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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 28 aprile 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    l'AMS (Alitalia Maitenance Systems), con i suoi 240 lavoratori altamente specializzati, rappresentava un fiore all'occhiello dell'industria italiana, unica azienda sul territorio italiano di revisione e riparazione di motori aeronautici;
   la società, partecipata al 15 per cento da Alitalia Cai spa, al 19 per cento da European Advanced Technology S.A., società israeliana che svolge compiti identici, ed al 66 per cento da Iniziativa Prima SpA, con un contratto in vigore fino al 2022 doveva essere il manutentore esclusivo dei motori Alitalia per la flotta A320;
   l'atteggiamento di Alitalia di mantenere in hangar i motori fuori uso ovvero di mandarli in riparazione presso la società israeliana Bedek, invece che farli revisionare da AMS, come da contratto, sicuramente ha contribuito all'epilogo negativo dell'intera vicenda;
   il 24 settembre 2015 è stata respinta la richiesta di concordato preventivo presentata dalla società e, in data 30 settembre 2015, con sentenza n. 839, AMS è stata dichiarata fallita dal tribunale di Roma, con relativa nomina del curatore fallimentare;
   alla medesima data, i 240 lavoratori impiegati venivano sospesi dal lavoro e posti in cassa integrazione straordinaria, con scadenza il 14 aprile 2016;
   già il 28 ottobre 2015, con l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01798 la Lega Nord richiamava l'attenzione del Governo sulla vicenda AMS e sulla necessità di intervenire tempestivamente per non depauperare il Paese di un importante patrimonio tecnologico e di un eccellente know-how;
   il prolungato fermo produttivo, infatti, ha inevitabili ripercussioni negative sui macchinari e sulle competenze e, di conseguenza, sulla nostra competitività;
   il 25 marzo 2016, la curatela ha pubblicato un bando per una procedura competitiva ad evidenza pubblica per la vendita del ramo d'azienda AMS con termine dell'offerta il 5 maggio 2016;
   in vista dell'imminente chiusura del bando è quanto mai urgente che tutte le parti interessate dalla vertenza, oggetto di un tavolo permanente presso il Ministero dello sviluppo economico, possano contribuire positivamente al buon esito del bando medesimo, a partire dalla conferma dei contratti di servizio dei motori Alitalia-Eihad, nonché al passaggio diretto dei lavoratori, onde non disperdere personale altamente specializzato,

impegna il Governo:

   in attesa del risultato della gara ad evidenza pubblica e nell'ottica di rilancio di una realtà produttiva strategica e di salvaguardia dei livelli occupazionali e del patrimonio di competenze e specializzazioni, a mettere in atto tutte le opportune iniziative di competenza atte a garantire:
    a) che la revisione e la riparazione dei motori della compagnia aerea italiana avvenga in Italia, nel quadro delle misure volte a mantenere gli attuali livelli occupazionali;
    b) la proroga degli ammortizzatori sociali per i dipendenti dell'AMS;
    c) il riassorbimento dei 240 lavoratori AMS da parte della nuova società acquirente.
(7-00984) «Simonetti, Saltamartini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da quasi un mese al Presidente del Consiglio è stato conferito ad interim l'incarico di Ministro dello sviluppo economico dopo le dimissioni della precedente titolare presentate in seguito a quella che appare all'interrogante una scandalosa gestione dello stesso dicastero;
   ad oggi nessuna sostituzione è stata proposta al Capo dello Stato;
   l'assenza di un Ministro ad hoc denota ad avviso dell'interrogante il disinteresse del Presidente del Consiglio sul tema dello sviluppo economico;
   risultano irrisolte da tempo le vicende più importanti dello sviluppo economiche legate alla Sardegna a partire:
    dalla questione energetica con la pesantissima ricaduta sul sistema economico industriale della Sardegna, dalla mancata realizzazione del metanodotto Algeria-Sardegna-Europa a favore di quelle che gli interpellanti ritengono lobby protese a realizzare rigassificatori con un gravissimo impatto sia sul fronte costiero che nell'entroterra, con la distribuzione su gommato del gas, per arrivare alla mancata definizione di un regime tariffario, attraverso contratti bilaterali e regimi di riequilibrio, a partire dalla interrompibilità e super interrompibilità, al fine di consentire la competitività, ora negata, delle attività industriali della Sardegna;
    dalle questioni industriali della Sardegna: dalla chiusura dell'Alcoa alla mancata realizzazione del sistema integrato miniera Carbosulcis centrale, alla definizione della ripresa produttiva della società Eurallumina, alla ripresa produttiva della Vinilys di Porto Torres, alla definizione dell'assetto energetico per gli stabilimenti energivori del Sulcis e quelli della Ottana Energia, ex Enichem di Ottana;
    in particolar modo, si ritiene indispensabile interpellare il Governo su tutti gli impegni assunti e non mantenuti;
    ad oggi, su questi temi si registra un gravissimo arretramento non solo sostanziale ma anche procedurale considerato che, secondo l'interrogante, nessun serio e concreto atto è stato messo in campo dal Governo e anzi tutte le vertenze languono senza alcuna prospettiva di soluzione –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri, che aveva annunciato per settembre, 2015 iniziative concrete dopo quasi tre anni di promesse non mantenute e di ritardi, non intenda predisporre con somma urgenza iniziative normative e operative concrete che affrontino in modo efficace e immediato le vertenze che costituiscono la più ampia questione sarda;
   se e quando il Presidente del Consiglio dei ministri intenda avanzare la proposta di nomina del Ministro dello sviluppo economico;
   se il Governo non intenda indicare le regioni per le quali dopo tre anni dalla chiusura dello stabilimento Alcoa non solo non ha proposto nessuna concreta iniziativa o provvedimento teso a soddisfare le esigenze energetiche, ma ha presentato una proposta di procedura europea solo a maggio 2015 con un ritardo inaudito, risultata poi fallimentare;
   se non intenda dare notizie concrete sullo stato di tale procedura, considerato che il vertice con il commissario europeo per la concorrenza dei giorni scorsi a Roma si è tradotto in un nulla di fatto;
   se non intenda assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, volta a evitare che i lavoratori, come nel caso dell'Alcoa, siano, ingiustamente perseguiti per manifestazioni di protesta;
   se il Governo non ritenga di dover attivare per Alcoa procedure analoghe a quelle adottate per l'Ilva, considerate le analogie anche sul piano ambientale, attraverso apposite iniziative normative, a partire dal riconoscimento strategico dell'alluminio primario e il conseguente riavvio commissariale degli impianti, qualora non ci fosse la disponibilità concreta di soggetti terzi;
   se non si intenda dare continuità a quanto sostenuto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale relativamente alla realizzazione del metanodotto Sardegna-Algeria, anche in considerazione dell'approvvigionamento sempre più problematico sia con la Libia che con la Russia, anche al fine di non favorire lobby diverse protese a realizzare rigassificatori con un gravissimo impatto sia sul fronte costiero che nell'entroterra, con la distribuzione su gommato del gas;
   se il Governo non intenda adoperarsi concretamente in ordine alle questioni industriali della Sardegna, considerato che ad oggi queste non solo non sono state risolte ma risultano gravemente compromesse a partire dalla questione aperta di Ottana Energia e dal riconoscimento del regime di essenzialità scaduto il 31 dicembre 2015 e dalla ripresa produttiva dell'ex Enichem di Ottana, assumendo iniziative affinché Eni ceda la linea produttiva indispensabile a ricostituire la filiera chimica essenziale per lo stabilimento di Ottana Polimeri;
   se non intenda fornire le necessarie garanzie per la proroga della cassa integrazione straordinaria dei lavoratori di Ottana, che scade a novembre 2015, e, nel contempo, assumere iniziative per garantire la ripresa produttiva degli impianti di xileni dello stabilimento Versalis di Sarroch che forniva a Ottana il paraxilene e verificare la possibilità tecnica ed economica che questi impianti possano essere rimessi in marcia anche senza la gestione diretta dell'Eni, proprietaria dello stabilimento. (5-08537)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003 «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz» è la norma fondamentale che stabilisce i criteri per la tutela della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici generati da stazioni per telefonia cellulare e stazioni radio televisive;
   nel corso degli anni le ARPA hanno sviluppato un sistema efficace di controlli sia preventivi (in fase di autorizzazione dell'impianto) sia basati su misure sul campo;
   i controlli preventivi rappresentano la maggiore garanzia per la popolazione, in quanto ogni impianto viene valutato prima dell'installazione. Infatti, il comune, o la provincia, autorizza l'impianto solo se ARPA rilascia il parere favorevole;
   tale forma di controllo è stata via via resa più difficile, e meno efficace, da una serie di norme successive, in primis il silenzio-assenso che matura in soli 30 giorni. Oltre quel termine se ARPAV non si esprime, si assume che il parere sia favorevole: poiché il carico di lavoro non dipende dalle ARPA, (i tempi, infatti, sono dettati dai gestori che presentano i progetti in base ai loro piani di sviluppo e altro) qualche impianto può non essere valutato compiutamente entro i 30 giorni;
   l'aggravio è conseguente alle modalità con cui valutare il campo prodotto dagli impianti sia in fase preventiva sia in fase di controllo successivo;
   infatti:
    a) la legge 17 dicembre 2012, n. 221, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», pubblicata sul Supplemento ordinario n. 208 della Gazzetta ufficiale n. 294 del 18 dicembre 2012, ha convertito in legge, con modificazioni, il disegno-legge n. 179 del 18 ottobre 2012, che, all'articolo 14, comma 8, introduce novità importanti tra le quali quella di tener conto, in fase di valutazione preventiva di un fattore di riduzione della potenza dell'impianto (ovvero del campo elettrico) che di fatto riduce le soglie previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, fornito dal gestore sul quale le ARPA non hanno nessuna possibilità di controllo;
    b) il tener conto dell'attenuazione dovuta alla struttura dell'edificio, con conseguente aggravio per le strutture preposte ai controlli favorisce l'allungamento dei tempi di valutazione preventiva (30 giorni);
    c) poiché i livelli di campo da confrontare con i valori di attenzione di cui alla tabella 2 dell'allegato B del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003 sono da intendersi come media delle misure nell'arco delle 24 ore, si permette un possibile superamento, per periodi di tempo limitati, del valore di attenzione di 6 V/m nelle aree fortemente antropizzate maggiormente prossime agli impianti e nei momenti della giornata in cui le emissioni delle SRB sono più elevate, con valori di campo però sempre mediamente inferiori, sulle 24 ore, al valore 6 V/m, ovvero un potenziale peggioramento delle condizioni espositive della popolazione. Questa previsione determina, tra l'altro, un aggravio per le strutture delle ARPA/APPA deputate al controllo del rispetto dei limiti. Tale aggravio è dovuto al fatto che i tempi per determinare il valore di campo da confrontare con i limiti di legge inevitabilmente si allungano e si complicano, con un conseguente aumento delle risorse umane da dedicare alle attività di controllo e verifica degli impianti esistenti, con il rischio di diminuire il numero di controlli, esponendo i risultati delle misure a un maggior numero di contenziosi, e compromettendo, di fatto, una efficace tutela della popolazione:
    d) nel caso di contraddittori per riduzioni a conformità, la norma risulta di difficile applicazione;
   l'imposizione del valore di cautela a 6 V/m, unitamente alle valutazioni preventive dell'ARPA necessariamente cautelative, ha negli anni portato a situazioni sulla carta sempre più critiche e a maggiori difficoltà nell'ottenere i pareri favorevoli;
   in conclusione, se la norma di base è stata modificata in questo modo per permettere ai gestori di installare velocemente i nuovi impianti LTE, dall'altro le valutazioni preventive hanno perso parte della loro significatività e i controlli sul campo sono diventati molto più onerosi e difficoltosi –:
   se il Governo non ritenga di avviare un monitoraggio, al fine di individuare le criticità che impediscono l'effettività dei controlli e di rivedere la normativa di settore per renderla più efficace a tutela della salute. (4-13013)


   L'ABBATE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Investinitalyrealestate.com è un portale dedicato alla presentazione di offerte di investimento in immobili pubblici, di società partecipate pubbliche o partecipate pubblico-private, destinate ad operatori italiani ed esteri. Il progetto è realizzato nel quadro delle iniziative prevista dal decreto «sblocca Italia», finalizzate a favorire le opportunità di investimento in Italia, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, in coordinamento con il Ministero dello sviluppo economico, attraverso l'ICE — Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, in collaborazione con il dipartimento del tesoro, il Ministero dell'economia e delle finanze, e con l'Agenzia del demanio;
   Investinitalyrealestate, come si legge sul portale stesso, «è uno strumento virtuale attraverso cui poter favorire, in forma semplice e trasparente, l'interazione tra la domanda di investimenti professionali e le opportunità di investimento immobiliare qualificate che sono state selezionate nel patrimonio pubblico italiano tra le più rilevanti in termini di localizzazione, tipologia e dimensione. Il portale propone opportunità di investimento diversificate, suddivise in due macro-categorie: da un lato immobili pronti per una valorizzazione già definita, come palazzi storici idonei ad essere trasformati in uffici di prestigio o alberghi di “charme”; dall'altro operazioni di sviluppo immobiliare — ad esempio immobili da trasformare o aree da edificare — la cui valorizzazione potrà essere orientata, verso le soluzioni più adeguate e sostenibili, attraverso il confronto con il mercato dei potenziali utilizzatori e investitori. Agevolare il confronto tra tutti gli stakeholders — pubblici e privati — espressi dal territorio di riferimento di ogni operazione di sviluppo immobiliare, rappresenta infatti uno degli elementi fondamentali che hanno ispirato la realizzazione del portale. Gli immobili sono proposti in vendita o in concessione a lungo termine. Le procedure di dismissione, indicate sulla scheda di ciascun immobile presente nel sito, prevedono la cosiddetta “trattativa privata” o l'assegnazione tramite bando pubblico»;
   tra gli immobili presenti sul portale Investinitalyrealestate.com c’è anche l'ex Convento di San Leonardo situato nel centro storico del Comune di Monopoli (BA), tra lo stupore del delegato comunale alla cultura e dell'assessore alle attività produttive ed al turismo come riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno in data 29 marzo 2016. L'immobile risale alla fine del ’500, è stato completato nella seconda metà del ’700 quando vennero costruiti prima il campanile (1721) e poi la chiesa. Negli anni ’70 fu sede della scuola per marittimi; poi, dimesso, fu abbandonato. Il sotterraneo nasconde l'accesso all'antica chiesa rupestre di San Benedetto De Graecis con pregevoli affreschi bizantini;
   come riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno, in data 5 aprile 2016, l'immobile però è definitivamente scomparso dall'elenco dei beni da valorizzare attraverso il portale Investinitalyrealestate.com –:
   se il Governo possa rendere noti i motivi dell'inclusione e della successiva esclusione dell'ex Convento San Leonardo di Monopoli (BA) dall'elenco degli immobili da valorizzare attraverso il portale Investinitalyrealestate.com e se non si ritenga di prevedere possibili alternative per la sua valorizzazione che non siano la vendita o la concessione a lungo termine. (4-13014)


   COSTANTINO, DURANTI e RICCIATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il quartiere Fiume sorge a nord della cittadina di Gioia Tauro ed è attraversato dal torrente Budello, un fiumiciattolo che in periodi di magra raggiunge scarsamente i 50 centimetri ma durante le piogge specie autunnali il livello raggiunge i due metri. Il 2 novembre 2010 li superò abbondantemente esondando ed allagando buona parte del quartiere;
   il Comitato quartiere Fiume nasce ufficialmente il 20 ottobre 2012 con lo scopo di fare fronte comune e dare voce alle lamentele dei singoli cittadini del rione. Infatti, l'attenzione sulle problematiche del fiume, del depuratore e del degrado ambientale risalgono al 1997;
   già in quegli anni nel fiume Budello venivano svenati i reflui «depurati» dell'adiacente impianto di depurazione oggi gestito dalla I.A.M. S.p.A. Benché fossero reflui depurati i cittadini e il Comitato denunciavano un fetore già da allora insopportabile;
   in seguito alle proteste, anche del sopracitato Comitato, la condotta della IAM fu spostata a mare nei pressi della foce del Budello. In teoria, dovrebbe sversare a 400 metri dalla battigia, ma per problemi alla condotta ad oggi sversa a 100 metri o anche meno;
   mentre i cittadini si mobilitavano per protestare contro i miasmi e per il fiume abbandonato a se stesso, nelle vie del quartiere aumentavano i casi di tumori e neoplasie, che da sporadici sono incrementati vertiginosamente fino a destare la preoccupazione della collettività. In poco tempo è emerso che l'incremento dell'incidenza tumorale aveva colpito l'intera cittadina di Gioia Tauro, tanto che si è ritenuta necessaria l'attivazione di un registro tumori, attualmente ancora inoperante;
   allarmati, 10 mila cittadini hanno rivolto un appello scritto ai più alti livelli istituzionali, tra cui il Ministro della salute Lorenzin, il Procuratore di Reggio Calabria Cafiero de Raho senza ricevere alcuna risposta;
   il picco di odore nauseabondo proveniente dalla IAM, correlato ai malori, è avvenuto il 26 giugno del 2014. Non più miasmi semplicemente fastidiosi come lo erano solitamente ma molto più intensi, segnalano coloro che sono stati colpiti da malesseri. Durante la mattinata infatti molte persone sono state trasportate al pronto soccorso con sintomi di nausea, capogiri, lacrimazione oculare. Quel giorno la puzza era veramente insopportabile tanto che la gente abbandonava le case e si spostava in altre zone della città. Nel tardo pomeriggio, appena la puzza ha iniziato a scemare e ha consentito ai cittadini di riavvicinarsi, la popolazione ha bloccato i cancelli del depuratore per impedire alle autocisterne di entrare e scaricare;
   la IAM si affrettò a far sapere ai cittadini che il problema sarebbe derivato da un black-out elettrico che non era stato preavvisato. Oggi di quella giornata si conoscono le intercettazioni telefoniche riportare dai quotidiani. In queste intercettazioni la dirigenza IAM, ammette telefonicamente, con i clienti del Centro Oli di Viggiano, di avere dei problemi a causa dello smaltimento delle loro acque. Intercettazioni che portano il caso in mano alla procura di Potenza;
   la IAM S.p.A. (Iniziative ambientali meridionali) è una società partecipata a capitale prevalentemente privato che dal 1999 gestisce l'impianto di depurazione di Gioia Tauro. La proprietà dell'impianto è in capo all'ASIREG (consorzio per lo sviluppo industriale riconducibile alla regione Calabria). Il depuratore nasce come impianto di depurazione della rete fognaria di 16 comuni della Piana di Gioia Tauro. Fra i soci della IAM vi sono il comune di Gioia Tauro (3 per cento di quote azionarie e un rappresentate nel Consiglio di amministrazione), Polistena (1 per cento) Rosarno (0,5 per cento);
   nel 2008 l'azienda chiede ed ottiene dalla regione Calabria l'autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) per il trattamento di rifiuti liquidi non pericolosi e da allora giungono al depuratore decine e decine di autocisterne al giorno cariche secondo la società di percolato da discarica. Le discariche da cui provengono sono dislocate in tutta Italia, anche da Brescia e Bolzano. Nonostante la società abbia rassicurato più volte sul fatto che essa smaltisse solo percolato da discarica, dopo l'apertura delle indagini lo stesso, amministratore delegato ha dichiarato che sono stati trattati liquidi provenienti dalla lavorazione del petrolio;
   prima dell'interessamento dei PM di Potenza, precisamente il 29 ottobre del 2015, la capitaneria di porto di Gioia Tauro aveva sequestrato la cosiddetta «Quarta linea» del depuratore IAM ossia la parte dedita allo smaltimento dei rifiuti. Secondo le analisi svolte dal Laboratorio ambientale mobile (L.A.M.) della capitaneria di porto vi si riscontrava la presenza di metalli pesanti, quali cadmio, al di sopra dei limiti di legge. Il 17 novembre dello stesso anno il tribunale della libertà di Reggio Calabria dissequestra l'impianto che torna al suo normale funzionamento, nonostante le indagini da parte della guardia costiera proseguano e siano tuttora in corso;
   l'inchiesta Tempa Rossa dei giorni successivi a questo episodio confermerebbe che la IAM avrebbe sversato 26 mila tonnellate di rifiuti pericolosi;
   solo a questo punto la questione è finita in consiglio comunale di Gioia Tauro, dove all'unanimità si è votato affinché il comune socio al 3 per cento chiedesse all'assemblea dei soci della IAM l'azzeramento del Consiglio di amministrazione e la chiusura della quarta linea –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda promuovere una verifica, anche tramite il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, sullo stato dei luoghi e sul livello di inquinamento nonché un'indagine epidemiologica in relazione ai rischi per la salute della popolazione. (4-13033)


   PESCO, TRIPIEDI, TERZONI, DELLA VALLE, CANCELLERI, CASTELLI, D'INCÀ, VILLAROSA, COLONNESE, D'AMBROSIO, CECCONI, TONINELLI, NUTI, BARONI, SIBILIA, SPESSOTTO, COLLETTI, DIENI, BATTELLI, SCAGLIUSI e ALBERTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 10 settembre 2015, Aldo Giannuli scriveva post dal titolo «La morte di Claudio Salini. Gli incidenti d'auto succedono, però...» nel quale si apprende «...però è anche vero che l'Italia è paese di strani incidenti d'auto, come quello che costò la vita al generale Ciglieri nel 1969 (anche in quella occasione, come nel rapimento Moro, scomparve una borsa), come quello di Adriano Romualdi (1973), come quello di Eugenio Dugoni, sindaco di Mantova (1964), quello di Giovanni Aricò (1970) che stava indagando sulla strage di Freccia del Sud, quello di Giorgio Tedoldi, capo della base aeronautica di Grosseto, morto due mesi dopo la tragedia di Ustica su cui aveva da raccontare, come quello del Pm napoletano Federico Bisceglia, per restare ai nostri giorni (febbraio 2015) e tanti altri che non stiamo a ricordare. Insomma, in Italia le strade sono pericolose, tanto che a volte questi incidenti succedono anche ad italiani all'estero come Gianni Nardi in Spagna (1976). Certo resta da capire come mai Salini aveva concesso e poi revocato quei lavori a Bergamo ed Arezzo»;
   da un articolo del Corriere.it si apprende: «Tra i 190 e 200 all'ora. È questa la velocità dell'imprenditore Claudio Salini alla guida della sua Porsche 911 la notte in cui ha perso la vita nell'incidente avvenuto lo scorso 31 agosto sulla Cristoforo Colombo. L'auto si è accartocciata su un albero dopo aver sbandato, complice anche un avvallamento del manto stradale. Queste le conclusioni della consulenza dell'ingegner Mario Scipione sulla dinamica della carambola. L'esperto ha anche escluso il sabotaggio dei freni e della centralina della vettura. La relazione è ora all'esame del pubblico ministero Alberto Liguori»: la perizia sembrerebbe escludere pertanto un sabotaggio;
   per non parlare poi negli anni ’60 delle quasi concomitanti morti nella vicenda del tentativo di golpe e del Piano Solo, dove morì di suicidio il colonnello Rocca; il generale Ciglieri morì di incidente automobilistico; il generale Manes mentre deponeva in commissione d'inchiesta morì d'infarto mentre sorseggiava un caffè; muore d'infarto il giudice Pesce che indagava sulla morte del colonnello Rocca;
   il 6 marzo del 2013 David Rossi, capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena da più di un decennio, descritto come il braccio destro dell'ex presidente Mussari, riconfermato dal Consiglio di amministrazione presieduto da Viola, muore sul selciato del vicolo di monte Pio, sotto la finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni, sede della famosa banca senese. Come ricorda Il Fatto Quotidiano con un articolo del 5 luglio 2013, dal titolo «Mps, le ultime mail di Rossi», «L'inchiesta, aperta contro ignoti per istigazione al suicidio, era inizialmente stata affidata al pm Nicola Marini, magistrato di turno la sera di mercoledì sei marzo. Ma gli sviluppi l'hanno intrecciata all'indagine «madre» sul Monte dei Paschi di Siena e a quella per insider trading, ed è divenuta di competenza anche degli inquirenti titolari degli altri fascicoli: Aldo Natalini Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso»; la vicenda sotto la lente delle indagini venne archiviata dal giudice per le indagini preliminari Monica Gaggelli come suicidio, il 5 marzo 2014; si tratta dello stesso giudice Gaggelli che nel maggio 2014 trasferì l'inchiesta sull'acquisizione di Antonveneta, a Milano, «per competenza territoriale accogliendo un'istanza presentata in sede di udienza preliminare da alcuni avvocati dei 9 imputati, 8 persone fisiche e la banca Jp Morgan» (La Nazione, «Mps, i pm lavorano per unificare le inchieste», del 14 gennaio 2015. Solo in seguito al coraggio e alla tenacia dei familiari della vittima, con l'aiuto di alcuni media e di una forza politica di opposizione, nonostante le anomalie evidenti e palesi del caso, il 15 novembre 2016 il procuratore di Siena Salvatore Vitello ha preso la «decisione di procedere alla riapertura dell'indagine sui temi di prova evidenziati», accogliendo l'istanza dell'avvocato Goracci, che ritiene Rossi vittima di omicidio da parte di almeno due persone (http://firenze.repubblica.it);
   dal Corriere della Calabria del 12 aprile 2016, a firma Alessia Candito, un articolo dal titolo «La Procura di Roma indaga sulla scomparsa di Omar Pace, l'investigatore che trovò l'archivio segreto dei coniugi Matacena» si apprende che Omar Pace «Avrebbe dovuto deporre domani a Reggio Calabria al processo che vede imputato l'ex ministro Claudio Scajola, ma poco meno di 48 ore prima di quell'udienza ha scelto di togliersi la vita. Sono indagini a tutto campo quelle che la Mobile di Roma sta conducendo sul suicidio di Omar Pace, quarantasettenne tenente colonnello della Guardia di finanza, in servizio al primo reparto della Direzione investigativa antimafia. Il suo corpo è stato trovato ieri mattina attorno alle 9.30 dal collega che con lui divideva la stanza al centro Dia. Pace si è ucciso con un unico colpo sparato con la pistola d'ordinanza, dopo aver lasciato dei messaggi d'addio ai familiari e ai colleghi che sono stati immediatamente sequestrati dalla Squadra Mobile di Roma, insieme al computer e ai device informatici. Parole che adesso verranno vagliate e riscontrate con attenzione da investigatori ed inquirenti, anche alla luce del delicatissimo ruolo che il finanziere ha rivestito nel corso della sua carriera. Genio dell'informatica, primo del suo corso in accademia e dotato di un bagaglio culturale immenso, Pace viene ricordato dai colleghi come, un investigatore attento e scrupoloso. Forse per questo, anche a lui è stato affidato il compito di perquisire l'abitazione della storica segretaria dei coniugi Matacena, Maria Grazia Fiordelisi. Proprio lì è stato trovato l'archivio segreto della coppia che ha fatto finire sul banco degli imputati l'ex ministro Claudio Scajola, con l'accusa di aver aiutato l'ex compagno di partito Amedeo Matacena a sfuggire a una condanna definitiva per mafia e a gestire il suo immenso patrimonio. Carte, archivi e file che proprio il tenente colonnello Pace ha trovato, catalogato e sequestrato, e sulle quali avrebbe dovuto riferire in aula. Ma quasi alla vigilia di quell'udienza ha deciso di togliersi la vita. Stando alle prime indiscrezioni, il militare sarebbe stato messo a dura prova dalla perdita del padre e della sorella più giovane, morti entrambi di una grave malattia nel giro di pochi mesi. Ma le verifiche percorreranno anche la strada della manifesta insofferenza di Pace nei confronti delle nuove mansioni cui era stato destinato. Dopo anni di impegno sul fronte delle indagini giudiziarie, il tenente colonnello si era ritrovato improvvisamente ad occuparsi di misure di prevenzione. Un incarico così diverso da quello che per anni e con eccellenti risultati aveva svolto, da spingerlo addirittura – secondo alcune voci – a minacciare le dimissioni. Elementi che adesso saranno vagliati con attenzione da investigatori e inquirenti, determinati a capire cosa ci sia dietro il suicidio del testimone diretto di alcune delle più importanti indagini degli ultimi anni;
   sempre sul Corriere della Calabria, sempre a firma Alessia Candito l'articolo dal titolo «Processo Scajola, la lente della Dda sul suicidio del teste – A Reggio si attendono gli atti preliminare sulla morte del tenente colonnello Omar Pace. Ricostruite in aula le fasi delle perquisizioni all'ex ministro e al suo staff» del 12 aprile 2016, si legge «Un teste importante, chiamato a ricostruire passaggi fondamentali per la pubblica accusa, perché a lui era toccato il compito di analizzare l'archivio di Mariagrazia Fiordelisi, impostando i successivi approfondimenti su quei file e quelle carte. Così è stato definito il tenente colonnello della Guardia di Finanza Omar Pace, l'ufficiale in forza alla Dia, che si è tolto la vita lunedì scorso, due giorni prima della sua testimonianza al processo che vede imputato anche l'ex ministro Claudio Scajola. Il politico è accusato di aver aiutato l'ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena a sottrarsi a una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafioso e ad occultare il suo immenso patrimonio, insieme alla moglie dell'ex collega di partito, Chiara Rizzo, al factotum dei coniugi Martino Politi, e alla storica segretaria dei due, Mariagrazia Fiordelisi. Contestazioni rafforzate dal materiale sequestrato anche all'esito della perquisizione affidata anche al tenente colonnello Pace, il giorno dell'esecuzione dell'ordinanza spedito a casa della storica segretaria dei Matacena, dove è stato rinvenuto l'archivio segreto dei due. Materiale che il tenente colonnello aveva analizzato e catalogato e su cui oggi avrebbe dovuto riferire. Un suicidio – per il quale hanno espresso dolore e rammarico anche i legali presenti oggi in aula, che per bocca dell'avvocato Corrado Politi hanno voluto esprimere le proprie condoglianze alla famiglia – su cui anche il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo vuole vederci chiaro. Per questo motivo, attende la trasmissione degli atti preliminari di indagine che saranno redatti dalla Mobile di Roma, come pure i messaggi d'addio che il finanziere ha redatto prima di spararsi un unico letale colpo con la pistola d'ordinanza. Al sesto piano del Cedir – stando a quanto filtra – c’è l'obbligo di comprendere cosa abbia spinto l‘ufficiale al suicidio per spazzare via qualsiasi eventuale ombra su un'indagine che, come dimostrano anche le integrazioni istruttorie di recente depositate, è lungi dall'essere conclusa. Nel frattempo, continua l'attività dibattimentale di fronte al collegio presieduto da Natina Pratticò. Di fronte ai giudici, oggi hanno sfilato però solo i testi minori che erano stati convocati a corredo della testimonianza principale dell'ufficiale. Sulla perquisizione a casa di Mariagrazia Fiordelisi ha riferito il capitano della Guardia di Finanza Vincenzo Linella, che ha ripercorso le operazioni eseguite l'8 maggio 2014, confermando che proprio nell'archivio della segretaria è stato rinvenuto il fax inviato dall'imprenditore Vincenzo Speziali per confermare l'impegno dell'ex presidente libanese Amin Gemayel a garantire a Matacena un rifugio sicuro in Libano. Nel paese dei Cedri – si assicurava con quella missiva redatta in francese e indirizzata a «mon cher Claudio» Scajola – all'ex deputato latitante, sarebbero stati garantiti appoggi e documenti che ne avrebbero preservato la piena operatività. Sebbene la firma in calce e le conversazioni intercettate dimostrino il contrario, tanto Gemayel come Speziali hanno sempre smentito la paternità di quella lettera. Ma ad incastrare l'imprenditore catanzarese, confermando che il numero di fax da cui è stata spedita è quello usato abitualmente da Speziali, è stato Giorgio Casciani, amministratore delegato della società 3TI Italia S.p.A. In passato – ha spiegato Casciani a inquirenti e investigatori – proprio da quel numero l'imprenditore catanzarese, per circa un anno utilizzato come agente e consulente della 3TI Italia in Libano, ha inviato all'azienda note e fatture per i rimborsi. Un dato, comprovato anche a livello documentale, che conferma il quadro che gli investigatori coordinati dal pm Lombardo hanno costruito nel corso di lunghi anni di indagine. Un mosaico dove è la ‘ndrangheta a cementare tessere pescate dal catino della politica ufficiale e di quella ufficiosa, degli investimenti delle grandi aziende di Stato e degli interessi dei player finanziari internazionali, della massoneria e delle lobbies. Un mosaico che con il passare del tempo diventa sempre più complesso. E inquietante»;
   la scia di incidenti e «suicidi» riguardanti una serie di personaggi chiave di alcune indagai e processi è lunga e costella la storia della Repubblica italiana di interrogativi gravissimi –:
   il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri interrogati conoscano i motivi che hanno portato al demansionamento di fatto del colonnello Pace e se intendano darne notizia in modo da fugare sospetti simili a quelli esposti nella premessa;
   se il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri interrogati per quanto di competenza, con riferimento ai fatti esposti in premessa in casi di morte per presunto suicidio o per incidenti di qualsiasi natura a carico di personaggi indubbiamente «chiave» nell'ambito di inchieste giudiziarie, avviate o in divenire, non intendano adoperarsi per mettere a disposizione dell'autorità giudiziaria ogni elemento utile eventualmente in proprio possesso. (4-13035)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO, MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SCAGLIUSI e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 26 aprile 2016 Amnesty International ha denunciato l'arresto di almeno 238 persone, tra cui attivisti e giornalisti locali e stranieri, in varie città dell'Egitto durante la giornata del 25 aprile, giorno in cui si celebra il ritiro nel 1982 di Israele dalla penisola del Sinai;
   il massiccio spiegamento di forze e mezzi di sicurezza ha di fatto impedito lo svolgimento delle manifestazioni pacifiche;
   altre 90 persone sono state arrestate tra il 21 e il 24 aprile con diverse accuse, tra le quali: reati contro la sicurezza nazionale e violazioni della legge antiterrorismo e della legge sulle proteste;
   tra le persone detenute risulta Ahmed Abdallah Al Sheikh, presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l'organizzazione non governativa per i diritti umani che sta offrendo attività di consulenza ai legali della famiglia di Giulio Regeni, il ricercatore italiano assassinato dopo essere stato torturato, il cui corpo è stato poi trovato in un fosso ai lati di una strada della periferia de Il Cairo;
   secondo fonti della sicurezza, Ahmed Abdallah Al Sheikh è accusato di istigazione a manifestare per destabilizzare l'ordine pubblico, diffondere false notizie per nuocere all'interesse pubblico, istigazione all'uso della forza per fare cadere il regime e cambiare la Costituzione, ma anche di adesione a un gruppo terrorista e di promozione del terrorismo, e per queste accuse rischia la pena di morte;
   anche i genitori di Giulio Regeni, attraverso un comunicato, hanno espresso «preoccupazione per la recente ondata di arresti in Egitto ai danni di attivisti per i diritti umani, avvocati e giornalisti anche direttamente coinvolti nella ricerca della verità circa il sequestro, le torture e l'uccisione di Giulio»;
   si è di fronte a un'ondata di arresti, sia di massa sia selettivi, come affermato da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia: di massa perché sono state arrestate 238 persone, selettivi perché hanno arrestato anche giornalisti stranieri che si sono occupati del caso Regeni, e tra gli arresti più gravi c’è quello di Abdallah, probabilmente allo scopo di ostacolare le indagini sul caso del connazionale ucciso –:
   se e quali iniziative intenda intraprendere nei confronti del Governo egiziano affinché venga fatta luce sull'arresto del consulente della famiglia Regeni, Ahmed Abdallah Al Sheikh e affinché si ottenga una 593 celere scarcerazione;
   se non ritenga opportuno e urgente assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia rispettata la decisione del Consiglio dell'Unione europea dell'agosto 2013 di sospendere l'invio alle forze militari, agli apparati di sicurezza e alle forze dell'ordine dell'Egitto di ogni tipo di arma e di materiale che possa venire impiegato per la repressione interna;
   se e quali iniziative intenda portare avanti affinché il Governo egiziano rispetti il diritto internazionale, in particolare il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali firmato e ratificato dallo stesso. (5-08539)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 giugno 2011 il signor Marco Luigi Di Varano, un cittadino italiano residente a Montesilvano (Pescara) ha perso la vita in seguito ad un incidente stradale avvenuto sull'autostrada A3 vicino a Zagabria;
   il signor Di Varano era stato per alcuni giorni a Banja Luka, in Bosnia, dove la moglie, la professoressa Stevka Smitran, aveva tenuto una conferenza nella locale università;
   la sera del 18 giugno 2011, intorno alle ore 4 del mattino, i signori Di Varano tornavano in Italia percorrendo la succitata autostrada A3 e, vicino a Zagabria, venivano tamponati violentemente da un'autovettura che procedeva alla velocità di quasi 180 km/h alla guida della quale si trovava un individuo che risultava, dai controlli effettuati, con un tasso alcolemico di 1,27 g/kg e di 1,78 g/kg nell'urina;
   il signor Di Varano cessava di vivere tre giorni dopo l'incidente, senza aver mai ripreso conoscenza;
   dal verbale redatto dalla polizia locale, a quanto risulta all'interrogante, risulta chiara e netta la colpevolezza del guidatore ubriaco che ha causato l'incidente;
   dalla società di assicurazione italiana Aviva, la signora Smitran Di Varano ha ricevuto un risarcimento «esclusivamente a titolo del danno biologico personale», ma davanti tribunale di Zagabria pende una causa civile promossa dalla vedova e dal figlio Igor nei confronti della compagnia Euroherc, tesa ad ottenere esclusivamente a titolo di risarcimento il danno subito quali eredi;
   infatti, dalla compagnia Euroherc è stato risarcito solo ed esclusivamente il danno materiale (oggetti distrutti all'interno del veicolo, peraltro, venduto all'asta all'insaputa degli eredi), ma essa non intende risarcire alla vedova e al figlio il cosiddetto «danno da lutto»;
   la signora Smitran Di Varano e suo figlio si battono da anni per veder riconosciuto il loro diritto, a fronte di una perdita comunque non quantificabile economicamente, e hanno potuto contare sul costante supporto e la vicinanza dell'ambasciatore Alessandro Pignatti e del suo gruppo, che hanno consigliato loro anche un avvocato croato che è tuttora il legale di fiducia della famiglia Di Varano –:
   se non ritenga, dopo cinque anni dal tragico fatto, per quanto è in suo potere, di assumere ogni iniziativa di competenza per una positiva soluzione della vicenda che, oltre al risarcimento di un danno sul piano materiale, porrebbe fine ad una situazione che protrae nel tempo la sofferenza dei familiari del signor Di Varano. (4-13022)


