XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 749 di lunedì 27 febbraio 2017
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO
La seduta comincia alle 15.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 22 febbraio 2017.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Caso, Castiglione, Causin, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sottanelli, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Discussione della proposta di legge: Capelli ed altri: Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici (A.C. 3772-A); e delle abbinate proposte di legge: Spadoni ed altri; Fabbri ed altri (A.C. 2780-3775) (ore 15,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 3772-A: Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici; e delle abbinate proposte di legge nn. 2780-3775.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 febbraio 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 febbraio 2017).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 3772-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.Pag. 2
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Franco Vazio.
FRANCO VAZIO, Relatore. Onorevole signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, il testo approvato dalla Commissione giustizia è diretto a garantire un'adeguata tutela giuridica ed economica a favore dei figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, cioè dell'omicidio commesso nei confronti del proprio coniuge o convivente. In questi casi l'omicidio comporta per i figli della vittima la perdita non solo del genitore ucciso ma anche del genitore autore della violenza. Recenti casi di cronaca dimostrano che, al dramma della violenza e della perdita del genitore, per i figli si aggiungono innumerevoli difficoltà di ordine pratico ed economico, che ora la proposta intende attenuare intervenendo in diverse direzioni.
Il lavoro svolto in Commissione, con il contributo di tutte le forze politiche, ha consentito di ampliare e meglio specificare il campo di applicazione della proposta di legge oggi in esame in Aula, sia attraverso un proficuo dibattito sia attraverso la presentazione e la successiva approvazione di importanti emendamenti. Dalla formulazione delle disposizioni emerge che non necessariamente, ai fini dell'ambito di applicazione delle diverse disposizioni, l'autore dell'omicidio deve essere genitore del figlio rimasto orfano. Tale condizione soggettiva è espressamente prevista solo dall'articolo 5 della proposta e interviene in materia di pensioni di reversibilità. Il campo d'applicazione della proposta di legge richiede, infatti, che l'omicidio sia commesso in ambito domestico e che, a seguito dell'omicidio, rimangano degli orfani.
Per quanto attiene alla figura di figlio, la proposta di legge si riferisce ai figli minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti della vittima di un omicidio commesso dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dalla parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata, o da una persona che è o è stata legata da relazioni affettive e stabile convivenza con la vittima. Come si è detto, il figlio orfano non necessariamente deve essere figlio anche dell'omicida. Si fa presente che il testo approvato dalla Commissione riconosce benefici non solo ai figli minorenni della vittima ma a tutti i figli economicamente non autosufficienti, senza il limite, previsto dal testo originario, dei 26 anni.
Passando all'articolato della proposta, il primo articolo intende rafforzare, già dalle prime fasi del processo penale, la tutela dei figli della vittima, modificando l'articolo 76 del testo unico delle spese di giustizia, per consentire loro l'accesso al patrocinio a spese dello Stato a prescindere dei limiti di reddito. Inserendo un nuovo comma 4-quater, il provvedimento prevede che, se è commesso un delitto di omicidio dal coniuge, dalla parte dell'unione civile o dalla persona che è stata legata da relazione affettiva e convivenza stabile con la vittima, i figli della vittima, minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, possono essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche in deroga ai limiti di reddito.
Il patrocinio gratuito dovrà coprire tanto il processo penale quanto tutti i procedimenti civili conseguenti alla commissione del reato, compresi i procedimenti di esecuzione forzata.
L'articolo 2, introdotto dalla Commissione, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali, di cui all'articolo 577 del codice penale. Rispetto alla norma vigente, che punisce l'omicidio del coniuge con la reclusione da 24 a 30 anni, il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo di applicazione della norma. Si prevede, infatti, l'ergastolo per l'omicidio del coniuge, anziché la pena della reclusione Pag. 3da 24 a 30 anni, e, inoltre, all'omicidio del coniuge viene parificato l'omicidio del coniuge anche legalmente separato, della parte dell'unione civile e della persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso stabilmente convivente. Con i vigenti limiti di pena – reclusione da 24 a 30 anni – viene invece punito l'omicidio del coniuge divorziato e della parte cessata dall'unione civile.
Mantenendo l'attenzione verso il procedimento penale e, dunque, alla fase che precede l'accertamento definitivo delle responsabilità penali dell'autore del reato, la proposta di legge intende rafforzare la tutela dei figli della vittima rispetto al loro diritto al risarcimento del danno. A tal fine, l'articolo 3 novella l'articolo 316 del codice di procedura penale, che disciplina l'istituto del sequestro conservativo, inserendovi il comma 1-bis. La riforma stabilisce l'obbligo per il pubblico ministero che procede per omicidio del coniuge, anche separato o divorziato, della parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata, o della persona legata all'imputato da relazioni affettive o stabile convivenza, di verificare la presenza di figli della vittima, minorenni o maggiorenni non autosufficienti, e di richiedere il sequestro conservativo dei beni dell'indagato in ogni stato e grado del processo. In ordine alla formazione del testo, si osserva che la disposizione fa riferimento ai figli maggiorenni non autosufficienti e non, come ad esempio l'articolo 1, ai figli maggiorenni economicamente non autosufficienti. Su questo punto ritengo opportuno che l'Aula valuti l'approvazione di un emendamento che allinei le due disposizioni, di cui anticipo la presentazione al Comitato dei nove.
La tutela degli orfani di crimini domestici viene perseguita anche attraverso modifiche alla disciplina della provvisionale, la cui finalità è quella di anticipare il più possibile la liquidazione del danno patito dalle vittime di reato. La provvisionale, infatti, è una somma di denaro liquidato dal giudice in favore della parte danneggiata come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. Accade infatti, in base alla normativa vigente, che dopo un lungo processo penale, nel quale i figli si sono costituiti parte civile, alla condanna penale del genitore potrebbe accompagnarsi solo una generica condanna per la responsabilità civile, che obbliga la parte civile ad avviare una causa civile per ottenere la liquidazione del danno. In particolare, l'articolo 4, comma 1, della proposta di legge modifica l'articolo 539 del codice di procedura penale relativo alla provvisionale, inserendovi un comma 2-bis. In forza di tale comma, quando si procede per omicidio del coniuge, anche separato o divorziato, della parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata, o della persona che sia o sia stata legata all'imputato da relazione affettiva o stabile convivenza e le prove acquisite nel corso del procedimento penale non consentono la liquidazione del danno, in presenza di figli della vittima che si siano costituiti parte civile, il giudice in sede di condanna deve assegnare loro, a titolo di provvisionale, una somma pari almeno al 50 per cento del presumibile danno, che sarà liquidato poi in sede civile. Inoltre, collegando la provvisionale al sequestro conservativo, il nuovo comma 2-bis dell'articolo 539 del codice di procedura penale dispone che, se i beni dell'imputato sono soggetti a sequestro, quest'ultimo, con la sentenza di primo grado, si converte in pignoramento nei limiti della provvisionale accordata. La conversione del sequestro in pignoramento è realizzata in deroga all'articolo 320, che consente in via generale la conversione solo a seguito di sentenza irrevocabile di condanna. Il comma 2 dell'articolo 4 modifica proprio l'articolo 320 per inserire, per coordinamento, alla fine del comma, una deroga alla disciplina generale riferita al nuovo comma 2-bis dell'articolo 539 del codice di procedura penale. Anche in questo caso si osserva che la disposizione del comma 1 fa riferimento ai figli maggiorenni non autosufficienti e non, come ad esempio l'articolo 1, ai figli maggiorenni economicamente non autosufficienti. Vale anche per tale contesto quanto sopra Pag. 4osservato in relazione all'opportuna approvazione di un emendamento che allinei le due disposizioni.
L'articolo 5 della proposta di legge interviene sull'istituto dell'indennità a succedere, disciplinato dall'articolo 463 del codice civile, con la finalità di renderne automatica l'applicazione in caso di condanna per omicidio in ambito domestico.
In particolare, il comma 1 inserisce nel codice civile l'articolo 463-bis, con il quale è sospesa la chiamata all'eredità dell'indagato per il delitto, anche tentato, di omicidio del coniuge o di omicidio dell'altra parte di un'unione civile, fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento. È prevista la nomina di un curatore dell'eredità giacente; è prevista l'applicazione dell'istituto dell'indegnità a succedere anche in caso di patteggiamento della pena; è estesa l'applicazione di queste previsioni anche all'indagato per omicidio volontario o tentato di uno o entrambi i genitori, del fratello o della sorella. I commi 2 e 3 intervengono invece sul codice di procedura penale per attribuire alla competenza del giudice penale, tanto in sede di condanna, quanto in sede di patteggiamento della pena, il compito di dichiarare l'indegnità a succedere, evitando così agli altri eredi di dover promuovere un'azione civile per ottenere lo stesso risultato. Le disposizioni non riguardano esclusivamente i crimini domestici. A tal fine, il comma 2 inserisce l'articolo 537-bis del codice di procedura penale, in base al quale, quando pronuncia sentenza di condanna per uno dei fatti per cui l'articolo 463 prevede l'indegnità, il giudice penale dichiara l'indegnità a succedere. Il comma 3 modifica l'articolo 444, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, per richiamare l'obbligo del giudice a dichiarare l'indegnità a succedere anche in caso di sentenza di patteggiamento. L'articolo 6 novella la legge n. 125 del 2011, che esclude dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta, ovvero all'indennità una tantum i familiari superstiti che siano stati condannati con sentenza passata in giudicato per omicidio del pensionato o dell'iscritto a un ente di previdenza. Analogamente a quanto previsto per l'indegnità a succedere, la proposta, inserendo tre ulteriori commi nell'articolo 1 della legge n. 125 del 2011, mira a sospendere il diritto alla pensione di reversibilità nei confronti dell'indagato, anticipando così gli esiti della sentenza di condanna. In caso di archiviazione o di sentenza definitiva di proscioglimento, la sospensione viene meno e dovranno essere corrisposti gli arretrati. Il campo di applicazione di questa disposizione è relativo al coniuge, anche se separato, al coniuge divorziato, se titolare di un assegno alimentare, alla parte di un'unione civile, anche cessata, se l'altra parte è titolare di un assegno alimentare, che sia indagato per omicidio volontario o tentato nei confronti del coniuge. In caso di sospensione della pensione di reversibilità, subentrano nella titolarità della quota del genitore rinviato a giudizio i figli minorenni o economicamente non autosufficienti, che siano anche figli della vittima. Per attuare la disposizione relativa alla sospensione del diritto alla pensione di reversibilità e all'eventuale subentro dei figli della vittima, la proposta di legge prevede un obbligo di comunicazione del pubblico ministero all'istituto di previdenza. La richiesta di rinvio a giudizio per omicidio commesso contro il coniuge o la parte dell'unione civile dovrà essere comunicata senza ritardo dal pubblico ministero all'ente pensionistico.
Anche a tale riguardo auspico che l'Aula possa valutare l'approvazione di emendamenti volti a precisare che la sospensione opera dal momento della richiesta di rinvio a giudizio, anziché da quello più incerto della sua sottoposizione ad indagini, a volte neppure conoscibile per effetto di provvedimenti di secretazione. L'articolo 7 demanda a Stato, regioni e autonomie locali il compito di promuovere e organizzare forme di assistenza pronta e gratuita delle vittime di reati intenzionali e violenti e dei loro familiari; in particolare la disposizione, che non circoscrive il proprio campo di applicazione ai crimini domestici, demanda ai diversi livelli territoriali di governo di promuovere servizi Pag. 5informativi, assistenziali e di consulenza, di incentivare forme d'assicurazione e di predisporre misure per garantire il diritto allo studio e all'avviamento al lavoro per i figli delle vittime di crimini domestici, di monitorare l'applicazione delle norme per evitare processi di ulteriore vittimizzazione. L'articolo 8 prevede che i figli della vittima del reato di omicidio o della parte della cessata unione civile abbiano diritto ad assistenza medico-psicologica gratuita a carico del sistema nazionale. L'articolo 9 modifica la legge sulle adozioni, con particolare riferimento alla disciplina dell'affidamento del minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo. In tali ipotesi, il tribunale, eseguiti i necessari accertamenti, provvede all'affidamento, privilegiando la continuità delle relazioni affettive tra il minore ed i parenti fino al terzo grado. Il tribunale provvede assicurando, in quanto possibile, in presenza di fratelli e sorelle, la continuità affettiva tra gli stessi. L'articolo 10 incrementa di 2 milioni di euro a decorrere dal 2017, la dotazione del fondo di rotazione per le vittime della mafia, dell'usura e dei reati intenzionali violenti. La disposizione specifica poi che almeno il 70 per cento di 2 milioni di euro dovrà essere destinato agli orfani minorenni e il restante agli orfani maggiorenni non economicamente autosufficienti. Segnalo infine che la Commissione ha affrontato altresì altri argomenti di particolare rilievo quale il tema afferente il cambiamento del cognome per orfani, vittime di crimini domestici e il tema relativo alla decadenza dell'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica per gli autori dei suddetti delitti.
In riferimento ad essi, i proponenti dei relativi emendamenti concordando sulla necessità di un approfondimento e di un coordinamento della normativa, si sono ripromessi di sottoporre all'Aula tali questioni, che a mio parere sono certamente meritevoli di una particolare attenzione. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, concludo la mia relazione affermando che il provvedimento che ci apprestiamo ad esaminare non è la soluzione alle sofferenze che vengono patite in conseguenza di delitti così gravi ed insidiosi perché celati dalle mura domestiche, ma certamente rappresenta, sia per quanto riguarda le cautele, sia per gli interventi provvisionali a garanzia degli orfani, vittime di tali crimini, una risposta davvero efficace e puntuale, una risposta che – ripeto una volta ancora – scaturisce da un positivo, costruttivo e intenso confronto, un esempio insomma di buona politica (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Il Governo si riserva di intervenire successivamente.
