XVII LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 27 aprile 2017.
Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Amoddio, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Blazina, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Coppola, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Guerra, Kronbichler, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Marotta, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Mucci, Nicoletti, Orlando, Paglia, Palladino, Palmieri, Pannarale, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Sarti, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sottanelli, Spadoni, Tabacci, Taglialatela, Terzoni, Turco, Velo, Vignali.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Amoddio, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Blazina, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Censore, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Colonnese, Coppola, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Epifani, Faraone, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Galati, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gozi, Guerra, Kronbichler, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Marotta, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Mucci, Nicoletti, Orlando, Paglia, Palmieri, Pannarale, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rostan, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Sarti, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sottanelli, Spadoni, Tabacci, Taglialatela, Terzoni, Turco, Velo, Vignali.
Annunzio di proposte di legge.
In data 26 aprile 2017 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
MENORELLO: «Modifica all'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente la determinazione del prezzo di cessione delle unità abitative di edilizia sociale» (4447).
Sarà stampata e distribuita.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge ANTEZZA ed altri: «Disposizioni concernenti la realizzazione di reparti di terapia intensiva aperta» (141) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Carnevali.
Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
VI Commissione (Finanze):
CIVATI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, con particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori» (4217) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.
Trasmissione dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha trasmesso un decreto ministeriale recante variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, di pertinenza del centro di responsabilità «Dipartimento delle finanze», autorizzate, in data 5 aprile 2017, ai sensi dell'articolo 33, comma 4-quinquies, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).
Trasmissione dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha trasmesso un decreto ministeriale recante una variazione di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzata, in data 13 aprile 2017, ai sensi dell'articolo 33 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Questo decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).
Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 24 aprile 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica (rifusione) (COM(2016) 864 final).
Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 26 aprile 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Consiglio relativa alla valutazione della situazione comunicata dall'Italia alla Commissione e al Consiglio in merito al recupero del prelievo supplementare dovuto dai produttori di latte nei periodi dal 1995-1996 al 2001-2002 (a norma dell'articolo 3 della decisione 2003/530/CE del Consiglio) (COM(2017) 196 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
Relazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio – Regione amministrativa speciale di Macao: relazione annuale 2016 (JOIN(2017) 15 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Relazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio – Regione amministrativa speciale di Hong Kong: relazione annuale 2016 (JOIN(2017) 16 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).
Trasmissione dal Consiglio regionale della Lombardia.
Il Consiglio regionale della Lombardia, con lettera in data 20 aprile 2017, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 24, comma 3, e 25 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, il testo di una risoluzione recante le osservazioni del medesimo Consiglio regionale sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, che istituisce una procedura di notifica dei regimi di autorizzazione e dei requisiti relativi ai servizi, e che modifica la direttiva 2006/123/CE e il regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (COM(2016) 821 final).
Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia), alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Trasmissione dalla regione autonoma della Sardegna.
La Presidenza della regione autonoma della Sardegna, con lettera in data 14 aprile 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13, il decreto del Presidente della regione di scioglimento del consiglio comunale di Pula (città metropolitana di Cagliari).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.
Trasmissione dal Consiglio della provincia autonoma di Trento.
Il Presidente del Consiglio della provincia autonoma di Trento, con lettera in data 13 aprile 2017, ha trasmesso il testo di una risoluzione recante le osservazioni del medesimo Consiglio regionale sulla comunicazione recante il programma di lavoro della Commissione per il 2017 «Realizzare un'Europa che protegge, dà forza e difende» (COM(2016) 710 final).
Questo documento è trasmesso alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.
La Ministra per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 26 aprile 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disciplina dell'indicazione obbligatoria nell'etichetta della sede e dell'indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento (411).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 6 giugno 2017. È stata altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 17 maggio 2017.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO STRAORDINARIO DEL 29 APRILE 2017
Risoluzioni
La Camera,
premesso che:
l'esito del referendum britannico favorevole alla «Brexit», del 23 giugno 2016, ha aperto scenari inediti e pieni di incognite, dove per la prima volta Unione europea si prepara ad un ridimensionamento anziché ad un suo allargamento;
il 29 marzo 2017, la premier britannica Theresa May ha inviato al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk la lettera con cui notifica la volontà di recedere dall'Unione europea dando avvio alla procedura ex articolo 50 del Trattato sull'Unione europea (TUE);
la lettera di notifica conferma la visione di una Global Britain, improntata ad una « clean Brexit», con l'uscita del Regno Unito anche dal Mercato unico, dall'Unione doganale e senza controllo giurisdizionale della Corte di Giustizia dell'Unione europea;
due giorni dopo aver ricevuto la notifica, lo stesso presidente Tusk ha inoltrato ai 27 Stati membri le linee guida che l'Unione europea dovrà adottare nelle trattative, le quali affermano con nettezza che «in questi negoziati l'Unione agirà « as one» ovvero come una sola entità». Sempre l'Unione – prosegue il documento – «sarà costruttiva e cercherà un accordo. Questo per i maggiori benefici delle due parti» e se «lavorerà sodo per raggiungere questo obiettivo, al tempo stesso si prepara a gestire la situazione anche nell'eventualità che i negoziati dovessero fallire»;
punto fondamentale della dottrina espressa nelle linee guida è la conferma dell'impossibilità per il Regno Unito di scegliere su quali settori collaborare con l'Unione europea e su quali mantenere le proprie prerogative, ovvero l'impraticabilità del cosiddetto approccio cherry picking. Si legge infatti nelle linee guida: «preservare l'integrità del Mercato unico esclude una collaborazione basata su un approccio settore per settore. Un non membro dell'Unione, che non sostiene quindi gli stessi obblighi di un paese membro, non può avere gli stessi diritti e godere gli stessi benefìci riservati ai paesi che ne fanno parte. In questo contesto, il Consiglio europeo si compiace del riconoscimento da parte del governo britannico che le quattro libertà del mercato unico sono indivisibili e che pertanto non ci può essere cherry picking»;
il prossimo Consiglio europeo straordinario a 27 (senza UK), previsto per il 29 aprile 2017 sarà chiamato a concordare gli orientamenti negoziali ex articolo 50 del TUE, sulla cui base la Commissione europea presenterà una raccomandazione per consentire al Consiglio Affari Generali di adottare il mandato negoziale e iniziare le trattative a partire già dalla fine di maggio; la Task Force Brexit della Commissione guidata dal capo negoziatore Michel Bamier, lavorerà in stretto raccordo con l’Unità Brexit del segretariato generale del Consiglio, guidata da Didier Seeuws, e con il Parlamento europeo, mediante il suo negoziatore Guy Verhofstadt;
il Parlamento europeo, intenzionato a svolgere un ruolo determinante nel processo negoziale, anche in considerazione di un suo assenso obbligatorio all'accordo finale, il 5 aprile 2017 ha approvato a stragrande maggioranza (con 516 a favore) una Risoluzione sulle linee guida per le trattative sulla Brexit, in cui tra le altre cose si ribadisce che «il futuro accordo tra UE e UK come paese terzo potrà essere concluso solo una volta avvenuta la separazione dalla UE»;
considerando l'impatto della Brexit sui numerosi aspetti inerenti i rapporti Uk-Ue e i molteplici interessi in gioco nella trattativa, la Commissione e i negoziatori europei mirano a definire l'intero pacchetto negoziale prevedendo, da un lato, che l'accordo di separazione in senso stretto (di recesso ai sensi dell'articolo 50 del Tue) debba concludersi entro il 2019 e, solo una volta perfezionato il recesso, o quantomeno qualora si siano raggiunti notevoli progressi sul negoziato di separazione, si potranno concordare le future relazioni tra Ue e Uk), definito dai britannici quale «partenariato speciale»; dall'altro, per facilitare la progressiva transizione dallo status di Stato membro a quello di Paese terzo si potranno stipulare accordi provvisori (transitional arrangements) che tengano conto della fase ad interim in cui specifici e vecchi accordi continueranno a valere;
si ribadisce l'importanza del principio della sequenzialità degli accordi per evitare di aprire alla possibilità di accordi bilaterali o intese settoriali con gli Stati membri, rompendo in tal modo l'unità europea a 27;
il Consiglio europeo del 29 aprile 2017 (dovrà riaffermare l'importanza della conservazione del patrimonio pattizio tra i due Paesi con specifico riferimento agli Accordi di Belfast del 1998, noti come «Accordi del venerdì santo» o «Accordi di Belfast», che furono accompagnati da uno storico referendum e che sono costati la vita di migliaia di irlandesi, in un aspro conflitto su territorio europeo ben più recente rispetto alla seconda guerra mondiale. Da parte italiana il tema deve ricevere massima considerazione anche come riconoscimento alla fermezza dimostrata dall'Irlanda nel dare sostegno al progetto europeo, anche per gratitudine per il ruolo assolto dall'Unione europea nella soluzione dello storico conflitto; nel non distinguere, malgrado la sua collocazione geografica, tra un'Europa del Nord e un'Europa del Sud; nel riconoscere, infine, il ruolo positivo giocato dal nostro Paese nel Mediterraneo sul fronte dell'emergenza migratoria, cui l'Irlanda ha deciso di contribuire con l'invio di un'unità della sua Marina militare. Appaiono, inoltre, particolarmente apprezzabili le dichiarazioni rese fin da subito dai leader politico-istituzionali irlandesi, anticipando la risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile e dando prova di profondo e convinto spirito europeista, circa l'impegno dell'Irlanda – malgrado il più che consistente numero di propri cittadini residenti su territorio inglese (un milione in Gran Bretagna e un milione e seicento mila in Irlanda del Nord) e la contiguità territoriale e di interessi regionali con Londra – a non avere un negoziato bilaterale riguardo a Brexit, ma a muoversi come parte del «blocco» negoziale europeo;
le questioni da definire nell'ambito della trattativa incidono su talune certezze giuridiche fino ad oggi vigenti e che potrebbero venir meno soprattutto in vista dell'annunciata hard Brexit. Tra queste rilevano: la fine della libertà di circolazione, con conseguenze circa i diritti acquisiti dai cittadini europei – status di residenti, lavoro, studio, con relative applicazioni di tasse e oneri aggiuntivi; l'uscita dal Mercato comune e dall'Unione doganale con ripercussioni su commercio, dazi, import-export, banche e società di investimento, con perdita del tradizionale ruolo della City di Londra e relativi trasferimenti di alcuni servizi e sedi finanziarie esempio Banking Authority); la necessità di nuove trattative per il coordinamento su difesa, sicurezza, lotta al terrorismo e al crimine organizzato a livello sovranazionale; fino alla questione da dirimere circa il calcolo di quanto dovuto da Uk al bilancio dell'Unione europea sulla base degli specifici impegni giuridici assunti durante il periodo pre-Brexit – con particolare riguardo al Quadro di Bilancio pluriennale 2014-2020, relativo a progetti comuni e obblighi finanziari stipulati in precedenza e validi fino a dopo la fine del ciclo di bilancio del 2020; la richiesta di mantenere tali impegni trova ragione anche nel fatto che l'Uk potrà continuare nel periodo ad interim ad avere accesso ai fondi europei, almeno fino al 2019, fine probabile della «Brexit» ed entro le prossime elezioni europee;
il tema di maggiore interesse per il nostro Paese riguarda la salvaguardia dello status dei cittadini italiani nel Regno Unito; si tratta di garantire i diritti acquisiti di circa 600 mila italiani già residenti nel Regno Unito, di cui 280 mila solo nella città di Londra ed iscritti all'AIRE (Anagrafe degli italiani all'estero); tuttavia, tale cifra risulta sottostimata infatti gli italiani iscritti all'Aire sono poco più di un terzo della totalità dei cittadini italiani nel Regno Unito, molti quelli attualmente sussistenti sul territorio britannico che non hanno regolarizzato anagraficamente la propria posizione, per una crescente mobilità temporanea di studio e lavoro, e che potrebbero subire pesanti conseguenze dal punto di vista della libertà di circolazione e di stabilimento;
altri temi oggetto del negoziato rilevanti per l'Italia sono anche i servizi finanziari, i rapporti commerciali e gli aspetti istituzionali dell'Unione europea, con particolare riguardo al bilancio dell'Unione europea post-Brexit; e al futuro delle relazioni Ue-Uk; inoltre, la ricollocazione delle Agenzie UE attualmente situate nell'Uk, costituisce una partita per il nostro Paese particolarmente importante, per la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia europea per i medicinali (EMA), tenuto conto che sulla nuova sede dell'EMA sono in campo molte candidature;
più nello specifico, la fuoriuscita del Regno Unito dall'Unione europea pone per il nostro Paese tre ordini di questioni sul piano economico, finanziario, bancario e commerciale, che vanno pregiudizialmente poste e affrontate fin da questa fase pre-negoziale, al fine di minimizzare l'impatto di Brexit sul nostro Sistema Paese e anche per cogliere gli spazi e le opportunità positive che la stessa Brexit determina. Tali questioni sono:
il futuro ruolo della Borsa di Milano, che ad oggi è di proprietà della Borsa di Londra per la quale gestisce il mercato dei titoli di stato, con scambi di titoli di 17 Paesi europei, degli Stati uniti e di fondi sovrani, con un giro d'affari di 90 miliardi di euro al giorno;
la necessità di rivedere la direttiva sul cosiddetto « bail in» nata come risposta politica europea di fronte ai movimenti di opinione pubblica determinati dalle operazioni di ricapitalizzazione delle banche di alcuni paesi europei;
il ruolo esercitato dalla BCE nei confronti delle diverse anime del settore bancario europeo;
le prossime elezioni inglesi avranno un impatto importante per il mercato finanziario italiano con particolare riferimento al tema del libero scambio di beni e servizi – che potrà essere oggetto di un rapporto Ue-Uk o tra singoli Paesi membri-Uk, e alla gestione dei nuovi rapporti finanziari;
il nodo maggiore rappresentato dalla cosiddetta «passaportazione» dei prodotti finanziari, che tra Paesi membri dell'Unione europea è concessa e riconosciuta sulla base di controlli di qualità effettuati dal Paese d'origine. Dopo Brexit tale «passaportazione» non potrà più esser scontata per i prodotti finanziari britannici verso il mercato europeo. Con il venire meno della «passaportazione», potrebbe venire meno il ruolo centrale che la borsa di Londra ha svolto fino ad oggi per l'eurozona, soprattutto per la gestione dei derivati e la complessiva gestione dei titoli in euro. La conseguenza sarebbe una delocalizzazione dei capitali a favore di piazze finanziarie probabilmente nordamericane. Di fronte a questa prospettiva ci sono due strade possibili: Londra potrà decidere di collaborare con Bruxelles adeguandosi allo spirito continentale, e dunque agli standard comunitari, oppure fare un salto di qualità e divenire un vero e proprio centro off shore;
si prospetta per l'Italia il meccanismo del cosiddetto letter box, in cui l'Italia potrebbe divenire un Paese in cui esternalizzare l'attività di imprese britanniche, secondo un sistema di off shore differito, sul modello di quanto avvenuto a Cipro rispetto a capitali di provenienza russa, senza cioè che questi siano sottoposti ai controlli e agli standard europei e nazionali e senza un profitto per il Paese ospite;
è inoltre da porre sin da questa fase il tema della revisione del fiscal compact, considerato che il piano Juncker non ha dispiegato il suo potenziale quanto al rilancio degli investimenti pubblici, che sono una partita decisiva per il futuro dell'Italia e dell'Europa;
per l'Italia è, in sostanza, decisiva la definizione di una Capital Market Union Policy, al fine di assicurare l'opportuno sostegno alle piccole e medie imprese italiane, cui occorre offrire un sistema di «rating» che permetta loro l'ingresso nei mercati finanziari, eventualmente anche prescindendo dalle banche, atteso che le imprese costituiscono oggi il maggior fattore di sviluppo e di reddito del Paese. La Capital Market Union Policy costituisce dunque una politica da sostenere a livello europeo;
