XVII LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 12 ottobre 2016.
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Baruffi, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Franco Bordo, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Cancelleri, Capelli, Caruso, Casero, Castiglione, Catania, Cenni, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Fantinati, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Giampaolo Galli, Gallinella, Garofalo, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Grillo, Kronbichler, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Mongiello, Nicoletti, Orlando, Paris, Pastorelli, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Russo, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Senaldi, Sereni, Spadoni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Baruffi, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Franco Bordo, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Cancelleri, Capelli, Caruso, Casero, Castiglione, Catania, Cenni, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Fantinati, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galati, Giampaolo Galli, Gallinella, Garofalo, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Grillo, Lorenzo Guerini, Kronbichler, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Mongiello, Nicoletti, Orlando, Paris, Pastorelli, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Russo, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Senaldi, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Villecco Calipari, Zanetti.
Trasmissioni dal Senato.
In data 11 ottobre 2016 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 2287. – «Disciplina del cinema e dell'audiovisivo» (approvato dal Senato) (4080).
Sarà stampato e distribuito.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge SBROLLINI ed altri: «Modifica all'articolo 61 del codice penale, in materia di circostanza aggravante comune per i delitti commessi in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o socio-assistenziali residenziali o semiresidenziali ovvero in danno di minori all'interno di asili nido e scuole dell'infanzia, e altre disposizioni per garantire la sicurezza presso le medesime strutture» (3738) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Rostellato.
Modifica del titolo di proposte di legge.
La proposta di legge n. 4030, d'iniziativa della deputata MALPEZZI ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Disciplina della professione di geometra e norme per l'adeguamento delle disposizioni concernenti le relative competenze professionali».
Ritiro di sottoscrizione a proposte di legge.
La deputata Iori ha comunicato di ritirare la propria sottoscrizione alla proposta di legge:
SBROLLINI ed altri: «Modifica all'articolo 61 del codice penale, in materia di circostanza aggravante comune per i delitti commessi in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o socio-assistenziali residenziali o semiresidenziali ovvero in danno di minori all'interno di asili nido e scuole dell'infanzia, e altre disposizioni per garantire la sicurezza presso le medesime strutture» (3738).
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
III Commissione (Affari esteri):
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla cooperazione e mutua assistenza amministrativa in materia doganale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica socialista del Vietnam, fatto a Hanoi il 6 novembre 2015» (4039) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, X e XIV.
VI Commissione (Finanze):
CAUSIN: «Modifiche al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e al decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159, in materia di sanzioni per tardivi versamenti e di oneri di riscossione dei tributi» (4028) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e XIV.
VII Commissione (Cultura):
S. 2287. – «Disciplina del cinema e dell'audiovisivo» (approvato dal Senato) (4080) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, IX, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VIII Commissione (Ambiente):
MALPEZZI ed altri: «Disciplina della professione di geometra e norme per l'adeguamento delle disposizioni concernenti le relative competenze professionali» (4030) Parere delle Commissioni I, II, V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
X Commissione (Attività produttive):
RUBINATO: «Norme per l'ammodernamento tecnologico degli impianti di illuminazione pubblica» (2687) Parere delle Commissioni I, V, VIII, IX, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Trasmissione dal Consiglio di Stato.
Il Presidente del Consiglio di Stato, con lettera in data 10 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 53-bis, comma 1, della legge 27 aprile 1982, n. 186, il conto finanziario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali per l'anno 2015, corredato della relazione illustrativa, approvato in data 15 luglio 2016.
Questa documentazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissioni dal Ministro dell'economia e delle finanze.
Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 30 settembre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, la relazione sull'andamento dell'attività degli organi di giurisdizione tributaria, predisposta sulla base degli elementi forniti dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, aggiornata al 31 dicembre 2014 (Doc. CLV, n. 2).
Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla VI Commissione (Finanze).
Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 10 ottobre 2016, ha trasmesso la relazione, aggiornata al mese di giugno 2016, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2016.
Questa relazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 11 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i seguenti documenti concernenti progetti di atti dell'Unione europea, che sono trasmessi alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
relazione concernente la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione) (COM(2016) 465 final);
relazione concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE (COM(2016) 467 final);
relazione dell'ISTAT concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 99/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo al programma statistico europeo 2013-2017, prorogandolo al periodo 2018-2020 (COM(2016) 557 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti.
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 11 ottobre 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio della delega conferita alla Commissione ai sensi del regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all'uso dei biocidi (COM(2016) 650 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
Proposta di decisione del Consiglio relativa ai contributi finanziari che gli Stati membri devono versare per finanziare il Fondo europeo di sviluppo, compresa la terza quota per il 2016 (COM(2016) 651 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 651 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 11 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di certificazione dell'Unione per le apparecchiature di controllo di sicurezza dell'aviazione (COM(2016) 491 final);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Valutazione delle norme sulla remunerazione previste dalla direttiva 2013/36/UE e dal regolamento (UE) n. 575/2013 (COM(2016) 510 final);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla revisione intermedia della decisione n. 466/2014/UE sulla concessione di una garanzia dell'Unione alla Banca europea per gli investimenti in caso di perdite relative ad operazioni di finanziamento a sostegno di progetti di investimento al di fuori dell'Unione (COM(2016) 584 final);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attività esterna della BEI nel 2015 con una garanzia a carico del bilancio dell'Unione europea (COM(2016) 585 final);
Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla mobilizzazione del margine per imprevisti nel 2016 (COM(2016) 624 final);
Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un quadro comune per la fornitura di servizi migliori per le competenze e le qualifiche (Europass) e che abroga la decisione n. 2241/2004/CE (COM(2016) 625 final);
Proposta di accordo interistituzionale su un registro per la trasparenza obbligatoria dell'Unione (COM(2016) 627 final);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio – Terza relazione sui progressi compiuti nell'attuazione della dichiarazione UE-Turchia (COM(2016) 634 final);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio riguardante l'applicazione della decisione di esecuzione del Consiglio, del 12 maggio 2016, recante una raccomandazione per un controllo temporaneo della frontiera interna in circostanze eccezionali in cui è a rischio il funzionamento dello spazio Schengen globale (COM(2016) 635 final).
Trasmissione dal Garante del contribuente per la provincia autonoma di Bolzano.
Il Garante del contribuente per la provincia autonoma di Bolzano, con lettera pervenuta in data 11 ottobre 2016, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale nella provincia di Bolzano, riferita all'anno 2015, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE SUL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 OTTOBRE 2016
Risoluzioni
La Camera,
premesso che:
il Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre discuterà degli ultimi sviluppi in tema di migrazione, di politica commerciale europea e, per quanto attiene alle relazioni esterne dell'Unione, dedicherà un focus ai rapporti Unione Europea-Russia;
lo stato delle istituzioni europee sta mostrando in maniera sempre più evidente i suoi limiti, come evidenziano anche gli ultimi vertici europei, caratterizzati dal rinvio costante ai successivi summit per le decisioni da assumere, rilevanti per la stessa sopravvivenza dell'Unione – eloquente in tal senso il recente vertice di Bratislava. La Unione europea non sembra all'altezza di fronte alle sfide che ha di fronte, soprattutto all'indomani della Brexit e del lungo processo negoziale con il governo britannico (che presenterà richiesta formale di separazione entro marzo 2017 con l'attivazione dell'articolo 50 TUE), un iter dalle molte incognite, per gestione, esito e risultati;
una crescente difficoltà che si manifesta, nonostante alcuni apporti costruttivi e proposte ambiziose con visione di lungo termine siano stati avanzati: dai contributi del Governo italiano per una nuova governance economica della Unione europea, ai piani d'investimenti per Africa e il vicinato mediterraneo del Migration Compact, al piano Junker per gli investimenti europei, fino al recente documento «Sullo stato dell'unione» di Junker, e le azioni da realizzare nei prossimi dodici mesi, anche in vista dell'incontro a Roma nel marzo 2017 per l'anniversario dei Trattati di Roma – un'occasione decisiva per scuotere l'Europa e rilanciare su nuove basi il processo di integrazione, ispirato al progetto dei padri fondatori;
l'Unione è in stallo e sta affrontando la crisi più grave dalla seconda guerra mondiale con il rischio di un suo fallimento, alle prese con uno scontro che vede due visioni contrastanti dell'Europa, tra quella che coltiva odi e paure, rispondendo a problemi globali con anacronistici nazionalismi, o continuando a perseguire progetti rovinosi (fiscal compact, austerità, chiusura delle frontiere) e quella che invece propone di governare le trasformazioni epocali con politiche comuni improntate a giustizia sociale, libertà e universalismo dei diritti, pena il declino irreversibile del Continente;
l'Europa è messa a dura prova dalle crescenti spinte nazionalistiche e populistiche, quando non xenofobe e le sue le debolezze vengono usate per fini interni e calcoli elettoralistici (cicli elettorali nel 2017 si svolgeranno nella gran parte dei paesi membri); nel frattempo si aggrava la distanza fra il rispetto di regole europee rigide e le economie interne in difficoltà, insieme alla mancanza di misure comuni volte alla protezione sociale dei cittadini. Ad aggravare il quadro, il mutamento di scenari e di equilibri politici a livello globale, con il crescente populismo che si fa strada anche nello prossime presidenziali Usa;
i populismi sono la risposta sbagliata ad un problema vero e questo problema è la mancanza di un'identità forte di quest'Europa. L'Europa non può essere tenuta unita solo dalla logica del mercato e da un superficiale umanitarismo. L'Europa è una famiglia di nazioni tenute insieme dai vincoli della cultura e degli Stati. I populismi si battono rilanciando con forza l'identità dell'Europa, riprendendo il discorso interrotto quando abbiamo rinunciato ad una costituzione europea ed alle affermazioni convinte delle nostre radici e della volontà di un comune destino;
per quanto attiene alla formulazione di una nuova politica economica dell'Unione è necessario che il Governo italiano faccia pressione per mettere all'ordine del giorno della discussione politica dell'Unione la questione dell'occupazione e della crescita con la stessa costante energia e determinazione con cui fu affrontato il pericolo della instabilità finanziaria;
per quanto attiene ai temi della migrazione:
l'Europa non è riuscita fino ad oggi a gestire il fenomeno e, come già segnalato per i precedenti Consigli europei, nelle molteplici risoluzioni approvate dal nostro Parlamento (da ultima la risoluzione 6/00248 del 27 giugno 2016);
la migrazione costituisce una delle maggiori sfide con carattere non più emergenziale ma permanente, richiedendo per ciò risposte e politiche strutturali, di lungo periodo, comuni e condivise fra gli Stati membri, pena il venir meno dei valori fondanti dell'Unione;
i Paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) continuano ad opporsi all'adempimento degli obblighi legali e alla relocation, proponendo un'inaccettabile mera volontà morale, una sorta di «solidarietà flessibile» applicata solo su base volontaria. Il rispetto delle quote e la redistribuzione sono obbligo derivante dall'attuazione del principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità fra gli Stati membri (ai sensi dell'articolo 80 del Trattato di Lisbona) i quali hanno adottato le decisioni comuni a maggioranza; la Commissione Ue ha proposto di far pagare una multa esorbitante a chi non rispetta le quote assegnate ma ad oggi è mancata la volontà politica di applicare mezzi sanzionatori atti a far rispettare i trattati;
tale sfida si inserisce in un contesto in cui mancano ancora i risultati delle strategie europee in tema di migrazione: la riforma del Regolamento «Dublino III», in favore di un sistema europeo di gestione delle domande di asilo, più volte annunciata dall'esecutivo comunitario, è ferma ai tavoli di un negoziato che stenta a partire; falliti i programmi comunitari già adottati, come la relocation dei rifugiati (dei 160 mila previsti dall'impegno del 2015 da trasferire in due anni, è stato ricollocato appena il 3,5 per cento da Italia e Grecia) per la persistente opposizione dei Paesi del gruppo di Visegrad e di paesi che progressivamente alzano muri e sospendono l'accordo di libera circolazione di Schengen; ancora non applicata la proposta italiana del Migration compact per la quale non sono state ancora impegnate risorse europee atte a far decollare gli accordi con i paesi africani di maggiore flusso e transito;
va accolto con sollievo l'esito del recente referendum in Ungheria, voluto da Orban, in quanto non ha raggiunto il quorum; ma al di là del valore legale del referendum, non va sottovalutato il suo valore simbolico e l'intento dei proponenti di sfidare comunque le decisioni europee, mettendosi alla guida del crescente nazionalismo antieuropeista, per rafforzare e legittimare il potere degli Stati e far crescere il proprio peso nelle decisioni di Bruxelles;
per quanto attiene al futuro della politica commerciale dell'Unione europea:
l'Unione europea è chiamata a rivedere la propria strategia commerciale, in considerazione di un suo tendenziale declino e dell'emergere di nuove potenze commerciali; attualmente l'Unione europea il più grande blocco commerciale del mondo e controlla un terzo del commercio mondiale, ma da qui al 2020 tale quota potrebbe scendere fino a circa il 26 per cento; il centro di produzione della ricchezza si sta spostando verso est, verso l'Asia e il Pacifico, in particolare la Cina;
il Trattato di Lisbona colloca la politica commerciale comune nell'ambito dell'azione esterna dell'Unione (articolo 207 TFUE), dunque tale politica non può essere avulsa dalle linee guida dall'azione esterna dell'Unione e dai principi ispiratori del Trattato Sull'Unione Europea; e tuttavia è anche un pilastro della politica industriale ed economica dell'Unione, componente essenziale della strategia «Europa 2020». Il Trattato di Lisbona ha accresciuto i poteri dell'Unione europea in materia commerciale, togliendo agli Stati membri la competenza sulla protezione degli investimenti esteri, affidando ad Parlamento europeo un ruolo da protagonista nella definizione di obiettivi e finalità della politica commerciale comune;
il futuro della politica commerciale dell'Unione dipenderà essenzialmente dall'esito dei negoziati di libero scambio in corso di negoziazione e dalla capacità della Commissione Juncker di concludere accordi soddisfacenti e condivisi, soprattutto con gli Stati Uniti;
l'Europa è l'area più aperta del mondo in termini di dazi, mentre molti altri Paesi, in primis gli Stati Uniti, hanno numerose barriere tariffarie e non tariffarie, incidenti su settori industriali di specializzazione rilevanti per l'export europeo e soprattutto italiano; il Nord America, Stati Uniti e Canada, rimangono dunque un mercato fondamentale per l'esportazione dei nostri prodotti;
per quanto riguarda il TTIP, dal percorso travagliato, anche per le preoccupazioni sollevate dalle associazioni di cittadini di molti paesi membri, il processo negoziale di approvazione prevede l'unanimità del Consiglio, la maggioranza del Parlamento europeo e la ratifica da parte di tutti i Parlamenti nazionali dei paesi membri (essendo stata riconosciuta la sua «natura mista» di trattato);
nel mandato negoziale sul TTIP, vincolante per la Commissione e approvato all'unanimità dal Parlamento europeo, è stato chiarito che non verrà intaccato il principio di precauzione, ossia la base giuridica in forza della quale rimangono fuori gli OGM, e che i servizi pubblici, la cultura e i diritti dei lavoratori non sono nella disponibilità negoziale dell'Unione europea; e tuttavia la politica commerciale di nuova generazioni deve rispondere alle preoccupazioni dei cittadini, in particolar modo riguardanti la trasparenza e la partecipazione, e garantire alcune esigenze insopprimibili, quali lo Stato sociale e l'occupazione, le aspettative delle imprese ad operare in un'economia globale e interconnessa, la lotta contro la povertà e la necessità di tutelare una distribuzione più equa dei profitti generati dal commercio, anche nell'affrontare temi innovativi, quali il commercio digitale; così come, nel portare avanti i negoziati commerciali dell'Unione europea occorre tener conto del riconoscimento e della protezione delle indicazioni geografiche, del miglioramento dell'accesso al mercato degli appalti pubblici, della garanzia di posti di lavoro dignitosi e di qualità, dell'integrazione delle piccole e medie imprese nelle catene globali del valore, dell'esclusione dalla negoziazione dei servizi pubblici e dei servizi audiovisivi;
pur con tutte le difficoltà emerse con un iter negoziale complesso, ostacolato anche a volte da tendenze egoistiche presenti su ambedue i lati dell'Atlantico, non dobbiamo rinunciare a rilanciare la necessità di costruire una grande area di libero commercio e di prosperità condivisa euro/atlantica. Solo così sarà possibile guidare la globalizzazione in atto dell'economia e rafforzare l'alleanza fra Europa e Stati Uniti che oggi ha bisogno di essere rinegoziata e che è un perno fondamentale della politica della pace nel secolo XXI;
per quello che concerne più direttamente gli interessi del nostro Paese, il conseguimento di risultati soddisfacenti su taluni punti, come il riconoscimento delle indicazioni geografiche e una limitazione dell’italian sounding, costituisce elemento pregiudiziale per l'eventuale conclusione del TTIP;
per quello che riguarda il CETA – l'accordo commerciale già concluso con il Canada – tenuto conto della natura differente dal TTIP, il Governo italiano ha preso una posizione molto europeista, proponendo di considerare l'intero accordo come ricadente nel perimetro delle materie di competenza esclusiva dell'Unione europea, anche in considerazione dei contenuti molto avanzati che lo rendono un modello positivo di accordo (come il riconoscimento di numerose indicazioni geografiche di interesse anche italiano, e l'accesso al procurement); la Commissione europea, allo scopo di coagulare il consenso di tutti gli Stati membri, ha tuttavia optato per la natura mista chiedendo comunque al Consiglio di autorizzare l'applicazione provvisoria per le parti di stretta competenza dell'Unione europea, in attesa della ratifica da parte di tutti gli Stati membri;
nel dibattito sul futuro della politica commerciale europea rilevano inoltre le questioni del rafforzamento degli strumenti di difesa commerciale (SDC) e quella dell'eventuale concessione dello stato di economia di mercato (SEM) alla Cina. Il rafforzamento degli SDC, attraverso un accorciamento delle procedure e l'abbandono della regola del dazio più basso è essenziale per garantire l'efficace rispetto delle regole del commercio internazionale e contrastare la concorrenza sleale, garantendo alle imprese europee di concorrere ad armi pari con quelle degli altri paesi. Entro l'11 dicembre 2016, l'Unione europea dovrà anche decidere sul come affrontare la scadenza parziale dell'articolo 15 del protocollo di adesione all'OMC della Cina, che gli permette di utilizzare il metodo esistente di calcolo dei margini di dumping nei casi antidumping nei confronti di Pechino. A grande maggioranza, lo scorso maggio, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione europea di opporsi a qualsiasi concessione automatica e unilaterale di tale status, una concessione che porterebbe alla cancellazione dei dazi imposti sulle esportazioni cinesi e dei meccanismi anti-dumping oggi esistenti – fino a quando la Cina non soddisferà tutti e cinque i criteri richiesti per essere considerata un'economia di mercato;
rapporti Unione europea-Russia:
per quanto concerne i rapporti tra l'Unione europea e la Federazione russa, non si può sottacere la forte preoccupazione per gli atteggiamenti di tale paese sia rispetto alla vicenda dell'Ucraina che alla Siria; in particolare relativamente alla Siria, la ricerca di una soluzione politica al conflitto necessita del convinto sostegno da parte di tutti gli attori internazionali; la mancata capacità da parte russa di influenzare il regime di Assad a rispettare il cessate il fuoco negoziato il 9 di settembre e a far cessare i bombardamenti indiscriminati sui civili ha chiaramente contribuito al fallimento di questa opportunità, con conseguenze negative per il prosieguo dei negoziati, e soprattutto con un impatto durissimo per la popolazione civile stremata dalla guerra e sempre più dipendente per la propria diretta sopravvivenza dell'assistenza umanitaria,
impegna il Governo:
1) sui temi della migrazione: a continuare a perseguire attivamente, soprattutto in un contesto difficile per il futuro dell'Europa, il rafforzamento della solidarietà e della coesione all'interno dell'Unione, in favore di una politica migratoria comune efficace e di lungo termine, seguendo le linee indicate dall'Italia nella sua proposta su un «Migration compact» e le proposte formulate dalla Commissione e, per rendere operativi ed efficaci gli accordi di cooperazione rafforzata e di partenariato con i Paesi terzi con quelli di origine e di maggiore transito di flussi migratori e di rifugiati, assicurandosi che alla rotta centro-mediterranea venga attribuito, anche in termini di risorse finanziarie, un livello di attenzione almeno analogo a quello assicurato nei mesi scorsi alla rotta dei Balcani occidentali;
2) a richiedere, in questo contesto, che vengano rapidamente sbloccati i cinque «compact» con i Paesi africani prioritari (Etiopia, Nigeria, Senegal, Niger e Mali) e che sia indicato un obiettivo temporale preciso per la finalizzazione di un ambizioso piano di investimento estero;
3) a realizzare un efficace coordinamento fra gli accordi di cooperazione per la identificazione e la riammissione degli immigrati illegali e gli accordi di cooperazione economica volti a creare posti di lavoro nei Paesi di origine dei flussi migratori;
4) a ribadire il carattere vincolante degli impegni assunti dagli Stati membri in materia di ricollocazione, adoperandosi per il pieno rispetto delle disposizioni dei Trattati, per l'integrità dell'ordinamento giuridico europeo e per la tutela dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto nell'Unione;
5) a riaffermare la necessità di mantenere l'impegno dell'Unione a riformare il sistema di Dublino sulla base dei principi di responsabilità condivisa e solidarietà previsti dai Trattati ribadendo altresì la necessità di un'azione europea sui rimpatri;
6) a continuare a richiamare la necessità di agire a livello europeo per promuovere la crescita economica e l'occupazione, come auspicato dallo stesso Presidente Juncker nel suo discorso al Parlamento europeo sullo stato dell'Unione;
7) a sostenere, nell'ambito del dibattito sul futuro della politica commerciale europea, l'esigenza di una politica commerciale comune più trasparente e democratica, tenendo conto che l'opinione pubblica è sempre più interessata alle dinamiche della globalizzazione e alle conseguenze dei grandi accordi internazionali attualmente negoziati e, nel contempo, ad attivarsi in favore di un rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali nella fase ascendente del processo negoziale unitamente a un potenziamento delle competenze del Parlamento europeo in tema di politica commerciale dell'Unione europea, quale luogo di rappresentanza e di ricomposizione delle istanze dei cittadini e dell'opinione pubblica europea, allo scopo di scongiurare il ritorno a veti nazionali che vanificano il percorso di integrazione europea e di rilanciare il ruolo della politica commerciale come strumento essenziale del progetto politico europeo di governo democratico della globalizzazione;
8) a promuovere conclusioni ambiziose sulla politica commerciale europea, ribadendo l'importanza strategica delle relazioni transatlantiche;
9) a perseguire, in questo contesto, un sostegno del Consiglio europeo al pacchetto CETA in vista del Summit bilaterale Unione europea-Canada del 27 ottobre e un impegno sugli Accordi di libero scambio, con specifico riferimento al TTIP e all'Accordo col Giappone, incoraggiando al tempo stesso un processo di modernizzazione degli strumenti di difesa commerciale che passi attraverso la disapplicazione della regola del tasso inferiore;
10) a sostenere un generale rafforzamento delle misure di difesa commerciale dell'Unione e, in considerazione dell'importanza del partenariato Unione europea-Cina e in vista della decisione della Commissione europea di fine d'anno, a sostenere le posizioni assunte a larga maggioranza del Parlamento europeo, affinché non venga riconosciuto in modo automatico lo status di economia di mercato alla Cina, e affinché ogni decisione sia assunta solo in seguito a un'approfondita analisi di impatto della Commissione europea, volta ad esaminare tutti gli effetti e le implicazioni economiche, occupazionali e sulla crescita sostenibile nella totalità dei settori dell'Unione europea, impedendo che vengano modificate le prescrizioni sul dumping in assenza del rispetto dei requisiti richiesti in materia dalle regole sul commercio internazionale;
11) a proseguire nell'azione di sostegno nei confronti delle istituzioni europee e in tutte le sedi diplomatiche opportune, di qualsiasi iniziativa volta, da un lato, al raggiungimento di una soluzione politica al conflitto siriano con un contributo russo determinato da una modifica della sua posizione e dei suoi comportamenti attuali e, dall'altro, a una rapida attuazione degli accordi di Minsk, in modo da rendere sicura la stabilità statuale dell'Ucraina, anche al fine di ripristinare normali relazioni economiche e commerciali fra l'Italia e la Russia;
12) a lavorare per la difesa e la promozione degli interessi nazionali ed europei in vista e durante i futuri negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, ex articolo 50 TUE, nel quadro di uno scenario complesso e ancora difficilmente prevedibile;
13) a valorizzare appieno la ricorrenza del sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma per promuovere un dibattito più generale sul futuro dell'Europa, che superi l'approccio limitativo emerso dal Vertice informale di Bratislava e si ponga come obiettivo un rilancio del progetto europeo.
(6-00264) «Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Locatelli, Bueno, Parisi, Sottanelli, Tabacci».
La Camera,
premesso che:
il Consiglio europeo che si riunirà il 20 e 21 ottobre prossimi avrà all'ordine del giorno tre temi fondamentali;
verranno infatti discusse le politiche dell'Unione europea in materia di immigrazione, commercio internazionale e relazioni con la Federazione russa;
sotto il profilo della gestione dei flussi migratori, la crisi esplosa successivamente alle Primavere arabe ha evidenziato tutti i limiti cui soggiace attualmente l'azione dell'Unione europea, rimasta sostanzialmente passiva di fronte a massicci arrivi di migranti provenienti tanto dall'Africa quanto dall'Asia occidentale e centrale, dei quali solo una minima parte si è rivelata in possesso dei titoli necessari al riconoscimento della tutela internazionale;
in particolare, l'Unione europea si è divisa sull'accoglienza da dare ai veri profughi ed ha finora fallito nel respingimento e rimpatrio dei migranti economici, lungamente attuato con misure poco più che simboliche, sempre adottate al di fuori di una concreta strategia di contenimento e di dissuasione;
in questo quadro, l'Italia si è già segnalata come un caso a sé, apertamente criticata nel febbraio scorso dall'Unione europea in ragione del troppo basso numero di rimpatri effettuati nel corso del 2015, 14mila a fronte di oltre 160mila persone giunte irregolarmente nel nostro territorio che si sommano a quelle già giunte negli anni precedenti;
a titolo di confronto, si stima che l'amministrazione presieduta dal Premio Nobel per la Pace Barack Obama abbia espulso dal territorio degli Stati Uniti non meno di 2,5 milioni di migranti irregolari dall'inizio del suo primo mandato, superando recentemente la soglia dei 400mila rimpatri annuali;
a fronte della grave minaccia che i flussi migratori irregolari rappresentano per la coesione dell'Unione europea e la sicurezza dei suoi Stati membri, le politiche europee debbono evidentemente mutare registro, in primo luogo negoziando con i Paesi sorgente dei flussi e con quelli di transito accordi che permettano l'attuazione dei rimpatri su larga scala nonché l'accoglienza e la selezione in situ di coloro che possono legittimamente aspirare allo status di rifugiato, o comunque all'ottenimento di altra tutela prevista dal diritto internazionale, respingendo coloro che sono chiaramente sprovvisti dei titoli necessari;
ferma restando l'importanza dei rimpatri dei migranti economici irregolari, i presidenti delle regioni Liguria, Lombardia e Veneto hanno consegnato al capo del servizio di Azione Esterna dell'Unione europea un documento in cui si propongono, tra le altre cose, la creazione di centri di prima accoglienza per i profughi negli Stati di transito ed il rilancio delle politiche di sostegno allo sviluppo nei Paesi sorgente;
l'importanza dei respingimenti e dei rimpatri accompagnati anche in funzione dissuasiva è tale da fare della loro attuazione un interesse condiviso degli Stati membri dell'Unione europea, circostanza che giustificherebbe pienamente la predisposizione di risorse comuni per finanziarne l'esecuzione;
sul piano politico, risulta altresì importante contrastare la pratica di alcuni Paesi, che tendono a considerare la leva migratoria come uno strumento di ricatto per ottenere dall'Unione europea concessioni su delicati dossier di natura politica, come ad esempio nel caso della Turchia, che ha limitato il deflusso dei migranti dalle sue coste solo in cambio dell'avventata promessa di concedere ai suoi cittadini l'esenzione dal visto di entrata nell'Europa comunitaria;
una realtà emergente della scena politica internazionale è altresì la crisi della globalizzazione, che ha compresso il tenore di vita della classe media, ha favorito incredibili concentrazioni di ricchezza nelle mani di una ristretta élite di persone operanti nel mondo dell'alta finanza ed è ormai contestata non soltanto da fasce crescenti dell'elettorato europeo, ma anche da importanti settori della popolazione degli Stati Uniti, all'interno della quale è sempre più forte la domanda di misure protezionistiche;
in queste condizioni, i margini a disposizione dell'Unione europea per la conduzione di una politica integralmente liberoscambista si stanno visibilmente contraendo, circostanza che invita alla prudenza nel momento in cui si negoziano accordi di grande portata come il TTIP o si prepara la firma del CETA, che ha per controparte il Canada;
in particolare, proprio il TTIP, che si vorrebbe rilanciare in occasione dell'imminente Consiglio europeo, sembra rappresentare un pericolo per molti comparti produttivi del nostro Continente, a partire dall'agroindustria, che rischia di essere penalizzata dalla rimozione dei dazi in ragione della superiore competitività delle grandi aziende agricole nordamericane rispetto a quella delle piccole proprietà rurali europee;
il TTIP solleva inoltre dubbi non trascurabili anche in merito alla sua compatibilità con le normative europee concernenti la salute alimentare, giacché dovrebbe comportare la modifica di gran parte degli standard regolamentari che attualmente disciplinano le attività economiche interne all'Unione europea, in vista della loro armonizzazione con quelli vigenti negli Stati Uniti;
sarebbe certamente fonte di problemi anche il riconoscimento dello status di economia di mercato – o MES, Market Economy Status – in favore della Repubblica Popolare Cinese, per il quale sì attende una decisione da parte della Commissione europea entro l'11 dicembre prossimo;
dal riconoscimento del MES alla Repubblica Popolare Cinese deriverebbero infatti l'impossibilità di adottare misure protezionistiche di compensazione, la conseguente compromissione delle fortune di molte piccole e medie imprese europee nonché la perdita di numerosi posti di lavoro, secondo alcune fonti fino a tre milioni nell'intera Unione europea, di cui 400mila nel nostro Paese;
quanto alle relazioni con la Federazione russa, i margini temporali disponibili per promuovere la cancellazione del regime sanzionatorio che comprime attualmente gli scambi tra gli Stati dell'Unione europea e la Russia si stanno assottigliando;
gli sviluppi in atto nel conflitto siriano ed in particolare la battaglia per il controllo di Aleppo stanno infatti generando pressioni, negli Stati Uniti e diversi Paesi europei, affinché si impongano nuove sanzioni alla Federazione Russa, di cui è probabile che si avvertano gli effetti anche nel Consiglio europeo;
è inoltre preventivabile, anche alla luce delle dichiarazioni ascoltate nel corso del secondo dibattito presidenziale svoltosi il 9 ottobre scorso a St. Louis in Missouri, che l'eventuale, possibile, conquista della Casa Bianca da parte della candidata democratica Hillary Clinton il prossimo 8 novembre comporti un inasprimento delle relazioni bilaterali tra gli Stati Uniti e la Federazione Russa, con un'inevitabile compromissione di ogni residua speranza di rapido miglioramento delle relazioni tra l'Occidente, e quindi anche l'Unione europea, e la Russia;
alla luce di quanto precede e soprattutto del forte interesse nazionale italiano alla rimozione delle sanzioni alla Russia e più in generale alla distensione delle relazioni tra l'Unione europea e la Federazione russa, risulta altresì inspiegabile l'aperto sostegno dato da autorevoli esponenti del nostro Governo alla candidata democratica alla Presidenza statunitense, apparentemente sostanziatosi anche in elargizioni di fondi pubblici alla «Bill, Hillary & Chelsea Clinton Foundation», come risulta dallo stesso sito internet della Fondazione, che inserisce l'Italian Ministry For The Environment, Land, & Sea «tra i suoi donatori di somme che si aggirano tra i 100 mila e i 250 mila dollari,
impegna il Governo
1) ad esigere in ambito europeo il riconoscimento del contenimento dei flussi migratori come interesse fondamentale e condiviso dell'Unione europea, anche come base per l'adozione di politiche di respingimento e rimpatrio che possano godere dei finanziamenti a valere su fondi europei;
2) qualora il tentativo si riveli infruttuoso, ad adottare incisive politiche nazionali di respingimento e rimpatrio dei migranti irregolari, prevedendone l'adeguato finanziamento a valere sulle risorse del Fondo per l'accoglienza;
3) a chiedere altresì una politica di controllo dei flussi migratori più rigorosa, che contempli la selezione oltremare di coloro che possono legittimamente aspirare ad una tutela internazionale, da attuarsi creando centri di prima accoglienza nei Paesi di transito, nonché il respingimento dei migranti economici e il rimpatrio nel più rapido tempo possibile di quelli già stazionanti sul territorio nazionale, anche intervenendo sulla legislazione interna in modo tale da eliminare i ricorsi avverso la negazione della protezione internazionale;
4) ad aggiungere iniziative normative volte ad eliminare dalla legislazione nazionale la protezione sussidiaria per motivi umanitari, che non è riconosciuta internazionalmente e si presta ad applicazioni discrezionali molto generose, con l'effetto a giudizio dei firmatari del presente atto di garantire l'assistenza a chi non avrebbe diritto ad alcun genere di protezione internazionale;
5) a disporre il presidio dei confini terrestri del nostro Paese, allo scopo di prevenire l'afflusso nel nostro territorio nazionale di migranti irregolari provenienti da altri Stati dell'Unione europea;
6) ad aggiungere l'Italia al novero dei Paesi non favorevoli al perfezionamento del TTIP;
7) a schierare il nostro Paese tra quelli ostili alla concessione del MES, o Market Economy Status, alla Repubblica Popolare Cinese;
8) ad assumere tempestivamente in ambito europeo le iniziative ritenute più opportune per ottenere la rimozione delle sanzioni che limitano attualmente gli scambi bilaterali tra l'Unione europea e la Federazione Russa, opponendosi ad eventuali tentativi di allargare la trattazione del dossier a considerazioni concernenti gli sviluppi in atto nel conflitto siriano;
9) ad improntare contestualmente il proprio atteggiamento in rapporto alle imminenti elezioni presidenziali americane alla più assoluta non ingerenza ed imparzialità, evitando ulteriori atti o gesti poco compatibili con l'etichetta diplomatica e soprattutto con il dichiarato obiettivo del Governo di pervenire ad una distensione complessiva nei confronti della Federazione Russa.
