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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 8 marzo 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'8 marzo 2017.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Casero, Caso, Castiglione, Catania, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Coppola, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Lorenzo Guerini, Incerti, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Merlo, Migliore, Mucci, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sottanelli, Speranza, Tabacci, Terzoni, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Casero, Caso, Castiglione, Catania, Causin, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Coppola, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Lorenzo Guerini, Incerti, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Merlo, Migliore, Mucci, Nicoletti, Orlando, Pannarale, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sottanelli, Speranza, Tabacci, Terzoni, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Vignali, Villecco Calipari.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 7 marzo 2017 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
  D'OTTAVIO e PASTORINO: «Istituzione della Giornata nazionale per la prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare» (4353).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge BATTELLI ed altri: «Modifiche alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, in materia di rivendita dei titoli di accesso a spettacoli da parte di soggetti diversi dai titolari dei sistemi per la loro emissione» (4269) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Liuzzi.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  VALIANTE ed altri: «Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, concernente l'eliminazione della disciplina speciale per i capilista» (4281);
  CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO: «Modifiche alla legge 22 maggio 1975, n. 152 “Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico”, alla legge 5 febbraio 1992, n. 91 “Nuove norme sulla cittadinanza” e al codice penale» (4307) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), VII, IX, XI e XII;
  LA RUSSA ed altri: «Modifiche ai testi unici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» (4309) Parere della V Commissione;
  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE D'ATTORRE e SCOTTO: «Modifiche agli articoli 56, 57 e 58 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari e di elettorato attivo per l'elezione del Senato della Repubblica» (4317).

   II Commissione (Giustizia):
  QUINTARELLI ed altri: «Modifiche al codice di procedura penale e altre disposizioni concernenti la disciplina dell'intercettazione di comunicazioni telematiche e dell'acquisizione di dati ad esse relativi» (4260) Parere delle Commissioni I, V, IX e X.

   VI Commissione (Finanze):
  PASTORELLI ed altri: «Istituzione di una zona franca urbana e di una zona economica speciale nei comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli eventi sismici dei mesi di agosto e ottobre 2016» (4267) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   IX Commissione (Trasporti):
  DE LORENZIS ed altri: «Modifiche al codice della navigazione e al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in materia di contratti di concessione per l'esercizio di attività nelle aree aeroportuali» (4266) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VIII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XI Commissione (Lavoro):
  BALDASSARRE ed altri: «Modifiche agli articoli 48 e 50 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di disciplina del lavoro accessorio» (4312) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V e X.

   XIII Commissione (Agricoltura):
  BORGHESE e MERLO: «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della lavorazione di alcune varietà di bambù» (4147) Parere delle Commissioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive):
  SEGONI ed altri: «Modifica all'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, in materia di pianificazione delle aree per lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di deposito sotterraneo di gas naturale» (4313) Parere delle Commissioni I, V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
   VIII Commissione (Ambiente):
    COLLETTI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli eventi accaduti tra il 15 e il 19 gennaio 2017 a causa degli eventi sismici ed atmosferici che hanno interessato le regioni Abruzzo e Marche» (Doc. XXII, n. 75) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 2 marzo 2017, ha comunicato che la 9a Commissione (Agricoltura) del Senato ha approvato, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla definizione, alla presentazione e all'etichettatura delle bevande spiritose, all'uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione e nell'etichettatura di altri prodotti alimentari nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose (COM(2016) 750 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 185).

  Questa risoluzione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 7 marzo 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che adatta agli articoli 290 e 291 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una serie di atti giuridici che prevedono il ricorso alla procedura di regolamentazione con controllo (COM(2016) 799 final), corredata dal relativo allegato (COM(2016) 799 final – Annex 1), che è assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) in sede primaria nonché ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dall'8 marzo 2017;
  Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – Relazione sulla valutazione ex post del programma "Giustizia penale" (2007-2013) (COM(2017) 115 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
  Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa all'attuazione nel periodo dal 1o gennaio 2013 al 31 dicembre 2014 di determinate disposizioni del regolamento (CE) n. 1071/2009 che stabilisce norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l'attività di trasportatore su strada (seconda relazione della Commissione relativa all'attuazione da parte degli Stati membri di determinate disposizioni riguardanti l'accesso alla professione di trasportatore su strada) (COM(2017) 116 final), corredata dai relativi allegati (COM(2017) 116 final – Annexes 1 to 4), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
  Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione nel biennio 2013-2014 del regolamento (CE) n. 561/2006 relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e della direttiva 2002/15/CE concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (28a relazione della Commissione sull'applicazione della legislazione sociale nel settore dei trasporti su strada) (COM(2017) 117 final), che è assegnata in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro);
  Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio a norma dell'articolo 7 della direttiva 2009/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio (COM(2017) 118 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 7 marzo 2017, a pagina 5, prima colonna, trentottesima riga, dopo la parola: «IX,» si intende inserita la seguente: «X,».

DISEGNO DI LEGGE: S. 2233 – MISURE PER LA TUTELA DEL LAVORO AUTONOMO NON IMPRENDITORIALE E MISURE VOLTE A FAVORIRE L'ARTICOLAZIONE FLESSIBILE NEI TEMPI E NEI LUOGHI DEL LAVORO SUBORDINATO (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4135-A) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: MOSCA ED ALTRI; CIPRINI ED ALTRI; CIPRINI ED ALTRI; MUCCI ED ALTRI; GRIBAUDO ED ALTRI (A.C. 2014-3108-3120-3268-3364)

A.C. 4135-A – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 14.
(Modifiche al codice di procedura civile).

  1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 409, numero 3), dopo le parole: «anche se non a carattere subordinato» sono aggiunte le seguenti: «. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa»;
    b) all'articolo 634, secondo comma, dopo le parole: «che esercitano un'attività commerciale» sono inserite le seguenti: «e da lavoratori autonomi».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14.
(Modifiche al codice di procedura civile).

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: di comune accordo dalle parti aggiungere le seguenti: e dei tempi richiesti dal committente.
14. 1. (ex 14. 2.) Simonetti.

A.C. 4135-A – Articolo 14-bis

ARTICOLO 14-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 14-bis.
(Procedura di adozione dei decreti legislativi di cui agli articoli 5, 6 e 10)

  1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all'articolo 5 sono adottati su proposta del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri competenti, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997. Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli 6 e 10 sono adottati su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri competenti, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al primo e al secondo periodo, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi, corredati di relazione tecnica che dia conto della loro neutralità finanziaria, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza dei pareri.

  2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dagli articoli 5, 6 e 10, il Governo può adottare, con le medesime procedure di cui al comma 1 del presente articolo, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse.
  3. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari previsti dal comma 1 scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti dagli articoli 5, comma 1, 6, commi 1 e 1-bis, o 10, comma 1, o dal comma 2 del presente articolo, ovvero successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 14-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14-bis.
(Procedura di adozione dei decreti legislativi di cui agli articoli 5, 6 e 10).

  Al comma 1, secondo periodo, sostituire le parole da: previa intesa fino alla fine del periodo con le seguenti: sentita, per quanto riguarda i decreti legislativi di cui all'articolo 10, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
14-bis. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 4135-A – Articolo 14-ter

ARTICOLO 14-TER DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 14-ter.
(Tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo).

  1. Al fine di coordinare e di monitorare gli interventi in materia di lavoro autonomo, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, composto da rappresentanti designati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché dai sindacati, dalle parti datoriali e dalle associazioni di settore comparativamente più rappresentativi a livello nazionale, con il compito di formulare proposte e indirizzi operativi in materia di politiche del lavoro autonomo con particolare riferimento a:
   a) modelli previdenziali;
   b) modelli di welfare;
   c) formazione professionale.

  2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le attività previste dal presente articolo sono svolte dalle amministrazioni interessate nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente. Ai componenti del tavolo di cui al comma 1 non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento, comunque denominato.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 14-TER DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14-ter.
(Tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo).

  Sopprimerlo.
14-ter. 1. Simonetti.

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 14-ter.(Istituzione di un tavolo tecnico permanente per il monitoraggio del lavoro autonomo e della gestione delle Casse di previdenza dei liberi professionisti). — 1. Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, anche al fine di ottenere un quadro di riferimento aggiornato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica è istituito un tavolo tecnico permanente per il monitoraggio del lavoro autonomo e della gestione delle casse di previdenza dei liberi professionisti, presieduto dal Direttore generale della tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali, cui partecipano comitati ministeriali o interministeriali con il compito di formulare proposte ed indirizzi operativi in materia di politiche del lavoro autonomo.
  2. Il tavolo tecnico permanente indica altresì al suo interno un rappresentante per ciascuna sigla sindacale, un rappresentante delle associazioni datoriali e delle associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché degli enti previdenziali privati.
  3. Ai partecipanti al tavolo non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento comunque denominato.
  4. Il tavolo tecnico permanente procede, in particolare, a:
   a) formulare proposte per modelli previdenziali e di welfare innovativi;
   b) verificare i dati concernenti la gestione delle casse privatizzate, anche al fine di eliminare la posizione di disparità in cui versano alcuni ordinamenti professionali, privi, al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n.  103 del 1996, dei relativi organi statutari di rappresentanza nazionale;
   c) promuovere, in ambito governativo, l'elaborazione di proposte normative per la costruzione di un sistema della previdenza dei liberi professionisti, anche attraverso l'istituzione di un Ente nazionale che incorpori, in autonomia, gli enti, gli istituti e le casse privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n.  509 e del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n.  103;
   d) monitorare e incentivare la formazione professionale permanente;
   e) nell'ambito dei criteri concernenti il compenso dovuto ai liberi professionisti, promuovere l'elaborazione di proposte normative che prevedano la definizione di standard prestazionali e di corrispettivi economici idonei a costituire un efficace strumento di orientamento per la committenza privata, sulla scorta dell'esperienza già maturata nel settore pubblico e nel pieno rispetto dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento;
   f) monitorare la gestione della disoccupazione involontaria;
   g) monitorare le condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori autonomi sui luoghi di lavoro;
   h) verificare ed elaborare proposte di miglioramento della normativa in materia di dati, custodia e riservatezza da parte del datore di lavoro che assume lavoratori in modalità agile;
   i) monitorare le professioni regolamentate, al fine di promuovere, in ambito tecnico-normativo:
    1) per i settori non ordinistici, forme di deregolamentazione, volte all'equiparazione alle imprese, anche in previsione della partecipazione agli appalti pubblici;
    2) a tutela degli interessi pubblici, nell'ambito dei settori in cui permane il presidio ordinistico, la previsione di proposte di riforma organica per procedere al riordino dell'assetto e delle funzioni degli ordini professionali, per eliminare o attenuare forme di ingerenza sui comportamenti economici del professionista;
   l) individuare misure finanziarie, volte a incentivare:
    1) la costituzione di reti tra professionisti o reti miste industria-attività professionali;
    2) il coworking nell'ambito degli studi professionali, per tutte le fasce d'età dei liberi professionisti;
    3) l'acquisto di servizi knowledge intensive (ricerca, analisi, collaudo, progettazione, sperimentazione, prove, analisi, simulazioni, test) erogati da liberi professionisti dell'area tecnica a imprese industriali e più nello specifico alle imprese che rientrano nella categoria delle start-up innovative;
   m) elaborare proposte volte a sostenere:
    1) il libero professionista che risiede e opera nelle aree svantaggiate e/o montane;
    2) le attività professionali di ricerca, o che richiedano particolari investimenti nell'ambito della ricerca di metodologie e processi innovativi della professione stessa;
    3) il passaggio generazionale anche nell'ambito degli studi professionali;
   n) elaborare proposte per introdurre, per le casse previdenziali private, meccanismi vincolanti all'erogazione di servizi, prestazioni e garanzie sociali di qualità e comunque non inferiori a quelli previsti per le lavoratrici e i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata dell'INPS.
14-ter. 2. (ex 1. 01.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 14-ter.(Istituzione del tavolo tecnico permanente sul lavoro autonomo e sulla gestione delle Casse di previdenza dei liberi professionisti). — 1. Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, anche al fine di ottenere un quadro di riferimento aggiornato, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, istituisce presso il proprio dicastero, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un tavolo tecnico permanente per il monitoraggio del lavoro autonomo e della gestione delle casse di previdenza dei liberi professionisti, presieduto dal Direttore generale della tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali, cui partecipano comitati ministeriali o interministeriali con il compito di formulare proposte ed indirizzi operativi in materia di politiche del lavoro autonomo.
  2. Il tavolo tecnico permanente per il monitoraggio del lavoro autonomo e della gestione delle casse di previdenza dei liberi professionisti indica altresì al suo interno un rappresentante per ciascuna sigla sindacale, un rappresentante delle associazioni datoriali e delle associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché degli enti previdenziali privati.
  3. Ai partecipanti al tavolo non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento comunque denominato.
  4. Con successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definite le modalità organizzative e di funzionamento del tavolo tecnico permanente.
14-ter. 3. (ex 1. 02.) Tripiedi, Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi.

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 14-ter.(Istituzione del tavolo tecnico permanente sul lavoro autonomo). — 1. Al fine di coordinare e di monitorare gli interventi in materia di lavoro autonomo è istituito un tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, composto dai rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dei sindacati, delle parti datoriali e delle associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale, con il compito di formulare proposte ed indirizzi operativi in materia di politiche del lavoro autonomo.
  2. Ai partecipanti al tavolo non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso di spese o emolumento comunque denominato.
  3. Agli adempimenti di cui al comma 1 si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
14-ter. 4. (ex 1. 03.) Cominardi, Ciprini, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole: dai sindacati, dalle parti datoriali con le seguenti: dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.

  Conseguentemente, al medesimo alinea, sostituire la parola: rappresentativi con la seguente: rappresentative.
14-ter. 100. La Commissione.

(Approvato)

A.C. 4135-A – Articolo 15

ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Capo II
LAVORO AGILE

Art. 15.
(Lavoro agile).

  1. Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
  2. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa.

  3. Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti.
  4. Gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l'attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile.
  5. Agli adempimenti di cui al presente articolo si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 15.
(Lavoro agile).

  Sostituire il comma 1 con i seguenti:
  1. Le disposizioni del presente capo sono finalizzate a promuovere il lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, allo scopo di incrementarne la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
  1-bis. Il lavoro agile consiste in una prestazione volontaria di lavoro subordinato che si svolge con le seguenti modalità:
   a) esecuzione della prestazione lavorativa in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno ed entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva;
   b) possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa;
   c) assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all'esterno dei locali aziendali.
15. 1. (ex 15. 18.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: dei tempi di vita e di lavoro aggiungere le seguenti: nonché in attuazione del principio di accomodamento ragionevole di cui alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dalla legge 3 marzo 2009, n. 18.
15. 3. (ex 15. 11.) Dall'Osso, Ciprini, Cominardi, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: mediante accordo aggiungere la seguente: volontario.
15. 4. (ex 15. 1.) Polverini.

  Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: tra le parti aggiungere le seguenti:, che può essere inserito nella descrizione iniziale delle prestazioni del lavoratore ovvero scaturire da un successivo impegno assunto volontariamente.
15. 5. (ex 15. 6.) Placido, Airaudo, Martelli.

  Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole:, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro.
15. 6. (ex 15. 19.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Al comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere i seguenti: I lavoratori che svolgono la prestazione in modalità di lavoro agile hanno gli stessi diritti e gli stessi trattamenti normativi ed economici garantiti dalla legislazione e dai contratti collettivi per i lavoratori che svolgono regolarmente attività, con le medesime mansioni, nei locali dell'impresa. I rappresentanti dei lavoratori sono informati e consultati in merito all'introduzione del lavoro in modalità agile.
15. 7. (ex 15. 16.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: senza una postazione fissa aggiungere le seguenti: appositamente predisposta dal datore di lavoro.
15. 8. (ex 15. 2.) Polverini.

  Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:
  1-bis. La modalità di lavoro agile consegue ad una scelta volontaria del datore di lavoro e del lavoratore.
  1-ter. Il rifiuto, da parte del datore di lavoro, di accettare la richiesta del lavoratore di lavorare in modalità agile deve essere motivata da condizioni ostative oggettive.
  1-quater. Il rifiuto del lavoratore di optare per il lavoro agile non costituisce motivo di risoluzione del rapporto di lavoro, né di modifica delle condizioni del rapporto di lavoro del lavoratore medesimo, né di applicazione di eventuali sanzioni disciplinari.
15. 10. (ex 15. 17.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Ai fini dell'orario di lavoro la giornata svolta nelle forme del lavoro agile è equiparata, a tutti gli effetti di legge e di contratto, ad una giornata di orario normale di lavoro ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66.
*15. 11. (ex 15. 3.) Polverini.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Ai fini dell'orario di lavoro la giornata svolta nelle forme del lavoro agile è equiparata, a tutti gli effetti di legge e di contratto, ad una giornata di orario normale di lavoro ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66.
*15. 12. (ex 15. 9.) Rizzetto, Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Murgia, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro.

  Dopo l'articolo 15, aggiungere il seguente:

Art. 15-bis.
(Individuazione di fasce di disponibilità).

  1. La contrattazione collettiva, di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, individua fasce di disponibilità massima, ovvero dei periodi durante i quali il lavoratore agile s'impegna ad essere reperibile, tenuto conto dell'organizzazione e delle esigenze dell'impresa.
15. 01. (ex 15. 01.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

A.C. 4135-A – Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 16.
(Forma e recesso).

  1. L'accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L'accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
  2. L'accordo di cui al comma 1 può essere a termine o a tempo indeterminato; in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni. Nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un'adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 16.
(Forma e recesso).

  Al comma 1, primo periodo, dopo la parola: disciplina aggiungere le seguenti:, nell'ambito della contrattazione collettiva, di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81,.
16. 1. (ex 16. 13.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Al comma 1, secondo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, salvi eventuali periodi di reperibilità specificamente concordati.
16. 3. (ex 16. 4.) Polverini.

  Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:
  1-bis. L'accordo individua le modalità di esercizio del diritto alla disconnessione del lavoratore inteso come il diritto di non utilizzare le apparecchiature che servono allo svolgimento agile della prestazione lavorativa senza che da ciò possano derivare effetti sulla prosecuzione del rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi spettanti.
  1-ter. L'assenza o la mancanza di un accordo sui tempi di riposo del lavoratore, sulle misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro e le conseguenze che ne derivano sul corretto adempimento della prestazione lavorativa svolta dal dipendente non possono giustificare l'adozione di una sanzione né costituiscono giustificato motivo di licenziamento del lavoratore.
  1-quater. Il datore di lavoro adotta adeguate misure di sicurezza per evitare perdita, violazione e manomissione dei dati personali, per la tutela della riservatezza del dipendente e per separare il traffico e i flussi telematici e digitali di tipo lavorativo da quello personale del dipendente e per garantire al lavoratore un effettivo godimento del periodo di riposo e del diritto alla disconnessione.
  1-quinquies. Le conseguenze che derivano dall'inesatto adempimento della prestazione lavorativa del lavoratore non possono costituire motivo per l'adozione di una sanzione o giusto motivo di licenziamento per il datore di lavoro che non ha rispettato l'accordo sulle modalità di esercizio del diritto alla disconnessione del lavoratore.
16. 4. (ex 16. 14.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Il ricorso alla disconnessione non comporta alcuna conseguenza penalizzante sul rapporto di lavoro ovvero sui trattamenti retributivi del lavoratore.
16. 5. (ex 16. 3.) Polverini.

  Al comma 2, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: In ogni caso, tale recesso non costituisce motivo di risoluzione del rapporto di lavoro.
16. 7. (ex 16. 15.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Al comma 2, dopo il secondo periodo, aggiungere il seguente: In ogni caso, tale recesso non costituisce motivo di risoluzione del rapporto di lavoro.
16. 8. (ex 16. 16.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Al comma 2, ultimo periodo, dopo le parole: In presenza di un giustificato motivo aggiungere le seguenti:, come disciplinato dagli accordi collettivi ovvero individuali.
16. 10. (ex 16. 2.) Polverini.

  Al comma 2, ultimo periodo, sostituire le parole:, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato con le seguenti:. In ogni caso, tale recesso non costituisce motivo di risoluzione del rapporto di lavoro.
16. 11. (ex 16. 17.) Ciprini, Cominardi, Dall'Osso, Chimienti, Lombardi, Tripiedi.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  3. Nel caso di avvenuta interruzione della modalità di lavoro agile, le parti ripristinano il rapporto di lavoro secondo la modalità originaria.
16. 12. (ex 16. 1.) Polverini.

  Dopo l'articolo 16, aggiungere il seguente:

Art. 16-bis.
(Carattere volontario e reversibilità).

  1. Il lavoro agile consegue ad una scelta volontaria del datore di lavoro e del lavoratore interessati. Esso può essere inserito nella descrizione iniziale delle prestazioni del lavoratore ovvero scaturire da un successivo impegno assunto volontariamente.
  2. Il passaggio al lavoro agile implica unicamente l'adozione di una diversa modalità di svolgimento del lavoro, quindi non incide, di per sé, sullo status del lavoratore agile. Il rifiuto del lavoratore di optare per il lavoro agile non costituisce, di per sé, motivo di risoluzione del rapporto di lavoro, né di modifica delle condizioni del rapporto di lavoro del lavoratore medesimo.
  3. Il rifiuto, da parte del datore di lavoro, di accettare la richiesta del lavoratore di poter lavorare in modalità agile deve essere motivata da condizioni ostative oggettive.
  4. La decisione di passare al lavoro agile è reversibile per effetto di accordo individuale o collettivo.
16. 01. (ex 16. 01.) Airaudo, Martelli, Placido.

  Dopo l'articolo 16, aggiungere il seguente:

Art. 16-bis.
(Carattere volontario e reversibilità).

  1. Il datore di lavoro ed il lavoratore hanno la facoltà di scegliere la modalità di lavoro agile.
  2. Il datore di lavoro che rifiuti di accordare al lavoratore la modalità di lavoro agile ha l'onere di addurre le ragioni oggettive ostative a sostegno del rifiuto medesimo.
  3. Il lavoratore può optare per la modalità di lavoro agile e ciò non costituisce causa di risoluzione del rapporto di lavoro, né di modifica delle condizioni lavorative dello stesso.
16. 02. (ex 16. 02.) Polverini.

RELAZIONE DELLE COMMISSIONI III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E IV (DIFESA) SULLA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN MERITO ALLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLE MISSIONI INTERNAZIONALI ADOTTATA IL 14 GENNAIO 2017 (DOC. CCL, N. 1) (DOC. XVI, N. 3)

Doc. XVI, n. 3 – Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore della legge 21 luglio 2016, n. 145, recante «Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali», l'Italia si è dotata di uno strumento normativo coerente, trasparente ed efficace, idoneo a disciplinare, sia nella fase decisionale, sia in quella attuativa, uno strumento di politica estera e di difesa che ha assunto carattere strutturale ed ordinario e, come tale, bisognoso di una disciplina adeguata alla rilevanza e alla velocità della decisione sull'impegno all'estero;
    la legge 21 luglio 2016, n. 145, configura la decisione parlamentare in materia di partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali come una «autorizzazione», attribuendo quindi al Parlamento il ruolo di co-decisore in questa materia;
    la Deliberazione del 14 gennaio 2017, che rappresenta il primo tassello attuativo della legge n. 145 del 2016, espone per l'anno 2017 l'intero impegno programmatico dell'Italia nelle missioni internazionali, già in essere o di nuovo avvio, fondato sulla componente militare e civile e in linea con il dettato dell'articolo 11 della Costituzione. Essa è specchio dell'impostazione strategica del nostro Paese, fondata su quattro pilastri: atlantismo, europeismo, multilateralismo efficace e attenzione ai diritti umani;
    in un anno di celebrazioni per la storia del Continente europeo – segnato dall'avvio dei negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea; dal perseverare di gravi crisi internazionali lungo i confini esterni dell'Unione e da connessi fenomeni epocali, con particolare riferimento ai grandi fenomeni migratori in atto; dall'acuirsi di tensioni alimentate anche dalle politiche di vecchie e nuove leadership globali – l'Italia è fermamente impegnata a rafforzare il suo approccio integrato nella gestione delle crisi internazionali, in linea con i princìpi della Strategia globale dell'Unione europea, elaborata dall'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, e chiede ai partner europei rigore e una solida collaborazione basata sulla fiducia reciproca, anche nella gestione delle politiche migratorie, impegnandosi a promuovere nei Paesi vicini, anche con lo strumento delle missioni internazionali, la capacità di gestire fenomeni ad alto impatto sulla sicurezza dell'Europa. In tal senso, rappresentano un orizzonte da approfondire le cooperazioni permanenti strutturate previste dal Trattato di Lisbona e, in generale, tutto il versante della difesa europea, in un'ottica integrata e non competitiva rispetto alla NATO, e in un contesto di necessario incremento dell'investimento in sicurezza e stabilità;
    in generale, in un anno straordinario per le responsabilità internazionali dell'Italia – con riferimento alla titolarità del seggio non permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; alla presidenza di turno del G7; alla partecipazione alla troika dell'OSCE in vista della presidenza italiana prevista per il 2018; nonché alla presidenza del Processo di Berlino per l'integrazione europea dei Balcani Occidentali, – l'Italia proietta il suo impegno estero su un arco di crisi assai ampio, che si estende dall'Africa Occidentale all'Afghanistan, attraverso l'intero Medio Oriente;
    a ben guardare le aree di intervento delle missioni internazionali italiane spaziano dall'Africa all'Asia, dal Medio Oriente ai confini dell'Alleanza atlantica – si pensi alle missioni di contrasto alla pirateria al largo del Corno d'Africa e nell'Oceano indiano, di difesa integrata lungo i confini dell'Alleanza Atlantica, di assistenza militare e civile in Mali – andando ad affrontare le principali aree di instabilità del pianeta, anche se non vanno dimenticate missioni più prettamente scientifiche come quella in Antartide e di salvaguardia del patrimonio culturale, condotte da apposite Task Force dei cosiddetti «Caschi blu della Cultura» nel contesto della coalizione globale Unesco Unite4Heritage;
    complessivamente il Governo propone di svolgere nel 2017 circa quaranta missioni, in parte nuove, in parte riattivazioni di missioni sospese o riviste nelle sedi internazionali, con un impiego massimo di 7.459 unità di personale delle Forze armate e di 167 unità di personale delle Forze di polizia. Il fabbisogno finanziario totale è pari a circa 1.427 milioni di euro, in lieve incremento rispetto al 2016, comprensivo delle risorse da destinare agli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, pari a 295 milioni di euro;
    in questo impegno il punto di riferimento dell'Italia è certamente rappresentato dal Mediterraneo, unitamente all'azione contro il terrorismo e ad una condivisione più equa e responsabile, innanzitutto tra Paesi europei, delle conseguenze del fenomeno migratorio. Le stragi terroristiche degli ultimi anni, avvenute su suolo europeo, hanno infatti evidenziato che la sicurezza del Mediterraneo è premessa per la sicurezza di tutta l'Europa, dal punto più a nord della penisola scandinava fino a Lampedusa;
    la risposta italiana consiste da sempre innanzitutto nelle azioni delle donne e degli uomini sul campo, che si distinguono per capacità di intervento, prevenzione di attacchi terroristici, salvataggio di vite umane nelle acque del Mediterraneo, identificazione ed espulsione dal nostro territorio degli estremisti violenti, azioni diplomatiche nei contesti multilaterali. L'Italia continuerà a contribuire alle iniziative europee ed internazionali in tema di migrazioni e sviluppo, a partire dal fondo europeo istituito dal vertice de La Valletta nel novembre 2015 e confermato nel vertice informale sull'immigrazione svoltosi nella capitale maltese, che ha valutato positivamente il Memorandum d'intesa italo-libico per la gestione dei flussi migratori provenienti dall'Africa sub-sahariana;
    quanto alla Libia, il Memorandum siglato dal Governo italiano con il Governo libico costituisce un cruciale passo in avanti verso un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne del Paese e la lotta ai trafficanti di esseri umani. Su questo versante, con riferimento alla missione in corso EUNAVFOR MED operazione SOPHIA, appaiono maturi i tempi per attivare ogni iniziativa diplomatica nelle competenti sedi internazionali per consentire in un lasso di tempo ragionevole la piena operatività della Fase 2 e il passaggio alla Fase 3 e, in generale, affinché vengano rafforzate le attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste libiche verso quelle italiane. Quanto alla missione Operazione IPPOCRATE, sono da valutare, in concerto con le eventuali autorità libiche, le prospettive future per un eventuale rischieramento del contingente italiano. Rispetto alla partecipazione dell'Italia alla missione UNSMIL, è da valutare la possibilità di esplorare percorsi per assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze sotto il controllo del Governo libico di accordo nazionale (GNA), anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale. È, altresì, da valutare la possibilità di attuare un coordinamento tra l'attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, e gli analoghi compiti riguardanti lo sviluppo di capacità e di attività di formazione previste dalla missione EUNAVFOR MED operazione SOPHIA, nonché di prevedere, nell'ottica di una possibile predisposizione di un protocollo attuativo del Memorandum siglato dal Governo italiano con il Governo libico, ulteriori forme di cooperazione alla formazione e all'addestramento delle forze militari libiche per un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne della Libia, strumento indispensabile per una concreta lotta al traffico di esseri umani. In generale, la concreta attuazione del Memorandum da parte di entrambi gli Stati può contribuire concretamente anche all'obiettivo più generale della stabilizzazione della Libia e del mantenimento della sua integrità territoriale, possibile solo mediante un approccio inclusivo delle diverse anime del Paese e la promozione del dialogo tra le istituzioni libiche. Il nostro impegno per rafforzare le capacità libiche di contrasto all'immigrazione clandestina s'inserisce nel più ampio spettro di interventi a sostegno del rafforzamento istituzionale e delle tutele di carattere umanitario. La cifra dell'impegno italiano nelle missioni internazionali sta infatti, in questo come in tutti gli altri casi, nel binomio tra sicurezza e cooperazione e nel pieno rispetto dei diritti umani;
    quanto al Corno d'Africa, l'Italia è chiamata a svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate della Somalia e di Gibuti, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
    in Siria, dove negli ultimi anni e soprattutto nei mesi più recenti la comunità internazionale ha assistito impotente ad una delle peggiori tragedie umanitarie derivante da conflitti, occorre operare sul piano politico contro l'ulteriore destabilizzazione regionale e per il ripristino di pace e sicurezza, presupposto per il ritorno nella regione dei profughi e delle minoranze etniche e religiose autoctone, comprese le comunità cristiane e yazida, fuggite dal Daesh. La priorità è ora l'attuazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 2254 adottata nel dicembre 2015 che ha sancito il cessate il fuoco e la ripresa dei negoziati;
    quanto all'impegno italiano nelle regioni mediorientali segnate dalla perdurante crisi israelo-palestinese, è da auspicare che le missioni a carattere bilaterale, in sede di revisione degli accordi, possano essere integrate da una base partecipativa più ampia, conservando al nostro Paese in ogni caso il ruolo attualmente svolto in tali missioni e fermo restando che l'ingresso di nuovi membri deve essere approvato dalle due Parti, con cui è da valutare la possibilità di prevedere la stipula di nuovi memorandum d'intesa (MoU) mirati alla definizione di programmi di formazione;
    nel contesto dell'identità euro-atlantica dell'Italia, occorre il rilancio della difesa, europea e atlantica, anche in chiave mediterranea. Come l'Unione europea, anche la NATO, caposaldo del nostro sistema di sicurezza, deve adeguare la propria azione alle nuove sfide di sicurezza internazionali, alle minacce asimmetriche e al terrorismo internazionale, in un'ottica di complementarità tra le due Organizzazioni, riaffermando la centralità del Mediterraneo;
    l'Alleanza Atlantica ha deciso al Vertice di Varsavia il completamento delle misure di rassicurazione degli Alleati orientali attraverso il dispiegamento di una presenza militare nei tre Paesi Baltici e in Polonia con funzioni esclusivamente di difesa e deterrenza, attività cui l'Italia partecipa in un'ottica di solidarietà alleata tramite un contributo in Lettonia. È, inoltre, previsto un contributo alle attività NATO di polizia aerea in Bulgaria e Islanda con funzioni di sorveglianza dei relativi spazi aerei. Tali operazioni vanno condotte mantenendo attivo al contempo il dialogo con la Russia;
    l'ulteriore punto di riferimento è l'impegno contro il terrorismo di Daesh che si esplica innanzitutto nella Coalizione di cui l'Italia è parte insieme a 65 Paesi e a 3 Organizzazioni internazionali. Tra i compiti del contingente italiano, il secondo per consistenza numerica dopo quello statunitense, si annoverano quelli umanitari, di fornitura di equipaggiamento, di ricognizione e sorveglianza aeree, di recupero del personale civile e militare e di addestramento delle Forze di Sicurezza irachene e curde: il ruolo svolto dall'Italia è riconosciuto essenziale e straordinariamente apprezzato. Il nostro dispositivo di sicurezza presso la diga di Mosul, per citarne uno su tutti, garantisce lo svolgimento delle opere di riparazione nel delicato momento della campagna per la liberazione della città. Si tratta di impegni il cui successo è condizione per vincere le sfide di lungo termine legate alla stabilizzazione e alla prevenzione delle recrudescenze nella regione colpita da Daesh. Su questo terreno è essenziale continuare a dare priorità alle eventuali conseguenze di carattere umanitario derivanti dalla imminente liberazione dal Daesh della città di Mosul, nell'ambito del dispositivo internazionale umanitario coordinato dall'ONU e dal Governo iracheno, insieme al gruppo di stabilizzazione della Coalizione e prevedere adeguati riconoscimenti al personale impiegato nel servizio di soccorso alle migliaia di profughi e migranti dalla regione. L'Italia vuole, infatti, rappresentare un modello di cooperazione per un Iraq solido, inclusivo e pluralistico nella fase post-Daesh, promuovendo i processi di pace e di riconciliazione attraverso interventi di assistenza e di sostegno alle minoranze vittime delle offensive e attivando una risposta sanitaria interforze per i più bisognosi di cure, che includa anche l'evacuazione in Italia dei feriti e degli infortunati più gravi;
    nel resto della regione si richiede che il nostro Paese mantenga la propria presenza a partire dalla missione UNIFIL in Libano, che rappresenta, anche in ragione dell'efficace meccanismo di dialogo tripartito con israeliani e libanesi, un importantissimo se non il principale esempio del modello civile-militare di peacekeeping, nonché il primo esempio di missione navale ONU. La sua efficacia è testimoniata dal successo nel mantenere la stabilità in un'area delicata, esposta alle conseguenze politiche, sociali ed umanitarie della crisi siriana ed è per questa ragione specifica che occorre che si rafforzi l'impegno dell'Italia per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi;
    sul suolo europeo, la sicurezza del nostro Paese e dell'Europa non può prescindere da quella dei Paesi dei Balcani Occidentali dove, anche alla luce degli sviluppi della situazione nella regione, appare opportuno un rafforzamento della partecipazione italiana alle missioni, sostenendo un incremento di attenzione anche in tale ambito sui temi del contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata, che potrebbero costituire nuovi obiettivi per specifiche missioni, nonché un maggiore impegno nel contrasto alla criminalità finanziaria. Quanto al Kosovo, il nostro ruolo, che si impernia sulla guida della missione NATO KFOR e nella partecipazione alla missione UNMIK, è ampiamente apprezzato dalle autorità kosovare e dalla popolazione locale ed è essenziale come contributo per l'auspicabile definitivo superamento delle crisi del passato e la promozione di un percorso di integrazione europea della regione;
    un altro prioritario versante di impegno è rappresentato dalla missione in Afghanistan, dove l'Italia contribuisce all'addestramento, alla formazione e all'assistenza delle locali Forze di sicurezza e difesa. Dopo la caduta dei talebani, malgrado i progressi registrati, la situazione rimane fragile e il sostegno internazionale è ancora necessario per la stabilizzazione del Paese e per combattere il terrorismo e l'azione dei gruppi estremisti violenti;
    è opportunamente confermato l'impegno a coniugare la dimensione militare con quella civile, che è una delle caratteristiche più apprezzate del nostro impegno all'estero, con l'obiettivo di una stabilizzazione che sia più duratura. Ciò si traduce in una maggiore disponibilità di risorse per iniziative in ambito umanitario, di rafforzamento dello Stato di diritto, di sostegno alle amministrazioni locali, di consolidamento delle strutture di governo e di miglioramento economico e sociale anche prevedendo il coinvolgimento e la partecipazione delle donne, l'adozione dell'approccio di genere nelle diverse iniziative e lo stanziamento di risorse destinate per ottemperare a quanto prevede la risoluzione n. 1325 del 2000 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e successive, ed i Piani nazionali previsti dalle stesse;
    nel condurre i propri sforzi a sostegno della pace e della sicurezza internazionali, l'Italia assicura l'attuazione dei princìpi dell'Agenda «Donne, Pace e Sicurezza» istituita con la citata risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 1325 del 2000 e successive, in particolare, in linea con l'approccio onusiano alla «pace sostenibile», che prevede l'attiva partecipazione delle donne a tutte le attività a sostegno della pace, dalla prevenzione, al peacekeeping alla stabilizzazione post-conflitto;
    questo approccio spiega la centralità degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il nesso tra pace, sicurezza, sviluppo e diritti umani; interventi per i quali l'impegno finanziario è cresciuto rispetto al 2016 e il cui esercizio si effettuerà coerentemente con le direttive OCSE-DAC in materia di aiuto pubblico allo sviluppo e con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. Il fabbisogno finanziario complessivo per il 2017 per i diversi interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione è stimato in 295 milioni di euro. La cooperazione è uno strumento strategico per la prevenzione dei conflitti, il consolidamento delle istituzioni democratiche e il rafforzamento dei processi di stabilizzazione. I nostri interventi vanno dall'Afghanistan all'Etiopia, dalla Repubblica Centrafricana alla Libia, alla Siria e all'Iraq, fino ai Paesi maggiormente interessati all'assistenza dei rifugiati nell'area mediterranea, come il Libano e la Giordania; si sostanziano in settori di importanza prioritaria quali l'aiuto umanitario ai rifugiati, la ricostruzione in situazioni di post conflitto o di calamità, la stabilizzazione di «Stati fragili» e la sicurezza alimentare, senza dimenticare lo sviluppo economico e rurale, la sanità e la tutela del patrimonio culturale. Gli interventi di sostegno dei processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza sono indirizzati principalmente a favorire la riconciliazione nazionale e la transizione in Libia, a stabilizzare il processo democratico in atto in Tunisia, a sostenere la ricostruzione in Afghanistan, Iraq e Libia, a presidiare la fascia di instabilità, cruciale per i flussi di migranti, che corre dalla Mauritania al Corno d'Africa, nonché a sostenere quei Paesi del Medio Oriente maggiormente esposti a rischi di destabilizzazione come Libano e Giordania;
    la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali viene organizzata in ottemperanza alla Risoluzione n. 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 2000 e successive Risoluzioni UNSCR 1820 (2008), UNSCR 1888 (2009), UNSCR 1889 (2009), e UNSCR 1960 (2010), UNSCR 2106 (2013) e UNSCR 2122 (2013), e al terzo Piano nazionale su Donne, pace e sicurezza e successivi per la promozione delle donne nelle aree di conflitto;
    le missioni militari internazionali oggetto della Deliberazione contribuiranno a rafforzare il ruolo internazionale dell'Italia, consolidando le relazioni nell'ambito delle alleanze, in piena armonia con l'azione del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e del Ministero della difesa e, a vantaggio del Sistema Paese, come peraltro delineato dal Libro Bianco della Difesa;
    saranno inoltre assicurati strumenti di monitoraggio, da affidare all'Istituto Superiore di Sanità, della salute del personale inviato all'estero nelle missioni internazionali, anche facendo seguito a quanto emerso nel corso dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito, nell'auspicio che la prossima Deliberazione possa meglio specificare i profili connessi ai temi assicurativi, di trasporto, di infrastrutture e degli interventi disposti dai comandanti dei contingenti militari delle missioni internazionali, per i quali occorrono risorse più adeguate;
    alla luce di tali premesse, l'esame della Deliberazione del Consiglio dei ministri sulla partecipazione alle missioni internazionali (Doc. CCL, n. 1) rappresenta un passaggio di speciale valenza politica, quale presupposto per la piena attuazione della legge n. 145 del 2016. Grazie a tale strumento normativo, il Parlamento italiano vede rafforzato il proprio ruolo di protagonista nel processo di decisione sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, attraverso l'esercizio delle prerogative costituzionali di controllo, nell'interesse del Paese e a tutela degli uomini e delle donne che, quotidianamente e anche a rischio della propria vita, operano nelle missioni all'estero costruendo ponti di dialogo nel faticoso percorso a sostegno della pace e della sicurezza a livello globale. Proprio a loro vogliamo esprimere la nostra profonda gratitudine per quello che fanno per il nostro Paese,

autorizza tutte le missioni e le attività di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2017,

impegnando altresì il Governo:

   1. con riferimento alla missione Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1), a sostenere un incremento, nelle opportune sedi NATO e nei limiti del mandato della missione, della raccolta delle informazioni finalizzata al contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata;
   2. con riferimento alla missione EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2), a proporre, nelle opportune sedi europee, l'inserimento, tra gli obiettivi della missione, della lotta al terrorismo e del contrasto del fenomeno dei foreign fighters, nonché a sostenere un maggiore impegno della missione nel contrasto della criminalità finanziaria;
   3. con riferimento alla missione EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – scheda 4), a proporre, nelle opportune sedi europee, l'inserimento, tra gli obiettivi della missione, della lotta al terrorismo e del contrasto del fenomeno dei foreign fighters, nonché a sostenere un maggiore impegno della missione nel contrasto della criminalità finanziaria;
   4. con riferimento alla missione EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6), a proporre, nelle opportune sedi europee, l'inserimento tra gli obiettivi della missione della lotta al terrorismo e del contrasto del fenomeno dei foreign fighters, nonché a sostenere un incremento dell'attività relativa alla raccolta di informazioni finalizzata al contrasto di questo fenomeno e della criminalità organizzata;
   5. con riferimento alla missione EUNAVFORMED operazione SOPHIA (missione UE – scheda 10), ad attivare ogni iniziativa diplomatica per consentire in un lasso di tempo ragionevole la piena operatività della Fase 2 e il passaggio alla Fase 3, nonché ad agire nelle competenti sedi internazionali affinché vengano rafforzate le attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste libiche verso quelle italiane;
   6. con riferimento alla missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13), ad adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   7. con riferimento alla missione Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14), a valutare, in sede di accordi multilaterali in merito alla missione TIPH2, la possibilità di integrare la partecipazione di nuovi Paesi richiedenti, mantenendo o aumentando i compiti della missione di osservazione TIPH, nonché mantenendo in ogni caso il ruolo di seconda nazione contributrice alla missione, fermo restando che l'ingresso di nuovi membri deve essere approvato da Israele e Palestina;
   8. con riferimento alla missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15), a valutare la possibilità di prevedere la stipula di nuovi memorandum d'intesa (MoU) mirati alla definizione di programmi di formazione di massimo livello, da destinare ai più meritevoli soggetti delle forze di sicurezza palestinesi e da organizzare rispettando il principio di omogeneità per corpo di provenienza;
   9. con riferimento alla missione di partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19), a: a) continuare a dare priorità al possibile problema umanitario derivante dalla imminente liberazione dal Daesh della città di Mosul, nell'ambito del dispositivo internazionale umanitario coordinato dall'ONU e dal Governo iracheno, insieme al gruppo di stabilizzazione della Coalizione; b) valutare la possibilità di conferire, al personale impiegato nel servizio di soccorso di migliaia di migranti, un'onorificenza di soccorso nell'ambito dell'operazione Prima Parthica dopo almeno 60 giorni cumulativi di servizio prestato in missione operativa;
   10. con riferimento alla missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate (scheda 22), a valutare la possibilità di approfondire la riflessione, in concerto con le eventuali autorità libiche, circa le prospettive per un eventuale rischieramento;
   11. con riferimento alla missione United Nations Support Mission in Lybia UNSMIL (missione ONU – scheda 23), a valutare la possibilità di esplorare percorsi per assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze sotto il controllo del Governo di accordo nazionale (GNA), anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale;
   12. con riferimento alla missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica (scheda 24), a: a) valutare la possibilità di attuare un coordinamento tra l'attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, con analoghi compiti riguardanti lo sviluppo di capacità e di attività di formazione previste dalla missione UE denominata EUNAVFOR MED operazione SOPHIA; b) valutare la possibilità di prevedere, nell'ottica di una possibile predisposizione di un Protocollo attuativo del Memorandum siglato dal Governo italiano con il Governo libico, ulteriori forme di cooperazione alla formazione e all'addestramento delle forze militari libiche per un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne della Libia, strumento indispensabile per una concreta lotta al traffico di esseri umani;
   13. con riferimento alla missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26), ad adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate somale, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   14. con riferimento alla missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27), ad adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate somale, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   15. con riferimento alla missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28), ad adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate somale e gibutiane, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   16. con riferimento alle esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (scheda n. 43), a: a) affidare all'Istituto Superiore di Sanità l'estensione del follow-up dello studio di mortalità (finalizzato a disporre di osservazioni in corrispondenza di tempi di latenza più lunghi e più significativi sul piano eziopatogenetico) e l'effettuazione di uno studio sulla morbosità basato sulle Schede di dimissione ospedaliera (finalizzato a valutare nelle coorte eventuali eccessi anche di patologie a bassa letalità); b) riservare per questa finalità, nell'ambito delle risorse previste per le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate, 240.000 euro per spese di copertura del contratto del personale da dedicare alle attività e per altre spese vive di raccolta e analisi dei dati; c) separare, per il futuro, la parte Assicurazione, Trasporto, Infrastrutture da quella degli Interventi disposti dai comandanti dei contingenti militari delle missioni internazionali in due schede distinte, raccomandando al Governo di stanziare per questi ultimi risorse più adeguate;
   17. con riferimento alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45), a: a) valutare l'opportunità, compatibilmente con la programmazione degli interventi di carattere umanitario e nell'ambito delle risorse disponibili, di garantire che le risorse di cui alla legge 7 marzo 2001, n. 58 (Istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi), risultino per l'anno 2017 pari a 2 milioni e 700 mila euro; b) per il futuro, separare in due differenti schede le iniziative afferenti alla cooperazione in senso stretto e le altre iniziative, soprattutto quelle relative allo sminamento umanitario;
   18. con riferimento agli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (scheda 46), a valutare l'opportunità – viste le prioritarie esigenze di sicurezza e stabilità dell'area mediterranea – di dare priorità, nell'ambito della ripartizione tra gli obiettivi della quota-parte delle risorse stanziate, ai primi tre punti di cui al Punto 2 (Obiettivi);
   19. con riferimento all'attività di cui alla scheda n. 49 a: a) inserire al punto 1 della scheda tra i Paesi inclusi nell'Area Geografica d'intervento, lo Yemen e la Turchia; b) valutare l'opportunità di incrementare le risorse disponibili di ulteriori 5 milioni di euro finalizzandole allo scopo di rafforzare l'attuazione degli interventi dell'Unità di crisi del MAECI a tutela dei cittadini e degli interessi degli italiani all'estero; c) nonché rafforzare, anche nell'ambito cibernetico sia in forma attiva che passiva, i sistemi di protezione delle sedi diplomatico-consolari, anche di nuova istituzione, e del relativo personale.
(6-00290) «Garofani, Cicchitto, Manciulli, Causin, Moscatt, Quartapelle Procopio».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 21 luglio 2016, n. 145, recante Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, ha riformato l'autorizzazione e la proroga delle missioni internazionali;
    la legge n. 145 supera l'adozione dei consueti decreti-legge, in favore di un nuovo procedimento «autorizzatorio» che prende avvio, nella prima fase, dalla Deliberazione del Consiglio dei ministri e dall'esame in Parlamento che dovrebbe affrontare aspetti politici e strategici delle singole missioni per poi passare alla seconda fase dei provvedimenti legislativi recanti la copertura finanziaria delle spese connesse alle missioni internazionali;
    secondo la Deliberazione il Governo prevede circa quaranta missioni, con un impiego di 7.600 unità (7.459 unità di personale delle Forze armate e 167 unità di personale delle Forze di polizia), 1.300 mezzi terrestri, 54 aerei e 13 navali. Le missioni sono attive in 22 Paesi oltre alla presenza nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Indiano;
    per il 2017, quindi, si registra un aumento del fabbisogno finanziario totale delle spese militari connesse alle missioni internazionali del 7 per cento, con 1,28 miliardi di euro contro gli 1,19 del 2016;
    i finanziamenti destinati alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e sminamento umanitario, agli interventi di sostegno ai processi di pace e stabilizzazione e alla partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali ammontano a 145 milioni di euro per il 2017;
    a tal riguardo si evidenzia l'erronea valutazione della spesa contenuta all'interno della Deliberazione del Consiglio dei ministri, in quanto vengono previsti nel complesso degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione anche stanziamenti che hanno una chiara valenza di spesa militare, come i 120 milioni di euro previsti nella scheda n. 48 a favore dell'operatività delle Forze di sicurezza e difesa afghane, e i 30 milioni di euro previsti per gli interventi operativi di emergenza e sicurezza di cui alla scheda n. 49;
    l'impegno maggiore in termini di impiego di uomini e mezzi è nel Mar Mediterraneo, attraverso un impegno finanziario di oltre 146 milioni di euro e la presenza in 4 operazioni: quella nazionale, Mare Sicuro; quella dell'Unione europea, EUNAVFORMED SOPHIA; e le due a guida NATO, Sea Guardian e il dispositivo per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza;
    complessivamente nel Mar Mediterraneo sono quindi dislocate 10 navi, 9 aerei e 1.644 unità di personale. Al momento le operazioni hanno un'impronta «umanitaria» e sono incentrate sulle attività di pattugliamento e controllo delle acque e soccorso ai barconi dei migranti, ma presto potrebbero trasformarsi con l'estensione delle attività nelle acque territoriali libiche e l'applicazione del blocco navale: sarebbe la cosiddetta terza fase dell'operazione Sophia, così come caldeggiato dalla presidenza maltese dell'Ue, che viene ora anche proposta dalla Relazione delle Commissioni;
    l'Unione europea sarebbe orientata nell'accelerare il programma di addestramento della guardia costiera libica e sbloccare così la consegna dei mezzi navali per operare nelle acque territoriali in collegamento con un centro di coordinamento che dovrà diventare operativo con le informazioni dell'Operazione Sophia e di Italia, Malta, Grecia, Cipro, Francia, Spagna e Portogallo;
    le unità della guardia costiera libica avrebbero quindi la responsabilità dei salvataggi e riporterebbero i migranti sulla costa, col duplice effetto, secondo la Commissione, di colpire il modello di business dei trafficanti e permettere la ripresa delle attività di pesca;
    secondo quanto previsto dalla Deliberazione, il costo delle missioni in Libia è triplicato rispetto all'anno precedente, anche considerando la riattivazione della missione di supporto alla locale guardia costiera. Terminata la battaglia di Sirte, non è chiaro quale sarà l'impiego dei militari italiani di stanza a Misurata che finora hanno curato i miliziani impegnati al fronte: il Governo di Serraj sarà anche un pezzo di Libia, tuttavia di sicuro non ha il controllo del territorio, non solo dell'intera Tripolitania e del Sud ma neanche della stessa Tripoli. Quel che appare certo è che il contingente italiano è l'unico contingente occidentale in questo momento presente nel Paese e quindi facile bersaglio per i gruppi jihadisti locali, e rischia di trovarsi in una situazione difficile alla luce del rinnovato protagonismo del generale Haftar, sostenuto, tra gli altri, da Russia ed Egitto;
    l'impegno in Iraq è quello più oneroso, oltre 300 milioni di euro (50 milioni in più rispetto allo scorso anno), nonché quello che vede una presenza più massiccia di soldati italiani, quasi 1.500, impiegati in attività di addestramento delle forze irachene e curdo-irachene, di personell recovery e di force protection alla diga di Mosul, con una componente aerea di 17 velivoli per ricognizione e rifornimenti in volo in supporto alle attività della Coalizione internazionale di contrasto a Daesh;
    in Afghanistan c’è il secondo teatro operativo più impegnativo per le Forze armate italiane oramai presenti nel Paese da più di 15 anni. Qui la missione Resolute support che avrebbe l'obiettivo di svolgere attività di consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative sta tornando, dopo due anni dalla fine della missione «combat» ISAF-NATO, ad essere in prima linea al fronte e l'avanzata dei talebani a Farah ha costretto anche gli italiani a tornare ad assistere le truppe afghane che combattono al fronte insieme alle truppe statunitensi;
    un recente rapporto dell'ufficio dell'Ispettore generale speciale per la ricostruzione dell'Afghanistan (Sigar), John F. Sopko, sostiene che oggi i Talebani controllano poco più della metà del Paese. Secondo il documento, che cita dati delle forze Usa in Afghanistan (Usfor-A), al 15 novembre scorso, ovvero prima della nuova avanzata talebana, il governo di Kabul controllava o aveva influenza su circa 233 (il 57,2 per cento) dei 407 distretti dell'Afghanistan, il 6,2 per cento in meno rispetto all'agosto precedente e il 15 per cento in meno rispetto a novembre 2015;
    circa 2,5 milioni di afghani vivono invece in aree controllate dagli insorti o dove gli insorti hanno influenza. I dati delle Nazioni Unite parlano di circa 640 mila afghani che lo scorso anno sono stati costretti a lasciare le proprie case. Continuano ad essere fonte di preoccupazione anche i livelli di produzione di oppio: nel 2016 si è registrata una crescita del 43 per cento rispetto al 2015 e si stima che lo scorso anno in Afghanistan ne siano state prodotte 4.800 tonnellate;
    l'Afghanistan è classificato come quart'ultimo nel Global Peace Index 2016: in condizioni peggiori a livello mondiale ci sono solo Siria, Sud Sudan e Iraq. L’Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che il Paese è secondo solo all'Iraq, sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del Paese (Global Terrorism Index 2016). In Afghanistan, come documenta un recente rapporto dell'EASO, dopo più di un decennio di guerra, ci sono stati, nel 2015, 11 mila civili vittime di violenza. Ma addirittura l'Ue ha sottoscritto con questo Paese un accordo che prevede i rimpatri forzati in cambio di aiuti economici. Nonostante nel Paese gli Usa abbiano investito per la ricostruzione ben 117 miliardi di dollari dal 2002, l'Afghanistan rimane un Paese insicuro, non stabilizzato;
    triplicano gli stanziamenti per le operazioni di intelligence, 10 milioni in più rispetto al 2016, a supporto delle missioni condotte dagli agenti dell'AISE, i quali sono attivi soprattutto in Libia, Iraq e Afghanistan. Un incremento dovuto alle novità introdotte dal Governo lo scorso anno, che prevedono operazioni segrete direttamente disposte dal Presidente del Consiglio che non vengono sottoposte al vaglio del Parlamento;
    la guerra ha travolto Stati e frontiere e ha inasprito la storica rivalità tra il mondo sunnita e sciita all'interno dell'Islam all'ombra delle ambizioni commerciali, finanziarie e geopolitiche delle grandi potenze mondiali che credevano di creare nuove democrazie e che, in realtà, hanno prodotto solo maggiore instabilità che oggi mette a repentaglio tutta l'umanità;
    l'esperienza delle missioni militari dell'ultimo decennio e in particolare in Libia, Iraq e Afghanistan mostra che aver intrapreso guerre senza avere un progetto politico condiviso con le forze e le popolazioni locali sul futuro è stata una prassi che ha peggiorato e non migliorato la sicurezza globale, e soprattutto ha condannato il popolo afghano, iracheno e libico alla follia distruttiva della violenza e del terrore che oggi si estende dal Medio Oriente all'Africa e attraversa il Mediterraneo e arriva fino al cuore dell'Europa;
    l'Italia oggi, nonostante sia una forza militare «medio-piccola», è uno dei Paesi più impegnati nelle missioni internazionali;
    a partire dalla prima missione «Restore Hope» in Somalia (1992-93) si è assistito al cambio di paradigma nella politica di difesa italiana, passando da avamposto statico della guerra fredda nel Mediterraneo a protagonista nello scenario internazionale, con l'intervento diretto di truppe italiane nei vari teatri operativi;
    grazie a questo cambio di paradigma il nostro Paese ha provato ad accreditarsi sul contesto internazionale, ma soprattutto ha contribuito al boom dell'industria militare nazionale. Soltanto nel 2017 l'Italia spenderà 5,6 miliardi (+10 per cento rispetto al 2016) in nuovi armamenti (altri sette F-35, una seconda portaerei, nuovi carri armati ed elicotteri da attacco) finanziati in maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico, che quest'anno destinerà al comparto difesa l'86 per cento dei suoi investimenti a sostegno dell'industria italiana;
    secondo la Relazione al Parlamento sull’export militare italiano presentata dal Governo lo scorso anno, nel 2015 si è registrato un aumento del 200 per cento per le autorizzazioni all'esportazione di armamenti il cui valore complessivo è salito a 7,9 miliardi dai 2,6 del 2014 e sono aumentate drasticamente le vendite nei confronti dei Paesi in guerra, nonostante la legge italiana lo vieti;
    non serve a nulla partecipare alle missioni internazionali se non si mette in discussione il modello di sviluppo che si arricchisce con la produzione e vendita di armi, le quali alimentano la spirale di violenza e terrore che imperversa nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente, e che poi si reprime con nuove armi e nuove guerre;
    negli ultimi cinque anni, mentre il Medio Oriente bruciava, contemporaneamente cresceva del 30 per cento l’export di armi verso i Paesi dell'area medio orientale e del Nord Africa. Ad esempio le transazioni autorizzate con l'Arabia Saudita sono passate dai 163 milioni di euro del 2014 ai 257 milioni del 2015;
    ora siamo al paradosso che queste armi che sono state vendute in Medio Oriente, attraverso la «triangolazione» con Paesi «nostri alleati», ma anche alleati e finanziatori, ad esempio, del Daesh, sono arrivate nelle mani dei terroristi e quindi combattiamo nelle missioni internazionali contro le armi che noi stessi abbiamo venduto in Medio Oriente;
    le decisioni della NATO prese all'ultimo vertice tenuto a Varsavia debbono ritenersi le più importanti dalla fine della Guerra Fredda soprattutto per una serie di misure politiche e militari preventive nei confronti della Russia. Come previsto dalla Deliberazione l'Italia parteciperà con mezzi e uomini in diversi dispositivi di protezione e sorveglianza dell'Alleanza;
    con la presenza della NATO in Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia con mezzi e uomini pronti a rispondere a minacce esterne lungo il confine orientale dell'Alleanza, addirittura si supera l'accordo stipulato con la Russia nel 1997, in cui si stabiliva che l'alleanza atlantica non può mantenere le proprie truppe da combattimento in modo permanente nei Paesi a est della Germania, a meno che le condizioni di sicurezza degli Stati alleati non siano in pericolo;
    evidentemente, i rappresentanti dei Paesi dell'Alleanza atlantica considerano cambiate queste condizioni, e nei fatti programmano delle azioni militari lungo quello che viene già chiamato «fronte orientale» e a cui il nostro Paese risponde con una presenza in Lettonia di 160 unità e 50 mezzi terrestri e con la messa a disposizione di 4 aerei per il pattugliamento dei cieli della Bulgaria;
    con riferimento alle relazioni con la Russia non si può non tenere in considerazione la crescente tensione Est-Ovest e il continuo mutamento delle alleanze nel contesto geopolitico mondiale, soprattutto in relazione ai conflitti in corso, Siria in primis fra tutti;
    negli ultimi tempi le relazioni tra Russia e USA si sono esacerbate a causa della situazione in Siria. Gli Stati Uniti avevano sospeso la collaborazione bilaterale con Mosca su questo problema. Le autorità russe a loro volta hanno sospeso la collaborazione con gli USA sulla sicurezza nucleare. Nel frattempo i russi hanno dislocato i missili balistici Iskander nell’enclave di Kaliningrad, mentre gli americani accusavano ufficialmente il Governo di Mosca di utilizzare gli hacker per alterare la campagna elettorale presidenziale che ha visto il successo di Donald Trump. Sullo sfondo una geopolitica di alleanze variabili e fatta di improvvise sterzate ed ora questa presenza più o meno aggressiva dell'alleanza lungo il confine orientale che non può che alimentare ulteriormente le tensioni, mentre al contrario occorrerebbe una politica improntata alla distensione delle relazioni fra le parti;
    tensioni che si erano alzate anche tra la Russia e la Turchia dopo l'abbattimento del Sukhoi russo da parte delle forze di Ankara nel novembre 2015, per poi rientrare in nome della realpolitik dopo il fallito golpe in Turchia e in nome degli interessi dei due Paesi in Siria e nel Medioriente. L'Italia oggi è presente anche in Turchia con la missione «Active fence» che prevede 130 soldati basati lungo il confine turco-siriano, batterie antimissile e un aereo da cisterna per i rifornimenti dei velivoli radar NATO che operano nella regione;
    alla luce di tale considerazioni occorre un cambio di rotta, che si sostanzi a partire dalla discontinuità nella partecipazione alle missioni internazionali, che devono essere interpretate non come una generica e dispersiva ricerca di prestigio sulla scena globale ma come rispondenti ad una visione strategica della politica estera del nostro Paese e su interventi umanitari pensati in una logica non securitaria,

autorizza le seguenti missioni e attività di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2017:

   Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1);
   EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2);
   EULEX Kosovo (personale Polizia di Stato) (missione UE – scheda 3);
   EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – scheda 4);
   United Nations Mission in Kosovo UNMIK (missione ONU – scheda 5);
   EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6);
   Missione bilaterale Forze di polizia in Albania (scheda 7);
   United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – scheda 8);
   Sea Guardian (missione NATO – scheda 9);
   EUNAVFORMED SOPHIA (missione UE – scheda 10);
   United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – scheda 12);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13);
   Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE – scheda 16);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) (missione UE – scheda 17);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) (missione UE scheda 18);
   Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – scheda 20);
   Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia (scheda 21);
   United Nations Support Mission il Lybia UNSMIL (missione ONU – scheda 23);
   Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – scheda 25);
   Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26);
   Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28);
   Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda 29);
   Missione UE denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (missione ONU – scheda 30);
   Missione UE denominata EUTM Mali (missione UE – scheda 31);
   Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali (missione UE – scheda 32);
   Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger (missione UE – scheda 33);
   Multinational Force and Observers in Egitto MFO (scheda 34);
   Missione UE denominata EUBAM LIBYA (missione UE – scheda 35);
   Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale (operazione Mare Sicuro) (scheda 36);
   Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence» (scheda 37);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39);
   Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria (scheda 41);
   Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda (scheda 42);
   esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (scheda 43);
   il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda 44);
   le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45);
   gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46);
   la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda 47);
   l'erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda 48);
   gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda 49),

non autorizza le missioni di cui alle schede:

   11 (Resolute Support Mission),
   22 (Operazione Ippocrate),
   24 (Missione di assistenza alla Guardia costiera della Marina Militare libica),
   40 (Enhaced Forward Presence),

e impegna altresì il Governo:

   1. con riferimento alla missione Sea Guardian (scheda 9) a proporre in sede NATO di inserire tra gli obbiettivi della missione il supporto alle attività di ricerca e soccorso in mare nelle aree marittime in cui insiste la missione;
   2. con riferimento alla missione EUNAVFORMED operazione SOPHIA (scheda 10), ad attivare ogni iniziativa diplomatica per scongiurare il passaggio alla terza fase della missione;
   3. con riferimento alla missione di partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto a Daesh (scheda 19) ad attivarsi in tutte le sedi internazionali per la predisposizione di un piano straordinario di aiuti umanitari nella zona della battaglia di Mosul che ha già provocato oltre 200 mila sfollati mentre almeno 750 mila persone risultano essere ancora imprigionate nella battaglia a Mosul Ovest;
   4. con riferimento alla missione Mare Sicuro (scheda 36) a specificare tra gli obbiettivi primari della missione il supporto alle attività di ricerca e soccorso in mare e non soltanto la protezione delle unità navali nazionali impegnate in dette operazioni;
   5. con riferimento alla missione Active Fence (scheda 37) ad attivarsi, in sede NATO, per far cessare la partecipazione italiana alla missione al 31 dicembre 2017;
   6. con riferimento alla missione Proroga della partecipazione di personale militare al potenziamento del dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38), ad attivarsi, in sede NATO, per far cessare la partecipazione italiana alla missione al 31 dicembre 2017;
   7. con riferimento alla partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39) a proporre in sede NATO di inserire tra gli obbiettivi della missione il supporto alle attività di ricerca e soccorso in mare nelle aree marittime in cui insiste la missione;
   8. con riferimento alla partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria (scheda 41) ad attivarsi, in sede NATO, per far cessare la partecipazione italiana alla missione al 31 dicembre 2017.
(6-00291) «Cimbro, Duranti».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 145 del 2016 (cosiddetta «legge quadro sulle missioni internazionali»), recante Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, rappresenta uno strumento di politica estera e di difesa di carattere strutturale e configura la decisione parlamentare in materia di partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali come una «autorizzazione», attribuendo al Parlamento il ruolo di co-decisore;
    il 2017 è il primo anno in cui tale legge viene applicata: si è resa ordinaria una procedura che fino allo scorso anno prevedeva il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza, anche per determinare il quadro giuridico in cui le missioni internazionali venivano svolte, di fatto svilendo l'aspetto politico delle stesse;
    le missioni internazionali, di cui alla Deliberazione adottata dal Consiglio dei ministri il 14 gennaio 2017, Doc. CCL, n. 1, così come riformulata dalla Relazione all'Assemblea, approvata dalle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa), il 16 febbraio 2017, si inseriscono nel solco della politica estera italiana degli ultimi venti anni e sono in linea con l'appartenenza dell'Italia agli organismi internazionali politici, economici, di sicurezza e di difesa, nonché rispondenti al dettato dell'articolo 11 della Costituzione;
    la Relazione di autorizzazione alle missioni internazionali al nostro esame risponde sia all'arco di crisi che va dal Senegal all'Afghanistan, attraversando parte del Maghreb, il Sahel, il Corno d'Africa, il Medio Oriente, l'Iraq fino all'Afghanistan, compresi il bacino del Mediterraneo e l'Oceano Indiano, sia alla necessità di fronteggiare le conseguenze di tale destabilizzazione che ha, di fatto, frantumato Stati, abbattuto frontiere e causato migrazioni di massa, travolgendo il nostro Paese;
    dal punto di vista militare continua ad essere fondamentale la partecipazione alle missioni di peacekeeping in un quadro euro-atlantico, pur nella consapevolezza che sia necessario adeguare l'azione alle nuove sfide di sicurezza internazionali, alle minacce asimmetriche e al terrorismo di matrice islamica, nonché dotarsi di un dispositivo di difesa comune europea, in una prospettiva integrata con la NATO, finora dimostratasi l'unico strumento difensivo efficace;
    l'atteggiamento della NATO nei confronti del fronte Sud dell'Europa è significativamente cambiato, come si evince dalle dichiarazioni del Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, che ha, recentemente, non solo riconosciuto l'importanza strategica di tale fronte per la sicurezza, predisponendo, all'interno del «Framework for the South», le basi per l'istituzione a Napoli di un hub al fine di coordinare le informazioni in paesi di crisi come la Libia e l'Iraq e affrontare il terrorismo e le altre sfide che vengono dalla regione ma ha anche dichiarato, a proposito dell'Italia, che quando si parla di contributo alla NATO, non contano solo le percentuali di PIL investite in spese per la difesa, ma anche l'impegno sostanziale del nostro Paese nelle missioni internazionali;
    la natura e la localizzazione dei conflitti in corso rendono quindi prioritario far convergere i progetti e le azioni di cooperazione sui Paesi che si affacciano sul Mediterraneo al fine di eliminare le cause d'instabilità delle aree interessate e limitrofe;
    l'Unione europea si sta muovendo, anche se ancora troppo lentamente, in direzione della definizione di strumenti adeguati ad affrontare le crisi che si sono succedute negli ultimi dieci anni, da quella economica, a quella migratoria a quella della sicurezza. Sicurezza non solo all'interno dei propri confini ma che si estende finalmente anche al controllo delle frontiere esterne;
    in Libia, così come in Siria e in Iraq, la stabilizzazione e il mantenimento dell'integrità territoriale è possibile solo mediante un approccio inclusivo delle diverse anime del Paese ed è necessario mantenere aperto il dialogo con quegli attori istituzionali che si dimostrino capaci di operare da mediatori tra le Parti in causa;
    la sicurezza della regione euro-mediterranea e la sicurezza della regione euro-atlantica sono i punti di riferimento della strategia di sicurezza e difesa italiana;
    in particolare, l'attenzione del nostro Paese è rivolta alla condizione in cui versa la Libia e alle frontiere dei Balcani occidentali, da cui rientrano foreign fighters, potenziali terroristi di matrice islamica;
    la risoluzione presentata da Forza Italia in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016 chiedeva «un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, (...) in linea con il Migration Compact»;
    il 2 marzo 2017 la Commissione europea ha finalmente precisato che vuole accelerare sull'attuazione del Migration Compact integrandolo con una maggiore attenzione per la rotta del Mediterraneo centrale, con priorità alla gestione dei flussi migratori lungo la suddetta rotta «mobilitando 200 milioni di euro nel 2017 per progetti connessi alla migrazione, in particolare in Libia, al fine di ridurre il numero di attraversamenti e continuare a salvare vite in mare, intensificare la lotta contro i trafficanti e gli scafisti, proteggere i migranti, aumentare il numero di reinsediamenti, promuovere i rimpatri volontari assistiti e gestire i flussi di migranti attraverso la frontiera meridionale della Libia», mantenendo e intensificando la cooperazione con l'Egitto, la Tunisia e l'Algeria;
    la Commissione ha ribadito in particolare come l'operazione SOPHIA di EUNAVFORMED ed Eubam Libia, svolgano un ruolo determinante;
    il 3 marzo 2017 il Ministro dell'interno Marco Minniti ha dichiarato che «se l'Europa vuole difendere Schengen, deve pensare a un sistema di controllo dei confini esterni» ricordando anche il recente memorandum d'intesa tra Italia e Libia, che è «non soltanto utile all'Italia ma importantissimo per l'Europa» dal momento che di fronte all'allarme di una diaspora di ritorno dei foreign fighters dall'Iraq e dalla Siria, è chiaro che «il confine sud della Libia può essere una porta d'ingresso verso l'Europa», tornando a parlare di controllo dei confini anche riguardo ai flussi migratori, e sostenendo che i grandi Paesi «governano i flussi migratori perché questo consente anche le politiche di integrazione. Se, invece, l'approccio ai confini aperti, venga chiunque, avremmo il contrario dell'integrazione e cioè la disintegrazione» aggiungendo che «i confini sono un elemento di vita e di protezione di una comunità»;
    Forza Italia ha, da sempre, messo al centro della sua agenda il controllo dell'immigrazione e le politiche di sicurezza: con questi obiettivi, in fase emendativa, durante l'esame nelle Commissioni ha ottenuto che la Relazione definisse per il Governo il seguente impegno: «con riferimento alla missione EUNAVFORMED operazione SOPHIA (missione UE – scheda 10), attivare ogni iniziativa diplomatica per consentire in un lasso di tempo ragionevole la piena operatività della Fase 2 e il passaggio alla Fase 3, nonché agire nelle competenti sedi internazionali affinché vengano rafforzate le attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste libiche verso quelle italiane»;
    la piena operatività delle Fasi 2 e 3 di EUNAVFORMED operazione SOPHIA, permetterebbe, presupponendo il consenso del governo costiero interessato e l'approvazione in tale direzione di una Risoluzione delle Nazioni Unite, di arrestare gli scafisti, corresponsabili della tratta di esseri umani, e di sequestrare o affondare le loro barche in territorio libico,

autorizza tutte le missioni e le attività di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2017,

impegna il Governo

con riferimento alla missione EUNAVFORMED operazione SOPHIA (missione UE – scheda 10), ad attivare ogni iniziativa diplomatica per consentire in un lasso di tempo ragionevole la piena operatività della Fase 2 e il passaggio alla Fase 3, nonché ad agire nelle competenti sedi internazionali affinché vengano rafforzate le attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste libiche verso quelle italiane.
(6-00292) «Vito, Archi, Carfagna, Gregorio Fontana, Palmizio, Secco, Valentini».


