XVII LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 28 giugno 2016.
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Baruffi, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Cancelleri, Caparini, Capelli, Casero, Castelli, Castiglione, Catania, Cenni, Censore, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Cominelli, Costa, Culotta, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Epifani, Faraone, Gianni Farina, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Lorenzo Guerini, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Mongiello, Orlando, Palma, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Polverini, Portas, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Russo, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scopelliti, Scotto, Senaldi, Sereni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti, Zolezzi.
Annunzio di proposte di legge.
In data 27 giugno 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
LODOLINI e GIULIETTI: «Disposizioni per il sostegno e la valorizzazione delle bande musicali» (3931);
ROSTELLATO: «Norme per la tutela della salute della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico a domicilio» (3932);
GIAMMANCO: «Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio» (3933).
Saranno stampate e distribuite.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia):
BECHIS ed altri: «Modifica all'articolo 609-septies del codice penale, concernente il regime di procedibilità del delitto di atti sessuali con minorenne» (3873) Parere delle Commissioni I e XII;
TURCO ed altri: «Modifiche all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, in materia di funzioni dei magistrati onorari e altre disposizioni nonché delega al Governo per la riduzione dell'arretrato giudiziario e per assicurare la ragionevole durata dei processi» (3874) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X e XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale).
Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):
CIVATI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di depenalizzazione dell'uso personale di sostanze stupefacenti» (3843) Parere delle Commissioni I e IX.
Trasmissioni dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 24 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, e dell'articolo 6, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014, n. 86, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente l'operazione di quotazione delle azioni di ENAV Spa sul mercato telematico azionario.
Questo decreto è trasmesso alla IX Commissione (Trasporti).
La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 24 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, e dell'articolo 6, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 febbraio 2014, n. 35, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente l'operazione di cessione del ramo d'azienda Georadar della IDS Spa ad Hexagon Spa.
Questo decreto è trasmesso alla IV Commissione (Difesa) e alla X Commissione (Attività produttive).
Trasmissioni dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 23 giugno 2016, ha trasmesso la decisione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2015, approvata dalle Sezioni riunite della Corte dei conti ai sensi degli articoli 40 e 41 del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, corredata dai volumi I, II e III dell'annessa relazione, nonché dal testo delle considerazioni svolte in sede di giudizio di parificazione (Doc. XIV, n. 4).
Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 24 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 410).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XIII Commissione (Agricoltura).
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
Il Consiglio dell'Unione europea, in data 14 e 16 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, un documento concernente lo stato dei lavori in ordine alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici e che modifica la direttiva 2003/35/CE (9713/16 e 9713/16 COR 1), che è assegnato, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
La Commissione europea, in data 27 giugno 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio recante le valutazioni richieste ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 3, e dell'articolo 120, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (UE) n. 1303/2013 (COM(2016)414 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto attiene a talune disposizioni relative alla gestione finanziaria per alcuni Stati membri che si trovano, o rischiano di trovarsi, in gravi difficoltà relativamente alla loro stabilità finanziaria (COM(2016)418 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio). Questa proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 28 giugno 2016;
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione e i risultati del programma Pericle 2020 per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria nel 2015 (COM(2016)419 final), corredata dai relativi allegati concernenti la panoramica delle azioni impegnate nel 2015 (COM(2016)419 final – Annex 1) e le azioni impegnate nell'ambito di bilanci precedenti ma attuate nel 2015 (COM(2016)419 final – Annex 2), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
Proposte di decisione del Consiglio relative rispettivamente alla firma, a nome dell'Unione europea, e alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e il governo del Canada in merito all'applicazione dei rispettivi diritti della concorrenza (COM(2016)421 final e COM(2016)423 final), corredate dai rispettivi allegati (COM(2016)421 final – Annex 1 e COM(2016)423 final – Annex 1), che sono assegnate in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).
La Commissione europea, in data 27 giugno 2016, ha trasmesso un nuovo testo della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Trarre il massimo beneficio dalle politiche ambientali dell'UE grazie ad un regolare riesame della loro attuazione (COM(2016)316 final/2), che sostituisce il documento COM(2016)316 final, già assegnato, in data 10 giugno 2016, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Trasmissione dalla regione Valle d'Aosta.
Il Presidente della regione Valle d'Aosta, con lettera in data 23 giugno 2016, ha trasmesso un voto, approvato dal Consiglio regionale l'8 giugno 2016, volto a chiedere l'inasprimento delle pene contro il femminicidio e iniziative per la sua prevenzione.
Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia) e alla XII (Affari sociali).
Trasmissione dalla regione Lombardia.
La regione Lombardia, con lettera pervenuta in data 27 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19-bis, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, la relazione sullo stato di attuazione, in Lombardia, delle deroghe in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, previste dall'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE, riferita all'anno 2015.
Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.
Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
DISEGNO DI LEGGE: S. 2362 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 3 MAGGIO 2016, N. 59, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI PROCEDURE ESECUTIVE E CONCORSUALI, NONCHÉ A FAVORE DEGLI INVESTITORI IN BANCHE IN LIQUIDAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3892)
A.C. 3892 – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il provvedimento sottoposto al nostro esame, contrario alla nostra tradizione civilistica in base alla quale il pegno è un istituto di garanzia avente carattere reale, introduce e disciplina sul modello di esperienze straniere il «Pegno mobiliare non possessorio» che consente agli imprenditori, al fine di accrescere le proprie probabilità di accesso al credito, la possibilità di costituire pegno su beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa, a esclusione dei beni mobili registrati;
per la medesima dichiarata finalità è prevista la possibilità di ottenere finanziamenti, mediante una novella al Testo unico bancario rubricato «Finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato», con cui viene legalizzata la possibilità per gli imprenditori di concludere, purché lo si faccia esclusivamente con una banca o altro istituto autorizzato, un contratto di finanziamento che, a garanzia dell'adempimento, trasferisce la titolarità di un diritto reale immobiliare all'istituto finanziatore. Si segnala che tale trasferimento è sospensivamente condizionato all'inadempimento qualificato del debitore. La finalità e l'aspettativa è quella di far divenire superflui i processi di espropriazione forzata immobiliare a tutela degli istituti di credito, i quali anziché iscrivere ipoteca, potranno ottenere direttamente la titolarità del bene,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative volte a far sì che la maggior garanzia a vantaggio degli istituti di credito non si traduca, inavvertitamente, in un potenziale svantaggio per i richiedenti credito.
9/3892/1. Matarrelli, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Segoni, Turco, Palese.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 viene introdotto nel nostro ordinamento giuridico il così detto «patto marciano», ossia un accordo tra cliente e il soggetto finanziatore relativo alla prestazione di garanzia a fronte di un finanziamento. Nello specifico la norma prevede che il contratto di finanziamento possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore. Tale trasferimento si intende sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore;
parrebbe che per finanziamenti in essere, e qualora le parti decidano di sostituire il bene originariamente dato in garanzia, vi sia la necessità di stipulare un «nuovo» atto notarile che preveda la modifica delle condizioni contrattuali, e che il debitore debba fornire una garanzia su di un immobile di pari valore, ma se ciò non accadesse, la banca potrebbe richiedere condizioni economico-finanziarie peggiorative,
impegna il Governo
ad adottare con urgenza ogni provvedimento utile, anche normativo, che consenta di escludere il rischio di condizioni contrattuali peggiorative per l'imprenditore che, per i finanziamenti in essere, sostituisca l'abitazione principale originariamente concessa in garanzia con altri immobili, nonché garantendo la vigilanza sull'applicazione della norma, così evitando un ingiustificato spossessamento dei beni dell'imprenditore.
9/3892/2. Allasia, Busin, Guidesi.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 viene introdotto nel nostro ordinamento giuridico il così detto «patto marciano», ossia un accordo tra cliente e il soggetto finanziatore relativo alla prestazione di garanzia a fronte di un finanziamento. Nello specifico la norma prevede che il contratto di finanziamento possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore. Tale trasferimento si intende sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore;
parrebbe che per finanziamenti in essere, e qualora le parti decidano di sostituire il bene originariamente dato in garanzia, vi sia la necessità di stipulare un «nuovo» atto notarile che preveda la modifica delle condizioni contrattuali, e che il debitore debba fornire una garanzia su di un immobile di pari valore, ma se ciò non accadesse, la banca potrebbe richiedere condizioni economico-finanziarie peggiorative,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare con urgenza ogni provvedimento utile, anche normativo, che consenta di escludere il rischio di condizioni contrattuali peggiorative per l'imprenditore che, per i finanziamenti in essere, sostituisca l'abitazione principale originariamente concessa in garanzia con altri immobili, nonché garantendo la vigilanza sull'applicazione della norma, così evitando un ingiustificato spossessamento dei beni dell'imprenditore.
9/3892/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Allasia, Busin, Guidesi.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 viene introdotto nel nostro ordinamento giuridico il così detto «patto marciano», ossia un accordo tra cliente e il soggetto finanziatore relativo alla prestazione di garanzia a fronte di un finanziamento. Nello specifico la norma prevede che il contratto di finanziamento possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore. Tale trasferimento si intende sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore;
appare inverosimile prevedere una norma che consenta alle banche di intendere quale inadempimento (dell'imprenditore) la non corresponsione di poche rate, anche non consecutive, per far sorgere, nei sei mesi successivi, il diritto della banca ad escutere la garanzia,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare con urgenza ogni provvedimento utile, anche normativo, che consenta di allungare le tempistiche di mancato pagamento che danno luogo ad inadempimento passando dalle attuali rate a non meno di otto rate o comunque superiori.
9/3892/3. Invernizzi, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
il pegno non possessorio potrebbe costituire un utile strumento a disposizione delle imprese perché consente un impiego produttivo del bene, che facilità il perseguimento della continuità aziendale, ma desta perplessità nell'ipotesi in cui venga applicato anche ai finanziamenti in essere, perché rischia di amplificare la sproporzione contrattuale tra banca e impresa;
il timore che ci sia una indebita richiesta di adeguamento delle garanzie sui finanziamenti in essere, a fronte della costituzione di nuovi pegni;
occorre quindi, valutare l'opportunità di prevedere una stretta vigilanza sull'operatività delle banche in modo da minimizzare il rischio, garantendo la tutela dell'imprenditore che acconsenta all'apposizione del vincolo patrimoniale su un bene produttivo,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare con urgenza ogni provvedimento utile, anche normativo, che consenta di evitare ingiustificate richieste di adeguamento delle garanzie sui finanziamenti in essere a fronte della costituzione di nuovi pegni.
9/3892/4. Molteni, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, si è introdotto l'obbligo del pagamento elettronico per le prestazioni professionali. La disciplina prevede che «a decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito». Il decreto ministeriale, così come stabilito del decreto-legge, ha successivamente stabilito a 30 euro, l'importo minimo oltre il quale si rende obbligatorio per gli esercenti accettare il pagamento elettronico da parte del cliente;
la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) ne ha ulteriormente esteso l'applicazione, con il comma 4-bis del suddetto articolo 15, prevedendo l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti elettronici anche per i pagamenti di importo contenuto, ovvero quelli di importo inferiore a 5 euro, prevedendo anche delle sanzioni, a partire dall'aprile del 2016, per coloro che non si adegueranno alla nuova normativa; a tal fine, il 4-bis prevedeva anche l'emanazione entro il 1o febbraio 2016, a cui non si è mai provveduto, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di un decreto per assicurare l'attuazione del regolamento (UE) n. 751 del 2015 del Parlamento e del Consiglio europeo;
suddetto regolamento, in vigore dall'8 giugno 2015, stabilisce l'uniformazione delle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento operate con carta stabilendo l'applicazione di massimali uniformi di commissioni interbancarie sulle transazioni nazionali e transnazionali effettuate nei Paesi dell'Unione europea;
in Italia, però, non essendo stato ancora emanato il decreto di attuazione del regolamento (UE) n. 751 del 2015, la previsione dell'articolo 15 ha soltanto aggravato ulteriormente gli esercenti, senza alcun particolare vantaggio per i consumatori, la maggior parte dei quali, secondo ripetute stime, non sente la necessità di dover cambiare le proprie abitudini di pagamento;
infatti, mentre, per i consumatori, normalmente, non sono previste commissioni, non è così per gli esercenti che sono costretti a versare alle banche delle esose commissioni, quasi fosse un'imposta aggiuntiva gravante su questa parte di contribuenti. La percentuale di commissioni da versare agli istituti di credito, calcolata sugli importi incassati mediante carta di credito o di debito, è infatti pari a: in caso di bancomat, dallo 0,5 per cento allo 0,7 per cento e, in caso di carte di credito o prepagate, dall'1 per cento fino al 4 per cento. A questi costi si devono poi sommare la spesa per l'affitto del POS per un costo totale che raggiunge del 2-3 per cento del fatturato;
secondo il regolamento (UE) n. 751 del 2015, invece, a decorrere dal 9 dicembre 2015, è previsto un limite all'applicazione delle commissioni interbancarie pari allo 0,3 per cento per cento del valore della singola transazione per le carte di credito e allo 0,2 per cento per le carte di debito e prepagate;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati;
nonostante le proteste degli esercenti e delle loro rappresentanze (Confesercenti ha infatti subito stimato una spesa aggiuntiva per le PMI pari a 5 miliardi di euro ogni anno), i Governi che si sono succeduti dal 2012 ad oggi, e questo in particolare, sono sempre rimasti impassibili di fronte alle difficoltà che questi hanno sollevato nei confronti dei maggiori oneri a cui sono stati sottoposti, continuando a ritenere tali misure come strumenti adeguati per la lotta all'evasione, mentre invece sembra essere più una normativa molto vantaggiosa per il settore bancario che in questo modo aumenta in modo certo i propri profitti;
questo Governo infatti non ha ancora proceduto all'emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 4-bis dell'articolo 15 del decreto-legge n. 179 del 2012, come novellato dall'ultima legge di stabilità, nonostante anche l'approvazione, da parte di questa Camera, di alcune mozioni, in data 10 giugno 2015, riguardanti la circolazione del denaro contante,
impegna il Governo
a prevedere, nell'ambito del prossimo provvedimento utile, una revisione della disciplina in merito alle commissioni bancarie e alla spese di liquidazione trimestrale al fine di imporre al sistema bancario una normativa più equa e garantista nei confronti dei clienti, assicurando l'azzeramento o almeno la netta riduzione delle commissioni per i pagamenti elettronici e il relativo costo del dispositivo per commercianti e professionisti, provvedendo, contestualmente, all'emanazione del decreto ministeriale di applicazione regolamento (UE) n. 751 del 2015 sulle commissioni interbancarie di cui in premessa.
9/3892/5. Fedriga, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, si è introdotto l'obbligo del pagamento elettronico per le prestazioni professionali. La disciplina prevede che «a decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito». Il decreto ministeriale, così come stabilito del decreto-legge, ha successivamente stabilito a 30 euro, l'importo minimo oltre il quale si rende obbligatorio per gli esercenti accettare il pagamento elettronico da parte del cliente;
la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) ne ha ulteriormente esteso l'applicazione, con il comma 4-bis del suddetto articolo 15, prevedendo l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti elettronici anche per i pagamenti di importo contenuto, ovvero quelli di importo inferiore a 5 euro, prevedendo anche delle sanzioni, a partire dall'aprile del 2016, per coloro che non si adegueranno alla nuova normativa; a tal fine, il 4-bis prevedeva anche l'emanazione entro il 1o febbraio 2016, a cui non si è mai provveduto, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di un decreto per assicurare l'attuazione del regolamento (UE) n. 751 del 2015 del Parlamento e del Consiglio europeo;
suddetto regolamento, in vigore dall'8 giugno 2015, stabilisce l'uniformazione delle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento operate con carta stabilendo l'applicazione di massimali uniformi di commissioni interbancarie sulle transazioni nazionali e transnazionali effettuate nei Paesi dell'Unione europea;
in Italia, però, non essendo stato ancora emanato il decreto di attuazione del regolamento (UE) n. 751 del 2015, la previsione dell'articolo 15 ha soltanto aggravato ulteriormente gli esercenti, senza alcun particolare vantaggio per i consumatori, la maggior parte dei quali, secondo ripetute stime, non sente la necessità di dover cambiare le proprie abitudini di pagamento;
infatti, mentre, per i consumatori, normalmente, non sono previste commissioni, non è così per gli esercenti che sono costretti a versare alle banche delle esose commissioni, quasi fosse un'imposta aggiuntiva gravante su questa parte di contribuenti. La percentuale di commissioni da versare agli istituti di credito, calcolata sugli importi incassati mediante carta di credito o di debito, è infatti pari a: in caso di bancomat, dallo 0,5 per cento allo 0,7 per cento e, in caso di carte di credito o prepagate, dall'1 per cento fino al 4 per cento. A questi costi si devono poi sommare la spesa per l'affitto del POS per un costo totale che raggiunge del 2-3 per cento del fatturato;
secondo il regolamento (UE) n. 751 del 2015, invece, a decorrere dal 9 dicembre 2015, è previsto un limite all'applicazione delle commissioni interbancarie pari allo 0,3 per cento per cento del valore della singola transazione per le carte di credito e allo 0,2 per cento per le carte di debito e prepagate;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati;
nonostante le proteste degli esercenti e delle loro rappresentanze (Confesercenti ha infatti subito stimato una spesa aggiuntiva per le PMI pari a 5 miliardi di euro ogni anno), i Governi che si sono succeduti dal 2012 ad oggi, e questo in particolare, sono sempre rimasti impassibili di fronte alle difficoltà che questi hanno sollevato nei confronti dei maggiori oneri a cui sono stati sottoposti, continuando a ritenere tali misure come strumenti adeguati per la lotta all'evasione, mentre invece sembra essere più una normativa molto vantaggiosa per il settore bancario che in questo modo aumenta in modo certo i propri profitti;
questo Governo infatti non ha ancora proceduto all'emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 4-bis dell'articolo 15 del decreto-legge n. 179 del 2012, come novellato dall'ultima legge di stabilità, nonostante anche l'approvazione, da parte di questa Camera, di alcune mozioni, in data 10 giugno 2015, riguardanti la circolazione del denaro contante,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito del prossimo provvedimento utile, una revisione della disciplina in merito alle commissioni bancarie e alla spese di liquidazione trimestrale al fine di imporre al sistema bancario una normativa più equa e garantista nei confronti dei clienti, assicurando l'azzeramento o almeno la netta riduzione delle commissioni per i pagamenti elettronici e il relativo costo del dispositivo per commercianti e professionisti, provvedendo, contestualmente, all'emanazione del decreto ministeriale di applicazione regolamento (UE) n. 751 del 2015 sulle commissioni interbancarie di cui in premessa.
9/3892/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
al mare magnum delle commissioni pagate dai clienti agli istituti bancari si aggiungono gli adempimenti e gli oneri a cui si è sottoposti anche solo per aprire un conto corrente o i mille artifizi che le banche riescono a scovare per gravare i clienti di ulteriori spese. Si pensi, ad esempio, alla disciplina degli sconfinamenti, per cui i clienti sono costretti a pagare, oltre il legittimo tasso di interesse, anche una commissione;
tra questi balzano sicuramente all'occhio le commissioni dovute per i servizi in home banking che, a ben vedere, non avrebbero alcuna ragione di esistere: le operazioni, infatti, essendo svolte in proprio dal cliente e attuate in pieno automatismo telematico dovrebbero essere esenti da qualsiasi costo;
le eventuali spese di gestione del sito dovrebbero infatti essere assorbite dai considerevoli «balzelli» che un sistema piegato al potere delle banche ha permesso di imporre, anche preater legem;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a prevedere, nell'ambito del prossimo provvedimento utile, una revisione della disciplina in merito alle commissioni bancarie, al fine di imporre al sistema bancario una normativa più equa e garantista nei confronti dei clienti, assicurando la previsione del divieto di imporre commissioni per le operazioni svolte in proprio in home hanking.
9/3892/6. Guidesi, Busin, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi, il quale prevede che «i titolari di cariche di Governo, nell'esercizio delle loro funzioni, si dedicano esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e si astengono dal porre in essere atti e dal partecipare a deliberazioni collegiali in situazione di conflitto d'interessi»;
nell'ultimo anno, però, l'operato del Governo in carica non sembra aver rispettato la normativa già vigente in materia di conflitto di interesse: già all'inizio del 2015, con la vicenda del decreto-legge sulle banche popolari e, da ultimo, due mesi fa, con la questione della procedura di risoluzione delle quattro banche Cariferrara, Banca, Etruria, Banca Marche e Carichieti, con il decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183 trasposto poi nella legge di stabilità;
dunque non soltanto si è proceduto a due importanti interventi legislativi attraverso la decretazione d'urgenza che, come noto, non rende possibile quell'attenta valutazione d'impatto che invece si può operare attraverso il normale iter legislativo, ma potersi profilare il rischio di mancata osservanza del disposto della legge n. 215 del 2004, così come in futuro potrebbe comportare la violazione delle nuove violazioni del provvedimento in esame, alla luce del fatto che interventi governativi in ambito bancario sono ancora in itinere;
ad esempio, per il caso della Banche popolari, già il Presidente della Commissione nazionale per la società e la borsa (Consob), in sede di audizione svoltasi presso le Commissioni riunite della Camera VI e X, aveva denunciato operazioni potenzialmente anomale sui titoli di comparto delle banche popolari prima del 16 gennaio 2015, precedentemente quindi a qualsiasi annuncio sulla riforma;
anche volendo ammettere che il legame parentale fra un Ministro della compagine di Governo e un membro del consiglio di amministrazione non abbia compromesso la riservatezza di informazioni che dovevano rimanere assolutamente private per non sconvolgere gli equilibri di mercato, non si può negare ad avviso dei presentatori il coinvolgimento personale di un membro del Governo nella vicende legate alla Banca Etruria;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a dare seguito, nei modi e nei termini più opportuni e attraverso ulteriori iniziative normative, alla volontà parlamentare emersa nel corso del dibattito di introdurre norme più stringenti riguardanti il conflitto di interessi, in relazione alla posizione dei singoli membri dell'esecutivo e le scelte programmatiche e politiche intraprese e da intraprendere.
9/3892/7. Bossi, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
la pesante crisi economico-finanziaria che ha investito l'economia finanziaria nel 2007 per poi riversarsi gravemente sull'economia reale ha aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono, facendo emergere il drammatico problema dell'abuso delle leve finanziarie e della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse;
il problema della ricapitalizzazione delle banche si è così proposto anche in sede europea in cui, in seguito alla sopravvenuta necessità di interventi statali di salvataggio degli istituti di credito, si è proposta l'introduzione del principio del bail-in, ossia di un principio che regoli il risanamento e la risoluzione degli enti creditizi in un quadro di sorveglianza armonizzato che sia in grado di limitare il più possibile il ricorso a finanziamenti pubblici per il salvataggio degli istituti che, però, tradotto nel nostro Paese, ha causato delle conseguenze inaspettate anche sui piccoli investitori non professionisti;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
la disciplina, di certo, si è resa necessaria, da un lato, a causa della crisi finanziaria che ha causato un numero pericoloso di sofferenze bancarie e crediti non rimborsati nel nostro sistema bancario, dall'altro, per aiutare quest'ultimo a superare indenne la crisi finanziaria appena trascorsa e le relative conseguenze, ancora pericolose, che questa ha lasciato in termini di titoli tossici presenti nei bilanci delle banche italiane e di situazioni patrimoniali a rischio di crisi;
la responsabilità dell'attuale situazione è imputabile anche, e in buona parte, alla gestione negligente di alcuni vertici che, nell'impunità e nell'irresponsabilità più totale, hanno contribuito ad aggravare la situazione patrimoniale delle banche da loro gestite, consapevoli che poi i rischi sarebbero ricaduti sui risparmiatori, non risparmiando neanche le fasce più deboli;
sembrerebbe quindi ugualmente necessario prevedere una riorganizzazione del sistema creditizio che stabilisca la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, ossia tra le banche che raccolgono e distribuiscono credito ad imprese e famiglie e le banche che operano nei mercati finanziari con attività speculative ad alto rischio;
l'effetto di una riorganizzazione del sistema bancario, attraverso precise distinzioni delle partecipazioni azionarie e un diverso trattamento fiscale che avvantaggi le banche commerciali, comporterebbe una consistente immissione di liquidità che potrebbe risollevare l'economia reale e la situazione economica di imprese e famiglie colpite duramente da tutti questi anni di crisi;
se il principio della separazione fosse stato introdotto prima si sarebbero potute contenere tutte le drammatiche conseguenze che i nostri cittadini hanno scontato: da un lato, le continue ricapitalizzazioni degli istituti di credito e il credit crunch che hanno innescato una grave carenza di liquidità delle imprese; dall'altro, la crisi dei debiti sovrani e le conseguenti politiche di austerità che hanno portato a manovre economiche procicliche ed aumentato la pressione fiscale diretta ed indiretta, causando l'aumento indiscriminato dei prezzi, anche dei prodotti di prima necessità, con una significativa perdita di potere d'acquisto da parte delle famiglie;
da ultimo, si sarebbero potute anche evitare le procedure di risoluzione che hanno interessato le quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti, i cui oneri sono ricaduti pesantemente anche sui risparmiatori, tra cui pensionati e fasce economicamente meno agiate, che hanno visto svanire il loro piccolo capitale accumulato con enorme fatica,
impegna il Governo
a prevedere, in opportuni provvedimenti, una riorganizzazione del sistema bancario al fine di introdurre un principio attraverso il quale venga valorizzato il modello di banca tradizionale che raccoglie depositi ed eroga credito alle famiglie e al sistema produttivo rispetto alle banche d'affari che attuano operazioni finanziarie ad alto rischio, prevedendo altresì delle agevolazioni fiscali a favore delle prime, tenuto conto della loro attività a sostegno dell'economia reale e in particolar modo in favore delle piccole e medie imprese, come specificato in premessa.
9/3892/8. Giancarlo Giorgetti, Busin, Guidesi.
La Camera,
premesso che:
è noto come l'attuale crisi finanziaria, generata dal crollo dei mutui sub-prime nell'estate del 2008 che portò al fallimento a catena di alcune banche d'affari, tra cui la celeberrima Lehman Brothers, si sia poi riversata sull'economia reale del mondo intero, e in particolare, in Europa, del nostro Paese, con ripercussioni gravissime sui livelli occupazionali, sull'attività delle imprese, soprattutto delle piccole e medie, e sullo stato di salute dei bilanci pubblici;
la bolla finanziaria che ha portato alla conseguente crisi mondiale è stato il risultato di una ripetuta e globale pratica di speculazione finanziaria ad elevata rischiosità dovuta ad un utilizzo spropositato di alte leve finanziarie associate alla compravendita di titoli tossici, al fine di moltiplicare i profitti di investitori desiderosi di accumulare immensi guadagni a fronte di un investimento minimo di capitale;
tra gli strumenti finanziari maggiormente usati si ritrovano i derivati, associati a leve finanziarie elevate, oggetto di contrattazione in molti mercati, soprattutto in quelli al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati non regolamentati, i cosiddetti OTC, creati da istituzioni finanziarie e da professionisti tramite reti telematiche, secondo il principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta, in maniera slegata rispetto all'andamento delle Borse mondiali;
la tanto decantata autoregolamentazione del mercato si è rivelata fallimentare e rischiosa in quanto il sistema finanziario, sottratto ad ogni tipo di controllo istituzionale, ha lasciato il passo a prassi speculative rischiosissime, in cui gli operatori si sono sottratti a qualsiasi responsabilità di ordine debitorio ed etico;
in caso di fallimento di uno solo di questi soggetti, l'elevata interconnessione del sistema bancario speculativo espone al rischio di default l'intero sistema finanziario e bancario di un Paese, con ripercussioni anche internazionali, e richiede la necessità di un intervento statale con giganteschi piani di salvataggio e ricapitalizzazione, così come è avvenuto negli Stati Uniti d'America;
la ricapitalizzazione pubblica delle banche è uno strumento di salvataggio estremamente iniquo nei confronti dei cittadini su cui lo Stato che stanzia i fondi per la ricapitalizzazione scarica il peso di debiti accumulati da un sistema finanziario pensato per far incassare dei profitti elevatissimi a pochi speculatori senza scrupoli, socializzando però il passivo in caso di perdita;
l'Unione europea, infatti, dopo anni di crisi e ricapitalizzazioni pubbliche gravanti sui cittadini, si è risolta all'introduzione, nell'ambito dell'opera di armonizzazione dei modelli bancari, del principio del bail-in nella risoluzione delle crisi bancarie, che, però, tradotto nel nostro Paese, ha causato delle conseguenze inaspettate anche sui piccoli investitori non professionisti;
a questo proposito, sembrerebbe altresì necessaria la previsione di ulteriori misure che possano perfezionare, ovviamente nel rispetto della legislazione europea, il quadro degli strumenti prudenziali al fine di contenere l'abuso degli strumenti finanziari, la deflagrazione delle conseguenti crisi e le loro inevitabili ripercussioni sull'economia reale, come anche sui debiti sovrani. Il tutto al fine di non far ricadere il peso economico di questi fenomeni sui cittadini e sulle imprese;
il compito dello Stato, soprattutto in una fase di congiuntura economica così grave, è quello di porre in essere una politica economica espansiva al fine di creare degli ammortizzatori sociali ed economici in modo da tutelare i propri cittadini e le proprie imprese e non quello di salvaguardare lo status quo di istituti bancari e finanziari che senza alcun riguardo etico praticano attività di speculazione rischiose nella convinzione che le eventuali ripercussioni negative saranno poi pagate dalla società civile;
in una ottica di necessaria esigenza di eticità che deve informare gli enti della Pubblica amministrazione si ritiene giusto e adeguato l'intervento della Legge di stabilità 2014 (Legge n. 147 del 2013) nella parte in cui ha profondamente innovata la normativa riguardante il ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, rendendo permanente il divieto per detti enti di ricorrere a tali strumenti, salvo le ipotesi espressamente consentite dalla legge;
tra il 1998 e il 2008, il nostro Paese ha fatto un ingente uso di strumenti finanziari, in particolare di cross-currency swap e di interest rate swap, ma anche di cessioni di crediti in cartolarizzazioni a cui si è parallelamente accompagnata un'implementazione normativa volta a snellire le procedure e a favorire la crescita dei mercati finanziari. Ma, se fino al 2008 lo Stato ne aveva guadagnato un ricavo di 8 miliardi, con l'arrivo della crisi il trend si è invertito;
in questa spirale di debiti sono coinvolti i principali Comuni italiani, tra cui Milano, Torino, Genova, Reggio Calabria, Firenze, Teramo, Pisa, Benevento e Pistoia, così come le regioni del Lazio, del Piemonte e della Toscana, per un ammontare debitorio di difficile stima;
già le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 avevano, rispettivamente, limitato l'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza, anche alla luce dei debiti accumulati dai diversi enti della Pubblica amministrazione, compresa l'amministrazione sanitaria e pubblica e le agenzie di trasporto, che hanno utilizzato fondi pubblici per acquisire strumenti derivati e simili titoli finanziari;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
la disciplina, di certo, si è resa necessaria, da un lato, a causa della crisi finanziaria che ha causato un numero pericoloso di sofferenze bancarie e crediti non rimborsati nel nostro sistema bancario, dall'altro, per aiutare quest'ultimo a superare indenne la crisi finanziaria appena trascorsa e le relative conseguenze, ancora pericolose, che questa ha lasciato in termini di titoli tossici presenti nei bilanci delle banche italiane e di situazioni patrimoniali a rischio di crisi;
in realtà, la responsabilità dell'attuale situazione è imputabile anche, e in buona parte, alla gestione negligente di alcuni vertici che, ad avviso dei presentatori, nell'impunità e nell'irresponsabilità più totale, hanno contribuito ad aggravare la situazione patrimoniale delle banche da loro gestite, consapevoli che poi i rischi sarebbero ricaduti sui risparmiatori, non risparmiando neanche le fasce più deboli,
impegna il Governo
a prevedere gli opportuni provvedimenti al fine di escludere i soggetti bancari e finanziari che esercitano attività di speculazione ad alto rischio, intendendosi per queste utilizzo di alte leve finanziarie ed emissione di titoli tossici, dalla partecipazione alle procedure di gare d'appalto bandite dalla Pubblica amministrazione per l'affidamento di servizi bancari e finanziari.