(6-00265) «Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».
La Camera,
premesso che:
il Consiglio europeo si concentrerà sulle questioni migratorie discutendo gli ultimi sviluppi e i progressi relativi al suo approccio globale e definirà gli orientamenti necessari; avrà uno scambio di opinioni sulle questioni commerciali, in particolare focalizzandosi sul futuro della politica commerciale dell'Unione europea; infine, terrà un dibattito orientativo sulle relazioni con la Russia;
nei mesi scorsi la Commissione europea ha presentato una serie di proposte per riformare il sistema europeo comune di asilo nelle linee indicate nell'agenda europea per la migrazione e nella comunicazione del 6 aprile 2016. In particolare la Commissione ha presentato il 4 maggio 2016 un primo pacchetto di proposte – riforma del regolamento 604/2013 (Dublino III), riforma del regolamento 603/2013 (Eurodac) e riforma del regolamento 439/2010, che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), mentre, il 13 luglio 2016, ha presentato diverse proposte legislative – sostituzione della direttiva sulle procedure di asilo con un regolamento che stabilisca una procedura comune dell'Unione europea per la protezione internazionale, sostituzione della direttiva qualifiche esistente con un nuovi regolamento, infine una riforma sulla direttiva sulle condizioni di accoglienza;
attraverso le sopraindicate proposte, la Commissione europea tenta di rimediare all'evidente fallimento del «sistema Dublino», mantenendo sostanzialmente invariata la gerarchia dei criteri Dublino, introducendo un sistema correttivo per la ripartizione equa delle responsabilità tra Stati, che riproduce esattamente gli elementi fallimentari dei meccanismi temporanei di ricollocazione già in uso e prevedendo a carico dei richiedenti asilo una serie di obblighi (e conseguenti sanzioni in caso di violazione) per limitare gli spostamenti all'interno dell'area degli Stati membri. Praticamente, si introducono tutta una serie di nuovi complicati meccanismi burocratici, mantenendo in piedi il «sistema Dublino»; inefficace, costoso e che produce irregolarità;
a parte qualche positiva modifica dei termini procedurali, in generale non si possono ritenere queste proposte idonee a garantire gli obiettivi dichiarati dalla Commissione, ovvero l'individuazione rapida dello Stato membro competente e, pertanto, l'accesso rapido del richiedente alla procedura di asilo, una ripartizione più equa delle responsabilità tra Stati membri, la lotta ad abusi e movimenti secondari, a rafforzare le garanzie per i richiedenti asilo e per i bisognosi di protezione internazionale, di godere dello stesso livello di protezione, ad incentivare l'integrazione, a garantire infine standard di accoglienza dignitosi;
in particolare, l'armonizzazione della lista dei «Paesi sicuri» sarebbe una negazione del diritto di asilo e rivela in tutta la sua drammaticità l'approccio dell'Europa sul fenomeno delle migrazioni; introdurre il concetto di «sicurezza» nell'esaminare le richieste di asilo è un grave rischio, poiché nessun Paese può essere considerato «sicuro». Adottando una simile lista, l'Unione europea e i suoi Stati membri istituzionalizzerebbero a livello europeo una pratica attraverso la quale i paesi membri possono rifiutare di ottemperare pienamente alle proprie responsabilità verso i richiedenti asilo, in violazione dei loro obblighi internazionali;
finora, 13 dei 28 Stati membri hanno una lista nazionale di «Paesi sicuri», ma le liste sono tutt'altro che omogenee. La proposta della Commissione europea mira a porre rimedio a queste disparità. I sette Paesi che la proposta considera «sicuri» sono: Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Kosovo, Montenegro, Serbia e Turchia. La Finlandia, ad esempio, considera «sicuri» Paesi come l'Afghanistan, l'Iraq e la Somalia: in questi Paesi il migrante non rischia discriminazioni, persecuzioni, limitazioni o negazioni dei diritti fondamentali: per i presentatori del presente atto di indirizzo questa è un'assurdità;
con la Turchia, che si considererebbe «Paese sicuro», si è già stretto un accordo che secondo i presentatori del presente atto viola gravemente il diritto europeo e tradisce i fondamenti democratici e ispirati alla tradizionale tutela dei diritti umani in Unione europea e in Italia. Quanto sta emergendo dall'applicazione concreta di questo accordo è che, in cambio di denaro, si esternalizzano le frontiere dell'Unione europea chiudendo gli occhi sul rispetto dei diritti umani, sulla repressione delle libertà fondamentali, nonché sulla forte repressione anti-curda che il Governo turco sta mettendo in piedi negli ultimi mesi, addirittura dimenticando le gravi responsabilità di quest'ultimo nel supporto a Daesh;
lo stesso approccio è usato dalla Commissione europea per adottare la lista comune di «Paese terzi sicuri» per consentire che i richiedenti asilo siano, rimandati indietro nei Paesi per i quali sono transitati prima del loro arrivo nell'Unione europea, e dove essi dovrebbero «legalmente» depositare le loro richieste di asilo;
nei fatti quindi, con le nuove proposte, con la giustificazione di razionalizzare e armonizzare il sistema di asilo europeo, l'Unione europea darebbe legittimità istituzionale a un abuso sul diritto di asilo allo scopo di controllare i flussi migratori;
il quadro emergente dalle proposte presentate e dagli atti approvati dalle istituzioni europee nell'ultimo anno è desolante: ricollocazioni, reinsediamenti, liste di Paesi di origine sicuri e Paesi terzi sicuri, rimpatri, hotspot, accordo con la Turchia, respingimenti, rappresentano il palese, fallimento del sistema europeo comune di asilo e manifestano tutta l'incapacità dell'Unione europea a far fronte ad un numero elevato, ma certo non insostenibile, di arrivi, come si vuole spesso rappresentare in maniera drammatica;
questo fallimento deriva da molteplici fattori, uno dei quali è certamente rappresentato dall'ostinazione con cui gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea continuano a voler disciplinare – in maniera sempre più burocratica e complessa, quindi terribilmente macchinosa e costosa – gli spostamenti di persone in un territorio che si vuole al tempo stesso privo di controlli alle frontiere interne;
occorrerebbe prendere atto del mutamento dei contesti globali e del fatto che molte persone scappano da guerre, carestie, effetti dei cambiamenti climatici, eventi che molto spesso l'Occidente e quindi anche l'Unione europea ha spesso creato o quantomeno aggravato anche con la sola inerzia;
bisognerebbe quindi individuare soluzioni più snelle e realistiche, meno burocratiche, che prevedano, fra le altre cose, che chi ha ottenuto una protezione (europea) in un Paese possa poi liberamente cercare lavoro in un altro, con i giusti «contrappesi» per evitare che ciò si trasformi in un peso insostenibile per quelle aree dell'Unione europea maggiormente prescelte per l'insediamento;
totalmente sbagliata e pericolosa è invece la strada recentemente intrapresa dall'Unione europea e che potrebbe segnare un grave precedente e un punto di non ritorno: rimpatri forzati in cambio di aiuti economici. Il riferimento è al recente nuovo accordo tra Unione europea ed Afghanistan, il «Joint way forward on migration issues between Afghanistan and EU» firmato a Bruxelles il 2 ottobre 2016 e il suo nesso con la Conferenza internazionale sull'Afghanistan che si è chiusa il 6 ottobre, con la promessa di nuovi sussidi economici al Paese (altri 16 miliardi di euro);
con l'accordo richiamato, per la prima volta, infatti, si fa un accordo di riammissione forzata con un Paese in una situazione di conflitto conclamato. Nello specifico, l'intesa dice che i cittadini afgani che non hanno base legale per restare in uno Stato membro dell'Unione europea verranno rimpatriati nel loro Paese d'origine: si prediligerà il «ritorno volontario» altrimenti si procederà con i «rimpatri forzati» anche di massa;
come nel caso della Turchia, non si tratta di un vero accordo ma di una dichiarazione congiunta, non sottoposta alla valutazione del Parlamento europeo e ugualmente in cambio di denaro, si esternalizzano le frontiere. L'Afghanistan è classificato come quartultimo nel Global Peace Index 2016: in condizioni peggiori a livello mondiale ci sono solo Siria, Sud Sudan e Iraq. L'Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che sia secondo solo all'Iraq, sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del Paese (Global Terrorism Index 2016). In Afghanistan, come documenta un recente rapporto dell'Easo, dopo più di un decennio di guerra, ci sono stati nel 2015 11mila civili vittime di violenza. Prevedere in un Paese come questo un rimpatrio forzato è un pericolosissimo precedente e rischia di aggravare ulteriormente una situazione già di per sé drammatica;
non si può non evidenziare la responsabilità del Governo italiano in questa strategia fallimentare e rischiosa proposta dalla Commissione europea, lì dove attraverso il cosiddetto «Migration compact», l'obiettivo dichiarato è quello di esternalizzare le frontiere e quindi dare fondi in cambio di maggiore controllo delle frontiere;
il Governo italiano ha gravi responsabilità poiché si sta creando una relazione perversa con i Paesi africani. Non soltanto l'Unione europea pur di fermare i flussi sta stringendo da anni rapporti con dittature che sono le vere cause delle migrazioni, ma oltretutto si hanno già le prove di quali siano gli effetti concreti. In Sudan, uno dei Paesi al centro della strategia europea e italiana di esternalizzazione delle frontiere, nel solo mese di maggio 2016 sono stati arrestati e espulsi circa 1.300 profughi eritrei, che sono poi stati deportati verso il loro Paese. In Eritrea, partire illegalmente è considerato un reato. Di quelle 1.300 persone non si hanno notizie, ma potrebbero essere finite in carcere:
quarantotto migranti provenienti dal Sudan, fermi a Ventimiglia nella speranza di passare il confine e raggiungere i propri familiari, sono stati rimpatriati il 24 agosto 2016. Alcuni provenivano dal Darfur. Erano «irregolari» perché non avevano fatto richiesta di protezione internazionale in Italia, ma volevano raggiungere altre nazioni europee. Con una operazione organizzata in gran segreto e che dimostra la drammaticità del sistema repressivo sui migranti. In 48 ore sono stati prima portati all'hotpost di Taranto, poi di nuovo nella città ligure dove, al posto di frontiera, hanno trovato l'autorità consolare sudanese (Paese dal quale erano scappati) che ha verificato la loro identità e dato avvio al rimpatrio. Quindi trasferiti al CIE di Torino ed infine messi su un aereo per Khartoum all'aeroporto «Sandro Pertini» di Caselle. Oltre duemila chilometri percorsi in pochissime ore, senza avere mai la possibilità di capire come presentare domanda di protezione internazionale;
un rimpatrio collettivo a tempo di record, facilitato da quella che potrebbe essere la prima applicazione del segretissimo Memorandum d'Intesa firmato a Roma il 3 agosto 2016 da Franco Gabrielli, capo della polizia e Hashim Osman el Hussein, direttore generale delle Forze di polizia del Sudan, un accordo che violerebbe i diritti umani e su cui il Governo italiano ha per i presentatori del presente atto gravi responsabilità;
con riferimento alla politica commerciale durante la scorsa riunione del Consiglio tenutasi a Bratislava il 22 e 23 settembre 2016, i Ministri responsabili del commercio dell'Unione europea hanno fatto chiarezza sui dossier più attuali della politica commerciale. I Paesi membri hanno trovato un'intesa, in linea di massima, per firmare l'accordo di libero scambio con il Canada (Comprehensive Economie and Trade Agreement – CETA) in ottobre, in occasione del vertice bilaterale euro canadese del 27 ottobre 2016. Quanto all'intesa con gli Stati Uniti, i Ministri hanno preso atto pubblicamente che una chiusura dei negoziati prima della fine dell'amministrazione Obama è pressoché impossibile. Ad ogni modo, non è stato ritirato il mandato concesso nel giugno 2013 alla Commissione europea per negoziare il TTIP e dal 3 al 7 ottobre 2016 a New York si è tenuto il quindicesimo round negoziale tra Stati uniti ed Unione europea;
l'accordo di libero scambio e investimento fra il Canada e la Unione europea mira alla più ampia liberalizzazione nella storia dei negoziati commerciali dell'Unione europea, e per questo motivo le implicazioni politiche ed economiche sui Paesi membri della Unione europea sono enormi;
dopo la firma per l'entrata in vigore provvisoria il Ceta dovrà essere approvato a livello nazionale e questo avverrà nonostante le prese di posizione che a più riprese si sono levate dal Governo italiano, e in particolare dal Ministro Calenda, per una sua rapida approvazione a livello europeo, in quanto a suo dire, non rappresentava un accordo di natura «mista»;
molti parlamentari, dopo essere entrati per la prima volta nella sala di lettura del Ttip in Italia, di cui il Ceta è il naturale preludio, hanno espresso gravi preoccupazioni;
la posizione del Governo italiano è stata molto distante da quella di altri Paesi, come Lussemburgo e Francia, ed è apparsa a giudizio dei firmatari del presente atto come un tentativo di esautorare il ruolo di quanti, democraticamente eletti, fanno parte del Parlamento italiano;
vantaggi commerciali promessi, ma non dimostrabili, ammonterebbero a circa 5,8 miliardi di euro l'anno, con un risparmio per gli esportatori europei di 500 milioni di euro annui dovuti all'eliminazione di quasi tutti i dazi all'importazione. Sul mercato del lavoro, poi, uno studio congiunto di Unione europea-Canada ipotizza 80 mila nuovi posti di lavoro;
i dazi sarebbero aboliti rapidamente. La maggior parte di essi sarebbero soppressi con l'entrata in vigore dell'accordo. Dopo sette anni, non vi sarebbe più alcun dazio doganale tra l'Unione europea e il Canada sui prodotti industriali;
i dazi verrebbero aboliti in misura considerevole anche nel settore agricolo e alimentare. Quasi il 92 per cento dei prodotti agricoli e alimentari dell'Unione europea verrebbero esportati in Canada in esenzione dai dazi;
le preoccupazioni invece vedono l'incedere di scenari più articolati: «con il via libera al CETA, la maggior parte delle multinazionali americane, già attive sul territorio canadese, potranno citare in giudizio nei tribunali internazionali privati le aziende europee, avvalendosi della clausola Investment court system (Ics, il sistema giudiziario arbitrale per la difesa degli investimenti), omologo dell'Isds inserito nel Ttip, che tanti Paesi Ue stanno osteggiando». Sono già 42 mila le aziende operanti nell'Unione europea che fanno capo a società statunitensi con filiali in Canada; con l'approvazione del Ceta queste imprese potrebbero intentare cause agli Stati per conto degli Stati Uniti senza che il Ttip sia ancora entrato in vigore, assicurano i promotori;
quindi gli effetti del Ttip rischiano di rilevare tutta la sua drammaticità con l'entrata in vigore del Ceta e mentre Governi come la Francia ne chiedono ripetutamente lo stop per i negoziati, il Governo italiano, con il Ministro italiano allo sviluppo economico, Carlo Calenda, dichiara che: «sarebbe in ogni caso estremamente difficile trovare una ragione che giustifichi l'interruzione delle trattative con il nostro principale partner economico e politico dopo appena due anni e mezzo di negoziato, quando per chiudere un accordo meno ambizioso con il Canada ce ne sono voluti ben 6. Ed è evidente che se ciò accadesse l'Europa non avrebbe più alcuna credibilità per condurre un qualsivoglia negoziato commerciale». Questo senza menzionare gli effetti dell'applicazione dei trattati, preoccupazioni che oramai vengono espresse da più parti in Europa: non solo dai movimenti ma anche dai Governi, dai Parlamenti nazionali e dal Parlamento europeo;
con riferimento alle relazioni con la Russia non si può non tenere in considerazione la crescente tensione Est-Ovest e il continuo mutamento delle alleanze nel contesto geopolitico mondiale, soprattutto in relazione ai conflitti in corso, Siria in primis fra tutti;
una continua tensione che può essere definita un confronto ibrido e che trova e in maniera differente diversi luoghi di confronto: l'Ucraina, il Baltico, la Crimea, il Caspio, il Medio Oriente, finanche all'interno del Consiglio sicurezza dell'Onu, dove sono state respinte le contrapposte proposte di risoluzione sul futuro della martoriata città siriana di Aleppo: affossata per i voti insufficienti la proposta russa che sosteneva l'iniziativa dell'inviato dell'Onu Staffan De Mistura sul ritiro dei combattenti da Aleppo. Bocciata invece, con il veto russo, l'altra risoluzione avanzata dalla Francia e appoggiata da 40 Paesi: il testo chiedeva l'immediato cessate il fuoco ad Aleppo e una no-fly zone;
negli ultimi tempi, le relazioni tra Russia e Usa si sono esacerbate a causa della situazione in Siria. Gli Stati Uniti hanno sospeso la collaborazione bilaterale con Mosca su questo problema. Le autorità russe a loro volta hanno sospeso la collaborazione con gli Usa sulla sicurezza nucleare. Nel frattempo, i russi hanno dislocato i missili balistici Iskander nell'enclave di Kaliningrad, mentre gli americani accusano ufficialmente il Governo di Mosca di utilizzare gli hacker per alterare la campagna elettorale presidenziale in corso. Sullo sfondo una geopolitica di alleanze variabili e fatta di improvvise sterzate;
dopo l'incidente del novembre 2016, che aveva generato notevoli tensioni tra Russia e Turchia, sono riprese le relazioni politiche, economiche e diplomatiche tra i due Paesi. La Turchia, avamposto della Nato ad Est, con una presenza di 23 basi sul territorio, è tornata a dialogare con il Cremlino e nonostante abbia una posizione diametralmente opposta con Mosca sul futuro della Siria, fatta anche di alleanze opposte, si appresta a chiudere importanti accordi bilaterali, primo fra tutti il Turkish stream, concepito per «aggirare» l'ostacolo ucraino e quindi per far arrivare il gas in Europa;
questo nuovo conflitto ibrido è indubbiamente frutto di una partita geopolitica che è stata negli anni giocata principalmente sul terreno della «sicurezza» e la mossa principale dell'allargamento ad Est della Nato e le trattative per l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione europea, sono state una scelta strategica sbagliata nelle relazioni con la Russia, così come la gestione della crisi e le conseguenti sanzioni, di cui l'Europa e i suoi Stati membri pagano un prezzo elevato;
lo stesso progetto, di pipeline sopra menzionato, riveste una grande importanza politica oltre che economica per il Governo russo, ma non solo. Infatti riveste importanza per tutta l'Europa meridionale, Italia compresa. Ma il gasdotto è stato osteggiato fortemente dagli Stati Uniti, esercitando forti pressioni su Turchia ed Unione europea stessa e quindi contro gli interessi dell'Unione europea stessa;
la politica di espansione nell'Est Europa della Nato, che ha portato all'adesione di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia (1999), Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia (2004), Albania e Croazia (2009) è stata indubbiamente un fattore scatenante della crisi;
tale politica, mentre da un lato ha portato molti vantaggi ai membri dell'Alleanza, indubbiamente, dall'altro lato, ha contribuito notevolmente a peggiorare le relazioni internazionali con la Russia e ad acuire le tensioni tra la Russia e i Paesi della Nato;
il conflitto ucraino è stato senza dubbio la più pericolosa crisi vissuta dall'Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale ed alla luce della situazione attuale rischia di non essere l'ultima;
oggi appare sempre più evidente che la gestione della crisi e le conseguenti sanzioni imposte dall'Unione europea sono state una scelta avventata, subordinata alle politiche espansionistiche dell'Alleanza Nord Atlantica e degli Stati Uniti d'America, il cui costo in realtà è ricaduto esclusivamente sui popoli dei suoi Stati membri;
indipendentemente dalle responsabilità della Russia, è quindi oggi quanto mai necessaria un'azione dell'Unione europea che tolga la Russia dal «complesso dell'accerchiamento» e che, al tempo stesso, crei le basi per una politica di vicinato dell'Unione europea più libera dalle logiche espansionistiche della Nato;
il fallimento del disegno della Nato è oggi sempre più evidente, con un suo storico alleato, come la Turchia, pronta a chiudere un accordo su Aleppo e la Siria del Nord con la Russia, mentre gli Stati Uniti hanno sospeso la collaborazione bilaterale sulla Siria. Mentre la Russia ne ricaverebbe un vantaggio soprattutto derivante dall'indebolimento dell'espansione della Nato, è forte la preoccupazione che in questo gioco di accordi e spartizione in zone di influenza vengano sacrificati sull'altare della realpolitik l'unica esperienza realmente democratica in Siria, l’enclave curdo-araba del Rojava – Federazione della Siria del Nord;
tutti questi giochi politici avvengono sulla pelle delle popolazioni, quella europea che ha subito il peso delle sanzioni alla Russia e delle contro sanzioni, dei siriani e dei civili che continuano ad essere sotto le bombe, della popolazione ucraina, stremata;
l'Italia, nonostante abbia un proprio cittadino come massimo esponente della politica europea e di sicurezza comune, non ha avuto il coraggio di porre le questioni cruciali all'attenzione del Consiglio europeo. Al di là dei proclami, ha sempre subito scelte altrui,
impegna il Governo:
1) a promuovere l'apertura immediata di corridoi umanitari di accesso in Europa per garantire «canali di accesso legali e controllati» attraverso i Paesi di transito ai rifugiati che scappano da persecuzioni, guerra e conflitti per mettere fine alle stragi in mare e in terra, e quindi debellare il traffico di esseri umani;
2) a proporre un «diritto di asilo europeo», capace di superare realmente il «regolamento di Dublino» e non sostenere la proposta di riforma della Commissione europea, considerato che un migrante dovrebbe avere il diritto di avere riconosciuto l'asilo in qualsiasi Paese, per poi essere libero di circolare all'interno dell'Europa;
3) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per concedere, con effetto immediato, permessi di soggiorno per motivi umanitari che consentano la libera circolazione negli Stati dell'Unione europea e quindi per avviare l’iter per la predisposizione di una normativa dell'Unione con la quale disciplinare il riconoscimento reciproco delle decisioni in merito alla concessione della protezione internazionale tra gli Stati membri e a chiedere, in sede di Consiglio europeo, la regolarizzazione di tutti i migranti ancora senza documenti presenti in Europa;
4) a vigilare sul rispetto del divieto di espulsioni collettive previsto dai protocolli addizionali alla Cedu, attraverso l'assunzione di iniziative per l'adozione di opportuni atti regolamentari e l'introduzione di procedure di monitoraggio indipendenti;
5) a promuovere il principio di un'accoglienza dignitosa, dunque per incentivare la chiusura di tutti i centri di detenzione per migranti sparsi in Europa, a cominciare da quelli presenti sul territorio italiano;
6) ad assumere iniziative per implementare rapidamente il programma di ricollocamento, ad oggi dimostratosi un fallimento, affiancandolo alla creazione di adeguate strutture per l'accoglienza e l'assistenza delle persone in arrivo;
7) a promuovere una politica che dica «basta» ai respingimenti verso i Paesi di origine e di transito e garantisca a tutti i migranti l'accesso a una piena e chiara informazione sulla possibilità di chiedere protezione internazionale;
8) a proporre la revisione dell'accordo tra Unione europea e Turchia sulla gestione dei rifugiati, nonché a proporre l'immediata sospensione degli accordi – come i processi di Rabat e di Khartoum – con i Governi che non rispettano i diritti umani e le libertà;
9) ad assumere iniziative per censurare il recente accordo sottoscritto dall'Unione europea con l'Afghanistan «Joint way forward on migration issues between Afghanistan and EU», in particolare la parte che prevede i rimpatri forzati;
10) a non dare, in sede di Consiglio europeo, il benestare alla firma dell'accordo economico commerciale globale (Ceta) in occasione del prossimo vertice bilaterale euro canadese del 27 ottobre 2016;
11) a sostenere con forza, insieme agli altri Paesi europei, con riferimento al TTIP, la sospensione del negoziato al fine dell'apertura di un processo democratico che permetta un'analisi puntuale ed una valutazione dei testi negoziali e che assicuri che le politiche adottate siano nel pubblico interesse che coinvolga il Parlamento europeo e venga dibattuto nei parlamenti nazionali e che includa le organizzazioni della società civile, i sindacati e i gruppi portatori dei diversi interessi (stakeholders);
12) a chiedere in sede europea un approfondimento sulla partnership strategica tra Unione europea-NATO, come definita dall'ultimo vertice di Varsavia, chiedendo che non ci debba essere mai una sovrapposizione della NATO e della Unione europea nella risoluzione dei conflitti e nel rapporto con la Russia;
13) a sostenere in sede europea tutte le iniziative tese alla cancellazione o in subordine, all'alleggerimento significativo delle sanzioni dell'Unione europea nei confronti della Federazione russa;
14) ad attivarsi prontamente in sede europea al fine di garantire maggiori risorse per compensare il danno prodotto dalle restrizioni alle importazioni applicate dalla Federazione russa alle imprese, ai produttori e ai cittadini dell'Unione europea;
15) a promuovere, anche in considerazione del fatto che l'Italia sarà membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell'Onu nel 2017 e della centralità della crisi siriana, che mette a rischio la sopravvivenza dell'Alleanza nord Atlantica stessa, una iniziativa in sede di Consiglio europeo per rilanciare i negoziati di Ginevra per risolvere la crisi siriana, a cui devono essere invitati tutti gli attori a partire dalle forze politiche del Rojava – Federazione della Siria del Nord, su cui si sono espressi positivamente già Stati Uniti e Russia.
(6-00266) «Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».
