XVII LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta dell'8 novembre 2016.
Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Buttiglione, Cancelleri, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fauttilli, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garavini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Mariani, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Tidei, Velo, Vignali, Zanetti, Zoggia.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Aiello, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Buttiglione, Cancelleri, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fauttilli, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garavini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, Guerra, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Mariani, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Nicoletti, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Tidei, Velo, Vignali, Zanetti, Zoggia.
Annunzio di proposte di legge.
In data 4 novembre 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
MUCCI: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, concernente l'elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, concernenti la sottoscrizione delle liste elettorali, delle candidature, delle richieste di referendum, dell'iniziativa legislativa popolare e degli altri istituti di democrazia diretta in modalità digitale» (4136);
SPESSOTTO: «Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, concernenti la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro» (4137);
GRIMOLDI: «Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e altre disposizioni, in materia di organismi di vigilanza degli enti e di responsabilità per illecito amministrativo dipendente da reato degli enti, delle banche, delle società di intermediazione finanziaria e delle imprese di assicurazione» (4138);
SPESSOTTO: «Istituzione del documento unico per l'immatricolazione, la registrazione della proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi e per la loro circolazione e norme per l'abolizione del pubblico registro automobilistico» (4139).
In data 7 novembre 2016 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa della deputata:
GIUDITTA PINI: «Modifica all'articolo 122 del codice civile, in materia di cause di impugnazione del matrimonio» (4140).
Saranno stampate e distribuite.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia):
TENTORI ed altri: «Divieto dell'esercizio di pratiche volte alla conversione dell'orientamento sessuale dei minori» (4026) Parere delle Commissioni I e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento);
MARAZZITI ed altri: «Concessione di amnistia e indulto» (4099) Parere delle Commissioni I, V, VI e XII.
VI Commissione (Finanze):
BOSSI ed altri: «Restituzione dell'imposta municipale propria versata per l'anno 2014 per taluni terreni agricoli» (4104) Parere delle Commissioni I, V, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VII Commissione (Cultura):
NARDUOLO ed altri: «Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della fondazione dell'università degli studi di Padova e dell'università degli studi “Federico II” di Napoli» (4095) Parere delle Commissioni I e V;
SERENI ed altri: «Modifiche alla legge 20 dicembre 2012, n. 238, per il sostegno e la valorizzazione del festival Umbria Jazz» (4102) Parere delle Commissioni I e V.
XI Commissione (Lavoro):
COMINARDI ed altri: «Modifica all'articolo 2 del decreto legislativo 10 settembre 2007, n. 276, e altre disposizioni concernenti la disciplina degli enti bilaterali paritetici» (4018) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
ARTINI: «Modifiche all'articolo 1 della legge 9 marzo 1971, n. 98, in materia di provvidenze per il personale dipendente da organismi militari operanti nel territorio nazionale nell'ambito della Comunità atlantica» (4107) Parere delle Commissioni I, II, III e IV.
XII Commissione (Affari sociali):
BRIGNONE ed altri: «Disposizioni per garantire la dispensazione dei farmaci contraccettivi di emergenza e dei farmaci per la sedazione palliativa o terminale» (3906) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
BINETTI ed altri: «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle tossicodipendenze» (4087) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
XIII Commissione (Agricoltura):
MATARRELLI: «Disposizioni in materia di tutela degli animali» (4114)Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VIII, X, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Trasmissioni dal Presidente del Senato.
Il Presidente del Senato, con lettere in data 3 novembre 2016, ha comunicato che sono state approvate, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, le seguenti risoluzioni:
risoluzione della 10a Commissione (Industria) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas e che abroga il regolamento (UE) n. 994/2010 del Consiglio (COM(2016) 52 final) (atto Senato Doc. XVIII, n. 168), che è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione della 10a Commissione (Industria) sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a una strategia dell'Unione europea in materia di gas naturale liquefatto e stoccaggio del gas (COM(2016) 49 final) (atto Senato Doc. XVIII, n. 169), che è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive);
risoluzione della 8a Commissione (Lavori pubblici) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di certificazione dell'Unione per le apparecchiature di controllo di sicurezza dell'aviazione (COM(2016) 491 final) (atto Senato Doc. XVIII, n. 170), che è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione della 13a Commissione (Territorio) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l'energia e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici (COM(2016) 479 final) (atto Senato Doc. XVIII, n. 171), che è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione della 13a Commissione (Territorio) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 per un'Unione dell'energia resiliente e per onorare gli impegni assunti a norma dell'accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici (COM(2016) 482 final) (atto Senato Doc. XVIII, n. 172), che è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Trasmissioni dalla Corte dei conti.
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 novembre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Invitalia – Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 448).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).
Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 novembre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM), per l'esercizio 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 449).
Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).
Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 4 novembre 2016, ha trasmesso, ai sensi della legge 5 giugno 2003, n. 131, la relazione, approvata dalla Sezione delle autonomie della Corte stessa con deliberazione n. 31/2016 del 20 ottobre-2 novembre 2016, concernente «Prime analisi sugli esiti del riaccertamento straordinario dei residui nei comuni».
Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dal Ministro dell'interno.
Il Ministro dell'interno, con lettera in data 2 novembre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 59 della legge 20 maggio 1985, n. 222, il bilancio preventivo del Fondo edifici di culto per l'anno 2017 e il triennio 2017-2019, corredato dai relativi allegati.
Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dall'Unione europea.
La Commissione europea, in data 7 novembre 2016, ha trasmesso la comunicazione recante il programma di lavoro della Commissione per il 2017 Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende (COM(2016) 710 final), corredata dai relativi allegati (da COM(2016) 710 final – Annex 1 a COM(2016) 710 final – Annex 5).
Questo documento è trasmesso a tutte le Commissioni permanenti.
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 7 novembre 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Creare un sistema equo, competitivo e stabile di tassazione delle imprese nell'Unione europea (COM(2016) 682 final);
Proposta di direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB) (COM(2016) 683 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 683 final – Annexes 1 to 2) e documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2016) 342 final);
Proposta di direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile comune per l'imposta sulle società (COM(2016) 685 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 685 final – Annexes 1 to 2);
Proposta di direttiva del Consiglio sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia di doppia imposizione nell'Unione europea (COM(2016) 686 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 686 final – Annexes 1 to 2) e documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2016) 344 final);
Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio relativamente ai disallineamenti da ibridi con i paesi terzi (COM(2016) 687 final).
Le predette proposte COM(2016) 683 final, COM(2016) 685 final, COM(2016) 686 final e COM(2016) 687 final sono altresì assegnate alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre, per ciascuna proposta, dall'8 novembre 2016.
Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.
La Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 28 ottobre 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 ottobre 2014, n. 154, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 767/2009 sull'immissione sul mercato e sull'uso dei mangimi (353).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 18 dicembre 2016. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 28 novembre 2016.
Il Ministro della giustizia, con lettera pervenuta in data 3 novembre 2016, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1, comma 3, e 29, comma 1, lettera n), della legge 31 dicembre 2012, n. 247, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale recante regolamento sulle modalità di costituzione delle camere arbitrali, di conciliazione e degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie (354).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla II Commissione (Giustizia), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 7 gennaio 2017. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro l'8 dicembre 2016.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
MOZIONI CIPRINI ED ALTRI N. 1-01309, SIMONETTI ED ALTRI N. 1-01421, BRIGNONE ED ALTRI N. 1-01422, BENAMATI, PIZZOLANTE, PALLADINO, PASTORELLI ED ALTRI N. 1-01426, POLVERINI E OCCHIUTO N. 1-01430 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-01432 CONCERNENTI INIZIATIVE RELATIVE AL SETTORE DELLE COOPERATIVE
Mozioni
La Camera,
premesso che:
l'articolo 45 della Costituzione afferma che «la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità»;
è noto che la cooperazione è nata come «salvagente» per lavoratori senza tutele, oppressi dal potere senza limiti del padronato; la cooperazione ha rappresentato il primo atto con il quale i lavoratori assunsero coscienza di classe;
oggi il mondo cooperativo ha un ruolo non secondario nell'economia italiana: le cooperative di tipo A svolgono servizi socio-sanitari o educativi rivolti alla persona e quelle di tipo B operano in altri settori, come il commerciale, agricolo o nei servizi. Queste ultime sono caratterizzate per impiegare una percentuale fissa di persone svantaggiate;
secondo il rapporto Euricse del 2015 tra il 2008 e il 2013, in presenza di tassi di variazione del prodotto interno lordo negativi, le oltre 28.000 cooperative analizzate hanno registrato una crescita del 14 per cento del valore della produzione. In termini assoluti, l'incremento è stato di oltre dieci miliardi di euro, dai 72,2 del 2008 agli 82,4 dei 2013;
l'analisi per settore d'attività evidenzia che, tra le cooperative di primo grado, le attività più dinamiche sono state quelle della sanità e assistenza sociale, con una crescita sull'intero periodo del 31,1 per cento (ossia 1,5 miliardi di euro), e dell'agroalimentare, con un aumento del 22,6 per cento (+ 3,5 miliardi di euro). Leggermente inferiori, ma comunque oltre la media, sono risultati i tassi di crescita del commercio, con un apprezzabile +16,4 per cento (+ 4,1 miliardi di euro), e degli altri servizi, + 14,6 per cento (+ 1,3 miliardi di euro);
tuttavia, l'originario spirito di solidarietà e mutualità è da tempo sempre più sacrificato alla logica del mercato, della competizione e del profitto, alla pari delle imprese di capitale; difatti, non accennano a diminuire i fenomeni di sfruttamento del lavoro ad opera di alcune cooperative operanti nell'area industriale e commerciale sul territorio nazionale;
accade che la forma cooperativa diventa, in molti casi, un paravento per nascondere quella che è una falsa cooperativa, basata su retribuzioni inferiori ai minimi contrattuali, sulla riduzione delle tutele sociali, sulla precarietà del rapporto di lavoro, senza nessun diritto effettivo in capo ai soci lavoratori di partecipare alle decisioni e al capitale della cooperativa, con la sola possibilità di scegliere tra tale condizione e la disoccupazione;
infatti, le «false cooperative» sono imprese che, approfittando di vuoti normativi e dell'assenza di controlli, agiscono sul mercato in modo scorretto su due piani: da un lato, attraverso il mancato rispetto dei contratti di lavoro e, dall'altro, dal punto di vista contributivo;
così accade che sempre più spesso la costituzione di cooperative diventa anche veicolo per realizzare operazioni di esternalizzazioni con trasferimento di personale con il quale un'azienda decide di dare in appalto o in affidamento un determinato servizio in precedenza internalizzato ad un'impresa esterna (spessissimo cooperativa), al fine di ottenere un risparmio in termini di costi oppure allo scopo di ottenere maggiori margini di flessibilità gestionale e di adeguamento dei processi alle esigenze del business;
il fenomeno ha però assunto caratteri anomali non solo dal punto di vista «privatistico» del trattamento previsto in materia di lavoro e di governance della cooperativa non più rispondente allo spirito mutualistico originario, ma anche dal punto di vista del rapporto e del legame che nel corso degli anni si è venuto a creare tra il mondo economico che ruota intorno, in particolare modo, alle grandi cooperative e il mondo della politica; dirigenti delle cooperative che entrano in politica o ex politici rimasti senza occupazione che sono diventati dirigenti delle cooperative e/o delle organizzazioni della Lega coop o Confcooperative: il caso più recente e vistoso è, ad esempio, quello dell'attuale presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, assunta come direttore di LegaCoop Umbria nel 2007, dopo aver fatto il sindaco di Todi e la dirigente dell'Anci, prima di essere eletta al Parlamento europeo e attualmente in aspettativa da Legacoop;
è evidente che questa permeabilità delle classi dirigenti tra due ambiti che dovrebbero rimanere separati rappresenta una questione economica ma anche democratica, di trasparenza ed imparzialità della amministrazione e delle istituzioni assai rilevante, poiché tale legame può dar vita, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, a fenomeni di «conflitto d'interessi» con dirigenti e management che hanno ricoperto e ricoprono tuttora incarichi istituzionali;
anche nel settore pubblico e, in particolare, negli enti locali e nelle aziende sanitarie locali, da diversi anni si ricorre all'appalto esterno, principalmente da parte degli enti locali, dove a causa di tagli di bilancio o di vincoli come il patto di stabilità e del blocco del turn over, molti servizi che prima erano svolti da uffici pubblici con proprio personale dipendente, ad esempio i lavori di pulizia e manutenzione del verde pubblico, ed anche la manutenzione dei sistemi informatici o il lavoro di segreteria o anche i servizi di portierato e vigilanza, sono affidati a personale esterno;
inoltre, l'attuale normativa riserva loro particolari trattamenti e agevolazioni, senza che, a fronte delle mutazioni in atto, vi sia un conseguente adeguamento nelle tutele e nella verifica delle effettive condizioni mutualistiche;
proprio sul fronte dei controlli, essi appaiono inadeguati ed insufficienti: basti pensare che la vigilanza sulle stesse cooperative se associate è affidata direttamente alle stesse Legacoop, Aggi e Confcooperative;
secondo quanto si apprende da www.ilfattoquotidiano.it del 10 maggio 2016, «Le ispezioni sulle cooperative effettuate dal Ministero dello sviluppo economico nel biennio 2015-2016 coprono una percentuale del 63 per cento. Nel 2015, in conseguenza dell'abbattimento delle risorse, sono state effettuate solo 5 mila revisioni, dato che non copre neanche il 10 per cento». A spiegarlo è Simonetta Moleti, direttore generale della direzione per la vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni commissariali del Ministero dello sviluppo economico, in audizione davanti alla Commissione industria, commercio, turismo del Senato della Repubblica. Altro che «ispezioni straordinarie» promesse dall'ex Ministro Federica Guidi all'indomani dell'inchiesta «mafia capitale». Nel dicembre 2014, quando ha emanato il decreto con gli stati di previsione della spesa degli altri Ministeri, il Ministero dell'economia e delle finanze ha quasi azzerato in un colpo solo le somme a disposizione del Ministero dello sviluppo economico per formare e pagare revisori e ispettori e versare il dovuto ai commissari liquidatori delle cooperative rimaste senza denaro in cassa. «Il numero delle ispezioni effettuate dal ministero è passato dalle 20 mila del biennio 2009-2010 alle 33 mila del biennio 2011-2012, alle 36 mila del biennio 2013-2014». Poi il crollo del 2015, con il numero di controlli che è sceso a quota 5 mila. Anche se, riferisce Moleti, «nel 2016 la situazione è un po’ migliorata ritornando ai livelli dei bienni precedenti, dal momento che lo stanziamento dovrebbe arrivare intorno a 6,5 milioni di euro e sicuramente non superare il 50 per cento del versato dalle cooperative»;
inoltre, le grandi cooperative possono avvalersi – di fatto – anche di forme di raccolta di denaro e finanziamento attraverso la possibilità di concedere l'apertura di un «libretto di prestito sociale» da parte degli aderenti, che non sempre appaiono adeguatamente informati sui rischi derivanti dal versare i loro risparmi sui libretti delle coop (si vedano, in particolare, «Le mosse di Bankitalia per tutelare soci Coop» in www.intermediachannel.it del 28 novembre 2015, «Scoppia il caso delle Coop: a rischio 12 miliardi di euro» – Il Giornale 22 dicembre 2015 e, da ultimo, la trasmissione televisiva di Report «La Banca sei tu?» – Rai 3, 8 maggio 2016);
si assiste persino, in alcuni casi, a situazioni poco chiare, come quelle legate a cooperative che dichiarano fallimento alla fine di ogni anno, per poi ricostituirsi cambiando denominazione e sede sociale;
è nota anche l'inchiesta e il processo tuttora in corso su iniziativa della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma che ha smascherato un giro di malaffare che coinvolgeva seriamente cooperative sociali che da anni collaboravano con il comune;
parrebbe pertanto opportuno, a distanza di molti anni dagli ultimi interventi legislativi in materia, soffermarsi su un'attenta analisi rispetto al sistema cooperativistico, ponendo l'attenzione sulla necessità di garantire la tutela dei diritti dei lavoratori del settore, oltre che un'accurata analisi relativa alle ipotesi di violazione del regime di concorrenza tra le aziende,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative normative volte a prevedere un idoneo regime di incompatibilità tra incarico politico-istituzionale e carica di amministratore e/o dirigente di società cooperativa o consorzio di cooperative, al fine di elidere rapporti tra il mondo economico-cooperativo e il mondo politico, in modo tale da evitare conflitti di interesse e garantire che l'assegnazione di servizi, somministrazioni o appalti con le pubbliche amministrazioni risponda a requisiti di trasparenza e piena tutela dell'interesse pubblico;
2) ad assumere iniziative normative volte ad eliminare il criterio del massimo ribasso per l'aggiudicazione degli appalti pubblici, introducendo un sistema di qualificazione delle imprese cooperative che privilegi le cooperative virtuose che garantiscono il rispetto delle normative contrattuali e trattamenti retributivi e contributivi dei dipendenti analoghi a quelli previsti per i dipendenti delle altre imprese, al fine di garantire che le società cooperative affidatarie di servizi, opere o prestazioni pubbliche rispondano ai requisiti di trasparenza contabile e trattamento retributivo dei lavoratori conforme alla Costituzione ed effettivamente anche ai requisiti della normativa sulla cooperazione;
3) a intraprendere iniziative normative volte a limitare drasticamente il ricorso da parte delle cooperative alla raccolta di denaro attraverso il cosiddetto «prestito sociale», prevedendo controlli adeguati e la fissazione di stringenti parametri di liquidità, di solidità finanziaria, di trasparenza, di informazione e di pubblicità dei bilanci e degli investimenti da parte delle cooperative a favore del socio aderente al prestito;
4) ad adottare ogni iniziativa normativa diretta a rafforzare la tutela dei lavoratori soci di cooperativa dal punto di vista contrattuale, retributivo e normativo;
5) ad assumere ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché siano riconosciuti ai soci lavoratori di cooperativa i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale del medesimo settore, attraverso specifiche determinazioni da inserire ope legis negli statuti delle cooperative medesime;
6) ad adottare le opportune iniziative normative finalizzate a rendere «esclusivo» lo spirito mutualistico delle cooperative, anche rafforzando la partecipazione dei soci ai processi decisionali delle loro imprese, fornendo adeguati strumenti di protezione contro gli atti e i comportamenti degli amministratori che danneggiano la cooperativa o i soci stessi violando la finalità mutualistica della società;
7) a porre in essere tutte le possibili iniziative, anche normative, finalizzate a rafforzare l'accertamento, la vigilanza e il controllo in ordine al rispetto del requisito della mutualità delle cooperative, ponendo competenze di intervento ed accertamento delle caratteristiche mutualistiche in capo ai competenti servizi territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e non più del Ministero dello sviluppo economico, con la previsione di idonee sanzioni, risorse finanziarie adeguate e sufficienti per le ispezioni e i controlli e provvedimenti di commissariamento o scioglimento a fronte di palesi irregolarità, ed estendendo tale attività di vigilanza e controllo anche nei confronti degli enti cooperativi aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza;
8) ad agire sul piano della prevenzione e del contrasto agli abusi della pratica delle «esternalizzazioni» aziendali della manodopera connessi con l'impiego negli appalti nei vari settori (dal sociale alla logistica), assumendo ogni iniziativa utile per equiparare il trattamento contrattuale e retributivo dei lavoratori impiegati negli appalti a quello applicato ai dipendenti dell'impresa committente.
(1-01309) «Ciprini, Tripiedi, Cominardi, Chimienti, Lombardi, Dall'Osso, Gallinella, Castelli, Frusone, Cozzolino, Terzoni».
La Camera
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative normative volte a prevedere un idoneo regime di incompatibilità tra incarico politico-istituzionale e carica di amministratore e/o dirigente di società cooperativa o consorzio di cooperative, al fine di elidere rapporti tra il mondo economico-cooperativo e il mondo politico, in modo tale da evitare conflitti di interesse e garantire che l'assegnazione di servizi, somministrazioni o appalti con le pubbliche amministrazioni risponda a requisiti di trasparenza e piena tutela dell'interesse pubblico;
2) ad assumere iniziative normative volte ad eliminare il criterio del massimo ribasso per l'aggiudicazione degli appalti pubblici, introducendo un sistema di qualificazione delle imprese cooperative che privilegi le cooperative virtuose che garantiscono il rispetto delle normative contrattuali e trattamenti retributivi e contributivi dei dipendenti analoghi a quelli previsti per i dipendenti delle altre imprese, al fine di garantire che le società cooperative affidatarie di servizi, opere o prestazioni pubbliche rispondano ai requisiti di trasparenza contabile e trattamento retributivo dei lavoratori conforme alla Costituzione ed effettivamente anche ai requisiti della normativa sulla cooperazione;
3) a intraprendere iniziative normative nelle cooperative che fanno ricorso al «prestito sociale», prevedendo controlli adeguati e la fissazione di stringenti parametri di liquidità, di solidità finanziaria, di trasparenza, di informazione e di pubblicità dei bilanci e degli investimenti da parte delle cooperative a favore del socio aderente;
4) ad adottare ogni iniziativa normativa diretta a rafforzare la tutela dei lavoratori soci di cooperativa dal punto di vista contrattuale, retributivo e normativo;
5) ad assumere ogni iniziativa, anche di natura normativa, affinché siano riconosciuti ai soci lavoratori di cooperativa i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale del medesimo settore, attraverso specifiche determinazioni da inserire ope legis negli statuti delle cooperative medesime;
6) ad adottare le opportune iniziative normative finalizzate a rendere maggiormente incisivo lo spirito mutualistico delle cooperative, anche rafforzando la partecipazione dei soci ai processi decisionali delle loro imprese, fornendo adeguati strumenti di protezione contro gli atti e i comportamenti degli amministratori che danneggiano la cooperativa o i soci stessi violando la finalità mutualistica della società;
7) a porre in essere tutte le possibili iniziative, anche normative, finalizzate a rafforzare l'accertamento, la vigilanza e il controllo in ordine al rispetto del requisito della mutualità delle cooperative, ottimizzando le sanzioni, prevedendo risorse finanziarie adeguate e sufficienti per le ispezioni e i controlli e provvedimenti di commissariamento o scioglimento a fronte di palesi irregolarità, e rafforzando l'attività ispettiva anche nei confronti degli enti cooperativi aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza;
8) ad agire sul piano della prevenzione e del contrasto agli abusi della pratica delle «esternalizzazioni» aziendali della manodopera connessi con l'impiego negli appalti nei vari settori (dal sociale alla logistica).
(1-01309)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Ciprini, Tripiedi, Cominardi, Chimienti, Lombardi, Dall'Osso, Gallinella, Castelli, Frusone, Cozzolino, Terzoni».