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento affronta per la prima volta la proroga delle missioni internazionali ai sensi delle nuove disposizioni di cui alla legge n. 145 del 2016 (Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali);
    le Forze armate italiane sono attualmente impegnate in operazioni in tutte le principali aree di crisi del mondo, in contesti strategici diversi e con compiti ampiamente diversificati, ma volti, ufficialmente, al supporto e al mantenimento della pace e, dunque, alla tutela delle popolazioni insistenti nei territori d'intervento. Le missioni internazionali a cui l'Italia partecipa sono legittimate dall'autorizzazione giuridica, politica e in qualche modo anche morale, di organismi internazionali e dell'ONU, in conformità a quanto sancito dai capitoli VI o VII della Carta delle Nazioni Unite. Proprio in tal senso, il dott. Gianni Rufini, direttore Italia dell'organizzazione non governativa Amnesty International, nel corso di un'indagine conoscitiva riguardante le missioni internazionali e lo studio di un modello di difesa alternativa, è stato audito il 4 maggio 2016 al Senato, lamentando l'assenza, nei mandati internazionali di autorizzazione delle missioni internazionali, e di conseguenza nelle regole d'ingaggio e nei piani operativi d'intervento dei singoli Paesi, l'obiettivo specifico di tutela e protezione della popolazione civile insistente nelle aree di conflitto. La mancanza della citata previsione, infatti, comporta l'assenza di una copertura giuridica sia rispetto a azioni orientate concretamente a perseguire i suddetti obiettivi di tutela, sia rispetto a quelle mirate a censurare condotte che mettono a rischio l'incolumità dei civili;
    nel merito della Deliberazione in esame, sostanzialmente le missioni cui l'Italia partecipa e contribuisce sono sempre le stesse, più o meno da venti anni, più 4 di nuova attivazione e alcune riattivate, anche se a volte hanno cambiato nome e funzione; tuttavia, crediamo sia giunto il momento di soffermarci su un paio di quesiti, apparentemente «oziosi»: quali di queste missioni ci servono realmente e quali sono realmente utili all'Italia e non in realtà più agli alleati? Nella sostanza stiamo ancora qui a chiederci o cercare di capire che cosa andiamo a fare in determinati territori;
    la Deliberazione indica che le risorse totali che saranno impiegate per il 2017 ammontano a 1.132.745.294 euro quanto alle sole missioni militari e a 295 milioni quanto agli interventi di cooperazione allo sviluppo, sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, sminamento umanitario e altro (per un totale di 1.427.745.294). Il confronto con il 2016 mostra un aumento dell'8,1 per cento in quanto il finanziamento ammontava nel suo complesso a 1.308.000.000, compreso il finanziamento intervenuto successivamente, inserito all'interno di un decreto-legge in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili, relativo alla missione Ippocrate in Libia pari a 17.388.000 euro. Nel complesso, nel 2017 è previsto un impiego massimo di 7.459 unità di personale delle Forze armate e di 167 unità di personale delle Forze di polizia;
    per quanto concerne le missioni più rilevanti, in Afghanistan (con la Resolute Support) in questa prima Deliberazione si dispone un finanziamento di 174.391.943 euro per le forze di sicurezza di Kabul, fra cui la Polizia nazionale afghana che da più di 5 anni viene messa nella «lista nera» dal Segretario generale dell'ONU nel suo rapporto su chi arruola e utilizza i bambini-soldato, crimine condannato dal diritto internazionale. Inoltre, l'ultimo Rapporto di Amnesty International afferma che sono state segnalate violazioni commesse dalla polizia locale afghana (ALP) fra cui intimidazioni, percosse, detenzioni illegali, uccisioni mirate e stupri di minori. A settembre del 2016, il New York Times ha riferito che l'esercito statunitense aveva ignorato le denunce presentate dal suo personale, relative a abusi sessuali su giovani ragazzi, compiuti nelle sue basi da comandanti dell'ALP. Inoltre il citato documento di Amnesty afferma che l'Afghanistan ha continuato a applicare la pena di morte, spesso al termine di processi iniqui. Tali elementi rendono emblematico il fatto di come 15 anni di presenza militare occidentale abbiano sancito il fallimento della retorica della reintroduzione dei diritti umani. Di fatto, ci troviamo di fronte alla partecipazione italiana a una occupazione militare straniera di questo Paese che, dal 2001 in poi, ha finito per aumentare i giacimenti di odio verso l'occidente dando propellente al terrorismo fondamentalista. Da questo punto di vista ci troviamo davanti a un fallimento totale se pensiamo che tra il 2001 e il 2016 l'Italia ha speso per la guerra in Afghanistan la considerevole cifra di 6.153.114.084 euro. La domanda viene legittima: come avremmo potuto cambiare in meglio la vita della popolazione afghana, e contestualmente rendere più efficace la lotta al terrorismo e al fondamentalismo, se questi 6 miliardi li avessimo investiti in scuole, ospedali, fabbriche, strade e non invece in armi e armati? Sarebbe utile che questa domanda, riferita all'Afghanistan ma vale anche per l'Iraq o altri teatri di guerra, fosse al centro del dibattito odierno invece di essere colpevolmente rimossa;
    per quanto riguarda, invece, la missione in Somalia, per cui è stato deliberato un finanziamento di 24.698.409 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell'Unione europea denominate EUTM Somalia (European Union Training Mission Somalia), non possono non ravvisarsi alcune criticità. Il Governo di Mogadiscio, anche secondo l'ultimo Rapporto annuale di Amnesty International, è ritenuto responsabile di gravi violazioni dei più elementari diritti umani. Tuttavia, la missione ha addestrato molte centinaia di soldati somali. Tra l'altro, secondo il Rapporto del Segretario generale dell'ONU del 5 giugno 2015 «Children and armed conflict», le Forze armate di Mogadiscio compaiono, come in passato, fra coloro che addestrano e utilizzano i minori in combattimento, in evidente spregio del diritto internazionale;
    quanto alla base italiana di Gibuti che viene rifinanziata, insistiamo per un'iniziativa tesa a costituire una base delle Nazioni unite che coordini in maniera più efficace la lotta contro la pirateria marittima oggi affidata all'intervento privato di singole potenze;
    relativamente all'operazione militare europea EunavforMed nel Mediterraneo centromeridionale, si ripropongono le medesime questioni che da anni e in altre occasioni, si sono rilevate. Tale operazione si prefigge come obiettivo quello di contrastare l'attività criminosa dei trafficanti di uomini. In particolare, tra le fasi previste, si statuisce la possibilità di avviare ispezioni, sequestri, arresti e dirottamenti di imbarcazioni che sono sospettate di essere utilizzate per la tratta di persone o il traffico di migranti, attraverso azioni sia per mare che per terra. Il programma approvato dal Consiglio e dalla Commissione europea nel maggio 2016, prevedeva, l'opportunità di distruggere le imbarcazioni degli scafisti nelle acque libiche, se non addirittura direttamente sul territorio libico. Queste attività di contrasto che renderebbero concretamente utile tale operazione, non possono effettuarsi senza un preventivo accordo con lo Stato costiero, proprio perché necessitano di uno sconfinamento nelle acque libiche o l'approdo su terra. A oggi, tale accordo non si è potuto raggiungere a causa della mancanza in Libia di un Governo stabile con cui si possa avviare un'attività congiunta di contrasto ai trafficanti di uomini, dunque l'operazione stessa può essere considerata di dubbia validità. Peraltro, in questa area del Mediterraneo, la partecipazione italiana risulta assicurata, a vario titolo, da numerose operazioni. In questo stesso contesto, è da evidenziare anche la proroga del potenziamento di un altro dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali denominato «Mare sicuro»; il Consiglio dei ministri, ha però prorogato anche la missione della NATO «Sea Guardian» che ricalca, da quanto indicato nella Deliberazione in esame, lo stesso obiettivo di sicurezza marittima, nelle coste adiacenti alla Libia. Tale missione, aspetto di non poco conto, non avrebbe ancora una precisata base giuridica internazionale che la legittima;
    sempre con riferimento alla Libia viene confermata la missione UNSMIL, riattivate quella di assistenza alla Guardia costiera libica e la EUBAM Lybia volta a supportare, a livello strategico e operativo, le autorità libiche nella gestione delle attività di sicurezza delle frontiere (terrestri, marittime e aeree), attraverso attività di consulenza, formazione e assistenza. Peraltro, tale missione, istituita dalla decisione PESC/2013/333 e prorogata dalla decisione PESC/2016/1339, opera in formato minimo con base a Tunisi, in attesa di poterla trasferire nuovamente a Tripoli e le unità di personale impiegate saranno soltanto tre); inoltre, viene confermata anche la proroga della partecipazione di personale militare alla missione bilaterale di supporto sanitario denominata «Ippocrate»;
    tuttavia, come è ormai chiaro a tutti gli osservatori internazionali, l'unità della Libia e il controllo della stessa capitale restano un miraggio per il Governo di Fayez al-Sarraj, l'uomo scelto dalla comunità internazionale come Presidente di unità nazionale, e che non appare affatto come l'espressione del popolo e di tutte le fazioni esistenti nel Paese nordafricano, una storia già sentita e vista in Iraq, per citarne una. Il suo controllo sul territorio è, oggi, pressoché inesistente dato che il potere è distribuito sostanzialmente tra i diversi attori che costituiscono ben tre governi de facto: quello guidato da al-Sarraj a Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale, Italia inclusa, ma non dai libici; quello di Salvezza Nazionale guidato da Khalifa al-Ghwell a Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale ma punto di riferimento per le tribù libiche; infine, quello del Congresso Nazionale Generale guidato da Abdullah al-Thani a Tobruk, in Cirenaica, col sostegno del suo uomo forte che controlla il territorio e i pozzi di petrolio, il generale Khalifa Haftar. Due governi (o autodefinitisi tali), questi ultimi, espressione di tribù, milizie e portatori di agende specifiche, che a oggi sono i veri padroni del Paese. In più si aggiunga che, con il passaggio di testimone da Obama a Trump e un maggior ruolo della Russia, anche il sostegno americano al premier al-Serraj non è più così scontato. Come Movimento 5 Stelle chiediamo formalmente che il Governo prenda atto del fallimento della proposta dell'ONU, smetta di sostenere al-Serraj come unico referente del popolo libico, ritiri subito la delegazione diplomatica e inizi a intavolare un dialogo serio e costruttivo con tutte le parti che hanno effettivo controllo del territorio libico. Roma può essere la sede di una conferenza internazionale che le riunisca davvero tutte intorno a un tavolo nei prossimi mesi;
    per quanto concerne la presenza italiana in Iraq, nella Deliberazione in esame viene confermato e aumentato, rispetto alla precedente proroga, il finanziamento (che ammonta a 300.723.249 euro, che secondo l'osservatorio sulle spese militari Milex è cresciuto del 18,5 per cento rispetto all'anno precedente) degli interventi nazionali nelle missioni di contrasto a DAESH e al terrorismo internazionale nell'ambito delle operazioni legate alla Coalizione internazionale. Tale contributo prevede, tra gli altri, un contingente di personale per le attività di addestramento a favore della Local Force Police e dei peshmerga curdi. Quanto al contingente militare e al contingente di personale impiegato con compiti di «force protection» dell'area di Mosul, a protezione della ditta TREVI chiamata a consolidare e mettere in sicurezza la diga, occorre evidenziare quanto ha espressamente dichiarato, nell'ambito delle comunicazioni del Governo tenutesi presso le Commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato il 7 febbraio 2017, la Ministra Pinotti. Nel contesto del suo intervento, infatti, ha, tra le altre, affermato che tale missione non è sotto l'egida né dell'Onu né della Nato e tantomeno dell'Unione europea o riconducibile alla stessa coalizione anti-Daesh. Si tratta di un accordo bilaterale tra l'Iraq e l'Italia che per le modalità con cui si sta svolgendo ricorda molto il modus operandi della Compagnia delle Indie del 1800, quando i soldati venivano schierati a protezione degli interessi economici di imprese private in territorio straniero. Ci sono due questioni che vorremmo sollevare sulla vicenda della diga di Mosul, atteso che i nostri militari si trovano a poche decine di chilometri dal fronte della guerra, dunque davanti a un rischio potenziale molto alto. La prima è che non possiamo credere che l'esercito iracheno e gli stessi peshmerga non fossero in grado di assicurare la sicurezza nei cantieri della diga. Se ciò fosse vero dovremmo domandarci a cosa sono servite le centinaia di milioni spesi in questi anni per addestrare peshmerga e militari iracheni. La seconda è che la ditta Trevi ha vinto un appalto milionario per i lavori e ne trarrà, legittimamente, un lauto e corposo profitto. Altrettanto legittimamente viene da chiedersi se una parte di tali profitti verrà usato per coprire le ingenti spese che il contribuente italiano versa allo Stato per finanziare la missione militare. Non si può avallare l'idea che le nostre Forze Armate, che hanno un mandato preciso stabilito dalla Costituzione, siano usate per fare la guardia a industrie o aziende italiane situate all'estero. Ci troviamo di fronte almeno a uno snaturamento del senso stesso delle missioni internazionali dei nostri militari;
    da rilevare, poi, che nella lotta al terrorismo non sono stati previsti spostamenti di risorse finalizzati a un'azione di sostegno alle popolazioni dei luoghi in cui i gruppi terroristici si radicano e raccolgono supporto. Tale assenza rileva poca lungimiranza e scarsa conoscenza della questione, giacché certi fenomeni antisociali come il terrorismo riescono a radicarsi e a trovare maggiormente terreno fertile, proprio dove c’è più povertà e ingiustizia sociale;
    per quanto riguarda alcune missioni «minori» come l'EUCAP Sahel Niger (European Union Capacity Building Mission Sahel), riteniamo che essa andrebbe ripensata e trasformata in EUBAM (European Union Integrated Border Management Assistance Mission) incaricata di aiutare i nigerini a mettere in sicurezza i loro confini meridionali, soprattutto col Burkina Faso e col Benin, da cui passa la stragrande maggioranza di coloro che poi attraversano il Canale di Sicilia. La denominazione EUCAP appare obsoleta e superata dai tempi. Al momento la missione appare, peraltro, del tutto inefficace nel contrasto all'emigrazione illegale per via delle sacche di corruzione nelle autorità nigerine e dell'ambiguità Unione europea e soprattutto perché insiste sul nord del Paese mentre i veri problemi sono presenti maggiormente nel sud;
    il provvedimento in esame ha disposto, altresì, la proroga per il finanziamento della partecipazione nazionale al potenziamento dei dispositivi della NATO, che vede, oltre alla conferma del contributo alle iniziative già avviate in Turchia a difesa dei confini a sud-est dell'Alleanza, l'avvio di 3 nuove missioni a sostegno delle iniziative atlantiche. Più nello specifico, esse si svolgeranno: in Lettonia, in Bulgaria e in Islanda; tuttavia, riteniamo che l'espansione della Nato a est avvenuta negli ultimi due decenni è una delle principali cause dell'attuale stato di tensione tra la Russia e la Nato, tanto da aver comportato la rottura degli accordi di partenariato tra Mosca e la stessa Alleanza Atlantica. Lo stesso ingresso nell'Unione europea dei Paesi dell'est è potuto avvenire solo dopo la loro preventiva adesione alla NATO, contribuendo per questa via a ridurre e marginalizzare il positivo peso politico svolto nell'Unione dai paesi neutrali (Austria, Finlandia e Irlanda) subordinando così la Politica estera e di sicurezza comune a quella degli Stati Uniti. Peraltro, le esperienze in Kosovo, Afghanistan e Libia sono la prova che la NATO, oggi, non risulti essere uno strumento efficace per il mantenimento della pace; l'organizzazione, inoltre, non ha saputo far fronte all'attuale crisi dei rifugiati in arrivo sulle coste europee;
    per quanto concerne le iniziative di cooperazione allo sviluppo (che nella scheda 45 della Deliberazione sono accorpate però a quelle di sminamento umanitario e a altre iniziative pur lodevoli e necessarie) e il cui finanziamento è pari a 111 milioni di euro, riteniamo sia necessario separare in due differenti schede la parte concernente quelle afferenti alla cooperazione in senso stretto dalle altre, soprattutto quelle relative allo sminamento umanitario, rispetto al quale peraltro si chiede uno stanziamento più adeguato;
    per quanto concerne le missioni autorizzate di cui alle schede 10, 19, 24, 31, 32 e 35, si intende che le stesse, qualora gli impegni al Governo per ogni singola missione non fossero accolti, queste si intendono non autorizzate,

autorizza:

   la missione di cui alla scheda 2 (EULEX Kosovo – personale militare missione UE);
   la missione di cui alla scheda 3 (EULEX Kosovo – Polizia di Stato missione UE);
   la missione di cui alla scheda 4 (EULEX Kosovo – Magistrati missione UE);
   la missione di cui alla scheda 5 (United Nations Mission in Kosovo UNMIK – missione ONU);
   la missione di cui alla scheda 6 (EUFOR ALTHEA – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 7 (Missione bilaterale Forze di polizia in Albania);
   la missione di cui alla scheda 9 (Sea Guardian – missione NATO);
   la missione di cui alla scheda 10 (EUNAVFORMED SOPHIA – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 12 (United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL – missione ONU;
   la missione di cui alla scheda 13 (Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi);
   la missione di cui alla scheda 14 (Temporary International Presence in Hebron TIPH2 – missione multilaterale);
   la missione di cui alla scheda 15 (Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi);
   la missione di cui alla scheda 16 (European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 17 (European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 18 (European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 19 (Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh);
   la missione di cui alla scheda 20 (United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP – missione ONU);
   la missione di cui alla scheda 24 (Missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica);
   la missione di cui alla scheda 30 (Missione UN denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA – missione ONU);
   la missione di cui alla scheda 31 (Missione UE denominata EUTM Mali – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 32 (Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 34 (Multinational Force and Observers in Egitto MFO);
   la missione di cui alla scheda 35 (Missione UE denominata EUBAM LIBYA);
   le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 di cui alla scheda n. 43;
   il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate di cui alla scheda n. 44;
   le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario di cui alla scheda n. 45;
   gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza di cui alla scheda n. 46;
   la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza di cui alla scheda n. 47;
   gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza di cui alla scheda n. 49,

non autorizza:

   la missione di cui alla scheda 1 (Joint Enterprise missione NATO);
   la missione di cui alla scheda 8 (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP – missione ONU);
   la missione di cui alla scheda 11 (Resolute Support Mission – missione NATO);
   la missione di cui alla scheda 21 (Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia);
   la missione di cui alla scheda 22 (Missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate);
   la missione di cui alla scheda 23 (United Nations Support Mission in Lybia UNSMIL – missione ONU;
   la missione di cui alla scheda 25 (Missione UE antipirateria denominata ATALANTA – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 26 (Missione UE denominata EUTM Somalia – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 27 (Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 28 (Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane);
   la missione di cui alla scheda 29 (Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti);
   la missione di cui alla scheda 33 (Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger – missione UE);
   la missione di cui alla scheda 36 (Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale (operazione Mare Sicuro);
   la missione di cui alla scheda 37 (Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence»);
   la missione di cui alla scheda 38 (Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza);
   la missione di cui alla scheda 39 (Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza);
   la missione di cui alla scheda 40 (Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence);
   la missione di cui alla scheda 41 (Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria);
   la missione di cui alla scheda 42 (Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda);
   l'erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia, di cui alla scheda 48,

impegna altresì il Governo:

   1. con riferimento alla scheda n. 10, ad assumere, nelle competenti sedi internazionali, iniziative volte all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione;
   2. con riferimento alla scheda n. 19, ad assumere, nelle competenti sedi internazionali, iniziative per espungere la missione di force protection alla diga di Mosul;
   3. con riferimento alla scheda n. 24, ad assumere, nelle competenti sedi internazionali, iniziative per condizionare il proseguimento della missione all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione;
   4. con riferimento alla scheda n. 31, ad assumere, in sede UE, iniziative per far cessare in modo definitivo la partecipazione italiana alla missione EUTM Mali al 31 dicembre 2017, rafforzando al contempo la presenza italiana nella missione MINUSMA;
   5. con riferimento alla scheda n. 32, ad assumere, in sede UE, iniziative per far cessare in modo definitivo la partecipazione italiana alla missione EUCAP Sahel Mali al 31 dicembre 2017, rafforzando al contempo la presenza italiana nella missione MINUSMA;
   6. con riferimento alla scheda n. 35, ad assumere, in sede UE, iniziative volte all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione.
(6-00293) «Frusone».


   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore della legge 21 luglio 2016, n. 145, recante disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, lo Stato si è dotato di uno strumento normativo più adeguato a disciplinare, sia nella fase decisionale che in quella attuati va, l'impiego delle nostre forze armate all'estero, ormai parte strutturale della politica estera e di difesa nazionale;
    la legge 21 luglio 2016, n. 145, votata a larga maggioranza da entrambi i rami del Parlamento, ha in effetti configurato la decisione parlamentare in materia di partecipazione del nostro Paese alle missioni internazionali come una vera e propria «autorizzazione», attribuendo quindi alle Camere un ruolo di co-decisione;
    la Deliberazione adottata dal Governo lo scorso 14 gennaio rappresenta il primo tassello attuativo del nuovo sistema ed espone per l'anno 2017 l'intero impegno programmatico dell'Italia nelle missioni internazionali, già in essere o di nuovo avvio;
    l'approccio del Governo alla sicurezza internazionale ed al contributo del nostro Paese al suo mantenimento che emerge dall'analisi della Deliberazione adottata lo scorso 14 gennaio pare riflettere una visione molto convenzionale e conservatrice della realtà, che è invece in piena trasformazione, sotto la spinta di cambiamenti straordinari destinati ad incidere nei teatri di maggior rilevanza strategica per il nostro Paese;
    l'elemento nuovo più importante è l'accentuazione della tendenza degli Stati Uniti a ridurre l'ampiezza della propria presenza militare esterna, per effetto del cambio di Amministrazione avvenuto a Washington lo scorso 20 gennaio;
    della nuova postura adottata dagli Stati Uniti è un aspetto già visibile la richiesta rivolta dalla Casa Bianca a tutti gli Stati alleati di contribuire più attivamente al mantenimento della pace e della sicurezza, non soltanto elevando le spese militari al 2 per cento del prodotto interno lordo, ma altresì assumendo maggiori responsabilità dirette nella propria difesa e nella tutela dei propri interessi nazionali;
    è sempre più forte l'aspettativa che tra le future mosse della nuova Amministrazione americana rientri una profonda revisione delle relazioni intrattenute dagli Stati Uniti con la Federazione Russa, rispetto alla quale potrebbe presto aver luogo un reset, ovvero un ripensamento completo suscettibile di riproporre Mosca nei termini di partner, ponendo fine all'attuale fase di contrapposizione;
    su queste basi, diventa realistica anche la prospettiva di una futura rimodulazione degli interventi promossi dalla Nato, con riduzione di quelli in prossimità delle frontiere russe e parallelo ampliamento degli impegni a Sud;
    appare altresì certa la conferma dell'impegno statunitense a sradicare il cosiddetto Stato Islamico da tutte le zone in cui si è insediato e a contrastare il cosiddetto Islam Politico, prima che abbia luogo una significativa riduzione della presenza americana in Mediterraneo e Medio Oriente;
    è conseguentemente di particolare urgenza prevedere l'accantonamento di forze e capacità da impiegare all'occorrenza nell'autotutela degli interessi nazionali del nostro Paese, un'esigenza tanto forte quanto poco conciliabile con il modello di presenza militare esterna prescelto dai Governi della Repubblica che si sono succeduti in questi anni, caratterizzato invece dalla persistente dispersione delle truppe del nostro Paese su una grande quantità di scacchieri, a fronte della quale non sono finora sempre giunti ritorni politici apprezzabili;
    si ritiene pertanto che debba essere ripensato l'intero quadro di riferimento concettuale che ha portato il nostro Paese a proiettare il proprio impegno estero su un arco di crisi assai ampio, che si estende dall'Africa Occidentale all'Afghanistan, attraversando l'intero Medio Oriente, in favore di una postura più adeguata alla effettiva statura geopolitica dell'Italia, che non è una grande potenza;
    in effetti, il Governo propone di svolgere nel 2017 circa quaranta di missioni, in parte nuove, in parte riattivazioni o trasformazioni di missioni rispettivamente sospese o riviste nelle sedi internazionali, con un impiego massimo di 7.459 unità di personale delle Forze armate e di 167 unità di personale delle Forze di polizia. Il fabbisogno finanziario totale è pari a circa 1.132 milioni di euro, in lieve incremento rispetto al 2016. A parità di esborso sarebbe opportuno rinunciare ad alcuni impegni per devolvere maggiori risorse ad altre missioni di carattere prioritario;
    se è condivisibile l'idea di considerare il Mediterraneo il fulcro delle nostre maggiori preoccupazioni di sicurezza e meritano altresì considerazione gli interventi in corso nelle regioni da cui partono i flussi migratori diretti verso l'Europa o in atto negli Stati di transito, genera invece dubbi la volontà di permanere in forza in teatri di scarso o nullo interesse per la Repubblica;
    in quest'ottica, risultano di decisiva importanza gli interventi in atto o prevedibili che concernono la Libia, Paese da cui la nostra economia trae petrolio di straordinaria qualità, che è tra i pochi fattori residui della competitività economica del nostro Paese. Non sarebbe inoltre da escludere una revisione della politica di sostegno al Governo di Accordo Nazionale, qualora questo manchi l'obiettivo di acquisire il pieno controllo del territorio libico o perda l'appoggio della comunità internazionale. E in ogni caso probabile il fatto che gli Stati Uniti non contribuiranno con proprie forze alla stabilizzazione della nostra ex colonia, mentre è in aumento l'influenza localmente esercitata dalla Russia, dall'Egitto e dalla Francia;
    l'eventualità di dover proteggere da soli, o comunque con limitati sostegni esteri, interessi nazionali a rischio di compromissione e la necessità di contenere e dissuadere i flussi migratori diretti dalle coste africane verso il nostro Paese inducono altresì a ritenere prioritarie anche le missioni navali in atto nel Mediterraneo, da quella sotto bandiera nazionale nota come Mare Sicuro a quelle che si svolgono sotto le insegne dell'Ue e della Nato, di cui tuttavia dovrà essere accentuato il profilo anti-migratorio, attraverso l'adozione di regole d'ingaggio rigorose;
    occorre al contempo essere consapevoli dei limiti dell'influenza che il nostro Paese può esercitare sulla composizione della guerra civile in atto in Siria, teatro in cui le maggiori parti in causa sono presenti con massicce forze combattenti oppure operano rifornendo alleati locali. La nostra sostanziale irrilevanza nello scacchiere ha confermato anche la sostanziale inutilità del nostro contingente schierato nel Libano meridionale, che nel migliore dei casi è inerte e nel peggiore può divenire una vulnerabilità a carico del nostro Paese in ogni scenario che contempli il deterioramento dei rapporti tra Iran e comunità internazionale, purtroppo non da escludere. Di qui, l'opportunità di preparare ed attuare entro l'estate il nostro ritiro dall'Unifil;
    appare invece del tutto in linea con le esigenze del momento e le priorità identificate anche dalla nuova Amministrazione americana l'impegno militare contro il Daesh, che potrebbe anche essere allargato, qualora la sconfitta delle milizie del sedicente Califfato tardasse a concretizzarsi;
    le infiltrazioni del Daesh nei Balcani permettono oggi di riqualificare anche la nostra presenza militare in Kosovo, Albania e Bosnia-Erzegovina, teatri nei quali alla tutela delle minoranze ora può e deve affiancarsi la ricerca dei Foreign Fighters di ritorno da Siria ed Iraq;
    l'impegno nazionale nelle missioni deliberate dalla Nato in Lettonia, Bulgaria ed Islanda appare invece scarsamente compatibile con l'orientamento del nostro Paese, peraltro recentemente confermato dal Governo, a rimuovere le sanzioni imposte alla Russia dopo l'annessione della Crimea, circostanza che dovrebbe quanto meno suggerire l'adozione di regole di ingaggio limitate a funzioni di autodifesa. Suscita altresì perplessità la scelta del Governo di schierare i caccia da superiorità aerea Eurofighter Typhoon in Bulgaria ed Islanda. In Turchia costituisce di contro apprezzabile dimostrazione di prudenza l'aver circoscritto l'impiego dei nostri missili Samp-t alle sole ipotesi di intercettazione di missili;
    in Afghanistan, la transizione dall'Isaf a Resolute Support e la crescita delle responsabilità delle forze di sicurezza locali non hanno affatto comportato la riduzione del rischio di una vittoria finale dei Taliban. Sembra invece piuttosto vero il contrario, circostanza che dovrebbe indurre il Governo a riflettere sul senso del protrarsi della presenza italiana in quel Paese. Molte delle aree conquistate e difese dai nostri militari sono infatti rapidamente ricadute nelle mani dei guerriglieri talebani e non ne è progettato il recupero, mentre le infiltrazioni del sedicente Stato Islamico si sono finora registrate soltanto in zone esterne a quelle nelle quali vi sono nostre basi. Non saranno le nostre truppe a porre fine al conflitto civile che ormai insanguina l'Afghanistan da oltre trenta anni mentre è significativo il pericolo che possano essere risucchiate in un vortice di azioni e rappresaglie da parte dell'Iran, qualora tra la nuova Amministrazione americana ed il regime di Teheran i rapporti si deteriorassero fino ad innescare una crisi di grandi proporzioni. Si ritiene quindi opportuno consigliarne il graduale ritiro, da perfezionare entro la fine dell'anno, anche per mettere a disposizione degli Stati Maggiori forze più consistenti da utilizzare in teatri di più immediato interesse nazionale. Hanno del resto già abbandonato l'Afghanistan diversi contingenti di Paesi alleati degli Stati Uniti, come il Canada, la Francia, i Paesi Bassi ed il Regno Unito, senza che ciò venisse considerato disonorevole da alcuno;
    gli interventi della cooperazione allo sviluppo sui teatri di crisi servono soprattutto ad acquisire la benevolenza delle popolazioni civili locali nei confronti dei nostri contingenti. Occorrerebbe quindi anche in questo caso concentrarli in pochi Paesi, possibilmente quelli nei quali si registra il nostro maggior coinvolgimento militare, ove le condizioni di sicurezza lo consentano;
    gli aiuti umanitari possono infine essere utilizzati per concorrere alla stabilizzazione di aree nelle quali insistano importanti interessi nazionali del nostro Paese, in particolare quelli connessi alla limitazione dei flussi migratori irregolari, dalla Libia alla Tunisia, passando per la fascia che congiunge la Mauritania al Ciad, al Sudan ed al Corno d'Africa, in cui operano anche piccoli contingenti militari italiani di cui potrebbe anche essere considerato l'incremento. Di particolare valenza strategica sotto questo profilo è il Niger, crocevia dei corridoi migratori diretti dall'Africa occidentale verso la Libia, dove non sarebbe cattiva idea prevedere una presenza militare ed umanitaria più incisiva;
   autorizza le seguenti missioni:
    con riferimento all'Europa (Schede da 1 a 10);
    1. Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1);
    2. EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2);
    3. EULEX Kosovo (personale Polizia di Stato) (missione UE – scheda 3);
    4. EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – scheda 4);
    5. United Nations Mission in Kosovo UNMIK (missione ONU – scheda 5);
    6. EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6);
    7. Missione bilaterale Forze di polizia in Albania (scheda 7);
    8. Sea Guardian (missione NATO – scheda 9);
    9. EUNAVFOR MED operazione SOPHIA (missione UE – scheda 10);
    con riferimento all'Asia (schede da 11 a 21);
    1. Resolute Support Mission (missione NATO – scheda 11);
    2. UNIFIL (missione ONU – scheda 12);
    3. Missione bilaterale di addestramento forze di sicurezza libanesi (scheda 13);
    4. EUPOL COPPS (missione UE – scheda 18);
    5. Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19);
    6. Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia (scheda 21);
    con riferimento all'Africa (Schede da 22 a 36);
    1. Operazione Ippocrate in Libia (scheda 22);
    2. United Nations Support Mission il Lybia UNSMIL (missione ONU – scheda 23);
    3. Missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica (scheda 24);
    4. Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – scheda 25);
    5. EUTM Somalia (missione UE – scheda 26);
    6. EUCAP Somalia (missione UE – scheda 27);
    7. Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28);
    8. Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda 29);
    9. Missione UN denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (missione ONU – scheda 30);
    10. Missione UE denominata EUTM Mali (missione UE-scheda 31);
    11. EUCAP Sahel Mali (missione UE – scheda 32);
    12. EUCAP Sahel Niger (missione UE – scheda 33);
    13. Multinational Force and Observers in Egitto MFO (scheda 34);
    14. Missione UE denominata EUBAM LIBYA (missione UE – scheda 35);
    15. Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale (operazione Mare Sicuro) (scheda 36);
    con riferimento ai Dispositivi NATO (Schede da 37 a 42);
    1. Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence» (scheda 37);
   2. Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38);
   3. Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39);
   4. Partecipazione al potenziamento della presenza NATO in Lettonia (scheda 40);
   autorizza altresì le seguenti attività:
    1. le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (scheda n. 43);
    2. il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda n. 44);
    3. le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45);
    4. gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46);
    5. la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
    6. l'erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda n. 48);
    7. gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49);
   non autorizza:
    1. United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – scheda 8);
    2. Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14);
    3. Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15);
    4. European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE – scheda 16);
    5. European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) (missione UE scheda 17);
    6. United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – scheda 20);
    7. Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria (scheda 41);
    8. Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda (scheda 42);
   impegna il Governo, con riferimento alle seguenti missioni:
    1. Sea Guardian (missione NATO – scheda 9), a promuovere, in sede NATO, l'adozione di regole d'ingaggio più decisamente orientate al contrasto dei flussi migratori irregolari;
    2. EUNAVFORMED SOPHIA (missione UE – scheda 10), a promuovere, in sede UE, l'adozione di regole d'ingaggio più decisamente orientate al contrasto dei flussi migratori irregolari, proponendone la transizione alle fasi più avanzate;
    3. Resolute Support Mission (missione NATO – scheda 11), a promuovere, in sede NATO, iniziative volte ad attuarne il graduale ripiegamento, con rimpatrio completo entro il 31 dicembre 2017;
    4. United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – scheda 12), a promuovere, in sede ONU, iniziative volte a prorogarla per soli sei mesi, con l'obiettivo di rimpatriarla completamente entro il 30 giugno 2017;
    5. Missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate (scheda 22), a promuovere iniziative con la controparte libica volte a predisporne l'eventuale sgombero da Misurata e conseguente rischieramento in altra parte della Libia qualora l'evoluzione delle condizioni politiche sul terreno lo renda necessario;
    6. Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26), a promuovere nelle sedi competenti l'inserimento nel suo mandato di finalità di prevenzione dei flussi migratori diretti verso l'Europa;
    7. Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27), a promuovere nelle sedi competenti l'inserimento nel suo mandato di finalità di prevenzione dei flussi migratori diretti verso l'Europa;
    8. Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali (missione UE – scheda 32), a promuoverne nelle sedi competenti il significativo potenziamento;
    9. Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger (missione UE – scheda 33), a promuoverne nelle sedi competenti il significativo potenziamento;
    10. Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence (scheda 40), a promuovere, in sede NATO, iniziative volte a ridurne la durata a soli tre mesi e vincolandone lo svolgimento alla circostanza che le truppe italiane siano dotate esclusivamente di armamenti leggeri per l'autodifesa;
    11. Con riferimento alla scheda 46, a prevederne la progressiva concentrazione nei teatri ove operino unità militari nazionali e nei Paesi di primaria importanza ai fini del controllo dei flussi migratori irregolari.
(6-00294) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 21 luglio 2016, n. 145, recante disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, ha riformato l'autorizzazione e la proroga delle missioni internazionali, superando l'adozione dei consueti decreti legge, in favore di un nuovo procedimento «autorizzatorio» che prende avvio dalla Deliberazione in titolo;
    il Governo prevede circa quaranta missioni, 7.600 unità, 1.300 mezzi terrestri, diverse decine di mezzi aerei e navali;
    la Deliberazione prevede quindi, per il 2017, un aumento pari al 7 per cento delle spese militari, con 1,28 miliardi di euro a fronte degli 1,19 miliardi del 2016;
    dei 1,28 miliardi di spese militari, gli stanziamenti destinati alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e al sostegno ai processi di pace e stabilizzazione ammontano a 145 milioni di euro per il 2017;
    in Iraq c’è l'impegno più oneroso per il nostro Paese, oltre 300 milioni di euro, ed è anche lo Stato dove c’è una presenza più forte di soldati italiani, quasi 1.500, impiegato in diverse attività: addestramento, di personell recovery, di force protection alla diga di Mosul, una componente aerea per ricognizione e rifornimento in volo in supporto alle attività della Coalizione internazionale di contrasto a Daesh;
    nel Mar Mediterraneo siamo presenti con 10 navi, 9 aerei e 1.644 unità in 4 operazioni, quella nazionale, Mare Sicuro, quella dell'Unione europea, EUNAVFORMED SOPHIA, e le due a guida Nato, Sea Guardian e il dispositivo per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza, con le operazioni che rapidamente potrebbero trasformarsi con l'estensione delle attività nelle acque territoriali libiche e l'applicazione del blocco navale e quindi l'avvio della terza fase dell'operazione SOPHIA;
    nonostante le pressioni della Presidenza maltese di turno dell'UE, l'Unione europea ha dubbi sull'avvio della terza fase dell'operazione SOPHIA e sarebbe orientata ad accelerare il programma di addestramento della guardia costiera libica e sbloccare così la consegna dei mezzi navali per operare nelle acque territoriali;
    la Marina militare libica avrebbe la responsabilità esclusiva dei salvataggi e riporterebbe sulla coste libiche le imbarcazioni dei migranti;
    come ha sostenuto recentemente il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk: «Siamo stati capaci di chiudere la rotta balcanica, possiamo ora chiudere la rotta libica». Parole pesanti come pietre, pronunciate in occasione del Memorandum firmato a Roma il 2 febbraio dal Presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni con il Presidente del consiglio presidenziale libico Fayez al Sarraj, per bloccare le partenze dei migranti attraverso il Mediterraneo;
    secondo la Relazione all'Assemblea proposta dai relatori che accompagna la Deliberazione, il Memorandum «costituisce un cruciale passo in avanti verso un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne del Paese (...) La concreta attuazione di questo Memorandum da parte di entrambi gli Stati può contribuire concretamente anche all'obiettivo più generale della stabilizzazione della Libia e del mantenimento della sua integrità territoriale»;
    nel Memorandum, c’è l'impegno, da parte dell'Italia, ad assicurare (articolo 1) il massimo sostegno «alle istituzioni di sicurezza e militari al fine di arginare i flussi di migranti illegali» e fornire «supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l'immigrazione clandestina e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della Difesa e dagli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell'interno»;
    si parla di «patto con la Libia». In realtà è un patto con pezzo della Libia. Nel Paese ci sono attualmente addirittura tre governi: quello di Serraj a Tripoli; quello di Tobruk, con il quale è schierato il generale Khalifa Haftar, l'uomo forte del momento; e quello islamico, ma che è tutt'altro che fuori gioco come dimostrano i due tentativi di colpo di stato attuati negli ultimi mesi da milizie fedeli all'ex leader Khalifa al Ghwell;
    al momento, terminata la battaglia di Sirte, non è chiaro quale sarà l'impiego dei militari italiani. Il Governo di Serraj sarà ha un pezzo di Libia ma di sicuro non ha il controllo del territorio: non solo dell'intera Tripolitania e del Sud ma neanche della tessa Tripoli. Alla luce delle attuali condizioni nel Paese i nostri militari rischiano di trovarsi in una situazione difficile anche alla luce del rinnovato protagonismo del generale Haftar, sostenuto, tra gli altri, da Russia ed Egitto;
    in Afghanistan le truppe italiane sono presenti nel Paese da oltre 15 anni. La missione Resolute support che dovrebbe svolgere attività di consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative si sta evolvendo in una missione di assistenza alle truppe afghane al fronte e l'avanzata dei talebani a Farah ha costretto anche i militari italiani ad assistere le truppe afghane che combattono insieme alle truppe statunitensi;
    oggi il Governo di Kabul controlla poco più del 50 per cento dei distretti dell'Afghanistan, il 6,2 per cento in meno rispetto all'agosto precedente e il 15 per cento in meno rispetto a novembre 2015;
    dati recenti delle Nazioni Unite parlano di circa 640 mila afghani che nel 2016 sono stati costretti a lasciare le proprie case. Nello stesso anno sono cresciute la produzione di oppio, registrando una crescita del 43 per cento rispetto al 2015 con una stima di produzione di circa 4.800 tonnellate;
    nonostante nel Paese gli Usa abbiano investito per la ricostruzione ben 117 miliardi di dollari dal 2002, l'Afghanistan rimane un Paese, insicuro, non stabilizzato e secondo un recente rapporto dell'Easo, in Afghanistan, dopo più di un decennio di guerra soltanto nel 2015 ci sono state 11 mila vittime civili di violenza. Malgrado questi numeri l'Ue ha sottoscritto con questo Paese un accordo che prevede i rimpatri forzati in cambio di aiuti economici;
    anche il nostro Paese ha impiegato una notevole quantità di risorse pubbliche. Con riferimento alle varie missioni in Afghanistan sono stati stanziati dal 2001, poco meno di 6,5 miliardi di euro. L'Italia, nonostante sia una forza militare, è uno dei Paesi più impegnati nelle missioni internazionali;
    il vertice Nato di Varsavia dello scorso anno ha deciso una serie di «dispositivi», nella maggior parte dei casi si tratta di misure politiche e militari preventive nei confronti della Russia. Come previsto dalla Deliberazione l'Italia parteciperà con mezzi e uomini in diversi dispositivi di protezione e sorveglianza dell'Alleanza;
    il nostro Paese sarà presente il Lettonia con 160 unità e 50 mezzi terrestri e ha messo a disposizione 4 aerei per il pattugliamento dei cieli della Bulgaria;
    nell'affrontare la questione delle relazioni con la Russia non si può tenere in considerazione la crescente tensione tra Est ed Ovest e la continua mutazione delle alleanze nel contesto geopolitico mondiale;
    l'Italia oggi è presente anche in Turchia con la missione «Active fence» che prevede 130 soldati basati lungo il confine turco-siriano, batterie antimissile e un aereo da cisterna per i rifornimenti dei velivoli radar NATO che operano nella regione;
    una presenza nazionale in quella Turchia, alleato e membro della Nato, che ha favorito in questi anni il passaggio di migliaia di foreign fighter europei, aprendo quella che è stata denominata come l’«autostrada della jihad» mentre al tempo stesso conduceva una «guerra sporca» contro le organizzazioni curde in Siria e in Iraq, che sono tra le poche forze che hanno causato una serie di sconfitte a Daesh e che hanno dato vita ad un'esperienza di convivenza pacifica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze;
    con la stessa Turchia si è stretto un accordo che viola gravemente il diritto europeo e tradisce i fondamenti democratici e ispirati alla tradizionale tutela dei diritti umani in UE e i Italia, dove in cambio di denaro si sono esternalizzate le frontiere dell'UE chiudendo gli occhi sul rispetto dei diritti umani, sulla repressione delle libertà fondamentali, nonché sulla forte repressione anti-curda che il governo turco sta mettendo in piedi negli ultimi mesi, addirittura dimenticando le gravi responsabilità di quest'ultimo nel supporto a Daesh;
    la stessa logica oggi è alla base del Memorandum che il nostro Paese ha concluso con la Libia, della strategia più ampia del «migration compact» e del Piano europeo per le migrazioni che è stato al centro dello scorso vertice informale dei Capi di Stato e di Governo dell'UE che si è tenuto a La Valletta lo scorso 3 febbraio;
    con riferimento al controllo della frontiera sud, attraverso la quale passano i flussi migratori che poi raggiungono le coste della Libia prima della traversata del Mediterraneo, la Ue intende aumentare il lavoro con i Paesi già coinvolti in specifici accordi come Niger e Mali, ma anche Ciad, «regionalizzando» l'operatività della missione Eucap Sahel operativa ad Agadez, a cui il nostro Paese partecipa;
    alla luce di tale considerazioni occorre un cambiamento radicale, che si sostanzi a partire dalla discontinuità alla partecipazione alle missioni internazionali,

