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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 1 aprile 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 1o aprile 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bruno Bossio, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, Costantino, D'Alia, Dadone, Dambruoso, De Micheli, Del Basso de Caro, Dell'Orco, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garavini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Magorno, Manciulli, Marazziti, Mattiello, Merlo, Migliore, Naccarato, Nuti, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scopelliti, Scotto, Sereni, Tabacci, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 31 marzo 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   BORGHESE e MERLO: «Disposizioni in materia di vaccinazioni obbligatorie» (3707);
   GIGLI: «Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione» (3708);
   PARRINI ed altri: «Disciplina delle elezioni primarie per la selezione dei candidati per l'elezione a cariche monocratiche» (3709);
   SCOTTO: «Abolizione del termine “razza” negli atti e nei documenti delle pubbliche amministrazioni» (3710).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dal Senato.

  In data 31 marzo 2016 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   S. 1870. – «Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale» (approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2617-B).

  Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge PATRIARCA ed altri: «Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell'attività di cura e assistenza familiare» (3527) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Carnevali.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   II Commissione (Giustizia):
  GIGLI ed altri: «Disposizioni in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano» (3684) Parere delle Commissioni I e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento).
   X Commissione (Attività produttive):
  DELLA VALLE: «Modifiche all'articolo 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e all'articolo 7 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, in materia di commercio sulle aree pubbliche» (3649) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
  Sentenza n. 57 del 27 gennaio – 23 marzo 2016 (Doc. VII, n. 597),
   con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 4-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82 (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 5 giugno 2000, n. 144, e dell'articolo 7, comma 1 «(come risultante dalla declaratoria di incostituzionalità del 3-7-2013 della Corte costituzionale)» e comma 2, del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 (Disposizioni urgenti per l'efficacia e l'efficienza dell'Amministrazione della giustizia), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 19 gennaio 2001, n. 4, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario di Napoli, in funzione di giudice dell'esecuzione:
   alla II Commissione (Giustizia);

  Sentenza n. 58 del 23 febbraio – 23 marzo 2016 (Doc. VII, n. 598),
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli articoli 10, 11 e 12 della legge della regione autonoma Sardegna 25 novembre 2014, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della regione), promossa, nel complesso, in riferimento agli articoli 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:
   alla I Commissione (Affari costituzionali);

  Sentenza n. 59 del 24 febbraio – 23 marzo 2016 (Doc. VII, n. 599),
   con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, con l'allegata tabella A – limitatamente alla disposta soppressione del tribunale ordinario di Orvieto – del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), sollevata, in riferimento all'articolo 77 della Costituzione, dal tribunale ordinario di Orvieto;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, con l'allegata tabella A – limitatamente alla disposta soppressione del tribunale ordinario di Orvieto – del suddetto decreto legislativo n. 155 del 2012, sollevata, in riferimento agli articoli 24 e 76 della Costituzione, con riguardo ai criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 2, lettere b) ed e), della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari), dal tribunale ordinario di Orvieto:
   alla II Commissione (Giustizia);

  Sentenza n. 65 del 10 febbraio – 24 marzo 2016 (Doc. VII, n. 602),
   con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 42, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, promosse, in riferimento agli articoli 77 e 117, terzo comma, della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 8, commi 4, 6 e 10, e 46, commi 6 e 7, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, promosse, in riferimento agli artt. 3, 117, terzo e quarto comma, 119, terzo e quinto comma, e al principio di leale collaborazione di cui all'articolo 120 della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 42, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014, come convertito, promosse, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione e al principio di leale collaborazione di cui all'articolo 120 della Costituzione, dalla regione Veneto:
   alla V Commissione (Bilancio).

