Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 25 gennaio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso degli ultimi due anni, pur in una fase di faticosa fuoriuscita da una recessione epocale, sul piano dell'occupazione si sono registrati circa 656 mila posti di lavoro in più, oltre due terzi dei quali a tempo indeterminato e un calo degli inattivi di circa 665 mila unità, determinando, rispetto al 2014, una riduzione di oltre un punto del tasso di disoccupazione generale e di oltre 4 punti di quello giovanile. Tali risultati sono ascrivibili al profondo intervento di riordino normativo in materia di lavoro e alle misure di decontribuzione per le nuove assunzioni; i molteplici interventi anche da ultimo adottati dal Governo Renzi e dalla sua maggioranza nella legge di bilancio, daranno ulteriore slancio alla ripresa significativa degli investimenti e dei consumi e ciò potrà assicurare altri sensibili incrementi dei tassi di occupazione e, soprattutto, nuove opportunità di occupazione per le giovani generazioni;
    come è noto, su tre questioni al centro dell'attenzione dei lavoratori e dell'opinione pubblica, ovvero la disciplina del lavoro accessorio, la responsabilità solidale negli appalti e la tutela in materia di licenziamento, la Cgil ha promosso la raccolta di firme per altrettanti referendum popolari, ciascuno sottoscritto da oltre un milione di cittadini;
    su tali richieste referendarie la Corte costituzionale, nell'udienza dell'11 gennaio 2017, ha ammesso i quesiti sui voucher e sulla responsabilità solidale negli appalti ed ha respinto quello sulla disciplina della tutela in caso di licenziamento;
    per quanto riguarda l'utilizzo dei voucher, va anzitutto rilevato come la disciplina del lavoro accessorio di carattere meramente occasionale sia stata definita a partire dal 2003 e che da allora molteplici sono gli interventi legislativi che si sono susseguiti; segnatamente, l'istituto dei voucher è stato più recentemente disciplinato dal Governo Monti «legge Fornero» e, successivamente novellato dal Governo Letta e da ultimo dal Governo Renzi, nell'ambito della complessiva riforma del lavoro;
    lo strumento del voucher non è stato introdotto per flessibilizzare oltre modo il lavoro sino a sconfinare nella sua precarizzazione, quanto per contrastare la proliferazione del lavoro sommerso e irregolare. Tuttavia, l'impennata del loro utilizzo, soprattutto a seguito delle modifiche normative, intervenute negli anni 2011-2013, che ne hanno notevolmente ampliato l'ambito di applicazione, costituisce un ostacolo alla diffusione del lavoro stabile. L'uso distorto dei voucher, quindi, entra in contraddizione con gli obiettivi di stabilizzazione del lavoro, che il Jobs Act si è posto;
    nonostante l'attento monitoraggio sull'andamento dell'Istituto, che ha indotto il Governo Renzi ad adottare, nell'ambito di uno specifico decreto legislativo (n. 185 del 2016), interventi correttivi volti in particolare a rafforzare la tracciabilità nell'utilizzo dei voucher – introducendo l'obbligo di preventiva comunicazione dei dati dei prestatori e della data e dell'orario delle prestazioni – il ricorso agli stessi si è rivelato di particolare frequenza;
    gli ultimi dati rilasciati dall'Osservatorio dell'INPS per il 2016 riportano, infatti, un incremento delle vendite del 23,9 per cento su base annua, il quale segue la già significativa crescita del fenomeno registrata nel 2015, con una quota assoluta di assegni pari a quasi 134 milioni;
    dinanzi all'incremento esponenziale dell'utilizzo dei voucher il legislatore, proprio in virtù del meccanismo di monitoraggio contemplato dalla riforma del mercato del lavoro, è chiamato ad adottare ogni iniziativa utile tesa a prevenire l'abuso dello strumento che sembrerebbe poter emergere dai suddetti dati e, conseguentemente, addivenire a una rimodulazione dell'istituto che consenta di evitare l'uso distorto dei voucher, in coerenza proprio con i predetti obiettivi di stabilizzazione del lavoro sui quali si fonda la recente riforma del mercato del lavoro;
    per quanto concerne la disciplina della responsabilità solidale negli appalti, è indubbio che essa abbia registrato, negli anni passati, in virtù delle modifiche introdotte in attuazione della legge n. 30 del 2003 (cosiddetta legge Biagi) e in seguito alla legge n. 92 del 2012 (cosiddetta riforma Fornero), una progressiva erosione delle tutele per i lavoratori delle imprese impegnate in tali filiere produttive, con il paradosso di veder diminuire le garanzie alla retribuzione e alla regolarità contributiva proprio in quelle attività che, in gran parte dei casi, vedono le amministrazioni pubbliche come committenti;
    a tale ultimo riguardo, va peraltro rilevato come una inversione di tendenza sul piano delle politiche legislative nel settore degli appalti pubblici, con particolare riferimento a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, si sia di converso registrata a seguito dell'adozione, nel 2016, del nuovo codice degli appalti, che ha espressamente regolamentato le clausole sociali nell'ottica della promozione dei diritti dei lavoratori e della continuità occupazionale;
    sul complesso di tali questioni sono già depositate diverse proposte di legge finalizzate a rivedere la normativa, ripristinando lo spirito originario dei suddetti istituti;
    per quanto attiene alle forme di tutela in caso di licenziamento, sebbene non siano oggetto dei prossimi referendum popolari, appare opportuno mantenere una speciale attenzione circa gli effetti della nuova disciplina, tenuto conto che i dati dell'Osservatorio dell'INPS offrono un quadro in chiaroscuro, dal momento che, se, da una parte, si evidenzia un lieve incremento dei licenziamenti complessivi dei primi dieci mesi del 2016 e in particolare di quelli disciplinari, dall'altra si assiste ad una assai maggiore diminuzione delle dimissioni che, per effetto anche della norma di contrasto alle cosiddette «dimissioni in bianco» contenuta nel Jobs act, si sono ridotte, negli stessi mesi di oltre centomila unità, passando da 762,517 a 658.666;
    come prospettato dal Jobs Act, la sfida del rilancio competitivo dell'economia passa, anche per un'organizzazione del mercato del lavoro che ponga al centro la buona e stabile occupazione, quale fattore di equilibrio sociale e presupposto per il recupero di produttività del nostro sistema produttivo;
    si rende necessario continuare a dare impulso alle politiche attive del lavoro e a prestare attenzione alla durata degli ammortizzatori sociali in relazione all'andamento del ciclo economico,

impegna il Governo:

1) ad assicurare il massimo impegno nell'attività di monitoraggio prevista dall'articolo 1, comma 13, del «Jobs Act», al fine di un costante confronto con il Parlamento e le forze sociali, necessario, per una verifica condivisa degli effetti del nuovo quadro normativo;

2) ad assumere iniziative sulle materie in discussione, a partire dalle questioni oggetto dei quesiti referendari, tenendo conto anche delle proposte di legge già presentate in Parlamento.
(1-01492) «Rosato, Monchiero, Damiano, Gnecchi, Albanella, Arlotti, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Di Salvo, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rostellato, Rotta, Simoni, Tinagli, Zappulla».


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 10 dicembre 2014, n. 183, il Governo è stato delegato a operare una ampia riforma del mercato del lavoro, la cui attuazione si è concretizzata con l'adozione di ben otto decreti legislativi che intervengono su numerosi ambiti del settore lavoristico, ai quali si è ora aggiunto un primo decreto correttivo;
    gli interventi di riordino si sono essenzialmente concentrati sul tema degli ammortizzatori sociali, sui servizi per il lavoro di politiche attive, sugli aspetti relativi alla semplificazione delle procedure e degli adempimenti, sul riordino delle forme contrattuali e dell'attività ispettiva e sulla materia della tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro;
    tra gli argomenti più controversi affrontati dalla riforma, oltre alla già citata riforma degli ammortizzatori sociali, vi sono il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la riforma dell'indennità di disoccupazione e l'estensione dell'uso dei voucher per la retribuzione del lavoro accessorio;
    nel luglio del 2016 la Cgil ha depositato oltre tre milioni di firme per proporre tre referendum abrogativi di quelle disposizioni del jobs act che hanno introdotto, segnatamente, l'impiego dei cosiddetti voucher, la modifica dell'articolo 18 e il ripristino della responsabilità in solido di azienda appaltante e appaltatrice in caso di violazioni subite dai lavoratori;
    congiuntamente alla promozione dei referendum abrogativi, è stata presentata una proposta di legge d'iniziativa popolare volta alla stesura di una nuova carta dei diritti universali del lavoro;
    il primo referendum riguarda l'abolizione dei voucher, vale a dire dei «buoni lavoro», introdotti al fine di contrastare il fenomeno del lavoro nero, e disciplinati nella loro prima fase di applicazione dalla «legge Biagi»;
    in origine i voucher erano essenzialmente diretti a disciplinare forme di lavoro occasionale e con prestazioni di breve durata in ambito domestico svolte tra privati, al fine di consentire la regolarizzazione e, di conseguenza, la tutela di personale domestico quali collaboratrici domestiche, badanti, babysitter, giardinieri et similia, tipicamente pagati, spesso con l'assenso del lavoratore, in nero e per questo senza protezione assicurativa;
    la legge n. 33 del 2009 ha esteso, a partire dal 2010, l'applicazione dei voucher a molteplici soggetti, e nel 2012 con la riforma Fornero ha disposto una totale liberalizzazione in termini di settori o ambiti professionali nei quali potevano essere impiegati, ulteriormente rafforzata anche dal jobs act che ha innalzato il limite del reddito annuo da cinquemila a settemila euro e ha eliminato anche il requisito della occasionalità della prestazione che costituiva l'essenza stessa del voucher;
    l'aumento del limite di reddito, unitamente ad altre misure del jobs act che hanno ridotto altre forme di lavoro precario, ha determinato un aumento dell'uso dei voucher da parte dei datori di lavoro come confermato dagli ultimi dati diffusi dall'Inps, che ha certificato come l'uso del voucher nei primi dieci mesi del 2016 sia aumentato del trentadue per cento, mentre nei primi dieci mesi del 2015 era aumentato del sessantasette per cento rispetto allo stesso periodo del 2014;
    il secondo referendum proposto riguarda il ripristino dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300, che sancisce il diritto al reintegro da parte del lavoratore licenziato senza una giusta causa nelle aziende con più di quindici dipendenti;
    l'articolo 18 aveva subito una prima sostanziale modifica nel 2012 con la «riforma Fornero» e il jobs act ne ha sancito il definitivo superamento, sostituendo il diritto al reintegro con un indennizzo economico in caso di licenziamento senza giusta causa;
    il terzo referendum chiede la soppressione di una norma del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e, laddove approvato, determinerebbe il ripristino della responsabilità in solido di azienda appaltante e azienda appaltatrice nel caso di violazioni dei diritti dei lavoratori impiegati;
    il complesso delle norme e dei provvedimenti comunemente noti come jobs act hanno rappresentato una rivoluzione mancata e continuano a registrarsi profonde criticità strutturali nel mondo del lavoro, quali l'elevata tassazione a carico delle imprese, l'eccessivo costo del lavoro, il fenomeno della delocalizzazione da parte di sempre più aziende, l'inefficace contrasto al lavoro in nero;
    proprio a dimostrazione di questo anche gli interventi che avrebbero dovuto accompagnare la tanto decantata riforma del mercato del lavoro, previsti dalle leggi di stabilità e consistenti perlopiù in incentivi alle assunzioni non stanno dando, dati alla mano soprattutto nel lungo periodo, i risultati sperati;
    già nel documento approvato dalla Commissione lavoro in esito alla indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, svolta nel 2013, era stato rilevato come «per quanto concerne gli incentivi finalizzati a nuove assunzioni o alla stabilizzazione di lavoratori flessibili, è stato osservato come il legislatore sia spesso vittima di una presunzione di efficacia, che porta a ricondurre a un incentivo tutti gli effetti che si osservano successivamente alla sua introduzione. Si tratta di una prospettiva fuorviante, che induce a una sistematica sovrastima degli effetti degli interventi, conducendo spesso a sprechi di risorse pubbliche. Non tutto quello che si osserva a seguito di un intervento normativo (in termini di assunzioni e stabilizzazioni), infatti, è ad esso legato da un nesso di causalità. Un'ormai confidata letteratura, fondata sulla cosiddetta analisi «controfattuale» (tesa cioè ad indagare cosa sarebbe comunque accaduto in assenza dell'intervento), mostra che gli effetti netti degli incentivi per l'occupazione sono spesso assai inferiori a quanto comunemente si ritiene»;
    lo stesso documento, inoltre, aveva stigmatizzato come già la «riforma Fornero» «pur modificando la composizione delle forme contrattuali, non abbia aiutato a rafforzare, nel suo complesso il mercato del lavoro in un periodo di crisi»,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a regolamentare e modificare la disciplina e l'uso dei voucher in modo da riportarli alla loro modalità d'impiego e funzione originarie;
2) ad adottare le iniziative per mantenere e rendere strutturali gli incentivi previsti dal jobs act solo in favore di quelle aziende che realizzano un saldo positivo di assunzioni;
3) a provvedere alla redazione di un approfondito documento da inviare alla Commissione europea deputata all'armonizzazione della pressione fiscale sul lavoro nella zona euro;
4) ad adottare ogni ulteriore iniziativa volta alla piena ed effettiva tutela dei lavoratori.
(1-01493) «Rizzetto, Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    l'HIV è una malattia che riguarda potenzialmente gran parte della popolazione atteso che, negli anni, si è osservato un cambiamento delle modalità di trasmissione dell'infezione, con un aumento esponenziale dei casi attribuibili a trasmissione sessuale, che rappresentano oggi l'85 per cento del totale; in particolare, tali casi sono aumentati dall'1,7 per cento del 1985 al 43,2 per cento nel 2014 e quelli attribuibili a trasmissione tra MSM (omosessuali) nello stesso periodo sono aumentati dal 6,3 per cento, al 40,9 per cento;
    sono stati segnalati, nel 2014, al Centro operativo AIDS dell'Istituto superiore di sanità (COA), 858 diagnosi di AIDS, pari a un'incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti;
    la percentuale di stranieri tra le nuove diagnosi di infezione da HIV è stata del 27,1 per cento nel 2014, con un numero assoluto di casi pari a 1.002. In particolare, l'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è stata di 19,2 nuovi casi per 100.000 stranieri residenti rispetto a un'incidenza tra italiani residenti dai 4,7 nuovi casi per 100.000;
    nel 2014, l'emersione dello stato di sieropositività al virus dell'HIV è avvenuto principalmente per cause diverse dall'accesso volontario al test dell'HIV; nello specifico, nel 26,4 per cento dei casi, il test HIV è stato eseguito per la presenza di sintomi HIV-correlati e nel 12,9 per cento dei casi in seguito ad accertamenti per altra patologia o alla diagnosi di un'infezione sessualmente trasmessa;
    il livello di consapevolezza dei rischi di contagio e la conoscenza dei comportamenti per evitare l'infezione sono drammaticamente bassi in tutta la popolazione ed in particolare nelle persone più giovani;
    una recente ricerca condotta a livello nazionale ha evidenziato che adulti e adolescenti sono disinformati o male informati rispetto all'HIV; a titolo di esempio, solo il 5,2 per cento dei ragazzi tra 15 e 19 anni sa che cosa sia l’«intervallo finestra», informazione chiave per poter accedere correttamente al test per l'HIV e, ancora oggi, il 20 per cento delle persone crede che l'AIDS sia la malattia di gay e tossicomani;
    negli ultimi anni, infatti, è aumentato il numero delle persone che arrivano allo stadio di AIDS conclamato ignorando la propria sieropositività per cui diminuiscono sensibilmente le probabilità di risposta positiva alle cure: l'ultimo dato disponibile indica una proporzione del 67,9 per cento;
    anche nel 2015, sono attese in Italia circa 3.800 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a 6,1 nuovi casi per 100.000 residenti; un dato che si è mantenuto costante negli ultimi anni e che pone il nostro Paese al dodicesimo posto tra le nazioni dell'Unione europea;
    questi dati mettono in evidenza che l'HIV non è affatto un problema risolto, come qualche organo di comunicazione ha semplicisticamente riportato e come una lettura superficiale dei dati potrebbe far credere; la malattia, infatti, è ancora presente e fortemente in crescita in alcune specifiche popolazioni;
    sarebbe un grave errore continuare a pensare all'HIV/AIDS come ad una malattia che riguarda solo una parte ristretta della popolazione, come in effetti, in gran parte, è stato in Italia negli anni ’80;
    il nostro Paese eccelle nella cura dell'HIV, ma risulta estremamente carente nella prevenzione, sia per l'assenza di azioni informative rivolte alla popolazione, sia per la mancanza di un serio progetto di formazione in materia sanitaria delle giovani generazioni e, in particolare, in materia di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili;
    appare ormai improcrastinabile l'esigenza di intervenire affinché siano programmate e sviluppate serie e concrete iniziative per la prevenzione e la cura efficace dell'HIV nel nostro Paese;
    è necessario, in particolare, sviluppare progetti finalizzati ad approfondire il livello di conoscenza della popolazione per evitare che persone non consapevoli di essere positive all'HIV ritardino involontariamente l'accesso alle cure con gravi rischi per la propria salute,

impegna il Governo:

1) a provvedere alla concreta attuazione del nuovo piano nazionale d'intervento contro l'Aids, in via di approvazione da parte del Consiglio superiore di sanità, allo scopo di facilitare l'accesso al test, garantire le cure contro la malattia, anche attraverso i farmaci innovativi, e favorire il mantenimento in terapia dei pazienti;
2) ad assumere iniziative per finanziare specifici interventi pluriennali relativi a prevenzione, informazione e ricerca sull'AIDS;
3) ad assumere iniziative per inserire la lotta all'HIV/AIDS e alle malattie sessualmente trasmissibili nei programmi di studio per le nuove generazioni e sostenere l'informazione e il coinvolgimento attivo delle popolazioni più a rischio.
(1-01494) «Cimbro, Carrozza, Fitzgerald Nissoli, Romanini, Capozzolo, Russo, Campana, Realacci, Venittelli, Garavini, Rostellato, Pinna, Melilla, Mognato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GINOBLE, LODOLINI, LUCIANO AGOSTINI, MANZI, MARCHETTI, MORANI, PETRINI e GIULIETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della ondata di maltempo che ha investito pesantemente Abruzzo-Marche ad una settimana dalla maggiore criticità si registrano ancora migliaia di utenze di energia elettrica interrotte in provincia di Teramo, Ascoli Piceno, Macerata;
   molte comunità in particolare nelle frazioni e aree rurali sono allo stremo delle forze dopo giorni senza corrente elettrica e riscaldamento;
   purtroppo si registrano da parte dell'Enel sul territorio delle Marche e dell'Abruzzo gravi disservizi e una inusuale lentezza nel ripristino della rete;
   vi sono ancora rischi per la incolumità delle persone legati ai cedimenti dei tetti sotto il peso della neve e alle valanghe, anche se in progressivo esaurimento, come da verbale del gruppo funzionale della regione redatto in collaborazione con Meteomont, Aineva (Associazione interregionale neve e valanghe) e Cnsnas (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico);
   molto critica risulta essere ancora la condizione della viabilità, soprattutto all'interno, di competenza non statale e, con lo scioglimento della neve, aumenta anche il rischio di frane e dissesti che possono compromettere ulteriormente la rete energetica –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere nei confronti dell'Enel e di Terna in considerazione dei disagi che tuttora si registrano sul territorio abruzzese e marchigiano e se non intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere apposite forme di indennizzo in favore degli utenti che più a lungo sono rimasti privi di corrente e riscaldamento. (5-10371)


   VALLASCAS, VILLAROSA, CANCELLERI, PESCO, COZZOLINO e NICOLA BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 7 ottobre 2016, la Commissione europea ha imposto un dazio antidumping su alcuni prodotti dell'industria siderurgica cinese, come i coil a caldo e altri prodotti piani (piatti laminati a caldo e lamiere in generale);
   in sostanza sarebbe stato confermato che i prodotti siderurgici cinesi sono stati importati in Europa a prezzi di dumping eccessivamente ribassati;
   la risoluzione sarebbe stata assunta al termine di un'indagine avviata a febbraio su impulso di Eurofer, l'associazione dei produttori siderurgici europei;
   l'entità dei dazi varia a seconda della tipologia del prodotto e del produttore: per il coil, il dazio oscillerebbe fra il 13,2 per cento e il 22,6 per cento, mentre, per i piatti pesanti, fra il 65,1 per cento e i 73,3 per cento;
   il 12 gennaio 2017, il quotidiano Il Sole 24 Ore, in un articolo titolato «I dazi alla Cina spingono Taiwan», avrebbe riportato le voci in base alle quali si farebbe «strada la preoccupazione per il rischio di triangolazioni con paesi terzi, come Taiwan (+251 per cento l’export di coils negli ultimi mesi), Malaysia e o Indonesia» per aggirare i dazi imposti dalla Commissione;
   nel riportare le preoccupazioni dei rappresentanti dei produttori europei, l'articolista scrive che «Il timore potrebbe essere confermato dalle mail (la cui autenticità però è tutta da verificare) ricevute in queste settimane da alcuni import manager, nelle quali si pubblicizzano “soluzioni professionali nel trading per evitare gli elevati dazi antidumping” sui prodotti cinesi, esplicitando una strategia di export da paesi terzi»;
   il quotidiano Il Sole 24 Ore, nella medesima edizione del 12 gennaio 2016, solleva la questione delle implicazioni che potrebbe avere la politica protezionistica del neoeletto Presidente degli Stati Uniti (che come il Giappone non intendono fare sconti commerciali alla Cina) e possono spostare grandi flussi di merci a basso costo verso l'Europa;
   la situazione esposta richiederebbe una verifica tempestiva degli strumenti di vigilanza sulle disposizioni europee volte a riparare gli squilibri del mercato determinati da pratiche di dumping da parte di Paesi che non operano in economie di mercato;
   è il caso di ricordare la posizione di debolezza delle aziende europee e, in particolare, italiane, costrette a competere con operatori di Paesi terzi spesso non vincolati da un quadro normativo, come quello europeo, rispettoso dei diritti dei lavoratori e della qualità e salubrità dei prodotti commercializzati;
    questa situazione sarebbe aggravata, nel caso dell'Italia, dall'assenza di un piano industriale che consentirebbe di definire gli asset strategici del Paese, i settori di maggiore rilevanza e le risorse e gli strumenti necessari per conseguire obiettivi di sviluppo –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare che Paesi terzi possano aggirare, come esposto in premessa, le misure antidumping europee con grave danno per gli operatori economici italiani. (5-10373)


