XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 569 di lunedì 15 febbraio 2016
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO
La seduta comincia alle 15.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta dell'8 febbraio 2016.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Capelli, Cariello, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cirielli, Crippa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grande, Incerti, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pagano, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scotto, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente novanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).
Annunzio delle dimissioni di un Viceministro.
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 14 febbraio 2016, la seguente lettera.
«Onorevole Presidente, informo la Signoria Vostra che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha accettato le dimissioni dalla carica di Viceministro e di Sottosegretario al Ministero dello sviluppo economico, rassegnate dal dottor Carlo Calenda, con decorrenza dal 18 marzo 2016.
firmato: Matteo Renzi».
Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.
PRESIDENTE. Comunico che, con nota pervenuta il 12 febbraio 2016, il deputato Pag. 2Giuseppe Stefano Quintarelli, già iscritto al gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.
Modifica nella composizione della Giunta per le autorizzazioni.
PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Giunta per le autorizzazioni la deputata Tiziana Ciprini e il deputato Vittorio Ferraresi in sostituzione, rispettivamente, delle deputate Giulia Grillo e Francesca Businarolo, dimissionarie.
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali.
PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, il deputato Gianfranco Sammarco, in sostituzione della deputata Dorina Bianchi, dimissionaria.
Modifica nella composizione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.
PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, il deputato Giovanni Falcone, in sostituzione del deputato David Ermini, dimissionario.
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.
PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza la deputata Valentina Vezzali, in sostituzione del deputato Antimo Cesaro, dimissionario.
Discussione della relazione sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica nel sito di interesse nazionale di Venezia-Porto Marghera, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Doc. XXIII, n. 9) (ore 15,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica nel sito di interesse nazionale di Venezia-Porto Marghera, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.
(Discussione – Doc. XXIII, n. 9)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di intervenire il deputato Alessandro Bratti, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essa correlati.
ALESSANDRO BRATTI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Grazie, signor Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio, in primo luogo, esprimere soddisfazione e anche gratitudine – quella di tutti i componenti della Commissione parlamentare d'inchiesta – per l'odierno dibattito, questo perché non è regola generale che una relazione di una Commissione d'inchiesta sia oggetto di discussione presso l'Aula di Montecitorio. Ringrazio, quindi, per questo motivo, sia la Presidenza della Camera, che la Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari anche perché questo consente una discussione più ampia e noi crediamo anche una maggiore trasparenza rispetto ad alcune situazioni, purtroppo anche gravi, complesse e problematiche che sono sul territorio nazionale.
Pag. 3
La Commissione – ci tengo a ribadirlo – ha iniziato la propria attività nel mese di settembre 2014, e sta sviluppando la propria inchiesta sotto un duplice profilo. Da un lato, sono in corso approfondimenti a carattere territoriale (la relazione sulla Liguria è già stata approvata, a breve sarà esaminata e approvata quella sul Veneto e sulla Sicilia, mentre nella prossima primavera sarà la volta della Campania e del Lazio).
Dall'altro, stiamo facendo approfondimenti di carattere tematico.
Oltre a queste due relazioni all'ordine del giorno, la Commissione – come è noto – ha già approvato quella sulla gestione dei rifiuti radioattivi, un primo stralcio di un lavoro molto complesso, su cui domani alle ore 10 avrà luogo un convegno proprio qui, nella sala Aldo Moro. La Commissione si sta concentrando, in particolare, sul tema delicatissimo delle bonifiche, dove l'interesse della criminalità è molto alto. Anziché un'unica relazione ricognitiva, che vedrebbe luce solo a fine legislatura, la Commissione ha preferito esaminare i singoli siti più importanti mediante appositi approfondimenti: è il caso della situazione di cui discuteremo oggi relativamente al sito di interesse nazionale di Porto Marghera e anche di quella che discuteremo successivamente, del cosiddetto Quadrilatero della chimica, ma non mancherà anche un approfondimento specifico sul caso, ad esempio, di Bussi in Abruzzo.
Sono inoltre in corso approfondimenti su temi rilevanti, come il traffico transfrontaliero dei rifiuti, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti che provengono dai poligoni militari, e strutture analoghe che hanno proiezione marina. Un altro tema a cui noi teniamo in maniera particolare è quello del mercato del riciclo, degli impianti di depurazione, del trattamento dei fanghi e delle cosiddette navi a perdere.
La Commissione infine sta concentrando la propria attenzione su altre questioni sensibili, a partire da quella dei danni erariali relativi all'ambiente. Infatti, nella giurisprudenza recente della Corte dei conti, si evidenzia il riconoscimento di responsabilità per violazione della normativa in materia di raccolta differenziata dei rifiuti, nonché per disorganizzazione e insufficienza o interruzione dei servizi di raccolta dei rifiuti.
Altri temi attenzionati sono, tra gli altri, quelli delle procedure di infrazione dell'Unione europea, in materia appunto di gestione dei rifiuti, i siti contaminati da amianto e l'evasione della tassa sui rifiuti, quindi diciamo che la carne al fuoco non manca.
La relazione in discussione, che è stata approvata all'unanimità dalla Commissione nella seduta del 10 dicembre 2015 e frutto di un lavoro già iniziato nel 2014, come ricordavo prima, riguarda il sito di Porto Marghera. Sono stati raccolti complessivamente, nell'archivio della Commissione, oltre 117 documenti, per un totale di 4.500 pagine.
Come dicevo, il sito di Marghera fa parte, dal punto di vista produttivo, di un quadrilatero importante; il sito di Marghera è stato sicuramente uno dei siti industriali più importanti per il nostro Paese, per quanto riguarda la chimica e la chimica – come è noto – ha dato tanti indirizzi positivi, ma ha lasciato anche delle eredità complesse con cui oggi noi dobbiamo fare i conti. Non è un caso che il sito di Porto Marghera diventa sito di interesse nazionale già nel 1998, con la Pag. 4legge n. 426. Originariamente, era un perimetro che comprendeva oltre 3.200 ettari di aree di terra, 350 ettari di canali portuali e interessava 2.200 ettari di area lagunare, quindi una dimensione veramente straordinaria. Oggi, questo SIN, in base a tutta una serie di interventi e di riperimetrazioni è di circa 1.620 ettari. Lo spettro dei contaminanti che sono stati trovati è purtroppo frutto di un'eredità, del modo di produrre in passato, è uno spettro impattante e problematico che va da ciò che è stato trovato nei suoli (sono state rinvenute varie tipologie di metalli), alle acque di falda, dove, oltre ai metalli, sono stati trovati anche idrocarburi policiclici aromatici. La genesi di tale inquinamento è fondamentalmente dovuta a tre questioni. La prima è che nel tempo l'avanzamento della linea di costa, che è stata ottenuta impiegando rifiuti derivati dalla prima zona industriale, prodotti di scarto di molteplici lavorazioni dell'industria chimica e del trattamento dei metalli, che sono di fatto stati utilizzati come terreno di riporto. Parti intere di quelle isole, che oggi sono oggetto di bonifica, sono il frutto in realtà di rifiuti che, invece di essere smaltiti, venivano utilizzati, un tempo nel quale la normativa non era quella di oggi, per costituire proprio il substrato su cui costruire poi altri impianti.
Si tratta di emissioni incontrollate di varie sostanze, principalmente cloroderivati, tra i quali il triste e famoso cloruro di vinile, sia nei terreni che nelle acque sotterranee, e, inoltre, anche di numerose concentrazioni di inquinanti ricadute dall'attività dei camini, quindi, ricadute dall'atmosfera. È, quindi, di un processo di inquinamento molto forte che ha visto impegnati fin dal 1998 diversi enti nel tentativo di bonificare. È stato fatto un primo accordo di programma nel 1998 che, in realtà, ha definito le linee di intervento su come bonificare e mettere in sicurezza quell'area così importante, poi, è stato fatto un masterplan nel 2004 che coinvolgeva un po’ tutti gli attori istituzionali e che prevedeva la messa in sicurezza permanente di Porto Marghera, mediante una procedura che proverò, poi, succintamente, a descrivere. Infine, vi sono stati altri accordi di programma come quello firmato nel 2006; un accordo di programma importante, perché all'articolo 6 faceva riferimento al Magistrato delle acque di Venezia, tramite il proprio concessionario, il Consorzio Venezia Nuova; anche questo è noto alla triste cronaca per altre questioni legate al MOSE, d'altronde basta leggere attentamente la relazione, si capisce come le due questioni della bonifica del sito di Porto Marghera e, in realtà, i lavori sul MOSE si intreccino, purtroppo, in maniera molto, molto forte. Non ultimo ricordo l'accordo di programma del 2012 sulla bonifica e la messa in sicurezza, firmata allora dal Ministro Clini. Cosa abbiamo ravvisato ? Poi, lo ripeto, chi vuole approfondire, credo che la relazione sia molto dettagliata ed è già stata, anche, ampiamente discussa dalla stampa e nelle situazioni locali.
Dal punto di vista ambientale, quello che abbiamo verificato non è stata tanto la procedura transattiva con cui lo Stato ha ricavato oltre 500 milioni di euro per poter procedere alle bonifiche, quanto le problematiche di natura ambientale; inoltre, abbiamo messo un riflettore su tutto il tema dei collaudi dell'opera. Per quanto riguarda la problematica ambientale l'operazione di messa in sicurezza costituiva nel dividere in una serie di isole quest'area molto, molto ampia e queste isole venivano, di fatto, circondate, attraverso delle palizzate, dei cosiddetti, tecnicamente, marginamenti, per impedire agli inquinanti di uscire in laguna. Era, poi, era previsto un sistema di pompaggio e di drenaggio che togliesse l'acqua dalla falda profonda e pulisse quest'acqua per poi riutilizzarla. Allo stato dell'arte, sinora, lo Stato ha sostenuto una spesa complessiva di oltre 780 milioni di euro, lo ripeto, più di 500 milioni di euro derivano dalle transazioni fatte con le imprese che più hanno inquinato, e, di fatto, è stato realizzato il 94 per cento delle opere previste, risultano ancora da eseguire 3 chilometri o tre chilometri e mezzo. A una lettura un po’ superficiale, anzi, in sostanza, parrebbe Pag. 5mancare un 5 o 6 per cento, se si misura la percentuale di queste opere, ma, in realtà, questo 5 o 6 per cento ha un costo di circa 250 milioni di euro che sembrerebbe assolutamente sproporzionato rispetto al costo degli altri marginamenti, ma è giustificato dal fatto che mancano tutte le aree più complesse, dove passano le sottostazioni, immaginiamo un catino; queste aree hanno dei varchi di 50, 60 metri che non sono state marginate, per cui l'opera che è stata fatta, che è stata un'opera imponente, non raggiunge l'obiettivo di isolare queste isole dalla laguna, appunto perché c’è la presenza di questi varchi; è come se si avesse un colabrodo, per cui gli inquinanti, di fatto, continuano ad uscire e il sistema drenante diventa assolutamente inefficiente e inefficace.
In più siamo in una situazione dove se non si interviene, così noi abbiamo scritto, in maniera puntuale, precisa e anche in tempi rapidi, si corre il rischio che anche il lavoro fatto si ammalori e che quindi quelle palancole, quei marginamenti realizzati poi non tengano più e, quindi, il rischio che il loro scarso funzionamento possa contribuire ad aumentare l'inquinamento è molto forte. Noi abbiamo segnalato, da un punto di vista ambientale, questa situazione che riteniamo di una delicatezza estrema e che chiama tutti a un senso di responsabilità, al di là di quelle che sono le colpe di chi non ha realizzato in maniera adeguata quell'opera, perché il rischio, appunto, che continui l'inquinamento e che si possa riaprire un contenzioso tra lo Stato e le imprese che hanno pagato attraverso le transazioni il corrispettivo per addivenire all'emergenza delle bonifiche è molto, molto forte. I fondi a disposizione, ci viene detto oggi, non ci sono, sono assolutamente insufficienti. È previsto che le transazioni con le diverse imprese terminino circa nel 2023, ma si presume che questi soldi possano arrivare al massimo a circa 30 milioni di euro, assolutamente insufficienti per terminare quell'opera. Teniamo presente un'altra cosa: qualsiasi opera di reindustrializzazione venisse mai realizzata in quell'area, e ci sono tanti interessi manifestati, non può non considerare la bonifica e la messa in sicurezza. Quindi, bonifica e messa in sicurezza e rilancio dall'area produttiva vanno assolutamente di pari passo. Questo è un elemento che noi abbiamo segnalato e che riteniamo molto importante.
L'altro tema che noi abbiamo giudicato meritevole di attenzione, anche se, forse, da un punto di vista amministrativo – lo dico così e scusatemi la generalizzazione – può sembrare un percorso legale, è il tema dei collaudi. Sono stati pagati, per queste opere, circa 2 milioni di euro di collaudi, distribuiti a diverse commissioni, a decine di commissioni che hanno collaudato pezzi dell'opera; non c’è mai stato, però, un collaudo più generale, quindi, ci troviamo in una situazione in cui sono stati spesi oltre 2 milioni di euro per collaudare pezzi di opera, senza avere mai il collaudo definitivo. Per cui si tratta di 2 milioni di euro che, a nostro avviso, sono stati spesi, non male, ma di più. Abbiamo, poi, anche verificato tutta una serie, come ho detto, di connessioni rispetto a questo utilizzo assolutamente improprio del Consorzio Venezia Nuova...
PRESIDENTE. Concluda.
ALESSANDRO BRATTI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Ho finito, signor Presidente, attraverso, tra l'altro, una dichiarazione da parte dell'attuale Provveditorato delle opere pubbliche di non controllo delle opere realizzate. Anche questo a noi è sembrato molto curioso. In realtà i lavori sono stati assegnati senza gara, in barba a qualsiasi tipo di normativa europea, e non vi sono stati neanche una verifica e un controllo sullo stato dei lavori in essere.
Questo, signor Presidente, onorevoli colleghi, è il lavoro, in breve sintesi, che è stato realizzato dalla nostra Commissione e che oggi è a disposizione per tutte le considerazioni del caso delle diverse forze Pag. 6politiche, auspicando – perché questo è anche il lavoro che noi abbiamo messo in calendario e l'obiettivo che ci siamo dati come Commissione – che poi queste denunce si trasformino per chi di dovere in atti concreti, per cercare di risolvere il problema.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Stella Bianchi. Ne ha facoltà.
STELLA BIANCHI. Grazie, Presidente. Mi consenta, Presidente, innanzitutto, di ringraziare gli uffici che sono assolutamente preziosi nella loro opera di assistenza e di consulenza all'attività della Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, in questo caso, in particolare, i magistrati Battarino e Castellano. Come diceva già molto bene il presidente, la prima considerazione che faccio è proprio quella che riguarda la situazione che ci troviamo ad affrontare nell'area del porto di Marghera che è figlia di una industrializzazione molto «inconsapevole», diciamo così per voler riconoscere, appunto, la sola inconsapevolezza ai grandi gruppi industriali che hanno svolto le proprie pratiche e la propria attività produttiva senza tenere in considerazione le conseguenze che la loro azione comportava sull'ambiente. Già il presidente della Commissione, Bratti, ricordava la genesi di questo inquinamento: l'avanzamento delle linee di costa che è stato determinato dai rifiuti di lavorazione che, evidentemente, venivano scaricati lì e non trattati come dovevano essere, immissioni incontrollate di varie sostanze e ricaduta degli inquinanti.
E quindi davvero un modo di fare industria che speriamo il nostro Paese non debba più vedere, e ci auguriamo non debba ripetersi in altre aree del mondo.
Che cosa ci dice la relazione molto approfondita che la Commissione ha approvato all'unanimità ? Secondo la lettura che ne ho provato a dare, ci offre due lezioni essenziali. La prima è che la bonifica di Marghera sta incontrando delle difficoltà che portano a non averla ancora completata, nonostante sia iniziata dal 1995: nel 1995 il Consorzio Venezia Nuova assume l'impegno di realizzare gli interventi necessari alla messa in sicurezza della laguna di Venezia e al ripristino delle condizioni minime ambientali nell'area della zona di Porto Marghera. La prima considerazione quindi che mi sento di fare è che l'intreccio perverso tra corruzione, mancato controllo, gestione in qualche modo assoluta da parte del Consorzio Venezia Nuova del sistema dei subappalti, ha messo a serio rischio e continua a mettere a serio rischio la stessa possibilità di realizzare in modo efficace e tempestivamente la bonifica dell'area di Marghera; così come la funzionalità del sistema Mose, che conosciamo meglio, forse, che è stato più descritto dai giornali, perché naturalmente è l'intervento che ha una maggiore dimensione di carattere finanziario.
L'omissione di qualunque controllo è stata confermata nelle audizioni alla Commissione da parte del Provveditorato interregionale per il Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia. L'omissione del controllo ha portato a far sì che il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, fosse di fatto il capo assoluto nella gestione e nell'affidamento dei subappalti, che venivano assegnati senza nessuna gara; e tanto meno veniva rispettata la clausola che prevedeva che per il 16 per cento di quota in valore delle opere queste dovessero essere assegnate ad imprese che non facevano parte del Consorzio Venezia Nuova, clausola che non è stata mai rispettata. In particolare (questo è all'esame della procura, all'esame della magistratura) la relazione segnala come la vicenda delle assegnazioni fuori quota chiami in causa anche responsabilità politiche di chi allora era Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, tra 2001 e 2006, e poi Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tra 2008 e 2011, cioè in particolare del senatore Matteoli. La prima lezione, quindi, è che naturalmente quando il sistema di corruzione diventa un sistema e rende impossibile Pag. 7la realizzazione di opere pubbliche, ne deriva un danno immediato anche per le attività di bonifica.
La seconda lezione – e lo sottolineava già il presidente Bratti nella sua relazione introduttiva – è che ci troviamo ancora di fronte all'opera principale che non è stata completata, quei marginamenti a cui faceva riferimento e che sono un sistema di barriere impermeabili, di palancole metalliche con sigillatura in resina del giunto, corridoio-sommitali in calcestruzzo, opere accessorie ed integrazione che ne assicurino la tenuta e rete di captazione delle acque meteoriche: questa breve descrizione ci serve a capire di che cosa stiamo parlando. Il completamento delle opere di marginamento – di nuovo lo ricordava bene il presidente, ne manca il 5-6 per cento, che però non ci deve indurre nell'errore di ritenere che manchi soltanto una quota marginale, perché mancano ancora interventi di un certo rilievo – è essenziale perché si possa avere intanto il completamento dell'azione di bonifica, e c’è il concreto rischio che la mancata realizzazione di queste opere metta a repentaglio tutto il lavoro che è stato fatto in precedenza; ma poi il non aver completata l'opera di bonifica non ci consente di trarre importanti benefici economici: ci sono diverse imprese, diversi complessi industriali che sono interessati alla reindustrializzazione di quell'area, naturalmente sotto altri criteri, sotto altri parametri di tutela ambientale, e che però hanno necessità che l'opera di bonifica e di messa in sicurezza sia completata, affinché i loro progetti possano diventare effettivamente operativi.
Quindi rischiamo di perdere opportunità di reindustrializzazione dell'area; e rischiamo anche di avere delle azioni risarcitorie, perché sulla base della sacrosanto principio «chi inquina paga» le imprese che sono attive a Porto Marghera... E l'elenco delle imprese attive a Porto Marghera è lunghissimo, è sconfinato: il polo chimico del Paese lavorava a Porto Marghera, l'ENI lavorava a Porto Marghera, lavora ancora a Porto Marghera; ci sono quindi grandissime imprese che sulla base del principio «chi inquina paga» hanno realizzato a loro spese interventi di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica delle proprie aree inquinante. Naturalmente questi interventi, che sono stati in buona parte realizzati, diventano efficaci solo se viene completata l'opera primaria di bonifica, vale a dire quelle opere di marginamento che non sono state realizzate: non è quindi da escludere anche la possibilità che lo Stato incorra in azioni risarcitorie.
Da ultimo segnalo, come segnalava anche il presidente, questo sistema dei collaudi, che ci è sembrato davvero un elemento da mettere in evidenza, perché di fatto c’è stata una frammentazione ed una moltiplicazione del sistema dei collaudi che a prima vista sembra non avere alcun senso: se non che poi risponde ad una logica molto stringente, purtroppo. Il collaudo è stato effettuato frammentandolo, moltiplicandolo su piccoli pezzi di opera, decine e decine di collaudi; naturalmente nessun collaudo poteva essere realizzato sull'opera terminata, semplicemente perché l'opera non è terminata, e anche perché è impossibile realizzarlo su un complesso di opere, se viene frammentato in così tante parti. E naturalmente il collaudo realizzato in questo modo non può riguardare la funzionalità dell'opera, perché si può vedere la funzionalità di un sistema solo se lo si affronta nel suo complesso, ma si limitava a verificare la rispondenza di quanto fatto rispetto al progetto.
Di fatto che cosa ci ha detto l'avvocato Fiengo, che ora è amministratore del Consorzio Venezia Nuova ? Ci ha detto testualmente che questa frammentazione dei collaudi serviva a garantire dei premi a pioggia, a dirigenti ministeriali, a dirigenti locali; serviva a garantire una sorta di lasciapassare implicito a questo tipo di azione, che aveva poco a cuore il bene comune e la salvaguardia dell'ambiente, e molto a cuore il mantenimento di un proprio potere personale, piccolo o grande, e il poter far lavorare le imprese che si riteneva opportuno di far lavorare.Pag. 8
Allora, Presidente, e concludo queste osservazioni sulla relazione che abbiamo in esame: credo che questa relazione ci dica innanzitutto che è molto importante che noi come Paese riusciamo ad avere accesi i riflettori sulle situazioni che sono più a rischio, e che sono però allo stesso tempo quelle più vicine ad una soluzione possibile. Qui si tratta di un intervento che certamente è ancora importante, ma che è il 5-6 per cento dell'intero intervento di bonifica realizzato: davvero su questo occorrerebbe la massima attenzione, per poter finalmente completare l'azione di bonifica e consentire la nuova reindustrializzazione.
Seconda considerazione, Presidente, e concludo: il buon funzionamento delle opere pubbliche, il buon funzionamento del sistema pubblico, la riforma che abbiamo approvato sul codice degli appalti affidando al Governo una delega importante, finalmente un sistema-Paese che guarda al buon funzionamento delle opere pubbliche e che mette al centro onestà, rigore e competenza, ci consentiranno di affrontare al meglio anche situazioni ancora così difficili nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Giovanni Paglia. Ne ha facoltà.
Le ricordo che ha otto minuti.
GIOVANNI PAGLIA. Presidente, io non faccio parte di questa Commissione di inchiesta, ed immagino che ciò faccia di me uno dei destinatari naturali del suo lavoro, perché la bontà dell'esito di un'operazione come quella che è stata messa in campo si valuta anche se si ha l'opportunità di farlo da fuori. E devo dire che l'ho apprezzato, perché il risultato finale è un documento abbastanza agile, di lettura facile ma non semplicistica anche per chi non abbia partecipato ai lavori: che contribuisce quanto meno a fare un riassunto, a fare una sintesi di un tema che è molto importante, sia nella storia ma anche nel presente per questo Paese, cioè l'evoluzione dell'area di Porto Marghera, dell'area della laguna di Venezia, da area industriale specializzata in particolar modo nella chimica ad area bisognosa poi appunto di bonifiche pesanti, importanti per poter tornare ad avere piena fruibilità, sia per le attività economiche, ma sotto molti aspetti anche per gli esseri umani, visto il livello di inquinamento che lì si è andato a produrre.
Ma quello che in particolare mi piace sottolineare del documento, che ho letto molto volentieri, e che non appare reticente: non appare reticente nonostante quella delle bonifiche di Porto Marghera non sia una storia di cui questo Paese possa andare particolarmente fiero. L'epopea della chimica italiana è una cosa importante, rilevante, che ha consentito all'Italia di salire nel ranking delle potenze industriali mondiali e di diventare un Paese capace anche di dire la propria fino ad un certo punto anche nella ricerca; la storia successiva, però, non è invece all'altezza di quella precedente, perché non è solo una storia di disinteresse, non è solo una storia di silenzi, anche rispetto a quelli che erano danni che venivano fatti all'ambiente, ma anche ai lavoratori.
Danni risaputi, danni che si conoscevano anche nel momento in cui erano messi in essere; ma anche una storia di come una cosa importante come le bonifiche possano diventare in realtà più occasione di malaffare che di risultati e anche di riscatto. Infatti, se leggo questa relazione, soprattutto nelle conclusioni, questo leggo: non è la cronaca delle bonifiche di un sito, è la cronaca di una grande, lunga sequenza di errori, di omissioni e di veri e propri reati, quando saranno da provare ma anche già provati, in qualche maniera. Solo l’incipit sarebbe da leggere integralmente, in cui appunto si stabilisce come il provveditorato interregionale per le opere pubbliche dichiari di non aver mai esercitato, nella veste di committente dei lavori, alcun effettivo controllo né sul sistema di assegnazione né sull'andamento dei lavori, ma di averlo affidato in toto a questo consorzio «Venezia Nuova», come in tutta l'impalcatura generale che in questo Paese si è utilizzata, Pag. 9soprattutto negli ultimi anni – ma qui la storia è più vecchia – per le opere pubbliche, come il sistema del general contractor, il sistema per cui ad un soggetto privato, che a sua volta consorzia più soggetti privati, viene di fatto delegata in toto la progettazione e la messa in opera finanche di fatto il collaudo di un'opera. Un sistema questo sì collaudato di gestione interna appunto, addirittura di quote fisse che in teoria dovrebbero essere destinate a soggetti esterni e di soggetti esterni che riescono a diventare soggetti consorziati attraverso l'acquisizione di partecipazioni irrilevanti all'interno del consorzio tali per cui tutta la vicenda appunto diventa storia dell'opacità che ha contraddistinto, qui come altrove – ma qui è macroscopico, anche forse perché la magistratura si è incaricata in parte di fare luce –, l'andamento delle opere pubbliche italiane; così come fa impressione leggere che tutto il lavoro fatto fino a qui e che veniva ricordato, sul piano quantitativo apparentemente molto avanzato ma che in realtà lascia indietro una parte significativa delle opere, rischi di andare depauperato, rischi di arretrare anziché avanzare, per una cifra di 250 milioni di euro. Cioè, 250 milioni di euro è non solo la cifra che manca per il completamento (almeno per la sufficienza delle opere), ma viene scritto che – e a me questo impressiona, da lettore e da deputato di questo Paese –, qualora non venissero investiti questi 250 milioni, non siamo ad una situazione – e questo è evidente, trattandosi di una bonifica – per cui rimane in essere lo stato vigente, ma si va ad arretrare. Cioè, progressivamente, anche tutto lo stato di avanzamento dei lavori fatto fino a questo momento rischia progressivamente di invalidarsi e di ripristinarsi lo status quo in termini di inquinamento e di necessità di bonifica. Duecentocinquanta milioni di euro non è una cifra eccezionale per lo Stato italiano, abbiamo investito anche in situazioni la cui utilità può essere dubitata (anche di recente abbiamo avuto casi di cifre ben più importanti), mentre qui stiamo parlando di fatto della possibilità di reinsediamento industriale, quindi di crescita effettiva del Paese; stiamo parlando della tutela di uno degli ambienti più importanti sotto tanti aspetti, non solo quello ambientale ma anche quello storico, paesaggistico, culturale e turistico che abbia il nostro Paese. Leggere che per 250 milioni di euro rischiamo di mettere a repentaglio tutto questo è forse il contributo più importante che, rispetto a questo documento, viene dato all'intero Parlamento, perché da domani, come minimo, dovrebbe venirci pressante la richiesta, nelle varie manovre di aggiustamento che ci accompagneranno presumibilmente nei prossimi mesi, non solo di fare una manovra di aggiustamento che vada a chiedere ai cittadini italiani di pagare più tasse o di tagliare rispetto ai servizi ma anche di reperire almeno quelle cifre che si rendono necessarie per interventi di prima importanza. È un'altra cosa su cui riflettere – vado sempre in ordine –, quando si parla di inceppamento di una macchina amministrativa, cioè dell'incapacità di poter utilizzare anche fondi privati. Si potrebbe discutere per ore sugli accordi e sui protocolli fatti con i privati rispetto al loro contributo alle transazioni; discutere se siano più o meno accettabili, più o meno corrette, se rispettino fino in fondo il principio di chi inquina paga, ma è evidente che non lo rispettano. D'altronde, hanno talmente inquinato che il livello del pagamento sarebbe importante, forse persino difficilmente sostenibile.