È iscritta a parlare la deputata Giuliani. Ne ha facoltà.
FABRIZIA GIULIANI. Grazie, Presidente e membri del Governo. Come è stato illustrato dal relatore, la proposta di legge in discussione ha un obiettivo specifico, che sono la tutela e il sostegno per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico. Io credo che il primo compito che abbiamo è quello di fare un chiarimento intorno a questa definizione poiché il lessico giuridico non può restituire fino in fondo la complessità della questione che queste formule sono chiamate a descrivere. Con l'espressione «orfani domestici» noi oggi identifichiamo un fenomeno drammaticamente attuale, ossia il fatto che bambine e bambini, ragazzi e ragazze perdono uno dei due genitori per mano dell'altro e quasi sempre si tratta di donne uccise per mano del proprio partner. Non sorprende dunque che, nella letteratura specifica in ambito medico e psicologico, questi orfani vengano definiti come «orfani speciali», orfani due volte; due volte perché la violenza che distrugge il nucleo familiare non viene dall'esterno, come capita ad altri tipi di vittime che pongono problemi che già quest'Aula è stata chiamata ad affrontare. È una violenza molto particolare quella che nasce all'interno dello stesso nucleo familiare, non è un accidente che viene da fuori. Cosa succede infatti ? Succede che questi ragazzi, queste ragazze e questi bambini non debbonosolo Pag. 6misurarsi con il lutto, con la perdita che è un fatto rilevantissimo, quando si è minori, con una perdita violenta, ossia con il tipo di violenza che ha segnato questa perdita, ma con il fatto che l'autore della violenza è una figura di riferimento e molto spesso una figura amata. Confrontarsi con il fatto che la distruzione del proprio nucleo di certezze, di affetti e di sicurezza è stata perseguita dalla figura in cui più si è riposto fiducia pone questi minori in una situazione di drammaticità estrema; misurarsi con l'elaborazione di questo trauma è forse uno dei compiti più difficili che un ragazzo, una ragazza, bambini o bambine possa affrontare, lo scenario più innaturale e più imprevisto che può portare a far vacillare ogni certezza e ogni fiducia, che può minare nel profondo lo sviluppo emotivo, affettivo e cognitivo, se questo trauma – e questo è il punto e per questo questa misura punta a dare delle risposte puntuali in questa direzione – non è adeguatamente compreso, sostenuto ed aiutato. C’è bisogno di molte risorse per poterlo affrontare. La norma in discussione, che come ha rilevato il relatore viene da una discussione approfondita in Commissione, che parte da contributi parlamentari che provengono da diverse forze politiche, ha voluto dare una risposta a questi bisogni, partendo dal riconoscimento di un dato, tanto drammatico, quanto al fondo rimosso dalla nostra società, ossia il fatto che la violenza domestica, gli omicidi domestici e i femminicidi sono un fenomeno diffuso e che lo Stato ha il dovere di farsene carico, aggiornando il proprio quadro giuridico e definendo interventi in grado di dare risposte puntuali.
Negli ultimi dieci anni i casi di orfani da crimine domestico, stimati dall'unico studio attendibile di cui noi disponiamo, quello condotto dalla professoressa Anna Baldry, che qui alla Camera, appunto, ha offerto i risultati di questa ricerca così importante, sono circa 1.600. Nel 30 per cento dei casi, oltre alla madre, gli orfani perdono il padre e, perché suicida o perché recluso, vengono affidati a nonni materni o agli zii o, a volte, dati in adozione. Altre volte rimangono nel luogo in cui sono nati e dove il diritto all'oblio, il diritto a poter curare queste ferite con la riservatezza e con la delicatezza necessaria, è molto difficile da ottenere.
Le norme che presentiamo provano a dare, dunque, una risposta omogenea e duratura: questi sono caratteri che intendo sottolineare, come ha già fatto, del resto, il relatore, ma che credo siano particolarmente degni di nota, sia sotto il profilo del sostegno che di quello della presa in carico dei figli minorenni e maggiorenni, ma non economicamente autosufficienti, figli della vittima di un omicidio commesso dal coniuge, anche se legalmente separato o divorziato, dalla parte dell'unione civile, anche se questa unione è cessata, da una persona che è o è stata legata da una relazione affettiva e stabile di convivenza con la vittima.
Per motivi di tempo e anche di opportunità eviterò di prolungarmi ulteriormente in particolari che già sono stati sottoposti all'attenzione di quest'Aula. Quello che a mio avviso è importante sottolineare è l'organicità della proposta di legge, che affronta e sancisce diritti essenziali per i minori che si trovano a dover affrontare una situazione drammatica, e anche il fatto che norme di questo tipo si pongono in continuità con quell'attenzione alle vittime che l'Europa ci ha più volte sollecitato, diramando anche una direttiva importante alla quale questo tipo di legge cerca di venire incontro.
Viene garantito il gratuito patrocinio in sede penale per i figli della vittima, viene estesa la pena dell'ergastolo nel caso in cui la vittima sia il coniuge, anche se legalmente separato, o la parte dell'unione civile o persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso convivente.
Viene rafforzata la tutela dei figli della vittima relativamente al loro diritto al risarcimento del danno. Vengono ridotti i tempi relativi alla liquidazione del danno patito dalle vittime di reato. Si interviene sull'istituto dell'indegnità a succedere, si esclude dal diritto alla pensione di reversibilità i familiari superstiti che siano stati Pag. 7condannati, si demanda a Stato, regioni e autonomie locali il compito di promuovere e organizzare forme puntuali di assistenza pronta e gratuita delle vittime di reati intenzionali violenti e dei loro familiari.
Viene garantita l'assistenza medico-psicologica gratuita, si interviene sulla legge sulle adozioni per garantire la tutela della continuità affettiva, fatto rilevantissimo per superare i traumi che abbiamo provato ad illustrare, e viene incrementata di 2 milioni di euro la dotazione del Fondo di rotazione per le vittime della mafia, dell'usura e dei reati intenzionali violenti e degli orfani per crimini domestici.
Ho chiesto di poter intervenire anche perché vorrei potermi soffermare un momento sul testo dell'articolo 2 e sulle motivazioni che ci hanno spinto alla sua adozione durante l'esame in Commissione giustizia.
Come abbiamo anticipato, l'articolo va a modificare il codice penale, equiparando in termini di pena l'omicidio commesso dal coniuge o dal partner a quello commesso da un figlio o un genitore. Si tratta, sul piano giuridico e politico, di una equiparazione; per essere chiari, non si va ad introdurre nessuna aggravante. La filosofia di questa disposizione, in tutta evidenza, non vuole in alcun modo contrapporre la necessità di investire su politiche e azioni volte a prevenire, ad informare sull'educazione e al contrasto alla violenza, ma, anzi, si inserisce in un percorso di continuità con altre misure normative approvate da questo Parlamento nel corso della legislatura in seguito all'atto che ha aperto questa legislatura e che io considero un atto rilevantissimo, che è stata la ratifica della Convenzione di Istanbul, e alle norme che hanno seguito l'approvazione di quella Convenzione, come la legge n. 119 del 2013 o altre disposizioni.
L'articolo 2, infatti, trova il suo principale riferimento giuridico proprio nella Convenzione di Istanbul, in particolare nei suoi articoli 45 e 46, che identificano come possibile aggravante di pena il fatto che il reato sia commesso contro l'attuale o l'ex coniuge o partner e, come riconosciuto dal diritto nazionale, da un membro della famiglia, dal convivente della vittima o da una persona che ha abusato della propria posizione di autorità.
Non occorre essere esperti di politiche di genere per sapere che la stragrande maggioranza dei femminicidi in Italia sono commessi da partner o da ex partner. Un dato tristemente confermato non solo dagli eventi di cronaca, ma anche dai principali studi condotti a livello regionale ed europeo.
Secondo i dati forniti da Eures, nel nostro Paese le donne uccise per mano di un familiare, di un partner o di un ex partner raggiungono la media impressionante di una vittima ogni tre giorni: un dato che, se associato all'ultimo rapporto Istat del 2015 sulla violenza di genere, che sottolinea come le forme più gravi di violenza contro le donne siano esercitate da partner, parenti o amici, ci consegna un quadro che è quasi eufemistico definire allarmante e al quale dobbiamo provare a porre rimedio.
Voglio sottolineare, tra l'altro, che questa misura allinea il nostro Paese – sottolineo, allinea il nostro Paese – con le normative più evolute delle democrazie europee. In Francia, infatti, l'articolo 221-quater del codice penale prevede che l'omicidio sia punito con la reclusione perpetua, se commesso nei confronti del coniuge. Idem in Germania: mi riferisco all'articolo 211 dello Strafgesetzbuch, che prevede l'ergastolo per qualsiasi tipo di omicidio. In Inghilterra sono previsti aggravanti in sede di condanna, qualora la vittima sia un minore oppure il partner.
Il fatto che fino ad oggi per il coniuge a livello familiare fosse previsto un diverso livello di trattamento è, a mio avviso, conseguenza di un retaggio culturale che ha segnato a fondo anche il nostro ordinamento giuridico. Non dimentichiamo, infatti, che nel nostro Paese il delitto d'onore viene cancellato nel 1981: una conquista di civiltà, che è arrivata molto dopo conquiste importanti, come quella dell'interruzione volontaria di gravidanza o dello scioglimento del matrimonio. Un dato che fa pensare a un Paese che ha Pag. 8faticato molto a cambiare pelle e fatica a riconoscere la violenza e i crimini quando si affermano all'interno delle relazioni familiari e affettive, fatica a mettere a fuoco una fattispecie molto specifica di responsabilità.
L'omicidio della compagna è un crimine devastante ed è ancora più devastante per i minori che si trovano a dover affrontare questo tipo di crimine. Ora, credo che sia nostro dovere cercare di dare delle risposte concrete a questi ragazzi, credo che sia dovere di uno Stato riconoscere il vulnus là dov’è e sostenere le vittime. Credo sia anche abbastanza grave il fatto che siamo arrivati così in ritardo, ma ci siamo riusciti, a colmare questa distanza. Abbiamo il dovere, insomma, di fare del nostro meglio per tutelare questi ragazzi e per mettere il nostro ordinamento giuridico al passo con i tempi (Applausi).
FRANCO VAZIO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Prego, però non è previsto. Mi dica.
FRANCO VAZIO, Relatore. Per una nota di carattere tecnico: siccome ho contenuto l'intervento nell'ambito dei quindici minuti, chiedo di allegare la relazione integrale.
PRESIDENTE. Sì, è autorizzato, assolutamente.
È iscritta a parlare la collega Spadoni. Ne ha facoltà.
MARIA EDERA SPADONI. Grazie, Presidente. La proposta di legge in esame quest'oggi è volta, da un lato, agli articoli 1 e 3, ad introdurre misure per tutelare direttamente gli orfani del genitore ucciso per mano dell'altro genitore, e, dall'altro, agli articoli 4 e 6, operando una tutela indiretta dell'orfano superstite, ad escludere il coniuge responsabile del delitto da qualsiasi beneficio accessorio o previdenziale che possa derivargli dalla morte del coniuge ucciso, nonché, agli articoli 7 e 10, a prevedere una serie di misure di carattere economico e socio-assistenziale in favore di tali orfani.
L'articolo 1, entrando nello specifico, interviene sul gratuito patrocinio, prevedendone l'accesso senza soglie reddituali per i figli minori, maggiorenni non autosufficienti o maggiorenni fino a 26 anni del coniuge vittima del reato.
I reati cui ci si riferisce è l'omicidio volontario nella sua aggravante. Tale gratuito patrocinio è esteso anche ai procedimenti civili e a quelli di esecuzione forzata derivanti dal reato. Mediante vari emendamenti durante la discussione in Commissione, anche a prima firma del MoVimento 5 Stelle, è stato precisato che le misure contenute agli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 sono riferibili non solo agli orfani del coniuge vittima dell'altro coniuge, ma anche agli orfani in cui un genitore sia vittima dell'unito civilmente o del convivente di fatto, cosa che nell'originario testo non era presente e che poi, invece, è stata aggiunta in fase di discussione in Commissione.
L'articolo 2, aggiunto durante la fase referente, dispone un aggiornamento, analogamente a quanto avvenuto al precedente articolo, del dettato normativo: in questo caso dell'articolo 577 del codice penale, con le figure dell'unito civilmente e del convivente di fatto.
All'articolo 3, con inserimento all'articolo 316, è disposto che in presenza di figli individuati come sopra, il giudice, nel procedere per il suddetto delitto, chieda il sequestro conservativo dei beni dell'imputato come garanzia per il risarcimento dei danni civili subiti dagli orfani della vittima.
L'articolo 4, ancora riferito al codice di procedura penale, prevede un comma aggiuntivo all'articolo 539 del codice penale, per disporre alle medesime condizioni succitate la corresponsione in favore degli orfani della vittima di una provvisionale di almeno il 50 per cento dell'importo di risarcimento in sede civile. Nel caso invece vi siano beni dell'imputato sottoposti a sequestro conservativo, tale sequestro si Pag. 9tramuta in pignoramento in seguito alla condanna di primo grado fino all'importo della provvisionale.