sul terreno dell'Unione bancaria, occorre ricordare che essa è stata parte di un percorso di cui è parte la moneta unica ma che non è stato completato. Dopo l'istituzione di un'autorità di vigilanza unica e la definizione di criteri per la gestione delle crisi, manca ancora l'operatività di un'assicurazione collettiva e unica per i depositi. Inoltre, l'Unione bancaria può esercitare un ruolo importante in presenza di un «testo unico bancario europeo», che ad oggi non esiste e che rappresenta una questione assai rilevante da tematizzare con urgenza in sede europea per porre il nostro Paese in condizioni di parità con gli altri stati membri e per creare le condizioni normative attrattive, utili a stimolare la scelta a favore del nostro Paese da parte di coloro che dovranno riposizionare i propri asset;
altra questione fondamentale nella trattativa da intraprendere riguarda la cooperazione in materia di sicurezza e difesa per cui, come giustamente rileva la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 5 aprile scorso «i negoziati non possono comportare uno scambio tra la sicurezza sia interna che esterna, inclusa la cooperazione nella difesa, da un lato, e i futuri rapporti economici dall'altro lato»;
le questioni relative alla cooperazione in materia di sicurezza e difesa devono pertanto essere trattate a prescindere dal negoziato e questo a maggior ragione in considerazione del fatto che il Regno Unito resta membro di altre importanti istituzioni sovranazionali quali l'OSCE e la NATO;
peraltro verso, è innegabile che l'uscita britannica dall'Unione europea, marginalizzando la sua cooperazione di polizia, inficia automaticamente anche attività fondamentali per assicurare la sicurezza dei cittadini come il contro-terrorismo. Non si può non tener conto infatti che oggi criminalità, traffico di droga, riciclaggio di denaro e terrorismo viaggiano molte volte su piani sovrapposti. A tale proposito i recenti attentati terroristici accaduti in Europa, dalla Francia al Belgio alla Germania e ora da ultimo proprio in Gran Bretagna, in Russia e ancora in Francia rivelano una dimensione internazionale della minaccia terroristica che non può, nel modo più assoluto, essere contrastata efficacemente confidando solo sulle proprie forze nazionali sia di intelligence che di polizia, anzi, proprio le crescenti minacce alla sicurezza dei cittadini europei devono essere affrontate per il presente ed il futuro con un di più di cooperazione tra gli Stati, nella consapevolezza che un approccio apparentemente «sovranista» finisce non per massimizzare ma per minimizzare il diritto alla sicurezza dei propri concittadini e in prospettiva anche per indebolire ed umiliare le stesse istituzioni nazionali che si vorrebbe salvaguardare;
per quanto concerne la proiezione internazionale e geopolitica dell'Unione europea, il Regno Unito contribuisce alle operazioni militari e civili dell'Unione in 16 missioni, nella misura del 3 per cento del personale civile e del 5 per cento del personale militare. Questi numeri se per un verso non appaiono così determinanti ed essenziali allo svolgimento efficace della presenza internazionale della Unione europea per altro verso interrogano circa la necessità di ridefinire un partenariato strategico con un paese che, decidendo di uscire dall'Unione europea, si è chiamato anche fuori da quel lento ma tuttavia continuo e incessante processo di costruzione di una dimensione comune e condivisa della politica estera e di sicurezza;
tra le conseguenze della «Brexit» va, infine, segnalata la vacanza dei 73 seggi lasciati liberi dai britannici al Parlamento europeo. Seggi che potrebbero essere sostituiti da liste transnazionali, allo scopo di favorire il processo di legittimazione delle istituzioni europee e la competizione tra diversi programmi di partiti politici su base continentale e transnazionale; tale proposta costituirebbe un primo passo verso un cambiamento delle istituzioni dell'Unione che, in vista delle elezioni del 2019 del Parlamento europeo, aprirebbe la strada anche all'elezione diretta del presidente della Commissione europea, mediante primarie per indicare i candidati e i vincenti tra i capolista, rafforzando in tal modo le scelte consapevoli dei cittadini e la trasparenza del processo politico,
impegna il Governo:
1) ad attivarsi, in vista del prossimo Consiglio europeo straordinario di fine aprile, affinché il processo negoziale sulla «Brexit» sia improntato al «principio della sincera cooperazione» previsto dai Trattati, al fine di preservare l'unità dei 27 Stati membri, evitando altresì ulteriori fratture della comune prospettiva europea ed escludendo stipule di accordi bilaterali di singoli Stati o di specifiche intese prima della conclusione del recesso del Regno Unito dalla Unione europea in quanto in violazione dei Trattati, in aderenza al principio e di indivisibilità del mercato unico che esclude approcci selettivi;
2) ad appoggiare quanto indicato nelle linee guida approvate a larga maggioranza dal Parlamento europeo, per quanto attiene alla tempistica delle fasi negoziali e la sequenza degli accordi, al fine di escludere che il Regno Unito si consideri fuori dall'Europa fin dal momento dell'attivazione dell'articolo 50 del TUE e non al termine del processo negoziale di recesso;
3) ai fini delle priorità del negoziato sulla «Brexit» e, in generale, nella considerazione del futuro del progetto europeo e nella gestione del post «Brexit», ad impegnarsi per preservare gli Accordi di pace del 1998 tra Regno Unito e Irlanda, nonché lo storico assetto pattizio tra i due Paesi quanto alla libertà di circolazione dei rispettivi cittadini e al regime di doppio passaporto, nell'interesse del mantenimento delle ottime relazioni bilaterali tra Irlanda e Inghilterra e della stessa stabilità europea;
4) a sostenere la necessità di garantire ai cittadini europei che vivono nel Regno Unito un trattamento soggetto ai principi di reciprocità, equità, simmetria e non discriminazione, non diverso da quello dei britannici che risiedono nell'Unione, sottolineando la priorità della questione dei diritti acquisiti con riferimento ai nostri connazionali attualmente residenti nel Regno Unito, al fine di scongiurare un abbassamento, contrario al diritto europeo, delle loro prerogative dei loro diritti prima della conclusione dei negoziati;
5) ad attivarsi, per quanto riguarda la tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani già residenti ed operativi in territorio britannico, anche al fine di predisporre specifiche disposizioni informative e di supporto, mediante il coinvolgimento attivo delle rappresentanze in loco, allo scopo di respingere eventuali pratiche discriminatorie durante la fase transitoria del negoziato;
6) a garantire che le previsioni dell'accordo di recesso sui diritti acquisiti dei cittadini siano applicabili attraverso procedure amministrative semplici e rapide;
7) ad attivarsi per minimizzare le conseguenze negative dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea su cittadini, imprese e settore pubblico;
8) a sostenere la necessità di nuovi accordi di cooperazione tra Unione europea e Regno Unito per ciò che attiene alle relazioni economiche future e ai profili della difesa e della sicurezza, anche in considerazione delle sfide prioritarie e strategiche dell'Unione europea, come quelle del contrasto alla minaccia terroristica e all'estremismo violento; a potenziare il grado di intelligence-sharing sia fra i paesi membri dell'Unione che con quelli terzi, tra i quali dovrà essere inevitabilmente ricompreso il Regno Unito, avendo cura di scongiurare qualsivoglia tentativo volto a fare dello scambio di informazioni riservate, utili ad assicurare la libertà e la sicurezza dei cittadini europei, un oggetto di negoziato;
9) sul terreno dei futuri assetti finanziari, ad operare per un negoziato in cui Londra non esca dal mercato finanziario europeo diventando un vero centro off shore e, conseguentemente, Milano non sia marginalizzata in ragione dello spostamento dei capitali su piazze extraeuropee e possa, invece, divenire più competitiva preservando così anche i circa 60 mila posti di lavoro che la borsa meneghina assicura (che arrivano a 120 mila se si include il mercato assicurativo);
10) ad operare affinché il risparmio italiano sia adeguatamente tutelato e scongiurando la creazione di sub-paradisi fiscali nei singoli Stati membri;
11) a prescindere dalla Brexit ad intraprendere uno sforzo deciso di rilancio della capacità competitiva del nostro Paese anche attraverso un sistema di incentivazione degli investimenti esteri;
12) ad operare anche sul terreno amministrativo per introdurre strumenti di attrazione degli investimenti esteri, anche attraverso forme opportune di semplificazione; occorre anche lavorare sulla certezza dei tempi della giustizia incoraggiando i tribunali ad adottare protocolli interni che diano tempi certi e aiutino a superare un disagio a volte più percepito che reale dagli investitori esteri;
13) inoltre, ad assumere iniziative per rivedere la direttiva sul « bail in» operando sui profili più ostili ai piccoli risparmiatori;
14) nella premessa dell'esigenza di un'azione politica a livello europeo e nazionale che fornisca indirizzi, che sia interessata allo sviluppo di una vera Unione bancaria e che voglia definire le regole di contesto, ad adoperarsi per completare l'Unione bancaria con la definizione di una garanzia complessiva e unica per i depositi e di un testo unico bancario europeo;
15) per preservare il saldo attivo italiano nel Regno Unito, ad operare soprattutto sul settore della meccanica strumentale e sull'innovazione tecnologica, senza dimenticare la difesa in generale, occorrerà presidiare il negoziato in modo proattivo con riferimento alle regole di carattere finanziario che sono sempre definite in base ad uno specifico sistema produttivo di riferimento, che nel nostro caso è incentrato sulle pmi;
16) a ribadire, per ciò che attiene alla ridefinizione della regolazione finanziaria tra Regno Unito e Unione europea, la necessità che venga garantito da parte del Regno Unito il mantenimento degli impegni finanziari, con particolare riferimento a programmi europei e a fondi di coesione strutturali, la cui durata prevista vada oltre la data di uscita del Regno Unito dall'Unione, anche al fine di non pregiudicare l'efficacia dei medesimi programmi a carattere pluriennale (QFP 2014-2020);
17) a sostenere con determinazione, per quanto riguarda le conseguenze della «Brexit» circa il trasferimento e la ricollocazione di alcuni organismi e Agenzie dell'Unione europea, la candidatura di Milano per ospitare l'EMA (Agenzia europea per i medicinali), coinvolgendo le principali amministrazioni interessate del nostro Paese al fine di consolidare i requisiti della candidatura italiana;
18) a sostenere misure volte a verificare il rispetto del principio di sincera cooperazione e ad evitare conflitti di interesse dovuti allo status del Regno Unito di membro dell'Unione europea fino alla data di recesso;
19) ad attivarsi, in tutte le sedi europee competenti, per conseguire un più largo consenso in favore della proposta già avanzata dal Governo italiano, affinché i 73 seggi lasciati liberi dai britannici al Parlamento europeo siano sostituiti da liste transnazionali su base continentale, nonché per costruire, in vista delle elezioni del 2019 del Parlamento europeo, un ampio sostegno alla correlativa proposta di primarie per la scelta di candidati e capilista sulla base transnazionale, alla guida della presidenza dell'Unione europea;
20) a sostenere la necessità che la trattativa concernente i nuovi rapporti commerciali tra Regno Unito e Unione europea, attesa l'impossibilità di utilizzare gli strumenti dello spazio economico europeo e dell'unione doganale, i quali implicano l'accettazione di principi di libera circolazione non più disponibili dopo il risultato referendario, si orientino verso un accordo che produca un gioco a somma positiva per entrambe le parti ed eviti forme di dumping sociale, ambientale, regolamentario, attesa l'integrazione commerciale già raggiunta e i benefici che questa genera per l'Italia, la quale nell'interscambio di beni con il Regno Unito raggiunge un saldo positivo di 11 miliardi, secondo in Europa a quello della sola Germania;
21) a sottolineare l'importanza che, nel delicato campo della regolamentazione e della vigilanza sui servizi finanziari, il negoziatore europeo tenga ferma la necessità che il Regno Unito non si discosti dagli standard comunitari, poiché per l'importanza globale ed europea della piazza finanziaria d'oltre Manica sarebbe un esito negativo e pericoloso per entrambe le parti un'eventuale deviazione britannica verso modelli di regolamentazione e vigilanza finanziaria meno rigorosi e meno trasparenti di quelli attualmente vigenti;
22) a sostenere la proposta della Commissione europea, inclusa nel pacchetto sulla revisione della direttiva e del regolamento sui requisiti di capitale, la quale prevede per le banche dei paesi terzi che hanno rilevanza sistemica la costituzione in Europa di società capogruppo intermedie e la conseguente attivazione nei loro confronti della vigilanza e della disciplina sulla gestione della crisi vigente nell'Unione;
23) a sostenere ogni azione positiva di sistema, anche in raccordo con le istituzioni locali, e in particolare quelle di Milano, per migliorare l'attrattività della localizzazione in Italia di segmenti ad elevata specializzazione dell'industria bancaria e finanziaria, in particolare nel comparto degli operatori attivi sulle principali infrastrutture di mercato.
(6-00312) «Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Buttiglione, Bueno, Locatelli».
La Camera
premesso che:
il Consiglio europeo si riunirà il prossimo 29 aprile in sessione straordinaria per discutere la strategia cui dovranno attenersi le competenti autorità dell'Unione europea nel negoziato che inizierà in seguito alla decisione del Governo britannico, notificata formalmente al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk il 29 marzo scorso, di attivare la procedura prevista dall'articolo 50 dei Trattati Ue per l'uscita dall'Europa comunitaria;
l'attivazione da parte britannica delle procedure previste dai Trattati Ue per l'uscita di uno Stato membro dall'Unione trae la propria ragione da un esercizio di autodeterminazione del popolo del Regno Unito, che si è espresso maggioritariamente in un referendum contro la permanenza del proprio Paese nell'Europa comunitaria;
la pratica del metodo democratico e la concreta possibilità di esercitare la libertà politica sono valori fondanti dell'Unione europea;
di fronte alla prospettiva inedita, e mai presa seriamente in considerazione dai dirigenti politici europei, dell'uscita dall'Unione europea di un suo importante Stato membro deliberata per via referendaria, si confrontano da un anno almeno due scuole di pensiero;
per gli uni, infatti, gli elettori britannici sarebbero da penalizzare in modo esemplare, allo scopo di stabilire un precedente che scoraggi qualsiasi emulazione da parte di altri Stati membri dell'Unione, mentre per altri, al contrario, i costi della separazione dovrebbero essere il più possibile ridotti, anche per non danneggiare gli interessi delle imprese europee che esportano nel Regno Unito e quelli dei cittadini dell'Unione europea che hanno deciso di stabilirsi per ragioni di lavoro Oltremanica;
non è opportuno, in questa fase storica contrassegnata da una grande incertezza e da permanenti difficoltà economiche, rendere più costoso un eventuale analogo esercizio futuro di autodeterminazione da parte del nostro Paese;
per rafforzare il proprio potere negoziale, il Governo conservatore britannico guidato dalla signora Theresa May ha chiesto ed ottenuto il 19 aprile scorso dalla Camera dei Comuni un voto per l'indizione di nuove elezioni generali, che avranno luogo l'8 giugno prossimo;
in conseguenza dello scioglimento del Parlamento britannico è prevedibile che l'inizio del negoziato per l'uscita del Regno Unito dall'Unione sia rinviato di qualche settimana;
per effetto della imprevista fine anticipata della legislatura britannica, si è inoltre prodotta una situazione imprevista, oggettivamente caratterizzata da una certa indeterminazione, posto che in teoria le elezioni politiche britanniche potrebbero anche indebolire il raggruppamento favorevole al perfezionamento del cosiddetto Brexit;
il contributo che il Regno Unito può assicurare nel campo della lotta al terrorismo transnazionale di matrice jihadista è infine una risorsa preziosa per tutta l'Unione europea,
impegna il Governo:
1) a non assumere iniziative nei confronti del Regno Unito prima che siano conosciuti gli esiti delle elezioni politiche britanniche, in programma per il prossimo 8 giugno;
2) ad esprimere in sede di Consiglio europeo straordinario una posizione che evidenzi il rispetto del popolo del nostro Paese per i risultati dell'esercizio di autodeterminazione che ha condotto gli elettori britannici a pronunciarsi in favore dell'uscita del loro Regno dall'Unione europea);
3) a ribadire in sede di Consiglio europeo come il rispetto del metodo democratico implichi che si debba riconoscere agli elettori di ciascuno Stato Membro dell'Unione anche la libertà di optare per l'uscita dall'Europa comunitaria;
4) a battersi conseguentemente contro l'adozione di un mandato negoziale alle competenti autorità comunitarie che sia improntato a criteri punitivi o venga comunque principalmente finalizzato a dissuadere altri Paesi dal porsi nel solco del Regno Unito;
5) a schierare invece l'Italia tra i Paesi più favorevoli alla definizione di una base negoziale che non comporti la punizione degli elettori e del Governo del Regno Unito, ma piuttosto la tutela dei reciproci interessi, fra i quali spiccano l'accessibilità del mercato britannico ed il mantenimento di un adeguato regime di garanzie per i cittadini europei che risiedano a qualsiasi titolo in territorio britannico;
6) ad esigere che nel mandato negoziale figuri espressamente l'obiettivo di non compromettere l'apporto britannico alla comune lotta contro il terrorismo transnazionale di matrice jihadista.
(6-00313) «Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».
