Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 11 febbraio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, all'articolo 10 prevede una delega legislativa per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, anche mediante la modifica e riordino delle disposizioni legislative che attualmente regolano la materia;
    al riguardo, il comma 1 individua i principi e criteri direttivi per l'adozione, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi entro il 28 agosto 2016) di un decreto legislativo da parte del Governo, tra cui la determinazione del diritto annuale a carico delle imprese, tenuto conto della sua riduzione, disposta dall'articolo 28 del decreto-legge n. 90 del 2014;
    il citato articolo 28 del decreto-legge n. 90 del 2014 prevede espressamente che nelle more del riordino del sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, l'importo del diritto annuale di cui all'articolo 18, come determinato per l'anno 2014, è ridotto, per l'anno 2015, del 35 per cento, per l'anno 2016, del 40 per cento e, a decorrere dall'anno 2017, del 50 per cento;
    il diritto annuale costituisce un'entrata di scopo attraverso la cui definizione e finalizzazione per via legislativa si assicura la dotazione finanziaria necessaria all'espletamento delle funzioni demandate al sistema camerale;
    l'applicazione di una riduzione del suddetto diritto annuale può produrre rilevantissime ricadute sulla tenuta occupazionale degli enti del sistema camerale se non accompagnata da un sostenibile processo di rivisitazione ed efficientamento del modello organizzativo del sistema camerale, che faccia particolarmente leva sulla metodologia dei costi standard;
    dall'analisi sviluppata da Unioncamere dei dati relativi al diritto annuale effettivamente riscosso nel 2013, risultava che il risparmio medio nominale per ciascuna impresa pagante risulterebbe, con la riduzione al 50 per cento – pari a 94 euro ed il risparmio medio effettivo (tenendo conto della deducibilità fiscale del diritto) pari a 63 euro;
    elaborazioni sui bilanci camerali del 2012 indicavano in circa 416 milioni di euro le risorse dedicate alle prime otto aree d'intervento promozionale del sistema camerale – finanza ed accesso al credito per le piccole medie imprese; internazionalizzazione; servizi per il turismo ed i beni culturali; sviluppo locale, promozione del territorio, commercio e servizi; innovazione, trasferimento tecnologico e proprietà industriale; qualificazione e promozione delle filiere; formazione, orientamento, alternanza, università; lavoro e servizi per l'imprenditorialità – cioè in circa l'80 per cento del totale di interventi promozionali per quasi 515 milioni di euro, con effetti moltiplicativi stimati in oltre 2 miliardi di euro;
    il dimezzamento delle entrate da diritto annuale si riverbera, altresì, fortemente sulla possibilità di assicurare, con i riconosciuti standard di qualità, tempestività, completezza e continuità, il funzionamento del registro delle imprese in ogni camera di commercio d'Italia, vero presidio di trasparenza e legalità del sistema delle imprese italiane e per il mercato intero, oltreché indispensabile strumento per l'espletamento delle funzione di autorità amministrative e giudiziarie;
    appare ragionevolmente impossibile che l'Italia sminuisca il funzionamento di questo fondamentale istituto, previsto anche a livello comunitario,

impegna il Governo:

   a valutare con particolare attenzione gli effetti applicativi derivanti dalla norma relativa alla riduzione del diritto annuale per le camere di commercio sotto il profilo occupazionale, della riduzione del sostegno al sistema infrastrutturale locale (porti e aeroporti, sistema fieristico, autostrade, banda larga), della riduzione di interventi a sostegno del sistema turistico-culturale (già oggetto di scarsi investimenti) e, infine, della riduzione di micro-interventi spesso vitali per mantenere attivo il sistema produttivo locale nei contesti di dimensioni più contenute;
   ad adottare ogni iniziativa nell'ambito della citata riforma delle camere di commercio prevista dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, tesa ad affrontare la questione relativa alla riduzione del diritto annuale dovuto alle camere di commercio a carico delle imprese superando la logica del mero taglio lineare al fine di adottare una soluzione di tipo selettivo che risponda al tipo di presenza e di azione che serve per sostenere il tessuto produttivo territoriale, vincolando altresì gli enti camerali a indirizzare parte delle risorse verso specifiche direttrici (ad esempio innovazione tecnologica; nuova occupazione; digitalizzazione dei processi; green economy; made in Italy) opportunamente individuate attraverso il coinvolgimento di tavoli territoriali inter-istituzionali con regioni, enti locali e camere di commercio;
   a porre in essere ogni iniziativa di competenza volta a scongiurare il rischio che l'abbattimento dei diritti camerali, se non accompagnato da un serio progetto di razionalizzazione e di rilancio del sistema camerale stesso, piuttosto che rappresentare una riforma, costituisca solo l'avvio di un inevitabile indebolimento del sistema economico locale e nazionale;
   a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, tese a rivedere il dimezzamento tout court del diritto annuale delle camere di commercio a decorrere dal 2017 come previsto a legislazione vigente.
(1-01151) «Ricciatti, Ferrara, Scotto, Airaudo, Zaratti, Melilla, Fassina, Marcon, Quaranta, Costantino, D'Attorre, Franco Bordo, Fava, Placido, Gregori, Duranti, Carlo Galli, Piras, Folino, Fratoianni, Zaccagnini, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e IX,
   premesso che:
    già dal 1999 è stata prevista la realizzazione di un corridoio autostradale di nuova realizzazione della lunghezza complessiva di 84 chilometri per il collegamento tra Fontevivo (Parma) e Nogarole Rocca (Verona), attraversando le regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, cosiddetto raccordo autostradale di collegamento tra il Tirreno e il Brennero (Tibre);
    a tal fine è stato previsto un considerevole investimento – per far fronte a costi lievitati enormemente negli anni – considerando che, come da delibera CIPE n. 2 del 22 gennaio 2010, il costo complessivo dell'opera, è di 2.730.965.654,5 euro;
    l'opera è stata oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea (procedura n. 2006/4419) conclusasi con un accordo che imponeva una serie di prescrizioni cui conformarsi, specie con riguardo alla proroga della concessione in violazione delle regole comunitarie;
    è seguita l'autorizzazione e la progettazione definitiva del solo primo tratto FontevivoTrecasali/Terre Verdiane di soli 12 chilometri, il cui costo, quale risulta dal quadro economico, è pari a 513.531.158,1 euro, di cui 302.788.160,4 euro per lavori;
    vi è stata altresì la presa d'atto del nuovo piano economico finanziario che passa da 2.039 milioni di euro, autorizzati dal nel 2007, a 3.400 milioni di euro e che prevede tra le modalità di riequilibrio:
     incrementi tariffari nel periodo 2011-2018 del 7,5 per cento annuo;
     previsione di un contributo statale di 900 milioni di euro oltre IVA, da erogare a stato di avanzamento dei lavori;
     un valore di indennizzo finale pari a 1.730 milioni di euro, da garantire tramite la prestazione della garanzia a valere sul Fondo di garanzia sulle opere pubbliche (FGOP) di cui all'articolo 2, commi 264-270, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), ai fini della sua bancabilità;
    la realizzazione del collegamento potrebbe altresì beneficiare del credito d'imposta di cui all'articolo 18 della legge n. 183 del 2011;
    a giudizio dei firmatari del presente atto la realizzazione del raccordo autostradale tra il Tirreno e il Brennero costituisce un'opera inutile, anche in considerazione del già esistente collegamento per l'intersezione dell'autostrada A15 con l'autostrada A1;
    i costi sono lievitati enormemente negli anni, dato che dai 1032,9 milioni di euro del 2001 si è giunti ai 2731 milioni del 2010, ferma la verifica del previsto finanziamento pubblico di circa 900 milioni di euro e della copertura dell'investimento con fondi privati;
    si paventa il rischio che gran parte dei costi siano scaricati esclusivamente sui cittadini mediante continui aumenti dei pedaggi, senza alcun ritorno in infrastrutture e servizi utili, dato che, a livello trasportistico, il primo stralcio della Tibre non è un'opera strettamente utile a livello europeo e non rientra tra i trenta progetti prioritari dell'Unione europea (TEN-T);
    il collegamento ferroviario nei territori interessati, invece, risulta notevolmente deficitario, mentre il suo potenziamento consentirebbe di superare le problematiche di trasporto autostradale incapace di sopportare ulteriore traffico, denotandosi già parecchie criticità e necessità di manutenzione straordinaria dovute al decadimento strutturale. Al riguardo i dettami europei in termini di consumo di suolo, di inquinamento atmosferico ed in termini trasportistici impongono un passaggio di una quota di trasporto merci dalla gomma al ferro;
   a tal fine i fondi previsti per l'opera del collegamento Tibre – bloccati in modo inefficiente nel Fondo di garanzia sulle opere pubbliche – potrebbero dunque essere più utilmente spostati per il potenziamento dei collegamenti ferroviari della Pontremolese e della tratta Parma-Piadena-Mantova-Verona, che, secondo un recente studio della Tibre srl, risulterebbe molto più economica e competitiva, o, in alternativa, della tratta Parma-Suzzara-Poggio Rusco-Verona, trattandosi in ogni caso di linee ferroviarie che potrebbero realmente creare la connessione con gli assi ferroviari prioritari a livello europeo;
    la realizzazione del raccordo autostradale tra il Tirreno e il Brennero risulta inoltre problematico a livello di sviluppo economico e ambientale del territorio, avendo un forte impatto ambientale su un'area agricola della provincia di Parma rinomata particolarmente per la produzione del parmigiano reggiano, e comportando un ulteriore consumo di suolo agricolo;
    l'opera richiede in ogni caso la reiterazione della procedure di valutazione dell'impatto ambientale, ormai risalente, che non tiene conto delle variazioni territoriali intervenute successivamente a livello ambientale e legislativo,

impegnano il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa necessaria per disporre l'interruzione e l'annullamento della realizzazione del raccordo autostradale Tirreno-Brennero, sia del I lotto, sia di quelli successivi;
   ad assumere iniziative per destinare le risorse, già previste per la realizzazione del raccordo autostradale Tirreno-Brennero, in opere di ripristino, messa in sicurezza e ammodernamento dell'attuale sistema ferroviario di trasporto pubblico, mediante il raddoppio e il potenziamento della «Pontremolese» e della tratta Parma-Piadena-Mantova-Verona ovvero, in alternativa, della tratta Parma-Suzzara-Poggio Rusco-Verona;
   ad assumere iniziative per lo stanziamento delle risorse necessarie per la realizzazione del percorso ciclabile denominato ciclovia n. 16 «Tirrenica» della rete Bicitalia «Ti-Bre dolce»;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza necessaria per reiterare la procedura di valutazione di impatto ambientale in considerazione del notevole lasso di tempo intercorso dal precedente provvedimento di valutazione impatto ambientale e delle variazioni a livello ambientale e normativo successivamente intervenute;
   ad abbandonare definitivamente il progetto autostradale «Cispadana»;
   ad assumere iniziative per autorizzare Autocisa spa ad utilizzare i rincari dei pedaggi già garantiti sulla A15, in ragione del 7,5 per cento annuo per 8 anni, per finanziare il Ti-Bre ferroviario anziché quello autostradale ovvero a revocare immediatamente la concessione autostradale sulla A15 fino al 2031 ad Autocisa spa;
   a non procedere ad ulteriori proroghe delle concessioni autostradali ma a rispettare pienamente le norme europee, prevedendo gare europee trasparenti, anche al fine di evitare ulteriori procedure di infrazioni e la realizzazione di opere non necessarie ovvero che rimangono incompiute.
(7-00918) «De Lorenzis, Daga, Dell'Orco, Spessotto, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Nicola Bianchi, Carinelli, Zolezzi».


   La III Commissione,
   premesso che:
    dal rapporto 2015 di Amnesty International «Generazione carcere: la gioventù egiziana dalle proteste alla prigione» si evince la schiacciante repressione nei confronti dei giovani attivisti del Cairo;
    secondo gli organismi locali per i diritti umani, sotto il governo del presidente Abdel Fattah al-Sisi il giro di vite iniziato nel luglio 2013 con l'arresto di Morsi e dei suoi sostenitori si è allargato via via a tutto il panorama politico egiziano, con oltre 41.000 persone arrestate, accusate di reati penali e processate in modo irregolare;
    la nuova legge sulle manifestazioni, promulgata il 24 novembre 2013 dal presidente egiziano della Suprema Corte Costituzionale Adly Mansour, rappresenta un grave passo indietro che costituisce una forte minaccia alla libertà di riunione e dà alle forze di sicurezza briglia sciolta per l'uso della forza eccessiva, inclusa quella letale, contro i manifestanti; con essa, infatti, si autorizzano le autorità ad arrestare e processare dimostranti pacifici senza limitazioni criminalizzando anche la mera azione di scendere in strada senza previa autorizzazione;
    tra i casi documentati dal rapporto di Amnesty International emergono quelli di: Ahmed Maher e Mohamed Adel, leaders del «Movimento giovanile 6 aprile»; il noto blogger Ahmed Douma; Alaa Abd El Fattah, voce critica del regime che è stato in prigione sotto il deposto Hosni Mubarak e il Consiglio supremo delle Forze armate; i difensori dei diritti umani Yara Sallam e Mahienour El-Massry;
    inoltre, si trovano in carcere persone che hanno protestato contro la deposizione di Morsi, come il cittadino irlandese Ibrahim Halawa, le studentesse universitarie Abrar Al-Anany e Menatalla Moustafa e l'insegnante Yousra Elkhateeb;
    le autorità egiziane cercano di giustificare le politiche restrittive ricorrendo al tema del mantenimento della stabilità e della sicurezza; molti arrestati sono stati portati di fronte ai giudici a seguito di accuse false o motivate politicamente e sono stati condannati, al termine di processi di massa con centinaia di imputati, sulla base di prove insufficienti o inesistenti o solo grazie a testimonianze da parte delle forze di sicurezza o a indagini della sicurezza nazionale;
    il Consiglio dell'Unione europea, nell'agosto del 2013, condannando con la massima fermezza tutti gli atti di violenza, decise di sospendere le licenze di esportazione verso l'Egitto per qualsiasi attrezzatura che potrebbe essere usata a fini di repressione interna; tuttavia, malgrado fosse stata adottata questa disposizione in ambito europeo, l'Italia ha continuato a inviare armi in Egitto, nonostante le pesanti violazioni dei diritti umani operati dalle autorità egiziane;
    secondo Giorgio Beretta, analista dell'Osservatorio sulle armi leggere (OPAL) di Brescia, infatti, l'Italia non solo nel 2014 ha fornito le forze di polizia egiziane di 30 mila pistole, ma nel 2015 ha inviato in Egitto altri 1.236 fucili a canna liscia;
    di fatto, dunque, il nostro Paese è l'unico dell'Unione europea che, dalla presa del potere del generale al-Sisi, ha inviato armi utilizzabili per la repressione interna all'Egitto;
    è opportuno ricordare che nel settembre 2013 l'Italia ha ratificato il Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty, A.T.T.) con la legge n. 118 del 2013, entrato in vigore a dicembre 2014; in particolare, l'articolo 6, comma 3, dello stesso prevede il divieto di autorizzare il trasferimento di armi convenzionali nel caso in cui, in fase di valutazione della richiesta, vi sia conoscenza che i materiali potrebbero essere utilizzati per commettere crimini contro l'umanità, violazioni delle convenzioni di Ginevra del 1949, attacchi diretti a obiettivi o soggetti civili;
    la legge n. 185 del 1990 prevede il divieto di esportazione di armamenti verso Paesi in stato di conflitto armato, o Paesi la cui politica contrasta con l'articolo 11 della Costituzione italiana;
    l'Egitto ha firmato e ratificato nel gennaio 1982 il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali nelle cui premesse viene riconosciuto che «in conformità alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, l'ideale dell'essere umano libero, che goda della libertà dal timore e dalla miseria può essere conseguito soltanto se vengono create condizioni le quali permettano ad ognuno di godere dei propri diritti economici, sociali e culturali, nonché dei propri diritti civili e politici; (...) che lo Statuto delle Nazioni Unite impone agli Stati l'obbligo di promuovere il rispetto e l'osservanza universale dei diritti e delle libertà dell'uomo; (..) infine che l'individuo, in quanto ha dei doveri verso gli altri e verso la collettività alla quale appartiene, è tenuto a sforzarsi di promuovere e di rispettare i diritti riconosciuti nel presente Patto»,

impegna il Governo:

   a rispettare la decisione del Consiglio dell'Unione europea dell'agosto 2013 e di sospendere l'invio alle forze militari, agli apparati di sicurezza e alle forze dell'ordine dell'Egitto di ogni tipo di arma e di materiale che possa venire impiegato per la repressione interna;
   a rispettare pienamente sia il dettato della legge n. 185 del 1990 sia il Trattato sul commercio internazionale delle armi (Arms Trade Treaty, A.T.T.);
   ad assumere iniziative affinché il Governo egiziano rispetti il diritto internazionale, in particolare il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali firmato e ratificato dallo stesso.
(7-00916) «Spadoni, Frusone, Manlio Di Stefano, Basilio, Scagliusi, Rizzo, Di Battista, Corda, Sibilia, Paolo Bernini, Del Grosso, Tofalo, Grande».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    la linea ferrovia Orte-Civitavecchia, inaugurata il 28 ottobre 1928 ed aperta al traffico l'anno successivo, inglobando la breve tratta Capranica-Ronciglione, aperta nel 1894 come diramazione della ferrovia Roma-Capranica-Viterbo, venne progettata per collegare le acciaierie di Terni con il porto di Civitavecchia;
    il servizio ferroviario lungo la linea venne interrotto durante il periodo bellico, e riprese nel 1947, ma a seguito di un piccolo evento franoso che interessò i binari all'imbocco della galleria Cencelle, lato Civitavecchia, alla progressiva chilometrica 13+209 nel gennaio del 1961, il tratto tra Civitavecchia e Capranica venne chiuso al traffico, lasciando in servizio solo la tratta da Capranica a Orte, anche questa successivamente chiusa, a partire dal settembre 1994;
    pochi mesi prima della chiusura, la tratta Capranica-Orte fu interessata da lavori di ammodernamento, con l'automazione dei segnali e dei passaggi a livello, che purtroppo vennero vandalizzati e depredati a seguito della mancata sorveglianza della linea;
    dal sito di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane), alla pagina «Circolari Territoriali e Fascicoli Circolazione Linee», la linea ferroviaria in questione è annoverata nel «Fascicolo Linea 113», a partire dalla pagina 21, nel quale è riportato «la Linea ORTE-CIVITAVECCHIA, in cui testualmente è scritto: CAPRANICA-CIVITAVECCHIA: temporaneamente chiusa all'esercizio. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 398 del 14 novembre 2011 è stata autorizzata la dismissione della linea, ad eccezione della tratta compresa tra la progressiva km 0+000 di Civitavecchia (paraurti “Porta Tarquinia di Civitavecchia”) e la progressiva km 4+000 (incluso il Raccordo DE.CAR.), dove è ammessa soltanto la circolazione di apposite tradotte nel rispetto delle disposizioni riportate nella successiva Sez. 4.14; CAPRANICA-ORTE: temporaneamente chiusa all'esercizio. Eccezionalmente, la circolazione di rotabili è ammessa soltanto in regime di interruzione, con la scorta di un agente del tronco lavori e previa abilitazione al movimento delle stazioni interessate»;
    secondo quanto riportato in precedenza, entrambi i tratti della linea in questione, ovvero il tratto Capranica-Civitavecchia e il tratto Capranica-Orte, risultano essere allo «stato attuale», «temporaneamente chiusi all'esercizio»;
    negli ultimi trent'anni la ferrovia è stata oggetto di diverse iniziative legislative e programmi, tra questi il «Programma Integrativo» per le ferrovie del 1981, col quale vennero stanziati i finanziamenti necessari alla riapertura della tratta interrotta tra Civitavecchia e Capranica, il decreto del Ministero dei trasporti del 1983, con cui si è approvata la concessione per i lavori di ripristino del tratto Civitavecchia-Capranica, il cui primo stralcio è stato completato nel 1994, con una spesa di circa 220 miliardi di lire e la legge finanziaria del 1998, che ha stanziato 123 miliardi di lire per il completamento dei lavori, consistenti nel rifacimento della tratta Civitavecchia-Mole del Mignone, armamento del sedime tra Civitavecchia e Capranica ed elettrificazione di tutta la linea tra Civitavecchia ed Orte;
    i lavori stabiliti col decreto del 1983 sono gli unici ad essersi regolarmente conclusisi, e consistenti nella ricostruzione della linea tra Mole del Mignone e Capranica, l'adeguamento della sagoma e del peso assiale massimo e la predisposizione all'elettrificazione, mentre non sono mai stati attivati gli altri cantieri previsti nella «finanziaria» del 1998, di cui ad oggi è ignota la destinazione dei finanziamenti stanziati;
    nel febbraio 2009, con Dgr n. 69 del 6 febbraio 2009, la regione Lazio ha preso atto della decisione della Commissione europea del dicembre 2008, con la quale è stato concesso un finanziamento al progetto preliminare per il ripristino di un collegamento ferroviario fra il Porto di Civitavecchia e l'asse prioritario TEN-T n.1 in località Orte, presentato dalla direzione regionale trasporti e in esito alle operazioni della commissione giudicatrice, la direzione regionale trasporti, ha aggiudicato definitivamente l'appalto alla ATI Italferr S.p.A., con determinazione dirigenziale n. B6289 del 4 dicembre 2009, con un budget complessivo del progetto di euro 2.000.000,00 così suddiviso: 1.000.000,00 euro finanziato dalla Commissione europea, 600.000,00 euro di cofinanziamento regionale e 400.000,00 euro di cofinanziamento da parte dell'interporto di Orte (Interporto Centro Italia Orte S.p.A) e dell'autorità portuale di Civitavecchia;
    il 10 febbraio 2011 il consiglio provinciale di Viterbo ha deliberato l'impegno alla giunta e al presidente affinché si organizzi una sessione di Giunta congiunta tra provincia e Regione, dove vengano specificate le tempistiche, le modalità ed i finanziamenti relativi alle opere giudicate prioritarie, tra queste il collegamento ferroviario tra Orte e Civitavecchia che favorirebbe il collegamento tra l'area industriale umbra e il porto di Civitavecchia e che quindi creerebbe sviluppo economico e sociale nella Tuscia, interrompendo la dipendenza economica da Roma, oltre a dare pieno sviluppo all'interporto di Orte utile oggi solo alla regione Umbria;
    il 20 dicembre 2011, presso il consiglio regionale del Lazio, si è svolta la prima riunione della conferenza di servizi per il ripristino della linea, in assoluta controtendenza rispetto a quanto previsto nel decreto ministeriale n. 398 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli del 14 novembre 2011, che ha autorizzato la dismissione della linea tra Civitavecchia e Capranica, con l'esclusione dei primi 4 chilometri a servizio del porto;
    nel «Piano Mobilità Lazio» del 2011, ovvero lo scenario di riferimento della mobilità, che è lecito attendersi in base alle tendenze in atto e tenendo conto dei piani approvati e in corso di approvazione per la Regione Lazio, tra gli interventi previsti, ossia quelli che prevedono l'adeguamento delle infrastrutture e/o le nuove realizzazioni, nella sezione «Do Everything» che comprende tutti gli interventi proposti nei piani e nei programmi esistenti, ossia gli studi condotti delle varie amministrazioni che saranno sottoposti alla valutazione dei cittadini, alla lettera «F», si legge «Ferrovia Orte-Civitavecchia, ripristino della linea ferroviaria dismessa tra il porto di Civitavecchia l'asse ferroviario 118/211 TEN-T Berlino-Brennero-Palermo e Falconara»;
    a pagina 131 del «Piano Regionale Mobilità, Trasporti e Logistica» (2014) si legge: «Quindi, è importante il ripristino della ferrovia Orte-Civitavecchia, in collegamento con la linea Orte-Falconara che, in connessione alla realizzazione del Centro Intermodale di Orte, consentirebbe l'utilizzo pieno delle potenzialità del porto di Civitavecchia e nuove possibilità per il polo industriale di Civita Castellana nonché per il polo industriale di Terni;
    il 12 gennaio del 2016 il consiglio regionale del Lazio ha approvato alla unanimità l'ordine del giorno a prima firma della consigliera Silvia Blasi che impegna la giunta regionale ad inserire la ferrovia Civitavecchia-Capranica-Orte tra le opere di primaria importanza da finanziare attraverso i fondi previsti dalla missione relativa al trasporto ferroviario;
    il decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, «Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto», all'articolo 5, è riportato che nei confronti delle ferrovie in concessione o, comunque, di loro singoli impianti o di parti di essi nonché del materiale mobile, realizzati con contributi finanziari dello Stato resta fermo quanto stabilito dall'articolo 102 del testo unico approvato con regio decreto 9 maggio 1912, n. 1447, e dal capo VI del regolamento approvato con regio decreto 25 maggio 1895, n. 350, e successive modificazioni, e definitivo per quanto riguarda il generale collaudo, che, in ogni caso, non potrà intervenire se non trascorso un anno dall'apertura all'esercizio. Il collaudo si effettua anche per le opere realizzate con contributi finanziari delle regioni o degli enti locali territoriali, intendendosi sostituiti agli organi statali quelli regionali o degli enti locali medesimi;
    allo stato attuale il «tronco» Capranica-Orte appare in condizione di semiabbandono, a causa della vegetazione che ha invaso la linea ferrata, i caselli, le stazioni e le altre infrastrutture ferroviarie, con quest'ultime che presentano inoltre evidenti segni di degrado dovuti all'abbandono, il cui recupero, se non fosse effettuato in tempi rapidi, sarebbe molto difficile ed oneroso;
    il ripristino della tratta ferroviaria Orte-Civitavecchia per il regolare servizio passeggeri, fortemente caldeggiato dalle comunità locali, dai comitati dei cittadini e dai loro rappresentanti istituzionali, consentirebbe di migliorare notevolmente i collegamenti con Roma, Viterbo, Orte e il litorale tirrenico, favorendo lo sviluppo economico-sociale dell'intera «Tuscia» e del comprensorio dei «Monti Cimini», anche nel caso in cui fosse ripristinata solamente per finalità turistiche, come dimostrano le esperienze delle ferrovie turistiche Asciano-Monte Antico o la Palazzolo-Paratico;
    nel «Libro bianco sui trasporti» della direzione generale della mobilità e dei trasporti della Commissione europea del 2011, si leggono dieci obiettivi molto impegnativi concepiti per orientare le strategie e valutare i progressi. Essi annoverano, tra gli altri, la graduale eliminazione delle automobili alimentate a carburanti tradizionali dalle città entro il 2050 e il passaggio del 50 per cento del flusso passeggeri su media distanza e del flusso merci su lunga distanza dal trasporto su gomma ad altre modalità. L'obiettivo è quello di giungere ad una riduzione del 60 per cento delle emissioni di CO2 e ad una riduzione equivalente della dipendenza dal petrolio. Tra i 10 obiettivi, il numero 4 prevede di completare entro il 2050 la rete ferroviaria europea ad alta velocità, triplicare entro 2030 la rete ferroviaria ad alta velocità esistente e mantenere in tutti gli Stati membri una fitta rete ferroviaria. Entro il 2050, la maggior parte del trasporto di passeggeri sulle medie distanze dovrebbe avvenire per ferrovia, mentre nel quinto obiettivo, entro il 2030, dovrebbe essere pienamente operativa in tutta l'Unione europea una «rete essenziale» TEN-T multimodale e nel 2050, una rete di qualità e capacità elevate, con una serie di servizi d'informazione connessi;
    nel piano di bacino della provincia di Viterbo, redatto dall'Università La Sapienza e approvato nel 2013 all'unanimità dal consiglio provinciale, la riapertura della ferrovia Orte-Civitavecchia si pone come prioritaria per lo sviluppo economico della Tuscia e del Centro Italia. Nello studio si può leggere di come tale riapertura consente la realizzazione di un anello ferroviario su linee esistenti, chiamato «Circumcimina», in cui si congiungeranno nuovamente le stazioni di Fabrica di Roma FS e Atac alla ex-Roma nord, tramite infrastrutture già esistenti, e le stazioni di Viterbo di Porta Fiorentina FS e Atac; la Circumcimina, con la creazione di una fermata vicino all'Ospedale Belcolle di Viterbo, sarà a servizio di un'utenza stimata dai tecnici dell'università di circa 170.000 persone, più della metà dell'intero Lazio nord, connettendo tale utenza via ferro, all'unico presidio sanitario strutturato di riferimento provinciale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a superare gli impedimenti di carattere burocratico-amministrativo che ostacolano la definitiva riapertura della linea ferroviaria Orte-Civitavecchia e in modo particolare del «tronco» Capranica-Orte dotata di binari, e ad adottare iniziative normative affinché possa essere celermente riattivata la circolazione dei convogli merci e passeggeri lungo tutta la tratta;
   ad assumere le opportune iniziative di competenza affinché Rfi spa ottemperi alla manutenzione ordinaria e straordinaria della linea ferroviaria e delle sue infrastrutture, nel tratto Capranica-Orte della linea, in linea con quanto riportato nell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980;
   a rivalersi su RFI spa per il ripristino degli impianti della linea Capranica-Orte, già finanziati con fondi pubblici, dato che la «cannibalizzazione» ed il deterioramento di quest'ultimi appaiono imputabili esclusivamente alla mancata vigilanza e manutenzione da parte del concessionario;
   nell'ottica di un ammodernamento globale e del miglioramento delle vie di comunicazione tra la Provincia di Viterbo e Roma, ad assumere iniziative di competenza affinché siano messe in atto tutte le azioni concrete per il ripristino della linea ferroviaria dismessa tra il porto di Civitavecchia e l'asse ferroviario 118/211 TEN-T Berlino-Brennero-Palermo e Falconara.
(7-00917) «De Lorenzis, Massimiliano Bernini, Spessotto, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Nicola Bianchi, Grande, Carinelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   come si apprende da fonti giornalistiche, Christian James Michel, un ex agente commerciale di Finmeccanica, già processato e assolto dal pubblico ministero Fusco di Busto Arsizio per le presunte mazzette sulla vendita degli elicotteri all'India nel 2010 da parte di Agusta Westland (azienda del gruppo Finmeccanica), ha reso nota la sua verità in una lettera spedita alle due Corti internazionali competenti sul caso dei marò, l'ITLOS (International Tribunal for the Law of the Sea) di Amburgo e la PCA (Permanent Court of Arbitration) dell'Aia;
   nel testo vi si legge, tra l'altro, che: «Durante le mie investigazioni sono venuto a sapere che durante il summit Onu a New York che si è tenuto dal 24 al 30 settembre 2015, Narendra Modi si è incontrato con il Presidente del Consiglio italiano Renzi. Hanno parlato dei due marò. Il primo ministro indiano ha proposto al premier italiano, in cambio di prove sul fatto che il consulente chiave di Finmeccanica-Augusta Westland (riferito alla mia persona) ha avuto una qualche relazione con qualche membro della famiglia Gandhi (tra le forze principali di opposizione al governo indiano), che il premier indiano avrebbe agevolato il caso che vede imputati i due marò»;
   dunque, secondo quanto scrive anche il britannico Telegraph, il Governo indiano avrebbe offerto all'Italia di lasciare liberi Salvatore Latorre e Massimiliano Girone in cambio di informazioni che collegassero la presidente del Partito del Congresso, Sonia Gandhi, oppositrice guarda caso del premier indiano Modi, e la sua famiglia alle presunte tangenti pagate per la fornitura all'India, poi bloccata, di dodici elicotteri Agusta/Westland;
   la questione è anche ripresa dal quotidiano indiano The telegraph che, tra le altre, riporta il seguente passaggio: «Il primo ministro indiano, ha proposto al primo ministro italiano che, in cambio di qualche prova delle relazioni del consigliere chiave di Finmeccanica/AgustaWestland con qualsiasi membro della famiglia Gandhi, avrebbe dato il suo aiuto per risolvere il caso dei due marines italiani»;
   alla vicenda delle citate presunte tangenti (sulle quali è in corso un processo) è legato anche il nome di Oommen Chandy, chief minister dello stato indiano del Kerala, il principale accusatore dei due marò, attualmente nell'occhio del ciclone per corruzione;
   peraltro, come ebbe già modo di scrivere il giornalista Marco Lillo su Il Fatto quotidiano del 31 gennaio 2014: «La sensazione netta è che i due procedimenti penali, quello contro i marò in India e quello dal quale potrebbero emergere i rappresentanti (per ora sconosciuti) della politica indiana che avrebbero preso le mazzette, sono vicende incrociate. Le stranezze delle due storie, se le si riguarda insieme, sembrano avere più senso. Il governo indiano ha congelato la commessa che sarebbe stata vinta secondo il pubblico ministero Fusco grazie alle mazzette da Agusta ma fa filtrare l'idea di un arbitrato, notoriamente il preludio a una chiusura morbida» –:
   quale sia la posizione del Governo in ordine a quanto evidenziato in premessa, soprattutto sulla verità relativa al paventato scambio di dossier contro Sonia Gandhi in cambio della libertà per i marò;
   per quali ragioni non abbia ritenuto di informare il Parlamento dell'incontro avuto con il Premier indiano Narendra Modi, con particolare riferimento alla vicenda dei due fucilieri ancora sotto processo in quel Paese, ancorché senza alcun capo d'accusa specifico.
(2-01270) «Del Grosso, Manlio Di Stefano, Sibilia, Spadoni, Di Battista, Scagliusi, Grande».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SEGONI, BALDASSARRE, ARTINI, TURCO, BECHIS, CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità 2016, legge 28 dicembre 2015, n. 208, ai commi che vanno dal 974 al 977 stanzia per l'anno 2016 la somma di 500 milioni di euro per l'istituzione e l'attuazione del «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualità del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti all'accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana, al potenziamento delle prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilità sostenibile, allo sviluppo di pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per l'inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati»;
   i commi specificano, inoltre, che ai «fini della predisposizione del Programma, entro il 10 marzo 2016 gli enti interessati trasmettono i progetti di cui al comma 974 alla Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo le modalità e la procedura stabilite con apposito bando, approvato, entro il 31 gennaio 2016, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281»;
   a differenza delle precedente edizione (attuata con decreto del Presidente del Consiglio il 15 ottobre 2015, dando seguito all'articolo 1 commi 431, 432, 433 e 434 della legge di stabilità 2015, 23 dicembre 2014, n. 190, che istituiva un «Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate», stabilendo la somma complessiva per la dotazione al fondo per l'attuazione del Piano Nazionale in 194.138.500,00, ripartiti in modo diverso per gli anni 2015, 2016 e 2017 e da destinarsi a tutti i comuni) il nuovo programma straordinario di intervento per la riqualificazione delle periferie sarà rivolto alle sole città metropolitane e comuni capoluogo di provincia;
   il Governo ha deciso di destinare la somma sopradetta di 500 milioni di euro per la riqualificazione speciale, a fine novembre 2015, all'indomani degli attacchi terroristici di Parigi;
   alla data del 10 febbraio 2016, nessun bando con decreto della Presidenza del Consiglio è stato ancora pubblicato e tutti i comuni sono in attesa di sapere i criteri vincolanti per la presentazione dei progetti e per la successiva proclamazione dei vincitori da parte del «nucleo di valutazione»;
   in data 9 febbraio 2016 l'assessore all'urbanistica del comune di Torino, sul sito dell'ANCI (Associazione nazionale camuffi italiani), segnalato dalla stessa Gazzetta Ufficiale come sito di riferimento, denuncia come già a fine dicembre fosse stato chiesto un incontro con la Presidenza del Consiglio per conoscere i contorni della proposta;
   non avendo ricevuto alcuna risposta l'ANCI ha ribadito la propria disponibilità ad istituire il tavolo tecnico necessario all'emanazione del bando, ma di nuovo, è ancora in attesa di un riscontro e si augura che sia, a questo punto, garantito un tempo congruo per la presentazione dei progetti –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   se intendano chiarire i motivi del ritardo della pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio riguardante la riqualificazione delle periferie metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;
   se il Governo non reputi necessario e urgente fissare e rendere pubblica la nuova data di divulgazione del bando. (4-12048)