9/3892/9. Grimoldi, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
è noto come l'attuale la crisi finanziaria, generata dal crollo dei mutui sub-prime nell'estate del 2008 che portò al fallimento a catena di alcune banche d'affari, tra cui la celeberrima Lehman Brothers, si sia poi riversata sull'economia reale del mondo intero, e in particolare, in Europa, del nostro Paese, con ripercussioni gravissime sui livelli occupazionali, sull'attività delle imprese, soprattutto delle piccole e medie, e sullo stato di salute dei bilanci pubblici;
la bolla finanziaria che ha portato alla conseguente crisi mondiale è stato il risultato di una ripetuta e globale pratica di speculazione finanziaria ad elevata rischiosità dovuta ad un utilizzo spropositato di alte leve finanziarie associate alla compravendita di titoli tossici, al fine di moltiplicare i profitti di investitori desiderosi di accumulare immensi guadagni a fronte di un investimento minimo di capitale;
tra gli strumenti finanziari maggiormente usati si ritrovano i derivati, associati a leve finanziarie elevate, oggetto di contrattazione in molti mercati, soprattutto in quelli al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati non regolamentati, i cosiddetti OTC, creati da istituzioni finanziarie e da professionisti tramite reti telematiche, secondo il principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta, in maniera slegata rispetto all'andamento delle Borse mondiali;
la tanto decantata autoregolamentazione del mercato si è rivelata fallimentare e rischiosa in quanto il sistema finanziario, sottratto ad ogni tipo di controllo istituzionale, ha lasciato il passo a prassi speculative rischiosissime, in cui gli operatori si sono sottratti a qualsiasi responsabilità di ordine debitorio ed etico;
in caso di fallimento di uno solo di questi soggetti, l'elevata interconnessione del sistema bancario speculativo espone al rischio di default l'intero sistema finanziario e bancario di un Paese, con ripercussioni anche internazionali, e richiede la necessità di un intervento statale con giganteschi piani di salvataggio e ricapitalizzazione, così come è avvenuto negli Stati Uniti d'America;
la ricapitalizzazione pubblica delle banche è uno strumento di salvataggio estremamente iniquo nei confronti dei cittadini su cui lo Stato che stanzia i fondi per la ricapitalizzazione scarica il peso di debiti accumulati da un sistema finanziario pensato per far incassare dei profitti elevatissimi a pochi speculatori senza scrupoli, socializzando però il passivo in caso di perdita;
l'Unione europea, infatti, dopo anni di crisi e ricapitalizzazioni pubbliche gravanti sui cittadini, si è risolta all'introduzione, nell'ambito dell'opera di armonizzazione dei modelli bancari, del principio del bail-in nella risoluzione delle crisi bancarie, che, però, tradotto nel nostro Paese, ha causato delle conseguenze inaspettate anche sui piccoli investitori non professionisti;
a questo proposito, sembrerebbe altresì necessaria la previsione di ulteriori misure che possano perfezionare, ovviamente nel rispetto della legislazione europea, il quadro degli strumenti prudenziali al fine di contenere l'abuso degli strumenti finanziari, la deflagrazione delle conseguenti crisi e le loro inevitabili ripercussioni sull'economia reale, come anche sui debiti sovrani. Il tutto al fine di non far ricadere il peso economico di questi fenomeni sui cittadini e sulle imprese;
il compito dello Stato, soprattutto in una fase di congiuntura economica così grave, è quello di porre in essere una politica economica espansiva al fine di creare degli ammortizzatori sociali ed economici in modo da tutelare i propri cittadini e le proprie imprese e non quello di salvaguardare lo status quo di istituti bancari e finanziari che senza alcun riguardo etico praticano attività di speculazione rischiose nella convinzione che le eventuali ripercussioni negative saranno poi pagate dalla società civile;
in una ottica di necessaria esigenza di eticità che deve informare gli enti della Pubblica amministrazione si ritiene giusto e adeguato l'intervento della Legge di stabilità 2014 (Legge n. 147 del 2013) nella parte in cui ha profondamente innovata la normativa riguardante il ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, rendendo permanente il divieto per detti enti di ricorrere a tali strumenti, salvo le ipotesi espressamente consentite dalla legge;
tra il 1998 e il 2008, il nostro Paese ha fatto un ingente uso di strumenti finanziari, in particolare di cross-currency swap e di interest rate swap, ma anche di cessioni di crediti in cartolarizzazioni a cui si è parallelamente accompagnata un'implementazione normativa volta a snellire le procedure e a favorire la crescita dei mercati finanziari. Ma, se fino al 2008 lo Stato ne aveva guadagnato un ricavo di 8 miliardi, con l'arrivo della crisi il trend si è invertito;
in questa spirale di debiti sono coinvolti i principali Comuni italiani, tra cui Milano, Torino, Genova, Reggio Calabria, Firenze, Teramo, Pisa, Benevento e Pistoia, così come le regioni del Lazio, del Piemonte e della Toscana, per un ammontare debitorio di difficile stima;
già le leggi finanziarie del 2007 e del 2008 avevano, rispettivamente, limitato l'utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza, anche alla luce dei debiti accumulati dai diversi enti della Pubblica amministrazione, compresa l'amministrazione sanitaria e pubblica e le agenzie di trasporto, che hanno utilizzato fondi pubblici per acquisire strumenti derivati e simili titoli finanziari;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
la disciplina, di certo, si è resa necessaria, da un lato, a causa della crisi finanziaria che ha causato un numero pericoloso di sofferenze bancarie e crediti non rimborsati nel nostro sistema bancario, dall'altro, per aiutare quest'ultimo a superare indenne la crisi finanziaria appena trascorsa e le relative conseguenze, ancora pericolose, che questa ha lasciato in termini di titoli tossici presenti nei bilanci delle banche italiane e di situazioni patrimoniali a rischio di crisi;
in realtà, la responsabilità dell'attuale situazione è imputabile anche, e in buona parte, alla gestione negligente di alcuni vertici che, ad avviso dei presentatori, nell'impunità e nell'irresponsabilità più totale, hanno contribuito ad aggravare la situazione patrimoniale delle banche da loro gestite, consapevoli che poi i rischi sarebbero ricaduti sui risparmiatori, non risparmiando neanche le fasce più deboli,
impegna il Governo
a prevedere gli opportuni provvedimenti al fine di estendere permanentemente a tutti gli enti della Pubblica amministrazione il divieto di ricorso a strumenti finanziari derivati, come già stabilito dalla Legge di stabilità 2014 che però prevede un tale divieto solo per gli enti territoriali.
9/3892/10. Simonetti, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
la Banca popolare di Vicenza è stata, appena un anno fa, dichiarata «sana» da parte di Bankitalia, ma alla fine di agosto dello scorso anno, il suo Presidente ha ammesso di aver necessità di altri 1,5 miliardi di euro per evitare il fallimento o il commissariamento a fronte di irregolarità negli aumenti di capitale, rilevati dalla BCE (e non dalla Banca d'Italia), e di una perdita di 1 miliardo registrata nei primi sei mesi del 2015;
la perdita di 1,05 miliardi si è accumulata in seguito alla combinazione di diversi fattori contabili: la riduzione di 269 milioni di euro del valore di avviamento che ha fatto seguito ad un'altra del valore di 600 milioni, per una riduzione totale dell'81,5 per cento in 18 mesi, nonostante i tassi in discesa; la perdita di 119 milioni di euro dovuta alla riclassificazione del valore di alcune partecipazioni in fondi Sicav per un valore totale di –55 per cento in 6 mesi, nonostante il rialzo dei mercati azionari; la perdita di 703 milioni dovuta ad un aumento dell'indice di copertura dei crediti deteriorati, passando in 6 mesi dal 35,1 per cento al 39,6 per cento, nonostante i segnali di miglioramento del mercato del credito italiano;
a ciò si aggiunge il rilievo da parte della BCE, a seguito della sua ispezione dell'ottobre 2015, di una riserva di capitale inflazionata artificialmente, perché derivante da aumenti di capitale effettuati a prestito e in parte mediante l'interposizione di un soggetto terzo;
tali aumenti di capitale realizzati nel 2013 e nel 2014 per quasi 1 miliardo di euro, infatti, sono avvenuti a fronte della concessione di prestiti a clienti e soci della banca, in molti casi con metodi «persuasivi» ai limiti del vero e proprio «ricatto»;
ancor più grave rilevare il fatto che la vendita sia avvenuta ad un prezzo irragionevolmente alto, di 62,50 euro per azione, anche nell'imminenza della svalutazione avvenuta di lì a poco, facendo difficilmente credere che i vertici della Banca non conoscessero la sua reale consistenza patrimoniale quando hanno venduto a «prezzo pieno» azioni che poco dopo, nella primavera di quest'anno, lo stesso consiglio di amministrazione ha svalutato del 23 per cento, portandole al valore unitario di 48 euro (prezzo che il mercato comunque non riconosce, rendendo di fatto illiquide le azioni);
con l'ultima Assemblea dei soci si è dato avvio all’iter di trasformazione della popolare Veneto Banca in S.p.a.;
attualmente, la quotazione delle azioni di Veneto Banca di chi vorrà avvalersi del diritto di recesso è di 7 euro e 30 centesimi, indicativa del valore che avranno le azioni una volta che la società sarà quotata in Borsa, contro un valore di oltre 39 euro toccato solo ad aprile 2015;
il valore più realistico delle azioni di Veneto Banca si dovrebbe attestare tra i 18,45 e i 21,21 euro;
gli oltre 75 mila azionisti della Veneto Banca, in caso di quotazione a 7,30 euro, si troveranno quindi depauperati di ingenti somme, in taluni casi di tutto il risparmio, che era stato investito nella «banca del territorio»;
ad aggravare la situazione vi sono inoltre numerosi clienti della Banca che hanno effettuato investimenti, dietro sollecitazione al risparmio, senza i benché minimi requisiti di informazione sul livello di rischiosità dei medesimi, così come previsti dalla vigente normativa;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a prevedere, in opportuni provvedimenti, una deroga ai criteri di valutazione previsti dall'articolo 2426 c.c. per i soggetti investitori non istituzionali che alla data del 31 dicembre 2015 siano proprietari di azioni emesse dalle Banche poste in risoluzione di cui al comma 842 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, dalla Banca popolare di Vicenza o da Veneto Banca, iscritte a bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie ovvero nell'attivo circolante, al fine di dare facoltà di iscrivere la svalutazione delle medesime a seguito dell'adeguamento al valore di mercato, in un'apposita voce degli oneri pluriennali da ammortizzare in un arco temporale di 5 esercizi.
9/3892/11. Busin, Guidesi, Rizzetto.
La Camera,
premesso che:
la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ai commi 842 e seguenti, ha recepito il contenuto del decreto legge 22 novembre 2015, n. 183 recante disposizioni urgenti per il settore creditizio, attraverso cui sono state applicate in Italia le nuove regole europee (appena recepite con il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180) per il salvataggio bancario delle quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti,
Governo e Banca d'Italia hanno dichiarato che: «La soluzione adottata assicura la continuità operativa delle banche e il loro risanamento, nell'interesse dei territori in cui esse sono insediate; tutela i risparmi di famiglie e imprese investiti nella forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, preserva tutti i rapporti di lavoro in essere; non utilizza denaro pubblico»: poiché non si fa ricorso al bail-in, e quindi si preservano i titolari di depositi superiori a 100 mila euro, l'intero onere del salvataggio è stato – formalmente – posto a carico del sistema bancario italiano grazie alla liquidità garantita al Fondo di risoluzione attraverso Intesa-San Paolo, Unicredit e Ubi-Banca, a cui si aggiungono gli altri istituti italiani, chiamati a contribuire con una rata annua di 600 milioni;
in realtà, l'onere è invece ricaduto anche sugli azionisti e sui titolari delle obbligazioni subordinate delle quattro banche: ciò ha quindi coinvolto circa 140 mila persone che hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita e in difesa delle quali si sono schierate Federconsumatori e Adusbef che accusano il Governo di aver messo in campo «un bail-in mascherato per salvare i quattro istituti»;
molti risparmiatori affermano, infatti, di non essere stati sufficientemente informati dai loro istituti circa la pericolosità delle azioni e delle obbligazioni che sono stati invitati a sottoscrivere;
in mancanza di regole stringenti sul diritto di informazione, ma anche di comportamenti spesso poco trasparenti degli intermediari finanziari che si rendono responsabili della vendita di prodotti poco sicuri anche ai piccoli risparmiatori, si rende dunque necessario porre in essere una più ampia tutela degli investitori non istituzionali che non hanno le competenze e le conoscenze adeguate per giudicare l'affidabilità e la rischiosità delle diverse tipologie di titoli presenti sul mercato;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a prevedere, in opportuni provvedimenti, un sistema di tutela più ampio dei risparmiatori investitori non professionisti, stabilendo che sul sito internet della Banca d'Italia siano pubblicati annualmente, in un'apposita sezione informata ai principi della più ampia trasparenza e comprensibilità affinché anche gli utenti investitori non istituzionali possano conoscere e comprendere in maniera chiara, i dati informativi indicanti la solidità di tutti gli istituti bancari e finanziari che operano sul territorio nazionale secondo un punteggio crescente di rischio di sottoposizione a procedure di risoluzione o gestione della crisi da 1 a 10.
9/3892/12. Borghesi, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ai commi 842 e seguenti, ha recepito il contenuto del decreto legge 22 novembre 2015, n. 183 recante disposizioni urgenti per il settore creditizio, attraverso cui sono state applicate in Italia le nuove regole europee (appena recepite con il decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180) per il salvataggio bancario delle quattro banche Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti,
Governo e Banca d'Italia hanno dichiarato che: «La soluzione adottata assicura la continuità operativa delle banche e il loro risanamento, nell'interesse dei territori in cui esse sono insediate; tutela i risparmi di famiglie e imprese investiti nella forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, preserva tutti i rapporti di lavoro in essere; non utilizza denaro pubblico»: poiché non si fa ricorso al bail-in, e quindi si preservano i titolari di depositi superiori a 100 mila euro, l'intero onere del salvataggio è stato – formalmente – posto a carico del sistema bancario italiano grazie alla liquidità garantita al Fondo di risoluzione attraverso Intesa-San Paolo, Unicredit e Ubi-Banca, a cui si aggiungono gli altri istituti italiani, chiamati a contribuire con una rata annua di 600 milioni;
in realtà, l'onere è invece ricaduto anche sugli azionisti e sui titolari delle obbligazioni subordinate delle quattro banche: ciò ha quindi coinvolto circa 140 mila persone che hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita e in difesa delle quali si sono schierate Federconsumatori e Adusbef che accusano il Governo di aver messo in campo «un bail-in mascherato per salvare i quattro istituti»;
molti risparmiatori affermano, infatti, di non essere stati sufficientemente informati dai loro istituti circa la pericolosità delle azioni e delle obbligazioni che sono stati invitati a sottoscrivere;
in mancanza di regole stringenti sul diritto di informazione, ma anche di comportamenti spesso poco trasparenti degli intermediari finanziari che si rendono responsabili della vendita di prodotti poco sicuri anche ai piccoli risparmiatori, si rende dunque necessario porre in essere una più ampia tutela degli investitori non istituzionali che non hanno le competenze e le conoscenze adeguate per giudicare l'affidabilità e la rischiosità delle diverse tipologie di titoli presenti sul mercato;
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare e della mole di documentazione da allegare;
il Governo, quindi, ad avviso dei firmatari resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a prevedere, in opportuni provvedimenti, un sistema di tutela più ampio dei risparmiatori investitori non professionisti, stabilendo che sul sito internet della Banca d'Italia siano pubblicati annualmente, in un'apposita sezione informata ai princìpi della più ampia trasparenza e comprensibilità affinché anche gli utenti investitori non istituzionali possano conoscere e comprendere in maniera chiara, l'elenco di tutti i titoli, le obbligazioni e gli strumenti finanziari emessi ed offerti da ciascun istituto bancario e finanziario in cui è indicato il livello di rischio secondo un ordine crescente di rischio da 1 a 10.
9/3892/13. Saltamartini, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
da un recente studio di Confedilizia emerge che i proprietari di immobili, per il quarto anno consecutivo, hanno subito, nel 2015 un livello di imposizione tributaria insostenibile: infatti, fra il 2012 ed il 2014 la proprietà immobiliare ha versato complessivamente circa 69 miliardi di euro di imposte di natura patrimoniale e il carico fiscale sugli immobili del 2014, con l'attuale Governo, dato da IMU e TASI, è stato di oltre 1 miliardo superiore rispetto a quello IMU 2012;
nonostante il taglio previsto dall'ultima legge di stabilità alla tassazione sulla prima casa, restano comunque insostenibili gli oneri tributari sostenuti dai contribuenti e il nostro Paese resta uno fra quelli europei con la più alta tassazione;
a ciò si aggiunge una difficoltà sempre maggiore dei cittadini ad acquistare un immobile di proprietà: se la disoccupazione e le condizioni precarie dei contratti di lavoro a termine hanno impedito, e impediscono ancora, un facile accesso al mutuo bancario, il credit crunch, ma soprattutto l'aumento dei tassi di interesse dei mutui causati dalla crisi finanziaria, hanno oberato e stanno oberando in modo gravoso i risparmiatori;
negli anni di crisi, le banche italiane hanno registrato un boom dei pignoramenti e delle esecuzioni immobiliari, avviati in seguito all'impossibilità di molte famiglie di pagare i mutui. Come hanno denunciato Adusbef e Federconsumatori, soltanto tra il 2008 e il 2012 i pignoramenti e le esecuzioni sono aumentati del 97,8 per cento, con un ulteriore aumento, a dicembre del 2014, che ha sfiorato l'11 per cento rispetto all'anno precedente, come ha calcolato uno studio di Accord;
sembrerebbe opportuno prevedere che le banche contribuiscano, in solido, al pagamento dell'imposta comunale riferita al titolo di proprietà dell'immobile, in maniera proporzionale e decrescente rispetto al rimborso del capitale da parte del mutuatario; infatti, parrebbe logico ritenere gli istituti di credito proprietari in solido dell'immobile per cui è stato richiesto il mutuo, prevedendo, la normativa, l'acquisizione della proprietà da parte delle banche in caso di mancato rimborso del mutuo;
sarebbe altresì opportuno prevedere un meccanismo alternativo al pignoramento e all'esecuzione immobiliari in modo da evitare, per quanto più possibile, che cittadini in gravi difficoltà finanziarie non si vedano espropriare la casa di prima proprietà senza poter trovare una soluzione abitativa per sé e la propria famiglia soltanto perché non più in grado di assolvere al pagamento delle rate del mutuo;
con l'articolo 2 del presente provvedimento viene introdotto nel nostro ordinamento giuridico il così detto «patto marciano», ossia un accordo tra cliente e il soggetto finanziatore relativo alla prestazione di garanzia a fronte di un finanziamento. Nello specifico la norma prevede che il contratto di finanziamento possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore. Tale trasferimento si intende sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore;
parrebbe che per finanziamenti in essere, e qualora le parti decidano di sostituire il bene originariamente dato in garanzia, vi sia la necessità di stipulare un «nuovo» atto notarile che preveda la modifica delle condizioni contrattuali, e che il debitore debba fornire una garanzia su di un immobile di pari valore, ma se ciò non accadesse, la banca potrebbe richiedere condizioni economico-finanziarie peggiorative,
impegna il Governo
ad adottare gli opportuni provvedimenti, anche di necessità ed urgenza, al fine di contenere la speculazione bancaria sulla concessione di prestiti, finanziamenti e mutui, prevedendo il contenimento dei tassi di interesse applicati ai prestiti e finanziamenti di mutui ipotecari fondiari o edilizi, ai prestiti e finanziamenti a imprese e ai leasing immobiliare per imprese, nonché su prestiti, finanziamenti e mutui di ogni altra natura accordati dalla banche e dagli istituti finanziari, e in particolare al fine di stabilire, per i mutui ipotecari fondiari o edilizi, per i prestiti e i finanziamenti alle imprese e per i leasing immobiliari accordati alle imprese, un tasso di interesse non superiore a tre punti percentuali rispetto al tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea e di stabilire, per ogni altro prestito, mutuo o finanziamento, un tasso di interesse non superiore a quattro punti percentuali rispetto al tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea.
9/3892/14. Gianluca Pini, Busin, Guidesi.
La Camera,
premesso che:
da un recente studio di Confedilizia emerge che i proprietari di immobili, per il quarto anno consecutivo, hanno subito, nel 2015 un livello di imposizione tributaria insostenibile: infatti, fra il 2012 ed il 2014 la proprietà immobiliare ha versato complessivamente circa 69 miliardi di euro di imposte di natura patrimoniale e il carico fiscale sugli immobili del 2014, con l'attuale Governo, dato da IMU e TASI, è stato di oltre 1 miliardo superiore rispetto a quello IMU 2012;
nonostante il taglio previsto dall'ultima legge di stabilità alla tassazione sulla prima casa, restano comunque insostenibili gli oneri tributari sostenuti dai contribuenti e il nostro Paese resta uno fra quelli europei con la più alta tassazione;
a ciò si aggiunge una difficoltà sempre maggiore dei cittadini ad acquistare un immobile di proprietà: se la disoccupazione e le condizioni precarie dei contratti di lavoro a termine hanno impedito, e impediscono ancora, un facile accesso al mutuo bancario, il credit crunch, ma soprattutto l'aumento dei tassi di interesse dei mutui causati dalla crisi finanziaria, hanno oberato e stanno oberando in modo gravoso i risparmiatori;
negli anni di crisi, le banche italiane hanno registrato un boom dei pignoramenti e delle esecuzioni immobiliari, avviati in seguito all'impossibilità di molte famiglie di pagare i mutui. Come hanno denunciato Adusbef e Federconsumatori, soltanto tra il 2008 e il 2012 i pignoramenti e le esecuzioni sono aumentati del 97,8 per cento, con un ulteriore aumento, a dicembre del 2014, che ha sfiorato l'11 per cento rispetto all'anno precedente, come ha calcolato uno studio di Accord;
sembrerebbe opportuno prevedere che le banche contribuiscano, in solido, al pagamento dell'imposta comunale riferita al titolo di proprietà dell'immobile, in maniera proporzionale e decrescente rispetto al rimborso del capitale da parte del mutuatario; infatti, parrebbe logico ritenere gli istituti di credito proprietari in solido dell'immobile per cui è stato richiesto il mutuo, prevedendo, la normativa, l'acquisizione della proprietà da parte delle banche in caso di mancato rimborso del mutuo;
sarebbe altresì opportuno prevedere un meccanismo alternativo al pignoramento e all'esecuzione immobiliari in modo da evitare, per quanto più possibile, che cittadini in gravi difficoltà finanziarie non si vedano espropriare la casa di prima proprietà senza poter trovare una soluzione abitativa per sé e la propria famiglia soltanto perché non più in grado di assolvere al pagamento delle rate del mutuo;
con l'articolo 2 del presente provvedimento viene introdotto nel nostro ordinamento giuridico il così detto «patto marciano», ossia un accordo tra cliente e il soggetto finanziatore relativo alla prestazione di garanzia a fronte di un finanziamento. Nello specifico la norma prevede che il contratto di finanziamento possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore. Tale trasferimento si intende sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore;
parrebbe che per finanziamenti in essere, e qualora le parti decidano di sostituire il bene originariamente dato in garanzia, vi sia la necessità di stipulare un «nuovo» atto notarile che preveda la modifica delle condizioni contrattuali, e che il debitore debba fornire una garanzia su di un immobile di pari valore, ma se ciò non accadesse, la banca potrebbe richiedere condizioni economico-finanziarie peggiorative,
impegna il Governo
ad adottare gli opportuni provvedimenti, anche di necessità ed urgenza, al fine di:
a) stabilire norme per la partecipazione delle banche e degli istituti di credito all'imposizione contributiva locale sugli immobili legata al titolo di proprietà, in modo da prevedere un meccanismo contributivo al fine di individuare le banche e gli istituti di credito quali soggetti passivi al pagamento dell'imposta comunale riferita al titolo di proprietà dell'immobile, qualora la banca o l'istituto di credito abbia accordato un mutuo ipotecario fondiario o edilizio per l'acquisto o la costruzione dello stesso immobile;
b) prevedere un tavolo di concertazione tra il Governo, le associazioni di rappresentanza dei consumatori e gli istituti di credito al fine di studiare una soluzione alternativa al pignoramento e all'esecuzioni immobiliari volta alla rinegoziazione della proprietà in modo che il mutuatario in stato di necessità che non riesca più ad assolvere al rimborso del capitale possa ottenere dall'istituto di credito di convertire la propria proprietà con un immobile di valore minore, il più vicino possibile al precedente domicilio, di cui riesca ad assolvere al pagamento del mutuo di conseguenza ridotto, lasciando alla banca la proprietà del primo immobile.
9/3892/15. Castiello, Busin, Guidesi.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare;
tenuto conto che:
il risparmiatore, nella fattispecie l'obbligazionista subordinato, non soltanto deve scegliere tra il ricorso all'Arbitrato ANAC, di cui non si conoscono ancora le procedure, e l'istanza per l'erogazione dell'indennizzo forfettario al Fondo di solidarietà, ma, per poter accedere all'indennizzo forfettario, è anche soggetto ad alcune limitazioni, quali un tetto di 35.000,00 euro di reddito IRPEF complessivo o un patrimonio mobiliare di proprietà dell'investitore al 31 dicembre 2015 di valore inferiore ai 100.000,00 euro;
l'accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta presenta inoltre diversi dubbi interpretativi e molti ostacoli tecnici per il risparmiatore che intendesse accedere al fondo: non è assolutamente chiaro come venga determinato il corrispettivo per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati detenuto alla data della risoluzione della banca in liquidazione e calcolato, oltretutto, al netto degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione d'acquisto;
non si comprende perché l'indennizzo forfettario sia dell'80% del corrispettivo pagato per l'acquisto, quando mediante il ricorso all'ANAC è possibile ottenere invece anche il 100 per cento;
inoltre, l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario deve essere presentata, «a pena di decadenza», entro 6 mesi dalla data di conversione del presente decreto: il termine, seppur modificato in sede di esame al Senato, è ancora troppo stretto, in quanto è assai probabile che molti risparmiatori non siano in possesso, in tempi adeguati, della dichiarazione dei redditi 2015, in corso di elaborazione e che potrebbe non essere ancora stata consegnata al contribuente nel momento di entrata il vigore della legge di conversione, o non riescano ad ottenere dai CAAF il modello ISEE sulla consistenza del proprio patrimonio mobiliare;
il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di rivedere in maniera estensiva, attraverso l'emanazione di ulteriori provvedimenti normativi, i limiti temporali e di accesso all'indennizzo forfettario.
9/3892/16. Rondini, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare;
tenuto conto che:
il risparmiatore, nella fattispecie l'obbligazionista subordinato, non soltanto deve scegliere tra il ricorso all'Arbitrato ANAC, di cui non si conoscono ancora le procedure, e l'istanza per l'erogazione dell'indennizzo forfettario al Fondo di solidarietà, ma, per poter accedere all'indennizzo forfettario, è anche soggetto ad alcune limitazioni, quali un tetto di 35.000,00 euro di reddito IRPEF complessivo o un patrimonio mobiliare di proprietà dell'investitore al 31 dicembre 2015 di valore inferiore ai 100.000,00 euro;
l'accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta presenta inoltre diversi dubbi interpretativi e molti ostacoli tecnici per il risparmiatore che intendesse accedere al fondo: non è assolutamente chiaro come venga determinato il corrispettivo per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati detenuto alla data della risoluzione della banca in liquidazione e calcolato, oltretutto, al netto degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione d'acquisto;
non si comprende perché l'indennizzo forfettario sia dell'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto, quando mediante il ricorso all'ANAC è possibile ottenere invece anche il 100 per cento;
inoltre, l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario deve essere presentata, «a pena di decadenza», entro 6 mesi dalla data di conversione del presente decreto: il termine, seppur modificato in sede di esame al Senato, è ancora troppo stretto, in quanto è assai probabile che molti risparmiatori non siano in possesso, in tempi adeguati, della dichiarazione dei redditi 2015, in corso di elaborazione e che potrebbe non essere ancora stata consegnata al contribuente nel momento di entrata il vigore della legge di conversione, o non riescano ad ottenere dai CAAF il modello ISEE sulla consistenza del proprio patrimonio mobiliare;
ad avviso dei presentatori il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di aumentare, attraverso l'emanazione di opportuni provvedimenti, la percentuale dell'importo dell'indennizzo forfettario e a prevedere che questo non sia calcolato al netto degli oneri e delle spese direttamente connessi all'operazione di acquisto.
9/3892/17. Caparini, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare;
tenuto conto che:
il risparmiatore, nella fattispecie l'obbligazionista subordinato, non soltanto deve scegliere tra il ricorso all'Arbitrato ANAC, di cui non si conoscono ancora le procedure, e l'istanza per l'erogazione dell'indennizzo forfettario al Fondo di solidarietà, ma, per poter accedere all'indennizzo forfettario, è anche soggetto ad alcune limitazioni, quali un tetto di 35.000,00 euro di reddito IRPEF complessivo o un patrimonio mobiliare di proprietà dell'investitore al 31 dicembre 2015 di valore inferiore ai 100.000,00 euro;
l'accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta presenta inoltre diversi dubbi interpretativi e molti ostacoli tecnici per il risparmiatore che intendesse accedere al fondo: non è assolutamente chiaro come venga determinato il corrispettivo per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati detenuto alla data della risoluzione della banca in liquidazione e calcolato, oltretutto, al netto degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione d'acquisto;
non si comprende perché l'indennizzo forfettario sia dell'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto, quando mediante il ricorso all'ANAC è possibile ottenere invece anche il 100 per cento;
inoltre, l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario deve essere presentata, «a pena di decadenza», entro 6 mesi dalla data di conversione del presente decreto: il termine, seppur modificato in sede di esame al Senato, è ancora troppo stretto, in quanto è assai probabile che molti risparmiatori non siano in possesso, in tempi adeguati, della dichiarazione dei redditi 2015, in corso di elaborazione e che potrebbe non essere ancora stata consegnata al contribuente nel momento di entrata il vigore della legge di conversione, o non riescano ad ottenere dai CAAF il modello ISEE sulla consistenza del proprio patrimonio mobiliare;
ad avviso dei presentatori il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a prevedere, attraverso le opportune ulteriori iniziative normative, al più presto, che la Banca d'Italia predisponga un modello unico per la presentazione dell'istanza di accesso all'indennizzo forfettario e che le Nuove Banche si facciano mediatrici della presentazione dell'istanza, svolgendo altresì le operazioni di complesso calcolo previste per la determinazione degli importi dell'indennizzo e dell'ammontare del patrimonio immobiliare.