   VALLASCAS, VILLAROSA, CANCELLERI, PESCO, COZZOLINO e NICOLA BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 dicembre 2016, n. 232, legge di bilancio 2017, all'articolo 1, comma 438, istituisce il fondo denominato «Fondi da ripartire per il finanziamento di interventi a favore degli Enti territoriali», provvisto di una dotazione di 969,6 milioni di euro per, ciascuno degli anni dal 2017 al 2026, di 935 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2046 e di 925 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2047;
   il successivo comma 439 stabilisce che «I beneficiari, le finalità, i criteri e le modalità di riparto dei fondi di cui ai commi 433 e 438 sono disciplinati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 gennaio 2017, previa intesi in sede di Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281»;
   l'esame relativo all'intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri era programmato quale punto all'ordine del giorno della Conferenza unificata del 19 gennaio 2017, argomento poi rinviato alla seduta del 26 gennaio;
   da quanto emerso nel corso dell'esame in Commissione affari finanziari della Conferenza delle regioni e delle province autonome, circa 900 milioni di euro dovrebbero essere ripartiti tra province e città metropolitane, con esclusione degli enti di area vasta delle regioni a statuto speciale;
   questa circostanza, se fosse confermata, oltre a contenere elementi di estrema gravità per la disparità di trattamento tra regioni speciali e ordinarie – peraltro non specificatamente espressa nel dispositivo di legge istitutivo del fondo – porrebbe gli enti territoriali delle regioni a statuto speciale in situazioni di grave difficoltà finanziaria e gestionale, col rischio di compromissione della qualità e dei livelli dei servizi erogati;
   a titolo di esempio, secondo le valutazioni formulate da assessorato regionale agli enti locali, Anci e consiglio delle autonomie locali, agli enti territoriali della Sardegna, per la città metropolitana di Cagliari e province, sono previsti circa 60 milioni di euro;
   è il caso di rilevare che questa situazione ricadrebbe su una generale condizione di disagio socio economico delle comunità interessate per effetto della congiuntura economica, che ha avuto un'incidenza diretta sul tessuto produttivo delle comunità locali, e della cospicua riduzione del livello dei trasferimenti, riduzione che ha comportate una grave limitazione gestionale e operativa alle istituzioni locali;
   gli enti territoriali opererebbero, tra l'altro, in una condizione particolarmente complessa, per effetto della fase di riordino che, in Sardegna, ha visto la nascita della città metropolitana di Cagliari e la ridefinizione delle province, sottoposte, tra l'altro, a una lunga fase di incertezza istituzionale;
   queste circostanze renderebbero insostenibile e, conseguentemente, inaccettabile un'esclusione dalla ripartizione dei fondi istituiti con la legge di bilancio 2017, che, tra le altre cose, produrrebbe effetti oltre il 2047 –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per evitare la paralisi gestionale degli enti di area vasta delle regioni a Statuto speciale per effetto dell'esclusione dallo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui criteri di ripartizione del fondo di cui all'articolo 1, comma 438, della legge di bilancio 2017;
   se non si ritenga opportuno ridefinire lo schema di ripartizione a fine di attribuire i fondi spettanti agli enti di area vasta delle regioni a statuto speciale.
(5-10374)


   LUIGI GALLO, SIBILIA, MICILLO, CARIELLO, DELL'ORCO e BRUGNEROTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno. — Per sapere – premesso che:
   in virtù della legge n. 56 del 2014 all'ente provincia di Napoli è subentrato l'ente città metropolitana di Napoli ed il sindaco del comune di Napoli ha assunto le funzioni di sindaco metropolitano;
   il «Patto per lo sviluppo per la Città Metropolitana di Napoli» è stato stipulato tra il Presidente del Consiglio dei ministri ed il sindaco della città metropolitana in data 26 ottobre 2016, con lo scopo di favorire lo sviluppo economico, produttivo ed occupazionale di tutti i 92 comuni facenti parte del territorio di competenza della Città metropolitana;
   sebbene l'articolo 31 dello statuto della città metropolitana di Napoli preveda che, come disposto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, venga approvato, dal consiglio metropolitano, un «Piano strategico» entro il 31 dicembre, al momento non risulta avviata alcuna discussione, né attività a tale scopo;
   nonostante l'articolo 5 del patto istituisca un rappresentante della città metropolitana nel comitato di indirizzo e controllo, di cui si avvalgano l'autorità politica per la coesione e il sindaco, ad oggi, a quanto consta all'interrogante, non risulta esservi alcuna discussione in merito;
   il PON Città Metropolitane 2014-2020, approvato dalla Commissione europea con decisione C(2015) 4998 del 14 luglio 2015 individua il sindaco del comune capoluogo della città metropolitana come Autorità urbana e organismo intermedio, così come si denota dalla delibera della giunta comunale di Napoli n. 401 del 19 maggio 2016 e dalla convenzione deliberata dal sindaco della città metropolitana, in data 28 dicembre 2016, in cui il comune di Napoli diviene soggetto attuatore di tutti gli interventi finanziati dal patto e in cui si dispone che il comune si avvarrà della città metropolitana per rendere efficaci gli interventi in tema di agenda digitale, finanziati con risorse PON Metro 2014-2020;
   infine, come emerge dall'allegato A, parte integrante del patto, il Governo e la città metropolitana, nella persona del sindaco della città metropolitana, risultano aver impiegato il totale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, di euro 308 milioni, per il periodo di programmazione 2014-2020, per una serie di interventi da realizzarsi, de facto, nel solo territorio del comune di Napoli: 10 di natura infrastrutturale (Napoli Est, Scampia e centro, completamento delle linee 1 e 6 della metropolitana); 1 concernente lo sviluppo economico (restauro degli edifici del centro storico); 5 a livello ambientale (Sin Napoli orientale, centro storico, depuratore di Napoli Est, città verticale, uffici pubblici e scuole); 2 per la valorizzazione culturale (Real Albergo dei Poveri e Parco archeologico di Piazza Municipio);
   altre città metropolitane del Mezzogiorno hanno invece collegialmente impegnato importanti risorse del patto per i comuni non capoluogo, con interventi diretti: 16,2 milioni di euro per Bari, approvati dal consiglio metropolitano; 90 milioni di euro per Cagliari; 55,62 milioni di euro per Reggio Calabria –:
   se, in base alle evidenze sopra riportate, il Governo ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per rivedere il patto di cui in premessa, dato che, per gli interroganti, la logica sottostante al patto e l'impegno dei fondi, tra cui il Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all'allegato A, sono estremamente penalizzanti per lo sviluppo, oltreché per la dignità e per le esigenze dei 91 comuni, oltre a quello di Napoli, che compongono l'ente città metropolitana di Napoli, e avvantaggiano il solo comune ed il sindaco di Napoli, il quale agisce in una quasi totale autonomia rispetto al consiglio e/o alla conferenza metropolitana;
   se il Governo non ritenga necessario porre in essere ulteriori iniziative, per quanto di competenza, affinché: le incongruenze in seno al patto vengano sanate e venga accelerato l’iter di discussione e approvazione del Piano Strategico e di istituzione del Comitato di indirizzo e controllo per la gestione del patto.
(5-10375)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno sta portando avanti un piano di chiusura e soppressione di numerosi presidi di sicurezza in Sardegna;
   in questi giorni, nonostante il grande servizio reso dalle strutture della polizia di Stato in occasione dell'emergenza che ha messo in ginocchio l'intera provincia di Nuoro, si sta nuovamente perseguendo la chiusura di importanti strutture di presidio territoriale;
   in particolare, il Ministero dell'interno sta pianificando la chiusura della polizia stradale dislocata nel comune di Fonni;
   il paese di Fonni è sito a circa mille metri di altitudine, anch'esso poco distante da Nuoro, ma per la sua posizione, soprattutto nei mesi più freddi, è fondamentale il presidio per garantire la viabilità nei tratti di strada interessati dalle frequenti nevicate invernali;
   l'unica nota negativa è che lo stesso presidio conta poco personale, oggi solamente 6 operatori, e lo stabile è di proprietà privata;
   analoga situazione si registra per quanto riguarda il posto di polizia ferroviaria di Macomer da sempre crocevia dello snodo ferroviario della Sardegna;
   questi uffici sono stati lasciati senza personale di fatto sancendone l'inutilità, o meglio, l'inoperosità e pertanto giustificandone la chiusura;
   appare grave e inaccettabile un piano di dismissione dei presidi delle forze dell'ordine dove è indispensabile garantire la sicurezza delle comunità locali;
   nel rivolgere un particolare plauso a tutti gli operatori della polizia di Stato che durante l'ultima ondata di maltempo si sono contraddistinti per professionalità, senso del dovere e impegno personale si deve ribadire l'assoluta esigenza di non dismettere tali uffici territoriali;
   i servizi emergenziali sono stati svolti con rara abnegazione, nonostante la risaputa carenza sia di uomini sia di mezzi che certo non ne ha facilitato l'operato;
   numerosi sono stati gli interventi di soccorso stradale per richieste di aiuto da parte dei cittadini rimasti bloccati sulle strade innevate;
   ogni ondata di maltempo crea spesso enormi disagi che solo l'accortezza di uomini professionisti come quelli della polizia di Stato riescono spesso ad arginare;
   nonostante ciò, il Governo ha reiterato l'intenzione di chiudere presidi strategici quali il distaccamento della polizia stradale di Fonni (che in questi giorni si è adoperato per ovvi motivi geografici nonostante la cronica carenza di personale per via delle restrittive politiche ministeriali) e di Ottana;
   altro presidio fondamentale del quale si deve scongiurare la chiusura è appunto quello della polizia ferroviaria di Macomer, unico presidio di questa categoria presente in provincia di Nuoro;
   tali politiche restrittive hanno spogliato di mezzi e uomini e hanno portato il 20 gennaio 2017 a rimodulare le turnazioni di vari presidi per garantire un'adeguata presenza sul territorio con i già menzionati sacrifici da parte degli operatori –:
   se non si ritenga di dover immediatamente revocare qualsiasi piano di dismissione e attivare un confronto con le autorità locali per valutare l'importanza di questi presidi di sicurezza;
   se non si ritenga di dover coinvolgere le organizzazioni sindacali per valutare le possibili ottimizzazioni funzionali dei presidi, al fine di garantire efficienza e sicurezza;
   se non si ritenga di dover tener conto delle condizioni insulari della Sardegna e delle particolari condizioni delle zone interne della regione. (5-10385)


   GAGNARLI, COMINARDI, ALBERTI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di alcune sollecitazioni da parte del presidente della Conferenza delle regioni, Stefano Bonaccini, il Ministro interrogato ha confermato la propria disponibilità alla convocazione di un tavolo tecnico per l'applicazione del regime di prelievo venatorio in deroga previsto dall'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992;
   tale tavolo – che sarebbe supportato dall'Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (Ispra) e dal dipartimento delle politiche comunitarie, e la cui prima fase è prevista per il 24 gennaio 2017, con una riunione per le fasi di avvio dello stesso – dovrebbe allargare la discussione, secondo quanto si apprende dallo scambio di missive tra Conferenza delle regioni e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche alla definizione della cosiddetta «piccola quantità» autorizzata al prelievo in deroga;
   il fine, secondo lo stesso Bonaccini, sarebbe quello di superare la difficoltà riscontrata negli ultimi anni dal mondo venatorio di reperire i dati necessari a tale definizione che sarebbero dovuti pervenire dall'Ispra, secondo quanto previsto dall'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, che non ha assolto, sempre a parere del Presidente della conferenza Stato-Regioni ai propri compiti istituzionali;
   l'accusa di Bonaccini all'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale è evidente, ma l'istituto ha più volte dichiarato il proprio parere sfavorevole alla caccia a storno, fringuello e peppola (le specie per le quali sono stati richiesti i dati dalle regioni interessate) e di conseguenza l'impossibilità di applicare il concetto di «piccole quantità» a quanto previsto dalla direttiva «uccelli selvatici»;
   con già diverse interrogazioni presentate al Parlamento europeo, tra l'altro, è stata sollevata tale problematica; e stato risposto dalla Commissione europea che «per quanto concerne il ruolo svolto dall'Istituto scientifico nazionale italiano (Ispra), la sua guida scientifica e i suoi pareri alle autorità italiane, la Commissione ritiene che ciò sia pienamente conforme ai principi e alle prescrizioni della direttiva «uccelli selvatici»;
   la Commissione europea nel rispondere a tali atti, ha inoltre ricordato che l'Italia è l'unico Stato membro che si è avvalso della deroga per consentire la continuazione della caccia ricreativa di specie protette non elencate nell'allegato II della direttiva. Ciò ha portato a varie sentenze della Corte di giustizia europea che hanno dichiarato il mancato ottemperamento da parte dell'Italia di tale obbligo della direttiva «uccelli selvatici»;
   l'apertura del Ministro interrogato alla possibile definizione, all'interno del tavolo tecnico, della cosiddetta «piccola quantità», autorizzata al prelievo in deroga, potrebbe esporre al rischio, a parere dell'interrogante di «bypassare» il ruolo fondamentale e di garanzia del rispetto della direttiva europea dell'Ispra in questo ambito, esponendo così ad una possibile nuova condanna il nostro Paese –:
   se in base a quanto esposto in premessa non si ritenga urgente richiedere all'Ispra) una documentazione completa circa i dati sulle «piccole quantità» cacciabili in deroga, e chiarimenti circa i motivi per i quali tale istituto si sia trovato fino ad oggi nell'impossibilità di fornire tali dati;
   considerato il parere vincolante dell'Ispra su questo aspetto, in quale fase del procedimento si dovrebbe quindi inserire la convocazione del tavolo tecnico di cui in premessa per definire le «piccole quantità»;
   se non ritenga opportuno porre in essere tutte le iniziative utili, per quanto di competenza, affinché l'Italia non venga esposta al rischio di una nuova condanna da parte dell'Europa in materia di deroghe di caccia;
   se, anziché riaprire la questione «deroghe di caccia», per le quali lo Stato italiano è stato già condannato dalla Corte di giustizia europea, non ritenga opportuno procedere senza alcuno indugio all'adozione di un efficace piano nazionale contro il bracconaggio, considerato che sull'Italia grava una procedura Pilot relativa proprio a questo fenomeno.
   (5-10398)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA, NICCHI, DURANTI, MARTELLI, RICCIATTI, QUARANTA e KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i genitori e gli insegnanti, facenti parte del Comitato costituente genitori e insegnanti «Scuole sicure» dell'Aquila – in considerazione del rischio sismico, ormai ampiamente noto e riconosciuto, anche alla luce dell'assenza di provvedimenti di reale adeguamento sismico degli edifici scolastici riutilizzati anche dopo il terremoto del 6 aprile 2009, nonché dell'acuta sequenza sismica tutt'ora in atto che riguarda da vicino anche L'Aquila – hanno chiesto al prefetto dell'Aquila, al presidente della provincia e al sindaco, Massimo Cialente, che vengano tempestivamente resi pubblici gli indici di vulnerabilità, calcolati ai sensi della normativa vigente, di tutte le strutture scolastiche non M.U.S.P. presenti in città, nonché di avere immediatamente disponibile, attraverso le dirigenze scolastiche e gli organi di rappresentanza d'istituto, tutta la documentazione specifica di ciascuna scuola dalla quale poter evincere la percentuale di miglioramento sismico realizzato, e più in generale dei lavori effettuati a seguito del sisma del 2009;
   contestualmente, gli stessi firmatari chiedono, per il tempo minimo necessario, la proroga della sospensione delle attività didattiche al Ministero e ai singoli enti direttamente competenti per il rilascio dei dati richiesti, ai fini di una loro valutazione, il tutto nell'ottica del pieno rispetto tanto del diritto allo studio quanto dell'inderogabile diritto alla sicurezza, assoluta e non relativa, degli alunni e degli studenti aquilani di qualunque ordine e grado –:
   quali risposte il Governo intenda dare alle richieste dei genitori e degli insegnanti dell'Aquila, anche alla luce dei recenti, drammatici accadimenti provocati dall'attività sismica. (4-15331)


   MELILLA, SCOTTO, FRATOIANNI, ZARATTI, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, KRONBICHLER e SANNICANDRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in provincia dell'Aquila nel pieno del cratere sismico vi è il lago artificiale di Campotosto, il più grande d'Europa, vasto ben 1400 ettari con tre dighe per la produzione di energia idroelettrica;
   il presidente della Commissione grandi rischi Sergio Bertolucci ha parlato di un possibile «effetto Vajont» per un altro grave terremoto di 7 gradi di magnitudine;
   tutta la popolazione locale abruzzese delle province di L'Aquila e Teramo è preoccupata anche in considerazione dei vari terremoti che ha subito negli ultimi anni e per il disagio che oggi vive per il prolungato maltempo con la più grande nevicata degli ultimi 60 anni –:
   cosa si intenda fare per chiarire l'effettivo rischio per la popolazione;
   quali iniziative siano state assunte o si intendano assumere per la sicurezza del lago di Campotosto;
   quali iniziative abbia già assunto l'Enel per la messa in sicurezza del lago e delle dighe. (4-15332)


   MELILLA, SCOTTO, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, KRONBICHLER, SANNICANDRO, FRATOIANNI e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della denuncia di un sindacato dei vigili del fuoco, il quotidiano Il Centro ha rilevato il mancato utilizzo degli elicotteri in dotazione al Corpo forestale dello Stato rimasti fermi nonostante la grave emergenza del maltempo, della neve e delle nuove scosse di terremoto nell'Appennino del centro Italia e, in particolare, in Abruzzo;
   lo «Stop» sarebbe stato causato dai problemi burocratici conseguenti alla confluenza del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri allo scadere del 2016;
   nell’hangar dell'aeroporto di Pescara sono fermi alcuni di quegli elicotteri anche per la mancata manutenzione –:
   se tali notizie rispondano a verità e, in tale caso, di chi siano le responsabilità di questo grave disservizio;
   quali iniziative intenda assumere per rendere operativi tutti gli elicotteri disponibili anche in considerazione della grave emergenza che si sta vivendo in Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria e Molise.
   (4-15333)


   CATANOSO e BURTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il comparto bracciantile occupa 1 milione e 150 mila lavoratori, di cui il 15 per cento sono extracomunitari;
   sta diventando consuetudine, in questi ultimi anni, che migliaia di braccianti stagionali storici non riescano a lavorare il numero di giornate che gli permettono di beneficiare delle garanzie minime erogate dallo Stato sia a livello assistenziale che previdenziale;
   è sufficiente prendere a campione, dagli elenchi anagrafici dei braccianti, alcuni nominativi a caso per rendersi conto di come questo stato di cose si sia aggravato a partire dal 2008;
   il Governo dovrebbe prendere l'iniziativa di un intervento normativo che, qualora si registrino eventi meteorologici avversi, tali che vi sia una dichiarazione di «stato di calamità», si riduca il danno a carico del bracciante che non ha lavorato per cause esterne, per un impedimento involontario;
   tema di questa norma dovrebbe essere quello di modificare ed integrare la riforma del lavoro in agricoltura del 2007, introducendo un dispositivo di legge che preveda, in caso di calamità naturali, di riconfermare le giornate lavorative che il bracciante agricolo aveva lavorato nell'anno precedente all'evento calamitoso;
   per quanto attiene i contributi previdenziali che scaturirebbero dalla norma di «riconferma delle giornate», questi andrebbero riconosciuti ai fini della pensione di vecchiaia e finanziati dal fondo di solidarietà, già trattenuto ai braccianti dall'indennità di disoccupazione agricola;
   i recenti fenomeni atmosferici che stanno colpendo la Sicilia e mettendo in ginocchio l'agricoltura isolana contribuiranno, per i mesi a venire, a peggiorare il reddito dei nostri braccianti;
   la dichiarazione dello «stato di calamità» per gli eventi climatici di questi giorni è, a giudizio degli interroganti, un provvedimento doveroso ed urgente –:
   quali iniziative normative intenda adottare il Governo per risolvere la problematica esposta in premessa. (4-15335)