   MELILLA e DANIELE FARINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   tra i nuovi sottosegretari che il Governo ha nominato recentemente non figura un sottosegretario delegato per le materie di competenza del dipartimento per le politiche anti droga, facente capo alla Presidenza del Consiglio;
   si tratta di una decisione che, a parere degli interroganti, non tiene conto di importanti e imminenti appuntamenti istituzionali, che dovrebbero essere affrontati con scelte politiche chiare e tempestive e, possibilmente, in discontinuità con le scelte del passato;
   tra le più importanti scadenze, italiane e internazionali, del dipartimento, già in agenda, figurano: a metà marzo l'ultimo appuntamento della Commissione droghe dell'ONU che darà poi luogo alla sessione speciale dell'Assemblea Generale (UNGASS) sugli stupefacenti prevista dal 19 al 21 aprile 2016; la convocazione urgente della sesta Conferenza nazionale sulla droga – che non viene convocata dal 2009 – rispetto alla quale il Governo ha confermato di avere già accantonato i fondi e che dovrebbe fare il punto su leggi e politiche attuate dal nostro Paese in materia di uso di sostanze stupefacenti e di dipendenze; la preparazione e la stesura della relazione al Parlamento, per il 2016, in materia di dipendenze;
   sul piano parlamentare è necessario riprendere l’iter dell'AC 3235 e abbinate, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis indica e dei suoi derivati, nonché norme per la tassazione dei derivati della cannabis indica, avviato nel novembre 2015 nelle commissioni congiunte giustizia e affari sociali –:
   quali siano le ragioni per le quali non si è proceduto ad assumere le iniziative di competenza per la nomina di un sottosegretario per le politiche sulle droghe e del direttore scientifico del dipartimento per le politiche sulle droghe;
   quale sia la posizione del Governo in relazione al processo negoziale in atto sulla preparazione dei documenti finali della sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGASS) sulle droghe, del 19-21 aprile 2016, con particolare riferimento alla necessità di garantire «un dibattito inclusivo e aperto», come più volte affermato dagli Stati membri dell'Unione europea;
   se non si ritenga utile, prima dell'Assemblea generale dell'ONU, intervenire nel processo preparatorio a partire dal documento predisposto dalla Commissione droghe della Nazioni unite di Vienna, noto come «Zero Draft», al fine di inserire temi di grande rilevanza più volte evocati, anche dal nostro Paese, e relativi all'attuale sistema del controllo sulle droghe, quali: diritti umani (ivi compresa la pena di morte), salute (riduzione dei rischi e dei danni), sovraffollamento carcerario e accesso alle medicine essenziali. (4-12049)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è diventato operativo il piano di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute dalla regione siciliana;
   il decreto del presidente della regione siciliana prevede il mantenimento della partecipazione pubblica regionale solo per le seguenti società: Azienda siciliana trasporti; Servizi ausiliari Sicilia; Sicilia e servizi; Riscossione Sicilia; Irfis FinSicilia; Sviluppo Italia Sicilia; M.a.a.s per il settore agro-alimentare; Siciliacque; Parco scientifico e tecnologico; Seus, Servizi di emergenza sanitaria Sicilia emergenza urgenza sanitaria S.c.p.a. e S.p.i. per l'area gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare;
   secondo quanto prevede l'assessore regionale al bilancio siciliano, saranno di centinaia di migliaia di euro all'anno i risparmi per le casse regionali a motivo dei minori compensi per gli amministratori ridotti sia nel loro numero per ogni società partecipata che per tutte quelle società partecipate che saranno liquidate e chiuse;
   spetterà all'assessorato regionale dell'economia assumere tutte quelle iniziative tendenti a garantire, nei limiti dell'equilibrio economico finanziario, il mantenimento dei livelli occupazionali attraverso interventi di fusione, liquidazione, incorporazione o trasferimenti anche parziali delle attività;
   questa operazione di riordino amministrativo siciliano, a giudizio dell'interrogante, se non viene accompagnata da una contestuale operazione di dismissione delle competenze regionali si ridurrà alla nomina di dieci amministratori unici e lascerà intatta tutta la spesa improduttiva e parassitaria della regione siciliana;
   ogni aspetto della vita economica che possa essere gestito dall'economia privata deve essere liberato dall'oppressione della burocrazia regionale siciliana e nazionale secondo i più elementari principi dell'economia;
   questa operazione di riordino, inoltre, è priva di ogni altro atto legislativo ed amministrativo conseguente all'efficientamento della macchina amministrativa: il personale delle società partecipate già soppresse andrà ad ingolfare le altre società partecipate superstite o l'organico dei ruoli pubblici regionali;
   nel resto d'Italia, poi, a dispetto e contro ogni annuncio del Governo da qualche anno a questa parte non si sta procedendo ad alcuna operazione di liquidazione/chiusura/accorpamento delle varie società partecipate e/o municipalizzate lasciando intatto quello che appare all'interrogante un canale di improprio finanziamento occulto della politica locale;
   a giudizio dell'interrogante, invece, il Governo dovrebbe farsi carico di una riforma organica, per quanto di competenza, del settore delle società a partecipazione pubblica statale e regionale/comunale, riforma con la quale efficientare le società che operano nei settori chiave dell'intervento pubblico, i cosiddetti servizi pubblici essenziali, e chiudere o vendere tutto il resto –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-12053)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Regione siciliana produce, quotidianamente, 6 milioni di chilogrammi di rifiuti. Questi rifiuti vengono differenziati per la vergognosa percentuale del 10 per cento e conferiti in discarica per il restante 90 per cento mentre la normativa europea prescrive ed obbliga gli enti locali a giungere alla percentuale minima del 65 per cento di rifiuti differenziati;
   di questi 6 milioni di chilogrammi giornalieri, 2 milioni di chilogrammi rappresenta la cifra del rifiuto umido organico ed il resto si potrebbe differenziare e riciclare se solo i comuni riuscissero ad organizzare la raccolta differenziata;
   la raccolta differenziata, però, se il singolo comune viene lasciato solo dall'ente regione non basta e potrebbe portare a guai ben peggiori se non organizzata a livello provinciale e/o regionale;
   appunto a questo dovrebbe servire un serio piano regionale dei rifiuti: organizzare ogni fase del rifiuto, dal contenitore vicino alla propria abitazione fino alle singole attività di raccolta, conferimento, riconversione e riuso dei vari elementi del rifiuto organico, inorganico ed indifferenziato che sia;
   il Governo nazionale e la regione siciliana, invece, a giudizio dell'interrogante si limitano ad individuare due siti dove costruire due termovalorizzatori senza occuparsi di nient'altro;
   questi due termovalorizzatori siciliani saranno costruiti nelle centrali Enel dismesse di Termini Imerese e di S. Lucia del Mela a cui forse, se ne potrebbe aggiungere un terzo a Priolo;
   per realizzare un inceneritore serviranno almeno sei anni, ma nel frattempo bisognerà comunque provvedere all'emergenza rifiuti, visto che le discariche siciliane, nel giro di pochi mesi, saranno sature ed alcune sono già in regime di proroga;
   anche nella remota eventualità che i due termovalorizzatori vengano effettivamente costruiti e messi in funzione, non si è nemmeno tenuto conto dell'impatto logistico che il trasporto fisico dei rifiuti dai singoli comuni ai due/tre inceneritori avrebbero sui mezzi e sui territori attraversati giornalmente da centinaia di autocompattatori pieni di rifiuti;
   a giudizio dell'interrogante, se non si provvede celermente alla riduzione ai minimi livelli dell'ultima frazione indifferenziabile da inviare, ora sì, al termovalorizzatore attraverso un'efficace raccolta differenziata, qualunque altra ipotesi o soluzione sarebbe inefficace ed inutile;
   in proposito, deve essere prevista e promossa seriamente l'alternativa dell'utilizzo di tecnologie più efficienti e sostenibili come la valorizzazione energetica della frazione organica mediante digestione anaerobica per la produzione di biometano, che è peraltro oggetto di una specifica normativa nazionale di incentivazione;
   un serio piano regionale dei rifiuti deve essere preparato e trovare immediata attuazione da parte delle istituzioni nazionali di concerto con quelle regionali siciliane, visto che l'ultimo piano approvato è datato 2012;
   anche le altre regioni che hanno dato parere favorevole al decreto del Governo, però, hanno subordinato il loro consenso al riconoscimento di un potere delle regioni su come realizzare il piano. Peccato che di questo piano in Sicilia non v’è traccia o, se c’è, è secondo l'interrogante del tutto insufficiente ed inefficace;
   a giudizio dell'interrogante, l'immobilismo della regione siciliana in tema di rifiuti è evidente e lo «stato di emergenza» è già nella realtà delle cose;
   il Governo, ad avviso dell'interrogante, non può esimersi dall'assumere le iniziative di competenza per addivenire alla nomina di un Commissario per l'intero settore della gestione dei rifiuti in Sicilia, la cui emergenza non può aspettare tanto –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, abbiano intrapreso o abbiano intenzione di intraprendere in merito alle vicende esposte in premessa. (4-12064)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno, circa 300 lupi sono violentemente uccisi dal bracconaggio mediante l'uso del fucile, di lacci di filo metallico o bocconi avvelenati. Pochi giorni fa nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini – un esemplare di lupo studiato dai ricercatori – è stato barbaramente ucciso;
   l'Unione zoologica italiana, per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha redatto la bozza del nuovo piano di conservazione e di gestione del lupo in Italia;
   tale bozza contiene, fra l'altro, il via libera all'uccisione di lupi e di cani vaganti;
   il 16 febbraio 2016 si riunirà il Comitato paritetico allo scopo di formulare un parere sul nuovo piano di Conservazione e di gestione del lupo in Italia e successivamente la conferenza Stato-regioni, potrebbe dare il via in Italia all'uccisione «legale» dei lupi;
   il «Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia» non riporta alcun dato o prove documentate che attestino l'efficacia degli abbattimenti per il raggiungimento degli obiettivi dichiarati dallo stesso Piano;
   inoltre, studi scientifici dimostrano che se applicato quanto contenuto nel piano, ci sarebbe un potenziale aumento della predazione al bestiame domestico dovuto allo smantellamento dei branchi con aumento degli esemplari vaganti per effetti di abbattimenti legali. Per di più gli abbattimenti legali rafforzerebbero il fenomeno del bracconaggio a danno di questa specie;
   i danni procurati dai lupi nei confronti della popolazione e del bestiame si potrebbero contenere e ridurre attraverso attivazione di misure concrete di prevenzione: recinti elettrificati, cani da guardia e una mirata campagna d'informazione e sensibilizzazione, al fine di tutelare e preservare una specie protetta e con un alto valore simbolico per la conservazione della Natura;
   l'eventuale approvazione del «Piano di gestione del lupo in Italia» – in discussione a breve nell'ambito della Conferenza Stato-regioni – è secondo gli interroganti arretrato, inefficace e discutibile sotto il profilo della conservazione della specie del lupo in Italia;
   nel mese di dicembre 2015, la Lega Antivivisezione inviava al direttore generale protezione della natura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dottoressa Maria Carmela Giarratano, alcune osservazioni ed un contributo tecnico-scientifico alla bozza di piano di conservazione;
   da allora, a quanto risulta agli interroganti non si è avuto nessun aggiornamento, né in relazione allo stato di avanzamento dei lavori, né in relazione all'accoglimento o meno delle osservazioni e del contributo del documento inviato dalla LAV;
   si ricorda che l'articolo 4 del decreto ministeriale del 6 giugno 2011 «Istituzione del Comitato paritetico per la Biodiversità, dell'Osservatorio nazionale per la Biodiversità e del Tavolo di consultazione», al comma 1 – afferma che il confronto tra il Comitato paritetico ed i portatori d'interesse si attua attraverso un Tavolo di consultazione con i rappresentanti delle Associazioni ambientaliste, mentre il comma 2 sancisce che il Tavolo di consultazione viene convocato dal Comitato ristretto «ogni qualvolta si renda necessario un confronto specifico sulle tematiche affrontate nelle aree di lavoro della Strategia nazionale per la biodiversità»;
   l'argomento in trattazione, ovvero il nuovo «Piano di conservazione e di gestione del lupo in Italia», rappresenta un caso esemplare e delicato che, per la sua importanza e l'attenzione che desta fra operatori e opinione pubblica, necessita del confronto preventivo ufficiale con i portatori di interesse, tra i quali si annoverano le associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero, se il Ministro interrogato ne sia a conoscenza e, nell'eventualità positiva, se il Ministro interrogato non ritenga fondamentale aprire un confronto con le associazioni per la protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e in particolare convocarle nei termini disposti dal comma 2 dell'articolo 4 del decreto ministeriale del 6 giugno 2011;
   se non ritenga doveroso – in relazione al contributo inviato dalla LAV nel mese di dicembre scorso – fornire tempestivamente informazioni sullo stato di avanzamento dei lavori e dell'eventuale accoglimento delle osservazioni riportate nel documento;
   se non ritenga di promuovere in Conferenza Stato-regioni un deciso ripensamento rispetto alle linee guida presenti nel Piano, al fine non autorizzare l'abbattimento «legale» dei lupi, di rivedere tutte le azioni atte a fermare il fenomeno del bracconaggio commesso ai danni del lupo e nello tempo stesso proteggere le attività economiche danneggiate da questa specie protetta;
   se non ritenga opportuno metter in campo iniziative specifiche in favore della prevenzione e della protezione dei danni alla zootecnia con tempestivo e completo risarcimento dei danni subiti dagli allevatori congiuntamente a una massiccia e mirata campagna per la tutela del lupo. (4-12061)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VENTRICELLI, VICO, MICHELE BORDO, GRASSI, CAPONE, MARIANO, MASSA, GINEFRA, LOSACCO e MONGIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   così come si è appreso in queste ultime ore dagli organi di stampa, Poste Italiane ha stabilito che nella regione Puglia i postamat saranno operativi soltanto durante gli orari di apertura degli uffici postali, per evitare ulteriori assalti criminosi, come quelli verificatisi nelle ultime settimane;
   tale decisione, sempre a quanto appreso dalle pagine dei giornali, sarebbe stata assunta sabato 6 febbraio 2016, giorno in cui Poste Italiane ha deciso di disattivare le macchine automatiche, consentendo il prelievo di denaro contante agli sportelli in tutta la regione Puglia e nella provincia di Matera soltanto durante gli orari d'ufficio, così da porre fine ai furti più volte perpetrati negli orari in cui gli uffici postali sono chiusi; non si è a conoscenza se si tratti o meno di un provvedimento provvisorio, ma al momento la società non avrebbe annunciato quando, e se, gli sportelli automatici torneranno a funzionare giorno e notte;
   allo stato attuale, pare che il provvedimento sia cautelativo; alla chiusura degli uffici i postamat vengono svuotati del contante dal personale per essere riforniti e resi disponibili soltanto al successivo turno lavorativo, quando il personale è operativo e presente;
   sempre a quanto appreso dai media, il 6 febbraio sarebbero apparsi alcuni cartelli che avvisavano la clientela, qualora si fosse recata a prelevare denaro con le carte presso gli sportelli automatici, con un chiaro avviso: «Gentile cliente, per motivi di sicurezza il servizio è attivo durante gli orari di apertura dell'ufficio postale», e a quanto specificato dalla direzione della società, sarà loro cura preparare un nuovo messaggio più completo per spiegare ai clienti i motivi dell'interruzione del servizio;
   solo negli timi venti giorni, in tutta la regione gli assalti ai postamat sarebbero stati una ventina, gli ultimi due il 5 febbraio a Palo del Colle e Toritto, cittadine in provincia di Bari, e Poste Italiane avrebbe spiegato così la sua scelta: «Gli assalti degli ultimi giorni, oltre a obbligarci a limitare il prelievo agli orari di sportello, hanno provocato ulteriori problemi ai cittadini perché alcune sedi sono rimaste chiuse per i lavori di ripristino dei muri e riparazione delle macchine Atm danneggiate. Molte persone anziane sono state costrette a spostarsi ad altri uffici per ritirare la pensione» –:
   se siano informati della decisione di Poste Italiane e se non intendano assumere per quanto di competenza, iniziative affinché non si verifichi un disservizio ai danni dei cittadini, dimostrando che lo Stato è in grado di combattere l'illegalità diffusa e la delinquenza nella regione Puglia. (5-07759)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDASSARRE, ARTINI, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le lavoratrici e i lavoratori di una società di call center di Roma, la Up Time spa, nata dalla cessione di ramo d'azienda della SDA Express Courier, società di corriere espresso al 100 per cento in proprietà di Poste Italiane, da ormai 15 anni operano quotidianamente e con grande professionalità per il monocliente Poste Italiane;
   Sda-Poste Italiane è proprietaria del 30 per cento di Up Time, mentre il resto della società era in proprietà del gruppo Gepin a capo della quale era posto il signor Enzo Zavaroni. Quest'ultimo, nello scorso febbraio, è stato recluso in seguito alle indagini per reato di bancarotta fraudolenta relative alla società ex Getek;
   Poste Italiane ha assegnato la commessa ad altre imprese, ad avviso degli interroganti a prezzi irrisori. Nel caso in cui non fosse rinnovata la committenza, la perdita del lavoro per i dipendenti di Up Time sarebbe certa. Per sensibilizzare l'azienda e i suoi clienti, gli operatori e le operatrici del call center hanno manifestato in modo pacifico e visibile: si sono vestiti da fantasmi, poi hanno donato il sangue all'Avis, dichiarando che è: «Meglio darlo a chi ne ha bisogno che regalarlo a chi ci vuole gettare in mezzo a una strada»;
   lo hanno fatto, sotto le finestre di Francesco Caio, amministratore delegato e direttore generale del gruppo Poste Italiane Sp.A. per dire «esistiamo anche noi: siamo vivi e vegeti e non ci farete morire così»;
   purtroppo i lavoratori in questione sembrano avere il tempo contato. «Quattro mesi per far cambiare idea a Poste, che vuole dismettere la partecipazione nel capitale della nostra società, attraverso la controllata Sda», spiega una lavoratrice. Quattro mesi perché il 30 giugno 2016 scadono definitivamente le ultime commesse che Up Time sta lavorando;
   tutto nasce da una esternalizzazione, una cessione di ramo di azienda che Sda, già allora controllata da Poste Italiane, fece del suo call center: venne creata Up Time con 141 operatori, società detenuta al 20 per cento dalla stessa Sda, al 50 per cento da Gepin e al 30 per cento da Omega. Vi confluirono i dipendenti di Sda e Poste Italiane, anche se negli anni successivi, soprattutto dopo il fallimento di Omega nel 2009 e le peripezie giudiziarie di una parte dei vertici di Gepin –, i più fortunati tra loro riuscirono a tornare al proprio impiego alle dirette dipendenze di Poste Italiane;
   100 di essi però rimasero e sono ancora al lavoro con contratto stipulato con Up Time: «Siamo il front office di Poste e di Sda per quanto riguarda la tracciatura dei pacchi, rispondiamo a nome loro – spiegano gli operatori di Up Time – Siamo stati noi, nel 1998, quando ancora eravamo dipendenti di Sda, a inventare il metodo di gestione, il modo di interagire con le filiali. E adesso, l'anno scorso, è arrivata la doccia gelata: fine della corsa»;
   Poste Italiane, come sopra anticipato, ha infatti deciso di liberarsi della quota di partecipazione e ha indetto una gara a inviti a cui, peraltro, non ha potuto partecipare neanche l'altra azionista di Up Time, la Gepin, perché a sua volta in cattive acque e con operatori in esubero. Le commesse sono dunque già state preassegnate ad altri soggetti, a prezzi che agli interroganti appaiono irrisori;
   come ha denunciato una lavoratrice, «si è arrivati a toccare la cifra record di 0,29 centesimi per minuto di chiamata, corrispettivo che non arriva a coprire il costo del lavoro». I lavoratori Uptime costano almeno il doppio, 0,60 centesimi al minuto: ci si chiede come potranno i neo assegnatari delle commesse assicurare contratti regolari e una buona qualità del servizio;
   per il momento le pre assegnazioni sono state bloccate, ma tuttora i dipendenti rischiano di perdere il lavoro: dopo il 30 giugno l'unico destino ad ora previsto è la loro messa in mobilità;
   molte dipendenti sono donne, con carichi familiari e mutui, e non è semplice trovare lavoro dopo i 40 anni. Quindi sono partiti i presidi che ormai da tre mesi gli operatori tengono incessantemente sotto la sede centrale delle Poste, in viale Europa a Roma, e sotto i più grossi uffici postali;
   «Da un paio di mesi gli stipendi tardano ad arrivare. Non vengono pagati tfr e fondi pensione, i buoni pasto latitano. Piano piano ci stanno togliendo il pane». Ma i lavoratori non demordono, le istituzioni, però, non sembrano sensibili: «Abbiamo chiesto incontri alla Regione e al Comune, quando ancora c'era il sindaco Marino, ma ci hanno sempre ignorato» –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero, se i Ministri interrogati ne siano a conoscenza e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti di competenza intendano assumere al fine di dare soluzione al problema descritto. (4-12067)