La Camera,
premesso che:
il Consiglio europeo straordinario (articolo 50 del trattato dell'Unione europea), del prossimo 29 aprile nel formato Unione europea a 27, adotterà gli orientamenti per i negoziati sulla Brexit;
la notifica del Governo del Regno Unito al Consiglio europeo del 29 marzo 2017 avvia il processo mediante il quale il Regno Unito cesserà di essere uno Stato membro dell'Unione europea e i trattati non si applicheranno più a tale Paese;
sebbene uno Stato membro abbia il diritto sovrano di recedere dall'Unione europea, è compito di tutti i rimanenti Stati membri agire congiuntamente nella difesa degli interessi dell'Unione europea e della sua integrità, in modo che il recesso sia organizzato in maniera ordinata in modo da non incidere negativamente sull'Unione, sui suoi cittadini e sul processo di integrazione europea;
sino all'uscita dall'Unione europea, il Regno Unito deve godere di tutti i diritti e adempiere a tutti gli obblighi derivanti dai trattati, compreso il principio di leale cooperazione di cui all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea;
il Regno Unito ha dichiarato, nella sua notifica del 29 marzo 2017, l'intenzione di sottrarsi alla competenza della Corte di giustizia dell'Unione europea;
il Governo del Regno Unito ha indicato nella medesima notifica che le sue relazioni future con l'Unione europea non includeranno l'adesione al mercato interno, né l'adesione all'unione doganale;
i negoziati devono essere condotti con l'obiettivo di garantire stabilità del diritto e ridurre al minimo i disagi, nonché fornire una visione chiara del futuro per i cittadini e le persone giuridiche;
il recesso del Regno Unito dovrebbe spingere l'Unione europea a 27 e le istituzioni dell'Unione ad affrontare meglio le attuali sfide e a riflettere sul futuro e sugli sforzi da compiere per rendere il progetto europeo più efficace, più democratico e più vicino ai cittadini;
in un quadro internazionale confuso, l'attuale Unione europea non può essere fattore di ulteriore confusione, rischiando di negare le ragioni per cui era nata, ovvero come garanzia di pace e di solidità democratica ed economica;
a sessant'anni dal Trattato di Roma, le conquiste del percorso di integrazione europea, l'Unione europea e la moneta comune, appaiono molto più fragili e precarie di quanto solo alcuni anni fa si sarebbe potuto immaginare. La crescita dei movimenti anti-europei in tutta Europa è una realtà, seppur con un peso e con caratteristiche diverse, nei principali Paesi dell'eurozona. L'Italia ha il compito storico, dopo la caduta di credibilità morale della fallimentare egemonia tedesca, di rilanciare su basi nuove e concrete il sogno europeo dei padri fondatori. Il rischio di un disfacimento impone iniziative forti;
dare seguito alla proposta francese di restituire una dimensione politica all'eurozona, con un Governo e un Parlamento comuni, avrebbe cambiato le carte in tavola nell'Unione europea; non più l'imbuto voluto dalla Germania, fatto di controlli sempre più stringenti; cessioni progressive di sovranità; «compiti a casa»; asfissia dei Paesi con alto debito pubblico e difficoltà di governance; ricatti politici e dei mercati finanziari. Ma una nuova Unione, in cui davanti a tutto c’è la politica e la responsabilità; l'Italia, tuttavia, negli ultimi anni è rimasta immobile;
in parallelo con l'adozione di misure di politica economica sbagliate, in Europa si è voluto procedere, sotto pressione tedesca, con sempre più stringenti cessioni di sovranità, presentate, guarda caso, come necessarie e indispensabili per far fronte all'emergenza;
sono proprio degli anni della crisi, infatti, il Six Pack, il Fiscal Compact, e il Two Pack, tutte modifiche intervenute sull'originario trattato di Maastricht, tra l'altro attraverso strumenti legislativi inadeguati e, secondo noi, illegittimi, che hanno ulteriormente squilibrato il sistema europeo, stravolgendone l'impianto iniziale. Modifiche che, oggi più che mai, bisogna sospendere, per tornare all'impianto originale. Magari completandolo con le quattro unioni (bancaria, inclusa la garanzia comune europea sui depositi; economica, che significa Eurobond; politica e di bilancio) da troppo tempo solo discusse e mai davvero implementate;
conformemente all'articolo 50, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea, i negoziati riguarderanno le modalità del recesso del Regno Unito, tenendo conto nel contempo del quadro delle sue future relazioni con l'Unione europea;
ci si attende che, per garantire un'uscita ordinata del Regno Unito dall'Unione europea, i negoziati tra l'Unione europea e il Regno Unito siano condotti in buona fede e totale trasparenza;
a tale proposito, sarebbe contrario al diritto dell'Unione che il Regno Unito avviasse, prima del recesso, negoziati relativi ad eventuali accordi commerciali con Paesi terzi; si sottolinea che un'azione di questo tipo sarebbe in contrasto con il principio di leale cooperazione di cui all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea e dovrebbe avere conseguenze, tra cui l'esclusione del Regno Unito dalle procedure per i negoziati commerciali, di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
la stessa regola deve applicarsi in altri settori in cui il Regno Unito continui a concepire la legislazione, le azioni, le strategie o le politiche comuni dell'Unione in modo tale da favorire i suoi interessi di Stato membro uscente, anziché gli interessi dell'Unione europea e degli Stati dell'Unione europea a 27;
qualsiasi accordo bilaterale tra uno o più Stati membri rimanenti e il Regno Unito, negli ambiti di competenza dell'Unione europea, che non sia stato approvato dagli Stati dell'Unione europea a 27 e riguardi questioni che rientrano nell'ambito di applicazione dell'accordo di recesso e/o interferiscono con le future relazioni dell'Unione europea con il Regno Unito, sarebbe altresì contrario ai trattati;
le future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito dovrebbero essere equilibrate ed esaustive e servire gli interessi dei cittadini di entrambe le parti e che, pertanto, necessitino di tempo sufficiente per essere negoziate;
a prescindere dal loro esito, i negoziati sulle future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito non potranno comportare alcun compromesso tra la sicurezza interna ed esterna, compresa la cooperazione in materia di difesa, da un lato, e le future relazioni economiche, dall'altro;
qualsiasi futuro accordo tra l'Unione europea e il Regno Unito è subordinato al costante rispetto, da parte di quest'ultimo, delle norme previste dagli obblighi internazionali, anche in materia di diritti umani, e dalla legislazione e dalle politiche dell'Unione riguardanti, tra l'altro, l'ambiente, i cambiamenti climatici, la lotta contro l'evasione e l'elusione fiscali, la concorrenza sleale, il commercio e i diritti sociali, in particolare le salvaguardie contro il dumping sociale;
se il Regno Unito chiederà di partecipare a determinati programmi dell'Unione europea, lo farà in qualità di Paese terzo, il che comporterà contributi di bilancio appropriati e il controllo da parte della giurisdizione esistente; si accoglierebbe con favore, a tale riguardo, il fatto che il Regno Unito continuasse a partecipare a una serie di programmi, come il programma Erasmus;
in vista dell'avvio concreto dei negoziati, emerge poi un tema che coinvolge direttamente la sicurezza dei mercati finanziari e, a ben vedere, del nostro ingente debito pubblico;
i mercati finanziari costituisco la dimensione privilegiata per stimolare la competitività del sistema-Paese e del sistema euro, in quanto permettono alle imprese di raccogliere capitali essenziali per lo sviluppo in uno scenario sempre più integrato e globale; mentre i grandi debitori pubblici, non possono fare a meno di attrarre potenziali compratori del proprio debito, proprio sulle piazze finanziarie più liquide e importanti. Come è noto, infatti, Borsa italiana fa parte del gruppo London Stock Exchange;
pur a seguito dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, è evidente che permane l'interesse del Regno Unito a conservare a Londra il ruolo di primaria piazza finanziaria continentale, anche per le transazioni in euro, per i mercati delle società di economie legate all'euro e, pertanto, anche di debitori pubblici con debiti denominati in euro, come l'Italia;
Londra offre un ambiente – in termini di mercato del lavoro, fiscalità, mentalità, lingua – che nessun'altra città europea è in grado di offrire. Gran parte della liquidità in euro oggi è negoziata a Londra, e non è affatto scontato che si trasferirà sulle piazze dell'euro, in quanto i trader rimangono a Londra;
è difficile prevedere ora cosa potrà realmente accadere nel momento in cui si realizzerà davvero l'uscita del Regno Unito. Per ora un dato è certo: le piattaforme di trading rimangono a Londra, e questo significa controllo reale dei flussi di ordini; pertanto, ciò costituisce un poderoso fattore di pressione in mano al Regno Unito durante la trattativa con l'Unione;
inoltre, emergono preoccupanti profili anche per le implicazioni di carattere monetario: infatti, non è pensabile attuare la politica monetaria con transazioni che si svolgono al di fuori delle aree in cui è esercitabile il controllo;
a questo si accompagna un ulteriore aspetto, non meno rilevante, che coinvolge tutti i profili nei quali si esplica la vigilanza sui mercati: se per esempio si stabilisce di limitare lo short selling, è evidente che questo potrà valere solo per le transazioni effettuate nella giurisdizione dell'autorità che disponga il provvedimento, e non fuori confine. Analogamente, in caso di indagini su ipotesi di abuso di mercato occorrono regole condivise per un accesso ai dati occorrenti che rimangono dove ci sono i front desk, e quindi dove si svolgono la gran parte delle negoziazioni;
anche il mercato all'ingrosso dei titoli di Stato che fa capo a Borsa italiana (MTS) continua a fare capo a Londra: la gran parte della liquidità, con la metà dei primary dealers rimane di stanza a Londra, infatti. E questo non può che accentuare le preoccupazioni circa la tutela dell'interesse nazionale in una situazione quale quella determinatasi;
le linee guida che il Consiglio europeo adotterà sabato saranno un punto di partenza per assicurare una uscita ordinata del Regno Unito dall'Unione. Questa è una condizione fondamentale per poter arrivare ad un accordo futuro;
l'uscita ordinata significa innanzitutto trovare una soluzione al problema dei 3 milioni di cittadini dell'Unione che vivono nel Regno Unito e, parallelamente, al milione di cittadini britannici residenti nel continente. Questa è la priorità assoluta che va risolta già nelle prime fasi dei negoziati per sgombrare il campo dal senso di incertezza che si è creato tra i cittadini;
uscita ordinata significa anche «chiudere i conti». Il Parlamento europeo, lo scorso 5 aprile, attraverso l'approvazione della risoluzione che fissa i paletti del negoziato per la «Brexit», ha sostenuto con forza la necessità per il Regno Unito di onorare gli impegni finanziari contratti dal governo britannico. La risoluzione sottolinea con forza la necessità di preservare in tutte le sue parti il Good Friday Agreement e il processo di pace in Irlanda del Nord. La sfida sarà quella di trovare soluzioni adeguate al problema delle future frontiere esterne dell'Unione;
è comunque interesse di tutti arrivare ad un partenariato positivo con il Regno unito a cui si può lavorare appena definita la cornice della Brexit,
impegna il Governo:
1) nell'ambito dell'attività a livello europeo volte a definire il quadro dei negoziati sulla Brexit e delineare le posizioni e i principi generali dell'Unione europea nel corso dei negoziati, ad adottare ogni opportuna iniziativa volta:
a) a farsi portavoce, a livello di Consiglio, della necessità di iniziare un'ampia riflessione sul futuro dell'Unione europea, di analizzare le riserve, le critiche e le perplessità che continuano ad essere espresse sull'Unione europea, in particolare sulla sua capacità di offrire risposte tangibili, efficaci e risolutrici alle problematiche sociali ed economiche dell'Unione e sullo scarso e indiretto coinvolgimento dei cittadini nelle scelte europee;
b) a garantire lo status giuridico dei cittadini dell'UE a 27 che risiedono o hanno risieduto nel Regno Unito e dei cittadini del Regno Unito che risiedono o hanno risieduto in altri Stati membri, e altre disposizioni concernenti i loro diritti, chiedendo che lo status e i diritti dei cittadini dell'UE a 27 residenti nel Regno Unito e dei cittadini del Regno Unito residenti nell'UE a 27 siano soggetti ai principi di reciprocità, equità, simmetria e non discriminazione;
c) a garantire la certezza del diritto per le persone giuridiche, incluse le imprese;
d) a garantire la protezione dell'integrità del diritto dell'Unione, compresa la Carta dei diritti fondamentali, e del suo quadro di esecuzione; qualsiasi deterioramento dei diritti legati alla libera circolazione, compresa la discriminazione tra cittadini dell'Unione europea in relazione all'accesso al diritto di soggiorno, prima della data di recesso del Regno Unito dall'Unione europea sarebbe in contrasto con il diritto dell'Unione;
e) ad intervenire per la piena garanzia del regolamento degli obblighi finanziari tra il Regno Unito e l'Unione europea;
f) tenuto conto del crescente fenomeno dei flussi migratori e del fatto che lo stesso ha pesato sensibilmente sull'esito del referendum del Regno Unito:
ad adottare ogni iniziativa volta a garantire le frontiere esterne dell'Unione europea;
a farsi portavoce del problema legato alla gestione dei flussi, al fine di applicare strategie che dimostrino di contenere un punto di equilibrio tra principio di accoglienza e necessità di garantire la sicurezza interna (ordine e salute pubblica), cioè la nostra e quella dei Paesi che costituiscono l'Unione europea;
a presentare richieste al Consiglio europeo finalizzate alla elaborazione di nuovi programmi tesi alla prosecuzione nel supporto agli Stati che si trovano in prima linea;
g) a chiarire la situazione per quanto riguarda gli impegni internazionali assunti dal Regno Unito in qualità di Stato membro dell'Unione europea, dal momento che l'Unione europea a 27 Stati membri sarà il successore legale dell'Unione europea a 28 Stati membri;
h) a designare la Corte di giustizia dell'Unione europea quale autorità competente per l'interpretazione e l'applicazione dell'accordo di recesso;
i) a definire una liquidazione finanziaria una tantum del Regno Unito, calcolata sulla base dei conti annuali dell'Unione europea sottoposti alla revisione contabile della Corte dei conti europea, che deve comprendere tutte le sue responsabilità giuridiche derivanti dagli impegni da liquidare, nonché prevedere voci fuori bilancio, passività potenziali e altri oneri finanziari direttamente risultanti dal recesso del Regno Unito;
j) a raggiungere quanto prima un accordo sul trasferimento della sede dell'Autorità bancaria europea e dell'Agenzia europea per i medicinali e che il processo di trasferimento sia avviato non appena possibile;
k) a sostenere la volontà di cooperare con il Regno Unito e di mantenere aperta un'area di libero scambio e di movimento la più ampia possibile nel reciproco vantaggio;
2) a stimolare la riflessione delle istituzioni europee, al fine di promuovere iniziative volte a cambiare politiche che hanno dimostrato il loro fallimento in termini di crescita economica e, di conseguenza, in termini di benessere sociale, partendo da interventi tesi ad implementare un grande piano di investimenti, un New deal europeo, nonché accordi bilaterali tra i singoli Stati e la Commissione europea (cosiddetti «Contractual agreements») per cui le risorse necessarie per l'avvio di riforme volte a favorire la competitività del «sistema Paese» non rientrano nel calcolo del rapporto deficit, prodotto interno lordo ai fini del rispetto del vincolo del 3 per cento, bensì rientrano nell'alveo dei cosiddetti «fattori rilevanti» per quanto riguarda i piani di rientro definiti dalla Commissione europea per gli Stati che superano la soglia del 60 per cento nel rapporto debito/prodotto interno lordo;
3) a promuovere in seno all'Unione europea un confronto immediato e molto concreto, salvaguardando gli interessi dell'Italia, evitando di accettare posizioni non discusse in Parlamento;
4) ad adottare ogni iniziativa volta a progredire nell'unione politica dell'area euro di pari passo con le unioni bancaria, economica e di bilancio, onde evitare il progressivo allontanamento dei cittadini nei confronti delle politiche dell'Unione europea e scongiurare una deriva tecnocratica che cancelli, di fatto, lo spirito dell'Europa delle origini, comportando, tra l'altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali;
5) ad analizzare in sede di Consiglio se vi siano Paesi dell'Unione europea più esposti di altri ad un eventuale, e temuto, «effetto domino» determinato dal referendum del Regno Unito, cioè se vi sia la necessità di condividere ed approvare cambiamenti sostanziali, per non ipotecare definitivamente il futuro dell'Unione europea, valutando se, e in quali termini, la volontà di allargamento e il processo legislativo dell'Unione possano in alcuni specifici settori determinare effetti sociali ed economici negativi che non rispondono ai principi di ragionevolezza, sicurezza, equità, trasparenza, utilità, crescita e benessere diffuso.
(6-00314) «Brunetta, Occhiuto, Elvira Savino».