La Camera,
premesso che:
la definizione di politiche migratorie certe e credibili diviene ogni giorno più pressante ed irrinunciabile in ragione del continuo crescere dei flussi dei rifugiati e richiedenti asilo, dovuto in larga parte all'incapacità della comunità internazionale di dare una soluzione a conflitti complessi, quali in primo luogo in Siria e Libia, associati alla destabilizzazione di altri Stati di notevole rilevanza geopolitica;
la Commissione europea, con la pubblicazione nel maggio e nel dicembre 2015 di due comunicazioni, ha adottato l'agenda europea sulla migrazione, evidenziando l'esigenza di una migliore gestione della migrazione e sottolineando al contempo come quella migratoria sia una responsabilità condivisa. In particolare il pacchetto approvato si concentra su 4 ambiti: ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare, salvare vite e garantire la sicurezza delle frontiere esterne, definire una forte politica in materia di asilo e definire una nuova politica di migrazione legale;
attraverso due successive decisioni del Consiglio giustizia e affari interni e del Consiglio europeo, nel corso del 2015 si è stabilito di ricollocare 160.000 richiedenti asilo dai Paesi maggiormente sottoposti alla pressione migratoria verso quelli con maggiori disponibilità o meno coinvolti dai flussi. In particolare il 25 giugno 2015 il Consiglio europeo ha stabilito che tutti gli Stati membri partecipassero al reinsediamento di 20000 persone bisognose di protezione internazionale. La Decisione (UE) 2015/1601 che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, in deroga del Regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III) ha introdotto il meccanismo di Ricollocamento per alleggerire la pressione delle domande di protezione internazionale sui predetti Stati membri, prevedendo il ricollocamento di 120.000 richiedenti protezione internazionale da distribuire negli altri Paesi membri. Infine il 29 settembre è stata adottata la Decisione (UE) 2016/1754 volta a modificare la Decisione (UE) 2015/1601, essa stabilisce, dando seguito a quanto previsto dall'accordo Unione europea-Turchia del 18 marzo 2016, la possibilità per gli Stati membri di ammettere sul proprio territorio cittadini siriani presenti su territorio turco in rapporto 1 ad 1 per ogni cittadino siriano riammesso in Turchia dalla Grecia, entro il limite totale stabilito di 54.000 unità;
l'entità dei ricollocamenti, che pure non sarebbero stati sufficienti ad incidere significativamente sul problema, risultano del tutto irrisori e ammontando ad oggi, stando ai dati disponibili, a 1.316 richiedenti protezione internazionale dall'Italia verso altri Paesi membri;
il Piano d'Azione congiunto tra l'Unione europea e la Turchia, più volte rivisto e ridiscusso, è finalizzato a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione per il contrasto dell'arrivo di migranti, incluso quelli che non necessitano di protezione internazionale, e al contempo ad aiutare la Turchia nella gestione dell'emergenza rifugiati. Si è stabilito di far rientrare, a spese dell'Unione europea, tutti i nuovi migranti irregolari che hanno attraversato la cosiddetta "rotta balcanica"; far sì che, per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche, un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell'Unione europea, nel quadro degli impegni esistenti; accelerare l'attuazione della tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti con tutti gli Stati membri in occasione della soppressione dell'obbligo del visto per i cittadini turchi al più tardi entro la fine del giugno 2016; accelerare l'erogazione, per assicurare il finanziamento di una prima serie di progetti entro la fine di marzo, dei 3 miliardi di euro inizialmente stanziati e prendere una decisione in merito a un ulteriore finanziamento destinato allo strumento per i rifugiati siriani; prepararsi alla decisione di aprire quanto prima nuovi capitoli dei negoziati di adesione sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo dell'ottobre 2015; collaborare con la Turchia in eventuali sforzi comuni volti a migliorare le condizioni umanitarie all'interno della Siria in modo da consentire alla popolazione locale e ai rifugiati di vivere in zone più sicure. In questo contesto la Commissione europea ha continuato ad accelerare l'elargizione di finanziamenti ed ha già versato euro 2,239 miliardi sui 3 miliardi di euro previsti per il periodo 2016-2017. Al contempo, la Commissione ha anche continuato a incoraggiare gli sforzi compiuti dalla Turchia per completare appena possibile il conseguimento dei sette parametri rimanenti della tabella di marcia sulla liberalizzazione dei visti;
in maggio la Commissione europea ha presentato una prima proposta di revisione del sistema di Dublino, volto a: 1) instaurare un meccanismo automatico che stabilisca quando un paese sta trattando un numero sproporzionato di richieste di asilo ed in tal caso attivare la ricollocazione automatica. Uno Stato membro avrà inoltre la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento ma in tal caso, dovrà versare un contributo di solidarietà di 250 000 euro allo Stato membro in cui è ricollocato il richiedente del quale sarebbe stato responsabile ai sensi del meccanismo di equità; 2) un meccanismo che tenga conto anche degli sforzi di reinsediamento di persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un paese terzo; 3) un sistema più efficiente in termini di invio delle richieste di trasferimento, per il ricevimento delle risposte e per l'esecuzione dei trasferimenti dei richiedenti asilo tra gli Stati membri; 4) scoraggiare gli abusi e i movimenti secondari attraverso una ridefinizione chiara degli obblighi giuridici per i richiedenti asilo, compreso il dovere di rimanere nello Stato membro competente per la loro richiesta, limiti geografici alla fornitura di benefici materiali legati all'accoglienza e conseguenze proporzionate in caso di violazione delle norme; 5) maggiori garanzie per i minori non accompagnati e un ampliamento equilibrato della definizione di familiari. Parte integrante della proposta consiste nel trasformare l'attuale Ufficio europeo di sostegno per l'asilo. La Commissione europea ha inoltre integrato la precedente proposta in luglio, sostituendo la direttiva sulle procedure di asilo con un regolamento che stabilisca una procedura UE comune pienamente armonizzata per la protezione internazionale al fine di ridurre le differenze nei tassi di riconoscimento dei vari Stati membri, scoraggiare i movimenti secondari e assicurare garanzie procedurali comuni efficaci per i richiedenti asilo;
l’acquis di Schengen, i Trattati e le successive modifiche e convenzioni collegate hanno istituito nel tempo un sistema volto ad abolire le frontiere interne sostituendole con un'unica frontiera esterna, individuando in tal modo un territorio dove viene garantita la libera circolazione delle persone. Entro tale spazio si applicano regole e procedure comuni in materia di visti, soggiorni brevi, richieste d'asilo e controlli alle frontiere. Queste norme, ma soprattutto la libertà di circolazione da esse garantita, rappresentano una delle maggiori conquiste dell'Unione europea uno dei pilastri della condivisione su cui si poggia l'Unione stessa. Negli ultimi mesi, a causa della pressione migratoria e di scontri di natura politica che vedono contrapporsi alcuni Stati membri, si assiste ad un moltiplicarsi della sospensione dei menzionati accordi, che si traducono in unilaterali chiusure delle frontiere nazionali;
il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) è un accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato dal 2013, tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea. Per quest'ultima è la Commissione europea che è stata designata quale negoziatrice a norma dei Trattati. L'obiettivo del TTIP è quello di creare la più grande area di libero scambio esistente integrando i due suddetti mercati, riducendo i dazi doganali e rimuovendo in una vasta gamma di settori le barriere non tariffarie, al fine di rendere possibile la libera circolazione delle merci, facilitare gli investimenti e l'accesso ai rispettivi mercati dei servizi e degli appalti pubblici. Da notizie di stampa si apprende che ci sarebbe un interesse a chiudere l'accordo negoziale entro l'anno in corso;
l'accordo economico e commerciale globale (CETA) è un accordo commerciale siglato tra Unione europea e Canada allo scopo di creare un mercato unico e pertanto elimina i dazi doganali, apre il mercato dei servizi e offre condizioni prevedibili agli investitori. I negoziati, durati cinque anni, si sono conclusi nell'agosto del 2014, si attende la decisione del Consiglio e del Parlamento europeo per poter applicare l'accordo in via provvisoria. Il CETA prevede il sistema ICS (Investment Court System) ovvero la costituzione di un tribunale permanente competente in casi di discriminazione, espropriazione, nazionalizzazione o mancato rilascio di una licenza a un'impresa straniera, composto da 15 giudici, assegnati tramite sorteggio ad ogni singolo caso;
a seguito dell'aggravarsi della crisi ucraina, alcuni Stati tra cui l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno adottato sanzioni nei confronti della Federazione Russa. In risposta il 7 agosto 2014 le autorità russe hanno disposto un embargo annuale su diverse tipologie di prodotti agroalimentari provenienti da Unione europea, USA, Australia, Canada e Norvegia. Il nostro Paese risulta il terzo più danneggiato dell'Unione europea e le conseguenze riguardano non solo le mancate esportazioni, ma indeboliscono la struttura della rete commerciale e della distribuzione, con conseguente chiusura di aziende e perdita di occupati;
dopo più di due anni le predette sanzioni nei confronti della Russia risultano ancora in essere, aggravando per il reiterarsi nel tempo, le pesanti conseguenze provocate da questa decisione sul nostro made in Italy stimate in oltre 1,5 miliardi di euro e una riduzione delle esportazioni pari a circa 1,25 miliardi di euro, che interessa in modo sostanziale il settore agroalimentare comportando un danno gravoso,
impegna il Governo:
1) a richiedere l'immediata attuazione delle decisioni del Consiglio che hanno stabilito il ricollocamento di un totale di 160.000 migranti al fine di ottenere una più equa ripartizione del peso della crisi migratoria e dei richiedenti asilo tra gli Stati membri dell'Unione europea, rivedendo al contempo i criteri di selezione dei migranti da ricollocare e ampliando le metodologie sottostanti la scelta dei paesi di destinazione al fine di contemperare necessità di carattere personale, umano e sociale oltre che economico;
2) a subordinare l'attivazione, la gestione e l'esistenza dei centri, o approcci, hotspot, all'effettiva attuazione delle ricollocazioni dei richiedenti asilo, resa peraltro ancora più complessa dalla decisione (UE) 2016/1754;
3) a adoperarsi affinché la revisione dell'Accordo Dublino III (regolamento n. 604/2013) includa la cancellazione del principio dello stato di primo approdo, definisca un approccio comune e regole armonizzate in tema di asilo e al contempo sia parte di una strategia europea più ampia, volta anche a creare canali legali e protetti che permettano ai migranti e richiedenti asilo di raggiungere l'Unione europea, istituendo anche strutture sicure, gestite in ottemperanza dei diritti umani e del diritto internazionale, nei paesi di transito;
4) a promuovere azioni coordinate volte a combattere le radici e le motivazioni alla base dei flussi migratori, contrastando l'instabilità politica ed economica, le violazioni dei diritti umani e la povertà;
5) ad assumere iniziative per sospendere l'accordo in essere con la Turchia, ad opporsi alla conclusione di qualsiasi ulteriore patto, incluso quello promosso nell'ultimo vertice, ad arrestare il processo di liberalizzazione dei visti, ad interrompere gli aiuti economici già in essere, sino a che la Turchia non rispetti pienamente ed interamente i diritti umani stabiliti dalle convenzioni internazionali siglate per il loro rispetto incluso l'articolo 38 della direttiva 2013/32/UE sia nei confronti dei migranti che dei cittadini Turchi, cessi qualsiasi tipo di violenza nei confronti delle minoranze (religiose, linguistiche etcc), ripristini integralmente la libertà di stampa e prenda una chiara posizione nei confronti del terrorismo internazionale e del problema dei foreign fighters, acconsentendo tra l'altro ad una missione dell'Unione europea in ambito PSDC tesa al monitoraggio della frontiera turco/siriana al fine di assicurare che si fermi il passaggio di combattenti, ed infine sia garantita piena libertà di espressione e di manifestazione delle idee;
6) a condizionare l'erogazione dei tre miliardi di euro di aiuti alla Turchia per i rifugiati alla effettiva e dignitosa accoglienza degli stessi e a contrastare efficacemente il traffico di esseri umani e le organizzazioni criminali che lo gestiscono;
7) a sostenere con ogni mezzo la necessità di espungere dal TTIP la previsione di clausole isds o similari, inclusa qualsivoglia tipologia di corte arbitrale, massimizzare la tutela ambientale, della salute e dell'informazione del consumatore, proteggere il made in Italy e le eccellenze del nostro Paese in ogni settore;
8) a opporsi alla prosecuzione dei round negoziali del TTIP, almeno sino a quando i cittadini dell'Unione europea non siano stati debitamente informati sui dettagli di tale accordo e coinvolti nella decisione sull'opportunità di un siffatto trattato;
9) improntare le politiche commerciali dell'Unione alla salvaguardia e alla promozione delle PMI nazionali ed europee, quale elemento caratterizzante, propulsore ed innovatore della nostra economia;
10) ad adoperarsi per il riconoscimento del CETA e del TTIP come trattati misti, sostenendo con ogni mezzo la necessità che i Parlamenti nazionali possano esprimersi su tali accordi prima che entrino in vigore;
11) ad adoperarsi in sede europea affinché venga adottata un'iniziativa normativa al fine di istituire opportuni meccanismi di vigilanza e di lotta contro la frode in campo doganale;
12) a promuovere e sostenere iniziative finalizzate alla revoca del reiterato regime di sanzioni alla Russia al fine di evitare che vengano colpiti ancora più duramente gli interessi nazionali attivandosi al contempo affinché possano gettarsi le basi per la creazione di una sempre più stretta e efficace collaborazione e cooperazione tra i servizi di intelligence che comprendano anche la Federazione russa, in funzione di prevenzione e contrasto a fenomeni terroristici.
(6-00267) «Battelli, Luigi Di Maio, Fraccaro, Petraroli, Baroni, Grillo».
La Camera,
premesso che:
il Consiglio europeo del 20 e 21 luglio discuterà gli ultimi sviluppi in tema di migrazione, tratterà il futuro della politica commerciale dell'Unione europea, e affronterà altresì un dibattito orientativo sulle relazioni con la Russia;
con particolare riferimento all'ultimo punto all'ordine del giorno del Consiglio, i sottoscrittori del presente atto hanno già avuto modo di esprimere il proprio apprezzamento per la risoluzione approvata il 28 aprile 2016 dall'Assemblea nazionale francese, con cui si è chiesto di cancellare le sanzioni dell'Unione europea contro la Federazione russa. Risoluzione molto simile nei contenuti agli atti di indirizzo presentati da Forza Italia, in particolare nell'ultimo anno;
opporsi alle sanzioni non significa acquiescenza nei confronti di quanto avvenuto in Ucraina e in Crimea, ma, alla luce dei dati emersi e delle conseguenze che hanno fatto seguito all'applicazione delle misure, il bilancio dello strumento introdotto è certamente negativo; la questione avrebbe quindi richiesto una valutazione maggiormente ponderata e approfondita, considerando soluzioni alternative;
per quanto riguarda gli effetti delle sanzioni sull'economia dell'Unione europea, secondo dati forniti dalla Commissione europea ad aprile 2016, le esportazioni dell'Unione europea verso la Russia sono calate del 28,4 per cento nel 2015, rispetto al 2014, e le importazioni dalla Russia nell'Unione europea sono ugualmente calate del 25,5 per cento nello stesso periodo di riferimento. In conseguenza, la Russia è diventata il 5opartner commerciale dell'Unione europea (nel 2014 era il 4o). Secondo gli stessi dati, l'Italia avrebbe subito nel 2015 un calo delle esportazioni nei confronti della Russia del 17,5 per cento ed un calo delle importazioni dalla Russia del 25,2 per cento, rispetto al 2014. Il totale dello scambio commerciale tra l'Italia e la Russia avrebbe subito un calo del 20,2 per cento, passando dai 26,7 miliardi di euro nel 2014 a 21,3 miliardi di euro nel 2015. In conseguenza delle restrizioni imposte dalla Russia all'importazioni di prodotti agricoli ed alimentari dall'Unione europea, secondo i dati della Commissione europea all'aprile 2016 le esportazioni agricole ed alimentari dell'Unione europea verso la Russia hanno fatto registrare nel 2015 un calo complessivo del 39 per cento rispetto al 2014. Per l'Italia il calo è stato del 38 per cento;
ma il tema non è solo di natura economica: da svariati mesi, Forza Italia in Parlamento chiede al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al suo Governo di farsi promotore di una iniziativa nel senso della cancellazione delle sanzioni come primo fondamentale passo per il disgelo e per costruire l'unità contro il terrorismo, anche alla luce della situazione geopolitica attuale, in cui la minaccia del terrorismo islamico può essere combattuta solo da una grande coalizione internazionale che sotto l'egida dell'Onu metta insieme Europa, Cina, Paesi arabi, Federazione russa e Stati Uniti, coinvolgendo, in particolare, il ruolo di questi ultimi nel favorire processi di pace nel mondo;
nella drammatica situazione in cui il fronte anti terrorismo e anti Isis è diviso, compito attuale dell'Italia è in continuità con la sua missione storica di ponte tra USA, Nato e Russia, che nella fedeltà anche operativa alle scelte della alleanza cui apparteniamo, sappia creare condizioni di intesa e dialogo sfruttando gli ambiti OCSE e il Consiglio dei 20 creato a Pratica di Mare;
in questi mesi difficilissimi, continuando ad insistere sulle sanzioni, l'Unione europea ha quindi perseverato nella propria cecità di fronte al mancato coinvolgimento della Russia quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo;
la responsabilità dell'Italia è anzitutto quella di rispettare la sua tradizionale attitudine ad essere un ponte di pace con la Federazione russa, sulla scia di quanto realizzato a seguito degli accordi di Pratica di Mare, nati su impulso del Presidente Silvio Berlusconi, consentendo, nel 2002, una partnership strategica tra Nato e Federazione russa; ma troppo lontano è quel ruolo di protagonisti che portò il nostro Paese ad essere artefice e ospite del momento più alto e collaborativo tra i Paesi della Nato e la Federazione russa;
in ogni caso, davanti al drammatico scenario internazionale, sembra ormai ineludibile per i Paesi europei impegnarsi per lo sviluppo di un'effettiva politica di difesa e sicurezza comune, in un quadro di collaborazione con le alleanze atlantiche; sono innumerevoli le opportunità che possono derivare dall'integrazione europea della difesa, con particolare riferimento alla costituzione di asset operativi e addestrativi comuni, finalizzati ad una piena interoperabilità, nonché alla promozione di sinergie industriali finalizzate alla ricerca, allo sviluppo e alla produzione di programmi comuni sulla base di accordi di cooperazione o di cooperazione rafforzata;
le azioni dell'Islam jihadista e la minaccia terroristica sono poi indissolubilmente legate al tema dei flussi migratori indiscriminati che interessano l'Italia e l'intera Europa. La lotta al terrorismo non può infatti prescindere da una corretta gestione del fenomeno migratorio, tema al centro del prossimo Consiglio europeo: l'Italia, per la sua posizione geografica, porta d'ingresso in Europa, è da anni meta di un forte e continuo flusso migratorio, ed è stata spesso abbandonata a se stessa nella gestione di operazioni assai onerose (rivelatesi comunque controproducenti), quali «Mare Nostrum» e «Triton»;
anche la missione EUNAVFOR MED riporta risultati comunque limitati dal fatto che non è ancora stata avviata la fase 3 dell'operazione, che prevede la possibilità di arrestare gli scafisti e di sequestrare o affondare le barche direttamente sulle coste di partenza e sullo stesso territorio libico. La fase 3, che però presuppone il consenso del governo costiero interessato, è fondamentale, perché permetterebbe di entrare nelle acque territoriali libiche, combattendo in maniera efficace gli scafisti responsabili del traffico illegale di clandestini. Rimanere bloccati alla fase 2 significa che il Governo libico è ancora fermo, e che il nostro Paese rischia di continuare a sostenere una missione che è in grado solo di alimentare l'immigrazione clandestina;
la politica di gestione del fenomeno migratorio è stata poi particolarmente fallimentare per l'Italia, nel momento in cui il Governo ha praticamente accettato di farsi carico del soccorso e dell'accoglienza dei clandestini, in cambio di maggiore flessibilità da parte dell'Unione europea;
una contropartita pagata a caro prezzo, visto che l'Italia spende molto di più di quanto riceve (la relazione annuale di Banca Italia, che aggiorna i costi dell'immigrazione per il biennio 2014-2015 aggiunge ai 3,3 miliardi di euro per la gestione degli arrivi, l'accoglienza e l'ospitalità, altri 1,6 miliardi per il funzionamento dell'apparato amministrativo, per le prestazioni sanitarie e l'inserimento scolastico dei minori) e offre ai partner europei l'idea di poter diventare un hot spot continentale in cambio di un po’ di flessibilità;
in buona sostanza, tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare il fenomeno migratorio non hanno avuto esiti positivi, registrando di fatto il fallimento di una politica europea comune delle migrazioni; siamo quindi ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi che lo stesso Consiglio europeo ha fissato, quantomeno sulla carta. Lo dice di fatto lo stesso Consiglio europeo. Lo dice il Governo italiano, che più di una volta ha manifestato insoddisfazione per la scarsa implementazione dell'accordo dello scorso ottobre 2015, e per il mancato rispetto degli impegni da parte dell'Unione europea. Lo dicono i numeri: in particolare quelli relativi ai rimpatri, alle riallocazioni, all'immigrazione irregolare;
in base alle stime dell'UNHCR, dal 1o gennaio al 10 ottobre 2016 hanno attraversato il Mediterraneo verso l'Europa circa 316 mila migranti; di questi circa 168 mila sono sbarcati in Grecia e oltre 144 mila in Italia (solo circa 4 mila in Spagna). Peraltro i rispettivi trend nei due principali Stati membri di primo approdo appaiono diversi: in Grecia negli ultimi ’mesi si è registrata una significativa diminuzione degli arrivi (circa 3.500 ad agosto e 2.800 a settembre a fronte dei 67 mila dello scorso gennaio); nel mese di luglio in Italia si è avuto il picco di arrivi (circa 23 mila) dopo i flussi più contenuti di gennaio (circa 5 mila arrivi) e marzo-aprile (circa 10 e 9 mila). Il crollo degli arrivi in Grecia viene attribuito alla chiusura della cosiddetta rotta dei Balcani occidentali, con particolare riferimento agli accordi Unione europea-Turchia, che avrebbero determinato un disincentivo alle partenze dalla Turchia verso le isole elleniche, soprattutto da parte dei profughi siriani;
l'aumento degli arrivi in Italia non dipenderebbe tanto dallo spostamento dei flussi da una rotta all'altra, atteso che la nazionalità dei migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale sarebbe differente rispetto a quelle della rotta del Mediterraneo orientale (si tratta per lo più di migranti economici provenienti dal continente africano), ma dal miglioramento delle condizioni climatiche e dall'instabilità politica tuttora esistente in Libia, principale paese di partenza verso l'Italia;
il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare la necessità di ridurre il numero di soggetti irregolari e di aumentarne il tasso di rimpatrio. Dai dati ufficiali di Frontex, risulta infatti che nel primo trimestre del 2016 gli Stati membri hanno adottato circa 70 mila decisioni di rimpatrio e provveduto ad effettuarne sole 47 mila;
è quantomeno necessario uno sforzo comune per rafforzare la gestione delle frontiere esterne dell'Europa, ed è più che mai urgente ed improcrastinabile l'implementazione di una politica migratoria europea comune e coerente, che affronti i temi del controllo delle frontiere e della stabilità e sviluppo dei Paesi di origine e di transito, e che contempli interventi mirati per contrastare gli scafisti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia, unitamente a interventi di carattere umanitario per garantire, a chi ne ha diritto, di ricevere assistenza in Africa e accoglienza in Europa;
sforzi maggiori dovrebbero essere richiesti agli Stati membri anche per quanto riguarda l'attuazione dei programmi di relocation. Secondo la Commissione europea al 28 settembre 2016 sono state effettivamente ricollocate dalla Grecia negli altri Stati membri 4.455 persone, a fronte di circa 9.776 mila posti messi a disposizione, e di un impegno assunto in sede di Consiglio Unione europea che vincolerebbe gli Stati membri alla relocation di 63 mila richiedenti asilo. Dall'Italia sono stati effettivamente ricollocate in altri Stati membri 1.196 persone, a fronte di circa 3.809 posti messi a disposizione dagli altri Stati membri, e di un impegno per circa 35 mila richiedenti asilo;
occorre quindi una maggiore condivisione delle responsabilità con gli altri Paesi europei per scongiurare il rischio di nuovi attacchi terroristici nel continente nonché, per quanto concerne la spartizione delle responsabilità, la necessità di modificare il sistema di Dublino poiché superato, inefficace e ingiusto per i paesi di sbarco e per i richiedenti asilo;
ad oggi però, nella proposta di riforma del regolamento cosiddetto Dublino in materia di ripartizione di competenza tra gli Stati membri per la trattazione le domande di asilo, attualmente all'esame delle istituzioni legislative europee (alla Camera dei deputati, la proposta è all'esame della Commissione affari costituzionali), il criterio dello Stato di primo ingresso è preservato e, addirittura, rafforzato da alcune misure previste il testo proposto sui nuovi criteri di determinazione dello stato membro competente per la domanda di protezione internazionale. Il testo proposto, come rilevato tra l'altro dallo stesso Ministero dell'interno, riscontra numerose criticità, che accentuano le difficoltà registrate dall'Italia, quale Paese di primo ingresso, nell'applicazione del regolamento Dublino III;
il Consiglio europeo dovrebbe inoltre fare il punto sull'attuazione della dichiarazione Unione europea-Turchia del 18 marzo 2016 e sulla situazione della rotta dei Balcani occidentali; l'accordo Unione europea-Turchia prevede tra l'altro: il rinvio in Turchia di tutti i nuovi migranti irregolari e i richiedenti asilo le cui domande sono state dichiarate inammissibili e che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche, a decorrere dal 20 marzo 2016, nel pieno rispetto del diritto dell'Unione europea e internazionale; l'impegno dell'Unione europea a reinsediare un cittadino siriano dalla Turchia per ogni siriano rinviato in Turchia dalle isole greche, accordando priorità ai migranti che non sono entrati o non abbiano tentato di entrare nell'Unione europea in modo irregolare (cosiddetto programma 1:1); uno strumento di 6 miliardi di euro per sostenere la gestione dei profughi in Turchia (sono attualmente presenti in Turchia più di due milioni e settecentomila sfollati siriani); l'accelerazione della tabella di marcia sulla liberalizzazione dei visti; il rilancio del processo di adesione della Turchia all'Unione europea;
secondo la terza relazione sui progressi compiuti in merito all'attuazione della dichiarazione Unione europea-Turchia, pubblicata il 28 settembre 2016, dalla Grecia alla Turchia sono state rimpatriate 580 persone, mentre i cittadini siriani reinsediati negli Stati dell'Unione europea ammonterebbero a oltre mille. Inoltre, per quanto riguarda l'attuazione dello strumento finanziario per i rifugiati in Turchia, la Commissione ha riferito che sono stati stanziati 2.239 milioni di euro, di cui assegnati 1.252, ed effettivamente erogati 467 milioni di euro,
impegna il Governo
1) ad adottare ogni iniziativa volta a rilanciare l'azione del nostro Paese e dell'intera Europa sul fronte della lotta al terrorismo e sul piano internazionale in generale, soprattutto con riguardo allo scenario mediterraneo e mediorientale, attraverso una collaborazione politico-strategica con la Federazione russa, coinvolgendo anche gli Stati Uniti, sulla scia di quanto fatto con gli accordi di Pratica di Mare nel 2002;
2) ad implementare la propria azione a livello internazionale ed europeo, affrontando con decisione i temi della lotta al terrorismo internazionale e della gestione del fenomeno migratorio attraverso un contributo fattivo ed incisivo in qualità di futuro membro del Consiglio di sicurezza dell'ONU per il 2017, nonché nell'ambito della prossima presidenza del G7 e della futura presidenza OSCE assegnata al nostro Paese per il 2018, agevolando un clima di maggiore distensione internazionale, di dialogo e di collaborazione, e lavorando in particolare per un riavvicinamento della Federazione russa al G7, seguendo una logica inclusiva;
3) a riconsiderare nell'ambito dell'Unione europea la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa perché controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia anzitutto del nostro Paese, nonché ad adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di Paesi, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa – anche valutando l'ipotesi di esercitare sul punto il proprio diritto di veto – per agevolare un positivo coinvolgimento di quest'ultima nella lotta al terrorismo internazionale e nelle operazioni portate avanti nel Mediterraneo;
4) a promuovere ogni iniziativa in ambito europeo volta a dare impulso a concrete iniziative per la crescita della dimensione di difesa comune europea;
5) nell'ambito delle misure per affrontare la crisi migratoria e dei rifugiati, ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, sulla scia di quanto già indicato, a seguito dell'approvazione della risoluzione di Forza Italia n. 6-00251, sollecitando con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea, in linea con il Migration Compact, volto a stipulare accordi economici bilaterali da parte dell'Europa con i Paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
6) a sollecitare un intervento decisivo volto a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione, attraverso l'intensificazione dei controlli di frontiera sia in mare che a terra nel Mediterraneo meridionale, sul Mar Egeo e lungo la «rotta balcanica», fornendo adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti, e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;
7) a promuovere in sede europea opportuni interventi volti a garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i Paesi, rivedendo altresì le clausole del regolamento di «Dublino III» per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei; alla luce della proposta di modifica del regolamento in esame, è quindi necessaria una rinegoziazione dei criteri di determinazione dello Stato competente, sulla base di proposte da avanzare in sede tecnica, che potranno fondarsi non sul primo ingresso (luogo di presentazione della prima domanda, oppure primo ingresso irregolare), bensì su una chiave di distribuzione che rifletta le dimensioni, la ricchezza e la capacità degli Stati membri di assorbimento dei richiedenti, come del resto prospettato nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 6 aprile scorso, nell'opzione 2, relativa alla individuazione di un sistema sostenibile ed equo per determinare lo Stato membro competente per l'esame delle domande di asilo;
8) a promuovere in sede europea interventi per integrare e rilanciare il «piano Frattini» elaborato nel 2004, rilanciato dallo stesso Junker, per offrire concretezza ad iniziative quali l'elaborazione di una lista dei Paesi sicuri, l'effettiva applicazione della european return directive, la definizione di un database degli overstayers, l'implementazione di strumenti quali la Circolar migration e la blue card;
9) ad intervenire nelle opportune sedi per porre in essere nel più breve tempo possibile l'inizio della fase 3 della missione EUNAVFOR MED, che permetterà di entrare nelle acque territoriali libiche per impedire le partenze dei barconi e contrastare più efficacemente il traffico di esseri umani, valutando altresì, ove ciò non fosse praticabile in tempi ragionevolmente brevi, la possibilità della sospensione dell'attuale fase 2;
10) ad adottare ogni iniziativa a livello europeo volta ad offrire concretezza agli accordi con la Turchia sui migranti, verificando l'utilizzo dei fondi già erogati e di quelli da erogare entro il 2018, e valutando la possibilità di introdurre meccanismi in grado di vincolare lo stanziamento di fondi alla garanzia che la stessa Turchia rispetti i diritti umani e i termini del patto.
(6-00268) «Brunetta, Occhiuto, Ravetto, Vito, Elvira Savino».