   FERRARESI, LOREFICE, SILVIA GIORDANO e MANTERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a due chilometri dal centro della città di Ferrara sorge un complesso residenziale, denominato PalaSpecchi, «ex direzionale pubblico di via Beethoven», oggi in uno stato di abbandono ed incuria, che rappresenta una ferita aperta, in condizioni tali di degrado da rappresentare un serio pericolo anche per la salute pubblica;
   i lavori per la costruzione del PalaSpecchi terminarono nel 1989, frutto del lavoro svolto dalla CoopCostruttori su commissione dei costruttori catanesi Gaetano Graci e Francesco Finocchiaro, titolari della «Società Estensi»; avrebbe dovuto ospitare appartamenti, circa 7 mila persone, uffici e servizi pubblici, assieme a un hotel di lusso e a uffici;
   poche settimane dopo la chiusura del cantiere, da un dossier della Criminalpol, emersero legami tra gli imprenditori siciliani e la criminalità mafiosa; Gaetano Graci venne arrestato e tutto il complesso venne sequestrato, decretandone la rovina;
   nel 2004, il gruppo romano Parnasi («Parsitalia Real Estate», sede della holding, via Tevere 48), attraverso la società «Ferrara 2007 srl», acquistò il palazzo, rilevandolo dal patrimonio in liquidazione del Graci; nel 2011, il comune di Ferrara, allo scopo di facilitarne il recupero, ha approvato un apposito piano, in variante al piano regolatore generale, rimuovendo il vincolo urbanistico in cambio dell'impegno della proprietà di portare a Palazzo degli Specchi una delegazione degli uffici comunali, prima fra tutte il comando della polizia municipale; Roberto Mascellani, il progettista del complesso, ha fatto un ricorso al Tar (pendente) basato principalmente sulla pretesa violazione delle norme sul «diritto d'autore», chiedendo il blocco della variante urbanistica;
   il primo lotto di lavori sarebbe dovuto partire entro la fine del 2013, ma vi è stato un ritardo in quanto, nell'opera di recupero, è stato inserito anche un nuovo progetto: quello del social housing frutto di un accordo tra Acer e Cassa depositi e prestiti;
   con delibera di giunta comunale, n. 409 del 24 giugno 2014, è stato approvato lo schema del protocollo d'intesa per l'attuazione dell'intervento di edilizia sociale, ERS, nell'ambito di uno stralcio del piano di recupero, attraverso la costituzione di un fondo immobiliare chiuso; l'accordo prevede la costruzione di 268 alloggi di housing sociale da affittare a canone calmierato, tranne una quota del 20 per cento destinata a vendita convenzionata, 110 posti letto per studenti e tremila metri quadrati destinati a servizi e commerciale;
   a gestire l'operazione di recupero, dal costo di oltre 43 milioni di euro, si occuperebbero quindi i soci di tale Fondo: Cassa depositi e prestiti-Investimenti sgr che con 32,9 milioni è il socio di maggioranza con il 75 per cento; Acer Ferrara con 3,375 milioni; Intercantieri Vittadello con 2 milioni e Ferrara 2007 s.r.l., che deve conferire i terreni, gli immobili sovrastanti e circa 5 milioni di euro;
   la costituzione del Fondo, e quindi tutta l'operazione di inizio lavori, è stata rinviata in quanto Parsitalia non avrebbe al momento la disponibilità delle risorse corrispondenti alla propria quota parte; Parsitalia ha quindi chiesto una proroga nella sua costituzione, dal 31 dicembre 2015 al 31 marzo 2016;
   Paola Delmonte, dirigente del Social housing della Cdp-Investimenti Sgr, ha però precisato che la proroga di tre mesi è stata comunque decisa anche in deroga al proprio regolamento solo «perché in questo progetto ci crediamo», ma ha anche detto che quella del 31 marzo non è una data valicabile;
   l'incuria e l'assenza di controlli hanno consentito ai malintenzionati inizialmente di dare il via al saccheggio del mobilio presente nelle stanze, per poi passare allo smantellamento e al furto dell'impiantistica; nella struttura rimangono oggi solo cemento, vetro e rifiuti;
   ciò non evita però l'occupazione abusiva dei locali; si ritiene che in alcuni periodi siano vissute circa un centinaio di persone nello stabile (oggi si assiste ad un continuo via vai di occupanti), senza acqua corrente, elettricità e servizi sanitari;
   l'area in questione (48.000 metri quadrati) ha un piano interrato che risulta essere completamente allagato; l'ambiente, chiuso e allagato costantemente, rappresenta l’habitat ideale per zanzare, topi e altri animali potenzialmente infetti, segnalati dagli abitanti limitrofi in quanto invadono l'area circostante;
   lo stato dello stabile è stato oggetto di diversi esposti alla prefettura, ai vigili del fuoco, al sindaco e all'autorità operativa di igiene pubblica, senza trovare al momento soluzione –:
   in considerazione del coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti, se il Ministro dell'economia e delle finanze non ritenga di dover valutare l'opportunità di assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare che, a seguito dell'eventuale possibile mancato versamento di una quota corrispondente a circa il 10 per cento dell'intero piano da parte di Parsitalia Real Estate, tutta l'operazione di recupero del PalaSpecchi, attesa da anni, possa finire in un nulla di fatto, causando un danno a tutta la città di Ferrara, sia in termine di immagine, di valorizzazione economica, di qualificazione urbana, di politiche sociali abitative e di ordine pubblico;
   se il Ministro dell'interno non ritenga, anche a seguito dei continui rinvii nell'inizio dei lavori di recupero del PalaSpecchi, di valutare l'opportunità di assumere iniziative, per quanto di competenza e anche per il tramite del prefetto, atte ad evitare il perdurare di una situazione, in contesto urbano, di potenziale rischio per la sicurezza della popolazione e per la salute pubblica dei residenti nelle abitazioni limitrofe al complesso di cui in premessa. (4-12068)


   PRATAVIERA, CAON, MATTEO BRAGANTINI e MARCOLIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il sistema bancario italiano e i correntisti/clienti delle banche e degli istituti finanziari stanno attraversando un periodo a dir poco burrascoso, con molte incertezze e una diffusa diffidenza riguardo alla gestione e alla governance degli istituti di credito e di intermediazione finanziaria;
   anche a seguito delle conseguenze della grave crisi economica e finanziaria che l'Italia sta attraversando, sono sempre più numerosi i cittadini/correntisti degli istituti di credito, che si rivolgono alla magistratura per avere giustizia, con accuse circostanziate e gravi che vanno dall'illecito civile di anatocismo o interessi composti (cioè il pagamento di interessi sugli interessi), fino al reato d'usura;
   questi illeciti civili e reati provocano gravissimi danni sia sociali che economici a coloro che li subiscono, tanti sfociano in vere e proprie tragedie;
   queste storie, di ordinaria furfanteria, vengono spesso riprese dai mass media e sono anche oggetto di diverse pubblicazioni editoriali, come la storia dell'imprenditore veneto Mario Bortoletto che racconta le sue vicissitudini nel libro «La rivolta del correntista»;
   anche a seguito di questa rilevanza mediatica, sono sempre più i cittadini che ricorrono a perizie sui propri conti correnti e mutui, per verificare la correttezza gestionale del proprio istituto di credito;
   in Italia, sono molti i soggetti privati e le associazioni che si occupano del tema, tra queste Confedercontribuenti Veneto ha analizzato ben oltre 4 mila conti correnti e ha rilevato il reato di usura oggettiva, sanzionato dall'articolo 644 del codice penale e dalla legge n. 108 del 7 marzo 1996, ovvero il superamento della soglia massima prevista dalla legge, nel 85 per cento dei casi. Il presidente Alfredo Bellucco denuncia che quasi tutti gli istituti di credito, presi in esame, hanno praticato e praticano tuttora l'usura oggettiva, attraverso l'applicazione di spese e commissioni fittizie e pretestuose. Queste accuse sono state riportate da « Il Fatto Quotidiano» del 29 settembre 2015 a firma di Paolo Fior;
   molte delle cause aperte nei confronti degli istituti di credito da parte di correntisti, hanno visto riconosciuta, in giudizio l'accusa di anatocismo e di usura bancaria. Il fenomeno si sta così ampliando, in tutto il territorio nazionale, tant’è che ultimamente sono proliferati gli studi di consulenza e le perizie, che in alcuni casi attirano il cittadino con la promessa di una facile rivalsa giudiziaria –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali siano, per quanto di competenza, i suoi orientamenti in merito;
   se non ritenga di dover avviare un accurato monitoraggio, per quanto di competenza, atto a verificare, i comportamenti non conformi alla legge già denunciati dal monitoraggio effettuato da Confedercontribuenti Veneto. (4-12073)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA MAESTRI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i dati raccolti nel 2015 dall'organizzazione ECPAT (End Child Prostitution, Pornography and Traffiking) hanno svelato un esecrabile fenomeno: nel mondo un milione di turisti viaggiano per scopi sessuali. Nella maggior parte dei casi essi sono alla ricerca di prestazioni sessuali con minori e sono 80 mila gli italiani che viaggiano all'estero perché attratti sessualmente da minori;
   le mete favorite dei «turisti del sesso» sono nell'ordine: Asia ed in particolare nella zona del Sud Est Asiatico, ove il fenomeno è imponente, il Sud America e l'Africa;
   nel corso degli anni si è assistito a un cambiamento riguardo all'età e alle abitudini dei pedofili. Ora l'età degli italiani che intraprende queste attività oscilla tra i 25 e i 35 anni;
   per debellare il fenomeno, il 1o maggio 1990, a Bangkok nacque il movimento ECPAT – End Child Prostitution in Asian Tourism. Da allora lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali ha modificato le sue dinamiche, per cui l'attività di ECPAT si è necessariamente sviluppata sui diversi aspetti del fenomeno, attraverso la prevenzione ed il contrasto non più solo del «consumo» di sesso con minori, ma anche di ogni attività che preveda un utile (denaro, beni e servizi) per uno o più dei soggetti coinvolti, ogni modalità di reclutamento, favoreggiamento e sfruttamento di minori per queste finalità;
   oggi ECPAT è presente in oltre 73 Paesi. L'impegno e la competenza sono valsi alla rete il riconoscimento ufficiale da parte del Consiglio sociale ed economico delle Nazioni Unite (ECOSOC), attraverso il conferimento del ruolo di Osservatore in materia di sfruttamento sessuale dei minori. Pur conservando lo stesso acronimo l'accezione è molto più ampia: End Child Prostitution, Pornography and Trafficking;
   ECPAT Italia, dapprima movimento (1994-1998), nacque con un preciso obiettivo: introdurre nell'ordinamento giuridico italiano misure sanzionatorie per ogni forma di sfruttamento sessuale dei minori;
   nel 1998 è stata approvata la legge 3 agosto 1998, n. 269, «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù»;
   l'approvazione della legge rappresentò solo un primo passo verso la risoluzione di un problema. Emerse, infatti, la necessità di monitorare l'applicazione della legge e verificarne gli esiti, pertanto, sul finire del 1998 e l'inizio del 1999 è stata costituita ECPAT Italia Onlus con l'obiettivo di aspirare ad un mondo in cui i bambini possano crescere liberi dallo sfruttamento sessuale, secondo quanto previsto nella Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e nelle risoluzioni votate dai congressi mondiali tenutisi a Stoccolma (1996), Yokohama (2001) e Rio de Janeiro (2008);
   il vice presidente di ECPAT Italia, Marco Scarpati, aggiunge un altro dato allarmante: di tutte queste 80 mila persone che si recano all'estero per approfittarsi sessualmente dei bambini solo il 5 per cento è rappresentato da «veri» pedofili, gli altri colgono l'occasione per fare un'esperienza eccitante lontano da casa propria. «Si tratta di persone che modificano completamente il loro comportamento quando si trovano lontano da casa, per studiare o per altre ragioni. Ora abbiamo una nuova generazione di giovani italiani e questo è preoccupante». Alcuni di loro, sfruttano le loro conoscenze linguistiche dell'inglese per accedere al turismo sessuale via internet;
   l'utilizzo di internet spesso consente a pedofili che vanno all'estero di conoscere preventivamente a chi rivolgersi per trovare bambini molto piccoli, mentre i clienti abituali provano maggiore attrazione per le adolescenti;
   questo fenomeno presenta diversi stereotipi che bisognerebbe smascherare, vale a dire che si tratti di qualcosa di esclusivamente maschile. Yasmin Abo Loha, segretario generale di ECPAT Italia infatti aggiunge: «Questo è il contenitore più grande e anche quello più complicato da riuscire ad intercettare. Il fenomeno femminile esiste ma c’è meno attenzione, seppur rimane una maggiore tendenza maschile». Mentre l'uomo trascorre buona parte del soggiorno con un'unica vittima e poi cambia, la donna, con un ragazzo minorenne, intrattiene una specie di relazione. Si tratta sempre di qualcosa di illegale;
   Scarpati aggiunge che «a causa della crisi economica molte risorse dei Governi sono state tagliate ma senza fondi ci saranno ancora più vittime» e la segretaria di ECPAT Italia, Yasmin Abo Loha, aggiunge che la prevenzione e il contrasto del fenomeno sono possibili soltanto «attraverso un'attenta azione di sensibilizzazione con messaggi mirati ed efficaci per riuscire ad arrivare a tutti, rivolta sia a ragazzi che adulti»;
   la prostituzione minorile dilaga nelle aree più povere del mondo dove spesso sono le stesse famiglie delle vittime ad incoraggiarla. Disagio e difficoltà economiche sono le motivazioni delle vittime, mentre i perpetratori sono favoriti dalla corruzione delle forze di polizia e dal crimine organizzato che gestisce queste attività –:
   se i fatti esposti in premessa trovino conferma, se i Ministri interrogati ne siano a conoscenza e, nell'eventualità positiva, alla luce delle informazioni rese pubbliche dal rapporto, se il Governo intenda assumere iniziative per prevenire e contrastare il fenomeno, se intenda intensificare l'attività di cooperazione a livello giudiziario e investigativo e per reperire risorse finanziarie da destinare all'attività delle organizzazioni non governative sui territori attraverso progetti specifici di sostegno alle famiglie e supporto alle vittime e, nell'eventualità in cui iniziative di prevenzione e contrasto siano già state poste in essere, se intenda indicare i risultati ottenuti. (5-07763)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALLASIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come risulta da notizie riportate dalla stampa (la Stampa, Repubblica.it, lo Spiffero, il Secolo d'Italia, Ansa), l'ex terrorista di Prima Linea, Liliana Tosi, qualche giorno fa si è recata presso la casa circondariale di Torino in visita alla sezione femminile e all'asilo nido del penitenziario;
   secondo quanto dichiarato dall'OSAPP (Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria), la presenza dell'ex detenuta ha fatto insorgere le agenti di polizia penitenziaria, specie quelle anziane che l'hanno riconosciuta, dal momento che proprio in quel carcere la Tosi è stata detenuta negli anni ’80 e ’90 per reati relativi al terrorismo e con comportamenti tutt'altro che di «buona condotta» (rivolgeva epiteti e minacce alle agenti);
   tale visita, peraltro, a parere dell'interrogante appare ancora più inopportuna e riprovevole alla luce del fatto che il carcere di Torino è intitolato alla memoria di Giuseppe Lorusso, giovane agente di custodia che vi prestava servizio nel 1979, brutalmente ammazzato dai terroristi di Prima linea mentre si recava al lavoro;
   Lorusso – si ricorda – nel 2004 è stato riconosciuto «vittima del dovere» e gli è stata conferita la medaglia d'oro al merito civile alla memoria;
   il direttore del carcere, Domenico Minervini, ha provato a sminuire quando accaduto, parlando di percorso rieducativo che la Tosi sta facendo anche all'interno del suo ex carcere con fattive collaborazioni per un suo completo reintegro nella società –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se e quali iniziative di propria competenza intenda urgentemente adottare al fine di evitare che proprio un penitenziario intitolato ad una giovane vittima del terrorismo di Prima Linea possa diventare quella che appare all'interrogante una sorta di «passerella» di ex detenute/i protagonisti di un feroce passato che non deve essere dimenticato, né perdonato. (4-12045)


   VARGIU. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con provvedimento del direttore generale 21 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale — IV serie speciale — n. 30 del 16 aprile 2004, è stato indetto un concorso pubblico per esami a 397 posti nell'area C, posizione economica C1, profilo professionale di educatore penitenziario per adulti (Ministero della giustizia – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria);
   la graduatoria del suddetto concorso è stata pubblicata il 15 dicembre 2008 sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 23;
   solo a marzo 2012 l'amministrazione ha avviato l'assunzione dei vincitori dello stesso bando (oltre che l'assunzione dei 32 educatori vincitori di un distinto concorso pubblico per esami a 50 posti, posizione economica C2), le cui nomine erano in sospeso da due anni;
   tuttavia, il completamento delle procedure di assunzione di tutti i vincitori e di tutti gli idonei di entrambi i concorsi per le posizioni economiche C1 e C2 non è stata possibile poiché per l'amministrazione penitenziaria è operativo il blocco delle assunzioni, non essendo state rideterminate le piante organiche, come previsto dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, cosiddetta spending review;
   attualmente, risulta che lo scorrimento della graduatoria del concorso C1 sarebbe giunta al 474mo posto e che rimarrebbero da assumere altri 413 idonei;
   la vigente graduatoria del concorso per educatori C1 scadrà il 31 dicembre 2016, pertanto il suo scorrimento non solo renderebbe giustizia a coloro i quali hanno nutrito l'aspettativa di essere assunti dall'amministrazione penitenziaria, ma consentirebbe altresì di rafforzare le azioni di rieducazione e di recupero dei detenuti previsti dall'articolo 27 della Costituzione;
   la situazione di soprannumero dei reclusi negli istituti di pena (60 mila circa, quando ne potrebbero essere accolti solo 40 mila) e la conseguente condizione di invivibilità delle carceri sono state oggetto di ripetuti richiami ai più alti livelli istituzionali, volti a porre all'attenzione urgente del Parlamento le stringenti esigenze dell'intero settore penitenziario –:
   quale sia il numero esatto degli educatori C1 e C2 previsto dall'attuale pianta organica;
   se non ritenga opportuno ricomprendere anche l'intero personale penitenziario (polizia penitenziaria, educatori, psicologi ex articolo 80, assistenti sociali) tra i soggetti interessati dalla deroga alla vigente disciplina sulla riduzione delle piante organiche previste per il comparto sicurezza e procedere al loro conseguente ampliamento;
   se, in alternativa, non ritenga opportuno attingere dalla vigente graduatoria del concorso C1 per impiegare eventualmente gli educatori idonei in analoghi ruoli presso altri dipartimenti del Ministero della giustizia, come ad esempio il dipartimento dell'organizzazione penale, data la continua interazione con gli educatori penitenziari che operano presso le carceri. (4-12047)