All'articolo 5, il coniuge indagato per i casi sopra citati, cui si aggiunge il tentato omicidio, è sospeso dalla successione fino ad archiviazione o proscioglimento; in caso di condanna o patteggiamento la sospensione si tramuta in esclusione dalla successione. In sede referente, ricordo, un emendamento che ha visto il voto favorevole del gruppo del MoVimento 5 Stelle ha precisato che la sospensione dalla successione vale anche inversamente per il figlio che risultasse indagato per l'omicidio dei genitori o del fratello.
Sempre all'articolo 5, è aggiunto al codice di procedura penale l'articolo 537-bis: con tale articolo si dispone che il giudice debba far autonomamente seguire, all'esclusione dalla successione, l'indegnità a succedere.
Abbiamo poi l'articolo 6, un articolo che è stato anche oggetto di una proposta di legge a mia prima firma, riguardo alla pensione di reversibilità: è modificata la legge, nel senso di estendere all'imputato per omicidio, o tentato omicidio del coniuge, l'esclusione dal diritto alla pensione di reversibilità, oggi prevista solo in caso di condanna definitiva; il predetto diritto è invece sospeso durante le fasi di indagini. Su questo articolo che, come ricordavo prima, è stato oggetto dell'originaria proposta di legge a mia prima firma, l'atto Camera n. 2780 che è poi chiaramente abbinato alla legge che stiamo valutando quest'oggi, sono stati approvati due emendamenti a prima firma del MoVimento 5 Stelle: il primo ove si stabilisce, in caso di archiviazione o proscioglimento a carico del coniuge accusato di omicidio, la restituzione della pensione non percepita dal giorno della sospensione; il secondo emendamento, mediante una successiva riformulazione, che gli orfani possano subentrare nella pensione di reversibilità dell'accusato di omicidio dal giorno del rinvio a giudizio. L'originale formulazione dell'emendamento che avevamo proposto prevedeva in primo luogo che la sospensione della reversibilità nei confronti del coniuge indagato per l'omicidio dell'altro coniuge operasse dalla prima condanna, o, in subordine, dal rinvio a giudizio, e non dall'apertura dell'indagine; e che in secondo luogo questi potesse rientrare retroattivamente in possesso della reversibilità non goduta dalla sentenza di assoluzione o archiviazione. Inoltre, se riconosciuto colpevole, il condannato avrebbe dovuto a sua volta restituire quanto indebitamente percepito fino alla prima condanna, e cioè al momento della sospensione.
Sulla base di un'ulteriore mediazione promossa dal gruppo, di concerto con il relatore, la Commissione ha disposto un emendamento volto a recepire anche i contenuti dell'originario emendamento del MoVimento 5 Stelle non ricompresi, e cioè: la sospensione della pensione dal rinvio a giudizio, e la restituzione in favore dei figli di quanto indebitamente percepito, dal delitto fino alla sospensione della stessa in caso di condanna definitiva del reo.
Riteniamo che nel complesso il provvedimento in oggetto sia da considerarsi condivisibile, e pertanto la posizione del MoVimento 5 Stelle è fortemente favorevole alla legge. L'intento di cercare di preservare i figli della vittima di omicidio per mano del partner è sicuramente meritevole: infatti, come alcuni casi di cronaca nera ci hanno insegnato, nei casi di crimini domestici i figli, che hanno già da affrontare il trauma derivante dalla perdita del genitore, si trovano anche ad avere difficoltà di tipo economico. La proposta di legge in oggetto, dunque, con le misure poste a sostegno dei medesimi orfani, è volta ad attenuare quest'ultimo tipo di problematica.
Il MoVimento 5 Stelle ha attivamente partecipato e collaborato, sia con le proposte emendative sia con un proficuo dibattito in Commissione, al miglioramento del testo originariamente proposto e all'eliminazione di previsioni che avrebbero potuto ingenerare dubbi nell'applicazione in concreto delle norme che sono state disposte.
Un ultimo cenno alla proposta di legge a mia prima firma: spiego brevemente per Pag. 10quale motivo questa proposta di legge è stata depositata. Questa proposta era già stata presentata nel 2014, e tutto è partito dopo aver letto la notizia di Beatrice Ballerini, uccisa dal marito Massimo Parlanti: tra l'altro un marito reo confesso, che poi successivamente è stato condannato a 18 anni. Lorenzo Ballerini, il fratello, ha fatto partire una petizione proprio per impedire che il reo confesso percepisse la pensione: a lui e alla sua famiglia va quest'oggi il mio pensiero (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Capelli. Ne ha facoltà.
ROBERTO CAPELLI. Presidente, Governo, colleghi, vorrei inizialmente introdurvi nel percorso che mi ha portato a presentare la proposta di legge che oggi abbiamo in discussione. E parto dal lontano 16 maggio 2013, a pochi giorni dall'inizio di questa tormentata legislatura: presentai allora una proposta di legge, la n. 966, tendente a prevedere idonee soluzioni sul piano penale che assicurassero una efficace punizione per gli autori di comportamenti che possano essere qualificati barbari e vili, come i femminicidi. Nel mese precedente, il 18 aprile, si era consumato ad Acilia l'ennesimo omicidio ai danni di Michela Fioretti, madre di due bambine di 6 e 11 anni, per mano del suo ex marito, che non aveva esitato ad utilizzare la propria figlia maggiore per tendere un agguato all'ex moglie, freddandola poi con sei colpi di pistola. Ancora non sapevamo che quel 2013 sarebbe stato l'anno nero per l'Italia, con ben 179 femminicidi: una vera e propria strage di donne.
Con quei tre articoli della proposta di legge citata, che elaborai con il contributo di un'associazione che si occupa di violenza di genere, Valore Donna, si aprì davanti a me un mondo di dolore e di rabbia, che mi turbò quale uomo; ma ancora maggiori rabbia e dolore provocò in me apprendere dell'esistenza di un mondo per così dire collaterale ai crimini domestici, quello degli orfani degli omicidi domestici appunto: 1.700 ragazze e ragazzi, bambine e bambini che negli ultimi undici anni hanno perso in un attimo quanto avevano di più caro al mondo, per mano di una delle persone che li avevano messi al mondo. Orfani in pochi secondi, orfani due volte si diceva: del genitore ucciso per mano dell'altro genitore, che finirà, quest'ultimo, in carcere o suicida; ma direi, e spero solo fino ad oggi, orfani tre volte, vista la latitanza dello Stato. Un dolore straziante e infinito, cui si aggiunge l'ingiustizia da parte di uno Stato che non riesce a proteggere, difendere e custodire questi suoi figli rimasti soli e abbandonati.
Proprio la storia di una di queste nostre figlie ispira la nostra proposta di legge: quella di Vanessa Mele, una mia concittadina della quale colpevolmente avevo perso tracce e memoria. La storia di Vanessa riassume i passaggi attraverso i quali l'articolato di questa legge, che ci accingiamo ad esaminare e ad approvare, cerca di dare una risposta di giustizia a lei e agli altri 1.699 orfani di crimini domestici per lo più compiuti da uomini. È la responsabile giustizia del mio partito, il Centro Democratico, nonché legale di Vanessa, avvocato Annamaria Busia, che segnala che la gran parte degli interventi legislativi proposti, non ultima la mia proposta di legge precedentemente ricordata, tende a perseguire l'omicida, ma dimentica le vittime collaterali, oltre a tutte quelle azioni preventive che vanno poste in essere a protezione e salvaguardia della donna per tentare di arginare il fenomeno del femminicidio.
La proposta di riforma, che trova appunto la sua compiutezza nella proposta di legge n. 3772 di cui sono primo firmatario, nasce ripercorrendo il calvario giudiziario che Vanessa ha dovuto affrontare, iniziato nel lontano 1998 e ad oggi non ancora concluso.
Una storia sovrapponibile a centinaia di altre, che tristemente si ripetono nel nostro Paese: da quella di Mariangela Sedda, di Dina Dore, ai più noti casi, più recenti e maggiormente «attenzionati» dai Pag. 11media, di Melania Rea, che ha lasciato una figlia, e di Elena Ceste e dei suoi quattro figli.
Ma torno al caso di specie, quello di Vanessa che, come già detto, costituisce in gran parte l'indice della proposta di legge. Il 3 dicembre 1998 il padre, Pierpaolo Cardia, guardia forestale, rientra a casa, controlla la bambina, che allora aveva sei anni, assorta nella visione dei suoi cartoni animati preferiti. Si preoccupa di sollevare il volume della televisione, va nella stanza accanto dove la moglie Annamaria sta riposando, estrae la pistola di ordinanza e la fredda con un colpo di pistola alla tempia. Subito dopo l'uomo accompagna la bambina dai nonni e si costituisce alle forze dell'ordine. Reo confesso viene condannato con rito abbreviato a 14 anni e sei mesi di carcere. Vanessa viene affidata agli zii materni che negli anni suppliranno totalmente alle figure genitoriali, diventandone di fatto il padre e la madre. Il Cardia, usufruendo dell'indulto e di benefici vari, dopo otto anni di reclusione, torna in libertà. Durante gli anni trascorsi in carcere il padre omicida ha sempre lavorato, ma si guarda bene dall'inviare alla figlia un solo centesimo e non verserà mai la provvisionale di 80 milioni di lire fissata dalla corte di assise di Nuoro. Anzi, arriva a denunciare i cognati per diffamazione e, nove giorni dopo la libertà, chiede e ottiene di incassare la pensione di reversibilità della moglie uccisa, togliendola alla figlia e chiedendo anche il rimborso degli arretrati. Scrive contemporaneamente il Cardia alla figlia, cito: «il 50 per cento della colpa è di tua madre», aggiungo rea di aver manifestato l'intenzione di separarsi dopo oltre due anni di litigi.
Le leggi dello Stato non prevedevano allora casi simili. Pensate all'assurdità: lo Stato che pagava l'omicida con i soldi della vittima. Quindi, l'Inpdap non era nelle condizioni di rigettare la richiesta del Cardia e c’è voluta allora una iniziativa parlamentare di modifica di legge caldeggiata dall'avvocata di Vanessa e raccolta dall'allora senatore Delogu, approvata immediatamente all'unanimità dal Parlamento, per restituire a Vanessa, e a tante altre vittime due volte dei loro padri, il diritto alla reversibilità della pensione del genitore ucciso. Pensione che, tra l'altro, nella gran parte dei casi, costituisce l'unico mezzo di sostentamento per questi orfani.
Al compimento del diciottesimo anno, Vanessa ottiene di cambiare cognome assumendo quello della madre, Mele, e anche in questo caso ha dovuto intraprendere un'altra causa civile, nell'ordine: la terza, di ben 18 azioni giudiziarie in vent'anni che, tra l'altro, hanno richiesto un esborso calcolato, per difetto, di oltre 100 mila euro.
Ma non finisce qui. Il padre reclama la propria quota ereditaria sulla casa. Inizia un altro calvario giudiziario che si concluse due settimane fa (siamo nel 2017), con l'esclusione dell'omicida dai diritti accampati sulla proprietà della casa. Sembrerebbe essere arrivati alla parola fine, ma ahimè non è così, ci si mette anche lo Stato che, oltre a non fare lo Stato nella sua accezione e funzione più nobile, mette in campo l'Agenzia delle entrate ed Equitalia, presentando a Vanessa il conto comprensivo di sanzioni e more per tasse e tributi sulla casa non pagati negli ultimi diciannove anni. Anni trascorsi sotto l'amorevole cura, protezione e assistenza, degli zii-genitori che, pur non navigando nell'oro, hanno dovuto coprire anche le esigenze finanziarie del caso, pur trovando sostegno reale e comprensione anche da parte dei professionisti che hanno assistito e accompagnato Vanessa in questo lungo percorso giudiziario e psicologico in cui lo Stato – lo ribadisco – è stato consapevolmente assente.
Questa storia, quella di un orfano di crimine domestico è, come dicevo, una delle mille, e ancora mille storie, alle quali questa proposta di legge, sicuramente arricchita dal contributo emendativo fatto in Commissione da tutte le forze politiche, intende dare una prima risposta di giustizia. Una risposta certamente non esaustiva per tutte le problematiche legate e conseguenti a questo barbaro e civile crimine, ma ne affronta e risolve una parte importante. Una battaglia di giustizia e Pag. 12civiltà che facciamo non per cavalcare l'onda mediatica sorta in seguito ai troppi casi di femminicidio.
Noi crediamo che il legislatore – noi tutti – quando veniamo a conoscenza di queste storie al limite dell'assurdo (così come il caso del dj Fabo e del testamento biologico, un altro di questi casi che abbiamo l'obbligo di affrontare immediatamente) siamo chiamati a intervenire, non solo per onorare l'impegno politico che svolgiamo nelle Aule parlamentari, ma, prima ancora, per rispondere alla nostra coscienza di donne e di uomini e di genitori.
Semplicemente da qui nasce il nostro tentativo di sanare questo vulnus, questo vuoto normativo, che per troppo tempo ha fatto soffrire i figli superstiti di omicidi domestici.
La proposta, come dicevo, è frutto di un lavoro collettivo, di cui io sono stato un semplice portavoce che adesso, dopo l'esame della Commissione giustizia, è ancora più completo.