La Camera,
premesso che:
il primo comma dell'articolo 45 della Costituzione sancisce che «la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata», demandando poi al legislatore di promuoverne e favorirne l'incremento con i mezzi più idonei, assicurandone altresì, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità;
le cooperative, dunque, sono nate con l'obiettivo nobile di assorbire il gap di intervento statale sulle questioni di impatto sociale, in risposta a bisogni economici intessuti di elementi valoriali come la solidarietà e la collettività;
è indubbio però che nel tempo tale funzione si è persa ed il complesso sistema delle cooperative, così come è strutturato oggi, è in palese contraddizione con il richiamato principio costituzionale;
innanzitutto si assiste sempre più a episodi in cui l'azienda madre perde completamente cognizione del proprio ciclo di esternalizzazione, senza alcun monitoraggio ai fini delle commesse e dei pagamenti stipendiali, a danno ultimo dei lavoratori impiegati;
di non minor peso è il contorno di malaffare, illegalità e dilagante corruzione che oramai caratterizza il mondo delle cooperative, le quali, ricorrendo a manodopera a basso costo e privando chi lavora dei propri diritti e delle proprie tutele, di fatto si conformano fortemente al principio della libera concorrenza tra operatori economici;
soprattutto nelle attività relative ai servizi di logistica, dal facchinaggio ai traslochi, è frequente l'emergere di cooperative fittizie o di fenomeni di caporalato; inoltre, le cooperative, godendo di sgravi fiscali ed aliquote contributive ridotte, elargiscono ai propri dipendenti o ai soci lavoratori paghe più basse in deroga ai contratti collettivi di categoria, creando fenomeni di dumping;
l'utilizzo del modello cooperativo quale strumento per realizzare business a scopi criminali è divenuto peraltro esponenziale con riguardo al sistema di accoglienza e assistenza migranti e presunti profughi. In proposito, si ricorda che operano attualmente le cooperative sociali che, a seguito di gara, gestiscono i centri di accoglienza governativi, centri di identificazione ed espulsione (CIE), centri di assistenza richiedenti asili (CARA), centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA), centri di accoglienza (CDA), cui devono aggiungersi le cooperative sociali impegnate nella gestione dei centri di accoglienza temporanei, delle quali neanche il Ministero dell'interno è in grado di fornire il numero esatto, come risulta dalla risposta al question-time n. 3-01368;
le diverse inchieste giudiziarie, a partire da quella relativa al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo e passando per quella di «mafia capitale», sono la riprova delle dimensioni del fenomeno di commistione tra il malaffare e le cooperative;
se, dunque è opportuno e doveroso preservare l'azione delle cooperative vere che, rispondendo allo spirito mutualistico originario, collaborano fattivamente per il bene comune, è altrettanto opportuno e doveroso intervenire con forza sulle false cooperative, quelle «spurie», quelle che sfruttando in modo strumentale le agevolazioni fiscali previste a legislazione vigente, agiscono a danno dei diritti e della dignità dei lavoratori al solo scopo di lucrare;
si rammenta, all'uopo, che in sede di esame alla Camera della legge 29 ottobre 2016, n. 199, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/4008/46 della Lega Nord in cui si impegnava «ad intensificare i controlli e a porre in essere azioni di contrasto delle cosiddette false cooperative o cooperative spurie»;
i dati del Ministero del lavoro in materia di vigilanza sulle cooperative spurie relativi al primo trimestre 2016 registrano che su 934 cooperative ispezionate, 470 sono risultate irregolari, cioè oltre il 50 per cento il che evidenzia che le misure finora messe in campo, come l'osservatorio nazionale delle cooperative ed il numero di ispezioni effettuate, siano inadeguate e insufficienti a contrastare il fenomeno;
si stanno, inoltre, moltiplicando sul territorio iniziative di cooperative gestite interamente o quasi da immigrati, in settori anche molto diversi tra loro, che acuiscono il rischio di lavorazioni al di sotto degli standard di sicurezza e qualità imposti, nonché quello dell'evasione fiscale relativamente agli obblighi di versamento dell'iva;
nel giugno 2015, in risposta ad un altro question time in Assemblea della Lega Nord n. 3-01549, il Ministro Poletti informava che «il Ministero dello sviluppo economico, che è competente in materia, ha reso noto che nei giorni scorsi è stato oggetto di diramazione alla Presidenza del Consiglio lo schema del disegno di legge annuale in tema di PMI che presenta una sezione dedicata proprio alla riforma del sistema della vigilanza cooperativa e al contrasto delle cooperative spurie. Il piano, quindi, potrà formare oggetto a breve dell'attenzione e dell'intervento del Parlamento»; di tale piano ad oggi non si ha notizia,
impegna il Governo:
1) ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza per riformare la vigente disciplina sul funzionamento delle cooperative, al fine di rimediare alle distorsioni di mercato ed alla concorrenza sleale operata da quelle «spurie» provvedendo a:
a) individuare, in maniera esplicita e chiara, criteri certi per l'assegnazione delle gare pubbliche e modalità di monitoraggio per l'accertamento del rispetto di standard qualitativi e quantitativi;
b) garantire l'allineamento retributivo dei dipendenti delle cooperative ai dipendenti di aziende dello stesso settore;
c) rivedere, eliminandoli, vantaggi fiscali e contributivi che stanno alla base della scelta del modello cooperativo «spurio»;
d) prevedere, con riguardo alla pratica delle «esternalizzazioni» aziendali della manodopera connesse con l'impiego negli appalti nei vari settori, operazioni di monitoraggio in relazione alle commesse e alle erogazioni dei trattamenti stipendiali;
2) ad assumere iniziative normative volte ad introdurre l'obbligo di prestazione, da parte delle cooperative con titolari o soci che siano cittadini non comunitari, di una garanzia fideiussoria, bancaria o assicurativa, ovvero la previsione di un deposito cauzionale, in favore dell'Agenzia delle entrate, per un importo non inferiore a 10.000 euro;
3) a promuovere misure atte a restringere il ricorso da parte delle cooperative alla raccolta di denaro attraverso il cosiddetto «prestito sociale», prevedendo adeguati controlli e la definizione di vincolanti parametri di liquidità, di solidità finanziaria, di trasparenza, di informazione e di pubblicità dei bilanci e degli investimenti da parte delle cooperative a favore del socio aderente al prestito;
4) a dare seguito in tempi rapidi all'impegno assunto con l'accoglimento dell'ordine del giorno citato in premessa, intensificando ispezioni e controlli e disponendo provvedimenti di commissariamento o scioglimento a fronte di palesi irregolarità, nonché assumendo iniziative per estendere tale attività di vigilanza e controllo anche nei confronti degli enti cooperativi aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza.
(1-01421) «Simonetti, Guidesi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
la cooperativa è una forma d'impresa ideale per più persone che si uniscono con la finalità di dare vita ad un'attività economica o imprenditoriale in qualsiasi settore e ha come base lo scopo mutualistico di favorire i propri soci garantendone sicurezza e vantaggi e, al tempo stesso, trasmettendo principi di solidarietà socialmente utili alla comunità;
lo spirito della cooperativa è affermato dalla Costituzione italiana che, all'articolo 45, recita «la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità»;
esistono due tipi di cooperative: di tipo A e di tipo B. Alle prime compete la gestione di servizi sanitari socio-sanitari ed educativi e alle seconde lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Va ricordato che le cooperative di produzione e lavoro e cooperative sociali, per la loro forma giuridica di esercizio o di un servizio offerto godono di particolari agevolazioni fiscali gode di diverse forme di finanziamento a livello nazionale e locale oltre ad alcune agevolazioni fiscali;
le cooperative sociali hanno avuto un notevole sviluppo soprattutto negli ultimi anni, quando gli enti locali, soprattutto i comuni, avendo sempre maggiori difficoltà finanziarie, sono stati costretti o hanno deciso autonomamente di affidare all'esterno alcuni servizi;
spesso i servizi alle cooperative sociali vengono affidati senza l'effettuazione di alcuna gara, consentendo all'ente affidatario un notevole risparmio nei costi da sostenere. Purtroppo, si assiste perfino a lesione del principio della libera concorrenza e della trasparenza fra le aziende, poiché responsabili di cooperative corrispondono illecite somme a funzionari o ad amministratori locali per poter ottenere l'erogazione di determinati servizi, ciò a discapito del vero scopo mutualistico delle cooperative e della legalità;
sarebbe dunque necessario che gli enti locali affidatari di servizi alle cooperative sociali non si occupino solo dei costi economici che devono sopportare, ma anche delle condizioni dei lavoratori utilizzati dalle cooperative stesse, della regolarità delle procedure e della qualità dei servizi richiesti, in considerazione del fatto che per la sua natura non speculativa, la cooperativa sociale o di lavoro dovrebbe garantire servizi di tutela del posto di lavoro e della sua qualità;
tuttavia, la cronaca ha portato più volte alla luce diverse realtà di cooperative che utilizzano la norma giuridica esclusivamente per ottenere vantaggi fiscali e sfruttare le persone che figurano come «soci» ma in realtà non sono altro che lavoratori dipendenti senza diritti;
le «false» cooperative godono della possibilità di sfruttare il socio – quasi sempre titolare di quote insignificanti –, per mezzo di retribuzioni insufficienti, mancanza di copertura assicurativa in caso di malattia e nessun contributo Inps che invece spetterebbe per la tipologia contrattuale «naturale» dovuta a chi lavora con queste modalità;
le tipologie di contratto e la forma giuridica delle cooperative negli ultimi anni ha permesso ad alcune grandi aziende di eludere agli adempimenti retributivi/previdenziali previsti per i lavoratori dipendenti, creando o affidando di proposito, il lavoro mediante le cooperative;
proprio perché il sistema delle cooperative è poco controllato e mal regolamentato si assiste a imprese e aziende che approfittano della possibilità di acquisire benefici fiscali a discapito del socio lavoratore;
nell'ambito di cooperative agricole, i soci-lavoratori impiegati sono quasi sempre immigrati sottoposti allo sfruttamento e al ricatto del permesso di soggiorno;
nelle cooperative sociali invece sono circa 170.000 gli operatori che si occupano dell'assistenza ad anziani e disabili, di disagio sociale e di integrazione scolastica; tuttavia, in moltissimi casi ai soci lavoratori non vengono riconosciuti i diritti di qualsiasi altro lavoratore sfiorando lo sfruttamento delle risorse umane;
purtroppo, il fenomeno dello sfruttamento e delle «false» cooperative ha radici più profonde e ampie. Le cooperative sociali si sono trasformate nel tempo in strumenti del processo di privatizzazione ed esternalizzazione della sanità e dei servizi sociali pubblici;
le leggi e le normative di sostegno allo sviluppo del settore e di regolamentazione dei contratti di servizio tra cooperative ed enti pubblici (legge 381 del 1991 e legge 328 del 2000) e (legge 142 del 2001) riforma del socio lavoratore, non garantiscono l'applicazione del diritto del lavoratore e inoltre spesso offrono opportunità di interessi diretti per gli amministratori: dalla gestione del settore cooperativo alla spartizione tra aree politiche delle commesse pubbliche, appalti e clientele;
infatti, la cronaca rammenta di «false» cooperative sociali – che dovrebbero avere lo scopo naturale di reinserimento delle persone svantaggiate – operanti nel Lazio, con fatturazioni annue da centinaia di milioni di euro e che con il loro potere e scambio di interessi politici, gestivano il business degli immigrati, centri per minori non accompagnati, asili umanitari, fino ad arrivare ai consorzi di raccolta differenziata;
i soci delle cooperative sono molto spesso esautorati di ogni potere effettivo, poiché la gestione è assunta esclusivamente dagli amministratori o dai presidenti, molto spesso figure con incarichi politici o «politicamente» ben inseriti;
tuttavia, con la crisi occupazionale che vive il nostro Paese, molto spesso le cooperative sono l'unica speranza occupazionale di giovani, donne e immigrati, costretti ad accettare salari sotto pagati e condizioni contrattuali al ribasso;
sono circa ottantamila le cooperative italiane, soltanto quarantatremila aderiscono alle principali sigle riconosciute, ma molte di queste non hanno nulla a che fare con le finalità mutualistiche, risultando coinvolte piuttosto in lavoro nero, evasione e concorrenza sleale,
impegna il Governo:
1) a valutare di promuovere l'avvio di un nuovo modello salariale che tenga conto della retribuzione dei soci appartenenti alle cooperative equiparati al lavoratore-dipendente, anche al fine di garantire la sicurezza nel luoghi di lavoro e i diritti spettanti ai lavoratori interessati;
2) a valutare l'istituzione di un «albo pubblico delle cooperative» ove vi si possano iscrivere soltanto le aziende che risultino in regola con gli obblighi di legge, al fine di rispettare i requisiti dettati dall'articolo 45 della Costituzione, quindi con fini mutualistici;
3) a individuare le modalità e le procedure per avviare un programma di accertamenti finalizzati a revisioni e ispezioni al fine di garantire maggiori controlli e misure più incisive per contrastare il fenomeno delle «false» cooperative che utilizzano strumentalmente la forma giuridica della cooperazione perseguendo finalità estranee a quelle mutualistiche e sfruttando inoltre i soci lavoratori;
4) a valutare l'adozione di nuove iniziative normative che consentano progetti finalizzati allo sviluppo di cooperative sociali per la gestione dei beni confiscati alla mafia.
(1-01422) «Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Artini, Bechis, Baldassarre, Segoni, Turco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera
impegna il Governo:
1) a valutare di promuovere l'avvio di un nuovo modello salariale che tenga conto della retribuzione dei soci appartenenti alle cooperative equiparati al lavoratore-dipendente, anche al fine di garantire la sicurezza nel luoghi di lavoro e i diritti spettanti ai lavoratori interessati;
2) a individuare le modalità e le procedure per avviare un programma di accertamenti finalizzati a revisioni e ispezioni al fine di garantire maggiori controlli e misure più incisive per contrastare il fenomeno delle «false» cooperative che utilizzano strumentalmente la forma giuridica della cooperazione perseguendo finalità estranee a quelle mutualistiche e sfruttando inoltre i soci lavoratori;
3) a valutare l'adozione di nuove iniziative normative che consentano progetti finalizzati allo sviluppo di cooperative sociali per la gestione dei beni confiscati alla mafia.
(1-01422)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Artini, Bechis, Baldassarre, Segoni, Turco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
il valore sociale della cooperazione ha trovato riconoscimento nella Costituzione Repubblicana, nella quale risulta fondamentale la tutela dei diritti sociali e il ruolo di rilievo delle classi lavoratrici nella vita politica e sociale della nazione. In questo senso, l'articolo 1 recita che «L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro», ed in questo contesto si inseriscono il riconoscimento del valore sociale della cooperazione e il dovere da parte dello Stato di promuoverne e favorirne l'incremento, assicurandone il carattere e la finalità; come espresso nell'articolo 45: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità»;
il significato della cooperazione non ha solo un fondamento di carattere sociale, bensì rappresenta una realtà fondamentale per l'economia italiana: il modello cooperativo rivela la sua efficacia sia in grandi aziende (leader nei settori della distribuzione, delle costruzioni, assicurativo/finanziario e agro-alimentare) che in piccole imprese, diffuse su tutto il territorio nazionale e operanti nei mercati più disparati (dalla pesca all'agricoltura, dal turismo all'editoria, dallo spettacolo ai servizi sociali e sanitari, dal terziario più avanzato al manifatturiero innovativo);
la cooperazione in Italia non ha un percorso caratterizzato dall'egemonia di un particolare modello, ma mostra capacità di radicamento in tutti i settori economici, rappresentando in tal modo il tratto distintivo che ha portato all'evoluzione della cooperazione in Italia, permettendo la costruzione di reti d'imprese e di sinergie fra i vari settori;
le cooperative sociali A, sono impegnate nella produzione di servizi socio-assistenziali, socio-sanitari ed educativi, con un fatturato di quasi 9 miliardi di euro. Fondi che arrivano in prevalenza dagli appalti pubblici, confermando un ruolo sempre più incisivo di queste imprese come gestori di welfare. Secondo alcune stime, almeno la metà dei servizi citati oggi è gestito dalle cooperative;
le cooperative sociali B sono meno numerose, circa tremila, e fatturano circa due miliardi di euro. Operano in tutti i settori produttivi, ma hanno l'obbligo di assumere almeno il 30 per cento dei lavoratori tra le persone svantaggiate;
dai dati Euricse, risulta che l'economia cooperativa italiana, cioè l'insieme di cooperative consorzi e alte società a controllo cooperativo hanno chiuso il 2014 con un valore aggiunto di 31 miliardi di euro, pari al 2,1 per cento del totale nazionale e al 2,7 per cento del valore aggiunto generato dal settore privato italiano, e 1.362.000 posizioni lavorative attive nel mese di dicembre, pari ad oltre 900 mila lavoratori a tempo pieno, di cui il 79,2 per cento a tempo indeterminato, e al 14 per cento delle posizioni lavorative di tutte le imprese private extra-agricole. Valori che salgono però in modo deciso se oltre al contributo diretto si considerano anche gli effetti sulle economia dei soci e sulle imprese non cooperative: il valore aggiunto sale a oltre 98 miliardi di euro, pari al 6,8 per cento del prodotto nazionale lordo e le posizioni lavorative a tempo pieno superano i 2 milioni, raggiungendo quasi il 9 per cento del totale nazionale;
negli anni 2007-2014, nel pieno della crisi che ha caratterizzato l'economia del nostro Paese, hanno incrementato l'occupazione del 6,1 per cento e il loro contributo al bilancio dello Stato, per carichi contributivi e fiscali, si è incrementato del 22 per cento (mentre quello delle società per azioni si è ridotto del 2,1 per cento e quello delle società a responsabilità limitata è cresciuto solo del 2,5 per cento) le cooperative hanno attraversato la crisi trattenendo ed accrescendo il lavoro e riducendo i margini prodotti;
l'universo delle cooperative è censito da un Albo, istituito nel 2003, gestito dal Ministero dello sviluppo economico, in cui sono registrate oltre 112.000 società cooperative, di cui 40.000 aderenti alle associazioni nazionali riconosciute, oltre 57,000 non associate e circa 8.700 sono operanti nei territori delle regioni Sicilia, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e della Valle d'Aosta. Complessivamente, le cooperative effettivamente operanti, ovvero con l'esclusione di tutte quelle sottoposte a procedure di natura liquidatoria, sono 74.099;
in questo quadro, va rilevato come il peso delle cooperative associate, numericamente incidenti per il 44 per cento, rappresenti l'82 per cento del fatturato complessivo del comparto e il 64 per cento dei lavoratori diretti occupati;
oggi, il sistema cooperativo italiano è caratterizzato da importanti operazioni di fusione e rafforzamento delle strutture societarie e da un rinnovato impegno nella lotta alle cooperative «spurie», ovverosia quelle imprese che si camuffano da cooperative solo per godere del particolare regime fiscale che al movimento cooperativo viene riconosciuto. Il 1o gennaio di quest'anno, in particolare, ha visto l'avvio di Alleanza 3.0, la più grande cooperativa italiana ed europea con oltre 2,7 milioni di soci nata dalla fusione di Coop Adriatica, Consumatori Nordest e Coop Estense che si ripropone di ripercorrere i valori cardine dell'originaria cooperazione mutualistica e democratica con particolare riguardo per la valorizzazione del territorio dei centri minori e per la vicinanza al consumatore;
nel mese di ottobre dello scorso anno, l'Associazione delle cooperative italiane (ACI) ha sottoscritto il «Manifesto per un'economia pulita» nel quale, tra i più significativi princìpi e obiettivi espressi, è stato indicato quello di «Un'economia in cui concorrenza leale, burocrazia semplificata e efficiente, creatività e crescita per tutti siano realtà; in cui il benessere della comunità sia il vero fine ultimo del fare impresa (...). Un mercato in cui non ci sia posto per le false imprese: quelle che non rispettano le regole, esercitano concorrenza sleale e umiliano il valore del lavoro delle persone. Le imprese efficienti non sono solo un luogo di lavoro, rappresentano un volano per la crescita degli individui e delle comunità in cui sono inserite. La buona impresa aiuta a superare disuguaglianze ed emarginazione, promuove dignità e senso civico»;
tale impegno è stato seguito dalla campagna «Stop alle false cooperative» e la raccolta di 100.000 firme per la legge di iniziativa popolare contro tale fenomeno, indicando quattro priorità:
a) la cancellazione dall'albo delle cooperative e la conseguente perdita della qualifica di cooperativa, per le imprese che non siano state sottoposte alle revisioni/ispezioni;
b) la definizione di un programma di revisioni, in via prioritaria, per quelle cooperative che non siano state sottoposte da lungo tempo alle revisioni o alle ispezioni, così come per le cooperative appartenenti ai settori più a rischio;
c) la tempestiva comunicazione dello scioglimento delle cooperative all'Agenzia delle entrate per contrastare il fenomeno di cooperative che nascono e cessano l'attività nel giro di pochi mesi accumulando debiti nei confronti dell'Erario;
d) la creazione di una cabina di regia al Ministero dello sviluppo economico che coordini i soggetti chiamati a vigilare sulle cooperative evitando sovrapposizioni e duplicazioni di adempimenti attraverso intese che consentano di coordinare revisori provenienti anche da altre amministrazioni;
come noto, dal 2001 la competenza in materia di vigilanza sul sistema cooperativo è stata trasferita dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali al Ministero dello sviluppo economico che la esplica avvalendosi di personale proprio e, tramite convenzione, di personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Agenzia delle entrate, per un totale di 1073 revisori, impegnati nelle attività ispettive sulle società cooperative non associate. Sulle cooperative aderenti alle associazioni nazionali vigilano 3.675 revisori delle medesime associazioni;
l'attività di ispezione ministeriale è stata parzialmente condizionata delle riduzioni delle risorse di bilancio destinate al finanziamento di tale funzione, nonché dall'incertezza nella loro erogazione, tanto che nel 2015, rispetto ai 15 milioni di euro versati dalle cooperative con il relativo contributo, l'assegnazione è scesa a soli 1,2 milioni di euro, con un riallineamento ai livelli degli anni precedenti avvenuta solo con l'assestamento di bilancio e con effettiva disponibilità solo dal mese di ottobre;
anche alla luce di tali dati contabili, appare auspicabile un profondo intervento, anche di carattere normativo, finalizzato al miglioramento delle condizioni di esercizio delle attività ispettive, attraverso la massima collaborazione tra le diverse amministrazioni che, a diverso titolo, dispongono di banche dati e che svolgono attività di supporto con il mondo imprenditoriale cooperativo – a cominciare dalle camere di commercio – e con il sistema delle centrali cooperative, nonché una revisione delle medesime procedure ispettive, avvalendosi delle potenzialità informatiche e della condivisione delle banche dati o, ancora, introducendo la possibilità di adempiere ad alcuni obblighi comunicativi attraverso il ricorso all'autocertificazione;
sempre nello spirito di rafforzare gli strumenti di contrasto delle cooperative «spurie», sembrerebbe opportuna una revisione della disciplina in materia di governance, con l'obiettivo di rafforzare la partecipazione dei soci ai processi decisionali delle loro imprese, anche per fornire loro gli adeguati strumenti volti a rimuovere gli amministratori che, attraverso comportamenti illegittimi o non autentici sotto il profilo mutualistico, danneggiano la cooperativa e i soci stessi, introducendo, in ogni caso, limiti alla possibilità di rinnovo delle cariche apicali,
impegna il Governo
1) ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate:
a) a raccordare i soggetti pubblici deputati a svolgere il controllo mutualistico nei confronti delle cooperative;
b) a costituire appositi organismi paritetici con le associazioni cooperative nazionali per il coordinamento delle attività ispettive e la messa a punto di appositi protocolli operativi;
c) a definire programmi di revisioni che abbiano per oggetto prioritario le cooperative che non siano state sottoposte da lungo tempo alle revisioni o alle ispezioni, così come le cooperative appartenenti ai settori più a rischio;
d) a riprendere e rilanciare lo strumento dell'autocertificazione o, ancora meglio, della «dichiarazione sostitutiva», attualmente disciplinata dall'articolo 6 del citato decreto legislativo n. 220 del 2002, al fine di arricchire sul piano normativo le notizie da riportare nella dichiarazione sostitutiva, inserendo voci coerenti con l'obiettivo di identificare le false cooperative;
e) a modernizzare le metodologie ispettive attraverso procedure informatizzate e la condivisione delle banche dati al fine di favorire la costruzione delle basi informative a supporto dei processi-revisionali;
f) a verificare la congruità, alla luce dell'evoluzione del fenomeno cooperativo, dei requisiti dimensionali per la costituzione delle associazioni, escludendo la possibilità della pluri-iscrizione della medesima società cooperativa a più organizzazioni associative della cooperazione, come previsto dalla disciplina adottata in Trentino-Alto Adige;
g) a rafforzare la partecipazione dei soci ai processi decisionali delle loro imprese, anche per fornire loro gli adeguati strumenti volti a garantire il ricambio degli amministratori, anche attraverso la fissazione di limiti per gli incarichi di vertice;
h) ad assicurare la regolarità dell'erogazione delle risorse finanziarie necessarie per la gestione delle attività ispettive del Ministero dello sviluppo economico, valutando la possibilità di un loro incremento in linea con quanto versato dalle società cooperative con l'apposito tributo.