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
  con lettera in data 23 marzo 2016, Sentenza n. 56 dell'11 gennaio-23 marzo 2016 (Doc. VII, n. 596),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 181, comma 1-bis, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), nella parte in cui prevede «: a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'articolo 142 ed»:
   alla II Commissione (Giustizia);
  con lettera in data 24 marzo 2016, Sentenza n. 63 del 23 febbraio-24 marzo 2016 (Doc. VII, n. 600),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 70, commi 2-bis, limitatamente alle parole «che presentano i seguenti requisiti:» e alle lettere a) e b), e 2-quater, della legge della regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), introdotti dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge della regione Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi»;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 72, commi 4 e 7, lettera e), della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, introdotti dall'articolo 1, comma 1, lettera c), della legge regionale Lombardia n. 2 del 2015;
    dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 70, comma 2-ter, ultimo periodo, della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge regionale Lombardia n. 2 del 2015, promossa, in riferimento all'articolo 19 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 70, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, introdotti dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge regionale Lombardia n. 2 del 2015, promossa, in riferimento all'articolo 117, commi primo e secondo, lettera a), della Costituzione, in relazione agli articoli 10, 17 e 19 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, agli articoli 10, 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007) ed all'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 25 ottobre 1977, n. 881) – dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 72, comma 4, ultimo periodo, della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera c), della legge regionale Lombardia n. 2 del 2015, promossa, in riferimento all'articolo 19 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 72, comma 7, lettera g), della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera c), della legge regionale Lombardia n. 2 del 2015, promossa, in riferimento agli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
    dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 72, comma 5, della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera c), della legge regionale Lombardia n. 2 del 2015, promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:
   alla I Commissione (Affari costituzionali);

  con lettera in data 24 marzo 2016, Sentenza n. 64 del 10 febbraio-24 marzo 2016 (Doc. VII, n. 601),
   con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 24, comma 4, lettera b), del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, nella parte in cui non prevede che le misure di cui ai commi 4, primo, secondo, terzo e quarto periodo, e 6 dell'articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario) e, comunque, le misure di contenimento della spesa corrente ad esse alternative, sono adottate dalle regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano «sino all'anno 2016»;
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 24, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 66 del 2014, promosse, in riferimento agli articoli 119, terzo e quarto comma, della Costituzione, e al «principio di leale collaborazione di cui all'articolo 120» della Costituzione, dalla regione Veneto;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 24, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 66 del 2014, promosse, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dalla regione Veneto:
   alla VI Commissione (Finanze).

Annunzio della trasmissione di atti alla Corte costituzionale.

  Nel mese di marzo 2016 sono pervenute ordinanze emesse da autorità giurisdizionali per la trasmissione alla Corte costituzionale di atti relativi a giudizi di legittimità costituzionale.
  Questi documenti sono trasmessi alla Commissione competente.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 24 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della SACE Spa – Servizi assicurativi del commercio estero, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 371).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 25 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di ANAS Spa, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 372).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 31 marzo 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa alle formule per bambini nella prima infanzia (COM(2016) 169 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XII Commissione (Affari sociali), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 31 marzo 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti recanti la marcatura CE e che modifica i regolamenti (CE) n. 1069/2009 e (CE) n. 1107/2009 (COM(2016) 157 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante fissazione del tasso di adattamento dei pagamenti diretti di cui al regolamento (UE) n. 1306/2013 per l'anno civile 2016 (COM(2016) 159 final).

Comunicazione di nomina ministeriale.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 22 marzo 2016, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina dell'avvocato Francesco Mascia a commissario straordinario del Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna.

  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 31 marzo 2016, a pagina 6, seconda colonna, alla ventitreesima riga, le parole: «n. 27» si intendono sostituite dalle seguenti: «n. 32».

INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti in ordine all'attuazione del protocollo d'intesa siglato tra il Ministero della giustizia e il comune di Roma Capitale volto a destinare alcuni immobili all'accoglienza di madri detenute con figli – 2-01325