Tuttavia, anche quando si riesce a chiudere un protocollo, leggere di passaggi fra un Ministero e l'altro, in cui un Ministero mette una firma e aspetta la firma dell'altro e, nell'attendere, si rischia di perdere anche la possibilità di avere quel contributo – ad oggi unico contributo disponibile, cioè quello dei privati, sempre perché appunto lo Stato non intende mettere altro –, cos’è questo ? Questa è la peggiore della cattiva amministrazione, perché è responsabilità politica diretta. Qui non si possono chiamare in causa i tecnici: i ministri sono politici e in un decreto interministeriale la firma è appunto della politica. Diventa quasi bagatellare, diventa quasi una storia minore, Pag. 10anche se di interesse, almeno per la cultura di questo Paese, la storia dei collaudi, che possiamo lasciare per un'altra volta; cioè, la storia in cui si moltiplicano i collaudi di un'opera che di fatto poi non ha nemmeno, se capisco bene, il collaudo definitivo, perché a forza di collaudare un pezzo dietro l'altro, inseguendo la fila dei collaudi parziali in modo tale da poter lautamente ricompensare...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, collega.
GIOVANNI PAGLIA. ...membri vari di Ministeri eccetera si finisce con le opere definitive che rimangono appunto in attesa del collaudo (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Alberto Zolezzi. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha sette minuti.
ALBERTO ZOLEZZI. Presidente, oggi in Aula parliamo in pratica di rifiuti speciali, credo la nuova frontiera delle ecomafie, perché, soprattutto sui rifiuti solidi urbani, ormai sta aumentando la cultura ed è difficile lucrare, perché i cittadini sono molto più bravi delle istituzioni a differenziare, a fare il compost a casa propria; sui rifiuti speciali e sull'inquinamento dei siti più importanti, i siti di interesse nazionale, invece, ci sono ancora delle autostrade, autostrade sotto cui ormai si buttano solamente rifiuti. Qualche passo interessante che stimolerà questa discussione è incentrato sulle cifre spese in Italia per andare a caratterizzare e a cercare gli inquinanti; parliamo di una media di 5 milioni di euro, quando la media europea è tra i 5 e i 50 mila euro. Quindi, in Italia si è fatta tanta ricerca, che addirittura ha stimolato anche gli appetiti a volte anche non leciti, così come il discorso dei collaudi di cui si è parlato per il sito di Porto Marghera. La Corte dei conti europea ha iniziato a interessarsi appunto del tema, dei tanti capitali che venivano messi in campo, dimostrando che le risorse destinate erano esagerate rispetto a quello che poi si otteneva davvero, rispetto ai risultati e soprattutto alla possibilità di riutilizzo di questi suoli per scopi produttivi e industriali, che dovrebbe essere invece anche la finalità di tutto il lavoro che stiamo facendo. Bisogna far ripartire diverse attività, in primis quella appunto della Versalis, che è uno dei temi di cui parleremo oggi. Ricordiamoci che l'Italia è arrivata 22 anni in ritardo con il «decreto Ronchi» del 1997 sul porsi il problema non solo di non inquinare ma anche, se del caso, di bonificare. Quindi, 22 anni di ritardo e si arriva ad oggi quando si è chiesta l'esenzione dal Patto di stabilità per le per le bonifiche, nei comuni interessati, e che non si è ottenuta, a testimoniare del fatto che non c’è una sensibilità ancora sufficiente sul tema. Ricordiamoci che nel febbraio 2013 il Ministro Clini declassificò 19 dei 58 siti di interesse nazionale per inquinamento (che ora sono 39): questo fu un atto di grave attacco. Nel decreto-legge «Destinazione Italia» si destinò denaro pubblico anche per la bonifica delle aree, questa cosa fu stralciata grazie anche al nostro gruppo politico e all'azione di sensibilizzazione dei comitati; rimase la possibilità di investire per la reindustrializzazione nel testo di legge poi approvato. Inoltre nel «decreto competitività», del giugno 2014, si parlò di autocertificazione dello stato di inquinamento da parte dell'inquinatore e silenzio assenso sui piani di caratterizzazione presentati dalle aziende, che, in un Paese dove sono quotidiane le inchieste sulle false bonifiche, di sicuro furono atti particolarmente azzardati. Lo «Sblocca Italia» addirittura, del 12 settembre 2014, prevedeva il commissariamento da parte del Governo, che poteva poi introdurre il commissario previsioni edificatorie derogando ad alcune norme sulle bonifiche.
Quindi, non c’è al momento alcuna attenzione su questo tema; c’è addirittura un testo di un decreto che sta girando in bozza, su terre e rocce da scavo, che sta rischiando di porre ulteriori problemi. Dosaggio dell'amianto non rilevabile con i Pag. 11comuni metodi; chiaramente, questo porterà a dei contenziosi molto importanti. Qualificare come rifiuto materiale che non lo è mai stato considerato, forse rischiando di aumentare il traffico dei rifiuti, che è il principale turismo svolto in Italia. Auspichiamo, invece, che la legge n. 68 contro i reati ambientali possa iniziare a far procedere più speditamente tutto quello che è la bonifica dei siti nazionali, perché lo studio Sentieri ha quantificato in oltre 1.500 i decessi all'anno aggiuntivi proprio per il gravissimo inquinamento determinatosi in 50-60 anni in Italia.
E, appunto, abbiamo cercato di capire per bene, per quanto riguarda Porto Marghera, come fosse la situazione: emissioni atmosferiche, una linea di costa creata con rifiuti e emissione incontrollata di sostanze chimiche nelle falde acquifere. Un attacco alla terra, al mare e all'aria. Questi soldi importanti, spesi, 780 milioni, di cui oltre 250 milioni di denaro pubblico, hanno realizzato sì il 94 per cento delle opere previste, ma in realtà nessun marginamento risulta completamente terminato. Quindi, questi soldi, se non si termineranno almeno i marginamenti, saranno assolutamente gettati. Rimane da realizzare il sistema di drenaggio delle acque di competenza del provveditorato delle opere pubbliche.
I collaudi sono stati una vergogna, sono stati considerati, nelle audizioni, quasi delle prebende, perché poi sono stati collaudati i singoli marginamenti. Di questo noi auspichiamo che la magistratura si possa – lo auspico io – occupare, perché collaudi fatti sui singoli marginamenti probabilmente sono inutili, ma se poi, addirittura, i marginamenti non sono neanche terminati, come da materiale video che ho potuto visionare, penso che si parli di qualcosa di davvero grave, anche in relazione alla legge n. 68 sui reati ambientali, sulla penalizzazione di questi reati e sull'omessa bonifica.
Tra i collaudatori ricordiamo che c'erano dirigenti pubblici nazionali e locali, dirigenti apicali del Ministero dell'ambiente, membri della commissione VIA e quant'altro. Per cui, in pratica, abbiamo scoperto 780 milioni gettati, appunto, in un'opera al momento ancora inefficace, e il denaro, poi, che manca per terminare queste cose. Addirittura, abbiamo scoperto che per l'Alcoa Trasformazioni c’è stato proprio un intoppo burocratico: vi era il denaro che l'Alcoa si era impegnata a versare tramite transazione, è stato trasmesso il decreto dal Ministero dell'ambiente, il decreto di approvazione, ma l'allora Ministero delle infrastrutture non ha provveduto a sottoscrivere questo decreto. Si parla di quasi 18 milioni di euro ! Ma anche il successivo Ministro, il Ministro attuale delle infrastrutture e dei trasporti, non ha provveduto a sbloccare questi denari. È un Ministro che è un po’ un Delrio bendato.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Polverini. Ne ha facoltà.
RENATA POLVERINI. Grazie, Presidente. È la prima volta che intervengo in Aula su una relazione della Commissione alla quale mi onoro di appartenere, che si occupa di illeciti ambientali e di rifiuti. Quindi, mi consenta di ringraziare il presidente Bratti per il grande lavoro che svolge insieme a noi con grande professionalità e competenza. Mi consenta di ringraziare tutti i funzionari della Commissione che ci seguono quotidianamente nel nostro lavoro, i magistrati e tutti i Corpi di polizia che, sia quando operiamo in sede, ma, soprattutto, quando siamo in missione, ci consentono veramente di portare avanti un lavoro importante.
In particolare, ringrazio, come ha fatto già la collega Bianchi, in questo caso, i magistrati Battarino e Castellano, che sono poi coloro che, insieme a noi, hanno redatto questa relazione. Diciamo che parliamo di un SIN importante, il SIN di Venezia-Porto Marghera, che porta tutti i segni di un vecchio modo di fare industria, in particolare nel settore del chimico e del petrolchimico. Un territorio devastato, con danni ambientali importanti, e, soprattutto, con una bonifica che ormai, come è stato già detto bene da chi mi ha preceduto, Pag. 12va avanti da circa, anzi, da oltre vent'anni. Un danno ambientale provocato, come è stato già detto, anche e soprattutto per le emissioni di inquinanti, ma per l'avanzamento delle coste.
In ogni realtà in cui abbiamo messo in campo delle missioni ci siamo resi conto di quanto, dal punto di vista delle coste e dal punto di vista delle emissioni, queste aziende abbiano veramente danneggiato il nostro ambiente. Abbiamo visto che questa bonifica, che parte dal 1995, incontra immediatamente delle difficoltà: gli intrecci tra corruzione e criminalità e gli omessi controlli sono veramente importanti, subappalti assegnati senza gare, e quindi, naturalmente, opere incompiute.
Come abbiamo visto – i dati sono stati forniti – in questa bonifica si sono già impegnati circa 780 milioni di euro, 500 dei quali circa provenienti dalle transazioni fatte con le aziende che hanno inquinato. Il 94 per cento circa delle opere è compiuto. Quel pochissimo che resta da fare, come è stato anche qui ben detto dal presidente, però, rappresenta, probabilmente, la parte più complessa della bonifica stessa, e quindi occorre necessariamente – e questo dice la relazione – recuperare quelle risorse che sono tante rispetto alla percentuale di opere ancora da mettere in campo, perché sono circa 250 milioni, soltanto 30 dei quali, probabilmente, arriveranno dalle ulteriori transazioni, per le quali, comunque, occorrono ancora diversi anni.
Come dicevo, abbiamo visto che c’è un intreccio tra corruzione... non parliamo del Consorzio Venezia Nuova, per il quale già molte parole sono state dette oggi, ma che, in qualche modo, pur da soggetto privato, si occupava di assegnare, senza nessuna gara e nessun appalto, i lavori. Quindi, chiaramente, da questo punto di vista, c’è la magistratura che sta andando avanti; non sta chiaramente a noi intervenire in determinati ambiti, ma la relazione pone bene questa questione. Lo dice anche il provveditorato in maniera molto dettagliata.
L'opera principale, dicevo, è stata completata per un marginamento del 5-6 per cento che rimane comunque ancora da fare, ma crediamo che in questo contesto occorra velocizzare i tempi, proprio perché ci sono molte industrie interessate a un processo di reindustrializzazione; ma, senza il completamento delle bonifiche, naturalmente, non c’è questa possibilità.
PRESIDENTE. Concluda.
RENATA POLVERINI. Nel pochissimo tempo che mi rimane voglio parlare ancora dei collaudi. È stato già detto: i collaudi sono stati parcellizzati e, probabilmente, utilizzati semplicemente per beneficiare dirigenti centrali e territoriali, e il collaudo finale non è ancora stato fatto. Quindi, questa relazione, sostanzialmente, mette a nudo quella che è la situazione, ma, soprattutto, si pone, con un voto in Aula, come obiettivo, quello di sensibilizzare il Governo, intanto, a che la catena istituzionale che si occupa di questo venga accertata con precisione, anche rispetto alle responsabilità; che i 250 milioni che ancora sono necessari vengano reperiti al più presto nei bilanci pubblici, perché possa essere restituito comunque un territorio alla propria popolazione, possibilmente, anche rispetto a quello che è stato un territorio che ha visto la grande industria italiana statale del petrolchimico, a cominciare da ENI, protagonista non soltanto in termini di economia, ma anche e soprattutto di occupazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e di deputati del Partito Democratico).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Annunzio di una risoluzione – Doc. XXIII, n. 9)
PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Bratti, Zolezzi, Polverini e Zaratti n. 6-00199 (vedi l'Allegato A – Doc. XXIII, n. 9), che è in distribuzione.Pag. 13
Il rappresentante del Governo, anche al fine di esprimere il parere sulla risoluzione presentata, si riserva di intervenire in altra seduta.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della relazione sulla situazione delle bonifiche dei poli chimici: il «Quadrilatero del Nord» (Venezia-Porto Marghera, Mantova, Ferrara, Ravenna), approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlate (Doc. XXIII, n. 11) (ore 15,51).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sulla situazione delle bonifiche dei poli chimici: il «Quadrilatero del Nord» (Venezia-Porto Marghera, Mantova, Ferrara, Ravenna), approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlate (Doc. XXIII, n. 11).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 9 febbraio 2016 (vedi resoconto stenografico).
Avverto che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.
(Discussione – Doc. XXIII, n. 11)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di intervenire il deputato Bratti, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Prego.
ALESSANDRO BRATTI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Grazie, signor Presidente.
In realtà, da un punto di vista cronologico, forse la discussione sul Quadrilatero della chimica poteva essere propedeutica a ciò che abbiamo invece approfonditamente discusso fino ad ora riguardo al tema di Porto Marghera, perché in realtà Porto Marghera costituisce un elemento centrale in questa relazione.
Consentitemi, comunque, anche a me di ringraziare intanto tutte le forze politiche per la fattiva collaborazione e per il clima assolutamente positivo che abbiamo avuto fino ad oggi, e spero anche nel futuro, all'interno della Commissione, ovviamente gli uffici e i nostri consulenti.
Poi mi riserverò, anche domani prima della votazione finale, di fare un ringraziamento più completo ai due magistrati che hanno lavorato sia su Mestre, il dottor Castellano, che sul Quadrilatero della chimica, il dottor Battarino.
Richiamavo il Quadrilatero della chimica, perché ? Perché in realtà un pezzo importante della chimica di questo Paese è stato realizzato proprio in questo Quadrilatero, cioè il Quadrilatero che comprende Porto Marghera, il sito di Mantova, il sito di Ravenna e il sito di Ferrara, che tra l'altro hanno un collegamento tutt'oggi anche fisico rispetto a tutta una serie di utilities fra di loro, in cui Marghera, storicamente, per l'importanza che ha avuto e che continua ad avere, gioca un ruolo fondamentale.
Stiamo parlando, in realtà, della chimica del Novecento, di quella chimica che, come è stato ricordato prima, ha dato dei risultati straordinari al nostro Paese (ricordo, per esempio, il sito di Ferrara che ha fatto sì, con un'invenzione particolare dei catalizzatori, che si sia vinto addirittura un premio Nobel da parte dell'ingegner Natta); quindi, stiamo parlando dei livelli eccezionali che la chimica aveva raggiunto in questo Paese. Dunque, lì, in questo Quadrilatero, c’è tutta la storia della chimica con i suoi aspetti positivi che Pag. 14ci hanno dato benessere e si tratta di quell'eredità pesante che abbiamo discusso in parte per Marghera.
Abbiamo cercato di verificare, di cercare, in qualche modo, di fotografare lo stato esistente della situazione di tutti questi siti, mettendo in evidenza quelle che sono le metodologie di approccio diverse che sono state fatte e provando anche a delineare quelle che sono le positività e le negatività di questi diversi approcci.
Abbiamo approfittato per fare anche, in via preliminare, un punto su quello che è anche lo stato dell'arte della normativa che riguarda le bonifiche. È una normativa assolutamente complessa, molto ricca; forse la normativa italiana è una delle più ricche a livello europeo.
Voglio anche ricordare che, mentre esistono direttive comunitarie importanti su tanti settori che riguardano l'ambiente, non ultimo stiamo discutendo in questi giorni di economia circolare (quindi del ciclo dei rifiuti), i Paesi membri non sono mai riusciti ad addivenire a una direttiva sull'utilizzo del suolo e, quindi, sul tema delle bonifiche, perché è un tema complicato e assolutamente complesso che, forse, noi, nel nostro Paese, abbiamo reso ulteriormente più difficile, distribuendo in diversi provvedimenti normativi questioni che riguardano le bonifiche, fino a costruire un puzzle su cui a volte anche l'operatore privato, se non il pubblico che deve fare rispettare i controlli e i limiti, si trovano in grande difficoltà.
Questa è una delle situazioni che poi generalmente abbiamo riscontrato sui vari siti di interesse nazionali, cioè di tanti procedimenti amministrativi. A volte le imprese adducono questa complessità come un'impossibilità per poter procedere a bonificare o a mettere in sicurezza, a volte il pubblico scarica un po’ di responsabilità, dicendo che non ne ha i mezzi per poter fare dei controlli adeguati.
Quindi, insomma, si tratta di una normativa che sicuramente abbisogna ancora di essere perfezionata, per quanto io ritengo che nel collegato ambientale, avendo approvato questo nuovo schema sulle transazioni, si vada un po’ nella logica delle semplificazioni, così come ritengo sia stata molto importante, l'introduzione nei reati ambientali del codice penale del reato di omessa bonifica che sicuramente sarà una leva importante in mano alla magistratura per fare rispettare i procedimenti in atto di messa in sicurezza e di bonifica.
Non ultimo, noi insistiamo molto sull'approvazione definitiva da parte del Senato, e viene riportato anche nella vostra relazione, della legge sul riordino delle Agenzie ambientali. Riteniamo che queste normative sicuramente vanno nella direzione giusta, poi probabilmente ci sarà bisogno di intervenire.
Dicevo: abbiamo fatto un po’ una fotografia dello stato dell'arte del processo di bonifica, ci siamo anche, in un qualche modo, obbligati a ritornare su alcuni aspetti specifici, perché in alcuni casi non abbiamo avuto delle risposte soddisfacenti. Abbiamo richiesto, ed è scritto molto bene, ad esempio, rispetto alla bonifica di Mantova, dei dati agli organi di controllo che non ci sono stati fatti avere, pur essendo questi dati a disposizione, per cui sicuramente ritorneremo su questo. Insomma, abbiamo di fatto confrontato due siti di interesse nazionale Mantova e Marghera. Chiaramente Marghera ha delle sue peculiarità che fanno sì che non sia comparabile agli altri tre siti, ma gli altri tre (Mantova, Ravenna e Ferrara) probabilmente lo sono. Quindi, non sto ad andare in maniera specifica su ogni sito, se non ricordando che partendo, come dicevo prima, da Mantova, che è un sito di interesse nazionale, non c’è dubbio che qualcosa si è mosso rispetto alla relazione della Commissione che avevamo fatto nella scorsa legislatura. È stato approvato per quanto riguarda la raffineria un nuovo processo di bonifica e ci è stato detto che ci sono alcune procedure tecnologiche più semplici che hanno dato dei risultati migliori. Noi vorremmo avere dei dati definitivi per poter verificare questo. Abbiamo visto che ci sono delle opere importanti che sta realizzando Syndial attorno alla Pag. 15cosiddetta «area ex collina» che era una discarica di rifiuti pericolosi. Voglio ricordare che c’è un problema enorme con la falda soprattutto dove c’è questa grande raffineria IES, con la presenza di questo surnatante che spesso rischia di andare nel Mincio e quindi è opportuno davvero capire se quelle procedure di messa in sicurezza idraulica, che ci dicono che funzionano, funzionino poi davvero.
Non c’è dubbio che la estrema litigiosità delle imprese nei vari siti non ha aiutato un percorso lineare come invece nei due siti, che vedremo, di Ferrara e Ravenna. Questi contenziosi oggi sono ancora aperti, ci sono anche indagini della magistratura, una per tutte quella sul colorificio Freddi. Noi li abbiamo anche auditi, hanno portato le loro ragioni che noi abbiamo correttamente riportato nella relazione, ma che mostrano che dove non ci sia un raccordo tra le imprese e dove il rapporto tra le imprese il pubblico sia molto conflittuale, poi in realtà non succede nulla, se non contenziosi giuridici amministrativi importanti che sicuramente fanno lavorare molti avvocati, ma che non risolvono il problema delle bonifiche e dell'industrializzazione del sito.
Su Ferrara non mi ci soffermerò troppo e non solo perché è la mia città, e quindi sarebbe anche poco elegante da parte mia. Su Ferrara e Ravenna ci sono una serie di problemi che rimangono e abbiamo anche chiesto alle procure di darci ovviamente delle indicazioni se fossero in atto procedimenti penali. In alcuni casi, come a Ravenna, c’è un procedimento aperto sulla questione collegata all'amianto e a Ferrara c'erano dei procedimenti che riguardavano non tanto le bonifiche, ma le torce di emergenza che funzionano spesso non in emergenza; si tratta, quindi, di questioni che abbiamo segnalato. Ma abbiamo anche verificato come in questi siti, che non sono siti di interesse nazionale, in realtà, con gli accordi di programma tra enti locali e imprese, le bonifiche siano procedute a dei livelli che abbiamo ritenuto assolutamente soddisfacenti. Questo perché in questi due casi si ha un unico interlocutore da parte delle imprese, che hanno costituito un organismo unico, e perché c’è stato un coinvolgimento riteniamo molto forte e importante di tutto il sistema degli enti locali e della regione. Poi, lo ripeto, le peculiarità ci sono e vanno assolutamente considerate. In tutta questa situazione non c’è dubbio che le bonifiche – è un po’ il ragionamento che facevamo prima – sono fondamentali, se in questi siti, che oggi sono tutti siti attivi, si prevede o si pensa che la chimica nel nostro Paese possa avere un futuro e mi riferisco non solo alla chimica tradizionale.
Versalis ha un centro di ricerca importante a Ravenna; a Ferrara vi è il centro studi più importante di poliolefine in Europa; a Mantova vi è un pezzo importante della ricerca di Versalis e vi sono anche siti che stanno guardando con un certo interesse a possibili investimenti sulla cosiddetta chimica verde. Noi abbiamo insistito molto, come Commissione, per portare all'attenzione queste relazioni perché auspichiamo che anche domani ci possano essere, in sede di dichiarazione di voto, dei ragionamenti più generali sul futuro della chimica in questo Paese; sono state presentate diverse interrogazioni ma forse una discussione ampia e completa sulla chimica di Stato, dico così anche impropriamente, ma diciamo sul ruolo dell'ENI in questo Paese credo sia importante. Sappiamo già che le strategie di ENI non sono rivolte verso la chimica (c'era già stato detto da tanto tempo), però ci è sempre stato raccontato che Versalis, pezzo importante della chimica italiana, fosse, come posso dire, il fiore all'occhiello del futuro e noi, penso tutti quanti, speriamo che questo sia vero, nonostante questi processi di cessione in atto. Ripeto, io non mi esprimo perché ciò non riguarda il lavoro della nostra Commissione, ma non c’è dubbio che una preoccupazione la manifestiamo per quanto riguarda l'impegno di ENI nella chimica; ossia noi auspichiamo che rimangano in campo tutti questi processi di bonifica, processi di bonifica e messa in sicurezza, processi che, per quanto riguarda i terreni, magari hanno una temporalità breve, per cui, in 4 Pag. 16o 5 anni, i terreni potranno essere decontaminati ma, per esempio, il trattamento delle falde può durare 15, 20, 25 anni con una messa a disposizione di importi non secondari. Allora, dobbiamo avere la sicurezza che tutti questi processi in atto, di trattamento delle falde, che ogni anno costano diversi milioni di euro – lo auspichiamo, al di là di ciò che succederà diciamo nella compagine societaria di ENI –, rimangano in campo, perché abbiamo visto, con riferimento ad altri siti per i quali queste situazioni non sono state mantenute, che le problematicità sono poi esplose in maniera esponenziale; perché, se si impostano processi di bonifica e poi non vi sono né i soldi né le titolarità per portarli avanti, i contenziosi iniziano e le problematiche ambientali paradossalmente rischiano addirittura di aumentare rispetto al pregresso. Quindi ho scritto nella relazione che la discussione sulla vendita di una parte di Versalis la vediamo con preoccupazione; poi ovviamente c’è un management, ci sono dei proprietari che faranno le loro scelte ma noi questo lo vogliamo assolutamente sottolineare. Quindi concludendo, noi auspichiamo che, nel recepire questa relazione, vi sia davvero un impegno forte di tutto il Parlamento e della chimica, così come abbiamo fatto per altre attività importanti, e penso alla siderurgia, per ognuna con un'ottica e con delle idee diverse, ma, se non altro, il tema l'abbiamo trattato, portato all'attenzione dell'opinione pubblica e dei decisori politici che sono all'interno di quest'Aula. Penso che anche la chimica, per quello che è la sua storia, per quello che è la sua tradizione e per le potenzialità che ha... ricordiamo che tantissimi brevetti innovativi legati al cosiddetto bio-based cioè alla cosiddetta chimica verde sono in realtà frutto della ricerca italiana. Io spero che questo nostro piccolo contributo che abbiamo dato come Commissione non solo serva per denunciare una serie di manchevolezze importanti ma che serva anche da stimolo per affrontare una discussione e per far sì che il Governo scelga, nella maniera giusta e opportuna, come posso dire, la via per rilanciare questa importantissima branca dell'economia nazionale.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Paola Boldrini. Ne ha facoltà.