Faccio brevemente cenno ai principali elementi innovativi della legge. È stata prevista la tutela per gli orfani minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti della vittima di un omicidio commesso dal coniuge, anche se legalmente separato o divorziato, anche se l'unione è già cessata, da una persona che è stata legata da una relazione affettiva e stabile di convivenza con la vittima. Sarà riconosciuto il gratuito patrocinio indipendentemente dai limiti di reddito. Con il passaggio in Commissione sono state aggiunte al testo le aggravanti per l'omicidio, ovvero l'ergastolo, se la vittima del reato di omicidio è il coniuge, anche legalmente separato, o una persona legata all'omicida da una relazione affettiva stabile e convivente. Quindi, la pena dell'uxoricidio viene estesa anche al rapporto di unione civile, alla convivenza.
Pur sottolineando che lo spirito e l'obiettivo della nostra proposta di legge, come ricordato precedentemente, è quello di guardare i figli orfani di crimini domestici, condividiamo l'inserimento che è stato fatto dalla Commissione dell'articolo 1-bis che, tra l'altro, richiama la nostra già citata proposta di legge n. 966 del 2013. Il relatore e i colleghi che mi hanno preceduto hanno richiamato gli interventi sul sequestro conservativo, sulla provvisionale; abbiamo collegato la provvisionale al sequestro conservativo. Sarà poi finalmente prevista l'indegnità a succedere, un punto che mi sta molto a cuore, perché lo ritengo un'ingiustizia incredibile. Quando la proposta diventerà legge, infatti, sarà automatica l'applicazione in caso di condanna per omicidio in ambito domestico. Il nostro codice infatti prevede già l'istituto dell'indegnità a succedere, ma questo può essere riconosciuto solo dopo aver intentato una causa civile, il che presuppone che l'orfano e la sua famiglia affidataria affrontino le spese legali per il processo. Automatizzando questo meccanismo, i tempi e i costi per la giustizia vengono abbreviati.
Altro punto fondamentale è quello della pensione di reversibilità, il diritto da parte del coniuge sopravvissuto sarà sospeso a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio dell'indagato, anticipando così in parte alcuni effetti della sentenza di condanna. In caso di archiviazione o di sentenza definitiva di proscioglimento, la sospensione verrebbe meno e saranno corrisposti gli arretrati dovuti.
Fin qui l'indice della storia di Vanessa trova risposta. La Commissione ha poi aggiunto al testo l'assistenza delle vittime. Il testo della proposta di legge demanda allo Stato, alle regioni, e alle autonomie locali, il compito di promuovere e organizzare forme di assistenza gratuita per le vittime di reati intenzionali e violenti e dei loro familiari. Per i figli delle vittime del reato di omicidio del coniuge è anche prevista l'assistenza medica, psicologica, sanitaria e farmaceutica, gratuita a carico del Sistema sanitario nazionale per tutto il tempo occorrente al recupero e al mantenimento del loro equilibrio psicologico. Gli stessi soggetti saranno esenti dalla partecipazione per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica.
Quanto poi alla questione dell'affidamento del minore: la Commissione ha Pag. 13modificato il testo sulle adozioni, prevedendo che in caso di presenza di un orfano a causa dell'omicidio del coniuge, in presenza di un'unione civile o con persona legata al genitore da relazione, sarà possibile provvedere all'affidamento privilegiando la continuità delle relazioni affettive tra il minore e i parenti fino al terzo grado. I servizi sociali, su segnalazione del tribunale, assicureranno al minore un adeguato sostegno psicologico e l'accesso alle misure di sostegno volte a garantire il diritto allo studio, all'inserimento lavorativo. Quindi, l'istituzione di un fondo di solidarietà per i figli orfani di un omicidio domestico. Questo fondo attingerà da quello di rotazione per le vittime della mafia, dell'usura e dei reati intenzionali violenti, che verrà ora allargato anche agli orfani per crimini domestici e ridenominato di conseguenza con una maggiore dotazione di 2 milioni di euro.
Non bastano, sono pochi, ma iniziamo. Altri emendamenti, tra i quali quelli che intendo proporre alla Commissione e all'Aula sull'esenzione riguardante imposte, tributi e tariffe, comunque denominati, relativi all'immobile ereditato dai figli delle vittime e altri che i colleghi presenteranno, se condivisi dall'Aula, arricchiranno sicuramente ulteriormente il testo.
A questo punto auspico che si lavori tutti nella stessa direzione, affinché la legge venga approvata al più presto anche dal Senato e magari, dal giorno dopo la sua entrata in vigore, analizziamone il funzionamento. Se dall'applicazione pratica dovesse emergere la necessità di un tagliando o di qualche modifica, ci impegneremo tutti insieme per migliorarla.
Le norme inserite nella proposta di legge e quelle aggiunte dopo il passaggio in Commissione giustizia ritengo che abbiano novellato i nostri codici civile e penale in maniera molto positiva, riempiendo un vuoto normativo che rappresentava, agli occhi degli orfani, un vuoto di civiltà e un pieno di ingiustizia nei loro confronti da parte dello Stato. Purtroppo, non tutti loro potranno trarre beneficio degli effetti generati dalla nuova legge, se non in parte, in quanto la stessa non potrà avere, tecnicamente, effetto retroattivo. Saranno, pertanto, esclusi per quanto riguarda la modifica dei codice civile e penale i casi andati a sentenza definitiva. Vanessa, in primis, è sempre stata cosciente di questo, ma la sua conclusione, nel mettersi a disposizione della nostra causa comune è stata: Almeno servirà perché altri non patiscano ciò che io ho dovuto affrontare.
Sappiamo che, in tempi di antipolitica, è difficile trovare qualcuno che plauda ad un'iniziativa bipartisan della politica, che ha chiesto e cercato la partecipazione di tutti i mondi associativi impegnati su questa vicenda.
In ultimo, un ultimo auspicio, appunto. Sarebbe bello che, almeno per una volta, si riconosca pubblicamente lo sforzo genuino che ha visto il Parlamento tutto, ad iniziare dai Presidenti di Camera e Senato, rispondere positivamente e in maniera celere ad una battaglia di civiltà, a cui mi onoro di avere, nel mio piccolo, contribuito (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Giammanco. Ne ha facoltà.
GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, solo in Italia, dal 2000 ad oggi, sono stati più di 1.600 i figli che hanno perso nello stesso momento entrambi i genitori, uno perché vittima di omicidio del quale l'altro è stato autore: orfani speciali, particolarmente fragili, che hanno bisogno di aiuto e di supporto. Per questi orfani inizia una seconda vita, un percorso doloroso e tutto in salita, che caratterizzerà il resto dei loro anni. Il sostegno da parte delle istituzioni, quindi, dal punto di vista sia economico che socio-assistenziale, è prezioso e fondamentale e la proposta di legge che oggi arriva all'esame di quest'Aula è un primo passo, un primo segnale a tutela di questi orfani speciali.
Sono sempre più frequenti, purtroppo, i casi in cui le mura domestiche diventano il luogo in cui si consumano crimini atroci, che esprimono la crisi profonda che sta vivendo l'istituto della famiglia e, con esso, la società tutta. Pag. 14
Lo scenario è drammatico. Negli ultimi dieci anni, le donne uccise in Italia sono state 1.740 e, di queste, 1.251, quasi il 72 per cento, sono state uccise in contesti familiari: 846 all'interno della coppia, 224 per mano di un ex compagno. Seppure in misura minore rispetto agli innumerevoli omicidi perpetrati contro le donne, si registra, inoltre – secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica –, un numero di casi pari al 15 per cento dei crimini domestici in cui è l'uomo ad essere vittima di questo genere di crimini.
In ogni caso, sono dati che ci obbligano a fare luce su un mondo ancora poco conosciuto: quello dei figli rimasti orfani di uno dei genitori perché ucciso dall'altro genitore. Anzi, sono orfani doppiamente, perché dopo l'omicidio, il coniuge, l'ex coniuge o la persona legata, anche in passato, da una relazione affettiva con il genitore ucciso, molto spesso, si toglie a sua volta la vita oppure viene recluso in carcere e, di conseguenza, la sua potestà genitoriale viene sospesa o fatta decadere. Si tratta di un trauma enorme da cui è difficile riprendersi, perché, se già è gravissimo il lutto legato alla perdita di un genitore, perderli entrambi, in modo così tragico, è una ferita insanabile, un dramma impossibile da comprendere e da gestire.
Il legislatore non può, quindi, in alcun modo trascurare la presenza di queste piccole vittime, le cui sorti sono ai più ignote, lasciate a loro stesse e alle mille difficoltà che incontrano i loro affidatari. Anche per i parenti affidatari e i loro figli, infatti, tutto si stravolge, tutto cambia. Oltre a vivere i drammi dei bambini, affrontano un vero e proprio percorso ad ostacoli: le deposizioni ai carabinieri, gli incontri con l'avvocato, il processo il tribunale dei minori, l'ASL, e gli enti assistenziali e così via; anche la propria casa viene stravolta per creare nuovi spazi, ritmi e lo stile di vita sono completamente modificati. È necessario prendere decisioni delicate per il futuro di questi bimbi, sia dal punto di vista delle azioni legali, burocratiche e amministrative, che dal punto di vista della salute, delle terapie psicologiche, delle scelte scolastiche: tutto senza trascurare nulla, pensando ad ogni risvolto psicologico e scegliendo per loro gli ambienti più rassicuranti. Per questo è assolutamente necessario non solo garantire la tutela di questi orfani speciali, ma garantire anche il massimo supporto alla famiglia affidataria di questi bambini.
Ad aggravare la situazione vi è un vuoto normativo che deve certamente essere colmato. Infatti, le testimonianze raccolte fino ad oggi rivelano storie di profonda solitudine e di profonda difficoltà. Nel nostro Paese non esiste ancora una legge che tuteli o sostenga, anche economicamente, questi orfani speciali, a differenza di quanto accade per altre categorie, come per le vittime della mafia o del terrorismo.
L'ultima legge di bilancio ha assicurato alle vittime di crimini domestici un indennizzo speciale, maggiorato rispetto all'indennizzo ad oggi spettante alle vittime di reati intenzionali violenti, ma ciò non ha nulla a che vedere con la necessità di un sostegno molto più ampio e di uno stanziamento specifico, annuale, per la copertura di spese relative al diritto allo studio, nonché all'assistenza psicologica, farmaceutica e sanitaria. Da ciò deriva che, dinnanzi ai tribunali per i minorenni, tali casi sono trattati alla stessa stregua delle situazioni riguardanti gli altri orfani, mentre le loro vicende sono completamente e totalmente diverse.
È, quindi, fondamentale avviare questo tipo di dibattito e disporre un provvedimento specifico, ad hoc. Per queste ragioni, esattamente un anno fa, il gruppo di Forza Italia ha presentato una specifica proposta di legge, che ho sottoscritto assieme ad altri colleghi del gruppo, in materia di affidamento dei minori rimasti orfani per crimini domestici, recante disposizioni per l'assistenza e l'istituzione del fondo di solidarietà a favore degli stessi.
Nel corso dell'esame del testo oggi in discussione, il gruppo Forza Italia in Commissione giustizia ha, poi, dato il proprio importante contributo con la presentazione di diverse proposte emendative, che Pag. 15hanno recuperato i contenuti di quella proposta di legge e che sono stati accolti e recepiti. Di straordinaria importanza è stato l'accoglimento della proposta di creare uno stanziamento ad hoc per le vittime di crimini domestici. L'emendamento approvato all'articolo 10 del testo stanzia 2 milioni di euro nel Fondo per le vittime della mafia, che verrà allargato alle vittime di crimini domestici; 2 milioni di euro con cui lo Stato si farà garante del percorso di recupero, di studio e di formazione professionale di questi orfani speciali.
La proposta di legge in esame garantisce, inoltre, il gratuito patrocinio e introduce l'indegnità alla successione per il genitore omicida, che, dunque, verrà giustamente escluso dall'asse ereditario. Soprattutto, il testo che stiamo discutendo porta con sé l'impegno a garantire la continuità affettiva e a monitorare la crescita dei bimbi in modo che crescano in un ambiente protetto.
Un altro significativo arricchimento apportato alla proposta di legge in esame, anche grazie all'approvazione di un emendamento di Forza Italia, è la piena equiparazione in termini di aggravante dell'omicidio del coniuge anche al rapporto di unione civile e alla convivenza, prevedendo l'ergastolo in caso di attualità del legame stesso.
Come rappresentante del gruppo di Forza Italia non posso, quindi, che accogliere con favore l'approdo in Aula di questo importante intervento legislativo, che mira a promuovere un sostegno a lungo termine, nonché a garantire risposte adeguate ai bisogni di questi orfani speciali. Mi auguro fortemente che, entro la fine di questa legislatura, si giunga alla sua definitiva approvazione.
Per concludere, chiedo a gran voce a questo Parlamento di colmare questo gap normativo, anche quello relativo alla normativa sul fine vita, la cui necessaria approvazione oggi è tornata d'attualità, purtroppo, a causa della drammatica vicenda di dj Fabo – che ha tutta la mia solidarietà – ma che non può e non deve ancora una volta cadere nel dimenticatoio non appena quest'argomento non avrà più lo spazio delle cronache giornalistiche.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche – A.C. 3772-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, Franco Vazio, ed il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della proposta di legge: Bindi ed altri: Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia (A.C. 3500-A) (ore 16).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge Bindi ed altri n. 3500-A: Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 febbraio 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 febbraio 2017).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 3500-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Davide Mattiello.