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   le ville ai civici nn. 70 e 72 di via Kenia a Roma sono stato sequestrate dal Tribunale di Roma, sezione per l'applicazione delle misure di prevenzione, per la sicurezza e la pubblica moralità. Il tribunale, con decreto del 17 settembre 2014, ha invitato l'amministrazione capitolina ad esprimere parere circa la «destinazione a fini istituzionali o sociali degli immobili», al fine di poterli assegnare a Roma Capitale in comodato d'uso gratuito. Si ignora, quindi, se tali immobili siano stati sottratti a presunti mafiosi o alla criminalità organizzata o se siano coinvolti in altre ipotesi di reato che consentano l'immediata requisizione e utilizzo degli immobili da parte dello Stato, senza dovere attendere l'esito finale del procedimento e l'eventuale confisca penale definitiva;
   la giunta capitolina, con deliberazione n. 145 nella seduta dell'8 maggio 2015, presieduta dal sindaco pro tempore Ignazio Marino, ha manifestato interesse all'assegnazione dei suddetti immobili in comodato d'uso gratuito, «ai fini della destinazione sociale degli stessi». La delibera non decide a quale utilizzo gli immobili sarebbero stati destinati, anche se nelle premesse è indicata la possibilità di adibire una della ville a «casa famiglia protetta», intitolata a Leda Colombini («Casa di Leda» per l'appunto), per genitori detenuti con figli piccoli, che possono beneficiare degli arresti domiciliati. Con provvedimento del 12 maggio 2015 il magistrato assegna i due immobili al comune di Roma;
   in data 27 ottobre 2015 è stato siglato un «protocollo d'intesa» tra comune di Roma, Fondazione Poste Insieme Onlus e Ministero della giustizia-dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con il quale è stata concordata l'attivazione di un progetto sperimentale di convivenza protetta con figli, agli arresti domiciliari o in detenzione domiciliare, ai sensi dell'articolo 4 della legge 21 aprile 2011, n. 62, presso l'immobile di via Kenya 72;
   il dipartimento al patrimonio del comune, con determinazione dirigenziale n. 416 del 2015, ha disposto l'assegnazione di tali immobili al dipartimento politiche sociali, sussidiarietà e salute con l'utilizzo di tali beni per questi fini:
    l'immobile di via Algeria 11, angolo via Kenia 70 con «destinazione d'uso per la realizzazione di un'attività di accogli a in favore di madri detenute con figli»;
    l'immobile di via Kenia 72 «con destinazione di uso per una comunità di accoglienza in favore di minori, sottoposti a provvedimenti della magistratura sia nell'ambito civile che penale della giustizia»;
   il protocollo d'intesa prevede vari adempimenti necessari per la sua attuazione, quali fra l'altro:
    la definizione del piano di zona per il comune di Roma ex articolo 19 della legge n. 328 del 2000, che deve indicare le modalità per il migliore sviluppo dei servizi nella zona, comprese «le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici con le amministrazioni statali, con particolare riferimento all'amministrazione penitenziaria e della giustizia»;
    la determinazione di un progetto sperimentale, con le caratteristiche indicate all'articolo 1 del protocollo, sulla cui ideazione nulla si conosce;
    il coinvolgimento del municipio IX;
   il comune sta portando ad esito il progetto con determinazione dirigenziale n. 433 del 4 febbraio 2016 ha invitato i soggetti interessati a presentare la candidatura «per l'assegnazione in comodato d'uso dei locali presso l'immobile di via Algeria 11 angolo via Kenia 70» «per la realizzazione di una convivenza di adulti con figli ai sensi dell'articolo 4 legge n. 62 del 2011»;
   la stessa determinazione dirigenziale n. 433 del 2016, afferma, senza alcuna ulteriore spiegazione, che «la tipologia di accoglienza si configura come una convivenza di alti responsabili (con figli) e non comporta l'esigenza di allestimento di un servizio di comunità inteso ai sensi della legge regione Lazio n. 41 del 2003», in questo modo innovando e modificando tutte le previsioni dei precedenti atti di rango superiore o addirittura provenienti da autorità esterne al comune, o concordati tra il comune e le medesime;
