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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 3 aprile 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 3 aprile 2017.

  Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Artini, Basilio, Bellanova, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Paola Boldrini, Bonifazi, Franco Bordo, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Cariello, Caruso, Casero, Castiglione, Catalano, Catania, Causin, Antimo Cesaro, Cirielli, Colonnese, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Duranti, Fantinati, Faraone, Fauttilli, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Gallinella, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Migliore, Mongiello, Moscatt, Mucci, Orlando, Pannarale, Pastorelli, Picchi, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rizzo, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scanu, Sereni, Sorial, Tabacci, Terzoni, Velo, Vignali, Zardini.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 31 marzo 2017 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   ANDREA MAESTRI ed altri: «Istituzione del fondo comunale per l'edilizia residenziale pubblica, mediante accantonamento dei depositi cauzionali versati per la locazione di unità immobiliari private a destinazione residenziale o ad usi diversi» (4401);
   BECHIS ed altri: «Disposizioni per la promozione, la valorizzazione e il sostegno della musica popolare e amatoriale» (4402).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio della trasmissione di atti alla Corte costituzionale.

  Nel mese di marzo 2017 sono pervenute ordinanze emesse da autorità giurisdizionali per la trasmissione alla Corte costituzionale di atti relativi a giudizi di legittimità costituzionale.

  Questi documenti sono trasmessi alla Commissione competente.

Trasmissione dal Ministro della giustizia.

  Il Ministro della giustizia, con lettera in data 30 marzo 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la relazione – per la parte di sua competenza – sullo stato di attuazione della medesima legge n. 194 del 1978, concernente norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, riferita all'anno 2016, comprensiva dei dati relativi al periodo dal 1995 al 2016 (Doc. XXXVII-bis, n. 4).

  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 31 marzo 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio sulla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di Consiglio internazionale dei cereali con riguardo alla proroga della convenzione sul commercio dei cereali del 1995 (COM(2017) 154 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissioni dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

  Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 30 marzo 2017, ha trasmesso un parere, deliberato ai sensi dell'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, relativo al progetto di legge Atto Senato n. 2647, recante «Disciplina dell'attività di home restaurant» (approvato dalla Camera, Atti Camera n. 3258 e abbinati).

  Questo parere è stato trasmesso alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera pervenuta in data 30 marzo 2017, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione in merito ai servizi automobilistici interregionali di competenza statale.

  Questa segnalazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI VEZZALI ED ALTRI N. 1-01511, DI VITA ED ALTRI N. 1-00293, LENZI ED ALTRI N. 1-01437, CIMBRO ED ALTRI N. 1-01494, RONDINI ED ALTRI N. 1-01567, GREGORI ED ALTRI N. 1-01568 E PALESE ED ALTRI N. 1-01570 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALLA PREVENZIONE DELL'HIV/AIDS E DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati pubblicati dall'Istituto, superiore di sanità (vedasi notiziario dell'Istituto superiore di sanità volume 29 n. 9 suppl. 1 del 2016 «aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS al 31 dicembre 2015»), nel 2015 sono state segnalate in Italia 3.444 nuove diagnosi si infezione da HIV (fatto salvo il ritardo di notifica in base al quale si stima manchi ancora un 7,9 per cento di segnalazioni), vale a dire che ogni giorno, in Italia, mediamente 10 persone scoprono di esseri sieropositive per HIV;
    con una incidenza pari a 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti (nel 1987 si registrò il picco massimo di 26,8 nuovi casi per 100.000 residenti) l'Italia si colloca al 13° posto tra le nazioni dell'Unione europea in termini di incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV;
    negli anni si è progressivamente osservato un cambiamento delle modalità di trasmissione: è diminuita la proporzione di consumatori di sostanze per via iniettiva (dal 76,2 per cento nel 1985 al 3,2 per cento nel 2015), è aumentata la proporzione di casi attribuibili a trasmissione eterosessuale (dall'1,7 per cento nel 1985 al 44,9 per cento nel 2015) e tra maschi che fanno sesso con maschi (dal 6,3 per cento nel 1985 al 40,7 per cento nel 2015);
    nel 2015 l'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è diminuita lievemente rispetto ai tre anni precedenti per tutte le modalità di trasmissione tranne che per i maschi che fanno sesso con maschi;
    suddividendo le persone con nuova diagnosi di infezione da HIV per classi di età, l'incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti);
    nel 2015 sono state segnalate 12 nuove diagnosi di HIV in adolescenti con età compresa fra 15 e 17 anni (8 per cento delle nuove diagnosi), in prevalenza femmine e straniere, e 369 casi in giovani con età compresa tra i 18 e i 25 anni (10,7 per cento delle nuove diagnosi), in prevalenza maschi che fanno sesso con maschi;
    nell'ultimo decennio è nettamente aumentato – dal 20,5 per cento del 2006 al 74,5 per cento del 2015 – il numero di persone che, inconsapevoli della propria sieropositività, sono giunte alla diagnosi di infezione da HIV già in stadio di AIDS, evidenziando un drammatico ritardo nella diagnosi;
    nel 2015 il 28,8 per cento delle persone diagnosticate HIV positive era di nazionalità straniera (11 per cento nel 1992; 32,9 per cento nel 2006);
    suddividendo le persone con nuova diagnosi di infezione da HIV in base alla nazionalità, nel 2015 l'incidenza è stata di 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti; tra gli stranieri, la quota maggiore di casi era costituita da eterosessuali femmine (36,9 per cento), mentre tra gli italiani da maschi che fanno sesso con maschi, (48,1 per cento);
    in Italia si stima che il numero di persone con Infezione da HIV/AIDS sia pari a circa 130 mila, dei quali almeno 12.000-18.000 siano «inconsapevoli» di avere il virus e quindi non in grado di curarsi ed ignari di rappresentare un rischio per i propri partner sessuali;
    la terapia antiretrovirale – oltre ad arrestare la progressione della malattia fino al punto di consentire alle persone con HIV di poter affrontare una prospettiva di invecchiamento paragonabile alle persone sieronegative – ha dimostrato enorme efficacia anche in termini di riduzione del rischio di trasmissione di HIV («Treatment as prevention» o TasP), dal momento che il trattamento riduce la carica virale di HIV nel sangue, nel liquido seminale, nelle secrezioni vaginali, nel fluido rettale, fino a livelli «non rilevabili» dalle metodiche di indagine;
    una strategia combinata che preveda diagnosi precoce e terapia tempestiva (cosiddetta «test and treat») è ritenuta in grado di ridurre significativamente la circolazione del virus nella popolazione ed il numero di nuove infezioni da HIV;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018, visti dati nazionali che confermano le malattie infettive fra i problemi sanitari principali nel nostro Paese, prevede fra i macro obiettivi il macro obiettivo 2.9: Ridurre la frequenza di infezioni/malattie infettive prioritarie;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018 raccomanda di mantenere elevato l'impegno sulla prevenzione delle malattie infettive per diverse ragioni fra cui il potenziale epidemico di alcuni agenti infettivi;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018 definisce fondamentale l'identificazione precoce dei casi di malattia infettiva, sia per ridurne il rischio di complicanze ed esiti, sia per l'attuazione di opportuni interventi di contenimento;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018 inserisce l'infezione da HIV/AIDS fra gli ambiti di intervento ritenuti prioritari sui quali concentrare le attività preventive;
    il piano nazionale della prevenzione 2014-2018 riconosce che le malattie sessualmente trasmesse facilitano l'infezione da HIV aumentandone il rischio di tre o più volte e riporta che il sistema di sorveglianza sentinella delle malattie sessualmente trasmesse ne evidenzia un aumento del +25 per cento a partire dal 2005 rispetto al periodo 1991-2004;
    il livello di attenzione nei confronti della prevenzione dell'infezione da HIV/AIDS si è significativamente abbassato, fino a far dimenticare che l'HIV costituisce comunque una minaccia e continua a diffondersi;
    troppe persone con HIV sono vittime di episodi discriminatori, ragione per la quale non rivelano la propria condizione a familiari e perfino al proprio partner;
    l'informazione più capillare deve essere rivolta in primo luogo, anche se non esclusivamente, ai giovanissimi, per colmare le lacune circa le modalità di contagio, fare acquisire loro consapevolezza, promuovere l'uso del preservativo, evitare forme di esclusione sociale;
    il Ministero della salute, però, ha un budget per la comunicazione di appena 80 mila euro e nelle scuole sono ancora pochi i progetti di educazione sessuale;
    il diritto alla salute non può e non deve creare discriminazione;
    in occasione della giornata mondiale contro l'Aids, 1o dicembre di ogni anno, il Ministro della salute ha anticipato l'imminente approvazione da parte del Consiglio superiore di sanità del piano nazionale Aids che ha fra gli obiettivi quello di ridurre il numero delle nuove infezioni e di facilitare l'accesso al test per far emergere sommerso;
    una prevenzione efficace, anche attraverso la diagnosi precoce ed il trattamento tempestivo, riducendo il numero di nuove infezioni, permetterebbe di abbattere la spesa dello Stato per le cure ambulatoriali ed i trattamenti ospedalieri delle complicanze dell'infezione da HIV/AIDS in fase avanzata;
    è necessario promuovere un nuovo modello culturale che tenga conto dei cambiamenti sociali, dell'importanza di una alimentazione equilibrata e di un corretto stile di vita, di una cultura del rispetto e dell'altro, affinché la società possa essere inclusiva e non discriminante, conformemente a quanto sancito nella Costituzione;
    la percezione che l'infezione da HIV/AIDS sia una patologia cronica non diversa da altre consentirebbe alle persone che ne sono colpite ed alle loro famiglie di trovare maggiori stimoli per reagire e per non autoescludersi dal contesto sociale, sfruttando i benefici che una carica emotiva positiva ed una forte determinazione danno per superare i momenti di difficoltà,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per destinare maggiori risorse a progetti di informazione finalizzata alla prevenzione delle infezione da HIV/AIDS e delle malattie sessualmente trasmesse, mirati principalmente a raggiungere ragazze, ragazzi e le fasce sociali più vulnerabili;

2) ad assumere iniziative per rendere organica e sistematica l'adozione di programmi di educazione all'affettività e di educazione sessuale all'interno delle scuole secondarie di primo e secondo grado;

3) a promuovere, a livello nazionale e regionale, iniziative e campagne finalizzate ad incentivare l'esecuzione del test HIV con riferimento alla popolazione generale;

4) a promuovere, a livello nazionale, iniziative e campagne finalizzate alla lotta alla discriminazione in ambito sociale, negli ambienti scolastici e nei luoghi di lavoro, così da contrastarne le conseguenze psicologiche personali e familiari, nonché le conseguenze sociali ed economiche.
(1-01511) «Vezzali, Francesco Saverio Romano, Parisi, Abrignani, Mottola, Rabino, D'Agostino, Marcolin».