(1-01426) «Benamati, Pizzolante, Palladino, Pastorelli, Gnecchi, Arlotti, Bargero, Basso, Becattini, Bini, Camani, Cani, Donati, Ginefra, Iacono, Impegno, Martella, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Taranto, Tentori, Vico, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Di Salvo, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rostellato, Rotta, Simoni, Tinagli, Zappulla».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
il movimento cooperativo in Italia si sviluppa, nella seconda metà del 1800, su iniziativa delle formazioni di ispirazione mazziniana liberale e repubblicana, le quali intravedono nello strumento cooperativo, anche sulla base delle esperienze europee, una valida alternativa al conflitto di classe e un momento di crescita ed emancipazione di tutti i lavoratori;
successivamente, la cooperazione diventa patrimonio delle due altre grandi culture politiche del XIX e del XX secolo, quella cattolica e quella socialistica, che hanno permeato con i loro ideali la nascita della Repubblica italiana;
la costituzione italiana oggi oggetto di un profondo tentativo di revisione che, per molti versi, va oltre lo spirito con il quale cattolici, laici e socialisti confrontarono all'interno dell'Assemblea costituente, votando riforme condivise nell'interesse del Paese, riconosce all'articolo 45, «la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata», aggiungendo che «la legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità»;
è soprattutto nella prima cooperazione che si realizzano, anche in assenza di un adeguato intervento normativo in attuazione dell'articolo 46 della Costituzione, alcune esperienze di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende;
nel secondo dopoguerra la cooperazione ha contribuito molto significativamente alla crescita morale, sociale ed economica del Paese, tanto che adesso il valore aggiunto è stimato in circa 98 miliardi di euro, poco meno del 7 per cento del prodotto interno lordo, con quasi due milioni di occupati;
nello stesso periodo, però, si è anche assistito ad un progressivo allentarsi dei princìpi della democrazia e della mutualità; da una parte, si sono create grandi concentrazioni di potere finanziario, ma anche politico e di capacità di indirizzare le scelte della pubblica amministrazione, non sempre con mezzi leciti, nelle quali soprattutto i soci lavoratori non incidono sulle strategie aziendali, e, dall'altra, sono sorte le cosiddette cooperative «spurie», che, sfruttando le maglie larghe della legge, operano con il chiaro intento di eludere la normativa fiscale e giuslavorista;
dal Rapporto annuale dell'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale del 2015 emerge con chiarezza la diffusione delle irregolarità, sia per le cooperative associate alle associazioni di categoria, sia per quelle non associate;
su 3.622 cooperative ispezionate nel 2015, le irregolari fra quelle associate sono state 540 (pari al 42 per cento del totale delle 1.282 cooperative associate ispezionate); la percentuale sale al 56,5 per cento per le non associate (le irregolari ammontano a 1.323 unità su un totale di 2.340). 14.335 sono i lavoratori irregolari, di cui 1.178 totalmente in nero. Sotto il profilo contributivo ed assicurativo, sono stati recuperati quasi 48 milioni di euro;
sussiste la necessità di garantire il rispetto dei principi di democrazia e di mutualità, propri della cooperazione, nonché il rispetto della normativa fiscale e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, al fine di evitare situazioni di concorrenza sleale e di sfruttamento della manodopera non in linea con il dettato costituzionale e con le norme del codice civile;
se richiamano la proposta di legge di iniziativa popolare contro il fenomeno delle cooperative «spurie» e i disegni di legge di revisione del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, in discussione al Senato,
impegna il Governo:
1) a rafforzare gli strumenti di vigilanza affinché sia contrastato ogni forma di abuso della disciplina della cooperazione, improntata sui principi di democrazia e mutualità;
2) a sostenere l'attività ispettiva, attraverso la condivisione delle banche dati e tenendo conto di alcuni fattori, quali la presentazione di bilanci sistematicamente in perdita, il numero effettivo dei soci e il loro coinvolgimento, l'eventuale regime di monocommittenza e la governance formata da un amministratore unico;
3) ad assumere iniziative per contrastare, anche normativamente, il fenomeno della assegnazione degli appalti con il criterio del massimo ribasso fonte, a sua volta, di grave pregiudizio per il lavoratore, che viene sottopagato, e per la stessa utenza, che rischia di non avere un servizio qualitativamente e quantitativamente adeguato;
4) ad assumere iniziative per introdurre norme per una migliore definizione delle incompatibilità dei ruoli di governance della cooperativa ed elettivi negli enti di governo ad ogni livello, compresi gli enti del servizio sanitario nazionale;
5) a valorizzare la cooperazione quale elemento di crescita del welfare e dell'assistenza alla categorie sociali più disagiate, assicurando a tal proposito un regolare flusso dei corrispettivi economici per la produzione di beni e servizi per la pubblica amministrazione e la collettività;
6) a favorire, attraverso la cooperazione, l'inclusione sociale delle persone e dei lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, ai sensi del regolamento (UE) 651/2014 della Commissione europea del 17 giugno 2014;
7) ad operare affinché, con il contributo delle cooperative dei settori interessati, in particolare agroalimentare ed edile, sia debellata la piaga del caporalato;
8) a dare attuazione all'articolo 46 della Costituzione, rafforzando l'elemento della partecipazione dei soci lavoratori alla gestione della cooperativa.
(1-01430) «Polverini, Occhiuto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
il Codice civile definisce le società cooperative quali «società a capitale variabile con scopo mutualistico», elemento prevalente nell'individuazione della forma societaria e che le ricollega al dettato dell'articolo 45 della Costituzione, laddove la stessa riconosce «la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata»;
i capisaldi del sistema cooperativo sono i principi di mutualità, solidarietà e democrazia e il loro principale elemento distintivo si riassume nel fatto che, mentre il fine ultimo delle società di capitali è la realizzazione del lucro e si concretizza nel riparto degli utili patrimoniali, lo scopo mutualistico che guida le cooperative consiste, a seconda del tipo di cooperativa, nell'assicurare ai soci il lavoro, o beni di consumo, o servizi, a condizioni migliori di quelle che otterrebbero dal libero mercato;
negli ultimi decenni, in Italia, le cooperative sociali hanno assunto un ruolo di rilievo tra le organizzazioni impegnate nel fornire prestazioni di interesse collettivo, e rappresentano, oggi, una componente significativa dell'offerta di servizi;
le esigenze di contenimento dei costi che gravano sulle amministrazioni pubbliche centrali e locali, infatti, hanno fatto sì che quote crescenti di servizi fossero esternalizzate, e in questo campo le cooperative hanno assunto un ruolo da protagonisti con la creazione di veri e propri imperi economici che gestiscono centinaia di appalti e fatturano milioni di euro;
le cooperative sociali, inoltre, godono di diverse agevolazioni tributarie sia in tema di imposta sul reddito, sia rispetto all'imposta regionale sulle attività produttive e all'IVA, oltre al complesso delle agevolazioni fiscali che derivano a queste cooperative dal loro essere considerate organizzazioni non lucrative di utilità sociale «di diritto»;
negli ultimi anni si sono susseguiti numerosi scandali che hanno visto in primo piano le attività di alcune cooperative con riferimento all'aggiudicazione e alla gestione di appalti pubblici, rivelando gravi irregolarità ed evidenziando rapporti non sempre trasparenti con esponenti politici e amministratori pubblici;
il legame con il mondo della politica di alcune cooperative appare chiaro anche attraverso il fatto che non di rado esponenti delle seconde passino nelle file di un partito, mentre con altrettanta frequenza politici non più in carica assumono incarichi in cooperative o nelle associazioni che le raccolgono e rappresentano, in base ad un meccanismo che ha formato oggetto di forti critiche da parte delle cooperative che non intendono adottarlo;
già in occasione della presentazione dei dati del 2014 relativi all'attività di Confcooperative, infatti, il Presidente di tale associazione aveva affermato che «il problema non sono i codici etici, ma essere consapevoli del ruolo che si ricopre. La politica rappresenta la politica, le imprese cooperative sono un soggetto economico. Sarebbe meglio evitare qualsiasi tipo di sovrapposizione, comprese quelle che riguardano le persone perché gli andirivieni da una parte all'altra non sono positivi. Su un discorso chiaro di separazione dei ruoli è auspicabile per tutti che si faccia chiarezza»;
alla sovrapposizione di ruoli e persone si aggiunge, inoltre, il fatto che molte cooperative finanziano direttamente partiti politici o addirittura singoli esponenti degli stessi, con elargizioni di importo pari a volte a migliaia e a volte a milioni di euro;
le società cooperative sono attualmente i principali protagonisti della cosiddetta gestione dell'accoglienza vale a dire l'erogazione di tutti i servizi destinati agli immigrati che giungono sul nostro territorio nazionale, a cominciare dalle strutture alloggiative, i pasti e la fornitura di beni di prima necessità;
la vigilanza e il controllo sulle società cooperative è assolta attraverso le cosiddette revisioni ordinarie, che hanno una diversa periodicità a seconda delle caratteristiche e delle dimensioni delle cooperative e che sono affidate alternativamente al Ministero dello sviluppo economico, per quelle cooperative che non aderiscono ad alcuna associazione, o alle associazioni di categoria legalmente riconosciute laddove la cooperativa vi aderisca;
di fatto, quindi, una parte delle cooperative è controllata «in casa», mentre l'altra parte, che dovrebbe essere controllata dal Ministero, non è controllata affatto a causa della carenza dei fondi necessari;
i tagli apportati al relativo capitolo di bilancio, infatti, hanno determinato la sospensione delle attività di controllo a carico del Ministero dello sviluppo economico, tanto che lo stesso Ministero ha parlato di una «situazione di grave criticità» per «l'indisponibilità di risorse di bilancio»;
il crescente ricorso alle cooperative da parte delle pubbliche amministrazioni rispetto ai più diversi settori impone una riflessione sulle modalità atte a garantire nel modo migliore la trasparenza e una corretta gestione finanziaria da parte delle stesse,
impegna il Governo:
1) a disporre lo stanziamento delle somme necessarie per effettuare con la corretta periodicità le revisioni periodiche sulle società cooperative, nel rispetto del dettato normativo;
2) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a prevedere un preciso obbligo di rendicontazione delle somme ricevute in capo a quelle cooperative che si aggiudicano pubblici appalti, con specifico riferimento a tutte quelle che operano nel settore dell'accoglienza agli immigrati;
3) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, al fine di impedire il finanziamento di partiti o esponenti politici da parte delle cooperative sociali;
4) ad assumere iniziative per prevedere l'introduzione di un tetto massimo di fatturato per le cooperative che intendano fruire delle agevolazioni fiscali e tributarie previste dalla vigente legislazione in favore di tali società;
5) ad adottare iniziative opportune affinché nei bandi per la gestione dei centri di accoglienza per migranti siano previste specifiche clausole di incompatibilità rispetto all'espletamento, da parte del medesimo ente gestore, di servizi di altra natura;
6) ad assumere le iniziative volte a tutelare i soci lavoratori delle cooperative, equiparandoli ai lavoratori del settore sotto il profilo retributivo e previdenziale.
(1-01432) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera
impegna il Governo:
1) a disporre lo stanziamento delle somme necessarie per effettuare con la corretta periodicità le revisioni periodiche sulle società cooperative, nel rispetto del dettato normativo;
2) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a prevedere un preciso obbligo di rendicontazione delle somme ricevute in capo a quelle cooperative che si aggiudicano pubblici appalti, con specifico riferimento a tutte quelle che operano nel settore dell'accoglienza agli immigrati;
3) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, al fine di impedire il finanziamento di partiti o esponenti politici da parte delle cooperative sociali;
4) ad adottare iniziative opportune affinché nei bandi per la gestione dei centri di accoglienza per migranti siano previste specifiche clausole di incompatibilità rispetto all'espletamento, da parte del medesimo ente gestore, di servizi di altra natura;
5) ad assumere le iniziative volte a tutelare i soci lavoratori delle cooperative, equiparandoli ai lavoratori del settore sotto il profilo retributivo e previdenziale.
(1-01432)
(Testo risultante dalla votazione per parti separate) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
MOZIONI LUPI, ROSATO ED ALTRI N. 1-01419, VARGIU ED ALTRI N. 1-01420, CAPEZZONE ED ALTRI N. 1-01423, MANLIO DI STEFANO ED ALTRI N. 1-01424, SANTERINI ED ALTRI N. 1-01425, GIANLUCA PINI ED ALTRI N. 1-01428, BRUNETTA ED ALTRI N. 1-01429, PALAZZOTTO ED ALTRI N. 1-01431 E ARTINI ED ALTRI N. 1-01433 CONCERNENTI INIZIATIVE IN AMBITO EUROPEO E INTERNAZIONALE IN RELAZIONE ALLA SITUAZIONE IN SIRIA, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'EMERGENZA UMANITARIA E ALLA CONDIZIONE DEI BAMBINI NELLA CITTÀ DI ALEPPO
Mozioni
La Camera,
premesso che:
da oltre 5 anni la Siria vive l'inferno della guerra civile. Nelle guerre civili terrore, ferocia e violenza raggiungono livelli inimmaginabili, in quanto il nemico non è «alle porte», ma in strada. Dei 22 milioni di abitanti che la popolavano 470.000 sono morti (400.000 secondo l'Onu), 11,4 milioni hanno perso la casa, di cui 4,8 si sono rifugiati all'estero e 6,6 sono sfollati. I danni, secondo il Syrian center for policy research ammontano a 250 miliardi di dollari. Il caos è tale che numeri della guerra siriana sono controversi. L'Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione dell'opposizione non radicale in esilio con sede a Londra, documenta che, tra il 20 ottobre 2014 e il 20 ottobre 2016, la sola aviazione governativa siriana ha ucciso 9.708 civili, di cui 2.109 sono minori al di sotto dei 18 anni, 1.397 sono donne al di sopra dei 18 anni e 6.202 uomini. Sono impressionanti anche le stime dei feriti, che sarebbero 54 mila. Si contano più di 69.180 raid, con elicotteri in 24 mesi che hanno sganciato sulla popolazione 37.501 barili bomba;
in tutta la Siria, secondo la recente comunicazione Onu (29 settembre 2016), ci sono almeno 18 località assediate, quasi tutte dalle forze governative appoggiate da Mosca, dove vivono 861 mila persone a cui gli aiuti umanitari arrivano con difficoltà; da quando è terminata la tregua concordata tra Usa e Russia dal 22 al 28 settembre 2016 sono stati uccisi 320 civili, tra cui 100 bambini, 96 dei quali ad Aleppo;
dal mese di aprile 2016, la guerra civile ha avuto come epicentro la città di Aleppo, che è divenuta luogo di scontro tra le forze filogovernative, appoggiate dai russi, e i ribelli delle diverse fazioni più o meno moderate, che si ritrovano a condividere il campo di battaglia urbano con i miliziani dell'Isis. Dei 2,3 milioni di abitanti del 2011, 1,5 milioni vivono nella parte occidentale della città, controllata dalle truppe di Assad, tra 250.000 e 300.000 sono intrappolati nella zona est, teatro di scontri e bombardamenti brutali, i restanti 600.000 sono morti o fuggiti;
Aleppo, che prima della guerra era la città più vivace, aperta, ricca, acculturata, tollerante, produttiva della Siria e del Medio Oriente, ha subito gli effetti dei più pesanti scontri armati e bombardamenti del conflitto siriano. La parte vecchia di Aleppo, le cui origini risalgono a circa 5.000 anni fa, considerata patrimonio culturale dell'umanità dall'Unesco, ha subito danni gravissimi, che includono la quasi totale distruzione della Grande Moschea della città, l'abbattimento del minareto risalente all'VIII secolo e danni anche all'antico suq, il caratteristico dedalo di vie mercantili, risalente al Medioevo;
in questa tragedia il dramma più grave è vissuto dai bambini: l'Unicef parla di due milioni e mezzo di minori rifugiati nei Paesi confinanti con la Siria. Uno su tre, non ha mai conosciuto altro che la guerra. 150 mila sono quelli nati come rifugiati, nei campi, sulle barche, nei centri di accoglienza d'Europa. Secondo l'Unicef sono seimila le scuole distrutte in Siria;
il grosso dei rifugiati siriani si è riversato sostanzialmente in tre Paesi: Libano, Giordania e Turchia. Nella fascia meridionale della Turchia vivono ufficialmente oltre 3 milioni di siriani. I primi sono arrivati poco dopo lo scoppio della rivoluzione anti-Assad, nel 2012, il grosso è entrato tra il 2013 e il 2015. Ora le frontiere sono chiuse e il Governo turco sta ultimando la costruzione di un muro lungo circa 200 chilometri per sigillare il territorio, contro l'immigrazione clandestina e la penetrazione di jihadisti del califfato. Campi e muro sono gli effetti pratici dell'accordo sul controllo dei rifugiati e dell'immigrazione tra Unione europea in Turchia; il 20 giugno 2016 l'esercito turco ha sparato su un gruppo di siriani che voleva entrare: 11 morti di cui 4 bambini;
nel limbo libanese i numeri si confondono e si sovrappongono. 1,4 milioni sarebbero i siriani ufficialmente registrati come rifugiati, ma altre centinaia di migliaia sarebbero i siriani privi di documenti ufficiali presenti nel Paese, per un totale di quasi due milioni di rifugiati in un Paese di poco più di 4 milioni di abitanti. Il dato che segnala l'Unicef riguardo alla popolazione minorenne è impressionante: 1,4 milioni di bambini «vulnerabili», «a rischio di esclusione e sfruttamento», contando 800 mila rifugiati siriani, 470 mila libanesi, 130 mila palestinesi. Per la gran parte concentrati nella Bekaa, che era già la regione più derelitta del Paese. I bambini siriani sono quelli nelle peggiori condizioni: legalmente non esistono perché spesso non sono stati registrati alla nascita (almeno 50 mila nel 2015 secondo l'Unhcr). I genitori ufficialmente non si trovano in Libano e non possono muoversi assediati dai check-point e dalla paura di essere scoperti. L'Unicef col finanziamento dell'Unione europea (114,45 milioni di euro nel triennio 2013-16) e l'aiuto di organizzazioni non governative locali tiene aperti i centri di soccorso: ma fuori dalle strutture protette, per racimolare denaro e andare avanti si usano anche i bambini. I dossier scrivono di matrimoni precoci per un'adolescente siriana su cinque, se non di più;
la Giordania, con una popolazione di 6,5 milioni, ospita 650 mila profughi siriani e denuncia di non ricevere abbastanza aiuti per l'emergenza. Le cifre sono ben lontane dai 3 miliardi di euro ricevuti dalla Turchia per i suoi 2,5 milioni di profughi; se la situazione nei campi vicino alla capitale è soddisfacente, il campo profughi di Rukban, il primo passo verso la salvezza fino a qualche mese fa, è diventato una trappola. La Giordania ha sigillato l'area, circa mille chilometri quadrati, dopo l'attacco al suo posto di frontiera di Rukban, il 21 giugno 2016: 7 le guardie uccise. Secondo fonti non confermate i terroristi hanno usato un camion che serviva a portare aiuti umanitari, imbottito di tritolo, e hanno ingannato i soldati. Attraverso le immagini satellitari è stata confermata l'esistenza centinaia di sepolture in mezzo alle tende e ai rifugi improvvisati. In cinque mesi è arrivato al campo un solo convoglio con cibo e medicinali, ai primi di agosto 2016; l'Unione europea ha deciso recentemente di fornire alla Giordania assistenza finanziaria con un prestito a medio termine per un importo massimo di 200 milioni di euro, finalizzata a coprire il fabbisogno residuo di finanziamento esterno del Paese per il periodo 2016-2017, che la Commissione europea ha quantificato, in base alle stime del Fondo monetario internazionale, in circa 3,2 miliardi di dollari;
il 9 maggio 2011, con la decisione 2011/273/Pesc del Consiglio, l'Unione europea, senza l'avallo del Consiglio di sicurezza delle Nazione Unite, ha dato il via alle misure restrittive nei confronti della Siria; l'embargo, più volte riconfermato, sta silenziosamente strangolando il Paese. Un nemico insidioso, di cui si parla troppo poco, ma che produce pesantissime conseguenze sulla vita quotidiana; scarseggiano i generi alimentari di prima necessità, ogni giorno diventa più difficile procurarsi le materie prime per le fabbriche, la benzina per i trasporti, il gasolio per il riscaldamento nelle case, le medicine, i pezzi di ricambio per i macchinari. Negli ospedali l'attività viene rallentata dalla scarsità del materiale sanitario o dall'impossibilità di riparare le attrezzature medicali. Oggi, di fatto, milioni di siriani combattono ogni giorno la guerra contro malnutrizione, malattie, povertà e disoccupazione, che sono le conseguenze indotte dallo strangolamento a cui il Paese è stato sottoposto a causa dell'embargo; il 27 maggio 2016 un comunicato dell'Unione europea ha informato che il Consiglio d'Europa ha deciso di rinnovare le sanzioni alla Siria in scadenza il 1o giugno 2016; il 24 agosto 2016 i tre patriarchi cristiani di Damasco, Giovanni X Yazigi, patriarca della chiesa greco-ortodossa di Antiochia, Gregorio III Laham, patriarca cattolico greco-melchita e mar Ignatius Aphrem II, patriarca siro-ortodosso, hanno lanciato un appello alla comunità internazionale e a tutte le nazioni coinvolte chiedendo di cancellare le sanzioni internazionali che «ostacolano l'ingresso e la distribuzione di cibo e di aiuti», «fermare l'assedio al popolo siriano» e permettere al Paese e ai suoi cittadini di «vivere in modo dignitoso», godendo dei «diritti di base come nel resto del mondo»;
in questo quadro, per raccontare il dramma dei bambini siriani e, in particolare, di quelli di Aleppo, basta semplicemente elencare gli eventi succedutisi nel solo 2016:
a) 11 gennaio: un raid russo contro il villaggio di Anjara, a ovest di Aleppo, causa la morte di 17 civili, tra cui 8 bambini che si trovavano a scuola. Il Cremlino nega di aver colpito la scuola;
b) 8 febbraio: giunge notizia che 11 bambini sono morti annegati nell'ultimo naufragio al largo delle coste turche. Dal 2 settembre 2015, giorno della morte di Aylan Kurdi, all'8 febbraio 2016 376 bambini sono morti nell'attraversamento dell'Egeo secondo Unicef. Aylan aveva 3 anni e scappava dalla guerra in Siria con la sua famiglia. Venivano da Aleppo. Avevano provato a chiedere un visto per il Canada, per poter raggiungere i parenti. Ma il visto gli era stato negato. Un testimone ha raccontato le ultime parole di Aylan, prima che la barca si ribaltasse: «Papà, ti prego, non morire»;
c) 29 aprile: Medici senza frontiere denuncia i bombardamenti che da giorni funestano la città di Aleppo; a Sukkari, una struttura gestita da Medici senza frontiere è stata colpita dai caccia del regime di Damasco, con l'uccisione di almeno 50 persone, tra le quali 2 medici e numerosi bambini. Che gli ospedali siano obiettivi dei raid, sia da parte dell'esercito di Damasco, ma anche dell'Isis e dell'ex Fronte al Nusra (la cui denominazione attuale è Jabhat Fateh al Sham, dopo la formale rottura a luglio 2016 dei rapporti con Al Qaeda), lo conferma per l'ennesima volta Medici senza frontiere. Dall'inizio della guerra al 7 ottobre 2016 nella zona est di Aleppo ci sono stati almeno 23 attacchi documentati e solo 8 ospedali sono ancora attivi. Le 2 principali strutture medico-chirurgiche sono state danneggiate 5 volte ciascuna. Dalle zone devastate le organizzazioni umanitarie insistono: vengono metodicamente attaccati ospedali, ambulanze, cliniche di fortuna, scuole, strutture comunitarie, abitazioni civili, condotte idriche, depositi di cibo. Non rimangono che pochi medici in città: il 50 per cento è fuggito, il resto è stato decimato. Secondo Medici senza frontiere ci sono solo 35 medici nella zona est di Aleppo e solo 7 di loro sono in grado di effettuare interventi chirurgici su feriti di guerra. Le organizzazioni mediche ad Aleppo riferiscono che gli attacchi doppi (cosiddetti double-tap) accadono regolarmente. Appena le équipe di soccorso raggiungono l'area colpita, gli aerei da combattimento attaccano lo stesso luogo per la seconda volta. Dopo la tragedia del 29 aprile 2016, nei quartieri nelle mani dei rivoltosi è stata abolita la preghiera del venerdì, perché ormai anche le moschee gremite di fedeli sono diventate bersagli ideali, come lo sono le lunghe code dei civili in attesa di poter acquistare il pane davanti ai forni della città;
d) 16 maggio: la Commissione sociale ed economica delle Nazioni Unite per l'Asia Occidentale (ESCWA) ha pubblicato uno studio sull'impatto umanitario delle sanzioni unilaterali applicate da Usa e Unione europea sulla Siria («Study on humanitarian impact of Syria-related unilateral restrictive measures»). Tali sanzioni prevedono forti restrizioni sia sui contatti tra banche occidentali e istituzioni finanziarie siriane sia sull'esportazione verso la Siria di materiali cosiddetti dual-use, ovvero utilizzabili sia in ambito civile sia per la produzione di armamenti. Lo studio sottolinea come le forti e complesse sanzioni applicate sul regime siriano abbiano effetti collaterali notevoli sulla distribuzione di aiuti umanitari e sulla realizzazione di progetti a sostegno della popolazione civile da parte delle numerose organizzazioni internazionali presenti sul territorio, incluse le Nazioni Unite. In particolare, lo studio sottolinea il fatto che sulla carta sia le sanzioni europee sia quelle americane prevedono la possibilità di deroga per permettere flussi finanziari e importazione di materiali per uso umanitario, ma il framework legale in cui tali eccezioni possono essere applicate risulta nella maggior parte dei casi estremamente complesso, comportando gravi ritardi, notevoli costi aggiuntivi e in molti casi la totale impossibilità di portare a termine le attività umanitarie. Lo studio include, perciò, un elenco di possibili interventi volti a migliorare il framework legale delle sanzioni, in modo da rendere possibile le attività umanitarie e allo stesso tempo mantenere la dovuta pressione sul regime siriano;