9/3892/18. Picchi, Busin, Guidesi, Palese.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in oggetto prevede norme intitolate a favore degli investitori delle banche in liquidazione ed altre misure finanziare ed esecutive volte, ad opinione del Governo, «a semplificare e a rendere più flessibile» il sistema delle garanzie dei crediti concessi agli imprenditori;
in realtà, tali disposizioni, costituiscono, ancora una volta, un favor alle banche, a sostegno dei poteri economici del Paese, in quanto accelerano oltremisura le procedure esecutive per lo spossessamento dei beni dati in garanzia e rende altresì difficoltoso e complicato, per gli investitori che hanno perso i propri risparmi nelle quattro Banche in liquidazione, accedere al rimborso (tra l'altro forfettario) a causa dei diversi limiti imposti, nonché dei difficili calcoli da effettuare;
tenuto conto che:
il risparmiatore, nella fattispecie l'obbligazionista subordinato, non soltanto deve scegliere tra il ricorso all'Arbitrato ANAC, di cui non si conoscono ancora le procedure, e l'istanza per l'erogazione dell'indennizzo forfettario al Fondo di solidarietà, ma, per poter accedere all'indennizzo forfettario, è anche soggetto ad alcune limitazioni, quali un tetto di 35.000,00 euro di reddito IRPEF complessivo o un patrimonio mobiliare di proprietà dell'investitore al 31 dicembre 2015 di valore inferiore ai 100.000,00 euro;
l'accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta presenta inoltre diversi dubbi interpretativi e molti ostacoli tecnici per il risparmiatore che intendesse accedere al fondo: non è assolutamente chiaro come venga determinato il corrispettivo per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati detenuto alla data della risoluzione della banca in liquidazione e calcolato, oltretutto, al netto degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione d'acquisto;
non si comprende perché l'indennizzo forfettario sia dell'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto, quando mediante il ricorso all'ANAC è possibile ottenere invece anche il 100 per cento;
inoltre, l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario deve essere presentata, «a pena di decadenza», entro 6 mesi dalla data di conversione del presente decreto: il termine, seppur modificato in sede di esame al Senato, è ancora troppo stretto, in quanto è assai probabile che molti risparmiatori non siano in possesso, in tempi adeguati, della dichiarazione dei redditi 2015, in corso di elaborazione e che potrebbe non essere ancora stata consegnata al contribuente nel momento di entrata il vigore della legge di conversione, o non riescano ad ottenere dai CAAF il modello ISEE sulla consistenza del proprio patrimonio mobiliare;
ad avviso dei presentatori il Governo, quindi, resta incurante delle problematiche ricadenti sulle piccole e medie imprese, sui commercianti e i professionisti in generale, anche di fronte alle gravi difficoltà economiche che questi si sono trovati a dover affrontare;
se da un lato, sembra sia opportuno prevedere delle norme per aiutare il sistema bancario in sofferenza, dall'altro, è altrettanto opportuno tutelare i consumatori ed evitare che i costi di gestioni avventate e negligenti ricadano ingiustamente sui loro risparmi, facendo pagare a tanti i costi esosi del profitto di pochi privilegiati,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di rivedere, nei prossimi provvedimenti utili, l'alternanza tra l'accesso all'indennizzo forfettario e l'arbitrato previsto nella legge di stabilità 2016 e a prevedere che siano rimborsabili mediante indennizzo anche gli strumenti finanziari acquistati fino alla data del 16 novembre 2015.
9/3892/19. Attaguile, Busin, Guidesi.
La Camera,
premesso che:
la procedura di risoluzione della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, della Banca delle Marche, della Cassa di risparmio di Ferrara e della Cassa di risparmio della Provincia di Chieti, da tempo in amministrazione straordinaria, ha permesso la continuazione dell'attività economica in capo alle nuove entità che sono state costituite con il decreto-legge 183 del 2015;
il decreto-legge n. 59 del 2016 ha migliorato le modalità e le procedure che consentono ai possessori di obbligazioni subordinate di essere in buona parte ristorati delle perdite subite ma non ha inciso sulla situazione degli obbligazionisti istituzionali, come le Fondazioni bancarie, e su quella degli azionisti;
l'ordine del giorno n. 129 della Camera dei deputati, accolto con il parere favorevole del Governo il 19 dicembre 2015, impegnava l'Esecutivo a valutare l'opportunità di intraprendere azioni politiche ed iniziative legislative urgenti affinché una quota degli utili realizzati con la cessione dei «crediti deteriorati» fosse destinata ad interventi sui territori nei settori del welfare, della cultura e dell'ambiente d'intesa con le Fondazioni bancarie e gli Enti locali, con trasparenti modalità di assegnazione e di verifica nonché ad intraprendere ogni iniziativa finalizzata:
a) a garantire che nel processo di cessione delle Nuove Banche venga assicurato il mantenimento dei livelli occupazionali e che sia pertanto inserita nei Capitolati di accordo la «clausola sociale» salvaguardando i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, per tutto il personale dei Gruppi bancari verrà interessato al passaggio di proprietà verso i nuovi soggetti societari;
b) favorire l'emissione, da parte degli Istituti di Credito che acquisiranno le nuove Banche-ponte, di obbligazioni o di azioni riservate, con condizioni di particolare favore, per i piccoli risparmiatori, obbligazionisti non garantiti ed azionisti, già investitori nelle Banche in risoluzione;
è in corso la valutazione delle dichiarazioni di interesse per l'acquisizione delle Banche in risoluzione e che, anche alla luce del contenuto del decreto-legge n. 59 del 2016, si rendono necessari interventi, anche non normativi, che diano fattiva attenzione e concrete risposte anche a quell'ampia platea di risparmiatori che hanno subito pesanti perdite a seguito dell'acquisto di strumenti finanziari; è notizia recente che per la Cassa di Risparmio di Cesena che versa in difficoltà analoghe a quelle delle Banche poste in risoluzione nel 2015 è previsto l'intervento del Fondo Interbancario (che di fatto garantirà l'aumento di capitale) a differenza di quanto accaduto per Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca dell'Etruria e Cassa di Risparmio di Teramo il che dà la garanzia agli azionisti di mantenere un valore residuo dei propri investimenti e di recuperarli attraverso l'assegnazione dei «warrant»;
è ancor più necessario perciò intraprendere azioni che trattino i risparmiatori delle Banche a rischio default in modo uguale,
impegna il Governo
ad intraprendere iniziative finalizzate sia alla salvaguardia dei livelli occupazionali delle Banche in risoluzione sia alla cessione delle Banche-ponte a favore di acquirenti che si impegnino a riservare condizioni agevolate per l'acquisto di azioni e/o la sottoscrizione di obbligazioni a beneficio di tutti i risparmiatori, privati e istituzionali, che hanno subito perdite derivanti dal possesso degli strumenti finanziari di cui all'articolo 8, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 59 del 2016.
9/3892/20. Carrescia.
La Camera,
premesso che:
il decreto di legge di cui al disegno di legge di conversione in epigrafe, all'articolo 2, introduce il cosiddetto «patto marciano», in quanto disciplina il finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari sospensivamente condizionato, prevedendo anche che detto patto possa essere stipulato in senso retroattivo;
più precisamente, all'articolo 2 del decreto-legge di cui al disegno di conversione in epigrafe si prevede che: a) il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca – o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamento nei confronti del pubblico – possa essere garantito dal trasferimento della proprietà di un immobile, o di un altro diritto immobiliare, dell'imprenditore o di un terzo in favore del creditore o di un società controllata o collegata che sia autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari; b) suddetto trasferimento si verifica in caso di inadempimento del debitore, nel qual caso al proprietario deve essere corrisposta l'eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l'ammontare del debito inadempiuto e delle spese di trasferimento; c) il patto di cui alla lettera a) può essere stipulato al momento della conclusione del contratto di finanziamento o, anche per i contratti in corso alla data di entrata in vigore della disposizione in epigrafe, per atto notarile, in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali; d) qualora il finanziamento sia già garantito da ipoteca, il trasferimento sospensivamente condizionato all'inadempimento, una volta trascritto, prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite successivamente all'iscrizione ipotecaria;
le proposte di cui ai punti precedenti sono volte, palesemente, a velocizzare il recupero crediti, per un verso, e a facilitare l'accesso al credito, per l'altro;
le disposizioni di cui alla proposta in epigrafe sono di particolare complessità tecnica, ragion per cui, se non conosciute in maniera adeguata dai potenziali beneficiari, esse non consentono un adeguato conseguimento degli obiettivi di cui ai punti precedenti;
in particolare, pare opportuno garantire un adeguato supporto informativo ai piccoli imprenditori in difficoltà,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di fare quanto di propria competenza per avviare una campagna informativa sull'abolizione del divieto del cosiddetto «patto marciano», anche attraverso specifici accordi con le associazioni più rappresentative del mondo imprenditoriale, prevedendo, se del caso, l'istituzione di centri di assistenza telefonica e telematica, che provvedano a fornire ogni informazione in merito alle disposizioni contenute nel decreto di legge di cui al disegno di legge di conversione in epigrafe, in particolare per quel che riguarda le opportunità in esso presenti per i piccoli imprenditori in difficoltà.
9/3892/21. Gregorio Fontana, Palese.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in via di conversione contiene al Capo I misure di sostegno alle imprese e di accelerazione del recupero crediti e introduce all'articolo 1 l'istituto del pegno mobiliare non possessorio, tramite cui gli imprenditori possono garantire i crediti concessi a loro o a terzi;
si prevede tra l'altro che il pegno non possessorio produca effetto nei confronti dei terzi solo con l'iscrizione in un apposito registro informatizzato costituito presso l'Agenzia delle Entrate;
le operazioni di iscrizione, consultazione, modifica, rinnovo o cancellazione presso il registro andranno stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, da emanarsi entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente disegno di legge di conversione;
appare necessario favorire la più ampia e approfondita possibilità di consultazione del suddetto registro, soprattutto da parte dei soggetti terzi (es. lavoratori dipendenti, collaboratori, fornitori), affinché possano determinarsi nella maniera più informata e consapevole rispetto all'opportunità o meno di intrattenere rapporti contrattuali e commerciali con l'imprenditore datore del pegno,
impegna il Governo
ad attivarsi affinché il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero della giustizia adottino il decreto nei termini previsti e stabiliscano modalità di consultazione del registro informatico idonee ad assicurare la più ampia e agevole conoscibilità delle informazioni relative ai pegni non possessori costituiti dagli imprenditori.
9/3892/22. Giuseppe Guerini.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si propone, tra gli altri, l'obiettivo di far ottenere ai cittadini il corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari, al netto degli oneri e spese connessi all'operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici parametri;
non si è però presa in considerazione la possibilità di inserire nell'ordinamento giuridico norme assenti, che ad avviso dei sottoscrittori sono state una concausa della situazione che si è verificata;
ci si riferisce alla necessità di emanare una norma che possa garantire al pubblico la disponibilità di uno strumento ulteriore di conoscenza e autotutela per mettersi al riparo dai rischi legati ad acquisti di titoli per fini di investimento o di risparmio, anche in attuazione dell'articolo 47 della costituzione,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative volte a inserire chiare e sintetiche indicazioni relative agli scenari probabilistici nel prospetto informativo destinato al pubblico.
9/3892/23. Andrea Maestri, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco.
La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria ed il credit crunch hanno pregiudicato la stabilità del sistema economico e produttivo italiano. Altresì l'assenza di una vigilanza efficiente ha agevolato il diffondersi di dubbie circostanze di conflitto di interessi da parte degli organi di amministrazione e controllo delle banche nelle fasi di erogazione del credito alterando irragionevolmente l'equilibrio del mercato;
l'entrata a regime delle nuove regole contabili imposte da Basilea III ridurranno ulteriormente il volume complessivo di investimenti delle banche verso il sistema produttivo – in particolar modo – dell'economia reale;
la congiuntura di queste condizioni, comporterà un aumento delle difficoltà delle imprese e delle famiglie italiane nel garantire una regolarità dei propri impegni economici e – soprattutto – un aumento delle segnalazioni degli insoluti alla Centrale dei Rischi;
sarebbe quindi opportuno istituire un Fondo rotativo di garanzia riservato agli imprenditori segnalati nella Centrale dei Rischi istituita ai sensi della delibera CICR del 29 marzo 1994 al fine di evitare l'acuirsi della instabilità del sistema economico e produttivo italiano,
impegna il Governo
ad istituire un Fondo rotativo di garanzia riservato agli imprenditori segnalati nella Centrale dei Rischi istituita ai sensi della delibera CICR del 29 marzo 1994.
9/3892/24. Pesco.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 qualifica «investitori» delle Banche poste in liquidazione (Cassa di risparmio di Ferrara, Banca Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Chieti) coloro i quali hanno acquistato strumenti finanziari subordinati (cosiddette obbligazioni subordinate) nell'ambito di un rapporto negoziale diretto con la Banca in liquidazione;
la previsione del rapporto negoziale diretto con la Banca in liquidazione esclude l'indennizzo di ogni strumento finanziario sottoscritto nell'ambito di un rapporto negoziale indiretto, ovverosia «acquistato» nel mercato finanziario secondario. Altresì per l'accesso al Fondo per l'erogazione dell'indennizzo forfettario sono previsti due requisiti:
a) un patrimonio mobiliare di proprietà dell'investitore di valore inferiore a 100 mila euro;
b) un reddito complessivo dell'investitore – relativo al 2014 – inferiore a 35 mila euro;
le limitazioni previste dalle disposizioni del suddetto articolo implicano una grave violazione del principio di eguaglianza e ragionevolezza tutelato dall'articolo 3 della Costituzione e di fatto escludono dall'indennizzo un ampio novero di risparmiatori con pregiudizievoli conseguenze sul piano economico e sociale;
l'articolo 9 prevede un indennizzo forfettario pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati. L'istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario non consente di accedere alla procedura arbitrale. Si ricorda che il Direttore generale della Banca d'Italia, in seguito all'avvio della procedura di risoluzione delle suddette banche, ha postulato la necessità di un intervento normativo al fine di vietare la sottoscrizione di strumenti finanziari rischiosi – tra cui le obbligazioni subordinate – presso gli sportelli bancari. Tali dichiarazioni lasciano intendere che le obbligazioni subordinate sottoscritte dai risparmiatori non siano coerenti con il profilo di rischio personale degli stessi e per tal motivo sarebbe opportuno riservarne la sottoscrizione agli investitori istituzionali ovvero ai professionisti del settore. Sulla base di tali osservazioni, la proposta di sottoscrizione a famiglie e pensionati di strumenti finanziari altamente rischiosi, la procedura di risoluzione e la conseguente riduzione del valore degli strumenti finanziari delle Banche poste in liquidazione, la previsione di un indennizzo forfettario pari al solo 80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari violano, nel loro complesso, l'articolo 47 della Costituzione il quale prevede che: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito»;
la poca efficienza delle Istituzioni di Vigilanza – Banca d'Italia e Consob – e la distribuzione di strumenti finanziari altamente rischiosi tramite il sistema bancario rappresenta un grave pericolo per la stabilità economica e sociale dei piccoli risparmiatori e delle famiglie italiane. Per tal motivo sarebbe opportuno valutare una separazione delle attività bancarie commerciali da quelle speculative. La separazione consentirà di tutelare le attività finanziarie di deposito e di credito inerenti l'economia reale e differenziarle da quelle legate all'investimento e alla speculazione nei mercati finanziari nazionali e internazionali;
i problemi nel sistema bancario e creditizio sono nati proprio quando le banche hanno smesso di svolgere la tradizionale attività bancaria ed hanno cominciato a porre in essere rischioso operazioni di trading speculativo. Per questo motivo bisogna ritornare – con estrema urgenza – alla netta separazione tra banche commerciali e banche d'investimento: le prime devono limitarsi a raccogliere il denaro dei risparmiatori ed investirlo nell'economia reale, le seconde possono dedicarsi ad operazioni di trading speculativo senza utilizzare il risparmio delle famiglie e dei pensionati,
impegna il Governo
ad assumere ogni genere di ulteriore iniziativa volta a separare le attività bancarie commerciali dalle attività di investimento speculativo.
9/3892/25. Villarosa.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 introduce l'istituto del pegno mobiliare non possessorio prevedendo la possibilità per le imprese di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti (presenti o futuri, determinati o indeterminabili) relativi all'esercizio dell'attività d'impresa;
il pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili anche immateriali destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti l'esercizio d'impresa fatta eccezione dei beni mobili registrati;
a pena di nullità, il contratto costitutivo del pegno non possessorio deve essere redatto in forma scritta ed indicare i dati relativi al creditore, debitore, bene conferito in garanzia, credito garantito e l'importo massimo garantito. La durata dell'iscrizione del pegno è di dieci anni, prima del termine dei quali può essere rinnovata;
a pena di nullità, il contratto costitutivo del pegno non possessorio deve essere redatto in forma scritta ed indicare i dati relativi al creditore, debitore, bene conferito in garanzia, credito garantito e l'importo massimo garantito. La durata dell'iscrizione del pegno è di dieci anni, prima del termine dei quali può essere rinnovata;
presso l'Agenzia delle entrate è istituito un registro denominato «Registro dei pegni non possessori» strumentale all'iscrizione del pegno utile, a sua volta, all'opposizione a terzi e nelle procedure concorsuali;
il comma 7 dell'articolo 1 prevede che l'escussione del pegno si determini al verificarsi di «un evento». Tale previsione risulta eccessivamente generica e poco ragionevole in considerazione della posizione contrattuale dominante della banca. Per tali ragioni risulta opportuno modificare la disposizione del citato comma 7 limitando l'avvio della procedura di escussione del pegno ai soli casi indicati nel contratto ed iscritti nel Registro dei pegni non possessori,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della norma citata, al fine di assumere ogni genere di iniziativa volta a limitare l'avvio della procedura di escussione del pegno al verificarsi delle sole condizioni previste dal contratto ed inserite nel Registro dei pegni non possessori.
9/3892/26. Alberti, Pesco.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 introduce l'istituto del pegno mobiliare non possessorio prevedendo la possibilità per le imprese di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti (presenti o futuri, determinati o indeterminabili) relativi all'esercizio dell'attività d'impresa;
il pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili anche immateriali destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti l'esercizio d'impresa fatta eccezione dei beni mobili registrati;
a pena di nullità, il contratto costitutivo del pegno non possessorio deve essere redatto in forma scritta ed indicare i dati relativi al creditore, debitore, bene conferito in garanzia, credito garantito e l'importo massimo garantito. La durata dell'iscrizione del pegno è di dieci anni, prima del termine dei quali può essere rinnovata;
a pena di nullità, il contratto costitutivo del pegno non possessorio deve essere redatto in forma scritta ed indicare i dati relativi al creditore, debitore, bene conferito in garanzia, credito garantito e l'importo massimo garantito. La durata dell'iscrizione del pegno è di dieci anni, prima del termine dei quali può essere rinnovata;
presso l'Agenzia delle entrate è istituito un registro denominato «Registro dei pegni non possessori» strumentale all'iscrizione del pegno utile, a sua volta, all'opposizione a terzi e nelle procedure concorsuali;
il comma 7 dell'articolo 1 prevede che l'escussione del pegno si determini al verificarsi di «un evento». Tale previsione risulta eccessivamente generica e poco ragionevole in considerazione della posizione contrattuale dominante della banca. Per tali ragioni risulta opportuno modificare la disposizione del citato comma 7 limitando l'avvio della procedura di escussione del pegno ai soli casi indicati nel contratto ed iscritti nel Registro dei pegni non possessori,
impegna il Governo
a definire in maniera precisa e verificabile quale sia la natura dell'evento previsto.
9/3892/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Alberti, Pesco.
La Camera,
premesso che:
la SGA s.p.a. (Società per la gestione di Attività) è stata istituita nel quadro della procedura di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli e rappresenta la bad bank alla quale è stata affidata la gestione delle sofferenze del medesimo Banco di Napoli. La SGA ha altresì acquistato crediti e attivi dall'ISVEIMER SpA (Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale);
da fonti stampa si apprende che la SGA abbia recuperato circa il 90 per cento dei crediti in sofferenza e disponga di 484 milioni di euro tra cassa e disponibilità liquide e 238 milioni di euro di crediti. Il decreto-legge in corso di conversione dispone il trasferimento delle azioni della SGA al valore nominale non superiore di 600 mila euro al Ministero dell'economia e delle finanze;
al fine di consentire un rilancio economico delle imprese ubicate nelle aree sottoutilizzate e depresse sarebbe opportuno destinare una quota delle citate risorse all'acquisto di crediti in sofferenza delle medesime imprese,
impegna il Governo
ad assumere ogni genere di iniziativa volta a destinare una quota delle risorse disponibili della SGA all'acquisto di crediti in sofferenza delle imprese ubicate nelle aree sottoutilizzate coincidenti con l'ambito territoriale delle aree depresse di cui alla legge 30 giugno 1998, n. 208.
9/3892/27. Pisano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al piano olivicolo nazionale.
9/3892/28. Cariello, Palese.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone la possibilità, da parte della banca, di entrare in possesso dell'immobile posto in garanzia di un finanziamento, in caso non vengano pagate tre rate (anche non consecutive) per un periodo superiore a 9 mesi. Questo «metodo accelerato» non può valere, però, se il bene ipotecato è l'abitazione del debitore;
nel caso in cui la rata non abbia scadenza mensile, l'inadempienza può scattare anche per il mancato rispetto di una singola scadenza, fermo restando il termine di sei mesi per rientrare dal mancato pagamento. Il pignoramento dell'immobile da parte dell'istituto di credito non sarà, comunque, automatico. E toccherà proprio a quest'ultimo definire le procedure. Un perito dovrà farne la valutazione;
la nuova norma potrà anche essere inserita nei contratti in essere, con una rinegoziazione degli stessi, si ricorda però che molte imprese hanno difficoltà di accedere al credito anche perché la Pubblica amministrazione continua ad essere deficitaria nei tempi di pagamento a favore delle imprese. Infatti lo stock di debito rimane ancora molto elevato, poiché la nostra P.A. continua a pagare con forte ritardo rispetto a quanto previsto dalla Direttiva europea introdotta nel 2013. Infatti sebbene i tempi di pagamento nell'ultimo anno siano scesi mediamente di 21 giorni, secondo Intrum Justitia nel 2015 la nostra Pa si conferma la peggiore pagatrice d'Europa, visto che salda mediamente i propri fornitori dopo 144 giorni, contro i 34 giorni medi che si registrano in UE;
sarebbe giusto non applicare una procedura così semplificata a quelle imprese che sono creditrici nei confronti della pubblica amministrazione,
impegna il Governo
ad adottare un'opportuna iniziativa normativa al fine di prevedere l'esclusione della procedura disposta dal comma 5 dell'articolo 2 nei confronti delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della P.A.
9/3892/29. Crippa.
La Camera,
premesso che:
il decreto in esame introduce una serie di misure che si inseriscono nell'ampia strategia di rafforzamento del sistema bancario nazionale e di sostegno alle imprese, al fine di consolidare la ripresa economica anche favorendo il buon funzionamento del sistema creditizio;
per i contratti stipulati tra istituti finanziari e imprese l'articolo 2 introduce la facoltà di ricorrere al cosiddetto «patto marciano», ossia la possibilità che nel caso di finanziamento garantito da proprietà immobiliari (diverse dalla residenza dell'imprenditore) o da altri diritti reali immobiliari, le partì possano stipulare un contratto di cessione del bene stesso, che diviene efficace in caso di inadempimento del debitore;
la richiamata disciplina si applica anche ai contratti in vigore, successivamente ad una rinegoziazione; in caso di inadempimento al pagamento, il creditore può attivare la procedura per rivalersi sul diritto immobiliare posto a garanzia, notificando la volontà al debitore, o al titolare del diritto reale immobiliare, di avvalersi degli effetti del patto di trasferimento, chiedendo al presidente del tribunale la nomina di un perito per la stima del diritto immobiliare reale oggetto del patto;
al fine di innovare la normativa vigente, viene dunque introdotto nel Testo unico bancario (TUB, decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385) l'articolo 48-bis, che prevede che il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico ai sensi dell'articolo 106 possa essere garantito dal trasferimento della proprietà di un immobile, o di un altro diritto immobiliare, dell'imprenditore o di un terzo, in favore del creditore o di una società controllata o collegata che sia autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari;
l'articolo 48-bis del TUB non contempla espressamente se tra i soggetti finanziari che possono prendere parte ad un contratto che preveda il patto marciano figurino le società veicolo per la cartolarizzazione dei crediti (SPV) di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130; la non inclusione nella previsione normativa delle SPV mal si concilia con le novità introdotte dal «Decreto Competitività» (decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazione dalla legge 11 agosto 2014, n. 116) che attiva a favore delle piccole e medie imprese canali di finanziamento alternativi a quelli bancari, consentendo alle SPV di concedere finanziamenti;
l'estensione dell'istituto del patto marciano anche in caso di finanziamenti concessi alle piccole e medie imprese da parte delle SPV accrescerebbe l'efficacia di tali canali di finanziamento alternativi e costituirebbe inoltre un supporto al meccanismo delle GACS, le garanzie pubbliche sulle sofferenze – come disciplinato dal decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 8 aprile 2016, n. 49 – finalizzato ad agevolare lo smobilizzo dei crediti in sofferenza dai bilanci delle banche italiane,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative – normative, di rango secondario o di chiarimento – volte ad estendere l'utilizzo dell'istituto del «patto marciano» su beni immobili di cui all'articolo 2 del decreto in esame anche in caso di finanziamenti alle imprese concessi da parte delle società veicolo per la cartolarizzazione dei crediti (SPV) di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130.
9/3892/30. Fregolent, Palese.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame ha disciplinato il finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari, sospensivamente condizionato. In caso di inadempimento del debito, il creditore può attivare la procedura per rivalersi sul diritto immobiliare posto a garanzia, notificando la volontà al debitore o al titolare del diritto reale immobiliare di avvalersi degli effetti del patto di trasferimento chiedendo al presidente del tribunale del luogo dove si trova l'immobile la nomina di un perito per la stima del diritto immobiliare reale oggetto del patto. Il trasferimento può avvenire anche quando il diritto reale immobiliare è sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione. Ai fini del concorso tra i creditori, il patto a scopo di garanzia è equiparato all'ipoteca;
la norma ci appare incompleta perché non tutela il debitore al momento della concessione del finanziamento. Infatti non è precisato il delicato problema della sproporzione tra il valore del finanziamento e quello del bene dato in garanzia, quando viene stipulato il contratto. Una volta entrata a regime la norma, potrebbe verificarsi che il valore del bene dato in garanzia possa essere molto più elevato di quello del finanziamento concesso, non disciplinando l'equilibrio al momento fondamentale e decisivo della confezione del contratto tra il valore della res data in garanzia ed il finanziamento concesso; non valutandovi quel momento la relativa e sottesa proporzionalità, si sposta solo al momento successivo della vendita la tutela del debitore, che perderà l'immobile e dovrà accontentarsi della sola eccedenza, scaturita dalla cautela marciana,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare eventuali nuove iniziative volte a precisare che il trasferimento debba essere convenuto in relazione a immobili il cui valore sia proporzionato rispetto al finanziamento concesso prevedendo, in una fase antecedente l'erogazione del finanziamento, che il debitore e il creditore debbano stimare il valore dell'immobile e che il valore dell'immobile risulti non superiore al doppio del finanziamento concesso.
9/3892/31. (Versione corretta)Civati, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco, Palese.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento prevede la nomina di un perito, qualora il creditore voglia avvalersi del patto di trasferimento, in suo favore o di una società dallo stesso controllata o al medesimo collegata e autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore,
impegna il Governo
a prevedere attraverso ulteriori iniziative normative l'estensione al perito nominato, delle norme del codice penale riguardanti la responsabilità dei pubblici ufficiali.
9/3892/32. Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede che, a fronte della richiesta di documenti avanzata nei confronti della banca in liquidazione e della nuova banca, necessari all'investitore per presentare l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario, le suddette banche devono fornire la documentazione entro quindici giorni dalla richiesta;
l'investitore richiedente tuttavia non è idoneamente garantito sulla tempestività della trasmissione della documentazione a lui necessaria per avanzare la richiesta di indennizzo forfetario,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che le banche di cui all'articolo 8, comma 1, lettere b) e c), siano tenute a consegnare copia dei documenti richiesti all'investitore, entro sette giorni dalla data della sua richiesta e, in caso di inadempimento nei termini, di prevedere una responsabilità delle suddette banche, in solido e per l'intero, a versare all'investitore la somma oggetto dell'investimento.
9/3892/33. Baldassarre, Artini, Bechis, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede che il patto di trasferimento può essere stipulato al momento della conclusione del contratto di finanziamento o, anche per i contratti in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento stesso, per atto notarile, in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il patto di trasferimento, qualora sia stipulato in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali, contenga però condizioni più vantaggiose per il debitore.
9/3892/34. Turco, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede che il patto di trasferimento può essere stipulato al momento della conclusione del contratto di finanziamento o, anche per i contratti in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento stesso, per atto notarile, in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il patto di trasferimento, qualora sia stipulato in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali, contenga però condizioni più vantaggiose per il debitore.
9/3892/34. (Testo modificato nel corso della seduta) Turco, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame ha introdotto il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca, o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico che, deve essere iscritto all'albo degli intermediari autorizzati dalla Banca d'Italia. Il contratto può essere garantito dal trasferimento della proprietà di un immobile, o di un altro diritto immobiliare, dell'imprenditore o di un terzo, in favore del creditore o di una società controllata o collegata che sia autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari. Tale trasferimento si verifica in caso di inadempimento del debitore. La nota di trascrizione del trasferimento sospensivamente condizionato deve l'importo della somma per la quale l'iscrizione è presa; gli interessi e le annualità che il credito produce; il tempo della esigibilità;
appare utile precisare che una eventuale contestazione sulla stima, che potrebbe nascere anche per una sproporzione tra i valori in contesa, il creditore non possa ottenere la proprietà dell'immobile se non dopo un accertamento giurisdizionale,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare eventuali nuove iniziative volte a precisare che qualora il debitore contesti la stima, il creditore ha diritto di conseguire la proprietà dell'immobile ed il debitore la dovuta eccedenza, solo dopo l'accertamento della fondatezza della contestazione delibata opportunamente dal giudice che ha nominato il perito.
9/3892/35. Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Segoni, Turco.