   La Camera,
   premesso che:
    il 1o dicembre di ogni anno si celebra la giornata mondiale per la lotta contro l'AIDS;
    l'infezione da HIV continua a propagarsi e l'Aids rimane la pandemia che miete più vittime al mondo; tutti i Paesi ONU si sono impegnati formalmente, attraverso la rete Unaids e in particolare il progetto «Getting to Zero 2011-2015», a ridurre a zero le nuove infezioni da HIV, entro il 2015;
    il rapporto Unaids «Global Report 2013 – Getting to Zero» sottolinea come la percentuale globale delle infezioni e dei decessi per HIV siano diminuiti per la maggiore disponibilità di accesso alle cure: le morti relative all'AIDS sono passate da 2,3 milioni nel 2005 a 1,6 milioni del 2012. Nel 2011 le persone con AIDS erano 5 milioni, nel 2012 sono divenuti 2.3 milioni;
    con la strategia Unaids 2016-2021, si è definito il quadro della politica di sviluppo globale nel corso dei prossimi 15 anni, che prevede, tra l'altro, l'obiettivo di porre fine all'epidemia di AIDS entro il 2030;
    i dati relativi all'Italia, raccolti ed elaborati dal 1984 dall'Istituto superiore di sanità, vengono pubblicati sul sito del centro operativo AIDS (COA);
    la relazione sull'AIDS 2015, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n. 135, è stata inviata al Parlamento il 16 novembre 2016 e illustra le attività svolte dal Ministero della salute nell'ambito dell'informazione, prevenzione, assistenza e attuazione di progetti relativi all'Hiv/Aids;
    nella relazione si legge che, secondo i dati dell'ultimo report UNAIDS (Joint United Nations Programme on HIV and AIDS), nel 2015 ci sono state, in tutto il mondo, oltre 2 milioni di nuove diagnosi di infezione da HIV e sono 36,7 milioni le persone che vivono con l'infezione da HIV. Gli ultimi dati forniti dall'Ecdc (Centro europeo per il controllo delle malattie), riferiti al 2014, riportano circa 30.000 nuove diagnosi di infezione da HIV nei 31 Paesi dell'Unione europea ed European economic area (EU/EEA);
    in quanto Stato membro dell'Onu, l'Italia aderisce agli obiettivi Unaids per la sconfitta del virus entro il 2030, che prevedono, tra l'altro, di rendere consapevoli del proprio stato sierologico il 90 per cento delle persone con Hiv. Oggi invece, nel nostro Paese, almeno una persona con Hiv su 4 non conosce il proprio stato sierologico e circa la metà delle persone che hanno contratto il virus scopre molto tardi il proprio stato, fattore che pregiudica l'efficacia delle terapie e che può favorire la diffusione del virus;
    nel 2014 sono stati diagnosticati 858 nuovi casi di AIDS segnalati entro giugno 2015, pari a un'incidenza di 1,4 per 100.000 residenti. Dopo il Portogallo, l'Italia presenta la più alta incidenza di nuovi casi di AIDS tra i Paesi dell'Europa occidentale. In totale, 43.028 persone risultano decedute al 31 dicembre 2014. Il numero annuale di nuovi casi di AIDS al 31 dicembre 2014 è di 67.369 casi;
    il nostro Paese, con un'incidenza del 6,1 per 100.000 abitanti, si posizionava nel 2014 al 12o posto rispetto ad altri Paesi dell'Europa occidentale. I dati sono stati aggiornati dall'Istituto superiore di sanità nell'ultimo «Notiziario dell'ISS (Volume 29 - Numero 9, Supplemento 1 - 2016), Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di Aids in Italia al 31 dicembre 2015», che riporta i dati sulle nuove diagnosi di infezione da HIV e sui casi di Aids segnalati in Italia aggiornati a dicembre 2015. Tali dati portano invece l'Italia al 13o posto in termini di incidenza HIV tra le nazioni europee, registrando un lieve calo delle diagnosi di HIV e di casi di Aids;
    nel notiziario dell'ISS citato si legge che, dall'inizio dell'epidemia, nel 1982, a oggi sono stati segnalati oltre 68.000 casi di AIDS, di cui oltre 43.000 deceduti. Nel 2015 sono stati diagnosticati 789 nuovi casi di AIDS pari a un'incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti;
    le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2015 sono maschi nel 77,4 per cento dei casi. L'età mediana era di 39 anni per i maschi e 36 anni per le femmine. L'incidenza più alta è stata osservata nella fascia d'età 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti). Nel 2015 la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l'85,5 per cento di tutte le segnalazioni: eterosessuali 44,9 per cento, maschi che fanno sesso con maschi 40,6 per cento;
    nel 2015, il 28,8 per cento delle persone diagnosticate come HIV positive era di nazionalità straniera. Nello stesso anno l'incidenza è stata di 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Abruzzo, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna;
    nel 2015, il 36,6 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV è stato diagnosticato con un numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/μL e il 54,5 per cento con un numero inferiore a 350 cell/μL. In Piemonte e nella Provincia autonoma di Trento l'esecuzione del test di avidità anticorpale, che permette con una buona approssimazione di identificare le infezioni recenti, ha evidenziato che nel 2015 il 17,3 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV aveva verosimilmente acquisito l'infezione nei 6 mesi precedenti la prima diagnosi di HIV positività;
    nel 2015, il 32,4 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV aveva eseguito il test HIV per la presenza di sintomi HIV-correlati, il 27,6 per cento in seguito a un comportamento a rischio non specificato;
    la recente indagine condotta da Doxa per il Cesvi, ha rilevato che in Italia sono soprattutto i giovani a sottovalutare i rischi della malattia: 1 su 3 pensa che esiste, ma è tenuta sotto controllo e non fa quasi più vittime, 1 giovane su 5 è a rischio, perché non ne ha sentito parlare a scuola e solo raramente sui media. Solo il 35 per cento dei ragazzi e ragazze in Italia, nonostante sappiano perfettamente che la via di trasmissione principale è quella sessuale, usa abitualmente il preservativo nelle proprie relazioni e solo il 29 per cento dichiara di aver fatto il test dell'HIV. Le giovani donne si espongono maggiormente al rischio, sentendosi protette da una relazione stabile;
    i dati suddetti sono soprattutto la diretta conseguenza della mancanza di qualsiasi forma di educazione alla sessualità nelle scuole, ed in particolare del tabù che continua a limitare l'uso del preservativo. La scuola è invece il luogo privilegiato per attuare un metodo partecipativo, che consenta di raggiungere obiettivi comportamentali che siano determinanti nel prevenire e conservare la salute. Nelle scuole e nelle università si registra, di contro, la totale mancanza di distributori di preservativi; acquistarli risulta poi ancora troppo caro per un'ampia fascia di cittadini;
    il preservativo maschile e femminile, unico metodo per prevenire tutte le malattie a trasmissione sessuale ed insieme le gravidanze non desiderate, è un presidio sanitario; per tale ragione deve esserne garantita l'accessibilità a tutti; elencare i preservativi tra i farmaci prescrivibili, effettuare campagne nelle scuole e per il pubblico generalista, inserire l'educazione alla sessualità (utile anche contro la discriminazione di genere e per l'orientamento sessuale), sono la base minima per una politica seria per la salute della popolazione relativa alle malattie sessualmente trasmissibili;
    quanto al mondo lavorativo, poi, l'infezione da HIV non è tuttora considerata una normale patologia cronica appartenente alla categoria delle malattie sessualmente trasmissibili. Anche in questo campo, a causa della disinformazione, questa malattia provoca un processo di stigmatizzazione e discriminazione: licenziamenti, trasferimenti e cambi di mansioni del tutto illegittimi e immotivati;
    la riduzione degli ostacoli per l'accesso al test per l'HIV e la conseguente diagnosi precoce rappresentano l'unica possibilità per offrire adeguate cure al sieropositivo, tant’è che in data 22 novembre 2012, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, è stato stipulato «l'Accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministro della salute di linee guida per l'utilizzo da parte delle regioni e province autonome delle risorse vincolate, ai sensi dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l'anno 2012», che prevede l'erogazione alle regioni di fondi funzionalizzati alla realizzazione di progetti finalizzati alla prevenzione e al contrasto della diffusione dell'HIV (linea progettuale 3: diagnosi di infezione da HIV) con una dotazione di 15 milioni di euro;
    un'analisi condotta di recente da cittadini («Cittadinanza attiva» e «LILA») ha evidenziato molte incongruenze tra i progetti presentati dalle regioni sulla «linea progettuale 3: diagnosi di infezione da HIV» e gli obiettivi definiti dall'accordo citato, tant’è che gli stessi hanno sollecitato gli organi preposti, affinché vigilino sul corretto utilizzo dei fondi dedicati;
    numerosi nuovi casi di sieropositività potrebbero essere facilmente scongiurati, attraverso l'informazione e i comportamenti corretti: attività di prevenzione fondamentale, con programmi di educazione sanitaria della popolazione, rivolti ai giovani in particolare, garantiti nel tempo e costanti nella loro applicazione;
    l'Italia si è recentemente dotata di un Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids, valido per il triennio 2017-2019, da poco inviato dal Ministero della salute alle regioni per essere esaminato in sede di Conferenza Stato-regioni. Tra i temi principali oggetto del piano vi è quello dell'informazione, della prevenzione innovativa, dell'accesso al test Hiv e ai trattamenti, del mantenimento in cura, della TasP, della lotta allo stigma e alle discriminazioni;
    tra i principali obiettivi del Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids c’è quello di ampliare e facilitare l'accesso al test per incrementare i casi di Hiv diagnosticati, fino a rendere consapevoli del proprio stato il 90 per cento delle persone con Hiv. Il risultato atteso è, dichiaratamente, quello di proteggere la salute dei singoli, consentendo loro un accesso tempestivo alle cure, dimezzando il fenomeno delle diagnosi tardive e raggiungendo per oltre il 90 per cento dei pazienti in trattamento la soppressione della carica virale;
    la criticità principale resta comunque quella delle risorse finanziarie necessarie a rendere le azioni proposte immediatamente attuabili. Al momento non è stato, infatti, annunciato nessuno stanziamento specifico a supporto di un piano che, nel medio termine, potrebbe portare a risultati molto positivi sia per la salute dei cittadini sia per i costi sociali e sanitari,

impegna il Governo:

1)  ad ottemperare puntualmente all'impegno di cui all'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n. 135, quindi a riferire annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV, tenuto conto che l'ultima relazione è stata quella per l'anno 2015, inviata al Parlamento il 16 novembre 2016;

2)  ad assumere iniziative volte a garantire il corretto svolgimento dei compiti del Comitato tecnico-sanitario operante presso il Ministero della salute, al quale sono state trasferite le funzioni della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS e della Consulta delle associazioni di volontariato per la lotta contro l'AIDS;

3)  ad assumere iniziative per ridurre l'Iva sui profilattici;

4)  ad attivare iniziative di informazione e prevenzione continuative utili alla diffusione dell'uso del profilattico nei rapporti sessuali e a rendere noto il suo costo nonché la sua effettiva disponibilità nei luoghi maggiormente frequentati soprattutto dai giovani;

5)  ad adottare iniziative, anche alla luce del Protocollo di intesa 2 aprile 2015 con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per prevedere la distribuzione possibilmente gratuita, in particolare nelle scuole e nelle università, del profilattico in quanto presidio sanitario, anche tramite appositi distributori automatici;

6)  ad adottare, anche alla luce del suddetto Protocollo, iniziative permanenti di informazione e prevenzione relative all'igiene sessuale nelle scuole e nei luoghi di maggior aggregazione, così come avviene da anni in tutti gli altri Paesi europei;

7)  a promuovere, in qualsiasi ambito lavorativo e scolastico, programmi di educazione e informazione finalizzati al superamento di ogni pregiudizio nei confronti delle persone sieropositive, compreso quello sull'orientamento sessuale, capace di motivare violenza e discriminazione e così disinnescare un processo di stigmatizzazione, che spesso conduce a discriminazione, licenziamenti, trasferimenti e cambi di mansioni del tutto illegittimi e immotivati;

8)  a garantire la pubblicazione da parte dell'Unar di resoconti annuali sulle azioni di contrasto alla discriminazione e sulle attività di informazione e sensibilizzazione specie dei più giovani sulle tematiche di Hiv e Aids, anche in collaborazione col Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

9)  a promuovere, per quanto di competenza del Ministero della salute, una revisione dei criteri cui riconnettere il trattamento pensionistico assistenziale in favore dei soggetti affetti da immunodeficienza, considerando, oltre all'attuale criterio tabellare basato sul numero di linfociti CD4 presenti nel sangue, ulteriori parametri obiettivi da stabilire congiuntamente alle associazioni e agli esperti del settore;

10) ad adottare iniziative per sostenere e sviluppare la presenza di cliniche metaboliche ospedaliere, al fine di curare malattie cronico degenerative quali; cancro, leucemie, AIDS, diabete mellito di secondo tipo, Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, malattie auto-immuni, malattie allergiche, intolleranze alimentari, osteoporosi;

11) a ottemperare all'impegno verso le istituzioni internazionali Unaids e Ecdc per la stesura del rapporto sullo stato dell'epidemia e sulle azioni per contrastarla (country progress reports);

12) a vigilare sul corretto utilizzo dei fondi erogati alle regioni per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale, così come da accordo del 22 novembre 2012 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;

13) a garantire sull'intero territorio nazionale quanto previsto dalla legge n. 135 del 1990 in merito all'anonimato del test HIV, al fine di tutelare integralmente la riservatezza delle persone sieropositive;

14) ad intervenire per assicurare il dovuto supporto a chi ricorre al self-test anche sulla base dell'approccio «community based» indicato proprio dal Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids, nonché ad attivarsi affinché sia ampliata e migliorata l'offerta del test per l'Hiv nelle strutture pubbliche, eliminando le barriere che ne limitano l'accesso, a partire dal mancato rispetto dell'anonimato;

15) a prevedere, ai fini dell'attuazione del Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids, forme di collaborazione e coinvolgimento del mondo dell'associazionismo con maggiore esperienza nel settore;

16) a dare in tempi brevi piena attuazione al Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids, valido per il triennio 2017-2019, prevedendo a tal fine, già dal prossima disegno di legge di bilancio, l'apposito stanziamento di risorse finanziarie necessarie a programmare, per i prossimi tre anni, le azioni ivi proposte immediatamente attuabili, con particolare riferimento a quelle volte ad ampliare e facilitare l'accesso al test dell'Hiv, dando loro priorità, nonché a pubblicare, sul sito internet del Ministero della salute, con cadenza annuale, lo stato di avanzamento del piano e le modalità di utilizzo dei relativi fondi;

17) a favorire, nel più breve tempo possibile, il raggiungimento dell'accordo in sede di Conferenza Stato-regioni sul nuovo piano nazionale contro l'Hiv e l'Aids.
(1-00293)
(Ulteriore nuova formulazione)  «Di Vita, Silvia Giordano, Mantero, Grillo, Cecconi, Colonnese, Brugnerotto, Lorefice, Sorial, Nuti, Nesci, Fico, Marzana, Luigi Gallo, Vacca, Battelli, Simone Valente, Baroni, Cozzolino, Vignaroli, Dieni, Dadone, Di Benedetto, D'Uva, Brescia, Chimienti».