e) 10 agosto: il portavoce dell'Unicef Christophe Boulierac denuncia che nei quartieri orientali 100 mila bambini «sono costretti a bere acqua contaminata», perché non è possibile raggiungerli neanche con le autobotti, che riescono invece a rifornire la zona occidentale. L'Onu chiede una tregua umanitaria «di almeno 48 ore» per ripristinare l'elettricità e gli acquedotti. La situazione si ripete il 23 settembre 2016: gli attacchi governativi hanno danneggiato la centrale di pompaggio dell'acqua di Bab al-Nayrab che fornisce acqua alle 300 mila persone intrappolate nella parte orientale della città. Per ritorsione, la centrale di Suleì-man al-Halabi, che si trova a est, è stata bloccata dai ribelli e così anche un milione e mezzo di civili nella parte occidentale della città sono senz'acqua;
f) 18 agosto: le immagini di Omran Daqnish salvato dalle macerie della sua casa distrutta da un bombardamento e messo su un'ambulanza da un volontario della Syria civil defense fanno il giro del mondo. Un mese dopo, Omran va a scuola, sempre ad Aleppo. Il padre ha rifiutato l'asilo offerto da Turchia e Germania. Nell'attacco, la famiglia ha perso il figlio maggiore, Ali, 10 anni, morto tre giorni dopo in ospedale. I Daqnish (che sono sunniti) ritengono quanto accaduto una volontà di Dio. La famiglia rifiuta di essere intervistata e di far apparire Omran dopo quella tragica sera;
g) 19 settembre: nel pieno della tregua, proclamata il 12 settembre 2016, viene bombardato e distrutto in gran parte un importante convoglio che portava aiuti sufficienti per 78 mila persone. 12 i morti. Le foto satellitari disponibili indicano che l'attacco è stato condotto dal cielo e di notte. La Gran Bretagna accusa l'aviazione russa. Alcune settimane dopo la Russia accusa l'aviazione del Belgio, provocando una forte tensione diplomatica tra i due Paesi;
h) 21 e 25 settembre: si riunisce il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite convocato d'urgenza su richiesta di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Mercoledì 21 settembre 2016 il Segretario di Stato americano Kerry e il Ministro degli esteri russo Lavrov si rinfacciano reciprocamente la responsabilità di aver violato la tregua. Il 25 settembre 2016 Samantha Power, ambasciatrice americana all'Onu, dichiara: «L'azione della Russia in Siria è barbarie, non anti-terrorismo. Invece di perseguire la pace in Siria, Mosca e Assad fanno la guerra, con 150 attacchi nelle ultime 72 ore». Tutti i membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu, tranne la Cina, sono più o meno direttamente coinvolti sul terreno: il conflitto siriano, oltre a essere una guerra per procura tra l'Iran e le potenze sunnite, è una sorta di guerra mondiale in pectore;
i) 28 settembre: il vescovo della Chiesa presbiteriana di Aleppo, una delle 11 confessioni cristiane della città, denunzia che i cristiani di Aleppo sono passati in cinque anni «da 130 mila a 35 mila, meno del 3 per cento della popolazione: uccisi o costretti a fuggire, è pulizia etnica (...) Nelle nostre scuole ci sono 850 allievi, oltre il 90 per cento sono musulmani». Lo stesso accade nelle scuole gestite dai francescani o dai salesiani. Il vero problema, è la provocazione del vescovo Ibrahim Nussayr, è che «Europa e America non sono più Paesi cristiani, altrimenti non si spiega tanta indifferenza». «La Siria ha dato sette papi alla Chiesa. Qui sono nate tante confessioni, come quella maronita. Senza la Siria non ci sarebbe stato il cristianesimo»; lo stesso giorno Sua Santità, durante un'udienza papale di fronte a 25 mila fedeli, afferma che «i responsabili dei bombardamenti daranno conto a Dio»; il 9 ottobre 2016 Papa Francesco annunzia, come primo nome in elenco dei futuri nuovi cardinali, quello di monsignor Mario Zenari, attuale nunzio apostolico a Damasco, che «rimane nell'amata e martoriata Siria»;
j) 29 settembre: «Un genocidio di bambini». È questa la definizione del massacro di Aleppo data dal portavoce italiano dell'Unicef, Andrea Iacomini. 96 bambini morti in 7 giorni e 223 feriti. Iacomini sottolinea che le Nazioni Unite hanno smesso di contare i bambini uccisi nel 2013, quando erano circa 11 mila. Oggi le vittime potrebbero essersi quintuplicate rispetto ad allora. Dopo due giorni l'elenco dei bambini vittime ad Aleppo si allunga con altri 20 nomi; il 6 ottobre 2016 Jan Egeland, consigliere Onu per gli aiuti umanitari, denunzia che solo nelle ultime due settimane ad Aleppo est sarebbero morte almeno 376 persone, 1.266 i feriti, tra loro per lo più bambini, donne, anziani. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, dal 30 settembre 2015, data di avvio delle operazioni, i raid russi hanno causato la morte di 9.364 persone, 3.804 civili, 2.746 jihadisti dell'Isis e 2.814 membri di diversi gruppi ribelli;
k) 30 settembre: Save the children informa che ad Aleppo orientale rimarranno chiuse anche le scuole sotterranee, a causa delle cosiddette «bombe terremoto» o bombe «anti-bunker», che esplodono solo dopo essere entrate profondamente negli edifici. Ad Aleppo orientale le scuole avrebbero dovuto riaprire per il nuovo anno scolastico il 1o ottobre, ma rimarranno chiuse a causa del feroce attacco a cui continua a essere sottoposta la città, privando di un'educazione quasi 100 mila bambini in età scolare. Il solo rumore delle bombe anti-bunker genera uno stato di terrore e di panico inimmaginabili. Il loro potere di distruzione è immenso, possono demolire rifugi sotterranei e scantinati. Gli edifici colpiti vengono annientati completamente; secondo la Syria civil defence il 17 ottobre 2016 una di queste bombe ha ucciso 14 persone di un'unica famiglia, compresi 8 bambini e 2 donne, in un bombardamento sul quartiere di al-Marja nella parte orientale;
l) dal 23 al 30 settembre gli attacchi sferrati con missili partiti dalla parte est di Aleppo hanno colpito in particolare i quartieri cristiano-armeni. Essi hanno causato la morte di 57 persone (20 bambini, 14 donne e 23 uomini) e il ferimento di altre 167, di cui 37 bambini e 53 donne. Dietro gli attacchi, i miliziani dell'ex Fronte al Nusra, una organizzazione affiliata ad Al Qaeda, ma che secondo le autorità armene della città «prende ordini da Ankara». La comunità armena di Aleppo ha lanciato appelli e richieste di aiuto a tutte le Chiese del mondo, affinché «cessino i bombardamenti contro i civili innocenti in ambedue le parti della città»;
m) 2 ottobre: con uno stanziamento di 25 milioni di euro, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Federica Mogherini, e il Commissario europeo per gli aiuti umanitari, Christos Stylianides, lanciano un'iniziativa europea per Aleppo, con lo scopo di facilitare la consegna urgente nei quartieri orientali degli aiuti necessari per salvare le vite dei civili e di accogliere in Europa i malati, le cui cure non sono disponibili nella regione. L'iniziativa, appoggiata dal Governo italiano, prevede che un convoglio si muova dalla parte ovest a quella est di Aleppo, prelevando da scorte rese possibili anche dai finanziamenti di risposta di emergenza dell'Unione europea, per dare aiuto fino a un massimo di 130 mila persone;
n) il 6 ottobre: Aiuto alla Chiesa che soffre, fondazione nata nel 1947 per sostenere la Chiesa in tutto il mondo, lancia l'iniziativa «Peace for the children», tramite la quale un milione di bambini, siriani e non, hanno sottoscritto una petizione da inviare alla Unione europea e all'Onu per chiedere la pace. Come ambasciatori dei bambini siriani, dal 10 al 13 ottobre 2016 il patriarca greco-ortodosso Giovanni X, il siriaco-ortodosso Ignatio Aphrem II e il cattolico melchita Gregorio III si sono recati a Bruxelles e Ginevra per consegnare ai rappresentanti di Unione europea e Onu la petizione e con esse i disegni dei bambini di Aleppo e di tutta la Siria; il 18 ottobre 2016 un milione di bambini di tutto il mondo pregano per la pace in Siria;
o) 11 ottobre: l'Osservatorio siriano per i diritti umani denuncia la morte di 25 persone, tra le quali 5 minori e donne, durante i bombardamenti degli aerei russi nella parte orientale della città di Aleppo; due giorni dopo (fonti Onu) i morti sono saliti a circa 150 e i raid aerei a 50; uno dei raid ha colpito il mercato di Bustan Qasr, nella parte di Aleppo controllata dai ribelli, uccidendo, secondo l'Osservatorio, 40 persone;
p) 12 ottobre: Sua Santità, al termine di un'udienza generale, rinnova l'appello già pronunciato il 7 agosto «affinché si provveda a un immediato cessate il fuoco in Siria», «terra amata e martoriata», «rispettato almeno per il tempo necessario a consentire l'evacuazione dei civili, soprattutto dei bambini, che sono ancora intrappolati sotto i bombardamenti»; l'appello è ripreso dai Ministri degli esteri di Italia, Francia e Germania;
q) 13 ottobre: alcuni razzi lanciati dal settore orientale di Aleppo hanno raggiunto il quartiere a maggioranza cristiana di Sulaymaniyah nella zona ovest e hanno colpito una scuola, uccidendo almeno quattro bambini; secondo il vicario apostolico latino di Aleppo, monsignor Georges Abou Khazen, i media occidentali «continuano a parlare e denunciare solo le violenze che avvengono ad Aleppo est»; nello stesso giorno il Governo siriano, secondo quanto riferito dal vice inviato speciale dell'Onu per la Siria, dà luce verde ai convogli Onu per distribuire gli aiuti in 25 delle 29 aree assediate in Siria: sono esclusi i quartieri orientali di Aleppo controllati dai ribelli;
r) 17 ottobre: l'Osservatorio siriano per i diritti umani denuncia che i raid aerei e i bombardamenti di artiglieria nelle ultime 24 ore sui quartieri orientali di Aleppo hanno provocato almeno 50 morti, compresi 18 minori e 8 donne; nello stesso giorno le forze armate russe denunciano che nel mese di settembre 2016 oltre 130 bambini sono morti negli attacchi dei miliziani ad Aleppo ovest; questi attacchi, secondo i russi, hanno «un carattere sistemico» contro le strutture di interesse sociale (scuole, moschee, mercati);
s) 20 ottobre: inizia una tregua durante la quale sia l'aviazione russa sia le truppe siriane dichiarano di rispettare il cessate il fuoco. Su richiesta dell'Onu e delle organizzazioni umanitarie, la tregua viene prolungata dalle 11 ore iniziali a 3 giorni, mentre per 4 giorni i bombardamenti saranno sospesi per 11 ore al giorno. I raid aerei, peraltro, cessano dalla mattina del 18 ottobre 2016. Obiettivo della tregua è quello di consentire l'esodo di civili verso la parte occidentale e favorire l'abbandono di Aleppo da parte delle milizie ribelli. L'iniziativa ripete quanto già accaduto in altre parti della Siria: negli stessi giorni il Governo siriano consente l'evacuazione dalla cittadina di Muadhamia al Sham, nella provincia di Damasco, di 620 combattenti ribelli e delle loro famiglie sotto assedio nella zona da mesi. I ribelli hanno potuto in sicurezza lasciare la zona e spostarsi in un'area in mano all'opposizione. Ad Aleppo, nei volantini lanciati da elicotteri del Governo siriano vengono evidenziate 6 strade per i civili e 2 strade per i ribelli che vogliono lasciare la città per recarsi in aree della periferia controllate dall'opposizione; viceversa accade che i combattenti dell'ex Fronte al Nusra, dopo aver respinto la proposta, minacciano di giustiziare chiunque tenti di fuggire e impediscono ai civili di uscire dalle aree controllate, sparando loro. Con riferimento alle proposte russo siriane, la Coalizione nazionale delle forze di opposizione siriana e l'Esercito libero siriano contestano all'Onu di «fare il gioco del regime di Assad che vuole svuotare Aleppo dai suoi abitanti»; già il 12 ottobre 2016 il Presidente russo Putin aveva dichiarato che le formazioni di ribelli vicine ad Al Qaeda utilizzano i civili di Aleppo est come scudi umani. Il 22 ottobre 2016 il Ministero degli esteri russo accusa i miliziani ad Aleppo di non aver permesso la consegna degli aiuti umanitari o il deflusso dei civili dalle aree della città nelle loro mani; pochissimi civili vengono evacuati, soprattutto feriti gravi. Peraltro, l'utilizzo dei civili come scudi umani o l'installazione di postazioni militari nei pressi di luoghi in cui si concentrano i civili (scuole, ospedali, mercati, moschee) è prassi corrente sia dell'Isis, che delle formazioni armate dei gruppi musulmani radicali, come dimostrano le notizie provenienti da Mosul o le modalità operative di Hamas durante l'ultima intifada;
t) 22 ottobre: Save the children denunzia che dal 23 settembre 2016 sono 136 i bambini morti e altri 387 quelli rimasti feriti a causa dell'esplosione di bombe a grappolo ad Aleppo est. Secondo il Centro di documentazione delle violazioni dei diritti umani in Siria, dal 10 settembre al 10 ottobre 2016 sarebbero circa 137 gli attacchi con bombe a grappolo, con un incremento del 791 per cento rispetto alla media degli 8 mesi precedenti. Le bombe a grappolo solitamente sganciate dagli aerei o sparate da mezzi di terra spargono una miriade di bombe più piccole che sono in grado di colpire un'area grande come un campo da calcio. L'impatto delle bombe a grappolo sui corpi dei bambini può essere devastante: una bomba di piccole dimensioni che colpisce a distanza ravvicinata può causare gravi fratture ossee, provocare la cecità o addirittura mutilarlo gravemente;
u) 23 ottobre: riprendono i combattimenti ad Aleppo; diverse organizzazioni umanitarie, come il Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) e l'Osservatorio siriano per i diritti umani, denunziano il fallimento del principale obiettivo della tregua: l'evacuazione dei feriti, dei malati e delle famiglie che avevano intenzione di allontanarsi dall'epicentro dei combattimenti; lo stato maggiore russo riferisce che la parte occidentale di Aleppo è stata bombardata 52 volte dai militanti durante i 3 giorni della tregua; 14 persone sono state uccise e 50 sono rimaste ferite. I ribelli avrebbero attaccato, per 15 volte, anche i corridoi umanitari;
v) 24 e 25 ottobre: i nuovi gruppi di profughi siriani giungono in Italia in modo legale e sicuro con in tasca un visto umanitario rilasciato dall'ambasciata italiana di Beirut. Sono salite, quindi, a 400 le persone, tra cui numerosi bambini, che beneficiano del progetto-pilota dei «corridoi umanitari» promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Tavola valdese e Comunità di Sant'Egidio;
w) 26 ottobre: il Ministro della difesa russo, sottolineato che su Aleppo non ci sono raid aerei dal 18 ottobre 2016, si dichiara pronto a una nuova tregua umanitaria se si riceveranno garanzie dalle organizzazioni internazionali che verranno evacuati malati, feriti e civili; nello stesso giorno un raid aereo contro una scuola nella provincia di Idlib, sotto il controllo dell'ex Fronte al Nusra, uccide 35 civili, tra cui 11 bambini; l'Osservatorio siriano per i diritti umani lo attribuisce all'aviazione russa; l'Unicef sottolinea che questo attacco è il più grave attacco contro una scuola dall'inizio della guerra civile;
nel mese di ottobre 2016 si acuisce anche la tensione tra le cancellerie occidentali e Mosca:
a) il 7 ottobre il Parlamento russo ratifica (446 voti favorevoli su 446 presenti) il trattato firmato con Assad per la permanenza a tempo indeterminato dei russi nella base aerea di Latakia, che si aggiunge a quella navale di Tartous e all'installazione dei sistemi antiaerei e anti-missile S-400 e S-300; nello stesso giorno il Segretario di Stato americano John Kerry dichiara che i raid di Mosca e Damasco contro la città di Aleppo sono «azioni che richiedono un'inchiesta appropriata per crimini di guerra»; il 14 ottobre 2016 il trattato russo-siriano è ratificato del Presidente Putin;
b) l'8 ottobre la Russia pone il veto in Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite alla bozza di risoluzione presentata dalla Francia (sottoscritta da 40 Paesi, tra cui l'Italia) che chiedeva l'attuazione del cessate il fuoco e l'immediato accesso umanitario nelle aree assediate della città. Dal 2011 è la quinta volta che Mosca blocca con il veto un documento sulla guerra in Siria. Il documento ha ottenuto 11 voti a favore, 2 contrari (incluso il veto della Russia) e 2 astensioni (tra cui la Cina);
c) il 10 ottobre la Francia, per voce del Ministro degli esteri francese Jean Marc Ayrault, avanza la proposta di chiedere alla Corte penale internazionale l'apertura di un'indagine per crimini di guerra in merito ai bombardamenti contro Aleppo; sulla proposta concorda il Segretario generale uscente delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che invita nuovamente il Consiglio di sicurezza dell'Onu a votare una richiesta per consentire alla Corte penale internazionale l'avvio delle indagini per crimini di guerra in Siria. Una precedente richiesta era stata bloccata nel 2014 per il veto posto da Russia e Cina;
d) il 16 ottobre il Segretario di Stato americano John Kerry e il Ministro degli esteri britannico Boris Johnson, riunitisi a Londra, rilanciano la prospettiva di nuove e più dure sanzioni economiche contro Mosca se non cesseranno i raid contro Aleppo;
e) il 21 ottobre, nel vertice europeo a Bruxelles, l'Italia blocca l'ipotesi di nuove sanzioni contro la Russia, propugnate da Francia, Germania e Gran Bretagna. I leader europei «condannano gli attacchi del regime siriano e dei suoi alleati, in particolare la Russia, contro i civili ad Aleppo» e sollecitano «un'immediata cessazione delle ostilità e la ripresa di un processo politico credibile sotto l'egida delle Nazioni Unite»; nello stesso giorno il Consiglio dell'Onu per i diritti umani approva una risoluzione di condanna nei confronti del regime di Bashar al-Assad e della Russia che lo sostiene, in cui si chiede alla Commissione internazionale d'inchiesta sulla Siria di condurre un'indagine speciale sui fatti di Aleppo per identificare i presunti responsabili delle violazioni e degli abusi. La Russia accusa il Consiglio di parzialità;
f) il 22 ottobre la Russia avvia una controffensiva mediatica, accusando di «crimini di guerra» la coalizione occidentale impegnata nella liberazione dell'Iraq dall'Isis; secondo l'esercito russo, «troppo spesso, matrimoni, funerali, ospedali, commissariati di polizia e convogli umanitari finiscono sotto il fuoco della coalizione» anche in aree dove l'Isis non è presente. Il 25 ottobre 2016 il Ministro degli esteri russo Lavrov dichiara che «gli Usa agiscono a Mosul come la Russia ad Aleppo». Inoltre il Ministero della difesa russo (24 ottobre 2016) rende noto che «nelle ultime 24 ore, accordi di tregua sono stati firmati con i rappresentanti dei ribelli di quattro aree a Latakia e Damasco» e che il numero di insediamenti che hanno aderito a un accordo per la cessazione delle ostilità in Siria sale a 840;
l'appello lanciato ad agosto 2016 dal filosofo Bernard Henri Lévy, «l'Europa salvi il suo onore, impedendo la fine di Aleppo», è stato sinora inascoltato. Neppur oggi l'Unione europea, di fronte al disastro che investe anch'essa, intende unirsi nell'azione positiva, nemmeno sotto il profilo economico. A parte l'accordo con la Turchia, le risorse per fare fronte all'emergenza scarseggiano: all'appello, soltanto per il fabbisogno 2016 per Iraq e Siria, mancano quasi 450 milioni di euro. I principali 5 donatori (per il conflitto in Iraq e Siria) sono Germania, Stati Uniti, Giappone, Unione europea e Regno Unito. Con i fondi a disposizione si è riusciti a garantire il fabbisogno di meno della metà (il 33 per cento degli sfollati interni e ad appena il 6 per cento rifugiati siriani);
il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha riproposto il 21 settembre 2016 all'Onu l'applicazione della «responsabilità di proteggere», il principio che implica anche lo strumento bellico in difesa dei più deboli. Lo enunciò Benedetto XVI, intervenendo all'Assemblea generale del Palazzo di vetro nel 2008, quando osservò che se gli Stati non sono in grado di proteggere le proprie popolazioni dalla violazione dei diritti umani, «la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali»;
Migrantes, per voce di monsignor Perego, chiede «una nuova operazione Mare Nostrum» e l'apertura di corridoi umanitari per proteggere e accompagnare almeno le persone più fragili e deboli: le donne, le famiglie con bambini, i minori non accompagnati;
numerosi sono gli atti di indirizzo approvati nel corso della XVII legislatura, in relazione ai quali è necessario verificare le attività poste in essere dal Governo e lo stato di attuazione che riguarda la situazione della Siria, delle popolazioni colpite, dei minori e della città di Aleppo:
a) la mozione n. 1-00178, approvata alla Camera dei deputati l'11 settembre 2013, nella quale si impegnava il Governo pro tempore a portare avanti la riflessione con i partner europei sulle modalità di applicazione delle sanzioni nei confronti della Siria affinché sia più forte la pressione sull'attuale regime e si attenuino invece gli effetti sulla popolazione civile; tema ripreso nel 2016 da almeno due atti di indirizzo (mozione n. 1-01285, risoluzione in Commissione n. 7-01002), in considerazione della palese gravità degli effetti dell'embargo;
b) le risoluzioni approvate alla Camera e al Senato il 3 dicembre 2014, che impegnano il Governo a sostenere l'appello Save Aleppo per Aleppo «città aperta», lanciato dalla Comunità di Sant'Egidio il 22 giugno 2014, sottoscritto da autorità internazionali e premi Nobel, sottoposto al Segretario generale dell'Onu il 7 novembre 2014, con l'obiettivo di salvare gli abitanti della città;
c) le numerose mozioni, approvate alla Camera dei deputati il 6 maggio 2015, sulla situazione del campo profughi di Yarmouk, sobborgo di Damasco, e dei profughi in Libano, col fine di creare corridoi umanitari e programmi di accoglienza, destinati ai bambini di Yarmouk e alle centinaia di minori che sono profughi in Libano;
d) ancora sui profughi in Libano, la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00150, approvata in Commissione affari esteri e comunitari alla Camera dei deputati il 4 novembre 2015, attuativa della raccomandazione (Ue) n. 2015/914, con la quale la Commissione europea invita tutti gli Stati membri a procedere al reinsediamento di almeno 20.000 persone bisognose di protezione internazionale, ovvero minori, donne o anziani nell'arco di due anni, promuovendo la costituzione di un fondo internazionale per la scolarizzazione dei minori rifugiati e assicurando un adeguato livello di finanziamento per i programmi multilaterali e bilaterali di protezione e di assistenza di tutti i profughi in Libano;
e) la risoluzione n. 6-00219, approvata dall'Assemblea della Camera dei deputati il 16 marzo 2016, che impegna il Governo a valutare le reali possibilità di creare zone protette dentro la Siria, dove i siriani possano stare e dove i bambini possano andare a scuola, dando una concreta speranza ai cittadini siriani di poter tentare di vivere una vita quasi normale almeno in alcune parti del loro territorio;
f) le mozioni approvate al Senato della Repubblica il 7 aprile 2016, volte ad attivare misure di tutela dei diritti dell'infanzia nei territori controllati dall'Isis, che prevedono che l'azione del Governo si attivi in sede sia europea che internazionale, al fine di approntare una forte azione per predisporre corridoi umanitari che consentano di mettere in salvo la popolazione civile, in particolare i minori, nei territori interessati dal califfato islamico; inoltre, impegnano il Governo a garantire aiuto e protezione ai minori vittime di violenza e a valutare il ricorso all'affido familiare, quale strumento attraverso il quale il nostro Paese può aiutare i suddetti minori,
impegna il Governo:
1) a rafforzare il proprio impegno sulle questioni esposte in premessa, sia in sede comunitaria, sia presso le sedi internazionali, al fine di raggiungere urgentemente un accordo tra le parti in conflitto nella città di Aleppo volto a consentire:
a) la cessazione dei raid aerei e dei bombardamenti terrestri, in particolare verso gli obiettivi più sensibili, quali scuole, ospedali e mercati;
b) il divieto di utilizzo delle bombe a grappolo, delle bombe anti-bunker e delle barrel bomb;
c) l'apertura di accessi umanitari ad Aleppo, destinati a dare attuazione ai piani dell'Onu per soccorrere la popolazione civile e ad allontanare dal teatro degli scontri, sotto la copertura dell'Onu e con tutte le garanzie necessarie, i civili bisognosi di cure, nonché i minori rimasti privi del sostegno familiare e le famiglie che volontariamente intendano lasciare la parte della città nelle mani degli insorti;
d) lo svolgimento delle attività scolastiche per tutta la popolazione in età scolare che ancora risiede nella città di Aleppo, garantendo la sicurezza degli edifici e la regolarità delle lezioni, al fine di restituire ai bambini una dimensione di vita normale e senza traumi;
2) ad assumere iniziative per contrastare il fenomeno dei matrimoni precoci e forzati che vengono usati in Siria come arma di guerra e di ricatto per diffondere il panico, intimidire e disperdere la popolazione;
3) a utilizzare per le medesime finalità il seggio nel Consiglio di sicurezza che spetta all'Italia dal 1o gennaio 2017, assumendo in tale ambito una posizione volta a favorire un accordo tra le parti in conflitto in Siria e la cessazione delle ostilità;
4) a portare avanti la riflessione, con i partner europei, sulle modalità di applicazione delle sanzioni nei confronti della Siria affinché sia mantenuta e, se necessario, accresciuta la pressione sull'attuale regime, al tempo stesso attenuando e facilitando le attività di tipo umanitario da parte delle organizzazioni umanitarie operanti sul territorio, come indicato dal report «Study on humanitarian impact of Syria-related unilateral restrictive measures» della Commissione sociale ed economica delle Nazioni Unite per l'Asia Occidentale;
5) ad assumere iniziative per rafforzare i corridoi umanitari dalla Siria già in essere, dotandoli di adeguate risorse e ampliandone la sfera di intervento, concentrando gli sforzi in direzione della messa in sicurezza e dell'accoglienza dei minori a rischio nelle aree del conflitto e nei campi profughi, con particolare riferimento ai minori rimasti privi del sostegno familiare e ai nuclei familiari e, in tale ambito, a incrementare la partecipazione ad iniziative internazionali di analogo tenore;
6) in considerazione delle esigenze finanziarie prospettate in premessa, a individuare specifiche risorse destinate al sostentamento e alla messa in sicurezza dei profughi interni e degli sfollati, anche indirizzando parte delle disponibilità destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo e, in tale ambito, ad adoperarsi per il medesimo scopo presso l'Unione europea;
7) a valutare l'opportunità di attivare specifiche campagne di comunicazione istituzionale volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sugli eventi in corso in Siria, anche al fine di risvegliare le coscienze dei cittadini e di favorire l'accoglienza e l'integrazione di coloro che fuggono dall'inferno siro-iracheno.