PAOLA BOLDRINI. Buongiorno, signor Presidente e onorevoli colleghi, questa volta devo incentrarmi in particolar modo, con riferimento a questa relazione, sul petrolchimico di Ferrara e, come ha già ben detto il collega onorevole Bratti nella sua relazione, ne emerge che i siti che sono stati evidenziati nella relazione... anzi ringrazio anch'io che vi sia stata una Commissione che abbia messo in evidenza tutte queste caratteristiche e appunto ribadisco in questo caso ci stiamo rivolgendo al Quadrilatero nord di tutta l'intero Paese.
Come ha già ben detto il collega, a livello europeo, non esiste una direttiva, a differenza appunto di tante altre sollecitazioni ci provengono dall'Europa; quanto al tema appunto dei rifiuti purtroppo non esiste una e, a livello nazionale, come abbiamo già sentito in precedenza, ci sono comunque delle normative a cui adesso ci stiamo di nuovo ricollegando, mi riferisco ad esempio al collegato ambientale, al codice sugli appalti, per ritrovare una sinergia fra le stesse ed evitare, come nel passato, delle incongruenze normative che non hanno permesso a chi di dovere di prendere delle decisioni, di avere una linea guida.
Pertanto, nel contesto nazionale, con riferimento a questa spinta all'industrializzazione nel nostro Paese, quella che è stata caratterizzata nel quadrilatero nord, quindi nei siti di Venezia-Porto Marghera, Mantova, Ferrara e Ravenna, vediamo che sono state messe a confronto, per i siti appunto di bonifica, delle best practice; sono state evidenziate, come si è sentito prima a proposito del porto di Marghera, quelle differenziazioni di presa in carico della bonifica dei siti. Ricordo che il petrolchimico di Ferrara non è un sito nazionale ma devo dire, con riferimento alle amministrazioni locali che, dopo il Pag. 171999, anno in cui entrò in vigore il decreto ministeriale n. 471 del 1999, vi fu la necessità di attivare le procedure per la bonifica dei siti contaminati; all'epoca, il comune, la provincia di Ferrara e la regione Emilia-Romagna, insieme al Ministero dello sviluppo economico e le organizzazioni sindacali confederali e di categoria, hanno sottoscritto un accordo di programma e qui sta devo dire la valenza di avere unito tutti in un unico tavolo per parlare di bonifica di un sito di interesse di tutta la comunità, anche della città; si sono riuniti tutti in un unico tavolo, anche con la partecipazione dei cittadini e questo lo voglio sottolineare perché io, all'epoca, facevo parte dell'amministrazione locale e ricordo che abbiamo davvero condiviso tutti questi passaggi. È stato un momento molto importante che è servito anche a far conoscere all'esterno certe peculiarità, perché purtroppo vediamo sempre questi siti in un certo modo, ossia negativamente, come siti dove si producono scorie e rifiuti, ma ricordiamo che ad esempio questo sito di Ferrara negli anni ha avuto davvero una certa evidenza nazionale, con il premio Nobel Giulio Natta. Quindi per far conoscere anche ai cittadini le peculiarità e le positività che possono emergere da questo tipo di industrializzazione tutto ciò è stato fatto pubblicamente; ovviamente non tutto è oro quello che luccica nel senso che anche qui si sono riscontrate delle criticità, però devo dire che all'epoca appunto, quando si fece questo accordo di programma, che ebbe la sua seconda fase nel 2008, si condivisero appunto questi passaggi tutti insieme e, come ricordava l'onorevole Bratti, non essendo un sito nazionale, è stata fatta una sorta di condivisione, con la costituzione appunto di un consorzio, IFM Ferrara SCpA, con società consortile cui parteciparono soggetti insediati nel petrolchimico di Ferrara che ha comportato un intervento costante degli enti pubblici e delle agenzie ambientali. In effetti gli obiettivi di quest'accordo erano: creare le condizioni ottimali di coesistenza fra tutela ambientale e lo sviluppo del settore chimico, fondamentale appunto, bonificare anche per evitare di consumare altro territorio, promuovere l'attrazione di nuove imprese, indi ottimizzare le infrastrutture e i servizi e potenziare la logistica e le modalità di trasporto gomma ferro acqua; quindi vedete quante peculiarità e quante positività in questo accordo. Ovviamente come vi dicevo, tutti dovevano compartecipare affinché vi fosse la buona riuscita degli obiettivi che si erano prefissati. Ricordiamo che anche a Ferrara (come ho purtroppo ricordato un paio di sedute fa, il tema del nostro petrolchimico è risalito agli onori della cronaca per un caso che accadde, ossia il licenziamento di un rappresentante sindacale), purtroppo vi sono delle problematiche, riguardanti il settore, della crisi della chimica; nel polo industriale di Ferrara c’è Versalis che occupa 25 ettari su 250 del nostro petrolchimico e in cui sono occupate circa 300 persone di cui 34 si occupano della ricerca.
La ricerca, come dicevamo prima, è fondamentale; ricerca e innovazione in questo settore della chimica sono veramente fondamentali e, quindi, la presenza di attività produttive in corso, come attualmente ci sono e si spera rimangano, ha consentito alle politiche aziendali di realizzare degli investimenti anche nelle bonifiche. Quindi è essenziale che ci siano delle aziende che possano essere in attività produttiva, perché questo permette che il percorso della bonifica avvenga in maniera indissolubile. Ai risultati positivi conseguiti nel sito di Ferrara ovviamente ha contribuito l'estensione circoscritta che è appunto di 250 ettari, a differenza, ovviamente, del SIN di Mantova, che ha un'estensione di 1.030 ettari, o rispetto a quello di Venezia che è molto più grande e a Porto Marghera che ha un'estensione di 1.621 ettari, pertanto con aree non utilizzate e con attività industriali di diverso genere. Il tema delle bonifiche, quindi, in siti storicamente destinati a produzioni chimiche e petrolchimiche si lega, inevitabilmente, come dicevo prima, a quello delle strategie industriali complessive in questi settori, quale principale garanzia di continuità di interlocuzione pubblico-privato che a questo punto deve Pag. 18tendere là dove la circolazione di posizioni soggettive private o, peggio, il fallimento delle aziende insediate, genera possibili contenziosi, interruzione o abbandono di attività di bonifica. Questo è un tema che al Parlamento è già noto, lo diceva prima il collega Bratti attraverso una risoluzione che è stata discussa proprio il 16 dicembre in Commissione attività produttive, e che porta all'attenzione il tema del settore della chimica. Ricordiamo che anche ultimamente è stata fatta una serie di scioperi proprio perché i dipendenti di Versalis e, quindi, ENI, hanno avuto sentore che questo settore possa essere messo in dismissione. Ricordiamo che si tratta di un settore pubblico, perché ENI è a partecipazione pubblica, per cui nonostante siano state fatte delle dichiarazioni da parte di un amministratore delegato, ancora un anno e mezzo fa, questo sentore è sempre più vicino e sempre più percepito come veritiero. Le preoccupazioni che sono, appunto, evidenziate con un prossimo sciopero anche il 19 febbraio non fanno altro che riguardare un grosso problema anche per quanto riguarda l'occupabilità, lo ricordiamo, che è direttamente proporzionale ai dipendenti in questo settore e all'indotto che ne procurano. Ricordiamo che in Italia ci sono circa 12.000 occupati nel settore della chimica, sembra pertanto ineludibile avviare una politica industriale finalizzata a riqualificare e reindustrializzare i poli chimici, concordando i percorsi con le amministrazioni locali e regionali, come si sta facendo in un tavolo che è stato costituito poco tempo fa insieme al Ministero dello sviluppo economico e voluto dalle tre regioni che fanno parte del quadrilatero, quindi Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, per mettere in campo strumenti di sostegno per la tenuta della chimica nazionale, evitando, possibilmente, ulteriori chiusure di impianti e promuovendo la realizzazione degli investimenti necessari a riportare a livello competitivo le produzioni presenti in Italia, promuovendo l'avvio di processi di reindustrializzazione e sviluppo in una logica di filiera nei settori della chimica fine, delle specialità della chimica verde, avviando iniziative per favorire rapporti tra grandi imprese e piccole e medie imprese. Il messaggio che ha portato la relazione della Commissione è che le bonifiche sono strettamente correlate, in maniera indissolubile, ad un piano di complessivo rilancio della chimica in Italia, da attuarsi anche con investimenti di ricerca e innovazione in sinergia con le istituzioni locali e con l'individuazione, anche, di fondi specifici e di investimenti pubblici e non solo di partner privati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Giovanni Paglia. Ne ha facoltà, per otto minuti.
GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Io sono nato a Ravenna e ci sono nato a causa o, grazie, all'ANIC, comunque la si voglia mettere, perché quella della mia famiglia è una delle tante storie di emigrazione interna che la chimica ha prodotto a Ravenna, come a Ferrara, come a Marghera, come a Mantova. Quindi so cosa vuol dire vivere con uno dei grandi stabilimenti chimici vicino a casa, so appunto cosa vuol dire veder cambiare il proprio territorio, anche se allora ero bambino, ma molto profondamente, so cosa vuol dire il cambiamento anche sociale che un insediamento produttivo ex novo di quelle dimensioni comporta.
E so anche cosa vuol dire, poi, vedere, magari, morire uno dopo l'altro i colleghi dei propri genitori a causa dell'amianto o a causa del CVM, nello specifico, perché, appunto, quando parliamo di danni ambientali, le prime vittime dei danni ambientali sono sempre i lavoratori, nel caso specifico, appunto, tante e tanti; non a caso ci sono anche, per fortuna, processi che almeno su Ravenna si sono attivati. I danni, poi, rimangono per anni, io potrei citare un aneddoto di pochi anni fa in cui, rispetto a ragazzi che avevano preso possesso di uno stabilimento abbandonato all'interno di un'area ex chimica, io venni chiamato al fine di intercedere immediatamente per farli uscire molto rapidamente da lì, perché anche restarci solo Pag. 19una giornata poteva essere pericoloso per la loro salute perché, appunto, le bonifiche si stanno facendo, ma si fanno con la lentezza dovuta. Ho capito di avere pochissimi minuti, quindi dico solo questo, poi ne riparleremo in sede di interventi conclusivi di questo dibattito. Noi oggi, lo diceva già l'onorevole Bratti, dovremmo affrontare un tema che è quello delle bonifiche ma è anche quello del destino della chimica in questo Paese, perché non vorrei che la decisione finale sul fatto che le bonifiche si facciano o meno e sulla permanenza o meno della chimica in Italia sia lasciata a ENI e, quindi, alle sue strategie di cessione di Versalis. Questo sarebbe del tutto inaccettabile, perché, lo ripeto, questo Paese ha dato moltissimo, sotto tutti i punti di vista, alla chimica e io credo abbia, almeno, il diritto di decidere collettivamente e politicamente del futuro di questo settore industriale. Non può essere un'azienda privata, ad un certo punto, a decidere che un fondo americano o di altri Paesi acquisti senza dare garanzie sulle bonifiche, senza dare garanzie sull'occupazione, senza dare alcun tipo di garanzie sul futuro. Lo Stato, in ultima istanza, è tuttora il proprietario di un pezzo importante della chimica italiana di Versalis e, indirettamente, incide anche su tutta quella privata. Io credo che anche da questo dibattito debba partire forte la richiesta, a noi stessi e al Governo, come azionista di riferimento, di non limitarsi a invocare le forze di mercato, ma di permetterci, appunto, di assumere una decisione collettiva anche sul finale e non solo sugli esordi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Zolezzi. Ne ha facoltà.
ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, Presidente; il tema delle bonifiche presenta tantissimi punti oscuri che noi, oggi, con la relazione e con la risoluzione che portiamo in Aula semplicemente evidenziamo. Infatti, c’è oscurità, però questo potrà contribuire a mettere l'attenzione su questo tema davvero spinoso che riguarda più di mezzo secolo di inquinamento impune e inveterato di siti che in questo momento sono ancora inutilizzabili. C’è da dire che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha provato, in qualche modo, a creare una vera e propria anagrafe dei siti contaminati, a capire per ogni regione quali fossero i siti, di chi fosse la competenza della bonifica, di quali enti pubblici la regione intendesse avvalersi, ad avere informazioni poi sui relativi interventi anche dal punto di vista tecnico. Ad oggi solamente l'ARPA dell'Emilia Romagna ha trasmesso questo aggiornamento. C’è da dire che sono stati fatti alcuni tentativi a cui non è seguita, però, una risposta su questi dati regionali, ma neanche sui dati economici; è fondamentale fare una programmazione anche economica per capire quanti soldi chiedere agli inquinatori e quanti soldi stanziare per provvedere a una rapida bonifica; parliamo, appunto, di circa 1.500 decessi aggiuntivi all'anno valutati dallo studio Sentieri per i trentanove siti di interesse nazionale rimasti, parliamo di un'emergenza ambientale che si protrae perché parliamo di inquinanti organici persistenti, parliamo di altre sostanze tossiche che continuano ad inquinare le falde, il cibo delle popolazioni esposte, che poi sono il 6 per cento, secondo altri studi il 10 per cento, della popolazione italiana. Infatti, questa scarsità di dati si traduce anche in alcune affermazioni riportate virgolettate nella relazione: nel corso della ripartizione programmatica del Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 è stato possibile quantificare in oltre 2 miliardi di euro il fabbisogno necessario per la completa realizzazione degli interventi di bonifica nei SIN. L'abbiamo riportata virgolettata ma ha un significato molto grave che dal Ministero escano fuori queste affermazioni.
Solo per il SIN di Brescia-Caffaro, dove ci sono 3 milioni di metri cubi di materiale da bonificare, da stime sui metodi di bonifica per lasciare in situ il materiale si parla di 1 miliardo e mezzo solo le aree esterne allo stabilimento e di circa 2 miliardi per tutto quanto ! Dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e Pag. 20del mare sono quindi arrivate affermazioni piuttosto opinabili: se 2 miliardi sono per un solo sito, ma secondo il Ministro sono anche per tutti e 39, credo che ci sia una certa confusione, che anche nell'ambito della programmazione dei fondi, che tra l'altro in parte arrivano dall'Europa e possono aiutare gli enti locali ci sia assolutamente confusione.
È quella che emerge del resto dal lavoro che è stato svolto, che è stato un lavoro buono da parte della Commissione: esso si compendia in una sintetica descrizione dello stato dei siti di cui ci si è occupati, il quadrilatero delle bonifiche Ferrara-Ravenna-Porto Marghera-Mantova. Mancano «descrittive» complete sotto il profilo dei dati tecnici: quanto materiale era da modificare, quanto è stato bonificato, quanto rimane da bonificare, quanto rimane da spendere, quali sono state le procedure utilizzate; per cui al momento non possiamo esprimere, a mio parere, un giudizio né sulla normativa, né sulle diverse gestioni: sito di interesse nazionale, sito regionale, accordo di programma locale. E questo a breve dovrà però essere fatto: dobbiamo avere un quadro chiaro sulla situazione dei siti di interesse nazionale, perché ne va della sicurezza delle persone, della salute, dell'ambiente, e anche della parte economica.
Per quanto riguarda il sito di Mantova, anche qui c’è un'oscurità inaccettabile: si parlava nelle relazioni delle scorse legislature di alcuni milioni di metri cubi di materiale contaminato, poi in una relazione ASL si parla di 33 mila; ci sono dei passaggi numerici assolutamente inaccettabili ! Per quanto riguarda questa relazione, si è evidenziato che da essa – oltretutto ottenuta da un accesso agli atti, neanche concessa gentilmente da ARPA, che ARPA non ci ha mandato – risulta che il benzene in alcune aree fosse superiore di 10 mila volte i limiti di sicurezza previsti. Questo era nella campagna 2013: presenza di benzene in diverse zone umide, anche a ridosso e dentro al fiume Mincio, quindi nei corpi idrici che possono intossicare la popolazione.
La società IES fornisce una stima del materiale recuperato, ma non essendo poi disponibili – e ciò è gravissimo – i risultati dalla campagna 2015, non sappiamo quale ne sia l'evoluzione: la falda può alzarsi e abbassarsi, ma con la terza campagna importante di monitoraggio ci si aspettava di fare il punto della situazione. C’è un'azienda, come il colorificio Freddi, che non sta partecipando ai monitoraggi, nonostante sia stata indicata come responsabile della contaminazione da solventi clorurati, e non ha trasmesso alcun dato sulla campagna 2015. Questi sono tutti dati che noi portiamo qui come una fotografia di criticità, che devono assolutamente essere risolte: non è possibile che ARPA non fornisca, dopo una campagna svolta a partire dal giugno 2015, una revisione di questi dati, e che non sia quindi tracciato uno stato dell'arte aggiornato dello stato del sito.
Tra l'altro c’è da dire che la l'ARPA aveva segnalato queste criticità, la mancata trasmissione dei dati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma lo stesso Ministero non si è fatto carico di informare né la Commissione, né tantomeno di predisporre azioni verso gli eventuali responsabili. Addirittura la Versalis ha portato alcuni dati non edittabili, non ci sono dati chimici di contaminazione ! Questa realtà, che è sicuramente preziosissima (proprio a Mantova c’è lo stabilimento di ricerca più importante d'Italia, e ci sono questi brevetti innovativi per la sostenibilità), dev'essere tutelata; mentre la governance, che appartiene alla stessa ENI, sembra in qualche modo voler delocalizzare: si tratta di un argomento che va assolutamente preso in grande considerazione !
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ALBERTO ZOLEZZI. Per cui è assolutamente importante che si passi da una messa in sicurezza alla completa bonifica del sito di Mantova, come degli altri: in realtà anche per gli altri siti manca al momento una puntualizzazione, sia per Ferrara che per Ravenna. Manca un giudizio Pag. 21sulla metodologia utilizzata in alcune zone, come Ferrara e Ravenna: ci sono esperimenti di bioremediation che sembra stiano andando bene.
A Mantova questo non è stato fatto !
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
ALBERTO ZOLEZZI. A Mantova manca un piano di emergenza per tutto il sito, e manca soprattutto l'istituzione di un'area di crisi complessa, come è stato fatto a Porto Marghera: che a parte gli illeciti che si sono verificati, ha portato comunque 250 milioni di euro per la reindustrializzazione; adesso è stata chiesta in regione Lombardia l'istituzione di tale area di crisi.
Per cui abbiamo visto prima il Ministro Delrio bendato sui soldi dell'Alcoa, 19 milioni che non sono arrivati per la bonifica solamente per problemi burocratici.
PRESIDENTE. Collega !
ALBERTO ZOLEZZI. Ed è stato anche bendato sugli appalti a Reggio Emilia per la casa del sindaco, comprata da un arrestato per ’ndrangheta. Vogliamo che l'altro Ministro Galletti non si metta anche lui la benda sugli occhi ! Di certo le 386 istanze di trivellazione in Italia ci fan pensare...
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Polverini. Ne ha facoltà.
RENATA POLVERINI. Presidente, parliamo, come è stato già detto, del quadrilatero della chimica italiana, dove è iniziata ed è stata grande la storia dell'industria italiana: industria che ha portato non soltanto occupazione, ma anche investimenti importanti in termini di ricerca nel passato, e che noi guardiamo ancora con attenzione.
Per quanto riguarda il sito di Venezia Porto Marghera, ne abbiamo già ampiamente discusso nella mozione precedente, e vediamo anche in questa relazione come la mancata bonifica, questo 5-6 per cento circa di mancata bonifica influisca negativamente sulla possibilità e sulle prospettive di reindustrializzazione di quell'area.
Per quanto riguarda il SIN «Laghi di Mantova e Polo chimico», appare – come anche questo è stato già detto – che la pluralità di soggetti pubblici e privati ed il contenzioso che tra gli stessi soggetti si genera, rischia di ritardare in maniera importante il processo di bonifica.
Per quanto riguarda Ferrara e Ravenna, invece, vediamo che la collaborazione arrivata con degli accordi di programma tra le imprese interessate e le istituzioni locali rendono molto più agevole il lavoro delle bonifiche, e quindi anche i tempi risultano diversi. Emerge però continuamente questa frammentazione di responsabilità, questa difficoltà di dialogo tra il pubblico ed il privato: un pubblico che a volte impone prescrizioni che vengono impugnate dai privati, e che se vengono osservate dall'una parte appaiono provvedimenti impugnati, ma dall'altra anche prescrizioni non corrispondenti alla realtà nella loro attuazione. Quindi molto spesso si genera un contenzioso, e soprattutto non si individua quella catena di responsabilità che invece andrebbe individuata.
Devo dire che l'evoluzione normativa, che pure c’è stata in questa legislatura, può agevolare comunque il lavoro, ma soprattutto può andare ad individuare le responsabilità. Abbiamo visto l'introduzione nel codice penale del reato ambientale: l'omessa bonifica diventa un reato, ma soprattutto (è stato già detto) c’è anche una proposta di legge per il riordino delle agenzie ambientali, che pure hanno un ruolo importante, e che se utilizzate con una normativa uguale per tutte, probabilmente riuscirebbero a dare un contributo importante. Ma abbiamo visto anche che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare deve cambiare approccio rispetto alla questione delle bonifiche: non mettersi al centro di tale grave problema con un ruolo squisitamente tecnico o comunque procedurale, ma arrivare ad una logica di risultato. Queste sono alcune indicazioni che arrivano dalla relazione della Commissione !Pag. 22
Però, come ha detto il presidente (approfitto per seguirlo con grande forza, ribadendo ciò che già ha espresso), nella relazione c’è anche la volontà della Commissione di chiedere a questo Paese quale futuro intende dare alla chimica italiana. Abbiamo visto interi settori industriali, a cominciare dall'acciaio, purtroppo dismessi, se possiamo usare questo termine, o comunque ceduti allo straniero, che si è portato con sé non soltanto il prodotto, ma anche la ricerca e la scienza che l'Italia aveva messo in essere: ricordo che durante la vertenza ThyssenKrupp si parlava appunto dei brevetti che andavano in Germania, dove pure andava la ragione sociale di quell'azienda.
Ecco, evitiamo di fare la stessa cosa nel settore pubblico, ed è per questo che mostriamo grande preoccupazione anche rispetto alla presenza dello Stato, che attraverso l'ENI deve rimanere una presenza importante, una presenza che possa realmente non soltanto aiutare i processi di bonifica ma, laddove è possibile, dove ci sono imprese che vogliono continuare a creare industria, fare in modo che queste possano appunto rimanere nel nostro Paese. Questa è una discussione che sicuramente non attiene esclusivamente alla Commissione che oggi presenta questa relazione, però è un dibattito che auspico possa prendere forza in quest'Aula e in tutto il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e di deputati del Partito Democratico).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Annunzio di una risoluzione – Doc. XXIII, n. 11)
PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Bratti, Zolezzi, Polverini, Zaratti e Borghesi n. 6-00200 (Vedi l'allegato A – Doc. XXIII, n. 11), che è in distribuzione.
Prendo atto che, il rappresentante del Governo, anche al fine di esprimere il parere sulla risoluzione presentata, si riserva di intervenire in altra seduta.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della mozione Franco Bordo ed altri n. 1-01091 concernente iniziative in materia di mobilità urbana, extraurbana e ferroviaria (ore 16,32).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Franco Bordo ed altri n. 1-01091, concernente iniziative in materia di mobilità urbana, extraurbana e ferroviaria (Vedi l'allegato A – Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Carinelli ed altri n. 1-01152, Tullo ed altri n. 1-01153, Caparini ed altri n. 1-01158 e Garofalo ed altri n. 1-01159 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare il deputato Giovanni Paglia, che illustrerà anche la mozione Franco Bordo ed altri n. 1-01091, di cui è cofirmatario, ma non mi pare che sia in Aula.
È iscritto a parlare il deputato Diego De Lorenzis, che illustrerà anche la mozione Carinelli ed altri n. 1-01152, di cui è cofirmatario.
DIEGO DE LORENZIS. Presidente, le chiedo ancora un minuto di pazienza Pag. 23perché l'assenza del collega non mi ha permesso di essere con il testo davanti...
PRESIDENTE. Ci siamo ?
DIEGO DE LORENZIS. Grazie, Presidente. Cittadini italiani, colleghi deputati, ci troviamo a discutere del trasporto pubblico locale perché dobbiamo evidenziare al Governo che, in questo tempo che è trascorso dall'inizio della legislatura, non c’è stata abbastanza attenzione. Dobbiamo evidenziare ai nostri colleghi in quest'Aula che questo tema non è più rimandabile. Non dobbiamo affrontare questo tema soltanto per l'innovazione tecnologica che è intervenuta in questo settore negli ultimi anni e non dobbiamo neanche parlarne esclusivamente a causa dell'accordo tenuto a Parigi sul contenimento di riscaldamento globale e della necessaria limitazione dei gas serra: questo tema è prioritario non solo per le tensioni che ormai periodicamente vedono in agitazione il personale delle aziende di trasporto pubblico, i tassisti, i cittadini utenti e gli altri soggetti interessati al servizio di trasporto pubblico, ci dobbiamo occupare di questo tema perché è un tema, come ho detto, non più rinviabile, che ha a che fare con un diritto sacrosanto dei cittadini italiani, cioè il diritto alla mobilità. Presidente, ci troviamo ancora costretti a discutere di questo tema perché i Governi, negli ultimi vent'anni, hanno sprecato il loro tempo, ma non hanno sprecato solo quello, hanno sprecato anche i soldi dei cittadini nella realizzazione di opere faraoniche inutili per la collettività. Oggi l'Unione europea, studi alla mano, dimostra che il 70 per cento della mobilità dei cittadini europei è in ambito urbano. Nel 2012 il nostro Paese aveva 61 auto ogni 100 abitanti; il 13 per cento del reddito complessivo va per l'auto; la spesa annua ammonta fino a 4.500 euro per ogni famiglia.