   La Camera,
    premesso che:
    a settembre 2016 è stato sottoscritto dagli Stati della regione europea dell'Oms, l’«Action plan for the health sector response to HIV in the WHO European Region», sulla base delle evidenze che indicano una ripresa dell'infezione nell'area di pertinenza e che impegna i paesi a dotarsi di strumenti e risorse per contrastare l'infezione;
    sulla base di tale documento, è stato presentato il «Piano nazionale di interventi contro HIV e AIDS» valido per il triennio 2017-2019, da pochi giorni inviato dal Ministero della salute alle regioni per essere esaminato in sede di Conferenza Stato-regioni;
    dall'inizio dell'epidemia, circa 35 anni fa, l'aids ha fatto nel mondo 35 milioni di morti e 70 milioni di contagiati;
    le terapie antiretrovirali hanno permesso di controllare la malattia, ma non tutti nel mondo hanno uguale possibilità di accedervi: solo 17 milioni di persone, che è comunque il doppio di quanti erano in cura nel 2010 (dati rapporto Unaids Conferenza di Durban 2016);
    oggi in Italia le persone con Hiv, secondo dati forniti in occasione del 15o Congresso internazionale della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali), sono oltre 90.000, attualmente o in terapia o in contatto con i centri specializzati. Si stima che ce ne siano altre 20.000/30.000 che non sono consapevoli dell'infezione o non sono in contatto con i centri. Delle circa 4.000 nuove diagnosi di infezione registrate ogni anno, oltre la metà è diagnosticata quando l'infezione è già in uno stadio avanzato. Un dato, quest'ultimo, che non accenna a diminuire nonostante ormai si sappia, ma evidentemente non abbastanza, quali comportamenti preventivi sia necessario tenere;
    secondo l'ultimo rapporto dell'Istituto superiore di sanità nel 2015, sono state segnalate 3.444 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un'incidenza di 5,7 nuovi casi di infezione da HIV ogni 100.000 residenti. Un dato che segna un calo del 10 per cento rispetto alle 3.850 nuove diagnosi del 2014, le regioni con l'incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia, la Liguria e l'Emilia-Romagna;
    sempre secondo questo rapporto l'Italia si colloca al 13o posto in termini di incidenza delle nuove diagnosi HIV tra le nazioni dell'Unione europea, ma le stime dell'Istituto superiore di sanità indicano che in Italia potrebbero vivere 135.000 persone con Hiv;
    secondo i dati del bollettino del sistema di sorveglianza Hiv/Aids dell'Istituto superiore di sanità i casi di Hiv pediatrico a causa della trasmissione materno infantile sono in ripresa: 9 casi registrati nel 2013-14 rispetto ai 4 del 2007-2008;
    il sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv e il sistema di sorveglianza dei casi di AIDS costituiscono due basi di dati che vengono permanentemente aggiornate dall'afflusso continuo delle segnalazioni inviate al centro operativo AIDS (COA) dell'Istituto superiore di sanità (ISS) con l'obiettivo di avere un quadro aggiornato della frequenza e della distribuzione dei casi ossia quanta gente viva con l'Hiv e quante persone raggiungano lo stadio dell'Aids in Italia;
    secondo un'inchiesta condotta dalla associazione Lila pare però che i circa 4.000 casi di Hiv che si registrano ogni anno non sia totalmente veritieri ma siano invece sottostimati. Non esistono dati oggettivi su quanti test per l'Hiv vengano somministrati nel nostro Paese, né se sono in diminuzione, poiché l'osservatorio riceve le segnalazioni dei casi positivi ma non di quelli negativi;
    gli stessi responsabili del sistema di sorveglianza parlano di dati certamente sottodimensionati. La dottoressa Barbara Suligoi, direttrice del centro operativo Aids dell'Istituto superiore di sanità, afferma in un'intervista che la sovrapposizione di due analoghi sistemi di sorveglianza istituiti da due leggi diverse possono portare a una perdita stimabile anche superiore al 10 per cento delle nuove diagnosi. Sembra infatti assodato che gli operatori sanitari tendano a registrare i nuovi casi solo in un registro piuttosto che in entrambi;
    sia nel resto del mondo, che nel nostro Paese, questa malattia non è stata sconfitta, semmai essa non è più all'attenzione dell'opinione pubblica con gravi conseguenze sul piano della prevenzione ed importanti ricadute in termini di salute pubblica;
    infatti, nel nostro Paese, il rapporto sessuale non protetto è la prima causa di infezione e l'Italia è all'ultimo posto in Europa nell'uso del profilattico. L'inadeguata percezione del rischio di Aids tra la popolazione è quindi ancora molto alta, come è diffusa l'errata convinzione che la malattia riguardi solo particolari gruppi di persone maggiormente esposti al rischio Hiv, ad esempio i tossicodipendenti e gli omosessuali;
    pesante rimane invece lo stigma contro chi ha contratto la malattia. Si pensi che il 37 per cento degli italiani non si è mai sottoposto al test HIV e il 5 per cento delle persone che vivono con HIV non lo avrebbe mai detto al proprio partner. Il 40 per cento non rivela ai familiari di aver contratto il virus e il 74 per cento non lo dichiara nel contesto lavorativo;
    drammatica anche la situazione dei figli contagiati durante la gravidanza. Secondo i dati 2012/2013 raccolti nel registro pediatrico tenuto dall'ospedale Anna Meyer di Firenze, oggi ci sono 656 tra giovani e adolescenti che hanno acquisito l'Hiv dalla madre negli anni ’80-’90, che continuano ad essere discriminati ed emarginati dalla comunità e dalle istituzioni, proprio perché manca informazione e consapevolezza sulla trasmissione del virus che non impedisce le normali relazioni con gli altri;
    è grave che, nel 2016, in Italia una donna in gravidanza non venga sottoposta al test Hiv e che questo abbia comportato la trasmissione del virus al figlio. Le linee guida sulla gravidanza prevedono che a tutte le donne in gravidanza sia eseguito il test Hiv, uno nel primo trimestre e uno nell'ultimo trimestre della gestazione, poiché permettono di escludere l'infezione da Hiv nella madre oppure di assicurarle le terapie che impediscono la trasmissione materno-infantile del virus;
    anche recenti episodi di cronaca hanno portato all'attenzione casi nei quali ciò non è avvenuto. Emblematico è il caso del trentenne romano in carcere per aver trasmesso il virus a molte donne, una delle quali purtroppo lo avrebbe trasmesso a suo figlio durante la nascita. A questa donna è evidente che nessuno dei due test è stato somministrato ed oggi il bambino ne paga le conseguenze;
    la terapia farmacologica oggi ha elevato di molto le prospettive di vita ma non la qualità, si tratta di una vita comunque sempre sotto controllo, perché questo è un virus che accelera il processo di invecchiamento;
    la riduzione di nuovi casi di malattia conclamata non è infatti tanto attribuibile ad una riduzione delle infezioni da Hiv, quanto piuttosto alle nuove terapie di farmaci antiretrovirali che hanno allungato in modo significativo il periodo di tempo che trascorre tra l'infezione e la malattia;
    la giornata per la lotta all'Aids (1o dicembre), oltre a mantenere viva la memoria delle tante persone scomparse nei 35 anni di epidemia, ha l'obiettivo di mantenere e rinforzare l'informazione sulla necessità di prevenire il contagio, incrementare il sostegno alle persone con infezione da Hiv (riduzione dello stigma), sensibilizzare le persone ad eseguire il test per l'Hiv (prevenire nuovi casi) e, non ultimo, supportare le persone che tutti i giorni lavorano e studiano in questo ambito della medicina,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per introdurre nel percorso scolastico, a partire dalle scuole inferiori, programmi di educazione alla sentimentalità e sessualità propedeutici a qualsiasi intervento preventivo su Hiv e tutte le altre infezioni sessualmente trasmissibili che sono in aumento tra i giovani;

2) ad avviare campagne informative e preventive, rivolte soprattutto alle popolazioni maggiormente vulnerabili all'Hiv e alle infezioni sessualmente trasmissibili per diffondere la cultura e la conoscenza delle patologie parenterali o sessualmente trasmesse, ma anche per educare alle buone pratiche e alla prevenzione;

3) ad attivarsi con iniziative di informazione e comunicazione sia verso i cittadini che nei confronti della classe medica affinché sia garantito il rispetto delle linee guida sulla gravidanza per quanto riguarda il test dell'Hiv;

4) ad avviare, con il coinvolgimento dei Ministeri interessati, programmi nazionali per la prevenzione della trasmissione e il contrasto dello stigma sociale, veicolando messaggi tra i cittadini, soprattutto rivolti alle donne, nel mondo della scuola e nel mondo socio-sanitario;

5) ad adoperarsi affinché sia definitivamente operativa l'unificazione dei due registri Hiv e Aids, al fine di poter rilevare con maggiore esattezza la diffusione dell'infezione;

6) ad adoperarsi per il superamento di tutti gli ostacoli normativi al fine di rendere immediatamente attuabili le indicazioni contenute nel «Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids» e relative ad una implementazione dell'offerta del test Hiv e della sua demedicalizzazione come previsto dalle Agenzie internazionali e all'accesso al test per i «grandi minori»;

7) ad assumere iniziative volte a reperire adeguate risorse per l'avvio del piano e per l'attuazione delle innovazioni contenute nel «Piano nazionale di interventi contro l'Hiv e l'Aids», che devono essere portate a compimento nel più breve tempo possibile.
(1-01437)
(Nuova formulazione)  «Lenzi, Amato, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Capone, Casati, D'Incecco, Fossati, Patriarca, Piazzoni, Miotto, Carnevali».


   La Camera,
   premesso che:
    l'HIV è una malattia che riguarda potenzialmente gran parte della popolazione atteso che, negli anni, si è osservato un cambiamento delle modalità di trasmissione dell'infezione, con un aumento esponenziale dei casi attribuibili a trasmissione sessuale, che rappresentano oggi l'85 per cento del totale; in particolare, tali casi sono aumentati dall'1,7 per cento del 1985 al 43,2 per cento nel 2014 e quelli attribuibili a trasmissione tra omosessuali nello stesso periodo sono aumentati dal 6,3 per cento, al 40,9 per cento;
    sono stati segnalati, nel 2014, al Centro operativo AIDS dell'Istituto superiore di sanità (COA), 858 diagnosi di AIDS, pari a un'incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti;
    la percentuale di stranieri tra le nuove diagnosi di infezione da HIV è stata del 27,1 per cento nel 2014, con un numero assoluto di casi pari a 1.002. In particolare, l'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è stata di 19,2 nuovi casi per 100.000 stranieri residenti rispetto a un'incidenza tra italiani residenti dai 4,7 nuovi casi per 100.000;
    nel 2014, l'emersione dello stato di sieropositività al virus dell'HIV è avvenuto principalmente per cause diverse dall'accesso volontario al test dell'HIV; nello specifico, nel 26,4 per cento dei casi, il test HIV è stato eseguito per la presenza di sintomi HIV-correlati e nel 12,9 per cento dei casi in seguito ad accertamenti per altra patologia o alla diagnosi di un'infezione sessualmente trasmessa;
    il livello di consapevolezza dei rischi di contagio e la conoscenza dei comportamenti per evitare l'infezione sono drammaticamente bassi in tutta la popolazione ed in particolare nelle persone più giovani;
    una recente ricerca condotta a livello nazionale ha evidenziato che adulti e adolescenti sono disinformati o male informati rispetto all'HIV; a titolo di esempio, solo il 5,2 per cento dei ragazzi tra 15 e 19 anni sa che cosa sia l’«intervallo finestra», informazione chiave per poter accedere correttamente al test per l'HIV e, ancora oggi, il 20 per cento delle persone crede che l'AIDS sia la malattia di gay e tossicomani;
    negli ultimi anni, infatti, è aumentato il numero delle persone che arrivano allo stadio di AIDS conclamato ignorando la propria sieropositività per cui diminuiscono sensibilmente le probabilità di risposta positiva alle cure: l'ultimo dato disponibile indica una proporzione del 67,9 per cento;
    anche nel 2015, sono attese in Italia circa 3.800 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a 6,1 nuovi casi per 100.000 residenti; un dato che si è mantenuto costante negli ultimi anni e che pone il nostro Paese al dodicesimo posto tra le nazioni dell'Unione europea;
    questi dati mettono in evidenza che l'HIV non è affatto un problema risolto, come qualche organo di comunicazione ha semplicisticamente riportato e come una lettura superficiale dei dati potrebbe far credere; la malattia, infatti, è ancora presente e fortemente in crescita in alcune specifiche popolazioni;
    sarebbe un grave errore continuare a pensare all'HIV/AIDS come ad una malattia che riguarda solo una parte ristretta della popolazione, come in effetti, in gran parte, è stato in Italia negli anni ’80;
    il nostro Paese eccelle nella cura dell'HIV, ma risulta estremamente carente nella prevenzione, sia per l'assenza di azioni informative rivolte alla popolazione, sia per la mancanza di un serio progetto di formazione in materia sanitaria delle giovani generazioni e, in particolare, in materia di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili;
    appare ormai improcrastinabile l'esigenza di intervenire affinché siano programmate e sviluppate serie e concrete iniziative per la prevenzione e la cura efficace dell'HIV nel nostro Paese;
    è necessario, in particolare, sviluppare progetti finalizzati ad approfondire il livello di conoscenza della popolazione per evitare che persone non consapevoli di essere positive all'HIV ritardino involontariamente l'accesso alle cure con gravi rischi per la propria salute,

impegna il Governo:

1) a provvedere alla concreta attuazione del nuovo piano nazionale d'intervento contro l'Aids, in via di approvazione da parte del Consiglio superiore di sanità, allo scopo di facilitare l'accesso al test, garantire le cure contro la malattia, anche attraverso i farmaci innovativi, e favorire il mantenimento in terapia dei pazienti;

2) ad assumere iniziative per finanziare specifici interventi pluriennali relativi a prevenzione, informazione e ricerca sull'AIDS;

3) ad assumere iniziative per inserire la lotta all'HIV/AIDS e alle malattie sessualmente trasmissibili nei programmi di studio per le nuove generazioni e sostenere l'informazione e il coinvolgimento attivo delle popolazioni più a rischio.
(1-01494) «Cimbro, Carrozza, Fitzgerald Nissoli, Romanini, Capozzolo, Russo, Campana, Realacci, Venittelli, Garavini, Rostellato, Pinna, Melilla, Mognato».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Aids rimane una delle cause principali di morte fra gli adolescenti: nel 2015 ha causato 41.000 vittime fra i ragazzi tra i 10 e i 19 anni, secondo il settimo rapporto sui bambini e l'Aids « For Every Child: End AIDS». Il mondo «ha fatto enormi progressi per porre fine all'AIDS, ma la battaglia è ancora lontana dall'essere conclusa, soprattutto per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti», ha dichiarato il direttore generale Unicef Anthony Lake;
    nel rapporto viene sottolineato che sono stati fatti considerevoli progressi nella prevenzione della trasmissione materno infantile dell'Hiv. Nel mondo, fra il 2000 e il 2015, sono stati evitati 1,6 milioni di nuovi contagi fra i bambini. Nel 2015 sono state colpite 1,1 milioni di persone fra bambini, adolescenti e donne;
    secondo l'Unicef i bambini fra 0 e 4 anni che convivono con l'Hiv rispetto a tutti gli altri gruppi di età, vanno incontro ai maggiori rischi di morte causata dall'Aids, e questi casi sono spesso diagnosticati e curati troppo tardi. Solo alla metà dei bambini nati da madri sieropositive viene effettuato un test per l'Hiv, nei primi due mesi di vita, e in Africa Subsahariana l'età media dei bambini, che cominciano a ricevere cure e ai quali le madri hanno trasmesso il virus dell'Hiv, è di circa 4 anni;
    nel 2015 nel mondo erano circa 2 milioni gli adolescenti fra i 10 e i 19 anni che convivevano con l'Hiv. Nell'Africa Subsahariana, la regione maggiormente colpita, 3 nuovi casi su 4 registrati fra gli adolescenti dai 15 ai 19 anni hanno colpito le ragazze;
    il 2015 è stato un anno record per la diffusione del virus nel continente europeo: 153.407 casi rispetto ai 142.000 dell'anno precedente. Circa l'80 per cento delle persone con Hiv si trova nei Paesi dell'Europa dell'Est, il 3 per cento nel Centro Europa e il 18 per cento negli Stati dell'Ovest. In Italia le nuove diagnosi di infezione Hiv nel 2015 sono state più di 3.000;
    si osserva un aumento dell'età mediana al momento della diagnosi di infezione da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985 a, rispettivamente, 39 e 36 anni nel 2015 (sono escluse le persone di età inferiore ai 15 anni);
    i casi di Aids, secondo gli ultimi dati disponibili, registrati in Italia nel 2015 sono stati circa 789, pari a un'incidenza di 1,4 per 100.000 residenti, e i casi di prevalenza ammontano a 23.385 nel 2013. Inoltre, il 28,8 per cento delle persone diagnosticate come Hiv positive è di nazionalità straniera;
    la popolazione immigrata straniera è andata fortemente crescendo negli ultimi anni in Italia e spesso è di provenienza da Paesi ad alta endemia (cioè dove è alta la diffusione del virus). La proporzione di stranieri tra le nuove diagnosi di infezione da Hiv è aumentata dall'11 per cento nel 1992 a un massimo di 32,9 per cento nel 2006, nel 2015 è stata del 28,8 per cento, con un numero assoluto di casi pari a 99. Negli stranieri non vi sono forti differenze di genere (nel 2015 il 58,6 per cento erano uomini e 41,4 per cento donne), l'età mediana è più bassa rispetto a quella degli italiani e la modalità di trasmissione più importante è quella per via eterosessuale. Tra gli stranieri, l'incidenza dell'Hiv è più elevata in Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tra gli stranieri, la quota maggiore di casi era costituita da eterosessuali femmine (36,9 per cento), mentre tra gli italiani da Msm (48,1 per cento);
    analizzando l'andamento temporale delle notifiche di Aids si è passati da un caso del 1982 (il primo noto in Italia) ai 5.653 del 1995, con una crescita che è stata costante fino alla metà degli anni novanta. Dal 1996 si è assistito ad una riduzione dei nuovi casi, dapprima molto rapida e dal 2001 meno marcata. Rapportando i nuovi casi sulla popolazione residente (tassi di incidenza), le regioni più colpite nel 2010 sono state nell'ordine: Toscana, Lazio, Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna, con un gradiente Nord-Sud nella diffusione della malattia essendo meno colpite le regioni meridionali e insulari;
    nel biennio 2012-2013 si stima che, in Italia, i decessi annuali con Aids sono circa 645 (ultimi dati disponibili); complessivamente, nel periodo 1983-2013, i decessi sono stati oltre 43 mila, con un andamento temporale simile a quello dei nuovi casi, ma il decremento dalla seconda metà degli anni novanta è stato molto più marcato per merito dell'introduzione della terapia antiretrovirale. Si è così passati dai primissimi decessi del 1983 ai 4.582 del 1995 con una crescita costante, dopo di che si è avuta una forte diminuzione fino ai valori attuali;
   il calo dei nuovi casi e dei decessi non è l'unico fenomeno che si è registrato nell'ultimo decennio. Vi sono stati numerosi altri cambiamenti che si sono potuti osservare grazie all'esistenza di sistemi di sorveglianza nazionali, regionali e provinciali dell'infezione da Hiv (cioè dello stato di sieropositività) che si affiancano a quelli della malattia conclamata (Aids). Tramite questi sistemi di monitoraggio epidemiologico, che operano con procedure rispettose della priyacy, è stato possibile riconoscere con tempestività i cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni nelle caratteristiche di diffusione dell'Hiv e la maggior durata dello stato di infezione pre-Aids in seguito all'introduzione di nuove terapie, farmacologiche. A questo proposito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con decreto del 31 marzo 2008, ha promosso l'attivazione del sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv, provvedendo ad aggiungere l'infezione da Hiv all'elenco della classe III delle malattie infettive sottoposte a notifica obbligatoria. Sulla scorta di tale decreto, varie regioni stanno organizzando l'attivazione del sistema regionale di sorveglianza;
    l'Aids è attualmente una malattia prevalentemente a trasmissione sessuale (MST). In passato, sia in Italia che in Europa, l'Hiv si trasmetteva prevalentemente mediante lo scambio di siringhe infette tra chi faceva uso di droghe iniettabili (come ancora sta avvenendo in molte parti del mondo, ad esempio in Europa Orientale od in Asia). Attualmente però la modalità principale di trasmissione è quella sessuale, in particolare quella eterosessuale. Le notifiche di infezione di Hiv associate a trasmissione sessuale sono aumentati dall'8,0 per cento del 1985 all'85,5 per cento del 2015. Questi cambiamenti impongono il superamento del concetto di categoria a rischio (omosessuali, tossicodipendenti, e altro); è necessario pertanto ragionare in termini di comportamenti a rischio, cioè rapporti sessuali non protetti, elevato numero di partner, non conoscenza dello stato di eventuale sieropositività del partner, scambio di siringhe. Si assiste, inoltre, ad un cambiamento delle modalità di trasmissione. Lo stesso fenomeno si registra anche dall'analisi dei casi conclamati di Aids: prima del 2000 il 61,4 per cento era dovuto a scambio di siringhe, mentre la trasmissione sessuale (etero, omo e bisessuale) interessava il 35,8 per cento, nel biennio 2014-2015 questi valori sono rispettivamente dell'11,3 per cento e del 79,8 per cento;
    ciò si verifica sia in seguito ai cambiamenti nei comportamenti individuali, sia per effetto della terapia farmacologia che ritarda, anche di molto, la progressione dell'Hiv. Si è così passati da un'età di mediana della diagnosi di Aids di 34 anni negli uomini e di 32 anni nelle donne nel 1995 a, rispettivamente, 45 e 43 anni nel 2015. Si preferisce utilizzare l'età mediana a quella media quando vi sono intervalli di valori piuttosto ampi;
    ciò è l'effetto della terapia antiretrovirale ad alta efficacia che ritarda sensibilmente la comparsa di sintomi, allunga anche di molto la sopravvivenza e soprattutto migliora la qualità di vita dei pazienti con Aids conclamato. Un altro dato interessante è che oltre il 79,9 per cento dei casi di Aids diagnosticati nel 2015 non ha fatto terapia antiretrovirale prima della diagnosi;
    ancora troppe persone in Italia scoprono di aver contratto l'Hiv quando compaiono i primi sintomi dell'Aids: nel 2015 il 74,5 per cento delle persone a cui è stata fatta diagnosi di Aids ha fatto il primo test di Hiv prima di 6 mesi. È quello che i tecnici chiamano ritardo di diagnosi. Questo fenomeno è segnale di una bassa percezione del rischio, soprattutto fra chi si infetta per via sessuale e fra gli stranieri. Si stima, infatti, che un quarto delle persone Hiv positive, in Italia, non conosca il proprio stato di sieropositività. È importante, invece, riconoscere precocemente l'avvenuta infezione da Hiv, da un lato per intraprendere la terapia farmacologica antiretrovirale che rallenterà fortemente la progressione del virus e dall'altro per assumere comportamenti consapevoli verso il prossimo. Questi vanno sempre attuati indipendentemente dal conoscere o meno il proprio stato di sieropositività. Il ritardo di diagnosi è più frequente in chi ha contratto l'infezione per via sessuale (in particolare quella eterosessuale). La diagnosi precoce permette, inoltre, non solo di avviare prima la terapia farmacologica, ma anche e soprattutto di modularla sulla singola persona riducendone gli effetti collaterali;
    dal 1994 non si registrano nuovi casi sia tra gli emofilici, che tra i trasfusi e sono in netto calo i nuovi casi di Hiv pediatrico (negli ultimi anni poche unità all'anno). Ciò è il frutto, da un lato, del controllo costante della provenienza del sangue: selezione ed educazione dei donatori ad una maggior consapevolezza e controllo di laboratorio di ogni singola sacca; dall'altro, è l'effetto dell'applicazione delle linee guida che prevedono l'effettuazione del test Hiv in gravidanza ed il trattamento antiretrovirale nelle donne gravide risultate positive. Sebbene questa pratica dovrebbe essere assicurata a tutte le donne gravide, a livello mondiale, purtroppo, solo una bassa percentuale delle donne incinta può effettuare questo test. Senza varcare i confini del nostro Paese, molti obiettivi rimangono ancora da perseguire, soprattutto in ambito educativo: non è ancora soddisfacente la conoscenza dell'Hiv di come si trasmette e di come si prevenga il contagio. Troppe persone, soprattutto giovani, non conoscono l'uso corretto dei sistemi di protezione durante i rapporti sessuali (ad esempio preservativo) o non ne accettano a priòri l'uso pur avendo comportamenti fortemente a rischio;
    gli ultimi dati disponibili riportano che 200.507 sono le pillole dei cinque giorni dopo vendute in farmacia da gennaio a ottobre 2016, nel 2014 erano 13.401. Nel giro di due anni, sempre nello stesso periodo, l'aumento è di 15 volte. Tra il 2014 e il 2015 la crescita è del 664,2 per cento tra il 2015 e il 2016 del 95,8 per cento. La loro funzione è mettere al riparo da una possibile gravidanza dopo un rapporto non protetto (o in cui il metodo contraccettivo ha fallito). Tale incremento di vendite è da considerarsi un ulteriore campanello di allarme riguardo comportamenti sessuali a rischio, che non coinvolge solo la possibilità di gravidanze, ma di un serio rischio di contrarre malattie a trasmissione sessuale tra cui l'Hiv,