(1-01419)
(Nuova formulazione) «Lupi, Rosato, Buttiglione, Quartapelle Procopio, Locatelli, Alli, Cicchitto, Manciulli, Nicoletti, Causin, Moscatt, Binetti, Chaouki, Zampa, Marazziti».
La Camera,
premesso che:
da oltre 5 anni la Siria vive un'efferata guerra civile nella quale, secondo le stime dell'Onu, sarebbero rimaste uccise oltre 400.000 persone; 11,4 milioni avrebbero perso la casa, di cui 4,8 rifugiati all'estero e 6,6 sfollati. I danni, secondo il Syrian center for policy research, ammontano a 250 miliardi di dollari. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, tra il 20 ottobre 2014 e il 20 ottobre 2016 la sola aviazione governativa siriana avrebbe ucciso 9.708 civili, di cui 2.109 sono minori al di sotto dei 18 anni, 1.397 sono donne al di sopra dei 18 anni e 6.202 uomini. Sono impressionanti anche le stime dei feriti, che arriverebbero a 54 mila;
dal mese di aprile 2016, la guerra civile ha avuto come epicentro la città di Aleppo, che è divenuta luogo di scontro tra le forze filogovernative e i ribelli delle diverse fazioni che si ritrovano a condividere il campo di battaglia urbano con i miliziani dell'Isis. Dei 2,3 milioni di abitanti del 2011, 1,5 milioni vivono nella parte occidentale della città, controllata dalle truppe di Assad, tra 250.000 e 300.000 sono intrappolati nella zona est, teatro di scontri e bombardamenti brutali, i restanti 600.000 sono morti o fuggiti;
Save the children denunzia che solo in un mese (dal 23 settembre al 22 ottobre 2016) sarebbero circa 136 i bambini morti e altri 387 quelli rimasti feriti a causa dell'esplosione di bombe a grappolo ad Aleppo est. Secondo il Centro di documentazione delle violazioni dei diritti umani in Siria, dal 10 settembre al 10 ottobre 2016 sarebbero circa 137 gli attacchi con bombe a grappolo, con un incremento del 791 per cento rispetto alla media degli 8 mesi precedenti. L'impatto delle bombe a grappolo sui corpi dei bambini è devastante: una bomba di piccole dimensioni che colpisce a distanza ravvicinata causa gravissime fratture ossee, provoca la cecità o mutilazioni permanenti;
l'attuale situazione siriana rappresenta un grave elemento di destabilizzazione per la pace nel mondo, che non può certo essere relegato al rango di episodio locale, ma più ancora rappresenta un'insostenibile sofferenza per la coscienza democratica dell'intero Occidente per la violenza quotidianamente perpetrata nel Paese, devastato da una guerra civile senza confini, le cui conseguenze più pesanti sono pagate dai civili innocenti, dalle donne, dai bambini, con perdita di centinaia di migliaia di vite umane;
a fronte del perdurare della guerra civile in Siria, anche per la complessità del quadro politico interno e della frammentarietà cangiante delle forze in campo nel teatro di confronto siriano, la comunità internazionale stenta a trovare ipotesi di soluzioni di pace, così come appare difficilmente praticabile l'intervento della Corte penale internazionale al fine di individuare e giudicare i responsabili degli efferati «crimini di guerra e contro l'umanità» perpetrati durante gli ultimi cinque anni nel Paese mediorientale;
in Italia, l'associazione radicale Adelaide Aglietta rappresenta un'organizzazione promotrice di sistematiche campagne e mobilitazioni rivolte al perseguimento degli obiettivi di pace e libertà, fondati sulla non violenza;
in questi giorni, l'associazione Adelaide Aglietta ha lanciato una petizione on line rivolta al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle Nazioni Unite, finalizzata a chiedere l'amministrazione controllata e provvisoria dell'Onu in Siria ed il disarmo di tutte le forze presenti in campo, quali pre-condizioni necessarie per il ristabilimento della pace nel Paese mediorientale (https://www.change.org);
tale petizione rappresenta uno strumento politico a disposizione dell'intera comunità del web per agire attraverso la moral suasion sugli organismi internazionali, affinché strutturino una proposta di intervento che offra speranza alla popolazione civile siriana, per poter avviare il Paese ad un lento processo di pacificazione e ricostruzione democratica, che abbia come obiettivo finale libere elezioni;
l'impegno del Governo italiano in direzione analoga a quella indicata dalla petizione dell'associazione Aglietta rappresenterebbe un'auspicabile e chiara presa di posizione del nostro Paese in difesa dei valori della pace, della libertà e della democrazia,
impegna il Governo
1) a farsi promotore di nuove iniziative politico-diplomatiche che vadano nella direzione del ripristino dei valori della pace, della libertà e della democrazia in Siria, anche attraverso un'azione nell'ambito dei preposti organismi internazionali che avanzi l'ipotesi della predisposizione di corridoi umanitari che consentano di mettere in salvo la popolazione civile, in particolare i minori, e dell'istituzione di un'amministrazione controllata e provvisoria delle Nazioni Unite in Siria, sulla base del disarmo di tutte le forze in campo e del ritiro di tutte le compagini militari e della previsione di un periodo di transizione durante il quale sia affidato all'Onu l'incarico di amministrare il Paese, di garantirne la sicurezza, di coordinarne la ricostruzione dell'ordine civile, politico e materiale, nonché di stabilire le condizioni per garantire libere elezioni ai cittadini siriani.
(1-01420)
(Nuova formulazione) «Vargiu, Matarrese, Monchiero, Menorello, Fitzgerald Nissoli, Quintarelli, Fauttilli, Distaso, Dambruoso, Rubinato, Rostellato, Andrea Maestri, Capelli, Oliaro, Galgano, Molea, Bombassei, Caruso, Marazziti».
La Camera,
premesso che:
da oltre 5 anni la Siria vive un'efferata guerra civile nella quale, secondo le stime dell'Onu, sarebbero rimaste uccise oltre 400.000 persone; 11,4 milioni avrebbero perso la casa, di cui 4,8 rifugiati all'estero e 6,6 sfollati. I danni, secondo il Syrian center for policy research, ammontano a 250 miliardi di dollari. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, tra il 20 ottobre 2014 e il 20 ottobre 2016 la sola aviazione governativa siriana avrebbe ucciso 9.708 civili, di cui 2.109 sono minori al di sotto dei 18 anni, 1.397 sono donne al di sopra dei 18 anni e 6.202 uomini. Sono impressionanti anche le stime dei feriti, che arriverebbero a 54 mila;
dal mese di aprile 2016, la guerra civile ha avuto come epicentro la città di Aleppo, che è divenuta luogo di scontro tra le forze filogovernative e i ribelli delle diverse fazioni che si ritrovano a condividere il campo di battaglia urbano con i miliziani dell'Isis. Dei 2,3 milioni di abitanti del 2011, 1,5 milioni vivono nella parte occidentale della città, controllata dalle truppe di Assad, tra 250.000 e 300.000 sono intrappolati nella zona est, teatro di scontri e bombardamenti brutali, i restanti 600.000 sono morti o fuggiti;
Save the children denunzia che solo in un mese (dal 23 settembre al 22 ottobre 2016) sarebbero circa 136 i bambini morti e altri 387 quelli rimasti feriti a causa dell'esplosione di bombe a grappolo ad Aleppo est. Secondo il Centro di documentazione delle violazioni dei diritti umani in Siria, dal 10 settembre al 10 ottobre 2016 sarebbero circa 137 gli attacchi con bombe a grappolo, con un incremento del 791 per cento rispetto alla media degli 8 mesi precedenti. L'impatto delle bombe a grappolo sui corpi dei bambini è devastante: una bomba di piccole dimensioni che colpisce a distanza ravvicinata causa gravissime fratture ossee, provoca la cecità o mutilazioni permanenti;
l'attuale situazione siriana rappresenta un grave elemento di destabilizzazione per la pace nel mondo, che non può certo essere relegato al rango di episodio locale, ma più ancora rappresenta un'insostenibile sofferenza per la coscienza democratica dell'intero Occidente per la violenza quotidianamente perpetrata nel Paese, devastato da una guerra civile senza confini, le cui conseguenze più pesanti sono pagate dai civili innocenti, dalle donne, dai bambini, con perdita di centinaia di migliaia di vite umane;
a fronte del perdurare della guerra civile in Siria, anche per la complessità del quadro politico interno e della frammentarietà cangiante delle forze in campo nel teatro di confronto siriano, la comunità internazionale stenta a trovare ipotesi di soluzioni di pace, così come appare difficilmente praticabile l'intervento della Corte penale internazionale al fine di individuare e giudicare i responsabili degli efferati «crimini di guerra e contro l'umanità» perpetrati durante gli ultimi cinque anni nel Paese mediorientale;
in Italia, l'associazione radicale Adelaide Aglietta rappresenta un'organizzazione promotrice di sistematiche campagne e mobilitazioni rivolte al perseguimento degli obiettivi di pace e libertà, fondati sulla non violenza;
in questi giorni, l'associazione Adelaide Aglietta ha lanciato una petizione on line rivolta al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle Nazioni Unite, finalizzata a chiedere l'amministrazione controllata e provvisoria dell'Onu in Siria ed il disarmo di tutte le forze presenti in campo, quali pre-condizioni necessarie per il ristabilimento della pace nel Paese mediorientale (https://www.change.org);
tale petizione rappresenta uno strumento politico a disposizione dell'intera comunità del web per agire attraverso la moral suasion sugli organismi internazionali, affinché strutturino una proposta di intervento che offra speranza alla popolazione civile siriana, per poter avviare il Paese ad un lento processo di pacificazione e ricostruzione democratica, che abbia come obiettivo finale libere elezioni;
l'impegno del Governo italiano in direzione analoga a quella indicata dalla petizione dell'associazione Aglietta rappresenterebbe un'auspicabile e chiara presa di posizione del nostro Paese in difesa dei valori della pace, della libertà e della democrazia,
impegna il Governo
1) a farsi promotore di nuove iniziative politico-diplomatiche che vadano nella direzione del ripristino dei valori della pace, della libertà e della democrazia in Siria, anche attraverso un'azione nell'ambito dei preposti organismi internazionali che avanzi l'ipotesi della predisposizione di accessi umanitari per prestare urgente soccorso alla popolazione civile, inclusi i minori, permettendo altresì l'evacuazione dei feriti e l'eventuale fuoriuscita dei civili su base volontaria anche attraverso la promozione di un cessate il fuoco in Siria su scala nazionale, affidandone il monitoraggio alle Nazioni Unite, allo scopo di garantirne la sicurezza, di coordinarne la ricostruzione dell'ordine civile, politico e materiale, nonché di stabilire le condizioni per garantire libere elezioni ai cittadini siriani.
(1-01420)
(Nuova formulazione) (Testo modificato nel corso della seduta) «Vargiu, Matarrese, Monchiero, Menorello, Fitzgerald Nissoli, Quintarelli, Fauttilli, Distaso, Dambruoso, Rubinato, Rostellato, Andrea Maestri, Capelli, Oliaro, Galgano, Molea, Bombassei, Caruso, Marazziti».
La Camera,
premesso che:
un numero che ormai supera le 400.000 unità di siriani ha perso la vita in più di cinque anni di conflitto armato iniziato nel marzo 2011 con una serie di proteste antigovernative, scoppiate nella città di Derea dopo l'arresto e le torture subite da alcuni giovani che avevano scritto slogan rivoluzionari e contro il regime sui muri di una scuola. A seguito della brutale repressione operata dalle Forze di sicurezza contro i dimostranti, con decine di morti, moti di protesta si sono diffusi in tutto il Paese, volti ad ottenere le dimissioni del Presidente Assad. Da tali focolai di contestazione la situazione è rapidamente degenerata sfociando in una vera e propria guerra civile su vasta scala. Più di 11 milioni di cittadini siriani sono stati costretti, in questi anni, ad abbandonare le loro città a causa dei combattimenti fra le forze leali al Presidiate Bashar al-Assad e quelle dell'opposizione così come contro quelle delle milite jihadiste del cosiddetto Stato islamico. Di questi quasi 4,8 milioni hanno cercato rifugio all'estero, in particolare in Libano, Giordania e Turchia;
il conflitto, da battaglia fra pro e contro Assad, è andato acquisendo in poco tempo connotati settari, contrapponendo sciiti – la maggiorana dei siriani – a sunniti, la minoranza di cui fa parte la famiglia Assad, che governa il Paese dal 1971 prima con Hafiz al-Assad cui è succeduto il figlio Bashar. In tal modo il conflitto ha assunto connotati di guerra regionale, coinvolgendo – seppur indirettamente – i maggiori Stati della regione (Arabia Saudita, sunnita, e sciita, Turchia e Iraq) e le grandi potenze, Stati Uniti e Russia, con evidenti ripercussioni di ordine geopolitico mondiale;
l'avanzata del gruppo Jihadista dell'Islam State (IS), a partire dal 2013, ha aggiunto un'ulteriore dimensione al conflitto. Una Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite ha evidenziato che tutte le parti in causa hanno commesso crimini di guerra – inclusi assassini, torture, rapimenti – accusando le parti in campo di aver utilizzate le sofferenze della popolazione civile – come il blocco ai rifornimenti di viveri, acqua e farmaci – quali metodi di guerra. In particolare, l'ONU ha accusato l'Isis di condurre una campagna del terrore su vasta scala, infliggendo severe punizioni, comprese centinaia di esecuzioni capitali o mutilazioni pubbliche, a tutti coloro che trasgrediscono o rifiutano di accettare la legge della sharia;
è indubbio che gli interessi in gioco sono molteplici e confliggenti gli uni con gli altri:
1) l'atavico conflitto fra Iran (sciita) e Arabia Saudita (sunnita) per l'egemonia regionale e il rispettivo ruolo nel mondo musulmano;
2) 2 i rapporti fra i Paesi dell'area a cominciare dalla Turchia del Presidente Recep Tayyp Erdogan e dalle sue mire a giocare il ruolo di player nella regione; il ruolo di Israele, che con la Siria a da decenni in atto un contenzioso per le Alture del Golan; la destabilizzazione di nazioni fragili come Libano e Giordania; la situazione dei Curdi suddivisi fra Turchia, Siria e Iraq;
3) il ruolo della Russia, alleata fin dalla fine della seconda guerra mondiale della Siria, e degli Stati Uniti per l'influenza sull'intera regione;
4) la volontà, a parole ribadita da quasi tutti i protagonisti, di condurre una battaglia contro lo Stato islamico;
in questo complesso quadro, la comunità internazionale non si è dimostrata in grado di trovare ipotesi credibili per una soluzione di pace. In particolare, Stati Uniti e Unione europea, hanno sempre ritenuto – fin dal 2011 – precondizione necessaria per la soluzione del conflitto e per una transizione verso la democrazia, l'uscita di scena di Baschar al-Assad, tuttavia si sono dimostrati incapaci di trovare una linea d'intenti comune: la presidenza Obama, ormai nel quadriennio della cosiddetta lame duck (anatra zoppa), dopo i proclami del 2013 su un possibile uso della forza militare, ha preferito, anche perché più attente ai risvolti di politica interna in vista delle presidenziali 2016, non mettere in atto neppure quella «fly zone», che, impedendo all'aviazione governativa di sorvolare i cieli siriani, avrebbe evitato bombardamenti sulla popolazione civile; la Francia, fin dal 2013, ha invece proposto un intervento militare contro il regime di Damasco; la Germania ha dapprima avvallato i tentativi di mediazione, per poi convenire che un futuro per la Siria non può prescindere dall'allontanamento di Assad; altri Stati europei sono invece ancora convinti della possibilità di un compromesso che coinvolga il Governo di Damasco;
l'Unione europea, in questi anni, oltre ad «esprimere sgomente», «condannare», «chiedere con urgenza», a «deplorare» i veti posti da alcuni membri del Consiglio di sicurezza della Nazioni unite, non è mai stata in grado di proporre un'iniziativa concreta volta, a trovare una soluzione al conflitto. Unico interesse comune che ha visto tutti consenzienti è stato il quantomeno «discutibile» accordo sui migranti con la Turchia per evitare che quei profughi che – forse tra i pochi – veramente avrebbero avuto concreto bisogno di solidarietà potessero intraprendere la cosiddetta «rotta balcanica»;
in questi ultimi mesi la guerra civile sta avendo come epicentro la città di Aleppo, divenuta luogo di scontro tra le forze filogovernative, gli oppositori al regime e i miliziani dell'Isis, in cui circa 300.000 abitanti sono intrappolati nella zona teatro degli scontri soggetta a ripetuti bombardamenti, privi di viveri e medicinali,
impegna il Governo:
1) a ribadire in ogni consesso internazionale la necessità che le democrazie occidentali concentrino ogni sforzo, anche militare, contro Isis, mantenendo una netta distinzione fra Stato islamico e opposizione legittima al Governo dispotico di Bashar al-Assad;
2) ad appoggiare quelle soluzioni politiche alla guerra civile siriana che non prevedano la permanenza di Assad al vertice del Governo siriano, garantendogli ogni forma di protezione contro facili istinti vendicatori;
3) a proporre l'istituzione di cosiddette «safe havens» sul territorio siriano, con adeguata protezione attraverso «no fly zone» cioè zone protette, dove i siriani possano vivere una vita il più possibile normale al fine di evitare che altri milioni di profughi lascino la Siria.
