni centro-settentrionali gli interventi deliberati dal CIPE rappresentano il 58,6 per cento di quelli previsti nell'allegato al DEF, mentre nel Mezzogiorno si fermano ad appena il 39,5 per cento. Inoltre, le opere con delibera Cipe ultimate nel Centro-nord sono il 38,4 per cento di quelle ultimate nell'Allegato DEF, e solo il 20,9 per cento nel Mezzogiorno;
    l'Allegato infrastrutture al DEF 2015 presenta alcune novità rilevanti che rispondono a esigenze da tempo emerse a livello europeo e nazionale, il documento, opera una significativa riduzione del numero delle opere strategiche identificando 25 opere prioritarie, per un costo totale di 70,9 miliardi di euro e coperture finanziarie pari a 48 miliardi di euro. Tali opere infrastrutturali prioritarie sono state selezionate – ai sensi di quanto disposto dal comma 1-bis dell'articolo 161 di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, inserito dall'articolo 41, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 – sulla base di una valutazione di coerenza con l'integrazione con le reti europee e territoriali, dello stato di avanzamento e della possibilità di prevalente finanziamento con capitale privato;
    il programma delle infrastrutture strategiche (PIS) 2015 – nella individuazione di quelle opere che possono essere definite le «priorità delle priorità» su scala nazionale presenta, altresì, alcune criticità importanti quali la totale mancanza, tra le priorità indicate, di interventi nei settori portuale, aeroportuale e interportuale (le cosiddette piastre logistiche), che rivestono un ruolo rilevante per la funzionalità logistico-infrastrutturale del Paese; l'incertezza delle prospettive di utilizzo della «leva» prevista dal piano Juncker per infrastrutture a livello nazionale, mentre risultano praticamente inesistenti per situazioni di ritardo strutturale come il Mezzogiorno; una programmazione dei TEN, già impostata su una limitata attenzione al Mezzogiorno, di cui potranno beneficiare solo gli interventi nel Centro-nord e con limitati effetti nelle regioni meridionali riferibili a programmi tecnologici disinteresse nazionale; un eccessivo sbilanciamento sulle priorità di intervento localizzate nel Centro-nord (circa 2/3 dei costi totali di investimento) ed una conseguente marginale attenzioni) al Mezzogiorno; la deficitaria capacità di spesa delle risorse provenienti dai Fondi Strutturali dell'Unione europea (destinati soprattutto al Sud), con forti rischi di inutilizzo dei residui 2007-2013 e di incertezze sui nuovi stanziamenti 2014-2020 (in particolare per le risorse nazionali del Fondo sviluppo e coesione);
    dall'analisi del PIS 2015, pertanto, appaiono persistere i fenomeni di marcato squilibrio nella dotazione infrastrutturale tra le varie macro-aree del Paese: si ricorda che, per ciò che concerne il settore ferroviario, rispetto a un'estensione delle linee in esercizio pari a circa il 65 per cento dell'intera rete nazionale, nelle regioni più sviluppate sono collocate circa il 76 per cento delle linee a doppio binario ed elettrificate. Nelle regioni meno sviluppate, invece, sono collocate il 21 per cento delle linee, ma solo il 25 per cento (delle linee elettrificate e il 20 per cento di quelle a doppio binario. In Sicilia, in particolare, si registra una grave mancanza di offerta di servizi veloci regionali di collegamento tra i vari capoluoghi – su una rete ferroviaria di 1378 chilometri, infatti, soltanto 178 chilometri sono a doppio binario e ben 1200 chilometri a binario semplice – la Sicilia può contare su 800 chilometri di linee elettrificate (di cui 178 chilometri a doppio binario e 622 chilometri a binario semplice) ed addirittura 578 chilometri di linee non elettrificate;
    sono numerosi i problemi di gestione della rete ferroviaria esistente e le criticità infrastrutturali: a mero titolo esemplificativo si ricorda che, in data 25 febbraio 2013, a causa di continui smottamenti sui binari, viene chiusa la tratta ferroviaria Trapani-Alcamo, Via Milo; nel 2003 erano stati stanziati 300 milioni di euro per l'ammodernamento e la velocizzazione della ferrovia Palermo-Trapani e, a distanza di dodici anni circa, tale opera viene inserita nel decreto-legge «Sblocca Italia» per un importo di 491 milioni di euro e risorse finanziarie pari a 2 milioni soltanto;
    situazione molto simile anche per il settore stradale: la rete stradale italiana si estende per oltre 180.000 chilometri di cui circa 6.700 di autostrade e 19.800 di strade statali. Da un punto di vista territoriale, l'Italia Settentrionale ha la maggiore dotazione di Autostrade sia rispetto alla popolazione (chilometri 1,25 ogni 10.000 abitanti), sia rispetto alla superficie (chilometri 2,90 ogni 100 chilometri quadrati) e sia rispetto ai mezzi in circolazione (chilometri 2,06 ogni 10.000 autovetture) – nel Mezzogiorno, la dotazione autostradale è significativamente inferiore;
    la sistematica sottovalutazione dell'importanza della manutenzione stradale, inoltre, sta mettendo a rischio la stabilità di ponti e viadotti e l'agibilità di molte strade e autostrade, soprattutto nel Sud ed in particolare quelle costruite ai tempi della Cassa del Mezzogiorno: occorre, dunque, incrementare il monitoraggio sullo stato di conservazione di ponti, viadotti e gallerie attraverso un piano di manutenzione straordinaria per intervenire in modo rapido ed efficace sulle infrastrutture che presentano maggiori criticità;
    le infrastrutture destinatarie di altri finanziamenti pubblici, e quindi finanziamenti statali, finanziamenti europei e locali, di Anas e RFI, risale, rispetto ai 115 monitoraggi avvenuti precedentemente, a 33,4 miliardi di euro cui il 53,2 per cento dei complessivi di altri fondi pubblici spetta alle infrastrutture del Centro-Nord contro il 46,3 per cento del Sud-Italia. Il restante 0.5 per cento spetta ai «non ripartibili»;
    secondo quanto evidenziato dal documento di SIPOTRA sui «Sistemi di trasporto nel Mezzogiorno» presentato nel 2015, il sistema infrastrutturale nel Sud Italia risulta decisamente meno infrastrutturato rispetto il resto del Paese ed inoltre il «Mezzogiorno» ha soprattutto bisogno di una forte spinta alla coesione interna, sostenuta da migliori collegamenti inter-regionali e inter-urbani e da una maggiore integrazione fra i nodi urbani e metropolitani. Inoltre, nel rapporto, spazio è riservato in merito all'accessibilità all'infrastruttura riportando alcuni dati e nozioni. Infatti l'accessibilità all'infrastruttura è una pre-condizione per l'obiettivo Unione europea di coesione economica, sociale e territoriale per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, così come riportato dalla Commissione Europea nel 2010 in merito a «Europa 2020» ed inoltre nel 2013, la Commissione Europea pone, tra gli altri, un obiettivo specifico entro l'anno 2050 e quindi che, progressivamente, la grande maggioranza dei cittadini e delle imprese europei non disti più di 30 minuti di viaggio dalla rete TEN-T. Inoltre l'accordo di partenariato Italia-Unione europea del 2014 pone l'obiettivo di accesso rapido (si intendono 30 minuti) alle imprese agricole o mercati contadini, mentre attualmente è agevole solo per il 12,7% della popolazione italiana. Infine nel rapporto « UK connectivity» (UK Department for Transport, 2014) su i tempi di accesso massimi ai nodi stradali, ferroviari ed aeroportuali, posta l'accessibilità media dell'Unione europea uguale al valore «100», si evince che tutte le regioni del SUD hanno un valore inferiore a «70»;
    risultano preoccupanti al fine della coesione economica, sociale e territoriale, i dati che SIPOTRA rivela in merito al gap infrastrutturale del Sud rispetto al resto d'Italia; nel Sud Italia vi sono il 25,7 per cento delle autostrade presenti sul territorio nazionale e il 25,6 per cento delle linee ferroviarie convenzionali ed il 13,4 per cento di quelle alta velocità;
    l'inadeguatezza del network infrastrutturale e la frammentarietà dell'approccio al problema traspare piuttosto chiaramente dal quadro nazionale disomogeneo; infatti, esaminando la posizione delle regioni italiane nella classifica europea della dotazione infrastrutturale, sulla base delle elaborazioni Isfort-Ufficio Studi Confcommercio su dati Espon 2013, «si avverte, dunque, un chiaro senso di inferiorità del Paese circa la propria dotazione infrastrutturale, in generale, e trasportistica, in particolare». Nella classifica della dotazione infrastrutturale delle 270 regioni d'Europa, la prima regione d'Italia è la Lombardia al 44o e l'ultima è la Sardegna al 231: Lazio al 67, Piemonte al 70, Veneto all'80, Liguria al 90, ma poi Campania al 112, Abruzzo al 144, Marche al 154, Puglia al 171, Molise al 177, Basilicata al 184, Sicilia al 194, Calabria al 211;
    incide altresì l'indice di accessibilità regionale in Italia che va dal Piemonte al 70,6, dalla Lombardia al 68,4, dal Veneto al 63,8, alla Puglia al 49,8, alla Basilicata 38,7, alla Sardegna 32,3: i livelli di accessibilità scendono da Nord verso Sud. Una maggiore accessibilità attiva e passiva del territorio meridionale potrebbe contribuire – se non ad annullare tale distanza – quanto meno a ridurne la dimensione. Migliori livelli di accessibilità consentirebbero una riduzione del costo del trasporto con alcuni rilevanti effetti non solo sulle singole imprese, ma anche sul livello di competitività del Mezzogiorno;
    la constatazione dell'inadeguatezza infrastrutturale, della scarsa accessibilità materiale e digitale impone di individuare alcuni assi strategici intorno ai quali migliorare la capacità dell'offerta complessiva di trasporto anche grazie all'evoluzione digitale verso nuovi scenari del trasporto sostanzialmente più «leggeri», in cui la tradizionale dimensione «pesante» della mobilità legata alle opere ed ai mezzi cede progressivamente il passo alla dimensione «immateriale», cosiddetto «Infostruttura», che riguarda la progressiva integrazione delle moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione nel mondo dei trasporti);
    nel piano operativo nazionale «Infrastrutture e reti», relativo al prossimo ciclo di finanziamenti europei 2014-2020, (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, programma operativo nazionale «Infrastrutture e reti» regioni meno sviluppate 2014-2020, settembre 2015) tra le azioni prioritarie è stato inserito lo sviluppo di sistemi di trasporto intelligenti al fine di promuovere interventi che mirano all'ottimizzazione della filiera procedurale e doganale attraverso l'integrazione delle piattaforme telematiche dedicate da ciascun attore di tale filiera;