impegna il Governo:

1) a dare piena attuazione al muovo piano nazionale contro l'Aids, permettendo di adeguare la lotta alla malattia al nuovo contesto storico e sociale in cui si inserisce, prevedendo la messa a punto e la realizzazione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni; per facilitare l'accesso al test facendo emergere il «sommerso», garantire a tutti l'accesso alle cure, favorire il mantenimento cura dei pazienti diagnosticati e in trattamento, migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone che vivono con Hiv e Aids, coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale, tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone che vivono con Hiv e Aids, promuovere la lotta allo stigma e promuovere l'informazione e il coinvolgimento attivo delle popolazioni a rischio;
2) a promuovere, all'interno delle scuole, a partire dall'ultimo anno delle medie, la cultura e la conoscenza delle patologie parenterali, portando all'interno delle strutture figure professionali quali infermieri e medici infettivologi per educare alle buone pratiche e alla prevenzione;
3) a promuovere la pubblicità progresso a scopo divulgativo e informativo, prevedere la distribuzione di opuscoli e cartoline esplicative sull'Aids in ambienti frequentati da giovani e non solo, come in locali da ballo e di divertimento in genere, nonché negli ambulatori dei medici di base e specialisti;
4) ad assumere iniziative di competenza affinché i medici di base, nel prendere contatti con i propri pazienti di giovane età, si adoperino per dare loro tutte le informazioni necessarie sul tema.
(1-01567) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2008 è stato istituito il sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione di Hiv con decreto ministeriale del 31 marzo 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2008). In seguito alla pubblicazione del decreto ministeriale, in modo progressivo, tutte le regioni si sono uniformate raggiungendo, nel 2012, la copertura completa del territorio italiano. Allo stato attuale il registro delle nuove diagnosi di infezioni da Hiv e il registro nazionale dell'Aids non sono unificabili, né compatibili in quanto il flusso informativo, la scheda di raccolta dati e l'identificativo individuale sono diversi;
    il centro operativo Aids (Coa) dell'Istituto superiore di sanità, fin dal 1984, raccoglie i dati relativi alle notifiche di Aids e, dal 2008, i dati delle nuove diagnosi di infezione da Hiv;
    il «Notiziario dell'Istituto superiore di sanità, volume 29, numero 9, supplemento 1, del dicembre 2016, ha pubblicato l'aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da Hiv e dei casi di Aids in Italia alla data del 31 dicembre 2015;
    nel 2015 sono state riscontrate oltre 3.400 nuove diagnosi di infezione da Hiv, pari a 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti; le regioni più interessate dalle nuove diagnosi sono state il Lazio, la Lombardia, la Liguria e l'Emilia-Romagna;
    le nuove diagnosi nell'anno 2015 hanno riguardato, in oltre il 70 per cento dei casi, uomini con una età media di 39 anni, mentre per le donne l'età media è risultata essere di 36 anni; il fatto maggiormente allarmante è che l'incidenza più alta è stata riscontrata nella fascia di età tra i 25 e i 29 anni, ovvero oltre il 15 per cento dei nuovi casi ogni 100.000 abitanti;
    nel 2015 ben l'85 per cento delle nuove diagnosi di infezione da Hiv riscontrate sono derivanti da rapporti sessuali non protetti, nel 2015, nel 54,5 per cento dei casi, segnalati con una nuova diagnosi di Hiv, era già in fase avanzata di malattia, un segnale preoccupante per quanto riguarda la prevenzione;
    nel 2015, il 32,4 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv ha eseguito il test per la presenza di sintomi che facevano sospettare un'infezione da Hiv o l'Aids; solo il 27,6 per cento in seguito a un comportamento a rischio non specificato e il 13,2 per cento casualmente nel corso di accertamenti per un'altra patologia;
    per quanto riguarda l'Aids, in Italia, dal 1982, ad oggi sono stati registrati oltre 68.000 casi di questi oltre 43 mila sono deceduti;
    nel 2015, sono stati diagnosticati 789 nuovi casi di Aids con una incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti, secondo l'aggiornamento pubblicato dal Notiziario dell'Istituto superiore di sanità, l'incidenza di Aids è in lieve diminuzione negli ultimi tre anni;
    nel 2015, solo meno di un quarto delle persone diagnosticate con Aids ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi, questo segnala il fatto che si tratta di poche persone che hanno eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi nella consapevolezza della propria sieropositività; nell'ultimo decennio, è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di Aids che ignorava la propria sieropositività e ha scoperto di essere Hiv-positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di Aids, passando dal 53,8 per cento del 2006 al 74,5 per cento del 2015;
    è del tutto evidente che la sottovalutazione del rischio e la, ancora, insufficiente prevenzione non consentono un efficace contrasto del virus dell'Hiv, tenuto conto che negli ultimi anni si è fatta strada una idea che il problema era superato, restando relegato al sud del mondo;
    l'Hiv continua a diffondersi anche a causa di una evidente minore tensione e scarsa presenza di campagne di comunicazione e di prevenzione che, al contrario, sono un elemento essenziale con particolare riguardo alla popolazione più giovane;
    la prevenzione in passato è risultata essere efficace, lo dimostrano i dati relativi agli emofiliaci, ai trasfusi e il calo evidenziatosi tra i casi di Hiv pediatrico, grazie alla effettuazione del test Hiv in gravidanza ed il trattamento antiretrovirale nelle donne in gravidanza riscontrate come positive;
    i dati sopra riportati affermano con chiarezza che la trasmissione del virus Hiv preponderante è quella sessuale; da qui la necessità di riprendere con maggiore forza e continuità una informazione e sensibilizzazione capillare, rivolta in particolare verso giovani e stranieri, una informazione che può contribuire concretamente a ridurre il numero dei nuovi contagi;
    l'Italia aderisce agli obiettivi dell'Unaids per la sconfitta del virus entro il 2030, che prevedono, tra l'altro, di rendere consapevoli del proprio stato sierologico il 90 per cento delle persone con Hiv. Oggi, invece, nel nostro Paese, almeno una persona con Hiv su 4 non conosce il proprio stato sierologico e circa la metà delle persone che hanno contratto il virus scopre molto tardi il proprio stato, fattore che pregiudica l'efficacia delle terapie e che può favorire la diffusione del virus;
    la Lila, in occasione della Giornata mondiale di lotta all'Aids, tra il novembre 2016 e il 1o dicembre 2016, ha offerto un servizio di self test in 9 città presso le sedi della Lila, effettuando oltre 700 test rapidi per l'Hiv che sono stati eseguiti in meno di 15 giorni; il 41 per cento dei quali « first test», ovvero riferibili a persone che effettuavano per la prima volta questo accertamento;
    l'esperienza dell'iniziativa della Lila, gratuita e con spese a carico dell'associazione, conferma l'efficacia dei test e la necessità di facilitare l'accesso al test, promuovendo la consapevolezza del proprio stato sierologico. La gratuità, l'anonimato, la raggiungibilità in orari non coperti dai servizi tradizionali, l'offerta di counselling, la natura non-istituzionale della struttura, una relazione non-giudicante e alla pari, sono stati gli elementi di forza di questo approccio al test denominato «community-based»; questo modello è raccomandato da tutte le più importanti agenzie internazionali, Unaids e Oms in primis, che lo giudicano fondamentale per arrivare a target altrimenti difficilmente raggiungibili;
    l'iniziativa della Lila ha messo in risalto il carattere commerciale del self-test disponibile dal dicembre 2016 nelle farmacie italiane; un test sul quale è lecito esprimere dubbi e perplessità, infatti si tratta di un prodotto, potenzialmente efficace, ma che deve essere accompagnato da reti di sostegno e di servizi, mentre oggi questi tipi di test per l'Hiv avvengono senza alcun tipo di supporto relazionale ed informativo;
    il Ministero della salute ha inviato alla Conferenza Stato-regioni il nuovo Piano nazionale di interventi contro Hiv e Aids. Un piano molto articolato che parte dalla constatazione del rischio del «sommerso» e della necessità di ritornare a parlare della malattia e di come evitarla attraverso comportamenti consapevoli, in particolare rivolto ai giovani, e alla continuità delle terapie, dato che si stima infatti che il 15 per cento dei 120 mila affetti dal virus non sia stato inserito o mantenuto in cura,

impegna il Governo:

1) a procedere nella unificazione dei due sistemi di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezioni da Hiv e dei malati di Aids, con implementazione di una scheda di segnalazione, uniforme per tutte le regioni, utilizzata sia per la prima diagnosi di infezione da Hiv che per la prima diagnosi di Aids;
2) ad approntare programmi di prevenzione combinati, che comprendano azioni efficaci e continuative su comportamenti a rischio tra i quali: A) esercizio consapevole della sessualità, corretto uso del profilattico maschile e femminile, B) interventi di riduzione del rischio e del danno nelle popolazioni chiave, attraverso l'implementazione di programmi di offerta gratuita e sostituzione di siringhe sterili e di distribuzione di profilattici maschili e femminili; C) programmi di offerta gratuita del test Hiv, terapia sostitutiva, interventi sulle persone con infezioni sessualmente trasmesse; D) interventi farmacologici, attuando strategie di prevenzione basate sull'utilizzo dei farmaci antiretrovirali; E) interventi strutturali per ridurre la vulnerabilità all'infezione da Hiv legata a condizioni quali la povertà, la disuguaglianza di genere, la discriminazione e l'emarginazione sociale, con particolare riferimento alla discriminazione omo-transfobica;
3) a potenziare la presenza, a livello territoriale, di centri sanitari pubblici che possano offrire test gratuiti di Hiv e del counselling, anche in assenza di prescrizione medica; centri sanitari che, a loro volta, siano chiamati a promuovere l'esecuzione dei test ai soggetti interessati anche da operatori sanitari o non sanitari adeguatamente formati con il coinvolgimento delle associazioni;
4) ad avviare programmi di sperimentazione di counselling e testing, anche in contesti extra ospedalieri, quali ad esempio i gruppi di comunità;
5) a procedere ad una valutazione dell'impatto e della diffusione dell'auto-test Hiv, reperibile in farmacia, al fine di escluderlo da finalità essenzialmente commerciali, prevedendo che alla consegna all'acquirente dell'auto-test, al momento della vendita, anche in caso di acquisto on-line, sia comunicata una informativa del Ministero della salute, recante il numero verde 800.861.061 del Servizio sanitario nazionale di counselling multilingue dell'Istituto superiore di sanità da contattare per avere supporto, assistenza e ogni altra informazione relativa all'utilizzo del test e all'interpretazione del risultato, tenuto conto dei limiti temporali per l'affidabilità del test, coinvolgendo in tale contesto anche le associazioni che intervengono in materia;
6) ad assumere iniziative atte ad ottemperare agli obiettivi e agli impegni che l'Italia ha assunto in sede di Unaids per la sconfitta del virus entro il 2030 e che prevede di rendere consapevoli del proprio stato sierologico il 90 per cento delle persone con infezioni da Hiv;
7) ad assumere iniziative per prevedere la distribuzione gratuita, con particolare riferimento alle scuole e università, del profilattico nell'ambito di un'efficace prevenzione dell'infezione da Hiv;
8) ad avviare, d'intesa con le regioni, i comuni e le associazioni per la prevenzione e la lotta contro l'Hiv, iniziative permanenti di informazione e prevenzione attraverso opuscoli o spot televisivi, radiofonici o on line, relative all'igiene sessuale e alla possibilità di test gratuiti e di appositi numeri verdi nei luoghi di lavoro e nelle scuole;
9) a garantire e attuare quanto previsto dalla legge n. 135 del 1990, in materia di anonimato del test Hiv, prevedendo altresì iniziative di efficace contrasto alle discriminazioni nei confronti delle persone con Hiv.
(1-01568) «Gregori, Brignone, Marcon, Airaudo, Civati, Costantino, Daniele Farina, Fassina, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Andrea Maestri, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pastorino, Pellegrino, Placido».