   D'ARIENZO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con interrogazione n. 4-10667 sono state chieste alcune informazioni circa l'esportazione di armamenti italiani;
   la risposta scritta è stata pubblicata il 9 febbraio 2016 nell'allegato B della seduta n. 56;
   la legge nazionale di settore (legge n. 185 del 1990 e successive modifiche) citata nella risposta prevede all'articolo 1 — commi 5 e 6 (modifica apportata con decreto legislativo n. 105 del 2012):
    «5. L'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione e la delocalizzazione produttiva, sono vietati quando sono in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell'Italia, con gli accordi concernenti la non proliferazione e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali di armamento;
    6. L'esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l'intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati:
     a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere;
     b) verso Paesi la cui politica contrasti con (principi dell'articolo 11 della Costituzione;
     c) verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea (UE) o da parte dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE);
     d) verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'UE o del Consiglio d'Europa»;
   l'Arabia Saudita è in stato di conflitto armato. L'agenzia umanitaria Human Rights Watch ha denunciato l'uso di bombe a grappolo da parte delle forze della coalizione guidata dai sauditi, ed inoltre che alcuni degli attacchi hanno avuto luogo in aree ad alta concentrazione di civili. Ciò indicherebbe che gli attacchi missilistici hanno colpito indiscriminatamente in violazione con le leggi di guerra. La stessa agenzia umanitaria ha invitato il Consiglio per i diritti umani dell'ONU ad investigare sulle gravi violazioni commesse da tutte le parti del conflitto in Yemen;
   la politica dell'Arabia Saudita contrasta con l'articolo 11 della Costituzione italiana;
   in Arabia Saudita molte libertà fondamentali previste dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non esistono; la pena di morte ed altre pene corporali vengono applicate spesso senza un regolare processo; in Arabia Saudita vengono oppresso minoranze religiose e politiche, si torturano i prigionieri; in Arabia Saudita non vengono rispettati i diritti umani –:
   quale sia attualmente il maggiore destinatario extraeuropeo dell'esportazione degli armamenti italiani, con quale percentuale, in base a quali dati, e in che posizione si collochi l'Arabia Saudita e con quale quantità di armi;
   se risulti che la risoluzione n. 2216 sia stata approvata dall'ONU su proposta della Giordania e dell'Arabia Saudita «Dopo» che l'Arabia Saudita era già intervenuta in Yemen;
   se, a prescindere dalla posizione dell'Unione europea e degli Stati Uniti, i Ministri interrogati non ritengano di dare piena applicazione al decreto legislativo n. 105 del 2012, in relazione a quanto riportato in premessa circa la situazione dell'Arabia saudita;
   qualora non fossero state accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'Unione europea o del Consiglio d'Europa gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani in Arabia Saudita, vite anche le notizie di stampa, se il Governo non ritenga di assumere iniziative affinché le Nazioni Unite, l'Unione europea e il Consiglio d'Europa si adoperino per accertarsene;
   se il Governo non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per verificare se esistono adeguate garanzie sulla definiti destinazione di tutti i materiali di armamento arrivati in Arabia Saudita. (4-13029)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   CRIVELLARI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni giorni in Veneto è allarme Pfas ovvero allarme per l'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche — si tratta di sostanze chimiche di sintesi utilizzate principalmente per rendere resistenti ai grassi e all'acqua vari materiali come tessuti, tappeti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti;
   tali sostanze sono ampiamente utilizzate in applicazioni civili e industriali e la loro presenza può essere riscontrata nell'aria, nel suolo e nell'acqua in relazione alla produzione, all'uso e allo smaltimento dei prodotti che li contengono; si parla, inoltre, di composti dotati di elevata persistenza nell'ambiente, che possono essere trasportati a distanza dall'acqua e se presenti nell'aria ricadono al suolo;
   tra le possibili e diverse modalità di assorbimento per l'uomo, che le aziende sanitarie locali hanno messo in rilievo, vi sono le vie orali e il consumo di acqua potabile e di alimenti «contaminati»;
   non vi è ancora provata sintesi scientifica sugli effetti di tali sostanze, ma esistono indicazioni sulla loro nocività e sul potenziale cancerogeno;
   nella provincia di Rovigo l'Arpav ha già censito 35 siti «potenzialmente contaminati»;
   i dati dell'Arpav recentemente comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno delineato il quadro complessivo di un Veneto inquinato e da tenere sotto controllo;
   in uno studio del 2013 condotto dal Cnr si erano già individuate concentrazioni anomale nell'acqua fra le province di Vicenza, Verona e Padova;
   sembrano essere stati individuati nel territorio rodigino diversi siti da bonificare, ovvero con alte concentrazioni di Pfas;
   il Polesine possiede quattro centri di potabilizzazione sull'Adige e sei sul Po, rispetto ai quali non si hanno informazioni riguardo ad eventuali controlli o piani di monitoraggio;
   i Pfas rappresentano un potenziale problema per la salute dei cittadini soprattutto in zone a vocazione agroalimentare o di allevamento;
   è in fase di partenza un primo screening su 25.000 cittadini veneti;
   vi sono attualmente inchieste in atto e, tra le altre cose, le procure di Vicenza e Verona sulla base degli esposti presentati da vari comitati hanno aperto fascicoli di indagine –:
   quali siano, per quanto di competenza, il piano, la metodica e il programma dei controlli sul territorio veneto ed, in particolare, nella zona della provincia di Rovigo in merito all'emergenza Pfas;
   quali iniziative di competenza siano allo studio per garantire prevenzione e sicurezza per la salute della popolazione locale. (3-02223)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE ROSA, MANNINO, MICILLO, BUSTO, ZOLEZZI, TERZONI e DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il progetto di «acquisizione aree e realizzazione di nuovi piazzali attrezzati nel porto commerciale di Augusta», che prevede la cementificazione di oltre 300.00 metri quadrati dell'area umida del Mulinello, elaborato dall'autorità portuale di Augusta, nasce negli anni ’90 ed ottiene valutazione di impatto ambientale (VIA) favorevole solo nel 2007; una successiva variante al progetto ottiene nel 2013 parere di non assoggettabilità a nuova procedura di valutazione di impatto ambientale;
   il comune di Augusta ha recentemente espresso ufficialmente la propria contrarietà alla realizzazione del progetto nella sua versione attuale;
   gli stessi operatori portuali reputano la realizzazione delle nuove banchine, così come prevista dal progetto, dannosa e pericolosa per l'agibilità delle navi container che avrebbero meno spazio per manovrare;
   l'area oggetto dell'intervento non è, come affermato, a giudizio degli interroganti erroneamente nello studio preliminare, «relitto inutilizzabile e priva di connotati naturali e antropici» o costituita, come si rileva in passaggi successivi, da «[...] terreni incolti e in stato di abbandono [...] caratterizzato da una depressione colma di acqua stagnante che non trova sbocco sul mare». In realtà, si tratta delle saline del Mulinello, note sin dall'antichità, ed il cui valore storico, ambientale e naturalistico è rilevantissimo;
   si tratta di un'area umida salmastra compresa nelle saline del fiume Mulinello, pur non rientrando nella perimetrazione del pSIC/ZPS «Saline di Augusta» (ITA090014), ricadente all'interno dell’«Oasi di protezione e rifugio della fauna selvatica» nei territori di Augusta e Melilli, D.A. 17 giugno 1999. (G.U.R.S. — 10 settembre 1999 — N. 43);
   con i suoi 12 ettari di estensione la salina rappresenta un sito naturalistico le cui valenze sono da ritenersi pari a quelle del pSIC/ZPS ITA090014, sebbene si trovi collocata tra un'area industriale-commerciale e un'area storico-archeologica che comprende l'hangar per dirigibili di Augusta e la zona archeologica di «Cozzo del Monaco»;
   il progetto, così come proposto, grava e compromette integralmente la salina sinistra del fiume Mulinello, colmando e cementificando il sito, e preclude definitivamente un qualsiasi futuro di tutela e valorizzazione naturalistica;
   il progetto intenderebbe cancellare una significativa porzione delle antiche Saline del Mulinello, in cui ancora oggi sono presenti gli ultimi preziosissimi resti di mulini a vento in legno;
   sul piano paesaggistico il progetto della banchina container produrrebbe un forte stravolgimento e farebbe da «cortina», oscurandoli, ai forti Garcia e Vittoria;
   i proponenti del progetto affermano che l'opera è parte integrante e necessaria del progetto del nuovo terminal container/molo container approvato con decreto di compatibilità ambientale del 2007, e viene quindi presentata come il già previsto e programmato sviluppo ed ampliamento della cosiddetta banchina container per la quale fu rilasciato parere valutazione di impatto ambientale positivo;
   tuttavia, come noto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale non possono essere eluse attraverso uno strumentale frazionamento dei progetti, mirato a ridurre le soglie dimensionali delle attività, al fine di escluderne l'assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale. Quest'ultima necessita di una visione complessiva che impone la rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale nell'espletamento delle diverse fasi temporali di realizzazione dell'intervento; i decreti di valutazione di impatto ambientale hanno una validità di 5 anni entro i quali i progetti devono essere realizzati, pena la decadenza della procedura, ed i lavori per la banchina non sono finora cominciati;
   la valutazione del rischio idrogeologico agli interroganti appare lacunosa in quanto il piano stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico individua l'area di progetto come zona di esondazione in caso di cedimento della diga Ogliastro;
   il progetto si basa su un'idea di porto commerciale risalente a 60 anni fa che si sta oggi dimostrando palesemente sbagliata e priva dei fondamentali requisiti di sostenibilità economica ed ambientale;
   il piano regolatore portuale che contiene il progetto di porto commerciale è del 1986, mai aggiornato, nonostante la legge che istituiva le autorità portuali lo prevedesse, e mai sottoposto a valutazione d'impatto ambientale;
   l'opera appare sproporzionata rispetto agli attuali e ai futuri flussi di traffico. La necessità di realizzare la banchina e l'ampliamento dell'area merci vennero giustificati attraverso una stima di crescita del traffico container pari a 500.000 teu (twenty equivalent unitcontainer da 20 piedi). Alla luce della crisi internazionale, questa stima fatta nel 2004, si è dimostrata del tutto inattendibile;
   le procedure attualmente in corso riguardanti il porto di Augusta, proponente autorità portuale di Augusta, sono:
    1) una procedura di esclusione dalla Valutazione di impatto ambientale (VIA) per il progetto «terza fase — realizzazione banchine container nel porto commerciale di Augusta — progetto unificato di primo e secondo stralcio». L'istanza del proponente è del 27 gennaio 2016;
    2) una procedura di verifica di ottemperanza ad un decreto ministeriale del 2007 in merito alla realizzazione banchina container nel porto commerciale di Augusta (SR) — prescrizione: 2. L'istanza del proponente è dell'11 agosto 2015. Il 28 gennaio del 2016 sono pervenute al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle integrazioni volontarie dell'autorità portuale di Augusta. Allo stato è in istruttoria tecnica presso la commissione tecnica di valutazione di impatto ambientale;
   in data 2 aprile 2016, il comune di Augusta, attraverso un'apposita delibera di giunta, ha presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le proprie osservazioni contrarie alla richiesta di non assoggettabilità a procedura di VIA. In particolare, nella documentazione presentata, si chiede anche che la procedura sia assoggettata a valutazione di incidenza ambientale oltre che a nuova VIA. Analogamente, anche Legambiente ha presentato le sue osservazioni;
   nel marzo 2016 si è concluso l'audit della Corte dei conti europea sul porto di Augusta che ha confermato la sproporzione dell'investimento nel progetto di ampliamento banchine e piazzali rispetto alla domanda di container. Ciò rende ancora meno giustificabile l'investimento generale e l'impatto ambientale che verrà prodotto a fronte di un ritorno economico trascurabile se non negativo –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare al fine di verificare la correttezza dell'iter procedimentale di autorizzazione del progetto;
   se, in considerazione delle criticità, riportate in premessa, il Governo non ritenga opportuno opportune iniziative volte a sospendere l'intero iter del progetto che, se attuato, rischia di provocare un impatto altamente negativo su un'area che mantiene caratteristiche di importante pregio ambientale;
   se, considerata la preoccupazione dell'opinione pubblica per gli impatti negativi dell'opera in questione, il Governo non ritenga opportuno avviare idonei processi partecipativi, al fine di valutare se tale intervento sia effettivamente necessario e, in subordine, proporre varianti progettuali meno impattanti a livello ambientale, assicurando, in sede di rinnovo del procedimento di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, adeguata risposta alle criticità che emergano nelle osservazioni dei soggetti partecipanti al procedimento. (4-13026)


   BASILIO, ALBERTI e COMINARDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la riserva naturale Torbiere del Sebino costituisce una delle principali riserve naturali della regione Lombardia; e così definita in quanto ha avuto origine dall'attività di estrazione della torba ed è ubicata a sud della sponda del Lago d'Iseo, in provincia di Brescia;
   la riserva, dichiarata «zona umida di importanza internazionale» dalla Convenzione di Ramsar del 1971, presenta al suo interno varie specie protette di fauna e flora, oltre a reperti archeologici di valore ed è meta di itinerari turistici di tipo naturalistico;
   da notizie provenienti da organi di stampa nazionali, si evince che la riserva è da alcuni anni vittima di sversamento di rifiuti e sostanze nocive da parte degli imprenditori agricoli delle zone circostanti, che così facendo avrebbero reso il sito naturalistico una vera e propria «discarica», con gravi danni per l'ecosistema della riserva e per l'ambiente;
   in particolare, la sezione di Legambiente del basso Sebino ha denunciato nei giorni scorsi la presenza di una vistosa macchia bianca apparsa sulle acque del laghetto della riserva, probabilmente causata proprio dallo sversamento di rifiuti tossici;
   inoltre, secondo Legambiente, lo scarico abusivo dei rifiuti non subisce alcuna sanzione a causa dell'assenza di adeguati controlli da parte degli organi preposti, come l'Ente Torbiere, incaricato formalmente di valorizzare e tutelare il patrimonio naturale della riserva;
   tale situazione, che danneggia non solo la riserva ma anche i terreni preposti alla viticoltura ed alle altre produzioni della Franciacorta, rischia di compromettere un sito naturalistico di notevole livello per la provincia di Brescia e per la regione Lombardia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche promuovendo verifiche da parte del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di intensificare i controlli antinquinamento della riserva naturale Torbiere del Sebino. (4-13031)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la città di Catanzaro era racchiusa da una cinta muraria di circa tre miglia, intatta fino al 1805. Era una città fortezza dotata di torri, bastioni e porte civiche. Da Porta Marina fino alla fonte di Tubolo, nella zona della Vallotta, vi erano 4 torri di guardia (3 bastioni secondo il D'Amato) mentre il rione Palmenta (o Parmenta o Paulino) che si estendeva da Tubolo fino alla valle del Giglione era fortificato da trincee. A Montecorvino (Santa Maria de Figulis), si trovava il Baluardo dei Palmeti, mentre un altro si trovava nella zona della chiesa di San Nicola di Morano o delle Donne. A guardia della valle del Musofalo o Conaci, vi era la torretta di Cerausto o della marchesa. Dal Cerausto in poi vi erano 8 bastioni e tre torri, di cui una nell'ultimo dipartimento detta Torre Rossa, forse per il toponimo del quartiere di Terra Rossa. Dalla torretta che si trovava sulla strada nazionale in corrispondenza della discesa di Monaco – coperta nel riempimento operato per la piazza e la relativa via – fino al Castello vi erano la porta di San Giovanni (o Castellana) con l'adiacente fosso rivellino e ponte levatoio – nei pressi dell'odierna piazza Matteotti – e la porta del Gallinaio. Dal quartiere Paradiso – oggi case Arse – fino alla porta di Pratica (o di Prattica o di San Leonardo) vi era il bastione di San Nicola Coracitano. Seguiva poi il quartiere Malacinadi fino alla porta Marina con 6 bastioni e più torri. Un'ultima torre di guardia, era la Cavallara sopra l'abitato della Marina;
   Catanzaro aveva dunque un impianto difensivo complesso, come tutte le città medioevali, di questi manufatti, tuttavia, molti sono andati distrutti per via dei terremoti, alcuni sono stati abbattuti dagli uomini, altri sono stati inglobati in palazzi e altri ancora sono stati lasciati all'incuria. Basta pensare alle condizioni in cui versano la torre di guardia sopra il quartiere marinaro, le antiche porte, con annesse chiese, dell'antica Catanzaro, la chiesetta di Santa Maria della Portella ormai priva del tetto. Oltre all'incuria, altri problemi derivano dal precitato costone che si sta sgretolando con grossi massi che si sono riversati sulla chiesetta senza, però, comprometterne la struttura muraria. La porta di Stratò, con annessa chiesa, sita sotto viale De Normanni, nei pressi del palazzo Sanguedolce purtroppo è seriamente compromessa nella struttura muraria, la parte destra della chiesetta è crollata assieme al piccolo campanile pochi anni fa e, anche qui, mancando il tetto, tutta la struttura è priva di qualsiasi protezione dalle piogge –:
   se il Governo abbia previsto interventi immediati, anche parziali, per salvaguardare con urgenza da danni irreparabili i beni descritti nelle premesse di inestimabile valore ed appartenenti al demanio pubblico dello Stato o, in caso contrario, quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di promuovere investimenti per la ricostruzione dell'identità e della memoria storica della città di Catanzaro, per la sua riqualificazione nonché per la valorizzazione del suo patrimonio architettonico, artistico, religioso e paesaggistico;
   se non ritenga necessario promuovere, in via prioritaria, un intervento diretto, straordinario e per giunta poco oneroso, relativo alla ristrutturazione della porta di Stratò, i cui conci sono ancora utilizzabili e conservati, e se non ritenga, al contempo, di assumere iniziative per rendere fruibili gli antichi sentieri, creando delle aree verdi attrezzate da restituire all'intera collettività. (4-13011)


   COSTANTINO, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, RICCIATTI, NICCHI, DURANTI, MELILLA, PANNARALE e CARLO GALLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   durante i lavori di ricostruzione voluti dall'amministrazione di Vibo Valentia su viale Paolo Orsi, la via che conduce al cimitero cittadino, sono emersi sotto gli occhi della Soprintendenza che vigila sulla messa in opera, reperti archeologici che sembrano essere di grande valore;
   la Sovrintendenza è stata infatti coinvolta perché il suddetto viale ricade nell'area del parco archeologico urbano dove sono stati già rinvenuti i resti del tempio ionico in località Cofino, per il cui restauro sono stati finanziati 3 milioni di euro e per cui si attende la fine dei lavori;
   secondo fonti giornalistiche (Il quotidiano del Sud, 15 aprile 2016), durante i lavori che hanno interessato la carreggiata verso il cimitero sarebbero emersi ulteriori resti delle mura greche dell'antica Hipponion e, di concerto con la stessa Soprintendenza archeologica, si sta procedendo all'interramento degli stessi resti per proseguire l'asfaltatura della strada e la posa dei tubi di condotta idrica per lo scorrimento di acque bianche, probabilmente per carenza di fondi che permettano di valorizzare i resti e renderli fruibili a turisti e visitatori, rispettando così i tempi di consegna e attuazione progetto, a discapito di beni archeologici di fondamentale importanza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e come intenda verificare le responsabilità della Soprintendenza archeologica rispetto ai propri doveri di vigilanza e dunque che politiche intenda attuare per valorizzare reperti di questo valore, specie per implementare le risorse turistiche della zona. (4-13018)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BASILIO, FRUSONE, CORDA, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, recante il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, all'articolo 879, stabilisce che il Consiglio centrale della rappresentanza militare (Cocer) formula pareri, proposte e richieste su tutte le materie che formano oggetto di norme legislative o regolamentari circa la condizione, il trattamento, la tutela di natura giuridica, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale dei militari;
   all'articolo 880, tra le competenze comuni a tutti gli organi di rappresentanza, il decreto prevede che gli organismi possano trattare anche di «provvidenze per gli infortuni subiti e per le infermità contratte in servizio e per cause di servizio» nonché di «condizioni igienico-sanitarie»;
   all'articolo 882, comma 1, in particolare, disciplina l'esercizio della rappresentanza militare e, al comma 2, stabilisce che tutte le operazioni inerenti le rappresentanze militari sono svolte dal personale «per motivi di servizio»; al successivo comma 4 afferma che i membri dei consigli della rappresentanza devono essere messi in condizione di espletare le funzioni per le quali sono stati eletti e avere a disposizione il tempo che si renda necessario, fatte salve le esigenze operative e quelle di servizio non altrimenti assolvibili, mentre al comma 6 sancisce comunque il principio che ai delegati deve essere garantita libertà di opinione nell'espletamento dei compiti connessi con lo specifico incarico;
   all'articolo 751, comma 46, tra i comportamenti che possono essere puniti con la consegna di rigore, prevede l'invio o rilascio alla stampa o a organi di informazione, di comunicazioni o dichiarazioni a nome di un organo di rappresentanza militare. È fatta eccezione per i componenti del Cocer per quanto riguarda le materie di competenza di tale organo rappresentativo;
   il sito web «Sergenti.it», in data 14 aprile 2016, ha pubblicato una nota (M-D ARM001 0042535 13 aprile 2016 INT) con la quale lo Stato maggiore dell'Aeronautica, 1o reparto, ha risposto negativamente alla richiesta del Consiglio centrale della rappresentanza militare (Cocer) tesa ad ottenere l'autorizzazione alla partecipazione per motivi di servizio ad un convegno, organizzato, a Firenze, il 15 aprile 2016 dall'ONA (Osservatorio nazionale amianto). Nella nota si legge che «In merito a quanto chiesto con il foglio in riferimento si comunica che, in conformità alle indicazioni impartite dallo Stato Maggiore della Difesa, in occasione di precedenti analoghe attività, l'eventuale partecipazione all'evento indicato nell'oggetto dovrà avvenire: a titolo personale». La nota specifica, altresì, che «a titolo personale» è da intendersi a «titolo privato», ovvero senza onere a carico dell'amministrazione della difesa e con valido titolo giustificativo per l'assenza dal servizio. Si evidenzia, inoltre, che per partecipare al citato evento i partecipanti dovranno indossare abiti civili ed esprimere opinioni personali, senza divulgare programmi e decisioni dei vari consigli della rappresentanza militare;
   lo Stato maggiore, con la nota summenzionata, nel negare la partecipazione per motivi di servizio ai delegati del Cocer, non ha tenuto adeguatamente conto per gli interroganti, della situazione, prevedendo per il venerdì pomeriggio (periodo in cui notoriamente il personale militare è libero dal servizio) un superfluo «valido titolo giustificativo per l'assenza dal servizio», nonché stabilendo inutili prescrizioni per un'attività definita a «titolo privato» nella quale il personale militare può esprimere solo opinioni a titolo personale; i rappresentanti del Cocer, sul medesimo sito web hanno pubblicato un comunicato stampa che, riporta testualmente: «Avevamo chiesto allo Stato Maggiore Aeronautica l'autorizzazione per partecipare al convegno dal titolo «Amianto e altri cancerogeni. La strage di militari. Più morti che in guerra» che si terrà a Firenze il giorno 15 aprile 2016. Ritenevamo la materia di estremo interesse per il personale militare, tenuto conto che il Cocer dell'Aeronautica ha trattato più volte il tema della tutela della salute nei posti di lavoro con particolare riferimento anche all'amianto. Lo Stato Maggiore non ha autorizzato la partecipazione dei delegati al predetto incontro come se discutere e approfondire questioni relative alla salute dei colleghi ammalati, anche a causa dell'amianto, fosse un fatto privato e non riferibile alle competenze della rappresentanza militare e quindi di servizio. Ancora una volta emergono con i fatti tutte le criticità e i limiti di un organo di rappresentanza nato nel lontano 1978 e non più al passo con i tempi. È arrivato il momento che il Parlamento metta mano ad una riforma dello strumento rappresentativo in linea con i dettami della Carta europea dei diritti dell'uomo, che sia capace di tutelare concretamente il personale e che abbia reali poteri di contrattazione di primo e secondo livello. Lo dichiarano i delegati del Cocer dell'Aeronautica Militare Alfio Messina e Antonsergio Belfiori»;
   la scelta dello Stato maggiore dell'Aeronautica di non autorizzare la partecipazione, per motivi di servizio al suddetto convegno appare agli interroganti non suffragata nemmeno da una logica di spending review, secondo i principi della normativa vigente in materia di riorganizzazione e razionalizzazione della macchina amministrativa. Infatti, essendo i delegati già a Roma, le uniche spese che avrebbe sostenuto l'autorità militare sarebbero state solo quelle del biglietto ferroviario da Roma a Firenze in quanto, nella serata di venerdì, alla fine del convegno, i delegati avrebbero fatto comunque rientro presso la sede dei rispettivi reparti di provenienza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritenga di dover intraprendere iniziative nei confronti dello Stato Maggiore dell'Aeronautica per verificare le eventuali responsabilità nel rilascio di una nota con la quale non sono stati autorizzati i delegati del Cocer dell'Aeronautica a partecipare al convegno di cui in premessa, se non a titolo privato, posto che a giudizio degli interroganti, discutere e approfondire questioni relative alla salute di colleghi ammalati, anche a causa dell'amianto, non è un fatto privato ma riferibile alle competenze della rappresentanza militare e, quindi, di servizio;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per impedire che in futuro possano ripetersi simili episodi di limitazioni del diritto di parola e di espressione dei militari, e soprattutto di quelli che sono componenti degli organi di rappresentanza militare. (4-13019)