Il problema, quindi, non è soltanto ambientale e sanitario, il problema è che viviamo in dei contesti, quelli urbani, che sono limitati, sono una risorsa preziosa, quindi è impensabile continuare con delle politiche che sprechino questa risorsa limitata e che, al contempo, ostacolino il diritto alla mobilità dei cittadini italiani. Presidente, il problema della mobilità in ambito soprattutto urbano ha poi anche degli altri riflessi, delle altre conseguenze: in Italia, ogni anno, per l'inquinamento, 84.400 sono i morti prematuri; si verificano oltre 177 mila incidenti, che causano la morte di 3.380 persone ogni anno. Sono numeri di una guerra e, giusto per fare un paragone, dico che in Afghanistan, dal 2001 al 2013, soltanto tra i militari della coalizione NATO si sono verificati poco più di 3 mila morti, e quella guerra ci costa 1 milione ogni giorno. Presidente, di fronte a questi numeri, di fronte al fatto che l'incidentalità dovuta appunto alla mobilità urbana è prima causa di morte nel nostro Paese di ragazzi tra i quindici e i trent'anni, di fronte a questi numeri, non possiamo più rinviare questo tema. Presidente, oggi tutti i gruppi politici scrivono impegni al Governo che sono ampiamente condivisibili e la maggior parte degli impegni probabilmente verrà approvata da quest'Aula, tuttavia, Presidente, la differenza fondamentale è che tutti questi partiti hanno già governato e quello che è mancata in quest'Aula in questi anni è la coerenza, la visione di un mondo diverso. Tutti i partiti, signor Presidente, sono incoerenti, perché hanno votato per inserire il pareggio di bilancio in Costituzione modificandone quattro articoli nel silenzio assoluto verso gli elettori. Qualcuno dirà: cosa c'entra il pareggio di bilancio con il trasporto pubblico locale ? Beh, oggi quel provvedimento impedisce anche ad enti pubblici – penso ai comuni – che hanno risorse in cassa di spendere per fare manutenzione ed investimenti anche nel settore dei trasporti. Questo Governo, Presidente, fa il Masterplan per il sud che è un foglio pieno di nulla; questo Governo, al pari di tutti gli altri, è il Governo dei tweet, delle slide, degli annunci, e questo Partito Democratico, insieme agli altri partiti, ha votato in Europa a favore del raddoppio dei limiti delle emissioni inquinanti delle auto. Per questo, Presidente, dico che manca coerenza e visione. E poi, Presidente, me lo lasci dire, questo è anche Pag. 24il Governo dove regna l'incompetenza. Ricordo ai cittadini a casa che è stato merito esclusivo del MoVimento 5 Stelle se il Ministro Lupi ha dato le dimissioni. Il Ministro Lupi era incompetente perché prendeva ripetizioni telefoniche dal super dirigente del Ministero delle infrastrutture Ercole Incalza. Si dimostra anche l'incompetenza di questo Governo dal fatto che la Corte costituzionale recentemente ha bocciato il Piano dei porti e degli aeroporti nonché quello del commissariamento dell'alta velocità Napoli-Bari. Presidente, gli impegni scritti su queste carte dicono che bisogna impegnare il Governo appunto a promuovere l'introduzione delle tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni per un sistema di trasporto efficiente: beh, come si farà a votare contrariamente a un impegno simile ? Come si fa a non impegnare il Governo a garantire risorse stabili, certe e sufficienti per l'implementazione dei servizi di trasporto pubblico locale ? Sappiamo già che il Governo e la maggioranza, con l'approvazione di questi impegni, esulteranno; la verità, Presidente, è che questi impegni, per il Partito Democratico, sono solo carta straccia. Lo dimostro, Presidente. In due anni questa maggioranza non ha fatto alcun passo per dare ai cittadini delle alternative nel settore della mobilità, anzi è vero il contrario: ha continuato a strozzare gli enti locali, in particolare i comuni, che non hanno risorse sufficienti; ha abbandono i cittadini a loro stessi quando ha fatto finta di eliminare le province cancellando solo il voto dei cittadini senza stabilire a chi sarebbero andate le competenze e quali risorse sarebbero state affidate per garantire il trasporto pubblico entro il perimetro di questi enti; ha bocciato i nostri emendamenti per aumentare la quantità di merci trasferite su rotaia e via mare. Qualcuno dirà: cosa c'entra il numero di merci trasferite via mare e via rotaia con il trasporto pubblico locale ?
Beh, avere una congestione anche in ambito urbano della logistica o avere una congestione in autostrada dovuta, appunto, a questi convogli, a questi automezzi che trasportano le merci, intacca, in qualche modo, il sistema delle infrastrutture, le risorse che vengono spese per costruire nuove autostrade, per esempio, nonché tutti i dati che ho già ricordato relativamente all'incidentalità delle strade.
Ebbene, Presidente, questo Governo e questa maggioranza hanno bocciato anche tutte le nostre proposte di rifinanziamento della legge n. 366 del 1998 sulla mobilità sostenibile. Nel luglio 2013, una nostra proposta, votata dal Parlamento, per dare 17 milioni alla mobilità ciclabile, oggi ancora rimane del tutto inattuata per inerzia anche di questo Ministro. Questa maggioranza tiene congelata in IX Commissione, alla Camera, la proposta di riforma del trasporto pubblico locale, ed è un atteggiamento inaccettabile non solo per noi come gruppo politico, ma vergognoso anche per garantire il diritto dei cittadini.
Con lo stesso atteggiamento, questa maggioranza tiene congelata in IX Commissione, sempre alla Camera, anche la nostra proposta di condivisione delle auto private, il cosiddetto car pooling, ed è sempre il Partito Democratico che al Senato ha praticamente bloccato la proposta di riforma del codice della strada, impiegando più di un anno da quando è cominciata la discussione in quell'Aula. Il 17 dicembre tutti i partiti hanno votato favorevolmente a un nostro atto per garantire il trasporto pubblico locale gratuito almeno per i disoccupati e le fasce più deboli. A luglio 2014, Presidente, la nostra proposta di garantire la trasparenza sulle multe nella modifica del codice della strada, indovini un po’, Presidente, è stata nuovamente bocciata dal Partito Democratico.
Ovviamente, anche questo ha relazione con il trasporto pubblico locale, perché, quando si dice che i comuni non spendono abbastanza in sicurezza stradale, quando si dice che i comuni e gli enti locali non hanno risorse sufficienti per dare un'alternativa alla mobilità urbana con le auto private, bene, questi sono tutti provvedimenti che noi abbiamo messo davanti a questa maggioranza e che sono stati respinti.Pag. 25
Quindi, in definitiva, Presidente, la politica di questo Ministro, del Ministro Delrio, in sostanza è uguale a quella del Ministro Lupi, perché al suo insediamento il Ministro Delrio ha parlato di priorità. La legge obiettivo ha inserito oltre 400 opere, anzi, i partiti hanno inserito nella legge obiettivo, che doveva essere già una lista di priorità, oltre 400 opere; opere, ovviamente, che non verranno mai realizzate, ma sono utili per fare propaganda in campagna elettorale. Ebbene, non è cambiato nulla, perché, di fatto, le opere prioritarie che vanno avanti sono sempre le stesse e, come dicevo all'inizio, sono grandi opere inutili: l'autostrada Orte-Mestre, l'autostrada Brescia-Bergamo-Milano, l'autostrada Tirreno-Brennero.
Questo Governo non riesce neanche a mettere una pietra definitiva sul Ponte sullo Stretto di Messina. Queste opere sono dannose per le casse dello Stato perché, come dimostrano i dati, il 40 per cento della corruzione, anzi, del prezzo di queste opere va in corruzione e malaffare, come è successo, d'altronde, per il sistema MOSE a Venezia, per l'Expo a Milano, per l'Alta Velocità Torino-Lione in Val Susa. Ecco, quindi, da una parte si dice che mancano le risorse, dall'altra parte queste opere sono pagate con i sacrifici degli italiani, strangolati dalle tasse; dagli italiani, quindi, che combattono giorno per giorno per mantenere le loro famiglie, perché, appunto, devono mantenersi anche le auto private perché non hanno un'alternativa per la loro mobilità, per il loro diritto alla mobilità.
Solo nell'ultima legge di stabilità il nuovo Ministro dei trasporti Delrio, per illudere e gettare un po’ di fumo negli occhi, ha stanziato 91 milioni nella mobilità sostenibile, in tre anni. Vuol dire, Presidente, 30 milioni ogni anno, e bisogna tenere conto che di queste risorse, in realtà, una gran parte andrà per interventi per la mobilità ciclabile a fini turistici, perché, evidentemente, grande è l'intenzione di promuovere altre forme di mobilità, ma, quando si tratta di stanziare risorse, si vedono, probabilmente, le alternative, come quella della mobilità ciclabile, ancora come un'alternativa per fare una gita la domenica.
Allora, Presidente, qualcuno dirà che questo Governo ha stanziato delle risorse per l'acquisto dei mezzi ferroviari e automobilistici per il trasporto pubblico locale. È vero, Presidente; nel decreto milleproroghe, però, in approvazione al Senato, questo stesso Governo e questa stessa maggioranza posticipano l'uso di queste risorse di un altro anno.
Quindi, un ulteriore rinvio per avere dei mezzi di trasporto pubblico degni di un Paese civile, moderni, che siano al passo con i tempi, che diano la possibilità ai cittadini di essere garantiti nel loro diritto alla mobilità. Eppure, Presidente, guardando le mozioni che discuteremo in quest'Aula, le soluzioni non mancano. Le soluzioni, tra l'altro, sono facilmente mutuabili da altri Paesi e hanno già dimostrato essere praticabili, essere vincenti. E quali sono queste proposte ? Beh, intanto noi abbiamo bisogno di usare meno l'auto privata: si potrebbe fissare un bell'obiettivo di dimezzare nel medio periodo le auto private, ma questo non è fattibile se, accanto a questo intervento, non si garantisce un'alternativa all'auto privata.
E questo, ovviamente, può essere solo garantito potenziando il trasporto pubblico locale, e ribadisco che il trasporto locale deve rimanere pubblico, come la volontà popolare ha espresso con il referendum del 2011. Quindi, come già evidenziato anche nell'indagine conoscitiva che la IX Commissione alla Camera, la Commissione trasporti, ha fatto, noi abbiamo dei mezzi pubblici, sia quelli ferroviari, quindi tram e metro, ma anche quelli automobilistici, gli autobus, che sono mediamente vecchi più del doppio della media europea.
Il che vuol dire che i nostri autobus hanno mediamente un'età di 12 anni e quelli degli altri Paesi europei hanno un'età media di sei anni. Ecco, Presidente, allora bisognerebbe, appunto, dare la possibilità di acquistare questi autobus, e Pag. 26questo vuol dire stanziare risorse. Ancora, Presidente, bisognerebbe dare la possibilità di avere più bici e più pedoni. E come si fa questo ? Anche tramite un cambiamento culturale. Ebbene, Presidente, il cambiamento culturale non si ottiene soltanto dando degli incentivi o organizzando dei corsi negli istituti di formazione primaria nelle scuole. Il miglior modo per avviare una rivoluzione culturale, Presidente, è anche l'esempio. Io vorrei vedere più colleghi, qui, alla Camera e al Senato, andare sul posto di lavoro con il mezzo pubblico, come succede negli altri Paesi. Vorrei vedere i sindaci andare al lavoro, insieme agli assessori, con la bicicletta nelle loro città.
Quindi, Presidente, le soluzioni ci sono: bisognerebbe organizzare un possibile trasporto alternativo, anche mediante la bicicletta, collegando quelli che sono i grandi centri urbani con dei percorsi ciclabili sicuri, e oggi quasi nessun comune fa degli accordi con i comuni che, magari, hanno un colore politico diverso per promuovere questo tipo di infrastrutture. E, comunque, rimane sempre il problema delle risorse, come già ho evidenziato. Bisognerebbe provare a cambiare la visione, tenuto conto che le velocità in ambito urbano sono al di sotto dei 30 chilometri orari in gran parte dei nostri tragitti.
Beh, allora potremmo provare a pensare a delle città che siano non soltanto, come dire, ampiamente usate da pedoni e ciclisti, ma in cui gli spazi condivisi siano sempre più frequenti, e che il limite di velocità sia fissato a 30 chilometri orari in gran parte della città. Alcune città, Presidente, in molte nazioni, stanno cominciando a ragionare su un concetto totalmente nuovo. La natura ci ha dotato di gambe per muoverci, e quindi è possibile pensare che i nostri spostamenti in ambito urbano si facciano per la maggior parte del tempo soltanto ed esclusivamente con mezzi sostenibili, quindi lasciando fuori totalmente le auto. Ancora, Presidente, bisogna ovviamente incentivare il car pooling: noi abbiamo fatto una proposta di legge che, come ho detto, è stata ancora congelata qui in Parlamento. Ci sono nuove piattaforme di car sharing e di bike sharing che dovrebbero essere promosse ad ogni livello, secondo il livello di competenza degli enti che trattano questo tipo di soluzioni. Ancora, Presidente, si parla spesso di intermodalità. Bene, non ci può essere intermodalità se sui nostri mezzi pubblici, contrariamente a quanto succede negli altri Paesi europei, le biciclette non sono ammesse. Non sono ammesse qui a Roma sulla metro, non sono ammesse sui tram, non sono ammesse sugli autobus.
Si parla spesso anche di integrazione tariffaria, accanto all'integrazione modale, però anche questo, avere dei biglietti unici per i mezzi di trasporto, vuol dire stanziare risorse. Stanziare risorse, perché è importante cambiare i sistemi tecnologici che stanno alla base di questa integrazione tariffaria e oggi, purtroppo, i comuni da soli non hanno le risorse sufficienti.
Presidente, quindi, le proposte ci sono. Noi pensi, Presidente, abbiamo proposto in molte regioni, in molti comuni, il trasporto pubblico gratuito per tutti i cittadini, per tutti i cittadini residenti in quei contesti e non sono cose fantascientifiche, sono proposte che noi abbiamo mutuato dalle migliori pratiche che si fanno in altri Paesi europei. Quindi, il nostro impegno, sia come forza di maggioranza, quando saremo al Governo di questa nazione, sia ora come forza di opposizione, è quello ovviamente di continuare a promuovere questa nuova visione e lo facciamo, appunto, al di là del nostro ruolo all'interno delle istituzioni.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Paglia, che illustrerà la mozione Franco Bordo ed altri n. 1-01091, di cui è cofirmatario.
GIOVANNI PAGLIA. Grazie Presidente. Se non ricordo male, agli albori dell'età contemporanea o sul finire dell'età moderna, quando si rifletteva in Inghilterra, credo fossero gli empiristi, sul concetto di libertà, la si cominciava ad associare quasi esclusivamente alla libertà di movimento. Ed era una questione significativa, anche Pag. 27perché nasceva lì la cultura che poi, attraverso la rivoluzione inglese e con la rivoluzione francese, avrebbe condotto a quella cosa appunto che noi chiamiamo contemporaneità o civiltà occidentale, se lo si vuole, o comunque a una parte molto rilevante di quello che è il nostro sistema di pensiero. La libertà si associa inscindibilmente al fatto che una persona sia libera di muoversi e non sia impedita. Quindi, non a caso, la nostra mozione parte da qui, e anche la nostra Costituzione prevede, all'articolo 16, il fatto che ogni cittadino italiano abbia questa libertà di movimento. Tuttavia, proprio perché noi non siamo figli esclusivamente dell'idealismo, ma siamo figli, dicevo prima, dell'empirismo, essere liberi di muoversi non si misura solo ed esclusivamente nel fatto che vi sia una potenzialità, si misura anche nel fatto che lo Stato, il pubblico, metta ogni cittadino italiano nella condizione di esercitare effettivamente questa libertà di movimento. Libertà che oggi, a nostro modo di vedere, è ampiamente compromessa. Ed è compromessa da due movimenti contraddittori che vanno esattamente a confliggere nel punto di questa assenza di garanzia. Il primo è quello che ci viene dato ogni mattina, quello negativo se vogliamo, quello che deriva dal fatto che le nostre città, soprattutto le grandi metropoli, le aree metropolitane italiane, sono congestionate dal traffico, rendono impossibile muoversi col mezzo privato, rendono impossibile muoversi col mezzo pubblico, costringono a essere prigionieri sia dello smog (come abbiamo avuto modo di vedere purtroppo abbondantemente anche in queste ultime settimane, con sforamenti continui dei livelli di PM10 e quindi con gravi danni per la salute di tutte le persone che vivono in aree urbane in questo Paese), sia dei tempi. Sottrarre tempi ad una persona vuol dire sottrarre, in qualche modo, la possibilità di vita. I tempi di percorrenza nelle grandi aree metropolitane italiane sono ormai invivibili, lo sa benissimo chiunque viva in una città come Roma, in cui necessita di grandi tempi per percorrere brevi distanze e lo fa peraltro in condizioni soprattutto, quando decide di utilizzare i mezzi pubblici, assolutamente inadeguate. Esiste però un altro impedimento che è quello di cui, in qualche modo, più specificatamente, proviamo a parlare con questa mozione rispetto alla possibilità di muoversi: una grave carenza in Italia di mezzi pubblici, sia quando parliamo di distanze tra le città, quindi di treni in prima battuta e di possibilità anche di muoversi attraverso l'aereo e in seconda battuta all'interno delle città, in cui gli autobus sono vecchi, sono poco manutentati, sono pochi, rispetto a quelle che sono le esigenze di linea, e questo poi li porta ad essere sovraffollati.
Quindi partiamo di qui, partiamo con la nostra mozione nel chiedere al Parlamento di esprimersi su questo, a partire dalla prima esigenza che è quella dei pendolari, perché la prima esigenza è quella di chi in questo Paese, ogni giorno, è costretto a muoversi per decine e decine di chilometri con un mezzo pubblico, per un'unica ragione che è quella di recarsi dal luogo di vita al luogo di lavoro. Anche qui è un'esigenza che non è spesso dovuta o motivata dalla volontà, ma è motivata anche dal come sono fatte le nostre città, da quelli che sono i costi di residenza, dal fatto che per molti è impossibile vivere in prossimità del luogo in cui lavorano, ed è impossibile perché sono le famiglie a essere spaccate e magari una componente della famiglia lavora in un luogo, una in un altro. Ma è impossibile anche perché i costi degli alloggi in molte città italiane, soprattutto le aree metropolitane, sono impossibili da sostenere per chi lavora in quei posti. Quindi, di necessità si è costretti ad andare a vivere a 20, 30, 40, 50, 100 chilometri di distanza, e anche più e di affidarsi a mezzi pubblici che non ci sono. Non c’è il treno. Noi facciamo un'ampia casistica di quelle che sono almeno le linee più lente, danneggiate o più impercorribili d'Italia e guardate sono da nord a sud, ma c’è da dire sono soprattutto al sud. Il sud ha un problema di infrastrutturazione ferroviaria carente e calante, anche perché lo Stato in questi anni ha fatto una cosa, ha lasciato sempre Pag. 28più sole le regioni, rispetto a quello che è il trasporto pendolare, cioè quello che è il trasporto di breve distanza fra una città e l'altra, e lasciare da sole le ragioni, in un Paese come l'Italia, ha sempre un solo significato, che le regioni del nord alzano le tariffe e le regioni del Sud tagliano le linee sostanzialmente. Il risultato è, come riportiamo, che in Piemonte abbiamo il record dell'aumento dei costi, più 47 per cento, più 41 per cento in Liguria, e abbiamo invece un taglio del 19 per cento in Basilicata, del 26 per cento in Calabria, del 15 per cento in Campania, di quelle che erano le linee e le tratte ferroviarie esistenti, anche solo qualche anno fa; parliamo del 2010, i dati che ho dato sono riferiti all'intervallo 2010-2015. Questo è quello che sta succedendo nel nostro Paese, invece che investire sulle rotte ferroviarie, quindi su quella che in tanti chiamano cura del ferro, sia per le persone, sia per le merci, noi facciamo il contrario disincentiviamo in tutti i modi i cittadini dal prendere quelle linee, ci accaniamo su quelli che sono costretti a prenderle, appunto con aumenti tariffari pesanti, e tutti gli altri invece addirittura li mettiamo nelle condizioni di privarsi di quello che dovrebbe essere un servizio pubblico essenziale.
Questo accade per quello che riguarda le ferrovie, ma lo stesso accade, lo sa benissimo chiunque vive in Italia, sul trasporto pubblico locale. In molti centri di piccole dimensioni ormai sembra diventato un lusso, quasi che il fatto che vivere in una città di provincia, una città appunto percorribile con la propria auto privata, renda come dire un surplus, una cosa non più necessaria, una cosa che si può tagliare, il mezzo pubblico, quando invece non è così, sia per una questione ambientale, ma anche per una questione culturale, per una questione di uguaglianza dei diritti. Noi sappiamo benissimo, anche in una città di piccola e media dimensione, chi colpiamo quando decidiamo di tagliare una linea degli autobus: colpiamo gli anziani, colpiamo i migranti, colpiamo i più giovani, soprattutto se a basso reddito. Queste sono le categorie che vengono colpite dai tagli di linee, cioè quelle che anche volendo un mezzo privato non se lo possono permettere e avrebbero assolutamente bisogno del mezzo pubblico. Se il mezzo pubblico è insostenibile dal punto di vista finanziario, come qualcuno ritiene, quando ha un basso livello di utenza, uno Stato serio, nelle condizioni del 2016, sapendo quello che sappiamo, dovrebbe incentivare le altre persone a riempire quelle linee, non semplicemente tagliarle. Questo non viene fatto e non viene fatto a sufficienza, perché c’è una grande ipocrisia, come se si pensasse che il trasporto pubblico locale, piuttosto che il trasporto ferroviario pendolare, debba essere un altro di quei servizi che si sostiene integralmente sulla tariffa. Non è così, non è mai stato così, non sarà mai così ! Non a caso parliamo di servizio pubblico, parlare di servizio pubblico significa parlare di un servizio che può essere e deve essere integrato con risorse sia dello Stato, sia delle regioni, sia dei comuni, perché il suo scopo non è quello di mantenersi in efficienza dal punto di vista economico e finanziario, il suo scopo è quello di dare un servizio fondamentale ai cittadini, indirizzandone ed accompagnandone le abitudini in senso positivo, dato che quei cittadini con le loro tasse, con le tasse ordinarie, quelle paghiamo, dovrebbero avere diritto a quel servizio. Dovrebbero avere diritto a quel servizio e non invece, è già stato detto e lo ribadiamo anche noi anche in questa mozione come in tante altre, quello a cui non dovrebbero avere diritto è che ingenti risorse dello Stato italiano e delle regioni o dei comuni, continuino a essere investite in grandi opere francamente inutili sia dal punto di vista della loro operatività storica e tanto più della loro operatività attuale. Viene sempre citata la TAV, ma io potrei citare la TiBre, potrei citare la Cispadana, tanto per dire cose di cui ultimamente sono state date autorizzazioni, opere i cui calcoli di fattibilità e di realizzabilità sono datati, si basano su traffici non più esistenti. E d'altronde, a mettere diciamo il cappello e far capire a tutti di cosa sto parlando, perché parliamo di una cosa Pag. 29esistente, perché non parlare della BreBeMi, cioè di un'opera realizzata per stare in equilibrio dal punto vista economico e finanziario, almeno così diceva il proget financing, e che si è conclusa e realizzata in un bagno di sangue continuo per le finanze dello Stato e senza peraltro essere utilizzata da qualcuno.
Per cui meno autostrade e più ferrovie, meno incentivi al trasporto privato, di fatto, se non quando sono incentivi diretti, e molti più incentivi al trasporto pubblico. Anche, per esempio, ripristinando quella che era una norma di civiltà, una norma simbolica probabilmente con un impatto relativo nelle tasche di ogni singolo cittadino; ma quella norma, voluta dal Governo Prodi che aveva permesso la detraibilità fiscale degli abbonamenti sui mezzi pubblici, anche lì non si tratta semplicemente di una questione monetaria, su ciascuna famiglia può pesare relativamente, però si tratta di un segnale, appunto, di civiltà. A quelle famiglie che sono costrette a usare i mezzi pubblici per mandare a scuola i figli, per esempio, o a quelle famiglie che in una città come Roma decidano, anziché magari possedere due auto, di possederne solo una o nessuna e utilizzare i mezzi pubblici. Non sto parlando di cose stravaganti, sto parlando di cose che in altri Paesi, persino negli Stati Uniti d'America, se si pensa a città come San Francisco, cominciano a essere diffuse: è diffusa l'abitudine delle famiglie di non comprare più un'auto, di affidarsi al car pooling, al car sharing, di noleggiarla quando è il caso, e nel frattempo di affidarsi ad una cosa molto semplice e molto antica, cioè ai trasporti pubblici.
Peraltro, devo dire e chiudo su questo, noi in Italia abbiamo una tradizione diciamo di affidamento rispetto al fatto che l'industria trainante di questo Paese, l'industria italiana trainante, produceva auto; non è più così. D'altra parte forse una riflessione invece su quello che abbiamo permesso accadesse alla produzione di mezzi pubblici, siano essi treni o siano essi autobus, dovremmo farla, perché abbiamo da un lato privatizzato, dall'altro smantellato o permesso che si smantellassero interi settori, che invece oggi, anche grazie agli investimenti che lo Stato deve fare sia sul materiale rotabile sia sugli autobus, avrebbe diciamo anche un'ulteriore impulso se si potessero costruire qui i treni e gli autobus. Una politica industriale dissennata farà sì, invece, che anche quando riusciremo a convincervi a rilanciare gli investimenti per rinnovare il parco macchine e il parco treni, cosa assolutamente, appunto, indispensabile, non sarà l'Italia a goderne né in termini probabilmente di maggiori posti di lavoro, né di rilancio dell'economia interna, ma saranno altri Paesi, perché nel frattempo, in mezzo a quella follia chiamata privatizzazioni, noi ci siamo progressivamente privati, appunto, di tutto. Non è così che si fa, noi proviamo sotto tutti i punti di vista a rilanciare un'opzione alternativa, lo facciamo con questa mozione, lo facciamo con il dibattito che sempre proviamo a portare in quest'Aula e nel Paese, anche oggi con un piccolo contributo e lo ripeteremo anche in conclusione di questo dibattito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Gandolfi, che illustra anche la mozione Tullo ed altri n. 1-01153 di cui è cofirmatario.