   TIDEI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della chiusura degli uffici dei giudici di pace di Bracciano e di Fiumicino, soppressi a norma dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 156 del 2012, le competenze dei summenzionati uffici sono state assorbite dall'ufficio del giudice di pace di Civitavecchia;
   dal tribunale di Civitavecchia è stata rilevata e notificata in più occasioni al sindaco di Civitavecchia la grave situazione strutturale e logistica dell'ufficio del giudice di pace. Nella nota prot. 1280/2014 dell'11 giugno 2014 si rende presente che «l'attuale collocazione, infatti, ha destato sorpresa e perplessità di natura tecnica negli stessi addetti del Comune di recente incaricati di effettuare un sopralluogo, crea problemi di stabilità del solaio e di sicurezza, in ragione del peso sostenibile dall'edificio, rapportato al carico degli atti giudiziari, che ora comprende ben tre Uffici, ed al calpestio dell'utenza esterna, moltiplicatasi per il maggior numero di utenze e per il più ampio ambito territoriale di competenza»;
   la suddetta nota, nella parte finale, conclude invitando l'Amministrazione comunale a «voler prendere in esame con la massima urgenza le suesposte considerazioni, onde evitare irreparabili conseguenze, che in nessun caso potranno essere ascritte alla responsabilità di questo Ufficio, attesa la assoluta estraneità alle competenze relative alla gestione ed alla manutenzione dei locali destinati ad ospitare gli Uffici giudiziari aventi sede nel territorio di codesto Comune». Si esplicita, altresì, formalmente il «nulla osta» da parte del tribunale al trasferimento degli uffici del giudice di pace in altra sede, adeguata ad accogliere le sedi soppresse, sia con riferimento ai beni mobili, al materiale informatico, nonché alle disponibilità strumentali;
   con nota prot. n. 212 del 18 luglio 2014 dagli uffici del giudice di pace sono state notificate sia al sindaco che al presidente del tribunale di Tivoli, a seguito dell'intervento dei vigili del fuoco, avvenuto in data 17 luglio dello stesso anno, la necessità e l'urgenza di procedere al reperimento di altre strutture idonee ad ospitare gli uffici giudiziari. Ciò, stando a quanto si legge nella suddetta nota «al fine di evitare pericoli a persone e cose, a causa dell'eccessivo carico per il quale il solaio di detto locale non è idoneo», nonché «al fine di tranquillizzare il personale gravemente preoccupato per la situazione già allarmante, aggravatasi a seguito dell'accorpamento in corso degli Uffici dei Giudici di Pace di Bracciano e Fiumicino»;
   il problema dell'individuazione di sedi più idonee all'ospitalità degli uffici del giudice di pace si era reso urgente già negli anni passati. Invero, era stata avviata una istruttoria relativa alla proposta di realizzazione in project financing della nuova sede del giudice di pace di Civitavecchia. Tale procedura è stata a giudizio dell'interrogante inspiegabilmente interrotta dall'attuale amministrazione comunale, pur rappresentando una soluzione in grado, da un lato, di fornire un'adeguata sede agli uffici del giudice di pace, più sicura e sana, dall'altro di conseguire importanti risparmi economici;
   la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) prevede a decorrere dal 1o settembre 2015 il trasferimento di competenza, dai comuni al Ministero della giustizia relativamente alle spese destinate a costituire sedi di uffici giudiziari;
   a tali difficoltà dall'estrema gravità si aggiungono le criticità relative alla carenza di personale negli uffici giudiziari del tribunale di Civitavecchia che non consente uno svolgimento dei lavori compiuto ed efficiente, con evidenti disservizi per i cittadini e le imprese –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   se e quali iniziative intenda adottare al fine di dare attuazione alla disposizione della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015), richiamata  in premessa, che disciplina il trasferimento di competenza dai comuni al Ministero relativamente alle spese necessarie per i locali ad uso degli uffici giudiziari, tanto più urgente alla luce delle drammatiche ed insostenibili condizioni, di sicurezza e sanitarie, in cui versa la sede del giudice di pace di Civitavecchia. (4-12058)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICCOLI, FASSINA, TULLO e MARRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Roma Metropolitane è stata individuata dal CIPE (con delibera 39 del 2005) come soggetto aggiudicatore per la realizzazione della Metro C della metropolitana di Roma. Essa opera sotto la direzione ed il coordinamento dei competenti organi di Roma Capitale ed ha attualmente in carico compiti di responsabile del procedimento e di alta sorveglianza, che svolge sulla base degli indirizzi e delle decisioni degli stessi enti finanziatori del progetto;
   con lettera del 28 settembre 2015, inviata agli enti finanziatori, Roma Metropolitane ha rappresentato alcune rilevanti criticità sull'andamento dell'appalto, indotte da circostanze, che prevalentemente, esulano dalla sfera delle competenze della stessa. Queste ultime, ha dichiarato nella missiva, indirizzata tra gli altri al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: «possono essere superate solo attraverso un sollecito intervento decisionale da parte degli stessi Enti Finanziatori»;
   le criticità emerse avrebbero prodotto anche il mancato pagamento delle somme relative ai SAL (stato avanzamento lavori) nei confronti della società Consortile per Azioni Metro C, risultata aggiudicataria della progettazione e costruzione della Linea C della Metropolitana di Roma;
   Metro C è stata costituita in data 3 aprile 2006, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 190 del 2002 e dell'articolo 37-quinquies della legge 190 del 1994 e successive modificazioni e integrazioni, sotto forma di società per azioni poi trasformata in società consortile per azioni in seguito alla delibera dell'assemblea dei soci del 26 giugno 2007 con decorrenza dell'8 settembre 2007;
   l'attività della stessa, regolata dal contratto di appalto stipulato in data 12 ottobre 2006 e successivi atti aggiuntivi ed integrativi con il committente Roma Metropolitane Srl, riguarda l'affidamento al «Contraente Generale» della progettazione costruzione e direzione lavori della nuova Linea C della Metropolitana di Roma, nel tratto Clodio/Mazzini-Pantano ad automazione integrale, dello sviluppo di circa 25 chilometri con 30 stazioni ed il deposito di manutenzione veicoli e di tutte le attività e le funzioni connesse alla conduzione, manutenzione e gestione del sistema per la messa in esercizio; il tracciato della descritta linea comprende circa 17 chilometri in galleria e circa 8 chilometri in superficie;
   il valore totale dell'opera in corso di realizzazione, dalla stazione Monte Compatri/Pantano alla stazione Colosseo/Fori Imperiali ammonta, al 31 dicembre 2015, a 2.276 milioni di euro circa. Il totale delle opere da realizzare, alla medesima data, ammonta ad euro 545 milioni circa e riguarda il completamento della stazione di San Giovanni, oltre due pozzi di linea sulla tratta Colosseo/Fori Imperiali — San Giovanni e le due stazioni Amba Aradam e Fori Imperiali;
   la società Metro C, nella sua veste giuridica di contraente generale, opera attualmente nelle seguenti unità produttive: sede, cantiere Gordiani e cantiere Pozzo Malatesta ed ha proprie maestranze presso l'impianto di produzione di calcestruzzo, oltre al personale impiegatizio che sovraintende ai lavori affidati a imprese specialistiche terze, mentre nella sede centrale opera la direzione generale con tutti i servizi direzionali, amministrativi, tecnici e commerciali;
   in data 27 gennaio 2016 la società Metro C ha avviato la procedura prevista dalla legge n. 223 del 1991 e s.m.i., articoli 4, 5 e 24, comunicando di voler attuare a conclusione della stessa il licenziamento collettivo per riduzione di personale in esubero;
   l'esubero evidenziato interessa 109 lavoratori tra operai, impiegati, quadri e dirigenti impegnati nelle suddette unità produttive: sede di via dei Gordiani, cantiere Gordiani, cantiere Pozzo Malatesta; 
   la società Metro C motiva l'eccedenza di personale:
    a) con il graduale completamento delle attività produttive secondo il prefissato programma esecutivo, ormai prossimo alla sua conclusione;
    b) con l'attraversamento di una grave crisi finanziaria determinata da lavori certificati e conseguentemente fatturati nei confronti del committente per lavori e servizi eseguiti, di cui ha quindi sostenuto per intero i relativi costi che ammonterebbero a 232 milioni di euro, oltre agli interessi maturati alla stessa data per un valore di circa 34 milioni di euro;
   tale situazione ha portato ad un contenzioso nei confronti di Roma Metropolitane ed alla conseguente sospensione di tutte le attività costruttive in essere alla data del 15 dicembre 2015;
   le uniche attività ancora in esecuzione riguardano, ad oggi, la manutenzione della linea in esercizio da stazione Monte Compatri/Pantano a Lodi, che durerà fino al 30 giugno 2016;
   si viene così a compromettere la prosecuzione delle attività previste e delle stazioni del tratto Colosseo/Fori Imperiali — San Giovanni;
   la società Metro C ha dichiarato, nella procedura di licenziamento collettivo, che: «non risulta possibile ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni essendo da escludere la riammissione in servizio del personale sospeso né il suo utilizzo presso altre società, Enti e/o Unità produttive riconducibile alla società; parimenti non deve ritenersi praticabile in ricorso ai contratti di solidarietà poiché, nella fattispecie, non si versa in una situazione di crisi temporanea derivante da fattori contingenti di mancanza di lavori al termine dei quali sarebbe possibile il reintegro di tutto il personale in forza; inoltre non appare possibile il ricorso ad altre soluzioni alternative a causa della infungibilità professionale della grandissima parte dei lavoratori impiegati»;
   oltre ai dipendenti oggetto della procedura di mobilità in essere, il blocco dei lavori interessa ulteriori 400 operai dell'indotto –:
   se il Governo sia a conoscenza dei recenti sviluppi, anche relativi al blocco dei lavori e alla conseguente apertura della procedura di mobilità da parte della società Metro C;
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano intraprendere per il ripristino e il completamento dei lavori dell'opera Metropolitana C di Roma;
   se si intenda convocare, con urgenza, un tavolo di confronto, con tutti i soggetti interessati: comune di Roma, regione Lazio e organizzazioni sindacali. (5-07768)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGORNO, AIELLO, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO, CENSORE, COVELLO, OLIVERIO, STUMPO, SCHIRÒ, MANFREDI, LUCIANO AGOSTINI, CUOMO, ANTEZZA, BARGERO, TULLO, GIANNI FARINA, AMENDOLA, TERROSI, CARRA, LACQUANITI, MALPEZZI, CARRESCIA, FALCONE, DI SALVO, ROMANINI, FITZGERALD NISSOLI, MARROCU, CASSANO, CASELLATO, LATTUCA, GALPERTI, SANI e ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 gennaio 2016 il territorio calabrese è stato investito da una significativa perturbazione con abbondanti precipitazioni nevose che hanno reso problematico il traffico sulle strade e autostrade;
   particolarmente drammatica è stata la situazione vissuta dagli automobilisti nel tratto cosentino dell'autostrada A3 compreso tra gli svincoli di Cosenza e Altilia Grimaldi, in particolare presso il valico di Rogliano;
   sin dal primo pomeriggio per una serie di mezzi che si sono messi di traverso a causa della neve e del ghiaccio si sono formate code per circa 15 chilometri;
   è stata evidente l'impreparazione dell'Anas che solo verso le 18, quindi dopo diverse ore, nonostante sui social network centinaia di messaggi già dal primo pomeriggio richiamassero l'attenzione sulla criticità che si era venuta a creare in autostrada, faceva sapere di essere all'opera per risolvere suddetto blocco;
   in verità, al messaggio non corrispondeva un reale intervento dei mezzi tant’è che il blocco della circolazione è durato circa 10 ore con automobilisti rimasti letteralmente intrappolati in quel tratto di autostrada;
   suddetto tratto autostradale è tra i più critici dell'intero tracciato e necessita di interventi infrastrutturali come da progetto originario proprio in considerazione della particolare orografia e non di semplice ampliamento;
   la protezione civile aveva ampiamente previsto le abbondanti precipitazioni e aveva preannunciato tali avverse condizioni meteo, con neve fino a 200 metri, ben 36 ore prima con bollettini meteo anche all'Anas;
   risulterebbe che Anas non abbia adottato nessun provvedimento preventivo per fronteggiare suddetta situazione a partire dalla mancata circolazione dei mezzi spargi sale;
   solo nella notte è stato consentito alla protezione civile di intervenire per portare ristoro alle persone ferme in autostrada nonostante Anas, sempre per voce del responsabile dei rapporti istituzionali, avesse assicurato sin dalla serata la presenza di aiuti agli automobilisti bloccati;
   nella notte il presidente dell'Anas, Gianni Vittorio Armani, ha proceduto a nominare una commissione d'inchiesta interna per verificare l'accaduto e proceduto a commissariare la struttura di Esercizio dell'A3 Salerno-Reggio Calabria;
   in base alla decisione assunta dal presidente dell'Anas l'esercizio dell'autostrada e la prosecuzione delle operazioni di soccorso degli automobilisti rimasti bloccati dalla neve sono stati assunti dal vicedirettore dell'esercizio nazionale Roberto Mastrangelo;
   quanto accaduto è indegno per il nostro Paese ed è inaccettabile che si sia verificata una paralisi del traffico in relazione ad una precipitazione abbondantemente prevista da giorni –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di propria competenza, per evitare che simili drammatici disagi possano verificarsi nuovamente lungo l'autostrada A3, anche in considerazione del suo peculiare tracciato, e per dotare l'Anas di un maggior numero di mezzi e uomini finalizzati ad assicurare la massima sicurezza agli automobilisti che la percorrono, nonché per realizzare un migliore e più efficace coordinamento della catena di comando in situazioni di emergenza con l'obiettivo di scongiurare cortocircuiti istituzionali che nella circostanza esposta in premessa hanno messo a repentaglio l'incolumità di centinaia di persone. (4-12042)


   SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, CARINELLI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 31 gennaio 2016, un velivolo della compagnia Ryanair, in fase di atterraggio presso l'aeroporto di Treviso «A. Canova», ha provocato la distruzione del tetto di alcune case del centro abitato del Comune di Quinto (Treviso);
   le cause dell'incidente, che ha provocato la caduta di diverse tegole in particolare in vicolo Marangon, non sono state ancora chiarite e una donna presente nella zona limitrofa ha rischiato di essere colpita dalle tegole, sbalzate in aria come proiettili dal vortice d'aria venutosi a creare a seguito dell'evento;
   dopo l'incidente, come riportato dalla stampa locale, il sindaco del comune trevigiano Mauro Dal Zilio ha immediatamente segnalato quanto accaduto alla società dello scalo trevigiano Aertre e alla direzione Nordest di Enac per denunciare la gravità dei danni subiti dalle abitazioni e il rischio per l'incolumità pubblica derivante da simili incidenti;
   non è la prima volta che si verificano episodi analoghi nella rotta di atterraggio sovrastante il comune di Quinto: già nel marzo del 2002 una puntata della trasmissione Report, intitolata «Perché gli aeroporti» aveva denunciato i rischi legati ai voli a bassa quota e i mancati risarcimenti per i danni riportati dalle case per effetto del cosiddetto «vortex strike»;
   nonostante le continue richieste di intervento inoltrate da cittadini e comitati locali, non risulta agli interroganti che per lo scalo di Treviso siano state mai compiute opere di mitigazione ambientale negli ultimi quindici anni né tantomeno che si sia mai proceduto all'erogazione di fondi a titolo di risarcimento a favore dei cittadini che hanno subito danni a causa dei voli a bassa quota;
   a fronte di tali gravi episodi, e in assenza di adeguate misure di sicurezza e mitigazione ambientale, particolare preoccupazione desta, ad avviso degli interroganti, la scelta compiuta dal gestore aeroportuale di ampliare ulteriormente il numero di passeggeri e di voli per lo scalo trevigiano, che nel 2015 ha fatto registrare il passaggio di 2.383.307 passeggeri, in incremento del 6 per cento rispetto all'anno precedente –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, anche tramite l'ENAC affinché siano attivate nei confronti dei gestori aeroportuali e delle compagnie aeree procedure di risarcimento, sul modello degli scali londinesi, nei casi di eventuali danni provocati alle abitazioni dai cosiddetti «vortex strike», soprattutto in fase di atterraggio dei velivoli;
   con quali modalità il Ministro intenda procedere affinché i gestori degli scali aeroportuali siano tenuti a investire, come previsto dalla normativa vigente, parte dei propri introiti a favore delle opere di mitigazione ambientale, incluse le misure di riduzione del rischio di vortex strike. (4-12046)


   ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 2 febbraio 2016 sul sito di Ryanair è apparso il comunicato con cui è stata annunciata la chiusura di 16 rotte in Italia, con una perdita di 800 mila clienti e di 600 posti di lavoro, a partire da ottobre 2016, a causa di un rincaro del 40 per cento delle tasse aeroportuali imposto dal Governo;
   Alghero, Pescara e Crotone le tre rotte coinvolte, ma è proprio lo scalo calabrese a subire l'impatto maggiore. Infatti, se ad Alghero e Pescara la percentuale di voli della compagnia Irlandese è, rispettivamente, pari al 70 per cento e 60 per cento dei voli totali, a Crotone, Ryanair assorbe la totalità del traffico dell'aeroporto di Sant'Anna;
   secondo Ryanair, l'incremento delle tasse aeroporto di 2,50 euro (da 6,50 a 9 euro) per ciascun passeggero in partenza dall'Italia, in vigore dal 1o gennaio 2016, andrà a sussidiare il fondo per la cassa integrazione degli ex piloti Alitalia;
   il direttore commerciale di Ryanair, ÒBrei, ha precisato: «Non dovremmo essere noi a finanziare Alitalia ed Etihad. Dovrebbe essere qualcuno ad Abu Dhabi. Deve essere l'Alitalia a pagare il fondo per gli ex dipendenti. Non è un attacco diretto all'Alitalia. Noi vorremmo che questa tassa venisse cancellata. Riteniamo che non sia una buona idea andare a tassare un settore come quello turistico, che rappresenta un motore per l'economia italiana»;
   la compagnia irlandese low cost sposterà le sue attività verso le basi in Spagna, Grecia e Portogallo;
   pochi minuti dopo la pubblicazione del comunicato stampa di Ryanair, la cittadinanza si è unita per scongiurare questa ipotesi, che determinerà non solo la impossibilità di volare a basso costo, ma soprattutto di rimanere isolati dal resto del Paese, con gravi danni per il turismo e per l'economia di un territorio già duramente colpito;
   se la scorsa estate la provincia di Crotone ha potuto registrare il 30 per cento in più di presenze turistiche, buona parte del risultato è dovuta proprio alla presenza dello scalo cittadino e alle politiche di costo applicate da Ryanair, e certamente non alle politiche di promozione del territorio, quasi inesistenti;
   l'aeroporto Sant'Anna è oggi il primo in Italia per tasso di crescita con sole tre rotte attive. Dati che dovrebbero essere motivo di incentivo agli investimenti. Invece, accade esattamente il contrario e si fa in modo di eliminare una fonte di sviluppo e crescita del territorio;
   la provincia di Crotone è collocata in un'area poco servita dal punto di vista infrastrutturale e colpita da una grave crisi economica che la porta ad essere la provincia più povera d'Italia. Considerate le carenze infrastrutturali relative al trasporto su gomma e ferrato, che limitano l'accessibilità del territorio crotonese in tempi ragionevoli e competitivi, l'aeroporto Sant'Anna è quindi l'unico strumento che garantisce la continuità territoriale;
   fonti di stampa riportano che: «Da fonti del Ministero delle infrastrutture arriva la notizia di una possibile marcia indietro da parte del governo italiano, che potrebbe rivedere la propria decisione sulla tassa d'imbarco»;
   l'abbandono dell'aeroporto di Crotone mette una pietra tombale anche sulle questioni strettamente connesse al potenziamento dell'infrastruttura aeroporto, come per esempio l'ipotesi progettuale di una linea di «metropolitana di superficie» di collegamento tra Sibari a Crotone, oltre che l'investimento sul settore cargo auspicata dalla popolazione. Un progetto infrastrutturale che avrebbe consentito di incentivare l'utilizzo dello scalo crotonese e contestualmente di decongestionare la strada statale 106, questione, l'ultima, non di poco conto se si considera anche che il trasporto su gomme è il mezzo che crea maggiori disagi in termini di pericolosità e di inquinamento, incidendo quindi notevolmente su qualità della vita, salute dei cittadini e di conseguenza sulla spesa pubblica;
   sul portale di divulgazione economica OpenCalabria si apprende che «si è avuta la richiesta di Alitalia (già Alitalia-Etihad) ai TAR di avere accesso ai contratti tra le regioni italiane e la compagnia Irlandese. È notizia degli ultimi giorni che questi contratti sono regolari. Dove risiede, dunque, il problema ? Alitalia sembra insistere sul fatto che sia necessaria una gara d'appalto per l'assegnazione di fondi regionali riguardo gli investimenti in turismo (si pensi, per esempio, alla pubblicità a bordo degli aeromobili). Ricorrere ad una gara d'appalto è una procedura finora mai seguita. In questo contesto, Ryanair è riuscita a pianificare un numero di voli in grado di intensificare il flusso turistico da e verso le regioni che trasferiscono alla compagnia Irlandese quote rilevanti di fondi regionali» –:
   se i fatti riportati in premessa corrispondano al vero, se siano noti al Ministro interrogato e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti ritenga opportuno assumere per ripristinare la completa attività dell'aeroporto Crotone-Sant'Anna rivedendo le decisioni già assunte e come intenda risolvere, nell'ambito delle proprie competenze, le carenze infrastrutturali relative al trasporto e alla viabilità della regione Calabria, con particolare riferimento al territorio di Crotone, e se intenda fornire ogni elemento utile sulle richieste avanzate dalla compagnia aerea Alitalia. (4-12065)


   TOTARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della visita di Stato del Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran in Italia del 25 gennaio 2016 sono stati siglati 24 accordi tra imprese e istituzioni italiane e iraniane;
   TI Sparkle, azienda controllata per il 100 per cento da Telecom Italia Group, ha annunciato, in data 27 gennaio 2016, la sottoscrizione di un Memorandum of Understanding con Telecommunication Infrastructure Company of Iran (TIC) per l'espansione del suo Global IP Backbone con un nuovo IP POP in Iran;
   Telecommunication Infrastructure Company of Iran (TIC), tramite le parole di Azari Jahromi membro del consiglio di amministrazione, ha annunciato, a tal proposito, che: «è nostro piacere avere una partnership con TI Sparkle e per noi è una buona opportunità per entrare in stretta collaborazione con TI Sparkle», come si può leggere tramite la news sul sito ufficiale di TIC;
   come si evince dalla dichiarazione del presidente del consiglio di amministrazione e CEO di TI Sparkle Alessandro Talotta TI Sparkle è altrettanto compiaciuta della partnership con TIC;
   come è possibile leggere dal sito http://www.tic.ir/en/aboutus di Telecommunication Infrastructure Company (TIC): «Telecommunications Infrastructure Company... lavora come compagnia governativa del ICT Ministry con scopo la creazione, distribuzione, gestione, organizzazione, supervisione, mantenimento ed implementazione del network primario delle telecomunicazioni e delle attività infrastrutturali», controllando, quindi, qualsiasi aspetto delle comunicazioni dei cittadini iraniani in Iran;
   annuali risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, e per ultima la risoluzione A/RES/70/173 del 17 dicembre 2015 draft A/70/489 add.3 avente come oggetto «Situation of human rights in the Islamic Republic of Iran» di cui l'Italia e Paese cofirmatario e a cui ha dato voto favorevole, pongono il problema della violazione dei diritti fondamentali e civili nella Repubblica Islamica dell'Iran anche con riferimento alla censura della libertà di espressione e richiamano il Governo della Repubblica Islamica dell'Iran ad adottare provvedimenti per la cessazione di tali violazioni come è possibile leggere nel punto 11 del draft A/70/489 add.3;
   già in passato le autorità governative iraniane hanno utilizzato le tecnologie della comunicazione derivanti da aziende multinazionali europee per controllare e sopprimere attività di opposizione politica come anche la semplice manifestazione del dissenso e della libertà di espressione e comunque violando gli impegni del Governo sui diritti umani. Sia da esempio il caso dell'azienda Nokia Siemens Networks che, sotto richiesta del legale per i diritti umani in Iran Dr. Shirin Ebadi, dovette chiarire la sua posizione sul suo business nella Repubblica Islamica (come è possibile leggere dal comunicato stampa emesso in data 28 settembre 2010 e raggiungibile al sito http://networks.nokia.com) perché trovatasi in notevole imbarazzo sul piano della propria responsabilità sociale d'impresa in seguito all'approvazione da parte del Parlamento europeo della proposta di risoluzione B7-0079/2010, in cui si criticavano «fermamente le imprese internazionali, segnatamente la Nokia/Siemens, che forniscono alle autorità iraniane la tecnologia necessaria per le operazioni di censura e di sorveglianza e assecondano così le persecuzioni e gli arresti di dissidenti iraniani», e che successivamente a ciò ridusse l'apporto tecnologico fornito in Iran;
   l'Italia si è sempre distinta, in sede ONU, come nell'Unione europea, per il sostegno e l'incentivazione di azioni a tutela e sviluppo dei diritti fondamentali e civili nel mondo;
   l’export di una multinazionale non si riduce solo ai prodotti e ai servizi immessi in mercato, ma riguarda anche il brand corporativo e un Paese presenta al mondo il proprio brand anche tramite l'immagine delle sue aziende di punta, come risulta nella fattispecie Telecom Italia –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per assicurare che si forniscano infrastrutture e tecnologie per le telecomunicazioni di cui in premessa senza incorrere nel rischio che siano utilizzate dal Governo della Repubblica Islamica dell'Iran tramite Telecommunication Infrastructure Company of Iran (TIC) per operazioni di censura, sorveglianza e repressione del dissenso in un Paese, l'Iran, in cui le violazioni della libertà di espressione sono assodate ed evidenti;
   se risulti al Governo se la collaborazione di Telecommunication Infrastructure Company of Iran (TIC) con TI Sparkle formalizzata tramite la sottoscrizione del Memorandum of Understanding delle due aziende preveda l'utilizzo da parte di TIC delle infrastrutture e delle tecnologie fornite dall'azienda italiana anche per operazioni di censura, sorveglianza e repressione assecondando così le persecuzioni e gli arresti di dissidenti iraniani;
   se risulti al Governo se siano previsti nel contenuto del Memorandum of Understanding sottoscritto con Telecommunication Infrastructure Company of Iran (TIC) strumenti legali e formali per impedire al Governo della Repubblica Islamica dell'Iran l'uso delle infrastrutture e delle tecnologie per le telecomunicazioni di fornitura dell'azienda italiana in collaborazione con TIC per operazioni di censura, sorveglianza e repressione, di fatto assecondando così le persecuzioni e gli arresti di dissidenti iraniani. (4-12072)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   LOSACCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è recente la notizia della rapina effettuata ai danni di un portavalori lungo la strada statale 379 nei pressi di Fasano;
   i banditi hanno bloccato un camion, che viaggiava in direzione Brindisi e sotto la minaccia dei fucili mitragliatori hanno intimato al conducente del mezzo pesante di posizionare il camion al centro della strada;
   hanno cosparso la strada di chiodi a tre punte, che hanno mandato fuori uso gli pneumatici di una delle auto che sopraggiungevano dietro al tir;
   stessa azione, usando dei nastri chiodati, che hanno ancorato al guard-rail, hanno fatto sull'opposta corsia di marcia della statale, impedendo il passaggio a qualsiasi mezzo all'altezza dello svincolo per Torre Spaccata;
   hanno sparato diverse raffiche di mitra contro il mezzo corazzato impedendo ogni reazione e la stessa cosa hanno fatto contro il mezzo che trasportava il denaro investendolo con altre raffiche;
   alcuni componenti del commando sono saliti sul tetto del furgone e, usando un flex, hanno aperto uno squarcio nella corazza prelevando il denaro oltre 3 milioni di euro;
   i banditi sono poi fuggiti in base alle ricostruzioni dei testimoni a bordo di quattro auto, una Ford Focus, una Bmw, una Land Rover e una Fiat 500 L, ritrovate nei pressi di un cavalcavia;
   le ricerche effettuate anche con gli elicotteri fino ad ora non hanno portato ad alcun ritrovamento di componenti del commando o della refurtiva;
   non è purtroppo la prima volta che si registrano assalti in perfetto stile paramilitare e in pieno giorno con rischi notevoli per la incolumità degli ignari automobilisti –:
   quali iniziative intenda assumere, considerata la sistematicità con cui avvengono simili rapine, per rafforzare il pattugliamento delle principali arterie pugliesi per evitare il rischio di ripetersi di simili agguati e per garantire un maggiore controllo del territorio. (3-02005)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FABBRI, ROBERTA AGOSTINI e GIUSEPPE GUERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza del 2 settembre 2015 la Corte di giustizia ha dichiarato incompatibile con la direttiva 2003/109 l'articolo 5 comma 2-ter e l'articolo 14-bis del testo unico sull'immigrazione 286 del 1998 con il quale si impone ai cittadini di Paesi terzi di pagare un contributo variabile tra 80 e 200 euro per il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno;
   la questione pregiudiziale è stata sollevata dal tribunale amministrativo regionale del Lazio nel corso di un procedimento promosso da CGIL e INCA volto a ottenere l'annullamento del decreto Ministero dell'interno e Ministero dell'economia e delle finanze del 6 ottobre 2011 «Contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2011 n. 304;
   introdotto nel 2009, il contributo per il rinnovo o il rilascio del permesso di soggiorno era stato fissato «tra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro»: il decreto ministeriale sopracitato aveva articolato gli importi, stabilendo 80 euro per i permessi di soggiorno semestrali e poi somme crescenti fino a 200 euro per il permesso di soggiorno di lungo periodo;
   con la sentenza del 2 settembre 2015 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato che, sebbene gli Stati membri godano di un margine di discrezionalità nella determinazione di importi da pagare in occasione del rilascio del titolo di soggiorno, tale discrezionalità deve, tuttavia, essere esercitata nel rispetto del principio di proporzionalità al fine di non pregiudicare l'effetto utile della direttiva 2003/109, il cui scopo principale è quello di consentire l'integrazione dei cittadini di Paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri;
   la Corte ha, pertanto, concluso che il contributo richiesto dalla normativa italiana è «sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all'esercizio dei diritti conferiti da quest'ultima». Pertanto la sentenza lascia ora aperto un problema interpretativo e uno applicativo;
   infatti va considerato che la questione pregiudiziale era riferita sia alla compatibilità della tassazione con la direttiva 2003/109 (il pagamento dei 200 euro per il rilascio del permesso di lungo periodo) ma anche alla norma unitaria (il citato articolo 5, comma 2-ter del TUI) che stabilisce, senza operare le distinzioni poi operate dal decreto ministeriale del 2011, soltanto il livello minimo e massimo del contributo;
   la Corte ha sancito l'incompatibilità con la direttiva della norma nel suo insieme, ivi compreso proprio il livello minimo, anche se quest'ultimo riguarda solo la richiesta dei permessi di soggiorno brevi;
   ne consegue che anche l'importo di 80 euro (per quanto non direttamente riferibile ai lungosoggiornanti) è a questo punto sproporzionato e dunque illegittimo rispetto ai principi fissati dalla Corte di giustizia europea;
   tuttavia, la violazione della direttiva è ormai definitivamente accertata e, dunque, il cittadino straniero che ha pagato un importo «sproporzionato» può convenire in giudizio lo Stato italiano (con l'azione ordinaria o con l'azione antidiscriminatoria) per ottenere il risarcimento del danno per mancato adeguamento al diritto comunitario. Sarà il giudice a stabilire – sulla base dei principi fissati dalla Corte – quale avrebbe dovuto essere l'importo «proporzionato», con conseguente riconoscimento allo straniero, a titolo di risarcimento del danno per violazione delle norme comunitarie, dell'importo eccedente pagato;
   a parere dell'interrogante è necessario non solo rivedere al ribasso gli importi per il rilascio del permesso di soggiorno ma anche prevedere una maggiore gradualità che tenga conto della ricorrenza del rinnovo, del rinnovo contestuale di più componenti la stessa famiglia nonché dei casi di ripresentazione della domanda a seguito di rigetto;
   in data 19 dicembre 2015 il Governo ha accolto un ordine del giorno (9/03444-A/104) del Partito Democratico (primo firmatario l'onorevole Giuseppe Guerini) che impegna il Governo medesimo a valutare l'opportunità di verificare, all'interno della normativa nazionale vigente in materia, le modalità di una corretta applicazione della sentenza della Corte di Giustizia di cui sopra –:
   se non ritenga urgente assumere iniziative per modificare la normativa nazionale vigente in materia al fine di favorire la corretta applicazione della sentenza della Corte di giustizia di cui sopra.
(5-07765)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente della provincia di Bergamo, Matteo Rossi, in una lettera al Ministro dell'interno Alfano, al Sottosegretario di Stato Bocci e ai parlamentari bergamaschi, nel confermare l'impegno della provincia per garantire i servizi essenziali «che la legge ci affida e che i cittadini bergamaschi meritano», segnala «l'esistenza di debiti pregressi» verso la provincia stessa «da parte di soggetti statali che hanno sede presso immobili» di proprietà dell'amministrazione provinciale;
   la popolazione bergamasca vive una situazione di difficoltà, in conseguenza della diminuzione dei servizi essenziali erogati da parte della provincia di Bergamo per mancanza di risorse;
   i crediti che la provincia di Bergamo vanta nei confronti di soggetti statali ammontano a diversi milioni di euro;
   la morosità dei soggetti pubblici è inaccettabile e insostenibile;
   dal 2013 i Governi Monti, Letta e Renzi hanno di fatto disatteso ogni impegno contrattuale, mancando di versare i canoni d'affitto dovuti;
   la riduzione dei trasferimenti delle risorse nazionali statali alla provincia di Bergamo, così come ad altri enti locali, sta comportando la cancellazione di numerosi servizi, per cui risulta necessario per l'ente locale poter disporre per intero delle proprie entrate –:
   se non si ritenga necessario intervenire con la massima urgenza per garantire l'erogazione delle somme dovute all'amministrazione provinciale bergamasca, al fine di permettere alla stessa di utilizzare preziose risorse a vantaggio di tutto il territorio orobico. (4-12054)