DAVIDE MATTIELLO, Relatore. Presidente, l'Aula arriva ad occuparsi della proposta di legge n. 3500, a prima firma Pag. 16dell'onorevole Bindi, dopo un lungo percorso che merita di essere sintetizzato, perché rappresenta una bella prova di responsabilità da parte delle forze politiche presenti in Parlamento. Si tratta di una prova particolarmente significativa, dal momento che parlare di testimone di giustizia significa parlare di contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso e, più generalmente, di promozione della cultura della legalità, che spesso passa dal coraggio di chi denuncia il delitto subìto o il delitto cui ha assistito.
Quando, nell'ottobre 2013, venne costituita la Commissione parlamentare antimafia, la presidente Bindi individuò tra le priorità di lavoro il tema dei testimoni di giustizia, e mi affidò per questo il coordinamento del quinto Comitato, che cominciò a lavorare nel mese di maggio 2014 e che, grazie al costante lavoro dell'onorevole D'Uva insieme al mio e di altri colleghi, chiuse l'inchiesta a luglio e propose la relazione a settembre, approvata dalla Commissione all'unanimità ad ottobre. Durante il 2015, entrambi i rami del Parlamento hanno discusso e votato a larga maggioranza – risoluzioni impegnative, auspicando la riforma della normativa posta a tutela e a sostegno dei testimoni di giustizia, secondo le linee individuate dalla relazione medesima. Nel frattempo, insieme ai consulenti e ai funzionari della Commissione antimafia, in una costante e proficua interlocuzione con il Ministero dell'interno, e segnatamente col Viceministro Bubbico, presidente della Commissione centrale, abbiamo cominciato ad elaborare un testo che traducesse effettivamente in norme la riforma auspicata.
Arriviamo così al gennaio 2016, quando contemporaneamente, in entrambi i rami del Parlamento, vengono depositati i testi sottoscritti da tutti i gruppi politici presenti in Commissione antimafia. Proprio a suggello di questa condivisione, la proposta di legge ha come prima firmataria, alla Camera, l'onorevole Bindi, e, al Senato, il vicepresidente della Commissione antimafia, senatore Gaetti. La Commissione giustizia della Camera, con lo stesso spirito, sotto la guida della presidente Ferranti, ha avviato negli scorsi mesi l'esame del testo, decidendo di sottoporlo anche alla valutazione di operatori particolarmente qualificati (i procuratori di Torino, Milano, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, lo stesso Viceministro Bubbico), raccogliendo ulteriori elementi di riflessione che hanno indotto a qualche limatura aggiuntiva.
Ed eccoci qua in Aula, consapevoli che, dopo tutto questo cammino, senz'altro positivo ma non breve, ci vorrà uno slancio potente per evitare che esso venga vanificato dalla conclusione della legislatura. Veniamo al testo. Quali sono i suoi obiettivi fondamentali ? Riconoscere piena dignità ai testimoni di giustizia, definirne l'identità e il rapporto con lo Stato. Perché c’è bisogno di riconoscere piena dignità ai testimoni di giustizia ? Perché ancora oggi si fa troppa confusione tra i testimoni di giustizia e i collaboratori di giustizia, e questa confusione deriva anche dal fatto che le norme che si occupano dei testimoni di giustizia non sono altro che una costola della normativa risalente al 1991, legge n. 82, che è appunto quella che tratta dei collaboratori, costola prodotta dal legislatore del 2001 con la legge n. 45 e successive modifiche.
Ma confondere un testimone con un collaboratore è un'offesa grave, che va evitata, prima di tutto nel lessico e quindi nell'atteggiamento conseguente. Il collaboratore di giustizia, infatti, è un delinquente che decide di negoziare con lo Stato condizioni migliori del trattamento penitenziario, processuale ed economico in cambio di informazioni su reati che questi abbia commesso e che altri abbiano commesso. Talvolta questo negoziato si apre a seguito di una reale conversione esistenziale, ed è per questo che nella vulgata i collaboratori sono spesso definiti «pentiti». Tutt'altra storia è quella dei testimoni di giustizia, che invece sono persone perbene che hanno subìto un crimine, ne hanno visto commettere uno e decidono di reagire denunciando. Vedremo tra poco quali siano nello specifico le caratteristiche Pag. 17che questa scelta deve avere per rientrare nella previsione della presente proposta di legge, ma intanto vale la pena affermare questa differenza per fissare questo primo imprescindibile, improcrastinabile obiettivo: una legge esclusivamente dedicata ai testimoni di giustizia, che ne definisca lo Statuto, evitando qualunque confusione, sia sul piano giuridico, amministrativo e culturale, con i collaboratori di giustizia.
Così arriviamo al secondo obiettivo, quello di definire l'identità dei testimoni di giustizia ai fini della presente legge, cioè di chi stiamo parlando. Stiamo parlando di chi, denunciando ciò che ha subito o ciò che ha visto, si mette in una condizione di pericolo talmente concreto, grave e attuale da rendere inadeguate le misure di protezione ordinarie, quelle, per intenderci, disposte dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Questo è un altro aspetto fondamentale su cui spesso c’è confusione. Questa proposta di legge, infatti, non si occupa genericamente dei testimoni processuali, si occupa di quella più ristretta cerchia di testimoni che, in ragione della testimonianza resa, debba essere protetta – e questo fortunatamente non succede né sempre né spesso – e che debba essere protetta con misure speciali, perché quelle ordinarie non sono adeguate. Di questi e soltanto di questi ci occupiamo. L'oggetto della testimonianza deve essere intrinsecamente attendibile e rilevante ai fini delle indagini o del giudizio, anche perché, se non fosse così, non si capirebbe come il testimone potrebbe esporsi a un pericolo così qualificato. Il testimone deve essere persona che non abbia subito condanne per delitti non colposi, che non abbia o non abbia avuto applicate misure di prevenzione dalle quali si possa desumere l'attualità della sua pericolosità sociale, e soprattutto che non abbia tratto beneficio dai reati che sta denunciando. Per intenderci: l'imprenditore che per anni abbia subìto un'estorsione da parte di un'organizzazione criminale ma che, proprio grazie al rapporto con questa organizzazione, sia stato concretamente avvantaggiato nell'accaparrarsi degli appalti, non potrà essere considerato un testimone di giustizia ai fini della presente proposta di legge, anche se a un certo punto decidesse di denunciare.
Il terzo obiettivo della legge è quello di descrivere il rapporto tra il testimone e lo Stato. Intanto, chi valuta la gravità del pericolo ? Qual è l'autorità deputata a questo delicatissimo compito e quindi incaricata di proporre per il testimone l'immissione nelle misure speciali ? L'autorità giudiziaria e soltanto l'autorità giudiziaria. Solo i magistrati, che, in rapporto con le forze dell'ordine, conducono le inchieste e sono in grado di apprezzare l'insorgere del pericolo qualificato e il permanere nel tempo di tale pericolo; non l'autorità amministrativa, in particolare non la commissione centrale o il Servizio centrale di protezione, che della commissione è il braccio operativo. Questi sono organi amministrativi dipendenti del Ministero dell'interno, che hanno piuttosto il compito di predisporre e di gestire le misure di protezione speciale, ma non sta a loro definire se e fino a quando un testimone ne abbia bisogno.
Questo punto lo voglio sottolineare, perché spesso certe aspettative più o meno legittime di alcuni testimoni si scaricano – mi si passi il termine – sulla commissione centrale, quando invece dipendono dalle valutazioni dell'autorità giudiziaria, alle quali la commissione si adegua, deliberando di conseguenza.
Fatalmente, i contenziosi che si generano sono di carattere amministrativo, perché materialmente ad essere impugnata è la delibera della Commissione, ma questo succede perché il testimone insoddisfatto, più o meno legittimamente, non può impugnare le valutazioni dell'autorità giudiziaria, che sono il vero nocciolo delle decisioni della Commissione. Ciò posto, stabilita la necessità per il testimone di entrare nel sistema delle misure di protezione speciale, cosa gli succede ? Intanto, questi ed eventualmente il suo nucleo familiare, cui noi facciamo riferimento con il termine «protetti», vengono presi in carico dalla Commissione centrale, che, sulla base delle valutazioni raccolte, decide Pag. 18se siano sufficienti le speciali misure di protezione o se occorra quella forma specialissima di protezione, che è il programma di protezione in località segreta. Da qui in avanti la vita del testimone e degli altri protetti è nelle mani di commissione e servizio ed è su questa relazione che siamo intervenuti con alcune delle modifiche più significative. Pur essendo, infatti, il nostro sistema di protezione tra i migliori al mondo, frequenti sono i disagi, i traumi veri e propri cui le persone sottoposte alle misure vanno incontro, tanto che queste, alla fine del periodo di affidamento al sistema di protezione, sono sì vive ma non altrettanto vegete. L'affidamento al sistema di protezione lascia spesso dietro di sé la compromissione più o meno irreversibile della posizione lavorativa e quindi sociale, sofferenze fisiche, psicologiche, che segnano le esistenze di queste persone a volte per sempre. Come ridurre i danni ? Come ripararli ? Rendendo il programma speciale in località protetta l'eccezione a favore della protezione in loco attraverso le speciali misure. Quante volte infatti ci siamo detti in questi anni che da certi territori sono i mafiosi che se ne devono andare e non le persone perbene ? Superando la distinzione tra le misure di sostegno economico previste per chi è sottoposto allo speciale programma e chi è sottoposto alle speciali misure, mettendo in questo modo a disposizione l'ampio ventaglio degli strumenti previsti per chi è sottoposto a speciale programma anche a chi è sottoposto alle speciali misure e aggiungendo alcune nuove misure di sostegno economico e sociale come l'indennizzo forfettario per i danni psicologici e biologici derivanti dalla testimonianza resa, l'inserimento lavorativo nella pubblica amministrazione come extrema ratio qualora ogni altra forma di reinserimento occupazionale sia fallita, il sostegno all'impresa con tutti gli strumenti previsti dal codice antimafia per le aziende sequestrate nella forma già approvata da questa Camera nel novembre del 2015, così come la possibilità che al testimone vengano assegnati in uso beni confiscati e gestiti dall'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati. Inevitabile, Presidente, a questo riguardo, che rinnovi il rammarico e la preoccupazione per il gravissimo ritardo accumulato dal Senato sul codice antimafia fermo ormai da un anno e mezzo. Andiamo avanti. Si riducono i danni prevedendo la figura del referente del testimone di giustizia individuato all'interno del servizio centrale di protezione che affianchi i testimoni e gli altri protetti, anche avvalendosi di uno psicologo, fin dal momento dell'inserimento nel piano provvisorio e che resta punto di riferimento senza soluzione di continuità fino a che l'affidamento al sistema non sia terminato con soddisfazione del testimone; prevedendo esplicitamente l'incidente probatorio e la videoconferenza come strumenti cui l'autorità giudiziaria debba ricorrere per raccogliere nel procedimento le dichiarazioni del testimone – basta con la sovraesposizione in aula del testimone insomma – e riorganizzando infine la commissione centrale in modo tale da prevedere la nuova figura del vicepresidente della commissione, designato all'interno dei membri della commissione medesima, che affianca il presidente che di norma è un sottosegretario o un viceministro dell'interno. Questa novità, che si deve in particolare alla sensibilità del Viceministro Bubbico, ha il pregio di garantire continuità operativa e quindi tempestività ai lavori della Commissione, potendo il vicepresidente della commissione continuare a far lavorare la commissione medesima anche in quei casi, purtroppo non infrequenti, di vacanza del ruolo del viceministro delegato magari a causa di una crisi di governo. Mi avvio alle conclusioni, Presidente. Dentro ogni buona riforma c’è un sogno e anche dentro questa ce n’è uno. È forse quello di avere da domani mille, diecimila nuovi testimoni di giustizia ? No.
Noi desideriamo che in futuro i testimoni di giustizia, per come li abbiamo considerati in questa proposta di legge, non ci siano più. Il nostro sogno è zero testimoni di giustizia. Può sembrare un paradosso soltanto a chi sfugga che stiamo parlando di persone che, in ragione delle Pag. 19denunce fatte all'autorità giudiziaria, si espongano ad un pericolo tale da non poter essere protette adeguatamente con le misure ordinarie, un pericolo che si comprende soltanto pensando ruolo cardinale che queste persone assumono come fonte di prova nel procedimento giudiziario. Rischiano così tanto perché loro sono la prova vivente della colpevolezza dell'imputato. Noi dobbiamo lavorare affinché sempre di più la prova del crimine venga trovata a prescindere dalla dichiarazione del testimone, scommettendo sempre di più sulle potenzialità straordinarie delle nuove tecnologie. Non dimentichiamoci che la normativa madre da cui tutto discende, quella del 1991, fu ideata e voluta fortemente da Giovanni Falcone. Non è un caso che Falcone non avesse allora nemmeno preso in considerazione la figura del testimone di giustizia, eppure ne avrebbe avuto ben donde sul piano della raccolta delle prove. Stiamo infatti parlando di un'epoca, gli anni Ottanta e i primi anni Novanta, in cui non esisteva il web, non si spedivano mail, non c'erano i droni e nemmeno i trojan, ma Falcone aveva ben chiaro che il contrasto alla criminalità organizzata, soprattutto di stampo mafioso, fosse una guerra che lo Stato dovesse combattere con le sue energie migliori, senza pretendere da inermi cittadini una disponibilità esorbitante. Oggi, ventisette anni dopo, non è possibile tergiversare, proprio in considerazione delle sofferenze fisiche e psichiche cui comunque i testimoni di giustizia vanno incontro; sofferenze che sono state enormi in particolare per quegli uomini e quelle donne che hanno scelto la via della denuncia in un tempo in cui non esisteva nemmeno uno straccio di norma a loro tutela. Tali uomini e donne per la legalità si sono affidati completamente allo Stato. Voglio ricordarne due per tutti che simbolicamente sono stati due testimoni da cui abbiamo voluto iniziare la nostra inchiesta nel maggio 2014: Piera Aiello da Montevago e Pino Masciari da Serra San Bruno. A loro e a tutti i testimoni di giustizia che ancora oggi stanno nel sistema di protezione deve andare la riconoscenza della Repubblica italiana, che non ha ancora fatto i conti fino in fondo con la cultura mafiosa, con la cultura dell'omertà, del farsi i fatti propri per evitarsi i problemi, e lo dobbiamo in particolare ad una giovanissima siciliana che alla vendetta mafiosa preferì la giustizia e la legalità, e che per questo si affidò allo Stato, che per lei ebbe il volto e le premure di Paolo Borsellino. Lo dobbiamo a Rita Atria, che, in ragione delle importanti dichiarazioni fatte, era stata allontanata dalla famiglia ancora minorenne, sottoposta a protezione e trasferita infine in un appartamento romano. Lo dobbiamo a Rita, che scelse di non sopravvivere alla morte di Paolo Borsellino e che ci lasciò l'onere di impedire per il futuro tanta violenza e tanta sofferenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha facoltà intervenire rappresentante del Governo.