PAOLO GANDOLFI. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio innanzitutto il collega Bordo che, avendo preparato la prima mozione, ha portato il dibattito all'interno di quest'Aula su queste mozioni e lo ringrazio soprattutto perché il tema che trattiamo oggi, cioè quello della mobilità urbana e più in generale della mobilità e del trasporto pubblico, anche in questo caso – anche il trasporto ferroviario regionale – è un tema che purtroppo nel nostro Paese, e questa è un'affermazione che faccio in termini storici guardandomi alle spalle per molti decenni, a differenza di altri Paesi europei non ha mai avuto la dignità di essere una politica di rango nazionale, non è mai stata una politica di interesse dello Stato, cioè lo Stato italiano in generale non si è occupato o si è occupato poco, ovvero ha Pag. 30delegato al Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale il compito di occuparsi della mobilità nelle nostre città.
Il risultato di questa scelta è stato progressivamente negli anni una caduta della qualità della mobilità e dell'efficienza della mobilità urbana con ripercussioni gravi sia in termini di congestione delle aree urbane, ci sono stime diverse e comunque alcune delle quali individuano in 11 miliardi di euro l'anno la perdita sul PIL dovuta al cattivo funzionamento della mobilità urbana, senza contare poi gli altri difetti prevalenti che sono quelli dell'inquinamento, che nell'autunno precedente fino alla fine di dicembre ha dimostrato di essere particolarmente grave in Pianura Padana e nelle principali aree urbane del Paese.
Ma soprattutto è anche il tema della sicurezza, soprattutto la sicurezza stradale per quanto riguarda gli abitanti delle città, i bambini, gli anziani che sono ahimè vittime in aumento degli incidenti stradali nel nostro Paese, anche a fronte di un decremento che c’è stato fino al 2014, soprattutto della vivibilità stessa; insomma far sì che tutti i cittadini, l'Italia è un Paese dove la popolazione vive prevalentemente nelle aree urbane, che chi vive nelle aree urbane sia costretto sostanzialmente a confinarsi, per la propria sicurezza, all'interno dei cortili delle case perché le strade e anche i quartieri non sono sicuri, ribadisco, non è un tema da delegare ai singoli sindaci, non è un tema che può essere interesse esclusivo dei nostri cittadini.
Il diritto alla mobilità è un diritto fondamentale perché attribuisce alla persona delle facoltà che, trovandosi isolato e impossibilitato a muoversi, non può svolgere. Noi sappiamo benissimo quali siano, diciamo, i vantaggi per esempio nella ricerca di lavoro che può avere una persona che vive in un'area ad alta accessibilità, come può essere la città di Roma o qualsiasi altra grande città italiana, e quanti pochi posti di lavoro quella stessa persona con le stesse competenze può avere se invece vive in un'area interna o peggio ancora in un'area montana, dove le possibilità di muoversi sono molto più limitate. Quindi il diritto alla mobilità è un diritto che noi dobbiamo perseguire, non come tale, ma soprattutto perché configura, se gestito bene, soprattutto nelle aree urbane, una condizione nuova di qualità della vita, di felicità dei nostri cittadini e dentro questa visione noi dobbiamo tenerci anche gli aspetti economici che sono tanto cari al dibattito in quest'Aula e al dibattito e alla politica nazionale, che sembra sempre arrovellarsi sui punti di PIL o sui punti di spread come fossero gli unici indicatori vuoti e privi di riferimento, mentre basterebbe guardare all'indicatore che sta costruendo Istat, cioè il BES, per capire come in realtà il tempo che gli italiani dedicano a muoversi dentro le città dovrebbe essere appunto maggiormente soggetto ad attenzione da parte nostra.
Quindi è bene che si discutano queste mozioni, il problema però della mobilità urbana rimane, cioè il fatto che la mobilità umana nelle nostre città funzioni male è un dato oggettivo, noi perdiamo più soldi, perdiamo più tempo, perdiamo più salute e, in alcuni casi, perdiamo la vita, perché questa cosa viene trascurata. Per poterlo modificare, Presidente, c’è una sola strada ed è una sola quella possibile, è stato dimostrato da tutte le esperienze a prescindere dal colore politico dei Governi nazionali o dei governi cittadini delle città europee che le hanno fatte. L'unica possibilità è quella di spostare parti degli spostamenti, dei trasferimenti, della mobilità che ogni giorno viene fatta dentro le nostre città con l'automobile privata, su altri sistemi di trasporto, in particolare su quelli che configurano, almeno i più importanti, la classificazione di mobilità sostenibile: il trasporto pubblico locale, ovvero trasporto collettivo, la mobilità ciclistica e la combinazione di questi, più anche altre possibilità, come appunto veniva detto, del car pooling o del car sharing, cioè altre forme di uso condiviso dell'automobile che possono essere anche esse utili ma non certamente risolutive.
Su questo bisogna lavorare, forse più ancora, anche se quello sarà pure necessario, Pag. 31che semplicemente sui motori più puliti, perché va detto, e va sempre ribadito ogni volta che si affronta questo tema della qualità e della pulizia della combustione, o meglio ancora di motori che la combustione non la producono affatto, che è sicuramente un obiettivo che può migliorare la qualità dell'aria, ma noi non avremo risolto il problema della mobilità urbana se avremo solo ridotto le emissioni in atmosfera, avremmo solo risolto uno dei quattro grandi problemi, non avremo risolto la sicurezza, non avremo risolto la qualità della vita complessiva, non avremo risolto gli altri impatti ambientali come il consumo del territorio che serve per costruire strade e parcheggi, non avremo risolto certamente il tema della congestione. Affrontiamolo questo tema: da questo punto di vista le mozioni contengono interessanti proposte, io le voglio declinare in termini generali sulla base di questa prima valutazione.
Nel nostro Paese, in particolare, vedo presente la collega Polverini che è stata presidente della regione e quindi se ne ricorderà personalmente per averli vissuti in quanto presidente di un'importante regione, vi sono stati progressivi tagli ai trasferimenti al trasporto pubblico locale, in particolare nell'epoca del Governo Berlusconi. Le stime possono essere differenti, ma si riferiscono sicuramente a tagli tra il 30 e il 50 per cento dei fondi destinati all'epoca. Lo dico perché occorre recuperare quei tagli, tagli che saranno stati necessari per tutte le ragioni di crisi che conosciamo, ma che ci costringono, poi, a interrogarci del perché il trasporto pubblico locale e in generale la mobilità urbana fanno sempre il vaso di coccio nelle politiche nazionali e anche, a volte, nelle politiche delle regioni, e non mi riferisco, in questo caso, alla regione Lazio governata dalla presidente Polverini di cui non so, ma, in generale, al fatto che spesso le regioni preferiscono dedicare le loro risorse a saldare i deficit del servizio sanitario, piuttosto che a mantenere alti i servizi di trasporto regionale. Il punto è che il trasporto pubblico non può essere il vaso di coccio e non può essere lo strumento attraverso cui lo Stato cerca di risolvere i propri problemi di debito o di ricerca di risorse. Il trasporto pubblico locale è sostenuto per il 70 per cento dal contributo nazionale, è un dato strutturale e, tra parentesi, non è un dato di cui dobbiamo vergognarci, perché è un dato che è strutturale anche in altri Paesi, è un servizio pubblico e viene pagato con la fiscalità generale, viene pagato dai trasferimenti che lo Stato fa verso le regioni e le regioni verso i comuni o le aziende, appunto, del Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale, e lo stesso vale, con percentuali diverse da quelle che ho appena detto, per quanto riguarda il trasporto ferroviario, sia regionale che nazionale. Quindi, il tema di continuare ad occuparci del trasporto pubblico locale è fondamentale; i soldi che lo Stato ha messo non sono pochi, al netto di quei tagli che sono stati fatti e che vanno sicuramente recuperati. Però se vogliamo credere in questo obiettivo il primo punto è quello di incrementare le risorse, perché poi è difficile sempre parlare di altro.
Esiste, poi, tutto il tema dell'efficientamento delle aziende di trasporto pubblico locale, perché non possiamo neanche pensare di dedicare parte delle risorse necessarie a questo e poi le aziende sono gestite male, magari semplicemente per risolvere i problemi occupazionali più che per dare un servizio ai cittadini. Da questo punto di vista credo che sia necessario – ed è uno dei contenuti della nostra mozione – indicare al Governo la necessità di compiere la riforma che è stata avviata, ma che è rimasta a metà e che prevede, appunto, una responsabilità vera da parte delle aziende di trasporto pubblico locale, a prescindere dal fatto che siano private o pubbliche, questo è poco rilevante, ma occorre una responsabilità vera rispetto alla gestione, una responsabilità vera rispetto al bilancio e all'efficienza dei servizi. Così come è importante portare a termine una riforma avviata da tanto tempo e rimasta in sospeso che ha visto solo due anni fa la nascita dell'Authority nazionale dei trasporti e qui lo dico per augurarmi che non scompaia a poco Pag. 32tempo dalla sua nascita, lo dico in particolare in riferimento all'attenzione del Governo: il fatto che esista, sia in sede nazionale che nelle regioni, che in sede locale, un'Authority di controllo, cioè un soggetto che si curi di verificare la qualità del servizio che viene erogato dalle aziende, è un altro dei punti fondamentali, dopodiché ci sono degli impegni straordinari che il Governo deve e, a mio giudizio, sta mettendo in campo. Cito il primo, quello del fondo straordinario che è stato previsto dalla legge di stabilità per l'acquisto dei mezzi, stimabile per più o meno seicento treni e alcune migliaia di autobus, che dovrà entrare in vigore per poter permettere questo rinnovo, anche perché è finanziato, in parte, con l'eliminazione delle accise sui veicoli più vecchi e quindi ha la precisa finalità di sostituire i veicoli più vecchi e inquinanti. Soprattutto dovrà entrare in vigore per permettere quello scivolo che farà sì che le aziende di trasporto pubblico diventino autonome nella programmazione anche degli investimenti sul materiale rotabile, perché questa, sì, che è una differenza che l'Italia ha rispetto ad altri Paesi e che la rende in questo senso molto arretrata, l'idea che le aziende si occupino della gestione e l'acquisto dei mezzi sia affidato a dei fondi statali che vengono messi di volta in volta se ci sono i soldi, perché per parecchi anni non sono stati messi per le ragioni che abbiamo più o meno capito, di crisi, ma anche perché sono state fatte delle scelte diverse, a mio giudizio sbagliate. Ebbene, noi dobbiamo togliere questa anomalia tutta italiana e stabilire che le aziende nella loro gestione devono prevedere l'ammortamento dei mezzi ed essere loro a garantire la qualità del servizio, comprando i mezzi e, quindi, inserendo l'acquisto dei mezzi all'interno del contratto di servizio a cui partecipano, si spera, tramite gara e quindi tramite un procedimento che misuri l'efficienza e la qualità della loro proposta.
Ribadisco che trovo sterile e un po’ inutile il dibattito se le aziende debbano essere pubbliche o private, perché ci sono aziende pubbliche che funzionano molto bene e anzi sono d'esempio per altri, così come possono essere aziende private quelle che lo fanno. Quest'altro pezzo della riforma farà sì che quei soldi messi in legge di stabilità per l'acquisto dei mezzi sia efficace e che possa permettere, lo ribadisco, con lo scivolo, di arrivare a far sì che le aziende abbiano nella loro programmazione un rinnovo dei veicoli tale per cui l'età media degli autobus che circolano per le nostre città diminuisca rapidamente da quella attuale e raggiunga degli standard europei, almeno, di 7, massimo 8 anni di età media. Esiste poi tutto un altro settore che è quello dell'integrazione del trasporto pubblico con altre forme di mobilità, in particolare la mobilità ciclistica, sempre trattata come se fosse un'avventura spensierata per coraggiosi «ambientalisti urbani», in realtà è un efficacissimo strumento di regolazione della mobilità urbana. Lo ribadisco, ci sono sindaci o governi conservatori in Europa che hanno investito sulla mobilità ciclistica per il semplice calcolo che fa bene all'economia, fa bene al Paese, fa bene alla salute e, soprattutto, piace molto alle persone che fanno quella scelta come il sottoscritto, quindi, non vedo perché relegare a passioni personali quello che, invece, è uno strumento fortissimo per fare quell'operazione che dicevo all'inizio, cioè spostare quote di mobilità automobilistica verso altre forme di mobilità: trasporto pubblico e bicicletta. Siccome queste due cose spesso funzionano insieme, soprattutto nelle grandi città, c’è un investimento, che veniva anche citato, pari a 91 milioni di euro, contenuto nella legge stabilità che, sì, è vero, finanzia anche le ciclabili turistiche, per carità, siamo un Paese che ha quel grande potenziale e sarebbe sciocco non occuparsene, però finanzia le ciclostazioni, cioè finanzia la possibilità, finalmente, di rendere accessibili le grandi stazioni italiane con la bicicletta per poter prendere i treni pendolari, usarla, lasciarla lì se serve, trovarla quando si ritorna e, quindi, poter combinare il trasporto pubblico con altre forme di mobilità. Perché il trasporto pubblico regionale, è utilizzato da milioni di italiani; Pag. 33è stimata in Italia intorno all'80, all'85 per cento la quota di mobilità che riguarda le aree urbane, quindi, diciamo la stragrande maggioranza degli italiani si sposta nelle città e fa uso dei treni pendolari. Ebbene, la stazione Termini è una stazione dove è praticamente impossibile lasciare una bicicletta e, quindi, sfida la buona volontà anche dei romani che avrebbero intenzione di utilizzarne una. Se, oltre che dotarsi di un parcheggio di 2000 auto sopra la testa dei passeggeri si dotasse anche di un significativo parcheggio per le biciclette, può darsi che in questa città qualcosa si possa cominciare a muovere. Io vi do una grande notizia, in realtà, qualcosa si è già mossa, perché i cittadini di Roma sono in realtà piuttosto avanti rispetto a questo tema e sono molto più attrezzati di quanto si pensi. Quindi, questa «quota» di mercato della mobilità, anche per questa città, è lì, pronta, disponibile a risolvere parte del traffico automobilistico, perché ogni ciclista in più o ogni passeggero di trasporto pubblico in più è un'auto in meno nelle code, nel traffico delle nostre strade. Questa cosa occorre farla, quel finanziamento c’è e, oggi, quindi, noi invitiamo il Ministero a mettere in campo a pieno titolo quella possibilità di realizzare, nelle grandi aree urbane, l'interscambio tra i diversi mezzi mobilità. Infine, c’è il finanziamento previsto dal contratto di servizio pari a nove miliardi di euro, Presidente, che non sono uno scherzo, previsto già nel 2015 e ripetibile nel 2016 con otto miliardi di euro. Gran parte di questi sono dedicati finalmente – perché io condivido l'idea che il progetto dell'alta velocità, in una qualche misura, ha raggiunto la sua maturità – al trasporto regionale e al trasporto dei pendolari nelle città e nelle grandi aree metropolitane. Queste risorse ci sono, dobbiamo contribuire, anche con il nostro lavoro e anche con queste mozioni, a far sì che ci siano anche per il 2016 nella quota che dicevo intorno agli otto o ai nove miliardi di euro. Infine, anch'io sottolineo un punto della mozione, perché spero che sia attuato, al di là di tutti i grandi progetti e le grandi visioni che sono contenuti anche in altre mozioni, ma, sicuramente vi è nella nostra: quello della detrazione fiscale degli abbonamenti dei cittadini. È una cosa possibile, perseguiamola, è un impegno che vedo ribadirsi in molte mozioni, noi lo mettiamo al punto. Grazie, Presidente, solo una nota: il collega Zolezzi, prima, ha parlato fuori tema di un argomento, secondo me, scorretto. Ha detto che il sindaco di Reggio Emilia ha comprato dalla ’ndrangheta la casa, questa è una menzogna, oltre che essere fuori tema, ed è molto lesiva dell'onorabilità del sindaco di Reggio Emilia, quindi, ci tengo a dirlo, mi dispiace di essere intervenuto per quest'ultima parte fuori dall'argomento.
PRESIDENTE. Avverto che è stata testé presentata la mozione Fauttilli ed altri n. 1-01161, il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).
È iscritta a parlare la collega Polverini. Ne ha facoltà.
RENATA POLVERINI. Presidente, prendo la parola devo dire anche con grande soddisfazione, dopo essere stata chiamata in causa (e lo ringrazio per questo) dal collega Gandolfi, perché proprio nel 2010 iniziarono i tagli da parte del Governo nazionale alle regioni sul trasporto pubblico locale. Mi trovai allora a dovermi confrontare da amministratore (e questo è quel che fanno gli amministratori tutti i giorni) con problemi, devo dire, in quel momento forse molto più grandi di me, ma sicuramente molto più grandi del bilancio della regione che ho avuto l'onore di presiedere. Però con grande soddisfazione voglio dire al collega Gandolfi che se da un lato il Governo metteva in campo dei tagli importanti, assolutamente significativi per la mia regione rispetto al trasporto pubblico locale, dall'altro trovavamo un'azienda regionale sostanzialmente prossima al fallimento, e dovevamo scegliere se portare i libri della Cotral in tribunale oppure garantire quel servizio ai cittadini. Allora, nel 2011, io scelsi di continuare a garantire un servizio Pag. 34pubblico ai cittadini del Lazio, e ricapitalizzammo con risorse regionali la Cotral per ben 27 milioni, e alla Cotral dovemmo appaltare un servizio per dieci anni proprio per evitare che quei 27 milioni di soldi dei cittadini del Lazio non finissero poi male. Oggi posso dire orgogliosamente che la Cotral non soltanto ha ripreso un suo percorso (peraltro con tecnici importanti, che allora avevo, come si dice, preso sul mercato, cioè che fossero veramente competenti in quel settore), ma sta anche rinnovando il parco mezzi: parco mezzi di cui si è parlato, ovviamente, perché è uno dei problemi che ha questo Paese.
Penso – a parte questa piccola riflessione sulla mia regione – che la civiltà di un Paese si vede e si misura da poche cose: una sicuramente è la mobilità delle persone e delle merci. Noi allora – mi dispiace dirlo da italiana – forse in molti contesti non potremmo nemmeno iscriverci tra quella rappresentanza di Paesi civili: perché vedete – lo dico da italiana e da romana – per la prima volta mi sono trovata a discutere quest'anno, guardando i siti istituzionali del comune di Roma, degli orari per esempio del trasporto pubblico di ATAC nella giornata e nella serata di Capodanno. Ricordo a me stessa che fino allo scorso anno i mezzi pubblici a Roma in quella momento venivano fermati, perché evidentemente la nostra storia ci induceva a fare quello, mentre come tutti sanno in molte città (non andiamo molto lontano) di Paesi con noi confinanti in quel momento, proprio per la sicurezza dei cittadini che è stata richiamata da tutti gli interventi che mi hanno preceduto, vengono erogati ad orario continuato e assolutamente gratis.
Quindi, voglio dire: bene fa oggi il Parlamento a porre tale questione all'attenzione del Governo, perché al di là del fatto di quale sia stato o meno il Governo che ha operato quei tagli alle regioni per il trasporto pubblico locale e non solo, penso che da allora ad oggi tanti Governi si sono succeduti, e probabilmente occorreva, prima ancora di arrivare a questa seduta, rimettere le mani ai fondi alle regioni per il trasporto pubblico.
Noi abbiamo sicuramente un problema di mobilità tra il Nord e il Sud del Paese, in ogni caso del tutto diversa in termini di servizio erogato ai cittadini: e questo è un primo tema sul quale, se portiamo il trasporto pubblico all'attenzione del Parlamento italiano, ci dobbiamo interrogare. Abbiamo sicuramente un problema di mobilità tra città molto spesso anche vicine fra di loro, e abbiamo dei problemi di mobilità nella città. E lo dico a Roma, dove – come in tante altre città d'Italia – quel pessimo servizio di trasporto pubblico che molto spesso viene messo a disposizione dei cittadini, non è stato nemmeno in grado di sopperire allo stop dei mezzi privati per i problemi ambientali e di inquinamento che venivano richiamati; ma bada bene, a volte fermiamo le macchine private, che non hanno poi così tanta età per essere inquinanti, e mettiamo invece in movimento quei mezzi che purtroppo – ahimè ! – sono talmente vecchi che rischiano di creare un danno superiore a quello che avrebbero provocato le auto private.
Quindi da questo punto di vista ci dobbiamo interrogare su quale sia l'impegno economico che il Governo vuole mettere a disposizione di questo servizio. Quello che però oggi appare è che c’è una fuga delle risorse, che pure erano state individuate in provvedimenti legislativi: tant’è che, come pure è stato ricordato, lo stesso «milleproroghe» non fa altro che rinviare ulteriormente quegli impegni finanziari che dovevano andare alle regioni per il rinnovo dei mezzi.
E qui mi voglio collegare (lo ringrazio per questo) a quanto ha detto l'onorevole Paglia. Ho una storia abbastanza conosciuta, vengo dal mondo del sindacato: la mia prima assemblea sindacale in un'azienda industriale allora importante di auto la feci proprio l'Irisbus; il sottosegretario Baretta, che viene dal mio stesso percorso, lo ricorderà bene. Ricordo un'azienda che aveva un bilancio assolutamente in attivo; la cosa che mi sconvolse allora, nel fare quell'assemblea sindacale su tre turni, è che c'era un personale «alto» dal punto di vista dell'età, il che Pag. 35significava che era un'azienda talmente sana che non aveva mai dovuto ricorrere per esempio a processi di mobilità, che molto spesso allontanano i lavoratori più anziani, mentre poi vengono reinseriti lavoratori più giovani. La politica di questo Paese non è stata soltanto quella di non investire nel rinnovo del parco mezzi del trasporto pubblico locale, ma è stata anche quella di seguire in maniera rigida le direttive comunitarie che imponevano gare europee, tanto da farle vincere ad aziende straniere e portare quella straordinaria azienda, con una professionalità importantissima, quasi a chiudere, e comunque a regalarla – anche quella, sì ! – ai francesi. Ed io provo una rabbia incredibile, quando mi reco in quella nazione, e montando su un autobus mi accorgo che c’è quel logo che tanto era legato alla storia del manifatturiero della nostra città.
Dobbiamo quindi garantire al Governo uno strumento parlamentare forte, che dia un indirizzo concreto non soltanto in termini di trasferimento alle regioni, e quindi a sua volta agli enti locali, ma anche rispetto a dove questo parco auto deve essere acquisito. Lo dobbiamo ai cittadini che in questo momento ci stanno guardando, perché sicuramente la mobilità delle persone è importante per ogni attività che svolgono, ma lo è ancora di più per il lavoro e – ancora non è stato detto – anche per gli studenti che quotidianamente si recano nei loro luoghi di studio. Anche da questo punto di vista noi dobbiamo garantire a persone, ed in particolare a studenti che vivono fuori città, dove ci sono dei complessi di università, in particolare i più importanti, di poter raggiungere quei luoghi per investire sulla loro formazione. Lo dobbiamo fare con determinazione !
Aggiungo però una cosa. Sempre perché ho fatto il presidente di regione, come veniva richiamato: guardate, non è vero che tutto è impossibile ! Tra le varie questioni che mi sono trovata ad affrontare da presidente di regione quando sono arrivata, non vi è stata soltanto la ricapitalizzazione della Cotral, ma anche di fornire un servizio agli italiani, ma anche agli stranieri, sulla tratta ferroviaria Fiumicino Aeroporto-Roma città. Ricordo che c'erano dei mezzi assolutamente inguardabili, oltre che inutilizzabili, che non davano all'Italia la dignità che merita. Ed è stato allora possibile, anche da quel punto di vista con grande determinazione, portare il presidente Moretti ad investire su quella tratta ferroviaria, e oggi tutti coloro che arrivano a Roma si accorgono che c’è un mezzo comunque moderno, denominato Leonardo, che li porta non più nelle Ferrovie Laziali ma addirittura al binario 1 della Stazione Termini. Quindi c’è bisogno – lo dico, questo ! –, affinché tutti possano concorrere ad una buona riuscita, di tutti gli strumenti che ciascuno possiede.
Concludo dicendo che ho sentito parlare di mobilità sostenibile – bene, benissimo ! –, che chiaramente non è soltanto mezzi non inquinanti, ma è anche – come è stato ricordato – l'utilizzo delle gambe. Qualcuno ha detto: siamo stati dotati di gambe perché ci dobbiamo muovere con quelle. Bene ! Non ci lasciamo però affascinare, perché sappiamo bene che le nostre gambe si muovono laddove il territorio ce lo consente; quindi da romana dico: benissimo fare piste ciclabili, benissimo fare parcheggi dove le belle biciclette possono essere appoggiate, benissimo dare la possibilità alle metropolitane e agli autobus di far entrare le biciclette, ma ricordiamoci sempre che Roma nasce su sette colli ed ha un'estensione territoriale gigantesca, per cui dobbiamo comunque garantire anche a chi non ha quei polpacci così potenti di potersi muovere, non come purtroppo accade oggi.
Però, dico anche un'altra cosa: sempre in questa regione ci sono dei progetti importanti che stanno andando a realizzazione; ne uso uno per tutti, quello a Latina in questi giorni, che vede investimenti di risorse comunitarie della regione che ho presieduto che, nel dare questa possibilità ai sindaci, ha integrato processi di riqualificazione alla mobilità e ai servizi ai cittadini. Quindi, è possibile comunque, al di là dell'impegno che il Governo deve necessariamente, anche fare squadra tra le Pag. 36varie istituzioni, allora penso che dobbiamo necessariamente richiamare il Governo su questo tema così importante; dobbiamo necessariamente mettere le persone nelle condizioni appunto di muoversi con grande determinazione; dobbiamo anche fare in modo che gli enti locali comincino ad agire su gare senza continuare con un regime concessorio che, da un lato, probabilmente velocizza quelle che sono le attività ma, dall'altro, anche rispetto al servizio e alla sua funzionalità, sicuramente pone dei grandi limiti. Quindi, anche da questo punto di vista, la mozione che presenterà Forza Italia sarà orientata appunto a stimolare il Governo non dico per recuperare quelle risorse che comunque negli anni, per una serie di questioni economiche riguardo al bilancio dello Stato, sono venute meno, ma affinché si ricrei una catena istituzionale in cui ciascuno mette il suo impegno, le sue risorse, quelle che sono le sue potenzialità. Quindi, da questo punto di vista anche Forza Italia stimolerà il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
Farei ora una pausa tecnica di cinque minuti. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 17,40.