   FEDRIGA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 giugno 1998 decedevano in località Ospedaletto di Gemona del Friuli gli alpini Mirco Bergonzin, Andrea Cordori, Roberto Garro e Giovanni Lombardo, tutti in forza al 14o Battaglione Alpini «Tolmezzo»;
   i familiari di detti militari, pur convocati dal comando di battaglione per effettuare il riconoscimento, non vennero ammessi né alla visione delle salme, riconosciute invece da personale militare del reparto, né ai funerali militari, svoltisi presso la caserma Feruglio, sede del Battaglione «Tolmezzo»;
   ai familiari, in definitiva, non fu concessa nessuna facoltà di controllare l'identità delle salme né l'effettuazione della loro ricomposizione e vestizione e ciò con giustificazioni che apparvero già all'epoca pretestuose e non suffragate da alcuna conferma;
   i feretri dei militari Mirco Bergonzin e Roberto Garro risultarono inoltre essere stati trasportati verso le città di origine con furgoncini commerciali, ancorché coperti dalla bandiera nazionale italiana, e ciò a dispetto delle circostanze della loro scomparsa, e per di più a cura di una ditta — la Amadeus di Osoppo – di cui risultò responsabile persona con precedenti penali, il Signor Giuseppe Calabrese, poi arrestato il 9 giugno 2010 per reati connessi al traffico di stupefacenti;
   alcuni effetti personali dei militari deceduti furono inviati in località diverse rispetto a quelle di origine, accrescendo i dubbi ed i sospetti circa la reale identità delle salme restituite al famiglie, poi fugati, almeno relativamente a Roberto Garro, con la riesumazione della salma, ottenuta nel 2000 in seguito alla presentazione di numerose istanze;
   è stato avanzato il sospetto che i quattro militi non siano morti in un normale incidente d'auto, ma siano invece rimasti vittime dell'esplosione di un ordigno che avrebbe distrutto l'autoveicolo sul quale viaggiavano;
   è forte tra i familiari superstiti la sensazione che i quattro alpini deceduti fossero stati a conoscenza di notizie compromettenti per la reputazione dei contingenti militari italiani impegnati in missioni di mantenimento della pace nei Balcani, forse in quanto testimoni del loro coinvolgimento nel traffico di droga;
   sull'incidente di cui rimasero vittime gli alpini Mirco Bergonzin, Andrea Cordori, Roberto Garro e Giovanni Lombardo non sono state apparentemente promosse inchieste né dalla magistratura militare né da quella civile –:
   se, in assenza di iniziative intraprese dalla magistratura militare e da quella civile, sia stata aperta almeno dal Ministro della difesa un'inchiesta interna sulle circostanze che portarono alla morte dei quattro alpini morti il 9 giugno 1998 in località Ospedaletto di Gemona del Friuli, apparentemente a causa di un incidente automobilistico;
   se sia possibile condurre degli accertamenti in merito alle cause che preclusero ai familiari degli alpini deceduti ad Ospedaletto di effettuare a suo tempo il riconoscimento delle spoglie dei loro congiunti, di presenziare alla chiusura delle bare e di assistere alle esequie militari;
   per quali ragioni il servizio di trasporto dei feretri sia stato affidato a ditta diretta da persona avente precedenti penali;
   se il Ministro interrogato della difesa non ritenga comunque opportuno un gesto riparatore da parte dell'Amministrazione della difesa per tutto quanto accadde ai familiari dei quattro caduti di Ospedaletto, anche segno di condivisione del loro dolore. (4-13021)


   PISO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio comunale di Civitavecchia, all'interno del comprensorio militare di S. Lucia, è ubicato il Centro tecnico logistico interforze N.B.C., ente del Ministero della difesa, unico in Italia con compiti di studio e applicazioni di carattere militare nei settori nucleare, biologico e chimico;
   lo smaltimento di armi chimiche si svolge in ottemperanza della legge n. 496 del 1995 di ratifica della Convenzione internazionale di Parigi del 13 gennaio 1993;
   l'attività svolta sotto il controllo degli ispettori internazionali dell'OPAC (Organismo per la proibizione delle armi chimiche), ha consentito di smaltire nel tempo ingenti quantitativi di sostanze chimiche quali, Yprite, Fosgene, Adamsite e munizioni a caricamento chimico;
   presso il Centro tecnico logistico interforze N.B.C. di Civitavecchia sono stati effettuati degli studi finalizzati all'individuazione di tecnologie alternative per lo smaltimento delle armi chimiche;
   questi studi, su mandato del Ministero della difesa, hanno permesso di individuare e scegliere la tecnologia adatta fra quelle disponibili, ponendola al vaglio dello Stato Maggiore della Difesa e sembrerebbe essere già stata individuata la ditta in possesso dei requisiti tecnici per realizzare tale impianto;
   la tecnologia individuata, a quanto risulta, si basa su un processo di «Ossidazione Termica»;
   il territorio del comune di Civitavecchia è già fortemente compromesso dal punto di vista ambientale, per la presenza di grandi impianti termici alimentati a carbone, circa 4 milioni di tonnellate annue, dal porto e da altri insediamenti industriali, che contribuiscono ad una già compromessa situazione ambientale;
   il consiglio comunale di Civitavecchia, tutti i vicini comuni dell’hinterland coinvolti e la città metropolitana di Roma si sono espressi contro tale decisione;
   la realizzazione di tale impianto di Ossidazione Termica si configura come un vero e proprio inceneritore con relativa produzione di fumi e gas che, seppur in presenza di filtri, verranno sprigionati in atmosfera –:
   quale tipo di impianto intenda costruire il Ministero della difesa e se effettivamente quest'ultimo utilizzerà il processo di «Ossidazione Termica»;
   se, per quanto sopra esposto, il Governo non ritenga la costruzione di qualsiasi impianto di smaltimento nel comprensorio militare di S. Lucia, un ulteriore aggravio per il territorio di Civitavecchia, già fortemente compromesso a livello ambientale. (4-13025)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del Tuir prevede la detrazione, nella misura del 19 per cento ed entro un limite massimo di euro 2.633,00 per le spese sostenute da studenti universitari iscritti ad un corso di laurea presso una università situata in un comune diverso da quello di residenza per canoni derivanti da contratti di locazione stipulati o rinnovati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431;
   a decorrere dall'anno 2008, per effetto del disposto dell'articolo 1, comma 208, della legge n. 244 del 2007 la detrazione spetta anche per i canoni relativi ai contratti di ospitalità, nonché agli atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fini di lucro e cooperative; quindi dall'anno 2008 la detrazione in esame è riconosciuta anche ai contratti stipulati con la casa dello studente, con convitti o con collegi universitari;
   per poter beneficiare della detrazione è necessario che: l'università (anche se estera) sia ubicata in un comune distante almeno 100 chilometri dal comune di residenza dello studente, sia ubicata in un comune di una provincia diversa dal comune di residenza dello studente e l'unità immobiliare sia situata nello stesso comune in cui ha sede l'università o in un comune limitrofo;
   l'Agenzia delle entrate nella circolare 34/E/2008 in merito al requisito della distanza dei 100 chilometri necessari per poter fruire della detrazione ha precisato che è possibile fare riferimento alla distanza chilometrica più breve tra il comune di residenza e quello in cui ha sede l'università, calcolata in riferimento ad una qualsiasi delle vie di comunicazione esistenti, ad esempio ferroviaria o stradale: il diritto alla detrazione sussiste se al-meno uno dei suddetti collegamenti risulti pari o superiore a cento chilometri;
   desta qualche perplessità che l'agevolazione tenga conto solo del criterio della distanza geografica dei 100 chilometri e non valuti invece anche il tempo materialmente necessario per raggiungere le sedi accademiche;
   la norma discrimina infatti chi vivendo in aree impervie, seppur geograficamente più vicine di 100 chilometri, per condizioni morfologiche dei territori o per inadeguatezza infrastrutturale impiega tempi ben superiori a quelli richiesti ordinariamente per coprire 100 chilometri (come nel caso dei numerosi giovani residenti in provincia di Rimini, nelle zone più interne della Valmarecchia e della Valconca, che frequentano l'università a Urbino o Ravenna);
   la detrazione sui contratti di locazione per gli studenti universitari rappresenta per le famiglie una importante forma di risparmio sull'Irpef –:
   se il Ministro non ritenga di dover superare la discriminazione assumendo iniziative per integrare la norma ed estendere così il beneficio della detrazione non solo in relazione alla condizione della distanza chilometrica, ma anche alle difficoltà materiali nel raggiungere le sedi accademiche. (5-08518)


   VALLASCAS, DA VILLA, BUSTO, CRIPPA, CANCELLERI, NICOLA BIANCHI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo alcuni organi di stampa, risulterebbe che il giurista Carlo Malinconico, già sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all'editoria, del Governo Monti, dal 29 novembre 2011 al 10 gennaio 2012, avrebbe ottenuto numerosi incarichi legali presso il Gestore dei servizi energetici (GSE), società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   in particolare, il quotidiano La Notizia, in riferimento ai rapporti di Malinconico con il GSE, avrebbe usato termini quali «campione di incarichi legali» e «ha fatto incetta di incarichi legali»;
   è il caso di rilevare che Carlo Malinconico ha ricoperto numerosi incarichi in posizioni apicali di istituzioni pubbliche e private, tra le altre cose è stato avvocato dello Stato, magistrato Tar, consigliere di Stato, professore alla Ssef, direttore generale dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, segretario alla Presidenza del Consiglio con Romano Prodi e presidente della Federazione italiana editori giornali;
   nel 2012, il giurista lasciò l'incarico di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri a seguito dell'inchiesta sugli illeciti relativi alla ricostruzione e al G8 dell'Aquila, nel corso della quale emersero alcuni suoi legami tra il giurista e un imprenditore coinvolto nell'inchiesta, Francesco Maria De Vito Piscicelli;
   in particolare, sarebbe emerso che Piscicelli avrebbe pagato a Malinconico, a sua insaputa, una vacanza a Porto Ercole;
   nel 2013, la procura di Napoli aveva emesso un provvedimento di custodia cautelare a carico di Carlo Malinconico nell'ambito dell'inchiesta su presunti illeciti nella realizzazione del Sistri, il sistema integrato di controllo della tracciabilità dei rifiuti, posizione successivamente archiviata dalla procura di Roma;
   il GSE ricopre un ruolo strategico nello sviluppo, nella diffusione e nell'incentivazione delle fonti rinnovabili, con un valore stimato degli incentivi riconosciuti pari a 13 miliardi di euro l'anno;
   la complessità del sistema delle rinnovabili e degli stessi meccanismi di riconoscimento ed erogazione delle misure di incentivazione darebbe luogo a una molteplicità di procedure e di contenzioni legali che richiederebbero il frequente ricorso a professionisti e consulenti giuridici;
   in considerazione della rilevanza del settore delle rinnovabili per lo sviluppo del Paese, del valore degli incentivi e, conseguentemente, degli incarichi legali ad essi legati, sarebbe auspicabile che l'individuazione di consulenti e professionisti avvenisse nel rispetto dei principi della massima trasparenza;
   le misure atte a favorire la trasparenza in tutte le procedure, compresa la nomina dei consulenti, risulterebbero necessitate ulteriormente dalla struttura del sistema degli incentivi per le rinnovabili che viene sostenuto attraverso un aggravio dei costi in bolletta per tutti i contribuenti;
   da quanto esposto risulterebbe che Carlo Malinconico, dopo aver ricoperto incarichi di grande responsabilità in alcuni Governi della Repubblica, dimessosi per questioni di opportunità politica, perché collegato a un imprenditore coinvolto nell'inchiesta sulla ricostruzione dell'Aquila, oggi sarebbe uno dei consulenti – legali di spicco del GSE –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   in quali e in quante circostanze il Gestore del servizio elettrico abbia fatto ricorso alla consulenza legale di Carlo Malinconico e a quanto ammontino gli emolumenti riconosciuti al professionista;
   quali siano i criteri adottati dal gestore del servizio elettrico per l'individuazione dei consulenti e dei professionisti cui affidare incarichi legali e se vi siano dei criteri che favoriscano una rotazione tra una molteplicità di esperti ovvero vi sia una concentrazione solo su alcuni consulenti;
   quale sia annualmente la consistenza economica degli emolumenti riconosciuti a consulenti e professionisti per incarichi legali e quali siano i professionisti che a tutt'oggi abbiano prestato la loro consulenza legale al Gestore del servizio elettrico. (5-08522)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il «polo del turismo» immaginato dalla Cassa depositi e prestiti avrebbe dovuto nascere sull'onda di una operazione finanziaria, che alle casse pubbliche è costata circa 80 milioni di euro;
   è nel novembre del 2014, che il fondo strategico italiano annuncia al mercato l'intenzione di rilevare il 23 per cento della Rocco Forte & Family Ltd, la holding londinese del gruppo alberghiero presente con tre alberghi di lusso anche in Italia;
   l'operazione, che da subito non appare perfettamente in linea con la mission del Fondo Strategico – ossia quella di investire in aziende italiane dal grande potenziale o che hanno il cuore del proprio business nel nostro Paese – si concretizza nel marzo del 2015. Gli obiettivi dell'iniziativa, con cui si uniscono i destini della Cassa depositi e prestiti a quelli di Rocco Forte, ha ambizioni altissime: la creazione, appunto, di un «polo del turismo», definito al tempo un progetto strutturale per «rafforzare il settore turistico-alberghiero» nazionale;
   a tal fine, la Cassa istituisce un fondo ad hoc, il Fondo investimenti per il turismo (Fit), destinato a investire nel settore turistico alberghiero in primarie location del nostro Paese. «Il Fit opererà in sinergia con altri investitori istituzionali e con il Fondo Investimenti per la Valorizzazione – spiegò Marco Sangiorgio, direttore generale di Cdpi Sgr – e partiamo con un apporto di 4 immobili Fiv localizzati a Venezia, Bergamo e nelle province di Verona e Torino per un valore complessivo, una volta riqualificati in chiave turistico ricettiva, di circa 90 milioni di euro»;
   si rileva che il presupposto delle operazioni del Fondo è che si operi selezionando imprese di interesse nazionale ove non si rilevino squilibri economico-finanziari;
   a tutt'oggi, il progetto per dare vita al «polo del turismo», secondo informazioni assunte dall'interrogante e suffragate anche da notizie di stampa, è finito su un binario morto – nonostante l'iniezione di liquidità di 80 milioni di euro – probabilmente condizionato da un indebitamento complessivo molto alto (285 milioni di sterline) rispetto al fatturato consolidato (174 milioni di sterline) della catena britannica di alberghi di lusso;
   l'Italia, intanto, continua ad essere teatro di investimenti proprio nel segmento degli alberghi del lusso, proprio quello dove l'alleanza con il gruppo Rocco Forte avrebbe dovuto dare frutto. I cinesi del gruppo Fosun, azionista di riferimento di Club Med, hanno infatti acquisito di recente il palazzo ex UniCredit di piazza Cordusio, a due passi dal Duomo di Milano; gli arabi di Katara Hospitality hanno rilevato da Starwood Hotels il Westin Excelsior di Roma; il gruppo cinese Mandarin Oriental ha aperto a luglio dello scorso anno, nel cuore di Milano, un hotel super lusso; sempre a Milano, nel quartiere Brera, il marchio W (Gruppo Starwood) aprirà a marzo del 2017; General Hotel Management Ltd, con sede a Singapore, ed a cui fanno capo alcune delle strutture turistiche più lussuose nel mondo, aprirà un resort ultra chic a Ostuni; Lebua Hotels & Resort, catena tailandese proprietaria del famoso State Tower, inaugurerà a Castelfalfi, in Toscana, un nuovo hotel a 5 stelle lusso entro la fine del 2016 –:
   di quali informazioni, sui fatti sopra descritti, sia in possesso il Governo e se il Ministro, interrogato ritenga che l'operazione di acquisto della catena alberghiera del gruppo Forte sia opportuna, visto l'elevato debito della società britannica e che il presupposto delle operazioni del Fondo è che si operi selezionando imprese di interesse nazionale ove non si rilevino squilibri economico-finanziari. (5-08523)


   CARRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   uno dei principali problemi che riguarda le onlus e le associazioni operanti nel no profit e nel terzo settore riguarda l'applicazione dell'Iva svolgendo prevalentemente attività non imponibili;
   questo fa sì che suddette organizzazioni si trovino nella impossibilità di recuperare l'Iva corrisposta a fronte degli acquisti effettuati;
   ai fini Iva, infatti, le organizzazioni di volontariato sono equiparate al privato consumatore e, pertanto l'Iva addebitata sulle fatture d'acquisto è a tutti gli effetti un costo;
   questo comporta notevoli difficoltà per un settore che invece dovrebbe essere messo nelle condizioni di non dover sottostare a tale regime anche a fronte di numerose risoluzioni approvate anche in sede comunitaria che invitano gli Stati membri a rivedere la disciplina dell'Iva rispetto alle associazioni di volontariato;
   con la circolare 25 febbraio 1992, n. 3-11-152 il Ministero delle finanze aveva, affermato che «nella previsione esentativa possono ritenersi comprese anche le cessioni effettuate nei confronti di dette organizzazioni, di beni mobili registrati, quali autoambulanze, elicotteri o natanti di soccorso, attesa la loro sicura utilizzazione nell'attività sociale da queste svolte»;
   con due risoluzioni successive il Ministero aveva previsto, al contrario, che «gli acquisti operati dalle organizzazioni di volontariato sono assimilabili a quelli compiuti uti civis come privato sul quale si abbatte l'imposta finale» (cfr. riss. giugno 1994, n. VI-12-0011; 18 giugno 1994, n. 296);
   l'interpretazione data dalla prima circolare del 1992 era stata confermata e ampliata da parte di alcune, direzioni regionali delle entrate a tutti gli acquisti effettuati dalle organizzazioni di volontariato a condizione che gli stessi fossero impiegati nello svolgimento dell'attività sociale;
   il Ministero delle finanze è, quindi, intervenuto, in un primo momento, per limitare la portata dell'agevolazione esclusivamente alle operazioni di acquisto previste dalla circolare 25 febbraio 1992, n.3 (confronta la nota 23 ottobre 1995, VI-13-0464);
   successivamente, con nota del 22 maggio 1996, prot. 111-7-453 ha inoltre chiarito che le disposizioni contenute nel comma 2 dell'articolo 8 della legge 266 del 1991 devono riferirsi alle sole operazioni attive delle associazioni di volontariato e non anche agli acquisti da queste effettuati;
   tale incertezza stratificatasi in un periodo ormai quasi trentennale costituisce elemento di difficoltà per l'attività di volontariato –:
   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di rivedere tale regime e attivare misure di ulteriore semplificazione dell'applicazione dell'Iva per l'attività di volontariato. (5-08529)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRANCESCO SANNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), articolo 1, commi 134-138, ha disposto che «nelle ipotesi di definizione degli accertamenti o di omessa impugnazione di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, i contribuenti che, nei trentasei mesi antecedenti al 15 ottobre 2015, sono decaduti dal beneficio della rateazione, sono riammessi al piano di rateazione inizialmente concesso ai sensi dello stesso decreto legislativo n. 218 del 1997, limitatamente al versamento delle imposte dirette, a condizione che entro il 31 maggio 2016 riprendano il versamento della prima delle rate scadute»;
   i contribuenti decaduti dal beneficio della rateazione dei debiti fiscali che ricadono nelle condizioni di poter usufruire della possibilità di riprendere i pagamenti dovuti all'erario sono una platea molto vasta;
   la ripresa massiccia dei pagamenti di debito fiscale alle condizioni degli originari piani di rateazione contribuirebbe certamente al recupero di gettito, nella parte in cui le procedure esecutive poste in essere dell'agente della riscossione vedono una percentuale minima di riuscita. Il pagamento del debito fiscale avverrà tra l'altro, ai sensi della norma citata, in un lasso di tempo molto più breve rispetto ai termini di rateazione a suo tempo concessi;
   il 22 aprile 2016, l'Agenzia delle entrate ha diramato una circolare applicativa della misura di riammissione alla rateazione, esplicitando come risulti fondamentale l'iniziativa del contribuente di riprendere i pagamenti, ma senza prefigurare alcuna sollecitazione o impulso dell'amministrazione nei loro confronti;
   non risulta tuttavia che ad oggi l'Agenzia delle entrate abbia messo a conoscenza della richiamata possibilità i contribuenti in possesso dei requisiti per accedervi, né abbia richiesto alle proprie strutture di contattarli direttamente, magari per prospettare il ricalcolo di quanto dovuto e richiamarli alla opportunità che possono cogliere riprendendo i versamenti entro il 31 maggio 2016 –:
   se non ritenga di assumere iniziative affinché l'Agenzia delle entrate, al fine di meglio realizzare il compito di assistenza previsto dall'articolo 2 dello statuto della Agenzia medesima, invii a ciascun contribuente con i requisiti stabiliti dall'articolo 1, comma 134, della legge 28 dicembre 2015, una comunicazione circa l'opportunità di aderire alla misura, se possibile anche rappresentando gli elementi essenziali del ricalcolo del debito fiscale, ed il relativo schema di rateizzazione;
   se non ritenga, per consentire il maggior successo della misura a favore del recupero di gettito fiscale successivamente alla informazione capillare dei contribuenti, di assumere iniziative normative per la proroga, in via d'urgenza, del termine di effettuazione della ripresa dei versamenti (che forma il titolo di riammissione), fissato al 31 maggio 2016 dalla legge n. 208 del 2016. (4-13009)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa, in base alla delibera dell'AG-COM 395/15/CONS, ha introdotto nel Paese la consegna a giorni alterni della corrispondenza in 5.267 comuni (secondo uno schema bisettimanale, lunedì, mercoledì, venerdì in una settimana e martedì, giovedì in quella successiva) nei quali risiede poco più del 23 per cento della popolazione. Nei comuni più densamente popolati, intorno ai 30.000 abitanti e con una densità intorno ai 200 abitanti per chilometro quadro, resterà la consegna giornaliera dei soli oggetti veloci (J+1), tramite un corriere veloce, la linea plus;
   i motivi della ristrutturazione, che portano a pesanti tagli ai servizi, sono essenzialmente dovuti al grave disequilibrio economico del settore postale tradizionale, unico in perdita del gruppo Poste Italiane. Nel 2015, infatti, il settore ha chiuso con un deficit di 604 milioni di euro, compensati però dagli altri settori del gruppo. Per salvaguardare l'occupazione tutte le organizzazioni sindacali il 25 settembre 2015 hanno sottoscritto un accordo di riorganizzazione quinquennale (2015/2019) ove in buona sostanza si introduceva il meccanismo a «zone alterne» (circa 20.000 eccedenze da ricollocare o da accompagnare all'esodo incentivato), pur di tutelare i posti di lavoro senza ricorrere ai licenziamenti;
   in Emilia-Romagna, che è stata la prima regione insieme alla Sicilia a sperimentare il nuovo modello, i primi centri di distribuzione sono partiti l'8 febbraio 2016, (ad oggi sono 41, ma ogni 15 giorni partono nuovi step) e si prevede che per il mese di ottobre 2016 si arriverà agli 85 previsti. Tra i centri partiti troviamo tutte le città capoluogo, con l'esclusione del comune di Bologna, città metropolitana, oggetto di altra tipologia di riorganizzazione non ancora discussa a livello nazionale;
   a detta dei sindacati Slc-Cgil, Slp-Cisl, Uil-Poste e Failp-Cisal, in quasi tutti i centri di distribuzione il meccanismo non funziona: i tagli sono eccessivi e le giacenze di posta si stanno accumulando, in modo particolare nelle città capoluogo e nei centri più densamente abitati (ne è un esempio Cattolica nel riminese che ha una densità abitativa tra le più alte nella regione);
   il nuovo meccanismo di consegne a giorni alterni ha portato ad un'eccessiva diminuzione dei centri di distribuzione. Occorre pertanto procedere ad una rivisitazione del progetto e apportare i necessari correttivi, cioè diminuire i carichi di lavoro, e ripristinare un numero adeguato di centri di distribuzione indispensabili per rendere il servizio di consegna fattibile nei tempi previsti;
   una questione ancora non risolta, e da chiarire in tempi brevi è quella riguardante la consegna dei giornali quotidiani a giorni alterni in alcuni comuni, le cui modalità di recapito sono regolate dall'AGCOM; in tali comuni i quotidiani sono recapitati con ritardi anche di diversi giorni. Tale inconveniente interessa le zone più periferiche e disagiate, che in Emilia-Romagna coinvolgono tutti i comuni della fascia appenninica e anche molti della pianura, con una densità abitativa bassa;
   a oltre 2 mesi dall'inizio della sperimentazione, la situazione è talmente degenerata che Poste Italiane non solo non ha potuto distogliere una parte del personale in eccedenza, per spostarlo a coprire le carenze della sportelleria, ma si trova a prevedere continuamente turni straordinari e ad assumere personale precario per cercare di eliminare le giacenze accumulate nei centri. In alcuni casi, come Parma e Piacenza, si sono registrati picchi di decine di quintali di posta ferma;
   le conseguenze del malfunzionamento sono talmente evidenti che le organizzazioni sindacali, dopo aver intrapreso un percorso di verifica su tutti i territori della durata di un mese, per cercare di arginare il fenomeno e sollevare la questione al Governo, sono passate alla fase di mobilitazione, con l'apertura di 4 conflitti sui territori provinciali di Parma, Piacenza, Rimini e Modena, confluiti nel conflitto regionale del 15 aprile 2016;
   i sindacati confederali di categoria, ritengono che le tutte le istituzioni debbano essere portate a conoscenza che il «servizio postale universale», con i tagli apportati, rischia di non poter più essere inteso in questo senso e garantito a tutti i cittadini, poiché esclude una larga fascia della popolazione, in modo particolare quella più debole e che abita nelle zone marginali del Paese;
   a giudizio di Poste Italiane, lo Stato italiano paga un importo non sufficiente per garantire la copertura del servizio universale. Questa è la causa di un meccanismo perverso, che ricade sui lavoratori di Poste Italiane con l'aumento dei carichi di lavoro, e sui cittadini che vedono diminuire i servizi a loro erogati. Si fa presente che alcuni uffici postali minori, in Emilia Romagna come in tutta Italia, sono aperti solo per volontà del TAR, mentre in molti comuni di altre regioni, come ad esempio in Piemonte, dove le consegne sono regolate come previsto dall'Unione europea, stanno ricorrendo alla magistratura perché, per le consegne a giorni alterni, le percentuali sono inferiori rispetto a quanto deliberato dall'AgCom;
   il Piano di sviluppo del gruppo Poste italiane per il periodo 2015-2019, presentato nel dicembre 2014 dall'Amministratore Delegato Francesco Caio, ha l'ambizione di voler diventare un piano di crescita e investimenti in tecnologie e persone, per fare di Poste italiane un'azienda competitiva, trasparente, etica e innovativa al servizio del Paese, della qualità della vita delle persone e della competitività delle imprese. Tra questi investimenti l'amministratore delegato, ha più volte annunciato la figura del «postino telematico» che, oltre a non essere mai decollato, con i tagli dovuti alla riorganizzazione è probabile rimarrà solo un annuncio, dato che è difficile immaginare che sul portalettere si possano caricare servizi a domicilio ad alto valore aggiunto. È indubbio che se si intendono offrire nuovi servizi agli utenti, i carichi di lavoro tradizionale vanno rivisti;
   l'accordo del 25 settembre 2015, firmato tra Poste Italiane spa e le organizzazioni sindacali, relativo alla riorganizzazione della divisione posta comunicazione e logistica, prevedeva una serie di azioni che permettessero di migliorare l'efficienza e la qualità del servizio di recapito, e, contestualmente, ampliare l'offerta di prodotti e servizi da erogare in base alle esigenze della clientela e dell'utenza, a partire dalla riorganizzazione della logistica, con azioni previste dal piano d'impresa per lo sviluppo di servizi integrati verso le piccole e medie imprese, di servizi ulteriori al cittadino ed esercizio di un ruolo primario per l'implementazione della digitalizzazione del Paese, impegni che per ora sono tutti disattesi;
   dopo quell'accordo, anzi, le organizzazioni sindacali hanno dovuto constatare il tentativo di smembramento che si vuole compiere su Poste italiane e il conseguente rischio occupazionale per i dipendenti. Ad ottobre 2015, infatti, è stata effettuata la prima vendita di poco meno del 40 per cento di quote, che non ha permesso di reinvestire nessuna parte del ricavato realizzato per lo sviluppo dell'azienda, con mezzi, strumenti e tecnologie necessarie alle mutate esigenze della clientela e del Paese, così come chiesto dalle organizzazioni sindacali. E, da quello che si apprende dalla stampa, entro il 2016 si vuole proseguire con la vendita di un ulteriore 30 per cento di quote della società da immettere in borsa. Una tale operazione, oltre a portare alla svendita di una delle poche aziende ancora in prevalenza pubblica, al solo scopo di fare cassa, potrebbe anche far peggiorare la qualità dei servizi. Non si può pensare di attingere dal gruppo Poste italiane per ripianare una piccola percentuale del debito pubblico, vendendo ai privati un'azienda sana che distribuisce utili anche al Tesoro;
   in attesa che anche il nostro Paese sia in grado di adeguarsi ai livelli informatici degli altri Stati europei, è necessario riconoscere il valore del lavoro dei portalettere e degli uffici postali, grazie ai quali, con la loro diffusione capillare, si sopperisce a molte lacune nel settore della pubblica amministrazione, compromesso anche questo da tagli e riduzioni –:
   quali iniziative di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare, anche in virtù della partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze come socio di maggioranza, per verificare il corretto adempimento di Poste Italiane nelle attività legate alla fornitura di un servizio pubblico universale, che riveste una grande ed importante funzione sociale nel territorio italiano e in particolare in Emilia Romagna;
   se corrisponda al vero il fatto che saranno poste in vendita ulteriori quote azionarie di Poste Italiane e, nell'eventualità positiva, se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per riconsiderare tale decisione al fine di mantenere in capo allo Stato la posizione di socio di maggioranza di Poste Italiane spa. (4-13030)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA e FANUCCI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   già in data 23 settembre 2015 è stata presentata, dal primo firmatario del presente atto, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministero dello sviluppo economico un'interpellanza parlamentare (n. 2-01087), riguardante la società RDB spa, al fine di chiedere interventi a tutela dei lavoratori licenziati, ma a tutt'oggi non è pervenuta alcuna risposta, nonostante la gravità dei fatti enunciati;
   nel frattempo, per quanto riguarda la società RDB spa, sono intervenuti fatti nuovi e più precisamente si è proceduto alla vendita di rami di azienda, ma senza che questo abbia costituito alcun obbligo per la riassunzione diretta delle maestranze; infatti, nell'atto notarile 12 settembre 2015, al punto 9.1, viene sancito che «non viene trasferito con i complessi aziendali nessun dipendente, giusto accordo sindacale sub m»;
   tale accordo sindacale, invece, prevede assunzioni con modalità ivi disciplinate, con la possibilità di usufruire di benefici fiscali e/o previdenziali. Ad avviso degli interroganti, attraverso tali accordi si è potuto beneficiare di fatto di risparmi fiscali e previdenziali da parte dell'acquirente non previsti nei bandi di gara;
   da tali fatti emergerebbe pertanto un’«anomalia» nella gestione della vendita dei complessi aziendali della citata società, con modalità che hanno permesso di usufruire di vantaggi, a giudizio degli interroganti discutibili, utilizzando le fattispecie contrattuali previste dal cosiddetto jobs act (di cui alla legge n. 183 del 2014);
   a quanto risulta agli interroganti, tali anomalie riguarderebbero il tribunale di Piacenza, con specifico riguardo alla composizione del collegio fallimentare del tribunale di Piacenza, per il quale si evidenzia che il dottor Giuseppe Bersani, dopo aver svolto la carica di giudice fallimentare in Piacenza per oltre 10 anni (termine massimo per svolgere tale delicata funzione) ed essere stato quindi assegnato alla funzione di giudice delle indagini preliminari, di fatto, continuerebbe a far parte del collegio fallimentare;
   infatti, dall'esame delle tabelle del tribunale di Piacenza 2014/2016, pur evidenziandosi incompatibilità di detto giudice (pagina 36 in doc. 4) che indicano come il predetto possa permanere in Piacenza a svolgere il ruolo penale, mentre la moglie, avvocato Sabrina Fermi, è rigorosamente vincolata a svolgere funzioni di carattere civile e della famiglia, a pagina 115 viene inspiegabilmente assegnato il predetto al collegio fallimentare;
   a pagina 36 si legge: «Analoga segnalazione vale anche per il giudice dottor Bersani ed il coniuge avvocato Sabrina Fermi, non essendosi sinora creata e non ravvisandosi, allo stato, alcuna situazione di incompatibilità, dato l'impegno assunto e rigorosamente rispettato dal coniuge del dr. Bersani di limitare la propria attività professionale al settore civile e della famiglia in particolare, mentre il Magistrato attualmente opera solo nel settore penale, quale componente dell'ufficio GIP/GUP. In proposito, si devono richiamare la delibera sia del Consiglio Giudiziario presso la Corte d'Appello di Bologna, in data 23 novembre 2009, sia del C.S.M. che hanno ritenuto l'insussistenza di incompatibilità proprio per la ragione appena esposta»;
   sulla base di quanto dichiarato al Consiglio superiore della magistratura dal magistrato Bersani, non sarebbero stati ravvisati profili di incompatibilità, in quanto l'avvocato Fermi si sarebbe occupata solamente di diritto civile e in particolare di diritto di famiglia, mentre il dottor Bersani esclusivamente di diritto penale (cfr. Tabelle citate);
   a prescindere dalla circostanza che la partecipazione del dottor Bersani ai collegi della sezione fallimentare esula dall'ambito penale e rientra nell'ambito civile, sembrano tuttavia emergere diversi elementi che contraddicono la limitazione di attività dell'avvocato Fermi al settore civile: iscrizione dell'avvocato Fermi all'elenco dei gratuito patrocinio nel settore penale, partecipazione quale esperto in convegni in materia penale e fallimentare, incarichi giudiziali conferiti all'avvocato Sabrina Fermi dalla dottoressa Marina Marchetti, presidente della sezione civile e fallimentare, della quale fa parte anche il dottor Bersani;
   di recente, è stato anche depositato un esposto, a firma dei precedenti commissari straordinari, indirizzato al giudice delegato del fallimento della RDB spa — istanza per la revoca di un curatore la cui condotta è stata stigmatizzata – che potrebbe essere di ausilio per comprendere appieno e nell'insieme l'attuale situazione della sezione «fallimentare» del tribunale di Piacenza –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa;
   se i Ministri interrogati, ciascuno in base alle proprie competenze, abbiano attivato o intendano attivare i propri poteri ispettivi in relazione alle situazioni esposte;
   quali orientamenti intendano esprimere, in riferimento a quanto esposto in premessa e, conseguentemente, quali iniziative si intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, circa la situazione delle società RDB spa e delle controllate RDB Hebel spa R.D.B. Terrecotte s.r.l. e in particolare se si intendano assumere le iniziative di competenza volte alla tutela dei lavoratori coinvolti dai menzionati licenziamenti. (3-02224)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, FERRARESI e AGOSTINELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con interrogazione a risposta immediata in Commissione, n. 5-07465, presentata dall'interrogante quale prima firmataria, si chiedeva al Ministro della giustizia l'adozione di iniziative dirette a verificare le condizioni del nuovo carcere di Rovigo, struttura realizzata tra il 2010 e il 2013, con un costo pari a circa 30 milioni di euro e che, dopo l'inaugurazione avvenuta nel febbraio 2016, alla presenza dei Ministri Orlando e Delrio, risultava essere in uno stato di semi-inattività e con gravi carenze igienico-sanitarie;
   in risposta, il 21 gennaio 2016, il Sottosegretario alla giustizia, Cosimo Maria Ferri, sottolineando l'attenzione del Ministero della giustizia riguardo all'assegnazione delle risorse destinate al sistema penitenziario, rimarcava l'impegno da parte dell'Amministrazione di favorire la tempestiva funzionalità della struttura, ancorché priva di utenze (energia elettrica, gas, acqua e telefono);
   lo stesso assicurava, inoltre, la futura assegnazione di 15 unità di personale penitenziario al nuovo carcere di Rovigo;
   ad oggi, come si evince anche da notizie di cronaca recenti (vedasi www.polesine24.it, www.lavoce-nuova.it del 26 aprile 2016) la nuova struttura penitenziaria di via Calatifimi, sorta a ridosso della tangenziale, dove sono stati trasferiti i 25 detenuti provenienti dalla vecchia struttura penitenziaria di Via Verdi, risulta essere ancora in uno stato di grave precarietà, priva dei servizi più elementari, ovvero quelli della lavanderia e della cucina, nonché di collegamento internet e linee telefoniche, necessari per l'attività amministrativa;
   risulta, inoltre, che ancora non sia stato deciso il futuro della vecchia strutta carceraria dismessa, che continuerà ad essere utilizzata come «supporto logistico» per qualche mese e dove rimangono tuttora operative la cucina e l'infermeria;
   a rendere ancora più difficoltosa la vicenda vi è la situazione del personale di polizia penitenziaria, per il quale non funzionano la caserma per gli alloggi, la mensa per gli agenti (con i pasti che giungono verosimilmente freddi dalla vecchia struttura), mentre mancano del tutto altri servizi, come lo spaccio, le sale ricreative o la palestra;
   inoltre, come riportano le notizie di cronaca sopra citate, gli agenti penitenziari, sotto organico del 50 per cento, sono spesso costretti a espletare le proprie mansioni in entrambe le strutture, con turni massacranti e, tra l'altro, in condizioni igienico-sanitarie non sempre ottimali (all'interno della nuova struttura sono state riscontrate umidità e odori nauseabondi dovuti al ritrovamento di ratti morti) –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto descritto in premessa, non ritenga opportuno adottare iniziative, urgenti ed improcrastinabili, finalizzate a verificare la situazione attuale del nuovo carcere di Rovigo, al fine di garantire la piena funzionalità ed operatività dell'istituto penitenziario, condizioni di vita adeguate per i detenuti ospitati e condizioni lavorative adeguate per il personale addetto.
(5-08524)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, CECCONI, AGOSTINELLI, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MICILLO, MANNINO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa si è appreso che il 20 aprile 2016 presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è tenuto l'incontro relativo alla E78 Fano-Grosseto fra il vice Ministro Riccardo Nencini, la senatrice Camilla Fabbri, la vice presidente della regione Marche Anna Casini, il consigliere regionale Andrea Biancani, tutti appartenenti al Partito Democratico, i rappresentati delle altre regioni interessate (Toscana e Umbria), e l'Anas;
   dalle dichiarazioni rilasciate in seguito all'incontro si apprende che è stato confermato l'anno 2021 come data di ultimazione dei lavori. Il vice Ministro Nencini ha anche detto che «grazie alla progettazione immediatamente utilizzabile, di cui già disponiamo comprese le autorizzazioni, i lavori nel tratto marchigiano potranno iniziare rapidamente»;
   a quanto si apprende dalle stesse dichiarazioni «a breve saranno realizzati anche gli interventi di adeguamento della viabilità esistente, per poi iniziare il progetto definitivo, nonché l'apertura della Galleria Guinza. Nelle prossime settimane si terrà un nuovo incontro tecnico»;
   a gennaio 2016 il progetto fu presentato dal project manager della E78, Nicola Dinnella in seguito coinvolto nell'ambito della maxi inchiesta «Sindacopoli» sugli appalti che nell'aprile del 2015 aveva portato all'arresto di 21 persone e ad aprile 2016 a 17 ordinanze cautelari, tra le quali appunto quella nei confronti di Dinnella –:
   se il Ministro sia in grado di specificare a quali autorizzazioni già disponibili si fa riferimento nelle dichiarazioni rilasciate a seguito dell'incontro tenutosi il 20 aprile 2016 e se sia in grado di dettagliare il cronoprogramma degli interventi;
   in che modo sia stata data comunicazione dell'incontro e come mai siano stati invitati solo esponenti del Partito di Governo delle Marche;
   se non ritenga, nell'ottica della massima partecipazione di tutti i soggetti interessati, che nei prossimi tavoli tecnici debbano essere invitati anche parlamentari delle altre forze politiche che dovessero farne richiesta. (3-02225)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o gennaio 2016 sono aumentati di 2,5 euro tutti i biglietti aerei, fatta eccezione di quelli per destinazioni nazionali. Lo stabilisce un decreto dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti datato 29 ottobre, in vigore dal 1o gennaio 2016;
   questo decreto, attuativo della legge n. 9 del 2014, ha istituito il Fondo di solidarietà per il trasporto aereo, meglio conosciuto come Fondo «salva Alitalia». Un Fondo che, in applicazione appunto di questa legge, ha garantito a tutto il personale delle compagnie aeree in crisi, sospeso o licenziato, ben 7 anni di mobilità e di cassa integrazione complessivi con importi pari all'80 per cento della retribuzione e con ratei mensili anche di 7-8000 euro. A persone che in moltissimi casi – hanno accertato Inps e Ispettorati del lavoro – continuavano tranquillamente a svolgere il proprio lavoro alle dipendenze di compagnie aeree straniere percependo queste altissime indennità di mobilità e di cassa integrazioni guadagni;
   il costo di tutti questi trattamenti, garantiti da un fondo di solidarietà giuridicamente definito «autofinanziato» è stato posto a carico del bilancio dello Stato, e, per una parte residuale, di tutti coloro che comprano un biglietto aereo;
   questa ulteriore e gravosissima tassa è stata aumentata repentinamente e reiteratamente; fino al 31 dicembre 2015 è stata di 6,5 euro in tutti gli aeroporti italiani, tranne Roma: a Ciampino e a Fiumicino si devono infatti pagare 7,5 euro. Nel 2017 si dovranno pagare 2,14 euro in più e nel 2018 ulteriori 2,34 euro, in modo da arrivare dal 1o gennaio 2018 ad una tassa di imbarco aggiuntiva di 10,78 euro in tutti gli aeroporti; tranne i due di Roma in cui si pagheranno 11,78 euro;
   tale addizionale nel triennio 2016/2018 dovrebbe generare un finanziamento aggiuntivo di 184 milioni di euro l'anno a questo Fondo «autofinanziato»;
   l'applicazione di questa norma ha generato la chiusura delle basi situate ad Alghero e Pescara, di 16 rotte (8 ad Alghero, il 60 per cento; 5 a Pescara, il 70 per cento e tutte le 3 di Crotone) e di un aeroporto, con il conseguente taglio di 600 posti di lavoro e la perdita di 800 mila clienti;
   la decisione assunta dalla compagnia Ryanair è direttamente connessa, oltre che alla gestione, a giudizio dell'interrogante, irresponsabile della regione sarda sul piano del contributo co-marketing, alla decisione del Governo di aumentare dal 1o gennaio le tasse aeroportuali di 2,5 euro;
   l'aumento delle tasse aeroportuali sta generando un danno senza precedenti sia per quanto riguarda il comparto turistico che per le ricadute economiche che provocano una perdita rilevante nelle entrate fiscali;
   si tratta di una decisione che danneggia il turismo italiano e costituisce un vero e proprio tsunami per la Sardegna;
   si tratta di una tassa, ad avviso dell'interrogante, «illogica», perché danneggia il sistema turismo e il Governo per raccogliere pochi milioni di euro a favore di Alitalia causa alle regioni perdite per centinaia di milioni di spesa turistica;
   si tratta di una nuova tassa municipale che fa perdere un'occasione per crescere, mentre in altre realtà come la Spagna, per esempio, si aprono orizzonti straordinari;
   tale tassa è ancora più gravosa per le regioni insulari e per la Sardegna in particolar modo che sul sistema delle compagnie low cost aveva sviluppato sin dal 1999 e poi in termini strategici dal 2002 un piano straordinario di sviluppo turistico che è arrivato a movimentare oltre 3.500.000 passeggeri;
   è proprio la condizione insulare a rendere indispensabile l'esonero totale per le regioni insulari che non possono essere gravate di ulteriori balzelli che generano danni rilevanti e insostenibili sia sul piano economico che sociale –:
   se non si ritenga urgente prevedere, con apposita iniziativa normativa, l'esenzione delle regioni insulari da tasse aeroportuali e addizionali sul trasporto marittimo o aereo;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative per l'abrogazione dell'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni ed integrazioni, che istituisce l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili;
   se non si ritenga dover assumere iniziative per la revoca del decreto 29 ottobre 2015 recante la definizione della misura dell'incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco da destinare all'Inps. (5-08528)


   TINO IANNUZZI, FAMIGLIETTI e PARIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il collegamento stradale Salerno-Avellino, nel tratto Mercato San Severino-Salerno, con una estensione di circa 9,4 chilometri, svolge una funzione di indubbia valenza nazionale, collegando le autostrade A30 Caserta ed A3 Salerno-Reggio Calabria; questa arteria funge, quindi, a tutti gli effetti, da raccordo autostradale;
   di conseguenza, questa rete stradale è interessata da un enorme volume di traffico che, spesso, determina veri e propri ingorghi con code chilometriche di veicoli che paralizzano per ore la circolazione e che rappresentano un grave pericolo per gli utenti; il potenziamento e l'adeguamento di tale strada sono assolutamente necessari per alleggerire e rendere scorrevoli il traffico e le comunicazioni verso il Sud e dal Sud, attraverso il collegamento fra le autostrade A30 e A3;
   il raccordo Salerno-Avellino presenta condizioni di sicurezza assolutamente inadeguate, proprio per la ristrettezza e l'insufficienza della sede stradale – due sole corsie per ogni senso di marcia – e per i livelli assai elevati livello di traffico;
   il potenziamento del raccordo è una priorità strategica nella politica infrastrutturale del Paese, essendo parte integrante dell'asse autostradale Roma-Caserta-Salerno-Reggio Calabria;
   dopo anni di discussioni in merito alla soluzione progettuale più idonea, l'Anas, ha indetto, nel 2002, una gara pubblica per la progettazione dell'adeguamento dell'attuale tracciato stradale, ampliandolo da due a tre corsie per ogni direzione di marcia, oltre a prevedere la striscia dell'emergenza e la messa in sicurezza dell'intero raccordo;
   l'incarico di progettazione è stato aggiudicato alla società Bonifica Core di Roma, per il tratto da Salerno fino alla galleria di Solfora, e ad un libero professionista per tratto ulteriore fino ad Avellino;
   da tempo la società Bonifica ha consegnato gli elaborati del progetto preliminare, su cui sono stati acquisiti con prescrizioni sia la valutazione di impatto ambientale e sia il parere del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo;
   l'accelerazione dell’iter progettuale è indispensabile, attesa la rilevanza straordinaria dell'opera;
   il finanziamento del primo lotto del raccordo «Mercato San Severino-Fratte», il cui costo complessivo è stato stimato in 246 milioni di euro, venne inserito dal Governo Prodi nel piano regionale della mobilità 2007-2013 per l'importo di 190 milioni di euro; la quota residua di 56 milioni di euro avrebbe dovuto ricadere sulle risorse della legge obiettivo;
   tale finanziamento è stato tuttavia revocato e cancellato dal Governo Berlusconi con il decreto-legge n. 112 del 2008, promosso dal Ministro pro tempore Tremonti. Il Cipe, nella seduta del 3 agosto 2011, ha riassegnato parzialmente il finanziamento del 1o lotto, destinando all'ammodernamento del tratto Salerno-Fratte-Mercato San Severino 123 milioni di euro;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dei trasporti, in risposta ad un precedente atto ispettivo dell'interrogante (interrogazione n. 5-00059), nella seduta della VIII Commissione del 30 luglio 2013, ha sollecitato la regione Campania ad attivarsi per la sottoscrizione dell'Accordo di programma quadro (APQ), necessario per la utilizzazione in concreto del predetto finanziamento di 123 milioni di euro che, in caso contrario, viene revocato;
   negli anni scorsi la regione Campania non ha provveduto a sbloccare questa assurda ed ingiustificata situazione, con un pregiudizio pesantissimo alle comunità interessate, come più volte evidenziato dall'interrogante in questi anni; infatti la regione Campania, non essendo riuscita a rispettare i tempi previsti dalla delibera del CIPE n. 62 del 3 agosto del 2011 ed avendo preso atto che lo stato del procedimento, relativo al collegamento Salerno Avellino, non consente di rispettare il termine prefissati del 30 giugno 2014, con delibera giunta regionale n. 39 del 24 febbraio 2014, ha riprogrammato il finanziamento dell'intervento, stabilendo: di proporre al CIPE lo stralcio dell'ammodernamento della strada Salerno-Avellino dal piano per il sud; di disporre l'assegnazione di euro 84.834.009,94 per l'ammodernamento del collegamento Salerno-Avellino (di cui euro 54.904.466,87 a valere su fondi FAS dell'APQ «Infrastrutture per la viabilità regionale» ed euro 29.929.543,07 a valere su rinvenienze POR 2000-2006 rese disponibili);
   il progetto del raccordo può e deve essere realizzato in fasi e stadi diversi e graduali, iniziando proprio dal tratto di massima rilevanza nazionale Mercato San Severino-Salerno-Fratte, la cosiddetta «barriera» fra le Autostrade A30 ed A3;
   questo primo lotto è stato giustamente suddiviso, proprio per consentire lo svolgimento più sollecito e funzionale dei lavori, in due distinti e collegati stralci funzionali, il primo da Mercato San Severino a Baronissi per un importo di 114 milioni di euro, il secondo da Baronissi a Salerno-Fratte per un costo di 123 milioni di euro;
   sia il primo, sia il secondo stralcio funzionale sono stati inseriti dall'Anas, con importante e significativa decisione più volte sollecitata dall'interrogante sia in sede parlamentare sia nel rapporto istituzionale con Anas e Ministero, nell'ambito del piano pluriennale degli Investimenti 2016-2019, con previsione di appaltabilità per gli anni 2017 e 2018;
   ANAS, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le diverse regioni, ciascuna per il proprio territorio, debbono definire le priorità infrastrutturali su cui concentrare i primi finanziamenti assegnati all'ANAS, per circa 6,6 miliardi di euro, proprio per realizzare gli interventi ricompresi nel richiamato piano pluriennale degli investimenti ANAS 2016-2020;
   occorre procedere con massima sollecitudine alla progettazione definitiva ed esecutiva dell'opera, per poter finalmente appaltare i relativi lavori –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, nell'ambito del rapporto istituzionale con l'ANAS e la regione Campania, intenda assumere e con urgenza per l'inserimento del 1o lotto Salerno-Fratte-Mercato San Severino del Raccordo Salerno-Avellino fra le priorità da finanziare subito, mediante il ricorso ai 6,6 miliardi di euro assegnati all'ANAS per la prima attuazione degli interventi – fra cui rientra tale lotto Salerno-Mercato San Severino – ricompresi nel piano pluriennale degli investimenti Anas 2016-2019, nonché per accelerarne al massimo la progettazione definitiva ed esecutiva, considerando che tale opera costituisce una sorta di «lotto zero», di «porta di accesso» all'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e che, pertanto, assolve alla funzione, così essenziale, di raccordare le autostrade A30 ed A3 e, in quanto tale, esso è parte integrante del sistema autostradale italiano e provvede a collegare il Nord ed il Centro con il Sud del Paese. (5-08538)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Società Autostrade Meridionali s.p.a. è l'ente esercente concessionario di Autostrade per l'Italia per la gestione del tratto Napoli-Salerno dell'Autostrada A3;
   secondo quanto si apprende da fonti giornalistiche locali, è partita poche settimane fa la rivolta dei casellanti, che lamenterebbero l'assenza di diritti di base per i dipendenti ed, in particolare, anche l'assenza di dialogo totale rispetto a questioni che in passato erano state oggetto di accordi sindacali;
   in previsione dello sciopero dei casellanti previsto tra le 18 e le 22 del 2 aprile 2016, la società, invece di cercare una soluzione, avrebbe deciso di far deviare il traffico attraverso l'uso di personale di ditte esterne e dirottare le vetture alle casse automatiche;
   lo sciopero, quale diritto garantito ai lavoratori dall'articolo 40 della Costituzione italiana, serve per attirare l'attenzione e stimolare una sensibilità maggiore su determinate problematiche al fine di ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative, attraverso la creazione di un disagio temporaneo che, in questo caso, è stato totalmente annullato con una mossa dispendiosa per Autostrade, che è ricorsa all'uso di macchinari e ditte esterne;
   mentre i lavoratori, aderendo allo sciopero, hanno rinunciato anche alla controprestazione retributiva nella sua interezza, la Società Autostrade Meridionali s.p.a. ha aggirato il danno economico previsto con un comportamento che l'interrogante giudica in contrasto con i diritti sindacali –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se gli stessi trovino conferma e se il ricorso della Società Autostrade Meridionali a ditte esterne e alle casse automatiche sia conforme alla normativa in materia di diritto di sciopero dei lavoratori. (4-13007)


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Società Autostrade Meridionali spa è l'ente esercente concessionario di Autostrade per l'Italia per la gestione del tratto Napoli-Salerno dell'Autostrada A3;
   nei chilometri, di percorrenza di competenza di tale società sarebbero imposti continui limiti di velocità differenti, che costringono chi guida a prestare attenzione più alle indicazioni delle velocità massime riportate sulla cartellonistica laterale che alla guida sicura;
   tali differenti limiti di velocità, che oscillerebbero tra i 50 e i 100 chilometri orari, generano non poca confusione nel cittadino –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se essi trovino conferma e quali iniziative ritenga opportuno adottare per garantire modalità omogenee per la fissazione dei limiti di velocità. (4-13008)


   PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le inondazioni dei rioni bassi della città di Rieti, con conseguente aggravamento dei cedimenti degli argini del fiume Velino, nel tratto urbano e del livello di rischio per le persone fisiche e la stabilità dei fabbricati minacciati dall'erosione spondale, si ripropongono periodicamente;
   questa volta a lanciare l'allarme lanciato sono i Gruppi di ricerca ecologica (GRE) e l'European Consumers, i quali, dopo aver effettuato un sopralluogo diretto nei giorni scorsi hanno affermato: «a seguito di segnalazioni di alcuni cittadini, ci siamo recati con i nostri geologi sull'argine pensile del Velino, nei pressi della Località Caporio in territorio del Comune di Cittaducale – ha affermato il Responsabile Agromafie G.R.E. Lazio e responsabile dipartimenti acque e alimentazione in European Consumers – lo spettacolo che ci si è prospettato è stato a dir poco inquietante: due o più sifonamenti, che da un primo approssimativo rilevamento investono un'area di attenzione di circa 20 metri quadrati e che interessano tanto la parte sommitale che il piede dell'argine»;
   in altre parole, si potrebbe profilare la rottura dell'argine pensile. Infatti, si è arrivati al punto che un semplice evento meteorico come quelli in corso in questi giorni – il ciclone Medusa sta imperversando da giorni nella nostra Penisola – potrebbe portare l'argine sifonato in più punti a cedere e il fiume a esondare nella Piana di San Vittorino dove insistono terreni coltivati e abitazioni, potenzialmente potendo arrivare fino alla strada statale della via Salaria;
   tecnicamente: «Da quando gli argini del Velino sono stati costruiti, il fiume ha depositato sedimenti nel suo letto, anno dopo anno, alzando l'alveo. Ora è pensile – ha affermato il Presidente dei G.R.E. Lazio – il fiume scorre almeno due metri al di sopra del piano campagna. Ciò significa che anche in periodi di magra vi è un costante carico idraulico da il fiume e la piana circostante. La pressione dell'acqua sta evidentemente facendo passare acqua attraverso gli argini di terra e questo comporta l'erosione della terra costituente l'argine. Questa erosione non è visibile in superficie e quando si palesa, con piccoli cedimenti o buche nel terreno, ciò significa che sotto la superficie le voragini sono molto più grandi. Ce ne possono essere anche in altri punti, dove in superficie non si vede nulla. A questo punto in qualunque momento l'argine potrebbe cedere e l'acqua del fiume riversarsi sui campi senza possibilità di trattenerla.»;
   è allora quanto mai urgente non solo il contenimento del rischio immediato, ma soprattutto la messa in sicurezza delle sponde del fiume Velino per tutto il tratto urbano, attraverso un intervento completo e risolutivo. Attualmente, l'area golenale presenta ostacoli al deflusso delle piene, il muro d'argine in destra idrografica non ha la necessaria continuità, stante la presenza di strutture abitative, che di fatto costituiscono l'argine fluviale, e gli interventi eseguiti dall'agenzia regionale per la difesa del suolo della regione Lazio-ARDIS non risolvono, a parere dell'interrogante le problematiche collegate alle sottofiltrazioni (piping), arrestando unicamente l'erosione spondale;
   il piano di assetto idrogeologico (PAI), predisposto dall'Autorità di bacino del fiume Tevere, che ha delimitato le fasce fluviali e le aree a rischio inerenti il corso del fiume Velino, e il piano comunale di protezione civile di Rieti non pongono la doverosa attenzione alla situazione di fatto dell'area golenale in ambito urbano, esponendo al rischio geologico-idraulico la città di Rieti, unica nel Lazio, insieme a Roma, a essere iscritta al Cidac (Associazione delle città d'arte e di cultura d'Italia) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati abbiano intenzione di assumere al fine di individuare, d'intesa con l'autorità di bacino del fiume Tevere, gli interventi urgenti per la messa in sicurezza degli argini del fiume in modo tale da salvaguardare la popolazione e la città di Rieti da un nuovo e grave dissesto idro-geologico. (4-13024)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi si è registrato un incendio presso un capannone adibito alla lavorazione delle arance presso il Comune di Scordia in provincia di Catania;
   i vigili del fuoco di Catania hanno impiegato quasi 24 ore per spegnere completamente l'incendio;
   sull'episodio stanno indagando le forze dell'ordine ma l'orientamento sembra quello della pista dolosa,
   purtroppo non è il primo episodio e negli ultimi tempi nell'intero comprensorio del calatino si registra una escalation di fenomeni criminali legati ad attività estorsiva ma anche furti, rapine, scippi, da Militello Val di Catania a Ramacca, Grammichele, ed altre realtà che hanno visto nelle ultime settimane una recrudescenza di episodi che suscitano preoccupazione tra i cittadini;
   per quanto apprezzabile il lavoro delle forze dell'ordine esso si scontra con le carenze di personale e con condizioni in termini di uomini e mezzi non ottimali nonostante la grande abnegazione messa in campo –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda porre in essere al fine di rafforzare le dotazioni in termini di uomini e mezzi dei presidi delle forze dell'ordine di stanza presso i territori in questione. (3-02221)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS, DA VILLA, CANCELLERI, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e L'ABBATE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la notte tra domenica 10 e lunedì 11 aprile 2016, è stata data alle fiamme l'automobile dell'assessore alle Politiche Sociali del comune di Sant'Antioco, Mariella Piredda, mentre, tra l'1 e il 2 aprile, ignoti avevano incendiato l'automobile del sindaco di Orotelli, Nannino Marteddu;
   gli episodi giungono a pochi giorni da analoghi atti intimidatori compiuti ai danni di amministratori locali della Sardegna: la notte tra Pasqua e Pasquetta, ignoti hanno lanciato liquido infiammabile e sparato alcuni colpi di pistola contro l'abitazione del sindaco e consigliere regionale, Daniele Cocco; il giorno di Pasqua, sono stati esplosi alcuni colpi di pistola contro l'auto del vicesindaco di Belvì, Maurizio Cadau, mentre nel mese di febbraio erano stati esplosi alcuni colpi di pistola verso la casa del sindaco di Desulo, Gigi Littarru;
   negli ultimi anni, si è registrata una recrudescenza degli atti intimidatori compiuti ai danni di amministratori locali della Sardegna;
   tra il 2011-2013, secondo il rapporto stilato dall'Osservatorio sociale sulla criminalità dell'università di Sassari, in Sardegna sono stati compiuti 1108 atti intimidatori nei confronti di sindaci, assessori, consiglieri comunali, esponenti delle forze dell'ordine, sindacalisti;
   si tratterebbe di un dato che collocherebbe l'isola al primo posto in Italia nella graduatoria per numero di intimidazioni compiute ai danni di amministratori pubblici;
   negli anni, a seguito di una recrudescenza del fenomeno la questione sarebbe stata oggetto di impegni nonché di visite ufficiali da parte dei responsabili del Ministero dell'interno;
   è il caso di citare la visita in Sardegna del ministro pro tempore Roberto Maroni, nel mese di ottobre del 2010, del ministro pro tempore Anna Maria Cancellieri, nel mese di gennaio del 2012, e del ministro Angelino Alfano, nel mese di marzo dello scorso anno;
   in particolare, in occasione della visita del marzo del 2015, il Ministro interrogato durante la quale è stato anche sottoscritto un protocollo d'intesa sulla sicurezza e la legalità, aveva annunciato che avrebbe proposto l'istituzione di un osservatorio permanente presso il Viminale sugli atti intimidatori contro gli amministratori locali e di un fondo assicurativo per i sindaci e gli amministratori vittime di attentati;
   tra le altre cose, rivolgendosi ai sindaci presenti, il Ministro avrebbe assicurato: «non un uomo in meno nelle strade e più investimenti in sicurezza»;
   il citato osservatorio è stato istituito con decreto ministeriale del 2 luglio 2015 e si è insediato il 24 febbraio 2016, un anno dopo l'annuncio fatto a Cagliari dal Ministro interrogato;
   il fenomeno degli atti intimidatori agli amministratori locali della Sardegna si colloca in un contesto territoriale e sociale profondamente disagiato, per effetto, da una parte, della crisi economica, che nella regione ha accelerato la chiusura di importanti realtà produttive, e, dall'altra, per l'assottigliarsi della presenza delle istituzioni dello Stato nei territori dell'entroterra;
   è il caso di rilevare che negli ultimi anni, sono stati progressivamente chiusi importanti presidi, quali scuole, ospedali, caserme delle forze dell'ordine, tribunali solo per citarne alcuni;
   sindaci e amministratori locali, per effetto delle misure di contenimento della spesa pubblica, dei forti tagli ai statali e regionali, della ricordata forte riduzione della presenza dello Stato e dei servizi ai cittadini, si ritrovano a esercitare il mandato con accresciute responsabilità senza adeguate risorse economiche e umane;
   nel mese di gennaio 2015 a seguito di una serie di atti intimidatori ai danni di amministratori locali della Sardegna, il primo firmatario del presente atto aveva presentato un analogo atto di sindacato ispettivo (n. 5/04620), tuttora senza risposta –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire agli amministratori locali della Sardegna di operare in condizioni di serenità e sicurezza e per combattere il fenomeno degli atti intimidatori contro sindaci e amministratori locali. (5-08517)