La Camera,
premesso che:
il Consiglio europeo straordinario (articolo 50 del trattato dell'Unione europea), del prossimo 29 aprile nel formato Unione europea a 27, adotterà gli orientamenti per i negoziati sulla Brexit;
la notifica del Governo del Regno Unito al Consiglio europeo del 29 marzo 2017 avvia il processo mediante il quale il Regno Unito cesserà di essere uno Stato membro dell'Unione europea e i trattati non si applicheranno più a tale Paese;
sebbene uno Stato membro abbia il diritto sovrano di recedere dall'Unione europea, è compito di tutti i rimanenti Stati membri agire congiuntamente nella difesa degli interessi dell'Unione europea e della sua integrità, in modo che il recesso sia organizzato in maniera ordinata in modo da non incidere negativamente sull'Unione, sui suoi cittadini e sul processo di integrazione europea;
sino all'uscita dall'Unione europea, il Regno Unito deve godere di tutti i diritti e adempiere a tutti gli obblighi derivanti dai trattati, compreso il principio di leale cooperazione di cui all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea;
il Regno Unito ha dichiarato, nella sua notifica del 29 marzo 2017, l'intenzione di sottrarsi alla competenza della Corte di giustizia dell'Unione europea;
il Governo del Regno Unito ha indicato nella medesima notifica che le sue relazioni future con l'Unione europea non includeranno l'adesione al mercato interno, né l'adesione all'unione doganale;
i negoziati devono essere condotti con l'obiettivo di garantire stabilità del diritto e ridurre al minimo i disagi, nonché fornire una visione chiara del futuro per i cittadini e le persone giuridiche;
il recesso del Regno Unito dovrebbe spingere l'Unione europea a 27 e le istituzioni dell'Unione ad affrontare meglio le attuali sfide e a riflettere sul futuro e sugli sforzi da compiere per rendere il progetto europeo più efficace, più democratico e più vicino ai cittadini;
in un quadro internazionale confuso, l'attuale Unione europea non può essere fattore di ulteriore confusione, rischiando di negare le ragioni per cui era nata, ovvero come garanzia di pace e di solidità democratica ed economica;
a sessant'anni dal Trattato di Roma, le conquiste del percorso di integrazione europea, l'Unione europea e la moneta comune, appaiono molto più fragili e precarie di quanto solo alcuni anni fa si sarebbe potuto immaginare. La crescita dei movimenti anti-europei in tutta Europa è una realtà, seppur con un peso e con caratteristiche diverse, nei principali Paesi dell'eurozona. L'Italia ha il compito storico, dopo la caduta di credibilità morale della fallimentare egemonia tedesca, di rilanciare su basi nuove e concrete il sogno europeo dei padri fondatori. Il rischio di un disfacimento impone iniziative forti;
dare seguito alla proposta francese di restituire una dimensione politica all'eurozona, con un Governo e un Parlamento comuni, avrebbe cambiato le carte in tavola nell'Unione europea; non più l'imbuto voluto dalla Germania, fatto di controlli sempre più stringenti; cessioni progressive di sovranità; «compiti a casa»; asfissia dei Paesi con alto debito pubblico e difficoltà di governance; ricatti politici e dei mercati finanziari. Ma una nuova Unione, in cui davanti a tutto c’è la politica e la responsabilità; l'Italia, tuttavia, negli ultimi anni è rimasta immobile;
in parallelo con l'adozione di misure di politica economica sbagliate, in Europa si è voluto procedere, sotto pressione tedesca, con sempre più stringenti cessioni di sovranità, presentate, guarda caso, come necessarie e indispensabili per far fronte all'emergenza;
sono proprio degli anni della crisi, infatti, il Six Pack, il Fiscal Compact, e il Two Pack, tutte modifiche intervenute sull'originario trattato di Maastricht, tra l'altro attraverso strumenti legislativi inadeguati e, secondo noi, illegittimi, che hanno ulteriormente squilibrato il sistema europeo, stravolgendone l'impianto iniziale. Modifiche che, oggi più che mai, bisogna sospendere, per tornare all'impianto originale. Magari completandolo con le quattro unioni (bancaria, inclusa la garanzia comune europea sui depositi; economica, che significa Eurobond; politica e di bilancio) da troppo tempo solo discusse e mai davvero implementate;
conformemente all'articolo 50, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea, i negoziati riguarderanno le modalità del recesso del Regno Unito, tenendo conto nel contempo del quadro delle sue future relazioni con l'Unione europea;
ci si attende che, per garantire un'uscita ordinata del Regno Unito dall'Unione europea, i negoziati tra l'Unione europea e il Regno Unito siano condotti in buona fede e totale trasparenza;
a tale proposito, sarebbe contrario al diritto dell'Unione che il Regno Unito avviasse, prima del recesso, negoziati relativi ad eventuali accordi commerciali con Paesi terzi; si sottolinea che un'azione di questo tipo sarebbe in contrasto con il principio di leale cooperazione di cui all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea e dovrebbe avere conseguenze, tra cui l'esclusione del Regno Unito dalle procedure per i negoziati commerciali, di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
la stessa regola deve applicarsi in altri settori in cui il Regno Unito continui a concepire la legislazione, le azioni, le strategie o le politiche comuni dell'Unione in modo tale da favorire i suoi interessi di Stato membro uscente, anziché gli interessi dell'Unione europea e degli Stati dell'Unione europea a 27;
qualsiasi accordo bilaterale tra uno o più Stati membri rimanenti e il Regno Unito, negli ambiti di competenza dell'Unione europea, che non sia stato approvato dagli Stati dell'Unione europea a 27 e riguardi questioni che rientrano nell'ambito di applicazione dell'accordo di recesso e/o interferiscono con le future relazioni dell'Unione europea con il Regno Unito, sarebbe altresì contrario ai trattati;
le future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito dovrebbero essere equilibrate ed esaustive e servire gli interessi dei cittadini di entrambe le parti e che, pertanto, necessitino di tempo sufficiente per essere negoziate;
a prescindere dal loro esito, i negoziati sulle future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito non potranno comportare alcun compromesso tra la sicurezza interna ed esterna, compresa la cooperazione in materia di difesa, da un lato, e le future relazioni economiche, dall'altro;
qualsiasi futuro accordo tra l'Unione europea e il Regno Unito è subordinato al costante rispetto, da parte di quest'ultimo, delle norme previste dagli obblighi internazionali, anche in materia di diritti umani, e dalla legislazione e dalle politiche dell'Unione riguardanti, tra l'altro, l'ambiente, i cambiamenti climatici, la lotta contro l'evasione e l'elusione fiscali, la concorrenza sleale, il commercio e i diritti sociali, in particolare le salvaguardie contro il dumping sociale;
se il Regno Unito chiederà di partecipare a determinati programmi dell'Unione europea, lo farà in qualità di Paese terzo, il che comporterà contributi di bilancio appropriati e il controllo da parte della giurisdizione esistente; si accoglierebbe con favore, a tale riguardo, il fatto che il Regno Unito continuasse a partecipare a una serie di programmi, come il programma Erasmus;
in vista dell'avvio concreto dei negoziati, emerge poi un tema che coinvolge direttamente la sicurezza dei mercati finanziari e, a ben vedere, del nostro ingente debito pubblico;
i mercati finanziari costituisco la dimensione privilegiata per stimolare la competitività del sistema-Paese e del sistema euro, in quanto permettono alle imprese di raccogliere capitali essenziali per lo sviluppo in uno scenario sempre più integrato e globale; mentre i grandi debitori pubblici, non possono fare a meno di attrarre potenziali compratori del proprio debito, proprio sulle piazze finanziarie più liquide e importanti. Come è noto, infatti, Borsa italiana fa parte del gruppo London Stock Exchange;
pur a seguito dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, è evidente che permane l'interesse del Regno Unito a conservare a Londra il ruolo di primaria piazza finanziaria continentale, anche per le transazioni in euro, per i mercati delle società di economie legate all'euro e, pertanto, anche di debitori pubblici con debiti denominati in euro, come l'Italia;
Londra offre un ambiente – in termini di mercato del lavoro, fiscalità, mentalità, lingua – che nessun'altra città europea è in grado di offrire. Gran parte della liquidità in euro oggi è negoziata a Londra, e non è affatto scontato che si trasferirà sulle piazze dell'euro, in quanto i trader rimangono a Londra;
è difficile prevedere ora cosa potrà realmente accadere nel momento in cui si realizzerà davvero l'uscita del Regno Unito. Per ora un dato è certo: le piattaforme di trading rimangono a Londra, e questo significa controllo reale dei flussi di ordini; pertanto, ciò costituisce un poderoso fattore di pressione in mano al Regno Unito durante la trattativa con l'Unione;
inoltre, emergono preoccupanti profili anche per le implicazioni di carattere monetario: infatti, non è pensabile attuare la politica monetaria con transazioni che si svolgono al di fuori delle aree in cui è esercitabile il controllo;
a questo si accompagna un ulteriore aspetto, non meno rilevante, che coinvolge tutti i profili nei quali si esplica la vigilanza sui mercati: se per esempio si stabilisce di limitare lo short selling, è evidente che questo potrà valere solo per le transazioni effettuate nella giurisdizione dell'autorità che disponga il provvedimento, e non fuori confine. Analogamente, in caso di indagini su ipotesi di abuso di mercato occorrono regole condivise per un accesso ai dati occorrenti che rimangono dove ci sono i front desk, e quindi dove si svolgono la gran parte delle negoziazioni;
anche il mercato all'ingrosso dei titoli di Stato che fa capo a Borsa italiana (MTS) continua a fare capo a Londra: la gran parte della liquidità, con la metà dei primary dealers rimane di stanza a Londra, infatti. E questo non può che accentuare le preoccupazioni circa la tutela dell'interesse nazionale in una situazione quale quella determinatasi;
le linee guida che il Consiglio europeo adotterà sabato saranno un punto di partenza per assicurare una uscita ordinata del Regno Unito dall'Unione. Questa è una condizione fondamentale per poter arrivare ad un accordo futuro;
l'uscita ordinata significa innanzitutto trovare una soluzione al problema dei 3 milioni di cittadini dell'Unione che vivono nel Regno Unito e, parallelamente, al milione di cittadini britannici residenti nel continente. Questa è la priorità assoluta che va risolta già nelle prime fasi dei negoziati per sgombrare il campo dal senso di incertezza che si è creato tra i cittadini;
uscita ordinata significa anche «chiudere i conti». Il Parlamento europeo, lo scorso 5 aprile, attraverso l'approvazione della risoluzione che fissa i paletti del negoziato per la «Brexit», ha sostenuto con forza la necessità per il Regno Unito di onorare gli impegni finanziari contratti dal governo britannico. La risoluzione sottolinea con forza la necessità di preservare in tutte le sue parti il Good Friday Agreement e il processo di pace in Irlanda del Nord. La sfida sarà quella di trovare soluzioni adeguate al problema delle future frontiere esterne dell'Unione;
è comunque interesse di tutti arrivare ad un partenariato positivo con il Regno unito a cui si può lavorare appena definita la cornice della Brexit,
impegna il Governo:
1) nell'ambito dell'attività a livello europeo volte a definire il quadro dei negoziati sulla Brexit e delineare le posizioni e i principi generali dell'Unione europea nel corso dei negoziati, ad adottare ogni opportuna iniziativa volta:
a) a farsi portavoce, a livello di Consiglio, della necessità di iniziare un'ampia riflessione sul futuro dell'Unione europea, di analizzare le riserve, le critiche e le perplessità che continuano ad essere espresse sull'Unione europea, in particolare sulla sua capacità di offrire risposte tangibili, efficaci e risolutrici alle problematiche sociali ed economiche dell'Unione e sullo scarso e indiretto coinvolgimento dei cittadini nelle scelte europee;
b) a garantire lo status giuridico dei cittadini dell'UE a 27 che risiedono o hanno risieduto nel Regno Unito e dei cittadini del Regno Unito che risiedono o hanno risieduto in altri Stati membri, e altre disposizioni concernenti i loro diritti, chiedendo che lo status e i diritti dei cittadini dell'UE a 27 residenti nel Regno Unito e dei cittadini del Regno Unito residenti nell'UE a 27 siano soggetti ai principi di reciprocità, equità, simmetria e non discriminazione;
c) a garantire la certezza del diritto per le persone giuridiche, incluse le imprese;
d) a garantire la protezione dell'integrità del diritto dell'Unione, compresa la Carta dei diritti fondamentali, e del suo quadro di esecuzione; qualsiasi deterioramento dei diritti legati alla libera circolazione, compresa la discriminazione tra cittadini dell'Unione europea in relazione all'accesso al diritto di soggiorno, prima della data di recesso del Regno Unito dall'Unione europea sarebbe in contrasto con il diritto dell'Unione;
e) ad intervenire per la piena garanzia del regolamento degli obblighi finanziari tra il Regno Unito e l'Unione europea;
f) tenuto conto del crescente fenomeno dei flussi migratori e del fatto che lo stesso ha pesato sensibilmente sull'esito del referendum del Regno Unito:
ad adottare ogni iniziativa volta a garantire le frontiere esterne dell'Unione europea;
a farsi portavoce del problema legato alla gestione dei flussi, al fine di applicare strategie che dimostrino di contenere un punto di equilibrio tra principio di accoglienza e necessità di garantire la sicurezza interna (ordine e salute pubblica), cioè la nostra e quella dei Paesi che costituiscono l'Unione europea;
a presentare richieste al Consiglio europeo finalizzate alla elaborazione di nuovi programmi tesi alla prosecuzione nel supporto agli Stati che si trovano in prima linea;
g) a chiarire la situazione per quanto riguarda gli impegni internazionali assunti dal Regno Unito in qualità di Stato membro dell'Unione europea, dal momento che l'Unione europea a 27 Stati membri sarà il successore legale dell'Unione europea a 28 Stati membri;
h) a promuovere la designazione della Corte di giustizia dell'Unione europea quale autorità competente per l'interpretazione e l'applicazione dell'accordo di recesso;
i) a promuovere la designazione di una liquidazione finanziaria una tantum del Regno Unito, calcolata sulla base dei conti annuali dell'Unione europea sottoposti alla revisione contabile della Corte dei conti europea, che deve comprendere tutte le sue responsabilità giuridiche derivanti dagli impegni da liquidare, nonché prevedere voci fuori bilancio, passività potenziali e altri oneri finanziari direttamente risultanti dal recesso del Regno Unito;
j) ad operarsi per raggiungere quanto prima un accordo sul trasferimento della sede dell'Autorità bancaria europea e dell'Agenzia europea per i medicinali e che il processo di trasferimento sia avviato non appena possibile;
k) a sostenere la volontà di cooperare con il Regno Unito e di mantenere un partenariato economico quanto più stretto possibile nel reciproco vantaggio;
2) a stimolare la riflessione delle istituzioni europee, al fine di promuovere iniziative volte a cambiare politiche che hanno dimostrato il loro fallimento in termini di crescita economica e, di conseguenza, in termini di benessere sociale, partendo da interventi tesi ad implementare un grande piano di investimenti, un New deal europeo, nonché meccanismi di incentivazione che consentano agli Stati membri l'avvio di riforme, volte a favorire la competitività del «sistema Paese» anche individuando tipologie di investimenti da espungere dal calcolo del rapporto deficit prodotto interno lordo ai fini del rispetto del vincolo del 3 per cento;
3) a promuovere in seno all'Unione europea un confronto immediato e molto concreto, salvaguardando gli interessi dell'Italia, evitando di accettare posizioni non discusse in Parlamento;
4) ad adottare ogni iniziativa volta a progredire nell'unione politica dell'area euro di pari passo con le unioni bancaria, economica e di bilancio, onde evitare il progressivo allontanamento dei cittadini nei confronti delle politiche dell'Unione europea e scongiurare una deriva tecnocratica che cancelli, di fatto, lo spirito dell'Europa delle origini, comportando, tra l'altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali;
5) ad analizzare in sede di Consiglio se vi siano Paesi dell'Unione europea più esposti di altri ad un eventuale, e temuto, «effetto domino» determinato dal referendum del Regno Unito, cioè se vi sia la necessità di condividere ed approvare cambiamenti sostanziali, per non ipotecare definitivamente il futuro dell'Unione europea, valutando se, e in quali termini, la volontà di allargamento e il processo legislativo dell'Unione possano in alcuni specifici settori determinare effetti sociali ed economici negativi che non rispondono ai principi di ragionevolezza, sicurezza, equità, trasparenza, utilità, crescita e benessere diffuso.
(6-00314)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Brunetta, Occhiuto, Elvira Savino».
La Camera,
premesso che:
il 23 giugno 2016, i cittadini inglesi hanno scelto l'opzione leave, nel referendum convocato dall'allora Primo Ministro Cameron;
il Governo inglese aveva scelto, per tutto l'anno 2015 e fino all'inizio del 2016, la strada lungimirante e innovativa della rinegoziazione con le autorità europee;
a causa della miopia delle burocrazie europee, della mancanza di visione dei Governi nazionali, dell'incapacità di troppe cancellerie di comprendere che supportare la Gran Bretagna in quell'opera di rinegoziazione poteva essere una grande e positiva opportunità di cambiamento per tutti, l'Unione europea ha invece scelto un approccio minimalista in quel negoziato, dando via libera solo ad un'intesa limitata con il Governo di Londra, poi fatalmente respinta dagli elettori inglesi nel referendum;
il Regno Unito, con l'attuale Primo Ministro May ha avviato il suo negoziato di uscita con le autorità Ue ai sensi dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona; occorre cogliere l'occasione dell'imminente negoziato con il Regno Unito come opportunità storica per l'Europa di ridefinire le sue regole, e per promuovere un grande e profondo cambiamento – ormai indifferibile – delle regole e dei trattati europei, nell'interesse degli Stati rimasti nell'Unione europea;
l'attuale Unione europea ha mostrato di non saper fronteggiare né emergenze di media gravità (il caso della Grecia), né emergenze di massima gravità (il caso immigrazione o l'emergenza terrorismo), né l'ordinaria sfida dell'uscita dalla crisi economica e del ritorno ad una crescita sostenuta e forte;
la speranza europea e il grande sogno dei fondatori dell'Europa unita non si salveranno proseguendo sulla strada sbagliata di questi anni;
occorre invece una svolta nel senso della flessibilità, di regole più aperte e trasparenti, di geometrie istituzionali adeguate a riconoscere le diversità, anziché a imporre una forzata e innaturale omogeneità,
impegna il Governo:
1) a promuovere un nuovo processo di rinegoziazione interno all'Unione europea, che investa tutte le regole e i trattati europei esistenti, e che riguardi tutti i Paesi membri dell'Unione europea;
2) a escludere ulteriori cessioni di sovranità a favore delle attuali istituzioni dell'Unione europea, a maggior ragione in assenza di garanzie democratiche e di pieno controllo da parte dei cittadini;
3) a opporsi alla prospettiva di un Ministro delle finanze unico europeo, posto che oggi l'Europa non ha bisogno di una «gabbia» finale, ma – al contrario – di competizione tra modelli e sistemi diversi, in modo che i Paesi e i territori capaci di tagliare tasse, spesa e debito pubblico, e quindi di favorire la crescita, siano da esempio e stimolo per gli altri;
4) a promuovere un meccanismo per cui i Parlamenti nazionali possano correggere quanto giunge dalle autorità europee, e abbiano un generale potere di opt-out, a somiglianza di quanto la Germania fa attraverso la propria Corte Costituzionale;
5) a lavorare per un'Europa nella quale ogni Paese possa partecipare o astenersi, rispetto a singoli programmi e attività, a seconda del proprio consenso su ciascuno di essi;
6) come primo passo, a chiedere alle autorità dell'Unione europea di riconoscere agli Stati membri ciò che era già stato riconosciuto al Regno Unito nella prima mediazione con il Governo Cameron.
(6-00315) «Capezzone, Palese, Altieri, Bianconi, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».