    secondo i dati ANAS la regione Basilicata, di cui Matera è stata designata Capitale europea della cultura 2019, è interessata da 25 lavori in corso di cui 3 nuove costruzioni e 22 di manutenzione straordinaria per un importo totale di 135.005.090,08 euro (IVA esclusa). Le strade statali Basentana (n. 407) e Bradanica (n. 655) sono due collegamenti viari fondamentali per la Basilicata, una regione che versa in un forte stato di isolamento, priva di infrastrutture e collegamenti in grado di assicurare una adeguata mobilità regionale e interregionale. Nell'ultimo documento di economia e finanza 2014-2015 oltre alla strada statale «Jonica» e alla autostrada Salerno-Reggio Calabria, non è stata indicata nessun'altra opera per la Basilicata. Inoltre, secondo il rapporto Pendolaria 2014, la Lucania resta fanalino di coda in un sistema di trasporti ferroviario, quasi inesistente, vessato da costanti disagi e tagli dei servizi, solo nell'anno precedente pari all'11 per cento. L'importanza delle strade statali 407 e 655 deriva quindi dal fatto che il collegamento viario sia nella quasi totalità dei casi, l'unico modo per spostarsi fuori e dentro una regione in cui non è neanche assicurata l'intermodalità tra gli stessi esigui servizi di trasporto pubblico locale;
    i percorsi ciclabili in Italia potrebbero essere in grado di offrire ai turisti elementi sempre più ricercati nell'ambito del «turismo green» grazie agli straordinari paesaggi e alle città d'arte, con un patrimonio storico e architettonico di primo ordine nonché gli innumerevoli siti archeologici e splendidi borghi antichi;
    la Federazione europea dei ciclisti (ECF) sta coordinando lo sviluppo di una rete di piste ciclabili di alta qualità che collegano l'intero continente. I percorsi possono essere utilizzati da cicloturisti a lunga distanza, oltre che dalla popolazione locale che fanno corse giornaliere. EuroVelo attualmente comprende 14 rotte e si prevede che la rete sarà sostanzialmente completa entro il 2020. Gli obiettivi di EuroVelo sono: promuovere uno sviluppo economico, ambientale e turistico socialmente sostenibile; migliorare la qualità degli itinerari EuroVelo in tutti i paesi europei partecipanti; promuove la firma uniforme dei percorsi EuroVelo in conformità con gli standard pubblicati; offrire a livello europeo informazioni sui percorsi e piste ciclabili EuroVelo in ambito nazionale; sostenere lo sviluppo di centri di coordinamento nazionali sui percorsi nazionali di EuroVelo promuovere lo scambio di esperienze e di buone pratiche tra gli Stati e le regioni europee, stimolando le strategie sulla mobilità sostenibile e relative infrastrutture di alta qualità;
    Bicitalia rappresenta un network di grande respiro, di dimensione sovraregionale o di collegamento con i paesi confinanti (EuroVelo), sul modello delle diverse reti ciclabili ormai realizzate con successo in diversi Paesi dell'Europa;
    in data 5 novembre 2015 la Commissione europea ha avviato una nuova iniziativa per stimolare gli investimenti in Europa indicendo il secondo invito a presentare proposte del meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe facility – CEF) con una dotazione di circa 7,6 miliardi di euro destinati a finanziare progetti chiave nel campo dei trasporti. 6,5 miliardi di euro sono destinati a progetti negli Stati membri ammissibili a fruire del Fondo di coesione dell'Unione europea al fine di permettere una maggiore integrazione dei Paesi nel mercato interno;
    oltre allo stato di arretratezza delle infrastrutture nel Sud, è interessante esaminare gli ultimi rapporti Svimez e Istat, che denunciano lo stato grave di arretratezza economica delle regioni del Mezzogiorno, dove la disoccupazione giovanile si attesta al 44 per cento, per comprendere il fallimento delle politiche fino ad oggi adottate ed avere una visione generale per valutare gli interventi di politica economica da adottare senza continuità con il passato;
    è interessante analizzare i dati riportati da uno specifico rapporto sul Mezzogiorno, redatto dallo Svimez in collaborazione con l'università degli studi di Napoli Federico II, da cui emerge un quadro preoccupante;
    nel periodo 2011-2014, caratterizzato dalla più grave recessione subita dal Paese, l'impatto delle manovre di correzione, in particolar modo le misure di rigore e di « spending review» adottate già a partire dal 2000 e acuitesi dal 2011, hanno avuto effetti asimmetrici sulle aree del Centro-nord rispetto al Mezzogiorno e hanno contribuito ad ampliare il divario fra l'economia delle regioni del Centro-nord rispetto a quelle del Sud;
    la spesa corrente pubblica, ridottasi nel periodo 2009-2010 in modo omogeneo sul territorio nazionale, ha registrato una contrazione più accentuata al Sud, pari a una media annua di –2,6 per cento rispetto a –1,3 nel Centro-nord nel periodo 2011-2012;
    in Italia alle politiche di rigore di finanza pubblica, iniziate negli anni ‘90 si è aggiunto anche l'orientamento restrittivo della Unione europea in materia di aiuti di Stato alle imprese, che ha fatto registrare una notevole riduzione del sostegno pubblico in Italia, che nel periodo 2007-2012 risultava pari a 0,27 per cento del prodotto interno lordo rispetto alla media europea dello 0,47 per cento;
    si rileva, peraltro, che dal 2008 al 2013 il calo del prodotto interno lordo registrato nel Mezzogiorno è stato del 13,3 per cento a fronte del 7 per cento nel Centro-nord;
    nel quadriennio 2009-2012 si rileva una cospicua riduzione nelle regioni meridionali della spesa per l'istruzione, pari al 14,6 per cento contro l'8,1 per cento nel Centro-nord e della spesa sanitaria nella misura del 6,7 per cento rispetto al 2,9 per cento nel Centro-nord;
    nel periodo 2013-2015 la riduzione della spesa pubblica, al netto delle prestazioni sociali e altre spese correnti, si è ridotta a –6,2 per cento nel Mezzogiorno, mentre nel Centro-Nord a –2,9 per cento;
    nel medesimo periodo la correzione complessiva ha pesato nel Mezzogiorno nella misura del 9,5 per cento rispetto al 6,0 per cento nel Centro-nord;
    nel triennio 2013-2015 l'imposizione diretta media a livello nazionale è pari al 2,3 per cento del prodotto interno lordo ma nelle due macro-aree si è rilevato un 2,8 per cento al Sud contro il 2,1 per cento al Centro-nord;
    nel 2015, i tagli di spesa in conto capitale, con particolare riguardo alle riduzioni delle risorse del Fondo sviluppo e coesione, nel Mezzogiorno sono stati più penalizzanti in rapporto al prodotto interno lordo risultando pari a –2,1 per cento contro lo 0,8 per cento del Centro-nord;
    da quanto sopra esposto si deduce che le politiche economiche attuate sino ad oggi dai Governi, soprattutto nel periodo critico 2011-2015, non sono state né adeguate né risolutive per superare progressivamente il divario dell'economia delle regioni del Centro-nord rispetto a quella meridionale;
    nei recenti documenti di politica economica si è mai evidenziata una fotografia realistica dell'economia dell'Italia a due velocità, peggiorata dal 2011 con le misure restrittive adottate per il rispetto dei parametri europei dettati dal « fiscal compact», infatti nel biennio 2014-2015 la politica economica di rigore ha avuto effetti sostanzialmente neutrali nel Centro-nord, mentre nel Mezzogiorno i tagli alle spese in conto capitale hanno esercitato un effetto depressivo sull'economia meridionale, amplificandone il divario con il Centro-nord;
    anzi le precedenti politiche economiche sono andate in direzione opposta, visto che dal rapporto emerge che l'aggregato di spesa per investimenti e per il sostegno alle imprese dal 2001 si è ridotta del 20 per cento al Nord e del 33,7 per cento nel Mezzogiorno;
    anche il DEF 2015 e le correlate misure adottate per il sud dal Governo nella legge di stabilità per il 2016 non sono supportate da una visione realistica d'insieme sull'arretratezza dell'economia meridionale;
    dai rapporti Svimez emerge la fotografia di una economia meridionale drammaticamente peggiorata, dati che però non sono contemplati nell'ultimo DEF 2015, che risulta uno strumento carente di informazioni sull'economia a due velocità del Paese, mentre sarebbe auspicabile una valutazione dell'andamento degli indici più rilevanti di finanza pubblica differenziati per aree territoriali, nonché la previsione differenziata dell'impatto delle misure economiche nelle diverse aree territoriali, affinché gli interventi di politica economica siano finalizzati al superamento delle asimmetrie economiche fra Centro-nord e Mezzogiorno;
    inoltre, i dati esposti nel DEF non sono elaborati con l'ausilio degli «indicatori di benessere», nonostante da anni è acceso il dibattito sull'esigenza di valutare l'indice di benessere di una collettività e si prende atto dell'insufficienza di adottare a tale scopo solo la crescita della ricchezza di una nazione (PIL), in quanto il totale della produzione di ricchezza di un Paese non dà alcuna informazione sulla qualità della vita della collettività, in merito alla sostenibilità ambientale, alla qualità dei servizi offerti ai cittadini, all'accesso ai servizi, alla parità fra i sessi, al grado di istruzione e alla possibilità di accesso all'istruzione e alla diversa distribuzione della ricchezza interna;
    al contrario, l'utilizzo di indicatori di benessere aiuterebbero a rilevare le diseguaglianze fra le classi sociali nel nostro Paese e il grave fenomeno di diffusione dello stato di povertà e indigenza, nonché la presenza di una spaccatura nel territorio, caratterizzato da aree in cui l'economia è in ripresa ed aree territoriali che sono in stato di regressione economica, con poche speranze di risollevarsi nel medio periodo;
    alcuni importanti studi hanno identificato utili indicatori di benessere quali le analisi dell'economista Kuznets, gli studi dell'OCSE, volti al superamento del PIL come unico indicatore di valutazione del benessere, e che hanno introdotto il Better Life Index;
    inoltre, si ricordano le analisi effettuate nel nostro Paese dall'ISTAT, in collaborazione con il CNEL ed altri organi pubblici, che hanno portato all'adozione del BES (benessere equo e sostenibile),