La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni è aumentato il numero degli investitori che operano nei mercati finanziari, e negli istituti di credito, alle tradizionali attività alla clientela, si è sovrapposta una moltitudine di complessi servizi e strumenti finanziari, finalizzati ad investimenti fortemente speculativi;
l'andamento dei mercati finanziari ed i recenti crack bancari hanno messo in luce l'esigenza di adottare incisive iniziative a tutela dei risparmiatori/investitori non professionisti, per garantire una maggiore trasparenza e accessibilità ai dati informativi, sia sulle caratteristiche dei prodotti offerti che sulla solidità degli istituti bancari e finanziari. Ciò affinché vi sia maggiore consapevolezza nelle operazioni finanziarie poste in essere dai risparmiatori/investitori, anche considerando che troppo spesso gli stessi operatori del settore hanno proposto ed indotto ad acquistare dei prodotti finanziari assolutamente inadeguati al profilo di propensione al rischio del cliente; al riguardo, in alcuni casi, sussisteva addirittura la mala fede degli operatori che, anche su direttive dei vertici dell'istituto di credito, hanno offerto servizi finanziari con l'obiettivo primario di piazzare prodotti ritenuti «tossici»;
considerato che:
l'assenza di adeguate iniziative a tutela dei risparmiatori, appare evidente non solo nei fenomeni eclatanti che hanno comportato perdite diffuse anche a causa di condotte fraudolente, ma altresì dal l'insufficiente livello di cultura e informazione finanziaria promosso in Italia, che risulta tra i più bassi dell'Unione europea;
ritenuto che:
sia necessario garantire più validi sistemi di controllo a salvaguardia dei risparmiatori ed iniziative che consentano agli organi, che hanno specifici mandati di vigilanza del mercato azionario e del sistema bancario, di essere più efficaci ed efficienti,
impegna il Governo:
ad assumere ogni idonea iniziativa per garantire una maggiore tutela dei risparmiatori, anche prevedendo che:
la Banca d'Italia pubblichi periodicamente i dati informativi sulla solidità di tutti gli istituti bancari e finanziari che operano sul territorio nazionale, in modo trasparente e comprensibile, affinché tali informative siano chiare e agevolmente accessibili anche per gli utenti investitori non professionisti;
i prospetti informativi relativi alla compravendita di prodotti finanziari siano adeguatamente semplificati, affinché ogni prodotto d'investimento sia rappresentato in una trasparente, comprensibile ed esaustiva scheda di sintesi, che ne descriva le caratteristiche e, in particolare, il grado di rischio;
sia rafforzata la vigilanza preventiva nell'erogazione dei servizi bancari e finanziari, al fine di escludere condotte non corrette da parte degli operatori del settore, come nei casi in cui la concessione di mutui e di finanziamenti sia stata subordinata all'acquisto da parte del cliente di azioni, obbligazioni e polizze;
la Commissione nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) accerti su istanza del risparmiatore la conformità del profilo di rischio dello stesso al prodotto finanziario;
sia promossa la trasparenza dei prodotti bancari e finanziari e sia diffusa un'adeguata cultura finanziaria presso i risparmiatori italiani, valutando a tali fini di istituire un apposita agenzia per la tutela del risparmio.
9/3892/36. Rizzetto, Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro, Palese.
La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni è aumentato il numero degli investitori che operano nei mercati finanziari, e negli istituti di credito, alle tradizionali attività alla clientela, si è sovrapposta una moltitudine di complessi servizi e strumenti finanziari, finalizzati ad investimenti fortemente speculativi;
l'andamento dei mercati finanziari ed i recenti crack bancari hanno messo in luce l'esigenza di adottare incisive iniziative a tutela dei risparmiatori/investitori non professionisti, per garantire una maggiore trasparenza e accessibilità ai dati informativi, sia sulle caratteristiche dei prodotti offerti che sulla solidità degli istituti bancari e finanziari. Ciò affinché vi sia maggiore consapevolezza nelle operazioni finanziarie poste in essere dai risparmiatori/investitori, anche considerando che troppo spesso gli stessi operatori del settore hanno proposto ed indotto ad acquistare dei prodotti finanziari assolutamente inadeguati al profilo di propensione al rischio del cliente; al riguardo, in alcuni casi, sussisteva addirittura la mala fede degli operatori che, anche su direttive dei vertici dell'istituto di credito, hanno offerto servizi finanziari con l'obiettivo primario di piazzare prodotti ritenuti «tossici»;
considerato che:
l'assenza di adeguate iniziative a tutela dei risparmiatori, appare evidente non solo nei fenomeni eclatanti che hanno comportato perdite diffuse anche a causa di condotte fraudolente, ma altresì dal l'insufficiente livello di cultura e informazione finanziaria promosso in Italia, che risulta tra i più bassi dell'Unione europea;
ritenuto che:
sia necessario garantire più validi sistemi di controllo a salvaguardia dei risparmiatori ed iniziative che consentano agli organi, che hanno specifici mandati di vigilanza del mercato azionario e del sistema bancario, di essere più efficaci ed efficienti,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di assumere ogni idonea iniziativa per garantire una maggiore tutela dei risparmiatori, anche prevedendo che:
la Banca d'Italia pubblichi periodicamente i dati informativi sulla solidità di tutti gli istituti bancari e finanziari che operano sul territorio nazionale, in modo trasparente e comprensibile, affinché tali informative siano chiare e agevolmente accessibili anche per gli utenti investitori non professionisti;
i prospetti informativi relativi alla compravendita di prodotti finanziari siano adeguatamente semplificati, affinché ogni prodotto d'investimento sia rappresentato in una trasparente, comprensibile ed esaustiva scheda di sintesi, che ne descriva le caratteristiche e, in particolare, il grado di rischio;
sia rafforzata la vigilanza preventiva nell'erogazione dei servizi bancari e finanziari, al fine di escludere condotte non corrette da parte degli operatori del settore, come nei casi in cui la concessione di mutui e di finanziamenti sia stata subordinata all'acquisto da parte del cliente di azioni, obbligazioni e polizze;
la Commissione nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) accerti su istanza del risparmiatore la conformità del profilo di rischio dello stesso al prodotto finanziario;
sia promossa la trasparenza dei prodotti bancari e finanziari e sia diffusa un'adeguata cultura finanziaria presso i risparmiatori italiani, valutando a tali fini di istituire un apposita agenzia per la tutela del risparmio.
9/3892/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzetto, Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro, Palese.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 11 viene introdotto un canone dovuto dalle banche ai fini del riconoscimento delle imposte differite attive iscritte in bilancio;
la norma stabilisce l'efficacia della disciplina del canone DTA dal 2015 al 2029, disallineandosi rispetto alle indicazioni pervenute in sede comunitaria e adottate in Spagna, che ne contemplano l'applicazione dal 2016, e conseguentemente, la piena computabilità nel patrimonio di vigilanza delle DTA convertibili già in sede di primo bilancio infrannuale successivo (semestrale 2016 per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare);
è comunque necessario assicurare il mantenimento del gettito previsto, e garantire l'invarianza di effetti finanziari,
impegna il Governo
ad adottare, nel primo provvedimento utile, una modifica della norma che ne preveda l'applicazione dal 2016 al 2030.
9/3892/37. Abrignani.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 11 viene introdotto un canone dovuto dalle banche ai fini del riconoscimento delle imposte differite attive iscritte in bilancio;
il meccanismo di determinazione del canone per le DTA Convertibili, prevedendo che il canone si applichi alla differenza tra l'ammontare delle DTA convertibili e le imposte «versate» è suscettibile di ingenerare un'ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti italiani privi di controllate comunitarie e soggetti italiani con controllate comunitarie;
il meccanismo predetto non tiene conto della norma di cui all'articolo 4 (e dei considerando 3, 7 e 11) della Direttiva 2011/96/EU del 30 novembre 2011 che, in applicazione dei principi di libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali, elimina la doppia imposizione internazionale esentando i dividendi di fonte estera, nel presupposto che tali dividendi hanno già assolto le imposte sul reddito nel Paese dal quale provengono;
escludere dal calcolo le imposte assolte dalle controllate estere equivale ad ignorare che tali imposte sono state effettivamente «versate» all'estero dalla controllata, e correttamente riconosciute dal fisco italiano in base alla regolamentazione comunitaria;
è necessario prevenire ogni possibile forma di violazione di norme comunitarie che possa esporre a procedure di infrazione,
impegna il Governo
ad adottare, nel primo provvedimento utile, una modifica della norma che ne preveda la conformità ai principi di libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali, e al divieto di doppia imposizione di cui all'articolo 4 (e dei considerando 3, 7 e 11) della Direttiva 2011/96/EU del 30 novembre 2011, riconoscendo, nel calcolo delle imposte versate, in via figurativa, anche le imposte corrispondenti alle variazioni in diminuzione relative ai dividendi esteri.
9/3892/38. D'Alessandro.
La Camera,
premesso che:
la SGA s.p.a. (Società per la gestione di Attività) è stata istituita nel quadro della procedura di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli e rappresenta la bad bank alla quale è stata affidata la gestione delle sofferenze del medesimo Banco di Napoli. La SGA ha altresì acquistato crediti e attivi dall'ISVEIMER SpA (Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale);
da fonti stampa si apprende che la SGA abbia recuperato circa il 90 per cento dei crediti in sofferenza e disponga di 484 milioni di euro tra cassa e disponibilità liquide e 238 milioni di euro di crediti. Il decreto-legge in corso di conversione dispone il trasferimento delle azioni della SGA al valore nominale non superiore di 600 mila euro al Ministero dell'economia e delle finanze;
al fine di consentire un rilancio economico delle imprese ubicate nelle aree sottoutilizzate e depresse sarebbe opportuno destinare una quota delle citate risorse all'acquisto di crediti in sofferenza delle medesime imprese,
impegna il Governo
ad assumere ogni genere di iniziativa volta a destinare una quota delle risorse disponibili della SGA all'acquisto di partecipazioni ed altre attività finanziarie di imprese ubicate nelle aree sottoutilizzate coincidenti con l'ambito territoriale delle aree depresse di cui alla legge 30 giugno 1998, n. 208.
9/3892/39. Colonnese.
La Camera,
premesso che:
la SGA s.p.a. (Società per la gestione di Attività) cui fa riferimento l'articolo 7 del provvedimento in esame è stata istituita nel quadro della procedura di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli e rappresenta la bad bank alla quale è stata affidata la gestione delle sofferenze del medesimo Banco di Napoli. La SGA ha altresì acquistato crediti e attivi dall'ISVEIMER SpA (Istituto per lo sviluppo economico dell'Italia meridionale);
da fonti stampa si apprende che la SGA abbia recuperato circa il 90 per cento dei crediti in sofferenza e disponga di 484 milioni di euro tra cassa e disponibilità liquide e 238 milioni di euro di crediti. Il decreto-legge in corso di conversione dispone il trasferimento delle azioni della SGA al valore nominale non superiore di 600 mila euro al Ministero dell'economia e delle finanze,
impegna il Governo
al fine di evitare fenomeni distorsivi della concorrenza, a valutare gli effetti applicativi della normativa richiamata, allo scopo di adottare ulteriori iniziative normative volte a vietare alla società S.G.A. Spa, successivamente all'acquisizione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di acquistare crediti, in modo diretto o indiretto, di società partecipate, in modo diretto o indiretto, dal gruppo bancario e dalle relative società, che formalmente detenevano le azioni della S.G.A. Spa, prima del trasferimento al Ministero dell'economia e delle finanze.
9/3892/40. Corda.
La Camera,
premesso che:
la SGA spa (Società per la gestione di Attività), cui fa riferimento l'articolo 7 dei provvedimento in esame, è stata istituita nel quadro della procedura di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli e rappresenta la bad bank alla quale è stata affidata la gestione delle sofferenze del medesimo Banco di Napoli. La SGA ha altresì acquistato crediti e attivi dall'ISVEIMER Spa (Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale);
da fonti stampa si apprende che la SGA abbia recuperato circa il 90 per cento dei crediti in sofferenza e disponga di 484 milioni di euro tra cassa e disponibilità liquide e 238 milioni di euro di crediti. Il decreto-legge in corso di conversione dispone il trasferimento delle azioni della SGA al valore nominale non superiore di 600 mila euro al Ministero dell'economia e delle finanze,
impegna il Governo
al fine di evitare fenomeni distorsivi della concorrenza, a valutare gli effetti applicativi della normativa richiamata allo scopo di adottare ulteriori iniziative volte a vietare alla società SGA Spa, successivamente all'acquisizione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di acquistare partecipazioni ed altre attività finanziarie, in modo diretto o indiretto, in società o in fondi partecipati, in modo diretto o indiretto, dal gruppo bancario e dalle relative società, che formalmente detenevano le azioni della SGA Spa prima del trasferimento al Ministero dell'economia e delle finanze.
9/3892/41. De Lorenzis.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui al comma 431 della legge n. 147 del 2013.
9/3892/42. Baroni.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i lievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al ristoro integrale dei danni cagionati agli investitori coinvolti nelle procedure di risoluzione di Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Chieti e Cassa di risparmio di Ferrara.
9/3892/43. Basilio, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a relazionare annualmente alle Camere e alle Commissioni competenti in merito agli effetti finanziari derivanti dall'applicazione della norma.
9/3892/44. Battelli, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata al fine di adottare ulteriori iniziative volte ad aumentare la misura dell'aliquota ora fissata all'1,5 per cento, da ritenersi esigua rispetto ai vantaggi fiscali conseguiti dalla trasformazione delle DTA esistenti, evitando così di incorrere in ulteriori contestazioni in ambito comunitario in merito alla compatibilità con la normativa UE sugli aiuti di Stato.
9/3892/45. Benedetti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad escludere la deducibilità del canone dall'IRES e IRAP in quanto contraria alla ratio dell'intervento di modifica, volto a superare le contestazioni sollevate dalla Commissione UE in merito alla compatibilità con la normativa UE in tema di aiuti di Stato.
9/3892/46. Massimiliano Bernini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma;
quanto ai controlli in merito al versamento del canone, si rinvia alle disposizioni in materia di imposte sui redditi,
impegna il Governo
a introdurre un termine di decadenza più ampio rispetto a quelli ordinari ai fini dei controlli in merito all'accertamento delle sanzioni e alla riscossione del canone, considerato che la determinazione della base imponibile coinvolge i dati fiscali relativi ad annualità pregresse per le quali matureranno a breve i termini di decadenza dall'accertamento.
9/3892/47. Paolo Bernini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione VE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma;
quanto ai controlli in merito al versamento del canone, si rinvia alle disposizioni in materia di imposte sui redditi,
impegna il Governo
ad introdurre una specifica normativa per l'accertamento e la riscossione del canone in considerazione della specificità e complessità delle modalità di determinazione della base imponibile, coinvolgenti dati fiscali relativi a diverse annualità.
9/3892/48. Nicola Bianchi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione illustrativa chiarisce che, se i crediti d'imposta derivanti da DTA sono stati ceduti, le DTA trasformate continuano a rilevare in capo al cedente e non in capo al cessionario,
impegna il Governo
a specificare normativamente gli effetti della cessione dei crediti d'imposta, con particolare riferimento ai rapporti tra cedente e cessionario in ordine all'attribuzione delle DTA trasformate.
9/3892/49. Brescia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al Fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma;
quanto ai controlli in merito al versamento del canone, si rinvia alle disposizioni in materia di imposte sui redditi,
impegna il Governo
ad assumere ogni genere di iniziativa, anche di carattere normativo, volta a introdurre adeguate misure di controllo in merito alla corretta determinazione della base imponibile, al fine di evitare abusi ed elusioni della norma.
9/3892/50. Brugnerotto.
La Camera,
premesso che:
la SGA spa (Società per la gestione di Attività) è stata istituita nel quadro della procedura di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli e rappresenta la bad bank alla quale è stata affidata la gestione delle sofferenze del medesimo Banco di Napoli. La SGA ha altresì acquistato crediti e attivi dall'ISVEIMER SpA (Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale);
da fonti stampa si apprende che la SGA abbia recuperato circa il 90 per cento dei crediti in sofferenza e disponga di 484 milioni di euro tra cassa e disponibilità liquide e 238 milioni di euro di crediti. Il decreto-legge in corso di conversione dispone il trasferimento delle azioni della SGA al valore nominale non superiore di 600 mila euro al Ministero dell'economia e delle finanze;
il batterio patogeno noto come «Xylella Fastidiosa» ha contagiato diversi milioni di ulivi implicandone il relativo abbattimento e causando una grave crisi di questo strategico settore dell'agricoltura nazionale che, altresì, rappresenta una delle più importanti eccellenze italiane. Al fine di consentire un rilancio economico delle imprese e degli agricoltori interessati sarebbe opportuno destinare una quota delle risorse disponibili della SGA all'acquisto di crediti in sofferenza delle imprese e degli agricoltori che hanno subito danni economici dal suddetto batterio patogeno,
impegna il Governo
ad assumere ogni genere di iniziativa volta a destinare una quota delle risorse disponibili della SGA all'acquisto di crediti in sofferenza delle imprese e degli agricoltori che hanno subito danni economici dal batterio patogeno «Xylella Fastidiosa».
9/3892/51. L'Abbate, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
9/3892/52. Fantinati, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo Unico di Giustizia.
9/3892/53. Busto.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse all'incremento delle risorse destinate alla lotta alla contraffazione.
9/3892/54. Carinelli.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Thx Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo per l'ammodernamento delle strutture idriche.
9/3892/55. Caso.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE, in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo per il trasporto pubblico locale.
9/3892/56. Cecconi, Palese.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 2 del disegno di legge n. 3892 di conversione in legge del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione, viene introdotto nel nostro ordinamento giuridico il così detto «patto marciano», ossia un accordo tra cliente e il soggetto finanziatore relativo alla prestazione di garanzia a fronte di un finanziamento. Nello specifico la norma prevede che il contratto di finanziamento possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore. Tale trasferimento si intende sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore;
da un recente studio di Confedilizia emerge che i proprietari di immobili, per il quarto anno consecutivo, hanno subito, nel 2015, un livello di imposizione tributaria insostenibile: infatti, fra il 2012 ed il 2014 la proprietà immobiliare ha versato complessivamente circa 69 miliardi di euro di imposte di natura patrimoniale e il carico fiscale sugli immobili del 2014, con l'attuale Governo, dato da IMU e TASI, è stato di oltre 1 miliardo superiore rispetto a quello IMU 2012;
nonostante il taglio previsto dall'ultima legge di stabilità alla tassazione sulla prima casa, restano comunque insostenibili gli oneri tributari sostenuti dai contribuenti e il nostro Paese resta uno fra quelli europei con la più alta tassazione;
a ciò sì aggiunge una difficoltà sempre maggiore dei cittadini ad acquistare un immobile di proprietà a causa della disoccupazione e delle condizioni precarie dei contratti di lavoro a termine che impediscono un facile accesso al mutuo bancario ma soprattutto a causa dell'aumento dei tassi di interesse dei mutui causati dalla crisi finanziaria che stanno oberando in modo gravoso i risparmiatori;
negli anni di crisi, le banche italiane hanno registrato un boom dei pignoramenti e delle esecuzioni immobiliari, avviati in seguito all'impossibilità di molte famiglie di pagare i mutui. Come hanno denunciato Adusbef e Federconsumatori, soltanto tra il 2008 e il 2012 i pignoramenti e le esecuzioni sono aumentati del 97,8 per cento, con un ulteriore aumento, a dicembre del 2014, che ha sfiorato l'11 per cento rispetto all'anno precedente, come ha calcolato uno studio di Accord,
impegna il Governo
a prevedere un tavolo di concertazione tra il Governo, le associazioni di rappresentanza dei consumatori e gli istituti di credito al fine di studiare una soluzione alternativa al pignoramento e alle esecuzioni immobiliari volta alla rinegoziazione della proprietà in modo che il mutuatario in stato di necessità che non riesca più ad assolvere al rimborso dei capitale possa ottenere dall'istituto di credito di convertire la propria proprietà con un immobile di valore minore, il più vicino possibile al precedente domicilio, di cui riesca ad assolvere al pagamento del mutuo di conseguenza ridotto, lasciando alla banca la proprietà del primo immobile.
9/3892/57. Cristian Iannuzzi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo per la mobilità dolce.
9/3892/58. Cominardi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte difterite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DIA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo unico investimenti per la difesa del suolo e la tutela ambientale.
9/3892/59. Cozzolino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse all'implementazione del processo telematica.
9/3892/60. Da Villa.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo nazionale per l'efficienza energetica.
9/3892/61. Dadone.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo per il finanziamento del piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici.
9/3892/62. Daga.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse alla diffusione della mobilità sostenibile.
9/3892/63. D'Ambrosio.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse a iniziative miranti l'implementazione della banda larga gratuita a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale.
9/3892/64. De Rosa.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse a iniziative miranti la messa in sicurezza di siti a rischio idrogeologico.
9/3892/65. Del Grosso, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse a iniziative miranti la messa in sicurezza di siti a rischio vulcanico.
9/3892/66. Della Valle.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse a iniziative miranti la messa in sicurezza di siti a rischio sismico.
9/3892/67. Dell'Orco.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse ad iniziative miranti l'implementazione delle risorse a disposizione per la ricerca universitaria.
9/3892/68. Di Vita, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo unico per l'edilizia scolastica.
9/3892/69. Dieni.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse a iniziative miranti l'implementazione delle risorse a favore del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.
9/3892/70. D'Incà, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse a iniziative miranti l'implementazione delle risorse destinate alle aree protette.
9/3892/71. D'Uva.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse a iniziative miranti l'implementazione delle risorse destinate alla bonifica dall'amianto.
9/3892/72. Frusone.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse a misure volte a ridurre l'ammontare del debito pubblico italiano.
9/3892/73. Gagnarli, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) al fine di superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato;
in particolare, la normativa riguarda le DTA non caratterizzate dall'effettivo versamento di imposte (DTA di tipo 2) in relazione alle quali l'UE ha chiesto il pagamento di un canone per garantire la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato;
in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge;
l'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029;
la relazione tecnica quantifica in euro 224,3 milioni le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma,
impegna il Governo
a valutare le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 11 al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare una quota delle stesse al Fondo di Kyoto per i cambiamenti climatici.
9/3892/74. Gallinella.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 introduce l'istituto del pegno mobiliare non possessorio prevedendo la possibilità per le imprese di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti (presenti o futuri, determinati o indeterminabili) relativi all'esercizio dell'attività d'impresa; il pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili anche immateriali destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti l'esercizio d'impresa fatta eccezione dei beni mobili registrati;
a pena di nullità, il contratto costitutivo del pegno non possessorio deve essere redatto in forma scritta ed indicare i dati relativi al creditore, debitore, bene conferito in garanzia, credito garantito e l'importo massimo garantito. La durata dell'iscrizione del pegno è di dieci anni, prima del termine dei quali può essere rinnovata;
presso l'Agenzia delle entrate è istituito un registro denominato «Registro dei pegni non possessori» strumentale all'iscrizione del pegno utile, a sua volta, all'opposizione a terzi e nelle procedure concorsuali,
impegna il Governo
a presentare annualmente alle Camere una relazione in ordine all'applicazione e agli effetti derivanti dall'applicazione dell'articolo 1 del decreto in esame.
9/3892/75. Luigi Gallo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, reca misure acceleratorie della procedura di espropriazione forzata, in primo luogo attraverso modifiche al codice di procedura civile;
in particolare, tale articolo semplifica l’iter di liberazione dell'immobile pignorato e, nel confermare la competenza del custode e non all'ufficiale giudiziario, in ordine all'attuazione del provvedimento di liberazione, precisa che il custode deve agire secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, ma senza essere tenuto all'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti (dell'esecuzione per consegna o rilascio);
è inoltre disposto che per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari;
considerato che:
l'attribuire al custode giudiziario l'esecuzione dello sfratto, sottraendola all'ufficiale giudiziario determina non solo una rischiosa sostituzione del soggetto esecutore dello sfratto, oggi funzionario dello Stato, pubblico ufficiale e garante di terzietà e domani invece, soggetto privato anche in forma societaria (istituti vendite giudiziarie), ma rischia di generare anche un palese conflitto di interessi che graverà sulla figura del custode giudiziario. Il custode, difatti, oggi risulta solamente delegato alla vendita dell'immobile, giammai alla sua liberazione forzata, che è affidata necessariamente dal codice di procedura civile all'ufficiale giudiziario, soggetto garante della opportuna terzietà tra creditore e debitore;
il combinato disposto della liberazione dell'immobile senza l'intervento dell'ufficiale giudiziario (articolo 4, comma 1, lettera d) ) ed il trasferimento dell'immobile tramite l'attivazione del patto marciano pone le premesse di una privatizzazione di un processo di esecuzione (immobiliare) che si svolge su impulso del creditore, senza la presenza del giudice e senza garanzie per il debitore,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel primo provvedimento utile, di rivedere la disciplina recata all'articolo 4, comma 1, lettera d) al fine di ripristinare le modalità e la relativa tempistica di rilascio dell'immobile di cui agli articoli 605 e ss. c.p.c, facendo salva, per tale procedura ed in particolar modo in caso di pignoramento della prima casa di abitazione del debitore, la figura terza dell'ufficiale giudiziario in luogo del custode giudiziario per l'attuazione delle disposizioni del giudice.
9/3892/76. Colletti.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – cosiddetto «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore;
per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano» può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a precisare che il trasferimento della proprietà dell'immobile in favore del creditore, in ossequio al richiamato patto, estingua comunque l'obbligazione del debitore anche se il valore di stima dell'immobile è inferiore all'ammontare del debito residuo.
9/3892/77. Ferraresi.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – cosiddetto «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano» può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori,
impegna il Governo
nell'ambito della procedura di stima dell'immobile di cui al comma 6, al fine di realizzare una valutazione improntata a totale terzietà, a valutare l'opportunità di introdurre attraverso ulteriori iniziative normative una limitazione alla nomina del perito tale che questi non debba aver avuto, né abbia in corso al momento della nomina, alcun tipo di rapporto con la banca creditrice.
9/3892/78. Sarti.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – cosiddetto «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano» può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il patto possa essere stipulato solo qualora siano contestualmente modificate, a vantaggio del cliente, una o più clausole riguardanti i tassi, i prezzi, l'ammontare, la durata e le altre condizioni del contratto di finanziamento.
9/3892/79. Agostinelli.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – cosiddetto «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano» può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a precisare la disciplina, anche in ragione del vigente divieto di patto commissorio, che invalidi i patti stipulati in presenza di una sproporzione tra l'ammontare del finanziamento e il valore del bene o del diritto dato in garanzia.
9/3892/80. Bonafede.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, introduce l'istituto del pegno mobiliare non possessorio prevedendo la possibilità per le imprese di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti (presenti o futuri, determinati o indeterminabili) relativi all'esercizio dell'attività d'impresa;
tale pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili anche immateriali destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti l'esercizio d'impresa fatta eccezione dei beni mobili registrati;
considerato che:
la procedura di vendita è effettuata dal creditore tramite procedure competitive. Tale procedura non è garantista nei confronti del debitore in quanto non sono previste disposizioni che escludano eccessive «svalutazioni» in sede di assegnazione (vendita) dei bene oggetto di pegno, a differenza delle vigenti procedure giudiziali ed esecutive maggiormente garantiste nei confronti del debitore,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'opponibilità del pegno non possessorio valga per le sole procedure successive alla data di iscrizione di tale pegno e non per quelle antecedenti.
9/3892/81. Tripiedi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, introduce l'istituto del pegno mobiliare non possessorio prevedendo la possibilità per le imprese di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti (presenti o futuri, determinati o indeterminabili) relativi all'esercizio dell'attività d'impresa;
tale pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili anche immateriali destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti l'esercizio d'impresa fatta eccezione dei beni mobili registrati;
considerato che:
la procedura di vendita è effettuata dal creditore tramite procedure competitive. Tale procedura non è garantista nei confronti del debitore in quanto non sono previste disposizioni che escludano eccessive «svalutazioni» in sede di assegnazione (vendita) del bene oggetto di pegno, a differenza delle vigenti procedure giudiziali ed esecutive maggiormente garantiste nei confronti del debitore,
impegna il Governo
a prevedere che, nelle more dell'emanazione del decreto interministeriale di cui al comma 6, ai fini di una più efficace opponibilità del pegno presso i terzi, sia fissato un termine massimo entro il quale il pegno non possessorio debba essere trascritto nell'apposito registro.
9/3892/82. Tofalo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, introduce l'istituto del pegno mobiliare non possessorio prevedendo la possibilità per le imprese di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti (presenti o futuri, determinati o indeterminabili) relativi all'esercizio dell'attività d'impresa;
tale pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili anche immateriali destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti l'esercizio d'impresa fatta eccezione dei beni mobili registrati;
considerato che:
la procedura di vendita è effettuata dal creditore tramite procedure competitive. Tale procedura non è garantista nei confronti del debitore in quanto non sono previste disposizioni che escludano eccessive «svalutazioni» in sede di assegnazione (vendita) del bene oggetto di pegno, a differenza delle vigenti procedure giudiziali ed esecutive maggiormente garantiste nei confronti del debitore,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel primo provvedimento utile, di rivedere la disciplina in senso maggiormente garantista nei confronti delle imprese che si avvarranno della garanzia di cui al presente articolo, nel senso di precisare che il pegno non possessorio costituito su un finanziamento esistente debba determinare necessariamente una riduzione del costo per interessi a carico del debitore corrispondente al maggior valore del bene che va a costituire il pegno non possessorio.
9/3892/83. Terzoni.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, introduce l'istituto del pegno mobiliare non possessorio prevedendo la possibilità per le imprese di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti (presenti o futuri, determinati o indeterminabili) relativi all'esercizio dell'attività d'impresa;
tale pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili anche immateriali destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti l'esercizio d'impresa fatta eccezione dei beni mobili registrati;
considerato che:
la procedura di vendita è effettuata dal creditore tramite procedure competitive. Tale procedura non è garantista nei confronti del debitore in quanto non sono previste disposizioni che escludano eccessive «svalutazioni» in sede di assegnazione (vendita) del bene oggetto di pegno, a differenza delle vigenti procedure giudiziali ed esecutive maggiormente garantiste nei confronti del debitore,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di rivedere la disciplina in senso maggiormente garantista nei confronti delle imprese che si avvarranno della garanzia di cui al presente articolo, nel senso di precisare che il pegno non possessorio costituito su un finanziamento esistente debba determinare necessariamente una riduzione del costo per interessi a carico del debitore corrispondente al maggior valore del bene che va a costituire il pegno non possessorio.
9/3892/83. (Testo modificato nel corso della seduta) Terzoni.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, introduce l'istituto del pegno mobiliare non possessorio prevedendo la possibilità per le imprese di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti (presenti o futuri, determinati o indeterminabili) relativi all'esercizio dell'attività d'impresa;
tale pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili anche immateriali destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti l'esercizio d'impresa fatta eccezione dei beni mobili registrati;
considerato che:
la procedura di vendita è effettuata dal creditore tramite procedure competitive. Tale procedura non è garantista nei confronti del debitore in quanto non sono previste disposizioni che escludano eccessive «svalutazioni» in sede di assegnazione (vendita) del bene oggetto di pegno, a differenza delle vigenti procedure giudiziali ed esecutive maggiormente garantiste nei confronti del debitore,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel primo provvedimento utile, di rivedere la disciplina recata al comma 8, nel senso di precisare che, in presenza di una procedura fallimentare, l'eventuale diritto di prelazione sul bene oggetto di pegno sia subordinato al previo pagamento dei crediti ai dipendenti ed allo Stato.