La seduta, sospesa alle 17,35, è ripresa alle 17,40.
Discussione delle mozioni Villarosa ed altri n. 1-01139 e Palese ed altri n. 1-01099 concernenti iniziative in materia di gestione delle crisi bancarie e di tutela dei risparmiatori, con particolare riferimento all'applicazione dello strumento del cosiddetto bail-in.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Villarosa ed altri n. 1-01139 e Palese ed altri n. 1-01099, concernenti iniziative in materia di gestione delle crisi bancarie e di tutela dei risparmiatori, con particolare riferimento all'applicazione dello strumento del cosiddetto bail-in (Vedi l'allegato A – Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 9 febbraio 2016 (vedi resoconto stenografico).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Paglia ed altri n. 1-01154, Sottanelli e Monchiero n. 1-01155, Tancredi ed altri n. 1-01156, Busin ed altri n. 1-01157, Pelillo ed altri n. 1-01160, Brunetta ed altri n. 1-01162 e Tabacci ed altri n. 1-01163 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare il deputato Daniele Pesco, che illustrerà la mozione Villarosa ed altri n. 1-01139, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
DANIELE PESCO. Presidente, siamo in quest'Aula per parlare di bail-in, quello strumento ideato dalla Commissione europea con l'avallo del Parlamento europeo con il quale, per far fronte alle crisi bancarie, non si farà più ricorso a fondi esterni, a partecipazioni di altre società o anche dello Stato, bensì si potrà solo ricorrere alla possibilità di azzerare il valore delle azioni e quindi espropriare la banca, azzerare o ridurre il valore delle obbligazioni subordinate e delle obbligazioni senior fino ad arrivare ai conti correnti dei depositanti al di sopra dei 100 mila euro. Questa è una norma europea che è stata recepita in Italia l'anno scorso; è stata discussa in quest'Aula, è stata discussa dal Parlamento e noi abbiamo Pag. 37fatto di tutto, come MoVimento 5 Stelle, nel dire che questa norma è incostituzionale, perché va contro l'articolo 47 della Costituzione, che dice che la Repubblica tutela e incoraggia il risparmio. Presidente, mi dica lei come può uno strumento come il bail-in, che va ad azzerare le eccedenze sopra i 100 mila euro dei depositanti di una banca, perseguire il fine di tutelare e incoraggiare il risparmio ? Siamo veramente al paradosso: i clienti di una banca diventano parte in causa, diventano azionisti, ma solo nelle perdite, un po’ come se un cliente di una società, ad esempio una società telefonica, che, visto che la società va male, è costretto a partecipare alle perdite. Una cosa che non si è mai vista ! Si chiama liberismo sfrenato, liberismo all'ennesima potenza, quando i clienti diventano parte in causa delle perdite della stessa società. Una cosa mai vista ! Noi, come dicevo prima, abbiamo fatto di tutto per convincere i nostri colleghi della maggioranza sul fare un passo indietro, sul non portare all'approvazione quella legge che ha delegato il Governo ad adottare il decreto legislativo che ha fatto entrare in vigore questo strumento; ce l'abbiamo messa veramente tutta e cosa ci hanno risposto i colleghi di maggioranza ? Ci hanno risposto che difendevamo gli interessi dei nostri colleghi ricchi, dei nostri amici ricchi ! Siamo veramente all'apoteosi della non considerazione dei problemi veri, quando si vuole cercare di far di tutto per introdurre con sommessa obbedienza i desiderata della tecnocrazia europea, che ci obbliga a difendere in tutti i modi possibile il settore bancario. Sembra che si vada contro le banche, visto che viene azzerato l'azionariato, che viene azzerato il valore delle obbligazioni, ma in realtà no, perché con questi strumenti non si fa altro che andare ad accentrare il potere bancario, il potere finanziario, perché il bail-in è uno strumento con il quale far fuori le banche piccole, le banche scomode e portarle nelle mani delle grandi banche. Ciò è successo pochi giorni dopo l'entrata in vigore del decreto n. 180, quando è arrivato il decreto n. 183, con il quale quattro importanti banche del territorio sono state dichiarate fallite grazie a un'azione combinata di Governo e Banca d'Italia e con il placet della Commissione europea.
Ebbene, quattro banche sono state dichiarate fallite: CariFerrara, CariChieti, Banca dell'Etruria e del Lazio e Banca Marche. In realtà, secondo noi, vedendo in modo attento i conti, alcune di queste banche probabilmente non erano da dichiarare fallite, assolutamente no. Come, ad esempio, il caso di Banca Etruria: se guardiamo i conti di Banca Etruria, ci rendiamo conto di come anche le sofferenze avevano un grado di copertura molto elevato, pari al 66 per cento, qualche mese fa; poi, è stato ridotto al 63 grazie all'azione dei commissari di Banca d'Italia, che, al posto che far andar bene le cose, le fanno andare peggio.
Ebbene, il 66 per cento come grado di copertura delle sofferenze: sono poche banche in Italia ad avere un grado di copertura così alto. Banca d'Italia e Governo hanno dichiarato questa banca fallita: secondo noi, ci saranno altri fini; secondo noi, questa operazione è stata fatta per altri fini. Forse per il fatto che la Banca Etruria, insieme alla Banca Popolare di Vicenza, è l'unica banca ad avere l'autorizzazione a vendere i lingotti d'oro ? Forse, ma è uno dei tanti motivi che magari può avere portato a queste decisioni. Chissà, forse è stato questo, non lo sappiamo; o, forse, vi era proprio l'intento di mettere le mani su queste banche.
E chi metterà le mani su queste banche ? Non lo sappiamo ancora, sappiamo solo chi sta gestendo la vendita di queste banche, l’advisor. Guarda caso, l’advisor sono due società, tra cui una società, la Société Générale, il cui presidente si chiama Bini Smaghi. E, guarda caso, una società che ha acquistato parte delle sofferenze di Banca Etruria, pochi giorni prima dell'entrata in vigore di questo decreto, è proprio una società legata sempre al signor Bini Smaghi. Quindi, di che cosa vogliamo parlare ? Se volete fare tutte queste cose in famiglia, ditelo, ditelo, fate le dichiarazioni ai giornali: queste cose le vogliamo risolvere tra di noi. Sarebbe tutto Pag. 38molto più semplice ! In realtà, questo non lo fate, ma cercate sempre di nascondere tramite sotterfugi. Vedremo come andrà a finire questa situazione, perché, comunque, le cause, anche all'interno dei tribunali, sono già parecchie. Vedremo come andranno a finire, ma andiamo avanti, perché il famoso decreto n. 183, secondo noi, ha dei limiti, nel senso che ha proprio delle penalità. È stato emanato questo decreto in funzione del decreto n. 180, quando il decreto n. 180 non era ancora del tutto entrato in vigore, ma, anzi, Banca d'Italia, per potere fare gli atti riferiti al fallimento di queste quattro banche, ha proprio utilizzato alcuni articoli del decreto n. 180 che non erano ancora entrati in vigore.
Tra l'altro, sono articoli del decreto n. 180 molto specifici, molto importanti: sono quegli articoli che vanno a descrivere la gerarchia di intervento con riferimento a quali risorse utilizzare per far fronte al ripianamento dei conti. Prima le azioni, poi le obbligazioni subordinate, poi le obbligazioni senior. Ebbene, questi articoli non erano ancora entrati in vigore, ma sono stati utilizzati da Banca d'Italia nei suoi atti. Quindi, secondo noi, il decreto n. 183, che si rifà a quei documenti, a quegli atti di Banca d'Italia, non va bene, è illegittimo.
Quindi, secondo noi, tutta questa procedura, che ha mandato sul lastrico 130 mila famiglie, che le ha espropriate del valore delle azioni in possesso di queste famiglie o delle obbligazioni subordinate, ebbene, secondo noi, è tutta una questione illegittima e queste persone vanno risarcite. Lo abbiamo detto più volte, lo abbiamo detto nelle piazze, davanti a Banca d'Italia, davanti alla Consob, davanti al Parlamento, lo abbiamo detto in ogni luogo, ma nessuno ci vuole ascoltare, nessuno ci vuole ascoltare, nessuno vuole ascoltare i cittadini che chiedono indietro i loro soldi, nessuno. Ma, a un tratto, visto che il decreto n. 183 ha buttato nello sgomento tutti i cittadini italiani, che hanno paura di portare i soldi in banca, visto quello che è successo, ebbene, solo dopo la reazione di questi cittadini, dopo la paura, dopo lo sgomento, ebbene, si sono alzate delle voci, anche dall'interno di Banca d'Italia, che hanno detto a tutti i cittadini che forse è il caso di rivedere questo strumento, forse è il caso di rivedere, magari, l'entrata in vigore.
Magari, giustamente, sarebbe opportuno fare in modo che chi ha sottoscritto delle obbligazioni prima dell'entrata in vigore di questo strumento, ebbene, abbia la possibilità di non essere toccato da questo strumento, che va a espropriare le banche, che va a espropriare il valore delle obbligazioni in possesso dei cittadini. Ebbene, dovremmo veramente riflettere se non è il caso di fare questo, quantomeno di rinviare l'entrata in vigore del bail-in, di dare la possibilità a tutti i risparmiatori di non rischiare di perdere i loro soldi in questo modo, perché, secondo noi, è ingiusto, oltre che essere illegittimo e incostituzionale.
Quindi, secondo noi, la prima cosa da fare in modo urgente è quella di rinviare l'entrata in vigore del bail-in, rivedere tutto lo strumento e, quanto meno, dare la possibilità a tutti di non rischiare in questo modo. E, poi, abbiamo aggiunto anche altri punti per riuscire a dare un pochino più di senso logico al sistema bancario. Ebbene, ci accorgiamo, leggendo gli articoli di giornale, che all'interno di questi consigli di amministrazione delle banche sono stati elargiti finanziamenti importanti agli stessi consiglieri...
PRESIDENTE. Pesco, deve concludere. Ha finito il tempo.
DANIELE PESCO. ... dei consigli di amministrazione. Grazie, Presidente. Ricordo solo che sarebbe opportuno fare entrare nei consigli di amministrazione anche rappresentanti dei cittadini, anche rappresentanti dei consumatori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Palese, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01099. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Nell'estate del 2015, in occasione Pag. 39del recepimento della normativa europea sul bail-in, i parlamentari attualmente appartenenti alla componente del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti indicarono il rischio di frettolosità e superficialità con cui si affrontava il problema. Lo stesso Parlamento e le stesse forze politiche avevano dedicato mesi interi a discutere di temi assai meno rilevanti per i cittadini e i risparmiatori, decisero, invece, di adottare in modo veloce e pressoché acritico la nuova normativa europea.
Si lamentava, in particolare, da parte dei miei colleghi e da parte mia, che doveva esserci un'adeguata preparazione al passaggio alla nuova fase. Si chiese che partisse un'immediata e capillare campagna di informazione a favore dei cittadini sui rischi esistenti e sull'opportunità di diversificare gli investimenti. Più di recente, abbiamo poi appreso degli interventi da parte del Governo che sono testé stati ricordati e riproposti in maniera critica da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, che proposero di ricorrere al fondo in riferimento ai quattro istituti bancari italiani.
I parlamentari della componente del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti proposero di ricorrere al Fondo interbancario di tutela dei depositi, denaro privato e non pubblico, per un'iniezione di capitale per le banche sofferenti. Vi era in alternativa l'altra proposta, cioè che si ripercorresse lo stesso percorso che era stato già collaudato nel 1982, allorché ci fu una crisi ancora più grave di quella a cui noi abbiamo assistito con le quattro banche, che fu quella del Banco Ambrosiano. Davanti a una situazione del genere, noi riteniamo che questo strumento possa avere una sua applicazione a condizione che sia applicato in maniera corretta, nei modi e nei tempi; lo ribadisco, nei modi e nei tempi. Tutto quello che attualmente stanno facendo gli istituti bancari, cioè inviare questi dépliant a tutti, che sono di 10, 15 o 20 pagine, e, peggio ancora, inviare ai correntisti o ai possessori di quote di risparmio, nelle varie forme, circolari di 10 o 15 pagine, avrebbero dovuto farlo un anno fa, due anni fa.
Occorre del tempo sufficiente perché ci sia un'informazione corretta, in applicazione dell'articolo 47 della Costituzione sul risparmio e in applicazione del concetto di trasparenza, più che mai su un argomento, che è quello del risparmio, che è stato sempre, non solo culturalmente, ma nei fatti, la vera ricchezza e la vera forza di questo Paese, anche nei confronti delle trattative europee e tutto il resto. Quindi, noi riteniamo che vada differita l'applicazione, e deve essere differita, secondo il nostro punto di vista, ma vedo che anche tutti gli altri colleghi degli altri gruppi, grosso modo, nelle mozioni che sono state presentate, sono orientati nel ritenere pericolosissima questa attuazione così frettolosa e così fuori tempo anche nei modi con cui è stata fatta, per un motivo molto semplice: perché arreca sfiducia, danni, panico nei confronti, giustamente, dei risparmiatori, ma, peggio ancora, fa male, anche se applicata in questa maniera, allo stesso sistema bancario, che si vorrebbe privilegiare da parte di questo Governo.
Quindi, non si riesce a capire veramente perché – anche qui, l'Europa deve giustamente e in maniera ineludibile entrare in campo –, se un sistema bancario, non solo del nostro Paese, ma anche rispetto a tutto il resto, entra in crisi rispetto all'attuazione di questa normativa, è nell'interesse generale anche dell'Europa. Sta di fatto, però, che il Governo non è esente da critiche rispetto a questo, perché, proprio in occasione della situazione delle quattro banche, noi abbiamo appreso che c'era stata una lettera da parte della Comunità europea, quindi un intervento preciso sulla situazione, dove c'erano spazi di trattativa che non sono stati utilizzati per niente o non sono stati utilizzati nella maniera giusta.
Ora, queste responsabilità sono ineludibili e noi non sappiamo il perché di questo comportamento. Ma ci sono delle responsabilità precise del perché si è voluto far precipitare questa situazione anche in riferimento all'inerzia dell'istituto di vigilanza, della Banca d'Italia, in riferimento a quelle che sono le sofferenze e in riferimento anche a quella che è stata Pag. 40l'azione della Consob per la vigilanza su questo tipo di situazione. È fin troppo evidente che le responsabilità ci sono e che sono sotto gli occhi di tutti.
Questo Parlamento non può tacere rispetto a questa situazione e a queste responsabilità, perché gli altri Paesi in Europa si son messi, eccome, in regola prima, rispetto alla Germania, rispetto alla Francia, rispetto all'Irlanda...
PRESIDENTE. Deve concludere, collega.
ROCCO PALESE. E per ultimo, alla Spagna e al Portogallo. Quindi, anche il nostro Paese ha la stessa dignità. Noi i compiti a casa ne abbiamo fatti e parecchi, però in questo senso l'Europa sbaglia e di grosso. Noi riteniamo che il Governo debba farsi sentire e debba far sentire la sua voce e chiediamo che ci sia una moratoria vera, prima che si tiri fuori un disastro senza precedenti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Paglia, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01154. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PAGLIA. Grazie Presidente. La prima volta, in tempi recenti, ad essere sperimentato il bail-in fu nel caso della Lehman Brothers e diciamo, visti gli esiti del primo caso, si sarebbe consigliato prudenza, perché appunto l'ondata di sfiducia e di panico che in quel caso attraversò l'intera finanza internazionale portò poi ad un aggravamento molto sensibile della crisi, prima sulla finanza, poi sulle Borse, poi sull'economia reale, che noi ancora in qualche modo stiamo scontando. Devo dire che, sotto molti profili (ma lo si disse anche quando il dibattito di merito sul provvedimento era in corso), la scelta che il Governo italiano ha fatto rispetto alla procedura di risoluzione anticipata sulle quattro banche di cui spesso parliamo rischia di avere effetti analoghi a quella che è la fiducia non tanto dei risparmiatori, quanto degli investitori, sul sistema bancario italiano. Non è semplicemente una questione di tutela del risparmio garantita dalla Costituzione, ma è proprio anche una questione di funzionamento del sistema finanziario. Noi non possiamo permetterci di aver istituti di credito in cui quelli che sono i piccoli obbligazionisti, i piccoli azionisti, ma persino i depositanti, possano avere il dubbio, possano pensare che i loro soldi non siano al sicuro se investiti all'interno del sistema bancario, perché se così fosse noi rischieremmo di avere, molto rapidamente, una crisi di finanziamento e quindi una crisi di liquidità, cosa che, come è del tutto evidente, non ha semplicemente un riflesso su quelle che sono le capacità economiche e le capacità di fare bilancio degli istituti di credito, ma ha poi di conseguenza un impatto su tutta l'economia del Paese. Quindi, senza dubbio, i decreti che abbiamo alle spalle sono stati molto affrettati, anche perché allora non c'era nemmeno una necessità dettata dall'Europa, almeno non una necessita totale (il bail-in, com'era noto, entrava in vigore a partire dal 1o gennaio 2016). È stata una decisione autonoma del Governo italiano all'interno di un rapporto stretto con la Commissione europea, quella di procedere in quel modo, con tutto quello che ne è conseguito successivamente; parliamo di questo. Ora, proprio perché abbiamo visto all'opera anche il bail-in all'europea, o il bail-in all'italiana, perché l'abbiamo sperimentato su quattro banche di dimensioni relativamente ridotte (poi abbiamo visto in questi giorni che tuttora stiamo, in parte, scontando l'effetto di quel provvedimento), saggezza vorrebbe che cominciassimo ad avviare una riflessione immediatamente sul bail-in generalizzato, così come in vigore dal 1o gennaio, proprio per evitare che si ripetano esperienze poco gradevoli. Infatti, abbiamo visto tutti – credo sia una considerazione unanime di questo Parlamento – che l'effetto del provvedimento sulle quattro banche non è stato positivo. Il Governo e la maggioranza possono andare avanti a ripetere anche per il prossimo anno, anche per i prossimi dieci, di aver salvaguardato l'occupazione, di aver salvaguardato gli obbligazionisti ordinari, ma noi non ci stancheremo mai di dire che Pag. 41questo è assolutamente sbagliato. L'occupazione non è salvaguardata se è vero che ad oggi le uniche offerte reali di acquisto per le quattro banche, anche grazie alla scellerata decisione di volerle vendere tutte in blocco (sembra essere l'indicazione prevalente), sono di fondi di investimento americani.
Fondi di investimento, attenzione bene, che non sono operatori del settore bancario, sono operatori del leveraged buy out cioè sono operatori abituati ad acquistare a leva, cioè con del debito, questo tipo di aziende, per poi rivenderle, di solito a pezzi, non appena il mercato renda conveniente fare questa operazione esclusivamente speculativa. Ad oggi, le uniche offerte arrivate per le quattro banche in blocco sono da soggetti di questo tipo. Quindi, se domani mattina dovessimo chiudere la gara, questo succederebbe. Né pare che sia ragionevole pensare che soggetti di tipo industriale, cioè altre banche, siano interessate a comprarle tutte e quattro insieme. Questo lo dico fra parentesi perché credo che, almeno per rispettare il mandato che si era dato il Governo, di salvaguardia dell'occupazione, di queste considerazioni farebbe bene a fare tesoro. Tuttavia, anche al netto di questo, tutto il resto, cioè l'ondata di panico che si è verificata, ormai credo sia un atto acquisito e di cui tenere conto.
Allora noi cosa chiediamo, poi vado rapidamente a chiudere perché ci sarà occasione di riparlarne, con la nostra mozione ? Chiediamo una cosa molto semplice, che in sede europea, e questa pare essere l'opinione anche del Ministro dell'economia e anche del Governatore della Banca d'Italia, il Governo si faccia promotore immediatamente di un'iniziativa tesa a modificare bail-in. Il bail-in in sé non è una cosa assolutamente negativa, può persino esistere l'opinione che rispetto a perdite cagionate da una cattiva amministrazione di una banca, queste anziché sui contribuenti vengano messe sugli obbligazionisti subordinati, poi sugli ordinari, sugli azionisti, cioè su chi ha messo il capitale di rischio; il problema è l'automatismo. Il problema vero è l'automatismo, cioè ci deve essere la possibilità di decidere sul piano politico, e quindi anche con un occhio alla stabilità di sistema, se procedere al bail-in o se invece in una data circostanza si debba procedere in altro modo; questo è il punto. Noi non ci siamo privati con il bail-in della possibilità di far pagare chi ha cagionato danni, noi ci siamo privati della possibilità di una discrezionalità a tutela della stabilità del sistema. Chiediamo, quindi, che questo venga posto con forza, anche nella direzione di una modifica, ma che intanto l'Italia proceda ad una sospensione unilaterale del bail-in, anche per una ragione molto semplice, che gli accordi si fanno e si fanno fino in fondo. L'Unione bancaria ha tre pilastri, l'ultimo dei quali è quello che più penalizza i Paesi più solidi da un punto di vista finanziario e meno quelli meno solidi (nello specifico potrebbe sentirsi più penalizzata la Germania e meno l'Italia), il Fondo unico di garanzia. Ora non è possibile che noi siamo in una condizione in cui bail-in è in vigore per tutti e questo a detta dei tedeschi tutelerebbe i Paesi più forti dal rischio di accollarsi oggi, domani o dopodomani le perdite delle banche dei Paesi più deboli, ma l'ultimo, cioè quello del Fondo di garanzia unico, quello lo rimandiamo sine die o addirittura non lo applichiamo proprio. Davanti ad un atteggiamento di questo genere, io credo che, dato che siamo comunque nel campo dei trattati internazionali, un Paese serio dice molto semplicemente che dato che la prima condizione è a suo svantaggio, tanto più nella condizione attuale delle banche italiane (cioè i 200 miliardi di euro di sofferenza, i 400 miliardi di crediti deteriorati, una situazione di mercato non sempre brillantissima e anche un evidente attacco speculativo che viene mosso continuamente su banche ormai ridotte a dei titoli sottili che attirano anche molto facilmente la speculazione), in una condizione del genere, ha il dovere di tutelare l'interesse nazionale che gli fa dire «attenzione noi non abbandoneremo le nostre banche al fallimento senza possibilità di intervento qualora si continui in questa direzione, noi le Pag. 42salveremo». Io credo che basterebbe questo per bloccare, almeno in parte, la speculazione che attualmente vi è sui titoli, perché è vero che tutta Europa cala, tutte le banche calano, i titoli bancari, ma l'Italia cala sempre del doppio degli altri. Quindi anche ammesso, probabilmente c’è, un giudizio negativo generale sulle condizioni attuali del ciclo economico, c’è un giudizio ancora più pesante sull'Italia e un pezzo del giudizio più pesante sull'Italia io credo sia determinato da una sospetta fragilità del proprio sistema finanziario che senza paracadute fa fatica. Ora ci sono casi, viene spesso citato «whatever it takes» di Draghi, il farò qualsiasi cosa se necessaria, in cui una semplice dichiarazione, una semplice presa d'atto del fatto che ci si comporterà in una determinata maniera evita il rischio che la condizione negativa si prefiguri. Io credo che la garanzia da parte dello Stato che il bail-in non significherà mai un automatismo rispetto al fallimento dei propri istituti di credito, automaticamente bloccherebbe una parte della speculazione, una parte delle tentazioni di scommettere in negativo sull'economia italiana.
Per fare questo, ripeto, è necessaria assolutamente una sospensione unilaterale. Fatto ciò, noi proponiamo si proceda non come fatto dal Governo con un decreto che discuteremo credo a partire da domani, ma per quelle che sono le avvisaglie, decisamente debole sul piano delle sofferenze bancarie, si proceda realmente a svuotare gli istituti di credito di tutte queste sofferenze che oggettivamente ne mettono in parte a rischio la stabilità. Noi una proposta ci siamo sentiti di avanzarla, crediamo varrebbe la pena di discuterla: noi proponiamo che sia lo Stato a farsi carico in buona parte di quelle che sono le sofferenze di matrice immobiliare che sono all'interno delle banche. In quel caso io credo che sarebbe giustificato e giustificabile anche davanti ai nostri concittadini il fatto che lo Stato metta tanti soldi per comprarsi le sofferenze bancarie perché se a fronte dell'acquisto delle sofferenze compra immobili residenziali e non residenziali, attraverso poi quell'acquisizione può creare case popolari e può creare anche le condizioni per esempio per imprenditori giovani, di avere un capitale immobiliare a disposizione per rilanciare l'economia. Quindi non sarebbe un'acquisizione a perdere, sarebbe un dare per avere, dare e liberare il sistema bancario da sofferenze e avere, disporre di un patrimonio immobiliare altrimenti inerte che pesa sulle banche e pesa per il Paese e che chiede di essere attivato. Queste sono proposte che noi facciamo e che riteniamo molto coerenti, anche concrete, che vanno da un lato a metterci in una condizione di tranquillità, a prezzo credo basso, dall'altro a rilanciare di fatto un piano di investimenti pubblico, dall'altro restituisce stabilità al sistema bancario.
È necessario però uscire da quest'idea un po’ folle che anche quando si accettano condizioni capestro da parte dell'Unione europea, anche quando c’è una condivisione larga, se non unanime, da parte della politica su un giudizio negativo su queste condizioni capestro, anche quando persino la Banca d'Italia, che normalmente non è mai molto critica nei confronti della BCE, certifica che c’è un problema oggettivo ed evidente, ecco se anche in queste condizioni la politica alla fine si muove a vuoto e manda avanti il Presidente del Consiglio con atteggiamenti così apparentemente da Capitan Fracassa per cui senza una strategia si muove in Europa insultando un giorno l'uno e un giorno l'altro, ecco noi chiederemmo al Presidente del Consiglio di non insultare nessuno, perché non ne vale la pena, ma di essere invece molto fermo nel tutelare gli interessi nazionali. Il bail-in è una legge come tutte le altre, spetta a questo Parlamento eventualmente anche decidere di sospenderne l'applicazione. Io credo che questo sia il mandato che questa Camera deve dare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Sottanelli, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01155. Ne ha facoltà.