La Camera,
premesso che:
il 29 aprile 2017 si riunirà il Consiglio europeo straordinario per definire gli orientamenti per i negoziati sulla cosiddetta «Brexit»;
il Governo del Regno unito ha proceduto alla notifica formale del processo di recesso dall'Unione europea secondo quanto previsto dall'articolo 50 del TUE, il 29 marzo 2017 con una lettera del Primo ministro del Regno unito, Theresa May, indirizzata al Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk;
secondo la dichiarazione del Consiglio europeo del 29 marzo scorso: «per l'Unione europea, il primo passo sarà adesso l'adozione degli orientamenti per i negoziati da parte del Consiglio europeo. Tali orientamenti definiranno i principi e le posizioni generali su cui si baseranno i negoziati che l'Unione, rappresentata dalla Commissione europea, condurrà con il Regno Unito. In tali negoziati l'Unione agirà in modo unitario e salvaguarderà i suoi interessi. La nostra prima priorità sarà ridurre al minimo l'incertezza che la decisione del Regno Unito comporta per i nostri cittadini, imprese e Stati membri. Pertanto, ci concentreremo anzitutto sull'insieme delle modalità essenziali per un recesso ordinato»;
il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha inviato il 31 marzo ai Governi degli Stati membri una prima bozza di linee guida in vista del Consiglio europeo straordinario convocato il prossimo 29 aprile per l'adozione delle linee guida negoziali;
una volta approvate le linee guida negoziali da parte del Consiglio europeo, la Commissione europea presenterà il 3 maggio una proposta di raccomandazione sulle direttive di negoziato che dovranno essere approvate dal Consiglio dell'Unione europea nel corso del mese di maggio. I negoziati effettivi dovrebbero dunque iniziare ai primi di giugno;
il Parlamento europeo ha, a sua volta, approvato il 5 aprile 2017 una risoluzione sui negoziati con il Regno unito;
il voto sulla «Brexit» è un voto di sfiducia nei confronti delle politiche dell'Unione europea;
si tratta di un voto che ha sottolineato la sfiducia di milioni di cittadini europei nei confronti delle politiche europee del rigore e di austerity, che diventa rabbia popolare finanche a decidere per l'uscita dall'Unione europea come accaduto in Gran Bretagna, segnando un punto di non ritorno;
da un lato, l'Unione europea chiude le sue frontiere, aumenta i controlli, installa telecamere, erige muri, dall'altro persegue nella sua dottrina iperliberista scandita dalle politiche di austerity. L'Unione europea, quindi, è sempre più vista da larghi strati della popolazione come distante dalle istanze dei suoi popoli. Le uniche azioni politiche condotte dall'Europa hanno demolito ancora di più la coesione tra i popoli del continente, mettendo a rischio la pace: come la gestione della «crisi» greca, della crisi ucraina e infine con l'accordo Unione europea-Turchia, solo per citarne alcune;
il voto del popolo britannico del 23 giugno 2016 deve essere rispettato. Questo presuppone dei negoziati senza spirito di vendetta né punitivi, ma che difendano gli interessi degli italiani e degli altri cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea, e la cooperazione tra i popoli;
è opportuno che l'accordo di recesso e le eventuali misure transitorie entrino in vigore ben prima delle elezioni del Parlamento europeo del maggio 2019;
un accordo sulle future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito in quanto paese terzo potrà essere concluso solo una volta che il Regno Unito si sarà ritirato dall'Unione europea,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative per cogliere l'occasione del Consiglio europeo straordinario per definire, senza spirito di vendetta ma con la necessaria fermezza determinata dalle norme e dai trattati vigenti, le linee di un distacco concordato e non penalizzante gli interessi europei dell'Inghilterra dall'Europa e nel contempo ad avviare una profonda riflessione sul futuro dell'Europa stessa recuperando lo spirito di Ventotene per la costruzione reale di un'Europa sociale che metta al centro le persone e non i grandi interessi finanziari ed economici, al fine di riavvicinare le istanze popolari alle istituzioni comunitarie rinnovate, sempre più integrate, per fortificare la coesione continentale attraverso una unità non di facciata ma fondata su politiche comuni, istituzioni comuni ed elette direttamente per rispondere ad una sola voce alle sfide che si hanno oggi di fronte: dalla spinta migratoria, al rinnovato rapporto con gli Stati uniti e la nuova amministrazione Trump, da un lato, e la Russia, dall'altro, alla complessa crisi mediorientale e ai pericolosi venti di guerra che spirano dall'estremo oriente;
2) ad assumere iniziative per integrare le linee guida del Consiglio europeo con gli orientamenti votati dal Parlamento europeo per i negoziati con il Regno unito;
3) a impegnarsi per ottenere la tutela dei diritti delle centinaia di migliaia di cittadini italiani residenti nel Regno unito (circa 600.000) e dei circa tre milioni di cittadini dei Paesi europei, garantendo la reciprocità per i cittadini britannici residenti negli stati membri dell'Unione europea;
4) ad adoperarsi per garantire e tutelare i diritti acquisiti fino ad oggi dai cittadini italiani ed europei residenti nel Regno Unito, quali ad esempio:
i diritti sociali e previdenziali;
la salvaguardia delle famiglie composte da membri di diversa nazionalità;
il mantenimento delle stesse rette scolastiche e delle stesse tasse universitarie;
il libero accesso alle borse di studio e ai sussidi attualmente concessi ai ricercatori italiani ed europei in Gran Bretagna;
il riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni professionali validi all'interno dell'Unione europea;
il diritto di voto attivo e passivo per le elezioni di carattere locale.
5) ad assumere iniziative per ottenere dal Governo britannico la garanzia, con specifici strumenti, direttive e disposizioni, della tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani al line di esorcizzare derive burocratiche e formule discriminatorie di cui già si registrano molteplici casi;
6) a chiedere una nuova regolamentazione della struttura dei mercati finanziari essendo stata, Borsa italiana spa, assorbita con tutte le sue controllate (Cassa di compensazione e garanzia, Montetitoli e l'Mts), dall'Lse Group (London Stock Exchange);
7) a richiedere che alcune delle sedi di organismi europei situate nel Regno Unito siano ubicate in Italia, come la sede dell'EMA (l'European Medicines Agency), la sede dell'Autorità bancaria europea oppure la sede centrale del tribunale unico brevetti;
8) a informare periodicamente il Parlamento italiano dello svolgimento dei negoziati ed a fornire alle Camere la relativa documentazione;
9) al fine di rafforzare le istanze comunitarie incanalandole verso l'avvio di un processo di profonda riforma che porti ad una unità politica reale fondata su comuni politiche estere, di difesa, fiscale e del lavoro con organismi unitari e democraticamente eletti da tutti i popoli europei, che ponga al centro la coesione, la pace e l'interesse reale dei cittadini europei ad affrontare nell'immediato e con la gradualità necessaria determinata anche da scadenze già determinate, a:
a) porre con forza il tema della revisione del Fiscal Compact, attivando ogni iniziativa finalizzata alla convocazione di una Conferenza europea per definirne le necessarie modifiche, avviando una seria riflessione sul ruolo di indipendenza della Banca centrale europea in previsione della revisione del proprio statuto che dovrebbe includere la facoltà, seppure a certe condizioni, di prestare denaro direttamente ai governi, rimuovendo l'assurdità per cui è l'unica banca centrale del mondo cui è vietato di farlo, e quindi a proporre una graduale radicale riforma del sistema finanziario europeo;
b) proporre l'istituzione di un bilancio interno dell'Eurozona finalizzato a politiche di contrasto alla disuguaglianza e alla povertà a partire dalla proposta, già avanzata nelle sedi nazionali e europee, di un sussidio europeo di disoccupazione e al finanziamento di un piano di investimenti pubblici anche con la possibilità di emettere eurobonds;
c) avviare un percorso di revisione dei Trattati volto al superamento dell'attuale assetto ormai insostenibile sul piano sociale, economico e della finanza pubblica;
d) proporre con forza, con riferimento al TTIP, la sospensione del negoziato al fine dell'apertura di un processo democratico che permetta un'analisi puntuale ed una valutazione dei testi negoziali, che assicuri che le politiche adottate siano nel pubblico interesse, che coinvolga il Parlamento europeo e venga dibattuto nei parlamenti nazionali e che includa le organizzazioni della società civile, i sindacati e i gruppi portatori dei diversi interessi;
e) proporre un'alleanza dei Paesi dell'Europa del Sud per uscire dall'austerità e promuovere politiche coordinate di sviluppo ecologico e sociale.
(6-00316) «Palazzotto, Fratoianni, Marcon, Airaudo, Brignone, Civati, Costantino, Farina, Fassina, Giordano, Gregori, Maestri, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Placido».
La Camera,
premesso che:
il 29 aprile 2017 si riunirà il Consiglio europeo straordinario per definire gli orientamenti per i negoziati sulla cosiddetta «Brexit»;
il Governo del Regno Unito ha proceduto alla notifica formale del processo di recesso dall'Unione europea secondo quanto previsto dall'articolo 50 del TUE, il 29 marzo 2017 con una lettera del Primo ministro del Regno Unito, Theresa May, indirizzata al Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk;
secondo la dichiarazione del Consiglio europeo del 29 marzo scorso: «per l'Unione europea, il primo passo sarà adesso l'adozione degli orientamenti per i negoziati da parte del Consiglio europeo. Tali orientamenti definiranno i principi e le posizioni generali su cui si baseranno i negoziati che l'Unione, rappresentata dalla Commissione europea, condurrà con il Regno Unito. In tali negoziati l'Unione agirà in modo unitario e salvaguarderà i suoi interessi. La nostra prima priorità sarà ridurre al minimo l'incertezza che la decisione del Regno Unito comporta per i nostri cittadini, imprese e Stati membri. Pertanto, ci concentreremo anzitutto sull'insieme delle modalità essenziali per un recesso ordinato»;
il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha inviato il 31 marzo ai Governi degli Stati membri una prima bozza di linee guida in vista del Consiglio europeo straordinario convocato il prossimo 29 aprile per l'adozione delle linee guida negoziali;
una volta approvate le linee guida negoziali da parte del Consiglio europeo, la Commissione europea presenterà il 3 maggio una proposta di raccomandazione sulle direttive di negoziato che dovranno essere approvate dal Consiglio dell'Unione europea nel corso del mese di maggio. I negoziati effettivi dovrebbero dunque iniziare ai primi di giugno;
il Parlamento europeo ha, a sua volta, approvato il 5 aprile 2017 una risoluzione sui negoziati con il Regno Unito;
il voto sulla «Brexit» è un voto di sfiducia nei confronti delle politiche dell'Unione europea;
si tratta di un voto che ha sottolineato la sfiducia di milioni di cittadini europei nei confronti delle politiche europee del rigore e di austerity, che diventa rabbia popolare finanche a decidere per l'uscita dall'Unione europea come accaduto in Gran Bretagna, segnando un punto di non ritorno;
da un lato, l'Unione europea chiude le sue frontiere, aumenta i controlli, installa telecamere, erige muri, dall'altro persegue nella sua dottrina iperliberista scandita dalle politiche di austerity. L'Unione europea, quindi, è sempre più vista da larghi strati della popolazione come distante dalle istanze dei suoi popoli. Le uniche azioni politiche condotte dall'Europa hanno demolito ancora di più la coesione tra i popoli del continente, mettendo a rischio la pace: come la gestione della «crisi» greca, della crisi ucraina e infine con l'accordo Unione europea-Turchia, solo per citarne alcune;
il voto del popolo britannico del 23 giugno 2016 deve essere rispettato. Questo presuppone dei negoziati senza spirito di vendetta né punitivi, ma che difendano gli interessi degli italiani e degli altri cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea, e la cooperazione tra i popoli;
è opportuno che l'accordo di recesso e le eventuali misure transitorie entrino in vigore ben prima delle elezioni del Parlamento europeo del maggio 2019;
un accordo sulle future relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito in quanto paese terzo potrà essere concluso solo una volta che il Regno Unito si sarà ritirato dall'Unione europea,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative per integrare le linee guida del Consiglio europeo con gli orientamenti votati dal Parlamento europeo per i negoziati con il Regno Unito;
2) a impegnarsi per ottenere la tutela dei diritti delle centinaia di migliaia di cittadini italiani residenti nel Regno Unito (circa 600.000) e dei circa tre milioni di cittadini dei Paesi europei, garantendo la reciprocità per i cittadini britannici residenti negli stati membri dell'Unione europea;
3) ad adoperarsi per garantire e tutelare i diritti acquisiti fino ad oggi dai cittadini italiani ed europei residenti nel Regno Unito, quali ad esempio:
i diritti sociali e previdenziali;
la salvaguardia delle famiglie composte da membri di diversa nazionalità;
il mantenimento delle stesse rette scolastiche e delle stesse tasse universitarie;
il libero accesso alle borse di studio e ai sussidi attualmente concessi ai ricercatori italiani ed europei in Gran Bretagna;
il riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni professionali validi all'interno dell'Unione europea;
il diritto di voto attivo e passivo per le elezioni di carattere locale.
4) ad assumere iniziative per ottenere dal Governo britannico la garanzia, con specifici strumenti, direttive e disposizioni, della tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani al line di esorcizzare derive burocratiche e formule discriminatorie di cui già si registrano molteplici casi;
5) a richiedere che alcune delle sedi di organismi europei situate nel Regno Unito siano ubicate in Italia, come la sede dell'EMA (l'European Medicines Agency), la sede dell'Autorità bancaria europea oppure la sede centrale del tribunale unico brevetti;
6) a informare periodicamente il Parlamento italiano dello svolgimento dei negoziati ed a fornire alle Camere la relativa documentazione;
7) al fine di rafforzare le istanze comunitarie incanalandole verso l'avvio di un processo di profonda riforma che porti ad una unità politica reale fondata su comuni politiche estere, di difesa, fiscale e del lavoro con organismi unitari e democraticamente eletti da tutti i popoli europei, che ponga al centro la coesione, la pace e l'interesse reale dei cittadini europei ad affrontare nell'immediato e con la gradualità necessaria determinata anche da scadenze già determinate, a:
a) porre con forza il tema della revisione del Fiscal Compact, attivando ogni iniziativa finalizzata alla convocazione di una Conferenza europea per definirne le necessarie modifiche;
b) proporre l'istituzione di un bilancio interno dell'Eurozona finalizzato a politiche di contrasto alla disuguaglianza e alla povertà a partire dalla proposta, già avanzata nelle sedi nazionali e europee, di un sussidio europeo di disoccupazione e al finanziamento di un piano di investimenti pubblici anche con la possibilità di emettere eurobonds;
c) avviare un percorso di revisione dei Trattati volto al superamento dell'attuale assetto ormai insostenibile sul piano sociale, economico e della finanza pubblica;
d) valutare la possibilità di proporre un'alleanza dei Paesi dell'Europa del Sud per uscire dall'austerità e promuovere politiche coordinate di sviluppo ecologico e sociale.
(6-00316)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Palazzotto, Fratoianni, Marcon, Airaudo, Brignone, Civati, Costantino, Farina, Fassina, Giordano, Gregori, Maestri, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Placido».
La Camera,
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla riunione del Consiglio europeo del 29 aprile 2017,
premesso che:
la convocazione straordinaria del Consiglio per il prossimo 29 aprile, ai sensi dell'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea, è finalizzata ad adottare gli orientamenti che definiranno il quadro dei negoziati per l'uscita dalla Unione europea della Gran Bretagna e delineeranno le posizioni e i principi generali dell'Unione nel corso dei medesimi negoziati;
la riunione segue la notifica formale, effettuata il 29 marzo 2017 dal Regno Unito al Consiglio europeo, dell'intenzione di avvalersi della facoltà di recesso dai Trattati costitutivi dell'Unione, in seguito al referendum del 23 giugno 2016;
il risultato del referendum che ha decretato l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea è un segnale importante della disaffezione dei cittadini europei da questa Europa e come tale non va sottovalutato;
l'Unione, così come attualmente configurata e operante, è assai lontana dall'idea dei padri fondatori, che sognavano un'unificazione politica e sociale del continente europeo che potesse scongiurare future guerre e cementare una comunione di ideali tra i suoi abitanti;
nell'attuazione pratica, tuttavia, l'Unione europea non funziona e non ha mai funzionato a causa di una pessima gestione che l'ha resa schiava di una tecnocrazia che ha schiacciato i popoli, l'ha sottomessa al primato della finanza, l'ha resa vittima di un sistema del credito iniquo e arbitrario, in quanto inabile all'intervento di ultima istanza e soggetto agli interessi delle banche private di cui è emanazione, l'ha subordinata a lobbies e poteri forti fino a orientarne scelte culturali oltre che economiche e commerciali, l'ha infine sottomessa a un modello «fuori scala» per la gran parte dei Paesi europei, quello tedesco, esponendola a uno sviluppo disarmonico che ha moltiplicato povertà e disoccupazione in diverse regioni del continente;
il risultato della consultazione sulla cosiddetta Brexit porta con sé il rischio della disarticolazione dell'intero progetto europeo e per non vanificarlo occorre agire, piuttosto, nel senso di rifondare l'Europa e cambiare radicalmente le regole che la governano;
a tal fine occorre riscrivere sia i Trattati istitutivi che quelli di maggiore rilevanza, garantendo attraverso di essi il pieno rispetto dei fondamenti della democrazia, il primato dei popoli, la salvaguardia della loro identità e sovranità, il rispetto e la tutela delle capacità economiche e produttive delle singole nazioni, la gestione unitaria di servizi strategici come l'energia e la difesa, la centralità della persona e del lavoro, l'aderenza a quei valori occidentali che in Europa trovano il loro fondamento e la loro diffusione tra gli altri paesi con essa interagenti;
tra i temi che rivestono maggiori aspetti di criticità nell'ambito della politica europea figurano senz'altro le regole economiche e la gestione della questione migratoria;
con riferimento al primo aspetto è ormai urgente la necessità di rivedere l'eccessiva rigidità dei vincoli imposti dall'Unione alle politiche di bilancio nazionale, non sostenibili per tutti gli Stati aderenti e che, in questi anni di crisi, hanno dimostrato di avere un effetto peggiorativo sulle economie, del tutto inefficaci per il rilancio della crescita produttiva;
con riferimento al secondo aspetto, invece, occorre finalmente intervenire in sede europea per giungere ad una politica migratoria davvero condivisa, nella quale i singoli Stati facciano ciascuno la propria parte e nella quale l'Unione sostenga finanziariamente e concretamente gli sforzi nella gestione del fenomeno degli Stati più esposti all'afflusso dei migranti;
con la Dichiarazione di Roma, adottata dagli Stati membri in occasione delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, è stato introdotto il concetto dei livelli di integrazione differenziata, che rischia di determinare forti squilibri all'interno dell'Unione potrebbe costituire l'ennesima spinta per la sua progressiva disgregazione;
all'indomani del referendum la notizia dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea ha determinato forti fibrillazioni nei mercati finanziari, tanto che alcuni analisti prevedono che l'effetto depressivo sui mercati che seguirà l'uscita definitiva non si esaurirà in tempi brevi;
il vicedirettore generale di Bankitalia ha recentemente affermato che «non è da escludere che eventuali tensioni nei negoziati» possano portare a «nuovi episodi di volatilità finanziaria, specie se in combinazione con un ritorno di preoccupazioni dei mercati circa la coesione dell'Unione europea»;
il 4 maggio 2016, in preparazione del referendum e delle eventuali conseguenze di un risultato favorevole all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione, la European Union Committee della Camera dei Lord ha licenziato un Rapporto intitolato The process of withdrawing from the European Union, nel quale, in parallelo con l'Accordo di recesso si sarebbe negoziato anche un accordo sulle relazioni future tra il Regno Unito e l'Unione europea, segnalando la necessità di un coordinamento efficace tra i due accordi che, vista la loro natura innegabilmente «mista», dovrebbero peraltro essere oggetto di ratifica da parte dei parlamenti nazionali;
analisti finanziari hanno già messo in evidenza come un accordo commerciale insoddisfacente tra Regno Unito e Unione europea comporti il rischio di far sprofondare entrambi i protagonisti in una fase di recessione economica,
impegna il Governo
1) nell'ambito dei negoziati per il recesso della Gran Bretagna, a promuovere e sostenere l'adozione di misure di salvaguardia dei mercati finanziari europei e nazionali, scongiurando il rischio di eventuali shock, al fine di tutelare i nostri risparmiatori;
2) ad attivarsi affinché, nell'eventuale stipula di un accordo commerciale tra Regno unito e Unione europea, siano adeguatamente rappresentati gli interessi dell'Italia;
3) a promuovere l'avvio di un nuovo processo di integrazione, volto a realizzare istituzioni sovranazionali che siano effettivamente rappresentative delle volontà, delle identità, degli interessi delle nazioni, dei popoli e delle famiglie europee, ispirate ai valori della civiltà occidentale e alle sue radici cristiane e greco-romane;
4) in tale ambito, ad agire affinché l'Italia mantenga la propria sovranità e l'autonomia delle proprie scelte, richiedendo una nuova fase fondativa dell'Unione europea che preveda la rinegoziazione dei principali Trattati, istitutivi e non, alla luce dell'evidente fallimento dell'attuale organismo dei 27 Stati;
5) ad assumere le iniziative normative di rango costituzionale volte a consentire ai cittadini di esprimersi in tutte le questioni che intervengono sulla sovranità e sull'autonomia nazionale, modificandole;
6) a sostenere in ogni sede la necessità di un'Europa davvero unita che tenga conto delle specificità nazionali senza cedere alla tentazione di operare discriminazioni tra i singoli Stati, nel rispetto degli ideali che hanno portato alla sua costituzione;
7) con riferimento alla questione migratoria, ad attivarsi in sede europea ai fini della realizzazione di un sistema di gestione dell'immigrazione e di asilo coerente ed equilibrato, che passi attraverso la revisione del regolamento di Dublino, la messa in atto di misure concrete contro l'immigrazione irregolare, quali, in primo luogo, la realizzazione di un blocco navale davanti alle coste libiche, e contro i trafficanti di esseri umani, e a garantire l'efficacia dei meccanismi di espulsione attraverso la negoziazione di appositi accordi con gli Stati di origine dei migranti;
8) con riferimento alle politiche di bilancio, a sollecitare l'avvio di un percorso di revisione delle stesse volto a correggere gli aspetti di eccessiva rigidità che frenano, di fatto, la ripresa economica e produttiva dei singoli Stati, e promuovendo, a livello nazionale, per quanto di competenza, una riforma costituzionale che ripristini a pieno la sovranità dell'Italia, nelle proprie scelte economiche.