   SARTI, BARONI, D'UVA, NUTI e LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'interno dell'ordinanza di applicazione delle misure cautelari – articoli 272 e seguenti c.p.p. –, del GIP romano, dottoressa Flavia Costantini, visti gli atti del procedimento penale N. 30546/10 R.G.N.R., noto come inchiesta «Mondodimezzo», si leggono vicende malavitose particolarmente gravi, a parere degli interroganti, che coinvolgono il comune di Sacrofano e il suo sindaco Luzzi;
   in particolare, a pagina 296 e seguenti dell'ordinanza, emerge la necessità di aiuto di Luzzi da parte di Carminati: «Specificava, inoltre, che i medesimi soggetti, e in particolare il CARMINATI, vantavano numerose conoscenze nel mondo politico, indicando in particolare GRAMAZIO Luca e il padre di questi, l'ex senatore GRAMAZIO Domenico; precisava, altresì, che anche il sindaco di Sacrofano, LUZZI Tommaso, aveva avuto necessità dell'aiuto del CARMINATI; a tal proposito, il GAGLIANONE specificava che “quando te serve una cosa vai da lui, non è che lui viene da te”: “domenica il sindaco stava a pranzo a casa sua per dirti... cioè quando te serve una cosa vai da lui, non è che lui viene da te...Gramazio...ma...mo questo è in confidenza... (inc) eh... Gramazio fijo domenica stava a pranzo da lui poi è arrivato Luzzi cioè... cioè vanno tutti a... a... come se dice da lui...”»;
   nella medesima ordinanza emerge poi, un ausilio diretto ai candidati, Quarzo a Roma e Luzzi a Sacrofano, come forma di prestazione per la propaganda elettorale. Si legge infatti a pagina 348: «come sopra già indicato, il rapporto di QUARZO Giovanni con l'organizzazione criminale, veniva già evidenziato dallo stesso CARMINATI Massimo, durante la conversazione intrattenuta con LUZZI Tommaso, il 06.05.2013. In quella occasione il CARMINATI, affermava di essere già coinvolto nel supporto della campagna elettorale di QUARZO Giovanni attraverso la disponibilità di «squadre di ragazzi» che operavano «attacchinaggio» di manifesti in suo favore. Ancora, a pagina 362 della suddetta ordinanza: «GRAMAZIO Luca («non può fare nulla perché? ti dico io perché, perché i soldi vengono dalla regione SE LUI NON FA QUELLO CHE DIMO NOI LUCA GLI BLOCCA TUTTO, fatteservì’»); come, una volta eletto, il LUZZI continuasse a mostrare contiguità con il sodalizio, prendendo parte almeno ad un pranzo organizzato presso l'abitazione del CARMINATI a cui, tra gli altri, prendeva parte anche GRAMAZIO». Luzzi, una volta eletto, quindi, risulterebbe anche pressato a far quanto gli venisse ordinato, altrimenti, il consigliere regionale Gramazio, sodale della banda di Carminati, avrebbe bloccato dei finanziamenti della regione in favore di Sacrofano;
   a pagina 358 si può riscontrare: «il tentativo di nomina di Massari all'ufficio condono del comune di Sacrofano. La vicenda è ricostruita nella nota del Ros, Reparto Anticrimine del 11.07.2014. Si tratta di una vicenda nella quale il ruolo di Gramazio è quello di indicare al sindaco di Sacrofano l'architetto Massari da preporre all'ufficio condono del comune. La garanzia è data dalla presenza di Carminati, che sta sopra Gramazio, il veicolo della richiesta è Gaglianone, pienamente consapevole del ruolo dei suoi complici e dei rapporti tra i medesimi;» la nomina del capo dell'ufficio condono del comune di Sacrofano sarebbe stata, pertanto, dettata dal Carminati per il tramite dei suoi sodali Gramazio e Gaglianone;
   si ricorda che già in data 17 marzo 2015 il MoVimento 5 Stelle depositava un'interrogazione a prima firma Baroni Massimo (n. 4-08450) in cui veniva richiesto lo scioglimento del Comune di Sacrofano per infiltrazioni mafiose a cui il Ministro interrogato non ha mai dato risposta;
   nelle pagine 361 e 362 dell'ordinanza di custodia cautelare si può riscontrare: «L'attività investigativa, in particolare, permetteva di raccogliere numerosi elementi indiziari che consentivano di evidenziare come il sodalizio di CARMINATI Massimo avesse sostenuto la candidatura a sindaco di quel comune di LUZZI Tommaso, già Amministratore Delegato dell'azienda ASTRAL SPA 586, soggetto già in rapporti con BUZZI; come lo scopo di tale candidatura fosse l'esclusivo vantaggio del sodalizio indagato attraverso la possibilità di ottenere favori in generale ed in particolare autorizzazioni e l'aggiudicazione di appalti verso le cooperative del BUZZI; come LUZZI fosse perfettamente consapevole degli interessi dell'organizzazione, di cui mostrava conoscere dinamiche e ruoli, che erano alla base del sostegno ricevuto durante la campagna elettorale; come la capacità coercitiva de l'organizzazione nei confronti l'amministrazione comunale risiedesse nella asserita capacità di gestire i fondi regionali destinati al territorio attraverso l'opera di GRAMAZIO Luca («non può fare nulla perché? ti dico io perché, perché i soldi vengono dalla regione SE LUI NON FA QUELLO CHE DIMO NOI LUCA GLI BLOCCA TUTTO, fatte servì»), come, una volta eletto, il LUZZI continuasse a mostrare contiguità con il sodalizio, prendendo parte almeno ad un pranzo organizzato presso l'abitazione del CARMINATI a cui, tra gli altri, prendeva parte anche GRAMAZIO»;
   il 27 gennaio 2016, il Maresciallo Capo del Ros dei carabinieri Roberta Cipolla, chiamata a deporre, come teste della procura, nel processo Mafia Capitale, riferiva che fin da 2013 si aveva modo di constatare che Massimo Carminati era fortemente intenzionato a sostenere la candidatura a sindaco di Sacrofano di Tommaso Luzzi e che la circostanza appariva chiara dalla registrazione di una conversazione: «sarebbe stato utile per noi Tommaso come sindaco lì a Sacrofano»; di lì, secondo quanto riferito dal maresciallo, la volontà di provvedere al sostegno per la campagna elettorale»;
   il Ministro Alfano, secondo quanto riportato dall'Agenzia il Velino il 15 marzo 2016, riferendosi a «Mafia Capitale», sosteneva «Su mia precisa indicazione dallo scorso dicembre è stato attivato presso la prefettura di Roma un gruppo di esperti, composto da personale del Ministero dell'interno con esperienze di accesso presso enti locali della Campania e della Calabria, per un costante monitoraggio dei Comuni di Sant'Oreste, Sacrofano e Morlupo. Queste tre amministrazioni verranno controllate nelle attività posta in essere negli ambiti più sensibili fino al prossimo mese di dicembre, e anche oltre se sarà necessaria una proroga della misura»;
   il Fatto Quotidiano online del 16 marzo 2016 titolava «A 15 mesi dallo scoppio dello scandalo e a 14 mesi dall'avvio dell'iter di commissariamento, il governo non ha ancora deciso il destino del comune alle porte di Roma, per i magistrati base operativa del clan del «cecato». Alfano parla di un nuovo «monitoraggio», ma in municipio nessuno sa nulla e lo scorso agosto il prefetto Gabrielli aveva annunciato che ne avrebbe chiesto lo scioglimento. Risultato: i sospetti non sono stati fugati e il sindaco Tommaso Luzzi, nato e cresciuto politicamente nella destra romana e indagato per associazione mafiosa, rimane al suo posto». L'articolo del Fatto Quotidiano continua «È tutto coperto da segreto. Secretata la relazione della commissione di accesso, secretata anche quella del prefetto Gabrielli. Il ministro dell'Interno ha annunciato ieri che nel Comune è stato «attivato un gruppo di esperti per un costante monitoraggio», ma in municipio non ne sanno nulla. Intanto è passato oltre un anno dal 2 gennaio 2015, giorno in cui vennero nominati i commissari chiamati a stabilire se a Sacrofano, settemila anime sulla via Flaminia, c'era la mafia. Quella stessa Mafia Capitale capeggiata da Massimo Carminati, che a Sacrofano aveva residenza e base operativa, capace secondo i pm di piazzale Clodio di infiltrare il Campidoglio e le amministrazioni pubbliche di Roma e provincia. Quattordici mesi senza che nessuno abbia detto una parola chiara sulla questione, passati i quali Tommaso Luzzi, il sindaco indagato per associazione di stampo mafioso, è ancora al suo posto (...) Quindi il Ministero si trova di fronte a due alternative, entrambe così rischiose da dover essere evitate: se il governo commissaria Sacrofano – conclude Barone (un consigliere comunale di Sacrofano, ndr) – e quindi stabilisce che nel paese regno di Carminati c’è un sodalizio mafioso, saranno in molti quelli che si domanderanno per quale motivo l'assemblea comunale di Roma non è stata sciolta. D'altra parte, mettere nero su bianco che a Sacrofano la mafia non c’è e che tutto è stato risolto con la rimozione di due dirigenti è pericoloso per Alfano: se, infatti, Carminati e soci venissero condannati nel processo, il Ministro verrebbe sbugiardato. Meglio quindi lasciare tutto a bagnomaria. Ovvero non fare nulla, rimandare ogni intervento e attendere l'esito del processo»;
   durante l'audizione del Ministro Alfano del 15 marzo 2016 in Commissione antimafia, in relazione alla situazione del comune di Sacrofano, il Ministro affermava che l'articolo 143 del TUEL ha trovato applicazione soltanto nei confronti di due dipendenti nei cui riguardi sono stati riscontrati «comportamenti inequivocabili di compiacenza e di cedevolezza rispetto agli interessi del gruppo malavitoso egemone facente capo al noto Carminati». I due sono stati rimossi dagli incarichi ricoperti con contestuale avvio del procedimento disciplinare. Il Ministro affermava poi: «Per quanto riguarda invece i rapporti fra il sindaco Luzzi e la persona di Salvatore Buzzi è stato rilevato come queste frequentazioni fossero temporalmente collocate nel 2013, cioè prima che si palesasse lo spessore criminale del Buzzi. Inoltre, i rapporti di vicinanza tra l'importante esponente dell'Amministrazione di Sacrofano e la figura del calibro di Buzzi, per quanto riprovevoli sul piano deontologico, sono apparsi aderenti a forme di clientelismo politico-amministrative piuttosto che integranti quel condizionamento mafioso richiesto dall'articolo 143 del TUEL»;
   a fronte di quanto emerso dalle indagini e dal processo «Mafia Capitale», la mera rimozione dall'incarico dei due dirigenti, a parere degli interroganti, non risulta sufficiente perché gran parte del problema risiede nei rapporti tra Luzzi e Carminati e il tipo di condizionamento esercitato da Carminati nonché nella sicurezza di quest'ultimo di poter disporre dell'aiuto del sindaco Luzzi;
   sulla base del fatto che le disposizioni vigenti sullo scioglimento degli enti locali per infiltrazione del crimine organizzato non contengono alcun vuoto legislativo, bensì prevedono un rigoroso iter temporale connesso all'attività della commissione d'accesso, a parere degli interroganti gli elementi per lo scioglimento del comune di Sacrofano sono di tutta evidenza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'attuale situazione del comune di Sacrofano (RM) e non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per lo scioglimento del consiglio comunale dello stesso per fenomeni di infiltrazioni e condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
   se il Ministro possa rendere pubblica la relazione della commissione d'accesso presso il comune di Sacrofano. (5-08526)


   ROSTAN. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   tutta l’«Area metropolitana» di Napoli, con maggiore incidenza nella zona-nord, specificatamente nell'area di confine tra Acerra, Caivano, Afragola e Casalnuovo di Napoli, nonché Melito di Napoli, Giugliano in Campania, Calvizzano e Qualiano, è interessata da anni dal dilagante fenomeno dei roghi tossici i quali generano evidenti colonne di fumo nocivo e ceneri le quali, poi, ricadono su una più vasta zona comprendente sia i centri urbani, che i terreni spesso a vocazione agricola evidenziando, al suolo, la successiva presenza di mercurio, piombo ed alluminio, oltre che di altro materiale inquinante e tossico;
   è già a conoscenza della competente prefettura di Napoli che proprio su queste aree insistono, inoltre, anche i più popolosi campi nomadi di tutta la Campania come quello, ad esempio, pur autorizzato, nel territorio di Scampia (quartiere popoloso della città di Napoli), alle porte di Melito di Napoli, oltre che innumerevoli altri nel raggio di pochi chilometri;
   con cadenza quasi quotidiana, dal predetto campo nomadi, in qualsiasi fascia oraria, diurna e notturna, si innalzano copiose colonne di fumo nero e ceneri che generano miasmi irrespirabili e con ogni probabilità cancerogeni, perfettamente visibili anche solo percorrendo il tratto di Asse mediano che attraversa l'area;
   all'inarrestabile e dilagante fenomeno dei roghi tossici appiccati dalla criminalità organizzata interessata a smaltire illecitamente rifiuti che, diversamente, andrebbero lavorati con processi di smaltimento ad hoc e più onerosi, si associa, dunque, l'altrettanto irrefrenabile comportamento delle popolazioni residenti nei suddetti campi, tradizionalmente e consuetudinariamente inclini a bruciare i propri stessi rifiuti – in mancanza dei più minimi presidi organizzativi in tal senso – non esitando ad appiccare focolai a pochi metri dalle proprie stesse abitazioni;
   ad oggi, purtroppo, nonostante i più recenti strumenti normativi messi in campo, e pur riconoscendo il notevole sforzo compiuto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali, non è possibile rilevare una strategia complessiva e sinergica tra le forze dell'ordine tesa a contrastare in maniera radicale tale fenomeno: una strategia che, inevitabilmente non potrà prescindere da uno stringente e continuo supporto agli enti locali che, per primi, quali organi di prossimità, sono costretti a far fronte a tali emergenze;
   uno dei comuni maggiormente colpiti da tale emergenza è, senza dubbio alcuno, per ragioni di prossimità geografica, quello di Melito di Napoli;
   è proprio verso tale comune, popolato da migliaia di cittadini residenti a ridosso del confine con la città di Napoli, che fumi velenosi si dirigono spinti dai venti, portando verso questa sfortunata porzione di territorio campano, sostanze dannose e fortemente pregiudizievoli per l'apparato respiratorio umano –:
   quali celeri ed oramai improcrastinabili iniziative il Governo intenda adottare al fine di promuovere ogni utile e possibile forma di contrasto al diffuso fenomeno sopra descritto;
   se non si intenda nel caso specifico di Melito di Napoli (Napoli) e della città di Napoli, promuovere d'intesa con tutte le istituzioni competenti ed in particolar modo con le amministrazioni locali, una più stringente attività di controllo e presidio del territorio e di prevenzione e repressione delle condotte illecite sopra evidenziate, anche attraverso una intensificazione dell'attività delle Forze dell'ordine e dell'Esercito. (5-08527)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   evidenti risulterebbero i rischi che si verranno a creare relativamente al tema della sicurezza in mare e nei Porti, con particolare riferimento ad Ancona e alle Marche, in seguito all'entrata in vigore della nuova circolare VV.FF del luglio 2015 che riordina il servizio antincendio nei principali porti italiani;
   il porto di Ancona, secondo la legge del 28 gennaio 1984 n.84 che conferma il decreto ministeriale n. 713 del 1904, rimane simultaneamente di prima categoria, essendo porto di rilevanza di sicurezza militare, e di seconda categoria perché di primaria rilevanza commerciale ed industriale e di prima classe per le sue molteplici attività commerciali;
   a seguito della circolare del luglio 2015 tutte le grandi navi antincendio dello Stato, motobarche da 30 metri in ferro costruite nel 2002 serie 11 e M andranno gradualmente fuori servizio, perché antieconomiche, e conseguentemente, il personale destinato a queste, ridotto e riposizionato in altre sedi;
   il servizio a mare potrebbe non essere più garantito su barche dello Stato, ma da rimorchiatori privati che imbarcheranno all'occorrenza gli operatori dei vigili del fuoco per portarli in zona dell'incidente incendio o naufragio. Quello che è più grave è che ad Ancona il personale verrebbe ridotto da 28 a 24 unità specialiste e questa riduzione porterà la motonave 1175 dislocata nel porto in altri scali;
   tali scelte non tengono conto che nel sedime portuale di Ancona insiste una Raffineria di petrolio e due Isole di Carico e scarico del greggio. La movimentazione della raffineria API da sola fa oltre 4 milioni di tonnellate di greggio, in aumento del 46 per cento rispetto al 2013 e con tendenza all'aumento. È da rilevare che codeste aree marittime sono di pertinenza del porto come da monografia antincendio del porto di Ancona redatta anche con il comando provinciale;
   inoltre, non è stato considerato il porto peschereccio secondo in Adriatico e terzo in Italia, né il porto turistico «Marina Dorica» con 1200 barche, secondo nell'Adriatico. Non sono state considerate le oltre 20 piattaforme di perforazione che sono a circa 20 miglia dalla costa. Ma soprattutto non è stato considerato che il porto di Ancona è il primo porto d'Italia per il traffico internazionale di persone dai 2.000,000 ai 1.500.000 all'anno e con circa 200,000 TIR che trafficano nell'area portuale per imbarchi. Il traffico merci e passeggeri, inoltre, non è stato considerato con i veri valori dell'autorità portuale;
   un altro fattore importantissimo è la centralità di Ancona e togliere una nave pompa 1175 equivarrebbe a sguarnire l'Adriatico da Ravenna fino a Bari per le unità in transito nel medio Adriatico;
   affrontare un incendio con motonavi in vetroresina inadatte ad avvicinarsi al fuoco sarebbe pericoloso non solo per gli operatori dei vigili del fuoco ma soprattutto per i cittadini marchigiani, i quali non avranno più una copertura efficiente ed efficace come prima della riforma –:
   quali iniziative il Governo intenda, assumere per scongiurare i rischi di cui sopra. (5-08530)


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Matera nell'ottobre 2014 è stata scelta quale capitale europea della cultura per l'anno 2019;
   un risultato di grande prestigio per tutto il Paese un riconoscimento ad una città straordinaria e bellissima;
   Matera è anche città medaglia d'argento per la lotta al nazifascismo e il 21 settembre 1943 fu la prima città dei Mezzogiorno ad insorgere contro la dittatura nazifascista, una ribellione che costò la vita a civili;
   le ricorrenze del 25 aprile e del 1o maggio sono simbolo della democrazia e della libertà;
   per il 1o maggio 2016 è stata annunciata una manifestazione di Lotta Studentesca organizzazione riconducibile al movimento politico di destra Forza Nuova;
   si evidenzia pertanto l'inopportunità di tale manifestazione in considerazione della tradizionale presenza dei movimenti dei lavoratori cosa che potrebbe creare problemi di ordine pubblico;
   non è in discussione l'imprescindibile principio della libertà di pensiero quanto la evidente provocazione che, ad avviso dell'interrogante, si intende lanciare in occasione della data del 1o maggio;
   si tratta di segnali da non sottovalutare;
   organizzazioni sindacali, forze politiche, associazioni, hanno palesato la propria contrarietà richiedendo e ottenendo dal prefetto un incontro –:
   se il Governo ritenga che sussistano i presupposti per attivare iniziative al fine di evitare lo svolgimento della citata manifestazione il 1o maggio 2016 in considerazione di quanto espresso in premessa, nel rispetto della storia della città di Matera e per ciò che rappresenta questa data per il movimento dei lavoratori e per la comunità. (5-08534)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, COSTANTINO, CLAUDIO FAVA, FERRARA, NICCHI, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, SANNICANDRO, PLACIDO e AIRAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 aprile 2016 si è tenuto un confronto presso palazzo Ciacchi a Pesaro tra alcune organizzazioni imprenditoriali come Confindustria, Confartigianato, Confapi e Cna, per affrontare il delicato tema delle infiltrazioni mafiose nella provincia di Pesaro e Urbino (Il Resto del Carlino, ed. Pesaro, 27 aprile 2016);
   dall'incontro sono emerse le preoccupazioni dei rappresentanti delle organizzazioni citate, in merito al rischio di infiltrazioni criminali in attività economiche del territorio, anche alla luce dei recenti richiami del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pesaro, il dottor Manfredi Palumbo, e all'attenzione del Prefetto Pizzi su questo tema;
   dall'incontro è emerso come pur non volendo sollevare allarmi ingiustificati, vi è la consapevolezza che nella provincia di Pesaro e Urbino vi siano dei fenomeni preoccupanti, al punto che i presidenti delle associazioni, presenti al tavolo di confronto, hanno dichiarato che «è sempre più importante raggiungere livelli sempre più elevati di resistenza alle infiltrazioni criminali», sollecitando i propri associati a segnalare alle autorità competenti qualsiasi situazione anomala;
   oltre alle associazioni imprenditoriali, solleva il tema delle infiltrazioni nella provincia di Pesaro l'organizzazione sindacale Cgil, che denuncia come già in passato si sono verificati episodi significativi di infiltrazioni mafiose soprattutto in settori come l'edilizia, in particolare nella realizzazione di opere come la terza corsia autostradale della A14, e nella nautica;
   Confcommercio, per il tramite del suo direttore, Amerigo Varotti, ha sottolineato come la sua organizzazione abbia segnalato alle forze di polizia, lo scorso anno, situazioni anomale sotto questo profilo, ricordando come analoga iniziativa è stata intrapresa dalla stessa in occasione di alcuni casi di presunte infiltrazioni mafiose a Gabicce Mare nel settore alberghiero, dove sarebbero ancora sottoposte a sequestro alcune strutture;
   il tema delle infiltrazioni criminali nel tessuto economico-produttivo delle Marche è stato più volte sollevato dagli interroganti. La provincia di Pesaro non pare essere tra le più esposte della regione in questo momento, anche se si avverte con crescente preoccupazione il rischio di permeabilità di un territorio per molto tempo ritenuto al riparo da tali fenomeni –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno riferire in ordine al fenomeno richiamato in premessa, fornendo un quadro della situazione relativo alla regione Marche. (4-13005)


   FRACCARO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 58 «Partecipazione» del titolo II «Partecipazione popolare» dello statuto del comune di Bellona (Ce) afferma che: «1. Il comune garantisce e promuove la partecipazione dei cittadini singoli o associati all'attività dell'Ente, al fine di assicurarne il buon andamento, l'imparzialità e la trasparenza. 2... omissis 3. Ai cittadini, inoltre, sono consentite forme dirette e semplificate di tutela degli interessi che favoriscono il loro intervento nella formazione degli atti. 4. L'amministrazione può attivare forme di consultazione, per acquisire il parere di soggetti economici su specifici problemi. 5. Il consiglio comunale predispone e approva un regolamento nel quale vengono definite le modalità con cui i cittadini possono far valere i diritti e le prerogative previste dal presente titolo»;
   gli articoli 59, 60, 61 e 62 regolano rispettivamente gli interventi nel procedimento amministrativo, le istanze, le petizioni e le proposte e rimandano la disciplina delle procedure per la presentazione, la discussione e la conclusione dell’iter al regolamento di cui al summenzionato articolo 58;
   il comma 5, dell'articolo 68 « Referendum» dello statuto del comune di Bellona (Ce) prevede che il consiglio comunale approvi un regolamento nel quale vengano stabilite le procedure di ammissibilità, le modalità di raccolta delle firme, lo svolgimento delle consultazioni, la loro validità e la proclamazione del risultato;
   il 19 ottobre 2012 il signor Michele Altieri, in rappresentanza del gruppo Amici Beppe Grillo Bellona in Movimento, protocollava una comunicazione presso il comune della città di Bellona avente ad oggetto «Richiesta di rilascio copia regolamento diretto a dare attuazione all'istituto di Partecipazione Popolare di tipo referendario dei cittadini all'amministrazione locale, previsto dallo Statuto Comunale» e indirizzata al sindaco Filippo Abbate;
   il 14 marzo 2013 il responsabile comunale dell'area amministrativa del servizio affari generale e socio-culturali comunicava che il comune di Bellona non aveva approvato il regolamento richiesto con la comunicazione del 19 ottobre 2012 di cui sopra;
   in data 28 giugno 2013 (prot. 1o luglio 2013), i signori Gaetano Mirra e Dario Aurilio consegnavano agli uffici comunali una lettera indirizzata al sindaco, ai consiglieri comunali e al segretario comunale della città di Bellona, chiedendo la messa all'ordine del giorno, con conseguente discussione e accettazione/rigetto, per il consiglio comunale p.v. della «Proposta di regolamento degli Istituti di Partecipazione» (protocollata già in data 2 maggio 2013). Nella comunicazione si inviava la proposta integrale in allegato e si chiedeva altresì l'autorizzazione ad intervenire nei lavori consiliari per spiegare i contenuti della proposta medesima;
   alla comunicazione del 28 giugno 2013 non è seguito alcun provvedimento da parte dell'amministrazione comunale di Bellona;
   mancano dati statistici in ordine al numero dei comuni italiani a non aver ancora approvato un regolamento sugli istituti di partecipazione per disciplinare in dettaglio termini e modalità dell'iniziativa referendaria e degli altri strumenti di partecipazione eventualmente previsti dallo statuto comunale. Tuttavia, da un controllo a campione, i comuni inadempienti sembrano rappresentare un numero non insignificante. A titolo di esempio, si citano in questa sede, i comuni di Piove di Sacco (Pd), Fiavè (Tn), Eraclea (Ve) e Sesto San Giovanni (Mi), il quale peraltro è già oggetto dell'interrogazione n. 4-10101 per la mancata approvazione del regolamento ed è stato nuovamente sollecitato ad approvare il regolamento dal vice prefetto dell'area II, dell'ufficio territoriale del Governo della prefettura di Milano in data 21 aprile 2016;
   l'articolo 3 della Carta europea dell'autonomia locale, la cui ratifica è stata autorizzata con legge 30 dicembre 1989, n. 439, prevede che il diritto e la capacità effettiva, per le collettività locali, di regolamentare ed amministrare nell'ambito della legge, sotto la loro responsabilità, e a favore delle popolazioni, una parte importante di affari pubblici possa essere esercitato anche con il ricorso ad assemblee di cittadini, referendum e ogni altra forma di partecipazione diretta dei cittadini qualora questa sia consentita dalla legge;
   l'articolo 5 della Costituzione dispone che la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento;
   l'articolo 120 della Costituzione prevede che il Governo può sostituirsi a organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali;
   il Tribunale amministrativo regionale della Puglia di Lecce con sentenza del 24 settembre 2008, n. 2671/08, accoglieva il ricorso n. 918/2008 contro il comune di Taranto per l'annullamento del silenzio formatosi sulla diffida presentata dal comitato ricorrente in data 13 dicembre 2007 con riguardo allo svolgimento di un procedimento amministrativo inerente alla effettuazione di un referendum ex articoli 8 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e 52 dello statuto comunale. Nella fattispecie nella sentenza veniva accolto il ricorso per i seguenti motivi: a) violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Violazione degli articoli 2 e 52 dello statuto comunale. Violazione e falsa applicazione del principio del buon andamento dell'azione amministrativa. Violazione dell'articolo 118, comma 4, Cost.. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 21 Cost.. b) violazione e falsa applicazione dell'articolo 2, commi 1, 2 e 3 della legge n. 241 del 1990. Violazione dell'articolo 2 dello statuto comunale. Eccesso di potere per violazione e vizio del procedimento. Ingiustizia manifesta –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, se sia stato effettuato un monitoraggio della consistenza del fenomeno su tutto il territorio nazionale e se il Governo intenda sottoporre la questione della promozione degli istituti di partecipazione alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione e dell'articolo 3 della Carta europea dell'autonomia locale, in modo da permettere l'esercizio dei diritti di partecipare agli affari della collettività locale in forma diretta e immediata senza l'onere a carico degli elettori di presentare un atto di diffida alle amministrazioni inadempienti e indipendentemente dall'attivazione di un procedimento amministrativo ai sensi della legge n. 241 del 1990. (4-13012)


   FRATOIANNI e NICCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   su proposta dell'allora, presidente del Consiglio Alcide De Gasperi nell'aprile del 1946 fu deciso che «a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano dal nazifascismo, il 25 aprile è dichiarato Festa Nazionale». Ricorrenza che fu poi confermata per legge nel 1949. Da allora annualmente in tutte le città italiane, vengono organizzate e promosse dalle istituzioni democratiche manifestazioni pubbliche in memoria dell'evento e in omaggio alle vittime della guerra di Liberazione, con la partecipazione delle più alte cariche dello Stato e di tutti i rappresentanti istituzionali;
   per la prima volta dopo 70 anni, invece, l'amministrazione comunale di Portoferraio (Livorno), all'Isola d'Elba, ha deciso quest'anno di non organizzare una cerimonia pubblica ufficiale per le celebrazioni del 25 aprile, suscitando sdegno e la protesta di associazioni e di cittadini;
   lo stesso sindaco della cittadina ha affermato sul quotidiano Il Tirreno «Non è vero che non facciamo niente saremo presenti alla cerimonia di Campo con il nostro gonfalone. Si parla tanto di unioni dei Comuni, non vedo la necessità di fare polemica se per una volta festeggiamo la ricorrenza in un altro paese, è un modo di celebrare il 25 aprile anche con gli altri Comuni (...)». E sul sito web quinewsebalba.it: «L'amministrazione comunale dal canto suo fa sapere che la celebrazione sarà affidata al comandante dei vigili urbani Pacini che si farà alfiere del gonfalone cittadino nella celebrazione che si terrà a Campo nell'Elba»;
   sono state tali le proteste, che spontaneamente la mattina del 25 aprile, una manifestazione si è svolta lo stesso a Portoferraio, organizzata da singoli cittadini ai piedi del monumento che ricorda il sacrificio del loro concittadino Ilario Zambelli, medaglia d'oro e martire delle Fosse Ardeatine. La manifestazione ha visto una folta partecipazione;
   sono state tali le proteste e l'eco sugli organi di informazione locale che alla fine, in maniera semiclandestina, senza alcuna comunicazione ufficiale alla cittadinanza, alcuni assessori hanno deposto comunque una corona di alloro in piazza della Repubblica e lo stesso sindaco, Mario Ferrari, ha partecipato a sorpresa alla cerimonia ufficiale del 25 aprile in un altro comune vicino, Marina di Campo;
   a parere degli interroganti è evidente la mancanza d'interesse che l'amministrazione comunale di Portoferraio ha voluto manifestare con tale decisione nei confronti di una festa nazionale che rappresenta il fondamento della Repubblica italiana –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per evidenziare l'importanza e il valore della ricorrenza del 25 aprile e per promuovere la più ampia partecipazione di tutte le istituzioni pubbliche alle celebrazioni, evitando che possano ripetersi casi come quello del comune di Portoferraio. (4-13017)