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si è consumata il 6 febbraio 2016 a Marcon, in provincia di Venezia, l'aggressione ad una agente di polizia locale da parte di un cittadino nigeriano, senza fissa dimora, il quale, da tempo oramai, soggiornava nel territorio del citato comune;
   Osaro James, un trentaseienne richiedente asilo, già noto alle forze dell'ordine per condanne, tra l'altro, per spaccio di stupefacenti, aveva chiesto, per due volte, il riconoscimento dello status di rifugiato, che per ben due volte gli è stato respinto. È appunto dalla notifica dell'ultimo di questi due provvedimenti – notifica eseguita dalla vigilessa la quale, contestualmente, gli ha anche ritirato il permesso di soggiorno temporaneo – emesso in attesa dell'esito della valutazione da parte della commissione. Tale atto, come evidenziato anche dalla stampa locale, deve averlo particolarmente indispettito, tanto che appunto, sabato 6 febbraio 2016 egli ha atteso la vigilessa nascosto dietro ad una colonna e, al suo passaggio mentre lei era di pattuglia assieme ad un'altra collega, l'ha aggredita. Appena si è avvicinata alla colonna l'ha scaraventata con violenza contro la vetrina di un negozio e poi ha iniziato a percuoterla con una raffica di pugni, prima alla schiena, poi al volto. La donna, subito soccorsa, è stata poi portata al pronto soccorso dove i medici hanno riscontrato un trauma cranico commotivo e una presunta frattura allo zigomo con prognosi di dieci giorni;
   il nigeriano è stato immediatamente arrestato, con l'accusa di lesioni aggravate dal fatto di essere rivolte contro un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Il giudice monocratico ha convalidato l'arresto e ha condannato l'uomo a una pena di un anno, 9 mesi e 20 giorni. L'uomo, giudicato con il rito abbreviato è stato però, dallo stesso magistrato, rimesso in libertà, nonostante il pubblico ministero avesse chiesto almeno il divieto di dimora nella provincia di Venezia;
   il dato di fatto è che, ancora una volta, si riscontra l'episodio grave di un'aggressione, cosa oramai non infrequente in Veneto, da parte di persone che delinquono e che, nonostante la commissione della pena irrogata dai giudici, vengono rimessi in libertà a causa dell'inapplicabilità delle misure di custodia cautelare, fattispecie che ingenera negli onesti cittadini sentimenti di palese ingiustizia, oltre che un sentito allarme sociale. Emerge inoltre come non vi siano idonee misure atte ad allontanare concretamente e con celerità dal nostro Paese, in modo definitivo, simili soggetti che continuano a delinquere, che vengono rimessi in libertà e non espulsi, che si nascondono nelle maglie delle ultime massicce immigrazioni per chiedere l'asilo politico –:
   di quali informazioni i Ministri interrogati siano a conoscenza rispetto ai gravi fatti esposti in premessa;
   quali iniziative urgenti abbiano intenzione di adottare, per quanto di competenza, al fine di introdurre disposizioni nel codice penale e di procedura penale che, da un lato, diano certezza all'effettività della pena e, dall'altro, limitino il potere discrezionale dei magistrati che la devono applicare;
   quali iniziative normative si intendano adottare al fine di rivedere, in termini sostanziali, l'istituto dell'asilo affinché non si verifichino più episodi di immigrati che soggiornano nel nostro Paese per lunghi periodi di tempo senza dimora, senza lavoro e senza certezza dei motivi per i quali si trovano nel nostro Paese.
(4-12071)


   SANTELLI e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione che guida il comune di Cosenza dal 2011, retta dal sindaco Mario Occhiuto, la cui attività ha subito una brusca interruzione l'8 febbraio 2016 a seguito delle dimissioni di diciassette consiglieri comunali, ha sempre lavorato garantendo il pieno rispetto dei principi di legalità e di trasparenza. Si tratta di elementi che emergono chiaramente dai dati definitivi dei bilanci 2010 e 2014, con specifico riferimento alla questione dell'affidamento dei lavori da parte dello stesso comune;
   nel 2010 il 61 per cento dei lavori veniva assegnato attraverso affidamenti diretti (cottimi fiduciari) mentre il restante 39 per cento con procedure che variano dalla licitazione privata all'evidenza pubblica; è altresì importante sottolineare che nel 2010 tutte le attività riguardanti le cooperative sociali di tipo B erano affidate direttamente, mentre da marzo 2014 si è dato avvio a procedure ad evidenza pubblica;
   tenendo conto di entrambi gli aspetti sopra indicati, nel 2010 l'82,50 per cento delle attività veniva assegnato con affidamenti diretti, il restante 17,50 per cento con procedure negoziate o con evidenza pubblica. Nel 2014 il 34 per cento delle attività è stato assegnato con affidamenti diretti, mentre il restante 66 per cento attraverso le altre procedure (anche al netto delle cooperative sociali, è estremamente sensibile la percentuale di diminuzione degli affidamenti indiretti rispetto alle altre procedure);
   in merito alla gestione delle cooperative sociali, va rilevato che la precedente amministrazione aveva affidato lavori per 7 milioni di euro frazionandoli in affidamenti sotto soglia e, cosa ancora più grave, a parere degli interroganti, eludendo colpevolmente i controlli antimafia. Chi ha amministrato il comune di Cosenza dal 2011 è invece intervenuto per rompere quella che appare agli interroganti una evidente collusione richiedendo le certificazioni antimafia e predisponendo gli avvisi di gara che hanno reso legale e trasparente tutte le attività delle cooperative sociali, trasmettendo agli uffici incaricati l'obbligo di favorire un processo di rotazione negli affidamenti;
   particolarmente rilevante è l'aspetto di riorganizzazione delle cooperative sociali. Su tale punto la situazione aveva particolari e gravi aspetti d'illegalità oltre che di rischio collusioni con la criminalità. L'attività dell'amministrazione comunale, svolta anche su sollecitazione e sostegno della prefettura, è stata portata avanti attraverso l'inedita richiesta della certificazione antimafia e bandendo gare pubbliche (anziché affidamenti diretti sotto soglia che sono suscettibili di eludere la specifica normativa antimafia);
   al fine di rafforzare le procedure di trasparenza nell'affidamento degli appalti più rilevanti, l'amministrazione ha poi cercato e ottenuto il supporto della prefettura nella composizione delle commissioni aggiudicatarie degli appalti;
   per questa attività particolarmente incisiva, svolta a tutela della legalità e della trasparenza, il sindaco Mario Occhiuto, com’è noto, è stato minacciato e messo sotto scorta;
   in riferimento alla situazione debitoria, vale la pena rilevare che il totale dei debiti approvati nel corso della presente consiliatura è pari a 5.249.211,68 euro, di cui solo circa 65 mila sono riconducibili alla amministrazione Occhiuto. La precedente gestione amministrativa ha invece determinato un ingente peso di oneri finanziari (circa due milioni di euro) maturati a causa di quella che gli interroganti giudicano un'irresponsabile gestione della cosa pubblica;
   nel 2011 il comune era in dissesto economico finanziario, certificato più volte dalla Corte dei Conti. Il dato di bilancio evidenziava un'esposizione debitoria che superava i 150 milioni di euro a cui si aggiungevano altri 20 milioni privi di alcuna copertura finanziaria. In termini di liquidità l'ente registrava un'esposizione verso la banca di tesoreria di 18 milioni di euro ed in più aveva richiesto un'ulteriore anticipazione ad Equitalia per 10 milioni interamente utilizzata. In pratica non si riusciva a far fronte ai pagamenti correnti accumulando anni di ritardo nelle liquidazione delle utenze, dei lavori pubblici e delle cooperative sociali. Nella gestione Occhiuto è stato approvato un piano di riequilibrio pluriennale che condurrà l'ente al completo risanamento;
   nel corso di questi anni si è provveduto a liquidare tutti i debiti pregressi riducendo al minimo la mole debitoria. Il comune oggi paga puntualmente i servizi essenziali, le cooperative sociali e le utenze. Oggi la cassa municipale registra un saldo attivo netto di circa un milione di euro, che rappresenta la fotografia più chiara di cosa significhi risanare i conti di un comune;
   a fronte di una gestione corretta e trasparente della cosa pubblica, gli interroganti rilevano con rammarico la strumentalizzazione che è stata fatta di una relazione del Ministero dell'economia e delle finanze svolta a seguito di una ispezione presso l'A.M.A.CO. (Azienda per la mobilità nell'area cosentina), società per azioni il cui capitale è totalmente detenuto dal comune di Cosenza; la suddetta relazione, svolta rispetto alla gestione dell'Amaco, in realtà, secondo quanto risulta agli interroganti, si è occupata soprattutto della gestione dell'azienda negli anni precedenti al 2011. Con altrettanto rammarico si intendono altresì stigmatizzare i tentativi di produrre disinformazione e di avvelenare il clima politico, svolti da parte di chi ha addirittura sostenuto che l'attuale presidente sia socio di studio del sindaco pro tempore;
   appare poi evidente, agli occhi di tutti i cittadini, l'azione di miglioramento di tutto il tessuto urbano attraverso opere di manutenzione ordinaria e straordinaria. Dato che, nelle ultime due consiliature, i volumi di spesa per investimenti non hanno subito consistenti variazioni, c’è da chiedersi come fossero impiegate le stesse risorse nella precedente gestione, che non ha contemplato la medesima realizzazione di interventi sul territorio;
   tra l'altro, l'ultimo periodo di consiliatura sarebbe stato necessario per completare una serie di opere fondamentali per il territorio del comune, come la realizzazione della nuova piazza Bilotti, del ponte di Calatrava, e di ulteriori opere che si trovano ad oggi nell'ultima fase di esecuzione, e su cui è necessario garantire la prosecuzione dei lavori –:
   se trovino conferma i dati riportati in premessa, con specifico riferimento alla situazione debitoria del comune di Cosenza nel 2010;
   se risulti in termini percentuali, il valore medio degli affidamenti diretti nell'ambito dell'assegnazione dei lavori da parte dei comuni della regione Calabria, e, in particolare, il dato che si riscontra nel comune di Diamante;
   se risulti che l'amministrazione Occhiuto, per tutela della trasparenza nella gestione delle «grandi opere», abbia cercato e ottenuto il supporto della prefettura nella composizione delle commissioni aggiudicatarie degli appalti, e quante amministrazioni in Calabria usino tali strumenti al fine di ottenere maggiori garanzie di trasparenza;
   quale fosse la situazione delle cooperative sociali nella gestione dell'affidamento dei lavori da parte del comune, prima dell'intervento della prefettura e dell'amministrazione del sindaco Mario Occhiuto;
   se risulti al Governo che Mario Capalbo, presidente della società per azioni A.M.A.CO., sia socio dello studio di progettazione del sindaco Mario Occhiuto;
   se i Ministri siano a conoscenza del programma di interventi sul territorio ancora da terminare, e se verrà riservata particolare attenzione, nel corso della gestione commissariale, affinché i lavori in sospeso vengano ultimati, senza disperdere in alcun modo quanto già fatto. (4-12075)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOSSATI, CUPERLO, ALBINI, ARGENTIN, CARRA, CENNI, LAFORGIA, MIOTTO, POLLASTRINI e TERROSI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il comma 114 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 ha previsto l'indizione di un concorso per titoli ed esami per l'assunzione di personale docente;
   il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) il 28 gennaio 2016, dopo aver esaminato le bozze del regolamento concorsuale e dei relativi allegati, ha espresso osservazioni critiche che riguardano sia la necessità di tutelare tutti i soggetti potenzialmente destinatari del provvedimento, sia gli aspetti riconducibili alle prove d'esame previste, ai programmi d'esame, alle caratteristiche delle prove, alla valutazione dei titoli;
   in particolare il CSPI, rileva, rispetto a possibili contenuti della prove desumibili dalle bozze dei programmi d'esame, la prevalenza dall'aspetto riconducibile all'accertamento di saperi disciplinari rispetto all'accertamento di competenze didattiche, metodologiche, progettuali, relazionali;
   il rischio è quello di spingere i candidati non ad approfondire la conoscenza delle nuove normative e disposizioni e a sistematizzare le proprie competenze epistemologiche, pedagogiche e didattiche, bensì verso il recupero di un nozionismo superfluo della propria disciplina e l'acquisizione frettolosa di quello afferente alle discipline nuove confluite nelle classi di concorso accorpate;
   tale orientamento, del resto, apparirebbe in contrasto con l'ordine del giorno Malpezzi che impegna il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad impostare le prove concorsuali sull'accertamento di competenze pedagogiche, didattiche e metodologiche, evitando gli aspetti nozionistici e disciplinari oggetto di ampia verifica effettuata durante i percorsi abilitanti;
   rispetto all'accertamento delle competenze in lingua straniera si rileva un'eccessiva e sproporzionata incidenza della sua verifica;
   rilievi vengono mossi anche sulla tabella di valutazione dei titoli in particolare per l'esiguo punteggio attribuito al servizio;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato autorizzato ad avviare le procedure concorsuali per il reclutamento di 63.712 docenti per il triennio 2016-2018 di cui 52.828 docenti su posti comuni n. 5.118 su posti di potenziamento e 5.766 su sostegno;
   al momento però nessun dato è noto circa la distribuzione di tali posti sulle diverse classi concorsuali, ordini di scuola e nelle regioni. Di fatto appare complesso determinare tale distribuzione quando ancora non sono note le richieste delle scuole riconducibili al potenziamento e desumibili dal Piano triennale dell'offerta formativa, nonché quando non si conoscono gli effetti di un piano straordinario di mobilità che è probabile generi profondi mutamenti sulla distribuzione territoriale dei fabbisogni, il timore che rimane è quello di un concorso che generi ancora una volta vincitori senza posti e posti senza vincitori;
   la legge n. 107 del 13 luglio 2015 prevede, inoltre, al comma 181, la delega, da esercitare entro 18 mesi, al «Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria»;
   la delega prevede un sistema di formazione iniziale e di reclutamento che non contempla più l'attuale procedura del concorso con accesso ai ruoli e dell'abilitazione con percorsi abilitanti con accesso selettivo –:
   quali iniziative intenda assumere per definire programmi d'esame in linea con l'impegno di accertare le competenze didattiche e metodologiche dei candidati e, nel contempo riequilibrare il peso dell'accertamento delle competenze in lingua straniera;
   quali iniziative intenda assumere per le nuove classi di concorso accorpate al fine di evitare possibili contenziosi legati a prove concorsuali sbilanciate delle vecchie classi concorso;
   quando saranno resi noti i numeri e criteri utilizzati per la definizione dei fabbisogni su singole classi ed ordini di scuole nelle varie regioni;
   quali iniziative transitorie si intendano assumere per consentire, prima dell'avvio del nuovo sistema di formazione e reclutamento iniziale, agli abilitati delle seconde fasce delle graduatorie di istituto ed ai docenti della terza fascia delle graduatorie di istituto che non hanno avuto possibilità di conseguire abilitazione, di accedere ai ruoli del personale docente.
(5-07760)


   CAROCCI, ROCCHI e MALPEZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   vi è grande preoccupazione per la tempistica relativa alla pubblicazione del bando per il nuovo concorso per dirigenti scolastici;
   infatti, il prossimo anno scolastico si prevede all'insegna dell'emergenza: ai 1.200 istituti oggi già in reggenza, su 8.500 totali, se ne aggiungeranno circa altri 1.000 a causa dei pensionamenti;
   si ricorda che, in origine, la pubblicazione del decreto era prevista per dicembre 2014, data già rinviata al 31 marzo del 2015. A ciò si aggiunge che i tempi per lo svolgimento di tutte le prove è di circa 12 mesi, cui bisognerà aggiungere 4 mesi di corso e 2 di tirocinio;
   l'articolo 17 della legge n. 128 del 2013 stabiliva che il prossimo concorso dovesse essere nazionale, bandito annualmente e affidato alla Scuola nazionale dell'amministrazione che avrebbe emanato il bando, in base ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministero dell'economia e delle finanze;
   il decreto-legge n. 58 del 2014, convertito nella legge n. 87 del 2014 è intervenuto sui tempi di emanazione e all'articolo 1, comma 2-ter, ha stabilito che, entro il 31 dicembre 2014, sarebbe stato bandito il primo concorso;
   tuttavia, con la legge n. 11 del 2015 la scadenza dell'emanazione del bando è stata prorogata dal 31 dicembre 2014 al 31 marzo 2015;
   inoltre, con il comma 202 della legge n. 107 del 2015 è stata prevista l'assegnazione di 1 milione di euro alla SNA per le procedure concorsuali;
   la legge n. 208 del 2015 con i commi 217 e 218, modifica parte dell'articolo 17 del decreto-legge n. 104 del 2013 e l'articolo 29 del decreto legislativo n. 165 del 2001; in tale senso, si prevede il ritorno dalla Scuola nazionale dell'amministrazione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca della regia del concorso nazionale e dei relativi fondi necessari allo svolgimento delle procedure concorsuali;
   per il resto è confermato quanto previsto dall'articolo 17 del decreto-legge n. 104 del 2013: requisiti per partecipare, prova preselettiva, una o più prove scritte, prova orale, svolgimento del corso-concorso in giorni ed orari e con metodi didattici compatibili con l'attività didattica svolta dai partecipanti con eventuale riduzione del loro carico didattico, spese di viaggio e alloggio a carico dei partecipanti;
   tuttavia, ad oggi – nonostante questa vasta produzione legislativa – non è stata stabilita alcune data per l'emanazione del bando e per lo svolgimento delle prove concorsuali;
   appare evidente come un ulteriore rinvio renderebbe assai complessa la gestione della scuole; si ribadisce, infatti, che è indispensabile l'emanazione del bando del nuovo concorso per scongiurare il rischio ormai concreto che nell'anno scolastico 2016/2017 una parte consistente delle scuole sia diretta da un dirigente impegnato anche in un'altra scuola;
   è, dunque, necessario che siano avviati tempestivamente tutti gli adempimenti che servono per procedere alla rapida assunzione del numero necessario di dirigenti scolastici –:
   quale sia la data prevista per la pubblicazione del bando per il concorso per dirigente scolastico. (5-07762)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PETRAROLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 maggio 2013 è stato sottoscritto dalla regione Puglia e dai Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dello sviluppo economico l'accordo di programma quadro per l'attuazione degli interventi regionali afferenti al settore ricerca, individuati nella deliberazione CIPE n. 78/2011, costituenti il «Programma regionale a sostegno della specializzazione intelligente e della sostenibilità sociale ed ambientale», per la cui realizzazione sono stati assegnati 95 milioni di euro di dotazione finanziaria del fondo per lo sviluppo e coesione (FSC);
   l'articolo 2 del bando pubblicato sul bollettino ufficiale della regione Puglia – n. 160 del 5 dicembre 2013 riporta testualmente: «L'intervento FutureInResearch è destinato alle eccellenze della ricerca scientifica pugliese per sostenere la formazione, la mobilità e lo sviluppo delle capacità dei ricercatori pugliesi ed è articolato in due fasi»;
   nella prima fase, la regione Puglia ha inteso recepire e selezionare «idee progettuali», presentate direttamente dai ricercatori, per la realizzazione di attività di ricerca nell'ambito delle università pugliesi;
   al termine della prima fase e preliminarmente all'avvio della seconda, la regione Puglia ha sottoscritto con le università pugliesi una convenzione, per l'assegnazione delle idee progettuali selezionate alle università stesse che assumeranno l'impegno della loro realizzazione con il reclutamento di ricercatori in conformità a quanto disposto dall'articolo 5, comma 5, lettera a), del decreto legislativo n. 49 del 2012. Nella seconda fase le università pugliesi hanno espletato le procedure concorsuali per l'assunzione di ricercatori con contratti a tempo determinato (tipologia di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240 del 2010) e con regime a tempo pieno;
   i bandi di concorso indicavano, oltre al settore scientifico disciplinare, l'idea progettuale di riferimento, come base del progetto di ricerca da realizzare a cura del ricercatore una volta assunto;
   diversi dottori di ricerca, già vincitori del bando FutureInResearch anche con punteggi molto alti, hanno visto assegnare il loro progetto e l'incarico di ricercatore ad altri candidati anche fuori regione;
   questo pare sia stato determinato dal fatto che le griglie di valutazione dei candidati, i cui punteggi – seppure sulla base di un frame ministeriale – vengono attribuiti dalla commissione giudicatrice secondo criteri molto eterogenei, introducono enormi discriminanti ai fini del risultato finale;
   in particolare, solo alcuni dipartimenti hanno attribuito un punteggio considerevolmente più alto ai candidati al concorso vincitori del bando regionale;
   il metodo utilizzato nell'individuazione dei ricercatori non appare all'interrogante realmente rispondente ai principi di uguaglianza e parità di trattamento tra i partecipanti al bando FutureInResearch;
   non appare giusto, dal punto di vista morale e legale, che gli autori delle idee progettuali vincitrici del bando regionale FutureInResearch abbiano dovuto, per partecipare al concorso di idee, accettare di cedere la paternità dell'idea e che tutto il materiale proposto e inoltrato nell'ambito della procedura avrebbe potuto essere liberamente e senza alcun onere utilizzato dalla regione Puglia per il perseguimento di propri fini istituzionali;
   la realizzazione dei progetti da parte di persone diverse dai proponenti, soprattutto nel caso che queste non siano pugliesi, secondo l'interrogante contravviene alle finalità generali indicate nell'articolo 2 del bando regionale FutureInResearch, secondo cui l'intervento sarebbe destinato a giovani ricercatori pugliesi;
   non è appropriato e moralmente accettabile assumere ricercatori diversi da quelli che hanno scritto un progetto già giudicato vincitore;
   ci si chiede se si sia pensato alle conseguenze psicologiche e di carriera di chi, di fatto, ha reperito i fondi ai dipartimenti per poi veder offrire il ruolo di ricercatore a tempo determinato, un passo importante nell'ambito della carriera accademica, a qualcun altro, senza essere ricompensato in nessun modo –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano intraprendere per tutelare i dottori di ricerca vincitori della prima, ma non della seconda fase della procedura, soprattutto nei casi in cui i vincitori del posto da ricercatore non siano pugliesi. (4-12059)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni è balzata agli onori della ribalta mediatica la paradossale vicenda di un docente di filosofia che dopo anni di precariato non ha potuto godersi il meritato arruolamento per intervenuto licenziamento avvenuto in data 11 gennaio 2016 su richiesta della Corte dei Conti perché, al momento del suo passaggio a ruolo, in sede di autocertificazione ha attestato: «di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi scritti del Casellario Giudiziario»;
   in realtà in quel momento il signor Stefano Rho, questo è il nome dell'insegnante, era immemore dell'essere stato protagonista undici anni addietro di un episodio, oramai rimosso, che gli era costato una condanna al pagamento di una multa di 200 euro elevatagli dal giudice di pace di Zogno (Bergamo) per rispondere dell'accusa di «atti contrari alla decenza»;
   ed invero, in una notte d'estate del 2005 Stefano Rho ed un suo amico furono sorpresi da una pattuglia dei carabinieri mentre, stante l'ora tarda e la chiusura di tutti gli esercizi pubblici e dei servizi igienici che incontrarono sul loro cammino, erano costretti ad orinare appartati dietro un cespuglio. A questo punto uno dei militari, per eccesso di zelo, dopo averli identificati, oltre ad elevare loro un verbale di multa li segnalò all'autorità giudiziaria;
   un anno dopo, nel 2006, quando dell'episodio sembrava del tutto rimosso, il signor Stefano Rho ed il suo amico si ritrovarono davanti al giudice di pace per rispondere dell'accusa di «atti contrari alla decenza» con la condanna a pagare 200 euro di multa;
   il 2 settembre 2013, cioè ben 7 anni dopo l'accadimento, quando la vicenda sembra definitivamente conclusa, il signor Stefano Rho firma per il Ministero dell'interno un'autodichiarazione in cui attesta: «di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi scritti del Casellario Giudiziario»;
   verso la fine del 2013 il dirigente scolastico dell'istituto presso il quale svolge come docente precario l'attività di insegnante, gli comunica che da un controllo effettuato risulta «destinatario di un decreto penale passato in giudicato», quello della multa delle 200 euro, limitandosi a chiedere delle spiegazioni in merito e a seguito delle quali decide di sanzionare il professore con la «censura» quale provvedimento minimo in considerazione del fatto che «se anche il prof. Rho avesse correttamente dichiarato le condanne avute, le stesse non avrebbero inciso sui requisiti di accesso al pubblico impiego»;
   l'incredibile vicenda non si ferma nemmeno a questo punto in quanto avverso al provvedimento del dirigente scolastico la Corte dei Conti ravvede che il professore in questione va licenziato, nonostante il tipo di condanna inflittogli non preveda l'iscrizione al casellario giudiziario e non costituisca «motivo ostativo» all'assunzione nei ranghi del pubblico impiego;
   a seguito di tale pronunciamento della Corte dei Conti per il professor Stefano Rho scatta «il procedimento di decadenza senza preavviso» con la conseguente perdita delle anzianità cumulate negli anni di insegnamento, la sua completa cancellazione dalle graduatorie provinciali di Bergamo ed il definitivo licenziamento a far data dall'11 gennaio 2016, cioè poco dopo essere stato definitivamente assunto dopo anni di insegnamento da precario –:
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di rivedere il provvedimento di licenziamento del professor Stefano Rho con conseguente piena riammissione in ruolo nell'organico scolastico ed il ripristino di tutte le spettanze maturate negli anni di servizio lavorativo interessati. (4-12069)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come si evince dal sito ufficiale di INPS, attraverso un comunicato del 8 febbraio 2016 «Procedura per l'affidamento di un incarico di collaborazione temporanea, nell'ambito della costituzione di un Advisory Board per esterni all'Inps», sarebbe stato pubblicato un bando per la ricerca di esperti esterni capaci di offrire consulenza al fine di migliorare le strategie di comunicazione istituzionale;
   nel bando suddetto, al punto 3, viene indicata la durata dell'incarico in 12 mesi dalla data di affidamento, da svolgersi prevalentemente presso la direzione generale di Inps;
   un tweet del 1o febbraio 2016 del presidente dell'Inps, Tito Boeri, annuncia che: «Arrivati oggi i primi VisitINPS, ricercatori che ci aiuteranno a valutare le politiche assistenziali, previdenziali e del lavoro in Italia»;
   attraverso i media, il presidente annunciava che: «Il programma è molto importante perché permetterà di utilizzare meglio le informazioni che l'Inps raccoglie nell'ambito dell'esercizio delle sue funzioni. Informazioni che saranno utilizzate per valutare le politiche economiche che vengono condotte in Italia e per migliorare il modo con cui riusciamo a metterle in pratica»;
   dalle «Relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)», pubblicate negli anni scorsi dalla Corte dei Conti, si evincono in numerosi passaggi alcune criticità in merito all'esternalizzazione delle competenze, rilevando altresì la necessità di una maggiore formazione e sviluppo delle competenze interne all'istituto stesso;
   appare inconsueto, all'interrogante, il ricorso a competenze esterne in quanto, come rilevato più volte dalla stessa Corte dei Conti, sarebbe auspicabile una strategia che punta sulle competenze interne, sviluppandole se necessario attraverso aggiornamenti costanti, non rilevando quindi il bisogno dei suddetti progetti avendo già al suo interno – l'INPS – le competenze necessarie per svolgere uno sviluppo della strategia di comunicazione con l'esterno e per valutare le politiche assistenziali, previdenziali e del lavoro in Italia;
   le competenze esterne non riescono a fornire quell’«eredità» di saperi e competenze, utili alle generazioni future, imponendo altresì un necessario cambio di strategia che metta al centro la valorizzazione delle competenze interne rispetto a quelle esterne –:
   se il Ministro interrogato siano a conoscenza dei fatti suddetti e se non ritenga opportuno approfondire le criticità esposte in premessa;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario un cambio di strategia da parte di Inps per quel che concerne la valorizzazione delle competenze interne all'Istituto. (5-07757)