   la medesima determinazione dirigenziale, subito dopo e a giudizio degli interpellanti in modo palesemente contraddittorio, aggiunge che si tratta di un « target» delicato («persone detenute con figli») che richiede un supporto di «un organismo idoneo», ancora da individuare;
   in nessun modo è specificato il costo del progetto, limitandosi gli atti a prevedere che le utenze saranno a carico del comune, che la Onlus Poste Insieme stanzierà per il 2016 euro 150.000,00 (per sei detenuti, euro 25.000,00 annui per detenuto) e che il dipartimento di amministrazione penitenziaria provvederà tramite detenuti ammessi al lavoro esterno alla pulizia e piccola manutenzione di casa e giardino (ovviamente con il costo della traduzione e altro). In questo modo, a giudizio degli interpellanti, sono anche aggirate le leggi di bilancio che prescrivono espressa indicazione della copertura di ogni nuova spesa;
   ad oggi non risulta reperibile la documentazione specifica relativa al bando di assegnazione e alle delibere del comune;
   la villa sarebbe stata munita di un'utenza di 40kwt;
   va infine segnalato che il protocollo d'intesa indica che alle «madri detenute» è destinata la villa di via Kenia n. 72, mentre la determinazione dirigenziale del dipartimento al patrimonio vi destina il civico n. 70. Trattasi di 2 edifici differenti. Negli atti ufficiali è ripetuta questa confusione tra civico 70 e 72 per la destinazione a favore delle madri detenute; l'errore non è solo formale, ove si consideri che l'immobile destinato alle madri detenute deve avere determinati requisiti e attestati, ed è da vedere se siano stati rilasciati a favore dell'uno, ovvero dell'altro immobile –:
   se i Ministri interpellati, fatta salva la bontà del progetto, siano a conoscenza delle diverse inadempienze riscontrate dal punto di vista procedurale nonché rispetto alla sicurezza del quartiere e dei cittadini e alla trasparenza sui costi;
   di quali informazioni, per quanto di competenza, i Ministri interpellati dispongano in relazione al rispetto dei punti stabiliti dal protocollo d'intesa citato in premessa, in particolare se siano stati compiuti tutti gli adempimenti previsti per il coinvolgimento del municipio IX che, ad oggi, risulta per nulla coinvolto;
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza del fatto che nessun piano di zona risulta studiato e adottato dal comune ex articolo 19 con riguardo al quartiere dove si vuole istituire la casa protetta, né il comune risulta avere previsto, né tanto meno attivato, le altre iniziative indicate nel protocollo d'intesa, che deve ritenersi ne costituiscano parte integrante e non prescindibile, quali, esemplificando, il «sostegno alla costituzione di una rete di risorse che accolgano i soggetti ammessi alla struttura alternativa della detenzione domiciliare» ovvero agli arresti domiciliari;
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza degli errori contenuti nel protocollo d'intesa in relazione al civico 72, che fa parte della categoria A10, con destinazione d'uso d'ufficio;
   di quali elementi dispongano i Ministri interpellati in relazione all'idoneità urbanistica e funzionale delle strutture, sia con riguardo all'idoneità e all'autorizzazione all'uso previsto, sia con riguardo alla loro collocazione nel territorio;
   come sia stato accertato se le due ville – site in un compendio urbanistico residenziale isolato – abbiano le caratteristiche idonee alla socializzazione delle persone che si vogliono ospitare, considerate le particolarità degli utenti e peraltro la natura del tutto sperimentale dei progetti;
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza del fatto che non c’è stata la minima trasparenza nei confronti dei cittadini del quartiere residenziale in questione che hanno appreso della notizia solo in prossimità della sua realizzazione;
   se i Ministri interpellati possano accertare che la comunicazione del nuovo utilizzo delle ville sia giunta in maniera ufficiale anche alle forze dell'ordine, che, secondo quanto comunicato dai cittadini, erano all'oscuro di tutto.
(2-01325) «Brunetta, Angelucci, Archi, Baldelli, Bergamini, Biancofiore, Brambilla, Calabria, Carfagna, Centemero, Gregorio Fontana, Garnero Santanchè, Gelmini, Genovese, Alberto Giorgetti, Laffranco, Lainati, Martinelli, Antonio Martino, Occhiuto, Palmieri, Palmizio, Polverini, Prestigiacomo, Ravetto, Santelli, Sisto, Squeri, Valentini, Vito».