(1-01423) «Capezzone, Palese, Altieri, Bianconi, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
un numero che ormai supera le 400.000 unità di siriani ha perso la vita in più di cinque anni di conflitto armato iniziato nel marzo 2011 con una serie di proteste antigovernative, scoppiate nella città di Derea dopo l'arresto e le torture subite da alcuni giovani che avevano scritto slogan rivoluzionari e contro il regime sui muri di una scuola. A seguito della brutale repressione operata dalle Forze di sicurezza contro i dimostranti, con decine di morti, moti di protesta si sono diffusi in tutto il Paese, volti ad ottenere le dimissioni del Presidente Assad. Da tali focolai di contestazione la situazione è rapidamente degenerata sfociando in una vera e propria guerra civile su vasta scala. Più di 11 milioni di cittadini siriani sono stati costretti, in questi anni, ad abbandonare le loro città a causa dei combattimenti fra le forze leali al Presidiate Bashar al-Assad e quelle dell'opposizione così come contro quelle delle milite jihadiste del cosiddetto Stato islamico. Di questi quasi 4,8 milioni hanno cercato rifugio all'estero, in particolare in Libano, Giordania e Turchia;
il conflitto, da battaglia fra pro e contro Assad, è andato acquisendo in poco tempo connotati settari, contrapponendo sciiti – la maggiorana dei siriani – a sunniti, la minoranza di cui fa parte la famiglia Assad, che governa il Paese dal 1971 prima con Hafiz al-Assad cui è succeduto il figlio Bashar. In tal modo il conflitto ha assunto connotati di guerra regionale, coinvolgendo – seppur indirettamente – i maggiori Stati della regione (Arabia Saudita, sunnita, e sciita, Turchia e Iraq) e le grandi potenze, Stati Uniti e Russia, con evidenti ripercussioni di ordine geopolitico mondiale;
l'avanzata del gruppo Jihadista dell'Islam State (IS), a partire dal 2013, ha aggiunto un'ulteriore dimensione al conflitto. Una Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite ha evidenziato che tutte le parti in causa hanno commesso crimini di guerra – inclusi assassini, torture, rapimenti – accusando le parti in campo di aver utilizzate le sofferenze della popolazione civile – come il blocco ai rifornimenti di viveri, acqua e farmaci – quali metodi di guerra. In particolare, l'ONU ha accusato l'Isis di condurre una campagna del terrore su vasta scala, infliggendo severe punizioni, comprese centinaia di esecuzioni capitali o mutilazioni pubbliche, a tutti coloro che trasgrediscono o rifiutano di accettare la legge della sharia;
è indubbio che gli interessi in gioco sono molteplici e confliggenti gli uni con gli altri:
1) l'atavico conflitto fra Iran (sciita) e Arabia Saudita (sunnita) per l'egemonia regionale e il rispettivo ruolo nel mondo musulmano;
2) 2 i rapporti fra i Paesi dell'area a cominciare dalla Turchia del Presidente Recep Tayyp Erdogan e dalle sue mire a giocare il ruolo di player nella regione; il ruolo di Israele, che con la Siria a da decenni in atto un contenzioso per le Alture del Golan; la destabilizzazione di nazioni fragili come Libano e Giordania; la situazione dei Curdi suddivisi fra Turchia, Siria e Iraq;
3) il ruolo della Russia, alleata fin dalla fine della seconda guerra mondiale della Siria, e degli Stati Uniti per l'influenza sull'intera regione;
4) la volontà, a parole ribadita da quasi tutti i protagonisti, di condurre una battaglia contro lo Stato islamico;
in questo complesso quadro, la comunità internazionale non si è dimostrata in grado di trovare ipotesi credibili per una soluzione di pace. In particolare, Stati Uniti e Unione europea, hanno sempre ritenuto – fin dal 2011 – precondizione necessaria per la soluzione del conflitto e per una transizione verso la democrazia, l'uscita di scena di Baschar al-Assad, tuttavia si sono dimostrati incapaci di trovare una linea d'intenti comune: la presidenza Obama, ormai nel quadriennio della cosiddetta lame duck (anatra zoppa), dopo i proclami del 2013 su un possibile uso della forza militare, ha preferito, anche perché più attente ai risvolti di politica interna in vista delle presidenziali 2016, non mettere in atto neppure quella «fly zone», che, impedendo all'aviazione governativa di sorvolare i cieli siriani, avrebbe evitato bombardamenti sulla popolazione civile; la Francia, fin dal 2013, ha invece proposto un intervento militare contro il regime di Damasco; la Germania ha dapprima avvallato i tentativi di mediazione, per poi convenire che un futuro per la Siria non può prescindere dall'allontanamento di Assad; altri Stati europei sono invece ancora convinti della possibilità di un compromesso che coinvolga il Governo di Damasco;
l'Unione europea, in questi anni, oltre ad «esprimere sgomente», «condannare», «chiedere con urgenza», a «deplorare» i veti posti da alcuni membri del Consiglio di sicurezza della Nazioni unite, non è mai stata in grado di proporre un'iniziativa concreta volta, a trovare una soluzione al conflitto. Unico interesse comune che ha visto tutti consenzienti è stato il quantomeno «discutibile» accordo sui migranti con la Turchia per evitare che quei profughi che – forse tra i pochi – veramente avrebbero avuto concreto bisogno di solidarietà potessero intraprendere la cosiddetta «rotta balcanica»;
in questi ultimi mesi la guerra civile sta avendo come epicentro la città di Aleppo, divenuta luogo di scontro tra le forze filogovernative, gli oppositori al regime e i miliziani dell'Isis, in cui circa 300.000 abitanti sono intrappolati nella zona teatro degli scontri soggetta a ripetuti bombardamenti, privi di viveri e medicinali,
impegna il Governo:
1) a ribadire in ogni consesso internazionale la necessità che le democrazie occidentali concentrino ogni sforzo, anche militare, contro Isis, mantenendo una netta distinzione fra Stato islamico e opposizione legittima al Governo dispotico di Bashar al-Assad;
2) ad appoggiare quelle soluzioni politiche alla guerra civile siriana che non prevedano la permanenza di Assad al vertice del Governo siriano, garantendogli ogni forma di protezione contro facili istinti vendicatori;
3) a esplorare, nell'ambito del concerto multilaterale e sotto gli auspici dell'ONU, l'istituzione di zone protette sul territorio siriano, ove i siriani possano vivere una vita il più possibile normale al fine di evitare che altri milioni di profughi lascino la Siria.
(1-01423)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Capezzone, Palese, Altieri, Bianconi, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
la Siria, in passato mirabile mosaico di religioni ed etnie che hanno convissuto per secoli in armonia (come testimoniano innumerevoli chiese, moschee, sinagoghe, oggi, purtroppo ridotte in macerie) è da cinque anni sotto attacco di bande di terroristi, foraggiate prevalentemente dalla Turchia e dalle petromonarchie, che hanno trasformato quello che era uno Stato laico, nel quale le donne godevano di tutti i loro diritti e relativamente prospero, in un abisso di Intolleranza, miseria, distruzione;
i Paesi occidentali, tra cui l'Italia, riproponendo la strategia fallimentare usata per la Libia, hanno finora appoggiato i «ribelli» e punito il Governo di Damasco con il risultato di alimentare una guerra che ha già provocato più di 400.000 morti, 6 milioni di sfollati e 4 milioni di profughi (molti dei quali approdati sulle nostre coste);
il 9 maggio 2011, con la decisione 2011/273/PESC del Consiglio, l'Unione europea, senza alcuna copertura da parte dei Consiglio di sicurezza delle Nazione Unite, ha dato il via all'embargo economico, a sanzioni e a misure restrittive nei confronti della Repubblica araba siriana, i cui effetti devastanti hanno colpito però solo la popolazione civile, la quale non può accedere ai medicinali e ai beni di prima necessità, e deve far fronte alla scarsità di generi alimentari, provocando innumerevoli casi di malnutrizione. Di anno in anno tale decisione è stata prorogata fino al suo quinto rinnovo deciso automaticamente, in forma scritta, il 27 maggio 2016. Non ritenendo necessaria, neanche per una discussione, la convocazione a Bruxelles dei Ministri degli esteri europei;
vista la situazione di caos, sul territorio siriano si sono sviluppate, grazie al supporto logistico, finanziario e di armamenti da parte dei Paesi del Golfo, della Turchia e di alcuni Paesi dell'Occidente, numerose organizzazioni terroristiche come Jhabat al-Nusra, filiale di al Qaeda in Siria, e il sedicente Stato islamico; dal mese di aprile 2015, l'Isis e il Fronte al-Nusra hanno proseguito la loro avanzata in Iraq e Siria, occupando Ramadi (Iraq), Idlib e Palmyra (Siria);
questa crisi si sta riverberando anche su Aleppo dove, nonostante la sospensione da 18 giorni dei bombardamenti russi sul settore est, l'Isis/Daesh (che da quattro anni assedia la città) continua – con nuove e più micidiali armi fornite dagli USA e dai suoi alleati turchi e sauditi – a colpire la popolazione di Aleppo Ovest;
in una situazione comparabile a quella dell'esercito iracheno che avanza per la liberazione di Mosul, grazie al sostegno dei bombardamenti dell'aviazione della coalizione internazionale a guida Usa, ad Aleppo è in corso l'operazione di liberazione da parte dell'esercito arabo siriano sostenuto dall'aviazione russa e dagli alleati regionali nelle zone in mano ad Al Nusra, nell'est della città;
si riscontra negli organi di stampa, nelle dichiarazioni del Governo italiano e dei suoi alleati una certa incongruenza tra due realtà simili come Mosul e Aleppo. I civili morti nella città irachena in seguito all'avanzata dell'esercito sono descritti come «scudi umani» dei terroristi, i morti nella città siriana in seguito all'avanzata dell'esercito regolare siriano diventano «crimini contro l'umanità»;
durante i primi mesi del 2016 vi sono stati diversi tentativi di avvio a dialoghi, colloqui, negoziati, tentativi di «cessate-il-fuoco», tuttavia le prospettive negoziali come anche la tenuta delle varie tregue sono sempre risultate compromesse da veti incrociati, oltre che dalla palese incapacità degli Stati Uniti e dei loro alleati di separare i terroristi dalla cosiddetta opposizione moderata;
l'incontro tra i Presidenti Obama e Putin, ai margini del Vertice del G20 di Hangzhou del 4-5 settembre 2016, si è chiuso senza alcun accordo su una nuova tregua in Siria; tuttavia, a Ginevra il 10 settembre 2016, al termine di una lunga maratona negoziale, i Ministri degli esteri Kerry e Lavrov sono giunti a un'intesa per una tregua, non operante però nei confronti di Daesh e Fatah al-Sham (ex Al Nusra), preliminare alla ripresa del dialogo politico intra-siriano, mediato dall'ONU, un obiettivo di più lungo periodo. In particolare, l'intesa nell'immediato prevedeva un periodo di 7 giorni per consentire: l'ingresso di aiuti umanitari e la ripresa del traffico civile a Aleppo; il ritiro delle forze combattenti dalla Castello Road, principale via d'accesso ad Aleppo e la formazione di una zona smilitarizzata attorno a essa; preparativi necessari all'istituzione entro una settimana di un comando congiunto (Joint Implementation Centre) per lo scambio di informazioni necessarie a definire le aree controllate da Fatah al-Sham e dai gruppi della cosiddetta opposizione moderata nelle zone delle ostilità in atto; l'impegno russo a frenare l'aviazione siriana dal bombardare le aree controllate dall'opposizione; l'impegno statunitense a contribuire a indebolire il fronte di Fatah al-Sham, inducendo gli altri gruppi della opposizione a staccarsi da esso;
purtroppo, mentre Damasco annunciava il congelamento delle operazioni militari sul terreno per i concordati 7 giorni, l'accordo veniva accolto con grande scetticismo da ampie frange dell'opposizione che, indebolite sul terreno, avrebbero voluto garanzie dall'alleato statunitense. Tra gli ostacoli alla tenuta della tregua, vanno menzionati: l'incapacità degli Stati Uniti di adempiere al primo punto dell'accordo, vale a dire la chiara divisione tra i terroristi e la cosiddetta opposizione moderata; il mancato coinvolgimento dell'Iran e Hezbollah nell'accordo; il mancato impegno da parte della Turchia a cessare le sue operazioni contro i curdo-siriani e a impedire l'afflusso di combattenti armati e rifornimenti ai gruppi terroristi in Siria;
numerosi media, mai smentiti dal Governo italiano, hanno riportato come nell'estate di quest'anno, il capo dell’Intelligence siriana, il generale Deeb Zeitoun, sia stato in Italia, mentre il direttore dell'Aise Alberto Manenti si sia recato a Damasco;
questa situazione che rischia da un momento all'altro di trasformarsi in una terza guerra mondiale, registra il palese fallimento della politica estera dell'Unione europea;
da quando la crisi siriana ha assunto dimensioni internazionali è aumentato in modo significativo non solo il numero complessivo di profughi verso l'Europa attraverso la rotta dei Balcani e quella del Mediterraneo, ma anche in modo esponenziale il flusso di profughi siriani, praticamente assente prima della guerra, tenuto conto delle condizioni di emancipazione sociale che esistevano nella Repubblica siriana araba,
impegna il Governo:
1) al fine di conseguire un ruolo di attore attivo per la pace in quello scenario, a ripristinare le relazioni diplomatiche con la Repubblica Araba di Siria e a revocare la Dichiarazione del 13 dicembre 2012 del Maec che riconosce la cosiddetta Coalizione delle opposizioni siriane quale unico rappresentante del popolo siriano;
2) a ritirare i rappresentanti del Governo Italiano dal cosiddetto « Small Group della coalizione globale anti-Daesh» che vede, tra gli altri, la presenza di rappresentanti di Paesi quali l'Arabia saudita e il Qatar, sponsor dell'Isis/Daesh e altre organizzazioni terroriste operanti in Siria;
3) a continuare e intensificare la collaborazione con le autorità della Repubblica araba di Siria mirante a impedire l'arrivo nel territorio italiano di terroristi jihadisti operanti in Siria;
4) a intervenire nelle sedi internazionali, quali ONU e Unione europea, affinché sia rispettata la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 2170 che prevede misure per ostacolare ogni tipo di supporto, finanziamento e armamento ai terroristi dell'Isis, al fronte terroristico Jabhat al-Nusra e al flusso di terroristi in Siria e in Iraq;
5) ad assumere iniziative per autorizzare – in parziale deroga alle sanzioni imposte dall'Unione europea – l'apertura di uno speciale circuito bancario affinché – senza passare attraverso le maglie del contrabbando – cittadini siriani residenti o alloggiati in Italia possano inviare denaro ai loro cari rimasti in Siria e affinché organizzazioni umanitarie e/o religiose possano inviare denaro alle loro strutture in Siria;
6) a favorire la riapertura del tavolo negoziale di Ginevra includendo tra i soggetti presenti anche le forze curdo/siriane in prima fila nella lotta a Daesh;
7) a chiedere alla Turchia di astenersi dall'intervento militare in Siria e di cessare la politica di sostegno ai gruppi jihadisti;
8) a rafforzare le iniziative dei corridoi umanitari dalla Siria già in essere, adeguandone le risorse stanziate e sollecitando ed incoraggiando la comunità internazionale a fare altrettanto, nonché ad amplificare gli sforzi in direzione della messa in sicurezza e dell'accoglienza dei minori a rischio, nelle aree del conflitto e nei campi profughi, sostenendo in particolare i progetti di assistenza medica e quelli tesi a garantire loro il diritto allo studio e contrastando il fenomeno delle cosiddette spose bambine che sta riguardando tutta la regione interessata dal conflitto;
9) a incrementare la partecipazione a iniziative internazionali di analogo tenore, sostenendo, al contempo, attivamente la richiesta di disarmo e uscita da Aleppo dei terroristi avanzata dall'inviato speciale del segretario generale dell'ONU per la Siria, Staffan de Mistura.
(1-01424) «Manlio Di Stefano, Sibilia, Spadoni, Di Battista, Scagliusi, Grande, Del Grosso, Cecconi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
la Siria è straziata dal 2011 da una devastante guerra civile, che ha visto immense atrocità su entrambi i fronti e che ha portato a situazioni di grande sofferenza, soprattutto nelle città assediate;
infatti sono quattro milioni i siriani che hanno abbandonato il Paese a causa di una guerra che ha creato la peggiore crisi, in termini di rifugiati, dal secondo conflitto mondiale ad oggi;
la situazione attuale rende quasi impossibile fornire assistenza medica nelle aree interessate dal conflitto: com’è noto, è stato ucciso il 25 aprile di quest'anno il dottor Mohammed Wasim Moaz, l'ultimo pediatra rimasto nella zona di Aleppo controllata dalle forze contrarie ad Assad;
inoltre, le associazioni umanitarie di Aleppo riferiscono di attacchi regolari (detti double tap) per cui si attende l'arrivo dei mezzi di soccorso e delle équipe mediche per attaccare una seconda volta lo stesso luogo colpito in precedenza;
attacchi di questo tipo hanno distrutto ospedali locali e gestiti da Médecins sans frontières. Risulta dunque molto difficile creare le condizioni per un'assistenza medica in loco;
Aleppo è la città più colpita perché si trova al centro degli scontri fra ribelli e forze governative e dunque è diventato quanto mai difficile portare qualunque tipo di aiuto in quella città;
finora le tregue, seppure concordate tra le parti, non sono state rispettate: ad esempio, il 19 settembre, nel pieno della tregua proclamata il 12 settembre è stato bombardato e distrutto in gran parte un importante convoglio che portava aiuti sufficienti per 78 mila persone. I morti sono stati 12 e le foto satellitari disponibili indicano che l'attacco è stato condotto dal cielo e di notte;
anche le risoluzioni dell'Onu hanno avuto stessa sorte, tanto che il 22 dicembre 2015 lo stesso Consiglio di sicurezza ha adottato all'unanimità la risoluzione n. 2258, che ha espresso grave preoccupazione per la mancanza di effettiva attuazione delle sue risoluzioni nn. 2139 (2014), 2165 (2014) e 2191 (2014), ricordando a questo proposito gli obblighi di tutte le parti ai sensi del diritto internazionale umanitario e delle leggi internazionali sui diritti umani, così come di tutte le decisioni pertinenti del Consiglio di sicurezza: tra queste l'interruzione di tutti gli attacchi contro civili e obiettivi civili, compresi quelli che implicano attacchi su scuole, strutture sanitarie e interruzioni deliberate di approvvigionamento idrico, l'uso indiscriminato di armi, tra cui artiglieria, barili bomba e attacchi aerei, bombardamenti indiscriminati con mortai, autobombe, attacchi suicidi e bombe a tunnel, e affamare i civili come metodo di combattimento, anche attraverso l'assedio delle aree popolate; inoltre, l'uso esteso di torture, maltrattamenti, esecuzioni arbitrarie, esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate, violenza sessuale e di genere, e tutte le gravi violazioni e gli abusi commessi contro i bambini;
tale situazione ha generato un'ondata di profughi senza precedenti che si è riversata nei Paesi vicini ed anche verso altri Paesi;
infatti, dal 2011 al 2015 12 milioni di siriani, pari al 60 per cento della popolazione secondo l'Unhc hanno lasciato le loro case. Di questi, 8 milioni sono sfollati interni, mentre 4 milioni sono rifugiati in Turchia, Libano o Giordania;
più precisamente, quasi 2 milioni in Turchia, 629.000 in Giordania e poco più di un milione in Libano. Solo il 3 per cento di loro, un numero pari a 350.000, chiede asilo in Europa;
per arrivare nel nostro continente molti di loro rischiano e spesso perdono la vita in mare, come il piccolo Aylan, la cui foto ha sconvolto l'opinione pubblica lo scorso anno;
solo nella prima settimana di novembre 2016, infatti, hanno perso la vita nel Mediterraneo 240 persone in due differenti naufragi che hanno portato a 4.220 il numero delle persone che hanno perso la vita attraversando il mare nel 2016;
in generale, le vittime dei naufragi nel Mediterraneo, dovute ai viaggi pericolosi cui sono costretti anche i siriani che hanno diritto all'asilo per causa della guerra sono ormai circa 30.000. Un numero enorme, che nessuna realpolitik dei Paesi europei potrà mai giustificare;
la situazione sopra esposta, evidenzia la necessità di individuare in ogni modo forme di aiuto in loco per soccorrere la popolazione colpita dalla guerra, soprattutto di Aleppo, come corridoi umanitari che permettano l'invio di aiuti medici e alimentari, nonché corridoi umanitari che permettano l'arrivo di profughi siriani da Paesi limitrofi alla Siria, quali ad esempio il Libano;
inoltre, sono possibili e praticabili altre strade per permettere ai profughi siriani di giungere in Europa senza mettere in pericolo la loro vita. L'articolo 25 del regolamento europeo dei visti (810/2009) prevede un visto per motivi umanitari a territorialità limitata (VTL) per persone vulnerabili, che può essere emesso per l'Italia. All'arrivo si inizia la procedura per la richiesta di asilo politico;
tali progetti pilota, replicabili in tutti i Paesi europei, possono evitare il traffico di esseri umani e le morti in mare, utilizzando altri canali di ingresso che non siano le vie dei barconi della morte;
esperienze di corridoi umanitari a favore di circa 1000 profughi siriani, siro-palestinesi e iracheni entro il 2017 che si trovano nell'area di guerra sono già state avviate con successo in Italia dalla Comunità di Sant'Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, la Tavola valdese ed altre realtà, aprendo possibilità anche ad iniziative come quelle di Papa Francesco per l'accoglienza in Italia di alcuni siriani profughi dall'isola di Lesbo;
altri corridoi umanitari verranno aperti dalla Conferenza episcopale italiana,
impegna il Governo
1) a incrementare e sostenere anche a livello europeo e internazionale, tenuto conto dei positivi risultati già ottenuti, l'esperienza dei corridoi umanitari come forma di viaggio sicuro verso l'Italia e l'Europa, nonché di accoglienza diffusa, per le categorie più vulnerabili tra i profughi siriani provenienti dai campi e dai Paesi limitrofi alle aree di guerra.
(1-01425) «Santerini, Marazziti, Dellai, Baradello, Fitzgerald Nissoli, Sberna, Capelli, Gigli, Tabacci».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
la Siria è sconvolta da un aspro conflitto civile, le cui origini, risalenti al marzo 2011, possono essere ricondotte alla propagazione spontanea nel Levante delle cosiddette Primavere arabe;
a contrassegnare l'inizio degli scontri, fu lo scoppio di dimostrazioni popolari di protesta, miranti ad ottenere il varo di un programma di riforme democratiche da parte del Governo siriano, rapidamente seguito da una brutale repressione attuata dagli apparati di sicurezza del regime di Damasco, decisa verosimilmente anche per impedire che la Siria sprofondasse nel caos in cui stavano precipitando l'Egitto e la Libia;
dopo una breve fase contraddistinta dalla contrapposizione tra dimostranti e forze governative di sicurezza, il conflitto civile siriano ha progressivamente mutato natura per effetto dell'azione combinata di una molteplicità di fattori;
sono in particolare intervenute le maggiori potenze regionali, ciascuna delle quali ha perseguito i propri obiettivi, contribuendo a frammentare l'opposizione al legittimo governo siriano e trasformando la Siria in un grande campo di battaglia in cui tracciare le nuove frontiere delle rispettive sfere d'influenza;
all'urto tra oppositori e governativi si sono quindi sovrapposti più livelli di confronto, i principali dei quali paiono essere la contrapposizione tra sostenitori ed avversari dell'Islam politico sunnita, da un lato, e quella tra sciiti e sunniti;
a difesa del Governo di Bashar al Assad si sono in particolare schierati l'Iran e la milizia armata libanese dell'Hezbollah, tuttora presenti sul campo di battaglia per evitare il tracollo di un alleato di Teheran;
contro il Governo siriano, invece, si sono schierati Turchia e Qatar, con l'obiettivo di favorire in Siria l'ascesa al potere di articolazioni locali della Fratellanza musulmana, mentre Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sostenevano interlocutori più radicali, come il Jabhat al Nusra, sezione siriana di al Qaeda;
la comunità internazionale ha optato rapidamente per il fronte delle opposizioni, senza peraltro determinare le precondizionì indispensabili all'avvio di operazioni militari autorizzate dall'Onu in nome della Responsability to Protect, che era stata invece invocata con successo per la Libia, Paese che resta ad oltre cinque anni dall'uccisione del colonnello Gheddafi privo di stabilità, democrazia e progresso;
dal 2014, il conflitto civile siriano si è inoltre saldato a quello esploso tra sciiti e sunniti in Iraq, provocando il cedimento temporaneo dei confini tracciati nella regione al termine della prima guerra mondiale e dando vita al cosiddetto Stato Islamico, contro il quale è sorta una grande coalizione internazionale a guida statunitense, di cui è parte anche il nostro Paese, che contribuisce da tempo all'addestramento dei peshmerga curdi nonché alla designazione dei bersagli da colpire nelle parti di territorio iracheno controllate dal sedicente Califfato;
dall'autunno 2015, sono sul terreno siriano anche elementi delle forze armate russe, intervenuti a sostegno del regime di Bashar al Assad nel momento in cui questi pareva in procinto di crollare;
all'intervento russo ha fatto seguito l'avvio di una vasta controffensiva, che ha consolidato la posizione dei sostenitori di Assad ed indebolito le opposizioni, peraltro nel frattempo ormai tutte entrate in possesso di armi ed infiltrate da gruppi e tendenze apertamente jihadisti;
nell'ambito della lotta in atto in gran parte della Siria s'inquadra anche l'aspra battaglia di Aleppo, in corso da mesi, durante i quali le forze filogovernative hanno tentato di impadronirsi della parte orientale sotto il controllo delle milizie irregolari dell'opposizione armata, con l'attivo supporto militare della Federazione russa, che ha utilizzato attivamente il potere aereo;
nel corso delle azioni militari condotte contro Aleppo Est sono stati colpiti numerosi obiettivi civili, inclusi presidi sanitari, anche a causa della forte carenza di munizionamento intelligente tra le unità coinvolte dell'aviazione russa e del regime di Bashar al-Assad;
d'altro canto, anche i miliziani ostili al regime, che occupano Aleppo Est, risultano in possesso di armamenti adeguati, come prova il fatto che resistano efficacemente alla pressione dei governativi ed a tratti siano stati vicini alla rottura dell'assedio;
secondo alcune fonti, la cui attendibilità è tuttavia sub judice, ad Aleppo est si troverebbe inoltre anche personale militare occidentale appartenente alle forze speciali o ad organismi d'intelligence alleati;
in Siria continuano ad affluire troppe armi, circostanza che alimenta una spirale perversa di crescenti violenze;
le tregue umanitarie non sono finora riuscite ad alleviare più di tanto le sofferenze di coloro che sono rimasti intrappolati in Aleppo est. Sono anzi sistematicamente fallite per il timore, nutrito legittimamente dagli uni, che possano essere utilizzate per eliminare elementi sgraditi al regime di Damasco o per la preoccupazione, avvertita dagli altri, che possano essere sfruttate per rifornire di armi i miliziani che vi rimangono;
il nostro Paese ha significative capacità diplomatiche, ma non è una grande potenza ed ha quindi solo limitate capacità di influire sulla situazione in sviluppo in Siria, circostanza che non consente di alimentare eccessive illusioni relativamente a ciò che il Governo della Repubblica può ottenere in un contesto in cui sono presenti le maggiori potenze militari del pianeta e tutti i maggiori attori regionali;
ciò nonostante, il nostro Paese può esprimere nell'ambito dei consessi di cui è parte iniziative coerenti rispetto ai propri interessi e valori, anche in relazione al conflitto in atto in Siria,
impegna il Governo
1) ad adoperarsi in tutte le sedi internazionali competenti affinché si cessi di rifornire di armi organizzazioni irregolari armate sulle quali nessun Paese occidentale può realisticamente ritenere di avere un'influenza decisiva, alcune delle quali ritenute suscettibili di evolvere in futuro in vere e proprie minacce;
2) ad offrire il proprio contributo alimentare e sanitario sul posto, in Siria, qualora si determinino circostanze tali da permettere di soccorrere i civili assediati ad Aleppo, ma anche a Raqqa, in condizioni di sicurezza accettabili;
3) a richiamare tutte le forze combattenti in campo in Siria al rispetto delle convenzioni concernenti il diritto umanitario bellico e dei trattati internazionali che vietano l'impiego di alcune categorie di armamenti in ragione della loro inumanità;
4) ad esplorare forme di cooperazione nella lotta alle organizzazioni jihadiste operanti sul territorio siriano, delle quali il sedicente Stato islamico è solo quella più vistosa;
5) ad agire nelle sedi internazionali competenti affinché la lotta al terrorismo in Siria possa essere utilizzata come ponte per avviare la ricostruzione di relazioni politiche costruttive tra l'Occidente e la Federazione russa.