   CARDINALE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale stagione invernale sta infliggendo notevoli danni al territorio siciliano;
   dopo le abbondanti nevicate di inizio anno, nelle ultime ore, un'ulteriore ondata di maltempo ha colpito il territorio siciliano con pioggia e vento;
   purtroppo è deceduto anche un uomo, Giovanni Mazzara, di Campofranco la cui auto è stata travolta da una ondata di piena di un corso d'acqua;
   particolarmente colpite risultano le province di Palermo, Caltanissetta, Enna, Agrigento, Catania, con ingenti danni ad infrastrutture, attività economiche e agricoltura;
   suddetti danni vanno ad aggiungersi a quelli già registrati nei giorni scorsi e che stanno letteralmente mettendo in ginocchio l'intera economia del territorio –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere in favore del territorio siciliano così duramente colpito dalle eccezionali ondate di maltempo di questa stagione invernale, sostenendo enti locali e comparti economici. (4-15341)


   ZANIN e CASELLATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la città di Montebelluna è tra le dieci finaliste per il conferimento del titolo di capitale italiana della cultura 2018, che verrà assegnato il 31 gennaio 2017. La città-simbolo della cultura sarà assegnataria di un premio pari un milione di euro da utilizzare sul proprio territorio per valorizzare i beni culturali e paesaggistici e migliorare i servizi rivolti ai turisti, con esclusione dal vincolo del patto di stabilità delle risorse investite nella realizzazione del progetto;
   il titolo di capitale italiana della Cultura, istituito dalla legge «Art Bonus» a seguito della candidatura di diverse realtà italiane per la selezione della Capitale europea della cultura, ha la finalità di «sostenere, incoraggiare e valorizzare la autonoma capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della cultura, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della leva culturale per la coesione sociale, l'integrazione senza conflitti, la creatività, l'innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo»;
   il bando, nel definire criteri di scelta del vincitore, dispone che il progetto sia efficace come azione culturale diretta al rafforzamento della coesione e dell'inclusione sociale, che non può non far leva anche sul concetto di accoglienza;
   il 28 dicembre 2016 a Volpago del Montello il sindaco di Montebelluna Marzio Favero era presente in prima fila a una fiaccolata contro la decisione della prefettura di Treviso di aprire un centro d'accoglienza presso l'area dell'ex polveriera di Volpago del Montello che dovrebbe ospitare circa due centinaia di richiedenti asilo, dove sono apparsi striscioni con frasi del tipo «Il Piave mormora: non passa lo straniero». «Benvenuti sul Montello: sarà il vostro inferno». «Lo Stato tutela i clandestini: chi tutela donne e bambini ?» –:
   se il Governo non ritenga che quanto emerso in occasione della manifestazione di Montebelluna, che agli interroganti non appare conciliabile con il principio di coesione ed inclusione sociale rientrante tra i presupposti per il titolo di capitale italiana della cultura 2018, debba condurre a escludere la città, dall'assegnazione del premio. (4-15343)


   SOTTANELLI, VEZZALI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, ABRIGNANI, BORGHESE, D'ALESSANDRO, D'AGOSTINO, FAENZI, GALATI, LAINATI, MARCOLIN, MERLO, MOTTOLA, PARISI, RABINO e ZANETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 18 gennaio 2017 l'Italia centrale ed in particolare le zone al confine tra il Lazio e l'Abruzzo sono state interessate da un nuovo sciame sismico e, negli stessi giorni, anche da intense e persistenti nevicate che hanno prodotto accumuli al suolo di molto superiori ai valori medi stagionali e causato interruzioni dell'energia elettrica soprattutto in Abruzzo;
   in base alle informazioni di stampa, ai comunicati ufficiali di Enel distribuzione spa e alle notizie diffuse dalle prefetture e dalle regioni, il picco massimo di utenti disalimentati ha raggiunto anche le 200 mila unità tra Marche e Abruzzo tra il 18 e il 20 gennaio 2017;
   la grave e persistente mancanza di energia elettrica ha riguardato in particolare le quattro province della regione Abruzzo (Teramo, L'Aquila, Chieti e Pescara) e le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata nelle Marche;
   in particolare, in provincia di Teramo si è verificata la situazione più grave, con decine di migliaia di utenze rimaste senza alimentazione per 8 giorni e oltre, con enormi ritardi nella distribuzione e persistenti problemi nel funzionamento dei generatori Enel dislocati nelle città e nelle frazioni interessate dal black-out;
   tali interruzioni di distribuzione di portata enorme, sia per la vastità del territorio interessato che per il numero di utenze coinvolte, hanno causato un grave danno alle famiglie, alle imprese e anche agli enti erogatori di servizi pubblici in Abruzzo, oltre ad aver contribuito a ritardare e rendere particolarmente difficili le operazioni di soccorso e il loro coordinamento;
   a seguito di una interrogazione del primo firmatario del presente atto rivolta al Ministro dello sviluppo economico il 25 marzo 2015, in seguito a un altro grave black-out che aveva colpito l'Abruzzo tra il 4 e il 6 marzo 2015, si era chiesto conto degli investimenti effettuati sulla rete di distribuzione e trasmissione dell'energia elettrica ed erano stati annunciati dall'allora Ministro Guidi importanti investimenti di Terna in Abruzzo, pari a 1 miliardo di euro per l'installazione di nuove reti e a 10 milioni di euro annui per la manutenzione di quelle esistenti;
   nel giugno 2015, a seguito del black-out del marzo 2015, Enel ha avviato un tavolo di confronto con la regione Abruzzo annunciando l'aumento degli investimenti in Abruzzo e prevedendo il potenziamento dei tratti maggiormente esposti alle criticità meteo, in alcuni casi anche attraverso la completa sostituzione degli impianti, annunciando stanziamenti di 200 milioni euro fino al 2019;
   i recenti disservizi hanno fatto emergere nuovamente la totale inadeguatezza della rete infrastrutturale abruzzese di distribuzione e trasmissione dell'energia elettrica e, quindi, la mancanza di adeguati investimenti per la modernizzazione e il rafforzamento della rete –:
   se risulti che Terna ed Enel spa abbiano investito quanto previsto per il potenziamento e il rafforzamento della rete infrastrutturale abruzzese di distribuzione e trasmissione dell'energia elettrica e, in caso contrario, perché tardino ancora tali investimenti; quali iniziative si intendano assumere per prevedere risarcimenti straordinari per i danni subiti e investimenti in favore di enti pubblici, imprese e cittadini, nonché risorse, sia in termini strutturali che di personale, per un adeguamento e un potenziamento della rete infrastrutturale in Abruzzo. (4-15344)


   TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in Molise, risultano essere presenti un numero non ben identificato di richiedenti asilo dislocati in varie strutture;
   la prefettura di Isernia in data 18 gennaio 2016 ha pubblicato un bando di gara codice CIG: 655946843B, poi annullato in autotutela con provvedimento n. 14925 del 6 maggio 2016. Successivamente, è stato indetto un nuovo bando dalla prefettura d'Isernia, codice CIG 67277445FA per il periodo dal primo agosto 2016 al 31 dicembre 2016, al fine di assicurare l'accoglienza di un numero di cittadini stranieri richiedenti asilo pari a 700. Lo svolgimento della procedura di gara era fissato per il 20 luglio 2016 alle ore 10:00 presso la prefettura di Isernia. In data 11 luglio 2016 ci fu una rettifica al bando, codice CIG 67277445FA, innalzando il numero dei posti messi a gara a 950, anziché 700, e procrastinando il termine per la presentazione delle offerte al 20 agosto 2016, ore 12;
   la gestione dei richiedenti asilo in provincia d'Isernia sembrerebbe all'interrogante eseguita in emergenza, senza l'aggiudicazione dei vari operatori a seguito di regolare bando di gara, con conseguente aggravio dei costi di gestione e opinabile qualità dei servizi offerti;
   secondo le informazioni riportate sul sito istituzionale della prefettura di Isernia l'ultima aggiudicazione provvisoria di una «gara a procedura aperta per la stipula di un accordo quadro per l'affidamento del servizio di accoglienza in favore dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale codice CIG 6240697215» risale al 2 settembre 2015 e vedeva vincitori nove soggetti, corrispondenti ad altrettante strutture. Oggi, nonostante non sia ancora stato aggiudicato il nuovo bando di gara, i soggetti gestori del servizio sono dodici su un totale di 22 strutture;
   la possibilità di allargamento ad altri soggetti e strutture è stata possibile – secondo quanto riportato nella determina a contrarre del prefetto Guida n. 20765 del 20 giugno 2015 – grazie all'applicazione dell'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 142;
   tale situazione di gestione in emergenza ha delle indubbie ripercussioni, oltre che sui costi di gestione dei richiedenti asilo, anche sul rischio sanitario che comporta l'ingresso in strutture di soggetti non sottoposti a preventivi e adeguati controlli. La mancata pianificazione degli ingressi e la gestione in emergenza non permettono dovuti accertamenti sanitari e un serio piano di prevenzione dei rischi da contagio, ponendo in serio pericolo gli operatori del settore e i cittadini esposti. Infatti, in Molise si sono accertati, tra i richiedenti asilo, casi di morte per HIV e casi di infezione da TBC (tubercolosi) e altre malattie rare. Questo per evidenziare la necessità di provvedere, in tempi assolutamente stringenti e prima dell'ingresso dei richiedenti asilo nelle strutture, ai dovuti accertamenti sanitari al fine di limitare al massimo i rischi da contagio;
   in Molise il Governo ha individuato nel comune di San Giuliano di Puglia un, centro da adibire a Centro di accoglienza per richiedenti asilo per minori –:
   se il Governo sia informato di quanto sopra esposto;
   quali iniziative il Governo intenda promuovere al riguardo;
   se il Governo intenda avviare il monitoraggio del numero dei migranti presenti nelle strutture, in relazione ai comuni dove esse sono insediate, al fine di evitare strutture sovraffollate senza i dovuti controlli. (4-15347)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   TIDEI e ZAMPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del fallito tentativo di colpo di Stato del 15 luglio 2016, il Governo turco ha adottato una severa legislazione di emergenza, volta a derogare alle obbligazioni derivanti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Le misure adottate sono state notificate sia al Segretario generale del Consiglio d'Europa, sia agli appositi organismi dell'Onu;
   le misure di emergenza, tuttavia, non possono ledere la sfera dei diritti inderogabili, nemmeno in caso di guerra o di pericolo pubblico che minacci la vita della nazione. Atti di tortura, trattamenti disumani o degradanti non possono essere compiuti nei confronti di coloro che sono ritenuti responsabili dell'organizzazione e dell'esecuzione del fallito putsch;
   oltre ai numerosi rapporti di autorevoli organizzazioni non governative, è ormai di pubblico dominio il trattamento illiberale e repressivo che il Governo turco riserva agli oppositori, non solo politici. Il pluralismo dell'informazione è ormai seriamente compromesso, un numero sempre crescente di giornalisti viene imprigionato. A quanto consta agli interroganti, si verificano licenziamenti arbitrari e di massa che hanno riguardato giudici, docenti universitari e dipendenti pubblici. Non sembra arrestarsi l'adozione di provvedimenti di confisca di beni, nonché quelli di liquidazione, senza indennizzo, di associazioni e società private;
   venerdì 13 gennaio 2017 alla nostra connazionale, avvocatessa impegnata nella tutela dei diritti umani, Barbara Spinelli, non appena giunta ad Istanbul, non le è stato concesso, dalla polizia, di raggiungere Ankara. Città in cui avrebbe dovuto tenere un convegno sullo stato di emergenza e le conseguenze per il sistema giudiziario turco. Le autorità turche, secondo quanto riportato dalla stessa giornalista nell'intervista del 17 gennaio 2016, rilasciata al quotidiano « Il Dubbio», l'hanno tradotta in una stanza-cella, presso l'aeroporto di Istanbul, riservandole un «trattamento degradante», per rimetterla in libertà il giorno seguente, con decreto di espulsione con divieto permanente di ingresso in Turchia e rimpatrio coatto in Italia –:
   se non reputi opportuno richiamare l'ambasciatore turco in Italia per fornire chiarimenti puntuali e dettagliati in merito alla detenzione e al trattamento riservato dalle autorità turche alla connazionale di cui in premessa;
   se non intenda intervenire presso le autorità governative turche affinché vengano adottate le iniziative necessarie alla revoca del divieto di ingresso emesso dalle stesse nei confronti dell'avvocatessa Spinelli, a garanzia della funzione sociale dell'avvocatura impegnata nella salvaguardia dei diritti dei difensori legali.
   (4-15340)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO, DA VILLA e COZZOLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la centrale operativa della polizia municipale di Venezia ha reso noto il 22 gennaio 2017 che la raffineria dell'Eni di Porto Marghera ha comunicato di aver rilevato nello scarico dell'acqua di raffreddamento la presenza di «iridescenze oleose»;
   stando a quanto comunicato dai tecnici della raffineria alla polizia comunale di Venezia, tra le sostanze coinvolte nell'evento ci sarebbero «tracce di idrocarburi, minerali o vegetali, in quantità trascurabile»;
   la fuoriuscita oleosa sarebbe collegata agli interventi in atto negli impianti ed è stata denunciata dagli addetti dei depositi di Petroven che hanno notato il luccichio delle sostanze oleose sul filo dell'acqua –:
   se il Ministro interrogato possa fornire maggiori informazioni in merito alle cause della fuoriuscita di sostanze oleose nello scarico della raffineria dell'Eni di Porto Marghera e se si possa escludere l'eventuale contaminazione dello scarico dell'acqua e dell'ambiente circostante dovuto allo sversamento di cui in premessa. (5-10370)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   «La Pietà» di Sebastiano del Piombo, realizzata in collaborazione con Michelangelo e conservata presso il museo civico di Viterbo, è stata dichiarata in più occasioni intrasportabile, dai tecnici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in ragione della sua fragilità, del suo valore e del suo precario stato conservativo;
   nonostante tali reiterati pareri negativi, si apprende da un articolo del 19 dicembre 2016 della testata on-line «la fune» che: «La sovrintendenza aveva detto due volte no perché l'opera non era in condizioni di viaggiare, ma l'intervento del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo cambia tutto. A comunicare il parere favorevole è l'onorevole Giuseppe Fioroni che spiega che oggi il Ministero della Cultura ha detto che La Pietà di Sebastiano Del Piombo potrà partire per Londra per essere esposta alla National Gallery»; quindi le perizie espresse dai funzionari della Sovrintendenza vengono invalidate;
   la decisione, oltre a sottoporre a seri rischi l'opera de La Pietà, comporta anche, secondo l'interrogante, un conseguente svilimento dei funzionari del suddetto Ministero specie agli occhi dell'opinione pubblica; coloro infatti che appaiono come pedanti esponenti del partito del «NO»; gufi o, nella migliore delle ipotesi, al pari di tecnici ostinati e cavillosi, sono in realtà professionisti che, ad avviso dell'interrogante, un Ministro, specie nel suo ruolo istituzionale, dovrebbe tutelare ed ascoltare –:
   se esistano studi di ricaduta economica e sociale per il territorio viterbese che il Ministero sta valutando nel prendere la decisione del trasporto;
   a quanto ammontino i costi del trasporto stesso e a carico di chi risultino tali spese;
   se vi siano relazioni tecniche che hanno annullato le precedenti disposizioni attuate dai funzionari della sovrintendenza e dell'Istituto centrale del restauro e, in tal caso, dove sia possibile consultarle;
   quando sia previsto il trasporto a Londra dell'opera La Pietà e quando il suo rientro presso il Museo civico di Viterbo;
   quali siano gli accorgimenti che sono stati previsti per il trasporto di questa delicata ed inestimabile opera dal punto di vista delle modalità con cui verrà trasportata;
   se siano previste polizze assicurative per coprire eventuali danni subiti durante le operazioni di trasporto e a quanto ammontino e a carico di chi saranno i costi delle suddette polizze. (4-15349)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   CAPEZZONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 165 del 2015 ha riformulato il testo dell'articolo 69 del decreto legislativo n. 546 del 1992 ed ha così introdotto l'immediata esecutività delle sentenze di condanna dell'Amministrazione finanziaria al pagamento di somme in favore del contribuente e di quelle emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali;
   lo stesso articolo 69 prevede, altresì, che il pagamento di somme di importo superiore a 10 mila euro, diverse dalle spese di lite, possa essere subordinato dal giudice alla prestazione di idonea garanzia, la cui disciplina è rimessa a un apposito decreto ministeriale in attesa di emanazione, nonostante il parere favorevole espresso dal Consiglio di Stato nell'adunanza del 17 novembre 2016;
   la nuova disciplina, pro contribuenti, volta a favorire il pagamento di somme di importo superiore a 10 mila euro resta, quindi, ancora sospesa per il protrarsi dell'inerzia ministeriale nell'emanazione del relativo regolamento attuativo;
   lo stesso articolo 69, invece, per il pagamento di somme di importo inferiore a 10 mila euro non richiede il rilascio di alcuna garanzia;
   l'Agenzia delle entrate, inopinatamente e assumendo di fatto funzioni che spetterebbero al legislatore, con circolare 38/E del 2015 ha subordinato l'applicazione della nuova normativa all'emanazione del decreto ministeriale anche con riferimento alle sentenze favorevoli al contribuente di importo inferiore a 10 mila euro sostenendo che «fino all'approvazione del richiamato decreto ministeriale(...) restano applicabili le previgenti disposizioni»;
   a differenza di quanto stabilito dall'Agenzia delle entrate, la nuova disciplina sui casi inferiori ai 10 mila euro non prevede alcuna garanzia, quindi alcun ostacolo all'immediata e piena applicazione della norma e non si comprende come possa una semplice circolare comportare addirittura uno slittamento dell'entrata in vigore di una legge primaria;
   facendo quindi riferimento alle sentenze sotto soglia, la riforma del contenzioso tributario volta a ristabilire un minimo di parità tra Stato e contribuenti e la stessa attività legislativa del Parlamento vengono, a giudizio dell'interrogante, di fatto vanificate per decisione autonoma di una struttura amministrativa –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per far sì che una fonte del diritto (legge ordinaria) non venga prevaricata da una semplice circolare dell'Agenzia delle entrate e che le sentenze non definitive pro contribuenti, per importi inferiori ai 10 mila euro, siano immediatamente esecutive come sancito da espressa disciplina legislativa, in attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale relativo alle sentenze di importo superiore ai 10 mila euro. (5-10386)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con provvedimenti del 15 dicembre 2015, la Banca d'Italia ha approvato la costituzione di una «società veicolo» per la gestione delle attività, ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, denominata «REV Gestione crediti società per azioni», ed incaricata di ricevere in carico e valorizzare i crediti deteriorati di più difficile riscossione delle quattro banche poste in risoluzione (Etruria, Carichieti, Cariferrara e Banca Marche);
   il portafoglio di sofferenze che la suddetta bad bank ha rilevato si aggira intorno ad un valore nominale di cessione dei crediti deteriorati delle quattro banche pari a 8,5 miliardi di euro, per un controvalore reale, per effetto della svalutazione pari all'82,7 per cento stimato in 1,9 miliardi di euro, importo al quale si devono aggiungere i 136 milioni di euro che sono serviti per capitalizzarla;
   dopo i trascorsi turbolenti che hanno investito la governance della REV-spa, che hanno tra l'altro determinato le dimissioni delle cariche ai vertici, presidente ed amministratore delegato, e che hanno rallentato la piena operatività della società, nel luglio del 2016 l'Autorità di risoluzione delle crisi bancarie (Banca d'Italia) ha provveduto al rinnovo degli incarichi, dando così nuovo impulso all'attività della stessa –:
   di quali elementi disponga in merito ai nominativi e agli onorari degli amministratori, dei consulenti e degli advisor di cui la «REV – Gestione crediti spa» si sta avvalendo nell'attività di recupero crediti, nonché in merito alle azioni adottate e ai relativi risultati. (5-10387)


   SANDRA SAVINO e BALDELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, ha esteso alle sentenze emesse dai giudici tributari favorevoli al contribuente le regole vigenti nel rito civile e amministrativo in tema di esecutività immediata;
   dal 1o giugno 2016, data di entrata in vigore delle disposizioni per le decisioni in favore del contribuente, gli uffici devono adempiere alla restituzione di quanto dovuto a prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza, incluse le eventuali spese di giudizio poste a carico dell'amministrazione soccombente;
   la norma prevede che il giudice possa subordinare a idonee garanzie l'esecutività e, quindi, il pagamento a favore del contribuente delle somme superiori a diecimila euro stabilite in sentenza, escluse le spese di lite;
   tale previsione, in via transitoria, era subordinata all'emanazione di un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, il quale doveva disciplinare la durata, i termini e le modalità della garanzia, ove richiesta dal giudice;
   il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora emanato il citato decreto;
   gli uffici dell'Agenzia delle entrate non procedono ai rimborsi e ai pagamenti in presenza di sentenze favorevoli al contribuente, anche per importi inferiori a diecimila euro, adducendo come motivazione la mancata emanazione del decreto e una circolare interna interpretativa;
   il citato decreto deve regolare solo i pagamenti superiori a diecimila euro;
   appare agli interroganti assolutamente immotivato e illegittimo da parte dell'amministrazione fiscale non eseguire le sentenze dei giudici tributari –:
   quando verrà adottato il decreto e perché gli uffici dell'Agenzia delle entrate, pur in vigenza di una legge dello Stato, non procedano all'immediato rimborso a favore dei contribuenti delle somme inferiori a diecimila euro stabilite nelle sentenze dei giudici tributari. (5-10388)