La Camera,
premesso che:
nella riunione del 20 e 21 ottobre, il Consiglio europeo prevede di affrontare i seguenti punti all'ordine del giorno: crisi migratoria, questioni commerciali e relazioni esterne, in particolare quelle con la Russia;
per quanto concerne il primo punto, l'attuale crisi migratoria e dei rifugiati, ha comportato difficoltà in vari Stati membri nell'assicurare adeguati controlli alle frontiere esterne e l'accoglienza e il trattamento dei migranti in arrivo, difficoltà che andrebbero superate a detta del Presidente Tusk che, il 19 settembre scorso, partecipando alla riunione ad alto livello delle Nazioni Unite su come affrontare i grandi movimenti di rifugiati e migranti, ha dichiarato che «La migrazione globale caratterizzerà il nostro futuro e abbiamo la facoltà di decidere se questo futuro sarà ordinato, stabile e sicuro, o disordinato, instabile e insicuro»;
il 20 settembre il Presidente Tusk ha partecipato anche al vertice dei leader sulla crisi mondiale dei rifugiati organizzato dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama evento che si prefiggeva di fissare nuovi impegni globali per accrescere i finanziamenti umanitari, accogliere legalmente un maggior numero di rifugiati e aumentare l'autonomia e l'inclusione dei rifugiati;
rispondere alle cause profonde dei flussi migratori illegali è uno degli elementi essenziali per il successo di una politica migratoria ed è quindi necessaria la collaborazione con i Paesi terzi, compresi i Paesi di origine e di transito dei migranti;
nel vertice del maggio 2012 il Consiglio europeo ha definito un piano d'azione in materia di migrazione e mobilità in cui ha sottolineato la necessità di integrare la migrazione nelle strategie di cooperazione allo sviluppo e di eradicazione della povertà e di perseguire una serie di obiettivi, tra cui: rafforzare lo sviluppo socioeconomico nei Paesi di origine, creando opportunità di lavoro per le giovani donne e i giovani uomini, sostenere la resilienza a favore di coloro che sono più vulnerabili, anche mediante lo sviluppo rurale e il miglioramento della sicurezza alimentare e nutrizionale e promuovere l'impegno della diaspora nei rispettivi Paesi di origine;
nel maggio del 2016 il Consiglio ha adottato conclusioni per rispondere all'aumento del numero degli sfollati di lunga durata nei Paesi in via di sviluppo con l'intenzione di promuovere il loro contributo attivo all'economia e alla società dei Paesi ospitanti mediante nuovi programmi di sviluppo;
è necessario ridurre i fattori di attrazione che spingono i migranti a spostarsi e, nel novembre 2015, i leader dell'Unione europea e africani hanno convenuto di migliorare l'accesso alle informazioni sui pericoli della migrazione irregolare e di fornire una visione realistica delle condizioni di vita nei Paesi europei, mentre nell'aprile 2015 il Consiglio europeo ha messo in evidenza la necessità di istituire un primo progetto pilota volontario in materia di reinsediamento in tutta l'Unione europea, al fine di aumentare il numero di posti offerti alle persone bisognose di protezione per giungere, il 25 giugno 2015, alla decisione che tutti gli Stati membri partecipino al reinsediamento di 20.000 persone bisognose di protezione internazionale;
il 18 marzo 2016 i leader di Unione europea e Turchia hanno convenuto che tutti i migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche a partire dal 20 marzo 2016 dovranno ritornare in Turchia, nel pieno rispetto del diritto dell'Unione europea e internazionale. Nell'ambito di tale accordo, per ogni siriano che ritorna in Turchia un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia nell'Unione europea e il reinsediamento nell'ambito di tale meccanismo si svolgerà assolvendo agli impegni assunti dagli Stati membri nel luglio 2015, in base ai quali restano ancora 18.000 posti;
è inoltre necessario promuovere anche canali regolari per la migrazione e la mobilità tra Paesi europei e africani in cui rientra la mobilità di studenti, ricercatori e imprenditori, ad esempio raddoppiando il numero delle borse di studio per studenti e personale accademico nel 2016 tramite il programma Erasmus;
per far fronte alla crisi migratoria uno degli obbiettivi da raggiungere, come evidenzia il Consiglio europeo, è una gestione efficace delle frontiere esterne dell'Unione europea, fondamentale per il corretto funzionamento della libera circolazione all'interno dell'Unione europea ottenibile intensificando i controlli, anche attraverso risorse aggiuntive per Frontex, EASO ed Europol;
il 12 maggio 2016 è stata adottata una decisione di esecuzione del Consiglio recante raccomandazione che consente la prosecuzione dei controlli temporanei alla frontiera interna in circostanze eccezionali (l'Austria, la Germania, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia dovrebbero mantenere controlli di frontiera temporanei proporzionati in tratti specifici della loro frontiera per un periodo massimo di sei mesi) e, per garantire una gestione efficiente delle frontiere esterne, la Commissione, con approvazione del Consiglio, ha proposto di istituire un sistema di guardia di frontiera dell'Unione europea migliorando i controlli mediante il ricorso a nuove tecnologie e aprendo la strada all'avvio delle attività della guardia costiera e di frontiera europea a metà ottobre che si comporrà di un'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera (in sostituzione di Frontex) e di autorità nazionali preposte alla gestione delle frontiere che garantiranno una gestione efficiente dei flussi migratori e assicureranno un livello elevato di sicurezza per l'Unione europea;
il 30 agosto 2016 il comitato politico e di sicurezza ha autorizzato EUNAVFOR MED operazione SOPHIA (che prevede di individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni usate o sospettate di essere usate dai passatori e dai trafficanti di migranti) ad avviare due ulteriori compiti di sostegno: la formazione della guardia costiera e della marina libiche e il contributo all'attuazione dell'embargo delle Nazioni Unite sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche;
lo scorso 4 e 5 settembre i leader del G20 si sono riuniti a Hangzhou, Cina, dove, riguardo alla crisi migratoria e dei rifugiati, hanno concordato sulla necessità di attivarsi a livello mondiale per affrontare gli effetti, le esigenze di protezione e le cause profonde della crisi invitando ad intensificare l'assistenza umanitaria e il reinsediamento dei rifugiati;
relativamente alle questioni commerciali, secondo punto all'ordine del giorno del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre prossimi, si ricorda che durante il sopracitato vertice di Hangzhou, i leader del G20 hanno affrontato il tema «Verso un'economia mondiale innovativa, rinvigorita, interconnessa e inclusiva» ponendo l'accento sui seguenti punti:
rafforzamento del programma del G20 per la crescita;
ricorso a concetti e politiche innovativi in materia di crescita;
creazione di un'economia mondiale aperta;
necessità di garantire che la crescita economica vada a vantaggio di tutti i Paesi e i popoli;
nel corso del G20 le principali economie mondiali hanno espresso la loro determinazione ad avvalersi di tutti gli strumenti politici, anche monetari, di bilancio e strutturali, per conseguire una crescita forte, sostenibile, equilibrata e inclusiva stilando un piano d'azione auspicando la rapida e piena attuazione delle strategie di crescita;
in occasione del G20 si è discusso su come proseguire la costruzione di un sistema finanziario aperto e resiliente e come continuare a sostenere la cooperazione internazionale in ambito fiscale prefiggendosi anche lo scopo di rafforzare un'economia mondiale aperta promuovendo i vantaggi del commercio e di mercati aperti, nonché contribuendo all'attuazione dell'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;
per quanto concerne le relazioni esterne e, in particolare, i rapporti con la Russia fino allo scoppio della crisi in Ucraina, la Russia era considerata un «partner strategico» dell'Unione europea e la natura sfaccettata delle relazioni si rifletteva nei molteplici ambiti di cooperazione, tra cui il commercio, l'energia e le questioni internazionali, ad esempio le attività di contrasto al terrorismo, la non proliferazione e il processo di pace in Medio Oriente. Negli ultimi anni la questione del vicinato comune è divenuta uno dei principali motivi di frizione tra l'Unione europea e la Russia. L'annessione illegale della Crimea nel marzo 2014 e le prove secondo cui la Russia da allora sostiene i combattenti separatisti nell'Ucraina orientale, hanno innescato una crisi internazionale. L'Unione europea ha rivisto le sue relazioni bilaterali annullando i vertici Unione europea-Russia e ha sospeso il processo di liberalizzazione dei visti e i negoziati relativi a un accordo quadro aggiornato tra Unione europea e Russia. Nei confronti della Russia l'Unione europea attualmente un duplice approccio che prevede da un lato una politica di sanzioni graduali, che comunque non hanno frenato la Russia, almeno dal punto di vista economico e, dall'altro, tentativi di trovare una soluzione diplomatica al conflitto nell'Ucraina orientale;
il Parlamento ha adottato una serie di risoluzioni sull'Ucraina che condannano chiaramente l'annessione illegale della Crimea da parte della Russia e il ruolo di quest'ultima nel destabilizzare l'Ucraina orientale;
la crisi è la cristallizzazione di una serie di problemi più ampi e di più lungo termine che sono stati sempre visibili per un certo tempo, in particolare l'intensificazione della dissonanza strategica tra Russia e Occidente e la crisi di oggi rende evidente che Mosca capisce la sicurezza europea in termini diversi: le capitali occidentali vedono l'emergere di un «Europa unita, libera e in pace», Mosca vede un continente ancora frammentato, ancora dominato dal blocco di mentalità (data l'influenza degli Stati Uniti nella sicurezza europea), e gravato da un conflitto in corso; dove le capitali occidentali vedono la «porta aperta», la politica e l'ampliamento di organizzazioni come la NATO e l'Unione europea contribuire alla più ampia stabilità europea, Mosca vede l'espansione di queste organizzazioni come destabilizzanti per la sicurezza europea;
tale differente visione è stata amplificata dal fatto che, per gran parte degli ultimi 15 anni, l'Occidente e la Russia hanno tratto conclusioni molto diverse circa le cause e le conseguenze dei principali episodi del post guerra fredda, come ad esempio le rivoluzioni a colori in Georgia e l'Ucraina, la crisi del gas nel 2006 e nel 2009 e la guerra Russia-Georgia nel 2008 e, da ultimo, la crisi dell'Ucraina: l'Occidente accusa la Russia di aggressione contro l'Ucraina e l'illegale annessione della Crimea, mentre Mosca rifiuta tale conclusione affermando che tale crisi è stata provocata dagli Stati Uniti e che l'Unione europea sta assicurando i propri interessi contro l'espansione della NATO;
la Russia ritiene che l'Europa è divisa in due parti, lo spazio più ampio dell'OSCE, in cui gli accordi sono soltanto politicamente vincolanti (e quindi aperti al cambiamento o abuso), e gli spazi «blocco» della NATO e l'Unione europea in cui gli accordi sono giuridicamente vincolanti ritenendo che l'attuale struttura di sicurezza euro-atlantica non è in grado di affrontare in modo efficace i problemi esistenti, come il controllo degli armamenti, in particolare il Trattato delle Forze Convenzionali in Europa (CFE), e conflitti irrisolti, come la Moldavia/Transnistria, ma ne genera di nuovi;
Mosca ha sempre cercato di lanciare le proprie iniziative per affrontare questi problemi. Nel 2003, per esempio, ha proposto il Kozak memorandum che ha suggerito una soluzione federati al conflitto in Transnistria, e nel 2008 ha lanciato quello che divenne noto come «proposte Medvedev» per un dibattito sulla sicurezza europea fresco e nuovo trattato ma il memorandum Kozak è stato respinto e le proposte Medvedev sono state incanalate nel processo OSCE di Corfù. Secondo Mosca, entrambe le proposte sono state respinte dall'occidente non a causa dei loro difetti, ma perché erano iniziative russe;
a fine settembre il presidente ucraino Petro Poroshenko ha inviato all'indirizzo del segretariato generale dell'Alleanza Atlantica una richiesta per l'inclusione dell'Ucraina nel programma di partnership «Enhanced Opportunities» che prevede la semplificazione delle procedure per le esercitazioni congiunte, di accesso all'intelligence per motivi difensivi e al quale attualmente partecipano Australia, Georgia, Giordania, Svezia e Finlandia;
il 5 ottobre scorso il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha ricevuto una folta delegazione russa con a capo il Vice Primo Ministro Arkady Dvorkovich e il Vice Ministro dell'energia Aleksey Teksler per discutere l'obiettivo di passare da partnership prevalente di tipo commerciale a relazioni più strutturate, con maggiori contenuti industriali e di alta tecnologia, al fine di favorire i progetti in Russia di imprese italiane ad elevato contenuto tecnologico (agroalimentare, sanitario, meccanica) e strategico (infrastrutture e esplorazione petrolifera);
Il Ministro Calenda, il Vice Primo Ministro Dvorkovich e il vice Ministro dell'Energia Teksler hanno analizzato anche i rapporti tra i due Paesi nel settore dell'energia e del mercato del gas e valutati vari scenari di approvvigionamento e collaborazione alla luce dei principali, nuovi progetti nel settore del gas natura,
impegna il Governo:
1) per quanto concerne la crisi migratoria:
a) ad assumere iniziative per utilizzare, potenziare ed estendere il mandato, le risorse e le capacità dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, al fine di ottenere il miglior coordinamento ed efficacia dell'azione di controllo e sorveglianza;
b) a promuovere con forza l'istituzione di «uffici per le migrazioni» in Paesi di transito quali Sudan, Ciad, Niger, Tunisia, Egitto e Libano, dove potranno essere valutati i singoli casi e assegnati visti umanitari e documenti di viaggio temporanei che consentano ai migranti di impiegare mezzi di trasporto legali verso l'Europa, e di suddividere in modo solidale tra i Paesi dell'Unione europea il carico umano ed economico di questa emergenza;
c) a proporre l'avvio di programmi di lingua e prima formazione, finanziati con fondi appositi dall'Unione europea al fine di rafforzare la dotazione di capitale umano del migrante, qualsiasi sia l'esito della richiesta generando in ogni caso minori costi di integrazione sul suolo europeo e consentendo nuove opportunità di sviluppo al Paese d'origine se rimpatriato;
d) a proporre l'avvio di programmi di formazione professionale obbligatoria, finanziati con fondi appositi dall'Unione europea, per tutti i migranti accolti come rifugiati sui territorio comunitario. Suddetta formazione è volta a favorirne una integrazione qualificata nel tessuto sociale europeo;
e) a presentare con forza al Consiglio europeo l'esigenza di vincolare l'attuazione delle disposizioni previste in favore della Turchia alla disponibilità del Governo turco a consentire l'ingresso in Turchia dei profughi siriani in fuga dal conflitto e ad accoglierli in appositi campi dove possano ricevere adeguati aiuti umanitari;
f) a sensibilizzare in sede europea il possibile problema umanitario derivante dall'imminente liberazione dal Daesh della città di Mossul, facilitando la possibilità di prevedere missioni di esclusivo supporto umanitario e sanitario, capaci di rispondere ad un flusso di sfollati che potrebbe raggiungere anche 1,5 milioni di persone in poche settimane;
g) a promuovere in sede europea la costituzione di un tavolo permanente per la gestione degli sfollati con il Governo iracheno e la partecipazione delle rappresentanze del governo regionale del Kurdistan iracheno, mirato alla gestione dei flussi di sfollati e di rifugiati, nonché alla previsione della loro ricollocazione nei luoghi interni di origine;
2) per quanto riguarda i rapporti esterni con la Russia:
a) a promuovere l'evoluzione dei rapporti economici dell'Italia con la Russia per consentire al nostro Paese di costituire una relazione non soltanto di tipo commerciale ma anche con maggiori contenuti industriali e di alta tecnologia, al fine di favorire i progetti in Russia di imprese italiane ad elevato contenuto tecnologico (agroalimentare, sanitario, meccanica) e strategico (infrastrutture e esplorazione petrolifera).
(6-00269) «Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».
La Camera,
premesso che:
nella riunione del 20 e 21 ottobre, il Consiglio europeo prevede di affrontare i seguenti punti all'ordine del giorno: crisi migratoria, questioni commerciali e relazioni esterne, in particolare quelle con la Russia;
per quanto concerne il primo punto, l'attuale crisi migratoria e dei rifugiati, ha comportato difficoltà in vari Stati membri nell'assicurare adeguati controlli alle frontiere esterne e l'accoglienza e il trattamento dei migranti in arrivo, difficoltà che andrebbero superate a detta del Presidente Tusk che, il 19 settembre scorso, partecipando alla riunione ad alto livello delle Nazioni Unite su come affrontare i grandi movimenti di rifugiati e migranti, ha dichiarato che «La migrazione globale caratterizzerà il nostro futuro e abbiamo la facoltà di decidere se questo futuro sarà ordinato, stabile e sicuro, o disordinato, instabile e insicuro»;
il 20 settembre il Presidente Tusk ha partecipato anche al vertice dei leader sulla crisi mondiale dei rifugiati organizzato dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama evento che si prefiggeva di fissare nuovi impegni globali per accrescere i finanziamenti umanitari, accogliere legalmente un maggior numero di rifugiati e aumentare l'autonomia e l'inclusione dei rifugiati;
rispondere alle cause profonde dei flussi migratori illegali è uno degli elementi essenziali per il successo di una politica migratoria ed è quindi necessaria la collaborazione con i Paesi terzi, compresi i Paesi di origine e di transito dei migranti;
nel vertice del maggio 2012 il Consiglio europeo ha definito un piano d'azione in materia di migrazione e mobilità in cui ha sottolineato la necessità di integrare la migrazione nelle strategie di cooperazione allo sviluppo e di eradicazione della povertà e di perseguire una serie di obiettivi, tra cui: rafforzare lo sviluppo socioeconomico nei Paesi di origine, creando opportunità di lavoro per le giovani donne e i giovani uomini, sostenere la resilienza a favore di coloro che sono più vulnerabili, anche mediante lo sviluppo rurale e il miglioramento della sicurezza alimentare e nutrizionale e promuovere l'impegno della diaspora nei rispettivi Paesi di origine;
nel maggio del 2016 il Consiglio ha adottato conclusioni per rispondere all'aumento del numero degli sfollati di lunga durata nei Paesi in via di sviluppo con l'intenzione di promuovere il loro contributo attivo all'economia e alla società dei Paesi ospitanti mediante nuovi programmi di sviluppo;
è necessario ridurre i fattori di attrazione che spingono i migranti a spostarsi e, nel novembre 2015, i leader dell'Unione europea e africani hanno convenuto di migliorare l'accesso alle informazioni sui pericoli della migrazione irregolare e di fornire una visione realistica delle condizioni di vita nei Paesi europei, mentre nell'aprile 2015 il Consiglio europeo ha messo in evidenza la necessità di istituire un primo progetto pilota volontario in materia di reinsediamento in tutta l'Unione europea, al fine di aumentare il numero di posti offerti alle persone bisognose di protezione per giungere, il 25 giugno 2015, alla decisione che tutti gli Stati membri partecipino al reinsediamento di 20.000 persone bisognose di protezione internazionale;
il 18 marzo 2016 i leader di Unione europea e Turchia hanno convenuto che tutti i migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche a partire dal 20 marzo 2016 dovranno ritornare in Turchia, nel pieno rispetto del diritto dell'Unione europea e internazionale. Nell'ambito di tale accordo, per ogni siriano che ritorna in Turchia un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia nell'Unione europea e il reinsediamento nell'ambito di tale meccanismo si svolgerà assolvendo agli impegni assunti dagli Stati membri nel luglio 2015, in base ai quali restano ancora 18.000 posti;
è inoltre necessario promuovere anche canali regolari per la migrazione e la mobilità tra Paesi europei e africani in cui rientra la mobilità di studenti, ricercatori e imprenditori, ad esempio raddoppiando il numero delle borse di studio per studenti e personale accademico nel 2016 tramite il programma Erasmus;
per far fronte alla crisi migratoria uno degli obbiettivi da raggiungere, come evidenzia il Consiglio europeo, è una gestione efficace delle frontiere esterne dell'Unione europea, fondamentale per il corretto funzionamento della libera circolazione all'interno dell'Unione europea ottenibile intensificando i controlli, anche attraverso risorse aggiuntive per Frontex, EASO ed Europol;
il 12 maggio 2016 è stata adottata una decisione di esecuzione del Consiglio recante raccomandazione che consente la prosecuzione dei controlli temporanei alla frontiera interna in circostanze eccezionali (l'Austria, la Germania, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia dovrebbero mantenere controlli di frontiera temporanei proporzionati in tratti specifici della loro frontiera per un periodo massimo di sei mesi) e, per garantire una gestione efficiente delle frontiere esterne, la Commissione, con approvazione del Consiglio, ha proposto di istituire un sistema di guardia di frontiera dell'Unione europea migliorando i controlli mediante il ricorso a nuove tecnologie e aprendo la strada all'avvio delle attività della guardia costiera e di frontiera europea a metà ottobre che si comporrà di un'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera (in sostituzione di Frontex) e di autorità nazionali preposte alla gestione delle frontiere che garantiranno una gestione efficiente dei flussi migratori e assicureranno un livello elevato di sicurezza per l'Unione europea;
il 30 agosto 2016 il comitato politico e di sicurezza ha autorizzato EUNAVFOR MED operazione SOPHIA (che prevede di individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni usate o sospettate di essere usate dai passatori e dai trafficanti di migranti) ad avviare due ulteriori compiti di sostegno: la formazione della guardia costiera e della marina libiche e il contributo all'attuazione dell'embargo delle Nazioni Unite sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche;
lo scorso 4 e 5 settembre i leader del G20 si sono riuniti a Hangzhou, Cina, dove, riguardo alla crisi migratoria e dei rifugiati, hanno concordato sulla necessità di attivarsi a livello mondiale per affrontare gli effetti, le esigenze di protezione e le cause profonde della crisi invitando ad intensificare l'assistenza umanitaria e il reinsediamento dei rifugiati;
relativamente alle questioni commerciali, secondo punto all'ordine del giorno del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre prossimi, si ricorda che durante il sopracitato vertice di Hangzhou, i leader del G20 hanno affrontato il tema «Verso un'economia mondiale innovativa, rinvigorita, interconnessa e inclusiva» ponendo l'accento sui seguenti punti:
rafforzamento del programma del G20 per la crescita;
ricorso a concetti e politiche innovativi in materia di crescita;
creazione di un'economia mondiale aperta;
necessità di garantire che la crescita economica vada a vantaggio di tutti i Paesi e i popoli;
nel corso del G20 le principali economie mondiali hanno espresso la loro determinazione ad avvalersi di tutti gli strumenti politici, anche monetari, di bilancio e strutturali, per conseguire una crescita forte, sostenibile, equilibrata e inclusiva stilando un piano d'azione auspicando la rapida e piena attuazione delle strategie di crescita;
in occasione del G20 si è discusso su come proseguire la costruzione di un sistema finanziario aperto e resiliente e come continuare a sostenere la cooperazione internazionale in ambito fiscale prefiggendosi anche lo scopo di rafforzare un'economia mondiale aperta promuovendo i vantaggi del commercio e di mercati aperti, nonché contribuendo all'attuazione dell'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;
per quanto concerne le relazioni esterne e, in particolare, i rapporti con la Russia fino allo scoppio della crisi in Ucraina, la Russia era considerata un «partner strategico» dell'Unione europea e la natura sfaccettata delle relazioni si rifletteva nei molteplici ambiti di cooperazione, tra cui il commercio, l'energia e le questioni internazionali, ad esempio le attività di contrasto al terrorismo, la non proliferazione e il processo di pace in Medio Oriente. Negli ultimi anni la questione del vicinato comune è divenuta uno dei principali motivi di frizione tra l'Unione europea e la Russia. L'annessione illegale della Crimea nel marzo 2014 e le prove secondo cui la Russia da allora sostiene i combattenti separatisti nell'Ucraina orientale, hanno innescato una crisi internazionale. L'Unione europea ha rivisto le sue relazioni bilaterali annullando i vertici Unione europea-Russia e ha sospeso il processo di liberalizzazione dei visti e i negoziati relativi a un accordo quadro aggiornato tra Unione europea e Russia. Nei confronti della Russia l'Unione europea attualmente un duplice approccio che prevede da un lato una politica di sanzioni graduali, che comunque non hanno frenato la Russia, almeno dal punto di vista economico e, dall'altro, tentativi di trovare una soluzione diplomatica al conflitto nell'Ucraina orientale;
il Parlamento ha adottato una serie di risoluzioni sull'Ucraina che condannano chiaramente l'annessione illegale della Crimea da parte della Russia e il ruolo di quest'ultima nel destabilizzare l'Ucraina orientale;
la crisi è la cristallizzazione di una serie di problemi più ampi e di più lungo termine che sono stati sempre visibili per un certo tempo, in particolare l'intensificazione della dissonanza strategica tra Russia e Occidente e la crisi di oggi rende evidente che Mosca capisce la sicurezza europea in termini diversi: le capitali occidentali vedono l'emergere di un «Europa unita, libera e in pace», Mosca vede un continente ancora frammentato, ancora dominato dal blocco di mentalità (data l'influenza degli Stati Uniti nella sicurezza europea), e gravato da un conflitto in corso; dove le capitali occidentali vedono la «porta aperta», la politica e l'ampliamento di organizzazioni come la NATO e l'Unione europea contribuire alla più ampia stabilità europea, Mosca vede l'espansione di queste organizzazioni come destabilizzanti per la sicurezza europea;
tale differente visione è stata amplificata dal fatto che, per gran parte degli ultimi 15 anni, l'Occidente e la Russia hanno tratto conclusioni molto diverse circa le cause e le conseguenze dei principali episodi del post guerra fredda, come ad esempio le rivoluzioni a colori in Georgia e l'Ucraina, la crisi del gas nel 2006 e nel 2009 e la guerra Russia-Georgia nel 2008 e, da ultimo, la crisi dell'Ucraina: l'Occidente accusa la Russia di aggressione contro l'Ucraina e l'illegale annessione della Crimea, mentre Mosca rifiuta tale conclusione affermando che tale crisi è stata provocata dagli Stati Uniti e che l'Unione europea sta assicurando i propri interessi contro l'espansione della NATO;
la Russia ritiene che l'Europa è divisa in due parti, lo spazio più ampio dell'OSCE, in cui gli accordi sono soltanto politicamente vincolanti (e quindi aperti al cambiamento o abuso), e gli spazi «blocco» della NATO e l'Unione europea in cui gli accordi sono giuridicamente vincolanti ritenendo che l'attuale struttura di sicurezza euro-atlantica non è in grado di affrontare in modo efficace i problemi esistenti, come il controllo degli armamenti, in particolare il Trattato delle Forze Convenzionali in Europa (CFE), e conflitti irrisolti, come la Moldavia/Transnistria, ma ne genera di nuovi;
Mosca ha sempre cercato di lanciare le proprie iniziative per affrontare questi problemi. Nel 2003, per esempio, ha proposto il Kozak memorandum che ha suggerito una soluzione federati al conflitto in Transnistria, e nel 2008 ha lanciato quello che divenne noto come «proposte Medvedev» per un dibattito sulla sicurezza europea fresco e nuovo trattato ma il memorandum Kozak è stato respinto e le proposte Medvedev sono state incanalate nel processo OSCE di Corfù. Secondo Mosca, entrambe le proposte sono state respinte dall'occidente non a causa dei loro difetti, ma perché erano iniziative russe;
a fine settembre il presidente ucraino Petro Poroshenko ha inviato all'indirizzo del segretariato generale dell'Alleanza Atlantica una richiesta per l'inclusione dell'Ucraina nel programma di partnership «Enhanced Opportunities» che prevede la semplificazione delle procedure per le esercitazioni congiunte, di accesso all'intelligence per motivi difensivi e al quale attualmente partecipano Australia, Georgia, Giordania, Svezia e Finlandia;
il 5 ottobre scorso il Ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha ricevuto una folta delegazione russa con a capo il Vice Primo Ministro Arkady Dvorkovich e il Vice Ministro dell'energia Aleksey Teksler per discutere l'obiettivo di passare da partnership prevalente di tipo commerciale a relazioni più strutturate, con maggiori contenuti industriali e di alta tecnologia, al fine di favorire i progetti in Russia di imprese italiane ad elevato contenuto tecnologico (agroalimentare, sanitario, meccanica) e strategico (infrastrutture e esplorazione petrolifera);
Il Ministro Calenda, il Vice Primo Ministro Dvorkovich e il vice Ministro dell'Energia Teksler hanno analizzato anche i rapporti tra i due Paesi nel settore dell'energia e del mercato del gas e valutati vari scenari di approvvigionamento e collaborazione alla luce dei principali, nuovi progetti nel settore del gas natura,
impegna il Governo:
1) per quanto concerne la crisi migratoria:
a) ad assumere iniziative per utilizzare, potenziare ed estendere il mandato, le risorse e le capacità dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, al fine di ottenere il miglior coordinamento ed efficacia dell'azione di controllo e sorveglianza;
b) a promuovere con forza l'istituzione di «uffici per le migrazioni» in Paesi di transito quali Sudan, Ciad, Niger, Tunisia, Egitto e Libano, dove potranno essere valutati i singoli casi e assegnati visti umanitari e documenti di viaggio temporanei che consentano ai migranti di impiegare mezzi di trasporto legali verso l'Europa, e di suddividere in modo solidale tra i Paesi dell'Unione europea il carico umano ed economico di questa emergenza;
c) a proporre l'avvio di programmi di lingua e prima formazione, finanziati con fondi appositi dall'Unione europea al fine di rafforzare la dotazione di capitale umano del migrante, qualsiasi sia l'esito della richiesta generando in ogni caso minori costi di integrazione sul suolo europeo e consentendo nuove opportunità di sviluppo al Paese d'origine se rimpatriato;
d) a proporre l'avvio di programmi di formazione professionale obbligatoria, finanziati con fondi appositi dall'Unione europea, per tutti i migranti accolti come rifugiati sui territorio comunitario. Suddetta formazione è volta a favorirne una integrazione qualificata nel tessuto sociale europeo;
e) a sensibilizzare in sede europea il possibile problema umanitario derivante dall'imminente liberazione dal Daesh della città di Mossul, facilitando la possibilità di prevedere missioni di esclusivo supporto umanitario e sanitario, capaci di rispondere ad un flusso di sfollati che potrebbe raggiungere anche 1,5 milioni di persone in poche settimane;
f) a valutare la possibilità di promuovere in sede europea la costituzione di un tavolo permanente per la gestione degli sfollati con il Governo iracheno e la partecipazione delle rappresentanze del governo regionale del Kurdistan iracheno, mirato alla gestione dei flussi di sfollati e di rifugiati, nonché alla previsione della loro ricollocazione nei luoghi interni di origine;
2) per quanto riguarda i rapporti esterni con la Russia:
a) a promuovere l'evoluzione dei rapporti economici dell'Italia con la Russia per consentire al nostro Paese di costituire una relazione non soltanto di tipo commerciale ma anche con maggiori contenuti industriali e di alta tecnologia, al fine di favorire i progetti in Russia di imprese italiane ad elevato contenuto tecnologico (agroalimentare, sanitario, meccanica) e strategico (infrastrutture e esplorazione petrolifera).
(6-00269)
(Testo modificato nel corso della seduta). «Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».
La Camera,
premesso che:
all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo ci sono il tema della migrazione, il futuro della politica commerciale dell'Unione e un dibattito sulle relazioni con la Russia;
l'attenzione dedicata dalla politica europea alla nostra Nazione con specifico riferimento alla questione dei migranti irregolari si è dimostrata e si dimostra del tutto insufficiente, visto che nulla è stato intrapreso né per contrastare la rotta che porta i clandestini in Italia partendo dalla costa libica, né per affrontare i ricollocamenti dei migranti economici;
secondo i programmi dell'Unione, quest'anno avrebbe dovuto segnare la svolta nelle politiche migratorie europee proprio attraverso il piano dei ricollocamenti, arrivando finalmente ad alleggerire anche la pressione migratoria che pesa sull'Italia, ma che sta miseramente fallendo nel segno di un «egoismo» delle singole Nazioni, assai lontano dal principio del burden sharing che dovrebbe invece, rappresentare uno dei capisaldi della politica comunitaria;
se a questo si aggiungono la mancata revisione del regolamento di Dublino III e, quindi, la permanenza in capo al Paese di primo approdo della responsabilità dei migranti ivi pervenuti, e la sospensione dell'accordo di Schengen messa in atto da alcuni Stati membri, appare evidente come l'Italia sia ancora sola rispetto alle problematiche derivanti dall'afflusso dei migranti;
in ambito nazionale il sistema dell'accoglienza, trasformato ormai più in un business che in un efficiente meccanismo per selezionare le persone degne di divenire titolari di misure di protezione internazionale, è travolto da scandali, inefficienze e disservizi, dei quali il Centro per richiedenti asilo, del quale quest'Aula si è recentemente occupata, è solo uno degli esempi;
le normative vigenti in materia di concessione di protezione internazionale e le strutture preposte non riescono a garantire un tempestivo esame delle domande presentate, facendo sì che i soggetti richiedenti siano costretti ad aspettare in media un anno per ricevere una risposta, salvo poi presentare ricorso, con tutto quello che ne consegue in termini di costi per la collettività, sia monetari che sociali;
in Italia continua a non funzionare il sistema di identificazione dei migranti irregolari che sbarcano sulle nostre coste, elemento che continua a rendere l'Italia un Paese privilegiato di approdo per i clandestini, e che ci ha già esposto a dure critiche in ambito europeo;
tantomeno funzionano le espulsioni, problema che continua ad acuirsi a causa della oramai cronica assenza di risorse sul Fondo rimpatri dopo che lo stesso è stato completamente prosciugato nel 2013 per destinare le sue disponibilità proprio all'accoglienza dei migranti, e che il Governo si è sin qui guardato bene dal rifinanziare;
sotto un diverso profilo, alcun risultato, altresì, si sta registrando nella lotta al traffico degli esseri umani, allo sfruttamento e alle violenze cui si trovano esposti i migranti nei loro viaggi verso l'Europa e che troppo spesso colpiscono i soggetti più vulnerabili come donne e bambini;
nulla è stato fatto neanche per potenziare i confini esterni dell'Unione e la loro difesa, né rispetto a misure di politica estera, di cooperazione e di internazionalizzazione nei confronti degli Stati interessati da una più o meno massiccia pressione migratoria verso l'Unione;
numerosi Stati membri dell'Unione hanno approntato delle liste di Paesi sicuri, al fine di poter operare una prima selezione semplicemente e tempestivamente sulla base della Nazione di provenienza del richiedente la misura di protezione internazionale;
per quanto attiene alla politica commerciale occorre rilevare la necessità di un impegno convinto e concreto dell'Unione nella tutela delle produzioni nazionali, e l'attenzione che deve essere riservata al rispetto delle normative comunitarie, sia per quanto attiene la produzione che la commercializzazione dei beni, la difesa dei marchi di qualità e la tutela delle eccellenze dei singoli comparti produttivi nazionali;
in questo quadro lo stop imposto ai negoziati con gli Stati Uniti per l'accordo di partenariato economico-finanziario denominato «Transatlantic trade and investment partnership» (TTIP) sembra finalmente accogliere le critiche più volte espresse anche in ambito parlamentare rispetto ai suoi contenuti;
l'accordo, infatti, attraverso la consistente riduzione delle barriere non tariffarie avrebbe potuto danneggiare gravemente le economie degli Stati membri, che si sarebbero trovati, di fatto, esposti a una concorrenza sleale da parte dei prodotti provenienti da produzioni statunitensi;
lo stesso accordo, inoltre, palesa il rischio che la ricerca di un'armonizzazione delle normative e un abbattimento delle regolamentazioni tra le due aree possano portare ad un appiattimento dei più rigidi regolamenti europei ai livelli di quelli statunitensi;
per quanto attiene alla discussione sulla Russia essa va contestualizzata nell'ottica della imminente decisione in merito alla eventuale proroga delle sanzioni imposte dall'Unione a questo Paese e dei più recenti sviluppi di politica internazionale, che hanno visto un ruolo attivo della Russia in alcuni scenari di conflitto;
l'embargo disposto dalla Russia in risposta alle sanzioni su svariate tipologie di prodotti agroalimentari provenienti dall'Unione europea sta danneggiando gravemente il mercato delle esportazioni italiano, il cui volume commerciale con tale Paese è a dir poco crollato in seguito all'adozione di queste misure, con una perdita che si attesta annualmente su alcune centinaia di milioni di euro;
in merito, il mondo produttivo italiano, e in particolar modo le associazioni dei produttori del comparto agroalimentare, hanno lanciato ripetuti appelli chiedendo la fine delle sanzioni e denunciando anche come l'indebolimento della struttura della rete commerciale e della distribuzione stia causando la chiusura di aziende e la perdita di posti di lavoro,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative volte alla revisione delle normative in materia di concessione di misure di protezione internazionale, al fine di assicurare un esame delle domande in tempi brevi e prefissati, prevedendo speciali misure per garantire la protezione dei migranti donne e bambini, e ad operare nel senso di un progressivo smantellamento dei Centri per richiedenti asilo siti sul nostro territorio nazionale;
2) in tale ambito ad assumere iniziative affinché siano eliminate le possibilità di ricorrere avverso il provvedimento di diniego della protezione, strumento che si è rivelato inadeguato a garantire una rapida conclusione dei relativi procedimenti, e la previsione della protezione umanitaria, concessa unicamente dall'Italia e che incoraggia un afflusso massiccio di migranti irregolari nel nostro Paese;
3) ad assumere iniziative per definire in tempi rapidi una lista di Paesi sicuri, che permetta di velocizzare le procedure di richiesta di protezione internazionale attraverso una prima selezione da effettuarsi proprio sulla base del Paese di provenienza del richiedente;
4) ad adottare iniziative per migliorare la funzionalità e potenziare il sistema dei rimpatri, a tal fine rifinanziando il Fondo rimpatri, e procedendo alle espulsioni in tutti quei casi in cui le stesse siano previste a livello legislativo e regolamentare, ad apportare le opportune modifiche normative per garantire l'allontanamento dal territorio italiano dei soggetti colti in flagranza di reato e processati per direttissima;
5) a sollecitare la revisione del Regolamento di Dublino e a favorire la riforma dei meccanismi di gestione del fenomeno migratorio in ambito europeo, affinché la stessa sia affrontata secondo il principio del barden sharing;
6) ad assumere iniziative per implementare le procedure volte alla identificazione dei soggetti che giungono sul nostro territorio nazionale attraverso la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali in maniera sistematica e completa, adottando misure per poter allontanare dal territorio nazionale quei soggetti che si rifiutino di farsi identificare;
7) a proseguire nell'azione volta a realizzare accordi con le autorità libiche che possano ridurre considerevolmente le partenze di migranti dalle coste di quel Paese;
8) a sollecitare l'adozione di misure in ambito europeo volte al potenziamento dei controlli alle frontiere esterne dell'Unione anche attraverso la creazione di una apposita forza di sicurezza;
9) a sostenere la revisione dei contenuti del Transatlantic trade and investment partnership nel senso di una maggiore tutela delle nostre produzioni nazionali e dei consumatori;
10) a farsi promotore di una iniziativa finalizzata alla revoca immediata delle sanzioni imposte dall'Unione europea alla Russia e ad operare per il pieno rilancio delle sue relazioni commerciali con l'Italia, e a sostenere l'attività diplomatica volta ad integrare la Russia nell'azione internazionale dell'Unione europea.