   GNECCHI, PATRIZIA MAESTRI, GIACOBBE, INCERTI, ROSTELLATO, MICCOLI, ALBANELLA, BOCCUZZI, BARUFFI, GRIBAUDO, PARIS, CASELLATO, TINAGLI, GIORGIO PICCOLO e ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 148 2015 ha razionalizzato la disciplina dei fondi di solidarietà, istituiti dalla legge n. 92 del 2012 con la finalità di assicurare a tutti i lavoratori e le lavoratrici una tutela in costanza del rapporto di nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa per le cause previste dalla normativa in materia di Cassa integrazione guadagni ordinaria e Cassa integrazione guadagni straordinaria;
   le nuove disposizioni prevedono un allargamento della platea delle imprese aderenti, un'uniformità delle prestazioni erogate e, infine, la fissazione di un termine certo per il loro avvio;
   oltre alla finalità di assicurare ai lavoratori e alle lavoratrici una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria, i fondi possono avere le seguenti finalità:
    a) assicurare ai lavoratori prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto alle prestazioni previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro, ovvero prestazioni integrative, in termini di importo, rispetto a trattamenti di integrazione salariale previsti dalla normativa vigente;
    b) prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a coloro che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
    c) contribuire al finanziamento di programmi formativi di fondi europei;
   per tali ultime finalità, i fondi possono essere istituiti anche in relazione a settori e classi di ampiezza dei datori di lavoro già coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali;
   al fine di istituire tali fondi le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulano accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali;
   a seguito dell'accordo, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede all'istituzione del fondo presso l'INPS –:
   quali fondi siano già stati istituiti presso l'inps a seguito della emanazione del relativo decreto interministeriale riferiti rispettivamente a:
    a) fondi istituiti anche in relazione a settori e classi di ampiezza dei datori di lavoro già coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali;
    b) fondi di solidarietà bilaterali istituiti dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale che stipulano accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, riguardante i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti;
   quanti siano i lavoratori suddivisi per sesso, già autorizzati dall'Inps a fruire dell'assegno straordinario per il sostegno al reddito, nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo e che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni. (5-07761)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA e TOFALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro nel 2007 ha bandito un concorso pubblico per 404 posti per l'area C – posizione C1 – profilo attività amministrative, regolarmente espletato nel 2008, il cui elenco dei vincitori è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 9 febbraio 2009;
   al riguardo l'INAIL ha reso noto che il predetto concorso ha determinato l'assunzione per il periodo di dicembre 2010-marzo 2012 di 99 unità fra quelle proclamate vincitrici e che l'alta percentuale dei rinunciatari ha provocato lo scorrimento della graduatoria fino alla posizione n. 150;
   in una precedente risposta ad una interpellanza urgente nella seduta n. 346 del 5 dicembre 2014, il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali ha affermato che «a seguito delle intervenute disposizioni di cui all'articolo 1, commi 3 e 4, del decreto legge n. 138 del 2011, in materia di riduzione degli organici delle pubbliche amministrazioni, è stato disposto il divieto per l'Istituto di procedere – a decorrere dal 31 marzo 2012 – all'assunzione di nuovo personale», che «un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni è stata successivamente disposta dall'articolo 2 del decreto legge n. 95 del 2012, con conseguente divieto di assunzione per l'Istituto, a decorrere dal 31 ottobre 2012 e fino all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di rideterminazione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni, avvenuta in data 22 gennaio 2013» e che «la graduatoria relativa al concorso INAIL in parola potrà essere presa in considerazione nell'ambito del piano assunzioni 2015, previa autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri — Dipartimento della funzione pubblica, a valere sul budget assunzionale relativo all'anno 2015»;
   resta il fatto che esistono centinaia di vincitori di un concorso pubblico che, a distanza di 7 anni dalla pubblicazione della graduatoria, attendono risposte –:
   quali iniziative si intendano adottare al fine di individuare una soluzione che permetta ai candidati vincitori il diritto all'assunzione in vista della scadenza dell'efficacia delle graduatorie concorsuali vigenti prevista per il 31 dicembre 2016. (4-12051)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il mercato del latte ha perso oltre il 20 per cento nel giro di un anno e mezzo e il prezzo riconosciuto agli allevatori non riesce a coprire neanche i costi per l'alimentazione degli animali;
   la multinazionale del latte francese Lactalis è il principale gruppo lattiero europeo e in Italia è proprietari di marchi come Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cademartori. Controlla il 33 per cento del mercato italiano del latte a lunga conservazione (Uht);
   dall'acquisizione da parte della multinazionale francese nel 2011, in Italia hanno chiuso 4.000 stalle, oltre il 10 per cento del totale. Una situazione che si è aggravata nell'ultimo anno con la decisione unilaterale di ridurre del 20 per cento i compensi riconosciuti agli allevatori che sono scesi a 34 centesimi al litro, al di sotto dei costi di produzione, stimanti in un valore medio compreso tra i 38 e i 41 centesimi;
   il 26 novembre 2015 è stata siglata una intesa al tavolo di filiera organizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con le organizzazioni agricole, cooperative, industria e grande distribuzione organizzata, secondo la quale Lactalis pagherà 3 centesimi in più al litro. Di conseguenza, il prezzo del latte arriverà a 37 centesimi fino a dicembre;
   il 28 gennaio 2016 si è svolta la prima riunione del Comitato consultivo previsto dall'accordo di filiera per il sostegno al comparto lattiero caseario siglato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il 26 novembre 2015. All'incontro hanno partecipato i rappresentanti delle organizzazioni agricole, dell'industria, delle cooperative e della grande distribuzione;
   durante l'incontro è stato definito il sistema base di indicizzazione del prezzo del latte, attraverso un meccanismo oggettivo che tiene conto dei costi di produzione e dell'andamento dei prezzi del latte e dei formaggi sul mercato interno ed estero. È naturale chiedersi, però, perché indicizzare il costo del latte italiano a quello magari tedesco, dimenticando che i consumatori italiani pagano un prezzo al consumo decisamente superiore a quello tedesco – per il latte fresco di alta qualità si arrivano a pagare oltre 1,50 euro al litro;
   certamente questo accordo è un importante passo avanti per la stabilità e sostenibilità del settore lattiero-caseario anche se le questioni legate al futuro prezzo del latte restano ancora aperte. È necessario, a parere dell'interrogante, arrivare nel più breve tempo possibile alla determinazione di un prezzo giusto da pagare agli allevatori;
   nel frattempo le stalle continuano a chiudere. Risulta all'interrogante, infatti, che recentemente la Galbani, che come ricordato sopra è stata acquisita dalla multinazionale Lactalis, abbia dato disdetta del contratto di somministrazione a circa 90 produttori di latte italiani. Nella lettera viene comunicato che alla scadenza del contratto questo non sarà rinnovato automaticamente nei termini attuali per un ulteriore periodo, facendo in questo modo cessare definitivamente i contratti alla fine del mese di marzo. Nella lettera si legge, inoltre, che la società resta a disposizione per valutare l'ipotesi di un nuovo contratto previa rinegoziazione delle condizioni;
   il rischio che si sta profilando è quello che si vada a creare una selezione naturale delle aziende con le quali collaborare. Visto che i Paesi di tutta Europa stanno aumentato la produzione di latte mentre il nostro Paese è deficitario, questo condurrebbe inevitabilmente a eventuali importazioni di latte estero a prezzi più bassi;
   non si può rimanere inermi davanti a una politica dei prezzi, da parte di una sola multinazionale, che decide il futuro di migliaia di allevatori –:
   quali iniziative intenda adottare per tutelare i produttori del latte affinché questi non continuino a chiudere le loro attività, in considerazione anche del fatto che gli industriali, in particolare Lactalis, come citato in premessa, continuano a disdire i contratti, non rinnovandoli alla scadenza, facendo presupporre che acquisteranno latte proveniente da Paesi esteri che ha costi e qualità decisamente inferiori a quello italiano. (5-07764)


   MASSIMILIANO BERNINI e BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3 dell'atto esecutivo tra AGEA e SIN prevede che SIN dovrà collaborare con AGEA impegnando il fornitore al fine di assicurare nei confronti della stessa AGEA dei servizi e delle attività in corso all'atto del trasferimento e anche di tutta la documentazione relativa ai servizi già svolti. La SIN prima del 20 settembre 2016 (scadenza del contratto con il privato) dovrà – su richiesta di AGEA – trasferire ad AGEA medesima o a soggetto da questa prescelto il know how al fine di rendere la prosecuzione del servizio nel modo più efficace possibile. Un successivo contratto dovrà regolamentare puntualmente il processo di affiancamento;
   ad oggi non risulta alcuna contrattualizzazione dell'affiancamento tra le parti e l'attuale organizzazione della SIN si avvale ancora di personale distaccato dal fornitore in potenziale conflitto di interessi;
   AGEA potrebbe sopperire alla carenza interna di competenze e professionalità specifiche proprio nel passaggio di consegne tra attuale e futuro fornitore con quelle dei dipendenti SIN in ambito informatico, agro-alimentare, e altro, su cui AGEA ha investito risorse ingenti negli anni, e da questi rivendicate anche in una lettera aperta alle istituzioni;
   la disposizione di AGEA n. 44 dell'11 dicembre 2015 quali soggetti di riferimento per acquisire documentazione utile alla stesura del capitolato di gara indica il direttore generale e il direttore esecutivo di SIN, i quali sono tenuti all'obbligo di riservatezza e non possono avvalersi di personale del RTI, ma di fatto anch'essi si avvalgono di personale in distacco anche a diretto riporto;
   a meno di 8 mesi dalla fine del contratto, sembra concretizzarsi l'ipotesi di una possibile proroga. Si tratta però, di un ingente appalto della pubblica amministrazione assegnato nel 2006 tramite gara ad evidenza pubblica; in tale contesto considerate le sollecitazioni per l'avvio di una gara che aggiudicasse per tempo un nuovo fornitore (si veda la risposta del Sottosegretario Morando ad una interpellanza del M5S nella seduta della Camera n. 406 del 10 aprile 2015) –:
   quando e come si intenda contrattualizzare l'affiancamento in termini di impegno, tempi, prodotti e condizioni economiche;
   se AGEA intenda avvalersi delle competenze e professionalità di SIN formalizzando il rilascio del know-how dall'attuale fornitore per assicurare l'efficacia della gestione e del controllo al passaggio di consegne tra vecchio e nuovo fornitore;
   come AGEA intenda assicurare la continuità del servizio, una volta decaduto l'attuale fornitore e sulla base di quanto previsto dall'articolo 1, comma 6-bis, del decreto-legge n. 51 del 2015 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2 luglio 2015. (5-07767)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA, GAGNARLI, L'ABBATE e LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, i cereali sono i vegetali più coltivati al mondo e i prodotti derivanti dalla loro trasformazione costituiscono da sempre gli alimenti «di base» per l'organismo umano. I cereali utilizzati prevalentemente nell'alimentazione umana sono: il frumento o grano ed il riso, mentre il granoturco o mais, l'avena, l'orzo, la segale ed il sorgo sono per lo più impiegati per alimentazione zootecnica. Il frumento è ampiamente ritenuto il cereale più importante per l'alimentazione umana e le specie più diffuse, quali il Triticum durum o grano duro e il Triticum aestivum o grano tenero, vengono utilizzate per la produzione di alimenti di consumo quotidiano quali pasta, il pane e gli altri prodotti da forno;
   relativamente al grano duro, la Borsa merci italiana dopo la sostanziale stabilità registrata nei mesi di ottobre e novembre 2015 ha evidenziato una nuova fase di ribassi dei prezzi all'ingrosso, dovuta allo squilibrio tra domanda piuttosto contenuta da parte dell'industria molitoria ed ampia disponibilità di prodotto sul mercato, disponibilità destinata ad aumentare se si considerano le attese per il 2016 derivanti dalla crescita delle semine;
   le quotazioni del duro fino, analizzate tramite il FINC (indicatore sintetico prezzi all'ingrosso), si sono attestate a dicembre sui 266 euro a tonnellata, in calo del 2,7 per cento rispetto a novembre; sempre pesante il divario rispetto alla scorsa annata, con i prezzi attuali più bassi di oltre il 30 per cento. I cali, peraltro, sono proseguiti anche nelle rilevazioni di apertura del 2016. Sebbene più contenuti rispetto al frumento, anche le quotazioni della semola hanno subito a dicembre dei ribassi, in particolare nella seconda parte del mese, chiudendo il 2015 sulla piazza di Bologna sui 474-480 euro a tonnellata ed accusando un calo rispetto allo scorso anno del 20 per cento circa;
   i dati mostrano che anche il mercato del frumento tenero nazionale è ancora bloccato, segnato da pochi scambi e dalla conseguente stabilità delle quotazioni dei frumenti panificabili. I prezzi del panificabile, analizzati tramite il FINC, sono rimasti fermi sulla soglia dei 185 euro a tonnellata, cedendo appena lo 0,1 per cento rispetto a novembre ma risultando più bassi del 6,9 per cento rispetto allo scorso anno. Invariate anche le quotazioni dei frumenti di forza, stabili sui 240-260 euro a tonnellata (CCIAA Milano) e praticamente in linea rispetto allo scorso anno. Vi è una sostanziale stabilità anche per il frumento tenero panificabile di provenienza comunitaria, attestato sui 192 euro a tonnellata (-1,4 per cento) ma in calo dell'8,9 per cento rispetto a dicembre 2014 (CCIAA Milano). Anche lo scenario mondiale al momento non presenta elementi di tensione sul fronte dei fondamentali della domanda e dell'offerta, con quest'ultima stimata dall'USDA nel suo report di dicembre, sul valore record di 735 milioni di tonnellate, a fronte di consumi, attesi poco sotto i 720 milioni di tonnellate e stock sui 230 milioni di tonnellate (+8,5 per cento). Anche sul mercato internazionale si riscontra un segnale di debolezza. Nello specifico, le quotazioni del frumento tenero sono rimaste per tutto dicembre sotto la soglia dei 500 cent dollaro/bushel, portandosi a fine mese sui 470 cent dollaro/bushel. Stessa situazione si registra nel mercato francese con valori del frumento duro sotto la soglia dei 270 euro a tonnellata (France AgriMer);
   l'organizzazione di filiera appare indispensabile quindi anche nel settore cerealicolo sia per affrontare le sfide del mercato globale che per negoziare con più forza con la parte industriale; attualmente l'aggregazione della produzione agricola viene realizzata infatti da intermediari, ovvero soggetti terzi rispetto agli agricoltori che hanno scarso interesse a valorizzare sia qualitativamente che economicamente le produzioni, i quali gestiscono le relazioni con il mercato finale e i rapporti con l'industria per le produzioni cerealicole destinate alla trasformazione –:
   se non ritenga urgente promuovere ogni strumento volto a favorire l'aggregazione nel settore cerealicolo, anche attraverso l'attivazione immediata di un tavolo di filiera e l'istituzione di una Commissione unica nazionale per il mercato dei cereali. (4-12044)


   CARFAGNA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino è una varietà di pomodoro riconosciuta come prodotto ortofrutticolo italiano a denominazione di origine protetta dal 1996;
   la produzione del pomodoro San Marzano sostiene l'economia di ben 41 comuni delle province di Salerno, Napoli e Avellino;
   in Belgio vengono prodotti e venduti pomodori con l'irregolare denominazione «San Marzano»;
   la tutela del prodotto «San Marzano» rappresenta una battaglia di lungo corso per il nostro Paese, con interessamenti geografici che vanno dagli Stati Uniti fino alla Cina, quest'ultima produttrice dell'ormai nota «pummarola» cinese che viene utilizzata perfino nelle salse anche dall'industria del nord Europa;
   l'Unione europea attraverso le parole di Phil Hogan, commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, in risposta ad un'interrogazione dell'europarlamentare Maria Bizzotto, ha sostenuto che il pomodoro San Marzano sia una varietà che può essere coltivata al di fuori dell'aria geografica delimitata e che non sia ad appannaggio dei produttori italiani;
   Phil Hogan, commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, sostiene che «sulla base delle informazioni a sua disposizione, la Commissione europea non può constatare se le etichette di pomodori prodotti fuori dall'Italia, commercializzati in Belgio ed etichettati “San Marzano”, costituiscono una evocazione irregolare della denominazione Dop italiana, o un utilizzo lecito del nome della varietà. Appartiene essenzialmente alle autorità competenti degli Stati membri, far rilevare eventuali irregolarità al momento dei controlli effettuati» –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, al fine di garantire, anche a livello europeo e internazionale, un'adeguata tutela dei pomodori San Marzano, un prodotto da sempre considerato una delle maggiori eccellenze agroalimentari italiane che rischia di essere sminuito. (4-12057)


   PASTORELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il settore risicolo italiano, storicamente leader a livello europeo, vive una preoccupante situazione involutiva a causa del crescente ricorso al seme non certificato, che ha oramai raggiunto il 30 per cento delle superfici coltivate;
   «In 4 anni, dal 2011 al 2014 – secondo quanto denunciato da Assosementi lo scorso febbraio 2015 – le superfici destinate alla moltiplicazione del riso da seme sono scese da 13.700 ettari a 9.700 mila ettari, il 30 per cento in meno. (...) L'impiego di sementi certificate è il solo strumento che garantisce la sanità e la germinabilità del seme, oltre che la sua identità varietale, e quindi è il presupposto indispensabile per garantire produzioni di qualità e sicure per il consumatore»;
   infatti, la riduzione dell'impiego di seme certificato, comporterà sicuramente difficoltà nell'assicurare la tracciabilità e la rintracciabilità, oltre a un probabile peggioramento quantitativo e qualitativo delle produzioni di riso italiano;
   infatti, l'uso di seme non certificato è una pratica che oltre a nascondere spesso comportamenti illegali, impedisce lo sviluppo, il miglioramento genetico e produzione di nuove varietà, che hanno, tra l'altro, permesso all'Italia di iscrivere nel registro nazionale delle varietà negli ultimi dieci anni oltre 70 nuove varietà di riso, in grado di assicurare rese migliori a livello qualitativo e quantitativo e maggiore resistenza alle malattie;
   è noto infatti che la semente è il materiale destinato alla sola semina delle colture; essa deriva da un processo che serve a mantenere immutate le caratteristiche varietali, la capacità di dare origine a piante sane e vigorose, in grado di completare il proprio ciclo produttivo e a garantire il più possibile il contenimento di malattie e di infestanti;
   a tal proposito il 21 settembre 2015 si è svolta, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale, direzione generale dello sviluppo rurale, via XX Settembre, 20 – Sala Virgilio, una riunione avente come oggetto le problematiche relative all'utilizzo di seme di riso o risone non certificato per la semina. In sintesi sono emerse diverse criticità relative alla filiera, riso la più importante delle quali riguarda la possibilità del diffondersi di malattie fungine e di agenti patogeni. Infatti, per i selezionatori mobili di sementi, i rappresentanti del Ministero, delle associazioni di categoria e dell'Ente Risi, convengono che, per operare a norma di legge, debbano essere in possesso dell'autorizzazione sementiera e dell'autorizzazione all'utilizzo di presidi sanitari per la concia. Si sottolinea che l'attività dei selezionatori mobili favorisce il reimpiego di seme aziendale e, a causa di mancati controlli di tipo fitosanitario, acuisce il diffondersi di malattie fungine e del patogeno da quarantena Aphelencoides besseyi (nematode del riso). In effetti all'aumento del reimpiego di seme registrato negli ultimi anni corrisponde un analogo incremento della presenza di nematode nei lotti di seme in natura destinato alla certificazione ufficiale. Si evidenzia infine che, l'autorizzazione regionale rilasciata ai selezionatori mobili prevede l'obbligo, per le ditte che effettuano la selezione e concia delle sementi, di tenuta di un registro di carico/scarico con l'annotazione delle varietà e dei quantitativi lavorati ma non essendoci un controllo ufficiale tale attività viene spesso impiegata per commettere illeciti, come ad esempio produzione e scambio di sementi non certificate tra agricoltori e mancato pagamento dei diritti di proprietà intellettuale;
   considerando che il 56 per cento della superficie italiana è coltivata con varietà coperte da privativa comunitaria, considerando che ad oggi è noto che il pagamento dei diritti di proprietà intellettuale sull'uso di varietà coperte da privativa è pari a zero, che le aziende che producono meno di 92 tonnellate di cereali all'anno sono esentate da tale pagamento, e infine che le aziende risicole nella quasi totalità producono più di tale volume, se ne deduce che almeno il 56 per cento della semente non certificata è impiegata anche ledendo tali diritti;
   i possibili scenari negativi vanno anche ad incidere sull'ambiente in quanto il reimpiego aziendale del seme di riso, non usufruendo dei processi necessari in merito ai controlli, alle lavorazioni da svolgere sia in campo, durante tutto il ciclo colturale, sia alla selezione meccanica, inevitabilmente porta all'inquinamento con altre specie e all'aumento del carico di semi di infestanti e di patologie fungine il cui controllo diventa sempre più difficile, richiedendo interventi chimici sempre più spinti, a discapito della tutela ambientale;
   altra conseguenza è rappresentata dal rischio di produrre partite di riso non omogenee con ripercussioni negative sulla biodiversità delle produzioni italiane, elemento fondamentale per la salvaguardia della tipicità italiana. È evidente quindi che ci sono una serie di fattori diretti e indiretti che, a fronte di un risparmio dei costi per l'acquisto della semente nell'immediato, potranno determinare, direttamente e indirettamente, sopratutto nel medio-lungo periodo, svantaggi per l'agricoltore e per l'ambiente –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di tutelare attraverso l'utilizzo dei semi certificati le nostre produzioni tipiche italiane;
   quali iniziative intenda assumere, anche attraverso l'introduzione di nuove disposizioni normative, per ridurre e controllare il ricorso a sementi aziendali al fine di arginare una pratica che si sta diffondendo in quasi tutte le produzioni cerealicole italiane;
   quali iniziative di competenza intenda attuare per tutelare, ove presente, il diritto di proprietà intellettuale sulle sementi reimpiegate. (4-12060)