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante i progressi registrati in questi anni a livello globale, l'Hiv continua a rappresentare un serio problema di sanità pubblica. Nel 2015, secondo quanto riferito dall'Organizzazione mondiale della sanità in occasione dell'edizione 2016 della Giornata mondiale contro l'Aids – World Aids Day 2016 –, che ogni anno si svolge il 1o dicembre, l'epidemia globale di infezioni da Hiv e Aids ha registrato una battuta d'arresto rispetto agli ultimi 20 anni. In particolare, emerge come i programmi di prevenzione abbiano portato a una riduzione del numero annuale di nuove infezioni da Hiv (2,1 milioni nel 2015), con una riduzione nell'incidenza del 35 per cento rispetto al 2000;
    è stata registrata una diminuzione del numero di decessi per cause correlate all'Hiv, circa 1,1 milioni nel 2015, con una flessione del 45 per cento rispetto al 2005, grazie alla diffusione delle terapie antiretrovirali;
    per far fronte alla diffusione dell'Hiv, le Nazioni Unite, attraverso la rete Unaids, promuovono fin dal 2014 la strategia « Fast Track» che mira a raggiungere l'obiettivo globale – espresso nei Sustainable Development Goals – di eliminare l'Aids entro il 2030 (End Aids 2030);
    nell'ambito del semestre di Presidenza maltese del consiglio dell'Unione europea, nel gennaio 2017, è stata organizzata, in collaborazione con l’European Centre for Disease Prevention and Control, Ecdc, una conferenza sull'Hiv, in cui esperti provenienti da tutti gli Stati dell'Unione hanno discusso le strategie comuni necessarie per raggiungere l'obiettivo di End Aids 2030;
    in tale contesto, l'Ecdc ha reso pubblico un documento contenente risultati e gap della strategia europea, nonché le modalità con cui i singoli Paesi dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo (Ue/See) hanno dato attuazione agli impegni previsti dalla carta di Dublino sull'alleanza per combattere l'Aids in Europa e nell'Asia Centrale. Va ricordato che, nel 2004, gli Stati europei e dell'Asia centrale tennero la conferenza «Breaking the Barriers – Partnership to fight HIV/AIDS in Europe and Central Asia» che si concluse con la Dichiarazione di Dublino, nella quale i partecipanti si impegnarono a predisporre ed attuare azioni politiche volte a contrastare l'epidemia nell'intera regione;
    l'Hiv rimane un problema significativo di sanità pubblica nei 31 Paesi dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo: nel 2015 sono stati diagnosticati 29.747 nuovi casi di infezione da Hiv negli Stati Ue/See e il tasso di nuove infezioni non risulta in significativo declino nell'ultimo decennio (da 6.6 su 100.000 abitanti nel 2006 a 6.3 su 100.000 abitanti nel 2015). Si stima che siano circa 810.000 le persone che vivono con l'Hiv negli Stati Ue/See (lo 0,2 per cento della popolazione adulta), con forti differenze fra paesi e fra tipologie di categorie a rischio. Nel 2015 il tasso di nuove infezioni è stato maggiore nella popolazione maschile (9.1 su 100.000) che in quello femminile (2.6 su 100.000). La trasmissione per via sessuale rimane ancora la maggior causa delle nuove infezioni registrate nei Paese Ue/See. In particolare, continua a registrarsi un incremento dei casi di infezione dovuti a rapporti omosessuali maschili: nel 2015, il 42 per cento di tutti i casi riportati nei Paesi Ue/See riguardano rapporti omosessuali fra uomini e in 15 Stati tale percentuale supera il 50 per cento delle nuove diagnosi. Tale categoria a rischio risulta la sola a non registrare un declino nel numero di nuove infezioni nel corso dell'ultima decade. Il 32 per cento delle nuove diagnosi sono invece attribuite a rapporti eterosessuali, con significative variazioni percentuali fra i diversi Stati membri, in calo rispetto alle precedenti rilevazioni;
    i nuovi casi di Hiv diagnosticati fra migranti non provenienti da Paesi Ue/See ammontano, complessivamente, al 22 percento, con significative variazioni fra gli Stati membri. Mentre si registra una diminuzione di casi diagnosticati in migranti provenienti da Paesi con alti tassi di infezione da Hiv, risultano evidenze di un aumento del rischio di acquisizione dell'infezione in sotto gruppi di popolazioni migranti dopo il loro arrivo nei Paesi Ue/See;
    tra il 2006 e il 2015 il numero di casi di Hiv registrati negli Stati Ue/See legati ad iniezioni di sostanze stupefacenti ha registrato un costante declino, attestandosi attualmente al 4 per cento del totale delle nuove diagnosi nel 2015. Tale dato riflette gli sforzi e gli investimenti messi in campo da molti Paesi in politiche di riduzione del danno. Tuttavia, lo scambio di siringhe infette rimane ancora un'importante via di trasmissione dell'Hiv in diversi Stati e un potenziale fattore di rischio: in quattro Paesi, un quarto e più dei nuovi casi registrati sono, infatti, correlati a tale pratica;
    virtualmente, eliminate nell'area Ue/See, invece, sono le nuove infezioni dovute alla trasmissione madre-figlio durante la gravidanza (inferiori all'1 per cento/anno) e alle trasfusioni;
    complessivamente, i dati indicano che, nei Paesi Ue/See, i casi di infezione vengono trattati precocemente ed efficacemente (circa 9 pazienti Hiv positivi su 10 sono virologicamente soppressi), tuttavia 1 persona su 6 dell'Ue/See non ha ancora scoperto di essere sieropositivo, con evidenti conseguenze sul rischio di trasmettere l'infezione. Ancora eccessivamente alto risulta il numero dei casi rilevati tardi: nel 2015, basandosi sulle informazioni disponibili relative alla conta dei CD4, è stato calcolato che il 47 per cento dei soggetti presentava, al momento della diagnosi, una conta di CD4 inferiore a 350/mm3;
    il numero di Paesi che iniziano terapie antiretrovirali (Art), indipendentemente dal conteggio delle cellule CD4 è cresciuto da quattro nel 2014 a 24 nel 2016, tuttavia, sulla base dei dati provenienti da 25 Paesi, risulta che il 17 per cento di persone con Hiv non ricevono terapie antiretrovirali (a causa dell'applicazione di protocolli terapeutici obsoleti, ostacoli normativi, carenza di risorse, fattori culturali). In particolare, va segnalata la situazione dei migrati illegali, per i quali più della metà degli Stati Ue/See non prevede l'accesso ai trattamenti;
    per quanto attiene ai casi di Aids conclamati e alle morti da Aids, i dati della relazione segnalano una continua diminuzione nell'area: nel 2015 i casi di Aids registrati sono stati 3.754, rispetto agli 8.465 del 2006, mentre il numero dei decessi è sceso dai 2.608 del 2006 agli 885 del 2015;
    quello che emerge dal rapporto è, tuttavia, la necessità di aumentare le risorse per le azioni di prevenzione e cura dell'infezione: due su tre Stati dell'area Ue/See riportano, infatti, che i fondi a disposizione non sono sufficienti a ridurre il numero delle nuove infezioni da Hiv. Interventi mirati su gruppi a rischio, comprese campagne di promozione all'uso e di distribuzioni di profilattici, iniziative informative per promuovere corretti stili comportamentali, profilassi pre-esposizione (PrEP) e politiche di riduzione del danno per soggetti tossicodipendenti, rimangono ancora troppo esigui in molti Paesi per poter produrre risultati apprezzabili. L'elevata percentuale di soggetti con Hiv che non conoscono il proprio stato o che ottengono tardi una diagnosi, riflette una carenza nella diffusione dei test, falle nella strutturazione dei servizi e difficoltà nel raggiungere le categorie maggiormente a rischio;
    in Italia, in base ai dati pubblicati dall'Istituto, superiore di sanità, nel 2015 si sono registrate 3.444 nuove diagnosi di infezione da Hiv, con una incidenza di 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti, con un lievemente calo di nuove infezioni rispetto ai tre anni precedenti per tutte le modalità di trasmissione, tranne che per i maschi che fanno sesso con maschi (MSM);
    per quanto attiene le modalità di trasmissione, i dati 2015 indicano come sia prevalente la via dei rapporti eterosessuali (44,9 per cento), seguita dai rapporti tra maschi che fanno sesso con maschi (40,7 per cento) e dai consumatori di sostanze stupefacenti per via iniettiva (3,2 per cento);
    anche nel nostro Paese si registra la tendenza dell'ultimo decennio all'aumento – dal 20,5 per cento del 2006 al 74,5 per cento del 2015 – del numero di persone che giungono alla diagnosi già in stadio di Aids). Complessivamente si stima che il numero di persone con infezione da Hiv/Aids sia pari a circa 130 mila, dei quali almeno 12.000-18.000 siano «inconsapevoli» di avere il virus, con grave pericolo per la propria salute e rischio per i propri partner sessuali; il 20 marzo 2017 il Ministero della salute ha inviato alle regioni, ai fini della firma dell'intesa in materia di interventi contro l'Hiv e l'Aids in sede di Conferenza Stato-regioni, il Piano nazionale Hiv-Aids per il triennio 2017-2019 che ha l'obiettivo di ottenere, nell'ambito di un più generale allineamento delle politiche italiane, con l’«action plan» dell'Organizzazione mondiale della sanità e dell'Unione europea, l'incremento dei casi diagnosticati e mantenuti in cura fino al raggiungimento del 90 per cento delle persone che vivono con Hiv/Aids (Plwha); l'attivazione di un percorso diagnostico terapeutico definito in almeno l'80 per cento dei Centri clinici deputati all'assistenza alle persone con Hiv/Aids; il mantenimento di livelli di viremia tali da restare al di sotto del 5 per cento i fallimenti virologici/anno; la riduzione a meno del 5 per cento della perdita di contatto, da parte dei centri clinici, con i pazienti seguiti;
    il dimezzamento delle diagnosi tardive: un piano che miri ad essere effettivamente efficace necessita, innanzitutto, di azioni di prevenzione che, basate sulle evidenze scientifiche, oltre a comprendere le campagne di informazione, l'impiego degli strumenti di prevenzione e gli interventi finalizzati alla modifica dei comportamenti, estendano l'uso delle terapie antiretrovirali (Arv) come prevenzione;
    l’«aggancio» di soggetti e categorie a rischio, a cominciare dal mondo giovanile, deve rivestire un aspetto centrale della strategia d'intervento e una particolare attenzione deve riguardare i migranti e, complessivamente, le comunità straniere risiedenti in Italia; contestualmente, sarà necessario intervenire contro quei fenomeni di stigmatizzazione ed emarginazione che ancora colpiscono le persone con questa malattia;
    il 5 per cento della popolazione carceraria italiana risulta affetta da Hiv, il 6,5 per cento ha l'epatite B ed il 25 per cento l'epatite C. Controlli specifici, prevenzione e cura assumono quindi un significato di assoluto rilievo, anche in considerazione del rischio di ulteriore diffusione nella popolazione, una volta che i detenuti affetti dalle patologie riassumono la libertà al termine del periodo di carcerazione;
    seppure il numero annuale conosciuto di nuovi casi di Hiv risulti in calo rispetto ad un recente passato, non si può sottostimare la circostanza che, oggi, l'attesa di vita per i sieropositivi è sensibilmente allungata, determinando una forte crescita nella domanda di cure continue, che accompagnano tutta la vita del paziente;
    è radicalmente cambiata la morfologia di formazione della malattia: se a metà degli anni ‘80 la principale modalità di trasmissione era rappresentata dalla tossicodipendenza per via venosa (76,2 per cento nel 1985, ora calata al 4,5 per cento) oggi, sono sensibilmente aumentati i casi attribuibili a trasmissione sessuale;
    dati recenti indicano che, al momento della diagnosi di infezione da Hiv, la gran parte dei casi risulta già in fase avanzata di malattia, a dispetto della necessità iniziare il trattamento di cura il più precocemente possibile;
    se attivato tempestivamente, infatti, è dimostrato che il trattamento è stato in grado di ridurre del 53 per cento lo sviluppo di Aids o patologie correlate, abbattendo la mortalità del 70 per cento;
    il costo medio a carico dello Stato, per la cura, è di circa 8.000 euro annui per paziente,

impegna il Governo:

1) ad assumere tutte le iniziative volte a sviluppare efficaci progetti di informazione e prevenzione delle infezioni da Hiv/Aids e delle patologie sessualmente trasmissibili, rivolte ai giovani, con il coinvolgimento attivo delle istituzioni scolastiche, alle fasce sociali più vulnerabili e alle categorie a rischio;
2) a predisporre, coinvolgendo le comunità straniere residenti in Italia, specifiche campagne informative e di prevenzione rivolte agli stranieri presenti nel nostro Paese;
3) a promuovere, a cominciare dalle scuole, campagne contro la discriminazione sociale dei soggetti che hanno contratto l'infezione;
4) a rilanciare, attualizzandole, le campagne informative e di prevenzione delle infezioni da Hiv e Aids rivolte ai soggetti tossicodipendenti, anche in relazione ai preoccupanti dati che indicano un considerevole aumento dell'uso di eroina soprattutto fra gli adolescenti;
5) ad assumere iniziative volte ad allocare adeguate risorse finanziarie nei programmi volti ad incentivare l'esecuzione dei test Hiv, ad estendere la profilassi pre-esposizione (PrEP) e l'uso delle terapie antiretrovirali (Arv) come prevenzione; ad assumere iniziative per implementare l'assistenza domiciliare alle persone con Hiv/Aids, compresi interventi volti a lenire le conseguenze sociali ed economiche dell'infezione;
6) a valutare l'ipotesi di richiedere la rinegoziazione del prezzo dei farmaci anti Hiv per la sola popolazione carceraria, che rappresenta però una vera «bomba virologica» sia per i tassi di promiscuità, che per i tassi di prevalenza doppi rispetto ai numeri del Paese e coinfezioni da Hiv, Hcv;
7) a valutare l'opportunità, nel caso in cui le aziende produttrici dei farmaci anti Hiv non addivenissero ad un accordo negoziale, di poter ricorrere all'acquisto all'estero di farmaci così come previsto dalla recente circolare del Ministro della salute n. 3251 del 23 marzo 2017, che fornisce le istruzioni operative in merito all'applicazione del decreto ministeriale 11 febbraio 1997 per le modalità di importazione di specialità medicinali registrate all'estero;
8) a valutare l'opportunità di prevedere, con riferimento alla profilassi pre-esposizione (PrEP), modalità specifiche di intervento da utilizzare ai fini di una più completa attività preventiva.
(1-01570) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)