(6-00270) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Elementi ed iniziative in relazione alle risorse da destinare a Matera capitale della cultura 2019 – 3-02542
LATRONICO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
la capitale europea della cultura è una manifestazione nata nel 1985 per promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico e culturale dei Paesi membri dell'Unione europea. Ogni anno il titolo viene trasferito a due città di due Stati membri;
nell'ottobre del 2014 il Ministro interrogato ha annunciato che Matera sarebbe stata la capitale europea per la cultura nel 2019 assieme alla città bulgara di Plovdiv. L'investitura ufficiale è avvenuta a metà 2015;
a partire dalla metà degli anni ’90 le capitali della cultura sono state protagoniste di uno sviluppo infrastrutturale e turistico. Glasgow nel 1990 ha avuto una crescita del 50 per cento degli arrivi stranieri, diventando la terza destinazione del Regno Unito. Anche Liverpool 2008 ha avuto 9,7 milioni di turisti, con un incremento del 34 per cento rispetto al 2007;
per Marsiglia, la Francia ha speso circa due miliardi di euro per il collegamento del Tgv con Parigi e la riqualificazione del porto. Liverpool ha rifatto tutto il porto e il centro storico. Genova nel 2004 ha riqualificato il centro storico e ultimato il progetto di Renzo Piano per l'area portuale;
il piano finanziario contenuto nel dossier di candidatura prevede investimenti per 565 milioni di euro. Per ora sono disponibili 28 milioni di euro del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e 25 milioni di euro della regione;
il presidente del Consiglio dei ministri ha assicurato che Matera sarebbe stata, dopo l'Expo 2015, l'occasione su cui concentrare strumenti e risorse per connettere Matera con il resto del mondo, valorizzando le sue risorse culturali dalla cifra millenaria;
l'impressione, ad oggi, è che non ci siano strumenti e risorse al pari delle altre capitali europee della cultura per dispiegare le potenzialità che l'evento dovrebbe assicurare;
mancano meno di 800 giorni al 2019 e niente è stato cantierizzato –:
quali ulteriori risorse ritenga opportuno prevedere per Matera capitale della cultura 2019 nel disegno di legge di bilancio per il 2017 e nel biennio successivo e quali siano i tempi di avvio delle attività previste dal relativo piano finanziario. (3-02542)
Intendimenti del Governo in merito al progetto di trasformare la caserma del «Primo Roc» di Abano Terme in un centro di accoglienza e iniziative per superare l'emergenza dovuta al sovraffollamento nel centro di Bagnoli (Padova) – 3-02544
MILANATO, BRUNETTA, SECCO e ALBERTO GIORGETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
ad oggi il Veneto registra la presenza di 12.359 richiedenti asilo; la situazione è molto critica nella provincia di Padova, in particolare nel centro di accoglienza di Bagnoli, dove qualche giorno fa ha avuto luogo una vera e propria rivolta dei profughi ospitati nell'ex base militare di San Siro, che denunciavano con cartelli in francese e in inglese le condizioni del centro;
a Bagnoli i migranti sono stipati in poco spazio e in condizioni precarie; la presenza del centro crea poi un'evidente tensione nella popolazione locale; l’hub di Bagnoli ospita circa mille migranti (a fronte dei 120 inizialmente assegnati) e si trova a soli 6 chilometri da un altro centro in sovraffollamento (Conetta);
le drammatiche condizioni del centro di Bagnoli hanno sollevato l'allarme del dipartimento immigrazione del Ministero dell'interno; il capo dipartimento, Mario Morcone, ha infatti dichiarato che è necessario trovare delle soluzioni sul territorio padovano per «svuotare Bagnoli di almeno metà delle presenze». E ancora: «Stiamo ragionando con il Ministero della difesa, niente è escluso a priori, nemmeno Abano»;
tali dichiarazioni giungono all'indomani delle rassicurazioni della prefettura di Padova in merito alla sospensione del progetto di trasformare la caserma del «I Roc» di Abano Terme in hub provinciale per l'accoglienza dei profughi;
la scelta di dislocare i richiedenti asilo nella ex base Nato del «I Roc» a Giarre, frazione del comune di Abano Terme – ente locale commissariato nel mese di giugno 2016 – rischierebbe di colpire al cuore l'economia del comune, che vive quasi interamente di turismo; sarebbero infatti inevitabili le ricadute negative per il comparto turistico legato al centro termale della città, che dà sostentamento a circa cinquemila famiglie;
il dubbio, a parere degli interroganti, è che se oggi Abano avesse un sindaco in carica, e quindi un consiglio comunale e un interlocutore politico in grado di reagire ad un’«imposizione» dall'alto, forse le scelte sarebbero comunque altre;
lo stesso commissario prefettizio, Pasquale Aversa, aveva infatti avuto modo di dichiarare di essere «un lavoratore dipendente», che non avrebbe potuto decidere in merito all'istituzione del nuovo centro di accoglienza –:
se il Ministro interrogato intenda chiarire definitivamente le intenzioni in merito al progetto di trasformare la caserma del «I Roc» di Abano Terme in un centro di accoglienza e quali siano gli interventi previsti nella provincia di Padova per superare l'emergenza del sovraffollamento del centro di Bagnoli. (3-02544)
Intendimenti del Governo in ordine all'ipotesi di ritirare lo spot realizzato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sul referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 – 3-02543
RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
da alcuni giorni la Rai sta mandando in onda uno spot realizzato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sul referendum costituzionale del 4 dicembre 2016;
lo spot elenca una serie di risultati positivi che deriverebbero dall'approvazione definitiva della riforma costituzionale ed è chiaramente finalizzato ad avviso degli interroganti ad orientare le intenzioni di voto del pubblico verso il «sì»;
il contenuto dello spot ad avviso degli interroganti non solo non realizza una completa, corretta e imparziale informazione rispetto alle posizioni in campo, ma è anche chiaramente ingannevole, fazioso e tendenzioso;
la Rai è la concessionaria di un servizio pubblico per il quale i cittadini pagano e, in quanto tale, deve trasmettere delle notizie che non siano espressione di una sola parte politica o di una sola forza in campo, ma deve fornire tutte quelle informazioni che permettano al pubblico di formarsi un'opinione propria –:
se il Governo non ritenga di ritirare lo spot di cui in premessa, sostituendolo con uno i cui contenuti garantiscano la completezza, la correttezza e la neutralità dell'informazione. (3-02543)
Intendimenti del Governo in ordine alle ipotesi di risanamento di Monte dei paschi di Siena – 3-02545
FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GUIDESI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MOLTENI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da poco è avvenuta la sostituzione dell'amministratore delegato di Monte dei paschi di Siena Fabrizio Viola con Marco Morelli, che, secondo notizie di stampa, già nel 2009 era a conoscenza di perdite nascoste pari a 200 milioni di euro, da cui sarebbe partita la crisi che l'attuale amministratore delegato dovrebbe ora risolvere con un improbabile aumento di capitale da 5 miliardi di euro;
Morelli, inoltre, potrebbe essere definito inidoneo dalla Banca d'Italia per il comportamento «di particolare gravità» che assunse nell'operazione «Fresh» (l'aumento di capitale riservato a Jp Morgan per 950 milioni di euro finalizzato all'acquisizione di Antonveneta);
il Ministero dell'economia e delle finanze starebbe svolgendo il coordinamento dei principali azionisti di Monte dei paschi di Siena, in qualità di azionista di riferimento (con il 4 per cento): lo confermerebbero il ruolo svolto dal Ministero dell'economia e delle finanze nella selezione dell’advisor Jp Morgan per il progetto di risanamento (aumento di capitale e cessione dei crediti deteriorati), nella sostituzione dell'amministratore delegato Fabrizio Viola e nelle negoziazioni che sarebbero in corso con fondi sovrani ed investitori privati di Paesi stranieri (sembra che Qatar e Cina siano interessati all'operazione);
non si conosce se corrisponda al vero il fatto che il Ministro interrogato abbia riportato al presidente di Monte dei paschi di Siena Tononi il giudizio negativo suo e del Presidente del Consiglio dei ministri sull'operato dell'ex amministratore delegato Viola e, quindi, l'invito alla sostituzione e quali siano gli elementi di pubblico interesse definiti durante l'incontro tra il Presidente del Consiglio dei ministri e l'amministratore delegato di Jp Morgan, a seguito del quale la banca americana ha assunto il ruolo di capofila del progetto di risanamento di Monte dei paschi di Siena;
non si conosce, inoltre, se il Ministero dell'economia e delle finanze prenderà parte all'aumento capitale di Monte dei paschi di Siena e a quali condizioni, né chi si sta occupando di studiare la fattibilità e gli effetti delle possibili alternative, in modo da evitare incertezze se il ricorso al mercato non fosse attuabile;
ad oggi, si presentano diverse ipotesi per il risanamento: procedere con le negoziazioni con i fondi sovrani ed investitori stranieri (attraverso cui potrebbero essere prospettate forme di rendimento garantito o privilegiato per questi investitori); intervenire per risarcire i piccoli risparmiatori (nel caso di una conversione di obbligazioni subordinate vendute alla clientela al dettaglio in capitale di Monte dei paschi di Siena); nazionalizzare Monte dei paschi di Siena o attivare la procedura di bail in (nel caso di mancanza di interesse da parte del mercato) –:
se il Ministro interrogato voglia urgentemente chiarire quale strada tra quelle esplicitate in premessa intenda adottare per il risanamento di Monte dei paschi di Siena. (3-02545)
Iniziative volte a garantire la continuità aziendale degli stabilimenti Almaviva di Roma e Napoli al fine di salvaguardare i livelli occupazionali – 3-02549
SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
appare grave la scelta comunicata da Almaviva di chiudere gli stabilimenti di Roma e Napoli, con il licenziamento di 2.511 lavoratrici e lavoratori, dopo un lungo periodo di contratti di solidarietà e di taglio degli stipendi;
è altrettanto inaccettabile, a giudizio degli interroganti, anche il tentativo di scaricare la responsabilità sulle lavoratrici e sui lavoratori, nonché sulle rappresentanze sindacali per presunte indisponibilità a misure di riorganizzazione aziendale, ai fini dell'incremento della produttività;
parimenti appare inaccettabile la proposta aziendale di trasferimento coatto di 154 operatori impegnati nella commessa Enel dalla sede di Palermo a quella di Rende;
a giudizio degli interroganti le responsabilità di questi gravi licenziamenti, oltre che dell'azienda, sono di chi continua ad indire gare ad evidenza pubblica seguendo la logica del massimo ribasso, che giustificano trattamenti economici minimi e la violazione di qualsiasi norma fondamentale a tutela del diritto del lavoro e dei diritti sindacali;
dall'audizione al Senato della Repubblica del 5 ottobre 2016 del Ministro interrogato sulle linee programmatiche del suo dicastero non si rileva alcun intervento normativo per contrastare il fenomeno della delocalizzazione delle attività produttive o comunque per aumentare i controlli, al fine di garantire il rispetto di quelle poche norme vigenti nell'ordinamento che risultano di fatto disapplicate, come nel caso di Almaviva;
il Governo dovrebbe agire con maggiore decisione nelle iniziative di contrasto e nei tavoli istituzionali di crisi come quello di Almaviva –:
quali iniziative urgenti, anche normative, si intendano mettere in campo al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori di cui in premessa e, in particolare, se il Governo intenda convocare con immediatezza i vertici aziendali di Almaviva per raggiungere un accordo di stabilizzazione della crisi occupazionale in corso.
(3-02549)
Iniziative volte a favorire lo sviluppo dei distretti industriali italiani – 3-02550
VIGNALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
rispetto ai maggiori Paesi sviluppati, l'apparato produttivo italiano si distingue per l'elevato numero di imprese attive e una dimensione media di queste più ridotta;
nelle microimprese con meno di 10 addetti si concentra quasi il 95 per cento delle 4.338.766 imprese, il 47,7 per cento degli addetti, il 25,4 per cento dei dipendenti, il 28,9 per cento del fatturato ed il 33,8 per cento del valore aggiunto;
le imprese di maggiori dimensioni sono, invece, 3.320 unità e assorbono il 18,6 per cento del totale degli addetti, il 27,7 per cento dei dipendenti, il 28,8 per cento del fatturato e il 27,6 per cento del valore aggiunto complessivo;
la principale caratteristica delle piccole e medie imprese italiane può essere individuata nella particolarità della loro forma organizzativa, che ha trovato l'espressione più completa nei distretti industriali;
i distretti industriali italiani rappresentano, dunque, uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano e si configurano come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente a gestione familiare;
i distretti industriali italiani si sono sviluppati in maniera largamente autonoma durante gli ultimi decenni, concentrando le loro attività su settori specifici (tessile, abbigliamento, meccanica, cuoio, legno ed altro) nei quali hanno acquisito e sviluppato vantaggi competitivi particolarmente rilevanti. Nei distretti insistono non solo le realtà produttive, ma anche tutti i fattori specializzati di produzione: i fornitori, anche di macchinari, la logistica, la formazione, la ricerca e la finanza. Si potrebbe dire che i distretti «sono» il territorio;
il modello dei distretti non è «il passato»: esso riveste un grande ruolo per il futuro dell'economia italiana e non va considerato alternativo ad altre forme, complementari ed utili, come le reti d'impresa –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per favorire lo sviluppo dei distretti industriali italiani, che costituiscono un fondamentale punto di riferimento per lo sviluppo della media e piccola impresa italiana che rappresenta uno dei «volani» per la crescita economica del Paese. (3-02550)
Iniziative volte a mitigare il rischio idrogeologico con riguardo alle coste della Puglia – 3-02548
MATARRESE, VARGIU, DAMBRUOSO e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel mese di giugno 2016 si è verificato il crollo della falesia all'altezza della spiaggia libera denominata «Tre buchi» a Monopoli;
il tratto di costa interessato dal crollo risulterebbe instabile a causa di fenomeni di dissesto idrogeologico dovuti all'erosione del tufo calcarenitico della falesia costantemente fessurata dalle mareggiate;
già a giugno 2014, tramite l'interrogazione n. 3-00874, gli interroganti hanno posto all'attenzione del Governo il problema dell'erosione e del relativo crollo della falesia che caratterizzò la costa in provincia di Lecce e, in particolare, nei comuni di Andrano, Castrignano del Capo, Gagliano del Capo, Diso, Tricase, Racale, Tiggiano, Alessano e Porto Cesareo;
nella risposta il Ministro interrogato evidenziò l'impegno del Governo volto a mitigare il rischio idrogeologico in Puglia, riferendo di aver «(...) sottoscritto con la regione Puglia un accordo di programma per il finanziamento di 84 progetti, di cui 5 ricadenti nell'ambito nei comuni della provincia di Lecce, per un importo complessivo di oltre 194 milioni di euro, di cui oltre 36 milioni statali, interamente erogati sulla contabilità speciale del comitato delegato (...)»;
secondo quanto riferito nella risposta, «(...) la legge di stabilità pone a disposizione nel periodo 2014-2020 quasi 55 miliardi di euro per la programmazione di interventi strutturali, di cui una parte per la mitigazione del rischio idrogeologico. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto alle regioni di segnalare eventuali nuovi criticità. Al riguardo, la regione Puglia ha iscritto 99 interventi, di cui 9 nella provincia di Lecce e tra questi uno solo per la stabilità nella falesia in località Torre dell'Orso per un importo di due milioni di euro (...)» –:
se tutta la costa pugliese sia stata oggetto di puntuale monitoraggio finalizzato al rilievo delle criticità connesse a fenomeni di dissesto idrogeologico e quali siano gli interventi già programmati per la prevenzione e la mitigazione di questi fenomeni e per la relativa messa in sicurezza della costa, se tra le criticità già segnalate dalla regione Puglia al Governo vi sia anche quella che ha recentemente interessato Monopoli e se vi siano relativi interventi oggetto di accordi di programma. (3-02548)
Chiarimenti in merito al presunto utilizzo di bombe con codice del Ministero della difesa nel conflitto attualmente in corso in Yemen – 3-02546
CORDA, FRUSONE, BASILIO, TOFALO, RIZZO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
Famiglia Cristiana del 2 ottobre 2016 ha pubblicato la foto di una bomba «inerte» sganciata dai sauditi sulla capitale dello Yemen, Sana'a;
si tratta di una MK82, simile ad altre vendute dall'Italia all'Arabia Saudita usate per bombardare lo Yemen, in azioni denunciate a livello internazionale come crimini di guerra;
per la sua particolarità questa bomba non esplode, rivelando così codici e numeri che parlano italiano. L'identificativo «Ncage code» (Nato, commercial and government entity) corrisponde a Rwm di Domus Novas in Sardegna: A4447. Di questa bomba è leggibile anche l'intero codice Nato: Nsn 1325-15-150-5814;
si tratta del Nato Stock number, un codice numerico a 13 cifre che identifica ciascun pezzo militare inventariato dal Ministero/dipartimento della difesa di ogni singolo Stato, in italiano numero unico di codificazione (nuc);
l'archivio Nsn center è on line. Inserendo il numero di codice di questa bomba escono tre registrazioni. Una come Imz spa, una come Ministero della difesa-direzione generale degli armamenti e una terza come Rwm. Si apprende, quindi, che questa bomba nella sua vita ha avuto tre codici:
a) A0392 corrisponde a Imz spa;
b) A2955 corrisponde a direzione generale degli armamenti aeronautici;
c) A4447 corrisponde a Rwm;
il codice Ncage, apposto prima del lancio in Yemen da parte dei sauditi, è quello di Rwm. L'Imz è il produttore dell'involucro. Nel mezzo, tra le due fabbriche di armi di Vicenza e di Domus Novas, c’è il transito attraverso la direzione armamenti del Ministero della difesa italiano;
quindi, questa bomba prima di essere sganciata sullo Yemen (seppure come involucro vuoto) era del Ministero della difesa italiano. Non si comprende come possa essere stata poi ceduta a Rwm che, a sua volta, l'ha venduta ai sauditi;
nella sua recente visita in Arabia Saudita la Ministra interrogata era accompagnata – cosa inusuale – dal segretario generale della difesa e direttore nazionale degli armamenti Carlo Magrassi, cosa che fa pensare a nuove commesse di armi italiane ad un Paese in guerra;
la legge n. 185 del 1990 vieta la vendita di armi a Paesi in guerra. L'Onu e il Parlamento europeo hanno invitato la comunità internazionale a cessare di armare i contendenti in Yemen –:
come sia possibile che bombe con codice del Ministero della difesa-direzione generale degli armamenti abbiano colpito la popolazione civile dello Yemen e come ritenga compatibile ciò con la legge n. 185 del 1990. (3-02546)
Intendimenti del Governo in ordine all'attuazione degli obiettivi di difesa comune europea – 3-02547
MOSCATT, AIELLO, PAOLA BOLDRINI, BOLOGNESI, BONOMO, D'ARIENZO, FONTANELLI, FUSILLI, GALPERTI, LORENZO GUERINI, LACQUANITI, LODOLINI, MARANTELLI, SALVATORE PICCOLO, PAOLO ROSSI, SCANU, STUMPO, VALERIA VALENTE, VILLECCO CALIPARI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
l'aspirazione a costituire una difesa europea ha avuto origine sin dalla metà degli anni ’50 con la Comunità europea di difesa, per arrivare nel 1992 alla definizione dei compiti di Petersberg stabiliti per la gestione di un'eventuale crisi e la risoluzione dei conflitti e, successivamente, integrati nell'Unione europea con il trattato di Amsterdam;
il Consiglio europeo di Colonia del 1999 stabilì, tra l'altro, la successiva costituzione di un comitato di politica e sicurezza, un comitato militare, uno stato maggiore internazionale ed un'agenzia degli armamenti; negli anni 2000, nel più ampio quadro dei trattati di Amsterdam e Nizza, la nuova figura dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune elaborò la nuova «strategia europea in materia di sicurezza» e l'Unione europea divenne, quindi, responsabile di condurre alcune missioni di mantenimento della pace;
l'attuale Alto rappresentante dell'Unione europea ha presentato nel mese di giugno 2016 il nuovo documento denominato «Strategia globale dell'Unione europea in materia di politica estera e di sicurezza», che costituisce una fondamentale pietra angolare su cui poter costruire un futuro efficace ed efficiente della sicurezza europea, come testimoniato dal recente vertice di Ventotene con Francia e Germania in cui l'Italia ha rivestito un ruolo di primo piano;
in tale momento storico in cui l'Europa deve fare i conti con la «Brexit», c’è assoluta necessità di condividere una strategia comune che possa facilitare il tema della sicurezza e della difesa dell'Unione europea per troppo tempo posto ai margini delle discussioni sulla politica comune europea;
la difesa europea è tema di stringente attualità, testimoniato dal rinnovato impulso a trattare l'argomento nel Consiglio informale dei Ministri della difesa dell'Unione europea, tenutosi a Bratislava nel mese di settembre 2016, nel quale l'Italia ha presentato una sua proposta concreta e particolarmente apprezzata;
tali iniziative hanno evidentemente lanciato un segnale politico molto forte, evidenziando la volontà di procedere con convinzione verso un approccio proattivo – non più differibile – teso al rafforzamento della politica di difesa e sicurezza comune, in una prospettiva di maggiore integrazione tra gli Stati membri;
l'Italia ha presentato prima a Bratislava e l'11 ottobre 2016 a Bruxelles ai parlamentari europei italiani un documento dal titolo «La visione italiana per una difesa europea più forte», che contiene alcune proposte per istituire una forza multinazionale europea –:
come l'Italia intenda dare concreta attuazione agli obiettivi di difesa comune, così come delineati nei consessi europei.
(3-02547)
NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2016 (DOC. LVII, N. 4-BIS)
Risoluzione sulla relazione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012
La Camera,
premesso che:
alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016 è allegata la Relazione al Parlamento, presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243;
la Relazione, tenuto conto della coerenza con le regole europee, contiene la richiesta di aggiornamento del piano di rientro, previsto nel Documento di economia e finanza (DEF) dello scorso aprile, verso l'obiettivo di medio periodo (MTO);
la Relazione contiene la richiesta di autorizzazione a utilizzare, ove necessario, ulteriori margini di bilancio sino a un massimo dello 0,4 per cento del PIL per il 2017, in considerazione sia del prolungamento della fase di debolezza dell'economia, sia per interventi, anche di natura eccezionale, che consentano di mettere in sicurezza il territorio, il patrimonio abitativo e le infrastrutture scolastiche, nonché di fronteggiare il fenomeno migratorio attraverso strategie anche di natura strutturale;
preso atto della comunicazione inviata dal Governo italiano alla Commissione europea in data 27 settembre 2016,
autorizza il Governo
ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, a dare attuazione a quanto indicato nella Relazione citata in premessa, nei limiti massimi ivi indicati.
(6-00271) «Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia, Galati».