FILIPPO BUBBICO, Vice Ministro dell'Interno. Grazie, presidente. Semplicemente per esprimere completa aderenza alla relazione dell'onorevole Mattiello, che ringrazio per l'ottimo lavoro sviluppato, e per esprimere anche un plauso e un grande apprezzamento per il lavoro sviluppato dalla Commissione antimafia, da tutti i suoi componenti: mi riferisco ovviamente ai componenti del gruppo di lavoro sui testimoni di giustizia. Con la proposta di legge in esame, che mi auguro il Parlamento possa approvare velocemente, si risolvono gravi problemi di cui risultano vittime ancora una volta le stesse vittime della criminalità organizzata che hanno deciso di denunciare, e al tempo stesso si dà nuovo slancio perché la battaglia per la legalità e per sconfiggere ogni forma di criminalità organizzata possa avere pieno successo. Grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Vazio. Ne ha facoltà.
FRANCO VAZIO. Onorevole signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante Pag. 20del Governo, la proposta di legge n. 3500 Bindi ed altri, in esame, mira a modificare la disciplina in materia di testimoni di giustizia attualmente vigente e contenuta nella legge n. 82 del 1991.
La necessità dell'intervento deriva in generale da ragioni di inquadramento organico di tale disciplina nella legge quadro del 1991 che, come è noto, è stata pensata per i soli collaboratori di giustizia.
Noi sappiamo che il rapporto dei collaboratori di giustizia con lo Stato è di natura premiale: in cambio di benefici di varia natura (penali, processuali, penitenziari, economici) per sé e per i propri familiari, nonché di protezione fisica per sé e le proprie famiglie, i cosiddetti pentiti, sulla base di un accordo, forniscono informazioni sull'organizzazione criminale cui appartengono.
Ebbene, i testimoni di giustizia, invece, sono cittadini che di regola non hanno rapporti con la criminalità e decidono di rispondere ad un dovere civico.
Spesso si tratta di imprenditori stanchi di essere ricattati, soggetti usurati, ma anche parenti di mafiosi che vogliono spezzare i rapporti con l'organizzazione criminale.
Le principali criticità dell'attuale legislazione sono le seguenti: una definizione dello status del testimone non compiuta e precisa; l'applicazione quasi generalizzata al testimone del solo programma di protezione, che nei fatti comporta lo sradicamento del testimone dal luogo di residenza; il deficit informativo sui suoi diritti e doveri; l'inadeguatezza delle diverse misure assistenziali di reinserimento socio-lavorativo; la condizione di isolamento del testimone, derivante dalla mancanza di referenti certi ed ancora la mancata previsione di un termine di durata delle misure.
La proposta di legge fa proprie gran parte delle proposte esplicitate dalla Commissione parlamentare antimafia e tiene conto delle criticità rilevate nel corso delle audizioni svolte.
L'attuale proposta di legge, partendo da tali presupposti ha l'obiettivo di rispondere e risolvere le suddette criticità che, ripercorrendo la relazione svolta in Commissione, possono essere sintetizzate nella ridefinizione del testimone di giustizia, la personalizzazione e gradualità delle misure (in tale ambito è data preferenza nell'adozione di misure di tutela nelle località di origine rispetto al trasferimento in località protetta adottato col programma di protezione), la possibilità per il testimone di godere di misure di sostegno economico anche nel luogo di residenza, l'introduzione di misure a salvaguardia dell'impresa del testimone, l'istituzione di una figura – il referente del testimone di giustizia – che garantisca a questi un riferimento certo nei rapporti con le istituzioni, assicurando nello stesso tempo una piena assistenza al testimone per tutte le sue necessità, l'introduzione di un termine di durata massima di queste misure.
Ebbene questa proposta di legge, signor Presidente, non rappresenta il solo intervento normativo di contrasto al crimine ed alla criminalità organizzata che questo Parlamento ha approvato, anzi, mai come in questa legislatura sono state poste azioni sia di natura preventiva sia di natura sanzionatoria, coordinate e mirate a colpire da un lato la commissione e la proliferazione dei reati e dall'altro a costruire istituzioni trasparenti.
In questa legislatura, sono state approvate leggi che da decenni venivano richieste da parte di quell'Italia che crede che la legalità sia un valore e che solo su di essa si possa costruire competitività e ricchezza.
A me piace ricordare, e ne sono orgoglioso, che questo Parlamento ha voluto il nuovo 416-ter del codice penale, che punisce il voto di scambio politico-mafioso, ha voluto il reato di autoriciclaggio, che questo Parlamento ha voluto la reintroduzione del falso in bilancio, l'aggravamento del quadro sanzionatorio per i reati contro la pubblica amministrazione, che questo Parlamento ha rafforzato il ruolo dell'Autorità anticorruzione, fornendole strumenti veri e norme efficaci.
Non possiamo però dire di aver esaurito il nostro compito.Pag. 21
Il contesto in cui si fa impresa incide infatti in modo sostanziale sulla possibilità di aumentare la produttività e di allocare risorse verso comparti e imprese più competitive.
È evidente che un sistema efficiente, in cui la legalità assuma un significato pregnante e reale, favorisce innovazione, imprenditorialità e rimuove rendite di posizione e restrizioni alla concorrenza.
Dando seguito a tali ragionamenti, servono politiche preventive forti che includano norme etiche e di sensibilizzazione, meccanismi di controllo sia esterni che interni, una trasparenza vera, che si appropri delle istituzioni e che consenta di avere piena ed immediata conoscenza dei processi amministrativi di affidamento degli appalti pubblici, meccanismi di controllo di sostanza e non di forma.
È evidente che la tutela che affronta il progetto di legge oggi in esame si inserisce compiutamente in questo processo virtuoso.
È importante che però la politica e le istituzioni non si fermino, credendo di aver esaurito il proprio compito.
Non ci siamo fermati: noi eravamo e siamo ben consapevoli, infatti, che criminalità, mafia e corruzione sono fenomeni che tra loro interagiscono e si integrano, tra mafia e corruzione esiste un forte nesso di collegamento ed è noto che la mafia ritiene un suo interesse prioritario essere presente all'interno dei sistemi di pubblici poteri e noi sappiamo che, quanto più i pubblici poteri sono vulnerabili, tanto più le mafie hanno gioco facile.
In questo contesto, è evidente quindi che ascoltare e quindi intervenire tempestivamente rispetto a metodologie criminali sempre più sofisticate ed in continua fase di evoluzione, è assolutamente decisivo.
Fornire tutele a chi ha generosamente e doverosamente deciso di collaborare con lo Stato rappresenta una precondizione di agibilità giudiziaria ed investigativa.
Questo progetto di legge costituisce la sintesi di un grande lavoro svolto con il contributo decisivo della Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere, rappresenta la naturale evoluzione e articolazione della disciplina in materia di collaboratori di giustizia voluta da Giovanni Falcone negli anni Novanta.
Come ho spiegato in precedenza, era necessario articolare un processo di cautele e meglio garantire chi, con grande senso civico, intende contribuire al processo di legalità dello Stato.
Queste erano le finalità, un obiettivo che il presente progetto di legge ha pienamente raggiunto.
Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio alle conclusioni sicuro di aver sostenuto una proposta di legge che efficacemente completa un'azione di contrasto al crimine da tempo avviata da questo Parlamento.
Questo provvedimento di legge rappresenta una volta ancora il segno di come alle parole noi facciamo seguire i fatti, di come si possa restituire la speranza di vivere in un Paese che faccia della legalità la regola e non l'eccezione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega D'Uva. Ne ha facoltà.
FRANCESCO D'UVA. Grazie Presidente per me è un vero piacere essere qui oggi e intervenire in discussione generale su questa proposta di legge, perché questa proposta di legge credo sia un esempio di democrazia anche virtuosa, quando realmente le parti – e in questo caso più che le parti direi le forze politiche – non si scontrano, forse perché non ci sono grossi interessi di potere in questo caso, mi viene da pensare, o forse semplicemente perché si è trovata la giusta sinergia tra i gruppi politici.
In particolare parlo ovviamente della Commissione antimafia: la Commissione antimafia ha un determinato ruolo, che è quello sì di fare inchiesta – e questo è ovvio – ma finalizzata a cosa ? Finalizzata a fare delle relazioni e le relazioni non è che vengono consegnate alle Aule parlamentari solo così, per restare lettera morta, servono per essere trasformate in proposte di legge.Pag. 22
Ecco, questo è un esempio: questa proposta di legge non è una proposta avanzata da un singolo deputato o da una singola forza politica, ma è frutto di una relazione che è stata approvata da tutti i gruppi parlamentari presenti in Commissione antimafia, è frutto di quel Comitato – che è già stato citato – coordinato dal collega Mattiello, che ha fatto davvero un ottimo lavoro, a cui ho preso parte devo dire personalmente, perché appunto credevo e continuo a crederci, credo davvero che i testimoni di giustizia meritano maggiore dignità.
Con questo testo forse siamo in grado di dare davvero questa dignità.
Cosa prevede questa proposta di legge ?
Cerchiamo un attimo di fare chiarezza intanto, in parte è già stata fatta da chi è intervenuto prima di me.
Sui testimoni di giustizia: fino ad oggi la normativa era un semplice articolo nella legge che riguarda i collaboratori di giustizia, ovvero quelle persone che sono state riconosciute colpevoli di reati associativi, di associazione mafiosa, e che, per godere di uno sconto di pena, decidono di collaborare con la giustizia e, quindi, avere uno sconto di pena. Diciamo sconto di pena, diciamo che possono andare in località protette, uscire dal carcere, quindi, sicuramente hanno maggiore libertà rispetto a quella che avevano prima.
Diametralmente opposto per i testimoni di giustizia. I testimoni di giustizia sono cittadini normali – posso esserlo io, può esserlo lei, può esserlo chiunque – che vedono assistono a un delitto mafioso o, a dire la verità, più facilmente – perché questi testimoni così non sono così tanti – , hanno subìto a loro spese il fenomeno mafioso. Queste persone diventano testimoni di giustizia. Quindi, da piena libertà, ricevono una certa restrizione alla loro libertà, perché di fatto andranno in luogo protetto e possono dovere perdere la loro identità per motivi di sicurezza. È molto complicato e per questo noi abbiamo pensato di fare questa proposta di legge.
Il lavoro è stato svolto bene. Intanto cosa succede ? In questa proposta di legge si definisce cos’è un testimone di giustizia e ciò introduce determinate questioni. Intanto si introduce la figura del tutor, tutor o referente. Questa figura è molto importante, signor Presidente, perché fino ad oggi questi testimoni, coloro che decidono di testimoniare, si interfacciano con una macchina istituzionale, che non sempre tiene conto della sfera anche emotiva del testimone in quel determinato momento. Introducendo questa figura del referente, in qualche modo, si cerca di accompagnare il cittadino verso la testimonianza, di accompagnarlo anche alla fine di questo percorso. E questo è molto importante. Noi siamo veramente contenti che abbiamo deciso, appunto, di portare avanti questa cosa.
La cosa importante è che al testimone di giustizia viene garantita tutela fisica, sostegno economico e reinserimento sociale e lavorativo. Andiamo ad analizzare queste tutele.
Tutela fisica: così come avviene adesso – perché ancora la proposta di legge chiaramente non è stata approvata, perché ne stiamo discutendo – finora la tutela fisica, per essere garantita in maniera migliore, in maniera egregia, si ritiene sia necessario prendere il testimone di giustizia e portarlo in una sede diversa dalla propria. Questo comporta diversi problemi. Uno personale, del testimone, perché il testimone si ritrova in un luogo che, di fatto, non è casa sua, un disagio non indifferente. Si ritrova a non fare il suo lavoro, perché chiaramente, per stare lì, ha abbandonato la sua azienda, molto spesso deve stare lì. Sì tutte le spese vengono pagate dallo Stato e lo Stato cerca di aiutare e via così, ma è una situazione davvero disdicevole. Noi vogliamo che la tutela fisica sia garantita in loco ovvero a casa propria. Questa è la cosa più importante.