Iniziative di competenza volte a tutelare i diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire – 2-01320

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   a partire dal 2006, anno di entrata a regime dell'obbligo di fideiussione a garanzia degli anticipi dati alle imprese da parte degli acquirenti, le famiglie coinvolte nei 10 mila fallimenti nel settore dell'edilizia residenziale sono 100 mila; il danno accusato ammonta a oltre 2,5 miliardi di euro;
   per citare solo gli ultimi casi: la liquidazione coatta amministrativa dal 2 di novembre 2015 della C.A.S.E.R., Cooperativa di abitazione e servizi Emilia Romagna con 250 famiglie coinvolte; la crisi del Consorzio Cooperative Edilizie Nettunesi che riguarda otto cooperative e 200 famiglie; la liquidazione coatta del Consorzio Casa Castelli, sempre nel Lazio con altre 200 famiglie interessate; la mala gestione della lottizzazione «Borgo di Magrignano», a Livorno, i nuclei familiari coinvolti sono qui 450. Tutti gli acquirenti citati vedranno con ogni probabilità sfumare la casa, e i risparmi spesi per acquistarla;
   se quello menzionato è il danno provocato alle famiglie, ben più consistente è quello provocato al sistema Paese; al credito, ai subappaltatori, ai dipendenti e agli enti locali. Danno stimabile in oltre 10 miliardi di euro;
   tutto questo avviene, a quanto risulta agli interpellanti, grazie alla disapplicazione della normativa: il 70 per cento delle nuove costruzioni viene venduto, infatti senza garanzia fideiussoria. La mancanza di un adeguato impianto sanzionatorio favorisce l'elusione della legge e il pesante coinvolgimento nelle crisi aziendali, come detto, di migliaia di famiglie; in generale, le imprese e il settore nel suo complesso subiscono il pesante contraccolpo provocato dalla presenza di migliaia di imprese inaffidabili, di cui il sistema creditizio non si fida a causa della loro fragilità imprenditoriale. Esse gravano sul mercato, lo condizionano e in definitiva impediscono la ristrutturazione del compatto e la sua fuoriuscita dalla crisi attraverso iniziative di qualità, costruttiva e finanziaria;
   il decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, recante «Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210», ponendo la necessità per il costruttore di essere considerato «garantibile», stimola il miglioramento della qualità imprenditoriale, diminuendo così il rischio di default. Inoltre, l'obbligo di fornire l'assicurazione decennale postuma, con i conseguenti controlli pretesi dalle assicurazioni, costringe a elevare la qualità dell'immobile, e a rispettare le norme costruttive;
   a fallire, quindi, è il caso di ribadirlo, sono proprio le imprese che non applicano il decreto legislativo n. 122 del 2005: quelle che lo fanno, invece, reggono meglio l'urto della crisi, continuano a fare utili e garantiscono la partecipazione del settore al mantenimento del prodotto interno lordo;
   è urgente che il legislatore modifichi la normativa e introduca meccanismi sanzionatori efficaci e coerenti con gli obiettivi della legge. Al riguardo, in sede di esame al Senato del disegno di legge di conversione del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, recante misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per EXPO 2015 è stato accolto l'ordine del giorno G10.0.200 che impegna il Governo a predisporre entro sei mesi un adeguato impianto sanzionatorio a carico del costruttore, in caso di mancata attuazione degli adempimenti obbligatori relativi al rilascio al promissario acquirente della garanzia fideiussoria, dell'assicurazione contro vizi e difetti della costruzione –:
   quali siano state e quali saranno le iniziative del Governo per risolvere questo annosa problema, in un momento, peraltro, in cui la necessità della tutela del risparmio si è fatta urgente, viste le crisi di CariFerrara, Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti.
(2-01320) «Cimbro, Amato, Carra, Ciracì, Crivellari, De Menech, Fusilli, Gasparini, Iacono, Andrea Maestri, Magorno, Miotto, Palma, Petrini, Picchi, Preziosi, Romanini, Zoggia, Carloni, Manfredi, Schirò, Terrosi, La Marca, Chaouki, Castricone, Carella, Colaninno, Laforgia, Stumpo, Dallai, Arlotti, Cenni».


Intendimenti del Governo circa una revisione della disciplina relativa al sistema di finanziamento delle università, con particolare riferimento agli atenei del Mezzogiorno – 2-01301