  autorizza le seguenti missioni e attività di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2017:
   Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1);
   EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2);
   EULEX Kosovo (personale Polizia di Stato) (missione UE – scheda 3);
   EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – scheda 4);
   United Nations Mission in Kosovo UNMIK (missione ONU – scheda 5);
   EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6);
   Missione bilaterale Forze di polizia in Albania (scheda 7);
   United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – scheda 8);
   EUNAVFORMED SOPHIA (missione UE – scheda 10);
   United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – scheda 12);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13);
   Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE – scheda 16);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) (missione UE scheda 17);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) (missione UE scheda 18);
   Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – scheda 20);
   Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia (scheda 21);
   United Nations Support Mission il Lybia UNSMIL (missione ONU – scheda 23);
   Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – scheda 25);
   Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26);
   Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28);
   Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda 29);
   Missione UN denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (missione ONU – scheda 30);
   Missione UE denominata EUTM Mali (missione UE – scheda 31);
   Multinational Force and OBSERVERS in Egitto MFO (scheda 34);
   Missione UE denominata EUBAM LIBYA (missione UE – scheda 35);
   Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo Centrale (operazione Mare Sicuro) (scheda 36);
   Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda (scheda 42);
   le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (scheda n. 43);
   il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda n. 44);
   le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45);
   gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46);
   la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
   l'erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda n. 48);
   gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49),

non autorizza le missioni di cui alle schede:

   Sea Guardian (missione NATO – scheda 9);
   Resolute Support Mission (missione NATO – scheda 11);
   Missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate (scheda 22);
   Missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica (scheda 24);
   Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali (missione UE – scheda 32);
   Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger (missione UE – scheda 33);
   Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence» (scheda 37);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39);
   Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence (scheda 40);
   Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria (scheda 41),

impegna il Governo:

   1. con riferimento alla missione EUNAVFORMED operazione SOPHIA (scheda 10), ad attivare, nelle opportune sedi internazionali, ogni iniziativa per scongiurare il passaggio alla terza fase della missione e a mantenere in ogni caso nel mandato della missione le attività di SAR ovvero di ricerca e soccorso in mare;
   2. con riferimento alla missione Mare Sicuro (scheda 36) a specificare tra gli obiettivi primari della missione il supporto alle attività SAR di ricerca e soccorso in mare.
(6-00295) «Palazzotto, Marcon».


   La Camera,
   premesso che:
    la vastità degli impegni che l'Italia ha assunto e continua ad assumersi per contribuire alla gestione delle diverse crisi internazionali impone una razionalizzazione di tali impegni, con particolare riguardo alle missioni militari, allo scopo di concentrare le limitate risorse a disposizione su quelle aree di crisi che più direttamente rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale e per gli interessi dell'Italia;
    a questo proposito appare necessario prevedere un prossimo ritiro del contingente italiano presente in Afghanistan ininterrottamente dal 2002, cedendo ad altri il comando del Training Advise Assist Command – West (TAAC-W) e l'onere di proseguire l'addestramento delle forze afghane nella zona Herat;
    le risorse economiche ed umane attualmente impegnate in Afghanistan dovrebbero, infatti, essere dirottate in aree di crisi che più direttamente impattano sull'Italia, prima fra tutte quella libica;
    la stabilizzazione della Libia rappresenta un obiettivo da perseguire con forza, anche allo scopo di poter finalmente gestire adeguatamente i flussi migratori, ed è quindi necessario contrastare le iniziative che alimentano il rischio di una dissoluzione della Libia in diverse entità statuali, come, ad esempio, il sostegno militare fornito da alcuni paesi a milizie che non dipendono dal Governo di Accordo Nazionale insediato a Tripoli;
    il problema delle migrazioni di massa, che, nonostante le diverse misure adottate negli anni dai paesi europei, non accennano a diminuire e continuano a provocare migliaia di vittime all'anno, dovrebbe essere affrontato più a monte, intercettando i flussi nei paesi di transito con l'apertura di corridoi umanitari per i profughi e avviando politiche volte a sostenere il rilancio economico dei paesi dai quali partono i cosiddetti migranti economici;
    è necessario adoperarsi per prevenire l'avvio di nuove ondate migratorie con iniziative, quali, ad esempio, la predisposizione in Iraq d'interventi di supporto umanitario e medico, soprattutto nelle aree, come quella di Mosul, teatro di violenti combattimenti, e stimolare in sede europea la costituzione con il Governo iracheno e le rappresentanze del Governo regionale del Kurdistan iracheno di un tavolo permanente per la gestione degli profughi mirato alla gestione dei flussi di sfollati e di rifugiati, nonché alla previsione della loro rilocazione nei luoghi interni di origine;
    vi è l'esigenza di lanciare una concreta politica estera comune incentrata sulla protezione di quegli interessi e a quei valori comuni che sempre più difficilmente i partner europei potranno proteggere singolarmente, soprattutto per quanto attiene al settore della sicurezza;
    la ricerca della collaborazione con i partner dell'Unione Europea deve, pertanto, essere un filo conduttore dell'azione di politica estera italiana anche nell'ambito delle missioni internazionali;
    realizzare una efficace difesa europea non significa derogare alla partnership euro-atlantica, anzi, una maggiore cooperazione tra NATO e UE, nonché un'armonizzazione delle rispettive politiche negli ambiti d'interesse comune è senz'altro un obiettivo da perseguire per gli evidenti vantaggi che comporta; tuttavia, gli interessi dell'Unione Europea e quelli della NATO non sono sempre pienamente convergenti e, pertanto, è necessario evitare che la linea politica della NATO prenda il sopravvento sulla Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'Unione Europea, come già accaduto in passato;
    a questo proposito è necessario avviare al più presto un concreto percorso che porti alla costituzione di una capacità militare dell'Unione Europea realizzata sulla base dell'articolo 44 del Trattato sull'Unione Europea e ai sensi degli articoli 42 e 46 che prevedono la cosiddetta Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO), con l'obiettivo di rendere l'Unione Europea in grado di affrontare autonomamente le crisi e le minacce che emergono nel proprio spazio geopolitico;
    il rapporto con gli alleati della NATO dovrebbe essere sempre incentrato sulla massima lealtà e l'Italia non dovrebbe aver timore di rifiutarsi di sospendere temporaneamente la propria diretta collaborazione con quegli alleati che dovessero venire meno al suddetto imperativo di lealtà;
    in Turchia, una ormai sistematica repressione del dissenso e della libertà di espressione, costringe l'Unione Europea e la NATO a confrontarsi rispettivamente con un partner e un Paese membro che ha adottato delle politiche ormai evidentemente incompatibili con i valori democratici su cui si basano le due principali organizzazioni internazionali occidentali;
    la Turchia agisce direttamente con proprie forze militari nei teatri di Siria e Iraq perseguendo i propri esclusivi interessi in modo del tutto autonomo e adottando strategie spesso in contrasto con quelle poste in essere dai suoi alleati e ciò comporta l'esigenza di riconsiderare le politiche adottate dalla UE e dalla NATO nei confronti della Turchia, nonostante i vantaggi strategici, veri o presunti, che il mantenimento dello status quo nei rapporti con il Governo turco comporterebbe riguardo alla gestione della crisi migratoria e dei conflitti in Siria e Iraq;
    il ritiro dell'Italia dalla missione NATO «Active Fence», volta alla protezione del territorio turco da una improbabile minaccia missilistica portata da Daesh, rappresenterebbe un chiaro segnale sia ad Ankara, sia agli alleati della NATO;
    tra gli scopi della partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali vi è anche il contrasto al terrorismo, obiettivo che sempre di più dovrà essere perseguito elaborando e implementando una precisa strategia nazionale, che potrà certamente essere coordinata con quelle degli altri paesi, ma che deve essere concepita pensando prima di tutto all'obiettivo di elevare al massimo e in tempi brevissimi la sicurezza degli italiani, in patria e all'estero, concentrando le risorse su iniziative che possano portare subito risultati concreti;
    la suddetta strategia deve comprendere iniziative di contro-propaganda, da attuare sia in Italia, sia all'estero, per contrastare in tempi brevi gli effetti dell'attività propagandistica condotta da Daesh e da altri gruppi jihadisti; il rafforzamento delle capacità di raccolta informazioni dei contingenti italiani all'estero, finalizzata anche al contrasto ai fenomeni dei foreign fighters e della criminalità organizzata, anche finanziaria; il sostegno alle forze di sicurezza dei paesi in cui sono effettuate missioni MIADIT tramite l'implementazione di attività di training e mentoring e la fornitura di specifico materiale; l'invio di team di esperti anti-terrorismo presso le ambasciate italiane nei paesi a rischio, allo scopo sia di collaborare con le autorità di quei paesi, sia di rafforzare la capacità di «allerta precoce» a favore delle nostre comunità all'estero;
    se impostate secondo le suddette premesse, la maggior parte delle missioni italiane all'estero potranno ottenere risultati notevolmente migliori;
    è necessario subordinare la prosecuzione della partecipazione italiana alle specifiche missioni internazionali solo se queste, dopo un'attenta valutazione dei risultati conseguiti, si rivelano effettivamente utili, mentre, in caso di esito oggettivamente non soddisfacente, è necessario avere il coraggio di ritirarsi da tali missioni, allo scopo di poter liberare risorse da destinare ad altri scopi;

autorizza le seguenti missioni e attività:

   Joint Enterprise (missione NATO – Scheda 1);
   EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – Scheda 2);
   EULEX Kosovo (personale Polizia di Stato) (missione UE – Scheda 3);
   EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – Scheda 4);
   United Nations Mission in Kosovo UNMIK (missione ONU – Scheda 5);
   EUFOR ALTHEA (missione UE – Scheda 6);
   Missione bilaterale Forze di polizia in Albania (Scheda 7);
   United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – Scheda 8);
   Sea Guardian (missione NATO – Scheda 9);
   EUNAVFORMED Sophia (missione UE – Scheda 10);
   United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – Scheda 12);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (Scheda 13);
   Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – Scheda 14);
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (Scheda 15);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE – Scheda 16);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) (missione UE Scheda 17);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) (missione UE – Scheda 18);
   Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (Scheda – 19);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – Scheda 20);
   Missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate (Scheda 22);
   United Nations Support Mission il Lybia UNSMIL (missione ONU – Scheda 23);
   Missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica (Scheda 24);
   Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – Scheda 25);
   Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – Scheda 26);
   Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – Scheda 27);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (Scheda 28);
   Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (Scheda 29);
   Partecipazione personale militare alla missione United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (scheda 30);
   Partecipazione personale militare alla missione EUTM Mali (Scheda 31);
   Partecipazione personale militare alla missione EUCAP Sahel Mali (Scheda 32);
   Partecipazione personale militare alla missione EUCAP Sahel Niger (Scheda 33);
   Multinational Force and Observers in Egitto MFO (Scheda 34);
   Missione UE denominata EUBAM LIBYA (missione UE – Scheda 35);
   Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale (operazione Mare Sicuro) (Scheda 36);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (Scheda 39);
   Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (Scheda 43);
   Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence (Scheda 40);
   Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria (Scheda 41);
   Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda (Scheda 42);
   Supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (Scheda 44);
   Iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (Scheda 45);
   Interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46);
   Partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (Scheda 47);
   Interventi operativi di emergenza e di sicurezza (Scheda 49);

non autorizza le seguenti missioni e attività:

   Resolute Support Mission (missione NATO – Scheda 11);
   Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia per la sola parte riguardante il supporto alla Resolute Support Mission (Scheda 21);
   Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence» (Scheda 37);
   Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (Scheda 38);
   Erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (Scheda 48),

impegna il Governo:

   1. a sostenere, nelle opportune sedi internazionali, un incremento della capacità dei dispositivi nazionali schierati in Kosovo e Bosnia-Erzegovina relativa alla raccolta di informazioni finalizzata al contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata, anche finanziaria (schede 1-6);
   2. a promuovere nelle competenti sedi internazionali iniziative volte ad accelerare i processi di implementazione della cooperazione multilaterale in Albania nelle attività relative al training e mentoring nel settore della difesa, dando seguito a eventuali accordi in fase di definizione (scheda 7);
   3. a proporre alla NATO di inserire tra gli obbiettivi della missione Sea Guardian il supporto alle attività di soccorso in mare alle competenti autorità nei settori SAR nelle aree marittime in cui insiste la missione (scheda 9);
   4. a promuovere nelle opportune sedi internazionali iniziative per assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale ed a porre in essere strumenti di verifica dell'efficacia delle attività di training del personale di sicurezza libanese anche attraverso scambi informativi diretti con le forze armate libanesi (Scheda 12);
   5. a valutare, in sede di accordi multilaterali in merito alla missione TIPH2, la possibilità di integrare la partecipazione di nuovi Paesi richiedenti, mantenendo o aumentando i compiti della missione di osservazione TIPH, nonché mantenendo in ogni caso il ruolo di seconda nazione contributrice alla missione (scheda 14);
   6. a promuovere nelle opportune sedi internazionali iniziative per valutare la possibilità di prevedere, nell'ambito delle missioni in cui è rilevante l'aspetto dell'addestramento delle forze di sicurezza locali, il trasferimento di sistemi di simulazione al tiro, già nelle disponibilità dello Stato, mirati alla sostituzione dell'addestramento reale con armi da fuoco (scheda 15);
   7. a valutare la possibilità di avviare corsi, sotto l'egida della missione EUPOL COPPS, o tramite accordi quadrilaterali (IT, IL, PS, US), erogati da forze di polizia ad ordinamento civile, con particolare riferimento ai corsi di protezione avanzati (schede 17 e 18);
   8. a evidenziare in sede europea il possibile problema umanitario derivante dalla imminente liberazione dal Da'esh della città di Mossul, facilitando la possibilità di prevedere missioni di esclusivo supporto umanitario e medico, capaci di rispondere ad un flusso di sfollati che potrebbe raggiungere anche 1,5 milioni di persone in poche settimane (scheda 19);
   9. a implementare nuovi memorandum of understanding mirati alla prosecuzione del training nell'uso di sistemi d'arma con i relativi supporti, limitati in numero agli stretti necessari ad un corretto addestramento, verso tutte le forze armate alle dipendenze del Governo regionale curdo, di concerto con il Governo iracheno, attraverso la creazione di un tavolo ove attuare una costante interlocuzione con i destinatari dei servizi, le forze della coalizione internazionale e il Governo iracheno (scheda 19);
   10. a implementare con il Governo iracheno un SOFA mirato alla copertura legale della presenza di personale militare nelle missioni di training e di supporto, nonché di protezione delle aree di competenza dell'Italia (scheda 19);
   11. a prevedere il conferimento al personale in servizio nel soccorso di migliaia di migranti, di un'onorificenza di soccorso nell'ambito della «Prima Parthica» dopo almeno 60 giorni cumulativi di servizio prestato in missione operativa (scheda 19);
   12. a prevedere, per il personale di cui alla scheda 19, un'indennità accessoria e l'accesso ai benefici previsti dalle normative per il personale, equiparabile a quelle in vigore per altre missioni anche bilaterali, riservato al personale impiegato in teatri operativi fuori dal territorio nazionale;
   13. ad assumere, d'intesa con la controparte, un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze sotto il controllo del GNA libico, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale ed a porre in essere strumenti di verifica dell'efficacia delle attività di training del personale di sicurezza libico anche attraverso scambi informativi diretti con le forze armate del GNA (scheda 35);
   14. a specificare tra gli obiettivi della operazione Mare Sicuro il supporto alle attività di soccorso in mare (scheda 36);
   15. ad ottenere da parte del Governo libico la garanzia che le forze e il personale addestrato e le unità navali fornite o manutenute nell'ambito della missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica siano impiegati esclusivamente nel rispetto dei limiti delle acque territoriali come definiti dal diritto internazionale (scheda 24);
   16. ad assumere, d'intesa con le controparti, un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze armate somale e gibutine, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale e a porre in essere strumenti di verifica dell'efficacia delle attività di training del personale di sicurezza somalo e gibutino anche attraverso scambi informativi diretti con le forze armate somale e gibutine (scheda 29);
   17. a valutare l'effettivo rispetto dei diritti umani da parte del personale somalo addestrato nell'ambito delle missioni EUTM Somalia ed EUCAP Somalia (schede 26 e 27);
   18. a promuovere la definizione di un trattato di cooperazione bilaterale con Gibuti, con particolare riferimento al raggiungimento di un accordo SOFA relativo all'impiego di personale militare italiano presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda 29);
   19. a effettuare una analisi approfondita dei costi e dei benefici relativi alle assicurazioni al fine di individuare eventuali risparmi nel far fronte alle esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate (scheda 43);
   20. a valutare l'opportunità di incrementare le risorse disponibili finalizzandole allo scopo di rafforzare l'attuazione degli interventi dell'Unità di crisi del MAECI a tutela dei cittadini e degli interessi degli italiani all'estero, nonché a rafforzare, anche nell'ambito cibernetico sia in forma attiva che passiva, i sistemi di protezione delle sedi diplomatico-consolari, anche di nuova istituzione, e del relativo personale (scheda 49).
(6-00296) «Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative di competenza in merito all'efficacia delle misure del diniego e della revoca del permesso di soggiorno, in particolare a seguito di condanne per reati connessi alle sostanze stupefacenti – 3-02851

A)

   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   recentemente il tribunale amministrativo regionale della Liguria ha dichiarato illegittimo il diniego del permesso di soggiorno, disposto dalla questura di La Spezia, nei confronti di un extracomunitario a seguito di due condanne per reati inerenti sostanze stupefacenti, per non aver valutato, nel caso, i legami familiari di quest'ultimo in Italia;
   sempre giorni fa, lo stesso tribunale amministrativo regionale avrebbe accolto un analogo ricorso, presentato da uno straniero, precedentemente condannato per furto aggravato, al quale la questura di Savona aveva successivamente revocato il permesso di soggiorno dell'Unione europea per soggiornanti di lungo periodo, per non aver quest'ultima adeguatamente dato «conto della gravità del reato commesso dal ricorrente e della conseguente pericolosità sociale dello stesso», non desumibile solo dal reato commesso, né fornito «un giudizio negativo o quantomeno sub valente in ordine all'inserimento familiare sociale e lavorativo» del ricorrente, tali da giustificare la revoca disposta;
   in merito alla revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo, il comma 7, lettera c), dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per i casi in cui manchino o vengano a mancare le condizioni per il suo rilascio, fa richiamo al precedente comma 4;
   il comma 4 dispone in merito ai casi di diniego del permesso di soggiorno di lungo periodo e, richiamando ulteriori elementi di valutazione, fa però eccezione rispetto alle previsioni di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 286 del 1998 per il rilascio del permesso di soggiorno;
   pertanto, nei casi di cittadini extracomunitari che soggiornano in Italia da lungo periodo e che abbiano commesso dei reati, per effetto di tale interpretazione giurisprudenziale, confermata anche dalle sentenze richiamate in premessa, di fatto, i casi di diniego e revoca del permesso di soggiorno e di allontanamento degli stessi stranieri risultano fortemente limitati, rendendo sostanzialmente priva di effetto la normativa in materia a discapito dei legittimi diritti dei cittadini in tema di sicurezza –:
   quali iniziative di competenza, in particolare normative, il Governo intenda adottare affinché possa efficacemente operare la revoca del permesso di soggiorno, anche di lungo periodo, e l'allontanamento degli stranieri titolari che abbiano commesso dei reati in Italia, in particolare a seguito di condanne per reati inerenti alle sostanze stupefacenti. (3-02851)


Iniziative di competenza volte ad evitare la delocalizzazione da parte di imprese destinatarie di finanziamenti pubblici, con particolare riferimento all'impianto dell'azienda Isolante K-Flex sito a Roncello (Monza e Brianza) – 3-02852

B)

   RICCIATTI, MARTELLI, FERRARA, GIORGIO PICCOLO, ZAPPULLA, LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MURER, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, STUMPO, ZACCAGNINI, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   Isolante K-Flex è un'azienda italiana specializzata nella produzione di isolanti elastomerici per isolamento termico ed acustico; conta 11 impianti produttivi ed oltre 2.000 addetti in 60 Paesi;
   i dipendenti dello stabilimento di Roncello (Monza della Brianza) sono in presidio permanente dal 24 gennaio 2017 davanti la sede dell'azienda, per protestare contro la volontà della società di chiudere lo stabilimento italiano e trasferirlo in Polonia; in data 8 febbraio 2017 si è tenuto presso il Ministero del sviluppo economico un incontro sulla vertenza K-Flex, presieduto dal Vice Ministro Teresa Bellanova, con la presenza delle organizzazioni sindacali e dei rappresentanti della regione Lombardia. Tuttavia, l'incontro è stato disertato dall'azienda;
   nonostante i richiami al senso di responsabilità, nell'incontro del 14 febbraio 2017 tenutosi presso la sede di Assolombarda, l'azienda, attraverso il responsabile del personale, nonché membro della famiglia proprietaria, Marta Spinelli, ha confermato i 187 licenziamenti annunciati e la volontà di trasferire la sede produttiva italiana, che impiega attualmente 250 lavoratori, nella sede polacca della società, dove si starebbe procedendo all'ampliamento dello stabilimento;
   l'azienda non è in crisi e le ragioni del trasferimento sarebbero dettate da ragioni di mera convenienza economica;
   Isolante K-Flex avrebbe inoltre beneficiato nel corso degli ultimi anni, a quanto riferiscono le organizzazioni sindacali, di 12 milioni di euro di finanziamenti pubblici, finanziamenti sui quali la stessa Vice Ministra Teresa Bellanova ha annunciato un'istruttoria –:
   quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare per evitare che Isolante K-Flex delocalizzi l'impianto produttivo di Roncello e garantire i livelli occupazionali attualmente impiegati e in tale contesto, tenuto conto dei 12 milioni di euro di contributi pubblici ricevuti dalla Isolante K-Flex, quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda promuovere affinché le aziende che ricevono finanziamenti pubblici siano tenute a perseguire l'obiettivo di mantenere la loro attività sul suolo italiano, evitando di delocalizzare gli stabilimenti all'estero. (3-02852)


Elementi ed iniziative in relazione ai tagli al fondo nazionale per le politiche sociali e al fondo nazionale per la non autosufficienza, anche in considerazione della tutela dei diritti incomprimibili delle fasce sociali più deboli – 3-02853

C)

   DI VITA, BARONI, LOREFICE, GRILLO, SILVIA GIORDANO, NESCI, MANTERO e COLONNESE. – Al Ministro per gli affari regionali. – Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per il 2016 aveva fatto registrare un lieve incremento degli stanziamenti relativi al fondo nazionale per le politiche sociali, rifinanziandolo con circa 313 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017 e con circa 314 milioni di euro per l'anno 2018 e aumentando il fondo nazionale per la non autosufficienza a 450 milioni di euro, cui si aggiungono i 50 milioni di euro ricavati dal cosiddetto decreto-legge sul Mezzogiorno, per un totale di 500 milioni di euro;
   l'intesa Stato-regioni del 23 febbraio 2017 ha stabilito, per il 2017, il taglio da 50 milioni di euro al fondo nazionale per la non autosufficienza e da 211 milioni di euro al fondo nazionale per le politiche sociali, derivante dalle ricadute del contributo alla finanza pubblica a carico delle regioni stabilito a partire dalla legge di stabilità per il 2015 e che per il 2017 costerà a regioni e province autonome 2,691 miliardi di euro di minori introiti. Tali riduzioni sarebbero conseguenza di quell'intesa che, prevedendo la riduzione degli stanziamenti statali a favore delle regioni per un totale di 485,196 milioni di euro extrasanitari, ha contemplato gli effetti di tale riduzione su diverse voci di spesa tra le quali figurano il fondo nazionale per la non autosufficienza e quello per le politiche sociali per gli importi sopra menzionati;
   l'intesa è il frutto di un accordo esclusivo tra regioni e Ministero dell'economia e delle finanze, alla presenza del Ministro per gli affari regionali, senza la partecipazione, sin dalla fase istruttoria, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   il fondo nazionale per la non autosufficienza passerebbe da 311 a 99,7 milioni di euro, mentre il fondo nazionale per le politiche sociali perderebbe quei 50 milioni di euro ulteriori stanziati appena il giorno prima della citata intesa, nell'ambito della legge per la coesione sociale e il Mezzogiorno;
   appare dunque irragionevole, al limite del paradosso, che nel giro di ventiquattr'ore si sia realizzato un incremento e un decremento del medesimo fondo, tanto da suscitare unanime sdegno delle rappresentanze sindacali;
   la sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016 ha sancito un principio fondamentale: «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»;
   il Governo non può esimersi dal garantire un adeguato stanziamento di risorse economiche per assicurare i livelli essenziali di assistenza –:
   come il Governo intenda sopperire ai tagli dei fondi necessari ad assicurare i diritti incomprimibili delle fasce più deboli della società, indicando l'esatta riduzione, regione per regione, dei fondi che sono stati decurtati a discapito dei servizi e delle prestazioni che tutte le regioni devono garantire. (3-02853)


Misure a favore della genitorialità e a sostegno dei nuclei familiari numerosi – 3-02854

D)

   CALABRÒ. – Al Ministro per gli affari regionali. - Per sapere – premesso che:
   secondo i dati riportati dall'Istat in Italia nel 2016 sono nati 476 mila bambini (ancora meno dei 486 mila del 2015). La fecondità è stimata a 1,34 figli per donna;
   la crisi economica che ha colpito così duramente il nostro Paese è uno dei motivi che hanno determinato il calo delle nascite. Il Governo è intervenuto con il «bonus nido» introdotto dal 1° gennaio 2017. Tale misura permetterà alle famiglie di iscrivere con più facilità i propri figli agli asili nido;
   tra l'altro, la legge di bilancio per il 2017 ha confermato il voucher baby sitter e asilo nido varati nel corso della legge di stabilità per il 2016;
   inoltre, il Governo ha previsto il cosiddetto «bonus mamma domani» o «premio alla nascita», valido dal 1° gennaio 2017, che comporta un premio una tantum di 800 euro da elargire alle future mamme al settimo mese di gravidanza;
   accanto a queste importanti e fondamentali norme occorrono misure strutturali che permettano di implementare il numero delle nascite nel nostro Paese, favorendo e sostenendo le giovani coppie, invertendo, così, una tendenza al calo registrata dai dati Istat;
   è naturale che un auspicato incremento delle nascite possa assicurare per il futuro la crescita economico-sociale del nostro Paese ed una «tenuta» maggiore del nostro sistema previdenziale –:
   quali iniziative e misure strutturali il Governo intenda adottare (indicandone anche i tempi di attuazione) che possano essere da stimolo alla genitorialità e rappresentare un reale sostegno ai nuclei familiari con più figli e a quelli di nuova costituzione, al fine di incrementare il numero delle nascite nel nostro Paese. (3-02854)


Elementi in merito all'estensione dell'istituto del piano di rientro alle aziende sanitarie locali ed ai relativi presidi ospedalieri – 3-02855

E)

   MONCHIERO. – Al Ministro per gli affari regionali. – Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi 521-536, della legge n. 208 del 2015 concerne la pubblicazione dei bilanci di esercizio degli enti del servizio sanitario nazionale e l'attivazione, da parte dei medesimi enti, di un sistema di monitoraggio delle attività assistenziali e della loro qualità, introducono l'obbligo di adozione e di attuazione di un piano di rientro per le aziende ospedaliere o ospedaliero-universitarie e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici che presentino un determinato disavanzo o un mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure e prevedono un'estensione dell'istituto del piano di rientro, a decorrere dal 2017, alle aziende sanitarie locali ed ai relativi presidi ospedalieri;
   in particolare, i commi 524 e 525 prevedono che l'individuazione degli enti che rientrino in almeno una delle due fattispecie (disavanzo o mancato rispetto dei parametri) è operata, per il 2016, entro il 31 marzo e, successivamente, entro il 30 giugno di ogni anno da parte della regione, con provvedimento della giunta regionale o del commissario ad acta (ove presente). Riguardo alla prima fattispecie, si fa riferimento alla sussistenza di un disavanzo tra i costi ed i ricavi (derivanti dalla remunerazione delle attività da parte del servizio sanitario regionale) pari o superiore al 10 per cento dei medesimi ricavi o pari, in valore assoluto, ad almeno 10 milioni di euro;
   l'articolo 1, comma 390, della legge n. 232 del 2016 ha modificato la definizione di disavanzo, sostituendo il parametro del 10 per cento con quello del 7 per cento e riducendo da 10 a 7 milioni il parametro in valori assoluti;
   il piano di rientro deve essere presentato alla regione, da parte dell'ente interessato, entro i 90 giorni successivi all'emanazione del provvedimento regionale di individuazione degli enti e riguardare un periodo di tempo non superiore al triennio, con la definizione delle misure idonee al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario e patrimoniale e/o (a seconda dei casi) al miglioramento della qualità delle cure e all'adeguamento dell'offerta. Tale piano è approvato dalla regione secondo le procedure previa una valutazione positiva circa l'adeguatezza delle misure proposte, la loro coerenza con la programmazione sanitaria regionale o, ove presente, con il piano di rientro regionale dal disavanzo sanitario –:
   a quante aziende sanitarie ospedaliere le regioni abbiano richiesto la presentazione di un piano di rientro e quanti di questi siano stati, ad oggi, approvati.
(3-02855)


Elementi in merito alla nomina del dottor Luigi Marroni alla carica di amministratore delegato della Consip, anche in relazione alla direttiva del 24 giugno 2013 in materia di selezione dei componenti degli organi di amministrazione delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze – 3-02856

F)

   FASSINA, PAGLIA e MARCON. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla procura di Napoli denominata «Facility management 4», è stato interrogato, come persona informata sui fatti ed in qualità di attuale amministratore delegato della Consip cpa (la centrale di committenza nazionale chiamata a realizzare il programma di razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione), il dottor Luigi Marroni;
   dalle sue deposizioni sarebbe emerso che il Ministro Luca Lotti gli avrebbe riferito di un'indagine in atto a carico della Consip spa, circostanza che lo avrebbe indotto a chiedere la bonifica dei suoi uffici dai dispositivi di intercettazione nel frattempo installati da carabinieri e Guardia di finanza, rendendolo così, a sua volta, responsabile di uno sviamento delle indagini;
   al fine di assicurare la tutela degli interessi pubblici e la corretta gestione delle risorse, salvaguardando altresì l'immagine del socio pubblico, il Ministero dell'economia e delle finanze, con direttiva del 24 giugno 2013, ha dettato al dipartimento del tesoro i criteri di eleggibilità e gli indirizzi da osservare nelle procedure di selezione dei componenti degli organi di amministrazione delle società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero;
   quanto alle nomine, la suddetta direttiva ha rafforzato i requisiti di onorabilità e di professionalità richiesti agli amministratori ed individuato le tappe di un processo trasparente ed oggettivo di valutazione di tali requisiti, preliminare alla designazione dei candidati da parte del Ministro, nell'ambito delle sue funzioni di indirizzo politico-amministrativo. La stessa ha introdotto, inoltre, specifici parametri per la valutazione della competenza professionale e dell'esperienza dei candidati, con una particolare attenzione ai requisiti di eleggibilità richiesti ai fini della nomina come amministratore delegato;
   secondo quanto prescritto dalla richiamata direttiva l'istruttoria sulle singole candidature deve essere svolta dal dipartimento del tesoro, con il supporto, nel processo di ricerca e valutazione dei candidati, di due società specializzate nel recruiting di top manager, la Spencer Stuart Italia e la Korn Ferry intl., individuate con una specifica procedura di selezione. Al termine dell'istruttoria sulle candidature e previo parere favorevole di un comitato di garanzia, al Ministro interrogato viene proposta una short list di nominativi unitamente ad una relazione di sintesi sui criteri di selezione adottati e sui profili dei candidati proposti –:
   se per la nomina del dottor Luigi Marroni alla carica di amministratore delegato della Consip siano state osservate tutte le prescritte procedure e quali fossero, all'epoca, gli altri competitor inclusi nella relativa short list. (3-02856)


Elementi ed iniziative in ordine alla permanenza in carica del dottor Luigi Marroni in qualità di amministratore delegato della Consip, alla luce delle notizie relative all'inchiesta giudiziaria in corso – 3-02857

G)