Già oggi succede a volte, ma «a volte»: noi vogliamo che sia la prassi, cioè che di prassi il testimone possa restare sul proprio territorio. Questo è molto importante, perché sappiano che la mafia si nutre di messaggi. L'idea che un testimone testimonia, collabora con la giustizia e se ne va in località protetta, ad avere problemi e Pag. 23via così, è il migliore spot che si può fare per la mafia. Se noi invece diciamo «no, stai tranquillo puoi testimoniare, noi riusciremo a proteggerti a casa tua», è una cosa ben diversa, è un presidio di legalità sul territorio. Infatti, se noi prendiamo un calabrese, lo spostiamo al nord Italia, c’è questa figura: se tu denunci, te ne devi andare via. E invece no ! Noi creiamo questa cosa.
Sostegno economico. Ecco, altro problema. Oggi, per poter garantire il sostegno economico, è necessario che la persona non stia sul proprio territorio. È previsto che, se tu decidi di andare fuori dal tuo territorio, allora noi ti diamo il sostegno economico. Se tu resti lì, ci sono delle misure di protezione, che non prevedono sostegno da questo punto di vista. Noi vogliamo superare anche questo.
Reinserimento sociale e lavorativo. Già ci sono delle leggi, in realtà, che sono state anche accolte e anche approvate da questo Parlamento. Mi ricordo nel decreto D'Alia, in particolare il decreto della pubblica amministrazione, era previsto proprio che i testimoni di giustizia potessero essere reinseriti nella pubblica amministrazione. Va bene. Abbiamo un problema, signor Presidente, che questi testimoni di giustizia, alle volte, possono anche non avere i titoli – i «titoli» sì, perché i titoli servono –, possono non avere la formazione per lavorare nella pubblica amministrazione. Noi qui prevediamo di fare dei corsi di formazione. Sembra una sciocchezza detta così, però dei corsi di formazione – qui ci tengo a precisarlo perché abbiamo insistito molto in sede di Commissione giustizia – finalizzati a quel determinato lavoro. Ovvero, evitiamo situazioni sgradevoli della formazione, che, ahimè, in Sicilia conosciamo troppo bene. Noi vogliamo realmente che queste persone possano avere una formazione e così poter lavorare. Loro possono avere una dignità di lavoratori, la pubblica amministrazione ovviamente è felice di avere delle persone che possono lavorare.
Una cosa molto importante, già stata detta dal collega Mattiello, è la possibilità di audire i testimoni di giustizia attraverso l'incidente probatorio. Cosa significa ? Significa che tu, questo testimone, non devi più audirlo durante l'udienza, non c’è più il rischio di dare appuntamento, giorno, ora e luogo. Se a quell'ora ci sarà il testimone di giustizia, quindi, è tutto molto più complicato, per motivi di sicurezza, per motivi di spostamenti della persona. Il testimone, ogni volta che vorrà fare una dichiarazione, la potrà fare in sede di incidente probatorio. Sembra una cosa tecnica, ma in realtà questa cosa tecnica può davvero cambiare tanto le sorti di questo testimone.
Un'altra cosa importante è che in realtà, se noi andiamo a guardare i numeri, abbiamo migliaia di collaboratori di giustizia perché, come abbiamo detto, ovviamente hanno degli sconti di pena e via così, mentre nel caso dei testimoni di giustizia sono pochi, sono circa una novantina. Pochi, per questo forse si è aspettato davvero troppo per questa proposta di legge, forse perché si considerava il numero dei testimoni basso e, quindi, non era necessario. Ovviamente non è così, bisogna ragionare, quindi, sono contento che questa legislatura abbia fatto quello che doveva essere fatto molto prima.
Chi si spaccia per testimone di giustizia incorre nel reato di calunnia aggravata, perché è normale che, se tu dici di essere un testimone, che combatti ad essere testimone e poi in realtà non lo sei, ecco che lì c’è la calunnia aggravata e questo è molto importante.
Due cose molto importanti e credo sia giusto discuterne in questa sede. Si è deciso, all'articolo 24, di fare una sezione apposita del sito del Ministero dell'interno, dedicata ai testimoni di giustizia. In cosa consiste questa pagina del sito ? Consiste nel fatto che ci possano essere informazioni utili alla persona che decide di testimoniare. Se la persona che vuole testimoniare vive in un paese molto piccolo e vuole, quindi, informarsi, capire come funziona, oggi probabilmente quello che deve fare è rivolgersi alla caserma dei carabinieri più vicina. In un paese piccolo, questo è un passaggio che può non passare inosservato: si verrebbe a sapere molto Pag. 24facilmente che quella persona si è rivolta ai carabinieri. In questo caso, quindi, noi vogliamo che, prima di esporre la persona anche per le strade della città, questa persona possa guardare sul sito, accedere da casa, accedere al sito, e vedere quali sono tutti i passaggi per diventare testimoni di giustizia. Vedere se chiaramente nel caso specifico ci può rientrare. Infatti, un'altra cosa importante è che non deve essere stato soggetto a misure di prevenzione, né deve esserlo stato. Anche qui ci siamo battuti anche per il passato, perché, se tu sei stato soggetto a misure di prevenzione, probabilmente non sei una persona idonea a rientrare nel servizio di protezione dei testimoni di giustizia. Questo sito credo sia molto importante. Sembra sciocca come cosa, banale, ma in realtà abbiamo fatto bene a prevederla.
Altre due cose importanti, sempre per la democrazia che riteniamo essere fondamentale. All'articolo 25, i regolamenti attuativi, i regolamenti di attuazione, devono passare dalla Commissione competente, che ovviamente è la Commissione giustizia. Sì, è sempre un parere, sempre e solo un parere e sappiamo che il parere non è vincolante, però è importante anche che queste cose passino da quella che è l'Assemblea sovrana, che è il Parlamento.
Infine, all'articolo 26, abbiamo previsto che si faccia una relazione semestrale al Parlamento sull'efficacia delle misure di protezione dei testimoni di giustizia. Questo serve anche per tenere alta l'attenzione su questo tema, che non sia una cosa che deve restare da parte, che devono conoscere soltanto i membri del Comitato, Mattiello, D'Uva, il sottosegretario, il Viceministro. No, deve essere una questione che deve essere di importanza per tutto il Parlamento e, quindi, per tutta la Nazione, perché sappiamo che l'Italia è un Paese in cui il fenomeno mafioso è molto forte. È forte anche altrove, ma noi lo abbiamo riconosciuto per primi e, quindi, siamo i primi a combatterlo, lo vediamo e lo stiamo affrontando. È bello che questa lotta alla mafia coinvolga tutti e che, quindi, tutti quanti siano informati, tutto il Parlamento sia informato. Mi spiace che, a quanto pare, non sia possibile qui – vedremo di ripresentare in Aula questo emendamento – ma sarebbe stata bella anche una sorta di relazione sulle spese passate, quanto è stato speso finora, qual è stato il servizio di protezione dei testimoni finora. Sarebbe bello che fosse tutto trasparente già da oggi. Mi è parso di capire che la cosa non è possibile, ce ne faremo una ragione, perché in generale, comunque, malgrado queste piccole cose, devo dire che le Commissioni hanno lavorato bene.
C’è stata un'apertura totale sugli emendamenti, senza badare alla forza politica di provenienza. Questo ritengo sia davvero molto bello, perché non sempre è così, purtroppo molto spesso si va a vedere se gli emendamenti sono firmati da Tizio o da Caio. Non è stato così, c’è stata un'apertura, c’è stata una vera discussione in Commissione giustizia, figlia di un lavoro in Commissione antimafia fatto d'accordo. Questo è il frutto di questo lavoro. Non posso che augurare e auspicare che questa proposta non si areni nel passaggio tra la Camera e il Senato, perché è importante che anche al Senato vada avanti. Ora noi la discuteremo e la voteremo domani. So già che la discussione andrà molto bene, perché chiaramente noi siamo favorevoli. Sottolineo che questa proposta di legge si chiama Bindi ed altri, e che tra questi altri c’è anche la mia firma. Quindi, sicuramente la forza politica di cui faccio parte farà in modo che le cose vadano nel migliore dei modi, sia in quest'Aula, che al Senato (Applausi).
PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare studenti e docenti della scuola primaria statale Frazione Cospaia di San Giustino, Perugia, che seguono i nostri lavori (Applausi).
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche – A.C. 3500)
PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori e il rappresentante del Governo si riservano di intervenire in un'altra fase.Pag. 25
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Intervento di fine seduta (ore 16,43).
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Grazie, signor Presidente. Il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del sistema sanitario calabrese, ingegner Massimo Scura, con proprio provvedimento, datato 22 febbraio scorso, ha disposto la riduzione delle basi di elisoccorso della regione Calabria dall'attuale quattro a tre, stabilendo che la base da dismettere sia quella di Cirò Marina in provincia di Crotone, un'area fortemente arretrata nelle sue infrastrutture, attraversata solo dalla famigerata Statale 106 Ionica, considerata una delle più pericolose d'Italia, mentre la ferrovia è la stessa di 60 anni fa. Le quattro basi dell'elisoccorso attualmente in funzione in Calabria sono di vitale importanza per i calabresi, considerato che il sistema sanitario regionale versa in condizioni assai gravi, la rete ospedaliera non è nemmeno in condizioni di garantire i livelli essenziali di assistenza e che l'isolamento dei comuni a causa delle frane e delle frequenti alluvioni in aree colpite da un profondo dissesto idro-geologico è sempre più una costante in Calabria. Il commissario straordinario alla sanità ha disposto la soppressione della postazione di Cirò Marina dimostrando così tutta la sua inadeguatezza e la sua incapacità ad affrontare i problemi della sanità calabrese. Tagliare il debito pubblico non può significare mettere a rischio la vita delle persone, anzi con estrema chiarezza intendo affermare in quest'Aula che così facendo il commissario alla sanità della Calabria mette a rischio la sicurezza e la salute e perfino la vita dei calabresi.
Signor Presidente, nell'attesa che venga discusso un nostro atto ispettivo urgente, le chiedo di informare il Ministro Lorenzin di quanto da me denunciato, affinché predisponga immediatamente la sospensione del provvedimento di cancellazione dell'elisoccorso che negli ultimi 11 mesi ha effettuato duecentodiciotto interventi, di cui cinquantasei primari. Proprio ieri è stato soccorso un bambino di 12 anni vittima di un incidente. La regione, la rappresentanza istituzionale, deve essere...
PRESIDENTE. Deve concludere.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. ...ritengo che il Governo debba subito porre fine all'attuale regime commissariale della sanità calabrese del tutto negativa, dannosa e in ogni caso non più sopportabile.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 28 febbraio 2017, alle 11:
1. – Svolgimento di interrogazioni.
(ore 14,30)
2. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
FUCCI; FUCCI; GRILLO ed altri; CALABRÒ ed altri; VARGIU ed altri; MIOTTO ed altri; MONCHIERO ed altri; FORMISANO: Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie (Approvate, in un testo unificato, dalla Camera e modificate dal Senato) (C. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155-B).
Relatori: Gelli, per la maggioranza; Colletti, di minoranza.
3. – Seguito della discussione della proposta di legge:
CAPELLI ed altri: Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura Pag. 26penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici (C. 3772-A).
e delle abbinate proposte di legge: SPADONI ed altri; FABBRI ed altri (C. 2780-3775).
Relatore: Vazio.
4. – Seguito della discussione della proposta di legge:
BINDI ed altri: Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia (C. 3500-A).
Relatori: Dambruoso e Mattiello.
La seduta termina alle 16,45.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: FRANCO VAZIO (A.C. 3772-A)
FRANCO VAZIO (Relazione – A.C. 3772-A) Onorevole signor Presidente, Onorevoli colleghi, Onorevole rappresentante del Governo Il testo approvato dalla Commissione Giustizia è diretto a garantire un'adeguata tutela giuridica ed economica a favore dei figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, cioè dell'omicidio commesso nei confronti del proprio coniuge o convivente.
In questi casi l'omicidio comporta, per i figli della vittima, la perdita non solo del genitore ucciso, ma anche del genitore autore della violenza. Recenti casi di cronaca dimostrano che, al dramma della violenza e della perdita del genitore, per i figli si aggiungono innumerevoli difficoltà di ordine pratico ed economico, che ora la proposta intende attenuare, intervenendo in diverse direzioni.
Il lavoro svolto in Commissione, con il contributo di tutte le forze politiche, ha consentito di ampliare e meglio specificare il campo di applicazione della proposta di legge oggi all'esame dell'Aula; sia attraverso un proficuo dibattito, sia attraverso la presentazione e la successiva approvazione di importanti emendamenti.
Dalla formulazione delle disposizioni emerge che non necessariamente, ai fini dell'ambito di applicazione delle diverse disposizioni, l'autore dell'omicidio deve essere il genitore del figlio rimasto orfano. Tale condizione soggettiva è espressamente prevista solo dall'articolo 5 della proposta, che interviene in materia di pensione di reversibilità. Il campo d'applicazione della proposta di legge richiede infatti che l'omicidio sia commesso in ambito domestico e che a seguito dell'omicidio rimangano degli orfani.
Per quanto attiene alla figura di figlio, la proposta di legge si riferisce ai figli minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti della vittima di un omicidio commesso dal coniuge – anche legalmente separato o divorziato – dalla parte dell'unione civile – anche se l'unione è cessata – o da una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima. Come si è detto, il figlio orfano non necessariamente deve essere figlio anche dell'omicida.
Si fa presente che il testo approvato dalla Commissione riconosce benefici non solo ai figli minorenni della vittima, ma a tutti i figli economicamente non autosufficienti, senza il limite, previsto dal testo originario, dei 26 anni.