   PESCO, SIBILIA, VILLAROSA, ALBERTI e RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo de « l'Espresso» del 30 giugno 2016, a firma Vittorio Malagutti e Gloria Riva, dal titolo «Così le banche italiane hanno spedito centinaia di milioni in Lussemburgo – Grazie a un broker con decine di clienti cifre importanti sono transitate nelle filiali di Intesa e Ubi. La procura di Milano indaga, e poi archivia. Ma la Cassazione può riaprire il caso. E qui riveliamo i nomi coinvolti», descrive con dovizia di particolari un sistema collaudato che vede coinvolte diverse primarie banche italiane, (Banca Intesa e UBI) e molti personaggi noti, tra cui imprenditori e manager-banchieri allora in carica (Giuseppe Pasini, l'immobiliarista, Marco Marenco, Michele Carasi, famiglia Di Leo, Benito Zollia, famiglia Amenduni, Giuseppe Castagna, Famiglia Giacomini, Paolo Monteverdi, titolare del residence conosciuto come «Olgettine» famoso per le vicende di Berlusconi);
   nel dettaglio, «Si è scoperto che grandi marchi del credito nazionale come Intesa e Ubi hanno fatto soldi a palate aprendo le porte delle loro filiali in Lussemburgo ai clienti italiani in fuga dalle tasse. C’è di più. I file raccolti dagli investigatori rivelano che all'occorrenza Intesa inviava propri dirigenti ad amministrare le società lussemburghesi da cui transitavano i flussi di denaro sospetti»; in buona sostanza, tramite l'utilizzo di trust e fiduciarie aperte in Lussemburgo presso banche riconducibili a primari istituti di credito italiani, nel corso degli anni sono state distolte enormi fortune all'erario, sottraendo patrimoni ingenti a società di diritto italiano impegnate nei settori industriali, immobiliari, di navigazione (Deiulemar CDN ne è il caso più emblematico, ancora a processo), danneggiando ogni avente diritto, e il sistema economico complessivo del Paese, privato fraudolentemente di risorse e liquidità attraverso società prestanome, fiduciarie e « trust» –:
   se abbia contezza della gravità dell'operato anonimo di molti e importanti gruppi bancari che offrono ai loro clienti (anche attraverso filiali o società partecipate estere) la possibilità di eludere ed evadere il fisco italiano e quali iniziative di competenza intenda porre in essere, nelle opportune sedi, al fine di contrastare questo fenomeno attuato mediante l'utilizzo del segreto bancario e l'anonimato garantito dalle società fiduciarie. (5-10389)


   FRAGOMELI e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione finanziaria, in esito alle verifiche fiscali nei confronti dei gestori unici, ha emesso alcuni atti di contestazione delle violazioni ai fini IVA, configurando la fattispecie di omessa regolazione di acquisti senza fattura a fronte di pagamenti aventi natura di corrispettivi nei confronti dei comuni appartenenti ai costituiti enti d'ambito territoriale ottimale (ATO) a titolo di rimborso delle rate di ammortamento dei mutui gravanti sulle opere;
   l'articolo 153 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevede, al comma 2, che le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e in conto interessi, siano trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi;
   l'articolo 115, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, stabilisce altresì che il conferimento e l'assegnazione di beni degli enti locali alle società partecipate sono esenti da imposizione fiscale, diretta, indiretta, statale e regionale;
   la commissione tributaria provinciale di Pesaro, con sentenza n. 325 del 2011, ha esteso tale disciplina anche alle rate dei mutui contratti dai comuni per la realizzazione degli impianti ceduti il cui valore incorpora le rate dei mutui stessi di fatto, escludendo tali somme dal campo di applicazione dell'IVA, in quanto, secondo le motivazioni della sentenza, la cessione dei beni non potrebbe avvenire se non con l'accollo dei mutui che fanno parte degli impianti la cui cessione è esente da ogni imposta di legge;
   a giudizio degli interroganti le somme ricevute dai comuni, a titolo di rimborso dell'ammontare delle rate di mutuo sostenute dal medesimo ente, costituiscono meri trasferimenti di denaro, irrilevanti ai fini IVA, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972;
   le divergenti interpretazioni della disciplina da parte dell'amministrazione finanziaria e della Commissione tributaria hanno portato al ricorso da parte dell'Agenzia delle entrate avverso la sentenza che dava ragione all'ente ricorrente –:
   quali siano gli esiti del ricorso presentato dall'amministrazione finanziaria presso la competente Commissione tributaria regionale, anche al fine di chiarire il corretto trattamento delle somme ricevute dai comuni titolo di rimborso delle rate di mutuo sostenute per la creazione di infrastrutture di proprietà degli enti locali affidate in concessione d'uso gratuita al gestore del servizio. (5-10390)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 20 dicembre 2016 ha modificato il modello per la dichiarazione d'intento di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell'imposta sul valore aggiunto che si dovrà utilizzare a partire dal 1o marzo 2017: il nuovo modello sostituisce quello approvato con il provvedimento del 12 dicembre 2014 e modificato con provvedimento dell'11 febbraio 2015;
   le modifiche non comportano alcuna variazione alla possibilità, per gli esportatori abituali, di effettuare operazioni di acquisto senza applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, consentendo tuttavia un più puntuale monitoraggio ed una migliore analisi del rischio delle operazioni in questione, anche al fine di contrastare fenomeni evasivi e fraudolenti connessi all'utilizzo improprio di tale regime agevolativo;
   viste le numerose domande e i numerosi dubbi sollevati da alcune associazioni di categoria relativi alla transizione dal vecchio al nuovo modello, l'Agenzia ha emanato un secondo provvedimento, il 22 dicembre 2016, in cui si specifica che «Rispetto al modello precedente, il nuovo modello non prevede più la possibilità di riferire la dichiarazione d'intento ad un determinato periodo da specificare nei campi 3 e 4 della sezione “dichiarazione”, che di conseguenza sono stati eliminati»;
   nella stessa si chiarisce anche che: «l'importo da indicare nel campo 2 della sezione “dichiarazione” deve rappresentare l'ammontare fino a concorrenza del quale si intende utilizzare la facoltà di effettuare acquisti senza IVA nei confronti dell'operatore economico al quale è presentata la dichiarazione. Particolare attenzione deve essere riservata alla verifica dell'importo complessivamente fatturato senza IVA dal soggetto che riceve la dichiarazione, che non deve mai eccedere quanto indicato nella dichiarazione d'intento»;
   tuttavia, rimangono dei dubbi sulle modalità di compilazione del nuovo modello relativamente al valore del plafond a disposizione di ogni esportatore abituale da iscrivere nella dichiarazione di intento –:
   se intenda chiarire se, in ogni modello di intento inviato ai singoli fornitori, si debba iscrivere l'intero valore del plafond per acquisti esenti da imposta sul valore aggiunto a disposizione dell'esportatore oppure se quest'ultimo debba riportare soltanto l'importo parziale del plafond per cui intende richiedere, a quello specifico fornitore, l'acquisto o l'importazione di beni e servizi senza l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto. (5-10391)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 1o dicembre 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 296 del 20 dicembre 2016, introduce all'articolo 2 l'obbligo per gli amministratori di condominio di trasmettere per via telematica all'Agenzia delle entrate, entro il 28 febbraio, i dati relativi alle spese sostenute nell'anno precedente per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali, nonché per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all'arredo delle parti comuni dell'immobile oggetto di ristrutturazione;
   nella comunicazione devono altresì essere indicate le quote di spesa imputate ai singoli condomini in modo da poter attribuire correttamente al singolo contribuente la detrazione Irpef ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi da parte dell'Agenzia delle entrate;
   l'articolo 3 del suddetto decreto rinvia a successivo provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate per conoscere le modalità tecniche per la trasmissione telematica delle comunicazioni;
   in data odierna tale provvedimento non risulta essere stato ancora emanato;
   gli organi direttivi di realtà, associative ampiamente rappresentative dei professionisti del comparto, più specificatamente Anaci – Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari e Uppi – Unione piccoli proprietari immobiliari, esprimono perplessità in merito alle bozze della dichiarazione che da tempo circolano in rete a causa delle incongruenze che potrebbero sorgere in fase di compilazione;
   emergono nella fattispecie criticità relative alla corretta imputazione delle quote laddove la legge di stabilità 2016 stabilisce che il beneficiario delle agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni edilizie può non corrispondere al proprietario dell'immobile o al titolare di diritti reali sullo stesso, ma appartenere invece ad un'altra tipologia di soggetti come l'inquilino o l'usufruttuario o il convivente, i cui riferimenti fiscali possono non essere nella disponibilità degli amministratori di condominio, derivandone un consistente aggravio dei tempi per le attività di verifica e di reperimento dei dati –:
   quali siano i tempi per l'emanazione del provvedimento citato in premessa e quali siano le modalità con cui si intenda garantire la corretta esecuzione degli adempimenti previsti dal decreto 1o dicembre 2016 del Ministro dell'economia e delle finanze. (5-10379)


   CIRACÌ, ALTIERI, CAPEZZONE, DISTASO, MARTI, CHIARELLI, LATRONICO, PALESE e FUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2016, n. 225, prevede la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016;
   con l'adesione alla procedura, al contribuente viene concesso di pagare, in massimo tre rate nel 2017 e di due rate nel 2018 – fermo restando che il 70 per cento delle somme complessivamente dovute deve essere versato nell'anno 2017 e il restante 30 per cento nell'anno 2018 – solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Sono quindi escluse le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali;
   al fine di usufruire della definizione agevolata, il debitore presenta apposita dichiarazione entro il 31 marzo 2017, con la quale manifesta la volontà di avvalersi della citata procedura;
   l'agente della riscossione comunica gli importi dovuti a ciascun contribuente che inoltra la relativa istanza e fornisce ai debitori i dati necessari a individuare i carichi definibili. Nel dettaglio la procedura viene disciplinata dai commi 4-7 del citato articolo 6 e, a specifiche condizioni, può essere estesa ai debitori che abbiano già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall'agente della riscossione;
   mentre i contribuenti hanno potuto aderire alla definizione agevolata a decorrere dalla pubblicazione sul sito internet dell'agente della riscossione dell'apposita modulistica (avvenuta il 6 novembre 2016) e potranno avvalersi di tale possibilità fino al 31 marzo 2017, l'agente dalla riscossione avrà tempo fino al 31 maggio 2017 per comunicare agli interessati l'ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché quello delle singole rate, e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse, indipendentemente dalla data di presentazione da parte dei singoli contribuenti della dichiarazione stessa;
   durante l'esame parlamentare, il primo firmatario del presente atto e la componente politica dei Conservatori e Riformisti cui è iscritto, hanno tentato, attraverso puntuali proposte emendative, di meglio precisare un termine perentorio di risposta da parte dell'agente della riscossione, parametrandolo sulla data di presentazione di ogni singola dichiarazione, anche al fine di evitare che – paradossalmente – chi fin dal mese di novembre ha manifestato la volontà di saldare i propri debiti con l'erario possa ricevere risposta nella stessa data di chi ha atteso l'ultimo giorno utile;
   come facilmente prevedibile, anche a seguito del profondo processo di riorganizzazione che sta subendo Equitalia per effetto dell'articolo 1 dello stesso decreto-legge n. 193 del 2016, è giunta notizia agli interroganti che diversi contribuenti sono stati informalmente avvisati dall'agente della riscossione di riferimento che i tempi di risposta non saranno necessariamente brevi –:
   se al Ministro interrogato risultino segnalazioni analoghe e se non ritenga opportuno intervenire – assumendo iniziative nei confronti dell'agente nazionale di riscossione o promuovendo uno specifico strumento normativo – per ridurre al minimo i tempi fra l'invio della dichiarazione di cui al comma 2 dell'articolo 6 del citato decreto-legge e la risposta di cui al successivo comma 3 e per precisare che le scadenze di cui al comma 3, lettere a) e b), siano da intendersi, fatto salvo quanto stabilito al comma 1, secondo periodo, come termini massimi, lasciando facoltà all'agente della riscossione e al debitore di accordarsi diversamente, anche al fine di consentire ai contribuenti, in particolare quelli che hanno deciso di ridurre al minimo la rateizzazione, di saldare i propri debiti con il fisco e liberare il più celermente possibile da eventuali procedure i propri beni, mobili o immobili.
   (5-10384)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, da organi di stampa venivano diffuse notizie allarmanti sulle condizioni logistiche ed igienico-sanitarie riscontrabili nel carcere di Agrigento;
   nei servizi giornalistici in questione venivano descritte le carenze della struttura alla base di disagi e sofferenze, sia per i detenuti sia per il personale amministrativo che di custodia;
   tali disagi e sofferenze si sono vieppiù aggravate a causa dell'eccezionale ondata di maltempo che ha investito la Sicilia e che, per usare le parole del giornalista, «ha reso insostenibile la situazione per i detenuti»;
   in effetti, è stato possibile all'interpellante verificare lo stato precario in cui versa la struttura, attraverso una visita al carcere compiuta di persona nei giorni scorsi. Alcuni plessi registrano copiose infiltrazioni di acqua piovana che, in alcuni casi, veniva raccolta e convogliata con mezzi precari e di fortuna (secchi, sacchetti di plastica, bacinelle e altro), sia nei locali destinati al casellario, sia in quelli destinati all'accettazione ed all'ufficio matricola, come anche nei corridoi dove l'acqua continua a gocciolare provocando danni alle strutture e disagi. L'infiltrazione di acqua, inoltre, ha reso inagibili alcune celle rendendo necessario il trasferimento dei detenuti in altre celle;
   molti ambienti di lavoro e locali destinati ai detenuti risultano sprovvisti di un funzionante impianto di riscaldamento che, viste le proibitive condizioni meteorologiche di queste settimane come anche le infiltrazioni di acqua e l'umidità che trasuda dai tetti e dai muri, rendono la vita del carcere disagevole, sia per i detenuti che per il personale di custodia che svolge al meglio il proprio lavoro;
   tali condizioni, come riportato dagli organi di stampa, sembrerebbe siano state riscontrate dal responsabile del servizio igiene dell'Asp recatosi su sollecitazione dei detenuti ad ispezionare i locali;
   tale stato di precarietà dovrebbe essere a conoscenza del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che, non più tardi di un paio di mesi fa’, è stato in visita alla struttura carceraria e, pertanto, avrà potuto verificare di persona lo stato degli immobili e constatarne le disfunzioni strutturali;
   il carcere di Agrigento è abituale destinazione per detenuti provenienti da Lampedusa, individuati come scafisti e coinvolti in reati legati al traffico di migranti con relativi rischi di commistione col terrorismo, come dimostra il caso del tunisino Anis Amri autore del recente attentato di Berlino e morto in Italia in un conflitto a fuoco con la polizia. Proprio dal carcere di Agrigento, da dove era transitato, Anis Amri era stato segnalato come soggetto pericoloso e possibile jihadista;
   l'incidenza percentuale dei detenuti per i reati di cui sopra, già oggi, nel carcere di Agrigento, è di oltre il cinquanta per cento del totale dei detenuti –:
   se sia al corrente della situazione del carcere di Agrigento;
   se non ritenga di intervenire urgentemente per: 1) disporre interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per ovviare alle infiltrazioni di acqua piovana che invadono gli ambienti comuni e quelli destinati ai detenuti, deteriorano le strutture e rendono più difficile la vita in carcere; 2) rendere funzionante l'impianto antincendio tuttora fuori uso; 3) accelerare il collaudo dell'impianto di energia solare, già completato da circa due anni, che se messo in funzione abbatterebbe notevolmente i costi dell'energia ed allevierebbe le precarie condizioni di vita nell'istituto penitenziario; 4) disporre, in ottemperanza al nuovo regolamento di cui alla legge penitenziaria del 2000, la realizzazione di docce dentro le celle per garantire maggiore sicurezza ed evitare un notevole appesantimento di lavoro per il personale di custodia; 5) assicurare il funzionamento dell'impianto di riscaldamento; 6) realizzare le coperture per le garitte tutt'ora prive di adeguato riparo per il personale di custodia; 7) sbloccare i lavori per la realizzazione del nuovo plesso, fermi da oltre quattro anni;
   se non ritenga utile, date le caratteristiche del carcere di Agrigento, assumere iniziative per provvedere ad una riqualificazione del carcere, portandolo da istituto di pena di secondo livello a primo livello;
   se non ritenga di dover assicurare al carcere una direzione stabile, visto che da molto tempo ormai viene affidata ad un direttore «a scavalco», con le conseguenze che questo comporta in termini di stabilità, efficienza e continuità.
(2-01617) «Capodicasa».

Interrogazione a risposta orale:


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Asti, situato in località Quarto, tra i 13 istituti penitenziari del Piemonte è quello che presenta le maggiori criticità di sovraffollamento, poiché a fronte di una capienza di 207 posti ci sono attualmente 290 reclusi. Si parla quindi di un tasso di sovraffollamento del 140 per cento oltre la media nazionale del 108 per cento;
   ad aggravare la situazione è stata la sua recente trasformazione da casa circondariale a casa di reclusione ad alta sicurezza con la progressiva sostituzione di soggetti detenuti per piccoli reati, con reclusione per periodi inferiori ai tre anni, con criminali condannati per mafia, omicidi e gravi reati puniti con l'ergastolo. A tale cambiamento di status dell'istituto, come da mesi i sindacati degli agenti penitenziari di Asti denunciano, non vi è stata nessuna revisione della pianta organica e delle competenze degli operatori che viceversa continuano ad operare con la medesima cronica carenza di personale «che impedisce addirittura di garantire il livello minimo di sicurezza, senza inevitabilmente compromettere la fruizione dei diritti soggettivi in capo al personale ivi operante»;
   oltre alla carenza di personale vigilante (almeno una quarantina di agenti), nel carcere di Asti mancano ispettori e sovrintendenti, figure direttive in grado di trattare con i reclusi ad alta sicurezza. Gli ispettori infatti sono 4 su 21 in organico, mentre i sovrintendenti sono 3 su 25. Analoga situazione si riscontra anche nella casa di reclusione «San Michele» di Alessandria, anch'esso istituto di reclusione per ergastolani o comunque persone sottoposte a misure ad alta sicurezza, che, a fronte di una pianta organica di 243 unità, si trova ad operare con solo 152 unità di personale, decisamente troppo poche per garantire una sorveglianza adeguata alla tipologia di detenuti ivi ristretta;
   la situazione nei due carceri piemontesi di Asti ed Alessandria è da tempo ormai esplosiva. Quotidiani sono gli episodi di agenti aggrediti o minacciati di morte da soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. Nel mese di dicembre 2016 per denunciare i turni massacranti, i carichi di lavoro insostenibili e la mancanza di ascolto da parte del vertice dell'amministrazione penitenziaria gli agenti di Alessandria hanno addirittura promosso un simbolico sciopero della fame saltando i pasti;
   è ormai da tempo accertato che la categoria dei «baschi azzurri» è tra quelle maggiormente soggette a sindrome del «burn out» ossia di affaticamento emotivo, depressione e sintomi psicosomatici per le particolari condizioni di stress lavorativo a cui sono sottoposti. Nell'ambiente carcerario, infatti, è molto frequentemente subire ingiurie, offese, aggressioni fisiche e provare un forte senso di impotenza nell'assistere ad episodi di autolesionismo se non di suicidio di detenuti. Ad aggravare la situazione sono appunto i carichi di lavoro eccessivi, dovuti alla cronica carenza di organico aggravata dal blocco del turn over che ha alzato anche l'età media degli agenti, e l'incomunicabilità con le gerarchie dell'amministrazione penitenziaria. Tutti fattori che hanno portato all'eclatante e gravemente sottaciuta escalation di suicidi tra gli agenti della polizia penitenziaria che sono vertiginosamente aumentati negli ultimi anni. Solo negli ultimi tre anni, infatti, si sono suicidati più di 40 agenti penitenziari e più di 100 dal 2000 ad oggi. Si tratta di un dato statistico preoccupante essendo pari al doppio della popolazione italiana –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intendano intraprendere per ovviare alla carenza di organico nei suddetti istituti penitenziari di Asti ed Alessandria, preposti alla reclusione e alla sorveglianza di individui soggetti ad alte misure di sicurezza, che si trovano ad operare in condizioni critiche tali da non poter garantire livelli minimi di sicurezza. (3-02737)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la procura della Repubblica di Mantova da tempo fa registrare un aumento vertiginoso di carichi di lavoro e fascicoli d'inchiesta;
   dalla fine del 2015 i fascicoli di reato pendenti presso gli uffici giudiziari di Mantova sono passati da poco meno di 12.500 agli oltre 15 mila dei primi 6 mesi del 2016;
   al termine dei primi 6 mesi del 2016 sono oltre 15 mila;
   risultano mancanti 2 funzionari giudiziari su 5, un cancelliere su 6 e un assistente giudiziario su 3 con l'aggravante di una età media che supera i 50 anni;
   in pianta organica non è prevista la figura del dirigente amministrativo in quanto soppressa a seguito dei processi di ridimensionamento della spesa pubblica, però si tratta di una carenza molto pesante in termini di distribuzione del lavoro;
   in una recente ispezione effettuata lo scorso autunno da parte del Ministero della giustizia, sono stati riscontrati ritardi nelle iscrizioni delle notizie di reato al Sicp – l'archivio dati digitalizzato che ha sostituito il vecchio registro generale delle notizie di reato e il mancato rinvenimento di un ingente numero di fascicoli;
   esiste anche una aggravante di natura logistica in quanto gli uffici della procura sono divisi tra via Poma, dove ci sono i magistrati e le segreterie, via Conciliazione, dove sono ospitati il casellario e le sezioni di polizia giudiziaria di carabinieri e guardia di finanza e via Chiassi, con le sale di intercettazione e la sezione polizia giudiziaria della polizia di Stato;
   il procuratore capo, dottoressa Manuela Fasolato, ha redatto un piano organizzativo con linee guida per il triennio 2017-2019 già trasmesse a corte di appello di Brescia e Consiglio superiore della magistratura ed entrate in vigore nei giorni scorsi che puntano ad un efficientamento dei lavori degli uffici di propria responsabilità;
   è una procura in cui vi sono attività di indagine molto importanti, in settori molto delicati legati anche al rischio di infiltrazione criminale del territorio;
   i cittadini hanno diritto ad avere una amministrazione della giustizia efficiente ed in grado di perseguire reati –:
   in considerazione di quanto espresso in premessa, quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato al fine di potenziare gli organici in servizio presso la procura della Repubblica di Mantova, colmando le oggettive carenze riportate così evitare il rischio di compromettere l'attività di indagine.
(5-10378)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, prefetto Postiglione, in data 16 giugno 2016, ha decretato di destinare il fabbricato sito in Reggio Calabria in via Biagio Camagna 4, a sede del tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria;
   il presidente del tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, dottor Pedone, nella relazione indirizzata al presidente della corte d'appello di Reggio Calabria per il discorso inaugurale dell'anno giudiziario 2017, ha evidenziato l'attuale precaria e annosa situazione logistica del tribunale, dell'ufficio di sorveglianza e degli archivi;
   nella relazione sopracitata, il dottor Pedone, ha sottolineato che la commissione per la manutenzione, nelle sedute del 30 maggio 2014 e dell'8 maggio 2015, ha deliberato all'unanimità di assegnare al tribunale di sorveglianza l'immobile sito in via Camagna del tutto adeguato alle esigenze logistiche e di decoro istituzionale dell'ufficio nonché i locali posti al piano terra di via Melacrinò per la realizzazione degli archivi;
   il 30 giugno 2016 l'Agenzia del demanio nel consegnare il fabbricato sito in via Camagna 4, escludeva però le unità immobiliari occupate dalla Soc. Franco s.r.l., rendendo così del tutto impossibile l'utilizzo da parte del tribunale di sorveglianza dell'edificio assegnato, occupando la Soc. Franco la parte più importante e rappresentativa dell'edificio di via Camagna;
   il Consiglio di Stato, sezione V, nella sentenza 27711/2015, n. 5383, ha stabilito che la confisca di immobili appartenenti ad organizzazioni criminali fa decadere i contratti di locazione che erano stati stipulati per questi immobili. La sentenza ha precisato che, in base all'articolo 2, della legge n. 575 del 1965, se vi è un contratto di locazione, esso permane sino alla destinazione finale del bene confiscato;
   nella relazione sopracitata redatta in vista del discorso inaugurale dell'anno giudiziario 2017, il presidente Pedone ha altresì evidenziato la carenza degli organici sia dei magistrati sia del personale di cancelleria, in considerazione della complessità e peculiarità degli affari trattati in un territorio dove è massiccia e pervasiva la presenza della criminalità organizzata;
   con le delibere del 3 febbraio 2010 n. 5/PO/2010 e del 29 luglio 2015 n. 7/PO/2015, il Consiglio superiore della magistratura ha evidenziato al Ministero della giustizia l'esigenza di aumentare di una unità l'organico dei giudici in servizio presso il tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria;
   in occasione delle recenti visite della delegazione del Partito Radicale guidata dall'ex deputata Bernardini e dall'avvocato Catanzariti agli istituti penitenziari ricadenti nella giurisdizione del tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, unanimi sono state le rimostranze dei detenuti sulle ritardate o addirittura mancate risposte alle istanze riguardanti la concessione della liberazione anticipata, della detenzione domiciliare (legge n. 199 del 2010), dei rimedi risarcitori (articolo 35-ter OP) e dei permessi premio; si veda a tale proposito la documentazione su www.radioradicale.it (schede 496546, 496547 e 496549);
   la mancata risposta della magistratura di sorveglianza alle istanze dei detenuti può comportare la violazione di diritti umani fondamentali –:
   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   quali siano le ragioni che ad oggi hanno impedito al tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria di prendere possesso dell'edificio sito in via Biagio Camagna, 4;
   se, alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 5383 del 27 novembre 2015, sia legittima l'occupazione da parte della Soc. Franco delle unità immobiliari subb. 12 e 24;
   cosa si intenda fare per dotare il tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria di una sede adeguata alle esigenze dell'ufficio;
   cosa si intenda fare per dotare il tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria di organici adeguati sia dei magistrati che del personale amministrativo.
(4-15348)


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è molto sentita l'urgenza di riformare il tribunale dei minori, anche nella prospettiva di garantire al minore il diritto ad essere sempre ascoltato nei modi dovuti, per consentirgli di esprimere desideri e preferenze, timori ed esigenze;
   attualmente, si vanno ripetendo casi di allontanamento del minore dalla famiglia, che destano perplessità. Le decisioni prese, senza coinvolgimento diretto del minore, non tengono conto delle ripercussioni che avranno nella sua vita episodi come il prelievo coatto e il collocamento in strutture estranee alla famiglia, come le case-famiglia;
   l'interrogante ha presentato diversi atti di sindacato ispettivo, tutti ampiamente documentati. Inoltre ha sollecitato in Commissione giustizia un'indagine conoscitiva per venire a capo di situazioni che si ripetono secondo uno stesso schema in cui la madre è accusata di voler tenere il bambino lontano dal padre. Per questo viene di fatto punita con l'allontanamento del figlio dalla casa materna verso una casa famiglia, con reciproca sofferenza;
   a titolo di esempio, si riporta un caso recentissimo. Si tratta del minore J.C. sottoposto a prelievo coatto perché sua madre G.G. è stata accusata di creare impedimenti all'incontro padre e figlio. Fatto non vero, come confermano una serie di dati accuratamente raccolti e documentati dal suo avvocato, che li ha fatti includere nel fascicolo dinanzi al tribunale per i minorenni;
   in realtà dal 21 giugno 2013 a tutt'oggi, gli incontri sono stati stabiliti dalla consulente tecnica d'ufficio dottoressa Di Rienzo (della Associazione Bambini nel tempo), poi dai servizi sociali del comune di Guidonia Montecelio, poi dalle psicologhe forensi dottoressa Nuzzo e dottoressa Notarnicola (della Coop/Ass. Bambini nel tempo) ed infine dalla consulente tecnica d'ufficio dottoressa Mazzolini;
   il padre E.C. contesta alla madre, celiaca dall'età di 37 anni, di far fare al bambino una dieta uguale alla sua, in assenza di una esplicita diagnosi. Per questo sostiene che J. si consideri celiaco pur non essendolo; a detta del padre, il bambino avrebbe manifestato angoscia da contaminazione durante i pranzi con il papà. In realtà, il bambino gode dell'esenzione, ai sensi del decreto ministeriale n. 279 del 2001, stabilita dall'ASL per le malattie rare e la ASL RM B ha accertato e certificato l'intolleranza al glutine e al lattosio, consigliando l'astensione da tali cibi. Secondo il padre sarebbe «tutto il sistema di credenze e la memoria costruita della propria storia personale che risulta alterata e deformata dalla dimensione in cui vive»;
   nello stesso tempo la madre accusa il padre di porre divieti al desiderio del bambino di giocare a tennis. Attribuisce a questi divieti la resistenza del bambino ad incontrare il papà, dal momento che gli impedisce di praticare il suo sport preferito nel fine settimana, quando gli allenamenti sono più intensi e la vita di gruppo più vivace;
   risulta all'interrogante che il bambino, dall'età di 7 anni, subisce violenze, minacce, coartazioni alla sua autodeterminazione perché vuole fare sport e non vuole vedere il padre che gli impedisce di praticarlo;
   di fatto il tribunale per i minorenni ritiene di risolvere il problema, allontanando il minore dalla madre e costringendolo a vedere il padre –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative normative per far sì che il prelievo coatto e il collocamento in strutture estranee alla famiglia, come le case-famiglia, siano misure da intraprendere solo in casi eccezionali;
   quali ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare il benessere dei minori, garantendo che si tenga sempre conto della volontà del minore, delle sue inclinazioni e delle sue preferenze. (4-15350)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   Trenitalia nei giorni scorsi ha lanciato i nuovi abbonamenti per l'alta velocità, immettendo sul mercato 4 tipi diversi di tagliandi, che si differenziano per costo e giorni di utilizzo;
   dal mese di febbraio, infatti, i pendolari dei Frecciarossa potranno scegliere tra l'utilizzo di un abbonamento completo, valido per tutta la settimana e a tutte le ore, o limitato per le corse nella fascia 9-17 e quindi fuori dall'orario di punta per i pendolari, un abbonamento valido solo dal lunedì al venerdì a tutte le ore o limitatamente alla fascia 9-17;
   i nuovi prezzi hanno comprensibilmente fatto infuriare i pendolari perché si sono ritrovati da un giorno all'altro a dover pagare abbonamenti in media più cari del 35 per cento. Una vera e propria stangata, ed è un eufemismo, per migliaia di famiglie e di lavoratori e lavoratrici pendolari;
   a parere degli interroganti i prezzi sono davvero insostenibili per un gran numero di abbonati. Solo per fare qualche esempio, sulla tratta Roma-Napoli, si passa da 356 euro a 481 euro fino alla domenica e 427 euro fino al venerdì; e così anche sulla tratta Napoli-Salerno dove si passa dai 170 euro di oggi ai 230 euro dal lunedì alla domenica e 204 euro dal lunedì al venerdì;
   la decisione di Trenitalia di aumentare il prezzo degli abbonamenti mensili appare incomprensibile e immotivata soprattutto perché non si è assistito ad un aumento significativo dei collegamenti disponibili; i treni, in linea di massima, sono sempre gli stessi dell'anno scorso. A fronte di un servizio rimasto sostanzialmente invariato il prezzo è salito e non di poco;
   la fascia introdotta, che va dalle ore 9 alle 17, esclude, di fatto, chiunque debba raggiungere uffici, scuole, negozi e università e quindi i pendolari che, rimasti senza alternative, per spostarsi sono obbligati ad usufruire del Frecciarossa e quindi della tipologia di abbonamento Alta Velocità in quanto quei pochi treni regionali veloci rimasti, spesso, non viaggiano in orari utili;
   in molte tratte del Paese, l'Alta Velocità proprio alta non è e quindi si pagherebbe ancora di più per un servizio del quale non si può usufruire appieno;
   un'ulteriore beffa la subisce chi lavora anche il sabato e la domenica proprio perché l'abbonamento che copre anche i weekend costa in media un 15 per cento in più rispetto a quello valido solo dal lunedì al venerdì;
   secondo alcune stime, i pendolari italiani raggiungerebbero i 3 milioni di persone che, ogni giorno, si spostano in treno per andare a lavorare e trascorrono almeno un terzo delle loro giornate per uscire da casa, prendere un mezzo per raggiungere la stazione di partenza (che ha un costo), prendere il treno (altro costo); una volta arrivati alla stazione di arrivo, questi devono prendere un altro mezzo per raggiungere il luogo di lavoro (altro costo ancora) e la sera fanno il percorso inverso;
   probabilmente, basterebbe intensificare i treni regionali veloci che, piazzati in orari strategici garantirebbero, nel contempo, grandi risparmi per i viaggiatori pendolari, evitando loro di acquistare costosi abbonamenti Alta Velocità –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché Trenitalia riveda la decisione concernente l'aumento dei prezzi degli abbonamenti mensili per l'alta velocità che rappresentano uno sforzo economico enorme e un danno materiale evidente ai pendolari e ai loro bilanci familiari sui quali, già oggi, il prezzo dell'abbonamento ai trasporti incide pesantemente.
(2-01618) «Ferrara, Franco Bordo, Scotto».

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA, QUARANTA, AIRAUDO, COSTANTINO, MARTELLI, PIRAS, FRATOIANNI e SCOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi grande risalto ha avuto sui giornali quotidiani la notizia relativa all'aumento degli abbonamenti ferroviari sulle linee di alta velocità di Trenitalia, aumenti quantificati nell'ordine del 30/35 per cento;
   immediata è stata la reazione delle associazioni dei consumatori che ritengono la portata degli aumenti inaccettabile e insostenibile per la maggior parte degli utenti pendolari di Trenitalia;
   prima dell'estate era stata annunciata l'abrogazione degli abbonamenti sulle tratte di alta velocità, ma, grazie alla mobilitazione delle categorie interessate e ad interventi «politici», quel pericolo è stato sventato;
   le tipologie di abbonamento previste sono quattro: la prima prevede un abbonamento, full week, sette giorni su sette senza fasce orarie, ad esempio sulla tratta Roma – Napoli il costo attuale di 356 euro a febbraio sarà di ben 481 euro; un vero e proprio salasso, se si considera chi usufruisce di questa tipologia di abbonamento: insegnanti, dipendenti ministeriali, persone che devono rinunciare quasi alla metà dello stipendio;
   il secondo, invece, è valido dal lunedì al venerdì e costa 427 euro, ovvero 71 euro in più rispetto a quello attuale pur consentendo di viaggiare solo cinque giorni su sette;
   gli altri due – come sostengono diversi comitati di pendolari – sono quasi una beffa per chi si alza all'alba e deve trovarsi a Roma al massimo entro le ore 8,30 del mattino, infatti, in pratica c’è lo sconto, ma solo se si viaggia tra le 9 del mattino e le 17;
   gli aumenti riguardano tutte le regioni e sia il Codacons sia Federconsumatori – che da tempo si battono, tra l'altro, contro gli aumenti ferroviari – li ritengono ingiustificati e minacciano di ricorrere all'Antitrust e al TAR –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza per far sì che tali misure non si concretizzino e per impedire che tali incrementi tariffari producano ulteriori disagi ai lavoratori pendolari costretti, per necessità, a muoversi quotidianamente.
(3-02735)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   BORGHI e GRIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Anas è una società per azioni, interamente partecipata dallo Stato;
   l'articolo 53, comma 6, del regolamento attuativo del codice della strada (CDS) prevede che le autorizzazioni all'installazione di cartellonistica abbiano validità massima di anni 3, con l'obbligo di rinnovo della richiesta alla scadenza, pena il decadimento dell'autorizzazione;
   sulla base di numerose segnalazioni degli amministratori locali, risulta che Anas abbia provveduto negli ultimi anni ad un censimento delle autorizzazioni alla cartellonistica lungo le strade di propria competenza;
   in particolare, la sezione Anas Piemonte, anche in base a ricostruzioni giornalistiche (La Stampa-Cuneo 19 gennaio 2017), risulta aver inviato ben 370 raccomandate ad esercizi di vario genere in provincia di Cuneo, recanti l'avviso della mancata autorizzazione (la maggior parte, mancati rinnovi) e la diffida a rimuovere le insegne entro 10 giorni pena sanzioni dai 4.351 euro ai 17.405 euro;
   a causa della lunghezza dei procedimenti burocratici richiesti per la messa in regola della cartellonistica, molte imprese del territorio hanno dovuto coprire o rimuovere le proprie insegne, con un conseguente danno alla propria attività economica e alla propria riconoscibilità;
   data l'ampiezza del fenomeno, si riscontra in Anas quella che gli interroganti giudicano una cattiva comprensione degli effetti della propria rigidità amministrativa dopo un periodo ultraventennale di mancati controlli, e non sembrano essere stati attivati gli adeguati canali per una leale collaborazione con i privati interessati;
   l'articolo 53, comma, del regolamento attuativo del codice della strada in contrasto con il principio di buon andamento dell'amministrazione, in quanto nel settore della cartellonistica, e in particolare delle insegne aziendali, non esiste motivo di ritenere che il contesto in cui l'autorizzazione è stata rilasciata sia cambiato in un periodo così breve; i privati sono così messi a rischio di pesanti sanzioni e obbligati a sostenere spese amministrative ogni tre anni –:
   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per l'apertura, da parte di Anas Piemonte, di un canale di diretta collaborazione con i cittadini e per una maggiore flessibilità nella messa in regola della cartellonistica da parte delle imprese, anche in conseguenza dell'assenza di consuetudine nei controlli sulle insegne, a quanto risulta agli interroganti mai praticati dalla società in alcuni casi per oltre 20 anni, flessibilità resa necessaria anche in conseguenza dell'articolo 53, comma 6, del regolamento attuativo del codice della strada, il quale dà luogo ad una pratica interpretata dai cittadini come vessatoria e che non sembra trovare adeguata motivazione nella conformità al principio di buon andamento dell'amministrazione. (5-10392)


   TERZONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in una intervista del TG3 il presidente della Commissione grandi rischi ha affermato che per le tre dighe del lago di Campotosto, quella di Cancelli, all'estremità nord del lago, quella di Sella Pedicate all'estremità sud e quella di Rio Fùcino, al centro sulla sponda est, si paventa un «rischio Vajont» soprattutto a causa di una faglia che corre proprio sotto la diga di Rio Fùcino;
   successivamente lo stesso presidente ha diramato una precisazione con la quale ha dichiarato che «non esiste un pericolo imminente», non smentendo quindi quanto detto in precedenza e invitando comunque a un monitoraggio sistematico delle dighe;
   anche l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ipotizza che la faglia sopra indicata potrebbe generare un terremoto di magnitudo superiore a 6. Tale eventualità era stata ipotizzata anche nel 2009 dopo il terremoto de L'Aquila quando si era già denunciato il rischio che la riattivazione della faglia avrebbe potuto provocare degli smottamenti lungo le sponde dell'invaso e spaccature del terreno proprio in corrispondenza della diga;
   Enel, che è il gestore delle dighe, ha dichiarato che le strutture sono in buono stato e che l'invaso è stato gradualmente svuotato fino a ridurlo a circa il 40 per cento della sua massima portata;
   situazioni analoghe si registrano per altre dighe presenti nell'area interessata dai fenomeni sismici degli ultimi mesi, per questo si apprende dalla stampa che si è svolta una riunione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla quale hanno partecipato il capo della protezione civile, Fabrizio Curcio, il presidente della regione Abruzzo, rappresentanti delle regioni Lazio, Marche e Umbria, il presidente della Commissione grandi rischi e i vari gestori di bacini artificiali (pubblici e privati) nei territori colpiti dal terremoto: Enel produzione, Consorzio Bonifica Marche, Erg Hydro, Acea Spa, Consorzio di Bonifica Centro Saline Alento Foro, Azienda speciale servizi municipalizzati Tolentino, Consorzio Bonificazione Umbra –:
   quali siano stati gli esiti dell'incontro ricordato e, in particolare, quali siano le condizioni di ciascuna delle strutture attualmente sotto monitoraggio, soprattutto quelle per le quali in questi mesi si è registrata la massima attenzione, ossia le dighe di Campotosto in Abruzzo e quella di Castreccioni nelle Marche, e se e quali interventi siano previsti al fine di ridurre al minimo eventuali rischi non solo nell'immediato ma anche per gli anni a venire. (5-10393)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   E-Distribuzione (ex Enel) ha avviato da tempo il suo piano di riorganizzazione elettrica sul territorio nazionale, ed ora in particolare prosegue con quella dei CO (centri operativi di esercizio della rete elettrica). La rete marchigiana oggi è così strutturata:
    AAT-AT rete trasmissione e trasporto alta tensione 380-220-150-132 KV di proprietà e gestione di TERNA (il comando dei punti di connessione delle cabine primarie di trasformazione 120/20 kv è affidata a E-Distribuzione su comando di Terna);
    MT (rete di distribuzione a media tensione 20-15-10 KV) e BT (rete di bassa tensione 380/220 volt) di proprietà e gestione di E-Distribuzione e di altri gestori municipalizzati come, ad esempio, nelle Marche DEA Elettrica, ASSEM S. Severino, ASSM Tolentino, Ussita, Offida;
   senza entrare nel dettaglio della struttura generale di E-Distribuzione viene riportata in breve l'organizzazione aziendale che essa si è data;
   il territorio nazionale è stato suddiviso in direzioni territoriali di rete ed ogni direzione accorpa, dal punto di vista geografico, due o più regioni che nel caso delle Marche è l'unione con la regione Emilia Romagna (DTR ERM) con direzione apicale a Bologna. Ogni direzione territoriale, dal punto di vista elettrico, ha competenze per lo sviluppo della rete, la sicurezza e l'ambiente, il servizio commerciale e l'esercizio della rete (sempre con sede a Bologna per tutta la DTR ERM), mentre la manutenzione della rete MT, ristrutturazione, potenziamento e allacci si affida alle zone che in linea di massima sono state suddivise per territorio competente in base ai chilometri della rete elettrica e al numero dei clienti serviti;
   nelle Marche si hanno le seguenti zone Pesaro, zona Ancona (province Ancona e Macerata), zona Ascoli (province Ascoli e Fermo);
   il monitoraggio della rete è affidato all'esercizio suddiviso attualmente in tre centri operativi:
    C. O. di Modena opera solo sulla rete MT della provincia di Modena e Reggio Emilia;
    C. O. di Bologna opera su tutta la rete AT dell'Emilia Romagna e sulla restante rete MT delle rimanenti province;
    C. O. di Ancona opera su tutta la rete AT ed MT delle Marche;
   le zone sono tecnicamente l'interfaccia ai clienti, i centri operativi (esercizio della rete) sono l'interfaccia verso Terna, verso le zone stesse e verso le pubbliche istituzioni (regione, prefetture, protezione civile, carabinieri, vigili del fuoco, comuni e altro), con conoscenza puntuale del territorio e delle sue eventuali criticità;
   per quest'ultimi il progetto aziendale prevede, a brevissimo termine, oltre alla riorganizzazione delle ricezione segnalazioni dei guasti anche la riorganizzazione dei 28 centri operativi attualmente attivi e spalmati sul territorio nazionale con le modalità sopra riportate di cui 18 (uno per ogni regione) operano in maniera autonoma sulla rete AT su comando di TERNA; in futuro verranno virtualizzati (ossia sarà tolta l'operatività) 7 C.O. fino a portarli a 11 con sede apicale di esercizio che nel nostro caso corrisponde a Bologna;
   si condivide la necessità del miglioramento e dell'innovazione tecnologica –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di scongiurare alcuni rischi tra i quali si segnalano una ulteriore riduzione di risorse sul territorio marchigiano già gravato dagli ultimi esodi incentivati e non sostituiti, l'allontanamento territorio di competenze altamente professionali, considerato che ogni centro operativo dispone già di tutte le competenze necessarie per lo svolgimento delle attività attualmente attribuite utilizzando personale formato e con decenni di esperienza; possibili criticità in caso di calamità naturali; possibili criticità verso la clientela; perdita sempre maggiore e sotto ogni profilo dell'autonomia regionale. (5-10376)