Risoluzioni relative alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016
La Camera,
esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF) 2016;
premesso che:
la crescita in Italia è tornata positiva nel 2014, ha accelerato nel 2015 e si sta rafforzando nel 2016: le revisioni al rialzo recentemente operate dall'ISTAT sui dati annuali del PIL 2014 e 2015 hanno determinato a consuntivo un'evoluzione dell'economia italiana più positiva di quanto rilevato, non solo in termini di prodotto ma ancor più in termini di occupazione (588.000 occupati in più ad agosto 2016 rispetto a febbraio 2014);
il ritmo della ripresa, tuttavia, è rallentato dalla durezza della doppia e profonda recessione che ha caratterizzato il periodo 2009-2013 e ulteriori ostacoli sono rappresentati dal peggioramento delle prospettive di crescita a livello internazionale, che rispetto alle attese risultano modeste, diseguali e caratterizzate da significativi rischi al ribasso;
in particolare, l'Eurozona appare esposta al rischio di prolungata bassa crescita più di altre regioni nonostante le politiche monetarie non convenzionali e fortemente espansive messe in atto dalla Banca centrale europea, anche a causa del più avanzato invecchiamento demografico, del ridotto tasso di innovazione, dell'incertezza sulla governance dell'area, di persistenti squilibri macroeconomici, che si associano a tassi di interesse e d'inflazione su livelli storicamente assai contenuti e prossimi allo zero;
a causa di tale quadro macroeconomico avverso, il recupero dei livelli di prodotto nazionale pre-crisi si sta pertanto rivelando più lento di quanto desiderabile;
il Governo, fin dal suo insediamento, ha perseguito una strategia orientata al rilancio degli investimenti, pubblici e privati e, in modo particolare, al sostegno dei consumi interni, attraverso l'aumento del reddito disponibile delle famiglie e la riduzione della pressione fiscale, scesa dal 43,6 del 2013 al 42,1 del 2016 (al netto della riduzione del prelievo fiscale sul lavoro dipendente associata alla misura degli 80 euro), fattori chiave assieme all'ambizioso programma pluriennale di riforme strutturali, che sta contribuendo a migliorare la competitività del sistema produttivo;
il pieno dispiegamento degli effetti delle riforme strutturali richiede un adeguato lasso di tempo ed è quindi indispensabile che la prosecuzione del percorso di consolidamento delle finanze pubbliche non sia di ostacolo alla definizione di politiche di bilancio orientate alla crescita;
rilevato che,
la Nota provvede ad aggiornare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica, nonché gli obiettivi programmatici, rispetto a quelli contenuti nel DEF dello scorso aprile;
per quanto riguarda lo scenario macroeconomico, in considerazione dei segnali di indebolimento della congiuntura europea ed internazionale emersi a partire dal secondo trimestre, la Nota presenta una revisione al ribasso della stima di crescita del PIL per l'anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel DEF, dall'1,2 per cento allo 0,8 per cento; in relazione alle incertezze che caratterizzano il quadro macroeconomico, anche le previsioni di crescita tendenziale per il 2017 sono ridimensionate allo 0,6 per cento rispetto all'1,2 per cento previsto ad aprile; vengono invece confermate le stime per il 2018 e il 2019, che si attestano all'1,2 e all'1,3 per cento;
il Governo stima un impatto positivo sulla crescita di 0,4 punti percentuali della prossima manovra di bilancio, che determinerebbe nel nuovo quadro programmatico per il 2017 un aumento del PIL all'1 per cento; nei due anni successivi la stima programmatica è pari a 1,3 per cento nel 2018 e 1,2 per cento nel 2019;
per quanto riguarda il quadro della finanza pubblica:
l'indebitamento netto tendenziale prosegue il percorso di riduzione, passando dal 2,6 per cento del PIL del 2015 al 2,4 per cento nell'anno in corso, per poi attestarsi all'1,6 per cento nel 2017, allo 0,8 per cento nel 2018 e raggiungere il pareggio di bilancio in termini nominali nel 2019, in ragione dell'effetto combinato del calo degli interessi passivi e di un netto miglioramento dell'avanzo primario;
dal quadro programmatico emerge l'intenzione del Governo di impostare, mantenendo l'equilibrio dei conti pubblici, una politica fiscale a sostegno della crescita, così da consolidare i segnali di ripresa e contrastare gli effetti negativi derivanti dagli elementi di incertezza nell'economia internazionale e dalla ancora debole dinamica dei prezzi;
viene pertanto prospettata una maggiore gradualità nel raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, indicando un indebitamento netto pari al 2 per cento del PIL per il 2017, superiore di 0,2 punti percentuali rispetto a quanto previsto nel DEF, all'1,2 per cento per il 2018 ed il sostanziale raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2019 (-0,2 per cento del PIL);
in ragione sia del prolungamento della fase di debolezza dell'economia, sia dell'esigenza di approntare strumenti anche eccezionali per mettere in sicurezza il territorio, il patrimonio abitativo e le infrastrutture scolastiche, nonché affrontare il fenomeno migratorio, l'obiettivo di indebitamento netto per il prossimo anno potrà essere innalzato fino a un massimo di ulteriori 0,4 punti percentuali di PIL, per un importo massimo di 7,7 miliardi di euro;
viene corrispondentemente rideterminato il sentiero di avvicinamento all'obiettivo di medio termine (OMT); nel 2017 il saldo strutturale rimarrebbe invariato allo stesso livello dell'anno precedente e il percorso di convergenza all'OMT riprenderebbe nel 2018, un anno dopo rispetto al DEF, conseguendo comunque nel 2019 il sostanziale pareggio di bilancio anche in termini strutturali;
l'andamento del saldo di bilancio corretto per gli effetti del ciclo economico è in linea con un percorso di consolidamento delle finanze pubbliche che colloca l'Italia tra i paesi più virtuosi dell'Eurozona; tali valori risulterebbero persino migliori se, in luogo delle stime di crescita potenziale calcolate secondo la metodologia della Commissione Europea, fossero adottate metodologie di stima alternative, più coerenti con l'andamento effettivo dell'economia italiana, che determinano un livello dell'output gap più ampio e il sostanziale raggiungimento del pareggio di bilancio già nel 2018;
nonostante la ripresa economica di minore intensità e la debole dinamica dei prezzi abbiano frenato la discesa del rapporto debito pubblico su PIL, che per quest'anno si prevede al 132,8 per cento, il Governo mantiene fermo il proprio impegno a perseguirne una riduzione più accentuata nel medio termine, in funzione non solo di surplus primari più elevati ma anche di un ritorno a più sostenuti tassi di crescita del PIL nominale; il rapporto è previsto in diminuzione già a partire dal 2017, scendendo al 126,6 per cento nel 2019;
resta ferma l'intenzione del Governo di proseguire con i programmi di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico e di privatizzazioni, frenati per l'anno in corso da condizioni di mercato avverse che non avrebbero consentito di valorizzare adeguatamente le imprese controllate dallo Stato attraverso piani industriali ambiziosi, nonché di revisione della spesa, che hanno prodotto nel 2016 circa 25 miliardi di euro di risparmi lordi generati grazie alle misure implementate nel 2014 e nel 2015; per il futuro il processo di programmazione della spesa sarà più efficiente grazie alla riforma del bilancio dello Stato, che consentirà una sistematica valutazione dell'efficacia delle misure adottate di cui tenere conto nel successivo ciclo di programmazione;
il saldo netto da finanziare programmatico del bilancio dello Stato in termini di competenza è determinato nel limite massimo di –40,5 miliardi di euro nel 2017 (in coerenza con un obiettivo di indebitamento netto massimo del 2,4 per cento), –28,1 miliardi nel 2018 e –9,7 miliardi nel 2019. Il corrispondente saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato in termini di cassa è determinato nel limite massimo di –103,9 miliardi nel 2017, –78,3 miliardi nel 2018 e –58,1 miliardi nel 2019;
osservato che,
il quadro programmatico di finanza pubblica presentato nella Nota è costruito su due assi portanti: la disattivazione delle clausole di salvaguardia nel 2017 nella misura di 0,9 punti percentuali di PIL, che scongiura l'aumento delle imposte e pertanto sostiene i consumi e la domanda, e nuove misure per la crescita e lo sviluppo economico e sociale, tra cui figurano gli incentivi agli investimenti, all'innovazione, alla ricerca e sviluppo, il supporto alle piccole e medie imprese, le iniziative di sostegno alla famiglia e alle pensioni basse;
tra le misure a sostegno della domanda particolare enfasi è attribuita agli interventi a favore degli investimenti pubblici e privati, il cui impatto sulla crescita è particolarmente elevato in un ambiente caratterizzato da bassi tassi d'interesse, e che sono in grado di stimolare la domanda e la crescita della produttività in settori diversificati dell'economia;
dal 2015 è stata registrata una inversione di tendenza per quanto riguarda gli investimenti pubblici, risultati in crescita dello 0,2 per cento dopo cinque anni di continua contrazione, attenzione dimostrata anche dal dato per cui il nostro paese risulta al momento il secondo in Europa in termini di investimenti operati tramite il piano Juncker (European Fund for Strategie Investment – EFSI);
la Nota fornisce altresì una sintesi delle azioni già avviate e del loro stato di attuazione o da avviare in futuro in risposta alle Raccomandazioni specifiche per l'Italia adottate dal Consiglio Europeo al termine del Semestre europeo: tali Raccomandazioni, che rispetto al 2015 sono state ridotte nel numero e ridimensionate negli obiettivi in ragione dell'apprezzamento degli sforzi compiuti dall'Italia nell'ultimo anno, riguardano: i) obiettivo di bilancio a medio termine, riforma del bilancio pubblico, privatizzazioni e riforma fiscale; ii) efficienza e qualità della Pubblica Amministrazione, prescrizione e processo civile; iii) crediti deteriorati e riforma del sistema bancario; iv) politiche attive del lavoro, incentivi per i lavoratori che costituiscono la seconda fonte di reddito, lotta alla povertà e razionalizzazione della spesa sociale; v) concorrenza;
vista la risoluzione con la quale, nella seduta odierna, è stata approvata dalla Camera a maggioranza assoluta la Relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'Obiettivo di medio periodo (MTO) contenuto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile, nel rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica;
ritenuto pertanto che il quadro programmatico risultante dal progetto di documento programmatico di bilancio che sarà trasmesso alle Camere e alle istituzioni europee dovrà tenere conto di quanto previsto nella predetta risoluzione e che su di esso dovrà esprimere le proprie valutazioni l'Ufficio parlamentare di bilancio,
impegna il Governo:
a conseguire i saldi programmatici del bilancio dello Stato e quelli di finanza pubblica in termini di indebitamento netto rispetto al PIL, nonché il rapporto programmatico debito/PIL, nei termini e nel periodo di riferimento indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e nella Relazione ad essa allegata;
a valutare l'opportunità di innalzare, già nel Documento programmatico di bilancio da inviare alle autorità europee, l'obiettivo di indebitamento netto per il 2017 fino a un massimo dello 0,4 per cento del PIL al fine di approntare strumenti anche eccezionali per mettere in sicurezza il territorio, il patrimonio abitativo e le infrastrutture scolastiche, nonché affrontare il fenomeno migratorio, ferma restando una valutazione prudenziale della crescita del PIL;
a promuovere nelle opportune sedi europee un processo di revisione delle metodologie di calcolo del prodotto potenziale tale da produrre stime più realistiche dell’output gap, anche al fine di evitare politiche fiscali che ostacolino il ritorno dell'economia europea su un sentiero di crescita sostenuto e più omogeneo fra i paesi membri;
ad adoperarsi in sede europea affinché si affianchi alla politica monetaria espansiva della BCE un maggiore coordinamento delle politiche fiscali degli stati dell'Eurozona, sostenute in particolare dai paesi che dispongano di sufficienti spazi di bilancio, come recentemente ribadito dal Presidente della Banca Centrale Europea;
a disattivare con la prossima manovra di bilancio le clausole di salvaguardia nel 2017 per un ammontare dello 0,9 per cento del PIL, pari a 15,353 miliardi di euro, da compensare anche mediante la prosecuzione di interventi di revisione della spesa pubblica e di misure che accrescano la fedeltà fiscale e comprimano i margini di evasione ed elusione, i quali costituiscono una forma di concorrenza sleale;
a proseguire, compatibilmente con le condizioni di mercato, con il programma di dismissione e valorizzazione del patrimonio pubblico e di privatizzazione delle partecipazioni societarie, al fine di massimizzare l'efficienza nella gestione degli asset e conseguire maggiori entrate da destinare alla riduzione del debito pubblico;
a realizzare un programma di interventi di adeguamento antisismico del territorio e del patrimonio abitativo, artistico e culturale del Paese, nel cui ambito rivestono particolare importanza la manutenzione straordinaria e messa in sicurezza dell'edilizia scolastica e il risanamento ambientale e idrogeologico, coinvolgendo opportunamente gli enti territoriali;
a predisporre gli interventi necessari a far risalire nel periodo di riferimento il rapporto tra investimenti pubblici e PIL, con particolare riguardo agli investimenti in infrastrutture, in campi quali l'edilizia scolastica e ospedaliera, la riqualificazione urbana (anche attraverso gli enti locali), il contrasto al dissesto idrogeologico, l'innovazione e la ricerca, utilizzando anche i cofinanziamenti nazionali dei progetti di investimento e continuando a perseguire il miglioramento dell'efficienza nelle procedure di stanziamento, spesa e monitoraggio;
per sostenere la competitività delle imprese, a disporre nella prossima legge di bilancio misure aggiuntive tra cui il «Superammortamento» e la sua declinazione in base al tipo di investimento in beni strumentali e le altre agevolazioni in favore degli investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo, il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le PMI, gli incentivi per l'apertura del capitale delle imprese e la loro quotazione in borsa e gli interventi volti a canalizzare il risparmio privato verso l'economia reale, a favorire la crescita dimensionale e l'internazionalizzazione delle imprese;
a rafforzare la detassazione dei premi di produttività, innalzando le soglie utilizzabili elevando i tetti di reddito e ampliando la platea degli aventi diritto;
a favorire lo sviluppo delle PMI garantendo pari livello di tassazione alle diverse forme giuridiche in cui l'impresa viene ad organizzarsi, a tal fine prevedendo l'esclusione dalla base imponibile dell'IRPEF e l'assoggettamento a tassazione separata con la stessa aliquota prevista per l'IRES del reddito d'impresa degli imprenditori individuali e delle società di persone, valutando altresì la possibilità di innalzare le soglie al di sotto delle quali si accede al regime cosiddetto «dei minimi»;
a mettere a sistema in maniera razionale e coerente tutti i recenti interventi legislativi in ambito istituzionale e finanziario degli enti locali, in particolare:
a) assicurando un ammontare di risorse in continuità con quelle previste per l'anno 2016, ai fini dell'inclusione del Fondo pluriennale vincolato come aggregato utile ai fini del calcolo del saldo;
b) definendo un assetto complessivo della finanza locale caratterizzato da semplicità, sfoltimento dei vincoli contabili, ordinamentali e della spesa per il personale superati dal nuovo assetto delle regole finanziarie, trasparenza nei meccanismi redistributivi e certezza sulle risorse;
c) garantendo l'effettivo esercizio delle funzioni fondamentali da parte delle aree vaste, anche mediante l'attribuzione di necessarie risorse finanziarie;
d) favorendo i processi di fusione e unione fra le autonomie locali;
e) considerando collegato alla manovra di finanza pubblica anche il provvedimento «Delega per la revisione dell'ordinamento degli enti locali»;
a promuovere una coerente regolazione dei rapporti finanziari tra Governo, la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, secondo l'accordo recepito dall'articolo 1, commi da 406 a 413 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con riferimento particolare, da un lato, al concorso finanziario dinamico ivi posto a carico dei predetti enti e, dall'altro, all'iscrizione degli avanzi di amministrazione e del Fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa;
a proseguire l'azione di rilancio delle aree sottoutilizzate e di riduzione delle disparità regionali, assicurando la piena attuazione del Masterplan per il Mezzogiorno e definendo le azioni strategiche specifiche per ogni area territoriale interessata;
ad adottare nella prossima legge di bilancio interventi riguardanti l'innalzamento della no tax area per i redditi da pensione, il cumulo gratuito dei periodi contributivi, le forme di sostegno all'uscita flessibile dal mercato del lavoro, l'aumento dei trattamenti pensionistici di importo basso, le misure in favore dei lavoratori precoci e usuranti, la flessibilità della previdenza complementare, tenendo conto dell'accordo tra Governo e sindacati del settembre scorso;
a valutare l'opportunità di realizzare, nell'orizzonte temporale del triennio 2017-2019, una strutturale riduzione del carico fiscale e contributivo sul lavoro e l'impresa, così da giungere ad una pressione fiscale sui nostri produttori allineata ai migliori standard europei. In tale ambito, a valutare l'opportunità di individuare, nell'ambito degli interventi volti a ridurre il carico contributivo, indicati nello scenario programmatico, ulteriori misure permanenti di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, promuovendo in particolare l'applicazione in via strutturale di sgravi contributivi selettivi per i nuovi contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche attraverso una loro rimodulazione atta a promuovere la creazione di nuovi posti di lavoro stabili e di qualità, specialmente per le donne e nelle regioni del Mezzogiorno;
a definire nel quadro della prossima manovra di bilancio un percorso volto alla progressiva definizione delle risorse destinate nei prossimi anni a una misura nazionale di contrasto della povertà, che ne accentui la portata universalistica, in linea con quanto già positivamente realizzato sinora e con l'impegno contenuto nella Nota relativo alla previsione di risorse aggiuntive per il piano di contrasto alla povertà;
a promuovere politiche orientate alla famiglia e al sostegno dei carichi familiari, introducendo una misura apposita in favore dei nuclei familiari in condizioni di difficoltà economica;
a garantire una dotazione finanziaria del Fondo sanitario nazionale idonea ad assicurare l'erogazione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza in campo sanitario, l'accesso alle cure nonché il finanziamento dei trattamenti innovativi che ne permetta l'utilizzo da parte di tutti i cittadini che ne hanno bisogno;
ad assumere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative per promuovere il diritto allo studio universitario attraverso una dotazione del fondo integrativo per il diritto allo studio coerente con il valore stanziato per il 2016 dall'ultima legge di stabilità e a valutare l'opportunità di predisporre misure volte a esonerare dalla contribuzione studentesca alle università statali gli studenti con ISEE al di sotto di una determinata soglia;
a procedere al rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, con l'obiettivo di valorizzare il merito e favorire l'innalzamento della produttività, in modo da contribuire all'aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione;
a prorogare ulteriormente le maggiorazioni delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni e l'efficientamento energetico, rendendole effettivamente fruibili anche per i grandi condomini, al fine di tutelare l'ambiente, consentire la ripresa dell'occupazione nell'edilizia e favorire l'innovazione tecnologica nel settore.
(6-00272) «Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia, Galati, Alfreider».
La Camera,
premesso che:
il 27 settembre il Ministero dell'economia e finanze ha pubblicato la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza che ha l'obiettivo di aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del Documento di Economia e Finanza (DEF);
il documento contiene l'aggiornamento degli obiettivi programmatici, le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del DEF in relazione alle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma;
anche in questa occasione il Governo resta legato al cieco perseguimento delle deleterie politiche di austerity, quali l'obbligo del pareggio di bilancio, che sinora non hanno prodotto e che non potranno produrre nemmeno in futuro alcun volano economico utile per il miglioramento delle condizioni del nostro Paese;
nelle varie audizioni, sia Banca d'Italia, che Corte dei conti, che ISTAT, oltre che l'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) hanno, con modalità diverse, sostanzialmente espresso enormi perplessità sulla plausibilità delle stime del quadro macroeconomico effettuato dal Governo;
il 26 settembre l'UPB pur validando il quadro macroeconomico tendenziale per gli anni 2016 e 2017, ha fatto notare che la stima della crescita del PIL ipotizzata dal Governo in entrambi gli anni, risulta essere più elevata del valore previsto dall'UPB, dichiarando un atteggiamento «estremamente ottimistico» da parte del Governo nel produrre le sue stime;
per gli anni 2018 e 2019 l'UPB presume che l'aumento dell'IVA rimarrà nella legislazione vigente come una «cambiale» sul disegno della politica di bilancio futura, dando quindi un carattere esplicito di provvisorietà al quadro programmatico;
il Ministro dell'economia e delle finanze, intervenendo il giorno 11 ottobre nelle Commissioni Bilancio riunite della Camera dei deputati e del Senato, su richiesta di un terzo dei componenti della Commissione bilancio, promossa dal Movimento 5 Stelle, in risposta alle osservazioni presentate dall'UPB, ha asserito che tra le stime macroeconomiche della Nota al DEF e quelle del panel UPB esiste uno scarto a suo avviso contenuto e quindi non significativo e che il conseguimento dell'obiettivo di PIL all'1 per cento nel 2017 è a suo avviso concretamente realizzabile, grazie a una manovra espansiva pari a 24,5 miliardi (22 miliardi di misure espansive più 2 miliardi di oneri per le politiche vigenti) che secondo il Governo porterà la crescita dell'Italia dallo 0,6 per cento all'1 per cento;
anche la Banca d'Italia (BI) stima una crescita del Pil 2017 a +1 per cento quale obiettivo troppo ambizioso nell'attuale scenario programmatico;
la previsione di crescita del PIL del Governo è basata su una composizione della manovra sulla quale la Nota in esame non fornisce informazioni di dettaglio, risulta altresì sopravvalutato per BI l'effetto dello stop dell'aumento IVA sulla crescita del PIL. Nelle valutazioni del Governo il mancato aumento dell'IVA avrebbe infatti un impatto positivo sul tasso di crescita del PIL pari a 0,3 punti percentuali nel 2017. Il moltiplicatore implicito in questa previsione è palesemente elevato, dati anche i ritardi che normalmente caratterizzano la risposta della spesa privata alle misure di bilancio;
la Corte dei conti (CC) fa presente come in occasione dell'Audizione sul DEF del 19 aprile 2016 la stessa aveva già evidenziato alcune discrepanze sulle stime del Governo, in particolare sulla crescita del PIL reale che dei prezzi. Già in quella occasione la stessa infatti riteneva suscettibile di revisione al ribasso la crescita reale 2016 e il ritorno dell'inflazione a livelli fisiologici. La combinazione di questi due fattori portava la CC a porre in evidenza la possibilità che le basi imponibili delle entrate potessero evolvere in una direzione meno favorevole di quella prefigurata dal DEF 2016 e che le stesse spese potessero essere sollecitate dal permanere di situazioni difficili sul fronte dell'andamento del reddito e dell'occupazione; la CC fa presente come i segnali di peggioramento dell'economia internazionale tenuti in considerazione dalla Nota di aggiornamento erano già presenti ad aprile in occasione del DEF. La stessa fa inoltre presente che occorre rilevare l'indebolita relazione tra crescita degli scambi internazionali e crescita del prodotto. Osservazione già fatta ad aprile in audizione sul DEF;
la CC sottolinea che il Governo ha un approccio ottimistico in merito alla ripresa della domanda mondiale, ammonendo che tale ripresa potrebbe nei fatti materializzarsi più lentamente;
la CC rileva come ci siano elementi di fragilità nel quadro economico che si riflettono sul percorso programmatico di finanza pubblica e che tali elementi di fragilità erano già presenti nel DEF 2016, il quale mostrava previsioni di ripresa economica che puntualmente non si sono avverate;
la CC conferma quanto già espresso nel DEF di aprile, ovvero la necessità di sfruttare appieno i margini di flessibilità offerti dal Patto di stabilità e crescita e di disattivare le clausole di salvaguardia che prevedono l'inasprimento dell'IVA, ma anch'essa evidenzia come nella Nota in esame non viene indicata la dimensione complessiva della manovra;
le stime del Governo sull'andamento del debito pubblico segnalano una leggera diminuzione dal 132,8 per cento del 2016 al 132,5 per cento del 2017 per scendere sotto la soglia del 130 per cento solo nel 2019. A riguardo tuttavia occorre segnalare che su tale tendenza non inciderà minimamente, a differenza di quanto comunicato dal Governo, l'apporto proveniente dalle privatizzazioni;
la CC ricorda come nel 2015 le stime dell'esecutivo sono state smentite clamorosamente dalla realtà: a fronte di un incasso previsto pari allo 0,5 del PIL (circa 8 miliardi), infatti, le casse dello Stato si sono dovute accontentare di un misero 0,1 per cento grazie alla vendita di ENAV e di altri asset immobiliari. La medesima stima dello 0,4 per cento è prevista per il 2017 ma con tassi di interesse sul debito inferiori al rapporto prezzo delle azioni/dividendi delle società in vendita, si rischia di avere delle perdite sulle vendite e quindi effetti negativi sul patrimonio netto, per cui per la CC è verosimile che anche per il 2017 le stime del Governo saranno smentite dal dato effettivo;
il contenuto del DEF è stato ampliato con l'inserimento, in allegato al documento, dell'andamento triennale degli indici di Benessere equo e solidale (Bes);
in occasione dell'informativa alla Camera sul disastro ferroviario avvenuto il 12 luglio scorso il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti aveva annunciato di aver deciso di stanziare un ulteriore miliardo e 800 milioni a supporto delle reti che sono di competenza regionale, ma nella Nota vengono destinati solo 300 milioni per la messa in sicurezza di tali ferrovie;
il Consiglio dell'Unione europea del 28 giugno 2016 ha approvato cinque Raccomandazioni specifiche sul programma nazionale di riforma 2016 dell'Italia – richiamate alla Tavola IV. 1 del documento in esame –, fra le quali figura nuovamente, la richiesta, in tema di giustizia, di operare con urgenza sulla riforma della prescrizione;
la riforma dell'istituto della prescrizione, nella citata raccomandazione, viene associata al beneficio in termini economici generali derivanti dal potenziamento della lotta alla corruzione, fissando, per tale obiettivo, la scadenza della fine del 2016, dopo averne già vanamente sollecitato, l'assolvimento entro e non oltre la metà del 2015; verificato infine che il prescritto intervento in materia di prescrizione risulta affidato ad un disegno di legge ancora in corso di esame in Senato e di assai incerta approvazione. Tanto più che tale provvedimento, ora discusso congiuntamente alla delega sul processo penale (A.S. 2067), secondo le parole dello stesso Ministro della giustizia in una recente intervista al Corriere della sera, rischierebbe addirittura, qualora vi fosse posta la questione di fiducia da parte dell'Esecutivo, di portare ad una crisi di Governo;
nella Nota all'esame, il riferimento ai livelli essenziali di assistenza e all'intesa conseguita nella Conferenza Stato-Regioni del 7 settembre 2016 sullo schema di DPCM, che ne prevede l'aggiornamento, si scontra con la condizione, posta dalla conferenza stessa, secondo la quale, la sostenibilità economica di tale aggiornamento potrà esserci solo se il Fondo sanitario nazionale sia ricondotto a 113.063 miliardi di euro per il 2017 e a 114.998 miliardi di euro per il 2018, come quantificate nell'Intesa dell'11 febbraio 2016; considerato inoltre che, con la legge di stabilità 2016, il Fondo sanitario nazionale è stato ridotto a 111 miliardi e nella Nota di aggiornamento non si fa accenno a rifinanziamento alcuno;
in tema di politiche del lavoro il DEF delinea il quadro normativo scaturito dall'approvazione della legge n. 183 del 2014 (Jobs Act), con una valutazione positiva degli ultimi decreti legislativi, attuativi delle discipline di delega contenute nella predetta legge, enfatizzando eccessivamente il valore di dette norme che, secondo il Governo rappresentano «una riforma del lavoro di ampia portata e il cui impatto positivo è già evidente nei dati sull'occupazione a tempo indeterminato». Il contratto a tutele crescenti altro non è che l'ordinario contratto di lavoro subordinato che vale almeno tendenzialmente per tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato nel settore privato. Si tratta, insomma, di un nuovo tipo contrattuale, in funzione della anzianità di servizio del prestatore di lavoro, ma con il solo obiettivo di svuotare definitivamente – attraverso una operazione che prevede tempi a causa;
della vigenza del doppio regime valido per i nuovi e i vecchi assunti – l'annoso problema dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che ha sin qui monopolizzato il dibattito sulla modernizzazione del diritto del lavoro nel nostro Paese; riguardo alla disciplina del lavoro accessorio, il decreto legislativo n.81/2015 ha poi abrogato e sostituito integralmente gli articoli del decreto legislativo n. 276 del 2003, senza dare valenza all'occasionalità delle prestazioni ai fini dell'attivazione di quest'istituto, consentendo di rendere operante sempre e comunque il lavoro accessorio, retribuito con i voucher, tenendo conto «esclusivamente di un limite di carattere economico»,
impegna il Governo:
a utilizzare un approccio più realistico e prudenziale, nella realizzazione delle stime riguardanti l'evoluzione del Paese, uniformandosi a quanto suggerito dall'UPB, CC e BI;
assumere iniziative, anche in sede europea, per liberare risorse aggiuntive che si otterrebbero con un rapporto deficit/PIL pari almeno al 3 per cento e comunque per affrancarsi dai vincoli imposti in materia di indebitamento, al fine di poter impiegare le risorse necessarie per la ripresa dell'Italia, puntando su una spesa produttiva, dando quindi priorità ad investimenti in istruzione, ricerca, innovazione ed energia e assicurare l'efficienza di questa spesa; all'introduzione di misure a sostegno della dignità dei cittadini – il reddito di cittadinanza – utili anche come volano economico; ad interventi di risoluzione delle problematiche legate al dissesto idrogeologico e al servizio idrico integrato, nonché alla sicurezza delle reti ferroviarie; mettere in atto misure e manovre economiche legate non alle diverse tornate elettorali, ma al reale benessere dei cittadini;
reperire le necessarie risorse per garantire l'inclusione per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019 del Fondo pluriennale fra le entrate valide ai fini del pareggio di bilancio degli enti locali, al fine di sostenere una maggiore politica espansiva a livello territoriale;
riallocare gli stanziamenti previsti per il Jobs Act e il bonus Fiscale, misure intraprese da questo Governo che si sono rivelate insufficienti nella loro applicazione empirica, riassegnandoli a interventi più utili e meritevoli quali l'introduzione di una misura a sostegno della dignità delle fasce più deboli – reddito di cittadinanza;
considerare i valori programmatici degli indici di Benessere equo e solidale (Bes) vincolanti per la programmazione delle manovre economiche che il Governo intende effettuare;
dare seguito a quanto dichiarato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in occasione della informativa di cui in premessa, ovvero a stanziare il miliardo e 800 milioni promessi per la messa in sicurezza delle ferrovie regionali e delle ferrovie concesse;
informare tempestivamente le Commissioni parlamentari di competenza su quali siano le eventuali «ulteriori misure di privatizzazione» allo studio del Governo, specificando in tal senso se si tratti di operazioni aggiuntive a quelle già messe in atto nel corso degli anni passati o se si tratti di misure riguardanti nuovi soggetti a partecipazione pubblica;
certificare, in tempi brevi, i debiti della pubblica amministrazione ai fini della compensazione con crediti fiscali da parte delle imprese, assumendo iniziative per prevedere delle sanzioni nei confronti degli enti inadempienti;
adottare ogni iniziativa in sede europea, finalizzata a concordare con la Commissione europea un piano straordinario, di natura una tantum, per il pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici, che preveda che l'uscita di cassa non vada ad incidere sul pareggio di bilancio strutturale del nostro Paese per tutto il periodo ritenuto necessario per l'azzeramento dei debiti pregressi accumulati;
promuovere una conversione ecologica del sistema produttivo italiano, attraverso nuove misure di sostegno in favore del consolidamento delle vere fonti energetiche rinnovabili e dell'efficienza energetica, attraverso la definizione di una tassazione delle esternalità ambientali e sanitari la cui base imponibile dovrà essere gradualmente ampliata fino a comprendere gli impatti sanitari associati all'utilizzo delle fonti energetiche;
adempiere, quanto prima e senza ulteriori dilazioni, alla raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 28 giugno 2016 con la quale si richiede all'Italia di «potenziare la lotta contro la corruzione riformando l'istituto della prescrizione entro fine 2016»;
garantire, nella prossima legge di bilancio, le risorse necessarie a ricondurre il Fondo sanitario nazionale ad almeno 113.063 miliardi di euro per il 2017 e a 114.998 miliardi di euro per il 2018, come quantificate nell'Intesa dell'11 febbraio 2016, al fine di assicurare la sostenibilità economica dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA);
attuare una modifica delle attuali politiche in materia pensionistica e previdenziale a partire dalla abolizione della cosiddetta «riforma Fornero», per favorire il ricambio generazionale e l'incremento dell'occupazione, prevedendo nell'ambito della manovra di bilancio per il prossimo triennio, un intervento strutturale che garantisca maggiore flessibilità nell'accesso ai trattamenti pensionistici, individuando prioritariamente interventi volti a fronteggiare le situazioni di maggiore criticità che interessano specifiche categorie di lavoratori, nonché specifici correttivi alla normativa vigente, quali quelli tesi ad escludere la riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici per i lavoratori che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, nonché prevedere un regime di contribuzione previdenziale di tipo figurativo, a salvaguardia delle lavoratrici dipendenti, parasubordinate e autonome, che siano state costrette a interrompere il rapporto di lavoro per dedicarsi alla cura dei figli o per grave malattia di un familiare o convivente;
introdurre e/o rafforzare efficaci strumenti di sanzione e controllo da parte degli organi ispettivi del lavoro idonei a sanzionare forme di uso improprio o fraudolento dello strumento del voucher;
attuare un'efficace ed efficiente lotta all'emarginazione sociale, attraverso la semplificazione del welfare, comprendendo tra le misure da attuare il Reddito di cittadinanza, che oltre ad essere un sussidio universale per il contrasto alla povertà, rappresenta uno strumento di politica attiva del lavoro che assicura, in via principale e preminente, l'autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà essendo condizionato all'inserimento lavorativo, alla riqualificazione e alla ricerca attiva del lavoro.
(6-00273) «Cariello».