Passando all'articolato della proposta di legge, il primo articolo intende rafforzare, già dalle prime fasi del processo penale, la tutela dei figli della vittima, modificando l'articolo 76 del TU spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), per consentire loro l'accesso al patrocinio a spese dello Stato, a prescindere dai limiti di reddito. Inserendo un nuovo comma 4-quater, il provvedimento prevede che, se è commesso un delitto di omicidio dal coniuge, dalla parte dell'unione civile o dalla persona che è stata legata da relazione affettiva o convivenza stabile con la vittima, i figli della vittima minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti possano essere ammessi al patrocinio a spese Pag. 27dello Stato anche in deroga ai limiti di reddito. Il patrocinio gratuito dovrà coprire tanto il processo penale, quanto tutti i procedimenti civili conseguenti alla commissione del reato, compresi i procedimenti di esecuzione forzata.
L'articolo 2, introdotto dalla Commissione, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali, di cui all'articolo 577 c.p.
Rispetto alla norma vigente, che punisce l'omicidio del coniuge con la reclusione da 24 a 30 anni, il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo d'applicazione della norma. Si prevede infatti l'ergastolo per l'omicidio del coniuge (anziché la pena della reclusione da 24 a 30 anni) e, inoltre, all'omicidio del coniuge viene parificato l'omicidio del coniuge anche legalmente separato, della parte dell'unione civile e della persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso stabilmente convivente. Con i vigenti limiti di pena (reclusione da 24 a 30 anni) viene invece punito l'omicidio del coniuge divorziato o della parte della cessata unione civile.
Mantenendo l'attenzione verso il procedimento penale, e dunque alla fase che precede l'accertamento definitivo della responsabilità penale dell'autore del reato, la proposta di legge intende rafforzare la tutela dei figli della vittima rispetto al loro diritto al risarcimento del danno.
A tal fine, l'articolo 3 novella l'articolo 316 del codice di procedura penale, che disciplina l'istituto del sequestro conservativo, inserendovi il comma 1-bis. La riforma stabilisce l'obbligo per il pubblico ministero che procede per omicidio del coniuge (anche separato o divorziato), della parte dell'unione civile (anche se l'unione è cessata) o della persona legata all'imputato da relazione affettiva o stabile convivenza:
di verificare la presenza di figli della vittima (minorenni o maggiorenni non autosufficienti);
di richiedere il sequestro conservativo dei beni dell'indagato in ogni stato e grado del processo.
In ordine alla formulazione del testo si osserva che la disposizione fa riferimento ai figli maggiorenni non autosufficienti e non – come ad esempio l'articolo 1 – ai figli maggiorenni «economicamente» non autosufficienti. Su questo punto ritengo opportuno che l'Aula valuti l'approvazione di un emendamento che allinei le due disposizioni, di cui anticipo la sua presentazione al Comitato dei nove.
La tutela degli orfani di crimini domestici viene perseguita anche attraverso modifiche alla disciplina della provvisionale, la cui finalità è quella di anticipare il più possibile la liquidazione del danno patito dalle vittime del reato.
La provvisionale è infatti una somma di denaro liquidata dal Giudice in favore della parte danneggiata, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. Accade, infatti, in base alla normativa vigente che, dopo un lungo processo penale nel quale i figli si sono costituiti parte civile, alla condanna penale del genitore potrebbe accompagnarsi solo una generica condanna per la responsabilità civile, che obbliga la parte civile ad avviare una causa civile per ottenere la liquidazione del danno.
In particolare, l'articolo 4, comma 1, della proposta di legge, modifica l'articolo 539 del codice di procedura penale, relativo alla provvisionale, inserendovi un comma 2-bis.
In forza di tale comma, quando si procede per omicidio del coniuge – anche separato o divorziato –, della parte dell'unione civile – anche se l'unione è cessata – o della persona che sia o sia stata legata all'imputato da relazione affettiva o stabile convivenza, e le prove acquisite nel corso del procedimento penale non consentono la liquidazione del danno, in presenza di figli della vittima che si siano costituiti parte civile, il giudice in sede di condanna – a prescindere dal carattere definitivo della stessa – deve assegnare loro a titolo di provvisionale una somma pari almeno al 50 per cento del presumibile danno, che sarà liquidato poi in sede civile.
Inoltre, collegando la provvisionale al sequestro conservativo, il nuovo comma Pag. 282-bis dell'articolo 539 c.p.p. dispone che, se i beni dell'imputato sono già soggetti a sequestro, quest'ultimo con la sentenza di primo grado si converte in pignoramento, nei limiti della provvisionale accordata.
La conversione del sequestro in pignoramento è realizzata in deroga all'articolo 320 c.p.p., che consente in via generale la conversione solo a seguito di sentenza irrevocabile di condanna. Il comma 2 dell'articolo 4 modifica proprio l'articolo 320 c.p.p. per inserire, per coordinamento, alla fine del comma, una deroga alla disciplina generale riferita al nuovo comma 2-bis dell'articolo 539 c.p.p.
Anche in questo caso si osserva che la disposizione del comma 1 fa riferimento ai figli maggiorenni non autosufficienti e non – come ad esempio l'articolo 1 – ai figli maggiorenni «economicamente» non autosufficienti. Vale anche per tale contesto quanto sopra osservato in relazione all'opportuna approvazione di un emendamento che allinei le due disposizioni.
L'articolo 5 della proposta di legge interviene sull'istituto dell'indegnità a succedere disciplinato dall'articolo 463 del codice civile, con la finalità di renderne automatica l'applicazione in caso di condanna per omicidio in ambito domestico.
In particolare, il comma 1 inserisce nel codice civile l'articolo 463-bis, con il quale:
è sospesa la chiamata all'eredità dell'indagato per il delitto, anche tentato, di omicidio del coniuge (anche legalmente separato) o di omicidio dell'altra parte di un'unione civile, fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento;
è prevista la nomina di un curatore dell'eredità giacente (v. richiamo dell'articolo 528 c.c.);
è prevista l'applicazione dell'istituto dell'indegnità a succedere anche in caso di patteggiamento della pena (v. richiamo dell'articolo 444 c.p.p.);
è estesa l'applicazione di queste previsioni anche all'indagato per omicidio volontario o tentato di uno o entrambi i genitori, del fratello o della sorella (secondo comma).
I commi 2 e 3 intervengono invece sul codice di procedura penale, per attribuire alla competenza del giudice penale, tanto in sede di condanna, quanto in sede di patteggiamento della pena, il compito di dichiarare l'indegnità a succedere, evitando così agli altri eredi di dover promuovere un'azione civile per ottenere lo stesso risultato.
Le disposizioni non riguardano esclusivamente i crimini domestici. A tal fine, il comma 2 inserisce l'articolo 537-bis c.p.p., in base al quale, quando pronuncia sentenza di condanna per uno dei fatti per i quali l'articolo 463 c.c. prevede l'indegnità, il giudice penale dichiara l'indegnità a succedere; il comma 3 modifica l'articolo 444 c.p.p., in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, per richiamare l'obbligo del giudice a dichiarare l'indegnità a succedere anche in caso di sentenza di patteggiamento.
L'articolo 6 novella la legge n. 125 del 2011, che ha escluso dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta ovvero all'indennità una tantum i familiari superstiti che siano stati condannati, con sentenza passata in giudicato, per omicidio del pensionato o dell'iscritto a un ente di previdenza.
Analogamente a quanto previsto per l'indegnità a succedere, la proposta, inserendo tre ulteriori commi nell'articolo 1 della legge n. 125/2011, mira a sospendere il diritto alla pensione di reversibilità nei confronti dell'indagato, anticipando così gli esiti della sentenza di condanna.
In caso di archiviazione o di sentenza definitiva di proscioglimento la sospensione viene meno e dovranno essere corrisposti gli arretrati (comma 1-bis).
Il campo d'applicazione di questa disposizione è relativo al coniuge, anche separato, al coniuge divorziato se titolare di un assegno alimentare, alla parte di un'unione civile, anche cessata se l'altra parte è titolare di un assegno alimentare, che sia indagato per omicidio volontario o tentato nei confronti del coniuge.
In caso di sospensione della pensione di reversibilità subentrano nella titolarità della quota del genitore rinviato a giudizio Pag. 29i figli minorenni o economicamente non autosufficienti che siano anche figli della vittima.
Per attuare la disposizione relativa alla sospensione del diritto alla pensione di reversibilità, e all'eventuale subentro dei figli della vittima, la proposta di legge prevede un obbligo di comunicazione del pubblico ministero all'Istituto di previdenza. La richiesta di rinvio a giudizio per omicidio commesso contro il coniuge o la parte dell'unione civile dovrà essere comunicata senza ritardo dal PM all'ente pensionistico (comma 1-ter).
Anche a tale riguardo auspico che l'Aula possa valutare l'approvazione di emendamenti volti a precisare che la sospensione opera dal momento della richiesta di rinvio a giudizio, anziché da quello più incerto della sottoposizione ad indagini, a volte neppure conoscibile – per effetto di provvedimenti di secretazione -.
L'articolo 7 demanda a Stato, Regioni e Autonomie Locali il compito di promuovere e organizzare forme di assistenza – pronta gratuita – delle vittime di reati intenzionali violenti e dei loro familiari.
In particolare la disposizione – che non circoscrive il proprio campo d'applicazione ai crimini domestici – demanda ai diversi livelli territoriali di governo:
di promuovere servizi informativi, assistenziali e di consulenza; di favorire le associazioni di volontariato che operano nel settore;
di incentivare forme d assicurazione adeguata a favore degli orfani dei crimini domestici;
di predisporre misure per garantire il diritto allo studio e all'avviamento al lavoro per i figli delle vittime di crimini domestici;
di monitorare l'applicazione delle norme al fine di evitare processi di ulteriore vittimizzazione.
L'articolo 8 prevede che i figli delle vittime del reato di omicidio del coniuge – anche separato – della parte dell'unione civile o della persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva (articolo 577, primo comma, n. 1), nonché i figli delle vittime del reato di omicidio del coniuge divorziato o della parte della cessata unione civile (articolo 577, secondo comma) abbiano diritto ad assistenza medico psicologica gratuita a carico del sistema sanitario nazionale per tutto il tempo occorrente al recupero ed al mantenimento del loro equilibrio psicologico. Gli stessi soggetti saranno esenti dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica.
L'articolo 9 modifica la legge sulle adozioni (legge n. 184 del 1983), con particolare riferimento alla disciplina dell'affidamento del minore «temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo».
Il provvedimento interviene sull'articolo 4 della legge n. 184, inserendovi in chiusura due ulteriori commi relativi al minore che si trovi in tale condizione a seguito della morte del genitore causata volontariamente dal coniuge (anche separato o divorziato), dalla parte dell'unione civile (anche cessata) o da persona legata al genitore da relazione affettiva.
In tali ipotesi, il Tribunale, eseguiti i necessari accertamenti, provvede all'affidamento privilegiando la continuità delle relazioni affettive tra il minore e i parenti fino al terzo grado. Il Tribunale provvede assicurando, in quanto possibile, in presenza di fratelli o sorelle, la continuità affettiva tra gli stessi. I servizi sociali, su segnalazione del Tribunale, assicurano al minore un adeguato sostegno psicologico e l'accesso alle misure di sostegno volte a garantire il diritto allo studio e all'inserimento lavorativo.
L'articolo 10 incrementa di 2 milioni di euro, a decorrere dal 2017, la dotazione del Fondo di rotazione per le vittime della mafia, dell'usura e dei reati intenzionali violenti, che viene destinato ora anche agli orfani per crimini domestici e ridenominato di conseguenza. In particolare tale incremento è destinato all'erogazione di borse di studio per gli orfani, al finanziamento del loro reinserimento lavorativo e alla copertura delle spese per l'assistenza psicologica e sanitaria.Pag. 30
La disposizione specifica poi che almeno il 70 per cento dei due milioni di euro dovrà essere destinato agli orfani minorenni e il restante agli orfani maggiorenni non economicamente autosufficienti. Spetterà ad un decreto del Ministro dell'economia, di concerto con il MIUR e il Ministro del lavoro, stabilire entro 3 mesi i criteri per l'impiego delle risorse stanziate e per l'accesso agli interventi da esse finanziate. L'articolo prevede poi, al comma 3, la copertura finanziaria.
Segnalo infine che la Commissione ha affrontato altresì altri argomenti di particolare rilievo, quali il tema afferente il cambiamento del cognome per orfani vittime di crimini domestici e il tema relativo alla decadenza dell'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica per gli autori dei suddetti delitti. In riferimento ad essi i proponenti dei relativi emendamenti, concordando sulla necessità di un approfondimento e di un coordinamento della normativa, si sono ripromessi di sottoporre all'Aula tali questioni che, a mio parere, sono certamente meritevoli di una particolare attenzione.
Onorevole Presidente, Onorevoli Colleghi, Onorevole Rappresentante del Governo concludo la mia relazione affermando che il provvedimento che ci apprestiamo ad esaminare non è la soluzione alle sofferenze che vengono patite in conseguenza di delitti così gravi ed insidiosi perché celati dalle mura domestiche, ma certamente rappresenta, sia per quanto riguarda le cautele, sia per gli interventi provvisionali a garanzia degli orfani vittime di tali crimini una risposta davvero efficace e puntuale.
Una risposta che, ripeto una volta ancora, scaturisce da un positivo, costruttivo ed intenso confronto. Un esempio di buona politica.