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 21 gennaio 2017 alle ore 14,15 sulla strada statale ionica SS106 nei pressi dei Nova Siri (Matera) un autobus di linea del trasporto pubblico locale, con a bordo 30 studenti dell'istituto agrario di Marconia e del liceo classico di Nova Siri che rientravano verso le proprie abitazioni ha preso fuoco;
   mentre le fiamme divampavano tutti gli studenti sono riusciti a lasciare il mezzo e a scendere impauriti grazie al tempestivo intervento dell'autista che li ha fatti allontanare sia dal pericolo dell'incendio che dalla strada statale ad alta intensità di traffico veicolare. È stato immediato l'intervento dei soccorsi e delle forze dell'ordine che hanno messo in salvo i ragazzi e hanno gestito la viabilità della strada statale invasa dal fumo;
   non ci sono stati danni alle persone, ma l'evento obbliga alla immediata verifica dello stato di affidabilità degli autobus che circolano nella regione Basilicata e che sono impiegati nel trasporto pubblico regionale. Il Cotrab (Consorzio aziende trasporti di Basilicata) ha sottoscritto un contratto di appalto con le province di Matera e Potenza per la gestione dei trasporti pubblici di linea che scade il 31 dicembre 2017. Il predetto appalto pubblico fu assegnato nel 2008 a seguito di procedura di gara ad evidenza pubblica. Tra gli obblighi contrattuali il Cotrab si impegnava ad utilizzare autobus con età media di 12 anni e comunque non superiore a 25 anni. Ad oggi il Cotrab utilizza quotidianamente circa 200 autobus tra Matera e Potenza con oltre 25 anni di età e molti hanno superato addirittura i 30 anni;
   ha suscitato perplessità la notizia, apparsa sui quotidiani locali che la regione Basilicata disponga da 7 anni di 15 milioni di euro per il rinnovo del parco macchine ed ancora non abbia provveduto ad emanare gli atti necessari per l'acquisto di nuovi autobus;
   dalla relazione sullo, stato del trasporto pubblico locale (anno 2015), predisposta dall'Osservatorio sul trasporto pubblico locale e presentata alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica il 5 gennaio 2016, è emerso che gli autobus destinati al trasporto pubblico locale e regionale presentano un'anzianità media nazionale al 31 dicembre 2014 pari a 12,88 anni (con notevoli differenze tra le regioni: si va dai 15,69 anni della Basilicata ai 6,17 anni della Valle d'Aosta);
   nella relazione si evidenzia una progressiva diminuzione, nel corso degli anni, nelle immatricolazioni di nuovi mezzi (dai 3.758 autobus immatricolati nel 2005, si scende ai 1.208 autobus immatricolati nel 2014). Solo l'1 per cento degli autobus appartiene alla classe euro 6 e poco meno di un quarto appartiene alla classe euro 5 ventre il 60 per cento dei bus è riconducibile alla classe euro 3 o inferiore. Inoltre, con riferimento agli autobus immatricolati nel 2014, l'81,2 per cento dei mezzi ha un'alimentazione diesel, il 18,3 per cento a gas e lo 0,5 per cento dei mezzi ha alimentazione diversa;
   quello accaduto è solo l'ultimo di una serie di gravi episodi verificatisi già negli anni scorsi quando vi erano state numerose segnalazioni da parte di studenti e pendolari che avevano denunciato lo stato di obsolescenza e l'utilizzo di mezzi vetusti del trasporto pubblico regionale lucano al limite delle norme di sicurezza al punto da mettere in pericolo l'incolumità dei passeggeri –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare per verificare il rispetto degli standard di sicurezza del trasporto pubblico nella regione Basilicata;
   se non ritenga opportuno promuovere, per quanto di competenza, e in collaborazione con le regioni e gli enti locali, un'intensificazione dei controlli sulla manutenzione e sulla sicurezza dei mezzi circolanti per garantire la sicurezza dei cittadini. (5-10380)


   GASPARINI, FRAGOMELI, CINZIA MARIA FONTANA e CASATI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 13 del 1989 e relativo regolamento di attuazione approvato con decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 236, sono previste norme per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata. Parte delle norme della legge n. 13 del 1989 e specificatamente gli articoli 1, 3, 6 e 8 sono confluiti negli articoli da 77 a 82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del (Testo unico in materia di edilizia), ma la parte relativa ai contributi per l'abbattimento delle barriere architettoniche non è stata mai modificata o cancellata;
   per quanto riguarda i contributi, la legge n. 13 del 1989 prevede:
    all'articolo 9 contributi a fondo perduto finalizzati al superamento delle barriere architettoniche in edifici esistenti;
    all'articolo 10 l'istituzione presso il Ministero dei lavori pubblici (ora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) del Fondo speciale per l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati;
    si prevede che il fondo sia annualmente ripartito tra le regioni richiedenti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in proporzione del fabbisogno indicato dalle regioni;
    le regioni ripartiscono le somme assegnate ai comuni richiedenti;
    i sindaci assegnano i contributi agli interessati che avevano fatto loro precedentemente domanda;
    se non ci sono sufficienti risorse nell'anno della richiesta di contributo, la domanda rimane valida per gli anni successivi;
   con la legge n. 350 del 2003, bilancio annuale, si è rifinanziato il fondo con 20 milioni di euro, ma successivamente, non risulta nessun altro stanziamento per far fronte alle domande che entro il 1o marzo di ogni anno, l'avente diritto al contributo o il tutore o curatore devono presentare al sindaco del comune nel quale è sito l'immobile. Il comune verificata la corrispondenza ai requisiti di legge procede alla trasmissione alla regione, affinché la stessa richieda il contributo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   in particolare, in regione Lombardia, ai cittadini che hanno inoltrato la domanda di contributo ai sensi della legge n. 13 del 1989 verrebbe risposto che non è possibile rispettare la legge, in quanto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbe inadempiente da molti anni nonostante i solleciti della regione stessa, evidenziando però al richiedente che, così come indicato nella legge, le richieste rimangono valide anche per gli anni successivi. Risulta agli interroganti che sarebbero più di 7 anni che regione Lombardia risponde così ai cittadini aventi diritto e che i comuni continuano a trasmettere le richieste a loro pervenute, creando un circuito poco rispettoso nei confronti dei cittadini –:
   quali siano il numero complessivo e l'importo delle richieste di contributo trasmesse dalle regioni per interventi di abbattimento di barriere architettoniche in edifici privati, ai sensi della legge n. 13 del 1989, e quali siano le risorse a disposizione del fondo speciale per i medesimi interventi. (5-10382)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso attraverso gli organi di stampa che Trenitalia ha deciso di aumentare le tariffe degli abbonamenti per i pendolari dell'alta velocità nelle ore di punta e di tagliare il costo per chi invece può viaggiare in altri orari, tra le 9 del mattino e le 17 del pomeriggio;
   l'aumento degli abbonamenti dell'alta velocità riguarda tutte le tratte principali: la Torino-Milano, la Roma-Napoli, la Bologna-Firenze, la Milano-Bologna, la Firenze Roma, la Milano-Reggio Emilia, la Roma-Caserta, la Milano-Firenze;
   in particolare, fino ad oggi l'abbonamento mensile utilizzabile in qualsiasi fascia oraria dal lunedì alla domenica costava 340 euro, mentre dal mese di febbraio 2017 per usufruire della stessa tipologia di servizio se ne dovranno pagare 459, cioè 119 euro in più, in media circa il 35 per cento in più. Prezzi più bassi, invece sono previsti, per chi può permettersi di viaggiare tra le 9 e le 17: costo del servizio per sette giorni è 323 euro che scendono a 289 per cinque giorni;
   Trenitalia prevede anche un secondo tipo di abbonamento valido in tutte le fasce orarie, ma per solo 5 giorni, dal lunedì al venerdì. Il titolo di viaggio verrà messo in vendita a 408 euro, 68 in più di quanto pagato oggi;
   tale situazione sta creando forti disagi tra i viaggiatori, soprattutto tra i pendolari che quotidianamente si spostano per motivi di lavoro e di studio;
   l'iniziativa di Trenitalia rischia di compromettere la corretta erogazione del servizio pubblico comprimendo i diritti dei cittadini –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se ritenga di intervenire urgentemente promuovendo tutte le iniziative necessarie per salvaguardare i diritti di chi giornalmente usufruisce del servizio offerto da Trenitalia esclusivamente per motivi di lavoro o di studio. (5-10383)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il servizio ferroviario lungo la linea Sicignano degli Alburni-Lagonegro fu sospeso nel marzo del 1987; la linea di 78,4 chilometri interessa un bacino di 22 comuni, in provincia di Salerno, tranne Lagonegro in provincia di Potenza, con circa 100.000 abitanti;
   tale linea non è stata ripristinata, anche se sono stati realizzati studi tecnici ed economici per la sua riattivazione e benché sia molto attesa dalle comunità locali e rilevante per il sistema dei collegamenti nell'intera zona;
   la tratta non è mai stata formalmente dismessa; è da ritenersi che sia stata interrotta, in attesa di decisioni definitive; la questione di tale linea è stata dall'interrogante nella XVI e nella XVII legislatura in reiterate interrogazioni;
   in risposta all'ultimo atto di sindacato ispettivo, il Ministero delle infrastrutture e trasporti, nella seduta della IX Commissione del 20 marzo 2014, ha computato il costo del ripristino della linea in 370 milioni di euro e la spesa annuale per la sua manutenzione ordinaria in 2 milioni di euro;
   occorre un progetto idoneo, funzionale e con costi più ridotti rispetto a quelli eccessivi e troppo alti fino ad oggi ipotizzati, come hanno richiesto i sindaci della zona e come da tempo stanno facendo tanti cittadini riuniti anche in un comitato da anni molto attivo ed impegnato;
   occorre una proficua collaborazione con le regioni Campania e Basilicata, che più volte hanno dichiarato la volontà di investire risorse per recuperare questa linea, che potrebbe essere riattivata anche per singole tratte –:
   quali urgenti iniziative di competenza, d'intesa con le regioni Campania e Basilicata, il Ministro ritenga di attivare al fine di realizzare un progetto adeguato e con costi contenuti, ripristinando, anche per singole tratte, la linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro. (4-15334)


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da alcune notizie apparse nelle scorse settimane sui social media e su Il Fatto Quotidiano del 16 dicembre 2016, si apprende che il team ispettivo dell'Enac – Ente nazionale per l'aviazione civile, in forza all'aeroporto intercontinentale di Roma Fiumicino sia costretto a lavorare su sicurezza di aerei ed equipaggi con personale ridotto;
   detto « team di sorveglianza», come descritto dal sopraccitato quotidiano, è composto da alcuni professionisti tra cui ingegneri e un ispettore di volo che è la figura preminente e più importante. «A Fiumicino manca proprio l'ispettore di volo. Una situazione simile a quella del Leonardo da Vinci per Alitalia si sta verificando anche a Milano e nell'area del Nordovest»;
   gli stessi dirigenti dell'Enac paiono rendersi conto delle gravi difficoltà. In una lettera recente, indirizzata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il direttore generale dell'Enac, Alessio Quaranta ammette: «Lo scenario che si sta prefigurando comporterà inevitabilmente l'impossibilità fin dai prossimi giorni di adempiere da parte dell'Enac agli obblighi istituzionali previsti dalle norme nazionali, comunitarie e internazionali per il mantenimento degli standard di sicurezza degli operatori aerei». Aggiunge poi: «Sono necessari 33 ispettori di volo, ma la pianta organica, derivante anche da limitazioni di legge, prevede 26 unità. Attualmente sono dipendenti di Enac solamente 16 ispettori di volo. Di questi 16, cinque termineranno il loro rapporto di lavoro a tempo determinato il 6 gennaio 2017, 4 entro il 31 marzo e 4 entro il prossimo anno». Il risultato è che «a partire dal 2017 Enac potrà quindi avvalersi soltanto di 3 ispettori di volo per effettuare la safety oversight, ovvero il controllo continuo della sicurezza, su 60 compagnie aeree titolari di Certificato di operatore aereo-Coa, compresa Alitalia, in più di un centinaio fra aeroporti e eliporti»;
   i compiti dei team ispettivi dell'Enac sono peraltro molti e importanti: dal controllo sulla manutenzione degli aerei alla verifica dell'addestramento del personale, dall'adesione ai regolamenti nazionali, europei e internazionali al rispetto della manualistica. L'obiettivo fondamentale di tutte queste numerose operazioni è garantire il massimo della sicurezza dei voli per i cittadini. Negli anni l'Enac ha poi preferito scegliere personale esterno, già a riposo, anziché far crescere professionalità giovani e interne;
   secondo il citato articolo l'Icao, l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile, e l'Easa, l'agenzia europea per la sicurezza aerea, lamentano il perdurare delle difficoltà gestionali dei controlli in Italia e c’è anche la possibilità che l'Easa possa indurre la Commissione europea a avviare una procedura di infrazione che metta in discussione tutta l'organizzazione dell'Enac –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda di cui in premessa e se quanto descritto corrisponda al vero;
   se per quanto di competenza, non si intendano assumere iniziative per garantire un'adeguata dotazione di personale dell'Enac al fine di garantire la massima adeguatezza delle operazioni di volo e di attività ispettiva di aerei ed equipaggi a Fiumicino e negli altri aeroporti italiani;
   se, a fronte di un, da più parti lamentato, aumento degli inconvenienti tecnici e di volo, comprese alcune «piantate di motori» da parte dei velivoli di Alitalia, non si intenda verificare, anche alla luce del nuovo piano di rilancio della compagna italiana, se i protocolli di sicurezza siano correttamente eseguiti e al più alto livello di sicurezza. (4-15338)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Medici per i diritti umani (Medu) che per il quarto anno consecutivo, nell'ambito del progetto Terragiusta, opera con una clinica mobile nella Piana di Gioia Tauro, offrendo assistenza medica e orientamento socio-sanitario ai braccianti stranieri, ha denunciato la situazione di questi lavoratori che ogni anno giungono nella Piana di Gioia Tauro per la stagione agrumicola nella zona industriale di San Ferdinando. Sono più di 2 mila i migranti accampati tra tende, baracche e stabili abbandonati in condizioni di vita e di lavoro disastrose. Il protocollo operativo in materia di accoglienza e integrazione, sottoscritto quasi un anno fa in prefettura con regione e comuni è rimasto, a giudizio dell'interrogante, disatteso;
   la maggior parte delle 149 persone visitate fino ad oggi proviene principalmente da Senegal (25 per cento), Mali (18 per cento), Ghana (13 per cento), Burkina Faso (9 per cento) e il 75 per cento ha un regolare permesso di soggiorno (il 29 per cento è richiedente asilo in fase di ricorso contro il diniego della commissione territoriale, il 16 per cento è titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, il 10 per cento per motivi di lavoro). Si tratta, per la maggior parte, di lavoratori arrivati in Italia da meno di 3 anni, che vivono e lavorano in condizioni di estrema precarietà: la metà dei braccianti dorme su un materasso a terra o direttamente sul pavimento; i bagni sono delle latrine scavate nella terra; i braccianti cucinano in fuochi improvvisati o con fornelli a gas in tende e baracche; si lavano con acqua riscaldata in bidoni di lamiera; non è organizzato alcun servizio di raccolta della spazzatura. Esistono, pertanto, rilevanti rischi per la salute e la sicurezza individuali e collettive di coloro che vivono in tali condizioni. Il quadro diventa ancor più drammatico con l'aumento esponenziale, all'interno dell'insediamento, della popolazione femminile: ci sono circa sessanta donne, molte delle quali probabilmente vittime di fenomeni di tratta a scopo di prostituzione;
   precarie sono anche le condizioni di lavoro. In seguito all'inasprimento dei controlli da parte delle forze dell'ordine, si è registrato un aumento dei contratti di lavoro. Il 32 per cento dei pazienti impiegati nella raccolta ha dichiarato infatti di averne uno (+20 per cento rispetto al 2016). Si tratta, tuttavia, di lavoro grigio: si raccolgono mandarini e arance a cottimo e a giornata per 25-30 euro al giorno, spesso senza ricevere una busta paga, né vedersi riconosciuti gli oneri contributivi dovuti;
   il 19 febbraio 2016 era stato firmato presso la prefettura di Reggio Calabria il «Protocollo operativo in materia di accoglienza e integrazione degli immigrati nella Piana di Gioia Tauro». Il Protocollo – viste le «condizioni di degrado anche sotto il profilo igienico-sanitario» – imponeva un «intervento non più procrastinabile al fine di garantire la fruizione di servizi essenziali e favorire la piena integrazione». In particolare, la regione Calabria, in sinergia con prefettura e comuni ed in seguito allo stanziamento di 300 mila euro, avrebbe dovuto ripristinare condizioni minime di vivibilità attraverso l'acquisto di nuove tende e procedere «progressivamente e tempestivamente» alla messa in atto di politiche di promozione e sostegno socio-abitativo. A quasi un anno dalla sua firma, nulla di quanto previsto, a quanto consta all'interrogante, è stato realizzato. Della nuova tendopoli esiste solo della ghiaia a terra mentre sono decine i capannoni vuoti e inutilizzati nella zona industriale –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare iniziative, per quanto di competenza, volte ad assicurare condizioni dignitose per i lavoratori che si trovano a vivere in questa situazione;
   se non ritenga necessario, in seguito ad un monitoraggio delle case sfitte, assumere iniziative di competenza affinché venga implementato – come già accade da anni nel vicino comune di Drosi – un servizio di intermediazione abitativa;
   se non ritenga necessario assumere le iniziative di competenza affinché, anche nell'ambito del suddetto protocollo, venga implementato un servizio di trasporto pubblico fruibile da tutti gli abitanti della Piana. (4-15336)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIVELLARI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto dell'ufficio scolastico regionale Veneto prot. n. 657 del 16 gennaio 2017 interessa la dotazione organica del personale del comparto Ministero assegnata all'ufficio scolastico per il Veneto dal decreto ministeriale n. 773 del 2015;
   il decreto ministeriale n. 773 del 2015 ha previsto una riduzione a 356 unità, pari a due terzi del personale;
   l'utilizzo di un solo criterio, riguardante il personale amministrato da ciascun ufficio, ha comportato una evidente sperequazione tra le varie sedi territoriali, penalizzando soprattutto le realtà provinciali più periferiche come Rovigo e Belluno;
   in particolare, con la riduzione del personale così delineata, Rovigo passerebbe da 43 a sole 15 unità, mentre Belluno da 42 a 15;
   appare necessaria una revisione del decreto che tenga conto di una riduzione proporzionale ed omogenea per tutti gli uffici territoriali –:
   se e in che modo il Ministro interrogato intenda intervenire per correggere una sostanziale sperequazione, che rischia di penalizzare maggiormente territori come le province di Rovigo e Belluno. (5-10377)