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la perdurante situazione di grave crisi economica e sociale del Mezzogiorno non può non suscitare profonda preoccupazione e sollecitare una significativa inversione di tendenza nell'azione dello Stato;
   in questo quadro si rileva che i tecnicismi connessi con i numerosi decreti ministeriali che determinano le regole per il finanziamento delle università (decreti ministeriali annuali per la determinazione del fondo di finanziamento ordinario, decreto interministeriale per la definizione dei costi standard di formazione degli studenti universitari, decreti ministeriali annuali per la riassegnazione delle risorse per il reclutamento da turnover, oltre ad altri meno significativi inclusi tra i circa 40 decreti attuativi previsti dalla cosiddetta legge Gelmini) stanno sottraendo al Mezzogiorno sempre più risorse;
   da più parti (come segnalato ad esempio dai professori Baccini, Giannola, Fiorentino, Viesti) si stanno delocalizzando ampie fette dei servizi universitari dal Sud verso il Nord e creando le condizioni per una conseguente dismissione di alcune istituzioni universitarie meridionali;
   in particolare, risulta inarrestabile il processo innescato dal meccanismo, interconnesso e consequenziale, che collega il turnover degli atenei alle loro disponibilità economiche, la possibilità di attivare corsi di studio alla disponibilità di docenti strutturati, la possibilità di avere più studenti a quella di avere più corsi di studio e, infine, il finanziamento degli atenei al numero degli studenti iscritti;
   la conseguenza di un siffatto modello non può che essere il collasso degli elementi più deboli del sistema, o meglio di quelli che appaiono più deboli sotto il profilo finanziario e del contesto socio economico di riferimento territoriale, al lordo degli errori e delle omissioni delle procedure di valutazione e di finanziamento (vedi autori citati) operate di recente;
   gli studi citati sembrano dimostrare che si tratta di un indebolimento indotto da scelte ministeriali che richiedono forse, per l'ampiezza del loro impatto sociale, un riesame parlamentare;
   infatti, i tagli economici alle università statali eseguiti tra il 2008 e il 2014 hanno gravato pesantemente sul Mezzogiorno (circa 250 milioni euro/anno tra il 2014 e il 2008) ed in misura irrisoria al Nord (poco più di 25 milioni euro/anno), mentre, già nella precedente fase di crescita dei finanziamenti, al Sud erano state elargite somme aggiuntive nettamente inferiori rispetto al Centro e al Nord (nel confronto tra il 2009 e il 2001, circa 250 milioni euro/anno in più ai primi contro i circa 500 milioni di euro per ciascuno dei secondi);
   il finanziamento delle università meridionali, quindi, è oggi pari a quello dell'anno 2001, mentre al Settentrione, pur nel bel mezzo della ben nota crisi economica nazionale, arrivano, rispetto allo stesso anno, quasi 500 milioni euro/anno in più;
   negli anni della civiltà della conoscenza una porzione molto grande del territorio italiano e delle popolazioni che vi risiedono non ha ricevuto finanziamenti aggiuntivi dedicati alla ricerca e alla formazione nelle università;
   i costi dei servizi offerti sono andati significativamente aumentando e, pertanto, è conseguentemente diminuito il livello di servizio offerto agli studenti delle università del Sud;
   il risultato è un flusso migratorio aggiuntivo, dal Sud verso il Nord, di circa 30.000 studenti universitari all'anno, a servizio dei quali, il meccanismo normativo ideato in sede ministeriale, ha già spostato circa 240 docenti dal Sud al Nord e si accinge a triplicare se non a quadruplicare detto numero nei prossimi anni;
   tra la tante criticità, la preoccupazione più grande è relativa al decreto interministeriale (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Ministero dell'economia e delle finanze) 9 dicembre 2014, n. 893, dal quale dipenderà quasi il 70 per cento del finanziamento statale alle università, che prevede, in attuazione di quanto richiesto dalla legge n. 240 del 2010 (l'articolo 5, comma 4, lettera f), prevede «l'introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'Università»);
   il costo standard, così come definito per decreto, è prevalentemente controllato da fattori di attrattività (numerosità degli iscritti, capacità di saturare le classi di studio, e altro) fattori che, è dimostrato, dipendono significativamente dalla demografia e dal livello di infrastrutturazione dei territori;
   il decreto mette sullo stesso piano, ad esempio, università che operano in regioni a mobilità lenta e ridotta quali la Basilicata, la Calabria o la Sardegna con altre nelle quali l'alta velocità si è andata ad aggiungere ad una rete stradale e ferroviaria già ben più matura;
   lo stesso decreto non considera minimamente gli studenti fuori corso, penalizzando fortemente quei territori nei quali la formazione secondaria produce, in media, come dimostrato dai rapporti OCSE, studenti con competenze inferiori;
   si mortifica così quel ruolo di «ascensore» sociale che solo le università riescono a svolgere;
   per esso sono inoltre state sollevate questioni di illegittimità, ritenute non infondate dal Tar del Lazio in risposta ad un ricorso presentato dall'università di Macerata;
   la stessa università ha rilevato, nello specifico, la violazione dell'articolo 76 della Costituzione;
   elementi di ulteriore criticità sono trasversalmente denunciati con riferimento alla mancanza di un adeguato filtro tra l'azione dell'Anvur e le scelte politiche delegate al Ministero. Così che la valutazione operata dall'Agenzia diventa criterio di finanziamento tout court, con distorsioni varie, delle quali quelle territoriali già richiamate rappresentano il primo campanello d'allarme. Senza considerare che dette valutazioni sono operate tutte con criteri ex post che non garantiscono il ruolo di terzietà che la legge demanda all'Agenzia stessa;
   non risulta, inoltre, che siano in corso iniziative specifiche adeguate per operare un equo riequilibrio dell'utilizzo delle risorse;
   le università rappresentano elementi imprescindibili per il mantenimento e l'attrattività di capitale umano di qualità e quest'ultimo è motore irrinunciabile per la ripresa del Mezzogiorno e, con esso, dell'intero Paese –:
   se non ritengano che l'azione del Governo vada urgentemente allineata ai principi e ai criteri direttivi definiti in ambito parlamentare volti a migliorare la qualità dell'intero sistema universitario e non solo di una parte di esso;
   se non ritengano che il non intervenire tempestivamente per riequilibrare il sistema di finanziamento ordinario delle università aggravi la situazione economica e sociale del Mezzogiorno, in contrasto con i principi che lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri ha più volte richiamato;
   se non ritengano che sia necessario assumere iniziative per sospendere l'attuazione del citato decreto ministeriale n. 893 del 2014 per poter meglio definire i principi direttivi e il periodo con riferimento ai quali il Governo è delegato ad operare;
   se non ritengano che sia necessaria una maggiore attenzione complessiva al ruolo che le università possono e devono svolgere per lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno come componente centrale e ineludibile della strategia per la ripresa complessiva del Paese e, a tal fine, quali iniziative intendano intraprendere in questa direzione.
(2-01301) «Speranza, Luciano Agostini, Roberta Agostini, Albanella, Amato, Bersani, Bossa, Bruno Bossio, Carloni, Capodicasa, Casellato, Cassano, Cuperlo, D'Incecco, Gianni Farina, Raciti, Ginefra, Giorgis, Lauricella, Gnecchi, Epifani, Iacono, Impegno, Incerti, La Marca, Lattuca, Leva, Patrizia Maestri, Malisani, Marzano, Marco Meloni, Mognato, Montroni, Murer, Pagani, Giorgio Piccolo, Ribaudo, Stumpo, Taranto, Valiante, Ventricelli, Vico, Zappulla, Zoggia».