(1-01428) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Rondini, Saltamartini, Simonetti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
la Siria è sconvolta da un aspro conflitto civile, le cui origini, risalenti al marzo 2011, possono essere ricondotte alla propagazione spontanea nel Levante delle cosiddette Primavere arabe;
a contrassegnare l'inizio degli scontri, fu lo scoppio di dimostrazioni popolari di protesta, miranti ad ottenere il varo di un programma di riforme democratiche da parte del Governo siriano, rapidamente seguito da una brutale repressione attuata dagli apparati di sicurezza del regime di Damasco, decisa verosimilmente anche per impedire che la Siria sprofondasse nel caos in cui stavano precipitando l'Egitto e la Libia;
dopo una breve fase contraddistinta dalla contrapposizione tra dimostranti e forze governative di sicurezza, il conflitto civile siriano ha progressivamente mutato natura per effetto dell'azione combinata di una molteplicità di fattori;
sono in particolare intervenute le maggiori potenze regionali, ciascuna delle quali ha perseguito i propri obiettivi, contribuendo a frammentare l'opposizione al legittimo governo siriano e trasformando la Siria in un grande campo di battaglia in cui tracciare le nuove frontiere delle rispettive sfere d'influenza;
all'urto tra oppositori e governativi si sono quindi sovrapposti più livelli di confronto, i principali dei quali paiono essere la contrapposizione tra sostenitori ed avversari dell'Islam politico sunnita, da un lato, e quella tra sciiti e sunniti;
a difesa del Governo di Bashar al Assad si sono in particolare schierati l'Iran e la milizia armata libanese dell'Hezbollah, tuttora presenti sul campo di battaglia per evitare il tracollo di un alleato di Teheran;
contro il Governo siriano, invece, si sono schierati Turchia e Qatar, con l'obiettivo di favorire in Siria l'ascesa al potere di articolazioni locali della Fratellanza musulmana, mentre Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sostenevano interlocutori più radicali, come il Jabhat al Nusra, sezione siriana di al Qaeda;
la comunità internazionale ha optato rapidamente per il fronte delle opposizioni, senza peraltro determinare le precondizionì indispensabili all'avvio di operazioni militari autorizzate dall'Onu in nome della Responsability to Protect, che era stata invece invocata con successo per la Libia, Paese che resta ad oltre cinque anni dall'uccisione del colonnello Gheddafi privo di stabilità, democrazia e progresso;
dal 2014, il conflitto civile siriano si è inoltre saldato a quello esploso tra sciiti e sunniti in Iraq, provocando il cedimento temporaneo dei confini tracciati nella regione al termine della prima guerra mondiale e dando vita al cosiddetto Stato Islamico, contro il quale è sorta una grande coalizione internazionale a guida statunitense, di cui è parte anche il nostro Paese, che contribuisce da tempo all'addestramento dei peshmerga curdi nonché alla designazione dei bersagli da colpire nelle parti di territorio iracheno controllate dal sedicente Califfato;
dall'autunno 2015, sono sul terreno siriano anche elementi delle forze armate russe, intervenuti a sostegno del regime di Bashar al Assad nel momento in cui questi pareva in procinto di crollare;
all'intervento russo ha fatto seguito l'avvio di una vasta controffensiva, che ha consolidato la posizione dei sostenitori di Assad ed indebolito le opposizioni, peraltro nel frattempo ormai tutte entrate in possesso di armi ed infiltrate da gruppi e tendenze apertamente jihadisti;
nell'ambito della lotta in atto in gran parte della Siria s'inquadra anche l'aspra battaglia di Aleppo, in corso da mesi, durante i quali le forze filogovernative hanno tentato di impadronirsi della parte orientale sotto il controllo delle milizie irregolari dell'opposizione armata, con l'attivo supporto militare della Federazione russa, che ha utilizzato attivamente il potere aereo;
nel corso delle azioni militari condotte contro Aleppo Est sono stati colpiti numerosi obiettivi civili, inclusi presidi sanitari, anche a causa della forte carenza di munizionamento intelligente tra le unità coinvolte dell'aviazione russa e del regime di Bashar al-Assad;
d'altro canto, anche i miliziani ostili al regime, che occupano Aleppo Est, risultano in possesso di armamenti adeguati, come prova il fatto che resistano efficacemente alla pressione dei governativi ed a tratti siano stati vicini alla rottura dell'assedio;
secondo alcune fonti, la cui attendibilità è tuttavia sub judice, ad Aleppo est si troverebbe inoltre anche personale militare occidentale appartenente alle forze speciali o ad organismi d'intelligence alleati;
in Siria continuano ad affluire troppe armi, circostanza che alimenta una spirale perversa di crescenti violenze;
le tregue umanitarie non sono finora riuscite ad alleviare più di tanto le sofferenze di coloro che sono rimasti intrappolati in Aleppo est. Sono anzi sistematicamente fallite per il timore, nutrito legittimamente dagli uni, che possano essere utilizzate per eliminare elementi sgraditi al regime di Damasco o per la preoccupazione, avvertita dagli altri, che possano essere sfruttate per rifornire di armi i miliziani che vi rimangono;
il nostro Paese ha significative capacità diplomatiche, ma non è una grande potenza ed ha quindi solo limitate capacità di influire sulla situazione in sviluppo in Siria, circostanza che non consente di alimentare eccessive illusioni relativamente a ciò che il Governo della Repubblica può ottenere in un contesto in cui sono presenti le maggiori potenze militari del pianeta e tutti i maggiori attori regionali;
ciò nonostante, il nostro Paese può esprimere nell'ambito dei consessi di cui è parte iniziative coerenti rispetto ai propri interessi e valori, anche in relazione al conflitto in atto in Siria,
impegna il Governo
1) ad adoperarsi in tutte le sedi internazionali per favorire una moratoria sull'approvvigionamento di armi verso tutte le parti in conflitto in Siria;
2) ad offrire il proprio contributo alimentare e sanitario sul posto, in Siria, qualora si determinino circostanze tali da permettere di soccorrere i civili assediati ad Aleppo, ma anche a Raqqa, in condizioni di sicurezza accettabili;
3) a richiamare tutte le forze combattenti in campo in Siria al rispetto delle convenzioni concernenti il diritto umanitario bellico e dei trattati internazionali che vietano l'impiego di alcune categorie di armamenti in ragione della loro inumanità;
4) ad esplorare forme di cooperazione nella lotta alle organizzazioni elencate dall'ONU tra i gruppi terroristici operanti sul territorio siriano, delle quali il sedicente Stato islamico è solo quella più vistosa;
5) ad agire nelle sedi internazionali competenti affinché la lotta al terrorismo in Siria possa essere utilizzata come ponte per avviare la ricostruzione di relazioni politiche costruttive tra l'Occidente e la Federazione russa.
(1-01428)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Rondini, Saltamartini, Simonetti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
le cosiddette Primavere arabe, che hanno coinvolto il Medio Oriente e il Nord Africa dalla fine del 2010, sono sfociate, in Siria, in una guerra civile che vede contrapposti i «lealisti» del Presidente Bashar al-Assad ad una moltitudine di gruppi di «ribelli», considerati terroristi dal Governo siriano;
la comunità internazionale si è divisa fra sostenitori di Assad e sostenitori dei ribelli, costringendo, di fatto, la popolazione civile a fuggire dai campi di battaglia verso i campi profughi;
come sempre nelle guerre, in particolar modo nelle guerre civili che hanno contraddistinto il periodo storico che ha avuto inizio alla conclusione del secondo conflitto mondiale, le persone più esposte sono bambini, donne e anziani;
in Siria è mancata la dimensione politica di una trattativa di pace; la via degli ultimatum e delle tregue, proclamati unilateralmente dalle parti militari in campo si è trasformata nell'unica via percorribile per poter sospendere ogni tanto i combattimenti e recuperare vigore per poi riprenderli in modo più energico causando, di conseguenza, il fallimento di qualsiasi tentativo di mediazione;
in data 5 ottobre 2016, i quartieri orientali della città siriana di Aleppo sono stati classificati dalle Nazioni Unite nella categoria «zone assediate», poiché sono accerchiati militarmente, non è possibile accedervi, neppure per gli aiuti umanitari, e non vi è libertà di circolazione per i civili;
la situazione è in continuo peggioramento e le tregue proclamate unilateralmente dalle singole parti in conflitto sono state ripetutamente violate o respinte, tanto che il 4 novembre 2016 il portavoce dell'Ocha (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), Jens Laerke, ha dichiarato che è impossibile mandare aiuti ad Aleppo poiché non vi sono le necessarie garanzie di sicurezza;
le organizzazioni umanitarie operanti sul territorio denunciano gravi carenze di cibo, acqua, medicine e materie prime e testimoniano come i civili, per supplire in minima parte alla penuria di alimenti, facciano ricorso agli «orti di guerra»;
per le Nazioni Unite, l'evacuazione dei civili dalla città può avvenire solo su base volontaria, ma durante l'ultima tregua, proclamata unilateralmente il 4 novembre 2016, nessun civile ha lasciato Aleppo attraverso i corridoi umanitari, confermando i timori di avere a che fare con parti in conflitto risolutamente convinte a continuare i combattimenti;
l'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, sulle sanzioni imposte dall'Europa ha dichiarato che, nonostante siano una forma di pressione politica e non militare coinvolgono inevitabilmente anche la popolazione e per questo vengono continuamente poste sotto revisione dalla comunità internazionale;
è tuttavia evidente come l'arma delle sanzioni stia strangolando principalmente la popolazione civile, motivo per cui, oltre ai patriarchi cristiani della chiesa siriana, anche le Nazioni Unite, nel maggio del 2016, hanno evidenziato gli effetti collaterali negativi sulla possibilità di realizzare le attività umanitarie stesse;
è altrettanto evidente che, anche nel caso si sbloccasse la situazione ad Aleppo, resterebbero le immani emergenze che hanno creato campi profughi a ridosso della Turchia, della Giordania e del Libano;
in questi campi, secondo l'Unicef, vivono due milioni e mezzo di minori e di questi i siriani sono i più vulnerabili, perché spesso la loro nascita non è neppure stata registrata;
l'esigenza di aiutare i bambini, di scolarizzarli e di dare loro un futuro diverso dalla realtà in cui vivono, è ciò che principalmente muove a compassione le coscienze del mondo occidentale e lo spinge a tentare di andare in aiuto della popolazione civile siriana;
l'Unicef, in data 7 novembre 2016, ha chiesto «nuovamente a tutte le parti in conflitto in Siria e a coloro che hanno influenza, di proteggere prima di tutto i bambini e rispettare i loro bisogni secondo le leggi del diritto internazionale umanitario. Gli attacchi contro civili e infrastrutture che comprendono scuole, asili, parchi giochi e strutture scolastiche, devono immediatamente terminare»;
la Siria non è un Paese geograficamente e politicamente isolato: è doveroso affrontare la questione in un quadro più ampio e approntare iniziative a vari livelli di intervento, da quello umanitario a quello sotto egida internazionale, coinvolgendo quanti più Paesi possibile, a partire da quelli confinanti;
l'Italia è un Paese fra i più esposti, anche per la sua posizione geografica, ai fenomeni migratori di massa e all'arrivo dei profughi di guerre come quella in atto in Siria, e, anche solo per questo, dovrebbe essere particolarmente interessata a farsi parte politicamente attiva nell'agevolare le trattative di pace nell'area che la circonda, esattamente come lo è stata nei Paesi balcanici,
impegna il Governo:
1) per fronteggiare la crescente crisi umanitaria in atto in Siria, a lavorare con i partner dell'Unione europea, le parti interessate e i competenti organismi internazionali, affinché sia consentito alla popolazione civile inerme di mettersi in salvo, creando nel contempo le condizioni per mettere in sicurezza i minori e garantire loro il diritto allo studio nonché i più elementari diritti umani;
2) ad attivarsi in tutte le sedi internazionali per sensibilizzare e coinvolgere quanti più Paesi e organismi internazionali, anche a livello informale, al fine di creare le condizioni per una soluzione politico-diplomatica condivisa dalle parti in conflitto sul territorio siriano;
3) a farsi promotore di una conferenza di pace alla quale partecipino tutti i Paesi dell'area mediterranea e mediorientale coinvolti nei diversi conflitti in atto, al fine di ottenere un quadro di stabilità politica nella regione interessata;
4) ad utilizzare a tal fine sia il seggio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che l'Italia occuperà dal 1o gennaio 2017, coinvolgendo in tale progetto tutti i componenti del Consiglio stesso, sia l'imminente Presidenza italiana del G7.
(1-01429) «Brunetta, Archi, Carfagna, Valentini, Occhiuto, Vito, Crimi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
le cosiddette Primavere arabe, che hanno coinvolto il Medio Oriente e il Nord Africa dalla fine del 2010, sono sfociate, in Siria, in una guerra civile che vede contrapposti i «lealisti» del Presidente Bashar al-Assad ad una moltitudine di gruppi di «ribelli», considerati terroristi dal Governo siriano;
la comunità internazionale si è divisa fra sostenitori di Assad e sostenitori dei ribelli, costringendo, di fatto, la popolazione civile a fuggire dai campi di battaglia verso i campi profughi;
come sempre nelle guerre, in particolar modo nelle guerre civili che hanno contraddistinto il periodo storico che ha avuto inizio alla conclusione del secondo conflitto mondiale, le persone più esposte sono bambini, donne e anziani;
in Siria è mancata la dimensione politica di una trattativa di pace; la via degli ultimatum e delle tregue, proclamati unilateralmente dalle parti militari in campo si è trasformata nell'unica via percorribile per poter sospendere ogni tanto i combattimenti e recuperare vigore per poi riprenderli in modo più energico causando, di conseguenza, il fallimento di qualsiasi tentativo di mediazione;
in data 5 ottobre 2016, i quartieri orientali della città siriana di Aleppo sono stati classificati dalle Nazioni Unite nella categoria «zone assediate», poiché sono accerchiati militarmente, non è possibile accedervi, neppure per gli aiuti umanitari, e non vi è libertà di circolazione per i civili;
la situazione è in continuo peggioramento e le tregue proclamate unilateralmente dalle singole parti in conflitto sono state ripetutamente violate o respinte, tanto che il 4 novembre 2016 il portavoce dell'Ocha (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), Jens Laerke, ha dichiarato che è impossibile mandare aiuti ad Aleppo poiché non vi sono le necessarie garanzie di sicurezza;
le organizzazioni umanitarie operanti sul territorio denunciano gravi carenze di cibo, acqua, medicine e materie prime e testimoniano come i civili, per supplire in minima parte alla penuria di alimenti, facciano ricorso agli «orti di guerra»;
per le Nazioni Unite, l'evacuazione dei civili dalla città può avvenire solo su base volontaria, ma durante l'ultima tregua, proclamata unilateralmente il 4 novembre 2016, nessun civile ha lasciato Aleppo attraverso i corridoi umanitari, confermando i timori di avere a che fare con parti in conflitto risolutamente convinte a continuare i combattimenti;
l'inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, sulle sanzioni imposte dall'Europa ha dichiarato che, nonostante siano una forma di pressione politica e non militare coinvolgono inevitabilmente anche la popolazione e per questo vengono continuamente poste sotto revisione dalla comunità internazionale;
è tuttavia evidente come l'arma delle sanzioni stia strangolando principalmente la popolazione civile, motivo per cui, oltre ai patriarchi cristiani della chiesa siriana, anche le Nazioni Unite, nel maggio del 2016, hanno evidenziato gli effetti collaterali negativi sulla possibilità di realizzare le attività umanitarie stesse;
è altrettanto evidente che, anche nel caso si sbloccasse la situazione ad Aleppo, resterebbero le immani emergenze che hanno creato campi profughi a ridosso della Turchia, della Giordania e del Libano;
in questi campi, secondo l'Unicef, vivono due milioni e mezzo di minori e di questi i siriani sono i più vulnerabili, perché spesso la loro nascita non è neppure stata registrata;
l'esigenza di aiutare i bambini, di scolarizzarli e di dare loro un futuro diverso dalla realtà in cui vivono, è ciò che principalmente muove a compassione le coscienze del mondo occidentale e lo spinge a tentare di andare in aiuto della popolazione civile siriana;
l'Unicef, in data 7 novembre 2016, ha chiesto «nuovamente a tutte le parti in conflitto in Siria e a coloro che hanno influenza, di proteggere prima di tutto i bambini e rispettare i loro bisogni secondo le leggi del diritto internazionale umanitario. Gli attacchi contro civili e infrastrutture che comprendono scuole, asili, parchi giochi e strutture scolastiche, devono immediatamente terminare»;
la Siria non è un Paese geograficamente e politicamente isolato: è doveroso affrontare la questione in un quadro più ampio e approntare iniziative a vari livelli di intervento, da quello umanitario a quello sotto egida internazionale, coinvolgendo quanti più Paesi possibile, a partire da quelli confinanti;
l'Italia è un Paese fra i più esposti, anche per la sua posizione geografica, ai fenomeni migratori di massa e all'arrivo dei profughi di guerre come quella in atto in Siria, e, anche solo per questo, dovrebbe essere particolarmente interessata a farsi parte politicamente attiva nell'agevolare le trattative di pace nell'area che la circonda, esattamente come lo è stata nei Paesi balcanici,
impegna il Governo:
1) per fronteggiare la crescente crisi umanitaria in atto in Siria, a lavorare con i partner dell'Unione europea, i principali attori internazionali e regionali, le parti interessate e i competenti organismi internazionali, affinché si ponga fine agli assedi e si assicuri l'accesso della popolazione agli aiuti umanitari, consentendo alla popolazione civile inerme presente nelle zone di guerra di mettersi in salvo, creando nel contempo le condizioni per mettere in sicurezza i minori e garantire loro il diritto allo studio nonché i più elementari diritti umani;
2) ad attivarsi in tutte le sedi internazionali per sensibilizzare e coinvolgere, anche a livello informale, tutti i Paesi e organismi internazionali rilevanti, al fine di creare le condizioni per una soluzione politico-diplomatica condivisa dalle parti in conflitto sul territorio siriano;
3) a continuare a lavorare in seno all'ISSG ed a sostegno del dialogo russo-americano e tra i principali attori regionali al fine di ottenere un quadro di stabilità politica nella regione;
4) ad utilizzare a tal fine sia il seggio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che l'Italia occuperà dal 1o gennaio 2017, cercando di valorizzare il ruolo del Consiglio stesso oltre all'imminente Presidenza italiana del G7.
(1-01429)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Brunetta, Archi, Carfagna, Valentini, Occhiuto, Vito, Crimi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
la «crisi siriana» è iniziata nel marzo 2011 con le prime manifestazioni pubbliche dell'opposizione, nel contesto di quelle che sono state poi definite le «primavere arabe», contro il governo di Bassar Al Assad, sprofondata in una vera e propria guerra civile a partire dal 2012;
in Siria è in corso un lacerante conflitto che ha causato fino ad ora, secondo dati differenti, tra le 400 e le 500 mila vittime, di cui 60 mila sarebbero bambini secondo le stime Unicef;
recenti dati dell'ONU rilevano che in questo momento quasi 900 mila persone si trovano sotto assedio delle bombe in 18 aree del Paese, pressoché isolate, con crescenti difficoltà a far giungere aiuti umanitari;
dalla fine dell'ultima tregua, secondo dati del 18 ottobre 2016 pubblicati da Save the Children e con riferimento alla sola città di Aleppo, epicentro del conflitto siriano oltre 500 bambini sono rimasti uccisi o gravemente feriti. Secondo l'organizzazione, a seguito dei bombardamenti nella parte orientale della città assediata, sono stati registrati 136 morti e 397 feriti gravi negli ospedali, ma si stima che il totale dei decessi sia molto superiore;
soltanto negli ultimi 10 giorni ad Aleppo sarebbero morti più di 100 civili e diverse centinaia tra gli opposti schieramenti delle forze lealiste e gli insorti, appoggiati dalle formazioni quaediste;
in Siria oramai è certificato un massacro, 11,4 milioni di persone, ossia più della metà degli abitanti prima dello scoppio della guerra civile risultano essere rifugiati all'estero o sfollati;
la situazione in Siria è sprofondata velocemente verso il caos, via via alimentato da una sanguinosa «guerra per procura», iniziata dalle speculazioni delle potenze regionali – su tutte Turchia, Iran, Arabia Saudita – che poi si sono incrociate con le strategie delle grandi potenze globali – in particolare Usa, Russia;
la destabilizzazione della Siria è stata alimentata dal conflitto e dalla successiva disgregazione di un altro Paese, l'Iraq, di cui è responsabile in larga parte l'occidente;
nelle ultime settimane, da quando è partita l'operazione per la liberazione della città di Mosul in Iraq, decine di migliaia di persone hanno varcato la frontiera con la Siria ed hanno raggiunto le zone del Rojava-Federazione della Siria del nord;
in particolare, queste persone, hanno raggiunto i campi profughi allestiti nell'area di Derek. Tuttavia la situazione di embargo che persiste sul Rojava, sia al confine con la Turchia, sia con il confine con il Kurdistan Irakeno, non consente l'invio di aiuti umanitari e scarseggiando i rifornimenti di cibo, acqua, medicine e strutture di accoglienza, la situazione è vicina al collasso;
occorrerebbe quindi un aiuto straordinario per quell'area così come l'apertura di corridoi umanitari per la zona di Aleppo per consentire urgentemente l'invio di aiuti umanitari;
al tempo stesso, anche alla luce dell'avvio della campagna per la liberazione della città di Raqqa, da parte delle Forze democratiche siriane, non è più rinviabile l'elaborazione di un serio piano appoggiato dalla comunità internazionale e da tutti gli attori parti in causa, che preveda la fine delle ostilità una road map nella direzione di una Siria democratica;
oggi l'unica alternativa alla soluzione militare è quella politica, da costruirsi nel quadro dell'unità della Siria, in cui le parti in conflitto si impegnino a rispettare le diversità dei popoli costituenti in una nuova Siria democratica, quindi per un sistema democratico decentrato in cui tutti condividono autonomia, a discapito di una struttura autoritaria, nazionalistica e sciovinista, come è il regime di Bassar Al Assad, che è alla base, tra l'altro dello scoppio delle violenze,
impegna il Governo:
1) a favorire la cessazione immediata delle ostilità nell'area di Aleppo, che preveda in particolare la cessazione dei bombardamenti indiscriminati che sempre più spesso prendono di mira obiettivi sensibili, quali, scuole, mercati, ospedali;
2) a promuovere con gli altri partner internazionali la ricostruzione delle aree liberate dalla presenza dello Stato islamico in Siria e nel Rojava-Federazione della Siria del Nord, facendo sì che la Turchia apra le frontiere per permette il passaggio dei convogli umanitari, al contempo favorendo il dialogo tra le forze democratiche del Paese e gli attori regionali, implementando la road map tracciata dal vertice di Vienna con l'obiettivo di tenere una Conferenza nazionale siriana promossa dalle Nazioni Unite a cui devono essere invitate anche le altre parti in conflitto, le istituzioni autonome del Rojava-Federazione della Siria del Nord e le Forze siriane democratiche (SDF);
3) ad assumere iniziative urgenti per l'apertura, e il rafforzamento dei corridoi umanitari dalla Siria, in particolare prevedendo misure straordinarie con riferimento ai minori;
4) ad assumere iniziative per prevedere adeguati stanziamenti per le straordinarie esigenze umanitarie collegate all'emergenza in particolare per l'area di Aleppo e Derek, nel Rojava-Federazione della Siria del Nord in ragione del massiccio afflusso di rifugiati e sfollati, per effetto della recrudescenza del conflitto nella zona di Aleppo e considerata la fuga di civili dalla zona di Mosul.