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015, cosiddetta Buona scuola, ha previsto un piano straordinario di assunzioni dei docenti per gli anni scolastici 2015/2016 articolato in più fasi sulla base del quale la copertura dei posti di organico di diritto rimasti vacanti e disponibili dopo una prima tranche di assunzioni sarebbe stata effettuata esclusivamente tramite sistema informatico su posti risultanti disponibili per l'insegnamento interessato in qualsiasi provincia;
   la legge ha inoltre previsto, per l'anno scolastico 2016/2017, un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale per tutti i posti vacanti e disponibili, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia;
   i docenti di sostegno umbri della scuola dell'infanzia e secondaria di secondo grado che hanno partecipato alla fase nazionale di assunzione straordinaria si sono trovati nella condizione per cui, dopo anni di precariato vicino casa, hanno dovuto accettare un ruolo in province del nord, nonostante l'elevata disponibilità di cattedre in organico di fatto nella provincia di provenienza, di molto superiore al numero dei docenti trasferiti;
   il trasferimento di questi docenti in sedi fuori regione ha determinato, tra l'altro, l'interruzione della continuità didattica, aspetto di fondamentale importanza per gli studenti con disabilità, causando disagi alle famiglie e a più di 300 alunni disabili i quali, non solo non hanno potuto proseguire con gli stessi insegnanti il percorso di crescita intrapreso nell'anno precedente, ma in alcuni casi hanno iniziato la scuola senza docenti di sostegno, e hanno subito un continuo cambio di insegnanti che in alcuni casi è durato fino alla fine del 2016;
   a Perugia, in seguito alla mancata copertura di tutti i posti sul sostegno è stata prevista, per questo anno, l'assegnazione provvisoria su questi posti di docenti assegnati fuori regione; inoltre, alcune cattedre sono state assegnate a docenti non specializzati;
   è importante tener conto del fatto che lavorare come insegnanti di sostegno significa anche collaborare a stretto contatto con il territorio, servizi, dottori ed educatori che hanno in carico i bambini che quei docenti seguono, al fine di poter costruire un percorso educativo comune e condiviso;
   il territorio umbro ha una richiesta di docenti di sostegno di gran lunga maggiore rispetto agli insegnanti specializzati presenti –:
   se non ritenga di dover adottare iniziative volte a sbloccare il vincolo triennale della mobilità e di prevedere la trasformazione dei posti dell'organico di fatto in organico di diritto affinché si possa giungere all'effettiva utilizzazione del personale presente sul territorio e delle sue potenzialità, al fine di garantire un miglior servizio scolastico organizzato secondo i principi di efficienza e di buona amministrazione e di garantire «la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l'intero ordine o grado di istruzione», come recita la stessa legge n. 107 del 2015, al comma 181, lettera c), punto 2, dell'articolo 1;
   quali iniziative intenda assumere al fine di consentire a chi è stato assunto lontano ma ha ottenuto l'assegnazione provvisoria nella provincia di appartenenza, di rientrare stabilmente nella provincia di assegnazione provvisoria, trasformando il posto occupato attualmente facente parte dell'organico di fatto in un posto convogliante nell'organico di diritto. (5-10399)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO, SIBILIA, CHIMIENTI, CIPRINI, LOMBARDI, COMINARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si evince dal prospetto gare del 2017, Industria Italiana Autobus dovrebbe avere in portafoglio ordini per 276 veicoli acquisiti, ad oggi, e molte gare a cui partecipare per incrementare ulteriormente il numero di veicoli acquisiti;
   solo il 12 per cento di macchine dovrebbe essere realizzato in Italia e più precisamente a Bologna, mentre il resto dovrebbe continuare ad incrementare le casse di altri Paesi e maestranze;
   nel 2017 avrebbero dovuto realizzarsi all'estero, in Turchia, solamente 10-15 veicoli ed, invece, ne verranno costruiti almeno 193, altri 57 veicoli (motori anteriori o scuolabus) saranno costruiti in Polonia;
   questo modello doveva essere realizzato in fase prototipale a Bologna, per poi essere prodotto a Flumeri;
   anche in fase di realizzazione di un nuovo veicolo, considerato che non vi sono le risorse atte a concluderlo, Karsan si è detta disponibile a tale opera, chiedendo un accordo che prevede che, in Turchia vengano realizzati almeno 100 veicoli all'anno per 5 anni di questo modello;
   in questi giorni, i tecnici Breda stanno andando a Genova e Trieste per lavori di manutenzione, dovuti anche al fatto che la delocalizzazione della produttività implica, nel risparmio generale, anche un utilizzo di materiali, a quanto consta all'interrogante, non di eccellenza ma di discutibile qualità, con la conseguenza, ad avviso degli interroganti, di una perdita di credibilità e di immagine di Bredamenarinibus;
   in questo momento, si stanno operando tutte le gare per veicoli di 12 metri e di 18 metri, con prezzi talmente bassi che a Bologna e ad Avellino sarebbe impossibile realizzarne i veicoli;
   non si stanno sviluppando prototipi per il futuro, ma soltanto varianti su modelli già esistenti, il tutto in mancanza di un direttore tecnico e con l'arrivo di un direttore generale;
   tale modus operandi al ribasso porterà in futuro sia Bologna sia Avellino secondo gli interroganti a non costruire più nulla, con la conseguenza che il mercato ed i clienti si abitueranno al low cost e sarà difficile il perdurare di una produzione italiana –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e come intenda operare a tutela dei lavoratori;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire i posti di lavoro del personale operante negli stabilimenti di Bologna ed Avellino.
   (3-02736)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIPRINI, COMINARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'ISFOL, ente pubblico di ricerca, con effetto dal 1o dicembre 2016 ha assunto la denominazione di Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP);
   l'articolo 4 del decreto legislativo n. 150 del 2015 ha istituito l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL);
   l'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 aprile 2016 ha previsto che vengano trasferite all'Anpal n. 100 unità «di personale dell'ISFOL appartenente al ruolo di cui all'articolo 4, comma 9, del decreto istitutivo, come risulta dalla allegata Tabella A»;
   lo stesso decreto ha previsto procedure di interpello per il trasferimento delle risorse umane da Isfol ad Anpal;
   l'infatti con decreto n. 1 del 22 dicembre 2016 del direttore generale dell'Inapp, di concerto con il direttore dell'Anpal, sono state avviate le procedure per il trasferimento di 94 unità di personale Inapp all'Anpal in attuazione del suddetto articolo 4;
   soltanto 19 dei 94 trasferiti hanno aderito agli interpelli adottati dall'Isfol per il trasferimento volontario;
   con l'interpello del 4 gennaio 2017 l'Anpal ha avviato le procedure per il trasferimento non volontario di n. 40 unità di personale a tempo determinato operanti presso l'Inapp;
   in realtà, nella definizione della struttura e del modello organizzativo dell'Anpal non sono stati chiariti ruoli e compiti del personale di ricerca che dovrebbe esservi trasferito da ISFOL;
   tra le funzioni dell'Anpal è esclusa qualunque funzione di ricerca, studio e analisi, cosa che, a giudizio degli interroganti, rende ancor più oscuri il ruolo e i compiti che saranno ricoperti dal personale;
   le modalità di istituzione dell'Agenzia presentano i difetti propri della pubblica amministrazione in Italia, cioè di essere autoreferenziale, al servizio di se stessa prima che degli utenti: da segnalazioni giunte agli interroganti, il processo di trasferimento verrebbe condotto senza trasparenza, con carenza di informazione e senza un adeguato coinvolgimento del personale e la costruzione di un percorso di partecipazione e condivisione con l'effetto di generare malcontento e disagio tra il personale ex Isfol;
   la carenza di informazioni di cui si è detto e la assoluta ristrettezza dei tempi per gli interpelli sono fonte di disagio tra i lavoratori trasferiti, molti dei quali caratterizzati da specifiche e pluriennali competenze che però in molti casi non risultano riconducibili agli ambiti di attività di Anpal definiti – dall'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2015;
   ad avviso degli interroganti il trasferimento andrebbe operato sulla base delle esigenze funzionali dell'ente di destinazione e di quello di provenienza e adottando percorsi condivisi e trasparenti sulle funzioni e sulla sostenibilità futura sia di Anpal sia di Inapp –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative per pervenire a una revoca del provvedimento di interpello per i trasferimenti obbligatori, per favorire una più corretta e opportuna collocazione del personale proveniente dall'ex Isfol che sia rispettosa delle funzioni, della professionalità e delle competenze maturate dai medesimi dipendenti;
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per su rare le criticità dei processi di trasferimento anche dei dipendenti cosiddetti precari dall'ex Isfol ad Anpal, favorendo l'apertura di un tavolo di confronto tra le organizzazioni dei lavoratori e la parte datoriale pubblica che eviti – da una parte – la dispersione del patrimonio pubblico di competenze e professionalità in materia di formazione e lavoro maturate dal personale ex Isfol e – dall'altra – gravi ripercussioni sull'efficienza della struttura e sull'efficacia delle funzioni di politica attiva del lavoro svolte o dei servizi resi da Anpal. (5-10369)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOCATELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge sulla «procreazione medicalmente assistita, legge n. 40 del 2004, prevede all'articolo 11 l'istituzione, presso l'Istituto superiore di sanità, di un registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell'applicazione delle tecniche medesime. Tale iscrizione è obbligatoria. I dati sono raccolti e diffusi dall'Istituto superiore di sanità al fine di consentire massima trasparenza e pubblicità alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e ai risultati conseguiti;
   le strutture sono, inoltre, tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali e all'Istituto superiore di sanità i dati per le finalità indicate sopra citate, nonché le informazioni utili per il controllo e l'ispezione da parte delle autorità competenti;
   l'Istituto predispone, entro il 28 febbraio di ciascun anno, una relazione annuale sulla base dei dati raccolti, sull'attività delle strutture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati;
   il Ministro della salute presenta poi, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione al Parlamento sull'attuazione della suddetta legge;
   alla luce del dettato sopra indicato risulta che, dal Registro, è possibile consultare l'elenco delle strutture autorizzate ad applicare tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita;
   tra le tecniche applicabili possono essere effettuate, su richiesta della coppia, indagini cliniche diagnostiche ai sensi degli articoli 14, comma 5, (I soggetti... sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo state di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell'utero) e 13, comma 2, (La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative);
   con sentenza della Corte Costituzionale n. 96 del 2015 è stata dichiarata: «l'illegittimità costituzionale degli articoli 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge n. 40/2004, nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194, accertate da apposite strutture pubbliche». Pertanto, indagini cliniche diagnostiche possono essere applicate anche le coppie fertili portatrici di patologie genetiche che possono accedere a tali tecniche;
   nel Registro inoltre, sono raccolti anche i dati sulle indagini cliniche diagnostiche sull'embrione (indagini genetiche primpianto);
   nella relazione al Parlamento presentata il 30 giugno 2016 e visionabile sul sito dell'istituto superiore di sanità non risultano riportati dati in merito ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita cui sia stata applicata la cosiddetta «Diagnosi Preimpianto», in particolare:
    le percentuali di impianto degli embrioni su cui sia stata applicata la tecnica diagnostica;
    il numero degli eventuali embrioni crioconservati che a seguito di Diagnostica genetica preimpianto (PGD) non sono stati trasferiti in utero per non creare nocumento alla salute della donna nel rispetto della sentenza n. 151 del 2009 –:
   quali siano i motivi per cui nella relazione al Parlamento relativa alla legge n. 40 del 2004, con riferimento all'anno 2014, manchino i dati sulle tecniche di indagini cliniche sull'embrione applicate per le coppie infertili e del numero degli embrioni non idonei per una gravidanza che risultano crioconservati;
   se, la relazione per l'anno 2015, sarà integrata con i dati del 2014 per le coppie infertili e i dati del 2015 per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche e se includerà il numero degli embrioni non idonei. (4-15337)


   VEZZALI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la figura del massofisioterapista fu istituita con legge n. 570 del 5 luglio 1961, successivamente regolamentata con la legge n. 403 del 19 maggio 1971, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 162 del 30 giugno 1971 ad oggi in vigore;
   il decreto ministeriale 7 settembre 1976, (ad oggi in vigore), sancisce quanto segue: «Il massofisioterapista è in grado di svolgere tutte le terapie di massaggio e di fisioterapia in ausilio all'opera dei medici sia nel libero esercizio della professione sia nell'impiego negli enti pubblici e privati, nell'ambito delle disposizioni di legge. Pertanto esegue ed applica tutte le tecniche del massaggio e della fisioterapia sull'ammalato secondo le istruzioni del sanitario, a livello di personale sanitari o ausiliario e di terapista della riabilitazione»;
   con la legge 19 novembre 1990, n. 341, viene riformato l'ordinamento didattico universitario, ma non il corso di massofisioterapia in quanto formazione professionale. Questa legge differenzia i percorsi di formazione universitaria da quelli di formazione professionale;
   il decreto ministeriale n. 105 del 1997, dimostra che i corsi di massofisioterapia non rientrano tra quelli soppressi per legge;
   il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 conferma che le regioni, a norma della legge-quadro sulla formazione professionale (articolo 8, lettera b), della legge 21 dicembre 1978, n. 845), sono chiamate a curare la formazione professionale di coloro che siano in possesso di un titolo di studio non universitario, ai fini del rilascio di un attestato di qualifica (o patente di mestiere), diploma di qualifica superiore o credito formativo;
   il decreto ministeriale 10 luglio 1998, riconosce la specificità del massofisioterapista;
   il decreto ministeriale 27 luglio 2000 dice che il massofisioterapista in possesso di un corso triennale di formazione specifica (legge 19 maggio 971, n. 403) ha un titolo che è equipollente al percorso di laurea in fisioterapia;
   allo stato, e sino a che non venga disposto altrimenti, la figura del massaggiatore-massofisioterapista rientra fra quelle conservate nel vecchio ordinamento;
   la stessa normativa comunitaria consentirebbe un pieno riconoscimento della figura del massofisioterapista;
   il parere, pubblicato in data 30 giugno 2010, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato-direzione generale per la tutela del consumatore ha verificato che i titoli conseguiti al termine di corsi di massaggiatori-massofisioterapisti di durata almeno biennale e tenuti presso istituti riconosciuti a livello regionale, abilitano all'esercizio della relativa professione;
   la direzione generale delle professioni sanitarie del Ministero della salute in data 27 aprile 2016, risponde a una diffida del Comitato europeo dei massofisioterapisti, introducendo il concetto di «riordino» della professione anche se nella diffida nessuno lo cita o lo chiede perché è tutto già stabilito nel decreto legislativo n. 112 in vigore dal 1998;
   questa figura, che per quanto stabilito nella legislazione vigente può operare in regime di lavoro dipendente o autonomo, dovrebbe essere iscritta nei profili professionali inseriti nel decreto ministeriale 17 maggio 2002, recante «l'individuazione delle prestazioni sanitarie esenti dall'applicazione dell'Iva», perché possa rilasciare la propria certificazione fiscale al paziente con l'esenzione Iva riservata alle prestazioni sanitarie erogate dagli esercenti le professioni sanitarie e le arti ausiliarie –:
   se non si intendano assumere iniziative per definire una disciplina specifica per i massofisioterapisti in linea con quanto disposto dalla disciplina comunitaria;
   se non si intendano assumere iniziative per prevedere, per le prestazioni del massofisioterapista, l'esenzione va al pari di altre professioni assimilabili;
   se non si intendano assumere iniziative per superare la disparità tra massofisioterapisti in possesso di un diploma di formazione triennale conseguito prima del 19 marzo 1999 per i quali si applica l'esenzione di cui all'articolo 10, comma 1, n. 18, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e massofisioterapisti che hanno conseguito un diploma di formazione triennale successivamente a quella data (disparità ritenuta priva fondamento anche dalla sentenza n. 1105/2015 del Consiglio di Stato). (4-15339)


   FANTINATI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   focolai di influenza aviaria sono stati riscontrati in allevamenti di volatili nei comuni di Mira (Venezia) e Piove di Sacco (Padova);
   nell'azienda di Giare di Mira saranno abbattuti oltre ventimila tacchini dopo che ad uno di loro è stato diagnosticato un caso di aviaria;
   l'allevamento era già posto sotto sequestro il 21 gennaio 2017, in attesa della conferma della positività;
   il virus, hanno sottolineato i sanitari, non è pericoloso per l'uomo;
   il sindaco di Mira, «considerata la necessità di rispettare le rigide procedure regionali, al fine di impedire l'eventuale diffondersi della malattia tra altri animali» ha firmato l'ordinanza che convalida il sequestro delle strutture di allevamento e di tutti i tacchini allevati, disponendone l'immediato abbattimento in loco, la distruzione delle carcasse e di tutti i materiali o rifiuti potenzialmente contaminati come mangime, lettiere o letame;
   la stessa ordinanza dispone anche pulizia e disinfezione dei locali e dei veicoli utilizzati per il trasporto degli animali;
   è stata istituita una zona di protezione e sorveglianza intorno alla sede del focolaio, nelle quali verranno applicate rigide misure sanitarie –:
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per confinare e arrestare l'influenza;
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere per garantire un'adeguata sicurezza alimentare ai consumatori evitando qualsiasi rischio di zoonosi.
(4-15345)


   GRIMOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a fine dicembre era stato diffuso un documento relativo alla prevenzione ed al controllo della malaria: 24 pagine contenenti le indicazioni per le misure di prevenzione per i viaggiatori, per la sicurezza trasfusionale e le modalità di segnalazione per aggiornare le ultime linee guida risalenti al 1997;
   nel documento si può leggere che: «Nei paesi non endemici la malaria continua ad essere la più importante malattia d'importazione, legata al numero crescente sia di viaggiatori internazionali sia di flussi migratori provenienti da aree endemiche». Poi, prima di elencare le nuove linee guida, si passa all'analisi dei numeri che raccontano di 3.633 casi notificati in Italia nel quinquennio dal 2011 al 2015 di cui l'89 per cento con diagnosi confermata. La quasi totalità di casi sono d'importazione, i casi autoctoni riportati sono stati sette, sottolineando che la malaria «rappresenta dunque la principale fonte di preoccupazione da un punto di vista sanitario per le persone che si rechino in paesi tropicali e sub tropicali»;
   una circolare del Ministero della salute dice di prestare attenzione perché i casi di malaria stanno aumentando e dice esplicitamente che questa malattia sta arrivando a causa dei flussi migratori. La circolare però pone più l'accento sui residenti che si recano in Paesi a rischio per i motivi più svariati, rispetto ai flussi migratori, ma è necessario sottolineare quanto evidenziato dai dati: alcune malattie, tra le quali la malaria, che erano state debellate stanno tornando sul territorio italiano;
   va sottolineato come negli ultimi anni la diffusione della malaria nel mondo è stata notevolmente ridotta grazie all'attuazione di programmi di controllo promossi dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Anche se nell'ultimo rapporto sulla situazione mondiale della malaria, pubblicato sempre dall'Organizzazione mondiale della sanità, vengono riportati 95 Paesi ancora con malarica endemica nel mondo, circa 214 milioni di casi e 438 mila decessi. L'Ufficio regionale europeo dell'Organizzazione mondiale della sanità, nell'aprile 2016, ha comunicato agli Stati membri l'eradicazione della trasmissione di malaria autoctona sul territorio della regione europea. Tuttavia, nelle aree tropicali e sub tropicali, la malaria rappresenta ancora la più importante malattia trasmessa da vettore –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e quali iniziative di controllo, prevenzione e profilassi intenda adottare per fronteggiare questa emergenza e per controllare e monitorare gli immigrati ospitati e quelli in continuo arrivo sul territorio italiano, al fine di tutelare la salute pubblica dal ritorno di malattie debellate da decenni. (4-15346)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Consulmarketing s.p.a. è un'azienda che gestisce servizi di rilevamento statistico per il colosso multinazionale Nielsen, unico committente effettivo;
   Consulmarketing s.p.a. ha rilevato le attività provenienti dai fallimenti di altre tre aziende (Consulmarketing srl, Marketing Coop Società Cooperativa e Ricerche e Promozioni di Mercato srl);
   nel corso del 2016 si è già aperta una vertenza sindacale, con la proclamazione di 5 giorni di sciopero dal 30 al 4 giugno 2016, a causa della volontà aziendale di indurre un netto abbassamento di diritti e tutele per 465 dipendenti (su un totale di 1134 addetti) o, in alternativa, e sempre sotto la minaccia del licenziamento, di riassumere i lavoratori, diminuendo le retribuzioni e deregolamentando la normativa relativa al contratto nazionale di lavoro, a causa del mercato in flessione e di una denunciata perdita di fatturato di 1,5 milioni di euro nel 2015;
   la chiusura della vertenza – mai effettivamente digerita dall'azienda, nonostante il passato coinvolgimento dei Ministero dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali e la responsabilità dimostrata dai lavoratori, denunciano i sindacati – è deflagrata in questi giorni, quando Consulmarketing ha attivato la seconda procedura di mobilità in meno di un anno, questa volta per l'intero comparto dei rilevatori, ovvero 350 persone, con la motivazione che, qualunque cosa succeda della commessa Nielsen, si dovrà procedere alla «esternalizzazione» dell'attività del settore rilevamenti, affidandola a «professionisti» esterni;
   in questo quadro, i sindacati segnalano che: «I rilevatori Consulmarketing hanno dato l'opportunità all'Azienda – sottoscrivendo un contratto di solidarietà e accettando una mobilità su base esclusivamente volontaria – di affrontare i nodi irrisolti di una cattiva organizzazione aziendale e di un'incapacità manageriale con una trattativa che l'Azienda non ha mai voluto fare fino in fondo. Lo stesso contratto di solidarietà ha dimostrato che non è vero che ci sia un problema di esuberi, giacché a tutto o quasi il personale che ha accettato il licenziamento, l'Azienda ha provocatoriamente proposto di passare a collaboratori per continuare a svolgere senza diritti il proprio lavoro e nessun ricorso è stato fatto all'ammortizzatore sociale previsto dal contratto medesimo (la riduzione di orario e di salario corrispondenti)» –:
   come mai non siano state assunte efficaci iniziative, per quanto di competenza, rispetto alle segnalazioni riguardanti la scelta dell'azienda di utilizzare stante il contratto di solidarietà, personale con contratto di collaborazione per svolgere le mansioni dei rilevatori dichiarati in esubero, considerato il fatto che detto personale era in molti casi personale licenziato dall'azienda perché «in esubero» ai sensi della procedura di licenziamento collettivo;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per dar seguito all'impegno a suo tempo preso in sede ministeriale – quando, con la partecipazione di rappresentanti dei Ministeri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali e della regione Lombardia, si avviò la conclusione in sede amministrativa della precedente procedura di mobilità – di convocare anche Nielsen, attivando un nuovo tavolo che richiami tutti i soggetti al rispetto della normativa e dei diritti contrattuali dei lavoratori del settore, da parte delle aziende che in quel settore operano in qualità di committenti e di realizzatori dei servizi, e al fine di portare dunque di far sì che Nielsen si assuma le proprie responsabilità in quanto «stazione appaltante» monomandataria delle attività di rilevamento dati. (3-02738)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, FRATOIANNI, MELILLA, SCOTTO, ZARATTI, SANNICANDRO, NICCHI, PIRAS, QUARANTA e DURANTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le disastrose conseguenze degli eventi sismici che si sono verificati tra il 24 agosto 2016 e il 18 gennaio 2017, si sono riversate anche sul tessuto delle attività produttive con una ripercussione anche sui livelli occupazionali;
   lo sciame sismico ha interessato un'area di oltre 600 chilometri quadrati, circa 300.000 persone e distrutto o danneggiato oltre 200.000 tra edifici pubblici, aziende, strutture ricettive, luoghi di culto, infrastrutture viarie;
   ora le imprese micro, piccole e medie, devono programmare interventi di ricostruzione, riparazione e ripristino degli immobili a uso produttivo distrutti o danneggiati dagli eventi sismici, ed è necessario garantire il ripristino in tempi certi del sistema produttivo, senza il quale è impossibile anche solo ipotizzare una reale ripresa dei territori interessati;
   la ricostruzione deve vedere il coinvolgimento pieno, delle organizzazioni d'impresa, di quelle sindacali, degli Ordini e delle professioni;
   il decreto-legge n. 189 del 2016, ha affrontato l'emergenza creatasi in seguito agli eventi sismici del 24 agosto e del 26 e 30 ottobre 2016, ai quali si è aggiunta quella derivante dal sisma del 18 gennaio 2017;
   la legge di bilancio per il 2017 per le attività economiche danneggiate dagli eventi sismici ha previsto l'intervento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e ha introdotto agevolazioni, sotto forma di contributo in conto interessi; essa ha previsto, contributi in conto capitale alle imprese che realizzino investimenti produttivi, contributi dell'INAIL per la messa in sicurezza di immobili produttivi, finanziamenti agevolati a tasso zero alle micro, piccole e medie imprese per il ripristino e il riavvio delle attività già esistenti e l'estensione del regime di aiuti per le aree industriali in crisi alle zone interessate dal sisma;
   si è evidenziata anche la difficoltà di imprese che, pur non ubicate nei comuni colpiti dagli eventi sismici, per la vicinanza ad essi hanno subìto pesanti ripercussioni economiche e stentano nel proseguire l'attività –:
   quante siano state le aziende micro, piccole e medie che hanno usufruito effettivamente delle agevolazioni previste dai provvedimenti emanati fino ad oggi e, in tale contesto, se non si ritenga necessario individuare ulteriori risorse anche al fine di sostenere le imprese e le aziende nei comuni limitrofi a quelli del cratere, oltre che sostenere le piccole e medie imprese ubicate nei comuni colpiti dall'evento sismico del 18 gennaio 2017. (5-10394)