Iniziative in relazione alla compartecipazione agli oneri per l'erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, con particolare riferimento alla demenza senile – 2-01313

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza sono attualmente regolate dal decreto del Presidente del Consiglio del 29 novembre 2001. Il decreto legislativo n. 502 del 1992, all'articolo 1, definisce i LEA come l'insieme delle prestazioni che vengono garantite dal servizio sanitario nazionale, a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, perché presentano, per specifiche condizioni cliniche, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, individuale o collettiva, a fronte delle risorse impiegate;
   il decreto del Presidente del Consiglio del 29 novembre 2001 specifica le prestazioni di assistenza sanitaria garantite dal servizio sanitario nazionale e riconducibili, ai livelli essenziali di assistenza, tra i quali l'assistenza distrettuale, vale a dire le attività e i servizi sanitari e sociosanitari diffusi capillarmente sul territorio, dalla medicina di base all'assistenza farmaceutica, dalla specialistica e diagnostica ambulatoriale alla fornitura di protesi ai disabili, dai servizi domiciliari agli anziani e ai malati gravi ai servizi territoriali consultoriali (consultori familiari, SERT, servizi per la salute mentale, servizi di riabilitazione per i disabili e altro) alle strutture semiresidenziali e residenziali (residenze per gli anziani, Allegato 1 C);
   alcuni gestori di servizi sociosanitari accreditati nel territorio regionale dell'Emilia Romagna stanno affrontando il problema relativo agli effetti della sentenza della Corte di cassazione, sezione prima civile, n. 4558 del 12 dicembre 2011, (depositata in segreteria il 22 marzo 2012) ma quale si è espressa in merito a persone affette da sindromi di demenza, accolte nelle strutture sociosanitarie, stabilendo nel caso concreto che non fosse dovuta la quota di compartecipazione a carico dell'utente;
   se si affermasse il principio sopra esposto, che in particolar modo alcune associazioni di tutela dei consumatori ritengono avere valenza generale, esso impatterebbe gravemente sulla sostenibilità delle gestioni di strutture socio sanitarie accreditate;
   prendendo le mosse dalla citata sentenza, in altri territori italiani (Veneto, Lombardia, Piemonte) alcuni tribunali affermano che la quota di compartecipazione al pagamento della retta in strutture residenziali socio-sanitarie, non sia dovuta dagli interessati (utenti comuni), ritenendo che invece sia da porre totalmente a carico del servizio sanitario nazionale;
   è in procinto di essere adottato il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, trascorsi oramai 15 anni dalla sua prima emanazione, il quale ridefinisce i nuovi Lea e dalle bozze di decreto circolate e, in particolare, dalla lettura della relazione illustrativa allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, risulta tra l'altro al punto 4): «...Per l'area socio-sanitaria, in particolare, si è ritenuto necessario individuare e descrivere le diverse tipologie di assistenza caratterizzate da diversi livelli di complessità ed impegno assistenziale. Così, l'assistenza domiciliare integrata ai malati cronici non autosufficienti è stata declinata in 4 livelli di progressiva intensità, (dalle cure domiciliari di “livello base” alle cure domiciliari ad elevata intensità, che sostituiscono la cd. “Ospedalizzazione domiciliare”) e, analogamente, l'assistenza residenziale ai medesimi pazienti è stata articolata in 3 tipologie in funzione delle caratteristiche delle strutture e della disponibilità del personale necessario per fornire: trattamenti specialistici “di supporto alle funzioni vitali”, trattamenti “estensivi” di cura, recupero e mantenimento funzionale, trattamenti estensivi riabilitativi ai soggetti con demenza senile, trattamenti di lungoassistenza. Per ciascuna area dell'assistenza socio sanitaria, sono state riportate, senza alcuna modifica, le previsioni dell'Allegato 1C al dPCM (e dell'Atto di indirizzo e coordinamento del 14 febbraio 2001) relative alla ripartizione degli oneri tra il Ssn e il Comune/utente»;
   si può quindi desumere che con l'applicazione dei nuovi lea ormai prossimi alla adozione, relativamente alle patologie e sindromi di demenza, il quadro di compartecipazione degli utenti/comuni al pagamento della tariffa resti fissato nel limite massimo del 50 per cento del costo del servizio (cfr. allegato 1, lettera C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001) –:
   se alla luce di quanto sopra premesso ed esposto, fatti salvi i tempi ed i contenuti dei procedimenti avviati nei tribunali di Parma e Forlì, siano stati adottati o siano in fase di avanzata elaborazione, iniziative normative o orientamenti vincolanti del Ministero della salute, considerata anche la legislazione concorrente Stato-regioni:
    a) idonei a tutelare il sistema socio sanitario nel suo complesso e, più in particolare, a garantire gli equilibri di finanza pubblica, nell'eventualità che i giudizi in Corso confermino l'attribuzione dei costi dei servizi sociosanitari, ex allegato 1C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 29 novembre 2001, riferiti a persone affette da demenza senile, ponendo tali oneri integralmente a carico del servizio sanitario nazionale;
    b) idonei a confermare e chiarire, come anche nel caso di trattamenti estensivi riabilitativi ai soggetti con demenza senile, la compartecipazione agli oneri tra servizio sanitario nazionale e utente/comune permanga nelle misura indicata nella premessa.
(2-01313) «Molea, Monchiero».