(6-00317) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Murgia, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
La Camera,
premesso che:
il 23 giugno 2016 si è tenuto un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, a cui hanno partecipato il 72,2 per cento degli aventi diritto, pari a quasi 34 milioni di persone, il leave (ovvero l'uscita dall'Unione europea prevalso con il 51,9 per cento dei voti che rappresentano un vantaggio di circa un milione di voti rispetto al remain, attestatosi al 48,1 per cento);
la vittoria del leave è espressione del fallimento delle recenti politiche definite e promosse dall'Unione determinate dall'egoismo degli Stati membri quali in primo luogo l'imposizione dell'austerità come modalità di uscita dalla crisi, la mancanza di attenzione per le politiche di inclusione sociale e di welfare, l'incapacità di essere una comunità palesatasi in occasione della crisi migratoria in atto. Appare pertanto evidente come la scelta dell'Unione Europea di puntare sull'austerità, di prediligere politiche a favore delle banche e della finanza invece di azioni a sostegno e beneficio della popolazione sia deleteria e perdente, riuscendo solamente ad allontanare i cittadini europei dall'Unione. In questo contesto appare necessario promuovere modifiche sia riguardanti l'assetto istituzionale che di specifiche politiche;
il Trattato sull'Unione europea stabilisce, all'articolo 50 che ogni Stato membro può decidere di recedere dall'Unione notificando tale intenzione al Consiglio europeo. Quest'ultimo formula degli orientamenti sulla base dei quali l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso. L'accordo si conclude a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo;
l'articolo 50 stabilisce altresì che i Trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in ogni caso, due anni dopo la notifica, salvo che il Consiglio europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine;
il 29 marzo il Regno Unito ha notificato formalmente al Consiglio europeo l'intenzione di uscire dall'Unione europea attivando pertanto formalmente l'articolo 50;
il 31 marzo è stato presentato un progetto di orientamenti per i negoziati ai leader dell'Unione europea;
il 5 aprile il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione volta a definire i principi e le condizioni per l'approvazione dell'accordo di uscita del Regno Unito, che dovrà avere l'approvazione parlamentare. Tra gli altri elementi si è voluto ribadire l'indivisibilità delle quattro libertà del mercato unico: la libera circolazione di beni, capitali, servizi e persone;
il livello di interconnessione tra Italia e Regno Unito è intenso. Sotto il profilo degli interscambi commerciali questo rappresenta il quarto Paese di destinazione dell’export italiano, si stima che risiedano attualmente nel Regno Unito circa 3 milioni di cittadini dell'Unione europea di cui approssimativamente il 15 per cento sono italiani ed infine il flusso reciproco di investimenti è rilevante. Pertanto, i negoziati hanno un'importanza rilevante e devono essere condotti definendo con attenzione gli interessi nazionali. Anche le incertezze legate alla «Brexit» sono concrete e non sottovalutabili. Al contempo però l'uscita del regno Unito dall'Unione rappresenta un'opportunità importante per l'Italia ad esempio sotto il profilo del rafforzamento che si avrà in seno all'Unione divenendo la terza potenza al fine di definire la struttura istituzionale e le politiche promosse da quest'ultima;
l'Italia è uno dei Paesi che maggiormente contribuisce al finanziamento del « rebate» britannico ovvero il meccanismo di sconto in favore della Gran Bretagna stabilito nel lontano 1984 e motivato dal consistente stanziamento di risorse comunitarie a titolo dell'allora nascente politica agricola comune tale da poter giustificare particolari agevolazioni concesse ai Paesi con scarsa vocazione agricola come appunto il Regno Unito;
benché la spesa agricola comunitaria si sia notevolmente ridotta nel corso degli anni, non solo la correzione britannica è ancora in vigore, ma a seguito della decisione del Consiglio n. 2014/335/Ue le risorse italiane destinate a finanziarla hanno subito un incremento del 3,5 per cento, nonostante l'approvazione da parte della Camera dei deputati, nel settembre 2014, di diverse mozioni finalizzate alla revisione degli accordi di Fontainebleau del 1984,
impegna il Governo:
1) a promuovere una profonda riflessione sulla sostanziale ed incontrovertibile inadeguatezza delle politiche promosse, degli interessi tutelati e dell'impianto istituzionale dell'Unione europea che si trasformi in concrete proposte di revisione delle politiche e delle istituzioni al fine di rispondere adeguatamente alle necessità e ai bisogni dei cittadini europei;
2) ad adoperarsi per un completo rispetto delle scelte e della volontà popolare da parte dei Governi degli Stati membri, sia nella risposta ai propri cittadini che nelle rispettive sedi istituzionali nazionali ed europee, in particolare ove la volontà sia stata espressa in maniera chiara e inconfutabile, in coerenza con il principio cardine che la sovranità risiede nel popolo;
3) a garantire adeguata protezione degli interessi e piena reciprocità dei diritti dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che attualmente vi risiedono, lavorano, studiano o svolgono qualsivoglia attività;
4) ad assumere iniziative per assicurare il totale rispetto degli obblighi e degli impegni di bilancio assunti dal Regno Unito e la piena partecipazione dello stesso a quanto compete agli Stati membri fino all'uscita definitiva dall'Unione;
5) a promuovere l'annullamento della correzione degli squilibri di bilancio accordata alla Gran Bretagna posto che l'entità della spesa agricola è costantemente diminuita nel corso di oltre 30 anni e che la programmazione della PAC per il periodo 2014-2020 prevede una significativa decurtazione dei fondi disponibili per l'Italia.
(6-00318) «Petraroli, Baroni, Battelli, Luigi Di Maio, Fraccaro, Vignaroli, Fico».
La Camera,
premesso che:
il 10 novembre 2015, una lettera del Primo ministro del Regno Unito David Cameron al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha formalizzato, per la prima volta in forma ufficiale, le preoccupazioni britanniche con riguardo all'appartenenza all'Unione europea;
nel corso del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016, in seguito a intensi negoziati, i leader dell'Unione europea hanno raggiunto un'intesa tesa a rafforzare lo status speciale del Regno Unito nell'Unione europea. Una decisione giuridicamente vincolante e irreversibile di tutti i 28 leader per rispondere a tutte le preoccupazioni sollevate dal Primo ministro Cameron;
nonostante la nuova intesa sullo status speciale del Regno Unito nell'Unione europea, i cittadini britannici, con referendum tenutosi il 23 giugno 2016, hanno deciso di abbandonare l'Unione europea;
lo sforzo proteso dai leader europei per scongiurare l'uscita del Regno Unito non ha quindi dato il risultato sperato ed ha costituito un precedente negativo da non ripetere, mostrando un'Unione debole e disposta anche a cedere sui propri elementi costitutivi, fattore, questo, che – se reiterato – potrebbe spingere altri Paesi a chiedere condizioni di partecipazione all'Unione europea ritagliate su misura;
il Consiglio europeo straordinario del 29 aprile 2017 discuterà, pertanto, degli ultimi sviluppi in tema di uscita del Regno Unito dall'Unione europea, con l'obbiettivo di definire gli orientamenti e le posizioni che l'Unione europea dovrà tenere nel corso dei negoziati;
il 25 marzo 2017 si è celebrato il 60o avversario del Trattato di Roma che, nel 1957, ha dato la luce alla Comunità economica europea, gettando le basi per la realizzazione delle quattro libertà di movimento: dei beni, dei servizi, dei capitali e delle persone. Da allora, molti Paesi sono entrati a far parte dell'Unione europea; alcuni di essi hanno deciso di dar vita a una Unione ancora più stretta, estesa anche alla moneta, adottando l'euro;
la Brexit ed altri moti centrifughi in atto in altri Paesi mettono a rischio quanto fatto in questi decenni: per la prima volta i membri dell'Unione europea anziché aumentare di numero, diminuiranno e ad andarsene non sarà una piccola nazione ma uno Stato che, per contributo non solo economico ma anche culturale, è uno dei cardini del continente;
in un contesto di profonda incertezza il progetto dell'Unione deve essere rilanciato e ulteriormente rafforzato, con rinnovato spirito europeista. Il suo smantellamento si tradurrebbe in un pericoloso salto nel buio per gli Stati, per le imprese e per le famiglie europee, con il rischio di mettere in pericolo il benessere dell'intera collettività, europea e nazionale;
l'Unione deve essere sostenuta da istituzioni politiche e governative in grado di reagire in tempi di crisi. Il disegno dell'area euro in particolare – per come strutturato fin qui – era adeguato ai periodi di congiuntura favorevole, ma ha mostrato i suoi limiti di fronte alle sfide poste dalla crisi economica e finanziaria. Una unione monetaria ha bisogno di unione fiscale, bancaria e economica ma anche di un certo livello di integrazione politica che porti a politiche estere e di difesa comuni;
al termine del vertice informale dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea il 10 marzo 2017 il Presidente del Consiglio italiano ha indicato con chiarezza le quattro grandi priorità per il futuro dell'Europa: difesa e sicurezza nella gestione dei flussi dei migranti; crescita, sviluppo sostenibile e lavoro; un'Europa sociale; un'Europa che abbia un ruolo nel mondo di scambi e di mercato;
secondo la Consob:
Londra verrà a perdere il ruolo di centro finanziario di riferimento per il mercato europeo e per l'eurozona;
attività finanziarie intermediate sino ad oggi su Londra verranno riassorbite all'interno dell'Unione europea e, in particolare, dell'Eurozona (ad esempio « clearing» sull'euro);
operatori sino ad oggi basati a Londra dovranno trovare una nuova collocazione nei centri finanziari europei se vorranno avere libero accesso («passaporto») al mercato europeo (« retail» e all'ingrosso);
le agenzie europee basate a Londra (EBA e EMA) dovranno essere ricollocate all'interno dell'Unione europea;
sempre secondo la Consob, Brexit è una sfida che presenta rischi per l'Italia e per il suo settore finanziario ma anche opportunità come la possibilità di sviluppo per le infrastrutture di trading e post-trading e la possibilità di attrarre attività di « front-office» e « back office» di imprese, banche di investimento e gestori di Londra;
il Governo italiano deve perciò essere pronto ad attuare tutte le misure necessarie a far sì che i rischi derivanti da Brexit siano minimizzati e che le possibilità di sviluppo siano invece implementate e sostenute rendendo competitivo il sistema nazionale;
il Regno Unito esporta nel mondo 370 miliardi di euro di beni, di cui 176 (il 47,5 per cento nell'Unione europea. Le importazioni sono pari a 574 miliardi di euro, 290 proveniente dall'Unione europea) (il 50,5 per cento). L'Italia importa dal Regno Unito 11 miliardi di euro di beni e ne esporta in quel Paese 22,5 miliardi. Il Regno Unito è pertanto il 4o mercato di destinazione di beni made in Italy e l'8o Paese fornitore;
la «Brexit», secondo i maggiori analisti, avrà un impatto economico negativo soprattutto per il Regno Unito ma peserà anche sulle esportazioni dei membri dell'Unione europea, in particolare dell'Italia, è quindi necessario che il nostro Paese – da subito – cerchi nuovi partner commerciali per mantenere o implementare il livello di esportazione dei beni;
le esportazioni italiane verso il Regno Unito nel 2019 potrebbero avere una contrazione stimabile tra i 4,1 ed i 7,2 miliardi di euro ma secondo quanto emerge da un rapporto SACE-SIMEST l'analisi sui mercati a maggior opportunità di crescita per le imprese con proiezione internazionale ha portato a identificare un potenziale export aggiuntivo per l'Italia pari a circa 18 miliardi di euro entro il 2019,
impegna il Governo:
1) a lavorare in sede comunitaria affinché l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea sia seguita da un accordo che garantisca la libertà di movimento dei beni, dei servizi, dei capitali e delle persone;
2) ad adoperarsi affinché le istituzioni europee, nel caso in cui il Regno Unito si opponga ad un accordo che garantisca la libertà di movimento delle persone, neghino l'accesso al mercato unico;
3) ad assumere iniziative per evitare che, nel caso in cui altri Paesi decidano di chiedere misure ad hoc per la loro partecipazione all'Unione europea, queste vengano concesse;
4) a creare le condizioni affinché l'Italia colga le opportunità derivanti dalla Brexit come lo sviluppo delle infrastrutture di trading e post-trading e la possibilità di attrazione di attività di front-office e back-office di imprese finanziarie attualmente stanziate a Londra nonché delle sedi delle agenzie europee con sede nel Regno Unito;
5) a favorire, nel quadro dei mutamenti economici in corso in ambito mondiale, accordi commerciali tesi ad aumentare l’export italiano non solo con gli storici partner dei Paesi europei ma anche con nuovi attori protagonisti dell'economia mondiale, purché basati su regole condivise.
(6-00319) «Rabino, Parisi, Francesco Saverio Romano».