La Camera,
esaminata la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2016;
premesso che:
le prospettive di medio termine relative alla crescita internazionale persistono a rimanere deboli. Come confermato di recente dal Fondo Monetario Internazionale, nel 2016 ci troviamo di fronte ad una crescita globale più rallentata e disomogenea rispetto alle attese, seguita da rialzo modesto nel 2017;
la stabilità finanziaria resta ancora un lontano miraggio e sulla ripresa economica pesano non solo l'aumentato livello di indebitamento degli Stati, l'invecchiamento della popolazione e la bassa produttività dei fattori, ma anche il rallentamento della Cina, il calo del commercio internazionale – come certificato di recente dal WTO –, il possibile aumento dei tassi di interessi americani, da parte della Federal Reserve americana e il rischio di una crisi sistemica nel settore bancario europeo, in gran parte provocato dalla disastrosa condizione in cui molte banche italiane versano dopo l'entrata in vigore del decreto bail-in;
nonostante il contesto internazionale volga verso nuovi scenari di crisi, il quadro macroeconomico e dei conti pubblici presentato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DEF è venato da una notevole dose di ottimismo, come dimostrato anche dal confronto delle previsioni dell'esecutivo con quelle di tutte le principali istituzioni internazionali, dal Fondo Monetario Internazionale all'Ocse, che hanno ridimensionato notevolmente le aspettative di crescita precedentemente elaborate;
nel suo intervento davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato il presidente dell'Ufficio Parlamentare del Bilancio Giuseppe Pisauro ha illustrato le valutazioni sul documento e le ragioni che, alla luce delle informazioni disponibili, condurrebbero a un esito non positivo del processo di validazione del quadro programmatico 2017 e, in particolare, delle stime di crescita del PIL per il 2017, sia in termini reali che nominali. Stime che appaiono contrassegnate da un eccesso di ottimismo, significativamente fuori linea rispetto all'intervallo dei previsori del panel UPB. Le valutazioni effettuate portano, inoltre, a ipotizzare rilevanti scostamenti in eccesso della crescita reale e nominale anche per il 2018;
l'entità della manovra di prossima presentazione è misurata in termini di scostamento tra indebitamento tendenziale e programmatico, ma non vi è alcuna indicazione circa la composizione quantitativa delle misure che si intendono adottare. Rilievo ampiamente condiviso, in sede di audizione, dai principali organismi economici italiani quali: Ufficio parlamentare di bilancio; Corte dei Conti; Banca d'Italia;
l'intenzione del Governo di fare ricorso a nuovi margini di flessibilità in sede europea attraverso l'applicazione della cosiddetta clausola per «circostanze eccezionali», quali sono ritenute l'immigrazione e il sisma per 4 decimali di Pil, pari a circa 9-10 miliardi di euro, appare del tutto infondata;
in particolare, relativamente all'emergenza immigrazione, nessuna decisione circa la possibilità di concedere maggiore flessibilità ai Paesi che più soffrono gli sbarchi è stata presa a livello comunitario, atteso peraltro l'oggettivo fallimento delle politiche di accoglienza finora messe in campo dal Governo alla luce anche e soprattutto del business milionario per coop e associazioni che si cela dietro l'accoglienza di migranti;
il Governo dà già per acquisita una deviazione dal percorso di risanamento dei conti pubblici, in termini di deficit, su cui la Commissione europea e l'Eurogruppo, però, non si sono ancora espressi. Tali valutazioni, infatti, vengono effettuate a seguito dell'analisi dei documenti programmatici degli Stati membri soltanto dopo la presentazione della legge di stabilità, il cui termine è fissato per il 15 ottobre, e comunque non prima del 30 novembre di ogni anno (articolo 7 del Regolamento (CE) n. 473/2013);
ad ogni modo, le dichiarazioni rilasciate nelle ultime settimane tanto dal Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, quanto dai commissari Moscovici e Dombrovskis, lasciano pensare a margini di manovra di gran lunga inferiori a quelli auspicati dal Governo;
ma se pure all'Italia venisse concesso di aumentare il deficit relativo al 2016 fino al 2,4 per cento e al 2017 fino al 2,0 per cento e oltre, come vorrebbe l'Esecutivo, pesanti manovre correttive dovranno essere attuate il prossimo anno, al fine di conseguire un deficit nominale nullo a fine 2019, come scritto proprio nella Nota di aggiornamento al DEF;
questo dimostra una strategia di politica economica dell'Esecutivo miope, del tutto priva di una visione di lungo periodo, più propensa a «mettere la polvere sotto il tappeto» e rinviare la soluzione dei già gravi problemi che riguardano i conti pubblici italiani;
il debito pubblico italiano si attesterà, infatti, al 132,8 per cento nel 2016, in crescita del +0,4 per cento rispetto alle previsioni dello scorso aprile e non scenderà nel prossimo anno. L'Italia conferma ancora una volta il primato di secondo debito pubblico più alto dell'Eurozona, secondo soltanto a quello della Grecia. Una bomba ad orologeria, soprattutto se il rischio di una riduzione del programma di allentamento quantitativo da parte della Banca Centrale Europea dovesse davvero concretizzarsi nel corso del 2017, con conseguente aumento degli spread dei titoli di Stato italiani e della componente legata alla spesa per interessi;
percorrere con successo il sentiero dello sviluppo è, tuttavia, possibile. La debolezza dell'euro rispetto al dollaro, che potrebbe aumentare a seguito della decisione della Federal Reserve di aumentare a breve i tassi d'interesse, il Quantitative Easing e il basso prezzo del petrolio hanno finora offerto enormi vantaggi a tutta l'eurozona. Tuttavia, la Banca Centrale Europea sembra sia indirizzata verso un allentamento del Quantitative Easing e il prezzo del petrolio sta tornando a salire, dopo il recente accordo tra Paesi OPEC per ridurre la produzione. Le proposte del Governo rischiano, quindi, di creare un buco nell'acqua e di sprecare le opportunità offerte da fattori esogeni favorevoli, che sembrano ormai esaurirsi. Non averne approfittato con politiche ambiziose, focalizzate sul mercato e sui suoi meccanismi di funzionamento, può costare molto caro;
la dimostrazione di quanto appena detto si ritrova nelle previsioni dei principali organismi internazionali. Secondo il Fondo Monetario Internazionale nei prossimi anni l'Italia crescerà ad un ritmo più basso rispetto a quello della media dei Paesi dell'Eurozona;
le stime parlano di un tasso di crescita del Pil italiano che si attesterà al di sotto dell'1 per cento sia nel 2016 che nel 2017, contro, rispettivamente l'1,9 per cento e l'1,7 per cento dell'Unione europea;
meglio dell'Italia non faranno solo la Germania (+1,7 per cento; +1,4 per cento), la Francia (+1,3 per cento; +1,3 per cento) e la Spagna (+3,1 per cento; +2,2 per cento), ma anche il Portogallo (+1,1 per cento; +1,2 per cento), la Slovenia (+2,3 per cento; +1,8 per cento) e Malta (+4,1 per cento; +3,4 per cento). Paesi, questi ultimi, che negli ultimi anni hanno subito una crisi finanziaria che li ha portati sull'orlo del default, ma che hanno saputo reagire con un ambizioso piano di riforme;
in questa Nota, come nell'ultimo DEF, non è stata ancora prospettato un adeguato intervento di spending review: non sono stati sufficienti né i decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124) né quelli della delega fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23), perché a questi non è stata ancora accompagnata una vera implementazione del federalismo fiscale come già previsto – ma mai attuato – nella legge n. 42 del 2009 per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. Allo stesso modo, non si comprende come la riforma del bilancio dello Stato e la ridefinizione delle regole dell'equilibrio di bilancio di regioni ed enti locali possano portare a veri risparmi, senza il passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo standard (che finanzia invece i servizi). Quest'ultimo, infatti, si presenta come l'unico efficace metodo per orientare la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato, attivando il circuito della responsabilità e favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità, al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
infatti, nonostante la Nota confermi i dati di aprile con cui si prevedeva che le misure di revisione della spesa attuate nel precedente biennio abbiano portato, nel 2016, risorse per circa 25 miliardi di euro, il debito pubblico continua costantemente a salire, arrivato ora a 2.220 miliardi di euro nel 2016, pari al 132,8 per cento del PIL;
in assenza di vere misure di razionalizzazione e alla richiesta di ulteriori forme di flessibilità, infatti, è plausibile che, come per il 2016, anche nel 2017 il disegno di assestamento evidenzi e che l'andamento della riduzione della spesa pubblica sarà ancora lontano dagli obiettivi prefissati, specie in riferimento al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine che continua ad essere rinviato e che, attualmente, è stato posticipato al 2019;
la mancata implementazione dei costi e fabbisogni standard, inoltre, ha avuto ed avrà in futuro delle pesanti ripercussioni in uno dei settori più delicati ed importanti della spesa pubblica, quello sanitario, in cui i tagli lineari e indiscriminati si ripercuotono pesantemente sui cittadini, e soprattutto sui cittadini meno abbienti che, nel corso degli ultimi tempi, rinunciano sempre più spesso alle cure a causa dell'aumento esponenziale di queste (ovviamente inversamente proporzionali all'entità dei tagli);
da anni si discute sulle capacità di risparmio nel settore sanitario confondendo tra loro il concetto di taglio con quello di spending review; la revisione della spesa consiste nell'applicare i costi standard immediatamente, in tutto il Paese, tagliando dove si spreca, imponendo le best practies a tutte le regioni ed evitando che i tagli lineari siano a detrimento della buona sanità regionale;
è bene guardare al futuro con meno incoscienza e più determinazione. Il Governo punta ancora una volta a far crescere il Paese attraverso costosissime riforme fatte in deficit. Una contraddizione in termini. Non è possibile, infatti, utilizzare risorse una tantum, quali l'auspicata flessibilità europea, per interventi strutturali, che necessitano di «coperture» certe e costanti nel medio-lungo periodo;
i gruppi parlamentari Forza Italia, Lega Nord e Autonomie, Fratelli d'Italia, nella propria riflessione critica della Nota di aggiornamento al DEF, hanno rinunciato alla facile demagogia, facendo emergere preoccupazioni che sono reali, quali premessa per ulteriori sviluppi e confronti parlamentari, dai quali non intendano sottrarsi, nella consapevolezza dei rischi prospettici che gravano sulla società italiana,
impegna il Governo:
a soprassedere da qualsiasi decisione circa l'ulteriore distribuzione a pioggia di risorse che non siano contabilmente certificate, impostando una strategia di politica economica che non rimandi le necessarie misure da intraprendere ad un tempo indefinito, e/o disallineato rispetto alle dinamiche della congiuntura internazionale;
a prevedere un quadro completo di misure atte a stimolare la crescita – obiettivo prioritario per il sistema-paese – i consumi, la domanda interna e la produttività, in particolare incentivando gli investimenti privati e l'accesso al credito, a sostegno dello sviluppo dell'economia locale e del rilancio del sistema industriale e turistico del Paese;
ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di tipo normativo, volta a ridurre la pressione fiscale per imprese e cittadini, implementando una vera e propria riforma del sistema fiscale che preveda la progressiva introduzione della flat tax su tutto il territorio nazionale, il definitivo superamento degli studi di settore, la razionalizzazione dell'ormai obsoleto sistema delle detrazioni e deduzioni, nonché l'introduzione, anche in via sperimentale, del cosiddetto «quoziente familiare», che considera il nucleo familiare, e non il singolo contribuente, come soggetto passivo dell'Irpef, con conseguenti vantaggi per le famiglie più numerose, nonché altre misure di agevolazione fiscale atte a sostenere le famiglie e incentivare la natalità;
a presentare nella prossima legge di bilancio disposizioni per la riorganizzazione della spesa dei Fondi strutturali nazionali ed europei destinati al Mezzogiorno, contemplando un piano di completa revisione delle procedure e delle strutture dedicate alla assegnazione ed all'utilizzo dei Fondi europei, nell'ottica dell'attuazione di quelle politiche di adeguamento infrastrutturale indispensabili ad un piano di sviluppo del Mezzogiorno ed alla possibilità di gestire virtuosamente un panorama di competitività mediterranea sempre più complesso e ricco di sfide e di opportunità;
ad adottare un piano straordinario di abbattimento del debito pubblico e della valorizzazione del patrimonio pubblico;
ad intraprendere un percorso di scrupolosa ed efficace lotta all'evasione fiscale, anche attraverso la semplificazione degli adempimenti fiscali a carico di imprese e famiglie;
ad adottare ogni iniziativa volta a definire e concretizzare il processo di razionalizzazione ed efficientamento della spesa pubblica, portando a compimento il piano elaborato dall'allora Commissario alla spending review Carlo Cottarelli, dando seguito a tutte le misure in esso contenute, anche aggiungendo ulteriori interventi che consentono un reale efficientamento della macchina pubblica, implementando l'utilizzo e l'applicazione sistemica dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni, in particolar modo nel settore della sanità pubblica, affinché il costo ragionevole dei servizi e degli strumenti sanitari, a parità di disponibilità finanziarie, possa diventare il riferimento nazionale nell'ambito delle politiche sanitarie ed il presupposto fondamentale per garantire il diritto alla salute;
nell'ambito della razionalizzazione della spesa pubblica ad adottare iniziative per rivedere i meccanismi stipendiali nella pubblica amministrazione nel senso di valorizzare il merito e l'efficienza;
a rivedere il sistema pensionistico nel senso di garantire una maggiore equità generazionale ed eliminando ingiusti privilegi;
ad adottare ogni iniziativa volta alla rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti locali ed aventi come controparte il Ministero stesso o la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., consentendo così di liberare risorse da destinare agli investimenti e ai servizi essenziali;
ad assumere iniziative per rivedere i parametri per il Patto di stabilità degli enti locali, differenziando il trattamento riservato alle spese correnti da quello riservato alle spese per investimenti;
a disporre iniziative di riforma del sistema del credito affinché esso possa garantire maggiore stabilità per imprese e famiglie evitando di gravare tali soggetti delle proprie incapacità gestionali, attraverso l'introduzione di costi surrettizi e a garantire il risparmio, finanziando tali interventi anche attraverso tagli alla spesa pubblica inefficiente;
ad adoperarsi per una riduzione strutturale del costo del lavoro, attraverso interventi volti ad uniformare e standardizzare alla media europea il costo del lavoro italiano, perseguendo la duplice finalità di aumentare in modo duraturo il saldo occupazionale e, contemporaneamente, garantire maggiore competitività alle nostre imprese;
ad adottare una revisione della spesa pubblica sul modello del federalismo fiscale e ad istituire forme premiali crescenti per le regioni che si avvicinano gradualmente ai suddetti costi, al fine di creare un meccanismo di efficientamento del complessivo sistema di gestione della spesa pubblica in cui le regioni e gli enti locali virtuosi rappresentino un traino e un esempio per le restanti amministrazioni, anche attraverso la previsione legislativa dell'obbligo di importazione dei modelli virtuosi nelle regioni più indebitate e con i costi per i servizi più alti;
a dare piena esecuzione alla riforma del federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009, di attuazione del vigente articolo 119 della Costituzione, a garanzia dell'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, nonché dell'autonomia di entrata e di spesa dei medesimi enti;
ad assumere maggiore incisività nei rapporti con l'Unione europea, non tanto e non già rispetto alla richiesta di maggiore flessibilità sul deficit, bensì con riguardo alla cancellazione di taluni vincoli di bilancio.
(6-00274) «Brunetta, Fedriga, Rampelli».
La Camera,
esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2016 (DOC. LVII, n. 4-bis. Allegato I e Annesso);
premesso che:
le politiche neo-liberiste, di svalutazione del lavoro e di austerità imposte dall'euro-zona e attuate dal Governo Renzi si confermano ancora una volta, con questo documento, profondamente inique e inevitabilmente recessive, non avendo prodotto crescita e lavoro stabile, non avendo ridotto il debito pubblico e arginato il fenomeno dilagante delle diseguaglianze, della povertà e del disagio sociale nel nostro Paese;
ne è una chiara dimostrazione, non solo l'imbarazzante iter che ha accompagnato l'esame della Nota di aggiornamento al DEF 2016 in Parlamento dove tutte le stime ivi contenute, tutte riviste al ribasso, sono state nei fatti bocciate da Banca d'Italia, Corte dei Conti, Istat e, infine, dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio che, con una decisione senza precedenti, ha formulato un esito non positivo del processo di validazione del quadro programmatico 2017, ma anche l'atteggiamento di assoluto senso di irresponsabilità e pressappochismo con cui si è mosso il Governo nella stesura di uno dei documenti più importanti della programmazione economica di un Esecutivo, da cui dipende in questo momento il quadro di finanza pubblica in cui deve collocarsi la prossima legge di bilancio 2017;
per comprendere appieno il livello di criticità cui si è arrivati è sufficiente leggere le prime pagine del documento dove il Ministro dell'economia e delle finanze, Piercarlo Padoan, lega – senza alcun riscontro comprovabile – la crescita economica del Paese nel 2017 alla vittoria del «SI» del referendum fissato il prossimo 4 dicembre: una posizione che deve considerarsi valutazione di eccezionale gravità, non solo per la infondatezza e inattendibilità delle stime fissate dal Governo, prima nel DEF 2016 e ora nella Nota di Aggiornamento, ma anche e soprattutto per il tentativo che ne consegue di orientare il voto dei cittadini, oltre che il consenso europeo, sulla base di previsioni che non esistono perché non esiste alcuno studio giuridico, economico e statistico di alcun organismo pubblico che dimostri il legame tra le stime di crescita e l'attuazione della riforma costituzionale. La consultazione referendaria non si è ancora svolta e rispetto agli esiti di tale consultazione, il Governo deve rispettare la Costituzione, anche quando presenta un documento economico, perché la sovranità e, quindi, il libero esercizio del diritto di voto appartiene al Popolo e non certo all'Esecutivo;
dalla Nota di aggiornamento del DEF si evidenziano le consuete e fallimentari ricette di politica economica dominanti nell'euro-zona, attuate dal Governo Renzi con particolare zelo sul terreno delle cosiddette «riforme strutturali», ricette legate alle politiche liberiste, di svalutazione del lavoro e di austerità (anche quella cosiddetta «espansiva»). Continuare a ridurre o a contenere la spesa pubblica (in particolare quella sociale, per gli investimenti, per le politiche industriali) finalizzando i risparmi a sgravi fiscali a pioggia per le imprese o a bonus fiscali (una tantum o parziali) per le famiglie (come prevede anche questa Nota) non ha funzionato fino ad oggi e non funzionerà in futuro: non produce crescita economica, non fa aumentare la buona occupazione, non fa crescere la domanda interna. Le politiche di «liberalizzazione» del mercato del lavoro: non creano nuovi posti di lavoro con tutele e duraturi, ma fanno aumentare solo il lavoro precario, come dimostra l'esplosione dei voucher. Sono politiche che non riformano il «mercato del lavoro», ma creano un «mercato dei lavoratori», sotto ricatto e senza diritti. Le privatizzazioni non aiutano a ridurre il debito, ma sono un vantaggio per pochi affaristi e determinano una inaccettabile e indiscriminata svendita del patrimonio pubblico. Continuare a «tappare il buco» del problema delle pensioni con misure come l'APE (che beneficiano anche banche e imprese che useranno la misura per licenziare in modo «morbido» i lavoratori in «esubero», oltre a produrre un'ulteriore «privatizzazione» del sistema pensionistico non affronta il problema del futuro delle pensioni per le giovani generazioni e del superamento della legge Fornero attraverso una revisione e riduzione dell'età pensionabile legata alla tipologia dei lavori. Servono altre politiche che nel DEF non compaiono: un programma poderoso di investimenti pubblici, un vero piano del lavoro, la difesa del welfare universale, il rilancio dell'istruzione e della sanità pubblica, una politica fiscale veramente progressiva e – naturalmente – la messa in discussione delle politiche di austerità europee, procedendo unilateralmente all'ampliamento del rapporto deficit-pil al 3 per cento, per finalizzare le maggiori risorse una tantum agli obiettivi che indichiamo in questa nostra risoluzione;
passando ai numeri e alle tabelle del documento, si rimane colpiti dalla incongruenza delle stime. Se solo si legge la Tavola II. 3, a pagina 43, della Nota di aggiornamento si comprende subito che dello 0,4 per cento di crescita derivante dalle misure espansive del Governo, ben lo 0,3 per cento viene fatto conseguire dal rinvio dell'aumento dell'IVA al 2018, per cui il mancato aumento di un'imposta dovuto al suo rinvio viene fatto passare dal Governo come una misura di riduzione fiscale connessa alla crescita. Un'autentica novità nella storia dell'economia su cui, ovviamente, si sono concentrate le maggiori critiche da parte dei soggetti auditi – in particolare Banca d'Italia – in Commissione Bilancio; colpisce in modo estremamente negativo il divario – frutto ovviamente di valutazioni irrealistiche – tra il quadro tendenziale, a legislazione invariata, e quello programmatico, su cui anche gli organismi auditi hanno ammesso l'impossibilità di formulare giudizi per mancanza di informazioni;
l'analisi delle ultime stime del Governo, ha dichiarato a chiare lettere il Professor Giuseppe Pisauro, Presidente dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, conduce «a un esito non positivo del processo di validazione del quadro programmatico 2017 e, in particolare, delle stime di crescita del Pil per il prossimo anno, sia in termini reali che nominali. Stime, che appaiono contrassegnate da un eccesso di ottimismo». Sulla stessa linea si è espresso pure il Vice Direttore Generale della Banca d'Italia, Luigi Federico Signorini, che ha sottolineato come «Nello scenario programmatico per il 2017, la dinamica del prodotto è significativamente maggiore di quella del quadro tendenziale. L'obiettivo è ambizioso». Ad avviso della Banca d'Italia all'origine delle stime del Governo risiede quindi un eccesso di fiducia sull'effetto del disinnesco delle clausole di salvaguardia in quanto «il mancato aumento dell'Iva avrebbe un impatto positivo sul tasso di crescita del PIL pari a 0,3 punti percentuali nel 2017, un effetto piuttosto forte rispetto a stime econometriche basate sui dati del passato»;
ancora più irrealistica l'attribuzione di effetti espansivi, pari a 0,1 per cento di Pil, alla correzione di 0,5 punti percentuali di Pil, necessaria a portare il deficit tendenziale, post sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, dal 2,5 per cento al 2,0 per cento del Pil;
le clausole di salvaguardia, quindi, restano sull'aumento di IVA e Accise nel 2018 e nel 2019 perché il Governo le ha sterilizzate solo per il 2017;
forti perplessità sulla Nota di aggiornamento al DEF 2016 sono state espresse anche dalla Corte dei Conti che nell'ambito della propria relazione sulle entrate depositata in Parlamento ha evidenziato i propri dubbi sulla tenuta delle coperture previste dal Governo e, soprattutto, sulla politica di bilancio perseguita dal Governo fondata essenzialmente sul principio dell’«adesione spontanea» (compliance), elevata a pilastro della strategia fiscale da inserire nella legge di bilancio. Con riferimento a tali aspetti la Corte dei Conti è molto chiara ed evidenzia come le nuove stime sulle entrate evidenzino un progressivo ridimensionamento dei livelli di gettito disegnati dal DEF 2016. Le entrate tributarie, in particolare, nel 2017 subiscono un raddoppio (fino a –4,4 miliardi) della revisione al ribasso definita per il 2016 e, già dal 2018, subiranno un ulteriore cedimento (fino a oltre –7 miliardi). Infine, scrive la Corte dei Conti: «Con la Nota di aggiornamento al DEF, insomma, la politica di bilancio sembrerebbe destinata a far leva sul contrasto all'evasione per portare avanti interventi selettivi a sostegno dell'economia. Un intento che evoca una rilevante operazione redistributiva in cui i recuperi di evasione ed elusione si farebbero discendere dall'adesione spontanea dei contribuenti (compliance), piuttosto che da un potenziamento dell'attività di controllo; un approccio che – come insegna il passato – non è immune da rischi, nella misura in cui entrate incerte (come quelle, appunto, attese dal recupero di evasione) fossero impiegate in misura elevata per coprire spese o sgravi fiscali certi.»;
sempre sotto il profilo finanziario, la Nota di aggiornamento al DEF 2016 risulta, inoltre, decisamente ottimista e reticente sulle difficoltà che sta attraversando il nostro sistema creditizio e, soprattutto, sulle politiche necessarie per salvaguardarlo. Bisogna ancora una volta ricordare la spericolata operazione nel cambiamento del management di Monte dei Paschi di Siena, che ha visto, ad avviso dei sottoscritti, il premier Renzi e il ministro dell'economia Padoan intervenire con una inaccettabile ingerenza e subalternità verso la JPMorgan. Il Governo tende a sottovalutare sia le difficoltà endogene sia le conseguenze che potrebbero derivare della crisi della Deutsche Bank. Inoltre, la Nota sottolinea come l'offerta di credito al settore privato sia gradualmente aumentata nel corso del 2016, come il rapporto tra le sofferenze e l'ammontare complessivo dei prestiti si sia pressoché stabilizzato, come gli istituti italiani si confermano solidi e ben capitalizzati. Purtroppo la realtà è ben altra e la situazione del comparto creditizio molto più complessa di quella che il documento rappresenta;
è in corso una tempesta finanziaria di cui il Governo deve dare atto causata dai problemi della Deutsche Bank, sottoposta agli attacchi fiscali e speculativi in riferimento alle sanzioni definite dalle autorità Usa. La Deutsche Bank rappresenta attualmente, come sostenuto dal Fondo Monetario Internazionale, una delle maggiori fonti di rischio sistemico in Germania e in Europa a causa dei suoi derivati. Nel marzo 2016 la Deutsche Bank aveva dichiarato un valore «nozionale» dei derivati in suo possesso pari a 52.000 miliardi di dollari, una cifra stratosferica grande oltre 13 volte il PIL tedesco. A questo va aggiunto che la «leva finanziaria» di Deutsche Bank, (vale a dire il rapporto tra impieghi e capitale) è pari ad un fattore 40. Il che significa che una svalutazione degli attivi (ad esempio dei crediti inesigibili) pari ad appena il 2,5 per cento azzererebbe il capitale del colosso tedesco. Il titolo tedesco ha perso in pochi mesi il 50 per cento del proprio valore. E a conferma che la situazione sta divenendo drammatica, proprio il capo economista di DB, David Folkerts-Landau, ha invocato un fondo di 150 miliardi di euro per consolidare tutte le banche europee. Insomma, è vero che l'Italia ha avuto e continua ad avere i suoi problemi con la banca Monte dei Paschi di Siena, ma la bomba inesplosa della finanza europea se non addirittura globale è ben altra;
come giustamente osservato da molti economisti la discussione sui limiti all'intervento pubblico nei salvataggi delle banche in crisi deve rientrare nella più ampia riflessione sulla riforma del sistema bancario e sulle sorti dell'Unione bancaria europea. La lunga depressione che ha colpito l'Italia ha fatto crollare gli investimenti delle imprese; le politiche di austerità hanno drasticamente tagliato gli investimenti pubblici. La grande liquidità offerta dalla BCE al sistema bancario non si sta traducendo in nuovi investimenti perché le scelte delle banche favoriscono impieghi a basso rischio e di breve termine. Tutto questo evidenzia un grave vuoto del sistema bancario e finanziario del Paese: l'assenza di una banca pubblica d'investimento che alimenti un flusso di risorse verso la ricostruzione di capacità produttive avanzate, infrastrutture necessarie e le capacità di fornire beni pubblici adeguati alle esigenze del Paese. Negli ultimi anni a coprire alcune di queste funzioni – di natura prettamente estemporanea ed emergenziale – è stata chiamata la Cassa Depositi e Prestiti, che nel breve periodo potrebbe essere riorganizzata per svolgere un ruolo simile, ma nel medio termine è necessario che si costruisca un soggetto specifico adatto a operare in modo flessibile come banca pubblica d'investimento analogamente a quando già esiste in quasi tutti i paesi. La nuova banca pubblica d'investimento avrebbe un ruolo centrale nello sviluppo di una nuova politica industriale che permetta al paese di trovare una nuova traiettoria di sviluppo dopo la lunga depressione: tutto questo non c’è nei documenti e nell'azione del Governo Renzi La Nota di Aggiornamento al DEF 2016 sembra quasi ignorare il problema, per non parlare del fatto che il Paese attende ancora che vengano riviste le regole del bail in;
per quanto attiene alle politiche per il lavoro, ciò che si attendeva nella Nota di Aggiornamento al DEF 2016 era senza dubbio l'impegno a garantire risorse adeguate per assicurare il rinnovo dei contratti per i lavoratori della Pubblica Amministrazione, visto che la vera spending review è stata sostenuta dalle lavoratrici e dai lavoratori della Pubblica Amministrazione tra il 2009 e il 2015, con una diminuzione della spesa per i redditi dei dipendenti pubblici di 10 miliardi di euro e un calo del numero dei dipendenti pubblici di 110.000 unità. Nulla di tutto ciò, nella Nota di Aggiornamento al DEF 2016 non emergono indicazioni sulle risorse da destinare al rinnovo dei contratti dei dipendenti della Pubblica Amministrazione lasciando ancora nella indefinitezza e nell'incertezza migliaia di lavoratori. A ciò si aggiunga che il blocco del turn over nel pubblico impiego non ha prodotto né una razionalizzazione efficace, né un miglioramento dei servizi e delle prestazioni, ma ha rappresentato una delle voci ragionieristiche di spending review i cui effetti sono stati catastrofici per i lavoratori e per i cittadini, nonostante le decantate riforme della pubblica amministrazione di cui la Nota di Aggiornamento al DEF 2016 fornisce prontamente l'elenco;
il programma «Garanzia Giovani» continua a produrre, nonostante l'ingente destinazione di risorse ad esso dedicate, risultati pessimi. La Nota di aggiornamento al DEF 2016 ne riporta l'aggiornamento segnalando rispetto al dicembre 2015 un incremento del 50,9 per cento del numero dei giovani che hanno fruito di una delle misure previste dal Programma che, come noto, consiste quasi sempre nello svolgimento di un tirocinio. Vi sarà pure una crescita delle registrazioni al Programma, ma di fatto solo il 40 per cento dei giovani riesce a concludere il percorso in Garanzia Giovani con una occupazione e solo il 30 per cento di questi giovani risulta occupato con contratti a tempo indeterminato;
ma ciò non preoccupa minimamente il Governo che si ostina pervicacemente a utilizzare questo strumento che, come quello dei voucher, è solo servito a legalizzare nel nostro Paese la precarizzazione del mercato del lavoro a basso costo, senza reali effetti positivi sulla emersione e il contrasto del lavoro nero;
i dati dell'occupazione forniti dalla Nota di aggiornamento al DEF 2016 parlano di un andamento del tasso di occupazione attestato al 57 per cento e un tasso di disoccupazione sceso al 11,6 per cento (-0,7 per cento rispetto al 2015). Ma la verità è che la percentuale maggiore di crescita di posti di lavoro riguarda le persone con più di 55 anni, perché di fatto le esperienze derivanti dagli sgravi contributivi, dal Programma «Garanzia Giovani» e nondimeno il Jobs Act, a fronte di una spesa di 18 miliardi di euro non hanno sedimentato alcuna inversione concreta di tendenza e i dati forniti dal Governo sui pochi decimali in più ne rappresentano la prova provata, visto che si basano sul principio del riconoscimento di minori diritti per i lavoratori e dell'evoluzione legalizzata del lavoro precario; è stata inutilmente spesa una ingente cifra per la decontribuzione con risultati minimi;
sulle pensioni la Nota di Aggiornamento al DEF 2016 propone un Focus dal quale si evince che la minore incidenza della spesa in rapporto al PIL derivante dal complessivo processo di riforma avviato nel 2004 è pari a circa 60 punti percentuali del PIL fino al 2050 e un terzo di questa minore incidenza sul PIL deriva dalla Riforma Fornero. In particolare, il documento prevede di inserire nella prossima legge di bilancio 2017 una serie di misure disorganiche e differenziate che lasciano aperta la questione principale che bisognerebbe affrontare in materia di pensioni: e cioè quella di avviare interventi strutturali capaci di superare radicalmente la legge Fornero che, sino ad oggi, ha solo prodotto vincoli e rigidità, innalzato l'età di pensionamento, aumentato gli anni di contribuzione necessari con effetti devastanti in relazione al blocco dell'entrata nel mondo del lavoro da parte del giovani;
in buona sostanza, dalla Nota di Aggiornamento al DEF 2016 non emerge alcuna rilettura critica dell'applicazione e degli effetti prodotti dalla Riforma Fornero. Addirittura non risulta neanche citato il finanziamento dell'ottava clausola di salvaguardia per affrontare in via definitiva la questione degli esodati. Su questo punto deve registrarsi un atteggiamento gravemente contraddittorio da parte del Governo anche a fronte delle dichiarazioni rese in sede parlamentare dove si era impegnato a ufficializzare i dati relativi al numero dei lavoratori che dovrebbero beneficiarne;