9/3892/84. Spessotto.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – c.d. «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non si sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori»,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa anche al fine di valutare l'opportunità di prevedere ulteriori iniziative normative per stabilire, in deroga alle restrittive condizioni di inadempienza ricordate in premessa a tutela del debitore parzialmente adempiente, che il creditore possa avvalersi degli effetti del patto solo se l'ammontare del debito inadempiuto sia superiore al 40 per cento del finanziamento originario, fermo restando che al debitore sia comunque corrisposta l'eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l'ammontare del debito inadempiuto.
9/3892/85. Liuzzi.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – c.d. «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non si sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori»,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di rivedere attraverso ulteriori iniziative normative la disciplina richiamata in premessa, nel senso di precisare che l'obbligazione, con l'avvenuto trasferimento della proprietà dell'immobile, si estingua anche nel caso in cui il valore del bene oggetto del patto sia inferiore all'ammontare del debito residuo.
9/3892/86. Spadoni.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – c.d. «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non si sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori»,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il patto non possa avere precedenza sulle eventuali iscrizioni ipotecarie prese prima della trascrizione del patto stesso, né possa prevalere in caso di un'espropriazione in corso.
9/3892/87. Sorial.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – c.d. «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non si sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori»,
impegna il Governo
al fine di realizzare requisiti minimi di garanzia in favore dell'impresa debitrice, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui ai commi 6 e 7, per adottare ulteriori iniziative normative volte ad ammettere, in ogni caso, la percorribilità della procedura giudiziale per chiedere l'accertamento del credito o per contestare le risultanze definitive della relazione giurata di stima dell'immobile, consentendo altresì in capo al giudice adito, sussistendo gravi motivi, il potere di sospendere gli effetti del patto.
9/3892/88. Scagliusi.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – c.d. «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non si sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori»,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità attraverso ulteriori iniziative normative di prevedere un termine minimo per l'accredito dal creditore in favore del debitore dell'eventuale differenza, di cui al comma 8, tra il valore di stima e l'ammontare del debito inadempiuto.
9/3892/89. Paolo Nicolò Romano.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate all'articolo 2 introducono la possibilità di garantire i finanziamenti sottoscritti dagli imprenditori con le banche (e gli altri soggetti autorizzati ad esercitare attività di credito nei confronti del pubblico) con il trasferimento della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, laddove il debitore, risulti inadempiente;
l'ipotesi di inadempimento e conseguente trasferimento immobiliare – c.d. «patto marciano» –, previa stima del bene da parte di un perito, si realizza in tre ipotesi: se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate anche non consecutive (ipotesi di rate mensili); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza di una sola rata (ipotesi di rate con scadenza superiore al periodo mensile); se il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla data di scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento nell'ipotesi di restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale. Laddove alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto per un importo pari all'85 per cento della quota capitale il periodo di inadempimento è elevato da 9 a 12 mesi;
considerato che:
l'impresa debitrice può – in base a modalità non precisate – contestare la stima effettuata dal perito ma la banca può egualmente procedere al trasferimento del diritto reale immobiliare, ove l'eventuale fondatezza della contestazione implica la mera restituzione della differenza di valore al debitore, per il quale non si sono previste misure di garanzia minime in tutela del debitore; per i contratti di finanziamento in corso, il cosiddetto «patto marciano può essere stipulato per atto notarile in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. In particolar modo nell'ipotesi in cui un finanziamento sia già garantito da un'ipoteca il trasferimento dell'immobile nei confronti della banca prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni successive all'iscrizione della relativa ipoteca. Disposizione che attribuisce un eccessivo privilegio alle banche a discapito degli altri creditori»,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere attraverso ulteriori iniziative normative che non sia consentito alle banche che dispongano di agenzie immobiliari di potersi avvalere delle stesse agenzie per vendere gli immobili acquisiti in virtù del patto richiamato in premessa.
9/3892/90. Rizzo.
La Camera,
premesso che:
in sede di conversione del decreto-legge in oggetto che dispone misure urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione;
l'articolo 4, reca misure acceleratorie della procedura di espropriazione forzata, in primo luogo attraverso modifiche al codice di procedura civile;
in particolare, tale articolo semplifica l’iter di liberazione dell'immobile pignorato e, nel confermare la competenza del custode e non all'ufficiale giudiziario, in ordine all'attuazione del provvedimento di liberazione, precisa che il custode deve agire secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, ma senza essere tenuto all'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti (dell'esecuzione per consegna o rilascio);
è inoltre disposto che per l'attuazione dell'ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari;
l'attribuire al custode giudiziario l'esecuzione dello sfratto, sottraendola all'ufficiale giudiziario determina non solo una rischiosa sostituzione del soggetto esecutore dello sfratto, oggi funzionario dello stato, pubblico ufficiale e garante di terzietà e domani invece, soggetto privato anche in forma societaria (istituti vendite giudiziarie), ma rischia di generare anche un palese conflitto di interessi che graverà sulla figura del custode giudiziario, 11 custode, di fatti, oggi risulta solamente delegato alla vendita dell'immobile, giammai alla sua liberazione forzata, che è affidata necessariamente dal codice di procedura civile all'ufficiale giudiziario, soggetto garante della opportuna terzietà tra creditore e debitore;
il combinato disposto della liberazione dell'immobile senza l'intervento dell'ufficiale giudiziario (articolo 4, comma 1, lettera d)) ed il trasferimento dell'immobile tramite l'attivazione del patto marciano pone le premesse di una privatizzazione di un processo di esecuzione (immobiliare) che si svolge su impulso del creditore, senza la presenza del giudice e senza garanzie per il debitore,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel primo provvedimento utile, di rivedere la disciplina recata alla lettera c) del primo comma, lasciando alla discrezionalità del giudice stabilire il numero massimo di esperimenti di vendita del bene pignorato nei casi di vendita a mezzo di commissario.
9/3892/91. Lorefice.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame prevede alcune disposizioni in materia di procedure esecutive e per investitori in banche in liquidazione, cercando di fornire elementi per la risoluzione delle crisi bancarie;
i responsabili del settore creditizio, i politici, i media, ci hanno raccontato a lungo, dopo lo scoppio della crisi del 2008, che le banche italiane, al contrario di quelle degli altri paesi occidentali, non avevano problemi di sorta. Più di recente, di fronte alla scoperta che il nostro sistema si trovava di fronte a crediti in affanno per un totale di circa 360 miliardi di euro, pari quasi al 20 per cento del totale dei prestiti, gli stessi hanno cercato di cambiare musica. Si è così cominciato a dire che era tutta colpa della crisi, che aveva colpito un settore che per altri versi sarebbe sano. Ma la verità è che esso sta ora cercando di uscire anche da «decenni di corruzione, regolamentazione inefficace, cattiva gestione», come commentava nei giorni scorsi un articolo del Financial Times;
ad esempio, le difficoltà del Monte dei Paschi banca senese hanno veramente poco a che fare con la crisi;
infatti, da parte dell'istituto sono stati a suo tempo concessi prestiti ad importanti personaggi politici di tutti i colori, nonché ad amici, alleati e imprenditori di dubbia lega. Ad un certo punto, è stata inoltre acquistata per 10 miliardi di euro la Antonveneta, quando era già stata ceduta qualche mese prima ad un gruppo spagnolo per soli 6,5 miliardi. Sono stati sottoscritti dei contratti derivati con una banca giapponese nel 2009. Oggi l'istituto ha ancora in carico crediti in sofferenza per circa 23 miliardi al netto dei fondi rischi;
quello che questo caso mostra, comunque, è che né i consiglieri di amministrazione, né gli alti dirigenti, né il collegio sindacale, né gli azionisti, tra i quali spicca la Fondazione del Monte, né la Banca d'Italia, né la Consob, né l'ABI, né i politici locali, né quelli nazionali, di Governo e di opposizione, né la stampa, né il Parlamento si sono accorti di nulla e questo per molti anni;
il caso indicato è soltanto uno tra quelli che mostrano con evidenza che i mali del sistema bancario italiano sono ascrivibili solo in parte alla crisi, che semmai ha funzionato da detonatore di una situazione più complessa, fatta di corruzione, cattiva gestione, assenza totale di controlli, convivenze occulte con la politica;
così oggi il sistema, mentre pena a trovare le risorse finanziarie per far fronte alle grandi perdite su crediti e agli aumenti di capitale qua e là necessari, deve peraltro cercare di portare avanti un profondo rinnovamento negli uomini e nei sistemi di gestione, nonché nell'organizzazione dei controlli da parte delle autorità preposte;
un compito, questo, forse impari. Le necessità di rinnovamento si scontrano in effetti con un quadro istituzionale e della società civile che appaiono molto compromessi,
impegna il Governo
a predisporre attraverso ulteriori iniziative normative un deciso intervento pubblico che nazionalizzando il Monte dei Paschi, ne faccia un perno fondamentale di una nuova politica del credito.
9/3892/92. Zaratti, Paglia, Melilla.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame prevede alcune disposizioni in materia di procedure esecutive e per investitori in banche in liquidazione, cercando di fornire elementi per la risoluzione delle crisi bancarie;
i responsabili del settore creditizio, i politici, i media, ci hanno raccontato a lungo, dopo lo scoppio della crisi del 2008, che le banche italiane, al contrario di quelle degli altri paesi occidentali, non avevano problemi di sorta. Più di recente, di fronte alla scoperta che il nostro sistema si trovava di fronte a crediti in affanno per un totale di circa 360 miliardi di euro, pari quasi al 20 per cento del totale dei prestiti, gli stessi hanno cercato di cambiare musica. Si è così cominciato a dire che era tutta colpa della crisi, che aveva colpito un settore che per altri versi sarebbe sano. Ma la verità è che esso sta ora cercando di uscire anche da «decenni di corruzione, regolamentazione inefficace, cattiva gestione», come commentava nei giorni scorsi un articolo del Financial Times;
il caso della Popolare di Vicenza lo dimostra. La Banca Popolare di Vicenza sono quelle che la Bce ha «certificato» che ben 58.000 clienti dell'istituto veneto – e tra questi tra operai, pensionati e casalinghe – sono stati fatti passare nei documenti ufficiali, a loro insaputa, come investitori sofisticati a cui si sono così potuti vendere i titoli della stessa, altamente rischiosi, mentre nello stesso giorno un risparmiatore, che aveva perso tutti i suoi risparmi collocati a suo tempo nella banca, si è tolto la vita;
durante gli anni diverse persone hanno mostrato di capire che qualcosa non andava per il verso giusto, ma questo non è servito a nulla e le voci che osavano esprimere qualche dubbio sono state ignorate;
anche l'istituto guidato da Gianni Zonin offriva in abbondanza prestiti a soci ed amici. In questo caso comunque con una variante: i soldi venivano prestati in cambio dell'acquisto di azioni della banca, peraltro con garanzia di riacquisto o di rendimento. Un tale tipo di operazioni verrà alla fine in qualche modo imposto anche ai risparmiatori, ma questa volta senza clausole di favore. Il valore del titolo, che negli ultimi anni era certificato da professionisti esterni «indipendenti» come pari a 62,5 euro, è oggi di 0,1 euro;
nel corso degli anni non sono certo mancati i campanelli di allarme sulla situazione reale. Dal 2001 ci sono stati vari esposti, ispezioni della Banca d'Italia, inchieste della Procura. Ma la banca ne uscirà sempre indenne, anche attraverso una corruzione capillare di magistrati, funzionari della Banca d'Italia, professionisti, diversi dei quali verranno assunti dalla banca o otterranno incarichi di consulenza il caso indicato è soltanto uno tra quelli che mostrano con evidenza che i mali del sistema bancario italiano sono ascrivibili solo in parte alla crisi, che semmai ha funzionato da detonatore di una situazione più complessa, fatta di corruzione, cattiva gestione, assenza totale di controlli, convivenze occulte con la politica;
così oggi il sistema, mentre pena a trovare le risorse finanziarie per far fronte alle grandi perdite su crediti e agli aumenti di capitale qua e là necessari, deve peraltro cercare di portare avanti un profondo rinnovamento negli uomini e nei sistemi di gestione, nonché nell'organizzazione dei controlli da parte delle autorità preposte;
un compito, questo, forse impari. Le necessità di rinnovamento si scontrano in effetti con un quadro istituzionale e della società civile che appaiono molto compromessi,
impegna il Governo
a impostare attraverso ulteriori iniziative normative una nuova politica dei credito che fornisca maggiori e più efficaci garanzie agli utenti ed ai risparmiatori prevedendo anche una riforma delle Autorità indipendenti, Consob e Banca d'Italia.
9/3892/93. Airaudo, Paglia, Marcon, Palese.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame prevede alcune disposizioni in materia di procedure esecutive e per investitori in banche in liquidazione, cercando di fornire elementi per la risoluzione delle crisi bancarie;
i responsabili del settore creditizio, i politici, i media, ci hanno raccontato a lungo, dopo lo scoppio della crisi del 2008, che le banche italiane, al contrario di quelle degli altri paesi occidentali, non avevano problemi di sorta. Più di recente, di fronte alla scoperta che il nostro sistema si trovava di fronte a crediti in affanno per un totale di circa 360 miliardi di euro, pari quasi al 20 per cento del totale dei prestiti, gli stessi hanno cercato di cambiare musica. Si è così cominciato a dire che era tutta colpa della crisi, che aveva colpito un settore che per altri versi sarebbe sano. Ma la verità è che esso sta ora cercando di uscire anche da «decenni di corruzione, regolamentazione inefficace, cattiva gestione», come commentava nei giorni scorsi un articolo del Financial Times;
nel caso dell'Unicredit non troviamo episodi da codice penale, ma delle rilevanti difficoltà procurate da un management non all'altezza della situazione. L'istituto era nel 2004 uno dei più redditivi d'Europa. Così l'amministratore delegato di allora, Alessandro Profumo, avvia un piano di espansione molto ambizioso in Italia e all'estero. Egli crea in poco tempo una grande impresa rivolta verso il Centro e l'Est-Europa. Verrà poi in Italia lo sconsiderato acquisto di Capitalia, mossa apparentemente motivata dalla necessità di reggere la concorrenza di Intesa San Paolo;
ma la situazione si deteriora ben presto, complice anche la crisi, che in questo caso funziona da circostanza aggravante. Nel 2010 Profumo sarà così sostituito da Ghizzoni; seguono tre aumenti di capitale, mentre le partecipazioni vengono svalutate di 14 miliardi di euro e mentre i non performing loans salgono a 84 miliardi;
l'ultimo piano di sviluppo varato nel novembre 2015 non convince il mercato perché, tra l'altro, non dice come verranno smaltiti i crediti in sofferenza e come verrà aumentata una redditività che appare molto bassa, mentre il management respinge un possibile ulteriore aumento di capitale pur valutato come necessario da molti esperti;
nel maggio del 2016 l'amministratore delegato è alla fine costretto a dimettersi. Ma, incredibilmente, la nomina del nuovo capo azienda, e per di più in un momento così delicato, viene rimandata di quasi tre mesi, mostrando al mondo una mancanza assoluta di capacità di programmazione, oltre che una scarsa concordia tra i principali azionisti;
intanto, il valore in borsa del titolo si è ridotto ai minimi termini, mentre la necessità di un aumento di capitale di almeno 5 miliardi di euro diventa sempre più evidente, anche se appare difficile la loro sottoscrizione sul mercato;
il caso indicato è soltanto uno tra quelli che mostrano con evidenza che i mali del sistema bancario italiano sono ascrivibili solo in parte alla crisi, che semmai ha funzionato da detonatore di una situazione più complessa, fatta di corruzione, cattiva gestione, assenza totale di controlli, convivenze occulte con la politica;
così oggi il sistema, mentre pena a trovare le risorse finanziarie per far fronte alle grandi perdite su crediti e agli aumenti di capitale qua e là necessari, deve peraltro cercare di portare avanti un profondo rinnovamento negli uomini e nei sistemi di gestione, nonché nell'organizzazione dei controlli da parte delle autorità preposte;
un compito, questo, forse impari. Le necessità di rinnovamento si scontrano in effetti con un quadro istituzionale e della società civile che appaiono molto compromessi,
impegna il Governo
a valutare attraverso ulteriori iniziative la possibilità di partecipare tramite la Cassa depositi e prestiti all'aumento di capitale necessari ad Unicredit ottenendo come contropartita, oltre ad un congruo pacchetto di azioni di controllo, la nomina di membri da parte della CDP nel CdA dell'istituto di credito al fine di orientare la politica creditizia di una delle principali banche del nostro Paese verso una maggiore attenzione al credito a favore delle PMI e delle famiglie.
9/3892/94. Franco Bordo, Paglia, Ricciatti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame, a parte le regole per i rimborsi per i piccoli obbligazionisti delle quattro banche regionali fallite, contiene importanti modifiche al mercato del credito;
il nostro Paese soffre pesantemente per i tempi biblici della nostra giustizia civile. In Italia ci vogliono 645 giorni per recuperare un assegno scoperto. Nel Regno Unito ce ne vogliono solo 101, 181 in Francia, 154 in Germania e 147 in Spagna. Il costo di questa inefficienza non è solo quello di ridurre il valore dei crediti in sofferenza. Anticipando i ritardi della giustizia in caso di mancato pagamento, un creditore chiederà un adeguato premio ex ante in termini di tassi di interesse o si rifiuterà di prestare i soldi. Il vero costo di questa inefficienza è di aumentare il costo e ridurre la disponibilità del credito;
il decreto n. 59 del 2016 però non interviene direttamente sui tempi della giustizia civile. Il decreto interviene creando due nuovi tipi di contratto che aiutano ad aggirare le lungaggini della giustizia civile. Si tratta del pegno non possessorio e del cosiddetto patto marciano. Il pegno non possessorio permette all'imprenditore di usare come pegno beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa senza perderne il possesso. Nel patto marciano, in caso di inadempimento, il creditore acquisisce un bene di proprietà dei debitore, con l'obbligo di versargli la differenza tra importo del credito e valore;
entrambe queste nuove tipologie giuridiche si applicano solo ai nuovi contratti. Ma esiste la possibilità di applicare – con l'esplicito accordo delle parti – queste tipologie ai contratti in essere. La preoccupazione è che la parte contraente più forte imponga al contraente più debole la trasformazione dei crediti in patti marciani, velocizzando il recupero dei crediti ed alleggerendo il lavoro ai tribunali. Ma questo può comportare dei rischi per i debitori, soprattutto se non sono pienamente consapevoli di cosa questo nuovo contratto comporta;
questi patti potranno essere utilizzati per appropriarsi a basso prezzo di immobili di valore nelle mani di contraenti poco sofisticati e in gravi difficoltà economiche, anche se nel patto marciano è prevista la retrocessione della differenza tra importo del credito e valore, il cui valore è determinato da una valutazione di un perito del tribunale;
il rischio è che in mercati illiquidi, come è quello degli immobili in Italia in questo momento, le valutazioni dei periti finiscano per essere troppo influenzati dalle pressioni delle banche,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative, anche legislative, volte a:
a) rendere più efficiente la giustizia civile nel nostro Paese, fornendo al riguardo risorse finanziarie ed umane adeguate, al fine di superare la fattispecie del patto marciano;
b) creare un registro pubblico con i nomi dei periti, le loro valutazioni, e i prezzi a cui gli immobili valutati sono venduti dopo essere stati acquisiti dai creditori, al fine di aiutare i tribunali ad identificare i periti più accurati, al tempo stesso creando una pressione sociale che aiuti a mantenere i periti onesti.
9/3892/95. Costantino, Paglia, Melilla.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame, a parte le regole per i rimborsi per i piccoli obbligazionisti delle quattro banche regionali fallite, contiene importanti modifiche al mercato del credito;
il nostro Paese soffre pesantemente per i tempi biblici della nostra giustizia civile. In Italia ci vogliono 645 giorni per recuperare un assegno scoperto. Nel Regno Unito ce ne vogliono solo 101, 181 in Francia, 154 in Germania e 147 in Spagna. Il costo di questa inefficienza non è solo quello di ridurre il valore dei crediti in sofferenza. Anticipando i ritardi della giustizia in caso di mancato pagamento, un creditore chiederà un adeguato premio ex ante in termini di tassi di interesse o si rifiuterà di prestare i soldi. Il vero costo di questa inefficienza è di aumentare il costo e ridurre la disponibilità del credito;
il decreto n. 59 del 2016 però non interviene direttamente sui tempi della giustizia civile. Il decreto interviene creando due nuovi tipi di contratto che aiutano ad aggirare le lungaggini della giustizia civile. Si tratta del pegno non possessorio e del cosiddetto patto marciano. Il pegno non possessorio permette all'imprenditore di usare come pegno beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa senza perderne il possesso. Nel patto marciano, in caso di inadempimento, il creditore acquisisce un bene di proprietà dei debitore, con l'obbligo di versargli la differenza tra importo del credito e valore;
entrambe queste nuove tipologie giuridiche si applicano solo ai nuovi contratti. Ma esiste la possibilità di applicare – con l'esplicito accordo delle parti – queste tipologie ai contratti in essere. La preoccupazione è che la parte contraente più forte imponga al contraente più debole la trasformazione dei crediti in patti marciani, velocizzando il recupero dei crediti ed alleggerendo il lavoro ai tribunali. Ma questo può comportare dei rischi per i debitori, soprattutto se non sono pienamente consapevoli di cosa questo nuovo contratto comporta;
questi patti potranno essere utilizzati per appropriarsi a basso prezzo di immobili di valore nelle mani di contraenti poco sofisticati e in gravi difficoltà economiche, anche se nel patto marciano è prevista la retrocessione della differenza tra importo del credito e valore, il cui valore è determinato da una valutazione di un perito del tribunale;
il rischio è che in mercati illiquidi, come è quello degli immobili in Italia in questo momento, le valutazioni dei periti finiscano per essere troppo influenzati dalle pressioni delle banche,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative, anche legislative, volte a:
a) rendere più efficiente la giustizia civile nel nostro Paese, fornendo al riguardo risorse finanziarie ed umane adeguate;
b) creare un registro pubblico con i nomi dei periti, le loro valutazioni, e i prezzi a cui gli immobili valutati sono venduti dopo essere stati acquisiti dai creditori.
9/3892/95. (Testo modificato nel corso della seduta) Costantino, Paglia, Melilla.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame prevede regole per i rimborsi per i piccoli obbligazionisti delle quattro banche regionali fallite;
la recente crisi dei mercati accanto agli eclatanti casi di «risparmio tradito» (Cirio, Parmalat, Argentina, ecc.) ed all'epilogo del crack finanziario delle quattro banche italiane recentemente sottoposte a risoluzione che ha mandato in fumo circa 780 milioni di euro di obbligazioni subordinate, oltre la metà delle quali in tasca a piccoli risparmiatori, hanno messo a nudo tutta la serie di rischi che si nascondono dietro la scarsa trasparenza del settore ed in cui possono incorrere i risparmiatori quando investono in maniera poco consapevole e senza valutare attentamente la rischiosità dei propri investimenti;
nell'anno 2011 la Consob ha eliminato l'obbligo, fino allora in capo agli istituti di credito, di inserire nei prospetti di vendita gli scenari probabilistici relativi alle singole emissioni di obbligazioni subordinate emesse degli stessi. Qualora tale obbligo fosse stato vigente, rispetto, ad esempio, all'operazione di emissione di Banca Etruria relativa al periodo 2013-2023 sarebbe stato possibile per il risparmiatore conoscere che acquistando il titolo avrebbe avuto il 63 per cento di probabilità di perdere il 46 per cento del capitale investito,
impegna il Governo
ad assumere ulteriori iniziative normative legislative volte a ripristinare l'obbligo, soppresso dalla CONSOB nel 2011, di inserimento nei prospetti di vendita degli scenari probabilistici relativi alle singole emissioni di obbligazioni subordinate.
9/3892/96. Fassina, Paglia, Scotto, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'offerta di prodotti finanziari, spesso su scala globale, si è consolidata e si è diffusa anche tra le categorie di soggetti in precedenza poco avvezzi ad operazioni di investimento, non è di pari passo cresciuta la conoscenza da parte dei risparmiatori delle regole, delle caratteristiche e dei rischi connessi alle diverse tipologie di investimento molto spesso complessi e di difficile comparazione;
le conseguenze dell'assunzione di rischi imprevisti e di perdite da parte dei consumatori può essere devastante dato che gli investimenti spesso costituiscono il fulcro dei risparmi di una vita;
è pertanto diventato prioritario migliorare la qualità e la comprensibilità di tutte le informazioni fornite ai consumatori al momento dell'analisi da parte loro di eventuali investimenti;
con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 1, Capo I-Bis, Articolo 120 quaterdecies, rubricato «Finanziamento denominati in valuta estera», dello schema di decreto legislativo n. 256 che ha recentemente acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari e che disciplina l'offerta di contratti di credito in valuta estera prevedendo che il consumatore abbia in qualsiasi momento e in determinate condizioni il diritto di convertire il contratto di credito in una valuta alternativa, non si è scelta la strada di prevedere l'obbligo di inserire nel contratto di finanziamento in valuta alcuni meccanismi volti a limitare il rischio di cambio a cui il consumatore può essere esposto, con la conseguenza di far conflagrare il sistema finanziario di altri Paesi membri dell'Unione europea così come avvenuto in passato anche in Italia;
inoltre, nel 2011 lo European Systemic Risk Board ha adottato una raccomandazione sui finanziamenti in valuta estera (CERS/2011/1) al fine di prevenire una serie di rischi manifestatesi in alcuni paesi dell'Unione europea. Tra gli accorgimenti raccomandati agli Stati membri vi è quello di richiedere agli intermediari finanziari di attirare l'attenzione della clientela sui rischi tipicamente connessi a questa tipologia di operazioni, con specifico riguardo a possibili oscillazioni sfavorevoli del tasso di cambio e di quello di interesse, fornendole esemplificazioni utili per comprendere il possibile impatto di tali rischi sulle somme che la stessa dovrà ripagare. Tale sollecitazione non è rintracciabile all'interno della disposizione di cui all'articolo 1, Capo I-Bis, Articolo 120 quaterdecies, del citato schema di decreto legislativo n. 256,
impegna il Governo
a prevedere attraverso ulteriori iniziative normative espressamente con riferimento ai finanziamenti denominati in valuta estera di cui all'articolo 1, Capo I-Bis, Articolo 120 quaterdecies, dello schema di decreto legislativo n. 256 che i prospetti informativi dedicati alla clientela, oltre a illustrare i rischi di cambio e di interesse nella sezione dedicata ai rischi tipici dell'operazione, forniscano esemplificazioni chiare ed utili per comprendere il possibile impatto di tali rischi sulle somme che il debitore dovrà ripagare.
9/3892/97. Kronbichler, Paglia, Scotto.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame prevede regole per i rimborsi per i piccoli obbligazionisti delle quattro banche regionali fallite;
la recente crisi dei mercati accanto agli eclatanti casi di «risparmio tradito» (Cirio, Parmalat, Argentina, ecc.) ed all'epilogo del crack finanziario delle quattro banche italiane recentemente sottoposte a risoluzione che ha mandato in fumo circa 780 milioni di euro di obbligazioni subordinate, oltre la metà delle quali in tasca a piccoli risparmiatori, hanno messo a nudo tutta la serie di rischi che si nascondono dietro la scarsa trasparenza del settore ed in cui possono incorrere i risparmiatori quando investono in maniera poco consapevole e senza valutare attentamente la rischiosità dei propri investimenti;
mentre l'offerta di prodotti finanziari, spesso su scala globale, si è consolidata e si è diffusa anche tra le categorie di soggetti in precedenza poco avvezzi ad operazioni di investimento, non è di pari passo cresciuta la conoscenza da parte dei risparmiatori delle regole, delle caratteristiche e dei rischi connessi alle diverse tipologie di investimento molto spesso complessi e di difficile comparazione;
le conseguenze dell'assunzione di rischi imprevisti e di perdite da parte dei consumatori può essere devastante dato che gli investimenti spesso costituiscono il fulcro dei risparmi di una vita. È pertanto diventato prioritario migliorare la qualità e la comprensibilità di tutte le informazioni fornite ai consumatori al momento dell'analisi da parte loro di eventuali investimenti;
l'articolo 17 del decreto-legge n. 18 del 2016, convertito, con modificazioni dalla legge n. 49 del 2016, disciplina la procedura e le condizioni per la concessione diretta di crediti, a soggetti diversi da consumatori, da parte di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) attraverso l'emissione di fondi di investimento alternativi e speculativi (hedge funds), di fondi di private equity, di venture capital, immobiliari, di materie prime, infrastrutturali e di altri tipi di fondi istituzionali,
impegna il Governo:
ad adottare opportune iniziative legislative, al fine di accrescere la capacità dei consumatori di prendere autonomamente decisioni informate e responsabili in materia di accensione di prestiti, gestione del debito ed acquisto di strumenti di gestione collettiva del risparmio;
ed, in particolare, a modificare l'articolo 42, comma 3, lettera a) del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, prevedendo che ai fini delle informazioni da fornire alla clientela nell'ambito della commercializzazione delle quote di fondi collettivi di risparmio, si tenga conto che qualora l'offerta sia rivolta ad un pubblico di consumatori a questi deve essere garantita la massima trasparenza in merito alla rischiosità dell'investimento.