La Camera,
premesso che:
il 10 novembre 2015, una lettera del Primo ministro del Regno Unito David Cameron al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha formalizzato, per la prima volta in forma ufficiale, le preoccupazioni britanniche con riguardo all'appartenenza all'Unione europea;
nel corso del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016, in seguito a intensi negoziati, i leader dell'Unione europea hanno raggiunto un'intesa tesa a rafforzare lo status speciale del Regno Unito nell'Unione europea. Una decisione giuridicamente vincolante e irreversibile di tutti i 28 leader per rispondere a tutte le preoccupazioni sollevate dal Primo ministro Cameron;
nonostante la nuova intesa sullo status speciale del Regno Unito nell'Unione europea, i cittadini britannici, con referendum tenutosi il 23 giugno 2016, hanno deciso di abbandonare l'Unione europea;
lo sforzo proteso dai leader europei per scongiurare l'uscita del Regno Unito non ha quindi dato il risultato sperato ed ha costituito un precedente negativo da non ripetere, mostrando un'Unione debole e disposta anche a cedere sui propri elementi costitutivi, fattore, questo, che – se reiterato – potrebbe spingere altri Paesi a chiedere condizioni di partecipazione all'Unione europea ritagliate su misura;
il Consiglio europeo straordinario del 29 aprile 2017 discuterà, pertanto, degli ultimi sviluppi in tema di uscita del Regno Unito dall'Unione europea, con l'obbiettivo di definire gli orientamenti e le posizioni che l'Unione europea dovrà tenere nel corso dei negoziati;
il 25 marzo 2017 si è celebrato il 60o avversario del Trattato di Roma che, nel 1957, ha dato la luce alla Comunità economica europea, gettando le basi per la realizzazione delle quattro libertà di movimento: dei beni, dei servizi, dei capitali e delle persone. Da allora, molti Paesi sono entrati a far parte dell'Unione europea; alcuni di essi hanno deciso di dar vita a una Unione ancora più stretta, estesa anche alla moneta, adottando l'euro;
la Brexit ed altri moti centrifughi in atto in altri Paesi mettono a rischio quanto fatto in questi decenni: per la prima volta i membri dell'Unione europea anziché aumentare di numero, diminuiranno e ad andarsene non sarà una piccola nazione ma uno Stato che, per contributo non solo economico ma anche culturale, è uno dei cardini del continente;
in un contesto di profonda incertezza il progetto dell'Unione deve essere rilanciato e ulteriormente rafforzato, con rinnovato spirito europeista. Il suo smantellamento si tradurrebbe in un pericoloso salto nel buio per gli Stati, per le imprese e per le famiglie europee, con il rischio di mettere in pericolo il benessere dell'intera collettività, europea e nazionale;
l'Unione deve essere sostenuta da istituzioni politiche e governative in grado di reagire in tempi di crisi. Il disegno dell'area euro in particolare – per come strutturato fin qui – era adeguato ai periodi di congiuntura favorevole, ma ha mostrato i suoi limiti di fronte alle sfide poste dalla crisi economica e finanziaria. Una unione monetaria ha bisogno di unione fiscale, bancaria e economica ma anche di un certo livello di integrazione politica che porti a politiche estere e di difesa comuni;
al termine del vertice informale dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea il 10 marzo 2017 il Presidente del Consiglio italiano ha indicato con chiarezza le quattro grandi priorità per il futuro dell'Europa: difesa e sicurezza nella gestione dei flussi dei migranti; crescita, sviluppo sostenibile e lavoro; un'Europa sociale; un'Europa che abbia un ruolo nel mondo di scambi e di mercato;
secondo la Consob:
Londra verrà a perdere il ruolo di centro finanziario di riferimento per il mercato europeo e per l'eurozona;
attività finanziarie intermediate sino ad oggi su Londra verranno riassorbite all'interno dell'Unione europea e, in particolare, dell'Eurozona (ad esempio « clearing» sull'euro);
operatori sino ad oggi basati a Londra dovranno trovare una nuova collocazione nei centri finanziari europei se vorranno avere libero accesso («passaporto») al mercato europeo (« retail» e all'ingrosso);
le agenzie europee basate a Londra (EBA e EMA) dovranno essere ricollocate all'interno dell'Unione europea;
sempre secondo la Consob, Brexit è una sfida che presenta rischi per l'Italia e per il suo settore finanziario ma anche opportunità come la possibilità di sviluppo per le infrastrutture di trading e post-trading e la possibilità di attrarre attività di « front-office» e « back office» di imprese, banche di investimento e gestori di Londra;
il Governo italiano deve perciò essere pronto ad attuare tutte le misure necessarie a far sì che i rischi derivanti da Brexit siano minimizzati e che le possibilità di sviluppo siano invece implementate e sostenute rendendo competitivo il sistema nazionale;
il Regno Unito esporta nel mondo 370 miliardi di euro di beni, di cui 176 (il 47,5 per cento nell'Unione europea. Le importazioni sono pari a 574 miliardi di euro, 290 proveniente dall'Unione europea) (il 50,5 per cento). L'Italia importa dal Regno Unito 11 miliardi di euro di beni e ne esporta in quel Paese 22,5 miliardi. Il Regno unito è pertanto il 4o mercato di destinazione di beni made in Italy e l'8o Paese fornitore;
la «Brexit», secondo i maggiori analisti, avrà un impatto economico negativo soprattutto per il Regno Unito ma peserà anche sulle esportazioni dei membri dell'Unione europea, in particolare dell'Italia, è quindi necessario che il nostro Paese – da subito – cerchi nuovi partner commerciali per mantenere o implementare il livello di esportazione dei beni;
le esportazioni italiane verso il Regno Unito nel 2019 potrebbero avere una contrazione stimabile tra i 4,1 ed i 7,2 miliardi di euro ma secondo quanto emerge da un rapporto SACE-SIMEST l'analisi sui mercati a maggior opportunità di crescita per le imprese con proiezione internazionale ha portato a identificare un potenziale export aggiuntivo per l'Italia pari a circa 18 miliardi di euro entro il 2019,
impegna il Governo:
1) a lavorare in sede comunitaria affinché l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea sia seguita da un accordo che garantisca la libertà di movimento dei beni, dei servizi, dei capitali e delle persone;
2) ad adoperarsi affinché le istituzioni europee, nel caso in cui il Regno Unito si opponga ad un accordo che garantisca la libertà di movimento delle persone, neghino l'accesso automatico al mercato unico;
3) ad assumere iniziative per evitare che, nel caso in cui altri Paesi decidano di chiedere misure ad hoc per la loro partecipazione all'Unione europea, queste vengano concesse;
4) a creare le condizioni affinché l'Italia colga le opportunità derivanti dalla Brexit come lo sviluppo delle infrastrutture di trading e post-trading e la possibilità di attrazione di attività di front-office e back-office di imprese finanziarie attualmente stanziate a Londra nonché delle sedi delle agenzie europee con sede nel Regno Unito;
5) a favorire, nel quadro dei mutamenti economici in corso in ambito mondiale, accordi commerciali tesi ad aumentare l’export italiano non solo con gli storici partner dei Paesi europei ma anche con nuovi attori protagonisti dell'economia mondiale, purché basati su regole condivise.
(6-00319)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Rabino, Parisi, Francesco Saverio Romano».
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Iniziative di competenza per assicurare l'effettività dei provvedimenti di espulsione e allontanamento degli stranieri irregolari – n. 3-02976
FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
secondo il quotidiano la Repubblica, negli ultimi anni il sistema delle espulsioni e degli allontanamenti si è rivelato del tutto fallimentare riguardo all'effettivo rimpatrio degli stranieri irregolari in generale e, in particolare, di quelli che hanno commesso dei reati o subito condanne in Italia;
stando ai numeri riportati dall'articolo, nel 2016 i cittadini stranieri rintracciati in posizione irregolare sarebbero stati ben 41.473, con un notevole e costante incremento rispetto ai precedenti anni: circa 7.000 in più rispetto al 2015 (34.107) e 10.000 in più rispetto al 2014 (20.906);
nonostante l'aumento registrato, gli stranieri irregolari allontanati nel 2016 sarebbero stati solo 18.664, cioè circa il 45 per cento di quelli rintracciati, in particolare, di cui 5.817 con accompagnamento alla frontiera e 793 espulsi su ordine dell'autorità giudiziaria (questi ultimi addirittura in calo rispetto al 2015 in cui furono 1.159);
il restante numero di stranieri irregolari rintracciati riceve, infatti, il cosiddetto «foglio di via» con l'intimazione di lasciare il Paese entro sette giorni, che, di fatto, viene generalmente ignorato rimanendo, dunque, liberi di circolare e vivere indisturbati in Italia anche per anni;
secondo l'inchiesta pubblicata, oltre ai numeri citati, sono i fatti di cronaca nera a disegnare quello che viene definito «un quadro impietoso» e infatti, l'articolo, partendo dai già noti casi di Anis Amri e di Igor Vaclavik, evidenzia come questi ultimi non sarebbero eventi isolati bensì molto più numerosi, citando, solo a titolo esemplificativo, altri casi di cronaca;
avuto riguardo anche ai più recenti fatti di cronaca, sono in esponenziale aumento i reati commessi da cittadini comunitari, già destinatari di ordine di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di ordine e sicurezza pubblica ma inottemperanti agli stessi;
la direttiva europea n. 2008/115 pone in capo agli Stati membri precisi obblighi giuridici per il rimpatrio e l'allontanamento dei cittadini di Paesi terzi in posizione irregolare e anche recentemente la Commissione europea ha raccomandato di adottare misure immediate al fine di procedere al loro effettivo rimpatrio –:
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire il trattenimento di tutti gli stranieri irregolari presenti sul territorio nazionale e l'effettività dei provvedimenti di espulsione e allontanamento disposti nei confronti sia dei cittadini di Paesi terzi che di quelli comunitari. (3-02976)
Elementi ed iniziative di competenza in relazione alla vicenda delle operazioni di salvataggio in mare dei migranti effettuate da alcune organizzazioni non governative – n. 3-02977
RAVETTO, BRUNETTA e VITO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
il Comitato parlamentare Schengen ha di recente audito il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro;
il dottor Zuccaro ha affermato che, a partire dai mesi di settembre ed ottobre 2016, si è registrato un improvviso proliferare di unità navali delle piccole organizzazioni non governative (Ong) che accompagnerebbero fino alle coste italiane i barconi dei migranti. Tale situazione rappresenterebbe una sorta di «scacco» all'attività di contrasto degli organizzatori del traffico di migranti, il cui lavoro di accompagnamento, sino al territorio italiano, dei barconi, sarebbe stato sostituito dalle attività svolte da tali navi;
Zuccaro ha proseguito affermando che la procura di Catania, a febbraio, avrebbe aperto un'indagine conoscitiva allo scopo di approfondire le cause di una proliferazione così intensa delle unità navali, nonché degli ingenti costi sostenuti dalle organizzazioni non governative a fronte di un mancato ritorno in termini di profitto economico;
secondo il procuratore, poi, vi sarebbe la necessità di comprendere la reale volontà delle organizzazioni non governative di collaborare con le autorità giudiziarie. Secondo i dati forniti, è stato calcolato che, negli ultimi quattro mesi del 2016, il 30 per cento dei salvataggi con approdi a Catania è stato effettuato dalle organizzazioni non governative mentre, nei primi mesi del 2017, tale percentuale è salita ad almeno il 50 per cento, a fronte di una mancata diminuzione del numero dei morti;
tali informazioni confermano dunque la presenza, in acque internazionali vicino alle coste libiche, di navi riconducibili a piccole organizzazioni non governative che, in aperta violazione della Convenzione di Ginevra, condurrebbero i migranti salvati in mare sulle cose italiane e non verso il porto sicuro più vicino;
si determinano quindi numerosi dubbi circa l'applicabilità della Convenzione di Dublino da parte dell'Italia che, sotto tale aspetto, non dovrebbe essere costretta a sostenere gli onerosi compiti attribuiti dalla stessa, non trattandosi infatti di reale Stato di primo approdo, ma di approdo deciso a discrezionalità dei comandanti delle navi delle organizzazioni non governative;
dal punto di vista strettamente legale, atteso che le navi delle organizzazioni non governative sono battenti bandiere straniere anche di altri Stati europei e, secondo il diritto internazionale, i migranti raccolti da dette navi dovrebbero ritenersi approdati negli Stati di bandiera portati dalle stesse –:
quali iniziative intenda intraprendere rispetto alla vicenda esposta, anche nelle opportune sedi europee ed internazionali, e se intenda fornire chiarimenti, per quanto di competenza, in merito alle rotte marittime effettuate dalle navi delle organizzazioni non governative nonché in merito ai rapporti delle stesse con la Guardia costiera e gli scafisti. (3-02977)
Iniziative per prevenire e contrastare la diffusione della pubblicità ingannevole del gioco d'azzardo – n. 3-02978
BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
il dibattito sul tormentato rapporto del Ministero dell'economia e delle finanze e la mancata legiferazione in materia di giochi passa non solo attraverso l'Agenzia delle dogane che detiene il monopolio sul gioco d'azzardo, ma anche attraverso le moderne forme di comunicazione on-line, che aggirano qualunque vincolo sulla pubblicità e raggiungono il potenziale giocatore sulla sua posta elettronica, quindi sul suo personal computer, sul suo smartphone;
si tratta di una campagna pubblicitaria invasiva e fastidiosa, oltre che illusoria, che aggancia due prodotti tipici del nostro tempo: le lotterie istantanee e i telefonini di ultimissima generazione. Tali offerte, più o meno simili a quella odierna, arrivano tutti i giorni sulla posta elettronica e svolgono il loro ruolo di captatio benevolentiae;
recentemente è giunto alla prima firmataria del presente atto, anche sul suo indirizzo ufficiale alla Camera dei deputati, e non si può escludere anche ad altri deputati, un messaggio accompagnato dalla doppia dicitura «cancellarsi dalla newsletter» e «messaggio indesiderato», ma chiarissimo nella sua proposta: «Ti offriamo 3 nuovi biglietti di Gratta e Vinci – Biglietti Yes – in palio c’è il nuovo iPhone»;
e la dicitura che accompagna questo tipo di pubblicità dice: «Congratulazioni Binetti Paola ! Hai appena vinto 3 nuovi gratta e vinci Yes ! Da grattare per tentare di vincere il nuovo iPhone: gratto adesso i miei biglietti». L'offerta dei tre biglietti è valida fino al 28 febbraio 2016;
il punto è che la prima firmataria del presente atto non ha mai giocato al gratta e vinci e quindi non può aver vinto ad un gioco a cui non ha giocato;
si tratta di una pubblicità su cui evidentemente nessuno paga le tasse e che nonostante i limiti posti dalla legge riesce a superare tutte le barriere di spazio e tempo, perché si insinua direttamente negli spazi personali del soggetto;
così facendo si induce dipendenza, dal momento che le lotterie istantanee sono al primo posto per numero di giocatori e perfino per fatturato complessivo, nonostante si possa giocare a costi minimi –:
cosa intenda fare il Governo per bloccare questo tipo di pubblicità accattivante nell'offerta, ma insidiosa negli effetti, non tanto per la mancata vincita, quanto per la induzione a continuare a giocare. (3-02978)
Iniziative volte a tutelare gli interessi nazionali in ordine alla vicenda del declassamento relativo al debito pubblico italiano operato nel 2012 da agenzie di rating, anche alla luce di una recente sentenza del tribunale di Trani – n. 3-02979
RUOCCO, SIBILIA, FICO, ALBERTI, PISANO, VILLAROSA e PESCO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
dal dispositivo della sentenza resa dal tribunale di Trani nella pubblica udienza del 30 marzo 2017 emerge che il fatto della manipolazione del mercato contestato con riguardo al doppio declassamento decretato dall'agenzia di rating «Standard & Poor's» nel gennaio 2012 a danno dello Stato Italiano sia stato ritenuto in tutto e per tutto sussistente pur essendosi escluso nella condotta – solo in termini dubitativi e non di certezza – l'evento della «volontarietà» (dolo);
avendo quindi il tribunale ritenuto esistente e dimostrato il «fatto» di una attività di valutazione (rating) involontariamente errata e falsificata in danno alla Repubblica italiana sembrano ricorrere tutti i presupposti per esercitare un'azione risarcitoria nei confronti di « Standard & Poor's» innanzi al giudice civile;
in sede di risposta all'interpellanza urgente n. 2-00875 nella quale si chiedeva se il Governo e il Ministero dell'economia e delle finanze non intendessero costituirsi parte civile nei processi in corso presso il tribunale di Trani il Sottosegretario di Stato Pier Paolo Baretta ha dichiarato: «(...) la costituzione di parte civile rappresenta opzione processuale per la richiesta di danni alternativa rispetto a quella da proporre nella sede civile, conseguentemente si terrà conto degli ulteriori elementi che dovessero emergere.». Si precisa che Consob e Banca d'Italia – diversamente dal Ministero dell'economia e delle finanze – erano presenti al processo come parti offese;
il risarcimento dei danni conseguenti al doppio declassamento frutto di «involontarie erronee-false» valutazioni è connesso, oltre al recupero dei 2.600.000.000 euro da Morgan Stanley, ai maggiori costi sostenuti dagli istituti di credito italiani nelle operazioni di (ri)finanziamento presso la Banca centrale europea e conseguentemente al maggiore costo sostenuto dalla Repubblica italiana nelle operazioni di finanziamento e di rifinanziamento del debito pubblico. È lapalissiano che l'eventuale danno erariale possa essere quantificato anche in diversi miliardi di euro ed è quindi legittima ed inevitabile ogni iniziativa preposta al relativo recupero –:
in considerazione che il «fatto» accertato in sede giudiziaria e dichiarato nel dispositivo della richiamata sentenza di per sé apre la strada ad una possibile azione di risarcimento in sede civile senza la necessità di attendere il deposito delle motivazioni o altre valutazioni, se intenda tutelare gli interessi economici e patrimoniali della Repubblica italiana proponendo la dovuta azione risarcitoria innanzi al giudice civile, pena ogni eventuale responsabilità erariale, e quali siano le iniziative che intende porre in essere per ripristinare il « credit score» spettante all'Italia prima della «erronea-falsa valutazione» relativa al doppio declassamento del gennaio 2012. (3-02979)
Chiarimenti in ordine all'applicazione della circolare n. 20 del 2015 del Ministero dell'economia e delle finanze in materia di fondi per la contrattazione integrativa – n. 3-02980
VEZZALI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO e PARISI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
l'azienda ospedaliera unica regionale delle Marche ha emesso il 13 settembre 2016 la circolare protocollo 0026323/ASUR/DG/P «Linee Guida in materia di definizione dei Fondi Contrattuali delle Aree Comparto, Dirigenza Medico-Veterinaria e Dirigenza SPTA 2015-2016 – Disposizioni»;
la circolare, che si richiama anche alla circolare del Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria generale dello Stato n. 20 (protocollo 39875) dell'8 maggio 2015, chiede di determinare i fondi contrattuali 2015-2016, operando la comparazione tra il valore medio dei presenti nell'anno 2014 (cioè la semisomma dei presenti rispettivamente al 1o gennaio ed al 31 dicembre degli anni in questione) rispetto al valore medio relativo all'anno 2010, escludendo, dal computo del personale oggetto di comparazione quello con rapporto di lavoro a tempo determinato supplente, straordinario e quello inserito in processi di stabilizzazione anche se il documento del Ministero dell'economia e delle finanze disponeva di prendere in considerazione tutti i presenti, rispettivamente al 1o gennaio ed al 31 dicembre di ciascun anno;