   PLACIDO e D'ATTORRE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 gennaio 2016 il signor Giannatale Tramaglino ha indirizzato un esposto alla procura della repubblica del tribunale di Castrovillari, a nome del gruppo di SEL di Morano Calabro;
   l'atto di esposto segnalava una serie di irregolarità nella condotta dell'amministrazione comunale in carica e dei suoi dirigenti apicali, in larga misura consistenti in atti di favoritismo a vantaggio di parenti in linea diretta ed affini di amministratori, attraverso cui si liquidavano somme e si affidavano immobili in spregio alle più elementari regole di correttezza amministrativa e in danno degli stessi interessi dell'ente e della comunità amministrata;
   vi sono determinazioni dirigenziali nonché delibere di consiglio e di giunta comunale che hanno impegnato e liquidato somme a favore di fratelli di assessori, genitori di consiglieri ed affini, oltre ad affidamenti di immobili a cugini e nipoti, per un valore totale di migliaia e migliaia di euro;
   appare opportuno far rilevare che la sussistenza dei suddetti legami di parentela e di affinità, tutti entro il quarto grado degli attuali amministratori comunali, nella definizione di cui all'articolo 77, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000, in aggiunta alle presunte difformità rispetto a quanto previsto dallo statuto comunale e dalle altre normative di riferimento, potrebbero integrare un conflitto di interessi;
   secondo quanto denunciato, il fratello di un assessore ricoprirebbe la carica di vicepresidente nel consiglio di amministrazione della Coop. La stessa situazione si ripeterebbe per la concessione in comodato gratuito dell'immobile di via sotto gli Olmi in una vicenda che ha visto il comune pagare le spese di ristrutturazione (determina dir. 460 del 30 dicembre 2014 di euro 11.111,04), per poi affidarlo successivamente a canone 0 (delibera di consiglio n. 05 del 6 febbraio 2015), ad una società tra i cui soci risulterebbero al 25 per cento una nipote di un consigliere, al 50 per cento una persona, con incarico all'interno dello staff del sindaco (delibera di giunta municipale n. 3 e 4 del 3 giugno 2014), in più, primo dei non eletti nella lista di maggioranza;
   l'incarico per l'affidamento esterno del servizio trasporto scolastico per l'anno 2014/2015, è stato dato con procedura diretta, in quanto «considerato» inferiore ai 40.000 euro (determina n. 149 del 10 settembre 2014) con quella che appare una palese contraddizione fra i costi presunti e i tributi effettivamente riscossi;
   si fa riferimento, inoltre, all'affidamento diretto a favore di Enel Sole di euro 200.000 oltre iva ed interessi, da pagare a rate costanti di euro 40.366,34 in 6 anni. L'Ente avrebbe motivato gli atti l'affidamento diretto con l'articolo 57 del decreto legislativo n. 163 del 2006, in quanto Enel Sole è proprietaria in parte degli impianti. A fronte di circa 3000 dispositivi illuminanti, la società sarebbe proprietaria di una trentina di lampioni, appena l'1 per cento del totale, una condizione che non giustificherebbe l'esclusività e le legittimazione richiamate nell'atto di affidamento. Inoltre, all'interno della maggioranza sarebbe stato eletto un consigliere dipendente della Terna Enel, in continuità con quanto sopra riportato;
   l'impegno di spesa a garanzia del debito, di fatto, non verrebbe individuato in un capitolo di spesa di bilancio ben preciso, piuttosto, si richiamerebbero diverse entrate non ancora accertate e tantomeno incassate;
   inoltre, quanto alla stima e al valore di vendita della scuola materna, si evincerebbe che il fabbricato utilizzato fino al 2011 sia un plesso della superficie totale di 1000 metri quadrati sviluppatosi su diversi livelli, valutato dal RUP in appena 250.000 euro. La stima approvata, fa riferimento solo al costo di costruzione dell'anno 1977 rivalutato all'anno 2015. Un metodo di stima, a parere dell'interrogante non applicabile, dato che nel calcolo del costo di costruzione non si può considerare l'utile imprenditoriale, visto che si tratta di un fabbricato destinato da sempre a scuola pubblica, in relazione al quale non è possibile calcolare una rendita storica o perlomeno comparabile. In più basta analizzare il valore catastale dell'immobile, ovvero, capitalizzare le rendite catastali ai coefficienti legali e si arriva ad un valore di oltre 500.000 euro;
   per il progetto PIAR – misura 125 (piano di sviluppo rurale 2007/2013) la rimodulazione del progetto originario approvato nel 2009 non sarebbe conforme alle linee generali della misura 125, dove si prevedevano interventi funzionali su infrastrutture pubbliche e unici lotti produttivi. Invece, come emerge dal progetto approvato è stata eseguita una bitumazione di una strada comunale in relazione alla quale non risulta, in nessuna documentazione o planimetria ufficiale, la sua natura pubblica. Verosimilmente si è asfaltata una strada interpoderale di proprietà privata;
   i conflitti di interesse, ripetuti e perpetuati nel tempo, che appaiono all'interrogante palesi e indiscutibili sembrerebbero in contrasto con le norme di legge e i principi statutari posti a base del buon andamento e della imparzialità della pubblica amministrazione –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se si intenda promuovere una verifica dei servizi ispettivi di finanza pubblica in ordine alla situazione amministrativa-contabile dell'ente alla luce delle criticità sopra descritte;
   se il Governo intenda valutare la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative di competenza ai sensi degli articoli 141 e 142 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (4-13020)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, LOREFICE, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la gestione dei flussi migratori, in continuo aumento verso l'Europa tutta e l'Italia in particolare, annovera nel nostro Paese casi di illeciti degli enti predisposti all'accoglienza, di cui lo scandalo «Mafia Capitale» ne è l'esempio più eclatante, a fronte del giro di affari appurato dalla magistratura ai danni dei migranti e dei cittadini italiani contribuenti;
   va considerata la segnalazione di alcuni cittadini del Vercellese, a settembre 2015, sull'operato della cooperativa S.e.n.a.p.e. di Casale Monferrato (Alessandria), a seguito della quale il M5S, nella persona del primo firmatario del presente atto ha chiesto accertamenti al prefetto di Alessandria, al sindaco di Casale Monferrato e al gabinetto del Ministro  interrogato, sull'affido di alcuni migranti a privati in cambio di denaro, e su procedure non in linea con le regole previste dalla prefettura, quali la disattenzione nella stipula di accordi formali fra la cooperativa e la famiglia della signora Marianna Curti, penalizzanti la famiglia ospitante;
   il servizio del 10 marzo 2016 del programma La7 «Piazzapulita» ha posto l'attenzione sulle supposte irregolarità nei pagamenti della cooperativa S.e.n.a.p.e. ai danni delle famiglie ospitanti i richiedenti asilo gestiti dalla stessa cooperativa tramite affido a privati;
   si segnala altresì l'episodio citato dal quotidiano locale, il «Monferrato» del 19 aprile 2016, riportante la rissa tra migranti africani in un alloggio presso Casale Monferrato, in uso della cooperativa S.e.n.a.p.e., avvenuta a seguito della decisione della cooperativa di spostare alcuni migranti «fuori progetto» a vantaggio di altri «in progetto», espressione della difficoltà di gestione della cooperativa e del malessere degli ospitati;
   quanto alle strategie messe in atto per la gestione dei flussi migratori, gli illeciti di alcune cooperative ne hanno evidenziato le falle sistemiche, rispetto alle quali il M5S ha proposto il perseguimento di una politica migratoria che favorisca un sistema di ripartizione europea per quote e la creazione di hub, centri specializzati nei Paesi di transito, come già proposto in una mozione a prima firma Manlio Di Stefano n. 1-00605 e in altri atti parlamentari, in considerazione delle strategie proposte dal M5S per tutelare davvero il nostro Paese e le persone che continuano ad arrivare, nei confronti delle quali non si è in grado di fornire un adeguato piano di gestione ed inserimento, sulla base delle politiche ad ora messe in campo –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare per verificare la capacità di gestione della cooperativa S.e.n.a.p.e. nonché le eventuali illegittimità segnalate;
   se non sia opportuno un controllo delle strutture a disposizione della cooperativa S.e.n.a.p.e. e dei progetti dalla stessa attivati a vantaggio dei migranti.
(4-13034)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NESCI e CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le immissioni in ruolo costituiscono per i docenti un momento decisivo della carriera scolastica;
   per causa della vicenda del crescente debito pubblico — che, dovuto quasi integralmente al sistema privato di emissione della cartamoneta, comporta l'aumento progressivo ed inutile di tagli e tasse — la certezza dell'immissione di cui sopra diventa sempre più determinante, anche per la mancanza di reddito che si registra nella categoria, costretta in larga misura a un risaputo precariato;
   il fenomeno del precariato è particolarmente diffuso proprio in ambito scolastico e risulta avere un'incidenza negativa non solo sulla condizione di incertezza lavorativa ed economica del personale scolastico, ma anche sulla continuità didattica e sulla qualità dell'insegnamento, così fortemente penalizzate;
   secondo l'interrogante, è necessaria la corretta applicazione delle regole sull'immissione in ruolo del personale docente, rispetto alla quale non può in alcun modo esserci ambiguità;
   stando alle normative vigente in materia di pubblico impiego — articoli 437, 438 e 439 del decreto legislativo n. 297 del 1994 — e dai chiarimenti ministeriali intercorsi successivamente — prot. n. 39 segr. dir. pers. del 28 maggio 2001; prot. n. 196 del 3 febbraio 2006; prot. n. 3699 del 29 febbraio 2008 e ss. —, il personale viene inizialmente nominato in prova (per un anno) e l'assunzione de facto è subordinata all'esito positivo della stessa;
   tale meccanismo è stato riconosciuto anche dalla sentenza n. 21558 del 13 agosto 2008 emessa dalla Cassazione civile, sezione lavoro;
   altra questione d'interesse pubblico è la mobilità professionale, per esempio il passaggio di ruolo dalla scuola primaria a quella dell'infanzia;
   come stabilito dal decreto legislativo n. 297 del 1994, tale passaggio equivale de facto ad una nuova immissione in ruolo, giacché la nomina può avvenire in un solo ruolo, stante il fatto che il personale docente viene immesso solo a termine dell'anno di prova summenzionato;
   pertanto, riferendosi alle disposizioni ministeriali un docente sarebbe obbligato a ripetere ex novo il periodo di prova nella scuola dell'infanzia, in quanto quello già superato nella scuola primaria non è valido in questo ruolo;
   è dunque utile e doveroso che il Ministro interrogato chiarisca se un docente ancora in periodo di prova — e dunque non ancora confermato in ruolo — possa presentare richiesta di trasferimento da scuola primaria a scuola dell'infanzia, anche restando nello stesso distretto provinciale;
   inoltre, se un docente che ottiene il passaggio di ruolo per un dato anno scolastico dalla scuola primaria — per cui, dunque, già ha assolto al suo anno di prova — a quella dell'infanzia, mentre è in periodo di nuova prova per il nuovo ruolo (scuola dell'infanzia), non è chiaro se questi possa chiedere e ottenere un trasferimento interprovinciale nella scuola dell'infanzia oppure se sia tenuto a rispettare tutte le norme summenzionate, valide certamente per un neoassunto;
   per ultimo, non è ancora univoco se i titolari di precedenza secondo la legge n. 104 del 5 febbraio 1992 siano svincolati dall'impossibilità di richiedere il trasferimento durante il periodo di prova o meno –:
   se non ritenga opportuno chiarire in via generale e astratta, rispondendo alla suddetta interrogazione, le questioni sollevate in premessa, di modo da agevolare la corretta applicazione delle norme sull'immissione in ruolo, anche evitando ricorsi. (5-08520)


   DI BENEDETTO, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel corrente anno 2016 si sta perpetuando una grave lesione del diritto allo studio nei confronti di tutto il personale docente e non docente in servizio presso la regione siciliana;
   nella fattispecie l'ufficio scolastico regionale con nota prot. N. 4432, in data 8 marzo 2016, ha ordinato la sospensione di permessi studio già riconosciuti. Ciò in quanto l'ufficio centrale di bilancio aveva mosso dei rilievi relativamente all'ipotesi di contratto integrativo, sottoscritta in data 21 gennaio 2016;
   infatti, la contrattazione collettiva integrativa, presso ciascuna direzione scolastica regionale, è strumento atto a disciplinare i criteri per la fruizione dei permessi per il diritto allo studio, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, lettera a) del contratto collettivo nazionale comparto Scuola; così anche l'articolo 64, comma 10, del su citato contratto ribadisce che gli stessi criteri debbano essere definiti nell'ambito della contrattazione decentrata presso gli uffici scolastici regionali;
   attualmente l'ufficio scolastico regionale ha riaperto la procedura della contrattazione con le organizzazioni sindacali regionali del comparto scuola, ma nelle more della definizione del contratto integrativo il personale, docente e ATA, che faceva affidamento sulle 150 ore di permesso studio (già riconosciute), non potrà più beneficiare delle stesse;
   se è vero, quindi, che il contratto integrativo non è perfezionato e non è entrato in vigore, è pur vero ed è ragionevole ammettere la reviviscenza del vecchio contratto e dei suoi effetti giuridici. Invero l'articolo 13 del testo sottoscritto in data 21 gennaio 2016 disponeva che tali effetti dovevano comunque prodursi fino alla sottoscrizione del nuovo contratto, ovvero sino all'adozione di un nuovo provvedimento amministrativo;
   al contrario, invece, continua a perpetrarsi, secondo gli interroganti, una grave lesione del diritto allo studio e alla formazione di migliaia di docenti aventi diritto, con conseguente violazione dell'articolo 3 della Costituzione, non riscontrandosi casi analoghi in altre regioni d'Italia; viene altresì leso il legittimo affidamento del personale docente e non docente a cui i permessi studio erano stati già riconosciuti e solo successivamente sospesi; pertanto le organizzazioni sindacali, considerando tutto ciò inaccettabile, hanno provveduto a segnalare la questione inviando una lettera al Ministero in data 2 aprile 2016 –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare per sanare quella che gli interroganti giudicano una grave violazione di diritto in atto;
   se intenda fornire linee guida transitorie per l'ufficio scolastico regionale, nelle more della definizione della contrattazione integrativa. (5-08532)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARZANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014 recepisce il parere 4929/2012 del Consiglio di Stato relativamente al valore abilitante dei diplomi di scuola e istituto magistrale (e relative sperimentazioni) conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002 e riconosce quindi il diritto dei maestri diplomati all'inserimento nella II fascia delle graduatorie d'istituto (per la scuola dell'infanzia e/o primaria a seconda del titolo conseguito), mentre esclude la possibilità di accogliere l'analoga richiesta di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento;
   il decreto ministeriale 1o aprile 2014, n. 235, aggiornando le graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo valevoli per il triennio scolastico 2014/15, 2015/16 e 2016/17 non concede ai docenti titolari del diploma magistrale conseguito l'anno scolastico 2001/2002 la possibilità di presentare domanda per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento;
   in seguito a una serie di ricorsi il Consiglio di Stato, con sentenza definitiva n. 3788/2015 n. 2228/2015 R-EG. RIC. accoglie l'appello e, per l'effetto in riforma della sentenza impugnata, annulla il decreto ministeriale 235 del 2014 nella parte in cui non consente agli originari ricorrenti, docenti in possesso del titolo abilitante di diploma di maturità magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, l'iscrizione nelle GAE;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tuttavia, nell'avviso del 6 ottobre 2015, spiega come le pronunce del Consiglio di Stato non abbiano efficacia erga omnes pertanto non possano essere estese anche a coloro che non hanno presentato specifico ricorso;
   parallelamente ai riconoscimenti per il personale oggetto delle ordinanze, è stata «congelata» l'azione dei successivi ricorrenti in attesa di adunanza plenaria del Consiglio di Stato, dapprima fissata per gennaio 2016, poi posticipata a maggio 2016, infine anticipata al 27 aprile 2016;
   la differenza di trattamento dei diplomati magistrali, con titolo conseguito entro il 2001/2002, sembra violare il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione all'articolo 3 –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare iniziative adeguate e urgenti per tutelare la posizione di tutti i docenti in possesso del diploma magistrale abilitante, conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, per il riconoscimento del diritto all'immissione in ruolo, superando le differenze di trattamento. (4-13023)


   BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le organizzazioni sindacali Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, SNALS-Confsal e GILDA-Unams, hanno presentato ricorso al Tar Lazio nei confronti del decreto ministeriale n. 850 del 27 ottobre 2015 relativo al periodo di prova e formazione del personale docente neo assunto; un provvedimento applicativo della legge n. 107 del 2015, rispetto al quale fin dalla sua adozione i sindacati hanno contestato evidenti forzature ed effetti di retroattività inaccettabili, nonché invasioni di campo sulle prerogative contrattuali in materia di organizzazione del lavoro;
   come si legge nel comunicato unitario divulgato in data 12 gennaio 2016, «il provvedimento include infatti tra i destinatari del periodo di formazione anche i docenti che abbiano ottenuto il passaggio di ruolo, nonostante si tratti di insegnanti già titolari di contratto a tempo indeterminato, che hanno già effettuato l'anno di prova e formazione all'atto della loro originaria immissione in ruolo; inoltre la disciplina riguardante la mobilità dei docenti, compresa quella professionale, è riservata per espressa previsione dei DD.Lgss. n. 165/2001 e n. 297/1994 alla contrattazione collettiva e pertanto non può soggiacere a decisioni discrezionali dell'Amministrazione. La stessa amministrazione, con la nota 3699 del 29/2/2008, aveva peraltro precisato con chiarezza che “l'anno di formazione va effettuato una sola volta nel corso della carriera”, riconoscendo come illogico e irragionevole richiedere a un docente che passa a un diverso ordine di scuola, avendo già maturato una consistente esperienza di servizio, la medesima formazione prevista per un docente neo-immesso in ruolo. A tutto ciò si aggiunge il fatto che al momento della presentazione delle domanda di passaggio di ruolo la 107 non era ancora legge dello Stato»;
   ad avviso degli interroganti con la legge n. 107 del 2015 non solo è stato commesso un abuso nei confronti di questi ricorrenti con un'applicazione retroattiva ma è stato anche introdotto, dove non c'era, un sistema di formazione aggiuntiva non necessario;
   la legge n. 107 del 2015 introduce quindi un nuovo percorso formativo di 50 ore anche per coloro che chiedono il passaggio di ruolo o di cattedra (previsto a partire dal 2016) e quindi insegnanti abilitati per la classe di concorso richiesta, che hanno già insegnato e che hanno già superato l'anno di prova quando sono entrati in ruolo nella scuola;
   a giudizio degli interroganti l'anno di prova (di durata minima 180 giorni) come previsto dal decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ha una valenza effettiva; per esempio, in tutti i casi di insegnanti che riprendono l'insegnamento dopo una lunga pausa, la prova consente di rivalutare le abilità e le competenze dello stesso, dunque direttamente sul terreno della pratica di insegnamento quotidiana; l'ulteriore percorso di 50 ore previsto dal recente decreto appare invece una inutile, ripetizione oltreché uno spreco di risorse pubbliche;
   inoltre, bisogna considerare che ormai tutti i docenti che entrano in ruolo sono abilitati (come previsto dall'ultimo bando per il concorso a cattedre imminente) ovvero sono già stati formati sulle discipline necessarie all'insegnamento ed esaminati, prima dalle commissioni universitarie per il titolo abilitante, e poi dalle commissioni concorsuali;
   in base a quanto previsto dal decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 850 del 27 ottobre 2015 gli oltre 90 mila docenti neoassunti nell'anno scolastico 2015/2016 riceveranno la conferma di immissione in ruolo solo dopo un aggiornamento professionale obbligatorio, ovvero un periodo di formazione pari a 50 ore, di cui 20 stimate online; in forma diversa ma con carico di ore simile, ciò era contemplato ed obbligatorio anche antecedentemente l'entrata in vigore della legge n. 107 del 2015;
   a giudizio degli interroganti, considerato che per la formazione di queste persone lo Stato ha già investito risorse in abbondanza, è superflua la formazione aggiuntiva prevista dalla legge n. 107 del 2015, che va ad aggiungersi alle attività del cosiddetto anno di prova come previsto dal n.297 del 1994; non si ritiene necessario un ulteriore controllo o potenziamento sulla formazione, quanto semmai sull'operato degli insegnanti in prova che il comitato di valutazione di ogni Istituto scolastico è già tenuto a giudicare, semplicemente sulla base del lavoro svolto dai docenti sul campo –:
   con quali modalità intenda porre rimedio alla situazione descritta in premessa ed oggetto del ricorso da parte delle organizzazioni sindacali;
   se non ritenga che l'attività formativa di 50 ore prevista dalla legge n. 107 del 2015 che va ad inserirsi nel periodo di prova, costituisca un sovraccarico inutile per l'insegnante, oltreché un aggravio di spesa per lo Stato;
   di quali elementi disponga circa il costo previsto a carico dello Stato e delle regioni per la realizzazione delle nuove attività formative previste dalla legge n. 107 del 2015. (4-13027)


   BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'anno 2015 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha promosso molti bandi per la scuola, spesso con termini di scadenza strettissimi che hanno costretto le scuole ad attivarsi in tutta fretta; di tali bandi per molti mesi non si è avuta più notizia mettendo in difficoltà gli istituti in quanto i progetti presentati dagli stessi rientrano spesso nella progettualità triennale prevista dai PTOF (piani triennali dell'offerta formativa) e la lunga attesa delle graduatorie ne ha impedito la piena attuazione;
   recentemente sono stati pubblicati dei file di excel che si limitano ad elencare codici cup e importi, senza graduatoria, né punteggi degli istituti beneficiari, venendo meno, a giudizio dell'interrogante, agli obblighi di trasparenza –:
   quali siano i motivi dei ritardi nella pubblicazione delle graduatorie e se il Ministro intenda integrare con i dati mancanti gli elenchi pubblicati, a garanzia di una reale trasparenza. (4-13028)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo il documento di monitoraggio di Garanzia Giovani del 29 gennaio 2016 «Al 28 gennaio 2016, il numero degli utenti complessivamente registrati ha superato le 944 mila unità, oltre 10 mila in più rispetto alla scorsa settimana. Il totale dei registrati, al netto delle cancellazioni, è pari a 816.080. Durante l'ultima settimana le prese in carico da parte dei Servizi per l'Impiego crescono di 7.696, attestandosi a 595.457 giovani; a 269.287 è stata proposta almeno una misura. Conclusasi al 31 dicembre 2015 la prima fase del Programma, ne inizia una seconda in cui si evidenzierà l'evoluzione di “Garanzia Giovani” in termini di misure proposte ai giovani»;
   il 1o maggio 2016 saranno trascorsi due anni dall'avvio del programma «Garanzia Giovani» ma secondo il professor Michele Tiraboschi, ordinario di diritto del lavoro all'università di Modena Reggio Emilia e coordinatore scientifico di Adapt (Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e le relazioni industriali) in un articolo su @bollettinoADAPT del 21 aprile 2016 e pubblicato anche in Panorama del 27 aprile 2016 con il titolo: «Giovani, disoccupati e beffati», «da festeggiare c’è davvero ben poco» poiché – ravvisando un fallimento del piano Garanzia Giovani così come attuato – c’è «Un vero e proprio esercito di giovani di belle speranze che hanno preso sul serio la promessa di una “garanzia” iscrivendosi al programma e mettendosi pazientemente in coda a una porta che, però, per la maggioranza di loro, è rimasta chiusa alimentando rabbia e delusione. Perché i numeri parlano chiaro ed è davvero difficile trovarne una interpretazione positiva»;
   al di là del dato sorprendente e puntualmente riproposto dal Governo di un milione di meri iscritti al piano, secondo le conclusioni e i dati del professor Tiraboschi, «Il numero inizia a ridursi se si prendono in esame gli iscritti al netto delle cancellazioni. Questi diventano 897 mila: cifra sempre imponente ma che accende dubbi riguardo alla comunicazione del piano e del target, che ha portato più di 100 mila iscritti senza i requisiti necessari. Tra questi 897 mila ben 659 mila sono stati “presi in carico”, ossia hanno sostenuto un colloquio con il centro per l'impiego di riferimento e hanno sottoscritto un patto di servizio. Se quindi l'iscrizione al piano era una prima speranza per un giovane disoccupato o inoccupato, la firma del patto di servizio non ha fatto altro che aumentarne le aspettative, facendogli quasi pensare che davvero una “garanzia” per lui poteva esserci. Con rammarico dobbiamo invece constatare che non è stato così. Se infatti andiamo a analizzare il vero numero importante, quello sulle proposte concrete fatte ai giovani iscritti, il quadro si incupisce. Secondo gli ultimi dati del Ministero del lavoro queste ammontano a circa 300 mila: circa un terzo degli iscritti al netto delle cancellazioni. Una cifra che di per sé certifica il fallimento del piano e getta una ombra scura sulle illusioni di quei 600 mila ragazzi che restano al momento a mani vuote. La situazione non migliora se si analizzano le proposte fatte ai 300 mila fortunati. In questo caso i report più aggiornati sono di un mese fa, data dalla quale l'Isfol ha interrotto la pubblicazione dei monitoraggi settimanali. Emerge che la maggioranza (circa il 60 per cento) delle proposte concrete consiste in tirocini di dubbia valenza formativa, mentre i contratti di lavoro veri e propri sono poco più del 10 per cento, con un boom a dicembre 2015, ultimo mese in cui una impresa poteva usufruire del combinato disposto di “Garanzia Giovani” e decontribuzione per l'assunzione di un giovane con un contratto a tutele crescenti»;
   il fallimento di Garanzia Giovani sarebbe da attribuire a colpe del passato di un Paese che mai ha messo in pratica le politiche attive del lavoro tanto sbandierate dal Jobs Act;
   molte criticità dell'attuazione del piano Garanzia Giovani sono state rappresentate dalla prima firmataria del presente atto con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06274, ma ora è forte la preoccupazione che tali criticità, a parere degli interroganti, rischino di trasferirsi sulla (mancata) attuazione delle tante proclamate politiche attive del lavoro poiché «“Garanzia Giovani” è un banco di prova di quelle che saranno le nuove politiche attive e di ricollocazione promesse dal Jobs Act ma sino ad oggi rimaste sulla carta»;
   eppure il Ministro interrogato in un intervento su IlSole24Ore del 10 novembre 2015 confermava «l'impegno a garantire congiuntamente la continuità di funzionamento, il rafforzamento e la qualificazione dei Centri per l'Impiego, considerandoli l'infrastruttura pubblica indispensabile per lo sviluppo delle politiche attive, e ad assicurare che il personale che vi lavora continui ad operare senza interruzioni» e affermava che «se la Commissione europea non accoglierà la proposta italiana di rendere strutturale il programma, noi continueremo ad utilizzare l'esperienza realizzata e l'infrastruttura organizzativa che si è consolidata, per dare un supporto ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro»;
   è evidente che i centri per l'impiego sono uno degli asset di riferimento per il successo o insuccesso del piano «Garanzia Giovani» e delle politiche attive del lavoro –:
   se il Governo sia a conoscenza dei dati e dei fatti riportati in premessa;
   quali iniziative abbia adottato il Governo per superare le criticità espresse e favorire l'incontro della domanda e dell'offerta nonché l'adeguatezza e la coerenza dell'offerta di lavoro ai curricula degli iscritti in linea con il programma della raccomandazione europea;
   quali siano le risorse europee o nazionali a cui il Governo intende attingere e a quanto ammontino gli investimenti destinati al rafforzamento dei centri per l'impiego e alla qualificazione del personale dei centri chiamati a gestire le politiche attive del lavoro. (5-08525)


   CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI, LOMBARDI, DALL'OSSO e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Cesd Sri (Corsi editati schede dispense), nota al pubblico per i marchi Cepu, Grandi scuole e e-Campus, azienda nel settore dell'istruzione e della formazione professionale, contava 120 centri studio ove venivano offerti servizi universitari, valutazione crediti formativi, corsi di abilitazione professionale, assistenza all'estero per corsi di laurea e/o abilitazione;
   il gruppo Cesd si avvaleva di oltre 3.000 dipendenti e collaboratori;
   l'inquadramento contrattuale del personale è avvenuto, per la maggior parte delle assunzioni, attraverso le cosiddette collaborazioni a progetto e/o comunque mediante contratti di lavoro atipico, caratterizzati da maggiore flessibilità del lavoro, nonostante si siano instaurati rapporti di lavoro spesso decennali;
   molti dipendenti assunti con tali contratti si occupavano di telemarketing, di tutoraggio, di docenze, di informatica e molti di essi che ora hanno terminato la loro collaborazione erano donne con figli; con sentenza n. 139 del 2016 del 17 febbraio 2016 il tribunale di Roma, sezione fallimentare, ha dichiarato il fallimento della Cesd Sri;
   l'ultimo bilancio di Cesd, quello relativo al 2014, si era chiuso con una perdita di 58,9 milioni di euro e debiti complessivi per 122 milioni, di cui 34,3 nei confronti del fisco e 38,4 verso gli istituti di previdenza, frutto del mancato versamento dei contributi ai collaboratori. Il verbale dell'assemblea del 13 aprile 2015 attribuiva il rosso alla «crisi finanziaria delle famiglie», al mancato incasso di 15,6 milioni di ricavi «previsti da due contratti stipulati con il Ministero della difesa libico», all'incremento dei costi legato a una strategia commerciale mirata ad aumentare il fatturato che però «non ha generato il risultato atteso» e, infine, la svalutazione delle partecipazioni nelle controllate Ateneo Formass e Ge Campus;
   a luglio 2015 i poco più di 200 dipendenti diretti sono stati messi in contratto di solidarietà, mentre i più di 2 mila collaboratori rimasti si sono visti congelare gli stipendi dei mesi compresi tra dicembre 2014 e aprile 2015 in attesa delle decisioni del tribunale. Poche settimane prima, invece, l'amministratore delegato di Cesd Franco Bernasconi era stato iscritto nel registro degli indagati della procura di Roma per evasione dell'iva e mancato versamento di trattenute previdenziali (IlFattoQuotidiano online del 22 febbraio 2016);
   la procura della Repubblica di Roma ha ordinato il sequestro di 3 milioni di euro pari all'IVA non versata all'erario; la società risulterebbe debitrice anche nei confronti dei fornitori, inclusi i dipendenti inquadrati quali collaboratori a progetto e/o coordinati e continuativi verso l'Inps per il mancato versamento dei contributi dovuti;
   la riforma di cui alla legge n. 183 del 2014 prevede che in relazione agli eventi di disoccupazione verificarsi a decorrere dal 1o gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015 è riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, iscritti in via esclusiva alla gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, una indennità di disoccupazione mensile denominata «DIS–COLL»;
   al fine del riconoscimento della «DIS–COLL» è necessario, tuttavia, poter far valere almeno tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal 1o gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione del lavoro all'evento congiuntamente, nell'anno solare in cui si verifica l'evento di cessazione dal lavoro, a un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà del importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione. Tuttavia, è evidente che quanto riferito sul mancato versamento regolare della contribuzione a favore dei collaboratori ha enormi conseguenze sui medesimi, i quali, infatti, non possono vantare il diritto al riconoscimento della DIS–COLL (almeno 3 mesi di contributi a partire dal 1o gennaio 2014 ed una mensilità nel 2015);
   molti ex collaboratori vantano crediti nei confronti della Cesd s.r.l. ma soprattutto è accaduto che, a causa del mancato versamento contributivo, necessario non solo per poter accedere alla cosiddetta «Dis. Coll.», molte collaboratrici ed ex collaboratrici si sono viste negare la possibilità di poter godere anche di un diritto sacrosanto come la maternità, poiché l'Inps spesso ha riscontrato la mancanza della contribuzione prevista per l'erogazione della suddetta indennità;
   inoltre, l'articolo 13 del decreto legislativo n. 80 del 2015 riconosce solo a partire dall'anno 2015 il diritto all'indennità di maternità per le lavoratrici parasubordinate anche in caso di mancato versamento dei contributi previdenziali, cosicché molte collaboratrici sono rimaste escluse da tale tutela;
   paradossalmente, nonostante l'intervenuto fallimento, l'attività economica di fatto continua, poiché il presidente e fondatore Francesco Polidori ha ceduto in affitto le attività e la gestione dei marchi a Studium, la nuova società creata sempre nell'aprile 2015 dai figli di Polidori, Pietro e Martina (IlFattoQuotidiano del 22 febbraio 2016);
   ora il fallimento della società pronunciato dal tribunale di Roma rende molto difficile il recupero dei crediti vantati dagli ex collaboratori alcuni dei quali hanno lavorato anche per numerosi anni per Cesd nonché il recupero dei contributi mancanti utili agli ex collaboratori per l'accesso alla «Dis. Coll.» o alla indennità di maternità –:
   a quanto ammonti l'entità dei contributi previdenziali trattenuti ai collaboratori con contratti atipici e non versati all'Inps dalla società Cesd S.r.l. ora fallita e quali iniziative si intendano intraprendere per il recupero delle somme dovute;
   se il Governo intenda procedere ad accertamenti volti alla riqualificazione in rapporto di lavoro subordinato del contratto di collaborazione intercorso tra la Cesd e gli ex collaboratori al fine di contribuire a far luce sull'effettiva entità dei crediti vantati dai lavoratori;
   se il Governo intenda attivarsi, in ogni caso, per il riconoscimento dell'indennità disoccupazione mensile, denominata «DIS–COLL», a favore dei collaboratori atipici coinvolti assumendo iniziative anche di tipo normativo, affinché la «Dis-Coll» e l'indennità di maternità possano essere riconosciute anche in presenza di irregolarità dei versamenti da parte dell'azienda, estendendo l'arco temporale di applicazione del principio della automaticità delle prestazioni Inps al fine di non penalizzare ulteriormente tale categoria di dipendenti. (5-08535)


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato su www.ilgiornale.it del 14 aprile 2016 «gli inquirenti campani che indagano – come riporta Libero – hanno trovato diverse anomalie, tra dirigenti e funzionari che per incassare i premi di produzione gonfiavano i risultati delle ispezioni, certificando di aver trovato molte più truffe di quelle realmente scovate. Ma, nell'ufficio accanto, c'era anche chi erogava prestazioni fittizie che poi qualcun altro avrebbe annullato. A guadagnarci erano tutti: i falsi pensionati (o falsi lavoratori) venivano denunciati, infatti, solo a “tavolino”, mentre i loro nomi non venivano cancellati dal sistema informatico e, quindi, gli assegni continuavano a essere incassati. Una truffa doppia, in altre parole. Con l'Inps che premiava i dirigenti sia quando erogavano pensioni non dovute, sia quando facevano finta di scovarle. Per la mancata cancellazione delle posizioni di lavoro fittizie riguardanti una ventina di società è accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato Antonio Crudo, attuale direttore centrale delle pensioni. Insieme a lui i collaboratori Antonello Lia e Dario Dolce. Oltre a loro risultano iscritti nel registro degli indagati anche il direttore provinciale di Salerno, Gabriella Zaccaria, e la responsabile dell'ufficio ispettivo locale, Angela Santopietro. La prima parte dell'inchiesta ha portato all'arresto di 63 persone e al sequestro di beni per 100 milioni di euro, con il rinvio a giudizio di un centinaio di persone, tra imprenditori, commercialisti, consulenti del lavoro e dirigenti Inps. Nei confronti dei “finti lavoratori” si sta procedendo in via separata, con il gip che ha disposto vari sequestri per recuperare le somme riguardanti maternità, ferie, disoccupazione, contributi pensionistici e altro. Nel frattempo, rispetto al troncone iniziale dell'inchiesta, sono nati altri filoni»;
   il danno derivante dalle condotte contestate per non aver cancellato dal sistema informatico decine di posizioni previdenziali fittizie ammonterebbe ad almeno 4 milioni di euro –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Governo su quanto esposto in premessa e sull'entità dei daini economico-finanziari prodotti e se, considerata la gravità della situazione, non ritenga doveroso far intervenire gli ispettori del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per verificare lo stato delle cose;
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere nei confronti dei responsabili dei fatti descritti, illustrando, per quanto di competenza, quale sarà, al di là del percorso giudiziario, l’iter nell'accertamento delle responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare;
   se ed in che termini il Governo intenda urgentemente affrontare la grave situazione determinata dai fatti descritti che sostanzialmente determinano un rilevante danno economico-finanziario quali iniziative di competenza intenda porre in essere per procedere al recupero di quanto indebitamente sottratto alle casse pubbliche. (5-08536)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende a mezzo stampa che la procedura di cessazione dell'attività del Pantalonificio d'Abruzzo sarà avviata a breve. L'azienda conta 96 dipendenti, la maggior parte donne;
   la proprietà chiuderà definitivamente la fabbrica di pantaloni della Val Sinello;
   questa e purtroppo l'ennesima brutta notizia ricevuta per la zona industriale della Val Sinello che vive un momento drammatico dal punto di vista occupazionale;
   i sindacati in una nota si appellano a tutte i livelli istituzionali, compreso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per evitare che la situazione precipiti;
   la cassa integrazione per i lavoratori termina il 29 aprile 2016. La speranza è che gli ammortizzatori sociali possano essere prolungati almeno al fine di individuare soluzioni positive alla vertenza –:
   se non intenda intervenire con urgenza per prolungare la cassa integrazione per i 96 dipendenti ed evitare un dramma occupazionale in un'area già fortemente colpita. (4-13003)


   PETRAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Taranto Isolaverde è una società per azioni costituita nel dicembre 2004, partecipata dall'amministrazione provinciale di Taranto impegnata in attività di pulizia dei litorali, manutenzione strade e immobili, rilievi scarichi idrici e manutenzione di impianti termici;
   dal 25 novembre 2015 fino al 20 aprile 2016 i lavoratori sono stati posti in sospensione lavorativa senza salario, decisione presa con l'obiettivo di salvare la società e conservare il posto di lavoro;
   ciò si è reso necessario per garantire, nel momento dell'uscita della società dalla liquidazione, una serie di attività, sancite attraverso un protocollo prefettizio sottoscritto dalla regione e dal, comune, quali i corsi di formazione e la mobilità fra partecipate;
   su proposta del presidente della provincia di Taranto è stata inserita, all'interno del contratto istituzionale di sviluppo per l'area di Taranto, la ristrutturazione del palazzo degli uffici, liberando risorse pari a 2.800.000 euro che la provincia aveva già accantonato per la ristrutturazione del palazzo degli uffici e che sarebbero state reinvestite per far uscire dalla liquidazione la società Taranto Isolaverde;
   il 5 aprile 2016 il tavolo tecnico per il Coordinamento istituzionale di sviluppo ha ufficializzato la presa in carico della ristrutturazione del palazzo degli uffici a carico del Governo, ma, secondo quanto dichiarato dal presidente della provincia di Taranto, non è stata inviata la delibera con la quale viene garantito il finanziamento effettivo dell'intervento;
   le 241 unità lavorative, inoltre, non hanno ancora percepito il contributo di solidarietà maturato nel periodo 1o dicembre 2014-31 maggio 2015;
   attraverso nota prot. 40/0004013 del 22 febbraio 2016 della direzione generale degli ammortizzatori sociali e degli incentivi all'occupazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva assicurato che nel breve periodo sarebbe stato emesso il relativo ordinativo di pagamento per la cifra di euro 360.784,88 ma, ad oggi, nulla è stato erogato;
   in data 20 aprile 2016 presso gli uffici della provincia di Taranto, settore «Agenzia del lavoro e F.P.» – servizio «controversie collettive», stante la mancata attuazione degli impegni assunti da parte di soggetti terzi durante gli incontri del tavolo tecnico svoltisi presso la prefettura di Taranto e delle riunioni del coordinamento del contratto istituzionale di sviluppo (CIS) e dell'ulteriore aggravarsi della situazione finanziaria, si è dato avvio al licenziamento di tutta la forza lavoro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per scongiurare il licenziamento dei lavoratori della Taranto Isolaverde s.p.a. in un territorio, quale quello della provincia di Taranto, in forte crisi occupazionale;
   se intenda promuovere, per quanto di competenza, programmi di riqualificazione e inserimento per i lavoratori delle società partecipate in dismissione;
   se intenda chiarire le cause del ritardo dell'erogazione del contributo di solidarietà maturato dai lavoratori della Taranto Isolaverde s.p.a. nel periodo 1o dicembre 2014-31 maggio 2015. (4-13010)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le cronache degli ultimi anni riportano l'inarrestabile aumento delle criticità che hanno aggredito il distretto agricolo pachinese;
   ogni giorno chiudono i battenti imprese che fino a ieri davano lavoro a centinaia di famiglie, e tutta l'economia del comprensorio, notoriamente basata sulla produzione di ortofrutta, la cui qualità viene riconosciuta da tutti i mercati, oggi versa in uno stato di gravissima difficoltà;
   dopo anni di immobilismo da parte delle istituzioni nazionali è di tutta evidenza che l'uso della difficoltà economica come giustificazione per i mancati interventi non ha più fondamento: basti pensare all'appoggio che è stato dato a provvedimenti comunitari che hanno aggravato la concorrenza sleale di prodotti simili, provenienti dall'estero e dai Paesi in via di sviluppo, che spesso giungono nei punti vendita senza gli adeguati controlli igienici e sanitari, compromettendo la competitività della produzione italiana e confondendone la riconoscibilità, situazione tra l'altro aggravata dalla approvazione da parte del Parlamento europeo degli accordi tra l'Unione europea e Marocco e Tunisia;
   tra le criticità lamentate dagli operatori del settore vi è sicuramente la scarsa considerazione verso i prodotti DOP e IGP della grande distribuzione organizzata (GDO) e della distribuzione organizzata (DO), che non dedicano spazi adeguati alla vendita di prodotti a marchio di qualità, e che assoggettano tale produzione a una speculazione commerciale selvaggia, ad avviso dell'interrogante senza controlli efficaci da parte degli organismi preposti (vedasi l'indagine dell'Antitrust senza esito). Un fenomeno che continua ad allargare la forbice tra prezzi alla produzione e prezzi al consumo in modo inaccettabile;
   appare indifferibile procedere alla regolamentazione della filiera che allo stato attuale concentra nelle mani di pochissimi buyer il potere di acquisto su centinaia di diversi punti vendita a marchio diverso, aggirando di fatto le più elementari norme in materia di cartello –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire al più presto convocando un tavolo tecnico-istituzionale per discutere in tempi stretti interventi precisi per posizionare e valorizzare adeguatamente i prodotti a marchio, per sgravare le imprese da alcuni costi di produzione (ad esempio, la fiscalizzazione degli oneri sociali e dei costi del gasolio) e per controllare le politiche di cartello operate dalla grande distribuzione a danno dei prodotti di provenienza certa, controllata e certificata, poiché in gioco vi è la sopravvivenza stessa dell'agricoltura italiana, e con essa il futuro di una intera area. (4-13006)


   BENEDETTI, BRUGNEROTTO, BUSINAROLO, COZZOLINO, DA VILLA, D'INCÀ, SPESSOTTO, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i PFAS sono sostanze perfluoro-alchiliche utilizzate principalmente per rendere impermeabili carta, stoffe e stoviglie; esse sono presenti nel teflon per le pentole, nel goretex per i tessuti, negli involucri alimentari, le si trovano praticamente ovunque; le stesse sostanze hanno anche un'importanza strategica per l'industria militare e farmaceutica. Sono composti fluorurati del carbonio: si chiamano «a catena lunga» quelli con 8 atomi di carbonio, «a catena corta» quelli con 4 atomi di carbonio. Non sono biodegradabili e sono bioaccumulabili;
   la comunità scientifica nazionale e internazionale sostiene da tempo che l'esposizione ai contaminanti presenti nell'aria, acqua, cibo e suolo può avere effetti nocivi sulla salute umana e che la salvaguardia della qualità dell'ambiente in cui si vive consente di ridurre i fattori a rischio per la salute umana. Si tratta di composti che, pur avendo scarsa tossicità acuta e cronica, come specificato dall'IRSA, hanno effetti principalmente di natura sub-letale, comportandosi da interferenti endocrini del metabolismo dei grassi, causando rischi per la catena alimentare e avendo sospetta azione estrogenica e cancerogena, che dotati di elevata persistenza nell'ambiente e possono essere trasportate per lunghe distanze dalla matrice acqua, con pesanti impatti anche sulle altre matrici ambientali. Le sostanze perfluoroalchiliche hanno una dimostrata azione cancerogena sugli animali e a breve (giugno) è atteso anche lo studio definitivo sulla cancerogenicità per l'uomo;
   la dottoressa Bolgan fa presente che: «dallo studio di Perez si è visto che i PFAS a catena corta (fino a 6 atomi di carbonio) si accumulano in vari tessuti (reni, fegato, ossa, polmoni e cervello); in particolare il PFBA (C4 acido perfluorobutanoico) si bioaccumula nei polmoni e nei reni, mentre il PFHXA con 6 atomi di carbonio si accumula maggiormente nel cervello e nel fegato e rimane aperta la questione se questi composti possano essere legati a disturbi neurologici gravi nei bambini come l'autismo»;
   la contaminazione da PFAS delle matrici ambientali, in particolare le acque interne superficiali e di falda, ha purtroppo raggiunto un livello allarmante soprattutto nel Veneto, interessando un'area di circa 180 chilometri quadrati (dato ARPAV 2015) con la compromissione della seconda falda freatica più grande ed importante d'Europa, la falda di Almisano;
   le province al momento maggiormente coinvolte sono quelle di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo, con 70 comuni interessati e circa 250.000 persone che saranno sottoposte ad analisi mediche, mentre dai primi esiti del biomonitoraggio condotto dall'Istituto superiore di sanità di concerto con la Regione Veneto su un campione della popolazione esposta ai PFAS, 60 mila residenti nelle zone a maggior impatto risultano già contaminati;
   tale emergenza sta portando alla chiusura di numerosi pozzi ad uso potabile per ragioni di tutela della salute della popolazione; per evidenziare la gravità della situazione basti pensare che, per quanto riguarda i pozzi privati, nel comune di Sarego su 84 pozzi già ne sono stati chiusi 61. Inoltre, tale misura si è resa necessaria per tutelare non solo la popolazione, ma anche i prodotti agricoli che derivano dalle coltivazioni che insistono sull'area interessata dal grave inquinamento ambientale;
   esso, infatti, coinvolge centinaia di aziende agricole venete che rischiano di subire un grave danno economico e di immagine, perché potrebbero vedere boicottate o interrotte le proprie produzioni alimentari. Inoltre, l'inaccessibilità ai pozzi per l'abbeveraggio degli animali e per l'irrigazione dei campi coltivati avrebbe una ricaduta negativa incalcolabile sulle stesse;
   attualmente, le soluzioni che si prevedono sono la mappatura delle aziende che utilizzano acque superficiali o pozzi per la loro attività, il prelievo di un campione di acqua e le analisi da parte dell'Arpav, il cui costo potrebbe essere regolato e «calmierato» mediante una convenzione tra la regione e le organizzazioni agricole. Nel caso di individuazione di pozzi che superino la soglia di accumulo, si prevede invece la variazione dell'altezza dei pozzi per raggiungere una falda «pulita» o l'apposizione di filtri;
   la conclamata contaminazione in atto era nota da tempo e, pertanto, le istituzioni di competenza sarebbero dovute intervenire tempestivamente ed in modo coordinato, mentre solo dopo 3 anni da quando si era a conoscenza di tale gravissima problematica, la regione ha inviato alle ULSS le linee guida sull'uso dell'acqua dei pozzi in agricoltura; in attesa che la procura di Vicenza accerti le responsabilità di tale inquinamento anche sulla base dell'esposto presentato l'8 aprile 2016 dal M5S e da Medicina Democratica e che quindi venga risarcita la popolazione per il danno arrecato, va evitato in ogni modo che a pagare i costi di tale drammatica situazione siano allevatori e agricoltori e che su di loro ricada l'onere economico delle costose analisi per verificare la contaminazione dei pozzi, così come, in caso di chiusura degli stessi e di interruzione di prelievo d'acqua in falda, vanno garantite la disponibilità d'acqua nonché l'installazione di filtri ai carboni attivi in tutti i pozzi privati utilizzati per l'abbeveraggio di animali e l'irrigazione dei campi coltivati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e, per quanto di competenza, quali iniziative intenda adottare tempestivamente affinché le aziende agricole interessate dalla conclamata contaminazione ambientale in corso vengano tutelate da un punto di vista economico e di immagine. (4-13015)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   fonti di stampa hanno reso noti i risultati del Rapporto Osserva Salute 2015 sul benessere e sulla qualità dell'assistenza medica nelle diverse regioni;
   lo studio rappresenta la più grande raccolta e analisi di dati sullo stato di salute degli italiani e sulla qualità dell'assistenza nelle nostre regioni;
   la riforma del Titolo V della Costituzione ha di fatto comportato la delineazione di sanità diverse, se non per regione almeno per macro-aree del Paese;
   appare grave il dato riportato nel rapporto, riferito all'aspettativa di vita poiché, al contrario che nel passato, esso non aumenta più;
   nel 2015 la speranza di vita alla nascita era di 80,1 anni per gli uomini e di 84,7 per le donne, calcolata in base ai dati Istat più recenti;
   nel 2014 era più alta: 80,3 per gli uomini e 85 per le donne. Come detto, per la prima volta dopo moltissimi anni, si è registrata un'inversione di tendenza;
   preoccupante appare anche la questione delle campagne di prevenzione e degli screening, che non si riescono a fare per mancanza di soldi e che alla salute della popolazione sono ovviamente correlati. L'Italia destina alla prevenzione solo il 4,1 per cento della spesa sanitaria totale, percentuale che piazza il Paese tra gli ultimi posti in Europa;
   gli stessi Lea, i livelli essenziali di assistenza, con le prestazioni che dovrebbero essere garantite a tutti i cittadini, non sono applicabili dovunque, a maggior ragione nelle regioni ancora alle prese con i piani di rientro dal deficit;
   appare chiaro che la salute degli italiani è sempre più a rischio a causa della «precarietà economica che, divenuta ormai una condizione strutturale del Paese, incide sia sull'offerta dei servizi, sempre più sotto l'attacco della spending review, sia sul benessere psicofisico dell'individuo», dichiara il direttore dello studio;
   la situazione di difficoltà è certamente legata alla crisi ed i tagli di risorse e servizi sanitari influiscono particolarmente nell'aumento dei casi di tumori prevenibili: tra le donne, ad esempio, i nuovi casi di tumore al polmone, tra il 2003 e il 2013, sono aumentati del 17,7 per cento, così come quello alla mammella che registra un incremento del 10,5 per cento. Tra gli uomini, l'incidenza del tumore al colon retto, nello stesso periodo, è aumentata del 6,5 per cento;
   a fare le spese maggiori di questo peggioramento del quadro epidemiologico sono soprattutto le regioni del Mezzogiorno. Questo un estratto del rapporto che identifica le cause della situazione: «Il deficit di risorse destinate alla prevenzione rischia di far vacillare la salute degli italiani già sotto l'attacco della congiuntura economica negativa che sta colpendo ormai da anni anche il nostro paese: la precarietà che sta ormai divenendo una condizione strutturale mette a rischio la tenuta dei servizi sanitari offerti ai cittadini e anche la salute reale e percepita degli individui (sempre più numerosi sono gli studi che dimostrano ad esempio che essere lavoratori precari mina il benessere psicofisico della persona)»;
   analizzando i dati del rapporto 2014, si nota che è sempre più urgente incentivare l'offerta di servizi di prevenzione e di politiche socio-sanitarie ad hoc che riducano la probabilità che i cittadini abbiano di ammalarsi e possano così fronteggiare i bisogni sanitari di una popolazione sempre più anziana, con l'insorgenza sempre maggiore di malattie croniche nello stesso individuo;
   nel Servizio sanitario nazionale è in corso una contemporanea riduzione dei dipendenti, conseguente alla riduzione delle risorse. A livello nazionale, i dati mostrano come il tasso di compensazione del turn over negli ultimi 4 anni sia sempre stato inferiore a 100. Analizzando il trend 2009-2012, tale tasso è arrivato a segnare 68,9 punti percentuali nel 2012, circa 10 punti percentuali in meno rispetto all'anno precedente, pari al 78,2 per cento. Anche in questo caso, la realtà varia a seconda delle regioni analizzate. Nel 2012, solo la Val D'Aosta e il Trentino-Alto Adige hanno completamente sostituito i dipendenti non più impiegati per raggiunto limite d'età;
   nel rapporto si segnalano le regioni la cui popolazione rischia di subire i maggiori disagi: «Particolarmente critica è la situazione di Lazio, Puglia, Campania, Molise e Calabria che mostrano tutte valori inferiori al 25 per cento. Nel 2013 la spesa sanitaria pubblica pro capite è di 1.816 euro. Tale valore del 2013 è il risultato di un trend in diminuzione della spesa sanitaria nazionale che si riduce del 2,36 per cento fra il 2010 e il 2013 con un tasso medio annuo composto di -0,79 per cento e con un decremento dell'1,50 per cento solo nell'ultimo anno»;
   il direttore dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane si dichiara preoccupato perché l'Italia è l'ultimo Paese a investire in prevenzione, a iniziare dalle vaccinazioni;
   il direttore si sofferma anche sugli «screening oncologici, mai partiti o che funzionano a macchia di leopardo, soprattutto per le donne. Ed è preoccupante che, per la prima volta, l'aspettativa di vita stia diminuendo. Oggi i cittadini di Campania e Sicilia hanno un'aspettativa di quattro anni in meno di vita rispetto a chi vive nelle Marche o in Trentino. Abbiamo perso in 15 anni i vantaggi acquisiti in quaranta. E se è vero che l'Italia ha uno dei migliori sistemi sanitari al mondo, questo vale però solo per una minoranza di italiani»;
   il segretario scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane dichiara invece che: «Abbiamo un aumento di incidenza dei tumori prevenibili, soprattutto mammella e polmone per le donne e colon retto per gli uomini. Ma quello che più colpisce del rapporto è il consolidamento delle diseguaglianze: abbiamo divari territoriali sempre più consistenti e le regioni del Sud, che hanno i finanziamenti pro capite più bassi per la spesa sanitaria, sono quelle che invece stanno peggio, in termini di mortalità e di speranza di vita, e dovrebbero avere più stanziamenti»;
   gli elementi analizzati dallo studio, che è estremamente complesso e dettagliato, sono di grande interesse, ad iniziare dalla quantificazione, della spesa sanitaria pubblica pro capite, che resta stabile ma molto più bassa che in altri Paesi. Nel 2014, l'Italia ha speso 1.817 euro per ogni individuo, in linea con l'anno prima. Il fatto che tale dato non continui a diminuire è positivo, anche perché questo valore piazza l'Italia tra i Paesi che spendono meno, essi a quelli dell'Europa dell'est: il Canada ha infatti speso il 100 per cento in più, la Germania il 68 e la Finlandia il 35;
   la spesa pro capite più alta si registra in Molise, ed è pari a 2.226 euro, mentre quella inferiore si registra in Campania, con 1.689 euro di spesa per cittadino;
   se è vero che il disavanzo sanitario nazionale diminuisce, passando da 1,744 miliardi di euro del 2013 agli 864 milioni di euro del 2014, esso non rappresenta un dato positivo per la salute dei cittadini. Infatti, nel rapporto si segnala che il risultato raggiunto non è stabile perché raggiunto mediante l'interruzione o la riduzione dei volumi dei fattori produttivi e dei loro prezzi, al fine di contenere i consumi sanitari, risultato che difficilmente potrà essere conservato per il futuro;
   infatti, i bassi livelli di spesa pubblica per la sanità costringono troppi cittadini a ricorrere alle proprie risorse economiche per assicurarsi visite ed esami;
   un ulteriore capitolo critico è quello delle vaccinazioni, in particolare l'antinfluenzale per gli over 65: dal 2003 al 2015 essa è diminuita passando dal 63,4 al 49 per cento. Sempre il segretario scientifico dell'osservatorio dichiara che si tratta di «Un meno 22,7 per cento che preoccupa proprio perché gli anziani sono una delle fasce più a rischio complicanze. E perché la copertura raggiunta – il 49 per cento – è ben lontana sia dal 75 per cento, considerato il minimo dal piano nazionale prevenzione vaccinale, in accordo con l'Oms, sia dal 95 per cento, giudicato invece livello ottimale. E ci chiediamo quante di quelle 54.000 morti in più del 2015 siano legato proprio alle complicanze dell'influenza tra gli anziani»;
   per quanto riguarda le vaccinazioni in età pediatrica, nel 2013, l'obiettivo minimo per le vaccinazioni obbligatorie, stabilito dal Piano nazionale vaccini, è stato raggiunto ed è stato pari al 95 per cento per i bimbi entro i due anni di età. Negli anni successivi si è registrato un lieve calo, pur rimanendo sempre al di sopra il 94 per cento. Un andamento simile è stato registrato per il dato relativo alle vaccinazioni raccomandate, come contro la pertosse, che ha registrato una diminuzione dell'1,1 per cento e l'anti-Hib, l’Haemoplus Influenzae di tipo B, che ha registrato una riduzione pari allo 0,6 per cento;
   variazioni maggiori sono state registrate per le coperture di morbillo, parotite, rosolia, pari al 4 per cento e meningococco C coniugato pari al 2,5 per cento. Sono invece in aumento le coperture con i vaccini anti-varicella che aumentano del 10,3 per cento e pneumococco coniugato che registra un aumento dello 0,6 per cento. La copertura anti-morbillo-parotite-rosolia non ha raggiunto ancora il livello considerato ottimale, pari al 95 per cento. A questo riguardo, sempre il direttore dell'Osservatorio nazionale ha affermato che: «Ci sconcerta che uno strumento come quello dei vaccini sia così osteggiato e siamo certi che ci saranno casi di malattie e morti, come purtroppo è già accaduto per il morbillo e la pertosse. Il caso di difterite in Spagna, dopo quasi 30 anni, in un bambino non vaccinato, deve far riflettere. Le malattie che pensavamo scomparse o ridotte ai minimi termini continuano a circolare» –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interpellati intendano assumere, per quanto di competenza, per garantire un fondamentale diritto dell'individuo e un interesse della collettività, il diritto costituzionale alla salute, a tutti i residenti, su tutto il territorio nazionale.
(2-01359) «Bechis, Artini, Baldassarre, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURER, GNECCHI, ROBERTA AGOSTINI, MARZANO, CENNI, TENTORI, TERROSI, PIAZZONI, CARLONI, AMATO, MIOTTO e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo una recente affermazione del Consiglio d'Europa, che ha accolto un ricorso della Cgil, l'Italia non solo discrimina medici e personale medico che non hanno optato per l'obiezione di coscienza in materia di aborto ma il diritto delle donne ad accedere all'interruzione volontaria di gravidanza nelle strutture pubbliche, pur previsto dalla legge, nella realtà è ostacolato in un modo che alimenta i rischi di ricorso ai privati ed alla clandestinità;
   il Consiglio d'Europa nell'accoglimento del ricorso sostiene che questi sanitari sono vittime di «diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti». «Gli svantaggi subiti dal personale che non ha fatto obiezione», secondo l'organizzazione di Strasburgo, «emergono semplicemente dal fatto che certi medici forniscono servizi di aborto nel rispetto della legge», e «quindi non c’è alcun motivo ragionevole od obiettivo per questa disparità di trattamento»;
   si tratta sicuramente di una sentenza importante perché ribadisce l'obbligo della corretta applicazione della legge n. 194, che non può restare soltanto sulla carta. Il sistema sanitario nazionale, deve poter garantire un servizio medico uniforme su tutto il territorio nazionale, evitando che la legittima richiesta della donna rischi di essere inascoltata o di obbligare la donna che desideri praticare l'interruzione di gravidanza a dover percorrere anche 800 chilometri per trovare una struttura pubblica dove poter esigere un proprio diritto;
   secondo l'ultima relazione presenta dal Ministro della salute al Parlamento il 26 ottobre 2015 sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge n. 194 del 1978), risulta che in Italia il 70 per cento dei medici e degli infermieri sono obiettori di coscienza, ma ci sono regioni dove l'obiezione è ancora più alta. I picchi sono al Centro-sud, con percentuali di obiezione tra i ginecologi superiori all'80 per cento: in Molise (93,3 per cento), nella provincia autonoma di Bolzano (92,9 per cento), in Basilicata (90,2 per cento), in Sicilia (87,6 per cento), in Puglia (86,1 per cento); in Campania (81,8 per cento), nel Lazio e in Abruzzo (80,7 per cento). Per il personale non medico i valori impennano in Molise (89,9 per cento) e in Sicilia (85,2 per cento);
   si tratta di una vera e propria emergenza, non solo, perché la maggior parte dei medici non obiettori, quelli che nel rispetto della legge n. 194 praticano l'interruzione volontaria di gravidanza nelle strutture pubbliche, sono sempre gli stessi e, inevitabilmente l'età media tende ad alzarsi avvicinandosi sempre più all'età pensionabile, ma anche perché le norme attuali impediscono a chi è in pensione di lavorare in strutture pubbliche o convenzionate e non consentono a chi è in servizio di lavorare part time presso altre strutture pubbliche;
   inoltre, va anche considerato che non ci sono scuole di specializzazione in cui i/le giovani che intendono specializzarsi in ginecologia possano formarsi apprendendo le più moderne tecniche per l'interruzione volontaria di gravidanza;
   la stessa relazione del Ministro della salute, afferma che per la prima volta in Italia il numero annuale di interruzioni volontarie di gravidanza è inferiore a 100.000. Nel 2014, si legge nel rapporto, sono state notificate dalle regioni 97.535 interruzioni volontarie di gravidanza, con un decremento del 5,1 per cento rispetto al dato definitivo del 2013 (102.760 casi), e un dimezzamento rispetto alle 234.801 del 1982, anno in cui si è riscontrato il valore più alto di interruzioni volontarie di gravidanza nel nostro Paese;
   questi dati vanno tenuti insieme alla quantificazione degli aborti clandestini. L'Istituto superiore di sanità ne ha fatto una stima inclusa tra i 12.000 e i 15.000 casi per il 2012, riscontrando una sostanziale stabilizzazione del fenomeno negli ultimi anni. Si tratta di cifre comunque sempre molto alte se si considera che tra le cause potrebbe esserci proprio la difficoltà nell'accesso ai servizi;
   la legge n. 194, all'articolo 19, stabilisce che chi pratica l'aborto clandestino, ovvero un'interruzione di gravidanza che non risponde alle modalità indicate negli articoli 5 e 8 della medesima legge, sia punito con la reclusione fino a tre anni, mentre per la donna che vi si sottopone prevede, sempre all'articolo 19, comma 2, una multa fino a 51 euro. Una multa simbolica, che consente alle donne sottoposte a pratiche clandestine, di recarsi in ospedale a chiedere aiuto prontamente, e magari anche denunciare chiunque avesse praticato l'aborto in clandestinità;
   con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2016 del decreto legislativo n. 8 approvato il 15 gennaio 2016 dal Consiglio dei ministri, in materia di depenalizzazioni, si prevede all'articolo 1, comma 1, che «Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda». Tra queste fattispecie rientra l'aborto clandestino e, quindi, alla donna che si sottopone ad una interruzione di gravidanza che non rientra negli articoli 5 e 8 della legge n. 194, verrà ingiunta una sanzione dai 5.000 ai 10.000 euro, così come previsto dal comma 5 dell'articolo 1 del medesimo decreto legislativo –:
   quali siano i dati disgregati del personale medico e non medico non obiettore all'interno di ogni singola azienda sanitaria ed ospedaliera;
   se, sulla base dei dati forniti dalla stessa relazione presentata al Parlamento, il Governo non ritenga doveroso assumere ogni iniziativa di competenza, pur nel rispetto del diritto all'obiezione di coscienza, affinché in ogni struttura sanitaria il diritto all'interruzione di gravidanza sia garantito;
   quale sia il dato all'interno del sistema sanitario nazionale del personale medico non obiettore prossimo alla pensione e se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché il numero di tali medici non diminuisca ulteriormente;
   se il Governo non ritenga doveroso ed urgente assumere iniziative per riconsiderare la sanzione prevista dal decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, per quelle donne che abortiscono clandestinamente entro i 90 giorni, visto il rischio più che concreto che l'attuale normativa, di fatto, impedisca il ricorso alle cure ospedaliere con gravi ripercussioni sulla salute delle donne. (5-08521)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con l'apertura ufficiale della stagione balneare, prevista per il 1o maggio, esiste l'obbligo di fornire ai cittadini le informazioni sulla condizione delle acque di ogni tratto di spiaggia comunale. E per evitare rischi alla salute dei bagnanti il Ministero della salute deve fornire i dati, aggiornati in tempo reale, rilevati e trasmessi dai comuni e dall'Arpacal;
   per il comune di Lamezia Terme, attualmente, i dati sulla balneazione forniti dal Ministero della salute presentano a giudizio dell'interrogante gravi carenze che possono esporre a rischio la salute dei bagnanti. Ad esempio, i tratti di spiaggia in corrispondenza delle foci dei torrenti Turrina e Bagni, sulle mappe con ortofoto di Google Maps utilizzate dal Ministero, sono indicati come balneabili e con acque marine di qualità «eccellente». Le stesse foci sono evidenziate con il retino di colore verde, che nella legenda del Ministero della salute indica i tratti con acque idonee alla balneazione. Inoltre, alcuni tratti lontani dalle foci come, ad esempio, quello in corrispondenza del lungomare Falcone-Borselino di Lamezia Terme, della lunghezza di circa 400 metri sono privi del retino verde e, quindi, da considerare non adibiti alla balneazione. In pratica, le mappe del Ministero, in corrispondenza del lungomare di Lamezia Terme, riportano un tratto non adibito alla balneazione come per le foci dei corsi d'acqua inquinati invece, in corrispondenza delle foci con acque inquinate e divieto permanente, è riportato il retinato verde che indica tratti con acque idonee alla balneazione;
   a quelli che appaiono all'interrogante errori di mappatura, si aggiunge l'assenza di dati sulle disposizioni dei divieti di balneazione per inquinamento dei tratti in corrispondenza delle foci dei corsi d'acqua. Infatti, nello stesso sito web del Ministero della salute, per il comune di Lamezia Terme, quando si prova a cliccare su «Ordinanze sindacali di divieto di balneazione» si apre la finestra con scritto «Non sono presenti interdizioni alla balneazione nel comune selezionato». Attualmente, nel sito del Ministero, non vi sono dati, né informazioni sui divieti di balneazione per inquinamento in corrispondenza delle foci del torrente Bagni, del fiume Amato e della foce del Torrente Turrina. La cosa non può essere sottovalutata, anche perché, in passato, le condizioni delle acque marine nella zona industriale, com’è noto, hanno richiesto ordinanze sindacali come, ad esempio, la n. 235/2011, con divieti di balneazione per inquinamento: nel «Tratto di costa ricadente tra il Pontile sito in area ex Sir e foce in dx del Torrente Turrina» della lunghezza di 800 metri; nel tratto denominato «200 metri Dx e Sx Fiume Amato» della lunghezza di 400 metri e nel tratto denominato «200 metri Dx e Sx Torrente Bagni» della lunghezza di 400 metri. Questi fatti, segnalati nei precedenti rapporti sullo Stato di salute dei mari degli «Amici della Terra» non possono essere trascurati perché espongono i bagnanti a prevedibili rischi per la salute;
   in proposito, va ricordato che, negli anni passati, proprio per la mancanza di attenzione di non pochi amministratori, i magistrati della Corte dei Conti hanno indagato sulla «gestione delle risorse pubbliche finalizzata a prevenire l'inquinamento delle coste a risanare le stesse, a migliorare la qualità delle acque destinate alla balneazione e a tutelare la salute pubblica». E, a conclusione delle indagini è stato scritto che: «il mare non è stato sinora considerato una risorsa, ma una discarica che tutti possono utilizzare pur di risparmiare soldi pubblici e privati.»;
   per consentire un futuro ai giovani che desiderano vivere nella propria terra occorre una vera svolta rispetto al passato. Bisogna far conoscere e valorizzare la ricchezza dell'intera fascia costiera lametina che, a differenza di gran parte della costa tirrenica calabrese che è in erosione preoccupante, offre ampie spiagge caratterizzate di specificità idrogeomorfologiche. Sulla rilevanza e la potenzialità dello stesso patrimonio costiero disponibile, ad esempio, nel Golfo di S. Eufemia vi è una specificità degli assetti idro-geomorfologici favorevole allo sviluppo della più grande varietà di habitat e forme di vita in ambiente acquatico e terrestre con una quantità di spiagge balneabili presenti in tutta la regione Emilia Romagna dove arrivano più di 5 milioni di turisti balneari all'anno;
   sulla base della classificazione delle acque marine effettuate dall'Arpacal, nel comune di Lamezia Terme sono nove i tratti adibiti alla balneazione. Due tratti non sono sottoposti a controllo perché permanentemente non adibiti alla balneazione per inquinamento riguardano le foci del torrente Bagni e del fiume Amato per complessivi 800 metri;
   nel resto dei comuni del lametino, altri divieti per inquinamento sono da indicare in corrispondenza della foce del fiume Savuto nel comune di Nocera Terinese, e della foce del Torrente Turrina al confine tra i comuni di Lamezia Terme e Curinga. Nei 5 comuni del lametino i tratti di costa adibiti alla balneazione sono 27, con una lunghezza complessiva di circa 30 chilometri. Una lunghezza analoga a quella dell'intera provincia di Rimini;
   per l'inizio della stagione balneare 2016, la classificazione dell'Arpacal, in corrispondenza di ogni singolo tratto per ogni comune del lametino, risulta:
    1) Comune di Curinga:
     Torre di mezza praia, lungo 1.731 metri, di qualità eccellente;
     1 km nord torrente di mezza praia, lungo 1.022 metri, di qualità Eccellente;
     500 metri nord torrente S. Eufrasia, lungo 1.604 metri, di qualità eccellente;
    2) Comune di Gizzeria:
     Lido capo suvero, lungo 830 metri di qualità eccellente;
     Lido S. Antonio, lungo 580 metri, di qualità eccellente;
     Direzione allevamento anguille, lungo 668 metri, di qualità eccellente;
     200 metri nord fiume Casale, lungo 1.828 metri, di qualità eccellente;
     Ristorante Pesce Fresco, lungo 639 metri, di qualità eccellente;
    3) Comune di Falerna:
     Eurolido, lungo 1415 metri, di qualità eccellente;
     850 metri, sx punto 145, lungo 952 metri, di qualità eccellente;
     Bar Vittoria, lungo 2104 metri, di qualità eccellente;
     Hotel Torino 2, lungo 1.390 metri, di qualità eccellente;
     Hotel Old America, lungo 1.645 metri, di qualità eccellente;
    4) Comune di Nocera Tirinese:
     200 metri sud Camping «la Macchia», lungo 1076 metri, di qualità eccellente;
     200 metri a sud fiume Savuto, lungo 626 metri, di qualità eccellente;
     200 metri nord fiume Savuto, lungo 1.215 metri, di qualità eccellente;
     ristorante Maris, lungo 757 metri, di qualità eccellente;
     800 metri sx punto 143, lungo 979 metri, di qualità eccellente;
    5) Comune di Lamezia, Terme:
     lido Marinella, lungo 1.167 metri, di qualità eccellente;
     200 metri nord Bagni, lungo 1.078 metri, di qualità eccellente;
     500 metri sud Torrente Bagni, lungo 791 metri, di qualità eccellente;
     200 metri a sud T. Bagni, lungo 344 metri, di qualità eccellente;
     1000 metri sud torrente Bagni, lungo 1.303 metri, di qualità eccellente;
     la Conchiglia, lungo 1.436 metri, di qualità eccellente;
     200 metri a nord F. Amato, lungo 854 metri, di qualità buona;
     direzione stazione FF.SS. S. Pietro a Maida, lungo 1.211 metri, di qualità eccellente;
     200 metri a sud F. Amato, lungo 847 metri, di qualità buona;
   i controlli e le analisi delle acque dei prossimi mesi, in particolare dei mesi più caldi e affollati, consentiranno, di verificare l'eventuale conferma dell'attuale classificazione con 25 tratti classificati di qualità Eccellente e solo due tratti classificati di qualità buona nel comune di Lamezia Terme –:
   quali iniziative di competenza, i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di garantire la tempestiva, completa ed aggiornata informazione sulle condizioni delle acque marine, come sottolineato dalle norme vigenti in tutta Europa sia per evitare rischi alla salute dei bagnanti sia per garantire la diffusione delle conoscenze su dinamiche e cause dell'inquinamento. (4-13016)


   BRUGNEROTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Il Mattino di Padova del 26 aprile 2016 pubblica un articolo dal titolo «La massa d'acqua contaminata ha una mobilità sotterranea valutata in un chilometro e mezzo l'anno – Quella mina vagante nella falda avvelenata», relativo alla massa d'acqua contaminata dai pfas che giace nel sottosuolo del vicentino;
   l'articolo cita gli studi condotti dall'Arpav, secondo i quali «lo strato superficiale è costituito da una trentina di metri di materiale ghiaioso, quindi compare la falda freatica contaminata dalle sostanze perfluoroalchemiche. Qual è il pericolo ? Quando piove, il livello della falda si innalza con un effetto dilavante sul cumulo dei Pfas che non è una massa inerte ma ha una sua mobilità valutata nell'ordine di un chilometro e mezzo l'anno. Il rischio, insomma, è che i veleni si propaghino nelle zone limitrofe, inquinando ulteriori falde. Perciò urge un'opera di disinquinamento e rimozione della massa idrica che si annuncia tutt'altro che semplice»;
   l'articolo fa riferimento anche all'Ordine veneto dei geologi che segnala ritardi e carenze di tipo legislativo: «le acque sotterranee seguono, dal punto di vista normativo, tre riferimenti differenti: acque sotterranee, acque potabili e acque minerali. I limiti di legge per le varie tipologie di acque sono molto diversi, ipoteticamente la medesima acqua con il medesimo chimismo potrebbe essere conforme alla legge per la potabilità, ma contaminata per quella per le acque sotterranee. Certamente questi riferimenti disomogenei e talora assenti non aiutano l'utente ad avere chiarezza su cosa sta bevendo; ci si chiede quanto tempo ancora dovrà passare perché si spinga verso uno studio scientifico approfondito dei propri acquiferi regionali, requisito essenziale per trovarsi già pronti nel caso, non remoto, che compaia qualche altro nuovo contaminante» –:
   quali urgenti iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per far fronte al grave problema della falda freatica contaminata;
   se non si ritenga di dover intervenire urgentemente, anche attraverso un'iniziativa normativa atta a superare gli attuali limiti di legge distinti per tipologie di acque (acque sotterranee, acque potabili e acque minerali), giungendo ad un nuovo sistema a maggior tutela dell'utente;
   se siano previsti, per quanto di competenza e in accordo con le competenti istituzioni regionali, nuovi studi scientifici, così come auspicati dall'Ordine veneto dei geologi. (4-13032)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BERLINGHIERI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, stabilisce che, ferme restando le incompatibilità previste dalla normativa vigente nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni individuate dall'ISTAT, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute;
   la norma in questione, era finalizzata nella sua generalità a scongiurare che i titolari di carica pubblica elettiva potessero vedersi riconosciuti ulteriori incarichi con finalità lucrative e, anche per tale via, attraverso un risparmio della spesa corrente, al conseguimento dell'equilibrio della finanza pubblica complessiva. Tuttavia, ha generato non pochi problemi interpretativi ed applicativi, soprattutto per quanto riguarda l'operatività delle amministrazioni locali;
   per quanto riguarda l'applicazione di tale disposizione agli incarichi di revisori dei conti affidati a sindaci e presidenti di provincia, è intervenuta la Corte dei conti, sezione delle autonomie, con la delibera n. 11 del 31 marzo 2016 che ha evidenziato come, in forza di un'interpretazione sistematica che tenga conto della norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 35, comma 2-bis, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35), sia possibile configurare un'eccezione al principio di tendenziale gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive. Tale eccezione è da intendersi riferibile alla sola tipologia di incarichi obbligatori ex lege espressamente indicati dalla predetta norma (collegi dei revisori dei conti e sindacali e revisori dei conti);
   situazione ben diversa interessa invece tutti quei professionisti (avvocati, ingegneri, architetti, geologi e altri) che prestano le loro attività per le pubbliche amministrazioni, per i quali il divieto suddetto comporta o l'auto-limitazione dei propri diritti politici, con la rinuncia a candidarsi alle prossime elezioni amministrative o, se già titolari di carica elettiva, la rinuncia ai compensi per l'attività professionale prestata;
   infatti, la citata disposizione impedisce che lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive possa essere a titolo oneroso, anche nel caso in cui non vi sia alcun legame tra l'amministrazione conferente e l'amministrazione in cui il professionista ricopre la carica elettiva;
   alla luce di tali conseguenze contraddittorie e, a parere dell'interrogante illogiche, anche a fronte di virtuali e indeterminati effetti sull'equilibrio della finanza pubblica complessiva, e con possibili profili di coerenza costituzionale, come evidenziato in alcune pronunce della giustizia amministrativa, sembra opportuna una revisione delle disposizioni in questione, al fine di scongiurare che si possano tradurre in una involontaria e indiretta limitazione del dritto all'elettorato passivo o nella non auspicata dispersione di professionalità in servizio presso le pubbliche amministrazioni –:
   quali siano i dati relativi ai risparmi conseguenti all'applicazione del citato articolo 5, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78;
   se non ritenga di dover promuovere una rivisitazione della disposizione in questione, al fine di una sua coerente applicazione, superando le contraddizioni evidenziate in premessa. (5-08519)


   FIORIO e FERRARI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la sezione delle autonomie della Corte dei Conti si è espressa, il 31 marzo 2016 con la deliberazione n. 11/SEZAUT/2016/QMIG, sulla «Questione di massima sulla corretta interpretazione della disciplina vincolistica contenuta nell'articolo 5, comma 5, d.l. n. 78/2010»;
   la disposizione contenuta nell'articolo 5, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito dalla legge n. 122 del 2010) è la seguente: «Ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta»;
   la sezione delle autonomie della Corte dei Conti ha ribadito, in sintesi, che chiunque sia titolare di carica elettiva in un determinato ente non possa percepire alcun compenso, «fuori del rimborso delle spese sostenute, o di eventuali gettoni di presenza di importo non superiore a 30 euro a seduta», anche qualora avesse assunto un incarico professionale attribuito da un altro qualsiasi ente pubblico;
   l'unica eccezione resa plausibile dalla deliberazione della sezione delle autonomie della Corte dei conti riguarda la sola tipologia di incarichi «obbligatori ex lege» (come ad esempio l'incarico di revisore dei conti);
   nonostante tale dispositivo normativo persegua la duplice finalità del contenimento dei costi per le pubbliche amministrazioni e di limitazione delle retribuzioni corrisposte ai titolari di cariche elettive, risulta evidente che tale vincolo possa apparire comunque eccessivo, tale da causare una evidente limitazione degli spazi di libertà economica e del diritto di accedere ad una carica pubblica;
   tale deliberazione della sezione delle autonomie della Corte dei conti può quindi disincentivare l'accesso alle cariche pubbliche di professionalità e scoraggiare l'accesso alle cariche elettive, garantito peraltro dalla Costituzione, soprattutto per gli enti di piccole dimensioni –:
   se Governo non ritenga necessario ed urgente, in relazione a quanto espresso in premessa, intraprendere iniziative normative al fine di superare gli effetti derivanti dall'interpretazione restrittiva di cui alla deliberazione n. 11/SEZAUT/2016/QMIG della sezione delle autonomie della Corte dei conti in merito alla disciplina vincolistica contenuta nell'articolo 5, comma 5, del decreto-legge numero 78 del 2010.
(5-08531)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, CECCONI, AGOSTINELLI, DAGA, BUSTO, MANNINO, DE ROSA, ZOLEZZI, VIGNAROLI e MICILLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   di fronte alle coste della regione Marche a una distanza di 25 chilometri dalla costa sono in funzione dal 1983 e dal 1987 due piattaforme per l'estrazione del gas gestite dall'ENI denominate Basil e Brenda;
   durante la trasmissione televisiva «Piazza pulita» andata in onda l'11 aprile 2016 è stato mostrato un estratto del documentario Italian Offshore girato in parte proprio sotto la piattaforma Basil. Nelle immagini si vede chiaramente un tubo di scarico della piattaforma che sversa in mare in maniera continuativa un liquido giallastro che sembra contenere sostanze inquinanti quali metalli pesanti, idrocarburi e liquidi radioattivi;
   in base a quanto riportato dal documentario e alle testimonianze dei narratori, Salvatore Altiero, Marcello Brecciaroli, Manuele Bonaccorsi, che citano fonti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel 2015, la piattaforma Brenda avrebbe scaricato in mare 5 milioni di litri di rifiuti industriali, mentre in totale per tutte le 36 piattaforme presenti nel Mare Adriatico e gestite dall'Eni, nel 2014, avrebbero scaricato «1,2 miliardi di litri di acque di produzione, che possono contenere metalli pesanti, idrocarburi e persino materiale radioattivo»;
   nell'edizione online del Corriere Adriatico del 19 aprile 2016 è stata riportata la notizia secondo la quale la capitaneria di porto delle Marche avrebbe avviato delle indagini e degli accertamenti atti a stabilire in maniera particolare la presenza di sostanze radioattive tra quelle scaricate dalla piattaforma;
   nell'articolo si apprende anche che «gli scarichi industriali filmati alla base della piattaforma Basil sono autorizzati nell'ambito della concessione rilasciata all'Eni e sono sottoposti a controlli periodici che hanno avuto quasi sempre esito negativo»;
   la capitaneria di porto svolge attività di controllo avvalendosi dell'Arpam secondo una precisa normativa nazionale che non prevede di verificare la presenza di elementi radioattivi –:
   se trovino conferma i dati riportati nel documentario citato in premessa;
   se siano in grado di relazionare rispetto alle procedure utilizzate per quantificare l'effettivo sversamento in mare operato dalle piattaforme e se, in particolare, l'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse si sia attivato eseguendo controlli sulla composizione e la quantità dei rifiuti riversati in mare e se, quindi, siano in grado di confermare la presenza di materiale inquinante e radioattivo tra quelli presenti nei liquidi scaricati in profondità;
   se non intendano attivare gli uffici competenti per verificare che nelle operazioni messe in atto dalle piattaforme presenti in tutto il bacino del Mediterraneo in territorio italiano non ci siano state e non siano ancora in atto violazioni delle norme contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 riguardo allo smaltimento delle sostanze pericolose;
   se e come intendano intervenire per affrontare la situazione emersa dal documentario sopracitato. (3-02222)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BATTAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 ottobre 2015, è stato sottoscritto dal Ministero dello sviluppo economico, dalla regione Calabria, dalla regione Puglia, dal comune di Modugno, dalla città metropolitana di Bari, dal consorzio ASI di Bari, dall'autorità portuale di Gioia Tauro, dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa SpA (Invitalia) e dalla Tua Autoworks Calabria e Tua Autoworks Puglia un protocollo di intesa finalizzato a sostenere la riconversione industriale dei complessi rispettivamente ex Isotta Fraschini, rientrante nell'ambito della circoscrizione territoriale dell'autorità portuale di Gioia Tauro (RC) quale area demaniale marittima, e del sito ex OM Carrelli di Modugno (BA);
   le società, Tua Calabria srl (soggetto proponente) e la Tua Puglia srl (soggetto aderente), con la sottoscrizione del protocollo di intesa, hanno, tra l'altro, dichiarato di procedere, nel rispetto dei piani occupazionali concordati con le rappresentanze sindacali, prioritariamente all'assunzione, da parte della Tua Autoworks Puglia Srl, dei lavoratori ex OM Carrelli attualmente in mobilità e dei 5 ex lavoratori Kuehne Nagel dell'indotto della OM Carrelli, e per quanto riguarda la Tua Autoworks Calabria srl di procedere all'assunzione dei lavoratori secondo quanto previsto dai piani occupazionali anche in, considerazione del bacino dei «cassintegrati di Gioia Tauro», tenendo conto che il mancato rispetto di tale vincolo comporterà la revoca delle agevolazioni concesse con il contratto di sviluppo;
   il Ministero dello sviluppo economico con la sottoscrizione del protocollo di intesa, sulla base della richiesta del contratto di sviluppo si è impegnato a provvedere, per un importo massimo pari a euro 54.447.000,00 al finanziamento della proposta di contratto di sviluppo presentata dalla Tua Calabria srl, subordinatamente alla positiva valutazione della stessa da parte di Invitalia, così come l'amministrazione regionale si è formalmente impegnata a rendere disponibili, al fine di favorire il progetto di riconversione industriale dello stabilimento ex Isotta Fraschini di Gioia Tauro, risorse finanziare nella misura massima di euro 5.900.000,00 così distribuite:
    euro 4.100.000,00 per il cofinanziamento della proposta di contratto di sviluppo, a valere sulle risorse relative alle economie della misura 4,1 B del POR Calabria 2000/2006, in atto nella disponibilità di cassa del Ministero dello sviluppo economico;
    euro 1.800.000,00 per il finanziamento dei percorsi di riqualificazione professionale/formativi dei cassintegrati dell'area «Porco di Gioia Tauro» – corsi di formazione già avviati;
   con DGR n. 509 del 3 dicembre 2015, la regione Calabria, nel prendere atto dei contenuti del protocollo d'intesa sopra richiamato, è stata approvata la bozza di accordo di programma poi sottoscritto unitamente al Ministero dello sviluppo economico ed alla regione Puglia;
   con manifestazione d'interesse datata 27 luglio 2015, assunta al prot. 8898 E/15 del 30 luglio 2015, a firma dell'amministratore unico e rappresentante legale pro-tempore Mr. Anthony Joseph Bonidy, è stata rappresentata la volontà della LCV Capital Management di intraprendere un'iniziativa imprenditoriale nel settore della produzione di vetture in Italia, avendo acquisito una famiglia di brevetti per quasi 90 milioni di dollari, mediante la società veicolo TUA Autoworks Italia S.p.a. e, per essa, della TUA Autoworks Calabria S.r.l.;
   per quel che concerne l'ambito portuale di Gioia Tauro, tale intervento avrebbe dovuto essere insediato all'interno del compendio demaniale denominato «Ex Isotta Fraschini»;
   con istanza in data 21 ottobre 2015, assunta al prot. 11797 E/15 del 26 ottobre 2015, a firma dell'amministratore unico e rappresentante legale pro-tempore Mr. Anthony Joseph Bonidy, è stata formalizzata la domanda di concessione demaniale marittima con contestuale richiesta di anticipata occupazione di un'area di complessivi mq. 126.652,76, allocati all'interno del compendio demaniale denominato «Ex Isotta Fraschini», allo scopo di realizzare e gestire un impianto per la produzione di veicoli innovativi grazie al possesso di una famiglia di brevetti innovativi;
   con nota/PEC data 13 gennaio 2016, assunta al prot. 776 E/16 del 18 gennaio 2016, la TUA Autoworks Calabria S.r.l. ha fatto pervenire la procura notarile completa di apostille relativa a Mr. Anthony Joseph Bonidy, per la successiva stipula dell'atto; ad oggi non ancora intervenuta a causa della mancata restituzione degli atti trasmessi, necessari al perfezionamento delle procedure;
   in data 16 marzo 2016 la conferenza di servizi veniva chiusa con l'approvazione del progetto per il riutilizzo dell'area dell'ex Isotta Fraschini avendo acquisito i pareri con esito positivo da parte di tutti gli enti coinvolti;
   l'autorità Portuale così come previsto dal protocollo di intesa, ha inserito gli interventi nel POT 2016-2018, approvati con delibera del comitato portuale in data 29 dicembre 2015;
   attualmente la stessa autorità portuale è in attesa dei progetti esecutivi al fine di dare avvio alla gara per l'esecuzione dei lavori;
   nonostante l'impegno e la disponibilità di tutte le parti ad ottemperare agli impegni previsti dal protocollo d'Intesa di cui in premessa mancano le certezze sul piano industriale di Tua Autoworks e questo alimenta incertezze e preoccupazioni sul territorio in particolare tra i lavoratori;
   sembrano non esservi certezze circa la sostenibilità del piano e da Invitalia non giungono segnali incoraggianti, in considerazione delle poche informazioni che giungono nonostante le sollecitazioni di istituzioni locali e organizzazioni sindacali;
   nel corso dell'ultimo incontro avvenuto in sede ministeriale si è manifestato il disimpegno da parte di Tua Autoworks a voler portare avanti il progetto per Gioia Tauro, confermando solo il piano per la Puglia nonostante fosse Tua Calabria il soggetto proponente;
   va scongiurato il naufragio di tale piano che si configurerebbe per l'area di Gioia Tauro come l'ennesima beffa dopo i precedenti di Isotta Fraschini e BLG auto terminal –:
   quali iniziative il Governo intenda promuovere in tempi rapidi al fine di scongiurare suddetto disimpegno nonché di verificare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità di natura statale nel non aver ravvisato possibili lacune e fragilità rispetto al piano industriale in questione che oggi rischiano di minare non solo gli investimenti attesi ma di incrinare ulteriormente la credibilità dello stesso Stato verso questi territori nonostante gli sforzi del Governo. (5-08533)

Interrogazione a risposta scritta:


   LENZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalle rappresentanze sindacali di categoria che Poste Italiane spa ha deciso di non prorogare l'appalto alla Transystem spa di Bianconese (PR), azienda alla quale sono appaltati i servizi di consegna e di non procedere a nuova gara, internalizzando il lavoro a partire dal 29 aprile 2016;
   ai 9 dipendenti dell'azienda suddetta, operativi su Bologna, è stata inviata in questi giorni una lettera di licenziamento, nella quale veniva indicato come ultimo giorno lavorativo il 28 aprile 2016. Dopo quasi 8 anni di lavoro queste persone si troveranno nell'immediato senza lavoro e senza ammortizzatori sociali;
   Poste Italiane spa è un'azienda con capitale a maggioranza pubblica, è la scelta di non rinnovare l'appalto non tiene in considerazione, a parere dell'interrogante, le ricadute occupazionali in caso di passaggio d'appalto e/o internalizzazione;
   sussiste la richiesta delle parti sociali di rivedere tale scelta o di provvedere, reinternalizzando il servizio, anche all'assunzione in Poste Italiane, con adeguate garanzie e tipologie contrattuali, dei lavoratori che già svolgono queste mansioni ma anche di coloro che hanno lavorato per Poste con contratti trimestrali;
   risulta all'interrogante che in altre situazioni analoghe, il personale è stato tutelato dal punto di vista lavorativo e contrattuale –:
   se il Governo sia a conoscenza di questa grave situazione e quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare sia il servizio sia, soprattutto, gli attuali livelli occupazionali scongiurando l'ennesima situazione di crisi nel mondo del lavoro.
(4-13004)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione D'Incecco e altri n. 1-01229, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Antezza, Amoddio.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Giancarlo Giordano n. 5-06567, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pannarale.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Oliverio e altri n. 3-02217, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Vico, Lodolini, Rostellato.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Bosco n. 3-02219, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Garofalo, Minardo.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Gregori n. 4-12792, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 604 dell'8 aprile 2016.

   GREGORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Cotral ha recentemente assegnato all'associazione temporanea di imprese (Ati) CometaManutencoop un appalto per la pulizia della flotta, delle sedi degli impiegati e degli impianti;
   a denunciare come la Cotral abbia dato il suo assenso premiando l'offerta tecnica dell'appalto, sono i sindacati CGIL, CISL, UIL e SULT. I sindacati se la prendono non solo con l'offerta tecnica quasi surreale, ma soprattutto con il fatto che la società Cometa ha aperto nel periodo 2014-2015 le procedure per la Cassa integrazione in deroga e ha ottenuto i contratti di solidarietà, riuscendo quindi ad abbattere il costo del lavoro;
   l'associazione temporanea di impresa avrebbe anche manifestato la volontà di ridurre del 30 per cento l'orario del lavoro e di conseguenza i salari a centinaia di lavoratori, già titolari di retribuzioni al limite della sopravvivenza;
   a questo si aggiunge il fatto che, a quanto risulta all'interrogante, la società Manutencoop Cometa e Multiservizi avrebbe subordinato l'accesso al luogo di lavoro e la conseguente presa di servizio dei lavoratori alla firma di un contratto che prevede una riduzione del 30 per cento dell'orario di lavoro;
   quanto esposto in premessa, a giudizio dell'interrogante costituisce una palese violazione delle norme fondamentali del diritto del lavoro che regolano la contrattazione collettiva –:
   se non ritenga che sussistono i presupposti per avviare, per quanto di competenza, iniziative a carattere ispettivo volte alla verifica del rispetto delle norme sui contratti e sui livelli salariali per le società di cui in premessa. (4-12792)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Nesci e Chimienti n. 4-09850 del 16 luglio 2015 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-08520.