   BRUNETTA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   nella vicenda Consip diventano centrali le dichiarazioni dell'amministratore delegato, Luigi Marroni, nominato a giugno 2015, sentito dai magistrati come persona informata sui fatti;
   Marroni ha raccontato di un vero e proprio «ricatto» subito, di pressanti «richieste di intervento» – provenienti da un «livello istituzionale altissimo» – sulle commissioni di gara per favorire una specifica società, di «incontri» riservati, di «aspettative ben precise» sull'assegnazione di gare d'appalto indette dalla Consip, del valore di centinaia di milioni di euro;
   Marroni, tuttavia, nonostante si sia dichiarato «molto turbato» dalle pressioni ricevute, non ha né sospeso, né revocato la procedura per l'appalto su cui avrebbe subito ricatti; nei verbali risulta persino che Marroni abbia dichiarato di aver fatto rimuovere le microspie piazzate dai carabinieri del nucleo operativo ecologico nel suo ufficio, senza rendere alcuna formale segnalazione o denuncia sia delle pressioni, sia delle microspie rimosse, né all'interno della struttura aziendale, né all'autorità giudiziaria;
   tali gravi omissioni hanno riguardato anche il Ministero dell'economia e delle finanze, azionista unico di Consip, con ciò determinando precise violazioni di obblighi da statuto (articolo 11.7, che prevede rapporti trimestrali al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministro sull'andamento dell'amministrazione e della gestione) e codice etico (articolo 3.2), non essendosi attenuto alla prescrizione che impone di «operare nei rapporti con i terzi con imparzialità, trasparenza e correttezza, evitando di instaurare relazioni che siano frutto di sollecitazioni esterne o che possano generare un conflitto di interesse»;
   a fronte di tali comportamenti sconcertanti – per i quali già si profilano risvolti di responsabilità sociale dell'amministratore, nonché erariale e per danno all'immagine – nessun intervento è stato adottato dal socio unico di Consip nei confronti degli amministratori interessati, mentre si apprende che il Ministro interrogato avrebbe già riconfermato la fiducia all'amministratore delegato, nonostante questi gli abbia offerto la propria disponibilità a lasciare l'incarico –:
   se sia stato informato tempestivamente, a norma di statuto, delle gravi compromissioni dell'azione amministrativa in corso presso Consip e, in caso contrario, quali iniziative intenda adottare tenuto conto della violazione di espressi obblighi da statuto e codice etico, non essendo state fornite al Ministero dell'economia e delle finanze, agli organi societari e agli inquirenti le informazioni sulle pressioni che l'amministratore delegato di Consip ha riferito (solo ora) di avere ricevuto, e per quali ragioni il Ministro interrogato avrebbe rinnovato la fiducia all'amministratore delegato, anziché convocare l'assemblea per sollevarlo dall'incarico, sostituire tutto il consiglio d'amministrazione e adottare i provvedimenti richiesti in tale situazione. (3-02857)


Posizione del Governo italiano sul tema dei fondi volti a finanziare il controllo delle nascite e l'aborto legale nei Paesi in via di sviluppo, nell'ambito del prossimo incontro informale dei Ministri responsabili per la cooperazione e lo sviluppo dell'Unione europea – 3-02858

H)

   GIGLI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   nel mese di febbraio 2017 il Parlamento europeo ha approvato la cosiddetta «risoluzione Tarabella», non legislativa, sulla parità tra uomo e donna;
   la risoluzione citata ha, certamente, parti condivisibili e di buon senso, come quelle relative alla parità di accesso alla lavoro, alle iniziative contro la violenza sulle donne o quelle contro il lavoro minorile ed altre;
   purtroppo, però, un emendamento presentato da alcuni gruppi di sinistra ha voluto intervenire in risposta, a parere dell'interrogante in modo improprio, alla decisione del Presidente Trump di vietare che organizzazioni non governative internazionali ricevano fondi dagli Usa qualora tra i servizi per la pianificazione familiare offrano anche l'aborto;
   in particolare, il Parlamento europeo ha deciso di lanciare un fondo internazionale per finanziare l'accesso al controllo delle nascite ed all'aborto sicuro e legale, con l'utilizzo di fondi allo sviluppo a livello nazionale ed europeo, in modo da colmare il «buco» che la decisione americana causerebbe nei bilanci delle organizzazioni citate;
   un compromesso finale ha stabilito che la legislazione competente sulla riproduzione resta di competenza statale;
   nonostante questo, stupisce che il Parlamento europeo abbia deciso di seguire la linea di alcuni Stati europei, come i Paesi Bassi, che avevano deciso autonomamente di creare un fondo ad hoc per compensare le perdite finanziarie causate dalla decisione del Presidente Trump;
   risulta all'interrogante che il Ministro danese per la cooperazione Ulla Tornaes ha avviato un processo per far sottoscrivere agli Stati membri una lettera comune da sottoporre all'Alto rappresentate per la politica estera dell'Unione europea Mogherini e al Commissario Mimica;
   nella lettera si fa appello alla solidarietà con le donne in difficoltà per chiedere di aumentare i fondi dell'Unione europea destinati sostanzialmente a finanziare l'aborto nei Paesi in via di sviluppo, richiamando il cosiddetto approccio «fill the decency gap» che portò nel 2001 ad un contributo solidale di 32 milioni di euro per sostituire quelli americani soppressi;
   il Ministro danese, preoccupata che una versione più estesa della Mexico city policy da parte del Governo Usa possa portare a restringere i servizi per la cosiddetta salute riproduttiva, propone che il tema venga discusso durante l'incontro informale dei Ministri responsabili per la cooperazione e lo sviluppo che potrebbe essere già programmato nelle prossime settimane –:
   quale sarà la posizione che, sul tema della copertura dei fondi per l'aborto, assumerà il Governo in occasione del citato incontro. (3-02858)


Iniziative in ambito europeo e internazionale per la realizzazione di un blocco navale in prossimità della Libia – 3-02859

I)

   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   stando a quanto riportato da numerosi quotidiani, l'Unione europea sarebbe determinata a chiudere la cosiddetta rotta libica che porta in Europa i migranti irregolari attraverso i barconi che approdano sulle coste italiane;
   tra le ipotesi allo studio della Commissione europea, oltre a quella di chiedere al Governo di Tripoli l'autorizzazione per le navi europee a entrare nelle acque territoriali libiche per il contrasto al traffico di esseri umani, vi sarebbe anche quella di creare una «line of protection», di fatto un blocco navale da realizzare con unità e uomini libici finanziati dalla Commissione europea con duecento milioni di euro a costituire una prima linea di difesa per impedire le partenze, dietro alla quale dovrebbero continuare ad operare le navi europee della missione «Sofia», con lo scopo di soccorrere i migranti alla deriva e di distruggere i barconi catturati;
   in questo quadro, per rendere sicuro il meccanismo, l'Unione europea avrebbe intenzione di far verificare dal punto di vista legale anche l'attività delle organizzazioni non governative che operano al confine con le acque territoriali libiche, la cui presenza può essere un incentivo per i trafficanti a caricare i migranti su imbarcazioni inadatte a tenere il mare, contando sul fatto che saranno salvati, e sulle quali in Italia stanno già indagando due procure;
   dopo la chiusura della rotta balcanica i migranti che salpano dalle coste libiche verso l'Italia e l'Europa meridionale rappresentano il 90 per cento del totale e, dopo l'aumento del 18 per cento degli ingressi clandestini registrato già nel 2016, per il 2017 l'Unione europea ha preso atto del fatto che «non ci sono indicazioni che il trend possa cambiare finché non migliorerà la situazione economica e politica» nei Paesi di origine e in Libia e ha stimato le persone pronte a partire dalla Libia nel corso dell'estate 2017 tra settecentomila e il milione –:
   in che modo il Governo intenda agire affinché si giunga ad una tempestiva e favorevole conclusione delle trattative in ambito europeo e internazionale in corso per la realizzazione del blocco navale. (3-02859)


Iniziative volte a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, il riconoscimento del genocidio yazida, nonché per assicurare i responsabili alla giurisdizione della Corte penale internazionale – 3-02860

L)

   LOCATELLI, PASTORELLI e LO MONTE. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   secondo la risoluzione n. 260 del 1948, con la quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la «Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio»: è genocidio ciascuno degli atti commessi con «l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso»;
   gli yazidi sono un'etnia antichissima, linguisticamente di ceppo curdo e la cui identità è definita dalla professione di una fede preislamica, che combina elementi di diverse antiche religioni della regione medio orientale;
   nell'agosto del 2014, quando Daesh prese il sopravvento nella regione al confine tra Siria ed Iraq, la popolazione yazida, che viveva per lo più concentrata nel distretto di Sinjar, ha subito persecuzione, violenze e massacri;
   le Nazioni Unite hanno stimato che nel 2015 cinquemila yazidi sono stati massacrati e 7.000 donne e ragazze sono state ridotte in schiavitù e a tutt'oggi donne yazide risultano prigioniere dell'Is;
   il rapporto del 2015 delle Nazioni Unite ha dichiarato la responsabilità di Daesh per il genocidio yazida davanti alla Corte penale internazionale;
   le accuse includono anche i crimini di guerra verso i civili, bambini inclusi, e crimini contro l'umanità per cui si invoca il Consiglio di Sicurezza di ricorrere alla Corte penale internazionale perché persegua i responsabili;
   l'Italia è attualmente membro non permanente del Consiglio di Sicurezza ed ha assunto la vice presidenza dell'Assemblea degli Stati facenti parte dello statuto della Corte penale internazionale;
   la Camera dei deputati, nella seduta del 27 settembre 2016, ha approvato le mozioni Locatelli n. 1-01291 e Rosato n. 1-01292, che impegnavano il Governo a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, ogni iniziativa volta al riconoscimento del genocidio del popolo yazida e ad assicurare i responsabili alla giurisdizione della Corte penale internazionale;
   dall'approvazione delle mozioni sono trascorsi 160 giorni, in data 10-13 febbraio 2017 una delegazione dell'intergruppo Italia-Kurdistan composta dai deputati Pia Locatelli, Lia Quartapelle Procopio e Giuseppe Romanini si è recata nella regione, ricevendo unanime riconoscimento per l'impegno del Parlamento italiano volto al riconoscimento in sede internazionale del genocidio yazida e al deferimento del caso alla Corte penale internazionale –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per promuovere, nelle competenti sedi internazionali, il riconoscimento del genocidio yazida e, in particolare, se abbia intrapreso o intenda intraprendere passi formali al fine di assicurare i responsabili alla giurisdizione della Corte penale internazionale. (3-02860)


Iniziative di competenza volte a sviluppare, nel contesto della stabilizzazione del territorio iracheno, un piano di intervento per la ricostruzione e la riconciliazione, con particolare riferimento alle minoranze vittime dei crimini perpetrati da Daesh – 3-02861

M)

   QUARTAPELLE PROCOPIO, NICOLETTI, ROMANINI, PREZIOSI, CASSANO, MOSCATT, TACCONI, ANDREA ROMANO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il Parlamento è impegnato nell'esame e approvazione della deliberazione del Consiglio dei ministri sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali che potenzia il contingente militare italiano in Iraq e le sue funzioni di addestramento per le forze locali;
   parallelamente, la deliberazione riconosce la necessità di rafforzare gli interventi di cooperazione come presupposto per una sicurezza duratura;
   proseguono le operazioni di liberazione della città di Mosul iniziate dal Governo iracheno nell'ottobre 2016 ed è notizia di queste ultime ore la riconquista di un secondo ponte sul fiume Tigri che collega la zona vecchia della città ai suoi quartieri meridionali, dopo la liberazione della parte orientale a gennaio 2017;
   nel corso dell'offensiva e dell'occupazione delle milizie di Daesh nell'Iraq settentrionale le minoranze etnico-religiose sono state oggetto di massacri e violenze di massa, abusi sessuali e privazioni della libertà, in particolare per le donne e per i bambini; i sopravvissuti sono stati costretti a un esodo di massa; dei 550 mila yazidi, 360 mila risultano attualmente sfollati, mentre dei 60 mila cristiani nell'area ne restano ormai soltanto 10 mila;
   una delegazione dell'intergruppo d'amicizia Italia-Kurdistan iracheno si è recata a Sulaimaniya, Dohuk ed Erbil per incontrare esponenti politici e istituzionali, nonché rappresentanti delle comunità religiose yazida e siriaco-cattolica;
   durante la visita si è manifestato unanime riconoscimento circa la leadership italiana nel programma di addestramento della coalizione; uguale apprezzamento è stato espresso per l'impegno del Parlamento italiano volto al riconoscimento in sede internazionale del genocidio yazida e al deferimento del caso alla Corte penale internazionale;
   alla delegazione parlamentare è stato indirizzato l'invito a rafforzare, parallelamente all'impegno dei militari italiani, le iniziative di cooperazione bilaterale e multilaterale per costruire sicurezza e stabilità durature, nonché la necessità di aumentare gli interventi di assistenza e sostegno alle minoranze vittime di Daesh essenziali per la ricostruzione, riconciliazione e coesione della società irachena;
   risulta sempre più gravosa la risposta sanitaria per feriti e infortunati più gravi, in particolare tra i minori –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare le iniziative di competenza volte a sviluppare, nel contesto della liberazione di Mosul e di una progressiva stabilizzazione del territorio iracheno, anche un dettagliato piano integrato d'intervento per la ricostruzione e la riconciliazione, con particolare riferimento alle minoranze vittime delle offensive e dei crimini efferati di Daesh per le quali si prospetterebbe, come unica alternativa, un esodo migratorio verso l'Europa. (3-02861)


COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 9 E 10 MARZO 2017

Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    nel prossimo Consiglio europeo del 9 e 10 marzo, i Capi di Stato e di Governo esamineranno alcune questioni inerenti all'economia, alla sicurezza e alle relazioni esterne dell'Unione europea, anche alla luce dei recenti sviluppi;
    lo scenario economico continua a mostrare una ripresa ancora molto fragile per tutta l'Unione: nonostante i segnali di miglioramento, nuove incertezze e rischi gravano sulle prospettive di crescita economica nella zona euro;
    i temi all'ordine del giorno si inseriscono, infatti, in un inedito contesto, all'indomani di importanti eventi, tra cui rilevano l'apertura del processo negoziale della Brexit, dagli esiti ancora incerti, la vittoria di Donald Trump alle presidenziali Usa, in grado di impattare sui futuri assetti dell'Unione e disegnare nuovi scenari geopolitici e le stesse relazioni transatlantiche; l'aggravarsi della crisi dell'Europa, attraversata da sentimenti di distacco dei cittadini europei dalle istituzioni e dal progetto europeo e dal crescere di populismi e nazionalismi, forieri di potenzialità distruttrici del processo di integrazione, che rischiano di esplodere nei risultati delle elezioni previste nel 2017 in molti paesi membri (Olanda, Francia, Austria, Germania);
    il doveroso perseguimento della riduzione dei disavanzi pubblici e del debito sovrano nei Paesi dell'Unione europea, laddove privo di margini di flessibilità e non adeguatamente bilanciato in considerazione degli sforzi sostenuti a livello nazionale, in particolare per le politiche in favore dell'occupazione, favorisce il diffondersi di sentimenti euroscettici;
    nonostante le difficoltà dell'Unione europea nel rispondere alle sfide del continente e a livello globale, si evidenziano comunque alcuni passi avanti compiuti nel corso del 2016; dall'estensione del Piano Juncker, con il raddoppio di durata e risorse del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e di cui l'Italia è ad oggi uno dei principali beneficiari; al Piano europeo per gli investimenti esterni, per un nuovo quadro di partenariato con i Paesi terzi nell'ambito dell'Agenda europea sulle migrazioni (che riprende in parte il Migration compact presentato dall'Italia), in favore di investimenti per i Paesi africani di maggiore flusso e transito; all'attivazione della Guardia di frontiera e costiera europea per la protezione delle frontiere esterne; alla strategia che muove i primi passi verso un nuovo quadro di partenariato per la cooperazione, con un forte focus sul Mediterraneo centrale e sulla Libia, con il Piano d'azione di La Valletta, di aiuto pubblico allo sviluppo per l'Africa, in linea con le proposte italiane e il recente memorandum Italia-Libia, al fine di contenere la pressione dei flussi dall'Africa e sostenere la capacità libica di gestione delle proprie frontiere; fino all'adozione della Global Strategy per rafforzare il ruolo dell'Europa nel settore della politica estera, sicurezza e difesa, lanciata dall'Alto rappresentante Mogherini;
    le azioni delineate e appena avviate rischiano tuttavia un arresto se non si procede a un rilancio coraggioso dell'Unione, cambiando la direzione di marcia fino ad oggi seguita, caratterizzata da una governance politica spesso frenata da interessi intergovernativi e da derive nazionalistiche e da una governance economica imperniata ancora troppo su austerità, ristrettezza dei bilanci, sia a livello nazionale che europeo, e poco su investimenti, sviluppo e crescita;
    in tale contesto assume particolare valenza l'imminente vertice di Roma del 25 marzo 2017, per il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, un appuntamento che dovrebbe segnare un punto di svolta per un rilancio e un rinnovamento del processo di integrazione politica europea; in tale direzione la presentazione del Libro bianco sul futuro dell'Europa da parte della Commissione europea contiene un forte richiamo all'Europa di Rossi e Spinelli e a un patriottismo europeo fondato sulla solidarietà e apre ufficialmente la fase delle scelte sulle modalità di rafforzamento dell'Unione europea;
   per quanto attiene in particolare ai temi dell'economia:
    a gennaio 2017 l'Eurogruppo ha discusso il progetto di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro per il 2017; i Ministri hanno convenuto che le raccomandazioni per il 2017 dovrebbero concentrarsi su crescita e creazione di posti di lavoro, su politiche di bilancio sane e sul completamento dell'unione bancaria. Il testo sarà ora sottoposto all'approvazione da parte del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo 2017;
    gli strumenti messi in atto (Meccanismo europeo di stabilità – Mes – semestre europeo, e unione bancaria) atti ad affrontare la crisi che affligge l'Europa, e in particolare l'eurozona, hanno salvaguardato l'euro ma non hanno intaccato i difetti strutturali dell'Unione; nonostante una lieve ripresa economica nella zona euro (segnalata nella su citata raccomandazione del Consiglio sulla politica economica di gennaio 2017, la crescita è ancora debole e fragile; le politiche economiche e fiscali europee, ancora inadeguate e incomplete, rischiano di produrre timide o insignificanti riprese, mentre molti Paesi membri registrano tassi di disoccupazione a due cifre, l'inflazione continua ad essere sotto i livelli di guardia e tali indicatori non fanno che accrescere l'euroscetticismo;
    sebbene gli investimenti siano in aumento, la produzione industriale è ancora al di sotto dei livelli pre-crisi in diversi Stati membri, la ripresa continua ad essere sostenuta in larga parte dai consumi privati, mentre si osserva un indebolimento della domanda esterna, anche in considerazione della concorrenza operata dalla crescita delle economie avanzate non appartenenti all'Unione europea e delle economie emergenti;
    il rapporto «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa» – noto come Rapporto dei cinque presidenti – mira a risolvere tali problemi con la progressiva realizzazione di un'unione economica, finanziaria (in particolare bancaria), fiscale e politica. Al fine di completare l'unione bancaria, occorre compiere progressi verso la realizzazione di una garanzia comune dei depositi, come proposto dalla Commissione europea. Occorrerà altresì muoversi verso la creazione di un'effettiva capacità fiscale per l'eurozona e verso l'adozione di regole che consentano di superare le attuali pratiche di concorrenza fiscale tra Stati membri;
    sebbene progressi siano stati compiuti su talune strategie – per il mercato unico e il mercato unico digitale, il piano d'azione per l'Unione dei mercati dei capitali, l'Unione dell'energia, il potenziamento del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) – il bilancio dell'Unione europea destina risorse ancora insufficienti alle politiche in favore di giovani, crescita e sviluppo;
    il Governo e il Parlamento italiano hanno sostenuto e continuano a sostenere la necessità di politiche fiscali più espansive, che nel quadro del «Patto per la stabilità e la crescita», consentano di rispettare la disciplina di bilancio, ma al contempo di assicurare un'effettiva e solida crescita;
    il prossimo Consiglio europeo del 9 e 10 marzo sarà preceduto dal Vertice sociale trilaterale (8 marzo), intitolato «Il futuro dell'Europa – Indicare la via verso crescita, occupazione ed equità», che sarà chiamato a riflettere su come rendere il lavoro proficuo per promuovere occupazione e inclusione sociale, come sviluppare nuove forme di lavoro e come costruire il Pilastro europeo dei diritti sociali. Un programma che dovrebbe ricollegarsi al tema della ripresa degli investimenti ed in cui potrebbe essere rilanciata la proposta di introduzione del sussidio europeo di disoccupazione – già presentato dal nostro Governo durante il semestre Ue di presidenza italiana e sostenuto con risoluzione n. 6-00223 della Camera del 21 marzo 2016 – quale risposta concreta ed efficace alle istanze dei lavoratori e, al tempo stesso, strumento per rimotivare l'opinione pubblica europea nei confronti del progetto di integrazione;
   per quanto attiene in particolare ai temi della difesa, sicurezza e relazioni esterne:
    i Ministri degli esteri e della difesa dei Paesi membri, all'indomani della vittoria di Trump, hanno deciso di rilanciare il progetto di rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza e difesa, concordato sulla base della proposta dell'Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini;
    il Piano di azione per la difesa europea (presentato dalla Commissione europea il 30 novembre 2016), si propone tra l'altro di mettere a disposizione degli Stati membri incentivi finanziari alla cooperazione, in particolare per acquisire le capacità di difesa di cui l'Unione europea nel suo complesso è priva;
    il Consiglio europeo del 15 dicembre 2016 ha dato mandato all'Alto Rappresentante di individuare opzioni volte ad attivare strumenti già previsti dal Trattato di Lisbona e mai usati da parte dei membri più ambiziosi, come quello di mettere insieme le loro capacità di difesa sotto forma di cooperazione strutturata permanente;
    il programma di azione concordato delinea la possibilità di un'importante svolta – aprendo la porta a quella che l'Italia, ha definito come «Schengen della Difesa» – che andrà sostenuta ed ulteriormente sviluppata nei prossimi appuntamenti, nella prospettiva di decisioni ambiziose al Consiglio europeo di giugno;
    la strategia di difesa comune europea dovrebbe operare in piena sinergia con la Nato per rafforzare la cooperazione soprattutto a est e a sud, fronteggiare le minacce ibride e informatiche, migliorando la sicurezza marittima e le capacità di difesa, in favore di una gestione delle crisi internazionali che superi la limitatezza di azione di singoli Paesi membri;
    la promozione di Unione della sicurezza è stata ribadita dal Presidente della Commissione europea Junker, nell'ambito della relazione al Parlamento dell'Unione europea sullo stato dell'Unione e a tal fine ha proposto la costituzione di un Fondo europeo per la difesa, con forte impulso alla ricerca e all'innovazione;
    anche il Parlamento europeo, con una recente risoluzione sollecita gli Stati a proseguire sulla via dell'integrazione in favore di un'Unione della difesa, anche in considerazione di un peggioramento della situazione della sicurezza a livello globale, e della sfida complessa cui nessun Paese membro può pensare di rispondere efficacemente da solo;
    a fronte delle nuove sfide mondiali che stanno portando alcuni protagonisti della scena internazionale a rinchiudersi dietro le suggestioni unilateraliste e sovraniste, l'Unione europea dovrà rafforzare la sua visione e il suo posizionamento internazionale basato su una idea di società aperta, proiettata alla ricerca di soluzioni multilaterali alle crisi globali, alla creazione di occupazione e sviluppo anche attraverso le opportunità offerte dal commercio internazionale, alla prosecuzione dell'impegno per la sicurezza internazionale nell'ambito delle alleanze esistenti, a partire dalla Nato, alla ricerca e allo sviluppo delle strategie per il contrasto dei mutamenti climatici, alla gestione realistica, solidale ed integrata dei fenomeni migratori;
    con particolare riferimento agli effetti anche sul fenomeno migratorio, lo sforzo del Governo italiano per il consolidamento, delle istituzioni libiche e la ricerca di una soluzione politica alla crisi che ha investito il Paese nord africano, scongiurandone il frazionamento territoriale, attraverso un processo di riconciliazione che veda la partecipazione di tutte le fazioni in campo, dovrà trovare un sempre più ampio sostegno unitario in ambito europeo, così come deliberato il 3 febbraio 2017 a La Valletta, nella riunione informale dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea;
    il Consiglio europeo torna a discutere dei Balcani occidentali, in un momento caratterizzato dal risorgere di tensioni sia all'interno dei sei Paesi della regione, sia nei rapporti interstatali. In tale quadro si riconferma l'importanza – e la non sostituibilità – del percorso di integrazione europea dei Paesi dell'area, come garanzia di stabilità e sicurezza per la regione e, più in generale, per l'intero continente europeo. Il processo dei Balcani occidentali, di cui l'Italia detiene attualmente la Presidenza e che culminerà nel Vertice di Trieste del 12 luglio 2017, riveste un ruolo di particolare rilievo nel sostenere la prospettiva europea dei Paesi della regione,

impegna il Governo:

1)  a sostenere la necessità di adottare politiche di bilancio sostenibili ma orientate alla crescita, e in particolare agli investimenti e all'occupazione, che tengano conto del contesto economico, anche attraverso l'eventuale adeguamento delle regole fiscali in vigore;

2)  a promuovere la formulazione di raccomandazioni sulle politiche fiscali per la zona euro nel suo complesso, nel quadro di una politica di bilancio di una strategia di crescita comuni;

3)  sottoporre ad una attenta analisi la condizione del sistema bancario europeo, con una particolare attenzione per i seguenti punti:
   a) urgente implementazione del terzo pilastro dell'unione bancaria, il sistema unico di tutela dei depositi fondamentale per il raggiungimento dell'obiettivo di un sistema bancario europeo unico, in grado anche di garantire scompensi di sistemi o istituti di livello nazionale;
   b) revisione della direttiva 2014/59/UE in base a quanto previsto dall'articolo 129 della medesima, al fine di apportare, entro il 1o giugno 2018, le opportune modifiche al regime del bail in;

4)  a favorire l'adozione di una politica industriale comune, necessaria al rilancio dell'Unione europea e al rafforzamento della sua posizione nel contesto globale in via di profonda trasformazione;

5)  a promuovere una sempre maggiore integrazione all'interno dell'Unione economica e monetaria (UEM), secondo le proposte avanzate già nel documento «A shared European policy strategy for growth, jobs and stability»;

6)  a sollecitare il rafforzamento del mercato unico (single market) attraverso la rimozione degli ostacoli alla creazione dell'Unione dei mercati di capitali (capital markets Union), nonché attraverso la riduzione della frammentazione e dell'eccessiva regolamentazione del mercato dell'energia;

7)  a favorire gli interventi volti alla realizzazione di un mercato unico digitale, che assicuri livelli e standard comuni per la sicurezza delle reti e delle informazioni, per la protezione dei consumatori su mercati online più sviluppati, per l'interoperabilità all'interno dell'Unione, nonché a perseguire, in ambito nazionale, il miglioramento dei servizi e delle infrastrutture e realizzare un'amministrazione digitale e più efficiente;

8)  a sostenere con determinazione, anche in vista del prossimo Vertice sociale trilaterale dell'8 marzo 2017 la necessità di approntare misure urgenti atte a contrastare l'alto livello di disoccupazione giovanile in aumento in molti Paesi dell'eurozona, con particolare riguardo alla proposta di istituire un sussidio europeo di disoccupazione; a promuovere, anche in vista delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario del Trattato di Roma, un rafforzamento del pilastro sociale dell'Unione, che apra la prospettiva di una autentica unione sociale;

9)  a continuare a perseguire attivamente, soprattutto in un contesto difficile per il futuro dell'Europa, il rafforzamento della solidarietà e della coesione all'interno dell'Unione, anche mediante l'immediata operatività di accordi di cooperazione rafforzata laddove gli Stati più ambiziosi concordino sulla necessità di proseguire verso una maggiore integrazione, nonché ad assicurare un'operatività effettiva degli accordi di partenariato con i Paesi terzi, con particolare riguardo al Mediterraneo centrale e alla Libia, assicurandosi che alla rotta centro-mediterranea venga attribuito un livello di attenzione almeno analogo a quello assicurato alla rotta dei Balcani occidentali, anche in termini di risorse finanziarie;

10) a continuare a sostenere attivamente nelle sedi europee le iniziative di rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza e difesa, anche perseguendo approcci differenziati, in direzione di una Unione europea della difesa;

11) ad appoggiare la proposta per la costituzione di un fondo europeo per la difesa, che contempli anche l'esclusione dal calcolo del deficit, nell'ambito delle regole di bilancio della moneta unica, delle spese per la ricerca militare e per l'aiuto allo sviluppo, sostenuta dal Presidente della Commissione europea Junker;

12) a proseguire nell'azione di sostegno dell'impegno europeo nel rafforzamento delle sedi della discussione multilaterale delle crisi internazionali;

13) a sostenere un approccio più ambizioso dell'Unione europea nelle relazioni internazionali finalizzato al rispetto degli accordi di Parigi in materia di cambiamenti climatici;

14) a proseguire nel sostegno delle strategie di collaborazione comunitaria con i Paesi africani, anche attraverso una consistente e tempestiva implementazione del Peie e del Piano della Valletta;

15) a ribadire con determinazione il pieno sostegno al percorso di integrazione europea dei Balcani occidentali e l'immutato impegno a favore della stabilità dei Paesi della regione e del rilancio della cooperazione intraregionale, nonché a richiamare il rilievo in tale ambito del Processo dei Balcani occidentali e del prossimo Vertice di Trieste sotto presidenza italiana;

16) ad assumere iniziative volte a rafforzare la cooperazione culturale fra Paesi dell'Unione al fine di migliorare la conoscenza delle strutture giuridiche e dei sistemi di regole dell'Unione, della filosofia che le anima e della storia alla quale esse devono la loro esistenza in modo tale da far crescere la coscienza di una comune cittadinanza europea; ad assumere iniziative, altresì, per favorire la formazione di una opinione pubblica europea che è la base di un popolo europeo che nasce dalla convivenza e dal dialogo delle diverse nazioni che lo compongono;

17) a sostenere decisamente, in vista del prossimo Vertice di Roma del 25 marzo 2017 per celebrare i sessant'anni dei Trattati dell'Unione europea, un rilancio del progetto europeo per riaffermare la perdurante validità del processo d'integrazione come concepito dai Padri fondatori e, al contempo, delineare la necessità di rinnovarlo per adattarlo alle sfide attuali tenendo conto dei «diversi livelli di ambizione» degli Stati membri.
(6-00297) «Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Locatelli, Alfreider, Buttiglione, Bueno».


   La Camera
   ascoltate le comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista della prossimo Consiglio Europeo;
   premesso che:
    il contesto internazionale nel quale l'Unione Europea è calata attraversa una fase di evoluzione accelerata, soprattutto in conseguenza del cambio di Amministrazione negli Stati Uniti, al quale dovrebbero far seguito importanti mutamenti nell'approccio di Washington agli affari mondiali, dalla gestione del commercio internazionale ai rapporti con le altre grandi potenze;
    è certo che del probabile quanto imminente cambio di paradigma da parte americana faccia parte la rinuncia al perseguimento del TTIP, la Partnership Transatlantica del Commercio e degli Investimenti, che rappresentava invece un architrave della politica estera dell'Amministrazione Obama;
    si stanno inoltre meglio definendo i contorni dell'ambizioso progetto cinese di rivitalizzazione della via della Seta, che ha preso corpo sullo sfondo di una crescita dell'interscambio euro-cinese;
    le politiche perseguite dall'Unione europea per il rafforzamento del mercato unico in termini di libera circolazione di capitali e merci prevedono, fra l'altro, un maggiore ricorso al metodo bilaterale, che in nome della stimolazione della competizione rischia di estromettere dal mercato le imprese di più piccole dimensioni, esponendole all'aggressiva concorrenza di Paesi le cui regole di mercato sono molto meno stringenti delle nostre, a danno della qualità delle merci, dell'ambiente e della salute stessa dei consumatori;
    le recenti dichiarazioni della Cancelliera Merkel sull'Europa a più velocità consistono in una vera e propria rinuncia al progetto di un'Europa che cresca armonicamente allo stesso ritmo in tutti i Paesi membri; infatti i diversi livelli di sviluppo e tassazione dei vari Stati della zona euro impongono a questo punto l'adozione di misure diverse da quelle orientate al sistema di mercato concorrenziale finora attuato;
    in un'Europa a geometria variabile le norme vigenti in materia fiscale ed economica producono effetti dannosi quali la delocalizzazione ed il dumping. Fenomeni che assumono ancor più gravità se le imprese che delocalizzano lo fanno servendosi degli incentivi statali del Paese di origine, licenziando la manodopera locale e rivendendo il prodotto finito al Paese di provenienza ad un costo estremamente più alto rispetto a quello di produzione in una logica di massimizzazione del profitto;
    la ripresa europea permane complessivamente fiacca, non uniforme ed incapace di generare adeguati incrementi dell'occupazione, particolarmente nel nostro Paese, circostanza che dovrebbe indurre un ripensamento delle politiche economiche attuate in primo luogo nell'Eurozona;
    l'impatto della regolamentazione europea relativa ai servizi del mercato interno, ha prodotto in alcuni settori strategici per l'economia italiana diverse problematiche, con particolare riferimento alle concessioni per il commercio sulle aree pubbliche e per il demanio marittimo;
    lo sviluppo del settore dei servizi deve essere perseguito in maniera equilibrata e sostenibile e comunque in modo tale da non pregiudicare la crescita e i livelli occupazionali esistenti nei paesi membri dell'Unione europea;
    con riguardo alla crescita economica e salariale, l'Italia continua a registrare una tassazione sul lavoro ben al di sopra della media europea che, in combinato con la scorretta politica salariale di taluni Paesi membri (vero e proprio dumping salariale), di fatto pone tali Paesi nella condizione di sottrarre capacità produttiva ai partner europei e l'Italia nella fattispecie in condizioni di non competitività;
    non accenna ad attenuarsi l'emergenza migratoria, che vede il nostro Paese in prima fila e l'Unione europea impegnata militarmente nel Mediterraneo con risultati che rimangono purtroppo insoddisfacenti;
    non pare una soluzione praticabile una politica di ripartizione degli aspiranti rifugiati, mentre sta assumendo maggiore urgenza, come evidenziato anche recentemente dalla Commissione europea nonostante il piano di azione sul rimpatrio dell'Unione europea ancora del settembre 2015, la necessità di attuare il respingimento ed il rimpatrio dei migranti economici di cui non sia stata accolta la richiesta di protezione internazionale, stimati ad oggi in un milione circa e destinati ad aumentare rapidamente per effetto dei continui arrivi;
    in assenza di certezze sul piano dei respingimenti e dei rimpatri dei migranti irregolari, nessun Paese europeo accetterà facilmente di ospitare aspiranti profughi giunti in un altro Paese;
    in questo contesto, la transizione alle fasi più incisive della missione EUNAVFOR MED appare di particolare rilevanza;
    appare altresì interessante, ed assolutamente da esplorare, una politica di maggiore presenza dell'Europa nei Paesi africani di partenza e in quelli di transito dei migranti economici e degli aspiranti profughi lungo le rotte che dal Corno d'Africa e dall'Africa occidentale conducono rispettivamente verso Niger e Sudan, prima di approdare alle coste libiche;
    sul versante della sicurezza e della difesa, la circostanza che la prosecuzione dell'impegno statunitense a proteggere gli alleati europei della NATO, la gran parte dei quali è membro dell'Unione europea, sia stata recentemente subordinata al fatto che le spese militari raggiungano la soglia del 2 per cento del Pil, rappresenta una sfida rispetto alla quale urge una presa di posizione dell'Unione europea;
    il terrorismo di matrice jihadista rimane una minaccia tanto interna quanto esterna che grava su tutti i Paesi dell'Unione Europea e va affrontata migliorando la cooperazione tra le intelligence e le polizie degli Stati membri, sottolineando tuttavia come il primo, essenziale, coordinamento è quello che ciascun paese è chiamato a realizzare al proprio interno,

impegna il Governo:

 1) a sollevare in ambito europeo la questione di una rinuncia consensuale di Ue e Stati Uniti al TTIP;

 2) a sollecitare misure di politica commerciale che prevengano il possibile tentativo cinese di recuperare in Europa parte del surplus commerciale alla quale la Repubblica Popolare sarà probabilmente presto costretta a rinunciare nei suoi scambi bilaterali con gli Stati Uniti;

 3) a ribadire la necessità, nell'ambito dell'attuazione delle politiche commerciali per il rafforzamento del mercato unico, di adottare un approccio sistemico che favorisca l'apparato produttivo italiano, ed in particolare il comparto manifatturiero e agroalimentare, permettendo di sostenere le eccellenze italiane, preservandole dall'aggressiva concorrenza di Paesi le cui regole di mercato sono molto meno stringenti delle nostre, a danno della qualità delle merci, della salute e dell'ambiente;

 4) a promuovere nelle opportune sedi europee l'adozione di nuove misure economiche e fiscali che obblighino le imprese che beneficiano di contributi e/o agevolazioni statali di qualsiasi natura, da un lato alla restituzione degli stessi nel caso in cui delocalizzino la produzione e riducano il personale locale impiegato, e dall'altro al pagamento di un'imposta sulla circolazione dei beni che sono stati prodotti nel Paese in cui è stata delocalizzata la produzione.