impegna il Governo

   in materia di infrastrutture e trasporti:
    a) ad assumere ogni iniziativa utile volta a garantire il reale godimento da parte dei cittadini dell'Italia meridionale del diritto alla mobilità anche attraverso lo stanziamento di ulteriori risorse da destinare al ripristino, valorizzazione e implementazione delle linee ferroviarie, comprese quelle considerate a scarso traffico, attraverso lo studio di nuovi programmi di mobilità, favorendo, ove possibile, il trasporto su ferro rispetto a quello su gomma;
    b) ad assumere ogni iniziativa utile volta ad implementare un sistema «a rete», che integri le varie linee ferroviarie e ne consenta un loro utilizzo più efficiente sia in termini di distribuzione dei traffici sia in termini di riduzione dell'impatto ambientale garantendo alla cittadinanza il diritto alla mobilità;
    c) ad adoperarsi affinché venga garantita nell'Italia meridionale una rete di collegamenti ferroviari che permetta ai passeggeri un minor tempo di percorrenza rispetto i tempi di percorrenza della rete stradale;
    d) ad assumere ogni iniziativa utile al fine di elettrificare le tratte ferroviarie dell'Italia meridionale che ancora non sono elettrificate, con particolare riferimento alla tratta Martina Franca – Galliano del Capo;
    e) ad assumere ogni iniziativa utile al fine di realizzare interventi di riqualificazione e valorizzazione delle stazioni passeggeri dell'Italia meridionale;
    f) ad adoperarsi affinché vengano resi efficienti i collegamenti tra le principali direttrici nazionali – autostrade e strade di grande comunicazione – e delle regioni meridionali, assicurando una integrazione modale con porti, aeroporti e stazioni ferroviarie;
    g) ad assumere ogni iniziativa utile volta a realizzare e migliorare i collegamenti dei porti e degli aeroporti dell'Italia meridionale e insulare con la rete ferroviaria, al fine di rendere più funzionale ed efficiente il traffico merci e passeggeri, sviluppando contestualmente la rete dei poli logistici;
    h) ad assumere ogni iniziativa utile volta a finanziare e realizzare con priorità – effettuando, ove risultano mancanti, gli studi di fattibilità con le relative «analisi costi-benefici», prevedendo la partecipazione della cittadinanza, garantendo informazioni puntuali ed una corretta ed accurata valutazione degli impatti ambientali – le seguenti opere infrastrutturali ed i seguenti interventi ed opere di carattere ferroviario: nodo ferroviario di Bari; direttrice sabatica: raddoppio della tratta Termoli-Lesina; tratta ferroviaria Bari-Napoli: (AC); Bari-Lecce, velocizzazione linea ferroviaria, potenziamento tecnologico e soppressione dei passaggi a livello; Bari-Taranto; completamento del raddoppio della linea Bari-Taranto, velocizzazione linea ferroviaria, potenziamento tecnologico e soppressione dei passaggi a livello; Taranto-Metaponto: raddoppio Taranto-Metaponto, soppressione dei passaggi a livello; collegamento ferroviario del porto di Taranto 1A, 4A, 5A sporgente, con la rete nazionale, potenziamento stazione di Cagioni, nuovo scalo ferroviario e suo collegamento alla piattaforma logistica; potenziamenti tecnologici dorsale appenninica (Campania-Basilicata-Calabria), realizzazione dell'alta capacità sulla tratta ferroviaria Salerno-Reggio Calabria e potenziamento della linea Lamezia-Catanzaro Lido; Taranto-Sibari-Reggio Calabria; potenziamento tecnologico e velocizzazione della linea ferroviaria, soppressione dei passaggi a livello; interventi sui nodi urbani di Villa San Giovanni e Messina; tratta ferroviaria Messina-Catania-Palermo (AC), raddoppio tratte Catania-Siracusa, riapertura della linea ferroviaria Caltagirone-Niscemi-Gela chiusa dall'8 maggio 2011, velocizzazione della linea Siracusa-Ragusa-Gela; metropolitana di superficie di Ragusa; velocizzazione linea Palermo-Agrigento; velocizzazione linea Palermo-Trapani; riapertura della linea ferroviaria Alcamo-Trapani via Milo chiusa dal 25 febbraio 2013; nodo ferroviario di Palermo; nodo ferroviario di Catania; riqualificazione e valorizzazione delle stazioni ubicate nelle regioni meridionali e insulari dell'Italia; tecnologie di telecomunicazione (rispondenti al nuovo standard europeo, per la trasmissione mobile fonia/dati tra personale di bordo e impianti di terra, compresa la radiocopertura delle tratte in galleria, anche per le esigenze di comunicazione dei viaggiatori); soppressione passaggi a livello; realizzazione delle opere di «risanamento acustico» mediante la costruzione di barriere antirumore; realizzazione di collegamenti ferroviari con gli aeroporti di Brindisi, di Grottaglie, di Catania e Comiso e realizzazione e finanziamento del «piano per lo sviluppo degli aeroporti strategici-infrastrutture di allaccio» per la regione Calabria;
    i) ad intervenire per verificare insieme ad Anas, autorità di bacino ed enti locali la progettazione delle infrastrutture volte al contrasto del dissesto idrogeologico della Sardegna, della Campania, del Molise, della Puglia, della Calabria, della Sicilia e della Basilicata, al fine di individuare soluzioni definitive al problema;
    l) ad attivarsi presso l'Anas per la messa in sicurezza delle strade meridionali e insulari a gestione diretta dell'ente, anche al fine di ridurne l'incidentalità;
    m) ad assumere ogni iniziativa utile volta a finanziare e realizzare con priorità – effettuando, ove risultano mancanti, gli studi di fattibilità con le relative «analisi costi-benefici» e prevedendo la partecipazione della cittadinanza, garantendo informazioni puntuali ed una corretta e dettagliata valutazione degli impatti ambientali, risolvendo definitivamente ogni problema dovuto al dissesto idrogeologico e definendo in tempi brevi e certi tutti gli interventi necessari – le seguenti opere infrastrutturali: ammodernamento SS.7 – SS.106, prevedendo l'integrazione con la Ciclovia dei Tre Mari; SS.7 e SS.7-ter, «itinerario Bradanico-Salentino» e completamento delle opere incomplete collegate; completamento della A3/asse autostradale Salerno-Reggio Calabria; completamento del corridoio ionico «Taranto-Sibari-Reggio Calabria» – SS.106 «Jonica»; messa in sicurezza della SS.18 (Calabria); completamento della strada del Medio Savuto (Calabria); completamento della SS.96-SS.99 Bari-Matera, SS.407 – Basentana e SS.655 – Bradanica;
    n) ad assumere ogni iniziativa utile al fine di porre in sicurezza, eliminando definitivamente anche i problemi di dissesto idrogeologico per i seguenti tratti stradali: A19 «Palermo-Catania» (crollo viadotto Imera I, crollo Ponte 5 archi e lavori in corso sul viadotto Barratina sino al 12 giugno); SS.643 di Polizzi (cedimento strutturale); svincolo SS.514 di Chiaramonte con la SS.115 «Sud Occidentale Sicula»; Svincolo SS.194 «Ragusana» con la SS.114 «Orientale Sicula»; SS.115 (crollo viadotto Verdura); SS.626 della «Valle del Salso» (crollo viadotto Petrulla e viadotto Geremia II); SS.121 «Palermo-Agrigento»; SS.288 di Aidone (interventi di manutenzione – sino al 10 agosto); SS.417 di Caltagirone (lavori di adeguamento strutturale viadotto Simeto – sino al 31 luglio); SS.615 «Agrigento-Sciacca» (inondazione); SS.188 «Centro Occidentale Sicula» (inondazione); SS.290 di Alimena (frane); SS.640 di Porto Empedocle (colate di fango); SS.120 dell'Etna e delle Madonie (cedimento del rilevato stradale);
    o) ad assumere ogni iniziativa utile al fine di finanziare e realizzare – integrando con le relative infrastrutture già esistenti o in corso di realizzazione, favorendo la più ampia partecipazione della cittadinanza in ambito di pianificazione, garantendo informazioni puntuali – i percorsi EuroVelo e le Ciclovie appartenenti alla rete ciclabile nazionale Bicitalia che sono previste nell'Italia meridionale tra cui: la ciclovia francigena BI3 appartenente alla EuroVelo n.5 nelle parti riguardanti le regioni Campania, Basilicata e Puglia; la Ciclopista del Sole BI1 appartenente alla EuroVelo n.7 nelle parti riguardanti le regioni Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia; la ciclovia adriatica BI6 nelle parti riguardanti le regioni Abruzzo, Molise e Puglia; la ciclovia dei Borboni BI10 che riguarda le regioni Puglia, Basilicata e Campania; la ciclovia degli Appennini BI11 nella parte riguardante le regioni Molise, Puglia, Basilicata, Calabria; la ciclovia dei Tre Mari BI14 che riguarda le regioni Puglia, Basilicata, Campania;
    p) a modificare il progetto esistente al fine di mettere in sicurezza il tratto stradale della strada statale 275 senza ulteriore consumo di suolo;
    q) ad assumere iniziative per stralciare i progetti esistenti e cancellare definitivamente il ponte sullo Stretto di Messina;