per quanto attiene alle politiche della sanità, la Nota di aggiornamento al DEF 2016 conferma ancora una volta la scelta politica di questo Governo di attuare la costante decrescita e il definanziamento programmato del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Ancora una volta la spesa sanitaria in rapporto al PIL si conferma in diminuzione. Il che significa che in termini reali la fetta di risorse spettante alla sanità pubblica continuerà a ridursi nei prossimi anni. La realtà è che le spese sostenute per finanziare il Servizio sanitario nazionale vengono equiparate a qualsiasi altro centro di costo, e la conseguenza di questa visione miope è che al pari di altri costi, diventa azione virtuosa quella di ridurne gradualmente la sua incidenza rispetto al PIL. Questo è quello che si sta facendo da anni con la nostra Sanità pubblica. La spesa sanitaria che viene stimata al 6,8 per cento in rapporto a! PIL per quest'anno e per il 2017, vede ridursi al 6,7 per cento nel 2018, e quindi al 6,6 per cento nel 2019. Per gli anni successivi, continua a far fede quanto già riportato nel Documento di Economia e finanza 2016 dell'aprile scorso, dove si evince che per ritornare ai livelli spesa sanitaria/PIL del 2010, che era del 7 per cento, si dovrà aspettare il 2030-2035. Ossia bisognerà attendere 15-20 anni. Ed è grave che questo costante definanziamento del Servizio sanitario nazionale, avvenga nonostante che nel rapporto spesa sanitaria/PIL, siamo da tempo al di sotto della media dei rispettivi valori della UE a 15 (8,7 per cento). Dopo l'Italia ci sono solo Spagna Grecia e Portogallo. Una forbice che si allarga anno dopo anno. Nella Nota di aggiornamento al DEF 2016, come aveva già anticipato alla stampa il Presidente del Consiglio Renzi, non si dice nulla sul finanziamento del Servizio sanitario, e bisognerà attendere la legge di Bilancio che sarà presentata entro il prossimo 20 ottobre. Il rischio più che concreto è che, come sta sempre avvenendo in questi ultimi anni, il Governo, con la legge di bilancio, certificherà anche questa volta un finanziamento del Fondo sanitario nazionale più basso di quello programmato e concordato in sede di intesa Stato regioni. Ricordiamo che in questi anni, la sanità pubblica ha avuto stanziamenti effettivi sempre inferiori a quelli che di volta in volta venivano indicati e promessi dai vari Documenti di economia e finanza presentati al Parlamento. Il caso dell'anno 2016 è sotto questo aspetto emblematico: dai 117,6 miliardi stimati dal DEF 2013, si è passati a 116,1 con il DEF 2014 e a 113,4 con il DEF 2015, per giungere a un finanziamento reale ed effettivo di 111 miliardi (legge di stabilità 2016), peraltro comprensivi degli 800 milioni di euro da destinare ai nuovi LEA. Quest'anno ci si aspetterebbe che il finanziamento al Fondo sanitario risulti perlomeno di 113 miliardi. Un impegno assunto dalla Ministra Lorenzin, e ribadito con l'intesa Stato-Regioni dell'11 febbraio 2016. Ma tutto lascia pensare che questa cifra – peraltro del tutto insufficiente – sarà ancora una volta disattesa e probabilmente limata a 112 miliardi di euro. Il Presidente del Consiglio potrà così ancora una volta dire che il Fondo Sanitario Nazionale è aumentato di un miliardo (da 111 a 112 miliardi), mentre per l'ennesima volta saremo di fronte a una riduzione delle risorse promesse alle regioni per garantire i servizi socio-sanitari. Vale peraltro la pena sottolineare che i nuovi LEA, in via di approvazione dopo che vi sarà il passaggio in Parlamento per il previsto parere, potranno contare, come ricorda la Nota di aggiornamento in commento, solamente su 800 milioni di euro previsti dalla legge di stabilità 2016. In realtà per finanziare adeguatamente i nuovi LEA servirebbero sui 2-3 miliardi. E il fatto che gli 800 milioni stanziati sono insufficienti e inadeguati lo sanno anche le stesse regioni, che hanno infatti chiesto una verifica entro l'anno per valutare il reale impatto economico dei nuovi livelli di assistenza. Nulla, infine, dice la Nota di Aggiornamento al DEF 2016 sulle risorse necessarie a finanziare i farmaci innovativi, e per la cura dell'epatite C;
sul fronte delle politiche sociali la Nota di aggiornamento al DEF 2016 non dice praticamente nulla sulle misure messe in atto dal Governo per proteggere le fasce più deboli della popolazione. I recenti dati Istat, parlano di 1 milione e 582.000 famiglie in povertà assoluta, pari a 4 milioni e 598.000 persone: il numero più alto dal 2005. Per quanto riguarda i minori in povertà assoluta, questi pari al 10,9 per cento; ossia più di un minore su 10 (nel 2005 la percentuale era del 3,9 per cento). Soltanto il 3 per cento delle prestazioni sociali erogate in Italia va alla parte più povera della popolazione. A fronte di questa situazione, ci si limita a richiamare l’iter avviato alla Camera del disegno di legge per il contrasto alla povertà. La Nota di aggiornamento in commento, ricorda come il disegno di legge delega al Governo per il contrasto della povertà, che doveva essere uno dei fiori all'occhiello di questo Esecutivo, e approvato dalla Camera il 14 luglio scorso, risulta praticamente fermo in Commissione al Senato. Un provvedimento, peraltro, che può contare solamente su circa un miliardo di euro l'anno, laddove sono circa 7 i miliardi stimati che sarebbero necessari a regime per sostenere realmente le famiglie e le persone in situazione di povertà e di disagio estremo. Non c’è alcun percorso di avvicinamento ad una garanzia di reddito per tutti coloro che versano in povertà assoluta. Si assiste solamente a un sostegno per una piccolissima parte, circa un quinto, dei poveri assoluti. È evidente che accanto a un sensibile incremento di risorse per il contrasto alla povertà e per il rafforzamento delle politiche sociali, è necessario prevedere l'esclusione dal Patto di stabilità interno delle spese sostenute per la spesa sociale e il sistema del welfare, così come risulta ormai indispensabile interrompere la continua politica di tagli perpetrati alle Regioni e agli Enti locali che devono assicurare i relativi servizi. Nel testo infine, si fa riferimento alle risorse per il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) pari a 789 milioni. Si sottolinea peraltro che le risorse stanziate provengono per oltre l'85 per cento dalla UE. Infine, nella Nota di aggiornamento al DEF 2016 si segnala la totale assenza di qualsiasi riferimento alla revisione dell'ISEE su cui il Governo si era impegnato formalmente in Parlamento attraverso l'approvazione di numerosi atti di indirizzo;
sul fronte della scuola, l'università, la ricerca, la Nota di aggiornamento al DEF 2016 non dice sostanzialmente nulla e meno che mai offre indicazioni rispetto alta soluzione di molteplici questioni costantemente denunciate in Parlamento ed evidenziate in sede di discussione del DEF 2016 nell'ambito della Risoluzione al Documento di Economia e Finanza 2016 presentata dal Gruppo Sinistra Italiana. Eppure l'Italia è ampiamente al di sotto della media europea per quel che riguarda gli investimenti pubblici in scuola, università, ricerca e cultura. Questo spiega la bassa qualità della nostra produzione di merci e servizi e la nostra difficoltà a uscire dalla crisi. La differenza su questo terreno tra l'Europa del Nord, che ha aumentato nella crisi gli investimenti in istruzione e ricerca, e i Paesi dell'Europa mediterranea, che li hanno diminuiti, è la spaccatura più grande che attraversa l'Europa. Per uscire dall’impasse oltre ad un robusto stanziamento di risorse per Università e ricerca, occorrerebbe risolvere definitivamente ed in un sol colpo la condizione di precariato storico nella quale versa un esercito di oltre 600.000 docenti che, a vario titolo e legittimamente, aspirano ad una cattedra. Appare quindi necessario attuare un percorso di graduale stabilizzazione di tale personale, gran parte del quale escluso dal piano straordinario di assunzioni previsto dalla cosiddetta Buona scuola, attraverso lo stanziamento di un ulteriore miliardo di euro all'anno, oltre a quanto già stanziato dal Governo con la richiamata riforma, per un Piano pluriennale che preveda anche la sostituzione integrale e costante del turn over mediante assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario di ogni ordine e grado, in deroga alle vigenti limitazioni di contingente delle dotazioni organiche. Infine, appare quanto mai urgente assicurare un vero «diritto allo studio» così da garantire su tutto il territorio nazionale borse di studio, alloggi per gli studenti fuori sede e sconti per la mobilità studentesca. Si contano svariate situazioni ignobili in cui gli studenti vincitori di borsa non ne risultano beneficiari, per non parlare del fatto che sono migliaia nelle città le studentesse e gli studenti che devono affrontare spese insostenibili onerose per trovare un alloggio e poter studiare. Infine, ogni giorno sono tantissimi gli studenti pendolari che viaggiano dalla propria città verso scuole e università e devono avere a che fare con un sistema di trasporti ridotto ai minimi termini. Le risorse destinate al diritto allo studio sono necessarie anche a favorire politiche di agevolazione nell'acquisto degli abbonamenti per i trasporti che sono tra i costi più considerevoli che gli studenti si trovano ad affrontare;
la Nota di Aggiornamento al DEF 2016 non affronta in alcun modo la questione delle politiche abitative, stante il mancato finanziamento del «Fondo contributo affitto», azzerato dall'ultima legge di stabilità e il mancato incremento della dotazione del fondo morosità incolpevole, così come non si evince alcuna indicazione di sorta sull'applicazione dell'articolo 26 del cosiddetto «Decreto Sblocca-Italia», in particolare, avendo riguardo alle previsioni contenute nel comma 1-bis con cui si dispone che prima di procedere alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del demanio civile e militare questi debba essere valutato ai fini dell'utilizzo per contrastare la precarietà abitativa;
sotto tale profilo, ovvero quello delle politiche abitative occorre pure considerare che in questo momento le banche italiane appaiono gravate da circa 198 miliardi di euro di sofferenze lorde. Fra queste, almeno 40 miliardi di euro circa hanno una garanzia immobiliare e sarebbero quindi relative a mutui di famiglie in difficoltà o a fallimenti di imprese di costruzioni. Nello stesso tempo è forte la difficoltà di trovare casa, soprattutto nelle grandi città, i redditi di chi lavora risultano insufficienti, il lavoro stesso è spesso precario e soprattutto non esiste più una vera disponibilità di edilizia residenziale pubblica. Eppure, le case popolari dovrebbero servire non solo agli indigenti, ma anche favorire il diritto ad abitare di tutte e di tutti. Ci sono, quindi, molte case vuote che appesantiscono i bilanci delle banche e i cittadini che di quelle case hanno realmente bisogno e per questi motivi, bisognerebbe invece intervenire per trasformare un problema in una opportunità costituendo un fondo ad hoc presso la Cassa Depositi e Prestiti in grado di acquistare Non Performig Loans (NPL) con sottostante immobiliare all'attuale prezzo di mercato, pari spesso alla metà del valore originario. Se abitate, queste case dovrebbero essere lasciate agli attuali mutuatari, con ristrutturazione e ricadenzamento del debito. Se vuote, dovrebbero essere immediatamente messe a disposizione delle graduatorie per l'accesso alla casa. Ci guadagnerebbe la comunità, che finalmente vedrebbe crescere il patrimonio edilizio pubblico, ne avrebbero sollievo le famiglie che vedono con angoscia il rischio di esproprio, favorito anche di recente dal Governo e se ne avvantaggerebbe il sistema economico italiano, finalmente sgravato di una parte delle sofferenze;
in materia ambientale la Nota di aggiornamento al DEF 2016 riporta di fatto il cronoprogramma del Governo relativamente alle riforme in materia ambientale. Quello che emerge è un'attività legislativa del Ministro dell'ambiente e dell'Esecutivo in questo ambito, assolutamente insufficiente e del tutto inadeguata. Sotto questo aspetto, è importante sottolineare come in questi oltre 2 anni e mezzo di Governo, i diversi provvedimenti positivi in materia ambientale, e diventati legge dello Stato, sono stati quasi tutti di iniziativa parlamentare. Questo vale, per esempio per l'inserimento nel Codice Penale dei delitti contro l'ambiente, come per la riforma delle Agenzie ambientali. Lo stesso «Collegato ambientale», divenuto legge n. 221 del 2015, è in realtà un'eredità del precedente Governo Letta. Il Governo, all'attivo ha ben pochi suoi provvedimenti. Tra questi, il Nuovo Codice dei Contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016). Il testo che apporta indubbiamente dei miglioramenti al precedente Codice degli appalti e alla normativa vigente, ma che già a poche ore dalla sua approvazione definitiva, ha evidenziato ben 181 errori nel testo, e attualmente il Parlamento ha avviato un'indagine conoscitiva sulle ipotesi di modifica della nuova disciplina sui contratti pubblici. Per il resto ciò che il Governo e il Ministro dell'ambiente possono vantare, è il pessimo decreto «Sblocca Italia»; le norme «spalma incentivi» introdotte con il decreto-legge n. 91 del 2014 con le quali si sono ridotti gli incentivi e le agevolazioni alle fonti energetiche rinnovabili; la sequenza orribile di decreti sull'ILVA di Taranto, sempre attenti ai futuri acquirenti dello stabilimento piuttosto che dare priorità assoluta alla salute dei cittadini e dell'ambiente. Le criticità ambientali sono purtroppo ancora tutte lì: praticamente finora poco si è fatto per dare una risposta alle infrazioni comunitarie in materia ambientale; poco o nulla in materia di amianto e bonifiche; ancora niente per la localizzazione del deposito nazionale unico per i rifiuti radioattivi; «al palo» gli interventi per la lotta all'inquinamento e al conseguente allarme sanitario;
lo stesso « Green Act», un disegno di legge che dovrebbe intervenire in materia di fiscalità ambientale, economia circolare, mobilità, rinnovabili, e doveva rappresentare un fiore all'occhiello del Ministro Galletti e del Governo, continua a rimanere un oggetto misterioso. Annunciato dal Premier Renzi nel lontano gennaio 2015 (poco meno di due anni fa), è stato di continuo rimandato nel tempo. Ora, la Nota di aggiornamento in commento, sposta di nuovo il termine a «entro il 2017». Il Presidente del Consiglio dei ministri, inoltre, dopo i drammatici eventi sismici dell'agosto scorso, si è impegnato a varare un programma di messa in sicurezza del Paese. La Nota di aggiornamento al DEF in esame, ne fa cenno laddove si esplicita che il Governo «intende inoltre attuare ulteriori misure volte a mettere in sicurezza il territorio, il patrimonio abitativo e le infrastrutture scolastiche (...). Il pacchetto di misure per le emergenze costituisce una priorità economica e sociale per il Paese. Esso verrà dettagliato nella Legge di Bilancio 2017 (...). Al di là della necessaria ricostruzione delle zone colpite dal terremoto, i tragici eventi succedutisi negli ultimi anni rendono prioritario programmare interventi antisismici per mettere in sicurezza la popolazione, il territorio e il patrimonio abitativo, artistico e culturale del Paese.». Intanto il cosiddetto decreto-legge «Terremoto» annunciato sulla stampa nazionale non risulta ancora entrato in vigore, come neanche il cosiddetto Programma Casa Italia;
in modo oltremodo insufficiente la Nota di Aggiornamento al DEF 2016 parla di sviluppo economico, politiche per il Mezzogiorno, comunicazioni, infrastrutture e trasporti. Tutto si concentra nell'esaltazione del Programma Industria 4.0 di cui non si vede ancora nulla e degli interventi adottati per il cosiddetto «Patti per il Sud» dove latita ancora la destinazione diretta alle Regioni del Mezzogiorno di oltre 10 miliardi di euro a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020. Neanche una parola sulla necessità di contrastare il fenomeno dilagante delle delocalizzazioni che attanaglia il nostro Paese e causa migliaia di licenziamenti giorno dopo giorno. Un discorso a parte lo merita il capitolo relativo alle privatizzazioni. Il Governo ne rivede al ribasso le entrate conseguenti. Nella Nota di aggiornamento al DEF 2016 si legge, infatti, che «per quanto riguarda le privatizzazioni, le entrate previste per quest'anno vengono riviste al ribasso, dallo 0,5 allo 0,1 per cento del PIL». «Il Governo ha attuato la prevista dismissione del 46,6 per cento di Enav e ulteriori entrate proverranno da dismissioni immobiliari». «Resta ferma l'intenzione di proseguire il processo di privatizzazione, compatibilmente con le condizioni di mercato. Si mantengono le previsioni di introiti da privatizzazioni per i prossimi tre anni». Al riguardo si evidenzia che la notevole complessità degli aspetti regolatori dell'operazione di privatizzazione di Ferrovie dello Stato prevista entro il 2016, afferenti in particolar modo alla definizione della proprietà e della gestione della rete infrastrutturale, ha comportato una dilatazione dei tempi connessi alla sua realizzazione, con plausibile rinvio al 2017. Il Governo, dunque, fa una sostanziale marcia indietro sul percorso di privatizzazione del gruppo Ferrovie dello Stato. Il Gruppo parlamentare Sinistra Italiana durante tutto il 2016 è stato fautore di iniziative parlamentari volte a bloccare il processo di privatizzazione nel convincimento che le Ferrovie rappresentano un bene strategico per il Paese ed una risorsa per tutti gli italiani, ma l'attuale Governo, nel farsi promotore e forte sostenitore della privatizzazione delle Ferrovie dello Stato italiane, sembra dimenticare i temi ancora caldi da sciogliere a partire dal rapporto con Rete ferroviaria italiana (la controllata che gestisce la rete) e Trenitalia con i vari contratti (dalla lunga percorrenza sino a tutta la partita del trasporto locale). Soprattutto, il timore è che il Gruppo Ferrovie dello Stato verrebbe, in sostanza, svuotata di valore e di contenuti e il tutto per raccogliere pochi miliardi di euro (tra i 5 e i 10 miliardi a quanto risulta) che non sono assolutamente nulla rispetto ai 2.000 miliardi di debito pubblico accumulati dal nostro Paese. Analogo discorso per quanto riguarda il processo di privatizzazione del Gruppo Poste Italiane, se nel DEF 2016 si faceva riferimento all'operazione di quotazione di una seconda tranche di azioni del Gruppo che avrebbe di fatto eliminato il controllo pubblico dall'azienda, nella Nota di aggiornamento alla voce privatizzazioni è stato eliminato ogni riferimento. Nella Nota si segnala solo che la conformazione dell'assetto azionario di Poste Italiane, il cui percorso è iniziato con l’Initial Public Offering (IPO) dell'ottobre 2015, è stata recentemente ridefinita dal decreto ministeriale del 25 maggio 2016 che ha autorizzato il Dipartimento del Tesoro a sottoscrivere l'aumento di capitale a pagamento deliberato dalla CDP. Tale aumento di capitale, approvato in giugno per assicurare il rafforzamento patrimoniale della CDP in misura idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi del proprio piano industriale, è stato interamente riservato al Ministero dell'economia e delle finanze e sarà liberato mediante il conferimento, entro la fine del 2016, di una partecipazione al capitale di Poste Italiane, nella misura del 35 per cento. A riguardo, il gruppo parlamentare di Sinistra Italiana ha più volte rilevato una serie di criticità nel conferimento dell'azionariato di maggioranza del gruppo Poste Italiane in capo a CDP, come ad esempio il possibile conflitto di interessi tra le fondazioni bancarie, azioniste di Cassa, e l'attività bancaria che Poste Italiane esercita. Per quanto riguarda i trasporti, la Nota di aggiornamento ribadisce l'impegno di 12 miliardi per riattivare la cosiddetta cura del ferro. Tale obiettivo sembra contrastare con il recente piano industriale presentato da Ferrovie dello Stato, di cui il Governo è azionista, che vuole il 70 per cento degli investimenti al di fuori del tradizionale perimetro delle attività in particolare puntando allo sviluppo del trasporto su gomma con l'azienda BusItalia. Al contrario andrebbe, invece, adottata ogni iniziativa di competenza, garantendo il pieno coinvolgimento delle regioni, per promuovere finalmente scelte coraggiose e mirate in termini di mobilità urbana ed extraurbana, a partire dallo stanziamento di maggiori risorse per arrivare a 5.000.000 di cittadini trasportati ogni giorno nel 2020, portando il trasporto ferroviario agli stessi standard qualitativi europei;
in modo del tutto vacuo e inconsistente la Nota di Aggiornamento al DEF 2016 interviene sulle questioni afferenti alla giustizia e vere riforme, alla difesa e soprattutto le politiche migratorie per cui rimangono irrisolte tutte le criticità già a suo tempo stigmatizzate dal Gruppo Sinistra Italiana nell'ambito della propria Risoluzione al DEF 2016. Non esiste ancora una legge efficace per contrastare i conflitti di interessi. Latitano gli strumenti di prevenzione e controllo che incentivino la celerità dei processi, nonché misure efficaci per garantire l'accesso alla giustizia come previsto dall'articolo 24 della Costituzione con particolare riferimento ai non abbienti. Non sono state promosse concrete misure a tutela e sostegno delle vittime dei reati. Non esiste ancora una diversa regolamentazione della Cannabis e, in particolare, la sua legalizzazione. Ancora non esiste nel nostro ordinamento il reato di tortura in spregio ai richiami europei. I Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie) e i Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (Cara) sono ancora aperti. Non è stata avviata alcuna riduzione progressiva del sistema di accoglienza straordinario a vantaggio di quello ordinario (Sprar – Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) che andava potenziato attraverso nuovi stanziamenti, dando risorse aggiuntive agli interventi di inclusione sociale e lavorativa dei migranti e rifugiati, fortemente ridimensionati negli anni futuri, come pure le risorse per i centri di accoglienza per minori stranieri non accompagnati. Meno che mai risultano ridotti gli investimenti per i Programmi d'armamento e i fondi dello Sviluppo economico attualmente messi a disposizione della Difesa che potrebbero essere utilmente destinati ad altre finalità;
considerato che:
la Nota di Aggiornamento al DEF 2016 si presenta come un documento irreale oltre che incompleto e gravemente deficitario in molti suoi ambiti tanto da non essere neanche accompagnato da tutti gli allegati che dovevano essere presentati;
che rimangono in piedi la stragrande maggioranza se non tutte le questioni e criticità messe in rilievo dal Gruppo Sinistra Italiana nell'ambito della propria Risoluzione al DEF 2016 presentata lo scorso aprile;
appare ormai chiaro sotto gli occhi di tutti che nel nostro Paese continuano a crescere le diseguaglianze, la disoccupazione e le povertà. La nostra economia non riparte. Le politiche del Governo Renzi non riescono a fare decollare la ripresa che stenta ed è molto inferiore a quelli degli altri Paesi europei;
il 57 per cento dei giovani italiani sotto i 25 anni è precario in base ai dati Ocse. In dieci anni il tasso di occupazione giovanile è crollato. Per le persone oltre i 55 anni la disoccupazione di lungo termine è la condizione del 65 per cento dei senza lavoro;
il Jobs Act non ha prodotto risultati significativi se non quelli di regalare risorse alle imprese. Per chi, invece, ha un'occupazione i salari diminuiscono. Neanche il bonus di 80 euro ha dato slancio ai consumi;
più di 4,6 milioni di persone sono in condizione di povertà assoluta, mentre 8,3 milioni di italiani sono in povertà relativa;
11 milioni di italiani rinviano le cure o vi rinunciano del tutto perché non ce la fanno a pagarsele o per carenze delle strutture di offerta;
la precarietà dei giovani prepara l'avvento di un'intera generazione di pensionati poveri;
nella classifica dei 34 Paesi più industrializzati del mondo, l'Italia è ultima per numero di giovani laureati e quart'ultima per soldi investiti nell'università in rapporto al PIL, mentre diminuiscono gli iscritti alle università;
per sbloccare veramente l'Italia serve una totale inversione di rotta, una manovra triennale complessiva per il lavoro, lo sviluppo, l'innovazione, la ricerca e per i diritti sociali di oltre 30 miliardi annui, un vero e proprio « Social compact» alimentato da risorse nazionali, nonché dalle risorse rinvenienti dallo sforamento di un punto percentuale per tre anni del tetto al deficit stabilito dalla normativa europea,
impegna il Governo:
a modificare in modo profondo la Nota di Aggiornamento al DEF 2016 al fine di prevedere spazi finanziari tali da poter inserire nell'ambito della prossima legge di bilancio 2017 disposizioni finalizzate prioritariamente:
a) all'adozione di un Green New Deal, triennale, per uno sviluppo eco-sostenibile e per il «lavoro di cittadinanza», ossia la buona e piena occupazione, per l'innalzamento delle risorse per il contrasto alla povertà, il tutto pari a circa un punto di PIL di spese in deficit (16 miliardi di euro annui), in disapplicazione delle regole UE e, in particolare, adottando:
1) un Piano triennale per il lavoro per 36 miliardi di euro nell'arco del triennio. Un Programma di investimenti pubblici (di cui una quota pari al 45 per cento riservata al Mezzogiorno con il ripristino della «clausola Ciampi») prioritariamente finalizzati alla manutenzione e messa in sicurezza del territorio, al miglioramento delle periferie urbane, alla bonifica di zone di territorio compromesso da inquinamento, al recupero di strutture pubbliche da destinare ad uso abitativo, uso sociale e/o produttivo, ad investimenti per l'efficienza energetica negli immobili della Pubblica Amministrazione, per la costruzione di asili nido, per la messa in sicurezza delle scuole, per l'introduzione della banda larga e ultra-larga nelle scuole, con la previsione di misure specifiche misure a sostegno dell'occupazione delle donne;
2) un Programma per la mobilità sostenibile per 6 miliardi di euro nell'arco del triennio finalizzato al rinnovo e l'integrazione dello stock di treni per i pendolari e di autobus urbani e extraurbani;
3) l'innalzamento da 1 a 3 miliardi di euro delle risorse attualmente previste dal Governo per il contrasto alla povertà;
4) specifiche misure volte alla riduzione dell'aliquota contributiva previdenziale al 24 per cento per i lavoratori a partita IVA per 1 miliardo di euro annui a decorrere dal 1 gennaio 2017;
b) misure finanziarie vigorose sul fronte dell'istruzione con lo stanziamento di almeno 3 miliardi di euro annui finalizzati:
1) ad avviare un Piano pluriennale di stabilizzazione dei precari della scuola con uno stanziamento iniziale di 1 miliardo di euro l'anno che si affianchi alla contestuale introduzione di nuove misure che, ridefinendo l'attuale rapporto classe-alunni ed elevando l'obbligo scolastico, rendano disponibili nuove cattedre;
2) ad incrementare le risorse per l'università e a favore della ricerca pubblica per almeno un miliardo di euro l'anno come primo passo per portare la spesa in ricerca italiana ai livelli della media europea e avvicinarsi all'obiettivo posto a Lisbona dall'Europa di portare in ogni Paese la spesa in ricerca al 3 per cento del PIL;
3) a stanziare non meno di 1 miliardo di euro per il diritto allo studio al fine di garantire su tutto il territorio nazionale il riconoscimento di borse di studio, eliminando la vergognosa situazione in cui versano studenti vincitori di borsa ma non beneficiari; nonché favorire la costruzione di nuovi alloggi per gli studenti fuori sede e la ristrutturazione di quelli esistenti, rafforzando gli strumenti di agevolazione per gli affitti agli studenti delle case nelle città; e, infine, introdurre sconti per la mobilità studentesca favorendo politiche di agevolazione proprio nell'acquisto degli abbonamenti per i trasporti per gli studenti pendolari costretti peraltro a scontrarsi quotidianamente con un sistema di trasporti al collasso;
c) misure finalizzate ad evitare lo smantellamento strisciante del servizio sanitario nazionale, così da garantire l'universalità del Servizio sanitario nazionale portando la spesa sanitaria verso il 7 per cento del PIL e recuperando i tagli perpetrati negli ultimi anni, finanziando adeguatamente i LEA per almeno 3 miliardi di euro, sopprimendo i super ticket, riducendo le liste di attesa, sbloccando il turn over nel comparto sanitario; assicurando una vera lotta alla corruzione e agli sprechi affinché le risorse risparmiate diventino realmente risorse per la salute, quindi, per i farmaci innovativi e le nuove tecnologie, per la cura delle malattie croniche, per la medicina di genere, per l'assistenza ai non autosufficienti, ai senza fissa dimora, ai migranti; garantendo il reale diritto all'interruzione volontaria di gravidanza; e infine, promuovendo politiche di piena inclusione dei cittadini con disabilità e politiche per il benessere psicologico e psichiatrico;
d) misure destinate ad assicurare la reale sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale pubblico che matura in questo momento una vera e propria emergenza sociale per l'impossibilità di garantire nel prossimo futuro una copertura pensionistica adeguata alla generalità dei lavoratori. Sotto tale profilo l'intervento pubblico deve articolarsi su tre assi di intervento prevedendo uno stanziamento complessivo di 18 miliardi di euro nell'arco del prossimo triennio volto ad assicurare:
1) la ricongiunzione tra le varie casse previdenziali, consentendo l'unificazione gratuita dei contributi versati in diverse gestioni dai lavoratori sempre più mobili e quindi prevedendo il ritorno alla gratuità della ricongiunzione vigente prima del 1o luglio 2010;
2) una pensione minima di dignità, in luogo dell'assegno sociale (una forma di reddito minimo garantito per gli anziani) elevando dagli attuali 448,07 euro (2016) per 13 mensilità, a 600 euro (7.800 euro l'anno), per anziani ultra sessantacinquenni, come prima tappa per arrivare a garantire a tutti gli anziani il reddito equivalente alla soglia di povertà (circa 760 euro al mese – 9.120 euro all'anno);
3) a modificare i criteri di pensionamento attualmente vigenti attraverso un superamento radicale della legge Fornero che punti a un'uscita generale per tutti a 65 anni di età e 35 anni di contribuzione, fatta salva la possibilità di prosecuzione dell'età lavorativa su base volontaria, in particolare, per coloro che raggiunta l'età di 65 anni non possiedono i 35 anni di contributi, operando contestualmente, e fermi restando il requisito dei 65 anni di età e 35 anni di contributi, una riduzione dell'età pensionistica e degli anni di contributi necessari per tutte quelle attività individuate in base al tipo e alle specificità di rischio delle attività e delle mansioni svolte tenendo conto delle peculiarità di ciascuna attività e prevedendo un coefficiente usurante associato alla mansione svolta che si basi su evidenze scientifiche e della medicina del lavoro. Con tali fattori di riferimento si potrebbero individuare i periodi in riduzione dell'età lavorativa e dei contributi necessari, senza operare penalizzazioni;
e) misure finanziarie finalmente efficaci in materia di politiche abitative e per la casa prevedendo innanzitutto l'istituzione di un fondo presso la Cassa depositi e prestiti che serva ad acquistare Non Performing Loans con sottostante immobiliare all'attuale prezzo di mercato;
a reperire inoltre le relative risorse necessarie, al netto del citato innalzamento dell'obiettivo deficit programmato per 16 miliardi di euro annui attraverso:
a) misure di equità fiscale quali:
1) contrasto all'evasione fiscale a partire da quella dell'IVA secondo le proposte elaborate dal NENS (invio telematico delle fatture; limitazioni all'uso del contante) che possono determinare entrate per 6 miliardi dal primo anno di applicazione, crescenti negli anni successivi. Sotto tale profilo si propone di utilizzare solo 6 miliardi di euro annui e di destinare il resto dell'incremento di gettito determinato dall'introduzione di queste misure al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (articolo 1, comma 431, della legge n. 147 del 2013);
2) l'abrogazione dell'articolo 1, comma 61 della legge n. 208 del 2015 evitando la riduzione dell'aliquota IRES a partire dal 1 gennaio 2017;
3) la reintroduzione della Tasi per il 10 per cento delle abitazioni con i valori di mercato più alti che produrrebbe un incremento di gettito di almeno 800 milioni di euro annui di maggiori entrate;
4) una modifica della tassa sulle transazioni finanziarie, estendendola ai derivati e a tutte le operazioni – e non puramente al saldo di fine giornata – con un incremento di gettito di almeno 200 milioni di euro annui;
5) una riduzione delle franchigie sulla tassa di successione e l'applicazione di aliquote crescenti che porterebbe ad un incremento di gettito di almeno 500 milioni di euro;
6) la riduzione e/o la soppressione di alcune agevolazioni fiscali per un ammontare complessivo non inferiore a 1 miliardo di euro l'anno. Le agevolazioni fiscali sono 307 (Allegati A e B alla Tabella 1 delle entrate del Bilancio di previsione per il triennio 2016-2018) per un valore nel 2017 pari complessivamente a 175,7 miliardi di euro;
7) l'obbligo di apertura della partita IVA per gli operatori pubblicitari del web: i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità e link sponsorizzati in siti telematici, anche attraverso centri media e operatori terzi, dovranno acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA rilasciata dall'amministrazione finanziaria, italiana, e gli spazi pubblicitari in siti telematici ed i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca, servizi di search advertising, visualizzabili nel territorio italiano durante la visita di un sito internet o la fruizione di un servizio telematico attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, dovranno essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti titolari di partita IVA rilasciata dall'amministrazione finanziaria italiana;
8) il contrasto alle pratiche elusive delle multinazionali del web (dopo il caso Apple-Irlanda) per quanto riguarda il pagamento delle imposte sui profitti.
b) l'attuazione di una spending review alternativa attraverso:
1) la riduzione o soppressione di alcune spese per armamento per 1,4 miliardi di euro l'anno, a partire dalle risorse stanziate annualmente per gli F35. Si tratta di risorse in conto capitale che potrebbero essere riorientate per sostenere spese per la ristrutturazione dei debiti dei comuni italiani, in particolare lo stock verso Cassa Depositi e Prestiti, sottoscritto a tassi di interesse superiori al 5 per cento;
2) la riduzione per il 2017 e il 2018 di almeno 400 milioni di euro del Fondo per le esigenze indifferibili ex articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014;
3) la riduzione e il progressivo azzeramento dei sussidi alle fonti fossili con un programma di decarbonizzazione della nostra economia, anche attraverso un preciso piano di sensibile riduzione, e quindi azzeramento, degli aiuti pubblici e dei sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili, prime responsabili delle emissioni di CO2, dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici;
4) l'azzeramento degli stanziamenti per la TAV Torino-Lione, destinandoli al potenziamento delle ferrovie locali e dei treni per i pendolari;
c) l'utilizzo di 11 miliardi di euro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2014-2020 che ad oggi non risultano ancora destinate;
d) l'utilizzo di risorse aggiuntive della Cassa depositi e Prestiti che dovrebbe essere indotta dal Tesoro a costituire un fondo per il finanziamento a tassi agevolati del programmi del Green New Deal;
e) l'utilizzo dei fondi pensioni della previdenza complementare. In Italia, infatti, tutti i fondi pensioni della previdenza complementare gestiscono un patrimonio di circa 130 miliardi di euro. Il flusso annuo di contributi è di circa 12 miliardi di cui circa il 70 per cento è allocato all'estero. L'allocazione interna è pressoché interamente assorbita dai titoli di stato (27,5 per cento). I Fondi dovrebbero partecipare – con finanziamenti garantiti direttamente o indirettamente dal settore pubblico – al Piano di sviluppo del Paese tramite enti e/o strutture della Pubblica amministrazione o la Cassa Depositi e Prestiti.
(6-00275) «Marcon, Melilla, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Martelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».