GIULIO CESARE SOTTANELLI. Grazie Presidente, con il decreto legislativo n. 180 si è data attuazione nel nostro ordinamento Pag. 43alla direttiva n. 59 del 2014, quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, recependo in parte soluzioni già utilizzate in alcuni ordinamenti anglosassoni, conferendo alle autorità di vigilanza vari strumenti e soluzioni per prevenire e gestire con efficienza situazioni di crisi bancarie mediante una flessibilità prevista e sottesa al sistema del cosiddetto bail-in. Come è noto, trattasi di una soluzione di salvataggio delle banche che non si basa su fonti esterne, e cioè a carico dello Stato e della collettività, così come è avvenuto con le generose ricapitalizzazioni o con prestiti d'emergenza in altri Paesi europei, bensì di un procedimento che in via prioritaria ricade sugli azionisti e creditori della banca in crisi, su coloro quindi che avrebbero teoricamente accettato un rischio con la dovuta consapevolezza per lasciare poi, ed in via residuale, un ultimo intervento al sistema bancario che, tramite meccanismi di finanziamento, completi l'opera di risanamento della crisi bancaria. Il decreto legislativo rappresenta certamente un'opera molto gravosa considerato che nei limiti di quando possibile non è riuscito in modo compiuto ad adeguare la direttiva n. 59 del 2014 alla normativa domestica ma vi si è sovrapposta lasciando all'interprete la collocazione sistematica della nuova disciplina e dei relativi collegamenti normativi.
La mancata o incompleta integrazione nelle norme non fa cogliere in pieno le varie forme di flessibilità della direttiva stessa, applicabili e modulabili in fase di attuazione secondo le caratteristiche e le esigenze esprimibili nel nostro Paese.
La tendenza all'autoreferenzialità del sistema bancario nella gestione delle crisi bancarie può e deve essere mitigata sia con le diverse tradizioni giuridiche dei vari Paesi dell'Unione europea sia per riconsiderare che tali interventi non sono avulsi dal tessuto economico-sociale ove si applicano. Si lascia, infatti, un'ampia discrezionalità di innesco delle nuove procedure di risoluzione alle autorità di vigilanza che, oltre a controllare, dovrebbero anche informare la platea dei consumatori sulla situazione delle banche operanti in Italia.
Il legislatore, invece, dovrebbe chiarire come la nuova disciplina si affianchi o integri le procedure esistenti quali l'amministrazione straordinaria o la liquidazione coatta amministrativa bancaria, evitando la sovrapposizione di norme ambigue.
L'applicazione dei nuovi poteri conferiti all'autorità di vigilanza appare molto ampia tanto da invadere e limitare l'autonomia privata sia a livello di governance sia a livello di assetti proprietari su presupposti prognostici di eventuali situazioni di dissesto.
Pur riconfermando l'orientamento favorevole dell'Italia al meccanismo del bail-in rispetto alle opposte logiche di intervento nei salvataggi bancari mediante risorse pubbliche che ricadrebbero sulla collettività, riteniamo utile sottoporre alle istituzioni europee proposte volte ad introdurre tutte le possibili forme di flessibilità, di modulazione circa l'applicazione del bail-in, tenuto anche conto dell'attuale tensione del sistema bancario internazionale.
È importante, inoltre, riprendere le trattative con la Commissione europea sui meccanismi di sostegno al sistema bancario per l'autorizzazione di ulteriori misure di aiuto che consentano una dismissione ordinata e razionale dei crediti deteriorati da parte del sistema bancario.
È opportuno, altresì, promuovere in Europa ogni iniziativa volta ad assicurare che le disposizioni in materia di bail-in si applicano esclusivamente alle nuove passività ammissibili al bail-in che si realizzano dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo e non su quelle già in essere per tutelare il principio di adeguata informazione dei sottoscrittori dei titoli oggetto del bail-in.
Ci sembra, inoltre, utile e necessario favorire la parziale esclusione dal bail-in del cosiddetto conto titoli, così come previsto al comma 1, lettera c), dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 180 concernente la disponibilità detenuta nella prestazione di servizi e attività di investimento e Pag. 44accessori ove, a seguito di una prassi operativa bancaria la disciplina legale prevista all'articolo 1838 codice civile, (deposito di titoli in amministrazione), viene viziata e distorta. Con l'applicazione di un conto si trasforma di fatto l'accredito del conto valore dei titoli stessi, degli interessi o dei dividendi in un deposito rientrante nell'alveo di quelli protetti sino a 100.000 euro ma che non esclude tali disponibilità dal bail-in oltre tale soglia.
A ciò si aggiunga che, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, del testo unico della finanza di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, quando i titoli sono in corso di investimento costituiscono patrimonio distinto e separato da quello della banca e quindi godono di protezione dalle procedure concorsuali a carico di questa.
Quando, invece, tale disponibilità si trasforma in denaro, non opera la predetta separazione patrimoniale.
Insomma un concetto di disponibilità che nella direttiva n. 59 viene lasciata alla libera interpretazione o integrazione delle prassi e della normativa di ogni Paese membro che dovrebbe modularle a favore della collettività dei risparmiatori.
Riteniamo, pertanto, che si debba intervenire con iniziative normative affinché il limite dei 100 mila euro non si applichi nei nove mesi successivi all'accredito o dal momento in cui divengono disponibili con riferimento ai depositi delle persone fisiche aventi ad oggetto importi derivanti dal cosiddetto conto titoli.
Chiediamo ancora al Governo di attivarsi per ottenere il rapido perfezionamento del processo di integrazione bancaria europea senza però accettare che il suo perfezionamento possa comportare modifiche nei criteri di valutazione dei rating bancari in funzione dei titoli di debito sovrano detenuti in portafoglio.
È importante anche affermare che il divieto di intervento mediante risorse pubbliche non si possa considerare esteso anche agli interventi derivanti da fondi alimentati dal sistema bancario, a prescindere dalla cogenza o meno del loro utilizzo, per effetto di apposita norma di legge.
Non ultimo e per concludere, riteniamo che gli organi di controllo Banca d'Italia e Consob si adoperino per una periodica informativa ai consumatori circa la situazione degli istituti di credito operanti in Italia e istituendo, ad esempio, nel proprio sito Internet un'apposita sezione dedicata ai consumatori che aiuti a comprendere lo stato di salute delle banche di riferimento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Buttiglione. Scusate, ci aveva già avvisato che non sarebbe riuscito ad intervenire.
È iscritto a parlare il collega Currò che illustrerà la mozione Pelillo ed altri n. 1-01160, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
TOMMASO CURRÒ. La ringrazio, Presidente, colleghi, l'Europa ha vissuto in questi anni il periodo di recessione più lungo e più duro dagli anni Trenta.
Questa crisi di natura finanziaria, innescata nel 2007 dal fallimento delle maggiori banche di investimento americane, ha chiaramente colpito il mondo economico e produttivo determinando, conseguentemente, una lunga scia di fallimenti di molte imprese.
Questa condizione di crisi diffusa ha messo a dura prova il sistema bancario europeo e in Italia l'ammontare delle sofferenze bancarie ha sfiorato cifre intorno ai 200 miliardi di euro.
Va subito sottolineato che molti Paesi europei, tra cui Spagna, Irlanda e Grecia, hanno destinato ingenti risorse pubbliche a sostegno dei propri sistemi bancari; la Germania, che spesso prendiamo a riferimento delle nostre performances economiche, ha erogato aiuti per un importo complessivo pari a circa l'8 per cento del suo PIL nel periodo 2008-2014.
L'Italia, nonostante l'evoluzione sfavorevole della propria economia, ha, viceversa, registrato un flusso pur contenuto di ricavi fiscali positivi sotto forma di interessi e commissioni sugli strumenti acquistati pari a circa 1,5 miliardi di euro Pag. 45a fronte di un impegno degli aiuti sul debito molto modesto, pari a 0,1 punti percentuali di PIL.
Il nostro sistema ha, quindi, reagito alla crisi senza sostanziale aiuto pubblico e senza necessità di intaccare il debito. È proprio il legame tra il debito sovrano e il debito bancario insoluto che crea quel circolo vizioso nell'intervento dello Stato, aggravato per il fatto che molte banche sono, a loro volta, detentrici di titoli del debito pubblico e per bloccare questo meccanismo e per frenare gli inevitabili effetti del moral hazard, acuiti dal perdurare della crisi, è prevalsa l'idea, in Europa e negli Stati Uniti, di coinvolgere gli investitori privati, azionisti, obbligazionisti e grandi correntisti nei processi di risoluzione delle crisi bancarie e non gravare più sui contribuenti e sul debito, il cosiddetto bail-in o salvataggio interno, appunto; se so di avere un paracadute pubblico, infatti, il mio comportamento razionale è quello di assumermi sempre più rischi, privatizzando così i profitti e socializzando le perdite.
Con il bail-in azionisti, obbligazionisti e clienti, nell'ordine, dovrebbero, invece, essere più sensibili e attenti ad esercitare un controllo informato sull'operato della banca.
Non è sul piano della ragionevolezza che si può, dunque, articolare una critica tout court all'adozione del nuovo sistema di risoluzione delle crisi, anche perché se oggi il tema di discussione e dibattito ricade sulla tutela dei risparmiatori e dei creditori per i fatti spiacevoli che li hanno visti di recente coinvolti non dobbiamo dimenticare che lo scenario di partenza di qualche anno fa era interamente incentrato sul problema dei debiti sovrani degli Stati; ricorderemo i casi di Cipro, Grecia e il tema dello spread.
Il bail-in è stata la risposta al problema sorto all'inizio della crisi; è, tuttavia, innegabile che nella pratica attuativa del nuovo sistema di regole sono sorte non poche perplessità, evidenziate anche delle ultime tensioni sui mercati borsistici. L'applicazione del bail-in nel complesso sistema di riforma bancaria riveste un ruolo susseguente all'attivazione di una serie di strumenti di gestione delle crisi.
Ecco, dunque, che assume fondamentale rilievo l'iter di completamento dell'unione bancaria, con il sistema di garanzia dei depositi in corso di definizione a livello europeo e che insieme al primo pilastro, il meccanismo unico di vigilanza, renderà più solido il sistema finanziario.
Le nuove regole sulla vigilanza prudenziale hanno obbligato le banche a detenere maggiori scorte di capitale, maggiore liquidità e un grado più basso di leva finanziaria, ponendo vincoli più stringenti alle banche a maggiore rischio sistemico, la cui crisi può minare la stabilità complessiva del sistema finanziario, un ulteriore sforzo richiesto appositamente per attivare quei meccanismi anticiclici a salvaguardia dell'intero sistema economico nelle fasi recessive.
Da ciò potrà derivare, tuttavia, una compressione della redditività ed un possibile riflesso negativo sull'economia reale. Per questo motivo la transizione deve procedere con gradualità, onde consentire anche processi di riassetto dimensionale ed organizzativo che mettano in moto economie di scala e rendano più efficiente la funzione del credito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Giacomoni, che illustrerà anche la mozione Brunetta ed altri n. 1-01162, di cui è cofirmatario.
SESTINO GIACOMONI. Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, oggi nell'affrontare il tema della gestione delle crisi bancarie e della tutela dei risparmiatori non possiamo non partire da quello che sta avvenendo nei mercati finanziari. La crisi economica internazionale e, in particolare, europea sta travolgendo il nostro Paese, i mercati scendono in tutto il mondo, ma gli speculatori attaccano principalmente l'Italia. Piazza Affari, dall'inizio del 2016, ha perso circa il 25 per cento della sua capitalizzazione e il crollo ha riguardato, in particolare, i titoli del settore bancario. Le banche, a causa dei Pag. 46ripetuti errori di questo Governo, stanno diventando il punto debole del nostro sistema. Il Governo, infatti, con i decreti legislativi n. 180 e n. 181 del 2015, che hanno recepito la direttiva europea 2014/59/UE, ha di fatto minato la credibilità del sistema bancario italiano. Il Governo Renzi ha avuto a disposizione due anni per consentire al sistema bancario e ai risparmiatori italiani di prepararsi all'entrata in vigore della normativa europea sul bail-in e, invece, ha ignorato il problema, salvo poi recepire senza dire nulla questa direttiva, facendo pagare l'eventuale fallimento di un istituto bancario, non solo agli azionisti, ma anche agli obbligazionisti e ai correntisti per i depositi sopra i 100.000 euro. Poi, con il varo del decreto n. 183 del 2015, il Governo ha completato l'opera, si è proposto unicamente di salvare, in fretta e furia, le quattro banche amiche, a danno degli azionisti e degli obbligazionisti, prefigurando una chiara violazione del disposto di cui all'articolo 47 della Costituzione che tutela il risparmio in tutte le sue forme. Tutto questo ha causato una crisi di fiducia degli italiani nei confronti del sistema creditizio, sfiducia che sta scatenando il cosiddetto panico finanziario. Renzi sta provocando l'effetto opposto di quello che dovrebbe fare un Presidente del Consiglio, il suo Governo mina la credibilità del sistema bancario italiano, tartassa il risparmio e finisce per far scappare i risparmiatori che, ritirando i loro risparmi dalle banche italiane, rischiano di provocare l'avvitamento del sistema ed il fallimento della nostra economia e del nostro Paese. Questo Governo fa l'esatto opposto di quello che fece Berlusconi quando, nel 2008, agli inizi della crisi ed a seguito del fallimento della Lehman Brothers, intervenne subito in tv, dicendo che nessuna banca in Italia sarebbe fallita e nessun risparmiatore avrebbe perso un euro. Il Governo Berlusconi per mantenere fede all'impegno preso varò subito un decreto interministeriale in cui stanziava 20 miliardi di euro da destinare ad eventuali interventi per il salvataggio di istituti bancari in crisi, facendo capire che in caso di necessità lo Stato sarebbe intervenuto. Il decreto servì a dare un segnale forte per fermare la speculazione, tant’è vero che portò tranquillità e non fu mai usato. Dopo questo intervento nulla è stato fatto dagli altri Governi che si sono succeduti per mettere in sicurezza i nostri istituti bancari prima del recepimento della direttiva europea, cosa fatta, invece, da tutti gli altri Paesi.
Cari colleghi, ad onore del vero occorre ricordare che il sistema bancario italiano sta diventando l'anello debole dell'Europa anche perché la nostra economia, in questi anni, è stata messa alle corde da una profonda crisi economica, gestita malissimo dai tre Governi non eletti dal popolo che si sono succeduti dal 2011 ad oggi. È bene sempre ricordare che l'ultimo Presidente del Consiglio scelto dai cittadini italiani è stato, nel 2008, Silvio Berlusconi, oggi siamo nel 2016 e in questi ultimi cinque anni si sono alternati tre Presidenti non eletti dagli italiani, ma scelti dallo stesso Presidente della Repubblica. La vera differenza tra un Presidente del Consiglio eletto dal popolo ed uno scelto dal Palazzo è che il primo risponde ai suoi elettori, gli altri rispondono solo a se stessi e ai loro amici. Questo aspetto è talmente evidente che quando nel 2008 fu eletto il Governo Berlusconi la prima cosa che fece fu quella di mantenere gli impegni presi in campagna elettorale, eliminò l'ICI, cancellando ogni tassazione sulla prima casa, eliminò la tassa di successione e la tassa sulle donazioni, affrontò e risolse con successo sia l'emergenza rifiuti di Napoli che il terremoto in Abruzzo, il tutto senza mai aumentare le tasse degli italiani.
Come ben sapete, poi nel 2011 le pressioni dell'Europa, l'inganno dello spread e la compiacenza di qualche alta carica dello Stato italiano fecero cadere il Governo Berlusconi; e fu nominato al suo posto il Presidente Monti, che non dovendo rispondere ai cittadini pensò bene di riempirli di tasse, cominciando proprio da quelle sulla casa, che da sogno si trasformò ben presto in un incubo degli italiani.
Con l'aumento dissennato delle tasse, il Governo Monti, anziché risolverla, ha aggravato Pag. 47e prolungato la crisi, determinando un crollo della domanda e quindi del valore degli immobili: ossia determinando un netto calo della ricchezza per oltre l'80 per cento degli italiani che hanno una casa di proprietà. Con il prolungarsi della crisi, oltre 100 mila imprese e aziende sono fallite e non hanno più onorato i loro debiti con le banche: debiti che si sono trasformati in sofferenze, passate da 59,1 miliardi del 2009 ad oltre 201 miliardi del 2015.
Questa gestione dissennata della crisi ha quindi generato il problema delle sofferenze; anche se, in realtà, quello dei crediti deteriorati delle banche è un falso problema. Il sistema bancario italiano infatti è solido, perché a fronte dei 201 miliardi di sofferenze, ci sono 115 miliardi di accantonamenti e immobili di valore in garanzia. Possiamo sicuramente affermare che i crediti deteriorati delle nostre banche hanno un tasso di copertura tra i più alti dell'Eurozona.
Se il Governo Monti ha fatto crescere a dismisura il problema dei crediti deteriorati, il Governo Renzi lo ha fatto esplodere. Infatti, a seguito del decreto-legge n. 183 del 2015, i valori di riferimento utilizzati per la svalutazione dei crediti deteriorati delle banche salvate sono stati inopportunamente estesi a tutto il sistema bancario; questo fatto ha scatenato la corsa a liberarsi subito delle sofferenze a qualsiasi prezzo, attraverso la creazione di una bad bank.
Dopo il Governo Monti arrivò il Governo di Enrico Letta, anche lui nominato da Napolitano, ma in breve tempo sostituito da Renzi con un tweet ormai cinicamente famoso: «Enrico stai sereno». Come il Governo Monti ha colpito e affondato la casa, un pilastro fondamentale per le famiglie italiane, così il Governo Renzi ha pensato bene di colpire l'altro pilastro delle famiglie, il risparmio. La crisi e la paura di nuove tasse introdotte dai tre Presidenti del Consiglio non eletti hanno frenato i consumi delle famiglie e bloccato gli investimenti delle imprese; l'effetto perverso del rigore in questi anni ha fatto sì che i soldi ci sono, ma non circolano: tant’è vero che dal 2014 al 2015 i risparmi degli italiani sono aumentati, da 1.494 miliardi a 1.599 miliardi. Come diceva Winston Churchill, risparmiare è un'ottima cosa, soprattutto se a farlo sono i genitori per te; mentre però i nostri genitori risparmiavano per libera scelta, oggi si risparmia per paura – e tra un po’ si avrà paura anche di risparmiare, perché gli italiani non si fidano più delle banche.
Nel 2014, appena insediato, il Governo Renzi, trovando nelle banche questa enorme quantità di risparmio, ha pensato bene di metterci sopra le mani: ha aumentato la tassazione sui redditi di natura finanziaria, e quindi sul risparmio, dal 20 al 26 per cento, ha aumentato l'aliquota della tassazione sui fondi pensione dall'11 al 20 per cento, ha aumentato l'aliquota della tassazione per la rivalutazione del trattamento di fine rapporto dall'11 al 17 per cento, ha introdotto una patrimoniale sui risparmi attraverso un'imposta di bollo del 2 per mille sui tutti i prodotti finanziari, ivi compresi i depositi bancari e postali. Oggi, sommando la ritenuta fiscale del 26 per cento alla patrimoniale del 2 per mille sui depositi, il carico fiscale complessivo del risparmiatore che acquista obbligazioni bancarie è pari al 36 per cento: grazie al Governo Renzi l'Italia ha raggiunto il primato della tassazione più elevata sul risparmio tra i principali Paesi. Nel frattempo, l'aliquota fiscale sui titoli di Stato e sulla raccolta delle Poste è rimasta invariata al 12,5 per cento, determinando uno svantaggio competitivo per il sistema bancario. Oggi le banche sono in condizioni oggettivamente più difficili rispetto a quando c'era il Governo Berlusconi: questo non solo per le tasse introdotte sul risparmio, ma soprattutto per il fatto che il Governo Renzi ha sottovalutato il problema che avrebbe investito il settore bancario, non è intervenuto tempestivamente e quando lo ha fatto ha sbagliato tutto; ha sbagliato i tempi, le modalità e l'approccio con l'Europa.
Come affermato in più occasioni anche dal Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, si sarebbe dovuto sostenere con forza che un'applicazione immediata e Pag. 48soprattutto retroattiva dei meccanismi di burden sharing fino al 2015 e successivamente del bail-in avrebbe potuto comportare, oltre che un aumento del costo e una rarefazione del credito all'economia, anche rischi per la stabilità finanziaria. Sarebbe stato quindi preferibile un passaggio graduale e meno traumatico, tale da permettere ai risparmiatori di acquisire piena consapevolezza del nuovo regime e di orientare le loro scelte di investimento in base al mutato scenario. Serviva un approccio mirato, con l'applicazione del bail-in solo a strumenti provvisti di un'espressa clausola contrattuale; serviva un adeguato periodo transitorio, che avrebbe consentito alle banche di emettere nuove passività espressamente assoggettabili a tali condizioni.
È bene ricordare che la direttiva contiene una clausola che ne prevede la revisione, da avviare entro giugno 2018: è auspicabile che questa occasione sia sfruttata subito, facendo tesoro dell'esperienza, per meglio allineare la disciplina europea con gli standard internazionali.
Oggi noi in quest'Aula invitiamo il Parlamento e il Governo a valutare con molta attenzione l'appello lanciato ieri dal presidente dell'ABI, volto a promuovere un'iniziativa forte e coordinata presso le istituzioni europee affinché la normativa sul bail-in venga sospesa, finché non sia resa compatibile con la Costituzione italiana e con il quadro d'insieme dell'Unione bancaria. Forza Italia ribadisce, come ha già fatto quando era al Governo, il proprio impegno per la tutela del risparmio, così come previsto dall'articolo 47 della Costituzione. Per questo siamo convinti che occorre ristabilire subito la fiducia dei risparmiatori italiani nei confronti del sistema bancario: la prima cosa da fare è rimborsare subito i risparmiatori coinvolti, loro malgrado, nel salvataggio delle quattro banche, senza attendere istruttorie inevitabilmente lunghe e di parte. Occorre subito un decreto-legge «salva clienti», un decreto-legge «salva risparmiatori», utilizzando non i soldi dei contribuenti ma delle stesse banche, attraverso il Fondo interbancario di tutela dei depositi: gli istituti bancari hanno tutto l'interesse affinché si ristabilisca il clima di fiducia nei confronti del sistema creditizio e finanziario, per bloccare il crollo a cui assistiamo in questi giorni.
I risparmiatori vanno rimborsati tutti e subito, perché le obbligazioni subordinate da loro sottoscritte non prevedevano la partecipazione ad eventuali salvataggi interni alla banca. In base alla nostra Carta, la retroattività è incostituzionale, sempre: quindi, anche nel caso della legge cosiddetta Severino applicata retroattivamente a Berlusconi – ma questo è un altro discorso. Occorre poi istituire subito una Commissione bicamerale d'inchiesta che faccia chiarezza sui fatti anomali avvenuti nel settore bancario, soprattutto nell'ultimo anno, e ponga le condizioni affinché i risparmiatori vittime di abusi vengano ristorati dai responsabili del maltolto, evitando che casi simili si possano ripetere in futuro. Occorre fare di tutto per restituire ai cittadini il diritto di non aver paura della propria banca, il diritto di non aver paura di risparmiare per se stessi e per i propri figli: ieri chi risparmiava era un tirchio, oggi, da quando c’è questo Governo, chi risparmia è un eroe. Oggi noi chiediamo che il Governo si impegni ad adottare ogni iniziativa a livello europeo volta modificare la direttiva europea sul bail-in; rivedere la disciplina europea sugli aiuti di Stato; disporre una garanzia europea comune sui depositi bancari; sollecitare l'avvio di campagne di informazione, volte a spiegare gli effetti della nuova normativa; richiedere la corretta e uniforme applicazione delle direttive del bail-in nei vari Stati membri; prevedere prospetti informativi chiari e leggibili.
Per raggiungere questi obiettivi, il Governo Renzi dovrebbe portare gli altri leader europei sulle posizioni dell'Italia, come fece Berlusconi per la nomina di Mario Draghi alla Presidenza della BCE: Renzi dovrebbe cercare alleanze tra i partner europei, soprattutto per far cadere il veto tedesco sulla garanzia europea comune sui depositi bancari; in un colpo solo risolverebbe il problema delle banche e riuscirebbe ad evitare la vendita in Pag. 49blocco dei titoli di Stato italiani, con le conseguenze drammatiche che abbiamo già avuto modo di conoscere sull'economia e sulla democrazia italiana. Purtroppo, però, il nostro Presidente del Consiglio lancia attacchi all'Europa come se fosse una questione personale: è disposto a tutto pur di avere via libera sul suo deficit spending, danneggiando ulteriormente l'Italia. Francia e Germania infatti approfittano di questo atteggiamento per far passare tutte le proprie proposte svantaggiose per l'Italia: ad un contesto macroeconomico negativo si aggiunge un intento punitivo nei confronti del nostro Paese. L'Italia oggi è sola in un mondo in tempesta, vediamo che è in corso un attacco specifico come nel 2011 e peggio del 2011: allora le grandi centrali della speculazione avevano di mira i titoli di Stato, puntavano ad impossessarsi del nostro Paese colpendo il debito sovrano; oggi colpiscono il sistema bancario per destabilizzarlo ed impossessarsene.
Occorre incidere sulle regole europee, non facendo gli sbruffoni, ma sapendo far valere a Bruxelles, a Berlino e a Parigi il nostro peso economico e morale; ma per far questo servirebbe una guida efficace e autorevole, che faccia presente che in questa guerra finanziaria, se soccombe, l'Italia trascina nel disastro l'Europa intera. Purtroppo, però, nel nostro Paese al momento viviamo in una fase di democrazia sospesa, da troppi anni non abbiamo un Presidente del Consiglio legittimato dal voto popolare: essere l'unico Premier europeo non eletto democraticamente dai cittadini rende Renzi debole ed ininfluente. Quindi, caro Presidente del Consiglio, se non riesce a farsi rispettare in Europa, prima che il sistema bancario e con esso l'economia del nostro Paese vengano travolti dalla tempesta perfetta che è in corso, si faccia da parte e consenta agli italiani di decidere liberamente con il voto da chi farsi governare in modo serio, autorevole e rispettato nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Petrini. Ne ha facoltà.