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI, CAON e MARCOLIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   destano preoccupazione e rabbia da parte dei produttori le affermazioni di Phil Hogan commissario europeo per l'agricoltura che, nella risposta all'interrogazione presentata all'europarlamento il 17 settembre 2015 in ordine al rispetto delle denominazioni protette nell'Unione europea e, in particolare, al caso dei pomodori di San Marzano prodotti e venduti in Belgio, ha testualmente affermato: «La denominazione “Pomodoro S. Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino” è stata registrata dal regolamento (CE) n. 1263/96 del 1o luglio 1996, modificato nel 2010. Il regolamento (UE) n. 1151/2012 tutela le denominazioni registrate nei casi di imitazione, usurpazione o evocazione o nei confronti di pratiche che potrebbero indurre in errore i consumatori per quanto riguarda la vera origine del prodotto. Tuttavia, la varietà di Pomodoro San Marzano menzionata nella denominazione composta in questione può essere coltivata fuori della zona geografica delimitata e non costituisce pertanto una prerogativa dei produttori italiani in questione. In base alle informazioni di cui dispone, la Commissione non può stabilire se le etichette di pomodori prodotti fuori dall'Italia, commercializzate in Belgio ed etichettate con il termine “San Marzano” costituiscano un'evocazione illecita della denominazione in oggetto o un utilizzo legittimo del nome della varietà in questione. Spetta principalmente alle autorità competenti degli Stati membri rilevare eventuali mancanze in occasione dei controlli effettuati»;
   questo è solo l'ultimo degli «schiaffi» che l'Unione europea sta dando al nostro Paese per quanto riguarda il made in Italy. Così, il 25 gennaio 2016, la Commissione per il commercio internazionale del Parlamento europeo aveva approvato la risoluzione per l'avvio di negoziati per un accordo di libero scambio tra l'Unione europea e la Tunisia (INTA/8/03886 2015/2791(RSP), con la quale, tra l'altro, si da parere favorevole alle conclusioni del Consiglio del 20 luglio 2015 e alla successiva proposta della Commissione del 17 settembre che raccomanda di offrire alla Tunisia un contingente tariffario senza dazio, temporaneo e unilaterale di 35.000 tonnellate all'anno per le esportazioni tunisine di olio d'oliva nell'Unione per un periodo di due anni;
   prima ancora si era svolto a Bruxelles un incontro tra il commissario all'agricoltura ed il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali italiano per confrontarsi sul progetto di smantellare il sistema della doc, la denominazione di origine controllata, e delle docg, la denominazione di origine controllata e garantita, che praticamente proteggono moltissimi prodotti italiani e la metà circa dei nostri vini da tutte le imitazioni in giro per il mondo;
   sta di fatto che, sulla scorta della risposta del commissario europeo all'agricoltura, il Belgio può coltivare San Marzano, pur non potendoli definire dop;
   è utile ricordare che il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino è una varietà di pomodoro conosciuta in tutto il mondo la cui produzione coinvolge l'economia di 41 comuni delle province di Salerno, Napoli e Avellino. Dal 1996 il pomodoro ottenuto dalle coltivazioni di questi territori, seguendo il disciplinare di trasformazione, ha ottenuto il riconoscimento della denominazione di origine protetta, la cosiddetta Dop (Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 163/96 del 2 luglio 1996). È inutile ribadire le gravi ripercussioni che tutto questo avrà sull'economia non solo di quel territorio ma anche a livello internazionale dove si prevede un crollo delle vendite;
   le parole del commissario europeo sembrano però andare contro il nuovo regolamento (CE) 510/2006 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale europea L 93 del 31 marzo 2006) che riscrive completamente ed abroga il regolamento (CEE) n. 2081 del 1992 il quale introdusse la Dop e la Igp. Si evidenzia, nel testo che, a decorrere dal 1o maggio 2009 le etichette dovranno riportare i simboli comunitari standard o le diciture previste per i prodotti Dop e Igp (articolo 8); inoltre, la commercializzazione dei prodotti registrati è aperta a tutti gli operatori che adottano gli appositi disciplinari, nei quali si fissano le regole relative ad ogni aspetto che costituisce e rappresenta la peculiarità, l'identità e l'origine dei prodotti (articolo 4). In altre parole, quelli a denominazione di origine protetta Dop hanno un legame più forte ed esclusivo con l'area geografica di riferimento. Infine, particolarmente dettagliate sono le norme sulla protezione (articolo 13). Tra queste, vi è il divieto di usare espressioni che mirano a sfruttare, anche in modo evocativo, la reputazione di una indicazione o di una denominazione protetta («genere», «tipo», «metodo», «alla maniera», «imitazione» e simili);
   diventano allora secondo gli interroganti contrarie alle stesse norme comunitarie le parole del commissario: «Il pomodoro San Marzano può essere coltivato al di fuori dell'aria geografica delimitata e non è appannaggio dei produttori italiani» –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere, anche presso le competenti sedi comunitarie, affinché sia tutelata la produzione italiana del pomodoro San Marzano;
   quali iniziative, d'intesa con le autorità europee, abbia intenzione di assumere affinché si vieti la commercializzazione di prodotti, in questo caso specifico pomodori prodotti in Belgio, che si fregiano di un'etichetta tutelata e protetta dalla denominazione Dop;
   quali iniziative concrete il Governo intenda assumere a livello comunitario affinché non vi siano più attacchi continui e diretti alle produzioni made in Italy, le cui eccellenze sono universalmente riconosciute. (4-12070)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, MANTERO, COLONNESE e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'obesità infantile rappresenta una reale minaccia per il benessere sociale, fisico e psicologico dei bambini ed è un noto fattore di rischio per l'obesità adulta e le malattie non trasmissibili;
   a gennaio 2016, a conclusione di uno studio durato due anni, la Commissione per la lotta all'obesità infantile dell'Organizzazione mondiale della sanità (Ending Childhood Obesity, ECHO) ha presentato una relazione finale in cui chiede un'azione ad alto livello per affrontare i livelli allarmanti di obesità  e sovrappeso infantile a livello globale;
   il report sottolinea che molti bambini oggi crescono in ambienti sempre più insalubri, che favoriscono l'aumento di peso, grazie alla globalizzazione e all'urbanizzazione. Si tratta di una tendenza che riguarda tutte le fasce sociali sia nelle Nazioni povere sia in quelle ricche;
   tra il 1990 e il 2014, la percentuale di bambini di età inferiore ai cinque anni in sovrappeso è passata dal 4,8 per cento al 6,1 per cento, in numeri assoluti da 31 a 41 milioni. Durante lo stesso periodo, nei paesi a basso o medio reddito, il numero di bambini in sovrappeso è più che raddoppiato, passando da 7,5 milioni a 15,5 milioni;
   il report dell'Organizzazione mondiale della sanità formula una serie di raccomandazioni rivolte ai Governi per provare ad invertire la tendenza, che vanno nella direzione di promuovere l'assunzione di cibi sani, scoraggiare i cibi spazzatura (junk food) mediante una tassazione efficace sulle bevande zuccherate. Avverte anche sulla necessità di porre dei limiti anche al marketing: a pagina 19 punto 1.3, infatti, si legge che nonostante il numero crescente di sforzi volontari da parte dell'industria, l'esposizione alla commercializzazione di alimenti insalubri rimane una questione importante e qualsiasi tentativo per combattere l'obesità infantile dovrebbe quindi includere una riduzione esposizione dei bambini alla potenza di marketing;
   per quanto riguarda l'educazione e l'informazione delle persone, l'Organizzazione mondiale della sanità afferma che la cultura della nutrizione e della salute dovrebbero far parte dell'istruzione scolastica, facendo in modo che le informazioni e le linee guida nutrizionali siano diffuse in modo semplice, comprensibile e accessibile a tutti i gruppi sociali. Sarebbe pertanto utile un supporto agli sforzi di alfabetizzazione in materia di nutrizione e salute, ad esempio attraverso un sistema standardizzato di etichetta nutrizionale, obbligatoria per alimenti confezionati e bevande;
   il report sottolinea che solo un pacchetto integrato di interventi che affronti tutti gli aspetti della problematica avrebbe possibilità di successo, ma è necessario l'impegno dei Governi, investimenti a lungo termine, e l'impegno di tutta la società per proteggere il diritto dei bambini ad una buona salute ed al benessere;
   l'obiettivo globale per tutti i Paesi, adottato dall'Assemblea mondiale della sanità, è di rinnovare gli sforzi per invertire la tendenza dei bambini sotto 5 anni in sovrappeso entro il 2025;
   a livello comunitario in particolare, è stato lanciato un piano d'azione dell'Unione europea sull'obesità infantile 2014-2020 volto a definire le priorità e a tenere traccia dei progressi compiuti in tale ambito. Obiettivo generale del piano è quello di incoraggiare i cittadini europei ad adottare un'alimentazione più sana e uno stile di vita attivo, così da arrestare l'aumento del sovrappeso e dell'obesità tra i giovani entro il 2020;
   diversamente da quanto si può pensare, il problema dell'obesità infantile è una piaga anche italiana. Secondo quanto emerge dal rapporto «OKkio alla Salute 2014», i livelli di eccesso ponderale nei bambini di 8-9 anni sono troppo elevati; il che porta l'Italia ai primi posti in Europa per sovrappeso e obesità infantile, nonostante il dato sia in calo lieve ma costante dal 2008;
   una serie di impegni che vanno nella stessa direzione delle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità sono già presenti in diversi atti già depositati alla Camera. In particolare si vedano la mozione a prima firma Gagnarli n. 1-00836, ed abbinate, votata il 12 maggio 2015, la proposta di legge n. 2904 a prima firma Gagnarli ancora non discussa, la mozione n. 1-00744 a prima firma Bernini, non ancora calendarizzata, ed altri –:
   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, ha intrapreso ed ha intenzione di intraprendere in relazione a quanto emerso dal Report dell'Organizzazione mondiale della sanità, dal piano d'azione dell'Unione europea sull'obesità infantile 2014-2020, ed a seguito degli impegni presi con l'approvazione parziale della mozione n. 1-00836, presentata dalla prima firmataria del presente atto e delle altre abbinate, e quali siano le tempistiche delle azioni programmate. (5-07769)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, recante «Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata», il quale prevede che — ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell'Agenzia delle entrate — le ASL, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa e gli altri presidi e strutture accreditati per l'erogazione dei servizi sanitari, nonché gli iscritti all'albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri inviino al sistema tessera sanitaria, secondo le modalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 marzo 2008, i dati relativi alle prestazioni erogate;
   a partire dal 2016, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata di cui, all'articolo 1 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, il sistema tessera sanitaria, dal 1o marzo di ciascun anno, mette a disposizione dell'Agenzia delle entrate i dati consolidati di cui all'articolo 3, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 175 del 2014, relativi a:
    a) spese sanitarie sostenute nel periodo d'imposta precedente;
    b) rimborsi effettuati nell'anno precedente per prestazioni non erogate o parzialmente erogate, specificando la data in cui sono stati versati i corrispettivi delle prestazioni non fruite. I dati forniti dal sistema tessera sanitaria sono quelli relativi alle ricevute di pagamento, alle fatture e agli scontrini fiscali relativi alle spese sanitarie sostenute dal contribuente e dal familiare a carico nell'anno d'imposta e ai rimborsi erogati;
   ciascun assistito può esercitare la propria opposizione a rendere disponibili all'Agenzia delle entrate, con relativa cancellazione, i dati relativi alle spese sanitarie sostenute nell'anno precedente e ai rimborsi effettuati nell'anno precedente per prestazioni parzialmente o completamente non erogate, per l'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata. Se l'assistito è un familiare a carico, i dati relativi alle spese e ai rimborsi per i quali ha esercitato l'opposizione non sono visualizzabili dai soggetti di cui risulta a carico, né nell'elenco delle informazioni attinenti la dichiarazione precompilata;
   a partire dalla data di pubblicazione del prot. n. 103408/2015 dell'Agenzia delle entrate (31 luglio 2015), l'opposizione di cui si è riferito sopra viene manifestata con le seguenti modalità:
    a) nel caso di scontrino parlante, non comunicando al soggetto che emette lo scontrino il codice fiscale riportato sulla tessera sanitaria;
    b) negli altri casi chiedendo verbalmente al medico o alla struttura sanitaria l'annotazione dell'opposizione sul documento fiscale. L'informazione di tale opposizione deve essere conservata anche dal medico/struttura sanitaria. Tali disposizioni non si applicano con riferimento alle spese sanitarie sostenute nel corso del 2015;
   il Garante della protezione dei dati personali, nella riunione del 30 luglio 2015 (registro dei provvedimenti n. 451) ha espresso parere favorevole sullo schema di provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate concernente le modalità tecniche di utilizzo dei dati delle spese sanitarie ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata in attuazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, precisando tuttavia che i contribuenti devono essere informati della possibilità di opporsi trattamento dei dati personali;
   le informazioni oggetto di invio concernono dati sensibilissimi ai sensi dei decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, la cui diffusione è vietata salvo il caso in cui la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi sia di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;
   è impossibile informare i pazienti circa la possibilità di opporsi, in via retroattiva –:
   quali urgenti iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per tutelare il diritto alla privacy dei pazienti con riferimento ai dati relativi al 2015. (4-12056)


   COLONNESE, BARONI, DI VITA, GRILLO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni, molti medici di famiglia stanno lanciando l'allarme di crescenti tensioni tra i pazienti dovute all'entrata in vigore del «decreto Lorenzin» sulla delle riduzione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale ad alto rischio di inappropriatezza che di fatto riduce notevolmente l'erogabilità di molte prestazioni. Il fatto più eclatante è accaduto il 5 dicembre 2015 a Monte di Procida, in provincia di Napoli, dove un paziente ha malmenato con calci e pugni un medico che, secondo le direttive del decreto, non ha potuto prescrivere una risonanza;
   secondo il decreto 9 dicembre 2015 (Condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza ambulatoriale erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale) sono state individuate 203 prestazioni di assistenza specialistiche a prescrizione limitata nell'ambito del servizio sanitario nazionale, il cui elenco è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 gennaio 2016. In particolare, le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza prescrittiva previste nel decreto interessano: odontoiatria, genetica, radiologia diagnostica, esami di laboratorio, dermatologia allergologica, medicina nucleare; all'articolo 2, comma 1, si intendono per «condizioni di erogabilità» le specifiche circostanze riferite allo stato clinico o personale del destinatario, alla particolare finalità della prestazione (terapeutica, diagnostica, prognostica, o di monitoraggio di patologie o condizioni), al medico prescrittore, all'esito di procedure o accertamenti pregressi, in assenza delle quali la prestazione specialistica risulta inappropriata e non può essere erogata nell'ambito e a carico del servizio sanitario nazionale;
   la tensione tra i pazienti sta crescendo un po’ ovunque e a lanciare l'allarme sono i medici di famiglia che stanno raccogliendo numerose testimonianze tra i colleghi che denunciano che, per l'entrata in vigore del decreto, di fatto l'erogabilità di molte prestazioni è notevolmente ridotta;
   il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, all'articolo 9-quater, dispone che in caso di un comportamento prescrittivo non conforme alle condizioni e alle indicazioni di cui al decreto ministeriale previsto dal comma 1, l'ente richiede al medico prescrittore le ragioni della mancata osservanza delle predette condizioni ed indicazioni. In caso di mancata risposta o di giustificazioni insufficienti, l'ente adotta i provvedimenti di competenza, applicando al medico proscrittore dipendente del Servizio sanitario nazionale una riduzione del trattamento economico accessorio (...);
   la prevenzione risulta quindi completamente impedita ai pazienti bisognosi, mentre le persone più facoltose potranno pagare gli esami diagnostici di tasca propria o stipulando un'assicurazione. Secondo il decreto ministeriale, ad esempio, indagini strumentali come tac, risonanze, potranno essere prescritte solo in presenza di un tumore già accertato o di un intervento chirurgico o di un trauma subito; nel caso di un sospetto diagnostico, l'esame dovrà essere negato ed il cittadino lo dovrà pagare di sua tasca. Analogamente per gli esami di laboratorio, potranno essere prescritti solo in presenza di patologie già accertate. Tali disposizioni creano di fatto una disparità e una discriminazione alle categorie di persone più indigenti che di fatto non potranno accedere alle cure;
   inoltre le prestazioni sotto controllo appropriatezza dovranno infatti essere prescritte, se a carico del servizio sanitario nazionale, su una ricetta a sé stante e quindi anch'essa soggetta al super ticket di 10 euro. Mentre prima potevano essere prescritte sulla stessa ricetta di altre prestazioni specialistiche e diagnostiche: ad ogni prestazione soggetta a limitazioni prescrittive deve essere allegata una nota che indica in quale caso quell'accertamento può essere erogato a carico del servizio sanitario nazionale. Quindi ogni prestazione con limiti prescrittivi deve essere trascritta su una ricetta a sé, facendo così moltiplicare il super-ticket da 10 euro che altrimenti si sarebbe pagato una sola volta –:
   se siano a conoscenza delle tensioni descritte in premessa;
   se si intenda intervenire per evitare discriminazione e disparità di trattamento rispetto alle categorie di persone più indigenti che di fatto non potranno accedere alle cure, soprattutto per quanto riguarda indagini strumentali preventive spesso troppo costose;
   se l'attuazione del decreto non comporti una limitazione al medico prescrittore di agire in scienza e conoscenza e come si intenda evitare che il meccanismo sanzionatorio rispetto alle prescrizioni cosiddette «inappropriate» possa spaventare il medico facendolo lavorare male e di conseguenza creando un danno al malato che, vedendosi negare un esame, potrebbe rinunciare a curarsi del tutto o rivolgersi al privato solo avendone la possibilità economica;
   se non si intenda assumere iniziative normative, anche mediante la modifica del sopracitato decreto, affinché in base alla fascia di reddito, anche le categorie più indigenti possano avere accesso a cure preventive gratuite esercitando il diritto alla salute sancito all'articolo 32 della Costituzione italiana. (4-12062)


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il virus «Zika» trasmesso dalle zanzare della specie « Aedes Aegypti» (conosciuto come vettore anche di febbre gialla, Dengue e Chikungunya) è arrivato in Brasile nel maggio del 2015. Da allora ha ormai raggiunto 17 Paesi dell'America Latina. Fino ad ottobre dello scorso anno non era ritenuto una grande minaccia: solo un quinto delle persone colpite si ammalavano e in genere riportavano solo una leggera febbre, eruzioni cutanee, dolori articolari e arrossamento degli occhi. In seguito ad analisi statistiche, sono però emerse correlazioni con malformazioni nei feti di parecchie donne in stato interessante e problemi neurologici negli adulti;
   il 15 gennaio 2016 i centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) negli Stati Uniti hanno sconsigliato le donne incinte dal recarsi nei paesi in cui sono presenti i focolai dell'epidemia;
   il virus, per cui al momento non esiste un vaccino specifico, è stato isolato, per la prima volta nel 1947, in una scimmia della foresta di Zika, in Uganda. Da allora si sa che ha causato piccole epidemie sporadiche in alcune regioni africane e del sudest asiatico;
   in Brasile, subito dopo l'arrivo del virus, pare che si siano verificati oltre 1,6 milioni di casi tra « Dengue» e «Zika», che hanno provocato ben 863 decessi e che in special modo il virus «Zika» pare abbia contagiato un milione e mezzo di persone. Il Ministro del turismo brasiliano Henrique Alves, ha dichiarato che le autorità brasiliane stanno adottando misure severe per contenere la diffusione delle epidemia e ha notificato al New York Times, che secondo lui non c’è alcun pericolo per le donne in gravidanza se seguono le regole di protocollo per la prevenzione del virus;
   altri medici esperti nel settore però fanno notare che in Brasile la situazione va tenuta sotto stretto monitoraggio continuando la ricerca epidemiologica con tutti gli strumenti a disposizione;
   inoltre i responsabili organizzativi delle Olimpiadi di Rio, affermano che quando si terranno le Olimpiadi, il prossimo agosto 2015, e inverno, e trovandoci nell'emisfero meridionale le zanzare dovrebbero dunque essere più clementi ma si sa anche che nessuna persona può essere al sicuro dal rischio dal pungersi e contagiarsi. I virologi, specializzati per lo studio di questi virus, sanno perfettamente come le zanzare in Brasile siano in piena attività tutto l'anno;
   l'infettivologo dottor Isaac I. Bogoch, dell'università di Toronto e coautore dell'articolo che ha pubblicato da poco tempo su « Lancet» sulla possibile diffusione stagionale del virus Zika sostiene, in un articolo riportato dal New York Times che le Olimpiadi potranno fare da catalizzatore per il virus Zika. Infatti, in Brasile per le Olimpiadi arriveranno persone da tutto il mondo e la preoccupazione è che queste potrebbero rischiare di contrarre l'infezione e la portino nei loro Paesi di provenienza. In questo modo la malattia potrebbe diffondersi rapidamente in tutto il mondo;
   lo stato della Colombia ha reagito al virus «Zika» e alla « Dengue» con la guerra biologica, combattendo cioè le « Aedes Aegypti», per mezzo di altre zanzare «trattate» con un batterio particolare (Wolbachia), per impedire la trasmissione di malattie. Si tratta di un progetto condotto dal Program for Control and Study of Tropical Diseases (PECET) presso l'università di «Antioquia», in collaborazione con la Monash University australiana;
   la « Wolbachia» infetta il 70 per cento degli insetti e viene utilizzata per uccidere le « Aedes Aegypti»; oltre a ridurre il ciclo vitale delle zanzare, questo batterio le rende immuni al virus, prevenendo così la diffusione della malattia. Innocuo per l'uomo, si è dimostrato in grado di controllare la diffusione della febbre « Dengue», altra malattia per la quale non si dispone né di terapie, né di efficaci misure di prevenzione;
   nel Paese di El Salvador, dove si contano già oltre 3.800 casi di infezione da virus Zika gli esperti del settore virologico, stanno facendo campagne di fumigazione estensive. Qui la preoccupazione è per gli adulti; infatti sono stati registrati 46 casi di sindrome di GuillainBarré, da quanto afferma il Ministro della salute di questo Paese; il sottosegretario alla promozione della salute e della prevenzione del Messico, Pablo Kuri Morales, ha comunicato che le autorità sanitarie del Messico stanno preparando una campagna radiotelevisiva per informare la popolazione e in particolare le donne in età fertile, sui rischi dell'infezione da Zika virus;
   la maggior parte dei quotidiani e le riviste mediche dei Paesi dell'America Latina hanno asserito nei loro articoli che sconsigliano alle donne in gravidanza, in qualsiasi trimestre, e a quelle che ne stanno pianificando una, di recarsi, salvo gravi motivi e comunque con l'osservanza della massima protezione contro le punture delle zanzare, in Paesi come il Brasile, Colombia, El Salvador, Guiana francese, Guatemala, Haiti, Honduras, Martinica, Messico, Panama, Paraguay, Suriname, Venezuela e Porto Rico;
   la misura precauzionale è stata presa a seguito del riscontro di un numero eccezionalmente elevato di casi di microcefalia fetale in Brasile, fenomeno messo appunto in correlazione con l'infezione da virus Zika, contratta in gravidanza;
   in Italia alcuni anni fa una piccola epidemia di « Chikungunya» fu sostenuta da un vettore sempre del genere Aedes (la Aedes Albopictus) nota anche come zanzara tigre diffusa ormai da molti anni sul territorio italiano. Questa malattia virale che si era manifestata con sintomi simili a quelli dell'influenza: febbre alta, cefalea, stanchezza e, soprattutto, infiammazione delle articolazioni. Il quadro fu accompagnato, in un'elevata percentuale di casi, da manifestazioni cutanee maculopapulari pruriginose, che assunsero le caratteristiche di tipo emorragico benigno –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per contrastare eventuali rischi di contagio, da parte di viaggiatori italiani diretti nei Paesi in cui e presente un più elevato rischio;
   quali siano le iniziative assunte per intraprendere una minuziosa campagna informazione ed educativa sul territorio italiano atta a prevenire il rischio di possibile diffusione del virus sul nostro territorio;
   quali siano i protocolli sanitari, per la diagnosi precoce di eventuali casi di importazione del virus;
   di quali presidi e mezzi materiali si disponga negli ospedali dove presumibilmente verranno trattati i casi di importazione (ad esempio, zanzariere impregnate, repellenti, bonifica delle aree ospedaliere). (4-12063)