(1-01431) «Palazzotto, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
la «crisi siriana» è iniziata nel marzo 2011 con le prime manifestazioni pubbliche dell'opposizione, nel contesto di quelle che sono state poi definite le «primavere arabe», contro il governo di Bassar Al Assad, sprofondata in una vera e propria guerra civile a partire dal 2012;
in Siria è in corso un lacerante conflitto che ha causato fino ad ora, secondo dati differenti, tra le 400 e le 500 mila vittime, di cui 60 mila sarebbero bambini secondo le stime Unicef;
recenti dati dell'ONU rilevano che in questo momento quasi 900 mila persone si trovano sotto assedio delle bombe in 18 aree del Paese, pressoché isolate, con crescenti difficoltà a far giungere aiuti umanitari;
dalla fine dell'ultima tregua, secondo dati del 18 ottobre 2016 pubblicati da Save the Children e con riferimento alla sola città di Aleppo, epicentro del conflitto siriano oltre 500 bambini sono rimasti uccisi o gravemente feriti. Secondo l'organizzazione, a seguito dei bombardamenti nella parte orientale della città assediata, sono stati registrati 136 morti e 397 feriti gravi negli ospedali, ma si stima che il totale dei decessi sia molto superiore;
soltanto negli ultimi 10 giorni ad Aleppo sarebbero morti più di 100 civili e diverse centinaia tra gli opposti schieramenti delle forze lealiste e gli insorti, appoggiati dalle formazioni quaediste;
in Siria oramai è certificato un massacro, 11,4 milioni di persone, ossia più della metà degli abitanti prima dello scoppio della guerra civile risultano essere rifugiati all'estero o sfollati;
la situazione in Siria è sprofondata velocemente verso il caos, via via alimentato da una sanguinosa «guerra per procura», iniziata dalle speculazioni delle potenze regionali – su tutte Turchia, Iran, Arabia Saudita – che poi si sono incrociate con le strategie delle grandi potenze globali – in particolare Usa, Russia;
la destabilizzazione della Siria è stata alimentata dal conflitto e dalla successiva disgregazione di un altro Paese, l'Iraq, di cui è responsabile in larga parte l'occidente;
nelle ultime settimane, da quando è partita l'operazione per la liberazione della città di Mosul in Iraq, decine di migliaia di persone hanno varcato la frontiera con la Siria ed hanno raggiunto le zone del Rojava-Federazione della Siria del nord;
in particolare, queste persone, hanno raggiunto i campi profughi allestiti nell'area di Derek. Tuttavia la situazione di embargo che persiste sul Rojava, sia al confine con la Turchia, sia con il confine con il Kurdistan Irakeno, non consente l'invio di aiuti umanitari e scarseggiando i rifornimenti di cibo, acqua, medicine e strutture di accoglienza, la situazione è vicina al collasso;
occorrerebbe quindi un aiuto straordinario per quell'area così come l'apertura di corridoi umanitari per la zona di Aleppo per consentire urgentemente l'invio di aiuti umanitari;
al tempo stesso, anche alla luce dell'avvio della campagna per la liberazione della città di Raqqa, da parte delle Forze democratiche siriane, non è più rinviabile l'elaborazione di un serio piano appoggiato dalla comunità internazionale e da tutti gli attori parti in causa, che preveda la fine delle ostilità una road map nella direzione di una Siria democratica;
oggi l'unica alternativa alla soluzione militare è quella politica, da costruirsi nel quadro dell'unità della Siria, in cui le parti in conflitto si impegnino a rispettare le diversità dei popoli costituenti in una nuova Siria democratica, quindi per un sistema democratico decentrato in cui tutti condividono autonomia, a discapito di una struttura autoritaria, nazionalistica e sciovinista, come è il regime di Bassar Al Assad, che è alla base, tra l'altro dello scoppio delle violenze,
impegna il Governo:
1) a favorire la cessazione immediata delle ostilità nell'area di Aleppo, che preveda in particolare la cessazione dei bombardamenti indiscriminati che sempre più spesso prendono di mira obiettivi sensibili, quali, scuole, mercati, ospedali;
2) a promuovere con gli altri partner internazionali la ricostruzione delle aree liberate dalla presenza dello Stato islamico in Siria e nel cosiddetto Rojava, facendo sì che la Turchia apra le frontiere per permette il passaggio dei convogli umanitari, al contempo favorendo il dialogo tra le forze democratiche del Paese e gli attori regionali, implementando la road map tracciata dal vertice di Vienna con l'obiettivo di tenere una Conferenza nazionale siriana promossa dalle Nazioni Unite a cui devono essere invitate anche le altre parti in conflitto, le istituzioni autonome del cosiddetto Rojava e le Forze siriane democratiche (SDF);
3) ad assumere iniziative urgenti per l'apertura, e il rafforzamento dei corridoi umanitari dalla Siria, in particolare prevedendo misure straordinarie con riferimento ai minori;
4) ad assumere iniziative per prevedere adeguati stanziamenti compatibilmente con le risorse disponibili, per le straordinarie esigenze umanitarie collegate all'emergenza in particolare per l'area di Aleppo e Derek, nel cosiddetto Rojava in ragione del massiccio afflusso di rifugiati e sfollati, per effetto della recrudescenza del conflitto nella zona di Aleppo e considerata la fuga di civili dalla zona di Mosul.
(1-01431)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Palazzotto, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
la guerra civile siriana ha provocato più di 400.000 morti; oggi, la situazione nel Paese è drammatica: secondo le stime delle Nazioni Unite, solo in Siria 13,5 milioni di persone hanno bisogno di aiuto, di cui 6,1 milioni sono sfollate; 4,8 milioni di siriani sono fuggiti nei paesi vicini come la Giordania, la Turchia e il Libano;
parlando alla stampa, il portavoce di UNICEF Italia, Andrea Iacomini, ha recentemente dichiarato che «le Nazioni Unite hanno smesso di contare i bambini morti in Siria nel 2013, quando erano circa 11 mila. Ora si teme che le vittime minori siano quintuplicate: cifre da genocidio», ed ha aggiunto «ad Aleppo non si muore da oggi. È un calvario disumano»;
il sistema sanitario ad Aleppo orientale è al collasso: sarebbero appena 30 i medici rimasti, pochissime le attrezzature e le medicine d'emergenza per curare i feriti, e i casi di trauma sono in vertiginoso aumento;
i bambini con poche possibilità di sopravvivenza spesso vengono lasciati morire perché le scorte di medicinali sono poche e limitate;
secondo un rapporto di Save the Children, in un solo mese, dal 23 settembre al 22 ottobre, gli attacchi aerei con bombe a grappolo hanno provocato la morte di 136 bambini e il ricovero di altri 387 nella sola Aleppo;
a fine settembre l'ONU ha fatto sapere che i convogli umanitari sono stati sospesi solo come misura di sicurezza immediata e che l'organizzazione rimane impegnata per fornire aiuti a tutti i siriani, ma la realtà è che l'invio di aiuti umanitari ad Aleppo rimane estremamente difficile;
la «pausa umanitaria» del 20 ottobre scorso, posta in essere con l'obiettivo di dare la possibilità ai civili di lasciare la città, in parte ancora sotto il controllo dei ribelli siriani, prevedeva la preparazione di otto corridoi di uscita nell'area orientale della città, ma in pochi hanno deciso di sfruttarli, temendo per la loro sicurezza e gli attacchi da parte dei ribelli, che hanno respinto la sospensione dei combattimenti;
il numero delle persone che attualmente si trovano nelle aree assediate in tutto il Paese ha raggiunto la cifra di 861.200;
Aleppo è divenuto il simbolo della crisi umanitaria in Siria per le sofferenze indicibili che devono sopportare i suoi abitanti, oggetto di atrocità di ogni tipo; anche i tentativi di soccorrere la popolazione si dimostrano sempre più spesso vani, e persino le tregue per consentire ai civili di sfollare si stanno dimostrando inefficaci poiché gli abitanti di Aleppo non tentano più di utilizzare i corridoi umanitari per il fondato timore di essere oggetto di attacchi da parte di quelle milizie che, ormai da tempo, non permettono a nessuno di uscire dalla città;
appare del tutto evidente che la tragedia umanitaria che si sta consumando in Siria potrà avere una fine solo trovando una composizione politica della crisi;
la caduta di Aleppo in mano alle forze governative sembra questione di settimane, ma si stanno aprendo nuovi fronti;
le Forze democratiche siriane (SDF), un'alleanza dominata dai curdi ma che comprende anche combattenti arabi, turcomanni, assiri, armeni e circassi, hanno annunciato l'avvio, il 7 novembre, dell'offensiva per liberare Raqqa dall'ISIS; all'operazione, denominata «Ira dell'Eufrate» prendono parte circa 30.000 miliziani e, come confermato dall'inviato speciale degli Stati Uniti per la lotta all'ISIS, Brett McGurk, possono contare sull'appoggio aereo fornito dagli Stati Uniti e sul supporto di una cinquantina di «consiglieri» delle forze speciali statunitensi che starebbero partecipando alle operazioni sul terreno;
il piano strategico dell'operazione «Ira dell'Eufrate» prevede due fasi: la liberazione della provincia di Raqqa per isolare la città e la successiva riconquista dell'area metropolitana;
McGurk ha assicurato che le autorità di Washington sono in contatto con quelle di Ankara per valutare la situazione, ma ritengono che l'iniziativa contro l'ISIS nel nord della Siria debba spettare a «forze locali»;
il conflitto siriano sta dunque entrando in una nuova fase, potenzialmente ancora più pericolosa, poiché l'auspicata sconfitta dell'ISIS potrebbe paradossalmente portare a una situazione in cui i diversi attori che in Siria stanno formalmente combattendo il terrorismo, ma di fatto perseguono propri specifici e contrapposti interessi, potrebbero presto trovarsi a uno scontro diretto;
attualmente, infatti, l'ISIS controlla una lunga striscia di territorio siriano che dal confine iracheno si estende fino al nord di Aleppo, attraversando le città di Al Bukamal, Deir el-Zor e Raqqa, dividendo di fatto i territori controllati dalle forze curde e dell'SDF da quelli sotto il controllo dell'esercito siriano; quest'ultimo è attualmente concentrato sulla riconquista delle aree in mano alle cosiddette «forze di opposizione», una galassia di gruppi più o meno indipendenti tra i quali si contano il Free Syrian Army, Jabhat Fateh al-Sham (già Jabhat al-Nusra), Jaish al-Fatah (la coalizione che riunisce tra gli altri Ahrar ash-Sham e Jaish al-Sunna e che fino al 30 ottobre comprendeva anche Jabhat Fateh al-Sham), Jaysh al-Islam e altri gruppi salafiti;
una volta terminata l'occupazione di Aleppo, le forze governative siriane, oltre a completare la riconquista della provincia di Idlib, potranno rivolgere la propria attenzione verso la riconquista dei territori e delle città attualmente in mano all'ISIS, contribuendo sensibilmente alla sconfitta del sedicente Stato Islamico, ma anche avvicinandosi pericolosamente alle posizioni dei peshmerga curdi e dell'SDF;
nel corso del conflitto le forze leali al presidente Bashar al-Assad e l'YPG (Unità di Protezione del Popolo) hanno collaborato nella lotta all'ISIS e ad altri gruppi islamisti in varie occasioni (come nel caso dell'operazione, lo scorso luglio, per la chiusura della Castello Road, la strada che congiungeva i sobborghi est della città in mano a Jaish al-Fatah con la provincia di Idlib, la sua roccaforte);
tuttavia, lo scorso agosto si sono registrati gravi scontri diretti tra peshmerga e governativi siriani ad Hasakah, città del nord-est dove nel 2015 l'esercito siriano e l'YPG avevano combattuto dalla stessa parte per cacciare l'ISIS;
la battaglia di Hasakah si è conclusa il 23 agosto con una tregua e il ritiro delle forze governative dopo 6 giorni di combattimenti durante i quali si sono registrati attacchi aerei da parte dell'aeronautica siriana che hanno colpito anche alcune postazioni curde dove erano presenti unità delle forze speciali statunitensi, provocando la reazione di Washington che ha inviato i propri caccia per stabilire, di fatto, una « no-fly zone» sulla città; i fatti di Hasakah dimostrano l'elevato rischio di escalation derivante dal contatto diretto tra le forze governative siriane e le milizie curde in assenza di un accordo che ne definisca i rapporti;
bisogna pertanto chiedersi cosa potrebbe succedere se la striscia di territorio attualmente occupata dall'ISIS si trasformasse in una nuova linea del fronte tra i governativi siriani sostenuti direttamente dalle forze armate russe e le milizie curde e dell'SDF sostenute direttamente dalla coalizione anti-ISIS a guida statunitense;
viste anche le forti tensioni dovute alla crisi in Ucraina e il sempre maggiore coinvolgimene militare della Russia nel conflitto siriano, come dimostrato dal recente arrivo di fronte alla costa siriana del gruppo da battaglia della portaerei russa Admiral Kuznetsov, il rischio che alla cacciata dell'ISIS in Siria segua una guerra per procura tra Stati Uniti e Russia appare concreto e potrebbe avere conseguenze imprevedibili;
onde evitare che la sconfitta dell'ISIS si trasformi da una vittoria comune della civiltà in un fattore di ulteriore aggravamento della crisi siriana appare necessario fin da ora l'avvio di uno sforzo diplomatico teso a gettare le basi per un accordo di compromesso tra i rappresentanti dei curdi del Rojava e il governo siriano;
il 17 settembre, una delegazione dei Ministeri degli esteri e della difesa della Russia è giunta presso la base aerea di Khmeimim, nei pressi di Latakia, per presentare alle autorità siriane e a una delegazione curda la bozza di un memorandum d'intesa che prevede una forte autonomia per i territori del Kurdistan siriano; il documento, che avrebbe già ottenuto l'approvazione da parte della delegazione curda, della quale faceva parte Salih Gedo, segretario generale del Kurdistan Democratic Party of Syria (KDPS), non sarebbe stato accettato dalla delegazione siriana che avrebbe presentato il timore che una soluzione simile possa portare a una separazione della regione del Rojava dalla Siria; tuttavia, sebbene Damasco non si sia ancora dimostrata disponibile ad avviare un dialogo riguardo alla concessione di una amministrazione autonoma per il Rojava, la proposta dimostra la disponibilità di Mosca a trovare una soluzione pacifica e stabile per la questione del Kurdistan siriano ed, essendo la Russia il principale sostenitore del governo di Bashar al-Assad, appare evidente come il governo russo disponga degli strumenti necessari per esercitare le necessarie pressioni affinché Damasco accetti una soluzione di compromesso;
secondo quanto riportato dalla stampa, il documento presentato dalla delegazione russa prevede che la parte curda e quella siriana discutano i seguenti punti:
1) il riconoscimento costituzionale dei diritti nazionali e politici del popolo curdo in Siria e, allo stesso tempo, il riconoscimento dei diritti di altre minoranze nazionali; 2) il riconoscimento di un sistema democratico di auto-amministrazione nei cantoni di Jazira, Kobane e Afrin, e il riconoscimento dei membri del sistema democratico di auto-amministrazione quali rappresentanti degli interessi nazionali e religiosi di tutti i gruppi in queste aree e l'accettazione di tutte le decisioni fatte dal consiglio legislativo di questi cantoni; 3) il riconoscimento delle Forze di auto-protezione e dell'Asayish (polizia curda) come le legittime forze militari nazionali; 4) la formazione delegazioni di entrambe le parti (il sistema democratico di auto-amministrazione e il Governo siriano) per coordinare le relazioni tra i cantoni e il Governo centrale a Damasco; 5) il cambio del nome di «Repubblica Araba di Siria» in «Repubblica Democratica Siriana» e la formazione in essa di un Governo e con varie vedute democratiche sulla base di un sistema di federalismo;
secondo quanto dichiarato dal segretario generale del KDPS, Salih Gedo, al quotidiano Al-Monitor, la mancata approvazione dell'accordo da parte siriana non significa che la proposta sia stata accantonata e, a questo proposito, il Governo russo starebbe proseguendo la propria azione diplomatica sul Governo siriano;
il Governo turco si oppone fermamente a qualsiasi progetto che preveda l'autonomia del Kurdistan Siriano; dopo che l'SDF ha liberato dall'ISIS la città di Manbij, il 13 agosto, occupandola, la Turchia ha lanciato una campagna aerea contro le postazioni curde in Siria e, il 24 agosto, ha avviato l'operazione «Scudo dell'Eufrate», che ha visto, tra l'altro, lo sconfinamento di truppe corazzate turche in territorio siriano;
l'obiettivo dell'operazione «Scudo dell'Eufrate» è principalmente di tenere i curdi ad est dell'Eufrate; dall'inizio dell'invasione turca della Siria settentrionale, le milizie ribelli spalleggiate dai turchi sono riuscite a catturare una serie di villaggi e di città sia dall'ISIS, sia dall'SDF sostenuta dagli Stati Uniti; in poche settimane, un totale di 900 chilometri quadrati sono stati conquistati dalle forze filo-turche che hanno annunciato l'intenzione di muovere contro le fortificazioni dell'ISIS ad Al-Bab, a nord-est di Aleppo;
il 20 ottobre cacciabombardieri turchi sono stati impegnati in massicci bombardamenti contro le postazioni dell'YPG presso i villaggi di al-Hasiya, Um al-Quea e Um Hosh, nella regione di Afrin; lo ha reso noto lo stesso stato maggiore turco, comunicando che «La nostra forza aerea ha effettuato 26 attacchi su 18 bersagli delle Forze democratiche siriane-curde uccidendo 160-200 militanti del Partito dei lavoratori del Kurdistan»; l'obiettivo di questi attacchi era quello di prevenire l'avvio di un'offensiva dell'SDF verso il distretto di al-Bab sotto il controllo dell'ISIS; tale distretto si trova a nord di Aleppo, tra quelli di Afrin e di Manbij e la sua conquista da parte delle forze curde significherebbe la realizzazione della riunione di tutti i cantoni del Curdistan siriano in un unico territorio senza soluzione di continuità;
il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha espresso preoccupazione per i bombardamenti turchi nella regione di Afrin e ha sottolineato come la Turchia faccia parte della coalizione anti-ISlS a guida statunitense i cui obiettivi dichiarati sono solo l'ISIS e le milizie affiliate ad al-Qaeda, auspicando che gli Stati Uniti facciano di tutto affinché la Coalizione si limiti a colpire questi due obiettivi; il portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, John Kirby, ha definito gli attacchi turchi sulle postazioni curde come «movimenti non coordinati» con la Coalizione e ha chiesto alla Turchia di astenersi da azioni di questo tipo;
il 22 ottobre la Turchia ha sospeso i propri raid aerei in Siria dopo che Damasco, il 20 ottobre, ha definito l'invasione turca come una violazione della sovranità nazionale della Siria e ha minacciato di abbattere qualsiasi aereo turco che fosse nuovamente entrato nello spazio aereo siriano;
il 27 ottobre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che le forze turche in Siria attaccheranno la città di Manbij, occupata dai curdi, dopo aver preso all'ISIS la città di al-Bab;
il 7 novembre Erdogan ha reso noto che le forze sostenute da Ankara stanno avanzando velocemente e sono arrivate a 15 chilometri da al-Bab; l'obiettivo della Turchia è impedire che i curdi arrivino per primi ad Al Bab;
la spirale di violenza che affligge il nord della Siria potrà essere interrotta solo grazie a una soluzione negoziale; le possibilità del raggiungimento di un tale accordo sembrano concrete, ma non possono prescindere dall'avvio di un negoziato per la soluzione della questione del Rojava, le cui ambizioni autonomiste potrebbero facilmente trovare l'appoggio sia della Russia, sia degli Stati Uniti;
la proposta di un riassetto della Siria come uno Stato unitario ma federale, se associato ad opportune garanzie per il Presidente Bashar al-Assad e per la Turchia, potrebbe rappresentare la base per l'avvio di un processo di pace; ciò richiede evidentemente un notevole sforzo diplomatico al quale l'Italia potrebbe certamente partecipare in modo positivo,
impegna il Governo:
1) ad attivarsi in tutte le sedi internazionali competenti per spingere le diverse fazioni che si combattono nella città di Aleppo a garantire la sicura evacuazione dalla città dei civili, con particolare riguardo alle donne e ai bambini, consentendo alle agenzie delle Nazioni Unite di soccorrerli e portarli in salvo;
2) ad assumere iniziative diplomatiche per promuovere l'avvio di colloqui tra il Governo siriano e i rappresentanti delle istituzioni curde del Rojava allo scopo di definire di comune accordo il futuro assetto politico dei territori del Kurdistan siriano;
3) a rappresentare nelle opportune sedi internazionali l'esigenza dell'organizzazione di un piano per la gestione dei flussi di profughi che saranno generati dalle nuove offensive in corso nel nord della Siria, con particolare riguardo alla battaglia per la liberazione di Raqqa allo scopo di evitare che si ripeta una situazione simile a quella di Aleppo;
4) a valutare l'opportunità di proporre in sede ONU la creazione in zone del territorio siriano ritenute non strategiche, di una o più aree smilitarizzate poste sotto la diretta protezione dell'ONU nelle quali accogliere gli sfollati e offrire loro una adeguata assistenza umanitaria;
5) a esercitare iniziative nei confronti del Governo della Turchia affinché si astenga da ulteriori azioni militari in territorio siriano prevedendo, se necessario, anche la sospensione della collaborazione militare tra Italia e Turchia condotta sia in ambito bilaterale, sia in ambito NATO.
(1-01433) «Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).