PAOLO PETRINI. Presidente, sottosegretario, colleghi, credo sia opportuno contestualizzare questa vicenda del bail-in e la particolare situazione economico-finanziaria che sta attraversando non solo il mondo intero ma in particolare l'Europa e l'Italia. Vorrei ricordare, soprattutto per quel che riguarda l'Italia, cosa è successo dal 2008 sino ad oggi: abbiamo perso il 10 per cento di PIL in termini reali, il 25 per cento di produzione e sono fallite quasi 100 mila aziende, tant’è che nelle sottostanti, pesanti sofferenze bancarie solo il 15 per cento è rappresentato da immobili residenziali, mentre l'85 per cento da immobili produttivi, proprio a testimonianza del tifone che si è abbattuto sulla nostra struttura economica, fatta da piccole e medie imprese che dipendevano totalmente dal sistema bancario per svolgere la propria attività e con un sistema bancario che dipendeva totalmente da queste piccole e medie impresse per le sue performance, che quindi sono immediatamente cadute, tant’è che le sofferenze sono aumentate. I crediti deteriorati sono aumentati di quattro volte, dal 2008 fino al 2015: dagli 85 miliardi di euro lordi di crediti deteriorati del 2008 siamo arrivati oggi ai 360 miliardi di euro lordi; una situazione difficile, complicata, che ci vede purtroppo in buona compagnia in Europa, ma che ci vede tra i più esposti, proprio, come dicevo, per via della nostra particolare struttura economica e per la dipendenza delle impresse unicamente dal sistema bancario in termini di finanziamento. Come sapete, questa situazione ha portato nel corso del tempo alla stratificazione di una serie di norme che hanno tentato di rafforzare il sistema bancario europeo, migliorando i parametri, soprattutto attraverso continue ricapitalizzazioni con le quali si cercava proprio di far fronte ai rischi; ricapitalizzazioni che hanno reso le nostre banche più sicure ma meno in grado di svolgere la loro attività, che è Pag. 50quella di prestare soldi ai cittadini, alle famiglie e alle imprese per far sì che l'economia possa crescere e progredire. Soprattutto, l'intreccio che nel corso del tempo ha visto soprattutto i nostri partner europei far sì che queste ricapitalizzazioni avvenissero attraverso il contributo pubblico ha indotto la stessa Commissione europea a rompere questo circuito, che stava diventando molto pericoloso – naturalmente anche per i bilanci dei diversi Stati –, e ammettere nuove regole, che naturalmente stanno sotto il cappello dell'Unione bancaria europea, che vede una vigilanza unica a cui si danno anche strumenti diversi rispetto al passato in termini anche di prevenzione e quindi di maggior capacità di intervento in quelle che sono le situazioni patologiche delle nostre banche; poi, naturalmente c’è anche l'aspetto che è al centro delle mozioni in discussione oggi, cioè quello legato alla risoluzione delle banche in crisi e al meccanismo del bail-in, che appunto, nella sua terminologia inglese, si distingue dal bail-out, che era la situazione precedente, caratterizzata proprio da un salvataggio esterno, mentre in questo caso le risorse devono essere cercate e trovate all'interno. Che cos’è quindi il bail-in, qual è il suo obiettivo principale ? Il suo obiettivo principale è quello di poter ricapitalizzare le banche allo scopo di far sì che l'attività di queste posta continuare, soprattutto di quelle naturalmente più grandi, che non hanno alternativa, da questo punto di vista. Se oggi sospendessimo il bail-in, in assenza di un meccanismo alternativo per ricapitalizzare le banche, che cosa accadrebbe ?
Io credo che una situazione difficile sarebbe trasformata immediatamente in una tragedia. Credo che nostro dovere non sia quello di rimuovere le regole appena messe in piedi, assegnandogli la responsabilità di tutto il male del mondo, senza approntare nessuna soluzione alternativa. Credo sia questo il nostro dovere e, per quel che riguarda il Partito Democratico, noi crediamo fermamente che questo sia uno di quei casi in cui non bisogna tornare indietro ma andare avanti, in maniera forte e determinata. Quello che è il sistema messo in piedi dall'Europa, il sistema dell'Unione bancaria, che, ricordo, è stato messo in piedi in pochissimo tempo ed è un sistema complessissimo, che naturalmente doveva esser messo in piedi anche per la trasformazione, al di là della crisi che ha avuto il nostro sistema bancario, che si è internazionalizzato, ha bisogno di un completamento, che naturalmente, nell'immediato, nei tempi più brevi possibili, non può che essere quello dell'assicurazione dei depositi, cioè della mutualizzazione dei rischi attraverso tutti gli Stati europei, in maniera tale che non vi siano differenze nei diversi sistemi bancari. Il bail-in già rispondeva a questo, perché naturalmente i costi di raccolta in Germania erano più bassi che in Italia, quando le banche erano garantite dallo Stato. Ma così è ancora, proprio perché manca quest'ultimo tassello dell'Unione bancaria, che consiste appunto nella tutela dei depositi e nella mutualizzazione di questo rischio. Il bail-in, voglio ricordarlo, è un sistema che naturalmente impone di pagare le crisi a coloro che, in prima battuta, sono i proprietari della banca, cioè gli azionisti e i detentori di obbligazioni subordinate, cioè di obbligazioni non garantite, e poi, successivamente, anche ai normali obbligazionisti e ai detentori di depositi sopra i 100 mila euro, perché, come sappiamo, fino a 100 mila euro c’è la tutela del Fondo interbancario di garanzia. Sappiamo già – perché questo ci dicono i parametri delle nostre banche, che sono migliorati proprio attraverso l'opera di continua ricapitalizzazione che c’è stata nel corso del tempo – che, se anche oggi ci fosse una crisi diffusa nel nostro sistema bancario, non si arriverebbe neanche alle obbligazioni se non solo in qualche caso, ma certamente non per le prime tredici banche italiane; non si arriverebbe mai ai depositi, né ai depositi dei singoli risparmiatori né tanto meno ai depositi corporate, quelli delle nostre imprese, perché il sistema, malgrado sia appesantito da Pag. 51quest'enorme massa di crediti deteriorati, è un sistema solido, che però non riesce a fare il proprio mestiere, che, come dicevo prima, consiste appunto nel prestare denaro. Allora, è proprio questo uno degli altri obiettivi che deve caratterizzare l'azione del Parlamento e di questo Governo: insieme al completamento dell'Unione bancaria, deve essere messa in piedi una discussione che, finalmente, così come è stato fatto negli Stati Uniti d'America, si proponga di affrontare in maniera più solidale questo tipo di vicende. Io credo che un sistema comune di smaltimento delle sofferenze sia una delle questioni che dovremmo mettere in piedi. Credo che ci voglia una capacità propositiva non semplice, ma certamente non riusciremo a raggiungere i nostri obiettivi se continuiamo a parlare di banche scomode per il Governo o di banche amiche del Governo, individuando con questi termini esattamente le quattro banche che il Governo ha salvato il 22 novembre scorso; ma le ha salvate permettendo loro di continuare a fare servizi utili per le comunità dove risiedono. Servizi che oggi permettono ancora a quelle economie di poter sperare di riemergere da questa crisi così drammatica.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Carla Ruocco. Ne ha facoltà.
CARLA RUOCCO. Grazie, Presidente. Noi, con questa mozione, chiediamo che venga ripristinata la civiltà nel risparmio per il rispetto dei cittadini, dei risparmiatori inconsapevoli e della Costituzione, che, all'articolo 47, chiede che il risparmio venga aiutato ed incentivato. La stessa Costituzione che, quando si toccano i voltagabbana, viene invocata da tutti i gruppi politici e poi, nello stesso tempo, viene calpestata, quando, invece che tutelare i voltagabbana, bisogna dare una mano ai risparmiatori. Proprio il bail-in è una normativa capestro per i risparmiatori inconsapevoli, che si sono trovati, loro malgrado, a diventare improvvisamente, grazie ai partiti – tranne il MoVimento 5 Stelle – che l'hanno votato, azionisti in perdita delle banche.
Quindi, quando la banca guadagna, non è niente per nessuno; quando la banca perde, a questo punto si può rivalere, addirittura, sui conti correnti. Ovviamente, questa è una normativa che deve essere rivista, per usare un eufemismo, e deve essere rivista alla svelta, rapidamente. È per questo motivo che oggi chiediamo questo, perché, relativamente alla tutela del risparmio, i Governi che si sono susseguiti, quando non hanno fatto danni, sono stati completamente inerti. Ricordiamo che nell'agosto 2013 è stata votata a Bruxelles una comunicazione del settore interbancario che introduceva un pre bail-in, che era la cosiddetta burden sharing, che prevede quello che abbiamo visto fare fondamentalmente nella cosiddetta normativa chiamata «decreto salva banche», con un bel gioco di fantasia, che prevedeva, appunto, l'annullamento di risparmi, fondamentalmente, l'azzeramento di azioni ed obbligazioni subordinate per persone, per gente, che inconsapevolmente le avevano acquistate precedentemente.
E la loro inconsapevolezza non è dettata dall'ignoranza, ma semplicemente da un sistema che non vuole che la gente che entra in una banca sappia a cosa va incontro, perché bisogna propinare prodotti finanziari a retail senza alcun pudore. E allora si vendono con prospetti informativi praticamente indecifrabili, senza gli scenari probabilistici che indichino i veri rischi a cui un risparmiatore può andare incontro. E perché questo ? Perché si deve coprire il sistema bancario, che troppo spesso è oggetto, è condotto attraverso regole di un capitalismo di mera relazione.
Si strozzano le imprese, chi vuole produrre, con tassi di interesse usurari, e, contemporaneamente, si elargisce a perdita agli amici degli amici. E non lo stiamo dicendo noi: lo dicono le inchieste, lo dicono i fatti, lo dice la fine che hanno fatto le quattro banche, tra cui non è mai sufficiente ricordare Banca Etruria, Pag. 52guarda caso, che porta in pancia un enorme conflitto di interessi, scandaloso e vergognoso, su cui ancora aspettiamo una risposta.
E, allora, è per questo motivo che non è possibile che, a valle di questa impalcatura perversa, che è stata architettata per distruggere il risparmio dei cittadini, siano queste stesse persone a pagare il prezzo.
Noi siamo in quest'Aula per difendere questa gente; li abbiamo difesi nelle piazze, li abbiamo difesi con gli atti parlamentari, e non ci stancheremo. Questa normativa capestro deve essere assolutamente cancellata e devono pagare le persone e la gente che da questo sistema si arricchiscono e continuano ad arricchirsi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Pelillo. Ne ha facoltà.
MICHELE PELILLO. Grazie, Presidente, sottosegretario, colleghi, stavo riflettendo, ascoltando tutti gli interventi che ci sono stati stasera, e pensavo tra me che il termine bail-in, soltanto nell'ottobre dell'anno scorso, era un termine conosciuto davvero da pochi, forse solo dagli addetti ai lavori, e anche qui dentro, anche in quest'Aula, era un termine pressoché sconosciuto. Oggi questo argomento è salito agli onori della cronaca, oggi questo argomento è diventato quasi un argomento da bar, e, comunque, da discussione quotidiana.
In soli tre mesi abbiamo potuto constatare questa particolare diversità, che, in campo finanziario, sinceramente, difficilmente abbiamo potuto constatare in altre circostanze. Non vorrei che questa dinamica di grande discussione portasse questo argomento fuori dai binari del buonsenso e dell'oggettività; per cui, nel mio intervento mi sforzerò di riprenderlo molto brevemente e, soprattutto, di ricondurlo in un alveo che, in qualche modo, può essere condiviso, se non da tutti, ma dalla grande parte di quest'Aula e del Parlamento. È evidente che la volatilità che ha colpito i mercati globali, e in modo particolare il settore bancario europeo e italiano negli ultimi tempi, dimostra ancora una volta la necessità di rafforzare il sistema bancario e rafforzarlo su due livelli.
Un primo livello è quello nazionale, un secondo livello è quello europeo. Allora, verifichiamo un po’ cos’è stato fatto, cosa si sta facendo, per raggiungere questi obiettivi. Penso che su questa semplice considerazione non ci possano essere difformità di pensiero in quest'Aula. A livello nazionale, negli ultimi tempi, con questo Governo sono stati realizzati davvero tanti interventi diretti e indiretti. Ne cito soltanto qualcuno, i più rappresentativi, i più importanti: la riforma delle banche popolari, le norme tese a rendere più rapido il recupero dei crediti, la revisione del trattamento fiscale delle svalutazioni dei crediti.
Soltanto questi tre negli ultimi tempi, che avevano un solo obiettivo, quello di rafforzare e consolidare il nostro sistema bancario. A questi interventi e ad altri di minore rilievo in questi giorni si sta aggiungendo la tanto attesa riforma delle BCC e anche la garanzia dello Stato nella cartolarizzazione degli NPL. Quindi, tanti interventi, interventi che sono già stati realizzati, interventi che stanno per dare risposte importanti al sistema. Considerando tutto quello che è accaduto a livello domestico, c’è una considerazione che mi piace esprimere: i recenti avvenimenti, tutto quello di cui stiamo parlando negli ultimi mesi, tutta l'attualità delle difficoltà del sistema bancario, hanno ridato memoria a chi si era distratto a contestare gli interventi legislativi che tendevano a rafforzare il sistema. Quante volte, in quest'Aula, durante queste importanti leggi di riforma del sistema bancario e finanziario, abbiamo ascoltato l'accusa di regalare qualcosa alle banche.
Quante volte è successo questo fatto ? Ci siamo improvvisamente accorti, o meglio noi non c'eravamo distratti su questo, alcuni si sono improvvisamente accorti che le banche nella modernità, le banche oggi, Pag. 53non appartengono a banchieri avidi e trinariciuti, ma appartengono alla gente, alla gente in carne ed ossa, che affida alle banche i propri risparmi che saranno poi allocati negli impieghi.
Allora, l'altro livello sul quale, ovviamente, ci dobbiamo misurare, e che è un po’ l'argomento anche della nostra mozione, è quello del livello europeo. Su questo ci possiamo muovere, ci stiamo muovendo da tempo su due piani. Il primo, sono le iniziative di politica monetaria della BCE, sappiamo che le ultime iniziative sono state sufficientemente efficaci e altre ne sono previste nell'immediato. Poi vi è il completamento dell'architettura dell'Unione bancaria europea. Sappiamo che questa architettura è fondata su tre pilastri. Il primo pilastro e stato già eretto ed è quello della vigilanza unica. Il secondo pilastro è stato anche questo costruito attraverso il recepimento di tutti gli Stati membri della direttiva di cui trattiamo in questa mozione, della direttiva cosiddetta BRRD, che è stata accolta anche nella nostra legislazione l'autunno dello scorso anno. E poi manca il terzo pilastro, il pilastro della costituzione del Fondo per la tutela dei depositi. Ora, sull'argomento in questione, sulla nuova disciplina del bail-in, con onestà intellettuale, possiamo senza dubbio condividere qualche considerazione. Certamente, si tratta di un cambio epocale, certamente si tratta di una grande rivoluzione alla quale probabilmente i risparmiatori italiani non erano ancora particolarmente pronti. Improvvisamente, dopo la crisi degli anni scorsi, ci rendiamo conto che dobbiamo far assurgere a principio generale il fatto che i rischi della insolvenza delle banche, il rischio di default delle banche, non possono più gravare sulla sfera pubblica, ma devono essere trasferiti sulla sfera privata. Al Partito Democratico questo sembra un fatto molto importante, sembra un valore da sottolineare e da valorizzare, il fatto che non si mettano le mani in tasca dei contribuenti quando una o più banche del nostro sistema bancario vanno in difficoltà. Questo non solo per una questione di equità. Se l'Italia, come hanno fatto le altre nazioni, fosse intervenuta negli anni della crisi in rapporto al suo PIL, la Banca d'Italia ci dice, che avrebbe dovuto sborsare 130 miliardi, appesantendo in un modo straordinario il suo debito pubblico. Non solo è una questione di equità, dicevo, ma anche una questione di responsabilizzazione del management delle nostre banche. Finché si sapeva che c'era sempre Pantalone pronto a pagare, certamente il livello di attenzione nella gestione delle nostre banche non poteva essere il massimo possibile. Oggi le cose sono cambiate e deve cambiare necessariamente anche l'atteggiamento di chi gestisce le banche italiane, di qualsiasi dimensione. Ora, certamente, lo ricorda Banca d'Italia, ma voglio dire che su questo possiamo convenire facilmente, sarebbe stato auspicabile un periodo transitorio per applicare una normativa così nuova e così di grande impatto sulla vita di tutti i risparmiatori.
La retroattività della disciplina, l'avere più tempo per una corretta e capillare informazione della clientela retail ? Certamente sì, però nonostante questo, a noi sembra come è già stato ricordato dai miei colleghi che chiedere la sospensione dell'applicazione della direttiva, già in vigore dal 1o gennaio non possa produrre nulla di buono, potrebbe disorientare ulteriormente i mercati. Allora utilizziamo, Presidente, l'occasione che ci è data dalla stessa direttiva di revisione, già contemplata. Abbiamo una scadenza, abbiamo i primi mesi del 2018, possiamo anche immaginare di anticipare questa scadenza, per un'appendice di riflessione su un argomento così importante e ormai così conosciuto anche dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Villarosa. Ne ha facoltà.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Grazie Presidente. Finalmente arriva una mozione Pag. 54che ha veramente un senso logico. Noi vorremmo l'abolizione totale di questa procedura che secondo noi è criminale, è criminale ! Io spero che il collega Pelillo, Presidente, non si sia reso conto della gravità delle affermazioni che ha fatto in questa Aula poco fa. Io spero che non si sia reso conto, perché a un certo punto il collega cosa dice ? Dice che fino a ottobre i cittadini italiani non erano a conoscenza di questo bail-in che loro hanno voluto a luglio, ancora prima. Quindi, i cittadini a luglio non sapevano cosa fosse questo bail-in e continuavano a comprare obbligazioni rischiose e a mettere soldi magari sul conto corrente. Alcune aziende tenevano più di 100 mila euro sul conto corrente e non sapevano cosa era il bail-in e glielo avreste dovuto dire voi che siete al Governo, che siete nella maggioranza, e che avete questa forza mediatica. La forza mediatica di far parlare di Quarto mentre avevate 85 indagati del PD. Questa forza mediatica ce l'avete avuta, ma la forza mediatica per informare i cittadini che qualcosa stava cambiando non ce l'avevate. Io me lo ricordo a luglio e ci sono i resoconti stenografici. A luglio eravate qui a dire una cosa semplice, a dire «già esiste, già è così, che cosa dobbiamo informare, è già così». Prendete queste 130 mila persone, io vorrei che lei guardaste negli occhi. Vorrei che le guardaste negli occhi per dirgli quello che avete detto prima; fuori dai binari del buonsenso, fuori dai binari del buonsenso. C’è una persona che è morta, c’è una persona che si è suicidata a causa di questo provvedimento. Ci sono invalidi al 90 per cento, ci sono persone di settant'anni che noi incontriamo ogni fine settimana mentre qui – chi era Verini ? – in Commissione giustizia noi chiedevamo audizioni per il sistema bancario e giovedì mattina e giovedì pomeriggio non vi era Aula. Oggi ci sono delle discussioni generali e domani si comincerà il pomeriggio. Noi chiedevamo audizioni sul sistema bancario e Verini diceva che erano sproloqui i nostri. Quindi lei, collega Pelillo, si deve rendere conto di quello che ha detto.
PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, aiuta il dibattito.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Presidente, il collega Pelillo si deve rendere conto di quello che ha detto, perché ha ammesso che non hanno informato i cittadini che cambiavano la procedura fondamentale che modificava totalmente le regole. Chi ha acquistato un'obbligazione subordinata, caro Presidente, sapeva che ci sarebbe stata una procedura di un tribunale, ci sarebbe stata una dichiarazione dello stato di insolvenza e che i creditori dopo una liquidazione o dopo l'intervento del Fondo interbancario, che era già previsto che avrebbe salvato tutti gli obbligazionisti, casomai avrebbero pagato, ma non hanno comprato un'obbligazione sapendo che quello che avrebbe fatto la Banca d'Italia, un'azienda privata le cui quote sono di banche private che prendono 340 milioni di euro di dividendi ogni anno dalla nostra Banca d'Italia che dovrebbe essere pubblica, che hanno ricevuto sette miliardi e mezzo perché i 136 mila euro di quote dal 1936 fino al 1992 che erano in mano pubblica non avevano necessità di essere rivalutate, poi sono andate in mano privata a Intesa e UniCredit che hanno guadagnato oltre 3 miliardi di plusvalenze con quell'operazione. Intesa e UniCredit che avevano il 50 per cento delle quote di Banca d'Italia. Quella Banca d'Italia che faceva finta di non vedere mentre queste banche iniziavano ad investire in titoli troppo complicati, invece di fare gli intermediari del credito.
Bisogna conoscere la storia, Presidente, per poter parlare in quest'Aula, perché i cittadini hanno bisogno di verità, e la verità dice che il sistema bancario, dal 1936 fino al 1993, era un sistema bancario solido, che non ha mai pensato di far pagare gli obbligazionisti. Le obbligazioni neanche le emettevano le banche, era una cosa molto, molto rara, riservata solo ad alcuni istituti, che dovevano essere autorizzati da Banca d'Italia. Pag. 55La storia, Presidente, bisogna conoscerla, perché sennò si raccontano le fesserie ai cittadini. I cittadini ci votano non per raccontare loro le fesserie ma per difenderli. Per difenderli ! Voi non avete incontrato nessuno di questi 130 mila obbligazionisti e azionisti. Venite qui a dire che scopriamo che i banchieri sono anche i piccoli risparmiatori. Dicevano in Commissione: voi volete salvare i banchieri, volete aiutare i ricchi, quelli sono speculatori. Noi non facciamo il bail-in, ci dicevano. Noi non facciamo il bail-in, questo non è un bail-in ! Ma il provvedimento di Banca d'Italia, che ha azzerato i risparmi, richiama l'articolo 52, che fa parte di quegli articoli che vanno dal 48 al 59, che non erano ancora entrati in vigore; fa parte di quegli articoli che non potevano essere utilizzati perché in Italia ancora vige il principio della legalità, Presidente. Se non c’è una norma che ti permette di azzerare i risparmi, tu non azzeri i risparmi, perché sennò domani si sveglia Banca d'Italia e prende i nostri soldi nei conti correnti e li fa scomparire ai sensi di un articolo che non è ancora entrato in vigore, perché questo hanno fatto. La responsabilità, Presidente, è anche del Governo, perché il Governo non è che non può controllare gli atti di Banca d'Italia, non è che non li deve controllare, li deve controllare; e se verificava che in quel provvedimento Banca d'Italia richiamava l'articolo 52 del bail-in del decreto legislativo n. 180 del 2015, scopriva che l'articolo 130 di quel decreto dice una cosa molto semplice: gli articoli che vanno dal 48 al 59, titolo IV, capo IV, sottosezione III, si applicano dal 1o gennaio 2016. Dal 1o gennaio 2016 ! Questo potrebbe causare un danno erariale enorme, come già in Austria è accaduto, perché in Austria, quel famoso articolo che abbiamo anche noi, l'articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, parla chiaro, e così come vale in Austria vale anche qua, e dice una cosa molto semplice: se vuoi espropriare qualcosa che è mio, lo puoi fare, per interesse generale, ma salvo giusto indennizzo. Salvo giusto indennizzo ! L'articolo 47 della nostra Costituzione dice chiaramente che la Repubblica – non Banca d'Italia, che è diventata indipendente a causa dello SME e dello SEBC, Sistema europeo delle banche centrali –, tramite l'ispettorato, tutela e incoraggia il risparmio. Tutela e incoraggia il risparmio e controlla anche il credito. Questo non significa tutela il risparmio «fino a», perché anche questa cosa dei 100 mila euro di garanzia non va bene, Presidente, perché possono giocare su azioni, possono giocare su obbligazioni, possono raccontare che sono investimenti, quando sanno che ormai il deposito garantisce lo zero virgola zero, zero, zero per cento e quindi i banchieri spesso consigliano piccole famiglie e risparmiatori ad acquistare queste obbligazioni, ma sui conti correnti non si scherza, perché quello è risparmio. Il deposito è risparmio, e la Repubblica tutela e incoraggia il risparmio non fino a 100 mila euro, lo tutela e basta. Lo tutela e basta ! Questo rischio nel sistema bancario, questa fuga nei depositi, questi obbligazionisti che vanno in banca e chiedono di rinegoziare le loro obbligazioni, è colpa loro. Se scoppia il sistema, è colpa loro, Presidente. È colpa loro e non possiamo accettare un'altra presa in giro, perché questa mozione ridicola: andiamo in Europa a discutere se fino al 2018... ma di cosa stiamo parlando ? Prendetevi le responsabilità, abbiamo procedure d'infrazione su ogni singola cosa, su qualsiasi cosa abbiamo procedure d'infrazione. Rinviate il bail-in fino al 2018, perché state pigliando in giro i cittadini italiani, cancellate quel decreto sulle quattro banche e ridate i soldi ai risparmiatori. In Austria devono restituire 800 milioni di euro ai risparmiatori. Se c’è giustizia in questo Paese – se c’è giustizia in questo Paese ! – noi rimborseremo tutti i risparmiatori e cancelleremo questa norma criminale che si chiama bail-in (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 16 febbraio 2016, alle 10:
1. – Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.
(ore 13.30)
2. – Seguito della discussione della relazione sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica nel sito di interesse nazionale di Venezia-Porto Marghera, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Doc. XXIII, n. 9).
3. – Seguito della discussione della relazione sulla situazione delle bonifiche dei poli chimici: il «Quadrilatero del Nord» (Venezia-Porto Marghera, Mantova, Ferrara, Ravenna), approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Doc. XXIII, n. 11).
4. – Seguito della discussione delle mozioni Franco Bordo ed altri n. 1-01091, Carinelli ed altri n. 1-01152, Tullo ed altri n. 1-01153, Caparini ed altri n. 1-01158, Garofalo ed altri n. 1-01159, Fauttilli ed altri n. 1-01161 e Biasotti ed altri n. 1-01164 concernenti iniziative in materia di mobilità urbana, extraurbana e ferroviaria.
5. – Seguito della discussione delle mozioni Villarosa ed altri n. 1-01139, Palese ed altri n. 1-01099, Paglia ed altri n. 1-01154, Sottanelli e Monchiero n. 1-01155, Tancredi ed altri n. 1-01156, Busin ed altri n. 1-01157, Pelillo ed altri n. 1-01160, Brunetta ed altri n. 1-01162 e Tabacci ed altri n. 1-01163 concernenti iniziative in materia di gestione delle crisi bancarie e di tutela dei risparmiatori, con particolare riferimento all'applicazione dello strumento del cosiddetto bail-in.
La seduta termina alle 19,15.