   GALGANO e BOMBASSEI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Centrale termoelettrica nota come «centrale di Bastardo», sita a Gualdo Cattaneo, ha una estensione di circa 15 ettari e un organico di 46 persone, oltre al personale delle ditte esterne;
   Enel aveva annunciato la dismissione della suddetta centrale a carbone al 31 dicembre 2016 e pertanto il 30 novembre 2016 aveva dato il via al progetto Future, per acquisire progetti e manifestazione di interesse sull'impianto fino a marzo 2017, senza tener conto, tra l'altro, della scuola di formazione Enel University, presente all'interno del sito;
   tuttavia a dicembre 2016 seguito del fermo di ventuno delle cinquantotto centrali nucleari della Francia per manutenzione, è arrivata all'Italia una richiesta di «aiuto» per importare energia per far fronte al fabbisogno interno del Paese;
   Enel ha quindi deciso di riaprire tre dei siti dei quali era stata annunciata la dismissione al 31 dicembre 2016, tra cui la centrale di Bastardo;
   in seguito a tale decisione, il 4 dicembre 2016 i sindacati hanno inviato al Ministero dello sviluppo economico una lettera per manifestare preoccupazione per il deficit d'importazione di energia in seguito all'indisponibilità delle centrali francesi ed hanno invitato da subito il Governo a prendere provvedimenti in merito;
   il 18 gennaio 2017 le organizzazioni sindacali Filctem, Flaei e Uiltec, dopo il riavvio della centrale di Bastardo, hanno contestato ad ENEL e alla regione Umbria di aver autorizzato la smobilitazione dell'organico del sito senza tener conto di quanto stava accadendo a livello europeo. Infatti, la centrale di Bastardo è stata richiamata in esercizio congelando di fatto l'autorizzazione alla chiusura e alla cessazione dell'attività produttiva che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe dovuto rilasciare. Ora l'impianto è in funzione ma con il personale ridotto al minimo con il rischio di compromettere l'esercibilità sia in termini gestionali che operativi – scrivono i sindacati – nonché per ciò che attiene alla sicurezza e al rispetto delle normative vigenti –:
   come si intenda garantire, nel 2017, il funzionamento in sicurezza della riattivata centrale di Bastardo, se si ritenga di intervenire presso Enel per capire quale sarà futuro del sito umbro (tra l'altro, in regola dal punto di vista ambientale, avendo l'autorizzazione integrata ambientale fino a tutto il 2023) dopo la mancata chiusura pro tempore e se sia possibile perseguire un progetto di riconversione dell'impianto per fare in modo che si privilegino soluzioni non inquinanti come il carbone. (5-10395)


   BENAMATI, SENALDI, BARGERO, BECATTINI, ARLOTTI, MONTRONI, DONATI, CAMANI, PELUFFO, SCUVERA, VICO, BASSO, CANI e TENTORI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di settembre 2016, l'amministratore delegato di Sky Italia Andrea Zappia, durante l'incontro annuale con le rappresentanze sindacali sull'andamento economico ha confermato la solidità dell'azienda che con un fatturato di 2.800 milioni di euro e un utile di 60 milioni di euro si è confermata per il secondo anno la prima società per fatturato del settore, annunciando inoltre che, attraverso la costituzione di Sky Europa, Sky Italia aveva acquisito lavoro qualificato, con un incremento di organico di 246 lavoratori. Poche settimane dopo, a novembre, nella sede Sky di Milano è stato sottoscritto l'accordo per la definizione del premio di risultato per la durata di 3 anni, dal 2017 al 2019;
   la scorsa settimana lo stesso Zappia ha annunciato ufficialmente un piano di ristrutturazione e trasformazione organizzativa che avrà impatto sulle tre sedi nazionali, Roma, Milano e Cagliari e che prevede, per i 600 lavoratori attualmente impiegati, circa 200 esuberi e almeno 300 trasferimenti dalla sede di Roma a quella di Milano;
   la sede di Roma risulta essere quella dove è previsto il coinvolgimento, per esubero o trasferimento, del 70 per cento della forza lavoro impiegata tra impiegati, tecnici e giornalisti: in particolare, verrà trasferita la redazione del Tg24, a esclusione della redazione politica e quella del Centro-Sud Italia e di parte di altri servizi con il ridimensionamento conseguente dei settori di facility management e finance;
   per la sede di Milano è previsto l'esubero complessivo di circa di 80 lavoratori legati alle aree finance e controllo qualità di service e delivery e ulteriori strutture, mentre per quella di Cagliari l'amministratore delegato avrebbe comunicato il trasferimento per circa 10 lavoratori;
   la riorganizzazione appare essere estremamente penalizzante anche per un'esperienza che da tredici anni è saldamente presente nella capitale –:
   quali siano gli orientamenti e le intenzioni, per quanto di competenza, del Ministro interrogato e del Governo, in relazione a questa situazione ed in presenza di un piano industriale che prevede esuberi e trasferimenti, che sono misure solitamente adottate da aziende in un profondo stato di crisi e che non sembrano adattarsi al caso in questione.
   (5-10396)


   CRIPPA, VALLASCAS, DA VILLA, FANTINATI, CANCELLERI e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le recenti iniziative normative prospettano la cessazione del regime di maggior tutela, il servizio di fornitura di elettricità a condizioni economiche e contrattuali stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ad oggi ancora il più diffuso tra i clienti domestici e le imprese con meno di 50 addetti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro alimentata in bassa tensione;
   al riguardo, si prevede una serie di condizioni che dovranno essere soddisfatte per rendere effettiva tale abolizione ma non un vincolo rispetto all'esistenza di comportamenti collusivi tra imprese o di un eccesso di concentrazione su un singolo operatore;
   il rapporto dell'Autorità sugli esiti del monitoraggio retail riporta che «nel 2013 quasi il 60 per cento dei clienti domestici che escono dal servizio di maggior tutela sceglie il fornitore collegato al distributore come fornitore alle condizioni di mercato libero» e «questo confermerebbe l'esistenza di un vantaggio per i fornitori preesistenti nell'acquisizione dei clienti da fornire alle condizioni d mercato libero» con numeri analoghi per il servizio di salvaguardia;
   questo dato sembrerebbe confermato dalla recente pubblicazione del report sui dati operativi del gruppo Enel dei primi nove mesi 2016, dove si riportano per il retail regolato 0,8 milioni di clienti nel 2015 e 19,8 nel 2016 contro 6,2 e 6,9 milioni nel mercato libero; circa il 70 per cento di chi è uscito dal vincolato sembra essere rimasto legato allo stesso operatore;
   in assenza di interventi, anche considerando la recente iniziativa della «tutela simile», Enel arriverebbe a una quota di mercato liberalizzato intorno al 70 per cento del totale dei domestici –:
   se il Ministro interrogato ritenga tale valore in linea con le finalità di cui al comma 1 dell'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per favorire la concorrenza nel mercato dell'energia elettrica a vantaggio dei consumatori finali. (5-10397)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, BUSTO, ZOLEZZI, LOMBARDI, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e SPESSOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato versa ogni anno a Poste italiane oltre 262 milioni di euro per garantire la consegna della corrispondenza e l'accesso di tutti i cittadini al servizio postale. Nonostante dal 10 gennaio 2017 sia scattato un ulteriore aumento delle tariffe postali, i disservizi all'utenza esistenti da tempo, sono continuati. A seguito dell'entrata in vigore del piano di cosiddetta «razionalizzazione» degli uffici postali, l'attività ha subito un ulteriore peggioramento caratterizzato da continui e ripetuti disservizi nella consegna della corrispondenza, ritardi, giacenze di tonnellate di posta accumulata, mancati recapiti, nonché continui malfunzionamenti alle dotazioni informatiche messe dall'azienda a disposizione dei portalettere per la tracciatura della corrispondenza;
   in data 7 gennaio 2017, sul quotidiano online «ilgiorno.it», veniva pubblicata la notizia che nel principale polo di smistamento della regione Lombardia a Peschiera Borromeo (Milano) e nella succursale di Linate, frazione dello stesso paese, risultavano essere inevase 5 mila tonnellate di lettere;
   secondo i Cobas, la giacenza si è accumulata in seguito alla riorganizzazione, voluta dall'azienda in un'ottica di riduzione dei costi, del servizio di recapito della corrispondenza che, da almeno un paio di mesi, avviene a giorni alterni in regione Lombardia;
   sempre dallo stesso sito «ilgiorno.it», in data 13 gennaio 2017, è stata pubblicata la notizia dell'allarme lanciato dal Slp Cisl sull'aggravarsi dei ritardi e della mancata consegna della posta in Brianza dovuti, anche questi a loro dire, all'applicazione della riorganizzazione annunciata da Poste Italiane, alla quale lo stesso sindacato ha proposto soluzioni alternative, inascoltate dal management aziendale;
   alla penultima riorganizzazione delle Poste, la Brianza ha subito forti penalizzazioni. A seguito del 24 per cento di «taglio» delle zone, si sono creati disagi e difficoltà alla consegna, non superati nonostante l'azienda abbia assunto parecchio personale con contratto a tempo determinato nel tentativo di risolvere le problematiche;
   il sindacato spiega che in Brianza i disagi probabilmente aumenteranno a causa di un previsto ulteriore pesante «taglio» di zone che interesserà i centri primari di distribuzione di Monza, Carate, Vimercate, Meda, Limbiate, Desio, i centri secondari di distribuzione di Lissone, Brugherio, Seregno, Arcore, Bernareggio e i punti distribuzione di Cesano Maderno, Cornate d'Adda, Bellusco, Biassono;
   anche in provincia di Monza e Brianza la riorganizzazione prevede il recapito a giorni alterni con la modalità del recapito di una zona effettuato in 5 giorni su 2 settimane (prima settimana: lunedì, mercoledì, venerdì; seconda settimana: martedì, giovedì). Tale modalità porterà ad aumentare l'insostenibilità del lavoro dei portalettere che già, a tutt'oggi, si trovano a consegnare, giornalmente, dalle 80 alle 100 raccomandate a testa, oltre a posta, patenti, pacchi e altro;
   Slp Cisl spiega che sempre in Brianza erano oltre 500 i portalettere che svolgevano questo servizio, ma la preoccupazione è che, a causa dell'esodo per il pensionamento, il numero complessivo degli addetti arriverà a ridursi notevolmente, compromettendo ulteriormente la qualità del servizio;
   altro problema degli uffici postali è quello riguardante gli operatori di sportello che possono anche dare indicazioni e aiuto all'utente che non riceve regolarmente la posta. Nel 2016 erano circa 700 distribuiti in 110 uffici in Brianza. Da inizio anno, anche qui a causa dei pensionamenti, il numero degli addetti si è ridotto considerevolmente. Inoltre, come indicato nel programma aziendale sulle sportellizzazioni, non sono previsti nuovi operatori di sportello in Brianza –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, per quanto di competenza, promuovere una verifica in relazione a quanto esposto in premessa al fine di assicurare la regolare consegna, con puntualità e senza ritardi, della corrispondenza da parte di Poste Italiane agli utenti della regione Lombardia. (5-10368)


   BURTONE e BATTAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   21 lavoratori della Dienne service impegnati presso il centro Trisaia di Rotondella hanno ricevuto la lettera di licenziamento con decorrenza 31 gennaio 2017;
   suddetta società svolge funzione di multi servizi in appalto presso il sito della Sogin;
   tale decisione farebbe seguito ad una decisione da parte della Sogin di ridimensionare una serie di attività affidate ad aziende esterne;
   si tratta di una decisione di assoluta gravità che mette a rischio attività fondamentali per il sito stesso;
   il ridimensionamento delle unità lavorative preoccupa quindi sia sotto il profilo occupazionale sia in considerazione della delicatezza del sito, anche per quanto concerne la sicurezza del centro di Trisaia –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale decisione e quali iniziative intenda assumere, con la massima urgenza, nei confronti della Sogin, in qualità di committente dell'appalto, al fine di scongiurare i suddetti licenziamenti e attivare un tavolo di confronto con tutti i soggetti interessati con l'obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali e la piena sicurezza del sito in questione. (5-10372)


   ROMANINI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni anni Poste Italiane s.p.a. ha avviato un piano di riorganizzazione imperniato sulla considerevole riduzione del numero degli sportelli attivi e sul ridimensionamento del servizio di recapito postale che, ormai in tutto il Paese, viene effettuato a giorni alterni, fatta salva la consegna dei quotidiani che grazie ad uno specifico accordo con Governo e Federazione degli editori ha assicurato, in 1.900 comuni (nessuno dei quali ricadente in aree interne o montane), il recapito quotidiano tramite una rete di diffusione dedicata;
   diversi comuni, osteggiando le decisioni dell'azienda, hanno presentato ricorso ai tribunali amministrativi regionali i quali, in più circostanze, si sono pronunciati a favore delle motivazioni addotte dai comuni contrari al piano di razionalizzazione di Poste s.p.a. riconoscendo che la chiusura di un ufficio postale non può essere disposta solo per ragioni di carattere economico, senza considerare il criterio di distribuzione degli uffici e senza ponderare il pregiudizio alle esigenze degli utenti derivante dalla chiusura;
   le aree montane, fra cui quelle dell'Appennino parmense, come il comune di Borgo Val di Taro, vivono, a fronte di questa riorganizzazione, una situazione di forte disagio che interessa non solo i singoli cittadini ma tutto il tessuto economico. Nella stessa provincia di Parma diversi comuni hanno subito la chiusura di uffici postali (San Vitale frazione di Sala Baganza, Sivizzano e Riccò frazione di Fornovo, Basilicagoiano frazione di Montechiarugolo, Coltaro frazione Sissa-Trecasali, Gaiano frazione di Collecchio) e sono stati soggetti a riduzione dei servizi, scontando oltretutto l'inefficienza o l'assenza dei servizi sostitutivi più volte annunciati dalle Poste;
   in data 22 gennaio 2014 il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni rispondendo a specifica missiva del presidente dell'intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna ha ricordato che con apposita delibera l'Authority ha «ritenuto opportuno inserire (...) specifici divieti di chiusura di quegli uffici che servono gli utenti che abitano nelle zone remote del Paese (...) ritenendo prevalente l'esigenza di garantire la fruizione del servizio nelle zone disagiate anche a fronte di volumi di traffico molto bassi e di alti costi di esercizio»;
   Poste Italiane s.p.a. ha sospeso per il 2017 il piano di riorganizzazione della presenza territoriale dell'azienda, grazie all'impegno dei comuni e dell'Uncem che ha promosso una forte mobilitazione;
   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha espresso a marzo 2015 il proprio avviso sulla modalità di recapito a giorni alterni, modificando la proposta di Poste ed indicando che la misura potrà interessare un numero di comuni che rappresentino al massimo il 25 per cento della popolazione e in funzione di particolari circostanze, anche geografiche del territorio italiano e ricordando che la misura dovrà essere notificata alla Commissione europea;
   la Conferenza unificata ha espresso il 5 agosto 2016 e il 20 dicembre 2016, la necessità di un monitoraggio sulle attività di consegna da parte di Poste Italiane, per evitare disservizi alle aree interne e montane del Paese, in particolare relative alla distribuzione di giornali quotidiani e di settimanali –:
   di quali iniziative il Ministro interrogato intenda farsi promotore, per quanto di competenza, al fine di evitare o alleviare il forte disagio che il susseguirsi di misure di ridimensionamento dei servizi da parte di Poste Italiane, s.p.a. sta determinando nei confronti dei cittadini ed, in particolare, di coloro che risiedono nei comuni interni, in particolare se di piccole dimensioni o montani. (5-10381)

Interrogazione a risposta scritta:


   CECCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con delibera n. 465/15/CONS, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni suddivideva il territorio nazionale in 39 bacini di servizio, costituiti da aggregazioni di province, finalizzati alla diffusione sonora in tecnica digitale DAB+; ad oggi sono stati già pianificati 16 bacini per 8 dei quali sono stati anche assegnati i diritti di uso delle frequenze; per alcuni di questi ultimi, la direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, radiodiffusione e postali del Ministero dello sviluppo economico ha già assegnato i diritti d'uso delle frequenze a operatori di rete;
   allo stato attuale, l'avvio del digitale radiofonico DAB+ per l'emittenza locale è tecnicamente precluso a tutte le aree escluse dai soli 8 bacini di cui sopra per la mancanza di frequenze disponibili –:
   se sia intenzione del Ministro interrogato coinvolgere nell'utilizzo della tecnologia DAB+ anche le emittenti locali su tutto il territorio nazionale;
   se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza per aggiornare il piano nazionale di ripartizione delle frequenze, ponendo nella disponibilità dell'emittenza locale anche il canale 13 VHF, attualmente non utilizzato. (4-15342)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Fregolent e altri n. 2-01612, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paola Bragantini.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Mazziotti Di Celso n. 3-02727, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Molea.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Vezzali n. 2-01424 dell'11 luglio 2016;

  interrogazione a risposta scritta Baldelli n. 4-14908 del 28 novembre 2016;

  interrogazione a risposta in Commissione Crippa n. 5-10293 del 17 gennaio 2017.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Laffranco n. 4-15116 dell'11 gennaio 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10399;

  interrogazione a risposta scritta Gagnarli e altri n. 4-15257 del 18 gennaio 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10398.