 5) a proporre nelle sedi opportune le necessarie modifiche alla direttiva sui servizi affinché venga salvaguardata la specificità dei settori citati nelle premesse per non pregiudicarne la crescita ed i livelli occupazionali;

 6) ad adoperarsi per reperire risorse da destinare alla riduzione stabile e permanente del costo del lavoro, indispensabile a fronteggiare la competizione intraeuropea, attraverso misure di detassazione ed al contempo di decontribuzione senza intaccare l'ammontare del futuro trattamento pensionistico;

 7) ad assumere iniziative per prevedere, al fine della semplificazione del costo del lavoro sia in termini burocratici che fiscali, l'apposizione di una Tax Rate omnicomprensiva affinché l'impresa sappia immediatamente quale sia il costo del dipendente e non debba dedicare molte ore nelle procedure fiscali per effettuare i numerosi e diversificati versamenti allo Stato (contributi, erario, assicurazione, assistenza);

 8) ad esigere in ambito europeo una politica di contenimento dei flussi migratori che enfatizzi il respingimento dei «finti profughi», in primo luogo con una incisiva campagna di rimpatri che serva a modificare le percezioni di coloro che ambiscono ad entrare nell'Unione europea, considerato che occorre stabilire nei confronti dei migranti economici un'efficace dissuasione, se necessario sottraendo le spese per i rimpatri dall'applicazione del Patto di Stabilità;

 9) ad adottare le opportune iniziative volte a vietare la libera circolazione sul territorio nazionale degli immigrati che ancora non abbiano ottenuto forme di protezione nazionale e internazionale;

 10) in questo contesto, ad esercitare le opportune iniziative affinché in ambito europeo si raggiunga un accordo circa il fatto che la forza militare, inclusa quella di cui dispone l'EUNAVFOR MED, va utilizzata per proteggere i confini marittimi dello spazio unico europeo, anche in cooperazione con l'Alleanza Atlantica, anziché come troppo spesso fatto finora per agevolare i migranti a raggiungere il nostro Continente;

 11) ad appoggiare inoltre qualsiasi proposta vada nella direzione della creazione di centri di accoglienza e per l'esame delle domande di protezione internazionale direttamente sul suolo africano, ad esempio in Niger, in Etiopia o nell'Egitto meridionale;

 12) sul versante della sicurezza e della difesa, a sollecitare nell'ambito del Consiglio europeo una riflessione realistica circa le conseguenze del cambio di paradigma che la nuova Amministrazione americana si accinge ad imporre alla politica estera degli Stati Uniti, deliberando in particolare sull'opportunità o meno di sottrarre al rispetto del Patto di Stabilità le maggiori spese militari richieste da Washington per raggiungere la soglia del 2 per cento del Prodotto interno lordo;

 13) ad invitare tutti i Paesi membri dell'Unione europea a valutare più realisticamente le possibilità di sviluppo di capacità militari comuni, dal momento che il loro allestimento equivarrebbe a sancire una perdita di sovranità molto rischiosa in tempi di crescente instabilità e percezioni nazionali degli interessi e delle minacce tanto differenziate anche nell'ambito dell'Unione europea;

 14) ad evidenziare, in materia di lotta al terrorismo di matrice jihadista, la necessità di realizzare un primo, essenziale, livello di coordinamento tra le intelligence e le forze di polizia all'interno di ciascun Paese membro dell'Unione europea, assenza del quale, infatti, nessuna cooperazione transnazionale tra le intelligence e le forze di polizia dei singoli Stati europei ha alcuna speranza di successo.
(6-00298) «Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Molteni, Busin, Simonetti, Gianluca Pini, Saltamartini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Castiello, Grimoldi, Invernizzi, Pagano, Picchi, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il progetto europeo sta soffrendo, oggi, una crisi senza precedenti e di ardua soluzione aggravato dal nuovo scenario globale mondiale determinatosi e succeduto all'uscita della Gran Bretagna dall'Europa e alla vittoria presidenziale in America di Donald Trump e delle sue politiche pericolosamente curvate verso il populismo, connotate fortemente da protezionismo e nazionalismo e che mettono in discussione la stessa alleanza NATO costringendo l'Europa a dover scegliere nuove politiche di difesa in un quadro mondiale destabilizzato soprattutto dalla grave crisi mediorientale che alimenta tra l'altro l'incremento del fenomeno della migrazione;
    gli eventi degli ultimi anni – tra cui la crisi greca, la Brexit, la pressione migratoria sempre più forte alle frontiere dell'Unione europea, gli attacchi terroristici e, infine, l'instabilità politica che regna ai confini sud orientali dell'Unione europea – hanno ulteriormente acuito l'insufficienza delle politiche europee attuate sino ad oggi in risposta alla recessione economica e alla disoccupazione sempre più dilagante tanto da essere considerate inadeguate dai cittadini europei che, di conseguenza, mettono sempre più spesso in discussione il valore aggiunto della loro appartenenza all'Unione. Non a caso, davanti all'intensità e alla durata eccezionale della crisi economica cresce sempre più il consenso verso proposte populiste che fanno prevalere gli interessi nazionali sul bene comune. Oggi nell'imminenza del rinnovo dei Parlamenti e di importanti partner europei come la Francia, la Germania, l'Olanda e la stessa Italia, le spinte nazionaliste, populiste e contrarie all'euro possono portare ad una disgregazione dell'Europa e a colpire la stessa idea di Unione europea;
    oggi occorre una forte risposta dai Governi nazionali e dalle istituzioni dell'Unione europea che tenda a far accrescere il processo di integrazione europeo attraverso la costruzione di un'Europa dei popoli che proponga in campo economico politiche espansive necessarie alla crescita e all'occupazione, soprattutto giovanile e politiche comuni di sicurezza interna e di difesa;
    a fronte delle reali necessità dei cittadini dei Paesi europei le risposte della Commissione europea continuano ad essere improntate ad una asfissiante richiesta di austerità e di applicazione rigida delle regole di bilancio che appaiono ormai obsolete e che andrebbero, al più presto, profondamente cambiate;
    la Commissione europea ha prodotto un libro bianco che segna l'avvio del confronto sull'Europa a più velocità, concentrata su alcune aree specifiche che vanno dal «pilastro sociale» alla difesa comune, dal completamento dell'euro al futuro del bilancio dell'Unione. Il documento propone cinque scenari differenti che tuttavia non toccano gli argomenti che stanno più a cuore dei Paesi dell'unione monetaria: la mutualizzazione dei debiti pubblici, l'unione bancaria o la capacità di bilancio della zona euro. La commissione europea pur non effettuando volutamente una scelta fra le varie ipotesi, tuttavia fa emergere la propensione del presidente Juncker per un'ipotesi di un'Europa a centri concentrici ossia a due velocità allineandosi con le recenti dichiarazioni della Cancelliera Merkel;
    la Commissione europea ha il compito di proporre direttive che coordinino le politiche comuni europee che tuttavia hanno il grave limite di essere eccessivamente tecnocratiche, disancorate dalla società civile, troppo vaghe e dilazionate nel tempo, rimesse, come sono, ad una revisione dei Trattati da effettuare alla fine del percorso proposto e quindi all'attuazione, sempre dilazionata, della democrazia mentre l'esigenza forte che nasce dal seno delle popolazioni europee è di sentire le politiche dell'Unione europea incidere direttamente e profondamente nella via di tutti i cittadini a partire dal lavoro e dalle imprese, dalla sicurezza, dall'equità fiscale e contributiva, da un welfare equo;
    la Commissione europea nel pubblicare, nel gennaio 2017, le relazioni per Paese sulle analisi delle rispettive situazioni economiche ha inserito l'Italia tra i Paesi che presentano squilibri macroeconomici eccessivi e ha ribadito la necessità che l'Italia appronti una correzione dei conti dello 0,2 per cento del prodotto interno lordo pari a circa 3,4 miliardi di euro. E se dall'Italia non sarà presentata alcuna garanzia di aggiustamento del deficit strutturale, l'Unione europea non avrebbe altra scelta se non quella di aprire una procedura di infrazione per debito eccessivo, che costringerebbe l'Italia ad un pesante percorso di aggiustamento dei conti;
    crescita, debito, produttività riforme sono problemi dell'Italia ma non solo, in Europa, e non da oggi, che impongono un approccio di lungo termine. La via maestra è di chiedere con forza all'Europa un serio processo di revisione delle regole economiche e, nell'immediato, l'introduzione della regola che consideri gli investimenti al di fuori del patto di stabilità, puntando sul denominatore, la crescita, per generare un deciso aumento della produttività e garantendo così la discesa del debito;
    vi è, inoltrerà necessità di allineare l'Italia al resto dell'Europa che viaggia intorno all'aumento annuo del prodotto interno lordo dell'1,7 per cento (la Spagna cresce, per il secondo anno consecutivo, del 3,2 per cento), contro il nostro modesto 0,9; ha una disoccupazione in calo al 9,2 per cento contro il nostro consolidato 12 per cento e quasi il 40 per cento della disoccupazione giovanile;
    allo stato servirebbe soprattutto una politica economica europea coerente con lo sviluppo dell'area euro, che definisca le politiche tese ad aumentare la domanda e, in particolare, gli investimenti in settori strategici in grado di creare occupazione, sviluppo sostenibile e coesione sociale. Tali investimenti sono rilevanti in primo luogo per gli effetti aggregati sull'economia, che vedrebbe un aumento del prodotto interno lordo e quindi un miglioramento degli indicatori di sostenibilità del debito. In secondo luogo, l'investimento in tali settori condurrebbe l'Italia e l'Europa ad avvicinarsi in misura significativa agli obiettivi di Europa 2020 in una varietà di campi sociali e ambientali;
    il fenomeno del disagio sociale sta crescendo in tutta Europa, gonfiando le fila dei vari populismi e in Italia sta crescendo paurosamente. I morsi della crisi e della recessione si fanno sentire con una disoccupazione ormai a livelli di guardia, con l'occupazione che se la si perde non la si ritrova, con i ripetuti tagli ai servizi in omaggio alla tenuta dei conti. Secondo i recenti dati Istat la povertà assoluta investe 4,6 milioni di italiani, non poco per il settimo Paese più ricco del pianeta. Sono numeri da brivido, mai così alti da dieci anni a questa parte. Il numero di giovani in povertà è triplicato nel corso della crisi nera giungendo alla cifra di un milione. Un minore su dieci vive, o è meglio dire sopravvive, nel disagio assoluto. Le famiglie numerose sono le più colpite, specie se di stranieri residenti, che sono 4 su 10 famiglie povere. Il Sud è il più colpito con 4 famiglie su 10 e precipita sempre più indietro rispetto al Nord che, tuttavia, vede anch'esso crescere dal 4,2 per cento al 5 per cento le famiglie povere. Il Censis inoltre stima in undici milioni gli italiani che rinunciano o rinviano le cure perché costose e non se le possono permettere;
    in particolare, per quanto riguarda l'Italia, la Commissione europea ha individuato alcuni fattori che contribuiscono alla sua scarsa competitività, ossia l'evasione fiscale, il mancato adempimento dei contratti, il livello ridotto di investimenti privati in ricerca e sviluppo, la mancanza di start-up innovative, la scarsa disponibilità di competenze, la mancanza di finanziamenti attraverso il capitale personale, la modesta crescita delle imprese e dell'internazionalizzazione, il cattivo funzionamento della pubblica amministrazione;
    una politica commerciale vincente, oltre che apportare un contributo significativo all'aumento della crescita sostenibile e alla creazione di posti di lavoro dovrebbe essere finalizzata a garantire i princìpi e i valori europei, a partire dalla democrazia e dai diritti umani, ma anche della visione dell'Unione europea in materia di ambiente, inclusi la salute e la tutela dei consumatori e il benessere animale, di diritti sociali, del lavoro e dello sviluppo;
    l'accordo di libero scambio e investimento fra il Canada e l'Unione europea mira alla più ampia liberalizzazione nella storia dei negoziati commerciali dell'Unione europea, e per questo motivo le implicazioni politiche ed economiche sui Paesi membri dell'Unione europea sono enormi;
    con il via libera al Ceta, la maggior parte delle multinazionali americane, già attive sul territorio canadese, potranno citare in giudizio nei tribunali internazionali privati le aziende europee, avvalendosi della clausola investment court system (Ics, il sistema giudiziario arbitrale per la difesa degli investimenti), inserito nel Ttip, che tanti Paesi dell'Unione europea stanno osteggiando. L'Europa, infatti, concederà al Canada e alle sue imprese con il Ceta condizioni di favore per l'accesso al nostro mercato comune, ma 42 mila grandi imprese americane hanno sedi sussidiarie in Canada e potranno, così, anch'esse usufruire di benefici commerciali diretti in Europa anche senza che si concordi con gli Usa un trattato di liberalizzazione commerciale apposito come il Ttip;
    quindi gli effetti del Ttip i cui negoziati, peraltro segreti, che sono stati oggetto, il 17 gennaio 2017, di una valutazione comune da parte della commissaria al commercio Cecilia Malmstrom e del rappresentante al commercio degli Stati Uniti, rischiano di rilevare tutta la loro drammaticità con l'entrata in vigore del Ceta e mentre Governi come la Francia chiedono ripetutamente lo stop per i negoziati, il Governo italiano dichiara che: «sarebbe in ogni caso estremamente difficile trovare una ragione che giustifichi l'interruzione delle trattative con il nostro principale partner economico e politico dopo appena due anni e mezzo di negoziato, quando per chiudere un accordo meno ambizioso con il Canada ce ne sono voluti ben 6. Ed è evidente che se ciò accadesse l'Europa non avrebbe più alcuna credibilità per condurre un qualsivoglia negoziato commerciale»;
    il Governo italiano, sulla base del piano d'azione presentato dalla commissione europea, ha approvato un pacchetto di misure volte a delineare la nuova strategia governativa sul tema della sicurezza interna e sul tema del contrasto al fenomeno migratorio. Sul primo punto la risposta è una risposta securitaria a un problema sociale proponendo un'idea di sicurezza che considera la marginalità sociale presente nello spazio pubblico come elemento deturpatore del «decoro», della «quiete pubblica» e finanche della «moralità» (citazioni del decreto). Un'idea, questa, vecchia e banalmente repressiva di sicurezza, alternativa e contrapposta ad una tradizione di sicurezza «democratica», partecipata, ispirata a logiche di prevenzione per la gestione del flusso migratorio. Sul secondo punto proponendo soluzioni che si articolano essenzialmente in quattro punti: semplificazione e accelerazione delle procedure di accoglienza dei richiedenti asilo attraverso la riduzione dei diritti e delle garanzie, trattenimento dei migranti in nuovi Centri di detenzione per l'identificazione e l'espulsione (Cie) per rendere effettivi e rapidi i rimpatri forzati, rinnovo degli incentivi già previsti per i comuni che accolgono i migranti e naturalmente una serie di accordi bilaterali con i Paesi di origine e transito dei migranti noti per i regimi dittatoriali e le sistematiche violazioni dei diritti umani;
    il Commissario Avramopoulos ha dichiarato che «garantire che i migranti irregolari siano rimpatriati rapidamente non solo allenterà la pressione sui sistemi di asilo degli Stati membri e permetterà di mantenere adeguate capacità di protezione per chi ne ha realmente bisogno, ma sarà anche e soprattutto un segnale forte per scoraggiare i pericolosi viaggi della speranza verso l'Unione europea» senza considerare il rischio reale che i rimpatri più veloci si trasformino in giudizi sommari e che non c’è nulla di umanitario nel voler «scoraggiare» chi vuole partire verso l'Europa per lasciarsi dietro guerra, fame, violenza e morte;
    la crescente instabilità di tutta l'area del sud mediterraneo meridionale e medio orientale seguita da un crescente numero di migranti che cercano di raggiungere l'Europa richiede di intensificare gli sforzi per definire una politica migratoria efficace, umanitaria e sicura che affronti con lungimiranza ed umanità il fenomeno storico dei flussi migratori abbandonando l'ottica emergenziale con cui sta attualmente operando ostinandosi a proporre politiche miopi ed inadeguate e soprattutto rinunciando alla facile formula della riduzione dei diritti e delle garanzie che risulta essere una risposta evidentemente inadeguata per sanare il sistema di accoglienza migratorio;
    il piano del Ministro Minniti, prevedendo solo 20.000 rimpatri a fronte di circa 500.000 immigrati irregolari, è solo un piano di facciata essendo del tutto inadeguato a fronteggiare il previsto consistente flusso di migranti e dimostra che l'Europa non ha ancora politicamente preso atto che il fenomeno della mobilità globale accompagna l'umanità da sempre ed è destinato a rimanere. Secondo stime comunitarie, attualmente sul territorio europeo i migranti irregolari da espellere sarebbero un milione;
    gli ultimi dati relativi ai livelli di rifugiati arrivati in Italia e in Grecia ridistribuiti in tutta Europa rimane drammaticamente basso, 13.546 sui 160.000 mila in via straordinaria tra il 2015 e il 2017 a causa della mancanza da parte di molti Paesi europei del rispetto degli impegni presi nel 2015 sui rispettivi ricollocamenti e a questo ritmo non sarà possibile ricollocare, entro settembre 2017 tutti i richiedenti asilo attualmente presenti nei due paesi. Solo 2 Paesi, Malta e la Finlandia, stanno rispettando in pieno gli impegni presi mentre l'Ungheria, l'Austria e la Polonia si sono addirittura rifiutati e i Paesi balcanici, Repubblica Ceca, Bulgaria, Croazia e Slovacchia lo stanno facendo in modo solo limitato;
    la situazione nei Balcani occidentali vede una recrudescenza di antichi conflitti e tensioni che l'Unione europea non è stata in grado di contrastare efficacemente, rispondendo con un processo di integrazione lento e molto frammentario. L'area è stata per secoli terreno di sanguinose guerre e conflitti, essendo costituita da paesi molto differenti tra loro in termini economici e politici: una diversità riscontratasi anche durante il processo di integrazione europea, che vede Paesi come la Croazia già membri dell'Unione europea e Paesi ancora alle fasi iniziali dei negoziati;
    il rischio è ora quello di una divisione sempre più netta tra i Paesi della zona che hanno già completato il loro ingresso nell'Unione europea, o sono prossimi a compierlo, e gli Stati che, invece, vedono allontanarsi inesorabilmente l'avvio dei negoziati, con una progressiva marginalizzazione e la creazione di quello che molti analisti configurano come un «nuovo ghetto»;
    particolare preoccupazione desta la situazione politica della Macedonia, cui si aggiungono l'annosa questione del mancato riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo da parte di alcuni Stati membri e non, nonché l'intensificarsi dei nazionalismi in tutta l'area, come dimostra la pessima accoglienza di cui ha goduto l'Alto rappresentante Federica Mogherini durante il suo discorso presso il Parlamento serbo. Si ricorda inoltre come il Presidente russo Vladimir Putin abbia recentemente dichiarato i Balcani occidentali parte della sua « sfera di influenza», utilizzando il rafforzarsi dei sentimenti nazionalisti e dei conflitti etnici per confermare la sua influenza sulla regione. Una situazione che negli ultimi anni ha, tra l'altro, comportato gravissimi danni alla gestione dei flussi migratori, ostacolati con violenza e durezza da parte delle autorità anche qualora si trattasse di rifugiati, con un vero e proprio blocco della cosiddetta « rotta balcanica»,

impegna il Governo:

1)  in riferimento all'occupazione, alla crescita e alla competitività;
   a) ad adoperarsi perché venga radicalmente modificata e ribaltata l'impostazione delle politiche economiche e fiscali europee fondate sulla svalutazione e sulla precarizzazione del lavoro, sulla riduzione della spesa e degli investimenti pubblici, sulle privatizzazioni; ad adoperarsi perché venga radicalmente corretta la costruzione dell'unione monetaria, subordinandola alla promozione di politiche comuni in campo fiscale, economico e sociale con il cambio dei trattati – incluso il Fiscal Compact – abbandonando le politiche di austerità e dei vincoli di bilancio a favore di politiche espansive, degli investimenti pubblici, del lavoro;
   b) ad adoperarsi affinché il processo unitario che ha caratterizzato, fino ad oggi, l'Unione europea sia corretto con la promozione di politiche fiscali, sociali ed economiche comuni – oltre il paradigma delle politiche neoliberiste e di austerità e di un'unione monetaria priva di un'unione delle politiche economiche e fiscali – evitando lo scenario di un'Europa «a due velocità» e puntando, invece, ad una maggiore integrazione politica attraverso un'interpretazione estensiva delle competenze dell'Unione o dei poteri delle sue istituzioni compatibilmente con i diversi percorsi di integrazione di tutti gli Stati membri senza l'obbligo immediato di una destinazione comune;
   c) a proporre un Green new deal continentale (ovverosia un piano europeo per l'occupazione) che stanzi almeno 1.000 miliardi di euro con risorse pubbliche di carattere aggiuntivo rispetto a quelle già stanziate durante il precedente semestre europeo al fine di rispondere alla domanda di occupazione di circa 5-6 milioni di persone, tra quelle (nell'Unione europea risultano essere 26,5 milioni i disoccupati) disoccupate o inoccupate in tutta Europa, promuovendo una revisione dell'attuale politica dell'austerità sostenendo l'utilizzo di eurobond per attuare un piano straordinario di investimenti pubblici in infrastrutture, green economy, agricoltura biologica e multifunzionale, riassetto idrogeologico dei territori, valorizzazione non speculativa del patrimonio immobiliare, demaniale e artistico, potenziamento dell'istruzione e della ricerca pubblica, messa in sicurezza degli edifici scolastici, asili nido, riqualificazione delle città, efficienza energetica degli immobili, innovazione tecnologica e agenda digitale, con particolare riguardo alle aree territoriali in maggiore difficoltà come il Mezzogiorno;
   d) a proporre al Consiglio, quale strategia dello sradicamento dei fattori strutturali dell'impoverimento e dell'esclusione sociale, di inserire nel cosiddetto «pilastro sociale» l'istituzione del reddito di cittadinanza europeo e di un regime di indennità minima di disoccupazione per l'area dell'euro come primo passo non solo per un concreto avvicinamento tra istituzioni e cittadini, ma soprattutto per arginare un fenomeno di così vasto degrado aggravato dal concomitante fenomeno dell'aumento della distanza, giunta a livelli siderali, tra poveri e ricchi e che non è stato ancora arginato con piani coerenti e incisivi di equa redistribuzione sociale del reddito, per ridurre tale inaccettabile diseguaglianza e disproporzione;
   e) ad implementare le iniziative e programmi a livello di Unione europea, nonché la loro attuazione a livello nazionale, al fine di rendere concreto l'obiettivo della Strategia Europa 2020 la quale prevede l'innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione della popolazione tra i 20 e i 64 anni, affinché tale fascia di popolazione abbia un lavoro entro la fine del decennio, garantendo al contempo un alto livello di protezione del lavoratore e dei suoi diritti;
   f) a concordare con gli organismi dell'Unione europea la rinegoziazione della cosiddetta « golden rule» vale a dire lo scorporo degli investimenti dal calcolo del vincolo di deficit del 3 per cento, consegnandola alla sovranità del Parlamento nazionale, non solo per i programmi co-finanziati dai fondi strutturali europei, ma per tutti gli investimenti degli enti territoriali, che consentano lo sviluppo di nuova e qualificata occupazione, in coerenza con i contenuti delle linee di politica industriale e della programmazione europea sui temi della ricerca, sviluppo e innovazione, verificando, nel contempo, che tali investimenti – da realizzarsi in parallelo anche negli altri Paesi dell'eurozona – siano finanziati su scala europea per consentire all'insieme dell'Unione di uscire dal ristagno economico attraverso un sensibile aumento della competitività a livello nazionale;
   g) a sostenere con forza insieme agli altri Paesi europei, con riferimento al Ttip, la sospensione del negoziato al fine dell'apertura di un processo democratico che permetta un'analisi puntuale ed una valutazione dei testi negoziali e che assicuri che le politiche adottate siano nel pubblico interesse; che coinvolga il Parlamento europeo e venga dibattuto nei Parlamenti nazionali e che includa le organizzazioni della società civile, i sindacati e i gruppi portatori dei diversi interessi (stakeholders);

2)  in riferimento al fenomeno migratorio;
   a) a promuovere una politica migratoria in grado di garantire il diritto alla protezione internazionale sancito dalle normative europee e dalla Convenzione di Ginevra;
   b) a promuovere una politica che dica «basta» respingimenti verso i Paesi di origine e di transito e garantisca a tutti i migranti l'accesso a una piena e chiara informazione sulla possibilità di chiedere protezione internazionale;
   c) a promuovere l'apertura immediata di corridoi umanitari di accesso in Europa per garantire «canali di accesso legali e controllati» attraverso i Paesi di transito ai rifugiati che scappano da persecuzioni, guerra e conflitti per mettere fine alle stragi in mare e in terra, e quindi debellare il traffico di esseri umani, anche con visti e ammissioni umanitarie;
   d) a proporre una riforma più generale del diritto d'asilo finalizzata a rendere più strutturale il concetto di ricollocamento dei rifugiati, a proporre quindi un reale «diritto di asilo europeo», capace di superare il «regolamento di Dublino», che obbliga i migranti a richiedere asilo nel primo Paese comunitario che incontrano nel loro cammino. Un migrante dovrebbe avere il diritto di avere riconosciuto l'asilo in qualsiasi Paese, per poi essere libero di circolare all'interno dell'Europa;
   e) a concedere con effetto immediato permessi di soggiorno per motivi umanitari che consentano la libera circolazione negli Stati dell'Unione europea e quindi avviare l’iter per la predisposizione di una normativa dell'Unione con la quale disciplinare il riconoscimento reciproco delle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale tra gli Stati membri e a chiedere, in sede di Consiglio europeo, la regolarizzazione di tutti i migranti ancora senza documenti presenti in Europa;
   f) a promuovere il principio un'accoglienza dignitosa, dunque la chiusura di tutti i centri di detenzione per migranti sparsi in Europa e a proporre un piano europeo straordinario per l'accoglienza dei profughi;
   g) ad implementare rapidamente il programma di ricollocamento, ad oggi dimostratosi un fallimento, affiancandolo alla creazione di adeguate strutture per l'accoglienza e l'assistenza delle persone in arrivo;
   h) a programmare interventi di cooperazione allo sviluppo locale sostenibile nelle zone più povere, a partire dal continente africano, dove lo spopolamento e la migrazione sono endemici, e ad assumere iniziative per non consentire alle multinazionali di usare per interessi privati i programmi europei di aiuto allo sviluppo;
   i) a sostenere un grande piano di investimenti pubblici diretti dell'Unione europea per l'economia di pace, per il lavoro dignitoso e per la riconversione ecologica del continente africano;
   l) a condizionare gli accordi dei Paesi europei con i Paesi di origine e di transito, come la Libia e il Sudan, allo smantellamento dei campi lager dei migranti e alla costituzione di nuovi centri di accoglienza sotto l'egida dell'Unhcr;

3)  in riferimento alla sicurezza esterna e alla difesa:
   a) a porre all'ordine del giorno del dibattito, sempre nell'ottica di raggiungere forme di integrazione più spinte, il tema della difesa complessiva dei nostri confini europei alla luce dei nuovi scenari mondiali apertisi con l'avvento della Presidenza Trump negli Usa e delle prime dichiarazioni relative alla riconsiderazione dell'alleanza atlantica, accanto alle nuove strategie e alle nuove dislocazioni delle alleanze tra gli Stati prodottesi in seguito agli sviluppi della complessa crisi sviluppatasi al di là dei confini orientali dell'Europa;
   b) a presentare iniziative urgenti per impedire la vendita di armi ai Paesi responsabili di aver supportato direttamente o indirettamente Daesh e proporre in sede di Consiglio europeo una moratoria sulla vendita di armi e un embargo ai Paesi coinvolti direttamente o indirettamente nei conflitti o che sono sospettati di aver armato o finanziato gruppi terroristici;
   c) a proporre una iniziativa dell'Unione europea finalizzata ad interrompere i flussi di finanziamento a Daesh, prevedendo rigide sanzioni per gli Stati che finanziano direttamente o indirettamente il terrorismo o che facilitano, con legislazioni «opache», la raccolta di donazioni «private» destinate alle organizzazioni terroristiche;
   d) a suggerire l'adozione di atti vincolanti dell'Unione europea finalizzati a reprimere il commercio illegale che finanzia i gruppi terroristici, a cominciare da Daesh prevedendo sanzioni per gli Stati che permettono il contrabbando del petrolio e dei reperti archeologici trafugati;
   e) a proporre iniziative concrete per arginare il flusso dei foreign fighter, soprattutto facendo pressioni sulla Turchia, a partire dalla pretesa che al confine tra Turchia e Siria venga dislocato un controllo internazionale della frontiera sotto mandato ONU e che la Turchia cessi immediatamente ogni forma di ostilità nei confronti delle milizie curde dello YPG/YPJ e dello HPG che stanno combattendo contro Daesh in Siria e Iraq;
   f) a supportare le proposte volte a promuovere attività di intelligence tradizionali a discapito di una sorveglianza di massa, scarsamente efficace e costosa, non solo in termini di diritti civili, proponendo in sede di Consiglio europeo attività coordinate tra le agenzie di intelligence degli Stati europei e dirottando verso queste attività i fondi relativi alle ingenti spese per le campagne militari all'estero, costose e controproducenti;
   g) a sostenere con forza il dispiegamento di un grande piano europeo contenente misure per il dialogo interculturale e interreligioso contro l'emarginazione, e quindi per l'integrazione e contro l'odio, affinché si debellino le motivazioni e le radici che conducono alla radicalizzazione e al terrorismo;
   h) a promuovere, anche in considerazione della circostanza che l'Italia sarà membro non permanente del Consiglio di Sicurezza Onu nel 2017 e della centralità della crisi siriana che mette a rischio la sopravvivenza dell'Alleanza nord atlantica stessa, una iniziativa in sede di Consiglio europeo per rilanciare i negoziati di Ginevra per risolvere la crisi siriana, a cui devono essere invitati tutti gli attori a partire dalle forze politiche del Rojava – Federazione della Siria del Nord, su cui si sono espressi positivamente già Stati Uniti e Russia;
   i) a favorire la distensione dei rapporti tra gli Stati dell'area dei Balcani occidentali, garantendo un ruolo chiave dell'Unione europea nello scongiurare l'acuirsi dei conflitti politici ed etnici che tanto a lungo hanno insanguinato la regione;
   l) a richiedere con forza la creazione di un corridoio umanitario che attraversi l'intera rotta balcanica, garantendo a rifugiati e migranti un passaggio ed un arrivo sicuri nel territorio dell'Unione europea.
(6-00299) «Marcon, Palazzotto, Airaudo, Costantino, Daniele Farina, Fassina, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Gregori, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Placido».


   La Camera,
   premesso che:
    il prossimo Consiglio europeo del 9 e del 10 marzo 2017 si terrà in una particolare contingenza storico-politica internazionale, connotata dai recenti esiti delle elezioni negli Usa e del referendum sulla permanenza del Regno Unito all'interno dell'Unione europea, così come dalle imminenti consultazioni elettorali in Olanda, Francia, Germania, Austria;
    gran parte delle questioni affrontate nei precedenti vertici sono ancora sul tavolo, come conferma l'ordine del giorno del lavori del Consiglio europeo: economia, sicurezza e difesa, migrazione, situazione nei Balcani occidentali;
    il 22 febbraio 2017 la Commissione europea ha pubblicato l'esame della situazione economica e sociale degli Stati membri, un report sull'attuazione del patto di bilancio, e una relazione che analizza la situazione del debito in Italia. Nelle parole dei Commissari il triangolo virtuoso composto dal rilancio degli investimenti, attuazione di riforme strutturali e adozione di politiche di bilancio responsabili sta progredendo e cominciando a dare i suoi frutti: la ripresa economica ha contribuito a ridurre i tassi di disoccupazione – comunque ancora sopra i livelli pre-crisi –, i disavanzi delle partite correnti sono stati limitatamente corretti e il debito privato, pubblico ed esterno sta diminuendo in proporzione al prodotto interno lordo;
    secondo le recenti previsioni di crescita la zona euro registrerà un aumento moderato dell'inflazione, un calo della disoccupazione e una crescita del Prodotto interno lordo pari all'1,6 per cento nel 2017 e all'1,8 per cento nel 2018. La crescita del Prodotto interno lordo nell'intera Unione europea dovrebbe seguire una tendenza analoga, attestandosi all'1,8 per cento per entrambi gli anni;
    al moderato ottimismo a livello europeo, purtroppo, non si accompagna analoga fiducia a livello nazionale: l'Italia è l'unico Paese dell'Unione europea con previsioni di crescita per il 2017 inferiori all'1 per cento inoltre nella relazione sulla conformità del nostro Paese ai criteri del patto di stabilità e crescita, la Commissione europea ha sollecitato l'adozione, entro aprile 2017, di misure strutturali aggiuntive pari almeno allo 0,2 per cento del Prodotto interno lordo, in assenza delle quali l'obiettivo del rispetto del Patto non sarebbe soddisfatto, pur non prevedendo un automatismo nella procedura d'infrazione;
    l'analisi storica dei dati macroeconomici nell'Unione europea e negli Usa dicono che nel periodo 1995-2000, con un livello di deficit di bilancio pari al 2,8 per cento, il debito complessivo dei 19 Paesi dell'eurozona era diminuito di 3,13 punti di Prodotto interno lordo. Nel settennio successivo si era assistito ad un forte contenimento del deficit annuale, diminuito in media dell'1,99 per cento all'anno. Il debito si era quindi ridotto del 3,1 per cento. Dal 2007 – inizio della più grave crisi finanziaria dalla seconda guerra mondiale a oggi – il deficit è aumentato in media del 3,6 per cento. Ma per il debito si è verificato un vero e proprio salto, con un aumento del 27,2 per cento;
    ciò a dimostrare che le politiche di austerity sono utili se e solo se attuate con attenzione e tenendo in considerazione le specificità, le mutate condizioni e contingenze storiche ed economiche. Nonostante i sacrifici imposti, infatti, il debito tende a crescere in misura ben maggiore rispetto ai risparmi che si possono ottenere da una compressione del deficit d'esercizio. Se il rapporto debito/Pil vale come parametro di riferimento, non si può non tener conto che questo è destinato ad aumentare se non si interviene per far aumentare il denominatore con politiche più espansive, attenzione alla crescita e agli investimenti. Non basta l’austerity, seppure accompagnata dalle tecniche del quantitative easing per rimettere in moto il motore dell'economia e della società europea;
    di fronte alle asimmetrie tra i Paesi aderenti all'Unione europea è auspicabile la revisione di alcuni parametri, introducendo maggiore flessibilità e diversi e progressivi livelli di integrazione, onde evitare che i Paesi più forti diventino sempre più forti e quelli più deboli regrediscano ulteriormente, alimentando la sfiducia nei confronti delle istituzioni europee e, conseguentemente, quel sentimento antieuropeista che è piattaforma programmatica dei movimenti populisti;
    se si vogliono scongiurare pericoli maggiori è necessario che ciascun partner rinunci a qualcosa, facendo prevalere l'esigenza di ritrovare la necessaria convergenza in una politica condivisa. Senza cedere a sentimenti antitedeschi che non appartengono al nostro Paese, ma anzi in virtù dell'amicizia e della stima nei confronti di quel popolo, non possiamo esimerci dal sollecitare uno sforzo da parte di Berlino. Lungimiranza vorrebbe in primis che fosse la stessa Germania a mostrare la necessaria consapevolezza che le aperture concesse oggi agli altri Stati non significano sacrifici, ma ulteriori opportunità per l'Unione europea e di conseguenza della Germania stessa;
    la revisione dei parametri è criterio necessario ma non sufficiente; a ciò devono necessariamente aggiungersi misure di stimolo all'economia e di adeguamento alle novità che la tecnologia ha imposto nei settori commerciali. Nello specifico si rende necessario sanare una lacuna legislativa relativa alla tassazione dei profitti dei giganti del web agendo sulle imposte dirette a carico di società non residenti con fatturati significativi. Secondo alcune stime il gettito per l'erario raggiungerebbe i 3 miliardi di euro l'anno;
    altro punto di fondamentale importanza per il futuro dell'Europa, anche alla luce delle dichiarazioni del neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump, è la definizione di politiche di difesa sempre più coordinate, propedeutiche alla creazione di una forza comune di difesa. Va in questo senso il recente varo della struttura per la pianificazione e la guida militare, che permetterà la gestione delle missioni militari europee attraverso un unico centro, evitando così il ripetersi di fratture tra Paesi europei, come accadde in occasione dell'intervento in Iraq nel 2003. Sono circa venti anni che aleggia l'ipotesi di creare un corpo europeo unificato, o quantomeno l'organizzazione di battaglioni multinazionali sotto l'egida europea. Ma a causa dei veti di alcuni Paesi, in primis il Regno Unito, ciò non si è realizzato. Con l'uscita di quest'ultimo dall'Unione europea forse potrà finalmente compiersi un ulteriore passaggio verso un esercito comune al servizio di una politica di difesa comune;
    latamente collegata con il tema della difesa è la gestione delle crisi internazionali, soprattutto in relazione agli impatti che queste hanno sull'Unione europea, e nello specifico su alcuni Paesi, Italia in primis. Le criticità della situazione internazionale, a partire dai conflitti in Medio Oriente, continuano infatti a causare terribili conseguenze in termini di vite umane e di danneggiamenti al patrimonio storico e culturale mondiale. Al contempo, sommate all'instabilità politica dell'area meridionale del Mediterraneo, favoriscono grandi migrazioni di massa, un fenomeno sempre più difficilmente sostenibile da un punto di vista umano e politico;
    nel 2016 l'Italia ha contato 181.436 sbarchi sulle coste italiane, il numero più alto mai registrato nella storia, con un incremento del 18 per cento rispetto al 2015 (153.842) e di oltre il 6 per cento rispetto al 2014 (170.100). Circa la metà dei migranti giunti sulle nostre coste ha presentato domanda di asilo politico. Giova ricordare che in materia di riconoscimento del diritto alla protezione internazionale l'Unione europea prevede regole comuni, ma l'applicazione delle direttive non ha sortito gli esiti auspicati a causa di un'applicazione non uniforme da parte degli Stati membri. La Commissione, nell'Agenda europea per la migrazione del 2015, ha ribadito la necessità di rafforzare una politica di asilo comune attraverso un unico processo decisionale e una ripartizione equa dei richiedenti tra gli Stati, ma il numero esiguo di richiedenti ricollocati nei Paesi membri – inferiore a 2000, a fronte di una quota di 34.953 da raggiungere entro settembre 2017, stabilita dai programmi europei – sta a dimostrare i modesti risultati sino ad oggi ottenuti. Alla luce di ciò l'Italia resta il terminale ultimo delle rotte migratorie e principale Stato europeo competente per le domande d'asilo;
    la Commissione europea ha lanciato l'allarme sulla necessità di «rimpatriare oltre un milione» di migranti dall'Unione europea perché non hanno i requisiti per essere accolti come rifugiati. In vista della discussione sull'emergenza immigrazione, in agenda nel Consiglio europeo del 9 e 10 marzo 2017 a Bruxelles, il Presidente lussemburghese della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il Commissario Unione europea greco Dimitris Avramopoulos hanno sollecitato anche aiuti per l'Italia e la Grecia, che «restano sotto pressione» davanti ai flussi in arrivo;
    il passato ci dimostra che gli accordi e la collaborazione con i Paesi terzi, compresi quelli di origine e di transito dei migranti, su un'ampia gamma di questioni, hanno sortito effetti positivi nel controllo dei flussi migratori; segno che il sostegno allo sviluppo socioeconomico dei Paesi di origine, la creazione di opportunità di lavoro per le giovani donne e i giovani uomini anche mediante lo sviluppo rurale e il miglioramento della sicurezza alimentare e nutrizionale sono un'efficace soluzione per ridurre i fattori di attrazione che spingono i migranti a spostarsi,

impegna il Governo:

   1) a sollecitare presso le istituzioni europee la revisione dei parametri macroeconomici cui sono chiamati al rispetto i Paesi membri, contemperando gli equilibri di bilancio con l'esigenza di imprimere nuovo slancio all'economia tramite l'adozione di politiche finalizzate prioritariamente alla crescita, agli investimenti, all'aumento della competitività del sistema europeo, nonché al contrasto della disoccupazione, con particolare attenzione a quella giovanile;
   2) a favorire, nel quadro dei profondi mutamenti in corso in ambito mondiale, accordi commerciali non solo con gli storici partner dei Paesi europei, ma anche con nuovi attori protagonisti dell'economia mondiale, purché basati su regole condivise;
   3) ad adottare iniziative volte a sviluppare in tempi rapidi una norma armonizzata a livello europeo volta a dare una definizione di stabile organizzazione digitale idonea a consentire la tassazione dei redditi delle multinazionali del web nei Paesi in cui sono effettivamente conseguiti, al di là della localizzazione della stabile organizzazione fisica, precisando che in caso di mancata tempestiva attivazione a livello europeo in tal senso l'Italia procederà autonomamente;
   4) a promuovere politiche di difesa comune e a favorire la progressiva costituzione di corpi militari multinazionali sotto l'egida dell'Unione europea, al fine di agevolare un maggiore coordinamento tra gli Stati componenti l'Unione europea in materia di politica estera e interventi militari;
   5) ad adottare iniziative volte alla creazione di un sistema standard di accoglienza controllata e vigilata che offra risposte strutturali e non più emergenziali, al fine di giungere nello specifico – per il presente tramite il rispetto degli accordi di redistribuzione dei profughi, per il futuro tramite la modifica del «regolamento di Dublino» – ad una completa responsabilità europea nella gestione del problema dei rifugiati, i cui costi devono essere ripartiti in modo equo e non gravare sui soli Paesi di frontiera;
   6) a sollecitare l'adozione di politiche internazionali di contrasto all'immigrazione clandestina che prevedano accordi di cooperazione con i Paesi da cui provengono i principali flussi migratori e un maggior rigore nelle regole di concessione dei differenti status, non escludendo il rimpatrio per coloro che non hanno titolo ed il cui trasferimento in Europa è motivato solo da ragioni di carattere economico;
   7) a sollecitare lo scorporo dal deficit delle spese relative alla gestione dei flussi migratori e all'accoglienza, così come quelle dell'aiuto allo sviluppo;
   8) a promuovere, a sessanta anni dalla stipula del Trattato di Roma, un rilancio dei progetti di integrazione che mantengano fermi i principi enunciati dai fondatori della Comunità economica europea, novellati secondo le contingenze e le mutate condizioni economiche e geopolitiche.
(6-00300) «Francesco Saverio Romano, Zanetti, Vezzali, Parisi».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo 2017, visto l'ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo
   premesso che:
    l'Unione europea sta vivendo oggi una delle sue più gravi e profonde crisi di identità che si esprime in un diffuso malcontento, livelli di gradimento bassissimi e mancanza di identità, sino ad arrivare alla scelta di uno dei suoi Stati membri di abbandonare l'Unione, in controtendenza con il processo di integrazione avuto sino ad oggi. In questo contesto al fine di dare risposte concrete di definire un percorso concordato per l'Unione europea, la Commissione europea ha pubblicato il 1o marzo 2017 un libro bianco che basandosi sulle prospettive di cambiamento del continente europeo nel prossimo decennio propone cinque diverse opzioni per il futuro dell'Unione che spaziano da un'unione unicamente commerciale sino ad una prospettiva di profondo e ulteriore avvicendamento;
    nelle intenzioni di tutti le celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma il 25 marzo 2017, a cui saranno presenti i 27 capi di Stato e di Governo, sembrerebbe voler essere l'occasione per tracciare la rotta futura dell'Unione e per uscire dall'incertezza attuale;
    in questo contesto di estrema incertezza sembrerebbe delinearsi la concreta prospettiva, lungamente dibattuta in passato, di un'Europa a più velocità o di una «coalizione di volenterosi», consentendo agli Stati membri che ne hanno interesse di approfondire determinate politiche e ambiti. Notizie di stampa riportano che l'Italia vorrebbe far parte di questa cosiddetta coalizione;
    urge la necessità di rivedere la governance di politica economica europea, che ha fallito e non ha saputo, dal 2008 ad oggi, contrastare gli effetti di una crisi economica e finanziaria internazionale, imponendo a tutti gli Stati membri una politica neoliberista di puro rigore finanziario, che ha creato disoccupazione e povertà nei Paesi più deboli, che ora faticano maggiormente a rilanciare la propria economia;
    servono urgentemente politiche «anticicliche» efficaci per uscire dalla crisi, per sostenere investimenti pubblici anche nelle situazioni caratterizzate da indebitamenti oltre i vincoli consentiti, in quanto solo il rilancio dell'economia e la crescita del prodotto interno lordo consentono di conseguire maggiori risorse da destinare alla riduzione futura e progressiva del debito;
    del resto gli obiettivi di maggiore occupazione, soprattutto quella giovanile, appartengono come priorità agli intenti sottostanti al Trattato di Lisbona. La realizzazione deve contemplare il riallineamento delle economie dei Paesi membri, fra cui l'Italia, con le economie dei Paesi europei dominanti, altrimenti la solidarietà fra gli Stati membri diventa un ideale astratto;
    solo l'abbandono delle politiche austere e l'apertura verso investimenti pubblici, quindi una economia di sostegno alla domanda di beni e servizi e al reddito dei cittadini, di puro stampo keynesiano, può consentire la rinascita dell'economia dei Paesi europei in difficoltà;
    è necessario valutare di ritornare ad un'economia europea sociale di mercato e solidale, quindi politiche «anticicliche» efficaci per uscire dalla crisi, per combattere la disoccupazione, nonché la povertà che ormai è a livelli record, e per rilanciare la crescita e gli investimenti. Questi ultimi però richiedono ingenti investimenti pubblici che mal si conciliano con gli attuali vincoli del Fiscal compact;
    eppure bisogna contrastare il fenomeno mondiale della concentrazione della ricchezza globale in mano all'1 per cento della popolazione del mondo, come risulta dal rapporto «Grandi disuguaglianze crescono di Oxfam»;
    gli obiettivi fissati nel luglio 2015 con report «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa», ossia creare un coordinamento più stretto delle politiche economiche, sviluppare meccanismi concreti per coordinare e far convergere le politiche economiche e infine modificare la governance economica nella zona euro, non possono prescindere dal superamento della dualità creatasi fra le economie dei Paesi membri europei più forti ed i Paesi dell'area mediterranea. L'evidente economia a due velocità in Europa rende difficile, per le diverse realtà economiche, la convergenza delle politiche fiscali, che completano l'unione finanziaria e «dovrebbero» rafforzare la responsabilità democratica;
    la Commissione europea, con la pubblicazione nel maggio e nel dicembre 2015 di due comunicazioni, ha adottato l'agenda europea sulla migrazione, evidenziando l'esigenza di una migliore gestione della migrazione e sottolineando, al contempo, come quella migratoria sia una responsabilità condivisa. In particolare, pacchetto approvato si concentra su 4 ambiti: ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare, salvare vite e garantire la sicurezza delle frontiere esterne, definire una forte politica in materia di asilo e definire una nuova politica di migrazione legale;
    il 25 giugno 2015 il Consiglio europeo ha stabilito che tutti gli Stati membri partecipassero al reinsediamento di 20000 persone bisognose di protezione internazionale. La decisione (UE) 2015/1601 che istituisce misure temporanee nel sentore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, in deroga del regolamento (UE) n. 604/2013 (cosiddetto Dublino III) ha introdotto il meccanismo di ricollocamento per alleggerire la pressione delle domande di protezione internazionale sui predetti Stati membri, prevedendo il ricollocamento di 120.000 richiedenti protezione internazionale da distribuire negli altri Paesi membri. L'entità dei ricollocamenti, che pure non sarebbero stati sufficienti ad incidere significativamente sul problema, risultano del tutto irrisori;
    l'accordo stipulato tra capi di Stato e di Governo dell'Unione e la Turchia, recentemente definito dalla stessa Corte europea come accordo internazionale non rientrante sul contesto dell'Unione in quanto tale, ha come intento quella di rafforzare le frontiere esterne dell'Unione per il contrasto dell'arrivo di migranti, incluso quelli che non necessitano di protezione internazionale, e al contempo di aiutare la Turchia nella gestione dell'emergenza rifugiati. L'accordo prevede: il rientro, a spese dell'Unione europea, di tutti i nuovi migranti irregolari che hanno attraversato la cosiddetta «rotta balcanica»; far sì che, per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche, un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell'Unione europea l'accelerazione della tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi con tutti gli Stati membri; la facilitazione dell'erogazione dei 3 miliardi di euro inizialmente stanziati e la definizione di possibili ulteriori tranche; l'apertura di nuovi capitoli dei negoziati di adesione e la collaborazione per migliorare le condizioni umanitarie all'interno della Siria, in modo da consentire alla popolazione locale e ai rifugiati di vivere in zone più sicure;
    il 29 settembre 2016 è stata adottata la decisione (UE) 2016/1754 volta a modificare la decisione (UE) 2015/1601, che stabilisce la possibilità per gli Stati membri di ammettere sul proprio territorio cittadini siriani presenti su territorio turco in rapporto 1 ad 1 per ogni cittadino siriano riammesso in Turchia dalla Grecia, entro il limite totale stabilito di 54.000 unità;
    a maggio 2016 la Commissione europea ha presentato una prima proposta di revisione del sistema di Dublino del tutto insufficiente se si tiene conto dell'importanza e dell'urgenza di affrontare la crisi migratoria che prevede: 1) instaurare un meccanismo automatico che stabilisca quando un Paese sta trattando un numero sproporzionato di richieste di asilo ed in tal caso attivare la ricollocazione automatica. Uno Stato membro avrà, inoltre, la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento, ma, in tal caso, dovrà versare un contributo di solidarietà di 250.000 euro allo Stato membro in cui è ricollocato il richiedente del quale sarebbe stato responsabile ai sensi del meccanismo di equità; 2) un meccanismo che tenga conto anche degli sforzi di reinsediamento di persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un paese terzo; 3) un sistema più efficiente in termini di invio delle richieste di trasferimento, per il ricevimento delle risposte e per l'esecuzione dei trasferimenti dei richiedenti asilo tra gli Stati membri; 4) scoraggiare gli abusi e i movimenti secondari attraverso una ridefinizione chiara degli obblighi giuridici per i richiedenti asilo, compreso il dovere di rimanere nello Stato membro competente per la loro richiesta, limiti geografici alla fornitura di benefici materiali legati all'accoglienza e conseguenze proporzionate in caso di violazione delle norme; 5) maggiori garanzie per i minori non accompagnati e un ampliamento equilibrato della definizione di familiari. Parte integrante della proposta consiste nel trasformare l'attuale Ufficio europeo di sostegno per l'asilo. La Commissione europea ha, inoltre, integrato la precedente proposta a luglio 2016, sostituendo la direttiva sulle procedure di asilo con un regolamento che stabilisca una procedura dell'Unione europea comune pienamente armonizzata per la protezione internazionale al fine di ridurre le differenze nei tassi di riconoscimento dei vari Stati membri, scoraggiare i movimenti secondari e assicurare garanzie procedurali comuni efficaci per i richiedenti asilo;
    il Governo italiano sta inoltre siglando accordi, come, ad esempio, il Memorandum con il Governo libico siglato il 2 febbraio 2017, con cui ci si impegna a fornire strumentazione e sostegno militare, strategico e tecnologico al fine di bloccare e controllare le partenze dei migranti in fuga, o quello che ha portato al subitaneo rimpatrio di alcuni cittadini sudanesi nell'estate 2016 che, destano notevole preoccupazione per la protezione dei migranti;
    per quanto riguarda l'ipotesi di ulteriore allargamento dell'Unione verso i Balcani occidentali, questa appare poco ragionata, mentre occorre prima di tutto una seria e urgente riflessione su quale futuro spetta all'Europa, considerando come propedeutica, infatti, una revisione di alcuni suoi trattati base e magari prevedere per gli stati balcanici un'integrazione più blanda e progressiva; altro aspetto da considerare è quello legato alla violazione della sovranità di questi Stati che si troverebbero a stravolgere le proprie Costituzioni per favorire la loro integrazione europea, mentre le riforme andrebbero progettate per andare incontro alla volontà dei popoli;
    in merito al Kosovo, in particolare, occorre sottolineare che il Kosovar center for security studies (Kcss) stima che questo Paese è il principale serbatoio europeo pro-capite di foreign fighters del sedicente Stato Islamico, la crescente partecipazione di membri radicali tra le sue fila e la posizione di hub strategico nel cuore dell'Europa sollevano seri elementi di criticità legati al ritorno dei combattenti in patria. È, inoltre, fondamentale tener conto dei rapporti tra jihadismo e criminalità organizzata locale, un connubio particolarmente pericoloso; emblematici, in tal senso, sono i dati sulla carente azione di controllo esercitata dalle istituzioni kosovare sugli imam più radicali, finanziati dalla monarchia saudita. Tale situazione sul campo rappresenta la maggiore sfida per le missioni internazionali attive in Kosovo e costituisce una preoccupazione per l'Italia, alla luce dei comprovati ingressi di soggetti radicalizzati attraverso il porto di Bari;
    gli impegni assunti al Consiglio europeo del dicembre 2016 sulla sicurezza esterna e la difesa, in più parti e più volte, prevedono un'intensa cooperazione Nato-Unione europea, subordinando di fatto la creazione dell'Unione europea di difesa al rispetto del quadro Nato;
    anche per le cosiddette minacce ibride, come l'attuale tensione tra Unione europea e Russia, non si sviluppa una vera alternativa a questo nuovo clima di guerra fredda o quantomeno non si prova a ribilanciare gli equilibri in seno alla Nato volti a riportarla al suo ruolo di alleanza prettamente difensiva;
    in particolare, la proposta di istituire il fondo europeo per la difesa dell'Unione europea previsto dal piano d'azione europea in tema di difesa per la ricerca militare congiunta, non definisce chiaramente i paletti su obiettivi e priorità di questa ricerca;
    la proposta di creare un quartier generale congiunto per missioni militari e civili, rischia di provocare una commistione inaccettabile tra le missioni civili e quelle militari, che dovrebbero al contrario rimanere ben distinte;
    negativo è il sostegno dichiarato dal Consiglio agli obiettivi di Varsavia, ovvero spese militari al 2 per cento del prodotto interno lordo di ogni singolo Paese della Unione europea (o anche oltre), cosa incompatibile per le economie di molti Paesi (Italia compresa, invece di percorrere prioritariamente l'obiettivo dell'Unione europea di difesa per ottenere economie di scala e risparmi e lotta alla corruzione, ottenendo per questa via una riduzione del bilancio attribuito alla difesa;
    incautamente si propone l'obiettivo di poter dispiegare al confine orientale quanto prima i bottlegroup rivisti e rafforzati, un po’ come già sta facendo la Nato;
    molte delle missioni internazionali, che ogni anno sono state rifinanziate, si sono rivelate fallimentari (per esempio Afghanistan, Iraq, Libia), comportando peraltro importanti distrazioni di risorse economiche e umane. È necessario, diversamente dalle intenzioni del Consiglio, pensare a nuovi approcci per la stabilizzazione delle aeree in conflitto;
    una vera Unione europea di difesa deve essere fortemente ancorata ai principi di difesa della pace e vedere la Unione europea come protagonista nella risoluzione dei conflitti e non invece, come troppe volte sta accadendo, essere parte e responsabile degli stessi. Per questo sarebbe necessario una radicale correzione dell'indirizzo politico e programmatico della Commissione,

impegna il Governo:

1)  differentemente da quanto avvenuto – ad avviso dei firmatari del presente atto – sino ad oggi, a condividere e definire congiuntamente al Parlamento, organo sovrano di rappresentanza della pluralità degli interessi dei cittadini, la posizione italiana che concerne il futuro dell'Unione europea, gli intenti, gli obiettivi e la linea da seguire, rifiutando in ogni caso qualsiasi accordo che conduca ad un'Unione europea ancor più marcatamente al servizio dei poteri economici e finanziari e pertanto lontana dal perseguimento degli interessi dei suoi cittadini;

2)  a farsi promotore presso le competenti istituzioni della definizione di una nuova governance di politica economica europea per rilanciare l'economia di tutti i Paesi membri, rinegoziando il «Fiscal compact», che ad oggi ha dimostrato di ostacolare la ripresa economica di alcuni Stati europei, in quanto vincola gli Stati e impedisce loro di fatto di destinare le limitate e scarse risorse a disposizione dei Paesi in difficoltà allo sviluppo e alla crescita mediante l'incremento degli investimenti pubblici, creando quindi nuova occupazione, rafforzare la domanda di beni e servizi;

3)  a farsi promotore di iniziative affinché le risorse europee del Fondo di solidarietà dell'Unione Europea possano essere disponibili tempestivamente per fornire subito un efficace sostegno alle nostre regioni colpite dai gravi eventi sismici e rendere quindi tangibile la solidarietà fra le popolazioni europee;

4)  a richiedere l'immediata attuazione delle decisioni del Consiglio che hanno stabilito il ricollocamento di un totale di 160.000 migranti al fine di ottenere una più equa ripartizione del peso della crisi migratoria e dei richiedenti asilo tra gli Stati membri dell'Unione europea, rivedendo al contempo i criteri di selezione dei migranti da ricollocare e ampliando le metodologie sottostanti la scelta dei paesi di destinazione al fine di contemperare necessità di carattere personale, umano e sociale, oltre che economico;

5)  a subordinare l'attivazione, la gestione e l'esistenza dei centri, o approcci, hotspot, all'effettiva attuazione delle ricollocazioni dei richiedenti asilo, resa peraltro ancora più complessa dalla Decisione (UE) 2016/1754;

6)  ad adoperarsi affinché la revisione dell'Accordo Dublino III (Regolamento n. 604/2013) includa la cancellazione del principio dello Stato di primo approdo, definisca un approccio comune e regole armonizzate in tema di asilo e al contempo sia parte di una strategia europea più ampia, volta anche a creare canali legali e protetti che permettano ai migranti e richiedenti asilo di raggiungere l'Unione europea, istituendo anche strutture sicure, gestite in ottemperanza dei diritti umani e del diritto internazionale, nei paesi di transito;

7)  a promuovere azioni coordinate volte a combattere le radici e le motivazioni alla base dei flussi migratori, contrastando testabilità politica ed economica, le violazioni dei diritti umani e la povertà;

8)  ad adottare iniziative per sospendere l'accordo in essere con la Turchia, ad opporsi alla conclusione di qualsiasi ulteriore patto, incluso quello promosso nell'ultimo vertice, ad arrestare il processo di liberalizzazione dei visti, ad interrompere gli aiuti economici già in essere, sino a che la Turchia non rispetti pienamente ed interamente i diritti umani stabiliti dalle convenzioni internazionali siglate per il loro rispetto, incluso l'articolo 38 della Direttiva 2013/32/UE sia nei confronti dei migranti che dei cittadini Turchi, cessi qualsiasi tipo di violenza nei confronti delle minoranze (religiose, linguistiche e altro), ripristini integralmente la libertà di stampa e prenda una chiara posizione nei confronti del terrorismo internazionale e del problema dei foreign fighters acconsentendo tra l'altro ad una missione dell'Unione europea in ambito PSDC tesa al monitoraggio della frontiera turco/siriana al fine di assicurare che si fermi il passaggio di combattenti, ed infine sia garantita piena libertà di espressione e di manifestazione delle idee;

9)  ad adottare iniziative per condizionare l'erogazione dei tre miliardi di aiuti alla Turchia per i rifugiati alla effettiva e dignitosa accoglienza degli stessi e a contrastare efficacemente il traffico di esseri umani e le organizzazioni criminali che lo gestiscono;

10) a non sottoscrivere accordi che implichino il rimpatrio ove non sia possibile controllare l'effettività dei diritti e la protezione degli stessi una volta rimandati indietro immigranti;

11) ad improntare le politiche commerciali dell'Unione alla salvaguardia e alla promozione delle PMI nazionali ed europee, quale elemento caratterizzante, propulsore ed innovatore della nostra economia;

12) ad adoperarsi in sede europea affinché venga adottata un'iniziativa normativa al fine di istituire opportuni meccanismi di vigilanza e di lotta contro la frode in campo doganale;

13) a rafforzare la collaborazione tra le varie agenzie di intelligence per bloccare l’import e export di armi verso Paesi non rispettosi dei diritti umani e, in generale, operare tutti in una rete di carattere transnazionale, atteso l'impatto globale delle questioni che affliggono tuttora il Kosovo e i Balcani;

14) a sostenere, nelle opportune sedi europee, la posizione cauta dell'Italia in ordine all'allargamento dell'Unione verso i Balcani occidentali ovvero di prevederne una più ragionata e progressiva evoluzione;

15) nel contesto della sicurezza esterna e la difesa ed in particolare in merito alla decisioni del Consiglio europeo del dicembre 2016 sulla sicurezza esterna e la difesa, ad adoperarsi per sviluppare una cooperazione difensiva alternativa alla NATO, o quantomeno prevedere una cooperazione capace di ridare autonomia ai Paesi europei per ribilanciare gli equilibri e allontanare quello che appare ai firmatari del presente atto la pericolosa china interventista e militarista statunitense riscontrata negli ultimi decenni;

16) a contribuire alla definizione di uno strumento orientato principalmente, se non esclusivamente, alle missioni di peacekeeping, anche al servizio delle Nazioni Unite, e non ad innalzare il livello dello scontro e delle tensioni verso i Paesi del vicinato (si veda il caso russo in particolare) come vorrebbero i Paesi baltici, la Polonia e la Romania;

17) a proporre una cooperazione finalizzata a eliminare inutili duplicazioni e sprechi, per favorire la standardizzazione degli equipaggiamenti, i risparmi e le economie di scala, permettendo quindi un taglio dei costi al bilancio della difesa negli Stati membri e garantendo un recupero di fondi da reinvestire, auspicabilmente, nel sociale e nella lotta alle crescenti disoccupazione e disuguaglianze;

18) a contribuire affinché l'Unione europea rafforzi l'attività diplomatica e di cooperazione, per giungere alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti nei Paesi vicini, nonché sempre in un'ottica di sicurezza e difesa, a potenziare ed incrementare lo sviluppo di strumenti come le reti di intelligence e la cybersecurity;

19) a pretendere l'effettività della Posizione comune Ue che vieta la vendita delle armi a tutti quei Paesi che finanziano direttamente o indirettamente il terrorismo e che partecipano a guerre;

20) a sostenere la creazione di una struttura di difesa europea che non abbia finalità neocoloniale o di ingerenza indebita nei Paesi terzi;

21) a rinsaldare la cooperazione europea, al fine di riequilibrare i rapporti di forze della NATO, oggi troppi sbilanciati in favore degli interessi geopolitici degli Stati Uniti per tornare a far sì che agisca in conformità alla sua natura di alleanza esclusivamente difensiva;

22) a concentrarsi su un vero contrasto del terrorismo, partendo dall’intelligence, dalla prevenzione e dalla lotta alle predicazioni radicali e ai loro sponsor diretti e indiretti, considerato che, nonostante i 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq, Afghanistan e altre aree di crisi, sono nate più di 30 nuove sigle terroristiche, e che le bombe non estirpano il male, anzi lo stimolano, permettendogli di proliferare;

23) a prevedere un aumento delle risorse logistiche e per il personale delle Forze di polizia e contestualmente affinché vi sia una maggiore condivisione anche delle informazioni e delle loro Intelligence negli Stati membri in modo tale che gli strumenti esistenti (Europol, Eurojust, il sistema di scambio dati Siena) funzionino correttamente;

24) ad assumere iniziative per migliorare l'efficacia del finanziamento delle missioni militari dell'Unione europea, attraverso una revisione del meccanismo ATHENA che ne garantisca una maggiore efficacia di azione e consenta di ampliare stabilmente la quota di costi comuni finanziati, provvedendo in particolare alle spese connesse al dispiegamento dei Battlegroup, strumento mai utilizzato nonostante abbia raggiunto la capacità operativa prevista già nel 2007, escludendo comunque il loro dispiegamento nei confini orientali dell'Unione;

25) a promuovere un utilizzo migliore e massiccio del settore della sicurezza cibernetica quale ambito pilota nel quale sviluppare una capacità totalmente integrata.
(6-00301) «Battelli, Luigi Di Maio, Fraccaro, Petraroli, Baroni, Caso».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo 2017,
   premesso che:
    il Consiglio europeo di primavera sarà incentrato su occupazione, crescita e competitività. In particolare, i leader discuteranno la situazione economica in Europa, la politica commerciale, i progressi compiuti sui fascicoli relativi alla strategia per il mercato unico nonché la prima fase del semestre europeo 2017;
    per una riflessione sul punto, bisogna partire da una doverosa premessa. A sessant'anni dal Trattato di Roma, le conquiste del percorso di integrazione europea, l'Unione europea e la moneta comune, appaiono molto più fragili e precarie di quanto solo alcuni anni fa si sarebbe potuto immaginare. La crescita dei movimenti anti-europei in tutta Europa è una realtà, seppur con un peso e con caratteristiche diverse, nei principali paesi dell'eurozona;
    per comprendere la portata del fenomeno occorre partire dai tre più grandi fallimenti dell'Unione monetaria, a cui naturalmente si affiancano successi importanti, che tuttavia non annullano i primi. Essi sono: il fallimento nel processo di convergenza e di eliminazione degli squilibri macroeconomici interni; il fallimento del coordinamento delle politiche macroeconomiche, cioè tra politica monetaria e politica fiscale; il fallimento della correzione degli squilibri esterni;
    il surplus crescente dell'economia tedesca dimostra che l'espansione monetaria, senza una politica che aiuti la convergenza economica tra i vari Paesi, non fa che alimentare uno squilibrio che ci pone in conflitto anche con il resto del mondo;
    l'Europa a trazione tedesca non ha volutamente colto, sbagliando, che l'eccesso di virtù produce più danni dell'eccesso di deficit. E le misure per fronteggiare la crisi che ne sono derivate non hanno fatto altro che peggiorare la situazione, piuttosto che risolverla;
    pensare che la convergenza delle economie dovesse passare attraverso la deflazione interna ai paesi cosiddetti deboli, e imposta attraverso il consolidamento fiscale anche nei periodi di recessione, ha prodotto deflazione generalizzata e nessun consolidamento fiscale;
    dal 2007 al 2016 il debito pubblico lordo dell'eurozona è aumentato di oltre 25 punti in percentuale del PIL (dal 65,0 al 92,2 per cento). Il debito pubblico francese nello stesso periodo è aumentato di 35 punti percentuali di Pil, quello spagnolo di circa 65 punti, quello portoghese di circa 62 punti, quello italiano di 32 punti. L'Europa ha fallito, dunque, anche in ordine alla sua regola del debito: il 75 per cento dei paesi dell'eurozona, infatti, ha debiti pubblici superiori al 60 per cento del Pil;
    nel 2011, il Governo italiano in carica a parere di firmatari del presente atto fu fatto cadere sotto l'imperativo dell'anticipo del pareggio di bilancio al 2013, ed oggi, dopo sei anni, ci si compiace in Italia di mantenere nel 2017 il deficit sotto il 3 per cento;
    l'Europa si è data in questi anni gli obiettivi di limitare la crescita del debito in tutta l'Eurozona, di favorire la crescita del PIL nominale, eppure questi obiettivi non ha saputo realizzare, infatti il nominale è schiacciato dall'assenza di inflazione per troppi anni e dalla bassa crescita in termini reali. E la piccola fiammata degli ultimi mesi non cambia gli scenari;
    in questo contesto, è chiaro quel che si dovrebbe fare, anche se farlo implica cambiare le regole che sovrintendono l'unione monetaria;
    ciò che manca sono gli investimenti necessari al sostegno della domanda interna all'eurozona, ma soprattutto a recuperare competitività sui mercati internazionali e a assicurare la sostenibilità di lungo periodo, innanzitutto sociale, della crescita;
    il piano Juncker, che doveva rappresentare il secondo pilastro, accanto alla politica monetaria espansiva, della politica economica europea, non appare una risposta sufficiente fino ad oggi. La politica monetaria, seppur aggressiva, non è stata in grado di sostenere adeguatamente gli investimenti privati, essendosi bloccata la sua trasmissione all'economia reale, vero punto debole del quantitative easing di Mario Draghi, il quale ha più volte sottolineato come la Bce non potesse fare da sola;
    da ciò l'opinione che la componente cruciale della crescita che manca all'appello siano gli investimenti pubblici, fortemente diminuiti in tutti i Paesi. Basta pensare agli investimenti massicci in formazione che sono necessari per quella che, con una terminologia un poco immaginifica ma sintetica, si usa definire «Industria 4.0» e per sviluppare le infrastrutture materiali e immateriali ad essa necessarie;
    serve un piano europeo finalizzato a costruire nuove infrastrutture, a migliorare i piani di approvvigionamento energetico, a dare impulso agli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione, capitale umano e sicurezza. Come le reti infrastrutturali sono state i catalizzatori della nascita degli Stati nazionali nell'800, così le nuove reti europee dovranno essere i catalizzatori della nuova Europa;
    a questo fine sarebbe necessario ricorrere a spesa in deficit per finanziare investimenti pubblici, azione di principio corretta secondo la cosiddetta golden rule, di cui si parla almeno da quando si sono concepite le regole europee di stabilità e crescita, ma mai accettata per sfiducia nell'uso corretto della regola stessa da parte di governi propensi alla spesa;
    tuttavia, al di là delle regole europee, violate abbondantemente fino ad oggi, il vero limite all'ampliamento dei deficit sovrani è la crescita ulteriore che ne deriverebbe del debito. La crisi potenziale dei debiti sovrani pesa sulle possibilità di manovra dei Governi dei Paesi più indebitati, le cui difficoltà rischiano di assumere carattere sistemico mettendo in pericolo la costruzione complessiva dell'unione monetaria. Questo è il centro del dibattito in Europa e la causa del riaffiorare periodico di posizioni che prospettano la possibilità che alcuni paesi deboli (non solo la Grecia) escano dall'euro;
    tutto ciò implica affrontare la vera questione che in questi anni ha bloccato la politica economica europea: come conciliare il necessario stimolo fiscale con il pericolo, o la quasi certezza, che l'ulteriore crescita dei debiti pubblici crei ulteriore sfiducia nella loro sostenibilità. L'unica strategia che nelle condizioni descritte sembra possibile, oltre che necessaria, è, quindi, quella di uno stimolo fiscale finanziato attraverso la creazione di moneta;
    in altri termini, ciò che si propone è la monetizzazione di una parte dei deficit pubblici, destinata a finanziare, senza creazione di debito aggiuntivo, un ampio e generalizzato programma di investimenti pubblici, con il vincolo del mantenimento di un avanzo primario al netto di tale finanziamento, ottenuto attraverso il controllo della spesa corrente, in misura compatibile con un sentiero di riduzione costante del debito;
    l'obiettivo è di ridurre il rapporto debito/Pil operando sui due termini del rapporto: stimolare la crescita del PIL reale e determinare al contempo la diminuzione del debito nominale stabilizzando l'avanzo primario, al netto del finanziamento monetario. Si tratta di un programma europeo di investimenti pubblici, che potrebbe essere guidato dalla BEI, finanziato con moneta per un ammontare annuo pari almeno al 2-3 per cento del PIL dell'eurozona, grazie al quale tutta l'eurozona entrerebbe in una prospettiva di decrescita del rapporto debito/pil, stabilizzando le aspettative dei mercati finanziari internazionali;
    ci si augura che le obiezioni a questa politica non si riducano all'osservazione che le regole attuali non lo consentono, perché ormai è assodato che le regole attuali, senza un whatever it takes che sia applicato contemporaneamente alla politica fiscale oltre che a quella monetaria, conducono alla dissoluzione europea e alimentano solo proposte di abbandono dell'euro;
    d'altra parte, si apre già da questo mese un ciclo politico che sconvolgerà l'Europa, a partire dalle elezioni in Olanda del 15 marzo, fino alle presidenziali in Francia il 23 aprile, le elezioni tedesche del 24 settembre e infine le elezioni in Italia;
    a questo punto quello che serve, non solo in Italia ma in tutta Europa, è un dibattito ampio, senza demonizzazione di nessuna delle proposte in campo;
    il dibattito sull'Europa non può esaurirsi nel confronto tra chi invoca l'uscita dall'euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali, e chi dice che «l'euro è irreversibile» senza chiarire quali siano le condizioni e i tempi per le necessarie riforme e per la sua sopravvivenza. Anche perché il maggior pericolo è l'implosione non l’exit;
    sul fronte del fenomeno migratorio, si rileva che l'instabilità politica che colpisce i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, e l'emergenza umanitaria che ne consegue, continui ad accrescere la pressione migratoria verso la sponda sud dell'Unione europea attraverso il Mediterraneo;
    il Consiglio europeo di Malta del 3 febbraio 2017 ha espresso la volontà di stabilizzare la Libia, migliorando il controllo del territorio e delle frontiere e contrastando il traffico di migranti;
    in base al rapporto Frontex per il 2017 il flusso che attraversa il centro-Mediterraneo in direzione del nostro Paese avrà sempre di più natura di migrazione e per motivi economici, originaria dall'Africa sub-sahariana, con il 71 per cento di migranti in più dalla Nigeria e circa 400 per cento in più dalla Guinea rispetto al 2016;
    nella gestione dei flussi in entrata nel nostro Paese va tutelato l'aspetto della sicurezza, del contrasto e della prevenzione dalla minaccia terroristica che si è contraddistinta in questi ultimi anni per essere legata a gruppi integralisti che si professano islamici, e va affrontato realisticamente il costo economico (quasi 4 miliardi di euro stimati nel 2017 in Italia) derivante delle politiche di accoglienza;
    i ricollocamenti da Italia e Grecia verso gli altri Paesi europei hanno riguardato sinora solo 13.500 su 160.000 migranti;
    il Consiglio europeo dovrebbe quindi trovare soluzioni al numero di soggetti irregolari al fine di aumentarne il tasso di rimpatrio. Dai dati ufficiali di Frontex, risulta infatti che nei corso del 2016 gli Stati membri hanno provveduto a rimpatriare soltanto il 40 per cento del totale,

impegna il Governo:

1)  a promuovere e sostenere ogni iniziativa a livello europeo volta a scongiurare una deriva tecnocratica che cancelli, di fatto, lo spirito d'Europa delle origini, comportando, tra l'altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali;

2)  ad adottare ogni iniziativa a livello europeo volta a stimolare la Germania alla reflazione, finalizzata a ridurre il suo eccessivo surplus della bilancia commerciale che danneggia tutti gli altri Paesi dell'eurozona e provoca squilibri troppo ampi tra Paesi;

3)  a promuovere e sostenere la strategia di uno stimolo fiscale finanziato attraverso la creazione di moneta, con la definizione di un programma europeo di investimenti pubblici, finanziato con moneta per un ammontare annuo pari almeno al 2-3 per cento del PIL dell'eurozona, grazie al quale tutta l'eurozona entrerebbe in una prospettiva di decrescita del rapporto debito/PIL, stabilizzando le aspettative dei mercati finanziari internazionali;

4)  a confermare in sede europea una correzione dei conti pubblici italiani, entro la fine di aprile, basandola sui tagli alla spesa pubblica improduttiva, anziché su misure una tantum, quali il recupero di evasione fiscale, scongiurando, altresì, l'ipotesi di un aumento delle imposte e delle accise ovvero una riduzione della spesa fiscale (tax expenditures) previste per lavoro e famiglie;

5)  ad implementare la propria azione a livello internazionale ed europeo, affrontando con decisione i temi della lotta al terrorismo internazionale e della gestione del fenomeno migratorio attraverso un contributo fattivo ed incisivo in qualità di futuro membro del Consiglio di Sicurezza dell'ONU per il 2017, nonché nell'ambito della prossima presidenza del G7 e della futura presidenza OSCE assegnata al nostro Paese per il 2018, agevolando un clima di maggiore distensione internazionale, di dialogo e di collaborazione, e lavorando in particolare per un riavvicinamento della Federazione russa al G7, seguendo una logica inclusiva;

6)  a riconsiderare nell'ambito dell'Unione europea la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa, nonché ad adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di Paesi, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa - anche valutando l'ipotesi di esercitare sul punto il proprio diritto di veto – per agevolare un positivo coinvolgimento di quest'ultima nella lotta al terrorismo internazionale e nelle operazioni portate avanti nel Mediterraneo;

7)  a rafforzare la posizione negoziale dell'Italia, in particolare attraverso iniziative tese ad aggregare gli interessi dell'area euro mediterranea dell'Unione europea, ad oggi soccombenti rispetto alle politiche europee a trazione dei Paesi del nord Europa;

8)  nell'ambito delle misure per affrontare la crisi migratoria, a garantire un maggiore impegno da parte dei Paesi europei nella concreta applicazione degli accordi di Malta, nell'azione di potenziamento del controllo delle frontiere del Mediterraneo, di contenimento dei flussi e negazione di ricollocamento in altri Paesi europei dei migranti giunti in Italia;

9)  a sollecitare un intervento decisivo a livello europeo che fornisca adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;

10) a potenziare le risorse umane e strumentali dell'Agenzia Europol e rafforzare quelle del Centro europeo contro il traffico di migranti (EMSC), tenuto conto del crescente coinvolgimento delle reti criminali organizzate nel facilitare l'immigrazione clandestina;

11) a promuovere e rilanciare accordi bilaterali con i Paesi di origine per i rimpatri dei migranti irregolari, sulla scia di quanto fatto dai Governi Berlusconi, come premessa per bloccare le partenze di migranti irregolari, stroncare le attività degli scafisti, e facilitare le procedure di espulsione dei clandestini;

12) a sollecitare con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea volto a stipulare accordi bilaterali da parte dell'Europa con i Paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori.
(6-00302) «Brunetta, Occhiuto, Elvira Savino».