questo calcolo ha comportato una «riduzione dei fondi contrattuali», che risulta punitiva nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici delle aree vaste, nello specifico quelli dell'area vasta 2, in quanto i fondi contrattuali quantificati per l'anno 2015 non solo sono diventati «incapienti» ma vengono «cristallizzati», producendo danni anche prospettici, sul 2016 e sugli anni successivi, costituendo il nuovo limite, in luogo del precedente che era stato fissato all'anno 2010 in riferimento alle annualità dal 2011 al 2014;
in data 7 ottobre 2016 sono stati redatti gli atti di area vasta per la «Determinazione definitiva dei Fondi Contrattuali anno 2015 e provvisoria anno 2016 Aree Contrattuali Comparto e Dirigenze»;
il direttore generale dell'azienda ospedaliera unica regionale delle Marche ha emesso la determina n. 649 del 19 ottobre 2016 con la quale ha specificato che il collegio sindacale dell'azienda ospedaliera unica regionale delle Marche «ha proceduto al controllo delle Determine, certificando che la decurtazione permanente è stata effettuata in base a quanto previsto dalla Circolare n. 20/2015/MEF» –:
se il Ministro dell'economia e delle finanze non intenda chiarire il contenuto della circolare n. 20 dell'8 maggio 2015, posto che quanto deciso dall'azienda ospedaliera unica regionale delle Marche appare penalizzante per il personale che abbia un rapporto di lavoro a tempo determinato supplente e straordinario e che la trasformazione dei contratti coinvolti in processi di stabilizzazione risulterebbe impossibile. (3-02980)
Chiarimenti circa l'ammontare dei canoni annui spettanti allo Stato nell'anno 2016 relativi a concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per impianti turistico-ricreativi – n. 3-02981
MAZZIOTTI DI CELSO, CATALANO, GALGANO, MENORELLO e QUINTARELLI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
il Programma nazionale di riforma varato insieme al Documento di economia e finanza pone tra gli obiettivi del Governo la «revisione sistematica delle concessioni di beni rilasciate dalle Amministrazioni Pubbliche». In particolare, in relazione alle concessioni demaniali marittime, il Programma nazionale di riforma rende noto che, a fronte di 21.390 impianti turistico-ricreativi sul demanio marittimo, lacuale e fluviale, l'introito per lo Stato dal vigente sistema di determinazione dei canoni è pari a circa 103 milioni di euro per un introito medio di 4815 euro a impianto all'anno;
si tratta di un introito che appare modesto, tenendo conto che tali attività economiche insistono su una risorsa naturale limitata e operano in forza di concessioni, dalle forti ricadute anticoncorrenziali, peraltro spesso prorogate in violazione delle norme comunitarie, come recentemente documentato in un briefing paper del febbraio 2017 dall'istituto Bruno Leoni;
inoltre, come denuncia il Programma nazionale di riforma, i dati relativi agli impianti insistenti sul demanio marittimo oggetto di concessione – estratti dal Sistema informativo demanio marittimo – S.I.D. in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – sono incompleti per il mancato aggiornamento da parte degli enti locali concedenti;
va tenuto presente anche che le Commissioni finanze e attività produttive della Camera dei deputati hanno di recente avviato l'esame del disegno di legge delega per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo, che ha come obiettivi prioritari di medio-lungo periodo: «l'apertura e la contendibilità del mercato, assicurando nel contempo un uso rispondente all'interesse pubblico del bene affidato in concessione; il contributo allo sviluppo turistico, con incentivi agli investimenti; la messa a regime di un sistema dei canoni concessori chiaro, equilibrato e aggiornato, che dia certezze regolatorie agli operatori»;
anche al fine di una corretta rideterminazione delle tariffe e dei meccanismi dei canoni demaniali che secondo il Programma nazionale di riforma produrrà «un raddoppio del gettito», è necessaria un'operazione trasparenza che consenta ai cittadini di conoscere il canone pagato per ciascuna concessione, gli investimenti effettuati e ogni altra informazione utile sul rapporto concessorio –:
se il Ministro intenda indicare l'ammontare medio, per concessione e per chilometro quadrato, dei canoni annui spettanti allo Stato nell'anno 2016 relativi a concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per impianti turistico-ricreativi, specificando in quale misura le somme dovute siano state effettivamente incassate e fornendo ogni altro dato utile in modo da inaugurare questa necessaria operazione di trasparenza. (3-02981)
Iniziative volte ad assicurare il «salvataggio» di Alitalia e a salvaguardarne i livelli occupazionali – n. 3-02982
LAFORGIA, SPERANZA, SCOTTO, FRANCO BORDO, FOLINO, MOGNATO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MATARRELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, ROSTAN, SANNICANDRO, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
come si evince dalla lettura della stampa nazionale, dopo che i lavoratori di Alitalia hanno sonoramente bocciato il preaccordo siglato tra azienda e sindacati sul nuovo piano industriale della compagnia, per la società si aprirebbe la strada del commissariamento;
per garantire la liquidità nei prossimi sei mesi all'azienda commissariata, per quanto risulta, il Governo punterebbe ad ottenere dall'Unione europea il via libera ad un prestito ponte;
sempre nella giornata di ieri il presidente di Alitalia, Luca Cordero di Montezemolo, ha comunicato ufficialmente al presidente dell'Enac la decisione del consiglio di amministrazione di avviare la procedura per la nomina del commissario, fissando l'assemblea dei soci per il 27 aprile (in prima convocazione) e il 2 maggio (in seconda convocazione);
la situazione è eccezionalmente grave perché, come sottolineato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti, sarebbero a rischio circa 20.000 posti di lavoro complessivi, una bomba sociale che rischia di scoppiare in un momento delicatissimo per il nostro Paese;
ad avviso degli interroganti nessuna strada deve essere lasciata intentata a qualsiasi costo. Alitalia va salvata, i dipendenti tutelati e ascoltati rispetto all'esito del referendum e seriamente intrapresa la strada dell'intervento pubblico per garantire la continuità operativa dell'azienda e la tutela occupazionale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori –:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto in premessa al fine di assicurare il salvataggio di Alitalia ed il necessario intervento pubblico teso a garantire la continuità operativa dell'azienda e la tutela occupazionale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori. (3-02982)
Intendimenti del Governo circa un possibile ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale di Alitalia-Cai – n. 3-02983
FASSINA, MARCON e PELLEGRINO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
dopo l'inequivocabile esito del referendum con il quale i dipendenti dell'Alitalia hanno sonoramente bocciato il verbale di accordo stipulato il 13 aprile 2017 sul tavolo del Governo tra azienda e sindacati, sembra avanzare a passo incessante lo spettro del commissariamento della compagnia aerea;
la suddetta bozza di accordo era stata concordata tra azienda e sindacati dopo settimane di trattative e scioperi, indetti quando a metà marzo il management dell'Alitalia aveva annunciato un piano di rilancio aziendale per gli anni 2017-2021 che prevedeva un aumento dei ricavi a fronte di un significativo taglio del costo del lavoro;
preso atto del risultato della sofferta consultazione (che ha registrato, con un 67 per cento di no, la contrarietà di 10.173 dipendenti su 11.646 degli aventi diritto), e quindi dell'impossibilità di procedere alla ricapitalizzazione della compagnia, il consiglio di amministrazione di Cai Spa ha deciso di avviare le procedure previste dalla legge, convocando per il 27 aprile 2017 un'assemblea dei soci che dovrà esprimersi sui passi futuri;
il fallimento dell'azienda non è un destino irreversibile e con il loro verdetto le lavoratrici ed i lavoratori hanno detto no ai pesantissimi sacrifici imposti per la terza volta in meno di dieci anni, in assenza di un piano industriale credibile e in permanenza di un management inadeguato;
secondo quanto dichiarato dal Ministro interrogato, «la cosa più plausibile è che si vada verso un breve periodo di amministrazione straordinaria che si potrà concludere nel giro di 6 mesi o con una vendita parziale o totale degli asset di Alitalia oppure con la liquidazione»;
su un altro versante, quello del lavoro, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti ha dichiarato che: «Se con il commissariamento di Alitalia si deciderà per la messa in cassa integrazione di un numero più alto di lavoratori rispetto a quello previsto dal preaccordo bocciato dai lavoratori, e cioè circa 1.000, il Fondo del trasporto aereo potrebbe non avere le risorse per garantire gli ammortizzatori sociali avuti finora dai lavoratori della compagnia che dovrebbero quindi avere solo gli ammortizzatori ordinari» –:
se alla luce dell'esito del referendum il Governo non sia disponibile all'ingresso nel capitale di Cai Spa della Cassa depositi e prestiti con l'acquisizione da parte di quest'ultima di una quota significativa del capitale della compagnia aerea che assicuri investimenti ed una partnership internazionale necessari al suo definitivo rilancio. (3-02983)
Iniziative del Governo in ordine alla situazione di Alitalia – n. 3-02984
RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
martedì 25 aprile 2017 è stato reso noto il risultato del referendum sul preaccordo per il salvataggio di Alitalia, firmato al Ministero dello sviluppo economico da azienda e sindacati e che prevedeva circa mille esuberi e tagli alle retribuzioni, rispetto al quale il sessantasette per cento dei lavoratori si è espresso in modo contrario;
in esito alla consultazione referendaria, il Ministro dello sviluppo economico ha affermato che «la cosa più plausibile è che si vada verso un breve periodo di amministrazione straordinaria che si potrà concludere nel giro di sei mesi o con una vendita parziale o totale degli asset di Alitalia oppure con la liquidazione», escludendo la possibilità di una nazionalizzazione della compagnia;
per garantire liquidità all'azienda per i prossimi sei mesi il Governo intende negoziare con l'Unione europea la concessione di un prestito ponte, ipotesi rispetto alla quale il portavoce della Commissione europea avrebbe confermato che in base alle regole comunitarie per il Governo italiano la via degli aiuti di Stato resta aperta, anche se a strette condizioni;
di fatto già con il commissariamento per mantenere l'equilibrio gestionale dell'azienda si renderà necessario tagliare rotte e voli, con evidenti ripercussioni negative su tutti i lavoratori;
la schiacciante vittoria del no al referendum rappresenta una richiesta forte e chiara di assunzione di responsabilità da parte dell'azienda e del Governo di fronte alla gestione fallimentare della compagnia che ha vanificato tutti i sacrifici dei lavoratori fatti sin qui;
il problema di Alitalia non sono gli esuberi ma le scelte strategiche errate fatte fin qui, la dismissione di importanti rotte intercontinentali, la cessione ad altri vettori di tratte commercialmente strategiche, la messa in liquidazione di AMS, azienda d'eccellenza nel settore della manutenzione, l'abbandono del settore del cargo;
inoltre, consentire alle compagnie low cost di utilizzare gli stessi aeroporti dove atterra l'ex compagnia di bandiera, facendo loro pagare tasse aeroportuali irrisorie, quando non finanziandole direttamente attraverso contributi regionali, ignorando il fatto che tutte le infrastrutture sono state realizzate con denaro pubblico, ha determinato un grave fenomeno di concorrenza sleale, risultante da inferiori livelli di sicurezza, comfort e qualità;
è indispensabile intervenire a tutela dei livelli occupazionali, salvaguardando le quasi tredicimila famiglie dei lavoratori coinvolti, oltre a quelli che operano dell'indotto, e varare un piano per il rilancio della compagnia –:
quali iniziative intenda assumere con riferimento alla situazione in cui versa Alitalia. (3-02984)
Elementi in merito al decreto ministeriale istitutivo del Parco archeologico del Colosseo, con particolare riferimento alla salvaguardia degli interessi e delle competenze del comune di Roma Capitale – n. 3-02985
COSCIA, BONACCORSI, PICCOLI NARDELLI, ASCANI, BLAZINA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, IORI, MALISANI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, PES, RAMPI, ROCCHI, SGAMBATO, VENTRICELLI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
la sindaca di Roma Virginia Raggi in una conferenza stampa del 21 aprile 2017 ha preannunciato ricorso da parte dell'amministrazione capitolina contro il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 12 gennaio 2017, che ha istituito il Parco archeologico del Colosseo, e del conseguente decreto direttoriale del 27 febbraio 2017 con cui è stata indetta la selezione pubblica internazionale per il conferimento dell'incarico di direttore del Parco;
in particolare, la sindaca Raggi, nel preannunciare il ricorso, ha lamentato che l'atto organizzativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – a suo dire – sarebbe «lesivo degli interessi di Roma Capitale» e produrrebbe una forte diminuzione delle risorse finanziarie dello Stato destinate alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale della Città di Roma;
come noto, la legge di bilancio per il 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha previsto, all'articolo 1, comma 432, l'adeguamento delle due soprintendenze speciali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo agli standard internazionali in materia di musei e luoghi della cultura di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 83 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014, così completando la riforma del Ministero avviata nel 2014;
in attuazione di tale disposizione è stato adottato il citato decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 12 gennaio 2017 –:
quali elementi di informazione intenda fornire sulla questione, con particolare riferimento alla salvaguardia degli interessi e delle competenze del comune di Roma Capitale. (3-02985)
Tempi di revisione dell'accordo di partenariato europeo al fine di garantire alle scuole paritarie la partecipazione al programma operativo nazionale «Per la scuola, competenze e ambienti per l'apprendimento» 2014-2020 – n. 3-02986
CALABRÒ. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
la legge di bilancio 2017, all'articolo 1, comma 313, ha stabilito che nel programma operativo nazionale «Per la Scuola – competenze e ambienti per l'apprendimento» del periodo di programmazione 2014/2020, per «istituzioni scolastiche» si debbano intendere tutte le istituzioni scolastiche che costituiscono il sistema nazionale di istruzione (dunque, scuole statali e scuole paritarie private e degli enti locali, ex articolo 1, legge n. 62 del 2000);
al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca viene riconosciuta la possibilità di condurre i controlli previsti dal regolamento (UE) n. 1303/2013 (che disciplina l'utilizzo dei Fondi strutturali europei) avvalendosi dei propri revisori dei conti (ossia, ex articolo 1, comma 616, della legge n. 296 del 2006, due revisori chiamati a riscontrare la regolarità amministrativa e contabile presso le istituzioni scolastiche statali);
tale facoltà deve essere esercitata nel rispetto del principio della separazione delle funzioni previsto dalla normativa comunitaria che disciplina l'intervento dei fondi strutturali (di cui al richiamato regolamento (UE) n. 1303/2013);
per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sarà possibile destinare i fondi alle scuole paritarie di ogni ordine e grado non appena sarà modificato l'accordo di partenariato con l'Europa, che ad ora blocca la possibilità di accesso ai fondi Pon alle scuole non statali;
per i bandi che usciranno prima della modifica dell'accordo, prevista tra qualche mese, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca accantonerà una parte dei fondi destinati alle scuole paritarie che, una volta superato il vincolo giuridico, saranno messi a disposizione per i progetti delle scuole paritarie –:
quali siano i tempi previsti per la revisione richiesta dall'accordo di partenariato europeo, al fine di consentire anche alle scuole paritarie di accedere al Programma operativo nazionale «Per la Scuola – competenze e ambienti per l'apprendimento» del periodo di programmazione 2014/2020. (3-02986)
Iniziative di competenza volte ad introdurre la richiesta, da parte delle scuole, del consenso informato preventivo su tutte le attività che attengono a temi educativi sensibili – n. 3-02987
GIGLI. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
in risposta ad una recente interrogazione riguardante il progetto «A scuola per conoscerci», promosso da associazioni Lgbt, il Ministro interrogato dichiarava che «non si tratta di attività curricolari e che l'eventuale partecipazione degli studenti è meramente facoltativa e, comunque, necessita del consenso dei genitori per gli studenti minorenni», confermando così quanto affermato dall'allora Ministro Giannini, in risposta ad una precedente interrogazione;
gli interventi riguardanti detto progetto, come anche analoghi, però si svolgono al mattino, in orario curricolare, e quindi sono di fatto obbligatori, non essendo previste attività alternative per coloro che non intendono parteciparvi;
le scuole non formalizzano la richiesta del consenso informato preventivo ai genitori, dovuto in quanto trattasi di tematiche sensibili, che riguardano l'identità di genere e l'orientamento sessuale;
in molte scuole i docenti di materia sono invitati ad uscire dalle rispettive aule durante le attività riguardanti progetti sul bullismo omofobico o l'educazione affettivo-sessuale e pertanto si pone un problema di rispetto della professionalità docente e di responsabilità «in vigilando»;
si osserva, invece, che le linee guida adottate dalla provincia autonoma di Trento, con delibera n. 438 del 24 marzo 2017, prevedono l'obbligo di «fornire un'esaustiva conoscenza da parte delle famiglie stesse di tutti gli aspetti trattati (...) e la possibilità di comunicare all'istituzione scolastica o formativa la non partecipazione dello studente alle iniziative tramite giustificazione non necessariamente motivata»;
sarebbe necessario, comunque, garantire attività alternative per coloro che non partecipano a tali iniziative se collocate in orario normale di lezione, in coerenza al dovere delle scuole di garantire il diritto allo studio degli alunni esonerati, oltre a garantire il rispetto della professionalità docente e regolamentare l'intervento nelle scuole di esperti invitati a partecipare a progetti di natura extracurricolare, che non possono evidentemente sostituire i docenti nell'espletamento della loro attività didattico-educativa –:
quali iniziative di competenza intenda adottare perché sia introdotta la richiesta da parte delle scuole di consenso informato preventivo su tutte le attività che attengono a temi educativi sensibili e divisivi e sulle attività in applicazione dell'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2015, eventualmente prevedendo l'inserimento di un apposito paragrafo procedurale per il coinvolgimento delle famiglie. (3-02987)