   in materia economica e finanziaria:
    a) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per modificare lo strumento del DEF, previsto all'articolo 10 della legge n. 196 del 2009, prevedendo che, in sede di programmazione economica e finanziaria, siano utilizzati oltre al prodotto interno lordo, gli «indicatori di benessere», al fine di valutare lo stato di sviluppo dell'economia, in particolare quella meridionale, non solo in termini numerici, ma soprattutto in termini di qualità della vita, per poter indirizzare la politica economica e le misure correlate per il sud al miglioramento del benessere collettivo equo e sostenibile;
    b) in occasione del completamento della riforma del bilancio dello Stato, ad adottare iniziative per la modifica dell'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 «Legge di contabilità e finanza pubblica», recante il contenuto obbligatorio del DEF, inserendo come parte integrante del DEF apposito documento, finalizzato ad evidenziare le diverse proiezioni per il medesimo periodo di programmazione delle previsioni tendenziali e programmatiche dei saldi di finanza pubblica, degli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, sostenibilità ambientale, degli effetti attesi dalle misure economiche previste dal piano nazionale di riforme nelle regioni meridionali, al fine di rilevare gli scostamenti rispetto alle proiezioni nazionali ed indicare le apposite misure di programmazione economica e di bilancio, finalizzate al superamento degli squilibri macroeconomici fra i territori del Centro nord e le aree del Mezzogiorno.
(1-01119) «De Lorenzis, Castelli, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Caso, Brugnerotto, Cariello, D'Incà, Sorial».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    il Mezzogiorno versa da tempo in uno stato di crisi economica che si alimenta anche dell'errore di aver favorito, a livello statale e locale, il proliferare di interventi di tipo assistenzialistico e la dispersione di ingenti risorse in progetti che poi sono risultati inservibili allo sviluppo del territorio, ostacolandone la crescita e rendendolo sempre più dipendente da questi stessi interventi;
    il rapporto Svimez 2015 rivela come negli ultimi tredici anni, dal 2000 al 2013, l'Italia nel suo complesso sia stato il Paese con la crescita più bassa nell'area euro, con il +20,6 per cento, a fronte di una media del 37,3 per cento, ma la situazione è particolarmente critica al Sud dove la crescita è stata inferiore di oltre 40 punti percentuali rispetto alla media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28, con il +53,6 per cento;
    lo stesso rapporto denuncia il calo degli investimenti industriali al Sud (in undici anni, tra il 2001 ed il 2012 è stato quasi del 50 per cento): la caduta degli Investimenti fissi lordi dichiara l'impossibilità di realizzare gli ammortamenti e quindi, de facto, la distruzione del capitale da impegnare;
    sul fronte del lavoro il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, arriva a 5,8 milioni;
    il numero di famiglie povere è cresciuto a livello nazionale, dal 2011 al 2014, di 390 mila nuclei, con un incremento del 37,8 per cento al Sud e del 34,4 per cento al Centro-nord;
    sempre a livello nazionale, nel 2014, il valore aggiunto del manifatturiero è diminuito dello 0,4 per cento rispetto al 2013, quale media tra il –0,1 per cento del Centro-nord e il –2,7 per cento del Sud. Complessivamente, negli anni 2008-2014, il valore aggiunto del settore manifatturiero è crollato in Italia del 16,7 per cento, con un peso maggiore nel Mezzogiorno, contro una flessione dell'area euro del –3,9 per cento;
    il divario del prodotto interno lordo pro capite tra Centro-nord e Sud, tornato ai livelli del secolo scorso, contribuisce a disegnare un quadro economico assolutamente desolante del Mezzogiorno, mettendo in luce il fallimento delle politiche di tipo assistenzialistico che negli anni hanno contribuito ad alimentare ancora di più il divario economico tra Nord e Sud, oltre a comportare una consistente dispersione di risorse;
    il rischio di desertificazione industriale, che è ormai reale in tutto il Paese, acquisisce una forte rilevanza al Sud dove lo stato di arretramento impedisce a quest'area di agganciare la possibile ripresa, con il pericolo che la crisi si trasformi in un sottosviluppo permanente, a danno dell'economia dell'intero Paese;
    a ciò si aggiunge il problema dei pagamenti dei debiti da parte della pubblica amministrazione; secondo un'indagine di Openpolis del 2014, ad un Nord virtuoso nei pagamenti dei debiti con percentuali che si attestano all'88 per cento dei debiti pagati di Treviso (saldati con risorse proprie), seguita da Venezia con l'86 per cento, 47 per cento, Bolzano con l'85,95 per cento, Trento con l'81,10 per cento, Verona con l'80,40 per cento, corrisponde un Centro-Sud fallimentare con Napoli che riesce a pagare solo il 45,37 per cento e Reggio Calabria che addirittura si attesta al 38,76 per cento;
    in fondo alla classifica i Comuni grandi e piccoli della Calabria che, dal 1992 ad oggi, è la regione che ha avuto più dissesti e la regione in cui i cui comuni in difficoltà sono molti più di quelli dichiarati nelle statistiche, i quali, per rinviare la dichiarazione effettiva di dissesto, utilizzano i residui attivi, ovvero i tributi indicati a bilancio come ancora non incassati, trasferiti da un anno all'altro senza essere mai incassati;
    inoltre, esiste per le ragioni commissariate il problema dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione che, appunto, non possono essere regolati perché i debiti delle regioni commissariate sono esclusi dal sistema di certificazione del Ministero dell'economia e delle finanze;
    gli interventi contenuti nella legge di stabilità per il 2016 – si auspica – possano costituire una diversa politica per il Sud, caratterizzata da più competitività e sviluppo e meno assistenzialismo;
    finora, infatti, variabili come la mancanza di infrastrutture, l'inadeguatezza dei servizi e l'incertezza di investitori perché ampi territori sono in mano alla criminalità organizzata, hanno portato ad interventi a carattere puramente assistenzialistico, tutt'altro che fruttuosi in termini di sviluppo e rilancio del Mezzogiorno, ma molto esosi in termini di spreco delle risorse pubbliche;
    la vera politica di rilancio passa per un concreto sostegno e implementazione della piccola e media imprenditoria affinché lo sciagurato utilizzo della delocalizzazione di grandi industrie non produca più solo assistenzialismo e cattedrali nel deserto;
    un esempio è dato dal cantiere infinito della Salerno-Reggio Calabria, opera di rilevanza strategica per lo sviluppo del Sud ma ad oggi ancora incompleta non già per insufficienti finanziamenti ad essa destinate, bensì per sperpero di risorse a ripetute perizie di varianti in corso d'opera, ad appalti truccati, e reiterati episodi di corruzione e concussione dei soggetti coinvolti;
    si ritiene, di contro, che l'offerta concreta e reale di opportunità di lavoro veritiere (e non fittizi come l'impiego in LSU-LPU), il completamento delle infrastrutture e l'apertura a nuove linee di comunicazione per volontà di amministratori onesti, meno inclini alla propria rendita e più interessati ad un autentico rilancio del territorio, possa ridurre il peso specifico della criminalità organizzata e rappresentare un'occasione di crescita del Mezzogiorno;
    è impensabile, d'altro canto, proseguire nella logica dei tagli lineari da parte dello Stato centrale per reperire risorse da destinare al Mezzogiorno, né tanto meno è possibile ipotizzare – come qualcuno si diletta a fare – che le regioni più prospere debbano offrire il loro aiuto a quelle economicamente più in difficoltà, perché in tal modo si contribuisce solo ad inasprire il divario socio-culturale tra Nord e Sud;
    sarebbe quindi necessario portare a termine la riforma del federalismo fiscale, premiando i territori più virtuosi e penalizzando chi, invece, gestisce in maniera irrazionale e con sprechi le risorse pubbliche;
    la pubblica amministrazione, infatti, è il fronte sul quale va combattuta la principale battaglia per l'efficienza e il risparmio: il tasso di spreco medio è nell'ordine del 20-25 per cento, il che significa che, se si adottassero pratiche incisive, si potrebbero risparmiare almeno 100 miliardi di euro l'anno;
    gli sprechi della pubblica amministrazione non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche nelle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa. Si parla, ovviamente di situazioni nelle quali la spesa, sebbene utilizzata dagli attori per finalità pubbliche non è impiegata nel modo migliore, più produttivo e più efficace, a causa di un approccio non rigoroso, sul piano del metodo, alla progettazione delle politiche e dei servizi pubblici;
    la riforma del federalismo fiscale segna una svolta senza precedenti nel nostro sistema Stato. Una riforma che contiene un rinnovato corpus volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, al fine di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma delle stesse politiche pubbliche che si dipanano oggi tra i diversi livelli di Governo;
    per poter tagliare la spesa in maniera selettiva occorre rispettare un principio basilare che è quello dell'individuazione dei fabbisogni standard e dell'applicazione consequenziale dei costi standard,

impegna il Governo:

   ad attuare efficaci iniziative di contrasto allo spreco della spesa pubblica attraverso un più efficiente impiego di risorse in progetti che siano in grado di garantire un reale sviluppo dei territori del Mezzogiorno, favorendo l'immediata ripresa dei consumi e degli investimenti;
   ad adottare imminenti iniziative normative per dare immediata applicazione sistemica alla disciplina sul federalismo fiscale in merito all'entrata in vigore e alla reale applicazione delle norme relative all'individuazione dei fabbisogni e dei relativi costi standard, al fine di responsabilizzare gli amministratori rispetto agli effettivi risultati raggiunti;
   a relazionare semestralmente alle competenti Commissioni parlamentari sull'attuazione degli interventi previsti nella legge di stabilità per il 2016 per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno;
   a relazionare al Parlamento in maniera dettagliata sulle risorse finora impegnate per l'ammodernamento infrastrutturale del Mezzogiorno rapportate all'effettiva realizzazione delle relative opere, con particolare riguardo al corridoio 1 «Palermo-Berlino»;
   ad assumere le opportune iniziative per garantire la realizzazione della banda larga e di tutte quelle infrastrutture minori ma comunque fondamentali per rendere anche il Meridione competitivo.
(1-01120) «Saltamartini, Attaguile, Fedriga, Allasia, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Molteni, Rondini, Simonetti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera

impegna il Governo:

   ad attuare efficaci iniziative di contrasto allo spreco della spesa pubblica attraverso un più efficiente impiego di risorse in progetti che siano in grado di garantire un reale sviluppo dei territori del Mezzogiorno, favorendo l'immediata ripresa dei consumi e degli investimenti;
   ad adottare imminenti iniziative normative per dare immediata applicazione sistemica alla disciplina sul federalismo fiscale in merito all'entrata in vigore e alla reale applicazione delle norme relative all'individuazione dei fabbisogni e dei relativi costi standard, al fine di responsabilizzare gli amministratori rispetto agli effettivi risultati raggiunti;
   a relazionare semestralmente alle competenti Commissioni parlamentari sull'attuazione degli interventi previsti nella legge di stabilità per il 2016 per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno;
   a relazionare al Parlamento in maniera dettagliata sulle risorse finora impegnate per l'ammodernamento infrastrutturale del Mezzogiorno rapportate all'effettiva realizzazione delle relative opere, con particolare riguardo al corridoio 1 «Palermo-Berlino»;
   ad assumere le opportune iniziative per garantire la realizzazione della banda larga e di tutte quelle infrastrutture minori ma comunque fondamentali per rendere anche il Meridione competitivo.
(1-01120)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Saltamartini, Attaguile, Fedriga, Allasia, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Molteni, Rondini, Simonetti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera,
   premesso che:
    poco più di un anno fa, nel novembre 2014, dopo che aveva suscitato grande clamore la pubblicazione del rapporto annuale dello SVIMEZ sulla condizione del Mezzogiorno, nell'Aula della Camera si è svolto un importante dibattito su tale tema;
    le mozioni presentate in quell'occasione, e per larghissima parte approvate dal Governo, non hanno, tuttavia, trovato neanche parziale attuazione nel tempo passato da allora;
    analogo dibattito su mozioni presentate sul tema del Mezzogiorno si è svolto appena sei mesi più tardi, nell'aprile dello scorso anno;
    la continua calendarizzazione di atti di indirizzo aventi ad oggetto la difficile questione meridionale si dimostra in modo evidente come il tentativo di questo Governo di tacitare le istanze che da quelle Regioni provengono con sempre maggiore urgenza e drammaticità, senza, al contrario, assumere alcuna iniziativa concreta capace di rilanciare quel territori;
    nello scenario economico italiano, aggravato dalle conseguenze della crisi finanziaria, continua a porsi in primo piano la questione di un Paese ancorato a due differenti velocità di sviluppo, la cui più diretta evidenza sono sia l'inasprimento del divario e delle divergenze tra le regioni settentrionali e quelle meridionali, sia le diseguaglianze interne alle stesse aree del Mezzogiorno;
    è un dato di fatto che le regioni del sud del nostro Paese hanno subito con molta più forza i segni della crisi economica, e lo evidenziano i dati relativi alla disoccupazione giovanile, come anche quelli relativi al reddito e alla povertà;
    le cause primarie possono essere rinvenute in una condizione complessiva del Mezzogiorno che è data dalle infrastrutture, dall'impianto economico produttivo, dalla crisi imprenditoriale, e che rende questi territori particolarmente vulnerabili;
    il rapporto SVIMEZ sull'Economia del Mezzogiorno del 2014 ha rilevato che: «Il lascito della peggiore Crisi economica dal dopoguerra è un Paese ancor più diviso del passato e sempre più diseguale. La flessione dell'attività produttiva è stata molto più profonda ed estesa nel Mezzogiorno che nel resto del Paese. Come temuto, gli effetti appaiono non più solo transitori ma strutturali: cambia la struttura produttiva, con un peso dell'apparato industriale sempre minore; la forte riduzione degli investimenti diminuisce lo stock di capitale, che non venendo rinnovato perde in competitività; le migrazioni e i minori flussi in entrata nel mercato del lavoro contemperano la riduzione di possibilità di occupazione. Il Mezzogiorno appare collocarsi in un equilibrio statico di minore produttività, minore occupazione e quindi, inevitabilmente, minore benessere»;
    la distanza tra il Centro-Nord e il Sud non si limita al prodotto interno lordo pro-capite, ma a tanti altri indicatori, come la continua migrazione delle forze giovanili verso altri regioni e verso l'estero, l'elevato numero di giovani che abbandonano gli studi (25,5 per cento contro il 16,8 per cento del Centro-nord), gli studenti con scarse competenze in lettura e matematica (14,2 per cento rispetto al 7 per cento del Centro-nord), l'irrilevante capacità di attrazione di investimenti dall'estero, il peso ancor maggiore rispetto al resto del Paese della burocrazia, dell'inefficienza istituzionale, della corruzione, della lentezza giudiziaria, dell'economia sommersa, sinanche del trattamento dei rifiuti;
    II rapporto SVIMEZ presentato il 30 luglio 2015 descrive un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell'arretramento, con il divario di Pil pro capite che nel 2013 è tornato ai livelli del 2003, il crollo degli investimenti nell'industria, il calo dei consumi delle famiglie e dei tassi di iscrizione all'Università, e nel quale il numero di occupati è sceso sotto la soglia dei sei milioni, il livello più basso dal 1977;
    nel Mezzogiorno d'Italia in cinque anni le famiglie assolutamente povere sono aumentate di due volte e mezzo, da 443 mila a 1 milione e 14 mila nuclei, e le previsioni 2014-2015 contenute nel Rapporto di previsione territoriale SVIMEZ 01/2014 confermano il trend negativo;
    negli anni tra il 2008 e il 2013 l'economia meridionale è calata di circa il doppio rispetto al resto del Paese (-13,3 per cento rispetto al -7 per cento del Centro-nord), mentre negli stessi anni il Mezzogiorno ha subito una caduta dell'occupazione del 9 per cento quattro volte superiore a quella del Centro-nord (-2,4 per cento); dei circa 985 mila posti di lavoro persi in Italia nello scorso sessennio, ben 583 mila sono nel Sud, e l'impatto della caduta dell'occupazione è stato così forte da provocare un crollo dei consumi delle famiglie meridionali di quasi 13 punti percentuali (-12,7 per cento), più del doppio di quello registrato nel resto del Paese (-5,7 per cento);
    inoltre, a dispetto dei deboli segni di ripresa pur registrati in alcune parti d'Italia nel corso del 2013, nello stesso periodo la flessione dell'attività economica si è accentuata in Basilicata (dal -3,7 per cento del 2012 al -6,1 per cento), in Puglia (dal -2,9 per cento al -5,6 per cento), Calabria (dal -2,1 per cento al -5 per cento) e Molise (dal -1,8 per cento al -3,2 per cento) e restano stabili sui livelli negativi dell'anno precedente in Campania (-2,1 per cento rispetto a -2 per cento) e Sardegna (-4,4 per cento rispetto a -4,3 per cento), mentre segnali di attenuazione della crisi rispetto al 2012 si sono avuti solo in Abruzzo (dal -2,7 per cento al -1,8 per cento) e in Sicilia (dal -4,8 per cento al -2,7 per cento);
    al contempo, i tassi di scolarizzazione, già molto inferiori nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, sono accompagnati da un aumento del tasso di abbandono dovuto alle condizioni di degrado sociale e familiare, mentre negative sono anche le evidenze in termini di «qualità» della formazione, dal momento che gli studenti che terminano la loro carriera accademica hanno notevoli difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, determinando la cosiddetta fuga dei cervelli e la progressiva desertificazione del capitale umano;
    la ripresa del Mezzogiorno non dipende dall'entità del trasferimenti pubblici ma dal grado di efficienza delle istituzioni e dalla capacità di mobilitare le risorse disponibili, determinando una crescita delle imprese e della loro capacità concorrenziale nei mercati, nonché ristabilendo una capacità di attrazione di capitali esteri, fondamentali nel processo di generazione del reddito oltre ad essere lo specchio della credibilità internazionale di un Paese;
    in questo quadro, i fondi dell'Unione europea, pur mantenendo un ruolo centrale nell'ambito delle politiche di sostegno ad occupazione e sviluppo del territori, non possono costituire l'unica risorsa ma vanno inseriti in un piano più generale, governato da Stato, regioni ed enti locali, al fine di un migliore e più spedito impiego delle risorse disponibili;
    negli anni l'esistenza di distorsioni e malfunzionamenti all'interno del sistema a supporto delle attività produttive, ha dato luogo alla riforma di alcuni degli strumenti esistenti e alla creazione del fondo unico per le aree sottoutilizzate (FAS), secondo una linea guida di concentrazione, basata sulla riduzione delle risorse e la loro rassegnazione a poche e selettive politiche di sviluppo funzionali al raggiungimento di obiettivi nel lungo periodo, nel tentativo di «responsabilizzare» le imprese sulla qualità degli investimenti proposti e garantire una ricaduta efficace sul tessuto produttivo locale in termini di occupazione;
    tra le regioni meridionali, particolare attenzione merita la Calabria, che sta vivendo una crisi dell'occupazione particolarmente significativa che la condanna al record europeo di disoccupazione giovanile;
    i dati ufficiali dicono, infatti, che nella regione il 65 per cento dei giovani sotto i 25 anni non trova lavoro, contro la media nazionale del 26,2 per cento, ed europea del 17 per cento, che il tasso di disoccupazione femminile è al 41 per cento, mentre il dato relativo alla disoccupazione totale è pari al 17,3 per cento, con un incremento annuo di quasi il sei per cento; al contrario, il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni è il più basso tra le regioni italiane, attestandosi poco sopra al 37 per cento a fronte di una media nazionale del 55,1 per cento;
    la Calabria detiene altresì il triste primato del lavoro nero e irregolare, che sfiora il ventotto per cento, con una differenza di circa venti punti percentuali rispetto alla regione d'Italia più virtuosa in questo campo;
    secondo l'istituto di indagine Demoskopika, in Calabria nel 2013 poco più di 386 mila nuclei familiari – per un totale di quasi un milione di persone – vivevano in condizione di disagio economico, il che equivale a dire che circa il 48,3 per cento delle famiglie calabresi versa in uno stato di quasi o totale indigenza socio-economica;
    in modo analogo, anche la Campania ha visto negli ultimi anni un costante aumento della povertà e della contrazione della capacità di spesa della popolazione, che sta determinando uno stravolgimento del tessuto sociale;
    la base economica della Campania è stata gravemente condizionata e ridimensionata per effetto di fenomeni di crisi, contrazione produttiva e chiusura d'impianti che trovano la prima e più evidente espressione nella crescita abnorme del ricorso agli ammortizzatori sociali, che è più che triplicato;
    la mortalità aziendale che, nelle condizioni attuari, è arrivata a compromettere anche segmenti tradizionali e imprese di punta del sistema produttivo campano, rappresenta non solo un elemento che ha ricadute drammatiche dirette e indirette sull'occupazione e sull'offerta ma, soprattutto, può pregiudicare seriamente la capacità di ripresa futura dell'economia regionale;
    in Campania, peraltro, pesano in modo particolare anche le difficoltà di bilancio di Napoli, ulteriormente aggravate dal taglio dei trasferimenti dal Governo centrale, e che compromettono seriamente il suo enorme patrimonio archeologico, architettonico e storico, come le impediscono di svolgere il suo ruolo come punto di riferimento per un vasto retroterra e come avamposto strategico al centro del Mediterraneo, lasciando scivolare la città sempre più verso il declino, testimoniato dalla perenne emorragia di residenti;
    la valorizzazione e il rilancio del Meridione d'Italia non possono prescindere dal rilancio del settore turistico, posto l'immenso patrimonio artistico, architettonico e culturale che detengono e che deve essere trasformato in ricchezza vitale attraverso cui creare occupazione, favorire lo sviluppo, applicare all'antico le nuove tecnologie, imprimere a ciò che è statico la velocità della modernità, aggiungere a ciò che è locale la dimensione della globalità;
    in questo ambito appaiono di fondamentale importanza sia il sostegno dell'imprenditoria legata al turismo, sia la tutela e la salvaguardia dei prodotti tipici e delle tradizioni locali di cui proprio il Meridione è così ricco, sia la salvaguardia ambientale e paesaggistica e il contrasto dell'abusivismo edilizio, anche attraverso un processo di riqualificazione delle coste realizzato con meccanismi premiali in ordine alla ricollocazione delle cubature;
    la gravissima crisi occupazionale che affligge le regioni meridionali non può essere affrontata solo con i programmi di sostegno ai giovani di derivazione europea, quali garanzia giovani o i progetti NEET, o attraverso il reimpiego o la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, soprattutto se si considera che si tratta di una regione con milioni di abitanti e, quindi, con centinaia di migliaia di giovani alla ricerca di un lavoro, ma necessita di interventi mirati e strutturali;
    nel Mezzogiorno bisogna puntare con decisione sullo sviluppo della portualità, migliorando la competitività dei porti, sostenendo il ruolo dell'Italia come hub nel Mediterraneo e piattaforma logistica europea, semplificando le procedure per facilitare il transito di merci e passeggeri, e avviando la creazione di zone con fiscalità di vantaggio in collegamento alla autorità portuali;
    l'analisi delle difficoltà strutturali che opprimono il Sud italiano, sia in termini di struttura produttiva che di assetto istituzionale, evidenzia una situazione complessiva di fragilità che impone la ricerca di radicali elementi di discontinuità nelle politiche di sviluppo;
    appare indispensabile ed urgente disegnare nuove e più efficaci azioni che consentano al Mezzogiorno di intraprendere un percorso di sviluppo, autonomo e responsabile, in grado di valorizzare i tanti elementi positivi comunque presenti in questi territori, al contempo dando nuovo slancio al tessuto economico e produttivo del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

   a valutare l'adozione di un piano di azioni coordinate per l'intera area del Meridione, nell'ambito del quale prevedere ed attuare tempestivamente meccanismi di sostegno e di incentivazione, anche attraverso l'impiego di modalità di agevolazione fiscale, mirati a salvaguardare le strutture produttive esistenti e ad attrarre nuovi investimenti;
   ad adottare le iniziative necessarie a combattere efficacemente il gravissimo problema degli abbandoni scolastici, che di fatto priva questi territori anche della possibilità di investire nel futuro attraverso le giovani generazioni;
   ad individuare con rapidità quali comuni, tra quelli che ne abbiano fatto richiesta, abbiano i requisiti per costituire al proprio interno le zone franche urbane di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, al fine di rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale delle micro e piccole imprese;
   ad elaborare un piano di monitoraggio delle risorse destinate dallo Stato e dall'Unione europea al contrasto della disoccupazione e agli altri programmi di sviluppo in favore delle regioni dell'obiettivo convergenza, al fine di verificare che esse siano effettivamente impiegate per i fini previsti e non siano disperse, e al fine di contrastare la lentezza nelle procedure di spesa;
   ad individuare politiche atte alla conservazione e valorizzazione delle risorse naturali delle regioni meridionali, al fine di rilanciare il turismo e la produzione ed il commercio dei prodotti tipici;
   in questo ambito a valutare l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, in collaborazione con soggetti privati, volti ad eliminare gli edifici sorti in seguito a fenomeni di abusivismo edilizio e a ripristinare i territori, con particolare riferimento alle fasce costiere;
   a promuovere una rapida individuazione degli interventi infrastrutturali di primaria importanza per il Mezzogiorno, anche ai fini del rilancio turistico, e ad individuare misure per garantire la loro tempestiva realizzazione;
   ad elaborare un programma per la messa in sicurezza, nelle regioni del Mezzogiorno, dei territori e degli edifici, con particolare riguardo a quelli scolastici, di recupero dei centri urbani, attraverso opere di restauro degli edifici storici, per il completamento dei programmi già avviati nei settori dell'edilizia sanitaria, universitarie e carceraria;
   ad adottare le iniziative normative idonee a consentire la creazione di zone con fiscalità di vantaggio nelle aree portuali, con autorità site nelle regioni dell'obiettivo convergenza;
   con particolare riferimento alla Campania, ad adoperarsi al fine di rilanciare i progetti per il centro storico, la metropolitana e il porto di Napoli, per Napoli Est, per l'aeroporto di Salerno, per la valorizzazione e lo sviluppo dell'ex area industriale di Bagnoli e dell'intera area flegrea, nonché per ripristinare e restituire pienamente al pubblico i siti turistici di maggiore importanza, tra i quali Pompei e la Reggia di Caserta.
(1-01122) «Taglialatela, Rampelli, Cirielli, Giorgia Meloni, La Russa, Maietta, Nastri, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