Iniziative di competenza volte a verificare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza alla luce della prospettata chiusura del punto nascita di Vigevano, in provincia di Pavia – 2-01321

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   la regione Lombardia non ha contemplato il reparto di ostetricia dell'ospedale civile di Vigevano con riferimento alla deroga richiesta per i punti nascita con meno di 500 parti l'anno, che potrebbero essere chiusi in base all'accordo tra Governo, regioni ed enti locali del 16 dicembre 2010 contenente «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita» e al conseguente decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, con cui si individuano e definiscono gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
   con la delibera del 29 febbraio 2016 – n. X/4851 della regione Lombardia, infatti, è stata richiesta la deroga alla chiusura per tutti i punti nascita rientranti nella suddetta fattispecie, salvo che per quello di Vigevano;
   l'ostetricia dell'ospedale di Vigevano, oltre ad essere poco sotto la soglia dei 500 parti (427 nel 2015), vanta strutture idonee ad offrire la massima sicurezza alla partoriente e al nascituro, come la rianimazione e la pediatria 24 ore su 24, standard di sicurezza che nessun altro presidio a Vigevano assicura;
   la questione, ad avviso degli interpellanti, non può non coinvolgere il profilo dei livelli essenziali di assistenza riguardo alle prestazioni di ostetricia e neonatologia nell'intero comprensorio, che presenta oltretutto importanti criticità legate alle infrastrutture viarie e difficoltà di collegamento con gli altri centri lombardi –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda, nei limiti delle sue competenze e nel rispetto di quelle regionali, verificare se siano garantiti i livelli essenziali di assistenza nell'ambito territoriale interessato, alla luce della prospettata chiusura del punto nascita di Vigevano.
(2-01321) «Scuvera, Ferrari, Rubinato, Lavagno, Cani, Coccia, Giuliani, Tartaglione, Gribaudo, Piccione, D'Ottavio, Becattini, Iori, Casati, Carocci, Di Salvo, Carra, Gasparini, Albini, Sbrollini, Cominelli, Bratti, Cova, Murer, Bossa, Barbanti, Argentin, Paola Bragantini, Beni, Berlinghieri».