9/3892/98. D'Attorre, Paglia, Fassina.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame prevede regole per i rimborsi per i piccoli obbligazionisti delle quattro banche regionali fallite;
ma la domanda che in questo, come nei provvedimenti precedenti emanati per dare soluzione alle crisi bancarie, non trova risposta è: «chi tutela i risparmiatori ?»;
innanzitutto dovrebbero vigilare i revisori dei conti dei singoli istituti. Le indicazioni della Banca d'Italia venivano regolarmente disattese. Ma i revisori non sono intervenuti. Price WaterhouseCoopers ha certificato i bilanci dell'Etruria per 7 anni dal 2007 al 2014; Deloitte aveva tra i suoi clienti Carife e CariChieti. Nessuna irregolarità fu mai segnalata. I rilievi per l'Etruria furono formulati da Bankitalia il 27 febbraio 2015;
è legittimo sospettare che le Autorità di vigilanza potessero fare di più, meglio e soprattutto con maggiore rapidità. I controlli sono stati talvolta insufficienti, di una lentezza fuori luogo. L'applicazione delle misure correttive e delle norme si è spesso dimostrata inadeguata alla complessità delle azioni da censurare. Esistono leggi e norme ma alle quali non corrispondono rapidità d'azione, intelligenza preventiva;
infatti, le nuove regole europee sulle crisi bancarie erano note da tempo e così la situazione di questi istituti di credito. La direttiva UE è del maggio 2014, un anno e mezzo prima della data di emanazione del decreto-legge «Salva banche»;
la Banca delle Marche e la Carife erano state commissariate dalla Banca d'Italia nel 2013; CariChieti nel 2014, l'Etruria a inizio 2015;
il Governo italiano ha provato ad aggirare le regole europee. L'intervento del FITD – già organizzato – avrebbe salvaguardato il portafoglio di 10 mila risparmiatori che avevano sottoscritto le obbligazioni subordinate. Forse si sarebbe per tempo potuto chiedere alle singole banche di riacquistare queste obbligazioni. Non si è agito per tempo;
attualmente, la vigilanza sulla finanza è divisa tra tre (anzi quattro) autorità: la Consob per la tutela degli investitori e dei risparmiatori; la Banca d'Italia per la stabilità degli istituti di credito; l'Ivass (ex Isvap) per le attività assicurative (che ormai, vista la massiccia diffusione di prodotti «misti», è sempre più un mercato assicurativo-finanziario) e infine, per la repressione delle condotte anticoncorrenziali, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
la legge (decreto legislativo n. 58 del 1998) attribuisce alla Banca d'Italia la vigilanza ai fini del contenimento del rischio (globale), della stabilità patrimoniale, e della sana e prudente gestione da parte degli intermediari, mentre la Consob è demandata a controllare la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli intermediari. La legge n. 262 del 2005, dopo i casi dei Tangobond, di Parmalat, di Cirio, eccetera, ha esteso la responsabilità della Consob anche alle obbligazioni bancarie ed ai prodotti finanziario-assicurativi;
i due obiettivi possono essere, e spesso sono, in conflitto tra loro. Ai fini della stabilità delle banche e degli intermediari finanziari è infatti irrilevante se essa è ottenuta a spese dei risparmiatori o dei clienti delle banche, mentre dal punto di vista della trasparenza e correttezza (tutela dei singoli risparmiatori), è irrilevante se perseguendo tale tutela si determinano difficoltà o anche il fallimento dell'intermediario o della banca;
dunque la Consob esercita controlli sull'emissione di obbligazioni e su altri strumenti di raccolta bancaria, compito che non spetta alla Banca d'Italia; ma Via Nazionale non è abituata ad informare con tempestività la Consob dei risultati delle ispezioni e delle situazioni di crisi degli istituti di credito, con a volte l'esito paradossale che la seconda individua una situazione critica mentre la prima approva prospetti informativi di titoli emessi dallo stesso istituto (è accaduto nel caso della Banca delle Marche);
ma la stessa Consob negli ultimi anni è sembrata agire più per tutelare gli istituti di credito che i risparmiatori. Parliamo – ad esempio – della soppressione dell'obbligo di inserimento nei prospetti di vendita degli scenari probabilistici relativi alle singole emissioni di obbligazioni subordinate. Questa disposizione adottata da Consob nel 2009, malgrado l'opposizione dell'ABI, è rimasta in vigore fino all'avvento della Presidenza Vegas nel 2011;
nel caso dell'emissione di Banca Etruria 2013-2023 sarebbe stato possibile per il risparmiatore conoscere che acquistando il titolo avrebbe avuto il 63 per cento di probabilità di perdere il 46 per cento del capitale investito;
eppure, se qualcosa non ha funzionato nella raccolta del risparmio, la Banca d'Italia non può nascondersi dietro al fatto che il controllo tocca alla Consob. Perché nei rapporti ispettivi che la vigilanza fa quando passa al setaccio un istituto di credito, i danni reputazionali sono sempre stati uno degli aspetti di cui si è tenuto conto, proprio perché la fiducia dei clienti è uno dei beni più importanti per una banca... Di qui il dubbio, che appare del tutto legittimo se si guardano i fatti, che le autorità di vigilanza, nella profonda crisi che ha colpito il sistema bancario dal 2008 in poi, non abbiano messo in cima alla lista delle loro priorità la tutela dei risparmiatori: «Se non c'erano adeguati meccanismi di controllo (...) la responsabilità è soprattutto delle autorità di vigilanza – Consob e Banca d'Italia – che in nome della stabilità del sistema bancario hanno sempre chiuso un occhio di fronte al collocamento presso la clientela di obbligazioni della stessa banca», scrive l'economista Zingales;
alla Banca d'Italia sono affidati anche rilevanti compiti in materia di tutela dei clienti degli intermediari bancari e finanziari che rappresenta un elemento costitutivo della supervisione bancaria e finanziaria, affiancandosi ed integrandosi con gli altri obiettivi dell'azione di vigilanza. In tale ambito, la Banca d'Italia persegue la trasparenza delle condizioni contrattuali e la correttezza nelle relazioni tra intermediari e clienti, avvalendosi, a tal fine, dei poteri normativi e di controllo attribuiti dal TUB;
completa il quadro delle iniziative rivolte alla clientela, il contributo fornito dalla Banca d'Italia all'Arbitro Bancario Finanziario (ABF) – organismo indipendente di risoluzione stragiudiziale delle controversie fra intermediari e clienti – in termini di mezzi, strutture e risorse umane che l'istituto mette a disposizione per sostenere l'attività dei tre collegi che compongono l'Arbitro, nel rispetto della loro autonomia decisionale;
in definitiva, sembrerebbe che alla protezione dei consumatori la Banca d'Italia anteponga le esigenze di stabilità,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative, anche legislative, affinché la protezione effettiva e tutte le funzioni di difesa dei risparmiatori siano raggruppate in un organo separato veramente indipendente in applicazione dell'articolo 47 della Costituzione.
9/3892/99. Duranti, Paglia, Melilla.
La Camera,
premesso che:
il quotidiano Il Sole24ore ha promosso nel dicembre scorso un «Manifesto per la tutela del risparmio» in cinque punti, manifesto che ha riscontrato una larga adesione da parte di esperti, associazioni di tutela dei consumatori, sindacati, esponenti politici. Sia pure, insufficiente, perché non affronta le ragioni strutturali della crisi dei nostri istituti di credito, esso contiene utili indicazioni per dare maggiori garanzie ai risparmiatori;
esso infatti, prevede i seguenti punti:
1) Oltre la MIFID: tutela potenziata per il risparmio. I prospetti, anche semplificati, devono esprimere un grado di rischiosità in sintesi da illustrare al risparmiatore. Le obbligazioni subordinate devono essere inserite in modo chiaro nella lista dei prodotti complessi. Il risparmiatore deve potersi rivolgere alla Consob per la verifica dell'aderenza del proprio profilo di rischio al prodotto acquistato.
2) Separazione netta tra erogazione del credito e vendita prodotti. Rafforzare la vigilanza preventiva per evitare la diffusa pratica di erogare mutui o finanziamenti solo a patto che il cliente acquisti azioni, obbligazioni o polizze. Si tratta di una politica commerciale scorretta frutto di un abuso di posizione.
3) Maggiore diversificazione del rischio di portafoglio. È dovere dell'intermediario evitare che il portafoglio titoli del cliente abbia un eccesso di concentrazione su un singolo asset o su attività di un solo emittente. Nel caso in cui si verifichi tale situazione, è dovere dell'intermediario avvertire per iscritto il cliente della rischiosità della posizione assunta. Il profilo di rischio va aggiornato con una maggiore periodicità.
4) Sanzioni mirate e revocatorie sulle forzature di vendita. Maggiori sanzioni e revocatorie su stipendi e bonus per gravi violazioni nelle pratiche commerciali o per i danni provocati alla banca. Tutelare i risparmiatori da ogni forzatura nelle pratiche commerciali di vendita di singoli prodotti finanziari che sono legate, anche in modo informale, al raggiungimento di obiettivi di budget. La modifica del profilo di rischio non deve essere strumentale alla vendita ma, nel caso, espressamente chiesta dal risparmiatore.
5) Controversie davanti alla Consob e maggiore educazione finanziaria. Obbligo per gli intermediari di risolvere controversie con i risparmiatori presso la Camera di conciliazione della Consob. Attualmente è facoltativa. Potenziare l'educazione e l'informazione finanziaria per una migliore comprensione delle caratteristiche e della qualità dei prodotti finanziari offerti. Docenti e materiale utilizzato devono rispondere a oggettivi criteri di professionalità e libertà di giudizio,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative normative per dare attuazione alle indicazioni contenute nel «Manifesto per la tutela del risparmio».
9/3892/100. Daniele Farina, Paglia, Ricciatti, Palese.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame prevede regole per i rimborsi per i piccoli obbligazionisti delle quattro banche regionali fallite, rimborsi parziali e non per tutti;
l'entrata in vigore del bail-in (previsto dalla direttiva europea Bank Recovery and Resolution Directive – Brrd) all'inizio di quest'anno ha suscitato numerose reazioni negative, soprattutto per i problemi che crea per la clientela al dettaglio, il dibattito politico ha visto richieste di modifica o addirittura di sospensione della nuova regola, ma sono istanze destinate a scontrarsi con il fatto che è ben difficile cambiare una direttiva europea appena entrata in vigore;
alcuni, compresa la Banca d'Italia, hanno richiamato la clausola che prevede una possibilità di revisione nel 2018; tuttavia la clausola fornisce una possibilità di revisione limitata (l'articolo 129 della direttiva si riferisce alla eventuale necessità di minimizzare le divergenze tra nazioni) e lontana nel tempo;
sembra esserci un'altra strada per rimediare all'incauta introduzione del bail-in su tutti gli strumenti finanziari, compresi quelli già esistenti e collocati presso la clientela al dettaglio (con l'unica eccezione dei depositi sotto i 100 mila euro). È una soluzione che presenta alcuni costi per le banche, ma che dovrebbe essere perseguita dalla Banca d'Italia nell'interesse generale;
la stessa direttiva Brrd (articolo 45) prevede che l'autorità di risoluzione (che per le banche più grandi è la nuova autorità europea Single Resolution Board e per quelle più piccole è la Banca d'Italia) imponga un requisito chiamato Mrel (Minimum Requirement far own founds and Eligible Liabilities);
in pratica, è definito dal rapporto tra le passività bancarie che possono essere aggredite («eligible») in caso di bail-in (tramite riduzione di valore o conversione di titoli di debito in azioni) e passività totali. Le autorità devono stabilire, per ogni banca, il valore minimo del rapporto;
possono anche imporre che il requisito sia (in parte) soddisfatto includendo tra le passività idonee strumenti provvisti di una apposita clausola contrattuale (contractual bail-in instruments) che prevede che questi titoli siano aggrediti prima degli altri in caso di bail-in e, coerentemente, siano rimborsati dopo gli altri in una normale procedura di insolvenza, cioè siano di fatto titoli subordinati;
il potere così assegnato alle autorità di risoluzione fornisce loro una strada per disinnescare la mina rappresentata dal bail-in. E sufficiente che impongano che l'8 per cento delle passività bancarie sia composto dalla somma di capitale e contractual bail-in instruments. La ragione sta nel fatto che la direttiva impone che un eventuale aiuto pubblico nel salvataggio di una banca possa avvenire solo dopo che l'8 per cento delle passività – detenute dai soggetti privati – sia stato aggredito dal bail-in, al fine di ridurre l'onere per il settore pubblico;
la condizione vale sia in caso di aiuto statale (articolo 37) sia in caso di intervento del Fondo di risoluzione (articolo 44). L'effetto dirompente del bail-in deriva proprio da questa condizione, perché impedisce a un governo di intervenire a sostegno di una banca in difficoltà senza imporre perdite ai creditori e azionisti della banca stessa. Il «salvataggio» delle quattro banche regionali ne ha fornito un chiaro esempio. Tuttavia, se una banca fosse obbligata a emettere passività subordinate (contractual bail-in instruments) in modo che rappresentino (insieme al capitale) l'8 per cento delle passività totali, gli altri creditori sarebbero al riparo dal bail-in in caso di sostegno pubblico. Le nuove obbligazioni subordinate andrebbero collocate solo presso investitori istituzionali, mentre ne andrebbe vietata la vendita ai risparmiatori al dettaglio. Altrimenti si perderebbe lo scopo di tutelare il piccolo risparmiatore;
i nuovi titoli saranno costosi per le banche, poiché gli investitori chiederanno un adeguato premio al rischio, dovuto alla clausola di subordinazione. Se il nuovo obbligo fosse imposto solo alle banche italiane, subirebbero uno svantaggio competitivo nei confronti degli altri istituti europei;
ma anche qui c’è una via di uscita, fornita dalla stessa direttiva. Vi è infatti previsto che, entro la fine di quest'anno, la Commissione UE faccia una proposta legislativa volta ad armonizzare l'applicazione del Mrel tra i paesi europei. La proposta si baserà su un rapporto della European Banking Authority (Eba), il quale dovrà espressamente considerare l'opportunità che il Mrel sia soddisfatto per mezzo di contractual bail-in instruments (paragrafi 18 e 19(1) dell'articolo 45);
l'Italia dovrebbe attivarsi in sede europea affinché il Mrel venga applicato nel modo qui proposto in tutti i paesi europei. Il governatore Visco ha recentemente affermato: «Un approccio mirato, con l'applicazione del bail-in solo a strumenti provvisti di un'espressa clausola contrattuale, e un adeguato periodo transitorio avrebbero consentito alle banche di emettere nuove passività espressamente assoggettabili a tali condizioni»;
la proposta, qui avanzata, consentirebbe di limitare l'impatto del bail-in a strumenti come quelli di cui ha parlato il governatore, in caso di aiuto di Stato. E potrebbe essere applicata subito (seppure in modo graduale), senza aspettare il 2018,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative al fine di fare adottare a livello europeo un'applicazione armonizzata del Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities.
9/3892/101. Fava, Paglia, Ferrara.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento al nostro esame prevede regole per i rimborsi per i piccoli obbligazionisti delle quattro banche regionali fallite;
la Bce ha «certificato» che ben 58.000 clienti dell'istituto veneto (Banca popolare di Vicenza) – e tra questi tra operai, pensionati e casalinghe – sono stati fatti passare nei documenti ufficiali, a loro insaputa, come investitori sofisticati a cui si sono così potuti vendere i titoli della stessa, altamente rischiosi, mentre nello stesso giorno un risparmiatore, che aveva perso tutti i suoi risparmi collocati a suo tempo nella banca, si è tolto la vita;
l'industria finanziaria appare dominata da una cultura aziendale dove la norma è trarre vantaggio a scapito degli altri – ovvero i clienti. Le banche sono spesso caratterizzate da una problematica cultura d'impresa che sembra volta ad indebolire i comportamenti onesti e favorire quelli fraudolenti;
la vicenda delle 4 banche, per la drammaticità con cui ha coinvolto una vasta area di clientela al dettaglio («retail»), con scarsa competenza finanziaria ha portato alla ribalta della cronaca il fenomeno asfissiante delle pressioni commerciali esercitate sui lavoratori bancari. Realtà diventata via via sempre più invasiva e generalizzata, ben nota da anni alle organizzazioni sindacali della categoria ma che purtroppo non sono riuscite finora a debellare;
sulla carta esiste un quadro normativo (MIFID-MIFID2) voltò a tutelare gli investitori prevedendo una macro divisione per categoria in base alla competenza finanziaria: cliente al dettaglio, cliente professionale e controparte qualificata;
inoltre, le banche sono obbligate a dotarsi della funzione di «compliance» a garanzia di adeguata correttezza e trasparenza delle operazioni, di controllo sui conflitti di interesse intesi come trasferimento del rischio dall'intermediario al cliente;
in molti casi le aziende si sono dotate di strumenti per una ancor più sofisticata segmentazione della clientela, per misurare il profilo di rischio, potendo così prevedere a priori il bacino di clientela a cui offrire lo strumento finanziario più adatto;
purtroppo però le banche quando lanciano le campagne di nuova produzione assegnano budget di gran lunga superiori alle masse amministrate dei clienti potenziali, che sulla carta sarebbero adatti ad acquistare;
quindi, ad avviso dei firmatari, per stimolare il raggiungimento di un budget irraggiungibile, viene collegato al sistema incentivante, prevedendo quote retributive percentualmente molto rilevanti rispetto al trattamento economico complessivo. I premi di produttività per il personale sono spesso, infatti, collegati alla somma dei prodotti finanziari collocati presso la clientela retail dell'istituto di credito, una sorta di cottimo finanziario;
oppure se intuiscono che il traguardo del premio non è stimolante si passa, in base agli elementi in possesso dei firmatari, alla minaccia di trasferimenti o demansionamenti, peraltro questi ultimi più facilmente attuabili con il jobs act;
per costringere il singolo lavoratore a raggiungere l'obiettivo, spesso informalmente assegnato, il management aziendale, tramite la catena di comando, esercita pressioni asfissianti, mirate, quotidiane, addirittura orarie, tramite telefonate anche fuori dall'orario di lavoro, mail, compilazioni estemporanee di statistiche,
impegna il Governo:
a prendere le opportune iniziative, anche normative, al fine di evitare la diffusa pratica commerciale scorretta di erogare mutui o finanziamenti solo a patto che il cliente acquisti azioni, obbligazioni o polizze dello stesso istituto di credito o di aziende da esso controllate, e per stabilire maggiori sanzioni e revocatorie in capo agli amministratori degli istituti di credito per gravi violazioni nelle pratiche commerciali;
a prendere le opportune iniziative legislative e/o regolamentari, anche di concerto con le parti sociali, per garantire adeguata formazione agli operatori del credito ed eliminare la pratica delle pressioni commerciali;
a prendere le opportune iniziative, anche normative, al fine di impedire che i premi di produttività e le schede di valutazione del personale degli istituti di credito siano collegate alla capacità di valutare i rischi e non a quella di «sponsorizzare» i prodotti aziendali presso una clientela spesso ignara dell'abc in relazione ai prodotti finanziari, facendo si che la valutazione non sia unilaterale da parte dell'azienda ma ad opera di comitati paritetici banca/sindacati.
9/3892/102. Ferrara, Paglia, Folino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 del provvedimento al nostro esame prevede un Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito;
l'articolo 12 introduce una deroga, per gli anni 2016 e 2017, con riferimento al personale del credito, alla disciplina dei fondi di solidarietà bilaterali. La deroga concerne i requisiti di anzianità anagrafica e/o contributiva per l'accesso all'assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo;
la norma generale, relativa ai fondi di solidarietà bilaterali, limita la possibilità di applicazione di tale istituto – eventualmente contemplato in un fondo – ai dipendenti che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni. La deroga temporanea in oggetto amplia il limite massimo da cinque a sette anni;
viene esplicitamente fatto salvo il principio posto dalla disciplina generale, in base al quale per l'assegno straordinario in oggetto (di un fondo bilaterale) è dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura dell'assegno erogabile e della contribuzione previdenziale correlata;
tali disposizioni pur necessarie sono del tutto insufficienti ad affrontare la crisi occupazionale che investe il settore del credito;
tra i lavoratori bancari italiani ci sono, infatti, più di 20 mila esuberi: 23.255 da qui al 2018 (dati FABI). Di questi 9 mila solo al MPS. Ma il ridimensionamento dell'occupazione tocca pressoché tutti gli istituti di credito. L'attuazione di questi tagli porterà per la prima volta il totale dei dipendenti del settore bancario al di sotto della soglia dei 300 mila;
ma con le inevitabili fusioni che si avranno nel prossimo futuro, il numero degli esuberi è destinato ad aumentare. Così anche per l'introduzione delle nuove tecnologie. Oramai oltre il 50 per cento delle operazioni avviene via web, con i bancomat, gli smartphone, il tablet o il pc. Di conseguenza il numero delle operazioni allo sportello sono crollate,
impegna il Governo:
a presentare al Parlamento in tempi rapidi, i dati, la collocazione, i livelli professionali, degli esuberi del settore del credito nel nostro Paese, nonché le proposte per la loro gestione;
a prevedere, in particolare, una clausola sociale finalizzata alla piena tutela occupazionale (gestione concordata degli eventuali esuberi, riqualificazione, contratti di solidarietà, ed anche ammortizzatori per accompagnare i lavoratori più anziani alla pensione).
9/3892/103. Folino, Paglia, Placido.
La Camera,
premesso che:
le Fondazioni bancarie erogano annualmente centinaia di milioni che determinano le politiche pubbliche locali in proporzione diretta all'impoverimento dei Comuni;
esse sfuggono a qualsiasi controllo democratico e con i loro soldi condizionano i settori «ammessi» come famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili; prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologie e disturbi psichici e mentali; ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità ambientale; arte, attività e beni culturali, eccetera... ;
le dinamiche con cui vengono scelti gli organi gestionali, che il denaro rende ben più potenti di sindaci e giunte, sono del tutto verticali ed opache;
ma, in definitiva, le Fondazioni utilizzano risorse appartenenti alle ex banche pubbliche e casse di risparmio privatizzate. Sono soldi dei cittadini fin dalla legge bancaria del 1936. È dunque lecito sostenere che le Fondazioni bancarie, vista l'origine pubblica del loro patrimonio, sono un bene comune, e che è necessario recuperare spazi democratici nella loro gestione superando la politicizzazione oligarchica dei loro vertici,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative, anche parlamentari, per modificare le regole delle Fondazioni bancarie (legge n. 218 del 1990), rispettando, in particolare, i seguenti criteri:
a) conversione delle partecipazioni del capitale degli istituti di credito in possesso delle Fondazioni in azioni di risparmio per spezzare il legame tra potere locale e gestione clientelare del credito, pur mantenendo la fonte di finanziamento delle attività delle Fondazioni stesse;
b) elezione democratica e partecipata dei consiglieri delle Fondazioni bancarie da parte dei cittadini del territorio di riferimento coinvolgendo le associazioni, i sindacati e gli enti locali;
c) vincolare l'utilizzo di quota parte delle risorse delle Fondazioni per la realizzazione di programmi locali riferiti ad uno sviluppo economico e occupazionale sostenibile.
9/3892/104. Fratoianni, Paglia, Airaudo.
La Camera,
premesso che:
l'esigenza di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale è globalmente cresciuta come conseguenza di alcuni fattori comuni a molti Paesi;
dal lato della domanda: l'invecchiamento demografico e le riforme del sistema pensionistico, che hanno reso le famiglie più direttamente responsabili del finanziamento della loro assistenza sanitaria e dell'accumulo di ricchezza pensionistica; il basso livello dei tassi di interesse e la forte domanda di acquisto di abitazioni, con la conseguente crescita dei mutui; una sempre maggiore quota di risparmio investita in prodotti assicurativi e previdenziali; un maggior ricorso al credito al consumo;
dal lato dell'offerta, gli intermediari, stimolati dal contesto di mercati sempre più integrati e concorrenziali e favoriti dalla incessante innovazione tecnologica, hanno ampliato e diversificato la gamma di prodotti e servizi. In sintesi, alla crescente complessità dei prodotti offerti si è accompagnata la difficoltà da parte della clientela, che nella generalità dei casi non corrisponde al paradigma del «risparmiatore consapevole», di comprenderne le caratteristiche e percepirne con chiarezza i reali profili di rischio e di rendimento;
nel giugno del 2008 il consiglio dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha approvato un documento sulle buone pratiche per l'educazione finanziaria legata alle pensioni, dopo che già tre anni addietro l'organizzazione aveva definito princìpi e buone pratiche sulla materia in generale. All'inizio del mese di maggio 2008, a Washington, si è svolta una importante conferenza sullo stesso tema, organizzata dall'Ocse insieme al dipartimento del Tesoro statunitense, cui hanno contributo le istituzioni che nei diversi Paesi stanno avviando le più interessanti iniziative. In occasione della conferenza, l'Ocse ha aperto un portale dedicato ai progetti di educazione finanziaria e ha anche dato impulso alla creazione di un network internazionale tra istituzioni pubbliche, finalizzato allo scambio di informazioni e alla cooperazione;
le iniziative Ocse e il materiale presentato alla conferenza di Washington costituiscono una fonte ricchissima di analisi, informazioni, proposte ed esempi. Un primo elemento importante è la ricerca di sinergie operative tra le diverse iniziative. La materia dell'educazione finanziaria è trasversale per sua natura, e quindi le parti coinvolte sono molteplici, pubbliche e private: ministeri (in particolare quelli competenti per economia, istruzione, lavoro e previdenza), banche centrali, autorità di vigilanza in campo finanziario, intermediari finanziari, istituzioni non governative, fondazioni, associazioni e sindacati. Inoltre, anche la dimensione territoriale è particolarmente importante, giacché iniziative concentrate a livello territoriale possono risultare particolarmente efficaci;
nei Paesi dove la sensibilità per questi temi si è già sviluppata da un certo numero di anni, il novero di iniziative è davvero ampio. Negli Stati Uniti, per favorire la cooperazione tra i diversi attori, pubblici e privati, è stata costituita la Financial Literacy and Education Commission, cui partecipano venti diverse amministrazioni, con il compito di definire e implementare una vera e propria strategia nazionale. Anche le linee guida dell'Ocse suggeriscono di prendere in considerazione la creazione di una struttura operativa dedicata all'educazione finanziaria, che si occupi di promuovere e coordinare i progetti;
nel campo dell'educazione finanziaria ci sono già esperienze positive nel mondo anglosassone che possono essere prese ad esempio;
occorre, dunque, promuovere la diffusione di una maggiore educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale anche in Italia, nella convinzione che la conoscenza del mercato e la consapevolezza riguardo le caratteristiche degli strumenti finanziari possano aiutare i risparmiatori a compiere scelte adeguate alle proprie esigenze di risparmio e investimento;
si ritiene infatti che ogni risparmiatore, per pianificare i propri investimenti, dovrebbe sapere da cosa dipende il valore delle attività e degli strumenti finanziari e quali sono gli stili di gestione adottati dai gestori;
l'educazione in questo senso è essenziale per assicurare che i consumatori e gli investitori dispongano delle conoscenze necessarie prima di prendere decisioni finanziarie importanti per loro stessi e per le loro famiglie. Alcune conoscenze di base sono necessarie, ad esempio, per pianificare i costi dell'istruzione dei figli, per una gestione ponderata del credito, per ottenere una copertura assicurativa adeguata e per prepararsi al meglio alla pensione;
nel nostro Paese, l'ABI – Associazione bancaria italiana – si è occupata di educazione finanziaria, con il Consorzio «Patti chiari». Tuttavia, anche questa esperienza, pressoché autoreferenziale, non è riuscita ad evitare che il predetto Consorzio classificasse le obbligazioni Lehman Brothers, il giorno prima del suo fallimento, come prodotti finanziari adatti a soggetti con bassa propensione di rischio;
da ciò ne discende l'estrema necessità di prevedere un modello di educazione venga realizzato da soggetti qualificati, tra cui enti pubblici e soggetti privati in possesso di conoscenze specifiche e dalle associazioni di consumatori riconosciute a livello nazionale, a spese delle stesse società che vendono prodotti destinati al credito e al consumo;
al fine di recuperare il ritardo del nostro Paese, rispetto ai paesi più avanzati, in buona sostanza occorre adottare anche nel nostro ordinamento interventi strutturali dedicati all'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale creando un soggetto istituzionalmente preposto al coordinamento di iniziative in tale direzione;
i consumatori dovrebbero essere formati sulle questioni economiche e finanziarie il più precocemente possibile, cominciando dalla scuola. Le autorità nazionali dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di rendere l'educazione finanziaria una materia obbligatoria dei curricula scolastici,
impegna il Governo
ad inserire l'educazione finanziaria tra le attività didattiche della scuola primaria e secondaria;
a provvedere, inoltre, tramite il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, allo scopo di sviluppare le abilità necessarie per l'insegnamento dell'educazione finanziaria, alla formazione sistematica degli insegnanti.
9/3892/105. Carlo Galli, Paglia, Pannarale, Palese.
La Camera,
premesso che:
il ruolo istituzionale del sistema bancario è quello di raccogliere il risparmio e indirizzarlo verso investimenti reali e finanziari, privati e pubblici, che rispondono alle necessità del Paese. La lunga depressione che ha colpito l'Italia ha fatto crollare gli investimenti delle imprese; le politiche di austerità hanno drasticamente tagliato gli investimenti pubblici. La grande liquidità offerta dalla BCE al sistema bancario non si sta traducendo in nuovi investimenti perché le scelte delle banche favoriscono impieghi a basso rischio e di breve termine;
le difficoltà del nostro sistema creditizio sono molto pesanti. Un relativamente recente studio della EBA, l'organismo messo in piedi per la sorveglianza delle banche dell'eurozona, mostra che quelle italiane risultano, nell'ambito dei paesi dell'area, tra quelle con i più bassi livelli di capitalizzazione, con la più bassa redditività, con i più alti livelli invece, e di gran lunga, di crediti dubbi. Questo dovrebbe bastare perché la si smetta con il ritornello che in tanti ripetono ormai da almeno da sei-sette anni e che racconta che il sistema bancario italiano è solido;
ci troviamo di fronte al solito sistema italiano del capitalismo senza capitale, nel quale si vuole mantenere il potere di governo delle strutture economiche e finanziarie senza metterci i soldi, o utilizzando i soldi pubblici, peraltro di solito con l'esplicito assenso dei pubblici poteri;
il nuovo fondo che si va configurando da parte del Governo vede la partecipazione al 20 per cento complessivamente della cassa Depositi e Prestiti e della Sga, la struttura a suo tempo varata per il salvataggio del Banco di Napoli. Ma il loro intervento rischia di essere solo una foglia di fico per coprire l'arrivo dei fondi stranieri, che sarebbero pronti a investire 30-40 miliardi nel nostro sistema bancario;
ci vorrebbe invece un forte intervento pubblico per spingere il settore in direzione di una adeguata politica di sviluppo;
tutto questo evidenzia un grave vuoto del sistema bancario e finanziario del Paese: l'assenza di una banca pubblica d'investimento che alimenti un flusso di risorse verso la ricostruzione di capacità produttive avanzate, infrastrutture necessarie e le capacità di fornire beni pubblici adeguati alle esigenze del Paese;
negli ultimi anni a coprire alcune di queste funzioni – in modo improprio – è stata chiamata la Cassa Depositi e Prestiti, che nel breve periodo potrebbe essere riorganizzata per svolgere un ruolo simile, ma nel medio termine è necessario che si costruisca un soggetto specifico adatto a operare in modo flessibile come banca pubblica d'investimento – analogamente a quanti già esiste in quasi tutti i paesi;
la nuova banca pubblica d'investimento avrebbe un ruolo centrale nello sviluppo di una nuova politica industriale che permetta al Paese di trovare una nuova traiettoria di sviluppo dopo la lunga depressione;
in effetti, negli ultimi anni la politica industriale è tornata al centro dell'interesse dei governi come strumento chiave per uscire dalla crisi e definire un nuovo modello di sviluppo economico e sociale verso cui indirizzare il sistema produttivo, rendendo disponibili grandi risorse finanziarie da utilizzare per la ricostruzione della base produttiva europea,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità della creazione di una nuova banca pubblica d'investimento.
9/3892/106. Marcon, Paglia, Giancarlo Giordano.