   La Camera

impegna il Governo:

   a valutare l'adozione di un piano di azioni coordinate per l'intera area del Meridione, nell'ambito del quale prevedere ed attuare tempestivamente meccanismi di sostegno e di incentivazione, anche attraverso l'impiego di modalità di agevolazione fiscale, mirati a salvaguardare le strutture produttive esistenti e ad attrarre nuovi investimenti;
   ad adottare le iniziative necessarie a combattere efficacemente il gravissimo problema degli abbandoni scolastici, che di fatto priva questi territori anche della possibilità di investire nel futuro attraverso le giovani generazioni;
   ad individuare con rapidità quali comuni, tra quelli che ne abbiano fatto richiesta, abbiano i requisiti per costituire al proprio interno le zone franche urbane di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, al fine di rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale delle micro e piccole imprese;
   ad elaborare un piano di monitoraggio delle risorse destinate dallo Stato e dall'Unione europea al contrasto della disoccupazione e agli altri programmi di sviluppo in favore delle regioni dell'obiettivo convergenza, al fine di verificare che esse siano effettivamente impiegate per i fini previsti e non siano disperse, e al fine di contrastare la lentezza nelle procedure di spesa;
   ad individuare politiche atte alla conservazione e valorizzazione delle risorse naturali delle regioni meridionali, al fine di rilanciare il turismo e la produzione ed il commercio dei prodotti tipici;
   in questo ambito a valutare l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, in collaborazione con soggetti privati, volti ad eliminare gli edifici sorti in seguito a fenomeni di abusivismo edilizio e a ripristinare i territori, con particolare riferimento alle fasce costiere;
   a promuovere una rapida individuazione degli interventi infrastrutturali di primaria importanza per il Mezzogiorno, anche ai fini del rilancio turistico, e ad individuare misure per garantire la loro tempestiva realizzazione;
   ad elaborare un programma per la messa in sicurezza, nelle regioni del Mezzogiorno, dei territori e degli edifici, con particolare riguardo a quelli scolastici, di recupero dei centri urbani, attraverso opere di restauro degli edifici storici, per il completamento dei programmi già avviati nei settori dell'edilizia sanitaria, universitarie e carceraria;
   ad adottare, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, le iniziative normative idonee a consentire la creazione di zone con fiscalità di vantaggio nelle aree portuali, con autorità site nelle regioni dell'obiettivo convergenza;
   con particolare riferimento alla Campania, ad adoperarsi al fine di rilanciare i progetti per il centro storico, la metropolitana e il porto di Napoli, per Napoli Est, per l'aeroporto di Salerno, per la valorizzazione e lo sviluppo dell'ex area industriale di Bagnoli e dell'intera area flegrea, nonché per ripristinare e restituire pienamente al pubblico i siti turistici di maggiore importanza, tra i quali Pompei e la Reggia di Caserta.
(1-01122)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Taglialatela, Rampelli, Cirielli, Giorgia Meloni, La Russa, Maietta, Nastri, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).