   La Camera,
   sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo 2017,
   premesso che:
    il Consiglio europeo di primavera sarà incentrato su occupazione, crescita e competitività. In particolare, i leader discuteranno la situazione economica in Europa, la politica commerciale, i progressi compiuti sui fascicoli relativi alla strategia per il mercato unico nonché la prima fase del semestre europeo 2017;
    per una riflessione sul punto, bisogna partire da una doverosa premessa. A sessant'anni dal Trattato di Roma, le conquiste del percorso di integrazione europea, l'Unione europea e la moneta comune, appaiono molto più fragili e precarie di quanto solo alcuni anni fa si sarebbe potuto immaginare. La crescita dei movimenti anti-europei in tutta Europa è una realtà, seppur con un peso e con caratteristiche diverse, nei principali paesi dell'eurozona;
    per comprendere la portata del fenomeno occorre partire dai tre più grandi fallimenti dell'Unione monetaria, a cui naturalmente si affiancano successi importanti, che tuttavia non annullano i primi. Essi sono: il fallimento nel processo di convergenza e di eliminazione degli squilibri macroeconomici interni; il fallimento del coordinamento delle politiche macroeconomiche, cioè tra politica monetaria e politica fiscale; il fallimento della correzione degli squilibri esterni;
    il surplus crescente dell'economia tedesca dimostra che l'espansione monetaria, senza una politica che aiuti la convergenza economica tra i vari Paesi, non fa che alimentare uno squilibrio che ci pone in conflitto anche con il resto del mondo;
    l'Europa a trazione tedesca non ha volutamente colto, sbagliando, che l'eccesso di virtù produce più danni dell'eccesso di deficit. E le misure per fronteggiare la crisi che ne sono derivate non hanno fatto altro che peggiorare la situazione, piuttosto che risolverla;
    pensare che la convergenza delle economie dovesse passare attraverso la deflazione interna ai paesi cosiddetti deboli, e imposta attraverso il consolidamento fiscale anche nei periodi di recessione, ha prodotto deflazione generalizzata e nessun consolidamento fiscale;
    dal 2007 al 2016 il debito pubblico lordo dell'eurozona è aumentato di oltre 25 punti in percentuale del PIL (dal 65,0 al 92,2 per cento). Il debito pubblico francese nello stesso periodo è aumentato di 35 punti percentuali di Pil, quello spagnolo di circa 65 punti, quello portoghese di circa 62 punti, quello italiano di 32 punti. L'Europa ha fallito, dunque, anche in ordine alla sua regola del debito: il 75 per cento dei paesi dell'eurozona, infatti, ha debiti pubblici superiori al 60 per cento del Pil;
    nel 2011, il Governo italiano in carica a parere di firmatari del presente atto fu fatto cadere sotto l'imperativo dell'anticipo del pareggio di bilancio al 2013, ed oggi, dopo sei anni, ci si compiace in Italia di mantenere nel 2017 il deficit sotto il 3 per cento;
    l'Europa si è data in questi anni gli obiettivi di limitare la crescita del debito in tutta l'Eurozona, di favorire la crescita del PIL nominale, eppure questi obiettivi non ha saputo realizzare, infatti il nominale è schiacciato dall'assenza di inflazione per troppi anni e dalla bassa crescita in termini reali. E la piccola fiammata degli ultimi mesi non cambia gli scenari;
    in questo contesto, è chiaro quel che si dovrebbe fare, anche se farlo implica cambiare le regole che sovrintendono l'unione monetaria;
    ciò che manca sono gli investimenti necessari al sostegno della domanda interna all'eurozona, ma soprattutto a recuperare competitività sui mercati internazionali e a assicurare la sostenibilità di lungo periodo, innanzitutto sociale, della crescita;
    il piano Juncker, che doveva rappresentare il secondo pilastro, accanto alla politica monetaria espansiva, della politica economica europea, non appare una risposta sufficiente fino ad oggi. La politica monetaria, seppur aggressiva, non è stata in grado di sostenere adeguatamente gli investimenti privati, essendosi bloccata la sua trasmissione all'economia reale, vero punto debole del quantitative easing di Mario Draghi, il quale ha più volte sottolineato come la Bce non potesse fare da sola;
    da ciò l'opinione che la componente cruciale della crescita che manca all'appello siano gli investimenti pubblici, fortemente diminuiti in tutti i Paesi. Basta pensare agli investimenti massicci in formazione che sono necessari per quella che, con una terminologia un poco immaginifica ma sintetica, si usa definire «Industria 4.0» e per sviluppare le infrastrutture materiali e immateriali ad essa necessarie;
    serve un piano europeo finalizzato a costruire nuove infrastrutture, a migliorare i piani di approvvigionamento energetico, a dare impulso agli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione, capitale umano e sicurezza. Come le reti infrastrutturali sono state i catalizzatori della nascita degli Stati nazionali nell'800, così le nuove reti europee dovranno essere i catalizzatori della nuova Europa;
    a questo fine sarebbe necessario ricorrere a spesa in deficit per finanziare investimenti pubblici, azione di principio corretta secondo la cosiddetta golden rule, di cui si parla almeno da quando si sono concepite le regole europee di stabilità e crescita, ma mai accettata per sfiducia nell'uso corretto della regola stessa da parte di governi propensi alla spesa;
    tuttavia, al di là delle regole europee, violate abbondantemente fino ad oggi, il vero limite all'ampliamento dei deficit sovrani è la crescita ulteriore che ne deriverebbe del debito. La crisi potenziale dei debiti sovrani pesa sulle possibilità di manovra dei Governi dei Paesi più indebitati, le cui difficoltà rischiano di assumere carattere sistemico mettendo in pericolo la costruzione complessiva dell'unione monetaria. Questo è il centro del dibattito in Europa e la causa del riaffiorare periodico di posizioni che prospettano la possibilità che alcuni paesi deboli (non solo la Grecia) escano dall'euro;
    tutto ciò implica affrontare la vera questione che in questi anni ha bloccato la politica economica europea: come conciliare il necessario stimolo fiscale con il pericolo, o la quasi certezza, che l'ulteriore crescita dei debiti pubblici crei ulteriore sfiducia nella loro sostenibilità. L'unica strategia che nelle condizioni descritte sembra possibile, oltre che necessaria, è, quindi, quella di uno stimolo fiscale finanziato attraverso la creazione di moneta;
    in altri termini, ciò che si propone è la monetizzazione di una parte dei deficit pubblici, destinata a finanziare, senza creazione di debito aggiuntivo, un ampio e generalizzato programma di investimenti pubblici, con il vincolo del mantenimento di un avanzo primario al netto di tale finanziamento, ottenuto attraverso il controllo della spesa corrente, in misura compatibile con un sentiero di riduzione costante del debito;
    l'obiettivo è di ridurre il rapporto debito/Pil operando sui due termini del rapporto: stimolare la crescita del PIL reale e determinare al contempo la diminuzione del debito nominale stabilizzando l'avanzo primario, al netto del finanziamento monetario. Si tratta di un programma europeo di investimenti pubblici, che potrebbe essere guidato dalla BEI, finanziato con moneta per un ammontare annuo pari almeno al 2-3 per cento del PIL dell'eurozona, grazie al quale tutta l'eurozona entrerebbe in una prospettiva di decrescita del rapporto debito/pil, stabilizzando le aspettative dei mercati finanziari internazionali;
    ci si augura che le obiezioni a questa politica non si riducano all'osservazione che le regole attuali non lo consentono, perché ormai è assodato che le regole attuali, senza un whatever it takes che sia applicato contemporaneamente alla politica fiscale oltre che a quella monetaria, conducono alla dissoluzione europea e alimentano solo proposte di abbandono dell'euro;
    d'altra parte, si apre già da questo mese un ciclo politico che sconvolgerà l'Europa, a partire dalle elezioni in Olanda del 15 marzo, fino alle presidenziali in Francia il 23 aprile, le elezioni tedesche del 24 settembre e infine le elezioni in Italia;
    a questo punto quello che serve, non solo in Italia ma in tutta Europa, è un dibattito ampio, senza demonizzazione di nessuna delle proposte in campo;
    il dibattito sull'Europa non può esaurirsi nel confronto tra chi invoca l'uscita dall'euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali, e chi dice che «l'euro è irreversibile» senza chiarire quali siano le condizioni e i tempi per le necessarie riforme e per la sua sopravvivenza. Anche perché il maggior pericolo è l'implosione non l’exit;
    sul fronte del fenomeno migratorio, si rileva che l'instabilità politica che colpisce i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, e l'emergenza umanitaria che ne consegue, continui ad accrescere la pressione migratoria verso la sponda sud dell'Unione europea attraverso il Mediterraneo;
    il Consiglio europeo di Malta del 3 febbraio 2017 ha espresso la volontà di stabilizzare la Libia, migliorando il controllo del territorio e delle frontiere e contrastando il traffico di migranti;
    in base al rapporto Frontex per il 2017 il flusso che attraversa il centro-Mediterraneo in direzione del nostro Paese avrà sempre di più natura di migrazione e per motivi economici, originaria dall'Africa sub-sahariana, con il 71 per cento di migranti in più dalla Nigeria e circa 400 per cento in più dalla Guinea rispetto al 2016;
    nella gestione dei flussi in entrata nel nostro Paese va tutelato l'aspetto della sicurezza, del contrasto e della prevenzione dalla minaccia terroristica che si è contraddistinta in questi ultimi anni per essere legata a gruppi integralisti che si professano islamici, e va affrontato realisticamente il costo economico (quasi 4 miliardi di euro stimati nel 2017 in Italia) derivante delle politiche di accoglienza;
    i ricollocamenti da Italia e Grecia verso gli altri Paesi europei hanno riguardato sinora solo 13.500 su 160.000 migranti;
    il Consiglio europeo dovrebbe quindi trovare soluzioni al numero di soggetti irregolari al fine di aumentarne il tasso di rimpatrio. Dai dati ufficiali di Frontex, risulta infatti che nei corso del 2016 gli Stati membri hanno provveduto a rimpatriare soltanto il 40 per cento del totale,

impegna il Governo:

1)  a promuovere e sostenere ogni iniziativa a livello europeo volta a scongiurare una deriva tecnocratica che cancelli, di fatto, lo spirito d'Europa delle origini;

2)  ad adottare ogni iniziativa a livello europeo volta a stimolare la Germania alla reflazione, finalizzata a ridurre il suo eccessivo surplus della bilancia commerciale che danneggia tutti gli altri Paesi dell'eurozona e provoca squilibri eccessivi, come segnalato dalla stessa Commissione;

3)  a promuovere e sostenere la strategia di uno stimolo fiscale finanziato attraverso la creazione di moneta, con la definizione di un programma europeo di investimenti pubblici, finanziato con moneta per un ammontare annuo pari almeno al 2-3 per cento del PIL dell'eurozona, grazie al quale tutta l'eurozona entrerebbe in una prospettiva di decrescita del rapporto debito/PIL, stabilizzando le aspettative dei mercati finanziari internazionali;

4)  ad implementare la propria azione a livello internazionale ed europeo, affrontando con decisione i temi della lotta al terrorismo internazionale e della gestione del fenomeno migratorio attraverso un contributo fattivo ed incisivo in qualità di futuro membro del Consiglio di Sicurezza dell'ONU per il 2017, nonché nell'ambito della prossima presidenza del G7 e della futura presidenza OSCE assegnata al nostro Paese per il 2018, agevolando un clima di maggiore distensione internazionale, di dialogo e di collaborazione, e lavorando in particolare per un riavvicinamento della Federazione russa al G7, seguendo una logica inclusiva;

5)  a sostenere in ambito europeo il processo di stabilizzazione delle relazioni tra l'Unione europea e la Federazione russa a valutare tutte le possibilità esistenti di eliminare, appena si realizzeranno le condizioni previste, le sanzioni economiche nei confronti della Federazione russa;

6)  a rafforzare la posizione negoziale dell'Italia, in particolare proseguendo le iniziative tese ad aggregare gli interessi dell'area euro mediterranea dell'Unione europea, continuando a promuovere un loro equilibrio;

7)  nell'ambito delle misure per affrontare la crisi migratoria, a garantire un maggiore impegno da parte dei Paesi europei nella concreta applicazione degli accordi di Malta, nell'azione di potenziamento del controllo delle frontiere del Mediterraneo, di contenimento dei flussi e negazione di ricollocamento in altri Paesi europei dei migranti giunti in Italia;

8)  a sollecitare un intervento decisivo a livello europeo che fornisca adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;

9)  a potenziare le risorse umane e strumentali dell'Agenzia Europol e rafforzare quelle del Centro europeo contro il traffico di migranti (EMSC), tenuto conto del crescente coinvolgimento delle reti criminali organizzate nel facilitare l'immigrazione clandestina;

10) a proseguire nell'impegno volto a promuovere e rilanciare accordi bilaterali con i Paesi di origine per i rimpatri dei migranti irregolari;

11) a sollecitare con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea volto a stipulare accordi bilaterali da parte dell'Europa con i Paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori.
(6-00302)
(Testo modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate) «Brunetta, Occhiuto, Elvira Savino».


   La Camera,
   premesso che:
    nella riunione del 9 e 10 marzo 2017 il Consiglio europeo prevede di affrontare i seguenti punti all'ordine del giorno: a) occupazione, crescita e produttività; b) sicurezza esterna e difesa; c) relazioni esterne, in particolare quelle con i Balcani occidentali;
    in particolare, per quanto concerne il secondo punto all'ordine del giorno, relativo alla sicurezza e alla difesa, al vertice di Bratislava del settembre 2016 i 27 leader dell'Unione europea hanno deciso di dare nuovo slancio alla sicurezza esterna e alla difesa europee in un contesto geopolitico complesso, per rafforzare la cooperazione dell'Unione europea nel campo della sicurezza esterna e della difesa;
    si vorrebbe tentare di realizzare l'obbiettivo che il Consiglio europeo si era posto a dicembre 2016 per decidere su un piano di attuazione concreto in materia di sicurezza e difesa e sui modi per utilizzare al meglio le possibilità offerte dai trattati, in particolare per quanto riguarda le capacità di avviare immediatamente l'attuazione della dichiarazione congiunta con la NATO;
    dalle dichiarazioni rese dal Presidente Tusk è palpabile l'impegno profuso dall'Europa a cominciare dalla Siria a favore della quale, di fronte alla brutalità del regime siriano e dei suoi sostenitori, segnatamente la Russia e l'Iran, il Presidente ha sottolineato l'incapacità dell'Unione europea di intervenire. A tal proposito si è manifestata l'esigenza di un'apertura immediata di corridoi umanitari per permettere l'arrivo degli aiuti ad Aleppo e l'evacuazione in sicurezza della popolazione civile, sotto la supervisione internazionale neutrale;
    per quanto riguarda inoltre i progetti contenuti nel Libro bianco di Junker si prevede che all'inizio di giugno 2017, si dovrebbe redigere un documento sul futuro della difesa europea, che tenga conto del Fondo europeo per la difesa, proposto da Juncker ma sul quale nell'Esecutivo non c’è unanimità di vedute;
    sempre a giugno, per la difesa comune, l'agenda dell'Esecutivo Juncker prevede una conferenza a Praga per discutere di uno dei temi più delicati in termini di cessione di sovranità nel dibattito europeo;
    ritenuto che tuttavia, nell'Europa a più velocità, c’è chi sta frenando sul progetto di difesa comune, uno dei dossier su cui comunque nell'ultimo anno sono stati compiuti molti passi avanti nel solco della «global strategy» lanciata dall'Alto rappresentante per la sicurezza, Federica Mogherini a giugno 2016;
    la questione di fondo è che la difesa per uno Stato è da sempre il cuore della sovranità ed è per questo che il trattato dell'Unione europea attribuisce agli Stati membri un forte potere decisionale sulla materia e disegna uno sviluppo progressivo e prudente di una capacità europea di difesa, in armonia con le sensibilità costituzionali nazionali e con gli obblighi discendenti dalla partecipazione alla NATO;
    in autunno la proposta del Presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, di un fondo dell'Unione europea per la difesa (Edap) da 90 milioni per la ricerca fino al 2020, per poi salire a 500 milioni nel periodo di bilancio successivo, aveva destato clamore dal momento che, per lo sviluppo di capacità militari e l'innovazione nel settore, il documento di Juncker programmava una cifra di riferimento di 5 miliardi all'anno, senza però indicare né la fonte di finanziamento (UE, Stati Membri, mercati finanziari) né la sostenibilità a medio termine;
    nelle settimane scorse si è prospettata la possibilità di uno «scoping paper» destinato a preparare una discussione tra Commissione europea e Ministeri della difesa per approfondimenti sulle cooperazioni militari possibili. L'intento, non del tutto chiaro per ora, potrebbe essere quello di dare una posizione più centrale alla Commissione, anche se i Trattati non lo prevedono;
    le posizioni relative ad una politica di sicurezza e difesa più coese sono tra chi vorrebbe incardinare questo embrione di difesa comune nel sistema dei trattati europei creando una cooperazione rafforzata tra «gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari» sulla base degli articoli 42.6 e 46.2 del Trattato e chi, sul fronte opposto, sembra puntare ad un modello intergovernativo, esattamente come è accaduto per l’European Stability Mechanism (ESM) che non è un trattato europeo e dal quale chiunque può sfilarsi in qualsiasi momento. Nel primo caso, in base all'articolo 46.2, il Consiglio dell'Unione europea deciderebbe la costituzione della PESCO a maggioranza qualificata, dunque senza il potere di veto, mentre nel secondo, ogni Paese potrebbe impedire agli altri di agire, o in alternativa si consentirebbero meccanismi di cooperazione limitati ad alcuni con il rischio di velocità diverse costruite non per cooperazione ma per esclusione;
    le forze che più si stanno muovendo nella direzione intergovernativa sono francesi, inglesi e polacche. Sull'altro fronte, tra i Paesi favorevoli alla Pesco ci sono la Germania, l'Italia, la Spagna, il Belgio ma anche la Finlandia e l'Olanda;
    un segnale positivo è giunto il 5 marzo 2017 con l'approvazione da parte dei ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi membri e la successiva ratifica da parte del Consiglio Affari Esteri dell'Unione europea del progetto di realizzazione del comando unificato denominato MPCC (Military Planning and Conduct Capability) che guiderà le missioni militari europee di tipo «non executive», iniziando dalle tre attualmente in corso in Mali, Repubblica Centrafricana e Somalia per l'addestramento delle forze armate locali,

impegna il Governo

1) per quanto riguarda la sicurezza esterna e difesa:
   a) a sostenere il ricorso alla cooperazione strutturata permanente prevista dagli articoli 42 e 46 del Trattato sull'Unione europea per rafforzare e accelerare il processo di costituzione di un'efficace difesa europea;
   b) a valutare l'opportunità di proporre la progressiva estensione delle capacità del previsto comando militare unificato Mpcc (Military planning and conduct capability) anche alla pianificazione, coordinamento e conduzione delle missioni dell'Unione europea di tipo executive, nonché delle missioni eventualmente condotte da Stati membri secondo quanto previsto dall'articolo 44 del Trattato sull'Unione europea;
   c) a incoraggiare gli Stati membri ad avvalersi delle possibilità offerte dall'articolo 44 del Trattato sull'Unione europea, organizzandosi per identificare e gestire congiuntamente le capacità necessarie per intraprendere le missioni che il Foreign affairs council può decidere di affidare a un gruppo di Stati membri disposti a svolgere questo ruolo, anche prevedendo meccanismi stabili di scambio di informazioni, preparazione di piani di contingenza e accantonamento di risorse comuni, per consentire l'eventuale costituzione di una forza d'intervento organizzata ad hoc per una specifica missione, al fine di superare le difficoltà di tipo politico ed economico che hanno fino ad oggi impedito l'impiego dei battlegroup dell'Unione europea realizzati con il sistema dei contingenti pre-assegnati a rotazione.
(6-00303) «Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    nella riunione del 9 e 10 marzo 2017 il Consiglio europeo prevede di affrontare i seguenti punti all'ordine del giorno: a) occupazione, crescita e produttività; b) sicurezza esterna e difesa; c) relazioni esterne, in particolare quelle con i Balcani occidentali;
    in particolare, per quanto concerne il secondo punto all'ordine del giorno, relativo alla sicurezza e alla difesa, al vertice di Bratislava del settembre 2016 i 27 leader dell'Unione europea hanno deciso di dare nuovo slancio alla sicurezza esterna e alla difesa europee in un contesto geopolitico complesso, per rafforzare la cooperazione dell'Unione europea nel campo della sicurezza esterna e della difesa;
    si vorrebbe tentare di realizzare l'obbiettivo che il Consiglio europeo si era posto a dicembre 2016 per decidere su un piano di attuazione concreto in materia di sicurezza e difesa e sui modi per utilizzare al meglio le possibilità offerte dai trattati, in particolare per quanto riguarda le capacità di avviare immediatamente l'attuazione della dichiarazione congiunta con la NATO;
    sempre a giugno, per la difesa comune, l'agenda dell'Esecutivo Juncker prevede una conferenza a Praga per discutere di uno dei temi più delicati in termini di cessione di sovranità nel dibattito europeo;
    ritenuto che tuttavia, nell'Europa a più velocità, c’è chi sta frenando sul progetto di difesa comune, uno dei dossier su cui comunque nell'ultimo anno sono stati compiuti molti passi avanti nel solco della «global strategy» lanciata dall'Alto rappresentante per la sicurezza, Federica Mogherini a giugno 2016;
    la questione di fondo è che la difesa per uno Stato è da sempre il cuore della sovranità ed è per questo che il trattato dell'Unione europea attribuisce agli Stati membri un forte potere decisionale sulla materia e disegna uno sviluppo progressivo e prudente di una capacità europea di difesa, in armonia con le sensibilità costituzionali nazionali e con gli obblighi discendenti dalla partecipazione alla NATO;
    in autunno la proposta del Presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, di un fondo dell'Unione europea per la difesa (Edap) da 90 milioni per la ricerca fino al 2020, per poi salire a 500 milioni nel periodo di bilancio successivo, aveva destato clamore dal momento che, per lo sviluppo di capacità militari e l'innovazione nel settore, il documento di Juncker programmava una cifra di riferimento di 5 miliardi all'anno, senza però indicare né la fonte di finanziamento (UE, Stati Membri, mercati finanziari) né la sostenibilità a medio termine;
    nelle settimane scorse si è prospettata la possibilità di uno «scoping paper» destinato a preparare una discussione tra Commissione europea e Ministeri della difesa per approfondimenti sulle cooperazioni militari possibili. L'intento, non del tutto chiaro per ora, potrebbe essere quello di dare una posizione più centrale alla Commissione, anche se i Trattati non lo prevedono;
    un segnale positivo è giunto il 5 marzo 2017 con l'approvazione da parte dei ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi membri e la successiva ratifica da parte del Consiglio Affari Esteri dell'Unione europea del progetto di realizzazione del comando unificato denominato MPCC (Military Planning and Conduct Capability) che guiderà le missioni militari europee di tipo «non executive», iniziando dalle tre attualmente in corso in Mali, Repubblica Centrafricana e Somalia per l'addestramento delle forze armate locali,

impegna il Governo

1) per quanto riguarda la sicurezza esterna e difesa:
   a) a sostenere il ricorso alla cooperazione strutturata permanente prevista dagli articoli 42 e 46 del Trattato sull'Unione europea per rafforzare e accelerare il processo di costituzione di un'efficace difesa europea;
   b) a valutare l'opportunità di proporre la progressiva estensione delle capacità del previsto comando militare unificato Mpcc (Military planning and conduct capability) anche alla pianificazione, coordinamento e conduzione delle missioni dell'Unione europea di tipo executive, nonché delle missioni eventualmente condotte da Stati membri secondo quanto previsto dall'articolo 44 del Trattato sull'Unione europea;
   c) a incoraggiare gli Stati membri ad avvalersi delle possibilità offerte dall'articolo 44 del Trattato sull'Unione europea, organizzandosi per identificare e gestire congiuntamente le capacità necessarie per intraprendere le missioni che il Foreign affairs council può decidere di affidare a un gruppo di Stati membri disposti a svolgere questo ruolo, anche prevedendo meccanismi stabili di scambio di informazioni, preparazione di piani di contingenza e accantonamento di risorse comuni, per consentire l'eventuale costituzione di una forza d'intervento organizzata ad hoc per una specifica missione, al fine di superare le difficoltà di tipo politico ed economico che hanno fino ad oggi impedito l'impiego dei battlegroup dell'Unione europea realizzati con il sistema dei contingenti pre-assegnati a rotazione.
(6-00303)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla riunione del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo 2017,
   premesso che:
    il 25 marzo 2017 si celebra il sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, istituivi della Comunità europea, e prossimamente si terrà una seduta all'assemblea parlamentare di Strasburgo, in cui avrà luogo un primo confronto degli Stati membri sul futuro dell'Unione europea in vista della dichiarazione di Roma e degli incontri che si terranno nella capitale a latere delle celebrazioni;
    la Dichiarazione di Roma dovrà essere l'inizio di una nuova fase della politica europea, che nell'ultimo decennio ha dimostrato tutti i propri limiti, primo passo verso una riscrittura sia dei Trattati istitutivi sia di tutti quelli di maggiore rilevanza, garantendo attraverso di essi il pieno rispetto dei fondamenti della democrazia, il primato dei popoli sulle esigenze finanziarie, il rispetto e la tutela delle capacità economiche e produttive delle singole fazioni e la gestione unitaria di servizi strategici come l'energia o la difesa;
    l'Unione, così come attualmente configurata e operante, infatti, è assai lontana dall'idea dei padri fondatori, che sognavano un'unificazione politica e sociale del continente europeo che potesse scongiurare future guerre e cementare una comunione di ideali tra i suoi abitanti;
    nell'attuazione pratica, tuttavia, l'Unione europea non funziona e non ha mai funzionato a causa di una pessima gestione, che l'ha resa schiava di una tecnocrazia che ha schiacciato i popoli, l'ha sottomessa al primato della finanza sulla politica, l'ha resa vittima dello strapotere delle banche e delle lobby dei poteri forti e, non ultimo, l'ha esposta al gigantismo della Germania;
    al primo punto dell'ordine del giorno della seduta del Consiglio vi sono le questioni economiche, con particolare riferimento all'analisi della situazione economica e degli squilibri macroeconomici sulla base delle relazioni per Paese pubblicate dalla Commissione europea;
    la relazione relativa all'Italia evidenzia «squilibri macroeconomici eccessivi», rispetto ai quali l'Unione ha già chiesto al Governo di apportare delle correzioni al fine di evitare di incorrere in una procedura sanzionatoria per deficit eccessivo;
    nel corso del vertice di Versailles i leader di Germania, Francia, Spagna e Italia, le prime quattro potenze demografiche ed economiche del continente, hanno dichiarato ufficialmente che per dare nuovo impulso all'Europa occorrono urgentemente «cooperazioni rafforzate e geometrie variabili», rispolverando, in sostanza, le vecchie teorie sull'Europa a due (o più) velocità;
    la manovra correttiva che ci chiede l'Unione europea, le cui misure sono attualmente ancora al vaglio dell'esecutivo, rischia di produrre più danni che altro, ricorrendo a un ennesimo aumento della tassazione che diminuirà i consumi e continuerà a frenare la ripresa della nostra economia nazionale;
    nell'ambito delle tematiche di natura economica all'esame del Consiglio vi sono anche gli accordi commerciali e appare opportuno richiamare l'attenzione sui negoziati con gli Stati Uniti per il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, suscettibili di dare luogo alla firma di un accordo ben lontano dalla «politica commerciale utilizzata come veicolo per la promozione dei principi e dei valori europei a partire dalla democrazia e dai diritti umani, ma anche della visione dell'Unione europea in materia di ambiente, diritti sociali e del lavoro, o sviluppo»;
    il mandato assegnato al Consiglio in qualità di negoziatore del trattato, infatti, al di là di una coerenza formale con i principi dell'Unione europea, conferma la assoluta incertezza del quadro negoziale e il rischio concreto che questo accordo possa rivelarsi, anziché una fonte di crescita e sviluppo reciproci, una minaccia per interi comparti produttivi italiani ed europei;
    il mandato, infatti, non scioglie positivamente i nodi collegati agli effetti del partenariato transatlantico rispetto al sistema delle piccole e medie imprese, agli standard europei di salute e sicurezza della filiera agroalimentare e di tutela ambientale, al riconoscimento delle indicazioni d'origine ed al contrasto della contraffazione, alla risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ai diritti del lavoro, alla liberalizzazione dei servizi e degli appalti pubblici;
    nelle sedute del 9 e 10 marzo il Consiglio dovrà, inoltre, affrontare la questione dell'emergenza migratoria e dell'approccio dell'Europa a tale fenomeno;
    il 3 febbraio 2017 è stata adottata la «Dichiarazione di Malta dei membri del Consiglio europeo sugli aspetti esterni della migrazione: affrontare la rotta del Mediterraneo centrale», con la quale, muovendo dal dato numerico che «sulla rotta del Mediterraneo centrale, tuttavia, nel 2016 si sono registrati più di 181.000 arrivi, mentre il numero di persone morte o disperse in mare ha raggiunto un nuovo record ogni anno a partire dal 2013», gli Stati firmatari esprimono la propria determinazione «a prendere ulteriori misure per ridurre in maniera significativa i flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo centrale e smantellare il modello di attività dei trafficanti, rimanendo al contempo vigili riguardo alla rotta del Mediterraneo orientale e ad altre rotte»;
    tra le ipotesi allo studio vi sarebbe anche quella di creare una line of protection, di fatto un blocco navale da realizzare con unità e uomini libici finanziati dalla Commissione con duecento milioni di euro a valere sul fondo fiduciario dell'Unione europea per l'Africa, volto a costituire una prima linea di difesa per impedire le partenze, dietro alla quale dovrebbero continuare ad operare le navi europee della missione «Sophia», con lo scopo di soccorrere i migranti alla deriva e di distruggere i barconi catturati;
    dopo la chiusura della rotta balcanica i migranti che salpano dalle coste libiche verso l'Italia e l'Europa meridionale rappresentano il novanta per cento del totale e, dopo l'aumento del 18 per cento degli ingressi clandestini registrato già nel 2016, per l'anno in corso l'Unione ha preso atto del fatto che «non ci sono indicazioni che il trend possa cambiare finché non migliorerà la situazione economica e politica» nei paesi di origine e in Libia, e ha stimato le persone pronte a partire dalla Libia nel corso della prossima estate tra settecentomila e il milione;
    sino ad oggi l'unico intervento promosso dall'Unione europea a contrasto dell'immigrazione illegale verso le nazioni europee che ha ottenuto successo è stata la chiusura della cosiddetta rotta balcanica, mentre è completamente fallito il piano dei ricollocamenti e, sinora, anche i primi tentativi di accordo con la Libia e con le nazioni dell'Africa settentrionale e subsahariana per combattere il traffico di esseri umani, non fanno significativi progressi, né la missione EunavforMed, ora rinominata in «Operazione Sophia», né le attività dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera;
    quest'ultima, istituita nell'ottobre 2016 per rafforzare le frontiere esterne dell'Unione, monitorando da vicino le frontiere e collaborando con gli Stati membri per individuare rapidamente e affrontare le potenziali minacce, non ha funzioni operative sufficientemente efficaci;
    per quanto riguarda, invece, la missione EunavforMed, la stessa è ferma da ormai diciotto mesi alla seconda fase, prorogata sino al 27 luglio 2017 e non sembra avviata all'operatività della terza fase, nell'ambito della quale sarebbe finalmente possibile neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai contrabbandieri e trafficanti sia in mare che a terra e quindi contribuire agli sforzi internazionali per scoraggiare gli stessi contrabbandieri nell'impegnarsi in ulteriori attività criminali,

impegna il Governo

1) ad attivarsi affinché sia recepita la necessità che l'Unione europea non attui politiche depressive verso gli Stati membri costringendoli in un circolo vizioso che cercando di sanare il debito attraverso l'inasprimento delle politiche fiscali o attraverso  !a vendita delle aziende di Stato determini il perdurare della mancata ripresa economica;

2) ad adottare le iniziative necessarie affinché in sede di negoziato per il Ttip trovino adeguata tutela gli interessi nazionali ed europei, garantendo il mantenimento della maggiore tutela dei consumatori prevista dalle normative comunitarie, e affinché sia data adeguata pubblicità al negoziato stesso;

3) a promuovere l'avvio di un nuovo processo di integrazione europea, volto a realizzare istituzioni che siano effettivamente rappresentative dell'espressione della volontà popolare, garantendo all'Italia il mantenimento della propria sovranità e l'autonomia delle proprie scelte;

4) a promuovere l'adozione di una politica migratoria comune, ispirata al principio del burden sharing, che garantisca la realizzazione di una politica comune d'asilo e una strategia unitaria di contrasto alle migrazioni irregolari, anche attraverso l'attuazione del piano di ricollocazioni;

5) a proseguire le iniziative volte alla realizzazione dei controlli alle frontiere esterne dell'Unione europea attraverso la modifica dei compiti e il potenziamento dei mezzi attribuiti all'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera;

6) a sostenere ogni iniziativa in ambito europeo e internazionale finalizzata a intensificare la collaborazione con la Libia quale principale Paese di partenza dei migranti e con i suoi vicini in Africa settentrionale e sub sahariana;

7) a sollecitare la rapida conclusione degli accordi di riammissione tra Unione europea e i Paesi di provenienza dei migranti, al fine di rendere più agevoli le procedure di rimpatrio di coloro che non hanno diritto a misure di protezione, e ad applicare le stesse in ambito nazionale;

8) a promuovere il varo della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che possa dare avvio alla terza fase di EunavforMed, al fine di contrastare con maggiore efficacia i trafficanti di esseri umani.
(6-00304) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    sentite le dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulle strategie europee e le politiche di coesione europee;
    al fine di misurare, riconoscere e colmare gli svantaggi economici e infrastrutturali derivanti dall'insularità della Sardegna nell'ambito europeo,

impegna il Governo:

1) a promuovere in sede europea, politiche tese a predisporre un Piano Attuativo Riequilibrio Insulare Sardegna (P.A.R.I.S) che individui parametri oggettivi in grado di misurare il divario insulare e definisca le misure economiche, infrastrutturali, fiscali e sociali per colmare tale divario;

2) a definire un piano che contenga, d'intesa con l'Unione Europea, misure economiche e fiscali tese ad abbattere in particolar modo:
   a) il divario in materia di trasporti, aerei e marittimi, passeggeri e merci, nei collegamenti da e per le regioni insulari europee e in particolare della Sardegna;
   b) il divario infrastrutturale, da colmare attraverso la realizzazione della Piastra Logistica EuroMediterranea della Sardegna con la connessione viaria e ferroviaria tra i porti e gli aeroporti dell'isola;
   c) il divario economico per le attività produttive legato al costo energetico e ai principali fattori della produzione endogena legati al divario insulare;

3) a promuovere nell'ambito europeo una Zona Franca Insulare tesa al riequilibrio degli svantaggi.
(6-00305) «Pili».