La Camera,
premesso che:
la recente crisi finanziaria ha mostrato, l'esistenza di una specifica questione riguardante il compenso degli amministratori nel settore finanziario;
è interessante al riguardo leggere il rapporto finale della Financial Crisis Inquiry Commission la commissione d'inchiesta istituita nel 2009 dagli Stati Uniti per accertare le cause della grande crisi finanziaria. La Commissione rileva che, a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, le retribuzioni nel settore finanziario iniziano a crescere in modo esponenziale, distaccando ampiamente il livello dei compensi nel settore industriale;
la Commissione ha anche accertato come il diffondersi di pratiche retributive non corrette abbia significativamente contribuito all'origine della crisi; ad esempio, nelle banche di affari era prassi remunerare i dirigenti preposti alla cartolarizzazione e alla ri-cartolarizzazione dei mutui « subprime» sulla base del valore complessivo delle emissioni; il compenso dei directors era in gran parte parametrato al valore del ROE (return on equity) dell'esercizio, vale a dire alla redditività immediata della gestione. Il che ha condotto, come poi si è scoperto, a emissioni sconsiderate e affrettate di prodotti derivati su crediti (gli ormai famosi e «famigerati» Collateralized debt obligations CDO; i Credit default swap), accompagnate da gigantesche falle nei sistemi di risk management: nessuno aveva voglia di perdere tempo nel valutare esattamente il rischio connesso al sottostante dei prodotti derivati e quando la crisi è esplosa nessuno era in grado di valutare a quali perdite le banche erano esposte. Sono queste conclusioni ormai generalmente condivise;
nel 2011, l'ultimo anno per il quale sono disponibili informazioni, quasi cento dirigenti bancari italiani hanno portato a casa uno stipendio totale superiore a un milione di euro, con una media di 1,64 milioni di euro a testa. Un dato che, seppur in flessione rispetto all'anno precedente, colloca la nostra penisola al quinto posto della classifica europea per numero di « top earner» i manager più pagati dei vari istituti di credito del vecchio continente. Lo segnala la European Banking Authority (EBA) nell'ultimo report pubblicato;
e non appare esservi alcuna relazione tra le dimensioni dell'istituto e le remunerazioni del capo azienda;
degli 1,64 milioni di euro di stipendio medio versati dalle banche italiane ai dirigenti più pagati, lo stipendio variabile, ovvero i bonus e i benefit vari accordati ai top manager bancari italiani, rappresenta circa il 47 per cento della retribuzione totale;
nel 2012, ha denunciato uno studio della Fiba-CISL, i massimi dirigenti bancari e assicurativi italiani hanno incassato in media stipendi 42 volte superiore a quello degli impiegati del settore. E a qualcuno è andata perfino meglio avendo ricevuto retribuzioni superiori alla media di 82 volte. Per guadagnare la cifra percepita da un impiegato medio nel corso di un anno, ha ricordato ancora la Fiba, agli amministratori delegati di Intesa Sanpaolo e delle Generali Assicurazioni sono sufficienti appena tre giorni di lavoro. Anche perché l'Italia è tra gli ultimi posti in Europa per quanto concerne il livello medio delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti;
ma come abbiamo già detto, non è solo un problema equitativo;
il nodo centrale della questione non è, infatti, solo l'entità dei compensi, ma piuttosto che forma, struttura e livello di remunerazione degli amministratori (in una parola: il sistema retributivo) devono essere idonei ad allineare gli interessi di costoro con quelli di lungo periodo della società, nonché mantenere nella parte variabile un rapporto di ragionevole proporzionalità con i risultati conseguiti,
impegna il Governo
a prendere ulteriori iniziative normative per regolamentare le retribuzioni dei vertici apicali degli istituti di credito nell'ambito delle osservazioni formulate in premessa, a partire dai dirigenti delle banche che hanno usufruito di benefici derivanti da un intervento pubblico.
9/3892/107. Gregori, Paglia, Ricciatti.
La Camera,
premesso che:
la misura relativa alla procedura arbitrale, di cui all'articolo 9, comma 10 del provvedimento, alternativa alla richiesta di rimborso forfetario, non chiarendo le modalità in cui si svolgerà l'arbitrato, non consente ai risparmiatori di decidere quale procedura intraprendere;
la stessa misura non consente al risparmiatore di accedere alla procedura di arbitrato, qualora la procedura per ottenere l'indennizzo forfetario non si concluda per mancanza dei requisiti o per l'impossibilità di reperire la documentazione richiesta. Essa soprattutto non prevede esplicitamente che l'accesso alle due procedure, di rimborso forfetario e di arbitrato, non precluda l'avvio o la prosecuzione di azioni risarcitorie, in sede civile o penale, nei confronti delle nuove banche o di altri soggetti, attentando quindi a quella che la nostra Costituzione, all'articolo 47, commi 1 e 2, ritiene una risorsa fondamentale per lo sviluppo della collettività, cioè il risparmio stesso;
nell'incertezza circa il concreto funzionamento di meccanismo arbitrale, non essendo stati ancora emanati i relativi decreti legislativi attuativi, gli investitori che possiedano i requisiti reddituali e patrimoniali previsti saranno indotti a scegliere la via del risarcimento automatico, rinunciando tuttavia, in tal caso, ad esercitare il loro diritto di ottenere il risarcimento integrale di tutte le perdite subite;
sarebbe stato, viceversa, opportuno che il Governo contestualmente all'adozione del decreto-legge n. 59 del 2016, emanasse anche la disciplina secondaria di attuazione della procedura arbitrale, già prevista dalla legge di stabilità 2016 all'articolo 1, comma 857, lettere d) ed e), che lo impegnava ad emanarla entro il 31 marzo 2016,
impegna il Governo
ad emanare con la massima urgenza le disposizioni di attuazione delle procedure di accesso all'arbitrato di cui all'articolo 1, commi 857 ed 858 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
9/3892/108. Paglia, Marcon, Melilla.
La Camera,
premesso che:
la misura relativa alla procedura arbitrale, di cui all'articolo 9, comma 10 del provvedimento, alternativa alla richiesta di rimborso forfetario, non prevedendo esplicitamente che l'accesso alle due procedure, di rimborso forfetario e di arbitrato, non precluda l'avvio o la prosecuzione di azioni risarcitorie, in sede civile o penale, nei confronti delle nuove banche o di altri soggetti, attenta a quella che la nostra Costituzione, all'articolo 47, commi 1 e 2, ritiene una risorsa fondamentale per lo sviluppo della collettività, cioè il risparmio stesso,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare un'iniziativa normativa che preveda che l'accoglimento dell'istanza di accesso al Fondo od alla procedura arbitrale non inibiscono la costituzione di parte civile nell'eventuale procedimento penale per insolvenza o bancarotta, ovvero l'azione risarcitoria nei confronti di tutti i responsabili della crisi delle Banche di cui all'articolo 8, comma 1, lettera b) del provvedimento.
9/3892/109. Sannicandro, Paglia, Martelli.
La Camera,
premesso che:
la norma di cui all'articolo 2, che nel modificare il decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (TUB) introduce nel nostro ordinamento giuridico il cosiddetto Patto marciano, non chiarisce a quale fattispecie contrattuale si applichi;
infatti dal tenore letterale della norma il finanziamento al quale si riferisce l'articolo 2 non sembra essere unicamente quello soggetto a rimborso attraverso pagamenti da effettuarsi in via rateale, bensì ricomprendere anche ulteriori figure contrattuali, ampiamente in uso nella prassi bancaria, quali, in particolare, il fido bancario e l'apertura di credito,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di adottare un'iniziativa normativa atta a specificare che la misura di garanzia di cui all'articolo 2 del provvedimento si applichi esclusivamente ad un contratto di finanziamento che preveda un piano di rimborso esclusivamente tramite rateizzazione.
9/3892/110. Martelli, Paglia, Melilla.
La Camera,
premesso che:
la norma di cui all'articolo 2 del provvedimento, che nel modificare il decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (TUB) introduce nel nostro ordinamento giuridico il cosiddetto «Patto marciano», non appare corredata dai necessari criteri di bilanciamento in favore della parte debitrice. Pertanto il «patto marciano» risulterà uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente più debole,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che stabilisca che il patto di cui al comma 1 dell'articolo 2 del provvedimento, deve contestualmente prevedere il diritto del debitore di vedersi accordata, in caso di comprovata e sensibile variazione della sua capacità di rimborso, una sospensione temporanea del pagamento dei ratei.
9/3892/111. Melilla, Paglia, Nicchi.
La Camera,
premesso che:
il comma 6 dell'articolo 2 del provvedimento prevede che il creditore che abbia notificato al debitore la dichiarazione di volersi avvalere degli effetti del patto marciano, può chiedere al presidente del tribunale del luogo dove si trova l'immobile oggetto di trasferimento la nomina di un perito che stimi, con relazione giurata, il valore dell'immobile oggetto del patto,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni, di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che prevede che ai fini della stima, del bene immobile oggetto della garanzia di cui al comma 1, dell'articolo 2 del provvedimento, il perito sia tenuto a prendere a riferimento i valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare.
9/3892/112. Nicchi, Paglia, Fassina.
La Camera,
premesso che:
ad avviso dei presentatori la surrettizia introduzione all'articolo 1 del provvedimento, di un meccanismo di garanzia che, squilibrando l'attuale sistema di rapporti tra i creditori, crea un credito «super privilegiato» ad esclusivo vantaggio delle banche, comporterà un'applicazione molto estesa, posto che soddisferà una comunanza di interessi tra banche creditrici e debitori, in danno degli altri creditori, quali i fornitori dell'imprenditore ed i lavoratori dipendenti dell'impresa, che non potranno utilizzare lo strumento di garanzia,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare un'iniziativa normativa che prevede che l'escussione del pegno, prevista al comma 7, dell'articolo 1 del provvedimento, sia attivata previo soddisfacimento di crediti retributivi da lavoro dipendente e di crediti derivanti dalla fornitura di beni e servizi.
9/3892/113. Placido, Paglia, Airaudo.
La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento, dopo una modifica introdotta nel corso del suo esame al Senato, prevede che il pegno mobiliare non possessorio possa avere ad oggetto anche beni immateriali, quali, ad esempio, marchi oppure brevetti, circostanza che potrebbe indurre gli istituti bancari ad approfittare di momenti di grande tensione finanziaria delle imprese, per sottrarre alle stesse beni di rilevante valore, oltre che indispensabili per la prosecuzione della loro attività economica,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che stabilisca che il pegno non possessorio di cui all'articolo 1, del provvedimento possa essere costituito anche su beni mobili immateriali dell'impresa ma limitatamente al loro valore già iscritto in bilancio.
9/3892/114. Palazzotto, Paglia, Scotto.
La Camera,
premesso che:
il tema delle crisi bancarie è solo uno degli aspetti della finanziarizzazione sempre più spinta dell'economia, della crisi globale, di quella che alcuni hanno battezzata come la «stagnazione secolare». A 8 anni dall'inizio della crisi i governi mondiali si sono limitati a raccomandare, esaminare e riflettere in tema di riforma del sistema finanziario senza attuare nessuna misura efficace;
dopo la crisi del 1929 ci fu invece una revisione del sistema finanziario statunitense e di altre nazioni, ne sono un esempio il Glass Steagall Act del 1933 negli Stati Uniti e la legge bancaria del 1936 in Italia, entrambe indirizzate alla separazione tra banche commerciali, che erogano credito a breve termine, e banche di investimento, impegnate nella fornitura di credito a lungo termine;
le banche, com’è noto, assumono varie denominazioni, ma le differenziazioni principali sono tre:
banca di deposito, o banca commerciale, è un tipo di banca, prevalente in Europa, che raccoglie depositi dai suoi clienti, che poi utilizza per effettuare operazioni di prestito;
banca d'affari, o banca di investimento, è un istituto di credito il quale (diversamente dalle banche commerciali) non permette depositi, ma offre servizi e specula con elevato rischio;
banca mista, o banca universale, è un tipo di banca che può svolgere tutti i tipi di operazioni finanziarie e quindi, tra l'altro, sia quelle proprie delle banche commerciali, che quelle tipiche delle banche di investimento;
la conseguenza dell'abrogazione del principio di Glass-Steagall ha portato dritti alla catastrofe odierna, dal momento che l'esplosione della bolla dei derivati (gli strumenti iper-speculativi che ormai sono completamente slegati dagli investimenti produttivi) ha determinato il rischio del fallimento delle grandi banche, conseguentemente governi e banche centrali hanno pensato di coprire i problemi con una serie di salvataggi emergenziali, anziché intervenire con nuova regolazione;
pertanto, mancando l'impegno politico a riformare il sistema finanziario, oggi assistiamo all'emissioni di fiumi di denaro a tassi irrisori a favore delle banche, anche se queste poi non si impegnano a sostenere l'economia reale di aziende e famiglie;
la legge bancaria Glass-Steagall mirava a introdurre misure per contenere la speculazione da parte degli intermediari finanziari e i panici bancari:
la prima misura fu quella di istituire la Federal Deposit Insurance Corporation con lo scopo di garantire i depositi e prevenire eventuali corse allo sportello delle banche e ridurre il rischio di panici bancari;
la seconda misura prevedeva l'introduzione di una netta separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria di investimento. Le due attività non potevano essere esercitate dallo stesso intermediario, avendo così la separazione tra banche commerciali e banche di investimento;
la ratio di tale ultimo provvedimento era quella di evitare che il fallimento dell'intermediario comportasse altresì il fallimento della banca tradizionale: in questo modo, si impediva, di fatto, che l'economia reale fosse direttamente esposta al pericolo di eventi negativi prettamente finanziari. Per via della sua successiva abrogazione nel 1999, nella crisi del 2007 è accaduto proprio questo, quando l'insolvenza nel mercato dei mutui subprime, iniziata nel 2006, ha scatenato una crisi di liquidità che si è trasmessa immediatamente all'attività bancaria tradizionale, in quanto quest'ultima è in commistione con l'attività di investimento, in questo caso immobiliare;
nel 1999 il Congresso, a maggioranza repubblicana, approvò una nuova legge bancaria promossa dal Rappresentante Jim Leach e dal Senatore Phil Gramm, promulgata il 12 novembre 1999 dal Presidente Bill Clinton, nota con il nome di Gramm-Leach-Bliley Act. La nuova legge ha abrogato le disposizioni del Glass-Steagall Act del 1933 che prevedevano la separazione tra attività bancaria tradizionale e investment banking, senza alterare le disposizioni che riguardavano la Federal Deposit Insurance Corporation;
si dovrebbe perlomeno riprendere le proposte e le politiche del Glass Steagall Act americano, la riforma bancaria voluta nel 1933 dal presidente Roosevelt che, proprio con la separazione tra le banche di deposito e quelle di investimento, affrontava di petto alcune delle cause di fondo della crisi del ’29 e della Grande Depressione;
anche importanti istituzioni finanziarie come la Consob, preposta all'attività di controllo sulla trasparenza in borsa, sono intervenute a favore della separazione bancaria. Durante un'audizione alla Commissione finanze della Camera dei deputati, il presidente Giuseppe Vegas ha ribadito che «la risposta più efficace alla persistente finanziarizzazione dell'economia e alla prevenzione dei rischi sistemici è quella di implementare con convinzione un modello di separazione tra i diversi comparti dell'attività di intermediazione finanziaria, impedendo commistioni tra l'attività di banca commerciale e quella di banca d'investimento». Per la Consob «ciò ridurrebbe gli effetti di contagio, legati ad una eccessiva assunzione di rischi, verso il settore bancario tradizionale, preservandone la capacità di trasferire risparmio all'economia reale e di sostenere la crescita delle imprese»;
la separazione bancaria, infatti, dovrebbe favorire le condotte più orientate al mercato e sollecitare maggiore creazione di credito bancario a favore del sistema produttivo. Dovrebbe anche impegnare le banche di deposito ad aumentare il volume del credito erogato a favore del sistema produttivo, anche incentivando l'apertura del mercato dei capitali alle media e piccole imprese e favorendo nel contempo lo sviluppo di nuovi strumenti di credito produttivo, quali i mini bond e altri fondi di investimento. La spinta dovrebbe andare verso il superamento del penalizzante credit crunch. Nel 2013 in Italia il credito erogato dal sistema bancario alle imprese è diminuito del 4,6 per cento mentre il tasso applicato ai nuovi crediti sotto il milione di euro è dell'1,6 per cento superiore a quello fatto in Germania e in Francia;
le banche commerciali devono concentrare le loro attività verso il credito a imprese e famiglie, mentre le banche d'affari potranno svolgere la vendita dei prodotti finanziari. Per le banche commerciali vanno stabiliti dei limiti qualitativi e quantitativi per gli strumenti finanziari che possono essere utilizzati;
va sancito il divieto di detenere partecipazioni (Vedi «Il Manifesto per una buona finanza» – Cgil), da parte delle banche commerciali, in banche d'investimento, società d'intermediazione mobiliare e, in generale, in tutte le società finanziarie che non sono autorizzate ad effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico oltre a non detenere partecipazioni industriali. Così come va stabilito il divieto di coprire cariche direttive e di detenere posizioni di controllo nelle banche commerciali, da parte dei rappresentanti, dei direttori, dei soci di riferimento e degli impiegati delle banche d'affari;
occorre separare una volta per tutte le attività di trading da quelle di credito. Questa divisione dovrebbe riguardare l'attività di compravendita in proprio, i derivati, prestito ed esposizione non garantiti verso gli hedge fund, investimenti strutturati e in private equity,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di ottenere la separazione tra le banche commerciali e le banche d'affari, tutelando le attività finanziarie di deposito e di credito inerenti l'economia reale e differenziando tali attività da quelle legate all'investimento e alla speculazione sui mercati finanziari nazionali e internazionali.
9/3892/115. Scotto, Paglia, Melilla, Palese.
La Camera,
premesso che:
ogni ordinamento giuridico deve trovare un punto di equilibrio tra esigenze di tutela del creditore e del debitore;
l'articolo 2 del provvedimento, al fine di rendere più efficace il recupero dei crediti da parte del sistema creditizio, introduce nel nostro ordinamento giuridico il riconoscimento legislativo del cosiddetto «patto marciano», accordo grazie al quale il creditore ottiene direttamente la proprietà di beni dati in garanzia in caso di inadempimento del debitore e che, essendo quasi sempre stipulato in situazioni di evidente disparità contrattuale, maschera un vero e proprio abuso di posizione dominante da parte della parte creditrice;
non essendo la norma corredata da necessari criteri di bilanciamento in favore della parte debitrice, il «patto marciano» risulterà uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente soccombente,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che stabilisca che non può farsi luogo al trasferimento di proprietà del bene immobile sospensivamente condizionato di cui all'articolo 2, comma 1 del provvedimento qualora l'entità del debito residuo sia pari o inferiore al venti per cento dell'ammontare del finanziamento concesso.
9/3892/116. Zaccagnini, Paglia, Piras.
La Camera,
premesso che:
ogni ordinamento giuridico deve trovare un punto di equilibrio tra esigenze di tutela del creditore e del debitore;
l'articolo 2 del provvedimento, al fine di rendere più efficace il recupero dei crediti da parte del sistema creditizio, introduce nel nostro ordinamento giuridico il riconoscimento legislativo del cosiddetto «patto marciano», accordo grazie al quale il creditore ottiene direttamente la proprietà di beni dati in garanzia in caso di inadempimento del debitore e che, essendo quasi sempre stipulato in situazioni di evidente disparità contrattuale, maschera un vero e proprio abuso di posizione dominante da parte della parte creditrice;
non essendo la norma corredata da necessari criteri di bilanciamento in favore della parte debitrice, il «patto marciano» risulterà uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente soccombente,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che stabilisca che il trasferimento della proprietà dell'immobile o di altro diritto immobiliare in favore del creditore o di una società dallo stesso controllata o al medesimo collegata, ai sensi dell'articolo 2 del provvedimento, estingue comunque l'obbligazione del debitore anche se il valore di stima è inferiore all'ammontare del debito residuo.
9/3892/117. Ricciatti, Paglia, Zaccagnini.
La Camera,
premesso che:
ogni ordinamento giuridico deve trovare un punto di equilibrio tra esigenze di tutela del creditore e del debitore;
l'articolo 2 del provvedimento, al fine di rendere più efficace il recupero dei crediti da parte del sistema creditizio, introduce nel nostro ordinamento giuridico il riconoscimento legislativo del cosiddetto «patto marciano», accordo grazie al quale il creditore ottiene direttamente la proprietà di beni dati in garanzia in caso di inadempimento del debitore e che, essendo quasi sempre stipulato in situazioni di evidente disparità contrattuale, maschera un vero e proprio abuso di posizione dominante da parte della parte creditrice;
non essendo la norma corredata da necessari criteri di bilanciamento in favore della parte debitrice, il «patto marciano» risulterà uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente soccombente,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che preveda che per tutti i contratti di finanziamento in corso il patto di cui al comma 1 dell'articolo 2 del provvedimento può essere stipulato solo qualora siano contestualmente modificate, a vantaggio del cliente, una o più clausole riguardanti i tassi, i prezzi, l'ammontare, la durata e le altre condizioni del contratto di finanziamento.
9/3892/118. Piras, Paglia, Scotto.
La Camera,
premesso che:
ogni ordinamento giuridico deve trovare un punto di equilibrio tra esigenze di tutela del creditore e del debitore;
l'articolo 2 del provvedimento, al fine di rendere più efficace il recupero dei crediti da parte del sistema creditizio, introduce nel nostro ordinamento giuridico il riconoscimento legislativo del cosiddetto «patto marciano», accordo grazie al quale il creditore ottiene direttamente la proprietà di beni dati in garanzia in caso di inadempimento del debitore e che, essendo quasi sempre stipulato in situazioni di evidente disparità contrattuale, maschera un vero e proprio abuso di posizione dominante da parte della parte creditrice;
non essendo la norma corredata da necessari criteri di bilanciamento in favore della parte debitrice, il «patto marciano» risulterà uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente soccombente,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che stabilisca che il debito inadempiuto riferito al finanziamento garantito dal patto di cui al comma 1 dell'articolo 2 del provvedimento si estingue anche se il valore della stima del diritto è inferiore all'ammontare del debito stesso.
9/3892/119. Giancarlo Giordano, Paglia, Pellegrino.
La Camera,
premesso che:
ogni ordinamento giuridico deve trovare un punto di equilibrio tra esigenze di tutela del creditore e del debitore;
l'articolo 2 del provvedimento, al fine di rendere più efficace il recupero dei crediti da parte del sistema creditizio, introduce nel nostro ordinamento giuridico il riconoscimento legislativo del cosiddetto «patto marciano», accordo grazie al quale il creditore ottiene direttamente la proprietà di beni dati in garanzia in caso di inadempimento del debitore e che, essendo quasi sempre stipulato in situazioni di evidente disparità contrattuale, maschera un vero e proprio abuso di posizione dominante da parte della parte creditrice;
il comma 5 del medesimo articolo stabilisce che gli effetti del patto marciano scattano dopo il mancato pagamento di almeno tre rate del finanziamento, anche non consecutive, limite che appare troppo stringente e vessatorio per il debitore alla luce anche della previsione di cui all'articolo 40 del decreto legislativo n. 385 del 1993 che, disciplinando i casi di inadempimento al pagamento da parte del debitore, assume come inadempimento rilevante quello relativo a sette rate, introducendo così una potenziale violazione del principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
non essendo la norma corredata da necessari criteri di bilanciamento in favore della parte debitrice, il «patto marciano» risulterà uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente soccombente,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che elevi il limite di mancato rimborso del finanziamento di cui al comma 5 dell'articolo 2, da tre a sei rate anche non consecutive.
9/3892/120. Pellegrino, Paglia, Sannicandro.
La Camera,
premesso che:
ogni ordinamento giuridico deve trovare un punto di equilibrio tra esigenze di tutela del creditore e del debitore;
l'articolo 2 del provvedimento, al fine di rendere più efficace il recupero dei crediti da parte del sistema creditizio, introduce nel nostro ordinamento giuridico il riconoscimento legislativo del cosiddetto «patto marciano», accordo grazie al quale il creditore ottiene direttamente la proprietà di beni dati in garanzia in caso di inadempimento del debitore e che, essendo quasi sempre stipulato in situazioni di evidente disparità contrattuale, maschera un vero e proprio abuso di posizione dominante da parte della parte creditrice;
non essendo la norma corredata da necessari criteri di bilanciamento in favore della parte debitrice, il «patto marciano» risulterà uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente soccombente,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che subordini l'attivazione degli effetti del patto marciano solo qualora l'ammontare del debito inadempiuto sia superiore al 40 per cento del finanziamento originario.
9/3892/121. Quaranta, Paglia, Melilla.
La Camera,
premesso che:
ogni ordinamento giuridico deve trovare un punto di equilibrio tra esigenze di tutela del creditore e del debitore;
l'articolo 2 del provvedimento, al fine di rendere più efficace il recupero dei crediti da parte del sistema creditizio, introduce nel nostro ordinamento giuridico il riconoscimento legislativo del cosiddetto «patto marciano», accordo grazie al quale il creditore ottiene direttamente la proprietà di beni dati in garanzia in caso di inadempimento del debitore e che, essendo quasi sempre stipulato in situazioni di evidente disparità contrattuale, maschera un vero e proprio abuso di posizione dominante da parte della parte creditrice;
non essendo la norma corredata da necessari criteri di bilanciamento in favore della parte debitrice, il «patto marciano» risulterà uno strumento particolarmente incisivo ed incompatibile con un'adeguata tutela delle ragioni della parte contraente soccombente,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina di cui in premessa, al fine di adottare un'iniziativa normativa che preveda che la pattuizione di cui all'articolo 2 del provvedimento non è valida allorché sussista una sproporzione tra l'ammontare del finanziamento e il valore del bene o del diritto dato in garanzia.
9/3892/122. Pannarale, Paglia, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
i piccoli azionisti della Banca Popolare di Vicenza (BPV) vivono una situazione di enorme difficoltà dato che nel corso degli ultimi due anni hanno visto il valore delle azioni dell'istituto precipitosamente svalutato, senza la possibilità di alienare i predetti titoli partecipativi. Come previsto dalla disciplina delle Banche Popolari, il valore delle azioni è stato determinato dalla società medesima, in assenza di confronto con il mercato: a seguito dell'attività ispettiva svolta dalla Banca d'Italia, è emerso che l'istituto ha proceduto al riacquisto delle proprie azioni senza le autorizzazioni imposte dal legislatore. La Procura della Repubblica di Vicenza ha dunque avviato un'indagine penale nei confronti dei vertici societari e la Banca Centrale Europea, tra il 26 febbraio e il 3 luglio 2015, ha condotto un'ispezione sulla banca;
da tali attività è emerso che la BPV, oltre ad aver riacquistato azioni proprie senza le necessarie autorizzazioni, non ha dedotto – per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza – il capitale raccolto a fronte di finanziamenti erogati dalla stessa BPV ai sottoscrittori con la finalità di acquisto delle sue azioni né comunicato tali operazioni agli organi di vigilanza. L'istituto ha infatti concesso ai clienti finanziamenti destinati all'acquisto delle azioni dell'Istituto stesso (cosiddetti finanziamenti «baciati»). In alcuni casi, l'acquisto di azioni della stessa Popolare sarebbe stato imposto ai clienti anche quale contropartita per ottenere i finanziamenti commerciali; inoltre è emerso che alcuni soggetti sarebbero stati indotti all'acquisto sulla base di valutazioni patrimoniali riferite dalla stessa Popolare non corrispondenti ai dati reali. Il risultato è stata una significativa sopravvalutazione delle azioni e, di conseguenza, di fronte alla necessità di una valutazione reale (molto inferiore delle citate sopravvalutazioni), in ossequio al sopravvenuto obbligo di quotazione sui mercati regolamentati delle banche popolari, un grave danno in capo agli azionisti;
la relazione della Bce avrebbe inoltre evidenziato che 58 mila azionisti erano stati classificati in modo inappropriato, ai fini della normativa MIFID, con attribuzione di un profilo di rischio e competenze finanziarie non corrispondenti alla realtà. Altri 29 mila azionisti non sarebbero stati assistiti adeguatamente, dopo che ad essi era stato comunicato il diritto di prelazione;
a seguito delle suesposte vicende, l'Assemblea di Banca Popolare di Vicenza ha disposto in più occasioni la svalutazione delle proprie azioni, da un valore di partenza di 62,50 euro nel 2014 (approvazione bilancio 2013) a 6,3 euro di febbraio 2016 per i soci che non avessero partecipato all'aumento di capitale, però con contestuale sospensione del diritto di recesso. Con l'intervento del fondo Atlante nell'aprile del 2016 è stato sottoscritto un nuovo aumento di capitale, con l'ulteriore abbassamento del prezzo di ciascuna azione a 10 centesimi di euro;
le medesime vicende sono emerse anche con riferimento a Veneto Banca, destinataria, nel 2013, di una decisione della Consob (delibera n. 18446) con la quale sono state comminate sanzioni pecuniarie nei confronti dell'istituto e degli esponenti apicali, in quanto dall'attività di vigilanza erano emerse diffuse e reiterate condotte irregolari, relative alla valutazione di adeguatezza delle operazioni disposte dalla clientela, in particolare su azioni e obbligazioni emesse dalla Banca, sostanziatesi in frequenti riprofilature della clientela che, in un significativo numero di casi, sono risultate strettamente funzionali a rendere adeguata un'operazione altrimenti non coerente con il profilo dell'investitore; una diffusa riproposizione in regime di appropriatezza di ordini che altrimenti sarebbero risultati inadeguati (e ciò nonostante le procedure aziendali qualifichino espressamente come del tutto eccezionali i casi in cui ciò può accadere, nonché numerosi casi di ordini proposti direttamente in regime di appropriatezza, nonostante l'utilizzo di un canale di contatto «fisico» con la clientela (sportello ovvero promotore finanziario) tipicamente orientato a fornire raccomandazioni personalizzate (consulenza), per le quali è richiesto l'espletamento del questionario di valutazione di adeguatezza;
sempre per quanto riguarda Veneto Banca, la situazione finanziaria e patrimoniale dell'istituto appare fortemente rischiosa per azionisti e obbligazionisti. Standard & Poor's ha infatti abbassato da CCC- a D il rating di un prestito obbligazionario emesso nel 2007, stante il mancato pagamento da parte dell'emittente delle cedole dovute nel mese di dicembre 2015: ciò in virtù del fatto che i requisiti di capitale dell'istituto (in particolare il Cet1 Rado e il Total Capital Ratio) risultavano, al momento della cancellazione del coupon, al di sotto dei minimi imposti dall'autorità di vigilanza. Veneto Banca registra inoltre un elevato livello di credit spread (ovverosia l'indice utilizzato per misurare la rischiosità dell'investimento): pertanto gli analisti hanno valutato il rischio di credito dell'emittente come significativo. L'istituto ha dunque deliberato un aumento di capitale che, qualificato come un'operazione a massimo rischio, allo scadere dei termini nella scorsa settimana dell'offerta in opzione ai soci e di quella successiva agli investitori istituzionali, ha visto presentate adesioni per un importo complessivo per euro 22.330.793,98, pari al solo 2.23 per cento del controvalore dell'offerta globale. Per cui è saltata la quotazione in Borsa per scarsità del flottante e si è reso necessario anche per Veneto Banca l'intervento di salvataggio del fondo Atlante, che ha acquisito il 96,5 per cento del pacchetto azionario a dieci centesimi per azione, titoli che fino a qualche mese fa erano valutati oltre quaranta euro l'uno;
la situazione sopra descritta apre scenari di crisi per entrambi gli istituti che avranno ripercussioni certe e diffuse su un rilevante numero di risparmiatori e imprese, per la maggior parte vittime di scelte gestionali e meccanismi fraudolenti oggetto di indagine da parte della magistratura, che hanno portato alla distruzione del valore delle due popolari venete, con un danno per il territorio quantificato in almeno 10 miliardi di euro, e che, senza l'intervento del fondo Atlante, messo in campo con l'assenso del Governo, avrebbe costituito un vero e proprio rischio sistemico per l'intero settore del credito del Paese;
vicende di una tale rilevanza, che minano alla radice la fiducia dei cittadini non solo nel sistema del credito, ma anche nelle Autorità preposte alla sua vigilanza e nelle Istituzioni che governano il Paese, fatta salva la competenza dell'Autorità giudiziaria nel perseguire le responsabilità personali, interpellano anche il Parlamento, quale massima sede della rappresentanza popolare, a mettere in campo, oltre alle rilevanti riforme già approvate per rendere più solido e trasparente il sistema bancario italiano, tutte le iniziative normative ed ispettive necessarie per fare chiarezza su quanto è accaduto, prevenire il ripetersi di analoghe vicende, assicurare effettivi strumenti di tutela dei risparmiatori;
il decreto-legge n. 59 del 2016, oggetto di conversione con l'A.C. n. 2362 oggetto di esame da parte dell'Assemblea, agli articoli 8-10 introduce misure volte al ristoro degli investitori dei quattro istituti bancari posti in risoluzione nel mese di novembre 2015, consentendo loro l'accesso diretto all'apposito Fondo di solidarietà istituito dalla legge di stabilità 2016; a tali soggetti è infatti riconosciuto – a specifiche condizioni patrimoniali e reddituali – un indennizzo forfetario, pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari (obbligazioni subordinate) erogati dagli istituti;
vi è una sostanziale analogia della condizione in cui versano gli investitori delle quattro banche poste in liquidazione e gli investitori della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, in quanto anche per questi ultimi verosimilmente non vi è stata una corretta rappresentazione del rischio insito nella sottoscrizione degli investimenti offerti dagli istituti bancari e dal momento che entrambe le tipologie di risparmiatori hanno subito un crollo della valutazione dei titoli posseduti, con ingenti perdite a carico dei soggetti economicamente più deboli, quali i piccoli risparmiatori e le famiglie;
la crisi della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca e la stringente necessità di reintegrare il capitale stanno comportando la richiesta di rientro immediato da affidamenti bancari commerciali alle imprese del territorio che in molti casi avevano dei fidi garantiti anche attraverso le azioni che la medesima Banca proponeva loro di acquistare quale condizione del prestito; ciò sta causando situazioni di crisi di liquidità per le aziende con conseguenti gravi danni al tessuto produttivo locale e ai lavoratori;
tuttavia nessun rientro anticipato di finanziamento dovrebbe essere previsto a favore degli istituti coinvolti a causa della riduzione del valore delle azioni atteso che le stesse sono state poste – in maniera pressoché coercitiva – a garanzia del fido dagli stessi soggetti concedenti, i quali non potevano non essere consapevoli dell'inadeguatezza della garanzia stessa, essendo gli stessi soggetti che artatamente hanno determinato il «fittizio» maggior valore dei titoli a garanzia. In sostanza ad origine il finanziamento risultava non garantito, pertanto la variazione di valore della garanzia inesistente – non dovrebbe divenire pretesto dell'anticipato rientro finanziario;
tutto ciò premesso,
impegna il Governo:
ad attivarsi in tutte le sedi competenti perché venga fatta quanto prima chiarezza su quanto accaduto nella gestione delle quattro banche oggetto della procedura di risoluzione nel novembre scorso, nonché di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, e siano accertate le relative responsabilità, ad ogni livello, anche rafforzando le risorse umane e strumentali necessarie all'operatività degli uffici giudiziari preposti alle indagini nei confronti dei vertici aziendali, nonché favorendo ogni utile iniziativa parlamentare, inclusa l'istituzione di una Commissione d'inchiesta o di indagine;
ad assumere con urgenza tutte le iniziative opportune a tutela delle imprese esposte con i predetti istituti al fine di salvaguardare la continuità del sistema produttivo veneto e non solo, anche attraverso i meccanismi di garanzia e co-garanzia previsti dalle vigenti leggi;
a valutare la possibilità di estendere in futuro l'operatività del fondo di solidarietà istituito per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori nei quattro istituti bancari in liquidazione dall'articolo 1, comma 855, della legge di Stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015), nonché i meccanismi di indennizzo previsti dagli articoli 8-10 del decreto-legge n. 59 del 2016, in presenza di situazioni analoghe anche agli investitori in altri istituti bancari che siano vittime di meccanismi fraudolenti individuati nel corso dell'attività investigativa ed ispettiva.