Risoluzione

   La Camera,
   premesso che:
    nelle politiche di sviluppo del Mezzogiorno assume un rilievo aggiuntivo la questione insulare, legata ai divari infrastrutturali e le politiche dello Stato verso le aree gravate da tale gap strutturale permanente;
    l'articolo 22 (Perequazione infrastrutturale) della legge n. 42 del 2009 dispone quanto segue: «In sede di prima applicazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro per le riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e gli altri Ministri competenti per materia, predispone una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali. La ricognizione è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:
     g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione».
    L'articolo 3 della Costituzione italiana dispone: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali:
    è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
    è indispensabile, per questo motivo, un modello di analisi che consenta di ridefinire il fabbisogno e di conseguenza porre le basi per una diversa valutazione del rapporto tra esigenze di infrastrutturazione e fabbisogni gli attuali criteri di distribuzione delle risorse disponibili;
    il primo elemento di valutazione deve essere quello relativo agli indicatori e alla loro definizione;
    dalla lettura e dall'analisi degli indicatori si giunge alla definizione di indici parametrici;
    nel caso delle infrastrutture di trasporto, un indicatore in grado di misurare in maniera soddisfacente la dotazione infrastrutturale di una realtà territoriale come la Sardegna deve necessariamente tenere conto non solo degli aspetti quantitativi (come ad esempio la lunghezza complessiva della rete viaria e la sua tipologia, o il numero di snodi ferroviari), ma anche degli aspetti qualitativi e prestazionali legati alla qualità della rete, all'orografia del territorio e alla tipologia del reticolo di trasporto. In questo modo è possibile ipotizzare e selezionare alcuni indicatori di tipo nuovo in grado di condurre alla costruzione di specifici indici;
    è indispensabile predisporre un sistema di indicatori di dotazione infrastrutturale definito a seguito di un opportuno processo di media, che assuma come riferimento «indici di accessibilità» definiti a livello territoriale;
    in attesa di definire con apposite norme l'individuazione di tali indici sono sufficienti a comprendere il divario insulare che grava sulla Sardegna quelli messi a disposizione dall'atlante infrastrutturale (CNEL e Istituto Tagliacarne), dal quale emergono dati di comparazione assolutamente emblematici dell'assenza di coesione e unità nazionale;
    per quanto riguarda le reti energetiche, l'indice è di 100 per l'Italia; di 64,54 per il Mezzogiorno; di 35,22 per la Sardegna;
    per quanto riguarda le reti stradali, l'indice è di 100 per l'Italia; di 87,10 per il Mezzogiorno; di 45,59 per la Sardegna;
    per quanto riguarda le reti ferroviarie, l'indice è di 100 per l'Italia; di 87,81 per il Mezzogiorno; di 15,06 per la Sardegna;
    per quanto riguarda le infrastrutture economico-sociali, l'indice è di 100 per l'Italia; di 84,45 per il Mezzogiorno; di 66,16 per la Sardegna;
    a questi indici infrastrutturali di dotazione si aggiungono le analisi compiute dal centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato (CRESME) relativamente alle risorse finanziarie pro capite e territoriali stanziate negli ultimi dieci anni relativamente alle infrastrutture, contenute nel rapporto del 2 luglio 2010 predisposto a seguito della deliberazione dell'ufficio di presidenza dell'VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati del 22 luglio 2009;
    nell'analisi che si propone, prescindendo da ulteriori articolazioni e interdipendenze, come per esempio il divario conseguente all'insularità, sono stati presi in esame due parametri oggettivi, quali quello territoriale (spesa per chilometro quadrato) e quello demografico (spesa pro capite);
    con riferimento allo stanziamento per chilometro quadrato, il primo parametro preso in esame è quello della superficie territoriale dal quale emerge che il valore medio nazionale del costo dell'intero programma risulta pari a circa 1.190.000 euro per chilometro quadrato;
    nove sono le regioni con valori superiori a questa media nazionale: innanzitutto la Liguria, che sfiora i 4 milioni a chilometro quadrato, seguita dalla Calabria, con 3 milioni. Tra il milione e i due milioni si attestano alcune regioni più grandi, nell'ordine la Lombardia, il Veneto, la Sicilia e la Campania. Seguono tra le altre il Molise, il Friuli e il Piemonte. Leggermente al di sotto della media il Lazio. Ultime della graduatoria risultano la Sardegna con 237.000 euro per chilometro quadrato e le Marche con 225.000 euro per chilometro quadrato;
    i dati elaborati sull'intero programma di infrastrutture strategiche, il cui valore complessivo è attualmente pari a 358 miliardi di euro, in base ad una ripartizione sul parametro territoriale, fanno emergere la seguente graduatoria regionale – monitoraggio aprile 2010 – (euro per chilometro quadrato): Liguria 3.884.719 euro/chilometro quadrato; Calabria 3.074.912 euro/chilometro quadrato; Lombardia 1.646.189 euro/chilometro quadrato; Veneto 1.625.508 euro/chilometro quadrato; Sicilia 1.408.644 euro/chilometro quadrato; Campania 1379.566 euro/chilometro quadrato; Molise 1.302.502 euro/chilometro quadrato; Friuli Venezia Giulia 1.289.567 euro/chilometro quadrato; Piemonte 1.217.754 euro/chilometro quadrato; Lazio 1. 125.066 euro/chilometro quadrato; Emilia Romagna 1.069.755 euro/chilometro quadrato; Umbria 868.401 euro/chilometro quadrato; Basilicata 837.065 euro/chilometro quadrato; Abruzzo 767.266 euro/chilometro quadrato; Toscana 649.124 euro/chilometro quadrato; Puglia 448.032 euro/chilometro quadrato; Trentino Alto Adige 446.560 euro/chilometro quadrato; Valle d'Aosta 290.038 euro/chilometro quadrato; Sardegna 237.463 euro/chilometro quadrato; Marche 225.478 euro/chilometroquadrato;
    la rappresentazione economica del divario nella pianificazione infrastrutturale del Paese rende, ad avviso del firmatario del presente atto, il dato macroscopico tale da evidenziare una vera e propria emergenza nazionale sul piano della coesione economica ed infrastrutturale, minando i presupposti fondamentali della stessa Carta costituzionale in termini di coesione nazionale, eguaglianza tra cittadini e libertà;
    tale analisi assume una valenza ancor più significativa nel dato relativo al valore pro capite dell'investimento infrastrutturale nel nostro Paese;
    con riferimento allo stanziamento pro capite – dall'esame dello studio richiamato – il valore pro capite del costo dell'intero programma infrastrutturale ad oggi stimato è pari ad una media di circa 6.000 euro ad abitante se si considera l'intero costo, quindi compresa la quota non ripartibile a livello regionale (14.143 milioni di euro);
    il dato pro capite fa registrare la Calabria con circa 23.000 euro, il Molise con oltre 18.000 euro ad abitante, la Basilicata con 14.000 euro, la Liguria con 13.000 euro, il Friuli e l'Umbria con oltre 8.000 euro. Tra le regioni più grandi, al di sopra della media regionale si collocano; la Sicilia con oltre 7.000 euro; il Piemonte, con un importo leggermente inferiore (6.978 euro); il Veneto (oltre 6.000 euro). L'Emilia Romagna supera i 5.000 euro, la Lombardia registra un valore intorno ai 4.000 euro, come la Toscana, mentre Lazio e Campania si attestano sui 3.000 euro. La Sardegna si attesta sui 3.423 euro pro capite;
    il divario pro capite tra regioni è rappresentato dai seguenti dati (euro/persona): Calabria 23.085; Molise 18.018; Basilicata 14.165; Liguria 13.037; Friuli Venezia Giulia 8.231; Umbria 8.212; Valle d'Aosta 7.449; Sicilia 7.187; Piemonte 6.978; Veneto 6.119; Abruzzo 6.206; Trentino Alto Adige 5.965; Emilia Romagna 5.456; Lombardia 4.032; Toscana 4.025; Lazio 3.441; Sardegna 3.423; Campania 3.225; Puglia 2.127; Marche 1.393;
    i dati emersi configurano un gravissimo divario di trattamento tra regioni che, anche escludendo opere interregionali o di interesse nazionale, costituisce un vero e proprio ulteriore limite alla coesione nazionale che si mira a superare con parametri oggettivi e obiettivi;
    la questione insulare è quella più rilevante;
    l'ordinamento costituzionale italiano, che ha eliminato l'originario, anche se pleonastico, richiamo alle «isole», non ha in alcun modo recepito l'evoluzione ordinamentale dell'Unione europea relativamente alla questione insulare;
    l'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFE), che costituisce la base giuridica per la politica di coesione economica e sociale dell'Unione, fa specifica menzione all'obiettivo di ridurre il ritardo delle regioni insulari. L'articolo 174 recita: «Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale;
    in particolare l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di Sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite;
    tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna»;
    al Trattato di Amsterdam è seguita la contestuale dichiarazione n. 30 sulle regioni insulari che definisce gli obblighi della comunità nei confronti delle regioni insulari, come sancito dall'articolo 174 del TFE. La Dichiarazione n. 30 prevede: «La Conferenza riconosce che le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggi strutturali il cui perdurare ostacola il loro sviluppo economico e sociale. La Conferenza riconosce pertanto che la legislazione comunitaria deve tener conto di tali svantaggi e che possono essere adottate misure specifiche, se giustificate, a favore di queste regioni per integrarle maggiormente nel mercato interno a condizioni eque»;
    analogo richiamo è contenuto all'articolo 349 del TFE, dove si prescrive di adottare misure specifiche per le regioni interessate, tenendo conto delle loro caratteristiche e dei vincoli, compresa la loro «insularità»;
    l'articolo 170 del TFE si occupa dalle reti trans-europee. Esso prevede che nello sviluppo di reti trans-europee l'Unione tiene conto in particolare della necessità di collegare alle regioni intercluse e periferiche alle regioni centrali dell'Unione;
    al fine di dare attuazione alle disposizioni contenute nei trattati europei la Commissione europea ha fatto predisporre, dal Consorzio Planistat Europe & Bradley Dunbar un rapporto finale riguardante l'analisi delle regioni insulari dell'Unione, dal quale emergono informazioni importanti circa l'esigenza di dotarsi di alcune precondizioni di base per aiutare le regioni insulari ad uscire dal loro isolamento;
    l'Eurostat ha classificato 286 territori insulari popolati da circa 10 milioni di abitanti, con una superficie di 100 mila chilometri quadrati (3 per cento della popolazione dell'Unione e 3,2 per cento della superficie totale);
    l'86 per cento di questa popolazione risiede nel Mediterraneo (53 per cento in Sicilia, la stessa che in Danimarca e Finlandia), 17 per cento in Sardegna, 8 per cento nelle Baleari, 5 per cento a Creta e 3 per cento in Corsica;
    la sola Italia conta il 78 per cento della popolazione totale con 31 isole (praticamente le più grandi) su 286, che aumenta al 95 per cento (con 123 isole) se si considera l'intero Mediterraneo;
    le analisi sulle strutture economiche delle regioni insulari fanno rilevare che le stesse sono basate su un unico o su un numero esiguo di settori di attività. I problemi principali collegati con l'insularità riguardano indicativamente;
    il costo elevato dei trasporti e delle comunicazioni, nonché la forte dipendenza da infrastrutture e sistemi di prestazione di servizi spesso insufficienti;
    il costo elevato per le imprese obbligate a immagazzinare le materie prime e altre merci in quantità maggiori (in media 2-3 mesi) per difendersi dai rischi di trasporto del clima e altro, che rende i loro fattori di produzione più cari del 20 per cento in media in rapporto alla concorrenza del Centro;
    lo scarso approvvigionamento e il costo elevato delle risorse idriche ed energetiche;
    la difficoltà di accesso a servizi come ad esempio l'istruzione, la sanità, l'aggiornamento, la comunicazione, l'informazione, le attività ricreative, l'amministrazione;
    l'emergere di problemi ambientali come l'inquinamento marino e costiero, l'inquinamento dovuto allo smaltimento di rifiuti solidi e liquidi, l'erosione e la desertificazione delle coste e del territorio in generale, l'esaurimento, la salinizzazione o l'inquinamento delle falde acquifere;
    la carenza di superfici utilizzabili e lo sfruttamento eccessivo o insufficiente delle località turistiche;
    la carenza di personale specializzato;
    la difficoltà di trattenere la popolazione, che impone di affrontare i problemi di diversificazione dell'economia locale, del carattere stagionale delle attività, della promozione di nuove attività produttive;
    tali problemi, dovuti alle piccole dimensioni delle isole, al loro isolamento naturale e alla lontananza rispetto ai centri europei e nazionali, determinano una ridotta competitività nelle imprese insulari e, in generale, una scarsa capacità di attrazione per l'insediamento permanente di individui, imprese e capitali;
    questi limiti, secondo il rapporto finale sui territori insulari, sono sintetizzabili in cinque grandi questioni;
    perifericità, trasporti, e accesso ai mercati;
    struttura economica;
    popolazione attiva e evoluzioni demografiche;
    accesso ai servizi pubblici quali le tecnologie dell'informazione e comunicazione, la salute e l'educazione;
    problemi ambientali e limitazione delle risorse naturali;
    occorre intraprendere la moderna frontiera della misurazione e compensazione dell'insularità;
    è evidente che l'insularità ha una ricaduta su gran parte degli indicatori economici e sociali e che quindi gli stessi devono essere individuati e con puntualità analizzati,

impegna il Governo:

   ad attuare, attraverso iniziative normative, anche nell'ambito delle politiche attive del Mezzogiorno, l'articolo 22 della legge n. 44 del 2009 sul federalismo fiscale, che pone come elemento oggetto di valutazione la compensazione del divario infrastrutturale ed economico sociale rispetto alla media nazionale;
   ad assumere iniziative per ridefinire i criteri di valutazione dei fabbisogni infrastrutturali collegandoli a modelli di sviluppo economico e sociale che tengano conto delle diverse specificità territoriali e ambientali in un determinato contesto politico-istituzionale;
   a promuovere un piano di rinascita per le regioni insulari, anche nell'ambito delle politiche di riequilibrio del Mezzogiorno, che preveda:
    1) un regime fiscale autonomo delle regioni insulari teso ad abbattere i costi dell'insularità sulle produzioni;
    2) un regime speciale delle tariffe energetiche teso a riequilibrare il divario con la media europea del costo energetico per i cittadini e per le imprese;
    3) un regime contributivo europeo permanente che compensi il divario economico, sociale e infrastrutturale legato alla condizione geografica permanente dell'insularità;
    4) un regime permanente di agevolazioni e di oneri del servizio pubblico per quanto riguarda la continuità territoriale tra passeggeri e merci;
    5) l'imposizione, d'intesa con lo Stato e l'Unione europea, sul territorio regionale di un onere del servizio pubblico sulla vendita dei prodotti petroliferi ai residenti e agli operatori che svolgano la propria attività sul territorio della regione;
    6) l'esenzione di contingentamenti per le regioni insulari, considerata la limitatezza del territorio e delle potenzialità produttive dello stesso, relativi ad alcuni settori primari del settore agricolo e zootecnico sia per quanto riguarda le quantità produttive che per la realizzazione di superfici irrigue;
    7) l'inserimento delle regioni insulari nei progetti europei relativamente alle reti transeuropee energetiche (metanodotto tra Algeria, Sardegna ed Europa) e alle reti commerciali europee delle autostrade del mare prevedendo appositi incentivi per il loro sviluppo;
    8) il riconoscimento alle regioni insulari delle condizioni permanenti di regione insulare al fine di compensare il divario economico, sociale e infrastrutturale e di predisporre con la regione una piattaforma strategica per il suo sviluppo;
    9) il finanziamento del piano di riequilibrio da parte dello Stato e dell'Unione europea con il concorso della regione anche attraverso risorse private;
    10) il finanziamento del piano con risorse dirette e attraverso il gettito fiscale ottenibile dall'attuazione della stessa;
    11) che il gettito della tassazione complessiva pertinente alla realizzazione della piattaforma sia destinato al finanziamento dell'intervento straordinario;
    12) che lo Stato e la regione Sardegna definiscano i regimi fiscali e contributivi da sottoporre all'Unione europea, compresa la realizzazione di una zona franca integrale di produzione per tutti quei settori che saranno individuati con apposita norma di attuazione come strategici nello sviluppo dell'isola.
(6-00197) «Pili».


TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: FUCCI; FUCCI; GRILLO ED ALTRI; CALABRÒ ED ALTRI; VARGIU ED ALTRI; MIOTTO ED ALTRI; MONCHIERO ED ALTRI; FORMISANO: DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE DEL PERSONALE SANITARIO (A.C. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155-A)

A.C. 259-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

PARERE CONTRARIO

sul testo alternativo del relatore di minoranza riferito all'articolo 2

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 259-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:

  Dopo l'articolo 15 aggiungere il seguente: Art. 15-bis. – (Clausola di invarianza finanziaria). – 1. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sul testo alternativo del relatore di minoranza riferito all'articolo 1, sugli emendamenti 1.3 e 1.4, sul testo del relatore di minoranza riferito all'articolo 2, sugli emendamenti 2.10, 2.11, 2.14, sul testo del relatore di minoranza riferito all'articolo 4, sugli emendamenti 4.2, 5.2, 5.4, 5.14, 5.18, 7.3, 7.4, 7.10, 7.14, 7.25, 8.24, sul testo del relatore di minoranza riferito all'articolo 9, sugli emendamenti 9.1, 9.4, 9.19, 9.21, 9.22, 10.3, 10.8, 10.9, 10.14, 10.17, 12.2, 13.9 e sull'articolo aggiuntivo 2.01, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.