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   lo screening neonatale per le malattie rare metaboliche si spera sia presto una realtà in tutti i maggiori ospedali italiani. Si sta attendendo infatti l'approvazione definitiva del disegno di legge già approvato all'unanimità dalla Commissione igiene e sanità del Senato dello scorso dicembre 2015;
   grazie alle più recenti tecnologie è infatti possibile individuare, a poche ore dalla nascita di un bimbo, la potenziale presenza di patologie rare ma gravemente invalidanti, che se non correttamente trattate spesso conducono a disabilità gravissima e morte in tenera età;
   i test vengono eseguiti prelevando un solo campione di sangue dal tallone del neonato, senza alcun tipo di sofferenza. Qualora vi sia esito positivo alle famiglie del neonato, sarà richiesto di procedere con le indagini diagnostiche vere e proprie per poter, se del caso, poi procedere immediatamente a una corretta presa in carico terapeutica del bimbo che effettivamente risultasse affetto da una patologia metabolica;
   attualmente, negli ospedali di diverse regioni italiane si stanno avviando progetti di screening metabolico allargato per più di 40 patologie, in attesa che lo screening diventi un obbligo di legge e rientri nei famigerati LEA, i livelli essenziali di assistenza/e possano essere così eliminate le disparità tra le varie Asl regionali, a causa delle quali la diagnosi, e quindi la sopravvivenza e la qualità della vita, sono oggi garantite solo per chi nasce nella «regione fortunata»;
   in Friuli Venezia Giulia, regione all'avanguardia per la prevenzione medica, si sta cercando di gestire un programma di screening a livello primario ed è stato attivato anche un coordinamento regionale, che farà a capo all'istituto di, Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), in virtù della già collaudata collaborazione con il Servizio epidemiologico e dell'esperienza acquisita in passato nel coordinamento del programma di screening neonatale regionale della fibrosi cistica, condotto in collaborazione con la regione Veneto; Le patologie che stanno studiando, in questa regione sono 24, tra cui compaiono anche la malattia di Pompe, la malattia di Gaucher, la malattia Di Fabry e la mucopolisaccaridosi di tipo I. Patologie per le quali recentemente è stata messa a disposizione una terapia di sostituzione enzimatica, in grado di supplire ai difetti metabolici prevenendo i gravi danni delle patologie;
   anche in Abruzzo si sta sperimentando un programma di screening neonatale per la fibrosi cistica. Tale proposta è stata infatti approvata con il decreto del commissario ad acta numero 119 del 2015, secondo il quale le attività di screening verranno effettuate presso il Centro unico di riferimento regionale attivato presso la cattedra di endocrinologia dell'università di Chieti;
   in Inghilterra, lo UK National Screening Committee (UK NSC) sta sperimentando l'utilizzo di un nuovo test di screening prenatale non invasivo per le donne incinte con elevata probabilità di partorire un bambino affetto da sindrome di Down. L'alta precisione di questo nuovo metodo, denominato NIPT (Non-Invasive Prenatal Test), consentirebbe di ridurre la necessità, per le mamme in attesa, di sottoporsi alla procedura di amniocentesi, la quale comporta un certo rischio di complicanze come infezioni o aborto spontaneo –:
   quali incentivi e strumenti innovativi siano stati messi a disposizione nei vari nosocomi italiani per la ricerca allo scopo di avviare degli screening, utili per eseguire le ricerche per le malattie del metabolismo, in particolare per le donne incinte, tipo la galattosemia e il deficit di biotinidasi;
   se non si ritenga necessario velocizzare la ricerca, per questa tematica, in quanto con accurati studi in questo settore si possano individuare precocemente le malattie del metabolismo che, se pur rare, se non scoperte in tempo ingenerano problemi molto gravi al nascituro. (4-12066)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   a decorrere dal 1o maggio 2012, tre funzionari regionali della regione Marche sono stati collocati in aspettativa, con incarico dirigenziale a tempo determinato (cfr delibere dell'ufficio di presidenza della regione Marche n. 633 del 1981, n. 634 del 1981, 635 del 1981 del 19 aprile 2012) che, con successive proroghe e rinnovi, si sono protratti fino ad oggi (si veda la delibera dell'ufficio di presidenza n. 113-23 del 4 dicembre 2015 avente ad oggetto «proroga incarichi dirigenziali assembleari di cui alle delibere dell'ufficio di presidenza n. 622 del 1981, n. 634 del 1981, n. 635 del 1981 del 19 aprile 2012»);
   la scadenza di tali incarichi è prevista per il 31 marzo 2016; entro tale data sarà concluso il concorso, attualmente in fase di espletamento, indetto con decreto del direttore generale n. 3 del 9 giugno 2014 per l'assunzione di n. 3 posti di dirigente dei servizi assembleari a tempo indeterminato, a valere sui piani assunzionali degli anni 2012 e 2013, le cui prove scritte si sono già svolte in data 12 e 13 novembre 2015;
   la legge n. 124 del 2015, nel delegare il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, all'articolo 11 comma 1, lettere o), con specifico riguardo alla dirigenza pubblica, detta il seguente principio: «con riferimento alla disciplina transitoria: graduale riduzione del numero dei dirigenti ove necessario...»;
   la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità anno 2016), all'articolo 1, comma 219, detta una disciplina vincolante in materia di dotazione organica relativa alla dirigenza, disponendo che «nelle more dell'adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 8, 11 e 17 della legge 7 agosto 2015 , n. 124, e dell'attuazione dei commi 422, 423, 424, e 425 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014 n. 190, e successive modificazioni, sono resi indisponibili i posti dirigenziali di prima e seconda fascia delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, come rideterminati in applicazione dell'articolo 2 decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, vacanti alla data del 15 ottobre 2015, tenendo comunque conto del numero dei dirigenti in servizio senza incarico o con incarico di studio, e del personale dirigenziale in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o aspettativa»;
   il dato letterale dell'articolo 1, comma 219, della legge 208 del 2015 sembrerebbe diretto ad impedire l'assunzione di nuovi dirigenti fintantoché non siano conclusi, anzitutto, il completamento e l'attuazione dell'articolo 11 della legge 124 del 2015, attraverso l'adozione della decretazione legislativa delegata ed, in secondo luogo, l'ultimazione del processo di assorbimento dei dirigenti eccedentari provenienti dalle province e dalle città metropolitane, in attuazione della legge 56 del 2014;
   alla stessa ratio sembra riconducibile anche il successivo comma 221 dell'articolo 1 della stessa legge 208 del 2015 che dispone che «le regioni e gli enti locali provvedono alla ricognizione delle proprie dotazioni organiche secondo i rispettivi ordinamenti, nonché al riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni»;
   a conferma di tale lettura vi è anche il comma 228 dell'articolo 1 che prevede, per le amministrazioni di cui all'articolo 3 comma 5 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, possibilità di assunzioni solamente per il personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale;
   stando alle richiamate disposizioni sembrerebbe, pertanto, che nell'anno 2016, per effetto della citata legge n. 208 del 2015, non sia possibile assumere nuovi dirigenti a tempo indeterminato;
   in data 22 gennaio 2016, con nota del 22 gennaio 2016 (ricevuta agli atti con prot. n. 442 del 25 gennaio 2016), il capogruppo del Movimento cinque stelle scriveva al presidente dell'Assemblea legislativa per avere chiarimenti sulla portata del comma 219 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 e sui suoi possibili effetti sulla procedura concorsuale indetta con il citato decreto del direttore generale n. 3 del 9 giugno 2014 chiedendo, all'uopo, la trasmissione di una richiesta di parere, ai sensi della legge n. 131 del 2003, alla sezione regionale di controllo per le Marche della Corte dei Conti, al tal fine allegando la richiesta medesima con i quesiti già formulati da sottoporre;
   con nota prot. 553 del 28 gennaio 2016, il presidente dell'Assemblea legislativa, Antonio Mastrovincenzo, in risposta alla predetta missiva, escludeva la necessità di una richiesta di parere alla Corte dei Conti, ritenendo risolutiva l'interpretazione fornitagli dal direttore generale che escludeva l'impatto della disposizione de qua sul procedimento concorsuale in atto –:
   se intenda assumere iniziative, anche normative, volte a chiarire la portata, l'estensione e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui alle leggi n. 124 del 2015 e n. 208 del 2015, con particolare riferimento alle fattispecie descritte in premessa che riguardano il reclutamento di personale dirigenziale della regione Marche. (5-07770)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, prevede che i dati anagrafici, finanziari, fisici e procedurali relativi alle opere pubbliche rilevati mediante i sistemi informatizzati sono resi disponibili dai soggetti, con cadenza almeno trimestrale, alla banca dati delle pubbliche amministrazioni, istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze — ragioneria generale dello Stato, ai sensi dell'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
   scopo delle norma è migliorare la gestione delle risorse finanziarie destinate al finanziamento e alla realizzazione delle stesse e aumentare la conoscenza e la trasparenza complessiva del settore, a supporto della programmazione e della valutazione delle opere pubbliche;
   l'adempimento dell'obbligo di comunicazione dei dati richiesti è presupposto del relativo finanziamento a carico del bilancio dello Stato, verificato all'atto dell'erogazione dagli uffici competenti, pertanto la mancata comunicazione verificata all'atto del controllo sull'erogazione del finanziamento fa scattare una sanzione;
   il soggetto che omette, senza giustificato motivo, di fornire i dati richiesti è sottoposto, con provvedimento dell'autorità, alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a euro 25.822; la sanzione è elevata fino a euro 51.545 nel caso in cui sono forniti dati non veritieri;
   molti comuni italiani hanno segnalato la difficoltà di inserimento dei dati che molto spesso è dovuta ad un cattivo funzionamento della rete;
   tale problema non è riscontrabile quando vengono usati specifici applicativi gestionali informatizzati, acquistati sul mercato, che permettono il caricamento massivo dei dati, assicurando tutti gli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 229 del 2011;
   questa soluzione, onerosa, è in contraddizione con la ratio dell'articolo 1, comma 515, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per l'anno 2016), il quale testualmente recita: «La procedura di cui ai commi 512 e 514 ha un obiettivo di risparmio di spesa annuale, da raggiungere alla fine del triennio 2016-2018, pari al 50 per cento della spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico, relativa al triennio 2013-2015, al netto dei canoni per servizi di connettività e della spesa effettuata tramite Consip SpA (...)»;
   il settore dei lavori pubblici degli enti locali (analoga considerazione vale anche per altri servizi comunali) è sottoposto ad un onere non indifferente per gli innumerevoli adempimenti di legge che richiedono il caricamento di dati per la maggior parte delle volte ripetitivi;
   tale situazione si aggrava per i comuni di minori dimensioni che molto spesso si trovano con organici ridotti a causa dell'impossibilità di applicare il turnover per l'uscita di personale collocato in quiescenza;
   molti comuni, soprattutto del Nord Italia, hanno una dotazione organica molto al di sotto della media nazionale del rapporto dipendenti su abitanti (in molti casi tale rapporto è al di sotto del 50 per cento della media);
   il dispendio in termini di tempo e di risorse è rilevante e ci sono ormai servizi tecnici che per scarsità di personale non riescono a garantire e seguire l'ordinaria attività di programmazione dei lavori, necessaria per la buona manutenzione e funzionalità delle strutture a servizio dei cittadini;
   i medesimi dati sono attualmente richiesti e caricati a favore di diversi uffici e Autorità: Autorità nazionale anticorruzione, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti — Servizio contratti lavori pubblici, Comitato interministeriale per la programmazione economica, Ministero dell'economia e delle finanze, Osservatorio lavori pubblici regionali, per le opere di interesse regionale;
   la maggior parte dei dati sono gli stessi, comunicati mediante diverse piattaforme informatiche –:
   se sia allo studio la possibilità di raccogliere i dati medesimi in un unico programma per poi smistarli, con i moderni sistemi informatici, ai diversi soggetti che li potranno utilizzare per i fini richiesti dalla legge;
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per modificare la normativa vigente, non solo rendendo meno onerosi gli adempimenti ma attuando anche una vera semplificazione delle procedure, con innegabile risparmio di risorse umane, materiali e finanziarie. (4-12050)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NARDUOLO, NACCARATO, MIOTTO, ROSTELLATO e CAMANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le aree colpite da crisi industriali e di settore possono ricorrere agli incentivi previsti dal decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, che finanzia iniziative imprenditoriali per rivitalizzare il sistema economico locale e creare nuova occupazione, attraverso progetti di ampliamento, ristrutturazione e delocalizzazione;
   gli incentivi sono stati riavviati con la pubblicazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 9 giugno 2015 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 3 agosto 2015), che aggiorna la normativa sul regime di aiuti ex lege n. 181 del 1989;
   in particolare, il decreto ministeriale stabilisce le modalità e le procedure per l'erogazione delle agevolazioni in favore di programmi di investimento finalizzati al rilancio delle aree di crisi industriale ai sensi dell'articolo 27, commi 8 e 8-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
   il predetto articolo 27 ha riformato la disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi, introducendo forme di intervento a sostegno delle cosiddette «aree di crisi complessa», definite dal comma 1 dello stesso articolo 27 (come modificato dall'articolo 2, comma 2, lettera a) del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9): «Sono situazioni di crisi industriale complessa, quelle riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico anche a seguito di istanza della regione interessata, che, riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da: una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto; una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio.»;
   il comma 8-bis dello stesso articolo 27 (introdotto dall'articolo 2, comma 2, lettera d) del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9) prevede inoltre che le condizioni e le modalità per l'attuazione degli interventi ex lege n. 181 del 1989 siano estese anche a situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse, che presentano comunque un impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione, e che tali condizioni e modalità siano disciplinate con decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 83 del 2012, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano –:
   se il Ministro intenda procedere in tempi rapidi alla definizione del decreto ministeriale riguardante le aree di crisi industriale non complessa, ai sensi dell'articolo 27, comma 8-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, al fine di favorire la ripresa produttiva ed occupazionale in quelle zone che stentano ad uscire da una situazione di forte difficoltà e recessione dovuta alla perdurante crisi economica. (5-07758)


   FRAGOMELI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 28 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 2014, ha previsto, «nelle more del riordino del sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura», una riduzione graduale del diritto camerale dovuto dalle imprese: del 35 per cento per il 2015, del 40 per cento per il 2016 e del 50 per cento dal 2017;
   con la riforma della pubblica amministrazione, approvata in via definitiva dal Parlamento con la legge 7 agosto 2015, n. 124, recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», e cuore dell'azione del Governo su tutti gli aspetti della pubblica amministrazione, si è intervenuti altresì ridefinendo la mission delle camere di commercio con il rafforzamento della loro funzione di sostegno alle imprese, riducendone i costi e dimezzandone il numero;
   nelle more del completamento del decreto attuativo riguardante il ridisegno degli enti camerali, gli stessi enti per proseguire la loro attività devono provvedere alla ricostituzione degli organi camerali;
   a tal proposito, la camera di commercio di Lecco, ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, ha attivato la procedura di ricostituzione del Collegio dei revisori dei conti, inoltrando per le previste designazioni, richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico;
   risulterebbe all'interrogante che il componente designato dal Ministero dello sviluppo economico a membro effettivo nel collegio dei revisori dei conti della camera di commercio di Lecco sia titolare di studio professionale in tutt'altra regione (Sicilia);
   la nomina di un revisore proveniente da altra e distante regione, comporta per la camera di commercio di Lecco un notevole incremento dei costi, dal momento che ai revisori dei conti vengono riconosciute le spese per la trasferta; nel caso specifico, l'interrogante ha stimato che, oltre i compensi annui e ai gettoni per la partecipazione alle riunioni di giunta (circa 12 sedute annue) e del consiglio camerale (circa 4 sedute), sarebbero previsti circa 12 voli da Milano a Palermo per circa 400 euro altrettanti trasferimenti con autonoleggio per circa 180 euro, nonché circa 100 euro per il pernottamento;
   vista la finalità della riforma della pubblica amministrazione contenere i costi per gli enti che svolgono funzioni pubbliche, gli oneri sopra evidenziati si dimostrano, ad avviso dell'interrogante, in netto contrasto e difficilmente motivabili –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno rivedere per quanto di competenza, le designazioni operate, individuando figure altrettanto qualificate e competenti, ma provenienti da un territorio prossimo a quello di Lecco, sede dell'esercizio di revisore dei conti della camera di commercio di cui in premessa. (5-07766)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, CARINELLI e DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 1o febbraio 2016, i clienti di telefonia fissa del nuovo marchio unificato Telecom Italia TIM, in possesso di una linea Adsl o Fibra, subiranno un rincaro pari al 300 per cento nelle spese di spedizione della fattura cartacea, qualora i suddetti utenti non abbiano configurato un indirizzo di posta elettronica associato al servizio per ricevere le bollette né abbiano attivato la domiciliazione bancaria o postale della fattura TIM;
   questa ennesima modifica unilaterale delle condizioni contrattuali imposta da Telecom-TIM ai propri clienti, costerà agli utenti un addebito mensile pari a 2 euro IVA inclusa – a fronte dei 50 centesimi pagati fino a questo momento – per un totale di 16,20 euro in più annui, con relativa previsione di nuovi introiti per TIM pari a 162 milioni di euro in più all'anno;
   tale aumento peserà presumibilmente in maniera più gravosa su quegli utenti con una più bassa capacità di spesa, sulle persone anziane poco pratiche del web, su coloro che ancora non hanno accesso alla rete e su coloro che non sono in grado di gestire la bolletta telematica;
   le associazioni a tutela dei consumatori hanno sollevato forti polemiche contro le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali, definite un vero e proprio «ricatto» ai danni degli utenti meno tecnologici, nonché contro le modalità di comunicazione della medesima variazione;
   l'Italia è uno dei Paesi europei con la percentuale più alta di persone che non si è mai connessa a Internet: secondo l'ultimo rapporto dell'Istat sul digitale, ci sono ancora 22 milioni di persone che non navigano (pari al 38,3 per cento popolazione residente), soprattutto anziani –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno, nei limiti delle proprie competenze, assumere iniziative normative per restringere nel futuro la discrezionalità delle società di telefonia nel modificare unilateralmente le condizioni contrattuali con gli abbonati.
(4-12043)


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo gli ultimi dati Istat e Infocamere (terzo trimestre 2015) diffusi dall'ufficio studi di Confartigianato, la media delle imprese artigiane esposte alla concorrenza sleale si attesta sul 65,8 per cento (quasi 899 mila imprese);
   nella regione ligure la piaga dell'abusivismo colpisce ben 33.206 artigiani (tre imprese su quattro, con un'incidenza pari al 73,5 per cento del totale del settore (la maggiore percentuale d'Italia). Dopo la Liguria si colloca la Valle d'Aosta con il 72,7 per cento e il Lazio con il 70,8 per cento; anche nella regione in cui l'incidenza è più bassa, la Sicilia, sono ben sei su dieci (59,6 per cento) le imprese artigiane minacciate dalla concorrenza sleale del sommerso;
   significativo, anche se i dati si fermano al 2013, il confronto tra l'andamento dei ventotto settori dell'economia regolare e i due comparti dell'economia non osservata (attività illegali e sommerso): si rileva che tra il 2011 e il 2013 l'economia illegale (droga, prostituzione, contrabbando di sigarette ed indotto) è il settore che presenta la performance migliore (+6,9 per cento ); davanti ad attività immobiliari (+2 per cento) macchinari e attività finanziarie e assicurative (entrambi con +2,3 per cento); a seguire l'economia sommersa (in crescita del 2 per cento) supera i comparti dei prodotti chimici (+1,7 per cento), della riparazione e installazione di macchine e apparecchiature (+0,4 per cento), dei prodotti farmaceutici di base e di preparati farmaceutici e della sanità e assistenza sociale (entrambi con +0,3 per cento); negli altri ventuno settori economici nel triennio in esame si registra una diminuzione del valore aggiunto a prezzi correnti, che porta a un calo complessivo dell'economia regolare del 2,4 per cento;
   analizzando i dati provinciali della regione Liguria, gli artigiani più esposti al fenomeno del sommerso sono a Genova dove se ne contano 16.942, seguono quelli savonesi (circa 7.000), imperiesi (5.388) e quelli spezzini (3.875);
   l'attività economica più minacciata in Liguria sono le costruzioni: poco più di 11.000 le microimprese genovesi, quasi 4.770 quelle savonesi, 3.772 a Imperia e 2.300 circa alla Spezia. Un altro settore artigiano particolarmente esposto è quello dei servizi alla persona: la maggior parte comprendono parrucchieri ed estetisti, ma anche lavanderie, riparazione di mobili e altri oggetti d'arredamento, computer o periferiche. Il settore nel suo complesso conta 2.541 microimprese esposte a Genova, 1.154 a Savona, quasi 900 a Imperia e 783 alla Spezia. Trasporto e magazzinaggio contano 1.980 microimprese artigiane esposte nella provincia di Genova, 436 a Savona, 299 a Imperia e 297 alla Spezia. Sono minacciati dalla concorrenza sleale anche ristoratori, pasticceri, gelatai: a Genova sono 817, a Savona 381, nello spezzino 234, nell'imperiese 180;
   mentre l'economia sommersa cresce, quella regolare ristagna, le piccole imprese hanno difficoltà a investire e mantenere i propri dipendenti e spesso sono costrette a chiudere –:
   quali iniziative intenda adottare per contrastare il fenomeno della concorrenza sleale del sommerso che, scavalcando i fardelli fiscali e burocratici, cresce a discapito delle micro e piccole imprese oneste e regolari che invece fanno i conti ogni giorno con la pesante burocrazia e fiscalità. (4-12052)


   RAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Star ha comunicato un piano industriale che prevede il taglio della posizione lavorativa di 65 operai, la metà delle maestranze impegnate nella produzione 35 nell'immediato, entro giugno, altri 30 nei prossimi tre anni;
   il piano è stato presentato con tempistiche e modalità ad avviso dell'interrogante lesive delle normali relazioni tra le parti e dannose nella relazione con le lavoratrici ed i lavoratori, che hanno scatenato il panico tra i lavoratori stessi, dimostrando anche una scarsa sensibilità nei confronti della vita delle persone;
   in passato diversi piani di rilancio si sono tradotti in un progressivo disinvestimento da parte di Gallina Bianca, GBfoods, la società spagnola che controlla il gruppo Star;
   alle prioritarie preoccupazioni dei lavoratori si aggiungono quelle degli amministratori locali, anche rispetto agli spazi significativi e collocati in posizione strategica verso i quali più volte è stata data ampia disponibilità per un ripensamento ed un rilancio, sempre cadute nel vuoto;
   ormai da 5 anni la Star fa ricorso ad ammortizzatori sociali e i dipendenti sono stati progressivamente ridotti fino a 240 unità. Lo stabilimento di 220 mila metri quadri, che una volta occupava 3.500 persone, ora è utilizzato solo per un quarto;
   va considerata anche la tensione sociale che tali notizie e modalità stanno provocando nei territori interessati –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere di fronte a tali notizie e comportamenti. (4-12055)


   D'ARIENZO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stato recentemente svolto un sondaggio telefonico sulla qualità dei servizi erogati da Agsm, società partecipata al 100 per cento dal comune di Verona e sul termovalorizzatore di Ca’ del Bue, gestito dalla medesima società, il cui presidente del consiglio di amministrazione è il presidente della Fondazione politica creata dal sindaco in carica;
   l'indagine è stata commissionata alla società Emg di Milano;
   nel corso del sondaggio, oltre a rivolgere domande riferite strettamente ai servizi erogati alla società Agsm, sono state formulate domande, a giudizio dell'interrogante, «politiche» ai cittadini con richiesta sul voto espresso in un recente appuntamento elettorale in cui il sindaco è stato candidato e riferite al gradimento dei medesimi cittadini verso l'amministrazione comunale e al sindaco in carica;
   la mescolanza delle domande è stata confermata dalla società incaricata Emg, in particolare il responsabile ha riferito alla stampa che:
    «...è noto che un elettore di sinistra risponde di solito più volentieri di uno di destra, e bisogna tenerne conto. Mentre gli elettori del MoVimento 5 Stelle sono, ad esempio, quelli che rispondono quasi sempre, molto più volentieri di quelli di altre tendenze politiche. Ragion per cui, conoscere l'orientamento politico dell'intervistato, ha già di per sé un certo peso, su questioni che riguardano aziende legate a un'amministrazione pubblica»;
    «Un elettore della Lista Tosi sarà probabilmente molto più... benevolo con Agsm rispetto a un elettore dei partiti di opposizione. E anche su questo va fatta una adeguata ponderazione statistica. Nel nostro sondaggio – sottolinea Masia non c’è assolutamente alcuna domanda su come l'intervistato abbia intenzione di votare, non ci interessa assolutamente nulla. Ci interessa sapere se possa invece avere qualche pregiudizio (positivo o negativo) sul sindaco e quindi sull'Azienda che al sindaco è collegata»;
    «E normale e corretto, dopo aver ascoltato i giudizi dei cittadini su servizi forniti da aziende pubbliche, in questo caso Agsm», spiega, «capire poi che giudizio si da del sindaco in carica. Perché, per fare un esempio, se il giudizio sulla copertura di Wi-Fi internet di un comune è positivo, ma poi quello sul sindaco è negativo, ciò vuoi dire che la valutazione del servizio è realistica, precisa, non condizionata dal parere sul sindaco e l'Amministrazione», aggiunge. «E questo ci fornisce dati migliori, utili. In ogni caso, in questo caso non poniamo domande dirette sulle intenzioni di voto dei cittadini»;
   in particolare appare all'interrogante fuorviante l'affermazione «non c’è assolutamente alcuna domanda su come l'intervistato abbia intenzione di votare, non ci interessa assolutamente nulla», in quanto, com’è noto, non vi sono elezioni alle porte, una domanda simile avrebbe chiarito senza ombra di dubbio che si trattava di un sondaggio politico, come l'interrogante ritiene che sia e come bene hanno inteso, a giudizio dell'interrogante, i cittadini intervistati;
   appare inverosimile all'interrogante l'affermazione «se il giudizio sulla copertura di Wi-Fi internet di un comune è positivo, ma poi quello sul sindaco e negativo, ciò vuol dire che la valutazione del servizio è realistica, precisa, non condizionata dal parere sul sindaco e l'Amministrazione» in quanto, risulta all'interrogante palesemente tendente ad affermare un principio giustificazionista dell'operato posto in essere;
   sarebbe opportuno verificare se la società incaricata per il sondaggio abbia svolto correttamente l'indagine ovvero se con l'ammessa mescolanza delle domande non abbia sia violato eventualmente la disciplina del settore sia realizzato un sondaggio tale da testare il consenso attuale del sindaco di Verona –:
   di quali elementi disponga in relazione alla vicenda sopra descritta e se non intenda assumere iniziative normative volte a disciplinare modalità e limiti dei sondaggi svolti da o per conto di soggetti pubblici al fine di evitare, come nel caso di cui in premessa, che siano impropriamente posti all'utenza quesiti finalizzati a registrare orientamenti politici o elettorali. (4-12074)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Borghi e altri n. 1-00952, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gianni Farina.

  La mozione Pellegrino e altri n. 1-01127, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 gennaio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capodicasa, Borghese.

  La mozione Cominardi e altri n. 1-01137, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crippa.

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza Carnevali e altri n. 2-01263, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sanga.

  L'interpellanza urgente Segoni e altri n. 2-01266, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Andrea Maestri, Brignone, Cristian Iannuzzi, Furnari.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Allasia e Caparini n. 5-07729, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Borghesi.

Cambio di presentatore di interrogazione a risposta immediata in Commissione.

  Interrogazione A risposta immediata in Commissione n. 5-07741, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 febbraio 2016, è da intendersi presentata dall'onorevole Villarosa, già cofirmatario della stessa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Franco Bordo n. 4-12016, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 565 del 9 febbraio 2016.

   FRANCO BORDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Cornegliano Laudense (LO) la Ital Gas Storage srl, società riferibile a Whysoi Investment, intende realizzare la conversione a stoccaggio dell'ex giacimento a gas di Eni denominato Cornegliano, esaurito nel 1997, dopo 45 anni di coltivazione;
   i proponenti stimano una capacità di stoccaggio, a regime, di 2,2 miliardi di standard metri cubi di gas, sulla base di un progetto il cui iter è stato avviato fin dal 2001;
   tale progetto prevede il riutilizzo delle vecchie infrastrutture Eni, legate alla produzione primaria, dove sarà ubicata la centrale di compressione; la perforazione di 14 sondaggi in due cluster separati di 7 pozzi ciascuno; i due siti saranno in connessione tra loro grazie alla realizzazione un gasdotto a pressione di collegamento. I due cluster saranno realizzati presso la cascina Sesmones e presso la cascina Bossa, a poche centinaia di metri dal centro abitato di Cornegliano Laudense. La linea di collegamento sarà interrata lungo l'asse viario della provinciale 186 che divide il paese di Cornegliano Laudense dalla zona artigianale/commerciale;
   il contesto energetico e dei consumi di gas è oggi molto diverso da quello esistente al momento in cui è stata valutata la necessità dell'impianto di stoccaggio;
   i consumi di gas sono da alcuni anni in contrazione nel mercato italiano e ulteriori riduzioni sono previste in futuro; inoltre, i consumi invernali di gas iniziano a risentire delle politiche di efficienza energetica degli edifici, decise dalle direttive europee e implementate anche in Italia;
   la tendenza alla riduzione dei consumi di gas, a fini di riscaldamento, è legata anche all'andamento delle temperature invernali, che risulta evidente dall'analisi dei dati registrati in Italia, in particolare nel nord-Italia; tendenza che secondo le proiezioni dell'IPCC è destinata a persistere in futuro, accompagnata alla diminuzione della durata e della frequenza degli eventi meteorologici con temperature rigide;
   nell’iter autorizzativo del progetto, per quanto consta all'interrogante, si riscontrerebbero evidenti carenze dal punto di vista delle analisi preliminari richieste dalle buone pratiche correnti del settore: non sarebbe stata fatta una ricostruzione adeguata della geometria del giacimento, ossia non sarebbero state effettuate le doverose, necessarie e preliminari indagini sismiche 3D con eventuale inversione del dato che costituiscono la «best practice» ormai in uso da tanti anni dalle aziende che in Italia eserciscono campi di stoccaggio Stogit e Edison Stoccaggio;
   secondo quanto risulta all'interrogante, l'effettuazione di un «rilievo sismico 3D» era prevista nel programma di lavori indicato nel decreto di conferimento della concessione di stoccaggio «Cornegliano Stoccaggio» (Gazzetta Ufficiale, parte seconda n. 54 del 12 maggio 2011, articolo 3 – programma dei lavori e caratteristiche tecniche, punto 1), programma lavori che non è stato rispettato;
   eventuali deroghe a quanto previsto in sede di concessione non possono permettere l'avvio dei lavori prima dell'effettuazione di questo rilievo sismico 3D, in quanto la mancanza di questa indagine secondo l'interrogante pregiudica fortemente la possibilità di valutare effettivamente l'estensione del giacimento, la sua volumetria e conseguentemente la sua capacità di ospitare i 2,2 miliardi di Smc di gas previsti; questo procedere, secondo l'interrogante, scriteriato, potrebbe, in corso d'opera, costringere i proponenti ad un forzoso ridimensionamento del progetto, avendo già realizzato costosissimi ed inutili investimenti infrastrutturali di superficie che graveranno comunque sulle bollette del gas dei cittadini consumatori;
   la popolazione residente e varie amministrazioni locali esprimono forti preoccupazioni e contrarietà alla realizzazione di tale impianto, senza peraltro essere mai state interpellate e adeguatamente informate così come si sarebbe dovuto fare –:
   ai fini del fabbisogno energetico nazionale, quali iniziative, anche normative, di competenza i Ministri interrogati intendano assumere in merito alla necessità di verificare l'effettiva utilità dello stoccaggio, nell'attuale contesto energetico e climatico, tenendo conto della tendenza alla riduzione dei consumi di gas invernale e all'aumento delle temperature invernali, contesto molto diverso da quello esistente al momento di iniziale progettazione dell'intervento;
   quali iniziative di competenza s'intendano assumere per valutare l'effettiva fattibilità dello stoccaggio, verificando se le misure adottare per caratterizzare il sito siano corrispondenti alle migliori tecniche di indagine oggi disponibili, con particolare riferimento alla sicurezza e alla salute delle popolazioni coinvolte, nonché alla trasparenza e partecipazione, dei cittadini e delle amministrazioni locali coinvolte.
(4-12016)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Magorno n. 2-01231 del 21 gennaio 2016;
   interrogazione a risposta scritta Bechis n. 4-11974  del 4 febbraio 2016.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Parisi e altri n. 1-01144, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2016: è stata ritirata la firma del deputato: Andrea Maestri.