9/3892/123. Rubinato, Ginato, Borghi, Moretto, Rotta, De Menech, Mognato, Zardini, Naccarato, Palese.
La Camera,
premesso che:
i piccoli azionisti della Banca Popolare di Vicenza (BPV) vivono una situazione di enorme difficoltà dato che nel corso degli ultimi due anni hanno visto il valore delle azioni dell'istituto precipitosamente svalutato, senza la possibilità di alienare i predetti titoli partecipativi. Come previsto dalla disciplina delle Banche Popolari, il valore delle azioni è stato determinato dalla società medesima, in assenza di confronto con il mercato: a seguito dell'attività ispettiva svolta dalla Banca d'Italia, è emerso che l'istituto ha proceduto al riacquisto delle proprie azioni senza le autorizzazioni imposte dal legislatore. La Procura della Repubblica di Vicenza ha dunque avviato un'indagine penale nei confronti dei vertici societari e la Banca Centrale Europea, tra il 26 febbraio e il 3 luglio 2015, ha condotto un'ispezione sulla banca;
da tali attività è emerso che la BPV, oltre ad aver riacquistato azioni proprie senza le necessarie autorizzazioni, non ha dedotto – per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza – il capitale raccolto a fronte di finanziamenti erogati dalla stessa BPV ai sottoscrittori con la finalità di acquisto delle sue azioni né comunicato tali operazioni agli organi di vigilanza. L'istituto ha infatti concesso ai clienti finanziamenti destinati all'acquisto delle azioni dell'Istituto stesso (cosiddetti finanziamenti «baciati»). In alcuni casi, l'acquisto di azioni della stessa Popolare sarebbe stato imposto ai clienti anche quale contropartita per ottenere i finanziamenti commerciali; inoltre è emerso che alcuni soggetti sarebbero stati indotti all'acquisto sulla base di valutazioni patrimoniali riferite dalla stessa Popolare non corrispondenti ai dati reali. Il risultato è stata una significativa sopravvalutazione delle azioni e, di conseguenza, di fronte alla necessità di una valutazione reale (molto inferiore delle citate sopravvalutazioni), in ossequio al sopravvenuto obbligo di quotazione sui mercati regolamentati delle banche popolari, un grave danno in capo agli azionisti;
la relazione della Bce avrebbe inoltre evidenziato che 58 mila azionisti erano stati classificati in modo inappropriato, ai fini della normativa MIFID, con attribuzione di un profilo di rischio e competenze finanziarie non corrispondenti alla realtà. Altri 29 mila azionisti non sarebbero stati assistiti adeguatamente, dopo che ad essi era stato comunicato il diritto di prelazione;
a seguito delle suesposte vicende, l'Assemblea di Banca Popolare di Vicenza ha disposto in più occasioni la svalutazione delle proprie azioni, da un valore di partenza di 62,50 euro nel 2014 (approvazione bilancio 2013) a 6,3 euro di febbraio 2016 per i soci che non avessero partecipato all'aumento di capitale, però con contestuale sospensione del diritto di recesso. Con l'intervento del fondo Atlante nell'aprile del 2016 è stato sottoscritto un nuovo aumento di capitale, con l'ulteriore abbassamento del prezzo di ciascuna azione a 10 centesimi di euro;
le medesime vicende sono emerse anche con riferimento a Veneto Banca, destinataria, nel 2013, di una decisione della Consob (delibera n. 18446) con la quale sono state comminate sanzioni pecuniarie nei confronti dell'istituto e degli esponenti apicali, in quanto dall'attività di vigilanza erano emerse diffuse e reiterate condotte irregolari, relative alla valutazione di adeguatezza delle operazioni disposte dalla clientela, in particolare su azioni e obbligazioni emesse dalla Banca, sostanziatesi in frequenti riprofilature della clientela che, in un significativo numero di casi, sono risultate strettamente funzionali a rendere adeguata un'operazione altrimenti non coerente con il profilo dell'investitore; una diffusa riproposizione in regime di appropriatezza di ordini che altrimenti sarebbero risultati inadeguati (e ciò nonostante le procedure aziendali qualifichino espressamente come del tutto eccezionali i casi in cui ciò può accadere, nonché numerosi casi di ordini proposti direttamente in regime di appropriatezza, nonostante l'utilizzo di un canale di contatto «fisico» con la clientela (sportello ovvero promotore finanziario) tipicamente orientato a fornire raccomandazioni personalizzate (consulenza), per le quali è richiesto l'espletamento del questionario di valutazione di adeguatezza;
sempre per quanto riguarda Veneto Banca, la situazione finanziaria e patrimoniale dell'istituto appare fortemente rischiosa per azionisti e obbligazionisti. Standard & Poor's ha infatti abbassato da CCC- a D il rating di un prestito obbligazionario emesso nel 2007, stante il mancato pagamento da parte dell'emittente delle cedole dovute nel mese di dicembre 2015: ciò in virtù del fatto che i requisiti di capitale dell'istituto (in particolare il Cet1 Rado e il Total Capital Ratio) risultavano, al momento della cancellazione del coupon, al di sotto dei minimi imposti dall'autorità di vigilanza. Veneto Banca registra inoltre un elevato livello di credit spread (ovverosia l'indice utilizzato per misurare la rischiosità dell'investimento): pertanto gli analisti hanno valutato il rischio di credito dell'emittente come significativo. L'istituto ha dunque deliberato un aumento di capitale che, qualificato come un'operazione a massimo rischio, allo scadere dei termini nella scorsa settimana dell'offerta in opzione ai soci e di quella successiva agli investitori istituzionali, ha visto presentate adesioni per un importo complessivo per euro 22.330.793,98, pari al solo 2.23 per cento del controvalore dell'offerta globale. Per cui è saltata la quotazione in Borsa per scarsità del flottante e si è reso necessario anche per Veneto Banca l'intervento di salvataggio del fondo Atlante, che ha acquisito il 96,5 per cento del pacchetto azionario a dieci centesimi per azione, titoli che fino a qualche mese fa erano valutati oltre quaranta euro l'uno;
la situazione sopra descritta apre scenari di crisi per entrambi gli istituti che avranno ripercussioni certe e diffuse su un rilevante numero di risparmiatori e imprese, per la maggior parte vittime di scelte gestionali e meccanismi fraudolenti oggetto di indagine da parte della magistratura, che hanno portato alla distruzione del valore delle due popolari venete, con un danno per il territorio quantificato in almeno 10 miliardi di euro, e che, senza l'intervento del fondo Atlante, messo in campo con l'assenso del Governo, avrebbe costituito un vero e proprio rischio sistemico per l'intero settore del credito del Paese;
vicende di una tale rilevanza, che minano alla radice la fiducia dei cittadini non solo nel sistema del credito, ma anche nelle Autorità preposte alla sua vigilanza e nelle Istituzioni che governano il Paese, fatta salva la competenza dell'Autorità giudiziaria nel perseguire le responsabilità personali, interpellano anche il Parlamento, quale massima sede della rappresentanza popolare, a mettere in campo, oltre alle rilevanti riforme già approvate per rendere più solido e trasparente il sistema bancario italiano, tutte le iniziative normative ed ispettive necessarie per fare chiarezza su quanto è accaduto, prevenire il ripetersi di analoghe vicende, assicurare effettivi strumenti di tutela dei risparmiatori;
il decreto-legge n. 59 del 2016, oggetto di conversione con l'A.C. n. 2362 oggetto di esame da parte dell'Assemblea, agli articoli 8-10 introduce misure volte al ristoro degli investitori dei quattro istituti bancari posti in risoluzione nel mese di novembre 2015, consentendo loro l'accesso diretto all'apposito Fondo di solidarietà istituito dalla legge di stabilità 2016; a tali soggetti è infatti riconosciuto – a specifiche condizioni patrimoniali e reddituali – un indennizzo forfetario, pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari (obbligazioni subordinate) erogati dagli istituti;
vi è una sostanziale analogia della condizione in cui versano gli investitori delle quattro banche poste in liquidazione e gli investitori della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, in quanto anche per questi ultimi verosimilmente non vi è stata una corretta rappresentazione del rischio insito nella sottoscrizione degli investimenti offerti dagli istituti bancari e dal momento che entrambe le tipologie di risparmiatori hanno subito un crollo della valutazione dei titoli posseduti, con ingenti perdite a carico dei soggetti economicamente più deboli, quali i piccoli risparmiatori e le famiglie;
la crisi della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca e la stringente necessità di reintegrare il capitale stanno comportando la richiesta di rientro immediato da affidamenti bancari commerciali alle imprese del territorio che in molti casi avevano dei fidi garantiti anche attraverso le azioni che la medesima Banca proponeva loro di acquistare quale condizione del prestito; ciò sta causando situazioni di crisi di liquidità per le aziende con conseguenti gravi danni al tessuto produttivo locale e ai lavoratori;
tuttavia nessun rientro anticipato di finanziamento dovrebbe essere previsto a favore degli istituti coinvolti a causa della riduzione del valore delle azioni atteso che le stesse sono state poste – in maniera pressoché coercitiva – a garanzia del fido dagli stessi soggetti concedenti, i quali non potevano non essere consapevoli dell'inadeguatezza della garanzia stessa, essendo gli stessi soggetti che artatamente hanno determinato il «fittizio» maggior valore dei titoli a garanzia. In sostanza ad origine il finanziamento risultava non garantito, pertanto la variazione di valore della garanzia inesistente – non dovrebbe divenire pretesto dell'anticipato rientro finanziario;
tutto ciò premesso,
impegna il Governo:
ad attivarsi in tutte le sedi competenti perché venga fatta quanto prima chiarezza su quanto accaduto nella gestione delle quattro banche oggetto della procedura di risoluzione nel novembre scorso, nonché di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, e siano accertate le relative responsabilità, ad ogni livello, anche rafforzando le risorse umane e strumentali necessarie all'operatività degli uffici giudiziari preposti alle indagini nei confronti dei vertici aziendali, nonché favorendo ogni utile iniziativa parlamentare, inclusa l'istituzione di una Commissione d'inchiesta o di indagine;
ad assumere con urgenza tutte le iniziative opportune a tutela delle imprese esposte con i predetti istituti al fine di salvaguardare la continuità del sistema produttivo veneto e non solo, anche attraverso i meccanismi di garanzia e co-garanzia previsti dalle vigenti leggi;
a valutare la possibilità di estendere in futuro l'operatività del fondo di solidarietà istituito per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori nei quattro istituti bancari in liquidazione dall'articolo 1, comma 855, della legge di Stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015), nonché i meccanismi di indennizzo previsti dagli articoli 8-10 del decreto-legge n. 59 del 2016, in presenza delle medesime condizioni di liquidazione agli investitori in altri istituti bancari che siano vittime di meccanismi fraudolenti individuati nel corso dell'attività investigativa ed ispettiva.
9/3892/123. (Testo modificato nel corso della seduta) Rubinato, Ginato, Borghi, Moretto, Rotta, De Menech, Mognato, Zardini, Naccarato, Palese, Naccarato, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 del provvedimento in esame introduce una deroga, per gli anni 2016 e 2017, con riferimento al personale del credito, alla disciplina dei fondi di solidarietà bilaterali. La deroga concerne i requisiti di anzianità anagrafica e/o contributiva per l'accesso all'assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo;
la norma generale, relativa ai fondi di solidarietà bilaterali, limita la possibilità di applicazione di tale istituto ai dipendenti che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
la deroga temporanea introdotta dall'articolo 12 del decreto-legge amplia il limite massimo da cinque a sette anni;
con l'istituzione del «Fondo intersettoriale di solidarietà per il sostegno del reddito, dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese assicuratrici e delle società di assistenza», analogamente a quanto già avvenuto nel settore del credito, è stato possibile per alcune imprese e gruppi del settore assicurativo gestire in modo «non traumatico» importanti processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendali e/o di Gruppo, aventi effetti anche sui livelli occupazionali;
in particolare, a seguito di appositi accordi sindacali sottoscritti nel corso del 2015 e del 2016, alcune imprese del settore stanno facendo ricorso alle prestazioni cosiddette straordinarie del Fondo che consistono nell’«accompagnamento» alla pensione di quei dipendenti ai quali mancano non più di cinque anni al raggiungimento del primo requisito pensionistico utile ai fini INPS;
è evidente che l'innalzamento dei requisiti pensionistici introdotti dalla riforma del 2011 sta progressivamente riducendo la platea dei lavoratori che possono accedere alle suddette prestazioni straordinarie limitando, di fatto, l'utilizzazione piena ed efficace di tale ammortizzatore sociale,
impegna il Governo
considerata l'evoluzione degli importanti piani di ristrutturazione e riorganizzazione in atto nel settore assicurativo, ad estendere anche, limitatamente agli anni 2016 e 2017, la durata massima delle menzionate prestazioni del Fondo intersettoriale di solidarietà da cinque a sette anni.
9/3892/124. Sottanelli, Palese.
La Camera,
premesso che:
in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione;
le disposizioni recate dal decreto hanno la finalità di introdurre meccanismi di semplificazione del recupero dei crediti e delle procedure concorsuali;
lo stock delle sofferenze attualmente iscritte nei bilanci degli istituti di credito appesantiscono i bilanci impedendo di liberare risorse che potrebbero essere destinate all'economia reale;
una veloce riduzione delle sofferenze si può conseguire solo promuovendo un mercato secondario in modo da vendere tali attivi a fondi esteri;
il prezzo di cessione delle sofferenze dipende dalle garanzie che le assistono e dalla velocità di escussione delle stesse;
è necessaria, almeno in un periodo transitorio, l'attivazione di strumenti che consentano di ridurre le sofferenze e allineare il sistema bancario italiano a quello degli altri Paesi europei;
è necessario rafforzare gli strumenti che consentono un'escussione veloce delle garanzie, anche derogando alla par condicio creditorum e in genere prevalendo sulla procedura concorsuale;
basterebbe che tale rafforzamento fosse previsto in via transitoria finché lo stock dei NPL non fosse ridotto considerevolmente,
impegna il Governo
ad adottare con urgenza misure transitorie, di durata non superiore al triennio volte a garantire un'escussione veloce delle garanzie, prevalendo sia sulla par condicio creditorum sia sulla procedura concorsuale.
9/3892/125. Alberto Giorgetti, Palese.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge all'articolo 2, reca la disciplina del finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari sospensivamente condizionato;
viene introdotto nel nostro ordinamento il cosiddetto «patto marciano», ossia un accordo tra cliente e il soggetto finanziatore relativo alla prestazione di garanzia a fronte di un finanziamento. Nello specifico la norma prevede che il contratto di finanziamento possa essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore. Tale trasferimento si intende sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore;
in caso di inadempimento al pagamento, il creditore può attivare la procedura per rivalersi sul diritto immobiliare posto a garanzia, notificando la volontà al debitore o al titolare del diritto reale immobiliare, di avvalersi degli effetti del patto di trasferimento, chiedendo al presidente del tribunale la nomina di un perito per la stima del diritto immobiliare reale oggetto del patto;
nel Testo unico bancario (TUB, decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385) viene introdotto il nuovo articolo 48-bis, che prevede che il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico ai sensi dell'articolo 106 può essere garantito dal trasferimento della proprietà di un immobile, o di un altro diritto immobiliare, dell'imprenditore o di un terzo, in favore del creditore o di una società controllata o collegata che sia autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari. Tale trasferimento si verifica in caso di inadempimento del debitore;
tale previsione non contempla espressamente tra i soggetti finanziari che possono utilizzare il finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari sospensivamente condizionato i veicoli disciplinati dalla legge n. 130 del 1999 (SPV), cessionari di crediti verso imprese;
non includere i veicoli ex legge n. 130 del 1999 mal si concilia con le novità introdotte dal cosiddetto «Decreto Competitività» (decreto-legge n. 91 del 2014 convertito con la legge n. 116 dell'11 agosto 2014) che attiva a favore delle piccole e medie imprese canali di finanziamento alternativi a quelli bancari consentendo alle SPV di concedere finanziamenti;
al fine di rendere questi canali di finanziamento alternativi effettivamente utilizzabili e ugualmente appetibili sarebbe opportuno che il «patto marciano» fosse utilizzabile anche in caso di finanziamenti concessi da parte di SPV;
detta novità costituirebbe peraltro uno strumento di supporto al meccanismo del GACS previsto dal decreto-legge n. 18 del 2016, che si basa proprio sulla possibilità di cartolarizzare le sofferenze iscritte in bilancio, grazie alla garanzia dello Stato,
impegna il Governo
ad adottare con urgenza ogni provvedimento utile, anche normativo, che consenta l'utilizzo del «patto marciano» su beni immobili anche in caso di finanziamenti concessi da parte di veicoli disciplinati dalla legge n. 130 del 1999 (SPV), cessionari di crediti verso imprese.
9/3892/126. Milanato, Palese.
La Camera,
premesso che:
la moderna economia richiede che l'accesso al credito, non solo presso gli Istituti di credito ma anche tra privati, sia snello e facilitato;
sulla scorta dell'esperienza di altri paesi europei il decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, ha introdotto nel nostro ordinamento il nuovo istituto del pegno mobiliare non possessorio;
tale istituto, consentendo l'accesso al credito pur mantenendo un impiego produttivo del bene, racchiude in sé un enorme potenziale in termini di sviluppo di nuovi strumenti per il finanziamento della crescita;
in considerazione del fatto che il bene rimane della disponibilità del debitore è necessario che venga prevista la possibilità per il creditore o un suo delegato di effettuare verifiche periodiche sulle condizioni di custodia e utilizzo del bene al fine di evitare che il valore dello stesso diminuisca drasticamente e conseguentemente la garanzia perda efficacia;
non essendo al momento tale istituto configurato in modo tale da avere effetto mitigante ai fini del RWA degli istituti di credito, come già previsto per altri tipi di garanzia (ipoteche), la sua praticabilità è limitata;
è necessario costituire in tempi brevi il registro in cui iscrivere il pegno emanando in tempi brevi il decreto ministeriale, che dettagli tutte le modalità operative al fine di evitare interpretazioni errate che impediscano l'utilizzo di questo tipo di garanzia che, come esplicitamente previsto, ha effetto verso i terzi esclusivamente con la iscrizione in un registro informatizzato;
tutto ciò premesso,
impegna il Governo
ad attuare la norma sul pegno possessorio, adottando con urgenza le misure di normativa secondaria volte a:
a) prevedere per il creditore o un suo delegato la possibilità di effettuare verifiche periodiche sulle condizioni di custodia e utilizzo del bene;
b) conferire maggior certezza giuridica a tale tipo di garanzia, anche in termini di assorbimento di capitale e minor costo del credito ai sensi delle normative di vigilanza e regolamentari cui gli intermediari bancari e finanziari sono sottoposti;
c) prevedere il processo di valutazione del bene al fine della costituzione del pegno;
d) adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a disciplinare con un sufficiente grado di dettaglio il funzionamento del registro elettronico relativo ai pegni non possessori di cui al comma 4 dell'articolo 1, il processo di valutazione e monitoraggio nel tempo dell'oggetto di tale pegno, i soggetti autorizzati all'accesso al Registro, le modalità di consultazione ed i diritti ed obblighi dei diversi attori coinvolti ivi compresi i diritti per il creditore di verificare lo stato dei diritti e beni costituiti in pegno.
9/3892/127. Nizzi, Palese.
La Camera,
premesso che:
i pegni su partecipazioni, previsti dal decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170, assistono tutte le operazioni di finanza strutturata e sono ampiamente utilizzati anche in operazioni di altro tipo;
si stima che le garanzie pignoratizie non finanziarie siano presenti su circa il 60 per cento delle esposizioni più significative;
secondo il decreto legislativo n. 170 del 2004 il contratto di garanzia finanziaria, secondo la lettera della norma, può avere ad oggetto gli strumenti finanziari;
per strumenti finanziari, ci si riferisce a quelli elencati all'articolo 1, comma 2, lettere da a) ad e) del testo Unico della Finanza (decreto legislativo n. 58 del 1998 – TUF –), che non prevede alcuna distinzione tra azioni dematerializzate e azioni non dematerializzate rappresentate da certificati cartacei;
la prassi finanziaria, contrariamente al dettato della norma tende ad escludere immotivatamente i contratti di garanzia finanziaria aventi ad oggetto azioni non dematerializzate, riducendo in modo ingiustificato l'ambito di applicazione oggettivo del decreto legislativo n. 170 del 2004;
tutto ciò premesso,
impegna il Governo
ad adottare misure volte a chiarire che nella categoria degli strumenti finanziari vengono ricomprese anche le azioni in formato cartaceo.
9/3892/128. Laffranco, Palese.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate dal decreto hanno la finalità di introdurre meccanismi di semplificazione delle procedure concorsuali;
l'articolo 101 della Legge Fallimentare disciplina le domande di insinuazione al passivo, da parte dei creditori, ovvero delle istanze con cui gli stessi chiedono di essere inclusi nel novero dei creditori che concorreranno alla distribuzione dell'attivo del fallimento, consentendo che tali domande possano essere presentate in un arco temporale che va dai 30 gg prima dell'udienza fissata per la verifica del passivo fino a dodici mesi dopo il deposito del decreto di esecutività dello stato passivo;
il periodo predetto, già di per sé superiore ad un anno, può essere addirittura prorogato di ulteriori 18 mesi in caso di procedure particolarmente complesse;
a seconda del momento in cui le domande vengono presentate, si possono avere: domande tempestive, proposte fino a 30 giorni prima della data dell'udienza di verifica fissata nella sentenza; domande tardive, proposte dopo la scadenza del suddetto termine e fino al compimento del dodicesimo (o diciottesimo) mese successivo al deposito del decreto di esecutività dello stato passivo; domande «ultratardive», proposte oltre il termine di cui al periodo precedente e ammissibili solo se si dimostra che la causa del ritardo non dipende dal creditore;
trattandosi nella maggior parte dei casi di procedure complesse, il rischio di arrivare ad un eccessivo allungamento dei termini è reale: il tutto con l'effetto di rendere la procedura meno snella;
tutto ciò premesso,
impegna il Governo
ad adottare misure volte a ridurre il termine per la presentazione di domande di insinuazione al passivo al fine di velocizzare le procedure concorsuali, sopprimendo le norme che consentono le domande «ultratardive», anche al fine di responsabilizzare maggiormente i creditori sulla necessità di velocizzare la procedura.
9/3892/129. Sandra Savino, Palese.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni recate dal decreto hanno la finalità di introdurre meccanismi di semplificazione delle procedure concorsuali;
l'articolo 16 del decreto-legge n. 18 del 14 febbraio 2016 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 dell'8 aprile 2016 introduce un'agevolazione fiscale per l'acquisto di immobili all'asta anche tramite assegnazione degli stessi, da parte di soggetti che svolgono attività d'impresa, destinati alla rivendita;
il termine di due anni per rivendere immobili acquistati all'asta è troppo breve in quanto non consente all'impresa acquirente di effettuare gli interventi che sono spesso necessari prima di poter rivendere gli immobili e di poter effettuare poi un'adeguata commercializzazione;
si ritiene opportuno ampliare la platea di soggetti partecipanti alle aste;
è necessario accrescere i valori delle vendite immobiliari all'asta, nell'interesse sia dei creditori ma anche dei debitori stessi, in quanto vedrebbero azzerato o ridotto il proprio residuo credito; ridurre la durata delle procedure di vendita giudiziale;
bisogna contribuire all'accrescimento del valore dei crediti a sofferenza, anche in un'ottica di cedibilità degli stessi;
tutto ciò premesso,
impegna il Governo
ad adottare misure volte ad estendere il termine per la rivendita del bene, allungandolo a 5 anni.
9/3892/130. Crimi, Palese.
La Camera,
premesso che:
l'accesso al pensionamento anticipato per favorire il ricambio generazionale è uno dei temi più discussi al momento, indispensabile per il buon andamento dell'economia del Paese;
l'articolo 12 già interviene a rendere più flessibile o ad agevolare l'accesso al pensionamento per il personale del credito introducendo una deroga, per gli anni 2016 e 2017 alla disciplina dei fondi di solidarietà bilaterali;
la deroga concerne i requisiti di anzianità anagrafica e/o contributiva per l'accesso all'assegno straordinario per il sostegno al reddito ampliando il limite massimo da cinque a sette anni;
il Fondo di Solidarietà del credito al momento eroga però esclusivamente forme di sostegno al reddito in favore di coloro che aderiscano a piani di esodo;
si rende necessario prevedere meccanismi ulteriori che amplino l'ambito di utilizzo del Fondo di Solidarietà del credito, consentendo di attivare tramite il Fondo stesso, la contribuzione correlata di periodi riscattabili o ricongiungibili (quale il corso di laurea) precedenti all'adesione al Fondo medesimo;
tutto ciò premesso,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a prevedere meccanismi ulteriori che amplino l'ambito di utilizzo del Fondo di Solidarietà di settore del credito, mirati a rendere più flessibile o ad agevolare l'accesso al pensionamento, favorendo il ricambio generazionale.
9/3892/131. Giammanco, Palese.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 11 viene introdotto un canone dovuto dalle banche ai fini del riconoscimento delle imposte differite attive iscritte in bilancio;
la norma stabilisce l'efficacia della disciplina del canone DTA dal 2015 al 2029, disallineandosi rispetto alle indicazioni pervenute in sede comunitaria e adottate in Spagna, che ne contemplano l'applicazione dal 2016, e conseguentemente, la piena computabilità nel patrimonio di vigilanza delle DTA convertibili già in sede di primo bilancio infrannuale successivo (semestrale 2016 per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare);
è comunque necessario assicurare il mantenimento del gettito previsto, e garantire l'invarianza di effetti finanziari,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di adottare, nel primo provvedimento utile, una modifica della medesima che ne preveda l'applicazione dal 2016 al 2030.
9/3892/132. Sarro, Palese.
La Camera,
premesso che:
con l'articolo 11 viene introdotto un canone dovuto dalle banche ai fini del riconoscimento delle imposte differite attive iscritte in bilancio;
il meccanismo di determinazione del canone per le DTA Convertibili, prevedendo che il canone si applichi alla differenza tra l'ammontare delle DTA convertibili e le imposte «versate» è suscettibile di ingenerare un'ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti italiani privi di controllate comunitarie e soggetti italiani con controllate comunitarie;
il meccanismo predetto non tiene conto della norma di cui all'articolo 4 (e dei considerando 3, 7 e 11 ) della Direttiva 2011/96/EU del 30 novembre 2011 che, in applicazione dei principi di libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali, elimina la doppia imposizione internazionale esentando i dividendi di fonte estera, nel presupposto che tali dividendi hanno già assolto le imposte sul reddito nel Paese dal quale provengono;
escludere dal calcolo le imposte assolte dalle controllate estere equivale ad ignorare che tali imposte sono state effettivamente «versate» all'estero dalla controllata, e correttamente riconosciute dal fisco italiano in base alla regolamentazione comunitaria;
è necessario prevenire ogni possibile forma di violazione di norme comunitarie che possa esporre a procedure di infrazione,
impegna il Governo
ad adottare, nel primo provvedimento utile, una modifica della norma che ne preveda la conformità ai principi di libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali, e al divieto di doppia imposizione di cui all'articolo 4 (e dei considerando 3, 7 e 11) della Direttiva 2011/96/EU del 30 novembre 2011, riconoscendo, nel calcolo delle imposte versate, in via figurativa, anche le imposte corrispondenti alle variazioni in diminuzione relative ai dividendi esteri.
9/3892/133. Giacomoni, Palese.