A.C. 259-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Sicurezza delle cure in sanità).

  1. La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell'interesse dell'individuo e della collettività.
  2. La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l'insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e l'utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 1.
(Sicurezza delle cure in sanità).

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.
(Sicurezza delle cure in sanità)

  1. La sicurezza dell'atto sanitario è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell'interesse dell'individuo e della collettività.
  2. La sicurezza dell'atto sanitario si realizza anche mediante l'insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all'erogazione dell'atto stesso.
  3. Per atto sanitario si intendono tutte le attività di prevenzione, diagnosi, assistenza e riabilitazione del paziente, sia svolte autonomamente dalle singole professioni sanitarie, che in modo coordinato, subordinato o in équipe, anche mediante personale a qualunque titolo operante.
  4. Presupposto fondante della liceità dell'atto sanitario è il consenso del paziente.
  5. L'esecuzione dell'atto sanitario comporta pertanto rischi intrinseci di danno al paziente che rappresentano statisticamente il possibile esito o con esito negativo delle prestazioni sanitarie rese e pertanto – nel caso di prestazioni sanitarie erogate nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA) nazionali e regionali – sono da considerarsi interne ai LEA e quindi comunque riconducibili alla responsabilità del Servizio sanitario nazionale (SSN).

  Al comma 1, sostituire le parole: delle cure con le seguenti: dell'atto sanitario.

  Conseguentemente, al comma 2, sostituire le parole: delle cure con le seguenti: dell'atto sanitario.
1. 1. Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Di Vita, Lorefice, Mantero.

  Al comma 2, sostituire le parole: di prestazioni sanitarie e l'utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative con le seguenti: dell'atto sanitario.
1. 2. Silvia Giordano, Grillo, Baroni, Colonnese, Di Vita, Lorefice, Mantero.

  Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
  2-bis. Per atto sanitario si intendono tutte le attività di prevenzione, diagnosi, cura, assistenza e riabilitazione del paziente, sia svolte autonomamente dalle singole professioni sanitarie, che in modo coordinato, subordinato o in équipe, anche mediante personale a qualunque titolo operante.
  2-ter. Presupposto fondante della liceità dell'atto sanitario è il consenso del paziente.
  2-quater. L'esecuzione dell'atto sanitario comporta pertanto rischi intrinseci di danno al paziente che 1 rappresentano statisticamente il possibile esito o con esito negativo delle prestazioni sanitarie rese e pertanto – nel caso di prestazioni sanitarie erogate nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA) nazionali e regionali – sono da considerarsi interne ai LEA e quindi comunque riconducibili alla responsabilità del Servizio sanitario nazionale (SSN).
1. 3. Colonnese, Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Di Vita, Lorefice, Mantero.

  Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
  2-bis. Tutte le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie devono attivare una adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario risk management, per la attivazione dei percorsi di audit o altre metodologie finalizzati allo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti attraverso sistemi di incident reporting per l'analisi delle possibili attività finalizzate alla messa in sicurezza dei percorsi sanitari ai sensi della Raccomandazione del Consiglio di Europa del 9 giugno 2009 sulla sicurezza dei pazienti e come da Raccomandazione sugli Audit del 2011 del Ministero della Salute. Le norme in materia di audit di cui all'articolo 1, comma 539, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208 sono abrogate.
  2-ter. L'attività di gestione del rischio sanitario è coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene epidemiologia e sanità pubblica, medicina legale, attività cliniche. Le norme in materia di gestione del rischio sanitario dell'articolo 1, comma 540 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 sono abrogate.
1. 4. Vargiu.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle aziende sanitarie pubbliche è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale.
1. 5. Monchiero.
(Approvato)

A.C. 259-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Attribuzione della funzione di garante del diritto alla salute al Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente).

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono affidare all'ufficio del Difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute e disciplinarne la struttura organizzativa, che preveda la rappresentanza delle associazioni dei pazienti e il supporto tecnico.
  2. Il Difensore civico, nella sua funzione di garante del diritto alla salute, può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione, anche anonima, di disfunzioni del sistema dell'assistenza sanitaria.
  3. Il Difensore civico acquisisce gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la fondatezza della segnalazione, agisce a tutela del diritto leso.
  4. In ogni regione è istituito, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie i dati regionali sugli errori sanitari e sul contenzioso e li trasmette all'Osservatorio nazionale sulla sicurezza nella sanità, di cui all'articolo 3.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 2.
(Attribuzione della funzione di garante del diritto alla salute al Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente).

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 2.
(Difensore civico regionale come Garante del diritto alla salute e Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente).

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano affidano all'ufficio del Difensore civico la funzione di Garante per il diritto alla salute e ne disciplinano la struttura organizzativa, che prevede la rappresentanza delle associazioni dei pazienti e il supporto tecnico.
  2. Il Difensore civico, nella sua funzione di Garante del diritto alla salute, può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione, anche anonima, di disfunzioni del sistema dell'assistenza sanitaria.
  3. Il Difensore civico acquisisce gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la fondatezza della segnalazione, agisce a tutela del diritto leso.
  4. In ogni regione, presso il Garante, è istituito il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie i dati regionali sul contenzioso e sugli errori sanitari e li trasmette all'Osservatorio nazionale sulla sicurezza in sanità, di cui all'articolo 4 della presente legge.
  5. Al fine di permettere l'effettiva disponibilità e trasmissibilità dei dati e delle segnalazioni sul contenzioso, a ciascun ufficio regionale del Garante del diritto alla salute è garantito l'accesso in formato digitale alle banche dati dei contenziosi dei tribunali del territorio di riferimento.

  Al comma 1, sostituire le parole: possono affidare con la seguente: affidano.
*2. 1. Baroni, Grillo, Silvia Giordano, Colonnese, Di Vita, Lorefice, Mantero.

  Al comma 1, sostituire le parole: possono affidare con la seguente: affidano.
*2. 2. Sisto, Occhiuto, Nizzi.

  Al comma 1, sostituire le parole da: disciplinarne fino alla fine del comma con le seguenti:, adeguandone la struttura organizzativa con l'attribuzione di un adeguato supporto tecnico e con la previsione della rappresentanza delle associazioni dei pazienti.
2. 3. Capone.

  Al comma 2, sopprimere le parole:, anche anonima,
*2. 4. Lenzi, Carnevali, Capone.
(Approvato)

  Al comma 2, sopprimere le parole:, anche anonima,
*2. 5. Sisto, Occhiuto, Nizzi.
(Approvato)

  Al comma 3, dopo la parola: acquisisce, aggiungere la seguente: digitalmente.
2. 6. Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Di Vita, Lorefice, Mantero.

  Al comma 3, dopo la parola: acquisisce, aggiungere la seguente: anche digitalmente.
2. 6.(Testo modificato nel corso della seduta) Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Di Vita, Lorefice, Mantero.
(Approvato)

  Al comma 3, sostituire le parole: agisce a tutela del diritto leso con le seguenti: interviene con i poteri e le modalità stabilite dalla legislazione regionale.
2. 7. Lenzi, Carnevali.

  Al comma 3, sostituire le parole: agisce a tutela del diritto leso con le seguenti: interviene a tutela del diritto leso con i poteri e le modalità stabilite dalla legislazione regionale.
2. 7.(Testo modificato nel corso della seduta) Lenzi, Carnevali.
(Approvato)

  Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole: anche rappresentando i fatti all'autorità politica, amministrativa, ovvero giudiziaria competente.
2. 8. Sisto, Occhiuto, Nizzi.

  Al comma 4, dopo le parole: In ogni regione, aggiungere le seguenti: presso il Difensore civico.
2. 9. Di Vita, Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Lorefice, Mantero.

  Al comma 4, sopprimere le parole: con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. 10. Lorefice, Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Di Vita, Mantero.

  Al comma 4, aggiungere, in fine, i seguenti periodi: Le strutture sanitarie hanno l'obbligo di trasmettere al Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente i dati relativi alla propria attività. Le strutture sanitarie inadempienti incorrono in sanzioni amministrative determinate con decreto del Ministro della salute.
2. 11. Fucci, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Latronico, Marti, Palese.

  Dopo il comma 4, aggiungere i seguenti:
  4-bis. Alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, all'articolo 1, comma 539, è aggiunta, in fine, la seguente lettera: «d-bis) predisposizione di una relazione semestrale consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, sulle cause che hanno prodotto l'evento avverso, e sulle conseguenti iniziative messe in atto. Detta relazione viene pubblicata sul sito web della struttura sanitaria.».
  4-ter. Il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, acquisisce i dati e le informazioni sul rischio clinico e gli eventi avversi dalle strutture sanitarie, di cui all'articolo 1, comma 539 lettera d-bis) della legge 28 dicembre 2015, n. 208, introdotta dal comma 4-bis.
2. 12. Nicchi, Gregori, Fratoianni.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. È fatto obbligo ad ogni sanitario di comunicate al Centro per la gestione del rischio sanitario di riferimento ogni richiesta di risarcimento, denuncia o informazione di garanzia cui è stato oggetto. Pari obbligo di notifica al Centro è a carico di ogni istituto di cura pubblico, accreditato o privato.

  Conseguentemente, all'articolo 3 dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. I dati sulle richieste di risarcimento, relativi al rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie, nonché quelli sugli esiti delle stesse, sono trasmessi dalle compagnie assicurative a qualsiasi titolo operanti sul territorio nazionale all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e da questo comunicati periodicamente all'Osservatorio.
2. 13. Binetti.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. Al fine di permettere l'effettiva disponibilità e trasmissibilità dei dati e delle segnalazioni sul contenzioso, a ciascun ufficio regionale del Garante per il diritto alla salute è garantito l'accesso in formato digitale alle banche dati dei contenziosi dei tribunali del territorio di riferimento.
2. 14. Mantero, Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Di Vita, Lorefice.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. All'articolo 1, comma 540 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, dopo la parola: «specializzazioni» sono aggiunte le seguenti: «in medicina legale,».
2. 15. Miotto.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.

  1. Per consentire la valutazione dei rischi, prevenire la reiterazione degli eventi avversi e garantire idonea copertura assicurativa o altra analoga misura di cui al decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2015, n. 114, le strutture sanitarie organizzano al loro interno un servizio di monitoraggio, prevenzione, gestione dei rischi ed eventi avversi e forniscono ogni semestre alle Regioni i dati periodicamente rilevati al fine della trasmissione di sintesi all'Osservatorio nazionale sulla sicurezza nella sanità di cui all'articolo 3 della presente legge.
  2. All'articolo 1, comma 539, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Le dichiarazioni potenzialmente auto-indizianti rese dai professionisti medici e/o sanitari nel corso degli audit di monitoraggio/gestione del rischio clinico non possono essere fatte valere in sede processuale penale».
2. 01. Fucci, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Latronico, Marti, Palese.